Forever and on di BaschVR (/viewuser.php?uid=38414)
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Il Matrimonio ***
Capitolo 2: *** Una nuova casa ***
Capitolo 3: *** Alexandria! ***
Capitolo 4: *** Il racconto di Vivi ***
Capitolo 5: *** Il borgo ***
Capitolo 6: *** Cane, gatto e Grand Dragon ***
Capitolo 7: *** Caos a palazzo ***
Capitolo 1 *** Il Matrimonio ***
“Forza!
Papà, mamma, sbrigatevi!!!” urlava una bambina
correndo per le scale di Lindblum.
“Un
momento, Eiko!” urlò Hilda dalla sala del trono.
Eiko
si mosse impaziente verso l’Hilda Garde IV,
costruito da poco. Ma era quello il modo di trattare una signorina per
bene
come lei? Ormai era grande, aveva addirittura 7 anni e mezzo! Ed invece
i suoi
nuovi genitori la trattavano ancora come se fosse una bambina!
“Vi
prego! Fate in fretta!!!” urlò Eiko impaziente.
Dall’Hangar
dell’Hilda Garde IV arrivò Cid. “che
cosa
ha la mia piccola Eiko?”
“Mamma
perde tempo! Non arriveremo mai in tempo ad
Alexandria!!!” esclamò Eiko saltellando su e
giù.
“Calmati,
piccolina!” le disse Cid “vedrai che
arriverà
in pochissimo tempo verrà anche lei e partiremo
tutti!”
Eiko
mise il broncio. “Io non sono piccola”
esclamò.
“Può
darsi che tu non lo sia… questo in base alla tua
maturità, però…” rispose
Cid, con fare divertito.
“Hai
ragione. Aspetterò buona buona a mamma” disse
infine Eiko.
“Eccomi
qui!!!” disse Hilda arrivando vicino agli altri
due. “partiamo? Non vorremmo mica fare
tardi…”
Eiko
sorrise, prese per mano i due genitori adottivi e
si diresse all’interno dell’Hilda Garde IV, che
poco dopo prese il volo verso
il regno di Alexandria.
“Regina
Garnet” disse Beatrix “siete magnifica”.
Garnet
si girò verso di lei. Era vero, con quel vestito
era magnifica. Il miglior vestito da sposa di tutto il continente della
Nebbia.
Per il miglior matrimonio che probabilmente sarebbe mai avvenuto nel
continente. Non c’era nessuno, infatti, che non sapesse delle
nozze tra la
regina Garnet, sovrana del regno di Alexandria, e il prode cavaliere
Gidan,
distintosi per le sue numerose gesta durante la guerra contro Kuja.
“Grazie,
Beatrix” sussurrò Garnet in risposta.
Qualcuno
bussò alla porta.
“Avanti”
disse la regina.
Steiner
entrò sorridendo alla vista di Garnet.
“Se
mi permettete, princip… regina, siete la visione
più incantevole che io abbia mai visto”
“Grazie,
Steiner” disse la principessa. “Volevi dirmi
qualcosa?”
“Certamente…
Il cortile del castello è quasi colmo, e l’Hilda
Garde IV è appena atterrato, con al suo interno Il Granduca
Cid, la duchessa
Hilda e la piccola signorina Eiko”
“Sono
già qui?” domandò Garnet “e
gli altri? Vivi,
Freija, Amarant…”
“Il
signor Vivi è arrivato questa mattina, insieme ai
suoi figlioletti. Freija e Amarant sono appena venuti a salutarmi,
credo stiano
già andando alla cerimonia”.
“Quindi
ci sono tutti…” sussurrò Garnet.
“Bene, sono
pronta. Steiner, verrò tra poco. Aspettami
all’entrata del castello”.
“D’accordo”
detto ciò, Steiner si inchinò a Garnet e
uscì dalla stanza.
Non
erano passati neanche pochi attimi, che subito la porta
si spalanco ed entrò Quina.
“Aò,
Garnet, C’ho ‘na ricetta che è
‘na bomba! Er
cokaritos ripieno de prosciutto! Per te va bene?”
urlò la Qu.
“Sembra
buono… complimenti Quina…”
“E
non te voglio dì che ho preparà per dolce! Na
ricetta da leccarsi i baffi!” detto questo, Quina si
allontanò verso le cucine,
lodando ad alta voce le sue grandi abilità culinarie.
“beh,
Regina Garnet, di certo sua madre sarebbe stata
fiera di lei!” disse Beatrix.
“Lo
pensate davvero, Beatrix?” domandò Garnet.
“Certamente.
Se solo avesse potuto vedervi oggi…
sarebbe sicuramente commossa”
Garnet
sorrise “venite, Shogun Beatrix. Accompagnatemi fino
a Steiner”.
“hai
visto, Eiko? Siamo arrivati in tempo!” sussurrò
Hilda alla bambina.
“Voglio
vedere Daga!” esclamò Eiko.
“Sai,
dovresti chiamarla Garnet…” disse Cid “e
comunque, arriverà adesso…
e dopo il
matrimonio noi siamo invitati al tavolo di Garnet, e, se vorrai, potrai
sederti
anche accanto a lei”.
Gli
occhi di Eiko si spalancarono “Sul serio?”
Cid
le sorrise scompigliandole i capelli. “Ma certo”
rispose.
Una
fanfara proveniente dall’orchestra zittì la folla,
che si mise in silenzio, in attesa dell’inizio della
cerimonia. Poi una nuova
melodia si fece largo tra la piazza, un inconfondibile marcia nuziale.
Ed
ecco che le porte del castello si spalancarono. Una
figura uscì dalla porta, i capelli biondi che fluivano mossi
dal vento di
quella tiepida giornata primaverile. Era il cavaliere Gidan, vestito in
un
elegante abito nero che lo faceva apparire più grande di
quanto non fosse in
realtà.
Eiko
notò che mancava la coda, ma quando chiese a Cid
come mai non riusciva a vederla, Cid si limitò a rispondere
che era solo
nascosta dal vestito, un’idea di Garnet per non creare
intrighi sulla
provenienza del suo futuro marito.
Gidan
camminò fino all’altare allestito al centro della
piazza, poi si fermò e si voltò verso la porta da
cui lui stesso era venuto. La
gente presente in piazza urlò a squarciagola il nome di
Gidan. Era infatti
molto amato dal popolo, che lo vedeva come un eroe.
Quando
tutto tornò silenzioso, Tutto il popolo si girò
verso il portone del castello, in attesa.
E
poi il portone si aprì, E Garnet uscì dalla
penombra
del castello mostrando il suo splendore al mondo intero. Era
sottobraccio a
Steiner, che, fiero, come non mai, la portava a passo di marcia verso
l’altare.
Alle spalle, la Shogun Beatrix, con la sua Save the Queen levata in
alto,
camminava sorridendo verso chiunque incontrasse il suo sguardo.
Quello
era un giorno di gioia per Alexandria e per il
mondo intero. E tutti lo sapevano.
“Eiko”
sussurrò Cid alla bambina “Vieni qui con me. Io
e Hilda facciamo i testimoni e non possiamo lasciarti qui da
sola”
“D’accordo”
disse Eiko, che segui i due verso l’altare.
Quando
furono arrivati, vide Gidan che le fece l’occhiolino.
Eiko sorrise a Garnet, che pareva parecchio nervosa.
“Cari
fratelli e sorelle” disse il gran sacerdote di
Alexandria “Siamo qui riuniti per…”
La
cerimonia andò avanti a lungo. Eiko, che non aveva
mai visto un matrimonio, si stupì della noia che provava.
Era solo un
accozzaglia di parole e parole! Stava un po’ irrequieta sulla
sedia, e
desiderava potersi muovere, ma sapeva che non poteva proprio.
“…
e grazie al potere conferitomi io vi dichiaro…”
Eiko
si riscosse dai suoi pensieri proprio nelle
battute finali.
“…
marito e moglie. Ora può baciare la sposa” disse
il
Gran sacerdote.
Gidan
e Garnet si baciarono profondamente, davanti a
tutto il popolo.
La
gente applaudì, acclamando i nuovi sovrani di
Alexandria.
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Capitolo 2 *** Una nuova casa ***
Dopo
la cerimonia il ricevimento si tenne in un
grandissimo salone del castello, agghindato per l’evento con
nastri argentati
provenienti da Toleno. Gli invitati erano molto pochi, ma tra questi,
al tavolo
della regina e del nuovo re, spiccavano gli eroi della guerra contro
Kuja.
Erano stati invitati personalmente dalla sovrana, e quindi venivano
tutti
trattati con grande rispetto.
Eiko,
come sempre, saltellava qua e là urtando le gambe
dei nobili che incontrava, cercando l’abito bianco di Daga, o
Garnet, o come
volevano chiamarla gli altri. Si imbatte in Freija e Flatrey, in
Amarant e
persino in Quina, che la salutò con il suo tipico accento,
ma a Garnet non la
trovava proprio!
“Oh,
Gidan!” urlò la piccola bambina tirandolo per la
manica.
“Eiko!”
disse Gidan “cosa c’è?”
“Sai
dov’è Daga?” chiese Eiko.
“Dovresti
abituarti a chiamarla Garnet” sussurrò Gidan.
“Oh!
Ma è una mania allora? Io la chiamo come mi pare e
piace!” disse lei, incrociando le braccia al petto.
Gidan
sospirò “D’accordo, e comunque vedi che
si è
appena seduta al tavolo, perché non la
raggiungiamo?”
“d’accordo!”
assentì Eiko, che, presa in braccio da
Gidan, si diresse verso il tavolo principale, ai quali erano seduti
anche Cid
ed Hilda.
“Eiko!
Dov’eri finita?” chiese Cid.
“E’
tutto a posto, Granduca” disse Gidan riponendola a
terra. “era solo venuta a farmi gli auguri”
Eiko,
mentre si sedeva, gli sibilò un
“grazie”, a cui
lui rispose con una strana smorfia che la fece ridere fino alla nausea,
facendole guadagnare le occhiate storte di Hilda e Cid.
“Allora,
Eiko” disse Garnet “proprio l’altro
giorno io e Cid stavamo discutendo della
tua educazione”.
“In
che senso?” disse Eiko guardando i genitori adottivi.
“Beh,
sei davvero una bambina intelligente,
sarebbe un peccato non farti studiare”.
“Dovrei
prendere… lezioni private?” chiese
Eiko contrariata.
“Beh…
l’idea era più o meno quella”
assentì Hilda, venendo in aiuto di Garnet.
“Dal
Dottor Totto, ti ricordi di lui?” chiese Gidan.
“beh,
si…” disse Eiko a disagio “Mi
ricordo… ma vive a Toleno!”
“Lui
sarebbe disposto ad insegnare qui ad Alexandria” si intromise
Cid “in questo
modo potresti stare accanto ai tuoi amici al contempo essere vicina a
casa per
venirci a trovare quando vuoi…”
“Davvero
potrei studiare qui ad Alexandria?” chiese Eiko
“Voi siete d’accordo?”
“Perché
non dovremmo?” disse Hilda guardandola “Avresti
potuto studiare a Lindblum, ma
il Dottor Totto non se la sente di trasferirsi così
lontano… e come dargli
torto, vista la sua notevole età?”
“Potrai
vivere qui nel castello… dopotutto adesso sei una gran
duchessina!” disse
Gidan.
“E
tu
sei il re!!!” rispose la bambina scoppiando in
un’allegra risata.”Ma i moguri?”
“Beh…
potrebbero
venire con te!” disse Garnet “ti sembra forse che
qui lo spazio manchi?”
“Grazie,
Daga” disse Eiko. E poi scese il silenzio.
“Allora?
Non mi correggi?” chiese stupita Eiko.
“E
perché
dovrei?” rispose Garnet con un sorriso “Quel nome
mi rievoca momenti
meravigliosi”.
All’esterno
della sala, Un bambino col cappello da merlino era troppo timido per
sedersi al
tavolo della regina, dove Eiko spadroneggiava con la sua aria da
saputella. Oh,
se solo anche lui avesse potuto essere come lei, così
sfacciato da poter dire
qualunque cosa senza preoccuparsi delle conseguenze, avendo
coraggio…
“Signor
Vivi!!! QUO VADIS?” chiese la voce di Adalberto Steiner da
dietro di lui.
“A-Ah,
S-Steiner! Stavo per A-and…”
“E
dove sono i suoi placidi figlioletti? Sono talmente simpatici, con il
loro
andare qua e là…”
“Il
m-maggiore sta m-male e-e i p-più piccoli n-non volevano
l-lasciarlo s-solo”
rispose Vivi.
“Si
vede che hanno preso da lei, Signor Vivi! Sono sempre altruisti! Venga
con me,
andiamo tutti e due a sederci!”
Doveva
ringraziare Steiner. La sua fiducia era qualcosa di grande per lui. Ma
non lo
ringraziò. Il fattore timidezza non glielo permise. Ma lo
seguì nella sala, e
si mise vicino al principe Puck, re di Burmesia, e ad Eiko, la sua
amichetta
nonché gran duchessina di Lindblum.
Eiko
stava però parlando con Garnet, che le sedeva a fianco, e
non lo notò, mentre
al contrario, Puck urlò: “Vivi! Amico
mio!”
“C-ciao
Puck!” rispose Vivi.
“Q-quanto
tempo! Come ti va la vita?”
“L-la
s-solita… vivo i-insieme ai m-maghi n-neri e ai Jenoma nel
v-villaggio, e
M-mikoto mi da una mano con i p-piccoli”
“Come
stanno?” chiese Puck
“N-non
molto b-bene purtrop…” ma venne interrotto da un
amico del principino che lo
chiamò, e Puck si allontanò lasciandolo solo.
