Wine of Love

di Samidare
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Atto Primo ***
Capitolo 2: *** Atto Secondo ***
Capitolo 3: *** Atti terzo e quarto ***
Capitolo 4: *** Atto Quinto ***
Capitolo 5: *** Atti sesto e settimo ***
Capitolo 6: *** Atti ottavo e nono ***
Capitolo 7: *** Atto Decimo ***



Capitolo 1
*** Atto Primo ***


Wine of Love

Wine of Love




ATTO PRIMO, di come il mago e il medico discutono delle sorti del principe.


Nelle stanze di Gaius era sempre possibile trovare, per chi sapesse come cercare, un enorme numero di pozioni di ogni genere. Ve ne erano tra le più disparate: alcune erano utili a chi avesse problemi ad addormentarsi, altre potevano garantire il sonno eterno.

Non che Gaius avesse mai avuto problemi ad addormentarsi: no, non era il suo caso, era molto esperto nell'arte di godersi appieno il sonno senza il bisogno di ricorrere ad erbe e pozioni. Questa sua attitudine al riposo efficace gli permetteva d'essere sempre al meglio di prima mattina; amava essere svegliato dai primi raggi di sole, ed era sempre di ottimo umore appena alzato. Potenzialmente, c'è da dire che sarebbe stato tranquillamente in grado di mantenere il buon umore per l'intera giornata. Tuttavia il trasferimento a palazzo del suo figlioccio, Merlin, gli aveva comportato tanta gioia quanto continue preoccupazioni; le sopracciglia folte del medico avevano occasione di aggrottarsi molto più spesso, ora che il giovane mago viveva con lui.

Gaius si trovò a lanciare un'occhiata affascinata ai suoi flaconi di sonnifero, desiderando di poterne bere uno accompagnandolo, magari, con un farmaco per il mal di testa. Il riflesso nel vetro delle pozioni però gli ricordò, impietoso, la gravità della situazione alle sue spalle: Merlin, appoggiato alla parete e molto intento a starsene in disparte, e niente di meno che il principe di Camelot, seduto sul vecchio letto ancora sfatto del medico.

L'erede del regno si dondolava avanti e indietro, sfoggiando il suo miglior sguardo vacuo e un tremendo sorriso ebete che lo faceva sembrare sul punto di sbavare da un attimo all'altro.

« Ripetimi cos'è successo. » mormorò il medico atono, incapace di staccare gli occhi da quel curioso spettacolo.

Merlin non ebbe difficoltà a capire che la frase era indirizzata a lui, dal momento che era l'unica altra persona presente nella stanza.

Fece spallucce, ben sapendo di non poter essere visto, e commentò « Come ti ho detto, questa mattina l'ho trovato in questo... In queste condizioni. »

Il mago lanciò uno sguardo al principe, cercando di analizzare l'effetto che le sue parole avevano sortito. Non registrando nessun cambiamento evidente, tirò un respiro di sollievo: quell'Arthur era particolarmente soggetto agli sbalzi d'umore. Il suo sguardo si spostò poi su Gaius, che stava lentamente spalancando la bocca senza rendersene conto, colpito dallo spettacolo che aveva di fronte; lo stesso Merlin, in effetti, era combattuto tra l'impulso di ridere di quell'assurda situazione e quello di piangere al pensiero delle possibili, terribili, conseguenze.

Gaius si voltò, intercettando gli occhi di Merlin.

« Potete fare qualcosa, Gaius? » domandò lui, distogliendo lo sguardo. In risposta, l'uomo sbuffò e si abbandonò pesantemente su una vecchia sedia che scricchiolò in modo sinistro sotto il peso importante del vecchio medico. Merlin lo osservò agguantare un vecchio tomo polveroso e iniziare a sfogliarlo voracemente.

« Debbo sapere da quanto tempo il principe è in queste condizioni, per dirlo. E se hai dei sospetti su come possa essere accaduto. » Le pagine ingiallite e sottili venivano esaminate e voltate con la velocità e la precisione date dall'esperienza, e Merlin credette che si sarebbero sbriciolate sotto il tocco deciso del suo mentore. « Sembra l'opera di uno stregone molto potente, Merlin. » aggiunse Gaius con aria grave, per poi continuare a sfogliare il volume. Merlin fu grato della concentrazione che l'altro sembrava tributare al libro, perché con un po' di fortuna questo gli avrebbe impedito di notare la tonalità corallo che stavano assumendo i suoi padiglioni auricolari, mentre si mordicchiava le labbra con aria colpevole. Provò a rispondere al quesito che gli era stato posto.

« Beh, ieri sera, quando l'ho lasciato, era il solito idio- » si interruppe immediatamente, rammentando che Arthur era lì e lo stava fissando. In quelle condizioni era particolarmente... emotivo, chiamarlo “idiota” non sembrava una grande idea.

« Insomma, il solito di sempre. » concluse. Poi deglutì, cercando di trovare il coraggio – e soprattutto le parole – per confessare la sua piccola malefatta. Non si trattava esattamente di una cosa facile da spiegare.

« Come immaginavo! » esclamò Gaius eccitato, così repentinamente da spingere Merlin a sospettare che egli non avesse ascoltato una singola parola, mentre era immerso nella lettura di Rimedi Domestici per Fatture e Malefici. « Si tratta di un potente filtro d'amore! Non v'è dubbio che fosse destinato ad Arthur: una vendetta nei confronti di Uther da parte di qualche druido, probabilmente. » rimuginò tra sé il medico.

Merlin sospirò: doveva dirlo. E lo avrebbe fatto, certamente. Tra pochi secondi.

Socchiuse le labbra, pronto a confessare.

« Si tratta di un estratto, molto raro in effetti, di un fiore particolare... Rintracceremo il colpevole con facilità! » Gaius aveva ripreso la parola improvvisamente, impedendogli di svuotarsi la coscienza. « Oh, ma che sciocco, » aggiunse, battendosi una mano sulla fronte con vigore « sai bene di cosa parlo! È lo stesso fiore che ti ho mandato a recuperare la scorsa settimana: l'Artiglio Rosso. »

« Ecco, a proposito di questo... »

« Una vera fortuna! Potrò preparare l'antidoto in meno di due giorni. »

Merlin sbuffò, desistendo dal suo tentativo di costituirsi. Non c'era modo di farsi ascoltare: Gaius si era immediatamente messo all'opera ed era così intento a pestare petali e mescolare intrugli che il mago dubitava gli avrebbe prestato la benché minima attenzione – anche se si fosse messo a saltellare nudo con la scritta “SONO STATO IO” scarabocchiata in fronte.

E, riflettendo, non era decisamente il caso di spogliarsi: rivolse un'occhiata terrorizzata ad Arthur, che lo stava aspettando seduto e obbediente. E che ora non gli staccava gli occhi di dosso.

« Ah, Merlin. Sarà il caso che Uther non ne sappia nulla, per ora. Perciò inventati una scusa e fai sparire il principe per tutta la giornata. »

Ti sembra facile, meditò Merlin. Erano già in ritardo per gli allenamenti, e non sarebbe stato facile giustificare quell'assenza: avrebbe dovuto spacciarlo per malato e pregare che Uther decidesse di non farsi vivo per tutta la giornata; ma sembrava qualcosa di improbabile, Arthur era l'erede al trono. Magari, se avesse scelto una malattia abbastanza innocua... O una contagiosa! Sì, un'ottima scusa per tenere Uther lontano...

I suoi acuti ragionamenti furono interrotti dalla risata roca di Gaius, che stava di nuovo osservando il suo paziente speciale.

« In ogni caso, di certo il nostro malvagio attentatore non si sarebbe mai aspettato che il filtro avesse effetto in questo modo! Arthur che si innamora del suo servitore! Potrebbe quasi essere divertente se non fosse, beh, » ci pensò su per un attimo « malvagio. »

« Grazie, Gaius. » lo fulminò il ragazzo, sarcastico. « Sono felice che tu sia solidale nei miei confronti. »

Il medico di corte continuò a ridacchiare ignorandolo, e lui decise di lasciarlo fare: in fondo, tecnicamente, si era cacciato da solo in quella situazione, giusto? Aveva le sue responsabilità e la gente aveva il diritto di ridere di lui.

Anche se Gaius non poteva saperlo, quindi era solo un maledetto traditore.

Sbuffò e si ritrovò a fissare sconsolato il principe: se Arthur richiedeva già abbastanza pazienza nella sua versione standard, la versione innamoramento folle era insostenibile.

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Capitolo 2
*** Atto Secondo ***


Atto secondo


Wine of Love



ATTO SECONDO, di come il mago riflette sulle sue colpe.


Merlin camminava rigido di fianco al principe, ponendo tutta la sua concentrazione sul mantenere inalterata la propria espressione facciale; era estremamente teso e, per quanto cercasse di non darlo a vedere, si tradiva ad ogni passo con i suoi gesti meccanici e frettolosi. Niente in quel momento era fondamentale quanto raggiungere le stanze del principe e rinchiuderlo lì, evitando di incrociare altre persone.

Il mago pregava intensamente la Dea, sperando che gli concedesse quella grazia.

« Sono davvero contento, Merlin, che ce ne siamo andati. Da quel vecchio, intendo... Mi stava stancando. Mi guardava in modo strano, tu l'hai notato? »

Il mago gli lanciò un'occhiata di traverso, chiedendosi se Arthur ritenesse di essere guardato invece in modo normale da lui; ma rinunciò a domandarlo.

« E poi cosa cercava di insinuare? » continuò il principe « Voglio dire, innamorarmi di te per via di una pozione d'amore? Quale stolto non percepirebbe la purezza del nostro amore...? Pozione! »

Sputò l'ultima parola con sprezzo, come se la ritenesse un incredibile affronto. Quell'assurdo monologo su Gaius veniva portato avanti dal momento in cui i due avevano lasciato le stanze del medico e Merlin dubitava vi fosse modo di porvi fine, perciò si limitava a fingere di ascoltare quelle idiozie e ad annuire ogni tanto.

Solo la Dea poteva sapere quanto non avrebbe mai desiderato finire prigioniero di una simile situazione...

