Archetipi

di Shadow Nameless
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Indice ***
Capitolo 2: *** Capitolo 1: Kkienn ***
Capitolo 3: *** Capitolo 2: Kkunn ***



Capitolo 1
*** Indice ***


 

Archetipi
Iniziamo, Archetipi non è altro che una raccolta di One-shot, Drabble e Flash fic (dubito Song fic) legate fra di loro solo dalla “base” su cui m’ispirerò nello scriverle, cioè gli esagrammi dell’I Ching, quindi ci saranno storie di carattere Introspettivo, Drammatico, Sentimentale e varie.
Probabilmente si raggiungerà anche il rating V.M.18 e saranno presenti Spoiler e coppie Yaoi di conseguenza, come approvato da regolamento in questi casi, ho deciso d’inserire questo Indice per avvisarvi capitolo per capitolo su cosa troverete.
Non so quanto gli aggiornamenti saranno regolari, comunque le storie qui segnate anche se non pubblicate sono già state scritte e finite.
***
Capitolo 1: Kkienn
Personaggi:Minato Namikaze (Yondaime).
Avvertimenti: Spoiler. One-Shot. Malinconica.
Nota: Il padre di Minato è una mia creazione, nel manga non se ne sa nulla.
Introduzione: Anche a distanza di anni ricordò il giorno in cui se ne andò di casa come il più doloroso della sua vita – neppure quello della sua morte fu così straziante, il desiderio di proteggere era troppo pressante per dar spazio al dolore.”
 
 
 
 
Capitolo 2: Kkunn
Personaggi: Kushina Uzumaki; Kakashi Hakate; Tsunade; Naruto Uzumaki.
Avvertimenti: Spoiler. One-Shot. Drammatica; Introspettiva.
Introduzione: “Veloce portò le dita sulle labbra, sfiorandole, per poi posarle sull’incisione di quel nome:- Sai? Mi machi, mi manca. Dannazione, sono un’egoista, ma mi è impossibile fare diversamente.-
E diede le spalle alla stele dirigendosi verso il centro del villaggio.”
 
 
 
Capitolo 3: Ciunn
Personaggi: Obito Uchiha, Kakashi Hatake, Rin
Avvertimenti: Drabble, angst, introspettiva.
Introduzione: Eppure sorrideva anche adesso Obito, nonostante stesse morendo.
 
 
 
 
 
Capitolo 4: Mong
Personaggi: Itachi Uchiha; Shisui Uchiha.
Avvertimenti: Flash-fic; Angst; Deathfic; Shonen Aì.
Note: Sinceramente preferisco l’altra one-shot che ho scritto su questa coppia, ma non significa che questa non sia accettabile solo… bhà, non ho ancora ingranato bene con le Flash-fic ù_ù
Introduzione: Dal canto suo Itachi decise che quel ragazzo logorroico poteva essere La Persona solo quando, ad undici anni, iniziò a vedere il mostro del rancore camminare fra le fila della sua famiglia distruggendo ogni cosa.”
 
 
Capitolo 5: Su
Personaggi: Kakashi Hakate; Sakura Haruno
Avvertimenti: One-Shot. Introspettiva; Vagamente Romantica; Malinconica.
Introduzione: “Sasuke e Naruto l’avevano lasciata, ma tutti e due nel farlo l’avevano salutata con una nota di dolore nella voce – un “grazie” appena sussurrato, un “lo riporterò indietro” con gli occhi colmi di speranza.
Il sensei Kakashi no.
Era stata Tsunade-sama, senza neppure alzare lo sguardo da un rapporto, ad annunciarle che da quel giorno l’uomo sarebbe partito per una serie di missioni e che lei sarebbe stata aggregata ad un altro gruppo si shinobi fino al prossimo esame di selezione dei chunnin e che dopo, se fosse riuscita a passarlo, avrebbe iniziato a lavorare da sola.
Basta.”
 
 
 
 
Capitolo 6: Sung
Personaggi: Sasuke Uchiha; Naruto Uzumaki.
Avvertimenti: One-shot; Introspettiva; Angst; Shonen Aì; Leggermente Spoiler.
Introduzione:Lo amavo.
Ma amavo di più me stesso.
In quegli anni ero riuscito a fare a meno di lui, ma non dei miei sogni, quindi mi sarebbe bastato continuare a vivere di questi.
Ma non era forse lui il mio sogno?”
 
 
Capitolo 7: Sci
Personaggi: Kushina Uzumaki; Mikoto Uchiha.
Avvertimenti: One-shot; Introspettiva; Angst; Yuri.
Introduzione:La incontrò per la prima volta in una fredda giornata d’inverno, in un piccolo villaggio ammantato da un velo di candida neve, durante una missione come tante, accompagnata da persone con cui dopo anni avrebbe appena scambiato un saluto.
Fu quel colore caldo in quella giornata gelida ad attirare la sua attenzione, ma furono gli occhi di ghiaccio ad incatenarla e quel sorriso freddo come la morte a condannarla.”
 
 
Capitolo 8: Pi
Personaggi: Itachi Uchiha, Naruto Uzumaki.
Avvertimenti: One-shot; Intropsettiva; Angst; shonen aì; Spoiler; What if…
Introduzione:Kisame, invece, era caratterialmente il tipo di persona che più preferiva – tranquillo e pacato non faceva mai domande troppo impudenti e, nella maggior parte delle situazioni, lo lasciava in pace. Certo, di tanto in tanto osava qualche parola di troppo, ma l’altro aveva capito in mente quando questo fosse deleterio.
Poi conobbe Naruto.”
 
 
Capitolo 12: Pi
Personaggi:  Kyubi, Sorpresa
Avvertimenti: Drabble; Introspettiva; Angst;
Introduzione: “-Aprilo!- urlò:-Apri questo cazzo di cancello!- “
 
 
 
Capitolo 18: Ku
Personaggi:  Hinata Hyuga, Kyba Inuzuka
Avvertimenti: Drabble; Introspettiva; Angst;
Introduzione: “La lasciava sempre sola, lei e le lacrime eterne sovrane del suo spirito”.
 