Quanto
era triste! Ma era davvero così insignificante? Anche il
più piccolo scaraburi
era più visibile di lui? E perché tutta questa
insicurezza? Non poteva avere
fiducia in se stesso?
Guardò
tutti al tavolo. Gidan e Garnet, insieme da quel giorno e per sempre,
legati da
un marchio invisibile impresso su di loro. Steiner e Beatrix che
parlavano
animatamente delle nuove tecniche di difesa di Alexandria.
Guardò Freija e
Flatrey che conversavano sulla restaurazione di Burmesia.
Guardò Quina, immersa
nell’arte del “magnà” da lei
stessa creato. Guardo Amarant, la cui solitudine
non sembrava essere un problema per lui. Ed infine guardò la
piccola Eiko,
assieme ad Hilda e Cid, che discutevano animatamente sulla partenza
della più
piccola della famiglia.
Quel
giorno era solo.
Si
sentì come quando, durante il periodo della guerra della
madre della signorina
Daga, veniva additato dalla gente per la sua somiglianza con gli altri
maghi
neri. A lui spettavano semplicemente le accuse… e lui
cercava di rispondere con
un “non odiatemi”. Che però non
sortì mai l’effetto sperato.
Eiko
finì la conversazione con Garnet e poi si girò a
guardare il tavolo. Com’erano
felici tutti! Tutti allegri, sorridenti… beh, tutti eccetto
Amarant, che non
perdeva mai occasione di sfoderare il suo musone. Ma allora
perché era venuto?
Boh… non lo sapeva proprio.
Poi
sentì un sospiro provenire dalla sua sinistra. Si
voltò e vide…
“Vivi!!!”
Il
piccolo maghetto nero alzò gli occhi di scatto.
“Eiko?”
“Ciao!
Sai, non ti avevo notato” rispose la bambina sbracciandosi
per dare maggiore
enfasi alle sue parole.
“Beh…
i-io sono s-stato qui!” si ritrovò a dire Vivi.
“Come
va la vita al villaggio dei maghi neri? Come sta Bobby
Cowel?” chiese Eiko.
“S-sta
b-bene!”
“E
il
mago nero n°288?” domandò la piccola.
“Beh…
s-si è spento pr-proprio l-l’altro g-giorno. H-ha
s-smesso d-di muoversi e l’ho
d-dovuto m-mettere s-sotto t-terra” rispose il maghetto.
Eiko
se ne dispiacque moltissimo. Sapeva che questo era uno dei problemi che
più affliggeva
Vivi, ed infatti aveva anche notato l’aumento del balbuziare
di Vivi appena
aveva toccato l’argomento. Povero Vivi… come lei,
anche suo nonno lo aveva abbandonato
precocemente, scaraventandolo in
un mondo in cui solo la violenza regnava, mentre un animo mite come il
suo è
destinato a rimanere incompreso. Davanti a nazioni che combattono tra
loro per
il potere, davanti a prepotenti, davanti a ricchi viziati, come
può sentirsi il
piccoletto?
Eiko
lo abbracciò, sapendo che per lui anche quel singolo gesto
era importante.
Qualche
posto più in là, Cid aveva assistito a tutta la
scena, e non poté fare a meno
di sorridere.
La
cerimonia ebbe un travolgente successo. Tutti i nobili rimasero
parecchio
soddisfatti quando la compagnia teatrale Tantarus, di cui direttrice
era Carmen,
fece il suo ingresso narrando le vicende di “Sarò
il tuo passerotto”, stavolta
con sensibili modifiche per adattare la storia al pubblico presente in
sala.
La
torta
venne tagliata con la Save The Queen della Shogun Beatrix. Si
scoprì che gli
ingredienti della “famosa” delizia promessa da
Quina per dessert erano rane, ma
tutto sommato era un piatto gustoso che nessuno degli ospiti
poté rifiutare
data la sua bontà.
E
quando venne il momento dei saluti, Eiko dette un breve addio ai regali
consorti, sapendo che entro qualche giorno si sarebbero rivisti.
Ad
Alexandria ne avrebbe combinate delle belle!
“No!!!
Non voglio andare a letto!!!” urlò Eiko alla madre
“voglio fare le valigie
adesso”.
“Non
mi sembra ragionevole fare le valigie adesso” rispose Hilda
“E’ tardi e siamo
tutti stanchi a causa del matrimonio, quindi si va a letto!”
“Ma…”
“Niente
ma, signorinella! Cid, accompagna Eiko a letto!”
“Si,
Hilda” Cid prese in braccio la piccolina, che si
dimenò con tutte le sue forze
mentre veniva portata in camera.
“Se
lo
sapevo ti facevamo rimanere scaraburi” brontolò
Eiko.
Cid
rise, mentre entrava in camera di Eiko. La depose sulle coperte e le
diede un
bacio.
“Le
facciamo insieme le valigie domani?” chiese Eiko.
“Si…
domani” disse Cid, ma la piccola dormiva già,
cullata dalla morbidezza del suo
lettino e dalla stanchezza della giornata passata.
Cid
la
guardò teneramente.
Come
sei matura per la tua età, Eiko. Ti ho
visto con il tuo amichetto, oggi. Sei perfetta così, non
cambiare mai. Davvero.
Per favore, resta sempre così, minuta, piccola, ma bella e
pimpante, capace di
ridare il sorriso anche dopo una tempesta.
Ti
prego, non cambiare mai.
Ciaoooo!!!
Anche il secondo capitolo è andato
pubblicato!!! Qui i veri protagonisti erano Eiko e Vivi, ma anche gli
altri non
avevano mica un ruolo banale!!! Comunque, a presto con i nuovi capitoli
di “Forever
and on”.
PS = recensire è un rimedio contro
tantissime malattie curabili e non. Perché non approfittarne
scrivendo un
piccolo commentino?^^
Grazie
a chi leggerà e a chi commenterà!
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Capitolo 3 *** Alexandria! ***
“Mmmm…”
mugugnò Gidan dal suo letto. Il
sole gli arrivava sul viso, non permettendogli così un dolce
riposo. Si accorse
che, data la particolare angolazione della camera, doveva essere molto
tardi
visto che il sole poteva entrarvi. Più o meno le undici del
mattino.
Garnet
si era già alzata. Sentiva il
dolce suono dei suoi passi aldilà della parete, in bagno, sotto lo
scrosciare dell’acqua.
Gidan si diresse verso il secondo bagno della camera, e dopo essersi
raso con
una lametta, si vesti con i primi indumenti che gli capitavano a tiro.
Niente
più doveri regali quel giorno! Solo l’accoglienza
ad Eiko, ma, figurarsi, non
era una cerimonia da pompa magna accogliere una bambina che per giunta
conoscevano benissimo.
Anche
Garnet uscì dal bagno, vestita già di
tutto punto con un grazioso abito di seta.
“Buongiorno”
sussurrò.
“Buongiorno
a te!” disse Gidan “un po’ di
pace oggi, eh?”
“Per
favore, non ne potevo più! Con la
Contessa McGrevis tra i piedi che voleva a tutti i costi
conoscerti… ma non
pensa al suo povero marito?”
“A
me ha detto che attraversano un periodo
di crisi” sussurrò Gidan
“Chissà, magari vuole trovarsi un nuovo marito
soffiandolo alla regina di Alexandria…”
“Beh…”
disse Garnet stizzita “vedo che le
abitudini da donnaiolo non ti sono ancora passate!!!”
“Ops”
sussurrò Gidan sorridendo alla sua
consorte.”Beh… ehm… non sarebbe meglio
andare all’approdo? Eiko dovrebbe
arrivare a momenti”.
“Hai
ragione” disse Garnet, dimenticandosi
della gaffe di Gidan “oggi viene Eiko. La sua stanza
è proprio quella qui
accanto, l’abbiamo preparata ieri, mentre il vero problema
è dove mettere il
Dottor Totto, perché e vecchio e non credo se la senta di
fare tutte quelle
scale al giorno” Garnet sospirò “beh, a
quanto pare dovrò dire disposizioni per
poter allestire una camera al piano terra, e…”
“Ehm…
tesoro? Non vorrei interrompere il
tuo monologo, ma l’Hilda Garde sta per arrivare
e…”
“No,
aspetta! Dobbiamo dare precise
istruzioni sulla stanza…” cominciò
Garnet, ma venne interrotta da Gidan che la
trasse a se e la baciò profondamente. Dopo qualche secondo i
due si staccarono,
e Gidan le disse: “Più tardi… adesso
è molto importante accogliere Cid, Hilda
ed Eiko”.
“D’accordo”
disse Garnet aprendo la porta e
cominciando a scendere le scale per arrivare alla sala del trono,
seguita da
Gidan “Te l’ho mai detto che sembri parecchio
abituato a questo ambiente? Già
pensi di non fare tardi, di fare una buona impressione con i
nobili… sei un po’
cambiato rispetto alla prima volta che ci siamo incontrati”.
“beh…
ho avuto la migliore maestra di tutto
il continente della Nebbia” rispose Gidan.
“Fai
il donnaiolo anche con tua moglie?”
scherzò Garnet.
“Beh…
visto com’era finita a Cid, è meglio
fare il cascamorto solo con una persona, e preferibilmente con colei
che si è
scelta tra tutte le altre”.
Garnet
sorrise alla risposta del Jenoma.
Insieme superarono la sala del trono e scesero fino ad arrivare al
cortile
interno del castello. Dopodiché si diressero verso la sala
di Nettuno per
andare al porto ed aspettare l’arrivo di Cid e compagnia.
“Mamma!!!
Ho dimenticato lo spazzolino!”
sbuffò Eiko.
“E
ti pareva” sussurrò Hilda fra sé
“Non fa
niente, tesoro, te ne faremo comprare un altro ad Alexandria”
“Va
bene” disse la piccola sciamana.
“Piuttosto,
è molto più importante che io
ti ripeta che…”
“…
devo fare la brava, non devo uscire da
Alexandria, devo andare al borgo SOLO quando posso e soprattutto
accompagnata
da qualcuno, devo dare ascolto al Dottor Totto che è stato
molto gentile a
concedermi questa possibilità e non devo far disperare Gidan
e Daga” recitò
Eiko tutto d’un fiato. Quella ramanzina la sapeva a memoria!
“Esattamente,
e non devi chiamarla Daga!”
disse Hilda.
“Ma
lei ha detto che le piace essere
chiamata così, perché le fa ricordare i vecchi
tempi…”
“Eiko,
pretendo che tu la chiami col suo
vero nome, e cioè Garnet Til Alexandros XVII!”
“Va
bene, mamma!” sussurrò Eiko rassegnata.
Poi si voltò e si diresse verso il ponte
dell’’idrovolante, dove Cid dava indicazioni
ad Erin, a cui era affidato il comando del timone.
“Papà!!!”
urlò Eiko tirandolo per la
manica.
“Cosa
c’è?” sussurrò
l’uomo prendendola in
braccio.
“Quanto
manca per arrivare ad Alexandria?”
chiese la piccola bambina.
“Oh…
davvero poco!” esclamò Cid. La portò
di fronte al vetro che li separava dal cielo aperto e le disse
indicando con il
dito: “Guarda, adesso siamo proprio sotto la Grotta di
Ghiaccio, molto famosa
qui ad Alexandria. Oltre si estende la grandissima foresta del male,
e…”
“Ma
perché si chiama così la foresta del
male?” chiese Eiko.
“Beh,
io non lo so, ma sono sicuro che studiando
dal Dottor Totto arriverai a saperlo benissimo” rispose Cid.
“Davvero?”
chiese Eiko con i grandi occhi
che brillavano di curiosità.
“Certamente!”
disse Cid dandole un bacio
sulla fronte.
Eiko
sorrise. Come era affettuoso papà con
lei! Era sempre disponibile a parlare e a coccolarla, in modo tale che
non si
sentisse mai sola. Chissà se gli sarebbe mancato…
“E
poi? Dopo la foresta del male, c’è
Alexandria, vero?” domandò la sciamana.
“Beh,
alza gli occhi e lo vedrai tu stessa”
sussurrò Cid.
Eiko
si voltò di nuovo verso l’enorme
vetrata e, ancora una volta, la magnificenza del regno di Alexandria la
colpì.
Lo stendersi interminato di casette borghesi, brulicanti di vita, di
bambini,
bambini che avrebbero anche potuto essere i suoi nuovi amichetti, e
tante altre
persone con cui probabilmente avrebbe conversato, riso,
parlato…
Solo
per la prima volta, si rese conto che
Alexandria era davvero la sua nuova casa. Il posto in cui avrebbe
potuto realizzare
i propri sogni, vivere la sua vita, ridere, piangere,
parlare… tutto ciò
accanto ai suoi amici.
“Bene”
disse Cid facendola scendere dalle
proprie braccia “preparati a scendere, e per favore, fai
contenta tua madre
dando sfoggio di buone maniere almeno finché lei guarda
verso di te!”
Eiko
rise e poi si mise a correre per tutta
la nave saltellando e fantasticando sulle sue numerose avventure che
sicuramente avrebbe avuto ad Alexandria.
Quasi
non si accorse dell’idrovolante in
picchiata verso il porto, e stava per essere sbalzata fuori dalla nave
quando
essa si fermò di colpo, segnalando il loro arrivo. La
piccola bambina allora
schizzò fuori dall’idrovolante con la
velocità di un Chocobo Dorato
si fiondò tra le braccia di Gidan e Garnet.