Tutto era iniziato abbastanza innocentemente, in un tranquillo pomeriggio di una settimana prima: Merlin aveva recuperato l'Artiglio Rosso per Gaius e si era messo a studiarne le proprietà su un vecchio tomo, nell'attesa che Arthur facesse ritorno da una battuta di caccia.

Nella parte finale del capitolo sugli usi dell'Artiglio, Merlin aveva notato la ricetta di una pozione d'amore molto potente: una goccia in un bicchiere rendeva colui che ne beveva amichevole nei confronti della prima persona su cui avrebbe posato gli occhi. Cinque gocce avrebbero provocato un'infatuazione. Dieci avrebbero acceso una travolgente passione, venti sarebbero bastate per un anno di devozione assoluta.

Merlin aveva scorso quelle righe con lo sguardo, frettolosamente e senza prestare attenzione: non era interessato alle pozioni d'amore, quello che promettevano era un sentimento artificiale, falso. La stessa sera, tuttavia, il principe ereditario si era lanciato in una strigliata memorabile riguardante una qualche inadempienza di un qualche dovere di valletto talmente ovvio da non meritare un ordine esplicito, almeno secondo il parere di Sua Furbizia.

« Non posso leggervi la mente, Vostra Grazia. » aveva commentato, con una punta di sarcasmo, il mago.

« Mi stai suggerendo di prendere uno stregone per rimpiazzarti? » si era sentito rispondere.

Il pomeriggio seguente, Merlin aveva avuto una notevole quantità di tempo per meditare vendetta mentre schivava frutta marcia – e ogni tanto anche frutta fresca, molto più dolorosa –, e aveva ideato un piano geniale: una goccia di elisir d'Artiglio e Arthur avrebbe smesso di trattarlo senza riguardi.

Sulla carta, assolutamente geniale.

L'intruglio preparato fu lasciato macerare al buio sei giorni e sei notti, poi bollito per tre ore. La mattina del settimo giorno, la mattina in cui la nostra storia ha inizio, Merlin aveva infine fatto cadere una goccia nella coppa del principe, pieno di aspettative. Poi si era diretto alla finestra, aveva spalancato le tende improvvisamente – provocando lamentele accompagnate da imprecazioni provenienti dal letto del principe – e si era concesso di guardare lontano, oltre l'orizzonte, assaporando l'idea della nuova vita che avrebbe condotto di lì in avanti.

Alcuni minuti dopo il principe si era seduto alla sua scrivania, più interessato alla colazione che allo strano buon umore di Merlin. Quell'interesse era stato poi catturato, però, da qualcosa che non sarebbe dovuto essere là.

Merlin era raggelato, resosi conto del pericolo.

« Cos'è questa? » aveva domandato al suo valletto il principe, curioso, indicando una boccetta piena di liquido rosso oleoso.

No, non poteva essere stato così idiota da lasciarla lì. Era solo un brutto sogno.

« Ehm, io... N-non ne sono sicuro, Arthur. »

« Non l'hai portata tu? »

« No!! » aveva risposto Merlin, con eccessiva enfasi.

Arthur aveva avvicinato sospettoso il naso al bordo della bottiglietta. « Ha un buon profumo. »

« Davvero? »

« Deve averla portata Gaius, immagino si tratti di quella medicina per lo stomaco che avevo richiesto... » aveva concluso il principe con un'alzata di spalle, per poi avvicinare la fiala alle labbra.

« NON CREDO CHE DOVRESTE..! » aveva subito gridato Merlin, allarmato.

Troppo tardi: il liquido era già stato deglutito, l'intera boccetta trangugiata sotto il suo sguardo impotente.

Quello stupido asino senza cervello. Che stava iniziando ad avere uno sguardo strano. Che iniziava a guardarlo in modo strano.


Cinque gocce erano infatuazione, venti un anno d'amore. L'intera boccetta...

« Merlin... sei sfolgorante, stamattina. Credo che dovremmo sposarci. Magari adesso. Oddio, prima dovrei vestirmi. Chiama mio padre. No, aspetta: vestirmi va contro i miei interessi, senza dubbio! Semmai dovrei spogliarmi. E anche tu dovresti. Anzi, no, dovremmo conservarci fino al matrimonio – è più romantico, immagino. E tra noi deve essere speciale. Appunto, lo dicevo: dobbiamo sposarci subito, subito. »

L'intera boccetta era il maledetto amore eterno.

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Capitolo 3
*** Atti terzo e quarto ***


Atti terzo e quarto


Wine of Love



ATTO TERZO, di come il mago affronta la strega.


Merlin si sforzava di non pensare alla gravità della situazione, per certi versi era davvero sollevato dal fatto che la confessione gli fosse stata risparmiata: si sentiva colpevole anche senza dover sopportare gli sguardi esasperati di Gaius.
Era davvero fondamentale per lui evitare che la voce di quanto stava accadendo potesse girare libera per il castello, perciò il suo respiro aveva iniziato a farsi pesante mentre percorreva gli antichi corridoi di pietra alla volta delle stanze del principe cercando di coprire quella distanza nel minore tempo possibile.

Quest'ultimo restava al suo fianco senza fatica, fresco come una rosa nonostante l'andatura sostenuta, forte degli impegnativi allenamenti cui si sottoponeva ogni giorno. Merlin provò involontariamente un po' di invidia: non si sentiva inferiore ad Arthur, ma se quest'ultimo poteva far sfoggio delle sue doti, per il valletto era ben diverso... Se qualcuno avesse scoperto che era stato in grado di preparare una pozione e che proprio lui era all'origine di questo increscioso incidente, la sua testa sarebbe di certo saltata – nemmeno Arthur l'avrebbe difeso, questa volta. Beh, non l'Arthur normale, comunque. Forse sarebbe stato più sicuro per Merlin non somministrargli nessun antidoto.


Erano a poco dal raggiungere le stanze di Arthur senza imprevisti, a metà di una rampa di scale, quando dall'alto fece la sua apparizione l'orlo di un vestito costoso, su cui risaltava lucente una passamaneria in filo d'argento. L'unica persona che avrebbe potuto indossare un abito di simile fattura era anche l'ultima che Merlin avrebbe voluto incontrare in un momento simile; si guardò intorno agitato alla ricerca di una via di fuga – che individuò in una nicchia scavata nel muro –, schiaffò una mano sulla bocca di Arthur impedendogli di continuare quell'assurdo monologo che aveva importunato le sue orecchie per tutto il tragitto, per poi trascinarlo nel pertugio tra le pietre della parete schiacciandovelo contro.

« Credevo volessimo aspettare le nozze. » commentò lui disorientato, appena le dita di Merlin allentarono la presa sulle sue labbra.

« Infatti. » si affrettò a confermare Merlin, spegnendo così lo strano sguardo che si era acceso negli occhi di Arthur. « Però ora fa' silenzio, ti prego. Morgana non deve vederci! » lo supplicò.
« Mi era sembrato che foste voi! » scandì nel secondo immediatamente successivo una voce squillante e femminile.
Merlin sussultò e si voltò verso la donna, che lo aveva colto alle spalle senza un minimo di onore, e che peggiorava la propria situazione rivolgendogli un innocente sorriso tutto denti. Il mago si frappose come poteva tra i due fratellastri: un solo sguardo al principe e per Morgana non sarebbe stato difficile indovinare il suo particolare stato.

« Che state facendo, schiacciati contro il muro? » domandò non senza malizia; gli occhi che si riducevano a fessure mentre analizzava la situazione, sospettosa.

« Beh, ovviamente noi... » balbettò Merlin, maledicendosi per non essere in grado di trovare una scusa decente: eppure di solito era molto veloce ad elaborarle!

« Sssth! » lo interruppe Arthur.

Poi fece capolino al di sopra della spalla del suo valletto e fissò intensamente la donna che aveva di fronte.

« Anche voi, mia signora, mi appello al vostro animo gentile e vi chiedo di farmi l'onore del vostro silenzio. Dobbiamo essere muti, o Morgana ci scoprirà. »

La diretta interessata spalancò la bocca e lanciò uno sguardo interrogativo a Merlin, incerta sul da farsi. Era uno scherzo, oppure...?

« Ma cosa...? » domandò rivolta a Merlin.

Entrambi ignorarono le accese proteste di Arthur, esploso immediatamente in una notevole quantità di lamenti e mugolii che all'incirca si riducevano a Silenzio, per favore, dobbiamo prestare attenzione!

« Te lo dirò, va bene, » sbuffò il mago « ma devo pregarti di non rivelarlo a nessuno. »

Lei si limitò ad alzare un sopracciglio, invitandolo a continuare.

« No, giuralo! » ingiunse l'altro.

« Okay, d'accordo... » acconsentì. « Allora? »

« Un filtro d'amore. » soffiò Merlin d'un fiato, sperando che la sua voce raggiungesse solo Morgana e che il principe non lo stesse ascoltando. « È completamente fuori, » aggiunse indicandolo « non riconosce nessuno a parte... Beh, a parte me. »

La donna fu attraversata da un lampo di consapevolezza.

« È innamorato di te!? » gracchiò per l'eccitazione.

« Beh, è la posizione che... »

« Tu! »

« Santo cielo, abbassa la voce!! Uther mi farà decapitare se lo viene a sapere! »

« Chi è questo Uther? » si intromise Arthur, per poi continuare, mentre Morgana blaterava dei “Non ci posso credere”, con « Non temere, zuccherino. Non permetterò che nessun Uther ti decapiti, sono pur sempre il principe. Ne parlerò con mio padre. »

« Zuccherino? » ripeterono Merlin e Morgana all'unisono.

Poi lei prese la parola « È la cosa più divertente che- » fece una pausa per asciugarsi le lacrime « Santo cielo, devo dirlo subito a Gwen! »

« Hai promesso! » protestò Merlin.

« Ti prego, solo Gwen! » lo supplicò. « Nessuna di noi lo dirà a Uther, figuriamoci! » Merlin scosse la testa. « Okay, ma ti prego... Fate attenzione. E comunque sappi che Gaius è già al lavoro su un antidoto. »

« Un peccato! » commentò lei, e corse via alla ricerca della propria ancella.