 
Capitolo 20: Kuann
Personaggi: Hinata Hyuga, Neji Hyuga
Avvertimenti: Flash fic, Angst, Introspettiva
Introduzione: “-Quelle come te- continuò:- sono la ragione per cui quelli come me combattono”

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Capitolo 2
*** Capitolo 1: Kkienn ***


Kkienn

 

 Il Creativo, il cielo, il forte, il padre.

 

Ma è anche la giada ed il metallo, (simbolo della purezza e della solidità), il freddo ed il

ghiaccio (a causa della posizione del segno a Nord-Ovest), è il contenuto, è il turchino scuro

(indaco), il colore del cielo, il cavallo che ha forza, solidità e vigore, E’ un’energia che crea e

distrugge, è un’instancabile movimento, è la potenza dello spirito. Il creativo opera nel capo,

perché esso domina l’intero corpo.

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Minato era sempre stato un bambino – una persona, con la testa sulle spalle. Poco avvezzo al gioco fin dall’infanzia, pur di compiacere il padre costantemente distratto da quella o da quell’altra missione, aveva messo anima e corpo nei suoi allenamenti ponendo al primo posto la sua carriera come ninja che il suo essere bambino.

Giorno dopo giorno si era impegnato, superando ogni ostacolo, battendo ogni nemico, divenendo temuto e rispettato non solo nel suo villaggio, ma anche in quelli alleati o nemici - aveva fatto di tutto, di tutto, purché lui, di tanto in tanto, si ricordasse di avere un figlio.

Fallì, dimostrando la sua straziante incapacità in qualcosa di teoricamente semplice.

Eppure continuava ad impegnarsi, Minato – e diventava forte, forte, forte, un vento capace di travolgere chiunque si mettesse sul suo cammino.

 Il più forte.

Ma suo padre continuava a non accorgersi di lui  e di sua madre non serbava neppure il ricordo.

Non era felice – perché? Era forte! Amato e rispettato.

Gli allenamenti gli segnavano il corpo – non ricordava l’ultima volta che aveva visto le sue mani senza piaghe o tagli, oppure una mattina in cui non si fosse svegliato con le spalle doloranti ed i muscoli tesi – mentre la pacata indifferenza di quell’uomo gli feriva l’animo – quand’era stata l’ultima volta che gli si era avvicinato, anche solo per informarsi come andavano le missioni? Chiedergli come stava?

Ed il ragazzino, dispensando sorrisi vuoti a destra e a sinistra, cresceva.

Fisicamente almeno – il bambino che cercava lo sguardo del padre non voleva saperne di andarsene, non riusciva a rinunciare a qualcosa che, ripeteva pestando i piedi per terra, gli spettava di diritto.

 

Anche a distanza di anni ricordò il giorno in cui se ne andò di casa come il più doloroso della sua vita – neppure quello della sua morte fu così straziante, il desiderio di proteggere era troppo pressante per dar spazio al dolore.

Non essendo uno shinobi eccessivamente materialista non ci mise neanche una giornata ad impacchettare tutte le sue cose.

Quando aveva iniziato questo noioso lavoro si era detto che, facendolo prima di parlare con il padre del suo trasferimento, avrebbe trovato il coraggio che ti tanto in tanto sentiva mancare e sarebbe riuscito ad uscire da quella casa a testa alta, senza rimpianti.

Era certo che questa fosse la cosa migliore da fare – no, non aveva paura di affrontare suo padre! Lui era Minato Namikaze, non c’era niente che temesse.

Una volta uscito dalla sua stanza si diresse verso l’ufficio del genitore, certo di trovarlo lì, gli occhiali dalla montatura fina sul naso che nascondevano parzialmente gli occhi azzurri come quelli del figlio ed i scompigliati capelli castano chiaro che ad incorniciargli il volto. Le sopraciglia sarebbero state leggermente aggrottate – a causa del lavoro – e le rughe sulla fronte, a quel gesto, sarebbero state più evidenti, senza però riuscire a farlo sembrare più vecchio.

Sì, sospirò bussando alla porta dello studio dell’uomo, era quella la scena che avrebbe visto – che vide socchiudendo la porta dopo un pacato:- Avanti.-

-Papà.- lo salutò con un traballante sorriso non osando però fare un passo per entrare nella stanza.

-Minato- rispose al saluto senza neppure alzare gli occhi dalle carte che stava sfogliando:- Hai bisogno di qualcosa?-

-Vorrei parlarti.-

-Di cosa?- chiese facendo scivolare il suo sguardo sul figlio.

-Ecco…- si morse un labbro mentre sentiva il coraggio affievolirsi.

Forse il suo non era altro che un gesto affrettato. Aveva appena sedici anni! Poteva aspettare ancora un po’ e conoscere suo padre, poteva…

-Sì?-

-Ho fatto i bagagli.-

-Prego?-

-Ho affittato un piccolo appartamento nel centro di Konoha, poco distante dal palazzo dell’Hokage. Mi trasferisco lì.-

L’uomo lo osservò per qualche istante intrecciando le mani sotto il mento, riflettendo. Poi lo scrutò dalla testa ai piedi sottoponendolo a chissà quale esame.

Minato s’irrigidì sotto quello sguardo attento, indeciso su come comportarsi – doveva fare qualcosa?

-Hai bisogno di soldi?-

-Eh?- quella domanda tanto inaspettata lo fece sussultare.

