Argest Age

di Aiko Inochi
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Utile e curiosità ***
Capitolo 2: *** Section 1 ***
Capitolo 3: *** Section 2 ***
Capitolo 4: *** Section 3 ***
Capitolo 5: *** Section 4 ***
Capitolo 6: *** Section 5 ***
Capitolo 7: *** Section 6 ***
Capitolo 8: *** Section 7 ***
Capitolo 9: *** Section 8 ***
Capitolo 10: *** Section 9 ***
Capitolo 11: *** Section 10 ***
Capitolo 12: *** Section 11 ***
Capitolo 13: *** Section 12 ***
Capitolo 14: *** Section 13 ***
Capitolo 15: *** Section 14 ***
Capitolo 16: *** Section 15 ***
Capitolo 17: *** Section 16 ***
Capitolo 18: *** Section 17 ***
Capitolo 19: *** Section 18 ***
Capitolo 20: *** Section 19 ***
Capitolo 21: *** Section 20 ***
Capitolo 22: *** Section 21 ***
Capitolo 23: *** Section 22 ***
Capitolo 24: *** Section 23 ***
Capitolo 25: *** Section 24 - Volontà ***



Capitolo 1
*** Utile e curiosità ***


schedeAA                                      UTILE e CURIOSITA'

Piccola sezione dove verranno raccolte tutte le schede dei personaggi, dei teknight e delle aeronavi.
Raccoglierà tutte quelle già pubblicate e sarà arricchita da nuovi dettagli e un link che riporterà al disegno.
ATTENZIONE
Per evitare che si possano rilevare cose che accadranno durante la storia, metterò il numero del capitolo dal quale si sapranno le informazioni riportate nelle schede anche se il personaggio o la cosa sono apparsi prima.

                                         Stemmi
Disegno stemmi


                                         Personaggi

OWEN FUKUDA
Occhi azzurri
Capelli brizzolati
180 cm
56 anni
Generale
E’ una persona generalmente calma
Gli piacciono i biscotti
Il suo ruolo gli impedisce di mostrare il suo carattere dolce
E’ determinato e fedele alle scelte fatte
Disegno Owen

ERIN BECK
Occhi marroni
Capelli castano ramato
168 cm
55 anni
Tenente generale
Sempre attenta alle esigenze di chi gli è accanto
Sa cucinare
Le piacciono i colori vivaci
Si comporta da mamma con tutti i ragazzi dell’aeronave
Disegno Erin

ARUTO HARADA
Occhi neri
Capelli neri
163 cm
45 anni
Meccanico
E’ il responsabile della creazione e costruzione della maggior parte dei teknight della Phlayrh
Katsu lo considera il miglior padre al mando
Si interessa a tutto ciò che riguarda la meccanica
Condisce quasi tutto con la salsa di soia
Disegno Aruto

LARA VEGA
Occhi marroni
Capelli castano chiaro
164 cm
32 anni
Medico
E’ un genio nel campo medico
Rimprovera chiunque faccia qualcosa di pericoloso per se e per gli altri
Anche se dall’aspetto non sembra è molto autoritaria
Le piace la liquirizia
Disegno Lara

(cap 17)
KYLA FUKUDA:
168 cm
28 anni
Colonnello - pilota del RAD2
Legge molti libri
Le piace la musica e in particolare prova interesse per quella folk
Non sopporta di piangere
E’ ghiotta di caramelle
E’ molto legata ai suoi amici Kirabo e Lev e soffre per la lontananza di Falk.
Disegno Kyla

(cap 17)
LEV KUZNETSOV:
183 cm
26 anni
Capitano - pilota del RAD3
Bravo nuotatore, si autodefinisce un campione del nuoto
E’ un tipo ansioso
Non sopporta la solitudine e cerca di non restare solo per troppo tempo
Cerca sempre di nascondere la propria tristezza e apparire sorridente
Gli piacciono i mandarini
Per lui nulla è più forte dell’amicizia che lo lega a Kirabo, Kyla e Falk
Disegno Lev

(cap 17)
FALK HORN:
175 cm
28 anni
Colonnello - pilota del GL-S
Costruisce spesso modellini e piccoli oggetti di ogni tipo
E’ determinato
Gli piace il cioccolato alle nocciole
Quando può schiaccia volentieri un pisolino
Da quando è andato via dalla Phlayrh ha imparato ma mascherare i suoi sentimenti
Gli mancano i suoi amici, specialmente Kyla
Disegno Falk

(cap 17)
KIRABO HILT:
199 cm
30 anni
Maggiore - pilota del RAD1
Gli piace il basket e gli piacerebbe diventarne un giocatore professionista
Detesta i posti freddi
Si fa benvolere dagli altri, in particolar modo ai bambini piace giocare con lui
Ama profondamente la sua famiglia con la quale ha un legame molto forte
Gli piace la frutta secca
Ha un legame di forte amicizia con Kyla, Lev e Falk
Disegno Kirabo

Katsu Harada:
170 cm
18 anni
Meccanico
Ha sempre sognato di diventare un pilota di FW
E’ un tipo allegro è vivace.
E’ affezionata agli occhiali da aviatore che porta sempre sulla fronte.
Conserva una cassetta degli attrezzi nella sua stanza.
E’ un esperto di videogiochi, preferisce i simulatori e sparattutto.
Fu moto felice di scoprire che lui è Takehito avevano interessi simili.
Disegno Katsu

SHU LI:
170 cm
22 anni
Tenente - pilota del MA (nero)
E’ un tipo abbastanza silenzioso
Esperto nelle arti marziali
Gli piacciono le patatine fritte
Si diverte nel giocare a basket con Kirabo
Disegno Shu

YUE LI:
158 cm
15 anni
Tenente - pilota del MA (blu)
E’ sempre molto allegra
Ha appreso le arti marziali dal fratello
Le piace il gelato
E’ brava nei lavori manuali
Disegno Yue

SEREF ARGEST:
174 cm
18 anni
Tenente - pilota dell’ IF
Abile giocatore di scacchi
Tutto ciò che non conosce lo incuriosisce
Non si fida facilmente degli altri
Ama rilassarsi con un bagno caldo
Gli piacciono i Waffel
Disegno Seref

Takehito Ikeda:
171 cm
17 anni
Sottotenente  pilota dell’ AU-0
Adora i teknight( pare sia quasi il suo unico interesse).
Ha grande spirito di adattamento.
Preferisce i sapori dolci.
E’ bravo con i videogiochi, i suoi preferiti sono gli rpg
Disegno Takehito

[cap 13]
Norbert Lam
Occhi castani
Capelli castani
184 cm
51 anni
Maggiore 
E' il fedelissimo braccio destro di Falk.
Tende ad essere protettivo e severo.
Disegno Norbert

Vedis Dia
Occhi castani
Capelli biondi
180 cm
34 anni
Colonnello di Argest
Disegno Vedis

Nerek Ward
Occhi Ambrati
Capelli castani
187 cm
49 anni
Generale di Argest
Disegno Nerek

Hunwer Argest
Occhi ametista
Capelli castano scuro
182 cm
55 anni
Imperatore di Argest
Disegno Hunwer Argest

                                           TEKNIGHT

Phlayrh

(cap 5)
RAD 1
Modello: RAD 1
Colore: Marrone chiaro
Altezza:16,50 m
Pilota: Kirabo  Hilt
Caratteristiche: Teknight con grandi capacità difensive, può resistere anche agli attacchi più pesanti. Usato in particolar modo per le azioni di sfondamento o per le azioni di copertura. E’ anche adatto al corpo a corpo.
Armi:ascia, fucile di precisione, grande bazuka, scudo energetico
Disegno RAD 1
 
(cap 5)
RAD 2
Modello: RAD 2
Colore: rosso
Altezza: 16 m
Pilota: Kyla Fukuda
Caratteristiche: Teknight veloce con grande precisione e potenza d’attacco. Particolarmente adatto per le azioni improvvise e rapide, basate sull’effetto sorpresa.
Armi: predilige fucile , piccolo bazuka , energia dai palmi delle mani
Disegno RAD 2

(cap 5)
RAD 3
Modello:RAD 3
Colore: Bianco ghiaccio
Altezza: 16,50 m
Pilota: Lev Kuznestov
Caratteristiche: Teknight dotato di una grande resistenza, resiste bene agli attacchi e ha una buona capacità di attacco. E’ indicato per le azioni che richiedono tempi lunghi.
Armi: Predilige fucile, piccoli missili, lame corte
Disegno RAD 3

(cap 5)
MA
Modello: MA
Colore: nero
Altezza:14 m
Pilota: Shu Li
Caratteristiche: Unico modello al mondo che viene controllato dai movimenti del corpo del pilota. Questi modelli furono progettati dalla Phlayrh per fruttare al massimo le qualità e le capacità di combattimento dei loro piloti. Adatti per ogni situazioni, prediligono il combattimento ravvicinato.
Armi: principalmente da taglio, il teknight stesso, raramente pistola

(cap 5)
MA
Modello: MA
Colore:Blu cobalto
Altezza: 11 m
Pilota: Yue Li
Caratteristiche: Unico modello al mondo che viene controllato dai movimenti del corpo del pilota. Questi modelli furono progettati dalla Phlayrh per fruttare al massimo le qualità e le capacità di combattimento dei loro piloti. Adatti per ogni situazioni, prediligono il combattimento ravvicinato.
Armi: principalmente da taglio, il teknight stesso, raramente pistola

(cap 5)
IF
Modello: IF
Colore: grigio
Altezza: 16 m
Pilota: Seref Argest
Caratteristiche: Teknight abbastanza adattabile ad ogni situazione. Equipaggiato di un sofisticato computer, pensato ed elaborato dallo stesso pilota che gli permette di analizzare i dati durante il combattimento per trovare poi una strategia in brevissimo tempo.
Armi: pincer quasi tutte.


(CAP 12)
AU-O
Modello: AU-0
Colore: Vermiglio con strisce verdi
Altezza: 15,50 m
Pilota: Takehito Ikeda
Caratteristiche: teknight costruito sulla base di uno imperiale per meglio adattarlo alle capacità del pilota. Si dimostra adatto a diverse situazioni, equilibrato e dai comandi classici che lo rendono facile da pilotare. 
Armi: quasi tutte.



IMPERIALI

(cap 9)
GL
Modello: GL
Colore: Verde olivastro
Altezza: 17 m
Pilota: comune
Caratteristiche: nuovo modello imperiale, dotato di una corazza di nuova generazione che rende inefficaci gli attacchi a energia luminosa.
Armi:dispone di una particolare arma chiamata “Red Fusion” che utilizza energia sottoforma di un raggio rosso di una potenza pari al doppio delle comuni armi più potenti.

(cap 9)
GL-S
Modello: GL-S
Colore: Argento
Altezza: 17 m
Pilota: Falk Horn
Caratteristiche: come un modello GL
Armi: lancia a Red Fusion.

(cap 1)
TH
Modello: TH
Colore: Verde scuro
Altezza: 15,50 m
Pilota: comune
Caratteristiche: modello prodotto in serie dall’impero. Dalle medie prestazioni che si adatta a diversi scopi. Dall’aspetto massiccio e resistente.
Armi: Quasi tutte.


                                         Aeronavi

Phlayrh
La sua forma ricorda quella di una balena. Si muove agilmente grazie alle ali mobili poste ai fianchi che le consentono di girare in qualunque direzione. E’ dotata di tutti i confort.

Lunghezza: 102 m
Altezza: 54 m
Larghezza: 62 m
Disegno Phlayrh

(cap 9)
Jaculus
Aeronave agile e scattante. Può staccarsi dal cargo ed essere più veloce ed efficace per compiere un attacco di speronamento con il suo muso affilato.
E’ stata realizzata su ispirazione della creatura mitologica di cui porta il nome.
 
Lunghezza: 126 m
Altezza: 10 m senza cargo 85,8 m con cargo
Larghezza: 58 m
Disegno Jaculus

(cap 14)
Dreizack
Dalla forma di un tridente è una delle aeronavi più massicce. Spesso affianca la Urano Galeos.
Lunghezza: 120 m
Altezza: 74 m
Larghezza: 70 m

(cap 14)
Urano Galeos
La più forte tra le aeronavi imperiali. Minaccioso e letale come uno squalo. Anche il suo aspetto ricorda il predatore dell’oceano.

Lunghezza: 139 m
Altezza: 56 m
Larghezza: 50, 6 m

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Capitolo 2
*** Section 1 ***


ARGEST AGE – section 1

                              

 

Anno 2526. Negli ultimi secoli il pianeta Terra e i popoli che la abitano, hanno subito molti cambiamenti. Per far fronte alla gravissima crisi ambientale e salvare il pianeta, tutte le nazioni sono state riunite sotto l’impero Argest, i continenti sono considerati come regioni e gli stati vengono chiamati zone. Sono state cancellate la maggior parte delle differenze culturali, anche le lingue parlate sono quasi scomparse e al loro posto viene usata la lingua ufficiale dell’impero.  Il comando è affidato alla famiglia imperiale Argest con l’aiuto di una stretta cerchia di collaboratori. Essi mantengono l’ordine e la tranquillità sull’intero pianeta.

«Reattore ok. Propulsori al cinquanta per cento … settanta … novanta … cento per cento ok. Reattività dei comandi ok. Collaudo completato.»
«Ottimo lavoro Takehito! Puoi anche riposare ora.»
Da un enorme robot dall’aspetto umanoide si aprì uno sportello, dal quale uscì un ragazzo. Il robot si trovava in un’enorme sala spoglia e con pochissime luci, il minimo indispensabile per non sbattere contro un muro.
Il giovane si sbrigò a scendere e a raggiungere i suo colleghi nella stanza adiacente, più piccola e piena di diversi dispositivi elettronici.
Non appena entrò, prese velocemente un libro e sedendosi in terra cominciò a leggerlo.
«Ikeda Takehito, nato il 3/08/2509 nella regione asiatica, alto 1,68 capelli e occhi castani segni particolari nessuno, ma scriverei smemorato. Stai più attento a non perdere il tuo tesserino di riconoscimento o finirai col metterti nei guai.»
«Scusa, starò più attento.» disse il ragazzo prendendo il tesserino che gli stava porgendo il collega.
«Cos’è che leggi con così tanta attenzione?» gli domandò un altro collega che aveva da poco spento il resto dei macchinari.  
«Storia.» Rispose automaticamente.
«Non dovresti studiare dopo un’intera giornata di lavoro.»
«Purtroppo devo. Ho trascurato lo studio in questi giorni e domani ho un compito.» disse girando una pagina senza staccare gli occhi dal libro.
«Non è una novità che trascuri lo studio.» sentenziò sorridendo uno dei due colleghi.
«Ma se non completi il tuo corso di studi non potrai mai fare carriera, anche se sei già molto bravo.» continuò l’altro.
«Già! Almeno questa volta il compito non dovrebbe essere troppo difficile. L’argomento è la storia del nostro impero che mi viene raccontata da quando ero piccolo, in più c’è l’ultima rivoluzione industriale con molecole Mirish e i teknight.» spiegò Takehito.
«Mi raccomando, non dilungarti troppo con i tuoi amati robot da combattimento, teknight.»
«L’ho già fatto nel compito di fisica non mi ripeterò.»
«Che ne dici di tornare a casa? Domani il nostro giovane collaudatore, oltre al suo compito di storia,  ha i nuovi teknight CF 05 da testare .»L’altro annuì.
«Allora noi andiamo. A domani!»
«Buona notte!»
Takehito rispose ai saluti con un cenno del capo, apparentemente concentrato sulle pagine del libro.
Il suo pensiero, però, era tutto rivolto al lavoro del giorno seguente.
Finalmente l’ultimo modello della serie CF era terminato e poteva provarlo, prima ancora dei piloti.
 Aveva letto qualunque cosa lo riguardasse, dall’idea iniziale ai progetti finali e tutto il  manuale d’uso.
Gli cominciarono a brillare gli occhi. Così decise che il libro di storia non aveva più importanza riponendolo nel suo zaino.
Spense tutte le luci uscendo e chiuse la porta a chiave.
La sala dei collaudi si trovava in un grande laboratorio, nel quale venivano testate qualunque tipo di nuova tecnologia e Takehito viveva proprio lì, in una piccola stanza di quel grande laboratorio.
Di notte in genere non restava nessuno, era un posto tranquillo.
Forse a qualcun altro quel posto poteva apparire troppo buio e silenzioso, addirittura spaventoso, ma quella ormai era la sua casa da ben tre anni.
Aveva lasciato tutto ciò che aveva per dedicarsi completamente alla sua più grande passione.
Il giorno seguente Takehito, subito dopo il compito, che a suo parere era andato abbastanza bene, si recò di corsa nel laboratorio.
Il collaudo era previsto per il tardo pomeriggio ma voleva essere presente ad ogni attimo, già dal loro arrivo.
Una volta arrivato al laboratorio, si sbrigò a prendere il suo tesserino di riconoscimento e a soddisfare tutte le richieste del sistema di sicurezza.
Era arrivato in tempo.
C’erano diversi uomini che si davano da fare per posizionare i grandi container che racchiudevano i nuovi modelli. Tutte le operazioni della loro realizzazione furono svolte in gran segreto.
Tutto procedeva con tranquillità, l’edificio era protetto da due piloti dell’esercito imperiale a bordo dei loro teknight.
In CF 05 erano tre unità di colore verde scuro, dall’aspetto dovevano essere molto agili date le loro dimensioni più contenute rispetto ai precedenti modelli, dovevano essere all’incirca alti dieci o dodici metri e avevano alla sommità una sorta di elmo con sopra una stella arancione a quattro punte. Secondo le schede con le loro caratteristiche, dovevano possedere diverse armi da utilizzare in ogni situazione anche se a prima vista non ne aveva nemmeno una.
Improvvisamente si sentirono delle esplosioni provenire dall’esterno , i suoni arrivavano ovattati come se provenissero da lontano.
«Cosa sta accadendo?»si affrettò a domandare Takehito.
«Un attacco della Phlayrh! Sono riusciti a rintracciare i nostri movimenti -  a parlare fu uno dei tecnici che si trovava vicino ai container, aveva un auricolare con cui stava comunicando con l’esterno – dicono di interrompere le operazioni e di portare i teknight in un altro luogo facendoli passare per i sotterranei.»
Ricevuto l’ordine tutti cominciarono a darsi da fare.
Nel frattempo i due piloti dell’esercito imperiale erano in seria difficoltà.
La superiorità degli avversari era nettissima, e non solo per una questione numerica.
I teknight che stavano fronteggiando erano noti.
Dotati di una tecnologia in gran parte sconosciuta e diversa da quella utilizzata per i modelli imperiali, manovrati da piloti esperti e dalle straordinarie capacità, tutte caratteristiche che li rendeva avversari temibili.
Lo scontro proseguiva.
Uno dei teknight imperiali si ritrovava a combattere con un altro si colore blu dall’aspetto minaccioso, armato di una spada che emanava una luce bianca.
L’atro era impegnato con gli altri due. Uno era grigio leggermente più grande dell’altro, armato di una sorta di pistola, l’altro invece, di un marroncino molto chiaro, era molto più massiccio.
«Ci stanno prendendo in giro? Cosa pensano di fare soltanto in due?»
«Y7 non sottovalutare la situazione. Non possono permetterci di recuperare quei nuovi modelli così facilmente.»
«Però ha ragione. Almeno che non abbiano qualche unità nascosta o qualche trappola, impiegheremo solo pochi minuti per sbarazzarci di loro.»
«Y7! S8! Procediamo come stabilito.»
«Agli ordini!»
«Ricevuto!»
Il teknight blu si lanciò all’attacco sferrando una serie di fendenti che ridusse in più pezzi il mecha nemico.
Allo stesso tempo quello grigio si scaraventò sul suo avversario e bloccandolo, sparò un colpo mirando alla testa, provocando una piccola esplosione.
Il teknight marrone essendosi liberato dallo scontro, posizionò delle cariche esplosive sul tetto del laboratorio, una volta esploso il tetto cominciò a crollare poco alla volta.
I tecnici e i collaudatori per mettersi al sicuro dal crollo si allontanarono lasciando i container incustoditi.
Per i piloti della Phlayrh fu semplice recuperarli.
Entrati nel laboratorio, completamente indisturbati caricarono il loro obbiettivo su di una rete di acciaio. L’operazione durò pochi minuti, l’ultimo controllo per verificare che tutto fosse a posto e poi cominciarono e levarsi in volo.
«Maledetti terroristi! Non vi lascerò portarli via.» Takehito ripresosi dalla sorpresa e dallo spavento, corse verso di loro.
Non sapendo nemmeno cosa fare si aggrappò alla rete e si lasciò portare col carico rubato. Nessuno si accorse del ragazzo che ormai era lontano dal laboratorio.
Non sapeva dove lo stessero portando e non sapeva che cosa avrebbe fatto dopo, voleva solo fermarli e riportare indietro quei teknight che aveva tanto atteso.

 

 

Angolo dell'autrice:
Da un pò mi sono cimentata nell'impresa di scrivere una storia mecha, pur di mettere giù le idee che ho in testa. Ora seguo un'altra idea folle ... quella di pubblicarla e condividerla con altri.
Si tratta di una storia semplice che non vuole avere troppe pretese, e sicuramente pieno di influenze provenienti da diverse serie di robottoni. Spero possa essere piacevole leggerla come lo è per me scriverla.
I primissimi capitoli saranno un pò corti e ho intenzione di pubblicarli uno ogni due settimane, per quelli più lunghi non saprei dire se riuscirò a mantenere tale scadenza.
Grazie per aver letto e alla prossima!

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Capitolo 3
*** Section 2 ***


ARGEST AGE - section 2

Una stanza luminosa, con tanti apparecchi che non sapeva a cosa servissero, un leggero odore di disinfettante, una scrivania con una sedia su cui era seduta una donna che gli dava le spalle.
Indossava un camice bianco, capelli castani, molto chiari, lisci che coprivano il collo.
Provò ad alzarsi, era su un letto morbido e profumato di pulito. Nel tentativo di alzarsi, il materasso fece rumore e la donna si girò.
«Ti sei ripreso!»disse subito avvicinandosi.
Takehito si sentiva confuso, non ricordava cosa fosse successo e non capiva dove si trovasse.
«Hai corso un bel pericolo. Ti rendi conto di aver fatto un’azione stupida? Per tua fortuna non siamo saliti troppo di quota.» sembrava che lo stesse rimproverando.
Quella donna aveva un tono di voce davvero severo, che non ammetteva repliche.
«Io …» non sapeva che cosa rispondere, anche perché non sapeva a cosa pensare, ma in breve tempo, come un flash, gli tornò in mente tutto.
Riflettendo in un secondo momento aveva regione quella donna, era stato decisamente avventato.
«Ha ragione … aspetti! Ricordo di essermi aggrappato  alla rete e di essere salito molto in alto fino ad intravedere un’aeronave, ma non posso essere caduto, altrimenti sarei morto, quindi se quei teknight si sono diretti verso l’aeronave io ora sono …»
«Sulla base della Phlayrh.» finì per lui la donna.
Un’espressione di paura si fece largo sul suo volto.
Sì alzò di scatto e corse fuori la stanza.
Percorse il corridoio che aveva davanti a sé, giungendo ad una vetrata che gli permise di vedere il cielo che stavano solcando.
Era vero. Si trovava su quell’aeronave che aveva visto, sulla base della Phlayrh.
Cadde in ginocchio. Che cosa gli sarebbe accaduto? Lo avrebbero rinchiuso? Forse approfitteranno della situazione e vorranno delle informazioni, torturandolo magari? O peggio lo avrebbero ucciso?
«Ehi ti senti bene?» la donna lo aveva raggiunto, sembrava essere preoccupata ma questo Takehito non lo notò.
«Lasciami!» balzò in piedi allontanandosi, si sentiva come un topo in trappola.
«Cosa sta succedendo?»
Il ragazzo si girò al suono di quella voce e vide un uomo alto, forse quasi due metri, pelle scura, capelli neri mossi e ribelli, pizzetto e anche abbastanza muscoloso.
«Il nostro ospite ha capito dove si trova e si è spaventato.»
L’ultimo arrivato gli si avvicinò e gli appoggiò una mano sul capo.
«Colpa tua! Lo avrai rimproverato per bene, come tuo solito, così si è spaventato – poi lo guardò negli occhi – lei è il nostro medico, si chiama Lara. Non preoccuparti qui sei al sicuro.» spostando la mano dalla testa, gliela porse.
«Io sono Kirabo. Piacere!»
Takehito lo guardò per un po’ per poi allontanargli la mano con uno schiaffo.
«Non ci credo! Voi siete dei terroristi. Sono venuto fin qui per riportare indietro i teknight che avete rubato, quindi non ci credo che non mi farete nulla!» stava urlando e aveva il cuore in gola.
«Che brutto termine per definirci. Al massimo ribelli.»
«Minacciate l’Impero, come vorreste chiamarvi?» in quella giornata di sciocchezze ne stava commettendo fin troppe. Ora si era messo a fronteggiare un terrorista grande e grosso.
«Lascialo perdere Kirabo, sprechi fiato. Un medio cittadino che crede a tutto ciò che viene detto dall’impero non può capire.»
Takehito non si era accorto della presenza di un’altra persona, attirata dalle urla.
Quando lo vide si sorprese. Non sapeva più che cosa pensare.
«Ma tu sei il principe Seref Argest.» balbettò.
«Un medio cittadino che mi riconosce. Ciò vuol dire che nonostante sia passato del tempo continuano a parlare di me. Mi sento onorato» il suo tono era terribilmente ironico.
«Meglio terminare qui la questione.- si intromise Lara, poi rivolgendosi a Takehito – ti faccio vedere dove puoi stare. Purtroppo non possiamo farti andar via subito dato che questo non è un momento adatto per scendere a terra.»
Decise di fare ciò che gli era stato detto. Forse era un buon modo per scappare dalla situazione che si era creata.
La donna lo condusse per un altro corridoio ancora più lungo del precedente, si fermò davanti ad una porta elettronica che aprì.
Entrarono in una stanza né troppo grande né troppo piccola, con un letto un armadio e una finestra rotonda.
«Puoi stare qui per ora. Il bagno si trova una stanza dopo questa sulla destra, per i pasti ti verrò a chiamare io. Sei libero di girare dove vuoi, però non tentare di forzare le porte chiuse e vedi di non litigare con nessuno. Ora vado, ho delle cose da sbrigare.»
Così dicendo se ne andò. Ora che ci faceva caso la voce del medico era apprensiva, forse lo era anche prima.
In quella stanza si sentiva come in prigione, poteva andare dove voleva su quella base, ma non ne aveva il coraggio. Aveva detto che lo avrebbero liberato, chissà quando.
Poteva essere vero come poteva esserlo che non gli avrebbero fatto del male. Si mise a guardare la finestra che rifletteva i suoi occhi pieni di dubbi e paura.

Il tempo passava. Takehito non era più uscito dalla stanza eccetto poche volte per recarsi al bagno, stando attento che non ci fosse nessuno nelle vicinanze.
Lara andava sempre a controllare come stava, gli portava i pasti e i vestiti puliti . Ogni tanto andava anche quell’uomo alto, Kirabo, che tentava ogni volta di scambiare qualche parola con lui ma invano.
Non sembravano essere così spietati e crudeli come pensava o probabilmente non era di nessuna utilità o interesse per loro.
Al primo mattino di uno di quei giorni, quando si svegliò, trovò seduto accanto al suo letto un uomo di mezz’età seduto a braccia incrociate che lo osservava fisso.
Takehito era davvero terrorizzato. Lo sguardo di quell’uomo era agghiacciante con quegli occhi azzurri, i capelli brizzolati corti, pettinati all’indietro, i baffi e il pizzetto folti e i lineamenti marcati contribuivano a dargli un aspetto intimidatorio.
Non sapendo cosa fare restò seduto sul letto fino a quando l’uomo non si decise a parlare.
«Sono il generale della Phlayrh. Il mio nome è Owen Fukuda. Sono qui perché vorrei sapere delle cose da te.»
Aveva una voce calma e profonda ma continuava a fare paura e il ragazzo si limitò ad annuire col capo.
«Lavoravi nel laboratorio dove abbiamo rubato i Teknight?»
Un altro cenno positivo della testa.
«Che ruolo avevi?»
«Sono un collaudatore.» si sentì appena.
«Conosci le caratteristiche dei nuovi modelli?»
Annuì.
«Ebbene questi nuovi modelli sono davvero così diversi dai precedenti? Sono davvero così straordinari da non aver rivali?»
«Certo che lo sono! I TNG non conosceranno rivali.»
«Allora ci hanno ingannato.» sospirò abbassando lo sguardo.
Il ragazzo non capiva il senso di quelle parole così si fece coraggio.
«Che intende con “ci hanno ingannato”?»
Il generale tornò a guardarlo e Takehito arretrò.
«Quei teknight che abbiamo recuperato non sono altro che normalissimi vecchi modelli. Dei teknight TH con un aspetto diverso.»
«Non può essere! E allora tutto il riserbo, la segretezza delle operazioni a cosa sarebbero servite?»
«A proteggere i veri nuovi teknight. Non penso si tratti di una trappola altrimenti non ci sarebbero state di guardia solo due unità. Così facendo, hanno costretto noi ad allontanarci per far perdere le nostre tracce e loro di preparare con calma e sicurezza le nuove unità.»
«Voglio vedere di persona!» tremava come una foglia ma lo guardava dritto negli occhi.
«Non ho nulla in contrario. Seguimi!»
Si alzò e con calma uscì dalla stanza. Takehito rimase un po’ sorpreso ma si affrettò a seguirlo.
Si guardava intorno, non c’era nessuno. Continuava a seguirlo, restandogli dietro senza avvicinarsi troppo. Lo portò al piano inferiore da dove si trovavano. Si ritrovò in una sala gigantesca, probabilmente era larga quanta tutta la larghezza dell’aeronave. Dentro vi erano i teknight.
Qualcuno lo riconobbe, li aveva visti su qualche rivista e tre di quelli qualche giorno prima dal vivo. Erano enormi, tutti diversi sia per forme sia per colori e sicuramente ognuno di quei capolavori della tecnologia doveva essere unico nel suo genere.
«Ehi ragazzo! Cosa fai lì impalato? Non volevi vedere con i tuoi occhi che non ti stavo mentendo?»
Non si era reso conto che l’uomo si era allontanato. Lo raggiunse e gli vennero dati dei fogli sui quali doveva esserci descritta l’analisi dei teknight. Li lesse attentamente.
«Ciao Owen!»
 «Buongiorno Owen.»
Da uno dei robot sbucarono un uomo piccoletto e un ragazzo. Il generale rispose al saluto e spiegò loro il motivo della sua visita.
Takehito non si accorse di nulla e continuava a leggere.
«Posso vedere anche i dati analizzati dai computer?»
«Aruto mostragli anche quelli.» l’uomo piccoletto si mise al computer seguito da Takehito.
«Loro sono i nostri meccanici. Aruto Harada che tra poco ti mostrerà i dati al computer e il ragazzo è suo figlio Katsu.» spiegò Owen.
Takehito quasi si sentì in imbarazzo.
«Il tuo nome?» chiese Aruto.
«Ta … Takehito.»
«Bene Takehito questi sono tutti i dati.»
Si avvicinò al computer. Ancora una volta quello che gli era stato detto corrispondeva a verità. Ma doveva esserci una spiegazione.
Quella che aveva detto il generale Owen era plausibile ma in questo caso sarebbe stato ingannato come loro. Tutto doveva avere una spiegazione.
Non poté rifletterci su troppo a lungo poiché si sentirono delle esplosioni molto forti e poi qualcosa che colpì la base.
«Aruto! Katsu! Preparate i teknight di K4, S6 e Y7. Assetto di combattimento. Sarà una mattinata movimentata.»

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Capitolo 4
*** Section 3 ***


ARGET AGE – section 3

La base della Phlayrh era scossa da attacchi ed esplosioni, quest’ultimi provocavano dei bruschi spostamenti d’aria che la facevano vacillare.
Una sirena si era attivata per richiamare l’attenzione di tutto l’equipaggio.
Il generale, dall’enorme sala dove vi erano i teknight, iniziò a impartire ordini.
Cominciò col far preparare dei teknight e a richiamare i rispettivi piloti. Premette diversi pulsanti dalla piattaforma, da cui stava comunicando e si mise in contatto con un’altra sezione della base.
«Kyla qual è la situazione?» domandò serio, mantenendo un atteggiamento calmo, di chi sa mantenere i nervi saldi anche nelle peggiori situazioni.
«Due unità ci stanno attaccando. Appartengono all’Impero ma non riusciamo a classificarli, molto probabilmente si tratta dei nuovi modelli. Seref è ai fucili nord ma non riesce a colpire i bersagli si muovono ad una velocità troppo elevata.» la risposta fu rapida e precisa. Seguì qualche secondo di silenzio spezzato, poi, dal generale.
«Erin dov’è?»
«Alla sua postazione.»
«Bene! Di a Lev di occupare la postazione dei fucili a sud mentre tu occupati di quella a est. Coprirete le spalle degli altri che stanno uscendo con i teknight. Io raggiungerò Erin sul ponte di comando e cercheremo di fermarli.»
«Agli ordini!»
Senza perdere tempo prezioso, riferì il comando ricevuto e i due si precipitarono nelle postazioni assegnate.
Owen si rivolse al giovane Katsu dicendogli di andare alla postazione dei fucili ovest in modo da non lasciare punti ciechi, il giovane scattò immediatamente.
Infine si rivolse a Takehito.
«Ragazzo tu resta qui e non muoverti, sarai al sicuro.» detto ciò, si diresse verso l’uscita con passo svelto e svanì.
Nella sala rimase solo il meccanico, intento a ultimare gli ultimi preparativi che avrebbero reso operativi i robot, con Takehito confuso e incapace di comprendere la situazione.
Seguiva con gli occhi gli spostamenti che venivano fatti fare ai teknight, ora allineati con gli sportelli aperti, in attesa dei loro piloti pronti a prendere parte all’attacco.
Due di quelli li aveva già visti da vicino.
Si trattava  del mecha marroncino, il RAD da difesa.
Come tutti i teknight aveva un aspetto umanoide, ma sembrava far parte di una vecchia categoria per via delle sue forme molto squadrate.
L’altro era il modello blu MA, dalle dimensioni più ridotte e dall’aspetto minaccioso. Come se fosse l’opposto, aveva una forma slanciata e più curva che lo rendeva molto più simile ad un corpo umano di quanto un normalissimo teknight.
Lo stesso valeva per il modello che lo precedeva. Le uniche differenze consistevano nel colore nero e nelle sue dimensioni leggermente più grandi, per il resto sembravano essere identici.   
La sirena, il cui suono si era fatto più leggero,  terminò il suo compito di allerta e si spense, nello stesso tempo  si aprì una porta, non era quella principale usata in precedenza, ma una più piccola alle spalle di Takehito. Da lì sbucarono tre persone che superarono il ragazzo di corsa e si precipitarono ad occupare i teknight orami pronti.
Takehito rimase fermo a guardare.
Solo uno dei tre piloti indossava una tuta specifica da combattimento ad alta quota, si trattava di quel membro dell’equipaggio alto e con la pelle scura che aveva tentato in tutti i modi di scambiare quattro chiacchiere con lui. Gli altri due non li riconobbe, non avendoli visti prima, ma fu colpito dai loro vestiti alquanto strani e a suo parere non adatti a quel tipo di battaglia.
I tre teknight si sollevarono dal suolo producendo una luce biancastra dai piedi e dalla schiena e immediatamente uscirono attraverso una grande apertura che li condusse fuori dalla base.
Takehito si avvicinò al meccanico, Aruto, che si apprestava ad osservare il combattimento su di un monitor.
L’uomo gli intimò di non toccare nulla ma non gli impedì di guardare.
Appena usciti i piloti della Phlayrh allontanarono i nemici ad una certa distanza dalla base, utilizzando lo scudo energetico del RAD . I colpi di quelli che dovevano essere dei fucili ad energia luminosa, rimbalzavano sullo scudo.
A prima vista il nemico non doveva essere così differente rispetto a prima, sia le armi, sia la forma e le dimensioni dei nuovi mecha erano simili ma solo a prima vista.
Quando furono ad una certa distanza i teknight blu e nero, scattarono in avanti andando contro gli avversari.
Entrambi utilizzavano una spada senza lama, al suo posto vi era invece una luce molto intensa di colore azzurro.
Ingaggiarono battaglia.
Lo scontro si preannunciava subito difficile, poiché riuscivano a schivare tutti i loro attacchi.
Per alcuni minuti continuarono in questo modo, fino a quando teknight imperiali schizzarono lontano puntandogli contro i loro fucili pronti a sparare.
Prontamente li seguirono per sferrare un altro attacco, riuscendo a schivare il fuoco nemico, annullarono la distanza e colpirono.
La spada non affondò nel metallo ma si piegò prendendo la forma di esso, raggirandolo, rendendo il colpo sferrato vano.
«Ma cosa?»
«Allontanatevi!» l’urlo del compagno riportò all’attenzione gli altri due.
Il pilota del teknight nero riuscì ad indietreggiare mentre l’altro venne bloccato da un braccio e ogni tentativo di liberarsi si rilevò inutile.
La  situazione si fece più difficile quando, dalla parte anteriore del teknight nemico, uscì uno strano pezzo di artiglieria che cominciò a riscaldarsi e ad illuminarsi si rosso.
Il mecha nero tento di aiutare il compagno ma venne fermato, ci provò anche l’altro e i suoi compagni dalla base con i fucili, tutti i colpi raggirarono il robot come era avvenuta prima con la spada.
La luce divenne sempre più rossa e più calda, il pilota imprigionato si stava lasciando prendere dal panico e non vedendo altra scelta, afferrò con fermezza la spada di prima e con un colpo netto si tranciò il braccio, liberandosi dalla morsa del nemico, giusto in tempo per scansarsi ed evitare l’attacco che un attimo dopo venne lanciato.
Quel raggio di luce, che venne liberato, proseguì per chilometri squarciando le poche nubi presenti e lasciando un bagliore rosso dietro di se.
Il teknight blu venne coperto dagli altri due.
«Y 7 tutto bene?!»
«Sì, da solo un po’ fastidio. – disse con voce affannosa, poi proseguì – Maggiore che si fa?»
«Non ne ho idea, per ora possiamo solo contenere i loro attacchi.»
«K4 ascolta con attenzione! Aruto è riuscito a trovare un modo per danneggiarli.- la sola voce del loro generale riuscì a riportare un po’ di calma ai piloti.- Non sappiamo come ma gli attacchi a base di energia luminosa non riescono ad attraversare il materiale di cui sono composti. Secondo i suoi calcoli un colpo fisico o con una lama in metallo dovrebbe essere efficace. K3, L5, S8 e Katsu useranno le mitragliatrici a proiettili e vi copriranno le spalle. K4 attira la loro attenzione su di te e diventa il loro bersaglio. Y7, S6 cercate di uscire dal loro campo visivo e attaccateli di sorpresa.»
«Agli ordini!»
Come se fossero stati ricaricati di nuova energia, i teknight blu e nero si allontanarono ad altissima velocità, prima dietro la base e poi tra le nubi.
Gli avversari tentarono di seguirli ma vennero bloccati dai colpi delle mitragliatrici, che anche se non avevano un grande effetto, riuscivano a creare qualche fastidio. Ma a fermarli fu un colpo di bazuka che riuscì a colpire entrambi.
Purtroppo sembrava che l’unico effetto ottenuto fosse quello di annerirli leggermente, ma bastò per concentrare il fuoco nemico sul RAD.
Sfortunatamente per loro, la difesa del teknight che stavano fronteggiando era davvero straordinaria. Resisteva ad ogni attacco, anche quando il pilota nemico, ormai stanco, decise di usare quel raggio rosso e caldo che aveva creato tanti problemi.
Un fulmine blu e uno nero dall’alto piombarono sulla testa dei loro nemici, armati di un piccolo coltello a lame metallica, lo conficcarono nella testa dei teknight.
Dal taglio fuoriuscirono scintille e scariche elettriche.
La situazione cominciava a cambiare a favore della Phlayrh.


Takehito continuava ad osservare tutto dal monitor. Non diceva nulla, non si muoveva e il suo sguardo era sempre preoccupato e spaventato.
Vedendo le difficoltà che trovavano i piloti della Phlayrh nel tener testa l’avversario, sperava  in cuor suo che le forze imperiali riuscissero davvero a fermarli, che li catturassero e che lo liberassero riportandolo a casa.
Più il tempo passava, più questa speranza cresceva anche quando il meccanico sembrava aver capito come poter attaccarli.
Ora, però, la situazione stava mutando nel modo che non avrebbe voluto vedere.
I teknight dei terroristi riuscivano ad infliggere danni agli avversari.
Non erano gravi ma diventavano sempre di più, non davano tregua e quindi la possibilità di contrattaccare.
La sua speranza ora, era riposta nella possibilità che i piloti della Phlayrh non reggessero a lungo questo ritmo. Tuttavia questa rimase solo una speranza.
Gli attacchi non cessavano, anzi diventavano sempre più frenetici, aiutati dalla copertura delle mitragliatrici della base e dal RAD.
Di questo passo li avrebbero messi in fuga.
Non seppe il motivo ma la situazione gli mise paura e non potendo scappare decise di reagire, cercando una soluzione per aiutare i teknight imperiali.
Si guardò intorno alla ricerca di una buona idea. In quella sala c’erano solo attrezzi meccanici, qualche apparecchiatura elettronica e teknight che non saprebbe far funzionare. Continuò a pensare e ad osservare.
All’improvviso si voltò.
C’ erano altri teknight di quelli che conosceva bene, di quelli che aveva contribuito a migliorare.
Aveva trovato l’idea.
Senza farsi notare, approfittando dell’attenzione che il meccanico prestava alla battaglia, si allontanò silenziosamente verso il teknight con lo sportello aperto, vi entrò e controllò che tutto era funzionante. Respirò profondamente raccogliendo tutto il coraggio che aveva, chiuse lo sportello e azionò i motori.
«Cosa?» Aruto si voltò e poi si guardò intorno capendo immediatamente cosa stava accadendo.
«Ragazzo cosa credi di fare? Fermati non fare sciocchezze!» le sue parole non servirono a fermalo.
Volò all’esterno restando un attimo fermo per vedere la posizione dei combattenti, dopo di che si gettò a tutta velocità sul teknight nero e lo trascinò lontano colpendo anche quello blu che ne rallentò la corsa.
Una fortuna inaspettata che consentì ai piloti dell’impero di caricare il colpo luminoso rosso che spararono pochi istanti dopo. Ma anche questo venne bloccato dal repentino intervento del RAD.
Questa volta ne uscì più malconcio ma non ebbe il tempo di riprendersi che venne colpito ancora una volta da dei razzi che perforarono il metallo ed esplosero.
«K4!»
«K4 rispondi!»
«Kirabo!»
«Sto bene. Non preoccupatevi. La cabina ha retto ma è danneggiata … anche le telecamere non si vede quasi nulla. Penso di non poter essere più utile.»
«Da dove è saltato fuori quell’altro?>
«Sarà quel ragazzino che si era appeso alla nostra base. Mettetelo al sicuro e ditrug … mo … svel …»
«Ehi! K4 che succede? Mi senti?» i richiami dei compagni non servirono a nulla.
Il RAD smise di funzionare e lo videro precipitare.
«No Kirabo!»
«Y 7 lo recupero io. Lo riporterò indietro!».
Il teknight nero si precipitò verso il basso nel tentativo disperato di recuperare il compagno.
«S6 fermati! Lo MA non reggerà.» il comando venne dalla base.
Il pilotalo ignorò.
«S6 torna indietro! Fermati!»
Proseguì ancora fino a quando la strumentazione lo avvisò del pericolo imminente e rendendosi conto che rischiare la vita in quel modo non sarebbe servito ad aiutare il compagno, si fermò e tornò indietro.
I due assalitori sfruttando la situazione, recuperarono il teknight imperiale con a bordo Takehito e anche loro si diressero verso il suolo.



«Ma che diavolo … proprio ora dovevi smettere di funzionare.» Kirabo tentava in tutti i modi di riattivarlo, di farlo funzionare ma non ne voleva sapere.
Non sapeva nemmeno quanto distasse il suolo ma sapeva che se non avesse fatto qualcosa, sarebbe morto .
Alla fine prese una piccola ascia in un angolo della cabina e cominciò a colpirla, sperando che il colpo ricevuto l’avesse danneggiata a tal punto da poterla rompere facilmente. Colpì e colpì ancora, in modo sempre più frenetico e finalmente incominciò a rompersi e continuò fino a quando non era riuscito a creare un’apertura abbastanza grande.
Si lanciò da lì, attivando dei piccoli propulsori sulla schiena che gli permisero di atterrare con dolcezza.
«Appena in tempo …» disse con un soffio di voce vedendo il suo teknight schiantarsi al suolo, provocando un gran rumore.
«E ora che faccio? Aspetto che mi vengano a prendere?» nemmeno terminata la frase che il rumore di motori gli fece cambiare idea.
Tutt’intorno c’era una vastissima pianura e nessun posto per nascondersi.
Non avendo altra scelta si nascose sotto il suo mecha, sperando che non lo trovassero.
I teknight imperiali atterrarono avvicinandosi a quell’ormai rottame sollevandolo e scoprendo così anche il suo pilota.
Non avendo altra scelta cercò di scappare il più velocemente possibile. Ma uno dei piloti uscì e sparò con una pistola, prendendolo. Kirabo cadde.
Presero anche lui e andarono via.


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Capitolo 5
*** Section 4 ***


ARGEST AGE – section 4

In una piccola stanza poco illuminata, con  al centro un tavolo e qualche sedia, c’erano Takehito e Kirabo, entrambi seduti. Il primo  non faceva altro che fissare alternativamente prima la porta e poi l’altro membro della stanza mentre il secondo, seduto in malo modo su una sedia, era ancora privo di sensi. Passò all’incirca un’ora, quando il pilota della Phlayrh si svegliò. Si sentiva confuso e aveva un gran dolore alla testa oltre ad un acuto fastidio alla schiena, dove era stato colpito probabilmente con una pistola di quelle che sparano proiettili che si fissano al corpo e rilasciano una scarica elettrica.  
Una volta che si fu completamente ripreso, si guardò per bene intorno e solo in quel momento, notò la presenza del ragazzo.
Sorrise, contento di vederlo vivo.
« Dove ci troviamo?»
«In un centro di ricerca credo. Non pensare di potertela cavare. Di certo verranno ad interrogarti e ti costringeranno a dire tutto quello che sai sulla Phlayrh, per poi punirti come meriti» Takehito aveva alzato la voce nonostante la paura.
«Guarda che sei nei guai anche tu.» disse mentre si guardava in giro.
«Perché dovrei esserlo?»
«Dipenderà da quello che vorranno da te.» gli rispose accovacciato davanti alla porta.
«Ma come si apre questa porta?» si domandava a bassa voce tra se e se, quando il passaggio si aprì.
Kirabo indietreggiò di scatto ed entrarono un uomo di mezz’ età accompagnato da un altro, alto e robusto con uno sguardo poco rassicurante.
Dai vestiti dovevano essere degli ufficiali dell’esercito imperiale.
«Tu sei il collaudatore Takehito Ikeda che è riuscito a salire a bordo della Phlayrh?» Domandò l’uomo di mezz’età.
«Si!»
E poi rivolto a al suo compagno.
«Cominciamo da quello della Phlayrh.»
L’uomo robusto prese in malo modo Kirabo costringendolo a sedersi.
Di fronte a lui si sedette l’altro che prese la parola.
«Credo che tu abbia capito cosa vogliamo da te. Non rendere il compito troppo difficile, sarà meglio per entrambi. - Kirabo lo fissava dritto negli occhi – Partiamo da qualcosa di semplice … il teknight che pilotavi … non riusciamo ad accedere ai suoi dati. E’ protetto da una serie di sistemi di sicurezza che i nostri tecnici non riescono a superare, dicci come fare per sbloccarli.>>
«E’ un teknight fantastico, vero? Il sistema sicurezza dati si attiva automaticamente quando è eccessivamente danneggiato, quando è il pilota ad inserirlo oppure quando quest’ultimo muore. Molto efficace, non trovate?»
«Dicci il modo per disattivarlo!»
«Non posso! Non so nemmeno io come si fa.»
«Vedi di non mentire!» la voce divenne più alta.
«Non vi sto mentendo. E’ un sistema sofisticato e oltre a non capirci molto, noi piloti non siamo tenuti a conoscerlo per evitare che in situazioni, come quella in cui mi trovo, potessimo rilevare informazioni riservate. Se non volete credermi, siete liberi di farlo.»
«Facciamo che ti credo. Un’altra domanda facile. Questo ragazzo cosa vi ha detto di noi?»
«Purtroppo nulla! Avete membri decisamente fedeli tra le vostre fila. Pensa che non so nemmeno il suo nome e dato che non abbiamo l’abitudine di trattar male i nostri ospiti, per lui è stato più che facile. Anche se ripensandoci, dovevamo rinchiuderlo da qualche parte visto il casino che ha combinato» pronunciò le ultime parole in modo ironico, guardando il ragazzo con la coda dell’occhio.
«Ahah! Per come si è comportato facciamo che ti credo ancora.» il tono dell’ufficiale dell’impero si fece di colpo più serio.
«Vediamo se sarai ancora così chiacchierone. Facciamo qualche domanda più difficile. Dimmi il tuo nome, età e provenienza.»
«Non è cortese chiedere certe cose senza nemmeno essersi presentati.»
Kirabo non riuscì a trattenere un grido strozzato per il dolore. L’ufficiale robusto che era all’in piedi alle sue spalle gli afferrò la testa per i capelli, tirandola all’indietro.
«Vedi di non scherzare o passerai dei momenti poco piacevoli.»
«Sono affari miei di come mi chiamo!»
Sì senti un forte rumore quando la testa del pilota venne sbattuta con violenza sul tavolo. Si sentivano dei lamenti per il dolore, soffocati dalle mani che si era portato al volto. L’uomo alle sue spalle gli alzò la testa tirandola sempre per i capelli. Aveva  il naso che sanguinava.
«Stavi andando bene, peccato. Vediamo se con qualche altra domanda ti torna la voglia di parlare … dimmi della  tua base, dei tuoi compagni e dei vostri piani!»
Il pilota non disse più una parola. Si limitava a fissarlo con gli occhi leggermente stretti dal dolore.
Continuando a non rispondere il suo torturatore lo prese girandolo verso di se e cominciò a dargli dei pugni al vivo e allo stomaco. Kirabo continuava a sopportare e trattenere il dolore.
Continuarono così, a fargli domande e picchiarlo senza ottenere nulla.
Andarono avanti in questo modo per più di un’ora.
«Non n’è hai ancora abbastanza? Voglio essere buono se mi dirai anche solo qualcosa ti lascio stare.» ma Kirabo continuava a non rispondere ormai quasi allo stremo.
Takehito era rimasto ad assistere per tutto il tempo inorridito da tanta violenza.
«Continui a non voler parlare maledetto! Non tieni alla vita forse? Vuoi forse dirmi dove andate a nascondervi? Se mi risponderai la finiamo qui.»
Ma non giunse nessuna risposta.
Allora l’ufficiale robusto lo sollevo dalla sedia sbattendolo con le spalle al muro e dandogli una ginocchiata allo stomaco.
«Sei deciso a non parlare!»
«Non metterò in pericolo i  miei compagni e tutti gli altri.» disse faticosamente.
Senza più esitazioni l’ufficiale incaricato a torturarlo, gli prese il braccio  destro e cominciò a fare pressione sul gomito con l’intento di romperlo.
Le urla del pilota divennero più forti. Ma nonostante tutto non cedeva e così la pressione si faceva sempre più forte, sempre più e con quella aumentava anche il dolore fino a diventare insostenibile quando si spezzò.
Era a terra piegato dal dolore. Cercava di trattenere le urla che si trasformavano in lamenti e singhiozzi.
Il componente più giovane della stanza guardava la scena spaventato. Avrebbe voluto fermarli, pensando che quel trattamento fosse eccessivo anche per un criminale.
«Ora non penso sia in grado di rispondere Facciamolo calmare, continueremo dopo. Pensiamo all’altro.» e si rivolsero a Takehito.
«Visto quello che accade con chi decide di non aiutarci, spero che con te sia diverso.>>
«Per … perché non dovrei collaborare?» aveva paura, gli occhi spalancati e la voce tremolante.
«Non ho alcun dubbio! Mi sai dire come si chiama?»
«N ..no»
«Ne sei sicuro?»
«Sì!»
«Sapresti descrivermi quelli che hai visto sulla nave?»
«Ho visto il loro comandante!»
«Di lui non ci interessa, lo conosciamo già.»
«Non ho visto più nessuno.»
«Ne sei sicuro?»
«So ..sono stato tutto il tempo in una stanza, ho visto solo il loro comandante.»
«Bada di non mentire! Hai preso un teknight e fuggito di lì, lungo il tragitto devi pur aver visto qualcuno!» l’ufficiale di mezz’età alzò la voce che si fece imperiosa e l’altro lo prese per la maglietta che indossava, alzandolo.
«Lo giuro! E’ tutto quello che so! Prima di salire sulla base ho perso i sensi e quando mi sono risvegliato era solo in una stanza, è venuto il comandante e nessuno più e non avevo il coraggio di uscire. Però quando ho sentito che stavate attaccando ho pensato che fosse una buona occasione per fuggire. Ho solo pensato a non farmi notare e a fuggire, non ho fatto caso a tutto il resto. Vi prego credetemi non vi sto mentendo, lo giuro!» spiegò loro  il ragazzo tutto d’un fiato con le lacrime agli occhi.
«… lascialo perdere non sa nulla.» l’uomo robusto lo lasciò andare.
«Ora mi lascerete andare, posso tornare a casa?» osò domandare Takehito.
«Non mi sei servito a niente. Ma non ti preoccupare sarai utile all’impero. Quando hai tentato di fermare il furto ed eri riuscito a salire sulla base, abbiamo diffuso la notizia della tua probabile morte. Certo,  se fossi tornato con qualche informazione utile avremmo anche potuto farti diventare una sorta di eroe, ma dato che sei tornato a mani vuote, non possiamo far altro che confermare la tua  fine. “Il pilota fatto prigioniero ha confessato la terribile morte sotto torture e minacce del nostro  collaudatore. Volevano ottenere più informazioni possibili ma grazie alla sua tenacia e coraggio ha resistito, dimostrando tutta la sua lealtà all’Impero.” Verrai ricordato ugualmente come un eroe. Quindi preparati a morire insieme a quell’altro.»rise rozzamente  e così dicendo i due ufficiali uscirono lasciandoli soli.
Tornarono ad essere soli in quella piccola stanza dove regnava solo il silenzio, rotto dal respiro pesante di Kirabo.
«Perché non hai detto nulla?» domandò il pilota che a fatica stava tentando di riprendersi appoggiandosi al  muro.
«Non lo so. - continuò - Hanno davvero intenzione di uccidermi?»
«Non mi sorprenderei …»
«Perché dovrebbero farlo? Non capisco, non ho fatto nulla di male!»
«E’ il loro modo di fare. Se possono trarre vantaggio da qualcosa, non esitano a farlo.» anche parlare era uno sforzo.
Kirabo era seduto a terra con la schiena appoggiata al muro e gli occhi chiusi. Dopo poco sentì il ragazzo piangere , si voltò a guardalo e gli fece una gran pena.
Era rannicchiato su una sedia che tentava inutilmente di fermare le lacrime passandosi le mani sugli occhi.
Con molta fatica si alzò e gli si avvicinò chinandosi per arrivare alla sua altezza, accarezzandogli la testa.
«Non voglio morire … ti prego aiutami … non voglio morire …»
«Non lascerò che ti accada nulla, sta tranquillo. Fuggiremo di qui e poi ti porterò in un posto sicuro.» Kirabo cercava di confortalo e a poco a poco il ragazzo si calmò.
«Bisogna bloccare il braccio. Cerco se c’è qualcosa per fermalo.» così dicendo si guardò intorno ma non vide nulla di utile, allora si alzò in direzione di un armadietto.
Come serratura c’era uno schermo, che al tocco delle dita del ragazzo, proiettò una schermata luminosa nell’aria. Poi si abbassò a guardare un angolo dell’armadietto e tornò  alla schermata dove digitò varie cifre e lettere, dopo di che si aprì.
Vi guardò dall’interno. Non c’era nulla di particolare, vari oggetti che di solito si usavano negli uffici, guardando meglio vide delle cilindretti sottili di metallo. Pensò che erano adatti e ne prese due.
Si avvicinò al pilota, si strappò un pezzo della sua maglietta e poi prese il braccio da medicare.
 Tra le urla a stento trattenute, posizionò i cilindri per poi fissarli con il pezzo di stoffa. Quando terminò si rimise a sedere col capo rivolto verso il pavimento, mentre Kirabo riprendeva fiato.
«Come hai fatto ad aprire quell’armadietto?»domandò all’improvviso il pilota.
«Non è difficile. Esiste un trucco. La maggior parte degli oggetti che si trovano nei laboratori e centri di ricerca, hanno una combinazione che si può ricavare facilmente dal loro numero di serie. E’ stato un mio collega a scoprirlo tempo fa.» spiegò il ragazzo.
«Si può fare la stessa cosa anche con quella porta?»
«Sì! Anche se c’è  più di una combinazione possibile, ma non sono difficili da calcolare.»
«Fantastico! Sai altro di questo posto?»
«Se sapessi precisamente dove ci troviamo mi potrebbe essere  d’aiuto, ma i laboratori sono più meno simili.»
 «Mi aiuteresti a preparare un piano di fuga?»
«Ma è pericoloso! Ci saranno sicuramente soldati e telecamere a controllarci?»
«Mi sembra di averti sentito dire che non volevi morire.»
«Sì … ma …»
«I miei compagni non ci metteranno molto a trovarci, ma anche noi dobbiamo fare la nostra parte. - lo guardò con più decisione. - Mi aiuti?»
Con un po’ di esitazione il giovane acconsentì.
«Va bene. La prospettiva che ci attende non è delle migliori e non cambierà restando qui.»
«Per prima cosa devo recuperare il mio RAD. Sai pilotarli i teknight vero?»
«Certo! Ma non avevi detto che non sai disattivare il sistema di sicurezza?» domandò ingenuamente.
Kirabo rise.
«Hai creduto a quello che ho detto?» il ragazzo sembrò offendersi a quelle parole, poi Kirabo continuò.
 «E’ vero che si è inserito un sistema di sicurezza, anzi ora sta anche trasmettendo un segnale alla base, impossibile da intercettare se non da appositi strumenti. Però non è vero che non posso disattivare tale sistema. Ammetto di non capirci molto, ma almeno le cose fondamentali le so fare.»
«Ho capito, sai il fatto tuo. Ora ci mettiamo a pianificare questa evasione?» disse Takehito scocciato.
«Giusto! Meglio non perdere tempo … aspetta però, una cosa davvero non la so … come ti chiami?»
Il ragazzo rimase a guardalo, poi incominciò a ridere.
«In una situazione come questa ti preoccupi di sapere qual è il mio nome? Poi l’ha detto anche l’ufficiale di prima.»
«Non ho fatto caso a quello che ha detto! Non posso mica chiamarti “ragazzo” o “ehi tu”? E poi il mio nome lo conosci.»
«Mi chiamo Takehito Ikeda … però mi dispiace il tuo nome non lo ricordo.»
«Faccio finta di non averti sentito, con tutte le volte che te l’avrò ripetuto in questi giorni.»disse con finto tono offeso.
«Comunque sono Kirabo, per sicurezza ti dirò il mio nome completo quando saremo al sicuro» e iniziarono a lavorare sul piano di fuga.
 
Correva, inseguito da un uomo.
 Girò l’angolo e quasi cadde, riprese la sua corsa sempre con l’uomo alle spalle e poi si catapultò in una stanza, che aveva la porta aperta.
«Non puoi più scappap …» un rumore sordo e poi un tonfo.
Nella stanza ad attenderli c’era Takehito, che si era nascosto appena dietro l’entrata. Reggeva una sedia sulla testa, pronto a colpire. Appena sentì dei rumori provenienti dall’esterno, si preparò.
Il suo complice entrò nella stanza e subito con al seguito suo inseguitore che venne colpito dalla sedia.
«Gli hai dato una bella botta.»
«Ho esagerato?»
«Va bene così! Più resta in questo stato, meglio è per noi. Su! Ora prendi i suoi vestiti e continuiamo come stabilito. Sbrigati!»
Il ragazzo fece subito come gli era stato detto.
Si chinò e con l’ aiuto di Kirabo,  spogliò, quello che doveva essere un soldato di guardia, e indossò l’uniforme. Gli andava un po’ grande.
«Kirabo c’è anche una specie di ricetrasmittente.»
«Metti anche quella.» e il ragazzo mise anche la ricetrasmittente.
Fece un gran respiro.
«Sono pronto!» annunciò.
«Cerca di restare calmo, intesi?»
«Sì. Andiamo.»
Kirabo annuì.
Uscirono assicurandosi di chiudere bene la porta e cominciarono a percorrere il corridoio.
Camminavano uno dietro l’altro. Kirabo avanti con il braccio sano dietro alla schiena, retto da Takehito.
 Il più giovane si guardava intorno cercando di orientarsi. Si erano diretti verso i piani inferiori, usando le scale , poiché era lì che in genere si trovavano i teknight, almeno così sosteneva Takehito.
Ad ogni piano facevano qualche passo nei corridoi e poi tornavano indietro per continuare la discesa.
Improvvisamente il più giovane sorrise.
«Cosa c’è?»domandò l’altro.
«Siamo fortunati! Conosco questo posto. Ho lavorato per un po’ qui. Se non ricordo male dobbiamo scendere ancora di un piano.»
«Che fortuna!»
«Dove stai portando il prigioniero?» a Takehito mancò un battito.
La voce proveniva della ricetrasmittente.
«Rispondi!» ancora quella voce meccanica.
«Di qualcosa o si insospettiranno.» gli bisbigliò Kirabo.  
Il ragazzo premette un pulsante della ricetrasmittente.
«Ho … ho l’ordine di portarlo al suo teknight, pare si sia deciso a collaborare.» la sua voce era insicura, ma bastò.
«Bene, va pure.»
Proseguirono. Takehito, ora col cuore in gola, conduceva sempre Kirabo tenendolo per il braccio, ora più all’erta che mai.
Giunsero davanti una grande porta.
Il ragazzo l’aprì senza alcun problema ed entrarono.
Era una stanza decisamente grande e c’erano molti teknight.
Kirabo si svincolò dalla presa leggera del giovane e si muoveva frenetico tra quelle armi umanoide alla ricerca della sua.  
«Eccolo!Eccolo!Takehito vieni, l’ho trovato!»
«Shh! Sei impazzito.»il ragazzo era agitato e considerò quell’entusiasmo fuori luogo.
Lo raggiunse e lo trovò intento a premere una sere di tasti. Il teknight non era di certo in buone condizioni. In molti punti presentava delle ammaccature e delle parti mancanti e non sembrava poter essere in grado di mettersi in funzione.
«Ma si muoverà?» si chiese scettico.
«In queste condizioni no di certo. Però ha energia a sufficienza per poter comunicare con gli altri.»
Premette ancora alcuni pulsanti e si sentì un leggero rumore, simile a  quello di un motore che si avvia, si accesero alcune luci e si abbassò una lastra di metallo deformata, ovvero ciò che rimaneva dello sportello. Kirabo entrò all’interno del mecha e attivò il sistema di comunicazione.
«Base, qui K4, mi sentite?»
«Base … Owen? Vi prego qualcuno risponda!» si mise in attesa.
«K4, qui Erin! Quali sono le condizioni?» fu una domanda diretta ma si percepì chiaramente il sollievo nel sentire il compagno.
«Per fortuna! Il RAD è messo male non riuscirò a metterlo in moto e anche io non sono nelle migliori condizioni, ho un braccio rotto, però c’è il ragazzo che mi sta aiutando.»
«Non preoccuparti, stiamo arriviamo. Abbiamo ricevuto la segnalazione di posizione, nelle vicinanze ci sono K3, S6 e S8. Aspetta il loro intervento.»
«Agli ordini!» Kirabo usci dall’abitacolo un po’ a fatica e si rivolse a Takehito.
 «Quello è un teknight da carico?» domandò indicando col dito un mecha dalle grandi dimensioni.
«Sì!»
«Allora attivalo e caricaci su il RAD.»
«Ok!» fece come gli era stato detto.
Ma proprio mentre lo stava per attivare, la porta della stanza si aprì e fecero irruzione un paio di decine di uomini armati.
«Pensavate di scappare ingannandoci in questo modo? Stupidi.» I due riconobbero l’uomo che aveva parlato. Si trattava dello stesso che era venuto ad interrogarli.
Takehito tentò ugualmente di attivare il mecha, ma un colpo di arma da fuoco lo fermò.
«Non ci provare nemmeno, almeno che tu non voglia morire prima del tempo.»
«Non fare nulla! Resta dove sei!» urlò Kirabo alzando il braccio sano verso l’alto.
«Bene, hai capito.» l’uomo seguito da alcuni dei soldati si avvicinò.
 Un grande boato però, impedì loro di raggiungerlo.
Alcune parti del soffitto e una delle pareti crollarono. Kirabo trovò riparo sotto al suo RAD mentre Takehito ne approfittò per terminare quello che aveva iniziato.
«Fate fuoco! Uccideteli!»
L’ordine, urlato con tutto il fiato possibile,  venne eseguito immediatamente e una scarica di proiettili si diressero nella direzione del pilota della Phlayrh.
Questa volta la sola protezione del suo mecha non sarebbe bastata, ma intervenne Takehito che all’interno del teknight da carico, si frappose tra lui e i soldati.
Allora, i soldati rimasti nelle retrovie salirono su dei teknight , decisi a fermare i fuggiaschi. Tutti i loro sforzi risultarono vani, quando fece irruzione un teknight rosso, che come un fulmine, distrusse ogni cosa aveva davanti.
Nella confusione Takehito fece entrare Kirabo nella postazione di pilotaggio. Prese con se anche il RAD e uscirono volando verso l’alto.
Davanti a loro trovarono altri due teknight della Phlayrh.
Il  modello nero dalle forme slanciate e un altro grigio.
Presto li raggiunse anche quello rosso insieme al una decina di nemici.
«S8, K3, portate K4 e il ragazzo alla base. Qui ci penso io» e come una furia il teknight nero colpiva e distruggeva gli avversari che tentavano di fermarlo.
Quando non rimase più nessuno ad ostacolarlo, raggiunse i suoi compagni e insieme ritornarono alle loro base, nascosta da qualche parte nel cielo.

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Capitolo 6
*** Section 5 ***


Argest Age – section 5

Era tornato al punto di partenza, su quella base che viaggiava nell’atmosfera terrestre. Quando arrivò, molte persone circondarono il teknight in cui si trovava. Erano tutti preoccupati per il loro compagno.
Kirabo sollevato del fatto di essere al sicuro, lasciò che la stanchezza accumulata per la tensione e il dolore prendessero il sopravvento ma nonostante ciò, continuava a preoccuparsi per Takehito ancora scosso affidandolo ai suoi compagni, sicuro che si sarebbero presi cura di lui. Venne poi portato via dal medico, Lara, tra mille domande e raccomandazioni, seguito da altri tre.
«Takehito, riesci ad uscire? Stai bene?»il ragazzo riconobbe immediatamente quella voce calda e profonda.
«Sì!» rispose piano muovendosi e uscendo dal robot.
Il generale lo aiutò a scendere porgendogli una mano e il ragazzo poté osservare con più attenzione chi lo circondava.
Erano rimasti una ragazza che indossava una tuta da pilota, il generale e quello che ricordava essere il  meccanico con il figlio.
«Ti ringrazio a nome di tutti per aver aiutato Kirabo.» sorpreso Takehito guardò prima il generale e poi il pavimento.
«Dovrei essere io a ringraziarvi dopo tutto quello che ho fatto.»
«Non pensarci più, orami è passato. - lo rassicurò la ragazza con la tuta avvicinandosi,  continuò - piuttosto sembri stremato, vuoi riposare?»
«Sì, per favore.»
«Vieni ti faccio strada!»disse sorridendo.
 Nel tragitto la ragazza si presentò col nome di Kyla e gli disse di essere il pilota del teknight rosso. Lo accompagnò ai piani superiori dove, gli spiegò, si trovavano le stanze di tutti i membri dell’equipaggio e al momento c’e n’erano alcune non utilizzate. Aprì una delle porte, accese la luce e lo fece entrare.
«Questa è la più grande tra quelle libere, però se non ti piace puoi sempre sceglierne un’altra, a limite domani con più calma.»
«Grazie.» si limitò a rispondere.
«Bene! Ti vado a prendere le lenzuola e una coperta.» e uscì.
 A differenza della stanza in cui era stato la volta precedente, era molto più spaziosa, un po’ spoglia, data la sola presenza del letto e di un piccolo armadio. C’era però un'altra porta che conduceva a un bagno non molto grande ma bene attrezzato.
Ritornò nella stanza, guardò fuori attraverso una delle due finestre a forma di oblò.
Era notte ed era completamente buio fatta eccezione per la luce delle stelle. Rimase a guardare ancora un po’, per poi gettarsi sul letto.
Quando Kyla tornò, trovò il ragazzo addormentato e non volendolo svegliare, ripose le lenzuola nell’armadio e lo coprì con la coperta.


