45% of weakness

di corpiew
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Of thee I sing ***
Capitolo 2: *** Blessed mind ***



Capitolo 1
*** Of thee I sing ***


Disclaimer: Questi personaggi (tranne i miei OC) non mi appartengono, ma sono proprietà di Higuchi Tachibana; questa storia è stata scritta senza alcuno scopo di lucro.
 

Kokoro Yome era un tipo influenzabile. Aveva passato sei anni della sua vita a sorridere per una suggestione, ma era arrivato ad un punto in cui si chiedeva perché continuasse a farlo.
"Non riesco a dimostrare genuinamente ciò che provo", si diceva, mentre cominciava a guardare il volto della gente invece di concentrarsi su ciò che avevano in testa. Odiava il suo Alice ma, come a bocciare quella teoria, era l'unica cosa dietro cui si sentiva protetto.
Ricordava esattamente il giorno in cui decise di iscriversi a teatro, persino il colore dell'avviso in bacheca: bianco, con delle clipart di powerpoint che rendevano il tutto decisamente poco professionale ed alquanto tirato.
Le sue intenzioni erano tutto fuorché artistiche; non aveva mai pensato al teatro come ad una forma di divertimento e non lo aveva mai contemplato fra tutti i club scolastici a cui avrebbe potuto partecipare. Le ragioni per cui decise di entrarci erano due: allenarsi nell'esprimere le proprie emozioni e non avere i suoi amici in giro
 a quest'ultimo poi si accodavano altri due motivi: evitare di sentirsi oppresso dalla loro presenza e conoscere nuove persone.
«Kokoro Yome» il suo tono di voce era stranamente basso e incerto, cominciò ad avere timore persino di non essersi iscritto a dovere e quindi non apparire nella lista. Era il primo giorno e lui era praticamente una matricola, quindi avrebbe dovuto mettere una firma iniziale sul registro per ufficializzare la sua entrata nel club, quasi come fosse un contratto per l'inferno: tutto dipendeva da quelle linee d'inchiostro, non sarebbe più potuto tornare indietro.
La donna gli fece un lieve cenno del capo prima di passargli registro e penna. Sembrava fosse annoiata, ma di sicuro non poteva biasimarla, fosse stato al suo posto sarebbe andato in crisi dopo un po'.
Firmò e con un altro cenno, questa volta della mano, gli indicò l'entrata.
Appena entrò si stupì non poco dell'odore di chiuso che aleggiava nella sala media, ma doveva aspettarselo visto che quello era il posto dedicato a ciò per cui avrebbe sudato anche lui di lì a poco: le prove.
«Freshman!» un grido in un inglese poco perfetto si levò dal gruppo di gente sparpagliata sul palco, seguito da un ragazzo decisamente troppo gellato e appariscente che si staccò dalla marmaglia e saltò giù dal palco senza preoccuparsi degli scalini. «Yo!» Gli andò incontro con un sorriso che dava più dell'inquietante che del caloroso. «Benvenuto nel club, boyo! Seguimi, ti faccio conoscere un po' di gentaglia!»
Koko decise che quel braccio posato sulle sue spalle doveva aver sudato più del dovuto, come il resto del suo corpo e delle persone con cui cercava di parlare senza successo. Aveva sempre immaginato che il club di teatro fosse composto da gente occhialuta ed emarginata con seri problemi di socializzazione, che usavano quell'attività come rampa di lancio per vincere le proprie paure 
– insomma un gruppo tranquillo in cui ogni discorso si sarebbe limitato ad un ciao – ma di certo non si sarebbe mai aspettato un livello di caos simile a quello di una discoteca.
Avevano sprecato mezz'ora per le presentazioni ed era grato del fatto che fosse l'ultima matricola o si sarebbero prolungate fino alla fine delle due ore a loro disponibili. Scoprì che non si era sbagliato sulle persone che avrebbero frequentato quel club: erano in tutto e per tutto degli elementi strani, che probabilmente si trovavano semplicemente a proprio agio fra gente del loro stesso stampo. Erano come fuochi d'artificio, come se la loro esuberanza fosse scoppiata tutta in una volta dopo averla tenuta nascosta.