-Hai bisogno di soldi?- ripeté paziente:- Gli appartamenti, seppur piccoli, richiedono molte spese. Credi di riuscire a mantenerle?-

-Io… sì, credo di sì.-

-Vero, adesso sei un chunin.-

-Un jonin- sorrise piano:- ho fatto l’esame parecchi anni fa.-

-Oh, giusto.- l’uomo inclinò il volto di lato piegando le labbra in un leggero sorriso:- Non sono riuscito a venire per la cerimonia a causa di una missione improvvisa.-

-Già.-

-Allora và.-

-Q-quindi posso?-

-Certamente, non vedo perché dovrei impedirti di andartene.-

Probabilmente nel suo immaginario quella frase fu molto più crudele di quanto intendeva essere e gli fu impossibile non indietreggiare di un passo come se lo avesse appena colpito.

A lui, quella sottospecie di benedizione, sembrò una fredda riprova del disinteresse del padre per lui. Vattene, non ho ragione per volerti in questa casa.

Vattene, non m’interessa quello che fai.

Non m’interessi tu.

Fu melodrammatico – non si era reso conto, fino a quel momento, di aver desiderato con tutto il cuore un secco no. Un rude “sei troppo giovane” oppure un semplice “non voglio che te ne vada”.

Invece ciò che ottenne fu quel vago saluto ed un vuoto all’altezza dello stomaco.

-Ho già preparato i bagagli. Vado, a presto papà .-

E fuggì.

Non aspettò una risposta al suo saluto, non scrutò ancora l’espressione del padre cercando un segno del suo amore per lui.

Uscì da quella casa deciso a non rimetterci mai più piede.

 

Ad onor del vero, doveva ammettere ogni volta che ripensava a lui, Sonkei Namikaze non era una cattiva persona.

Non era mai successo che si fosse arrabbiato senza una valida ragione – eppure riflettendoci non riusciva a trovare, fra i suoi ricordi,  una situazione che lo avesse visto irato o anche solo innervosito per una sua marachella, per un gioco del tutto innocente che aveva finito per causare qualche non irrilevante danno.

Non ricordava neppure un suo sorriso – Minato! Ti ha sorriso poco fa! - od un “sono fiero di te”.

Non si erano mai allenati insieme – non era mai andato a chiedere a Jiraya-sensei come andassero i suoi allenamenti.

Era sempre nel suo studio, lui.

Apparentemente a portata di mano, eppure inavvicinabile – perché inavvicinabile, eh Minato?

Lui si sarebbe comportato in modo diverso, si ripromise chiudendosi quella porta alle spalle, quando sarebbe diventato padre sarebbe stato una costante nella vita del figlio.

Forse avrebbe finito con il diventare assillante, ma non lo avrebbe mai lasciato solo. Mai.

 

Aveva delle buone intenzioni Minato.

Speranze non poi così assurde, neanche per un ninja, eppure furono vani sogni.

Non capì mai suo padre – aveva un concetto d’amore troppo assolutistico, incapace di accettare il semplice “lascia che viva la sua vita, ma sii sempre a pochi passi di distanza, in caso di bisogno”.

O forse intravide quella verità solo quando fu tardi  - per lui, per suo padre e per suo figlio -  nello stesso instante in cui si trovò a scegliere fra la salvezza di suo figlio ed il suo odio – se non avesse fatto niente sarebbe morto, sarebbero tutti morti, ma in caso contrario quel bambino che adesso piangeva fra le sue braccia, crescendo, lo avrebbe odiato profondamente.

Lo avrebbe distrutto e poi lasciato solo.

Eppure…

Stringendo per l’ultima volta quel corpicino caldo contro di se, la pelle ancora rossa e le manine che tentavano di aggrapparsi goffamente al suo soprabito; abbracciandolo così stretto da sentire il suo cuoricino battere decise che avrebbe fatto di tutto purché vivesse anche odiandolo.

Ma, Kami, quant’era doloroso.

 

Avrebbe voluto chiedere a suo padre di occuparsi di suo figlio, ma lui era morto da tempo in una missione solitaria – non era tornato a Konoha neppure il suo cadavere, gli Anbù lo avevano dovuto distruggere prima.

Avrebbe voluto chiedere a Jiraya, a Kakashi, al terzo Hokage a… a qualcuno di amare suo figlio, ma non ne aveva il diritto.

Così pregò in silenzio, in mezzo a quell’inferno perché fosse felice e morendo supplicò il villaggio di trattarlo come un eroe anche se sapeva che non sarebbe successo - avrebbe ridato la sua vita per la felicità di quel bambino a cui aveva potuto dorare solo un sorriso ed un gravoso peso sulle spalle.

 

Owari

 

14/06/08

 

Ed ecco a voi la mia prima raccolta ^-^. Un po' in ritardo rispetto a quanto avevo annunciato, ma comunque >_>...

Che strano, una volta tanto non ho niente da dire °-°. Bhé, mi limito ad inviarmi nel mio blog archivio storie (http://hiems.iobloggo.com) e a lasciare una traccia del vostro passaggio ( o qui o lì mi è indifferente ù_ù).

Ah! Parlando di aggiornamenti! La prossima one-shot verrà inserita o la prossima settimana o quella dopo, dipende da quando ritorna la mia Beta, ergo se riesco a rintracciarla prima dell'aggiornamento inserisco il sesto capitolo d'Ipocrisia, se invece non accade metterò la seconda storia di questa raccolta.

Ohh, raccolta *__*. Lunga Raccolta!

