Innamorata di un assassino

di Monkey_D_Alyce
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** 1- Incubo ***
Capitolo 2: *** 2- Desiderio di Morte ***
Capitolo 3: *** 3- Divertimento ***
Capitolo 4: *** 4- Combattimento ***
Capitolo 5: *** 5- Un intruso in casa ***
Capitolo 6: *** 6- Quella bambina che implorava aiuto e giurava vendetta ***
Capitolo 7: *** 7- Quella strana voglia che ti fa diventare folle ***
Capitolo 8: *** 8- Una scelta che può cambiarti la vita ***
Capitolo 9: *** 9- Hai paura dei clown? ***
Capitolo 10: *** 10- Gli umani sono così patetici ***
Capitolo 11: *** Special: Ti spiegherò tutto quando sarai più grande! ***
Capitolo 12: *** Special: Molto più di una semplice amicizia... ***
Capitolo 13: *** Special: Ricatto e copertura ***
Capitolo 14: *** 11- Bianco e rosso ***
Capitolo 15: *** 12- I Tre Direttori ***
Capitolo 16: *** 13- Affari di famiglia ***
Capitolo 17: *** 14- Dimentica ***
Capitolo 18: *** 15- Rinuncerei alle emozioni pur di salvarti... ***
Capitolo 19: *** 16- Posso fidarmi di te? ***
Capitolo 20: *** 17- Noia ***
Capitolo 21: *** 18- L'ora della tua morte si avvicina... ***
Capitolo 22: *** 19- Una perdita dolorosa ***
Capitolo 23: *** 20- Questa vita non mi appartiene... ***



Capitolo 1
*** 1- Incubo ***


Innamorata di un assassino
 
 
1° capitolo: Incubo
 
 
 
Buio…nero…cos’è il buio?
E’ un limbo che sovrasta con la sua potenza tutto ciò che gli capita a tiro. E’ quel limbo che tutti dovrebbero temere.
Mette a disagio, assalendo le persone, riempendole di dubbi, paure…peccato che io mi ci trovi bene in quel limbo.
Mi fa sentire a casa, ecco tutto! Mi accoglie nel suo abbraccio freddo.
Il buio fa perdere la via? Per me è un bene, perché io non la voglio ritrovare la via!
Non la voglio trovare, perché so che mi aspetta il mio incubo peggiore, l’uomo che devo chiamare per forza “papà”.
 
“Alzati tesoro, devi andare a scuola!” mi richiama la voce dolce di mia madre.
Altro motivo per rimanere nel buio? La scuola.
Non che a me non piaccia imparare cose nuove, sia ben chiaro! Semplicemente, a scuola ci sono degli “elementi” che ti sfottono appena ne hanno l’occasione, deridendoti davanti a tutti, facendoti sentire la peggior feccia umana di tutto il pianeta.
 
Mi alzo di malavoglia dalla mia “cuccia”, abbandonando il mio tenero peluche a forma di renna.
“Ci si vede Chopper” lo saluto schioccandogli un bacio sul suo nasino blu di plastica lucente.
“Kat, certe volte ti comporti ancora come una bimba di quattro anni! Ti ricordo che ne hai diciassette!” mi rimprovera ridendo mia madre, scompigliandomi dolcemente i miei capelli neri.
Anche se me lo continua a rinfacciare, io non rinuncio a quella piccola renna fatto di pezza con quel cappello rosso.
E’ la mia unica fonte di conforto in questa mia vita monotona.
“Mi spiace! Ma preferisco rimanere un eterno Peter Pan!” ribatto cominciando a vestirmi con una maglietta marchiata “Metallica” , dei jeans blu notte attillati e le mie All Stars personalizzate, cioè, con un mucchio di disegnini con l’angelo della morte e la scritta DEATH dovunque.
Tutti mi reputano una strana ragazza e completamente asociale: mio nonno era un pellerossa, o come viene definito in questi tempi, un Indiano d’America.
Si chiamava Enapay, cioè, Senza Paura, e lui non ne aveva! Camminava sempre a testa alta, fiero delle sue origini e con quel suo lato misterioso che ha fatto innamorare la mia cara nonna.
Lei americana, lui pellerossa fino al midollo.
Mi ricordo che quando ero piccola mi raccontava sempre tante storie sui guerrieri e gli spiriti sacri.
Il resto del tempo lo passava con la mia nonna o a meditare in completa solitudine…
 
 
…“Nonno! Perché te ne stai quasi sempre tutto solo?”
“Perché voglio vivere fuori dagli schemi, in silenzio, pensando ai segreti che ci portiamo dietro da anni e anni, come la lince…”…
 
Alla morte di mio nonno piansi moltissimo. Era una delle poche persone che mi comprendeva veramente oltre alla nonna, che morì poco tempo dopo, di crepacuore per la perdita del suo amato.
 
Riguardo il tatuaggio che decisi di farmi in sua memoria…una lince marchiata con inchiostro indelebile sul mio avambraccio con sotto la scritta “Senza paura”.
 
Mia madre mi scuote, riportandomi bruscamente alla realtà: “Tesoro? Stai bene?” mi chiede prendendo il mio viso tra le sue mani calde e rassicuranti.
“Eh? Sì, sì! Sto benissimo, mamma! Meglio che vada, altrimenti farò tardi a scuola! Inoltre devo andare a prendere Rufy!” esclamo prendendo velocemente il mio zaino nero.
Scendo velocemente giù per le scale e raggiungo la cucina prendendo qualcosa da sgranocchiare durante la strada, peccato che ci sia qualcuno di mia conoscenza a non volermi dare pace nemmeno stavolta.
“Ciao gattina. Divertiti a scuola” dice provocatorio, alzando la testa dal quotidiano, facendomi salire un ringhio gutturale, cosa, che lo diverte ancor di più.
Esco velocemente di casa, decisa a non vedere la faccia di quel bastardo per tutto il resto della giornata. Devo andare dal mio “fratellino”!
 
Raggiungo la sua casa in un paio di minuti, ringraziando il fatto che viviamo piuttosto vicini.
Corro alla sua porta, per poi bussare insistentemente, sapendo il fatto che mi aprirà la porta tutto tranquillo con qualcosa in bocca…poco ma sicuro. Fa sempre così.
“Fiao forellona! Fuoi un fornetto?” mi domanda con la bocca piena di cornetti al cioccolato, mentre quella golosità gli scivola lungo il mento, minacciando di sporcargli la maglietta, raffigurante un Jolly Roger indossante un cappello di paglia, che gli ho regalato per il suo compleanno.
Mi avvicino a lui, pulendogli l’angolo della bocca con la punta dell’indice, per poi mangiare il cioccolato sul mio dito: “No, grazie Rufy. ho finito di mangiare giusto due secondi fa mentre venivo da te!”
Alza le spalle rassegnato, per poi sparire dalla mia vista e ritornare subito dopo “armato” di zaino e cappello di paglia: “Sono pronto!”
 
Giungiamo a scuola chiacchierando del più e del meno, per poi dirigerci verso i nostri rispettivi armadietti, posti uno di fianco all’altro.
Apro, o meglio, tento di aprire l’anta del mio personale “riponi libri” e oggetti personali, dato che una ragazza di mia conoscenza è venuta a cercare rogne.
“Lucinda! Che piacere vederti!” la saluto sarcasticamente, ottenendo una grassa risata da parte sua.
Partiamo subito dal fatto che è considerata la ragazza più bella della scuola e del quartiere.
Non capisco dove la trovino così “dannatamente” bella, considerando il fatto che va in giro come una prostituta, in cerca di spasimanti “usa e getta”.
Altro punto. Davanti ai professori, al Preside e alla gente in generale, fa gli occhi dolci, mentre, quando vede la sottoscritta, rivela il suo vero carattere: una stronza senza cuore, sul serio.
“Ciao Gatta Indiana! Come ti butta?” mi saluta a sua volta con il suo solito tono derisorio.
“Fino ad un attimo fa stavo una meraviglia, ma poi, sfortunatamente, sei arrivata tu a rovinarmi la giornata!” le rispondo stampandomi sulla faccia un sorriso fintamente innocente.
“Ti consiglio di non fare tanto la furbetta. Giochi col fuoco, Gattina! Ci si becca in giro!” ribatte allontanandosi, seguita a ruota dal suo gruppo di amichette, che sogghignano sparlandomi dietro.
“Giuro che prima o poi le sfigurerò la faccia che si ritrova” mi promette Rufy mantenendo il suo sguardo serio e il suo tono calmo e tranquillo. Mi fa ridere quando fa così.
“Ok Rufy! Andiamo? Altrimenti, chi la sente la Prof. di Matematica?” lo intimo evitando di scoppiargli a ridere in faccia per l’espressione che ha assunto.
“CAZZO!!! NON HO FATTO I COMPITI!!!” urla facendosi sentire per tutto il corridoio, attirando così, l’attenzione su di noi.
“MA CHE BABBEO!!! PERCHE’ NON LI HAI FATTI?!?” gli grido contro, dandogli un pugno in testa.
“Perché io non farò mai i compiti per quella cicciona di Alvida. Anche se li faccio, finisco sempre per essere cacciato fuori dall’aula” afferma facendomi un sorriso da orecchio a orecchio.
“Che mentecatto” dico sconsolata, passandomi una mano sulla fronte, come a voler spazzare via un po’ di stress.
Che palle! Perché non ho preso la fermezza e la calma di mio nonno???
Ho capelli neri come la pece lisci e lunghi fino alle spalle, con una frangetta scalata a incorniciarmi il viso, mentre la mia pelle è bronzea. Molto più chiara, rispetto alla carnagione scura di mio nonno.
Gli occhi li ho “ereditati” dalla nonna: sono azzurri come il mare, tranne per delle “linee” rosse scarlatte a rovinarne la loro purezza. Un’altra caratteristica per cui mi definiscono strana.
Forza fisica? Sono campionessa di Capoeira, la mia passione fin da sempre.
Mi ha allenato il padre del mio “fratellino”, Dragon. Lo considero il mio eroe personale.
A causa del suo lavoro (non ha mai capito quale) ha smesso di allenarmi, ma ha affidato l’incarico a Shanks il Rosso, l’uomo che regalò il cappello di paglia a Rufy quando era piccolo.
 
Distolgo la mente dai miei ricordi più belli e felici, per andare dalla mia amica Sarah:
“Olà, Kat!”- mi saluta con un cenno della mano, voltando un’altra pagina del giornale- “Hai sentito la notizia?”
“No, Sarah. Qual è?” le domando perplessa.
“Ho sentito da mio padre che…hai presente il serial killer di cui si parla?” mi chiede a sua volta, interrompendo bruscamente il flusso delle sue parole.
Una caratteristica di lei, anzi, due: la prima è che è la figlia di Smoker, un ufficiale di Polizia, la seconda è che Sarah non ama spiegare le cose due volte.
Cosa realmente dimostrata dalle sue innumerevoli note da parte dei professori, ma nonostante questo, è una studentessa modello.
“Mmh. Ho sentito dire che è accusato di pluriomicidi nei confronti dei gangster. E’ molto ricercato… anche se non ne capisco il motivo…”
“Kat, svegliati!!! Ha ucciso anche vari innocenti, che, a detta delle sue lettere spedite al Corpo di Polizia, erano nel giro…”
“Va bene, Sarah. Ma…sei sicura di averlo sentito dire da tuo padre? Non è che hai rovistato un’altra volta tra le sue scartoffie, vero?” le chiedo mettendola così, con le spalle al muro.
Arrossisce un pochino, cercando di non dare peso alla cosa: “Era una semplice sbirciatina…”
“Vabbè. Di sicuro sarai stata sveglia per tutta la notte leggendo i vari rapporti e facendo ricerche sul killer” osservo dirigendomi al mio posto.
“Esatto Kat! Sei un cazzo di genio! Come hai fatto?” mi domanda ridendo felicemente per la mia “scoperta”.
“Semplice. Mi hai ripetuto miliardi di volte che fai così fin da quando eri bambina e che Smoker ti ordinava di studiare che intrometterti nei suoi affari…”- le rispondo mentre lei mi guarda leggermente stupita, quando la campanella di inizio ora suona…- “Boom Baby!”
 
 
Finite le sei interminabili ore di scuola, esco assieme a Rufy e a Sarah, chiacchierando sulla nostra giornata di scuola, raccontandoci le disavventure a vicenda.
Io e Sarah siamo nella stessa classe, mentre Rufy è nell’altra sezione.
“Ah! Lo sapete ragazze? Pare che sia arrivato il serial killer in città! Che cosa strafica!!!” esclama felicissimo il mio “fratellino”, facendomi sospirare pesantemente, convinta del fatto che la mia compare ne uscirà con una delle sue tipiche frasi: “Tanto mio padre lo beccherà, così avrà la promozione!” detto fatto.
“Non ne dubitiamo, Sarah, tranquilla!” esclamiamo indifferenti io e Rufy, facendola innervosire.
“Chissà perché, ma non vi credo!”
“No, è che sappiamo la fama di tuo padre e quindi, il Grande Cacciatore Bianco non fallirà. E’ questo, che intendiamo” cerco di farla ragionare, mentre Rufy annuisce in continuazione.
Giuro che non sto mentendo. Per colpa di una semplice sbronza, mi ha riaccompagnata a casa personalmente, mentre Sarah vomitava fuori dal finestrino e io ridevo come una scema senza ritegno. Il giorno dopo ci beccammo la ramanzina da parte sua, dandoci delle incoscienti e che una notte in gattabuia non ci avrebbe fatto male.
Da quel momento ho cominciato  chiamarlo “Capo”, dato che impartiva ordini a destra e a manca…solo che lui mi ha sempre chiamato, anzi, ordinato di chiamarlo “Zio”, affermando che mi considerava come una nipote pestifera e che è in continua ricerca di guai.
Una famiglia di sconclusionati, praticamente.
 
“Ehi ragazzi! Che ne dite di fare un salto a casa mia? Mio padre ci preparerà qualcosa!” ci propone Sarah facendo brillare gli occhi.
“N-no-non ce n’è bisogno, s-sul serio!” le rispondiamo io e Rufy impacciati.
“Perché no?” chiede ancora lei, leggermente offesa.
Non voglio venire perché Smoker, a cucinare, è peggio di Rufy!!! Brucerebbe tutto e il cibo saprebbe non solo di bruciato, ma anche di fumo dei suoi due sigari, Sarah!!!
“Io e Rufy dobbiamo fare i compiti…vero, fratellino?”
“S-sì Kat! Andiamo! Altrimenti si farà tardi!!!” esclama felice lui, iniziando a trascinarmi come un carrello della spesa.
Se la fortuna è cieca, la sfiga ci vede benissimo, e purtroppo, ha visto noi…
“Ragazzi! Che piacere vedervi!” ci saluta Smoker, fermando la sua volante e abbassando il finestrino.
“Ciao papi!” risponde al saluto la nostra amica, schioccandogli un bacio sulla guancia.
“Signor Smoker” accenniamo solamente io e Rufy, guardandoci d’intesa come a dire: Dobbiamo andarcene, altrimenti moriremo!
“Vi ho detto di chiamarmi Zio!!! E non datemi del Signore! Mi fate sentire vecchio!” sbotta iracondo, aspirando il fumo dai suoi due sigari per calmarsi, mentre noi cerchiamo di indietreggiare per sfuggire alla sua rabbia.
Sembra che ce l’abbia sempre con noi due, soprattutto con me! Che ho fatto di male?!?
“Ci scusi!” mormora in risposta Rufy chinando il capo, ottenendo uno sbuffo da parte del fumoso.
“Volete venire a casa nostra?” domanda senza farci caso l’uomo, facendoci tremare leggermente, mentre Sarah ghigna divertita da quella scena.
“Ci dispiace, ma io e Ru abbiamo altre cose da fare!” ribatto prendendo il mio “fratellino” per un braccio, avvicinandolo a me, cercando di essere il più convincente possibile.
“Ne siete sicuri? Non è un problema!”- “Non è questo il punto, Zio. E’ che tu sei pessimo a cucinare e quindi non vogliamo venire!”…io uccido. Uccido quel deficiente, senza cervello, mentecatto di Rufy!!!
Una vena pulsante si fa strada sulla tempia di Smoker, facendomi intimorire un poco: mi toccherà pararci il culo.
“Eheheh! Zietto! Rufy non sa quello che dice! E’ colpa delle troppe ore passate sui banchi di scuola, inoltre, ha molta fame!”- “Kat, guarda che non è vero quello che dici…”- “Fratellino, taci, per favore!”- “Ma sorellona…non è colpa mia se lo Zio non sa cucinare…”- “STA’ ZITTO STUPIDO!!!”
A fermarmi dal mio primo omicidio è Smoker, che perdona Rufy per la sua maleducazione.
Lui sta per ribattere, ma gli tappo la bocca per non fargli dire altro, facendo una risatina nervosa: “Ti ringrazio per la comprensione, Zio!”
Così salutiamo lui e Sarah, per poi dirigerci verso casa mia, al fine di far svolgere a Rufy, per una volta buona, i compiti di Matematica.
 
Camminiamo in silenzio, per poi arrivare alla mia dimora (anche se non la considero tale).
Entrando, noto subito un borsone da viaggio e, senza pensarci su due volte, mi dirigo in cucina, seguito a ruota da Rufy, dove sento provenire le voci di mia madre, quella di lui e di un’altra voce a me famigliare…
“Bentornata tesoro! Oh! Ci sei anche tu, Rufy!” ci saluta sorridente mia madre.
L’attenzione degli altri due viene presa dalla nostra entrata in scena…
“Ciao piccola Kat! Sei cresciuta in fretta! Anche tu, Rufy!” ci saluta il nuovo arrivato, leccandosi le labbra, mentre si alza dalla sedia su cui era spaparanzato…disgustoso.
“E’ un piacere vederti, Doflamingo” rispondo al saluto freddamente, trascinando Rufy dietro di me, come a proteggerlo dalle mani del biondo.
“Kat! Non si tratta così un tuo parente stretto! E’ tuo zio!” mi rimprovera mia madre, lanciandomi un’occhiataccia.
“Già Kat…tua madre ha ragione…dovresti essere punita quando parli in modo così maleducato” gli da manforte lui.
 
 
 
“Fufufufufufu! Tranquillo Mihawk. Non è un problema!” ride Doflamingo, avvicinandosi con passi lenti a calcolati a noi due… l’incubo…è peggiorato…




Angolo di Alyce: Buonasera a tutti!
Dico subito che questa FF è la "modifica" di "A different love".
Già! A me non piaceva come l'avevo scritta, quindi, ho deciso di rifarla.
Questo capitolo lo dedico a KikiShadow93! Kiki-san! Non ti ringrazierò mai abbastanza per l'appoggio e l'aiuto che mi dai!!! Grazie Milleeeee!!!
Non ho altro da aggiungere!
Ciao e un strasuperbacione a tutti!!!!
Alyce :))))))))

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Capitolo 2
*** 2- Desiderio di Morte ***


2° capitolo: Desiderio di Morte
 

 
Mentre Doflamingo si avvicina, nascondo di più Rufy, in modo tale che non possa toccarlo…nemmeno sfiorarlo.
Bisogna sapere che Doflamingo è un gran bastardo.
Viaggia in continuazione per il mondo e, quando torna a casa, tutte le volte, ha una nuova fidanzata.
Le tradisce in continuazione con le ragazze facili, certe volte, anche con ragazzi…uno di questi era Rufy.
Adesca le sue vittime facendo il simpatico, ma poi rivela il suo vero volto: un mostro approfittatore, che non si fa nessun scrupolo a far soffrire la gente.
Il mio fratellino nasconde parte del viso contro la mia spalla, lasciando però, gli occhi scoperti, mentre gli sale un ringhio contro Doflamingo:
“Fufufufufu! Vedo che non sei cambiato piccoletto. Hai lo stesso comportamento nei miei confronti…non mi dirai che ci sei rimasto male, per ciò che è successo…” afferma il biondo cercando di carezzargli una guancia…e qui, entro in scena io: “Non toccarlo sei non vuoi che ti spezzi le dita una ad una” lo minaccio scacciando malamente il suo arto.
“Kat! Ma che ti prende?!?” mi rimprovera mia madre con voce scioccata.
Guardo i presenti nella stanza con fare indifferente, come se stessi cercando di ambientarmi ad un’ambiente non mio, per poi sussurrare solamente: “Rufy, vai in camera. Ti raggiungo”
Come risvegliatosi, Rufy, annuisce e obbedisce.
So che vorrebbe restare con me, ma quando sa che mi sto incazzando, non ribatte e ascolta come un soldatino di piombo.
“Ci si vede” saluto per poi salire le scale che conducono alla mia camera, ma vengo fermata dalla voce di lui: “Non chiedi scusa a tuo zio?”
“No, perché non ho fatto niente!” sbotto squadrandolo come a volerlo sfidare.
“Stasera non aspettarti la cena”
“Tsk! Non la voglio nemmeno, la cena.”
“Adesso basta voi due! State degenerando!” ci richiama all’appello mia madre, attirando la nostra attenzione.
“Leslie, non t’intromettere” le ordina intimorendola un poco.
Un’altra cosa per cui lo odio: pretende il rispetto e si aspetta di essere servito come se fosse un Re.
Mia madre si azzittisce, abbassando lo sguardo sul tavolo, mentre io la guardo con un po’di compassione.
“Fai i compiti con Rufy, riaccompagnalo a casa e poi torni qui seduta stante” dice con fare assente, mentre si versa un po’di birra in un boccale.
“Non prendo ordini da uno come te” ribatto in tono acido, digrignando i denti e stringendo ancor di più i pugni.
Di conseguenza, lui smette di bere e mi rivolge uno sguardo truce e sbatte il boccale sul tavolo, visibilmente arrabbiato.
Se cerca di farmi paura, non ci sta riuscendo. Può farmi ciò che vuole, ma non cadrò mai difronte ad un essere simile!
Primo, perché devo dimostrarmi forte e devo essere una figura di riferimento per Rufy, secondo, perché anche io, come tutto il genere umano, ho un orgoglio da difendere.
Se sta tentando di farmi cedere, che si metta in fila!
“Vai in camera tua. Ora” sibila a denti stretti, facendo sghignazzare malevolo Doflamingo, mentre mia madre se ne sta zitta senza spiccicare parola…e come può?
Purtroppo lui ha una forte influenza su di lei e non riuscirebbe mai a ribattere.
Mi dirigo verso la mia stanza al fine di raggiungere Rufy, non prima di avergli dato contro con un: “Sei solamente un fottutissimo bastardo”
 
Dopo essere entrata in camera mia, posso udire la voce di lui alterata, molto alterata, sentendogli pronunciare nomignoli poco piacevoli riferiti alla sottoscritta e molte, moltissime minacce.
Svolgo lo sguardo a terra, affranta.
Dio! Non voglio vivere in questo modo! Per colpa mia, le persone soffrono e di conseguenza, mi odiano a morte.
Vorrei che i miei nonni materni fossero ancora vivi!
Vorrei ascoltare le bellissime storie di mio nonno sui pellerossa!
Vorrei sentire le carezze di mia nonna mentre mi scompiglia i capelli alla mattina presto e mi dedica un sorriso solare e dolce come a darmi il buongiorno!
Peccato che io non possa avere nulla di tutto questo…dovrei solamente sperare di sparire dalla faccia della Terra…per sempre…
 
“Sorellona…stai bene?” mi chiede Rufy, toccandomi un braccio.
Alzo lo sguardo su di lui, fissando i suoi occhi tristi e preoccupati… “Sì, Rufy. Sto bene…facciamo i compiti, forza!” gli rispondo sforzandomi di sorridere, mentendogli sul mio stato mentale.
Non sto affatto bene. Non va bene nulla, niente! Tutto va storto!
 
Aiuto il mio fratellino con le disequazioni di secondo grado e con i sistemi, ricevendo varie volte, molti sbuffi e maledizioni indirizzate ad Alvida.
All’ennesima di questa, non posso fare a meno di ridere e osservare: “Fratellino! Con tutte le maledizioni che hai lanciato, ormai, la Prof. dovrà essere stramazzata al suolo!”
Si ferma a guardarmi e comincia a pensare sulla situazione, per poi dire solamente: “Spero vivamente che sia come dici tu!”
Mi metto a ridere ancor più forte tenendomi la pancia e accasciandomi sul letto, seguito a ruota dalla mia peste preferita: è bello sentirlo ridere spensieratamente!
Mi riprendo un poco, senza però, smettere con la mia divertente auto tortura e guardo l’ora, accorgendomi che si è fatto veramente tardi: Rufy e io abbiamo il coprifuoco, oltre una certa ora.
“Rufy! E’ tardissimo! Dobbiamo andare!” gli dico concitatamente, raccogliendo i vari libri sparsi sul letto e sul tappeto.
“Uffa! Di già? Io ho fame!!!” piagnucola mettendosi in modo svogliato le sue infradito.
“Dai! In meno di due secondi saremo a casa!” lo rassicuro scompigliando la sua zazzera nera.
A darmi una risposta positiva, ci pensa un mugolio d’apprezzamento da parte sua, per poi fermarsi bruscamente: “Kat. Io non voglio vederlo…”
Lo guardo malinconica e penso che, ha passato veramente un brutto momento a causa di quello stronzo di Doflamingo.
È vero, Rufy, è un ragazzo libero e spensierato, ma ciò non toglie il fatto che quando ride  o scherza si possa intravedere un lampo di dolore “sfrecciargli” per gli occhi.
Non sembra, ma è cresciuto più in fretta rispetto ai suoi coetanei, anche se non lo da a vedere.
Sospiro pesantemente, per poi fare un sorriso di sfida: “Ru! Sei pronto a fare un bel volo?”
“Che intendi, sorellona? Non capisco ciò che dici” risponde titubante.
“Come ben saprai, tutti mi considerano una ragazza molto strana e, come tale, non posso tirarmi indietro da tale titolo, ti pare? Vedi…ho già provato a saltare dalla finestra della camera ed è un bel salto…forse hai qualche dolore al fondoschiena il giorno dopo, ma non è niente di che…allora: ci stai?” gli propongo guardando la sua reazione…
“Penso che sia una cosa fantastica!!!” dice cacciando un urletto eccitato.
Come sospettavo. Le cose nuove hanno un effetto devastante sul mio fratellino!
 
