La magia di Central Park

di ItsAboutAGirl
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Incontri casuali ***
Capitolo 2: *** Decisioni importanti. ***
Capitolo 3: *** Caso o destino? ***
Capitolo 4: *** La notte porta consiglio? ***
Capitolo 5: *** Emozioni a Staten Island. ***
Capitolo 6: *** A mai più? ***



Capitolo 1
*** Incontri casuali ***


Nonostante fossero passati già tre mesi, Annie ancora stentava a crederci: viveva nello stato di New York. Quando, due anni prima, era stata a New York City per la prima volta nella sua vita, si era giurata di tornare al più presto, possibilmente come abitante. Ed eccola lì, con i suoi permessi messi a posto grazie all'azienda H&M per la quale aveva iniziato a lavorare in Italia, la quale poi le concesse il trasferimento nella grande mela: la città dei suoi sogni.

E' impossibile non innamorarsi di New York quando la vedi. Il ritmo frenetico, quasi prepotente, di una città del genere ti sconvolge la vita, e ad Annie l'aveva sconvolta in positivo.

Tre mesi prima aveva versato lacrime di gioia quando ricevette il trasferimento, e dall'entusiamo trovò casa dall'Italia, precisamente a Staten Island. Come la sua vita italiana, anche quella americana si svolgeva con una continuità abbastanza regolare: ogni mattina Annie saliva sul Ferry che da Staten Island la traghettava a New York. E dopo tre mesi, ancora (e mi sa per sempre!) il cuore le rimbalzava nel petto mentre vedeva quel meraviglioso skyline avvicinarsi. Inoltre, nel tempo libero, continuava a salire sull'Empire ogni volta che poteva, nell'ora del tramonto e fissava in silenzio quelle miriadi di luci che illuminavano a giorno, prepotenti nella notte. 

I colleghi del negozio l'avevano accolta con l'entusiasmo quasi soffocante noto agli Americani, e lei non poteva chiedere di meglio. Aveva ventitré anni, lavorava in un negozio di abbigliamento che lei, tra l'altro, adorava, ed era a New York. E la cosa ancora più bella era il suo appartamento, un bilocale, che condivideva con tanti libri e dvd, a Staten Island, dove, al contrario, regnava la pace assoluta. Questo mix di quiete e tempesta la mandava in delirio dall'eccitazione. Poteva soddisfare la sua fame di solitudine standosene a letto e in meno di trenta minuti ritrovarsi in mezzo alla folla a Times Square stuzzicando deliziose fragole ricoperte di panna. Ed era proprio quello che stava facendo: passeggiava sognante sulla strada che costeggia il Central Park, in direzione della quinta strada, in un H&M dove la sua collega, nonchè amica, Emma lavorava.  

Mentre addentava gustosamente la fragola, Annie non smise di guardare in tutte le direzioni possibili ed immaginabili: chiunque la guardasse l'avrebbe sicuramente presa per una turista intenta a catturare immagini a tutto andare per non dimenticarsi nulla una volta lasciata la città. Invece no, poteva guardare New York all'infinito. 

La sua attenzione era rivolta, questa volta, non al Central Park, ma alla sfilza di lussuosissimi hotel alla sua destra. La domanda che si poneva era sempre la solita: quanto costerà una notte qui dentro?!

Una volta arrivata all'altezza del negozio-cubo della Apple Store, Annie sentì come se qualcosa dall'alto le si fosse posato sulla spalla. L'istinto fu quello di passare una mano isterica sulla spalla e scappare, così da poter seminare l'eventuale insetto inseguitore. Annie aveva il terrore puro di ogni sorta di insetto. Dopo una piccola corsa, comunque, si sentì la mano appiccicosa e umida, allora facendosi forza voltò il palmo all'insù pronta ad affrontare un eventuale insetto morto spiaccicato. Sfortunatamente (o per fortuna, ripensandoci) la mano di Annie non era sporca di frittata di insetto: era merda di uccello. Pian piano iniziò a elaborare l'accaduto, facendo scattare la mano di nuovo sulla spalla dove la cacca aveva colpito. Ed era lì. La sua maglia e la sua mano sporche di merda di piccione. Merda! Istintivamente alzò lo sguardo per guardarsi in giro, per contare le persone che l'avevano vista e stavano ridendo di lei. Nessuno se n'era accorto, ma adesso così ferma in mezzo al marciapiede destava sospetto tra i passanti che schifati le fissavano la mano e la maglia e acceleravano il passo. 

Che culo, pensò Annie. Poi cercò di destarsi e di trovare una soluzione. Guardò l'ora, erano le sette e mezza di sera e ormai non era più dell'umore di andare a trovare Emma. In verità non era dell'umore di camminare sporca di merda per strada. Diede un'occhiata in giro quando una folla rumorosa colse la sua attenzione: davanti all'ennesimo lussuoso hotel sembrava dovesse esserci qualche personaggio conosciuto, siccome la folla acclamava. Guardando meglio, Annie pensò potesse trattarsi di un modello, siccome erano principalmente ragazzine giovani. In quel momento riuscì comunque a sentirsi fortunata, vedendo quelle oche urlanti strepitare per chissà chi. Annie è sempre stata scettica a questo tipo di adorazione verso gente famosa. Piuttosto che ridursi così avrebbe preferito fare finta di niente, anche in caso le fosse passato un Johnny Depp sotto al naso. O, piuttosto, essere sporca di diarrea di piccione. Tornò ai suoi pensieri quando le urla e la calca le buttarono prepotentemente un pensiero in testa. Se aggiro la ressa e riesco ad entrare nella hall di quell'hotel posso trovare il bagno pubblico e lavarmi, pensò. Si complimentò da sola per la trovata: in quel momento guardie, hostess e stewart erano sicuramente tutti presi con il vip di turno, e lei sarebbe passata inosservata. L'idea di entrare in un bar conciata così l'aveva esclusa. Quello era l'unico modo di raggiungere un bagno (magari anche lussuoso!) senza esser vista. Il suo aspetto esile l'avrebbe aiutata ad essere invisibile, ma non era sicura che ciò valesse anche per i suoi capelli: corti, con un buffo e particolare ciuffo rosso sbarazzino che saltellava ad ogni passo a suo piacimento. Avvicinandosi alla ressa vide ragazzine in lacrime che imploravano le guardie di farle passare. Ma come sono messe? Pensò Annie accostandosi al muro dell'hotel. Sicuramente lei non si sarebbe mai abbassata a tanto, nemmeno per il suo più grande idolo.

Decisa nel suo intento, smise di osservare sbigottita le sedicenni impazzite e facendo un lungo respiro raggirò la calca e sgusciò di lato sulle scalinate dell'hotel. Se qualcuno le avesse detto qualcosa, avrebbe potuto dire che alloggiava li. Anche se non sapeva se le si leggesse in faccia che lei non se lo sarebbe mai potuta permettere. Ma, come aveva previsto, nessuno fece caso a lei e in pochi secondi si ritrovò, sempre in disparte, nella hall del palazzo. Notò con agitazione che anche dentro il clima era teso, frenetico e nervoso, c'era del personale che correva a destra e a sinistra urlando cose, impartendo ordini, e nessuno faceva caso a lei. Bene, pensò, qualcosa mi dice che posso cercarmi un bagno senza esser disturbata. Si guardò intorno, una hall gigante quanto un campo da calcio. Era al lato opposto del bancone in legno mogano, vicino ad un salottino colmo di tavolini e poltrone che davano l'idea di essere molto comode, e anche molto costose. Superato il salone con poltrone e reception, si avviò lungo un corridoio dove c'erano varie porte una di seguito ad un'altra, con le scritte sopra tipo “piscina”, “terme”, “idromassaggi”. Ma i bagni? Pensò Annie. Lievemente irritata arrivò alla fine del corridoio dove c'erano solamente quattro ascensori. Vicino, un cartello indicava dei bagni su ogni piano del palazzo, e uno lì, al primo piano, ma secondo la cartina era vicino alla reception, e Annie pensò che era meglio non rischiare. Inoltre, siccome regnava il caos, era sicura che i piani superiori li avrebbe trovati più tranquilli. Chiamò l'ascensore, che era al ventesimo piano, e le parve di aspettarlo una eternità. Il palazzo aveva cinquanta piani venne a conoscenza una volta all'interno. Il cuore le fece un sussulto. Se vado all'ultimo piano e trovo una finestra ben posizionata, posso vedere il Central Park dall'alto, si disse. E così fece, spingendo il bottoncino numero cinquanta e iniziando la lenta salita. Come aveva previsto, il piano sembrava deserto, ma era solamente un lungo corridoio pieno di stanze a destra e a sinistra. C'erano due finestroni, uno da un lato, e l'altro dal lato opposto, e non davano su Central Park. Entrò nella porta che indicava i bagni e finalmente potè buttare la mano sporca sotto l'acqua. Dopo una quindicina di lavate passò alla maglia. In preda allo schifo, si lavò ripetutamente come fece con la mano, la spalla, siccome la sentiva inumidita. Dopo poco si ricordò di essere in un palazzo in cui non sarebbe dovuta stare, per di più dentro ad un bagno, in reggiseno. Passò a sciacquare la maglia con il sapone sotto l'acqua, freneticamente, pensando di doversene andare da li al più presto. Non sentiva rumori provenire da fuori, ma secondo lei era perchè si trovava in un posto ben insonorizzato. In più aveva il lavandino aperto e attutiva i rumori. Mentre sfregava la maglia si diede un'occhiata allo specchio: il ciuffo rosso regnava possente sul lato sinistro della sua fronte. Due occhi marroni scuro la fissavano dallo specchio e lei li fece vagare dalle sue spalle, piegate in avanti intente a lavare la macchia di merda sulla maglia, fino al seno che, come diceva sempre sua nonna, starebbe comodamente dentro due coppe di champagne. Annie non dimostrava affatto ventitrè anni, un po' per il suo look androgino, e un po' per il suo aspetto minuto, ma aveva le curve giuste, nel posto giusto. Con un paio di tacchi avrebbe potuto far voltare la testa a molti ragazzi, ma tanto lei con i tacchi non andava d'accordo. La sua tenuta più comoda, come quella di oggi, nei caldi giorni d'estate newyorkesi, erano un paio di short e una maglia maniche corte (possibilmente non cagata da uccelli). Ai piedi indossava le sue amatissime converse basse, una scarpa che lei non avrebbe sostituito con nulla al mondo. Indugiò sul suo aspetto, senza fare troppi commenti, e finì di lavare la maglia. Quando spense l'acqua, restò qualche secondo immobile per assicurarsi che tutto fosse tranquillo, dopodichè accese l'asciugamani automatico e ci piazzò sotto il pezzo di maglietta bagnata. Non sa per quanto tempo rimase in attesa che fosse asciutta, non le sembrò molto, ma sicuramente fu abbastanza siccome ad un certo punto, proprio nel momento esatto in cui stava per premere il bottone di accensione dell'asciugami per la ventesima volta, la porta del bagno si spalancò, facendola spaventare a tal punto da lanciare un urlo mentre, velocissima, si girava verso il disturbatore. La persona che vide davanti a lei era sicuramente l'ultima persona che si sarebbe aspettata di vedere lì, in un bagno al cinquatesimo piano di un hotel. Poi ci ripensò, effettivamente era normalissimo che una persona come quella che i suoi occhi stavano vedendo era li, perchè era lei quella fuori posto. Però, si sarebbe aspettata di tutto, un cameriere, una donna delle pulizie incazzata che l'avrebbe inseguita con una scopa in mano, il direttore, un carabiniere, o comunque qualsiasi altro ospite dell'hotel, ma non lui. Per lo stupore, dopo l'urlo, si zittì, rimanendo immobile di fronte al capitato, la maglietta spiegazzata in mano, indecisa sul da farsi. L'unica cosa che riuscì a pensare, fu che finalmente aveva capito come mai di quelle ragazze impazzite che sotto si stavano svuotando di ogni lacrima per poter entrare.



Dal canto suo, invece, Justin Bieber, aspettò che l'asciugamani smise di fare quel casino prima di poter dire qualsiasi cosa. Il che fu anche un bene, siccome tutto si aspettava, ma una ragazza intenta ad asciugare una maglia sotto l'asciugamano proprio no. Di fan pazze ne aveva trovate a miliardi. Per quanto provasse amore profondo per ogni sua sostenitrice, gli era capitato ben più di un evento imbarazzante con quelle più scalmanate. Ora che ci pensava bene, forse una in reggiseno nei bagni del suo piano, non era la cosa peggiore che gli fosse capitata. Si chiese anche come fosse riuscita ad arrivare fino a li, con tutto il caos di guardie che regnavano di sotto. Si chiese anche come mai era senza la maglietta, a dirla tutta. Non riusciva a darle un'età, era bassa, con un viso tanto carino quanto buffo, e quel ciuffo rosso lo divertì. Il resto cercò di non guardarlo, anche se non potè fare a meno di notare che, nonostante il corpo sottile, la ragazza aveva un seno pieno ma piccolo, molto grazioso. Di fan carine, Justin, ne aveva viste tante, ma era suo obbligo evitare ogni sorta di relazione con loro. Era così famoso e seguito, che non avrebbe mai potuto fermare l'onda di fan impazzite alla notizia di una sua amicizia, o qualcosa di più, con una di loro. E poi, secondo lui, era anche una cosa impossibile da tenere su, amava le sue fan per il loro sostegno, ma non sarebbe mai riuscito a stare con una di loro. Già la sua fama non gli permetteva di avere rapporti del tutto sani nella sua vita. Molti ne erano entrati a far parte sembrando ottimi amici, per poi rivelarsi inutili approfittatori. Insomma, per un ragazzo come lui era difficile anche solo andare in bagno, siccome rischiava di trovarsi una ragazza in reggiseno dentro.

L'aggeggio smise di buttare fuori aria e Annie si decide a parlare. La sorpresa l'aveva per un attimo raggelata ma si destò il più in fretta possibile.

Io... Scusami – disse incerta, guardando prima la maglia e poi il suo riflesso svestito sullo specchio. Si girò dando le spalle al ragazzo e si mise la maglietta – Sono entrata qui di nascosto, ok, ma un piccione mi ha cagato addosso e avevo bisogno di un bagno, qui era tutto un casino così ho pensato di potermi lavare senza essere vista da nessuno – spiegò tutto d'un fiato, tornando poi a fissare Justin. Lui, invece, pensò che se era una scusa, era la più bella che avesse mai sentito. Infatti gli venne da ridere.

Un piccione ti ha cagato addosso? - chiede mezzo divertito e mezzo scettico.

Si e allora? - ribattè nervosa Annie – le persone come te non hanno mai ricevuto una merda di uccello addosso? O siete talmente ricchi da evitare che anche cose simili accadano? - chiese con aria saccente, pensando poi di avere un po' esagerato. Justin rimase un po' perplesso per il tono permaloso della ragazza, e iniziò a dubitare che quella fosse una farsa di una fan impazzita. Il tono col quale gli aveva parlato non lasciava trapelare nessun sentimento positivo nei suoi confronti. Oppure era una ottima attrice. L'espressione seccata sul volto della ragazza però la trovò così simpatica da farlo sorridere ancora.

Io... Mmmh, no, io non ho mai pagato gli uccelli affinchè non mi cagassero addosso. Forse fin'ora la mia direi che sia stata solo fortuna ma se vuoi posso mettere una buona parola per te nel mondo dei volatili in modo che non ricapiti più – rispose ironico Justin. Notò con divertimento che la cosa fece ancora più corrucciare la ragazza.

Si, te ne sarei grata, e sarei grata anche se potessi uscire di qui ora e continuare la mia vita – rispose Annie decisa, iniziando a radunare le sue cose sparse sui lavandini. Intanto Justin si levò ogni dubbio: era una ragazza normale, l'aveva riconosciuto, si, ma non era una stalker impazzita. E, davanti a lui, se ne stava andando senza lacrime sul volto, senza urletti strani, se ne stava andando così, come se niente fosse. Nemmeno lui seppe che strani pensieri gli scattarono in testa mentre la vedeva mettersi la borsa a tracolla pronta ad andarsene da dove era venuta, fatto sta che qualcosa gli disse di fermarla. Qualsiasi cosa.

Comunque piacere, io sono Justin – le disse allungando una mano. Non gli capitava di dire quella frase e fare quel gesto da un sacco, tantissimo tempo. Anche Annie pensò la stessa cosa, lo guardò per qualche secondo stupita e poi con un alzata di spallucce gli strinse la mano presentandosi a sua volta.

Io mi chiamo Annie e hai appena stretto la mano che ho usato per togliere la merda dalla maglia – disse guardandolo seria. Justin non seppe bene cosa fare, se ritirare la mano o ridere, finchè Annie gliela scosse e la sua espressione seria si trasformò in un sorriso radioso, estremamente divertito, quasi pronto a sfociare in un risata. Lui notò le fossette sulle sue guance sorridenti e, stando al gioco, ritirò la mano fingendosi schifato e insieme risero.

Ora che sei qui presumo che sotto non ci sia più il caos di prima – sospirò Annie preoccupata mentre insieme a Justin usciva nel corridoio.

No, credo tu possa andare tranquilla, le mie fan... insomma, di persone qui fuori ce ne sono sempre quando sanno che c'è un personaggio famoso in hotel – spiegò Justin.

Che palle, chissà che noia non potersi godere neanche una passeggiata in Central Park – mormorò Annie leggendo i numeri su tutte le porte delle camere. Justin rimase zitto al suo fianco e arrivarono agli ascensori.

Scusa, non dovevo giudicare la tua vita così, perdona me e il mio scetticismo – disse Annie

Oh no, tranquilla – rispose Justin in tono amaro – la mia vita, che mi sono scelto, è così: persone che ti amano tanto da arriva ad impazzire, e persone che ti giudicano una nullità, non condividono la tua vita e se possono cercano anche di rovinartela -

Io non ti conosco affatto – iniziò Annie con un tono indispettito che stupì Justin – so come ti chiami e cosa fai, tutto il mondo lo sa perchè è costretto a saperlo, poi chi vuole ti segue, chi vuole no. Ma sia chi lo fa e chi non lo fa non sa niente di te. Nessuno sa niente di te, come nessuno sa niente di me. Solo tua mamma forse può dire di conoscerti, perciò evita di etichettarmi come quella che ti crede una nullità! Io non credo niente di nessuno, se non conosco. - sbottò nervosa.

Non intendevo dire questo, io... - ma Annie lo zittì con un sospiro – lascia perdere, davvero. Torno giù – e chiamò l'ascensore.

Non mi capitava di parlare con una persona che mi tratta come un comune mortale da un po' – affermò Justin

Lo immagino quanto può far male – lo seccò Annie sbattendo impaziente il piede per terra seguendo con gli occhi i piani che l'ascensore stava facendo.