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Capitolo 3
*** Capitolo 2: Kkunn ***


 

 

Kkunn
 
 Il ricettivo, la terra, il devoto, lo spazio, la madre
 
Ma è anche il panno, la coperta della vita, il crogiolo di vita, la parsimonia, (qualità
fondamentale della natura), è il vitello con la vacca (simbolo di fecondità), una grande carrozza
(perché porta tutti gli esseri), la forma e l’ornamento (opposto del contenuto). E’ il giallo, il
colore imperiale (in altri testi è il nero). E’ l’accettare, il permettere l’obbedire, la flessibilità che
non oppone resistenza. Il ricettivo opera nella cavità addominale che serve per accrescere.
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Sfiorò con pacata lentezza il nome che, simile a tutti gli altri, sfuggiva alla vista, rischiando di essere ignorato e dimenticato – certo, ogniqualvolta la paura s’imbatteva su quel villaggio Lui tornava sulle loro labbra venendo messo da parte quando il cielo tornava di nuovo sereno e il nemico di turno finiva in una fossa, dimenticato ai più.
Sorrise piano portando una mano al volto, fece scivolare via la maschera color del sangue scoprendo anche buona parte del collo niveo.
Lui non era mai stato un ninja come tutti gli altri, nonostante il suo nome fosse stato scritto insieme a delle nullità, morte a causa della loro inefficienza – eppure era certa che sarebbe stato felice di sapere che il suo nome era lì, con chi definiva compagni, invece che in un monumento a se stante: da che ricordasse aveva sempre temuto la solitudine più di qualsiasi altra cosa. Aveva sempre lottato per proteggerli, ma era certa che un egoistico lato dal suo essere umano lo avesse convinto a imbracciare un’arma nella segreta speranza di non essere lasciato solo, di salvarli così da non venire abbandonato.
-Guardami- tentò di rendere più ampio il sorriso fallendo miseramente:- sono tornata, come ti avevo promesso anche se non sono qui per restare. Come potrei?–
Chiuse gli occhi, sentendo il vento sfiorarle la pelle e portò una mano sul lato destro del volto indugiando qualche istante sull’orrendo sfregio che la sfigurava.
- Come potrei?- ripeté:-Per tutti io sono morta e so che è meglio così. Sarebbe ingiusto imporgli la mia presenza, però vorrei vederlo, anche se solo per pochi istanti.-
Veloce portò le dita sulle labbra, sfiorandole, per poi posarle sull’incisione di quel nome:- Sai? Mi manchi, mi manca. Dannazione, sono un’egoista, ma mi è impossibile fare diversamente.-
E diede le spalle alla stele dirigendosi verso il centro del villaggio.
Doveva incontrare Tsunade per consegnarle dei documenti.
Come comportarsi in seguito l’avrebbe deciso poi, sul momento – aveva sempre amato l’improvvisazione.
 
