A wheelchair and you

di drunkofcamren
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Under the car ***
Capitolo 2: *** Help? ***
Capitolo 3: *** Thought of her ***
Capitolo 4: *** I'm not giving up on you ***
Capitolo 5: *** You'll be mine darling ***
Capitolo 6: *** Are you dating her? ***



Capitolo 1
*** Under the car ***




 

Under the car






Da un po’ non  riesco a vivere.

Da un po’ non riesco a smettere di pensare a quel giorno, è passato un po’ di tempo, ma ricordo tutto come se fosse ieri.

Ricordo la macchina blu, ricordo le luci, le urla, la sirena dell’ambulanza, ricordo il dolore e le lacrime.

E’ successo a giugno, proprio l’ultimo giorno quando stavo rientrando da scuola, da quel momento la mia vita non è stata più la stessa.

Mi ha distrutto la vita, mi ha tolto tutto ciò che davo per scontato prima, lui.

Lui, l’uomo che mi ha investito, mi ha tolto l’utilizzo delle gambe, mi ha tolto l’abilità di correre, di camminare e di saltare.

E mi manca, ora mi sento solo una disabile che non riesce a fare nulla senza l’aiuto degli altri.

Mi manca saltare per mettere la palla nel canestro, mi manca sentire l’aria fresca mentre corro, mi manca stare in piedi e vedere il mondo dall’alto.

Ora il bastardo è finito in prigione, ma non basta, non mi basta, vorrei tanto togliergli ciò che lui ha tolto a me.

Lui, il bastardo che è passato con il rosso a 178 all’ora, deve soffrire, deve pagare per tutto ciò che ha fatto, devo morire.

Non passa un giorno senza che io mi risvegli nel mezzo della notte in preda agli incubi, sognando tutto daccapo, soffrendo sempre di più, non permettendomi di superare tutto, perché a ogni notte che passa, a ogni incubo da cui mi risveglio aumenta la mia sete di vendetta, la mia voglia di strangolare quell’uomo con le mie stesse mani.

Mi ha tolto le gambe e pure la dignità, odio essere dipendente dagli altri, odio non essere in grado di aprire una fottuta porta da sola, odio il fatto di non poter salire le scale, odio tutto di questa nuova vita.

Ho sentito molta gente che mi ha detto "Se Dio ti ha tolto le gambe, vuol dire che ti aspetta qualcosa di più grande dalla vita", ma la verità è che se Dio esiste è uno stronzo, perché non me lo meritavo, non meritavo di finire sotto una macchina, di stare 10 giorni in coma, di finire in una sedia a rotelle, no, non lo meritavo.

Se Dio davvero esiste perché non toglie l’utilizzo della gambe, la vista e l’udito ai ladri, agli stupratori e agli assassini? Perché devo pagare io non avendo fatto nulla di male?

Se Dio davvero esiste perchè mi ha dato tutto e poi me lo ha tolto?

Se Dio esiste perchè mi ha illuso? Perchè mi ha fatto arrivare così vicina ad afferrare il mio sogno e poi mi ha fatto cadere?

E’ con questi pensieri che vado avanti, con la vendetta che covo ogni giorno dentro il mio cuore, con l’odio per quell’uomo, di chi mi prende in giro per la mia condizione e per chi mi guarda come se fossi un caso perso.

Sono stufa, stufa di tutto questo, potrei farla finita, ma deve pagare, non posso abbandonare ora perché tutti si aspettano che io molli tutto, che mi arrenda, ma io non mi arrendo mai e non lo farò nemmeno ora.

E’ in questi momenti, quando sto da sola con la mia mente, che mi accorgo che quel bastardo non mi ha portato via solo le gambe, ma anche il cuore.

E’ in questi momenti che mi accorgo che quell’uomo non mi ha soltanto distrutto e cambiato la vita, ma ha distrutto e cambiato pure me, come se avesse abbattuto un grattacielo e ora io da sola stessi costruendo un castello, di quelli che si vedono nei film horror, di quei castelli cupi, di cui tutti hanno paura.

Ora tutti hanno paura di me, mi piace, mi sento potente, anche se non posso camminare la gente ha paura di me, il senso di potere che mi pervade ogni volta che qualcuno incontra il mio sguardo e poi lo gira spaventato è come droga per me.

Ho perso tutti gli amici, chi mi considera un’invalida inutile, le amiche del basket, tutti andati, tranne i miei genitori, i miei due fratelli e le mie due amiche, Normani e Ally.

Senza di loro probabilmente mi avrebbero già messo in un manicomio.

Ciò che mi rovina è il chiedermi "perché io?", mi perfora ogni giorno di più, conosco tante persone che meriterebbero peggio di ciò che è successo a me, ma sono ancora vive, con il sorriso stampato in volto e prendendomi in giro.

Non c’è giorno in cui non voglia prendere a pugni qualcuno, chiunque, anche una vecchietta in strada, la rabbia dentro me sta aumentando, giorno dopo giorno e non sono in grado di fermarla, voglio liberarla, ma l’unico modo con cui liberavo la rabbia non mi è più accessibile.

Con il basket facevo tutto, il basket era la mia vita.

Con il basket mi sentivo libera, con il basket mi sentivo potente, quasi invincibile.

Ma quel bastardo ha voluto togliermi la cosa che più amavo al mondo.

Se non posso strozzarti con le mie mani stai sicuro che prenderò la cosa a cui tieni di più al mondo.

A volte ripenso a quando facevo una passeggiata per smaltire la rabbia, per rilassarmi o per alleggerirmi la mente dai troppi pensieri.

Ripenso al mio sorriso e alla mia risata e vedo nel cimitero la loro lapide “R.I.P. : 10 giugno 2014”

Ripenso al mio senso dell’umorismo, a quanto mi piaceva ridere e strappare una risata agli altri, ora tutto ciò che fare è ringhiare, come un cane rabbioso.

Come una tigre, ho sempre saputo che c’era un’altra parte di me, quella più nascosta, e ora sta venendo fuori, sempre di più ogni giorno che passa, la tigre sta uscendo dalla gabbia ed è piuttosto arrabbiata.

La tigre ha fame, ho fame, di giustizia, perché il bastardo merita una punizione peggiore, di vendetta.

Ho fame di sorrisi e risate, mi manca ridere e far ridere gli altri, ormai se ci sono io vicino la gente smette di ridere, quando io sono vicina è come se calasse la nebbia, come se arrivasse il cattivo padrone che dice a tutti di stare zitti, ma io non lo voglio, non voglio che gli altri facciano silenzio, perché se la gente non parla, con me, io rimango da sola con i miei pensieri e li odio, odio ciò che penso.

Ho fame di sguardi normali, perché ormai tutti mi guardano come quello che sono, un’invalida, ma è come se non fossi più una persona, mi guardano come se fossi un cane bastonato, senza capire che la tigre sta ruggendo dentro me.

Ho diciotto anni, come hai potuto rovinarmi così la vita?

Come hai potuto spazzare via tutto ciò in cui credevo?

Come hai potuto portare via con te tutte le mie sicurezze?

Michelle, questo è il mio nome, o almeno lo era, ora mi faccio chiamare Lauren Jauregui, ma ormai non lo sento più mio, io, dentro me, sono già morta e seppellita, la Michelle Jauregui del 9 giugno non c’è più, ora c’è Lauren, la tigre pronta a ruggire, la tigre pronta a ferire, la tigre pronta a uccidere, senza farsi problemi di chi, quando e come.

Perciò non fatevi ingannare dalla mia sedia a rotelle, perché potrei tirare fuori gli artigli e le zanne proprio mentre siete girati e porre fine alla vostra vita.





 
 
Ma chi voglio prendere in giro?

La verità è che ora come ora non sarei in grado di far paura a una mosca.

La verità è che nessuno ha paura di me, anzi sono io quella ad aver paura degli altri, ho paura che possano farmi del male, che possano umiliarmi, per questo evito di guardare chiunque negli occhi, sono una codarda.

La verità è che la tigre è Michelle, Lauren è un cane bastonato che vuole continuare a camminare e ad affrontare il mondo, ma non ne ha né il coraggio né la forza.

La verità è che il bastardo che mi ha costretto in sedia a rotelle ha portato via la mia sicurezza e ha piantato insicurezze su insicurezze, ha tolto la mia corazza e ha lasciato una ragazza indifesa e inutile a chiunque.

La verità è che di tutto ciò che ho detto prima non è vero quasi niente.

E’ vero che non voglio l’aiuto degli altri, che voglio uccidere quell’uomo con le mie stesse mani e che voglio togliergli ciò a cui tiene di più al mondo ed è vero che ho paura di essere lasciata da sola con la mia mente.

Ma non perché penso cose cupe o penso di uccidere tutti, ma semplicemente perché l’unica cosa che penso da quando mi sono risvegliata è ‘sono soltanto un’inutile invalida, non servo a nessuno. Nessuno mi amerà più, nessuno mi guarderà mai più come una persona normale’.

La verità è che ho paura, ho paura di scendere le scale e vedere i miei genitori e miei fratelli che si sforzano a sorridere per me, che mi guardano dispiaciuti quando non riesco a fare qualcosa che per loro è naturale, ho paura dei giudizi, ho paura della vita, io che la amavo tanto ora ne provo terrore.

E’ il solo fatto di avere paura mi terrorizza, la vecchia me non avrebbe mai avuto paura.

Sognavo di diventare una delle più grandi cestiste della wnba, di giocare nelle squadre più grandi, e  il manager di una grande squadra mi aveva contattato, ma il mio sogno e le mie speranze si sono sbriciolate e sono finite sotto la macchina blu di quel bastardo.

