You saved me

di hutchershood
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Oh, perfect ***
Capitolo 2: *** You and I, again ***
Capitolo 3: *** No, not you again. ***



Capitolo 1
*** Oh, perfect ***


Sono le 17:00 del pomeriggio quando rientro a casa, sento il profumo Chanel N*5 di mia mamma che invade tutta la casa ma nonostante questo odore forte del profumo riesco a sentire l'odore dei biscotti alla vaniglia appena sfornati, perfetto penso, proprio due minuti fa mi ero promessa di iniziare la dieta in previsione dell'estate, e mia mamma mi prepara i miei biscotti preferiti; decido di prenderne solo uno, per inzupparlo dentro il the. Svolto l'angolo dell'ingresso di casa e mi ritrovo in cucina con l'intenzione di prepararmi una tazza di the alla pesca, il mio preferito, quando scorgo con la coda degli occhi la pagina aperta sul mio computer. Mi avvicino per cercare di capire meglio, abbandonando il pensiero di prepararmi il the alla pesca, cosa ci facesse acceso il mio computer personale; mi siedo e comincio a leggere distrattamente l'email aperta sul computer, quando appare questa frase:".. E per questo signora Mary Boone che le chiediamo il trasferimento immediato a Los Angeles, grazie e cordiali saluti." Non riesco a capire come mia madre abbia potuto nascondermi un suo  o meglio, nostro, probabile trasferimento. Sono scombussolata, così decido di ripetermi ciò che ricordo su di me per cercare di restare cosciente e non svenire per l'emozione e la sorpresa:"mi chiamo Hope Boone, sono nata in Inghilterra, precisamente a Chester, ho 16 anni, sono una ragazza particolare, con i capelli lunghi castani tendenti al rosso, le gambe snelle gli occhi verdi con sfumature di marrone, preferisco starmene tutto il giorno sul divano a guardare il mio film preferito, Shadowhunters, mentre mangio la nutella a cucchiai invece di uscire per il paese come fanno tutti gli altri ragazzi, mi piace leggere e ascoltare la musica." Questo è tutto ciò che riesco a ricordare su me stessa in questo momento, niente male, penso, per come mi sento adesso. Ancora sconvolta prendo la decisione di aspettare che mia madre rientri da lavoro per chiederle spiegazioni invece di precipitarmi da lei in ufficio; mia mamma è una impiegata nella banca del paese, si è dovuta trovare un lavoro quando tre anni fa è morto mio padre, George. Al suo ritorno, decido di non farle domande, pensando che sarebbe stata lei a darmi la notizia del trasferimento, ma mi accorgo che non è così, perciò le chiedo se avesse qualcosa da dirmi. Dalla sua faccia riesco a capire che non è molto felice di parlare di questo argomento, ma nonostante questo mi spiega la situazione concludendo il discorso con la frase:" (..)vai a preparare le valige che domani sera abbiamo l'aereo diretto a Los Angeles!" Irritata e indispettita mi avvio in camera mia per piangere, ma decido di non averne bisogno, così faccio come ha detto mia madre e preparo le valigie. Non voglio andarmene da questo posto, è il paese in cui sono cresciuta e non voglio abbandonarlo per paura di dimenticare i bei ricordi che ho trascorso, soprattutto con mio padre. Detesto questa idea di trasferirmi così lontano da qui, ma temo che dovrò abituarmici. Trascorro la notte cercando di dormire, inutilmente, scossa dalle immaginazioni di quell'immagine astratta del nuovo paese, e di come sara la mia nuova vita, riesco ad addormentarmi solo nella tarda notte. La mattina seguente dopo aver fatto la colazione ed essermi vestita decido di andare a salutare mio padre; così esco con la mia bicicletta e mi dirigo verso il cimitero, arrivata porgo i fiori appena comprati sulla tomba di mio padre, parlo con lui come se fosse lì con me, e quando mi accorgo che ora è, rimonto in sella alla mia bicicletta e ritorno verso casa. Erano le 12:00 quando rientrai in casa, e trovai mia mamma che radunava le ultime cose per la partenza; tutte le valigie erano nell'ingresso, pronte per partire, come se non vedessero l'ora di andarsene da qua, al contrario di me. La aiutai a portare tutte le valigie in macchina e quando fu tutto pronto salutai la mia casa e montai in macchina in direzione dell'aeroporto. Non sarei dovuta passare a salutare gli amici, perché non ho amici, a scuola sto in un angolino da sola a leggere i miei libri e nessuno mi rivolge la parola e  in questo momento penso che sia meglio così. Arrivate all'aeroporto scarichiamo le valigie dalla macchina e ci dirigiamo verso il check-in pronte per partire, pronte per imbarcarsi. Il volo è stato tranquillo, ho trascorso le 12 ore a leggere, a dormire, a mangiare e ad ascoltare la musica, come faccio di solito, ma stiamo per arrivare e adesso non riesco a fare nessuna di queste cose, riesco solo a stare sveglia, impaziente e guardare fuori dal finestrino. Ci siamo quasi, manca poco a Los Angeles, ed io sono più tesa di quando sono alla lavagna per matematica, e la cosa è molto preoccupante. Perfetto, siamo arrivati adesso e già detesto questi posto, è tutto così diverso dal mio paese, qui c'è troppa gente, troppi palazzi, troppe strade, questo posto non fa per me. Mentre seguo mia mamma che cerca di arrivare alla fermata di un taxi, inciampo su una valigia di un signore e finisco in braccio a qualcuno, perfetto, nemmeno ho messo piede in città e sono già caduta addosso a qualcuno, faccio per tirarmi su quando sento l'uomo ho meglio, dalla voce sembra essere un ragazzo, imprecare:" Diamine ragazzina!", così mi giro per scusarmi ma alla sua vista le parole che volevo uscissero dalla mia bocca, stavano li ferme, come se fossero legate alla mia lingua; le parole mi giravano nella mente, andando a formare frasi senza senso, stavo con la bocca spalancata, cercando di dire qualcosa, inutilmente. 