In quegli anni Konoha era cambiata, anche se meno di quanto si era aspettata. I palazzi avevano mutato colore pur restando sempre simili, qualche strada era stata allargata e alcuni negozi avevano chiuso, ma altri ne avevano occupato velocemente il posto.
Strinse con una mano il cappuccio, facendo si che le folate di vento non glielo sfilassero; distratta per poco non urtò un bambino che camminava imbronciato per la strada, quello le rivolse appena un’occhiata disinteressata tornando presto a immergersi nei propri pensieri.
Sorrise vedendo che quel genin – almeno a giudicare dal coprifronte al collo – aveva appena dimostrato una totale mancanza di spirito di osservazione, molto comune alla sua età. In quell’epoca di pace i bambini riuscivano ancora a comportarsi come tali – invece di dispiacersi sospirò sollevata, chissà che anche lui non fosse stata data quella possibilità.
Ci mise circa mezz’ora per arrivare alla residenza dell’Hokage che trovò identica ai suoi ricordi di bambina, come se il tempo non fosse mai passato – come se fossero passate poche ore dall’ultima volta che ci aveva messo piede e non sedici anni.
Appena entrò nell’edificio, fu fermata dal sorriso cortese e dallo sguardo freddo di una ragazza dai lunghi capelli scuri e gli occhi chiari. Sorrise di rimando.
-Mi scusi lei sarebbe?-
-Ho un appuntamento con la Gondaime, mi sta aspettando.-
-Capisco, ma avrei bisogno di un suo documento di riconoscimento, come minimo.-
-Certo.- sospirando mentalmente cercò nella borsa alla vita la sua tessera ninja ed uno dei rotoli che le erano stati consegnati, prima che partisse, dal capo del suo villaggio.
Trovava quella messinscena molto stupida, quanto ci voleva a falsificare un documento del genere o, più semplicemente, ad uccidere qualcuno e rubarglielo? Dieci minuti?
La ragazza compilò alcuni documenti, storcendo un po’ il naso ai dati che lesse, e la lasciò passare senza fare altre storie – eppure per tutto il tragitto sentì il suo sguardo sulla schiena seguirla insistentemente.
Fece le scale fino all’ufficio dall’Hokage meccanicamente – quante volte, in passato, le aveva fatte di corsa, con il sorriso sulle labbra? – e in quel breve tragitto incontrò molti volti sconosciuti, ma ce ne furono altri che, seppur vagamente, ricordava e che non la riconobbero.
Strano come i luoghi le fossero rimasti più impressi di molte delle persone che aveva conosciuto restando lì.
Bussò piano, quando si trovò davanti alla porta di quell’ufficio, tentata di non entrare.
-Avanti.-
Chiuse per qualche istante gli occhi e la sua mano, aprendo l’uscio, tremò.
buon giorno, Hokage-sama.-
buona giornata a te- le sorrise:- spero che il viaggio non sia stato faticoso o complicato.-
-Affatto.- conoscevo la strada, aggiunse mentalmente avanzando fino alla scrivania e posandoci sopra due rotoli.
La donna la osservò da capo a piedi, probabilmente infastidita dal suo volto coperto e dalla mancanza di un saluto più formale.
-Il tuo superiore è stato molto sibillino su di te, non mi ha neanche detto il tuo nome.-iniziò diretta:- C’è una ragione particolare?-
-Temo che debba chiederlo a lui.-
-Dici?- sorrise prendendo uno dei rotoli e rompendone il sigillo:-Prima di partire ti chiedo di aspettare tre giorni, devo controllare le carte che mi hai consegnato e affidartene delle altre o ci sono problemi?-
-No.- la rassicurò sentendo il cuore mancarle un battito:-Il mio superiore ne sarà lieto.-
-Bene.- Tsunade posò lo sguardo sulla straniera aggrottando le sopraciglia:- Giacché ti fermerai qui, sarebbe troppo sapere il tuo nome e il tuo grado?-
-Kushina- tentò un sorriso:-Kushina Uzumaki, jonin del villaggio del Vortice.-
La donna la osservò in silenzio per qualche istante finché non esplose con un:-Menti!- ringhiò alzandosi di scatto e facendo rovesciare la sedia sul pavimento – la nuova venuta stava mentendo, doveva essere così.
Con quieta lentezza Kushina si sfilò la maschera mostrando all’altra il suo volto sfigurato, ma ancora riconoscibile.
 Il silenzio che subito dopo scese su di loro fu pesante – quasi straziante ma cos’era giusto dire in una situazione del genere?
Qualcuno, preoccupato per quell’urlo, bussò alla porta prima di aprirla senza neppure aspettare una risposta.
-Tutto bene Hokage-sama?- chiese una ragazza che, almeno secondo Kushina, non avrà avuto più di sedici, diciassette anni.
-Sì, Sakura. Va tutto bene, puoi andare.- la congedò piegandosi per sistemare la sedia.
La kunoichi tentennò per alcuni istanti prima di ubbidire – l’occhiata che le rivolse fece pentire Kushina di non essersi rimessa velocemente la maschera sul viso – ma alla fine eseguì l’ordine  non osando chiedere nulla. Senza attendere oltre Tsunade si rivolse nuovamente alla donna – non si perse in inutili giri da parole, non era il momento, quello.
-Sei qui per restare?- 
-No.- sorrise mesta:- No, mai.-
-Perché, allora?-
-Per egoismo, perché desidero vederlo, anche da lontano. Perché mi manca. Perché so che sarebbe crudele rivolgergli anche solo la parola, fargli capire chi io sia realmente, ma non riesco a rassegnarmi. Ho bisogno di rivedere Minato in lui per accettarmi che forse non ho fatto la scelta giusta, ma la meno peggio sì.-
 -Non gli sconvolgerai la vita?-
-No- la rassicurò:- non sono così crudele.-
-Lui potrebbe esserne felice.-
-Ne dubito e poi, come le ho già detto, non sono qui per restare.-
La Gondaime sospirò, improvvisamente stanca – non credeva che sarebbe arrivato quel giorno, aveva smesso di sperarci molti anni prima, ma adesso…
-Sai già dove alloggiare?-
-Ricordo un piccolo ostello nella periferia di Konoha, è ancora in piedi?-
-Sì, per essere non è stato demolito, ma ha chiuso anni fa. In molti lo ritenevano poco sicuro, compresi i suoi proprietari, troppo distante dal centro abitato o dai vari Clan, e adesso è rimasto solo un luogo abbandonato.-
-Ci sono problemi se sto lì?-
-No- borbottò la donna inarcando le sopraciglia:- ma non è il massimo. Potresti stare in una delle stanze di questo palazzo, dopotutto sei un’ospite del villaggio.-
-La ringrazio dell’offerta, ma preferisco evitare. Ci sono troppe persone qui e, da un po’ di tempo a questa parte, tendo a evitare la folla come la peste- sbuffò:- senza contare che preferirei non far parlare di me.-
-Non ti riconoscerebbe nessuno.-
-Immagino.- sogghignò toccandosi inconsciamente la maschera:- Ma se non è di disturbo…-
-Come preferisci allora!- sospirò allargando le braccia esasperata.
-Grazie, posso andare?-
-Sei congedata. Quando quelle carte saranno pronte, ti farò chiamare io, se invece ti serve qualcosa la mia porta è sempre aperta.-
La donna si piegò in un inchino vagamente canzonatorio e fece per andarsene, ma una volta arrivata alla porta si fermò, non osando neppure girarsi:- Ehi, Tsunade-sama?-
-Sì?-
-Non ha detto nulla.-
-Prego?-
-Non mi ha vietato d’incontrarlo o, invece, invogliata. Certo, mi ha detto che forse ne sarebbe stato felice, ma non è un “non ci sono problemi”.-
-Vuoi sapere che cosa ne penso? Eppure credevo di essere stata chiara.- sospirò il capo villaggio:- Io gli voglio bene. Fa quello che devi, il tuo desiderio è normale e so quanto sia difficile resistere alla tentazione di riabbracciare una persona cara. Solo, se lo farai soffrire, ti farò a pezzi.-
Kushina annuì, sempre senza girarsi, e dopo aver rivolto alla donna un altro saluto con un veloce gesto della mano se ne andò.
 
