Il mondo dei grandi

di Alive_Reader
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Smoke ***
Capitolo 2: *** Old memories ***
Capitolo 3: *** Be like snow: beautiful, but cold. ***
Capitolo 4: *** My childhood ***
Capitolo 5: *** Go to the hell! ***
Capitolo 6: *** My mortal heart ***
Capitolo 7: *** Let's try together ***



Capitolo 1
*** Smoke ***


Smoke
“Ricordo da bambino,
mamma mi disse:
sii sempre forte amore,
che il mondo là fuori è tutt’altro che rose e fiori.”

Quel pezzo mi svegliava ogni mattina, da ormai tre anni, quel pezzo risuonava alle 5.00 in tutto l’appartamento. Quella canzone era ormai la definizione della mia vita, quel cantante, che io definisco poeta, era ormai la mia ancora di salvezza, in tutti questi anni mi ha aiutata senza nemmeno conoscermi. La mia è stata un’infanzia travagliata, la mia è stata un’adolescenza piena di problemi, ma questi verbi al passato non significano che adesso che sono maggiorenne tutto va bene.
La voce della mia coinquilina mi risveglia dai pensieri profondi, ricordandomi che devo andare a scuola. Mi alzo a fatica dal letto e noto subito la siringa appoggiata sul comodino, assieme alle pillole, guardo il tutto con disgusto ed entro in bagno per farmi una doccia.
Una volta finita la doccia mi asciugo i capelli e torno in camera per vestirmi, apro le ante dell’armadio e afferro le prime cose che vedo. Non sono quel tipo di ragazza che la mattina sta mezz’ora con l’armadio aperto per decidere che mettersi, non mi faccio tanti problemi sui vestiti, o ti piace come mi vesto o non ti piace, sinceramente a me non frega un cazzo lo stesso. Mi infilo i jeans chiari, attillati e strappati e la maglietta dei Lakers, non sono una di quelle ragazze che portano questo tipo di maglie solo perché “vanno di moda”, io le porto perché seguo davvero le partite, è l’unica cosa buona che mi ha insegnato mio padre. Metto il cappello dei New York Yankees sui miei capelli e soffermo il mio sguardo su essi, amo le mie punte multi color, le ho fatte in un momento di pazzia, ma è stata la pazzia migliore della mia vita. Mi trucco leggermente e abbandono la camera con lo zainetto, quasi completamente vuoto, in spalla.
Amy, la mia coinquilina perfetta, sta già facendo colazione vestita in modo impeccabile e con il sorriso sulle labbra, non so come faccia, io non riesco a sorridere di prima mattina, mi sembra impossibile. Quando mi vede mi squadra e storce il naso, sono abituata, lei non sopporta come vi vesto, anzi non sopporta proprio me ed il sentimento è ricambiato, ma entrambe avevamo bisogno di un appartamento e da sole non ce l’avremmo mai fatta a pagarlo. Purtroppo le regole per una buona convivenza, che ci eravamo prefissate, stanno andando sempre più a rotoli, d’altronde lei è la perfezione ed io sono un disastro della natura; come potremmo mai sopportarci?
Facciamo colazione nel più totale dei silenzi. Molti pensano che i silenzi uccidano, si dice pure che “il silenzio fa male più delle parole”, io non sono d’accordo, io sto bene nel silenzio, dopo aver passato l’infanzia tra delle mura piene di urla mi sembra più che plausibile il bisogno di silenzio.
Salutandola con un piccolo cenno della mano esco di casa; la leggera brezza di prima mattina mi circonda, facendomi rabbrividire all’impatto. In pochi minuti di autobus sono alla stazione, salgo sul treno e mi siedo al mio solito posto, ormai è abitudine. Mi infilo le cuffie e faccio partire la mia playlist, composta dalle canzoni che mi hanno salvata; se sono su questo sedile del treno, diretta alla scuola non è di certo grazie alle persone, ma grazie alle parole dette sulla musica.
Mi sento leggermente osservata, alzo lo sguardo e non un ragazzo che mi fissa, avrà più o meno la mia età, ha una faccia anche abbastanza familiare, forse viene alla mia stessa scuola, non lo so, le volte che entro davvero sono ben poche. Le ragazze normali lo definirebbero bello: capelli biondo cenere, occhi chiari e penetranti, pelle abbronzata e lineamenti facciali ben definiti. Io lo definisco semplicemente passabile. Non ho mai amato, non amo e non penso che amerò mai qualcuno. Non ho nulla contro questo sentimento, semplicemente non penso che sia una parola adeguata alla mia età. Penso molto al significato delle parole prima di pronunciarle, le parole pesano e alcune, a volte, pesano troppo o troppo poco.
Distolgo lo sguardo dal ragazzo e lo porto verso il finestrino, ma sento il suo sguardo ancora su di me. È una sensazione nuova, ma terribile. Sono abituata ad avere lo sguardo degli altri addosso, ma non in questo modo. Lui mi sta fissando intensamente, come mai nessuno ha fatto, gli altri si limitano a delle occhiate di sprezzo, non so cosa odiano di me, forse i capelli, o la mia infanzia, oppure semplicemente il fatto che non sono proprio una buona ragazza.
In poco tempo sono davanti al cancello della scuola, cerco con lo sguardo Michele, il mio unico amico. Lo trovo al solito posto con la sigaretta stretta tra le labbra, una mano che passa frettolosa tra i capelli tinti di viola, e gli occhi azzurri persi nel vuoto. Lo raggiungo e gli rubo la sigaretta mettendola in bocca. Lui mi guarda con aria omicida e mi fa un cenno della mano in segno di saluto.
-Ma non li hai i soldi per comprartele le tue?-chiede scontroso accendendosene una nuova
-Sì che li ho, ma gratis sono meglio.-rispondo buttandogli il fumo addosso.
Lui ride e comincia a fare lo stesso con me, alla fine sappiamo entrambi di nicotina, e nemmeno poco.
Quando suona la campanella Mike scende dal muretto,  sarà anche un cattivo ragazzo, ma ci tiene alla sua formazione, penso che non abbia mai saltato un giorno di scuola, se non per malattia.
-Vieni?-mi chiede speranzoso
-Forse entro alla seconda ora.-rispondo vaga
Lui sbuffa, ma poi sorride. –Va bene.. ho capito, tieni.-dice poi lanciandomi il pacchetto di sigarette
Lo ringrazio e lui entra raccomandandosi di aspettarlo, così possiamo andare a lavoro insieme. Lavoriamo entrambi come tatuatori, amo i tatuaggi, per come la penso io il nostro corpo serve per mostrare la nostra vita ed io sul mio ci ho scritto quelle piccole cose che riassumono la mia.
Me ne sto in Santa pace a fumare la sigaretta e ad ascoltare il mio eroe, quando vedo un ragazzo venire nella mia direzione. Essendo miope lo riconosco solo quando è abbastanza vicino:è quello del treno. Senza preoccuparsi di nulla si mette a sedere sul muretto, vicino a me, e prende una sigaretta dal pacchetto, prende anche l’accendino di Mike e si accende la sua dose di nicotina.
-No c’è.. fai pure.-dico sarcastica alzando un sopracciglio
Lui fa finta di nulla e si porta il filtro alla bocca, lo fisso sbalordita, ma poi scoppio a ridere:questo non sa fumare, ci sta provando ma è propri negato.
-Devi aspirare, trattenere, far finta di deglutire e poi buttare fuori.-gli spiego ancora ridendo
Fa come gli ho detto, ma non ci riesce, dalla sua bocca non esce nulla.
-Ci rinuncio. Tieni.-esclama passandomi la sigaretta e fissandomi negli occhi. Posso notare con piacere che sono di un bel verde.
-La prossima volta cambia tattica per imbroccare.-gli suggerisco portandomi di nuovo il filtro alla bocca
-Tipo fare apprezzamenti sulla musica che ascolti?-chiede togliendomi un auricolare e mettendolo nel suo orecchio. Ascolta per un po’ in silenzio. Se critica questa canzone lo strozzo, è la mia vita.
-Testi profondi eh? Non l’avrei mai detto, non mi sembravi da Emis Killa..-commenta sorridendo
Io rimango in silenzio e lui, stranamente,  fa come me, aspetta che sia io a parlare. Tanto cede lui per primo:io non parlerò.
-Marco.-dice lui rompendo il silenzio
-Ashely..-rispondo io
-Io entro, te?-chiede lui scendendo dal muretto
-No.-rispondo secca
-Allora ci vediamo a giro Ashley!-esclama incamminandosi verso l’entrata
-Cosa ti fa pensare che io abbia voglia di rivederti?-chiedo curiosa
-Non lo so. Io ho voglia, sta a te decidere se farti avvicinare da me o no.-risponde sorridendo e andandosene
Mi lascia di sasso. Con la sigaretta penzolante dalle labbra tinte di rossetto scuro. Nessuno ha mai voluto conoscermi.
*Spazio autrice*
Heila! 
Questa storia significa molto, mi è venuta in mente ascoltando la mia canzone preferita, che è appunto Il mondo dei grandi, questa canzone è la mia ancora di salvezza e spero che voi la appreziate come me.
Ditemi che ne pensate nelle recensioni, almeno so se continuarla o no :)
Baci,
-Marika