Merlin la osservò allontanarsi e sospirò, sconfortato. Ora che Morgana era al corrente della parte ufficiale della storia senza dubbio entro il giorno successivo avrebbe avuto appuntati addosso gli sguardi di mezzo castello, c'era poco da fare... Li conosceva bene i giuramenti di quella strega.

Avvertì uno strano pizzicore al collo, nel punto in cui Arthur continuava a fissarlo da una decina di minuti; così si girò verso di lui, ritrovandosi addosso uno sguardo da cucciolo bastonato che diceva “Non sospirare, amore mio. Non voglio che tu sia triste.” e Merlin seppe immediatamente e con certezza assoluta che nel giro di una manciata di secondi avrebbe vomitato.

« Muoviamoci. » ordinò « Non voglio essere qua, quando Morgana tornerà con Gwen. Spero che per il loro arrivo saremo già sprangati nella tua camera da un pezzo, al sicuro. »

Si incamminò di buona lena, lasciando che Arthur lo seguisse scodinzolando: forse il principe era così felice e accondiscendente per la parte che riguardava lo sprangarsi in camera, realizzò Merlin, mentre veniva percorso da un brivido di terrore.



ATTO QUARTO, di come il principe riflette sulle sue colpe.


Se c'era qualcosa che Merlin non aveva immaginato, era che un giorno si sarebbe trovato a rimpiangere l'Arthur che lo mandava alla gogna almeno quattro volte alla settimana. Si trovava nelle stanze del principe, rinchiuso lì insieme all'erede del regno, nell'impossibilità di dirigere la sua attenzione da altre parti: non poteva più ignorarlo, era costretto ad ascoltare.

E avrebbe davvero dato qualsiasi cosa per un po' di frutta marcia in faccia.

« Questa Morgana... Chi è, di preciso? Cioè, come la conosci? Non sarà che codesta donna da cui ti nascondi stia attentando alla tua virtù? » stava domandando Arthur. Il valletto aveva persino smesso di scandalizzarsi delle trovate assurde del suo principe, si limitava a guardarlo con occhi vuoti.

« Insomma, » continuò l'altro « Posso pensarci io. Sono un cavaliere senza macchia! Beh, quello è essenzialmente merito tuo: lucidi sempre con così tanto amore e zelo la mia armatura. Credo che sia la cosa che mi ha fatto innamorare di te, zuccherino. »

Merlin alzò gli occhi al cielo.

Era disteso sul letto di Arthur, tra morbidi cuscini, cercando di rilassarsi un po' mentre osservava il principe passeggiare avanti e indietro, apparentemente preso da pensieri importanti. Apparentemente, perché quello che usciva dalla sua bocca era una sequela di idiozie. E a Merlin non era neanche concesso di disprezzarlo, perché l'intera colpa era proprio sua.

Arthur arrestò d'improvviso i suoi passi, colto dalla realizzazione di qualcosa. « Per la Dea, sono stato così meschino con te! Davvero ho permesso che le tue splendide e delicate mani » e, nel dire questo, si inginocchiò accanto a lui prendendogliele tra le sue « si rovinassero con questi vili lavori? Hai lucidato la mia armatura, i miei stivali... Messo in ordine le mie stanze... Sono un mostro senza cuore! » concluse.

« Beh, in effetti... » concordò sarcastico Merlin.

Gli occhi di Arthur si velarono di lacrime. E lo fecero troppo in fretta.

« Ehi! » gridò il mago « Che stai facendo? Non ci provare! » ingiunse immediatamente. Non stava succedendo a lui. No. « Non devi neanche... Provare... A farmi sentire in colpa, hai capito? Non... » concluse con un gesto della mano.

Arthur emise un singhiozzo. « Ma, amore mio... Hai ragione! »

« Su cosa? »

« Sono un ignobile schiavista, un mostro! Io non ti merito! » frignò. « Non capisco come tu possa esserti innamorato di me! »

Merlin ingoiò con grossa fatica il “Non ti amo affatto.” che si era fatto strada su per la sua laringe. Sapeva che quell'Arthur non avrebbe retto il colpo.

« Non dire così. » balbettò invece, ma senza sapere come continuare.

Comprese che avrebbe dovuto stare almeno un po' al gioco, per non traumatizzarlo.

« Ma è la verità! No sono niente, nulla in me è meritevole del tuo amore. » piagnucolò l'altro.

Arthur era ancora in ginocchio ai suoi piedi e Merlin gli passò una mano tra i capelli, un po' come avrebbe fatto con un cane. Gli sembrava un buon compromesso.

« Beh, tu hai tutto quel... Ehm, il coraggio. » doveva sforzarsi di più. « E a volte sei altruista, a modo tuo. Generoso. »

Ok, forse questo in effetti era vero; qualcosa di buono c'era.

« Magari non sembra, però tu... Si vede che ci tieni, ecco. E poi diciamolo, occhi azzurri e capelli biondi fanno sempre scena. »

Mh, questa ultima cosa l'aveva più o meno inventata: non ricordava di aver mai avuto particolare predilezione per le bionde, anzi.

Arthur continuava a piangere; questa volta per la commozione, però.

Il valletto si rassegnò a trascorrere le ore successive in balia di un folle con sbalzi d'umore. Lentamente, si abituò al suo nuovo amico a quattro zampe e decise persino di concedersi un po' di vero riposo nel regale letto, ovviamente facendosi promettere dal principe che sarebbe rimasto ben lontano. Concesse però ad Arthur di tenergli per un po' la mano, mentre si addormentava, e questo rese il principe l'uomo più felice sulla faccia della terra – almeno a suo dire.

Merlin si era sempre domandato cosa si provasse a dormire in un letto così soffice, e approfittare di quell'occasione gli era sembrato un ottimo modo per riscattare tutta la pazienza che aveva dedicato all'altro. La realtà confermò le sue aspettative: il letto sembrava inghiottirlo, prendendo esattamente la forma del suo corpo, lo avvolgeva in un morbido abbraccio che lo trascinò velocemente in un sonno profondo; ora sì che poteva capire la reticenza di Arthur nell'alzarsi ogni mattina! Magari, al su risveglio, avrebbe scoperto che tutta quella storia era stata solo un brutto scherzo del suo cervello, nient'altro che un sogno curioso. Magari...

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Capitolo 4
*** Atto Quinto ***


Atto quinto


Wine of Love



ATTO QUINTO, del consiglio del drago.


« Siete già al punto che ti fermi a dormire nel suo letto? »
La voce fastidiosa di Morgana grattò contro il suo cervello, riportandolo alla realtà. Merlin socchiuse gli occhi lentamente, cercando di metterla a fuoco.
« Che ci fate voi due qua? » biascicò nel tentativo di porre la domanda, una volta notata la presenza di Gwen. « Avevamo sprangato la porta! »

Morgana ridacchiò. « Addirittura!? »

Merlin si stava risvegliando in modo graduale: odiava che il suo sonno venisse interrotto in modo brusco, poiché stentava a riprendersi dal torpore in simili occasioni. Sedette contro la testata del letto.

« Sì, » rispose con tono di sfida, « ma solamente per tenervi fuori, Morgana. »

Lei gli rivolse un sorriso intelligente e alzò le spalle.
« L'abbiamo trovata aperta. » spiegò, con aria innocente. Poi indico Gwen, dietro di sé, con il pollice. « Su, ora tiralo fuori. Non puoi tenere per te tutto il divertimento. »

« Divertimento!? » rispose automaticamente Merlin, seccato. Poi si soffermò a ragionare su due parole che gli erano sembrate strane: “tiralo fuori”.
Non avevano senso. Avrebbero avuto senso se Arthur non fosse stato proprio lì, accanto a loro. E Arthur era lì con loro, non è vero?

Spinto dall'ansia controllò velocemente ogni angolo della stanza con lo sguardo: del principe non v'era traccia. Questo spiegava come mai la porta non fosse più sprangata. Merlin si era addormentato, e...

Non voleva neanche accarezzare l'idea, figuriamoci accettarla come fatto compiuto: Arthur era scappato, libero di girare il castello, e quindi libero di privare lo sventurato mago della testa entro il giorno successivo.
Morgana non si lasciò sfuggire lo sguardo terrorizzato di Merlin.

« Perché tu lo sai, dov'è, non è vero? » chiese piano.

Lui la fissò e scosse lentamente la testa, ancora reticente ad ammettere la realtà, disperato. La donna restituì al mago uno sguardo preoccupato.
« Tranquillo, lo ritroveremo. Prima che faccia danni, intendo. » A quella frase seguì un'occhiata nella direzione di Gwen. « Dovremmo dividerci. » sentenziò.


Lo fecero. Morgana, avendo accesso ad ogni ala del palazzo in grazia al suo rango, si incaricò di controllare Uther ed evitare che qualsiasi notizia giungesse alle sue orecchie – certo né Merlin né Gwen godevano del privilegio di poter restare appiccicati al re l'intera giornata senza destare sospetti. Quell'incarico un po' le dispiacque, poiché significava restare lontana dall'azione e dalle cose divertenti, ma lo assunse lo stesso rendendosi conto della gravità della situazione.
La sua ancella si precipitò al mercato di Camelot: le due donne avevano convenuto che vi era un'alta probabilità che il principe fosse andato ad acquistare fiori o altri regali per Merlin: per quale altro motivo lasciare la stanza in cui si trovava il suo amato? Dal canto suo il giovane valletto aveva dapprima contestato l'impiego della forma “il suo amato” per riferirsi a lui, poi si era reso conto che lamentandosi di una simile cosa avrebbe perso tempo prezioso, fallito nella ricerca, e in breve si sarebbe ritrovato circondato da centinaia di persone che parlavano esattamente come Morgana e Gwen, perciò si incaricò di controllare le restanti ali del castello e incassò con dignità quelle parole che tanto ferivano la sua delicata sensibilità.