Non mi fa male – ribattè lui, iniziando a sentirsi nervoso. Ma come poteva una perfetta ed impertinente sconosciuta farlo innervosire così? Perchè non la mandava a fare in culo e se ne tornava in camera tranquillo? - era un pensiero positivo. Alle volte tornare alla realtà mi fa bene, essere normale – spiegò, cercando di stare tranquillo. Annie capì che forse era stata troppo dura.

Scusami di nuovo, ok? - sospirò – è che non mi aspettavo di incontrare nessuno qua su, anzi, pensavo e speravo addirittura di trovare un finestrone a lato parco per poter ammirare il Central Park dall'alto, invece niente. Bagni pubblici e Justin Bieber che si offre di dare una buona parola con me agli uccelli – e, finalmente pensò Justin, tornò a sorridere. Era un sorriso caldo, chiunque avrebbe percepito calore di fronte a quel sorriso. Di tutta risposta anche lui abbozzò un sorriso – Vieni – le disse, dandole le spalle e tornando indietro sul corridoio da dove erano appena arrivati.

Ehi! Che cosa...? Qui c'è l'ascensore, dove devo venire? - gridò lei dietro a Justin, guardando prima lui di spalle allontanarsi e poi l'ascensore aperto. Dannazione, pensò, dando un'ultima occhiata all'ascensore chiudersi e inseguendolo. Mentre ripercorrevano il corridoio infinito, Annie notò per la prima volta come Justin era vestito: una paio di jeans leggermente larghi cadevano sopra un paio di scarpe da basket. Sopra i capelli a spazzola non vi era il solito cappello stile rapper che le era capitato di vedere in qualche foto su Internet, ma non mancava, sopra i jeans, la t-shirt (larga anche lei) iper colorata, davanti e dietro, colori e linee talmente fitte da non riuscire a capire bene di che fantasia si trattasse. In ogni caso non era conciato male come aveva visto in giro per il web, oggi era abbastanza normale, si avvicinava addirittura un po' al suo stile trasandato.

Persa in quei pensieri momenti andò a sbattergli addosso quando lui si fermò a ridosso di una stanza.

Dalla mia stanza si vede benissimo Cetral Park – le disse mentre apriva la porta con la chiave magnetica.

Io... Sei sicuro? Io non penso sia una buona idea, voglio dire, venire in camera tua, magari qualcuno poi sale, sai, non vorrei nemmeno disturbarti oltre, davvero, poi magari c'è qualche paparazzo voltante che gironzola fuori dalla tua finestra... - iniziò a farfugliare Annie senza sosta, allora Justin ridendo divertito non fece altro che spingerla piano all'interno.

Annie si ritrovò in una suite da urlo. Da sola, in una suite così enorme, non saprebbe nemmeno che cosa fare per primo. Buttarsi nel letto e saltare fino a quando la milza non raggiunge la gola, strafogarsi di ogni dolce presente sul vassoio o se guardare l'intera saga di Harry Potter senza fermarsi dentro la Jacuzzi posizionata ai piedi del letto, perfettamente di fronte al televisore al plasma più bello che lei avesse mai visto. Forse quest'ultima sarebbe la prima cosa che Annie avrebbe fatto. Si guardò attorno a bocca aperta mentre Justin calciava qualche scarpa buttata malamente a terra e si avviava alla finestra.

Forza, vieni a vedere – le disse

Annie si destò dai pensieri e lentamente si avvicinò al finestrone e il cuore le salì in gola. Tre mesi, cazzo, tre mesi e New York appariva ai suoi occhi così bella, come se ogni volta fosse la prima. Era il tramonto, una luce perfetta illuminava Central Park gremito di persone. L'emozione le fermo la saliva in gola, lo stupore le illuminò gli occhi.

Sei qui in vacanza? Guardi il panorama come una turista che non aspettava altro che essere qui – le chiese Justin divertito

Sono italiana – spiegò Annie senza smettere di tenere gli occhi incollati sul panorama – Vivo qui da tre mesi, mi hanno trasferito a lavoro, ma ogni volta è una magia nuova guardare fuori -

Justin, invece, era meravigliato nel vedere la meraviglia di New York riflessa negli occhi della ragazza. Era stato nella grande mela tante di quelle volte, eppure in quel momento gli piaceva quanto piaceva a lei. Le sue labbra erano piccole, sottili e di un roseo affascinante. Dopo qualche minuto, mentre Annie non staccava gli occhi da Central Park, e seguiva il movimento di più persone possibili, Justin si ritrovò a fissarla, ma non solo gli occhi. Le fissava le labbra, il collo, le spalle, la schiena e la gambe. Gli piaceva l'aspetto di quella ragazza, dalle forme piccole ma femminili, quando un altro pensiero gli sfiorò la mente: capelli corti e abbigliamento comodo, largo e non curato come le bamboline che era abituato a vedere lui. Sarà lesbica? Si chiese. Poi si rimproverò da solo. Perchè devo farmi una domanda del genere, si disse, cosa cambia? Ovviamente Justin non era omofobo, anzi, ma chissà perchè, in quel momento, sperava che la risposta alla sua domanda fosse no. E al tempo stesso si ribellava a se stesso, non capendo come mai pensasse quelle cose, come se avesse potuto fare chissà quale differenza il gusto sessuale di Annie. Durante queste ondate di pensieri, Justin non si accorse che intanto fuori il sole era calato, e Annie si era spostata e si era seduta al bordo del letto, fissandolo con aria molto divertita.

Sei un fan di moquette? Fissi la tua come io fissavo Central Park poco fa – lo prese in giro

Ah, che simpatica! - la schernì lui, ridestandosi e guardandola. Sei lesbica? Pensò e poi si tirò un cazzotto immaginario.

Ti ringrazio, mi mancava vedere Central Park così. E' stato uno spettacolo! - esclamò Annie entusiasta.

Sei lesbica? - Figurati, mi sembrava carino siccome la vista da qui merita – le disse, invece, lui.

Già, eccome se merita! - e poi Annie si accorse di come la stava guardando – Perchè mi guardi così sospettoso? Non sono mica un pacco bomba – gli chiese.

Sei lesbica? Justin voleva poter fermare i suoi pensieri – No, io, mi chiedevo... Nulla, sono contento di averti fatto questo piacere, davvero – farfugliò indeciso girando per la stanza con Annie che lo guardava con un punto interrogativo stampato in faccia. Lei iniziò a sentirsi imbarazzata da questo strano comportamento, finchè non ci arrivò.

Ah, ho capito – interruppe il silenzio – Ovviamente essendo abituato a standard di livelli superiori, non sei abituato a vedere ragazze normali come me. Be, ma ti capisco... - Justin capì che era uno di quei momenti che lei avrebbe iniziato a parlare senza fermarsi e già si sentiva meno nervoso e più divertito – Passare dalle top model ad una campagnola può fare strano e finalmente ti sei reso conto che qualcuno potrebbe salire, vederci, pensare assolutamente male e tu non faresti sicuramente bella figura... - continuò imperterrita la ragazza e Justin iniziò a perdere il filo del discorso. - Ma lo capisco, cioè, guarda le mie converse in che situazione sono e invece guarda le tue scarpe, ne devi sicuramente comprare un paio ogni volta che ne sporchi un'altro, invece se devo dirla però io preferisco le scarpe un po' sporche, sanno di vissuto, anzi, secondo me sono proprio meglio, un paio di converse nuove e lucide mi fanno cagare, pensa che quando me ne regalano un paio nuovo faccio di tutto per sporcarlo in fretta perchè mi vergogno ad averle bianche... - Justin perse la pazienza – Ma non mi interessa delle scarpe sporche e nemmeno di quelle pulite, sei proprio fuori strada. Sei lesbica? - e questa volta lo disse ad alta voce. E anche ben udile, perchè Annie si zittì all'improvviso, le labbra serrate e un'espressione indecifrabile sul volto. Justin le rivolse un sorriso nervoso, in attesa di risposta.

C...cosa? Sono cosa? - Annie era incredula. Lei stava cercando di accettare l'idea di non essere una ragazza alla moda, figa e desiderata, mentre il vero problema di quell'omofobo del cazzo era che lei aveva un aspetto meno femminile rispetto ad una super top model?

Senti un po'... - iniziò alzandosi, puntandogli minacciosa il dito contro e avvicinandosi. Adesso la sua espressione era facilmente decifrabile: indignata. - Che razza di mente bacata deve avere un pivello come te a fare certe domande? Ad avere certi pensieri? Ti meriti che io ora esca dalla stanza e dica a tutti quanto tu sia gay, siccome stavi qui con me che, avendo i capelli corti, sembro proprio una lesbica di primo grado! Ma tanto, sai cosa? Già ce ne sono a miliardi di voci in giro riguardati la tua omosessualità. Invece hanno sbagliato, dovrebbero parlare tutti della tua omofobia, della tua paura di essere visto con una lesbica, perchè chissà quante belle storie potrebbero inventarsi i giornalisti, e poi che delusione le tue fan! - Annie quasi urlava, puntando sempre più minacciosa il dito al petto di Justin. Lui, invece, era così divertito che non sapeva se si sarebbe trattenuto dal mettersi a ridere di gusto. Era la scena più buffa a cui avesse mai assistito. Lui che chiedeva ad una ragazza strana, pazza e carina se per caso fosse lesbica, per interesse, ovviamente, e lei che sbraitava dandogli dell'omofobo. Fantastico! Voleva ridere, ma il fatto che lei stesse dicendo quelle cose gli metteva addosso il dubbio che lei lo fosse davvero. Ma, Annie, affannosa, concluse con un – E comunque no, non sono lesbica, ma sono favorevole all'amore di ogni tipo, alle persone di ogni tipo, tranne quelle irrispettose come te! - e lo guardò quasi schifata, con il dito premuto ancora sul suo petto, i suoi occhi dentro a quelli di lui, in attesa di una spiegazione. Aveva risposto no, e Justin si sentì sollevato. - Hai finito? - le chiese, e sorrise di un sorriso a trentadue denti.

Ti fa anche ridere la cosa? - incalzò Annie – Mi chiedo cosa cazzo faccio ancora qui, in questa stanza -

Non ti hanno mai insegnato a rispondere alle domande con un semplice Si, perchè? Oppure con un No, perchè? Sai... in questo modo daresti spazio alla persona che hai di fronte di spiegarsi, di motivare il perchè di una domanda che magari può sembrare tanto strana – le disse lui, tranquillo, sorridente mentre le toglieva il dito puntato addosso. E allora iniziò lui: le puntò a sua volta l'indice contro e iniziò ad avvicinarsi, proprio come aveva fatto prima lei. Solo che Annie, nel frattempo, indietreggiava, fino a quando, raggiunto un muro, non fu costretta a fermarsi e a farsi raggiungere da Justin, che le puntò il dito al petto dicendo – Puoi dire tutto quello che vuoi di me, dare credibilità a tutte le cose che senti in giro se vuoi, ma non sono omofobo. Per la mia immagine, e tra l'altro in questo momento siamo qui, da soli, quindi la mia immagine vale ben poco, essere qui con una lesbica non importa affatto, anzi. - spiegò avvicinando il viso a quello di Annie, cercando di assumere l'aria più minacciosa possibile.

E allora perchè me l'hai chiesto se non te ne frega niente?- sbottò lei voltandosi di lato per non guardarlo.

Hai ragione, in effetti mi interessa, se te l'ho chiesto. - confessò lui e allora lei tornò a guardarlo con l'aria di chi ha vinto, di chi sa di aver ragione. Allora lui spostò l'indice dal petto a sotto il mento della ragazza, avvicinandosi ancora di qualche centimetro. Annie sentì che il cuore iniziava a fare capriole dentro al petto e giurava di poter sentire il fiato del ragazzo sulla sua faccia. Non capiva, o forse si, ma non ci credeva, non credeva a niente, voleva solo convincersi del fatto che Justin Bieber fosse un omofobo e che l'avesse offesa, e che da li, lei, doveva solo andarsene, siccome, tra le tante cose, lei non era li nemmeno per vedere lui. - Il motivo però non è esattamente quello che hai sbraitato tu – sussurrò lui piano, alzando con il dito il viso della ragazza, per permetterle di guardarlo negli occhi. Annie si sentiva immobilizzata, non sapeva nemmeno se stava respirando o no, era solo sicura di avere gli occhi spalancati e la bocca leggermente aperta, incredula, stupita. - Il motivo era solo questo, ragazza urlante... - disse lui sempre a bassa voce e, sempre tenendole il mento alto verso di lui, si avvicino senza indugiare al suo viso, appoggiando le sue labbra alle sue, iniziando a dare dei baci soffici a quelle piccole labbra ancora aperte dallo stupore. Annie stava morendo, letteralmente morendo. Nessuno, da quando era li, si era osato a baciarla. Ok, lei non aveva cercato storie, qualche flirt c'era stato, ma niente di così esaltante. Invece ora era li, in una stanza di uno degli hotel più lussuosi di New York, davanti a Central Park, con le labbra avide di un cantante internazionale che la baciavano. E tutto per una cagata di uccello! Justin continuava a baciarle le labbra e lei sentì il corpo infiammarsi. Forse avrebbe dovuto respingerlo e correre via a gambe levate. Provò qualche secondo a imporsi di fare così, ma non ci riuscì. Anzi, senza nemmeno accorgersene, le sue labbra avevano iniziato (da sole, senza il suo permesso!!!) a ricambiare i baci del ragazzo. Lui fece scivolare il dito dal mento alle guance, fino a raccogliere il piccolo viso di Annie tra le mani e lei capì che ormai non c'era più niente da fare. Non aveva più il tempo di scappare, neanche di inventarsi che aveva cambiato idea ed era effettivamente molto, molto, molto lesbica. Meccanicamente le sua mani si alzarono e andò a stringere le braccia di Justin alzate sul suo viso. Si staccarono da quei baci asciutti e soffici, il tempo di scambiarsi uno sguardo pieno di contrastanti emozioni. Annie si sentiva avampare, il suo corpo era un fuoco unico, e la sua mente stava perdendo la lucidità che da sempre la caratterizzava come una persona molto razionale. Justin, invece, sentiva di non volersi fermare per niente al mondo, stava tenendo quel viso tra le mani e sentiva delle emozioni nuove. Al contrario, invece, la sua mente, poco lucida anch'essa, sapeva che stava facendo una cosa sbagliata. Con il suo viso tra le mani, Justin piegò la testa di lato e si riappropriò delle labbra di Annie, e questa volta il bacio si trasformò in un bacio più caldo, più umido. Le loro bocche si aprirono piano, dando spazio alle loro lingue di incrociarsi. In entrambi, i momenti di lucidità venivano spazzati via inesorabilmente dall'irrazionalità. Si stavano baciando da un po', entrambi incapaci di fare qualsiasi altro passo. E, come se qualcuno dall'alto volesse evitare loro altre azioni azzardate, qualcuno bussò alla porta.

Cazzo! - esclamò Justin staccandosi immediatamente da Annie e guardandola incredulo.

Justin, sei in camera? - una voce maschile proveniva dal corridoio

- E' Scooter! Il mio manager, cazzo! - spiegò Justin guardandosi intorno. Annie, ancora intontita dal bacio, cerco di destarsi, di capire che intenzioni aveva il ragazzo.

Io... Meglio che vado, no? - balbettò

Justin non la calcolò, si passo la mano sulle labbra, come se avesse paura che si vedesse che erano reduci da un bacio, e andò ad aprire la porta. Annie, da lì, non sentì cosa i due si stessero dicendo, fatto sta che voleva andarsene. Quel bacio le era così tanto piaciuto che questo le dava il nervoso. Per di più, il menefreghismo di Justin nei suoi riguardi quando arrivò il manager alla porta le urtò il sistema nervoso. Prese la sua borsa, fregandosene di tutto, e si avviò alla porta. Ovviamente la faccia dell'uomo che li aveva (grazie a Dio!) interrotti fu impagabile. Dire che era sbalordita alla vista di Annie era poco. Justin invece spalancò gli occhi, sembrava proprio voler dire “Che cosa diavolo stai facendo?” e Annie si sentì urtata ancora di più.

Salve! - disse lei tranquilla prima che entrambi potessero dire qualcosa – Oh, non fate caso a me... Me ne stavo giusto andando – aggiunse, sforzandosi di sorridere, e voltandosi per andarsene.

Aspetta! - Justin la prese per una mano, fermandola e per un attimo si guardarono negli occhi. Annie vide due occhi dispiaciuti di vederla andare via così. Ma al tempo stesso due occhi che non volevano far trapelare una cosa così imbarazzante per un vip come lui. Annie non ci credeva. Nessuno avrebbe mai creduto ad una persona così, che è costretta a mentire ogni giorno, ad apparire diverso da quello che è, davanti ad un pubblico sempre presente. Lui se ne stava solo approfittando, e avrebbe continuato a farlo se non fosse arrivato l'altro a bussare. E lei, come una emerita idiota, ci stava cascando. Ma chi l'avrebbe mai bevuta? Nemmeno i comuni mortali a momenti davano segno di volersi interessare a lei, figurati uno così. Si convinse, non c'era niente di buono in quel bacio, niente di positivo. Lasciò la mano del ragazzo.

Tranquillo Justin, alla fine ci siamo detti tutto – disse lei cercando di inventarsi qualcosa – Sai... - continuò rivolgendosi al ragazzo sulla porta – siamo vecchi amici. Solo che io... Sono un po' lesbica e non vorremmo mai che un giornalista possa pensare male a vedere Justin parlare con una amica lesbica! - sbottò senza pensarci troppo e si voltò.

Annie giurò che l'ultimo sguardo di Justin era dispiaciuto, ma scacciò via quel pensiero mentre scendeva con l'ascensore e, finalmente, si lasciava alle spalle quell'accaduto così strano. Cercò di pensare il meno possibile a quel favoloso bacio, prima di tutto smettendola di pensare che era stato effettivamente favoloso. Per tutto il tragitto verso la metro in direzione della stazione del Ferry cercò di distrarsi guardando intorno le meraviglie della città, ma nemmeno quelle servivano a cancellarle i pensieri. A casa mangiò un panino dall'aspetto molto triste e poi si mise davanti alla tv aspettando che il sonno arrivasse in fretta, l'unica soluzione al suo problema di non pensare a niente.

Quel che non sapeva era che, appena sparita dall'ascensore, il ragazzo alla porta di Justin si era messo a ridere.

Che bel tipo! Anche se non è molto brava a mentire... e' una tua fan? - chiese

No, anzi, proprio per nulla – rispose Justin amareggiato

Scusa se vi ho disturbati. Non sembri molto felice-

E' che... -

Puoi anche non nasconderti, con me, lo sai. Se stavate facendo qualcosa puoi dirmelo, però devi fare attenzione con le tue fans

Te l'ho detto, non è una mia fan... Era qui per caso, è una storia lunga. - poi si interruppe e lo guardò serio – Quindi tu non sei stranito che ero nella mia stanza con una ragazza come lei? - chiese

Il mondo è pieno di ragazze normali, Justin. Benveuto nella realtà! - gli rispose lui con una pacca sulla schiena

Cerca di capire chi è, dove abita o dove lavora allora – concluse Justin sorridendo, sentendosi tranquillo, maledicendosi per aver interrotto così male quel bacio che a lui, in tutta sincerità, era piaciuto da morire. 