La tentazione di allungare il suo giro e passare per i posti che un tempo aveva amato fu forte, ma riuscì ad ignorarla stoicamente. Nessuno glielo vietava ed anche il rischio di essere riconosciuta era basso – si vedeva appena qualche centimetro di pelle visto com’era vestita! – ma perché rischiare?
Tsunade non l’avrebbe mai cacciata, ne era certa, ma per scrupolo personale avrebbe finito per andarsene in fretta e furia senza l’occasione di vederlo.
E non lo avrebbe sopportato.
Saltò agilmente di tetto in tetto, almeno finché la configurazione urbanistica della città glielo permise, dopodiché scese discretamente in strada sperando di non attirare l’attenzione di nessuno – forse con degli abiti più sobri…
Non era mai stata una persona fortunata – era Minato, quello – ma dubitava che avrebbe incontrato qualcuno che si ricordava ancora di lei in un villaggio tanto grande, sarebbe stato assurdo, no?
Fu fortunata, quella volta – o forse fu solo che, arrivata alla pensione, non osò uscirne prima di avere uno straccio di piano?
Niente di difficile, prima avrebbe chiesto a Tsunade se era in missione o al villaggio e i luoghi che più amava. Un semplice appostamento e…
Lo avrebbe visto – se era fortunata, avrebbe sentito anche il suono della sua voce – e poi se ne sarebbe andata per sempre da Konoha.
Perfetto.
O almeno lo sarebbe stato se il suo cuore non l’avesse condotta di nuovo davanti alla lapide dei caduti, il giorno dopo, a osservare cupa il nome della persona che, alla fin fine, le aveva distrutto la vita.
Lo aveva amato immensamente – non lo avrebbe mai negato, ma com’erano finiti?
Lui in una tomba, lei lontana dalla persona che più amava e loro figlio solo e trattato come un mostro.
Eppure non riusciva a maledire il giorno che aveva messo piede a Konoha, l’attimo che lo aveva incontrato o quello in cui si erano scambiati il primo bacio. Non riusciva ad odiare il primo “ti amo” urlatole durante una battaglia, da perfetto incosciente quel’era mai stato.
Non riusciva a…
Girò appena il viso sentendo dei passi alle sue spalle e, maledicendosi per non essersene accorta prima, distolse velocemente lo sguardo non appena incrociò quello argenteo dell’altro.
Oh, merda.
Lo shinobi la osservò per qualche istante per poi inarcare un sopraciglio.
-Buon giorno- la salutò in tono cordiale:-Siete una straniera?- chiese sorridendo da sotto la maschera.
Lei annuì tornando, forse troppo velocemente, a guardare la lapide.
Kakashi fece una leggera smorfia, era il caso di chiederle più direttamente chi fosse? Dubitava che qualcuno senza permesso potesse entrare ed andare in giro per il villaggio tanto tranquillamente, ma visti i precedenti…
Camminò finché non le fu accanto scrutandola con l’unico occhio in mostra:- Come mai vi trovate a Konoha?-
-Per una missione e per pregare.- sorrise girando il volto verso di lui:- Anche per incontrare una persona, se ne avrò il coraggio.-
L’uomo si girò completamente verso di lei, inclinando il volto di lato:-Ci conosciamo?-
-Ho detto più di quanto ti aspettavi?-
-Anche.- ammise:- Ma non è solo questo, tralasciando la confidenza che mi hai appena rivolto, il tuo modo di fare mi è familiare.-
-Hai una pessima memoria.-
Era un azzardo, ma in fin dei conti chi oltre a lui chi le era rimasto? Chi che potesse aiutarla oltre a Tsunade?
Non sapeva se, in quegli anni, avesse mai avuto a che fare con suo figlio, ma di certo stando nello stesso villaggio qualcosa sul suo conto doveva conoscerla.
-Dici? Non vedo molto di te.-
-Anche tu porti una maschera.-
-Sì, ma io sono riconoscibile ad un miglio di distanza.-
-Effettivamente- sogghignò:- quei capelli argentati sono… indefinibili, ecco.-
Il jonin chiuse gli occhi accentuando il pacato sorriso che gl’incurvava le labbra facendo sospirare Kushina.
-Va bene.- sorrise di rimando:-Dopotutto se sono vestita così era per evitare di venire riconosciuta anche da te.-
-Mhm?- Kakashi la osservò con attenzione sfilarsi il cappuccio facendo si che una cascata di capelli rossi le incorniciasse il viso, ma quanto portò una mano al volto per sfilarsi una maschera la fermò prendendole il polso.
-Che cosa c’è?-
-Ho capito, non c’è bisogno che continui.-
-Kakashi?-
-Non voglio che se mai mi chiedesse dell’ultima volta che ti ho vista io sia costretto a mentirgli.- spiegò soffermandosi a guardare il lato destro del volto della donna, da cui s’intravedeva una larga bruciatura, e sull’occhio opaco.
-Capisco – sorrise lei, conscia di cosa avesse attirato l’attenzione dell’altro:- sembra quasi che io ti abbia copiato, vero?-
-Quando…?-
-È stato durante l’attacco della volpe: sono voluta uscire dalla stanza nonostante non stessi bene e per poco non ci ho rimesso la pelle, devo ringraziare Mikoto se non sono morta quella notte in un modo molto stupido.-
Kakashi abbozzò un sorriso tornando a guardare la stele.
-Perché sei qui?-
-Te l’ho già spiegato.- sospirò. Aveva sperato forse non in un’accoglienza calorosa, ma quel gelo contornato da finti sorrisini le sembrava eccessivo. Che pasticcio.
-Sì, hai ragione. Quindi vuoi incontrarlo?-
-Più precisamente vorrei vederlo, parlargli mi sembra eccessivo ed oltremodo crudele visto che non sono intenzionata a restare.-
-Perché ti stai confidando con me?-
-Vorrei che mi dicessi tutto quello che sai di lui, so che non è molto corretto, ma preferirei evitare di porre queste domande alla Gondaime. So che mi risponderebbe però non solo la disturberei, ma rischierei anche di far incuriosire un po’ troppe persone sul mio conto.- sospirò:- Una donna alla reception al palazzo dell’Hokage quando le ho mostrato la mia tessera si è, come dire?-