Quando si svegliò il giorno seguente, era già mattino inoltrato e la luce entrava con prepotenza nella stanza. Impiegò qualche secondo per mettere a fuoco ciò che aveva fatto prima di addormentarsi e tutto quello che gli era accaduto gli sembrò un sogno.
Alzandosi aveva notato che ai piedi del letto c’erano alcuni vestiti, asciugamani, sapone e qualcosa da mangiare, così ne approfittò per lavarsi e cambiarsi.
Sotto il getto d’acqua della doccia ritornò a pensare alla sua attuale condizione. Era tornato da quelli della Phlayrh pur di non essere ucciso. Ormai poteva dirsi quasi certo di essere al sicuro ma non riusciva ad immaginare che cosa sarebbe accaduto da lì in poi. Anche se lo avessero lasciato andare via, non aveva più un posto in cui stare, forse sarebbe potuto tornare dalla sua famiglia ma riflettendo avrebbe potuto metterla in pericolo.
Forse poteva vivere da clandestino o poteva cambiare identità e se proprio necessario anche aspetto. Mentre la sua testa elaborava simili pensieri, terminò anche di vestirsi. Fece tutto con gesti automatici e lo sguardo pensieroso. Si guardò nello specchio che era sul lavandino. La sua immagine era sempre la stessa, i soliti capelli castani corti un po’ spettinati,  i soliti occhi dello stesso colore dei capelli, sempre lo stesso naso piccolo e le stesse labbra sottili, eppure era sicuro di essere più quello di prima o comunque che non lo sarebbe più stato.
 Scosse la testa come a volersi liberarsi da tutti quei pensieri, alcuni dei quali li ritenne stupidi, fece un bel respiro, divorò letteralmente la colazione che gli avevano portato ed uscì.
Stranamente quel posto non gli incuteva più terrore, di certo non poteva dirsi al suo agio ma si sentiva tranquillo. Una volta all’esterno della stanza non sapeva dove andare.
Quello in cui si trovava, era il piano dove viveva l’equipaggio, così decise di esplorarlo nella speranza di incontrare qualcuno. Camminò per un po’, non osando entrare nelle stanze, fino a quando non sentì delle voci, si diresse nella direzione da cui provenivano fermandosi all’entrata di una sala molto grande.
«Bell’amico che sei, Lev! Ti avevo chiesto un piccolo favore.» quella era la voce di Kirabo.
«Ti ha aiutato Shu!»
«Per forza! Non mi avrebbe lasciato andare in giro in mutande, come invece un insensibile come te ha fatto.»
«Non ti ho mica lasciato nudo.»
«Ci mancava! Sei crudele.»
«Esagerato.»
«Oh! Ti sei svegliato! Vieni sei arrivato giusto in tempo per il pranzo.» la voce di Kyla interruppe la discussione tra i due.
La ragazza, con una pila molto alta di piatti in mano, era arrivata alle spalle di Takehito oltrepassandolo. Non indossava più la tuta, sostituita da dei pantaloncini corti di jeans e una canottiera arancione. Portava i capelli, rossicci e mossi, liberi che le ricoprivano le spalle e anche se per poco, era riuscito a notare i suoi occhi verdi.
«Takehito! Come ti senti?» gli domandò Kirabo avvicinandosi.
«Sto bene. E il tuo braccio?» dovette alzare la testa per poterlo guardare in faccia.
«Ci vorrà un po’ di tempo prima che guarisca ma tornerà come nuovo, per ora devo sopportare il fastidio di un braccio immobilizzato e di un individuo che lascia gli amici in difficoltà.» quelle ultime parole erano rivolte all’altro componente della sala che guardò di traverso.
«Quanto la fai lunga.- sbuffò -invece di lamentarti, vieni a dare una mano.» disse indicando i piatti da sistemare sul grande tavolo di quella stanza.
«Uffa! Devo riposare, mi devo riprendere io.» replicò e svogliatamente prese a sistemare i piatti con l’aiuto di Takehito che gli li poneva.
«Takehito non scomodarti troppo, si diverte a fare la vittima. Comunque io sono Lev piacere di conoscerti.» gli porse la mano che venne stretta da Takehito.
Era un ragazzo abbastanza alto, capelli biondi, corti e con la frangia pettinata di lato, occhi verdi, indossava dei pantaloni blu e una maglietta verde, molto semplici.
All’esterno iniziò a crearsi un gran vociare, segno che si stavano avvicinando altre persone. Fecero il loro ingresso pochi secondi dopo e alcuni di loro con delle pentole fumanti, che si affrettarono a posizionare su dei sottili supporti in legno.
Tutti presero posto, tra chiacchiere, sorrisi e qualche sguardo al nuovo arrivato. Arrivò anche Owen, con la sua solita aria seria, accompagnato da una donna che doveva avere all’incirca la stessa età. La donna prese posto seguito da Owen che però restò in piedi, richiamando l’attenzione di tutti.
«Avrete tutti notato la presenza del ragazzo che abbiamo accolto a bordo, sono sicuro che lo tratterete come si deve.- guardò tutti i presenti che lo osservavano in silenzio- ora mangiamo.» terminò sedendosi e riempiendo il suo piatto, anche gli altri iniziarono a mangiare.
Qualcuno faceva qualche gesto di saluto a Takehito, altri lo guardarono sorridendogli.
Il ragazzo era seduto in fondo al tavolo con affianco Kirabo, intento a mettere qualcosa nel piatto, stando attento a non fare guai, dato che usava solo il braccio sinistro,  e gli altri due giovani di fronte che precedentemente stavano apparecchiando.
«Che fai non mangi?Se non ti sbrighi finirà tutto.» gli fece notare Lev.
«Ehm … sì!» e si affrettò a riempire il piatto.
Cominciò a mangiare portando alla bocca piccoli bocconi, come si fa con qualcosa che non si è mai assaggiato prima.
Era buono e dimenticatosi degli occhi che lo osservavano prese a mangiare con gusto.
«Takehito, ti presento gli altri!» disse tutt’un tratto Kirabo facendo voltare il ragazzo mentre ingoiava un boccone, e continuò.
«Cominciamo da Owen. – esclamò indicando l’uomo che era alla sua sinistra. – anche se immagino tu lo conosca già, ma fa nulla. Lui è il generale della Phlayrh e si occupa di tutti quanti noi. Al suo fianco c’è Erin Beck, che è la moglie di Owen. E’ il nostro tenente generale e principalmente si occupa della navigazione.» indicò la donna al fianco del generale, dal viso sottile e lunghi capelli castani, raccolti dietro la nuca con due ciocche che le delineavano il viso.
«Poi c’è Lara Vega che è il nostro medico. – portava sempre il camice bianco proprio come ricordava quando l’aveva vista la prima volta. Si voltò verso di lui sorridendogli con i suoi occhi castani sfumati di verde – e ancora Aruto Harada lui invece è il nostro meccanico, il migliore in circolazione.» L’uomo venne preso a gomitate del medico per farlo vedere meglio e lui si limitò a salutarlo con un gesto del capo. Era piccoletto, con i capelli rasati neri e occhi dello stesso colore.
«Di fronte a lui c’è suo figlio Katsu. Anche lui è un meccanico.» venne richiamata anche la sua attenzione, poiché stava parlando con il ragazzo che gli era accanto, e fece un gesto simile a quello del padre. Era giovane, forse un suo coetaneo,con occhi grigi e capelli castano scuro a spazzola tenuti su da occhiali simili a quelli da aviatore.  
«Poi abbiamo Seref Argest, sai già chi è, si unì a noi qualche anno fa ed è stato un vero colpo di fortuna, arrivò in un brutto momento e si rilevò un ottimo pilota e compagno.»
Il principe dell’impero Argest. Fu un vero shock trovarlo lì. Nonostante ora facesse parte di quell’equipaggio, sembrava aver mantenuto un aspetto e un atteggiamento principesco. Vestiti accostati al corpo e dall’aspetto formali, capelli castani, corti e ordinati e occhi del colore dell’ametista. Si limitarono ad osservarsi.
«E in fine, ci sono i due fratelli Yue e Shu. Sono anche loro piloti e anche piuttosto abili e oserei dire particolari.» la prima era una ragazza molto giovane che a sentirsi nominare voltò il viso dall’altra parte, beccandosi un rimprovero dal fratello, che doveva essere più grande e non di poco. Erano davvero molto simili, entrambi avevano i capelli neri e lunghi, la prima li portava legati in un alta coda di cavallo e l’altro sciolti, e occhi blu dal taglio allungato.
«Non preoccuparti, Yue impiega un po’ di tempo prima di fare conoscenza con qualcuno.» lo rassicurò Kirabo.
Il pranzo fu piacevole e allegro. Kirabo e Takehito vennero tempestati di domande riguardo la loro cattura e fuga ma cercarono anche di sapere qualcosa in più sul nuovo arrivato.
Quando terminarono, tutti tornarono alle loro mansioni e chi aveva apparecchiato, aveva anche il compito di lavare tutto e mettere in ordine. Takehito si offrì per dare una mano e così trascorsero più di un’ora nella cucina.
«Finito!» esclamò Kyla passandosi un braccio sulla fronte.
«Kirabo la prossima volta ti toccherà lavorare il doppio.»
«Lev più di questo non riesco a fare con braccio solo, anzi dovrei stare nel mio letto a riposare.»
«Ok ok ho capito, mi accontenterò dell’impegno, per fortuna Takehito ti ha sostituito, almeno non abbiamo perso troppo tempo.»
«E’ vero. Grazie! Sei qui nemmeno da un giorno e subito ti abbiamo messo a lavorare.» fece Kyla quasi per scusarsi.
«Non c’è problema. A questo tipo di cose sono abituato, anche se non per così tante persone.»
«Takehito ti porto a fare un giro della base. Ti va?» propose Kirabo.
Il ragazzo annuì.
«Voi che fate?»
«Se non vi dispiace tornerei nella mia camera, non ho avuto modo di dormire molto questa notte.» rispose Kyla.
«Per il giro turistico della nave passo, devo vedermela con un mucchio di scartoffie che ho accumulato. Se non lo faccio entro breve, Owen si innervosirà.» e così dicendo il gruppetto si divise.
«Ti porto prima a vedere per bene la sala dei teknight. E’ quella più grande e si estende per tutta la superficie dell’ aeronave.»
I due si diressero verso il piano più basso della base. In quel posto Takehito ci era già stato. Si ricordava di quello spazio enorme riempito solo di teknight e varie strumentazioni. In quel momento non c’era nessuno e Kirabo lo lasciò libero di girare come preferiva.
«A te devono piacere davvero molto i teknight.» affermò Kirabo.
«In realtà volevo diventare un pilota ma non avevo ancora il titolo di studi necessario, così ho deciso di fare il collaudatore in modo tale da poter imparare a pilotarli.»
«Ma essere un pilota significa combattere, andare in guerra.»
«Volevo occuparmi dell’ordine pubblico, un compito poco faticoso e pericoloso. E poi, non immaginavo che avessero preso un tipo ordinario come me nel proprio esercito.»
«Se invece avessi avuto le carte in regola per poterlo diventare?»
«Non so cosa rispondere, non mi ero mai posto seriamente il problema.»
«Capisco.»
Kirabo lo seguiva e ad ogni mecha che si fermavano, spiegava in breve le caratteristiche che possedeva e il pilota che lo manovrava.
C’erano tutti quelli che Takehito aveva visto. Quello che pilotava lo stesso Kirabo, ancora mezzo distrutto.
Gli spiegò che si trattava di un teknight dalle grandi capacità difensive, suggerite anche dal suo aspetto massiccio e spigoloso. Faceva parte della categoria dei RAD e veniva identificato con RAD o RAD 1.
Dopo passò ad uno rosso, quello che era venuto a soccorrerli, pilotato da Kyla. Dalle forme più curve ma decise. Si trattava invece di un modello destinato alle azioni d’attacco e all’effetto sorpresa. Anche questo era un modello RAD e veniva identificato anche come RAD 2. Anche il modello che seguiva faceva parte della stessa categoria, chiamato anche RAD 3.
Questo però non lo conosceva ancora. Dalle forme molto simile a quelle del modello rosso, ma di colore bianco, pilotato da Lev. Anche questo disponeva di una buona capacità di attacco ma veniva usato principalmente per azioni prolungate.
Poi c’era quello grigio di Seref, lo IF. Un modello particolare sia nell’aspetto, dalle forme particolarmente curve e tondeggianti, con molte telecamere e sensori su quello che può definirsi volto e busto, sia per le sue caratteristiche , dotato di un computer, in grado di analizzare dati in breve tempo durante i combattimenti, ideato e realizzato dallo stesso Seref. Particolarità che lo rende adatto a qualsiasi situazione.
E infine, i due mecha umanoidi slanciati e agili. Gli MA, questo era il loro nome, erano i modelli dei due fratelli Shu e Yue. Takehito rimase molto sorpreso dal sistema di controllo di tali macchine, era realizzato in modo da sfruttare al meglio le abilità nelle arti marziali dei piloti. Infatti, erano controllati direttamente dai movimenti del corpo che venivano riprodotti alla perfezione, motivo per cui, assomigliavano molto ad un corpo umano.
Girò ancora un po’ incuriosito, per poi passare al piano superiore.
Lì c’era la sala macchine. Un’altra stanza enorme piena di macchinari rumorosi, piccole lucette accese, lampeggianti o spente,  altri si movevano producendo vibrazioni e un gran calore. Questa volta la sua guida non fu in grado di spiegare nei particolari il funzionamento di quei marchingegni, restando vago.
Rapidamente uscirono e  Kirabo gli indicò il fondo del corridoio dove, gli spiegò, esserci la sala comandi. Non lo fece entrare dicendogli che chi guidava quella nave non amava l’intrusione di altre persone.
Il giovane ragazzo venne portato al piano da cui erano partiti, mostrandoglielo meglio.
Sorvolò la cucina e la sala da pranzo e passò avanti e gli venne mostrato dei bagni che ricordavano quello dei campeggi, con un lungo lavandino, tre docce e cinque lavatrici e una cabina dove venivano messi ad asciugare il bucato.
Seguivano le stanze dei piloti. Le prime tre sul lato destro erano vuote, così come la prima sul lato sinistro, di cui una vuota e le restanti usate come ripostigli. Andando in ordine sul lato destro vi erano le stanze di Kastu, Lev, Lara, Oewn ed Erin.
Sul lato opposto erano quelle assegnate a Seref, Yue e Shu, Kyla, Kirabo, e in fine Aruto. Kirabo gli raccomandò di ricordarsele, se avesse avuto bisogno di qualcosa o per evitare di infastidire qualcuno. In fine sul fondo del corridoi c’era lo studio medico della base.  
«Ora ti farò vedere la parte della nave che preferisco. La chiamiamo semplicemente area svago. Dato che trascorriamo molto tempo lontani dalla terra ferma e dalla nostra casa, abbiamo creato uno spazio in cui possiamo distrarci e fare ciò che più ci piace.» spiegò l’uomo alto completando le scale che li conducevano al piano superiore.
Le prime sue stanze erano molto simili, con alcune poltrone o divani e un monitor in entrambe. In una vi erano diverse console per videogiochi dalle meno recenti a quelle più moderne, nell’altra tantissimi film, piccole memorie digitali che contenevano storie e racconti, perfino dei libri cartacei, quasi del tutto spariti in quei tempi e molti giochi da tavolo.
«Qui evitiamo di vedere programmi che vengono trasmessi alla tv, finivamo sempre con il litigare e abbiamo finito con l’avere ognuno il proprio tv. Ci veniamo a giocare o a leggere però entrambe hanno preso il nome di “stanza dei giochi”.»
Nella seguente c’erano solo sei computer ed era davvero molto piccola. Ma quello che sorprese davvero Takehito fu quello che seguì. Quella manciata di persone che viveva su quella nave, aveva a disposizione un campo sportivo e di quelli più moderni.
In pratica disponevano di un campo polivalente, che con piccoli comandi assumeva le dimensioni e forma a seconda dello sport che si voleva praticare. Gli spazi di gioco erano delimitati, a seconda delle esigenze, da strisce luminose, reti, canestri, ostacoli e altro comparivano e sparivano premendo semplicemente qualche pulsante.
A sorprenderlo ancora di più fu scoprire che di quel campo ce n’erano ben tre. E l’ultimo lo trovarono occupato.
«Ehilà Shu! Già a giocare, eh?» un pallone entrò preciso nel cerchio del canestro, per cadere ed essere recuperata da chi l’aveva lanciata.
«Mi andava di fare un po’ di movimento.-rispose il ragazzo dai lunghi capelli neri. Poi rivolto a Takehito – Scusa per il comportamento di mia sorella, non è molto socievole con chi non conosce.»
«Non me la sono presa.» replicò tranquillo.
«Shu passa la palla!»
«Sicuro di riuscirci con un braccio solo?»
«Ci provo.» gli arrivò la palla dall’alto che afferrò con precisione. Si posizionò davanti al canestro e lanciò, ma il bersaglio venne mancato e non di poco.
«Che schifo!» si riprese da solo Kirabo.
«Riprova.» Shu gli lanciò la sfera arancione ancora una volta. Al nuovo lancio la palla colpì il cerchio facendola rimbalzare lontano.
«Meglio.»
«Decisamente. Takehito vuoi provare anche tu?» Kirabo lo stava osservando con il pallone sollevato in area pronto la passarglielo.
«Non ho mai giocato, non penso di esserne in grado.» rispose.
«Allora prova.» e gli lanciò la palla. L’afferrò un po’ impacciato.
«Se proprio insisti.»sospirò.
Provò con un primo lanciò che non andò a buon fine, ne seguirono altri ma non ebbero una sorte migliore del primo, allora Kirabo cercò di dargli qualche dritta ma con le sole parole non riusciva a farsi capire, così Shu decise di intervenire facendogli vedere come si posizionavano le mani e come darsi lo slancio. I tiri successivi migliorarono e qualcuno andò anche a segno. Trascorse molto tempo tra passaggi, tiri e qualche scontro diretto. Stanchi e sudati si riposarono sedendosi a terra.
«Ma voi siete sempre così?» chiese d’un tratto Takehito.
«Così come?< replicò l’uomo scuro.
«Non saprei come definirvi. Forse aperti o uniti. Già mi sorprende il fatto che mi abbiate accolto dopo quello che ho fatto e come se fosse la cosa più naturale del mondo ma anche tra di voi sembra esserci un’atmosfera serena e anche il pranzo tutti insieme. Fate sempre così?» cercò di chiarire.
«E’ perché siamo una famiglia e come tale cerchiamo di andare d’accordo, certo liti e incomprensioni non mancano, e dato che passiamo la maggior parte del tempo separati, ognuno con il proprio lavoro da svolgere ci ritagliamo dei momenti, come quello dei pasti, per stare insieme.» fu Shu a rispondere con voce pacata e lo sguardo dolce, fisso davanti a se.
«In effetti le prime volte facciamo sempre un’impressione strana. C’è chi rimane affascinato e si lascia coinvolgere e chi impiega un po’ di tempo per ambientarsi.»
“Una famiglia eh? Non ricordo nemmeno quando fu l’ultima volta in cui sono stato con la mia.” pensò Takehito.
Il resto della giornata trascorse tranquilla. I tre rimasero a giocare fino a sera, fino a quando non andarono a mangiare. Ma prima Kirabo portò Takehito a vedere gli ultimi spazi della nave  e questa volta rimase davvero sbalordito. Tra il piano in cui si trovavano e quello superiore, c’era un piccolo arsenale che comprendeva armi di tutti i tipi, in più  vi erano anche le postazioni dei fucilieri, disposti uno su ogni lato della base. In fine all’ultimo piano possedeva un soffitto ovale completamente trasparente, permettendo di godere di una vista magnifica. Ma le sorprese non finirono , infatti Kirabo si affretto a tirare una leva su una parete, che fece aprire una parte del pavimento, come una porta scorrevole, scoprendo una piscina  molto grande forse delle dimensioni regolamentali degli sport acquatici.
Una volta terminata l’esplorazione della base, come al mattino, anche per la cena si ritrovò tutto l’equipaggio riunito, per poi lasciarsi ognuno alle proprie mansioni e al riposo. Takehito ritornò nella sua stanza, stanco e si sbrigò ad andare a dormire. Ripensò ancora alla giornata trascorsa e alle persone incontrare. Gli sembrava tutto strano, era tutto molto diverso da come aveva potuto immaginare, eppure non gli dispiaceva.     
       
 


         

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Capitolo 7
*** Section 6 ***


ARGEST AGE – SECTION 6

Era trascorsa appena una settimana da quando a bordo della Phlayrh vi era un nuovo membro. Si era ambientato abbastanza bene nonostante fosse trascorso poco tempo.
Aveva avuto modo di conoscere meglio l’equipaggio e i loro modi di fare, che a volte sembravano strani. Seppe che Owen ed Erin erano cresciuti all’interno della Phlayrh e che Owen era il figlio delle precedenti guide di quell’organizzazione. Kyla era sempre vissuta lì mentre i suo inseparabili amici, Lev e Kirabo, arrivarono quando erano dei ragazzini. Il resto erano i membri più “giovani” arrivati diversi anni prima, in ordine veniva innanzitutto Lara, Aruto con il figlio Katsu, in seguito i due fratelli Shu e Yue e in fine, solo tre anni fa, giunse Seref.
Erano gentili e premurosi, tanto da credere di poter andar d’accordo e che la sua permanenza in quel luogo non sarebbe stata poi così male. Facevano eccezione Yue e Seref che cercavano palesemente di evitarlo. Gli avevano detto che avevano bisogno di tempo per  abituarsi alla presenza di una nuova persona , il tempo di conoscerla maglio. Qualche volta  si sentiva a disagio anche con Shu, per via della sua eccessiva riservatezza e per il fatto che fosse un tipo di poche parole ma riteneva che non l’ho facesse di proposito.
Come tutti gli altri volle essere d’aiuto, così collaborava a mantenere in buono stato la base. Ognuno aveva un compito ben preciso. C’era chi pilotava i teknight e chi guidava la base, chi si occupava delle riparazioni tecniche e chi della cura dell’equipaggio, però tutte le mansioni come la pulizia e la cucina erano ben organizzate con dei turni, che da pulire e cucinare ce n’è era parecchio.  
Spesso però si recava nella sala dei teknight, dove non perdeva occasione di imparare qualcosa di nuovo e perdeva ore nell’osservare i due meccanici al lavoro. Si era creata una certa complicità con Katsu, che ogni tanto gli concedeva il permesso di fare qualcosa anche se, le sue competenze nella meccanica non erano di certo tra le migliori. Lui i teknight li pilotava  per collaudarli.

All’alba la base fu scossa da una forte vibrazione che svegliò tutti. La voce di Erin spiegò la situazione attraverso il sistema di comunicazione interno.
«Uno dei motori ha smesso di funzionare. La zona è tranquilla quindi possiamo atterrare senza alcun problema. Ripeto. Uno dei motori ha smesso di funzionare. La zona è tranquilla e possiamo atterrare senza alcun problema. Per ora rilassatevi e lasciate le manovre di atterraggio a me. Quando saremo a terra decideremo il da farsi.»
Una volta capito cosa stava accadendo, qualcuno tornò beatamente a dormire, come se gli fosse stato detto che si era fulminata una lampadina, qualcun’altro si stava preparando, sperando non fosse nulla di troppo difficile da riparare.
Inizialmente il nuovo arrivato non aveva ancora ben compreso la situazione, si stropicciava gli occhi con la mano, sbadigliò e stiracchiandosi per poi fermare le braccia a mezz’aria e spalancando gli occhi poco alla volta. Si precipitò fuori dalla sua stanza per catapultarsi con una certa foga in quella di Katsu.
«Katsu! Com’è che un motore non funziona? Non staremo per precipitare?»
«Ehi! Non entrare senza bussare! ... Ah, sei tu!» Takehito fece irruzione nella stanza nel momento in cui, il suo occupante si stava spogliando. Vedendolo sfondare letteralmente la porta e piombargli davanti si era quasi spaventato.
«Katsu la base sta andando verso il basso.» notò spaventato.
«E ’ normale! Dobbiamo atterrare.»
«Ma senza motore?»
«Questa aeronave ha quattro motori. Anche se non ne funziona uno, non è poi la fine del mondo.»
«Quindi non ci schianteremo?»
«Ovvio che non ci schianteremo, però va riparato.»
Takehito si era calmato. Sarà stato che la notizia gli era giunta quando era ancora mezzo addormentato o la sorpresa, ma si era spaventato.
«Se è tutto tranquillo perché ti stai vestendo?»gli domandò ingenuamente.
«Sono un meccanico, no? A riparare il motore dovrò pensarci anch’io.» terminò di vestirsi posizionandosi gli occhiali da aviatore sulla fronte che tenevano alzati i capelli.
«Piuttosto tu, vuoi restare nella mia stanza o ti va di darmi una mano col motore?»
In effetti, era rimasto lì impalato, anche dopo aver capito che non stava accadendo nulla di grave.
«Vado a prepararmi. A dopo.» rispose frettolosamente uscendo. Pensò che avesse fatto la figura dello sciocco ma nonostante ciò, gli era stato offerta l’opportunità di partecipare alla riparazione. Certo i teknight erano di gran lunga più interessanti ma anche vedere meglio come funzionasse il mezzo su cui viaggiava non era male. Ritornò nella sua stanza e non uscì fino a quando non atterrarono.

Passò qualche ora e il sole era ormai alto nel cielo. Il danno era al motore principale, nulla di particolarmente grave ma aggiustarlo, richiedeva molto tempo e precisione. I due meccanici continuavano a lavorare senza fermarsi e ad aiutarli c’era Takehito.
Owen andava ogni tanto a controllare come procedeva la riparazione. Tutti gli altri si trovavano all’esterno dell’aeronave, intenti in un torneo di carte.
Erano circondati da un paesaggio molto spoglio, ricco di rocce rostastre, terra del medesimo colore e qualche rado cespuglio.
«Vinto!»
«Tutta fortuna Kyla. Ti ha salvato l’ultima carta che hai pescato.»
«Non cercare di consolarti Seref, hai perso.»
Tutta soddisfatta la ragazza perse le carte e le mischiò.
«E’ ora giunto il momento della grande finale. Vedremo fronteggiarsi, l’appena classificata Kyla che con bravura e un pizzico di fortuna, è riuscita a farsi strada tra i suoi avversari e Lev che con maestria e impeccabili strategie, ha sbaragliato chiunque avesse di fronte.» Kirabo aveva afferrato un bicchiere, come se fosse un microfono e si era alzato poggiando un piede sulla sedia sulla quale stava precedentemente, improvvisando una telecronaca.
«Che stai dicendo?» il biondino cominciò  a guardarlo storto.
«Faccio la telecronaca così rendiamo più interessanti le cose.» gli rispose con naturalezza.
«Voglio farla anche io!» Yue prese anche lei un bicchiere e si posizionò accanto a Kirabo.
«Non assecondarlo.» disse sconforto Lev.
«Lasciali  fare Lev. Si divertono.» Erin si era introdotta guardandoli teneramente.
Rassegnato cominciò l’attesissima finale con tanto di incoraggiamenti e telecronaca.
Improvvisamente Shu notò, in lontananza, la presenza di qualcuno che li osservava.
«Ehi, tu! Che cosa vuoi?»
Gli altri distolsero l’attenzione dal gioco e guardarono nella stessa direzione di Shu.
La figura che a malapena si intravedeva si fece avanti piano. Mentre avanzava, si delineava sempre più la figura di un bambino. Poteva avere all’incirca nove o dieci anni, pelle leggermente scura, occhi e capelli scuri e indossava dei vestiti sporchi e consumati.
Si fermò ad osservare tutti, uno ad uno con attenzione.
«Papà!» esclamò inaspettatamente il bambino indicando Lev con l’indice.
I presenti rimasero alquanto sorpresi osservando meravigliati il piccolo, fino a quando Kirabo dovette trattenersi dal ridere. Il tentativo fallì miseramente scoppiando in una fragorosa risata.
Il biondo gli lanciò un’ occhiata infastidita, per poi rivolgersi al bambino :«Piccolo, mi spiace ma stai sbagliando persona.»
«Capelli biondi, occhi verdi e faccia da tonto. E’ la descrizione che ha fatto la mia mamma!» il bambino lo guardava deciso e portando entrambe le mani dritte lungo i fianchi.
Le sue parole fecero ridere ancora di più Kirabo e face scappare qualche sorriso anche a qualcun altro.
«Faccia da tonto?» ripeté Lev. La cosa cominciava a infastidirlo.
Attirati dalla confusione, si avvicinarono anche gli altri che stavano lavorando al motore, chiedendo cosa stesse succedendo e Seref si preoccupò di spiegare l’accaduto.
«Quello lì per davvero non può essere tuo padre, penso ce tu abbia sbagliato persona.»l’amico, smettendo con difficoltà di ridere, cercò di convincere il loro piccolo interlocutore.
«Non puoi esserne cerno. Può essersi dimenticato o sarà stato ubriaco.» replicò il piccolo.
«Però, la sa lunga il piccoletto. Ti assicuro che è così.»
«E io sono sicuro che lui è il mio papà!»
«Non c’è verso di convincerlo.» sospirò Yue.
«Se proprio non vuoi credermi, portami da tua madre così sarà lei stessa a dirtelo.»   
«Va bene!» il bambino sembrava soddisfatto.
«Aspettami qui!»  
Lev si allontanò, entrando nella base e uscì solo alcuni minuti dopo alla guida di uno strano fuoristrada, con una carrozzeria gialla a forma di ovale e fece salire il bambino.
«Vado a chiarire il malinteso. Se il motore è pronto prima che torni avvisatemi. Cercherò di fare il prima possibile.» detto ciò salutò i compagni e partì in direzione della casa del bambino seguendo le sue indicazioni.

Ci volle più di un’ora per arrivare, tanto che Lev si meravigliava di come quel bambino al suo fianco avesse potuto coprire tale distanza con un piccolo mezzo a motore che più di 30 km/h non faceva. La casa del piccolo si trovava alla periferia di quella che doveva essere una città di modeste dimensioni ma dall’aspetto moderno. Invece la casa che aveva di fronte era piccola e vecchia, fatta da semplici mattoni e legno, piena di crepe e poche tracce dell’intonaco che copriva i mattoni.
Il bambino scese dal fuoristrada ed entrò in casa seguito da Lev. L’interno aveva lo stesso aspetto malandato  dell’esterno, con qualche elettrodomestico di terza mano qua e là e due brandine.
Lev era rimasto in piedi, vicino alla porta, ad osservare il bambino che aveva preso un pezzo di carne secca, almeno era quello che sembrava, e si era messo a mangiarlo seduto su un piccolo sgabello. Ricordava di aver visto luoghi come quelli, ricordava i racconti di Kirabo di posti simili a quelli.
«Mi allontano per un po’.» gli annunciò aprendo la porta.
«Fermo! Non ti lascio scappare.» il piccolo si alzò di scatto e corse ad afferrare un lembo della maglietta del ragazzo.
«Non ti preoccupare, non ho intenzione di tornarmene indietro. Ti lascio il mio fuoristrada come garanzia.»
«Non mi prendi in giro?»
«Ti prometto che torno.» così se ne andò, in direzione della città.

Tornò poco dopo, con alcune buste. Il bambino lo stava aspettando, affacciato alla finestra, lo seguì con lo sguardo fino a quando arrivò alla porta e poi all’interno che poggiava le buste a terra. Dovevano essere alquanto pesanti, a giudicare delle mani arrossate. Poi Lev cominciò a svuotarle, ponendo il loro contenuto su un tavolo.
 Il volto del piccolo si illuminò per la felicità. Davanti a lui c’era cibo di ogni tipo: frutta, verdure, carne, ortaggi, dolci, cioccolata e bevande dall’aspetto gustoso. Esaminò tutto molto attentamente e in fine decise che avrebbe mangiato della carne fatta sulla piastra. Si mise subito al lavoro per preparasi il pranzo.
Lev osservava in silenzio quel piccolo bambino che aveva dimenticato completamente la sua presenza.
«E’ buono?»
«Sì!»
«Mi dici come ti chiami?»
«Steve. Tu invece come ti chiami?»
«Non posso dirtelo mi dispiace.»
«Che scostumato … perché hai comprato così tanto cibo?»
«Ho pensato che qui non ce n’è fosse.»
«Grazie.»
Steve terminò di mangiare e aiutato da Lev sistemò tutte le cibarie e quando ebbe terminato preparò una bevanda al giovane.
«Non c’è bisogno che mi ringrazi.>
«Bevi e basta!»
Bevve senza replicare oltre.
«Ha un sapore strano. Cosa c’è dentro?»
«E’ un  ingrediente segreto.» si limitò a rispondere prendendogli il bicchiere.
«Puoi anche metterti su una brandina ad aspettare mia madre. Tornerà questa sera.»
«Come vuoi.»
Il tempo passava.
Era tutto silenzioso e faceva molto caldo, Lev non riusciva a trattenere più il sonno e si addormentò seduto sulla brandina.
«Finalmente si è addormentato.» Steve si avvicinò e controllò che effettivamente il ragazzo stesse dormendo.
“Mi spiace.”
 Controllò nelle sue tasche, trovando dei soldi e un fazzoletto. Sfilò l’orologio dal polso e un braccialetto. Cercò ancora se avesse altri oggetti di valore ma quello era tutto. Prese una tavoletta di legno con delle ruote applicate sotto e ci fece cadere sopra, in malo modo, il ragazzo addormentato.
«Steve che stai facendo?»
«Mamma!»
«Ti avevo detto di smetterla, non devi ingannare le persone.»
«Ma non avevamo più nulla da mangiare!»
«Non è una buona ragione. Dammi tutto quello che gli hai preso.»
Il bambino non volle, nascondendo le mani dietro la schiena.
«Muoviti!» urlò la madre.
Steve cedette e le consegnò tutto e uscì dalla casa poggiandosi al muro con le gambe strette al petto.

Lev si svegliò, rimproverandosi mentalmente di essersi addormentato. Una donna, alta e slanciata, degli stessi colori del bambino, lo stava guardando, probabilmente si trattava della madre di Steve. Lev si alzò velocemente.
«La prego resti pure comodo.» la voce della donna era molto calma e dolce.
«Mi spiace, mi sono messo a dormire in casa sua.»
«Non è colpa sua, sono io a doverle delle scuse.»
«Non deve preoccuparsi, Steve deve solo essersi confuso.»
«Non si è confuso, è un suo modo per derubare le persone.»gli spiegò.
«Non mi dirà che quello che mi ha dato era un sonnifero? Ci sono cascato per bene.» rise.
«Sono anni ormai che cerca di ingannare gli uomini che ritiene ricchi o che posseggano qualcosa di valore. Molti finiscono col crederci e per toglierselo davanti gli danno delle somme di denaro, altri semplicemente non se ne importano o ancora si lasciano impietosire e quando li porta a casa li narcotizza, gli prende ogni cosa che posseggono e li abbandona in mezzo al nulla. Mi spiace, le ha costretto anche a fare la spesa.»
«Assolutamente no! E’ stata una mia idea, inoltre sono più che sicuro di non aver un figlio, quindi per convincerlo ho pensato che se fosse stata sua madre a dirglielo, avrebbe potuto crederci.»
«Sono ancora più desolata.»
«Posso chiederle una cosa?»
«Sì, certo.»
«Perché una città così moderna si ritrova ad avere una periferia del genere?»
«Questa è la città di Kadak. Non è tra le più importanti ma i suoi abitanti hanno la possibilità di vivere tra molti agi e modeste ricchezze. Fanno parte di quelle città che hanno trovato la loro fortuna con l’espandersi sempre più dell’impero, però, tra gli abitanti di Kadak ci sono anche alcuni che non tollerano che nella nostra stessa regione ci siano persone senza alcun diritto e costrette alla povertà. Per questo, più volte hanno cercato di sensibilizzare anche gli altri abitanti ma poiché le loro idee vengono considerate pericolose li tengono alla larga, permettendo loro di fare solo i lavori più umili, come occuparsi dei rifiuti e delle fogne. A quegli abitanti è concesso di vivere nella periferia della città e tra quegli abitanti ci siamo anche io e Steve.»
«Sempre la stessa storia.» sussurrò Lev.
Rivolse lo sguardo verso il basso e continuò :«Posso restare un altro giorno con voi?»
«Non capisco il motivo per cui vuole restare.»
«Il motivo non importa, le chiedo se posso stare ancora un giorno.»
«Se proprio ci tiene, può restare.»
«Dormirò nel mio fuoristrada, perciò non si disturbi ulteriormente.» non le lasciò il tempo di replicare che uscì. Accanto alla porta trovò Steve con lo sguardo fisso al suolo.
«Steve, la tua mamma mi ha spiegato tutto, ma non mi sono arrabbiato.»
«Ora te ne andrai?»
«Vorrei restare ancora un altro giorno.» vedendo che il bambino non disse più nulla entrò nel fuoristrada sistemandosi nel modo più comodo possibile per la notte.
Prima però contattò i suoi compagni per metterli al corrente della situazione.

Il giorno seguente Lev volle vedere dove lavoravano gli abitanti della periferia , trascorse un’intera giornata con loro, lavorando con loro. Cercò di capire bene cosa li spingesse ad accettare una vita del genere e le risposte che ricevette, erano come quelle della madre di Steve, era il loro modo di ribellarsi. Domandò anche perché, se la pensavano in quel modo, non consideravano l’ipotesi di unirsi alla Phlajrh ma gli venne detto che loro non volevano andare contro l’impero ma sensibilizzare le altre persone nella speranza che possa cambiare effettivamente qualcosa. Lev capita quel punto di vista anche se non lo condivideva completamente.
 Quel giorno terminò velocemente. Tornò a casa di Steve accompagnato dalla madre.
«La ringrazio per avermi concesso la possibilità di stare con voi. Purtroppo non posso fare molto, però vorrei lasciarvi il mio fuoristrada. In realtà si tratta di un ragno meccanico e per quanto ho visto nel vostro lavoro potrebbe essere utile. E se proprio non lo dovesse usare, potrete sempre venderlo.»
«Non posso accettare!»cercò di replicare ma Lev non cedette.
«Accetti e basta. In realtà vorrei fare molto di più.» la donna dovette rinunciare alle proteste.
«Grazie davvero!»
«Mi prendo solo la radio per le comunicazioni.»
Lev entrò nel fuoristrada, mostrando alla donna come funzionava e tirando alcune leve gli fece assumere le sembianze del ragno meccanico. Ora aveva ben otto zampe, due delle quali potevano essere usate come mani e l’abitacolo, a forma ovale, era più rialzato rispetto al terreno. Una volta presa la radio chiese a uno dei suoi compagni di venirlo a prendere.
«Ora devo andare, devo farmi trovare a una decina di chilometri da qui.»
«Sono stata felice di averla incontrata.»
«Lo stesso vale per me.»
Steve era seminascosto dietro la madre, sembrava volesse dire qualcosa ma restava solo a guardare.
«Steve, se vuoi un giorno potrei anche tornare.»
«Se la metti così ti aspetterò.»
I due risero stringendosi la mano.
«Voi! Come pensavo, siete dei ladri!» un uomo anziano, di media statura e col volto segnato dall’ira puntava dritto nella direzione di Lev e degli altri due presenti. Era accompagnato da un altro uomo più giovane e con una maglietta decisamente appariscente con uno strano disegno e colori sgargianti.
La madre di Steve guardò male il figlio, preoccupata che ne avesse combinata un’altra delle sue.
«Io non c’entro nulla!» si affrettò a rispondere.
«Avete rubato il mio ragno meccanico.»
«Sta commettendo un errore, signore. Questo ragno meccanico apparteneva a me ed è un modello più unico che raro, glielo posso garantire.» Lev cercò di spiegare la situazione.
«Non dire idiozie! Gente come voi non può permettersi certi mezzi, avete dovuto per forza rubarlo.» l’uomo continua  ad urlare attirando molte alte persone.
«Vi ripeto che è mio, sono rammaricato per la vostra perdita ma state cercando nel posto sbagliato.»il tono di Lev si stava facendo minaccioso insieme ai suo occhi.
«Se non volete restituirmelo sarò costretto a far intervenire la guardia imperiale.»
«Si prenda quel ragno e se ne vada.» rispose immediatamente la donna.
Lev stava per controbattere ma anche se non si trattava dell’esercito, la presenza della guardia imperiale poteva costituire un pericolo. Lasciò correre vedendosi portate via il mezzo che aveva donato a quelle persone.
Quelli che si erano radunate si allontanarono, ritornando ad essere solo in tre.
Infuriato, Lev prese la radio e contattò immediatamente la base. Raccontò l’accaduto in modo dettagliato e i piani della Phlajrh cambiarono, nonostante il motore ormai funzionante, decisero di restare ancora per il tempo necessario per fare luce sul quella faccenda.
Dalla base fece il suo arrivo Shu in groppa ad sorta di moto senza ruote, al loro posto c’era una base liscia sollevata dal suolo.  
Per tutto il giorno non fecero altro che girare per la città. Lev aveva preso delle precauzioni per non farsi riconoscere, indossando un berretto e degli occhiali da sole. Riuscirono ad individuare il luogo nel qual c’era stato il presunto furto. Si trattava di un negozio di mezzi di trasporto e da lavoro e dalle condizioni della vetrina, completamente distrutta, sembrava davvero che avesse subito un furto. Continuarono a girare, senza destare sospetti, decidendo di agire quella notte stessa.
Quando giunsero le tenebre e le persone erano ritornate nelle loro case, Lev e Shu si introdussero nel negozio.
Con un piccolo strumento, Shu bloccò le immagini delle telecamere di sorveglianza, in modo da non essere ripresi e girare in libertà. Nel compiere queste operazioni, il ragazzo dai capelli corvini, era rapido e preciso.
«Sembri possedere il dono dell’invisibilità.» Lev si sorprendeva ogni volta che lo vedeva in azione.
«Senza nessuno di guardia è fin troppo facile.»
Entrarono nel salone in cui erano esposti i vari mezzi. Sul pavimento c’erano i segni delle gomme in direzione di quella che era la vetrina, coperta con un telo di plastica. Non trovando nessun altro indizio, così decisero di trovare le registrazioni delle telecamere.
Senza alcun problema riuscirono ad avere accesso ai video e recuperarono quello che serviva.
«Possibile che non si veda nulla?»
«Non possono aver usato lo stesso nostro trucco?» domandò Shu.
«Torna un po’ indietro Shu!» scattò Lev.
«E’ stato modificato … anzi no, è stato fatto di punto in bianco – continuò – si tratta di un principiante, non si è preoccupato di renderlo identico all’originale. Guarda! I caratteri dell’ora, anche se molto simili non sono uguali, inoltre, per quanto piccolo, c’è il logo del programma usato per creare il video.»
«Se questo tizio è così distratto, potremmo anche essere fortunati a trovarlo in giro.»
«Esatto Shu! Mettiamoci al lavoro.»
Non ci misero molto, il ladro che cercavano era stato effettivamente distratto.
«Shu, guarda! Quello con la maglietta strana. L’ho visto oggi, accompagnava l’uomo che si è preso il ragno meccanico ed era quello che stava nel negozio.»
«L’avevo notato anch’io. So dove abita, lascia fare a me.» disse Shu facendo schioccare le dita.
Il mattino seguente Lev costrinse Steve e la madre a seguirlo in città. Li condusse davanti al negozio che aveva fatto visita quella notte e ad aspettarli c’era Shu con l’autore del furto.
I due ancora non compresero la situazione e la donna insisteva per andarsene ma finirono con l’attendere l’arrivo per proprietario del negozio, per poi entrare.
«Voi cosa fate qui? Se siete venuti per farvi restituire il ragno, potete anche andarvene.»
«Sì siamo venuti a riprenderci quello che è nostro e a consegnarvi il vero ladro.» Lev si fece avanti, soddisfatto dello sguardo interdetto dell’uomo. Vedendo che il ladro non si faceva avanti, Shu gli diede una spinta.
«Che significa?» il proprietario sembrava davvero sorpreso.
«Ecco signore … sono davvero dispiaciuto, sono io il colpevole!»
Il ladro era un dipendente del negozio. Spiegò che aveva preso il mezzo per via di alcuni debiti che aveva accumulato e poteva estinguerli se avesse dato la possibilità di usare quel mezzo gratis per un certo periodo di tempo. La notizia divenne pubblica e il proprietario del negozi, oltre a restituire il ragno, dovette scusarsi.

«Grazie e arrivederci!»
Vennero scambiati diversi saluti e ringraziamenti non solo da Steve e sua madre ma anche da altri delle periferia.
Lev e Shu fecero ritorno alla base.
«Lev! Stai bene?»
Neanche saliti sull’aeronave, c’era già Kirabo che li aspettava con ansia.
«Che hai da urlare tanto, Kirabo?»
«Sono preoccupato per te!»
«Sei proprio un bravo amico, allora.»
Kirabo si strascinò all’interno l’amico, con al seguito Shu. Una volta entrati, Kirabo si diresse verso le cabine mentre Shu venne richiamato dalla sorella , prima di raggiungerla aveva raccolto una busta da terra. Si trattava di una lettera che era stata data a Lev da parte della mastre di Steve. In quel momento stava passando Takehito e Shu gli chiese se potesse consegnarla a Lev.
Il ragazzo salì ai piani superiori e bussò alla porta della stanza di Lev.
«Entra!»
Takehito aprì la porta. Il biondo era da solo seduto sul letto.
«Shu mi ha detto di consegnarti questa.»
Lev la prese ringraziandolo e l’altro uscì lasciando un piccolissimo spiraglio aperto, il tanto che bastava per vedere cosa facesse, senza farsi notare.
Lev era rimasto seduto ad osservare la busta e dopo qualche secondo, si decise ad aprirla e la lesse con calma.
Takehito si sorprese nel vederlo piangere. Chiuse completamente la porta e andò al piano di sopra, nella stanza dove vi erano i videogiochi.
Lì trovò Katsu ma non ci badò più di tanto gettandosi sul divano.
«C’è qualcosa che non va?» notando il ragazzo, Katsu mise in pausa il videogioco.
«Non capisco. All’inizio Kirabo sembra prenderlo in giro, poi quando capisce dove ci troviamo, diventa serio e si preoccupa. Lev ci contatta arrabbiato, poi sembra essere tutto risolto e lui sollevato e in fine si mette a piangere.»
«Quel posto gli avrà fatto ricordare qualcosa di spiacevole.»
«Cosa?»
«Per ora ti basta sapere che qui non ci sono tutte persone con un passato felice.»  
Non sembrava molto soddisfatto della risposta.
«Ti va una partita?»
Takehito annuì e prese a giocare.
«Mi stai dicendo che per ora non devo ficcare il naso nelle vostre faccende?»
«Sì! Col tempo impareremo a conoscerci.»
   

Angolo dell'autrice
Prima di tutto volevo ringraziare tutti coloro che stanno leggendo e un ringraziamento speciale a Belfire99 che recensisce ogni capitolo :).
Per il prossimo capitolo non so se riuscirò a pubblicarlo in tempo dato che non so se posso connettermi ad internet.
Ovviamente è inutile dire che mi fa molto piacere che state continuando a leggere questa storia e spero che continui a piacervi(perchè se continuate a leggerla vi piace veo?).
Ora dopo l'avviso e ringraziemtenti vi aspetto al prossimo capitolo ;).


 
   

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Capitolo 8
*** Section 7 ***


ARGEST AGE – SECTION 7


I giorni sulla Phlajrh trascorrevano come sempre, tra lavoro e svago, litigi e divertimento.  Il momento dei pasti, che riteneva strani e che lo mettevano a disagio, erano diventati i più attesi durante la giornata. In quei giorni Takehito non aveva fatto molta fatica ad aprirsi agli altri, grazie all’aiuto di Katsu, era riuscito a scambiare qualche parola anche con Yue.

Ancora una volta il pranzo fu buonissimo, in particolarmente quando a prepararlo era Erin. Avevano terminato, godendosi gli ultimi minuti di riposo qualcuno con una doppia razione di dolce, Owen ne approfittò di quel momento per metterli al corrente delle prossime loro azioni.
«Prima mi ha contattato Shae, dice di avere qualcosa di importante da comunicarci e che vuole farlo da vicino, quindi la nostra prossima meta sarà la base in Africa. Saremo lì in circa tre ore.»
«Ci sono altre basi?»chiese Takehito.
«Certo. Non si trattano di basi come questa, sono ben nascoste e grandi come piccoli centri abitati.» una risposta semplice e sintetica come era solito fare Owen.
«Quanto tempo ci fermeremo?» domandò Kirabo con uno sguardo speranzoso.
«Dipende da cosa  ci dirà. Se è possibile potremmo restare il tempo necessario per la guarigione del tuo braccio.»
Kirabo non nascose la gioia per quella risposta.
«Non dispiace nemmeno a me, se potessimo restare per un periodo prolungato. Vorrei lavorare su una mia idea ma qui non ho tutte le attrezzature necessarie.» intervenne Aruto.
«A che ti riferisci, papà?»
«A tempo debito.»
«Una piccola anteprima?» lo supplicò.
«A tempo debito, Katsu!»
«Ora rimettetevi tutti a lavoro!» senza alcuna perdita di tempo, l’ordine di Owen fu subito eseguito.
 Raggiunsero la destinazione nel tempo previsto.
Per Takehito era la prima volta che vedeva una base della Phlajrh, gli venne spiegato che si trattava di una base segreta, nascosta agli occhi del mondo e nessuno immaginava  nemmeno la loro esistenza. Di quel tipo di basi ve ne erano altre sparse per il mondo, servivano per supporto all’aeronave e al suo equipaggio, oltre ad ospitare tutti coloro che avevano intenzione di opporsi all’Impero.
Il giovane incominciava a capire perché l’Impero faticasse tanto ad eliminare questa organizzazione decisamente ben strutturata e che poteva far affidamento su un gran numero di persone. All’apparenza stavano sorvolando un piccolo paesino che non aveva nulla di strano, era circondato dalla vegetazione rigogliosa e selvaggia e tutt’intorno non c’era altro. L’aspetto di quel paesino doveva essere proprio quello di un qualunque centro abitato, per poter nascondere al meglio la sua vera natura. Dal lato sud del paesino, si sollevò e si abbassò una grande quantità di terra, spinta da  grandi lastre mi metallo, come se si stesse aprendo una bocca.
Entrarono lentamente da quella apertura appena formatasi, quando l’aeronave fu completamente all’interno l’entrata si richiuse e venne emanata una luce verdastra che si diffuse per tutto l’ambiente circostante, mostrando per un attimo la sua grandezza per poi divenire totalmente buio. Uno sportello dell’aeronave si aprì facendo un po’ di luce, per quanto possibile, e qualcuno iniziò ad uscire. Si accesero le luci e si udì il suono di passi decisi e veloci.
«Avete fatto presto!»  ad accoglierli era giunta una donna dalla carnagione scura, dai grandi occhi castani, viso ovale ben proporzionato e capelli lunghi, anch’essi castani, raccolti in una treccia.
«Quando non si trovano ostacoli per la strada è tutto più facile.»
«E’ vero Lev!»
«Ciao Shae! Che bello rivederti.» Kyla le si avvicinò velocemente afferrandole le mani.
«Anche per me.»  le sorrise dolcemente «Vi trovo tutti bene, ma Kirabo che fa? Si fa attendere?» erano scesi ormai quasi tutti, ne mancavano solo due.
«Era salito alla vetrata col novellino.»
«E’ sempre il solito!» ma proprio in quel momento si cominciarono a vedere all’uscita.
«Ma un posto come questo sotto terra non potrebbe essere rintracciato facilmente?» era la voce di Takehito che si avvicinava sempre più.
«L’hai vista quella luce quando si è chiusa l’entrata?»
«Sì!»
«E’ quella che nasconde questo posto. E come se creasse una sorta barriera invisibile, impedendo a qualunque tipo di strumento di rilevare che qui sotto c’è qualcosa. E’ una tecnologia tutta nostra.»
«Quanto hai intenzione di farmi aspettare?»
«Shae!» Kirabo abbandonò la conversazione e si gettò ad abbracciare la donna, che ricambiò.
«Lei è quella che ha parlato con Owen?» Takehito cercava di chiarirsi le idee domandando agli altri presenti.
«Sì, si tratta di lei ed è anche la moglie di Kirabo» la risposta di Erin lasciò un po’ sorpreso il ragazzo.
«La notizia può shockare ma è così. Per lo più quello scombinato ha trovato un angelo di donna.» come sempre Lev non tardò a dire la sua sull’amico.
Nel frattempo si avvicinò correndo una piccola bambina, che non preoccupandosi di tutte quelle persone, si aggrappò a una gamba di Kirabo.
«Fuhara ti avevo detto di aspettare!» Shae aveva alzato leggermente la voce rivolgendosi alla bambina.
«Voglio salutare papà!» protestò la bimba.
«Ebbene hanno anche una figlia.» aggiunse Lev ad un Takehito abbastanza meravigliato.
Kirabo prese in braccio la figlia, dandole un bacio sulla piccola guancia.
Gli assomigliava davvero molto. Lo stesso colore della pelle, lo stesso taglio del viso e gli stessi capelli mossi, legati in due codini ma più chiari.
«Sono felice che sei venuta a salutarmi, però devi ubbidire alla mamma.»
«Lo faccio sempre, però volevo salutarti assolutamente.»
«Si ubbidisce alla mamma anche quando vuoi fare qualcosa assolutamente.» la piccola Fuhara mise il broncio per un po’, per poi promettere che non l’avrebbe fatto più.
«Owen, riguardo a quello che vi devo dire, vorrei farlo subito.»
«Come preferisci. Ci mettiamo nella solita stanza?»
«Sì!»
Il gruppo si allontanò dall’aeronave dirigendosi sempre più nel sottosuolo.
 «Papà, chi è?» la piccola, ancora in braccio al padre, indicava con il dito indiceTakehito che era dietro di loro.
«Lui è nuovo, sta con noi da poco.»
«Come si chiama?» domandò ancora.
«Glielo chiedi direttamente tu.» Kirabo fece un cenno col capo per far avvicinare il ragazzo.
«C’è una bambina che vuole conoscerti.» disse per incoraggiare la figlia, che era rimasta a guardarlo.
«Come ti chiami?» cominciarono le domande.
«Takehito e tu?»
«Fuhara. Quanti anni hai?»
«Diciassette.»
«Io ne ho quattro – precisandolo mostrando quattro dita della manina - però sono una bambina grande, perché aiuto gli altri bambini.»
«Ma che brava.» Takehito le sorrideva dolcemente. Quella piccolina doveva essere davvero molto vivace.
«E dato che sei brava, ora raggiungi gli altri bimbi, ok?»
«Va bene! Però dopo stai con noi, papà?»
«Promesso!» e così Fuhara si allontanò salutando tutti.
Il gruppo aveva raggiunto una grande stanza con molte sedie disposte su più file. Ognuno ne prese una e si disposero in cerchio e Shae prese la parola.
«Sarò breve. L’impero ha trovato un luogo ricco di materie prime in questa zona ed è ideale per sintetizzare le molecole Mirish. Ovviamente per i lavori, verranno sfruttate le persone della colonia Waasi, oltre ad un piccolo gruppo che si era opposto al progetto. Inizieranno tra venti giorni, abbiamo tutte le informazioni necessarie e il tempo per poter ideare un piano. Penso sia una buona occasione da sfruttare.» seguì qualche minuto di silenzio, il tempo di riflettere e valutare la situazione.
«Credo che non abbiamo molte alternative. Le condizioni per agire ci sono, inoltre non possiamo certo premetterli di rafforzarsi ancora di più in questa zona.» fu Kyla ad intervenire e a centrare il problema principale.
 L’impero era molto presente nella regione africana e la piccola parte della popolazione che non la tollerava, era ridotta ad uno stato di semischiavitù, costretti a lavorare e a non poter lasciare il luogo in cui vivevano. Questi posti venivano chiamati colonie e ne erano tre in tutto il pianeta. Quella africana prendeva il nome di Waasi.
«Dicci tutti i dettagli.» sembrava che ad Erin la situazione non richiedesse altre osservazioni.
«Inizieranno tra venti giorni a partire dal mattino presto. Ci sarà una squadra composta da dieci teknight che trasporteranno i macchinari, mentre un'altra di tre teknight preleverà una cinquantina di persone dalla colonia» continuò con la spiegazione Shae.
«Immagino che hai già pensato al modo di agire.» la esortò a continuare Owen.
«Ovviamente! Tutte le operazioni e i controlli verranno effettuati da un unico centro di controllo. L’idea è quello di prendere possesso segretamente del centro, in modo da fornire informazioni sbagliate e facilitare un nostro attacco.»
«Idea molto semplice. Non è che la stai facendo troppo facile?» disse Kirabo massaggiandosi il pizzetto.
«Informazioni e coordinamento possono essere fondamentali in una battaglia.» fu Shu a parlare.
«Tutto sta nell’infiltrarsi senza farsi notare. Una volta fatto ciò, non dovrebbe essere troppo difficile. Penso che possiamo riuscirci.» Lev sembra già pronto alla battaglia.
Però l’ultima parola spettava ad Owen e questa tardava ad arrivare. Guardava il pavimento a braccia contese, solo dopo molto tempo decise di parlare.
«Voi siete d’accordo che non dobbiamo lasciare altro spazio all’impero?»  seguirono cenni col capo e affermazioni positive.
«Siamo in minoranza e c’è la possibilità che usino le nuove unità, i GL. Il piano proposto da Shae è rischioso e potrà avere successo se riusciamo ad infiltrarci. In alternativa possiamo solo optare per un attacco a sorpresa ma ritengo che questo comporti maggiori rischi. Siete consapevoli di questo? Siete sempre determinati nel voler agire in questo modo?» ancora consensi decisi.    
«Shu! Ti introdurrai nel centro di controllo.»
«Per forza lui?» Kirabo gli rivolse uno sguardo duro.
«E’ il più abile tra noi in questo genere di cose.»
«Lo so perfettamente! Però potrebbe essere più utile come pilota, in questo momento.»si era alzato dalla sedia deciso a non demordere.
Gli altri lo guardarono, in particolare Yue, osservava alternativamente lui e il fratello.
«Va bene così, Kirabo. Sono disposto ad infiltrarmi.» stringendo il pugno si risedette, gettandosi di peso.
«A questo punto, con i teknight ci dividiamo in due e due?» ipotizzò Lev.
«Vi dividerete in tre e uno.» Lev parve preoccuparsi
 «Una possibile divisione potrebbe essere Kyla, Seref e Yue e l’altra Lev sostenuto da un mezzo terrestre.»
«E lo sapevo! Non sarebbe più adatta Kyla per un attacco simile?»
«Se fallisse l’attacco a sorpresa, si troverebbe in difficoltà.» spiegò Owen.
«E Yue? E’ abbastanza distruttiva, potrebbe cavarsela in poco tempo.»
«Proprio per questo preferisco che si trovi a combattere contro il gruppo più numeroso di teknight, e poi, è più probabile che i nuovi modelli si trovino lì.»
«E se si verificasse la probabilità minore, io che faccio?»
«Avrai l’equipaggiamento adatto e combatterai come hai sempre fatto.»
«Ok, mi arrendo.» sollevò leggermente le braccia, come a rafforzare il concetto.
«Alla guida del mezzo terrestre ci saranno Katsu ed Erin. Io starò con Shu. Aruto, tu terrai la situazione sotto controllo dalla base. Takehito, se vuoi partecipare, segui Katsu ed Erin. Kirabo resterai qui.»
Era tutto deciso. Mancavano ancora i dettagli ma li avrebbero definiti presto e come abitudine, ognuno si allontanò, libero di fare ciò che più desiderava. Fecero eccezione Kirabo, ancora contrariato e la Shae che gli rimase al fianco.
Takehito fu l’ultimo ad uscire e notò l’atteggiamento del compagno, sembrandogli strano ms preferì raggiungere il giovane meccanico.
«Che gli è preso? »
«Tiene semplice a Shu, non vorrebbe che facesse cose che potrebbero farlo soffrire.»
 «Una missione del genere è più pericolosa di una battaglia con i teknight?»
«Per lui, una cosa del genere sarà una passeggiata.»
«E allora?»
«E allora la faccenda è abbastanza complicata, quindi per ora lascia perdere e vieni con me che ti faccio vedere dove alloggeremo in questi giorni.» lo prese per il braccio e lo trascinò con se.
Lo portò all’esterno, in quel piccolo centro abitato che aveva visto dall’alto.
Era semplice e ordinato, con piccole casette disposte in file, dai colori semplici che andavano dal bianco al marroncino. Regnava un aria serena e tranquilla, si sentivano le voci delle persone al lavoro o che scambiavano semplicemente qualche parola e quella dei bambini che giocavano.
Venne condotto all’interno di un edificio più grande degli altri, dove trovò solo bambini e ragazzi.
«Qui è dove staremo noi.» disse Katsu andando avanti.
Era come un grande dormitorio, con vari letti a castello disposti lungo una delle pareti e materassi sistemati sul pavimento. Sulla parete opposta c’era una grande lavagna, piena di scritte, numeri e scarabocchi, qualche armadietto qua e là e molti giochi sparsi in giro.
I bambini e ragazzi erano tutti attorno agli altri che erano già usciti, felici di rivederli e accolsero festosi anche Katsu.
«C’è Katsu!»
«Ciao!»
«Katsu ci aggiusti i giochi?»
«Me la costruisci una bicicletta?»
«Mi fai vedere come funziona l’aeroplanino radiocomandato? era stato letteralmente assalito.
«Si, si, vi aggiusto e vi mostro tutto quello che volete.»
«Fuhara, quello lì è Takehito?» uno dei ragazzi notò la presenza di un volto nuovo.
La piccola si limitò ad annuire. Lo accolsero con saluti di benvenuto, qualcuno si era presentato, qualcun’altro gli aveva chiesto che cosa facesse sulla Phlayrh, da dove veniva e tante altre domande a cui il ragazzo non seppe sempre dare una risposta o non ebbe il tempo di farlo, che subito ne arrivava un’altra.
 «Ma Kirabo quando arriva?» fece notare la sua mancanza uno dei ragazzi.
«Non penso ci metterà molto. Nel frattempo che lo aspettiamo mi fate vedere se siete migliorati.» Shu catturò la loro attenzione, tanto che parte dei ragazzi e dei bambini si precipitarono all’esterno, seguiti dal resto che procedevano con più calma.
Incuriosito li seguì anche Takehito.
Fuori c’era un grande spazio attrezzato con giochi e campi di vario tipo. Quello che si apprestarono ad occupare, era un semplice campo da basket delineato da strisce bianche di pittura sul terreno, i canestri erano delle semplici tavole di legno con cerchio in metallo avvitato e la rete fatta da cordoncini di tessuto intrecciate tra loro.
I più grandi organizzarono le squadre, l’ordine con cui avrebbero giocato e gli schemi da mostrare. E iniziarono a giocare. Altri erano rimasti a bordo campo ad osservarli accanto agli altri adulti. Si unì a loro.
«Mi aiuti?»Katsu gli si arrivò alle spalle porgendogli un piccolo robottino senza un braccio. Appoggiò a terra altri giochi e oggetti non funzionanti e si sedette accanto al ragazzo.
«Non guardarli in quel modo.»
«In che modo li sto guardando?»
«Direi strano.» gli rispose Katsu alle prese con uno skateboard.
«Sai, Kirabo viene proprio dalla colonia qui vicino come la maggior parte della gente che vive qui. Considera quei bambini un po’ come lui e per questo che fa tutto quello che può per loro. Così i bambini gli si sono affezionati, prendendolo come esempio, cercano di apprendere da lui e qualche volta di imitarlo. Il basket che tanto piace a Kirabo, l’hanno fatto diventare una sorta di sport ufficiale. In più Kirabo è a un livello davvero molto alto, potrebbe far parte di una squadra di professionisti, anche Shu ha imparato da lui, così allenano i bambini di questa base.»
Takehito lo ascoltava continuando ad osservarli giocare.
Si impegnavano, erano concentrati, decisi ma si divertivano e i loro volti erano felici.
«Tutti qui i vostri miglioramenti?»
«Kirabo!»i ragazzi interruppero il gioco.
«Fate in fretta le squadre che giochiamo anche io e Shu.» appena arrivato si affrettò a dare disposizioni.
«Ma ti sei fatto male al braccio?»
«Come fai a giocare?»
 «Ci riesco tranquilli, piuttosto preoccupatevi di non perdere.»
Qualcuno lo prese in giro dicendo di non fare il gradasso che altrimenti la squadra con Shu avrebbe vinto, i più piccolini si avvicinarono osservandogli il braccio immobilizzato, chiedendogli come si era fatto male.
Dopo pochi minuti tutto era pronto e giocarono fino a quando i raggi del sole non scomparirono. Dovettero fare dei turni per stabiliva a chi spettava giocare e quelli che dovevano aspettare facevano il tifo a squarciagola.
La piccola Fuhara si metteva di impegno per sostenere il suo papà o richiamava la sua attenzione quando toccava a lei giocare.
La sera consumarono la cena insieme ai ragazzi e ai bambini. Fu diverso da tutti pasti che si consumavano sulla base della Phlajrh , c’era un clima più allegro e decisamente più rumoroso. Fino a quando non venne l’ora di dormire, i più giovani di quel luogo, restarono ad ascoltare le storie, le fiabe e le avventure che avevano da raccontare i membri della Phlajrh, tutto nella suggestiva atmosfera creata dl falò.
«Shae andiamo?» domandò piano Kirabo alla moglie che annuì prendendo in braccio la figlia addormentata.
Salutarono tutti e si allontanarono tra qualche lamentela di alcuni bambini ancora svegli.
Shae viveva in una piccola casa ai margini di quel piccolo centro abitato, insieme alla figlioletta. Le piaceva tornare la sera in quel luogo un po’ appartato, dopo lunghe giornate di lavoro per la Phlajrh, trovando  un po’ di tempo per se e sua famiglia.
«Com’è tranquillo!» Kirabo camminava lungo le piccole vie tenendo stretta la mano della compagna e osservando il cielo pieno di stelle che lo illuminavano insieme alla sottile falce di lune.
«E’ da molto tempo che non tornavi.»
«Già!»
Arrivarono. Entrarono in quella piccola casetta. Era composta di sole due stanze e un bagno. Shae adagiò la figlia nel letto della sua stanza per poi tornare da Kirabo. Si trovava nell’altra stanza decisamente più grande, in un angolo c’era la cucina e un ripiano con degli sgabelli e un televisore, il resto dell’ambiente era riempito da un grande armadio e un letto matrimoniale.  
Kirabo era disteso sul letto con le braccia in fuori.
«Cambiati per lo meno.» Shae gli gettò un pigiama.
«Ma fa caldo!» protestò lui.
«Puoi restare anche in pantaloncini ma devi cambiarti quei vestiti.»
«Agli ordini!»in modo impacciato si cambiò, stava ancora facendo l’abitudine ad usare un solo braccio. Shae fece lo stesso indossando una leggera camicia da notte. Raggiunse il marito che la accolse circondandola col braccio sano.
«Quanto mi sei mancato.»
«Anche voi mi siete mancate.»
«Prima che arrivassi, Fuhara ha fatto l’elenco delle cose che dovete fare insieme. Dovrà farti vedere tutto quello che ha fatto a scuola e tutti i suoi disegni. Ah! Ultimamente si è appassionata ai rettili.»
«Come ai rettili?» quasi gridò tra il sorpreso e il preoccupato.
«Hai capito bene. Va alla caccia di tutti animali squamosi.»
«Vuoi dire anche i serpenti?» il tono della voce era solo preoccupato.
«Per quelli sono riuscita a convincerla che sono pericolosi e che lei è troppo piccola ma per tutta risposta, si è messa a imparare tutto quello che riesce sui rettili dicendo che un giorno riuscirà a prendere un serpente velenoso e i rettili più grossi, compresi coccodrilli.»
Kirabo sospirò.
Entrambi i genitori avevano rinunciato a frenare l’indole vivace e spericolata della figlia, nonostante avesse solo quattro anni, seguiva sempre i bambini e i ragazzi più grandi sia nei loro giochi che nelle scorribande. L’unica cosa che li consolava è che era abbastanza ubbidiente.
«Ti somiglia molto.»
«Io non vado a caccia di rettili!»
«No, ma sei sempre andato a caccia di guai e sei decisamente testardo.»
«Solo un po’.»
Parlarono a lungo, raccontandosi tutto quello che non potevano attraverso le videochiamate, delle loro difficoltà e dei sentimenti più nascosti. Felici che i lunghi periodi di lontananza non riuscivano ad affievolire il loro amore, se possibile lo rafforzava.


I venti giorni passarono tra i preparativi dell’imminente attacco, momenti di svago, il tempo trascorso con i bambini e con le persone care e tutto era ormai pronto.
«Partiamo!»al comando di Owen si diede inizio all’operazione.
«Vi seguirò sui monitor. Lev sta bene attendo alle mie informazioni.»
«Tranquillo Aruto. Mi affido a te.»
A seguire l’andamento degli avvenimenti e a supportare i piloti, c’era Aruto, Lara, Kirabo e Shae.
Lev partì con al seguito un mezzo cingolato, ben corrazzato, guidato da Erin con al seguito Katsu e Takehito.
L’altro gruppo si mosse nello stesso istante e come stabilito, era composto da Seref, Yue e Kyla a bordo dei loro teknight.
Owen e Shu si muovevano su una semplice auto.
Ben presto tutti si posizionarono in luoghi nascosti, in modo da poter assalire il nemico con un attacco a sorpresa ma in particolar modo, per dare il tempo a Owen e Shu di agire.
Mancava ancora del tempo prima che le truppe dell’impero si muovessero, quando il generale della Phlajrh e il suo compagno giunsero al centro di controllo.
Abbandonarono il loro mezzo tra la vegetazione e proseguirono furtivi fino ai pressi dell’ingresso.
Dà lì in poi fu solo Shu ad agire, creando una via libera al generale.
C’erano solo due persone di guardia all’ingresso posteriore. Gli si avvicinò senza farsi notare e con due colpi ben assestati, fece perdere loro i sensi. Prese due piccole funi dallo zaino che aveva in spalla e li legò nascondendoli nella vegetazione.
Ebbero libero accesso al centro di controllo.
La prima cosa era trovare la centralina di controllo della sorveglianza elettronica.
Owen scansionò l’edificio con un sorta di scanner a forma di pisola.
Impiegò poco tempo per localizzarla, mostrò la posizione a Shu, che muovendosi come un ombra, la raggiunse manomettendola rendendo così inefficaci i sistemi di sicurezza.
Non trovarono molti uomini di guardi e quei pochi che trovarono venivano presi alla sprovvista da Shu che li narcotizzava senza che questi se ne rendessero conto.
Riuscirono a raggiungere la sala di controllo.
Al suoi interno vi erano quattro uomini che osservavano dei grandi schermi.
Dovevano di certo riportare gli spostamenti dei teknight.
Anche qui l’azione di Shu fu fulminea.
Ne prese due alle spalle, colpendoli alla testa facendoli svenire. Quello accanto non ebbe il tempo di reagire che venne colpito violentemente all’addome perdendo anch’esso i sensi.
L’ultimo ebbe il tempo solo di afferrare la pistola che aveva al fianco e di alzarla davanti a se.  In quel momento Shu voltandosi colpì la mano dell’uomo, per poi afferrarlo per il braccio che aveva ancora steso e colpirgli il naso con un pugno.
Anche l’ultimo era sistemato.
«Owen!» lo richiamò il giovane.
«Poveretti, mi fanno pena.» fu il commento sarcastico del generale nel vedere Shu, che adagiava in un angolo quei malcapitati ormai svenuti.
«Ora tocca a te Owen.»
L’uomo si avvicinò agli schermi, analizzando la situazione. Era proprio come avevano previsto. Da lì potevano seguire ogni mossa.
Prese un altro dispositivo, una semplice lastra di metallo con un pulsante.
Quando lo premette, apparvero tanti quadrati quanti erano i contatti che doveva mantenere in quel momento.
«Mi ricevete?» gli risposero tutti quelli impegnati in quella missione, in attesa di ordini.
«Bene. Tenetevi pronti.»
Erano tutti concentrati, quei pochi minuti furono più che sufficienti per far crescere la tensione e l’insofferenza dell’attesa fino a quando non arrivò un comando.
«Attaccate!»  

      
     

 

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Capitolo 9
*** Section 8 ***


PROVACAP 8 ARGEST AGE – SECTION 8

«Eccoli! Li vedo. Quando sarà il momento di attaccare, dovrete coprirmi le spalle.»
«Tranquillo L5.»
«Di già i nomi in codice? Non c’è pericolo che ci intercettino ora … e poi mette ansia.» la voce del pilota del RAD 3 era decisamente agitata.
All’interno del cingolato partì una piccola risata, che sembrò alleggerire la tensione.
«Rilassati Lev. Hai alla guida il talentuoso Katsu,  la mia rinomata precisione nel colpire il bersaglio e c’è anche Takehito che mi fa da assistente. Cosa vuoi più?»
«Tentativo fallito Erin. Sono agitato lo stesso.»  il pilota del teknight si tormentava le ginocchia fregandole con le mani.
Osservava quello che accadeva fuori.
 Come previsto, si stavano avvicinando tre teknight imperiali.
«Ti fa star meglio vedere che non ci sono i nuovi modelli?» insistette Erin.
«Forse. L’unica cosa che mi farà sentire meglio sarà agire.»
Neanche a dirlo che Owen si mise in contatto con loro.
«Mi ricevete?»
«Sì!» Lev scattò nel premere un pulsante sulla console per potersi far sentire.
Gli altri nel mezzo terrestre assunsero un atteggiamento più serio.
«Bene! Tenetevi pronti.»  
Lev stringeva con forza le due leve di controllo in un attesa spasmodica.  
 Al comando di attacco del generale Owen , il teknight bianco di Lev sbucò dal nascondiglio creato dagli alti alberi della foresta.
La stessa cosa venne fatta dal cingolato, che per non farsi notare avanzò con più cautela, si era fermato in una posizione ideale per seguire lo scontro, intervenire e cambiare posizione con velocità.
Afferrato rapidamente il fucile a energia luminosa, il teknight sparò un colpo che prese uno dei nemici più distanti dalla colonia.
Il raggio luminoso creò un buco all’altezza del torace del mecha, da lì scaturirono diverse scintille e piccole scariche elettrice seguite da una violenta esplosione.
Il teknight bianco si avvicinò ad un altro nemico a grande velocità, afferrandolo ed estraendo un cilindretto dal fianco. Come venne tirato fuori, una forte luce si propagò da esso formando la lama di una spada.
Un fendente e il braccio meccanico libero del nemico, che lo stava per colpire, cadde rumorosamente sul terreno, alzando molta polvere.
Un altro fendente e anche l’altro braccio meccanico, che teneva ancora bloccato, venne tagliato e lanciato lontano.
Il terzo teknight provò a reagire ma il tentativo venne impedito da un colpo sparato da Erin.
Non ebbe molto effetto ma bastò per catturare la sua attenzione.
Il teknight prese la mira con la sua arma da fuoco, sottile e con una canna molto lunga.
«Katsu non muoverti ancora» gli ordinò Erin.
«Come? Quello ci sta puntando un fucile contro!» Takehito guardava Erin in modo agitato e nervoso. Era chiaramente spaventato e non capendo il motivo di esporsi a un tale pericolo.
«Non ci colpirà. Siamo un bersaglio difficile.»
La voce calma e sicura non bastò a calmare il ragazzo che cercò lo sguardo di Katsu.
Era concentrato e pronto a partire in qualunque momento, con una mano sul volante e l’altra sulla leva del cambio.  Osservava i movimenti nemici però quando sentì la voce impaurita dell’amico, si voltò nella sua direzione.
Incrociò il suo sguardo e gli fece l’occhiolino, come per digli che andava tutto bene.
Poi un gran rumore.
 Il teknight nemico aveva sparato un raggio di luce che era precipitato alcuni metri più indietro rispetto alla loro posizione.
I due ragazzi ritornarono a fissare il loro avversario.
Stava prendendo ancora una volta la mira, questa volta venne anticipato e da terra lo raggiunse un piccolo razzo che lo fece barcollare.
Era stato colpito ad uno dei propulsori che erano posizionati sul fianco.
Ripreso la posizione ritornò a puntare la sua arma contro.
«Non ti muovere ancora.»
La scena si ripeté. Questa volta l’attacco nemico fu più preciso, sfiorandoli quasi. Lo stesso valeva per Erin che riuscì a centrare il propulsore sul fianco opposto.
Non rassegnato e incurante dei danni, il teknight imperiale tornò a prenderli di mira.
«Katsu preparati. Questa volta l’ha calibrato come si deve.»
Era come se dalla sola direzione del fucile, capisse dove sarebbe arrivato il colpo.
«Vai!»
Nonostante la mole del cingolato, la grande accelerazione riuscì a imprimere una grande velocità al mezzo, che partì, schivando il raggio luminoso.
Ne seguirono altri, che vennero prontamente evitati, grazie alla guida precisa di Katsu.
«Devi portati alle sue spalle.» ordinò Erin sempre con calma.
«Ok! Ma non avrai molto tempo per lanciale il missile.»
«Tu non preoccuparti.»
Ogni direzione che prendeva, si ritrovava sempre il teknight di fronte. Gli si avvicinò sempre più, seguendo una traiettoria circolare. Quando gli fu abbastanza vicino, in retromarcia gli passò in mezzo ai piedi, disegnando un arco.
Il mecha non fece in tempo a girarsi, che anche il propulsore posteriore andò fuori uso a causa del piccolo missile proveniente dal cingolato.
Ora non poteva più muoversi agilmente o volare.
Nello stesso tempo Lev distrusse il teknight con sui stava combattendo. Oltre agli arti superiori, gli tagliò anche quelli inferiori. Mentre il pilota usciva, infilò la spada luminosa nel busto del mecha, che esplose poco dopo.
«Erin ci penso io.» al messaggio di Lev, il cingolato tornò a nascondersi tra la vegetazione.
L’ultimo mecha imperiale rimasto era ancora concentrato nel prendere il piccolo mezzo terrestre, senza accorgersi della situazione.
Il teknight bianco riprese il fucile e sparò diversi colpi, i quali resero inutilizzabile quello nemico  che si accasciò al suolo, immobile.


«Eccoli lì! dieci teknight proprio come aveva detto Shae.»
«Sono in anticipò?»
« Forse un pochino,Yue. Ma non costituisce un problema.»
«A occhio e croce i modelli nuovi dovrebbero essere sei. Puoi controllare meglio Seref?»
«Sì.»
Il ragazzo fece come Kyla aveva chiesto.
Muoveva le dita su una superficie liscia e scura, ad ogni tocco, una piccola sezione si illuminava di azzurro.  
«Anche il computer mi dice la stessa cosa, sembra non ci sia nessun inganno.»
«Di quelli me ne occuperò io.»
«Aspetta Yue non correre, si tratta pur sempre di sei unità.»Kyla con fare maturo frenò l’entusiasmo di Yue.
«L’altra volta mi sono solo lasciata prendere alla sprovvista, non sbaglierò, non c’è bisogno che intervieni e poi sono la più adatta.»
«Non fare storie. Se non vuoi ascoltare il mio consiglio, vorrà dire che diventerà un ordine di un tuo superiore.»
«Quei sei nuovi modelli li sistemerò io, sempre se il colonnello è d’accordo.»
«Eh?!» il volto di Yue era alquanto sorpreso, con occhi e bocca spalancati come se Seref stesse delirando.
«Come pensi di fare?» Kyla sembrava incuriosita.
«Ho fatto dei calcoli al computer. Dovrebbero bastare due pincer per neutralizzare il reattore e un terzo per assorbire l’energia restante.»
«Però prima che non possano più muoversi ci vorrà del tempo. Da solo non puoi farcela.» Kyla non sembrava convinta, non amava correre rischi inutili.
«Ho intenzione di ingaggiare una battaglia a lunga distanza con il tuo supporto, in questo modo dovrei riuscire sia a controllare i pincer sia a combattere.»
«Seref ma non hai solo quindici pincer?» Yue stava contando con l’aiuto delle dita delle mani.
«Hai detto che servono due pincer per rendere il reattore inutilizzabile, così sono già dodici. Poi ne servono altri sei per prendere l‘energia restante, però te ne restano solo tre. Come farai con gli altri?»
«Ho tenuto in conto questo particolare. I tre teknight senza il terzo pincer saranno più pericolosi degli altri ma allo stesso tempo saranno più deboli e lenti. Basterà prestare solo maggiore attenzione. Quando i pincer avranno terminato li passerò agli altri.»
 «Kyla?» i due ragazzi rimasero in ascolto.
«E’ sempre meno rischioso che mandare allo sbaraglio lo MA di Yue. Altre alternative?»
«Ritengo che questa si la più efficiente.»
«E’ deciso! Io e Seref penseremo ai sei nuovi modelli, mentre tu Yue ti occuperai degli altri.»
«Ok.» Yue assunse un tono lamentoso.
«Prima di lanciarci all’attac …»
«Mi ricevete?» Owen interruppe la preparazione del piano.
«Forte e chiaro.» Kyla prese la parola costringendo il ragazzo a tacere.
«Bene! Tenetevi pronti.»
Rimasero in silenzio e Seref preparava i pincer programmando le loro manovre al computer.
«Attaccate!»
A quell’ordine Seref si limitò ad alzare un braccio del suo teknight per fermare ogni mossa della compagna più giovane, mentre Kyla rimase lì dov’era, aspettando che Seref concludesse il discorso interrotto precedentemente.
«Prima di attaccare cercherò di collocare i pincer alle spalle dei teknight, almeno uno per unità. Quando vi darò il segnale attaccheremo. Se si accorgono dei pincer prima che riesca ad agganciarli, attaccheremo lo stesso.»
Annuirono entrambe.
«Ah! Da ora nomi in codice Y7.»aggiunse.
«Lo so! Per chi mi hai preso Seref?»
«Appunto!» a Kyla scappò una risata.
Yue arrossì leggermente arrabbiata.
«Colpa tua S8.» replicò marcando il nome in codice del compagno.
«Non perdete la concentrazione.» il colonnello Kyla riportò l’ordine.
Seref riprese il suo lavoro.
Gli ultimi pulsanti e sei piccole sfere, di una decina di centimetri di diametro, si staccarono dallo IF grigio.
Si muovevano piano, senza far rumore. A confronto con i teknight sembravano insetti.
Si mossero seguendo la traiettoria calcolata dal computer, senza alcun intervento del pilota e si fermarono dietro i teknight.
Raggiunta la loro posizione, Seref lasciò andare altri sei pincer che si affiancarono a quelli precedenti.
Appoggiando semplicemente un dito sulla superficie liscia dell’abitacolo dello IF, a quelle sfere comparvero una sorta di quattro zampe, che si piantarono nei teknight che avevano di fronte.
Apparve una piccola piramide per ogni pincer, rivolte con la punta  verso il mecha a cui erano agganciati, seguito da un rumore sottile ed acuto.
«Andiamo!»
I piloti imperiali non ebbero il tempo di preoccuparsi di quel rumore, che dovettero fronteggiare i nemici appena spuntai dalla vegetazione.
Kyla restò in una posizione arretrata, impugnato il piccolo bazuka.
Sparò alcuni colpi al primo teknight che provò ad avvicinarsi.
Lo IF fece lo stesso ma con un fucile impugnato con una sola mano e il calcio appoggiato sulla spalla.
I primi due teknight erano già al suolo.
Il mecha blu sollevatosi in volo, piombò su un nemico infilzandogli una piccola lama nel capo. Quando la estrasse le piccole luci delle telecamere si spensero.
Gli altri presero a sparargli, Yue si fece scudo col teknight che aveva attaccato e prese una sorta di tirapugni.
Scaraventò il teknight, che stava trattenendo, su un altro e prese a sparare dei colpi luminosi dal tirapugni, avvicinandosi con estrema rapidità.
Li raggiunse. Uno venne colpito in basso e fatto cadere, l’altro subì numerosi fendenti della lama, che apparve dal tirapugni. Colpì fino a quando non cadde al suolo non funzionante.
Quello che era stato fatto cadere precedentemente,  si rialzò e sparò in direzione del MA.  Il teknight blu balzò in alto e il proiettile finì per colpire l’alleato, che nel frattempo era riuscito a togliersi di dosso il teknight che gli era stato lanciato.
Ancora in alto, Yue lo finì con altri colpi luminosi e una volta atterrata, fece penetrale una lunga lama nel metallo fino al reattore.
La estrasse e si a allontanò, dal teknight schizzò via una capsula e poi esplose.
Nello stesso tempo lo IF e il RAD mantennero le distanze dagli avversari e i pincer avevano terminato il loro compito.
Seref mandò gli ultimi tre che aveva a disposizione e come precedenti si inchiodarono ai teknight che divennero sempre più lenti, sino a spegnersi.
Mentre aspettavano continuarono a farsi fuoco. Riuscivano a restare lontani grazie all’azione dei pincer, che eliminarono la fonte energetica dei mecha.
I piloti imperiali cercavano di compiere il minor numero possibile di movimenti, inoltre, non avevano energia sufficiente per la nuova arma.
Quando ebbero finito di risucchiare fino all’ultimo residuo di energia, i pincer vennero mossi ancora sugli ultimi tre nemici.
Sempre dal computer, Seref seguiva lo stato dei pincer :«Ancora pochi secondi … è fatta!»
Tutti i teknight nemici furono sconfitti.


«Sembra stia andando tutto bene.»
Owen non aveva staccato gli occhi dagli schermi nemmeno per un attimo.
Un urlo o meglio il rumore di uno sforzo, lo fecero girare improvvisamente.
Vide un uomo, uno di quelli che avevano fatto perdere i sensi precedentemente, impugnare un coltello a pochi centimetri di distanza da lui.
Per fortuna c’era Shu, che anche se di spalle, aveva percepito dei movimenti e gli blocco il braccio.
Quello fece un po’ di resistenza ma contro la forza e l’abilità di Shu non poté nulla.
Il giovane gli piegò il braccio all’indietro immobilizzandoglielo e facendogli cadere il coltello dalla mano.
«Anche se non sono riuscito a uccidervi non avete via di fuga.»
Owen gli prestò maggiore attenzione, mentre la stretta di Shu si faceva più forte.
«Non vene siete accorti ma poco fa ho dato l’allarme. Vi prenderanno e la stessa sorte toccherà ai vostri compagni.» l’uomo sorrise beffardo.
Un sordo rumore di ossa che scricchiolano e l’uomo cadde a terra, morto e con gli occhi spalancati.
«Shu … »
«Non è tempo per i rimproveri.» si guardò in giro per cercare di ricordare com’era lo schema di quell’edificio.
«Passiamo per i condotti d’areazione.» Owen si girò nella direzione in cui erano rivolti gli occhi del giovane.
«Non penso di riuscirci.»
«Devi riuscirci e comunque sarà solo per un piccolo tratto.»
Shu prese una sedia la posiziono sotto il condotto dell’area, poi ne prese un'altra e  posiziono sopra alla precedente. Salì e con un salto si aggrappò alla grata. Prese un asticella di metallo e cominciò a forzarla.
Staccò un lato e si aggrappò con una mano alla parte di muro libera dalla grata, con l’altra continuava a forzarla.
Venne staccata anche dagli altri lati e lasciata cadere. Facendo forza con le braccia entrò nel condotto.
«Owen vieni.» Shu gli gettò la corda che aveva al fianco.
Il generale l’afferrò e cominciò a salire facendo leva con le gambe sulla parete.
«Dobbiamo far presto ad uscire di qui, non riesco a contattare gli altri.»
Shu inarcò le sopracciglia.
«Tra un po’ ci scopriranno. Crederanno che abbiamo preso il condotto dell’aria per non fare la strada di prima ed evitarli e questo è quello che farò io. Più avanti dovrebbe esserci una diramazione che porta all’esterno, tu prenderai quella.»
Owen non sembrava essere d’accordo.
«Non c’è tempo! Devi informare al più presto gli altri.»
«E va bene, ma non correre rischi inutili.»
«Sì!»
Proseguirono per un po’, fino a quando non arrivarono alla biforcazione e dopo alcune indicazioni si separarono, ognuno per la propria strada.
Owen fino a poco prima che era con Shu, sentiva un gran movimento, voci, passi e rumori vari. Ora che si erano divisi tutto tacque. Gli unici suoni erano il suo respiro e suoi movimenti. Continuò fino a quando non si trovò all’esterno.