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Capitolo 2
*** Decisioni importanti. ***


La sensazione che accompagnò il risveglio di Annie, la mattina dopo, era una sensazione di pace. Nemmeno lei riusciva a spiegarselo, ma stava bene. Non ricordò l'ultimo pensiero fatto prima di finire nel mondo dei sogni, ma sicuramente quello era bastato per farla svegliare bene. Non le stava interessando minimamente dell'accaduto del giorno prima. La stava prendendo con filosofia. Come una serata in discoteca, quando sei li, nella mischia, balli ubriaca e metti la lingua in bocca ad un perfetto sconosciuto del quale, la mattina dopo, non puoi far altro che pensarci su ridendo. Si chiese se quello li facesse così con tutte, tra l'altro. Cos'è, appena capti poco interesse nei confronti della tua fama, ti butti a pesce? Si chiese. Cos'è, volevi testare il bacio di una comune mortale? Ancora. Cos'è, non hai molto di che parlare con gente che non ti adora e quindi baci? Così, a cazzo? Oh, guarda, una persona a modo, aspetta che la bacio. Ma guarda li, una ragazza che non mi urla frasi sconnesse addosso, invitiamola in camera così mi sollazzo. Rideva da sola. Se avesse avuto sedici anni (come le marmocchie che lo seguono) probabilmente sarebbe stato diverso. Ma una ragazza di ventitrè anni, con alle spalle storie di vario tipo, una finita peggio dell'altra a causa della pochezza maschile, cosa può pensare dell'ennesimo che le si fionda in faccia? L'accaduto la stava toccando sempre meno. Era già nella fase che se mai un giorno avesse incontrato qualcuno che avesse nominato Justin Bieber lei avrebbe risposto "Ah si. Ci siamo slinguati una volta, per caso". Rideva da sola. La prova del suo disinteresse avvenne dopo qualche minuto quando, ancora tra le lenzuola, il suo cellulare prese a squillare. Emma. Merda!
"Cazzo, scusami!" Non disse nemmeno il consueto "pronto".
"Ah ecco, mi sembrava!" Sbottò Emma al di la della cornetta.
"Perdonami, non ti ho avvisata, ma stavo venendo, ero all'altezza dell'Apple Store..." Iniziò Annie.
"...e ti hanno rapito gli alieni?"
"No, ma un piccione mi ha cagato addosso". Silenzio. Annie pensò che Emma stesse decidendo se ridere o mandarla a cagare. Alla fine rise. E di gusto, anche.
"Oddio... Non respiro, aiuto! E che hai fatto?" Riuscì a chiederle tra una risata e l'altra.
"Sono entrata nell'hotel di fronte e mi son sistemata in un bagno" spiegò Annie.
"No, vabbè, tu sei un genio! Sei entrata all'hotel...? Così, a caso, senza preoccuparti..." Emma non sapeva quale domanda fare per prima allora Annie le spiegò tutto. Del caos, dentro e fuori, e del cinquantesimo piano tranquillo. 
"Tu sei pazza, cioè, potevano buttarti fuori a calci in culo, sai, come si vede nei film!" Emma non smetteva di ridere e Annie enfatizzava la sua avventura con frasi comiche. 
"Ma che persone cattive sarebbero state? Sarei dovuta entrare urlando SCUSATE, MERDA DI UCCELLO, SCUSATE, PERMESSO, FATE PASSARE e la mano sporca alzata" 
"Eh si..." Continuò Emma ridendo "E avrebbero dovuto stenderti un tappeto rosso fino al cesso, per pena!" 
"Cristo Santo, e pensa che la cosa più divertente è stata dopo"
"Dopo? Cosa è successo, ti hanno beccata?" Emma era davvero divertita.
"No, mentre pulivo la maglia è entrato Justin Bieber nei cessi e allora ho capito come mai c'erano tutte quelle persone urlanti!" 
"Ma vai a cagare dai, non ti credo!" 
"Te lo giuro, Emma, davvero! Aveva la stanza al cinquantesimo piano e si vede che mi ha sentita accendere l'asciugamani ed è entrato" spiegò Annie divertita.
"O Cristo Santissimo, ti prego, che ridere! E che hai fatto? Hai chiamato gli haters?"
Annie scoppiò a ridere "Dai, che stronza! Nulla, due parole, ma alla fine in camera sua ci siamo baciati. Ma solo baciati eh!" E Annie rise ancora. Silenzio. Ma stavolta qualche secondo più lungo.
"Che cazzo dici?" Emma non rideva più.
"Sono entrata per vedere Central Park dall'alto..." Si giustificò Annie.
"Sei entrata nella sua stanza per vedere un parco dall'alto e vi siete baciati?" Emma era incredula.
"Si, ma così..."
"Ma così come? Così? Così io mi metto a vedere un film, per caso, non vado in giro a baciare la gente!" Emma sciolse un po la tensione, sembrava stesse iniziando a prendere di nuovo la cosa divertente.
"Ma che ne so, Em, mi ha pure prima chiesto se fossi lesbica e io l'ho un po insultato" aggiunse Annie.
"Be, una domanda lecita" 
"Emma!"
"Cazzo vuoi, sembri una lesbicona, lo sai!" Le risate non erano finite.
"Gli hai fatto una foto? Come vi siete lasciati? Dai cazzo Ann, è un ragazzino!" Emma era partita in quarta.
"Ti pare che faccio una foto? Sono prove che potrebbero essere usate contro di me!" Annie tornò a scherzarci su con la leggerezza del bacio in discoteca che a volte può scappare. "E poi, un ragazzino?" Chiese confusa.
"Ha vent'anni" la seccò Emma.
"Quanti? Venti? Oh merda"
"Wikipedia se non ci credi". Silenzio mentre Annie accendeva l'ipad e, prendeva atto del fatto che sì, era una ragazzino. 
"Giuro che non li dimostra!" Provò a dire per confortarsi. 
"Mmmh... Alla fine tu non ne dimostri ventitrè perciò potrebbe starci, ma da te, sciupatrice di uomini con sempre almeno 10 anni più di te, non me l'aspettavo!" 
"Eppure delle teste di cazzo, sta a vedere invece che più piccoli sono meglio è!" 
"Cristo, Justin Bieber... Mi fa ridere già solo in nome!" Emma stava per avere delle convulsioni.
"Cazzo lo sapevo che mi avresti presa in giro, che amica sei?" Annie provò a fingersi indignata.
"Che amica sono? Ma ti stai prendendo in giro da sola, cretina!" Ribattè Emma "E poi? Come siete rimasti?" Le richiese.
"Rimasti? Ci manca solo rimanere in qualche modo. Un tizio, il suo manager, ci ha interrotti e me sono andata".
"Complimenti: ti fai cagare addosso da un uccello, pretendi di pulirti nei cessi di un super hotel, vai in camera di Justin Bieber, con Justin Bieber, vi baciate, e te ne vai. Da oscar!" 
"Cosa avrei dovuto fare? Ero imbarazzata, e lui ancor di più per essersi abbassato a tanto. Insomma, baciare una come me..."
"Quella imbarazzata dovresti essere tu, cazzo. Dovrai vergognarti ogni volta che provi ad ascoltare Michael Jackson da ora in poi!" 
"Ti ringrazio tanto" sbottò Annie.
"Riposi in pace, sia chiaro..." Emma l'avrebbe presa in giro fino alla morte, lo sapeva. 
"Comunque mi è piaciuto! Oggi ci rido, me ne frego, ma ieri li per li ci stavo cascando!" Disse Annie tranquilla. "Sentivo il cuore esplodermi, per l'imbarazzo, per la sorpresa, per tutto. Un bel bacio. Poi la circostanza così strana, non so..." Proseguì. Emma captò le parole serie dell'amica e capì che era giunto il momento di parlare seriamente. 
"Quindi hai provato qualcosa?"
"Si. Al di la di tutto, si. Come se fosse un bacio normale, con un ragazzo normale che potrebbe piacermi. Ieri era così. Oggi invece, per fortuna, la sto prendendo meglio"
"Anche perchè, al contrario, cosa dovresti aspettarti da una persona così?" Azzardò Emma. Aveva ragione, pensò Annie. Ed era proprio quella domanda che si era fatta già ore prima che l'aveva portata a fregarsene. 
"Infatti. Non sono riuscita, fin'ora, a trovare un ragazzo normale del quale innamorarmi e vivere serena. Figurati uno come lui" concordò Annie. 
"Intendevo proprio questo: voglio dire, ti ho presa in giro, ma non sappiamo affatto che persona sia. Sappiamo solo che è famoso, adorato e può permettersi tutto ciò che vuole, infatti ieri si è portato una perfetta sconosciuta in camera".
"Sembrava dispiaciuto mentre me ne andavo..."
"Magari sperava di combinare qualcos'altro, non un semplice bacio" ipotezzò Emma.
"Non parliamone più, ok? Oggi mi sento così bene che non ci voglio nemmeno pensare. Facciamo che è stata una delle cose da fare prima di morire: pomiciare duro con una celebrità!" Sentenziò Annie facendo di nuovo scoppiare a ridere l'amica.
"Certo che tu sei tutta idiota. Non ho mai conosciuto una cazzona come te! Amo te e il tuo modo di semplificare le cose. Anche un ehi ciao, ieri ho slinguazzato Justin Bieber sembra, detta da te, la cosa più normale del mondo!"
"Ma si Em, lo è! Può capitare anche questo e vaffanculo al mondo e alle vicende strane!" 
"Guarda... Smettiamola qui o potrei collassare, ma una cosa fattela dire: se si fosse sentito imbarazzato a causa tua, è un emerito idiota. E, inoltre, se una persona ti imbarazza, la eviti. Di sicuro non la baci!" 
E con questa ultima frase, le due amiche si salutarono.
Un po Annie maledì Emma per le sue ultime parole, perchè la fecero ricadere in pensieri strani. 
Giusto, una persona che ti imbarazza, non la baci. Neanche se non sei visto da nessuno? Alla fine erano da soli, nella stanza, imbarazzante o meno, nessuno era li a giudicarli, perciò poteva essere solo una cosa: lui si voleva approfittare della situazione, non curante che quelle cose, appunto, succedono solo in discoteca e poi tanti saluti. Annie non sa come lui possa essere abituato, ma a casa sua, un bacio così lo si non lo si da a caso, per passare il tempo. Oggi cosa faccio? Bacio, o mi vado a mangiare un gelato? Non funziona così. A meno che tu non sia solo un esaltato del cazzo, convinto di poter avere anche chi non si scioglie ai tuoi piedi. E con Annie aveva vinto la scommessa. Si era fatta baciare e aveva aumentato spropositamente il suo ego, e aveva vinto. E per un istante ci aveva anche preso gusto, che idiota! Alla fine, però, Annie riuscì, a fine mattinata, a mettersi l'anima in pace: come lei avrebbe depennato nella lista delle cose da fare "baciare una celebrità", Justin avrebbe fatto la stessa cosa con "baciare una perfetta sconosciuta che non mi reputa il suo Dio sceso in terra". Annie passò una bella giornata. Era il suo giorno libero e decise di lasciar perdere New York per questa volta. Fece un po di pulizie in casa, si scambiò valanghe di sms con Emma ancora sparando cazzate sull'accaduto, ascoltò musica (quella bella, quella vera!) e la giornata volò in fretta. All'ora di cena Annie stava sempre e ancora molto bene. Non aveva perso. Erano semplicemente pari, palla al centro. 


Justin Bieber cazzeggiò tutto il giorno. Anche lui si era svegliato bene. Nonostante il brusco finale del bacio con quella buffa ragazza, era contento. Finalmente gli era successo qualcosa di nuovo! Anche se magari non stava a significare niente, ma almeno era un avvenimento diverso da raccontare. Non aveva idea di come era rimasta Annie, ma da come se n'era andata una cosa l'aveva intuita: anche in caso le stesse piacendo quello che stava capitando, per lei poteva finire li. Non te ne vai via se sai che una persona rischi di non vederla mai più. Cosa si aspettava? Che lui andasse a cercarla? O questo, o il nulla più totale. Aveva provato ad affacciarsi dalla sua finestra, quella mattina, mentre faceva colazione. Così, in caso vedesse spuntare un ciuffo rosso e una faccia carina. Ma niente. Si stava illudendo di poter contare qualcosa per una persona normale. Doveva aspettarselo quando decise di intraprendere quella carriera. Si sarebbe dovuto accontentare di chi girava nel suo mondo. Cantanti, show girl, modelle. Persone famose, conosciute. Solo loro sembravano apprezzare la sua compagnia. Loro, e le sue fan, ovviamente. Nessuna ragazza normale e sana di mente avrebbe potuto accettarlo. A parte i suoi amici di sempre, ovviamente. Loro erano rimasti. Perchè d'altronde, lui, Justin, oltre che ad una celebrità, era una persona. E questo lo capivano in pochi. Infatti, chi lo conosceva da sempre, era rimasto al suo fianco. Lui era sempre lui. L'unica persona normale che vorrebbe averlo affianco sarebbe sicuramente una persona che lo userebbe per la sua fama. D'altronde, anche quelle già famose stanno con lui solo perchè è qualcuno. La sua vita va così. L'unica cosa che pensava era che mai nessuno nella sua vita l'aveva trattato così: come una persona normale. Non era stato lodato solo grazie al suo nome, anzi, era stato trattato come si tratta una persona normale, anche male. Però, dopo, lei si era lasciata baciare... Cercò di destare ogni sorta di pensiero per prepararsi a passare una serata delle solite con amici e colleghi: un club privato, musica e tranquillità. Ci avrebbe bevuto su, riso su, e chissà che altro. Non era una persona che si metteva a provarci in quel modo con una ragazza. In effetti, non ha mai dovuto veramente provarci con nessuna. Ma non è mai stato respinto, potete starne certi. Però lui non si sentiva respinto. Non sentiva nulla di che. Durante il bacio era stato così bene... Ma sapete quante volte ha creduto di stare bene e invece erano solo cazzate? Fama o vita normale, non sai mai chi hai davanti. Quell'episodio, proprio così com'era accaduto, era la prima volta. Di sveltine ne aveva avute parecchie, ma gli sembrava una cosa diversa. E se invece no? Se Scooter non fosse arrivato, cosa sarebbe successo? Un bacio può scappare anche in situazione assurde, e questo l'aveva capito dopo ieri, ma se fossero andati a letto? Lei non sembrava la ragazza da sveltina, quindi come avrebbe tenuto sotto controllo la situazione? D'un tratto si rese conto della grave situazione, che cazzo gli era saltato in testa? Se era una pazza? Se era una fan molto brava a recitare? Si sarebbe potuto mettere nei casini, sul serio. Al diavolo la ragazza normale! Poteva venire diffamato in un nano secondo se avesse continuato con lei. Se fosse stata una giornalista? Stava per entrare nel panico, e cercò di calmarsi. Arrivò poi ad una conclusione anche lui: non sapeva chi fosse questa buffa Annie, ma non voleva pensare male di lei. Ma non voleva nemmeno correre rischi inutili per cose così piccole come un bel faccino. Non sapeva proprio cosa gli era preso, ma quel qualcosa ormai stava passando. 
Scooter arrivò ad avvertirlo che gli altri erano di sotto.
"Ah, la tua amica, non ho trovato niente. Veramente non saprei da dove iniziare. Annie hai detto che si chiama?" Lo fermò e gli chiese.
"Si, ma lascia perdere. Non so cosa mi sia preso, ma non so chi sia. In verità non so nemmeno che cosa ci facesse qui. Non vorrei sia una di quelle solite storie create per buttarmi su tanta merda" rispose Justin. Scooter parve allarmato. "Effettivamente... Non volevo dirtelo, ma ci sei arrivato da solo".
"Benvenuto nella realtà quindi?" Lo prese in giro Justin.
"Non sapevo cosa dirti, pensavo che almeno un po la conoscessi..." Si scusò Scooter.
"Lasciamo perdere questa storia infatti. E speriamo di non leggere cose strane nei prossimi giorni".
Justin e Scooter uscirono dalla stanza e si dileguarono.
Una volta giù, Justin aveva accantonato ogni pensiero al riguardo, e non era neanche più preoccupato. 



Nota dell'autrice: si incontreranno di nuovo Annie e Justin, ora che hanno deciso di dimenticare l'accaduto? Una persona famosa è impossibile da rintracciare persino dai suoi fan più accaniti, e se succede è per puro caso. Può succedere una seconda volta, per caso? E se dovesse succedere, sarebbe un caso... O il destino?