E’ orribile, intendo il fatto di non poter neanche provare a realizzare il tuo sogno, lo capisco il fatto di provare e provare e non riuscire a raggiungerlo, ma la cosa che mi fa rabbia è che io non posso neanche provarci, avrei dato e fatto di tutto per realizzare il mio sogno, avrei provato tante volte, sarei caduta tante volte, ma mi sarei rialzata e riprovato ancora più ardentemente, ma ora che non posso neanche restare in piedi non posso neanche provare.

Tutta la mia vita è finita sotto quella macchina, i miei sogni, le mie passioni, i miei hobby, tutto.

Mi ha demolita e ora cerco di ricostruirmi da sola, con i mattoni che rimangono dal mio crollo, ma non potrò mai essere quella di prima, sono troppo distrutta, i mattoni sono vecchi e ne ho bisogno di nuovi, nuovo cemento e, per quanto odi ammetterlo, di qualcuno che mi aiuti, ma come faccio a procurarmi tutte queste cose?

Non ho le risposte a tutte le domande che mi faccio ogni singolo giorno, sono piccola, indifesa, qualcuno mi aiuti o affonderò tanto velocemente quanto sono affondata.





 
SPAZIO AUTRICE
Eccomi con un'altra ff, mi è venuta in mente questa idea di pomeriggio e ho deciso di metterla in una ff.
Spero che vi piaccia.
Se riesco pubblicherò il primo capitolo domani.
Lasciatemi delle recensione e fatemi sapere che ne pensate, anche se per ora è poco
Alla prossima
Elena
 

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Capitolo 2
*** Help? ***



Help?






Pochi giorni fa mi hanno dimesso dall’ospedale, quello in cui sono stata più di due mesi.

E’ assolutamente il posto che odio di più al mondo.

Pensavo che una volta uscita sarei stata libera e felice, ma ho dovuto affrontare la realtà, la quale mi ha colpita e affondata.

Io ormai sono la barca più piccola, quella che trovi più facilmente in battaglia navale.

Ormai sono il pedone negli scacchi, quello con cui non puoi vincere.

Desidero ritornare ai giorni in cui ero sul letto dell’ospedale, quelli in cui ero triste, ma non umiliata.

Perché ora sono in sedia a rotelle e non riesco a guidarla, non riesco ad aprire porte e non posso salire le scale senza l’aiuto di qualcuno.

Mi sento inutile.

Non riesco a fare nulla senza che qualcuno mi aiuti.

Stamattina dovevo prendere la scatola dei cereali che è sempre stata nella credenza più alta e io, seduta, non ci arrivo, perciò ho dovuto chiedere aiuto.

In più quando ritornerò a scuola i miei genitori dovranno svegliarsi prima per aiutarmi a scendere le scale, per prepararmi la colazione e per portarmi a scuola.

Forse sarebbe stato meglio se fossi morta, avrei evitato tanta fatica a tutti.

Suonano al campanello, almeno alla maniglia della porta riesco ad arrivare.

Apro la porta e mi sento totalmente travolta.

-LAUREN!!!!- urlano e mi abbracciano

Non posso fare a meno di sorridere, per la prima volta da quando sono uscita dall’ospedale.

-Come state?- chiedo loro

-Bene, ma la vera domanda è : come stai tu?- mi chiede Ally

Abbasso lo sguardo e non posso evitare che le lacrime mi si formino negli occhi, ma faccio di tutto per trattenerle.

-No, okay, la vera domanda è : ti va di fare una maratona di film horror con le tue migliori amiche?- mi chiede Normani

Ruoto la sedia a rotelle, dando loro le spalle e mi asciugo le lacrime.

-E’ un’ottima idea- mi dirigo verso il soggiorno per prendere i film

Ally mi ferma e Normani prende la saga di “Saw”

Cerco di salire sul divano, ma è piuttosto difficile usando soltanto le braccia

-Vuoi una mano?- mi chiede Normani

-NO!- le rispondo arrabbiata

Dopo alcuni tentativi andati male, Normani mi disobbedisce e mi aiuta a sedermi sul divano.

-NORMANI, TI AVEVO DETTO-

-Finiscila Lauren, non ho intenzione di  guardarti rovinarti in questo modo. Non m’interessa quello che dici, so quando una persona ha bisogno di aiuto e non ho intenzione di negarlo alla mia migliore amica-
mi interrompe Normani

Passano alucni secondi prima che io risponda

-Potete preparare i pop corn?- chiedo imbarazzata dalla mia invalidità

-Certo- Ally va in cucina e pochi secondi dopo sento il microonde

Normani mi abbraccia e poi va a sistemare il lettore dvd.

Dopo una mezz’ora che inizia il film sollevo le gambe e le poggio sul divano

-Mettile sopra le nostre gambe- mi ordina Ally

Dopo un paio d’ore sento le palpebre abbassarsi, lotto per tenerle aperte, non voglio lottare contro i miei incubi, non ora, ma mi addormento.



 
Sento qualcuno che mi scuote, mi risveglio spaventata.

Poi sento un abbraccio, sono le braccia di Ally, comincio a stringerla e dopo pochi secondi anche a piangere.

Dopo un po’ delle altre braccia si avvolgono attorno alla mia vita, Normani.

-Sempre lo stesso incubo?- mi chiede Ally

Annuisco

Sempre la stessa macchina blu che ormai vedo tutte le notti da quando mi sono risvegliata dal coma.

Mi perseguita tutte le notti, tanto che ho paura di addormentarmi.

Si staccano entrambe, Ally mi bacia la fronte e Normani la guancia, cosa ho fatto per avere delle amiche che mi stanno sempre accanto? Non merito il loro affetto.

-Abbiamo ordinato la pizza, arriverà- il suono del campanello interrompe Normani

-A quanto pare è già arrivata- dice Ally

Normani va ad aprire e a pagare le pizze, mentre Ally mi avvicina la sedia a rotelle

Mi guarda negli occhi e io annuisco, allora mi da una mano a sedermi sulla sedia a rotelle.

Ci mettiamo a mangiare, solo noi tre, i miei genitori sono usciti e i miei fratelli sono a dormire a casa di amici.

-Grazie della compagnia- dico loro

-Lo sai che ci fa piacere passare del tempo con te- mi dice Ally

-Siamo le tue miglior amiche dopotutto- continua Normani

-Già, peccato che di tutte le migliori amiche che avevo voi siete le uniche che mi sono venute a trovare- comincio ad arrotolare la mozzarella della pizza con la forchetta

-Sono delle bastarde stronze- sbotta Ally

La guardiamo stupite, Ally non è la persona da sparare parolacce, non posso fare a meno di mettermi a ridere, solo il pensiero di Ally dicendo parolacce fa ridere, ma il fatto che le dice di fronte a te è tutta un’altra cosa.

Dopo pochi secondi anche loro ridono con me.

-Scusate, ma dovevo. Sai cosa ho sempre pensato di loro-

-Magari non sanno che- fulmino Normani –Okay, è impossibile che non lo sappiano. Ma Ally ha ragione, non hai bisogno di loro, non hai bisogno di “amiche”- fa le virgolette con le mani –stiano con te solo quando non hai bisogno di aiuto-

Per quanto odi ammetterlo, è vero, io ho bisogno di aiuto

-Noi non ti bastiamo?- chiede Ally

-Certo che sì, non volevo dire quello! Assolutamente no!- mi affretto a specificare

Loro mi sorridono

Facciamo una specie di pigiama party anche se io mi addormento quasi subito.





Quando mi risveglio loro stanno preparando la colazione.

-Buongiorno bella addormentata- mi saluta mia madre Clara, avvicinandomi la sedia a rotelle

-Giorno mamma- le rispondo

Appena sono seduta a tavola i miei genitori si affrettano a darmi una “buona notizia”

-Lauren, da domani inizieranno i lavori per costruire l’ascensore dal piano terra agli altri, così non sarai costretta a chiedere aiuto per fare le scale- mi dice mio padre Michael

-Grazie- sussurro tanto che solo Normani e Ally mi sentono

-Vi vanno bene i pancakes?- ci chiede mia madre e Normani e Ally annuiscono, io non dico nulla perché mia madre sa già che sono i miei preferiti

Normani e Ally se ne vanno verso le dieci del mattino, ma io non voglio restare rinchiusa in casa per tutta la mattina

-Mamma, mi puoi portare al centro commerciale? Voglio fare un giro-

-Tesoro, non posso restare lì, devo andare a lavoro-

-Non ti ho chiesto di restare con me, ti ho chiesto solo se mi potevi accompagnare-

-Lauren, lo sai che non puoi andare in giro da sola-

-Mamma prima o poi dovrò farlo no? Allora, ti prego, non farmi rimanere rinchiusa in casa anche oggi-


Mi guarda, anzi mi scruta

-Va bene, ma devo finire i piatti. Papà ti accompagnerà su a cambiarti e a farti la doccia-

Dopo essermi lavata e vestita, mia mamma mi accompagna al centro commerciale, mi accompagna fino all’entrata.

-Tieni 50 dollari se vuoi mangiare qua o se vuoi comprarti qualcosa. Se non devi rimanere a mangiare chiama Normani o Ally, papà non è in casa-

-A che ore rientrate da lavoro?-

-Io alle otto e papà alle sei-


Annuisco, mi giro e comincio a spingere la sedia a rotelle verso l’entrata.