Il tempo concesso al club si suddivideva in più campi, ma la mezz'ora che avevano sprecato non sembrava un problema, visto che essendo solo all'inizio non avevano ancora deciso un'opera su cui provare.
Nei primi trenta minuti avrebbero parlato dei motivi per cui si erano iscritti come da concordato: era una tradizione.
Il ragazzo gellato, che aveva detto di chiamarsi Rovu – ma probabilmente era il suo nickname, tirò su con il naso e disse: «Voglio riuscire a tenere a bada il mio Alice. Questo è il mio secondo anno qui ed ho notato dei miglioramenti, sebbene la sua forza sia tanta da non avermi permesso di partecipare alla recita dell'anno scorso» sembrò notare che il suo atteggiamento era diventato troppo serio e sfoggiò un altro sorriso per poi continuare. «Beh, mi rifarò quest'anno~»
Dopo di lui seguirono due ragazzi, poi toccò ad una certa Luna, molto diversa dall'omonima che lui aveva avuto la (s)fortuna di conoscere anni prima: aveva capelli corvini e lisci fin poco sotto le spalle, e la frangia così lunga che gli occhi facevano fatica a farsi notare, ma avrebbe giurato fossero verdi. «M-mi sono iscritta perché volevo provare a superare la mia ansia c-concentrandomi su qualcosa di concreto come un progetto di gruppo...» disse. Il suo tono di voce gli ricordava quello che aveva usato pronunciando il suo nome alla donna del registro, anche se non era arrivato a balbettare.
Perso com'era nei suoi pensieri, fece poco caso alle altre "confessioni". «Com'è che ti chiami? Yome, vero? Allora, perché ti sei iscritto a questo club?» Una ragazza lo ridestò dalle proprie riflessioni. Era a gambe incrociate sul palco, sembrava un po' più grande di lui di all'incirca due anni: aveva la stessa sottile eleganza e maturità di Sumire, anche se i capelli biondi a grossi boccoli e gli occhi blu scuro le conferivano più un'aria da diva del cinema degli anni trenta.
«U-uhm...» Koko si schiarì la voce, sentendosi la gola secca. Avrebbe voluto bere, ma non era il caso di chiedere dell'acqua in quel momento. «Avevo intenzione di conoscere nuove persone, infatti nessuno che io conosca ha mai partecipato a questo tipo di attività-» si guardò intorno quasi ad assicurarsi che non l'avrebbero preso per pazzo per il secondo motivo per cui era lì «-e anch'io cerco una via di fuga dal mio Alice, se così può definirsi. Il mio Alice è solo una causa, diciamo.» Si fermò, sentendosi stranamente agitato e riscoprendosi a guardare in basso, le mani che stringevano disperatamente sulle ginocchia. Rilassò i muscoli. Non aveva mai avuto problemi a parlare con le persone nei sei anni in cui era stato il "clown della classe B", e tutto ad un tratto, esternando ciò che provava – anche se solo dei meri obiettivi, gli importava ancora una volta dopo tanto tempo del giudizio degli altri.
«Cercheremo di aiutarti, allora!» Un ragazzo dai capelli castano scuro gli sorrise rassicurante, appoggiato con i gomiti sopra le ginocchia.
«Sì, sì! Non sei l'unico qui dentro, Hato*~» si accodò Rovu, scendendo dal palco e mettendogli ancora una volta il braccio intorno alle spalle.
Come ad averci riflettuto meglio, ripeté a pappagallo il nomignolo che gli aveva affibbiato: «Hato?»
«Yup! Kokoro,» fece un cuore con le mani «Hato~»
Nonostante fosse poco convinto del suo nuovo 'nome d'arte' e benché non facesse ridere per niente, scoppiò a ridere all'improvviso.
Se le discoteche fossero state così, le avrebbe frequentate più spesso.
Decisamente.