Dopo aver aperto la nostra via di fuga, butto lo zaino di Rufy verso il basso, toccando il terreno con un tonfo sordo.
“Bene! Salterò per prima per poi darti…Rufy? Ma che…? Eh? Ma dove cazzo sei finito?!?” domando più a me stessa che a quello scapestrato sparito nel nulla.
“Sono quaggiù! Volevo provare il brivido di saltare da una finestra! Ihihihihih!” mi risponde sghignazzando, attirando così la mia attenzione.
Io lo ucciderò! Prima o poi lo farò sicuramente!
“Razza di screanzato, babbeo che non sei altro!!! Dovevo andare prima io!!!” gli urlo sottovoce, facendolo ridere di gusto.
Cioè! Già mi sto dando della pazza a immaginarmi la mia faccia sclerata, se poi ci si mette pure lui, siamo a posto!
Rinuncio ancora una volta al mio istinto omicida nei suoi confronti per poi raggiungerlo con un balzo.
“Finalmente sei arrivata! Era ora!” mi critica con un sorriso da bambino birichino.
Gli rispondo con una bella linguaccia, per poi spingerlo delicatamente, intimandogli di proseguire per il ritorno a casa…
 

 
Torno a casa in fretta e furia, correndo come una disperata, rischiando di farmi collassare i polmoni.
Prima di riaccompagnare Rufy a casa, ho chiuso la porta della camera a chiave e, adesso staranno cercando di aprirla minacciando a “nessuno” di rispondere.
Se torno a casa in tempo, posso rifilare la scusa: “Ero in bagno a farmi una doccia e non vi ho sentito perché ascoltavo la musica.”
Molto probabilmente non crederanno a ciò che dirò, dato che lui e mia madre non lo hanno mai fatto. Fin da piccola, per coprire una mia marachella, mentivo, solo che mi scoprivano subito, dato che arrossivo e cominciavo a balbettare, finendo per non capire nemmeno io i discorsi che facevo.
 
Utilizzando gli spazi tra i piccoli mattoncini della casa, salgo a mo’ di ragno sul muro fino a giungere in camera…troppo tardi…
 
“Vedo che ti diverti a giocare a Spiderman” osserva sorridendo strafottente, continuando a rigirarsi tra le mani il mio Chopper.
“Problemi?” gli domando freddamente, togliendoli di mano il mio amato peluche, pulendolo come se fosse infetto.
“Tsk! Ti consiglio caldamente di non provocarmi, mocciosa. Non pensi di avermi fatto arrabbiare abbastanza, oggi?” chiede a sua volta, alzandosi dal mio letto avvicinandosi pericolosamente a me.
“Io non provoco nessuno, sei tu che cerchi rogne. Se tu mi lasci stare, io non vengo a romperti le scatole. E’ molto semplice il concetto…vuoi che ti faccia un disegnino per farti capire meglio?”
A quella frase ride nervosamente per poi tirarmi uno schiaffo in pieno viso e prendermi per il colletto della maglietta: “Piantala di comportarti così! Non finirai molto bene, sai?”
“Mollami. Non voglio che il logo dei “Metallica” si rovini per colpa tua.” lo intimo per nulla toccata dal suo scatto d’ira.
Senza delicatezza mi spinge contro il muro della stanza, imprigionandomi con le sue braccia contro la parete fredda.
Succederà un’altra volta!
Io non voglio che succeda!
Non voglio piangere per il dolore che mi procurerà il suo operato.
Non voglio dimostrarmi debole difronte ad un essere ripugnante come lui.
Non voglio farlo divertire con il mio corpo attraverso i suoi giochetti perversi…
Abbasso lo sguardo a terra per non guardare i suoi occhi gialli e attenti come quelli di un falco, ma il gesto viene bloccato da un movimento della sua mano al mio mento, sollevandolo con forza.
Lo fisso, cercando di non far trasparire quella paura che mi attanaglia il petto, procurandomi uno stato d’ansia enorme.
“Te la sei cercata…gattina…” sussurra sogghignando, avvicinando il mio viso a quello di lui per poi baciarmi con rabbia e violenza inaudite.
Cerco di allontanarlo in tutti i modi, come ho sempre fatto in tutti questi anni, ma riesce a tenermi stretta a sé, non lasciandomi alcuna via di fuga, senza interrompere quella maledetta tortura di labbra.
Scende a baciarmi e a succhiarmi il collo, alzando nel frattempo un lembo della maglietta e poi un altro e un altro ancora, finché non mi lascia solamente in reggiseno e pantaloni…
Si ferma e mi guarda con estrema malizia, mormorando infine: “Cosa c’è? Non mi fai sentire i tuoi gemiti, oggi?
Lo fisso con disprezzo e disgusto cercando di indietreggiare inutilmente.
Si riavvicina velocemente a me, artigliandomi per i fianchi, squadrandomi da capo a piedi…
Sai…questi pantaloni sono un bell’impiccio…non trovi? E anche l’intimo, direi…” osserva cominciando a togliere tutto il resto dei vestiti, ritrovandomi nuda e impotente…completamente alla sua mercé.
Vorrei ribellarmi, e non solamente allontanarlo per pochissimo tempo con degli spintoni…
Ho già provato altre volte a cercare di fuggire, di picchiarlo…ma purtroppo è lui che ha il coltello dalla parte del manico, in tutti i sensi…
Se cerco di colpirlo, lui mi punta subito il suo coltello alla gola, che si porta sempre a dietro sotto forma di una croce legata ad una catenina a mo’ di collana.
 
Continua il suo operato indisturbato, lasciando scie rosse lungo tutto il mio collo e il petto, mentre si slaccia a sua volta i pantaloni…
 
Avanti! Voglio sentirti Kat!” mi ordina con tono di voce sensuale, al fine di addolcirmi…
 
N-non…ti accontenterò mai…bastardo!” gli rispondo a tono, cercando di trattenere il respiro accelerato e la voce smorzata in preda a quella tortura…
 
Tu dici? Allora farò si che succeda, gattina!”…
 
Voglio che tutto questo finisca.
Voglio che lui sene vada!
Prego tutti i Sacri Spiriti di farmi morire, affinché io non debba più soffrire.
Non importa come! Fatemi morire di qualsiasi cosa! Omicidio, quantità di alcool troppo eccessiva, drogatemi finché il mio corpo e il mio cervello non collasseranno…ma vi prego…fate finire questo incubo…








Angolo di Alyce: Salve a tutti!
Premetto con il dire che io non sono molto brava a scrivere cose di questo genere su violenze sessuali, ma ho voluto ugualmente provarci, naturalmente, ho deciso di non metterci scene troppo spinte per il rating. Se avete consigli da darmi, li accetto molto volentieri!
Come abbiamo visto, Rufy è stata la vittima di Doflamingo e, diciamo che Kat, dovrebbe essere quella preferita di noi sappiamo chi. 
Adesso, sarà un po'confuso, ma più avanti la verità verrà tutta fuori, tranquilli.
Ci si vede al prossimo capitolo!
Ciao e un strasuperbacione a tutti!!!!!!!
Alyce :))))))))))))

 

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Capitolo 3
*** 3- Divertimento ***


3° capitolo: Divertimento

 
 
 
Dopo che Kat se n’è andata di fretta e furia mi sono ritrovato fermo e stupito come un baccalà… e ora che faccio? Non ho voglia di annoiarmi a morte!
Gironzolo per la casa in continuazione, al fine di trovare qualcosa da fare, ma niente di niente!
Nemmeno uno straccio di idea!
Domani è Sabato e non andiamo a scuola! E’ per questo che voglio fare qualcosa di diverso dal solito!
Se almeno ci fosse la mia sorellona, potremmo guardarci un film dell’orrore per poi filare a dormire sfottendoci a vicenda su chi è il più fifone tra i due e farci scherzi per spaventarci di più.
Dio solo sa quanto odio Mihawk! Non è nemmeno il suo vero padre e pretende il mondo da lei, dalla mia sorellona!
Vorrei fare qualcosa per aiutarla, ma non posso fare nulla.
Kat mi ha sempre difeso, ma quando toccava a me fare la parte del fratello maggiore e protettivo, c’era sempre Doflamingo ad ostacolarmi.
Mi sono fatto “catturare” nella sua tela con estrema facilità e di questo, mene vergogno a morte.
 
Tutto era semplicemente iniziato con qualche attenzione in più: sguardi intensi e carichi di qualcosa che allora non comprendevo, di carezze che nascondevano una doppia faccia…un carattere che si era dimostrato anche esso doppiogiochista e approfittatore…
 
 
…“Sorellona, lo sai che cos’è questo segno che ho sul collo?” domandò ingenuamente Rufy.
Era ancora un ragazzino, un bambino, se la cosa può spiegarsi meglio.
Un ragazzino che non comprendeva cosa fosse l’attenzione verso qualcuno e l’ossessione per qualcuno…
Kat guardò e tastò il collo sottile del suo fratellino, sbiancando man mano che i secondi passavano.
“Rufy…chi ti ha fatto questo?” chiese guardandolo negli occhi.
Nonostante iniziasse a turbarsi, Rufy rispose: “Doflamingo”…
 
 
Il bussare alla porta di casa mi risveglia velocemente dal flusso dei miei ricordi…forse la sorellona ha dimenticato qualcosa…
Mi dirigo velocemente all’ingresso, stampandomi sul viso il migliore dei sorrisi per accogliere Kat: “Sorellona, hai dimenticato qualcosa?”
Ottenendo in risposta un ghigno, quel ghigno, rabbrividisco, fissando leggermente intimorito l’uomo che ho difronte, ovvero, Doflamingo…
“Ciao piccolo…prima non ci siamo salutati a dovere, così, sono venuto a fare un salto a casa tua…non mi fai entrare?” mi chiede sorridendomi strafottente.
Non accadrà mai più. Non ci cascherò mai più!
“Mi spiace, ma credo che lei abbia sbagliato casa!” sbotto irritato, chiudendomi la porta alle spalle, se non fosse per il fatto che è riuscito a bloccare la mia azione con un gesto della sua mano.
“Vattene. Ora!” gli ordino cercando di riuscire a chiudere l’uscio di casa, ma niente da fare.
Con scatto fulmineo, riesce ad utilizzare la porta per allontanarmi, per poi entrare indisturbato e chiudere quella che forse, sarebbe stata la mia via di fuga.
No, piccoletto. Così non va bene! Non vorrai fare arrabbiare la tua guida, spero!” esclama fintamente sorpreso avvicinandosi pericolosamente a me, sovrastandomi con la sua stazza.
Un altro brivido di paura attraversa la mia spina dorsale, facendomi sentire un inutile insetto che può essere schiacciato da un momento all’altro.
“C-che cosa vuoi, Doflamingo?” gli domando cercando di racimolare un po’di coraggio, anche se non posso nascondere un leggero tremore nella voce…
Sono venuto qui per passare un po’di tempo assieme a te, Rufy. voglio divertirmi…” mi spiega sensuale, cercando di baciarmi, ma sposto di lato il mio viso, per impedirglielo, finendo a “baciare” l’aria.
“Noto che sei ancora arrabbiato…” osserva tornando serio, prendendomi il mento tra le dita, cosicché possa guardarlo negli occhi attraverso le lenti dei suoi occhiali viola.
“Vattene. Non voglio vederti” rispondo seccamente, allontanandomi da lui, spingendolo.
Mentre sono girato di spalle, posso avvertire i suoi passi che mi seguono, ghignando divertito dalla faccenda.
Non lo accontenterò in niente e in nessun modo! Sia ben chiaro!
“Su piccoletto! Non comportarti così! Ti posso assicurare che mi sei mancato moltissimo in questi ultimi tempi. Nessuno era come te. Ho cercato di dimenticarti con altre donne, uomini, ma tu, mi tartassavi la mente, te lo assicuro…Non mi vuoi perdonare?” chiede fermandomi per un braccio.
“Doflamingo… ti ho detto che non voglio più vederti! Vattene da questa casa! Sei solamente un mostro che è solamente in grado di far soffrire!” sbotto irato, voltandomi a guardarlo con odio e disprezzo.
Mi si rivolta lo stomaco, al sol pensiero che lui prova ancora qualcosa per me.
Io, pensavo che mi volesse in un certo senso…bene…invece ha solamente giocato con me, con il mio corpo…e io, ci sono cascato come un allocco.
E’ solamente grazie a Kat che ne sono uscito. E’ solamente grazie a lei che ho aperto gli occhi!
Non potrò mai sdebitarmi abbastanza, questo è certo!
“Andiamo Rufy! So che questa è solamente una finta. Lo so che lo desideri anche tu. Non negarlo!” mi rimprovera leccandosi in modo molto malizioso le labbra.
Indietreggio mentre lui avanza, fino a trovarmi contro il muro.
Che faccio, ora???
“Stammi. Lontano” sibilo guardandolo in modo truce, ottenendo solamente un risolino compiaciuto.
Si avvicina ancor più, schiacciando il suo corpo contro il mio, mentre posso sentire il suo desiderio aumentare man mano che il tempo passa.
Comincia a leccarmi e succhiarmi il collo, mentre io rimango rigido e inerme, con lo sguardo fisso davanti a me.
Perché tutte le volte che succede rimango sempre così? Perché non trovo mai la forza di reagire?
 
…“Rufy…non voglio che vedi Doflamingo” disse risoluta Kat, mentre curava i graffi sulla schiena del suo fratellino, causa dei metodi poco ortodossi usati dal biondo.
“Sorellona…non…non capisco…” sussurrò il più piccolo diventando inquieto.
La ragazza, stanca di tutto quello che stava passando il minore, decise di fargli capire le cose con le maniere forti…era l’unico modo.
Lo prese saldamente per le spalle, facendolo girare verso di sé, guardandolo con rabbia.
“Ti ho detto: non devi vedere più Doflamingo. Non è una richiesta. È un ordine” decretò senza tante cerimonie, fissandolo intensamente negli occhi.
“Ma sorellona…lui…lui mi…”
Prima che potesse finire la frase, venne sbattuto a terra, provocandogli un gemito di dolore.
“Non capisci che lui ti sta usando?!? Pensa per una buona volta! Cresci! Si sta solo divertendo con te facendo ore solamente di sesso! Dimmi: quante volte ti ha detto una cosa dolce, eh? Dimmelo!” gli sbraitò contro, agitandolo ulteriormente.
Quelle rivelazioni e quella semplice domanda lo stavano sconvolgendo sopra ogni cosa.
“…”
“Rispondimi, cazzo! Ti ho fatto semplicemente una cazzo di domanda, non ti ho chiesto di ammazzarti tagliandoti la gola!!!” sbottò spazientita.
Rufy la guardò con occhi persi, mentre alcune lacrime cominciarono a rigargli il volto.
“M-mai…” rispose singhiozzando in continuazione.
Kat si calmò, per poi guardarlo dolcemente: “Rufy. Fratellino mio. Ti ho detto questo solamente per il tuo bene. Non vedere più Doflamingo. Appena si stancherà di te, ti butterà via…”…
 
Kat…lo so che mi sta usando, ma purtroppo, non si stancherà di me così facilmente.
Mi sono reso conto da poco, solo da alcuni istanti, che lui è ossessionato da me.
O forse…mi userà ancora per un po’, per poi “gettarmi nella spazzatura” come se niente fosse, non avendo pietà per nessuno…
 
“Doflamingo, levati. Mi dai noia” dico guardandolo indifferente, mentre lui alza lo sguardo, fissandomi per alcuni secondi…come se si fosse perso…
“Rufy. Che ti prende? Una volta…tutto questo ti piaceva…” ribatte slacciandomi molto lentamente la camicia, per poi accarezzarmi il petto con movimenti circolari, avvicinandosi alla cintura dei pantaloni.
“Non più. Ti trovo semplicemente ripugnante, ecco tutto. Ti consiglio caldamente di andartene…da questa casa, dalla mia vista…dalla mia vita”.
A quelle parole ferma il suo operato, per poi ripercorrermi la linea dei miei pettorali leggermente accennati.
Che cosa gli piaceva di me, poi? I miei occhi? Le mie labbra? Il mio fisico, o la mia personalità?
Tsk! Trovo molto impossibile che trovasse molto bella la mia personalità, dato che si divertiva solamente scopandomi, per poi abbandonarmi sempre all’alba di una notte passata tra le lenzuola.
 
“Non sai quello che dici…ti farò cambiare idea, te lo assicuro, fufufufufu!” afferma ridendo di gusto, per poi impossessarmi violentemente delle mie labbra, graffiandomi con una mano il petto, mentre con l’altra slaccia i miei pantaloni.
Stufo di tutto quello, mi ribello, spingendolo lontano da me.
Mi ricompongo, per poi andare verso l’uscio di casa per aprirgli la porta, intimandogli di andarsene.
Lui sta fermo, ghignando, provocando la mia rabbia.
Perché ride? Io non ci trovo nulla di divertente.
“Doflamingo, vat…che cazzo fai?!?” gli domando colto di sorpresa, trovandomi inchiodato a terra, con i polsi legati da una cintura dietro la schiena, mentre lui, nel frattempo, si è seduto cavalcioni su di me.
Sai Rufy…ti trovavo veramente adorabile quando eri più giovane. Urlavi e fremevi quando ti portavo all’orgasmo…mi sentivo bene, sai? Ma ora che sei diventato ribelle…sarà ancora più divertente!” mi sussurra con tono folle al mio orecchio, ritornando al suo operato, liberandosi in modo veloce anche dei miei boxer.
Tento in vari modi di liberarmi, ma lui mi blocca con un nuovo bacio, per poi scendere leccandomi e succhiandomi tutto ciò che incontra…
 
 

 
Mi risveglio molto lentamente, e cerco di alzarmi con un colpo di reni, dato che sento ancora le mani legate, ma un braccio sul mio petto mi blocca, facendomi sorprendere un poco…lui…è rimasto qui…
 
“Buongiorno…dormito bene?” lo sento chiedere a bassa voce, mentre si alza per poi farmi girare di schiena slegando i miei arti superiori.
“No. Ma sono sicuro che se te ne andrai, mi sentirò molto meglio” ringhio alzandomi di scatto, guardandolo furente.
Si avvicina velocemente a me, prendendomi il mento tra le dita, per poi soffiarmi a fior di labbra:
“Staremo a vedere…non ti libererai tanto facilmente di me, piccoletto…ci si vede…fufufufufu” sussurra ghignando lievemente per poi allontanarsi…
E’ successo un’altra volta…






Angolo di Alyce: Buonasera a tutti!
Chiedo scusa per il ritardo e anche del capitolo relativamente corto, ma spero comunque, che sia venuto discretamente.
Questa parte di storia è scritta dal punto di vista di Rufy, che trascorre una notte di sesso con Doflamingo.
Sia ben chiaro: Rufy non voleva farlo, ma, sarà legato dal passato o dalle "minacce" del Fenicottero che alla fine lo ha fatto con lui...oltretutto era legato.
Come sono state le scene? Dovevo andare più a fondo o meno?
Ci si vede al prossimo capitolo!
Ci vediamo!
Ciao e un strasuperbacione a tutti!
Alyce :)))))))

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Capitolo 4
*** 4- Combattimento ***


4° capitolo: Combattimento

 
 
Mi sveglio ma tengo chiusi gli occhi, perché non voglio vedere lui che si riveste o che è sullo stipite della porta a guardarmi.
Quello che penso in questo momento sono solamente supposizioni, ma non voglio rischiare comunque.
Avanti Kat. Conta fino a cinquecento e allora, potrai stare sicura che forse non c’è…speriamo in bene…
 
“So che sei sveglia. È inutile che cominci con la tua conta mentale, gattina. Ti conosco fin troppo bene” sussurra una voce alle mie spalle…
Posso fare finta di nulla. Forse si arrende e se ne va, lasciandomi finalmente in pace!
Prego gli Sacri Spiriti che il mio desiderio si realizzi.
 
Lo sento sospirare per poi avvicinarsi al letto sfatto a causa delle ore passate a fare sesso forzato.
Per me è stato forzato e, tra l’altro, non è neanche sesso. Si chiama abusare di una persona, senza chiedere il suo consenso. Ecco cosa.
Comincia a baciarmi e a leccarmi il collo con veemenza, mentre io rimango zitta e immobile a subirmi quella tortura.
Cosa posso fare per farti alzare dal letto?” mi domanda sensualmente vicino all’orecchio, facendomi scorrere un brivido di ribrezzo lungo la spina dorsale. Disgustoso.
Mi ha chiesto cosa avrebbe potuto fare per farmi alzare dal letto?
Una cosa ci sarebbe, anzi, due. Deve andarsene da questa stanza e andare a farsi fottere.
Semplice e inciso, no?
Un ringhio mi sale lungo la gola, ma lo blocco appena in tempo prima che possa “esprimersi”.
Prendo il cuscino e mi copro il viso in un messaggio di non voler essere disturbata.
“Tsk! Certo che ne hai del caratterino, Kat. Ignorarmi così bellamente quando mi sarei aspettato un gesto ribelle da parte tua…” osserva andandosene.
Forse non mi conosce così bene come pensava…
 
 
 
Appena uscito, apro un occhio poi l’altro e scruto l’ambiente a me circostante.
E’ strano, perché di solito, dopo che ha fatto quello che ha fatto si riveste e va in camera sua, da quella che dovrebbe essere la sua compagna, la sua moglie.
Meglio non pensarci ulteriormente. Mi complicherei solamente la vita.
 
Mi alzo velocemente dal letto e mi vesto in fretta e furia con dei vestiti di fortuna, ovvero, jeans corti strappati, top che mi lascia scoperto l’ombelico e le mie scarpe.
Ora…manca il cellulare…ma dov’è???
Lo cerco in giro per dieci minuti buoni per tutta la camera, mettendola letteralmente a soqquadro.
Forse l’ho lasciato da Rufy…in effetti…l’ho lasciato sul comodino d’ingresso di casa sua.
Sono un vero disastro totale!
 
Corro verso la finestra e mi sto per lanciare, ma prima, mi giro indietro, giusto per accorgermi che ho lasciato la stanza in disordine.
Vabbè! La metterò a posto più tardi!
Devo andare da Shanks! Oggi ho l’allenamento con lui…Roger! Sono così emozionata perché sono più che sicura che oggi vincerò contro di lui!
Gli dimostrerò di che pasta sono fatta e che non sono più una bambina come lui crede!
Così, corro a rotta di collo verso la casa del mio fratellino e, giunta davanti a casa sua, entro senza tante cerimonie dalla finestra del salotto che è rimasta aperta.
Come al solito, si è dimenticato di chiuderla!
Cammino per un po’ notando che ci sono un mucchio di vestiti per terra sparsi ovunque, tanto da formare quasi una tappezzeria. Ma che cavolo è successo, qui?
 
All’ improvviso, mi giungono delle voci dal piano superiore e devo ammettere che non sono del tutto rassicuranti…
 
“Piccoletto, non ti libererai di me così facilmente. Non ti darò pace, te lo assicuro” sento dichiarare da una voce a me famigliare…Doflamingo…
 
Corro per le scale e giungo davanti alla camera del mio fratellino vedendo Rufy nudo, solamente coperto con il lenzuolo. I suoi occhi sono vitrei e donano al suo viso un’aria persa e vuota…
Doflamingo, invece, ride di gusto e, notando la mia presenza si volta verso di me, rivolgendomi una lunga occhiata.
“Che cazzo gli hai fatto?!?” domando correndo dal mio fratellino, per poi accarezzargli la sua zazzera nera, come a rassicurarlo.
“Oh, niente. Mi sono solamente divertito” mi risponde leccandosi in modo calcolato le labbra.
Sento la rabbia crescere dentro di me a velocità pazzesca.
Sono veramente furiosa. Ho la mente annebbiata e la vista si appanna a perdita d’occhio.
So che non sono lacrime. Questo è l’odio che si sta alimentando della mia anima come se fosse un cibo prelibato, una preda da uccidere e gustare senza tralasciarne neanche un pezzo.
“Sei solamente una puttanella del cazzo” sibilo avvicinandomi a lui.
“Fufufufufu. Ho solamente una cosa in contrario, tesoro mio. Qui, la puttanella, sei tu, dato che sei il giocattolo di Mihawk” ribatte a tono ghignando scompostamente.
Senza neanche pensarci due volte, gli sferro in rapida successione un pugno e un calcio per farlo cadere contro il muro, prendendolo successivamente per il colletto della sua camicia aperta.
“Non ti preoccupare per me. Io so badare a me stessa. Ho solamente un messaggio per te, Doflamingo: stai lontano da Rufy o ti spezzo le ossa una per una, godendo del tuo dolore e delle tue urla” ringhio con un tono di voce che non è il mio.
“Tsk! Ti consiglio caldamente di star lontana da me, pellerossa! La sai una cosa? Ti vedo come un coyote, capace solamente di provocare il caos e di mettere i bastoni tra le ruote alla gente, fufufufu!!!” ride sommessamente, facendomi imbestialire ancora di più.
 
Il nonno mi ha sempre detto di stare alla larga dai coyote, proprio perché si burlano di te e creano il caos.
Mi diceva che era meglio stare con i lupi o i puma, piuttosto che con loro.
E per la cronaca: io non metto i bastoni tra le ruote a nessuno!!!
 
Giuro che un giorno ti ucciderò con le mie stesse mani e ti do in pasto ai lupi!” lo minaccio in lingua Cumash, facendolo ridere sguaiatamente ancor di più.
“Fufufufufu! E’ proprio vero che non hai niente di americano, ragazza mia! Sembra che i tuoi occhi siano diventati ancora più rossi, fufufufufu! Mene vado, ma ricordati…non finisce qui…” mi sussurra infine vicino all’orecchio, per poi andarsene da questa casa…
 
Dopo essere rimasta imbambolata per una buona manciata di minuti, mi risveglio dal mio stato mentale confuso, accorgendomi che il mio fratellino ha bisogno di aiuto.
Lo raggiungo in poche falcate e noto che piange sommessamente, per non farsi sentire…
“Sorellona…non rischiare più per me…per favore!” mi supplica guardandomi con gli occhi lucidi e una smorfia contratta dal dolore a “deformargli” il viso.
Mi siedo sulla sponda del letto e sospiro pesantemente: “Ascoltami bene, Rufy. Io ti proteggerò, sempre. Questo lo sai, vero?”
Annuisce mentre un singulto gli fa tremare il corpo.
“Farò tutto ciò che è in mio potere per non farti toccare più in alcun modo da…”
“No! Non voglio che tu rischi la vita un’altra volta per uno stupido come me! Hai già avuto a che fare con la Morte, telo sei scordata?!?” mi domanda inorridito, guardandomi con occhi spaventati e impotenti.
“Rufy. non mene può importar di meno, se muoio o meno. L’importante è che tu stia bene!”
“Taci! Non aggiungere altro, maledizione! Perché cazzo sei così egoista, eh?!? E dopo che non ci sarai più, che farai, eh?!? Come farò senza di te?!? Spiegamelo, cazzo!” ribatte furioso, lasciandomi boccheggiare un poco.
“Lo vedi? Hai sbagliato! Non dire più una cosa simile! Non mi è successo nulla di grave, puoi stare tranquilla!”
“Ma che cazzo vai dicendo?!? Ti ha adescato di nuovo?!? Sei caduto un’altra volta nella sua ragnatela?!? “Non mi è successo nulla di grave!” ma sentitelo! Ti ha usato come un giocattolo. Ti ha fatto piegare al suo volere! Si è divertito con te, Rufy!!! Ti ha violentato!!!” sbotto fuori di me, alzandomi dal letto e continuando a girovagare per la stanza per cercare di calmare la mia rabbia, invano.
Più parlo e più l’odio cresce!
Odio questa vita!
Odio non poter fare niente per aiutare il mio fratellino!
Odio me stessa!
“Kat, calmati, per favore!” tenta di convincermi. È tutto inutile. Le parole scorrono da sole.
“Calmarmi?!? Come cazzo faccio a calmarmi?!? Neanche un quantitativo enorme di morfina mi calmerebbe, in questo momento!”
Abbassa lo sguardo contrariato, decidendo successivamente di vestirsi.
Mi raggiunge stringendo i pugni, per poi prendermi per le spalle e guardarmi con occhi determinati e decisamente iracondi.
“Giuro che se non ti calmi, ti gonfio di botte!” mi minaccia stringendo la presa sulle mie spalle.
Ghigno sommessamente, ancora accecata dalla rabbia.
“Vuoi gonfiarmi? Va bene, allora! Visto che sei già pronto andremo da Shanks e li…combatteremo, Rufy. Accetti?” lo sfido con un sorriso malefico stampato in volto, porgendogli la mano.
“D’accordo.”
 
