Cuore fragile

di falling_in_reverse
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Prologo ***
Capitolo 2: *** 1.Chiedo solo la verità. ***
Capitolo 3: *** 2.I have a dream. ***
Capitolo 4: *** 3.Devo. ***
Capitolo 5: *** 4.Speranza. ***
Capitolo 6: *** 5.Un respiro. ***
Capitolo 7: *** 6.Un processo. ***



Capitolo 1
*** Prologo ***


 Prologo.

Mi chiamo Ellen ho 16 anni e vivo in Canada precisamente ad Alberta. Ho lunghi capelli rossi, occhi verdi, e un corpo che non mi permette di avere una buona autostima di me stessa. Ho delle curve che mi fanno sembrare grassa; no il mi corpo non mi piace per niente.

Fino a qualche giorno fa avevo delle amiche: Cherry a cui ero più affezzionata, ma anche Cleo e Dalia erano molto importanti per me.
Dopo che Cleo ha iniziato ad allontanarsi di conseguenza Dalia l'ha seguita e ultimamente si è aggiunta anche la mia "migliore" amica Cherry, lasciandomi da sola.

Ero così felice, loro riuscivan a farmi piacere il mi corpo, mi rassicuravano, mi aiutavano nei momenti più tristi.

I miei stupidi fianchi troppo grossi vengono presi di mira da tutti.
E soprattutto da loro...i bulli.

Alan, Lucas, Jack e Daniel. Continuano ormai da quando sono in prima, a prendermi in giro. Il mio peso, il mio carattere troppo fragile e allo stesso tempo facile da colpire, non mi permettono di reagire.

Dopo che le persone a cui tenevo di più mi hanno abbandonata, mi sento sola.

Il problema è Daniel.

Io mi sono innamorata di colui che mi prende in giro, mi disprezza, mi aggredisce davanti a tutta la scuola.

Per questo sto male ancora di più...

I suoi capelli "ribelli", i sui sguardi che fanno innamorare all'istante ogni ragazza che lo circonda.

Sì è fidanzato, con colei che odio e che allo stesso tempo è la mia sorellastra.

Mi sento sola, sola e sola. Sento che non riuscirò mai a confessara ciò che provo nei suoi confronti.

Può una "vittima" innamorarsi del suo "attentatore"?


La cosidetta "scrittrice"...

Salve a tutti!!!
Questa è la mia prima storia originale, quindi non so cosa ne uscirà fuori!
Spero vi sia piaciuto, ovviamente questo è il prologo e prometto che i capitoli successivi saranno più coinvolgenti!! :)
Recensite se vi va :))) E' importante per me :)))
Un bacio,
Bea <3

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Capitolo 2
*** 1.Chiedo solo la verità. ***


1.Chiedo solo la verità.


-Ellen, tuo padre è qui scendi.- continuava a ripetermi Madison la moglie di
mio padre.
La odio.
Mia madre è andata via quando ancora io ero molto piccola, e mio padre il
giorno dopo è arrivato con una donna bionda, alta e con un fisico da top-model,
aveva per mano un bambina che definisco, ancora ora, la sua fotocopia.
Margaret, sarebbe diventata la mia sorellastra, odiosa, prepotente e
antipatica.
Scesi le scale e andai in macchina, mio padre mi stava aspettando per
accompagnarmi a scuola.
Strano vero?...
Il fatto è che io ero "caduta" e mi ero rotta una gamba che aveva riportato
danni su danni.
Sì, ma, non ero "caduta"... I bulli mi avevano buttato giù da una discesa,
dove a dominare erano soprattutto le grossi rocce. A mio padre non ho detto
niente di tutto ciò.
Non aveva senso. Gli avrebbe denunciati. E poi?
Mi sarei sentita in colpa per avergli rovinato la vita, perchè io ero fatta
così.
No, perdonare, non l'avrei mai fatto.
Ma il mio carattere, non avrebbe sopportato il fatto di rovinare una vita di
un'altra persona. So che sono strana. E anche molto.
Dopo tutto, mi continuano a disprezzare davanti a tutta la scuola, e dopo
questa dovrei odiarli, e in parte è così. Ma non posso odiare e amare allo
stesso tempo.
-Come va la gamba Ellen?- mi chiede mio padre appena salgo in macchina.
-Uh, di male in peggio. Ma il medico ha detto che prima o poi guarirò, quindi
non mi rimane altro che attendere.- dissi.
-Certo.- mi rispose.
E' una delle tante giornate nuvolose e anche se io adoro la moda, con il
fisico che ho, il mio abbigliamento è sempre quello. Felpa, jeans e converse
rosa.

Arrivata a scuola mi dirigo, non molto facilmente, al mio armadieto.
"E chi vuoi che ci sarà?" dico tra me e me.
La risposta? Ovviamente loro.
-Oh poverina, come sta la tua gambina?- dice Lucas tirandomi un calcio,
proprio dove il dolore mi fulmina.
-Lasciami, in pace.- dico, con il resto della voce che mi rimane.
-Oh ma certo, la signorina vuole essere lasciata in pace.-dice Daniel.
Mi prendono e mi portano in bagno, intanto nessuno non si è accorto di niente.
-Ecco fatto. Ora ti meriti questo. - dice Jack mettendomi la testa nel
gabinetto.
L'unica cosa che faccio è iniziare a piangere, e la disperazione non aiuta
molto.
Cerco di spingerli via come posso, ma niente io sono troppo debole, troppo
fragile.
Mi spinge sempre di più, e io non posso farcela.
Tutti iniziano a ridere.
E io piango, piango, piango.
Se ne vanno dopo alcuni minuti e mi lasciano lì. Io tutta sporca mi alzo, con
la gamba che non mi regge più, gli occhi gonfi e i capelli bagniati, mi dirgo
come posso al lavandino.
Perfortuna, non c'è nessuno, ma solo perchè è iniziata la prima ora.
Mi lavo, ma gli occhi rimangono sempre gonfi.
Basta, devono smetterla.
Io devo smetterla, come posso essermi innamorata di un tizio che mi infila la
testa nel gabinetto, mi fa piangere, e mi lascia lì?
Stupida. Stupida. Stupida.
Ho i capelli tutti bagnati e non mi sembra il caso di presentarmi in classe
con questo aspetto. Perciò prendo il primo autobus e ritorno a casa.
Entro e non c'è nessuno, menomale. Vado in camera mia.
Lavare i capelli con un gesso alla gamba e senza fare la doccia mi complica di
più le cose, ma non posso rimanere con questi capelli, perciò li lavo.
Lavati, esco dal bagno.
L'unica cosa che voglio in questo momento è stendermi sul letto.
Mi siedo sul letto e prima di sdraiarmi accendo lo stereo, ieri sera mentre
papà, e le due odiose erano all'opera (cosa che detesto) avevo messo il mio cd
preferito, quello dei Nirvana. Quindi quando accesi inizio la mia canzone
preferita Smells Like Teen Spirit.
So tutte le parole a memoria. E so che in un punto si addice perfettamente
alla mia situazione.
Cos'ho che non va? Tutto.
Non capisco. Molte cose non capisco.
Tutti mi stanno abbandonando.
Tutti mi stanno rovinando la vita.
Ascolto questa canzone  ma il mio sonno prevale e mi addormento, sfinita, pur
essendo solo le undici di mattina.
Dormo per circa tre ore e a svegliarmi sono le risatini di Margaret e Daniel.
-Sai che non possiamo farlo. Di là c'è Ellen, non voglio che si scandalizzi.-
sono le parole di Maragert.
Come se fossi una bambina di dieci anni, ho sedici anni. La sua età. E a
scandalizzarmi non è questo, ma il suo comportamento da ochetta infantile.
Sento salire la rabbia.
-Ma chissene frega di quella, grassona.- questa volta è Daniel a parlare.
Come?
Sì, ho capito benissimo. E fare finta di niente non è la cosa da fare. Devo
cambiare. Devo.
Ma per chi? Me?
No, io non cambio per me. Non ha un senso.
Non voglio essere diversa da quel che sono. Sì il corpo, quello sì. Ma il
carattere, fa di me la mia persona.
La mia persona. Che bella parola.
Smetto di sentire le loro criticate scendo, sbatto la porta e scappo via.
Via da questo inferno.
Perchè io sono costretta a tutto questo? Forse io qui non centro niente. Tutto
questo è sbagliato.
Tra me e il mondo la conessioni via cavo è interrota.
Non c'è niente che mi spinge ad andare avanti, nulla.
Vado nel bosco. Il mio rifugio.
Lì non viene mai nessuno. Lì nessuno mi giudica, mi strattona o mi chiama
"grassona" lì ci sono io e basta.
Come può una persona camminare con una gamba ingessata, e fare finta di
niente.
Me lo chiedo anche io. Ma la forza supera tutto.