 

A/N:
Yolo, gente!
Senza perderci in inutili robe, vi spiego subito una cosa: questo è un prologo per definirvi un po' l'ambiente in cui si svolgerà la storia, ma vi dico subito di non aspettarvi cose scontate dai personaggi che ho appena presentato, perché si riveleranno tutt'altro tipo di gente. Per ora i personaggi più delineati sono 2, ma presenterò meglio un po' tutti i membri del club, che comunque non è enorme, perché avranno tutti un ruolo piuttosto importante nella storia.
Sinceramente non so dire quanto sarà lunga, ma ho la netta sensazione che sarà una long con la L maiuscola. Non per il contenuto, ma proprio perché la sento così difficile da elaborare tutta da sentire che avrà molti capitoli. Magari ci metterò un po' ad aggiornare, ma state certi che prima o poi lo farò. Voglio eliminare il mio vecchio vizio di lasciare appeso tutto ciò che inizio, quindi farò del mio meglio per finirla.
Detto questo, vi ispira? Recensite! Non vi ispira? Recensite lo stesso! Please?
Insomma, mi fareste felice sapendo cosa ne pensate della mia storia, magari mipiacciatela #addit pulsantini# così so che volete seguirla. Se volete farmi notare qualcosa le critiche -costruttive- sono più che gradite.
Al prossimo capitolo (che spero di scrivere presto)~

Note random~
Hato: è la pronuncia di "Heart" in giapponese, infatti "Kokoro" ha il kanji di cuore. Koko inizialmente non capisce perché in realtà nel suo nome assume il significato di mente. (Il kanji di "Kokoro" ha tre interpretazioni: cuore, mente e spirito/anima.)

 

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Capitolo 2
*** Blessed mind ***


Disclaimer: Questi personaggi (tranne i miei OC) non mi appartengono, ma sono proprietà di Higuchi Tachibana; questa storia è stata scritta senza alcuno scopo di lucro.
 