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Capitolo 2
*** Old memories ***


Old memories
“Per un bambino
l’infanzia più rosea dipenda dai genitori,
non da quante cose ha.”

E per la millesima volta mi ritrovo d’accordo con questa canzone. I miei erano ricchi sfondati, o meglio lo era mio padre, a quell’uomo i soldi uscivano dal buco del culo, come si suol dire. Avevo genitori ricchi, una casa gigantesca, milioni di giocattoli, tutti mi volevano come amica, ma poi ho capito dove era la fregatura. I soldi li avevamo, non perché mio padre sgobbasse, ma perché quell’energumeno spacciava, spacciava roba di ogni tipo, ed io la droga l’ho conosciuta per colpa sua. Se ci penso, in un certo senso, mi ha salvata:oltre alla musica, la droga è la mia ancora di salvezza. La droga è un po’ come l’amore, prima ti salva, ti fa sorridere, ti eccita, ti fa sentire perfetta, ma poi ti distrugge e tutta la felicità che ti aveva donato se la riprende, e con gli interessi e senti tutto crollarti addosso.
Prendo la siringa dal comodino e la fisso facendo una smorfia schifata, mi sono ridotta a questo schifo, non ci credo. Il liquido nella siringa ondeggia, se ci penso è da ieri l’altro che non mi buco, ma alzando la maglia si possono notare i buchi ancora evidenti. All’improvviso sento un vuoto, so cosa sta per succedere, ci sono passata mille volte. Ed infatti eccolo:uno spasmo attraversa il mio corpo, come una scossa.
Dal nulla arriva un ricordo, un piccolo flashback. La prima volta che vidi una siringa avevo a malapena 12 anni, ero ancora a casa, sentivo i miei genitori litigare e urlare, come sempre:a questo giro mia madre aveva fatto qualcosa che a papà non andava bene. A quell’epoca mi sentivo tremendamente sola, mi sentivo sempre vuota, come se mi mancasse qualcosa, fumavo di già da qualche mese, avevo conosciuto la nicotina grazie a una ragazza più grande.  
Le urla di mio padre mi accompagnavano mentre, con passo felpato, mi dirigevo verso il suo studio. Una volta entrata vidi l’impensabile: era pieno di sacchi di cocaina, alcuni sacchetti di hashish erano impilati in un angolo della stanza, la marijuana giaceva ancora sulla scrivania, tutta sparsa. Poi notai le bottiglie di vodka vuote a terra e qualcuna di qualche alcolico sconosciuto mezza vuota, c’era odore di alcol e nicotina. Ma la cosa che mi attirò di più fu una siringa, era sulla scrivania, accanto alla marijuana. Non avevo mai visto una cosa del genere, sapevo cosa era, ma non pensavo che mio padre usufruisse anche di quelle.
Avevo visto parecchi film vietati, sapevo cosa succedeva su qualcuno si bucava troppo spesso, avevo paura per mio padre e la prima cosa che mi venne in mente fu prenderla e portarmela in camera. Una volta in camera mia chiusi la porta a chiave:nel caso che qualcuno arrivasse ed entrasse senza bussare. Ripresi la siringa da sotto il letto e la fissai, mi faceva uno schifo assurdo, non capivo perché la gente dovesse bucarsi se esistevano droghe con le quali non c’era bisogno di farlo. Io avrei avuto una paura tremenda a infilarmi un ago nelle vene senza saperne nulla di medicina o infermeria, prima di farlo vorrei sapere cosa succede se becco il punto sbagliato, mi buco il braccio a vuoto?
Non so cosa mi frullava per la testa in quel momento, ma non mi accorsi che qualcuno mi chiamava e non mi accorsi nemmeno che i miei avevano finito di litigare.
Pensai subito a un modo per salvare mio padre dalla tortura della droga, era una persona schifosa, ma non volevo che l’uomo che mi ha donato tutto quello che chiedevo morisse per overdose. L’unica cosa che mi venne in mente fu affondare con lui. Mi sarei distrutta davanti ai suoi occhi, come lui stava facendo con me. All’epoca pensavo che fosse una buona idea. Iniziare a drogarsi per fare capire a mio padre quello che stava facendo, facendogli vedere gli effetti sul mio corpo, perché non doveva essere una buona idea?
Il perché lo capii solo anni dopo; quando, uscita dall’ennesimo centro di disintossica mento, capii che da quel giro non sarei riuscita più ad uscire.
Ripresi la siringa, precedentemente buttata a terra, tra le mie piccole dita e impugnandola per bene la avvicinai al mio braccio. Prima di trovare il punto giusto ci misi un bel po’:non ero molto esperta, le mie conoscenze si fermavano alle droghe in polvere, ed in più avevo paura. Fissai il braccio candido e pulito, consapevole che quella poteva anche essere l’ultima volta che l’avrei visto così, avvicinai ulteriormente l’ago e con decisione disumana lo infilai nella pelle. Le lacrime rigavano il mio viso e degli urli soffocati uscivano dalla mia bocca. Tolsi l’ago e buttai fuori tutta l’aria che avevo in corpo. Rimisi il liquido e ripetei le azioni di poco prima.
All’improvviso la porta cadde e le figure dei miei genitori entrarono in camera mia. Alla vista di sua figlia tredicenne che si stava bucando mia madre cominciò a piangere e ad urlare, urla di smetterla, urla a papà di togliermi quell’ago dalle mani, notando che suo marito non faceva nulla mi si precipitò contro e scaraventò l’ago in un angolo indefinito della stanza, mi strinse a sé e mi accarezzo la schiena. Fissai mio padre:era in piedi, immobile, con l’espressione basita, forse si era finalmente accorto che la sua principessina non era più innocua come credeva. La sua espressione si trasformò, da sorpresa a rabbia, prese per un braccio mia madre e la allontanò da me, mi prese il volto tra le mani e fissò i miei occhi arrossati dal pianto.
-Perché?!-mi urlò in faccia con l’alito che sapeva di fumo e vodka
-Affondi te, affondo io.-sussurrai con la poca aria che avevo in corpo
Alla mia risposta urlò disperato e mi tirò uno schiaffo in pieno viso, lasciandomi il segno rosso sulla guancia sinistra.
-Sei una stupida!-urlò allontanandosi e prendendo il cellulare, probabilmente per chiamare l’ambulanza
Sentii il rumore assordante dell’ambulanza, le urla di mia madre e poi.. tutto buoi. Tutto buio per cinque giorni.
Ormai le lacrime scendevano dai miei occhi senza pietà, bruciavano sulla pelle delle mie guance, non riuscivo a fermarle. Ricordare la mia infanzia mi faceva male, troppo male. Ripresi la siringa come se fosse la prima volta, la impugnai e cercai la vena giusta, da lì cominciai a bucare. Un buco, due, tre, non riuscivo a smettere. Di solito mi bucavo in silenzio, come per non farlo scoprire ad Amy, anche se lei era più che a conoscenza del mio stato di dipendenza, oggi invece stavo urlando come una disperata, come se non ci fosse un domani. Tanto ero sola in casa:Amy era andata a fare la spesa.
O almeno questo era quello che credevo prima di vedere la figura snella e perfetta di Amy entrare in camera mia con aria preoccupata, seguita da un ragazzo dai capelli mossi e biondi. Riconobbi quel ragazzo solo quando mi si inginocchiò davanti, sussurrando il mio nome:era Marco.
Entrambi avevano gli occhi lucidi, cercarono di alzarmi e dopo vari tentativi riuscirono a distendermi sul letto. Marco disse qualcosa ad Amy che corse fuori e tornò poco dopo con delle pezze bagnate.
-Un giorno di questi mi farai morire di spavento, Ash..-sussurra Amy accarezzandomi la guancia
-Voglio avere io il piacere di distruggere tanta perfezione.-ribatto con una smorfia
Lei mi fulmina con gli occhi, ma poi ride. –Sta bene, non ti preoccupare.-dice poi rivolta a Marco
-Mi hai fatto preoccupare, sai? Urlavi come un’ossessa.-mi disse il biondo fissando le sue pupille verdi nelle mie color ghiaccio. Se c’è una cosa che ho imparato a riconoscere negli anni quella è la sincerità delle persone e lui in questo momento è fottutamente sincero.
*Spazio autrice*
Buonasera a tutti. O a tutte, mi sto chiedendo se ci sono o no dei maschi in questo sito..
Vabbè, lasciando fare le mie idee.. spero che il capitolo vi piaccia, ditemelo tramite le recensioni :)
Io non sono pratica di droga e roba varia, so la teoria ma non l'ho mai messa in pratica (per fortuna), quindi scusatemi se a volte sbaglio qualcosa.
Volevo dirvi una cosina, vi do i volti dei protagonisti:
-Ashely è interpretata da Emma Watson *^* (immaginatevela con gli occhi azzurri)
-Michele, il miglior amico di Ashley, è interpretato da Micheal Clifford 
-Marco, invece, è interpretato da quella meraviglia di Ashton Irwin
Non ho voluto metterla nella sezione dei Five second of summer perchè i personaggi saranno loro solo per aspetto, del resto non avranno niente a che vedere con la band.
Passiamo ai ringraziamenti.. :
Grazie a serena2000 per aver recensito e messo tra le preferite
E grazie a Alessia_j97 per aver recensito, siccome non ti piace Emis vedrò di rimediare mettendo nella storia anche Cal ;)
Ciao ciao <3
-Marika