Il centro commerciale è pieno zeppo di gente e io mi ritrovo a non vedere quasi nulla, ritrovandomi faccia a faccia con la pancia delle persone.

Riesco a fare un giro completo dei negozi, quando mi accorgo che devo andare al bagno

"Sono fottuta"

Spingo la sedia fino ai bagni delle signore.

Cerco di aprire la porta, ma mi accorgo che una volta spinta ritorna indietro.

Provo ad aprirla almeno dieci volte, ma invano.

Poi qualcuno la tiene aperta per me.

Guardo verso l’alto e mi perdo in due occhi castani che trasmettono bontà.

Lei ha dei capelli castani lunghi, è palese che sia più alta di me, ma probabilmente non lo sarebbe più se potessi mettermi in piedi.

Dai tratti del viso, soprattutto dalle labbra, riconosco che non è americana.

Mi sorride gentilmente

-Grazie-

E’ per la prima volta che non provo rabbia verso chi cerca di aiutarmi

-Di nulla, tanto devo entrare anche io-

Non con senza difficoltà riesco a soddisfarei miei bisogni.

Quando esco dal gabinetto la vedo appoggiata al muro, appena mi vede si affretta ad aprirmi la porta.

Io passo senza dire neanche grazie, l’ho sentita di nuovo, la rabbia per chi mi aiuta, perciò faccio un altro giro del centro commerciale per smaltirla.

E’ ora di pranzo, ma, per quanto abbia fame, non voglio andare nei ristoranti e essere trattata o come un peso o come un’invalida bisognosa d’aiuto, anche se lo sono, sia un peso che un’invalida.

Mi dirigo alla libreria, scopro di non riuscire ad aprire neanche questa porta.

La gente mi passa davanti e mi chiude la porta in faccia e desidero di prenderli tutti a schiaffi, maleducati.

Anche se odio che gli altri mi aiutino sarebbe bello vedere la bontà della gente qualche volta, brutti bastardi.

Tento un’altra volta di aprire la porta, invano.

-Ma perché hanno inventato le porte che tornano indietro?-

-Probabilmente l’inventore non aveva nulla da fare al momento-
mi volto e vedo la stessa ragazza che mi ha aperto la porta del bagno –Sai, le odio anche io, spero vivamente che le tolgano dalla circolazione-

Mi passa davanti e proprio mentre credo che mi stia chiudendo la porta in faccia, si fa da parte e lascia la porta aperta per me.

-No, devo riuscirci da sola- mi guarda un po’ stupita

-Sei sicura?-

-Sì, ci riuscirò. Ma devo farlo da sola-


Mi rivolge ancora un altro sguardo, come se fosse dispiaciuta di lasciarmi lì a tentare invano di aprire quella maledettissima porta.

Esita un po’ a entrare, ma poi si chiude la porta alla spalle e giuro di non essermi pentita mai così tanto in vita mia.

Perché solo ora che se è entrata mi accorgo che la sua voce mi ha lasciata imbambolata e lo stesso vale per i suoi occhi e il suo sorriso.

Per la prima volta in vita mia mi pento di essere così testarda.

Perché tanto so che non riuscirò ad aprire la porta senza  l’aiuto di qualcuno, ma ho appena rifiutato l’aiuto dell’unica persona in questo fottuto centro commerciale che sia stata disposta ad aiutarmi.

Ho appena rifiutato l’aiuto della prima persona dall’incidente che mi guarda come se fossi una normale ragazza, senza tanto dispiacere, la prima volta che qualcuno non mi abbia guardata come un cane bastonato.

Ripenso a questo e mi godo tutto il piacere della sensazione, rinuncio alla porta e decido di tornare a casa.

“Spero di rivederla domani”




 


SPAZIO AUTRICE
diciamo che mi è venuta la voglia  e il capitolo l'ho pubblicato oggi, spero non vi dispiccia.
Comunque, giusto per specificare, Lauren le gambe ce le ha, ha una paralisi e basta, ma in seguito ne parla, so don't worry.
Fatemi sapere cosa ne pensate, per favore recensite, non spaete quanto mi fa piacere ricevere delle recensione, anche con delle critiche, voglio migliorare.
Alla prossima
Elena

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Capitolo 3
*** Thought of her ***





 

Thought of her





Pure oggi sono qui, al centro commerciale.

Sono tre giorni che provo ad aprire quella maledetta porta di quella maledetta libreria per vedere quella non maledetta ragazza.

Oggi è il mio giorno fortunato.

“Non ci credo, ce l’ho fatta”

-Sembra che qualcuno abbia portato a termine la propria missione- la ragazza che mi parla ride un po’

Mi volto, ma le mie speranze muoiono appena vedo una ragazza alta e con la pelle mulatta.

Mi guardo intorno, cercando la ragione delle mie notti insonni, ma non la vedo.

-Cerchi qualcosa in particolare? Posso aiutarti?- mi chiede la ragazza di prima, si chiama Dinah, lo vedo dal cartellino che ha attaccato alla camicia riservata al personale della libreria

-Bè sì, cerco una ragazza-

-Sono abbastanza sicura che qui si venga per comprare i libri-
ride –Come si chiama?-

-Non ne ho idea, so solo che l’ho vista entrare qua l’altro giorno e ho pensato che venisse qua spesso-

-Descrivimela-

-Capelli lunghi, castano scuro, gli occhi dello stesso colore-

-Labbra grosse, tratti cubani?-


Annuisco

-La ragazza che cerchi è Camila e viene qua molto spesso certo, perché ci lavora-

-Ah, e dov’è ora?-

-E’ il suo giorno libero, posso riferirle qualcosa da parte tua, ragazza senza nome?-

-No, comunque mi chiamo Lauren-


Mi porge la mano e io la stringo felicemente

“So il suo nome”

-Io sono Dinah-

-Sì, lo so-


Fa una faccia confusa mentre io mi dirigo verso la sezione fantasy ridendo.

Scelgo un libro e comincio a leggerlo.

Perdo la cognizione del tempo, è ora di pranzo infatti quando qualcuno mi rivolge la parola.

-L’ho già letto quel libro, è fantastico, un capolavoro. La scrittrice ha fatto un bel lavoro-

Al sentire quella voce rabbrividisco.

Mi volto di poco e mi ritrovo a faccia a faccia con il viso che mi ha riempito le notti.

-Ciao- mi dice

-Cciao-

-Tranquilla, non ho intenzione di spoilerare-
si siede nella poltrona accanto alla mia sedia a rotelle

Non parlo, sono totalmente sconvolta, le mie guance bruciano a poco a poco e se potessi stare in piedi non credo ci riuscirei in questo momento.

Mi porge la mano

-Io sono Camila- prendo tutto il coraggio che ho in me e rispondo

-Lauren- gliela stringo

-Sono fiera di te, intendo per non esserti arresa. Tutte le persone spesso sfruttano altre persone e approfittano delle mani che ricevono, ma tu invece hai deciso di rifiutare il mio aiuto, hai deciso di cavartela da sola e sono felice che tu ce l’abbia fatta, davvero. Devo ammettere che sono sorpresa, ma mi piacciono le sorprese soprattutto quelle che mi lasciano felicemente stupita e tu l’hai fatto-

Non dovrei sentirmi così, non dovrei.

Ma appena parla mi vibra il cuore.

Amo già il modo in cui quelle parole perfette escono fuori da quelle labbra carnose.

Amo già il modo in cui parla con il cuore.

Il modo in cui tutte le parole sono propriamente scelte e selezionate ed escono in quel modo perfetto e dolce da quella bocca.

-Hey, terra chiama Lauren- mi sventola una mano davanti al viso

-Sscusami. Comunque mi comporto così perchè non sono abituata ad arrendermi-

-Avrei tanto da imparare da te-
mi sorride dolcemente e mi si scioglie il cuore e, non so come, mi tremano le ginocchia.

Sorrido anche io, abbasso il volto e lascio che il rossore si presenti in tutto e per tutto sul mio viso.

Mai nessuno dall’incidente mi ha detto “sono fiera di te per la tua forza” oppure “ho molto da imparare da te” e mi fanno sentire di nuovo umana, di nuovo parte di questo mondo, non più una disabile, sento per un breve momento la felicità della vecchia vita, ma sparisce appena tento di acchiapparla e tenerla con me per il resto dei miei giorni.

Spero si ripresenti un giorno perché giuro che non la lascerò andare, non dopo aver sentito quella strana gioia travolgente.

-Grazie, è da tanto che non mi sento dire “sono fiera di te”-

-Te lo direi tutti i giorni, soprattutto se ti fa sentire così. Intendo normale, so che non ti senti più parte del mondo, so che soffri tanto, credimi- fa una pausa e mi guarda intensamente negli occhi per dirmi che tutto ciò che sta dicendo è la pura verità

E io le credo.

Mi sarei dovuta arrabbiare perché nessuno sa come mi sento, ma non so perché voglio sentire ciò che ha da dirmi.

E anche perché dentro di me so che è vero, so che sa come mi sento, me lo dicono i suoi occhi.

-So come ti senti e vorrei uccidere chi non capisce quanto soffri quando ti guardano come se non fossi più parte di questo mondo. So che lo odi, non chiedermi come, lo so e basta. Ma voglio solo dirti che io mi fido di te, so che puoi aprire da sola le porte, se lo vuoi e tante altre cose. So che odi le persone che pensano il contrario, ma devi dimostrare loro che puoi farcela, che sei del tutto capace di fare quasi tutto. Non ti sto dicendo che puoi fare tutte le cose che facevi prima, sto dicendo che puoi fare le cose che i tuoi genitori o i tuoi amici credono che tu non possa più fare- mi guarda negli occhi –Io ho fiducia in te-

So che sto piangendo solo quando la mia testa è contro il suo petto e le sue braccia sono sulle mie spalle, stringendomi forte.