Sono arrivata. Non c'è nessuno, come immaginavo.
Mi siedo ad una delle tante panchine abbandonate. E' così bella la natura. Il
silenzio. Vedere gli animali liberi e non chiusi in una gabbia. Non si chiamano
animali per essere chiusi dentro una gabbia come se fossero al circo. Non
aspetterei un solo secondo a rinchiudere colui che ha rinchiuso un animale
nella gabbia.
Passano i minuti, e inizio a sentirmi meglio, più libera.
Per un minuti chiudo gli occhi ed è come essere in paradiso, e anche se non so
come sarà il paradiso, di sicuro lì la cattiveria non esisterà. Lucas, Daniel,
Jack e Alan non ci saranno.

Riapro gli occhi solo perchè sento dei passi dietro di me. Mi giro
involontariamente.
E' un ragazzo, alto, con i capelli castani scuri, gli occhi castani chiaro.
Era perfetto.
Indossa dei pantaloni lunghi fino a dopo le ginocchia, e una maglia a maniche
corte bianca.
E' diverso dagli altri, guarda in basso e alla mia vista sembra un po'
stupito.
Penso che anche lui venga qui e che vedermi non era ciò che si aspettava.
A mio stupore...
-Ciao.- mi dice.
- C..-Ciao- dico timidamente.
-Oh, mi dispiace per la tua gamba deve aver avuto una brutta caduta.- dice, il
ragazzo sconosciuto.
-Bh..-Bhè, sì.- sono le uniche parole che mi escono.
-Piacere sono Marco.- dice porgendomi la mano.
-Piacere Ellen. Sei italiano?- chiedo.
-Oh, sì, ma sono nato qui.- dice sorridendo.
-Ah, okay.- riesco a dire.
-Sembri preuccupata, va tutto bene?-
-Sì, certo va tutto bene.-
-Sono venuto qui nell'intento di stare da solo, ma ho incontrato te, strano
qui non c'è mai nessuno.- dice.
-Anche io sono venuta qui per stare da sola, e anche a me sembrava che qui non
venisse nessuno. Ma mi sbagliavo. Se vuoi posso andare.- dico facendo il gesto
di alzarmi.
Inaspettatamente lui mi affera dolcemente il braccio e mi dice:
- No resta pure, non volevo dire questo.-
-Sicuro, magari la mia presenza ti disturba.-
-Perchè dovrebbe disturbarmi?-
-Perchè la mia presenza disturba molte persone.- le parole mi escono senza
nessuna paura, parlare con lui non è come parlare con Daniel.
-A chi disturba? Chi puoi disturbare? Tu?-
-Vedi questa gamba?- mostrandogli quella ingessata.
-Sì, certo.-
-Delle persone a cui disturba la mia presenza me l'hanno ridotta così..-
Gli racconto tutto e parlare con lui mi rende libera. Non vengo giudicata...
...O presa in giro...



La cosidetta "scrittrice"...
Premetto che questo capitolo era già pronto da almeno 3 giorni e che a causa
di questo computer che è lentissimo l'ho pubblicato solo oggi!
Che ne pensate? Ora vediamo un nuovo personaggio quello di Marco...Secondo voi
aiuterà la nostra cara Ellen? Quale segreti potrà mai nasconderle?
Il loro incontro è stato veramente una coincidenza?
Se vi inizia ad interessare questa storia che aspettate? Recensite!! Accetto
consigli, tanti consigli!!
E i Nirvana? Vi piacciono? Io li adoro.
Vorrei ringraziare _GocciaDiSangue_ per aver messo tra le seguite questa
storia. E ringrazio voi tutti che leggete!!!
Al prossimo capitolo...
Un bacio,
Bea<3

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Capitolo 3
*** 2.I have a dream. ***


2. I have a dream.


Ho trovato il modo di scomparire.
-Quindi vuoi dire che tu non ti sei fatta tutto questo da sola?- disse Marco, colpito.
-Sì.-mi limitai a rispondere.

Era così perfetto e non capivo perchè parlasse con me. Non capivo perchè gli interessase di me. In fondo era uno sconosciuto.
Perchè parlo con lui? Perchè lui parla con me?
-Mi dispiace.-disse.
Perchè si dispiaceva? Io chi sono per farlo dispiacere?
-Non dispiacerti, non ne vale più la pena. E' una battaglia persa, sconfitta.-

Era vero. Tutti mi giudicano e io non rispondo. Non servirebbe affatto iniziare una battaglia se sai già di perderla. Per molti mi sbaglio. Per me no.
-No, non è vero. Non puoi arrenderti. Devi sconfiggerli.-
Aspetta. Aspetta. Aspetta.
Io lo conosco.
Mi allontano involontariamente.
-Tu sei il fratello di Daniel.- dissi.
Lui abbasò la testa e quando la rialzò disse:
-Sì, ma non sono come lui.-
Sapeva tutto. Lui sa tutto.
-Ah davvero? Tu sapevi tutto e non hai fatto niente per impedirglielo?-
-Capiscimi, non è molto facile.-
Disse altro ma io non lo ascoltai, mi girai e andai via.
Che scema.
Avrei dovuto capirlo prima.
Lo avrà mandato Daniel per fare in modo di scoprire qualcosa su di me.
In modo da spifferarlo a tutta la scuola.
E io stupida che ci sono cascata. Solo perchè lui sembrava diverso. Lui non era come Daniel.


Ritornata a casa andai a controllare il cellulare che avevo lasciato sotto carica.
Margaret e Daniel non c'erano più. E io ero sola come sempre.
Avevo due notifiche, cosa molto strana. Di solito ne ho zero.
Il primo numero era sconosciuto e diceva:
Quando ti parlo guardami. Quando sorrido fallo anche tu. Non è facile neanche per me.
-Marco.
Il secondo diceva:
.
Chiamami. Perfavore. Incontriamoci da qualche parte, devo parlarti.
-Marco
Come diamine faceva ad avere il mio numero?
Come faceva?!
Ero arrabbiata, triste, amareggiata...Ma appena vidi quel messaggio il mio cuore balzò all'istante.
Forse dovevamo incontrarci, chiarire le cose.
Magari ha un motivo valido per parlarmi.
Perciò gli scrissi:
Va bene, troviamoci al parco. E lì, mi spiegherai come hai il mio numero.
-Ellen.
Era già la terza volta che uscivo.
Presi il primo autobus e arrivata lui c'era già, forse non andò via da prima.

Mi venne in contro, aiutandomi a scendere dall'autobus. Non volevo un suo aiuto, ce la faccio benissimo da sola, ma come poter resistere?
Arrivati sulla panchina e seduti, inizò lui a parlare.

-Scusami, forse non era un buon modo per conoscerci. Avrei dovuto dirtelo prima. So il tuo numero perchè l'ho fregato a quello stupido di Daniel.-
- Va bene, e mi hai detto di ritornare qui solo per questo?-
-No.-
-E allora avanti.-
-Ecco, non so come dirtelo...-
-Forza.-
-Daniel...Ha meno..di un mese..di vita.-
Come? Sarà un altro degli scherzi cretini. Non può essere vero.
-Come?-dissi con le lacrime a  gli occhi.
-Ha un cancro, incurabile.-
Ora mi ricordo, era stato via per un po' di tempo, ma non pensavo fosse, assolutamente per questo.
Ma perchè tutto questo?
L'unica cosa che feci è piangere.
Il mio "attentatore" dopo avermi buttata giù da una discesa, avermi infilato la testa in un gabinetto, dopo avermi umiliato per anni, e che pur facendo tutto questo, per me in qualche modo è speciale, vengo a scoprire che ha un cancro e fra meno di un mese morirà?
-Credimi, non pensavo fosse importante per te. Almeno, non in questo modo. Avrei dovuto non dirtelo.-
-No. Tu hai fatto bene ad avvisarmi.-
Si avvicinò a me e mi abbraciò. Sinceramente non me lo aspettavo
Il mio cuore batteva sempre più forte. Non riuscivo a reggere tutto questo.
Ma in qualche modo il suo abbraccio mi rassicurò.
Ero cosciente, perfettamente cosciente di abbracciare uno "sconosciuto". Ma in fondo lo conoscevo da sempre, non ci eravamo mai parlati prima, e per un po' di tempo avevo perso sue notizie, ecco perchè non l'avevo riconosciuto prima.
-Ma perchè tu hai voluto dirmelo?- gli dissi, asciugandomi le lacrime.
-Perchè pensavo fosse giusto.-
-Quindi eri venuto per questo?-
-No, ero venuto per stare da solo.-Ma poi ho incontrato te e dopo che mi hai raccontato quelle cose su di lui, ti ho avvisato prima che fosse troppo  tardi.-
Già, prima che fosse troppo tardi.
Non ci capivo più niente.
-Bhè grazie.-
Insomma non era un risposta un "bhè grazie". Ma cosa avrei potuto dirgli? Sono innamorata di tuo  fratello? Mi hai rovinato la vita?
No, non avrei potuto fare così.
-Ora devo andare.-dissi.
-Ci vediamo.-rispose lui facendo un piccolo sorriso.