Due ore dopo Merlin aveva coperto la sua area e, messo di fronte al proprio insuccesso, aveva cominciato a controllare per una seconda volta tutti i luoghi a lui assegnati. Del principe, nessuna traccia – né erano giunte notizie da Gwen o Morgana. Per la verità il mago aveva dimenticato di controllare le stanze della servitù, volutamente; diciamo che le aveva accantonate perché che ragione poteva avere un principe di accedere a quelle aree? Proprio nessuna.
Aveva iniziato a considerare l'idea di spostare la ricerca proprio là, quando venne fulminato da una delle sue proverbiali brillanti idee.

Un osservatore esterno avrebbe potuto ricordargli che, guarda caso, era stata proprio una delle sue proverbiali brillanti idee a metterlo in quel pasticcio; ma in quel momento Merlin non era lucido, anzi, era accecato dall'angoscia e a dirla tutta anche dal senso di colpa.

« Il drago! » borbottò nel mezzo del corridoio, battendo un pugno sul palmo aperto e attirando l'attenzione di una servetta. Ignorò l'occhiataccia che lei gli riservò e si precipitò nei sotterranei.


Il drago in questione atterrò con pesantezza su un grosso macigno e si erse, maestoso e terribile, fissando il mago con i suoi enormi occhi gialli.

Poi cominciò a ridere.

« Oh, andiamo, non anche tu! » lo pregò Merlin.

Quello del drago non era un risolino, non era una risatina di convenienza, no. Stava sghignazzando senza ritegno, non riuscendo ad impedirsi di emettere piccoli sbuffi di fumo mentre cercava di controllarsi. Un paio di volte provò a farsi serio, ma si piegò nuovamente sotto l'impulso irrefrenabile delle risate.

« Una pozione d'amore! » commentò, infine. « Come ti è saltato in mente, giovane mago? »
L'altro fece del suo meglio per ignorare quel comportamento irrispettoso e domandò a bruciapelo « Conosci un antidoto? »

« Sì, » rispose il drago, che era ancora assalito da episodi di risa improvvise a tratti, « e per tua fortuna lo sta già preparando il tuo medico di corte. »

Il mago espirò sollievo liquido: l'Artiglio Rosso era un fiore nato dal soffio di un drago, perciò fino a quel momento aveva temuto che Gaius potesse non essere in grado di sciogliere l'incantesimo.

« Ho un'altra domanda. » annunciò il giovane. Kilgharrah lo incoraggiò a parlare con un sinistro suono gutturale. « Sai dirmi dove si trova Arthur in questo momento? »

Il lucertolone fece schioccare la lingua.

« Nelle sue stanza. Lo ha ritrovato la giovane Guinevere pochi minuti orsono. »

Gli occhi di Merlin si illuminarono. « Per fortuna! » esclamò, passandosi grato una mano sul collo.

« Fortuna, giovane mago? » domandò Kilgharrah. « No, destino. Nel tuo destino non è scritto di morire decapitato per una ragione simile. Il tuo destino è quello di guidare il principe Arthur quando sarà re di Albion. »

« Sì, ormai credo di aver, ehm, afferrato il concetto. » scherzò Merlin. Sputò un veloce ringraziamento al drago e si voltò per andare a ricongiungersi al principe ritrovato.

« Aspetta un momento, giovane mago. » la voce cupa di Kilgharrah risuonò attraverso i sotterranei. « Ho bisogno che tu prometta una cosa. »

« Che tipo di promessa? » domandò, sospettoso, Merlin.

Il drago d'un tratto si adombrò facendosi serio. « Devi promettermi che quando l'antidoto sarà completato, lo somministrerai immediatamente al principe Arthur. »
« Cosa!? » Merlin era esterrefatto. « E per quale ragione dovrei non volerlo fare, per la Dea? Glielo darei anche adesso. »

Kilgharrah continuò, ignorandolo.

« Il destino del principe è quello di diventare Grande Re, di guidare Albion. Il tuo, quello di consigliarlo... Non quello di distrarlo. Se Arthur continuerà ad amarti in questo modo, non sarà mai in grado di mettere al primo posto il suo regno e il suo popolo. Non potrà essere un buon re, se sarai tu a venire prima. »

Il giovane strabuzzò gli occhi, iniziava a percepire un vago senso di inquietudine.
« Prometti. » insistette la maestosa creatura.

« Ma certo, prometto. » disse Merlin con la fretta necessaria a chiarire che il contrario non aveva mai occupato i suoi pensieri, e il drago subito apparve sollevato. « Perché mai dovrei- Hai visto quanto è insopportabile in questo stato!! » aggiunse scandalizzato il giovane.

« Molto bene, giovane mago. » sorrise sornione Kilgharrah. « Ora va'. » *

Merlin osservò con la bocca semiaperta il drago che dispiegava le ali e se ne andava, ignorando il tentativo del mago di ribattere qualcosa, e lo lasciò lì imbambolato. Dovettero passare diversi minuti prima che questi si ricordasse che aveva un principe da salvare e si incamminasse alla volta delle sue stanze.

trallalà

trallalà

trallalà

* = non so cosa mi abbia trattenuta, nello scrivere “Ora va'”, dal fargli seguire un “e riempiiiilooo”. E poi un “Tu sei Robb, ma che splendida fanciulla.” È quindi mio dovere citare la grande opera **.


** = che è bbbbellissima e meravigliosa, tutti la conoscete benissimo, ma citarla all'infinito fa sempre bene, un po' come il trailer di don matteo ***.


*** = che è bbellissimo e meraviglioso pure lui. Okay, la smetto.

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Capitolo 5
*** Atti sesto e settimo ***


Atti sesto e settimo


Wine of Love



ATTO SESTO, di come il principe cerca di rimediare alle sue colpe.


Camminava a passo sostenuto, spinto dall'ansia di scoprire dove Gwen avesse ritrovato Arthur e soprattutto la ragione di quella fuga. Si ripromise di ordinare sempre espressamente al principe, in futuro, di restare accanto a lui salvo diversi ordini; nel frattempo pregava che l'eventuale danno non fosse irreparabile.

Rimuginò ancora una volta sulle parole del drago: a che pro costringerlo ad una simile promessa? Quella lucertola era strana, c'era da sospettare che in quelle grotte crescesse qualche strana pianta allucinogena e che Kilgharrah prendesse i trip per visioni mistiche sul futuro.

« Ti stavo cercando! »

La voce cristallina di Morgana risuonò per il corridoio che portava alle stanze di Arthur, proiettandosi tra le pareti e amplificandosi.

« Lo abbiamo trovato! » comunicò sollevata, raggiungendolo veloce. Agguantò una delle maniche del valletto, troppo lunghe per quelle gracili braccia, e lo trascinò di peso verso la loro meta, trattandolo come un sacco di patate.

« Una fortuna inaspettata, che Lance... » cominciò a spiegare, per essere subito interrotta: « Lancelot? » Merlin non nascose la sorpresa.

« Si è fatto in quattro, per aiutare Gwen. » sussurrò Morgana per non essere udita da altri, e poi provvedette a lanciare al ragazzo un'occhiata complice e una gomitata eloquente.

Ma Merlin era davvero poco interessato alle tresche di palazzo, in quel frangente.

« Morgana! » esplose. « Avevi detto: solo Gwen! »

« Beh, » sbuffò con aria colpevole « tecnicamente è stata Gwen a dirlo a Lance. »

Merlin si portò una mano alla fronte, esasperato. Non sono destinato a morire decapitato per una ragione simile, ricordò a se stesso per calmarsi.

« Va bene, va bene. » si arrese. « Ma spero per te che non lo sappia nessun altro! »

« Nessuno. » confermò l'altra con un occhiolino. « Beh, a parte quelli delle cucine, certo... »

Ormai avevano raggiunto l'ingresso della camera da letto di Arthur.

« Che c'entrano quelli delle cucine!? » domandò Merlin con voce isterica, proprio nel secondo in cui le porte della stanza si spalancavano rivelando i suoi tre amici: Lancelot e Gwen erano in piedi ad osservare divertiti il principe, Arthur seduto sulla scrivania dondolava la testa ritmicamente. I suoi occhi si illuminarono e divenne radioso nel momento in cui Merlin varcò la soglia entrando nel suo campo visivo.

« Amor mio! » trillò, alzandosi in piedi. Poi, senza volerlo, rispose alla domanda lasciata in sospesa da Morgana. « Ti ho cucinato la cena! »

Merlin non poté impedire alla propria mandibola di crollare per la sorpresa, ma cercò di ricomporsi velocemente e richiuse la bocca. « Tu hai... cosa? »

Le cucine sarebbero spettate a lui, avrebbe dovuto controllarle. Maledizione.

« Gwen mi ha detto quanto ti sei preoccupato! » cinguettò, assumendo un aria colpevole « Mi dispiace tanto. » concluse fissandosi i piedi.

Okay, questo non aiutava granché Merlin a ricomporsi.

« Oddio, ha detto che gli dispiace! Arthur ha appena detto di essere dispiaciuto per qualcosa che ha fatto! » anche Morgana sembrava piuttosto sorpresa. « Non vedo l'ora di rinfacciargli ogni s-i-n-g-o-l-a cosa non appena rinsavirà! »

Gwen rise. Arthur si guardava intorno senza capire, allegro. Nell'arco di una sola giornata aveva dato fondo al suo miglior repertorio di espressioni idiote, considerò Merlin.

« Dovresti assaggiarla, quella cena. » suggerì Lancelot alzando le spalle.

Merlin gli lanciò un'occhiata di puro odio. Arthur non aveva mai cucinato in vita sua, quindi sperò profondamente che quella strana zuppa fosse stata rubata dalle cucine, e non preparata. Altro che destino di guidare il futuro re di Albion... Sarebbe morto avvelenato quel giorno stesso! Da qualche parte nei sotterranei di sicuro Kilgharrah si stava divertendo molto!
Raggiunse lentamente la sedia alla scrivania di Arthur, che il principe aveva prontamente liberato dal proprio regale peso per offrirla a lui scodinzolante. Merlin si fece coraggio e afferrò un cucchiaio d'argento, affondandola nella zuppa fangosa che gli era stata posizionata davanti.