“Ehi!
Calma” disse Gidan mentre Eiko la
stritolava in un abbraccio. “Ma quanta forza hai?”
“Oh
Gidan! Daga! Sono così contentissima di
vedervi!!!” urlò Eiko.
“Così
contentissima?” domandò Garnet
riflettendo sulle strane parole della bambina.
Dall’idrovolante
scesero anche Cid ed
Hilda: il primo parecchio divertito dal comportamento della figlia, la
seconda
con una gran voglia che le lezioni del Dottor Totto cominciassero
subito, in
modo tale che quella scapestrata di sua figlia imparasse un
po’ di buone
maniere!
Le
ore successive trascorsero tra il lavoro
estenuante dei facchini che scaricavano roba di Eiko
dall’idrovolante (per la
verità roba di Hilda per Eiko, perché se fosse
stato per la bambina, non si
sarebbe portata niente) e le indicazioni di Hilda su come allestire la
camera
della figlioletta.
Eiko,
nel frattempo, se ne stava con Garnet
e Gidan, che le mostravano ogni anfratto del castello, visto che la sua
conoscenza riguardo ad esso si limitava solo a pochissime stanze. Le
mostrarono
la biblioteca, la sala del trono, la sua stanza, le cucine (dove Quina
si stava
sbizzarrendo nel creare nuove assurde ricette dalla bontà
inaudita) e le
segrete, complete di sotterranei e prigioni. Le dissero anche che aveva
qualche
giorno libero prima dell’inizio delle lezioni,
perché Il Dottor Totto era stato
trattenuto da alcuni affari a Toleno (pare che all’asta vi
fosse un oggetto
preziosissimo), e quindi aveva sufficiente tempo per ambientarsi.
“Ed
inoltre, il Dottor Totto mi ha detto di
informarti che, oltre a te, insegnerà anche ad un altro
ragazzo. E’ figlio di
nobili a Toleno, ed i suoi genitori sono dei miei carissimi
amici” disse
Garnet.
“Davvero?
Avrò un compagno di studi?”
chiese la piccolina.
“Certo!
E sono sicura che andrete d’accordo,
visto il suo carattere… ehm…
esuberante!” continuò Garnet.
“Wow!
Chissà chi è…” disse Eiko
tra sé.
Il
giro continuò fino al primo pomeriggio. Quando
ad Eiko venne mostrato tutto il castello (anche lo sgabuzzino delle
scope e
quello per gli stracci reali) la sua stanza era già bella e
pronta. Era situata
nel medesimo luogo in cui vi era una volta la stanza di Garnet, quando
ella era
solamente una principessa. Eiko poté notare il fatto che era
parecchio graziosa,
ma di certo non le si addiceva. Ma non voleva deludere Hilda che si era
prodigata con tanto amore nell’organizzare la camera, e
quindi decise di
apportare modifiche in seguito, quando sua madre sarebbe tornata a
Lindblum.
Durante
il pomeriggio cercò molte volte di
sgattaiolare verso il Borgo, ma ogni volta venne acciuffata da Steiner,
che con
il suo inconfondibile e tuonante “EIKO! QUO VADIS?”
le tarpava le ali della
libertà (in tutti i sensi, visto che la tirava dentro il
castello dalle piccole
alette sulla sua schiena). Addirittura, una volta venne ripresa dalla
Shogun
Beatrix, che le diede una bella strigliata dicendo che il borgo era
parecchio
pericoloso se affrontato da sola.
“E
quindi” disse Beatrix “Gradirei che,
prima di andare al borgo, lo chiedessi a me o a Steiner, in modo tale
che uno
di noi due possa accompagnarti a fare ciò che
vuoi”.
La
sera la famiglia Fabool e la famiglia
reale cenarono insieme. Hilda e Cid, infatti, contagiati, dalla
giovialità dei
sovrani, avevano deciso di ripartire solo dopo la cena.
Fu
una serata tranquilla e serena, molto
intima, a cui nessun altro fu ammesso. Gidan e Cid, parlavano di
idrovolanti e
del nuovo progetto Hilda Garde V, che, a quanto pare, sarebbe sorto di
lì a
poco pronto per la distribuzione sul mercato. Garnet ed Hilda, invece,
discutevano riguardo le ricerche di cosmetologia svoltesi a Toleno nel
mese
antecedente. Eiko, un po’ assonnata da quei discorsi, stava
tra sé e sé,
cogliendo stralci di conversazione su Idrovolanti superlusso e su
Profumi
favolosi.
“Sai,
Mogu, se tu mi vedi, capisci ciò che sto attraversando. Come
stai, invece, tu?
Non posso vederti.. probabilmente sei nel paradiso dei moguri (a
proposito, si
chiama “Moguriparadiso?”) a crogiolarti in mezzo a
tutte le bellezze che ti
ritrovi in quel fantastico luogo. Ma pensi ancora a me? Pensi ancora
alla tua
amichetta Eiko con cui hai diviso sei bellissimi anni della tua vita?
Spero di
si, perché io ti penso come se tu fossi ancora qui con me.
Sei
stata la mia migliore amica, e conservo ancora il tuo fiocco come pegno
di
affetto. Chissà come sarebbe stato buffo sulla tua testa
troppo piccola per
indossarlo! E poi…”
I
pensieri di Eiko vennero interrotti dallo
stridio delle sedie che sfregavano contro il pavimento. I commensali si
erano
alzati dalla tavola, e lei fece altrettanto. Li seguì verso
la statua di
Nettuno, che li portò al porto dove era attraccato
l’Hilda Garde IV. Ma prima
di partire, Cid la strinse a sé e le disse: “Per
favore, Eiko, non preoccuparti
se sei lontana da casa. Forse ti mancheremo, forse no, ma fatto sta che
qualunque
cosa accada, ricorda, quando ti senti sola, che hai una mamma e un
papà che
pensano sempre a te. Il nostro pensiero ti darà forza, nei
momenti tristi. E
ricorda che sei anche una Fabool, e noi che portiamo questo nome siamo
tosti e
duri da sottomettere! Quindi ricorda sempre di non farti mai manovrare.
Questa atmosfera,
nonostante possa sembrare tranquilla, è mossa da intrighi
appena velati sotto
la superficie della razionalità. Ricorda che una parola, un
gesto, un’occhiata,
può smascherare questo velo e
farti vedere
le persone come sono in realtà. Beh…
probabilmente non avrai mai bisogno di ciò
che ti ho detto, ma per favore, conserva queste parole nel cuore.
E’ il mio
lascito per avvertirti su una realtà che non conosce se
stessa”
“Beh…
d’accordo, papà” sussurro Eiko. Poi
lo strinse forte. E poi strinse forte anche Hilda. Si sentì
triste perché realizzò
che i suoi genitori sarebbero stati lontani da lei. Una lacrima scese
dal suo
viso, ma si affrettò ad asciugarla per non farsi vedere
mentre piangeva. Lei
era forte!
E
l’Hilda Garde volò via, portando con sé
una
parte della felicità di Eiko. Me Gidan le si
avvicinò e la strinse.
“Non
essere triste. Vi vedrete presto”
disse.
Eiko
si rianimò un po’. “Si…
presto” disse.
Ed
ecco che anche il terzo capitolo è
andato! Ho notato che qualche persona ha letto la fic ma non ha
lasciato i commentini…
su, non siate timidi!! Non vi mangio mica! Lo sapete che una volta, un
mio
amico, perdendo un minutino per recensire una storia si è
salvato da una
macchina che
altrimenti l’avrebbe
investito?
Ok,
la storia l’ho inventata io me è
comunque di grande effetto!
Ma
Grazie lo stesso a chi ha solo letto e a
chi recensirà!
A
presto con il prossimo capitolo!
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Capitolo 4 *** Il racconto di Vivi ***
Il
Continente esterno, in primavera, era
davvero un celestiale spettacolo naturale. I fiori che spiccavano
lontani dal
sentiero di Conde Petit contribuivano
a
creare un atmosfera magnifica, adatta ad ogni genere di sentimenti
affettuosi.
Ma
di certo non erano quelli i sentimenti
del maghetto nero che attraversava la landa, diretto verso una foresta
di
sempreverdi che sembrava non essere ammessa a quel tripudio di colori
sgargianti che erano i fiori sugli alberi.
Vivi
non riusciva a comprendere queste
cose. Oh, c’erano moltissime cose che non comprendeva a
dovere!!! Eppure, come
sempre dopo un lungo viaggio, eccolo tornare nel luogo dove custodiva i
suoi
ricordi, dove vi erano gli esseri con cui si sentiva a suo agio. E
soprattutto,
tornava dai suoi amati figlioletti. Chissà come stavano i
piccolini! Così
giocosi, allegri, spavaldi! Gli mancavano enormemente, e non vedeva
l’ora di
riabbracciarli, uno per uno. Il più grande doveva
già essere guarito da un
pezzo, e sicuramente, data la sua indole esplorativa, era in giro per
la
foresta ad esercitarsi con il suo nuovo incantesimo Fire. Era davvero
potentissimo quel piccoletto! Ricordava di quando, a sua insaputa,
aveva preso
il suo Caos di Zeus, ed aveva cominciato a castare magie straordinarie
per
tutta la foresta. Oh, come si erano arrabbiati gli animali del bosco! E lui, ogni volta che ci ripensava, rideva dalla gioia di avere un figlio così.
Fu
interrotto nei suoi pensieri da un
Kyactus, che venne spazzato via grazie ad un Blizzara proveniente dal
suo fido
bastone magico. Superò la Landa ed arrivò nei
pressi di una Palude dei Qu, da
dove proveniva un sordo gracidio di ranocchie e raganelle. Quina si
sarebbe
letteralmente fiondata su quegli anfibi, se fosse stata lì!
Un altro sorriso
attraverso il volto semicoperto del mago nero, che cadde in avanti,
inciampando
su stesso.
Si
rialzò ed usò un erba Ghishal comprata
ad Alexandria per richiamare un Chocobo, che arrivò dopo
qualche minuto. Vivi
accarezzò la testolina del pennuto, poi gli disse di andare
al villaggio dei
maghi neri. E lui, obbediente, si diresse proprio verso la grande
foresta,
addentrandosi sempre di più nel sottobosco e schivando tutti
i rami con grande
agilità di movimenti e maestria. Il Chocobo era anche
parecchio veloce, e
quindi arrivò nel villaggio dopo poco tempo.
Come
al solito, sciolse il sigillo che
proteggeva il villaggio dal mondo esterno ed osservò,
finalmente, il luogo dove
i maghi neri e i Jenoma vivevano insieme ormai da qualche tempo.
Vivi
sentì delle grida gioiose dalla
capanna di Bobby Cowel, il cucciolo di Chocobo che stavano allevando
due maghi
neri. Sicuramente erano i suoi figlioletti che, come al solito, non
perdevano
occasione per torturare la povera piccola bestiola con carezze e con
staccamenti di piume.
“B-bambini!
S-sono tornato!!” disse Vivi.
Le
voci all’interno della capanna si
ammutolirono. Poi uno dei piccoletti gridò:
“Papi?”
“S-si!”
disse Vivi.
Si
udì un gran tramestio dall’interno della
capanna. La porta si spalancò ed uscirono una mezza dozzina
di maghetti neri,
tutti saltellanti e felici per il ritorno del loro papà a
casa. Gridavano
“Papi! Papi! Papi!”.
Vennero
abbracciati a turno da Vivi, che li
baciò, li rassicurò e ascoltò
ciò che volevano raccontargli, poi li rimandò a
giocare. Si diresse verso la locanda. Aveva intenzione di fare una
bella
dormita!
“C-ciao
M-Mikoto!” esclamò Vivi entrando
nella locanda.
La
Jenoma, che stava beatamente dormendo
con la testa poggiata sul bancone del locale, si alzò di
scatto per vedere chi
l’aveva chiamata.
“Oh,
Ciao Vivi! Quando sei tornato?”
“Pr-proprio
adesso…” rispose
il maghetto nero. “C-ce l’hai un
letto l-libero?”
“Certo!
Seguimi!” disse Mikoto che lo
condusse in una stanza piccola ma accogliente. Era piena di fiori, con
un soffice
letto a castello e una scrivania alla parete. “Tieni, questa
è libera” .
“Gr-grazie!”
disse Vivi. Quando Mikoto chiuse la porta, lasciandolo solo, si
lasciò andare
sul ripiano inferiore del letto. Come era stanco! La testa gli pulsava
terribilmente, sentiva le palpebre pesanti. Non avrebbe desiderato
altro che
poterle chiudere, ed addormentarsi per lungo, lungo tempo.
Ma
non era giusto riposare. In quel
villaggio tutti davano una mano durante il giorno e lui ci teneva a
fare la sua
parte. Era mancato al suo dovere anche troppo, in quei giorni.
D’accordo,
si sarebbe riposato solo per un
pochino, senza addormentarsi, per riprendersi dal lungo viaggio.
Ma
il potere di Orfeo è indomabile. Il
maghetto stava per chiudere gli occhi, ammaliato dalla
comodità del letto,
quando un piccolo esserino spalancò la porta e gli si
lanciò addosso,
riportandolo alla realtà. L’esserino non era altri
che uno dei figli di Vivi,
il più piccolo, per la verità.
“Papiii!!!”
urlava il maghetto.
“C-cosa
c’è?” chiese Vivi abbracciandolo.
“I
fr-fratellini non vogliono giocare con
me!” urlò l’altro in risposta,
scoppiando a piangere tra le braccia del padre.