Prima di andare a casa passai da Rosa.
E' una signora anziana.
Non dimostra affatto la sua età, grazie alla sua cultura, al modo in cui vive ogni giorno, mi insegna ad andare avanti. Lei è l'unica persona che sa cosa mi fanno, e so che di lei posso fidarmi. E' laureata in lettere e psicologia. No, non mi fa da psicologa. E' la mia "maestra" di vita.
Mi insegna che nella vita non bisogna dare peso alle persone stupide, perchè non sanno quello che fanno.
Mi insegna che nella vita, non si deve conquistare un posto solo perchè hai un bel aspetto, un bel corpo. Perchè nella vita non conta l'aspetta esterno, anche se per molti è così, ma quello che veramente noi possediamo all'interno...Ciò che ci rende veramente di noi, una persona.
Io no, non avevo imparato ad accettare me stessa, o perlomeno, non ancora.
Ma già andare da lei era un punto di partenza, un punto da cui può nascere qualcosa.
-Oh ciao gioia, entra pure.- mi dice Rosa.
Lei ama l'arancione e soprattutto i gatti. Da quando suo marito è scomparso, è rimasta sola.
-Ecco, io sono venuta solo per riportarti questo.- dico porgendole il libro che mi aveva prestato la settimana scorsa e che avevo tenuto in borsa.
-Oh, grazie mille. Ti è piaciuto?-
-Sì, molto.-
Il libro parla di Martin Luther King, si chiama "I have a dream", ed è molto interessante. Non è molto il mio genere, ma Rosa ha insistito affinchè lo legessi e io ad un libro non dico mai di no.
-Sei sicura di non voler entrare?-
-No, grazie. E' molto tardi e mio padre mi aspetta a casa.-
Erano le sette e il buio iniziava a dominare il paesaggio, perciò facevo meglio a rientrare, prima che mio padresi allarmasse. Cosa che non succedeva mai, ma che faceva parte della mia mente.
-Certo, capisco. Fai attenzione! Ci vediamo, mia cara Ellen.-
-Ci vediamo Rosa.- dissi andando via, verso la fermata degli autobus.
L'autobus arrivò dopo circa un quarto d'ora. Durante il ritorno a casa avevo indossato le cuffiette e ascoltato la musica, e il tempo passò quasi velocemente.

La fermata era distante da casa.
La piccola villetta in cui abito si trova in periferia e perciò per arrivaredovetti percorrere la via buia a piedi. Con una gamba ingessata e una borsa molto pesante.
Era tutto tranquillo finchè non sentì delle risate sopra un urlo disperato, presumevo fosse di una ragazza.
Subitò proseguì, ma quando mi accorsi che i gridi di quella ragazza erano veramente troppo, capì che stava accadendo qualcosa.

Dietro un cespuglio c'era una ragazza che conoscevo di vista poichè viene ad alcuni corsi che frequento anche io a scuola.
Piangeva, urlava, gridava aiuto.
Dopo essermia  avvicinata senza che nessuno si accorgesse della mia presenza notai che lei cercava di liberarsi dalle mani di quattro ragazzi.
Era vestita, ma loro,mentre Lucas e Alan la tenevevano, Daniel e Jack cercavano di levargli la t-shirt e lei disperata chiedeva aiuto.
Capisco all'istante cosa vogliono fare.
Non aspetto un solo secondo. Appartiene anche a me il futuro di quella povera ragazza.
Poso la borsa a terra e prendo la stampella.
Vorrei correre ma non posso.
Cammino più velocemente che posso, ma prima chiamo la polizia.
Disgraziati, questo no. Non potevo immaginarlo da lui.
Arrivata urlo:
-Laciatela andare! Lasciatela andare! Stronzi!-
Lei in qualche modo mentre i "bulli" si sono accorti di me, tira un calcio a Daniel e riesce a liberarsi. Corre dietro di me.
-Grazie.-dice quasi sussurando.
-Ah ma senti questa. Chi sei tu per dirci cosa fare?- mi dice Daniel.
-Meglio Dan, adesso ne abbiam due.-dice Alan.
Tutti scoppiano in una risata maligna, ma io li fermo. Con la paura che prevale e con la forza che inizia a cedere, riesco solo a dire:
-Non ne sarei così convinta, fossi in voi.-
Le sirene della polizia iniziano a sentirsi in lntananza, e si avvicinano sempre di più.
Loro iniziano a cercare una via di fuga, ma quella che hanno scelto è sbagliata. Un poliziotto li ferma. Dopodichè ne arrivano altri due.
Li tengono fermi, mentre loro cercano di allontanarsi, ma l'unica cosa che possono fare è arrendersi,
-Siete in stato d'arresto. Ogni parola che pronunciate sarà usata contro di voi in tribunale. Avete diritto ad un avvocato e in caso non lo aveste ve ne sarà assegnato uno d'ufficio.- dice il poliziotto mettendogli le manette.
Sento una gioia dentro di me. Ce l'ho fatta. Ce l'abbiamo fatta. Sembra quasi impossibile ma è la realtà. La ragazza al mio fianco, disperata, piangendo mi abbraccia e io rispondo al suo abbraccio stringendola.
Sento un'altra sirenza, questa volta è di una ambulanza.
L'infermiera arriva dallaa ragazza e inizia a farle delle domande.
Ha dei graffi, profondi, sui fianchi. E lividi sparsi in tutto il corpo.
Arriva un altro infermiere, questa volta con una barella dove carica Elisabet, la ragazza.
-Può salire un solo accompagnatore.-dice l''infermiere.
Elisabet mi guarda facendomi cenno di salire.
Nessuno dei nostri genitori è ancora sul posto e verranno avvisati quando saremo in ospedale. Quindi sono l'unica testimone e l'unica persona che l'ha salvata. Devo salire.
Quando salgo l'agitazione prevale.
Elisabet resipira a fatica, perciò le viene dato ossigeno.
Non so che cosa le abbiano fatto prima del mio arrivo. Forse lo so. Ma è troppo orribile solo pensarlo.
Quanto son crudeli?
Loro. Sono schifosi.
Io odio tutti loro e odio soprattutto Daniel per il male che provoca in continuazione.
Come può compiere queste cose, essendo in questo stato? Stento a crederci.
Adesso sarei disposta a combattere in tribunale. In polizia. Sotto un giudice.
Ora mi sento forte.
No. Dopo questo forse non sarei stata così forte. Ma devo combattere. Per me, e soprattutto per lei, devo occuparmi di lei.
Il libro si intitola "I have a dream"...Io ho un sogno.
Il mio sogno è sconfiggere loro.
Non con la violenza.
Ma con la...giustizia.



La cosidetta "scrittrice"...
Cari mie lettori..
Inanzitutto mi scuso per qualche o mancata.
Che ne pensate? Brutta o bella?
Succede un fatto molto importante che ne pensate?
Sì ho cambiato da "Romantico" a "Drammatico" perchè anche se poi la storia alla base è romantica, è il dramma a prevalere.
Elisabet, il nuovo personaggio sarà molto fondamentale per Ellen.
Vorrei ringraziare ali_snadowhunther_tribute per aver aggiunto tra le seguite questa storia e sarasaretta56 per averla aggiunta alle preferite!!! Grazie davvero siete importanti per me. :)
Ringrazio anche tutti quelli che si limitano a leggere :)
E mi raccomando se vi piace questa storia, se avete dei consigli, o se avete qualche errore da farmi notare, RECENSITE!!!
Al prossimo capitolo un bacio,
Bea<3

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Capitolo 4
*** 3.Devo. ***


Dedico questo capitolo ad una persona che mi ha aiutata in un periodo ancora giù.
 
3.Devo.