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Capitolo 3
*** Caso o destino? ***


Era passata una settimana e mezza dall'episodio che Annie aveva depennato dalla lista di cose da fare prima di morire, ovvero pomiciare con una celebrità e non ci pensava più. Aveva inoltre notato che, anche pensandoci, non avrebbe potuto fare niente, siccome se n'era andata a gambe levate. Invece, tutti sanno, che se ti interessa qualcuno, fai in modo che questo qualcuno possa rintracciarti. 
Lei e Emma passeggiavano per Wall Street quel pomeriggio. Avevano entrambe lavorato la mattina, in due punti vendita diversi ma dello stesso marchio (H&M) e si erano date appuntamento per proseguire la giornata insieme una volta finito il turno. Nessuna delle due aveva riaperto il discorso "sono divo e bacio a random", anzi, nessuna delle due ci pensava più. 
"Sull'elicottero ci voglio salire prima o poi" disse Annie sognante con il naso all'insù, seguendo l'elicottero che sopra alle loro teste portava a vedere la città in alto ai turisti.
"Si, ma centosessanta dollari a persona mi sembra troppo, non ti pare?" Le rispose Emma. 
"In Italia, a Roma, un giretto del cazzo su una carrozza lo paghi duecento euro" le spiegò Annie. 
"Insomma, ognuno è ladro a modo suo" convenne Emma ridendo. 
"Dovresti venire in Italia con me, quando tornerò" Annie si illuminò. Anche Emma fu investita da entusiasmo "Cazzo, mi piacerebbe tanto, cosa c'è di bello da vedere?"
"Be, ti porterei un po in giro. Torino, dove abito io, Milano, Roma... E poi la Toscana, Firenze, Livorno, Pisa, le terme di Saturnia... Bei posti! Amo la Toscana!" Disse Annie.
"Cos'è Tosciana?" Storpiò Emma. Annie rise per la sua pronuncia e si lanció in una fitta lezione di geografia italiana. Emma sembrava interessata. Annie aveva incontrato e parlato con molto americani che sembravano desiderare e amare l'Italia. Lei non faceva altro che chiedersi il perchè, dato che invece lei invidiava loro e il loro Paese. Ma Annie aveva sempre riconosciuto che l'Italia aveva la fortuna di avere panorami spettacolari. La gente, invece, di spettacolare aveva solo la poca pazienza e la maleducazione sempre a braccetto. Gli americani le piacevano di più, anche se i newyorkesi in quanto ha pazienza scarseggiavano anche loro. 
"Vi è arrivato a voi il completo uomo degno di un uovo di Pasqua?" Chiese ad un certo punto Emma, riportando Annie alla realtà.
"Oddio, si, ma cos'è? E' troppo brutto. Che uomo si metterebbe mai un completo elegante così super mega iper colorato? Ah lo so, uno che uomo non è!" Annie adorava la moda del suo negozio. Ma quella femminile. Quella maschile, ultimamente, le faceva letteralmente vomitare. "Voglio dire..." Proseguí "...nemmeno Signorini si metterebbe una schifezza simile!" In Italia sarebbe stata una battuta carina, mentre Emma invece reagì tipo "Signo...chi?" 
"Un signore della tv italiana. Molto, molto gay" spiegò Annie. 
"Chiaro! Comunque l'abbiamo messo oggi in vendita, adesso voglio proprio contare quanti ne vendiamo!" 
"Potremmo chiedere al capo di darci un aumento se ne riusciamo a vendere almeno tre!" Suggerì Annie ridendo.
Le amiche, ridendo, superarono un gruppetto di ragazze all'apparenza molto omosessuali che le squadrarono dalla testa ai piedi. Come biasimarle. Annie ed Emma venivano spesso scambiate per una coppia di fidanzate. Annie quella maschile ed Emma quella femminile, bella, semplice, con i suoi capelli mossi e biondo cenere. 
"Ora capisco perchè nessuno ci baccaglia" iniziò a lamentarsi Emma "Guardaci! Sembriamo proprio una cazzo di coppia lesbica!"
"Una cazzo di coppia lesbica molto, molto felice" la corresse Annie prendendola per mano, innestando le lamentele di Emma, ma così facendo attirarono ancora di piú l'attenzione sembrando davvero una coppia felice e divertente. 

Quella mattina, Annie aveva sentito la sua responsabile e abbastanza amica Mary, che, avendo l'intera giornata libera sarebbe andata a Central Park a cazzeggiare. Annie e Emma si stavano avvicinando li, tra una chiacchera e l'altra, e avevano concordato per cercare Mary. Dall'accaduto, Annie non era più tornata da quelle parti. Ci stava giusto pensando ora, mentre piano piano si avvicinavano. Sarà ancora qui? Si chiese. Poi scosse la testa rispondendosi da sola, più che altro maledicendosi. Se fosse stato ancora li, sperava solo di non vederlo. Ne lui, ne nessuna calca di persone acclamanti. Ma Annie si tranquillizzò quasi subito: primo, Justin Bieber non può avere il lusso di passeggiare li e secondo, c'era talmente tanta gente che sarebbe potuto essere li tutto il cast del Signori degli Anelli, urukai e nani compresi, e nessuno se ne sarebbe accorto. Anche Emma sembrò pensarci.
"Qual era l'hotel?" Azzardò curiosa.
"La in fondo, giri a destra ed è quello li" le indicò in modo vago Annie.
"L'hai raccontato a qualcuno?" Chiese poi a Emma.
"Ma ti pare? Non lo farei mai! E tu?"
"Solo a te e mie è bastato per farmene vergognare!" Annie rise e Emma la seguì a ruota. Ovviamente girarono poco per il parco prima di rendersi conto che non avrebbero mai trovato Mary li in mezzo. Così, tramite sms, si misero d'accordo di vedersi nei pressi del mosaico dedicato a John Lennon. Annie lo adorava. C'era sempre qualcuno che lo agghindava di piante, fiori o frutti, ogni volta in modo diverso, e lei adorava fotografarlo e collezionarlo in tutti i modi possibili. E lasciava sempre qualche dollaro al signore che se ne occupava. Cosa che fece, ovviamente.
"Lui sì che era un musicista, eh?" Le sussurrò Emma maliziosa nell'orecchio ed Annie non ebbe modo di risponderle siccome intravidero Mary arrivare verso di loro. Annie era leggermente urtata. Ok, non le importava, ma di risate sulla questione se n'erano già fatte abbastanza. Non aveva voglia di battute e frecciatine ogni qual volta si parlasse di musica, canzoni, artisti o note! E poi, in tutta sincerità, Annie non aveva mai ascoltato nulla di quel ragazzo, il loro scetticismo era tutto dovuto al sentito dire. E Annie non era una persona che sparava troppi pregiudizi. Avrebbe voluto dimenticare la storia, non parlarne più, ne nel bene e ne nel male. Non aveva nulla da dire. Sicuramente non era il suo genere di musica, quella di Justin Bieber, ma non per questo era da giudicare tutta merda. D'altronde, se a qualcuno piaceva, un motivo c'era. Annie non aveva firmato un contratto come musicista di una musica che non le piaceva, aveva solo baciato, casualmente, erroneamente, sbagliando, un cantante di cui conosceva solo il nome e la fama. Non aveva voglia di essere messa in croce da Emma ogni volta, da li in avanti. Accennò un ciao poco entusiasta alla sua responsabile e rimase in disparte per tutto il tempo in cui Emma e Mary si scambiarono informazioni delle proprie filiali. Dopodichè trovarono un posto tranquillo e si rilassarono sul prato.
"Come mai così silenziosa Ann? A lavoro tutto bene?" Si allarmò Mary. 
"Si, fino a due ore fa era integro il negozio" Annie sorrise e quando incrociò lo sguardo di Emma si rabbuiò. Emma capì. 
"Colpa mia e della mia linguaccia! Perdonami" si intromise subito. Mary passava lo sguardo da Emma a Annie in silenzio, lievemente imbarazzata, aspettandosi un litigio imminente. Annie non era una persona rancorosa. Se qualcosa la infastidiva, si ritirava nel silenzio e meditava, fino a farsela passare. Ma le scuse di Emma, anche se Annie sarebbe tornata come prima senza che l'amica nemmeno se ne fosse accorta, le accettò volentieri. Sorrise ad Emma scuotendo il capo, per tranquillizzarla. Emma aveva un po questo vizio di non frenare la lingua in tempo prima di sparare cazzate. Annie lo sapeva bene, per questo le aveva chiesto, prima, se avesse fatto parola con qualcuno. Ma era fiduciosa che un accaduto del genere, Emma, potesse tenerselo per se. 
Ristabilita la quiete, le due amiche si lanciarono in una fitta conversazione con Mary di nuovo sull'abito osceno ricevuto con le consegne di quella mattina. 
"Oh no..." Si lamentò Mary "...se continuano a inviarci cose così assurde, come le vendiamo?" Ma rideva anche lei all'idea. Furono interrotte dalla suoneria di un I-Phone proveniente dalle loro borse. Tutte afferrarono il proprio, ma fu Mary a rispondere.
"Pronto? Martin!" Esclamò e Annie le lanciò un'occhiata interrogativa.
Martin era un suo adorabile collega e le aveva dato il cambio dopo pranzo. Se stava chiamando Mary doveva esser successo qualcosa, perciò aspettò con ansia la fine della telefonata. Riuscì, insieme ad Emma, a cogliere qualche frase qua e la: "Che cosa? Stasera? No mai successo da noi, al massimo sulla quinta! Incredibile! Si ma che palle saperlo ora! Ok... Ok, aspetta un attimo..." Disse allontanandosi il cellulare dall'orecchio e si voltò verso Annie "Stasera hai da fare?" Le chiese. Rispose Emma al suo posto "Si, siamo qui, insieme" un po scocciata. Mary la guardò male e tornò a parlare con Martin "Ok, dai conferma... Saremo io e Annie, ok". 
Emma, pur non sapendo nulla, sbuffò. Annie era curiosa. Ma aveva intuito insieme all'amica, che la loro serata sarebbe saltata. Mary chiuse la telefonata e si voltò verso di loro.
"Rimanderete la vostra serata, stasera siamo aperte" disse indicando se stessa e Annie. Continuava a non capire. Emma nemmeno.
"Come mai state aperti stasera? Fino a che ora?" Chiese Emma.
"Qualcuno ha affittato il negozio, da mezzanotte in poi..." Sospirò Mary.
Annie continuava a non capire, Emma invece si e rivolse uno sguardo simile a voler dire "Tanti auguri ragazze!" ad entrambe.
"Mi spiegate cosa succede? A mezzanotte dobbiamo aprire il negozio?"
"In Italia non succede che qualche tipa ricca affitti il negozio così da poter fare shopping da sola e indisturbata?" Le chiese Emma. Oh. Annie capì.
"Si, capita. Ma signore di una certa età. Infatti non da H&M, ma da Armani, D&G, Valentino o robe del genere..." Spiegò Annie.
"Effettivamente non è mai capitato da noi, a quanto ne so. Potrebbe trattarsi della figlia, o delle figlie, di qualcuno di abbastanza ricco da potersi permettere di affittare un negozio e far shopping per le sue figlie" ipotizzò Mary. Anche Annie e Emma la pensavano così. 
"Fino a che ora pensi che stiano?" Chiese Annie preoccupata "Non so quanto mi senta sicura a tornare a casa a notte fonda, da sola" precisò.
"Ha ragione!" Disse Emma. Mary ci pensò un po su.
"Ovviamente andrai in taxi, pagherà l'azienda. Mi assicuro io di averne uno pronto, farò qualche telefonata prima di cena. Intanto, voi due potreste stare insieme fino a mezzanotte. Troverò un taxi anche per te, Emma, ma non puoi restare. Vogliono il personale del negozio. Magari sono dei Russi" concluse pensierosa. All'ora di cena Mary aveva già salutato Annie e Emma, dandosi appuntamento davanti al negozio alle undici. Tutte e tre avrebbero dato una riordinata al negozio e poi Emma sarebbe tornata a casa prima dell'arrivo dei ricconi, per evitare problemi inutili. 
Annie e Emma mangiarono al Mc Donald's di Times Square per poi avviarsi in filiale. Non era molto lontana da quella sulla quinta strada, ma su una strada con un numero lievemente minore di negozi rispetto a li. 
"Mary ha detto che la filiale dove sto io non andava bene al tizio, siccome con le luci accese e i vetri trasparenti si vede dentro. Magari si tratta di Michelle Obama. Ho sentito che ama molto i vestiti floreali, anche di marche minori" disse Emma.
"Se così fosse domani ci sarebbe la coda, tutti vorrebbero comprare ciò che comprerà lei" convenne Annie. Si immagino già una coda degna e superiore a quella di Abercrombie. 
Il negozio dove lavorava Annie era meno in vista rispetto a quello sulla quinta e con un ingresso meno ampio: a pensandoci, l'ideale per uno shopping notturno senza rompimenti di coglioni.
Mary era già li davanti con le chiavi in mano. Annie notò con sollievo che sembrava assonnata tanto quanto lei. Una volta dentro, non si persero in parole. Annie nel reparto uomo, Mary nella donna e Emma faceva la spola da un reparto all'altro. A mezzanotte meno un quarto tutto era a posto e Emma salutava le due ragazze dal taxi mentre si allontanava.
"È stata troppo gentile, era un casino il negozio. Domani mi sentono!" Sbottò Mary nervosa.
"Avvertisse anche un po prima 'sta gente..." Disse Annie sprezzante "...sono ricchi e quindi pensano siano tutti a loro disposizione".
"Son d'accordo. Speriamo ne valga la pena, economicamente parlando" mormorò Mary impaziente mentre lanciava occhiate fuori dalla porta. Annie anche si sentiva nervosa. Sperava di essere all'altezza, e sperava di non innervosirsi in caso fossero state persone spiacevoli e antipatiche. Entrambe, controllando l'ingresso, sistemarono le ultime cose. Poi Annie andò dietro la cassa e iniziò ad accendere la uno, che, se lo sentiva, sarebbe servita. Erano in ritardo. 
"Oddio..." Sentì Mary dire. Alzò lo sguardo e la vide ammirare una salopette.
"Ah si, è arrivata stamattina" disse Annie tranquilla.
"Mettila!" Mery le lanciò una S. 
"Cosa? Sei impazzita?"
"È troppo carina, almeno fai da manichino vivente, mettila. Con sotto questa" e le lanciò un top nero, corto. Annie rabbrividì ma non se la sentì di discutere: potevano arrivare da un momento all'altro. 
Nel camerino si vestì e poi rimase immobile davanti allo specchio. La salopette era a strisce bianca e nera con il pantaloncino molto corto. Lì spuntavano le gambe sottili (e per fortuna depilate) di Annie. Sotto, il top nero copriva giusto il seno e la lasciava per il resto a pancia scoperta. Ma la salopette sopra dava quel senso di vedo / non vedo molto carino. Le piaceva! Anche Mary era entusiasta, battè le mani quando Annie uscì da dietro la tenda. 
"Metti queste" 
"Ah! Te lo scordi! Lo sai, Mary..." Il tono di Annie era un tono di supplica. Non servì a nulla. L'abbigliamento sportivo era così, ora, spezzato da quel tacco elegante e borchiato che dava a Annie un'aria...diversa. Dava sempre l'idea di lesbicona, come diceva Emma, ma era... Donna. Un outfit sportivo, sexy e molto strong. Si sarebbe vista bene ad un concerto punk rock conciata così. Anche Mary aveva indossato capi del negozio, ma più sobri. Da brava ragazza. Jeans stretti un po strappati, rovinati, un sandalo col tacco lilla e una camicetta a tema floreale, tanto in voga. I due volti di H&M: di giorno bella, di notte bella e dannata. Chiunque fosse la ragazza in questione, si sarebbe innamorata di entrambi gli outift. Annie e Mary ne erano sicure e mentre discutevano di questo, un auto con i vetri oscurati si fermò lì davanti.
Erano pronte. Mary andò ad aprire mentre Annie sistemò le ultime cose alla cassa. Da lì la visuale era scarsa e sentì Mary salutare qualcuno "Oh, benvenuti! Che sorpresa, è un piacere averti qui. Prego, tutto tuo!". Annie rimase immobile. Mary sembrava aver riconosciuto qualcuno. Si era rivolta in modo molto informale. 
"Prego, reparto uomo di qua..." La sentì dire. Reparto uomo?! Annie maledì i tacchi. Era un uomo! Cazzo! Uscì dalla cassa appena in tempo quando Mary e due figure dietro di lei apparivano.
"Di qua, io e la mia collega siamo a tua disposizione" disse Mary, palesemente esaltata. Annie si avvicinò e quello che vide per poco non la shoccò così tanto da farla volare su quei tacchi vertiginosi con la conseguenza di un biglietto di sola andata per il pronto soccorso. 
Il primo uomo lo scrutò per un istante prima di capire che l'aveva già visto. Una settimana e mezza fa, circa. Dentro un hotel. Prima di scappare a gambe levate. Dietro di lui, eccolo. Justin Bieber. 
Annie rimase immobile, impietrita, con la voglia di sprofondare li, subito. La faccia dei due capitati era uguale, se non peggio: sembrava stessero avendo la visione della Madonna che dice loro di farsi preti. Ad Annie sembrò di rimanere li a fissarsi con Justin e il suo manager per tutta la notte. Invece non passò molto tempo, siccome Mary non si accorse di nulla, forse per l'esaltazione "Ecco, lei è Annie, la mia collega!" Cinguettò quanto tutti videro tutti. "Annie, loro sono..." ma Annie si intromise "Lo so, Mary" disse dura e i due parvero preoccupati da quello che stava per dire "chi non conosce lo strabiliante Justin Bieber e il suo manager!" Esclamò tutta d'un fiato improvvisando un sorriso ampio e cortese ai due ospiti. Justin e Scooter (Annie ricordava il suo nome) si rilassarono e, titubanti, fecero un cenno di saluto ad Annie. Mary cominciò a parlare a macchinetta, intenta a mostrare il negozio a quei due. Scooter subito iniziò a seguirla ed ascoltarla. Annie e Justin si scambiarono ancora un'occhiata. Quella di Annie era un'occhiata di rimprovero, o almeno ci stava provando, a sembrare neutra, disinteressata e per niente colpita dalla cosa. Justin era stupito eccome. Ma sembrava contento di esserlo. Forse era più incredulo. Squadrò Annie dalla testa ai piedi e fece un sorriso... Uno di quei sorrisi che Annie odiava. Alla fine parve sciogliersi dallo stupore del primo impatto e si diede una occhiata intorno e quando notò che Mary e Scoote erano poco più in la, si avvicinò ad Annie, che non si mosse.
"Sei vera o sei un manichino? Sei così tesa..." La schernì ridacchiando.
"Sarà che sui tacchi mi sento poco sicura, anche se pensandoci potrei sempre togliermeli e piantarteli in fronte!" Sibilò Annie, che glielo avrebbe volentieri urlato.
"Cosa dico all'azienda se mi chiede come mi sono trovato con le commesse?" Continuò lui beffardo.
"Puoi andare a fare in culo allegramente" rispose Annie a denti stretti.
Justin la fissò per qualche secondo senza dire nulla. Per Annie, potevano non dirsi più nulla. 
"Stai davvero benissimo vestita così" concluse Justin dopo quella che parve un'attenta elaborazione dei propri pensieri. Annie non rispose. 
"Suppongo tu non abbia raccontato nulla alla tua amica, perciò se non ti muovi potrebbe pensare male" aggiunse.
Annie si scosse, finalmente e si mosse verso Mary e Scooter che parlavano animatamente dell'azienda. Scooter stava dicendo che, nonostante non sia una marca ricercata e lussuosa, la moda piaceva molto a Justin. 
"Tranquillo, non mi farei mai cattiva pubblicità raccontando il nostro inconveniente".