Camminiamo per la strada che conduce a casa di Shanks in un silenzio religioso, senza nemmeno spiccicare parola.
Come cazzo abbiamo fatto a ridurci così?
Perché alla fine, abbiamo litigato e ci siamo dati contro?
Perché dobbiamo combattere?
A pensarci bene…ho iniziato io. Sono così protettiva nei confronti del mio fratellino, che, appena gli fanno qualcosa, accorro in suo aiuto, senza che me lo chieda.
Comincio a minacciare, picchiare, non tengo mai a freno la mia lingua.
Forse è vero che assomiglio ad un coyote.
Provoco caos e disastri.
Voglio fare la parte della sorella maggiore, anche se mi comporto come una bimba di due anni.
Forse era meglio che non nascessi…già…era meglio che non nascessi…avrei fatto un favore all’intera umanità di questo Pianeta che ruota intorno al Sistema Solare, continuando il suo ciclo vitale…
Senza di me, tutti, sarebbero più contenti. Un peso in meno. Anzi. Se mi suicido, nessuno si accorgerebbe che sono “scomparsa”.
Non ne darebbero neppure l’annuncio sul giornale locale della cittadina in cui vivo.
 
Giunti a destinazione, busso alla porta d’ingresso di Shanks con insistenza e, dopo un periodo di tempo che mi pare infinito, si decide ad aprire.
E’ solamente vestito con dei boxer neri, lasciando in bella vista i suoi pettorali ben scolpiti e il suo braccio menomato.
Nonostante abbia perso il braccio ed è un po’avanti con gli anni, devo ammettere che è ancora un bell’uomo. Sia fisicamente che moralmente.
“Ragazzi…”- ci saluta assonnato- “Che ci fate qui? Sono a malapena le sette di mattina!”
“Shanks. Io e Kat vogliamo combattere” risponde Rufy senza tanti giri di parole.
Dire che l’espressione stampata sul viso del mio maestro sia sbigottita sarebbe solamente un eufemismo.
Credo che non la passeremo liscia.







Angolo di Alyce: Siete libere di tirarmi addosso frutta e verdura marcia!
Sono in un ritardo ad aggiornare che neanche immagino e questo mi dispiace moltissimo!
Vi sto facendo attendere un casino di tempo e questo capitolo è anche corto! Siete veramente molto pazienti con me, vi ringrazio all'inifinito!
Che dire? Questo capitolo è un po'cortino perchè deve introdurre quel superfigo di Shanks ( :Q______________).
In questo cappy viene solamente accennato e vi è solamente anche una piccola presentazione, ma nulla di più.
Ci si vede! Alla prossima!
Ciao e  un strasuperbacione!!!!!!!
Alyce :)))))))))))))

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Capitolo 5
*** 5- Un intruso in casa ***


5° capitolo: Un intruso in casa

 
 
I minuti sembrano non passare mai.
Siamo qui, davanti allo stipite della porta di Shanks da dieci minuti buoni e, l’unica cosa che abbiamo fatto finora è stato boccheggiare come dei pesci e osservarci con sospetto.
Se vi dico che non ci sto capendo nulla e che sto per rimbecillirmi, mi credete?
Dopo altri tre secondi, il maestro riesce a ritrovare il senno e si rabbuia di colpo:
“Cosa è successo? Non vi ho mai visto litigare” afferma convinto, irritandosi un poco.
Shanks non ha mai amato la violenza, soprattutto tra fratelli.
Ci considera come figli e vederci litigare, per lui, deve essere una cosa…che non si deve fare, ecco.
“E’ una questione tra me e Kat!” ribatte convinto Rufy, calcandosi il suo cappello di paglia in testa.
Si sta arrabbiando pure lui…
“Non se ne parla nemmeno, moccioso” lo dissuade il mio maestro con tono di chi non ammette repliche.
“Perché no?!? Non mi sembra di averti chiesto il mondo, Shanks! Voglio battermi contro Kat!”
A quelle parole, lui esce dalla porta e, in men che non si dica lo sbatte a terra, tappandogli la bocca.
Vorrei accorrere in aiuto di Rufy, ma le mie gambe non rispondono ai comandi…
“Siete solamente due completi idioti!!!” ci ringhia addosso, per poi staccarsi dal mio fratellino e prendermi per il collo.
“S-Shank-s…n-n-non riesco…a…respirar-e” cerco di dirgli, sentendo le forze venirmi sempre meno e i polmoni bruciare in cerca di ossigeno.
Ora sì, che è veramente incazzato.
“No!!! Lasciala stare!!! Prenditela con me!!!” lo supplica Rufy con la voce tremante dal pianto.
Il mio maestro stacca la sua presa ferrea, per poi prendermi dolcemente fra le sue braccia, carezzandomi la testa, mentre io respiro affannosamente, sentendo alcune goccioline di sudore imperlarmi la fronte…per un attimo ho avuto paura di morire…
E’ una cosa molto strana. A me la Morte non ha mai fatto paura…se proprio devo dirlo…certe volte la bramavo e facevo di tutto per togliermi la vita, ma, i miei piani fallivano sempre, o per colpa di mio fratello o per colpa del mio maestro.
“Non voglio che accada mai più una cosa simile, sono stato chiaro?” -domanda guardando Rufy con cipiglio severo, facendolo deglutire e annuire convinto- “Forza! Venite dentro. Vi preparo la colazione, mocciosi”
 
Mangiamo tutto quello che ci offre Shanks con foga, certe volte rischiando di strozzarci, finendo per ridere a crepapelle tutti insieme.
“Ma come avete fatto a litigare, si può sapere???” domanda realmente incuriosito il mio maestro, facendoci incupire tutto ad un tratto.
“Non voglio che la sorellona rischi la vita per me…” afferma Rufy, addentando un pezzo di croissant.
“Fratellino, ma…”
“No, Kat! Ti devo ancora ricordare, per l’ennesima volta, che sei finita all’ospedale per colpa del sottoscritto?!? Per colpa mia sei finita in coma e ora hai una cicatrice che ti porti appresso da sette anni!!! Come faccio a dimenticarmi di una cosa simile?!?” domanda sbattendo la mano sul tavolo, guardandomi con occhi colmi di rancore e tristezza.
Abbasso lo sguardo sul mio piatto, sentendomi gli occhi pizzicare, ma non voglio piangere.
Io non voglio più piangere, mai più!
“Rufy…io…Cristo! Ti voglio bene! Non posso lasciare che…che…cazzo! Non ho nemmeno le parole per dirlo!!!” sbotto nervosa, schiaffandomi la fronte.
“Ehi! Ehi! Ehi! Qui, nessuno fa morire nessuno. Qui non si suicida nessuno, capito? Capisco che voi due siete dei mocciosi e delle teste quadre, ma finché ci sono io, nessuno farà il “kamikaze”, d’accordo?” si intromette Shanks, alleviando la tensione che si è creata.
E’ sempre stato un uomo premuroso nei nostri confronti.
Certo, qualche volta fa lo stronzetto e ci tende degli scherzetti, come quello di tirarci delle uova in testa nelle notti d’estate, urlando a squarciagola: “Felice Halloween, mocciosi!”…
 
 
…Rufy e Kat stavano andando tranquillamente a casa di Shanks per una cena a base di pizza e birra.
Di sicuro, Kat, avrebbe visto il suo fratellino ballare in mutande sul tavolo con degli stecchi nel naso e il cestino del pane tra le mani a causa dell’alcool…non lo reggeva molto bene…
“Wow! Chissà che birra ci offre Shanks!!!” urlò eccitato Rufy, saltellando come un leprotto.
“Tsk! Meglio che non la bevi. Ti da alla testa e poi a chi tocca portarti a casa? A me!” lo fermò Kat, dandogli un pugno in testa.
“Uh! Cattiva!”
 
Arrivarono alla loro metà, per poi suonare il campanello…



“Ehm…n-non c’è…nessuno…” osservò la ragazza grattandosi la nuca pensierosa.
“Già!”
“Ma…Shanks sapeva che noi saremmo venuti a cena…”
“Lo so…”
“Che…che facciamo?” chiese Kat torturandosi le mani imbarazzata.
“Non…non lo so…andiamo in pizzeria?” propose Rufy a sua volta voltando lo sguardo da un’altra parte, sentendo le guance infiammarsi.
“Per me va bene”
“Sì, va bene anche per me…”
“Ok, andiamo!”
“Andiamo!”
 
Ma non fecero nemmeno un passo che sentirono qualcosa spaccarsi sui loro capi e del liquido viscoso scendere lungo i loro visi sporcandoli.
Kat si tastò la testa, accorgendosi di avere dell’uovo in testa…del maledettissimo uovo in testa che stava per imbrattargli tutti vestiti.
“Chi. Cazzo. Ha. Osato?!?” urlò arrabbiata, spostando lo sguardo verso l’alto.
“Felice Halloween, dolcezza!” la salutò Shanks buttandole un altro uovo…
Quella volta centrò il suo viso…
Con calcolata e sinistra (molto sinistra) lentezza si pulì alla bell’e meglio la faccia, per poi guardare il suo maestro con un sorriso pieno di sadismo e ironia:
“Shanks!” lo richiamò tenendo un tono di voce finto gentile.
“Dimmi bellezza!” rispose lui bevendo un sorso di birra dalla sua lattina, per poi ritornare ad osservarla.
“Non è Halloween!”
Il mondo sembrò spaccarsi in una frazione di secondo sulle spalle del Rosso, guardando la sua allieva con occhi stupiti e offesi.
“Ma che cazzo vai blaterando?!? Oggi è il 31 Luglio, ed è Halloween!!!” esclamò adirato, bevendo un altro sorso della sua birra.
“Scemo!!! E’ il 31 Ottobre!!!” scoppiò Kat, minacciandolo con vari pugni alzati al cielo, come a volergli dare in testa.
A quella scena buffa, il piccolo Rufy si mise a ridere divertito, non curandosi delle promesse di morte certa che quei due si lanciavano.
 
“Mi spiace Kat, ma hai completamente torto! Halloween è il 31 Luglio!!!” si difese Shanks, mettendo su un’adorabile broncio, che fece crollare tutta la “parete” di contrattacco della ragazza, lasciandola leggermente attonita.
A quella reazione, il Rosso cominciò a guardarla con espressione impensierita.
“Ti ho lasciato senza parole?” le chiese strafottente.
“No, affatto…tieniti pure la tua ragione che non sta né in cielo né in terra…discutere con te è inutile!” buttò li, chiudendo la questione con un gesto vago della mano…
 
 
Una mano viene sventolata davanti al mio viso, risvegliandomi dall’onda dei miei ricordi, lasciandomi un attimo sorpresa.
“Piccola…tutto ok?” mi domanda preoccupato Shanks, schiaffeggiandomi il viso.
Lo scaccio via malamente, facendolo ghignare divertito per il mio comportamento maleducato.
E’ un modo come un altro per dire che non mi deve chiamare più piccola e che sì, sto bene…più o meno…
La schiena mi fa un po’male a causa della “delicatezza” di quel mostro che abita assieme a me e a mia madre.
Mi chiedo come non faccia mia mamma ad accorgersi di quello che mi fa…è…strano.
Sembra che sappia tutto quello che succede, ma preferisce tacere e vivere nell’omertà.
“Tornando a noi, ragazzi”- ci richiama il mio maestro incupendosi un poco- “Credo che comunque…la vostra discussione sia partita da un fatto ben preciso… chi dei due…?”
“I-io…” risponde alzando la mano con fare timoroso mio fratello.
“No…”- lo correggo volgendo il mio sguardo da un’altra parte per nascondere la…mia vergogna- “Anch’io…”
Alle nostre dichiarazione, Shanks sospira pesantemente, cercando di mantenere la calma.
“Comincio ad essere stufo…” ammette alzandosi dal tavolo allontanandosi un attimo, per poi tornare con una cassetta delle medicazioni.
“Però lo sai…”
“Sì, Kat. Lo so, lo so. Mi avete pregato in ginocchio di non dirlo a nessuno e che fossi solamente io a saperlo oltre a voi…mi avete anche chiesto di non rischiare la mia vita, giocando sporco, dato che mi avete “ricattato”, in un certo senso…” mi anticipa prendendo del disinfettante e un batuffolo di cotone, facendo segno a Rufy di togliersi la maglietta.
“Abbiamo dovuto, sensei. Lo abbiamo fatto per il tuo bene…” cerco di spiegargli per l’ennesima volta, facendolo ridere istericamente.
“Sai…attaccarmi alle spalle, prendendo della morfina per addormentarmi e poi minacciarmi (appena svegliato) con un coltello puntato alla gola…non è un metodo molto dolce, che ne pensi? Perché mi avete messo in ballo, allora?”
“S-sei l’unica persona…di cui possiamo fidarci…” mormoro stringendo i pugni e mordendomi un labbro con insistenza.
Annuisce per poi dire: “Ricordati solo una cosa, Kat. Se succede qualcosa di più grave…non mi fermerò davanti a niente e nessuno. Mi scoccia già il fatto che veniate usate come burattini per i loro giochi sessuali e chissà quali altre porcherie perverse!”
“D’accordo”…
 
Dopo esserci fatti curare da Shanks, ci siamo intrattenuti ancora un po’ a casa sua, guardando la televisione e chiacchierando del più e del meno come se nulla fosse.
Le sue ultime parole sulla discussione di poco fa…mi hanno fatto male.
E’ come se avessi ricevuto uno schiaffo in pieno viso, all’improvviso, senza che io abbia fatto qualche marachella.
Solo che Shanks ha ragione: io e Rufy siamo delle marionette nelle mani di Mihawk e Doflamingo.
Siamo i loro giocattoli: ci torturano con le loro unghie e i loro denti, marchiando il loro “territorio”, non curandosi del sangue che a volte scivola dalle ferite, come a voler dire loro che le nostri pelli ne hanno a basta, che non sopporterebbero oltre.
Ma come ho già detto, loro ne rimangono del tutto indifferenti, anzi.
Cominciano a leccare quelle stille di sangue, definendolo “nettare degli dei dati ai mortali”, per poi cominciare a torturare altre parti del corpo.
Dei miseri giocattoli senza anima…se ci ribelliamo…ci “rompono” malmenandoci e minacciando di far morire lentamente la persona a noi più cara, proprio come farebbe un bambino quando si stufa della fonte dei propri divertimenti.
 
“Kat, a che stai pensando?” mi domanda il mio fratellino ponendosi davanti a me, fermando la mia camminata.
“A-a niente, Ru. E’ tutto ok!” gli rispondo mettendo in mostra il mio falso sorriso rassicurante.
“Oggi potrai stare in pace, non sei contenta?”
“Che intendi, fratellino?”
“Ma come?!? Ti sei dimenticata che non lo avrai tra i piedi??? Avevi detto che Mihawk andava con tua madre e Doflamingo nel Kentucky per quattro giorni!” sbotta irritato, pizzicandomi una guancia, facendomi lacrimare gli occhi.
“E’ vero! Me ne ero completamente dimenticata! Meglio così! Potrò farmi un lungo bagno caldo senza essere disturbata e una bella dormita! Mi goderò questa bella vacanza, allora!” esulto compiendo una piccola giravolta.
Non ci sarà nessuno, ma proprio nessuno in casa! Posso e devo divertirmi finché ne ho il tempo!
“Ihihihih! Sono veramente contento per te, sorellona! Ci sentiamo domani?” mi domanda con un sorriso genuino.
“Certo! Però non so a che ora verrò, eh! Potrei dormire anche tutto il giorno. Vienimi a svegliare, al limite!”
“Va bene! Ciao Kat!!!” mi saluta correndo verso casa, riservandomi un ultimo sorriso.
 
Giunta a casa, comincio a guardare in giro, in cerca di qualche loro traccia, ma, per mia fortuna, non c’è niente e nessuno…a parte due biglietti…uno è da parte della mamma, l’altro, da parte di lui.
 
Ciao Kat!
Ti ricordo che stiamo via per quattro giorni, quindi…NON DISTRUGGERE LA CASA!!!
Mangia tutto quello che vuoi tesoro mio e non andare in discoteca.
Chiudi le finestre e la porta a chiave di notte, non vorrei che ti succedesse qualcosa.
Ultima cosa: TI VOGLIO BENE!
La tua mamma :)
 
 
Ciao gattina.
Ricordati che appena torno esigo che tu sia pronta per soddisfare le mie voglie maschili.
 
Scaravento i due messaggi sul comodino, per poi liberarmi dei miei vestiti, rimanendo solamente in intimo.
Prendo della biancheria pulita e degli asciugamani e mi dirigo tranquillamente in bagno, quando, all’improvviso un suono sinistro giunge alle mie orecchie, mettendomi in allerta…che cazzo è stato?!?
Ok Kat, sta’ calma e pensa…
 
Sto ferma immobile e comincio a spremermi le meningi, quando sento un fruscio e un movimento d’aria “carezzarmi” la schiena…
D-devo essermelo immaginato sicuramente, eheh!
La porta è chiusa a chiave…la finestra no…la finestra non è chiusa…Cazzo!!!
Che cazzo faccio ora?!? Sto entrando nel panico e non va bene per nulla!!!
Allora…facciamo finta di nulla e…e…vado in bagno e mi chiudo a chiave…ma se poi quella cosa o quel qualcuno ha un’ascia? Se scardina la porta?
 
Se stai così, in mezzo alla stanza, mezza nuda, ti beccherai un malanno…” sento sussurrare vicino al mio orecchio.
Mi giro di scatto, ma non trovo nessuno.
Ma che cazzo succede?!? O sono io, che sono fumata (il che è strano, dato che non fumo, a parte qualche sporadica volta quando incontro degli amici del nonno*) o c’è qualcuno in casa e mi sta prendendo bellamente per il culo!
“Non so chi cazzo tu sia, ma ti consiglio caldamente di andartene” minaccio al vuoto, per poi sentire un altro spostamento di fianco a me…che sia un fantasma?
Oh, ma come siamo sboccati. Non te l’hanno mai insegnata, l’educazione?” dice la voce ghignando. Non lo vedo, ma lo sento che ghigna.
“Parli proprio tu! Sei entrato in casa mia senza alcun permesso. Credo che sia tu a dover imparare l’educazione, bello!” ribatto continuando a girare in tondo per la stanza, per scovarlo.
Come fai a sapere che sono bello?” domanda ancora, lasciandomi…sconvolta…
Cioè…ma con chi sto parlando???
“Ah! Vedo che sei anche una persona che sa il fatto suo!” commento coprendomi con l’asciugamano.
Naturalmente. Comunque ti consiglio di non digitare nulla sul tuo bel cellulare, se non vuoi che ti sgozzi. Anche se sei carina, non vuol dire che io avrò pietà di te. Posso ucciderti quando voglio” mi minaccia.
Come ha fatto ad accorgersi che stavo digitando sul cellulare?!? Addio chiedere aiuto a Smoker.
Mi sento molto depressa in questo momento.
“Potresti almeno prenderti la briga di presentarti?” gli domando scettica.
Sono un personaggio abbastanza famoso…se ne parla moltissimo in questi ultimi tempi…” ribatte sotto forma d’indizio.
Fantastico! Il famigerato serial killer è in casa mia! Ma che cazzo ho fatto di male per attirarmi così tanta sfiga addosso?!?
Di sicuro mi ammazzerà da un momento all’altro…
Sto per aprire bocca e dirgli di uccidermi subito, ma cambio idea, ricordandomi delle parole del mio fratellino.
Non posso deluderlo un’altra volta.
“Che cosa vuoi?” gli domando a bruciapelo.
Niente di che, mocciosa. Una persona che abita in questa casa ha una cosa che mi interessa in particolar modo…” risponde.
Vorrei tanto sapere dove si nasconde! Non lo trovo da nessuna parte!
“Come puoi notare non c’è nessuno in casa a parte me. Quindi, puoi anche andartene!” sbotto irritata da quel suo comportamento “Sono il Signore del Mondo Intero!”
E chi ti dice che me ne andrò senza ucciderti?” mi chiede a sua volta, sentendo qualcosa di freddo e affilato puntato alla mia giugulare. Un coltello.
“Non so cosa tu stia cercando e non mi interessa. Se tu te ne vai, non avvertirò la polizia che sei passato, evitandoti delle rogne” gli propongo cercando di non far trasmettere la mia paura.
Chi mi dice che tu non stia mentendo?
“Se mento, sai dove trovarmi…” dico cercando di liberarmi, ma quello aumenta la pressione dell’arma sulla mia gola provocandomi un piccolo taglietto.
Gemo dalla sorpresa e dal bruciore che la ferita mi provoca, facendo ghignare di gusto il killer.
“Sei solamente uno stronzo bastardo!” osservo vincendo la mia paura.
Forse è meglio dire che ho una fifa tremenda, ma che il mio orgoglio vale più di ogni altra cosa.
Credo di non essere molto normale…
Ehi, mocciosa. Vedi di darti una calmata. E’ solo un taglietto” mi intima liberandomi, mentre io faccio un bel respiro per riprendere fiato.
Mi giro di scatto e cerco di fargli lo sgambetto, ma lui prevede la mia mossa e fa un bel salto.
“Cazzo!” prima che lui possa contrattaccare faccio una capriola all’indietro e schivo un suo calcio indirizzato alla sottoscritta. Questo è il momento in cui si dovrebbe esclamare: “Per un pelo!”
Mi rialzo velocemente e corro fuori dalla stanza, dirigendomi a tutta velocità verso il salotto, inciampando sui miei stessi piedi.
Cado rovinosamente e lui cerca ancora di attaccarmi, ma incespico e riprendo la mia corsa, giungendo a destinazione.
Ragazzina, stai giocando col fuoco. Non sto scherzando” mi avverte tirando fuori un machete.
Ora sì, che sono nella merda!
 
Comincio a osservarmi intorno, in cerca di qualcosa per difendermi.
Di certo non posso combattere con le mie sole gambe o braccia.
Verrei tagliuzzata come si fa con un cocomero!
Il mio sguardo continua a percorrere il profilo della stanza finché non scorgo la katana della nonna.
Salto sul divano, per poi raggiungere il comodino che la ospita.
La tiro fuori dalla sua custodia e…ma da quando è così pesante?!?
E poi, per la cronaca. Non è affilata!!! Con questa posso solo difendermi!!!
“Santa Cacca!” sbotto d’istinto, alzando la katana (con un po’ di fatica) per usarla come scudo.
Sai usarla?” mi domanda interessato, senza alcun tono di strafottenza nella voce.
“Ehm…no…” ammetto grattandomi la nuca imbarazzata, rischiando di rovinare a terra per aver lasciato la presa sulla mia arma momentanea.
Sei messa bene, allora. E io, che volevo divertirmi un po’. Sei proprio deboluccia!” osserva riponendo il machete, dirigendosi verso la cucina.
No. Questo mi ha fatto veramente arrabbiare!
Come si permette di dirmi che sono debole?!?
Lo seguo con cipiglio irritato, per poi domandargli secca: “Di grazia, cosa stai facendo?”
Nel frattempo lui aveva aperto il frigo e ci aveva curiosato, cacciandoci dentro la testa.
Ho fame!” risponde con genuinità, lasciandomi a bocca aperta.
Questo è scemo! Viene in casa mia, mi minaccia e fa come se fosse casa sua!!!
E’ assurdo!
“Si, vabbè! Mettiti comodo, io vado a farmi un bagno!” esclamo spazientita, ritornando in camera mia, seguito a ruota da lui con un mucchio di roba da mangiare tra le braccia.
E io lo lascio fare! Mi domando chi sia il più normale tra i due!
 
Riprendo la mia biancheria che avevo fatto cadere poco prima e prendo anche il mio pigiama, per sicurezza.
Chiudo la porta del bagno a chiave e comincio a preparare l’acqua calda, mettendo dentro un po’di bagnoschiuma.
Ora che ci penso, il killer ha quella voce coperta perché ha un passamontagna mimetico a coprirgli il viso.
Che altro ha, indosso?
Ah! Una maglia a maniche lunghe nera, un giubbotto smanicato verde imbottito, dei jeans trasandati
e degli scarponcini neri**.
Di certo, non si vuol far riconoscere…ma perché mi metto a pensare sul suo abbigliamento, ora?!?
 
Senza essermene accorta, l’acqua ha già raggiunto il suo livello e quasi sta per uscire dalla vasca, ma blocco il flusso appena in tempo.
Ed ora…mi rilasso!
 