-Incuriosita?- la aiutò.
-Aha, per non parlare dell’occhiata che mi ha lanciato. È stato snervante.-
-Non mi sorprende, per quanti progressi abbia fatto Naruto è e resta il “contenitore” del Kyubi ed ha mantenuto il tuo cognome.-
Kushina annuì ignorando il moto di rabbia che, se solo l’avesse ascoltato, sapeva l’avrebbe sconvolta e fatte tremare le mani – l’anima.
-Per lui sarebbe stato più facile se tu fossi rimasta.- l’accusò pacato.
-Kakashi, credi che non lo sappia? Ma non potevo restare, non me lo avrebbero mai permesso, sono una straniera. Volevo profondamente portare via con me Naruto, ma me l’hanno negato.- fece una smorfia muovendo la mano in uno scatto iroso:- Gli anziani hanno usato argomenti assurdi come “il sangue che gli scorre nelle vene” impedendomi di fare alcunché. Mi lasciarono solo due scelte o sparire dal villaggio o scatenare una nuova guerra.-
-Immagino che il villaggio del Vortice non fosse disposto a… -
-Oh, invece sì.- sogghignò incrociando le braccia al petto:-Naruto non solo è mio figlio, ma come hai detto poco fa anche il custode della Volpe dalle Nove Code, a chi non fa gola un potere del genere? Però non volevo scoppiasse una nuovo conflitto. Non l’avrei sopportato e Minato non me lo avrebbe mai perdonato.-
-Quindi lo hai abbandonato?-
-Sì.-
Il jonin chiuse gli occhi – da quant’era che si sentiva così vecchio? – sospirò piano prima di riaprirli e tornare a incrociare il suo sguardo:- Adesso che hai risposto alle mie domande vuoi che ti parli di lui?-
Lei annuì decisa strappandogli un sorriso – avevano lo stesso sguardo, così differente da quello posato di Minato.
E Kakashi iniziò a raccontare: parlò della prima volta che lo aveva incontrato, del suo sogno, dell’esame cui li aveva sottoposti e di quello di selezione dei chunin, le parlo della missione in cui si erano scontrati con Zabuza e Haku – com’era sbiancata sentendo quella storia! – le accennò dell’Ero-sennin facendola sorridere, ma poi iniziarono i giorni del dolore. Orochimaru, Itachi con l’Akatsuki e Sasuke. Il rivale, l’amico e il fratello che gli aveva voltato le spalle riuscendo quasi a ucciderlo – ma che pur avendone la possibilità aveva deciso d’intraprendere un’altra strada, si era affrettato ad aggiungere quando gli occhi della donna si erano assottigliati colmi d’ira. Le parlò anche di Gaara, poco, non essendo bene a conoscenza dello strano legame che aveva instaurato con il nuovo Kazekage, pur riuscendo a intuirlo.
Parlò a lungo senza mai smettere di osservare attentamente il volto dell’altra – nonostante la maschera era riuscito a contare in pochi minuti un impressionante numero di espressioni degno del figlio.
-E adesso?- chiese lei infine.
-Adesso- ripeté:- si sta allenando per completare la tecnica del Quarto Hokage.-
-Il rasengan?- chiese perplessa.
-Certamente.- era una sua impressione o la kunoichi era sul punto di mettersi a saltellare dalla gioia? Non volle scoprirlo.
-Il rasengan!- cinguettò felice:- Cavolo! Vuole completare quella tecnica! E credi ne sia in grado? Sì? Wah! Si vede che è figlio mio!- sogghignò portando orgogliosa le mani ai fianchi.
Sì, pensò l’uomo, caratterialmente Naruto era molto più simile alla madre che al padre e non sapeva quanto questo fosse un bene, per loro.
Kakashi la osservò gongolare per qualche istante senza neanche accorgersi di starle sorridendo di rimando.
-Allora?- le chiese:-Vuoi andare a incontrarlo ora?-
-Mi vedrà?-
-Dipende, vuoi che lo faccia?-
-No- sorrise:- non ho cambiato idea e non lo farò.-
-In questo caso non saprà neanche che ci siamo avvicinati al campo dove si sta allenando.- la rassicurò.
Lei annuì piano prima di concedergli l’ennesimo sorriso.
Niente di tutto quello che aveva passato era riuscito a demoralizzarla – sperava che questo lato del suo carattere si sarebbe mostrato sempre più forte e deciso anche in Naruto, altrimenti non sarebbe riuscito ad andare avanti.
Sarebbe stato più saggio mettersi d’accordo per incontrarsi l’indomani invece di andare allo sbaraglio – sempre meglio organizzarsi, ma…
Voleva vederlo e adesso che qualcuno le stava servendo quell’opportunità su un piatto d’argento non aveva la forza per fermarsi e ragionare coerentemente. Il dubbio che non sarebbe riuscita a tenere fede alla promessa che si era fatta prese con prepotenza forza nella sua mente ma la scacciò irritata. Quando diceva una cosa non tornava indietro, mai – ma Kushina, quando molto tempo fa scopristi di aspettare un bambino non promisi a te stessa di non abbandonarlo, mai? Che ne fu di quel giuramento?
Il campo di allenamento dove, a detta di Kakashi, si stava allenando Naruto, non era molto distante, circa venti minuti se si muovevano con calma – cosa che ovviamente non avvenne, stiamo parlando pur sempre di un Uzumaki e lo shinobi iniziava a credere che non esiste qualcuno con tale sangue nelle vene capace di affrontare tutto con l’adeguata quiete.
In meno di dieci minuti si trovarono sul promontorio sopra la valle, dove Naruto si stava allenando con un Yamato poco distante intento a frenare il demone.
La donna osservò stupita l’impressionante numero di copie che, avvolte da uno spesso strato di energia, sembravano intenti a fare qualche tipo di esercizio con una foglia.
Controllo del chakra elementare probabilmente.
Lei e Kakashi erano ad alcuni metri di distanza dal campo di allenamento, vicina alla cascata così da poter osservare il ragazzo dall’alto.
Non erano poi così vicini, ma…
 