Stringo le mie braccia accanto alla sua vita, cerco di piangere il più piano possibile, dopotutto siamo in una libreria e non siamo da sole.

Quando ho finito di piangere resto aggrappata a Camila

-Mi fa un po’ male la schiena, ti sarei grata se mi lasciassi andare- sussurra e io faccio come mi chiede

Si inchina tanto da essere faccia a faccia e sorride, sorride come non ho mai visto nessuno sorridere in vita mia ed è bellissima.

Mi asciuga le lacrime dal viso con le mani e tutto ciò che penso è che voglio che mi tocchi ancora, per sempre.

-Voglio che queste parole rimangano impresse nella tua testa, io ho fiducia in te, puoi farlo se lo vuoi, ricorda. So che non sono nessuno- la interrompo

-In pochi minuti hai fatto molto di più per farmi sentire meglio di quanto abbiano fatto i miei genitori e i miei amici in due mesi, quindi dovrei parlare per più di un’ora per ringraziarti, ma non ho parole, non so come ringraziarti, quindi ti dirò solo grazie, grazie di cuore, davvero-

Sorride ancora e penso che potrei guardarla sorride 24 ore su 24, sette giorni su sette senza mai stancarmene.

-Volevo anche dirti che se hai bisogno di parlare o di aiuto o semplicemente di staccarti dal mondo puoi venire qui a parlare con me o a leggere libri. Ricorda solo che il giovedì è il mio giorno libero-

-Ecco, a proposito, se è il tuo giorno libero perché sei qua?-


La vedo arrossire e rimanere ammutolita, sembra piuttosto imbarazzata, anzi lo è.

-La mia amica Dinah doveva darmi dei libri che avevo ordinato una settimana fa- so che sta mentendo, ma non voglio essere troppo ficcanaso quindi mi limito ad annuire.

-Io, um, devo andare. Ci vediamo- la saluto con la mano

Sto per uscire dalla porta, ma lei mi ferma

-Anche domani sei qua?-

-Credo di sì-


Annuisce poi apre la porta per me

La guardo storto e non esco

-E mi sono dimenticata di dirti che le poche volte che le persone ti offrono una mano senza motivo dovresti accettare. Non capita spesso in questa città di stronzi-

Con le braccia conserte faccio cenno di no con la testa

-Prendilo come un gesto da gentildonna, come un principe che apre la porta per la principessa, non come una ragazza che apre la porta a un’altra in carrozzella-

Ruoto gli occhi facendo finta di essere infastidita, ma sorrido e esco dalla porta.

Non mi giro, anche se lo vorrei.

Cammino fino alla porta del centro commerciale, dalla mente non scompare per un secondo il viso sorridente di Camila.

E penso che il suo sorriso sia la mia cosa preferita ora, anche prima della palla da basket, anche prima del mio letto e dei miei amici.

E mi sono presa proprio una bella sbandata, per una ragazza.

Ho sempre saputo delle mie preferenze per le ragazze in fondo.

Non mi sono mai interessata ai ragazzi fisicamente, non ho mai pensato "cavolo, che bella tartaruga che ha quello" quando i ragazzi si toglievano la maglietta agli allenamenti di basket, ma ora è diverso, non è una cosa fisica.

E’ qualcosa di più profondo, perché una Megan Fox può farmi arrapare nel momento in cui la vedo, ma una Camila mi fa vivere per sempre ogni volta che sorride.

Ed è qualcosa di serio, molto serio.

Prima ho sempre cercato di nascondere le mie tendenze, ma ora come faccio.

Ora che non si tratta soltanto di trattenermi dal guardare in basso quando una ragazza mi parla, ora che non si tratta più di trattenermi dal guardare il culo di una ragazza che passa nei corridoi come faccio?

Come faccio a smettere di pensare a quella bellissima ragazza?

Come faccio a togliermela dalla testa?

Non posso.

E, se devo dire la verità, non voglio neanche provarci.

Se è così che ci si sente quando si è innamorati mi piace, perché vederla dopo tre giorni passati a pensare soltanto a lei è come aspettare nove mesi di inverno prima che arrivi di nuovo l’estate, perché il momento che fai il bagno dopo mesi ti lascia senza parole e provi quella felicità e quella libertà bellissime.

E’ così che mi sento ora e mi piace.

Arrivo a casa, mia madre mi aiuta ad arrivare alla mia stanza.

Mi sdraio sul letto, a pancia in su, guardando il soffitto, ma pensando a Camila.

Per la prima volta dall’incidente sono davvero felice, per la prima volta sorrido davvero.

E lo sento dentro, è lei.

Non sono mai stata innamorata prima, sono stata con qualcuno, con dei ragazzi e ora il solo pensarci mi fa venir voglia di vomitare, stupidi, rozzi e coglioni, nulla a confronto con una ragazza dolce, bella e intelligente.

Non sono mai stata con una ragazza, ma so che è lei.

Sento che lei sarà la prima e anche l’ultima.

Voglio che sia la prima e l’ultima, senza nessun altra ragazza nel mezzo, soltanto lei.

E’ un miracolo che riesca a resisterle, che riesca a non baciarla con tutta la passione e l’amore che ho dentro guardando quelle labbra carnose.

Non ho mai mostrato quel tipo di amore a nessuno e sento che sta uscendo fuori, non posso più contenerlo.

Voglio trattarla come una principessa, voglio stringerla tra le braccia, sussurrare cose dolci nel suo orecchio, baciarle i capelli, accarezzarle il viso, baciare ogni parte del suo corpo con tutto l’amore che ho.

Non ho mai pensato cose del genere su una ragazza, non ho mai pensato di fare mia una ragazza.

E’ tutto così nuovo, ma mi piace.

Voglio che succeda, voglio che un giorno in questo letto a quest’ora non sarò sola, voglio che lei sia tra le mie braccia, voglio coccolarla, voglio che si senta bene, voglio che mi dica “ti amo” e voglio risponderle la stessa cosa.

So che sto andando un po’ troppo avanti, so che non dovrei illudermi, ma non mi controllo più.

Voglio che sia mia.

Non dovrei, ma lo voglio.

Non dovrei perché non so se lei sia lesbica, perché ci conosciamo da poco, perché non so nulla di lei.

Magari è una stronza omofoba che prende a calci i cani morenti per strada.

No, non lo è.

Di questo sono certa, sono sicura al cento per cento che sia buona.

L’ho visto, il suo cuore è puro, i suoi occhi sprizzano bontà e il suo sorriso è un faro nella notte, almeno per me.

Non so se questo è sbagliato o giusto.

Non capisco più nulla.

Voglio solo dormire perché questi pensieri mi stanno uccidendo.

Sto pensando troppe cose allo stesso momento e non riesco più a collegare la mente.

Si sta fondendo il sistema, quindi meglio spegnere, sempre che li me lo permetta.

Chiudo gli occhi e mi lascio andare.

Immagino ancora una volta il suo viso prima di andare a dormire.

Mi addormento sorridente, con lei, che anche se non è accanto a me fisicamente lo è nella mia mente e per ora mi basta.








 
SPAZIO AUTRICE
ecco a voi il terzo (o secondo dato che il primo era una specie di prologo)
Spero vi piaccia.
Abbiamo aggiunto un'altro pezzo della sotria di Lauren (dell'essere lesbica già da tanto).
Sono di fretta (come sempre) quindi ciaooo a tutti, grazie mille di tutto.
Recensite recensite recensite per favore, ve ne sarei grata.
Alla prossima
Elena

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Capitolo 4
*** I'm not giving up on you ***


 
I'm not giving up on you




Mi sento una stalker.

E' mezz’ora che la guardo mettere negli scaffali dei libri.

Vorrei andare a parlarle, e eventualmente aiutarla, davvero, ma sono troppo codarda.

Odio ammetterlo, ma sono una delle persone più codarde in questa terra.

E sembra così stupida perchè non ho nessuna paura di farmi male, ma ho paura di andare a parlare con una ragazza che mi piace, ridicolo, anzi io sono ridicola.

Ora le manca solo una scatola da sistemare, sarà passata un’ora da quando ha iniziato.

Se non mi muovo perderò la mia occasione.

Prendo un lungo respiro e mi avvicino.

Lei non si accorge della mia presenza perché ha le cuffie e sta ascoltando musica.

Passo cinque minuti a guardarla e, quando mi decido ad abbandonare la mia impresa, lei si gira, si toglie le cuffie

-Hey, come va? Anche oggi qua?-

Ci vuole tutta la mia volontà per non balbettare

-Sto bene e tu?-

-Io sto bene- mi sorride e ritorna al lavoro

-Posso aiutarti?- mi guarda storto –So che non posso fare molto, ma magari posso passarti i libri. Ti prego, fammi essere utile-

-Va bene. Vedi che i libri sono disposti in tre colonne?- annuisco –Bene, sono diposti in ordine di nome d’autore, perciò tu inizi dalla prima alla tua sinistra, quando i libri di quella colonna sono finiti parti da quella di mezzo e poi quella alla tua destra, capito?- annuisco ancora

In cinque minuti abbiamo finito

-Bene, grazie, mi hai dimezzato il lavoro-

-Questo significa che hai finito il turno?-
chiedo ingenuamente e lei ride

-No, finisco all’una per la pausa pranzo e poi riprendo alle due e mezzo-

-Sono mezzogiorno e mezzo- vorrei chiederle di pranzare insieme a me, ma non ne ho il coraggio

-Già e manca mezz’ora alla pausa pranzo- lo dice come se stesse parlando a una bambina, e tutto per colpa della mia codardia –E se, per caso, stessi cercando di chiedermi di pranzare con te, la mia risposta è sì-

Sorrido come non ho mai sorriso prima.