Sumire Shouda notò i cambiamenti nel comportamento di Koko dopo una settimana esatta. Non se la sentiva di lamentarsi di questo, dato che la sua era quasi pura gelosia, mista a curiosità. Probabilmente lui si divertiva un sacco, molto più di quanto lei facesse nei club normali che frequentava, e aveva conosciuto dei nuovi amici migliori di loro, oppure aveva incontrato una ragazza che lo faceva comportare da essere umano con tutte quelle sue espressioni che non aveva mai usato prima di allora, sebbene fossero ancora tirate.
Sembrava vivo, molto più di quanto fosse riuscita a farlo sentire lei in tutto quel tempo, e quella sensazione di impotenza si legò presto ad un'altra di mancanza.
«Sono felice per te» gli aveva detto, mentre si accorgeva di quanto quell'unico sorriso fosse più genuino dei mille che le  aveva riservato da quando aveva sei anni.
Si sentiva quasi smarrita, privata di ciò che aveva un tempo, e capì che aveva sempre dato per scontata la sua presenza, riconobbe di averla trovata quasi nauseante ed ora c'era quella paura che le attanagliava lo stomaco, facendole quasi venire voglia di vomitare l'anima.
Si ritrovò lì, seduta sulla tavoletta di una toilette del bagno femminile, a pensare. Non era né il luogo né il momento per farlo, sapeva benissimo che Jinno gliel'avrebbe fatta pagare esattamente come sapeva di essere troppo grande per poter passare attraverso lo scarico. Quel suo patetico chiacchiericcio interiore le faceva venir voglia di tornare ai vecchi tempi, quando non si sentiva in colpa o in disparte o in torto o qualsiasi altra cosa che non la giovasse in prima persona; prima era tutta piena di sé, ora era solo un garbuglio di se.
Si alzò di scatto, ma la sua sicurezza improvvisa si affievolì appena, cominciando a guardarsi intorno nervosamente. Spinse lo scarico per assicurarsi che chiunque fosse lì dentro non la guardasse con curiosità.
Prese un bel respiro ed aprì la porta. Non c'era nessuno.
Decise di restare un altro po' per riprendersi bene e si appoggiò ad uno dei lavandini. Con riluttanza si guardò allo specchio, studiando i solchi bagnati sulle sue guance e gli occhi rossi e gonfi, poi girò velocemente la manopola dell'acqua fredda causando uno schizzo che le fece bagnare appena la divisa; si lavò il viso con foga, come se volesse cancellare tutti i segni che non l'avrebbero di sicuro fatta passare inosservata, fino a sentire la pelle gelarsi a propria volta sotto quel getto freddo.
«Sei ancora qui, allora?» Non si girò, ma riconobbe la voce della sua amica e compagna di misfatti, Wakako Usami. La sentì sospirare. «Seriamente, cosa ti prende? In questo periodo ti comporti in modo inquietante!»
Cominciò a prendere a morsi il labbro inferiore: voleva trattenere le lacrime che premevano ancora per uscire e sapeva che, se avesse provato a rispondere, le parole le sarebbero morte in gola e sarebbe scoppiata ancora una volta. Chiuse il rubinetto, si girò cominciando a camminare a testa alta, anche se non era sicura che la sua cera fosse delle migliori per ingannarla, ed uscì senza dire una parola.
«Perché non mi rispondi? Guarda che lo vedo che c'è qualcosa che non va.» La castana la seguì, cercando di sembrare una buona confidente, ma con scarsi risultati. Sapeva che al centro di tutto poteva esserci Koko, ma non riusciva a capire cosa non andasse quella volta. «Pare che il club di teatro stia passando un brutto momento» disse all'improvviso, cercando di attirare la sua attenzione. E ci riuscì, perché la fece fermare sui suoi passi, proprio vicino alla bacheca. Notò che l'amica non parlava ancora, ma sapeva che quel silenzio era un consenso a continuare e aggiunse: «Jinno se l'è lasciato scappare mentre tu non c'eri. Dato che sei molto vicina a Kokoro pensava che la tua assenza fosse una specie di...» si guardò intorno, cercando di trovare la parola giusta «–sciopero di sostegno, ecco.»
La verde alzò lo sguardo sulla bacheca e fu subito attirata da un avviso bianco e quasi disperato: cercavano altri membri. Che lei ricordasse, il club di teatro non era mai stato famoso e molto frequentato, ma neanche così snobbato.
Come a rispondere alla sua domanda interiore, Wakako riprese a parlare: «Jinno vuole chiudere il club. Tutti lo danno per morto, ormai, e proprio per questo nessuno si iscrive. A quanto pare le matricole sono solo due, compreso Koko.»
Sumire aprì appena la bocca, ma non uscì nessun suono. In realtà non sapeva cosa dire. Non sapeva se essere felice di poterlo sentire vicino come una volta o sentirsi impotente di fronte a quello che probabilmente sarebbe stato il vecchio Koko, quello senza espressioni.
«Però...» la castana la ridestò dai propri pensieri. Si girò verso di lei per guardarla in faccia e vide che aveva un mezzo sorriso sulle labbra, ma non riusciva a capire se fosse triste o timorosa per ciò che stava per dire.
«Cosa?» il bisogno di sapere riuscì a sopraffare persino il suo silenzio.
Wakako si rilassò. Sebbene fosse solo una parola, la faceva sentire meglio il fatto che il suo soliloquio fosse in qualche modo terminato. «Pare che Koko si stia impegnando per trovare nuovi membri, è venuto a chiederlo persino a me...» distolse lo sguardo per un decimo di secondo. Anche se aveva paura della reazione dell'amica, non era da lei parlare alle persone senza guardarle negli occhi. «Beh, tu lo sai che non siamo proprio amici.» riuscì a terminare. La guardò mentre lei le stava dando nuovamente le spalle.
«Probabilmente non me l'ha chiesto perché non-» deglutì «-avrei accettato.» Si girò e cercò di tirar fuori uno dei suoi soliti sorrisi beffardi, ma senza riuscirci: sembrava più una smorfia di dolore. «È un tale idiota. Ce l'ho in giro già per troppo tempo, spero che quel club non chiuda così me lo levo di torno per almeno due ore.» Cercò di suonare come la solita Sumire Shouda, ma in quel momento anche lei sapeva che sembrava più una patetica caricatura.
Wakako le sorrise semplicemente, trattenendosi dalla voglia di sospirare. La conosceva da troppo tempo per crederle. Proprio perché nella recitazione non era la migliore, probabilmente non avrebbe accettato davvero.
 