«Cosa? Sembra che si stiano avvicinando dei rinforzi.» Aruto prese ad analizzare quei dati che stavano rilevando per vedere se si trattassero davvero di rinforzi.
«Owen non ci ha detto nulla.» Kirabo scattò in allerta come gli altri presenti.
«L5 ci sono nemici in avvicinamento.»
«Quanti?» chiese la voce di Lev filtrata dalla radio.
«Sono cinque, ma non saprei dirti di quali mezzi si tratta»
«Ricevuto! Per ora ci limiteremo a nasconderci evitando lo scontro.»  
«Aruto anche dall’altra parte hanno inviato rinforzi.» Shae stava osservando la situazione con preoccupazione.
«Come è possibile? … Owen mi senti? Owen.» il meccanico non ricevette alcuna risposta.
«K3 ci sono altri nemici in arrivo, dovrebbe trattarsi di cinque unità, non ho altre informazioni.»
«Ricevuto. Possiamo ancora farcela anche se si dovesse trattare dei nuovi modelli.»
«Ba … mi rice … se … ete.»
«Owen!»Aruto fece il possibile per intercettare al meglio il segnale.
«Base mi ricevete? Base?»
«Ti sentiamo. Cosa sta accadendo?»
«Ci hanno scoperto. Raggiungete gli altri con la base e portateli in salvo e distruggete la cava di estrazione delle materie prime. Solo dopo verrete qui.»
«Sì!»
«Come sta Shu?» Kirabo era alquanto agitato.
«Non è con me.»
«Cosa?»
«Muovetevi ad eseguire gli ordini.» la conversazione si concluse.
Kirabo batté un pugno sulla console di pilotaggio.
«Shae scendi. A quanto pare non possiamo più trattenerci qui. Di a Fuhara che mi dispiace tanto e che la prossima volta le porto un bel regalo per farmi perdonare.»
Vedendo il marito allontanasi gli domandò allarmata :«Che intenzioni hai?»
 «Aiutare Shu.»
«Non fare sciocchezze! Non puoi pilotare con un braccio solo, senza sapere nemmeno quello che ti aspetta.»
«Posso farcela! E poi riesco quasi a muoverlo del tutto, mi fa solo un po’ male.»
«Lara digli qualcosa tu.»
«Non servirebbe, piuttosto cercheremo di proteggerlo come possiamo.» la situazione non ammetteva spreco di tempo.
«Vedi di tornare o non ti perdonerò!» erano le stesse parole che gli diceva ogni volta che si preparava a fare qualcosa di pericoloso. Fino ad all’ora era sempre tornato vivo.
«Torno, promesso.»
Shae scese dalla base pregando che andasse tutto bene.
Kirabo uscì col suo teknight a tutta velocità in direzione del centro di controllo.
La base della Phlayrh venne fuori dal nascondiglio pronti al salvataggio. A guidarla c’era Lara mentre Aruto era pronto a far fuoco con l’arma più potente di cui era dotata l’aeronave.
I primi che raggiunsero fu la squadra di Lev. Era arretrata parecchio e ben nascosta nella vegetazione intenzionati a evitare qualunque scontro.
Percepita la presenta della base, aspettarono che si facessero più vicino possibile.
Quando li intercettò Lara aprì il portellone per far entrare il teknight, che prese con se il cingolato stretto nella mano.
I cinque teknight di rinforzo provarono a fermali ma dopo qualche colpo non osarono prolungare lo scontro lasciandoli andare.
Alcuni minuti dopo raggiunsero anche l’altro gruppo, che a differenza dell’altro stava combattendo.
Lo scontro apparve subito difficile.
Il RAD era danneggiato, lo IF sembrava non avere più molte risorse a cui attingere e lo MA accusava segni di stanchezza.
«K3 ritiratevi, svelti!»
Erano talmente impegnati che non avevano notato l’avvicinarsi dell’aeronave e la voce di Lara fu per loro un’ancora di salvezza.
Abbandonarono lo scontro rapidamente e rientrarono nella base.
Alle postazioni di fuoco c’erano anche Lev, Katsu e Erin. Questa volta non si limitarono a far desistere i loro avversari, li annientarono con pochi colpi molto potenti per poi concentrarsi sulla cava. Dopo poco venne rasa al suolo.
Mancava l’ultimo tassello.

Shu era arrivato al limite.
Non poteva più scappare, ne permettersi di essere magnanimo.
Armato di un solo pugnale e una specie di ventaglio, che aperto formava un cerchio resistente come uno scudo e tagliente come un rasoio, si voltò nella direzione opposta a quella in cui avanzava e si gettò sui suoi inseguitori.
La lama del pugnale affondava nella carne, in profondità, con rapidità, in punti precisi.
Legamenti, petto, volto, gola non veniva risparmiato nulla.
Col ventaglio si proteggeva, anche dai colpi di pistola, per poi  lacerare e tagliare.
Continuò. Tutti quelli che cercarono di fermarlo nemmeno si accorsero di quello che stava accadendo, intrappolati in quella danza di morte che non lasciava scampo.
Trovò un’ apertura verso l’esterno. Decise di imboccarla sperando di non incontrare più nessuno.
Il suo desiderio venne esaudito.
Si trovava ancora in alto. Per distogliere l’attenzione da Owen si era allontanato dall’uscita.
Si fermò un attimo a prendere fiato. Si guardò le mani e i vesti sporchi di sangue.
“Non riesco ancora a liberarmi da tutto questo.”
I suoi pensieri vennero interrotti dal forte rumore di un teknight che gli atterrò di fronte.
Faticò a restare in piedi per lo spostamento d’aria. Quando riuscì ad assumere una posizione più salda, davanti a se non c’era altro che l’oscurità della canna del fucile impugnata dal mecha.
Il forte suono dell’arma che si caricava, la luce che diventava sempre più intensa, il calore che cominciava a farsi sentire e il colpo partì.
Pensava che sarebbe morto. Mai avrebbe immaginato ad un salvataggio disperato come quello.
Kirabo aveva fatto in tempo. Cadde in picchiata sul teknight che stava per sparare, facendolo cadere e il colpo venne scagliato in un’altra direzione.
Con l’ascia che teneva nella mano si prestò a colpire il mecha sotto di lui.
Il pilota di quest’ultimo si affrettò a scappare lanciandosi con una capsula.
Così il RAD rinunciò e rinfoderò l’ascia.
«Shu stai bene?»Kirabo aprì il portellone per avvicinarsi al giovane.
«Non sono ferito.» evitò il suo sguardo.
«Vieni.»
Gli tese la mano. Shu l’afferrò e salì sul mecha, senza incrociare gli occhi del compagno.   
Owen vedendo il RAD gli andò in contro.
Finalmente l’aeronave della Phlayrh si vedeva.
Kirabo raccolse Owen nella mano e salì  anche lui a bordo della base che li aveva raggiunti.
Nonostante le difficoltà incontrate, l’obiettivo era stato raggiunto. Nonostante ciò, non si avvertiva l’odore della vittoria.

   


Angolo dell'autrice:

Un pò di azione! Si intervalleranno capitoli tranquilli e movimentati ancora per un pochino poi bo ... devo mettere ordine nella mia testa.
Comunque non pensavo di arrivare a questo punto con lettori che continuano a seguire questa storia.
Mi piacerebbe sapere cosa ne pensate ma già sapere che c'è qualcuno che ti segue, mi rende felice quindi può andare anche così.
Grazie davvero! 

Ma veniamo ad altro. Giusto per diletto mi sono cimentata nell'impresa di disegnare alcuni (solo tre. Si lo so sono pochi) dei robot di Argest Age e un'areonave.
Così è anche più facile capire come sono fatti, dato che la descrizione che ho fatto nella storia è scarsina.
Metto i link perchè è più facile per me che ridimensionare le immagini.
In ordine ci sono i tre RAD:
RAD 1
RAD 2
RAD 3
L'aeronave della Phlayrh (disegnato con il 3ds):
Phlayrh
e gli stemmi della Phlayrh e di Argest ( non li ho mai descritti dato che mi sono venuti in mente da poco ):
Stemmi
 Quando riesco ne faccio altri.
Bene! Penso di aver detto tutto.
Grazie ancora e continuate a seguire ;)

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Capitolo 10
*** Section 9 ***


ARGET AGE – SECTION 9

«Generale, chiedo l’autorizzazione per procedere col piano.» un giovane in alta uniforme, attendeva il responso del generale. Un grosso uomo che se ne stava pesantemente seduto alla sua scrivania, mentre leggeva con attenzione varie carte.
«Su quali basi ritieni che la tua ipotesi sia corretta?» domandò il generale staccando gli occhi dal foglio e fissando il suo interlocutore.
«Frammenti di intercettazioni radio, signore.»
«Sai che se ti sbagliassi sarebbe solo uno spreco di risorse?»
«Ma se avessi ragione, si tratterebbe di una buona opportunità» il giovane controbatté sicuro.
Il generale parve rifletterci per qualche minuto su.
«Hai il permesso di procedere come credi.»
«Grazie, signore!» dopo il saluto militare, si voltò ed uscì da quella grande e lussuosa stanza, seguito da un altro uomo dall’aspetto maturo.
Avanzavano uno dietro l’altro, in silenzio con passo deciso.
«Colonnello dovrebbe fare più attenzione a quello che dice. Se scoprissero che non c’è stata alcuna intercettazione, potrebbe … »
Il giovane si fermò e si voltò repentino :«Potevo mai dire che è tutta una mia sensazione? In questo modo non avrei mai potuto agire.»  
«Ti chiedo solo di fare attenzione, Falk.»
 

Nei giorni che seguirono la missione in Africa, tra i membri della Phlayrh vi era una strana atmosfera.
Takehito aveva imparato a non fare domande comportandosi come al solito. Come facevano gli altri del resto,  ma aveva l’impressione che qualcosa non andasse.
Aveva attribuito la causa a Shu. Ricordava, che quando era risalito sull’ aeronave, era completamente ricoperto di sangue. Nel vederlo in quello stato si spaventò e al contempo si preoccupò credendolo ferito.
In realtà il ragazzo fisicamente stava benissimo e scusandosi per non voler rispondere alle domande che gli ponevano, se ne andò per starsene del tempo da solo.
Dopodiché, non lo vide quasi più. Saltava i pasti e qualche volta si faceva sostituire nei turni di pulizia.
Gli unici a cui permetteva di stargli accanto erano Kirabo e la sorella Yue.
Col passare dei giorni la tensione che si avvertiva, andava via via affievolendosi e anche Shu si faceva vedere più spesso.
Takehito si limitava ad osservare, sperando di capire qualcosa del comportamento dei suoi compagni, ma ormai, aveva capito che era meglio non tormentarsi e aspettare che qualcuno gli spiegasse tutto nel momento opportuno.
Per non pensare oltre, trascorreva tutto il suo tempo con Aruto e Katsu a lavorare sui teknight.
«Aruto, se rendessimo questa parte più leggera? »
«Sarebbe di certo più veloce ma lo renderesti anche più vulnerabile.»
«Se usassimo del titanio potremmo trovare un giusto compromesso non trovi, papà?»
«Potremmo fare un test. Takehito aiuta Katsu a recuperare il pezzo.»
I due ragazzi fecero come richiesto.
In una sezione separata e coperta della sala dei teknight, venivano conservati svariati pezzi di ricambio, altri da riparare o ancora da smontare e recuperare qualcosa di ancora utilizzabile. In pratica si trattava di una sorta di magazzino.
Katsu avanzava in una direzione ben precisa, sicuro di trovare quello che cercavano.
«Eccolo qua!»
«Wau! Certo che non vi manca nulla.» Takehito era sempre meravigliato dalle risorse di quell’ aeronave. Ormai la conosceva abbastanza bene ma saltava fuori sempre qualcosa di nuovo.
«Più o meno. Prendiamo anche questo.»
«Non serve per la generazione di un End eer?»
«Voglio provare a montarlo.»
«Ma così averlo alleggerito non servirà a molto se gli aggiungi altro peso.»
«Sarebbe più leggero di prima e comunque così com’è non ha molte difese. In più con questo avrebbe a disposizione maggiore energia.»
«Infondo provare non costa nulla.»
«Già che ci siamo prendiamo anche delle munizioni da caricare sul RAD.»
«Finito con la lista della spesa?» lo derise.
«Ma che spiritoso che stai diventando.» Katsu gli fece una linguaccia.
I due si misero al lavoro e portarono tutto da Aruto.
Nei giorni a venire, l’uomo lasciò la maggior parte del lavoro ai due ragazzi, felice del loro entusiasmo e dell’energie che impiegavano nella manutenzione e miglioramento dei teknight.

«Sono distrutto!»Katsu si lasciò cadere all’indietro, sdraiandosi sul pavimento con le braccia aperte.
«Almeno abbiamo finito!» Takehito si passò una mano sulla fronte per asciugare il sudore.
«Partitina tranquilla ai videogame per riposarci?»
« Paura di perdere, Katsu?»
«Ok leva il tranquilla, ti farò perdere in un modo così umiliante che ti vergognerai di farti vedere in giro per un mese.»
«Così va meglio!»
I due amici andarono prima nelle loro camere per darsi una ripulita. Takehito avendo fatto prima si mise ad attendere nel corridoio.
«Takehito!»
Il ragazzo si voltò verso chi l’aveva chiamato. Si trattava di Lev che lo raggiunse e gli avvolse le spalle con un braccio, facendolo scostare dal muro su cui era appoggiato.
«Stavo andando a farmi una nuotata, vieni con me!»
«Ecco … in realtà stavo aspettando Katsu, volevamo giocare un po’ per riposarci.»
«Meglio! Più ne siamo meglio è. – poi rivolto verso la stanza di Katsu – ehi, Katsu mettiti il costume che andiamo a fare una nuotata.»
La porta della stanza del giovane meccanico si aprì.
«Che è sta storia della nuotata? Non mi va Lev, non ne ho la forza.»
«E’ quello che cercavo di dirti. Io e Katsu siamo stanchi vorremmo solo riposare … »
«Vi prego ragazzi! Ci metteremo a mollo nell’acqua. Per favore fatemi compagnia!» il biondo aveva congiunto le mani implorante.
I due ragazzi si guardarono e acconsentirono.
«Grazie! Preparatevi che vi aspetto.»
«Io però non ho nemmeno un costume.» rifletté Takehito.
«Te ne presto uno io, dovrebbe andarti.» Katsu rientrò nella sua stanza e dopo poco uscì.
Lev sembrava davvero contento e quando arrivarono non perse tempo e si tuffò. Gli altri indossarono i costumi e lo seguirono.
Era calda, tutto sommato non era così male per rilassarsi.
Lev li raggiunse dopo aver nuotato per l’intera lunghezza della vasca.
«Ammetto che si sta bene, però mi spieghi perché hai insistito tanto per farci venire con te?» Katsu si stava aggrappando al bordo appoggiandoci gli avambracci .
«Perché mi sono stancato di stare da solo. Kirabo passa tutto il tempo con Shu, stessa cosa vale per Yue e Seref, gli altri sono sempre impegnati in qualcosa e quando sono liberi, preferiscono stare per i fatti loro. Anche voi due non vi siete staccati per un attimo dai teknight.»
«In poche parole volevi solo un po’ di compagnia – concluse Takehito, poi rivolto a Katsu – potevamo farlo giocare con noi?»
«Assolutamente no! È una vera schiappa.»
«Non credi di esagerare?» fece offeso Lev.
«Non esagero! I videogiochi non fanno per te.» a Takehito scappò da ridere.
Arrivò anche Kyla con indosso un bikini e un asciugamano posato sulla spalla.
«Uffa c’è Lev! E io che volevo farmi un bagno tranquillo.» la ragazza non si preoccupò nel farsi sentire.
Notata la sua presenza gli altri si girarono verso di lei.
«Perché nessuno vuole nuotare con me? Non è giusto!» protestò il biondo come un bambino.
«Perché coinvolgi tutti nelle tue estenuanti gare, che per recuperare le forze ci vogliono tre giorni di riposo e chi vuole nuotare con tranquillità verrà inevitabilmente travolto da cascate d’acqua.»
«Le conseguenze di nuotare con un campione.» si  compiaceva soddisfatto Lev.
«Fanatico vorrai dire, comunque me vado. Ciao!»
«No no no, aspetta Kyla!» la rossa proseguì verso l’uscita senza nemmeno rispondergli.
«Questa volta me ne sto buono, non faccio nulla.» la supplicò.
«Fidati. E’ nella fase solitudine cronica. Farà quello che gli diremo pur di stare con qualcuno.» le rassicurazioni di Katsu fecero cambiare idea alla ragazza, che sospirando tornò indietro e posato l’asciugamano in un angolo, entrò in acqua.
«Al primo fastidio, me ne vado.» lo avvertì.
«Mi fai i ricatti?»
«Dato che con te funzionano … sì!» di tutta risposta Lev confabulò qualcosa di poco cortese.
«Kyla, cosa avete deciso?» si intromise Katsu.
«E’ vero! Abbiamo quasi finito le scorte di cibo.» disse Lev,  come se si trattasse di una faccenda di poco conto.
«Siamo diretti verso la Groenlandia. Domani papà lo dirà a tutti.»
«Andiamo a fare rifornimento in una zona quasi disabitata?» domandò Takehito sorpreso.
«In questo momento è il luogo ideale. È isolato, poco controllato, adatto per rifornirci di ciò che abbiamo bisogno e poi lì non si fanno troppi problemi sul fatto che siamo della Phlayrh. L’importante è pagare.»
«Perché non andiamo in una delle nostre basi? Abbiamo tutti bisogno di distrarci.»
«Quello che dice Lev non è così sbagliato. Siamo alquanto stressati e nervosi.»
«Non possiamo permettercelo, Katsu. Abbasseremmo inevitabilmente la guardia e potremmo diventare un facile bersaglio.» spiegò Kyla reclinando la  testa, immergendo i capelli nell’acqua, che presero a galleggiare liberi.
«Però possiamo dimenticare tutto almeno fino a domani, giusto?»Lev si lasciò andare lasciandosi sorreggere dall’acqua.
«Sì!»


Il mattino seguente l’intero equipaggio venne messo al corrente della futura destinazione.
Raggiunsero la Groenlandia nel pomeriggio.
«Una volta atterrati avremmo tre ore per poter prendere tutto quello che ci serve. Partiremo subito dopo.» la voce di Owen venne diffusa per tutta l’aeronave.
Atterrarono vicino ad una piccola cittadina.
Il cielo era scuro e le luci erano poche ma si riusciva ad apprezzare i colori vivaci delle case, piccole e poco distanti l’una dall’altra, separate da stradine ricoperte di neve.
Per quelle vie non c’era nessuno, se non qualcuno che si affrettava a rientrare in casa e qualche cane che osservava la situazione, per poi fare ritorno alla sua dimora.  
Eccetto Owen, Shu e Kirabo che restarono di guardia alla base della Phlayrh, quest’ultimo più per timore dei -30°, scesero tutti per acquistare ciò di cui avevano bisogno.
Ciascuno aveva un compito ben preciso.
Lara doveva occuparsi di procurarsi medicinali mancanti o utili, i meccanici erano alla ricerca di qualche buon affare e gli altri si erano divisi le cose da mangiare.
Si trattava di una piccola città ma ben fornita, essendo un punto di scalo vicino ad un aeroporto.  
Le tre ore passarono rapidamente. Qualcuno avendo terminato alla svelta i suoi compiti, face ritorno al più presto alla base. I più giovani usarono fino l’ultimo minuto a loro disposizione per visitare quel luogo o per comprare qualcosa di utili o carino.
Una volta che tutti fecero rientro, Owen ed Erin presero i comandi, pronti a partire mentre gli altri membri erano impegnati nel sistemare.
«Motori  azionati. Pronti alla partenza.» annunciò Erin manovrando varie leve e osservando le variazioni del monitor.
«Andiamo.»annunciò il generale della Phlayrh.
Dalla base dell’aeronave si accesero delle luci azzurre molto intense, che divennero roventi e alzarono un gran polverone. La base iniziò a sollevarsi, fino a raggiungere un’altezza adeguata. Vennero messi in funzione anche i motori posteriori facendola acquistare velocità.
La piccola cittadina quasi non si vedeva più.
Improvvisamente incominciò a lampeggiare una luce rossa sul radar.
Erin muovendo le dita su di essa, apparve un’immagine olografica. Ingrandendola, con movimenti rapidi delle dita, comparve chiaramente la figura di un aeronave nemica.
«Owen, la Jaculus.»
Il generale della Phlayrh osservò rapidamente le immagini e si affrettò a comunicarlo al resto dell’equipaggio.
«Tutti in assetto da battaglia! Jaculus in vista.»
A quel nome ci fu  un attimo di apprensione che svanì rapidamente.
«Kyla e Lev andate alle postazioni di fuoco. Il resto dei piloti salgano sui loro teknight e aspettino il segnale di lancio.»gli ordini arrivarono da Erin.
«Takehito vieni con noi avremo bisogno anche del tuo aiuto.» Aruto trascinò con se il ragazzo seguito a ruota dal figlio.
Nella sala di comando osservavano le mosse del nemico.
La Jaculus era un aeronave con un muso e ali dalla linea slanciata e un corpo piuttosto massiccio al centro, per la precisione un cargo. Si muoveva grazie a dei propulsori dalle notevoli dimensioni, applicati ai fianchi del corpo centrale e altri, non utilizzati, posteriormente.
Quando erano ancora ad una certa distanza vennero lanciati vari teknight imperiali.
Più esattamente cinque.
«Nell’ordine K4, Y7, S8, S6. Pronti a partire.»un altro comando di Owen.
Sul ponte di lancio tutto era pronto. Il portellone era stato aperto e i teknight si erano allineati.
Takehito e Katsu, posti ai lati dei mecha, controllavano ogni manovra e Aruto dava il comando di partenza, facendo accendere una luce verde al lato del portellone.
«K4 lancio!» il possente mecha si lasciò casere nel vuoto, per poi prendere quota e posizionarsi davanti la base della Phlayrh.
«Y7 lancio!» diversamente da prima il teknight blu schizzò via affiancandosi al RAD1.
«S8 lancio.» caricata l’energia per qualche secondo, si portò rapido all’esterno posizionandosi nel lato opposto degli altri due.
Lo MA nero,  appena la luce divenne verde anche per lui, partì come aveva fatto quello precedente frapponendosi fra lo IF e gli altri.
I cinque nemici si avvicinavano sempre più. Erano nuovi modelli e uno con un equipaggiamento diverso.
Dei raggi luminosi li raggiunsero, facili da evitare.
«S8, puoi usare i pinser come la volta precedente?»domandò Yue.
«Potrei ma ne ho solo due a disposizione.»
«Io e Y7 attaccheremo indipendentemente. S8 e K4 cercate di collaborare.»
«Efficiente quanto il mio computer, S6! Facciamo così ma cerchiamo di collaborare tutti.»
I due MA volarono contemporaneamente alla stessa velocità, impugnando una lama spessa e corta.
Ingaggiarono battaglia con tre dei teknight. Li tenevano a media distanza schivando colpi, infierendone e subendone.
Lo scontro era prettamente un corpo a corpo, non lasciavano che utilizzassero quel colpo energetico dalla luce rossa.
I restanti due mecha imperiali erano impegnati a fronteggiare i due della Phlayrh, che eseguivano una perfetta combinazione di attacchi.
Uno degli avversari era stato reso quasi inoffensivo dai pinser, usando la stessa strategia della volta precedente.
L’altro si teneva a debita distanza, utilizzando il nuovo equipaggiamento, un nuovo tipo di fucile che fruttava quel nuovo raggio rosso.
«Se andiamo avanti così non riusciremo ad ottenere nulla. Dobbiamo avvicinarci.»
«Proposte su come fare?»Kirabo non sapendo come agire confidava in una strategia del compagno.
«La capacità di resistenza del RAD1 è notevole anche ai loro attacchi. E’ una soluzione un po’ azzardata … »
«Se ritieni sia fattibile procediamo pure, S8.»
«Devi andargli contro, anche facendoti colpire, rallenterai ma continua fino a che non riesci a bloccarlo. Puoi anche sferrargli un attacco ma devi comunque bloccarlo. Io sarò dietro di te. Una volta che sarà immobilizzato penserò a finirlo.»
«Niente di meglio!  In fondo proteggervi è il mio compito.»
Il RAD si lanciò all’attacco. Afferrò l’ascia dalle sue spalle avanzando dritto verso il nemico.
Come previsto questo sparò con il fucile. Era più preciso e veloce delle armi collocate direttamente sui teknight.
Subì due colpi, che lo rallentarono ma arrivato alla giusta distanza, affondò l’ascia nel busto del mecha mentre con la mano libera lo bloccava.
Dalle sue spalle sbucò lo IF grigio che lo mise fuori gioco con una lunga lama affilata.
Lo scontro dei MA procedeva a rilento. Entrambe le forze in campo erano ben equilibrate.
«Y7 oscura le telecamere. Mettiamo fine al combattimento.»
«Sì!»
Dal teknight di Shu si sprigionò una fortissima luce che rese inutilizzabili i sensori visivi delle mecha.
Ottennero l’opportunità di attaccare facilmente.


«Anche quando non se l’aspettano. Esco col GL-S. Maggiore, lascio a lei il comando dell’aeronave.» il colonnello Falk di Argest mostrava segni di agitazione, allontanandosi in gran fretta.   
«Agli ordini! Preparare il GL-S alla partenza.» il maggiore prese immediatamente il comando, abituato ai modi di fare del suo superiore.
Il colonnello indossata già la tuta da pilota e partì senza aspettare oltre, ignorando ogni segnalazione.
Giunse sul luogo della battaglia e la situazione che gli si presentava non era certo delle migliori.
Delle cinque unità che aveva mandato, solo due erano ancora operative.
Uno contro i due MA, riusciva ancora a resistere grazie alla barriera difensiva che aveva creato intorno a se e il secondo, prosciugato delle proprie energie, restava a debita distanza sferrando attacchi col fucile.
Il robot del colonnello era un nuovo modello, il GS. Leggermente diverso rispetto agli altri prodotti in seri. Di dimensioni più grandi e argentato, un colore inusuale per i modelli imperiali e il suo stesso nome, GL-S.
Prima di agire, il colonnello di Argest, rinsaldò la presa sulla lancia a Red Fusion, la stessa tecnologia usata dalle armi dei nuovo modelli.
Si portò in avanti a gran velocità.
Lo MA blu accortosi della sua presenza, indietreggiò quanto bastava per poterlo fermare, afferrando la lancia con una mano e passando sopra l’altro braccio, lo affiancò e lo fermò.
«Non basterà così poco.» sussurrò Falk.
Dalla punta della lancia scaturì un potente raggio rosso che colpì lo MA nero.
Il raggio da sottile che era, una volta venuto a contatto con il teknight si espanse per tutta la sua superficie.
Il metallo si consumava e scioglieva velocemente.
La presa del mecha blu si fece più leggera e quando il bagliore rosso terminò, la lasciò completamente per recuperare quel che restava del teknight del fratello.
«Tranquilla, la cabina avrà retto di sicuro. Starà bene.» ancora un sussurro impercettibile all’interno della cabina del GL-S.
«Grazie e mi perdoni per averla fatta intervenire, signore.» la voce del pilota appena aiutato raggiunse la cabina del colonnello.
«Non badare a certe convenzionalità. Piuttosto cerchiamo di catturali. – premette un diverso pulsate e si mise in contatto con la Jaculus – Maggiore disequipaggiare la Jaculus e speronare la Phlayrh.»
«Non è esagerata come soluzione?»
«Dobbiamo approfittare di questo momento di confusione. È l’unica possibilità che abbiamo.»
«Sì, signore!»
Il cargo, ovvero il grosso corpo centrale della Jaculus, si staccò da essa riuscendo a muoversi grazie ai motori laterali.
Ora l’aeronave aveva l’aspetto simile a quello di un jet con il muso estremamente affilato.

Un’intensa luce rossa catturò l’attenzione di Kirabo e Seref.
Assistettero increduli quello che stava accadendo.
«Oh no!»Kirabo aveva gli occhi spalancati.
Veloce Seref analizzò l’accaduto.
«Sta bene. La cabina ha retto il colpo.» lo tranquillizzò Seref.
Yue aveva recuperato il fratello e li stava raggiungendo.
«K4, S8 lo riporto alla base. Pensate voi al resto per favore.»
«Aspetta, lui come …»
«Sano e salvo, K4.» il pilota del RAD1 tirò un sospiro di sollievo.
«Te l’avevo detto! Comunque direi di avvicinarci il più possibile alla Phlayrh. Il teknight argentato dovrebbe essere quello di Falk e in più è equipaggiato con una di quelle nuove armi. Facciamo attenzione.» Seref cercava di mantenere la calma e analizzare la situazione.
«Va bene.»
Così tutti i teknight si mossero in direzione della loro base, Seref e Kirabo si fermarono un po’ più avanti mentre gli altri proseguirono ed entrarono dal ponte di lancio.
I nemici arrivarono e iniziò un altro scontro.
Erano avversari difficili, non tanto per i due con cui stavano combattendo già da prima ma quanto per l’ultimo arrivato.
L’abilità di quel pilota era di ben altro livello.
Per non soccombere subito, dovettero chiedere il sostegno dei cannoni dell’aeronave.
“Cosa succede?”lo sguardo di Seref si soffermò sulle segnalazioni di warning del computer.
“Non può!” senza esitare si mise in comunicazione con tutti.
«La Jaculus sta per speronare la Phlayrh. Owen dovete spostatevi immediatamente!»
Owen ed Erin controllarono i movimenti e le traiettorie dell’aeronave nemica, quello che aveva detto S8 era corretto.
«Azionare le ali laterali. Virare di centottanta gradi.» comandi che vennero immediatamente eseguiti da Erin.
La Phlayrh si mosse rapidamente allontanandosi dal pericolo imminente.
I due piloti fecero di tutto per impedire ai nemici di ostacolare la manovra.
Ancora avvisi di pericolo dal computer dello IF.
“Non faranno in tempo!”
«K4 dobbiamo aiutare la base a spostarsi è troppo lenta. Il tuo teknight dovrebbe avere energia sufficiente per spingerla.»
«Ce la fai da solo?»
«Sì!»
Il RAD1 si posizionò in uno dei lati e incominciò a spingere l’aeronave che prese a muoversi più velocemente.
«Base ho bisogno di copertura.»
«Ci penso io S8.» Kyla era quella che si trovava nella posizione favorevole per fare fuoco.
Lo scontro procedeva tra cannonate e attacchi ravvicinati e la Jaculus era sempre più vicina e la Phlayrh ancora in traiettoria.
“Così non va! Forse … è rischioso ma devo provarci.” Seref prese le distanze dal combattimento per programmare il teknight in vista della prossima mossa.
All’interno del ponte di lancio anche i meccanici e Takehito seguivano gli sviluppi del conflitto.
Si erano dovuti occupare dello MA e di far uscire il suo pilota ma ora erano tutti concentrati a trovare una soluzione all’imminente impatto.
«Takehito te la senti di pilotare?» disse ad un tratto Aruto al ragazzo.
«Non intenderai quello?» il meccanico capendo a cosa si stava riferendo annuì. «Ma non è stato nemmeno collaudato, dovremmo fidarci dei nostri test al simulatore?»
«Se non te la senti troviamo un'altra soluzione.»
Takehito ci pensò su. Non era sicuro di quello che stava per fare ma voleva aiutare, voleva fare la sua parte. Era per questo che in quei giorni avevano costruito un teknight solo per lui.
«Che devo fare?» Katsu cercava di nascondere la paura che ebbe a sentire le parole dell’amico.
«Spingere la base insieme a Kirabo.»
«Nulla di troppo difficile come prima volta. Vado!»
«Aspetta Takehito! Ancora non abbiamo messo un sistema di comunicazione. Prendi almeno questo. Così potrai comunicare almeno con noi.»
«Grazie!» prese quello che sembrava un auricolare dalle mani di Katsu.
Salì velocemente sul suo mecha, ancora con pezzi non verniciati e senza nome. Uscì e andò dove si trovava Kirabo.
Nello stesso tempo Seref aveva terminato, aprì lo sportello del teknight e uscì, spostandosi grazie ai propulsori integrati nella tuta.
Si stava allontanando per rifugiarsi a bordo della Phlayrh quando vide uno strano teknight provenire proprio dalla sua aeronave.
«Base, quello stano teknight è uno nostro? Chi lo sta pilotando?»
Nessuno aveva fatto caso a quell’unità che si muoveva indisturbata e la scoperta lasciò tutti interdetti.
«Sì, ti tratta di Takehito. Aiuterà K4 a spingere l’aeronave.» nel tono di voce di Aruto c’era una certa soddisfazione e speranza.
Seref mise a fuoco la situazione. Forse quell’inaspettato intervento avrebbe potuto salvarli.
«Come faccio a comunicare con lui?»
«Non puoi farlo direttamente. Se vuoi dirgli qualcosa, glielo riporterò io.»
«Ok, ascolta. La Phlayrh è ancora nella traiettoria della Jaculus anche con un’altra unità che la spinge, temo che la situazione non cambierebbe. Io sono uscito dello IF e vi stavo raggiungendo. L’ho programmato per frapporsi fra la Jaculus e la nostra base. Dovrebbe bastare, però il  teknight argentato e quegli atri due lo stanno bloccando. Con un fuoco di copertura e un attacco di Takehito, riuscirebbe a liberarsi.»
«Dannato! Prima di azioni come queste dovresti avvisare. Distruggerai lo IF in questo modo. – Aruto era alquanto arrabbiato – Avviserò Takehito. Tu muoviti a tornare.»
«Scusa ma non c’erano alternative.»
Il meccanico alquanto alterato si mise in contatto con Takehito :«Takehito c’è stato un cambio di programma, però sempre se te la senti altrimenti procedi come abbiamo stabilito.»
«Dici.» Takehito si era fermato ad ascoltare.
«Dovresti attaccare o distrarre i mecha avversari. L’obbiettivo è quello di far agire liberamente lo IF.»
«Ho capito. – respirò profondamente – lo farò!»
«Sicuro?»
«Sì!» sembrava deciso e concentrato.
«Kyla, copri le spalle a Takehito, se puoi anche tu Lev.» Aruto era passato a dare ordini ai cannonieri di turno.
«Non lo sfioreranno nemmeno.» Kyla era determinata.
«Consideralo già a sicuro tra noi.» Lev avrebbe fatto anche l’impossibile.
Preso un bel respiro, Takehito si lanciò contro i teknight nemici.
Aveva con se solo un fucile che non utilizzò subito. Quando fu vicino aprì il fuoco da delle piccole armi che gli spuntarono da sopra le spalle.
L’attacco a sorpresa ebbe effetto. Lo IF venne liberato e si spostò velocemente.
Una scarica di proiettili dei cannoni impedirono ogni altro movimento.
Takehito si muoveva rapidamente, qualche attacco e poi scappava via.
Lo IF si muoveva da solo andando incontro alla Jaculus ormai ad una manciata ci metri dalla Phlayrh. Gli si parò davanti.
Il pilota del GL-S parve capire il gioco della Phlayrh e tentò di intervenire.
Takehito, come se fosse un pilota esperto, comprese le sue intenzioni e si frappose tra lui e lo IF.
Attivò la End eer e una barriera di energia semisferica si materializzò davanti. Con quella barriera era in grado di bloccare qualunque attacco e fermò anche il GL-S.
Lo scontro tra lo IF  e la Jaculus avvenne. Il mecha venne completamente trafitto ma come previsto, la forza dell’impatto fece deviare l’aeronave e la Phlayrh poté dirsi salva.
«Maledizione, me l’hanno fatta! - era l’urlo del colonnello Falk – E’ inutile continuare, ritiriamoci.»ordinò ai suoi uomini.
Il RAD1 lasciò il fianco della base e recuperò lo IF estraendolo dal muso della Jaculus e ritornando, alla base già in fuga, trascinando con se anche Takehito che era rimasto indietro.
Rientrarono tutti, compreso Seref, mentre la Jaculus si ricomponeva, la Phlayrh già non si vedeva più.  


Angolo dell'autrice:
Ecco un altro capitolo!
I combattimenti continuano e per la Phlayrh non c'è tregua. Fa l'apparizione un altro personaggio, il colonnello Falk.
Che ne pensate vi è piaciuto? Fatemi sapere e continuate a leggere.
Un ringraziamento particolare a belfire99 che ha ripreso a recensire ;)

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Capitolo 11
*** Section 10 ***


Argest Age – section 10

«Oh! Ti sei ripreso!»Yue si sporse sulla sedia per avvicinarsi a Takehito.
«Come ti senti?» continuò lei.
«Mi fa male la testa. Cosa è successo? Non ricordo molto.» il ragazzo si massaggiò le tempie  e si guardò intorno. Riconosceva quel luogo. Si trattava dello studio medico di Lara, però lei non c’era.
«Il tuo fisico non ha retto all’ eccessiva forza g e pare che il generatore di End eer abbia qualche difetto, così hai perso i sensi.» spiegò lei.
«Siamo riusciti a fuggire?» domandò inquieto Takehito.
La ragazza si rattristò e abbassò il viso.
«Ecco … » in quel momento entrò qualcuno ma i due non ci fecero caso e Yue
continuò «ci hanno presi e chissà che cosa ci aspetta. Però tu sei stato bravo, quindi non sentirti in colpa!»
Seref, che era appena entrato, inarcò le sopracciglia al sentire le parole della ragazza e le si avvicinò.
«Seref! Perché mi fissi così?»domandò voltando la testa.
«Smettila di prenderlo in giro.»
«Potresti stare al gioco ogni tanto, sai?» Yue assunse l’aspetto di una bambina che era stata appena sgridata.
«Aspetta almeno che si sia ripreso. Reggi!» Seref le diede da mantenere un bicchiere pieno d’acqua. Aprì una bustina, che aveva in mano, versò la poverina che conteneva nel bicchiere e prese a girare la soluzione con un cucchiaino.
«Quindi siamo al sicuro?» Takehito cercò una conferma. Si sentiva alquanto confuso.
«Ora sì ed è anche merito tuo. Devo ringraziarti per aver accettato di seguire il mio piano. Peccato per lo IF, è completamente distrutto» sospirò terminando di girare e battendo il cucchiaino sul boro del bicchiere  «Lara mi ha detto di fartelo bere non appena ti fossi svegliato, ti aiuterà a metterti in forze.»
Il ragazzo prese il bicchiere che reggeva ancora Yue e bevve tutto d’un fiato, non gradendone affatto il sapore.
«Sei stato in gamba però il fatto che tu abbia perso i sensi, non va affatto bene. Avrai bisogno di allenarti.» gli disse la ragazza riprendendo il bicchiere.
«Che tipo di allenamento dovrei fare?»
«Principalmente è allenamento fisico ma ci vorrà anche un buon allenamento mentale, per sopportare lo stress delle battaglie.» continuò a spiegargli.
«Capisco. Ora dove siamo diretti?»
«A Ekalad!»esclamò entusiasta Yue.
«Immagino tu non la conosca.» disse Seref notando il suo sguardo perplesso.
«Ekalad è una città volante. Si sposta sempre ed un posto dove anche noi della Phlayrh possiamo andare senza preoccupazioni.» spiegò Yue piena di entusiasmo.
«Esiste una città volante?» dalla sua espressione, Takehito sembrava sbalordito.
«Sembra essere uscita da un libro di fiabe! Vero, Seref?»
«In effetti non sono pochi i racconti in cui vi è una città del genere, l’uomo è riuscito a renderla reale. L’unico inconveniente è che non essendo controllata dall’impero, la maggior parte delle persone che la visitano sono dei delinquenti»
«Se dici così sembra un brutto posto! Quello che dice Seref è vero però è anche una città piena di vita e di gente allegra e per bene. Poi ci sono dei posti molto suggestivi, vale la pena vederla!» concluse Yue.
Nello studio entrò anche Lara.
 «Felice di vedervi chiacchierare di buon gusto. Come ti senti Takehito?» i presenti si voltarono nella sua direzione.
«Penso bene anche se mi fa male la testa.»
«Ragazzi, vi devo chiedere di lasciarci. Vorrei visitarlo.» Lara li invitò ad uscire con suo solito modo di fare gentile.
I due ragazzi salutarono Takehito, lasciandolo solo con Lara.
Dopo essere stato sottoposto a tutti i controlli che il caso richiedeva, la donna stabilì che stesse bene e che aveva solo avuto un semplice crollo per l’eccessivo stress. Gli consigliò di andare in stanza a riposare in modo tale da non essere disturbato, almeno per le poche ore che mancavano prima dell’arrivo a Ekalad.
Takehito fece come gli era stato detto. Sembrava che obbedirle fosse una cosa naturale. Forse era colpa della gentilezza e della premura che aveva nei confronti degli altri o della decisione con cui si poneva. Sta di fatto, che per quello che aveva potuto osservare, anche gli altri, nei suo confronti si comportavano al suo stesso modo.
Una volta nella sua stanza tentò di addormentarsi ma i pensieri che gli affollavano la testa, lo impedirono.
Chissà se da quel giorno poteva definirsi un pilota.
Chissà se gli avrebbero permesso di lottare insieme a loro.
Ormai conosceva un po’ tutti, addirittura in quello stesso giorno si poteva dire che Seref gli avesse fatto i complimenti e che Yue gli aveva parlato senza problemi, cosa che non era ancora avvenuta in tutto quel tempo.
Si rendeva conto di non aver ancora compreso a fondo le ragioni che spingevano quel gruppo di persone a voler annientare l’impero, però, sentiva di farne parte.


Nella stanza dei giochi Yue e Seref stavano facendo una partita a scacchi comodamente seduti sul divano.
«L’hai rivalutato?»domandò Yue mentre spostò l’alfiere bianco di tre case in diagonale .
«Chi?» l’alfiere venne mangiato dal cavallo nero.
«Takehito.» la ragazza rimase ad osservare la scacchiera.
«Ho avuto qualche elemento in più che mi ha permesso di definirlo meglio.» aspettava tranquillamente la mossa dell’avversaria.
«In poche parole hai sbagliato nel valutarlo.» arretrò la torre affiancandola al re.
«Nemmeno tu sei stata tanto carina con lui. E poi sai quanto mi da fastidio essere ricordato come il principe di Argest.» spostò in avanti un pedone.
«Io non do mai confidenza a chi non conosco.» replicò offesa. Avanzò col cavallo e mangiò il pedone.
«Che facciamo lo portiamo con noi a fargli fare il giro della città?» aveva distaccato gli occhi dalla scacchiera e li aveva posati su quelli della ragazza.
«Bé sì! Voglio mostrargli per davvero Ekalad.»
«Bene … scacco matto!» aveva atterrato la torre con l’alfiere e Yue non aveva più mosse utili.
«Cosa? Ancora!»
Il ragazzo rise di gusto
«Oggi non sei abbastanza concentrata.» sostenne saccente.
«Magari si trattasse solo di oggi, vinci quasi sempre tu.» disse alquanto scocciata della  cosa.
L’aeronave in quel momento rallentò e incominciò le manovre di atterraggio.
«Siamo arrivati!» esclamò impetuosa Yue sporgendosi dalla piccola vetrata.
«Andiamo?» la invogliò a seguirlo. Si lasciava sempre coinvolgere dall’entusiasmo e dall’energia di quelle ragazza.
Scesero ai piani inferiori. Si recarono prima da Lara conviti di trovare Takehito e su  indicazioni del medico, andarono nella sua stanza.
Seref bussò delicatamente la porta per evitare di svegliarlo nel caso stesse riposando.
«E’ aperto!»
I due ragazzi aprirono la porta restando però sull’uscio.
«Siamo arrivati ad Ekalad. Ci chiedevamo se volessi fare un giro con noi.»
«Siamo disposti a farti da guide turistiche.» disse Yue sporgendosi da dietro Seref.
«Mi farebbe piacere.»
«Però devo trovare prima dei pezzi di ricambio per lo IF, non è un problema?»
«Nessun problema. Accetto la vostra proposta.» Takehito prese la felpa appoggiata sulla sedia e se la infilò mentre uscivano dalla stanza.
Nel frattempo l’aeronave era completamente ferma all’interno della parte bassa di Ekalad.
Mentre Takehito chiudeva la porta, Katsu superò il gruppetto in gran fretta.
«Ehi Katsu!»
«Che c’è Yue?» il giovane si voltò.
«Portiamo Takehito a fare un giro per Ekalad, vieni con noi?»
«Ehm … ora avrei da fare. Sarà per la prossima volta.» e molto frettolosamente se ne andò.
«Che gli prende? »     Takehito non l’aveva mai visto così agitato, era sempre stato molto calmo e controllato.
«Non preoccuparti! Quando viene qui fa sempre così. » lo rassicurò Seref.
«Perché?» osò domandare.
«Starà andando a informarsi se si terrà una certa cosa.» gli spiegò.
«Ovviamente chiedere di che si tratta è troppo, giusto?»
«No, ma sarà lui stesso a dirtelo. Immagino che se quella cosa si terrà, il suo entusiasmo sarà incontenibile. Come ogni volta del resto.»
«Va bene, mi arrendo! Pensiamo al giro turistico.»
I tre ragazzi uscirono dalla base della Phlayrh.
Si trovavano in un ampio spazio chiuso ben illuminato da numerosi fari, che emanavano una forte luce bianca.
Era pieno di aeronavi, aerei e altri mezzi volanti, di diverse dimensioni e tipologie.
La Phlayrh era tra le più grandi e spiccava tra le altre, per via della sua forma insolita.
Salita una lunga scalinata in metallo e preso un ascensore, sbucarono finalmente all’esterno.
La semplice vista di quel luogo lasciò senza fiato Takehito.
L’essere sospeso nel cielo dava una sensazione particolare.     
Numerose nuvole leggere la circondavano e l’attraversavano, nonostante ciò, era molto luminosa e piena di colori. Davanti a lui si presentava un miscuglio di edifici dalle forme, dimensioni e colori più disparati.
Ognuno aveva  il proprio stile, proveniente dalle diverse parti del globo.
Alcuni sembravano essere giunti da un lontano passato, altri decisamente più moderni, volti verso l’alto e dalle forme più stravaganti e improbabili.
In lontananza si potevano osservare delle cime, montagne sottili e appuntite, ricoperte da una leggera foschia che rendeva difficile scrutare oltre la sagoma.
Da lì probabilmente sgorgava qualche sorgente o fiume, che arrivava fino alla città e precipitava nel vuoto. Osservando meglio, l’acqua che cadeva veniva catturata e fatta scorrere sulle pareti della città volante per poi scomparire al suo interno.
«E’ fantastica! E’ davvero un’ isola sospesa nel cielo!»
«Che ti dicevo, Takehito!»
«Direi di iniziare dal mercato così mi metto alla ricerca di quello che mi serve.» propose Seref.
«Dico che va bene.» Yue e Seref si avviarono  «Takehito vieni?»
«Ehm … si arrivo!»
La mora lo interruppe dallo stato di stupore che lo aveva catturato.
Il mercato non era molto lontano. Imboccarono una stretta via secondaria e ne attraversarono altre tre per poi sbucare su una principale piena di gente e del loro vociare.
C’erano negozi di ogni tipo. Ne superarono alcuni che dovevano essere delle mercerie, più avanti vennero investiti dagli odori degli alimentari, che esponevano i loro prodotti al pubblico, invitandoli a gran voce di provare le loro specialità. Ancora ferramenta, librerie, vestiario, oggettistica, strumenti musicali, elettronica  e souvenir della città.
Sembrava non mancasse nulla.  
Takehito seguiva i due compagni, osservando tutto con meraviglia e curiosità. Per qualche attimo li perse di vista, preso dalla confusione e dalla curiosità, per poi ritrovarli.
Yue agitava la mano per farsi vedere. Erano entrati in un vicolo laterale, poco illuminato ma ordinato. In fondo si vedeva l’ingresso di una bottega, come indicava il cartello posto a fianco dell’ingresso, con una tenda rossa sulla porta d’ingrasso.
Entrarono nella bottega. Era un locale di medie dimensioni, ben illuminato dalle finestre posteriori e le pareti laterali, piene di pezzi meccanici, armi e componenti elettronici.
 Seref si avvicinò al bancone e si sporse vedendo un uomo di spalle curvo su se stesso che maneggiava degli attrezzi.
«Vecchio Isko?!»
L’uomo lentamente si voltò. Era un anziano dal volto simpatico e buono, con capelli e barba bianca e indossava vestiti sporchi e logori. Posò gli attrezzi e si aggiustò meglio gli occhiali, avvicinandosi al ragazzo.
«Oh, il giovane pilota! E’ molto tempo che non passi da queste parti.»
«Ciao vecchio Isko!»
«Oh, ma guarda! C’è anche la piccola Yue! Mi fa piacere rivedervi. Chi è l’altro giovane che è con voi?» domandò l’uomo strizzando gli occhi per vederlo meglio.
«Si è da poco unito a noi. Si chiama Takehito.» poi Seref si rivolse al ragazzo «lui è il vecchio Isko. E’ il proprietario della bottega e il mio rifornitore di fiducia.»
Takehito imbarazzato fece un inchino «Pi … piacere di conoscerla.»
Il vecchio scoppiò in una fragorosa risata.
«Puoi chiamarmi vecchio Isko come tutti. Allora cosa ti serve questa volta?»terminò rivolgendosi a Seref.
«La centralina elettronica e il pannello di controllo del mio teknight sono completamente distrutti, quindi dovrei sostituirli e poi mi serve quel tuo chip per il computer.»
«Mi domando quale battaglia tu abbia mai affrontato … vedo cosa ho.» il vecchio Isko scese delle scale dietro al bancone.
Si sentivano rumori di oggetti spostati, metallo che cadeva a terra o su altro metallo, mobili che si aprivano e chiudevano. I ragazzi rimasero ad aspettare in silenzio.
Takehito guardava tutti gli oggetti esposti.
Seref stava osservando qualcosa in particolare e Yue cercava di capire cosa stesse facendo l’uomo sbirciando, stando appoggiata al bancone con i gomiti e i piedi sollevati.
Isko ci mise una quindicina di minuti per tornare su.
«Ecco qui! Ho trovato tutto quello che cercavi.»
Seref si mise ad esaminare con attenzione ogni oggetto.
«Come sempre la migliore qualità. Quanto costa il tutto?»
«Vediamo … posso farti un po’ di sconto. Verrebbe ottocentomila ¬Carsh»
«Cosa? Ma è un prezzo altissimo! L’ultima volta che ho comprato queste cose costavano meno della metà.» appoggiò le mani sul bancone alzando leggermente la voce.
«Sì è vero ma questo risale a tanto tempo fa. Quanto puoi spendere?»
«Quattrocentomila … posso pagare a rate? O puoi farmi credito?»  provò a negoziare.
«Non posso e poi non puoi assicurarmi che tornerai a pagarmi.» il vecchio Isko stava per riprendere tutto e riportarlo nel magazzino sottostante.
«No aspetta! Non c’è davvero nessun altro modo in cui posso parti?»Seref lo fermò afferrandogli un braccio.
L’uomo ci rifletté su massaggiandosi la barba.
«Forse un modo c’è.» gli altri presenti fecero particolare attenzione «In alcuni meandri delle grotte, che si trovano sulle vette delle montagne, cresce una particolare piantina. Trovandosi solo qui ed essendo difficile recuperarla è estremamente rara e quindi molto costosa. Se riusciste a procurarmela non mi dovrete un soldo.»
Yue afferrò Seref per il polso e avvicinò il volto al suo.
«Accetta è un ottima opportunità.» gli disse a bassa voce la ragazza.
«Indubbiamente anche perché se dovessimo davvero sborsare quella cifra per la riparazione dello IF, avremo qualche difficoltà economica. Però mi domando se non sia troppo pericoloso.» fece senza farsi sentire dagli altri.
«Sicuramente lo sarà, ma rifletti. Non ci rimetteremo un soldo e potrebbe essere una buona opportunità per far fare allenamento a Takehito … e anche a te non farebbe male.» il suo interlocutore la guardò male «se sarà troppo pericoloso, ci penserò io e se sarà troppo anche per me cercheremo di trattare. Proviamoci!»
«E va bene!» i due si risollevarono.
«Vecchio Isko ti porteremo quella pianta.» annunciò Seref.
«Ti prendo un’immagine.» tornò poco dopo con un pezzo di carta con sopra un disegno accurato della piantina.
I tre ragazzi uscirono fermandosi davanti alla porta osservando il pezzo di carta.
«Certo che non è molto come indizio.» rifletté la ragazza.
«Siete decisi a prendere quella pianta?»chiese Takehito.
«Siamo decisi, vorrai dire.» il ragazzo non comprendeva il significato delle parole di Yue.
«Vieni anche tu!»tagliò corto Seref.
«Eh! Perché?» il ragazzo non aveva sentito tutto della conversazione che avevano tenuto i due ma da qualche parola che riuscì a sentire, aveva intuito che fosse pericoloso.
«Non fare quella faccia. Consideralo l’inizio del tuo allenamento.» l’ammonì Yue.
«Avete detto che sarà una cosa pericolosa.» protestò lui.
«Non ho intenzione di rischiare. Se sarà davvero pericoloso torneremo indietro.» chiarì l’altro.
«Puoi ritenerlo parte del giro turistico.» all’ultima frase di Yue, Takehito si rassegnò e si decise a seguirli.
Seref aveva con se uno zaino abbastanza grande che doveva servigli per trasportare i suoi acquisti ma date le circostanze, non sapendo quanto tempo avrebbero impiegato, fu riempito da acqua e cibo. Mentre Yue tornò all’aeronave a recuperare delle funi, torce e impermeabili.
Terminati i preparativi affidarono lo zaino a Takehito ignorando le sue proteste e si incamminarono verso i monti.
Attraversarono parte della città dando modo di vedere anche altro ma senza soffermarsi.
Giunsero ai piedi delle montagne.
Lungo il tragitto diversi cartelli indicavano i sentieri da percorrere. Altri spiegavano che il lato naturale di Ekalad fosse autentico e non si trattava di una ricostruzione dell’uomo.
Per questo motivo invitavano alla prudenza, in quanto fino a poco tempo prima era vietato lasciare i sentieri e ancora poche persone esploravano quei luoghi, così non erano molte le informazioni a riguardo.
Studiando quei cartelli scelsero di prendere il sentiero che portava più in alto possibile.
Procedevano a passo svelto, anche nei tratti di maggiore pendenza.
In testa al trio vi era Yue che procedeva senza problemi e verificava se vi erano le condizioni per andare avanti. Seguiva Seref che cercava di mantenere il passo della compagna e si preoccupava di controllare che non distanziassero l’ultimo del gruppo, che dopo un’oretta di marcia, dava i primi segni di cedimento.
Continuarono per ancora una buona ora di cammino, sempre con lo stesso ritmo fino a raggiungere la fine del sentiero.
Il sole occupava la posizione più alta del cielo e il calore si faceva soffocante.
Decisero di ripararsi all’ombra di una roccia.
Scelta che fu accolta più che volentieri da Takehito che gettò malamente lo zaino a terra, si appoggiò alla roccia per poi lasciarsi cadere boccheggiante. Non migliori erano le condizioni di Seref che si adagiò al suolo beneficiando del fresco dell’ombra.
L’unica che stava bene come se avesse fatto una piacevole passeggiata, era Yue.
Decisero di recuperare le energie mangiando qualcosa e bevendo l’acqua mantenuta fresca.
«Alla fine hai deciso di diventare un nostro pilota, eh Takehito?» Yue ruppe il silenzio che si era creato.
«Bé … ecco … io non so se posso considerarmi un pilota. E’ vero che Aruto ha costruito un teknight appositamente per me e che vi ho dato una mano però … penso che sia troppo poco.» preso alla sprovvista rispose con le prime parole che gli vennero in mente.
«Se sei convito è più che sufficiente.» il ragazzo non si aspettava una risposta del genere da parte di Seref.
«Sì infatti! E poi sei stato davvero molto bravo.» lo incoraggiò Yue.
«In realtà non so cosa mi spinge a voler lottare con voi. Forse perché non ho altro, però, ho la sensazione che non sia solo per questo.»
«Un po’ ti capisco. Vivo con la Phlayrh da quando Owen e gli altri hanno salvato me e mio fratello da una situazione difficile. E’ vero che all’epoca ero solo una bambina e che in pratica sono stata cresciuta da loro, però, la Phlayrh divenne la mia famiglia e il posto in cui stare. Per me è naturale prendere parte alle loro missioni e date le mie capacità, volli diventare un pilota.» Takehito ascoltò con attenzione la rivelazione della ragazza.
«In parte è così anche per me.» poi si rivolse a Seref  «Posso chiederti come mai ti sei unito alla Phlayrh.»
Seref abbassò il braccio allontanando il panino che sta per addentare. Parlare di quel periodo non gli piaceva ma se poteva aiutare Takehito l’avrebbe fatto.
«Sono il primogenito della famiglia imperiale e sono stato cresciuto per diventare il successore di mio padre. Ho sempre dovuto studiare molto duramente e primeggiare in tutto, non sono mai stato libero di frequentare persone che non fossero state considerate adatte per stare al mio fianco, non sapevo nemmeno cosa significasse ricevere affetto. Crescendo, per poter effettivamente essere un giorno imperatore, dovetti affiancare mio padre nelle sue attività. Burocrazia, riunioni, decisioni da prendere e così presi consapevolezza del lati più nascosti e oscuri che pochi conoscevano. Quello che non sopportavo era la crudeltà. Ad esempio, sai che c’è ancora chi non accetta l’impero e che vive nelle colonie perché rifiutano il contatto con quelli dell’impero. La realtà è che vivono in  uno stato di semi schiavitù e non per loro volontà. In più, chi nasce lì è condannato a rimanerci per sempre. » Takehito annuì ricordando quello che sentì riguardo la colonia in Africa. «All’inizio anch’io ignoravo ogni cosa ma dovetti fare i conti con la realtà. La violenza era un elemento necessario per mantenere l’ordine e il potere. Le colonie servono come esempio per eventuali oppositori ma soprattutto per produrre ricchezza. Ma quello che non tollerai, era l’uso dell’omicidio. Io e l’unico amico che avevo, il figlio di un consigliere, tentammo di cambiare qualcosa. Ci eravamo promessi che se non era possibile fare qualcosa da ragazzi, l’avremmo fatto quando sarei diventato imperatore. Si trattava solo di aspettare. Agli occhi di mio padre queste nostre idee erano pericolose. Così fece uccidere il mio amico, dicendomi chiaramente che mi aveva lasciato in vita solo per darmi un’altra opportunità, ma se avessi continuato, non gli sarebbe importato nulla che fossi il suo primogenito. Avrebbe fatto uccidere anche me. Sapevo dell’esistenza della Phlayrh e delle loro idee. Decisi che i cambiamenti che avevamo in mente io e il mio amico sarebbero avvenuti. E’ per questo che mi sono unito alla Phlayrh. Ero stanco di menzogne, ipocrisia e crudeltà. Per questo che non mi piace essere ricordato con il principe di quell’impero anche se ho conservato il mio nome. Per questo quando qualcuno me lo fa ricordare mi arrabbio.»
Takehito non sapeva davvero cosa pensare o dire. Ormai aveva capito che le cose non erano come si voleva far credere ma venire a conoscenza di nuovi particolari lo spaventava.
Seref tornò a mangiare il suo panino con un’area più serena. Quello a cui sembrava essere passato l’appetito era l’altro ragazzo.
Yue se ne accorse e stava per dire qualcosa ma Seref fu più veloce.
«Ora che sei un pilota oltre ad allenarti dovrai imparare anche altre cose.»
«Cosa?» parve destarsi della tristezza che lo aveva avvolto.
«La gerarchia che c’è nella Phlayrh, è un inizio.»
«E’ vero, nessuno te l’ha ancora spiegato e poi ti servirà sapere anche i nostri nomi in codice.» aggiunse Yue col suo solito fare energico.
Takehito aspettava che gli spiegassero per bene la faccenda.
«Ognuno di noi ha un ruolo ben preciso e chi combatte ha un grado, come nell’esercito, e un nome in codice.» spiegò la ragazza.
«Per quanto si ascolti l’opinione di tutti, chi ha il grado inferiore deve fare come gli viene detto da chi ha un grado superiore. Essenzialmente serve per non creare situazioni di caos o di pericolo. » aggiunse Seref.
«Davvero c’è una cosa del genere?» poi come un fulmine, un ricordo gli attraversò la mente  « Owen si presentò come il generale della Phlayrh.»
«Esatto. Partendo da lui che il generale, c’è Erin che è il tenente generale, Kyla colonnello, Kirabo maggiore, Lev capitano, Shu, Yue ed io siamo tenenti. Essendo appena arrivato dovresti essere un sottotenente.» Takehito fece uno sforzo per ricordare ogni parola di Seref.
«Per quanto riguarda i nomi in codice non è difficile. In pratica usiamo l’iniziale del nostro nome e gli associamo un numero che corrisponde all’ordine in cui siamo diventati piloti. In ordine Owen O1, Erin E2, Kyla K3, Kirabo K4, Lev L5, Shu S6, io Y7 e Seref S8. Usando lo stesso metodo tu dovresti essere T9. Capito?»
Seref aveva notato che non era del tutto chiaro.
«Per ricordarti meglio chi ha il grado più alto è diventato per prima un pilota. Potresti fare confusione con me e Shu ma basta ricordarti che io sono l’ultimo, anzi, penultimo arrivato. Ma non preoccuparti imparerai usandoli.»
«Vedrò di imparare tutto al più presto.» si affrettò a rispondere Takehito.
Mentre parlavano avevano finito di mangiare.
I due ragazzi continuavano a riposarsi mentre Yue perlustrò i dintorni per cercare la via migliore da percorrere.
Tornò indietro spiegando la situazione.
«Ritengo sia meglio continuare sul lato destro della montagna. E’ ricoperta ancora dal bosco e data l’ora saremo più freschi. Se non troviamo nessuna entrata per le grotte dovremmo salire ancora più in alto.»
Ripresero il cammino. Non c’era più un sentiero da seguire. Si lasciavano guidare da Yue che sembrava sapere come muoversi.
A un tratto si udì un urlo di Takehito. I due si voltarono ma lui non c’era più.
La ragazza si precipitò nella direzione opposta superando Seref. Osservò attentamente il terreno e notò un buco tra la vegetazione. Vi guardò all’internò e scrutò Takehito.
«Tutto bene?» gli urlò e anche Seref le si avvicinò.
«Ahi … Penso di sì.» affermò poco convito, massaggiandosi il fondoschiena.
«Hai trovato l’ingresso delle caverne, contento?» sembrò che Seref lo stesse prendendo in giro.
«Se ci lanci una corda ti raggiungiamo.»disse l’altra.
Il ragazzo le lanciò la corda che venne fissata saldamente nel terreno, dopo di che, la usarono per scendere e la lasciarono lì in modo da poter risalire.
«Andiamo!»
«Aspetta Yue! Voglio prima scannerizzare la zona, così non ci perderemo.» fece Seref prendendo dalla tasca dei pantaloni un piccolo pad olografico, che ricostruì l’interno della grotta e lo visualizzò in un ologramma.
Seref si portò in testa al terzetto affiancando la ragazza e armati di torce avanzarono.
Tracciavano il percorso man mano che il pad olografico avanzava con la scannerizzazione e forniva una mappa sempre più dettagliata.
Individuarono dei punti da raggiungere, dove probabilmente, vi dovevano essere delle fessure o aperture nella roccia, sperando che facessero passare la luce del sole. Pensarono che fossero i punti migliori, dato che stavano pur sempre cercando una pianta e per vivere doveva aver bisogno di luce.
«Ancora nulla. Non c’è l’ombra si un arbusto.» Yue cominciava a spazientirsi. Avevano cercato in tutti i punti in cui poteva arrivare della luce ma nulla. L’ultimo era in realtà un uscita che si apriva su uno strapiombo.
«Da qui non possiamo andare oltre.» annunciò Seref tornando indietro e sedendosi al fianco di Takehito che era a terra che riprendeva fiato.
Anche Yue guardò l’esterno della grotta. Si affacciava su uno strapiombo, una parete rocciosa dritta che proseguiva per diversi metri, prima di incontrare la boscaglia.
Guardò anche in altro e più avanti notò un’altra apertura nella roccia, che probabilmente conduceva ad un’altra grotta.
«Ho trovato la strada! C’è un’altra grotta e l’accesso è lungo la roccia.»
Quelle parole non piacquero ai due ragazzi.
«Vuoi arrampicarti sulla nuda roccia con il suolo che dista di parecchi metri?» Takehito sperava fosse uno scherzo.
«Sì!»
«Potrebbe essere pericoloso!» replicò Seref.
«No se prendiamo le dovute precauzioni.»
«E quali sarebbero?» dal tono ironico Seref sembrava decisamente contrario.
Takehito temeva la risposta che sarebbe giunta.
«Le corde! Io mi arrampico fin lì, fisso le corde e poi mi raggiungete.» lo disse come se fosse la cosa più facile di questo mondo.
«E se dovessi perdere la presa?»Takehito era terrorizzato al solo pensiero.
«Vedrò di non farlo accadere.»
«Anche se tornassi indietro lo faresti lo stesso» Seref sospirò rassegnato «facci riposare prima un po’.»
Takehito non disse nulla, voleva fidarsi di loro ma cominciava ad essere agitato.
Dopo alcuni minuti Yue si caricò lo zaino sulle spalle, più leggero ma ancora pesante e iniziò l’arrampicata.
Takehito si sentiva male al solo guardarla.
Allungava una mano, spostava un piede, testava la resistenza della pietra e si tirava su, poi l’altra mano e ancora l’altro piede. Mancavano pochi passi e finalmente la raggiunse. Fissò l’estremità della corda e fece segno che tutto era pronto.
Andò per prima Takehito. Si assicurò alle corde e dopo un bel respiro, iniziò la scalata. Imitò il più possibile i movimenti della mora e si impose di non guardare in basso.
Aveva già i muscoli delle gambe doloranti ma la paura di cadere glielo fece dimenticare e molto lentamente, con qualche piede in fallo che fece tremare gli altri, arrivò all’altra grotta. E in fine anche Seref un po’ maldestramente li raggiunse.
La grotta era particolarmente scura e come prima si affidarono al pad per orientarsi.
Era particolarmente complessa, piena di cunicoli, vicoli ciechi, addirittura si districavano piccoli torrenti e cascate.
Non mollavano ed erano decisi di esplorare fino a che potevano.
Improvvisamente una luce soffusa tra il viola e blu si faceva largo tra le tenebre.
La raggiunsero e lo spettacolo che si presentò ai loro occhi, li lasciò a bocca aperta.
Numerose pietre simile a cristalli, dalle forme tondeggianti a quelle di piramidi spigolose o parallelepipedi. Brillavano di luce propria, la stessa luce che avevano seguito.
«Guardate!» Takehito richiamò l’attenzione sul punto che stava indicando il suo indice.
C’erano delle piccole piantine e a prima vista erano come quelle del disegno.
Presero il pezzo di carta che avevano ricevuto e li confrontarono.
L’avevano trovata!
Si affrettarono a recuperarla e metterla al sicuro in un recipiente. Era davvero molto piccola, le foglie avevano una forma quasi perfettamente circolare, bianche con una leggera sfumatura di verde molto chiaro in alcuni punti.
«Quasi mi dispiace portala via da qui.»
«Forse Yue, ma con la fatica che abbiamo fatto e poi ci serve.» disse porgendola a Takehito.
Osservarono quella meraviglia ancora per qualche minuto e tornarono sui loro passi.
Grazie al pad olografico ritrovarono senza problemi la via del ritorno e furono anche più veloci. Arrivarono al sentiero nel tardo pomeriggio e le prime stelle cominciavano a vedersi. Per gli ultimi chilometri ebbero bisogno delle torce ma riuscirono a tornare senza difficoltà. Arrivarono in città che era sera, le strade caotiche e rumorose, divennero l’esatto opposto. Nonostante l’ora vollero provare a vedere se la bottega fosse ancora aperta.
Con somma gioia dei ragazzi le luci al suoi interno erano accese e vi entrarono.
Il vecchio Isko  stava dormendo sulla sedia dietro al bancone.
Yue gli si avvicinò piano e lo chiamò dolcemente.
«Isko, vecchio Isko.» l’uomo aprì gli occhi e ci mise qualche instante per capire cosa stesse accadendo.
«Siete voi? Ma è già mattino?»
«No, ma abbiamo con noi quello che ci avevi chiesto.» disse trionfante Seref.
Takehito prese la pianta e gliela mostrò.
Isko strabuzzò gli occhi credendo di stare sognando.
«L’avete trovata per davvero e in una sola giornata per giunta.» era incredulo.
«Allora ci siamo meritati i pezzi di ricambio?»
«Oh oh, prendeteli pure ve li ho lascianti in quell’angolo.» sembrava non importagli più di niente, esisteva solo la piantina.
I ragazzi presero i pezzi che avevano richiesto e salutarono.
Fecero ritorno alla base. Takehito non era mai stato così felice di trovarsi nella sua stanza, sul suo letto.
I piani per quella giornata erano stati stravolti e da un piacevole giro turistico si è ritrovato a scalare montagne ed esplorare grotte. Certo non poteva dire che non gli fosse piaciuto. Aveva avuto l’opportunità di vedere paesaggi spettacolari e cose che quasi nessuno potrà mai vedere. Le immagini che aveva impresso meglio nella mente e che lo colpirono maggiormente era la vista che si osservava dall’ingresso della seconda grotta. Da lì si notava benissimo che Ekalad fosse sospesa nel vuoto e da quella altezza faceva un certo effetto. E poi non poteva dimenticare i cristalli. Inoltre la compagnia di quei due non gli dispiaceva. Erano molto affiatati e la spontaneità di lei e il la schiettezza di lui lo facevano sentire a suo agio. Nonostante le difficoltà iniziali, ora si sentiva accettato anche da loro. Peccato per il dolore muscolare e la stanchezza, lo fecero addormentare senza che se ne accorgesse.

Nella sala da pranzo Seref era seduto al grande tavolo che giocherellava con delle pietruzze. Lo sguardo basso e mogio fisse sulle dita che si muovevano ritmiche.
«Seref che fai qui a quest’ora?»
«Yue! Mi sono svegliato e non riesco a riprendere sonno. Tu?»
La ragazza gli si sedette di fronte.   
«Sete.»rispose facendo un grande sbadiglio.
«Torna pure a dormire.»ma lei ignorò le sue parole.
«Che sono quelle?»
«Frammenti dei cristalli della grotta. Però una volta fuori a quanto pare perdono la loro luce.» erano diventate dei semplici minerali bianchi.
«E sei triste per questo?» Seref la guardò sbigottito per poi sorridere.
«Non sono triste. Mi domandavo solo se non siamo stati troppo avventati oggi.»
«Stai pensando ancora alla ramanzina di Owen? Non è mica la prima volta che facciamo qualcosa di pericoloso, eppure fino ad ora nessuno ci aveva mai detto nulla.»
«Però questa volta abbiamo portato Takehito con noi e di certo non è abituato a certe cose.»
«Ma c’eravamo noi! Siamo stati attenti che non gli accadesse nulla.»
«Sarà, ma la prossima volta valuterò meglio la situazione … comunque peccato per i cristalli erano davvero belli.» disse fiacco.
«Non è un problema grave. Tu hai sempre avuto due cristalli come quelli.» la guardava interdetto non capendo a cosa si riferisse.
«I tuoi occhi hanno lo stesso colore e la stessa luce dei cristalli  e poi … sanno valutare ogni situazione e io mi fido di loro.» aggiunse dolcemente.
Lo salutò andando via sbadigliando e stropicciandosi gli occhi per il sonno, lasciandolo solo.
“Sono i tuoi occhi a essere luminosi”rincuorato tornò nella sua stanza e dopo un po’ si addormentò.

 

Angolo dell'autrice:
Salve a tutti! Dopo tanto combattere non si riesce a trovare un pò di tranquillità.
Sono sempre molto contenta che state continuando a seguire questa storia ancora di più perché si tratta della prima.
Come la volta scorsa metto il link di un altro disegno, sempre per dare un pò l'idea di quello che ho in testa.
Ora è il turno della Jaculus.
link
questa volta si tratta del solo disegno fatto a matita la prossima volta( non so quando) lo farò al computer e nella versione "smontata" (senza il cargo sopra).
Grazia ancora e continuate a leggere e se vi va un commento è sempre gradito.
Alla prossima!


       



 





 

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Capitolo 12
*** Section 11 ***


Un piccolo avvertimento per questo cap. Se non volete neanche il più piccolo degli spoiler saltate e leggete direttamente (tanto mi ripeterò anche alla fine).Qui mi sono divertita a fantasticare con le automobili (mi piacciono tanto). Quello che ho scritto è più che fantascienza quindi non ci rimanga male nessuno appassionato di automobilismo, fisica e meccanica.  Comunque per quanto tranquillo sia il cap non sottovalutatelo che c'è qualcosa di importante.
Buona lettura!


Argest Age – section 11


«Scusate il ritardo!» il giovane meccanico entrò rapidamente nella sala da pranzo, usando un tono di voce altro per farsi sentire tra il chiacchiericcio.
Incrociò lo sguardo di disapprovazione di Owen. Sapeva che non sopportava che non si rispettassero gli orari ma questa volta lo ignorò.
«Vi siete già mangiati tutto?» notò la tavola quasi vuota, alquanto dispiaciuto.
«Chi tardi arriva male alloggia!» sentenziò Lev mentre afferrava un con la forchetta un cosciotto di pollo.
«Perfido!» si lamentò poi seguì l’indicazione del pollice di Lev.  
C’era suo padre che gli stava scoprendo un piato pieno di cibo e lo invitò a sedere accanto a lui.
Prese parte anche lui al pranzo quasi concluso e si unì alla conversazione.
L’argomento del giorno era il nuovo allenamento di Takehito.
Il ragazzo aveva accettato di diventare un pilota, tra mille avvertimenti e raccomandazioni. Orami era convinto di restare con la Phlayrh e cominciava ad accettare le sue idee. Riteneva di avere ancora moltissimo da imparare e una tra le tante, era pilotare al meglio il teknight che era stato costruito per lui, che in quei giorni Aruto stava ultimando.
Gestire i comandi non era un problema e il controllo complessivo del mezzo era abbastanza buono, quello che preoccupava era lo sforzo fisico e lo stress che ne conseguiva.  
Ciò che venne preso in considerazione, furono il suo primo combattimento e l’escursione tra le montagne e le grotte di pochi gironi prima, dopo la quale dovette dormire per un’intera giornata per riprendersi.
Era chiaro che non avesse una grande resistenza e questo poteva rilevarsi un problema. Così furono tutti d’accordo a preparare un piano di allenamento.
Yue si era proposta come personal trainer, ma venne dissuasa da Seref che temeva per l’incolumità del ragazzo. Lara si batté con determinazione affinché si procedesse con un programma graduale, altrimenti avrebbero avuto più effetti collaterali che un effettivo  miglioramento.
Gli altri cominciarono a proporre degli esercizi, dai più semplici a quelli più complessi e faticosi. Lev e Kirabo cominciarono a litigare. Il primo aveva proposto a Takehito di fare nuoto insieme a lui, ritenendolo uno sport adatto per migliorare la forma fisica in modo completo.  Il secondo, invece, riteneva che il basket era quello che faceva al caso del ragazzo. Sottolineò come anche Shu, decisamente il migliore in quanto forma fisica,  giocasse a basket. In più, sosteneva che lo avrebbe aiutato nel socializzare.
Si continuava a riflettere, con Kyla che ormai era intenta a calmare gli animi di Lev e Kirabo e Takehito sempre più preoccupato per la sua sorte.
«E se per questi giorni Takehito si allenasse con me? In fondo, il mio è un esercizio fisico non troppo intenso ma regolare.» Katsu fece la sua proposta mentre ancora mangiava.
«E della gara?» gli chiese il padre.
«Quella si terrà tra quattro giorni. Avrò bisogno di tempo per preparare l’auto ma dovrò fare lo stesso anche con il mio fisico» poi guardò Owen «sempre se posso partecipare …»
Katsu rimase in attesa della sua risposta.
Il solito sguardo imperturbabile di Owen non permetteva di capire quali fossero le sue intenzioni.
«Vedi di vincere e portarti a casa un bel gruzzoletto.» l’uomo brizzolato sospiro.
A quella risposta il ragazzo saltò letteralmente dalla gioia, ringraziandolo in ogni modo.
«Di che gara si tratta?» finalmente a Takehito parve aver avuto l’occasione di capire la motivazione del tanto entusiasmo di quei gironi  da parte dell’amico.
«E’ una gara automobilistica, per la precisione di FW.» mentre rispondeva gli brillavano gli occhi.
«Non sapevo facessero corse anche qui.»
«In realtà si tratta di corse clandestine, ovvio che non si sappia nulla, però questo è l’unico modo che ho per guidare in una gara. Capirai che non posso certo presentarmi a qualche gara ufficiale, si potrebbe facilmente capire che faccio parte della Phlayrh.» spiegò.
«Comunque mi sembra una buona idea e decisamente la migliore fino ad ora.» affermò Lara per poi lasciare la parola ad Owen.
«Se il medico dice che va bene, non ho nulla da obbiettare.»  
Takehito poté tirare un sospiro di sollievo, anche quella situazione si era risolta bene.
 
La mattina iniziò presto. Con una corsa di dieci kilometri, esercizi di crunch e per rafforzare muscoli del collo spalle e braccia.
Katsu consigliò al suo nuovo compagno di allenamento di non esagerare. Consiglio che fu in parte accolto da Takehito, che si era intestardito di voler fare lo stesso dell’amico, convito di potercela fare. Ben presto dovette ricredersi, dopo la corsa era già stremato ma riuscì ad eseguire tutti gli esercizi anche se in modo molto lento.
Il meccanico terminò prima, rimanendo ad aspettarlo, incoraggiandolo e aiutandolo con spiegazioni e correzioni, in modo da fargli eseguire lo sforzo fisico correttamente.
 «Colazione!» Katsu gli portò del latte con biscotti e cereali direttamente ai piani superiori dove si trovavano i campi da gioco.
«Grazie. Ti ho fatto perdere del tempo, scusa.» Takehito si riportò su dolorante.
«Nulla di irreparabile. Piuttosto ora inizia la parte migliore.»
«Ovvero?» Takehito sorseggiava il latte distrattamente.
«Bisogna controllare e mettere a punto la mia Raises Dust.Vedrai, è fantastica!»affermò orgoglioso.
«Sarebbe la tua auto di FW?»
«Esatto! Te ne intendi di FW?»
«Non molto. So solo che si usano delle auto particolari.» ammise quasi dispiacendosi per non potergli dare soddisfazione.
«In effetti è uno sport motoristico unico nel suo genere. Inizialmente doveva essere un’evoluzione della F1, si pensava di aumentare le prestazioni delle vetture e la velocità. Alla fine si sono creati una sorta di ibridi. Auto in grado di sollevarsi come gli aeroplani, anche se non possono volare per grandi distanze o staccarsi troppo dal suolo. Si decise di creare una nuova categoria, la Formula Wings ed ebbe un gran successo e divenne popolare quanto la F1.»
«Com’è guidarle?» quell’interessamento rese Katsu felice.
«Non è di certo facile. Raggiungono velocità di 500 km/h e devi cambiare assetto da quello terrestre a quello sospeso. Però la velocità che ti fa sentire libero, l’adrenalina che ti scorre nelle vene e la competizione che ti spinge ad arrivare primo … rendono tutto secondario. Ho solo voglia di correre.» gli occhi gli brillavano e il desiderio di gareggiare aumentava sempre più.
«Quasi non si direbbe che tu sia lo stesso Katsu che ho conosciuto.» il meccanico ridacchiò.
«Si tratta della cosa che più amo fare, credo sia normale. Probabilmente se non fossi nato qui, avrei avuto la possibilità di diventare un vero pilota di FW. Su! Non perdiamoci in chiacchiere. Vieni a vedere la mia Raises Dust.»
Katsu lo portò nella sala dei teknight e da quella sorta di magazzino dove si trovava di tutto, venne portata fuori la Raises Dust. Katsu la trasportava su di un mezzo predisposto per quel compito. Takehito la osservava meravigliato. Era molto lunga, sui cinque o sei metri, il muso ricordava una matita e dalla metà del corpo centrale, partivano delle ali piatte e sottili che terminavano piegate verso l’alto. Sulla parte piana delle ali erano posizionati due motori e la coda terminava con un alettone. Bianco con le estremità ricoperte di fiamme rosse.
«E’ inspirato al Thrust SSC, un vecchio veicolo terrestre che deteneva il record di velocità su terra. Monta due motori a reazione più un’unità di potenza ausiliaria e un telaio ben studiato per ridurre al minimo la resistenza all’aria.» spiegò fiero di mostrare la sua auto.
«Non pensavo fossero così grandi.»
«La loro grandezza devi ancora vederla!»
Trascorsero tutto il resto della giornata a testare l’auto. Nonostante il periodo prolungato di inutilizzo, sembrava essere tutto in regola.
I giorni restanti li impiegarono per studiare il circuito e testare l’auto in pista.