“E
p-perché mai?” chiese Vivi stringendolo.
“P-perché
sono timido e b-balbetto… ed
anche perché s-sono p-piccolo…”
Le
parole colpirono nel profondo Vivi. Si
rivide in quel piccolo, rivide tutte le angherie che aveva subito,
tutte le
volte che era stato ingannato, tutte le volte in cui era stato
semplicemente
emarginato. Rivide tutto, sotto gli occhi del maghetto che piangeva tra
le sue
braccia. Gli sembrò di vedere il futuro del figlio, non il
suo passato. Ma
doveva evitare che ciò accadesse. E la fiducia a volta era un vero e proprio
toccasana, il rimedio
contro tutti i mali del mondo. Non gli venivano parole appropriate da
dire,
così strinse, ancora più forte,
quell’esserino, trasmettendogli calore.
Il
figlioletto si asciugo le lacrime e poi
gli disse:”Andiamo a t-trovare il mago nero
n°288?”
Gli
occhi di vivi si illuminarono di
stupore:”Sei s-sicuro che vuoi vederlo? E’
p-passato poco t-tempo da quando
s-si è f-fermato…”
“S-si!
Voglio andare là” disse risoluto il
mago nero.
“D-d’accordo”
disse Vivi prendendolo in
braccio e alzandosi dal letto. Uscirono dalla stanza. Mikoto stava
pulendo il
banco, ma era chiarissimo il fatto che aveva sentito ogni parola.
L’occhiata
che scambiò con Vivi fu parecchio eloquente, ma Vivi non le
fece caso. Sapeva
che non doveva portarlo dal mago nero n°288, ma era stata una
sua esplicita
richiesta ed ormai voleva rispettarla. Uscì dalla locanda,
attraversando la
ferramenta da cui provenivano intensi rumori metallici, fino ad
arrivare al
piccolo cimitero allestito dietro il villaggio. Decine di pali erano
piantati
nel terreno, e su di essi svettavano i vestiti del mago nero defunto.
Sembrava
un grande campo di spaventapasseri contro i corvi che giravano
lì intorno. Come
se fosse un segnale per i corvi, che, non avvicinandosi, preservano gli
oggetti
rimasti in mano dei vivi.
Tra
le tante tombe ne svettava una, più
recente: il terreno adiacente era più fresco, come se fosse
stato spostato
qualche giorno prima.
“E
q-quella la t-tomba?” chiese il piccolo.
“S-si”
rispose Vivi.
“Ma
perché ci s-sono solo i v-vestiti? Dove
hanno m-messo il c-corpo?”
“S-sottoterra…”
“Ah”
rispose il maghetto.”e perché?”
“N-non
lo so… non l’ho mai c-capito”
Scese
il silenzio tra i due. Il piccolo si
stringeva forte al padre, e il padre abbracciava il suo bambino, che
era uguale
ma diverso al tempo stesso da lui. Balbettante, ma coraggioso. Lui non
avrebbe
mai avuto il coraggio di visitare la tomba pochi giorni dopo la morte
di un suo
amico, alla sua età. Ma suo figlio, invece, era sempre con
lui, sempre pronto a
dare una parola di conforto agli amici, ai fratelli, che
però per questo lo
prendevano in giro. E non sapendo di nuovo cosa dire,
lo abbracciò di nuovo più forte.
Sapeva che
il suo abbracci era più eloquente di mille parole.
“T-ti
voglio bene, papi” sussurrò il
maghetto.
“Anche
io” disse Vivi, stupendosi per
l’assenza di balbettio.
Il
bambino lo guardò negli occhi luminosi
“M-ma tu ce l’avevi un papi?”
“N-no,
non ho m-mai avuto un papi. Però
avevo un nonnino tanto s-simpatico!” disse Vivi.
Gli
occhi del figlioletto si spalancarono.
“Davvero? M-me lo racconti?”
“D’accordo”
rispose Vivi “Vedi, qualche
anno fa, mio nonno, che si chiamava Quan, trovò un grande
uovo. Ne fu tanto
felice perché credo volesse mangiarselo. In
quell’uovo c’ero io, come capii lui
quando mi schiusi” Cominciò Vivi, notando che il
balbettio era svanito. La
fiducia, anche se per poco, poteva davvero curare tutti i mali del
mondo.
“ma
com’era f-fatto Nonno Quan?” chiese il
maghetto.
“Assomigliava
un po’ a Quina” rispose Vivi.
“Appena mi vide, Il nonno mi portò nella sua
caverna e mi allevò come se fossi
figlio suo. Ricordo che cercava sempre di farmi mangiare quello che
preparava,
ed erano tutte cose buonissime. Diceva che se non mangiavo non
crescevo, ed
aveva anche ragione. Ricordo che certe volte mi metteva in una grande
pentola
e, quando io gli dicevo il perché, lui prima non rispondeva,
ma poi, quando mi
riprendeva, diceva che era per farmi il bagno, perché voleva
che fossi pulito e
ordinato. E di solito, dopo il bagno mi faceva mangiare tanto, tanto,
tanto
dicendomi di cercare di ingrassare un po’, perché
a nessuno piacciono i bambini
scheletrici. Ed io mangiavo per farlo contento, perché mi
piaceva quando il
nonno era contento di me. E poi, dopo mangiato, mi misurava
l’altezza e la
segnava sul muro. Solo che non crescevo tanto ,e lui si preoccupava
molto per
questo. Ma quando passarono sei mesi da quando mi aveva trovato, smise
di
misurarmi e farmi mangiare tantissimo. Disse che dopotutto stavo bene
così, che non dovevo crescere per
forza, e che ormai si era affezionato a me e quindi che non
l’avrebbe più
fatto”.
“F-fatto
cosa?” chiese il figlioletto,
curioso.
“Non
lo so, non me lo disse mai” continuò
Vivi, felice di poter parlare liberamente, per la prima volta, dopo
dieci anni
di vita “Ma da quel momento egli cominciò ad
insegnarmi tante cose. Mi disse i
nomi delle cose che non conoscevo, mi leggeva un libro di favole e a
volte
giocava anche con me a nascondino. Fu in una di una queste occasioni
che usai
per la prima volta i miei poteri. Io mi ero nascosto dentro il pendolo,
ma lui
stava venendo verso di me. Senza saperlo, usai una magia Vanish su me
stesso,
rendendomi invisibile ai suoi occhi. Quando egli aprì il
pendolo, non mi trovò,
ed io intuii che c’era qualcosa di strano. Ma, anche quando
tornai normale, non
volli parlargliene, per paura che si spaventasse e mi lasciasse solo,
andandosene. Passò il tempo e, poco alla volta, mi scordai
dell’avvenimento.
Nonno Quan nel frattempo mi portava nei boschi vicino alla Caverna,
cercando di
insegnarmi a mangiare i mostri, come faceva lui. Ma io non sapevo
mangiarli, e
lui, dopo un po’, decise che quella non era la mia strada.
Quindi mi costruì
una spada in legno, solo che vide che non era bravo neanche ad
attaccare.
Perlopiù non ero nemmeno agile, e quindi non potevo neanche
intraprendere la
carriera del ladro. Mi sentivo demoralizzato. Inutile. Ma il nonno Quan
mi diceva
sempre di stare tranquillo, perché prima o poi avrei trovato
la strada che mi
si addiceva. Però io, mi sentivo lo stesso scontento,
perché pensavo che lui
fosse deluso dal fatto che non riuscivo ad imparare niente. Quindi, una
notte,
decisi di prendere una decisione drastica. Scappai di casa”
“D-davvero?
E il nonno?”
“Il
nonno ovviamente, appena si accorse che
non c’ero mi cercò. Sentivo i suoi richiami, ma io
volevo allontanarmi. Avevo
deciso di andare verso le tante luci che vedevo di fronte a me. Non
volevo dare
altri dispiaceri al nonno. Volevo che mi dimenticasse. Nel frattempo
speravo di
non trovare mostri davanti a me, poiché ero davvero troppo
debole per
combattere. Ma ovviamente ciò non accadde: Mi
trovò un uccello tutto colorato,
e mi metteva paura! Io allora ho cercato di scappare, ma quello mi ha
preso con
gli artigli nella giacca e mi ha fatto volare! Avevo paura che mi
lasciasse
andare, ed allora ho chiuso gli occhi forte, per non guardare in basso.
Ma poi
ho sentito il nonno che cercava di lanciare un Sancta Liv.4 al mostro,
e allora
mi presi di coraggio. Sentii nascere dentro di me una forza
sconosciuta, e
riuscì a lanciare una palla di fuoco all’uccello.
Solo che quello, morendo, mi
lascio andare, ed io precipitai a terra. Mi svegliai il giorno
successivo con
un gran mal di testa. Ma secondo il nonno, poteva andarmi peggio. I
miei
vestiti erano però tutti rovinati, e il nonno non poteva
comprarmene altri
perché non avevamo i guil... e quindi cucì le
parti strappate con delle toppe,
e se vedi ce le ho ancora! Ma comunque, il nonno adesso sapeva del mio
dono. Lui
era contento perché finalmente aveva capito in cosa ero
bravo. Nella magia! Mi
ricordo che cercava di allenarmi facendomi usare la magia Fire,
l’unica che
conosceva bene. Pian pianino imparai anche Blizzard e Thunder.
Probabilmente,
presto, grazie al nonno, avrei imparato magie più potenti di
quella, ma…”
“M-ma?”
chiese il maghetto.
Vivi
sospirò. Adesso non era più tranquillo
come prima. “M-ma… un
g-giorno…”
C’era
freddo quella mattina. Vivi voleva
uscire a giocare, ma il nonno non voleva.
“Te
piglierai un raffreddore se esci così!”
diceva Quan.
“M-ma
io… mi v-voglio allenare!” sussurrava
il maghetto abbassando lo sguardo.
“Non
se può fa niente oggi, Vivi… Quando
c’è
bel tempo, usciamo” rispose Quan.
“D’accordo,
n-nonno” esclamò Vivi. Si
allontanò dalla stanzetta a fine caverna ed andò
ad osservare le crepe della
grotta, le stalattiti, le stalagmiti e tutte le altre bellezze che
racchiudeva quel
fantastico luogo. Com’era bella la caverna di Nonno Quan!
Piena di segreti da
scoprire! Colorata da quel colore rosso chiaro che tanto piaceva sia a
lui che
al nonno! Era davvero un bel posto per vivere.
Sentì
il nonno dire: “Io vado a preparà da
magnà!”, e il tramestio delle scodelle da cucina.
Vivi
camminava ancora per la caverna,
inciampando di tanto in tanto in un occasionale ciottolo sbucato fuori
dal
terreno ghiaioso.
Finché
non sentì un forte tonfo provenire
dalla Stanza in fondo della Caverna. Poi il silenzio. Non
più i rumori delle
scodelle che il nonno metteva sul fuoco. Neanche le sue canzoncine
mentre
cucinava, pregustando un lauto banchetto. Niente. Il silenzio della
grotta era
glaciale.
Vivi
aveva paura. Che cosa era successo? Si
mosse verso la stanza, con trepidazione. Sbirciò dentro e
non vide nessuno.
Neanche il nonno. Subito corse dentro la stanza, ma inciampò
su qualcosa cadendo
in avanti. Guardò indietro, per vedere cosa lo aveva fatto
cadere, e rimase di
stucco.
Non
era possibile.
Era
inciampato sul nonno, che se ne stava
impalato a terra, senza muoversi.
Vivi
gli andò vicino, e cercò di scuoterlo.
Niente.
“M-ma
dormi?” chiese Vivi.
Silenzio.
“N-nonno?”
chiese Vivi incerto.
E
Quan aprì gli occhi. Ma sembrava tanto
triste e sofferente!
“N-nonno,
ma c-che hai?”
Quan
girò lentamente la testa, verso di
lui.
“Ascolta,
Vivi. Io devo andà in un artro
posto” disse grave.
“E
d-dove?” chiese lui.
“In
c-cielo...” rispose Quan.
Vivi
restò zitto. Ancora non capiva cosa
volesse dire il nonno “E quando torni?”
Quan
ci pensò un attimo prima di
rispondere: “Non tornò più, Vivi! Non
posso più tornà qui!”
“E
p-perché?” chiedeva Vivi, che ancora non
capiva.
“Perché
sto pe morì…” rispose.
E
vivi rimaneva in silenzio. Morire?
“C-cosa
vuol dire m-morire?”
Quan
stava impiegando sempre più fatica a
parlare “Vuò dire… che… non
posso più tornà… che… devo
andà in un posto
migliore… e che non posso più
vederti…”
“M-ma
io rimango solo se tu parti” disse
Vivi, sempre più confuso.
“Lo
so e… mi dispiace, Vivi… ora, tu… non
essere triste, io sarò sempre con te, anche quando non
mi… vedi…”
Vivi
abbassò lo sguardo.
“Ad-d-dio…
Vivi” e Quan si fermò, per
sempre.
“E
il n-nonno si era f-fermato?” chiese il
maghetto a Vivi.
“S-si…
Q-quella notte piansi tutto il
t-tempo, abbracciato al nonno, c-che era f-freddo. Ero tanto t-triste.
Ma poi,
u-un giorno, d-decisi di f-farmi coraggio, e ab-abbandonai la caverna
per
s-sempre. E c-cominciai a g-girare per il mondo, f-finché
non i-incontrai
G-gidan e gli altri.”
E
il piccolino stese un po’ in silenzio,
non sapendo cosa dire.