«Non puoi andartene dal club, Luna!» il suo tono era supplicante. Nel bel mezzo della distribuzione di volantini, la corvina dette le sue "dimissioni". «Ti prego, non puoi andartene proprio ora, siamo già solo in sei, senza di te sarebbe una catastrofe–» Koko non riusciva a capacitarsene: proprio quando avevano più bisogno, persino chi si trovava già dentro rinunciava.
«Ho preso la mia decisione» nonostante il suo tono fosse sempre sommesso e sembrasse timida, non abbassava mai la testa, ma non la alzava neanche più di tanto, lasciando intendere che stesse guardando il proprio interlocutore attraverso la spessa frangia. «Ti prego, rispettala...»
Non sapeva più cosa dire, e gli altri poco dietro di lui sembravano essersi già arresi ancor prima di convincerla a rimanere. «Ma perché?» Cercava di trovare le parole con il solo risultato di sembrare a corto di idee per salvare quel posto. «Ce la faremo! Noi...» si bloccò di colpo.
Luna lo stava guardando direttamente senza cercare riparo nei propri capelli, non riusciva a descrivere il suo sguardo: lasciava trasparire tante emozioni ed allo stesso tempo nessuna, come se fosse spento ma con una scintilla che lottava per uscire. «Ho preso la mia decisione» ripeté. «E non è in un manga, Yome-san, non mi farà cambiare idea con un discorso» quella frase, detta così chiaramente, gli fece raggelare il sangue nelle vene, sebbene la sua voce non fosse per niente gelida come quella di Hotaru. «Mi re-iscriverò se questo club sarà abbastanza forte da tenersi in piedi... non è un abbandono definitivo. L'unica cosa che potrebbe rattristarmi è il non aver partecipato con voi per tenerlo vivo... ed è una cosa che non voglio fare in ogni caso–» si fermò all'improvviso per nascondere nuovamente lo sguardo, come se si vergognasse, ma poi riprese: «Non voglio dire il motivo, c'è scritto sulla scheda se volete...» con quelle ultime parole dette così impercettibilmente da aver faticato a sentirle, se ne andò dando le spalle al gruppo, che ora si ritrovava più fragile di prima.
Nello spazio bianco, in una calligrafia stranamente seria per essere quella di una ragazzina così delicata, la scheda recitava: “Voglio un aiuto che ora non potete darmi”.


 

A/N:
Yolo, gente!
Rieccomi qui con il primo capitolo. So che è solo leggermente più lungo del prologo ma ehi! È solo l'inizio non può succedere tutto ora, no?
Probabilmente dal terzo capitolo, se non direttamente dal secondo, i capitoli saranno più lunghi, promesso~
Tornando a questo capitolo, come vedete è apparsa Sumire ed ho delineato la figura di Luna, come vi è sembrata quest'ultima? Vi ispira come personaggio? Vi incuriosisce ciò che ha scritto? Ditemi, ditemi (ò w ò)/
Come sempre grazie a quelli che hanno solo letto e quelli che spenderanno il loro tempo a recensire, e ringrazio EffyD che ha recensito lo scorso capitolo!
Au revoir~

 

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