« Buona fortuna. » ridacchiò Gwen.

Quando quella storia era diventata un maledetto show di intrattenimento? Merlin maledisse il suo pubblico e infilò il cucchiaio in gola. Deglutì. Poteva sentire lo sguardo pieno d'ansia da prestazione di Arthur perforargli il cranio.

« È buonissima. » cercò di suonare convincente, mentre soffocava un conato.

Le labbra di Arthur si arcuarono in un sorriso che scopriva i denti bianchi, e Merlin sentì qualcosa muoversi dentro di sé, all'altezza del petto. E, se non si trattava della zuppa che aveva improvvisamente acquistato vita propria – cosa che Merlin non si sentiva di escludere –, probabilmente quella cosa che premeva sul suo stomaco era senso di colpa.

« Grazie Arthur. » sussurrò , pieno di effettiva gratitudine.

« Come sono carini! » squittì Morgana. Gli altri due ridacchiarono.

Merlin lanciò la testa indietro ed emise un lungo sospiro.

« Dovresti finire la zuppa. » lo incalzò lei. Il mago tornò ad affondare il cucchiaio nella melma appiccicosa che il suo principe gli aveva propinato.

« Grazie, Morgana. Sarebbe stato un terribile errore, dimenticarsene. » cercò di imprimere in quella frase tutto l'odio di cui era capace, sperando che la donna cogliesse la – non tanto – velata minaccia.

« Morgana? » sussultò Arthur, dietro di lui.

Oh, no.

Il principe di Camelot, sotto lo sguardo esterrefatto dei presenti, si parò con la spada sguainata tra il suo amato e il resto dei presenti.

« Ti sconfiggerò, strega! Non ti lascerò toccare il mio prezioso innamorato. »

Merlin era certo che Morgana continuasse a trovare divertente la vicenda, nonostante avesse una spada puntata al collo, ma decise di intervenire lo stesso.

« Su, Arthur. In fondo Morgana non è così cattiva. » Beh, insomma. « Sono certo che non cercherà di separarci. » lo tranquillizzò. Oh, di questo era proprio sicuro.

Gli poggiò una mano sulla spalla, cautamente, ma Arthur non si voltò.

« Perché difendi la strega, Merlin? » mormorò. Sembrava... ferito?

« Beh, lei, diciamo... Non merita di essere infilzata, credo. »

Gli altri trattenevano il fiato. Lancelot, ad ogni buon conto, aveva lentamente portato una mano all'elsa.

« Dimmi la verità, per favore. Tu mi hai... »

« Ti ho? »

« Mi hai tradito con questa strega, Merlin? » Arthur evitò il suo sguardo. « Non mi arrabbierò, te lo prometto. » continuò, mordendosi le labbra. « Ma vorrei che il nostro rapporto fosse sincero. Se non mi ami più, se... » tirò sul col naso. « Vorrei che me lo dicessi. »

La mano di Merlin strinse la spalla di Arthur, costringendolo a voltarsi nella propria direzione.

« Non ti ho tradito, okay? » chiarì fissandolo negli occhi.

Arthur ricacciò indietro le lacrime e annuì. « Okay, ti credo. »

« Ora calmati. » sussurrò dolcemente Merlin.

Arthur gli si buttò tra le braccia lasciandolo di stucco, e cominciò a piangere disperato borbottando qualcosa sul fatto che si scusava per non essersi fidato di lui. Merlin gli diedi qualche timida pacca sulle spalle sperando che si staccasse il prima possibile. Incrociò lo sguardo esausto con quello degli altri, di fronte a lui.

« Credo che dovreste andare. » sussurrò. « Non è abbastanza stabile per reggere tutta questa compagnia. Resterò io con lui. »

Persino Morgana sembrava aver messo da parte il suo eccessivo entusiasmo e annuì prima degli altri.

« Prenditi cura di lui fino a domani, okay? » chiese materna: per una volta non c'era traccia di malizia nelle sue parole. Merlin acconsentì, e i tre lasciarono la stanza.



ATTO SETTIMO, di come il principe scopre la verità.


In seguito Merlin poté dire onestamente che la cena non fu un completo disastro, perché dalle cucine venne mandato uno sguattero con il resto delle pietanze: un incredibile stufato fatto con il cinghiale che Arthur aveva cacciato per lui. Gli fu però difficile ignorare le strane occhiate che il garzone gli riservò, e dovette prendere mentalmente nota di chiedere maggiori spiegazioni a Gwen e Lance su quello che fosse successo nelle cucine quel pomeriggio.

Sia lui che Arthur mangiarono di gusto lo stufato – beh, più lui che Arthur: era un piatto raro sul tavolo di un servitore. Merlin sorrise tra sé, pensando che non tutto il male veniva per nuocere.
Quando ebbe terminato si concesse qualche minuto di riposo sulla sedia, massaggiandosi la pancia. Al di là dei vetri della finestra, il cielo si stava facendo scuro: segno che era ora di prepararsi per la notte. Controvoglia, decise dunque di alzarsi da quella comoda sedia costosa, si stiracchiò teatralmente e iniziò a radunare le stoviglie sporche: aveva promesso al garzone di riportarle in cucina.

Avvertì la mano calda e asciutta di Arthur scorrere sulla sua, e poi stringere. Si voltò, con un sopracciglio alzato e la bocca socchiusa che stava per dire qualcosa, ma l'altro lo prevenne.

« Lascia che sistemi io i piatti. » gli chiese Arthur.

Merlin deglutì a vuoto un paio di volte e poi si liberò della stretta, mugugnando un incerto « Ok... Ma poi dovrò comunque riportarli nelle cucine. »

Arthur sorrise imperturbabile e, sotto lo sguardo stupito di dell'altro, impilo i piatti e raccolse le posate. Quello sì che era uno sviluppo inaspettato, penso il mago sedendo di nuovo e riprendendo a godersi il suo momento di relax: Morgana aveva avuto ragione... Una volta che Arthur fosse guarito sarebbe di sicuro stato divertente, molto divertente, rinfacciargli tutte le cose che aveva fatto mentre non era in sé. Anche se, forse, non sarebbe stato saggio. Se il principe avesse immaginato di aver sparecchiato la cena mentre Merlin restava stravaccato su una sedia, probabilmente avrebbe reagito con una serie di esemplari e poco piacevoli punizioni. Ora iniziava a capire cosa intendeva Kilgharrah! Era difficile pensare di dover tornare all'Arthur despota. Che un po' gli mancava, in realtà, ma non voleva ammetterlo neppure con se stesso.

« Sei davvero diverso da lui, » ridacchiò « in senso buono, intendo. »

Si era lasciato sfuggire quella frase con troppa leggerezza, neanche ci fece caso. Arthur sedette lentamente accanto a lui, senza avere il coraggio di incrociare il suo sguardo. Era tutto il giorno che quel pensiero lo torturava, e quella frase buttata lì senza pensare gli forniva finalmente la scusa per fare chiarezza.

« Diresti che sono intelligente, Merlin? Onestamente. »

Merlin non ebbe la prontezza di rispondere immediatamente. Per quanto non facesse altro che considerarlo un'idiota e trattarlo come tale, in qualche modo sapeva che era uno scherzo tra loro. Arthur era un po' lento a volte, ma sapeva anche elaborare brillanti strategie militari. Onestamente, Merlin riteneva che la risposta alla quella domanda fosse un sì.

Ma non fu abbastanza veloce nel rispondere, e Arthur interpreto il suo silenzio in tutt'altro modo. « Forse non sono una cima, hai ragione. Però io ti amo, Merlin. E capisco se in te c'è qualcosa che non va. »

Parlò fissando il mago intensamente, e l'altro avvertì dei brividi gelati corrergli sulla pelle. Era così reale.

Merlin scosse la testa, scacciando quel pensiero. Non era affatto reale.

« Credo di aver capito, sai? Cosa c'è che non va. Sono io che non vado. »

« No Arthur, tu... »

« Non ti preoccupare, non sto per farti un'altra scenata di gelosia. » sospirò, per poi aggiungere con un sorriso amaro « Non è quel tipo di “non vado”. No, si tratta di me perché c'è davvero una pozione d'amore, non è così? Stamattina, quando mi hai portato da quel guaritore... Parlavate di questo, giusto? »

Merlin lo guardò, senza parlare. Riusciva a percepire la paura nelle parole dell'altro; appena accennata, ma lui poteva riconoscerla. Gli era stato al fianco così tante volte, durante le battaglie: il valoroso principe Arthur, tutto coraggio e onore. Ma lui sapeva, lui aveva imparato a riconoscere anche l'altro Arthur, quello che prima dei tornei provava della poco onorevole paura per la propria vita, che serviva a renderlo umano almeno agli occhi del suo servitore. Riconosceva la mascella contratta, l'angolo strano del suo sorriso nervoso, il respiro più veloce: cose che sembrava essere l'unico in grado di vedere – e le vedeva adesso, nell'uomo di fronte a lui che, se non era il vero Arthur, ne aveva conservato le abitudini.

Era difficile accettare di essere la causa della sua paura, faceva male.

« È colpa mia. » disse infine. « Quella pozione... sono stato io a- »

« Mi hai somministrato tu quella pozione? » domandò Arthur, molto sorpreso.

« Oh no. No. Non sono stato io. » mentì, mordendosi la lingua. « Però è colpa mia, voglio dire, se non fosse stato per me non sareste in queste condizioni, Voi... »

« Non darti colpe che non hai, Merlin. »

Il tono di Arthur sembrava seccato.

« Non c'entri nulla, è evidente. Cosa guadagneresti dallo stregarmi in questo modo? Non posso pensare a nessun altro, qualsiasi cosa io faccia. È quasi doloroso, non immaginavo che l'amore potesse essere così: ti riempe la testa di dubbi. Continuò a chiedermi se sono abbastanza per te, se un giorno fuggirai con qualcuno più interessante di me, se mi ami davvero... Ogni momento. E tu ovviamente non mi ami – per la Dea, come potresti!? Ti sei ritrovato in questa situazione tuo malgrado, e mi sei comunque stato accanto. Hai cercato di nascondermi la storia della pozione, per non farmi soffrire... Per me. »

Merlin iniziava ad avvertire uno strano bruciore agli occhi.