-Sì, in effetti volevo chiedertelo. Dove pranzi di solito?-

-Non pranzo come si deve perché ho sempre paura di non finire in tempo, anche se ritorno sempre alle due al lavoro. Ma mi piacerebbe mangiare qualcosa al ristorante qui di fronte, se a te va bene-

-A me va benissimo- sorrido ancora

-Allora ci vediamo tra mezz’ora-

Annuisco e esco dalla libreria.

Mi posiziono davanti al ristorante.

Non riesco a non controllare l’orologio ogni 5 secondi.

Diventi più esasperata e frustrata a ogni minuto che passa.

Il mio sguardo fa avanti e indietro tra l’insegna del ristorante e la porta della libreria.

Quando mancano dieci minuti all’una comincio ad agitarmi, mi sudano le mani e comincio a tremare.

“Idiota, non è un appuntamento. Non agitarti per nulla”

Ma a quel pensiero comincio ad agitarmi ancora di più, mi sento il cuore in gola oppure lo sento che cerca di uscire dalla cassa toracica.

Scocca l’una e io sembro una guardia inglese, ferma e immobile, troppo agitata persino per muoversi.

Mi preoccupo quando all’una Camila non è ancora qui.

Comincio a preoccuparmi seriamente 5 minuti dopo, ma rimango ferma davanti al ristorante, avrà avuto un contrattempo e poi io non sono nessuno per preoccuparmi in questo modo.

Ma quando l’orologio scocca l’una e mezza non mi pongo problemi ad avviarmi alla libreria.

Proprio mentre sto per aprire la porta Camila esce, sembra, anzi è agitata.

-Io, scusa tanto, per il ritardo. E’ tardissimo. Io non- sembra preoccupata, si guarda intorno, sembra cercare qualcosa, anzi qualcuno

-Che è successo?- lei continua a guardarsi intorno, le strattono la mano –Camila, mi vuoi dire che è successo?-

-Io, mi dispiace, non posso venire al ristorante con te- la delusione prende il controllo su di me

La sensazione di essere stata respinta mi invade il corpo, si fa spazio in ogni parte del corpo e brucia come acido solforico.

Insieme a loro arriva l’illusione, quella che mi dice che sono stata un’illusa a pensare che non lo stesse facendo per le mie condizioni, quella che mi da il colpo definitivo e mi atterra, mi sconfigge come in battaglia navale e mi fa venire la nausea.

Cerco con tutta me stessa di fermare tutti i pensieri negativi, ma il creare scuse stupide per giustificare il suo cambio di idea mi distrugge ancora di più perché so che neanche una di queste scuse è vera o lontanamente possibile.

Cerco con tutta me stessa di fermare le lacrime, faccio fatica a respirare e vorrei dirle anche un misero ‘okay’, ma so benissimo che scoppierei a piangere se lo facessi e non ho la minima intenzione di sembrare più ridicola di così.

Ma lei nota, nota tutto questo, il mio dolore, la sensazione di essere respinta, le lacrime, lo nota e voglio che se ne vada, ma lei non lo fa perciò me ne vado io.

Ma lei mi rincorre.

-Ferma!- comincio a far correre la sedia a rotelle –Fermati ti prego!-

Voglio solo andarmene, ma lei riesce a raggiungermi e, prima che io possa parlare, lei si affretta a giustificarsi, si inginocchia per essere faccia a faccia con me

-No, Lauren, senti, non è come pensi, non ti sto rifiutando o cose simili. E’ solo che un mio carissimo amico ha avuto un incidente stradale e io sono preoccupatissima per lui e voglio sapere come sta. Non è per te-

Asciuga le mie lacrime, ma io allontano le sue mani dalla mia faccia

Questa scusa è perfino più impossibile di tutte quelle che ho inventato io.

-Credimi Lauren- non la guardo, ma lei s’incazza e lo vedo nei suoi occhi, la furia –Sai che c’è? Non m’interessa se sei arrabbiata con me, io ti ho spiegato il motivo del mio comportamento e se non ci credi buon per te. Ora, se non ti dispiace, vado a dare attenzioni a chi se le merita-

Se ne va, apre lo sportello della sua macchina blu e si dirige verso l’ospedale.

E non mi sono mai sentita così idiota in vita mia.

E questo soltanto perché ho voluto fare la prepotente e la bambina.

Sono sola nel parcheggio del centro commerciale e penso.

Penso che per la prima volta ho usato la mia condizione a mio vantaggio, per la prima volta ho ammesso di essere una disabile, perché quando Camila mi ha detto del suo amico non mi sono fatta scrupoli a pensare ‘chi può necessitare più attenzioni e aiuto di una che non può camminare?’

E ora mi sento uno schifo per questo, perché Camila se n’è accorta, perfino prima di me e ora non mi vedrò mai più come mi vedeva prima, la ragazza forte e piena di vita, mi vedrà come l’arrogante che vuole essere al centro dell’attenzione e questo mi fa male più di tutto ciò che è successo, perché è la pura verità.

Non sono altro, se non un’arrogante, chi altro sfrutterebbe la sua condizione per conquistare una ragazza, chi altro se non Lauren Jauregui?

E’ finita, ho buttato al vento tutto per … nulla.

Ci rinuncio, non la merito, non merito una ragazza così dolce e a cui importa davvero di qualcuno che conosce appena.

Sto ritornando a casa, ho bisogno di stare sola e di pensare, di abbandonarmi a tutti i pensieri negativi e ai giudizi, anch’essi negativi su di me.

Poi mi fermo e nella mia mente ricompare a caratteri cubitali la frase ‘E’ solo che un mio carissimo amico ha avuto un incidente stradale e io sono preoccupatissima per lui e voglio sapere come sta’.

La gelosia prende il controllo e mi riconosco di nuovo.

“Non ti lascerò andare via così facilmente Camila, preparati”





 
SPAZIO AUTRICE
scusate l'enormissimo ritardo, ma ho avuto problemi con la scuola e con l'internet di merda.
Ma sono qui e posterò al più presto possibile altri capitoli per farmi perdonare, ci sto già avorando, anche con l'altra fanfiction, sto cercando di fare qualcosa di decente, non come questa merda di capitolo cortissimo.
Ma è così corto solo perchè volevo postare al più presto.
Posterò PROBABILMENTE tra due giorni.

Preparatevi per una valanga di capitoli :)
Alla prossima
Elena

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Capitolo 5
*** You'll be mine darling ***



You'll be mine darling





Dato che non posso arrivare all’ospedale da sola chiamo la mia migliore amica, Normani

-Hey Lauren, va tutto bene?- mi chiede Normani al telefono

-Sì, ma dovete venire al centro commerciale e portarmi all’ospedale-

-O mio Dio, Lauren, stai bene? Ti sei fatta male? Come stai? E-
la interrompo

-Normani, stai tranquilla, non è per me, io sto benissimo. Devo vedere una persona- la sento rilasciare un sospiro

-Cazzo Lauren, non potevi dirlo prima? Dio mi hai fatto spaventare a morte- rido un po’

-Scusa, però muoviti, non ho tanto tempo-

Cinque minuti dopo una macchina rossa si ferma proprio davanti a me, da cui la mia migliore amica Ally esce e si avvicina a me

-Hey Lauren- prende le maniglie della sedia e mi porta alla macchina –So che non ti piace essere aiutata- anche Normani esce dalla macchina –Ma ora noi ti aiuteremo, che tu lo voglia o no-

-Va benissimo- rispondo io sorridendo

Normani e Ally si guardano stranite, ma poi tornano ad aiutarmi e in un minuto sono in macchina.

Sono determinata come mai prima.

“Mi farò perdonare e la riconquisterò”

-Sei sicura di sentirti bene?- mi chiede Ally che siede nel sedile del passeggero

-Sì, perché?-

-Bè, perché ci chiami così dal nulla e ci chiedi di portarti all’ospedale e poi sorridi maleficamente. Stiamo dubitando seriamente della tua sanità mentale-
mi dice Normani

-Io sto benissimo, davvero- sorrido ancora

-Hai un piano vero?- mi chiede Ally e io rido –Hai davvero intenzione di tenerci all’oscuro di ciò che sta avvenendo in quella tua testolina?-

Annuisco e rido

-Lo scoprirete quando arriveremo, quindi accelerate-

Arriviamo in dieci minuti, dieci minuti di silenzio, di sguardi rivolti a me, di miei sorrisi pensando a Camila.

Quando arriviamo spero solo che l’ascensore funzioni e che non ci sia nessuno dentro.

-Ora ci dirai cosa hai in mente?- mi chiede Normani

-No, non ancora-

Ci dirigiamo  verso l’ascensore, che è fortunatamente funzionante, ma sfortunatamente strapieno di gente.

E mi sento uno straccio quando vedo le persone uscire e dirigersi verso le scale per farmi entrare, non è giusto, perché le persone devono faticare a causa mia? Perché non sono io quella a fare le scale? Non è affatto giusto.

Nell’ascensore rimaniamo solo io, Ally e Normani.