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Capitolo 3
*** Be like snow: beautiful, but cold. ***


Be like snow: beautiful, but cold.
“Passi dall’innocenza, ai sensi di colpa.
Dall’incoscienza, alla coscienza sporca.
E non mi importa quanto sembro infantile,
quando per orgoglio non piango.
Sbaglio e non rimpiango.”

Varco la soglia di quel dannato edificio, comunemente chiamato scuola, affianco a Mike che continua a chiacchierare a vanvera.
-Che hai?-gli chiedo annoiata dalle sue chiacchiere
-Non ti posso nascondere nulla, vero?-chiede passandosi una mano tra i capelli viola con aria stressata
-No, se no non ero la tua miglior amica.-rispondo ovvia
-Ne parliamo dopo scuola, mentre andiamo a lavoro:qui c’è troppa gente.-risponde secco
Arrivo davanti alla mia aula e lo saluto, entro e mi siedo all’ultimo banco, vicino alla finestra, dopo puoi usare il cellulare senza essere scoperta. Tiro fuori il libro di algebra che, stranamente, ho portato e aspetto l’inizio della lezione guardando fuori dalla finestra. Quello che vedo non è affatto piacevole: ci sono dei ragazzi che stanno minacciando Marco e uno lo sta spintonando, di lì a poco comincerà di sicuro una rissa. Un po’ mi dispiace, infondo lui mi ha trovata e aiutata quando ero in quello stato obbrobrioso, l’altro giorno. Vorrei andare ad aiutarlo, ma non so quanto gli farebbe piacere essere difeso da una ragazza; quando sto per alzarmi e scappare fuori dall’aula, entra la prof e sono costretta a rimanere seduta a controllare dalla finestra come procede la rissa. Guardando fuori noto Marco disteso a terra, con le mani alla pancia e un’espressione dolorante sul viso, i ragazzi stanno scappando. Dei brividi mi percuotono, so cosa sta provando:ci sono passata anch’io sotto la mano dei bulli. Sì, ho provato tutte le pene dell’inferno, ma sono ancora viva e questa è la riprova che c’è qualcuno su in cielo che ci tiene veramente a farmi rimanere in vita.
Qualche minuto dopo qualcuno bussa alla porta e, dopo che la professoressa ha dato il permesso di entrare, vedo Marco varcare la soglia. Alla vista di quel ragazzo in piedi e, apparentemente, sano sorrido involontariamente; ma la pelle mi si accappona quando noto che tenta di sorridere, nascondendo le smorfie di dolore causate, probabilmente, dallo stomaco.
Senza parlare si dirige all’unico banco vuoto, cioè quello accanto al mio, si siede e, quando si accorge di non essere più al centro dell’attenzione, si abbandona ad una smorfia di dolore. Mentre si porta la mano allo stomaco la felpa si solleva un po’ e noto, con orrore, che sui polsi ha dei tagli. Forse questo ragazzo non ha una vita semplice come credevo, sembra quasi allo stesso livello a cui ero io a 15 anni.
-Tutto ok?-chiedo in un sussurro
Lui sobbalza e, facendo finta di nulla, annuisce.
-Ti ho visto, sai? Dovresti ribellarti.-continuo io cercando le sue iridi verdi
-Non è così semplice come pensi.-risponde con voce soffocata
-Io penso che tu non mi conosca abbastanza bene per dire una cosa del genere.-ribatto quasi offesa
-Lascialfari, Rossi! Fuori!-urla quella vecchia isterica della prof di tecnica
Io e Marco ci alziamo e usciamo dall’aula, sinceramente è meglio così: posso convincerlo a “denunciare” i bulli senza parlare come se fossi senza voce.
-E sentiamo: come fai a sapere quanto è brutto essere vittime del bullismo?-chiede curioso sedendosi a terra, con la schiena al muro
-Questo non ti riguarda.-rispondo scontrosa
-Sì invece!-ribatte lui
-Invece no.-ribatto io sedendomi e tirando fuori dalla tasca una sigaretta e l’accendino
-Non si fuma a scuola.-mi ammonisce
-Non scassare.-rispondo scontrosa
-Quando ti ritroverai in un centro di disintossicazione ne riparleremo.-ribatte fissandomi preoccupato
-Non ti preoccupare, so cosa fanno in quei posti e sono totalmente inutili. E poi chi ti dice che io e te riparleremo?-chiedo alzando un sopracciglio e buttando fuori il fumo
-Io.-risponde ovvio
-Dubito che tu sappia se io ho voglia di parlarti di nuovo o no.-ribatto portando il filtro alla bocca
-Quindi non parleresti con il tuo salvatore?-chiede curioso
-Tu saresti il mio salvatore?-chiedo soffocando una risata
-Sì, ti ho sentita io urlare.-risponde fiero
-Vuoi un applauso?-chiedo retorica
-Perché fai così? Io non capisco. Prima sei tutta preoccupata per la faccenda dei bulli e poi, quando parliamo di te, diventi fredda e scontrosa.-ragiona lui fregandomi la sigaretta e buttandola a terra, per poi schiacciarla sotto il piede e spegnerla
-Bastardo!-sibillo io con odio
-Ti ho detto che ti fa male.-ripete come se fosse mio padre
-E a te che importa?-chiedo alzandomi e arrivando al suo livello
-A me importa che la neve rimanga bianca e pulita, non voglio che si sporchi.-risponde fissando le sue iridi verdi nelle mie azzurre
Lì per lì non capisco cosa centri la neve, ma poi collego tutto e sorrido malinconica.
-Sei arrivato tardi, caro Protettore della neve.-rispondo triste per poi rientrare in classe
-Non è mai troppo tardi.-mi sussurra lui una volta che siamo di nuovo seduti ai nostri banchi
Mi limito a guardarlo e sorridere alla sua espressione sicura, spero davvero che riesca nel suo intento, sarebbe un peccato non vederlo più sorridere come un bimbo pieno di sogni da realizzare.
*Spazio autrice*
Buonasera :)
Questo capitolo è un po' più leggero, mi rendo conto che lo scorso era abbastanza pesate..
Qui vi mostro un po' il rapporto che sta nascendo tra Marco e Ashley, spero che vi piaccia, ditemi tutto tramite recensione.
Spero di non aver fatto troppi errori :3
Detto questo ringrazio serena2000 per aver recensito il secondo capitolo e vado a dormire.
Buonanotte <3
-Marika