Passata una buona mezz’oretta, decido di uscire e mi rivesto con molta calma, per poi tornare in camera mia.
Ce ne hai messo di tempo!” esclama serio girandosi un pezzo di carta tra le dita.
“Infatti ti avevo anche detto di metterti comodo! Noto che lo hai fatto senza problemi, dato che ti sei spaparanzato sul mio letto” gli rispondo a tono, mettendomi le mani sui fianchi indispettita.
Sì…è comodo, in effetti” commenta con fare saccente, facendomi innervosire ulteriormente.
Ma è un killer o uno che uccide la gente per stare in casa altrui e farsi la bella vita?
Almeno ha lasciato tutto in ordine!
Posso farti una semplice domanda?”- mi chiede guardandomi attraverso quel suo passamontagna che gli copre interamente la faccia. Chissà se è veramente bello…ma che vado a pensare!- “Sei una…prostituta?
Sento il pavimento mancarmi sotto ai piedi e l’animo mi si svuota di colpo, facendomi perdere lucidità.
Un forte mal di testa mi tortura, facendomi vacillare un po’.
E’ come se fossi ubriaca…
“P-perché lo dici?” gli chiedo ansimante.
Che mi succede? Non ho bevuto, né fatto uno sforzo fisico, ma mi sento esausta. Molto esausta.
Mi sventola il biglietto che si rigirava poco prima fra le mani, lasciandomi perplessa.
E’ il biglietto di lui.
Mi dirigo verso di lui e cerco di strapparglielo invano, nascondendoselo (per quanto possa permetterglielo la sua posizione coricata) dietro la schiena.
“R-ridammelo…” dico solamente con un filo di voce, guardandolo negli occhi.
Sono l’unica parte che possa vedere di lui.
Non hai risposto alla mia domanda” mi fa notare non smuovendosi di un millimetro.
“Non sono tenuta a confessartelo” ribatto sostenendo il suo sguardo.
Lo devo prendere per un sì?
“NO! Non sono una puttana, maledizione!” sbotto in mia difesa con tutto il fiato che ho in gola.
Sta in silenzio per alcuni secondi, che per me sono interminabili.
Perché non mi ridà quel cazzo di bigliettino?!? Dovevo strapparlo e bruciarlo!
Quanti anni hai, mocciosa?” mi chiede solamente con tono neutrale, mandandomi in bestia.
Ma che gli frega?!? Non mi sembra che stia vivendo lui questa situazione del cazzo in cui io ci sono immersa fino al collo!
Spuntato dal nulla a cercare chissà cosa! E pretende pure che io gli dica i miei dati anagrafici?
La mia data di nascita consiste in soli maledettissimi numeri, così come lo è la mia età!!! Un. Maledetto. Numero.
“Vattene. Ora” gli ringhio contro digrignando con forza i denti.
Resto qui quanto mi pare e piace. Sull’altro bigliettino c’è scritto che i tuoi staranno via per quattro giorni. Ho tutto il tempo che voglio, inoltre, ti ricordo che sono io ad avere il coltello dalla parte del manico. In tutti i sensi” controbatte con pacatezza.
Mi sto innervosendo come quando un lupo ha davanti un nemico.
Lo attacca e lo sbrana.
Mi inginocchio sul bordo del letto, preparando il mio destro, mentre con l’altra mano lo prendo per il colletto del giubbotto.
Non vedo l’ora di spaccargli quella faccia che si ritrova.
Non mi fai paura, ragazzina” mi avverte non muovendo un muscolo.
Pensa che io sia debole? Forse lo sarò mentalmente, ma la forza nei pugni non mi manca di certo.
Gli farò cambiare i connotati. Poco ma sicuro.
“Neanche io ho paura di te. Sei solamente una persona che si crede il killer più spietato al mondo!” grido guardandolo dall’alto in basso.
E tu sei solamente un animale che ringhia perché è ferito” …
Dove sarei ferita, io? Io non sanguino. Le ferite non rimargineranno più.
Ho perso tutto il sangue, sono vuota.
Sono solamente una bambola comandata.
Senza anima.
I sentimenti che prova sono solamente finti.
Le risate.
I sorrisi.
Le lacrime.
Le parole…
 
Lo mollo e mi alzo di scatto, andando verso la finestra.
Il Sole sta tramontando.
Cos’è il Sole, poi?
Una stella, questo è logico ma quello che mi interessa sapere è…cosa provoca nella gente?
Gente innamorata a cui fa compagnia illuminandogli la strada.
Fa provare una sensazione di calore agli amanti che si nascondono.
Scalda il cuore a tutti.
Insomma, è una guida su cui si può contare.
Per me, però, è solamente un bugiardo.
Non mi illumina la strada.
Non sento calore.
Non mi scalda il cuore.
Sulla mia strada vedo solamente una foresta buia e piena di spine, che mi lacerano il resto dell’anima riducendola a brandelli ancora più piccoli.
C’è solo freddo. Strati e strati di ghiaccio che mi continuano a far cadere.
Quel che resta di me…è solo un orrido mostro con capelli spettinati, occhi svuotati del loro azzurro oceano e pieni di colore rosso scarlatto.
Un mostro che prova solamente odio verso i nemici e verso se stessa perché non riesce a difendere le persone che ama.
Un mostro che non merita di vivere.
Questo…è quello che vedo nel riflesso della finestra.
Una persona che respira, che tecnicamente è viva, ma che in realtà è morta dentro.
Quelle occhiaie sotto ai suoi occhi scarlatti la rendono ancora più infelice e piena di odio.
Quella figura è così magra che ad un solo soffio di vento può rompersi…eppure sta in piedi e continua a camminare grazie alla voglia di vendetta che cresce giorno dopo giorno.
Povera stolta.
Chi sei, tu?
Sono te.
 
 
 
 
*Quando Kat dice che fuma sporadicamente con gli amici di suo nonno, intende che fuma il calumet, una pipa da cerimonia degli Indiani dell’America Settentrionale.
Il calumet veniva utilizzato durante importanti cerimonie, specialmente per celebrare un trattato di pace o di alleanza, solo che in questo caso, viene “utilizzato” per incontri tra loro, al fine di onorare i vecchi tempi.
**La parte superiore dei vestiti (maglietta, giubbotto...) del killer è simile a quello di Kakashi Hatake (Naruto), mentre la parte inferiore (jeans, scarponcini) è il tipico vestiario di Dean Winchester (Supernatural).






Angolo di Alyce: Eccomi qui con un nuovo capitolo! (schiva per un pelo una padella).
Mi dispiace per il ritardo, dico sul serio!
Però vi avverto: non aspettatevi un mio rapido aggiornamento.
Come potete notare Kat si sente un mostro. Mi fa un po' di tenerezza, ma dall'altra parte vorrei picchiarla a sangue! Deve reagire!!!!!...ok, perdonate il mio filo del discorso. Sono le 00.30 anche per me.
E finalmente chi arriva???? Chi arrivaaaa???????
Kidd: Il killer!
Io: Bravo! Molto bene! Tu da dove sbuchi?
Kidd: Dalla tua mente pazza e contorta!!!!!
Io: ^_^ Ti voglio bene.
Tornando a noi! I nostri protagonisti, ad una prima occhiata, non si sono visti di buon grado.
Cioè, mi correggo, Kat non vede di buon grado il killer!
Kidd: Certo! E' entrato in casa sua come se ci abitasse da sempre.
Io: Appunto.
Infatti...si sono scontrati.
Naturalmente non volevo dare a Kat la caratteristica di una che fosse brava in tutto (è brava con la caporeira, ma non vuol dire che sia brava a maneggiare le spade). Infatti fatica a tenere in mano la katana della nonna e, per pura sfiga, non è affillata.
Lo dico per esperienza.
Una katana che non è stata affilata e che ha uno spessore "spesso", diciamo, non fa una cicca.
Ho fatto una prova con la mia mano e il mio braccio, per vedere se tagliava...tranquilli. Ho ancora i miei arti, altrimenti non mi metterei neppure a scrivere.
Ma non fatelo a casa, comunque! Io l'ho fatto perchè sono una testa quadra!
Datemi anche della pazza, se volete.
E con questo chiudo!
Ci si vede al prossimo capitolo!
Ciao e un strasuperbacione a tutti!
Alyce :)))))))))))

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Capitolo 6
*** 6- Quella bambina che implorava aiuto e giurava vendetta ***


6° capitolo: Quella bambina che implorava aiuto e giurava vendetta

 
 
Quell’immagine riflessa alla finestra sparisce davanti ai miei occhi quando compare quella del killer, che mi guarda con quell’aria di sufficienza e superbia.
Lo guardo a mia volta, come ad aspettarmi qualcosa di strafottente da parte sua, ma non arriva:
Ti decidi a rispondere alla mia domanda, oppure il gatto ti ha morso la lingua?” chiede con il tono più serio possibile.
Sembra di essere ad un fottutissimo interrogatorio.
“Perché ti interessa tanto saperlo?” gli domando a mia volta, facendolo fremere impercettibilmente, credo, dalla rabbia.
Curiosità” risponde semplicemente schiarendosi la voce.
Certo! Lui mi chiede l’età solamente perché è curioso! Patetico!
Poteva trovarsi una scusa migliore!
“Diciannove” sibilo diffidente. Naturalmente, è una bugia.
Non mentire. So quando una persona mi sta dicendo una menzogna. Questa la è” controbatte con tono sicuro, appoggiandosi contro la scrivania della stanza, cominciando a giocherellare con il suo coltello.
“Non sto mentendo!”
In men che non si dica, lancia la sua arma che sfiora di striscio la mia guancia, per poi andare a conficcarsi in un quadro.
Poco male, tanto non mi piaceva, tantomeno il cubismo analitico.
Resta il fatto che quel coltello poteva conficcarmisi in testa, se la sua traiettoria fosse stata più sulla sinistra.
Anche se non lo do a vedere, sto morendo dalla paura. Non nego di non essere molto coraggiosa.
Mi dimostro gradassa anche quando non la sono.
La prossima volta non mancherò il bersaglio, te lo assicuro” mi intima calmo.
Ok, ci sono solamente pochi metri di distanza tra me e la porta della camera.
Basta un piccolo scatto e ce la posso fare.
L’unico problema è che la porta d’ingresso è chiusa a chiave a doppia mandata.
Questo è il tipico momento in cui sei immerso nella merda fin sopra i capelli!
Ci vuole una fortuna colossale per salvarsi la pelle. In fondo, stiamo parlando di un serial killer.
Tentar non nuoce comunque.
Sono considerata strana e un mostro. Non vedo il perché non dovrei essere folle.
La vita è la mia.
Bene Kat! Al mio tre…
 
1…
 

 
3!!!
 
Corro a più non posso verso la prima porta, ma la trovo bloccata.
Cerco in tutti i modi di aprirla, ma sarà per la rabbia, sarà per l’istinto di sopravvivenza, che continuo a imprecare sottovoce, arrivando persino a voler scassare la serratura con le unghie e i pugni.
Non faccio in tempo a fare nulla di tutto ciò, che un altro coltello mi si affianca sul legno bianco della soglia, facendomi venire quasi un infarto.
Mi giro di scatto come a volermi parare da qualsiasi colpo con i miei arti superiori, mentre il killer mi si para di fronte, sovrastandomi con la sua stazza.
Nei suoi occhi si può leggere il suo nervosismo e la sua voglia di volermi colpire, ma non lo fa, stranamente: “Ultimo avvertimento, mocciosa. Ti do solamente un’altra possibilità perché sei una donna”.
Mi minaccia prendendomi fortemente per le spalle, facendo scricchiolare le ossa.
Sembra il rumore di tante foglie secche che si spezzano appena ci cammini sopra senza pietà.
“Ma che… galantuomo” riesco a sfotterlo tra i gemiti di dolore.
Stai oltrepassando il limite, ragazzina” sussurra a pochi centimetri dal mio viso, mentre estrae il coltello dal legno per poi puntarmelo alla gola.
Questa scena mi è familiare.
Solo che qui rischio la vita, non rischio un rapporto sessuale senza il mio consenso.
Si vede che non hai preso nulla da tuo padre. Arrogante e strafottente tale e quale a suo nonno!” ghigna guardandomi negli occhi.
“Non azzardarti a parlare di mio nonno. E per la cronaca, non ho nessun padre!” gli inveisco contro sostenendo il suo sguardo.
Certo, certo!”- ribatte scettico- “Allora a chi devi soddisfare le voglie maschili? Al tuo ragazzo?
Che si vada a far fottere la paura!
“Sta’ zitto! Di’ solamente un’altra parola, un’altra fottutissima parola, e giuro che sarai riconosciuto killer all’Inferno!” gli ringhio contro, avanzando di un poco, per quanto lo spazio a mia disposizione me lo permetta.
Tesoro, ci devo già andare all’Inferno. Anticiperai solamente la mia entrata!”- mi soffia contro con tono intenso- “Allora! Dato che mi vuoi far fuori, dimmi almeno quanti anni hai
Lo guardo trucemente, mostrando i denti dalla rabbia, mentre sento gli occhi farmi male in un modo assurdo.
Lo sento esclamare qualcosa di incomprensibile, per poi scaraventarmi a terra, sedendosi cavalcioni su di me.
“Levati di dosso!”
Perché ti hanno fatto questo?
A quella domanda, non posso rimanere che stupita, calmandomi per alcuni instanti.
Che intende?
Continuo a fissarlo come in cerca di risposte, ma lui sta li…fermo e zitto nella stessa posizione.
Solamente i nostri respiri spezzano l’aria tesa.
La situazione è peggio del previsto” lo sento dire sottovoce, facendomi allarmare.
Non ci sto capendo più nulla!
“Che intendi?”
Nulla che ti riguardi, mocciosa. Dimmi quanti anni hai. Non è una richiesta, è un ordine!” sbotta infuriato, prendendomi il viso tra le mani.
“Sedici” dico automaticamente, senza nemmeno pensarci
Come mi è venuto in mente di rivelargli una cosa simile?
Da cosa era dettato, poi? Ricerca di risposte? Pazzia? Paura?
Fantastico!”- esclama isterico, per poi lasciarmi sola come un baccalà, dicendomi solamene queste quattro parole- “Ci si vede, Kat!
 
Dopo alcuni minuti mi impongo di respirare profondamente e darmi una calmata.
Quel sociopatico ha detto strane frasi come: “La situazione è peggio del previsto; Perché ti hanno fatto questo?”…
Che cosa intendeva con quelle maledette parole?
Inoltre, voleva sapere a tutti i costi la mia età. Non ci trovo nessun nesso logico.
Solo che quando ho reagito ringhiando contro di lui…mi facevano male gli occhi. Molto male.
Non è la prima volta che succede. Di solito succede quando sono molto arrabbiata o mi sento minacciata da qualcuno in particolare, come Doflamingo…
Corro velocemente allo specchio del mio bagno personale ma niente.
Non trovo nulla di strano. I miei occhi sono più che normali, solamente le pupille sono molto più dilatate, nonostante la luce della lampada sia forte.
Forse dovrei chiamare la mamma e dirle dell’accaduto…no, no, no e poi no!
Anche se mi costa ammetterlo, io, le promesse le mantengo e poi non voglio rovinarmi la vacanza!
Devo solamente fare qualche ricerca…forse nei libri del nonno o della nonna c’è scritto qualcosa…già! Ma dove saranno?
Da quel che ne so, la mamma ha detto che Mihawk gli ha bruciati tempo fa perché erano inutili ed avevano dati sbagliati…chissà che intendeva…
 
Devo chiedere al mio fratellino. Voglio assolutamente sapere se mi è mai successo qualcosa di strano agli occhi o al viso. Può rivelarsi un dettaglio importante.
 
Comincio a cercare il telefono da tutte le parti, ma non lo trovo…eppure lo avevo…cazzo! Mi ha sequestrato pure quello!
Poco male! C’è il telefono fisso!
Corro in salotto e alzo la cornetta ma non sento il tipico rumore di un telefono quando stai per comporre un numero.
Guardo se c’è qualcosa che non va e noto che il filo è stato reciso.
“Ma che figlio di puttana!”
 
Bene! Il mio cellulare è stato requisito e il telefono fisso non va! Tutto per colpa di quello stronzo!
Giuro che se lo rivedo gliela farò pagare molto cara!
Mi tocca aspettare domattina.
Non posso rischiare di incontrarlo mentre percorro la stradina che separa la casa di Rufy alla mia.
Lui sarebbe in netto vantaggio.
Non so se è veloce a correre. Io la sono, ma lui?
Inoltre, è molto bravo con la mira.
Quelle due volte in cui mi ha lanciato addosso i coltelli, faceva apposta a sbagliare.
Se avesse potuto, mi avrebbe ammazzato per ben due volte, anche se continuavo a dimenarmi.
Però è ingiusto! Mi sono fatta fregare il cellulare come quando un alunno viene sgamato dal prof mentre gioca durante l’ora di lezione!
E’ anche vero che poteva lasciarmelo! Mica mento, io!
Ok, ok! Gli ho mentito sul fatto dell’età e allora? Non è morto nessuno!
Aspetta un attimo, Kat!
C’è sempre il computer! Sono un cazzo di genio!
Posso inviare una e-mail a Rufy, sperando che la legga.
Non posso starmene con le mani in mano. Ho ancora tutta la sera davanti. Ce la posso fare!
 
Apro il portatile come se non ci fosse un domani e aspetto che si carichi.
Un’altra cosa mi annebbia la mente: che cosa c’entra la mia “famiglia” con quel killer?
Forse ha avuto dei rapporti in passato e li ha traditi…
Ha anche detto che in questa casa, una persona, ha qualcosa che gli interessa in particolar modo…ma cosa?
Potrebbe essere un file criptato o delle ricerche su qualcosa…
Le immagini del desktop scorrono lentamente davanti a me, passando da semplici animaletti carini a Angeli della Morte e luoghi desolati e distrutti.
Hanno un certo fascino…
Apro la pagina di Internet, per poi andare sulla mia posta elettronica, digitando “crea nuovo messaggio”:
 
Oggetto: Aiuto
A: Monkey D. Rufy
 
Ciao Rufy!
 
Dato che non posso venire subito da te per motivi di cui non ti posso informare, ti volevo chiedere una cosa: Hai mai notato qualcosa di strano ai miei occhi o al mio viso in generale quando siamo in certe situazioni…minacciose, diciamo?
Aspetto la tua risposta al più presto!
 
Invio il messaggio incrociando le dita che vada tutto per il verso giusto.
Bisogna solamente pregare che quel killer sia anche un po’stupido e tonto, anche se molto probabilmente non sarà così.
Un altro messaggio da parte del computer richiama la mia attenzione, facendomi masticare imprecazioni e maledizioni a qualcuno di mia conoscenza:
 
Un virus ha intaccato il tuo computer.
Pericolo di perdita di tutti i dati.
 
Cerco di risolvere il problema, ma il portatile “muore”, mostrandomi solamente una bella schermata nera.
Veramente esilarante!
 
Chiudo il tutto con uno scatto d’ira, ribaltando la sedia mentre mi alzo.
“Maledizione!” digrigno calciando e lanciando cose qua e là per la stanza, mettendola completamente a soqquadro.
Sono talmente infuriata che mi tiro i capelli, strappandone piccole ciocche.
Mi accovaccio a terra urlando e ridendo al contempo per il mio comportamento da folle.
Mi vedesse qualcuno, chiamerebbe la sicurezza e qualcuno per mandarmi al ricovero per malati di mente.
Chissà, forse la sono.
Gli occhi mi fanno male, terribilmente male, ma non trovo nemmeno la forza per correre al bagno.
La testa mi duole, sento la nausea salirmi fino a farmi venire voglia di vomitare, ma mi trattengo.
Non sento il mio cervello connettere più nulla. Vedo solamente molte immagini scorrermi davanti di una bambina, legata ad un lettino, che urla, piange, si dimena dal dolore, mentre degli uomini vestiti completamente di bianco le fanno iniezioni su iniezioni, persino agli occhi…
Quella continua ad urlare, a implorare di smetterla, chiedendo aiuto.
Fatela smettere!
 
Aiutatemi!
 
Smettila di urlare! Perché le fanno tutto questo, perché?!? Perché non l’addormentano?!? Smetterà di urlare e dimenarsi!
 
Aiutami, ti prego!
 
No! Non posso fare nulla per te, mi dispiace! Smettila!
 
Ti prego! Aiutami!
 
Piantala! Lo vuoi capire?!? Non posso fare nulla!!!
 
Falli smettere, ti scongiuro!
 
Non posso!!!
 
Per favore!
 
Basta! Smettila di chiedermi aiuto!
 
Aiutami! Aiutami! Aiutami! AIUTAMI!!!
 
“BASTA!!!” grido chiudendo gli occhi con forza, tappandomi le orecchie per fare smettere o almeno alleviare quelle urla di quella povera bambina.
Non cosa fare!
Tutto prende a girare vorticosamente.
Non sento più nulla: le gambe, le braccia…non riesco nemmeno a respirare.
È peggio di una tortura!
Voglio morire… vi prego…
 
“Uccidetemi…vi supplico…fatela smettere” sussurro, credendo che ci sia qualcuno di fianco a me.
 
Stai tranquilla. E’ tutto finito. Non occorre la tua morte” mi rassicura una voce famigliare, facendomi aprire leggermente gli occhi, anche se quelli implorano per essere richiusi dal dolore.
Non riesco nemmeno a capire chi sia.
“La bambina…aiutala…per favore” mormoro sentendo le membra più pesanti.
La bambina è salva. Sta bene” mi risponde quella persona dopo un po’.
“G-grazie”.
 
Riesco solamente a dire quell’unica parola, per poi farmi cullare dalle braccia di Morfeo in un sonno senza sogni…
 
 
La mattina successiva mi sveglio di soprassalto dopo aver sentito ancora una volta la voce di quella bambina.
Continuava a sussurrare qualcosa, ma non era più legata al lettino…si trovava in una specie di cella.
Era pallida, scarna, i capelli le ricadevano davanti al viso, facendo intravedere solamente degli occhi cremisi.
Erano spalancati dalla paura, ma c’era dell’altro…era odio…
Un grande camice le copriva gran parte delle sue esili gambe, intralciandole i movimenti per mettersi più comoda
Continuai a guardarla di sottecchi sedendomi vicino a lei, cercando di capire cosa mormorasse.
 
Mi vendicherò!
 
La sua voce tramava dalla rabbia, cercò di liberarsi dalle catene che la tenevano legata al muro, invano.
Le sue ossa scricchiolavano in modo sinistro, però lei pareva non farci caso.
Di chi ti vuoi vendicare? Perché?
 
Mi vendicherò di tutti coloro che mi hanno fatto del male. Ucciderò anche te, te lo prometto!
 
Non capivo quello che diceva, a chi si riferiva.
Parlava in una lingua sconosciuta, ma la capivo alla perfezione.
Non si riferiva a me…guardava davanti a sé, ma non capivo chi c’era.
Davanti a me si stendeva il nero più totale, scombussolandomi non poco.
Inoltre la sua voce era cambiata.
Non sembrava più quella di una bambina indifesa, bensì, di una persona folle, che diceva cose senza alcun nesso logico. Peccato che lei fosse, a detta mia, in grado d’intendere e di volere. Anche troppo.
 
Sai…è inutile che tu pianga. E’ inutile pensare che io sia matta. Sono lucidissima e se dico che mi vendicherò…mi vendicherò. Lo giuro sugli Sacri Spiriti.
Vendicherò anche il nonno!
 
Cominciai a tremare dalla paura ma volevo sapere di più allo stesso tempo.
Chi era quella bambina? Cosa c’entravano le sue origini e suo nonno?
In effetti…come era morto mio nonno?
 
Al risvegliarmi da quel filo di ricordi ci pensa una voce, che cerca di richiamarmi all’attenzione.
Alzo lo sguardo e…
“Che ci fai tu, qui?” gli domando mettendomi in guardia.
Non sono qui per farti del male” dice indifferente, sedendosi sul letto , di fianco a me.
Mi ricordo di essermi addormentata sul pavimento…
“Ma io…”
Ti ho dovuto iniettare del calmante. Eri fuori di te. Continuavi a ridere e ad urlare dal dolore. Deve essere il primo passo verso il completamento…” mi spiega brevemente, accennando a frasi di cui non comprendo il significato.
“Quale completamento?” gli chiedo voltandomi verso di lui.
Sto cercando di scoprirlo anch’io. Ma una cosa è certa…tu sei un esperimento che si sta completando” afferma con tono duro, stringendo i pugni.
“Aspetta. Io non sono una cavia di laboratorio. Non hanno mai svolto esperimenti su di me!” ribatto con convinzione, alzandomi in piedi, dirigendomi verso la finestra.
Ah, no? Continuavi a chiedermi una cosa, prima che ti addormentassi…dimmi un po’: chi era quella bambina che chiedeva aiuto?






Angolo di Alyce: Buonasera amici!!!!
Ammetto che questo capitolo lo avevo pronto da tipo...una settimana, ma non l'ho postato perchè volevo lasciarvi un aggiornamento prima di partire per le vacanze!
Starò via dal 23 al 29 e non potrò usare il computer.
Comunque, ritornando a noi!
Come avrete notato, Kat, non è molto normale, anzi. Non lo è per niente.
Si è scoperto che era una cavia da laboratorio e che, molto probabilmente, i sogni che faceva su quella bambina erano i suoi ricordi. Non dico nient'altro.
E scopriamo pure che il nostro caro killer ha un cuore! Puccio lui!
Ci si vede al prossimo capitolo!
Ciao e un strasuperbacione a tutti!
ALyce :)))))))

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Capitolo 7
*** 7- Quella strana voglia che ti fa diventare folle ***


7° capitolo: Quella strana voglia che ti fa diventare folle

 
 
Lo guardo come se fosse un malato di mente che ha appena detto una profezia.
Quella bambina che chiedeva aiuto non ero io. Andiamo! E’ completamente impossibile!
Su di me non hanno fatto alcun tipo di esperimento!
D’accordo, quando mi arrabbio o mi sento minacciata mi fanno male gli occhi. E allora?
Non significa nulla, che diamine!
“Credo che ti sia dato di volta il cervello” affermo con un sorrisetto compiaciuto, facendole sospirare spazientito.
Può dire quello che vuole, ma non gli crederò! Tutto ciò che dice è assurdo!
Perché dovrei fidarmi di una serial killer, poi?
Tu vuoi rinnegare ciò che è vero. Quando ti dimostrerò che tu sei un esperimento, cambierai completamente opinione, te lo assicuro” mi “rassicura” alzandosi pigramente dal letto, guardandomi con i suoi occhi penetranti, resi ancor più profondi dal passamontagna che gli copre il viso.
“Tu menti.” dico con ovvietà, sostenendo il suo sguardo.
Non mi fa paura. È solamente un pazzo psicopatico che si crede la forma più intelligente di questo pianeta!
Lo vedremo” mi minaccia puntandomi il suo bene amato coltello alla gola. Oramai è un vizio.
Dopo circa una decina di secondi se ne va dalla finestra, mentre io mi appoggio contro il muro della stanza, massaggiandomi le tempie.
 
Per me non mentiva…
La bambina compare davanti ai miei occhi facendomi sobbalzare dalla sorpresa.
Ora ho pure le allucinazioni…Assurdo, sul serio.
Avanti Kat!
Lei non è reale! E’ uno scherzo della tua mente!
Probabilmente sei ancora sotto l’effetto del sedativo e questo ti gioca brutti scherzi.
Lei. Non. Esiste.
 
E’ inutile che tu cerchi di scacciarmi. Diciamo che è il tuo subconscio che chiede il mio “intervento”.
Lo so che lo vuoi…
 
Afferma con un sorriso storto a deformargli il viso.
Sembra ancora più inquietante di quanto già non sia.
“N-non so di cosa tu stia parlando…” le dico in un sussurro, cercando aria.
Comincio a sentirmi soffocata…
Non so da cosa sia data questa sensazione.
Forse dalla presenza di questa bambina, oppure è lo stress…non so più che pensare.
 
Sì che lo sai…tu vuoi vendetta…
 
Continua piegando la testa da un lato, mantenendo il suo sorriso.
Si avvicina lentamente a me, volgendo la sua testolina verso l’alto, fissandomi con i suoi occhi rossi cremisi.
“Riguardo a cosa? Chi diavolo sei?” le domando ancora, abbassandomi alla sua stessa altezza.
Ho la possibilità di scoprire qualcosa in più sul mio passato…forse…
 
Hai visto anche tu quello che ci hanno fatto quando eravamo più giovani!!! Non te lo ricordi?!? Ci hanno maltrattato e usato per i loro maledetti esperimenti!
 