« Rispondi con la verità, per favore. Ti ho mai cucinato la cena, prima di oggi? »

« No. »

« Ho mai sparecchiato al tuo posto? »

« No. »

« Riordinato? »

« No, Arthur. Ma Voi... »

« Ti ho mai chiesto di tenermi compagnia per cena? »

Merlin scosse la testa. Arthur si concesse un lungo sospiro.

« Insomma, ti ho sempre trattato come un semplice servo? »

Merlin scosse la testa di nuovo, con vigore.

« No, sire. Sono il vostro servo, sì. Ma non è solo quello. Vi siete sempre preoccupato per me: avete persino rischiato la vostra vita per salvare la mia. Nessun altro si comporterebbe in tale modo verso il proprio servo. »

Arthur si stava torturando le labbra, mordicchiandole per scaricare la tensione. Un altro segno che Merlin aveva imparato a riconoscere.

« L'altro me... Ti piace? » domandò.

« È un maledetto idiota ma... Sì, mi piace. »

« E... Ti manca? »

Il mago spalancò gli occhi, interdetto. Cosa doveva rispondere, in una simile situazione? E poi, cosa provava, in effetti? Questo Arthur era più piacevole dell'altro, in fondo. Lo trattava meglio. Perché mai avrebbe dovuto mancargli quella testa d'asino?

« Sì. » ammise a denti stretti, senza riuscire a guardarlo.

Arthur incassò.

« È così difficile immaginarmi... Beh, non innamorato di te. » sussurrò.

« Fidatevi, non sono così fantastico. » disse Merlin con un'alzata di spalle. « Quel filtro era davvero potente. »

« Probabilmente hai ragione. » convenne il principe con tono monocorde e sguardo perso vuoto, mentre si domandava dolorosamente in quale momento della conversazione Merlin fosse passato a dargli del Voi.

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Capitolo 6
*** Atti ottavo e nono ***


Capitoli otto e nove


Wine of Love



ATTO OTTAVO, dell'amore vero sull'amore falso.


In seguito a quella conversazione, il principe aveva cercato di contenere come poteva i propri slanci d'affetto verso il valletto, più che altro per evitargli imbarazzo ma anche nella consapevolezza della loro artificialità, che ancora non riusciva ad accettare. La scoperta di non essere contraccambiato dall'uomo della propria vita non era una cosa che poteva lasciare indifferenti, Arthur ne era uscito molto male e Merlin ne era ben consapevole; percepiva distintamente il clima pesante che si era instaurato. Tentò in qualche occasione di stemperarlo, per mezzo di qualche battuta di dubbia delicatezza: “Se foste sempre così pieno di premure indubbiamente sarei innamorato di voi!” e anche “Beh, ma mi sarebbe impossibile sopravvivere alla furia delle dame di corte.” senza però ottenere grossi risultati.
Non solo il principe non reagì ai tentativi del valletto di farlo sorridere, ma si fece se possibile più silenzioso.


Nel prepararsi per andare a dormire Arthur aveva avuto la premura d'indossare una camicia, contrariamente alle sue abitudini, in una forma di riguardo verso Merlin al quale non voleva imporsi in nessun modo, nemmeno visivamente. Approfittava delle volte che il mago gli volgeva le spalle per lanciargli occhiate intense, che accarezzavano delicatamente il suo profilo spigoloso, così irresistibile per il principe incantato: la pelle lattea, il nero intenso della chioma, e soprattutto il sorriso furbo che si dipingeva sul suo viso senza che lui se ne accorgesse. Amava, magia o no, il modo in cui il suo valletto fosse l'unico ad avere il coraggio di tenergli testa, di dire sempre quello che davvero pensava. Davvero quei sentimenti così vividi erano dovuti all'aver ingerito un intruglio? Arthur assaporò la piacevole sensazione che gli riempiva il petto, qualcosa che non aveva mai provato prima e che lo faceva sentire indistruttibile.

« Merlin? » domandò, senza riuscire a impedirselo.

Il mago aveva spento tutte le candele tranne quella che teneva in mano, e si stava accingendo a caricare i piatti sulle braccia, per poi lasciare quelle stanze. Interruppe la sua attività per prestare orecchio al suo signore.

« Ditemi pure, Maestà. »

Arthur si guardò intorno nervoso: aveva dato fiato alla bocca senza sapere bene come esprimere quel concetto senza spaventare il suo servitore.

« Il guaritore... Sta preparando un antidoto, giusto? »

Merlin fu colto di sorpresa e ricambiò lo sguardo di Arthur senza sapergli dare una risposta: incalzato dallo sguardo dell'altro, infine, annuì lentamente. Il mago aveva previsto la reazione del principe, l'espressione triste che si era dipinta sul suo volto, ma non era stato in grado di prepararvisi adeguatamente.

« Quanto tempo ci vorrà? » chiese Arthur, senza riuscire ad incrociare il suo sguardo.

« Presumibilmente, non molto. Non più di un altro giorno, credo. »

Il principe non si mostrò sconvolto da quella notizia, ricordava quello che Gaius aveva detto quella mattina. Tuttavia aveva voluto una qualche conferma.

Prese un bel respiro.

« Sto per chiederti una cosa, Merlin. Ma voglio che tu sappia che non si tratta di un ordine. »

L'altro si fece silenzioso e immobile, un fascio di nervi, e attese.

« Resta con me. » sussurrò Arthur. « Per favore. »

Merlin deglutì, non sapendo cosa fare. Provò a balbettare qualcosa: l'istinto gli suggeriva di fuggire di lì e in fretta, ma qualche altro sentimento non voleva permettergli di andarsene. Doveva trattarsi di qualcosa come pietà o compassione. Un vago senso di tenerezza. Sicuramente non poteva essere...

« Se... Se deciderai di restare, prometto che non cercherò in alcun modo di- » il principe era davvero molto nervoso « Sarò rispettoso. » concluse in un soffio.

« Maledizione. » imprecò il mago.

La candela che stringeva in mano fu appoggiata di nuovo sul tavolo, con un tonfo sordo, e Merlin si voltò e cominciò a frugare nell'armadio.

« Che stai...? »

« Cerco qualcosa da indossare per la notte. »

Le regali palpebre sbatterono un paio di volte, incredule. Poi le regali labbra si allargarono in un sorriso.








ATTO NONO, della maledizione liquida.


Merlin cercava di distogliere la sua attenzione dalla realtà dei fatti – ovvero a quanto misere fossero le possibilità di tenere tutta quella storia segreta, ora che aveva deciso di passare la notte le stanze del principe. Non v'erano possibilità che la questione non diventasse risaputa: Gaius, seppur non intenzionalmente, avrebbe di certo fatto uscire fuori il fatto che nessun Merlin era tornato a dormire nel proprio letto, quella notte. Morgana ne sarebbe venuta a conoscenza, e avrebbe immediatamente fatto due più due. Sempre senza cattiveria, l'avrebbe detto a Gwen – solo a lei, di lei ci si può fidare – che l'avrebbe detto a Lancelot, perché Lancelot non potrebbe mai farne parola con nessuno. E così via, all'infinito. Vi erano sì ottime probabilità che in effetti la notizia non raggiungesse il sovrano – chi mai oserebbe insinuare in presenza del re che il principe di Camelot, unico erede al trono, carne della sua carne, sia un invertito? Nessuno sarebbe stato folle a tal punto. Ma questo non significava che la voce sarebbe stata al riparo dalle orecchie della corte. Anzi, dell'intero castello. Nessuno avrebbe parlato d'altro per quindici anni... Merlin iniziò a figurarsi un futuro in cui sarebbe dovuto emigrare in terre lontane pur di mettere a tacere i pettegolezzi, un futuro che avrebbe costretto Kilgharrah a rimangiarsi tutte le sue previsioni sulla grandezza di Albion e sulle due facce della medaglia – e questo solo perché si era fermato a dormire nel letto sbagliato.

Il principe era sdraiato accanto a lui, ma gli dava le spalle; Merlin stava cercando di convincere se stesso a trovare quella situazione normale e a essere a proprio agio – molte altre volte s'erano trovati a condividere il giaciglio, nell'accamparsi in fredde foreste. Ma farlo nel castello era completamente differente, inutile fingere: era molto più intimo e Merlin non poteva ignorarlo.

« Stai dormendo? » la voce appena sussurrata di Arthur era una carezza di velluto. Merlin avrebbe potuto fingere di essere addormentato, non c'era modo per Arthur di svelare la menzogna fin quando manteneva quella posizione svantaggiosa.

« Non ancora. » le parole lasciarono le sue labbra senza che avesse dovuto anche solo pensarle. « Credevo che tu dormissi. »
Il cigolio del letto annunciò che Arthur stava cambiando posizione, e poco dopo Merlin si ritrovò a fissarlo negli occhi.
« Non riesco, » rispose il principe « tutta questa faccenda tiene la mente abbastanza impegnata, no? »

Il mago annuì e si girò a propria volta verso Arthur, ignorando la tensione che iniziava a dilagare in lui. Sentiva il bisogno di fuggire dalla parte opposta, ma poi ricordò a se stesso che aveva dalla sua parte la magia e che questo gli avrebbe permesso di tenere il pieno controllo della situazione, in qualsiasi modo essa si fosse evoluta.
Nel frattempo anche Arthur, che era stato impegnato a sua volta in un'altra battaglia interiore, aveva trovato una risoluzione per i suoi dubbi e preso una decisione.
« So di aver promesso di farla finita con questa storia, ma non riesco a pensare ad altro. Credo sia la pozione, doveva essere davvero potente. Perciò c'è una cosa che vorrei chiederti... »

Merlin deglutì, aspettandosi il peggio.
« Pensi che... In un'altra situazione, in un altro mondo, con altre regole... Avresti potuto innamorarti di me? »
Quella domanda, pur inaspettata, aveva già una risposta. Una risposta che era stata custodita nel cuore del mago per tantissimo tempo.

« Avrei potuto. » disse Merlin, sorprendendo se stesso.