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Capitolo 4
*** My childhood ***


My childhood
“Come un bambino che si sporca col fango
E va incontro al padre
Non servirà sgridarlo, ma farlo sbagliare.”

Mio padre non la pensava così. Secondo lui usare voce e mani era il modo giusto per far capire chi comanda. E questo suo pensiero non se lo teneva nascosto, anzi gli piaceva tanto mostrarmelo ogni volta che facevo qualcosa che secondo lui era sbagliata. Il problema è che per lui era tutto sbagliato quello che facevo. Era sbagliato se non tenevo in ordine la camera, era sbagliato se non volevo portare fuori la spazzatura, era sbagliato se non avevo fame, era sbagliato se avevo mal di stomaco, era sbagliato se volevo andare ad una festa, era sbagliato se non avevo amici.. Secondo lui ero un disastro e non facevo altro che sbagliare, e alla fine mi sono convinta che lui aveva ragione.
Forse il mio è un pensiero sbagliato, egoista, ma sono convinta che qualcuno lassù, per chissà quale motivo, mi abbia addossato tutti i problemi, sia i miei che quelli altrui. Non penso sia possibile e normale che una sola ragazza debba soffrire così tanto e tutto insieme, secondo me chiunque è in cielo mi odia, e anche tanto. La mia adolescenza è stata uno schifo proprio per tutto quello che ho subito. Vedevo ogni ragazza sorridere, ogni ragazza mano per mano col proprio fidanzato, vedevo amiche abbracciarsi e scherzare, sentivo ragazze parlare di ragazzi negli spogliatoi, sentivo parole dolci sussurrate alle orecchie per renderle segrete..
Per me la scuola era tutto questo, cioè un Paradiso. Il vero Inferno era casa mia. Lì tutti urlavano e mio padre ci picchiava. Sì, “ci”. Forse quelle sono state le uniche volte in cui mi sono sentita unita a mia madre, quello era l’unico motivo che mi ha trattenuta in camera sua a piangere con lei. Fino a che c’era mio fratello riuscivamo più o meno a cavarcela con un paio di ceffoni, quando lui se n’è andato i ceffoni sono diventati un sogno per noi. Ma non posso di certo addossare la colpa di tutto questo a Luke, lui era un musicista, un’anima libera e in quella casa era come soffocato. Non lo biasimo affatto se n’è andato via. D’altronde anch’io ho fatto lo stesso.
Delle lacrime mi rigano il viso mentre mi porto la sigaretta alle labbra, inspiro ed espiro, buttando fuori il fumo e la rabbia. Mi asciugo le lacrime con il dorso della mano e trattengo il respiro nel disperato tentativo di reprimere le gocce salate. Mi mordo il labbro inferiore, quasi sanguina dalla forza che ci metto, inspiro un altro po’ di nicotina e getto la testa all’indietro quando la butto fuori. Non so perché ma il mio sguardo viene catturato dal mio polso, la manica della felpa è scivolata e sta mettendo in bella mostra i tagli freschi.
È 4 anni che va avanti questa storia dell’autolesionismo, ho provato tante volte a smettere, ho provato a buttare via tutte le lamette, ma l’autolesionismo è peggio della droga: se inizi non finisci più; ma se la droga all’inizio ti da sollievo, l’autolesionismo non lo da mai, lui si prende tutto dall’istante in cui  fai il primo taglio e ti lascia segnata a vita.
-Non dovresti farlo, sai?-sento dire da una voce alla mia sinistra. Non c’è nemmeno bisogno di alzare la testa per capire chi è, questa voce fastidiosa riempie le mie giornate da ormai tre settimane, sono in grado di riconoscerla.
-Comincio a pensare che tu sia uno stalker, sai?-chiedo retorica accennando una risata
-Io fossi in te non riderei. Potrebbe essere vero.-commenta lui con aria spensierata
Lo guardo con un sopracciglio alzato, perplessa e sorpresa da tutta questa confidenza che si sta prendendo. Lui ride e si passa una mano tra i capelli. Rimango fissa con lo sguardo su di lui, o meglio sulla sua mano. Quello poteva essere un gesto normalissimo, se non fosse che quando l’ha fatto gli è scivolato il polsino e si è intravista perfettamente una crosta. Un taglio. Lui si taglia.
-Ehy, ma sei viva?-chiede lui sventolandomi una mano davanti agli occhi
Scuoto la testa e decido di non farglielo notare, a me da noia quando qualcuno nota i miei tagli e penso che sia lo stesso un po’ per tutti gli autolesionisti.
-Insomma, che ci fai qua?-gli chiedo curiosa
-Cosa si fa nei parchi?-mi chiede ovvio
-Ognuno ci fa cose diverse.-rispondo fredda mentre un flashback mi trafigge il cervello. Io, per esempio, quando vivevo in America ci andavo per comprare la droga.