Arrivata all'ospedale Elisabet venne mandata in pronto soccorso con bollino rosso, perciò passò subito, ed una volta entrata in stanza, i medici la visitarono. Erano circa quattro, il che mi faceva sempre di più preuccupare. Aveva qualcosa di grave, per essere circondata da tutte quelle persone. Io venni, praticamente, "cacciata" fuori da una infermiera con una mascherina in viso. L'agitazione era indiscrivibile quella sera.
C'erano barelle che dominavano le corsie per le sale operatorie, quindi Ellisabet doveva avere qualcosa di preuccupante. Ma l'ultima cosa da fare ora, era fare domande. Sarei stata innopportuna.
Chiamo mio papà due volte perchè alla prima chiamata non risponde.
-Papà..-
-Ellen, dove sei, sono le nove.-
Strano. Direi molto strano, una volta sono stata fuori tutta la notte e nessuno si era mai accorto di niente.
-Sono in ospedale. Papà, è successa una cosa molto grave.-
-Oh santo cielo, stai bene?-
-Sì, io sto bene. Vieni perfavore, non posso raccontarti nulla per telefono.-
-Arrivo.-
Dopo aver avvisato mio padre, devo assolutamente contattare i genitori di Elisabet.
Ma come faccio? I suoi vestiti sono all'interno della stanza e anche la sua borsa.
Non posso entrare. Perciò attendo per un po'.

Passano circa dieci minuti, mio padre non è ancora arrivato.
Ad un certo punto la porta della stanza di Ellen viene spalancata dall'infermiera che prima mi ha quasi cacciata.
Lei tiene la porta aperta mentre, due medici escono seguiti da una infermiera che porta Elisabet con la barella nella direzione della sala operatoria.
-Quindi verrà operata?- dico velocemente all'infermiera che sta per voltarsi.
-Sì. D'urgenza. Mi dispiace ma non posso dirle altro per ora.- dice andando via quasi di corsa.
Elisabet ha un viso distrutto, gli occhi socchiusi e un tubo in bocca che le permette di respirare a fatica.
La vedo portare via. Mi sento inutile, sapendo che non posso fare niente per aiutarla.

Mio padre arriva poco dopo.
-Ellen. Cosa ci fai qui? Ho visto delle auto della polizia fuori.- dice abbastanza sconvolto.
-Mentre stavo andando a casa, ho sentito degli urli. Una ragazza, della mia scuola, era in mano di quattro ragazzi. Anche loro della mia scuola..- mi fermo perchè non trovo le parole per continuare. Non posso. Non riesco. Non voglio.
-Su Ellen, continua.-
-Ecco, lei...La stavano..- mio padre mi ferma prima che esca quella maledetta, inutile parola.
-Ho capito.-Ma tu che centri in tutto questo, hanno fatto qualcosa anche a te?- ha l'aria piuttosto preuccupata.
-No, io l'ho salvata. Ho chiamato la polizia. E dopodichè ci hanno portato qui.-
-Brava Ellen, sono fiero di te. Ma in che guaio ti sei cacciata. Allo stesso tempo.-
-Papà. Rifletti l'avrei dovuta lasciare lì? Da sola? Indifesa? In modo che potevano farle tutto quello che volevano?- dico con le lacrime agli occhi e la rabbia nei loro confronti, che continua ad aumentare.
-Non intendevo questo.-
Non aggiunge altro perchè un pliziotto interviene.
-Buongiorno Signor Todd.- mio padre è un avvocato, perciò è conosciuto dalla maggior parte dei poliziotti.
Papà risponde facendo cenno con la testa.
In quel momento mi viene in mente che devo ancora avvisare i genitori di Elisabet, e ora che la stanza è libera e la sua borsa è lì posso cercare il suo telefono e eventualmente chiamare i suoi genitori.
Mio padre inizia a parlare con colui presumo fosse il tenente.
Io giro e vado in camera.
Vedo subito la sua borsa rosa e cerco il telefono.
Perfortuna lo trovo velocemente.
Cerco in rubrica "mamma" o "papà" e trovo solo mamma.
Premo invia e la chiamata parte.
Cosa devo dirle? In fondo sono agitata, e potrei non riuscire a controllare la situazione.
Ma devo essere forte. Per lei. Per me.
-Pronto. Elisabet, ma dove ti sei cacciata?-
-Pronto signora.- dico facendomi forza e cercando di avere una voce più tranquilla possibile.
-Sì, lei chi è?-
-Sono un'amica di Elisabet. In questo momento...è...in ospedale.- non riesco più a controllarmi, sto per iniziare a piangere. Ma non devo.
-Come?! Oddio che le è successo?- la sua voce è preuccupata, direi, terrorizzata.
-Deve venire, signora non posso dirle niente per telefono. Faccia presto.-
-Arrivo!!-mette subito giù e non mi da il tempo di risponderle.
Esco dalla stanza e mio padre sta ancora parlando con quel poliziotto.
Che vedendomi arrivare dice:
-Elle, dovrai testimoniare in tribunale.-Contro quelle persone.-
-Hai fatto un atto di coraggio che verrà apprezzato e ribadito in tribunale. Per ora quei ragazzi sono in carcere quindi non preuccuparti- aggiunge il poliziotto.
Devo raccontargli della gamba. Anche se non è il momento adatto. Devo.
Il tenente sta per andare via quando:
-Scusi, può restare un attimo, devo dirle un'altra cosa.-
Mio padre è sospettoso ma il tenente mi dice:
-Si prego, dimmi pure.-
Mi faccio forza.- Vede questa gamba...Un giorno a scuola..Mi hanno buttato giù da una discesa.-Mi fermo per alcuni minuti.-E mi sono rotta la gamba.
Mio padre stupito dice:
-Oh, Ellen..Ma perchè non mi hai mai detto nulla?-
Sto per rispondere ma il tenente mi dice:
-Ellen, sei sicura che ti abbiamo fatto solo questo?- mi fa cenno di sedermi.
Io mi sedio, anche il poliziotto, ma mio padre rimane in piedi.

Gli racconto tutto.
Dove trovo la forza, non lo so.
Ma ho capito di essere entrata in un "gioco" troppo grosso e di non poter più tornare indietro.
-Potrai sporgere denuncia.-
Ci avrei scomesso.
-Ellen, per tutto questo tempo non mi hai detto nulla. Credo che sporgere un denuncia sia il minimo.-
Ci rifletto per alcuni minuti.
Certo non è una decisione da prendere in alcuni minuti.
Ma ci ho già pensato, varie volte.
Ho 16 anni. Loro hanno 16 anni. Non potrei rovinargli la vita. Andranno in riformatorio...e dopo?
Cambieranno? Io penso di no. Non penso si cambi così, e il riformatorio li rovinerà. Ma...In fondo loro hanno rovinato per sempre una vita. Il dolore, la tristezza del ricordo, la sofferenza che ha provato Elisabet rimarrà. Quello che hanno fatto a me, rimarrà. Ma una volta in prigione, di loro, non rimarrà niente. Ho preso la mia decisione e mai potrò cambiarla. Ci sarà chi mi aiuterà a combattere questa lotta. Chi mi resterà sempre vicino. Chi nel corso del tempo si allontanerà. Ci sarà chi mi odia. Ci sarà chi mi ama. Avrò un futuro o magari no.
Ora. Devo vivere.
-Papà. Vorrei passare questa sera stessa in distretto. Devo denunciare loro.- dico queste parole e nel frattempo arriva una signora, molto alta e snella. Ha gli occhi azzurri e gli stessi capelli di Elisabet.
Sembra disperata, ha le lacrime che le scorrono giù per il viso.
Le vado in contro. So che è lei.
-Signora. Sono Ellen, ho parlato con lei al telefono.-
-Dov'è Elisabet?! Perchè nessuno mi ha detto nulla? Dov'è mia figlia?- l'agitazione le scorre in tutto il corpo ed è presa dal panico. La capirebbe chiunque in questo momento.
Arriva un dottore che prima era con Elisabet.
La signora lo ferma.
-Scusi. Sono la madre della ragazza, Elisabet. Sa dove l'hanno portata?-
Il medico le fa cenno di allontanarsi e lei lo segue.
Intanto il poliziotto saluta mio padre e io rimango per qualche secondo senza dire niente.
-Ellen, non è meglio che vieni a casa? Ti riposerai, verrai a trovarla domani. E poi dobbiamo andare a sporgere denuncia.-
Mio padre è insopportabile! Non si rende conto della situazione!
Capisco che dobbiamo andare ma io mi sento una schifezza sapendo che lei è in sala operatoria e io sono qui, e devo pure andare via.
-Va bene. Ma prima devo andare da sua madre.-
La mamma di Elisabet sembra meno agitata rispetto a prima.
-Scusi, posso sapere come sta Elisabet?-
Okay. Non è proprio la domando più opportuna in questo momento. Ma devo.
-Ma tu chi sei? Elisabet non mi ha mai parlato di te.-
-In effetti lei mi conosce solo di vista. Io l'ho aiutata questa sera.-
-Spiegami bene cos'è successo esattamente.- mi dice.
Le racconto tutto, ogni singolo particolare perchè lei deve sapere la verità è sua madre.
Ogni volta che continuo con il discorso sembra disperarsi sempre di più. Non voglio provocarle un dispiacere così. Anche se io l'ho aiutata sono anche colei che deve dirle tutto. Perchè c'ero solo io dalla parte di Elisabet questa sera.
Lei mi ringrazia inifinitamente per quello che ho fatto e mi dice che i medici hanno tolto il pericolo. Lei è fuori pericolo.
Vado via e le do appuntamento a domani mattina.