« Intendo dire... Del vero me. » precisò Arthur.

« Lo so. » un sussurro che non tradiva esitazioni.

Fu la volta del principe di deglutire. « E io? Avrei potuto innamorarmi di te? »

Merlin volse lo sguardo, non potendo rispondere a quella domanda, la stessa domanda che ora a sua volta si stava ponendo. Quanto avrebbe voluto conoscerne la risposta, nonostante le pericolose implicazioni!
Il silenzio li avvolse, morbido, riempendo ogni spazio tra loro – rotto solamente da qualche sospiro più profondo degli altri. Merlin non era mai stato così consapevole della presenza di qualcuno accanto a sé come quella sera, poteva avvertire la nota dolce del profumo di Arthur che attraversava l'aria, il suo cuore pulsare al ritmo dell'amore profondo che la pozione gli aveva inculcato.
Già, la pozione... Accettare che tutto quello che stava avvenendo fosse artificiale era sempre più difficile, tutto sembrava dannatamente
reale, tutto. Arthur che cominciava a singhiozzare silenziosamente, comprendendo che non avrebbe ricevuto una risposta: quello era reale. I suoi lamenti che si smorzavano, mentre il principe affondava il viso contro il petto di Merlin, chiedendo un conforto che non poteva essergli concesso: anche quello, così reale.

« Io... Non voglio morire, Merlin. » sussurrò, in un singhiozzo più udibile degli altri. « Non voglio smettere di esistere. Non c'era nulla prima di te, nulla esisterà poi. »

Una mano raggiunse i capelli di Arthur e li accarezzò dolcemente, saggiandone la morbidezza. Fili d'oro tra le dita di un umile servo. Stava davvero accadendo?

« Avrete Voi stesso... Il vero Voi stesso. »

« Me stesso... Chi decide che sia quello, il vero me stesso? Chi può saperlo con certezza? »

« Arthur... »

« Se decidessi di non volerlo, quell'antidoto? Sarebbe... Tu... Sarebbe così inaccettabile? Per te? »

Le parole si estinsero di nuovo e il silenzio cadde come la neve, ghiacciando i loro respiri e facendone cristalli. Merlin si morse le labbra, incastrato da se stesso in quella complessa situazione, senza riuscire a vedere una via d'uscita. Con quale coraggio poteva di nuovo negare ad Arthur una risposta?

L'altro ammutolii, temendo di aver osato troppo. Non si meravigliò del fatto che Merlin avesse improvvisamente negato un appoggio alla sua testa, sgusciandogli via – letteralmente – da sotto il naso. Non c'era niente di strano nella mano che smetteva di accarezzare i suoi capelli e si ritirava tra le tenebre: aveva osato troppo. L'aveva spaventato, con i suoi assurdi discorsi e i piagnistei.

Le lenzuola scivolarono silenziose, assecondando lo spostamento del mago, che si abbassò e premette le labbra sulla fronte del principe. Arthur sussultò, sorpreso da quel tocco gentile e inaspettato, un bacio paterno, che suggellava il perdono dell'altro e gli chiedeva a gran voce di smettere di preoccuparsi delle sue parole. La mano riapparve, scorrendo sulla guancia, contro un lieve spessore di barba non fatta. Le dita di Merlin girano intorno al profilo del regale orecchio, scendendo lungo il collo, che abbracciarono, bloccarono, e poi spinsero; trascinandolo verso un bacio innocente e candido come la neve che li aveva congelati.

Un bacio, e Merlin realizzò: quel bacio – dato senza pensare, in una situazione confusa come quella – non era una bugia. Non era artificiale.

Quel bacio era reale, poteva sentirlo contro le labbra socchiuse.

Poteva accarezzarlo, poteva morderlo, leccarlo e trasformarlo in qualcosa di diverso; un bacio sensuale, di quelli che ti attraversano sotto forma di brividi anche il resto del corpo e ti scaldano il cuore e lo stomaco.

Le effusioni si fecero più rumorose, a tratti, quando i due interrompevano l'apnea per riprendere a respirare. Arthur si incurvò, sollevandosi su Merlin e approfondendo il bacio, carezzandogli il viso con la mano sinistra, insinuandosi tra i ciuffi d'inchiostro mischiati alla notte.

L'aria intorno si fece elettrica, Merlin lo percepiva sulla propria pelle.

« Baciami. » sussurrano i giovani innamorati, privati della ragione.

« Prendimi. » sussurrano gli amanti, resi ciechi dal desiderio.

« Ti amo. » sussurrò una notte a un principe il suo servitore.

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Capitolo 7
*** Atto Decimo ***


Atto decimo


Wine of Love



ATTO DECIMO, del veleno che mangia la felicità.


Il rimorso assalì Merlin, soffocandolo nei sensi di colpa, mentre osservava il profilo attraente – che senso poteva avere a quel punto mentire a se stessi? – che giaceva addormentato contro il suo petto. Il ragazzo che si era portato a letto non era affatto in condizione di intendere e di volere, quando era successo... Beh, quello che era successo. Che etica c'era in quell'atto che avevano consumato? Il vero Arthur non era stato tra quelle lenzuola, il vero Arthur era perduto in un luogo lontano... Solo l'antidoto avrebbe avuto il potere di richiamarlo lì con lui.

Ma c'era realmente un vero Arthur? O quei due Arthur erano solamente due differenti versioni della stessa persona? Il mago strinse i pugni nervoso: desiderava riavere indietro il suo vecchio amico, ma non aveva il coraggio di spegnere quella creatura che respirava contro il suo stomaco. Continuava a tormentarsi, ripensando alle parole del principe: terrorizzato all'idea di morire, di scomparire insieme all'amore che provava per il suo servitore.

Amore fittizio, dovette sforzarsi di ricordare il mago. Merlin si agitò nel letto, voltandosi a dare le spalle all'altro e raggomitolandosi su se stesso.

Le braccia di quell'Arthur innamorato lo seguirono nel sonno, attratte da una forza superiore, avvolgendolo in un abbraccio bollente che ancora profumava di sesso... Ma che ancor di più era la promessa di un cuore devoto.

Il mago deglutì lentamente, ricacciando indietro delle lacrime insubordinate, mentre realizzava che non avrebbe potuto lasciare Arthur schiavo di quella maledizione. Non sarebbe stato giusto, per nessuno di loro! Quali altre opzioni avrebbero avuto? Una fuga romantica? Uther avrebbe dispiegato l'intero esercito pur di ritrovare l'amato figlio, e nell'improbabile caso che questi sforzi non avessero dato frutto.... Certo il re, noto per la sua indole calda, avrebbe scelto un capro espiatorio dando inizio a nuove ingiustizie. Non poteva prendersi una responsabilità come quella. E non poteva prendersi un Arthur al quale era stata negata ogni possibilità di scegliere.

Fu così che Merlin si ritrovò di fronte alla decisione più importante della sua vita, e dovette ammettere di non avere scelta.

Si voltò verso il principe e ne accarezzò il volto addormentato, poi si accoccolò contro di lui e si concesse di dormire per un'unica volta tra le sue braccia, conscio di ciò che lo attendeva il mattino successivo.



Le dita di Merlin si inseguivano pigramente tra i capelli di Arthur, tracciando piccole spirali e disegni privi di significato. Merlin deputava a quei movimenti una cura religiosa, come convinto del fatto che potessero avere il potere di incantare il tempo e incastonare quel momento nell'eternità. Temeva il momento in cui quella creatura perfetta che giaceva addormentata si sarebbe risvegliata, costringendolo a mantenere la promessa fatta a Kilgharrah.

I respiri di Arthur si fecero mano a mano meno pesanti, annunciando che quel sonno dolce andava dissolvendosi lasciando il posto ai primi attimi mattutini di coscienza. Conscio dell'imminente risveglio dell'amante, Merlin depositò un bacio leggero sulla sua guancia calda. « Buongiorno. » gli sussurrò poi, con un soffio, nell'orecchio.

Arthur rispose con un mugolio gutturale e lasciò passare alcuni secondi prima di aprire le palpebre e accogliere il mondo e la vita, con la quale sapeva di doversi confrontare. Quando il momento venne li aprì di scatto, permettendo alla luce del mattino di ferirli. « 'giorno. » balbettò, voltandosi verso Merlin e stampandogli un bacio sulle labbra. Fu strano: Merlin aveva temuto che l'intimità fisica e mentale che i due avevano raggiunto fosse una cosa relegata a quella notte, in un mondo distante e immaginario; ma non c'era niente di immaginario nella naturalezza con la quale le labbra di Merlin erano state la prima cosa che il principe aveva cercato al suo risveglio.

Quando le due paia di labbra si furono trovate, i ragazzi si cercarono anche con lo sguardo. Merlin trovò consapevolezza in quello di Arthur, rassegnazione alla fine che si avvicinava, intesa come morte di lui e di loro.

« È il grande giorno. » mormorò Arthur cercando di spazzare via il clima di tensione che si era depositato tra loro come cenere, ricevendo in risposta un mugolio distante.

« Già. E pensavo che dovremmo renderlo speciale. » considerò Merlin, ottenendo l'immediata attenzione dell'altro. « Deve essere indimenticabile. »

Ritirò la mano e si trascinò sul bordo opposto del letto, dove si tirò a sedere: mentre frugava a terra in cerca dei propri abiti, aggiunse « Voglio trovare un posto che sia solo nostro, voglio portarti lì e baciarti finché avrò fiato. Voglio che gli alberi ci facciano da testimoni e che la foresta conservi la memoria di noi per sempre. » saltellò in modo ridicolo per aiutare i pantaloni a calzare e li fermò con una cintura di cuoio. « Possiamo prendere i cavalli, posso sellarli io. Tu devi solo cercare di essere il vecchio te stesso per non insospettire le guardie... E trattarmi male, se ce ne dovesse essere bisogno. » dovette interrompersi per infilare la testa nella maglia « Non voglio che tu abbia da pensare a quella storia almeno fino a stasera, okay? Dubito che l'antidoto sarà pronto prima di allora, conoscendo Gaius... Come guaritore è certamente molto preparato, ma in quanto a velocità... Da quando ha cominciato ad avere quei problemi di vista, beh... »

Anche Arthur si tirò fuori dal letto, ma rimase seduto e non accennò a vestirsi né a condividere quel manifesto entusiasmo di Merlin.