Vivi
era triste, però. Quell’episodio aveva
segnato gravemente la sua vita. Non aveva raccontato a suo figlio tutte
le
notti in cui era stato sveglio a guardare il cielo, immaginando di
vedere il
nonno scendere da una stella per andare di nuovo con lui. Non aveva
detto che i
primi tempi tornava spesso alla caverna di Quan, sperando che il nonno
lo
stesse aspettando, non aveva detto delle lacrime che aveva versato,
quando
aveva visto che nessuno voleva parlargli.
Ma
poi il maghetto disse: “C-credo che anch’io
avrei v-voluto bene al n-nonno”
“L-lo
penso anche io”
disse Vivi.
Ed
ecco che il quarto capitolo è andato!
Tutto incentrato sul mio maghetto nero preferito! Questo è
stato per me un
capitolo difficile da scrivere, perché le azioni dei
personaggi sono state
sostituiti dall’introspettività della mente umana.
Tuttavia lo reputo il
capitolo più riuscito finora. Inoltre ho anche allungato il
capitolo di una
pagina e mezza rispetto a quello precedente.
Quello
che vorrei sapere è questo:
preferite dei capitoli sulla scia di questo, un mix tra i due stili o
che ritorni
al vecchio stile? Vorrei saperlo in modo tale che io possa accontentare
i più
di voi.
Inoltre,
se qualcosa non va, e se volete
darmi qualche consiglio per migliorare, scrivete nelle recensioni
quello che volete
che io faccia. Siccome è una delle mie prime fic, sono un
po’ inesperto e
vorrei il vostro importantissimo parere!
Ciao
a tutti! A presto con un nuovo
capitolo!
|
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Capitolo 5 *** Il borgo ***
Eiko
si mosse tra due bassi tavolini,
inciampando su uno e cadendo a terra rovinosamente. Oh,
l’aveva detto a mamma
che aveva riempito la stanza con troppa roba! Tra mobili, letto, vari
tavolini,
librerie, scrittoi, fiori e sedie, non c’era più
spazio nemmeno per i moguri! E
dove li metteva ora? A dormire nella stalla con i cavalli? Giammai!!! I
moguri
dovevano stare con lei. Erano i suoi amici!
Fu
per questo che chiamò un servo con il
campanellino che le aveva dato Daga.
“Desidera
qualcosa, signorina?” chiese lui
inchinandosi.
“Ehm…
non potrebbe levare qualcosa da
questa stanza? Avrei bisogno di più spazio!” disse
Eiko con un sorriso.
“Ma
la signora Hilda ha detto…” cominciò
quello.
“So
cosa ha detto mia madre, ma…”
disse Eiko.
“Ho
il preciso ordine della signora Hilda
di non aiutarla nelle sue “stramberie pericolose”,
e pertanto, non sono tenuto
ad aiutarla” concluse il servo.
“Ma,
ma…!” disse Eiko sconcertata mentre il
servo usciva e richiudeva la porta a chiave alle sue spalle. Che
antipatico!
Cosa aveva guadagnato? L’essere rinchiusa a chiave in camera?
Provò ad
abbassare la maniglia, ma niente. Era proprio in trappola.
“Ed
adesso cosa faccio?” disse ad alta
voce. Camminò avanti e indietro per la stanza, mentre la
noia prendeva possesso di quel piccolo spazio. Se almeno avesse avuto i
moguri a tenerle
compagnia! Avrebbero giocato a nascondino, quella stanza era tanto
grande,
piena di luoghi dietro il quale nascondersi per non farsi
trovare… ma purtroppo
era sola.
Si mise ad osservare quella grande libreria nella parete destra della stanza, colma di libri: alcuni di notevoli dimensioni, altri piccoli e sottili formati
solo da
qualche pagina. Alcuni grossi come la sua scrivania, altri ancora
minuscoli
come il palmo della sua mano. Si arrampicò sfruttando i vari
ripiani della
libreria fino al puntò più alto, poi si
lasciò andare sedendosi sulla mensola e
curiosando i titoli dei libri. C’erano tantissimi volumi che
erano appartenuti
alla principessa: “Sarò il tuo
passerotto”, “Il vento tra gli alberi”,
“La
nostra Gaya”, “Il lago ambrato del continente
esterno”. Tutte opere di cui
aveva sentito parlare a Lindblum, le preferite di Hilda e di molte
altre donne
snob che aveva dovuto conoscere. Ridicole storie d’amore di
gente divisa dallo
spazio e dal tempo, che poi si rincontrava dopo tempo. Nelle opere
più
interessanti uno dei due moriva, dando maggiora drammaticità
alla vicenda.
“Che
storie barbose! Non c’è niente per una
signorina curiosa e intelligente come me che non sia una ridicola
storia
d’amore?” disse dopo un po’. Beh,
evidentemente aveva sbagliato ripiano. Scese
un po’ più giù, al ripiano
più in basso. Questo era decisamente più
interessante. Vi erano libri grandi e con belle copertine lucenti,
tutti
ordinati in base ad un numero. C’era il “Volume I:
Bestiario dei mostri
presenti su Gaya”, il “Volume II: Alleviamo il
nostro primo chocobo!”,il
“Volume III: Guida ai moguri”.
Ma
la sua attenzione venne attirata dal
“Volume IV: Guida illustrata al Gayamondo”. Il
Gayamondo… non era la mappa di Gaya?
Certo! Sarebbe stato interessantissimo poter vedere tutta Gaya in un
sol colpo!
Cominciò a spingere il voluminoso volume verso
l’esterno, ma vide che era
parecchio duro. Ma lei non era certo un tipo che si rassegnava
facilmente, così
dopo qualche fatica riuscì ad estrarlo. Oh,
com’era pesante! Stava perdendo
l’equilibrio, e… BAM!
Fece
un volo di tre metri e il libro la
colpì in piena testa, tramortendola per qualche secondo.
Ohi, che male! Era
proprio vero che la cultura pesava. Comunque, si rialzò e,
sdraiata a terra a
pancia sotto, con le gambe alzate che andavano di qua e di
là, aprì il libro.
Nella prima pagina era già illustrata la mappa di Gaya.
Bella, grande,
colorata.
Individuò
subito il castello di Alexandria,
in basso a destra nella mappa, situato nel continente della nebbia.
Accanto
sorgevano Lindblum e Burmesia. Qua e là erano segnate mete
minori come la
Foresta del Male, il Villaggio di Dali e le varie porte che collegavano
i
diversi regni.
Eiko
passò con il dito in rassegna dei
posti che aveva visitato: Oelivert, Il Castello di Ipsen, il vulcano
Gulgu,
L’albero di Iifa… e Madain Sari. Una fitta si fece
sentire vicino al cuore di
Eiko, che ripensò al suo villaggio natale.
Ripensò alle preghiere rivolte al
muro dell’invocazione, ai moguri che la aiutavano a cucinare
e alla promessa
fatta al nonno, in base alla quale non doveva lasciare il villaggio
fino
all’età di sedici anni.
Ma
lei aveva disubbidito. E, anche se
l’avrebbe rifatto mille volte, ogni volta era sempre
più doloroso infrangere le
promesse fatte al suo caro nonnino. Ma ormai tutto era stato compiuto,
aveva
contribuito a fermare la guerra contro Kuja ed adesso era parecchio
famosa.
Probabilmente il nonno sarebbe stato lo stesso orgoglioso di lei.
Vicino
al villaggio notò anche la foresta
dove si nascondevano i maghi neri.
“Vivi!”
esclamò Eiko, folgorata da un’idea.
Perché non scrivere una lettera a Vivi? Ormai doveva essere
arrivato al
villaggio dei maghi neri da qualche giorno, e quindi sicuramente gli
avrebbe
fatto piacere ricevere una lettera da una “vecchia”
amica.
Si
alzò da terra e si diresse verso lo
scrittoio alla parete. Dentro un cassetto trovò dei rotoli
di pergamena ed una
piuma di Cokaritos da utilizzare come penna.
Intinse
la penna nel calamaio, e poi stette
qualche secondo ad aspettare che le parole arrivassero alla sua mente.
“Caro…
Vivi…” disse, mentre scriveva queste
parole sulla pergamena “Sei…
già… arrivato… a…
casa?”
Nello
stesso istante, un ragazzino
passeggiava per i vicoli di Alexandria, insieme alla madre che lo
teneva per
mano.
“Cavo,
non pvovave ad allontanavti tva
qvesti plebei!” disse la donna, vestita riccamente con abiti
sfarzosi.
Il
bambino sospirò. “Si, madre” rispose.
Scosse la testa per svegliare i sensi ancora intontiti dal lungo
viaggio in
idrovolante. I capelli castani si mossero catturando sprazzi di raggi
di sole,
mentre gli occhi, azzurri e vispi, guardavano da ogni parte, cercando
di
assimilare ogni singolo
elemento di quel
regno ancora sconosciuto ma che sarebbe diventato presto la sua casa. Il mantello blu troppo lungo si impigliava con i suoi piedi, e lui, continuava a spostarlo per impedire a se stesso di cadere.
“e
mi raccomando, non fav avvabiave la
vegina Gavnet e il pvode Ve Gidan!” disse ancora quella,
tirandolo verso la
strada principale.
“Si,
madre” ripeté il ragazzino. Come se
non avesse sentito quelle prediche cento volte!
Aggirarono
dei bambini che si rincorrevano
felici, e arrivarono in una grande piazza, dalla quale svettava un
grandissimo
castello… la magnificenza del regno di Alexandria davanti ai
suoi occhi. Un
castello pieno di torri, con migliaia di finestre. Al centro, la spada
conficcata nelle antiche mura donava un’aria antica alla
costruzione, come se
quel simbolo stesse a significare le innumerevoli battaglie a cui il
regno era
sopravvissuto. Dava una sensazione di sgomento, ma al tempo stesso di
serenità.
All’interno delle sue mura sarebbe stato al sicuro.
Attraversarono
il grande atrio. La madre
del bambino parlò con il ciambellano, che le sorrise e le
mandò a chiamare la
regina, che arrivò puntuale poco dopo.
La
prima cosa che il bambino notò della
regina è che era molto giovane. I lunghi capelli neri
fluivano sulle sue
spalle, i lineamenti erano dolci e aggraziati. Era davvero bellissima.
Spesso
aveva sentito suo padre e altri nobili dire che la regina era davvero
un
gioiello della natura, ma non aveva mai immaginato fosse
così… non trovava
neanche un termine adatto per descriverla.
“Baronessa
Van Kelm!” disse la regina,
esponendo la sua armoniosa voce “Che piacere
rivedervi!”
“Gavnet!
Ti sei fatta una donna ovmai”
disse sua madre guardandola “Ma dov’è il
Ve Gidan?”
“A
predisporre strategie in caso di guerra
insieme alla Shogun Beatrix ed ad Adalberto Steiner” rispose
Garnet “Mentre
questo” disse indicando il bambino “Deve essere il
piccolo Onion! Piacere!”
“P-piacere”
disse Onion, un po’ intimidito.
Garnet
gli sorrise. Com’era tenero quel
bambino! Assomigliava un po’ ad Eiko, se ci pensava
bene…
“Adesso
ti faccio vedere la tua stanza, sei
d’accordo?” disse Garnet sorridente.
“S-si,
regina Garnet” rispose Onion
abbozzando un sorriso.
“Oh,
non voglio queste formalità! Dopotutto
tu dovrai vivere in questo castello, quindi puoi chiamarmi
Garnet!”
“Va
bene, Garnet” disse il piccoletto.
Com’era simpatica la regina! Già la adorava.
Garnet
li condusse su per le scale fino
agli appartamenti dove sarebbe stato Onion.
“Ecco,
tu starai qui” disse al bambino
guidandolo verso una porta in mogano. “Poi, quella
lì è la porta che dà alla
stanza della tua compagna di studi, che si chiama Eiko ed è
la figlia del Granduca
Cid di Lindblum. Quella lì è la stanza mia e di
Gidan e l’altra è quella della
Shogun Beatrix e del Comandante Adalberto Steiner”.
La
visita si svolse tranquillamente, molto
simile a quella con Eiko avvenuta qualche giorno prima. Quando la madre
di
Onion se ne andò, il ragazzino restò solo con la
regina.
“Ora”
disse Garnet “perché non vai ad
ambientarti nella tua stanza? Avrai tempo di visitare il castello, o il
borgo,
domani” concluse.
“Va
bene” disse il bambino.
Quando
restò solo, si diresse verso la sua
stanza, ma prima notò una porta aperta. Dalla porta si
poteva vedere il cielo.
Da lì venivano gli strilli allegri di bambini che giocavano.
Eiko
posò la piuma soddisfatta e rilesse il
suo capolavoro:
Caro
Vivi,
Sei
già
arrivato a casa? Spero di si, perché i piccoletti hanno
bisogno di te. Non ho
un motivo ben preciso per scriverti, e solo che le lezioni non sono
ancora
cominciate ed io mi annoio terribilmente. Sto chiusa in camera, da
sola, i
moguri sono in giro invece a giocare. Ma io non posso perché
Steiner e Beatrix
non mi fanno uscire ed un cameriere antipatico mi ha chiusa a chiave!
Le
lezioni del Dottor Totto cominciano tra qualche giorno, non vedo
l’ora di
imparare tante cose nuove! E ho anche saputo che avrò un
compagno di studi! Chi
sarà mai? Se è simpatico può darsi che
possa divenire anche tuo amico!
Per
il
momento non so cosa scrivere, e quindi ti lascio qui.