La sua rabbia aumenta di secondo in secondo. E’ talmente “forte” che si può percepire a pelle.
E poi quella frase…”quando eravamo più giovani”…che intende dire???
“Non ti seguo. Lo ripeto ancora: non hanno fatto alcun esperimento su di me!” le urlo contro, alzandomi dalla mia posizione, cominciando a camminare nervosamente avanti e indietro per la stanza.
Tutto questo è completamente assurdo!
Prima il serial killer, poi questa bambina sociopatica!
 
E’ inutile che lo neghi! Dentro di te sai che questa è la verità!
Tu la vuoi, la brami con tutta te stessa!
Vuoi sentire il sangue di tutti coloro che ti hanno “ucciso” scorrerti sulle mani!
Vuoi vederli tutti morti! TUTTI!
Vuoi vendetta! Solo ed unicamente VENDETTA!
Perché non ottenerla? Sono sicura che ti piacerebbe terrorizzarli, torturarli finché non chiedono “pietà!” in lacrime e poi ucciderli…
 
Non so né come né il perché, so solo che all’improvviso, un’ondata di una nuova sensazione si faceva largo in me, come un treno che percorre tutta la strada con la massima potenza.
Non lo nego. Era una cosa…bellissima e afrodisiaca…
Volevo prendere un coltello e cominciare a distruggere tutto e tutti.
Volevo scendere per strada e urlare e ridere allo stesso tempo…
Forse stavo diventando veramente pazza…
 
Non è dolce il sapore della vendetta? Non è gratificante la sensazione che provi in questo momento?
Non senti di voler di più?
 
La mia mente era come annebbiata.
Una parte di me, quella più razionale, forse, cercava di farmi riprendere l’autocontrollo.
L’altra mi incitava di fare qualcosa di eccitante come ammazzare qualche persona, per poi aspettare con trepidazione il ritorno di Mihawk, Doflamingo e mia madre…
Mia madre. Desideravo uccidere anche lei…
 
Avanti…continua così…ti stai lasciando andare, Kat.
 
Avevo persino cominciato a ridere senza un perché…ma non era la mia solita risata…era da folle.
Sono un mostro…
Un folle.
Chi sono?
Cosa sono?
 
Kat…tu sei te stessa.
Una povera ragazza che ha patito le pene dell’Inferno quando era giovane.
Dobbiamo riscattarci. E tu lo sai!
 
“Sì…hai ragione…completamente ragione…” -le rispondo con voce febbrile, guardandola di scatto e indicandola in continuazione- “Tu hai completamente ragione…”
Ma che ragionamenti faccio? Perché mi comporto così?
 
Vedo che hai capito, ihihihihih!
 
“Sì, ho capito…” cantileno tra me, cominciando a canticchiare un motivetto.
Come quelli che si ascoltano dalle bambine delle favole finché non vedono il cattivo che le attrae in trappola.
 
Così mi piaci! Alimenta la tua ira, la tua follia! Tutto sarà più semplice!
 
“Sì…ma come faremo? Dove posso trovare un posto per lavorare in santa pace?” le chiedo affranta, ma con quella nota di pazzia che fa rabbrividire pure me.
Kat! Torna in  te, ti prego!
Questa non sei tu! Riprenditi!
La mia mente non ragiona più come dovrebbe.
Inoltre, è come se stessi agendo contro la mia volontà.
La parte malvagia di me sta prendendo il controllo sulla mia mente e il mio corpo, mentre io rimango a guardare come uno spettatore passivo.
Perché non riesco a ribellarmi?!? Perché?!?
 
Kat. Non devi cercare di reagire a questa sensazione. Una ferita come la tua non potrà mai rimarginare del tutto.
L’unica via d’uscita è la vendetta!
 
Perché quella ragazzina è così cattiva?
Chi, più di tutti, l’ha spinta a quel rancore così profondo da voler morte e distruzione?
 
Non farti domande, Kat! La vita è solamente una menzogna!
Tutto è menzogna!
 
Se continuo ad ascoltarla potrei finire in un abisso buio e pieno di pentimenti.
Solo che da una parte sembra così allettante seguire quella rotta oscura…
Forse ha ragione.
Sono io che sono in torto marcio.
La vita è una menzogna, dove incontrerai solamente bugiardi e ipocriti pronti a tagliarti la strada in pochi, maledetti secondi.
 
Esco dalla stanza leggermente scombussolata, ma sempre con quell’idea malsana in testa, facendomi ancora ridere follemente.
Dicono che ci siano due tipi di pazzia…
Pazzia buona… e cattiva…
Quella buona appartiene alle persone “spericolate”, pronti a provare quel brivido di eccitazione per poi tornare coi piedi per terra, in un certo senso.
Quella cattiva…beh…quella cattiva è quando provi gusto a tormentare le persone, torturandole, uccidendole…oppure anche te stesso.
Sì, provi…un senso di appagamento a farti del male.
Io credo di rientrare, anzi, ne sono certa, in quella cattiva.
Già non vedo l’ora di affondare la lama di un coltello nel corpo di qualcuno e sentire il sangue che copre le mie mani e i miei vestiti.
Dio, sono folle…
 
All’improvviso, il suono del campanello mi riscuote dai miei pensieri, facendomi ritornare bruscamente alla realtà.
Devo cercare di contenere questa cosa…
Vado ad aprire e noto con un leggero stupore che l’ospite indesiderato è Smoker: che ci fa, lui, qui?
 
“Capo…” lo saluto con una nota di insicurezza.
Comincio a sentire il sudore freddo imperlarmi la fronte e ho caldo…molto caldo.
E poi il suo respiro…
Vorrei tanto squarciarlo…no…sarebbe troppo veloce…meglio una morte lenta…
Cazzo! Devo contenermi!
Questa. Non. Sono. Io.
 
Perché non lo vuoi uccidere? Sarà divertente…
 
Piantala. Sta’ zitta!
 
“Ciao Kat! Sono qui per accertarmi che tu stessi bene. Lo sai, c’è un serial killer da queste parti…” parla l’agente aspirando due boccate di fumo dai suoi due sigari.
 
Ma sentilo! Vuole accertarsi che tu stia bene! Dov’era quando noi stavamo dentro ad un laboratorio a far da cavie?!?
Kat! Uccidilo, forza!
 
No! Lui non ne sapeva nulla!
 
Ne sei sicura, Kat?
 
Trattengo il respiro per secondi interminabili, mentre fisso con insistenza il pavimento.
Forse lui sapeva…sapeva ma non ha mai detto nulla…
No, no, no e no! Non devo ragionare così!
Non devo dare ascolto alla mia mente.
Perché le mie mani tremano? Perché?
Perché ho il fiato corto? PERCHE’ VOGLIO URLARE?!?
PERCHE’?!? PERCHE’?!? PERCHE’?!?
 
“Kat…stai bene?” mi richiama la voce di Smoker, facendomi irritare ulteriormente.
Devo stare coi piedi per terra.
Non devo cadere nell’abisso.
Dio! Gli occhi fanno così male!
 
“Sì…s-sto bene. N-non è venuto nessuno…ho del lavoro da sbrigare, con permesso…” gli rispondo con voce tremante, asciugandomi la fronte con il dorso della mano.
“Ti vedo pallida…sicura di sentirti bene?” insiste lui, avvicinandosi di alcuni passi.
Non avvicinarti! Non farlo!
 
Ora che ci penso…perché non strangolarlo? Come sarà sentire lui implorare con la voce spezzata?
 
Taci! Taci! TACI!
LASCIAMI STARE! VATTENE!
 
“Sto benissimo. Devo proprio andare. Non ho tempo!” ribatto nel tentativo di chiudere la porta, ma lui la blocca.
Perché gli esseri umani sono così stupidi e testardi?!?
“Tu non stai bene. Sei pallida, tremi. Che ti è successo, Kat?”
“Nulla. Se ne vada.”
“No.”
A quella negazione lo guardo per la prima volta in questi ultimi minuti negli occhi, facendolo sobbalzare leggermente dallo stupore.
“Se. Ne. Vada.” dico con tono di chi non ammette repliche, facendolo boccheggiare un poco.
Forse vuole dire qualcosa ma non ci riesce…
“Kat…i-i tuoi occhi…”
“Ho detto di andarsene. NON HA SENTITO, PER CASO?!?” gli ringhio contro, riservandogli uno sguardo truce.
La mia testa comincia a pulsare, mentre la mia vista continua a peggiorare.
Sento che sto per esplodere.
Riesco persino a sentire il sangue che mi scorre nelle vene.
In uno scatto d’ira chiudo la porta, lasciando Smoker ancora lì.
Poco importa.
Non so cosa mi sta succedendo.
Tutto si sta facendo così…distorto…e la bambina mi fissa con delusione e rabbia.
 
Perché non l’hai ucciso?
 
“Perché non volevo farlo!” le rispondo cadendo a terra, in ginocchio.
Mi sento uno schifo…
Vorrei farmi del male.
Vorrei farne agli altri.
Solo che io non voglio…io voglio vivere una vita normale.
Voglio essere felice.
È così difficile da chiedere?
 
Cerco di rialzarmi e raggiungo la cucina con un po’di fatica, sentendo però che le pulsazioni alla testa stanno svanendo.
Prendo un bicchiere e del Jack Daniels, versandomene un bel po’per distendermi i nervi.
 
Ti vuoi dare all’alcolismo, per caso?” chiede una voce molto famigliare.
Perché non si trasferisce qui, intanto che c’è? Così evita tutte le volte di entrare e uscire dalla finestra come fanno i gatti.
“Non te ne deve fregare un cazzo” sbotto bevendone un lungo sorso.
Adoro sentire quel liquido pizzicarmi la gola quando sono irritata.
Noto con piacere che hai avuto un istinto omicida nei confronti di Smoker…” osserva sedendosi sul bordo del tavolo con noncuranza.
“Wow. Vedo che sei molto affermato in questo campo. Ah, giusto! Tu sei un serial killer!” dico fingendomi stupida del mio commento sarcastico.
Perché non mi viene voglia di ucciderlo?
Così risparmierei molto lavoro agli agenti di polizia, che diamine!
La vedi ancora?” domanda facendo finta di non aver sentito le mie parole di poco fa.
“Sì. E ti dico che è molto sadica” rido bevendo un altro goccio di whiskey.
Ora mi credi che sei un esperimento?
“No. Non del tutto, almeno. Voglio delle risposte prima che combini dei casini” gli dico sbattendo il bicchiere sul ripiano, mentre il liquido ambrato al suo interno si agita.
Ormai non mi frega più niente.
Voglio scoprire la verità e cambiare questa cazzo di vita.
Solo questo.
Io avrei un affare da proporti. Ti assicuro che sarà un accordo molto interessante” afferma guadagnando completamente la mia attenzione.
“Dimmi tutto”





Angolo di Alyce: Buonasera a tutti!!!!!
Dopo tanto tempo sono tornata!!!!!!!
Ok, torniamo seri.
Come avete visto, Kat sta diventando un pochino folle.
Solo che al momento riesce a contenersi...più o meno...andando avanti sarà anche peggio, fidatevi.
Cosa mai vorrà dire il nostro caro serial killer a Kat? Qual è la sua soluzione?
Lo scopriremo nel prossimo capitolo!
Ciao e un strasuperbacione a tutti!
Alyce :)))))

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Capitolo 8
*** 8- Una scelta che può cambiarti la vita ***


8° capitolo: Una scelta che può cambiarti la vita

 
 
 
Comincio a guardarlo con una certa ansia, conscia del fatto che potrei commettere la cazzata più grossa della mia vita.
Perché non parla? Perché se ne sta lì, zitto e muto come un pesce?!?
Non so il perché, ma vorrei prenderlo a cazzotti, fosse anche l’ultima cosa che faccio.
“Allora?” lo incito lasciando trasparire una certa nota d’impazienza.
Lavoriamo assieme e troverai le risposte che cerchi” mi risponde alla fine, lasciandomi senza parole.
Letteralmente.
Forse, sto davvero impazzendo.
Neanche mi avesse fatto una proposta di matrimonio!
Non so veramente che pensare…sono confusa, arrabbiata, delusa.
Tutto, maledizione!
Io voglio capire cosa succede!
Io voglio una semplice vita normale, diamine!
Chiedo troppo?
“Non lo so, dico davvero…” mormoro abbassando lo sguardo per terra, cominciando a fissare con insistenza ogni singola piastrella del pavimento, percorrendone un piccolo sentiero immaginario.
Dimmi: è perché rischieresti di deludere tua nonna?” mi chiede con una certa apprensione (?).
Già…la mia cara nonna…
Non credo che sarebbe felice a sapere che la sua adorata nipote è in combutta con uno spietato serial killer.
Lei, che credeva così tanto nella giustizia, non troverebbe pace.
Lei, che faceva la poliziotta, non mi perdonerebbe mai per un mio passo verso l’Inferno.
 
Annuisco lentamente con la testa, sospirando affranta.
Non so che cosa fare.
Ti ricordo che devi scoprire la verità su te stessa. Sulla tua vita. Non lasciarti influenzare dagli altri. Né da cosa avrebbe pensato tua nonna, né dai tuoi famigliari, né da me. Lo devi fare perché lo vuoi tu. Io ti sto solamente offrendo una via d’uscita. Non ti obbligo. A te la scelta” mi avverte con tono duro, scendendo dal bordo del tavolo, cominciando a dirigersi verso la mia camera da letto.
 
Devo farlo per me stessa…
Per nessun altro…
 
Seguilo.
 
Torna a tormentarmi la bambina, guardandomi con una nuova luce negli occhi.
Non ha più quel tono cattivo, né tantomeno il suo sorriso storto.
Ha solamente degli occhi cremisi brillanti e il sorriso più dolce che qualcuno mi abbia mai rivolto.
“Perché dovrei? Lo sai anche tu qual è la sua vera natura, Kat” fa uno strano effetto “rimproverarmi” con me stessa, soprattutto in versione bambina.
 
E allora? Che t’importa? Almeno smetterai di soffrire. E poi…mi fido di lui.
 
“Ma se nemmeno lo conosci! Cerca di ragionare! D’accordo! Questa situazione ha i suoi pro, ma anche dei contro!” le dico gesticolando le braccia, per poi sfregarmi le guance con energia.
Diavolo! E’ tutto così confuso!!!
 
Ragiona tu!  Vuoi restar qui ed essere all’infinito il giocattolino di Mihawk? Non ti facevo così masochista!
 
“Infatti non la sono! Dio! Ma che cosa volete da me?!? Che cazzo ho fatto, da meritarmi tutto questo?!?” sbotto gridando un poco.
Comincio a girare nervosamente per la stanza, vedendo di striscio il killer seduto sulle scale.
Da quanto tempo sta origliando?
No. Di lui, adesso, non mene deve fregare un bel niente!
Ci sono io e…io.
 
Kat! Kat! Kat KAT! La vuoi smettere di farti dei problemi?!? Tu e le tue idee sulla giustizia! Quella che conosci tu è solamente corruzione! Certe volte non capisco chi di noi due sia la più matura!
Hai visto anche tu che stai perdendo il controllo.
D’accordo, io t’incitavo.
Ma certe volte ti è anche piaciuto essere pervasi dalla follia, non negarlo!
 
Mi fermo all’improvviso, per poi fissarla negli occhi come se avesse detto qualcosa di estremamente pauroso e vero.
E’ inutile che cerchi di negare la realtà: sto diventando un mostro.
Potrei anche uccidere tutte le persone a me care…
“D’accordo.” affermo con sicurezza, spostando il mio sguardo sull’ “astante di fiducia”.
Oramai ha sentito e visto tutti i miei discorsi e i miei momenti di pazzia.
Non m’imbarazza nemmeno.
Sicura? Ti ricordo che non potrai tornare più indietro” m’informa con indifferenza.
Ed ha ragione a comportarsi così.
A lui non gliene può fregar di meno dei miei sentimenti e delle mie reazioni future.
“Ho detto sì. Non ti basta?” lo affronto ghignando maleficamente.
Mi basta eccome. Ma dobbiamo fare in fretta. Ti stai… “trasformando” in un certo senso. Devo farti controllare” dice alzandosi dalla sua posizione, lasciandomi perplessa.
Ho scoperto da poco che sono stata una specie di cavia da laboratorio per degli esperimenti su chissà cosa ed ora, mi ritocca farmi controllare?
Fantastico, dico sul serio!
“Altri esperimenti?” chiedo digrignando i denti con forza.
No. Diciamo che…cercheremo di capire che cosa provoca questa tua strana reazione agli occhi e che cosa abbiano usato su di te” mi rassicura, calmandomi un poco.
Se lo dice lui, sarà vero…forse…
 
Lo seguo come un cagnolino fedele al proprio padrone verso la mia camera da letto, per poi prendere una sacca e riporci dentro tutto ciò che mi potrebbe servire.
Certo che è un po’imbarazzante “fare la valigia” sotto gli occhi di un killer appoggiato tranquillamente alla parete della stanza.
Nel senso…non trovo molto normale far vedere (anche se per pochi attimi) la mia biancheria intima adornata da orsacchiotti e gattini ad uno sconosciuto…tanto meno ad un assassino…è…lasciamo perdere.
E’ inutile farsi seghe mentali su una questione così irrilevante.
Da solamente un lieve senso d’imbarazzo, che da senso di fastidio e…per gli Spiriti!
Sono fissata!
Va bene, Kat!
Prepara solamente questa cazzo di valigia cercando di non pensare a niente…
 
…fa un certo effetto aiutare un killer, anzi, lavorare con un killer, mentre mia nonna mi insegnava in continuazione i valori di giustizia.
Lei ha sempre desiderato che facessi il suo stesso lavoro o la detective.
Mi faceva leggere sempre un mucchio di gialli, soprattutto le avventure di Sherlock Holmes e John Watson…
Erano incredibili quei due! I miei eroi!
Guardo persino la serie trasmessa dalla BBC!
Una cosa davvero assurda…davvero…
“Perdona la mia domanda…ma…tu hai la tv?” gli domando con fare ansioso.
“Certo…perché?” mi chiede a sua volta con fare indifferente.
“Funziona? Hai il canale della BBC?” domando ancora fregandomene altamente della sua risposta di poco prima.
“Sì, ma perché?”
“A che ora arriveremo alla tua “base segreta”?”
“Poco più di quindici minuti…ma vuoi degnarmi del perché lo vuoi sapere?!?” sbotta con fare stizzito avvicinandosi pericolosamente a me.
Ma non ci faccio caso, la mia priorità, ora, è un’altra.
“Stasera, dalle ore 21.00, la tv è mia” lo informo per nulla turbata, restando con un tono di voce atono.
“Perché?”
“C’è “Sherlock”. Non posso, assolutamente, perderlo”
“E se abbiamo da fare?”
“Non mene frega niente. Rimandiamo”
“Neanche se c’entra la verità sul tuo conto?”
“Ah…questo è un colpo basso. Non vale”
“Sì, invece. Nella vita non valgono regole”
“Ma…ma…è Sherlock!!!” dico disperata, prendendolo per il colletto del gilè.
Lo fisso a fondo negli occhi, pregandolo in continuazione.
Mi sento un bambino che chiede alla madre di comprargli il gelato.
“Sei peggio di una mocciosa!” esclama staccandomi di dosso, prendendomi per le spalle e scuotendomi un poco per calmarmi, invano.
“Cos’ha di tanto speciale, quel programma?” chiede ancora, sospirando stancamente.
“E’ figo.”
“E basta?”
“Sherlock…è…anche lui figo”
“???”
“Nel senso che è il mio eroe, non che mi piace, eh! Cioè, sì! No! Mi piacciono le sue avventure, il suo modo di ragionare e le sue prese in giro verso coloro che non capiscono! E’…magnifico…” -gli spiego con occhi trasognati, voltandomi a guardare la libreria piena zeppa di gialli, soprattutto lo scaffale a parte per le storie di Sir Arthur Conan Doyle –“Ho dimenticato di mettere i libri nella sacca…”
“Non ci pensare nemmeno!” mi rimprovera subito dopo la mia affermazione, facendomi irritare parecchio.
“Perché?!?”
“Perché no! Non ne hai bisogno!” mi risponde prendendomi per un braccio, mentre con l’altra mano libera prende la mia sacca.
Camminiamo velocemente verso la finestra, per poi buttare giù la mia “valigia”.
“Ehi! Si tratta meglio la roba altrui!” mi oppongo tirandomi indietro.
Peccato che lui sia più forte di me.
In un unico gesto riesce a prendermi in braccio e saltiamo verso il vuoto.
I miei libri…
 
Atterra con un agile balzo, sotto il mio sguardo minaccioso.
Mi libero velocemente dalla sua presa e raccolgo la mia sacca, mettendomela in spalla.
“Sai, sei odioso!” commento stizzita, voltandomi da un’altra parte.
“Non è un mio problema. Andiamo. Dobbiamo andare a prendere tuo fratello. Anzi, lo farò io” m’informa.
Non riesco nemmeno a controbattere e già mi ritrovo a vagare nel buio del mio sonno…
 
Mi sveglio con una bell’emicrania a farmi compagnia, mentre mi osservo intorno, notando che non sono più a casa mia o in quella di Rufy.
Allora…questa è la “base segreta” del killer?
Devo ammettere che ha gusto.
Chissà com’è il resto.
Mi alzo lentamente dal letto, sbandando un poco nei primi secondi in cui mi sono alzata in piedi.
La porta della stanza si apre all’improvviso, mostrandomi una nuova figura.
Ha capelli neri come la notte, corti.
I suoi occhi color ghiaccio stonano un poco con la sua pelle olivastra, ma lo rendono incredibilmente freddo e distaccato, il tutto, contornato dalla sua lieve barba.
E’ vestito con una felpa gialla e nera, con le maniche rimboccate, e dei jeans chiari con alcune chiazze scure, attillati, che gli fasciano le gambe in modo a dir poco perfetto.
Bello e dannato, non c’è che dire.
 
“Dovresti essere a letto” mi rimprovera indifferente, lanciandomi un’occhiata fredda.
Guardo l’orologio e mi accorgo che sono le ore 20.30, cosa che mi inquieta un poco.
“No” rispondo secca.
Mi guarda con un ghigno stampato in faccia, avvicinandosi a me, sovrastandomi con la sua altezza.
“Sono un medico. E io, come tale, ti ordino di tornare a letto e stare buona” mi minaccia con il suo timbro di voce profondo.
Roba che se la si sente di notte c’è da morire d’infarto.
Ma io non posso e non voglio ascoltarlo.
Mi sono riposata abbastanza!
E poi, se ritorno a letto, mi perderò la seconda puntata della terza stagione di “Sherlock”!
“E io, come paziente, disubbidisco!” gli rispondo a tono, scostandolo da una parte per poi uscire dalla stanza, guardando in giro per orientarmi: cucina spaziosa, soggiorno accogliente, corridoio lungo, altre camere da letto, due bagni…ma dove cavolo è il salotto?!?
 
“Ehi!”- mi richiama una voce nuova, anche se ha un che di famigliare…-“Non dovresti essere a letto?”
Mi giro di scatto e il ragazzo che ho di fronte è…wow.
I suoi occhi color pece gli rendono lo sguardo più accattivante, mentre le sue lentiggini lo fanno somigliare vagamente ad un bambino.
Ha capelli mossi e neri come l’ossidiana e le sue labbra sono perfette.
È vestito semplicemente con un paio di pantaloni lunghi da ginnastica, lasciando in bella mostra il petto scolpito.
Cosa ci fa un angelo in terra?
 
Rimango zitta a fissarlo con un po’di stupore, mentre lui comincia ad allarmarsi, prendendo a scuotere una sua mano davanti al mio viso in stato catatonico.
“Kat…ci sei?” mi richiama, svegliandomi dal mio status mentale di confusione.
“Le ho detto di rimanere dov’era, ma non mi ha voluto ascoltare” ci interrompe il ragazzo di poco prima.
“Perché non gli hai dato ascolto, Kat?” mi rimprovera il ragazzo senza maglietta (cosa di cui non mi lamento per niente, anzi, se sta così, mi fa un piacere immenso…ma che vado a pensare?), facendomi boccheggiare alcune volte.
“Perché sì! T-tra poco c’è “Sherlock”! Ma scusate! Voi chi diavolo siete?” domando a mia volta, tornando veramente in me.
“Come chi sono?!? Sono il serial killer! E lui è Trafalgar Law!” sbotta il ragazzo davanti a me, gesticolando nervosamente.
Aspettate…questo…ragazzo (bello) è il serial killer? Non ci credo.
“Non è vero. È impossibile!” ribatto tirandogli una guancia (incredibilmente morbida. Starei a torturarla per ore).
“Sì che è vero! Ho tentato di spaventarti più volte puntandoti il mio coltello alla gola, inoltre, ti ho staccato il telefono, “distrutto” il computer e “sequestrato” il tuo telefono. Mi credi, ora?” mi spiega brevemente in un soffio, facendomi restare allibita.
Sì, è lui.
“Ok, ti credo. Ti credo…bastardo! Ridammi il mio telefono!!!” gli inveisco contro, cercando di prenderlo, ma lui fugge, mentre io lo rincorro.
A quante chiamate e messaggi non ho risposto, per colpa sua?
“Kat, calmati. Non mi costringere ad usare le maniere forti!” mi minaccia Law prendendomi per le braccia, immobilizzandole dietro la mia schiena, strappandomi un gemito di dolore.
Ho sentito tutti i muscoli tirarsi improvvisamente come corde di violino.
“L-lasciami. Subito” gli ordino non facendo caso alla sua minaccia.
“Allora smettila di comportarti come una bambina” ribatte prendendo il mio viso, in modo tale da fissarci negli occhi.
“D’accordo. Ora, lasciami!”
E lo fa senza dire nulla, allontanandosi un poco.
“Puoi venire Ace. Si è calmata” avverte al vuoto, finché non compare il killer, grattandosi la testa, irritato.
“E comunque il cellulare, scordatelo. Per il momento…” mi avvisa con fare saccente, regalandomi un’occhiataccia.
“Dov’è il salotto?” domando cercando di contenere la mia rabbia.
“Al piano di sopra. Lo trovi subito” risponde indicandomi la “strada” per la mia prossima meta.
 