« Merlin, non credo che questo abbia senso. Voglio dire, prima o poi dovrò comunque-- » Le sue labbra dovettero arrestarsi contro quelle serrate di Merlin: gonfie e carnose, tentatrici, riuscirono nell'intento di distrarre Arthur per qualche secondo. Il mago sfruttò quel piccolo vantaggio propriamente: « Devi avere fiducia in me, » sussurrò a fior di labbra « sarà un giorno perfetto. » promise. Gli stampò un ulteriore bacio in fronte e fece per uscire, ma una volta sulla porta si arrestò e si voltò a guardare il principe, ancora seduto su quel materasso che era stato complice di una notte imprevista.

« Faccio un salto di sotto alle stalle, giusto un'occhiata per scegliere i cavalli. Intanto puoi prepararti, ti faccio portare la colazione dalle cucine. »

Ad Arthur sfuggì un tenero sorriso, così ingenuo che Merlin sentì la pelle pizzicare e uno strano sentimento invaderlo senza consenso. « A tra poco. »



Il mago caracollava giù per le scale a passo sostenuto, saltando i gradini a coppie di due. Non si stava dirigendo alle stalle o alle cucine, e il peso della meta lo soffocava.

Era stato onesto nel promettere ad Arthur quell'ultimo giorno insieme, ma non sarebbe mai potuto partire senza conoscere l'effettivo stato di completamento dell'antidoto: e se Gaius l'avesse davvero ultimato entro quella sera? In tal caso avrebbe dovuto essere mentalmente preparato a perdere Arthur – uno degli Arthur, pur sempre un Arthur – nell'esatto momento in cui avrebbero rimesso piede al castello.

Sospirò. Aveva bisogno di ricordare con attenzione ognuna delle ragioni per le quali non era giusto fuggire di lì per sempre insieme ad Arthur, accettare il futuro stava diventando sempre più difficile.

C'era da dire che l'intera situazione si era generata a causa del suo essere maldestro, e non c'era nessun Arthur innamorato di lui, nel mondo reale.

Superò una coppia di giovani innamorati appiattita contro il muro, in un angolo del corridoio. Non gli era mai capitato di imbattersi in coppiette prima di allora, o forse non aveva mai prestato attenzione a quelle manifestazioni prima di sapere cosa si provasse a desiderare tanto un'altra persona.

La ragazza ridacchiava, mentre cercava di scacciare senza convinzione il giovane di fronte a lei, un bellimbusto coperto di riccioli castani. Aveva le guance arrossate e un segno scuro alla base del collo. Merlin mandò a mente di controllare in seguito se anche ad Arthur fossero rimaste simili tracce dalla notte precedente, con la magia sarebbe stato semplice eliminarle. Certo, quella costituiva una delle minori tra le preoccupazioni del momento.

Aveva deciso che avrebbe portato Arthur nel punto in cui aveva raccolto l'Artiglio, vero colpevole di quella situazione: il panorama che si osservava dall'ingresso della grotta che custodiva il fiore avrebbe lasciato senza fiato persino un asino come il principe di Camelot. Se davvero quello era il loro ultimo giorno insieme, era suo dovere renderlo perfetto.

Si trovò di nuovo all'origine di quel circo di pensieri: doveva sapere se Gaius era in procinto di terminare l'antidoto e doveva saperlo il prima possibile. Imboccò il corridoio che portava allo studio del medico e sentì crescere in lui un'agitazione che in rare altre occasioni si era impossessato di lui, e mai così repentinamente. Forse in occasione di qualche battaglia, negli attimi che la precedevano. Quel giorno Merlin si trovava di fronte l'unica battaglia che sentiva davvero la necessità di combattere, ma senza frecce alla sua faretra.

La porta si dischiuse cigolando al suo tocco.

« Gaius? » chiamò.



« Gaius? »

« Merlin! » fece eco lui. « Eccoti, finalmente. In realtà speravo fossero quelli delle cucine, ho una gran fame. Sai, sarebbero già dovuti essere qui, ho chiesto a Gwen di chiamarli diverso tempo fa, ormai. » l'anziano medico era visibilmente provato, ricurvo su una seggiola. Tuttavia pareva di ottimo umore. « Ho passato una notte tremenda, senza chiudere occhio. Certo non puoi saperlo, naturale, vorrei sapere dove sei finito per tutto questo tempo! Ho passato la notte sveglio per te, per ultimare quell'antidoto il prima possibile... Il tuo aiuto sarebbe stato determinante, le tue capacità... Ma ora non ha importanza. » sbuffò. « E dire che mi sono affaticato tanto solo per te, volevo sistemare questa situazione il prima possibile. Sai, questa cosa dell'Artiglio Rosso mi ha fatto pensare. È un fiore estremamente raro, non può essere una coincidenza, giusto? Intendo dire... Che io ti mandi a cercarlo, e che proprio lo stesso fiore sia la causa di questo disastro... »

Merlin iniziò ad avvertire un certo nervosismo. Non sapeva ricondurlo ad una ragione specifica: stava per essere smascherato?, l'antidoto era forse già pronto? Quelle sensazioni avevano però un'origine più profonda, erano una percezione viscerale. C'era qualcosa di sbagliato, Merlin lo sentiva allo stesso livello in cui poteva sentire la sua magia, quella involontaria, quella che aveva dalla nascita.

« Insomma, mi sento responsabile. Chiunque abbia ordito questo malvagio piano ai danni di Arthur, senza dubbio ti ha seguito fino alla grotta. Ero l'unico a conoscere la posizione di quel fiore, ne sono certo. Ed è impossibile che ve ne sia un altro all'interno del regno, le probabilità sono troppo misere... Sono il colpevole di quello che è capitato a te e Arthur, avrei dovuto considerare la possibilità che qualcuno potesse spiarti e agire di conseguenza. Sono stato uno sciocco. Lavorare tutta la notte era certamente l'unico modo, e ben poco a dirla tutta, l'unico che avevo per farmi perdonare... »

Merlin continuava a sudare freddo, senza capirne razionalmente il perché. Stava arrivando, qualcosa stava arrivando. Lo sentiva, era lì, dietro le parole confuse di Gaius.

« Ma non ha importanza ora, come ti dicevo, nessuna importanza. L'antidoto è pronto, terminato. Ho superato me stesso questa volta, dovresti congratularti ragazzo. »

Gaius sorrise, come se davvero si aspettasse affettuose pacche sulle spalle, ma il mago di fronte a lui era una statua di marmo e non poté trovare in lui la soddisfazione che cercava. Aggrottò le sopracciglia di fronte a quell'allievo ingrato, ma non gli permise di rovinargli il buon umore.

« Tu non c'eri, chiaramente, stavo per salire a portarlo ad Arthur personalmente, poco fa. Morgana ha avuto la gentilezza di passare a trovarmi questa mattina. Mi ha permesso di mandare Gwen nelle cucine a chiedere qualcosa da mangiare, è stata una fortuna, alla mia età fare tutte quelle scale non è esattamente consigliabile. Poi, non avendo toccato cibo, non mi sento di dire che sarei sicuramente arrivato a destinazione. E se io dovessi svenire – capisci Merlin, il medico di corte sono io – se sono io a svenire, chi mi soccorrerebbe? »

A Merlin sembrò che quei momenti si dilatassero in un tempo infinito. Il terrore lo attanagliava da profondità che non conosceva, creando un profondo contrasto con la tranquilla soddisfazione di Gaius; che ridacchiava di fronte a lui al rallentatore, dando luogo ad uno spettacolo di cui solo il mago poteva cogliere l'aspetto grottesco.

Merlin sapeva esattamente cosa stava arrivando per lui. Ma non poteva preparasi ad accettarlo, perciò fu come non averlo saputo affatto: « Ho dato l'antidoto a Morgana, si è offerta di portartelo. »

Il mondo intorno a lui cominciò a girare.

« Non l'hai... »

Inghiottito da una buia voragine.

« ...incrociata... »

Non mosse neanche un muscolo.

« ...mentre scendevi? »

Qualcosa si ruppe con un suono fragoroso, insopportabile. Perché Gaius non si copriva le orecchie? Non lo sentiva? Non sentiva la paura? Il terrore folle e cieco di aver salutato Arthur, quell'Arthur, solo pochi minuti prima... Facendo delle promesse che avrebbe potuto non mantenere mai?

L'idea che lui si trovasse ad affrontare da solo la propria fine, senza il sostegno di Merlin: questo lo uccideva. Aveva immaginato quel momento in molti modi, ma questo...

Non si era nemmeno accorto di aver lasciato le stanze di Gaius, e non aveva percezione della velocità a cui correva a ritroso verso Arthur. Quanti minuti erano passati? Aveva perso tempo a parlare con Lance, che aveva incontrato nell'andare dal guaritore. Quanto a lungo si era trattenuto con quest'ultimo? Quanto tempo aveva avuto a disposizione Morgana per far bere la pozione ad Arthur? Lei era già lì, con lui? O poteva raggiungerla prima che entrasse? O ancora, era possibile che avesse preso la pozione ma avesse deciso di aspettare che Gwen rientrasse dalle cucine? Che un qualsiasi, benedetto, miracolo potesse averla fermata?

Tutti i bei discorsi su quanto riavere il vecchio Arthur fosse la cosa giusta vennero ricacciati in un antro del suo cervello, insieme alla ragione. Le scarpe di Merlin divorarono voraci il pavimento, pietra dopo pietra, portandolo a destinazione: una stupenda porta di legno massello, cambiata di recente e lucidata a dovere; l'unica cosa a separarlo dalla verità. Si gettò sulla porta di peso, spingendola. La oltrepassò. Poi un solo attimo, raccolse il coraggio e finalmente guardò giù, nel vuoto assoluto che la porta celava.

C'era Arthur nella stanza.

Era solo.


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