«Che tempo ho fatto?»domandò Katsu uscendo dal suo velivolo e togliendosi il casco.
«Un minuto, venti secondi e sette millesimi.» Takehito continuò a controllare il tempo segnato dal cronometro. Katsu si ritenne soddisfatto come prime libere.
Era il tempo medio per percorrere quel circuito.
Spalancò gli occhi quando Takehito gli fece notare il tempo del pilota sceso in pista immediatamente dopo. Un minuto e un secondo netti.
Era impressionato voleva vedere chi era alla guida. Forse si trattava di qualcuno famoso dell’ambiente o qualcuno che aveva già incontrato e  chiedersi se fosse il caso di preoccuparsi.
Ciò che vide lo paralizzò.
«Katsu che c’è? Ti preoccupa quel pilota?» non poté fare a meno di chiedere all’amico.
«Noll Haller? Quello è Noll Haller!» affermò con più convinzione.
«E chi sarebbe?» era chiaro che qualcosa gli sfuggiva.
«E’ uno dei campioni di FW. Non ci credo è proprio lui!» subito l’eccitazione svanì come se fosse deluso «che cosa fa qui? Perché partecipa ad una gara del genere?»
Corse nella sua direzione. Forse si era sbagliato, poteva trattarsi di uno chi gli somigliava o si era lasciato ingannare dai colori della tuta e del casco.
Quando i loro sguardi si incrociarono, il pilota indossò il casco e salì sulla propria auto e partì costringendo Katsu ad allontanarsi velocemente dai dietro i motori.
Terminarono le prove libere e tornarono alla base.
Dopo quell’episodio Katsu era diventato taciturno e pensieroso.
«Takehito, è successo qualcosa? Non l’ho mai visto così giù di morale, nemmeno quando arrivava ultimo.»gli si avvicinò Aruto parlandogli piano.
Erano entrambi nella sala dei teknight alle prese con l’ultima revisione prima delle qualifiche.
«E’ così da quando ha incontrato un pilota di FW famoso, mi pare si chiamasse Haller.» spiegò.
«Katsu! Incontri il tuo pilota preferito è torni con quella faccia?»
«Quello non era Haller, mi sarò sbagliato per forza.» disse Katsu con voce fredda continuando la revisione.
«Perché dici così? Non è certo cosa da tutti i giorni incontrarlo.» continuò il padre.
«Ti ho detto che non era lui. Non potrebbe essere altrimenti in una gara clandestina.» alzò la voce e lanciò sul pavimento la chiave inglese che maneggiava e andò via.
Takehito non disse nulla, quasi spiazzato da quel comportamento mentre Aruto sospirò scuotendo la testa.
«Aruto sai perché fa così?»
«Si trattava davvero di Haller?»
«Io non posso saperlo con certezza ma Katsu sembrava convinto.»
«Devi sapere che a Katsu questo tipo di corsa non piace particolarmente. Non sono come le altre. I piloti il più delle volte sono sleali. E’ ammesso qualunque tipo di modifica sulle vetture, non c’è nessun regolamento specifico e di certo non si può fare affidamento nemmeno sul buon senso. Probabilmente, l’idea che uno dei piloti che preferisce, prenda parte ad una gara del genere, non gli piaccia per nulla. Probabilmente va contro l’idea che ha di Haller.»
Prese la chiave inglese e la ripose al suo posto. Si fece aiutare da Takehito per terminare la revisione e poi salirono nelle stanze.
«Tenterò di calmarlo prima di domani. Non voglio che per pensare ad altro, rischi di fare un incidente. Quindi dormi tranquillo, Takehito.» i due si salutarono prima di entrare nelle rispettive camere.
Come aveva detto Aruto passò prima per quella del figlio.
Lo trovò disteso sul letto a pancia in giù.
«Katsu.» non rispose né si mosse.
Aruto si sedette sul letto accanto a lui e lo chiamò ancora. Continuava a non avere risposta.
«Katsu, lo so che sei sveglio. Non ti addormenti mai a pancia sotto.»
Il ragazzo mugolò qualcosa di incomprensibile, senza cambiare la sua posizione.
«Non dovresti prendertela se Haller partecipa ad una gara clandestina.»
Katsu decise di voltarsi.
«Sai cosa ne penso di queste gare.» disse mettendosi seduto osservandosi le ginocchia.
«Però nonostante tutto le fai»
«E che guidare in una gara mi piace troppo. Solo per questo cerco di sopportare qualunque condizione.»
«Non potrebbe essere lo stesso anche per Haller?»
Katsu lo guardò perplesso.
«Non ti piacerà ma molti considerano queste gare più interessanti e complesse. Forse vuole cimentarsi in nuove sfide o avrà bisogno di nuovi stimoli.»
«Ciò non toglie che sono legate alla malavita.»
«Ti consideri forse un delinquente?»
«No!»   
«Come la tua voglia di correre è irrefrenabile, tanto da farti superare il ribrezzo per tali gare, anche la sua sarà così.»
Katsu rimase in silenzio poi disse lamentandosi «Però in FW non ci sono i piloti che tentano di farti fuori in ogni modo.»
Aruto gli scompigliò i capelli e lo avvicinò a se.
«Tu hai voglia di provare una gara più sportiva e lui vorrà provare a guidare con dei pazzi scatenati. Non accusarlo subito, cerca di capire le sue motivazioni.» Katsu annuì.
«Katsu ora non pensarci più di tanto e concentrati sulla guida. L’hai detto stesso tu che quelli tenteranno di farti fuori mentre tu guidi lealmente.»
«Messaggio ricevuto! Non ci penserò più di tanto.»
«E bravo il mio ragazzo!» ancora una volta Aruto gli scombinò i capelli e lo lasciò dormire.

Il girono dopo si svolsero le qualifiche.
Ogni pilota scese in pista per effettuare il proprio giro che avrebbe stabilito la posizione sulla griglia di partenza.
Ogni auto era diversa dalle altre. I motori erano più o meno gli stessi, dato che  la scelta possibile era tra due tipi. O un unico motore posteriore o due laterali come quello di Katsu.  A cambiare erano le forme, ognuno adattava l’assetto aerodinamico a seconda delle esigenze.
Quando terminarono, fu esposta la classifica.
Katsu si trovava al primo posto, affiancato proprio da Haller.
Prima della gara vera e propria, furono date alcune ore per riposarsi e apportare eventuali modifiche alla vettura o alla strategia.
Nel corridoio che portava ad un’area ristoro, Katsu, Takehito e Aruto si imbatterono in Haller, accerchiato da tre piloti e con le spalle al muro.
«Ti faremo imparare qual è il tuo posto. Non sei mica nei campionati di FW … qui si fa sul serio» gli intimò il pilota che gli era di fronte, poi estrasse un coltello dalla tasca e lo trascinò sul casco di Haller provocando un taglio profondo «e questa sarà la fine che farà la tua auto e se non ti dai una calmata e sarà anche quella della tua testa.»
Quello che era al suo fianco destro gli diede una gomitata nello stomaco che lo costringe a piegarsi.
Katsu capito ciò che stava accadendo, corse in suo soccorso.
«Ehi! Che vi prende? Se non sbaglio qui le questioni si risolvono in pista, no?»
I tre aggressori non parvero felici dell’interruzione.
«E’ quello che faremo. Gli spiegavamo appunto come funziona qui. Non pensarlo Katsu, è solo un bastardo arrogante.»  i tre piloti andarono via.
Aruto nel frattempo si era avvicinato ad Haller che si era ripreso dal colpo.  
Lo portarono nell’area ristoro, lo fecero sedere e gli offrirono dell’acqua.
«Stai bene ora?» gli domandò Aruto.
«Sì grazie.»
«Cosa hai fatto per innervosirli a quel modo?» continuò.
«Non saprei. Forse perché sono famoso, per questo ho evitato contatti con chiunque.»
«Cosa fai qui?» Katsu era davanti ad Haller e lo guardava fisso. Non rispose nulla, poi continuò «Cosa fa un campione come te in un posto simile?»
«Non mi sembri come quegl’altri ragazzo. Se non sbaglio sei quello che partirà per primo.»
«Per favore, rispondi alla mia domanda.» si era avvicinato ancora più.
«Perché dovrei dirtelo?» si era alzato.  Lo sovrastava in altezza e lo guardava serio.
«La prego glielo dica! Almeno qualcosa come ringraziamento per averla aiutata.» si intromise Takehito.
«Siete insistenti. D’accordo! Ma non voglio che certe cose si sappiano ingiro.»sembrava teso e i presenti rimasero in ascolto.
«Il motivo per il quale mi trovo qui è molto semplice … ho bisogno di soldi. Sono indebitato fino al collo, in più per me questa è una pessima stagione. Ho sempre meno sponsor e il team mi minaccia di cacciarvi via. Se riuscissi a vincere dei soldi qui potrei risolvere almeno una parte dei problemi.»  
«Mi spiace sia per un motivo simile.» disse amareggiato Aruto.
Takehito quasi si pentì di aver insistito, temeva la reazione dell’amico.
«Ti aiuterò ad arrivare primo e se non sarà possibile, dato che ti hanno puntato, farò di tutto per vincere. Ti darò i soldi della gara.» lo osservavano tutti sorpresi.
«Faresti questo per me?»
«Sì! Sei tra i piloti che preferisco e che ho sempre seguito. Avrei desiderato incontrarti in altre circostanze ma se posso aiutarti, voglio farlo.»
Haller si rilassò e accettò l’aiuto del ragazzo.


Tutto era pronto per la partenza e i piloti non aspettavano altro che i semafori diventassero verdi. In tutto erano undici partecipanti e la gara non durava molto, solo di una trentina di giri. Questi erano molto lunghi e coprivano buona parte di Ekalad, tra percorsi cittadini, strade asfaltate e sterrate, ma la velocità delle auto di FW riuscivano a completarli in tempi molto brevi.
Ed ecco che un gran rumore affianca la partenza dei veicoli.  Delle fiammate si generarono dai motori e i veicoli partirono, acquistarono velocità nel rettilineo e quando diventò sufficiente si sollevarono dall’asfalto.
La prima fila si allontanò subito dopo la prima curva.
Haller si trovò a pensare che la guida del ragazzo che gli aveva promesso di aiutarlo, era decisamente sopra la media.
Il poco vantaggio guadagnato venne perso nei rettilinei successivi.  Era normale, dato che  usavano dei motori decisamente più potenti di quelli consenti nelle gare ufficiali, considerati più pericolosi. Anche Katsu montava sulla propria auto un motore dalle prestazioni superiori a quelle che erano previste dalla normativa, ma non potente quanto quello degli avversari. Si affidava principalmente alle sua abilità e all’aerodinamica.
Ma questa non era l’unica differenza. Il gesto del pilota, che col coltello aveva danneggiato il casco di Haller, non era casuale. Ciò che rendeva davvero pericolose queste gare, erano tra i più svariati marchingegni installati sulle vetture, che avevano il compito di danneggiare o distruggere quelle avversarie.
E’ qualcosa che Katsu aveva imparato molto bene e le sue strategie si basavo sull’evitare tali circostanze. Aveva sviluppato una particolare tecnica di guida che gli consentiva di uscire indenne dagli attacchi che subiva.
Dopo il primo giro si erano formati due gruppi. Uno nelle retrovie composto da quattro vetture e uno avanti formato dalle restanti.
Rimaneva in testa Katsu seguito subito da Haller. Dietro di loro due delle vetture appartenevano ai tipi che avevano aggredito Haller il terzo era in fondo al gruppo.
Il primo e il secondo giro non portarono nessuna variazione, in quello successivo un errore da parte di Haller permise agli inseguitori di raggiungerlo.
Katsu se ne accorse e rallentò per non allontanarsi troppo.
Conosceva bene l’auto dietro di Haller. Si trattava della Spiked Bison e si era preparata all’attacco.  
Frenò energicamente per perdere velocità, permise ad Haller di superarlo e affiancò la Spiked Bison urtandola di lato. Non rappresentava un grosso problema fino a quando non si trova dietro alla propria auto. Infatti la caratteristica di quell’auto era che, quando riusciva a prendere la scia, invece di superare spostandosi lateralmente, sovrastava l’auto da superare e la schiacciava facendo comparire delle ruote chiodate. Nei migliori dei casi si riportano solo dei danni più o meno gravi che determinano la fine della gare, nei peggiori si rischiava di provocare un incidente o che insieme all’auto venisse schiacciato anche il pilota.
Katsu faceva di tutto per non trovarsi davanti. Si trovava all’interno e veniva spinto nel muro. Poi arrivarono una serie di due curve che sfruttò per liberarsi da quella morsa. Sulla prima c’era ancora il muro e vi si ancorò usando le ruote. Andava più lento rispetto a prima ma era quello che voleva. La Spiked si era allargata e stava per imboccare la seconda curva, quando stava per fare la stessa cosa Katsu che urtò la parte finale dell’altra vettura. Non avendo aderenza questa andò in testa cosa e finì fuori pista schiantandosi contro un muro di roccia, mentre Katsu poté proseguire e aspettò il rettilineo successivo per ritornare all’altro assetto e raggiungere Haller.
Fino al decimo giro la situazione non mutò, poi un incidente nelle retrovie complicò le cose. Tre vetture coinvolte erano rimaste in pista e una aveva preso fuoco.
Questo permise di annullare la distanza tra i veicoli del gruppo di testa. Una non riuscì ad evitare una delle auto incidentate e la colpì in pieno coinvolgendo anche le altre due l suo fianco. Ne approfittò l’ultima del gruppo che riuscì ad accostare la Raises Dust.
Anche quella era carta conosciuta per Katsu. Si trattava sempre di uno degli aggressori,per la precisione quello che aveva usato il coltello. Aveva preso parte a molte gare con lui, un pilota abile e astuto.
La sua auto, la Shaver, possedeva sulle ali lame affilate come rasoi.
Katsu venne stretto sulla sinistra e per non essere colpito si sollevò su un solo fianco in posizione verticale e gli andò dietro e poi sulla destra.
Ma gli attacchi non erano finiti. Virò rapidamente a destra, tagliando la strada. Con grande prontezza di riflessi, si risollevò sul fianco ma questa volta gli passò sopra per poi ritornare in corsia.
Per tutto il resto della gara non ci furono sostanziali cambiamenti.
 Nel rettilineo che seguì iniziò l’ultimo giro. Lo scontrò durò a lungo ogni curva rappresentava un’occasione. Nell’ultima curva accadde qualcosa di imprevisto.
Lo strinse ancora al bordo della corsia, così Katsu cambiò assetto usando le ruote per mettersi in scia e superarlo. Mentre effettuava il sorpasso Haller cambiò assetto e usò le ruote. Il questo modo la Shaver si trovo senza vie d’uscita. Avanti Haller, sulla destra Katsu e sulla sinistra lo sterrato. La riduzione improvvisa della velocità costrinse l’uso delle ruote anche da parte della Shaver ma nonostante ciò, andava ancora troppo veloce e non riuscì a mantenere la traiettoria in curva con il risultato di un pericoloso fuoripista.
Si vedeva la bandiera a scacchi e la linea del traguardo venne superata per prima da Katsu seguito da Haller e un’altra vettura che era riuscita a continuare nonostante l’incidente.
La gara era conclusa.

«Però! Si fanno parecchi soldi.» commentò Haller contandone un po’ di quelli che aveva avuto dalla vincita di Katsu.
«Se non fosse così non ci sarebbe tanto interesse. Spero che questi possano bastarti per sanare i debiti.» disse Katsu.
«Erin non ne sarà molto felice quando saprà a quale cifra hai rinunciato.» suppose Aruto preparandosi alla reazione della donna.
«Capirà.»
«Sicuramente, ma nemmeno noi viaggiamo in buone acque.» l’uomo sospirò.
«Mi spiace crearvi tali problemi … non è molto ma per sdebitarmi posso darvi l’indirizzo di un mio amico che ha un negozio di forniture per ogni mezzo meccanico anche le FW. Così puoi rimettere in sesto la tua auto e potresti anche fare anche scora di carburante. Se dici che ti mando io vedrai che non ti farà pagare nulla.» prese un foglietto e una piccola matita dove scrisse lì indirizzo e glielo diede.
«Ha carburanti anche per aeronavi?» forse Aruto aveva trovato il modo per non far arrabbiare troppo Erin.
«Sì, nel suo negozio ha di tutto. E’ giunto il momento di andare, vi ringrazio ancora e arrivederci.» così dicendo andò via.
«Non è andata male. Hai vinto la gara, sei riuscito ad aiutare Haller e mi hai fatto venire voglia di provare una FW.» quelle ultime parole fecero la felicità di Katsu ma si contenne.
«Prima però, dovrai allenarti e diventare un buon pilota di teknight, dopo di che potrei passare a ad una FW.»
«Ci vorrà una vita così!»
«Solo a queste condizioni, Takehito.»
«Uffa!» sbuffò scocciato.
Katsu e Aruto scoppiarono in una risata e si avviarono per fare ritorno alla loro base.
All’uscita dell’edificio trovarono il pilota della Shaver appoggiato al muro a braccia incrociate.
«Sei troppo ingenuo, Katsu. Quello è solo un bastardo arrogante. Spera di non incontralo mai più.»  e andò via nella direzione opposta alla loro.
Non capirono il senso di quelle parole.
Forse era per via della gara. Non aveva fatto molto per ottenere la seconda posizione, se non fosse stato per Katsu non saprebbe durato un giro. Oppure non approvava il fatto che avesse ceduto tutti soldi della vincita ad uno che non la meritava o più semplicemente, non gli piacevano i tipi come lui.
Decisero di non pensarci troppo.
Come Aruto aveva previsto, l’episodio dei soldi non piacque molto a Erin. Lo stesso non si poteva dire della prospettiva di una fornitura di carburante per la nave gratis.
“Meglio di niente.” fu il commento Erin che si mise subito a confrontare la posizione del negozio e la loro traiettoria. Per sua fortuna non dovevano fare alcuna deviazione.
Owen non era molto convinto. Era pur vero che dei soldi in più avrebbero fatto comodo ma c’erano pur sempre quelli che avevano risparmiato con le riparazioni dello IF. Inutile insistere. La  moglie non volle sentire ragioni.
Il giorno successivo partirono.


Angolo dell'autrice:
Per chi non avesse letto sopra mi scuso con gli appassionati di F1 e auto in genere non so come possa essere sembrato quello che ho scritto. Ritengo sia più che fantascienza, quindi appassionati di auto fisica e meccanica non prendetela troppo male.
Ora fine con i cap tranquilli (non è da sottovalutare che c'è qualcosa di importante) poi si passerà ad un pò di azione.
Spero via sia piaciuto ma soprattutospero vi piacciano i prossimi che si entra più nel vivo della storia e si va verso la fine ( più o meno).
Alla prossima  e grazie ;)

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Capitolo 13
*** Section 12 ***


ARGEST AGE – SECTION 12

«T9 non affidarti solo a quello che viene rilevato dal teknight. Osserva attentamente con i tuoi occhi.»
«S … sì.»
«Non essere agitato. Una distrazione può costare la vita in battaglia.»
«Sì K ... eh …»
«K4!»
Takehito era nel suo teknight da poco completato, l’AU-0. Era stato costruito sulla base di uno dei TH imperiali che avevano. In questo modo Takehito poteva contare sule proprie conoscenze senza dover adattarsi a nuovi comandi e metodi di pilotaggio. Avevano apportato solo alcune modifiche per renderlo più agile e veloce, inoltre divenne molto più resistente di quei modelli prodotti in serie.
Anche l’aspetto era simile, facevano eccezioni alcuni accessori e il colore vermiglio con qualche striscia verde.
Seduto con le mani che impugnavano saldamente le leve di comando e i piedi pronti a scattare sui pedali, Takehito era teso e concentrato ad osservare con attenzione ciò che veniva riportato sullo schermo. All’interno veniva riprodotto perfettamente l’ambiente esterno come se non ci fosse alcuna divisione.
Ecco che sullo schermo apparve un teknight nero. Era ad una distanza di all’incirca duecento metri e andava dritto verso di lui a grande velocità. Servirono pochi secondi per raggiungerlo ed attaccarlo.
Lo colpì ripetutamente con una lama che invece di fendere il metallo lasciava delle scie colorate. Takehito si difendeva come poteva. Riusciva a parare solo alcuni colpi e quando tentava di attaccare veniva sempre anticipato.
Takehito non avendo altre possibilità provò ad allontanarsi. L’altro lo fece fare, lasciando agire il teknight bianco più distante che sparò.
Il colpo si infranse lasciando una macchia di colore nel punto in cui si trovava la cabina del pilota .
L’AU-0 sparò anch’esso dei colpi nella direzione del nuovo avversario. Il primo andò a vuoto, il secondo e il terzo vennero schivati e solo uno riuscì a centrare una piccola sezione del piede.
«T9 alle spalle!» Kirabo si frappose fra l’AU-0 e il teknight bianco.
Takehito si accorse dell’avvicinarsi repentino di un altro teknight. Come prima reazione si spostò rapidamente, sopportando a malapena la forte e improvvisa accelerazione. In questo modo il teknight colpì quello di Kirabo.
«Ehi, Takehito che cavolo combini? In un vero combattimento mi avresti fatto rischiare grosso!» il pilota del RAD 1 era alquanto spazientito.
Takehito si stava sottoponendo ad una sessione di addestramento ma si stava rilevando più difficile del previsto.  Non aveva difficoltà a manovrare il teknight ma non riusciva a essere veloce quanto i suoi compagni né a prendere decisioni velocemente.
«Scusami.»
«In battaglia le scuse non servono. Se sbagli puoi considerarti per la maggior parte dei casi morto,  o dire addio ad un compagno. E poi ti avevo detto che ti dovevi difendere senza scappare» sospirò « eppure la prima volta che hai combattuto non sei stato affatto male.»
«Sarà stato tutto merito della tensione o della paura.» sostenne Yue allargando le braccia all’esterno.
«Qualunque cosa sia stato non importa. Quello che conta ora e che impari a combattere.» Lev si era avvicinato al gruppo.
«Per cominciare forse è meglio seguire schemi precisi, così memorizzerà movimenti e tattiche.» suggerì Shu.
«Probabilmente hai ragione. Riavviciniamoci alla Phlayrh e ricominciamo.» Kirabo si portò avanti agli altri e fece da guida fino a quando non raggiunsero la loro base e la superarono di pochi chilometri.
Continuarono per altre due ore, fino a quando non ritennero che il nuovo pilota avesse raggiunto gli obiettivi per quel giorno e rientrarono.
Raggiunsero il luogo indicato da Haller, il pilota di FW. Impiegarono alcuni giorni, inoltre la zona non era del tutto sicura e più di una volta dovettero nascondersi per non farsi trovare dall’impero. Interrompendo spesso l’allenamento di Takehito durante quei giorni.
Nonostante ciò, il viaggio non fu particolarmente pericoloso o stancante. Erano tutti pronti ad agire ma per fortuna non c’è ne fu bisogno.
Sorvolarono quella che doveva essere la città che era stata indicata.
«Erin sicura che si tratti di quel paesino?» Owen era alquanto perplesso. Si trovava insieme alla moglie nella sala comandi.
«Le indicazioni che abbiamo seguito dicono di si.»
«Ha l’aria di una città povera, non credo troveremo nulla di particolare.»
«Spero di no. Avere del carburante gratis ci farebbe proprio comodo.»
«Indubbiamente. Proviamo ma se non troviamo quello che ci serve, andiamo subito via.»
«Sì va bene, nemmeno a me piace molto questo posto. Avviso gli altri» avviò la comunicazione interna «siamo arrivati alla nostra destinazione. Io e Owen scenderemo per acquistare il carburante se qualcuno vuole unirsi può farlo ma resteremo solo il tempo necessario. Ulteriori ritardi non saranno ammessi.»
Atterrarono un po’ più distante dal centro abitato.
Insieme a Owen ed Erin si unirono Katsu, Kyla e Yue. Il giovane meccanico ritenne opportuno dare una mano mentre le due ragazze volevano solo fare qualcosa di diverso.
Presero un’auto con dietro un rimorchio abbastanza grande.
Non c’era alcuna strada che conduceva in quella città, solo polvere e terreno.  
Per quanto sembrava avessero fretta di sbrigare al più presto la faccenda, Erin,che era alla guida, procedeva ad agio stando attenta ad evitare le fosse e i gli eccessivi dislivelli. Entrando nella piccola città, la trovarono completamente deserta.
«Ma che razza di posto è questo? Non c’è nessuno.»
«Hai ragione Yue è alquanto strano.» Erin cominciava a temere che sarebbe stato un buco nell’acqua.
«Forse perché questa è la periferia?» azzardò a ipotizzare Kyla.
«Comincio a dubitarne anch’io.» disse scoraggiato Katsu.
Svoltarono in una via più grande e si avvicinarono al centro della città. Erin però frenò di botto, incredula allo scenario che si trovò di fronte.  Gli altri rimasero sconcertati almeno quanto la donna.
«Non è possibile …» disse Kyla in un filo di voce.
«Owen torniamo indietro …» Katsu era sbiancato improvvisamente ed era completamente paralizzato dalla paura.
Per tutta risposta il generale scese dall’auto per andare a controllare la situazione da vicino.
«Erin resta con i ragazzi.» furono le parole dell’uomo prima di chiudere la portiera.
Yue lo raggiunse e procedeva al suo fianco.
Quello che si presentava ai loro occhi era una visione raccapricciante.
Diverse persone erano riverse a terra, morte probabilmente da alcuni giorni. Uccelli spazzini si cibavano delle loro carni in putrefazione e l’odore nauseabondo era così pungente da far venire il vomito.
Entrarono in alcune abitazioni e locali. In alcune non trovarono nulla, se non disordine e macerie, in altri cadaveri.
Tornarono sulla via dove avevano lasciato l’auto.
«Cosa sarà successo? Pare che non ci siano altro che morti. Forse una qualche calamità naturale?» Owen non sapeva trovare una risposta a tale tragedia ma voleva vederci chiaro.
Si sentì tirare il braccio.
«O … Owen, guarda lì.» la ragazza al suoi fianco indicava con la mano un cadavere che all’apparenza non aveva nulla di diverso rispetto agli altri.
«Cosa c’è che ti spaventa?»
«Il … pugnale.» la mano ancora tesa prese a tremare.
Owen notò l’arma conficcata nella gola di quel poveretto e gli si avvicinò per capire cosa avesse di strano. Non dovette fare più di qualche passo per poi arrestare e rimanerne sorpreso. Riconobbe quella forma estremamente elegante e letale allo stesso tempo. Il particolare disegno inciso nel metallo.
«Non può essere completamente opera degli Xuebao.»
«Si invece che sarebbero in grado di farlo. Owen torniamo dagli altri e andiamo via.»
«Sì torniamo e di corsa.» Owen le afferrò saldamene la mano.
«Katsu guida tu dobbiamo andarcene al più presto da questo posto!» urlò l’uomo prima di salire in auto.
«Che succede papà?»
«Quasi sicuramente a fare tutto ciò siano stai gli Xuebao.»
«Eliminare una città intera. Possono spingersi a tanto?» Kyla era terrorizzata al solo pensiero.
Katsu senza aspettare altro mise in moto diretto alla base alla velocità massima che poteva raggiungere.
«Non si fanno certo scrupoli ma non capisco perché una città intera. A che scopo?» Yue si era calmata dall’istintiva paura che l’aveva colta e stava provando ad analizzare la situazione più razionalmente.  
“Quello è solo un bastardo arrogante” le parole del pilota di FW che lo avevano messo in guardi inaspettatamente presero un significato diverso. Che l’idea di avere di fronte uno dei campioni di FW lo avesse reco imprudente e ceco?
«Potrebbe trattarsi di una trappola?» Katsu diede voce a quel pensiero.
«A cosa stai pensando, Katsu?» gli chiese Erin al suo fianco.
«Che possano aver usato Haller per ingannarci e farci arrivare qui. Però,il perché uccidere gli abitanti di un’intera città?» l’idea stessa lo faceva star male.
«Per preparare il campo e agire indisturbati … Katsu occhi aperti che sono qui intorno.» purtroppo Yue riteneva che l’intuizione del ragazzo fosse corretta e aveva potuto notare la loro presenza.
Non dovettero aspettare molto prima che avvenne un’esplosione evitata per poco.
«Non fermanti, Katsu!» il giovane fece ricorso a tutto il suo coraggio.


 
«Certo è che proprio una landa desolata.»
«Eh sì!» Seref posò la pistola che aveva in mano e si avvicinò alla grande vetrata.
Era all’ultimo piano con Lev. Quel giorno avevano il compito di controllare e fare manutenzione alle armi che erano a bordo.
«Pensavo che per Takehito ci voglia un allenamento più intensivo. Per come è fatto, se ci sarà da combattere non credo che se ne starà buono nemmeno se si trattasse di ordini.» Lev aveva appena posato un fucile e passato alla pistola successiva.
«Nemmeno io me la cavavo bene all’inizio.»
«Però avevi talento e imparavi in fretta. Sembra che quello che sappia, fare l’abbia appreso col tempo e l’esperienza.»
«Ha volontà ed è quello che conta. Il talento da solo non basta.»
Tutto a un tratto  fu azionato l’allarme.
I due scattarono in piedi domandandosi cosa stesse succedendo. Presero ognuno una pistola e si diressero ai piani inferiori per raggiungere gli altri.
Procedevano svelti per le scale uno dietro l’altro, quando l’urlo di Seref fece girare il compagno. Teneva premute le mani al fianco e accasciandosi al suolo scivolò ai piedi di Lev dolorante. Era stato accoltellato alle spalle da un uomo che tentò di colpire anche Lev. Riuscì ad avvicinarsi ma il corpo di Seref creò qualche impedimento, dando la possibilità a Lev di sparare all’uomo che cadde a terra senza vita.
«Ehi Seref!» lo sollevò da terra ma il ragazzo riusciva solo a fare piccoli versi.
“Quanto sangue.”
Senza preoccuparsi di altro, lo prese in braccio e lo portò da Lara.


Nella stanza di Kirabo si discuteva dei prossimi allenamenti che il nuovo pilota doveva affrontare.
«I movimenti sono rapidi e precisi e sei diventato più pratico con l’end eer ma devi sempre sapere cosa ti accade attorno. Non solo la posizione e la situazione dei tuoi nemici ma anche quella dei compagni. Per questo potremmo fare alcuni esercitazioni in coppia e poi in gruppo. Che dici Shu?» Kirabo fece un riepilogo delle capacità del ragazzo cercando il consenso dell’altro.
«Si può provare qualche attacco combinato.»
«Per il corpo a corpo non posso provare prima con qualcun altro prima che con Shu o Yue? Non riesco a seguire i loro movimenti, sono troppo rapidi.» Takehito sperava potessero accettare la sua proposta ma non sembravano ben accetti
«Non avrebbe senso. Non devi preoccuparti, si tratta di allenamenti se sbagli non succede nulla. Riproverai fino a quando non ci riesci.»
«Ha ragione Kirabo.»
Takehito sospirò rassegnato. Era tutto più difficile di quanto credesse.
L’allarme, improvviso, mise tutti in guardia.
«Che succede?» cercò spiegazioni Takehito.
Il colore della spia luminosa della stanza indicava che l’allarme era stato lanciato dalla sala dei teknight. Non poteva che trattarsi di Aruto.
«Che stiano attaccando?» Shu sembrava calmo.
«Può essere. Andiamo da Aruto.» così dicendo Kirabo, seguito dai gli altri due, uscì dalla stanza e si diresse verso le scale per scendere.
A fermarli fu il rumore di uno sparo proveniente dalla direzione in cui erano diretti.  Ancora più allarmati iniziarono a correre ma vennero bloccati da un uomo. Aveva il volto coperto e indossava gli stessi abiti che usavano i due fratelli della Phlayrh quando salivano a bordo dei loro teknight.
Uno dei due attaccò Shu, usando solo mani e piedi. Shu parava e contrattaccava in modo veloce e preciso.
«Andatevene via!» urlò Shu.
 Riluttante, Kirabo afferrò il braccio di Takehito e lo trascinò con se. Ma non gli venne permesso nemmeno di raggiungere le scale che ne comparve un altro. Kirabo portò il ragazzo dietro di se volendolo proteggere. Per quanto forte e grosso potesse essere, non poté molto contro esperti nell’arte del combattimento. Bastò trovare un’apertura nella guardia di Kirabo che con le dita della mano aperta, colpì prima negli spazi tra le costole e con il taglio della mano un colpo al collo che lo fece cadere quasi incosciente.
Passò all’altro che non fece in tempo ad allontanarsi. Venne afferrato, immobilizzato e con un coltello alla gola.
«Shu Li!»
L’avversario di Shu si fermò e guardando con la coda dell’occhio poté rendersi conto della situazione. Aveva voltato solo la testa restando pronto ad un eventuale mossa avversaria.
Poi l’uomo che teneva bloccato Takehito riprese «Shu Li, la tua abilità non ha pari. Se possibile hai progredito ancora.»
«Che vuoi da me?» tagliò corto il giovane.
«Che torni da noi.»
«Perché vi ostinate?»
«Sei tra i migliori assassini che la nostra tribù abbia mai avuto.»
«Io non sono più un assassino.»il tono di voce era basso e tremolante.
«Per questo non posso lasciati alternative.» l’uomo avvicinò ulteriormente il coltello al collo del ragazzo.
«Loro non c’entrano.»
«C’entrano e anche la tua sorellina. Tutto dipende da quello che  sceglierai.»
Era con le spalle al muro. Per coinvolgere Yue, voleva dire che avevano assalito anche gli altri. Inoltre aveva notato anche Lev, che avendo visto quello che stava accadendo, non aveva proseguito per non farsi vedere. Shu aveva notato Seref ferito e il sangue che colava  dalle scale.
Non poteva metterli ulteriormente in pericolo.
«Verrò … » bastò quella parola che Takehito venne lasciato.
I due uomini  si portarono avanti  Shu, che li seguì.
«Shu … non andare!» Lev si decise a farsi vedere, che in qualche modo era riuscito a capire che cosa stava accadendo. Ma Shu non si fermò né si voltò.       
«Non permetteremo che faccia una sciocchezza simile» afferrò più saldamente Seref e continuò rivolto a Takehito «Va da Aruto, se non è nella sale dei teknight prova in quella comandi. Spiegagli la situazione e raggiungiamo gli altri.»
Takehito annuì vedendolo allontanarsi.
Prima di andare, si preoccupò prima di assicurarsi delle condizioni di Kirabo. Era solo svenuto. Lo mise seduto appoggiandolo con le spalle al muro e andò a cercare Aruto. Come gli aveva suggerito il compagno, lo trovò nella sala comandi.
«Takehito per fortuna stai bene e gli altri? Quelli che ho visto nelle telecamere non mi piacciono.»
«Kirabo è svenuto e Lev stava portando Seref da Lara. Era gravemente ferito … Shu l’hanno portato via e da come hanno parlato, devono aver attaccato anche gli altri. Aruto chi sono quegli uomini?»
«Dannazione! Dobbiamo muoverci a raggiungerli. Aiutami ad azionare i comandi e va a preparare il teknight tuo e di Lev.»
Sottovoce rispose affermativamente.  
«Avevano gli stessi vestiti di Shu e Yue … che cosa hanno a che fare loro con quelli?»
«Si tratta degli Xuebao. E’ una tribù di assassini che l’impero ha preso al suo servizio. Shu e Yue provengono da lì e sempre da lì derivano le loro straordinarie capacità di combattimento. Sono esperti nelle arti marziali, perfezionate per l’assassinio.» quella rivelazione lasciò senza parole il più giovane.
«Non è questo il momento per pensarci, vai ad attivare i teknight.»
«Si vado!» il ragazzo corse all’esterno.
Nella corsa non fece caso a Lev che lo scontrò ma non si fermò e proseguì oltre.
Il biondo non si preoccupò e raggiunse Aruto. Erano appena partiti e il meccanico era evidentemente teso.
«Come sta Seref?»
«Pare grave però Lara ha detto che fa ancora in tempo a salvarlo.» poi domandò «hai localizzato gli altri?»
«Sì, li ho visualizzati sullo schermo. Ho detto di preparare anche il tuo teknight, perciò preparati.»
Lev annuì e lasciò la sala.


In lontananza si avvistava la Phlayrh e arrestarono la loro corsa. Erano finalmente giunti in loro soccorso. Volava bassa quasi raso terra e dal suoi interno uscirono i due teknight, il RAD e l’AU-0.
I robot si fermarono accanto all’auto ferma.
«Gli Xuebao hanno preso Yue. Era tutto una trappola.» Owen uscì a chiarire in fretta la situazione.
Lo sportello del RAD si aprì e permise al pilota di avvicinarsi al generale «Hanno attaccato anche noi. Hanno preso Shu e Seref è gravemente ferito.»
« Kirabo?»
«Momentaneamente privo di sensi.»
«Possiamo ancora rintracciare Shu e Yue, diamoci una mossa!» Kyla saltò giù dall’auto e andò a recuperare il suo RAD.
Anche gli altri rientrarono.
All’interno della sala comandi si misero al lavoro per trovare delle tracce da seguire.
«E’ colpa mia … mi dispiace.» Katsu aveva gli occhi lucidi.
«Sono io che prendo le decisioni , qualunque cosa accada la responsabilità è mia.» le parole  di Owen, pronunciate con tono duro,  non servirono ad alleggerire i sensi di colpa del ragazzo, che continuò il suo lavoro cercando di trattenere le lacrime.
«Teknight nemici in avvicinamento.» Katsu avvertì del nuovo pericolo.
«Quanti sono?»
«Troppi Owen! Solo ora ne visualizzo una quindicina ma sono in aumento.»
Erin ingrandì un’inquadratura di una piccola figura dietro ai teknight.
«E’ l’aeronave di Vedis.» affermò con certezza.
Owen strinse i pugni « Facciamo perdere le nostre tracce. Erin richiama i teknight.»
«Non possiamo! Che ne sarà  di Shu e Yue?»  Owen non rispose nulla allo scatto di Katsu  «Li abbandoniamo così?»
«Katsu cerca di capire! Contro tanti nemici ora non possiamo nulla … » il padre volle farlo ragionare comprendendo il suo stato d’animo.
«E come li ritroveremo?»
«Da morti non potremo nulla. Erin fa rientrare i teknight.» la voce imperiosa di Owen azzittì tutti.
«L5, K3, T9 rientro immediato.»
«Li ho visti anch’io i nemici ma se collaboriamo potremmo farcela.»
«Kyla non dire assurdità e rientra immediatamente!» raramente si poteva sentire Owen perdere il controllo e alzare la voce.
Nessuno protestò più. La distanza dai nemici era ancora molta permettendo una facile fuga.



Il villaggio degli Xuebao si trovava in mezzo alle montagne della regione Asiatica, ben nascosto e protetto dalla natura selvaggia e difficile da attraversare.
Aveva l’aspetto di un piccolo e semplice villaggio. Le case in legno erano poche e sparse con un ordine preciso, era tutto ordinato e pulito. Chiunque in quel villaggio era impegnato. Chi svolgeva allenamenti faticosi e ripetitivi, chi si stava dedicando alla costruzione di armi, chi alla raccolta del cibo dall’orto e dell’acqua dal pozzo, chi occupato col bestiame o la riparazione di qualcosa.
Tutto era così familiare e così distante. Non pensava di aver mai dovuto più mettere piede in quel posto, soprattutto di far tornare la sorella.
Shu si trovava insieme a Yue, in una delle piccole case e venivano controllati a vista notte e giorno. Da quando erano stati riportati lì, dopo un viaggio durato due giorni, non avevano più avuto contatti con nessuno. Gli venivano portati cibo e bevande ma non era stato data loro la possibilità di allontanarsi dalla casupola.
Dopo tre giorni, il capo di quella tribù, lo stesso che si era preoccupato di recuperare Shu, si presentò nella casa dove erano rinchiusi.
Con tranquillità si sedette di fronte ai due ragazzi, che restarono circospetti.
«I vostri compagni vi hanno abbandonati.»
«Data la vostra trappola è stata la decisione più saggia.» controbatté Shu.
«E poi ci staranno certamente cercando!» aggiunse Yue.
«Peccato che qui non vi troveranno mai.» Yue inarcò le sopracciglia assottigliando gli occhi, poi l’uomo proseguì rivolto al giovane  «voglio che torni ad uccidere. Il tuo sguardo per quanto cambiato, nasconde ancora la freddezza di un tempo.»
«Non posso farlo.»
«Sì che puoi! Combatti per la Phlayrh e nelle battaglie si uccide.»
«Non è la stessa cosa e poi è risaputo che evitiamo di uccidere.»
«Vuoi mentire a te stesso? Mi è giunta la notizia della strage che hai provocato in Africa.» Shu abbassò lo sguardo stringendo i pugni e facendo fatica a controllare i fremiti.
Yue gli afferrò la mano come per infondere coraggio al fratello.
«Non avevo scelta se volevo salvare tutti.»
«E’ solo una scusa.»
«Non è vero … »
«Ce l’ahi nel sangue. Sei uno Xuebao … un assassino.»
Shu gli scattò addosso, con un gesto di rabbia, gli afferrò il collo premendo sulla carotide.
«Lo vedi anche tu, non ne puoi fare a meno.» l’uomo iniziò a ridere.
Shu si staccò e ritornò seduto dov’era.
«Ti lascerò riflettere ancora per un po’. Sappi, però, che non hai molte alternative. Abbiamo portato Yue nel caso non volessi ubbidire. Devo ammettere che sto cominciando a pensare che potrebbe diventare una Xuebao a tutti gli effetti. Le hai insegnato proprio bene.» rise ancora mentre usciva.
Nella casupola era calato il silenzio. Shu si era lasciato abbattere, seduto a capo chino e gli occhi persi nel vuoto. Yue avrebbe solo voluto scappare via e tornare alla Phlayrh.
Per quanto piccola i ricordi di quel villaggio erano tutt’alto che felici e vedere il fratello in quelle condizioni non aiutava.
«Scusa Yue … non sono in grado di proteggerti.»
Yue lo abbracciò appoggiando la testa alla sua « Non c’è nulla di cui debba scusarti. Ne usciremo in qualche modo e poi non sono più una bambina, ci proteggeremo a vicenda.»
Shu ricambiò l’abbraccio.
 



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Capitolo 14
*** Section 13 ***


Argest Age - section 13

Passeggiava tra la folla della città. Ogni tanto rivolgeva l'attenzione alle vetrine dei negozi, per poi tornare a confondersi tra la gente e infine fermarsi al solito bar, prima di rientrare a casa dopo una stancante giornata di lavoro in ufficio.
Era una parte del tragitto che ripeteva da quattro giorni. Il giovane della Phlayrh aveva ceduto alle minacce del capo degli Xuebao ed ora si trovava a dover pedinare la sua prossima vittima.
SI trattava di uno dei più stretti collaboratori di un membro del consiglio imperiale, che negli ultimi tempi si era macchiato della grave colpa di coltivare idee diverse e di aver agito di propria iniziativa, ignorando le indicazioni ricevute. Atteggiamento, non solo non ben accetto, ma che non accennava a cambiare nemmeno dopo le innumerevoli sollecitazioni e per tanto ritenuto pericoloso. Per ovviare al problema si era così deciso di rivolgersi agli Xuebao e il loro capo aveva deciso di affidare questo incarico all'appena ritornato Shu.
"È estremamente abitudinario" si ritrovò a pensare il giovane continuando a seguire il suo obbiettivo.
Lasciato il bar, dopo aver percorso all'incirca seicento metri, era davanti alla sua casa. Si trattava di una piccola villetta indipendente, sviluppata su un unico piano e con un caratteristico tetto spiovente, particolarità alquanto insolita da trovare in una città moderna.
Shu aveva trovato un buon nascondiglio, in tal modo poteva osservare indisturbato ciò che accadeva all'interno dell'abitazione.
L'obbiettivo aveva cenato da solo, si era messo a giocare con i suoi due figli e gli raccontò una storia prima di farli addormentare. In fine, raggiunse la moglie che vedeva la televisione. Un uomo con una vita normale e apparentemente serena.
Tornò nel monolocale dove alloggiava in quei giorni, una piccola stanza con un letto a castello e un bagnetto. Disteso sul materasso inferiore vi era uno degli Xuebao, inviato a controllarlo. I caratteri fisici di quell’uomo erano terribilmente simili a quelli dei due fratelli, sembrava che a cambiare fossero solo i lineamenti del volto e la corporatura.
«Qualcosa di nuovo?» domandò quello.
«Tutto come i giorni precedenti.» rispose come una macchina, salendo sulle scalette e distendendosi sul letto, facendo attenzione a non sbattere la testa col soffitto molto basso.
«Come hai intenzione di agire?» quello Xuebao gli stava facendo pressione.
«L'unico momento in cui è solo, è nel suo ufficio dopo le sei del pomeriggio e resta lì per una o due ore.» le parole gli uscivano una dietro l' altra con fluidità ma ognuna gli costavano fatica.
«Domani può andare bene, vero?»
Esitò per un attimo «Sì.»
Così come si era deciso, il giorno seguente, i due Xuebao erano appostati all'interno dell'edificio in cui lavorava il loro obbiettivo. Erano ben nascosti dalle telecamere e da qualunque altro controllo. Aspettarono che l' ora di lavoro terminasse e che a rimanere fosse solo la loro vittima.
Il momento arrivò. Dovettero aspettare poco, affinché si svuotasse completamente e muoversi con solo alcune telecamere era fin troppo semplice.
Senza fare alcun rumore entrarono nell'ufficio del bersaglio. Quello non si accorse di nulla, continuando il suo lavoro.
Shu in un attimo gli fu alle spalle e gli puntò un coltello alla gola.
I dubbi e l’esitazione prevalsero come rare volte era accaduto e la mano gli tremava, non riuscendo a lacerare la carne.
«Cosa aspetti?»
La voce alta lo destò, fece cadere il coltello e lo colpì in modo da renderlo incosciente. L'altro Xuebao lo finì pugnalandolo al petto.
«Cosa ti è preso?»
Shu non rispose. Era scosso da leggeri fremiti e gli occhi erano leggermente spalancati, fissi sull’uomo ormai morto accasciato sulla poltrona.
"Possibile che il capo si sia sbagliato? Sembra paralizzato.'' pensò sorpreso di vedere tale scena.
Lo prese per un polso e lo trascinò via. Shu si lasciò trasportare per un po’, fuori l' edificio fino a che non si riprese.
Non fecero ritorno al monolocale ma presero l’aereo che li avrebbe condotti il più vicino possibile al villaggio.


La base della Phlayrh, dopo una rocambolesca fuga, trovò rifugio in una cavità naturale ben nascosta, in mezzo a degli isolotti nell’oceano.
Veniva usata come alternativa quando non potevano utilizzare le altre basi oppure in casi di emergenza. Poche erano le situazioni che potevano definirsi peggiori di quella: due dei suoi membri erano stati portati via da una tribù di assassini e un altro era stato gravemente ferito.
Lara era riuscita a salvare la vita di Seref, ormai fuori pericolo, ma non si era ancora risvegliato. A detta del medico ci era mancato pochissimo che morisse.
Ogni tanto i membri dell’equipaggio, in coppia, andavano in ricognizione per valutare la situazione. Questa, però,  non cambiava e la presenza dell'impero non accennava a diminuire.
«Allora?» Kyla corse incontro a Kirabo e Lev che tornavano dall'ennesimo giro di ricognizione.
«Se possibile sono anche aumentati.» Kirabo era arrabbiato e più i giorni passavano, più si lasciava prendere dallo sconforto.
«Dobbiamo davvero pregare che non ci trovino. Per Seref abbiamo tutto, vero?» si intromise Lev.
«Si fortunatamente si.»
«Si è svegliato?»
«Ancora no, Kirabo.» gli sarebbe piaciuto sentire parole diverse dalla ragazza.
«Andate a riposarvi dovete avere i nervi a pezzi.»
«Sì, hai ragione. Ma tu Kyla? Come ti senti?» si preoccupò di chiederle Lev.
«Stanca. Lara qualche minuto fa mi ha fatto un altro prelievo per la trasfusione. Andrò a riposare anch'io ma prima devo riuscire a distrarmi almeno un pò o non riuscirò a prendere sonno.»
Si separarono. I due ragazzi si recarono nelle loro stanze mentre Kyla all'entrata della grotta.
Era un posto così tranquillo che stonava con quello che stava accadendo. Il sole era ormai basso e davanti alla ragazza si mostrava un magnifico tramonto che avrebbe colpito ed emozionato chiunque. Purtroppo nemmeno quello riusciva ad acquietare il suo animo spaventato e preoccupato.
Era ferma, lì all'entrata, come una statua.
Improvvisamente qualcuno le si avvicinò di lato. Non fece in tempo a reagire che una mano le tirava un braccio verso il basso e un' altra le premeva sulla bocca impedendole di urlare.
«Sono io.»

«Mi stai dicendo che non l'ha ucciso lui.»
«Non ha provato a tirarsi indietro, si è improvvisamente bloccato. A dire il vero non penso sia più come un tempo.»
«Dovrà esserlo o gli renderò la vita un inferno.»
Così dicendo il capo degli Xuebao si sbrigò a chiarire la questione con Shu.
Il giovane si trovava all'interno della casupola in cui era stato portato la prima volta, in compagnia della sorella.
Quando il capo degli Xuebao entrò, Yue scattò al' in piedi arretrando, mentre Shu rimase seduto lì dov'era. Ruotò solo la testa leggermente.
«Perché non hai ucciso quell'uomo?»
«Non ci sono riuscito …»
«Perché non hai portato a termine il tuo compito?» la voce del capo degli Xuebao era ancora calma.
«Non ci sono riuscito! » scattò in piedi e il suo tono divenne più deciso  «Cosa vuoi sentire? Che mi sono rifiutato di ucciderlo perché non sono più uno Xuebao? Perché non voglio sottomettermi agli assassini dei miei genitori? Non ci sono riuscito! Il mio corpo non si muoveva più. Le uniche cose che avevo davanti agli occhi erano quell'uomo che nemmeno si rendeva conto di cosa stesse accadendo e la sua famiglia.»
«Sei ancora quello di prima, devi solo riemerge. Vedi di farlo in fretta perché la prossima volta ci sarà anche tua sorella con te.»
«Perché devi coinvolge anche lei? Se vuoi che torni come ero un tempo lo farò. Mi sforzerò. Farò qualunque cosa ma non coinvolgerla!»
«No Shu, va bene così.» l'intervento inaspettato della ragazza lo turbò ulteriormente.
«Non ce n'è bisogno! Basterò io.»
«É una decisione già presa e poi non voglio che tu sopporti tutto sa solo. Non sono più una bambina da proteggere.»
«Ma questo è eccessivo! Non è la stessa cosa di quando combattiamo a bordo dei teknight.»
«É quello che farò!»
«Qualsiasi sia stato il ricatto che ti abbia fatto, non devi darci peso.»
«Shu, ti lascio alla tua lite tra fratelli ma penso che tu abbia capito quale sia la situazione.» il capo uscì lasciando i due che continuarono a discutere ma non giunse alcun cambiamento.
Le decisioni erano state prese.
All’esterno il capo degli Xuebao era atteso da alcuni anziani della tribù e un giovane ufficiale imperiale.
Gli si avvicinò ipotizzando fosse giunto per un nuovo incarico.
«Colonnello, questo è il nostro capo Kuen Li.» si affrettò a presentarli uno degli anziani  «Lui è il colon …»
«Colonnello Falk Horn.» si strinsero la  mano.
Dopo i saluti di rito fece accomodare l’ufficiale nella sua dimora congedando gli altri presenti. Da fuori non si sarebbe detto ma l’ambiente era spazioso e luminoso. Arredato con semplicità e raffinatezza. Non dava l’impressione di trovarsi in un luogo nascosto e remoto tra le montagne.
Venne fatto accomodare sul cuscino che affiancava il piccolo tavolo, troppo basso per delle sedie.
«Immagino siete venuto per un nuovo incarico?»gli occhi azzurri del colonnello tradivano una certa agitazione, ma nonostante ciò mantenne un tono fermo e deciso.
«E’ come immaginate ma questa volta la mia richiesta sarà un po’ diversa dal solito.» l’uomo che gli era di fronte, dalla corporatura piccola e dai lineamenti delicati, si mostrò incuriosito e gli fece cenno di proseguire.
«La volta scorsa la Phlayrh è stata vittima di una trappola e a voi era stato dato il compito di uccidere i loro membri. So che tra gli accordi presi, vi era stato concesso di riprendere due vostri membri. Da quello che mi è stato riferito, la missione non è andata nel migliore dei modi ma avete recuperato le due persone che vi interessavano. Ora, non sono d’accordo con certi metodi e fermerò la Phlayrh a modo mio, quindi non vi chiederò di uccidere nessuno. Quello che voglio è sfruttare i due che erano sulla Phlayrh per trovarli. Ovviamente verrete pagato come sempre.»
«Riconosco che avete coraggio a venire nel mio villaggio, affermando che non vi piacciamo e pretendere il nostro aiuto. Per quanto lavoriamo per Argest non lo serviamo e non ne facciamo parte … potrei anche decidere di ucciderti e nessuno mi creerebbe problemi.» disse beffardo.
«Lo so. Ma per quanto mi è concesso voglio essere il più sincero possibile.» il giovane colonnello acquistò coraggio dalla sua stessa determinazione.
«Tipi come voi non avrebbero vita lunga tra gli Xuebao, però dato che non lo siete, accetterò la vostra proposta.» Falk tirò un sospiro di sollievo.
«Vorrei partire al più presto. Dove si trovano?»
«Le trattative non sono ancora concluse. Oltre a loro verranno anche altri due.»
«Per quale motivo?»
«C’è bisogno di qualcuno che li controlli o potrebbero non esservi di nessun aiuto.»
«Non c’è bisogno che impegnate altri uomini, saprò gestire la situazione.» il tono del giovane divenne improvvisamente tremolante.
«Qualcosa in contrario?»
«Se ritenete sia più prudente, va bene. Mi scuso per la mia insolenza.» lo sguardo che gli aveva rivolto Kuen, gli parve come una coltellata diretta allo stomaco e non ebbe più voglia di sostenere quella conversazione.
«Vi aspetterò a valle con la mia aeronave.» concluse agitato.
Salutò cortesemente e si affrettò a lasciare quel posto.

Sempre nella casupola, dopo la lite con la sorella, Shu si era messo a riflettere osservando con disattenzione quello che accadeva all’esterno, con la testa appoggiata sulle braccia incrociate.
«Ma quello?» sussurrò alzando la testa.
Incuriosita Yue gli si avvicinò. Cercò di capire i che direzione stesse guardando.
«Ma è …» venne azzittita bruscamente dal fratello.  
«Che fai?» disse stizzita.
«Vuoi fargli passare dei brutti momenti?» prima rivolto alla sorella e poi rivolto lo sguardo all’esterno  «Cosa vorrà?»
«Non vorrà mica far uccidere qualcuno?» quel pensiero la scosse.
«Mi sembra impossibile però …»
Shu e Yue con la coda dell’occhio videro il colonnello allontanarsi, continuando a guardarlo senza farlo notare.
Kuen uscì anch’esso e si diresse nella loro direzione.
Si sbrigarono ad assumere una postura seduta di lati della finestra per non farsi vedere.
«Lascia parlare me.» Yue annuì.  
E come avevano ipotizzato entrò il capo degli Xuebao.
Nel frattempo i due fratelli si alzarono ed assunsero una posizione più naturale e meno tesa.
«Avete visto chi è venuto?»
«Si.»rispose sicuro Shu.
«E’ un colonnello dell’impero che è venuto a darci un incarico.» i due ragazzi sgranarono gli occhi  «Cosa c’è che non va?»
«E’ … è che …»balbettò la ragazza.
«Abbiamo combattuto molte volte con il colonnello Falk ed è per questo che ci sembra strano che possa essersi rivolto agli Xuebao.» chiarì Shu.
«Lo conoscete bene! Infatti non ha richiesto alcun omicidio. Vuole che troviate qualcuno.»
«Chi?» l’invito a proseguire Yue e la loto attenzione aumentò.
«La Phlayrh.»  i due sembravano confusi  «Raggiungerete Horn e gli fornirete ogni informazione a vostra disposizione per trovarli. Verrete accompagnati da Jie e Min-Hee. Vi do qualche minuto per prepararvi.»
«Una cosa del genere non possiamo farla.» Yue rispose d’impulso.
«No, Yue! Lo faremo. Possono anche trovarli, loro non si faranno sconfiggere.  Io mi fido.»
«Li faremo cadere nelle mani del nemico … ¬» poi la ragazza si fermò un attimo riflettendo meglio sulle parole di Shu  «E’ vero! Anch’io mi fido.»
«Questa Phlayrh è così forte? Comunque non ha importanza. L’unica cosa che conta e che ritorniate qui.» poi rivolto a Shu «se tentate di fuggire pensando sia una buona occasione, la prima a morire sarà Yue. Ricordati che quello che realmente mi interessa sei solo tu.»
Tornarono ad essere soli. Per quanto la minaccia fosse sempre la stessa, lo inquietava ugualmente.
Cercò di non farsi sopraffare dai dubbi.
«Ti avevo detto di non parla …»
«Fuggiremo, vero?» lo interruppe.
«Un’occasione così non si ripeterà … e poi, voglio fidarmi davvero.»
«Allora sbrighiamoci fratello. I nostri amici saranno di certo preoccupati per noi.»
La lite di poco prima perse di significato. Il sorriso e l’entusiasmo della sorella ebbero un effetto tranquillizzante su Shu.
Non era più come quando era uno Xuebao, quando doveva fare tutto da solo. Ritornare in quel luogo gli aveva fatto dimenticare che sia lui che Yue erano membri della Phlayrh. Combattevano alla pari, difendendosi l’un l’altra e così avrebbero fatto sempre.  
Si prepararono e raggiunsero i due Xuebao che sarebbero state le loro ombre per tutta la durata della missione.
In poco tempo raggiunsero la valle dove ad attenderli c’era la Jaculus, con cui i due della Phlayrh ebbero a che fare non molto tempo prima.
Distinsero chiaramente il colonnello Falk Horn, affiancato da un altro uomo alto, capelli e occhi castano scuro e dall’aspetto serio.
Fecero strada all’interno dell’aeronave. Prima di accedere al cargo, stavano attraversando un lungo e stretto corridoio metallico. Procedevano a passo moderato, senza proferire parola.
«Colonnello! Maggiore! Ci sono problemi in sala comandi. E’ richiesta la vostra presenza.» un ufficiale di basso grado sbucò da un corridoio laterale che si era aperto poco più avanti.
«Siamo impegnati, potete fare senza?» fece scocciato Falk.
«Mi dispiace signore. Venga col maggiore per favore.»
«Arriviamo!» poi si rivolse al suo seguito  «proseguite pure da soli. In fondo al corridoio, all’ingresso del cargo, ci sarà di sicuro qualcuno. Spiegate la situazione e vi porteranno dove mi attenderete.»
I due ufficiali scomparvero nel corridoio la cui apertura si richiuse immediatamente.
Quelli che restarono continuarono seguendo le indicazioni che avevano ricevuto. Improvvisamente un forte rumore li mise in guardia. Non riuscivano a capire cosa fosse e una lastra di metallo, spessa e scura , cadde dal soffitto.
Si frappose tra i quattro. Sentendola alle loro spalle Shu e Yue si fecero più avanti per evitarla mentre i due Xuebao indietreggiarono.
Vennero divisi.
«Avviso a tutto l’equipaggio. Ci sono diversi malfunzionamenti temporanei, stiamo cercando di risolverli, quindi non allarmatevi.» la voce venne diffusa in tutta l’aeronave.
«Non  muovetevi. Quando questa lastra si rialzerà dovete essere lì.» li intimidì la Xuebao Min-Hee.   
«Sì»
Dal corridoio che si era aperto precedentemente sbucò il colonnello Falk, che con le dita faceva segno di avvicinarsi.
I due fratelli si guardarono confusi ma gli si avvicinarono.
«Venite con me che devo parlarvi.»
«Se non ci trovano quando la lastra si rialza, per noi è un problema.» gli spiegò Shu.
«Non si alzerà fino a quando non avremo terminato. E da lì non si può uscire.»
Non dissero più nulla e lo seguirono. Vennero condotti nella sala comandi.
Ricordava quella della Phlayrh per quanti pulsanti luci e display ci fossero. Era di certo molto più stretta e al lavoro c’erano molte più persone.
«Parliamo qui?» Yue sembrava non essere molto sicura di quello che stava accadendo.
«Avere a che fare con me e come avere a che fare con tutto il mio equipaggio. Non c’è alcun segreto sulla Jaculus.»
«Se lo dici tu.»
«Cosa hai in mente Falk?» tagliò corto Shu.
«Riportarvi alla Phlayrh.»
«Davvero?» si poteva vedere la felicità della ragazza trasparire dai suoi occhi.
«Sì, Yue! Sono venuto a sapere troppo tardi dell’assurda trappola che vi hanno teso. Sapete che disapprovo certi metodi.»
«Shu lo sapeva di sicuro!»
«Cosa?»
«Prima al villaggio ti abbiamo visto e quando Kuen, il capo villaggio, è venuto a dirci che volevi scovare la Phlayrh, Shu non ha avuto alcun dubbio che fossi venuto ad aiutarci.»
«Non pensavo avessi così tanta stima nei miei confronti. Ti ringrazio.»
«Peccato sia stato difficile capirlo.» continuò Yue.
«Non potevo dirlo chiaramente, no?» ribatté il fratello.
«Ha detto “io mi fido”, facendo capire che si stesse riferendo alla Phlayrh. Ma in una situazione del genere avrebbe detto qualcosa del tipo che sono forti o che non avevano nulla da temere.»
«Qualcosa che poteva capire solo chi lo conosce molto bene, insomma. Ma veniamo al dunque, non abbiamo molto tempo.»
«Ti ascoltiamo.» Shu posò una mano sulla spalla di Yue per farla terminare.
«Il piano è semplice. Ci sono i vostri teknight che ho portato personalmente in un luogo nascosto poco distante dal nascondiglio in cui si trova la Phlayrh, quello in mezzo all’oceano per intenderci. Arriveremo nel punto stabilito tra … »
«Quindici minuti, colonnello.» gli venne in aiuto uno dei soldati che stava pilotando l’aeronave.
«Una decina di minuti dopo ci raggiungeranno i vostri compagni e percorrerete una pista che vi ho reso sicura. Nei piani originali sareste stati solo voi due e avremmo simulato un imboscata della Phlayrh, che ci avrebbe dovuto danneggiare un motore per impedire di seguirvi nella fuga. Ora però,  ci sono quegli altri due. Dobbiamo trovare un modo di liberarci di loro senza che capiscano nulla e senza ucciderli.» le ultime parole erano rivolte al giovane moro.
«In effetti, si tratta solo di due. Se li sorprendiamo, possiamo neutralizzarli facilmente. Si può fare fratello?»
«Con il giusto tempismo sì. Però se loro non interverranno, sembrerà strano. Contro due è un conto ma contro un’ equipaggio intero, per quanto bravi, non potremmo fare molto.»
«Uno dell’equipaggio prenderà me o Falk come ostaggio. Così nessuno potrà fare nulla con la vita in pericolo di un loro superiore.»  il suggerimento arrivò dal maggiore, ovvero l’uomo che affiancava Falk all’entrata.
«Mi domando se saremo in grado di interpretare questa  messa in scena, Norbert.» il maggiore Norbert Lam aveva avuto l’approvazione dal suo superiore.
«Maggiore Lam, faccia lei l’ostaggio, così se dovessimo dare spiegazioni sarà tutto più credibile.»
«Sottotenente De Vos!» lo rimproverò.
«Colonnello gli dica che è vero!» tentò di difendersi.
«Vorresti dire che se fossi io l’ostaggio, potrei anche morire?»
«Non intendevo questo! Dico che il maggiore non perderebbe la calma se lei fosse preso in ostaggio, al contrario quando sono gli altri ad essere in pericolo lei si fa prendere dall’agitazio …» tra i presenti qualcuno scoppiò a ridere o cercavano di trattenersi nel vedere l’espressione alquanto infastidita del loro colonnello e quella ridicola del sottotenente, che si rendeva conto di stare rivelando così chiaramente le debolezze del suo colonnello davanti ad estranei.
«Dovrei mandarti a pulire i pavimenti o meglio ancora dal generale Ward, così proviamo
se è davvero terribile come si dice.»
Le risate divennero più intense e scappò un sorriso anche al maggiore e ai due fratelli.
L’aria che si respirava quell’aeronave era simile a quella che vi era sulla Phlayrh, serena e si percepiva bene il forte legame che univa tutti.
«Facciamo così! Arrivati a destinazione colpiremo i due Xuebao. Prima che li faccia svenire, Yue prenderà in ostaggio il maggiore e procederemo come avevi pianificato all’inizio.» riassunse Shu.
«E tutto chiaro?»
«Sì colonnello Horn.»
«Sottotenente De Vos?»
«Sì, colonnello! Scusi per prima non era mia intenzione offenderla.»
«Sei perdonato per questa volta.»
«Grazie signore!»
«Venite, vi riporto dove eravate.» il maggiore si offrì di fargli strada.
«Non possiamo proprio lavorare insieme?»
«Non Yue. Dovrai accontentarti di qualche aiuto del genere.»
«Peccato.»
Lasciarono la sala e ripercorsero la strada al contrario.
Prima di lasciarli andare alla lastra abbassata il maggiore si presentò ai ragazzi «Sono Norbert Lam. Mi dispiaceva non presentarmi come si deve. Falk stima molto ogni membro della Phlayrh e sono stato felice di aver avuto la possibilità di conoscervi da vicino e non solo sul campo di battaglia.»
«Shu Li, pilota del MA»
«Yue Li, pilota del MA»
«Siete proprio i piloti di quelle unità terribili. Sapendolo, la voglia di incontrarvi in circostanze diverse dal solito si può dire sia anche maggiore. Purtroppo penso non sia possibile seguendo Falk.»
«Un giorno finirà e chissà che questo possa accadere per davvero.»
I due ragazzi si allontanarono in direzione della lastra e il corridoio laterale si chiuse.
Qualche minuto dopo la separazione tra gli Xuebao venne rimossa.
«I danni sono stati riparati. Non dovrebbe più verificarsi alcun malfunzionamento.» la voce come prima, venne diffusa per tutta l’aeronave.
Prosegiorono come era stato detto dal colonnello. Trovarono due tenenti ad attenderli che li condussero nella sala comando.
«Siete stati informati riguardo a ciò che dovete fare?» domandò Falk senza distogliere lo sguardo dalla vetrata.
«Sì.» affermò Shu.
«Bene! Dove potrebbe essere la base della Phlayrh in questo momento?» continuò.
«Non sono molti i posti in cui potrebbe andare. A giudicare da dove siamo stati attaccati e dalle modalità, ritengo sia solo uno il luogo più probabile.»
«Come fai a essere così sicuro?»
«Perché c’è un solo posto dove possono andare per non mettere in pericolo la vita di nessuno.»
«Qual è?» lo intimò a proseguire.
«Si trova in mezzo all’oceano. Dal punto in cui ci troviamo proseguendo verso nord.»
«Quale precisione. Fai impressione.» Falk per tutto il tempo non aveva distolto lo sguardo dalla vetrata «proseguite come indicato dal ragazzo.»
Seguì l’assenso dei piloti.
Mancavano pochi minuti e sarebbero arrivati. Per tutto il tragitto non una parola né uno sguardo, solo i comandi e le informazioni di chi guidava l’aeronave.
«Ci siamo.» alle parole di Shu, che all’apparenza dovevano essere rivolte al colonnello, Yue scattò colpendo con una gomitata il mento e poi le costole dello Xuebao che le era alle spalle.
Veloce come non mai immobilizzò il maggiore e premeva con le dita un punto vitale del collo.
Shu finì lo Xuebao colpito precedentemente.
Qualcuno dell’equipaggio parve voler intervenire ma vennero bloccati dalla voce della ragazza «Non un passo o lo ammazzo!».
Shu e lo Xuebao rimasto si studiarono prima di attaccare. Si susseguirono alcuni colpi rapidissimi, di sole braccia ad una distanza ravvicinata e ad una velocità impressionante. Si distanziarono e Jie sistemò alcuni calci prontamente schivati. Le distanze si accorciarono ancora e provarono a scaraventare l’avversario al suolo con una proiezione. Erano fermi, avvinghiati l’un l’altro in attesa del momento giusto.
Jie si mosse per primo, ingannato dalla finta di Shu, che lo mise al suolo e lo colpì alla tempia.
Yue sospirò lasciando andare il  maggiore Norbert.
«Legateli e metteteli da qualche parte.» ordinò Falk.
«Sì!» si mossero tre uomini, i primi che si erano ripresi.
«E’ andata bene.» sospirò il maggiore.
Liberati dall’imprevisto, raggiunsero il luogo in cui erano nascosti i teknight con tranquillità. Erano su un piccolissimo isolotto, la cui metà era immersa nelle acque e coperta da una ricchissima vegetazione. I teknight nemmeno si vedevano.
«Grazie ancora Falk.»
«Tornate dai vostri compagni e rassicurateli. Quando ci rivedremo dovrò catturarvi. A quel punto sarà meglio per voi unirmi a me.»
«Staremo a vedere.»
«I MA non si battano facilmente, vero Shu?»
Il ragazzo annuì ed andarono via. La Jaculus rimase lì vicino ad aspettare la base della Phlayrh.
Arrivò nei minuti previsti e si preparò a caricare i due teknight che uscirono allo scoperto e rientrarono al sicuro nella base.
«Aprite un canale di comunicazione sicuro con la Phlayrh.»
«Può parlare colonnello!»
«Phlayrh mi sentite?»la voce di Falk arrivò nella sala comandi dell’altra aeronave presente.
 «Sì, Falk!»
«E’ un piacere sentirti Owen.»
«Ti dobbiamo un favore.»
«Fatevi catturare così saremo pari.»
«Non pensi di esagerare?»  
«E’ troppo? Mi inventerò qualcos’altro. Comunque per una cinquantina di chilometri verso ovest dovreste essere al sicuro ma fate attenzione lo stesso, non posso assicurarvelo al cento per cento.»
«Tranquillo!»
«Ah! Dovete colpire un nostro motore. Per favore evitate quello a sinistra che è nuovo.»
«Da quando in qua badi a certe cose?»
«Da quando devo cacciare di tasca mia i soldi per le riparazioni.»
«Falk!»
«Kyla! Visto?  Te li ho riportati come promesso.»
«Grazie di cuore. Per il favore che ti dobbiamo va bene se vengo a parlare per un po’ con te?»
«Owen la lasceresti venire?» la voce tremò.
«Questa volta ti dobbiamo molto.»
«Allora attacca pure quando vuoi il motore, quello di destra mi raccomando. Aspetto Kyla all’entrata laterale. Chiudo la comunicazione.» la gioia del colonnello era incontenibile.
«Penso io al resto, va pure.»
«Grazie Norbert.»
Falk corse all’entrata e si sporse in attesa di verla arrivare. Non dovette aspettare che qualche secondo data l’euforia della giovane.
Aveva usato i piccoli propulsori legati sulle spalle per arrivare. Quando furono abbastanza vicini, Falk allungò le braccia,  afferrandole le mani per aiutarla ad entrare.
Rimasero a guardarsi per un po’. Erano felici e non sapevano cosa dirsi.
«Levati quei cosi e vieni pure.»
Kyla si sfilò i propulsori appoggiandoli delicatamente a terra e lo seguì. La portò nella sua cabina, sperando di poter avere un po’ di tranquillità almeno per qualche momento.
«Per fortuna è andato tutto bene.» Falk ruppe il silenzio che si era ricreato.
«Questa volta hai rischiato molto.»
«Ritenevo ingiusto quello che hanno fatto .»
«Eppure hai deciso di combattere per l’esercito di Argest.»
«Sai quali sono le mie motivazioni.»
«Almeno un modo per collaborare lo possiamo trovare.»
«Sei capace di far cambiare idea a tuo padre, a tua madre ad Aruto e tutti gli altri?»
«Il dolore non si può cancellare con le parole, lo sai.»
«Per questo che proverò con i fatti. A cosa fatta non si potranno tirare indietro.»
«Sei più sognatore di tutti noi messi insieme.»
Parlavano piano e con calma. Arrivò un altro momento di silenzio più lungo degli altri.
«Come sta Seref?»
«Non è cambiato nulla.»
La nave venne scossa da un colpo sul lato destro. Doveva trattarsi del motore che avevano colpito.
«Sarà il motore!»
«Kyla, lo so che è stupido però per almeno questo poco tempo, dimentichiamoci di tutto il resto. Sono anni che non ci vediamo se non in battaglia.»
«Io vorrei che fosse possibile farlo sempre. A volte un qualcosa del genere la immagino, sai? Che vengo da te e ti porto via senza, che tu faccia storie.»
«Sarei capace di una cosa simile?»
«Purtroppo no. Yue ha detto che qui c’è la stessa atmosfera che c’è da noi. Pare che tu non abbia dimenticato.»
«Anche loro sono parte della mia famiglia. Avendoli in qualche modo trascinati con me sulla Jaculus, ne sono responsabile e devo prendermi cura di tutti.»
«Hai preso il posto di papà?»
«No, per nulla! Chi mi controlla e sostiene e che mi permette di sostenere tutti gli altri, è il maggiore che mi affianca sempre. Si chiama Norbert è una persona gentilissima ed è molto più affabile di Owen.»
Kyla rise «Non ci vuole molto. Ma non diciamoglielo altrimenti si offende.»
«Non ci tengo!»
«Quindi stai bene qui?»
«Sì. Certo non è facile. Sono sempre contro corrente e con il mio modo di fare, non sono ben visto. Devo ringraziare le mia capacità da pilota se sono arrivato fin qui.»
«Se le cose si fanno troppo pericolose devi venire da noi, anche con tutto il tuo equipaggio.»
«Kyla? Hai ancora quel ciondolo che ti avevo regalato ma che non era ancora finito?» era imbarazzato.
«L’ancora di zaffiro? E’ sempre con me.» a quella risposta Falk fu più sollevato.
«Ecco … io l’ho terminato. Lo prendo.» si mosse per aprire un cassetto ma venne fermato.
«Tienilo tu per ora. Lo riuniremo quando potremmo farlo anche noi.» la sua mano gli accarezzava la guancia.
«Colonnello Horn c’è un problema!»
L’urlo provenne dall’esterno della stanza. Falk allontanò dolcemente la mano di lei mantenendola tra la sua.
«Vedetevela voi!»
«Questa volta è qualcosa di grave.»
Falk parse a preoccuparsi. Con al seguito Kyla andò nella sala comandi dove vide tutti i suoi uomini in agitazione.
«Si può sapere che sta succedendo?» domandò alquanto alterato.
«Scusa ma dovevo per forza avvisarti.» il maggiore gli mostrò un messaggio su uno dei monitor.
Falk e Kyla rimasero pietrificati.