Vorrei trattenermi, vorrei mostrarmi forte, tanto, ma presto, senza che io possa controllarle o fare qualcosa per fermarle, le lacrime cominciano a scendere come l’acqua che è contenuta in una diga, nascosta e trattenuta, fino a quando, stanca, preme e rompe la diga e esce, allagando tutta la città.

La città è il mio mondo, la diga sono io che cerco di trattenere le mie lacrime.

Normani e Ally mi abbracciano, sanno benissimo perché sono scoppiata a piangere così, mi conoscono fin troppo bene, dopotutto sono le mie migliori amiche.

Visitiamo tutti i piani, chiedendo notizie di un ragazzo che ha avuto un incidente stradale, fino a quando arriviamo al quarto piano e non c’è bisogno di chiedere informazioni alla reception perché vedo chi sto cercando appena esco dall’ascensore.

Cammina avanti e indietro, poi si siede e pochi secondi dopo si rialza e ricomincia a camminare avanti e indietro.

Non posso evitare di pensare che è bellissima, quando è nervosa, con il labbro inferiore torturato dai suoi denti, i suoi occhi preoccupati e il suo petto che va su e giù più velocemente del solito a causa del nervosismo.

-Andiamo Lauren, dobbiamo chiedere di quel ragazzo alla reception- mi dice Normani

-Quello che stavo cercando l’ho già trovato- mi dirigo verso Camila.

Ally e Normani mi seguono, ma si fermano a pochi metri distanza quando vedono che sto parlando con Camila.

-Hey- lei si gira

-Cosa ci fai qui?- mi risponde arrabbiata

-Volevo chiederti scusa- ride ironicamente

-Oh davvero? Vuoi chiedermi scusa? Ora? Dopo che ti credi chissà chi e ti incazzi perché non posso pranzare con te perché devo vedere un mio amico in coma, ora pensi che un semplice ‘scusa’ possa aggiustare tutto?- sta sussurrando, ma è come se stesse urlando, so che non lo sta facendo solo perché siamo in un ospedale –Pensavo fossi diversa- e lo sguardo che mi rivolge mi spezza il cuore

-Mi dispiace- sussurro io, ed è vero, mi dispiace, tantissimo

-Ah- ride ancora sarcasticamente

-So che ho sbagliato, lo so e mi dispiace tanto. Io ho bisogno di qualcuno come te al mio fianco-

-Bè allora ti conviene non perdere tempo con me e andare a cercare qualcun altro come me-
è allora che perdo le staffe

-Tu non sai cosa ho passato, non sai quanto è difficile vivere una vita come la mia, non sai quanti amici mi hanno abbandonato solo perché non ho più le gambe e ora ho soltanto loro- punto il dito contro Ally e Normani –Non sai come ci si sente a essere abbandonati e a essere illusi, perché è così che mi sento ora, come ogni singolo giorno, ogni singola ora. Non cambia mai nulla. Ogni giorno mi addormento col pensiero che tutto questo sia un brutto sogno e mi risveglio delusa e in lacrime perché so che nessuno mi amerà mai per una cosa di cui io non ho colpa-

Sento le lacrime scendere e scorrere sulle mie guancie, non faccio nulla per combatterle.

Sono stanca, stanca di lottare per conquistare l’amore delle persone.

La guardo negli occhi un’ultima volta, poi mi giro e mi dirigo verso l’ascensore, seguita da Normani e Ally.

Non parlano e le dovrei ringraziare per questo.

Mi aiutano a salire in macchina e Normani guida verso casa mia.

Dopo minuti Ally rompe il silenzio.

-So che probabilmente non ne vorrai parlare … ma quella ragazza è la tua fidanzata?-

Arrossisco e comincio a balbettare

-Ccosa? Nno, assolutamente no-

-Allora perché stai arrossendo e stai balbettando?-
mi chiede Normani sogghignando

-Possiamo non parlarne?-

-Ah no Jauregui, non pensare di scappare così-

-Già Lauren, Normani ha ragione. Parlaci di lei-
mi dice Ally

Mi arrendo e comincio a parlare

-Si chiama Camila e lavora alla libreria del centro commerciale. Il primo giorno che ci sono andata mi ha aiutato ad aprire la porta del bagno e io ho accettato il suo aiuto, poi quella della libreria, ma io volevo fare da sola. Ho passato tre giorni a pensarla e a cercare di aprire quella porta e al terzo giorno ci sono riuscita. Allora ho deciso di parlarle e abbiamo deciso di pranzare insieme, solo che il suo amico ha avuto un incidente stradale e lei ha fatto ritardo, poi mi ha detto che non poteva pranzare con me, allora io mi sono sentita rifiutata e mi sono arrabbiata e poi lei si è arrabbiata. Il resto lo sapete-

-Ti sei presa proprio una bella cotta per quella ragazza-
dice Normani

Io arrossisco e cerco di negare, inutile dire che non riesco a formare una frase tanto sto balbettando

-Dai smettila di negare Lauren, lo sappiamo che sei lesbica in ogni cellula del corpo- mi dice Ally

-Non è per quello- dico io

-E’ perché questa volta c’è qualcosa di più? Non vuoi solo portartela a letto vero?- mi chiede Normani

-Lei è diversa, da tutte le altre ragazze e da tutti gli altri ragazzi. E’ sincera, è … pura. No, non voglio portarla a letto, è strano, questa sensazione e questo desiderio di abbracciarla e di baciarla e dirle quanto tengo a lei-

-Non ci credo, Lauren Jauregui si è innamorata-
ridono e si battono il cinque

-Finitela, tutti si innamorano-

-Già, ma tu non t’innamori dal 1996-
mi dice Normani

Ci sono alcuni secondi di silenzio

-E’ carina- dice Ally

-Stai attenta a quello che dici Hernandez, lei è mia- lei e Normani si guardano e scoppiano a ridere

-Non finché non riesci a farti perdonare- dice Normani

Sento che non dovrei pronunciare la prossima frase, ma le parole scivolano dalla mia bocca senza che io le controlli

-E poi carina? Solo carina? Lei è bellissima, più bella di Megan Fox e di qualsiasi modella, potrebbe fare una sfilata da sola- mi tappo la bocca prima che qualche altra parola imbarazzante esca dalla mia bocca

Ridono

-Incredibile, Jauregui innamorata. Cavolo, mi ci devo abituare- dice Normani

-Già, fra poco ci chiamerà alle due di notte per parlare di quanto è bella e di come la sogna ogni notte-

Do un colpo sul braccio a entrambe e loro ridono.

Un minuto dopo siamo arrivate a casa mia.

Scopro che l’ascensore è stato costruito e allora lo prendo per salire in camera mia.

Spero che le ore passino in fretta perché, per quanto io sia arrabbiata, voglio vedere Camila al più presto.

Come desideravo le ore passano in fretta e sono già le otto di mattina.

Mi faccio un bagno, non essendo in grado di fare una doccia.

Poi mi vesto e scendo dall’ascensore.

-Buongiorno Lauren- i miei fratelli Taylor e Chris s’inchinano per darmi entrambi un bacio sulla guancia e io li abbraccio

-E questa improvvisa dolcezza?- ci chiede mia madre Clara

Noi ci guardiamo, facciamo spallucce e ridiamo insieme.

Oggi sono di buon umore, saranno i sogni su Camila ad avermi tirato su il morale, il che è molto strano, dato che ero giù proprio a causa della discussione con lei.

-Chris, oggi sei libero?- gli chiedo mentre inzuppo i biscotti nella mia cioccolata calda

-Dovrei andare a giocare a calcio alle dieci, perché?-

-Mentre vai potresti accompagnarmi al centro commerciale?-


-Ancora?- mi chiede mia madre

-Ma non è che ti vedi con qualcuno?- mi chiede mio padre

“Cazzo”

Arrossisco e l’immagine di Camila che mi sorride, nella sua uniforme da lavoro, mi compare davanti.

-Nno, assolutamente. E cche non sso cosa fare-

Tutti ridono, com’è che ora sanno tutti che mi sono innamorata?

-Va bene, però mi devi far vedere questo ragazzo che ti fa impazzire- lui e Taylor sanno della mia sessualità, ma non i miei genitori, perciò continuiamo a parlare di ragazzi

-Finiscila, non c’è nessun ragazzo che mi fa impazzire- e in effetti è vero, non è un ragazzo a farmi impazzire, ma una ragazza e non una qualunque.

Finito di mangiare vado di sopra a farmi bella o perlomeno presentabile e arrivano velocemente le dieci.

Chris mi aiuta a salire in macchina e partiamo verso il centro commerciale.

-Come si chiama?- arrossisco e abbasso lo sguardo verso le mie mani

-Camila- lo sento puntare lo sguardo su di me

-Oddio Lauren, è qualcosa di serio?- annuisco –Stai davvero dicendo che non hai pensato a portartela a letto?-

-No, non sto dicendo che non ci ho pensato, sto dicendo che non è quello a cui penso di più. M’importa più di tenerla stretta e di baciarla, come una vera fidanzata-

-Non ci credo-

-Perché siete tutti così stupiti? Tutti s’innamorano prima o poi-

-Tu non t’innamori dal 1996 Lauren-
ancora quella frase

“Ma che è? Si accordano per dire le stesse cose?”

Arriviamo al centro commerciale e entriamo.

Io esito quando ci troviamo di fronte alla libreria, ma poi apro la porta e entro.