Justin incassò il colpo. Tutto si era aspettato, tranne di trovare Annie li. Eppure era li. E gli aveva appena sfornato l'ennesima frase di disprezzo. E lui che pensava fosse una pazza, una stalker, una ottima attrice pronta a farlo finire nella merda. Invece eccola li, fredda e cinica come nessuno mai nella sua vita. Urtata alla sua presenza, un episodio paradossale. L'afferrò per un braccio prima di raggiungere gli altri due.
"Scusami per quel giorno. Non avrei dovuto baciarti, non avrei dovuto fare niente"
"Paura che possa dire cose brutte su di te? Ancora? Puoi stare tranquillo, ti dico!" 
"No. L'ho pensato. Per questo non ti ho cercata".
"Cercarmi?" Annie non capiva.
"Volevo cercarti ma poi ho pensato fosse stata tutta una grande farsa con lo scopo di trovare qualcosa da dire su di me".
"Manie di protagonismo? Quante volte devo dirtelo? Ero li per pulirmi la mia cazzo di maglia!" Annie si stava spazientendo e Scooter li guardava preoccupato mentre tentava di tenere occupata Mary. 
"Non so che dire." Sentenziò Justin. Annie si sentì in colpa per tutti quei malintesi. Era successa una cosa da dimenticare, ma non dovevano rimanere dubbi non chiariti.
"Ascolta, dimentichiamo tutto, ok? Non ce l'ho con te, qualsiasi cosa tu abbia pensato di fare, e tu non avercela con me. Giriamo 'sto negozio e amici come prima" disse. 
"Cosa hai pensato volessi fare, scusa?" Chiese lui, sbigottito.
Annie non rispose, si morse il labbro.
"No, sei fuori strada. Non mi volevo approfittare di te, non farei mai queste cose" iniziò. 
Annie lo guardava farneticare parole sconnesse, senza sosta. Sembrava dovesse venirgli un attacco di panico. Non so cosa pensò, ma vide Justin turbato e allora si rivolse verso Mary "Mary! Justin adora questa salopette! Lo porto di la che ne prende una da regalare a sua mamma!" Disse la prima cosa che le venne in mente. Scooter aveva l'aria sempre più preoccupata. Justin seguì Annie al reparto donna senza smettere di borbottare nervoso.
"Cosa c'è?" Chiese Annie, spazientita, una volta fuori dalla vista di Mary e Scooter.
"Cos'ho? Ho che non posso guardare una ragazza normale come te che subito vengo additato come maniaco, pieno di se, sicuro di se, approfittatore..." Si interruppe per riprendere fiato.
"E allora io? Non posso neanche farmi baciare da uno come te che vengo presa per una fan pazza sclerotica che ha preso lezioni di dizione per farti cadere chissà in quale trappola, quando, cristo, io ero li per pulirmi dalla fottutissima merda di uccello!" Annie urlava in silenzio. Grandioso! Scese il silenzio. Si guardavano, pronti a sentire chi dei due avrebbe concluso.
"Ok, bene. Tu non sei quello che ho pensato io, e io non sono come hai pensato tu. D'accordo" riepilogò Justin, di nuovo sorridente.
"Ma abbiamo comunque fatto una cosa assurda, che non si fa, cioè, così a caso, assolutamente no, non so come tu sia abituato..."
"Non sono abituato" la interruppe "Io... Mmmmh, non ho mai dovuto fare grossi sforzi" disse, palesemente imbarazzato, e solo per questo Annie si trattenne dal prenderlo in giro. Incrociò le mani al petto, non aveva più nulla da dire, sentiva solo un mane cane ai piedi dentro quei tacchi. 
Justin alzò lo sguardo e la fissò. Annie si accorse che aveva cambiato espressione. Le sembrava vagamente quella nella sua stanza d'hotel. E le sembrava anche molto carino dentro a quei soliti jeans larghi e una camicia. Gli fissò le braccia tatuate ma lui si riappropriò della sua attenzione.
"Te l'ho già detto quanto sei buffa e carina vestita così?" Sorrise cordiale.
"Si. Grazie. Ora raggiungiamo gli altri" e si girò per tornare al reparto uomo.
Justin la bloccò prendendola da una spalla, e la costrinse a girarsi. Annie si ritrovò tra le sue braccia per colpa di quei dannati tacchi. 
"Per caso sei una calamita?" Le chiese sussurrando prima di affondare le sue labbra su quelle di Annie, che, con grosso piacere per lui, la sentì avere un piccolo cedimento prima di accerchiargli il collo con le braccia e lasciarsi andare, assecondandolo, in quel secondo, lento ma intenso, umido bacio.



Nota dell'autrice: ciao a tutti, avevo pronti questi tre capitoli e allora ci ho dato dentro. La storia vi piace? Potrebbe valer la pena proseguirla? Fatemi sapere ;)
ItsAboutAGirl. 

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Capitolo 4
*** La notte porta consiglio? ***


Annie era di nuovo al punto di partenza, così come si ritrovava ora, avvinghiata con quelle braccia tatuate che sembravano volerla tenere in ostaggio. Dal canto suo, neanche lei scherzava, siccome ricambiava il bacio e la stretta con lo stesso vigore. È incredibile come la potenza di un bacio riesca a spazzare via tutto e, al tempo stesso, unire qualsiasi cosa. Un momento prima sei una persona e ne hai davanti una completamente diversa (e sbagliata), ma appena le labbra si mischiano, nulla è più diverso e sbagliato. E stava capitando proprio quello a Annie. Il ragazzo del quale lei stava assaporando le labbra era tanto sbagliato quanto odioso, eppure in quel momento stava bene, li, tra le sue braccia. 
Incontrare una celebrità è raro, se capita è un caso, se ti bacia è inverosimile. Se poi questo ricapita una seconda volta, allora è proprio uno scherzo, un episodio al quale nessuno crederebbe mai. Eppure accadeva, proprio lì, nel negozio dove Annie lavorava da tre mesi, chiuso al pubblico data l'ora tarda, affittato da Justin Bieber per uno shopping tranquillo senza immaginare che dentro ci avrebbe trovato lei a servirlo, proprio lei che dieci giorni prima era finita per caso nel suo hotel, e, sempre per caso, era finita tra le sue braccia. 
Justin interruppe quasi bruscamente il bacio e Annie lo guardò con aria interrogativa, col fiato corto.
"Mi fermo prima che lo faccia qualcun'altro non dandoci poi tempo di dire qualcosa" si giustificò. Ottima idea, bravo, pensò Annie, che sorrise timidamente. Non sapeva cosa dire. Di là, nel reparto uomo, Mary, la sua collega e responsabile, e Scooter, il manager di Justin, continuavamo a parlare senza pensare a loro. Nell'hotel, al loro primo casuale incontro, il loro bacio era stato interrotto da Scooter e Annie se l'era data a gambe senza voltarsi indietro e sembrava davvero che quel buffo episodio fosse finito li. Non pensava mai più che con tutti i negozi di New York, Scooter affittasse proprio il suo, trovandosi di nuovo Justin tra capo e collo. Soprattutto, non credeva possibile da parte di entrambi che potesse ricapitare un bacio, siccome erano d'accordo che era una cosa troppo strana, complicata e sbagliata. Annie si era presa in giro tanto per l'accaduto in hotel, ed ora eccola li, con la possibilità di riscattarsi. Invece nulla, quando Justin si era avvicinato, lei aveva assecondato il tutto come se fosse una cosa normale. Invece non lo era, cazzo! 
"Forse non ci siamo capiti..." iniziò cercando di mettere in ordine i pensieri "...sbaglio o siamo d'accordo che non va bene comportarsi così?" concluse rimanendo in attesa. Anche Justin sembrava molto pensieroso.
"Così come?" chiese infine. 
"Così... Come due ragazzini ubriachi che ad un party si ficcano la lingua in bocca senza neanche pensarci" cercò di spiegare Annie.
"Ma noi non siamo due ragazzini, non siamo ubriachi ad un party e io qualcosa ho pensato prima di farlo" disse Justin. 
"Evidentemente non hai pensato alla cosa giusta, siccome l'hai fatto" sbottò Annie.
"Quale sarebbe questa cosa giusta? Non penserai che io mi butti così a caso su chiunque!" Justin tornò ad essere nervoso. Non capiva come mai Annie riuscisse a renderlo così inquieto. Com'era possibile trovarsi così bene tra le braccia di una persona e poi stare così male a parlarci. 
"Su questo avrei da ridire, basta scrivere il tuo nome su Google che..."
"Che cosa? Fanculo!" Non le diede nemmeno il tempo di finire.
"Che... Dai, cazzo. Che spuntano tue foto con chiunque, si, dappertutto. Fidati, anche io sarei poco credibile ai tuoi occhi se fossi una top model circondata da mezzo mondo e tu fossi un normale ragazzo di città."
Rimasero in silenzio, nervosi e rabbiosi. 
"Gelosa?" chiese Justin dopo un po, con un sorrisetto sulle labbra. Annie era incredula di fronte a quella domanda. 
"Immagino che nessuno lo sia di te siccome sembra che speri che io lo sia" contraccambiò la frecciatina. 
"Sei una insopportabile so-tutto, lo sai?" 
"Si, e tu un'odioso che soffre di vittimismo invece di spiegare semplicemente il perchè delle proprie azioni! Io bacio una persona quando mi piace e mi attrae, e non mi vergogno di dirlo, ok? Ecco, l'ho detto" Annie teneva i pugni chiusi dal nervoso, come se volesse davvero sganciargli un destro in faccia. 
"Che succede qui?" Scooter e Mary comparvero alle spalle di Annie che si voltò di scatto a guardarli. Cercò con tutta se stessa di apparire tranquilla. Invece era ancora più nervosa: voleva semplicemente sapere come mai Justin l'avesse baciata e si era messa a nudo di fronte a lui dicendogli che lei non bacia a caso, confessandogli quindi che le piaceva e la attraeva, e per colpa di quella interruzione non avrebbe mai saputo a quale gioco invece stava giocando lui. 
"Non mi interessa più questo negozio" disse Justin alle sue spalle. Annie si maledì ancora di più perchè adesso, per colpa sua, aveva fatto perdere tempo a Mary, e soldi all'azienda. Infatti la faccia di Mary non prometteva niente di buono: confusa, perplessa e leggermente furiosa. 
"La mia collega si è comportata male?" chiese stizzita e Annie non potè credere alle sue orecchie. Va bene che era la sua responsabile, che li c'era in gioco un bel gruzzoletto, ma Mary doveva sapere bene che Annie, sul lavoro, era sempre professionale e precisa. 
"Cosa? Io?" Annie era furibonda per quella situazione così odiosa, non sapeva cosa fare, cosa dire. Era troppo per lei. 
"Non è colpa di Annie, è colpa mia" intervenne Justin calmando le acqua ma facendole cadere ancora più in confusione. Cosa diavolo aveva in mente?
"Voglio uscire con te, adesso" spiegò tranquillo. Mary momenti cadde dalla sorpresa mentre Scooter, invece, rimase serio. Come se lo sapesse. Nessuno sembrava intenzionato a parlare, anche se Mary di cose da chiedere ne aveva sicuramente tante, ma lo stupore non le permetteva di proferire parola. Anche Annie rimase interdetta a quella frase. Dopo un momento che parve un anno, Mary si decise a parlare.
"Annie, mi spieghi cosa succede?" Disse in un soffio spostando il suo sguardo dalla collega, a Scooter, a Justin. Se l'indomani l'azienda avrebbe saputo dell'incasso pari a zero si sarebbero infuriati. Anche Annie era di nuovo focalizzata su quel punto, non voleva fallire. Avevano tenuto aperto per Justin Bieber e sarebbe stata tutta pubblicità negativa se fosse andato via senza spendere un soldo. 
"Justin, possiamo parlarne un'altra volta?" azzardò nervosamente.
"Un'altra volta? Ho tutta la notte, ma preferisco farlo in privato. E poi, guarda quelle telecamere lassù, sai mica se sono accese?" chiese con una calma che fece innervosire ancora di più Annie.
"Certo che sono accese, perchè lo domandi? Cosa diavolo è successo?" Mary stava perdendo la pazienza. 
"Devi fare in modo che quelle riprese non vengano mai viste" disse piano Annie rivolta alla sua responsabile. Era seria. Accidenti! Come avevano potuto baciarsi come due poppanti senza pensare alle telecamere? Qualcuno avrebbe domandato di avere quelle riprese per fare pubblicità al marchio usando Justin come incentivo a comprare lì dentro. 
"Justin...?"Scooter finalmente sembrava aver ritrovato l'uso della lingua. 
"Potete occuparvi dei filmati mentre noi ce ne andiamo?" chiese sempre molto tranquillo. Mary dava l'idea di non capire ma fece un cenno di assenso col capo "Si. In ufficio posso prendere il nastro e..."
"Bene. Dirai che ho dato buca a questo shopping notturno, domani farò chiamare l'azienda porgendo mille scuse e, se non ti secca, torniamo domani sera" la interruppe Justin deciso, avviandosi verso l'uscita. "Muoviti" aggiunse in maniera un po brusca verso Annie che era rimasta imbambolata come Mary e Scooter guardandolo. Si scosse un attimo e guardò confusa i due vicino a lei. Scooter le fece il segno ok con la mano, come dire "non preoccuparti, qui ci penso io".
"Ci vediamo domani?" Annie si rivolse a Mary con cautela, sperando non iniziasse ad urlare che l'avrebbe licenziata. 
"Ti chiamo domani mattina" fu la sola, secca risposta che le diede mentre Annie si avviava alla porta. 