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Capitolo 2
*** You and I, again ***


Qui a Los Angeles é tutto un disastro, è quasi una settimana che sono qui e ancora non sono riuscita ne ad abituarmi al fusorario e ne a farmi degli amici, o meglio, non ci ho nemmeno provato! Per la mia gioia ieri sono andata ad iscrivermi al liceo "West Los Angeles College" dove mi specializzerò in chimica, la mia materia preferita. Non mi piace andare a scuola, come il resto dei ragazzi d'altronde, tuttavia sono felice di essermi segnata al liceo perché così saprò come trascorrere il mio tempo. Ho provato a fare un giro della città,dato che lo avevo promesso a mia madre, ma essendo molto grande rispetto al mio paese di origine, mi sono persa; in più(con molta felicità) ho rincontrato il ragazzo su cui sono caduta appena arrivata a Los Angeles, adesso che l'ho visto per bene posso dire che è uno di quei ragazzi che ti sogni la notte, quelli che trovi nelle riviste che ti fanno sentire troppo stupida, con quei suoi due occhi marroni scuri, i capelli castani corti con il ciuffo, nonostante mi fossi rii cantata ho notato che li aveva differenti dalla prima volta che l'ho incontrato, la scorsa volta li aveva più sul biondo e li aveva tirati in su in una quasi cresta, devo dire che è un tipo un po' bassino, ma è proprio quello che lo rende più affascinante; se non gli fossi caduta addosso e se non mi avesse fatto un sorrisino a presa in giro(la seconda volta che ci siamo incontrati), per ricordarmi di essergli caduta addosso, potrei dire che mi potrebbe interessare, ma purtroppo non è così. È arrivato il momento di entrare, o meglio rientrare, a scuola e sono molto nervosa, non ho punta voglia di ricominciare da capo, nuova scuola, nuovi compagni di classe, nuovi professori; è già stato troppo difficile abituarmi alla mia vecchia scuola in quattro anni, figuriamoci adesso che sono la nuova arrivata. La mattina del primo giorno di scuola mi sveglio prestissimo, devo prepararmi per fare conoscenze, ho promesso a mia mamma che avrei provato a fare amicizia con qualcuno, perciò, guardando un po' le ragazze di qui, ho capito che devo cercare di essere alla moda, ovvero vestita con abiti firmati, con i capelli lunghi lisci e truccata, ma capisco che è meglio tralasciate tutto questo dato che non riuscirò mai ad essere come loro. Così apro l'armadio e prendo i primi abiti che capitano, jeans stretti strappati, come mi è solito portare, maglietta larga con alcune scritte, felpa e le mie amate Vans, in più prendo un giubbotto color verde militare e lo poso sulla sedia dell'ingresso per poterlo prendere più in fretta quando uscirò, darò che sicuramente sarò in ritardo; torno in camera mia intenzionata ad andarmi a truccare davanti al mio specchio nuovo, quando mi ricordo di aver lasciato i trucchi nella valigia che è andata persa nell'aeroporto. Così rassegnata a mostrarmi una ragazza alla moda e cool, preparo lo zaino, inserendoci i libri che mi sono rimasti dalla mia vecchia scuola aspettando l'arrivo di quelli nuovi ordinati pochi giorni fa; quando finisco di preparare lo zaino mi ricordo di non essere più in Inghilterra e che qui nei college a ciascun ragazzo viene dato un armadietto dove poter inserire i libri per le lezioni del giorno così svuoto lo zaino e infilo i libri necessari per le mie lezioni di oggi, in base all'orario che mi hanno fornito all'iscrizione, all'interno della mia borsa. Quando finisco di preparare la borsa e già tardi, sono le 7:30, così decido di uscire per incamminarmi verso la scuola.. Quando appena uscita di casa e svoltato l'angolo mi ritrovo tra le braccia di qualcuno, e furiosa per lo scontro e nervosa per il primo giorno di scuola nella mia nuova scuola, grido:"Ma che diamine, guarda dove metti i piedi!", non appena finito di pronunciare la frase alzo la testa e mi accorgo che il ragazzo con cui mi sono scontrata e che ho abbracciato era il ragazzo dell'aeroporto che con un sorriso sprezzante dice:"Devi stare proprio bene dentro le mie braccia, eh?".