-Eccoti, pensavo non venissi oggi- mi dice Dinah

-Sei felice di vedermi?- le chiedo

-Non tanto io, c’è qualcuno che sarà più felice di me di vederti- indica una persona dietro di lei

Camila è seduta in una sedia, sta leggendo un libro e controllando il telefono ogni 10 secondi, adorabile, probabilmente aspetta qualcuno e spero tanto di essere io la persona che aspetta così impazientemente.

Intanto vedo Chris passare lo sguardo da Camila a Dinah.

Gli faccio segno di inchinarsi e gli sussurro nell’orecchio.

-Lei è Camila- punto il dito verso la ragazza nella sedia

-Wow Lo. E’ davvero bella-

-Sì sì, caro tieni la bava in bocca e cercatene un’altra-


Lui ride della mia gelosia

-Io devo andare- mi bacia la guancia e se ne va

Io intanto mi avvicino a Camila, mentre guarda per l’ennesima volta il telefono per vedere che ore sono.

Si volta pochi secondi dopo e si accorge della mia presenza, allora si alza subito in piedi e penso se ne stia andando.

Ma non lo fa, rimane ferma, in piedi davanti a me, dondolando avanti e indietro.

Dopo un po’ realizzo, è nervosa e questo non fa altro che aumentare il mio amore per lei, è adorabile.

-Hey- le dico

-Senti, mi dispiace, ho sbagliato tutto. Avrei dovuto capire come ti sei sentita, mettermi nei tuoi panni invece di accusarti. Sono stata stupida e ho sbagliato, ma- la interrompo

-Hey hey calma, prendi fiato- lei prende un bel respiro –Tu non hai sbagliato proprio nulla, sono io che ho fatto la vittima quando odio esserlo, comportandomi da bambina-

-Perdonami-
mi dice e io resto basita

-Io? Perdonare te?- lei annuisce preoccupata e ancora dondolando sui piedi, rido

-Ti prego-

-No, io non devo perdonare nessuno. Sei tu che dovresti perdonare me-


Ci guardiamo per un po’ di secondi e poi scoppiamo a ridere.

E amo questa risata, il modo in cui gli occhi seguono la strada delle labbra e sorridono, amo la purezza di questa risata.

“Sarai mia, che tu lo voglia o no”

Le rivolgo lo sguardo Jauregui, quello pieno di sicurezza, quello che usavo sempre per flirtare con le ragazze, ora è dedicato solo a lei.

Lei arrossisce e capisco che ho fatto centro.

“Ti ho in pugno Camila”










 
SPAZIO AUTRICE
eccomi qui di nuovo!
Spero che vi piaccia questo capitolo :)
Lasciatemi delle recensioni e ditemi cosa ne pensate, se dovrei continuare oppure eliminare la storia.
Davvero, ho bisogno dei vostri consigli e delle vostre opinioni, quindi recensite, recensite, recensite!!
Vi avviso che il prossimo capitolo sarà pieno zeppo di camren, quindi preparatevi.
Grazie per le visualizzazioni e per le recensioni, vi amo.
Alla prossima
Elena




 

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Capitolo 6
*** Are you dating her? ***


 
 
Are you dating her?





Oggi la libreria è deserta e io e Camila ne approfittiamo per parlare

-Scusami davvero Lauren, non avevo nessun diritto- la interrompo

-Ti prego smettila di scusarti, anche io ho sbagliato facendo la vittima, possiamo non parlarne più?- lei sorride e annuisce

-Che ne dici se pranziamo insieme, sul serio questa volta? E poi, se ti va, mi accompagni all’ospedale-

-Per me va bene-

-Allora andiamo, 5 minuti di anticipo non dispiaceranno sicuramente al mio stomaco-
rido –Ti serve una mano per spingere la carrozzella?-

-No Camila, ma grazie-
le sorrido

Il ristorante è di fronte alla libreria per ciò non impieghiamo troppo tempo ad arrivarci.

-Buongiorno, vorremmo un tavolo per due- Camila dice al cameriere

-Seguitemi-

Lui ci da un tavolo distaccato dagli altri, speravo di poter restare sulla carrozzella, ma il tavolo è troppo alto.

-Ti aiuto?- mi chiede Camila

-Prima prendiamo gli ordini, ho fame- Camila sorride

-Per me pasta al sugo- dice Camila

Il cameriere si volta verso di me

-Per me insalata e patatine fritte-

-Da bere? Abbiamo vino rosso e bianco, birra- Camila lo interrompe

-No, grazie devo ritornare a lavoro, Lauren?-

-Io vorrei dell’acqua-

-Ci porti dell’acqua allora-

-Va bene, ritorno subito con l’acqua e per il cibo ci vorranno circa 10 minuti-


Il cameriere si allontana dal nostro tavolo e io mi affianco alla sedia, metto le mani sui braccioli della sedia

-Ferma Lauren, non ci riuscirai così- si alza e si avvicina

-Voglio farlo da sola-

-Lauren-

-Ti prego-

-Ti do una mano-
sbuffo, ma so che da sola non ci riuscirò mai

Guardo Camila, i lineamenti del suo viso mi dicono che è concentrata, guarda attentamente la sedia e poi passa lo sguardo alla mia carrozzella.

Poi sbuffa

-Dovresti allontanare la sedia dal tavolo e metterti di fronte con la carrozzella, ma poi io non sarei capace di sollevare la sedia con te sopra e riavvicinarti al tavolo-

-So come fare, ma mi devi aiutare-
lei annuisce –Mi devi mettere in piedi e poi farmi sedere sulla sedia-

-Okay-


Si avvicina a me e io stringo le braccia attorno al suo collo

-Camila, sono come un peso morto, ti prego reggimi-

-Non ti preoccupare, fidati di me-


Lei mi prende per la vita e, una volta che sono in piedi, avvolge le braccia attorno alla mia vita per reggermi.

-Non è bella la vista da quassù?- mi chiede, siamo talmente vicine che i nostri nasi si toccano

-Camila mettimi giù, sto per vomitare- lei mi fa sedere sulla sedia.

Chiudo gli occhi e cerco di scacciare il senso di nausea.

Sento Camila che mette le mani sulle mie ginocchia, quando apro gli occhi vedo che è inginocchiata per terra e mi guarda preoccupata.

-Che è successo?-

-Non lo so, so solo che avevo i capogiri e quest’improvvisa voglia di vomitare-

-Vertigini, forse non sei più abituata a stare così in alto e il tuo corpo ha reagito così. Sei mai stata messa in piedi dopo…?-
lascia la domanda inconclusa, ma so cosa vuole intendere

-No-

-Deve essere per quello allora, ora stai meglio?-
io annuisco

-Bene- si alza e mi bacia la fronte, arrossisco e lei lo nota, vedo che cerca di trattenere il sorriso, ma fallisce miseramente

-Non voglio farmi troppo gli affari tuoi, ma chiaramente non sei nata così, come è successo?-

Prendo un grande respiro

-Un incidente, stavo uscendo da scuola e una macchina blu che camminava a una velocità impensabile mi ha travolto-

Vedo letteralmente la lampadina che si accende sopra la sua testa

-Lauren Jauregui?- sembra quasi spaventata

-Sì?- le rispondo insicura

-Oh, ho letto di te nei giornali- annuisco –Non voglio sembrare una persona senza tatto, ma non so come chiedertelo-

-Chiedimelo e basta-

-Le gambe, ce le hai? O-

-Ce le ho, ho solo perso la sensibilità-
la interrompo

Mi guarda come se cercasse di capire qualcosa, poi sento il suo piede sulla coscia

-Che diamine stai facendo?-

-Lo senti?-

-Certo che lo sento, non sento dalle ginocchia in giù-

-E’ piuttosto strano-

-Sì lo so-


-Ecco le vostre ordinazioni- il cameriere posa i piatti davanti a noi, versa l’acqua nei nostri bicchieri e se ne va

Mentre mangio sento il suo sguardo su di me e comincio a diventare nervosa.

-Perché tremi?- mi chiede

Guardo la mia mano ed è piuttosto evidente il mio nervosismo

-Potresti evitare di fissarmi?- lei ride

-Ti rendo nervosa?- arrossisco

-Nno, certo che no- lei ride di nuovo, io rivolgo gli occhi al soffitto e ritorno a mangiare

-Non mi hai mai detto il tuo cognome- le dico

Lei sembra un po’ stupita

-Stai davvero pensando a quale sia il tuo cognome?-

-No, Estrabao, Camila Estrabao-

-Da dove vieni?-
mi rivolge uno sguardo interrogativo –Chiaramente non sei americana-

-Oh, da Cuba, sono nata a Cojimar-

-Raccontami di più su di te-

-Allora, sono per metà cubana e per metà messicana, mio padre è messicano-
riesco a vedere le ombre che s’impossessano del viso di Camila quando nomina il padre

Cerco di cambiare argomento

-¿Entoñces tu habla español?- (Quindi parli spagnolo?)
 
-Yo soy de Cuba, ¿cuáles son tus razones?- (Sono di Cuba, quali sono le tue ragioni?)                                                                                                                                                   
-Sono per metà cubana anche io-      
  
-Davvero?-
sorrido e annuisco
 
Lei guarda il suo orologio

-Dovrei andare ora-

Mi guarda, si alza e resta in piedi davanti a me per alcuni secondi.
 
So cosa vuole, guardo in basso, verso le mie mani, e timidamente le chiedo
 
-Puoi aiutarmi?- la guardo e vedo il sorriso più bello che abbia mai visto
 
-Certo-
 
Avvicina la carrozzella alla sedia, appoggia le mani sulla sedia su cui sono seduta e si avvicina a me.
 