Erano seduti sull'auto con i vetri oscurati, Annie e Justin, e per i primi minuti nessuno dei due parlò. Entrambi erano rivolti con lo sguardo fuori dal finestrino. Annie stava pensando che raramente le era capitato di girare New York in macchina, di notte. Per un folle istante desiderò essere da qualche parte tranquilla, magari da sola, ad aspettare l'alba, senza troppi pensieri per la testa. Justin invece stava pensando a come prendere di petto quella ragazza senza che lei uscisse di matto per ogni sua minima frase. La baciava e non andava bene. Non la baciava, le parlava, e non le andava bene. Ma, in verità, lui si stava chiedendo cos'è che non andava in lui, per essere lì, ancora con lei, in quel momento.
"Domani mi licenzia" esordì Annie. Justin emise un piccolo sbuffo, come una risata soffocata.
"Impossibile."
"Che ne sai tu di lavori da dipendente?" 
"Niente. Ma adesso quei due saranno lì a guardare il filmato." 
"Che cos...? Cazzo!" 
"Scooter riderà di gusto, spiegherà alla tua amica del perchè vanno distrutti i filmati e lei si sentirà una portatrice sana di un segreto importante. Non ti licenzierà." Spiegò come se stesse leggendo una noiosa lista della spesa.
"Sembri molto abituato a questo genere di cose. Vai in giro di notte per negozi e poi ti impossessi delle telecamere molto spesso per non far vedere cosa fai realmente?" 
"Perchè, cosa farei realmente?" Ribattè lui. 
"Non lo so. Dimmelo tu." Annie era stanca anche di discutere. Non aveva voglia. Voleva solo andare a letto ed essere svegliata dalla telefonata di Mary. E se ritardava ancora, rischiava di dormire così poco che quella telefonata l'avrebbe odiata. Anche Justin non sembrava dell'umore adatto, nonostante fosse parso calmo. Non aveva voglia di incassare e smentire tutte le cattiverie che Annie poteva pensare e dire di lui. 
"Puoi dire al tuo autista di portarmi al Ferry per Staten Island?"
"Scordatelo." 
"Scusi!" Annie picchiettò le nocche sul vetro nero che li divideva dall'autista "Mi porta alla stazione del Ferry per Staten Island!" esclamò come fosse un ordine. Il finestrino nero si abbassò e gli occhi dell'autista erano un punto di domanda alla quale Justin fece no con la testa, allora lui lo richiuse e riprese la sua strada. Annie si ributtò sul sedile, sconfitta. Si tolse i tacchi e le sembrò di sentire un Alleluja provenire dai suoi piedi distrutti. 
Ricadde il silenzio nell'abitacolo finchè Annie non si accorse che stavano entrando in una specie di garage. 
"Dove siamo?" chiese preoccupata. Justin non rispose e quando la macchina si fermò le disse solo di scendere. Lei obbedì e, come aveva immaginato, erano in un garage. L'autista se ne andò lasciandoli li e Annie si guardò intorno chiedendosi qual era la prossima mossa. Certo, se fosse stata li con una persona qualsiasi, si sarebbe preoccupata. Ma confidò nel fatto che Justin Bieber non potesse permettersi, in quanto molto famoso, di fare il killer nel tempo libero. Anche se l'idea di quella remota possibilità la rapì per un secondo, agitandola. Justin tirò fuori dalla tasca delle chiavi che sembravano appartenere ad una macchina molto costosa e infatti ne aprirono una che Annie aveva visto solo in qualche foto su Internet. Anche quella aveva i vetri oscurati, era molto bassa, forse una Ferrari. Guardò Justin aspettandosi che le spiegasse cosa stava accadendo.
"Ti porto a casa. Staten Island hai detto?" lui colse la sua domanda negli occhi.
"Si." si limitò a dire lei, salendo in quella specie di navicella spaziale. Se la situazione non fosse stata così strana, Annie si sarebbe ricordata di quanto una macchina così bassa possa procurarle tanto di quel vomito da sfamare una mandria di maiali di una fattoria. 
E così ripartirono, di nuovo immersi nelle vie di New York che sembrano non voler dormire mai. Erano le tre del mattino. 
"Sei mai passata sul ponte di Brooklyn?" le chiese Justin ad un certo punto. 
"Si, una volta ci ho fatto una passeggiata, ma non tutto."
"In macchina ne vale la pena, poi di notte, vedrai." le disse, rivolgendole un sorriso sincero. Annie sentì il cuore fare una capriola, ma fermò presto il suo entusiasmo. Voleva rimanere con i piedi ben saldi per terra. 
"Cosa vuol dire tutto questo?" chiese, seria. 
"C'era una volta un ragazzo che stava accompagnando una ragazza a casa" disse lui, con tono sarcastico. 
"Ah, molto divertente!" commentò Annie, tornando a guardare fuori dal finestrino. Tanto valeva godersi il panorama, soprattutto una volta che sarebbero arrivati sul ponte. 
"Seriamente, ti sto solo accompagnando a casa." 
"Come mai?"
"Forse perchè spero di avere una conversazione piacevole con te tanto quanto i tuoi baci" rispose Justin e nella penombra giurò di vederla arrossire. Annie combatteva contro se stessa per rimanere seria, vigile e pronta alle provocazioni di Justin. 
"Che strano, potrei dire la stessa cosa di te." le venne da rispondere. 
"Allora siamo degli ottimi baciatori ma dei pessimi dialoganti?" 
"Può darsi. O forse ci stiamo sul culo, molto più semplicemente."
Justin scoppiò a ridere a sentire quella frase. Anche Annie, al pensiero di averla detta, iniziò a ridere. 
"Io, di sicuro, ti devo stare molto sul culo." Justin tornò serio. 
"Non dire cagate, fin'ora ti ho trattato come tratterei chiunque fosse al tuo posto."
"Questo è un altro dei motivi per cui siamo qui, credo."
"Che vuoi dire?" Annie lo fissava e le piaceva vederlo concentrato sulla guida.
"Mi piace come mi sento quando sono con te: normale." spiegò lui. 
"Be, se ti piace così tanto allora posso trattarti anche peggio!" E insieme risero ancora.
"Sei peggio di così? Aiuto!" disse Justin. 
"Non hai visto niente..." sussurrò con tono ironico e misterioso Annie. Justin non rispose, erano sul ponte e voleva che quel momento fosse perfetto per Annie. Infatti lei, col cuore in gola e la fronte sul finestrino, si incollò al panorama. Dietro si lasciavano New York illuminata e si avvicinavano piano all'oscurità e alla tranquillità dell'altra parte del fiume. Con quel bolide li non ci misero molto ad arrivare a Staten Island. 
"Sicuro di voler venire nel mio quartiere con questo mostro di macchina?" chiese Annie.
"Perchè?"
"No, lo dico per te, non passano macchine come questa, qui."
Justin scosse il capo e Annie gli indicò la strada fino a che arrivarono in una via piena di casette indipendenti una di fianco all'altra. Piccoline ma graziose. Parcheggiarono di fronte al portoncino di casa di Annie e calò il classico silenzio imbarazzante. 
"Questa è la mia reggia." scherzò Annie indicando la sua casa. Era piccola anche da fuori. Tutta su un piano, entrando finivi su un salotto piccolino composto da divano, di fronte una tv, e dietro una cucina e un tavolo giusto per due persone. Superando il tutto la casa creava un piccolo corridoio che portava nella camera da letto, con un bagnetto. Per Annie non c'era niente di più bello della sua casa, ma sapeva bene che per Justin quella poteva essere al massimo una cabina armadio. 
"È adorabile già da fuori." disse lui con un sorriso. 
Fuori, il silenzio fu interrotto da una porta che si apriva e si chiudeva e, d'istinto, entrambi si chinarono, come fossero una coppietta di ragazzini che si nascondevano dai loro genitori. Lì, accovacciati, di nuovo molto vicini, risero.
"Questa macchina attira troppo l'attenzione." osservò Annie. 
Di tutta risposta Justin prese il cellulare e compose un numero. Annie lo guardò incuriosita. 
"Ehi Jack! Ah, cazzo, amico! Che piacere. Si tutto alla grande. Senti sono...Dov'è che siamo?" si rivolse ad Annie che gli disse l'indirizzo. Lui lo ripetè all'interlocutore. Annie era sempre più curiosa. "Senti, mollo qui la macchina con le chiavi dentro, puoi venirtela a prendere che qui da troppo nell'occhio..." stava dicendo Justin. Cazzo! Questo è fuori di testa, pensò Annie. 
"Ho un amico di qui. Possiamo fare due parole sulle tue scale senza che nessuno venga attirato dall'auto, no?" spiegò Justin una volta terminata la chiamata. Annie non disse nulla mentre scendevano dalla macchina. Tirò fuori le chiavi di casa e le infilò nella toppa.
"Ehi, che fai? Pensavo..." 
"Tu pensi troppo. Non ho voglia di farmi venire il culo quadrato su uno scalino. E poi, se non è la tua auto ad attirare attenzioni, sei tu." disse Annie aprendo la porta. "Entra!" concluse infine davanti alla faccia confusa di Justin. Lui sembrò sollevato mentre, dando un'ultima occhiata all'auto, varcava la soglia. 
L'ambiente che lo accolse non era certo a quelli a cui era abituato. Ma era così accogliente che gli piacque tanto. Si sentì a casa, e tutto era come Annie: ordinato, semplice, bello, buffo. I suoi pensieri positivi vennero invasi dall'angoscia di essere scoperto, seguito, e si agitò. In un luogo così caldo, confortevole e intimo non avrebbe accettato i paparazzi. Quel posto era così puro che lui non doveva permettersi di entrare, mettendo a rischio la quiete di quella casa e di Annie. Si dovette calmare per forza quando, da fuori, sentì il rumore del motore della sua auto andare via.
"Dove la porta?" chiese Annie.
"Non so bene dove siamo qui, ma ha detto di non essere lontano. Comunque lo chiamo e me la riporta appena..." non terminò la frase. Appena cosa? 
"Appena finisci di fare il tour del mio castello?" scherzò Annie "Allora chiamalo pure, è tutta qui" e rise. Justin sentì sciogliersi i nervi e si impostò di stare tranquillo. La sua auto era al sicuro nel garage di Jack e nessuno poteva averlo visto li. 
"È adorabile anche dentro" commentò. Annie gli porse una bottiglia di birra gelata. 
"Allora, cos'è che ci dobbiamo dire di tanto serio?" chiese Annie dopo che entrambi buttarono giù qualche sorso di birra. 
"Forse il problema è che non riusciamo a dirci nulla di serio se non cattiverie." rise Justin. Anche Annie lo seguì a ruota. 
"La sincerità è la base di tutto" disse Annie cercando di rimanere seria, con scarsi risultati. 
"Appunto, allora dimmi cosa odi tanto di me. La mia musica?" 
"Non conosco la tua musica." Confessò Annie. 
"Be, allora cos'è?" incalzò Justin.
"Ma non ti odio. Ci siamo baciati e mi sono solo chiesta come mai siccome io, forse, potrei a malapena essere il prototipo di ragazza di una lesbica fallita, obesa e brutta, che essere gay è la sua ultima possibilità di non rimanere zitella a vita, possa essere baciata da te se non per il puro piacere di approfittarsene, ecco" spiegò Annie tutto d'un fiato facendo poi un lungo sorso della sua birra. 
"Ti sottovaluti molto, sei così carina invece." Justin sembrava offeso dalle parole di Annie. 
"Ok, ho esagerato, ma due domande me le sono fatta."
"Che credi? Anche io. Su di te, ma già lo sia. E pure su di me, cosa mi sia preso esattamente."
"E...?" Annie stava forse per riceve una risposta. Justin rimase in silenzio, come se volesse elaborare bene la risposta e intanto la guardò. Le parve proprio buffa e carina, seduta sul divano a gambe incrociate, come una bambina. Anche Annie lo fissava, mentre stava appoggiato al davanzale della finestra dove prima aveva osservato la sua auto sparire. 
Di scatto, Justin appoggiò con un movimento secco la bottiglia sul davanzale, senza smettere di guardarla.
"E niente." rispose asciutto, staccandosi dalla finestra e andando deciso verso Annie. Lei alzò le sopracciglia come volesse dire "E niente cosa?" ma non ebbe tempo ne di dirlo, ne di fare niente siccome le mani di Justin la stavano afferrando, alzandola dal divano. Annie alzò lo sguardo e incastrò i suoi occhi in quelli di Justin. Adesso, senza tacchi, era decisamente più bassa di lui. 
"E niente cosa?" sussurrò lievemente sperando di riuscire a fermare tutto quello che sarebbe potuto accadere, ma ormai le loro labbra si sfioravano, si toccavano, si divoravano. E lì, protetti da quelli quattro mura, il loro bacio prese una piega diversa rispetto ai precedenti: era umido, molto umido e passionale. Annie sentì il suo corpo incendiarsi, letteralmente, mentre era premuto contro quello di Justin. Entrambi potevano sentire il desiderio dell'altro attraverso i vestiti. Justin posò le mani sui fianchi di Annie stringendola ancora di più a se. Accarezzandola si insinuò nella salopette e finalmente potè toccare la sua pelle, la sua schiena. Quel tocco inebriò Annie che aveva sempre meno fiato. Come se Justin l'avesse percepito, si staccò dalle sue labbra lasciandola respirare, incominciando così a baciarla sul collo e sulle spalle. Annie sentiva di perdere piano piano il controllo, e con le labbra di Justin sul collo sommate alle sue mani che le accarezzavano la schiena, non riuscì a trattenere un piccolo gemito. 
Quest'ultimo suono proveniente dalla bocca di Annie fece impazzire Justin che con le mani aumentò la pressione sul corpo della ragazza, stringendola. Piantò i suoi occhi su di lei. 
"Non hai ancora visto la camera" ansimò Annie e si sorprese lei stessa di quella frase. Justin sorrise e la baciò ancora, dolcemente. 
"Vediamola, e poi giuro che chiamo Jake e mi faccio riportare la macchina" le disse tra un bacio e l'altro. Intanto Annie, arrancando in modo buffo, iniziò a recarsi in camera, senza smettere di baciare avidamente quelle labbra. Una volta sulla soglia della camera da letto Justin si interruppe e si voltò verso la casa vuota.
"Chi vuole interromperci lo faccia ora o taccia per sempre" disse in tono solenne. Annie rise e, ovviamente, nessuno diede risposta. Justin, sorridente, tornò a guardare Annie e ricomincio a baciarla, prima sulle sue deliziose fossette dovute al sorriso e poi sulle labbra. Tornò ad accarezzare il suo corpo. Anche Annie infilò le mani sotto la camicia di Justin e in un attimo si ritrovarono catapultati nel letto, eccitati e sorridenti. 
Quella notte nessuno gli avrebbe interrotti, nemmeno le loro coscienze. 

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Capitolo 5
*** Emozioni a Staten Island. ***


Annie stava sognando di essere in una sala piena di tavoli colmi di sushi. Amava il sushi! Con l'acquolina in bocca stava riempiendo il suo piatto quando un rumore lontano iniziò fastidiosamente a distrarla da quel fantastico cibo. Provò a concentrarsi, ma niente, quel rumore continuava, imperterrito, sembrava il muggito soffocato di una mucca, allora capì che doveva un attimo lasciar perdere quei tavoli pieni zeppi, e quando il rumore aumentò, e da lontano sembrava molto vicino, aprì gli occhi. Cazzo! In cinque secondi Annie realizzò poche cose, ma tutte fondamentali: era a casa sua, nel suo letto, un telefono stava vibrando da qualche parte per terra e vicino a lei Justin Bieber dormiva come un ghiro. Erano rientrati alle quattro e mezza del mattino e aveva fatto l'amore fino a quando l'alba non era entrata prepotente tra le tapparelle. In quel momento lì erano crollati, appagati e felici. Annie non ricordava di essersi addormentata così bene di recente. Saltando giù dal letto si infilò i suoi slip e una maglietta al volo, iniziando a seguire la vibrazione del telefono. Sembrava un cane da tartufo, così, a quattro zampe sulla moquette beige. Eccolo! Lo trovò, era il suo telefono, nascosto sotto alla salopette che indossava la sera prima. Stava facendo tutto quel casino perchè era a contatto con un bottone, altrimenti col cazzo che l'avrebbe sentito vibrare sulla moquette. 
Come sospettava, era Mary, allora uscì dalla camera accostando la porta. 
"Mary..." disse, già con tono rassegnato. Guardò l'ora in cucina, erano le undici del mattino. 
"Ehi, Ann... Come va?" Mary aveva un tono lievemente imbarazzato. 
"Scusa per il casino di ieri sera" Annie ignorò la domanda aspettandosi un licenziamento immediato. 
"Macchè, tranquilla! Scooter ha già chiamato l'azienda, è tutto a posto, stasera torneranno. Ho allungato l'orario a Martin e Clara, così possiamo riposarci e aprire io e te, stasera" disse, sciogliendosi e sembrando addirittura allegra. 
"Io... Suppongo possa andare ben... Un momento!" Annie capì cosa c'era di strano "come fai a sapere che Scooter ha già chiamato l'azienda?" chiese con fare inquisitorio. 
Mary non rispose. Silenzio di tomba che insospettì Annie ancora di più. Insomma, potevano essere due cose: uno, si erano sentiti in mattinata, magari ieri sera si sono scambiati il numero per aggiornarsi in tempo reale senza trovarsi impreparati davanti a domande da parte dell'azienda, siccome si era deciso di rifilare una balla o, due, quei due erano insieme. Adesso. E lo erano da ieri sera, da quando Annie e Justin se n'erano andati, lasciandoli lì in negozio con il compito di distruggere le riprese delle telecamere. Impossibile, pensò Annie. Ma Mary non rispose.
"Ho visto quel filmato." disse, invece. 
Annie sarebbe voluta sprofondare. Che vergogna! In più, ora che ci pensava bene, lei era sul posto di lavoro, in orario lavorativo, con la sua responsabile presente, e con uno sguardo alle telecamere la si poteva vedere intenta a divorare le labbra di una celebrità, invece che spillarli fino all'ultimo centesimo. Era licenziata, se lo sentiva, Mary stava solo cercando le parole migliori per dirglielo. E la capiva, anche lei ne avrebbe dovute trovarne di parole per dire alla sua famiglia che sarebbe tornata, sconfitta. Tre mesi e New York aveva vinto. 
"Mary, se sarò licenziata dopo che Justin farà 'sto shopping notturno, ti prego di dirmelo!" squittì Annie. 
"Licenziata? Ma che cosa dici, scema! Figurati se ti licenzio. Il filmato è al sicuro, l'azienda si è bevuta il due di picche di Justin e tutto è rimandato a stasera, te l'ho detto. Ah, e puoi dirlo tu a Justin? Scooter lo sta chiamando da mezz'ora, ma non risponde." Incredula era dire poco. Dovette riordinare un attimo i pensieri prima di dire qualcosa.
"Dirglielo io? Aspetta. Cosa ne sai che Scooter lo sta chiamando da mezz'ora e cosa ne sai che potrei dirglielo io?" 
"Perchè sono insieme quei due..." mormorò una voce alle sue spalle che la fece sobbalzare. Non era abituata ad avere gente per casa, soprattutto di mattina. Appoggiato al muro e decisamente ancora rincoglionito dal sonno, Justin si sfregava gli occhi con una mano, mentre l'altra teneva il cellulare sopra l'orecchio. Annie lo fissò per qualche secondo sbigottita, senza sapere se era per il fatto che aveva un Justin Bieber dormiente in cucina o se perchè le aveva appena detto che Mary era (ancora?) insieme al suo manager. 
"Mary? Sei con Scooter? Da ieri sera?" non riuscì più a trattenersi.
"Potrei chiederti le stesse cose" e scoppiò a ridere, e qualcuno vicino a lei anche. Oh Madonna Santissima! Non era possibile. Se già nessuno avrebbe creduto mai alla notte di fuoco e fiamme di Annie con Justin Bieber, figurarsi se mai lei avesse aggiunto "E pensa che allo stesso tempo la mia collega se l'è fatta col suo manager!"
Annie attese che la ridarola di Mary terminasse, decidendo di evitare domande e risposte scomode. Infatti nessuna disse niente di preciso all'altra, e si diedero appuntamento alle undici di sera davanti al negozio. Anche Justin e Scooter, a quanto pare, non si erano detti grandi cose. Annie intuì solo che Scooter gli fece molte raccomandazioni e, anche per loro, appuntamento la sera in negozio. In cucina calò il silenzio. Annie era imbambolata, in mutande, e Justin pure, assonnato, in jeans e a petto nudo. E infine risero. Annie si immaginò Mary sotto le coperte con Scooter e Justin immaginò l'inverso. 
"Non ci posso credere!" Annie riusciva a dire solo questo, tra una risata e l'altra. 
"Nemmeno io. Come non potevo credere di passare una notte così, ormai, eppure..." aggiunse, finalmente, avvicinandosi ad Annie. La cinse con entrambe le braccia e l'attirò a se, baciandola. "Buongiorno" sussurrò poi. 