Ciao
ciao!
Eiko
Beh,
forse non era un capolavoro, però era
qualcosa. Ma ora, come consegnarla al moguri Artemisio? A questo non
aveva
pensato. La porta era ancora chiusa. Come poteva uscire.
Un'idea gli arrivò come un lampo nella sua mente. Ma certo!
Aprì la finestra. Era parecchio alto
lì… ma poteva farcela.
Si
lasciò cadere nel tetto spiovente di una
torre e da lì scivolò fino ad arrivare su un
altro tetto. Si raddrizzò e
camminò in equilibrio tra il ciglio del tetto e lo
strapiombo sotto, che dava
sul cortile reale. Se scendeva ancora di qualche tetto, poteva anche
riuscire a
saltare. Nel frattempo però cercava di mantenere
l’equilibrio, cosa molto ardua
dato il vento che soffiava nella dimensiona opposta a quella desiderata
da lei.
“Oh,
no!” urlò Eiko mentre perdeva
l’equilibrio.
“Cadoooooo” esclamò poi scivolando dal
tetto e finendo dritta in una siepe che
per fortuna attutì lo schianto.
“Ohi!”
disse Eiko massaggiandosi il
fondoschiena. Aveva fatto un bel capitombolo, non c’erano
dubbi! Controllò di
avere ancora la lettera in tasca, e si sent’ rassicurata nel
sentire la
pergamena tra le sue mani. Si alzò con le gambe tremanti e
si diresse verso il
cortile, attraversando il grosso arco in pietra e trovandosi nella
piazza di
Alexandria, piena di vita e di gente che camminava avanti e indietro.
Finalmente
era fuori da quella stanza!
Avrebbe fatto un rapido giro e poi si sarebbe arrampicata nuovamente in
camera,
e nessuno avrebbe saputo niente. Era un piano perfetto!
Camminò
fino alla torre di Alexandria, dove
trovò il moguri Artemisio a cui affidò la
lettera. Aveva qualche guil di quelli
che gli aveva dato la mamma in tasca, e quindi decise di andare al bar
e
prendersi una spremuta di fragole di Cleyra.
Camminò
per le vie affollate, sentì il suono
dei suoi passi sotto la ghiaia, vide la gente qualunque, che camminava,
preparava la cena, pescava, tesseva o vendeva. Giocò al
salto con la corda con
le bambine, corse con Hippo, saltellò per le strade ed
odorò fiori, ma non se
la sentiva di andare in stanza. Dopotutto il pomeriggio era ancora
lungo, chi l’avrebbe
mai cercata nella sua stanza?
Decise
invece di avvicinarsi a dei bambini
che si stavano rincorrendo.
“Posso
giocare con voi?” chiese Eiko.
Quello
che pareva il capo la squadrò con
occhi curiosi “Non ti ho mai visto in giro. Come ti
chiami?”
“Eiko”
“E
dove abiti?” chiese ancora quello,
dubbioso di lei.
“Al
castello della regina” rispose Eiko
ingenuamente.
“Tu
stai al castello della regina?” ripeté
beffardo il bambino “Lo sai che a noi non piacciono le
bugie?” chiese.
“Non
sto mentendo, è vero!” disse Eiko
sbattendo un piede a terra.
“Non
è vero, mi stai prendendo in giro”
disse il bambino, e se ne andò seguito a ruota dagli altri
bambini, che la guardavano
alcuni un po’ dispiaciuti, altri con la stessa espressione
del loro capo.
“Ti
sembra che una signorina come me possa
dire bugie???” urlò Eiko al bambino in lontananza,
ma lui non si voltò, o
perché non la sentì oppure perché non
seppe cosa rispondere.
Adesso
Eiko era triste. Uffa, ma perché
tutti erano così crudeli? Alcuni bambini erano veramente
cattivi! Si alzò in
piedi e camminò, senza sapere dove andare con lo sguardo
basso. Non guardava
dove andava, non le interessava. Evitava tutti. In lontananza
sentì Steiner
chiamarla. La stava cercando? Non aveva ancora voglia di tornare al
castello. L’avrebbe
evitato per un po’, poi si sarebbe fatta trovare e portare
nel castello, con la
solita ramanzina sull’essere buona, e ubbidiente.
Ma
proprio mentre pensava a ciò, Sbatté
contro qualcosa, o meglio, contro qualcuno. Eiko cominciava a sentirsi
un po’ stanca,
dopo tutte le botte che aveva preso in quel giorno. Guardò
il malcapitato con
cui aveva sbattuto. Era un bambino più o meno della sua
età, con i capelli
castani e grandi occhi azzurri e vispi. Eiko lo guardò, il
bambino la guardò.
“Ma
cosa guardi?” chiese Onion con
curiosità.
Ciaoo!
Anche il capitolo 5 è appena finito.
Scusatemi se è un po’ corto, ma ho molti impegni e
non molto tempo per
scrivere. Devo aggiungere inoltre che dalla settimana prossima
sarò in vacanza
e tornerò dopo una settimana: non so proprio come
farò, ma spero di riuscire ad
inserire un altro capitolo prima della mia partenza.
Detto
ciò, torniamo alla fic: E’ stato
presentato un nuovo personaggio, Onion. Probabilmente molti sanno cosa
vuol
dire questo nome, che a me piace tanto. Per chi non lo sa, cerchio
“Onion” in
un dizionario d’inglese, ed avrà una (s)gradevole
sorpresa! Ed Eiko… finalmente
è in libertà per un po’!
Spero
di aggiornare presto! Voi continuate
a leggere, e ricordate che una lettura, una recensione o simili possono
ribaltare l’umore della giornata!
PS:
Sono anche alla ricerca di un
Beta-Reader. Chiunque fosse interessato mi può contattare
dal sito e farmelo
sapere… prenderò in considerazione chiunque abbia
tanta bontà di aiutarmi!
Grazie
a tutti e a presto!
|
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Capitolo 6 *** Cane, gatto e Grand Dragon ***
Ciao!!!
Allora, innanzitutto ringrazio Nemeryal
per la sua recensione. Ha risollevato le sorti di una pessima
giornata… la
risposta alla recensione è a fondo pagina. Tornando alla
storia, Eiko ha
incontrato Onion al borgo, ma non sa ancora chi è! Che cosa
combineranno i due
bambini insieme? Beh, leggete e lo scoprirete!!!
“Ma
cosa guardi?” chiese Onion con
curiosità.
“Potrei
farti anche io la stessa domanda”
disse Eiko squadrandolo sospettosa.
“Ma
te l’ho fatta prima io!”
“Non
mi interessa!” chiese Eiko assumendo
le redini del discorso.”Chi sei?”
“Perché
dovrei dire il mio nome ad una
stupida bambina del borgo?”
Eiko
diventò rossa dalla rabbia “Stupida
bambina del borgo a chi? Rimarresti sconvolto nel sapere chi sono
io!”
“Di
certo non hai nulla a che fare con me e
col mio rango” disse Onion con fare di superiorità.
La
bambina tremò dalla rabbia. Quel
ragazzino era la persona più antipatica che avesse mai
incontrato! “Per
tua informazione” cominciò Eiko con
rabbia “Sappi che io sono…”
“Non
mi interessa il nome di una
stracciona!” concluse il ragazzino sorridendo beffardamente. Quel sorriso era
così arrogante che fece
scattare qualcosa in Eiko. Si mosse verso di lui e gli diede un ceffone
in
piena faccia, procurandogli un grosso livido. “Finiscila
subito!” disse.
Onion
si toccò la guancia arrossata dal
colpo subito. “Riprovaci, se ne hai il coraggio!”
disse a denti stretti.
Eiko
non se lo fece ripetere due volte.
Mettendo ancora maggiore potenza, assestò un altro schiaffo
in pieno viso al
bambino, che cominciava ad arrabbiarsi sul serio.
“Chiedimi
scusa” disse furioso.
“Chiedi
scusa tu” rispose Eiko “Non lo sai
che i bambini borghesi dovrebbero portare rispetto alle signorine come
me?”
“Non
voglio farti male. Sei una femmina!”
rispose lui.
“Bene!
In tal caso ne approfitto io!” disse
Eiko, cercando di assestare un calcio nel fianco di Onion. Il bambino
prese la
gamba di Eiko, bloccandola a mezz’aria, e la tirò
verso di se, facendola
scivolare sul pavimento in pietra del borgo.
“Ahia!”
urlò Eiko tenendosi il ginocchio.
Onion
la guardò, forse un po’ impaurito
dalla reazione della bambina. Che le avesse fatto male sul serio?
Dopotutto non
voleva ferirla. Stavano giocando.
“Ehi”
disse, abbandonando il tono arrogante
ed avvicinandosi alla ragazzina “Tutto bene?”
Eiko
teneva lo sguardo basso, e non
rispondeva, tenendosi il ginocchio destro tra le braccia. Pensava:
“Avvicinati
un po’ di più, di più, di
più…”.
Ed
Onion si avvicinava, come rapito dal
silenzio di Eiko. Si inginocchio accanto a lei e le posò una
mano sulla spalla.
“Fregato!”
esclamò Eiko rialzandosi in
piedi. Fece lo sgambetto al bambino, poi si mise a correre a
più non posso. Si
allontanò dalla piazzetta di Alexandria e corse per i
vicoli, urtando persone,
moguri e bambini. Oh, Stare al borgo era davvero uno spasso! E quel
bambino…
altro che antipatico! Aveva appena trovato un degno rivale! Si sarebbe
divertita un mondo ad Alexandria, adesso ne era sicura!
Sentì
un po’ di trambusto in qualche
vicoletto vicino. Che il bambino la stesse cercando? Si
arrampicò sulla torre
di Alexandria e scrutò verso il basso, alla ricerca dei suoi
capelli castani e
del suo mantello blu. Ed eccolo lì, infatti, che chiedeva
alla gente se
l’avevano vista passare. Come fargli un bello scherzetto con
i fiocchi?
Il
suo sguardo cadde sul una bancarella di
frutta vicino alla torre. Sul volto le si dipinse un ghigno divertito.
Onion
cercava la bambina da ogni parte.
Chiedeva a chiunque gli capitasse a tiro se aveva visto una graziosa
ragazzina
con i capelli blu ed un corno in fronte passare da lì, ma
nessuno sapeva dove
fosse finita.
E
lui che aveva addirittura pensato che la
vita nel borgo fosse noiosa! Questo prima di incontrarla. Vedeva solo
gente che
passeggiava, bambini che giocavano, insomma, la normalità. E
soprattutto, non
si sentiva parte di quel mondo. Era troppo diverso per
quell’ambiente che non
aveva mai visto, abituato alle ricchezze della Maison de Rois di
Toleno, casa
della sua famiglia. Ma adesso, con lei,
aveva visto la chiave per schiudere quel mondo nuovo. Aveva abbandonato
la
timidezza e l’aveva stuzzicata, proprio come avrebbe fatto un
ragazzino
qualunque. E la bambina! Che reazione! Quella lì era proprio
la sua degna
rivale.
Si
sedette in una panchina, guardando sia a
destra che a sinistra, cercando di notare la sgargiante capigliatura
blu della
bambina, ma di lei nessuna traccia.
“Che
se ne sia andata a casa sua?” si
chiese ad alta voce dopo un po’, sbuffando sonoramente.
“Beh,
non credo proprio” sussurrò una voce
alle sue spalle.
Si
voltò e, ancora una volta, la vide. Era
dietro di lui, e teneva la mani dietro la schiena, come se stesse
proteggendo
qualcosa di prezioso dagli sguardi altrui.
“Che
cos’ hai lì dietro?” chiese Onion.
“Una
sorpresa” rispose Eiko, con un largo
sorriso in faccia.
Onion
non si fidava molto della “sorpresa”.
Decise quindi di mostrarsi molto diffidente riguardo ad essa,
concentrandosi di
più sulla ragazzina.
“Non
mi hai ancora detto come ti chiami”
disse.
“Te
lo dirò solo se riesci a prendermi, e
non ci riuscirai” disse Eiko facendo la linguaccia.
La
curiosità del bambino si intravedeva
attraverso i grandi occhi blu. “Perché non dovrei
riuscire a prenderti?”
“Beh,
potresti incontrare difficoltà per la
strada” rispose la bambina con semplicità.
“Che
vuoi dire?” chiese Onion, senza
capire.
“Beh…”
Eiko mostrò la sorpresa: un pomodoro
molto grosso e maturo, che lanciò contro Onion
“Intendevo questo!” detto ciò
scappò via, ancora una volta.
Onion
rimase per un attimo intontito nel
vedersi tutto macchiato di rosso. Si levò un po’
di “salsa” dai capelli e dal
viso, guardando con aria di sfida la figuretta che si allontanava. Oh,
gliela
avrebbe fatta pagare a quella bambina!
Cominciò
a correrle dietro, incurante di
ciò che la gente pensava di lui, bambino sporco dalla testa
ai piedi di rosso,
sicuramente visto da loro come uno zingaro. E come lo evitavano tutti!
Cambiavano addirittura strada, appena se lo vedevano comparire davanti.
Ogni
tanto intravedeva qualcosa di blu tra la folla, e lo seguiva. Ma
raramente era
ciò che stava cercando, e comunque, anche quando la vide
davvero (capitò una o
due volte) non riuscì ad acchiapparla. Era velocissima!
Onion
non si diede per vinto. Dopotutto,
era convinto che ci fosse un modo per coglierla di sorpresa. Ma quale
era?