Sento il suo respiro sulle labbra, deglutisco, cerco di guardarla negli occhi, ma il mio sguardo cade sulle sue labbra.
 
Chiudo gli occhi e metto le braccia attorno al suo collo, lei avvolge le sue braccia attorno alla mia vita e mi solleva e mi fa sedere subito sulla carrozzella.
 
Apro gli occhi e sistemo le gambe sui poggia piedi (?) della carrozzella.
 
-Grazie- sussurro
 
Lei si inchina e mi bacia la guancia, poi resta a faccia a faccia con me
 
-Sei più alta di me- sorride e io rido –Ora andiamo-
 
Lei va dietro di me e comincia a spingere la carrozzella.
 
Non mi accorgo che cosa le ho appena lasciato fare finchè non arriviamo all’uscita del ristorante, ma ormai è troppo tardi per tornare indietro, perciò la lascio fare.
 
Arriviamo alla porta della libreria e io la apro, entriamo
 
-Devo prendere solo il mio cellulare, poi ti andrebbe di accompagnarmi dal mio amico?- sento le guance riscaldarsi dalla rabbia e dalla gelosia  -Stai bene?- annuisco
 
-Sì, vai pure- lei entra in un stanza adibita solo al personale e ne esce pochi secondi dopo
 
Anche nel percorso dalla libreria alla sua macchina le lascio guidare la carrozzella.
 
Arriviamo alla sua macchina
 
-Vuoi una mano?-
 
-No, ci riesco-
 
-Sei sicura? Sembra-
 
-Camila, ce la faccio, non è la prima volta che lo faccio-
la interrompo
 
Mi allineo con il sedile passeggero, appoggio le mani sul sedile e mi sollevo con le braccia, ma la macchina è troppo alta e, proprio mentre mi sto per risedere nella carrozzella, Camila mi aiuta.
 
Le rivolgo un sorriso e la ringrazio silenziosamente, lei annuisce.
 
-Come faccio ora a chiudere questa?- indica la carrozzella
 
-Dietro c’è una leva- lei tira la leva e chiude la sedia –Mettila nei sedili di dietro- lei annuisce e obbedisce
 
Ci avviamo verso l’ospedale; dopo cinque minuti di guida io rompo il silenzio
 
-Mi manca- lei mi rivolge uno sguardo interrogativo –Guidare, non tanto la macchina, ma la moto- mi stringe la mano sinistra
 
-Hai una moto?-
 
-Sì, bè ce l’avevo, cioè ce l’ho, però è come se non ce l’avessi dato che non la posso guidare e tutto per colpa di quel bastardo-
sento la rabbia invadere ogni cellula del mio corpo.
 
Rivolgo l’attenzione a Camila, che mi ha mollato la mano, vedo una lacrima scenderle lungo la guancia
 
-Stai bene?- le chiedo
 
Lei si asciuga la lacrima con il braccio e annuisce.
 
Perché piangeva? Si è commossa per me? Non sembra dal modo in cui mi ha lasciato la mano appena ho nominato il tizio che mi ha investito.
 
-Non te l’ho ancora chiesto, quanti anni hai?- mi chiede lei
 
-Diciotto, tu?-
 
-Diciassette-
 
-Andiamo alla stessa scuola?-
lei annuisce –Come diavolo ho fatto a non ricordarmi di una ragazza come te?- la vedo arrossire e dentro di me esulto come se avessi appena vinto i mondiali
 
-Probabilmente perché sono un anno più piccola di te e faccio Cab, cioè Estrabao di cognome quindi non abbiamo neanche gli armadietti vicini-
 
-La E non è molto lontana dalla J, ti avrei sicuramente vista-
lei sembra agitarsi
 
-Mi hanno sostituito l’armadietto, sono sotto la C ora-
 
Perché si comporta così? Sta mentendo, ma non so perché e non so in che cosa mi mente, quindi lascio perdere.
 
-Posso chiederti una cosa?- le chiedo
 
-Lo stai già facendo- lei ride e io rivolgo gli occhi al cielo
 
-Tu e questo tuo amico, uhm, è solo un amico o c’è di più?-
 
-Lauren, sei gelosa?-
arrossisco e scatto alla difesa
 
-Cosa? Io, no, non sono gelosa, sono curiosa-
 
-Ammettilo-
 
-Non sono gelosa!-
lei ride
 
-E’ solo un amico, bè lui una volta ha provato a baciarmi, ma gli ho detto che non è esattamente il mio tipo-
 
Intende che non è il suo tipo perché non le piacciono i ragazzi o non è il suo tipo di ragazzo? La domanda mi tormenta per il resto del viaggio.
 
In pochi minuti di silenzio arriviamo all’ospedale, lei spinge la carrozzella.
 
Arriviamo alla camera del suo amico.
 
-Quella addormentata sulla poltrona è Ariana-
 
-E’ carina-
lei ride
 
-Molla la preda Jauregui, è già impegnata-
 
Ariana si sveglia, mi evita totalmente per andare a sussurrare qualcosa a Camila, che io posso benissimo sentire, ma non dico nulla
 
-Chi è?-
 
-Lauren-
 
-Quella Lauren?-
Ariana rivolge a Camila uno sguardo entusiasta, Camila annuisce –E’ carina-
 
-Grazie Ariana, anche tu non sei affatto male-
 
-Lauren!-
mi rimprovera Camila mentre io e Ariana ridiamo
 
Ariana si avvicina a me e mi porge la mano
 
-Piacere di conoscerti, sono Ariana-
 
-Lo sapevo questo-
mi accorgo che la mia risposta è stata piuttosto arrogante –Sono Lauren, ma questo lo sai già- le sorrido porgendole la mano
 
Ariana si siede sulla sedia alla sinistra di Austin, come dice la cartella ai piedi del letto, Camila rimane alla destra, tenendogli la mano.
 
Io mi avvicino, fino a stare dietro di lei
 
-Puoi sederti qua se vuoi- lei si volta e io indico le mie cosce
 
-Non voglio farti male-
 
-Non mi farai male-
 
-La sedia potrebbe sfondarsi-
rido
 
-Non è possibile, sopporta fino a 150 chili e noi di sicuro non ci arriviamo- si siede, ma sento che non appoggia tutto il suo peso –Mettiti comoda- la sento lasciarsi andare
 
Avvolgo le braccia attorno alla sua vita e appoggio la fronte contro la sua spalla.
 
-Lo senti?- mi chiede
 
-Cosa?- poi sento il suo palmo contro la mia coscia
 
-Sento solo il tuo palmo- lei annuisce
 
So che sta piangendo perché la sento tremare e sento i suoi gemiti di dolore.
 
Le mie mani raggiungono le sua guance e asciugo le lacrime.
 
-E’ tutta colpa mia, è sempre colpa mia-
 
-Non è vero, tu non centri nulla con tutto questo-
le dice Ariana
 
-E invece sì, lui mi aveva chiesto se potevo venirlo a prendere e poi se potevamo andare a pranzo insieme, ma io gli ho detto che avevo tanto lavoro perché non volevo quel tipo di rapporto con lui e lui si è arrabbiato con me e abbiamo litigato-
 
-Non è colpa tua-
io e Ariana diciamo insieme e poi ci sorridiamo
 
Camila si asciuga le lacrime, guarda l’orologio
 
-Devo ritornare a lavoro ora- si alza dalle mie gambe e io sento la mancanza del suo calore, diciamo più del calore del suo didietro
 
Si avvicina ad Ariana
 
-Ciao Ari, ci sentiamo dopo- si inchina e la bacia sulle labbra, io mi gelo
 
Ma certo, ora si spiega quel tocco di gelosia quando le ho detto che Ariana era carina e lei mi ha risposto “Molla la preda Jauregui, è già impegnata” o quando mi ha rimproverato quando ho detto ad Ariana che non era affatto male.
 
Mi sento un’idiota totale, ci ho provato con lei così palesemente e lei invece è già fidanzata, devo esserle sembrata una cretina totale.
 
Ma perché non mi ha fermata? Si è divertita tanto a prendermi in giro? Quanto sono cretina.
 
-Ciao tesoro, a dopo- le risponde Ariana
 
Camila fa per spingere la sedia, ma io faccio da sola.
 
Siamo in ascensore e c’è un silenzio piuttosto imbarazzante ed è lei a romperlo
 
-Stai bene? Sembri strana, è forse per Austin? Ti ho detto che-
 
-Non è per Austin-
 
-Allora cosa è? Dimmelo perché probabilmente quello che pensi è sbagliato e non voglio che ti faccia strane idee-

 
Prendo un bel respiro
 
-Tu e Ariana. State insieme?-





 
SPAZIO AUTRICE
Più di due mesi che non pubblico, pardon seguaci, vi amo.
Sono stata impegnata, no, non è vero, è solo che estate e io sono pigra.
Quindi eccoci qua.
Ho un paio di cose da dirvi.
1: nella vita reale non è possibile essere paralizzati dalle ginocchia in giù, o sei paralizzato dalla vita in giù o niente, è solo perchè le voglio far scopare, hihi.
2: perdonate il mio spagnolo, ma io studio tedesco, quindi ditemi se ho sbagliato.
3: voglio che prestiate molta attenzione ai comportamenti strani di Camila perchè è il punto chiave di tutta la storia.
C'è una domanda specifica che più avanti vi farà capire tutto, se me la trovate vi promuovo (?), vi do soldi, caramelle haha.
Scusate ancora il ritardo, ora vi lascio.
Lascitemi tante recensioni per farmi sapere quanto mi amate e quanto vi sono mancata.
Elena

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