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Capitolo 15
*** Section 14 ***


Argest Age – section 14

«Si può sapere che sta succedendo?» Falk aveva raggiunto la sala comandi. Era seccato per essere stato disturbato e alquanto inquieto. Kyla, che l’aveva seguito, percepiva una strana tensione.
Nessuno proferiva parola, si limitavano a guardarli.
A farsi avanti fu il maggiore Lam «Scusa! Dovevo per forza avvisarti.» si spostò di lato per mostrargli un messaggio sul monitor alle sue spalle.
Falk e Kyla rimasero pietrificati.
Il giovane colonnello si destò per primo da quello stato di paralisi in cui erano caduti. Frenetico e agitato  si avvicinò a quel monitor e premendo alcuni pulsanti si mise in comunicazione col mittente del messaggio.
«Generale Ward! Sono il colonnello Falk Horn. Interrompa l’attacco, la base della Phlayrh è qui davanti alla Jaculus. E’ stata stanata non c’è più bisogno che continuiate con l’attacco. Anzi richiedo rinforzi!»
«Colonnello Horn, esegua l’ordine ricevuto.»una voce impassibile.
Falk strinse i pugni sempre più agitato. Si impose di mantenere la calma.
«Non capisco perché dovremmo rinunciare ad un’occasione simile.»
«I piani sono cambiati. Si affretti ad eseguire l’ordine o ha forse un secondo fine, colonnello Horn?»
«No, signore. Mi affretterò ad eseguire gli ordini.» la comunicazione si interruppe.
Falk si lasciò cadere a terra, come se le forze lo avessero abbandonato.
«Colonnello che vuol dire attaccare una base della Phlayrh?» si fece coraggio un giovane membro dell’equipaggio.
«Nelle basi della Phlayrh, le persone che ci vivono sono dei civili. Si tratta di quelli che sono stati scartati dalla società e considerati nemici però … sono persone che non sanno né combattere né difendersi. Attaccare una base significa compiere una strage.»
«Perché non l’ha detto al generale?»domandò ingenuamente quel giovane.
Lesto intervenne Norbert «Se si venisse a sapere che il colonnello è a conoscenza di certi particolari, non si farebbe altro che alimentare i sospetti del generale e compromettere la sua posizione. Non dimenticarti che noi non gli piacciamo.»
«Ma una volta che avvieranno l’attacco, si renderanno conto della situazione.» ipotizzò un dei sottotenenti presenti.
«Non si fermeranno.» fu Falk a rispondere ancora abbandonato al suolo e con la testa china.
«Allora andremo a fermarli!» affermò con forza un altro membro dell’equipaggio. Non gli giunse alcuna risposta «Colonnello?»
«Non posso farlo.»
«Perché no?»
«Se vi ordinassi una cosa del genere, firmerei la vostra condanna a morte. E’ da tempo ormai che Ward mi controlla e non aspetta altro che un mio passo falso.» si spiegò con voce assente e mantenendo il capo chino.
«Però …»
«Non chiedetemi di farlo.» la sua voce tremava.
«Non sarà necessario un vostro intervento.» Kyla prese la parola. Poi si piegò davanti a Falk «Pensa ai tuoi uomini. Il resto lascialo a noi o non ti fidi più delle capacità della Phlayrh?»
«Mi dispiace … vorrei fare altro.»
Kyla gli afferrò il volto tra le mani e lo costrinse a guardarla.
«Più che far tornare da noi Shu e Yue?»
«E ora una delle basi è in pericolo. Sono tutti un passo davanti a me, per quanto mi sforzi nel bene o nel male, c’è sempre qualcuno pronto ad ostacolarmi.»
Kyla gli strinse saldamente le spalle «Per una volta che ho potuto rivederti non ho voglia di sentirti piagnucolare. Non è colpa tua! Piuttosto troviamo un modo per reagire.».
La ragazza si rialzò e tirò su Falk trascinandolo per la mano, che fece un gran respiro.
«Norbert hai qualche idea?»
L’uomo riconobbe il suo colonnello determinato ad non arrendersi «Più che farci abbattere non mi viene in mente altro.» disse grattandosi la nuca.
«Kyla,  stai pensando a qualcos’altro?» domandò notando lo stato pensieroso in cui era la ragazza.
«Facevo il punto della situazione. Se doveste seguire gli ordini che vi sono stati impartiti, dovreste dirigervi verso la base che stanno per attaccare, ignorando la Phlayrh, che o vi lascerebbe andare ignari di quello che sta accadendo o vi inseguirebbe. Ma se vuoi doveste arrivare alla base, dovreste prendere parte allo scontro e questo è inammissibile. Di sicuro se attaccassero la base qualcuno ci avvertirà quindi per una messa in scena, la sua idea può andare.» concluse indicando il maggiore con il pollice.
«Penso che se vogliamo agire in questo modo, dobbiamo sbrigarci. Ci sono due aeronavi imperiali che ci raggiungeranno in pochi minuti.» li avvertì un tenente.
«Meglio così! Avremo dei testimoni. Falk?» Norbert aspettava un suo comando.
«Facciamo in questo modo! Maggiore lascio a lei il comando, mi assento per qualche momento.»
«Sì signore!» poi si rivolse agli altri con tono fermo e autoritario «Comportiamoci come se stessimo eseguendo gli ordini del generale Ward. Quando la Phlayrh ci attaccherà risponderemo senza creare loro danni e cerchiamo di essere i più convincenti possibili. Pronti ai vostri posti!»
La voce del maggiore si faceva sempre più lontana per Falk e Kyla che si stavano allontanando.
In silenzio, percorrevano quei freddi corridoi metallici della Jaculus. Avrebbero voluto dirsi molte cose, trascorrere più tempo insieme ma sapevano, che fino a quando gli scontri non avrebbero avuto termine o che trovassero un punto d’incontro nella loro visione del mondo, momenti come quelli non si sarebbero ripetuti facilmente. Ogni parola era superflua. Bastavano le loro mani strette, l’una nell’altra, per trasmettersi tutto quello che provavano. E così raggiunsero l’uscita.
Kyla lasciò la presa della mano del giovane ed indossò i propulsori, che aveva precedentemente adagiato in un angolo. Aveva aperto la porta e stava per andare via. Ma venne trattenuta per il polso. Falk l’attirò a se in un forte abbraccio.
«Stai attenta … anche gli altri … state attenti.»
«Si prudente anche tu. Non fai cose meno pericolose delle nostre.»
Per qualche secondo rimasero in quella posizione, per poi baciarsi. Un bacio pieno d’amore quanto nostalgico.
 Si separarono dopo un po’, sciogliendo l’abbraccio gradualmente. Senza aggiungere altro Kyla volò via.

Nell’aeronave della Phlayrh, i suoi membri ricevettero un segnale di aiuto da parte della base asiatica, la Hanran. La notizia mise in agitazione tutti.
Per prima cosa contattarono immediatamente la Jaculus per ottenere chiarimenti sulla faccenda. Parlarono con il maggiore Norbert Lam, che li mise al corrente del piano che avrebbero attuato. Non restava che aspettare l’arrivo della compagna, per poter correre in aiuto della base.
Kyla non si fece attendere. La videro immediatamente e venne fata entrare rapidamente, aprendo leggermente il portellone del ponte di lancio, giusto lo spazio per far entrare una persona.
Quando la rossa mise piede all’interno dell’aeronave non c’era nessuno ad attenderla. Doveva fare in fretta ad avvisare gli altri. Decise di andare in sala comandi, dove sicuramente avrebbe trovato il padre.
Corse a perdifiato e fece irruzione nella sala comandi.
«Papà stanno per attaccare la Hanran!»
«Lo so.»
Kyla trovò tutti i suoi compagni riuniti un quella sala, mancava solo Yue.
«E’ stata la Jaculus ad avvisarti?» chiese dopo aver ripreso fiato.
«No! Ma ci hanno già comunicato le loro intenzioni.»
«Non avranno già …» le parole le morirono in gola nel vedere il gesto affermativo del capo del padre.
«Se ci muoviamo presto, riusciremo ad arrivare in tempo. Per un po’ di tempo saranno in grado di difendersi.» provò a rincuorarla Erin.
La ragazza annuì. La notizia scosse tutti e la tensione era palpabile. Takehito si sentiva coinvolto almeno quanto gli altri.
Gli venne spiegata chiaramente la situazione. Quella base in pericolo doveva essere simile a quella che aveva visto in Africa, anche se era ben più nascosta e segreta.
Gli venne anche spiegato che di basi nel mondo ne erano tre e la Hanran era la più importante.
Ma non c’era tempo per le preoccupazioni e le paure. Era tempo di agire.
Tra i vetri della postazione di guida, si vide la Jaculus superarli. Procedeva piano per via della mancanza di un motore. E in lontananza si avvistarono le due aeronavi imperiali.
«Procediamo!» Owen diede il via all’operazione.
La Phlayrh, manovrata da Erin, si accodò alla Jaculus e partirono dei lampi luminosi da entrambe le parti.
La simulazione stava riuscendo. Sembrava un reale attacco in piena regola, tanto che le altre aeronavi imperiali cercarono di dare man forte alla loro alleata. Energia sprecate, data la distanza a cui si trovavano, gli attacchi perdevano precisione e potenza.
«Lev esci con il RAD e prendi il kei-kan. Ferma quelle insignificanti aeronavi.» annuendo, Lev si mosse ad eseguire gli ordini di Owen.
Da solo raggiunse il suo teknight e prese una tra le più potenti armi a loro disposizione ,il kei-kan.
All’apparenza un semplice fucile da cecchino, fatta eccezione per le notevoli dimensioni. Lo usavano raramente, per via della sua potenza, che se usata in modo sbagliato, poteva diventare pericolosa. Ma in quest’occasione non potevano permettersi perdite di tempo o esitazioni.
Il pilota aspettò che il portellone fosse completamente aperto. Quell’ambiente avvolto dalla penombra, venne illuminato dalla luce che scaturì dal RAD che in poco tempo abbandonò, facendo piombare il buio e il silenzio.

Dalla sala comandi Kirabo seguiva i movimenti del RAD mentre Erin e Owen erano concentrati sulla Jaculus.
«Poniamo fine a questa presa in giro?» Erin ebbe l’approvazione di Owen e senza preoccuparsi di altro, mirò al motore funzionante della Jaculus.
Un solo colpo bastò per mandare in fiamme l’ultimo funzionante del cargo. Dopo l’urto l’aeronave imperale cominciò a perdere quota vistosamente.
Vennero attivati i motori che permettevano alla Jaculus di muoversi senza il cargo. Sebbene questi non fossero abbastanza potenti da farla avanzare, evitarono che precipitasse e raggiungere il suolo in sicurezza.
«Lev a che sta?»
«Si è posizionato, Owen.» Kirabo poteva controllare i movimenti del compagno dallo scherno. Era avanzato di alcuni metri, quelli che bastavano per poter colpire i nemici.
Due piccole aeronavi che difficilmente erano determinanti o pericolose in battaglia. Per quelle il kei-kan era più che sufficiente.
Dal quel fucile comparve una piattaforma d’appoggio liscia e lunga. Il teknight si posizionò su di essa, sdraiato.  Tale piattaforma gli consentiva di aver maggior precisione nella mira e una maggior protezione, seppur limitata.
Stava prendendo la mira e quando l’obbiettivo era al centro del mirino, partì il colpo.
Una scia luminosa partì dal fucile e si conficcò nella pancia di una delle due aeronavi.
Da essa fuoriuscì una grande quantità di fumo e cominciò a precipitare. Prima che la stessa sorte toccasse all’altra, ci fu un inutile tentativo di annientare il teknight della Phlayrh.
«L5 rientra!» la voce dell’amico lo raggiunse e fece ritorno alla base.
Purtroppo quella volta non poteva tornare dai suoi compagni col sorriso. Quella brutta storia doveva ancora cominciare.
Procedevano alla massima velocità e in un’oretta sarebbero giunti alla base.
«Vado da Seref.»annunciò ad un tratto Lara.
Stava per aprirsi la porta che Owen la fermò «Porta Seref lontano della Phlayrh.»
«Che vuoi dire?»
«Di prendere una navetta,  caricare tutti gli strumenti che servono e allontanarti il più possibile dallo scontro.» Owen era risoluto come sempre.
«Stai scherzando?»
«No.»
«Non posso andarmene! Se qualcuno di voi venisse ferito o peggio, chi potrebbe salvarvi?» provò a ribellarsi a quella decisione.
«Però non possiamo nemmeno trasportarlo nelle sue condizioni.» intervenne Kirabo.
«E poi ci saranno pur sempre i medici della Hanran.» provò a rassicurarla Lev.
Lara stava per ribattere ma non vi riuscì. Capiva perfettamente la situazione ed allontanarsi con Seref è quello che avrebbe fatto senza pensarci, se si fossero trovati in una situazione meno pericolosa. Nello stesso tempo era preoccupata per la sorte dei compagni e al pensiero di come si fosse sentito Seref, che se per colpa sua, Lara non potesse intervenire nel caso in cui ce ne fosse stato bisogno.
Ancora riluttante accettò «Pregate che siano tutti vivi e che non vi accada nulla.» ed uscì.
Arrivò al suo studio, dove trovò seduta accanto a Seref,  Yue con gli occhi ancora rossi per il pianto.
La ragazza appena venne a sapere cosa era accaduto al compagno, scoppiò in lacrime. Saperlo scampato alla morte la rassicurava ma la colse una strana morsa allo stomaco, che la rendeva inquieta. Da allora non si era mossa da lì.
Lara le si avvicinò e le porse una mano sulla spalla.
«Yue devo portare via Seref.»
Non sapendo della situazione non capì cosa intendesse.
«Ci stiamo preparando per una dura battaglia. La base Hanran è stata attaccata da quelli dell’impero e ora siamo correndo in loro soccorso.» le spiegò con calma.
Yue sembrava confusa ma impiegò poco a comprendere la situazione «Anche questo?»
«Purtroppo. Devo portarlo via perché potrebbe essere troppo pericoloso per lui. Mi dai una mano a trasportarlo in una navetta?» la ragazza annuì e aiutò il medico a portare tutto l’occorrente e Seref su un mezzo di trasporto volante di piccole dimensioni.
Prima di lasciarli partire Yue strinse forte la mano di Seref «Li scacceremo via e torneremo sani e salvi. Però nel frattempo cerca di svegliati.» poi si rivolse a Lara «Lo prometto anche a te. Torneremo sani e salvi!»
«E io proteggerò al meglio Seref.»
E così si salutarono. La navetta lasciò l’aeronave e si diresse alla ricerca di un posto sicuro e nascosto.
Yue raggiunse gli altri nella sala comandi.
L’atmosfera era pesante e l’attesa rendeva particolarmente nervosi.
«Manca poco! Dobbiamo pensare a come agiremo.»
«E come facciamo, Erin? Non sappiamo nemmeno che cosa ci aspetta.» Lev era il più teso tra tutti.
«Possiamo immaginarlo o prevedere i possibili scenari e di conseguenza preparare una strategia.» al contrario Shu manteneva i nervi saldi.
«Dato il tempo trascorso, probabilmente la barriera protettiva deve essere ancora attiva. In teoria , le forze nemiche dovrebbero trovarsi tutte all’esterno.»calcolò Kyla.
«Si potrebbe sfruttare un effetto sorpresa?» provò a ipotizzare Kirabo.
«Ritengo si difficile. È più plausibile che essendo sulle nostre tracce, abbiano trovato qualcosa che riconduceva a noi o di sospetto e hanno scoperto la Hanran. Anche se avessero continuato a non trovarci, di sicuro la distruzione di una nostra base, ci avrebbero recato un grave danno. Inoltre avrebbero potuto sfruttare la situazione per farci uscire allo scoperto.» Shu illustrò il suo pensiero.   
«Una fortuna inaspettata, dunque.»
«Esatto Yue! Oltre alla previsione di Kyla, dobbiamo anche tener conto l’ipotesi che siano riusciti ad infrangere la barriera e che stiano già attaccando.» concluse il fratello.
«Se fosse così non avremo molto da fare.» disse mestamente Aruto.
«Però sono preparati per un’eventuale fuga di emergenza, no?» Katsu provò far coraggio agli altri.
«Non li lasceranno scappare.» Owen smorzò quel poco di positività che qualcuno voleva far prevaricare.
«Qualunque cosa dovremmo affrontare, dobbiamo decidere come attaccheremo.» Kyla tentò di tornare alla questione di partenza.
«Possiamo formare duo o tre gruppi a seconda della necessità.» propose Kirabo, avvalendosi delle esperienze del passato.
«Facciamo due gruppi come al solito. Se la situazione lo permette combatterete insieme. Per quanto riguarda il RAD 3 darà supporto alla Phlayrh per tenere a bada le aeronavi.» affermò il generale della Phlayrh.
«Che?»dopo un attimo Lev realizzò che Owen si riferiva al suo teknight «Dovrei stare da solo?»
«Sei il più esperto e preciso nell’uso del kei-kan.» si affrettò a spiegare.
Il giovane biondo sospirò rassegnato. Operazione di quel genere lo agitavano e la tensione per quello che stava accadendo, non faceva che peggiorare il suo stato d’animo. Mettersi a discutere era inutile e non avrebbe fatto altro che creare ulteriore agitazione. Come ogni volta che si apprestava a fare qualcosa di pericoloso o che non si sentiva sicuro si auto convinceva, ripetendo nella sua mente, che se gli avevano affidato quel compito, era perché ne era capace e che sarebbe andato tutto bene.
«Per il resto come ci dividiamo?» domandò  Yue.
Con sicurezza e senza perdite di tempo Erin espose la sua idea «Direi Kyla e Yue possono formare un gruppo. Sono una squadra affiatata e possono guardarsi le spalle a vicenda nel loro attacchi rapidi.  Le capacita di Kirabo e di Shu si compensano bene e possono formare l’altro gruppo.»
La proposta venne accettata ritenendola sensata e funzionale.
«Voglio combattere anch’io!» Takehito era rimasto in disparte ad ascoltare ma quella decisione lo tagliava fuori. La cosa non gli piaceva.
«Potrebbe essere troppo pericoloso. Si potrebbe dire che hai sostenuto a malapena una sola battaglia e non ne sei uscito molto bene.» le parole di Kirabo non servirono per frenare la determinazione del ragazzo.
«Ma quello che stanno per fare è qualcosa di terribile! Non voglio restare a guardare senza fare nulla.»
«Kirabo a ragione. E’ pericoloso.» Kyla comprendeva perfettamente la preoccupazione del compagno.
«Allora per cosa mi sto allenando, per cosa Aruto ha costruito un teknight per me?»
«Questa sarà una battaglia diversa da quelle che siamo abituati ad affrontare. Non sappiamo nemmeno se ne usciremo vivi.» Aruto provò a far cambiare idea a quel ragazzo a cui si era tanto affezionato.
«Takehito?» il giovane si rivolse verso la voce di Katsu che l’aveva chiamato «Da semplice meccanico non riesco a capire quali sono le ragioni che ti spingono a salire su un teknight e combattere. Però, sei davvero convinto di quello che fai?»
Quell’intervento l’aveva  sorpreso. Da quando era salito sull’AU-0, aveva discusso alcune volte su quell’argomento. Nemmeno Takehito sapeva darsi una spiegazione esaustiva del perché desiderava combattere. Quando glielo chiedevano, rispondeva che desiderava essere utile o perché voleva fare qualcosa per le persone scartate dell’impero.
Questa volta, quelle motivazione sembrano non valere e non sapeva nemmeno lui cosa lo spingesse a voler combatter, ma rispose senza esitazione  «Sì!».
«Sei autorizzato a prendere parte alla battaglia. Affiancherai Shu e Kirabo.» Owen sorprese tutti.
Qualcuno provò ad opporsi ma un ordine del generale della Phlayrh non si cambiava.
«Andate a preparavi  sui vostri teknight.»
I piloti uscirono uno dopo l’altro. Kirabo era in fondo alla fila, leggermente distaccato dagli altri, ancora vistosamente contrariato per la decisione presa.    
«Kirabo, non perderlo di vista.»
«Prima lo mandi nella fossa dei leoni e poi mi chiedi di proteggerlo?»
«Con te è stato forse diverso?» Owen lo provocò.
«Ero giovane ma non inesperto … lo proteggerò! Dovesse costarmi la vita.» anche l’ultimo pilota abbandonò la sala.
I due meccanici vennero mandati nelle postazioni di fuoco dell’aeronave, in modo da coprire i punti cechi del cannone principale.
Nella sala comandi restarono solo Erin e Owen. Da lì avrebbero guidato l’attacco e manovrato l’aeronave nel campo di battaglia.

Erano ormai giunti. Prima della Hanran, scorsero  le aeronavi e i teknight nemici.
Erano tre aeronavi e quindici teknight schierati in attesa che la barriera protettiva della base si infrangesse.
Due delle aeronavi vennero identificate. Una era del Generale dell’esercito Argest, Nerek Ward. L’altra era del suo braccio destro, il colonnello Vedis Dia.
Due avversari temibili. In passato si erano già scontrati e gli esiti non furono tra i migliori per entrambe le fazioni.
Quando li scorsero, lasciarono partire i teknight dalla Phlayrh e mandarono all’attacco i due MA per distruggere i teknight avversari che si trovavano più all’esterno e lontani dalla base.
La velocità dei due MA era talmente elevata che apparivano come una scia blu ed una nera.
Si trovarono alla giusta distanza. Come sempre sfruttarono le loro abilità nel combattimento corpo a corpo, la loro velocità e precisione.
Armati con lame metalliche e spade ad energia luminosa, si abbatterono implacabili sui loro avversari, incuranti di quali modelli avessero di fronte. Fendevano il metallo, ne tagliavano delle parti,  colpivano i reattori e i motori. Qualunque tentativo di difesa o attacco fu inutile.  In appena due minuti, quattro dei teknight imperiali, precipitavano come dei rottami, dopo essere stati spazzati via dalle potenza distruttiva di un uragano.
I  MA, dopo aver ridotto di qualche unità gli avversari, si riunirono ai loro rispettivi compagni.
Quell’attacco non restò inosservato, come l’arrivo dell’aeronave della Phlayrh e dei suoi piloti.  
Cessarono l’attacco alla barriera e si concentrarono sui nuovi arrivati. Tutti i teknight erano GL equipaggiati a Red Fusion. Non si spostarono né cambiarono le loro posizioni, lasciarono che fossero quelli della Phlayrh ad avvicinarsi.
Ad una certa distanza l’aeronave si arrestò, mentre proseguirono i teknight.
Erano schierati in due divisioni come avevano stabilito.
 Il RAD 2  e lo MA blu avanzarono più velocemente e con rapidi attacchi, presero di mira cinque teknight.
Ottennero l’effetto sperato.
Attaccandoli, attirarono la loro attenzione e senza che questi se ne accorgessero, li allontanarono degli altri mecha imperiali.
I restanti GL, provarono ad attaccarli ma il fuoco a media distanza di Kirabo e Takehito e i colpi ravvicinati del MA nero, li fermarono. In questo modo avevano separato i nemici.
Lo scontro trai i robot si stava svolgendo in una zona più lontana da dove si trovava la Hanran e le aeronavi.
«Y7 vai!» Kyla diede il segnale d’inizio e lo MA partì all’attacco.
Si scagliò contro uno dei GL che aveva davanti.
Questo sparò.  Il colpo prese solo di striscio una gamba del teknight della ragazza, una semplice bruciatura che non creò nessun danno. La lama corta che aveva afferrato con entrambe le mani si infilò sotto la testa del GL. Sprofondò come fosse burro fino all’altra estremità. Una leggera pressione e la testa volò via. In quel modo il pilota non poteva sapere più cosa stesse accadendo all’esterno con precisione, in quanto la maggior parte delle telecamere erano posizionate nella testa. Provò lo stesso a reagire ma lo MA fu più rapido. Ruotandogli attorno, si ritrovò alle sue spalle e con la stessa lama, gli danneggiò uno dei propulsori, permettendogli a malapena di restare sospeso nell’aria. Il pilota non avendo altre alternative, abbandonò il suo mezzo.
Durante l’assalto Kyla attaccò, impedendo di intervenire, due GL che provarono a fermare Yue. Da qualche metro di distanza, i tre teknight, si facevano fuoco utilizzando i loro fucili. Quelli a Red Fusion avevano una potenza decisamente superiore di quelli a proiettili che era costretta ad usare il pilota della Phlayrh, per via dello strano materiale che evitava i laser.
Non potendo abbatterli in quel modo, doveva per forza avvicinarsi o colpire punti precisi.
Per fortuna Yue terminò in fretta di sistemare il suo avversario e in modo simile, si sbarazzò anche di un secondo.
Raggiunse il RAD e sferravano attacchi combinati nel tentativo di avvicinarsi o aprirsi un varco per poter far breccia nella loro difesa. La cosa si rilevò più complicata e lo scontro si prolungava .

Shu fece ritorno dai suoi compagni e l’altro gruppo si allontanarono rapidamente, per dividere i nemici come avevano stabilito nella loro strategia.
Videro che cinque dei teknight li stavano seguendo e che si stavano accodando anche gli altri. Quelli vennero fermati dal fuoco di Kirabo e raggiunti dallo MA e dall’AU-0.
Inesorabile, Shu distrusse due dei GL con rapidi e semplici colpi, facendo esplodere ad entrambi il reattore che forniva energia a quelle macchine.
Diede giusto il tempo ai piloti di comprendere la situazione e catapultarsi fuori dall’abitacolo.
Takehito era alle prese con un altro GL. Si teneva a debita distanza, temendo di non riuscire a parare o schivare i colpi dell’avversario se si fosse trovato troppo vicino. Ma come per lui era più facile, la stessa cosa valeva per il nemico. La sua precisione del tiro non era brillante e molti colpi andarono a vuoto. In compenso era molto agile e veloce. Cosa che gli permise di poter rivaleggiare, creando anche difficoltà nel rivale.
Ma di avversari ve ne erano altri.
Shu notò rapidamente la situazione. Mentre lui aveva abbattuto i due GL, Takehito si batteva con  difficoltà e il RAD 1gli copriva le spalle dagli altri nemici.
Per aiutare il compagno, andò ad occuparsi dei tre GL che tentavano in ogni modo di abbattere l’AU-0.
«K4, ci penso io a questi tre. Tu va ad aiutare T9.»
«Grazie!»
Il RAD marroncino si avvicinò ai due combattenti che erano finiti in una situazione di stallo. Kirabo si mise in contatto con il pilota dell’AU-0 «T9 non avere paura. Ti creerò l’opportunità di attaccare. Mira ai propulsori o al reattore.»
«Va bene!»
Takehito era nervoso ma cercava di mantenere la lucidità. Si rendeva conto di non essere ancora all’altezza dei suoi compagni.
Kirabo si fermò ad una cinquantina di metri dal GL e sparò un colpo dal fucile che aveva appoggiato su una spalla del teknight.
Il colpo fu molto violento. Un raggio blu incandescente raggiunse il GL. Come avveniva con gli altri raggi luminosi, anche questo avvolse il teknight ma questa volta si ottennero gli effetti sperati.
Il fucile che aveva usato, era stato da poco messo a punto da Aruto. Era creato sulla falsa riga del kei-kan.
Il kei-kan era un fucile da cecchino di grandi dimensioni e con una potenza pari al cannone dell’aeronave della Phlayrh. Aruto sfruttò lo stesso principio. Ne ridusse le dimensione e la potenza del colpo, concentrando l’attenzione al calore che esso sprigionava. Aveva scoperto, studiando il materiale dei nuovi teknight imperiali, che per quanto deviassero l’energia luminosa, non poteva sopportare certe temperature.
Forse quel fucile non era ancora in grado di  annientare quei teknight con un solo attacco, ma poteva far danni.
E così fu. Non solo arrestò per alcuni secondi i suoi movimenti, ma provocò anche una leggerissima fusione del metallo.
Takehito approfittò di quel momento. Gli si posizionò alle spalle e lo colpì. Purtroppo l’azione dovette essere effettuata in pochissimi secondi e il proiettile non si conficcò nel punto esatto.
«Accidenti!» il giovane pilota digrignava i denti, innervosito dal bersaglio mancato.
Kirabo riuscì a sentirlo, dato che non avevano interrotto la comunicazione «Non agitarti era solo il primo. Concentrati e al prossimo lo prenderai.» nonostante le sue rassicurazioni, poteva sentire il suo respiro affannoso.
Una forte luce rossa si stava ingrandendo e il suo colore diventava più intenso.
Kirabo percepì l’imminente attaccò e costatò la mancanza di reazione del compagno.
Si frappose tra i due teknight con le braccia a protezione della cabine e il capo chino per salvaguardare le telecamere.
Dalla cabina di pilotaggio, Takehito vide solo il RAD e poi un’intensa luce che li avvolse.
Tutto durò un attimo.
«Takehito, calmati. Ci siamo allenati tanto insieme non c’è nulla di cui avere paura. O ti sei dimenticato che è mio compito proteggervi?» il tono di voce di Kirabo era più calmo e riuscì tranquillizzare il giovane pilota dell’AU-0.
Takehito chiuse gli occhi e deglutì « Ora sto bene, grazie.»
«Te la senti di sferrare un altro attacco?»
«Sì.»
«Quando te lo dico io, tu scatta dalle mie spalle e colpiscilo al reattore.»
«Ok»
Il GL aveva bisogno di tempo per sparare ancora e nonostante provò ad allontanarsi non sfuggì alla mira del RAD.
«Ora!»
Il GL era immobilizzato per l’effetto del potente calore del raggio blu. L’AU-0 schizzò dal suo nascondiglio e gi spostò alle spalle del GL. Questa volta prese la mira con più calma e sparò. Andò a segno. Il GL smise di funzionare e cominciò a perdere quota.
In quel momento si sentì più sicuro e insieme al RAD raggiunsero Shu.

Mentre i teknight si erano schierati e avevano ingaggiato battaglia, Lev a bordo del RAD 3 aveva distrutto una delle aeronavi più piccole con il kei-kan.
Grazie alla sua piattaforma poteva spostarsi, evitare i colpi delle aeronavi nemiche e trovare una nuova posizione per prendere la mira.
Quelle che si trovarono a fronteggiare erano tra le più forti dell’impero.
Il Dreizack del colonnello Vedis Dia. Un’aeronave a forma di tridente di colore viola e con una grande potenza di fuoco. E la Urano Galeos del generale Nerek Ward, l’uomo più temibile di tutto l’esercito di Argest. Spietato e crudele, l’uomo più fedele e vicino all’imperatore. Poteva contare su un’aeronave tanto particolare nell’aspetto quanto potente, che si rifaceva alla galea, un’antichissima nave da guerra e da commercio. Era costituita da un unico blocco stretto e largo elle cui estremità affioravano tante ali mobili.
Lo scontro era difficile e dovevano resistere fino all’arrivo dei loro compagni.
L’obbiettivo era quello di allontanarli dalla Hanran. Ma cominciava a rilevarsi un’impresa.
Owen ed Erin erano costretti ad effettuare continue manovre per evitare gli attacchi provenienti dalle altre due aeronavi, che non erano intenzionati ad abbatterli ma a distruggere la barriera.  
Luci ed esplosioni si susseguivano ma nessuno cedeva.
Il tempo trascorreva e l’energia che teneva il piedi la barriera si affievoliva.
Bastarono due colpi e la cupola di energia che ricopriva la Hanran crollò.
La barriera aveva ceduto e ora nulla avrebbe fermato la furia di Argest.    



Angolo dell'autrice:
Ma quante cose che stanno accadendo! Da ora le cose si faranno più "vivaci" e  da qui entriamo nel vivo della storia.
Come sempre ringrazio chi legge e un ringraziamento molto molto molto speciale a belfire99.
Lo scontro non è ancora finito e e gli avversari sono temibili quidi vi aspetto per il prossimo cap ;)


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Capitolo 16
*** Section 15 ***


Argest Age – section 15

Il cielo cominciò a scurirsi. Nubi sempre più scure si accalcavano, trasportate dal vento. Il sole non si vedeva più e mentre il cielo si chiudeva, la barriera di Hanran si sgretolava. La sua efficacia veniva meno fino a soccombere ai colpi nemici. Come uno specchio che va in frantumi, questa cedette lasciando campo libero ai suoi aggressori.
Quell’istante non passò inosservato.
Sia la Dreizack sia la Urano Galeos  abbandonarono lo scontro con la base della Phlayrh e si concentrarono sulla Hanran. Ai teknight imperiali venne dato l’ordine di aggiungersi all’attacco della base.
Ne erano rimasti sette. Si allontanarono rapidamente come se stessero scappando. Solo uno venne fermato e reso inoffensivo dal MA di Shu ma la situazione restava difficile.
Tutti i teknight raggiunsero l’obbiettivo di quell’attacco.
La Phlayrh riusciva a malapena a contenere la Dreizack con cui ingaggiarono una cruente battaglia. Il RAD 3 riusciva solo a provocare un leggero disturbo alla Urano Galeos che ormai faceva fuoco sulla Hanran.
Alla Urano si unirono i teknight imperiali, che scesero sulla base e cominciarono a distruggere ciò che trovavano sulla loro strada.
La Hanran all’apparenza, era simile alla base africana. Sulla superficie, anche’essa appariva come una città di quella zona. Una città moderna, grande, con grattacieli e costruzioni moderne. Nel sottosuolo si nascondeva la vera base. Laboratori di ricerca, depositi di armi e mezzi bellici, campi di addestramento e archivi per documentazioni di vario genere.
La battaglia si svolgeva ancora al livello più alto. I suoi abitanti avevano avviato le procedure di evacuazione. Esse prevedevano che si raggiungessero delle unità volanti, collocate nella parte più bassa di Hanran. Queste dovevano permettere di abbandonare quel luogo e trovare rifugio altrove, come delle scialuppe di salvataggio. Però, mettere in salvo così tante gente era una procedura che richiedeva tempo. Tempo che Argest non concesse.
La barriera aveva ceduto troppo presto e i rinforzi arrivati troppo tardi.
Da terra si era attivato un attacco antiaereo per cercare di contenere o limitare i colpi della Urano Galeos.
Per quanto preparati potessero essere quelle persone, il panico cominciò a dilagare.
Le prime navi erano pronte ma non potevano partire. Se l’avessero fatto sarebbero state abbattute nel giro di pochi minuti.
Si continuava a caricarle ma molti restavano ancora in balia del fuoco nemico.
Dei teknight imperiali ne erano rimasti sei e si sparpagliarono, ognuno in un punto diverso.
«Separiamoci e combattiamoli singolarmente.» Kyla prese in mano la situazione. In quel momento non potevano contare sul supporto della base e sulle indicazioni di Owen. Essendo con il grado più alto, il comando passava a lei.
Ricevette dei consensi affermativi, fatta eccezione per Takehito che restò in silenzio.
«T9, per te questa è la prima vera battaglia. Se ti senti insicuro puoi seguirmi.» come sempre le attenzioni di Kirabo non tardarono ad arrivare.
«Va tutto bene K4! Posso farcela.»
«Non devi fare l’eroe. Se per te è troppo, chiunque di noi ti supporterà.»
«Grazie Y7! Mi sento pronto.»
Il giovane pilota avrebbe messo in pratica ciò che aveva appreso negli allenamenti e dagli innumerevoli consigli dei compagni.
«Se non c’è altro, andiamo!» Kyla schizzò via, lasciando una scia rossa dietro di se.
«T9, se la situazione diventa pericolosa, scappa da uno di noi. Non buttare la tua vita.» Takehito non si aspettava un simile consiglio da Shu. Aveva interrotto la comunicazione con gli altri e lasciato un canale solo per lui. Lo MA nero si allontanò.
Anche gli altri fecero lo stesso.
Localizzarono il loro obbiettivo e lo raggiunsero.

Kyla  scelse come bersaglio quello che nell’imminente considerò più pericoloso. Un GL con il suo fucile a Red Fusion puntato su un palazzo dal quale scappavano varie persone. Il RAD rosso lo spinse con in suo peso, facendolo barcollare. L’intensa luce del fucile si affievolì ma non scomparve del tutto. Il GL puntò la sua arma su Kyla che prontamente si spostò verso l’alto. Il fucile seguì la sua traiettoria ma quando sparò, mancò il bersaglio disperdendosi nel vuoto.  
La zona sembrava finalmente sgombra e il RAD poteva combattere senza troppe riserve.
Impugnò il suo di fucile e allontanandosi, sparò vari colpi. Alcuni di questi vennero schivati, altri parati dallo scudo e altri neutralizzati dal Red Fusion. Mentre sparava il RAD si avvicinò sempre più fino ad arrivargli a pochi centimetri di distanza. Si scontrarono, spingesi, facendo forza sui loro fucili. Con una leggera spinta delle gambe, il RAD, fece scivolare il fucile dell’avversario verso l’alto e il suo verso il basso, facendo puntare la canna da fuoco verso il busto del GL. Un proiettile uscì dalla canna e si conficcò nel GL. Con un balzo si allontanò e vide il teknight esplodere.

Lo MA blu si portò in alto e con il solo aiuto della vista, localizzò uno dei GL. Questo stava distruggendo edifici e ogni costruzione che aveva avanti se con il solo uso della forza dei pugni del teknight.
“Cosa crede di fare? Gli mostrerò come si usa un teknight.” è quello che la ragazza pensò prima di fiondarsi sul nemico.
Il GL notò l’arrivo del suo arrivo e parò incrociando le braccia, un pugno del MA. Mentre stava per posare i piedi al suolo, il teknight imperiale alzò entrambe le braccia, unendo le mani in una stretta, per poi farle cadere con violenza sulla testa del MA.
«Maledetto!» il colpo fu violento e il teknight blu venne piegato in avanti. Quella mossa così inaspettata non fece piacere al pilota della Phlayrh che reagì.
Con le mani lo spinse lontano facendolo barcollare. Rimessosi dritto, il MA attaccò con dei calci alla testa del GL.
«Tsk! Resistente il tipo.» commentò contrariata nel vedere il suo avversario coprirsi a riccio con le braccia.
Il GL attivò i propulsori posteriori che gli conferirono una grande accelerazione tenendo un braccio allungato. Il movimento laterale repentino di Yue le fece evitare quella specie razzo che stava per travolgerla. Data la velocità non riuscì a fermarsi e andò a conficcare il braccio in un palazzo.
«Ora sei mio!» Yue si era stancata di quell’assurdo combattimento.
Ancora con dei calci, si concentrò sulle giunture degli arti inferiori che costrinsero il GL ad inginocchiarsi.
Lo MA blu afferrò il suo coltello metallico, lo infilò nel busto del GL e tolse la parte metallica scoprendo numerosi cavi e una piccola apertura nell’abitacolo del pilota. Yue lo vide affrettarsi ad abbandonare il robot e con più tranquillità, procedette nel tirare i cavi esposti. Il GL smise di funzionare.
Alla sua destra avvertì un notevole spostamento d’aria e polvere.
Era l’altro MA che aveva trascinato il malcapitato GL che aveva avuto la sfortuna di essere stato notato da Shu.
Il pilota imperiale stava per fare fuoco verso una delle entrate per il sottosuolo, che si ritrovò trafitto dalla lama affilata del MA nero. Non gli lasciò né il tempo di difendersi né la possibilità di accorgersi della sua presenza.
«Y7 non perdere tempo!» la rimproverò il fratello.
«Sto lottando seriamen …» si bloccò un attimo nel vedere il teknight nero estrarre la lama insanguinata dal GL «Ti prego non esagerare.»
«Pensa a restare viva!» e lo MA nero volò via.

Kirabo ne stava affrontando un altro. Non potendo sfruttare la rapidità e velocità dei movimenti che possedevano i suoi compagni, decise che per far presto, un attacco a sorpresa potesse andar bene. L’idea non l’entusiasmava ma non poteva fare il difficile in una situazione come quella.
Si avvicinò di soppiatto al GL che aveva designato. Per quanto grosso, non faceva rumore e sfruttava le macerie e gli edifici per non farsi vedere.
Quando gli fu abbastanza vicino corse nella sua direzione tenendo salda l’ascia.
Il GL senza esitazione, mirò sul nuovo nemico e fece fuoco. Il raggio del Red Fusion prese in pieno il teknight della Phlayrh. Come aveva già testato in precedenza, ad alcuni colpi di quell’arma, il suo RAD resisteva. Infatti ne uscì solo con un po’ della corazza danneggiata, gli spigoli arrotondati e parti metalliche bruciacchiate.
Continuava la sua avanzata. Lanciò l’ascia che si conficcò nel braccio del GL.
Il teknight imperiale sparò un altro colpo, che questa volta venne in parte evitato per limitare i danni. Ma era orami finito. La distanza tra i due si era annullata e Kirabo impugnata la sua arma, la fece affondare nel metallo staccando il braccio, che teneva il fucile. Stava per far scivolare la lama su uno degli arti inferiori del GL, quando venne bloccato dalla pronta risposta dello stesso. Non avendo alcuna intenzioni di arrendersi, il pilota del GL aveva sfoderato la sua spada ad energia luminosa e con questa aveva tagliato una sezione della lama dell’ascia.
Per quanto non si aspettasse una reazione simile, Kirabo agì velocemente, quasi come se il suo corpo si muovesse automaticamente. Lo spinse con la mano, facendo maggiore forza ruotando il busto, avendo così il tempo di sfoderare la sua spada luminosa.
Ora nella mano destra impugnava l’ascia e nella sinistra la spada, leggermente più piccola di quella avversaria. Si lanciò all’attacco.
«Voi piloti imperiali non siete ancora alla nostra altezza. Per quanto ti sia comportato bene … la partita finisce qui!»Kirabo oramai stava per concludere quello scontro.
Vedendolo arrivargli addosso, il GL portando il braccio in avanti sferrò un affondo che venne parato con la spada. Con la guardia scoperta poteva finirlo. Sollevò l’ascia e con tutta la forza che aveva, la fece precipitare tagliando in due il teknight imperiale.
Le due parti si separarono e caddero rovinosamente al suolo. Si vedeva il pilota tremante dalla paura e svenire.
«Ehi! Non mi morirai dalla paura? Dopo tutto lo sforzo per non ucciderti.» e infatti Kirabo nel fendete aveva evitato la cabina del pilota non tagliando il teknight perfettamente a metà.
“Devo cercare Takehito!”.

Takehito aveva visto tutti gli altri allontanarsi. Solo in quel momento e grazie a ciò che Shu gli aveva detto, si rese conto che si trovava in una vera battaglia. Anzi una guerra. Era rimasto solo, circondato da macerie, scie e lampi luminosi, rumori di crolli e spari. Strinse le leve di controllo del AU-0 e fece un gran respiro. Non era quello il momento di esitare o farsi prendere dai dubbi. Aveva deciso di combattere insieme alla Phlayrh, Aruto gli aveva costruito un teknight appositamente per lui e Owen non l’aveva ostacolato.
Si sollevò ad una certa altezza dal suolo e visualizzò in maniera dettagliata il campo di battaglia. Alcuni dei GL erano stati già raggiunti dai suo compagni mentre, altri stavano andando ad ingaggiare battaglia con quelli più lontani. Ne individuò uno che si muoveva tra le macerie in cerca di qualcos’altro da distruggere. L’aveva visto abbattere alcuni edifici con pochi colpi del fucile a Red Fusion.
Velocemente fu a poca distanza da lui e cominciò a sparagli con il suo fucile a proiettili. Pallottole che fecero ben pochi danni, giusto qualche ammaccatura. Di tutta risposta dei raggi rossi lo sfiorarono e il GL proseguì nella sua ricerca, ignorandolo. Takehito continua a seguirlo ma non fece in tempo a fermarlo, che il teknight imperiale trovò uno degli ingressi nella zona sotterranea della base. In quel momento c’erano ancora persone che stavano mettendosi in salvo.
C’erano ancora alcuni bambini, che vedendo il teknight imperiale avvicinarsi, vennero fatti scendere velocemente. Lo stesso fecero con i più giovani. Era una corsa contro il tempo.
Il fucile a Red Fusion si stava caricando, la luce diventava più intensa e calda. Molti che erano rimasti fuori, si prepararono pensando fosse la fine.
Per fortuna l’AU-0 fece in tempo. Nel modo più inaspettato si fiondò letteralmente addosso al GL, facendolo cadere e lasciando volare lontano il fucile. Nella foga e libero da ogni impedimento, Takehito prese a colpirlo con i pugni, non lasciandogli tempo e spazio per muoversi. Quei colpi sembravano fare effetto, addirittura alcune parti del busto del GL vennero incrinate. Quella situazione però non poteva durare a lungo. Quando l’AU-0 cominciò a diminuire il ritmo, il teknight avversario, facendo pressione con le gambe se lo scrollò di dosso e estrasse la sua spada ad energia luminosa. Quella lama di luce si abbatté per prima sull’AU-0 che si protesse innalzando la barriera con l’End eer. Fu efficace per i primi due colpi mentre il terzo si conficcò nel braccio sinistro danneggiandolo. Infine con un calcio lo scagliò al suolo.
«Dannazione!» inveì tra i leggeri lamenti di dolore per gli scossoni.
Il GL liberatosi dell’avversario tornò al suo compito principale.
Le persone che ancora erano rimaste fuori non poterono fare molto. Quell’arma umanoide era sempre più vicino e le cose da fare non erano più molte.
Per non rendere vani gli sforzi fatti fino a quel momento, venne fatta chiudere l’apertura che conduceva al sottosuolo per mettere definitivamente al sicuro chi vi era all’interno.
Il GL era lì quando l’apertura si chiuse completamente. Affondò la spada nell’apertura ma non provocò nessun effetto. Provò ancora quattro volte prima di capire che era inutile.
Se non poteva fare più nulla per quelli nel sottosuolo, era in grado di fare qualcosa per quelli che erano in superficie.
Takehito con difficoltà si era rialzato. Non solo il braccio sinistro non era più funzionante ma aveva riportato altri piccoli danni che non rendeva più molto reattivo il suo teknight.
Mentre si riportava su, aveva assistito alla chiusura dell’apertura e l’accanimento del GL nel tentativo di infrangerla.
Ora era fermo con solo la testa girata di lato. Con un rapido movimento del braccio sollevò la spada nella direzione in cui stavano cercando di scappare coloro che non erano riusciti a mettersi in salvo.
La luce che emanava la spada si espanse e divenne più intensa. I corpi di quella gente si consumò in pochi secondi. La carne e le ossa si sciolsero con tale rapidità che non lasciò al dolore il tempo di manifestarsi.
Quell’uccisione così cruenta fece sentire male il giovane pilota del ‘AU-0 che dovette trattenere a stento dei conati di vomito.
Tossì più volte cercando di riprendere il controllo di se.
«Come hai potuto?» disse in un sussurro.
Il GL non aveva concluso. C’era il teknight della Phlayrh da abbattere.
«Erano … persone …»
Il GL si avvicinava e stava preparando un attacco dall’alto.
«Come hai potuto fare una cosa simile?» con quell’urlo Takehito sfoderò la sua arma da taglio. Una lama semi lunga che posizionò davanti al busto afferrata con la sola mano destra e quando il GL era ad un passo a far cadere la sua arma sulla testa dell’AU-0. Takehito affondò la lama nel busto del teknight imperiale.
Quest’ultimo di fermò, fece cadere la spada luminosa, che si spense, e si accasciò.
Era finito.
Takehito estrasse la lama, staccando il rottame del GL col piede.
Il suo respiro era affannoso e si bloccò nel vedere la lama che reggeva. Era sporca di un liquido rosso. Non faticò a capire di che si trattava. Nessun componente e materiale usato per i teknight aveva una consistenza e un colore simile. E poi, appena colpito il GL si era arrestato. Quello non poteva esser che il sangue del pilota.
La cosa lo turbò profondamente, tanto che non si mosse più, con gli occhi allargati e la mani che gli caddero ai fianchi.
Durante la battaglia il cielo divenne sempre più scuro illuminato qua è la da piccole scariche elettriche.
In quello stato non si accorse di un nuovo nemico che gli si stava avvicinando.
Non notò nemmeno quel potente raggio che lo spazzò via. Si trattava del kei-kan, per fortuna Lev era nei paraggi.
«T9 che succede? Problemi con l’AU-0?» Lev non ricevette risposta «Sei ferito? Rispondi!»
«Non sono ferito …» gli rispose dopo un po’.
Kirabo finalmente lo trovò «T9 tutto bene?» disse mentre atterrava accanto ai due suoi compagni.
«Kirabo … » sentì la voce di Takehito tremante e lamentosa e la cosa lo mise in allerta.
La pioggia cominciò a cadere da quella coltre scura.
«Va tutto bene Takehito! Ora non sei da solo.»
«Io … io ho ucciso una persona!» continuò con la stessa voce.
I due suoi compagni compresero cosa lo turbava. Come sempre l’esperienza di una vera e cruenta battaglia non poteva lasciare indifferente.
Non riuscirono ad offrigli alcun conforto, che la Dreizack riprese ad attaccare ripetutamente la base.
Il fuoco si concentrò proprio dove si trovavano i tre della Phlayrh.
«Takehito fatti forza e segui me.» non notando nessuna reazione gli strinse la mano e cominciò a sollevarsi dal suolo «Forza! Ora devi pensare a non morire.»
Tirò più forte e Takehito si scosse sollevandosi dal suolo e lasciandosi portare da Kirabo.
«K4 portalo al sicuro. Io vi compro la fuga.» Lev si posizionò e prese la mira.
Il kei-kan liberò un altro dei suoi colpi che prese solo di striscio la Dreizack.
L’aeronave viola virò. Aveva trovato il RAD che gli stava creando tanti problemi già da prima.
Si concentrò su di lui ma essendo ad una altezza elevata, centrare il bersaglio risultò difficile. Una fortuna per Lev poiché il kei-kan aveva bisogno di tempo per caricarsi.
Scossoni e ed esplosioni si alternarono mentre la Dreizack si abbassava.
«Avanti sbrigati» come sempre per Lev la tensione si faceva sentire «Un solo colpo … o sono morto.»
L’indicatore di energia dei kei-kan era finalmente completo, poteva sparare. L’ultimo controllo e quando la fiancata del motore fu al centro del mirino, fece fuoco.
Da uno tra i migliori tiratori della Phlayrh non ci si poteva che aspettare un successo. La potenza del kei-kan ebbe l’efficacia desiderata e il tridente volante sembrò aver subito gravi danni.  
Quasi a scappar via, il RAD 3 volò in direzione dei compagni.

Lo scontro era sempre più estenuante. La Urano Galeos era tra i più difficili degli avversari. Nella situazione in cui si trovavano, i membri della Phlayrh che si trovavano ancora a bordo della loro aeronave, potevano quasi ritenersi fortunati che non fossero il loro obbiettivo principale. Facevano quel che potevano per deviare gli attacchi e ostacolarli. L’unica cosa che erano in grado di fare era temporeggiare, avere fiducia nei loro compagni e sperare che le navette con gli abitanti della base partissero al più presto.
Non seppero bene quanto tempo fosse trascorso con esattezza tra cannonate, fucilate e virate. Inoltre il cielo si oscurava sempre più fino a che non iniziò a piovere. Ma finalmente poterono avvistare le navette cariche degli abitanti della Hanran. Quello scontro poteva concludersi.
Si disinteressarono allo scontro, lasciando la Urano Galeo continuare la distruzione della base.
«A tutti i piloti! Ritornare immediatamente alla base. Ritornate immediatamente andiamo via!» Erin aveva dato il comando di rientro, lasciando trapelare l’ansia per quella situazione a rischio.
Il messaggio venne recepito e tutti i teknight si affrettarono, ben felici di fare ritorno.
Per la Urano Galeos fu troppo tardi per impedire la loro fuga. Si era concentrato nella distruzione della base, considerandola la priorità assoluta, ignorò l’eventualità che i suo avversario potesse scappare.
«Ancora teknight!»
«K3, ci penso io!» Shu arrestò la sua avanzata per fermare i teknight imperiali che vennero mandati contro.
Lo stesso fece Yue. I due MA affiancati, aspettavano il nuovo scontro.
«Che fanno?»
«Si ritirano a quanto pare.»
«Fratello sicuro che non ci stanno tendendo una trappola?»
Shu parve analizzare con cura la situazione «Sicuro! Rientriamo svelta.»
E infatti era così. I teknight che stavano per fermarli erano stati richiamati dal loro generale. L’obbiettivo di quella missione era distruggere la base della Phlayrh, creare un grave danno all’ organizzazione terroristica che tanto faceva penare l’impero. Doveva essere il primo passo per la sua totale e definitiva cancellazione.

Le navette erano stare agganciate all’aeronave e tutti i teknight erano rientrati, per fortuna senza aver riportato troppi danni e con i loro piloti vivi. Sia dal ponte di lancio che dalla sala comandi e dalle navette, dovettero assistere alla distruzione della Hanran. La parte superficiale stava collassando e sprofondando. Tutto veniva distrutto e se qualcuno si fosse trovato ancora lì, per loro non ci sarebbe più stato un domani.
L’aeronave avanzava rapida nella sua fuga. Quella fu l’ultima volta che rividero la Hanran.
«L’hanno fatto sul serio, eh?»
«Sì, Lev. La nostra base storica cancellata nel giro di pochissime ore.» rispose con tristezza Kyla.
«Non è il momento di piangerci addosso. Dobbiamo pensare alla sistemazione di tutte le persone nelle navette.»
«Ha ragione Shu. Ho ricevuto istruzioni da Owen, quindi mettiamoci al lavoro.» Aruto e Katsu cominciarono a dare indicazioni a tutti su come dovevano organizzarsi.
Il giovane meccanico aveva notato che Takehito non si era mosso da l’AU-0.
«Aruto devo sbrigare un’altra faccenda ora.» Kirabo gli indicò con un movimento della testa Takehito, poi appoggiando una mano sulla spalla di Katsu «Ci penso io a lui. Ora come ora ,non potresti fare molto.» il giovane meccanico poté solo affidarsi a lui.
Lo affiancò in silenzio rivolgendo lo sguardo alla stessa cosa che stava osservando il ragazzo con occhi vuoti.
Era l’AU-0 che teneva ancora stretta la lama nella mano destra. Il sangue era stato lavato via dalla pioggia ma ciò non bastava a farla apparire pulita agli occhi del ragazzo.
«Fissare a quel modo questa macchina non ti porterà a nulla. Vieni con me.» gli diede le spalle e si incamminò, assicurandosi che Takehito lo stesse seguendo.
Lo portò nella sua stanza. Sembrava spaesato e confuso eppure era stato più volte da Kirabo ed era sempre la stessa stanza. Un po’ di disordine con qualche indumento sparso sulla sedia della scrivania e sul letto, le riviste di basket messe in pila su un angolo della scrivania e il suo preziosissimo pallone da basket firmato da un famoso giocatore. Per quanto fosse bucato, per Kirabo era un tesoro prezioso.
«Io non avevo realmente intenzione di ucciderlo. Non so nemmeno cosa ho fatto.» disse ad un tratto mentre Kirabo stara raccattando qualche maglietta sul letto per fargli posto.  Si fermò per un attimo e con più lentezza li sistemò nel mobile e Takehito proseguì «quando ha ucciso delle persone che tentavano di scappare, si è scatenata come una grande rabbia dentro di me e …»
«Non c’è bisogno che continui.» egli poggiò la mano sulla testa.
«Ora mi sento male e non è solo la stretta allo stomaco. Anche tu hai provato questa sensazione?»
«Ogni volta che salgo sul RAD, ogni volta che ricordo il mio passato, ogni volta che qualcuno di voi si tormenta perché non abbiamo altra scelta se non scendere sul campo di battaglia.»
«Come si fa a fermare questo dolore?»
«Una risposta vera e propria non esiste. Dovrai essere tu a capirlo.»   
 «Come?»
«Ricordi, tempo fa ti dissi che essere un pilota significava andare in guerra. Andare in guerra significa poter uccidere o essere uccisi. Allora non mi sapesti dare una risposta, ora sai che significa. Parti da qua e cerca la risposta.»
«Per come mi sento ora non voglio salirci più su un teknight.»
«Anche questa potrebbe essere una possibilità.» si mise a sistemare il letto mentre Takehito restò fermo all’in piedi.
«Vado a prendere un altro materasso. Per stanotte resti a dormire da me.»
«Voglio restare solo.»
«Per come stai è meglio di no.» così detto uscì e tornò pochi minuti dopo con il materasso. Lo trovò che era seduto sul letto ad osservare l’esterno attraversò la finestra. Il cielo ora era sgombro dalle nubi puntellato da numerose stelle.
«Non penso riuscirò a dormire. Se chiudo gli occhi mi  ritorna in mente.»
«Per questo c’è bisogno di qualcuno che ti faccia compagnia.»

«Come procede, Aruto?» Owen aveva raggiunto la sala dei teknight.
«Abbiamo finito.»
Tutti i nuovi imbarcati erano stati fatti sistemare tra le navette e l’enorme sala dei teknight. Spostarsi in quegli ambienti era quasi impossibile, dopotutto erano state sistemate quasi mille persone. Purtroppo ne mancavano all’appello quasi cinquecento.
«Dobbiamo trovare al più presto dove portarle.»Aruto sperava che il generale comprendesse che si trovavano in una situazione rischiosa.
«Andremo a Mutinous.» fu la secca risposta di Owen.
«In un'altra base? Se ci scoprissero?»
«Yakov ci ha reso sicuro il tragitto.»
«Pensi sia la scelta giusta?»
«Anche Erin è d’accordo.»
«Spero solo non succeda nulla tra quei due.» concluse Aruto rivolgendo il suo pensiero a Lev.
«Takehito?» cambiò discorso Owen.
«E’ con Kirabo. Per ora ci pensa lui.»
«E Yue? Non la vedo.»
«E’ salita in camera sua con Shu.»
«Vado da lei! Devo riportale una bella notizia.»
«Riguarda Seref?» domandò speranzoso il meccanico.
«Sì! Si è svegliato e le sue condizioni sono buone. Ora si trova proprio a Mutinous, dove Lara ha trovato rifugio.»
«Che bella notizia! Vado a dirlo subito anche agli altri.» Aruto se ne andò.
Owen riportò l’ ultime novità e ai due fratelli, che ovviamente ne furono molto felici, in particolar modo Yue non stentava a trattenere la gioia.
Passò anche da Kirabo per aggiornarlo.


«Che sollievo! Per fortuna sta bene.»disse piano Kirabo.
«Questa volta ci ha fatto preoccupare sul serio.» ma ogni paura era ormai passata e Owen poteva dirsi più sereno.
«Non posso nemmeno rimproverarlo non essendo colpa sua.» Owen si lasciò andare in un leggera risata al commento di Kirabo.
«Piuttosto Owen, Lev sa dove stiamo andando?»
«Sì, è stato lui stesso a convincermi di fermarci lì.»
«Cerchiamoli di farli stare il più lontano possibile.»
«Cominciamo con l’arrivare a Mutinous e affrontare un problema alla vola.» disse l’uomo prima di salutare e dare l’ultima occhiata al sonno agitato del giovane pilota che Kirabo ospitava.


Angolo dell'autrice:
Da qui ci sarà un cambiameto per Takehito. E' arrivato un momento diffcile che dovrà superare.
Da qui ci si avvia verso la fine ( ma ci saranno ancora un pò di capitoli, un numero ancora non ben definito). Diciamo che staimo dopo la metà.
Come sempre ringrazio continua leggere e il grande recensore belfire99.
Al prossimo cap ;)


     

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Capitolo 17
*** Section 16 ***


Argest Age – section 16

«Pare che siano stati sistemati tutti.»
«Grazie per l’aiuto.» Owen pronunciò solo quelle parole, che sembravano avere più un tono formale che di vera gratitudine. Era seduto in un angolo del divano con una mano appoggiata su una delle tempie e l’altra adagiata sulla gamba. Era vinto dalla stanchezza e dalle troppe preoccupazioni.
L’uomo che era entrato nella stanza leggermente illuminata, gli si avvicinò e si sedette al suo fianco. Nonostante la leggera oscurità, lo poté osservare bene. Era uguale all’ultima volta che lo vide qualche anno prima. Un uomo che non si faceva ignorare, pronto a scrutare l’altro con quei suoi occhi castani sfaccettati da linee verdi che gli contornavano la pupilla, duri e severi. Le sopracciglia per lo più sempre aggrottate che gli lasciavano segni profondi sulla fronte. Nemmeno i suoi capelli persero un po’ del loro colore castano mentre quelli di Owen diventavano bianchi.
«Avete corso un bel rischio! Non dovevi uscire dal nascondiglio.» ecco che l’uomo cominciò con l’esporre le sue critiche.
«Dovevamo recuperare Shu e Yue.» sapeva che quella risposta, così semplice e a parere suo ovvia, sarebbe stata l’inizio di una conversazione che sperava durasse il meno possibile.
«Li avreste potuti far salire a bordo in un secondo momento. Se non sbaglio avevano anche gli MA con loro.»
«E con questo? Sarebbero stati di certo più al sicuro con noi che chissà dove con le forze imperiali sulle nostre tracce.»
«Ti preoccupi così tanto degli imperiali che collabori con loro?» disse sarcastico.
«Conosci perfettamente il caso di Falk.»
«Chi ti dice che è rimasto lo stesso di un tempo o che le sue intenzioni fossero state buone fin dall’inizio? Tutto ciò che è accaduto poteva far parte di un piano ben preciso. Conosce l’ubicazioni delle basi, conosce le vostro modo di agire ….»
«Stai insinuando che non saremmo dovuti andare in soccorso della gente di Hanran?»
«Ti sei buttato da solo nella fossa dei leoni.»
«Se non fossimo intervenuti molta più gente sarebbe morta.»
«Dovrebbero essere in grado di cavarsela da soli.»
«Yakov, se  questa sorte fosse toccata a Mutinous avresti il coraggio di dire lo stesso?»
«Avrei difeso Mutinous e scacciato i nemici. Ma se per disgrazia fosse caduta a causa della mia incapacità, non saresti dovuto intervenire. La base centrale della Phlayrh non deve cadere anche al costo di qualche sacrificio.»
«Qualche sacrificio?» sussurrò adirato «Per quanto passi il tempo, per quanta gente hai visto morire e per quanta sofferenza sopportiamo non riesci a trovare altra via.» Owen si alzò dal divano a fatica come se fosse più stanco di prima.
«Scappi?» il tono ancora ironico di Yakov fece fermare per un attimo il generale.
«Vado a fare ciò per cui ero venuto, cioè riposarmi e non sentire il solito mucchio di sciocchezze.» così dicendo abbandonò la stanza lasciando da solo il suo interlocutore scuro in volto.
Una volta uscito, percorse un corridoio molto lungo che si snodava in diversi punti, fino a raggiungere un ascensore che lo condusse tre piani più in basso. Quello in cui si trovava era un modesto edificio con pochi piani.
Per quel caso di emergenza, tutte le sale che non erano strettamente necessarie per il lavoro di ufficio, ovvero una grande sala incontri e due archivi, vennero utilizzate come appoggio dai membri della Phlayrh.
Una volta arrivato nelle vicinanze dei luoghi di cui avevano preso possesso, sentì il gran vociare. Aprendo la porta il chiacchiericcio che si sentiva all’esterno venne amplificato e davanti l’uomo si presentò una situazione alquanto caotica.
I ragazzi si stavano sistemando per la notte. Li vedeva discutere animatamente, se non litigare, per chi avesse usato i sacchi a pelo e chi i materassi, per chi dovesse posizionarsi sotto la finestra e chi lontano e per chi voleva più coperte. Neanche fecero caso ad Owen che si avvicinò alla figlia senza badare troppo alla confusione.
«Kyla sai dov’è la mamma?» le domandò piano senza farsi sentire dagli altri presenti.
«Sta nell’archivio affianco … Kirabo non ti azzardare! Quella coperta è mia!»
Owen pensò bene di lasciarli alla loro organizzazione. Gli bastò quella poca attenzione che la figlia gli aveva rivolto e andò nella stanza affianco.
Bussò prima di entrare come per annunciarsi. C’era soltanto Erin, anche lei intenta a sistemare un letto di fortuna.
«Già di ritorno?» gli chiese adagiando una coperta di lana su due materassi singoli uniti.
«Non si stava tranquilli nemmeno lì.»  
«Perché?»
«Yakov.» sospirò.
Quel nome bastò per farle capire la situazione.
«Non ci pensare più di tanto. Piuttosto pensa che abbiamo un stanza tutta nostra e qualcosa che si avvicina molto ad un letto caldo e confortevole.»
«Mi va bene anche il pavimento.» commentò sdraiandosi sul materasso.
 Effettivamente era comodo e la coperta di lana svolgeva bene il suo dovere.
«Affianco manca qualcuno?» continuò voltandosi sul fianco nella direzione di Erin.
«Gli adulti si sono presi gli archivi e i ragazzi la sala congressi. Però di là manca Takehito.»
«Dov’è?»
«Con Lara e Aruto nell’archivio in fondo.»
«E’ così provato che non vuole nemmeno stare con gli altri.» costatò mestamente.
«Hanno provato a convincerlo ma non c’è stato verso.»Erin si sdraiò al suo fianco e cominciò ad accarezzargli delicatamente il volto.
Il marito si lasciò andare al suo tocco e dopo un po’ le si avvicinò di più. Lei lo abbracciò continuando a fargli dolci carezze.
«Sono stanco … vorrei che questa dannatissima guerra finisse.»
«Finirà. Un giorno finirà.» gli disse dolcemente.
Restarono così per molto tempo. Finalmente Owen riuscì a lasciar andar via un po’ di tensione.
«Stanno ancora litigando.» constatò l’uomo che avrebbe tanto desiderato il silenzio per abbandonarsi completamente al sonno.
«Vedrai che si addormenteranno anche loro.» nel frattempo le voci, per quanto soffuse, continuavano a farsi sentire.
«Spero presto.»
La porta bussò e dallo spiraglio della porta socchiusa apparve il volto di Kyla.
«Mamma, papà posso dormire qui?»
Dopo un attimo di sorpresa Erin la face entrare «Certo!»
Si tirarono su mentre Kyla entrò e chiuse la porta alle sue spalle.
«Successo qualcosa di là?» le domandò il padre notando il suo sguardo alquanto alterato.
«Kirabo.»
«Che ha fatto questa volta?» proseguì Erin interessata.
«E’ un prepotente! Voleva per forza dividere la coperta con me perché dato che è troppo lungo ne voleva avere due.» spiegò.
«Non poteva dividerla con qualcun altro?»
«Lev si muove troppo mentre dorme, Katsu se l’è svignata nel sacco a pelo e Shu e Yue si sono rifiutati, ma figurati se va ad insistere con loro due.» ai due genitori scappò un sorriso.
«Guardate che non lo sopporto seriamente.» Kyla mantenne un tono serio.
«Vi comportate allo stesso modo di quando eravate piccoli.» le fece notare la madre.
«Non è colpa mia se è cresciuto solo in altezza.» fece offesa.
«Che ne dite se ci mettiamo tutti e tre sotto le coperte che comincia a fare freddino?» Owen le fece cenno di mettersi nel letto.
La ragazza non se lo fece ripetere.
«Si può sapere di che altro stanno discutendo?» Owen era sempre più desideroso di dormire.
«Si stanno contendendo una stufetta, Yue si sta battendo perché vuole che si lasci un po’ la tenda alzata così può vedere quando si fa giorno e andare da Seref in ospedale il più presto possibile. Gli altri non voglio specialmente Shu, e infine, stanno già pensando a chi andrà a lavarsi per prima domani.» Kyla gli fece l‘elenco completo.
«Ma dico sono cinque e non riescono a mettersi d’accordo?»
«Shhh!» Owen le interruppe facendo segno di fare silenzio ponendo l’indice avanti al naso.
Improvvisamente le voci divennero più basse e poi più nulla «Hanno finito.» affermò piano, timoroso che fosse solo un’illusione.
«Pare di si.» Kyla gli diede conferma.
Il silenzio continuava a persistere tanto da dare fastidio alle orecchie.
«Che dite se spegniamo la luce e ci addormentiamo anche noi?» propose Erin sbadigliando stanca.
«Non aspetto altro.» Owen lo disse con un tale senso di sollievo che si coprì con la coperta fin sotto al naso chiudendo gli occhi.
La luce venne spenta e poterono abbandonarsi al sonno.

Alcuni giorni dopo
«Quanto tempo resterete lì?»
«Non lo so con precisione ma penso per un bel po’.»
«Kirabo sicuro di stare bene?» la sua interlocutrice, dall’immagine olografica della videochiamata,  era preoccupata.
«Sto bene.» le rispose più per tranquillizzarla, poi continuò «è che sono un po’ preoccupato ma non so cosa fare.»
«Takehito?» Shae era sempre in grado di capire qualunque suo pensiero.
«Sì. Cerchiamo di tenerlo impegnato però fa di tutto per evitarci. È come se si sentisse in colpa per quello che ha fatto.»
«Ammetterai che quando eravamo noi alle prime armi e ci trovammo costretti ad uccidere non stavamo certo bene. Abbiamo imparato a sopportare, vedrai che  accadrà lo stesso anche per lui.»
«Spero che non gli abbiamo dato un fardello troppo pesante.»
«Però c’è ancora qualcosa’altro che non va, indovinato?»
«Sarò mai capace di nasconderti qualcosa?»
«Non azzardarti mai a farlo che te ne farò pentire amaramente!» gli disse con fare minaccioso.
«Tranquilla non ci tengo.» Kirabo lasciò che una risata gli mutasse quell’espressione triste che aveva.
«Allora?» lo esortò la moglie.
«Ho paura e comincio a non reggere più.» ammise piano.
Shae fece per avvicinargli una mano, voleva accarezzarlo ma non era possibile. A quel gesto il volto del marito si intenerì.
«Ho paura di perderti, ho paura che possa accadere qualcosa a Fuhara … e ho paura che possa lasciarvi sole. Ci sono più di una cinquantina di bambini di Hanran che sono rimasti senza genitori e quando sto con loro mi si strazia il cuore.» questa vota fu Kirabo a tenderle la mano «per quanto ci affanniamo sembra non cambiare nulla.»
«Però tu non puoi cedere!» la sicurezza di Shae lo riscosse un pochino «sei il punto di riferimento dei più giovani. Pensa solo a Shu e Yue. Sei come un fratello maggiore se non qualcosa di più. E non ti dimenticare dei nostri amici, se andiamo avanti è perché ci sosteniamo l’un l’altro.»
«E’ pesante!»
«Io resto con Fuhara alla base e tu combatti. Lo stabilimmo anni fa. Ti ho lasciato sulla Phlayrh perché tra noi due sei quello che ci è più legato ma se ti pesa così tanto, possiamo anche scambiarci i ruoli.» Kirabo rimase sorpreso da tali parole e dalla forza con la quale venivano pronunciate «Tu combatti anche per me!» proseguì.
Seguì qualche attimo di silenzio.  Il messaggio venne recepito ed e gli diede la motivazione e il sostegno che gli serviva.
«Pare che me lo sia dimenticato per un attimo. Ora va meglio.»
«Vedi di non dimenticarlo più. Ah! Fuhara è ancora arrabbiata per quella volta.»
«Quale volta?»
«Quando sei andato in soccorso di Shu nella missione in Africa e poi ve ne siete andati via.»
«Eppure l’altro giorno  le ho parlato ma non mi sembrava arrabbiata.» rifletté un po’ sorpreso.
«All’apparenza no ma non fa atro che ripetere che se non le porterai un bel regalo come le hai promesso, ti metterà le lucertole nel letto.»
«Lucertole?» ripeté quasi spaventato.
«Si si lucertole, dice che quando mordono fanno male. Per ora è l’unico rettile le consento di prendere. Ti ho raccontato di questa sua passione, no?»
«Mi affretterò a trovarle un regalo.»
«Kirabo! Kirabo!» dall’esterno della stanza in cui stava, Kirabo sentì Katsu chiamarlo con insistenza.
«Shae aspetta un attimo.» Kirabo uscì e si ritrovò avanti Katsu con il fiatone.
«Che succede?» domandò al ragazzo.
«Kirabo va a calmare Lev! Takehito sta facendo una simulazione di combattimento con Yakov ma quando Lev l’ha saputo, si è infuriato. Ora sta facendo anche lui la simulazione ma quando finiscono non so che intenzioni avrà.»
«Takehito e Yakov? Non è un buon momento per far conoscere quei due. Takehito stava con te?»
«Sì.»
«Perché non l’hai fermato?»
«Non ha ascoltato.» il giovane meccanico si sentì in colpa.
«Tranquillo ci penso io» rientrò nella stanza. «amore …»
«Ho sentito, vai. Mi chiamerai la prossima volta che potrai.»
«Ciao, allora.»
«Caio, amore mio.» la conversazione si chiuse e Kirabo seguì di fretta Katsu.


«L’aeronave ha ancora un sacco di guasti da riparare.» Katsu ricevette un mugolio per risposta dall’amico che gli camminava accanto.
«Dovremmo fare una sorta di tabella di marcia o non la ripariamo più» ancora un mugolio.
«Ehi! Ma mi stai ascoltando?»
«Sì.» una risposta meccanica.
Dopo la battaglia Takehito aveva perso ogni energia ed entusiasmo. Lasciava che le cose gli scorressero addosso.
«Andiamo a distrarci un po’?» non sapeva che fare per farlo sentire meglio.
 «Tu saresti il nuovo pilota della Phlayrh?» una voce scontrosa e beffarda li raggiunse dalle loro spalle.
“Dannazione! Lui no.” pensò Katsu.
 I due ragazzi si voltarono senza dire nulla mentre l’uomo, che si era rivolto loro, si fermò a pochi centimetri, guardandoli dall’alto verso il basso.
«Un ragazzino senza spina dorsale!» quel tizio aveva deciso di insultare il giovane pilota.
«Yakov, non è il momento.» Katsu si frappose fra i due e l’uomo fu costretto a distogliere lo sguardo dal pilota.
«Sei impegnato a piangerti addosso, ragazzino?» Takehito alzò gli occhi verso quelli dell’uomo, minacciosi e derisori. Lo misero a disagio ma gli fecero anche scattare una certa rabbia.
«Che ne sa di cosa ho per la testa?» gli domandò calmo.
«Cose inutili!»
«Yakov per favore smettila! Su Takehito andiamo via.» Katsu lo afferrò per un braccio e trascinarlo con se ma l’amico non si mosse.
I suoi occhi erano fissi in quelli di Yakov stretti in due fessure.
«Non sono cose inutili.» affermò con fermezza.
«Allora dimostramelo. Stai così dopo aver ucciso un tuo nemico, giusto? Fammi vedere quello che hai nella testa!»
«Takehito non dargli retta.» Katsu provò ancora dal dissuaderlo ma venne ignorato.
«Ti propongo una simulazione di combattimento. Fammi vedere quello che sai fare ragazzino.» per l’uomo era il momento giusto per ottenere ciò che voleva.
«Va bene! Fammi strada.»
«Takehito fermati! Non è una buona idea, credimi!»
«Katsu lasciami andare.» lo strattonò e si liberò dalla sua presa.
Katsu continuò ancora a convincerlo di rifiutarsi ma non volle sentire ragioni. Attraversarono diversi corridoi dell’edificio in cui si trovarono e raggiunsero i simulatori.
Erano situati in una grande sala al cui interno, oltre i simulatori veri e propri, posti al centro, era ricca di computer per la rilevazione e la elaborazione dei dati raccolti.
«Cosa sei abituato pilotare?» Yakov era pronto ad impostare i dati per la simulazione.
«Il mio teknight è stato costruito sulla base di un TH ma le prestazioni eguagliano quelle di un  GS o del RAD 3.»
«Puoi anche metterti in posizione.» l’uomo terminò di immettere le informazioni necessarie e il portello di uno dei simulatori si sollevò.
«Takehito non devi dimostrare niente a nessuno! Lascialo perdere e torniamocene indietro.» Katsu l’aveva afferrato per le spalle e fatto girare.
«Non ti intromettere!» Takehito si liberò dalla presa e lo spinse lontano, furente si sistemò nella sua postazione.
Yakov gli lanciò uno sguardo di vittoria e ed entrò in uno dei simulatori. Il giovane meccanico non poté fare altro che restare ad osservare.
La postazione del simulatore era identica in tutto e per tutto ad una comune cabina di pilotaggio di un teknight. Intorno a lui i pannelli che permettevano di vedere l’esterno, visualizzavano come campo di battaglia, uno spazio verde con pochi alberi a ridosso di una città, che sembrava essere uscita da un bombardamento. In quel momento Takehito si trovava sospeso in aria. Come prima cosa, ritenne fosse più prudente scendere e nascondersi dietro o in qualche costruzione ancora in piedi.
Cominciò a tremare senza nemmeno rendersene conto. Si sentiva agitato, il respiro divenne affannoso e cominciava a sudare freddo.
“Devo calmarmi … è solo una simulazione, non è un combattimento reale.” è ciò che si ripeteva mentalmente e parve, che a poco a poco, questa consapevolezza lo tranquillizzò.
Doveva trovare quell’uomo e chiudere in fretta la questione. Scansionò l’area circostante senza rilevare nulla. Così cominciò a muoversi tra le macerie e le mura, senza esporsi troppo, alla ricerca dell’avversario. Per quanto si stava sforzando non riusciva a trovarlo.
«Dove diamine è?» la calma, che a fatica aveva riacquistato, stava svanendo.
Poi improvvisamente sullo schermo comparve qualcosa. Era un altro teknight, uno simile al suo che gli stava precipitando addosso, sparandogli dalle armi che aveva sulle spalle.
Ebbe appena il tempo di scansarsi e rispondere con alcune piccole bombe che gli lanciò.
Il teknight sguainò la sua spada luminosa e tagliò in due le bombe facendole esploderle in aria, dopo di che, eseguì una serie di affondi. Takehito riuscì a schivarli ma ogni volta che ne scansava uno, il suo stato di malessere aumentava.
Fu costretto a sfoderare anche la sua di spada per difendersi da un'altra serie di attacchi. Quando vide la possibilità di fare breccia nella difesa dell’avversario, era pronto per sferrare un attacco decisivo che avrebbe diviso in due il teknight ma qualcosa lo bloccò.  Non portò a termine il suo attacco e si allontanò il più possibile verso gli alberi.
«Non scappare! Avevi l’opportunità di distruggermi» il tono di Yakov era volutamente provocatorio «Ti stai deprimendo perché hai ucciso un tuo nemico in battaglia, non è così?» sperava gli giungesse una risposta ma poté notare solo che il ragazzo si era fermato dietro un albero.
«Cosa c’è di male? I nemici vanno uccisi ... tutto l’impero Argest va cancellato, annientato non ne deve rimanere neanche il ricordo.»
Takehito ascoltava con attenzione. Ogni parola gli sembrava sbagliata, si scontrava con il  senso di colpa che lo stava dilaniando in quei giorni.
«Se non l’avessi ucciso tu l’avrebbe fatto lui.» continuò Yakov.
A Takehito tornarono in mente le immagini dello scontro. Quando la sua lama trapassò il metallo. Era sconvolto per l’assassinio brutale che era stato costretto ad assistere, impotente. Si mosse per difendersi, per fermarlo.
«Sul campo di battaglia non devi pensare a difenderti, non devi pensare a difendere qualcun altro, il tuo unico pensiero deve essere quello di uccidere i tuoi nemici, senza rimorsi e senza pietà!» Yakov lo aveva raggiunto e tagliò l’albero dietro il quale si nascondeva.
Il teknight di Takehito indietreggiò, voltandosi nella sua direzione. Yakov si preparò ad un attacco verso l’alto,  sembrava pronto per un’esecuzione.
Si stava ripetendo la stessa scena, la stessa posizione. Con occhi sbarrati che non riuscivano a contenere il vortice di sentimenti negativi che gli attanagliavano l’animo e le mani ferme, posizionarono la spada davanti a se, all’altezza del busto.
«Muori.» sussurrò il ragazzo.
Doveva solo all’ungare le braccia e sarebbe finito.
Appena in tempo arrivò un altro teknight, allontanò quello di Yakov che cadde a terra rovinosamente. Questi con il suo fucile gli rese inutilizzabili braccia, gambe e telecamere.
Sullo scherno dell’abitacolo, Yakov venne segnalato come sconfitto e subito dopo l’ultimo arrivato abbandonò la simulazione decretando la sua fine.
I macchinari si spensero e i portelloni si aprirono.
«Takehito! Tutto bene?» il terzo che si unì alla simulazione non era altri che Lev.
Si era trovato a passare per lì e notò Katsu abbastanza allarmato. Non ci mise molto a fargli spiegare cosa stesse accadendo, nonostante il meccanico fosse un po’ restio.
Lev si precipitò da Takehito che faticava a far entrare aria nei polmoni per quanto fosse agitato.
«Non è successo nulla, sta tranquillo.» Lev gli era vicino e gli massaggiava le braccia per tranquillizzarlo. Parve riuscirci ma i suoi occhi racchiudevano un’orribile consapevolezza.
“Muori”.
Il compagno credendo che si fosse ripreso, rivolse la sua attenzione a colui che aveva dato inizio a tutto.
«Che volevi fargli? Approfittare della sua debolezza per ficcargli in testa le tue stupidate?»
«Che ti interessa che volevo fare?»
«Hai ragione non mi interessa, tanto qualsiasi cosa tu faccia è qualcosa di male. Quindi non ti avvicinare più a lui!»
«Lo farò se vorrò. Non mi interessa cosa pensi.»
«Sei un vile!» furibondo lo afferrò per la maglia.
«Lev!» il richiamo di Kirabo bastò per fermarlo. Lasciò andare Yakov che si sistemò la maglia e si allontanò rivolgendo occhiate d’astio a Kirabo.
“Giusto in tempo.” Kirabo ne fu sollevato «Andiamo a darci una calmata tutti quanti.» il suo sembrò più un ordine che un consiglio.
Tornarono tutti nella stanza in cui dormivano i ragazzi, dove all’interno vi era solo Kyla intenta a studiare alcune carte.
«Cosa è successo?» la giovane  percepì subito che qualcosa non andava. Kirabo con uno sguardo insolitamente duro, Lev che sembrava volesse fare a pugni con qualcuno, Katsu decisamente nervoso e Takehito se possibile era ancora più scuro in volto.
Kirabo le spiegò la situazione.
 «Siamo alle solite. Vado a prendervi qualcosa.» così uscì per pochi minuti, tornado con bicchieri e alcuni termos contenenti tè, cioccolata calda e caffè.
Kirabo e Katsu presero volontariamente rispettivamente del caffè e del tè mentre agli altri due, Kyla li forzò a prendere della cioccolata, ritenendola più adatta per farli calmare.
«Takehito, perché hai accettato di fare quella simulazione? In questi giorni non volevi nemmeno avvicinarti ad un teknight.» Kirabo ruppe il silenzio.
«Non lo so.» rispose guardando la tazza fumante tra le mani.
«Perché ti ha provocato e tu ci sei cascato come uno stupido.» ribatté il meccanico stanco dell’atteggiamento di Takehito.
«Non è vero!»
«Allora perché? Sono giorni che ti tormenti, poi arriva uno che ti insulta e tu cedi. Ho provato a fermarti ma tu nulla.» Katsu era in piedi e aveva alzato la voce.
L’amico non disse nulla non aspettandosi una reazione del genere.
«Non sai che dire? Tanto ormai è chiaro che fai sempre come vuoi. Vedi di schiariti le idee.» mandò giù l’ultima sorsata di tè ed uscì agitato.
Kyla fece per seguirlo ma Kirabo la trattenne, sicuro che si sarebbe calmato da solo.
«Che cosa è successo esattamente durante la simulazione? Stavi peggio di quando sei uscito dall’AU-0 l’ultima volta.»
«Nulla di particolare, Lev.» Takehito continuava a mantenere la testa china.
«Tenerti tutto dentro non ti farà bene …  nemmeno a chi ti sta intorno.» la giovane gli si rivolse con fare dolce, facendo chiaramente riferimento a Katsu.
Come un fiume i cui argini non riuscivano più a contenere l’acqua dopo un’abbondante pioggia, Takehito cominciò a far straripare i sentimenti logoranti che si erano abbattuti prepotentemente su di lui.
«Io davvero non so cosa mi stia succedendo» aveva appoggiato il bicchiere, mantenendo il volto rivolto verso il basso «però se prima il pensiero di aver ucciso qualcuno mi faceva stare male, ora ho paura di me stesso.» un leggero fremito lo scosse.
Seguì una lunga pausa in cui nessuno disse nulla, lasciando al ragazzo il tempo di prendere coraggio e proseguire.
«Solo quando mi sono reso conto di ciò che avevo fatto, ho capito che stavo combattendo  in una guerra. Volevo pilotare i teknight perché mi piacciono, volevo farlo anche qui perché non ho più un posto dove tornare e volevo rendermi utile. Di quello che è accaduto, incominciavo a farmene una ragione … e adesso ho paura di me stesso.» fece un’altra piccola pausa «durante la simulazione avevo paura, anche se ero consapevole che il campo di battaglia era finto, che non sarebbe accaduto nulla né a me né a quell’uomo. Stavo scappando e lui sapeva perché. Sapeva che avevo ucciso il pilota del GL e continuava a dire che quello che avevo fatto era giusto, che non dovevo avere pietà per nessuno. Quando stava per attaccarmi, non è stato come l’altra volta in cui il mio corpo si mosse da solo. Io lo volevo morto. Poi Lev ci ha interrotto … forse non dovrei più salire su un teknight.»
Lev sospirò pesantemente : «Tutto quello che ha detto e fatto aveva il solo scopo di farti credere che ciò fosse giusto. Essendo mio padre lo conosco bene e non è altro che un  uomo divorato dall’odio. Non si è fatto scrupoli nel mettere in pericolo la vita di mia madre e di una giovane ragazza, pur di fermare Argest. Da qualcuno che non si ferma nemmeno davanti alla morte delle persone care, non puoi aspettarti altro. La guerra non è una cosa giusta ma pare sia l’unica possibilità. Ma per quanto possibile, cerchiamo di evitare morti inutili e di avere pietà per chi abbiamo di fronte.»
Takehito restò quasi sconvolto, rivolgendo la sua attenzione al biondo.
«C’è anche chi alla guerra ha trovato un’altra via da percorrere. Orami anche tu sei venuto a conoscenza di Falk» Kyla ricevette un cenno affermativo del capo del ragazzo «Lui faceva parte della Phlayrh ed era cresciuto insieme a me, Lev e Kirabo. Abbiamo sognato, affrontato difficoltà, litigato e combattuto insieme, tuttavia lui, la guerra la detestava e riteneva che con essa non avremmo ottenuto nulla. Alla fine andò via con l’intento di voler cambiare le cose partendo dalle persone, cambiando il loro modo di vedere le cose e cercare un modo per vivere insieme pacificamente.»
Takehito sembrava più confuso di prima. Per quale motivo gli dicevano tutte quelle cose? Le sue idee riguardanti la battaglia che portava aventi la Phlayrh, si erano fatte già poco chiare e le versioni discordanti non facevano che rendere tutto più complicato.
«Takehito, voglio farti vedere una cosa. Poi ti lasceremo il tempo di riflettere con calma.»
Kirabo si alzò e fece per aprire la porta e rivolgergli lo sguardo.
Takehito poco convito lo seguì e lo condusse al penultimo piano dell’edificio. Arrivati si poté udire la confusione creata dal chiacchiericcio, dalle urla e dai pianti di bambini. C’erano tre sale molto grandi congiunte da un corridoi piuttosto stretto.
Kirabo entrò in una di quelle stanze piena di bambini. C’era sempre qualche adulto che li controllava e pronto per ogni loro necessità.
In quello stesso edificio in cui stava da alcuni giorni non sapeva che a due piani più in alto, ci fossero così tanti bambini. Dovevano essere all’incirca una cinquantina.  Ma a Takehito non era ancora chiaro il motivo per cui Kirabo l’avesse portato lì. Provò a domandarglielo ma non era più al suo fianco. Si era allontanato senza che se ne accorgesse.
«Takehito vieni qui!» l’aveva ritrovato e gli si avvicinò «dammi una mano a distribuire la merenda ai bimbi.» e gli diede diversi dolcetti da reggere.
In realtà non sapeva bene che cosa dovesse fare e così si limitò a seguirlo. Furono stesso i bambini che gli si avvicinarono e presero il loro dolcetto.
«Sai, loro sono rimasti tutti senza genitori dopo che la Hanran è andata distrutta.» lo disse piano «a me non piace combattere, non voglio vedere la gente soffrire e mi arrabbio tanto quando Shu si lascia prendere la mano però … io ero un orfano. Non ho mai saputo chi fossero i miei genitori, prima di imbarcarmi sulla Phlayrh non facevo altro che lavorare ed ero solo un bambino. Avevo un desiderio, quello di giocare a basket e non potevo farlo. Ci sono tanti bambini e persone che si trovano nella stessa condizione in cui mi trovavo io. Quando siamo tornati da Hanran, mi hai chiesto come si faceva a fermare il dolore. Un modo per fermalo non c’è ma si più sopportare. La mia risposta sono loro, questi bambini e tutti le persone costrette a subire soprusi. Mi piacerebbe se Falk riuscisse nel suo intento ma ha deciso di combattere una battaglia ancora più ardua della nostra.»
Takehito rimase fermo non sapendo che rispondere o pensare.
Poi il pianto di una bambina lo riscosse. Non sapeva nemmeno lui perché le si stesse avvicinando ma si lasciò guidare dal suo istinto. Si abbassò alla sua altezza e prese ad accarezzale i capelli piano.