Buongiorno? Oh cazzo! 
Justin si stava facendo la doccia mentre Annie stava facendo a pugni con i suoi pensieri, seduta sullo scalino di casa in compagnia di una sigaretta. 
Doveva ricapitolare, bene e in fretta. Tutto l'astio e le frecciatine che si era lanciata con Justin erano sfociate in una lunga notte d'amore. Come poteva avere un senso tutto ciò? 
Annie non faceva sesso con qualcuno da sei mesi buoni. Aveva lasciato l'Italia e con essa una storia d'amore della durata di tre anni con un ragazzo più grande di lei di dieci anni. L'aveva amato e stra amato, ma lei voleva qualcosa di più. Voleva andarsene, viaggiare, fare ancora esperienze. Lui, ovviamente, non la seguì. D'altronde, uno della sua età, con una casa e un lavoro, dove voleva andare? Stava tanto bene dov'era. Annie però ci aveva sperato di poterlo avere al proprio fianco. Per un attimo ne fu anche convinta. Poi quando l'idea della partenza si fece più solida e concreta, lui le voltò le spalle piano piano, fino a quando, senza neanche bisogno di dirlo, lei capì che era finita. 
Il tempo di tamponare le ferite e, Annie, partì. Un dolore così grande come la fine di un amore dovrebbe essere vissuto da tutti come lo aveva vissuto lei: partendo. Per un nuovo mondo, dall'altra parte del mondo, eccitata e da sola. Tutto ciò mischiato bene la fece arrivare a risultati stupefacenti: poggiato il culo sull'aereo, il suo ex amore era scomparso dalla sua testa come un pensiero superfluo. Poggiati i piedi a New York, neanche ricordava più il suo nome, i tre anni di convivenza e il pechinese di sua suocera! Un'ottima terapia. 
Annie raramente era stata sola. Solitamente, finito un amore, ne iniziava un altro. Non perchè fosse una sprovveduta o una poco di buono, ma per il semplice fatto che era stata con uomini meschini. Tutti le avevano almeno fatto un torto, lei li perdonava, ma poi nel mentre trovava qualcuno che le sembrava meno peggio, così lasciava finire la storia e si buttava a capofitto nell'altra. Quest'ultima invece non andò così. Non aveva subito nessun torto per quanto ne sapesse e per la prima volta nella sua vita era scappata da una relazione che tutto sommato andava bene e sarebbe potuta continuare ad andare bene, senza che ci fosse qualcun'altro ad attenderla. Quando ci pensava, Annie, era dispiaciuta. Quella persona le sarebbe mancata, sempre, e sapeva che sarebbe potuta esserci tranquillamente al suo fianco. 
Annie aveva una capacità di adattamento molto acuta. Per questo non si era fatta problemi a partire, neanche lasciare cose importanti, dimenticarle. Non tutti sono così. A New York si era adattata subito. Ci sono talmente tanto cose da vedere, fare e gestire che non hai nemmeno il tempo di chiederti se stai facendo la cosa giusta. 
Era molto pensierosa mentre fumava la prima sigaretta del giorno. Non era abituata a flirtare da un po, tantomeno con una persona come Justin. Non ricordava come fosse spogliarsi di fronte a qualcuno per la prima volta. Con lui era stato tutto molto dolce. Era stata bene psicologicamente e fisicamente parlando. A ripensare alle labbra di Justin su tutto il corpo, un brivido le percosse la schiena e per un attimo fu tentata di mandare a fanculo la ragione di nuovo e fiondarsi sotto la doccia. Ma si trattenne. 
Su una cosa erano entrambi d'accordo: era tutto clamorosamente sbagliato. Almeno, fino a ieri era così. 
Annie prese il cellulare e cercò Justin Bieber su Instagram: decine e migliaia di foto di lui bellissimo le invasero lo schermo del cellulare. Aveva qualcosa come diciassette milioni di followers. Ora più che mai si rese conto che aveva a che fare con qualcosa di troppo grande. Justin Bieber non sarebbe dovuto stare sotto la doccia di casa sua. Avrebbe dovuto, se proprio doveva succedere, scoparsela e poi andarsene senza neanche dirle ciao, così si sarebbe sentita una poco di buono, ma almeno non si trovava li, come ora, a lottare con mille pensieri. Lui avrebbe dovuto abbandonarla mentre ancora dormiva, senza lasciare tracce, e quando lei si sarebbe svegliata, senza vederlo, e avesse aperto Instagram avrebbe dovuto vedere una foto di lui insieme a una di quella sventole modelle che già sono presenti in molti suoi selfie, in modo da farle intendere: ne ho una diversa ogni ora. Così lei l'avrebbe presa saggiamente, come una scopata qualsiasi, come già le era capitato, e fine della storia. 
Invece lui, non solo ci aveva fatto l'amore in modo dolce, passionale e coinvolgente, ma era rimasto li, le aveva sussurrato buongiorno abbracciandola e si stava facendo una doccia nella sua doccia, una piccola, misera e umile doccia da novecento dollari di stipendio al mese coi quali mantenere un affitto, un abbonamento ai tram e lei stessa. Dov'era la fregatura? Anche nella cose che già ti sembrano uno scherzo della natura c'è sempre la fregatura, figurarsi in quelle che sembrano uscite da La Bella e La Bestia. 
"Qualcosa di curioso sul mio profilo Instagram?" Annie si spaventò per la seconda volta in un'ora, ma stavolta perchè era in soprappensiero. Si alzò di scatto trovandosi Justin in piedi sull'uscio e per paura di farsi vedere da occhi indiscreti, lo spinse dentro.
"No, a parte che piaci a diciassette milioni di persone" rispose Annie, prendendolo in giro. 
"E non tutti hanno Instagram" si pavoneggiò lui.
"Certo, a dodici anni si è ancora troppo piccoli per un cellulare" lo seccò Annie compiacendosi da sola per la battuta. 
"Non dirlo troppo forte che potrebbero sequestrartelo allora" iniziò lui. Annie fece per controbattere ma poi si fermò. Pensava davvero che fosse più piccola di lui? Vicino a lui, chiunque le avrebbe dato tranquillamente 18 anni. In quel momento, dopo aver passato una notte di fantasesso (fantastico sesso!) insieme a Justin Bieber, non solo Annie si ricordò che tre anni li divideva, ma si ricordò che lui non lo sapeva. Senza dire una parola, prese il suo passaporto e glielo passò. Sorridendo confuso per quel giochino strano, lui lo aprì chiedendole cosa doveva guardare. Poi, curioso di sapere comunque qualche dato in più, diede un'occhiata a tutto e, come Annie aveva previsto, arrivato alla data di nascita spalancò gli occhi incredulo. La guardò e tornò sulla data. Così per dieci volte, almeno, prima di riuscire a dire qualcosa. E quel qualcosa fu "Come mai non mi hai ancora preso per il culo con 'sta storia che sei più grande di me di tre anni?" ed Annie si sentì sollevata. Sembrava averla presa bene.
"Perchè prima dovevi saperlo, e ora che lo sai è la morte tua!" spiegò lei. 
"Cazzo... Non l'avrei mai... Cioè, merda, non puoi avere ventitrè anni. Sei li, tutta piccolina, com'è possibile?" farfugliava ridendo.
"Anche mia nonna è piccolina ma ha ottantuno anni, che c'entra?!".
Justin rideva di gusto e poi passò a prenderla per il culo riguardo alla foto imbarazzante del passaporto. Aveva i capelli lunghi, castani e la faccia bella piena, rispetto ad ora che con il capello corto, infatti, stava da Dio.
"Pesavo dieci kg in più li, ci credo che ti fa ridere!" protestava la ragazza. 
Prendendosi per il culo a vicenda arrivò in fretta l'ora di pranzo. Annie voleva parlare seriamente di cosa era accaduto ma non sapeva come cominciare. Justin non dava segno di aver qualcosa da dire e soprattutto, non dava segno di andarsene. Possibile che uno come lui non avesse niente di meglio da fare che starsene isolato in un quartiere alle porte di New York? Aveva pensato a qualche frase, ma tutte le suonavano male. Ehi, Justin, che fai oggi di bello? Ehi, nessuna intervista oggi? O ancora, Ehi, oggi non lavori? Che tra l'altro era buffo. Che lavoro faceva? Stava seduto in una stanza a comporre canzoni? Se così si possono definire. 
Invece, ad un certo punto, lo chiese lui ad Annie.
"Alla fine che ti ha detto la tua collega? Oggi non lavori?"
"No. Vado lì stanotte perchè qualche ricco rompicoglioni vuole fare shopping tranquillo" rispose Annie, lanciando l'ennesima frecciatina.
"Bene, allora possiamo andarci insieme direttamente da qui dato che il rompicoglioni sono io!" rise Justin. 
Ecco svelato cosa aveva intenzione di fare dopo quella nottata: niente. Stare li, bivacchiare in casa sua. Annie si sentì imbarazzata e confusa. E aveva un urgente bisogno dell'aiuto di Emma. Con la scusa di preparare un pranzo italiano, Annie si appartò in cucina abbandonando Justin sul divano che tra Iphone e Mac si mise a fare qualcosa. Tra un movimento e l'altro iniziò la chat tra Annie e Emma.
"Emma, SOS"
"Dimmi Ann, tutta orecchie"
"Tu cosa faresti se uno venisse dolcemente a letto con te conoscendoti appena e il giorno dopo piantasse le tende in casa tua senza però chiarire la sua posizione all'interno del TUO habitat naturale? Sapendo per di più che ha la possibilità di fare cose molto più importanti, belle e interessanti che starsene sul tuo divano?"
"Oh cazzo, fammi pensare. Che hai combinato?"
"Pensa in fretta: sono nella situazione che ti ho appena descritto!"
"Sto pensando! Be, se è rimasto li penso sia una cosa positiva, meglio che averti portata a letto e poi abbandonata con ancora il preservativo infilato!" 
"Emma! Come devo iniziare il discorso ehi allora come rimaniamo?" 
"Non lo so, è una vicenda strana! Siete stati a letto senza nemmeno conoscervi! Che ti dice la testa?"
"Una svista, ma non può di sicuro continuare"
"Perchè? Hai fatto trenta, fai trentuno, al massimo andrai a dormire meno sola qualche notte"
"Non hai capito di chi stiam parlando, vero?"
Il "sta digitando..." di Emma andava e veniva. Parve durare una eternità nella quale Annie tagliuzzò i pomodorini freschi e li mise a rosolare in padella con un po di cipolla.
"Mi stai dicendo che Justin Bieber non solo ti ha portata a letto stanotte, ma che ora sta anche cazzeggiando sul tuo divano mentre tu cucini come la moglie perfetta?!"
"Mmmh, si."
"Oh cazzo Ann ma sei seria?"
"Mmmh, si."
"E non vi siete chiariti sull'argomento sesso? State facendo come se nulla fosse, come se fosse normale scopare con Justin Bieber e poi preparargli pranzo? Come se fosse normale andare a letto con una qualunque e poi mettere le tende nel suo appartamento che, tra l'altro, per lui sarà come stare in uno sgabuzzino?!" 
"Mmmh, esatto."
"Oh cazzo, ma come è successo? Raccontami ti prego!"
"Era il ricco rompicoglioni dello shopping notturno di ieri sera. Poi mi ha accompagnata a casa e sai bene come è andato il resto."
"Annie, devi chiedergli qualcosa."
"Si, ma cosa?"
"Perchè sei venuto a letto con me? ad esempio"
"Ma che brutto Emma!"
"Lo so, bruttissimo, ma questo non è un impiegato normale che appena vi salutate ti lascia il numero e ti whatsappa frasi dolci nell'attesa di una seconda notte di fuoco!" 
"Lo so..."
"Questo va in giro per il mondo, per quanto ne puoi sapere domattina potrebbe avere un volo per Londra e ciao ciao"
"Effettivamente..."
"Per come è abituato magari potrebbe essere normale andare a letto con una e poi non abbandonarla all'instante, tanto comunque se ne andrebbe, perciò ti abbandonerebbe più tardi!" 
"Che brutto..."
"Oddio, sei una cretina! Fai in modo che per te non sia stata una notte magica come sospetto che sia e chiedigli del perchè si è concesso ad una sfigata come te, per favore. Ci manca solo che la mia migliore amica versi lacrime per un bambino e davvero stavolta uccido"
"Grazie, tu si che sai tirarmi su. Ti faccio sapere, bolle l'acqua ora!"
"Mamma mia, Dio aiutala. A dopo tesoro!"


"Questa pasta è buonissima!" esclamò Justin mangiando di gusto pasta tonno e pomodorini. Annie era seduta di fronte a lui e lo scrutava.
"Quanto ti intrattieni da queste parti?" azzardò.
"Ancora una ventina di giorni, devo lavorare ad un pezzo e sbrigare altre cose come interviste, incontri e quant'altro" spiegò Justin. 
"Dove vai poi?" chiese azzardando ancora, con un nodo in gola.
"California, Canada, Brasile... Un pò di giri" disse lui, vago. 
Quindi prima di venire abbandonata come le classiche storie da una botta e via, Annie aveva ancora tempo. Precisamente fino alla fine dello shopping di Justin, siccome, come aveva detto Emma, sicuramente lui non le avrebbe dato il suo numero con dolci intenti futuri. Era stata una cretina, non poteva semplicemente sentirsi soddisfatta della sana sveltina e basta? Perchè i pensieri le martellavano il cervello? Forse perchè le sembrava di conoscere quella persona da sempre. Capita di sentirsi così con qualcuno. Ma sono sensazioni che ti fanno affezionare alla persona, e se la persona è sbagliata allora sei nei guai. 
"Senti, io ti devo chiedere una cosa..." 
Annie cadde dal pero. Lui doveva chiedere una cosa a lei? E glielo diceva con quel tono nervoso e impacciato? Uno abituato ad andare a letto con le ragazze più belle del mondo? Aveva visto tutte quelle modelle ritratte nelle sue foto di Instagram, ed era sicura che andasse a letto con ognuna di loro. Lui doveva chiedere una cosa a lei, quando era lei ad avere il cervello colmo di pensieri? 
"Dimmi." disse, seria, poggiando la forchetta sul tavolo e preparandosi ad una cosa tipo Stanotte ci siam divertiti eh! Spero che sia stato per te come lo è stato per me, ovvero un episodio da nulla. Insomma, tu avevi voglia, io pure e tac. Molto bello, se vuoi replichiamo, ma senza impegno eh! Con una stretta di mano alla yo bro! per completare il tutto. 
"Come mai sei venuta a letto con me, stanotte?" le chiese lui con un sorriso davvero amabile. Annie momenti cadde dalla sedia. Dovrei essere io a chiedertelo, pensò. 
"Veramente io..." balbettò insicura "Io non lo so, penso... Penso per il motivo che spinge una persona ad andare a letto con un'altra persona: l'attrazione, la complicità, il piacersi" spiegò tutto d'un fiato. 
"Capisco... Sai che una volta girava un video di una escort che mi riprendeva mentre dormivo, una mattina dopo aver..." e lasciò morire li la frase. Annie se lo ricordava. Aveva visto molte parodie di gente che si inquadravano dicendo cattiverie e poi voltavano la telecamera verso un letto occupato da Justin, dormiente. Anche molte fan avevano preso il video, riprendendosi al posto di quella che diceva di essere una escort e di aver passato una notte di sesso con lui. Solo che non riusciva a capire il nesso di quella vicenda con lei, o forse si. Lo stava iniziando a capire insieme ad un livello di collera spropositato. 
"Come, scusa?" provò a chiedere cercando di mantenere la calma. Magari si era espresso male. Magari voleva solo raccontarle quel buffo e imbarazzante episodio, magari quell'esimia testa di cazzo non stava insinuando che lei fosse una escort e che avesse nascoste in camera delle telecamere pronte per un nuovo film erotico con lui protagonista. 
"Ti prego, non arrabbiarti, stavo vaneggiando. Sono un po nervoso, dopo tutto quello che mi è successo, non mi capitava da..." Provò a spiegare Justin intuendo l'irrequietezza di Annie. Non voleva che esplodesse. Si era espresso male, forse. 
"Forse avresti dovuto pensarci prima di sguinzagliarlo, che dici?" E forse era troppo tardi. "Certo che è proprio triste essere uomo! Ragionare col cazzo e poi essere assalito dai dubbi amletici! Oddio, sono Justin Bieber e il mio pene ha preso decisioni proprie un'altra volta, adesso cosa può accadermi? Finirò su youporn? Fai pena, Cristo!" il tono della voce di Annie si alzava piano piano. Lei, invece, era già in piedi. Questa volta Justin non trovò divertente la sua sfuriata. Era davvero arrabbiata e lui si sentiva davvero un coglione. 
"Io non stavo dicendo che tu..." provò a dire ma era inutile.
"Non mi interessa cosa non stavi insinuando, perchè invece è così. Sei solo un coglione, hanno ragione tutti! Dimmi, quante scopate hai fatto senza venire assalito dai dubbi, eh? Che tristezza! Sei famoso e neanche dal punto di vista sessuale sei agevolato! Io ti ho spiegato come una cretina come mai sono stata a letto con te, mentre tu non solo non hai un perchè, ma ti chiedi anche se hai fatto bene o male, per la tua stupida immagine!" 
"Sei seria solo quando devi dirmi stronzate, lo sai?" 
"Ci mancherebbe che te le dica in versione comica, ma se vuoi posso provarci!" 
"Vabbe..." disse lui alzandosi, pronto per andarsene a quanto pareva "scusa se ho provato per un attimo ad iniziare un discorso serio con te. Volevo solo dirti quanto ero perplesso ma felice di aver passato una notte così bella, con una ragazza normale e meravigliosa, e che non mi capitava da tempo siccome anche in questo ambito, il sesso, devo sempre stare attento, ma con te non si può dire un cazzo che subito tiri fuori delle cattiverie assurde." prese il cellulare e scrisse un messaggio. "Dopo ieri sera al tuo negozio non mi è venuto in mente una sola volta il dubbio che tu potessi intaccare la mia stupida immagine in qualche modo, anzi, ti dirò di più, ho anche io un perchè alla nostra nottata: attrazione, il piacersi, il sentirmi voluto per la prima volta per come sono e non per chi sono. Grazie tante, davvero!" e si mise alla finestra, in attesa della sua auto. 
Annie si sentì morire dalla vergogna. Risentì le sue parole nella testa e si chiese da dove le fosse uscita tutta quella cattiveria. Ok, lui non le stava giurando amore eterno, ma era stato bene con lei, lo aveva fatto perchè le piaceva, magari sarebbe finita comunque, ma lei aveva lo stesso rovinato tutto. Come sempre. Sempre questa tendenza di far scappare a gambe levate il malcapitato! Dannazione. 
Justin fissava nervoso il suo cellulare nell'attesa che l'amico confermasse la consegna della sua auto. Sembrava non stesse rispondendo. 
Annie era la persona più orgogliosa di questo mondo, ma sapeva di aver perso. E poi, davvero, che importava se lui un giorno fosse partito, sparito, o che altro? Erano stati così bene che perchè rovinare tutto? Se doveva succedere una cosa tanto valeva rimanere con un bel ricordo una volta finita. Annie aveva la soluzione sotto agli occhi e invece aveva rovinato tutto. Emma aveva ragione, doveva prenderla con leggerezza. Mica si doveva sposare! Mica doveva decidere se staccare la spina ad un malato in coma vegetativo! Doveva solo avere a che fare con un ragazzo fuori dal comune fino a quella sera, che le importava se lui intanto avesse una ragazza in ogni continente? Perchè, lei non poteva avere qualcuno prima, durante e dopo di lui? Capì all'istante che doveva scusarsi. 
"Giuro solennemente di non essere mai stata così cogliona nella mia vita, davvero. Guarda, fai bene. Scapperei anche io di fronte ad una pazza come me. Va' pure, anzi, va' solo!" disse, perplessa di se stessa. 
"Jake non può portarmi la macchina..." sbottò lui leggendo un sms "ti stai per caso scusando?" chiese guardandola beffardo. 
"Scusando? Ma va. Mi sto letteralmente vergognando, sotterrando, umiliando, perchè davvero, che cogliona"
"Non esageriamo!" sorrise Justin.
"No, davvero. Mi stupisco di me stessa per questo show così ridicolo quando le cose sono semplici, in verità."
"Ah si? Cioè?" 
"Cioè che prima di essere Annie Ardes e Justin Bieber, siamo persone, e le persone possono finire a letto, per un motivo o per un altro, ma può capitare. A noi è capitato e..." 
"Ti è bastato?" la interruppe Justin. Posò il suo sguardo su di lei. Erano entrambi ancora come appena svegli. Lei in mutande e maglietta, lui in jeans, a petto nudo. Annie si sorprese e si imbarazzò per quella domanda, ma il suo sguardo la eccitò. Decise che non le interessava nulla. Se volevano giocare, lei avrebbe giocato. Se era una cosa che li faceva stare bene, perchè no? Se domani ognuno avrebbe continuato le proprio vite, perchè non approfittarne ora? Ora, adesso, subito. 
E questa volta fu lei. Si avvicinò a lui con lo sguardo languido, sorridendo. Gli posò decisa le braccia al collo, incollando il bacino al suo. 
"Alle undici devo essere in negozio, per colpa tua. Sono le tre, abbiamo circa sette ore per farcelo bastare" gli sussurrò in un orecchio. 
Justin riuscì solo a pensare a quanto incredibilmente eccitante fosse quella ragazza da mandargli così in tilt i sensi, prima di perdere del tutto il controllo e affondare le mani dappertutto su quel corpo piccolo e morbido. Andarono a sbattere diverse volte sul muro, baciandosi, prima di arrivare in camera e, in pace con se stessi e con le loro intenzioni, abbandonarsi ad una danza amorosa mai capitata prima, a nessuno dei due. 




Note dell'autrice: l'attrazione alle volte è così forte da annebbiare ogni sorta di ragione, e ora Annie e Justin lo sanno. Ma riusciranno a gestire qualcosa di troppo grande per loro senza dare nell'occhio? Si rivedranno dopo lo shopping notturno o sapranno mettere un fermo alle loro voglie senza rischiare di finire in prima pagina? Justin riuscirà a proteggere l'anonimato di Annie? Chissà.