-Io ci cammino nei parchi.-commenta lui
-Lo sai anche te che non intendevo quello.-ribatto portandomi la sigaretta alla bocca
-La vuoi smettere?! Ti fa male, cazzo!-urla lui prendendomi la sigaretta e buttandola a terra, la spenge, la raccatta e la butta nel cestino accanto alla panchina più vicina.
Lo fisso allibita. –Ma che cazzo fai?! Costano!-urlo io tirando fuori il pacchetto e prendendone un’altra. Accendo la sigaretta e la riporto alla bocca fissando di sottecchi Marco.
-Potresti spendere i tuoi soldi per altre cose..-commenta
-I soldi non mi mancano. E poi.. che te ne frega a te se spendo tutti i miei soldi in sigarette?-sbotto furiosa
-Non ti scaldare.-ribatte lui calmo
-Impossibile. Sono la neve, non ricordi?-sbuffo io cercando di reprimere le parolacce che vorrei urlargli
-Guarda che anche l’inverno ha una fine. E poi comincia l’estate.-risponde sorridendomi
-Conosco un inverno, lui non ha mai smesso di esserlo. È morto da inverno.-ribatto mentre una morsa mi stringe lo stomaco. Mi fa sempre questo effetto parlare di mio padre, è come se qualcosa mi trafiggesse il petto ogni volta che dico qualcosa anche solo alludendo a lui.
-Tuo padre?-chiede lui
-Come hai fatto a capirlo?-chiedo fissandolo sbalordita
-Dicono che ci assomigli.-risponde semplicemente
-“Dicono”? Chi? Se nessuno sai della mia vita.. Avanti:sputa il rospo!-lo incito
-Amy dice che ci assomigli.-risponde rassegnato
-Quella vipera tutto culo e tette, appena torno a casa la ammazzo!-sbotto facendolo ridere
-Non divagare.. stavi parlando di tuo padre, vero?-insiste lui
Annuisco. –Overdose.-rispondo precedendo la sua domanda
-Ti ha fatto cominciare lui?-mi chiede cercando di nascondere la sua curiosità
-In un certo senso sì.-rispondo mentre una lacrima mi riga il viso
-In un certo senso cosa significa?-chiede curioso
-Che non me l’ha presentata lui, ma ho cominciato per colpa sua.-rispondo secca tentando di soffocare i singhiozzi
-Non capisco..-commenta confuso
-Ci avrei scommesso. Queste sono storie troppo forti per te, non posso raccontarti nulla, finiresti in un casino troppo enorme.-rispondo frettolosamente nascondendo le lacrime con un sorriso amaro.
-Chi te lo dice che io non sopraviverei a tutto questo casino?-chiede fissandomi dolcemente
-Te lo posso assicurare io. Non ci è mai riuscito nessuno.-rispondo asciugandomi una lacrima nera
-Perché nessuno l’ha mai voluto davvero. Io voglio che tu ti salvi. E riuscirò nel mio intento.-risponde sicuro
-Non sai cosa dici..-commento amaramente
-Oh invece lo so cosa dico. E so anche che se non ti bacio adesso me ne pentirò per tutta la vita!-esclama lui
Il mio cervello non fa in tempo ad elaborare le sue parole che già mi ritrovo le sue labbra sulle mie, chiudo gli occhi e assaporo tutto il bambino che è in lui. Approfondiamo il bacio e in poco tempo ci ritroviamo distesi, l’uno sopra l’altra, sulla panchina. Io con le mani nei suoi capelli mossi e lui con le sue ai lati della mia testa, che si sorregge per non pesarmi addosso.
-Infondo hai ragione: ci potremmo completare. Tu sei perfetto, io sono un disastro. Voglio incasinarti la vita nel modo più dolce possibile.-gli sussurro quando ci allontaniamo
Lui si limita a sorridere facendo spuntare delle adorabili fossette ai lati della sua bocca, poi riunisce le sue labbra alle mie.
Io lo voglio. Voglio davvero Marco. Come mai ho voluto nessun altro.
*Spazio autrice*
Ciao a tutti!
Finalmente ho aggiornato! Scusate se ci ho messo molto, ma siamo a fine scuola e ho gli esami!!
Spero che il capitolo vi piaccia come gli altri, fatemi sapere nelle recensioni :)
Ringrazio serena2000 per la recensione e per aver messo la storia tra le preferite
Ringrazio kate98 per la recensione e per aver messo la storia tra le seguite
Ringrazio Be_My_Friend, camy_999 e mikyceli per aver messo la storia tra le seguite
Ringrazio chicchina89, Misakixox, Pesmesher95 per aver messo la storia tra le preferite
Grazie davvero a tutte <3
Ciao ciao
-Marika 

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Capitolo 5
*** Go to the hell! ***


Go to the hell!
 “La mia sincerità è invariata,
odiavo le maestre come adesso odio chi vuole dettarmi la strada.
Credere nella croce è facile,
la vera croce è crescere,
perché non puoi più credere alle favole.”