Ed è così che scappo verso quel maledetto salotto, accendendo la tv sul canale della BBC, non facendo caso all’immensa libreria alle mie spalle colma di romanzi gialli e di opere dei suoi più importanti scrittori…







Angolo di Alyce: Buonasera a tutti!
Mi scuso per il mio immenso ritardo e di questo capitolo un po' cortino e pieno di dialoghi.
Inoltre, ho riversato la mia follia, ancora una volta, sul nostro carissimo Sherlock!
Chiedo venia al povero Benedict se lo faccio saltare da "Nuova vita al 221B di Baker Street" con Nami a questa storia XD
Solo che io adoro Sherlock! Adoro anche Doctor Who. Sono le mie serie preferite.
Come avete notato, Kat è fan di Sir Arthur Conan Doyle e lettrice assidua di molti gialli...tale nonna, tale nipote.
Abbiamo anche scoperto che la cara nonna di Kat era una poliziotta...una specie di Garp al femminile XD
Ringrazio tutte coloro che hanno recensito questa storia e chi l'ha messa tra le preferite/seguite/ricordate!
Ci vediamo al prossimo capitolo!
Ciao e un strasuperbacione a tutti!
Alyce :))))))))))))

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Capitolo 9
*** 9- Hai paura dei clown? ***


9° capitolo: Hai paura dei clown?

 
 
Io, quella ragazza, proprio non la capisco: prima fa l’isterica e ora è docile come un agnellino mentre guarda “Sherlock”.
Roba da matti!
Posso dichiarare fermamente che Kat è una ragazza sociopatica iperattiva, proprio come il suo amato eroe.
Cambia umore da un momento all’altro, non le importa niente dei sentimenti altrui ed è egoista.
Cosa si può volere di più dalla vita?
 
“Bisognerebbe farle guardare “Sherlock” più spesso…” afferma sovrappensiero Trafalgar, facendomi sobbalzare.
“Scordatelo! E’ già sociopatica di suo! Potrebbe volere andare a Londra per incontrare Benedict Cumberbatch, drogarlo e poi sposarselo in gran segreto, chiedendo a Martin Freeman di farle il testimone di nozze! Sei impazzito, per caso?” sibilo prendendolo per il colletto della felpa, scuotendolo un poco.
“La cosa ti crea fastidio?” mi domanda ghignando sommessamente.
“Ma figuriamoci! Potrebbe solamente accadere che Benedict interpreti il personaggio meglio di prima!” sbotto sarcastico, immaginandomi quei due insieme, mentre un brivido di terrore mi attraversa la spina dorsale.
 
Dei passi attirano la nostra attenzione, facendomi sorridere: certo che Rufy, appena è sveglio, non sembra nemmeno se stesso.
Ha un carattere più umano e non agitato come quando l’ho “prelevato” da casa sua.
Si dimenava come un’anguilla e continuava ad urlare appena aveva visto Kat svenuta sul sedile anteriore della mia macchina.
Ho dovuto sedarlo con due siringhe.
La prima non aveva fatto effetto, lo aveva solamente stordito.
La seconda lo ha fatto crollare, per fortuna.
Mi spiace solamente di essere una delle cause del suo mal di testa.
Trafalgar lo guarda in viso con fare esperto, controllandogli gli occhi e il suo tempo di reazione nel comprendere, nel parlare e nell’agire.
Non si è ancora ripreso del tutto e a fatica sta in piedi, ondeggiando in continuazione avanti e indietro.
“Tu devi per forza tornare a letto” gli ordina Trafalgar, caricandoselo in spalla, mentre Rufy si dimena come può, senza grandi risultati.
Non riesce nemmeno a dire una frase di senso compiuto.
 
Controllo di sottecchi la ragazza che risiede in salotto, seduta tranquillamente per terra a guardare l’episodio della serie.
Qualche volta ghigna per le prese in giro del consulente investigativo nei confronti di Lestrade o Watson, oppure spalanca la bocca stupita per le fantastiche deduzioni di Sherlock Holmes.
Devo dire che assomiglia molto ad una bambina.
Ha il viso completamente rilassato e sereno, cosa che mi rende felice, dopo tutti i momenti brutti che ha passato.
La raggiungo con passo felpato per poi sedermi sul divano, spostando il mio sguardo da Kat alla tv e viceversa.
Anche Trafalgar ci raggiunge e si siede accanto a me, informandomi che Rufy sta dormendo come un angioletto.
Kat non pare nemmeno farci caso, presa com’è dal suo eroe.
Tanto da dire che, oltre ad essere una sociopatica iperattiva, è anche una grandissima fan di Holmes.
Giuro di non aver mai visto nessuno guardare una persona così!
Sembra che se lo stia mangiando con gli occhi.
Certe volte ringhia anche sommessamente non appena vede una ragazza troppo vicina a lui.
Assurdo, dico davvero.
Vorrei tanto dirle che non è reale, ma ci rinuncio.
Non vorrei che la mia vita finisse prima di aver compiuto il mio compito.
Devo riuscire a scovare e mettere fine all’organizzazione che ha fatto del male a questa ragazza.
Non lo faccio solo per lei, ma anche per tutte quelle persone che ci hanno rimesso la vita o qualcosa a loro caro.
Trafalgar è uno di questi.
I suoi genitori erano stati ricattati e uccisi dall’organizzazione di Doflamingo per qualcosa che (per puro sbaglio) avevano visto.
Ora, quel fenicottero da strapazzo collabora con il padre di Kat per motivi finanziari e politici.
Mio padre, in passato, scoprì cosa avevano in mente, ma venne anche lui ucciso.
Ora tocca a me, finire il suo lavoro.
Gliel’ho promesso.
Fortunatamente, la ragazza mi ritorna utile.
Senza di lei, l’organizzazione di Mihawk e Doflamingo brancolerà nel buio e faranno di tutto per riaverla con loro.
In fin dei conti, un fuciliere senza la sua arma, non è più un fuciliere…
Già, perché è di questo che stiamo parlando.
Di un’arma.
In tutti i sensi.
Kat è la loro principale arma per ottenere il controllo del mondo.
Sarà un gioco all’ultimo sangue, senza esclusione di colpi.
Saremo lo Sherlock Holmes e il Jim Moriarty della vita reale.
Il Bene contro il Male.
Ci sarà da divertirsi…
 
I titoli di coda attirano la mia attenzione, svegliandomi dal mio filo di pensieri e vedo Kat alzarsi e stiracchiarsi contenta, proprio come farebbero i gatti.
“Come sono felice!” mugola compiendo un piccolo salto in avanti, per poi guardarci con curiosità.
“Che avete? Come mai quelle facce tristi?” domanda realmente incuriosita.
“Al limite è il contrario, Kat. Come mai sei così felice? La situazione che stiamo vivendo è abbastanza critica” la rimprovera indifferente il mio amico, facendola incupire un po’.
“Oh, andiamo!”- dico interrompendo quel silenzio imbarazzante e pieno di tensione- “Non c’è da preoccuparsi! Ce la caveremo! Un po’di svago non ci farà male!”
Trafalgar mi osserva sospettoso, mentre Kat non sa da che parte stare, continuando a spostare il suo sguardo da me al ragazzo che mi sta di fianco.
Mi sento un po’osservato, in questo momento.
“Che ne dite di mangiare? Ho ordinato quattro pizze margherita!” propongo alzandomi.
“Quattro? Aspetta! Vuoi dire che c’è anche Rufy?!?” chiede incredula e speranzosa la ragazza, avvicinandosi a me.
“Ma certo! Ti avevo detto che prendevo anche lui, no? Forza! Vai in cucina!” le ordino spingendola delicatamente all’esterno del salotto, ma lei si ferma, guardando la libreria.
Oh, Dio. Non dirmi che ricomincia!
 
“Ahhhhhhh!!!!! Oh Mio Dio! Non ci credo! Non ci credo!!! Tu hai tutti questi gialli?!?” grida mangiandoseli con gli occhi.
Ma che ho fatto di male???
“Sì! Ora, per cortesia: smettila di fare la matta e fila in cucina!!!” sussurro con un tono di voce cattivo, ma lei, nemmeno mi bada.
“Credo che stasera farò notte in bianco!” osserva con occhi trasognati.
Trafalgar sospira esasperato, passandosi una mano sulla fronte, in segno di completa stanchezza.
Non posso dargli torto.
Però, io, un’idea l’avrei.
“Se fai la brava ti procurerò degli occhi e potrai metterli nel microonde, dentro un vasetto di vetro”
“Wow! Sarebbe fantastico, ma non è così igienico…”
Mi cadono le braccia!
Prima si dimostra una sociopatica iperattiva, ora si comporta come una civile normale!
Ma che ha per quella testolina?!?
“Prego?” chiedo come segno di non aver capito.
“Insomma…non è molto igienico mettere degli occhi (presumo umani) nel forno a microonde. Quello lo fa solamente Sherlock. Basta e avanza lui, come portavoce della scienza” mi risponde allontanandosi dal salotto, dirigendosi in cucina.
“E’ imprevedibile, secondo te?” mi domanda Trafalgar, ghignando divertito.
“Molto. Soprattutto nel carattere” rispondo fissando la porta apatico.
“Sciocca?”
“Direi intelligente”
“Pazza?”
“No. Sociopatica iperattiva. Molto sociopatica e molto iperattiva”
“Concordo pienamente con te. Dici che diventerà come Holmes, in futuro?”
“Non mi sorprenderei se un giorno la trovassi sotto copertura in un qualche posto dimenticato da Dio per scovare un criminale molto pericoloso” dico ridendo, pregustandomi già la scena…
 
La sveglia suona incessantemente, svegliandomi dal mio torpore, mentre davanti ai miei occhi prende fuoco la figura di Trafalgar che mi fissa serio e impaziente, dicendo solamente:
“E’ tutto pronto”
A quelle parole mi alzo velocemente dal letto, per poi vestirmi velocemente e seguirlo fino alla camera di confinamento.
E’ una stanza abbastanza grande, dove al centro vi è una piccola poltroncina e gli attrezzi per misurare la frequenza cardiaca e le onde cerebrali di una persona.
So che Law non ci andrà leggero con Kat, ma con lui si ottengono sempre ottimi risultati.
Spero solamente che quella ragazza non cada nel panico vedendo delle pareti totalmente bianche e una camicia di forza attorno al suo busto.
 
“Ho dovuto sedarla prima del previsto, Ace. Lo sai bene cosa provano le persone ad entrare li dentro” mi richiama Trafalgar, raggiungendomi.
Entro dentro alla stanza, guardando il corpo inerme e indifeso di Kat.
Come può, una ragazza così, diventare un’arma potentissima?
Come può diventare una persona pericolosa per la gente?
Vederla costretta dentro a quella camicia di forza mi fa un po’pena, soprattutto per il fatto che lei non sa cosa sta per succedere dentro alla sua mente.
Law mi ha riferito che le inietterà una specie di droga che serve a stabilire quanti danni può causare durante la sua “trasformazione”.
Naturalmente è una dose leggera, dato che non è ancora successo niente di concreto, a parte il suo cambiamento del colore degli occhi, il suo comportamento e i suoi deliri angoscianti.
“Soffrirà molto?” domando preoccupato, guardandolo dritto negli occhi.
“Ho fatto in modo che la droga non le provochi dolori, ma bisogna vedere durante la reazione cosa succede. Spero solamente che non distrugga la camicia di forza” mi spiega cominciando a immetterle la droga attraverso il collo.
“Dobbiamo uscire” decreta senza tante cerimonie, dopo aver terminato, spingendomi letteralmente fuori dalla stanza, per poi chiuderla a chiave.
“E Rufy?”
“Ho dovuto sedare anche lui in modo che non ci crei problemi”
 
Trafalgar avvia il “controllo” da un computer esterno, dando inizio alle danze.
Durante i primi cinque minuti tutto sembra normale, ma una manciata di secondi dopo iniziano le alterazioni.
Kat comincia a dimenarsi, prima debolmente fino ad arrivare a delle specie di convulsioni.
Inconsciamente cerca di liberarsi dalla camicia di forza, invano, mentre inizia ad urlare.
Sono grida veramente agghiaccianti e disumane, neanche stesse ricevendo le peggiori torture di questo pianeta.
Inarca la schiena verso l’alto mentre comincia a scalciare i piedi verso un nemico invisibile.
All’improvviso si ferma, restando completamente immobile per dieci venti secondi, anche se per me sembrano millenni.
Ho i nervi a fior di pelle.
Non riesco a capire come faccia Law a stare così composto e tranquillo.
 
Lasciami andare…” mormora Kat con una voce che non è la sua.
È molto più profonda e roca, ma sembra un ringhio di un animale ferito e arrabbiato.
Sposta la testa di scatto a destra, facendomi venire un accidente.
In questo momento è molto imprevedibile.
Potrebbe accadere di tutto.
 
Non toccarmi…NON OSARE TOCCARMI!!!” grida rannicchiandosi contro la poltrona come se avesse paura di qualcosa o qualcuno
Il suo viso comincia a riempirsi di lacrime mentre il suo corpo è scosso da tremiti.
 
Non sono un mostro…non voglio fare del male a nessuno…” sussurra tra i singhiozzi.
L’aria è tesissima.
Vorrei scappare, ma non posso abbandonare Kat a quella creatura che risiede in lei che la fa diventare così disumana.
 
All’improvviso apre gli occhi, divenuti cremisi, facendo vagare il suo sguardo da una parete all’altra della stanza, respirando affannosamente.
Si alza dalla poltroncina, cominciando a vagabondare lungo le pareti, stando ben attenta a non staccarsi per nessun motivo, con lo sguardo fisso di fronte a sé, finché non giunge davanti al vetro e gira la testa in modo sinistro verso di me, cominciando a fissarmi.
 
Lo sai…”- comincia a dire sorridendo malignamente- “…che i clown mi fanno paura*? Ihihihihih! Proprio come “Pennywise” o “Joker”! Mi sono sempre domandata cosa nascondano sotto quello spesso strato di trucco e quel naso rossissimo.
Cosa succederebbe se scomparissero dalla faccia della Terra?
Credi che i bambini si metterebbero a piangere perché non hanno nulla per cui ridere?
Cosa ne pensi?
 
A quelle parole deglutisco a vuoto, non sapendo cosa risponderle.
“Parlale” mi sussurra Trafalgar guardando Kat di sottecchi, ma resta immobile.
 
Perché non mi rispondi? È solo una semplice domanda!” mi incita con finta innocenza per poi scoppiare a ridere sonoramente.
Solo che non ha smesso di piangere…
 
“N-non saprei. Sono dei semplici clown…” tento di risponderle, ma lei continua a ridere per poi guardarmi seria:
Dici sul serio? Dei semplici clown, eh?
Quindi per te sarebbe una cosa normale se cominciassero a sterminare la gente, non facendo distinzione.
Donne, uomini, bambini, anziani!
Come sarebbe una testata di un giornale per una situazione simile?
Un’enorme titolo con scritto: “DECINE E DECINE DI PERSONE UCCISE DA PARTE DEI CLOWN!””- dice con fare teatrale, spaventandomi un poco per il suo improvviso sbalzo di umore- “Ma state tranquilli.
Non spaventatevi.
Tra poco finirà tutto.
In fin dei conti…avete un clown dietro di voi che sta per ammazzarvi…
…Già…tra poco finirà tutto...
Riposate in pace, mortali.
 

 
*La fobia dei clown esiste per davvero.
Si chiama Coulrofobia e ciò che spaventa di più sono il trucco eccessivo, il loro naso color rosso e il loro strano colore di capelli, ma anche il loro modo di fare nello scherzare e ridicolizzare la gente.





Angolo di Alyce: Buonasera!!!
Perdonate questo capitolo un po'corto, ma diciamo che fa anche da ponte per il prossimo.
Come potete vedere è narrato dal punto di vista di Ace.
Ditemi: che ve ne pare?
Come vi è sembrata Kat in questo capitolo?
La prima parte del capitolo è abbastanza leggera e "normale", mentre nella seconda cominciano già a movimentarsi le cose, procurando un velo di tensione.
Non ho altro da aggiungere!
Ci si vede al prossimo aggiornamento!
Ciao e un strasuperbacione!
Alyce :)))))))))))))))

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Capitolo 10
*** 10- Gli umani sono così patetici ***


10° capitolo: Gli umani sono così patetici

 

 
Sento una sensazione del tutto nuova dentro di me.
Mi sento potente, arrabbiata con il mondo intero e con un umorismo da far paura.
Rido per ogni cosa che vedo o che dico.
Rido per la faccia che ha assunto il “famigerato” serial killer alle MIE GRANDI parole.
Non mi sentivo così viva da molto tempo!
E’ un piacere veramente infinito che mi manda su di giri.
Semplicemente straordinario.
 
“P-perché dici queste cose, Kat?” mi chiede Ace tentennando un po’.
L’unica cosa che non capisco è il perché vogliano stare dietro a questo insignificante vetro per proteggersi da me.
Questa, è la cosa che mi fa incazzare di più.
Vorrei prendere una qualsiasi cosa e sfondarla.
Distruggere tutto.
Girare per le strade spingendo in malo modo tutti coloro che osano intralciarmi la strada.
Voglio vendicarmi del torto che mi hanno fatto.
 
Mmmh…una domanda interessante. Perché dirlo proprio a te, poi? Guardati. Tu hai paura. Paura!
Sai, è una cosa che non ti si addice…
Voglio farti una domandina: perché stai a parlare con me, eh?
Perché mi parli se hai paura?
Ah ah! Sei così patetico che mi fai ridere!
Tu e il tuo amichetto volete tenermi calma e tranquilla in questa cazzo di camera per psicopatici!” osservo inalberandomi, spostando il mio sguardo in continuazione da Ace a Law.
Sono così sorpresi e le loro espressioni!
Sono così…insignificanti e fintamente serie!
Non ho capito molto bene che intenzioni hanno con me, a dire il vero, ma non ho propriamente voglia di stare ai loro fottutissimi ordini!
Non sono un burattino.
Non lo sono per nessuno.
La rabbia e l’odio scorrono nelle mie vene.
Solo quello.
Non provo nient’altro.
 
“Forse perché sei una psicopatica” commenta atono Law.
Lo guardo e mi pongo davanti a lui, nonostante ci sia il vetro che ci separi.
Nei suoi occhi posso leggere che prova timore.
Abbassa in continuazione lo sguardo.
Odio tutto questo.
Pensano di dirmi quello che vogliono e poi ritirano tutto con un cenno del capo.
Gli umani sono veramente strani e contradditori.
Dato che ne sei fermamente convinto, Law… Vieni qua dentro e dimmelo in faccia.
Forza!
Dimmi che sono una psicopatica e vediamo che succede!
Dimmelo e sarà l’ultima cosa che dirai!” grido avvicinandomi ancor più al vetro.
Non sto facendo la gradassa.
Non lo sto nemmeno provocando.
Gli sto solo dicendo la verità.
Non sono una psicopatica.
Come se non bastasse, mi hanno intrappolata in questa stramaledettissima camicia di forza!
 
Mi allontano e comincio a ridere sguaiatamente.
Giro per tutta la stanza osservando queste cazzo di pareti bianche che continuano a ferirmi gli occhi.
Vorrei dipingerle di un bellissimo rosso sangue, tanto da donare un po’ di allegria a questa camera monotona e decisamente noiosa.
 
“Kat…” mi richiama serio Ace, incuriosendomi un poco.
Chi lo sa…forse ne uscirà con una delle sue frasi sagge e patetiche.
“Perché ti comporti così? Che ti è successo?” mi domanda incrociando le braccia al petto.
 
Mi sono sempre domandata perché la gente non si faccia mai gli affaracci suoi.
Vengono da te, pretendendo di aiutarti, di saper risolvere la situazione con un semplice schiocco di dita.
Però so che non è mai così: la gente si finge gentile e altruista e al primo momento di vera difficoltà ti abbandonano al tuo destino, lasciandoti completamente solo.
Nessuno può aiutarmi.
Nessuno.
Le uniche persone che mi hanno veramente aiutato sono state il nonno e Rufy.
Solamente loro.
Mi hanno difeso con tutte le loro forze, anche se questo, non ha mai concluso nulla.
Sono un mostro che deve restare solo.
Sono un mostro che deve essere odiato, disprezzato, insultato.
Sono un mostro che non merita di vivere perché il mondo è troppo bello per poter avere una come me.
 
Non te ne deve fregare un cazzo!
Stammi lontano!
Odiami!
Anzi! Fammi un favore ancora più grande…” sbotto con ira, riavvicinandomi al vetro, guardandolo a fondo negli occhi.
Posso vedere una certa nota di curiosità e…pena…
Prova pena per me…
Sono davvero caduta in basso.
 
…Uccidimi…
 
Abbassa lo sguardo come colpevole di qualcosa, facendomi ridere ironica.
Lo sapevo.
Vuole tanto aiutarmi, ma alla fine non è nemmeno in grado di compiere la prima mossa.
Voi umani siete così patetici e inutili” commento acida.
Mi siedo per terra a gambe incrociate, guardando davanti a me.
Dio! Questo bianco è così snervante e inutile!
Io voglio il nero.
Il nero ti porta nella più completa oscurità, facendoti pensare e avere paura.
Paura.
È piena di significato e così…gustosa…
Anche la vendetta la è…
Di solito, quando le persone uccidono innocenti si vanno a costituire piangendo, oppure scappano perché non sanno affrontare le conseguenze.
E poi ci sono i serial killer come Ace…
Forse lui non ha paura.
Vuole solamente finire il suo operato e basta, anche se non ho ancora ben capito quale.
 
Il rumore della porta che si apre guadagna la mia attenzione, facendomi vedere la figura imponente di Ace.
Ha lo sguardo rivolto verso il basso, mentre in una mano tiene saldamente un coltello.
Resto seduta e sorrido indifferente alla cosa.
Si siede davanti a me, poggiando il coltello sul pavimento bianco.
Quando mi ucciderà, il mio sangue sarà rosso o nero?
 
“Perché vuoi che ti uccida?” mi domanda a bruciapelo, guardandomi negli occhi.
 
Mi metto a ridere sonoramente, divertita dal fatto che lui non abbia capito un accidente del mio discorso che ho fatto poco prima.
Ace, Ace, Ace…”- lo riprendo scuotendo lievemente la testa per poi tornare a guardarlo- “Hai presente il discorso che ti ho fatto sui clown?
Gli domando schioccando rumorosamente la lingua sul palato, piegando la testa da un lato.
“N-Non capisco, Kat… cosa c’entrano i clown, ora?” domanda lui assottigliando lo sguardo.
Ohhhhh! C’entrano, eccome!”- rispondo ghignando malefica- “Vuoi sapere perché ti ho chiesto di uccidermi, giusto?
Va bene! Te lo dirò!
Ho una missione ben precisa da compiere: uccidere tutti coloro che hanno fatto del male a me e chissà quante altre persone…
Ma…c’è un piccolo problema: come avrai notato non sono la “Kat” che tu conosci.
Io sono il mostro che è dentro di lei.
Posso farle perdere il controllo quando voglio, facendole uccidere vittime innocenti” gli spiego ghignando.
“Ma tu non vuoi, giusto?” mi domanda incerto, spostandosi i capelli indietro.
Tsk! Tu sei troppo ingenuo…
Chi ti ha detto che io non voglia farlo?
 
Devo ammettere che la sua faccia mi fa davvero sbellicare.
È imbambolato, sorpreso e bianco come un lenzuolo.
Si potrebbe confondere alla stanza, se volesse.
 
Mi alzo in piedi e mi giro verso Law, cominciandolo a fissare curiosa mentre lui contraccambia con uno sguardo indifferente.
Quella, è tutta una maschera.
Tutte le persone ce l’hanno.
Nessuno conosce nessuno, questa è la pura e semplice verità…
 
Non è vero!
 
Sibila una voce di fianco a me.
Mi giro vero la figura e posso vedere la vera Kat stringere convulsamente i pugni mentre mi lancia sguardi truci.
Le sorrido beffarda, avvicinandomi pericolosamente a lei.
I suoi occhi sono di un blu brillante e bellissimo.
Non c’è traccia delle impurità rosse che rovinavano l’oceano del suo sguardo.
Perché dici così? Tu la pensi come me, in realtà!
Perché lo neghi?” le sibilo irritata.
Tentenna un po’ e mi guarda smarrita, preoccupata, persino.
 
La tua voce…è…è cambiata…
 
Osserva fissandomi profondamente, allungando una mano verso di me, per poi ritrarla in fretta e furia.
Sono te…o meglio…una parte di te…
Forse nemmeno quella…sono un’estranea nel tuo corpo.
Mi spiace che tu debba soffrire così…” le dico seria, abbassando il mio sguardo sul pavimento.
 
No! Tu non devi affatto dispiacerti! Lo so che tu in realtà non sei così!
Tu sei diversa!
Potresti anche essere capace di a…
 
Non pronunciare nemmeno lontanamente quella fottutissima parola!
La odio! La odio e la odio!
Ti sbagli su tutta la linea, mia cara!
Io non sono una persone!
Sono un MOSTRO!” le urlo contro facendola indietreggiare impaurita.
Respiro affannosamente come se avessi corso per miglia e miglia.
Ho un caldo terribile e continuo a sudare…non so cosa mi stia succedendo…
 
T-Tu non sei un mostro, Kat…
Perché dici queste cattiverie? Perché?!?
 
Domanda mettendosi a piangere disperata.
Le lacrime le solcano gli zigomi e le guance, per poi congiungersi sotto al mento e cadere per terra.
I singhiozzi le fanno tremare il corpo in un modo assurdo, riempiono la stanza e mi rimbombano nella testa, stordendomi un poco.
Odio piangere e vedere qualcun altro piangere…
 
Perché è la verità, dannazione!
Ma cosa vuoi pretendere?
Loro pretendono di aiutarti, ma è solamente una menzogna!
Loro ti stanno usando!” le inveisco contro guadagnandomi un bello schiaffo in pieno volto, che mi fa girare il viso da una parte.
Nessuno vuole capire e farsene una ragione.
Perché, tutti, si vogliono rifugiare dietro alle bugie?
Non è meglio una verità che fa male che una menzogna detta a fin di bene?
Perché le persone si comportano così?
Perché?!?
 
Nessuno è solo al mondo, Kat! Ricordatelo!
Ci sarà sempre qualcuno pronto a difenderci ed ad aiutarci!
 
Sbotta portandosi la mano con cui mi ha colpito al petto, sorridendo malinconica.
Di sicuro sta pensando al nonno…
 
Tu vivi in un mondo fatto di bambagia, piccola…
Oramai nessuno è più in grado di darci una mano.
Il mondo è fatto solamente di egoisti e di ipocriti…” sussurro triste, sentendo una lacrima solitaria percorrere il mio viso per poi cadere per terra.
Io sono come quella lacrima…
Trista e sola al mondo…
Perché i mostri sono così: tristi e soli.
Fanno del male solamente per attirare l’attenzione su di sé e per sentirsi importanti una volta ogni tanto…
 
“Mi dispiace, “mostro”, ma io non sono d’accordo con te.
Non è affatto vero che nessuno può aiutarti!
Ci siamo io, Law, Rufy!
E vedrai! Si unirà anche qualcun altro alla nostra causa!” esclama sorridendomi Ace, alzandosi dalla sua posizione.
È così infantile e…puro.
Come può, lui, essere uno spietato serial killer?
Come possono, mani confortanti come le sue, che ora mia stanno accarezzando dolcemente la schiena mentre le sue braccia circondano il mio busto, togliere la vita?
 