In tutti loro rivide il suo volto.
 
Lo sguardo concentrato, le sopraciglia aggrottate e le labbra piegate in una smorfia dura.
Era certa che se si fosse avvicinata avrebbe scorto nei suoi occhi una luce particolare – l’azzurro sarebbe stato così intenso da farli sembrare quelli di qualcun altro.
 
Proprio come lui.
 
La kunoichi si portò una mano al volto non riuscendo a frenare le lacrime.
Kakashi la osservò in silenzio incapace di consolarla – eppure avrebbe voluto. Quand’era bambino lei era stata uno dei punti fermi della sua esistenza, anche dopo la morte di suo padre o di quella di Obito, proprio come il suo sensei.
Era un suo dovere consolarla – lei lo aveva fatto con lui – ma…
-Kakashi- gemette:- ti prego, andiamocene.-
-Va bene.- sospirò:- Andiamo.-
Nonostante le sue parole Kushina non fece un passo per allontanarsi così le posò una mano sulla spalla facendo una leggera pressione – non voleva metterle fretta, ma restando ancora lì sarebbe finita con il crollare.
-Kakashi-sensei!-
Gelarono entrambi girandosi di scatto verso il punto da cui proveniva quella voce: a qualche metro di distanza Naruto li salutava allegro affannandosi a raggiungerli.
Sotto la sua mano, l’uomo senti la sentì tremare.
Dannazione!
-Vattene.- sussurrò:- Vattene prima che ci raggiunga.-
Ma la kunoichi non si mosse, incapace di fare anche un solo passo – stava ancora piangendo.
Imprecando piano Kakashi maledì la curiosità di Naruto prima di rispondere al saluto di quest’ultimo con un sorriso forzato e un distratto gesto della mano.
-Come mai qui?- sorrise il biondo soffermandosi ad osservare la donna:- Ehi, Kakashi-sensei, perché la signora sta piangendo? Non le avrai fatto una qualche proposta oscena?!-
-Naruto vorrei tanto sapere come ti è venuta in mente un’idea simile.-
-Oh, abitudine con l’Ero-sennin, temo.- sbuffò prima di concentrare tutta la sua attenzione sulla kunoichi:- A parte gli scherzi, signora si sente bene?-
Kushina con una mano tremante si asciugò le lacrime dal viso – dalla parte sinistra, era da tempo che l’altro occhio non era più in grado di versarne.
-Sì- mormorò:- sto bene.-
-Non si direbbe.- le fece notare con poco tatto.
Lei ridacchiò scostando la mano di Kakashi e avvicinandosi al ragazzo:-Ma come, non lo sai che le donne quando piangono o si consolano o si deve far finta di niente, per rispetto al loro orgoglio?-
Naruto arrossì imbarazzato incrociando le braccia dietro la testa:- Davvero?-
-Aha, altrimenti si arrabbiano e questo è un male, sempre.-
-È arrabbiata?- indagò.
-Certo che no, il mio era solo un consiglio per il futuro.-
-Mhm, allora grazie.- le fece un ampio sorriso:- Ah, piacere! Il mio nome è Naruto Uzumaki.-
-Piacere, io mi chiamo Kushina.-
Il ragazzo annuì deciso prima di tornare a guardare il suo sensei:- E’ venuto per allenarmi, vero?- chiese speranzoso:- Yamato-sensei è impossibile.-
-Continua a terrorizzarti?-
-Figurati se quello mi può spaventare!- sbottò portando le mani ai fianchi:-Non sono un moccioso, io.-
-Davvero?- chiese una voce agghiacciante alle spalle del ragazzo che quasi saltò in aria.
-Oh, Y-Yamato-sensei… q-qual buon vento?-
-Tu non dovresti essere qualche metro più giù ad allenarti?-
-Ma lo sto facendo! Non vede tutte quelle copie?!-
-Sì, ma l’originale sta battendo la fiacca.- sibilò:-Raggiungi gli altri, ora.-
-Ma…!-
-Ora.- ripeté con uno sguardo che la donna definì in cuor suo vagamente assatanato.
-Va bene.- borbottò prima di rivolgerle un altro sorriso e salutarla con la mano:- Ci vediamo signora!-
-Non credo.- tentò di rispondere al sorriso:-Ma sono veramente felice di averti conosciuto.-
-Certo! Dopotutto sarò il prossimo Hokage!- trillò:- Presto il solo rivolgermi la parola sarà considerato un onore!-
-Naruto!-
-Va bene, va bene.- borbottò e con il suono cristallino della risata della donna nelle orecchie scese con alcuni balzi ben calibrati dalla rupe tornando ad allenarsi con le altre copie.
Yamato sospirò stanco prima di posare lo sguardo sulla donna:-Mi scuso per il comportamento di Naruto.-
-Si figuri, è adorabile.- decretò lasciando lo shinobi alquanto basito e facendo ridacchiare Kakashi.
-Se crede…- borbottò:- Ah, piacere, io sono Yamato.-
-Piacere- gli sorrise velocemente prima di rivolgersi a Kakashi:- Io devo andare, sono già rimasta fin troppo qui.-
-Capisco. Quando partirai?-
-Presto.- e mettendosi sulle punte portò una mano sopra la testa dell’uomo scompigliandogli i capelli come quand’era bambino.
Ancora una volta Yamato osservò la scena allibito.
-Kakashi.- borbottò lo shinobi quando lei, dopo aver rivolto ad entrambi un altro saluto veloce, se ne andò con una certa fretta:- Per pura curiosità, chi era?-
-Nessuno.- sospirò Kakashi:- Non è nessuno, non più almeno.-
 
E come aveva promesso, Kushina, due giorni dopo il suo incontro con Naruto, lasciò Konoha ben decisa a non rimetterci più piede – ogni volta che ricordava il volto del figlio sentiva il suo cuore spaccarsi in due, e allora? L’importante era che Lui non soffrisse a causa Sua.
Morì tre mesi dopo, durante una missione, ma senza rimpianti.
Naruto non seppe mai chi fu la donna dal volto coperto, né perché quel giorno stesse piangendo e presto la dimenticò – ma quello che mai lo lasciò fu il suono della sua risata che, di tanto in tanto, nel dormiveglia tornava a risuonargli nelle orecchie.
 
Owari
 
21/06/08
 
Non mi convince –decisamente.

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