Sento qualcosa di morbido colpirmi dritta in testa, una, due, tre volte, sempre più forte.
-Alzati! Fai tardi a scuola!-urla la voce odiosa di Amy
Io alzo, educatamente, il mio dito medio e le rivolgo un sorriso bastardo, ancora con gli occhi chiusi. Apro un occhio e la trovo ancora davanti a me, con gli occhi blu mare ridotti a due piccole fessure e lo sguardo omicida pronto a disintegrarmi in un nanosecondo. Ok, fa decisamente ridere. Ed infatti continuando a guardarla scoppio in una fragorosa risata.
-Che hai da ridere?-chiede evidentemente offesa
-Fai ridere, porca puttana!-esclamo io reggendomi lo stomaco
-Muori.-ribatte lei rivolgendomi un altro sguardo omicida
Come se fosse una veggente, cado dal letto e batto una testata. Lei si precipita a guardare se sono ancora viva e, al posto di soccorrermi, scoppia a ridere.
-Sei una cogliona!-esclama indicandomi
Io mi alzo, le tiro uno scappellotto e vado in bagno per farmi una bella doccia. Dopo una decina di minuti esco dal bagno e raggiungo camera mia, quando entro e trovo un ragazzo biondo girato di schiena che guarda sulla mia scrivania caccio un urlo. Il ragazzo sobbalza e si gira spaventato, quando mi vede spalanca la bocca e gli occhi, molto probabilmente perché sono solo in accappatoio. Ah, è solo Marco. No, aspetta, che cazzo ci fa lui qui dentro?!
-Mi hai fatto prendere un colpo..-sospira
-Io a te? Che dovrei dire io, scusa? Esco dalla doccia e mi ritrovo te che fissi la mia scrivania! Non mi sembra tanto normale, sai? Che ci fai qua?-chiedo esasperata stringendomi nell’accappatoio
-Dovresti smetterla con tutta questa roba.-commenta lui fissando la scrivania e ignorando le mie domande precedenti
Mi sporgo e noto la polverina bianca sparsa sulla scrivania, spalanco gli occhi e mi batto una mano in fronte maledicendomi per non aver messo a posto la sera prima.
-Pensavo ti fermassi alla droga in polvere..-commenta schifato fissando le siringhe nascoste malamente da una coperta
-Perché? Perché non smetti?-mi chiede con gli occhi lucidi
-E a te che frega?-chiedo scontrosa avvicinandomi alla scrivania per mettere tutto a posto
-Devo ripeterti quello che ho detto sabato?-chiede retorico
Io non rispondo, prendo un sacchetto dal cassetto e cerco di rimettere la cocaina dentro al sacchetto con l’aiuto di un cucchiaio. Lui mi fissa, mi fissa come se fossi una pazza.
-Ti ammazzerai con questa roba.-continua lui. –Hai voglia di continuare a rovinarti la vita così? Vuoi morire di overdose come tuo padre?-chiede lui
Io continuo a concentrarmi sulla polvere bianca, cercando di non ascoltarlo, cercando di non urlargli contro tutto quello vorrei, cercando di fingere che quelle parole non mi abbiano minimamente sfiorata. Lui mi afferra il polso e mi gira verso di lui con uno scatto, i nostri corpi combaciano e lui mi sta fissando negli occhi con odio.
-Rispondimi. Vuoi continuare a rovinarti la vita così?-ripete con odio
Chiudo gli occhi a due fessure. –Sì.-rispondo sicura
Lui spalanca gli occhi, sorpreso dalla mia risposta. –Stai delirando.-
-No, sono sicurissima di quello che dico. Io continuerò con la droga e non sarà un ragazzino casa e chiesa che mi farà smettere!-ribatto urlando e liberandomi dalla sua presa
-Bene. Allora mi rovino con te.-risponde lui afferrando il sacchetto di cocaina e aprendolo.
-Cosa pensi di fare?-chiedo fissando la mia droga con avidità
-Te l’ho detto: di rovinarmi con te.-risponde come se avesse detto la cosa più normale al mondo
-Lascia la mia droga! Se vuoi farti compratela da solo, quelli sono i miei soldi e li uso io!-esclamo in preda a una crisi di nervi
Lui mi fissa sbalordito, richiude il sacchetto, se lo infila nello zaino e mi saluta con un cenno della mano.
-Cosa pensi di fare con la mia roba nello zaino?-chiedo guardandolo con sfida
Lui non risponde, si avvicina alla porta, butta un’ultima occhiata alla mia stanza, mi guarda con delusione ed esce sbattendo la porta. Lo rincorro e lo raggiungo all’ingresso, lo afferro per un polso e lo faccio girare verso di me.
-Ti ho detto: Cosa pensi di fare con la mia roba?-chiedo di nuovo
-Cosa si fa con la cocaina?-chiede ovvio
-Non lo faresti mai.-rispondo ridendo
-Io non ci scommetterei.-ribatte lui liberandosi dalla presa ed uscendo dal mio appartamento
 -Ma guarda tu che gente di merda al mondo! Mi frega la droga e manco ringrazia!-urlo io esasperata
Torno in camera cercando di reprimere le lacrime che minacciano di uscire e faccio finta di non sentire il dolore lancinante al cuore. Raggiungo la camera mentre gli spasmi mi attraversano il corpo, no, non è possibile: mi sono bucata ieri, non possono già arrivare gli spasmi. Corro verso la scrivania e afferro una delle siringhe sotto la coperta, apro il cassetto e tiro fuori il liquido, mi siedo con la schiena al muro e comincio a versarlo nella siringa. Quando finisco mi alzo la manica dell’accappatoio e avvicino la punta al braccio, appoggio e spingo nelle vena. Un dolore assurdo, ma un piacere immenso.
Sento una fitta al cuore, due, allungo il braccio verso la scrivania e tiro giù il sacchetto di riserva, lo apro e spargo la polverina bianca sul cartoncino. Apro il cassetto e prendo il tubicino, poggio un’estremità sulla polverina e l’altra dentro alla mia narice destra, tappo la sinistra ed inspiro. Vado avanti per una decina di minuti, poi smetto per il dolore al petto lancinante. Mi sollevo e prendo una coperta di pile dalla pila, aprendola ne scivola fuori un libro, lo raccatto e me lo rigiro tra le mani, passo una mano sulla copertina polverosa e fisso sbalordita il titolo. Le parole “Peter Pan” scritte a caratteri cubitali troneggiano sulla copertina che raffigura l’Isola che non c’è.
Un sorriso mi compare sulle labbra, nonostante le fitte continue al cuore, quella era la mia favola preferita e mamma me la leggeva almeno due volte a settimana prima di andare a letto. Con un’infanzia come la mia era più che giustificato il mio amore verso Peter Pan e la sua Isola dove nessuno diventava grande. Peccato che col tempo abbia imparato a non credere più a certe cose, perché purtroppo si cresce e non verrà mai nessun ragazzo dai capelli arancioni e la tuta verde a soffiarti addosso la polvere di fata e portarti nella sua magica Isola. Erano infinite le volte che avevo lasciato la finestra aperta, ignorando le proteste della tata, sperando che il mio eroe arrivasse nel cuore della notte e mi portasse via, proprio come aveva fatto con Wendy.
Probabilmente non avrei dovuto farlo, ma presi il cellulare e digitai il numero dell’ambulanza. Una voce di donna rispose, le dissi solo la via, poi riattaccai. Mi strinsi nella coperta di pile, mentre le lacrime mi rigavano il viso e il sorriso rimaneva sulle mie labbra tremanti, strinsi il libro al mio petto e chiusi gli occhi sussurrando “Arriva adesso Peter”. Consapevole che quelle potevano anche essere le mie ultime parole.
*Spazio autrice*
Ma buonasera bella gente <3
Lo so: ci ho messo 400 anni per aggiornare, ma ho finito gli esami solo 4 giorni fa e poi sono volata in montagna.
Devo ammettere che andare agli Mtv Awards e vedere Emis mi ha fatto tornare l'ispirazione quindi ho milioni di idee per questa storia.
Che ve ne pare del capitolo? Ho deciso di farli litigare perchè non amo troppi i "e vissero per sempre felici e contenti" e in più ho voluto far felice Frederique Black, spero che piaccia di più adesso ;) 
Insomma, fatemi sapere che ne pensate e se devo cambiare qualcosa.
Grazie a serena2000 e Frederique Black per aver recensito
Grazie a Aryonedirectionforevah per aver messo la storia tra le preferite, Arianna ti si riconosce subito ahah <3
Per il resto penso di avervi già ringraziati negli scorsi capitoli, nel caso mi fossi dimenticata di qualcuno: A MASSIVE THANK YOU AT ALL!
Ho scritto una one shot, sempre sognific, su Emis.. ce la fate una capatina e lasciate una recensione? Grazie mille a chi lo farà <3
Alla prossima,
Baci <3
-Marika
 

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Capitolo 6
*** My mortal heart ***


My mortal heart

“Ho letto che, da bambini si sta meglio,
perché un ginocchio sbucciato è sempre meglio del cuore spezzato.
Io penso a qualche anno fa, ricordo mamma e papà,
ogni errore perdonato a me per via dell’età.
Oggi mi agito nel letto, e non bastano più le fiabe,
mi servono le fiale, per farmi addormentare.”