Cosa ve ne pare? Cosa sarebbe bello accadesse ora? Fatemi sapere.
ItsAboutAGirl

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Capitolo 6
*** A mai più? ***


Entrambi fissavano il soffitto, distesi uno di fianco all'altra.
Annie si chiedeva, curiosa, a cosa stesse pensando lui. E Justin si chiedeva, curioso, a cosa stesse pensando lei. Erano nudi e le loro gambe erano rimaste intrecciate, reduci dal loro secondo atto amoroso, un po più caldo e spinto, rispetto al primo. 
Era stato così bello che entrambi avevano paura di dire qualcosa. Nessuno dei due voleva turbare l'altro dicendo una cazzata, siccome i loro discorsi erano sempre stati accesi fino a quel momento. Però se poi chiarivano in quel modo, non era affatto male. E questo lo pensarono maliziosamente entrambi. 
Erano le sei del pomeriggio. Entrambi non volevano sprecare quelle quattro ore a fissare il soffitto. E potrebbero giurare di avere ancora una voglia infinita, la si sente vibrare nell'aria pesante della stanza, piena di respiro affannoso, sudore, gemiti e rumori. Per scacciare questi pensieri insistenti, Annie si alzò senza dire nulla e andò ad aprire la finestra. Per quanto sarebbe saltata ancora volentieri addosso a Justin, pensava che era meglio spendere le ultime ore in modo serio e decoroso, parlando. Però che sesso fantastico aveva fatto con lui...! Basta. Si mise con il viso fuori dalla finestra abbandonandosi all'aria fresca estiva che si alzava sempre la sera. Poi pensò che era ora di spendere qualche parola, e iniziò a pensare a cosa dire. Potrei spezzare questo silenzio chiedendogli cosa vuole per cena, ma certo! pensò trionfa Annie. Si girò per cercare lo sguardo di Justin, appoggiandosi al davanzale. Era in mutande e prima di dire qualsiasi cosa raccolse la camicia di Justin da terra e se la infilò. Non si sentiva a suo agio a parlare con qualcuno con le tette per aria. Notò che lo sguardo di Justin era su di lei già da prima e pensò con imbarazzo che magari non se n'era mai andato. Era come se quegli occhi color caramello fossero famigliari e meravigliosi allo stesso tempo. Forza, Annie, devi solo chiedergli cosa vuole mangiare a cena. 
- Sei molto sexy con la mia camicia e vorrei prenderti sul davanzale, proprio lì, come sei adesso-
- Cosa vuoi mangiare per cena?- a Annie uscì di getto, perchè ce l'aveva sulla punta della lingua, perchè credeva che lui stesse zitto, perchè aveva pensato a quella frase negli ultimi cinque minuti e quindi, nonostante la frase molto esplicita di Justin, sembrò che lei con quella richiesta, avesse buttato al vento le parole di lui. Come se le volesse ignorare, ma non era così. A sentirle le si era acceso di nuovo il fuoco dentro, come quando quelle labbra la baciavano. Ricadde il silenzio nella stanza. E poi Justin sembrò ingoiare l'accaduto, in qualsiasi modo l'avesse interpretato, e sorrise.
"Ordiniamo cinese take away, ti va?" propose, alzandosi di sua volta e, dandole le spalle, si infilò i boxer. 
Annie guardò con attenzione la schiena ricurva di Justin intento a vestirsi, fece passare il suo sguardo lungo le braccia tatuate che l'avevano posseduta e all'improvviso fece una cosa. Non era da lei, timida com'era, ma non era del tutto cosciente. Era come se fosse telecomandata a distanza dalle sue emozioni. Si avvicinò lentamente alle spalle di Justin, le sfiorò con le mani. Lui ebbe un sussulto seguito dall'impulso di girarsi, ma qualcosa lo fermò. Forse intravide lo sguardo di Annie, che era calmo, pacifico, avido. Decide di lasciarla fare. 
Lei iniziò ad accarezzargli le spalle, la schiena e le braccia. Sostituì poi le mani con le labbra, e iniziò a baciare il suo dorso spesso, sentendo i muscoli irrigidirsi. Intanto si tolse la camicia ritrovandosi a petto nudo. Allora afferrò di nuovo le sue braccia e si spinse su di lui, e lo abbracciò da dietro. Erano di nuovo immobili, il seno di Annie spremuto dolcemente sulla schiena di Justin. Lei poteva sentire i battiti del cuore di lui, veloci e scostanti, e lui cercava di stare calmo sentendo le sue grazie appoggiate sulle sue spalle. Annie non era brava con le parole dolci. Voleva far capire a Justin che non aveva spazzato via la sua frase di prima, ma che era solo impacciata e timida da dire una cavolata frettolosa. Allora, invece che dirglielo, decise di farglielo sentire. E le sembrò che lui avesse capito, lo sentì eccitarsi ancora, e sorridere. 
"Cinese take away, va benissimo" sussurrò Annie con un orecchio appoggiato sul dorso di Justin, ancora in quella posizione. 


Il campanello suonò alle otto di sera, preciso. 
"Ehi, no! Che fai? Apro io, non voglio che ti riconosca il cinese!" lo ammonì Annie mentre tentava di spingerlo in cucina, lontano dall'ingresso e da occhi indiscreti, anche fossero a mandorla. 
"Ok ok, però voglio pagare io, tieni" sbuffò Justin schiaffandole una banconota in mano prima che lei potesse protestare o fare qualche scena. Il campanello suonò ancora. Che impazienti questi cinesi!


"Adoro!" esclamò Justin sorridendo con la bocca piena di riso e pollo. Annie annuì siccome ce l'aveva ancora più piena e rischiava di incombere in un effetto bomba. Justin la trovava buffa, non aveva mai conosciuto una ragazza così timida tanto da sfociare, a volte, in atteggiamenti di difesa che però la facevano passare per pazza isterica, ma non curarsi del fatto di darsi un contegno di fronte ad un ragazzo, mentre mangiava. Questo lo trovava troppo divertente e a volte si imbambolava a fissarla mentre divorava cibo. Si, perchè Annie non conosceva il mangiare lento, soprattutto se la fame era tanta. Lei divorava, vorace, fino a quando si sentiva piena. Il che accadeva presto, siccome quella foga la portava a riempirsi subito, con poco cibo. Inoltre, così piccolina, per saziarsi le bastava poco. Un perfetto piatto di riso con pollo in salsa agrodolce e piccante! 
Anche Justin trangugiò veloce il suo cibo e in poco più di quarantacinque minuti di riso e pollo non ne era rimasta alcuna traccia. 
"Quanto amo la sensazione di fame che viene soddisfatta?" ansimò Annie, con l'ultimo boccone in bocca, un po affiatata, massaggiandosi la pancia gonfia di cibo. 
"E questo è nulla, dovresti vedermi quando mangio sushi..." disse Justin.
"Oddio, io adoro il sushi! E lo mangio senza ritegno!" squittì Annie con gli occhi a forma di cuore al solo pensiero. 
"Davvero? Allora andiamo a mangiarlo insieme, una sera di queste."
"Una...una sera di queste?" balbettò Annie, confusa. Per un attimo pensò che lo shopping non fosse l'ultima volta che avrebbe visto Justin. Ma poi si rese conto che era impossibile, lui aveva sicuramente da fare, non avrebbe avuto mai e poi mai il tempo di uscire a cena con lei. 
"Si, perchè no? Se vuoi stare più tranquilla vengo qui e lo ordiniamo, ma ti porto volentieri anche fuori, scegli tu" spiegò lui calmo. Annie ordinò i suoi pensieri. Ok, lui voleva rivederla, cosa sbagliatissima alla quale lei però non avrebbe mai rinunciato. Maledizione. 
"Se conosci qualche sushi valido in città andiamoci, così lo tengo a mente per il futuro, non ne ho ancora trovato nessuno che mi piaccia, qui" disse tutto d'un fiato sperando di sembrare il più naturale possibile. Se non era in grado di porre fine a quel loro strano gioco, poteva almeno decidere saggiamente di stare fuori casa, così da non cedere a tentazioni pericolose. Un conto è soddisfare una forte attrazione, una volta, per poterla mettere a tacere. Un conto è approfittarne e far si che diventi un vizio. Un vizio è poi difficile e frustrante levarselo, e se si tratta di sesso con una super star è praticamente impossibile. Quindi, a malincuore, prese la decisione di passare un'altra serata con lui, se non avesse cambiato idea, ma fuori. E lui accettò, senza dar segno di aver intuito il ragionamento sconnesso e folle di Annie. 

Alle undici in punto erano fermi in macchina davanti all'entrata del negozio di Annie, in attesa di Mary e Scooter. Le luci, dentro, erano spente.
"Sono in ritardo quei due, non ci credo!" esclamò Annie senza smettere di pensarli in varie posizioni del kamasutra. 
"Arriveranno, tranquilla. Tu dici che hanno...?" chiese Justin, lasciando a metà la frase continuandola con un gesto della mano inequivocabile.
"Non lo so. Dipende cosa è successo ieri sera dopo che ce ne siamo andati. Magari hanno chiacchierato, si sono scambiati il numero e stamattina si sono rivisti. Oppure son stati insieme tutta la notte e...O mio Dio!" Annie non finì la frase perché la sua attenzione fu rapita dalle luci del negozio che piano piano si stavano accendendo, segno che qualcuno dentro c'era, nonostante da li non fosse entrato nessuno.
"Oppure da questo negozio non sono mai usciti. Avete almeno un divano comodo da qualche parte per poter...?" Justin rise di gusto facendo ancora quel gesto con la mano, mentre si apprestava a uscire dall'auto e ad andare incontro all'entrata dove intanto erano spuntati, sorridenti e allegri, Mary e Scooter. Intanto Annie fissava la scena a bocca aperta dalla macchina, immobile, e l'unica cosa che pensò è che da ora in poi si sarebbe dovuta ricordare di non coricarsi mai più in pausa sul divano in sala ristoro. 
Terminati i saluti alquanto imbarazzanti, Mary assunse la sua aria da professionista, pronta a mettere tutto da parte e a servire i suoi clienti come fossero gente qualsiasi, importante, ma qualsiasi. Annie decise di non stare al gioco.
"Perfetto, allora, signori, se volete seguirmi nel reparto uomo vi mostro tutta la nuova collezione autunno/inverno..." comiciò Mary.
"Hanno già visto ieri dov'è il reparto uomo, Mary, o ve lo siete già dimenticato?" Annie la interruppe un pò bruscamente e Justin trattenne una risata prima di annuire veloce con la testa in risposta. Ormai sapeva dove l'irritazione di Annie poteva arrivare, la cosa al momento lo avrebbe divertito ma pensò che era meglio non infierire. Ma Annie non era nervosa o arrabbiata. Era solo curiosa di parlare con Mary e il suo far finta di nulla le dava fastidio. Scooter sembrò afferrare all'istante e inscenò un finto interesse per delle giacche, allora Justin lo seguì interessandosi a delle magliette. 
"Allora?" incalzò Annie andando vicino a Mary in modo da poter parlare tranquille finchè uno dei due effettivamente non avrebbe avuto bisogno di consigli. 
"Allora cosa? Guarda che, qualsiasi cosa tu pensi, dobbiamo svolgere bene il nostro lavoro." la ammonì Mary a denti stretti lanciando una occhiata alle telecamere. 
"Cosa? Mary! Siamo amiche, al di la di tutto. Dalle telecamere sembrerà che tu abbia fatto una breve introduzione a questi due che ora, tranquilli senza noi due avvoltoi addosso stanno guardando in giro, stai serena! O non vuoi dirmi nulla?" cantilenò Annie tra il divertito e l'irritato. 
"Questa cosa richiede riservatezza, anche se non è nulla di che" rispose Mary facendo l'occhiolino.
"A me lo dici? La mia cosa di riservatezza ne richiede a quintalate, ma a te lo direi!" si lamentò Annie.
"Dirmi cosa?" 
"Non rigirare la frittata, Mary Donat!" le puntò il dito contro, minacciosa. Mary scacciò via il dito lanciando altre occhiate alle telecamere. Dopo guardò Justin e Scooter che si erano allontanati e discutevano insieme di jeans. Sospirò.
"Ok, va bene, d'accordo." sbuffò. "Ieri sera ve ne siete andati, noi abbiamo visto e distrutto il filmato, e poi eravamo entrambi affamati così siamo andati con un taxi in una zona tranquilla a mangiarci un panino, una parola tira l'altra...una birra tira l'altra...poi avevo dimenticato il telefono in cassa e sono dovuta tornare qui. Lui mi ha gentilmente accompagnato, eravamo un po alticci, lo ammetto e..." 
"E non devo mai più sedermi sul divano in sala ristoro, vero?!"
"Brava!" 
Scoppiarono a ridere come due sceme e i due subito le guardarono con aria perplessa e poi sorrisero. Forse anche loro si stavano raccontando le stesse cose. Be, certo, in modo diverso. Un uomo, Scooter, potrebbe raccontarla così "Alla fine dopo quell'hot dog afrodisiaco siamo tornati in negozio e l'ho posseduta di brutto su un divano li dietro le quinte del negozio, bella zio!". Si sa, gli uomini hanno decisamente meno tatto. 
"Adesso tocca a te." Disse Mary una volta riso di gusto.
"Be, per farla breve, più o meno è andata come è andata a te. Ma a casa mia, sul mio letto" rispose Annie divertita da quella sensazione. 
"Mary! Ma le telecamere?" Annie si ricordò e le venne un colpo al cuore. Ma Mary sorrise e non ci fu bisogno di rispondere che le avevano già sistemate. Fatti i commenti del caso entrambe si avvicinarono ai due ragazzi, pronte a fare il loro lavoro, perchè va bene che avevano passato tutti e quattro una notte assai piacevole, ma era arrivata l'ora di far incassare qualche bel soldo al loro negozio. 

Quindicimila dollari fu l'incasso che Annie registrò chiudendo cassa alle due di quella notte. Era soddisfatta e lo sarebbero stati anche ai piani alti. In media, comunque, il loro negozio incassava cinquantamila dollari al giorno. Gli acquisti di Justin potrebbero sembrare pochi, ma valutando che ha acquistato solo per lui e che i loro prezzi sono molto bassi, esce un'ottima e soddisfacente cifra. Anche Mary era soddisfatta. Insieme a Scooter e Justin, aspettava Annie fuori, per chiudere. 
Annie spense tutte le luci e dando un'ultima occhiata, uscì. 
Fuori dal negozio la via non era deserta ma sembrava ci si potesse stare tranquilli. Annie si aggiunse al terzetto serena e Justin con un movimento naturale del braccio le cinse le spalle e le diede un lieve bacio sulla testa. Annie sentì il cuore rimbalzarle nel petto, e lanciò una occhiata timida e imbarazzata a Scooter e Mary che non avevano smesso di sorridere, soprattutto Mary. A Annie. 
Una macchina carica di buste era già partita e un'altra nera era li per Justin e Scooter. Annie attendeva il momento dei saluti con una triste ansia. Non sapeva come sarebbero avvenuti. Justin voleva ancora portarla a mangiare sushi una sera di quelle? O se ne sarebbe andato senza dirle nulla? 
Il secondo lieve bacio sulla testa non tardò ad arrivare, e con esso uno strano e accecante flash che illuminò tutto a giorno. Le immagini seguenti furono sconnesse e confuse. 
Annie sentì il braccio di Justin staccarsi bruscamente dalla sua vita e, anzi, quasi spingerla leggermente lontana da lui, cosa che poi Scooter fece molto più deciso. Infatti, anche lui si stacco da Mary e si fiondò di getto tra Justin e Annie, spingendola lontana, e facendo da schermo a Justin che intanto aveva alzato le braccia al volto, e senza voltarsi indietro indietreggiava veloce verso la sua auto. Anche Scooter, spingeva via il paparazzo con forza e con parole poco gentili, e spingeva dietro Justin per spronarlo a salire in macchina. Justin sparì dentro l'auto nera senza guardarla. Annie fissava la scena in trance, abbagliata dal flash. 
"Mary!!!" sentì Scooter urlare il nome della sua amica, e guardarla con insistenza indicando Annie. Allora poi Annie si sentì afferrare dalle mani di Mary che la trascinò in mezzo alla strada e fece fermare un taxi al volo. Si fiondarono dentro entrambe e un secondo paparazzo cercava di impedir loro di chiudere la portiera, scattando quelle che sembravano mille foto al secondo e facendo domande a raffica: chi siete? Cosa fate nella vita? Sei la nuova fiamma di Justin? Cosa ne pensi di Selena Gomez e di chi dichiara che Justin ne sia ancora innamorato? Tu lo ami? 
Annie era confusa, si sentiva bombardata, si sentiva violata e in un attimo tornò in se: attaccati dai paparazzi, Justin e Scooter se ne erano andati a gambe levate, senza voltarsi indietro, ed ora stavano attaccando lei e Mary. Con tutta la forza che poteva avere tirò la portiera finchè finalmente si chiuse. 
Cinque minuti dopo le luci di New York sfrecciavano dal finestrino, e loro non si erano dette nulla. 
Annie teneva la fronte sul finestrino e dal tragitto capì che Mary aveva dato indicazioni al tassista di portare prima lei a Staten Island. Ne era grata. I pensieri le fecero venire un grosso mal di testa. 
Si stava giusto domandando come sarebbero stati i saluti, senza nemmeno rendersi conto che avrebbe dovuto aspettarselo che con gente come loro, i saluti sono rari. Non solo non avrebbe mai saputo se Justin fosse stato ancora dell'idea di portarla fuori a mangiar sushi, ma non lo avrebbe mai nemmeno salutato. 
Mary, secondo lei, stava pensando più o meno le stesse cose. Era triste, ma le sorrideva, come a dire "suvvia, cosa ti aspettavi?".
Annie fu grata anche al tassista che non fece domande sulla scena. Le scrutava solo dallo specchietto, curioso, ma rispettoso. 
"Non voglio pensare a che notizia potrà uscire domani" fu l'unica cosa che disse Mary una volta arrivate sotto casa di Annie. Annie fece spallucce. Non le importava a dire la verità. La fine drastica di quella vicenda l'aveva lasciata perplessa. Odiava lasciare le cose in sospeso. Avrebbe voluto che lui si voltasse e lei sarebbe stata pronta a dirgli, almeno, ciao, è stato bello, tante care cose. Invece nulla, nemmeno il piacere di mandarsi a cagare. 

Fece fatica ad addormentarsi, quella notte. Era inquieta. Era arrabbiata perchè quella improvvisa situazione non le aveva permesso di chiarire alcuni concetti con Justin, ovvero: arrivederci o a mai più? Ma lei lo sapeva. I paparazzi erano una colonna portante, presente e viva nella vita di Justin. Comparire in foto vicino a lei non avrebbe giovato alla sua immagine. Si vedeva da come era scappato e da come l'aveva allontanata. Era un "a mai più".
Prima di addormentarsi sentì arrivare un sms, era di Mary, e lo lesse: sa dove abiti, sa dove trovarti se per caso un sentimento è più importante dell'immagine. 
Annie sorrise. Si sentì rincuorata di avere intorno delle belle persone. Talmente rincuorata che si addormentò con un sorriso sulle labbra, ingoiando con consapevolezza il "a mai più" di cui si era convinta. 

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