Quando arriviamo alla stazione di polizia noto il furgone dove di solito vengono portati i carcerati.
Stiamo per salire gli scalini quando noto quattro poliziotti che stanno uscendo tenendo in manette Lucas, Alan, Jack e Daniel. Rivederli è stato un colpo al cuore.
Ripenso a tutto ciò che hanno fatto e non riesco a mantenere la rabbia e il dolore che ormai mi ha rubato la felicità.
Tutti sono, sconfitti in parte, tranne Daniel che vedendomi fa un sorrisino falso, d'invida, pieno di cattiveria.
Mio padre gli lancia uno sguardo minacciaso e mi tira via.
Quando siamo arrivati un poliziotto ci fa sedere nell'ufficio del tenente.
Attendiamo qualche minuto quando lui si presenta.
Ha in mano un grosso blocco.

Mi dice che devo raccontare tutto.
Io lo faccio e intanto mi padre cerca di farmi forza, mentre il tenente scrive.

-Denuncio contro Lucas Wialliams, Daniel Dell, Jack Brown e Alan Balmorall.- le parole mi escono chiare e decise.
-Bene. La denuncia verrà registrata immediattamente, potete andare.-
Lo salutiamo e andiamo via.

Sono distrutta. Tutto il corpo non mi regge più. La mia gamba ingessata è colma di dolore. Mi chiedo se riuscirò a reggere tutto questo. Volevo fare una vita normale. Studiare e magari fare carriera in qualche rivista importante. Sapevo che avrei dovuto lottare per ottenere questo. Ma mai avrei creduto di arrivare a questo punto. Non avrei mai pensato di essere protagonista di una vicenda che a volte viene trattata soprattutto dai telegiornali. Non chiedevo tutto questo.
Volevo e voglio ancora ora un po' di felicità.
Voglio poter sognare e non avere incubi...



La cosidetta "scrittrice":

Cari miei lettori! Sono molto felice che questa storia sia piaciuta! Come vi sembra il capitolo!? So che non è molto lungo, magari nenache molto coinvolgente ma fa parte della mia lunga storia. Mi scuso per quelli che si aspettavano di più. Oggi vi ho fatto una sorpresa regalandovi le foto dei nostri protagonisti che potete trovare qui sotto! Devo ringraziare in particolorare la mia cara Solstitia che ha recensito questa storia a mia grandissima sorpresa e che scrive delle storie fantastiche, ringrazio sarasaretta56 che mi ha reso molto felice con la sua recensione e anche strongerthanyou per la recensione!!! Grazie davvero!!!
Inoltre ringrazio(ammazza sembra che devo ringraziare come se avessi scritto un libro, scusate son fuori *.*)
Niernen che ha aggiunto questa storia alle seguite e tutte le persone che la seguono che ho già ringraziato la scorsa volta e infine miei cari lettori anonimi.
Un bacio,
Bea<3   
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Capitolo 5
*** 4.Speranza. ***


 4.Salvezza

Quando è la realtà a prevalere, la verità a dominare, e la forza a cedere, di me non rimane più niente.
La sera non avevo dormito. L'ansia non riusciva a farmi smettere di pensare ad Elisabet, a il futuro di quei quattro.
Cosa ho fatto per meritarmi tutto questo?
Quando mi alzai andai subito a controllare il telefono.
Avevo due chiamate perse, ma che a causa del silenzioso non le avevo sentito.
Erano di Marco.
Non sapevo cosa volesse.
Dovevo richiamarlo? Ma non potevo, dovevo prepararmi per andare da Elisabet.
Aspetto che sia lui a richiamarmi.
Mi lavo, faccio colazione velocemente e prendo il primo autobus diretto all'ospedale.
La gamba non riesco più neanche a muoverla con le stampelle. Domani dovrei levare il gesso ma non penso, dato che non l'ho fatta riposare neanche un attimo.

Quando arrivo noto l'infermiera di ieri sera e le chiedo se posso salire a vedere Elisabet.
Lei...Mi spiega che Elisabet è riuscita a cavrsela ma ha riportato danni.
Mi accompagna fino al suo piano e mi indica la stanza che riconosco subito.
Entro delicatamente e vedo Elisabet appoggiata allo schienale del letto impegnata a leggere un libro.
-Ciao.- le dico.
Lei sorride.
-Ciao.-
-Come stai?-
Ovviamente so che non sta affatto bene. Ma a volte un semplice "come stai" ti fa sentire ascoltato, preso in considerazione. E no, non lo considereri inutile.
-Uh, bhè, meglio.- dice sorridendo.
Non so come sia possibile. Non riesco a ridere o fare un minimo sorriso. Ma lei sì.
-Grazie. Grazie davvero. Non so come avrei fatto senza di te.-continua.
Probabilmente non sarebbe qui.
-Non ringraziarmi.-Nessuno con un po' di coscienza sarebbe in grado di lasciare una persona,  da sola in quello stato.-
Fa un lugo respiro. E mi dice:
-E ora che ne sarà di loro?-
-Ecco. Tua madre e io gli abbiamo denunciati. A breve ci sarà il processo.-
In quel momento la piccola felicità che le circondava il volto svanisce.
Guardandola attentamente si possono notare ancora quei grafi lunghi e profondi, i lividi, ha un braccio ingessato.
Forse dovrei chiederle come è andata veramente ieri sera.
Bisogna sapere la verità.
Rifletto, ma non ho tempo ora. Cerco il modo più delicato possibile per porle questa domanda.
-Elisabet...Devo sapere una cosa.- dico con varie pause.
-Certo, dimmi.-
Non posso essere così. Ha gli occhi gonfi e il suo verde sembra sciupato dai troppi pianti. Non sta bene. Lei non è forte, nessuno sarebbe forte davanti a questa situazione.
Ma prima ha sorriso.
Un sorriso "consolatore". Dimenticare è impossibile. Anche se sarebbe l'unica cosa da fare ora. Deve testimoniare e dimenticare non può.
-Cos'è...succeso..veramente ieri sera?-Non voglio essere invadente, non voglio provocarti  altro dispiacere. Ma devo sapere.-
Non riesco, come posso aver fatto una domanda del genere?
-Siediti.- mi dice, questa volta è seria, dal suo atteggiamento capisco che forse vuole raccontarmi cos'è successo.
Mi siedo.
-Ellen, mi hanno violentata.-
Quella maledetta parola esce dalla sua bocca. Quella parola tanto odiata e disprezzata da una parte del mondo. Quella parola che vorrei non uscisse mai dalla mia bocca.
Ma che rappresenta la...verità.
Inizia a piangere. Sapevo di non doverle chiedere niente. Stupida.
-Io stavo camminando per andare a trovare mia zia, quando Alan e Jack mi prendono e mi portano nel bosco...Lì...ci sono Daniel e Lucas con due bottiglie di vetro...-fa una pausa e poi con la forza riprende-la bottiglia viene spaccata da Lucas che la da a...Daniel e...-
Non riesco, non sono così meschina da farla continuare.
Mi alzo la raggiungo lei intanto piange e io la abbraccio per rassicurarla.
Non può essere, loro non possono essere così schifosi.
Lui.Lui.Lui. Sta per morire. Lui. Non ha un cancro?...Dov'è la verità?
Arriva un'infermiera che mi dice che la visita è finita e che devo andare via.
Saluto Elisabet e le dico che appena posso, passo a trovarla.
Scendo i piani prendeno l'ascensore, l'unica cosa buona in quell'ospedale.
Probabilmente dovrei andare a casa.
Ma la chiamata di Marco mi ferma.
-Pronto Ellen. Senti, mi disp..-
Per che cavolo si deve dispiacere? Non fa niente per impendire a suo fratello quello che fa,  e io dovrei dirgli"o mai stai tranquillo", è questo che si aspetta?
-Ah, ti dispiace? Non vedi dove è arrivato il tuo caro fratellino? Non vedi quello che ha fatto?-
Non aprire quella porta è il titolo di un film. Non aprire quella bocca è il mio titolo.
Mi sono stufata di tutto. Di Daniel dei suoi sciaquetti, di Margaret, di Madison, di mio padre, di Marco, di me stessa.
Spengo la chiamata e con lei il telefono.
Prendo il primo autobus e vado al lago.