Passò in rassegna tutto ciò che aveva notato
della ragazzina. Aveva visto che
le piaceva nascondersi e guardare l’effetto dei suoi scherzi,
ma questo non
poteva servirgli per mettere in atto il suo piano. Amava anche farsi
rincorrere, essendo molto veloce.
Ed
era questo lo sbaglio che stava facendo!
Non doveva rincorrerla, doveva lasciare che la corsa fosse la causa
stessa
della sua rovina. Fu per questo che si nascose in un vicolo, dietro ad
un paio
di botti, ed aspettò. Prima o poi la ragazzina sarebbe
passata di lì, e lui
l’avrebbe acciuffata!
Eiko
si fermò per riprendere fiato nella
piazzetta principale. Aveva seminato il moccioso con gli occhi azzurri.
Non lo
vedeva più da nessuna parte. Com’era veloce, lei!
Nulla a che vedere con quel
ragazzino, che probabilmente era rimasto indietro minuti e minuti
prima! Era il
non plus ultra della velocità, come avrebbe detto Steiner. A
proposito di
Steiner, aveva seminato anche lui!!! A quanto pareva il prode cavaliere
di
latta non correva più come una volta!
La
ragazzina si insinuò nell’oscurità di
un
vicolo adiacente alla piazza. Nessun rumore da quella parte. Buio
soltanto. Una
goccia cadde dal soffitto di una casa, un topo squittì
nell’ombra,
proiettandosi nella parete di alla destra di Eiko. E mentre lei
guardava
l’ombra del topo correre sulla parete, una voce
gridò “Trovata!!!”. Due braccia
le tirarono la mano, facendola voltare.
Si
trovò faccia a faccia con il ragazzino,
ancora una volta. Gli occhi azzurri incontrarono quelli marroni di lei.
Poi
lui la spinse, facendola cadere a
terra. E il vestito della bambina si sporcò di fango, e i
palmi delle mani le
si sfregiarono.
“Perché
hai buttato quel pomodoro?” chiese
Onion, cercando di capire.
Eiko
fece una smorfia di dolore “Hai
cominciato tu…” .
“No,
non è vero…” disse Onion, serio
“Stai
cercando delle scuse…”
“Mi
aiuti ad alzarmi?” chiese Eiko un po’
seccata.
Onion
le tese una mano, e fu in quel
momento che notò le mani sanguinanti della bambina.
“Ma…
sei ferita!” sussurrò il bambino.
“Di
chi è la colpa?” chiese Eiko.
“…Mia…”
sussurrò Onion, il sussurro di
rimorso appena udibile. “Vieni, cerchiamo qualcuno che ti
curi” disse poi, per
cambiare discorso.
Eiko
si tenne al bambino. Nessuno dei due
parlò per un po’.
“Mi
chiamo
Eiko” disse infine la bambina.
“Onion”
sussurrò lui in risposta. “Dove
vuoi essere portata? Dove abiti?”
Eiko
ci pensò un po’ su. Tornare al
castello in quel modo era da escludere. Ferita e sanguinante?
Bell’ingresso
trionfale! Ma dopotutto, non aveva nessuno ad Alexandria. Nessuno che
fosse
fuori dal castello. Non poteva neanche usare la magia davanti agli
altri, Tutti
glielo avevano proibito, e non voleva scatenare il panico ad
Alexandria, non
dopo quello che era successo per colpa di Kuja. Però, nelle
foreste intorno ad
Alexandria poteva trovare diversi animali che probabilmente avrebbero
sganciato
qualche pozione. Con quella, si sarebbe curata e sarebbe tornata al
castello.
Sapeva
già che l’attendeva una sgridata
colossale, ma non voleva peggiorare le cose. Regola numero uno: torna a
casa
ferita e senza permesso di uscire e potrai dire addio alla
libertà.
“Potresti
portarmi fuori da Alexandria,
Onion? Devo fare una cosa” lo supplicò Eiko,
reggendosi a fatica in piedi.
“Aspetta,
ti aiuto io” disse il bambino
passandole un braccio per il collo. “Fuori
Alexandria?”
“Si”
rispose la ragazzina, in tono grave,
sforzandosi di camminare. Ogni passo era una fitta al piede destro.
Sperò fosse
solo una storta.
“D’accordo”
disse il ragazzino decidendo di
non indagare oltre. Era davvero strana, Eiko. Un momento prima allegra
e
sorridente, il momento dopo triste e pensierosa. Sapeva di essere in
larga
parte il responsabile del repentino cambiamento d’umore e se
ne dispiacque. Si
premurò di portarla fuori da Alexandria, attraversando la
piazzetta secondaria
del borgo. Oltrepassarono la soglia e si trovarono fuori, sul
grandissimo
altopiano che faceva da contorno alle montagne vermiglie al tramonto.
Davanti a
loro, solo il verde, immenso e sconfinato. Che terminava bruscamente in
uno
strapiombo, molti chilometri più avanti. Onion
pregò di non incappare in
qualche mostro, non sapendo che quello era proprio
l’obiettivo di Eiko. Non aveva
mai visto un mostro vero e proprio, ma da come gli altri ne parlavano
erano
delle creature spaventose, di ogni genere, forma e dimensione. Si
guardava
impaurito intorno, cercando di non far notare il tremolio della propria
mano ad
Eiko. Ma Eiko lo notò, e non disse niente, ed Onion la
ringraziò mentalmente
per questo. Non si incontravano tutti i giorni persone come lei. Era
unica. La
conosceva da qualche ora e già non poteva più
fare a meno di lei. Possedeva un
aura che attirava a sé le persone, ed aveva funzionato anche
con lui.
Era
stregato dalla piccola Eiko. Si sentiva
simile a lei. O forse…?
Un
sasso su cui inciampò gli fece perdere
il filo dei suoi pensieri. Eiko cadde vicino a lui, sulla gamba ferita.
“Ah”
si lamentò Eiko. “La gamba”
“Scusa”
sussurrò Onion aiutandola
nuovamente ad alzarsi.
Fu
in quel momento, il momento in cui le
mani dei due ragazzi si toccarono, che la terra cominciò a
tremare. Qualche
secondo dopo, un rombo, più vicino. Veniva dalle loro
spalle. Intimoriti, i due
bambini si voltarono. Quello che videro li spaventò a morte.
Onion urlò. Eiko
si limitò a sbarrare gli occhi.
Un
Grand Dragon si ergeva davanti a loro,
alto 3 metri, grosso e, da come guardava i due bambini, sicuramente affamato.
Eiko
non aveva idea di cosa ci facesse un
Grand Dragon sull’altopiano di Alexandria. Non potevano
fuggire… o meglio,
Onion poteva farlo, ma lei era condannata a restare lì, per
terra. A meno di
non infrangere la promessa fatta a Cid, Hilda, Garnet e Gidan.
Usare
i suoi poteri da sciamana, davanti ad
Onion. Era capace di farlo? Decise di si. Raccolse le energie
all’interno di
se, invocando Madein dal suo subconscio. Uno spirito, un amica. Mogu
era lì per
lei, avrebbe ucciso il Grand Dragon, ce la potevano fare.
Suonò il suo flauto
d’angelo, la bianca luce sacra di Madein li avvolse, lo spirito di materializzò, in loro soccorso.Guardò lo spirito, poi lasciò che la sua amica colpisse il
mostro provocandogli ingenti
danni. Onion guardava tutto, i suoi occhietti curiosi che sguazzavano
di qua e
di là per godersi tutti gli effetti di luce di quella
straordinaria creatura
che li avrebbe protetti. Ma cos'era quella strana "cosa" che aveva invocato Eiko?
Tuttavia
non bastò. La creatura si erse in
tutta la sua statura, un po’ affaticata. La
squadrò con il suo giallo occhio da
rettile. Poi colpì con le sue zanne.
Tre
delle zanne oltrepassarono il bacino di
Eiko, che si irrigidì, sconvolta da quell’attacco
micidiale. Si sentiva debolissima. La vista era annebbiata dalle sue stesse lacrime. Come
poteva
finire così? Era davvero tutto arrivato al capolinea?
Guardò in su, verso
Onion. Lo vide sofferente: le zanne avevano colpito anche lui, anche se
solo di
striscio. Nel volto aveva un espressione infuriata.
E
quando Eiko pensò che fosse davvero la
fine, una luce nera avvolse Onion. Un Bagliore circondò il
Grand Dragon, tutto
diventò nero, un esplosione uccise il mostro. La ragazzina
non sapeva come, ma
a quanto pare, Onion aveva lanciato un Ultima contro la bestia.
Stavolta
fu Eiko a guardare sconvolta il
bambino vicino a lei, stremato. Come aveva fatto ad usare la magia
nera? Non
era un mago nero, e nessun umano poteva utilizzare la magia nera. Ma
allora…
come aveva fatto??? Una fitta la riscosse dai suoi pensieri. Non le
importava.
Purtroppo
il mostro aveva lasciato solo
qualche misera pozione, non sufficiente a curare nessuno dei due.
Onion, stanco
e ferito, la aiutò, ancora una volta, a sollevarsi da terra.
Tutti e due
guardarono da lontano Alexandria, troppo lontana per i loro piedi. Si
rifugiarono invece in una grotta sulle montagne, a pochi metri da dove
si
trovavano ora.
Una
volta lì, stanchi e stremati, si
lasciarono cadere a terra. Si divisero le pozioni in parti eque e
bevvero. L’emorragia
di Eiko si fermò, ma la ferita era ancora aperta. Aveva
bisogno di cure, ed
anche urgenti. Onion non era da meno. Quella magia che aveva castato
poco prima
aveva preteso tutte le sue energie. E questo non sarebbe di certo
giovato alla
sua pronta guarigione.
Era
preoccupata per tutti e due, ma ancora
una volta decise di non farlo vedere. Come si ripeteva sempre, lei era
forte! Sorrise
a Onion, poi le forze la abbandonarono e si accasciò,
svenuta, sulla dura
roccia su cui erano poggiati. Qualche minuto dopo anche Onion svenne.
Ed
anche questo capitolo è andato… Eiko ed
Onion si sono messi nei guai seri stavolta… e ricordate che
io parlerò d tutta
la vita, quindi anche di ipotetiche MORTI… comunque,
cambiamo discorso.
Dovete
sapere che questo pomeriggio parto
per la Grecia (immaginatemi con la valigia in mano e la camicia
hawaiana), e,
siccome torno tra otto giorni, dovrete aspettare un po’ di
tempo per il settimo
capitolo… ragazzi, mi dispiace, specie per chi stava
cominciando ad essere
coinvolto dagli avvenimenti di questa interminabile fic .
Detto
ciò, annuncio Gaudium Magnum: Abemus Beta-Reader
(scusate il mio pessimo latino^^). Anche se l’ho trovato,
questo capitolo è
ancora mio di sana pianta, perché non sono riuscito a
contattarlo (forse è in
vacanza). Tuttavia, spero di contattarlo per i capitoli
successivi… incrociate
le dita (delle mani e dei piedi^^)…
Detto
ciò, rispondo alla recensione di
Nemeryal! Grazie, sono contento che la fic ti piaccia, e penso che in
questo
capitolo il mix degli stili si faccia sentire (non a caso, la prima
parte è più
descrittiva della seconda). Mi raccomando, recensisci anche questo
capitolo!!!
Ed
anche tutti voi, prendete esempio da
quella santa di Nemeryal… recensite!!! (o perlomeno,
leggete^^).
Ciao
a tutti e alla prossima!!
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Capitolo 7 *** Caos a palazzo ***
Adalberto
Steiner si guardò intorno
freneticamente. Urtò una donna senza nemmeno guardarla, poi
corse verso il vicoletto
sul retro della piazza. L’armatura era pesante, tintinnava e
lo accecava al
sole del tramonto. Ma non gliene importava nulla. Non gli importava
della gente
che urtava, o degli oggetti che rovesciava nella sua disperata ricerca.
L’unica
cosa che importava davvero era
ritrovare i bambini scomparsi. Eiko e quel nuovo ragazzino, Onion.
Conoscendola, era probabile che Eiko si fosse semplicemente fatta una
passeggiata, ma ciò le era stato espressamente vietato dalla
regina. E il
volere della regina era legge! Quando l’avrebbe riacchiappata
le avrebbe dato
una strigliata così potente che non sarebbe uscita mai
più senza il permesso.
D’altra
parte, però, non aveva la minima
idea di dove potesse essere andato Onion. Forse era solo. Forse aveva
incontrato Eiko al borgo. Forse erano addirittura usciti insieme dal
castello.
Non lo sapeva, e questo lo preoccupava.
Per
questo continuò a cercare, cercando di
aguzzare la vista alla ricerca di uno dei due bimbi. Ma non vide
nessuno. Si
fermò un momento per riprendere fiato. Non era
più giovane come un tempo! Cosa
avrebbe detto la sua Beatrix se lo avesse visto così stanco
dopo qualche passo?
Questo
pensiero gli diede nuova forza.
Continuò a cercare. Più tempo passava,
più sperava che la regina non si fosse
ancora accorta della sparizione dei piccoli. Ma presto sarebbe stata
ora di
cena, e chiaramente, Garnet si avrebbe visto l’assenza di
Eiko ed Onion. E si
sarebbe preoccupata moltissimo.
Nel
cielo spuntarono le prime stelle.
L’aria fresca del crepuscolo lo avvolse. Della folla
brulicante durante il
giorno al borgo non restava nulla, solo il movimento delle zanzare
attirate
dalle lanterne fuori dalle case. Qualche allegra risata di beoni
arrivava da un
bar vicino. Il rumore dei suoi passi, unico suono in quelle buie
strade.