Apro lentamente gli occhi e una sensazione di vuoto prende possesso del mio corpo. Sono in una stanza completamente bianca, è nauseante, cerco di capire dove mi trovo e appena noto i macchinari attorno a me il mio cuore fa un tuffo e sprofonda dritto nel mio stomaco. Le immagini di quella mattina ritornano nitide nella mia mente, devo essere davvero stupida per aver pensato che chiamare l’ambulanza fosse la cosa migliore da fare. Potevo cavarmela perfettamente anche da sola, con un po’ di acqua e una lunga dormita, meglio che me ne vada da questo posto, prima che entri un medico. Provo ad alzarmi, ma la testa comincia a girare e ricado a sedere sul letto, appoggio le mani al mobiletto accanto al letto e mi faccio forza per alzarmi. Nel momento in cui il mio sedere lascia il lettino dell’ospedale la porta si spalanca, lasciando entrare l’ultima persona che avrei voluto vedere in questo momento:un dottore. L’uomo sbianca appena mi vede in piedi e agita le braccia intimandomi di mettermi a sedere mentre si precipita verso di me.
-Siediti. Distenditi. Rilassati. Torno subito e facciamo un paio di esami, ok?-ripete per la cinquantesima volta obbligandomi a distendermi di nuovo sul letto
Torna due minuti dopo con un’infermiera e un carretto con alcuni strumenti, sinceramente non capisco il perché di tanta preoccupazione: sono solo svenuta, cavolo!
-Ma per quale motivo devo fare dei controlli? Infondo sono solo svenuta!-esclamo dando voce ai miei pensieri
-Non sei solo svenuta. Oggi è venerdì, sai cosa significa questo? Che tu da lunedì a venerdì hai dormito. Sei stata in coma per cinque giorni e visti i tuoi problemi al cuore direi che la cosa è preoccupante.-risponde tranquillo il dottore
-Quali problemi al cuore, scusi?-chiedo presa alla sprovvista da una tale rivelazione
-Ragazza tu fumi, nonostante la tua cartella clinica segnali già da tempo delle disfunzioni all’apparato circolatorio. E in più nelle tue vene c’è una quantità enorme di sostanze stupefacenti; oltre che ai controlli medici ti farai un bel giro dallo psicologo, cara mia.-spiega e senza aspettarsi una risposta riprende a parlare. –Abbiamo interrogato la tua coinquilina e pare che non sia la prima volta che svieni o che vai in arresto cardiaco. Hai una salute pari a quella di un cinquantenne e hai solo diciannove anni, se non sbaglio. Devi imparare a trattarlo un po’ meglio questo cuore.-
Dopo il discorsetto riprende con i controlli e, una volta finito, esce dalla stanza avvisandomi che la psicologa sarebbe passata a momenti. A sentire la parola “psicologa” lo stomaco mi si chiude in una morsa: ho passato anni negli studi delle varie psicologhe strapagate da mio padre e sono stati anni buttati nel cesso. E il pensiero che adesso, non solo ricomincerò le sedute con una di quelle svitate, ma dovrò ricominciare anche tutte quelle torture mediche per i problemi al cuore, mi fa star male.
Qualcuno bussa alla porta, una testa riccioluta fa capolino e –è permesso?-chiede
La fisso. Donna sulla sessantina, capelli color mogano corti e mossi, occhi chiari e vispi, occhiali piccoli con la montatura fine posati sul naso, camice bianco e quaderno sottobraccio. Deve essere la psicologa. –No.-rispondo sorridendo bastardamente.
Lei sorride ed entra, trascina una sedia vicino al letto e si accomoda accanto a me mostrandomi un sorriso aperto e un’espressione amichevole; per tutta risposta da me riceve una smorfia di diffidenza mista ad un sorriso disprezzante. Non le sopporto le psicologhe:prendono soldi a palate e non risolvono mai un cazzo.
-Allora.. Ashley Hemmings, suppongo.-allude lei marcando il cognome
-Lascialfari.-insisto io
-All’anagrafe risulti Hemmings, non Lascialfari. Perché mai cambiare cognome?-chiede curiosa
-Non volevo portare il cognome di quel maiale di mio padre, tutto qua.-sputo acida io
-Vediamo un po’ cosa dice la tua cartella.. è praticamente la più piena che io abbia mai visto. Allora.. fumi, fai uso di stupefacenti e sei un’autolesionista, sbaglio?-chiede retorica. Io scuoto il capo negando e lei mi guarda compassionevole.
-Infanzia difficile?-ipotizza alludendo al soprannome che ho assegnato a mio padre
-Mio padre era uno spacciatore, violentava mia madre e picchiava me, è morto di overdose e non ho notizie della mia famiglia da quando me ne sono andata. Sono sempre stata vittima di bullismo, mi taglio da 10 anni e ho conosciuto il mondo della droga a soli 12 anni, con una siringa. Tocca a lei constatare se questa è un’infanzia difficile o no.-rispondo senza fare tanti giri di parole
-Non credi che sia sbagliato ripiegare tutte le tue mancanze facendoti del male?-chiede cercando di non mostrare troppa compassione
-Sa, lei è una donna geniale: ho impiegato tutti questi anni a capire quale fosse la parola più giusta per spiegare cosa provassi e, puff, arriva lei, una sessantenne svitata, che risolve tutti miei dubbi interiori.-la prendo in giro io
Lei sorride cercando di mascherare l’odio che sta cominciando a provare nei miei confronti, ma poi la sua faccia si illumina. –Hai un miglior amico o una miglior amica?-chiede come se dalla mia risposta dipendesse la sua vita
-Un miglior amico.-pensando a Michele con i suoi capelli viola, chissà se li ha già tinti di verde!
-Lui sa cosa hai passato e cosa stai passando?-chiede scrivendo qualcosa sul quaderno
-Sa tutto, ma se lo interroga non le dirà nulla.-rispondo aggiungendo un sorriso bastardo
-Non mi serve per quello. Voglio solo capire cosa ne pensa lui di tutto questo.-ribatte fissandomi con gli occhioni verde smeraldo. Sono quasi inquietanti questi occhi.
-Sa, lei ha degli occhi inquietanti.-commento distogliendo lo sguardo
-Allora? Cosa ne pensa?-insiste lei
Io sbuffo e faccio roteare gli occhi con espressione annoiata. –Nulla. Non gli fa né caldo, né freddo. È un punk, lui, cosa vuole che gliene importi?-chiedo ridacchiando
-Per caso, il tuo amico, ha i capelli verde acido?-chiede illuminandosi
-Doveva tingerseli ieri l’altro, quindi immagino che adesso li abbia già verdi, sì.-ammetto sorridendo al pensiero di quanto sia pazzo il mio miglior amico:non tutti i diciannovenni si tingerebbero i capelli di verde acido.
-L’ho visto prima qua fuori, era preoccupato, dopo lo faccio entrare. Ma adesso dimmi un po’:vuoi davvero passare mesi interi qui all’ospedale per questo povero cuoricino?-mi chiede assumendo un tono che io userei solo con il cane di Amy, e io odio quel barboncino puzzolente.
-No, ma non ci posso fare nulla. Il mio cuore è malato da parecchio tempo, ormai mi sono rassegnata:morirò presto. Proprio per questo voglio vivere la vita al massimo finchè posso.-rispondo sorridendo mentre una lacrima salata scende sulla mia guancia
-Il tuo è un bellissimo cuore, Ashley. È un peccato che sia nato malato e che tu non voglia combattere per farlo sopravvivere, un cuore così avrebbe fatto un gran bene a tutto il mondo.-ribatte lei asciugandomi la lacrima
-Mi sono rotta le palle di combattere per tutto, sono 10 anni che combatto contro il mondo da sola e ancora nulla va come dovrebbe andare, direi che è l’ora di arrendersi.-le rispondo buttando fuori un po’ del casino che ho dentro
-Cosa hai al cuore?-chiede cercando di nascondere le lacrime
-Non l’ho mai capito. O meglio, non me l’hanno mai detto. Da quello che ho capito ho delle sorta di placche che ostruiscono le valvole e queste si bloccano sempre di più, andando in là con il tempo. Morirò sicuramente, mi dispiace per lei se aveva pensato di potermi salvare.-le rispondo sorridendo malinconica e fissando i miei occhi di ghiaccio in quelli color smeraldo della psicologa
-Per oggi basta, ne parlerò con i dottori.-risponde asciugandosi una lacrima, alzandosi e uscendo dalla mia stanza
Pochi minuti dopo la porta si riapre ed entra un ragazzo alto, dalla pelle chiara, gli occhi color ghiaccio e i capelli verde acido sparati in tutte le direzioni. Non serve che apra bocca, corre verso il letto e mi abbraccia, mi accascio sulla sua spalla e mi unisco ai suoi singhiozzi.
-Non puoi lasciarmi solo. Non devi farlo.-sussurra tra un singhiozzo e l’altro
-Non sarai mai solo, io ci sarò sempre per te. Te lo prometto.-rispondo fissando i suoi occhioni chiari
*Spazio autrice*
Salve <3
So che vi ho fatto aspettare parecchio, ma ero al mare e non avevo connessione, questo capitolo è pronto da una settimana
Spero che vi piaccia e che continuiate a seguire la storia come state facendo
Ringrazio come sempre serena2000 e Frederique Black per aver recensito e tutte le altre che mettono la storia tra le preferite e le seguite
Recensite, recensite, recensite!
Baci <3
-Marika