La mia vita qui non ha senso. Io non ho senso. Non riesco mai a pensare a un futuro, o almeno, da quando sono in prima superiore. E' brutto dirlo, ma non è affato semplice, svegliarsi la mattina con il pensiero di andare a scuola e ritrovarsi quattro ragazzi che fanno di tutto per umiliarti. Non è affatto semplice svegliarsi la mattina e rendersi conto della realtà, dell'adolescienza rovinata. Un tribunale. Un processo. Non so quando potrò aggiungere una condanna. Perchè per quello che hanno fatto in questo pianeta, una condanna non esiste...
Morire annieterebbe tutti i miei problemi.
Scomparirei da questo, da tutti.
Non avrei più un futuro a cui pensare. Non avrei più nessuno da temere...nessuno da amare.
Nessuno da incolpare, nessuno.
Non ho mai avuto questo pensiero, fino ad oggi.

Quando scendo dall'autobus, vado al lago che è poco distante da qui.

Arrivata mi levo le scarpe, poso le stampelle, la borsa e a fatica mi dirigo verso l'acqua.
E' gelata, e appena infilo il piede rimango pietrificata da quanto è fredda.
Entro, con i  vestiti.
Non mi interessa più di me stessa.
Un brivido mi passa per tutto il corpo. Ho freddo. Ma continuo a camminare finchè non raggiungo la vita.
Mi immergo. Sento la corrente che fa diventare l'acqua sempre più gelata.
Infilo la testa sott'acqua.
E mi lascio abbandonare a me stessa, chiudendo gli occhi.
Ormai il mio corpo è gelato, chiudo gli occhi e faccio un lungo respiro e non riesco a più a pensare, non sono più...cosciente.

---
-Tiratela fuori, tiratela fuori!-
Qualcuno mi prende.
-Oh, Ellen. Come è potuto succedere.- è una voce famigliare che parla.
Cercano di farmi respirare.
Butto dell'acqua fuori dalla bocca, riesco a respirare, sto tornando cosciente.
Sento che due persone mi alzano posandomi su qualcosa, penso sia una barella.
Dopodichè svengo.

Mi risveglio in una camera d'ospedale, riconosco l'odore e l'atmosfera.
Mi giro e c'è Rosa che mi stringe una mano.
-Oh tesoro, sei sveglia.-
Ancora un po' intontita apro gli occhi e vedo mio padre e Madison fuori.
Lui entra vedendomi sveglia mentre lei rimane fuori.
-Che è successo Ellen? Ti hanno ritrovata mentre stavi annegando. Ellen come è potuto accadere? Chi è stato?- dice mio padre.
Io, sono stata io.
-Papà, sono stata io.- dico con le parole che fanno fatica ad uscire.
-Ellen, ma come ti è saltato in mente?-
-Signor. Todd, non è il momento adatto per farle queste domande.- mi difende Rosa.
-Ah, giusto, perchè lei sa sempre tutto. E' stata lei a farle venire tutte queste paranoie.-
-Ora basta papà! Vai via!- dico, alzandomi leggermente dal letto.
Lui va via. Ed è meglio così.
-Rosa, mi dispiace.-
-Tranquilla, Ellen. E' solo molto preuccupato per te e lo capisco.-
Faccio un sospiro.
-Rosa, ma quanti giorni sono passati?-
-Tre Ellen. Sono passati tre giorni e tu sei stata in coma.-
Non riesco a pensarci.
-Ma cos'è succeso, Elisabet? Come sta?-
-Non ci è ancora stato il processo. Sarà tra una settimana. Elisabet sta migliorando e...tuo padre ha deciso di difendere lei in tribunale.-
Ovviamente, non può difendere me. Sono sua figlia, non sarebbe giusto.
-Capisco.-
In lontananza vedo Marco avvicinarsi. E' stata anche colpa sua se mi sono buttata in quel lago ghiacciato. Non so cosa dirgli.
-Ora vado, ritornerò fra un po'.-
-Grazie, grazie Rosa per avermi salavata.-
-
Oh gioia, non ti ho salvato io. Vedi? E' stato quel ragazzo là a salvarti.-



La cosidetta "scrittrice":
Ma ciaooo!!!
Quanto sono felice che questa storia stia piacendo!!!
Prima cosa...il capitolo è tragico lo ammetto, mi dispiace per chi si aspettava di più.
Se vi è piaciuto cosa aspettate? RECENSITE!!
Vorrei ringraziare Strongertanyou, Solstitia e piccola Alien per le fantastiche e bellissime recensioni che mi hanno regalato con tanto affetto <3
Ringrazio le 4 persone che hanno aggiunto questa storia alle preferite e le 5 alle seguite :)
Ringrazio anche voi, miei cari lettori anonimi!
Seguite il prossimo capitolo perchè sarà fondamentale
Qui sotto troverete la foto del papà di Ellen, che mi è stata richiesta e che gentilmente io ho accontentato!
Un bacio,
Bea<3


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Capitolo 6
*** 5.Un respiro. ***


5.Un respiro.

Non sapevo se sorridere, in questo momento, era la cosa giusta da fare.
Marco si stava avvicinando alla mia camera, indossava una maglietta rosso scuro e un paio di jeans blu, che non raffiguravano affatto il suo carattere, ma io infondo che ne potevo sapere? Lo conoscevo da una settimana, ormai, ma non sapevo mai com comportarmi con lui.
Io ero sbagliata e lo sono ancora ora. I miei capelli lunghi e troppo rovinati. Il mio look che non va mai bene, viene sempre criticato, e il mio aspetto diverso da tutte la ragazze della mia età, non mi hanno mai reso sicura, mai.
Mio padre...Ero stata in coma per tre maledettisimi giorni, e quando mi sono svegliata l'unica cosa che è stato in grado di dirmi è "Come hai potuto fare una cosa del genere?"...
Bhè, non ci sarà mai una risposta quella domanda, per il solo fatto che non lo so neanche io.
Il dolore che mi circonda ogni santo giorno. Non ho una madre, non ho nessuno con cui poter parlare dei miei sentimenti, sì Rosa c'era sempre, ma non poteva mai capire come mi sentivo io, se non come una vera amica della mia stessa età potrebbe fare.