 
Sono in grado di farmi ridere con le loro parole.
Sono in grado di farmi ridere con le loro stupide menzogne.
 
…Sono in grado di farmi arrabbiare con i loro gesti d’affetto così noiosi e inutili allo stesso tempo…
 
Gli umani sono esseri patetici e ridicoli…








Angolo di Alyce: Buonasera a tutti!
Questo capitolo è sotto il punto di vista di Kat, o meglio, il "mostro" che è in lei.
Come potete vedere, questa Kat è totalmente differente.
Odia tutto e tutti.
Odia amare e odia gli abbracci.
Infatti, le ultime parole in grassetto e corsivo sono i suoi pensieri più profondi e tristi.
Sì, perchè questa Kat è veramente triste e sola.
Lei è una completa pessimista che potrebbe avere anche istinti suicidi.
E' diversa.
Forse questo capitolo è un po' confuso, ma diciamo, che ho cercato di rispettare l' animo di questo "mostro".
Ci si vede al prossimo capitolo!
Ciao e un strasuperbacione a tutti!!!!
Alyce :))))))))))))))

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Capitolo 11
*** Special: Ti spiegherò tutto quando sarai più grande! ***


Special: Ti spiegherò tutto quando sarai più grande!

 
 
Avere dieci anni riservava un mucchio di sorprese: essere curiosi, avere brutte abitudini come quella di non suonare mai il campanello di casa altrui per entrare, usando, piuttosto, una finestra aperta…oppure quella di trovarsi in mezzo ad una scena piuttosto “strana”…
 
Kat, quella volta, dovette ammettere che usare una finestra per entrare in casa di una persona sconosciuta non era stata una cosa giusta da fare.
Ma che ci poteva fare? Le abitudini sono dure a morire, no?
In fin dei conti non doveva incolparsi, dato che non era del tutto colpa sua.
L’unica cosa che si rinfacciava era quella di aver portato Rufy con sé.
 
Prima che Dragon partisse per il lavoro, aveva consegnato a Kat il biglietto con scritto l’indirizzo di quello che sarebbe stato il suo nuovo maestro di capoeira.
 
Ed ora era lì, in una stanza della casa dello sconosciuto, ad “assistere” come spettatore ad un fatto non identificabile dalla sua mente del mondo conosciuto, assieme al suo fratellino Rufy.
 
Un uomo e una donna, rigorosamente nudi, “stavano compiendo” movimenti strani su un letto a due piazze, gemendo ed urlando in continuazione.
 
“Sorellona…che stanno facendo?” chiese il piccolo Rufy, indicandoli.
“Non lo so…però si stanno baciando…quindi sarà un gesto d’affetto…” rispose Kat, sobbalzando dalla sorpresa quando la donna gridò un “Fammi impazzire!” graffiando la schiena dell’uomo con i capelli rossi.
“Ma noi non abbiamo mai fatto così!” sbottò Rufy confuso, guardando la sorella con occhi sgranati.
La bambina non seppe cosa dire o fare.
Quella situazione era davvero complicata per lei.
Neanche i suoi genitori facevano una cosa simile…o forse sì, ma non lo avevano mai fatto davanti a lei.
 
“Sto venendo!” urlò l’uomo con voce rotta dal piacere, facendo voltare i due bambini, che fino a quel momento si erano guardati a fondo negli occhi, come a cercare una risposta nascosta.
 
“Ma che cavolo stanno dicendo???” domandò Rufy preoccupato, nascondendosi dietro la schiena di Kat.
“I-Io n-n-non lo so! Sono così strani! Non riesco nemmeno a capire perché urlino in quel modo!!! Per gli Sacri Spiriti! E se stanno male?!?”
“M-Ma è-è impossibile!!! Non sembra che abbiano male da qualche parte!”
“Lo so…guarda! Hanno finito! F-Forse era una cosa momentanea…”
“Sì, hai ragione sorellona…”
I due bambini tirarono un sospiro di sollievo, mettendosi una mano sul cuore.
Avevano avuto una fifa tremenda in quegli attimi: i loro fiati si erano fatti più pesanti per l’ansia e i loro cuoricini battevano come cavalli imbizzarriti.
 
Rufy, in un moto di coraggio, s’avvicinò al letto, seguito a ruota da Kat, che lo teneva per un braccio per proteggerlo, nel caso fosse accaduto qualcosa di pericoloso.
“Scusate…” disse il bambino schiarendosi la voce, richiamando così, l’attenzione di quei due tipi.
In un primo momento li fissarono senza dire nulla, ma poi accadde l’inevitabile: la donna urlò dalla sorpresa, coprendosi il corpo nudo con il lenzuolo bagnato di sudore e qualcos’altro…
 
“V-Voi che ci fate qui?!?” chiese l’uomo, irato e confuso per la presenza di quei due mocciosi in casa sua.
 
Rufy e Kat indietreggiarono di un poco, ora consapevoli del fatto che avevano commesso qualcosa di sbagliato.
“Siamo entrati dalla finestra al piano di sotto…abbiamo sentito…le vostre urla e siamo saliti…” rispose la bambina abbassando il capo, sentendosi colpevole.
“Voi cosa?!? Siete entrati in casa mia senza il mio permesso?!? Io chiamo la polizia!!!” sbottò il rosso, infuriato più che mai.
 
“Shanks…”- intervenne la donna prendendolo delicatamente per le spalle, nel tentativo di calmarlo- “Sono solo due bambini…”
 
Dopo aver sentito il nome dell’uomo, Kat estrasse il biglietto di carta dalla tasca che le aveva dato Dragon, leggendo in continuazione quella parola scritta con l’inchiostro rosso della penna, come assicurarsi del fatto che non aveva sbagliato indirizzo, allora.
Successivamente allungò il braccino vero l’uomo, esortandolo a prendere quel pezzo di carta mezzo stropicciato.
 
Quello che doveva essere Shanks glielo strappò di mano, per poi alzarsi dal letto e camminare per la stanza ancora nudo, come Madre Natura lo aveva fatto.
 
La bambina lo guardò in continuazione, non riuscendo a distogliere lo sguardo da quell’uomo.
Era come se i suoi occhi non rispondessero più ai suoi comandi, “scannerizzandolo” da capo a piedi, mentre le sua mente scorgeva tutte le differenze e le perplessità che riusciva a scovare.
 
“Shanks...non è meglio se ti copri? Sei di fronte a loro!” lo rimproverò la donna in un moto di stizza, lanciandogli contro un asciugamano raccattato lì per lì.
 
L’uomo sbuffò contrito, per poi coprirsi le vergogne alla meglio:
“Io di solito non ho molte visite, ma in questi giorni, un mio amico ha detto che dovevo aspettarmi di ricevere una bambina a cui dovevo fare da maestro.
Mi aveva avvertito del fatto che fosse una tipa stramba e con cattive abitudini, ma non pensavo fino a questo punto!
Quindi tu devi essere Kat, giusto?” osservò il rosso guardandola negli occhi, intimorendola un poco.
“Sì…” rispose la bambina stringendo convulsamente i piccoli pugni.
“E lui?” domandò ancora, indicando Rufy.
“Sono suo fratello! Il mio nome è Rufy!” esclamò il bambino con coraggio e determinazione.
 
“Capisco” disse Shanks riducendo gli occhi a due fessure, squadrando i due.
Sapeva che non erano veramente fratelli: Dragon glielo aveva riferito.
La bambina era figlia di un pezzo grosso della mafia, mentre Rufy era il figlio di Dragon: un’accoppiata perfetta, detta nel modo più sarcastico possibile.
Come riuscivano una figlia di un gangster e un figlio di un agente dell’FBI ad essere amici?
Nemmeno amici, ma fratelli.
Era come far convivere un lupo con un agnello o un leone con una gazzella.
 
“Dragon…mi ha riferito che sarai tu il mio nuovo maestro…”  lo richiamò dai suoi pensieri Kat, facendolo sospirare pesantemente.
“Già! E ti posso assicurare che non ci andrò leggero con te, mocciosetta!” la derise restituendole il biglietto.
“Non sono una mocciosa! Ho dieci anni!” si difese la bambina, sbattendo varie volte i piedi per terra.
“Ma certo! Quindi ti reputi anche intelligente! Allora dimmi…cosa stavo facendo poco prima?” le domandò a bruciapelo, indicando se stesso e la donna, che se la rideva sotto ai baffi.
 
Presa in contropiede, non seppe cosa rispondere e arrossì fino alla punta delle orecchie, cominciando a torturarsi le piccole mani.
“F-Facevate dei movimenti strani…” rispose con la prima cosa che le venne in mente, facendo ridere di gusto Shanks.
“Cioè?” chiese ancora lui, realmente divertito nello stuzzicare quella bambina insolente.
“Non lo so…non ho mai fatto una cosa simile, io…” ribatté con vergogna, sbattendo le palpebre in continuazione.
Dire che il rosso rimase sorpreso e divertito dall’ingenuità di Kat era un eufemismo.
Forse era meglio smetterla di farla imbarazzare a quel modo: lei e Rufy dovevano essere rimasti piuttosto sconvolti dai suoi “movimenti strani” con la donna.
“Quando sarai più grande te lo spiegherò, ma questo non vuol dire che io non vi debba punire per essere entrati in casa mia senza aver suonato il campanello!”
“Non volevamo disturbare!” si difesero i due bambini guardandolo con superbia.
“Tsk! Vi sarete disturbati voi guardando due persone fare se…”
“Shanks! Per favore!” lo riprese la donna seduta sul letto, regalandogli un’occhiata truce.
“D’accordo, Daisy, d’accordo! Ho sbagliato, ma è colpa loro!” si giustificò l’uomo, facendo lamentare i due mocciosi.
“Sì, va bene. È meglio che vada, ora. Sono in ritardo!” gli diede corda Daisy, alzandosi dal letto per poi prendere i suoi vestiti e correre in bagno per cambiarsi.
 
“E’ la tua fidanzata?” chiese Kat con fare indifferente, cominciando a curiosare per la camera da letto di Shanks.
“No, non è la mia fid…ma cosa ti frega?!?”
“Domandavo tanto per parlare”
“Tsk! Ti metto in riga io, poi!” mormorò il rosso tra sé e sé, iniziando a pensare a tutti gli allenamenti sfiancanti che le avrebbe fatto fare.
Avrebbe ottenuto la sua vendetta…
 
Per Shanks, Daisy era solamente una ragazza con cui fare sesso e basta.
Era molto carina: capelli biondi lunghi fino alla vita, occhi azzurri, labbra carnose, voce sensuale e un fisico snello con le forme al posto giusto.
L’aveva conosciuta due settimane prima in un pub, quando era andato a bere qualcosa con i suoi colleghi di lavoro.
Era seduta su uno sgabello vicino al bancone, intenta a gustarsi il suo drink alla frutta e quando lo aveva visto aveva cominciato a provarci.
Sapeva di essere un bel ragazzo, ma lui non cercava mai una relazione stabile proprio per il suo lavoro.
Non era amante delle bugie, soprattutto se usate per proteggere qualcuno: meno legami aveva, meglio era.
Da subito l’aveva messa in guardia, dicendole che non sarebbe stato il suo tipo, ma quella gli rispose: “Voglio solamente divertirmi”.
 
Si incontravano poche volte, quando erano liberi dal lavoro, trascorrendo le ore solamente nel letto.
A malapena conosceva il suo nome: nessuno dei due faceva domande e si scambiavano poche parole.
 
“Ma se non è la tua fidanzata…allora perché stavate facendo…i movimenti strani?” lo richiamò ancora una volta la bambina, guardandolo curiosa.
“Ti ho detto che te lo dirò quando sarai più grande. Piantala di fare domande”
“Ma due persone, quando fanno così, dovranno pur provare qualcosa!” continuò imperterrita Kat, facendolo innervosire.
“Ma non tace mai?” chiese a Rufy, indicando la mocciosa di sottecchi.
“No!” rispose sorridendo, incrociando le braccia dietro la testa.
“Mi rispondi???” lo strattonò Kat, prendendogli un lembo di asciugamano, tirandolo un poco.
“No! Non ti rispondo!”
“E perché?!?”
“Perché non meriti risposta!”
 
Stare con due pesti come quelle, soprattutto con Kat, sarebbe stata un’impresa molto ardua, si ritrovò a pensare Shanks, emettendo un sospiro sconsolato.
 
“Antipatico!” lo insultò la bambina, facendogli la linguaccia.
 
No.
Non sarebbe stata una “strada” lunga e difficile.
Proprio per niente.
 
Shanks si ritrovò con due opzioni: la prima era suicidarsi.
La seconda era uccidere Kat ed eventualmente anche Rufy prima del tempo, facendolo passare per un tragico incidente…
 




Angolo di Alyce: Buonasera a tutti!
Ho messo uno special perchè prima di passare al vero capitolo, cioè l'undicesimo, si racconterà il passato di Kat assieme a Rufy e a Shanks.
Il nostro sexy Rosso ha una parte molto importante in questa storia per motivi che saranno citati più avanti.
Inoltre, voglio anche dare importanza al loro rapporto, dato che è un po' complicato da spiegare ^_^''
Quindi...non vogliatemi male. Vi supplico!
Passiamo alla realtà della storia!
Come potete notare, questo strano incontro non è stato dei migliori!
Inoltre, mi ha divertito il fatto che Kat per un momento abbia pensato che Shanks e Daisy stessero male xD
Dolce Kat: il sexy Shanks sta benone!!!
Confesso che un po' di invidia l'ho provata, eh!
Shanks è un figo pazzesco e in questa parte di storia ha vent'anni, inoltre, ha ancora il braccio.
Non ho nient'altro d'aggiungere!
CI si vede al prossimo capitolo!
Ciao e un strasuperbacione a tutti!
Alyce :)))))))))))))))))))))))

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Capitolo 12
*** Special: Molto più di una semplice amicizia... ***


Special: Molto più di una semplice amicizia…

 
 
Dal loro primo incontro erano passati giorni, mesi e anni.
Kat, oramai, era una quindicenne, un’adolescente.
Il che, presentava un grosso, grossissimo problema per Shanks.
Non sapeva più a che pensare: quella ragazza era in piena crisi ormonale e come se non bastasse, riusciva anche a sparire per giorni interi, per poi tornare a casa come se nulla fosse.
Inutile dire che le ramanzine che il Rosso le faceva non servivano a un bel niente, anzi.
Kat “raccoglieva” le sue parole come una sfida, una provocazione.
Ascoltava Shanks distrattamente, e alla fine, sorrideva sempre con fare beffardo, invitandolo il più delle volte a ripetere ciò che aveva detto perché non aveva sentito bene.
Inutile dire che Shanks s’incazzava come una belva, rischiando più volte di pestare quella ragazza a sangue.
La sua pazienza era al limite…
 
Kat, dal canto suo, non sapeva ciò che le stava succedendo.
Era consapevole del fatto di star diventando una vera e propria piantagrane per il suo maestro.
Aveva tentato più volte di porre un limite a quella sua strana sfrontatezza, ma non ci riusciva.
Il suo corpo e la sua mente stavano cambiando in modo radicale: seno più grosso, mestruazioni, problemi con i ragazzi, risse con le sue compagne di scuola per cose veramente futili e attrazione verso Shanks…
Quello, proprio non riusciva a spiegarselo: era da un paio di mesi che guardava Shanks con occhi differenti.
Quando lo guardava, lo osservava appieno, gustandosi ogni movimento da parte dell’altro e ogni sua parola come se fosse droga.
Non ne poteva più di tutta quella situazione.
Più gli stava vicino e più la situazione peggiorava man mano che il tempo passava.
Shanks stava diventando la sua ossessione: una strana rabbia le attanagliava petto e stomaco se lo vedeva in compagnia di altre ragazze che non fosse lei, desiderando con tutta se stessa di prenderlo a pugni assieme alle oche che gli giravano intorno in continuazione, nemmeno fosse il Sole in persona.
Le altre volte, invece, voleva solamente saltargli addosso e scoparselo, fregandosene altamente di dove si trovassero, luogo pubblico o non.
Cazzo! Quell’uomo era così dannatamente sexy!
 
Era per questo che aveva deciso di sparire giusto per sei mesi o anche di più, se non avesse messo la testa a posto.
Doveva dimenticarlo e tornare la Kat di sempre.
Dentro di sé si sentiva come una pazza psicopatica.
Si stava autodistruggendo, in un certo senso…
 
Tutto era pronto: lo zaino e alcune provviste per il viaggio di andata.
La sua meta era il piccolo villaggio Chumash a Santa Barbara, California, dove aveva vissuto suo nonno durante l’infanzia e la sua crescita.
I suoi genitori non lo sapevano e non aveva nemmeno intenzione d’informarli della sua scelta.
Era più che sicura che l’avrebbero “imprigionata” in casa, ritenendola una sconsiderata e una completa irresponsabile…ma era anche più che certa che il suo aguzzino gliel’avrebbe fatta pagare per il suo gesto, ritenendolo una ribellione nei suoi confronti.
 
Il viaggio che l’aspettava sarebbe stato lungo e sfiancante, ma lei era determinata a non mollare, ignorando in continuazione la sua vocina interiore che la pregava di non andarsene.
 
L’unico a sapere della sua partenza era il suo fratellino Rufy, che le aveva promesso di non rivelare nulla a nessuno…
Lo aveva promesso…
Lo aveva…
 
Dopo essere scesa dal bus si avviò con passo veloce verso la stazione che l’avrebbe portata a Santa Barbara.
Già si vedeva in una delle spiagge, stesa supina sulla sabbia, a prendere il sole mentre dormicchiava…oppure nel villaggio nativo del nonno ad ascoltare le storie degli anziani, fumando il calumet intorno al fuoco e alle sue fiamme danzanti che rischiaravano l’oscurità della notte.
In fin dei conti, non si era pentita per niente di quella scelta…ci voleva proprio una bella vacanza…
 
“Kat!”
 
Spiagge dorate, qualcosa di ghiacciato da bere, ragazzi a torno nudo…
 
“Kat!”
 
Capelli rosso fuoco, muscoli scolpiti come quelli di un dio greco…
 
“Kat!!!”
 
Mani grandi e rassicuranti che accarezzavano la pelle con fare dolce e sensuale…
 
“Kat!!!”
 
Una voce profonda e calda che sussurrava parole dolci e piene di passione, portando all’Inferno…
 
“Kat! Dannazione, fermati!”
 
Anche se era come l’Inferno, sarebbe stato il Paradiso, per lei…
 
Una mano strinse il suo braccio, risvegliando la ragazza dai suoi sogni ad occhi aperti, riportandola bruscamente alla realtà.
Nessuno sapeva della sua fuga!
Ma allora, di chi era quella mano così sconosciuta e al contempo così famigliare?
 
Si girò di scatto verso la figura che aveva reclamato la sua attenzione, boccheggiando varie volte per la sorpresa e il terrore…
 
Shanks era difronte a lei.
Il suo viso così vicino e il suo profumo di colonia le annebbiava i sensi, sconvolgendola un poco.
Se non si fosse allontanata da lui, non avrebbe più risposto delle sue azioni…
 
“Staccati.” sibilò lei a denti stretti, guardandolo con ira.
Le faceva male, dannatamente male, trattarlo in quel modo, ma una piccola parte di lei la invitava a continuare dicendole quanto fosse bellissimo sentirsi potente e superiore agli altri.
 
“No! Mi spieghi che cazzo avevi in mente di fare?” le domandò stringendo la presa sull’esile braccio di Kat.
Lui non voleva sapere solo quello.
Fosse stato per lui l’avrebbe sotterrata di domande, volendo con forza anche delle risposte.
Non capiva perché lo trattasse in quel modo… e non riusciva a farsene una ragione…
 
“Non te ne deve fregare un cazzo! Mollami!” sbottò la ragazza dimenandosi, invano.
Dentro di lei aveva un turbinio di emozioni: furia ceca, desiderio crescente, tristezza e risentimento…tanto risentimento.
 
Shanks, con un colpo veloce e fluido, la sbatté a terra, per poi mettersi cavalcioni su di lei cercando di non gravarle troppo addosso.
Le bloccò i polsi sopra la testa e la fissò con rabbia e delusione, sentendosi tradito.
“Perché vuoi scappare?” chiese in sussurro, tremando impercettibilmente.
 
Kat si mise a ridere sguaiatamente, volgendo un poco il capo all’indietro nel tentativo di calmarsi e riprendere fiato.
Il Rosso, proprio non capiva quell’inaspettata reazione.
Sai, Shanks, non sono affari che ti riguardano. Ti prego di spostarti, se non vuoi che questa situazione finisca nel peggiore dei modi…” disse con un tono di voce che non era suo.
Shanks sobbalzò dalla sorpresa, ma riprese il controllo di sé in pochi attimi, fremendo di rabbia.
La stretta sui suoi polsi si fece più stretta, facendo ghignare divertita la ragazza sotto di sé…nemmeno stessero giocando…
“Torna in te. Vedi di ragionare per una buona volta!” le ordinò perentorio.
“Shanks…spostati…ti supplico…non voglio farti del male…” mormorò Kat con agonia, mentre calde lacrime le rigavano il viso.
Stava soffrendo.
La Bestia dentro di lei bramava di poter uscire ancora, volendo prendere il controllo di quel corpo in via di sviluppo.
A peggiorare la situazione vi era anche lo scombussolamento dell’animo di Kat.
Era un vantaggio perfetto.
Tutti quei sentimenti così contrastanti erano come un invito a banchetto.
 
Kat voleva scappare il più lontano possibile dal suo maestro, per proteggerlo da se stessa.
Il Mostro dentro di lei, invece, continuava a tentarla, promettendole che l’avrebbe aiutata ad ottenere ciò che voleva davvero…
 
“Kat. Calmati. Tu non mi farai del male” la rassicurò il Rosso stando serio e freddo.
Dragon gli aveva accennato qualcosa sulla situazione della ragazza e quello, era il periodo giusto.
L’Inverno del suo Inferno…
Quella Cosa dentro Kat si stava risvegliando e questo non giovava molto.
Cominciava a chiedere vendetta e sangue e chissà quali altre cose inimmaginabili…
 
“Tu non capisci! Voglio allontanarmi da te! Lasciami perdere! Scappa lontano da me e vai in un posto dove n-n…VATTENE!!!” ringhiò la ragazza dimenandosi, sentendo i suoi occhi farle terribilmente male.
Continuava a scalciare ed a respirare affannosamente.
I muscoli erano rigidi e doloranti.
Lo stomaco in subbuglio.
La gola secca.
La mente offuscata…
Non riusciva a controllarsi, sapendo con certezza, che Shanks era in pericolo.
 
Il ragazzo si scostò da lei, per poi alzarla e stringersela contro il petto con fare protettivo.
Cominciò a sussurrarle parole dolci e rassicuranti all’orecchio.
I suoi capelli rosso fuoco le solleticavano il viso con mille e più carezze leggere.
Le sue mani grandi e forti la scaldavano, facendo diminuire di un poco i suoi tremiti convulsi.
 
“T-Ti prego…vattene…” lo supplicò tra i singhiozzi del pianto, stringendo convulsamente la maglia di Shanks, cercando di tornare a respirare normalmente, inebriandosi del profumo del suo maestro.
“No…non ti lascio sola…” disse sicuro, alzandosi con la ragazza tra le braccia.
“Perché?” le chiese scostandosi un poco dal suo petto, guardandolo a fondo negli occhi.
“Perché non posso vivere senza una ragazza rompiscatole e combina guai come te! E poi, spiegami: cosa dirò a Rufy se sapesse che non ho riportato a casa la sua sorellina?” le domandò a sua volta sorridendole a trentadue denti.
Kat rimase colpita nel profondo da quelle parole e il suo animo sembrò come calmarsi di colpo, facendola boccheggiare varie volte.
Shanks rise di gusto a quell’espressione, sentendosi sollevato dal fatto che non era stato necessario utilizzare le maniere forti.
 
Il viaggio di ritorno fu silenzioso e tranquillo.
I loro respiri smorzavano il silenzio, mentre ognuno era immerso nei propri pensieri.
Kat cominciò a sentire le membra stanche e le palpebre pesanti.
Il rumore del motore della macchina la cullava dolcemente, e pian piano, scivolò nell’oblio, beandosi dell’oscurità…
 
 
Si svegliò la mattina dopo con un forte mal di testa a farle compagnia, facendola imprecare non poco.
Si guardò intorno con aria persa, accorgendosi di non essere nella sua camera da letto ma in quella di Shanks…
 
Il ragazzo usci dal bagno con un asciugamano stretto in vita, mentre con un altro si asciugava i capelli grondanti d’acqua.
“Buongiorno!” la salutò rivolgendole un caldo sorriso.
 
Kat arrossi come una ciliegia matura, spostando lo sguardo per terra, in modo tale da non fissare il fisico scultoreo del suo mastro.
 
“Qualcosa non va?” domandò il Rosso leggermente preoccupato, sedendosi a fianco alla ragazza su letto, per poi prenderle il mento con due dita, guardandola negli occhi come a volerle scrutare l’anima.
Lei annui con convinzione, sentendo le parole bloccate in gola.
“Cosa c’è? Il gatto ti ha mangiato la lingua?” chiese ancora, ridendo di gusto.
In risposta ricevette un segno di diniego col capo.
“Ma allora perché non parli?”
 
Chi lo sa! Forse è perché c’è un bellissimo ragazzo dai capelli rosso sangue mezzo nudo davanti ai miei occhi!
Per gli Sacri Spiriti! Copriti!
 
Pensò Kat tentando di schiarirsi la voce per poter parlare:
“E-Ehm…è-è ma-mattina a-anche per me, S-Shanks!” balbettò lei grattandosi la nuca, sentendosi in completo imbarazzo.
“Alla faccia della scusa convincente!” si lasciò scappare Shanks, pentendosene immediatamente.
Sapeva che c’era qualcosa sotto e sapeva pure che mentiva: il suo addestramento era servito anche a questo, ma Kat era ancora una ragazzina.
Adolescente.
Quindici anni.
Piena crisi ormonale.
Risultato: cambio d’umore ad ogni momento e pericolo di una sua sfuriata.
C’era anche d’aggiungere che dentro di lei viveva indisturbato una specie di Mostro, bramante di vendetta.
La situazione era molto delicata.
Un passo falso e sarebbe scattato il finimondo.
 
“C-Come?” domandò Kat torturando il lenzuolo con le dita, cercando di non scappare per poter nascondersi.
“Niente, tranquilla. Fame?” sviò il discorso lui, ridacchiando nervosamente.
“Sì!”- lo assecondò, per poi tornare seria- “Dov’è Rufy?”
“A casa. Ha detto che era molto stanco…” ripose alzandosi, per poi stiracchiarsi pigramente, tendendo come corde di violino i suoi muscoli.
 