Angolo dell'autrice:
Salve a tutti e buone feste!
Approfitto di questi giorni in cui ho più libertà per portarmi avanti con i capitoli che stanno prendendo una piega un pò diversa da come li avevo pensati all'inizio.
Povero Takehito è decisamente tormentato ma è ad un punto di svolta. Come risolverà?
Grazie per chi continua a seguire anche se silenziosamente.
Ci vediamo nel 2015 con il prossimo capitolo.
Buona fine anno e strepitoso anno nuovo! ;)

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Capitolo 18
*** Section 17 ***


Argest Age – section 17

«No, il tetto deve essere rosso!» Takehito venne ripreso da una piccola bambina di sei anni di nome Miyu. Si trovavano nella grande sala riunioni, dove i ragazzi della Phlayrh alloggiavano.
Una settimana prima dopo la paura, il senso di colpa, il rimorso, il terrore dei suoi stessi pensieri e il confronto con i compagni, era molto confuso. Poi Kirabo lo sorprese, portandolo in quella stanza piena di bambini. Lì il pianto di Miyu aveva catturato la sua attenzione e come se ogni pensiero fosse svanito, si fece guidare dal suo istinto senza farsi domande. Le si era avvicinata e l’accarezzò, quando si fu calmata le aveva offerto un dolcetto che la bimba prese e che mangiò. Nei giorni seguenti andava spesso da lei, portandole qualcosa da mangiare, un gioco, dei colori. La piccola mal sopportava la solitudine così accettò volentieri la compagnia di Takehito e fu lei stessa a cercarlo. Ora si trovava con lei a giocare con delle vecchie costruzioni conservate sull’aeronave.
Una settimana prima non aveva capito il motivo del gesto di Kirabo ma grazie a ciò, riuscì senza troppo sforzo a fare chiarezza dentro di se.
«Ok! La finestra la mettiamo qui?» le domandò mettendo un mattoncino a forma di finestra  su una parete della casetta che stavano costruendo.
«Sì!»
Dopo aver aggiunto il mattoncino si adagiò sugli avambracci sospirando.
«Non giochi più?» le domandò la bimba guardandolo con occhioni tristi.
«Eh?» si rivolse a lei un attimo smarrito, poi le accarezzò la testa «stavo pensando.»
«A cosa?» chiese mentre si aggiustava i capelli scompigliati.
«Mi sono comportato male con un amico e ora voglio fare pace con lui.»
«Per fare la pace è facile! Si deve dire scusa e che non lo fai più.»
«Mi sto facendo troppi problemi.» in fondo era come le aveva detto Miyu. Doveva solo chiedere scusa e Katsu avrebbe capito. Questa volta doveva essere lui a fare il primo passo, fin troppe volte era avvenuto il contrario. «Ti riaccompagno dagli altri bambini.»
«Ancora un altro po’!» protestò.
«Abbiamo giocato tutta la mattina e ora ho tante cose da fare.»
«Vengo con te!»
«Non puoi. Sono cose che devo fare da solo.» la piccola mise il broncio del tutto contrariata.
«Ti vengo a prendere dopo cena, va bene?»
«Promesso?»
«Promesso!» non del tutto contenta ma rassicurata dalla promessa fatta, Miyu si lasciò accompagnare ai piani superiori mentre Takehito andò alla ricerca di Katsu.
Probabilmente lavorava alla riparazione dell’aeronave, quasi del tutto ultimata. Il tempo che gli era stato dato per riflettere era servito; il suo animo aveva trovato un po’ di equilibrio e fatto ordine tra i sentimenti contrastanti che aveva provato. Si era riavvicinato ai suoi compagni ma solo fisicamente, condividendo il lavoro, i pasti e la stanza in cui dormivano, tuttavia evitava di guardarli negli occhi e di parlare. L’unico vero contatto fu Miyu, con l’intento di aiutarla non si accorse che avvenne l’inverso.
Raggiunse l’aeronave e si mise a cercarlo. Era silenzioso e tranquillo, poi dei piccoli rumori di oggetti metallici che venivano appoggiati a terra. Lo trovò con metà busto all’interno di uno dei propulsori dello IF.
«Katsu …» non gli rispose continuando il suo lavoro «Katsu devo parlarti.» gli si avvicinò di più, incerto.
«Sto lavorando.» era ancora arrabbiato.
«Scusa … per l’altra volta.» Katsu si fermò ed uscì dal propulsore.
«Non mi interessano le tue scuse.» Takehito accusò il colpo, il meccanico lo notò e proseguì «mi interessa sapere se hai fatto chiarezza dentro di te.» nonostante tutto continuava a preoccuparsi per lui.
«Ho preso la mia decisione.» Takehito era risoluto e sereno.
«Che aspetti? Vieni a darmi una mano così finisco prima.» come per magia il suo sguardo si rilassò, tornato il solito Katsu gentile e sorridente.
Takehito quella sera a Miyu avrebbe raccontato che a volte il solo dire scusa non bastava per fare la pace ma ci voleva un pizzico di umiltà per aprire il proprio cuore e comprendersi.
Finirono di riparare il propulsore, fecero alcuni test di controllo e diedero una ripulita in alcune sale dell’aeronave ricoperte di polvere. Si fece sera e due ragazzi vennero chiamati per la cena da Aruto.
Dopo le difficoltà e la confusione iniziali, i membri della Phlayrh avevano ripreso le vecchie abitudini. La sala congressi usata per dormire, venne adibita anche come sala da pranzo. Il grande tavolo al centro sembrava essere fatto proprio per quello e c’erano fin troppe sedie. Preparavano i pasti da qualcuno tanto gentile da mettere a disposizione la propria cucina o andavano a comprali da qualche parte. Ciò che contava era che potessero trascorrere più tempo possibile uniti.
Quando i tre entrarono nella sala, trovarono i più grandi intenti ad apparecchiare e si misero a dare una mano.
Pochi minuti e arrivarono gli altri con le pietanze calde e fumanti. Presero posto ma mancava ancora qualcuno.
«Shu e Yue?» fece notare Lev.
«Dovrebbero essere qui a momenti. Aspettiamoli!» Owen rispose col suo solito fare calmo.
«Kirabo, che fai?» Owen lo stava guardando storto.
«Mentre arrivano si fredderà.» protestò lui mentre stava per prendere un po’ di risotto.
«Aspettiamoli, ho detto!»
«Kirabo!» lo rimproverò anche Erin e sbuffando rimise a posto il cucchiaio tra le risate degli altri.
«Takehito, vedo che stai meglio.» Owen usò un tono insolitamente gentile e dolce.
«Sì , sto molto meglio. Mi è passato.» si sentiva gli occhi di tutti addosso ma stranamente non gli pesava.
«Sei molto più carino senza quell’aria cupa.» il commento di Kyla lo fece imbarazzare e la cosa divertì i presenti.
«Siamo tornati!» Yue fece rumorosamente irruzione nella sala.
«Finalmente.»  Kirabo non vedeva l’ora si saziare il suo stomaco brontolante.
«Che fate? Muovetevi!» Yue si era rivolta all’esterno dando fretta ai due ragazzi che la seguivano.
«Non sono nemmeno tornato e già metti ansia.» si sentì da fuori.
«Guardate chi vi ho portato … ta dan!» Yue era euforica.
«Seref!» il ragazzo, appena uscito dall’ospedale, aveva fatto il suo ingresso accompagnato da Shu. L’accoglienza dei suoi compagni fu più che calorosa. Solo Owen , Erin e Lara erano a conoscenza del suo rientro e per gli altri fu una vera sorpresa. Gli corsero contro per dargli il benvenuto. Kirabo si dimenticò dello stomaco vuoto e corse ad abbracciarlo e ricevette gesti d’affetto simili anche da parte di Lev e Kyla.
«Su tutti a tavola che bisogna festeggiare.»Erin li richiamò e presero posto.
«Se sapevamo prendevamo un dolce.» osservò Katsu.
«Ci sta, ci sta.» Owen sollevò dal suo fianco una grande scatola incartata.
«Al limone?» chiese speranzoso Seref
«Ovvio! La festa è per te.»
 «Allora dato che la festa è per me, cominciamo a mangiare che devo riprendermi dalle schifezze che mi hanno dato, spacciandole per cibo.» così cominciarono la cena in allegria.
«Sono felice che tu sia tornato.» Takehito ancora non gli aveva detto nulla un po’ stordito dalla gioia dimostrata dagli altri, però, le sue parole erano sincere.
«Ti ringrazio! Ho saputo che per te non è stato un bel momento. Forse hai affrontato una sfida più difficile della mia»
«Questo non posso dirlo ma di sicuro non è stato bello. Comunque ora va meglio.»
«A te la ferita come sta?» si intromise Lev.
«Quasi del tutto rimarginata. Basterà giusto qualche altro giorno di riposo» gli rispose poi, ricordandosi improvvisamente, si rivolse a Kyla «devo dare una cosa alla persona che mi ha salvato la vita. Avviso che l'idea è di Yue.»
«A me?»
«Se non ci fossi stata tu a donarmi il sangue, probabilmente non sarei qui.» mentre lo diceva, fece segno a Shu di prendere un piccolo pacchetto che diede a Kyla.
«Su che sarà mai! Mi hai solo svenata. Non dovevi ma l’accetto lo stesso.» la giovane scartocciò il pacchetto e rimase per un attimo senza parole «dove l’hai trovato?» aveva tra le mani un romanzo che aveva cercato per tanti anni senza successo.
«Sono stati Shu e Yue che l’hanno trovato nel mercato. Yue ha insistito che sarebbe stato un pensiero carino.» le spiegò Seref.
«E’ un pensiero bellissimo, siete dei tesori!»
La cena proseguì all’insegna dell’allegria. Quando terminarono, ripulirono e si prepararono per la notte. Takehito, come aveva promesso, andò a prendere Miyu che già dormiva profondamente.
Nella stanza accanto, Owen ed Erin facevano il punto della situazione.
«Hai deciso di non dire nulla?»
«Erano così contenti. Non volevo rovinare un bel momento, tutto qui.» Owen circondò le spalle della moglie con un braccio. Erano distesi sul materasso e la coperta fin sotto al naso.
«Sicuro che sia la cosa giusta da fere?»
«Abbiamo subito fin troppi danni, è giunto il momento di fare la nostra mossa.» le rispose sicuro di se «domani mattina li metterò al corrente del piano. Se avranno obbiezioni li ascolterò.»
«Non ci pensiamo nemmeno noi fino a domani?» gli disse baciandolo dolcemente. Lui rispose contraccambiando con la stessa delicatezza «Già non ci sto pensando più.»

L’indomani mattina, come aveva deciso, Owen era pronto per mettere al corrente i più giovani del suo equipaggio dei piani futuri. Nella sala regnava il silenzio e il buio; I ragazzi erano stati svegli fino a tarda notte, ne era certo dato che li aveva sentiti parlare.
Gli dispiaceva svegliarli ma l’avrebbe fatto nel modo più gentile possibile.
Per prima cosa spostò le tende, dando la possibilità alla luce di illuminare l’ambiente. Bastò solo quello per far smuovere qualcuno tra piccoli lamenti e fruscio di coperte. Di sicuro era troppo poco per destare tutti dal sonno.
«Ragazzi svegliatevi!» li esortò usando un tono di voce non troppo alto «Svegliatevi che facciamo colazione.»  
A ben poco servì il profumo del latte, del caffè, del pane scaldato, del burro e della pancetta. Ci vollero diversi minuti per farli aprire gli occhi.  Owen li lasciò fare con calma fino a che tutti non furono abbastanza lucidi.
«Devo dirvi una cosa.» esordì Owen con la solita calma.
«Dietro tanta gentilezza c’è sempre la fregatura, eh Owen?» Kirabo aveva capito.
«Non mi piace quello che sto per dirvi ma è necessario. Non possiamo stare con le mani in mano, Kirabo.» l’attenzione era rivolta al generale «Si terrà un discorso dell’imperatore a Vinghton, nella regione americana. Ho in mente di fare irruzione e prendere come ostaggio l’imperatore stesso.»
La notizia arrivò inaspettata, come un fulmine a ciel sereno e tra i presenti si fecero largo incertezza e incredulità.
«Così assomiglia ad un attacco terroristico vero e proprio.»
«E’ un attacco terroristico, Kyla.»
«In questo modo non otterremmo un effetto contrario?» nonostante si stesse parlando del padre, Seref non sembrava turbato più del dovuto, piuttosto era perplesso sulla reale efficacia del piano.
«Non è un metodo giusto ma il più veloce nella nostra situazione. Siamo indeboliti e non sappiamo come abbiano fatto a scovare la Hanran. Più probabilmente si sarà trattato di un caso ma se dovesse ripetersi, o peggio, hanno trovato un modo per intercettarsi, per noi è finita.»
Ciò che Owen diceva era vero, tuttavia,  qualcosa li impediva di affrontare la nuova missione con la solita convinzione e determinazione.
«Non gli faremo accadere nulla all’imperatore, giusto?» più che una conferma, quella di Yue era una sorta di compromesso che le avrebbe fatto accettare il piano.
«Ovviamente! Non è mia intenzione ucciderlo o torturarlo. Voglio solo trovare un accordo.»
«Mettiamo il caso che riuscissimo a scendere a patti con Argest, una volta che libereremo l’imperatore non ci volterebbero le spalle?» la perplessità di Lev era più che ovvia.
«E’ una possibilità. Ma avremo guadagnato tempo per riorganizzarci e in quel caso verrebbero meno agli accordi presi.»
«Presi con mezzi sbagliati.» continuò Shu a voler terminare il discorso di Owen.
«Non convince nemmeno me.»a Katsu non piacquero gli ultimi avvenimenti che li avevano coinvolti e tanto meno ciò che si prospettava per l’imminente futuro.
«Sempre meglio che non fare nulla. La peggiore delle ipotesi e che torneremo ad una fase di stallo come ci troviamo ora.» Seref aveva dato man forte al generale della Phlayrh.
Se avessero continuato a prevalere dubbi e paure, non sarebbero andati da nessuna parte; Sebbene Seref fosse il più coinvolto aveva le idee ben chiare.
«Proviamoci.» anche Kyla diede il suo consenso. Dopo di ciò seguì qualche istante di silenzio e l’approvazione non del tutto felice dei restanti.
«Takehito?» il ragazzo si voltò in direzione di Owen. Non aveva ancora detto nulla.
«Tu avevi preso una decisione per te stesso. Dunque?»
«Ormai sono sicuro, quindi è giusto che vi metta al corrente» il suo sguardo si fece più serio «Voglio combattere. No per me stesso o per obbligo ma per chi ne avrà bisogno.» si voltò nella direzione di Miyu che dormiva ancora poco distante da lui.
«Prenderai parte anche tu al piano.» in questo modo Owen approvò la decisione presa dal ragazzo «Ora dovrai pensare al futuro di Miyu.»
«Che intendi?»
«Quella bimba si sta affezionando a te e di sicuro vorrà seguirti. Se vorrai prendertene cura, ci sarà un posto anche per lei sulla Phlayrh.»
«Ma è così piccola!» Takehito non aveva messo in conto una possibilità del genere. La Phlayrh restava un posto potenzialmente pericoloso.
«Hai qualche giorno di tempo per rifletterci. Poi ci metteremo in viaggio.» e così il generale lasciò la sala.
«Come può dire una cosa simile? Non posso portare Miyu con me.» Takehito si stava rivolgendo più a se stesso che agli altri presenti.
«Perché è una cosa che si è sempre fatta.» chiarì Lev.
«Può sembrare strano ma è così. Io stessa sono nata e cresciuta su questa aeronave e non solo io: anche Lev, Katsu e Falk. Perfino Kirabo, che quando si aggiunse a noi era solo un bambino.» proseguì Kyla.
«Anch’io ero piccola quando mi avete accolta. Che avevo? Otto anni?»  rifletté Yue sentendosi pienamente coinvolta.
«Pure Shu, sebbene ci siano sette anni di differenza tra voi due, era sempre un ragazzo.» fece notare Lev.
«Se considerate anche Shu, allora non sono da meno. Avevo la sua stessa età quando mi sono unito a voi.» intervenne Seref. Non ci aveva mai pensato che in fondo era solo un ragazzo e lo era tutt’ora. Abbandonò l’impero solo tre anni prima.
«A quanto pare quelli che hanno rotto la tradizione, siamo io e Shae» constatò Kirabo «decidemmo di far crescere nostra figlia il più lontano possibile da pericoli e battaglie.»
a Takehito sembrò tutto molto strano.
In un’aeronave impegnata in guerra, non avrebbe mai immaginato che avesse potuto ospitare dei bambini. La cosa non lo rassicurò più di tanto e considerò più logica e saggia la decisione presa da Kirabo e la moglie.
La pausa che avevano preso dopo la distruzione della Hanran era dunque terminata. Non era più il tempo di cercare quiete e tranquillità, si dovevano eseguire i nuovi ordini.
La sala in poco tempo rimase quasi vuota, fatta eccezione per Seref che aveva bisogno ancora di riposo e Miyu che dormiva. Per il resto erano tutti dediti alle loro mansioni.
Un fruscio di coperte distolse l’attenzione di Seref dalle carte con cui stava facendo un solitario. La piccola Miyu si stava svegliando. Si era alzata e con la manina si stropicciava gli occhi, si guardò intorno alla ricerca di qualcuno «Takehito …»
«Sta riparando l’aeronave. Torna tra poco.» Seref le si rivolse in modo gentile e sorridendole ma la piccola si ritrasse nascondendosi tra le coperte.
«Non avere paura. Sono un amico di Takehito, mi chiamo Seref.» Miyu mostrò solo la parte superiore della testa, quel tanto che bastava per poterle permettere di guardarlo ma non disse nulla.
«Mi dici come ti chiami?» Seref tentò di nuovo ma Miyu non si mosse dalla sua posizione né rispose. Tutto ciò lo mise a disagio, non era abituato ad avere a che fare con i bambini «ho capito, aspettiamo che Takehito torni.»
Trascorse un bel po’ di tempo e poi finalmente Takehito arrivò «Mi sono dimenticato di prendere la torcia.»
Miyu si alzò e di corsa gi gettò sulle gambe del ragazzo appena entrato.
«Miyu! Buongiorno anche a te.» lui le accarezzò il capelli, come era diventato solito fare,  mentre la bimba lo guardava «Che c’è?»
«Ti stava aspettando.» disse Seref.
«Dovevo aggiustare delle cose e non volevo svegliarti, scusa. Hai fatto amicizia con Seref?» Takehito si era abbassato all’altezza della bambina.
Miyu scosse la testa in una risposta negativa.
«Vogliamo fare amicizia con lui?» questa volta mosse il capo su e giù per dirgli di sì.
«Mi chiamo Miyu.»
Seref, visto che la piccola si era tranquillizzata, le si avvicinò «sono molto contento di conoscerti.»
«Miyu» la richiamò Takehito «vieni con me? C’è una cosa che devo dirti.»
«Ok.» Miyu strinse la mano che il ragazzo le aveva teso.
«Seref puoi farti una passeggiata o devi stare fermo?»
«Me ne sto buono solo perché Lara è decisamente insistente.»
«Allora puoi portare la torcia a Katsu?» gli chiese indicandogli l’oggetto ai piedi del materasso dove dormiva il meccanico.
«Nessun problema. Così mi sgranchisco un po’»
Takehito lo ringraziò e uscì portando con se Miyu. Andarono all’esterno, nei giardinetti poco distanti dall’edificio. Era una bella giornata con il cielo limpido, l’aria frizzante e il sole che faceva sentire il suo calore nonostante i pochi gradi.
Takehito si era seduto su una panchina ad osservare Miyu che giocava con un cagnolino. Quando il cane venne richiamato dal padrone, la piccola tornò da Takehito e gli sedette accanto.
«Miyu, io devo andare via.»
«Dove?»
«Sull’aeronave.»
«Vengo anch’io!»
«Tu devi restare qui.»
«Non voglio!» la bambina si era alzata e urlò di fronte al ragazzo.
Takehito non si fece scoraggiare, aveva immaginato che sarebbe andata in quel modo «E’ pericoloso, non puoi seguirmi.»
«Voglio venire anch’io!» qualche lacrima minacciava di fuoriuscire dagli occhi neri della bimba.
«Vorrei farti venire con me ma non voglio che ti succeda qualcosa di brutto.» provò a confortarla stringendola forte a se.
Dopo un po’ parve calmarsi ma continuava ad essere triste. Non voleva stare sola.
Intrapresero la via del ritorno con Miyu che camminava più avanti e Takehito che la seguiva un po’ più distante.
Lungo la strada incrociarono Kirabo che li stava cercando.
«Takehito, ti vuole Aruto. Sta mettendo a punto l’AU-0.» disse non prima di aver notato il visino scuro di Miyu «Che cos’ha?»
«Le ho detto che deve stare qui.»
«Così hai deciso. Tranquillo che le passa, anche Fuhara fa una tragedia ogni volta che me ne vado.»
«Però …»
«Però?»Kirabo lo intimò di continuare.
«Però, anche se le ho detto così,  non sono molto sicuro a lasciarla qui.» gli spiegò senza perdere di vista Miyu che continuava ad avanzare distanti dai due.
«Perché?»
«Non mi fido di Yakov. Se dovesse accadere la stessa cosa dell’altra base, temo che possa mettere in percolo chi vive qui.»
«Non hai tutti i torti.»  dovette dargli tristemente ragione.
«Faccio davvero bene a lasciarla qui?» il dubbio si era instaurato in lui già da prima che parlasse con Miyu ma non vedeva alternative valide.
«Se l’affidassimo a Shae? Dovremmo prima portare a termine la missione, poi dovremmo essere liberi di portarla da lei.» Takehito parve rifletterci un attimo.
«Sicuro che sia disposta a prendersi tale responsabilità?»
«Non è questo il problema.»
«Si ritroverebbe coinvolta in una battaglia.» terminò Takehito per lui. Kirabo annuì.
Alla fine parve essersi deciso «Facciamo così.» non era completamente convinto ma gli sembrava una soluzione migliore che lasciarla nello stesso luogo di dove viveva Yakov.
«Saremo tutti disposti a proteggerla. Il primo è Owen, quindi sta tranquillo.»

Tutto era pronto: l’aeronave completamente riparata, i teknight messi a punto e l’operazione preparata fino all’ultimo dettaglio.
Stavano sorvolando la regione nord americana. Si scorgeva già il luogo dove si sarebbe svolta la conferenza.
Un castello, costruito a ispirazione di quelli rinascimentali francesi, si ergeva al centro di una raduna circondata dal bosco, imponente e maestoso, bianco, con quattro torri agli angoli sovrastate da guglie blu. Le immense vetrate lasciano intravedere gli ambianti interni illuminati.
Il castello era circondato da immensi giardini e sebbene, gli ultimi raggi rossi del sole del tramonto erano quasi spariti, si riusciva a notare la loro particolarità e bellezza.
Sfruttando l’oscurità, l’aeronave della Phlayrh si sarebbe nascosta poco distante.
«Vestiti così non sembra che stiate per andare a rapite qualcuno.» commentò Kirabo.
«Stiamo andando ad una festa. L’eleganza e d’obbligo!» gli rispose Kyla mentre tentava di tener su i capelli rossi con un fermaglio. Era molto bella, con un vestito da sera blu e lungo, che le lasciava le spalle scoperte. Per completare al collo portava un ciondolo con uno splendido zaffiro e un unico orecchino che poggiava sulla parte esterna dell’orecchio, avvolgendola con un motivo floreale.
«Spero non siano di intralcio.» Shu stava litigando con il foulard che non riusciva ad annodare.
«Faccio io.»Seref andò in suo aiuto.
Come Kyla, era molto elegante con il completo nero, la camicia bianca e i capelli legati in un alta coda. Il portamento di Shu era sempre stato molto posato e ogni suo movimento era fluido e preciso. Con quegli abiti dava l’impressione di essere un uomo dell’alta società.
«Non è che sfiguro?» si domandava Takehito non propriamente a suo agio in vesti eleganti. Indossava un completo simile a quello di Shu, solo che questo era blu scuro e invece del foulard, annodata al collo, vi era una cravatta dello stesso colore del completo.
«Stai bene quanto Shu.» lo rassicurò Yue, poi si rivolse alla bambina che le teneva la mano «Vero Miyu?»
«Sì, stai benissimo!»
«Miyu tu dovresti essere nella mia stanza.» Takehito la rimproverò. Sarà stata la decima volta che glielo aveva detto.
«Ci vado quando vai via tu.» ribatté lei.
«Quando va via Takehito, Miyu corre subito nella sua stanza, l’aveva promesso prima di mangiarsi tutti i biscotti, vero?» Kirabo prese sulle spalle la bimba che aveva sussurrato un sì alquanto scocciato.
«Siete pronti?» Owen li aveva raggiunti seguito da Erin.
«Sì!» Kyla rispose per tutti.
«Questi sono gli inviti. Risulterete nella lista degli invitati.» Erin porse loro delle piccole tessere con un cip.
«Preferivo infiltrarmi a modo mio. Di nascosto e senza farmi notare.» si lamentò Shu allentandosi leggermente il nodo del foulard.
«Sfrutta bene il mio lavoro, che per fare quei cip in poco tempo, ho dovuto stare tutta notte sveglio.»
«Tranquillo Seref, nulla andrà sprecato.» Kyla lo rassicurò.
Anche gli altri due avevano ricevuto le tessere.
Tutto era pronto.



Angolo dell'autrice:
Salve! Eccomi con un altro capitolo. Finalemtne le cosa sembrano migliorare ma chissà se ora filerà tutto liscio. Senza averci pensato troppo su, ho fornito le età di pochi personaggi.
Per chiarezza le scrivo come se fosse una scheda (anche degli altri, non tutti):
Kirabo 30 anni
Kyla 28 anni
Falk 28 anni
Lev 26 anni
Shu 22 anni
Yue 15 anni
Seref 18 anni

Katsu 18 anni

Takehito 17 anni
Come sempre ringrazio chi continua a leggere e chi recensisce. Fatemi sapere se l'idea di una scheda per personaggio possa piacere. Stavo pensando di farle una volta finita la storia. Alla prossima ;)


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Capitolo 19
*** Section 18 ***


Argest Age – section 18


Kyla, Shu e Takehito stavano attraversando la piccola parte dei giardini che conduceva all’ingresso del castello.
C’era moltissima gente, tutti ben vestiti e con l’aria di essere abituati ad ambienti simili.
Shu e Takehito erano i più nervosi ma riuscivano a celarlo bene invece Kyla era sicura di se.
Giunsero all’entrata e passarono le loro tessere-invito su una superficie nera che le scansionò.
«Contessa Pormond, signor Carter, signorino Hughes, prego da questa parte.» l’uomo addetto all’accoglienza degli ospiti, dopo aver verificato l’identità dei nuovi arrivati, li fece accomodare all’interno del castello.
La grande festa si svolgeva nell’immenso salone a pian terreno. Dallo stile ricordava una festa di nobili del rinascimento.
«Addirittura farmi diventare contessa.» sussurrò Kyla, a bassa voce.
«Si addice bene a quest’atmosfera.» fece Shu beffardo, per quanto non lo mostrasse, si sentiva a disagio.
Takehito all’inizio condivideva lo stesso stato del compagno misto a timore. Superato il primo scoglio, ovvero infiltrarsi, rimase affascinato da quell’ambiente. Sembrava aver fatto un salto indietro nel tempo: la musica suonata in un angolo della sala, le pietanze poco distanti, tutti in abiti eleganti e pregiati, i lampadari ricchi di pendenti preziosi e numerosi specchi che rendevano il tutto più luminoso e spazioso. La musica ora taceva e vennero invitati i partecipanti alla festa ad un ballo. Alcuni si unirono alle danze una volta ripresa la musica.
«Non ti incantare.» Shu lo riscosse riportandolo alla realtà.
Non era lì per divertirsi eppure la richiesta di Kyla faceva pensare ad altro «balliamo?»
Takehito rimase sorpreso e senza aspettare alcuna reazione da parte sua, Kyla lo prese per mano «confondiamoci e studiamo la situazione.» poi sempre trattenendolo si rivolse all’altro compagno «dai un’occhiata dall’altra parte.»
Kyla e Takehito  si lasciarono trasportare dalla musica. All’inizio il giovane pilota si faceva trascinare da Kyla, era la prima volta che ballava, in particolare era la prima volta che ballava con qualcuno e la cosa lo metteva in imbarazzo.
 «Cerca di individuare le guardie, gli uomini della sicurezza ed esercito.» Takehito si fece attento. Non era facile seguire i passi della giovane e fare attenzione a ciò che lo circondava.
La musica continuò ancora per altri due balli per poi terminare con una piccola pausa.
Quello fu il momento per avvicinarsi ai tavoli imbanditi. Dopo alcuni minuti, Shu con noncuranza prese un bicchiere e li raggiunse.
«Allora?»fece Kyla per avere le informazioni da Shu.
«Le zone più controllate sono l‘esterno e l’entrata. All’interno c’è qualcuno dell’esercito sparso qua e là.»
«Come fai ad essere sicuro che sono dell’esercito?» Takehito non era riuscito a cogliere certe differenze, a malapena era riuscito ad individuare ciò che gli era stato detto.
«Da come si muovono.» non fu molto esauriente ma dovette accontentarsi poiché Kyla prese la parola « Per quello che ho potuto vedere dalla mia posizione, l’unica zona dove ci sono maggiori uomini è in fondo alla sala.»
«Se ho capito è dove l’imperatore farà il suo discorso.» conclude Takehito.    
Trovò l’approvazione dei compagni per la corretta deduzione che aveva fatto. Si doveva solo decidere come agire.
Attraverso la collana che portava Kyla, i membri a bordo della Phlayrh poterono ascoltare ogni cosa. Inoltre erano capaci di comunicare attraverso un piccolissimo dispositivo all’interno dell’orecchino.
«Dobbiamo creare un diversivo.» suggerì Shu sorseggiando una bevanda appena presa dal tavolo.
«Mi dicono solo di non pensare a nulla di pericoloso.» Kyla riferì le parole del padre.
«Nulla di particolare, bisogna solo creare un po’ di scompiglio.»
«E come, Shu?»
«Basta che le luci si spengano, per esempio.» proferì il suo semplice piano con noncuranza.
«Eh? Non è una cosa troppo semplice?» Takehito era decisamente perplesso, gli pareva una scena di un film.
«Le cose più semplici sono quelle che funzionano meglio.»
«E come avresti intenzione di attuare una strategia del genere?» Kyla espresse i suoi dubbi sottovoce.  
«Mi sono fatto un’idea di dove si trovi il pannello elettrico. Basterà girare un po’» poi le porse la mano con fare galante «Le va una passeggiata negli splendidi giardini qui fuori?»
«Dicono che posso.» la rossa passò una mano intorno all’orecchino e posò l’altra mano su quella di Shu.
«Da  questa parte.» il giovane le fece strada poi si voltò nella direzione di Takehito «tu resta qui e sta all'erta.»
I due compagni uscirono. Il loro comportamento sembrava naturale e disinvolto, anche Shu aveva trovato maggiore convinzione e sicurezza una volta che il suo compito si stava delineando.
Takehito rimase da solo. Inizialmente si sentiva disorientato non sapendo bene cosa dovesse fare. Shu gli aveva detto di stare all’erta, visualizzò meglio dove si trovassero guardie ed esercito, compito più facile una volta che gli venne spiegato.
Senza dare dell’occhio si avvicinò progressivamente al fondo della sala.
Il tempo passava e  la noia stava per sostituire la tensione. Aveva provato ad isolarsi in un angolo ma venne avvicinato da tre ragazze che lo tempestarono di domande, invitato a ballare e poi a servirle qualcosa da mangiare. Takehito di malavoglia e impacciato aveva cercato di soddisfare le richieste per non sembrare scortese o sospetto. Si era inventato più bugie in quel momento che in tutta la sua vita, per colmare la curiosità delle ragazze. Per fortuna quella tortura ebbe termine presto, dato che vennero richiamate da degli adulti, probabilmente genitori o parenti. Fu l’occasione per fuggire e confondersi tra gli altri invitati. Aveva vagato un po’ tra la fine della sala e il tavolo imbandito ma anche l’andare avanti e indietro non servì. Un uomo,  che si era piazzato a metà dal fondo della sala, l’aveva notato e dato che era solo, gli diede da parlare . L’uomo era alla ricerca di compagnia ma tutti erano con qualcuno, così notando Takehito da solo, pensò che potesse trattarsi della volta buona. Il poveretto voleva essere gentile pensando che anche il ragazzo si trovasse nella sua stessa situazione. Ancora una volta una valanga di menzogne gli uscirono dalla bocca non sapendo cosa rispondere alle domande che l’uomo gli poneva. In quel momento pregava che l’imperatore facesse presto il suo ingresso.
Purtroppo non fu così. Seppe che l’uomo con cui parlava, era da poco diventato un personaggio importante dello scenario economico dell’impero e che aspettava con impazienza il discorso di quella sera, poiché poteva contenere informazioni determinanti per lo sviluppo dell’economia e della politica. Gli spiegò degli ipotetici scenari futuri che Takehito non comprese affatto. Ma venne a conoscenza anche della sfera affettiva di quell’uomo: era stato sposato due volte, aveva un solo figlio, conosceva moltissime persone ma di queste nessuno era particolarmente influente, pochi amici risalenti ai tempi dell’infanzia, giocava spesso a biliardo e aveva vinto anche qualche torneo.
Insomma gli raccontò ogni cosa.
Esasperato stava pensando ad una scusa per allontanarsi quando finalmente l’imperatore venne annunciato.
«Signore e signori, sua maestà l’imperatore Hunwer Argest!» la voce risuonò per tutta la sala grazie a degli amplificatori.
Il vociare poco a poco si placò e l’attenzione era rivolta all’uomo che aveva nelle sue mani la sorte dell’intero impero.
Takehito poté finalmente allontanarsi dall’uomo che lo aveva precedentemente intrappolato senza che questo se ne accorgesse, troppo intento a rivolgere la sua attenzione all’imperatore.
«Avviciniamoci il più possibile. Quando le luci si spegneranno bloccherai l’imperatore e lo minaccerai di seguirci con il coltello, io ti coprirò le spalle. Se ce ne sarà bisogno ti aiuterò.» Takehito sussultò alla voce di  Shu che gli apparve improvvisamente alle spalle e gli sussurrò tutto all’orecchio, sicuro che nessun altro potesse sentirlo.
Takehito annuì e come altri che tentavano di avvicinarsi, si trovarono perfettamente davanti all’imperatore.
 Il sovrano di Argest aveva raggiunto la sua postazione al centro del palco. Era un uomo abbastanza alto, dal fisico asciutto, capelli  corti e castani, mento squadrato ricoperto di barba e occhi simili a quelli del figlio ma molto più scuri. Indossava delle bianche vesti militari ornate d’oro e un mantello rosso gli copriva le spalle.
 Osservò serio i presenti e iniziò il suo discorso con voce forte«Vi ringrazio di essere così numerosi questa sera, accogliendo il mio invito.»
A Shu scappò un impercettibile smorfia disgustata.
«L’impero Argest cresce e progredisce senza sosta grazie all’impegno e la volontà dei suoi abitanti. Come ben sapete, si sono raggiunti traguardi impensabili alla vecchia umanità, che non riguardano lo sviluppo tecnologico e della scienza, bensì la prospettiva di vivere ancora sul proprio pianeta sano e uniti come un unico popolo. Dove pace e giustizia possono regnare.»
Quelle parole fecero fremere i giovani della Phlayrh che stavano assistendo.
«Eppure c’è un male che si oppone ad Argest, che si oppone all’umanità intera. Questo male ha un nome che tutti conoscono come Phlayrh!»
Gli occhi di Shu divennero duri e freddi come il ghiaccio per trattenere la smisurata rabbia che stava provando. Takehito si sentiva ferito da quelle che per lui erano calunnie infamanti.
«Sono anni che la guerra per estirparli va avanti e …» le luci si spensero.
Inaspettatamente tutto si oscurò e la sorpresa e il panico presero il sopravvento. Nella confusione Shu e Takehito si avvicinarono all’imperatore senza problemi.
Per loro il buio non costituiva un impedimento grazie alle lentine che indossavano che gli consentivano di vedere nell’oscurità.
Takehito si posizionò alle spalle dell’imperatore e, estratto il coltello, glielo puntò alla schiena facendo una leggera pressione.
«Alza bene le mani e vieni con me.»
«Chi diavolo siete? » un ghigno uscì dalle labbra dell’imperatore «Phlayrh giusto?»
«Sta zitto!» Shu gli era accanto pronto ad abbattere chiunque li avessero ostacolati. Ma a quanto pareva non fu necessario.


All’esterno la Dreizack sorvolava il castello. Quando un ufficiale attirò l’attenzione del colonnello Dia.
«Colonnello Vedis, sta accadendo qualcosa di strano … non vi è più alcuna luce!»
«Cosa? Contattate gli uomini all’interno del castello!» comandò Dia.
«Pare che sia saltata la corrente, stanno cercando di ripristinarla.»
«L’imperatore?» tuonò rabbioso.
L’ufficiale tentennò temendo l’ira del colonnello «Non sanno dove sia.»
«Razza di incapaci! Mandate i teknight ad ogni entrata e uscita. Circondate l’intero castello!»
L’ordine venne eseguito immediatamente e cinque GL  e due TH vennero fatti scendere illuminando ogni millimetro.
«Che cosa diavolo può essere accaduto?» la risposta giunse presto.
Poco lontano aveva fatto al sua apparizione l’aeronave della Phlayrh.
«Maledetti, cosa hanno intenzione di fare?» Dia strinse i pugni «Abbatteteli!»

Kyla era rientrata. Prima aveva completamente distrutto il piano elettrico, in modo tale da impedire un repentino ritorno della luce. Doveva aspettare i suoi compagni nel punto stabilito, al primo piano del resto del castello. Lì non doveva esserci nessuno.
Per facilitare le cose e verificare che stesse andando tutto per il verso giusto, era andata incontro ai suo compagni alla base delle scale del piano inferiore.
Non c’era nessuno e regnava un silenzio surreale. Poi ecco che scorse i suoi compagni. Mantenevano ognuno per un braccio l’imperatore che tentava una vanissima resistenza.
«Muovetevi!» li incitò Kyla.
La raggiunsero ma un forte scossone fece tremare ogni cosa, tanto che un po’ di intonaco cadde dal soffitto.
«Che succede?» domandò Takehito spaventato.
«Contatta l’aeronave!» disse Shu repentino. La giovane annuì e avvicinò il ciondolo alla bocca.
«Papà che sta succedendo all’esterno?» Kyla si mise in ascolto «hanno attaccato battaglia con la Dreizack e il castello è circondato.» riportò agli altri cosa le stava dicendo Owen poi,  un'altra pausa per sentire le ultime indicazioni «dice che per il momento è meglio se aspettiamo.»
Ancora un altro scossone.
«Non possiamo fare altro.» constatò Takehito.
Nessuno li aveva ancora raggiunti e la luce non era ancora tornata. L’unica illuminazione era quella sporadica dei colpi sparati dai teknight e dalle aeronavi.
Nessuno aveva detto più nulla e gli unici suoni erano quelli dello scontro al’esterno.
Poi tutto tremò con maggiore forza e insieme ai fili di intonaco sbriciolato, dal soffitto, ne caddero dei grossi pezzi.
«Stanno esagerando, sembra peggio di un terremoto.» non sapere l’andamento della battaglia all’esterno la rendeva nervosa.
Un violento rumore e in un attimo, il soffitto stava cedendo sotto il peso di un GL scaraventato sul castello.
«Attenta!» Shu fece appena in tempo ad allontanare Kyla che altrimenti sarebbe rimasta schiacciata dall’arma umanoide.
Lo schianto fu tremendo e non si limitò a far crollare i piani superiori ma il teknight sprofondò ulteriormente, facendo sbriciolare il pavimento e trascinando con se Takehito e l’imperatore che ancora tratteneva.  
«Takehito!» l’urlo di Kyla arrivò troppo tardi.
Erano già stati inghiottiti dalle macerie.

Era tutto silenzioso e buio. Takehito aprì gli occhi e alzandosi una fitta lo colpì al fianco e alla spalla, facendolo curvare su se stesso.  A poco a poco il dolore si attenuò e provò a capire dove si trovasse. Però non riusciva a vedere bene e gli occhi gli bruciavano tremendamente, forse a causa della polvere. Dovette togliersi le lentine e dopo poco trovò sollievo. Per fortuna aveva con lui un piccola torcia che usò per fare luce.
C’erano macerie ovunque e non riusciva a capire in che luogo si trovasse. Si ricordò di essere caduto poiché il pavimento aveva ceduto ma quando accadde, era già al piano terra.
Sì affrettò a trovare una via d’uscita.
Nell’agitare la torcia nelle varie direzioni, illuminò un uomo che lo fissava. Lo riconobbe subito, era l’imperatore caduto anche lui nel crollo.
Sembrava star bene, seduto su un cumulo di macerie. Sembrava che lo avesse fissato per tutto il tempo.
L’imperatore fece per alzarsi e Takehito repentino, estrasse la piccola pistola nascosta nei pantaloni.
«Non muoverti!» l’imperatore Hunwer si fermò alle minacce del ragazzo.
«Mi servi per uscire di qui.» sfacciato e irritante come se quello con la pistola fosse Hunwer Argest.
«Cosa?» Takehito era spiazzato da tanta sfrontatezza.
«Questo è il sotterraneo del castello ma le macerie hanno bloccato la via. Devono essere rimosse, in più, i cunicoli che lo formano, sono come un labirinto ma io lo conosco.» gli illustrò la situazione.
«Vuoi dirmi che non ho scelta?»
«Esattamente!» Takehito abbassò la pistola, riponendola appena dietro la schiena sostenuta dalla cintura.
«Sia ben chiaro che non ti lascerò andare!» Hunwer Argest ghignò beffardo e andò nella direzione di quella che doveva essere una porta o un arco, bloccati dai detriti.
Takehito lo stava seguendo facendogli luce. L’imperatore lo attendeva fermo, osservandolo in modo autoritario.
Il ragazzo si diede da fare nello spostare le macerie e solo quando ne trovava di troppo grosse, Hunwer dava il suo contributo.
“Potrebbe anche mettersi a scavare invece di far fare tutto a me. Sei anche tu nei guai.”è quello che gli passava per la testa mentre si sporcava a spostare pezzi di muro, frantumi di pavimento e polvere che gli irritava gli occhi.
E mentre si lamentava, almeno nei suoi pensieri, il varco venne liberato, mostrando un canale stretto e lungo fatto di mattoni e leggermente illuminato.
Takehito si accasciò per qualche secondo a terra per riprendere fiato e scrollarsi un po’ di polvere da dosso.
«Alzati!»
«Devo riposare un attimo e non prendo ordini da te.» disse chiudendo gli occhi. Poi lo sentì muoversi, riaprì gli occhi e lo vide incamminarsi.
«Fermo!» Takehito estrasse ancora una volta la pistola «ti avevo detto che non ti avrei lasciato andare!»
«Non è intelligente minacciare l’unico che può condurti fuori da qui.» replicò con fare arrogante. Il suo interlocutore non rispose nulla così Argest continuò «Questi sotterranei sono come dei labirinti, però li conosco e posso condurti all’uscita. L’hai già dimenticato?»
Non sapeva se fidarsi o meno ma non vedeva molte alternative «va bene ti seguirò.» terminò il suo attimo di pausa e si mise a seguirlo sempre con la pistola puntata.
Era vero.
Le vie si intersecavano tra loro creando un vero e proprio labirinto, sarebbe stato facile perdersi in quei cunicolo freddi, umidi e scuri.
«Sembri un ragazzo che sa il fatto suo. Quanti anni hai?» disse ad un tratto l’imperatore di Argest.
Takehito non gli diede peso continuando a seguirlo. Gli era stato ripetuto più e più volte che era meglio far sapere il meno possibile sul loro conto. Di lui già sapevano tutto ma voleva evitare che potesse riconoscerlo in quel momento.
«Perché combatti per Phlayrh? Sei forse uno delle colonie?»
«Non sono d’accordo con il vostro modo di fare.» Takehito aveva sempre percepito l’imperato lontano e distante come se non potesse realmente influenzare la sua esistenza.
Da quando si era unito alla Phlayrh capì quanto una sua decisione potesse influenzare le sorti del mondo intero, senza contare che, da quando Seref gli racconto di suo padre, associò all’imperatore l’immagine di una persona orribile. Mal sopportava la sua presenza in quel momento e per questo provò a rispondergli in modo vago, nella speranza che potessero continuare il cammino in silenzio.
«Più precisamente?» speranza vana. L’imperatore era di opinione diversa.
«Indovina un po’?» se doveva proseguire, lo avrebbe fatto usando i suoi stessi modi indisponenti.
«E’ forse per via delle colonie?» Takehito annuì.
«Sono necessarie.» replicò Hunwer.
«Necessarie un corno! Private della libertà e della possibilità di vivere felici.» aveva alzato la voce arrabbiato.
«L’impero Argest si è formato per salvare il pianeta. Le nazioni riuscirono per la prima volta a lavorare insieme per rendere ancora una volta il nostro pianeta un luogo vivibile. Poi quando l’emergenza venne risolta e tutto tornò come prima, i conflitti e le divergenze esistenti comparvero di nuovo, minacciando non solo il benessere del pianeta ma la pace che si era instaurata.»
«La storia la conosco.» Takehito lo interruppe scocciato ma venne ignorato.
«Come pensi che si possano tenere a bada gli esseri umani? Sono peggio delle bestie selvagge. Avidi, individualisti, desiderosi di potere, egoisti. Però si piegano davanti al più forte.»
«Vuoi dire che per un bene maggiore, l’uso della forza è giustificata? Che centinaia di persone debbano essere sfruttare? Che se hanno la sfortuna di nascere in una colonia, non potranno sperare in una prospettiva di vita migliore? O che provocare la morte di uomini, donne e bambini sia giusto?»
«Forse non è giusto ma va fatto. Altrimenti sarebbero scoppiate altre guerre che avrebbero causato danni ancora maggiori.»
«Tsk! Un tempo riponevo fiducia in Argest ma una volta scoperto cosa nasconde …»
«C’era un tempo in cui la Phlayrh era un organo dell’impero. Una forza speciale che si era sempre preoccupato di curarsi dei rapporti diplomatici.» il discorso prese una piega interessante, quella parte della storia non l’aveva mai sentita «a quel tempo l’imperatore in carica era mio padre e il capo della Phlayrh, il padre di Owen Fukuda. All’inizio le cose andavano bene ma le persone si adagiarono nel loro benessere, chiedendo sempre più. Il dialogo serviva poco nelle dispute e spesso si finiva con l’uso delle armi. Per fermarli non si poteva far altro che ricorrere ai loro stessi mezzi. E fu così che l’impero Argest si impose con maggiore forza e con severe sanzioni. Per chi rifiutava di abbassare il capo al più forte finiva nelle colonie. Sarebbero stati utili in altro modo.»
«E la Phlayrh?» domandò il ragazzo quando l’altro si interruppe.
«Il padre di Owen non comprendeva che quello era l’unico modo per mantenere la pace e la stabilità. Alla fine si distaccò dall’impero con lo scopo di distruggerlo. Senza accorgersene adottarono lo stesso metodo di Argest.»
«Cosa intendi?»
«Fanno ricorso alla forza. Devono combattere per poter piegare qualcuno alla loro volontà. Devono dimostrare di essere i più forti per far piegare la testa all’impero.»  
«Se non lo facessero non potrebbero mai cambiare le cose.»
«Se Argest non usasse la forza per fermare i ribelli, la pace non potrebbe essere mantenuta.»
Lo aveva spiazzato. Non sapeva come fossero arrivati a quel punto, come la conversazione avesse preso quella piega ma il ragionamento poteva definirsi corretto.
«Perché combatti per la Phlayrh?»
Quante volte aveva sentito quella domanda, quante volte se l’era posta a se stesso, eppure pensava di aver trovato una risposta.
Per un momento non disse nulla ma poi rispose «non voglio vedere morire altra gente e dare la possibilità a tutti di scegliere della propria vita.»
«Così si ritornerà allo stato di partenza e la storia si ripeterà.»  
«A quello che accadrà è troppo presto per pensarci. Affronterò un problema alla volta, facendo tesoro delle esperienze vissute, degli errori commessi e  del passato di chi mi ha preceduto. Sarò rivolto verso il futuro. In questo modo la storia non si ripeterà!»
«Quante sciocchezze! Proprio come Owen che ha la testa piena di fantasie.» Takehito si sentì offeso da quelle parole però il modo in cui parlò del generale della Phlayrh lo incuriosì.
«Parli come se lo conoscessi.»
«Infatti lo conosco, anche se a quel tempo eravamo solo dei bambini.» per la prima volta, Hunwer abbandonò quel tono arrogante, per diventare simile al malinconico «siamo arrivati ormai. Puoi vedere anche tu la luce provenire dall’esterno.»
Avevano raggiunto l’uscita. Per il ragazzo fu un gran sollievo, sorpassò l’imperatore ansioso di lasciare quei cunicoli.
«Perché non mi uccidi?» Hunwer Argest non glielo stava chiedendo per soddisfare una sua curiosità ma glielo stava proponendo.
Takehito si voltò credendo di non aver sentito bene.
«Se mi uccidi avrete vinto. La Phlayrh avrebbe sconfitto l’impero Argest e voi potrete fare ciò che volete.»
«Non è questo il metodo giusto. In questo modo la storia si ripeterà.» il ragazzo ripose ancora una volta la pistola nel retro dei pantaloni.
«Così posso scappare.»
«Non corro più il rischio di perdermi.»
«Non porterai a termine la tua missione.»
«Non importa.»Takehito uscì.
Ne venne fuori anche l’imperatore che si affrettò ad allontanarsi.
La Phlayrh li stavano cercando.
«Takehito! Stai bene?»
A trovarlo fu Seref che riuscì a capire cosa potesse essere accaduto al compagno. Gli si avvicinò e guardò nella sua stessa direzione.
L’imperatore si faceva sempre più distante. Si voltò un’ultima volta per controllare la situazione e incrociò lo sguardo di Seref.
«L’hai lasciato andare.» constatò.
«Sì, scusa.» Takehito abbassò la testa sentendosi in colpa.
«Non scusarti. Se l’hai fatto ci sarà un motivo e forse è meglio così.» Takehito si rivolse a lui cercando di capire cosa stesse provando il compagno ma il suo volto non lasciava trasparire nulla.
«E’ successo qualcosa?» domandò Seref senza guardarlo.
«Abbiamo solo parlato.»
«Spero non ti abbia detto niente di terribile.»
«Niente di terribile. Ha solo rafforzato la mia volontà.»  



SCHEDE PERSONAGGI:


Takehito Ikeda:

171 cm

17 anni

Sottotenente  pilota dell’ AU-0

Adora i teknight( pare sia quasi il suo unico interesse).

Ha grande spirito di adattamento.

Preferisce i sapori dolci.

E’ bravo con i videogiochi, i suoi preferiti sono gli rpg.

DISEGNO


Katsu Harada:

170 cm

18 anni

Meccanico

Ha sempre sognato di diventare un pilota di FW

E’ un tipo allegro è vivace.

E’ affezionata agli occhiali da aviatore che porta sempre sulla fronte.

Conserva una cassetta degli attrezzi nella sua stanza.

E’ un esperto di videogiochi, preferisce i simulatori e sparattutto.

Fu moto felice di scoprire che lui è Takehito avevano interessi simili.

DISEGNO


Angolo dell'autrice:
Ed ecco un altro capitolo!
Aggiunte anche le schede di Takehito e Katsu. Alla fine mi sono decisa a mettere anche queste (forse dovrei creare un capitolo solo per questi e raggruppare i disegni dei teknight e delle aeronavi con le schede. Suggerimenti per favore!)
Grazie a tutti coloro che continuano a leggere anche se silenziosi e spero possa piacervi fino alla fine.
Alla prossima ;)


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Capitolo 20
*** Section 19 ***


Argest Age – section 19


Falk camminava spedito per il corridoio, nervoso come non mai. Era stato convocato d’urgenza  dal generale Ward.
Nei giorni successivi all’attacco della base della Phlayrh, gli sembrò di essere costantemente controllato soprattutto il generale Ward si dimostrava come sospettoso nei suoi confronti. Era capitato che, durante l’addestramento dei suoi uomini, facesse irruzione per supervisionarli o che irrompesse improvvisamente per ispezionare i locali che frequentavano e le loro case oppure con la scusa di chiarire ogni particolare sulla faccenda di Hanran, aveva segretamente interrogato diversi membri dell’equipaggio.
Ora era davanti alla porta dell’ufficio del generale, per la prima volta inquieto al pensiero di affrontarlo.
Bussò con delicatezza e aspettò che gli venne concesso il permesso di entrare. Si fece avanti.
Il generale Ward era seduto dietro la scrivania che interloquiva con il colonnello Vedis Dia.
Falk aspettò che terminassero restando sull’attenti.
«Colonnello Horn ho una missione da affidarle.» lo sguardo del generale era spaventoso e la sua voce tagliente «sa benissimo che la sua posizione non è delle migliori. Per quanto siate uno dei nostri migliori piloti e un buono stratega, gli ultimi incarichi che ha ricevuto sono stati dei fallimenti. Per questo nel nuovo incarico vi affiancherà la sezione di ricerca scientifica.»
Nerek Ward voltò l’immagine olografica, che fece apparire davanti a se, verso Falk.
«Questa è la nuova arma che collauderemo, la SFCannon.» intervenne il colonnello Dia.
Falk sgranò gli occhi nel vedere le caratteristiche del nuovo strumento di morte.
«Dai dati fornitici dalla sezione di ricerca deve essere un’arma straordinaria però ci serve una cavia su cui testarla.» Falk era sempre più preoccupato «da come la Phlayrh sta agendo è chiaro che si trova in difficoltà. Pensare di rapire il nostro imperatore per ricattarci … sono caduti davvero in basso.» seguì una risata derisoria mentre Falk restò immobile.
«L’idea è quella di attirarli in una trappola. Con la distruzione della loro base, avranno sicuramente a disposizione minori quantità di viveri e rifornimenti. Renderemo noto il trasporto di un carico speciale diretto alla capitale. Faremo trapelare qualche informazione sul carico in modo da attirare la loro attenzione.»
«Non sarà una trappola evidente?» domandò Falk che gli apparve un piano fin troppo semplicistico.
«Dipende dal loro grado di disperazione. Ma nel caso non dovesse funzionare gli offriremmo un’opportunità di danneggiarci simile al loro piano di rapimento.» Falk divenne ansioso di sapere «renderemo la Urano Galeo un bersaglio facile e con essa il generale dell’intero esercito di Argest.» disse Ward facendo riferimento a se stesso e assumendo una seduta più comoda continuò «Se hanno provato a togliere di mezzo l’imperatore, perché non farlo con il generale se se ne presenta l’occasione?»
« Non sarà anche questo un rischio troppo grande perché lo facciano?»
«Tutto dipende da quanto sono alle strette. Se non cederanno vorrà dire che hanno a disposizione ancora molte risorse, cambieremo approccio usando i vecchi metodi.» concluse Vedis Dia.
«Colonnello Horn, lei non è qui per discutere ma per eseguire gli ordini. Riceverà tutti i particolari a breve, incominci a preparare i suoi uomini.»
«Sì, signore!» Falk ritornò sull’attenti e congedato, ritornò dai suoi compagni sulla Jaculus.
Tornò alla sua aeronave, trovando tutto come al solito: i piloti impegnati nelle simulazioni, i meccanici al lavoro sui teknight, altri facevano pratica con le strumentazioni e altri che prendevano una pausa.
Norbert accortosi del ritorno del suo colonnello, gli andò incontro.
«Cosa ti ha detto?» gli domandò preoccupato dall’espressione del suo superiore.
«Parliamone da me.» disse e senza aggiungere altro, sicuro che avesse capito, lo aspettò all’uscita.
«A tutti gli uomini! Per oggi finiamo qui.» il maggiore Norbert si fece sentire chiaramente. Si levò qualche voce sollevata, felice per l’interruzione del lavoro e qualche altra più scocciata per essere stato interrotto.
Nel giro di poco tempo quel posto divenne deserto e il maggiore poté raggiungere Falk che ancora l’aspettava.
Silenziosamente si misero in cammino per raggiungere l’abitazione del più giovane. Si trovavano a Helkraf, la capitale dell’impero, dove risiedevano  i membri più importati dell’esercito. A differenza degli altri ufficiali di grado maggiore, Falk abitava in un piccolo appartamento vicino alle residenze dei suoi uomini. Non faceva parte delle zone più ricche e belle della città ma aveva sempre detestato le divisioni e la differenza di privilegi, in più teneva particolarmente a mantenere un legame saldo e forte con gli uomini che lui stesso aveva reclutato.
Si era creato una sorta di miniquartiere dove, oltre ai soldati, vivevano anche persone comuni.
Infatti Falk Horn divenne abbastanza popolare in breve tempo per via del suo modo di fare controcorrente e non solo tra l’esercito.
Era apprezzato e ben voluto, tutti lo rispettavano e avevano grande stima nei suoi confronti. Almeno ciò era sicuro in quel quartiere.
Giunsero ad una palazzina di tre piani. Salirono le scale esterne e Falk aprì la porta dell’ultimo degli appartamenti del terzo piano.
Era un monolocale non molto grande, arredato in modo semplice e ben ordinato. Appena entrati li accolse un piccolo corridoio con una porta sulla sinistra e una piccola cucina sul fondo. Nell’unica stanza vi era  un tavolo al centro con quattro sedie, un piccolo mobiletto nell’angolo con sopra un pc, un modello non molto nuovo. Alla parete laterale poggiava un grande armadio e ad un’altra, una libreria con sopra il letto nascosto per metà da una tendina blu. A fare luce ci pensava una larga balconata.
Norbert si accomodò senza fare troppi complimenti, abituato a frequentare quella casa. La cosa non creava nessun problema al giovane Falk, anzi, lo tranquillizzava.
«Le tue cose stanno aumentando. Dovresti cercare una casa un po’ più grande.» commentò il maggiore notando un maggiore numero di oggetti nel balcone rispetto a quelli che ricordava.
«Mi piace qui,  mi ricorda la Phlayrh.» Falk gli sedette di fronte. Norbert si fece di colpo più serio.
«Cosa ti ha detto il generale Ward?»
«Mi ha dato un nuovo incarico. Un attacco alla Phlayrh.»
«E … » una notizia simile non rappresentava di certo una novità quindi doveva esserci dell’altro ma Falk non continuò «cosa c’è che non va?»
 «Penso che sospettino di me.»
«Hanno capito qualcosa sul tuo conto?»
«Non lo so ma ho l’impressione che mi stiano mettendo alla prova. Se dovessero capire qualcosa è la fine però …»
«Però ?»
«Vogliono tendere una trappola alla Phlayrh per avere un vantaggio e renderli un bersaglio più facile ma non è tutto. La sezione di ricerca sta mettendo a punto una nuova arma che, per quel poco che ho visto, deve essere terribile. Se il piano funzionasse per loro non ci sarebbe scampo.»
«E tu non puoi avvisarli.» Norbert centrò il punto della situazione.
«Non solo, dovrò combattere seriamente … non è questo il modo in cui voglio cambiare le cose.»
«Non devi temere le conseguenze delle tue azioni. Tutto il tuo equipaggio, compreso me, è disposto a seguirti fino alla morte. Staremo al tuo fianco anche se decidessi di metterti contro Argest.»
«E’ proprio per questo che è tutto più difficile. Sono responsabile delle vite di ciascuno di voi.»
«Hai dato una possibilità di vivere e di riscattarsi a tutti quanti. Hai forse dimenticato da dove vengono?»
«Tsk! Una massa di disperati che se avessero davvero intrapreso la via della ribellione, sarebbe finita o nelle colonie o nell’al di là.»
«Ma tu hai dato loro una speranza, facendoli reclutare nell’esercito. E poi hai finito con il farti amiche le fasce più basse della società. La loro lealtà è per te, non per Argest.»
«La questione non cambia. Non voglio mettervi in pericolo e non voglio che i miei vecchi compagni vengano uccisi.»
L’uomo sospirò. Da quando lo conobbe, Falk, aveva sempre intrapreso strade difficili da percorrere.
Norbert si alzò e gli posò una mano sulla spalla.
«Non preoccuparti oltre. Lo scontro con la Phlayrh è inevitabile e in passato non ci siamo mai tirati indietro. Combatteremo come sempre, fedeli ai nostri ideali, generale Ward o meno.» le sue parole lo rassicurarono almeno un po’.
«Posso chiederti un favore?»
«Dimmi pure.»
«Potresti cominciare a spiegare la situazione agli altri?»
«Va bene. Ma quando dovrai illustrarci tutti i punti della missione dovrai essere sicuro di te stesso.»
«Sarò certamente sicuro di me.» Falk aveva inteso che ciò che Norbert voleva da lui. Pretendeva una decisione.

«Ci vuole un incantesimo! Ma prima bisogna recuperare la formula magica.»
«Come facciamo? Il libro di magia è custodito dal drago.» nella stanza dei giochi la tv trasmetteva un vecchio cartone animato. L’ultima arrivata, la piccola Miyu, aveva preso possesso di quella stanza. Ci trascorreva moltissimo tempo, trovando ogni cosa interessante. Takehito la controllava ogni tanto, le aveva proibito alcuni videogame spiegandole che erano giochi per grandi. Come si aspettava la bimba fece un po’ di storie ma trovò presto dei validi sostituti.
Quella sera si era messa a fare i capricci perché voleva che Takehito trascorresse del tempo con lei ma il ragazzo aveva del lavoro da svolgere. A nulla servirono le spiegazioni e le promesse, si era messa in fine a piangere. Per fortuna in quel momento passò Kirabo che si offrì di occuparsi di Miyu, si considerava un esperto nel trattare con i bambini.
La nuova compagnia venne accettata volentieri e per farla contenta si misero a vedere quel vecchio cartone animato. Ricordava che anche la figlia glielo fece vedere una volta, tutta contenta di poter mostrare al papà uno dei suoi cartoni preferiti. Mentre lo vedevano gli spiegava tutto anche quello che sarebbe accaduto dopo.
Miyu quel cartone non lo conosceva ed era tutta concentrata nel guardarlo mentre Kirabo era mezzo sdraiato e ogni tanto chiudeva gli occhi per la stanchezza.
«Kirabo!» la piccola lo stava scuotendo.
«Eh!» l’uomo si destò subito.
«E’ finito. Ne vediamo un altro?»
«Un altro? Ma non è un po’ troppo tardi?»
«Manca ancora un po’.» gli fece notare l’orologio ed effettivamente mancava un oretta all’ora stabilita per andare a dormire.
«E va bene.» Kirabo si alzò avvicinandosi al mobile dove c’erano i film, doveva trovare qualcosa adatto a lei.
In tv erano terminati i titoli di coda e seguì il notiziario.
«Una nave carica di Mirish raggiungerà in questi giorni la capitale per soddisfare il fabbisogno energetico delle principali industrie …» quella notizia catturò la sua attenzione interrompendo la ricerca del film.
«Che c’è?»
«Forse è una notizia importante.» le spiegò.
La bambina gli si era avvicinato e si era messa ad ascoltare.
«Stanno messi male. Chissà che non possiamo sfruttarlo a nostro vantaggio.» commentò Kirabo.
«Perché hanno poca energia?»
«Sì, Miyu. Se non hanno energia le fabbriche non funzionano e non posso produrre nulla, forse nemmeno il cibo e poi non hanno la luce e tante altre cose. Devo dirlo ad Owen!» Kirabo stava per andarsene ma venne bloccato.
«E il mio cartone?»
«Ah! Giusto il cartone! Vorrà dire che vado dopo da Owen.» e così si rimise alla ricerca.

Finalmente Miyu si era addormentata prima del dovuto e la portò nella stanza di Takehito dove dormiva. Era tutto silenzioso e buio, il ragazzo non era ancora tornato, ma non era un problema l’avrebbe fatto presto. La mise nel letto e la lasciò dormire tranquilla.
Si diresse di gran fretta nella sala comandi ma senza trovarvi chi cercava. C’era solo Erin a controllare che l’aeronave seguisse la rotta designata e che non ci fossero altri inconvenienti.
«Scura Erin, sai dov’è Owen?» le chiese Kirabo.
«E’ nella sua stanza. E’ successo qualcosa?»
«Non proprio, volevo riportargli una notizia che hanno dato alla tv.»
«Di che si tratta?»
«C’è una nave carica di molecole Mirish diretta alla capitale. Pare che abbiano problemi energetici.»
«Vorresti attaccare quella nave?»
«Perché no! In fondo neanche noi c’è la caviamo benissimo e potremmo creare un po’ di problemi.»
«Non mi convince molto. Comunque va pure da Owen.»
«Ok, grazie.»
Così Kirabo tornò sopra fino all’ultima stanza del corridoio e bussò.
«Owen? Posso entrare?» Kirabo lo sentì muoversi ma non giunse né una risposta né la porta venne aperta.
«Owen, devo dirti una cosa.» Kirabo bussò ancora e questa volta ricevette il permesso di entrare.
Owen se ne stava disteso nel suo letto, coperto dal lenzuolo. Indubbiamente stava dormendo.
«Che fai? Vai dormire prima di Miyu?»
«Vedi di non fare lo spiritoso, sono terribilmente stanco.» Owen si tirò su stropicciandosi gli occhi con una mano «avanti, cosa devi dirmi di tanto importante?»
«Ho sentito poco fa il notiziario. Dice che c’è una nave carica di Mirish per la capitale che a quanto pare ha dei problemi energetici. Se prendessimo il carico della nave oltre a beneficiarne, potremmo creare dei problemi alla capitale e che addirittura non si presenti un’occasione per attaccarli.» Owen ci rifletté bene.
«Non ti sembra un po’ troppo facile, Kirabo?»
«Tu dici? Forse sì ...»
«Teniamolo in considerazione. Domani decideremo sul da farsi.»
«Ok.» rispose con meno entusiasmo.
«Vai a riposare e non pensarci fino a domani.»
«Come vuoi me ne vado a dormire. Buonanotte!»
Kirabo lasciò la sua stanza e il generale della Phlayrh tornò al suo sonno.

«Scusate il ritardo, non mi sono svegliato in tempo.»Takehito entrò frettolosamente nella sala comandi dove erano riuniti tutti.
«Non preoccuparti» lo rassicurò Kyla «siamo appena arrivati un po’ tutti.»
«Bene! Possiamo cominciare» Owen prese la parola «Kirabo ieri è venuto a conoscenza dal notiziario che c’è una nave diretta alla capitale carica di molecole Mirish e che hanno seri problemi energetici. Indubbiamente riuscire ad impossessarci di quel carico e un grande vantaggio per noi però allo stesso tempo, temo che ci metteremo in pericolo.»
«Abbiamo localizzato la nave in questione?» domandò Seref.
«Sì! Abbiamo calcolato un’ipotetica rotta che seguirà.» Erin mise in funzione il monitor olografico in modo che potessero vedere tutti.
L’immagine mostrava gli spostamenti effettivi della nave e la traiettoria che aveva seguito fino ad allora e quella che aveva immaginato potesse seguire in seguito.
«C’è una scorta al suo seguito?» Yue volle più dettagli.
«La solita prevista per i carchi di questo tipo.» la risposta di Erin arrivò lesta.
«Che senso ha rendere pubblica una notizia simile quando pochi giorni prima abbiamo tentato di rapire l’imperatore. E’ chiaro che ci stanno tendendo una trappola, credono che siamo disperati, pronti ad abboccare a qualunque esca.» ciò che sosteneva Shu era la cosa più ovvia.
«E’ palesemente una trappola. Ah! Scusate mi sono lasciato ingannare.» disse Kirabo massaggiandosi la testa.
«Quindi non se ne fa nulla?» chiese conferma Lev.
«A quanto pare è troppo rischioso, quindi nulla.»  e così Owen concluse quella riunione.
«Peccato! Poteva essere una bella occasione.»
«Kyla non rattristarti, l’occasione si presenterà. Piuttosto vieni a darmi il cambio che sono stata in sala comandi per tutta la notte.»
«Va pure a riposare, mamma. Ci penso io qui.»
Tutti tornarono alle loro mansioni, chi un po’ rammaricato, chi felice di essersi scansati un nuovo scontro.