-Posso, entrare?- dice Marco.
-Sì...Entra pura.- riesco a dire.
Lui si siede vicino al mio letto. Mi sento un po' in imbarazzo perchè non so  com'è il mio viso, in fondo non mi specchio da tre giorni e oltre a fare schifo normalmente, non mi andava di fare una brutta figura, pure all'ospedale.
-Grazie Marco.-
-Come stai?- dice ignorando totalmente la mia domanda.
-Secondo te? Come dovrei stare?..Alla grande!-
Non riuscivo a trattenerlo.
-Certo, scusa non avrei dovuto chiedertelo.-
-Come mai? Perchè lo hai fatto? Sei sempre in ogni posto al momento giusto o è solo coincidenza?- dico sistemandomi meglio sul letto.
Credo di essere troppo dura con lui. Mi ha salvata e io lo tratto da schifo. Ma non riesco a capire...Riesce a tirarmi su il morale ma anche a fare in modo che scendi.
-Ellen, io non lo so. Abito a pochi chilometri dal lago, da circa due anni. Stavo andando in città quando ho notato tu che stavi entrando.-
Okay, ora vive anche in una casa al lago come un povero e misterioso ragazzo.
-Hai notato? E come mai sei venuto?-
-Dovevo vederti morire assiderata?-
Mi fermo. Non penso prima di agire, faccio le cose senza pensare.
-C'era una signora alla fermata dell'autobus così le ho detto di chiamare un'ambulanza e lei  ti ha riconosciuto. Sono entranto quando ormai sembravi senza sensi. Ti ho portata fuori e poco dopo è arrivata l'ambulanza.-
Un brivido mi percorre tutto il corpo, ricordando quel brutto momento.
-Marco grazie. Non ce l'avrei mai fatta senza di te.-
-Non ringraziarmi. Ne stai passando tante..-
-Daniel dov'è?-
-Che ti importa di lui?-
Arrossisco, involontariamente.
-Oh, niente era..solo per chiedere.-
Che stupida.
Marco si alza e si siede alla punta del mio letto prendendomi la mano. Il suo gesto inaspettato mi fa arrossire ancora di più e abbasso la testa.
-Ellen, perchè volevi farla finita?-
-Marco, non ci sarà mai un perchè. Io sono...fragile...non riuscirò mai a sopportare tutto questo.-
-Non devi dire così, ora hai me.-
Cosa significava?
Sorrido senza sapere cosa sto facendo.
-Perchè vivi da solo?-
-Ho 21 anni, che ne dici? Ho il permesso?-
Lui ha 21 anni? Non pensavo fosse di molto più grande di me.
-Oh,bhè, certo.-
Che stavo dicendo?
-Puoi uscire dall'ospedale, lo sai? I medici hanno detto che stai meglio e ti hanno dimesso.-
-Oh sì, allora avviso mio padre.-
-No, se vuoi posso accompagnarti io.-
-Non vorrei disturbarti...-
-Tu? Non mi disturbi mai.-
-Okay, grazie.-
Mi aiuta ad alzarmi e quando devo cambiarmi lui esce dalla stanza mi sfilo il pigiama e indosso una tuta che mi ha portato Rosa.
Esco dalla stanza.
-Marco, posso salutare un attimo Elisabet?-
-Certo vai pure, ti aspetto qui.-
La camera di Elisabet non è molto distante dalla mia perciò la raggiungo facilmente.
Entro e la trovo in piedi.
-Oh, Ellen, che ti è successo? Come stai?- dice correndo da me.
La abbraccio.
-Bene, ora sto bene. Tu come stai?-
-Domani esco, e lunedì...-
Lunedì ci sarà il processo.
-Sì, lo so. Tieni questo è il mio numero.- dico scrivendoglielo in un foglietto.
-Ci rivedremo presto Ellen.-
-Ne sono sicura Elisabet.- dico andando via.
---
Mi ritrovo seduta nella grossa macchina di Marco.
Non so cosa provi veramente per lui. Ci tengo, davvero troppo. Ma lui per me è troppo bello, troppo grande, troppo impossibile.
-Ellen, io e Daniel non ci parliamo da un anno. Te l'ho detto perchè è giusto che tu lo sappia.-
-Scusa Marco. Non devi darmi delle spiegazioni.E' difficile anche per te, immagino.-
-Sì, lo è.-
Durante il viaggio penso a mio padre, a Margaret che non è neanche venuta trovarmi, ma cosa mi aspetto da lei? Ha un fidanzato delinquente e una sorellastra vittima, è in mezzo e ovviamente scegliere     Daniel è la cosa giusta. Sì, per lei.
-Tutto a posto?- mi chiede Marco.
No. Per niente.
-Sì, tutto a posto.- dico sospirando.
-No. Per niente. Cosa 'hai?-
Perfetto, ora mi legge pure nel pensiero.
-Marco è complicato.-
-Bene, amo i problemi proprio perchè a scuola sapevo risolverli velocemente.-
-Questo non è un  problema geometrico.-
-Ne sono certo.-
-Sei presuntuoso.-Troppo.- dico ridendo.
-Lo so. Ora però tornando seri, cosa succede?-
-Non ho niente.-
-E' difficile.-
-Cosa?-
-Non avermi.-
Oh santo cielo. Ho ama le fiction o legge nel pensiero.
-Marco, hai superato casa mia.-
-Lo so.-
-Cosa?-
-So di aver superato casa tua.-
-Perchè?-
-Hai un problema da risolvere no? Parla allora.- disse fermando la macchina ad un parcheggio.
-Non penso sia la cosa giusta da fare, ora.-
-Nessuno sa mai quando una cosa è giusta da fare sì o no.-
-Ora voglio andare a casa.-
-Okay, vai.-
-Okay vado.- scendo dalla macchina, a fatica.
E' distante casa e non la raggiungero mai di questo passo.
Perchè mi ha lasciata li?
Mi fido sempre troppo delle persone. Sbaglio sempre. Sempre.
-Dai sali.-
-No.-
-Ti riporto a casa.-
-Non voglio un tuo passaggio.-
-Sei testarda.-
-Lo so.-
-Sali o ti prendo con la forza?-
Salgo, mi allancio la cintura e quando mi rigiro mi trovo la faccia di Marco di fronte.
Divento rossa. Non penso di interessargli. A chi interesserebbe una come me?
-Ellen...- si tira indietro.
-Non posso.- dice.
-Non puoi fare cosa?-
-Fare questo.-
Si avvicina e mi bacia. Non sento più nessuna parte del corpo. Sono tesa, non me lo sarei mai aspettata. Avvicina una mano al mio viso e mi sposta la ciocca di capelli dietro l'orecchio. Mi sento bene con lui. Non è mai successa una cosa del genere, prima. Non sapevo cosa fare, ma è venuto tutto  naturale. E' strano, in una situazione del genere trovare la voglia di fare anche questo. Non so cosa succederà, ma con lui, ora sono tranquilla.
Sento di essere rossa in viso, ma non voglio spezzare questo momento.
-Marco..- dico, distaccandomi piano.
-So cosa stai per dire.-Non è un gesto maturo, da parte mia.-
Infondo ha ragione. Non è il momento adatto per una cosa del genere. Ma quando sappiamo che una cosa è giusta da fare?
-Hai ragione.- dico.
Anche se in verità non è quello che volevo dire.
-Ellen, dimentica.- Dimentica tutto.-
Come? Come potevo? Come poteva trattarmi così? Non sono una persona con cui poter giocare, nessuno lo è.
-Marco, no. Io non dimentico una cosa del genere.- dico girandomi e scendendo dall'auto.
Sbatto la portiera della macchina e mi dirigo in casa. Sento Marco che borbotta qualcosa tipo "No, Ellen non fare così" ma non gli do conto.
Nessuno di noi e nato per essere usato.



La cosidetta "scrittrice"...
Ciaoo!!! Eccomi qui con un nuvo capitolo di questa tragica storia. Inizia a piacere e io ne sono contenta! Grazie a tutti!!
Aimè, che ne pensate del capitolo? Succede, questa cosa che se all'apparenza può sembrare bella, per Ellen è un altro dei tanti problemi.
So di essere troppo drammatica, ma il genere è ben visibile quindi ragazzi miei, scusatemi.
Devo ringraziare le 4 persone che hanno recensito lo scorso capitolo: CrazyFantasyWriter-Solstitia-strongerthanyou-piccola Alien GRAZIE davvero!! :)
Grazie anche a la "furba" xstylescurles, che ha recensito il primo capitolo e che prima di leggere questo, passeranno anni ;)
Grazie 7 persone che seguite la mia storiella.
Grazie lettori segreti.
Tanti baci e abbracci,
Bea<3

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Capitolo 7
*** 6.Un processo. ***


6.Un processo.

Mi alzo dal letto, sono ancora distrutta.
Oggi c'è il famoso processo e io non mi sento affatto pronta. Ho un avvocato, sì... Ho qualcuno che prenderà la mia difesa o che comunque mi difenderà. Ma io come posso sentirmi pronta, difesa, sicura?
Ieri un ragazzo mi ha baciata e poi mi ha chiesta di dimenticare tutto, ieri sono uscita da un'ospedale dopo tre giorni di coma. Troppe volte sto male per qualcuno. Troppe.

 
---
 
Dovremmo essere in tribunale per le 10.00 di mattina e ora sono le 7.00, quindi ho tutto il tempo di prepararmi.
Scendo le scale e c'è Madison che sta parlando con mio padre.
-Forse dovremmo trasferirci, magari in un posto migliore di questo.- dice Madison, sistemando la tavola. E' diversa dal solito, ha i capelli legati e indossa una tuta blu. E' strano vederla così, di solito è sempre presentabile, perfettamente presentabile.
-Madison, non è la scelta giusta da fare. Scappare o andare via da qui, non servirebbe affatto.- le risponde mio padre.
Intanto io scendo e fermo la loro discussione.
Mi guardano tutte e due, mio padre sorride timidamente e Madison no.
-Ellen, sai che  del processo sarai l'unica testimone?- dice mio padre.
Mi siedo e prendeno un cucchiaino dico-Lo so, papà. So che io nel processo sono fondamentale, ma anche no.-
Essendo una testimone avevo un avvocato contro, i parenti dei ragazzi contro e il giudice in una via di mezzo.
Il processo principalmente si basava su Elisabet e ciò che era accaduto quella sera. Io ero solo un piccolo dettaglio, che se preso in considerazione, comportava un punto a nostro favore.
-Ellen, lo ripeto solo perchè non è un gioco, questo.-
Dice davvero a me?
Sale le scale e scompare seguito da Madison.
Finisco di fare colazione e sparecchio. Margaret sta andando via ma io la fermo.
-Margaret, perchè?- dico, ormai da troppo tempo dovevo rivorgele questa domanda.
-Perchè?- dice sorridendo.
-Perchè tu stai con lui? Perchè?-
-Vedi mia cara Ellen, per amore tutto è possibile.- mi risponde Margaret.
Non è vero. Marco e lei sono uguali. Lei sapeva e sa tutto. Marco sapeva e sa tutto. Ma sono rimasti in silenzio.
Margaret va via sbattendo la porta e io ormai abituata faccio finta di niente e vado a prepararmi.