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Capitolo 3
*** No, not you again. ***


Con quella frase rimango scioccata, e imbarazzata arrossisco tentando di dire che non ci stavo bene tra le sue braccia, ma non ci riuscivo, perché il mio cuore sapeva che non era così! Tra tutte le parole che mi passavano per la testa, cercando di pronunciare quelle migliori, le uniche che mi uscirono dalla bocca furono:"beh, scusa è tardi e devo andare." E con queste mi risistemai un po' ed andai. Proseguii lungo le strade come feci il giorno in cui andai ad iscrivermi e anche se con un po' di fatica arrivai davanti al mio nuovo college. La prima cosa che mi venne in mente fu:"beh, benvenuta all'inferno Hope" ma cercai subito di scacciare quel pensiero, cercando di pensare positivo e di tentare di trasformare tutta la negatività che avevo dentro, data dagli anni precedenti, in positività per cercare di affrontare questo anno al meglio! Così dopo essermi rassicurata un po' e dopo aver dato un occhiata a l'ora sul mio cellulare, decido di entrare. Quello era il college più moderno che avessi mai visto, i muri di pietra color arancione che rimandavano al tramonto furono la cosa che mi colpi di più, l'arancione era il mio colore preferito e questo mi rassicurava. Mi avviai lungo il corridoio cercando di trovare inutilmente la mia classe, così dopo svariati tentativi inutili mi diressi nella stanza del vicepreside, che avevo notato appena entrata; egli era un uomo giovane, alto, biondo, occhi azzurri, molto affascinante ed attraente, appena entrata mi chiese se fossi io Hope Boone, e io risposi di si, anche se in un modo insicuro a causa del suo fascino, così mi indicò nel corridoio la mia classe e mi salutò. Raggiunsi la classe, bussai titubante, ed entrai. Trovai davanti a me quella che dovrebbe essere la professoressa di italiano, una donna anziana, capelli rossi, occhi azzurri, molto bassa, e questo mi fece ripensare al ragazzo dell'aeroporto, doveva essere stata proprio una bella donna in gioventù, nonostante la pelle rugosa si riesce ancora a vedere, anche se con difficoltà le forme di un viso precedente. Mi presentò a tutta la classe, questo gesto fu imbarazzante così divenni di un colore simile al bordeaux e in seguito disse di andarmi a sedere all'unico banco libero. Non appena mi misi a sedere la ragazza che occupava il banco accanto al mio allungò la mano per presentarsi:"Io sono Elisa, piacere di conoscerti! Presumo che trascorreremo un po' di tempo assieme!", io le risposi leggermente imbarazzata, con la voce tremolante, che il mio nome è Hope e che sono molto felice di dover trascorrere il tempo delle lezioni con lei, io non conoscevo quella ragazza, ma nel profondo del mio cuore sapevo che avrei dovuto fidarmi di lei, e così fu. Trascorremmo il resto delle sei ore a parlare di noi, io non sono molto brava a farmi degli amici, poiché non li ho mai avuti, ma questa ragazza mi fa sentire a mio agio, così decisi di fare del mio meglio per provare ad esserci amica. Mi disse che veniva dall'Italia, che era stata costretta a trasferirsi con suo padre poiché avevano dei parenti qui e che il suo inizio in questa città non fu molto piacevole, e che fino ad ora non era riuscita a farsi un'amica. Io le raccontai la mia storia, che mi piaceva leggere, guardare la tv e le raccontai anche del ragazzo dell'aeroporto. Al termine delle lezioni, ci scambiammo il numero di cellulare così da poterci chiamare per uscire ad andare a fare un giro, magari adesso che ero in compagnia non mi sarei persa e magari sarebbe stato più divertente. Tornata a casa, raccontai ogni singolo dettaglio della giornata a mia mamma e le dissi che nel tardo pomeriggio sarei andata a fare un giro con un'amica. Verso le 17:00 del pomeriggio scendo le scale in tutta fretta, emozionata di poter rivedere quella simpatica ragazza e mi diressi a corsa verso il luogo dell'appuntamento. Trovai Elisa li davanti al café in cui avevamo fissato e mi corse in contro per abbracciarmi, non avevo mai abbracciato mai nessuno se non i miei genitori e i miei parenti, ma decisi che mi piacque. Entrammo nel café per prenderci una pasta e un cappuccino quando improvvisamente rividi tra la gente il ragazzo dell'aeroporto, feci per girarmi a parlare con la mia nuova amica quando mi sento afferrare per un braccio. Incuriosita ed arrabbiata mi giro mentre grido:"Ma sei pazzo? E lasciami andare!" Quando mi accorgo che il ragazzo che mi aveva afferrato per il braccio era il ragazzo con cui mi ero andata a scontrare all'aeroporto. Seccata e stupida le uniche parole che riesco a far uscire sono:"vedo che ti piace seguirmi!", pentita di quello che avevo appena detto, con la faccia rossa che mi bolliva dall'imbarazzo, lasciai la presa del ragazzo e corsi via.

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