Qualche giorno dopo

«Mm?» Owen notò qualcosa che apparve per un attimo sul monitor.
Erin fece caso alla particolare attenzione improvvisa che, il marito, aveva assunto nell’osservare il monitor.
«Notato qualcosa?»
«E’ apparsa la Urano Galeos sul monitor.»
«Era vicina?»
«Non proprio, ma era da sola.»
«Owen a cosa stai pensando?» la donna cominciò a preoccuparsi, non tanto per il pericolo che costituiva l’aeronave imperiale, piuttosto per la fissazione di Owen per il generale di Argest.
«Eccola!» la Urano Galeo apparve ancora una volta sul monitor e per più tempo.
«A tutti, raggiungetemi nella sala comandi.» l’ordine venne trasmesso per tutta l’aeronave e in poco tempo la sala comandi si riempì.
«Che succede ora?» Kyla era infastidita per essere stata interrotta nel bel mezzo del suo meritato riposo.
«Abbiamo individuato la Urano Galeos.» spiegò brevemente Owen.
«Sono sulle nostre tracce?» Lev si allarmò.
«Non ci avranno mica scovati?» anche Seref cominciava ad essere teso.
«Non ci hanno scoperti, siamo noi ad aver scoperto loro. Sono da soli e non molto distanti da noi.»
«Owen non ti sembra strano?» fu Shu a intervenire.
«Lo penso anch’io.» Erin fu felice che finalmente qualcuno aveva espresso la sua stessa opinione.
«Potrebbe essere un colpo di fortuna.» continuò Owen.
«E’ come la nave!» Kirabo parve centrale il punto e Shu completò per lui « questo è il secondo avvistamento vantaggioso per noi, all’apparenza puramente casuale, proprio dopo il nostro tentativo di rapimento. Proprio quando dovrebbero tenere la guardia più alta, si lasciano a tali disattenzioni?»
«Certo che ci ho pensato ad un’eventualità del genere, però …»
«La Urano è lì che ci attende.» Seref conclude il pensiero di Owen.
«Indubbiamente è un’occasione se riuscissimo ad abbattere quell’aeronave.» anche Kyla non disdegnava quell’idea.
«Però se si trattasse davvero di una trappola?» come sempre Lev era quello più restio ad gettarsi in imprese simili.
«L’affronteremo con la consapevolezza di stare cadendo in trappola.»
«Il rischio e lo stesso molto alto.» intervenne Takehito, la sua preoccupazione era rivolta principalmente a Miyu.
«Abbiamo anche una bambina a bordo. Non te ne sai dimenticato, spero.» Erin aveva trovato un nuovo appiglio per dissuadere il marito dalla sua imminente decisione.
«Se è per quello farò in modo di metterla al sicuro.»
Seguirono a discutere ancora per un po’,ognuno restando nella propria visione.
«Owen sei tu il generale, decidi cosa fare.» disse infine Seref vedendo che non si raggiungeva un accordo.
«Attacchiamo la Urano Galeos.»
Non tutti erano pienamente conviti della decisione pressa da Owen ma come aveva detto Seref: il generale era lui.
«Katsu! Tu prenderai con te Miyu e vi terrete a distanza di sicurezza dallo scontro.»
«Cosa? Voglio essere d’aiuto combattendo.»
«Sarai d’aiuto proteggendo la bambina.» il ragazzo incrociò le braccia al petto, conscio che sarebbe stato inutile discutere«e va bene.»
«Tutti gli altri ai loro posti! I piloti ai teknight e il restante ai cannoni!»
Ognuno prese posizione in poco tempo, aspettando ordini.
Nella sala comandi rimasero solo Erin ed Owen. Condussero l’aeronave nelle vicinanze della Urano Galeos e il generale della Phlayrh iniziò col dare istruzioni.
«Agiremo come in un classico attacco a sorpresa. Tra pochi minuti ci renderemo visibili, uscirete rapidamente e attaccherete la Galeos su più fronti.»
Prima dell’imminente battaglia dominava il silenzio e la tensione: i teknight allineati pronti al lancio, Aruto dietro i computer per dare supporto ai piloti e l’unico a lasciare la base fu Katsu con Miyu, nei pochi minuti prima che si resero visibili.
«Iniziamo!»
Al comando di Owen, uno dopo l’altro, i teknight si lanciarono dal ponte e subito attaccarono l’aeronave nemica.
La Galeos rispose al fuoco e i primi attacchi andarono a vuoto ma non era che l’inizio.
Come se fossero già stati pronti a subire un attacco, dall’aeronave nemica comparvero cinque teknight, tutti GL equipaggiati con armi a Red Fusion.
La risposta della Urano Galeos fu decisamente repentina.
Come nel loro usuale modo di agire, i due MA si portarono avanti, superando i loro compagni e si lanciarono all’attacco.
Evitarono agilmente i raggi rossi che tentarono inutilmente di centrarli, eseguendo aggraziate evoluzioni. Lo MA nero si scagliò contro il primo GL che si trovò avanti, spaccandolo in due e trascinandosi la parte superiore, che fece precipitare dopo.
Lo MA blu, dopo aver schivato l’ultimo raggio a Red Fusion, facendo una capriola verso l’alto, conficcò la lama metallica della sua spada corta nella testa del teknight, fino ad arrivare a bucare la cabina di pilotaggio. Infine estraendo la lama, danneggiò diverse parti meccaniche, provocando scintille e fumate.
Dalle loro spalle si fecero avanti lo IF, il RAD2 e l’AU-0.
Seref mandò le sue sfere ad agganciarsi ai tre teknight imperiali rimasti.
Il trucco ormai era diventato noto e non si fecero sorprendere, distruggendo le sfere con i fucili a poca distanza da loro, addirittura uno dei GL, riuscì ad afferrarle con le mani e schiacciarli.
Peccato che Seref, da bravo stratega, era abile a prevedere le mosse degli avversari. Era ben conscio che lo stesso trucco per troppo tempo non poteva funzionare, per questo motivo da tempo, aveva inserito dei micro stramettitori grandi poco più di granelli di polvere ed estremamente appiccicosi. Questi, una volta distrutti i pincer, si incollarono sulla superficie dei teknight. Il grosso era fatto.
Lo IF, il RAD e l’AU-0 impugnarono dei piccoli lancia missili, presero la mira velocemente e spararono. I GL furono rapidi a schivare quei colpi fin troppo imprecisi ma i missili seguirono i loro spostamenti e li centrarono.
La funzione dei micro trasmettitori  era proprio quella di permettere ai missili di seguire ogni spostamento del nemico al quale erano incollati.
Il danno non fu decisivo per neutralizzarli ma ci pensarono gli MA a concludere il lavoro.
Inaspettatamente i cinque GL vennero sconfitti rapidamente.
Lev e Kirabo si erano distanziati e con le loro nuove armi, chi-ken, una riproduzione più piccola e leggermente meno potente del kei-kan, presero a bersagliare l’aeronave imperiale con l’aiuto della loro.
Gli altri piloti della Phlayrh stavano per aggiungersi all’assalto alla Galeos quando comparvero altri cinque GL e il GL-S.
«Che ci fa Falk qui?»
«K3 non distrarti!» il richiamo arrivò da Shu.
«Quindi era davvero una trappola.»
«A questo punto non cambia molto, S8.» Yue lo affiancò. Per quanto determinato fosse sapeva anche quanto si lasciasse prendere dai sensi di colpa. In fondo aveva insistito affinché attaccassero la Galeos.
Inaspettatamente gli uomini di Falk si dimostrarono più battaglieri e resistenti del solito.
Kirabo e Lev vennero in qualche modo ostacolati dalla Galeos, impedendo loro di raggiungere i compagni.
Shu e Yue ingaggiarono un combattimento ravvicinato con tre dei GL. I teknight si colpivano senza esclusione di colpi e per i due della Phlayrh venne reso tutto più difficile dalle lance a Red Fusion. Grazie ad esse, i GL riuscirono a mantenere una certa distanza dai MA e il minimo contatto poteva provocare seri danni ai teknight.
Kyla e Seref, al contrario cercarono di lasciare la maggior distanza possibile tra loro e gli avversari, i modo da poterli colpire con i lanciamissili o i fucili.
Infine l’avversario più pericoloso andò a scegliersi come rivale l’AU-0 di Takehito.
Il teknight argentato aveva un fucile a Red Fusion con sopra montata una lama da taglio, proprio come una baionetta.
Takehito poteva contare su un fucile a proiettili, un altro con una fonte di calore pari al chi-ken e una lama corta.
Falk attaccava ripetutamente da più angolazioni, compiendo spostamenti rapidi e precisi.
L’AU-0 non fu in grado di seguirli tutti e quando non era in grado di prevederli, ergeva la barriera dell’ end eer, che riusciva a proteggerlo. Quella di Falk sembrava la strategia di uno squalo, quasi come se fosse stata influenzata dalla Urano Galeos. Si muoveva intorno all’AU-0 formando dei cerchi sempre più piccoli per avvicinarsi e sferrare l’attacco decisivo.
Poi accadde qualcosa di inaspettato per entrambe le fazioni. Dal cielo li raggiunse un’accecante luce biancastra che colpì in pieno la fiancata dell’aeronave della Phlayrh distruggendo completamente una delle ali mobili.
«Cosa diamine era?» si chiese Kirabo a bassa voce.
Era la domanda che si ponevano tutti e lui in particolar modo era stato terribilmente vicino a quel raggio.
Al momento dell’impatto l’aeronave venne scossa violentemente.
«Cos’è stato?» Owen si mise in contatto con Aruto che per quanto sorpreso aveva già analizzato alcuni dati.
«Viene dalla spazio … fuori dall’orbita terrestre.» tutti i piloti avevano sentito la spiegazione del meccanico e se possibile ne rimasero ancora più sorpresi.
«Come facciamo a fermare una cosa simile?» a Yue sembrò qualcosa fuori dalla loro portata.
Il momento di pausa terminò e i teknight ripresero a combattere.
«Un modo c’è ma possono farlo solo K4 e T9.» continuò Aruto.
Gli interessati non poterono riflettere troppo su quello che diceva essendo impegnati nello scontro.
«Sono gli unici ad avere una corazza abbastanza resistente da sopportare l’attrito con l’atmosfera.»
«Cosa? Stai dicendo che dovremmo andare nello spazio?» urlò Kirabo colpendo la fiancata della Galeos con il chi-ken.
«Sì! Uno di voi due.»
«Sembra una cosa rischiosa. T9 ci vado io!»
«Va bene!»
Il RAD provò ad allontanarsi ma ogni volta veniva raggiunto dal fuoco della Galeos. Tentò diverse manovre per divincolarsi da quella situazione anche con l’auto di Lev ma fu inutile. La minore mobilità della Phlayrh, dovuta alla perdita dell’ala mobile, li costringeva a ritornare sui loro passi per evitare che diventasse un bersaglio troppo facile.
«K4, pensa a proteggere la Phlayrh. Andrò io nello spazio!» Takehito si era accorto delle difficoltà del compagno che a malincuore dovette acconsentire alla decisione del ragazzo.
In realtà Takehito non sapeva come liberarsi del suo di avversario così decise di farsi guidare dal suo istinto.
Seguì gli stessi movimenti del GL-S, un po’ più lentamente ma li copiava tutti. I due teknight si avvicinarono sempre più fino alla giusta distanza per il GL-S di sferrare un attacco.
Spinse la baionetta in avanti ma non si infilzò in nulla dato che l’AU-0 schizzò in alto con una leggera spinta dei propulsori posteriori, poi si attivarono anche il resto dei propulsori e raggiunsero la massima potenza. Era diretto verso lo spazio.
«Cosa? Non vorrà mica?» Falk dal suo abitacolo aveva compreso fin troppo presto le intenzioni del suo avversario e decise di seguirlo. Aveva messo in conto un’eventualità del genere e aveva fatto preparare il suo teknight per resistere all’attrito con l’atmosfera e fatto aumentare la potenza dei propulsori.
Nell’AU-0 ,man mano che saliva, le comunicazioni con la base diventavano meno chiare fino a quando non uscì dal campo gravitazionale terrestre, dopodiché si interruppero completamente.
Takehito  riaprì gli occhi che aveva tenuto chiusi per tutto il tempo, nel tentativo di sopportare meglio la forte accelerazione.
Si guardò attorno, era scuro nonostante tutti i punti luminosi e c’era un gran silenzio, un silenzio che non aveva mai percepito prima. Si sentiva leggero, se non fosse stato per le cinture che lo trattenevano , avrebbe galleggiato per l’abitacolo. Poi guardò sotto di se e non poté che restare senza fiato. La Terra era sotto di lui : una grande, immensa sfera azzurra.
Si soffermò ad ammirare la sua bellezza estasiato e per un attimo il tempo si fermò. Nessuna delle immagini che aveva registrato nella sua mente rendeva giustizia a quella meraviglia. Nessun racconto degli astronauti poteva trasmettere quelle sensazioni indescrivibili.  
Lo stato di stupore e meraviglia venne interrotto dal GL-S che lo stava raggiungendo.
Presto visualizzò le coordinate che aveva ricevuto da Aruto e le confrontò con la sua posizione. Si voltò alle sue spalle e vide l’arma che stava per distruggere la sua aeronave, un cilindro sottile avvolta da cerchi che diventavano più larghi e in perenne rotazione.
Non poteva perdere tempo, doveva distruggerla al più presto anche perché non aveva a diposizione molto ossigeno.
Creò la giusta distanza e sparò con il fucile simile al chi-ken, ma sbagliò completamente mira.
«Eh?! Non sarà colpa della mancanza di gravità?» non poteva credere di aver davvero mancato un bersaglio fisso.
Si riposizionò ma non si rese conto che il GL-S era ormai lì e non aveva arrestato la sua corsa, andandogli addosso.
Il colpo fu violento e venne percepito completamente da Takehito. Non ebbe il tempo di reagire che se lo ritrovò addosso. I due teknight erano uno di fronte all’altro, con le mani strette le une nelle altre e si spingevano con tutta la forza a disposizione.
«Perché ci hai teso una trappola simile?» Takehito stava comunicando col il pilota del
GL-S.
«Non sono stato io a volerlo!»
«E allora perché non l’hai impedito? Pensavo tenessi ai tuoi vecchi compagni.»
“Certo che tengo a loro” Falk strinse con maggiore forza le leve di controllo spingendole in avanti« è proprio perché tengo ai miei compagni che non posso comportarmi come al solito.»
«Non capisco … »
«Non importa se non capisci!» gli posizionò un piede del GL-S sul busto dell’AU-0 e facendo forza si liberò dalla presa e impugnò il fucile riposto dietro la schiena.
«Eppure quella volta hai salvato Shu e Yue, hai aiutato tutti noi, hai addirittura disobbedito agli ordini che ti erano stati impartiti! E poi, tutti non fanno che parlare di te con malinconia e tanto affetto.» non seppe perché ma si slacciò le cinture, assicurò meglio il casco alla tuta e aprì il portellone. Avanti a lui il GL-S non aveva abbassato il fucile.

Angolo dell'autrice:
Salve a tutti!
Qui si resta col fiato sospeso (nda Takehito non fare l'eroe).
Purtroppo non credo di riuscire a pubblicare il seguito esattamente tra due settimane come faccio sempre. Forse di settimane ne saranno tre massimo quattro non di più.
Anche per quanto riguarda le schede le riprenderò al prossimo capitolo e vedrò di recuperare quelle che avevo intenzione di aggiungere oggi.
Motivo del ritardo: studio.
Farò di tutto per riprendere al più presto!
Grazie di cuore per continuare a seguire questa storia e alla prossima ;)

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Capitolo 21
*** Section 20 ***


Argest Age – section 20

«Non capisco … »
«Non importa se non capisci!» posizionò un piede del GL-S sul busto del’AU-0, facendo forza si liberò dalla presa e impugnò il fucile riposto dietro la schiena.
«Eppure quella volta hai salvato Shu e Yue, hai aiutato tutti noi, hai addirittura disobbedito agli ordini che ti erano stati impartiti! E poi, tutti non fanno che parlare di te con malinconia e tanto affetto.» non seppe perché ma si slacciò le cinture, assicurò meglio il casco alla tuta e aprì il portellone. Avanti a lui il GL-S non aveva abbassato il fucile.
Takehito si era sporto fuori dall’abitacolo, reggendosi forte alle pareti del portellone: di fronte a lui il nero della canna del fucile.  
«Quell’arma potrebbe distruggere la Phlayrh, potrebbe uccidere tutti quanti!»
Il GL-S abbassò il fucile e il portellone si aprì. Ora i due piloti poterono guardarsi negli occhi.
«E’ come dice Kyla … io sono un sognatore, voglio raggiungere mete impossibili e quando mi scontro con la realtà, avanti a me vi è un muro insormontabile.» Falk si lasciò a quella confessione.
«Allora abbattiamo quel muro insieme!» Takehito gli aveva teso la mano.
Il colonnello di Argest lo guardò a lungo, rientrò con parte del corpo nella sua cabina di pilotaggio e gli lanciò un oggetto. Takehito l’afferrò e si ritrovò tra le mani un trasmettitore.
«Non è possibile! Troppe vite dipendono da me.» Falk rientrò e chiuse il portellone dietro di se.
“Vi prego … fermate voi Ward al posto mio.” si era riposizionato nella cabina di pilotaggio.  La stessa cosa venne fatta dal pilota della Phlayrh, rientrando nell’abitacolo e chiudendo il portellone.  
Il GL-S afferrò per una braccio l’AU-0 e lo scaraventò vicino al SFCannon.  
Takehito non riuscì ad opporsi, scontrandosi con questa. La rotazione degli anelli era aumentata e nello contatto stava consumando il metallo del suo teknight. Non ebbe il tempo di contrattaccare nemmeno quando Falk gli sparò contro. L’unica cosa che poté far, fu spostarsi.
 Il raggio a Red Fusion raggiunse la SFCannon che nello stesso momento aveva sparato un colpo diretto sulla Terra.
L’arma cominciò a ripiegare su se stessa, il metallo si deformava, si spaccava e l’energia si accumulava.
I monitor dell’AU-0 segnalavano la presenza di una fonte di calore crescente con un ripetuto avviso di warning.
Non fu difficile capire che quell’arma stava per esplodere e che stargli vicino sarebbe stato rischioso.
Sia Takehito che Falk cercarono di fuggire più lontano possibile. Fecero solo pochi metri e  avvenne l’esplosione dalla quale si sprigionò un’energia potentissima. L’AU-0 attivò la barriera dell’ end eer mentre il GL-S non aveva i mezzi per proteggersi.
Resisteva come poteva alla spinta che lo stava trascinando verso la gravità terrestre. Fece ricorso a tutta la potenza che aveva nei propulsori, dai quali fuoriusciva un’accecante luce azzurra. Oltre all’energia dell’esplosione, vennero rilasciati diversi detriti a velocità considerevoli e molti di questi colpirono il GL-S. Gli provocarono ammaccature, alcuni si incastravano al suo interno e altri lo trafiggevano.
«Falk!»
Una lastra di metallo, molto grande, era penetrata addirittura nella cabina di pilotaggio ferendo Falk alla spalla. Il giovane non poté trattenere il dolore improvviso, lasciandosi in un urlo che sentì anche Takehito, attraverso il canale di comunicazione ancora aperto. Falk si mise la mano vicino alla spalla che sanguinava copiosamente, tentò di staccarsi dalla lastra ma non ci riuscì, lacerando ulteriormente la carne. Con tutti quei danni il GL-S smise di funzionare. L’energia dei propulsori diminuì progressivamente e tutto si spense. Il teknight venne strascinato verso la Terra e catturato dalla sua gravità, precipitò senza freni verso la superficie.
L’AU-0 resistette bene all’esplosione ma il suo pilota non si preoccupò di controllare eventuali danni. Aveva assistito a cosa era accaduto a Falk e non ci pensò su a fiondarsi nella direzione in cui stava precipitando.

Da quando i due piloti erano spariti verso lo spazio,  lo scontro tra quelli che erano rimasti continuava ed era decisamente più duro di quello precedente. Probabilmente avevano a che fare con alcuni dei migliori piloti di Argest e dallo stile di combattimento dovevano far parte dell’equipaggio di Falk. Riuscivano addirittura a tener testa ai due fratelli.
Improvviso e imprevedibile, come il primo, arrivò un altro colpo dal cielo. Questa volta la sua vittima fu un’altra. Sembrò strano ma il raggio di quell’arma dello spazio colpì l’intera parte posteriore della Urano Galeos.
Un evento fortunato e inaspettato che permise ai RAD, armati con i kei-kan, di andare in soccorso dei loro compagni in difficoltà. Colpirono da dietro i GL avversari di Seref e Kyla, provocandogli danni tali da renderli inoffensivi.  
La Galeos nonostante il danno gravissimo che aveva ricevuto, continuava a volare. Il movimento delle innumerevoli alti sulle fiancate era sufficiente per non farla precipitare e a farla proseguire. Ovviamente non era più in grado di sostenere lo scontro e per l’aeronave della Phlayrh fu un grande colpo di fortuna. Senza l’ala mobile i suoi movimenti erano molto ristretti e se non fosse stato per Kirabo e Lev che avevano contenuto il fuoco nemico, quasi sicuramente si troverebbero nelle stesse condizioni del loro nemico.
Come se non bastasse dal cielo stava precipitando qualcos’altro provocando un forte rumore.
Era un teknight in caduta libera, di schiena, corroso dall’attrito che lo aveva in buona parte consumato. Gli arti erano quasi del tutto scomparsi e la parte posteriore, in parte sciolta, faceva intravedere la cabina di pilotaggio.
Subito dopo, l’AU-0 rivolto con la testa verso il basso, end eer attivo e il braccio proteso in avanti era quasi arrivato ad afferrarlo.
Ancora qualche centimetro, si diede un’ultima spinta con i propulsori e finalmente lo afferrò per quel che restava di un braccio. Tuttavia la sua presa non servì a fermarlo, la sua forza non era sufficiente per arrestarne la caduta.
«Falk!» uno dei GL, quello del maggiore Lam che era impegnato a combattere contro Shu, approfittò del momento di attenzione rivolta ai due teknight provenienti dalla spazio e corse in aiuto del suo colonnello.
Si posizionò sotto il GL-S, frenando la sua caduta libera e infine lo sorresse quando l’AU-0 lo lasciò allontanandosi piano.
Takehito venne affiancato dai suoi compagni che lo dovettero sostenerlo poiché l’energia a sua disposizione era quasi terminata.
«Ai RAD con i kei-kan, finite la …»
«Rientrate immediatamente! Non abbiamo più nulla da fare.» Erin aveva sovrastato l’ordine di Owen e bloccò le comunicazioni.
«Cosa ti passa per la mente? Non si ripeterà un’occasione simile.» tuonò Owen. Era furioso e rivolse alla donna uno sguardo adirato.
«Basta così! Hanno avuto quello che si meritavano e poi c’è anche Falk tra i piloti.» provò a calmarlo la moglie.
«E con questo?Non voglio farlo uccidere.»
«Ci mancherebbe pure! Hai deciso di fargli passare dei guai?»
«Owen facciamo come dice Erin. Abbiamo subito ingenti danni anche noi e i teknight non sono in buone condizioni.» Aruto si era messo a dar man forte alla donna.
Owen riattivò le comunicazioni «Rientrate sull’aeronave … andiamo via.»
I teknight rientrarono sulla Phlayrh e i GL affiancarono la loro aeronave e le due fazioni si allontanarono in direzioni opposte l’una dall’altra.
 

Lentamente aprì gli occhi, mise a fuoco le immagini inizialmente sfocate.
Si trovava a casa sua, non poteva sbagliare. Quello in cui riposava era il suo letto, anche se non era più sulla libreria, quello non poteva che essere il suo confortevole letto. Di sicuro lo avevano smontato, probabilmente per comodità. Era giorno, il sole entrava prepotente nella stanza e la riscaldava. Provò ad alzarsi ma dovette rinunciarvi per il dolore che avvertì alla spalla.
Era vero. Durante lo scontro nello spazio aveva fatto in modo di distruggere la SFCannon. Il pilota dell’AU-0 era in gamba ed era proprio un tipo adatto alla vita della Phlayrh.
“Lo spazio … sono stato nello spazio …” guardando il cielo Falk non poteva non pensarci e rimpianse di non essersi potuto godere quel momento.
Riprovò a rialzarsi con più calma, il dolore si faceva sentire ma era sopportabile. Voleva parlare con qualcuno e sapere che cosa fosse accaduto. Da quando aveva cominciato a precipitare sulla Terra, non ricordava più nulla.
Sentì la porta aprirsi e chiudersi si voltò giusto il necessario per vedere chi fosse entrato.
«Norbert?» domandò piano per poi si sentirsi sollevato nel vederlo.
«Falk! Ti sei svegliato!» gli si avvicinò appoggiando le buste che aveva in mano a terra «Come ti senti?»
«Mi fa male la spalla.»
«Era una brutta ferita ma tra qualche giorno sarà guarita.» lo rassicurò.
«Alla Phlayrh … alla Phlayrh cosa è accaduto?»
Non c’era nulla da fare, era il suo più grande pensiero e il maggiore Norbert Lam lo sapeva bene.
«Hanno riportato gravi danni ma devono essersela cavata abbastanza bene. Anche il pilota dell’AU-0 dovrebbe star bene, ha tentato anche si salvarti dalla caduta. Piuttosto la Urano Galeos è stata per metà distrutta, peccato non dal lato giusto. Cos’è successo nello spazio?»  
«Cioè? Che cosa è successo alla Galeos?» Falk non riusciva a comprendere pienamente.
«Il colpo che è stato sparato dallo spazio ha colpito la parte posteriore della Galeos, distruggendola. Ma quell’aeronave è incredibile, vola anche con una sola metà … che c’è?»
Falk lo stava guardando male. Aveva compreso cosa intendesse dire l’amico sostenendo che era stato distrutto il lato sbagliato della Galeos «hai detto una cosa orribile. Se avesse distrutto la parte anteriore il generale Ward e il resto dell’equipaggio, sarebbero morti.»
«Non fa altro che crearci problemi.» provò a giustificarsi.
«Non è una motivazione valida maggiore Norbert.» quando aveva da rimproverargli qualcosa era sua abitudine aggiungere il grado al nome e assumere un tono serio.
«Ok,  non penserò più una cosa simile, colonnello. Però non mi hai risposto … cosa è successo esattamente?»
«Ho gettato l’AU-0 sul SFCannon prima che questa sparasse, di conseguenza la traiettoria sarà cambiata. Indubbiamente stava mirando alla Phlayrh.»
«E’ stato quel pilota a farti precipitare?»
«No, assolutamente. Ho distrutto io stesso quell’arma solo che è esplosa e non ne sono uscito sano» fece un attimo di pausa «quel ragazzo … voleva che lo aiutassi. Spero che non se ne sia accorto che l’ho fatto per davvero ma più importante, spero non se ne sia accorto il generale Ward.» Norbert riuscì a scrutare tutta la preoccupazione che lo affliggeva.
Aveva accettato con malavoglia quel piano che prevedeva di far cadere in trappola la Phlayrh. L’aveva fatto solo perché il generale Ward nutriva dei sospetti nei suoi confronti e per l’incolumità dei suoi uomini, .on aveva potuto fare altro.
Si era sforzato in tutti i modi di essere convincente, di combattere con ogni mezzo i nemici dell’impero.
Il maggiore abbassò lo sguardo «non se ne sono accorti, però non diventeranno gentili nei nostri confronti.»
Falk tentò di mettersi a sedere ma venne repentinamente fermato da Norbert «non fare sforzi!»
«Non sto di certo così male! Non sono nemmeno in ospedale.»
«Perché non ti hanno voluto.» tagliò corto il maggiore.
«Cosa?»
«Ti hanno sottoposto alle cure fondamentali ma poi ti hanno mandato via.» Falk non rispose nulla, accasciandosi sul materasso. Forse non si saranno accorti delle sue intenzioni ma di sicuro un altro risultato negativo aveva gettato altro fango su di lui e sul suo equipaggio.
«Ti cambio la medicazione.» disse ad un tratto spezzando  il silenzio.
Mentre gli toglieva le fasce bussarono alla porta.
«Avanti!» rispose Norbert.
«Permesso maggiore Norbert. Le ho portato i medicinali che mi aveva chiesto.» dall’ingresso si fece avanti una donna, un tenente della Jaculus.
«Oh! Grazie tenente Ely.»
Norbert faceva spesso affidamento su di lei. Una giovane donna sulla trentina dal viso paffutello e gli occhi neri dolci e profondi. Una persona dall’aspetto ordinario e gentile.
« Colonnello si è  ripreso! Che gioia!»
«Abbassa la voce!» la rimproverò Norbert.
«Mi scusi» porse le medicine al maggiore «colonnello le preparo qualcosa da mangiare, di sicuro il maggiore non ci avrà pensato.»
«Te ne sarei grato. In effetti ho un po’ di fame.»
«Allora lasci fare a me.» e soddisfatta si mise ai fornelli.
Norbert terminò la medicazione e il tenente Ely gli preparò il pranzo. Nelle ore seguenti vennero altri membri del suo equipaggio, e non solo, a trovarlo.
Erano tutti felici che il loro colonnello si fosse ripreso.


«Non potete impedirci di entrare!»
«Ehi! Fermi con quei teknight!»
Nel quartiere dei membri dell’equipaggio della Jaculus c’era una grande agitazione.
Vi erano numerosi membri dell’esercito di Argest che stavano smantellando un campo di addestramento usato dagli uomini di Falk.
Avevano bloccato l’accesso e stavano trasportando all’esterno i GL.
«Almeno spiegateci perché?» cercò chiarimenti un giovane sottotenente della Jaculus.
«Perché non avete i mezzi per le riparazioni.» gli rispose colui che stava dirigendo lo sgombro del campo. Un uomo di mezza età con l’aria divertita.
«Se la missione non ha avuto successo la responsabilità è anche della Urano Galeos!»
«Non osare paragonarti al resto dell’esercito di Argest. Non siete altro che rifiuti!» l’uomo venne colpito da un violento pugno al volto, che gli spaccò il labro. Quel trattamento era fin troppo ingiusto per il giovane sottotenente.
Quel gesto scatenò maggiori tensioni.
«Se vi è stato attribuito qualche merito lo dovete solo al vostro colonnello … feccia anche lui.» l’uomo colpito continuò con le provocazioni.
Il sottotenente dovette essere trattenuto con forza per evitare che si scaraventasse sull’uomo che li derideva.
«Che sta accadendo?»
«Maggiore!»
«Il maggiore Lam?» fu sempre l’uomo colpito a parlare.
«Sì, sono io! Voi piuttosto chi siete e cosa state facendo esattamente?» Norbert si era fatto largo tra la folla, trovandosi di fronte al responsabile di tanta agitazione.
«Sono il maggiore Reyet e sono qui per la confisca del campo di addestramento. E’ il costo della sconfitta e delle riparazioni.»
«Maggiore gli impedisca di fare una cosa del genere!» lo implorò un suo sottoposto.
«Mai come questa volta non è stata colpa nostra.» aggiunse un altro al suo fianco.
«E poi l’avversario era la Phlayrh, non siamo solo noi ad aver perso contro di loro.» disse con disprezzo quello che aveva sferrato il pugno.
«Non si potrebbe ritardare o trovare un accordo? Sicuramente ci spetteranno altre missioni e avremo bisogno del campo di addestramento.» Norbert tentò con un approccio più diplomatico.
«Non vi è concesso trattare, sono ordini che arrivano dall’alto.» fece il maggiore Reyet alzando l’indice.
«Lasciateli fare.»  tutti si voltarono a suono di quella voce.
«Fa … colonnello!» il maggiore Norbert si trattenne dal rimproverarlo.
«Ma colonnello una cosa del genere non è giusta.» insistette il quel sottotenente che a stento riusciva a trattenere la rabbia.
«Non ci possiamo fare molto. Trasportate i GL nella Jaculus, quelli che non entreranno trovategli un posto al coperto o avvolgiteli in qualche modo.» anche se controvoglia e arrabbiati non si misero a contraddire Falk «sottotenente Sauper si scusi con quell’uomo e speri nel suo perdono.»
«Ma colonnello?» protestò lui.
«Niente ma, fallo e basta.»
«Sì colonnello Falk …»abbassò il capo sottomesso.
I suoi uomini si misero al lavoro e nel giro di poche ore fu tutto smantellato. Il campo di addestramento requisito e i teknight sparsi tra la Jaculus e i palazzi.
Dopo il suo intervento, Falk aveva fatto ritorno nella sua abitazione. Per quanto stesse meglio, erano passati solo tre giorni da quando si era risvegliato e quattro dalla battaglia.
Norbert gli aveva proibito di alzarsi pregandolo di restare a riposo per altro tempo ma non poté non intervenire in quelle circostanze.
Era stato svegliato dalla confusione e si era affacciato al balcone per capire cosa stesse succedendo. Vedendo un gran numero di soldati, aveva temuto il peggio. In quei giorni viveva col terrore che avessero scoperto la sua origine e che volessero fargliela pagare. Temeva in particolar modo per Norbert che sapeva ogni cosa sul suo conto ma anche per il resto del suo equipaggio.
In fondo Norbert la aveva avvisato: “non diventeranno gentili con noi”.
Il maggiore entrò in casa e entrandovi, trovò Falk disteso nel suo letto.
«Non saresti dovuto uscire. Avrei risolto senza di te.»
«Lo so ma così abbiamo fatto prima, inoltre, è meglio che mi faccia vedere buono e ubbidiente.»
«Non dovresti farti umiliare così.»
«Abbiamo ricevuto altri ordini?» Falk parve ignorarlo.
«No»
Non si dissero più nulla. Poco dopo, Falk si addormentò e Norbert gli restò a canto, per sorvegliarlo.

Verso la sera, parecchie ore dopo che lo smantellamento del campo venne terminato, qualcun’altro si fece avanti nella casa di Falk. Bussò e la porta gli venne aperta da Norbert.
«Posso parlare con il colonnello?» era il sottotenente Sauper.
«Sì, ma non farlo stancare troppo.»
«Va bene!» entrò in casa e si fermò davanti a Falk «colonnello … ecco io volevo scusarmi per prima.»
«Non è necessario, Sauper.»
«Sì, invece! Per colpa della mia reazione vi ho costretto ad alzarvi mentre dovrebbe riposare.»
«Se potessi farei la stessa cosa che hai fatto tu.» il giovane colonnello si lasciò sfuggire il suo vero pensiero.
«Eh?»
«Mi da fastidio il modo in cui vi trattano. Siete soldati di Argest proprio come tutti gli altri.»
Il sottotenente scosse la testa «solo lei lo fa. Solo lei ci ha dato una possibilità, un’alternativa.»
«Non rinvangare il passato.»
«Noi tutti non possiamo dimenticarlo. Se non ci avesse dato la possibilità di unirci all’esercito, non avremo avuto potuto far altro che chiedere aiuto alla Phlayrh o ribellarci. Almeno che non ci fossimo lasciati morire, oppressi dall’ingiustizia e dalla rigidità dell’impero.»
«Basta così!» Falk si ritrovò a stringere i pugni «quel periodo è finito, ciò che ci aspetta è solo un futuro migliore. Però non vi ho mai detto che sarebbe stato facile.»
Sauper annuì.
«Ora torna pure a casa.»
«Sì colonnello!»
Il sottotenente andò via come gli era stato detto.
«Norbert torna anche tu a casa … sarai stanco.»
«Ma no Falk, sei hai bisogno di …»
«Va pure.»
Era chiaro che voleva restare solo. Lo accontentò e fece ritorno nel suo appartamento.


Camminava risoluto e con fermezza. Si trovava nel palazzo più lussuoso di Helkraf, un edificio bianco che si slanciava verso l’altro e dalle forme appuntite: la dimora dell’imperatore Hunwer Argest.
Era riuscito ad ottenere un incontro con lo stesso imperatore.
Quegli ambienti lussuosi e ampi, erano poveri di persone e più si avvicinava alla sala del trono e meno ce ne erano.
Arrivò dove l’imperatore lo attendeva. Il suo ingesso venne annunciato e lasciato solo.
Proseguiva, camminando sul pavimento in marmo, così lucido che la sua figura si rifletteva. I suono dei suo passi rimbombava in quell’ambiente spazioso e luminoso. Le colonne bianche ornate d’oro poste ai lati del largo corridoio centrale,  lo accompagnavano.  
Pochissimi metri lo separarono dall’imperatore. Seduto sul suo trono rialzato da cinque gradini.
Si inchinò rispettosamente «Sua Maestà!»
«Dunque sei tu il giovane che in poco tempo ha fatto carriera nell’esercito?»
«Sì Maestà. Sono il colonnello Falk Horn.»
«Sono curioso di sapere cosa voglia da me un così abile soldato che sta cadendo in disgrazia.» sul viso dell’imperatore si fece largo un sorriso derisorio.
I deboli non avevano vita facile in Argest.
Falk sollevò il capo. La sua determinazione fece scomparire il sorriso dal volto dell’imperatore.
«Sono venuto a dirle la verità sul mio conto.»
La cosa lo incuriosì e lo incoraggiò a proseguire con un cenno della mano che fin’ col coprire il mento «dunque …»
«Io provengo dalla Phlayrh, anzi … io sono della Phalyrh.»



Angolo dell'autrice:
E con questo la parentesi dello spazio si conclude. Spero ti sia piaciuto belfire99!
L'attenzione è ancora tutta rivolta su Falk (vi sto tendendo col fiato sospeso? Spero di sì!)
Come promesso l'altra volta, riporto le schede di altri ben sette personaggi così reupero quelli della volta scorsa. Spero siano graditi :)
Dalla prossima volta creerò un capitolo a parte dove raccoglierò le schede dei singoli personaggi, delle aeronavi e dei teknight in modo da essere più chiaro.
Grazie a tutti coloro che continuano a seguire Argest e sempre un grazie speciale per belfire99 che continua a incoraggiarmi con le sue recensioni.
Ora basta con le parole e conosciamo meglio alcuni dei personaggi di Argest.


YUE LI:

158 cm

15 anni

Tenente - pilota del MA (blu)

E’ sempre molto allegra

Ha appreso le arti marziali dal fratello

Le piace il gelato

E’ brava nei lavori manuali

Yue Li disegno

 

SHU LI:

170 cm

22 anni

Tenente - pilota del MA (nero)

E’ un tipo abbastanza silenzioso

Esperto nelle arti marziali

Gli piacciono le patatine fritte

Si diverte nel giocare a basket con Kirabo

Shu Li disegno

 

SEREF ARGEST:

174 cm

18 anni

Tenente - pilota dell’ IF

Abile giocatore di scacchi

Tutto ciò che non conosce lo incuriosisce

Non si fida facilmente degli altri

Ama rilassarsi con un bagno caldo

Gli piacciono i Waffel

Seref Argest disegno

 

KIRABO HILT:

199 cm

30 anni

Maggiore - pilota del RAD1

Gli piace il basket e gli piacerebbe diventarne un giocatore professionista

Detesta i posti freddi

Si fa benvolere dagli altri, in particolar modo ai bambini piace giocare con lui

Ama profondamente la sua famiglia con la quale ha un legame molto forte

Gli piace la frutta secca

Ha un legame di forte amicizia con Kyla, Lev e Falk

Kirabo Hilt disegno

 

KYLA FUKUDA:

168 cm

28 anni

Colonnello - pilota del RAD2

Legge molti libri

Le piace la musica e in particolare prova interesse per quella folk

Non sopporta di piangere

E’ ghiotta di caramelle

E’ molto legata ai suoi amici Kirabo e Lev e soffre per la lontananza di Falk.

Kyla Fukuda disegno

 

LEV KUZNETSOV:

183 cm

26 anni

Capitano - pilota del RAD3

Bravo nuotatore, si autodefinisce un campione del nuoto

E’ un tipo ansioso

Non sopporta la solitudine e cerca di non restare solo per troppo tempo

Cerca sempre di nascondere la propria tristezza e apparire sorridente

Gli piacciono i mandarini

Per lui nulla è più forte dell’amicizia che lo lega a Kirabo, Kyla e Falk

Lev Kuznestov disegno

 

FALK HORN:

175 cm

28 anni

Colonnello - pilota del GL-S

Costruisce spesso modellini e piccoli oggetti di ogni tipo

E’ determinato

Gli piace il cioccolato alle nocciole

Quando può schiaccia volentieri un pisolino

Da quando è andato via dalla Phlayrh ha imparato a mascherare i suoi sentimenti

Gli mancano i suoi amici, specialmente Kyla

Falk Horn disegno


Alla prossima ;)

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Capitolo 22
*** Section 21 ***


Argest Age – section 21

«Sono venuto a dirle la verità sul mio conto.»
L’imperatore si incuriosì e lo incoraggiò a proseguire con un cenno della mano che finì col coprire il mento e il gomito appoggiato sul bracciolo «dunque …»
Il colonnello Falk prese fiato. «Io provengo dalla Phlayrh, anzi … io sono della Phlayrh.»
Hunwer Argest fu sorpreso da tale dichiarazione e assunse una posizione retta, poggiando la mano sul bracciolo.
Falk aveva la sua completa attenzione.
«Come mai uno della Phlayrh ha deciso di diventare un soldato dell’esercito di Argest? E perché mi dici ciò?»
«Perché credo che portare avanti una guerra non serva a nulla. Se mai avrà fine, i vincitori si imporranno sui vinti che a loro volta coveranno vendetta e tutto tornerà al punto di partenza. Sono convinto che per modificare le cose, i primi a dover cambiare, debbano essere le persone stesse ed è per questo che ho lasciato la Phlayrh. Se ci si preoccupa di tutti, più deboli compresi, ci si può comprendere senza bisogno della forza. Nel mio piccolo ci sono riuscito con  gli uomini della Jaculus e le loro famiglie. Dialogando ho compreso quali fossero i loro problemi e insieme abbiamo trovato una soluzione che andasse bene a tutti. Ed è per questo che non voglio più nascondermi e fare finta di esser un cane dell’impero.» aveva detto ciò che si teneva dentro da troppo tempo, con impeto, determinazione e tutto d’un fiato. 
 «Apprezzo il tuo coraggio e la tua sincerità ma non condivido le tue parole.» 
Falk se lo aspettava e il suo sguardo non demorse. 
L’imperatore continuò «vorresti dialogare con la Phlayrh?»
Falk scosse la testa «mi rendo conto che sarebbe inutile, non sono così stupido. Dovremmo catturarli però quello che le chiedo e che non vengano condannati a morte ma imprigionati e se vorranno cambiare, gli deve essere offerta la possibilità di farlo.» 
«Hai un modo per prenderli?» 
«Solo se verranno rispettate le mie condizioni.»
L’imperatore tornò nella posizione iniziale, sembrava quasi divertito «Sia! Tu portami la Phlayrh e io ti lascerò carta bianca.»
Il giovane colonnello a stento riusciva a crederci di aver ottenuto una possibilità e facilmente per giunta.
«Ti dirò di più … come sai oltre Seref non ho altri figli e l’imperatrice non c’è più da molto tempo. Non mi va di lasciare Argest in mano ad uno dei miei fratelli o nipoti. Se riuscirai nei tuoi propositi, ti metterò alla guida dell’intero impero.»
Falk rimase fermo con gli occhi sbarrati tale fu la sorpresa «non intendevo …» si fermò un attimo rimangiandosi ciò che stava per dire “Non intendevo osare tanto tuttavia …”. 
«Grazie … vi porterò la Phlayrh!» il giovane si inchinò rispettosamente e si voltò per andar via. 
“Sì, portami la Phlayrh … sono proprio curioso di sapere cosa farai. Stupiscimi!” l‘imperatore lo osservò fino a che poté, sorridendo divertito.

Nel cargo della Jaculus si erano radunati tutti i membri dell’equipaggio che lo componevano. Facevano un gran baccano, discutendo tra di loro per l’improvvisa convocazione che avevano ricevuto da parte del loro colonnello. 
Era presente anche Norbert che attendeva ansioso l’arrivo di Falk. 
Si era seduto a terra a gambe incrociate e tamburellava nervosamente le dita sul ginocchio. Il suo giovane colonnello era sparito da qualche giorno senza dirgli niente e quando quella mattina fece ritorno, gli fece convocare tutto l’equipaggio poiché aveva un annuncio importante da fare. Gli aveva inutilmente chiesto delle spiegazioni, difatti non gli disse nulla nemmeno qualche parola vaga. 
Il vociare si intensificò per un attimo per poi svanire: era arrivato Falk. 
IL giovane si fece largo tra gli uomini, che si spostavano al suo passaggio, mentre Norbert si alzava. Si guardarono per qualche secondo. Lo superò e si posizionò nella mano di un teknight accovacciato al pavimento, in modo da essere visibile da tutti. 
Falk fece un respiro profondo.
«Vorrei che mi ascoltaste con attenzione e che riflettiate seriamente su ciò che sto per dirvi.» 
Erano tutti concentrati su di lui in particolare l’uomo che gli era tanto legato, avvertiva una strana sensazione che gli attanagliava lo stomaco. 
«E’ qualcosa che ho tenuto nascosto per molto tempo …»
“Non vorrai …?” la stretta allo stomaco di Norbert si trasformò in una fitta al cuore, tale era la paura di quello che stava per pronunciare il giovane. 
«Si tratta della mia origine … io facevo parte della Phlayrh e in certo modo mi sento ancora di farne parte.» regnava lo stupore generale. Non si sentiva nemmeno un mormorio. 
«Sei impazzito? Come ti viene in mente di dire certe cose?» Norbert gli stava urlando contro. Quello stupido stava mettendo a rischio la sua stessa vita. 
«Ti prego lasciami continuare.»
«Sta zitto! Così ti metti in pericolo!» continuò ad urlare. Sembrava che il maggiore avesse perso il controllo lasciando i presenti sorpresi. 
«Non sarà un problema.»
«Ma che stai dicendo? Come non sarà un pro …»
«L’ho già detto all’imperatore io stesso.» Falk sovrappose la sua voce a quella del maggiore, azzittendolo. Sconvolto, lasciò cadere le braccia lungo i fianchi ma non smise di guardarlo. 
Falk riprese il suo discorso « come dicevo io vengo della Phlayrh. Sono nato e cresciuto su quell’aeronave ed ero un loro pilota. Per divergenze di opinioni mi allontanai dalla Phlayrh ma nonostante ciò, continuo a perseguire gli stessi ideali e obbiettivi. Per questo motivo che non li ho mai considerati dei veri nemici e vi ho sempre impedito di ucciderli durante i combattimenti. Però questa situazione non poteva durare in eterno, così ho fatto una scommessa, rivelando ogni cosa all’imperatore. Se mi avesse voluto morto, mi sarei assicurato di mettervi al sicuro e sarei scappato ma nel caso avesse accettato le mie condizioni, avrei potuto agire finalmente libero.» la tensione crebbe nel voler sapere il seguito «ebbene … l’imperatore mi ha dato una possibilità. Posso agire come meglio credo a patto che catturi la Phlayrh e del loro destino sarò io a deciderlo. Quello che vi chiedo e di riflettere bene su che cosa volete fate: seguirmi o abbandonare la Jaculus. Nel caso in cui il mio piano funzionasse e li catturassimo, non dovrebbero esserci problemi ma in caso contrario, non posso escludere che mi apsetti la pena capitale e con me tutti coloro che mi seguiranno.»
Dopo qualche attimo di silenzio qualcuno si fece avanti.
«Noi la seguiremo ovunque, colonnello!»
«Già! Indipendentemente dal suo passato.» 
Seguirono altre voci simili. Falk sorrise ma si affrettò a rispondere «non voglio una risposta immediata, dovrete pensarci bene. Per chi vorrà lottare ancora a bordo della Jaculus si farà trovare qui tra una settimana alle sei del mattino.» e così concluse. 
Scese dal teknight e si avvicinò a Norbert «Passa per casa mia, per favore.» 
L’uomo non rispose nulla e Falk fece ritorno nel suo appartamento. 


Quella stessa sera, il campanello della casa di Falk suonò. Il giovane corse alla porta nella speranza che fosse Norbert. Aprì senza verificare l’identità di chi aveva bussato e per fortuna si trattava proprio dell’ospite che stava aspettando. 
Il maggiore entrò senza dire una parola e si sedette al tavolo. Falk lo raggiunse restando all’in piedi.
«Norbert ecco …» 
«Perché non mi hai detto niente?» era palesemente arrabbiato. 
«Non volevo che ti facessero del male.»
Norbert si alzò con uno scatto facendo cadere la sedie, afferrandolo per il bavero della maglietta.
«Allora per tutti questi anni non ho fatto che perdere tempo! Il rispetto? La fiducia? Il sostegno reciproco? Non ti avevo promesso che ti sarei sempre stato accanto qualunque cosa fosse accaduto?» 
«Avevo paura.» rispose piano. Norbert lo lasciò e lo abbracciò.
«E proprio per questo che dovevi dirmelo.» senza nemmeno accorgersene Falk  contraccambiò l’abbraccio con energia.
«Scusa …»
Quando entrambi si calmarono, si sedettero l’uno di fronte all’altro.
«Grazie a te la mancanza della Phlayrh è sopportabile, ho trovato una famiglia anche qui.»
«E per forza! Sei diventato un figlio per me.» 
«Mi hai ricordato Owen. Mi sgridava in continuazione quando ero un ragazzino anche se ha dei modi di fare più freddi rispetto ai tuoi.» 
Norbert si intenerì nel vederlo con gli occhi ricolmi di nostalgia ma lo riportò al presente. «Con loro che hai intenzione di fare? Qual è il tuo piano?» 
«Privarli delle altre due basi di cui dispongono. Ovviamente li avviserò prima del nostro arrivo. Li voglio costringere ad arrendersi e consegnarsi, ovviamente con la promesse che non verrà fatto alcun male a nessuno.»
«E poi?»
«Una volta che non potranno più disporre delle basi, saranno costretti a rischiare il tutto per tutto e attaccarci oppure andare a nascondersi da qualche parte. Però so dove potrebbero andare.» 
«In pratica una guerra di logoramento.»
«Esatto!»
«Ovviamente non vuoi che vengano condannati a morte.» Falk annuì «e sei sicuro che l’imperatore manterrà la parola data?»
«Mi ha detto che se riuscirò nel mio intento, in futuro mi farà imperatore, quindi credo di sì.»
Questa poteva essere la sorpresa più grande di tutte. Norbert faticava a capacitarsi di quello che gli stava raccontando il giovane ma questa era decisamente troppo. 
«Sì lo so. La notizia ha sconvolto anche me ma è un’opportunità che non avrei nemmeno mai immaginato.»
«Orami siamo in ballo. Spero solo che tutto vada per il meglio.»

«Shae non riusciamo a comunicare con Mutinous.» uno degli uomini della base africana dovette rivolgersi alla donna.
«Avete controllato che non sia un problema della strumentazione?»
«Abbiamo fatto tutti i controlli necessari ma non sembrano esserci malfunzionamenti. I messaggi vengono inviati ma non riceviamo nessuna risposta.»
«Che strano … eppure Yakov è sempre così preciso.» 
«Per questo sono venuto da te.»
«Ho capito vengo subito.» così Shae fu costretta ad abbandonare il suo lavoro e seguì l’uomo nel sottosuolo. 
Usarono l’ascensore per arrivare all’ultimo piano e dopo un lungo corridoio entrarono in una grande sala ricca di strumentazioni di diverso tipo. Al suo interno trovò solo un’altra persona che provava in ogni modo a risolvere il problema.
Shae era la responsabile delle principali attività svolte in quella base e quindi era inevitabile che venisse coinvolta. 
«Allora? Che succede?» 
L’altro che era rimasto a lavorare le spiegò più dettagliatamente la situazione e per quanto si mise ad analizzare la questione, anche la donna non trovò nessuna anomalia. 
«Avete provato a contattare l’aeronave?» 
«Non ancora.»
«Ci penso io.» Shae si sedette davanti ad un computer e mandò una segnalazione in codice alla Phlayrh. 
Pochi secondi dopo e sul monitor comparvero delle scritte che avvisarono che il messaggio era stato ricevuto con successo. 
«Shae perché usi il codice cifrato?» domandò quello seduto al suo fianco preoccupato.
«Non sappiamo che cosa stia accadendo, meglio essere prudenti.»
Shae mandò un altro messaggio illustrando la motivazione della richiesta che aveva mandato prima. Ancora una volta la risposta arrivò repentina.
«Adesso controlleranno.» disse riassumendo il contenuto della risposta.
Aspettarono in silenzio e quando altre righe scritte comparvero sul monitor, si avvicinarono ad esso.
«Nemmeno loro …» sussurrò la donna.
«Sarà successo qualcosa?» ipotizzò sempre quello al suo fianco. 
«Probabile, di certo non è normale. Però non deve per forza essere qualcosa di grave.» provò a sdrammatizzare l’altro.
«Lo spero.» Shae cominciava ad essere tesa. Una cosa simile era decisamente strana.
Dall’aeronave le avevano detto di stare all’erta e di attendere loro notizie. Nel frattempo sarebbero andati a verificare di persona cosa stesse accadendo. Per fortuna non si trovavano troppo lontani. 
Poi comparve un altro messaggio ma da un mittente diverso. 
«Qualcuno si è infiltrato nel nostro sistema di comunicazione!» affermò allarmato l’uomo che aveva condotto Shae nel laboratorio. 
Shae lo lesse con attenzione ignorando i commenti degli altri. 
“Perché?” la donna strinse i pugni.
«Quel traditore! Alla fine si è schierato dalla loro parte.» 
«Non può essere! Falk non lo farebbe!»
Il messaggio che avevano ricevuto proveniva dalla Jaculus e l’autore non poteva che essere il suo vecchio compagno. 
Li  avvertiva che in alcuni minuti sarebbe giunto alla base con la sua aeronave per requisirla. Gli prometteva che non li avrebbe attaccati se non avessero opposto resistenza e che era sua intenzione far diventare la base un protettorato dell’impero, come era già avvenuto con Mutinous.
Shae non ci pensò due volte a mettersi in comunicazione con Falk. 
«Falk! Sei stato tu a inviarci il messaggio?»
«Shae ... sì sono stato io. Ti prego non combattiamo.»
«Che cosa hai fatto alla base europea?» la donna parve nemmeno sentirlo.
«L’ ho fatta diventare un protettorato dell’impero come ti ho detto. Non c’è stato nessuno scontro.»
«Com’è possibile? Yakov non l’avrebbe mai permesso.»
«E’ vero. Per questo l’ho catturato prima di fare irruzione con la Jaculus. Avevo promesso di non aprire il fuoco se non avessero reagito e così è stato.»
«Ma come hai potuto? Verranno spediti come minimo nelle colonie.» Shae aveva un tono di voce agitato e alto. 
«Quelle sono state abolite.» disse con sicurezza Falk. 
«Come abolite?» le sembrò impossibile.
«Verrà reso pubblico una volta che tutto sarà finito.»
«Come ci sei riuscito?»
«Ho rischiato il tutto per tutto … ma ora non è il momento delle spiegazioni. Shae, quello che vuole la Phlayrh si sta per realizzare e senza bisogno della guerra.»dal tono di voce Falk sembrava fiducioso. 
La donna non riusciva a realizzare la realtà dei fatti, le sembrava tutto confuso come in un sogno. In seguito, con un po’ di sicurezza in più, mandò un messaggio alla Phlayrh contenente tutte le informazioni necessarie per comprendere la situazione. 
«Shae?» la voce di Falk la raggiunse per avere una risposta.  Lei rimase in silenzio, aspettando gli ordini dall’aeronave. 
«Shae!» insistette ancora il colonnello di Argest. 
Shae lesse le righe che apparvero sul monitor con frenesia.
«Ci arrediamo.» si sentì un sospiro di sollievo del suo interlocutore «tra quanto arriverete?»
«Dieci minuti al massimo.» 
«Promettimi che non accadrà nulla di brutto alla gente che vive qui.» 
«Hai la mia parola.» 
Shae annuì ma era fortemente contrariata, con il capo chino e i pugni stretti.
 «Grazie!» Falk interruppe la conversazione. 
«Dobbiamo davvero arrenderci senza combattere?»
«Sono gli ordini di Owen!» gli altri due non dissero più nulla. 
Shae uscì di fretta da lì. Sembrava una calda giornata proprio come tante altre, serena con cielo limpido e il sole accecante. Ma quel giorno sarebbe stato diverso.
Non si perse in troppi pensieri e si affrettò a raggiunse la figlia che giocava con altri bambini. 
«Fuhara vieni qui, fa presto!» la voce severa della madre non le permise di replicare e le corse incontro.
«Che c’è mamma?» 
«Ti spiego dopo, vieni!» Shae la prese in braccio e quasi di corsa si diresse a casa sua. 
Per strada nessuno si accorse della sua agitazione, ignari di quello che sarebbe accaduto da lì a pochi minuti. 
Entrate in casa, raccattò alcuni oggetti utili, dell’acqua e del cibo mettendo tutto in un grande zaino. Fuhara guardava sua madre perplessa non capendo cosa stesse facendo ma l’inquietudine della donna le stava mettendo paura e non ebbe il coraggio di fare domande.
«Dobbiamo andare via.» Shae si mise lo zaino in spalla e afferrò la figlia per la mano. 
«E dove?» 
«Il più lontano da qui.» 
«Perché?» 
«Perché sta per accadere qualcosa che alla mamma non piace.» 
«E gli altri?» 
Shae si intenerì nel vedere l’espressione spaventata della figlioletta e la strinse forte.
«Non devi preoccuparti, staranno tutti bene ma noi due abbiamo un compito diverso.» 
In quel momento si rese conto di comportarsi da egoista. Era vero che stava eseguendo gli ordine di Owen e che voleva fidarsi realmente di Falk, però la paura che qualcosa andasse storto la stava facendo agire in quel modo. Prima di ogni cosa doveva esserci la sicurezza di sua figlia. Inoltre non aveva voglia di cedere ad un accordo del genere e avrebbe fatto di tutto per salire sulla Phlayrh. 
«Andiamo?» sussurrò Shae. La bimba annuì e raggiunsero la foresta poco distante. 
Camminarono per un po’, allontanandosi così tanto che la base nemmeno si vedeva più. 
«Fuhara, dov’è il posto in cui vai a nasconderti?» la piccola guardò altrove facendo finta di non sapere nulla. 
«Fuhara lo so che hai un nascondiglio segreto.» 
«Uffa è segreto!» protestò la bimba.
«Lo so, però adesso nessuno ci deve trovare e i tuoi nascondigli sono i migliori.» sapeva che farle i complimenti era una buona strategia da usare con la figlia e infatti dopo una smorfia accettò di portarla nel suo nascondiglio. 
«Però non devi dirlo a papà!» 
«Va bene, prometto!» 
La piccola fece strada muovendosi con estrema naturalezza in quella foresta di piante, liane e insetti. Non dava per nulla l’impressione di una bambina di quattro anni. 
Shae venne condotta ai piedi di un grande albero, le cui immense radici affioravano dal terreno e in più punti era ricoperto da arbusti e rampicanti. 
Fuhara ne smosse alcuni e svelò un foro abbastanza grande da poter permettere l’accesso anche ad un adulto. Quel condotto conduceva in uno spazio più ampio, come una piccola caverna creata dalle radici che tratteneva il terreno e dava lo spazio alla luce del sole di penetrare. 
Shae quasi non ci credeva a dove era stata portata, sembrava un piccolo anfratto fatato e a trovarlo era stata la piccola peste della figlia. Da quel giorno l’avrebbe di sicuro controllata di più. 
Si avvertì un forte rumore avvicinarsi. Le due si sporsero all’esterno e potettero vedere la Jaculus volare sulle loro teste, diretta alla base. Non era molto distante dal suolo e la sua figura ricorda davvero un rettile pronto a fiondarsi sulla sua preda per trafiggerla e divorala, proprio come la creatura mitologica di cui portava il nome. 
«Mamma …» Fuhara si strinse alla maglia di Shae spaventata. 
«Tranquilla non succede nulla. Noi dobbiamo stare nascoste per un pochino e poi chiamiamo papà, così ci viene a prendere.» la piccola si strinse più forte alla madre che la coccolava per calmarla. 
Quel nascondiglio poteva rilevarsi veramente perfetto. Aveva pensato, che non trovandola, Falk potesse mettersi alla sua ricerca ma riteneva anche che non  poteva dedicarci troppo tempo.
La previsione si rilevò giusta. Per tutto il giorno seguente, aveva avvertito chiaramente che diversi uomini si stessero avventurando nella foresta. Quel nascondiglio tanto semplice fu davvero efficace. Già dal secondo giorno non si percepì più nulla e quella stessa sera, Shae decise di contattare i suoi compagni sull’aeronave. 
Prese la trasmittente che aveva portato con se e provò ad avviare la comunicazione. Il segnale fu difficile da trovare ma dopo diversi tentativi ci riuscì. 
«Base?»
«Sha … o.. ve … i?» il suono era ancora distorto.
«Mi sentite?»
«Dove sei?» era la voce di Owen. 
«Finalmente! Mi trovo poco distante dalla base.
«Per fortuna! Kirabo ti sta cercando in ogni modo. Dammi un punto di riferimento per trovarti.»
«Lungo il fiume verso nord. Digli così di sicuro saprà dove trovarmi.» 
«Arriverà presto.» 
Spense la trasmittente e andò a recuperare Fuhara nel nascondiglio. 
«Fuhara papà ci sta venendo a prendere, andiamo al fiume.» la piccola scattò in piedi velocemente e con la madre raggiunsero il corso d’acqua. 
Era abbastanza buio e la luce della torcia serviva a poco, riuscivano a vedere giusto avanti a loro. 
Aspettarono per un po’ in silenzio, provando ad avvertire qualche suono che non fosse della foresta.
«Mamma!»
«Che c’è?»
«Un rumore.» disse la piccola indicando con un dito la direzioni da cui proveniva.
Erano dei passi di qualcosa che procedeva su due gambe e di metallico. Dalla stessa direzione indicata dalla bambina, si videro delle luci di fari e tra gli alberi si delineò la figura di un mezzo di trasporto che procedeva su due arti meccanici. Dall’aspetto assomigliava ad un grosso uccello metallico, data la presenza di piccole ali laterali. Si fermò pochi passi da loro, illuminandole con i fari e lo sportello trasparente si sollevò.
«Papà!»
«Fuhara! Che sollievo, stai bene!» Kirabo saltò giù dal mezzo e prese in braccio la figlioletta che le era corsa in contro. 
«Non sapevo dove cercarti, mi sono spaventato molto.» disse alla moglie che gli si era avvicinato ed abbracciato. 
Kirabo la strinse forte mentre terminava di scaricare il residuo della tensione accumulata. 
«Scusa, non ho avuto molto tempo per pensare a cosa fare. Ho reagito d’istinto.»
«Siamo alle solite! Torniamo all’aeronave.» la donna annuì. 
Kirabo salì per primo, poi la figlia sollevandola e in fine entrò anche Shae. Lo sportello si chiuse e il mezzo fece dei salti sui tronchi degli alberi per salire sempre più in alto. Raggiunto un punto sufficientemente elevato, spiccò un ulteriore salto, le ali si distesero e prese a volare. 
«Com’è che sapevi che non ero più alla base?» domandò ad un tratto Shae.
«Falk ci ha comunicato quello che ha fatto e ci ha riferito di non averti trovata.»
«Vi ha informati? A che scopo?»
«Per costringerci alla resa.»
«E perché dovremmo arrenderci? Voglio capire che se a essere bersagliata improvvisamente è una base, non avremmo avuto modo di reagire almeno che non avessimo voluto sacrificare parecchie vite. Ma l’aeronave, quella è fatta per combattere!»
«Quanto credi che reggeremo senza le basi a cui appoggiarsi?»
«Potremmo sfruttare Ekalad?» disse ricordandosi della città nel cielo dove a volte si recavano. 
«Non ci faranno nemmeno avvicinare. Falck non è uno stupido.»
«Ma perché una cosa del genere? Non ha mai combattuto seriamente contro di noi.»
«Perché crede fermamente nelle sue idee. In ogni caso quello che ha detto è vero.»
«Cioè?» 
«Ho avuto modo di controllare la colonia di qui, c’era ancora un mucchio di gente ma nessuno che li controllasse o che li costringesse a lavorare. Anche nelle basi non è successo nulla. Nessuna incursione, nessun attacco o imprigionati.»
«E noi che faremo?»
«Non lo so, stiamo ancora decidendo.» 
L’aeronave era finalmente visibile. Rientrarono ed ad attenderli c’era solo Katsu. 
«Per fortuna le hai trovate! State bene?» fece premuroso il ragazzo. 
«Sì stiamo bene grazie. Tutti gli altri?»
«A discutere in sala comandi.» 
«Shae io li raggiungo. Tu riposa pure, sarai stanca.» le disse Kirabo posandole le mani sulle spalle. 
«Vengo con te!» i due si guadarono fissi negli occhi fino a quando Kirabo non cedette, sospirando. 
«E va bene. Fuhara, ti va di conoscere una bambina?» la piccola si aggrappò alla gamba del padre, nascondendoci il viso «Ti accompagno io?» insistette Kirabo e la bimba annuì.
«Miyu è nella stanza di Takehito.» 
«Grazie Katsu! Voi avviatevi pure vi raggiungo tra poco.»

Stavano discutendo ormai da ore ed era notte inoltrata. La conversazione ruotava attorno alla questione se attaccare o meno Argest. Gli adulti erano propensi per una battaglia che probabilmente sarebbe stata l’ultima, mentre i più giovani volevano intraprendere la via della prudenza e osservare come si fosse evoluta la situazione. Kyla voleva addirittura accettare la proposta di Falk, sostenendo che in fondo entrambi lavoravano per lo stesso obbiettivo e che arrivati a quel punto potevano unire le forze. 
«Questo punto non si discute! Non ci alleeremo mai con Argest!» Owen era irremovibile. Quella situazione era così assurda e improvvisa che non riusciva in alcun modo vedere alternativa se non combattere.
«Ma papà non si tratta di allearsi con Argest!»
«Devi mettere da parte i tue sentimenti per lui e vederlo per quello che è diven …» Owen venne bloccato con un gesto netto della mano di Erin. Quelle parole avrebbero potuto ferire non solo la figlia ma anche tutti gli altri ragazzi. 
«Kyla devi capire che se ci consegnassimo a Falk, avremmo le mani legate e la Phlayrh non esisterebbe più.» la madre non le dava ragione ma le pose la questione da un punta di vista diverso e usando parole meno dolorose. 
«E dovremmo dunque combattere contro un nostro vecchio compagno che da anni si batte per i nostri stessi ideali?» per Lev l’idea di dover affrontare in un combattimento mortale Falk, gli faceva raggelare il sangue nelle vene. 
 «Inoltre non saremmo in grado di reggere più di uno o due scontri. Quando avremo esaurito ogni risorsa che faremo?» con difficoltà Seref cercava di analizzare la situazione in modo razionale, senza farsi prendere da ansie e preoccupazioni o da stupide idee.
«Per questo il nostro sarà un ultimo attacco.» sostenne Aruto. 
«Tsk! Sembra un suicidio.» disse Yue contrariata.
«Dovremmo calcolarlo nei minimi dettagli eppure avrei dei dubbi a gettarmi in un impresa simile.» intervenne subito Shu. Per la prima volta non era sicuro di affrontare una battaglia.
«Non possiamo provare a fidarci di Falk? In fondo lo avete sempre rispettato e gli volete bene tutt’ora anche se è andato via. Non vi siete mai fatti la guerra realmente e ritengo che le sue intenzioni siano realmente buone.» si azzardò a dire Takehito. 
«Nessuno mette in dubbio la sua buona fede ma se è andato via c’è un motivo: la divergenza di pensiero. Lui è convinto che le persone possano cambiare e che basterà questo per rovesciare le sorti del mondo. Una cosa del genere è impossibile e per questo la Phlayrh non deve sparire. Deve continuare ad esistere, continuare a combattere.» Owen ribadì ancora una volta la sua visione delle cose.
«Così non arriveremmo da nessuna parte!» disse stizzito Kirabo. Si alzò innervosito e rattristato da quei discorsi. Shae lo seguì con lo sguardo e così fecero anche gli altri. 
«Forse dovremmo smettere qui e chiarirci le idee ognuno per conto proprio.» propose Lara seriamente preoccupata per il clima teso che si stava generando. 
«Ne riparleremo domani.» anche Owen li lasciò, innervosito. 
Tutti gli altri si guardarono non riuscendo a trovare nessuna parola. Si ritirarono ognuno nella propria stanza eccetto Aruto che rimase con Lara a governare l’aeronave. 

Shae era passata da Takehito a prendere la figlia. Trovarono le due bambine beatamente addormentate nel letto del ragazzo. 
Poi andò nella stanza di Kirabo e lo trovò seduto sul letto intento ad osservare l’esterno attraverso la finestra. Adagiò Fuhara nel letto e gli sedette accanto. 
«Non hai detto una parola. A cosa stai pensando?»
«Non so nemmeno io cosa voglio. Da un lato approvo quello che dice Owen però se dovessi seguire il mio cuore, farei come ha detto Takehito. Falk è nostro amico e sono sicuro come la morte che non ci farebbe mai del male e che quello che ha detto è la verità. E se nel caso qualcosa non andasse come ha in mente, lotterebbe con le unghie e con i denti per impedirlo.» 
«Su questo ne sono convinta anch’io.» 
«Tuttavia qualsiasi cosa faremo, io non riesco a immaginarvi lontano da tutto ciò. Qualunque degli scenari potrebbe rilevarsi pericoloso e non posso immaginare né Fuhara né te qui a bordo della Phlayrh.»
Shae gli strinse la mano e guardò il cielo scuro «in fondo è quello che ho fatto anch’io.» menzionando la fuga dalla base. 
«Hai paura anche tu?»
«Abbastanza. Però adesso cerchiamo di riposare, va bene?» 
«Sì … ci stiamo tutti e tre nel letto?» 
«Ci stringeremo un po’.» 
In qualche modo si sistemarono e provarono a prendere sonno.
Nelle altre stanze qualcuno si era radunato per discutere: Seref era con i due fratelli e Katsu con Takehito. 
Lev e Kyla avevano preferito stare per i fatti loro e ragionare da soli senza interferenze. 

Al mattino presto Kirabo in gran silenzio e segreto fece radunare tutti coloro che non approvavano appieno l’idea dell’attacco nella sua stanza. 
«Che devi dirci Kirabo?» gli domandò Kyla.
«Voglio sapere cosa pensate. Però senza dirlo ad alta voce, lo scriverete senza farvi vedere su un foglietto e poi me lo consegnerete. Non c’è bisogno che sappia di chi sia.» 
La richiesta era decisamente strana ma accettarono lo stesso di farlo.
Le bambine che si erano anch’esse svegliate li osservavano incuriosite.
Tutti scrissero su un foglietto cosa avevano deciso durante la notte e li consegnarono al compagno. Kirabo li lesse e anche quando l’ultimo venne visionato, fece un gran sorriso. 
«Come immaginavo nessuno di noi vuole inutili spargimenti di sangue. Dato che la maggioranza non vuole intraprendere nessuna battaglia,  andremo da Owen a riferirlo.» quella prova gli diede la sicurezza che stesse facendo la cosa giusta.
«Però prima di ogni altra cosa, porterò le bambine lontane da qualunque ipotetico pericolo.» disse Shae.
Takehito annuì «E’ giusto così!»
Ancora una volta Shae dovette preparare un bagaglio per le due bambine e per se stessa, ma con più calma. Katsu di nascosto stava preparando il mezzo con cui avrebbero lasciato l’aeronave. E gli altri stavano allestendo il discorso da fare ad Owen. 
Tutto era pronto.
«Miyu fa la brava e ascolta sempre quello che ti dice Shae.» 
«Ok.» Miyu non era molto contenta di lasciare Takehito ma il ragazzo le aveva promesso che si sarebbero rincontrati presto. 
«Fuhara anche tu fa la brava e fai quello che ti dice la mamma!» per la figlioletta la semplice promessa di ritrovarsi presto non bastò. Oltre al peluche che le aveva regalato il padre, per convincerla senza che facesse troppe storie, i genitori li avevano promesso un altro peluche. 
«Allora io vado! Su piccole a bordo!» 
Katsu le aveva preparato lo stesso mezzo usato da Kirabo la notte precedente. 
«A presto! Kirabo tieni sempre la radio con te.» 
«Sta attenta.» si tennero la mano per un po’. 
Non si trattennero oltre e partì di fretta. Compatti com’erano andarono da Owen. 
«Owen abbiamo preso la nostra decisione!» esordì Kirabo una volta che tutti furono dentro la sala comandi, dove trovarono il resto dell’equipaggio. 
Owen li guardò uno ad uno severo e poi disse :«La Phlayrh scenderà in guerra contro Argest!». 
 

Angolo dell'autrice:
Ormai siamo davvero agli sgoccioli e la situazione diventa sempre più complicata. 
Da un pochino stavo aggiungendo a fine capitolo le schede dei personaggi, ebbene da oggi le ho raccolte tutte nel capitolo che troverete sempre all'inizio di tutti i capitoli. Si chiama "Utile e curiosità" e vi riporto il link qui.
Ho aggiunto come personaggi Owen, Erin, Lara ed Aruto. In più sono state aggiunte le schede dei teknight con la relativa descrizione e di quelli che avevo anche un'immagine e per concludere, anche le aeronavi con le loro caratteristiche. Mi raccomando andate a vedere! 
Come sempre ringrazio chi continua a leggere e belfire99 che non si dimentica mai di lasciare una recensione.
Alla prossima ;)

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Capitolo 23
*** Section 22 ***


Argest Age – section 22


«Owen abbiamo preso la nostra decisione!» esordì Kirabo una volta che tutti furono dentro la sala comandi, dove trovarono il resto dell’equipaggio.

Owen li guardò uno ad uno ,severo e poi disse :«La Phlayrh scenderà in guerra contro Argest!».
Rimasero spiazzati da quella dichiarazione, spazzando via per un attimo la determinazione che li aveva spinti. Ma di certo non potevano mollare.
«Siete in netta minoranza!» contestò Lev.
«Resto sempre il generale della Phlayrh e questo è un mio ordine.»
«Un generale non può nulla da solo e noi non abbiamo intenzione di combattere.» intervenne Seref facendosi avanti.
«Vedremo! Andiamo a discuterne con calma da un'altra parte.»
«Non cambieremo idea, se è questo che speri.» disse impetuoso Takehito.
«Abbiamo tempo per discuterne.» la voce di Owen divenne ancora più dura.
I ragazzi si scambiarono occhiate e cenni del capo.
«Parliamone ma non saremo noi a cambiare idea.» terminò Kirabo facendosi portavoce di tutti.
Owen li condusse all’ultimo piano fino alla palestra.
Aprì la porta ed entrò mantenendola aperta e aspettando che il suo seguito si sistemasse.
Lì controllò bene: si erano messi al centro della palestra restando in piedi mentre lo guardavano. Owen stava per richiudere la porta quando all’ultimo, sgattaiolò all’esterno velocemente, chiudendo l’entrata.
Sentì distintamente le grida dei ragazzi che lo chiamavano e che erano corsi alla porta. Velocemente digitò alcuni tasti sulla pulsantiera di lato e, dal soffitto e dal pavimento, si congiunsero due lastre di metallo. Così di sicuro non sarebbero potuti scappare.
«Owen! Apri sta porta!» Kirabo la stava prendendo a pugni.
«Papà apri!» accanto al compagno, Kyla stava colpendo anch’essa la porta.
«Perdonatemi ma mi avreste solo ostacolato.» si senti dall’altro lato.
«Cosa credete di fare voi quattro? Suicidarvi con noi bloccati qui dentro?» Seref dietro l’aria ironica non riuscì a nascondere il timore di ciò che sarebbe potuto accadere.
«Abbiamo un’arma molto potente da usare» si sollevò qualche mormorio di sorpresa non sapendo a cosa, Owen, si stesse riferendo «la bomba PN di cui il mondo ha dimenticato l’esistenza. La Phlayrh l’ha nascosta da sempre ed è giunto il momento di usarla.»
«Che razza di ordigno è?» domandò Takehito non avendo mai sentito l’esistenza di una bomba con quel nome. Anche gli altri non ne sapevano nulla.
«E’ il perfezionamento della bomba N o bomba a neutroni. Ha un raggio d’azione di 10 km, non c’è alcun fallout radioattivo, lascia completamente intatta ogni tipo di struttura colpendo solo gli esseri viventi, uccidendoli.»
«Non farlo ti prego … fermati.» a Kyla tremò la voce.
«Owen non puoi farlo! Ti sei impegnato per farmi smettere di essere un assassino come puoi diventarlo tu?» disse Shu stringendo i pugni e facendo un passo verso la porta.
«E’ assurdo Owen! Raderai al suolo un’intera città.» Yue si era stretta al braccio del fratello incapace di credere anche lei alle parole di Owen.
«Combatteremo con i teknight! Ma non usare quella bomba, non compiere una strage!» Seref non poteva accettarlo.
«Non può essere d’accordo anche mio padre, è assurdo!» quella situazione era insensata anche per Katsu.
«Ti prego ragiona, moriranno migliaia di persone.» anche Kirabo comincò a pregarlo.
«Kirabo dovresti capirmi.» il giovane aggrottò le sopraciglia «non pensi a Fuhara? Che futuro può avere se Argest continua ad esistere?»
Kirabo fremette «Non voglio diventare un padre di cui lei debba vergognarsi.»
«Basta così! Faremo cadere la bomba su Helkraf, ci riorganizzeremo e prenderemo il controllo di Argest.» Owen ritornò sui suoi passi, lasciandosi dietro le urla di protesta e le implorazioni del resto del suo equipaggio.

«Cosa possiamo fare?» domandò Lev grave.
«Non ci sono vie d’uscita.» constatò Shu lasciandosi cadere a terra.
«Possiamo contattare Falk!» disse ad un tratto Takehito.
«Se speri che lo possa fare Shae non si può. Il trasmettitore che ha è unidirezionale, è indubbiamente il modo più sicuro per non essere intercettati ma può comunicare solo con me.» si affrettò a spiegare Kirabo scoraggiato.  
«Non intendevo quello di Shae ma quello che ho io.» Takehito sfilò un piccolissimo trasmettitore che aveva dalla tasca dei pantaloni.
«Da dove salta fuori?» Katsu gli si avvicinò seguito dagli altri.
«E’ stato Falk a darmelo quando eravamo nello spazio.» chiarì il ragazzo.
«Grandioso! Così abbiamo una possibilità.» disse Lev. La speranza tornò nel gruppo.
«Avanti contattalo immediatamente!» Takehito annuì a Kyla e attivò la trasmittente.
Dopo qualche minuto di attesa in silenzio si sentì la voce di Falk.
«Takehito … vero?» ci fu un attimo di trepidazione.
«Sì sono io. Ti prego devi aiutarci prima che sia troppo tardi!» disse rapidamente Takehito.
«Troppo tardi per cosa?»
«Per fermare la distruzione i Helkraf.»
Falk non rispose subito, come se avesse bisogno di tempo per analizzare la notizia.
«Spiegati meglio.»
«Owen vuole sganciare una bomba sulla capitale.» Kirabo rubò le parole di bocca a Takehito.
«Si tratta di una bomba a neutroni perfezionata nascosta da qualche parte.»
«Kyla …» la voce di Falk sembrava sorpresa ma si riprese subito «dove si trova?»
«A quanto pare lo sa solo Owen.» riprese a parlare Takehito.
«Ora voi dove siete?»
«Non lo sappiamo. Owen ci ha rinchiusi in palestra.» esplose Yue furente.
«Ma siete tutti lì?»
«In pratica sì. Mancano i miei genitori Aruto e Lara.»
«Ho capito. Takehito lascia il trasmettitore acceso lo userò per localizzarvi. Arriverò il prima possibile.»
«Fa presto!» Kyla diede voce alla speranza di tutti gli altri.
Dalla trasmittente si potevano udire la voce di Falk e di altre molte persone che si erano messe al lavoro e i suoni delle strumentazioni.
«Io avviso Shae.» così dicendo Kirabo si era leggermente allontanato.
«Shae?»
«Kirabo cosa c’è di già? Me ne sono andata da poco, già ti manco?» scherzò la donna.
«Magari fosse questo, qui è successo un bel guaio.»
«Dimmi.»
Kirabo le spiegò ogni cosa senza tralasciare i dettagli.
«Non posso crederci.»
«Devi tenerti lontana da Helkraf e …. Aspetta un attimo.» si riavvicinò al gruppo e prese a parlare in direzione della trasmittente di Takehito «Falk dov’è che siamo diretti?»
«Pare in Groenlandia almeno che non cambiate rotta.»
«Sentito Shae? Tieniti più lontana possibile da Helkraf e dalla Groenlandia.»
«Ho capito. Dannazione ora sarò io ad essere preoccupata.»
«Ce la caveremo, tu proteggi le bambine.»
«Sì!»
La conversazione terminò e non poté fare altro che unirsi nell’attesa con i compagni.