 
---
 
Ellen, buona fortuna.
-Elisabet.

Ricevo questo messaggio essatamente mentre entro in tribunale.
Non ho tempo di risponderle, però la vedo e la saluto con un cenno.
Buona fortuna. Mai nessuno mi aveva augurato buona fortuna, è strano. So che lo è. Ma mai nessuno si è occupato di me e non capisco perchè qualcuno dovrebbe farlo proprio ora.
Il tribunale è enorme, non so perchè sia così affolato. Ci sono  giornalisti che cercano di ricavare qualche informazione da mio padre, che vedendoli si gira e mi tira via.
Elisabet è seduta con una signora al suo fianco, presumo sua madre. E' agitata e la capisco.
-Ellen, vedi tu devi sederti proprio lì.-dice mio padre facendomi notare la sedia vicino a quella del giudice, non ancora presente.
-Si okay.-
Si gira e va a sedersi vicino ad Elisabet.
Vado a sedermi anche io, e dopo circa dieci minuti entra il giudice.

 
---
 
Il processo inizia, a mio padre viene data la parola e lui racconta i fatti.
Noto tra la gente seduta come pubblico, Marco, Madison e Margaret.
Il giudice poi, da la parola all'avvocato dei ragazzi.
Sento che l'agitazione inizia ad aumentare e non è un buon segno, non devo farmi prendere dal panico, non ora. Anche se la situazione sta degenerando. L'avvocato difensore inizia ad alzare i toni ed è già la seconda volta che viene bloccato dal martelletto del giudice.
Ora.
-Signorina Todd, come sono andati i fatti quella sera?- mi chiede il giudice.
E' il mio momento, o ora o mai più.
Mi faccio forza.
-Stavo tornando a casa quando ho sentito delle urla di una ragazza. Si facevano sempre più forti finchè non ho deciso di avvicinarmi al cespuglio per vedere cosa stesse accadendo. Ho visto Elisabet che disperata chiedeva aiuto, i ragazzi...- il giudice mi ferma.
-Lei ha detto i ragazzi. Nomi e cognomi.-
-Lucas e Alan la tenevano, mentre Daniel e Jack la spintonavano e ...-
Iniziano a tremarmi le mani. Elisabet ha un viso sconvolto e la madre le appoggia un braccio attorno per consolarla. Margaret piange e io non voglio capire.
Non riesco a pensare a loro come criminali, sono cresciuta con loro. Ma con l'età... passo per passo sono peggiorati, non li riconosco più, o forse non li ho mai conosciuti?
-E...?- dice il giudice.
E' una donna.
-La stavano...-
-Penso possa bastare.- interviene mio padre.
-Sta parlando la signorina, lei deve testimoniare.-
Anche se è dura. Non penso lei si sia mai trovata in una situazione del genere. Non penso sia così forte da testimoniare davanti ad un giudice, televisioni, giornali e avvocati. Io però riesco, per una maledetta volta riesco ad essere forte.
-Mentre la stavano violentando.-
Ad un certo punto tutto sembra bloccarsi. Il giudice ne deve aver viste di storie del genere, però fa lo stesso una pausa. Io non riesco a respirare, sono troppo presa dal panico. Elisabet lo è di più. Non volevo succedesse questo, ma ho dovuto farlo, per lei. I carnefici sono presenti in sala, e hanno delle espressioni amareggiate, se così si può dire. Mio padre ha la stessa espressione di sempre, dura.
-Continui pure.- mi dice il giudice.
-Ecco io ho pensato di chiamare la polizia, prima che fosse troppo tardi. Mi sono avvicinata ho aiutato Elisabet mentre loro ridevano e volevano coinvolgere anche me. Dopo di chè è arrivata la polizia.-
Dico le ultime parole e mi sento sollevata. Ho finito.
Mi fa fare il giuramento e poi aggiunge:
-L'esito del processo si terrà la prossima settimana.- e sbatte il martelletto.
Tutti si alzano in direzione d'uscita. Noto il padre di Daniel che cerca di parlare con mio padre.
Una volta erano amici, poi, non so per quale motivo si sono divisi.
Vado da Elisabet e insieme usciamo fuori.
-Scusa. Non volevo farti ricordare quel momento.- dico.
-Vedi, io non dimenticherò mai quel momento.- mi risponde accendendo una sigaretta.
-Ma, potrai.- dico cercando di trasmetterle forza.
-Ellen, quella sera. Il dolore, non solo fisico.-Io non riesco ad andare più avanti da quel giorno. Mi sveglio la notte, facendo incubi. Non riesco più a guardare un ragazzo dritto negli occhi, ho paura di rivedere i loro visi, le loro espressioni. Che ne sarà di me? Se non riesco più a fare nulla?.-
Ha ragione, come si può dimenticare una cosa del genere? Forse un modo c'è, ma è con il tempo. Ha subito un dolore soprattutto morale. Non avrei resistito nella sua situazione. Ne sono certa.
-Io ti aiuterò ad andare avanti, ogni singolo giorno. Te lo prometto.- dico abbracciandola.
Mio padre e la madre di Elisabet arrivano.
Ci salutiamo e andiamo via.
Oggi tolgo finalmente quel maledetto gesso. Papà mi accompagna in ambulatorio.

 
---
 
Quando lo tolgo sento un fastidio che poi sparisce.
-Ellen. Tutto a posto, potrai venire fra un mese per il controllo. Ci vediamo.- dice la dottoressa.
L'ambulatorio è tutto bianco ed una striscia blu è disegnata lungo tutta la parete. Ormai sono venuta troppo volte qui e lo conosco alla perfezione.
Quando saliamo in macchina mi viene all'improvviso una domanda che ho sempre voluto chiedere a mio padre.
-Papà, come mai tu e il padre di Daniel vi siete divisi?- dico mentre lui mette in moto.
Un espressione stupita occupa il suo viso.
-Lo vuoi davvero sapere?- dice sorridendo amaramente.
Ho sempre l'abitudine di allaciare la cintura, solo dopo che la macchina è partita. Una brutta abitudine.
-Sì, che c'è di così strano?-gli rispondo.
-Beh Ellen...tua madre usciva con lui durante il nostro "matrimonio".- dice facendomi rimanere totalmente a bocca aperta.
Ora quadrano tutti i conti.
-Quindi la mamma se ne è andata per questo?- gli chiedo.
-No, Ellen. Tua madre è andata via perchè...- non continua e non capisco il perchè.
Non abbiamo mai parlato di questo argomento. Pur avendo quasi diciasette anni io non avevo mai parlato con mio padre così. E' sempre troppo impegnato, davvero.
-..perchè?- dico curiosa.
-Aspettava un bambino da lui.-
Non riesco a capire. Non riesco a capire perchè non me lo abbia mai detto prima e perchè mia madre se ne sia andata. Poteva comunque rimanere in questa città.
Non sembra reale, niente di tutto questo sembra reale.
-Cosa? Papà perchè? Non mi hai detto nulla. Mai.- dico arrabbiata.
-Non è sempre così semplice come credi. Me lo ha detto con un misero biglietto. Tu avevi tre anni, eravamo in un periodo quasi di rottura ma non potevo immaginare che aspettase un bambino da un altro uomo, un uomo che ritenevo l'unico di cui potermi fidare.- dice agitato.
Forse è per questo che con me non ha mai parlato molto. Probabilmente aveva paura che me ne sarei andata anche io. Ma io non l'avrei fatto, no. Non sono come lei.
-Papà, ma il bambino...ne sai qualcosa?-butto fuori queste parole sempre più curiosa.
-No, o meglio. Ora avrà quattordici anni, penso.-
Ho un fratello di quattordici anni. Non mi sembra quasi vero. Pensavo di essere l'unica. Il problema è che è anche il fratello di colui che mi ha umiliata per anni.





La cosidetta "scrittrice":

Ciao !!!
Mi scuso per TUTTI gli errori grammaticali presenti nel capitolo e che cercherò di migliorare le prossime volte.
Che ne pensate di questo capitolo? Forse un po' troppo noioso? Prometto che il prossimo capitolo sarà sicuramente migliore di questo :)
Grazie per le
7 seguite! Aww so che non sono molte però io ci tengo taaaantooo ;) :)  <3
Ringrazio chi ha recensito lo scorso capitolo:
strongerthanyou che mi lascia da sempre una recensione per ogni capitolo! E  ManoNera che mi ha dato molti consigli! Grazie davvero.
Ringrazio anche chi recensirà e che legge solamente.
Al prossimo capitolo, in cui spero di stupirvi!
Un bacio,
Bea<3

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