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Capitolo 7
*** Let's try together ***


Let’s try together
“Eh già, il male cresce insieme a me,
fratelli di sangue,
legati a forza come, a volte ,un fratello più grande.

Marco gira la chiave nella toppa e spalanca la porta:finalmente, dopo tre mesi di ospedale, sono a casa. Appena varco la soglia trovo Amy seduta sul divano, in tutta la sua odiosa perfezione, con una sola differenza: il suo sorriso è orribilmente falso e spento. Nella poltrona di lato a lei, che da le spalle alla porta, è seduto un ragazzo biondo; quando notano la nostra presenza si girano entrambi ed il mio cuore fa un tuffo, sprofondando dritto nello stomaco. I suoi capelli biondi, gli occhioni azzurri, il piercing nero al labbro.. Luke.
-Ash.. Ashley..-balbetta incredulo, alzandosi dalla poltrona
Reprimo l’istinto di abbracciarlo. -Che ci fai qua?-chiedo cercando di essere indifferente
-Io.. Amy ha cercato di rintracciarmi in ogni modo.-risponde indicando la mia bionda seduta comodamente sul divano. –Mi ha raccontato cosa ti sta succedendo, sono corso qua il prima possibile. Vedo che ti hanno dimessa, finalmente!-esclama poi
Alzo un sopracciglio. -Che perspicace che sei.-commento sarcastica
-So di non esserci stato per tutti questi anni, ma sai anche tu che rapporto avevo con babbo, sai anche tu che mi ha trascinato nella droga fino al collo. Sono un vigliacco, hai ragione, fai bene a pensarlo: sono scappato quando le cose cominciavano a farsi difficili e ti ho lasciata da sola, a sprofondare quando più ne avevi bisogno. Non ne vado fiero, lo ammetto. Potessi tornare indietro non lo rifarei, ma sai anche te che non si può. Sono stato un fratello di merda, il peggiore al mondo, ma adesso tu hai bisogno di qualcuno vicino a te, ed io ci sono. E ti prometto che ci sarò, fino alla fine.-dice tutto d’un fiato, avvicinandosi, mentre i suoi occhi si fanno sempre più lucidi
Cerco di reprimere le lacrime e guardo Marco, riporto il mio sguardo negli occhi di Luke. –Io ho Marco. Non ho bisogno di te.-affermo, mentendo spudoratamente. Marco mi stringe la mano e mi guarda riconoscente.
Le mie parole lo colpiscono come una pugnalata al cuore, ma sembra riprendersi subito. Ride. Una risata che mi fa gelare il sangue nelle vene. –Oh, andiamo, tu hai bisogno di me. Un bisogno disperato. Se no non urleresti il mio nome nel cuore della notte!-esclama lui
Bum. Pugnalata al cuore. Fisso Amy come se volessi strangolarla e lei mi rivolge uno sguardo di scuse. Mimo con le labbra un “dopo facciamo i conti” e torno a concentrarmi su Luke.
-Hai ragione:ho bisogno di te. Ma ne ho avuto per tutti questi anni, e te dov’eri? Ovunque, ma con me non c’eri. E se sono sopravvissuta tutti questi anni senza te, riuscirò ad andare avanti per molto altro tempo. Anche sul punto di morte.-ribatto mentendo
-Ti prego, lasciami tempo per dimostrarti che sono il fratello perfetto per te.-mi scongiura lui
-Va bene.-rispondo secca
Prendo la mia valigia e la porto in camera, seguita da Marco, buttiamo le borse sul letto e poi usciamo, passando per il salotto noto che Amy e Luke sono ancora seduti a parlare.
-Torno per cena.-avviso Amy e usciamo
Camminiamo mano nella mano, in silenzio, fino ad arrivare al parco vicino alla biblioteca, ci stendiamo sull’erba, vicino al laghetto. Con lui è tutto perfetto, non c’è bisogno di parlare, capisce che sto bene nel silenzio e accetta anche questo mio difetto.
-Posso farti una domanda un po’.. un po’ forte?-chiedo fissandolo
-Certo, ormai sono abituato alle tue domande.-risponde sorridendo
-Cosa provi per me?-chiedo curiosa
-Ti amo.-ammette lui fissando le nuvole con dolcezza
-Pur sapendo che non mi resta molto tempo?-chiedo perplessa
-Non conta quanto vivremo, l’importante è che tutto il tempo che rimane lo passiamo insieme.-risponde semplicemente
-Quando morirò, cosa farai?-chiedo. –Intendo:ti troverai un’altra ragazza?-spiego poi, notando la sua espressione perplessa.
-Non lo so, tutto può succedere. Ma qualunque ragazza dovessi trovare non la amerei mai quanto amo te, dubito sia possibile provare un amore tanto forte per due persone diverse.-risponde fissandomi, sorridente
Io lo bacio, senza nemmeno pensarci un secondo, lo bacio come se dovessi morire di lì a poco, perché tutto quello che so è che non voglio perderlo. Marco è un eroe per me, mi ha aiutata ad andare avanti quando credevo che fosse tutto finito, Marco è quel raggio di sole nella mia vita di nebbia, Marco è l’amore nella mia vita di odio.
Più tardi mando un messaggio a Amy. “Non torno per cena. Non mi aspettare, dormo fuori.”
Leggendo il messaggio, Marco sorride. Voglio passare la notte migliore della mia vita, sapendo che sarà una delle ultime.
*Spazio autrice*
Buonasera! :)
Scusate il ritardo, ma mi girano un casino di cose per la testa in questi giorni.
Vi avviso che la storia sta arrivando al termine, al massimo scriverò altri due o tre capitoli.
Spero che questo capitolo vi piacci, pur essendo un po' confusionario.
Qui conosciamo Luke, il fratellone di Ashley, che, ovviamente, è interpretato da Luke Hemmings.
Con le ultime frasi voglio lasciar fantasticare la vostra immaginazione pervertita.
Ringrazio come sempre serena2000 e FrederiqueBlack per aver recensito <3
Per chiunque volesse contattarmi:
-su ask sono @Hope1608
-su twitter mi chiamo @Be_my_batman e (se mi ricordo bene) ho una foto di Emis Killa
Baci, alla prossima <3
-Marika

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