Inspirò
profondamente e fece mente locale
dei posti in cui aveva guardato. Tutta Alexandria, in breve. Ma
possibile che
non avesse incontrato Eiko o Onion? Possibile che non li avesse ancora
trovati,
sgridati e riportati al castello? Possibile che si fossero persi
davvero, o che
peggio, fossero stati rapiti?
No,
non poteva… essere vero. Scrollò forte
la testa, si rianimò e ricominciò ad ispezionare
il borgo, in una vana ricerca
che non avrebbe prodotto nessun risultato.
Nello
stesso istante, la regina Garnet fece
scorrere la chiave nella serratura della camera di Eiko. Dentro era
buio. La
piccola era già andata a letto senza cena? Aprì
la porta ed uno spiffero di
luce illuminò il letto. Intatto e vuoto.
“Eiko?”
sussurrò la ragazza.
Silenzio.
Con
crescente timore, entrò nella stanza ed
accese le candele ai lati della stanza. Non c’era nessuno.
Uno spiffero di
vento proveniente dalla finestra spalancata spense una delle candele,
che
produsse una scia di fumo che volo, libera, come dotata di ali, fuori
dalla
stanza, come se attratta verso un nuovo mondo.
Garnet
non sapeva cosa fare. Camminò per i
corridoi del castello, le mani tormentate in grembo. Cosa avrebbe detto
a Cid
ed Hilda? Eiko era lì da pochi giorni e già
spariva? Oh, si era cacciata in un
grossissimo guaio!
Raggiunse
il salone d’ingresso. Si chiese
dove fosse Gidan. Camminò ancora un po’,
accelerando il passo ad ogni angolo
che svoltava, ad ogni rampa di scale che le capitava davanti.
Pensò
di chiedere aiuto a Steiner, ma poi
si ricordò che il cavaliere era uscito misteriosamente nel
pomeriggio e non aveva
ancora fatto ritorno. Poi cercò Beatrix. La trovò
sconvolta, che correva
ansante verso di lei.
“Regina
Garnet, è successo…”
“Lo
so già, Shogun Beatrix, Eiko è
scomparsa”
Beatrix
guardò interrogativamente la regina
“Scomparsa?” si chiese “E
se…?”
La
Shogun stette in silenzio per qualche
istante, a pensare.
“Beatrix!
Volete spiegarmi cosa succede?”
chiese la regina.
“Oh!
Certo!” si affrettò Beatrix. “Il fatto
è che anche il piccolo Onion è sparito”
Garnet
si sorprese. “Crede che siano
insieme?”
“E’
molto probabile” concluse la Shogun.
La
ragazza sospirò. Quest’ultima mazzata
non ci voleva proprio. Anche Onion era sparito. Era di importanza
vitale non perderlo mai di vista. Mai. Ed adesso,
invece, si trovava in un luogo sconosciuto, in un mondo di cui non
sapeva
niente.
“Bisogna
proteggerlo… da se stesso” disse
Garnet.
“Come?”
chiese Beatrix, non riuscendo ad
afferrare il senso delle parole della regina.
“Ascoltami,
Beatrix: ho bisogno che tu ed
un contingente di soldatesse di Alexandria ispezionate il borgo e le
zone
adiacenti. Qualunque luogo sospetto dovrà essere perquisito.
Non lasciate un
luogo senza esser sicuri di aver visto tutto ciò che
c’era da vedere. Se
incontri Steiner, digli di ordinare alla squadra Plutò di
fare altrettanto. Mi
raccomando, devono essere trovati.”
“Si,
Regina Garnet” rispose Beatrix,
inchinandosi e scomparendo oltre la porta, lasciando la ragazza sola
con i suoi
pensieri.
Lasciò
che il suo spirito si rasserenasse
un momento. Spalancò la finestra della sua camera,
osservando il panorama. Una
sottile linea arancione collegava quella notte con il passato giorno.
Le stelle
e la luna si riflettevano sui laghi e sulle cascate intorno ad
Alexandria. In
lontananza, i gufi emettevano suoni gutturali e grezzi. Il borgo
dormiva
placidamente, cullato tra le braccia di Orfeo. In lontananza, vide
Beatrix
correre, seguita da cinque soldatesse.
Una
mano le sfiorò la schiena. Si voltò e
si trovò davanti Gidan, con un sorriso dolce stampato sul
volto.
“Ehi”
disse.
Lei,
malinconica, abbassò lo sguardo.
“Beatrix
mi ha detto di Eiko e di Onion”
sussurrò Gidan “Non devi preoccuparti…
sappiamo di per certo che Eiko sa badare
a se stessa, in quanto ad Onion, non può essere andato
troppo lontano… Le porte
di Alexandria vengono chiuse al tramonto, quindi è parecchio
difficile che sia
uscito... entro stanotte li avremo già ritrovati”
concluse.
Garnet
stette ancora in silenzio. Poi
inspirò profondamente e disse: “Devo dirti una
cosa”.
Gidan
la guardò in volto “Cosa?”
“Non
posso perdere di vista Onion… per un
motivo ben preciso”
Il
re la guardò, incuriosito dalle parole
della moglie.
“Non
posso perché... perché...” si fece
forza, e spiegò al marito il motivo per cui Onion era venuto
ad Alexandria.
A
fine spiegazione, anche Gidan capì. Onion
doveva essere trovato, ed in fretta.
All’interno
della caverna faceva molto
freddo. Le pareti erano ricoperte di una leggera brina, e il respiro si
condensava rapidamente, formando una nebbiolina che andava verso
l’alto. Eiko
pensava che quella grotta fosse collegata in qualche modo con la Grotta
di
ghiaccio, dati i brividi che provava in tutto il corpo, ma non ne aveva
la
certezza.
Si
sentiva debole, prigioniera della
febbre, Inerme come un passero appena nato, che deve aspettare il
ritorno della
madre con del cibo. E lei aspettava che qualcuno li trovasse. Speranza
remota,
ma che sopravviveva ancora nel suo cuore.
Si
voltò verso Onion, che dormiva
placidamente. Non sembravano molto gravi le sue ferite: poco prima era
riuscito
a catturare un cokaritos (anche se con un po’ di sforzo) che
adesso stava
arrostendo su un fuoco ottenuto con alcune pietre focaie. Di
lì a poco, forse
Onion sarebbe stato capace di tornare ad Alexandria e di avvertire
qualcuno.
Ma
quanto tempo poteva volerci? Un giorno,
o due, o una settimana? Quante ore, minuti, secondi doveva ancora
passare in
quello stato? Sarebbero stati molti, e questo lo sapeva. Ma la
realtà non era
per niente consolatoria. Il Sapere, in quel momento, metteva a dura
prova lo
Sperare.
Tutto
accanto a lei continuava ad essere
confuso, un insieme di colori e forme astratte che si univano per dare
vita ad
universi alternativi immaginari.
Le
palpebre le si chiusero lentamente,
scivolava lungo il mondo dei sogni… un tuono la
ridestò completamente. Osservò
il cielo buio e non vide le stelle, ma pesanti nubi di tempesta. Una
saetta
attraversò il cielo, seguita da un rombo sordo che
svegliò anche Onion. La
pioggia cadde sulla pianura, su Alexandria e anche sulla loro caverna.
La
permeabilità delle rocce fece sì che piovesse
persino sulle loro teste. E
mentre qualche goccia cadeva sulla sua testa, Eiko pensò che
dopotutto era
molto piacevole il rumore della pioggia, il suo sottile picchiettare
sul mondo.
Un
altro lampo attraversò il cielo scuro.
Vedeva ombre vicino alla caverna, appena fuori. Mostri in cerca di
riparo?
Forse sì. Ma erano tenuti lontani dal fuoco.
Controllò se il Cokaritos era
pronto, ma era ancora troppo crudo per essere mangiato. Il suo stomaco
brontolò.
Oh,
si sarebbe persino mangiata delle
cipolle se le avesse avute a portata di mano. E a lei le cipolle non
piacevano
proprio, e quindi doveva proprio essere affamata!
Un
altro rombo la assordò. Onion era invece
ricaduto nel suo sonno, incurante della tempesta che si dibatteva
intorno a
lui. Eiko ripensò agli strani eventi del pomeriggio. Come
aveva fatto quel
bambino a lanciare un Ultima contro il Grand Dragon? Era magia nera
avanzatissima, neanche Vivi ne era capace, se non si sbagliava.
Eppure
lui aveva utilizzato quella magia,
come se niente fosse. L’unico essere che l’aveva
mai usata oltre a lui era
Kuja. Ma Kuja era morto quasi un anno e mezzo prima, Eiko ricordava
ancora
quando aveva visto la tomba lì, vicino all’Albero
di Iifa, dove era stato sepolto
per espresso volere di Gidan. Kuja era un Jenoma creato da Garland,
quindi era
possibile che sapesse la magia nera. I maghi neri erano creati da Kuja,
quindi
conoscevano anch’essi la magia, utilizzandola attraverso la
nebbia.
D’altra
parte, gli sciamani utilizzavano la
magia bianca. Poteri di recupero, magie sacre, invocazioni. Un segreto
che si
tramandavano gli sciamani, e che potevano utilizzare solo loro.
Magie
bianche per gli invocatori, magie
nere per i Maghi neri. Ma quel bambino, cos’era? Infrangeva
tutti i normali
canoni di classificazione del mondo. Era nuovo, qualcosa che poteva
spaventare
nel suo ignoto. Ma lei non era per niente spaventata. Aveva visto Kuja,
e
sapeva che c’era una netta divisione tra i due. Onion era
diverso, era buono.
Un’eccezione, qualcosa di nuovo, che magari avrebbe potuto
dar vita ad un nuovo
regno.
Eiko
allontanò dalla mente questi pensieri
e prese in mano il suo flauto d’angelo. Lo portò
alla bocca e suonò una melodia
lenta e ammaliante. Gliela aveva insegnata il nonno, era la colonna
sonora di
tutti i suoi viaggi. Si chiamava Crossing those Hill. La
suonò muovendo le dita
e soffiando, dando vita ad una melodia vivace ma un po’
malinconica.
E
mentre suonava, la tempesta sembrava
andarsene, il dolore svanire nel nulla, il freddo scongelarsi dalla
caverna.
Ora tutto era bello, caldo ed accogliente, proprio come voleva che
fosse Eiko.
E
continuò a suonare, suonare e suonare,
finché la tempesta non fu solo un ricordo che venne
sostituito da un pandore
azzurrino nel cielo. Era l’alba. La brutta notte era
scomparsa, e stava per
cominciare un nuovo giorno.
“Kupò,
Kupò!” disse qualcosa entrando nella
caverna.
Eiko
smise di suonare e guardò verso
l’entrata della grotta. Quello che stava venendo verso di lei
era un moguri! Ma
non era un moguri qualsiasi, era…
“Artemisio!”
urlò Eiko.
“Ciao,
Kupò!” disse il moguri attraversando
la caverna per andarle vicino.
“Ciao!”
salutò Eiko.
“Ma
sei ferita, Kupò” disse Artemisio
guardandola.
“Si…
e ho bisogno di un favore”
“Chiedi
pure, Kupò! Tu mi hai aiutato a
salvare la centrale Mogu-net insieme ai tuoi amici, Kupò! Mi
devo sdebitare”
rispose Artemisio.
“Grazie…
per favore, avverti qualcuno nel
castello, e digli che siamo qui!” disse Eiko.
“D’accordo,
Kupò!” rispose il moguri “Volo
e torno presto!”
Detto
ciò sparì oltre la grotta, e venne
inghiottito dalla luce che proveniva da fuori.
Ed
anche questo capitolo è finalmente
terminato. Prima di tutto voglio ringraziare il mio fantastico
Beta-Reader
Dream_River, che mi ha molto aiutato nella sua opera di betaggio (gli
farei una
statua se potessi XD).
Passiamo
poi alla nostra storiella: che i
nostri due eroi si siano tirati davvero fuori dai guai? Ed Eiko che si
sarebbe
mangiata persino delle cipolle (Ok, lo ammetto, ci ho provato gusto
nello
scrivere la battuta^^) lo sapeva che…?
La
melodia che suona Eiko, Crossing those
Hill, è la melodia che si sente durante
viaggi nella world Map del mondo di FFIX!
Detto
ciò, passiamo a rispondere alle
nostre recensioni:
Nemeryal:
una
lettrice fissa!!! Uao, quale grandissimo onore!!!Sono contento che la
fic ti
piaccia, e non preoccuparti per ciò che ho detto!!! Le
IPOTETICHE MORTI forse
ci saranno, ma non così presto!!! Ma mi raccomando,
recensisci ancora!!!
Eden89:
un lettore nuovo!!!
Sono contento che la fic ti piaccia e spero ti piaccia anche questo
nuovo
capitolo. Anche se mi scuso perché un po’ di tempo
è passato rispetto alla
pubblicazione del precedente!
Ringrazio
anche Bankotsu per aver recensito
il capitolo 2 (con la speranza che
continui a seguire la storia) e Thaleron
per aver aggiunto la fic tra le sue preferite!
Speriamo
che questo capitolo non deluda
nessuno di voi!!!
A
proposito, ho cominciato a scrivere, in contemporanea a questa,
un'altra fic, "After Crisis", su Final Fantasy VII! Leggetela tutti, mi
raccomando!XD
Detto
ciò, lettori, diventate recensori!
(ho fatto anche la rima!)…
Alla
prossima con il nuovo capitolo di
“Forever and On”!!!
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