Nella sala comandi dominava un silenzio mai sentito prima, carico di tensione e incertezza.
Si erano imposti l’unica alternativa che ritenevano valida ma nonostante ciò, sembrava che stessero per compiere lo sforzo più grande della loro vita.
 «Siamo quasi arrivati.» disse Erin sottovoce.
«Procediamo così.» Owen le si avvicinò.
«Fonte di calore in avvicinamento!» urlò Aruto ad un segnale su uno dei monitor.
Un raggio rosso passo a poca distanza da loro. Arrivava da ovest ma non si riusciva a scorgere chi era stato l’artefice.
Si susseguirono altri colpi che non andarono a buon fine, al massimo avevano sfiorato la Phlayrh.
«Aumentiamo la velocità. Aruto ed Erin andate ad una postazione di fuoco.» ordinò Owen. Era tranquillo come mai prima e non aveva distolto lo sguardo dalla direzione in cui procedevano, nemmeno per un attimo. Eppure quei comandi preannunciavano l’ennesimo conflitto.  
«Come faremo?» chiese Aruto preoccupato. Uno scontro non era previsto.
«Ci inventeremo qualcosa.» Erin era più sicura, la sicurezza di chi non ha più nulla da perdere.
I due si mossero velocemente mentre i raggi stavano diventando più precisi.
«Lara cerca di individuare chi è a spararci.»
«Sì!»
La visuale non era delle migliori per via della presenza di molte nuvole e della leggera foschia. Questi non impedirono di avvistare il loro aggressore quando questo divenne vicino.
Era la Jaculus che riuscì ad arrivare in tempo.
Dal momento in cui li avevano individuati, Owen diede l’ordine di sparare e tra le due aeronavi iniziò un pesante scontro a fuoco.
Raggi rossi e blu si alternavano tra la Jaculus e la Phlayrh e molti andarono a segno ma nessuno di questi riuscì a provocare dei seri danni.
L’aeronave della Phlayrh continuava imperterrita nel proseguire sulla sua rotta per raggiungere il luogo in cui era nascosta la bomba e la Jaculus le era immediatamente dietro.
Dato che il fuoco nemico era particolarmente intenso e che di sicuro non li avrebbero mollati tanto facilmente, Owen con l’aiuto di Lara, eseguì diverse manovre per scrollarseli da dosso.
«Aziona l’ala si destra» Lara eseguì al meglio che poteva. Non era abile quanto Erin ma era solita guidarla e ci aveva preso una certa mano.
L’aeronave virò violentemente a destra.
«Ruota l’ala verso l’alto.» la calma di Owen era impressionante. Ogni comando era pronunciato piano e con fermezza.
L’operazione speculare venne eseguita dal generale e la Phlayrh si abbassò.
«Diminuisci l’energia.» aspettò qualche secondo «ruota l’ala verso il basso e risaliamo.»
Owen provò a ribaltare la situazione, ponendo la sua aeronave nella posizione arretrata.
Ma a quanto sembrava la Jaculus aveva intuito la mossa e facendo una cosa simile nel lato opposto, riuscì a conservare la posizione.
«Non ha funzionato.» a differenza del generale, Lara era decisamente più agitata.
«Abbiamo appena iniziato. Questa volta andiamo prima a destra e poi cambiamo subito direzione.»
Lara non comprese la motivazione ma si limitò ad eseguire fidandosi dell’uomo.
Come prima la Phlayrh subì una violenta deviazione a destra e poi un'altra immediata a sinistra.  
La Jaculus si mosse esattamente come prima, ignorando la diversa direzione assunta dall’avversario e come prima cominciò ad abbassarsi.
«Resta a questa quota.» mentre lo disse fece inclinare l’aeronave e diede l’ordine di fare fuoco.
I colpi improvvisi di Aruto ed Erin non furono della massima precisione ma qualcuno colpì la Jaculus creando qualche falla nel cargo.
La risposta della Jaculus non si fece attendere: accelerò  inclinata verso l’altro e sorpassata la Phlayrh si voltò nella direzione opposta e la puntò col suo muso.
«Verso l’alto! Saliamo verso l’alto!» la mossa fu inaspettata anche per Owen che per un attimo parve destarsi dallo stato di concentrazione profonda.
Le due aeronavi si sfiorarono e delle piccole parti si fregarono, provocando rumori che potevano far temere il peggio.
«Continua a salire. Ci nasconderemo tra le nubi.» Owen tornò a respirare così come gli altri.
«Aruto lo FR è ancora operativo?»
«Ma certo Owen. Non mai trascurato alcun teknight su questa nave.»
«Vallo a recuperare. Erin preparati ad uscire.»
«Il piano?»
«Approfitta delle nubi per nasconderti. Quando usciremo faremo fuoco per distrarli mentre tu li colpirai con il kei-kan. Se ci riesci avremo delle possibilità di toglierceli da dosso.»
«Agli ordini!»
I due abbandonarono al posizione di fuoco per correre alla sala dei teknight.
Aruto aveva richiesto qualche minuto per attivare lo FR. Si trattava di un modello molto vecchio che non veniva usato da anni. Gli avevano dato il soprannome di “vintage” dato che ancora qualche anno e poteva definirsi un pezzo da museo. Però questo non lo rendeva un’unità debole. Quando, tempo addietro, Erin lo pilotava era tra i più potenti e tecnologici che vi erano in circolazione e con l’attenta e perseverante manutenzione e cura di Aruto poteva ancora dare del filo da torcere.
«Erin sicura di volerlo fare? Il vintage potrebbe non farcela è pur sempre una vecchia macchina e anche tu non lo piloti da tanto tempo.» disse Aruto come se avesse avuto un ripensamento.
«Mi stai dando della vecchia?»
«Di certo non sei più una ragazzina.»
«Farò quello che devo. Ne ho già discusso con Owen, non mi sta chiedendo nulla che vada contro la mia volontà. Piuttosto pensa a lui che è quello che sta compiendo lo sforzo maggiore di tutti.» la sua risposta lo spiazzò per un attimo. Così decise di non dire altro e affrettarsi con la preparazione del teknight.
«FR pronto!» annunciò il meccanico.
Erin, indossata la tuta e il casco salì a bordo del robot ed uscì dal ponte.
Rimase nascosta tra la coltre bianca delle nuvole in attesa del momento giusto per attaccare.
Come aveva preannunciato la Phlayrh uscì dal nascondiglio temporaneo e cominciò a sparare. Come prima i colpi andavano da una parte all’altra senza ottenere alcun risultato concreto.
Un potente raggio giallo, con un forte rumore, corrose la parte superiore del cargo. Per poco non si sciolse del tutto.
Era Erin col kei-kan che ora necessitava di ricaricarsi.

«Dobbiamo avvicinarci! Altrimenti non li colpiremo mai.» il colonnello Falk cominciava ad infastidirsi.
Si erano fatti giocare dalla seconda banale manovra della Phlayrh, la quale era riuscita a fuggire a un attacco improvviso e diretto e per finire si erano nascosti. Quando riapparvero, ingaggiarono ancora battaglia ma quella dannata aeronave continuava a mantenere una distanza di sicurezza.
Poi un forte rumore e la Jaculus tremò. In quell’istante sui monito apparvero i danni subiti.
«Danneggiata la copertura del cargo. Un altro colpo e ci scoperchierà.» disse uno degli ufficiali in sala comandi.
«La causa?»
«E’ un colpo del kei-kan.»
«Chi lo sta usando?» Falk non poteva aspettarsi una cosa del genere sapendo che tutti i piloti erano rinchiusi.
«E’ un teknight non è registrato.» continuò l’ufficiale.
«Mostramelo sullo schermo.» ordinò il colonnello.
«Ma quello? Hanno ancora un teknight così vecchio?» il maggiore Lam fu decisamente sorpreso.
«Si stanno difendendo con le unghie e con i denti, fruttando ogni mezzo a loro disposizione.»si poggiò la mano al mento per riflettere «non abbiamo tempo da perdere. Fate uscire quattro GL e catturate quel teknight. Sganciate il cargo e pronti allo speronamento. Vediamo di finirla.»
Tutti gli uomini si misero al lavoro, incitati da Norbert che ripeteva gli ordini del colonnello.
Mentre i colpi dei cannoni laser proseguivano i quattro GL si lanciarono dal cargo e accerchiarono rapidamente lo FR. Oltre a kei-kan, aveva a disposizione solo un fucile e il teknight non poté che darsi alla fuga coprendosi col fucile. Ma la superiorità numerica e la velocità nettamente superiore dei GL non gli concessero che qualche metro, per poi essere afferrato e immobilizzato. Lo tenevano per i quattro arti e lo stavano trasportando sul cargo.
Nello stesso tempo la parte principale della Jaculus si staccò. Libero dal peso del cargo, poteva contare su una velocità nettamente superiore e sfruttare al massimo la lama affilata del muso e delle ali laterali.
La Phlayrh eseguì una serie di manovre per sfuggirgli, avendo chiaramente interpretato il significato  della separazione delle due parti della Jaculus.
Questa volta la fuga durò poco.
«Il punto da colpire sarà il ponte di lancio.»  
«Così non gli faremo molto.» gli fece notare il maggiore.
«Voglio entrare all’interno, non danneggiarla. Si tratta pur sempre di quattro persone.»
«Agli ordini!»
«Aumentare la velocità e posizionarsi alle spalle dell’obbiettivo.» comandò Norbert.
«Preparasi all’impatto … 10 …. 9 … 8» erano in coda e la distanza  che li separava era ormai minima « 2 …1 …. impatto!»
Lo scontro fu abbastanza violento. La lama del muso si conficcò appena nel ponte di lancio, creando uno squarcio nel portellone. Si era agganciato e aveva diminuito la velocità, adeguandola a quella dell’aeronave danneggiata.
Dal muso, che corrispondeva alla sala comandi, si aprì uno sportello, sparendo nel metallo sovrastante.  Da lì scesero molti uomini tutti armati di fucile o pistola.
Aruto era stato avvisato dell’imminente impatto ma non aveva abbandonato la sala. Si era limitato ad arretrare all’altezza dei teknight, molto più distanti dal ponte.
Al momento della collisione cadde rovinosamente non riuscendo a mantenere l’equilibrio anche se si reggeva ad un piede del RAD 1.
Si riprese in fretta ma alla vista di tutti quegli uomini armati non poté che alzare le mani in segno di resa.
Alcuni gli si avvicinarono col fucili e pistole puntanti addosso, tra i quali si fece largo Falk.
«Aruto.» si limitò a pronunciare solo il suo nome.
«Non guardarmi in quel modo. Io e gli altri abbiamo fatto una sorta di scommessa e ci è andata male.»
«Quello che voglio è ottenere una soluzione buona per tutti.»
«Si si lo so. Fa quel che devi. Io non mi muovo di qui.» fece Aruto sedendosi in terra e incrociando le braccia.
«Restate qui e mettete via quelle armi.» fece Falk a due degli uomini che circondavano il meccanico.
«Gli altri mi seguano.»
Spedito, si recò nella sala comandi sicuro che avrebbe trovato lì Owen.
Arrivò e  proprio come immaginava c’erano Owen e Lara seduti che li attendevano. Falk fece segno di abbassare i fucili e si avvicinò da solo.
«Non dici nulla?» gli disse Owen.
«Cosa dovrei dire?»
«Tsk!» il generale della Phlayrh fece una smorfia infastidita.
«Hai vinto tu, puoi fare quello che vuoi … ne sarai felice.»
«Vi avrei lasciato liberi se non vi fosse venuta l’idea di usare quella bomba.»
«Non voglio sapere come hanno fatto i ragazzi ad avvertirti. Pensavo di tenerli lontani e invece …»
«Non menzionerò cosa stessi per fare e non sia mai che a qualcun’ altro venga in mente di usare un’arma tanto terribile.»
«E poi?»
«Vi porterò alla capitale. Verrete sottoposti ad una scelta: unirvi all’equipaggio della Jaculus o scontare la pena in prigione.»
«Tsk! Bene fai quel che devi.» Falk annuì. Poi si rivolse a Lara, stava per dirle qualcosa ma  la donna lo anticipò.
«Tranquillo va tutto bene. Vai dai ragazzi.» annuì ancora.
Gli uomini al suo seguito rimasero lì mentre lui da solo andava nella palestra.

Un colpo violento li aveva fatti cadere, sbattere contro le pareti e scontrarsi. Era già da tanto che venivano scossi dai rapidi cambiamenti di rotta della loro aeronave. In più quei colpi laser che li sfioravano ogni tanto, erano preoccupanti.
Provarono di capire cosa stava accadendo da qual poco che si vedeva dalle finestre della palestra. Erano in gabbia, impotenti e in balia degli eventi.
«Ma che diavolo è stato ora?» disse Takehito massaggiandosi la testa.
«Vallo a sapere!»fece dolorante Kirabo che aveva sbattuto la schiena alla parete in malo modo.
«Ma perché stiamo capendo qualcosa?» Lev era decisamente irritato.
«Pare che si siano calmati.» fece notare Yue.
«Non è che ci hanno speronato?» ipotizzò Shu.
«E’ probabile.» Seref si stava riprendendo dal peso di Katsu e Kyla che gli erano piombati addosso.  
«Se così fosse, Falk ci è riuscito.» Kyla ritrovò un po’ di speranza.
«Speriamo.» disse Katsu.
Si avvicinarono alla porta. Kirabo e Lev avevano le orecchie aderenti alla porta.
«Si sente qualcosa?» chiese Kyla.
«No, nulla» risposero quasi insieme i due.
«Forse è troppo presto.»
«Katsu, bisogna capire se davvero la Jaculus ci ha speronati.» nella sua testa Seref cercava di immaginare i diversi scenari.
«E come facciamo? Da qui non si vede né si sente nulla.» fece notare Yue spazientita.
«E’ quello che stiamo cercando di fare.» l’impazienza di Takehito aveva superato quella della compagna.
«Vi state zitti?» sbotto Kirabo.
«Non si sente nulla se parlate.» Lev ribadì il concetto con più calma.
Tornò il silenzio. I due attaccati alla porta si scambiavano ogni tanto un’occhiata per verificare se avvertivano le stesse cose. Ovvero il nulla.
«Dei … passi?» azzardo Kirabo. Il biondo si fece più attento.
«Sono passi!»
«Si sta avvicinando.» Kirabo e Lev si allontanarono dalla porta seguiti dagli altri.
Si senti lo scatto delle lastre esterne e il loro scivolare verso l’altro e il basso. La porta venne finalmente aperta.
«Falk!» esclamarono in coro i ragazzi. Tirarono un sospiro di sollievo e potevano considerarsi ormai liberi.
Kyla gli si getto addosso felice come non mai di vederlo.
«Per fortuna hai fatto in tempo!» disse Lev più rilassato.
«Grazie a Takehito che ha tenuto la trasmittente che gli ho dato» si girarono un attimo verso il ragazzo «non immaginavo l’avresti usata per davvero.»
«E’ vero che non sapevo il motivo per cui me l’hai data ma non vedevo perché avrei dovuto disfarmene.»si affrettò a risponde Takehito.
«E’ vero perché gliel’hai data?» si incuriosì Kirabo.
«In realtà non avevo nulla in mente di preciso. Ho solo pensato che per qualunque tipo di evenienza potevo contattarvi e lui mi è sembrato un tipo affidabile.»
«Comunque sia ci ha tirato fuori da una brutta situazione.» concluse Katsu allargando le braccia di lato.
«Ora che si fa?» domandò Takehito.
«Dovrei portarvi ad Helkraf o come membri della Jaculus o come prigionieri però … se riuscite in qualche modo a tener sottocontrollo Owen e gli altri potrei anche lasciarvi andare. Tanto oltre i miei uomini nessuno sa che ero al vostro inseguimento.»
Vedendo che nessuno diceva nulla, Falk fece un passo indietro «vi lascio confrontarvi tra di voi quando avrete deciso mi farete sapere.»
«No aspetta Falk! Lo faremo insieme.» Kirabo gli si era avvicinato e afferrato per un polso.
«Dovrai spiegarci la situazione più dettagliatamente, quello che hai fatto per arrivare fin qua e ciò che ci aspetta.» Seref gli fornì una motivazione più che valida per restare.
Per un attimo gli sembrò di essere tornato indietro nel tempo e un senso di familiarità lo avvolse completamente. Fu un attimo ma bastò per farlo restare e a infondergli nuovo coraggio. Falk annuì.
Si sedettero in cerchio al centro della palestra.
Il loro vecchio compagno raccontò loro della sua situazione e quella dei suoi uomini, di quando era andato dall’imperatore e cosa gli avesse detto e delle promesse che era riuscito ad ottenere. Raccontò loro velocemente del suo piano e dei dettagli di cui ancora non erano a conoscenza.
«Comincio a pensare che sei davvero un folle.»
«Ti prego Lev risparmiami la ramanzina che ne ho avute già abbastanza.» Falk ricordava bene la reazione di Norbert.
«Messa così sembrerebbe una cosa fattibile.» rifletté Takehito. Riteneva che potesse essere la soluzione per terminare una guerra durata anni.
«Perché non mi sembri convinto?» domandò Kyla a Falk con aria seria. Il giovane dopo essersi voltato nella sua direzione abbassò lo sguardo davanti a se.
«Non è che non sono convinto e che Norbert, il maggiore che è sempre al mio fianco, mi ha insinuato il dubbio che l’imperatore mi stia usando e che una volta che vi avrei portato nella capitale, voi, io e tutti gli uomini della Jaculus, verremmo eliminati.»
«Sono perfettamente d’accordo con questo Norbert. E’ tipico di quell’uomo.»Seref divenne freddo.
«E’ per questo che ci lasceresti andare dopo tutto quello che hai fatto?» Falk annuì alla domanda di Shu.
 «Perché invece non approfittarne? Lui crede di ucciderci ed eliminare così la Phlayrh mentre saremo noi ad eliminare Argest.» Seref era serio e con le sopracciglia aggrottate.
«Seref!» Yue quasi si scandalizzò nel sentirlo parlare in quel modo.
«Che c’è? Ieri non stavamo discutendo su qualcosa di simile?»
«Ma se eri anche tu contrario ad un attacco.»
«Le condizioni sono cambiate.»
I due ragazzi stavano dando inizio ad una discussione subito sedata da Kirabo.
«Smettetela voi due non è il momento. Io vorrei sfruttarla questa possibilità. Se l’imperatore manterrà la parola data, potremmo dire di aver vinto sul serio.»
«E se invece non è così?» Katsu era più timoroso.
«In quel caso lotteremo, per la gioia di Owen.» gli rispose semplicemente Kirabo.
«In effetti anch’io ne ho abbastanza di questa guerra che ha provocato fin troppo dolore. Voglio sperare che andrà tutto bene.» lo appoggiò Lev.
«Piacerebbe anche a me che tutto andasse per il verso giusto.» ammise alla fine Seref un po’ pentito per il pensiero precedentemente espresso.
«Infondo era quello che volevamo fare fin dall’inizio, giusto?» anche Takehito voleva sperare.
«E’ deciso! Verremo con te.» Kyla guardava Falk con decisione.
«Sarò al vostro fianco qualsiasi cosa accada!»

La decisione venne riportata agli altri membri della Phlayrh e tutto l’equipaggio della Jaculus.  La scelta fu accettata da Owen con riluttanza, più per una questione di orgoglio e di principio. In fondo la possibilità di muovere guerra contro Argest era quello che voleva fin dal principio e ora si ritrovava anche con l’aiuto di un’altra aeronave.
Le due aeronavi, col il corrispettivo equipaggio a bordo, stavano sorvolando insieme la regione nordamericana dirette a Helkraf.
La loro destinazione precisa era l’aeroporto distante una manciata di chilometri dalla città.
Da dov’erano ci misero poco a coprire la distanza che li separava e quando arrivarono poterono subito notare che l’accoglienza che era stata preparata era decisamente delle migliori.
Nell’aeroporto non vi erano altre aeronavi o aerei che non fossero la Dreizack e la Urano Galeos, decine di uomini sparpagliati in punti diversi, in modo che non ci fossero zone non controllate e al centro l’imperatore che li attendeva.
La Phlayrh e la Jaculus atterrarono una vicina l’altra. Cessata l’attività dei motori e il rumore che essi provocavano, tutti i membri della Phlayrh e parte della Jaculus, scesero dai loro mezzi.
In testa c’era la Phlayrh, affiancata da Falk e dietro tutti gli altri.
«Finalmente ci troviamo faccia a faccia, Owen Fukuda.» fece l’imperatore teatrale e soddisfatto. Owen non accennò nessuna risposta, limitandosi a guardarlo con ira.
«Sua maestà! La Phlayrh è qui con me e da ora faranno parte ufficialmente dell’equipaggio della Jaculus come avevamo accordato.» Falk parlò subito, inginocchiandosi rispettosamente, per attirare l’attenzione su altro.
«Vedo! Hai fatto un ottimo lavoro proprio come avevi detto. Dunque tutti loro faranno parte della Jaculus?»
«Sì, maestà!»
«A vederli sono molto giovani  … sono questi giovani ad averci dato tante difficoltà» nessuno diceva nulla lasciandolo continuare «rivedere mio figlio dopo così tanto tempo … vorresti uccidermi con le tue stesse mani, non è così Seref?»
Il ragazzo strinse furioso i pugni e il respiro divenne più forte ma non reagì.
«Ora chi ha voluto distruggere Argest si ritrova tra le sue fila.» Takehito stava per rispondere qualcosa ad Hunwer Argest ma venne bloccato repentinamente da Kirabo.
«Per come la vedo io, l’accordo che ci ha proposto è la miglior vittoria che potevamo sperare.»
«Come ti chiami?»
«Kirabo Hilt.»
«Già Kirabo, hai ragione! Questa è la migliore vittoria che potevate sperare … ma la vostra resterà soltanto una speranza.»
Al cenno della mano dell’imperatore di Argest tutti gli uomini che li circondavano puntarono i fucili contro di loro.
 


Angolo dell'autrice:
Salve a tutti!
Quante cose stanno accadendo! Come finirà?
Come semrpe un ringrziamento a tutti voi che state continuando leggere. Se siete arrivati fin qui, qualcosa di Argest vi piace. Spero possa essere così fino alla fine.
E doppiamente grazie belfire99!
Vi apsetto per il prossimo capitolo dove aggiornerò anche le schede dei personaggi.
Alla prossima!

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Capitolo 24
*** Section 23 ***


Argest Age – section 23

«Ora chi ha voluto distruggere Argest si ritrova tra le sue fila.» Takehito stava per rispondere qualcosa ad Hunwer Argest ma venne bloccato repentinamente da Kirabo.
«Per come la vedo io, l’accordo che ci ha proposto è la miglior vittoria in cui potevamo sperare.»
«Come ti chiami?»
«Kirabo Hilt!»
«Già Kirabo, hai ragione. Questa è la migliore vittoria che potevate sperare … se solo le cose fossero andate come speravate.»
Al cenno della mano dell’imperatore di Argest, tutti gli uomini che li circondavano puntarono i fucili contro di loro.
Pronti a questa eventualità quelli della  Jaculus fecero ricorso alle loro armi, puntandole a loro volta verso chi li minacciava.
«Mi ha sfruttato fin dall’inizio, non è così?» Falk tratteneva a stento la rabbia e la frustrazione. Norbert lo aveva messo in guardia e lui stesso aveva messo in conto un’eventualità del genere ma la delusione si faceva sentire lo stesso.
«Mi pare ovvio. Come hai solo potuto immaginare che potessi approvare un’idea folle come la tua? Acconsentirei di creare un mondo senza alcun controllo.»
Falk non riuscì a trattenersi ed estrasse la pistola, rivolgendola all’imperatore.
Nello stesso istante si trovò sotto il mirino di quelle del colonnello Vedis Dia e del generale Nerek Ward.
«Ecco cosa accade! Chiunque può ribellarsi in qualsiasi momento. Ora cosa farai? Mi sparerai?» anche in una situazione pericolosa quell’uomo dimostrava una sicurezza disarmante, sfrontatezza e arroganza.
Falk stette fermo in quella posizione per una manciata di secondi a combattere con la sua mano che fremeva dalla tentazione di piegarsi sul grilletto.
«Arretrate e salite sulla Jaculus!» urlò Falk senza abbassare il braccio.
«Seguiamoli e diamogli man forte con la Phlayrh.» disse Owen ai suoi e guardò soddisfatto il giovane Falk.
Incominciarono ad arretrare, attenti a qualunque reazione del nemico. Al contrario di quanto potevano immaginarsi, non spararono e l’imperatore diede lo stesso identico ordine.
Comprese le intenzioni dell’uno e dell’altro, abbandonarono le minacce delle armi da fuoco per salire al più presto a bordo delle rispettive aeronavi e iniziare il vero scontro.
Le immense navi volanti si sollevarono dal suolo raggiungendo una altezza non troppo elevata: su uno dei due lati si trovava la Dreizack guidata da Vedis Dia e la Urano Galeos con al comando Nerek Ward e Hunwer Argest, di fronte la Phlayrh e la Jaculus.


«Owen, uscirò con il GL-S a dare gli ordini sulla Jaculus ci penserà Norbert, quindi coordinati con lui.»
«Come ai vecchi tempi Falk! Combattiamo questa ultima battaglia insieme.» Owen parlava attraverso il canale di comunicazione con la Jaculus. Aveva trovato nuovo vigore, per quanto la situazione potesse essere precipitata, rappresentava pur sempre la possibilità di mettere la parola fine alla guerra.
«Mi dispiace che sia finita così.» non era dello stesso parere il suo più giovane interlocutore.
«Non è questo il momento per angosciarsi. Ne riparleremo una volta che avremo vinto.»
«Sì!»
Owen ed Erin che rimasero nella sala comandi poterono vedere il GL-S abbandonare il cargo della Jaculus seguito da altri GL e cominciarono a combattere con i primi avversari che trovarono sulla loro strada.
Pochissimi secondi dopo si aggiunsero allo scontro tutti i teknight della Phlayrh mentre Aruto, Lara e Katsu occuparono le postazioni di fuoco.
«Come facciamo a distinguere i teknight della Jaculus?» domandò Takehito disorientato.
Avanti a lui vi erano una gran quantità di GL e TH ma all’apparenza erano tutti quanti uguali.
«Quelli della Jaculus hanno una striscia argentea sui fianchi.» rispose Falk anche per qualcun altro con lo stesso interrogativo.
«Perfetto! Attacchiamo in coppia in modo da essere più efficaci. Falk tu va con Kyla.»
«Non potevo chiedere di meglio capitano Kirabo!»
«Ehi Falk! Pensi di aver fatto carriera solo tu? Sono diventato maggiore, sai?»
«Davvero? Scusami tanto maggiore. Ah! Se potete evitate di utilizzare quei nomi in codice che per quanto penso di aver capito il meccanismo con cui li avete assegnati, non ne sono completamente sicuro.»
«Tranquillo Falk! Tu per ora segui me.» il RAD 2 si era affiancato al GL-S. I due teknight si lanciarono contro le fila nemiche.
Gli altri si appaiarono al loro compagno: i due MA, lo IF e il RAD 3 e in fine l’AU-0 con il RAD 1.
Così accoppiati erano pronti a far breccia  nelle fila nemiche che si presentavano come un muro compatto e gli altri GL della Jaculus a coprirli le spalle.
I due MA raggiunsero e superarono Falk e Kyla e iniziarono l’attacco gettandosi con le lame delle spade protratte in avanti, mettendo fuori uso i primi due teknight. Poi, con una serie di fendenti si facevano largo tra i nemici.
Immediatamente dopo Falk con la lancia a Red Fusion si faceva strada colpendo i nemici un po’ più distanti e quelli che venivano ai lati mentre alle sue spalle Kyla pensava a finirli.
Una strategia simile la usarono Kirabo e Takehito, con il RAD 1 che colpiva per primo con la sua ascia e Takehito gli dava supporto portando a termine il lavoro del compagno.
Strategia diversa venne adottata da Lev e Seref. Lo IF pensava ad indebolire i teknight da lontano con i pincer e con il fucile, facilitando il compito al RAD 3 che attaccava rapido e preciso con il suo fucile. Tutto era facilitato dal fuoco di copertura dei GL alle loro spalle ma lo scontro si preannunciava lo stesso  molto duro per il numero sproporzionato dei nemici e per l’abilità indiscussa di alcuni che non erano ancora scesi in campo.
Spalla contro spalla i MA si liberarono di altri due avversari, creando una feritoia nel torace dei teknight e facendoli a pezzi dividendoli in due parti, partendo dalla feritoia.
Shu lanciò la spada verso un altro GL davanti a se che si conficcò nella testa. Rapido colpì con un calcio laterale un TH che lo stava per colpire alla sua sinistra, poi lo afferrò e lo scaraventò addosso ad un altro che giungeva alla sua destra. Infine recuperò la sua spada fendendo il reattore del GL da cui l’aveva estratta.
Yue  con un balzò si portò avanti lasciando il fratello alle spalle. Mentre ritornava al livello degli altri teknight, piantò la spada dalla testa del GL fino alla cabina del pilota per poi recuperarla e con un movimento circolare, disegnò una circonferenza la lama che divise in due parti i tre GL che provarono ad attaccarla in gruppo.
Alla loro sinistra c’era uno scambio di raggi rossi dalle due fazioni. L’energia di cui disponevano i teknight imperiali era superiore rispetto all’unica arma a Red Fusion su cui poteva far affidamento Falk. Così l’ex colonnello di Argest assestava pochi colpi precisi e decisamente potenti che rendevano quasi inoffensivi gli avversari e sfruttando le caratteristiche del suo GL-S, quando arrivavano colpi ad energia luminosa non troppo forti, lasciava che il colpo gli scivolasse addosso per accorciare le distanze e colpire con la lancia. Per facilitare il compito, fece concentrare una parte dei suoi uomini esattamente alle sue spalle in modo da supportare nel modo migliore Kyla, che faceva strage di nemici con i micro bazuka posizionati sulle spalle e l’energia termica che sprigionava dai palmi.
Alla destra dei fratelli, Kirabo usava il RAD 1 come una sorta di scudo che proteggeva l’AU-0 dietro di lui e quando era abbastanza vicino annientava i teknight con un colpo di ascia. Takehito sembrava essere diventato una sorta di cecchino che vantava della protezione dal RAD 1 e dei GL alle sue spalle. La maggior parte dei colpi sparati andavano a segno, cercava di colpire i reattori in modo da mettere immediatamente fuori uso i nemici ma quando il bersaglio era troppo difficile, ne sparava molti di più per ottenere un effetto simile. Per quante volte venisse colpito il teknight marroncino di Kirabo era incrollabile. Si anneriva, si ammaccava ma proseguiva come un ariete da assedio. Certo non riusciva a bloccare tutti e qualche proiettile o raggio luminoso raggiungeva il compagno alle sue spalle, che prontamente attivava end eer. Capitava che qualcuno sfuggisse ma questi non costituivano un problema grave.
Più lontani Seref e Lev si occupavano di un gruppetto di cinque GL, ben compatto e più organizzato.
Il RAD 3 con una lama corta era impegnato in un combattimento corpo a corpo con due GL. Si scambiavano calci e pugni e qualche fendente però nessuno riusciva ad essere veramente incisivo.
Gli altri tre erano tenuti occupati da Seref, due dei quali stavano per essere prosciugati da ogni energia dai pincer mentre con l’altro aveva ingaggiato uno scontro a fuoco.
Lo IF era più veloce e grazie a ciò riusciva a mantenere una distanza elevata dall’avversario che al massimo riusciva a prenderlo di striscio. Gli altri due GL provarono a stargli dietro ma non ne erano più in grado.
Però non poteva perdere troppo tempo data l’elevata quantità di nemici che dovevano ancora affrontare, così con uno scatto più veloce si allontanò verso il basso seguito dal GL, arrivato ad un certo punto, repentino, cambiò traiettoria andando nella parte opposta e alla fine spostarsi di lato. Il GL non aveva fatto caso alla presenza dei sui compagni, impegnato nell’inseguimento e si scontrarono. Seref ne approfittò e con il chi-ken li annientò tutti e tre.
L’esplosione che ne conseguì, travolse anche uno dei GL impegnato con il RAD 3 spingendolo più lontano. Lev ne approfittò parando il pugno dell’altro teknight e gli staccò la testa con la lama corta. Afferrò il fucile alle sue spalle e fece fuoco prendendo in pieno il GL che era stato allontanato dall’esplosione.
Nel frattempo sulle loro teste si facevano battaglia le aeronavi che non si risparmiavano ma anche a terra qualcosa stava cominciando a muoversi.
Stavano avanzando una decina di mezzi terrestri che una volta posizionati, come i mezzi di contraerea colpivano i teknight della Jaculus.
«A quelli a terra ci pensiamo io e Seref!.» l’attacco da terra arrivò appena dopo che i Lev e Seref avevano terminato di occuparsi dei loro avversari.
«Andiamo!» Seref si era portato avanti e con rapidi scatti si avvicinò il tanto che bastava per far fuoco con il chi-ken. Un solo colpo bastò per distruggerne due, che presero fuoco e in seguito esplosero. Lev agì in modo simile ma la potenza del suo fucile era decisamente inferiore e per annientarne uno furono necessari tre o quattro colpi.
Liberarsi di quei mezzi fu più facile del previsto.
«Lev sali di quota!» urlò Seref allertando il compagno del pericolo che il computer dello IF aveva rivelato.
I due teknight scattarono in alto, evitando un intenso raggio luminoso che al suo passaggio lasciò solo terra bruciata. I resti dei mezzi terrestri erano spariti, parte del porto disintegrata e gli effetti di quel raggio si protrassero fino all’inizio del centro abitato.
Dalla stessa direzione del raggio si faceva avanti uno strano teknight o almeno era quello che sembrava fosse.
Era minimo tre volte più grande di un teknight di medie dimensioni, di colore verde marino, composto da un immenso corpo che si muoveva su un cingolato. Sul corpo centrale si appoggiava quella che poteva essere considerata la testa, avvolta da cinque lastre metalliche dalla forma di rombi. Nella zona del corpo immediatamente sottostante spuntavano quattro bracci meccanici, lunghi e affusolati, simili a dei tentacoli che terminavano come delle ganasce.
Procedeva nella direzione dei due teknight della Phlayrh mentre le lastre si piegavano verso l’interno nascondendo la testa e il cannone dal quale aveva sparato.
«Che cos’è quello?» sussurrò Lev meravigliato e spaventato allo stesso tempo.
«Non lo so ma non promette nulla di buono.» Seref provò ad analizzare qualche dato col computer del suo teknight ma questo non fornì nessuna risposta che potesse soddisfare le loro domande.
«Lev, Seref dovete allontanarvi immediatamente da lì!» disse allarmato Falk attraverso la comunicazione interna.
«Sai che cos’è, Falk?» domandò Lev.
«Sì. È lo Storyatt, un modello sperimentale di teknight ma non era mai stato impiegato per via dell’impossibilità di pilotarlo.»
«Spigati meglio.» chiese Seref.
«Lo Storyatt viene manovrato attraverso impulsi nervosi. Qualunque comando che deve essere fatto eseguire dal teknight e la percezione di ciò che accade all’esterno passa attraverso il cervello del pilota ma non si era riuscito a trovare nessuno in grado di sopportare un simile sforzo né un modo per rendere ciò possibile. Così dopo innumerevoli test e la morte di alcuni piloti, il progetto venne abbandonato, almeno così sapevo.»
«A quanto pare non ci avevano rinunciato proprio per niente. Sarà un avversario complicato. Seref che cosa ne dici?»
«Che posso dirti Lev? Sarà una battaglia difficile ma troveremo il modo di spuntarla. Non possiamo lasciare libera una macchina così pericolosa.»
«Non dovete affrontarlo è troppo rischioso.» insistette Falk.
«Quel bestione se la prenderà con tutti se non ci pensiamo noi ad intrattenerlo, sei d’accordo con me vero Lev?»
«Perfettamente d’accordo. Pensiamo ad un modo per fermarlo.»
Sentendo la determinazione dei compagni, Falk provò a liberarsi dei suoi avversari per aiutarli ma la cosa gli fu impossibile. I nemici anche se non troppo forti erano di gran lunga superiori in numero.
«Falk è così forte quel teknight?»
«Sì, Kirabo.»
«Non moriranno, vero?» domandò Yue preoccupata per la sorte dei due compagni.
Falk tardò nel rispondere facendo capire quale fosse stata la risposta.
«Qualcuno di noi deve riuscire a liberarsi e andare in loro soccorso.»
Nessuno dei piloti imperiali erano intenzionato ad esaudire la volontà degli avversari, lasciando il RAD 3  e lo IF  a lottare contro lo Storyatt.
Seref e Lev avevano cominciato con lo studiare il nuovo teknight. Falk aveva fornito delle informazioni che non erano sufficienti per trovare una strategia d’attacco.
Avevano iniziato a sparargli con il fucile da una certa distanza senza procurare alcun danno, i proiettili e i laser no lo scalfivano. Provarono ad avvicinarsi per poterlo colpire con le spade ma ogni volta, ad una certa distanza, si attivava una barriera che ricordava quella del end eer ma molto più potente. In fine, Seref calcolò la distanza alla quale si attivava la barriera  e si posizionò un metro prima per poi sparare un colpo con il chi-ken. Lo Storyatt piegò due delle lastre in modo da intercettare e rimandare al mittente il colpo del chi-ken. Il pilota dello IF lo schivò per un soffio essendosi mosso più per riflesso che per essersi reso conto effettivamente di ciò che era accaduto.
Il RAD 3 lo affiancò.
«Non c’è verso! Non ha aperture.»
«La troveremo. Voglio fare ancora due tentativi, per uno dei due mi servi anche tu.»
«Dimmi cosa hai in mente.»
«Il primo tentativo lo voglio fare con i pincer. Non so quanto serviranno ma se riusciranno a sottrargli un po’ di energia sarà sempre meglio di niente. Per il secondo lo attaccherò con diversi piccoli missili da diverse direzioni. Spero che proverà a fermarli, nel frattempo prova ad attaccarlo alle spalle.»
«Ok ho capito.»
Seref liberò i pincer che veloci si diressero verso il teknight gigante che nemmeno si mosse né attivò la barriera. Si attaccarono alla corazza metallica dello Storyatt e cominciarono col prelevare l’energia. Nemmeno qualche secondo dopo ed esplosero in successione.
«Cosa è successo?» era la prima volta che vedeva i pincer fallire in quel modo.
«C’è stato un flusso di energia eccessiva. Non hanno sopportato il carico troppo elevato.» Seref interpretò rapido i dati che gli forniva il computer.
«Seref sta cominciando a muoversi, sbrighiamoci con la seconda prova.»
«Sono pronto!»
Il RAD 3 si allontanò per andare dietro le spalle del nemico mentre dalle spalle dello IF si aprì un vano dal quale partirono una trentina di piccoli missili. Questi coprirono un raggio di azione di 180° ma nessuno raggiunse l’obbiettivo poiché vennero distrutti prima da diversi laser che partirono dal corpo dello Storyatt. Alle sue spalle però un pugnale, lanciato dal RAD 3 che era un po’ dopo la distanza dell’attivazione della barriera, si conficcò nel metallo.
«E’ andato!» la felicità del biondo durò poco. Una potente emissione di energia lo scaraventò lontano, prima in  area e poi cadde rotolando sul suolo. All’interno dell’abitacolo le cinture di sicurezza non riuscirono a fermare tutti i sobbalzi e urtò per un paio di volte con il casco sui comandi, rompendo il vetro, e ricevendo dei brutti strattonamanti al livello del collo e della schiena.
«Lev!»
Non gli rispose così andò in suo soccorso. Poté farlo liberamente, infatti per quanto avesse dei tempi di reazione molto rapidi restava lento negli spostamenti.
«Lev!» lo chiamò ancora.
Seref sentì solo dei lamenti. Lo aveva raggiunto e posizionato davanti per proteggerlo da un eventuale altro attacco.
«Stai bene Lev?»
«Bene non direi. Mi esce anche il sangue dal naso ma almeno sono vivo.»
«Lev ritiriamoci forse non è alla nostra portata.»
«No! La strategia di prima può funzionare. Non riesce a concentrasi in più direzioni.»
Seref ci rifletté.
«So che vuoi provarci.» insistette Lev.
«A patto che non ci facciamo ammazzare.»
«Affare fatto!»
Il RAD 3 si rimise in piedi e provarono ad attaccare come prima però c’era qualcosa di diverso nello Storyatt. Si era fermato con la testa rivolta verso l’alto e le lastre metalliche che si aprivano.
«Sta per sparare!» Seref mise in allerta tutti.
«Come lo fermiamo?»
«Non lo so, forse se colpiamo le lastre … non lo so!»
«Allora facciamolo.»
«Non ne sono certo Lev.»
«Non importa! Non abbiamo molte alternative.»
Quel teknight spaventoso puntava su tutti gli altri che combattevano più in alto.
Allertati da Seref quelli della Phlayrh cercavano di spostare lo scontro lontano dal raggio di azione dell’immensa energia che sarebbe arrivata da lì a poco. Però non fu difficile quando la situazione venne compresa anche dalle forze imperiali.
Con il chi-ken e il fucile laser sferrarono una raffica di colpi su uno dei rombi metallici. La barriera non si attivò nemmeno quando si avvicinarono. Quella scarica di raggi luminosi ebbero effetto e la lastra si ruppe emanando fumo nero.
Ciò non lo impedì di attaccare ma il l’immensa energia convogliata nel raggio cambiò completamente traiettoria attraversando solo l’aria.
«Quei pannelli forse servono per indirizzarlo.»
«Intuizione geniale Seref. Ora andiamo!»
Lo Storyatt si era fermato e stava ripiegando le lastre.
Lo IF mandò ancora un’ondata di missili come aveva fatto precedentemente e come prima venne bloccata. Da dietro Lev lanciò una granata, questa volta da più lontano. Non riuscì ad andare completamente a segno, ottenendo solo una bruciatura del metallo.
Ma l’attacco non era finito. Approfittando della concentrazione sul RAD 3, Seref si avvicinò senza essere bloccato dalla barriera che non si attivò e gli sparò.
La mossa venne vanificata dalla reazione repentina dell’avversario che afferrò con uno dei bracci lo IF e lo lanciò lontano. Poi si spostò nella direzione di Lev che venne imprigionato nella barriera.
«Maledizione!»
Provò ad attraversare la barriera, a forzarla, a romperla ma fu tutto inutile.
«Dovete sparire …» avvertì una voce nella sua testa, accompagnata da un forte dolore come se qualcosa gliela stesse spremendo.
«Se vi uccido tutti … mi lasceranno libero.»
Lev si teneva il capo tra le mani nel tentativo disperato di alleviare quel dolore. Continuava a sentire quella voce che non riusciva ad identificare.
«Se vi uccido … smetterò di soffrire. Ti prego di capirmi … in fondo sei un soldato anche tu.»
Era la voce del pilota dello Storyatt. In qualche modo i suoi pensieri riuscivano a raggiungerlo, forse a causa degli effetti delle onde celebrali che si diffondevano all’interno della barriera.
Un braccio meccanico lo portò davanti a se e con un cannone posto sul lato del busto, stava per fare fuoco.
Facendosi forza per resistere al dolore, pose le braccia avanti al busto e si rannicchiò per proteggersi.
Quando il mastodontico teknight fece fuoco, dalle braccia del RAD comparvero due scudi energetici.
Lev stava compiendo un grandissimo sforzo per resistere, stringendo i denti e facendo ricorso alle sue ultime forze.. Si trovava bloccato dal fascio luminoso che non accennava a diminuire e la barriera dello Storyatt. Il colpo fu così violento che frantumò la barriera alle sue spalle ed essere scagliato via. Atterrò un po’ più lontano di dove si trovava lo IF in pessime condizioni. Del RAD 3 non restava altro che il busto e le braccia corrose.
Seref assistette alla scena e si preoccupò per il compagno, non sentendo arrivare risposte ai suoi richiami. D’altro canto lui non era messo meglio: lo IF era meno resistente del RAD e i ripetuti violenti urti con il suolo ed ogni oggetto con cui veniva a contatto, lo aveva danneggiato molto, addirittura alcune strumentazioni interne vennero lesionate liberando scintille all’interno dell’abitacolo. Il casco era servito a poco, spaccandosi e procurando una ferita alla tempia sinistra di Seref che non smetteva di sanguinare.
Ma non era finita. Lo Storyatt si muoveva nella sua direzione e lo IF non era abbastanza veloce per scappare.
Come aveva fatto prima, imprigionò il teknight della Phlayrh all’interno della barriera e come prima, anche Seref riuscì a sentire la voce del pilota.
«Devo uccidervi tutti …»
Seref urlò per il dolore improvviso e lancinante, si stringeva la testa con le mani, agitandosi.
«Non sentirò più dolore …»
«Smettila! Smettila!» Seref era al limite. Il sangue dalla tempia usciva sempre più copiosamente e la stretta alla testa era così forte da fargli sembrare che si potesse spaccare da un momento all’altro.
«Non perdere tempo con chi non può combattere e abbatti i teknight sopra di te.» una voce diversa dalla precedente. Aveva l’aria di un ordine che pose fine al tormento del pilota della Phlayrh, ormai privo di conoscenza.
La barriera venne rilasciata e lo IF cadde senza freni, inattivo e in più punti spaccato.
Lo Storyatt riaprì i rombi metallici e puntò la sua testa in alto: si stava preparando per l’attacco decisivo.



Angolo dell'autrice:
Ormai ci siamo! La battagli decisiva è ufficialmente iniziata senza esclusione di colpi. Come finirà?
Inoltre fate un salto al capitolo Utile e curiosità dove nella categoria personaggi sono state aggiunte le schede di Norbert, Ward, Vedis e Hunwer Argest.
Un grandissmo grazie a tutti coloro che continuano a seguire questa sotria ormai alle battute finali.
Alla prossima ;)

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Capitolo 25
*** Section 24 - Volontà ***


ArgestAgeSection24Volonta Argest Age – section 24 - Volontà


«Smettila! Smettila!» Seref era al limite. Il sangue dalla tempia usciva sempre più copioso e la stretta alla testa era così forte da fargli sembrare che si potesse spaccare da un momento all’altro.
«Non perdere tempo con chi non può combattere e abbatti i teknight che stanno combattendo sopra di te.» una voce diversa dalla precedente. Aveva l’aria di un ordine che pose fine al tormento del pilota della Phlayrh, ormai privo di conoscenza.
La barriera venne rilasciata e lo IF cadde senza freni, inattivo e spaccato in più punti.
Lo Storyatt riaprì i rombi metallici e puntò la sua testa in alto: si stava preparando per l’attacco decisivo.
Dal cielo scendeva rapido un teknight marroncino con un grosso fucile sulla spalla.
Kirabo non aveva molto tempo. Lui e i suoi compagni avevano visto quello che stava accadendo e non potevano indugiare oltre, dovevano salvare i loro compagni.
Il pilota del RAD 1 si fece dire da Falk dove era collocata la cabina di pilotaggio di quel mostro meccanico e  appoggiato sulla base del kei-kan era pronto a sparare e a fermarlo.
La potenza di fuoco del kei-kan eguagliava quella di un’aeronave e fu sufficiente un solo colpo per creare un foro nello Storyatt all’altezza che era stata indicata da Falk.
Del pilota non rimase traccia e il teknight si fermò.
Kirabo recuperò quel che restava del RAD 3 e lo appoggiò delicatamente vicino allo IF, uscì dal suo teknight e andò a verificare le condizioni dei compagni.
Erano entrambi privi di conoscenza e con il volto ricoperto di sangue ma sembravano ancora vivi. Tornò a bordo del RAD 1 si mise in comunicazione sia con la base che con gli altri piloti.
«C’è bisogno di Lara immediatamente!»
«Uno di voi venga a prenderla a bordo del proprio teknight. Con l’aeronave non possiamo atterrare.» era tutto quello che poteva dire Owen in quel momento. Più in alto ancora, lo scontro tra le aeronavi non accennava a diminuire di intensità.
Lara si preparò velocemente ed aspettava sul ponte di lancio.
«Yue va tu! Un MA basta e avanza qui. Sei abbastanza veloce e forte per proteggerli da sola.»
«Grazie fratello!»  la ragazza non se lo fece ripetere due volte. Shu le liberò la strada conficcando le dita nel metallo del busto del GL avversario e lo scaraventò addosso a quello che sta per colpire la sorella. Lo MA blu si precipitò a tutta velocità verso la sua aeronave per recuperare il medico di bordo. Nonostante la Phlayrh fosse in movimento, Yue non ebbe problemi ad atterrare, chinò il teknight e aprì il portellone.
«Lara fa presto!» le aveva appoggiato a terra la mano del MA per permetterle di raggiungerla. Lara vi salì sopra e venne portata al livello della cabina.
«Reggiti a me o cadrai.» Yue era all’in piedi e con i sensori per rilevare i movimenti che le coprivano il corpo. Il sistema di pilotaggio del MA era decisamente unico nel suo genere.
La donna fece come le aveva detto Yue e il portellone venne chiuso.
Lo MA si lanciò con la testa rivolta verso il basso con un accelerazione decisamente elevata.
Lara resistette come poté, stringendosi il più possibile alla ragazza e chiudendo gli occhi.
La discesa durò poco e atterrò a fianco ai compagni alzando della polvere. Scesero rapidamente e Lara andò ad accertarsi immediatamente delle condizione dei due piloti feriti.
«Non li ho mossi.» Kirabo l’affiancò visibilmente teso.
«Hai fatto bene. Ora aiutami a portarli giù.» e così sotto la guida di Lara sia Kirabo che Yue prestarono il loro contributo.
«Kirabo torna a combattere. Fino a quando non finirà non potrò curarli come si deve.»
Kirabo annuì e si mise a bordo del suo teknight e fare come gli era stato detto.
«Yue tu resta qui per un eventuale attacco. Le loro condizioni non sono buone e non ho tutti i mezzi necessari per intervenire però farò di tutto per mantenerli in vita.»
Yue venne percossa da un fremito di paura.
«Non possiamo portarli da qualche parte? Li trasporterò con lo MA!»
«Potrebbe essere pericoloso.» Yue annuì piano.
«Ho capito. Di qui non passerà niente e nessuno ma tu non lasciarli morire.»
«Contaci!» Lara le sorrise per rassicurarla e infonderle un po’ di coraggio. Si mise subito ad operare con gli strumenti che aveva portato con se mentre Yue era di guardia sul suo MA .

«Com’è la situazione giù?» si premurò di domandare Kyla.
«Non buona. Rischieranno di morire se non riceveranno le cure adeguate.» rispose Kirabo appena tornato dai suoi compagni.
«Allora sbrighiamoci orami sono quasi finiti.» disse Shu facendo riferimento ai loro avversari che stavano rapidamente diminuendo di numero. Lo scontro era stato faticoso e aveva portato via energie e risorse ai piloti della Phlayrh che erano rimasti in cinque.
Continuarono a lottare come prima, poi arrivarono dei fasci laser che colpirono una gamba del RAD 2 e un braccio del MA.
«Che diamine!» esclamò Kirabo sorpreso dal raggio che lo sfiorò di cui non si era minimamente accorto del suo arrivo.
«Lasciateli a me! Sono i teknight di Dia e Ward.» spiegò Falk.
Quei due teknight si facevano vedere molto raramente. Quello del colonnello Vedis Dia era  bordeaux, imponente, con la testa infossata nel busto, due protuberanze sulla schiena che nascondevano diverse armi e le braccia che terminavano come cilindri con tre dita:
lo AC-002-β anche noto come Vraren.
Il teknight del generale Nerek Ward era simile, solo leggermente più alto, meno massiccio e di colore blu zaffiro. Si trattava del AG-000-α conosciuto col nome di Lighet.
«Non puoi affrontarli da solo.»
«Kyla, bisogna essere al massimo delle condizioni per abbatterli.» Falk intuì che la ragazza voleva seguirlo e non voleva coinvolgerla in un ulteriore combattimento estremamente pericoloso e con il teknight malridotto.
«Lascia che venga con te.»
«No, Kirabo. Il RAD 1 non starebbe al loro passo, è troppo lento.»
«Allora verrò io!» Takehito si fece avanti «non ho subito danni e ho abbastanza energia.»
«Fallo venire con te. Ti sarà indubbiamente d’aiuto e quando avremo finito di sbarazzarci di questi inutili GL verremo da voi.»
Falk si fermò un attimo a riflettere. In fondo quel ragazzo gli era piaciuto fin dal primo momento e ritenne che poteva trovare una buona complicità.
«Va bene.»
Kirabo, Kyla e Shu rimasero con i pochi GL della Jaculus ad abbattere i restanti nemici mentre Falk e Takehito erano di fronte a i due nuovi avversari.


«Avevo sempre nutrito dei sospetti nei tuo confronti e a quanto pare non mi sbagliavo. Sei un traditore di Argest!»
«E’ il contrario! Io mi ero fidato delle parole dell’imperatore mentre lui non ha fatto altro che usarmi.»
«Come osi parlare così del nostro imperatore? Tu che volevi far cadere nel caos il glorioso impero di Argest.»
«Arrivati a questo punto è inutile parlarne. Nerek Ward, poniamo fine alla guerra!» Falk era deciso come non mai, concentrato e determinato. Impugnò la sua lancia a Red Fusion e assunse una posizione di guardia. Alla sua destra l’AU-0 era già pronto con un chi-ken.
Di fronte a loro il Lighet impugnava due spade e il Vraren aveva scudo e fucile a Red Fusion.
La prima mossa venne fatta dal GL-S che sparò con la lancia in direzione del teknight di Ward che schivò elegantemente.
Si portò avanti attaccando dall’alto con una delle spade. Falk riuscì a parare portando la lancia orizzontalmente sulla propria testa, la fece ruotare facendo scivolare la spada su di essa. Poi arrivò un altro attacco dall’alto che parò con la parte iniziale della lancia e compiendo una rotazione, si spostò di lato e attaccò con un affondo.
Il Lighet fu rapido nello schivare facendo un balzo all’indietro ma l’attacco di Falk non era finito. Avanzava cambiando la guardia e attaccando dall’alto e di lato. Tutti i colpi vennero parati e l’ultimo venne fermato bloccando la lancia tra le spade, accorciò le distanze e lo allontanò con un calcio.     
Nello stesso tempo in cui avevano iniziato a combattere Falk e Ward, cominciò lo scontro tra Takehito e Vedis. I due si scambiavano raffiche si colpi dei loro fucili che schivavano e pararono uno con la barriera dell’end eer e l’altro con lo scudo. Però il Vraren con il fucile a Red Fusion era più veloce, essendo più piccolo e maneggevole del chi-ken. Sparò un altro colpo e l’AU-0 si protesse con la barriera ma il teknight imperiale con tutta la forza che aveva la colpì con la punta dello scudo. La barriera cominciò a cedere e Takehito, resosi conto che non avrebbe retto a lungo, puntò il chi-ken contro il suo avversario.
La barriera si spezzò e si trovò addosso lo scudo il teknight bordeaux sul quale sparò con il chi-ken ma lo danneggiò soltanto. Senza farsi intimorire Dia, con la metà che restava dell’arma protettiva, colpì violentemente l’AU-0 e poi col calco del fucile lo fece cadere per alcuni metri.
Liberatosi per alcuni minuti del rivale, decise di dare man forte al Lighet. Le mani si staccarono dal braccio che restarono unite ad esso grazie a dei cavi. Le dita si strinsero attorno al GL-S bloccandolo.
Il teknight si dimenava tentando di liberarsi inutilmente da quella morsa. Ward si avvicinava con la spada tesa in avanti per trafiggerlo, quando dal basso una spada laser tagliò i cavi delle mani liberando il GL-S.
L’AU-0 scattò in alto per recuperare la spada e insieme a Falk si allontanarono per riorganizzarsi.

La battaglia continuava anche per le aeronavi ed era diventata logorante. Nessuno delle due fazioni riusciva a danneggiare seriamente l’avversario ma si notava un’evidente svantaggio della Phlayrh.
L’aeronave non riusciva a sostenere più lo stesso ritmo dell’inizio. Le forze a bordo erano poche e cominciavano a percepire la stanchezza di una battaglia prolungata. Il supporto della Jaculus era stato fondamentale ma non poteva farcela ancora per lungo.
«Abbiamo bisogno dell’aiuto dei teknight!» Erin governava l’aeronave al meglio delle sue capacità unendo le forze con Owen.
«Lo so … ne arriva un altro!» i due iniziarono l’ennesima manovra per evitare il colpo in avvicinamento ma non riuscirono ad eseguirla.
«Si è inceppata! L’ala mobile si è inceppata!»
«Dannazione!»
La parte bassa della Phlayrh venne colpita, creando diverse aperture sul ponte di lancio.
La Jaculus lanciò tre missili diretti alla Galeos che la fece arrestare.
«Owen, la Jaculus speronerà la Galeos e in qualche modo vedrò di fermare anche la Dreizack.»
«Maggiore Norbert non lo faccia è una mossa troppo azzardata.»
«Siamo al limite anche noi. Sul cargo ci sono la maggior parte degli uomini della Jaculus, vi saranno ancora di supporto.»
«Proviamo a resistere ancora. I ragazzi hanno quasi terminato con i teknight, verranno in nostro soccorso.»
«Non c’è più tempo per aspettare. Lo faccio per Falk perché possa riuscire a realizzare i suoi desideri e con quelle due aeronavi in circolazione non potrà farlo.»  
«Si fermi!» lo implorò anche Erin ma ormai aveva deciso.
Il cargo si era staccato dalla Jaculus rendendola un’aeronave leggera, veloce e letale all’interno della quale erano rimaste solo atre due persone oltre a Norbert.
«Vi ho trascinato con me in un’azione suicida.»
«E’ una nostra scelta, maggiore.»
«Potrò ripagare il mio debito con il colonnello Falk.»
«Vi ringrazio. Avete capito tutto di quello che vi ho spiegato prima?»
«Ogni parola, maggiore.»
«Non gli lasceremo via di scampo in ogni caso.»
«Bene! Motori avanti tutta. Speroniamo quell’odioso squalo.»
«Sissignore!» risposero all’unisono i due uomini.  
I propulsori della Jaculus si attivarono, facendola acquistare velocità. La Galeos era davanti a loro che non aspettava altro che essere infilzata dal muso affilato della Jaculus.
Nessuno avrebbe potuto fermarla. Eppure sulla sua traiettoria si frappose la Dreizack che si abbassò dall’alto per proteggere l’alleata.
Lo scontro fu violentissimo, il rumore del metallo che strideva si propagò nell’atmosfera.
Quella che venne trapassata fu la parte più esterna della Dreizack ma era sufficiente.
«Come previsto, dovevano proteggere l’imperatore. Avanti tutta! Avviciniamoci il più possibile alla Urano Galeos.» ordinò Norbert.
Il motori vennero portati al limite e le due aeronavi si mossero.
La principale delle aeronavi imperiali cominciò a fare fuoco  per distruggerle ed evitare l’attacco.
«Maggiore ci stanno sparando sul serio!»
«Sparano anche alla Dreizack … proprio come aveva previsto.»
«Non permetteranno mai che la Galeos venga abbattuta, a costo di perdere un’aeronave. Avanti dobbiamo raggiungerla prima che ci facciano saltare in area.»
Il fuoco nemico si riversava su entrambe le aeronavi che prendevano fuoco, dalle quali si staccavano delle parti e si verificavano delle micro esplosioni.
Ma la Jaculus avanzava. Orami non avevano nulla da perdere.
La Phlayrh provò ad impedirlo con tutti i mezzi ma riuscì solo a rallentare la furia di fuoco che si stava avventando sulle aeronavi incatenate l’un l’altra.
 «Ci siamo … Falk, il resto lo lascio a te.» disse Norbert vedendo ormai vicinissimo il loro vero obbiettivo.
Un motore venne perforato  e lo stesso avvenne per la Dreizack. Si susseguirono due esplosioni decisamente grandi che distrussero le aeronavi. Venne coinvolta anche la Galeos per l’eccessiva vicinanza al luogo di impatto. Parte della fiancata venne completamente distrutta e cominciò a perdere quota.

Dopo che Falk si era liberato dalla morsa del nemico, grazie all’intervento di Takehito i due erano riusciti ad allontanarsi un attimo per riorganizzarsi.
Lo stesso sembrava che stessero facendo i loro nemici.
Poi dei forti rumori li distrassero. Erano delle esplosioni e guardando in alto videro la Jaculus e la Dreizack andare in pezzi a causa di due terribile esplosioni.
«Nor … bert …» sussurrò incredulo Falk. Osservava impietrito quei piccoli frammenti della Jaculus precipitare al suolo.  
«Non è vero … Owen!»Falk si mise in contatto con la Phlayrh disperato «Owen …» non aveva il coraggio di chiedere ciò che temeva.
«Era sulla Jaculus.» il generale della Phlayrh aveva di certo capito cosa volesse chiedere e gli fece male dargli conferma delle sue paure.
Falk cominciò a piangere senza accorgersene. Erano in guerra, stavano combattendo eppure non riusciva a sopportarlo.
Dopo i frammenti della Jaculus e della Dreizack, incominciò a vedersi anche la Galeos che si abbassava sempre più in direzione della capitale.
Nel GL-S si liberarono urla di dolore che si tramutarono in rabbia. Lo sguardo di Falk divenne duro, le pupille si fecero piccole e le mani strette a pugno. Guardò con odio la Urano Galeos: avrebbe distrutto quell’aeronave.
Il GL-S scattò senza preavviso nella direzione della Galeos sparando alcuni colpi con la lancia a Red Fusion.
Il Vraren e il Lighet si lanciarono al suo inseguimento con l’obbiettivo di fermarlo e annientarlo approfittando del fatto che fosse solo.
Takehito rimase indietro non aspettandosi una reazione del genere da parte di Falk ma presto si mise anche lui all’inseguimento.
Il GL-S nella sua disperata corsa verso la Galeos era un bersaglio abbastanza facile per il fucile del Vraren che lo colpì di striscio diverse volte. Incurante di essere sotto tiro, Falk proseguiva ma la sua corsa venne comunque rallentata dai danni che riceveva e la distanza tra lui e i suoi nemici diminuiva, fino a quando non lo raggiunsero.
Ricevette un fendente alle spalle con una delle spada del Lighet che arrestò la sua corsa e lo costrinse a voltarsi verso i vuoi nemici.
«Lasciatemi andare!» urlò con foga e dimenando la lancia riportò un minimo di distanza tra i teknight.
I movimenti del GL-S erano scoordinati e privi di logica ma spigionavano una grande potenza. Il pilota era mosso dall’ira e attaccava come una belva feroce.
I fendenti delle due spade arrivavano da ogni direzione e il GL-S li parava con colpi poderosi della lancia, così forti da far vacillare la presa del Lighet sulle spade.
Ma gli avversari erano due e alcuni colpi di fucile lo raggiunsero. Infastidito il GL-S si scagliò sull’intruso, battendogli sul capo e con forza la lancia. Il Vraren accusò il colpo piegandosi in avanti e portando le braccia all’esterno. Per sua fortuna Falk non ebbe modo di finirlo. Dalle spade del Lighet provennero due darsi rossi, proprio come la lancia del GL-S, anche quelle erano armi a Red Fusion.
Il teknight argentato si fermò e cominciò ad emanare del fumo da una spalla, il tempo che bastò al Vraren di riprendersi e bloccarlo con le braccia non potendolo fare più con le mani.
Per Ward era giunto il momento di uccidere il traditore di Argest con una spada protratta in avanti e l’altra elegantemente tenuta all’indietro, era ormai vicino quando all’ultimo dovette fermarsi per non trafiggere l’altro soldato imperiale.
Takehito era giunto in tempo e senza arrestare la sua corsa si era scaraventato sul Vraren. La potenza dello scontro fece allentare la presa e il GL-S riuscì a liberarsi in tempo.
Come se non fosse accaduto nulla riprese ad attaccare il Lighet con ferocia, una furia potente ma prevedibile. Ci voleva una certa energia per parare i colpi della lancia ma nulla più, Ward avrebbe concluso presto quel duello a suo favore.
«Falk fermati!»
«Deve pagarla cara! L’imperatore, Ward e tutto Argest devono pagarla!»
«Così ti farai ammazzare!» Takehito provò a riportarlo alla ragione. Non poteva essere la stessa persona che aveva conosciuto, non poteva essere la stessa persona di cui gli avevano parlato.
«Li abbatterò!» e mentre Falk lo diceva un braccio del suo teknight volò via.
«Falk datti una calmata!» l’AU-0 continuava a tenere occupato il Vraren e non poteva fare molto altro.
Il pilota del teknight argentato parve ignorarlo, in quel momento esisteva solo il Lighet davanti a lui. Spostò di lato la lancia che manteneva con una sola mano e Ward fece lo stesso con le due spade e prima piano e poi ad una velocità maggiore, andarono l’uno contro l’altro.
“Devo fare qualcosa!” con una scatto ruotò alle spalle del Vraren e prima che gli altri due teknight potessero colpirsi, Takehito si frappose tra loro innalzando la barriera.
La lancia era stata  parata e spostata di lato da una delle due spade e l’altra era stata fermata dalla barriera. Se non ci fosse stato Takehito a fermarla, avrebbe diviso in due parti il GL-S.
Falk elaborò quello che era successo e non si accorse nemmeno che non stava respirando.
Aveva perso la ragione e stava per perdere la vita. Riprese a respirare, prima aspirando una gran quantità d’aria e poi regolarmente.
«Scusa …» si rese conto di avere gli occhi umidi e li asciugò con la manica della veste e un’altra lacrima tornò ad inumidirli.
«Ti sei calmato?»
«Sì …»
«Non fare quella voce abbattuta dobbiamo ancora toglierci di torno questi due e fermare definitivamente la Galeos. Fatti forza nulla andrà perduto.»
Falk fece un altro gran respiro e tirò indietro il resto delle lacrime «Hai ragione. Occupati del Vraren, io devo concludere il duello con Ward.»
«Non c’è bisogno di affrontarlo da solo.»
«Questa volta andrà bene. L’hai detto tu che nulla andrà perduto quindi anche il tuo salvataggio di prima.»
Takehito sentendolo tranquillo e decisamente più calmo lo lasciò fare pregando di non essersi sbagliato.
GL-S  e Lighet si trovarono ancora faccia a faccia nella stessa posizione precedente.
Caricarono e pochissimi metri mancavano all’impatto.
«Come …?» Ward si ritrovò trafitto dalla lancia.
Il GL-S aveva impugnato la lancia in modo diverso non potendo più fruttare due braccia. La teneva dalla punta e poco prima di raggiungere il raggio d’azione delle spade, affondò la lancia nel Lighet che teneva la spada tesa in avanti a pochi centimetri dal GL-S.  
Falk estrasse la lancia e il teknight imperiale precipitò.
Gli altri due rimasero ad assistere increduli.
«Generale … Ward …» inaspettatamente Vedis condusse il suo teknight nella direzione in cui stava precipitando quello del suo generale.
«Takehito!»
“Mi dispiace.” l’AU-0 prese la mira con il chi-ken e fece fuoco. Lo distrusse lasciando intatta solo la cabina di pilotaggio. Probabilmente il pilota si sarebbe salvato ma non avrebbe più potuto essere di intralcio durante la battaglia.
La discesa della Urano Galeos proseguiva con al seguito la Phlayrh e i suoi teknight ai quali si aggiunsero Falk e Takehito.
«Vuoi abbatterla?»
«Sembra non ce ne sarà bisogno.» rispose Owen alla domanda di Falk.
Da una comunicazione che si era attivata si sentì una risata.
«E hai fatto male mio caro Owen. Per te e tutta la Phlayrh è giunta la fine.» Hunwer si era introdotto nel sistema di comunicazione.
«Che diavolo stai dicendo? Cosa potresti fare ancora?  Non hai più un teknight, la Dreizack è distrutta e la Galeos a malapena vola.»
«E’ vero ma hai dimenticato qualcosa, qualcosa che si trova ben oltre il cielo.»  seguì un’altra risata.  
«FSCannon … non può essere l’ho distrutto.» era l’unica cosa ai cui poteva pensare ma non potevano averne costruito un altro in così poco tempo.
«Si Falk Horn proprio quello. Ne avevamo un altro che è stato migliorato dopo la distruzione del precedente e tra poco vi cancellerà dalla faccia della Terra.»
«Che razza di assurdità! Così facendo verrà spazzata via anche la capitale e la Galeos.»
«Stai sbagliando, Owen.» rispose seriamente l’imperatore «in questo modo la Phlayrh verrà cancellata mentre l’impero Argest dovrà solo riorganizzarsi secondo le mie volontà che ho lasciato pocanzi.  Argest deve continuare a vivere in questo mondo e lo farà.»
Owen provò ribrezzo per se stesso. In quel momento si rese conto che prima di quella battaglia avrebbe sacrificato la capitale pur di distruggere l’impero, proprio la stessa cosa che stava per fare Hunwer Argest.
«E’ assurdo! Quante persone moriranno per questo?» a Takehito sembrava che fosse fatta e invece il peggio doveva ancora arrivare.
«Possibile che debba finire così?» pronunciò Katsu sconvolto e spaventato.
«No, non può!» disse incredula Kyla.
«Non deve! Ci sono ancora troppe persone da proteggere.» fece con più energia Kirabo mentre pensava alla sua famiglia.
«Non vanificheremo gli sforzi di tutti e le volontà di chi ha combattuto! Non voglio vedere morire ancora i miei compagni.» Falk sembrava determinato ma in quella situazione la sola determinazione poteva far poco.
Shu non disse nulla ma si rivolse nella direzione in cui doveva essere la sorella. Anche lei stava sicuramente ascoltando la conversazione e sapeva che non avrebbe mai lasciato soli i suoi compagni.
«Dannazione! Ci deve essere un modo per fermalo.»
«Disperati pure Owen, il modo non esiste.» Hunwer continuava volutamente a tenere il canale aperto e quasi provava piacere nel sentire la disperazione nelle loro voci.
«Katsu vieni.» Aruto si mosse dalla postazione di fuoco seguito dal figlio che gli era dietro.
Aruto lo afferrò per il braccio e lo trascinò al suo fianco, poi gli passò il braccio sulla spalla e passò a scompigliagli i capelli.
«Coraggio, non avere paura.»
«Hai qualcosa in mente papà?»
Aruto non rispose nulla limitandosi a tenerlo stretto a se. Raggiunsero la sala comandi dove si trovavano Erin e Owen.
«Aruto!» l’uomo li guardò entrambi e poi si avvicinò da solo ai comandi.
«Sai Hunwer, Seref si diverte molto a smanettare con sistemi informatici e aggeggi tecnologici e in genere quello che sto facendo io lo farebbe lui. Forse nemmeno lo sai ma è un piccolo genio, è un bravo ragazzo, volenteroso e generoso … peccato che non te ne sia mai accorto. Per quanto detesta ammetterlo avrebbe voluto un padre che lo amasse e che lo considerasse per quello che è. Sono un semplice meccanico ma per il mio ragazzo, per Seref e per tutti gli altri non lascerò che i tuoi piani vadano a buon fine.» Aruto aveva finito di maneggiare con i pulsanti e fece una breve pausa « ora sta a guardare come non ci faremo distruggere il nostro futuro.» premette l’ultimo pulsante e la comunicazione terminò.
«Aruto cosa hai in mente?» domandò Owen decisamente sorpreso.
«Ora non si intrometteranno più nelle comunicazioni, possiamo parlare tranquillamente. Ho intenzione di usare la barriera della Phlayrh per fermare quell’arma.»
«E’ possibile?» Erin temeva si trattasse di un tentativo disperato.
«C’è indubbiamente un margine di fallimento ma facendo ricorso ad ogni briciolo di energia di questa aeronave, possiamo farcela!»
«Papà quant’è questo margine di fallimento?» purtroppo Katsu non riusciva ad essere ottimista. Di solito il padre era molto preciso in queste cose e avrebbe dovuto usare una percentuale numerica piuttosto che restare sul vago e questo poteva significare che probabilmente quella percentuale era alta se non totale.
«Abbastanza piccolo da non preoccuparcene più di tanto però tu scendi dall’aeronave.»  con questa risposta diede conferma ai suoi timori ma non protestò soggiogato dalla strana atmosfera.
«Takehito vieni a prenderlo per favore.»
«Sì.»
«Katsu, ci vediamo dopo promesso!»
«Ci rivedremo senz’altro e questo vale per tutti.» ribadì Owen. Il ragazzo annuì ed andò al ponte di lancio dove lo attendeva l’amico.
 La Phlayrh si spostò più in basso rispetto alla Galeos nel punto in cui il raggio  avrebbe colpito secondo i calcoli del meccanico.
Tutti i teknight dietro l’aeronave speravano e pregavano che tutto andasse per il meglio.
Dal cielo stava giungendo una forte luce, all’apparenza lenta ma man mano che si avvicinava si percepiva la sue reale velocità.
La barriera venne attivata e quattro azzurri scudi energetici di ergevano sopra la Phlayrh. Al momento dell’impatto i primi due cedettero immediatamente e poi il raggio si bloccò al terzo.
Ogni cosa della Phlayrh potesse produrre energia era convogliata ad alimentare la barriera, le strumentazioni riportavano che tutto su quell’aeronave era stato portato al limite e che non avrebbero retto ancora a lungo, quando la terza barriera venne distrutta. Mancava l’ultimo strato.
La potenza era così elevata che spingeva indietro l’aeronave così i cinque teknight alle sue spalle preso a spingerla con tutte le loro forze. La Phlayrh si fermò e stranamente l’energia prodotta dai teknight venne catturata dall’aeronave e trasmessa alla barriera.
«Cosa succede?» domandò Erin.
«Non lo so ma è straordinario. Quei teknight non dovrebbero avere così tanta energia. C’è un flusso che proviene anche dal MA di Yue da terra … è pazzesco.» spiegò Aruto incredulo.
«Non passerà! Non ci supererà mai!» dopo le parole di Takehito un emissione di energia ancora maggiore andò a rafforzare la barriera.
Quel margine di fallimento non esisteva più.
«Non può essere! E’ impossibile non doveva finire così!» furono le ultime parole dell’imperatore di Argest di fronte all’incredulità di quello che stava accadendo.
Il raggio venne annientato e riflesso in più direzioni: pochi colpirono la città, molti altri si dispersero più lontano e molti altri si riversarono sulla Galeos che venne distrutta.
La base della Phlayrh parve come priva di vita, la barriera si era disattivata e senza più forze stava per adagiarsi al suolo.
Tutti gli altri tentarono di fermarla ma i loro teknight erano a corto di qualunque energia.
Ma non aveva più importanza: avevano vinto.





Due anni dopo


Un teknight vermiglio si occupava della manutenzione di un satellite nello spazio. Il pilota svolgeva il suo lavoro con precisione e calma. Era tutto silenzioso, nessuna seccatura dalla torre di controllo, nessun imprevisto o complicazione, insomma era tutto tranquillo.
«E pensare che questo era lo FSCannon … quante ce ne ha fatte passare, vero AU-0?» disse tra se Takehito fermandosi un attimo ad osservare prima il satellite su cui lavorava e poi ad ammirare la Terra.
“Da qui la Terra è uguale alla prima volta che la vidi eppure è cambiata proprio come lo FSCannon” pensò il ragazzo.
La sua mente tornò al momento della loro vittoria contro Argest. Di quello che accadde non trovarono una spiegazione valida. Tutta l’energia che alimentò la barriera non poteva essere stata prodotta solo dalla Phlayrh e dai teknight, era impossibile. Aruto  ritenne che era merito delle loro volontà e a Takehito piaceva pensarla in quel modo.
I momenti successivi non furono facilissimi.
L’impero Argest non esisteva più e per non creare scompigli e rivolte, Falk e Kyla presero il controllo politico. Venne ristabilita la situazione precedente all’impero Argest: i singoli stati tornarono ad autogovernarsi e ovviamente tutte le colonie vennero abolite, lascandone solo il ricordo. Ma questo non era sufficiente. Infatti, venne stabilita una politica di sostegno reciproco grazie alla quale risorse, ricchezza e conoscenze venivano condivise da tutti per uno sviluppo equo e sostenibile. Nessuno avrebbe dovuto prevaricare o soggiogare l’altro. Progetto ambizioso che richiedeva rigidi controlli soprattutto per i primi tempi.
Dopo alcuni mesi di convalescenza si unì anche Seref. Nell’ultima battaglia aveva riportato danni cerebrali con la conseguente perdita parziale dell’uso di una gamba. Ma l’essere zoppo e l’aiuto del bastone per camminare non lo fermò. Con il sostegno costante di Yue, dette tutto se stesso nel sostenere la nuova politica portata avanti dai compagni.
Yue ritenendo che di politica ci capiva poco, decise di dare il suo contributo con un ruolo più pratico istituendo un piccolo corpo armato addetto alla sicurezza al quale si unì anche Shu.
Anche tutti gli altri diedero una mano nei primi mesi e quando le cose cominciarono a stabilizzarsi, ognuno rese la propria strada.
Lev fece ritorno a Kadak per mantenere la promessa fatta al piccolo Steve tempo prima. Si stabilì lì e divenne un istruttore di nuoto. Un po’ a malincuore dovette rinunciare a nuotare al livello agonistico poiché dopo l’ultima battaglia aveva difficoltà nel compiere i movimenti più complessi e sforzi eccessivi. Ma ben presto i bambini a cui insegnava con la loro vitalità ed entusiasmo, gli fecero passare ogni rimpianto.
Kirabo riuscì a realizzare il suo sogno e giocare in una importante squadra di basket allenata addirittura dal suo giocatore preferito, lo stesso che gli aveva autografato il pallone da piccolo e che conservava gelosamente.
Shae, priva del suo lavoro quotidiano alla Phlayrh, si dedicò alla scrittura di romanzi di cui ne pubblicò ben due. Nello stesso tempo la loro famiglia si allargò con l’arrivo di un nuovo figlio ben accolto da Fuhara che continuava a crescere insieme alla sua passione per i rettili.  
Katsu dimostrò tutto la sua bravura nella FW e le scuderie facevano a gara per averlo, domandandosi dove si era potuto nascondere un talento del genere per tutto quel tempo.
Per quanto riguardava Owen, Erin, Aruto e Lara immediatamente dopo la battaglia finale, si separarono ritirandosi a vivere in luoghi isolati. Con loro si continuò a mantenere un contatto ma vollero farsi da parte e lasciare spazio alle buone intenzioni dei loro ragazzi.
«E io sono tornato nello spazio.» concluse così i suoi pensieri.
Takehito fu incoraggiato da Falk a diventare un ricercatore spaziale, avendo condiviso la stessa esperienza, comprendeva la voglia del ragazzo di tornare fuori dall’atmosfera terrestre e poter osservare ancora una volta il loro meraviglioso pianeta.
«Takehito! Ancora indaffarato nello spazio?»
«Seref?» Takehito venne destato dai suoi pensieri da una voce decisamente inaspettata.
«Si sono io non sorprenderti, non è difficile  intromettersi in un sistema di comunicazione.»
«Non mi aspettavo certo di sentirti.»
«Falk mi sta tormentando di chiederti se hai preso le fedi.»
«Ah è per quello! Si certo le ho qui con me.»
«Bene così si tranquillizza … piuttosto riuscirai a venire in tempo al matrimonio?»
«Ma certo qui ho quasi finito. Vi raggiungerò a bordo dell’ AU-0.»
«Non vorrai venire in tuta da pilota? Lo sai che Kyla te la farà pagare se ti presenti in quel modo al suo matrimonio.»
«Tranquillo ho pensato anche a quello. Ho il vestito elegante proprio qui al mio fianco.»
«Allora sbrigati che tutti gli altri sono già arrivati.»
«Agli ordini! E dimmi la prossima rimpatriata la faremo al tuo di matrimonio con Yue?» Seref divenne completamente rosso. I due ragazzi non nascondevano la loro relazione ma parlarne apertamente lo imbarazzava ogni volta.
«Ch … che dici? Non c’è bisogno per forza di un grande evento.» Takehito ridacchiò divertito « fa presto che ti aspettiamo.» la conversazione venne interrotta.
Takehito guardò ancora una volta la Terra.
«E’ proprio un bellissimo pianeta.» 







Angolo dell'autrice:
Eccoci alla fine.
Quando ho terminato di scrivere mi sono resa conto di essermi in qualche modo affezionata e legata a questa storia, in fondo è anche la prima a cui ho dedicato più impegno.
Forse però non terminerà del tutto qui, in testa mi sta ronzando l'idea di un prequel.
Grazie di cuore alle due persone che hanno sempre letto ogni capitolo appena lo aggiungevo, a belfire99 con le sue recesioni (aspetto con ansia il tuo parere finale) e tutti coloro che hanno continuato a seguire Argest. Grazie!

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