Kat lo fissò rapita, tentando in tutti i modi di ritornare in sé, ma quello era una vera e propria tentazione per il suo raziocinio!
Sembrava che facesse apposta a comportarsi così e questo non le andava giù.
“Perché giri per la casa mezzo nudo?” domandò in un sussurro, dandosi mentalmente della stupida.
Si morse il labbro inferiore fino a farlo sanguinare un poco.
Shanks si girò a guardarla, pensando di aver capito male ma, vedendo la faccia della ragazzina, si ricredette.
Aveva capito benissimo, invece.
 
Decise di metterla ancora un po’in imbarazzo, ghignando maliziosamente.
“Forse perché questa è casa mia e mi piace stare così…perché? Che pensavi?” chiese con fare falsamente ingenuo, facendo arrossire ancor di più Kat di quanto già non fosse.
Era una bella sorpresa vedere che quella ragazzina, apparentemente fredda e bambina pestifera, s’imbarazzasse difronte ad un ragazzo a torso nudo.
“I-Io? A-A niente!!!” disse agitando le mani davanti a sé, sperando in cuor suo che non facesse altre domande o commenti.
Cosa che invece non avvenne.
“Non ti credo…”
“M-Ma è la pura verità, Shanks…”
Il Rosso avvicinò il suo viso, fino a far “scontrare” le loro fronti con delicatezza.
Le goccioline d’acqua dei suoi capelli bagnati scivolavano lungo i loro volti.
I loro occhi si guardavano a fondo.
I respiri si mescolavano, creando un’atmosfera piena di ansia e attesa.
 
Kat era paralizzata.
Il suo cuore batteva all’impazzata e il respiro era spezzato.
Quella vicinanza le stava dando alla testa.
Doveva scappare e respirare aria, tanta aria per “riaccendere” il cervello che in quel momento era “andato a farsi benedire”.
Tentò di pensare a qualcosa di innocuo che non fosse il corpo di Shanks, dai cartoni animati ai documentari sulla Natura e gli animali, ma non servì a nulla.
Nella maggior parte di quei programmi c’era sempre qualcosa che non andava: scene d’amore che lei considerava patetiche con tutti quei momenti “ti bacio, non ti bacio” oppure scene in cui gli animali si accoppiavano…
Forse era meglio sviare l’argomento su pensieri polizieschi.
No.
Non andavano bene nemmeno quelli: omicidio premeditato perché il marito la tradiva oppure perché l’ex era geloso di lei.
La cucina.
Pensare al cibo avrebbe fatto bene…
 
Ahhhhhh! Fanculo la cucina e il cioccolato e la panna con cui si fanno giochi erotici e troppo…hot…Sacri Spiriti! Ma perché Shanks è dannatamente vicino?!?
 
Osservò nella sua mente.
La voglia di urlare e mandare a fottere tutti i buoni propositi era molto vicina.
La cosa più brutta era che il Rosso sembrava godere della sua espressione frustrata e confusa!
“P-Perché quella faccia?” domandò cercando di apparire calma e distaccata, ignorando i brividi lungo la schiena.
“Oh, niente! Sembri solo molto diversa da quel che sei quando arrossisci” rispose per nulla toccato, toccandole uno zigomo con l’indice, facendola sussultare.
 
Non riuscì a resistere.
Non riuscì a resistere a prendergli il volto tra le mani, accarezzandogli lievemente l’accenno di barba che Shanks aveva.
Non riuscì a resistere all’impulso di dargli un lieve bacio sulla punta del naso e uno su quelle labbra così perfette
 
Si staccò velocemente da lui, indietreggiando fino alla spalliera del letto, abbassando lo sguardo sulle sue mani che si stavano torturando a vicenda.
 
Shanks rimase un pochino sconvolto.
Si accorse d’aver sbagliato e si diede mentalmente dell’incosciente e dello stupido.
Aveva capito l’intera situazione: del perché Kat certe volte lo trattasse male, che lo guardasse con sguardo da predatore o che reagisse stranamente quando lui stava con altre ragazze.
 
Aveva capito tutto…eppure non riusciva a rispondere al perché in quel momento avesse preso lui l’iniziativa di baciarla…




Angolo di Alyce: Buon sabato a tutti!
So di essere in completo ritardo e chiedo venia.
In questo capitolo viene spiegato a grandi linee il rapporto che c'è tra Kat e Shanks.
I cinque anni non li ho descritti, poichè sarebbero successe cose normali: scuola, compiti, fumetti, TV, allenamenti, dormite a non finire...
Tutte cose normali tranne una.
In questo capitolo la parola che deve far pensar di più è "aguzzino".
Shanks, ancora non sa nulla della situazione, soprattutto perchè Kat e Rufy nascondono bene i segni e i sentimenti.
Il prossimo capitolo credo che sarà l'ultimo special e verrà spiegata la situazione.
Ripassiamo a noi!
Come ho già detto in precedenza, il rapporto tra Kat e Shanks è molto importante in questa storia.
Soprattutto la figura del Rosso.
Non vi anticipo nient'altro, se non dirvi (per l'ultima volta) che Shanks è...una specie di punto di riferimento...
Come avrete notato, in un passaggio (quello in cui Kat cerca di scappare verso Santa Barbara) la voce della nostra protagonista cambia.
Diciamo che si è trasformata in un certo senso.
E' come nei lupi mannari: quando c'è plenilunio, loro si trasformano.
Con Kat, la cosa, è leggermente differente: il "Mostro" dentro di lei era solamente sopito, ma leggermente.
Dormiva come i delfini: una parte dorme, l'altra no :D
SI "risveglia" completamente solo perchè vede che Kat è scombussolata e ne approfitta per ingraziarsela (?) con la forza: le promette che avrebbe ottenuto ciò che voleva davvero.
Spero che questo capitolo vi sia piaciuto!
Ciao e un strasuperbacione!
Alyce :)))))))))))))))))))))

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Capitolo 13
*** Special: Ricatto e copertura ***


Piccolo avvertimento: in questo capitolo sono presenti termini abbastanza coloriti e violenza. CI vediamo dopo!
Buona lettura!

 

Special: Ricatto e copertura
 

 
Kat avvolse le esili braccia intorno al collo di Shanks schiacciandosi contro il suo corpo, mentre le loro lingue erano occupate a combattere per ottenere la supremazia.
 
La ragazza era felice di non essere stata cacciata, ma al contempo aveva una paura folle di quello che sarebbe accaduto dopo.
Già…cosa sarebbe accaduto, dopo?
 
Shanks non sapeva che gli era preso: sapere in quel modo che la sua allieva provava qualcosa oltre la semplice amicizia, lo rendeva euforico.
Eppure era più che convinto che tutto quello fosse solamente uno sbaglio.
Un enorme sbaglio.
In quel momento voleva trovarsi in un posto lontano a pensare lontano da tutto e da tutti.
Doveva ritornare in sé e prendere il controllo della situazione.
Il Comando non permetteva relazioni tra agente e soggetto altamente pericoloso.
Perché Kat era questo.
Era stata catalogata fin dalla sua nascita.
Considerata un soggetto altamente pericoloso solamente perché nata in una famiglia di gangster incazzati e armati fino ai denti per ottenere ciò che volevano.
Si era parlato molto di lei: alcuni la consideravano un Mostro, altri una feccia umana, altri ancora la compativano.
Gli ordini erano gli ordini.
A nessuno interessava chi o cosa.
 
 
Kat Mihawk
Data di nascita: 5 Ottobre 1995
Padre biologico: Drakul Mihawk
Madre biologica: Leslie Singer
 
Tali dati riportati sono estremamente fondamentali per l’identificazione.
Soggetto sotto stretta sorveglianza.
Arma di distruzione di massa.

Soggetto altamente pericoloso
 
Ordini dal Comando: tenere in vita. Se necessario: uccidere.
 
 
Quella, era solamente una delle tante facciate del rapporto che Dragon gli aveva consegnato.
Era monitorata in continuazione, persino a scuola.
Per quella missione erano stati scelti gli agenti migliori sul campo, tra cui lui e il suo collega ed amico Dragon.
 
Quei ricordi gli turbinavano nella mente, facendolo irritare parecchio.
Kat era solamente una quindicenne!
Come potevano considerarla fin dalla sua nascita un Mostro e un soggetto altamente pericoloso?!?
 
Si staccò dalla ragazza delicatamente, per riprendere fiato.
La guardò a fondo nei suoi occhi color dell’oceano, messi in forte contrasto da quelle piccole striature rosso brillante.
S’incupì e abbassò lo sguardo verso il pavimento in legno, per poi prendersi il capo tra le mani, ringhiando lievemente…
 
Kat non ci capiva più nulla.
Un po’ perché ancora stordita da quel bacio mozzafiato e dal profumo di colonia di Shanks, mentre dall’altra parte sentiva come un brutto presentimento attanagliarle il petto in una stretta morsa.
Si continuava a chiedere se il suo maestro stesse bene e perché stesse ringhiando, ma non voleva dar voce ai suoi dubbi.
 
All’improvviso, una presa ferrea sulle sue spalle la fece sobbalzare dallo spavento, mentre il suo sguardo fissava Shanks con fare attonito e lievemente impaurito.
 
Agli occhi del rosso, sembrava solamente un cucciolo indifeso, bisognoso d’affetto.
 
Uccidere.
 
Quella parola occupava gran parte dei suoi pensieri, irritandolo ancor di più.
Una ragazzina.
Una ragazzina che non poteva vivere come tutti gli altri.
Una ragazzina che tutti temevano ed odiavano perché figlia della feccia della società.
Una ragazzina che conviveva, senza saperlo, con un arma letale pronta a sterminare tutti coloro che osavano fermarla.
 
La visione della sua piccola allieva fuori di sé, che uccideva e torturava le persone come un pazzo sadico omicida, gli sconvolse l’animo e per un solo attimo, volle prendere la pistola e porre fine alle sofferenze di Kat.
 
L’abbracciò istintivamente, dandosi della carogna e del vigliacco per i suoi pensieri.
Come poteva ucciderla? Come gli era saltato in mente?
Non se lo sarebbe mai perdonato.
Non avrebbe trovato pace, se avesse compiuto un tale gesto.
Lei era Kat!
Una ragazzina di quindici, in piena crisi ormonale, che continuava a dargli delle grane!
Era la sua piccola allieva a cui non poteva rinunciare.
Era la sua migliore amica e sì, anche la ragazza con cui si era baciato appassionatamente per cinque minuti buoni.
 
“Ti voglio bene, piccola mia…Ti proteggerò ad ogni costo” le sussurrò, baciandole delicatamente i suoi capelli neri come il buio di una notte senza la luce delle stelle e della Luna…
 
Kat si rilassò un poco, accoccolandosi maggiormente contro l’ampio petto muscoloso di Shanks, beandosi del suo calore corporeo.
 
“Ehi! Posso unirmi anch’io?” chiese una voce giovanile e del tutto famigliare, facendo irrigidire come statue di ghiaccio i due ragazzi.
 
Kat si “chiuse a riccio” contro Shanks, mentre lui si girò a guardare Rufy, intendo a mangiarsi un cornetto al cioccolato in piena tranquillità.
 
“Rufy! Da…da quanto tempo sei qui?” domandò il rosso grattandosi il capo con imbarazzo.
Sperava con tutto se stesso che il ragazzino non avesse visto né capito niente.
“Da quando avete iniziato a baciarvi” rispose sorridendo a trentadue denti.
 
La ragazza, rimasta fino a quel momento in completo silenzio, si staccò dalla sua fonte di calore umana.
Un lieve rossore gli imporporava le guance, le sue mani tremavano impercettibilmente, bramose di prendere il collo sottile e bronzeo del fratello e strozzarlo finché non si sarebbe stancata.
Quell’idea era molto allettante…
Si diede anche della stupida per aver detto a Rufy che cos’era un bacio e per avergli insegnato un po’di educazione sessuale basandosi sui libri di scienze di scuola.
Che cavolo gli era saltato in mente???
 
“Stavate per farlo?” chiese ancora il moretto, realmente incuriosito, ricordandosi a malapena il primo “atto di amplesso (che serviva anche per procreare quelle creature chiamate figli)” a cui aveva assistito assieme a sua sorella in visione reale e integrale quando erano piccoli.
 
“Rufy. Stai. Zitto. Non un’altra parola” lo intimò Kat, riducendo gli occhi a due fessure, fissando il suo sguardo truce su quello del fratellino.
“La mia sorellona mi ha detto che serve una cosa chiamata…aspetta…qual era la parola? Ah, sì! Preservativo! Lo hai mai usato, Shanks?” chiese ancora lui, seguendo la sua strada imperterrito.
Era vero che non voleva mai imparare niente, ma qualcosa doveva pur saperla, no?
 
Il rosso diventò color pomodoro maturo, cominciando a balbettare frasi prive di senso, gesticolando in continuazione con le braccia e con le mani, facendo diventare ancor più perplesso Rufy, che chinò il suo capo da un lato.
“Allora?” lo incitò lui, perdendo la pazienza.
 
Per fortuna del rosso, un poderoso pugno colpì la zazzera nera di Rufy, stordendolo un po’:
“Ahi! Sorellona, perché lo hai fatto???” gli chiese tenendosi la testa dolorante.
“Così la prossima volta pensi prima di parlare!!!” sbottò infuriata, andandosene poi al piano inferiore della casa per fare colazione…
 
 
Da quel “piccolo” incidente di percorso, come lo avevano definito Shanks e Kat, passarono quattro mesi ed entrambi, in quel momento, si chiesero come fossero arrivati a quel punto della situazione in cui uno dei due doveva morire al fine di salvare Rufy.
Avevano solamente vaghi ricordi del pomeriggio passato ad allenarsi e poi il buio più completo.
 
Gli avevano catturati e sedati, e si erano svegliati in una cella umida ed illuminata a giorno da una potente lampada.
Catturati, sedati e legati ad una parete sudicia di quella cella mediante grosse catene pesanti ai polsi, guardati come due animali da circo dai due capi delle potenze mafiose americane: Drakul Mihawk, Occhi di Falco e Donquijote Doflamingo, Joker.
 
“Vedo che i nostri ospiti si sono svegliati! Fufufufufu!” rise di gusto Doflamingo, facendo ghignare Mihawk per pochi secondi.
“Già. Un agente dell’FBI e la mia piccola traditrice” aggiunse prendendo il mento di Kat tra due dita, facendola ringhiare.
 
Kat non fece caso a ciò che disse quel farabutto che si ritrovava come padre, però la sua sola vicinanza la mandò in bestia.
Gli occhi cominciarono a farle terribilmente male ed abbassò istintivamente lo sguardo sul pavimento freddo e bagnato dall’umidità, mentre le sue mani si chiudevano in pugni talmente forti da far sbiancare le nocche e far cadere alcune stille di sangue a causa delle unghie conficcate nei suoi palmi.
 
Joker si avvicinò velocemente a lei, sollevandole il capo con forza, al fine di guardare l’arma.
Drakul fissò il suo socio come in attesa di spiegazioni, ma ricevette solamente una vaga risposta:
“Non ancora”
 
Shanks non riuscì a capire quella frase.
L’ansia gli crebbe nel petto, mentre il suono del suo battito cardiaco gli rimbombò nella testa e nelle orecchie.
 
“Lasciando convenevoli inutili, vi vorrei spiegare perché siete qui! Fufufufufu!”- esordì Doflamingo con fare teatrale, umettandosi le labbra maliziosamente- “Si tratta di un gioco di Vita o di Morte! Uno di voi due dovrà morire per salvare…Rufy…”
 
Kat scattò sull’attenti, guardando con estrema fatica tutta la cella illuminata, scorgendo il suo fratellino legato con delle corde ad un tavolino di ferro in mezzo alla stanza.
Sopra di lui, sovrastava una grande sega circolare, sporca di sangue secco.
La ragazza impallidì, ringraziando il fatto che Rufy era incosciente e che quindi non si era accorto di nulla.
 
“Quel bel giocattolino”- spiegò Doflamingo indicando la sega e leccandosi voluttuosamente le labbra, facendo rabbrividire di disgusto Kat- “Si azionerà non appena noi vi libereremo. Dovete fare in fretta se non volete che il vostro amico muoia!”
 
“E tu dicevi che eri il meglio per lui, eh??? Ma chi cazzo sei? Tu sei solamente un pazzo sadico di merda! Figlio di puttana! Liberalo subito!!!” gridò Kat con tutto il fiato che aveva in corpo, cominciando a dimenarsi, nel tentativo di liberarsi da quelle catene che la tenevano costretta al muro.
 
Drakul Mihawk ghignò per nulla infastidito, uscendo dalla cella e augurando al socio di divertirsi, mentre Joker liberava la ragazza e il rosso dalle catene, ridendo sguaiatamente.
 
La sega circolare si azionò e dopo pochi secondi cominciò a scendere lentamente verso il corpo di Rufy, coperto solamente da un camice bianco di cotone sgualcito.
Il suo viso era sereno, il suo sorriso innocente e ingenuo gli increspava le labbra, rendendo quella situazione più tesa di quanto già non fosse.
 
“Sacri Spiriti! Che cazzo facciamo?” domandò Kat in preda all’ansia.
Il suo respiro diventò ogni attimo di più, più irregolare e affannato, nemmeno stesse correndo ad una maratona.
 
Shanks, dal canto suo, cercò di rimanere freddo e impassibile, studiando una qualche strategia:
“Non è detto che uno di noi due debba morire. Vedi? Gli hanno messo delle corde, non delle catene. Dobbiamo slegarlo e toglierlo da lì prima che sia troppo tardi” disse cominciando ad avviarsi verso il moretto.
 
Doflamingo, nel frattempo, li guardava con sguardo vittorioso, felice di quella situazione.
C’era un’unica differenza: non ghignava.
Sorrideva.
Non era uno di quei sorrisi sghembi e ironici cui era abituato a fare.
Il suo era un sorriso sincero…
 
Kat aiutò Shanks a liberare Rufy da quelle corde, cercando di slegarle come meglio poteva.
Ma più si concentrava, tentando di ignorare quella maledetta sega circolare oramai vicina al corpo di Rufy, più le morse di quelle maledette corde si facevano come più strette, mandando in completo panico la ragazza.
 
“Calmati, piccola, ok? Manca poco. Ho appena finito di liberarlo dalla penultima corda! Tranquilla!” cercò di rassicurarla Shanks.
Anche lui era visibilmente provato e quello che ne uscì, fu solo una brutta smorfia, ma alla ragazza andò bene così.
 
La sega circolare si avvicinò sempre più al petto di Rufy, mentre lui dormiva ancora profondamente, ignaro dell’intera situazione.
 
Kat cominciò a piangere disperata, fregandosene altamente della lacrime che gli scendevano copiose dagli occhi.
Il rosso continuò a sussurrarle parole di conforto, mentre con le mani tentava in più e più modi di slegare l’ultima corda, invano.
 
“Shanks! Non c’è più tempo!!!” urlò Kat cadendo nella disperazione più totale, mettendosi le mani nei capelli.
 
Non sapeva cosa fare, se non un’ultima cosa:
“Uccidimi e Doflamingo fermerà la sega! Vero?!?” domandò lei irritata e stanca, raccogliendo le sue ultime forze.
Si sentiva sfinita.
 
Joker annuì con fare serio, le braccia incrociate al petto.
I due non si accorsero nemmeno che aveva rallentato quello stupido oggetto, per dar loro tempo.
 
“Che cazzo dici! Non morirà nessuno! Non devi disperarti, Kat! Torna in te! Non arrenderti!!!” la spronò il rosso, scuotendola per le spalle.
 
Lei si riprese un poco, annuendo in continuazione, sussurrando svariati “ok” nel tentativo di calmarsi e restare fredda.
 
Si rigirarono verso il moretto, accorgendosi che mancava veramente poco a quella Morte così vicina.
 
“Cazzo, non abbiamo molto tempo! Kat, ti fidi di me?” domandò Shanks velocemente, guardandola a fondo negli occhi.
“Certo!” rispose lei senza pensarci, cercando di trattenere i singhiozzi del pianto.
“Bene! La cosa è reciproca! So che ce la farai!” esclamò sorridendo genuinamente, lasciandola sconvolta.
 
La ragazza non riuscì a capire che intenzioni aveva, che subito vide del sangue schizzare intorno a lei, sporcandole il viso e i capelli di quel liquido caldo e dal sapore ferroso.
Una stilla le bagnò le labbra e lei, inconsapevolmente la leccò.
 
I suoi occhi si fecero subito rossi, mentre tutti i sensi si amplificarono in un attimo, stordendola un poco.
La sua vista  si acuì, mentre le figure che vedeva diventarono leggermente ondeggianti e nitide.
Il suo olfatto percepì tutti gli odori presenti in quella sudicia cella, “respirando” perfino la paura.
Si sentì molto più forte e…arrabbiata con se stessa.
 
Arrabbiata e delusa per il fatto che Shanks si era frapposto tra la sega e Rufy per salvarlo.
Il suo maestro stava perdendo un arto a causa sua.
 
E’ sempre colpa mia… non merito di vivere…” si disse sottovoce, per poi avvicinarsi alla corda che teneva intrappolato Rufy.
 
In un impeto d’ira, gridò tutta la sua frustrazione, e con un colpo secco strappò la corda, per poi trascinare verso di sé i corpi di Shanks e del suo fratellino.
 
Doflamingo la guardò con somma sorpresa, per poi ricomporsi velocemente, tornando al suo ghigno strafottente, ed uscì dalla cella…
 
Kat si calmò un poco, buttandosi sul pavimento, sfinita.
Shanks, appoggiato alla meglio contro il muro, cominciò a tremare convulsamente, sentendo a malapena il braccio sinistro.
Il sangue sgorgava copioso dalla ferita, imbrattando tutti suoi vestiti del liquido carminio e denso.
Se cercava di fare qualche movimento, sentiva parte del corpo lacerato dal dolore “implorargli” pietà.
Gemette, mentre il fiato corto non gli dava tregua, bruciandogli i polmoni.
Fortunatamente Rufy stava bene.
 
I due capi ritornarono un paio di minuti dopo.
Doflamingo stava zitto e ghignava soddisfatto, mentre Mihawk guardava la scena con fare critico, regalando un’occhiata truce all’agente dell’FBI.
Estrasse la sua spada dalla fodera dietro la schiena, facendo splendere la lama sotto la luce potente della lampada.
 
Si preparò ad attaccare e togliere di mezzo il rosso, tendendo il braccio destro quanto più poteva.
 
Kat, che fino a quel momento era stata girata di spalle, sentì uno spostamento d’aria dietro di sé.
Il suo istinto le “gridò” dentro la testa che il pericolo era in agguato, facendola ringhiare dalla rabbia.
Girò di un poco la testa e vedendo ciò che suo padre stava per fare, capì tutto e prima che accadesse l’inevitabile, si lanciò verso il corpo martoriato del suo maestro, facendogli da scudo.
 
 
“Cazzo! Maledetta stronza! Che cazzo hai fai fatto?!?” gridò Drakul fuori di sé, riponendo la sua spada nella fodera, guardando la sua figlia scellerata con disgusto.
 
La schiena le faceva male.
Dannatamente male.
La sentiva come divisa in due, mentre ogni singolo muscolo le bruciava come le fiamme dell’Inferno.
 
Doflamingo raggiunse in due falcate il piccolo gruppo, guardando con estrema attenzione la ferita della ragazza:
“Dobbiamo portarli all’ospedale” affermò in tono perentorio, sollevando Kat con molta delicatezza.
“Portarli? Stai scherzando, vero?” domandò scioccato Mihawk, sgranando leggermente gli occhi.
“Vuoi destare sospetti, per caso? Già si accorgeranno che qualcosa non quadra! Figuriamoci se vuoi ammazzare un loro agente! Fidati, ho un piano!” lo rimbeccò prontamente, chiamando successivamente alcuni uomini per portarli di corsa al Pronto Soccorso…
 
Shanks si svegliò di soprassalto, facendo scattare una specie di allarme collegato al letto.
Dei medici, accompagnati da tre infermiere, lo “accerchiarono”, assicurandosi che non fosse successo nulla di grave.
 
“Deve stare a riposo, giovanotto. Non è nelle condizioni migliori” lo rimproverò un vecchietto mingherlino sui sessant’anni.
Il suo camice lungo e bianco gli stava eccessivamente largo, mentre gli occhiali leggermente opachi gli rendevano gli occhi grigi e stanchi due enormi sfere spaventose.
 
“D-Devo trovarli…! Dove sono Kat e Rufy?!?” domandò tentando di alzarsi, senza successo.
“Oh! Sta parlando dei due ragazzini? Stanno bene. Oggi risveglieremo la ragazza…” rispose grattandosi il mento, come fortemente concentrato.
“D-Di che sta parlando? Cosa vuol dire “oggi risveglieremo la ragazza”? Che cos’è successo?!?” chiese ancora il rosso, prendendo il povero uomo per il colletto del camice, strattonandolo più volte.
“Si calmi, per favore. L’abbiamo curata con successo. E’ stata avvelenata, oltre ad avere uno bello squarcio sulla schiena ed aver perso molto sangue. L’abbiamo indotta al coma farmacologico per sicurezza. È una ragazzina davvero molto forte, si riprenderà molto presto, glielo assicuro!” lo rassicurò l’anziano, staccandosi dalla presa di Shanks, appoggiandolo contro il materasso del lettino con delicatezza.
“Mi raccomando”- riprese poi- “Abbia cura di quel che ne rimane del suo braccio sinistro!”
 
Il rosso, che fino a quel momento non si era accorto minimamente di nulla, osservò il suo arto sinistro, notando che non vi era più molto.
Lo toccò come se avesse paura di ridurlo in mille pezzi, sentendo il tempo andare a rilento e il suo animo sprofondare nel vuoto.
 
Rufy entrò nella sua stanza come una furia, gli occhi arrossati dal pianto.
Si potevano ancora vedere le scie bagnate lungo le sue guance.
 
“S-Shanks…io…mi-mi dispiace! È colpa mia, perdonami!” disse il moretto con voce tremante, mentre le lacrime cominciavano di nuovo a bramare di uscire.
“Rufy…era solo un braccio…” commentò Shanks con aria leggermente sbigottita, sorridendo tristemente.
 
Il ragazzo si avvicinò al letto, appoggiando i palmi delle mani sul materasso candido, torturandosi l’anima coi sensi di colpa.
“Non dovevi farlo. Non te lo avevo chiesto!” sbottò digrignando i denti, per poi sollevare lo sguardo.
 
Uno schiaffo lo colpì in pieno viso, facendogli ruotare la testa di un poco.
Il punto dove il rosso lo aveva colpito pizzicava leggermente e lo sentiva incredibilmente caldo.
 
“Non azzardarti a dire una cosa del genere. Mai più!”- gli ringhiò contro Shanks arrabbiato, prendendolo per alcune ciocche della zazzera nera, portandoselo vicino al viso- “Era solamente un braccio! L’importante è che tu stia bene! Persino Kat era disposta a sacrificare la sua vita per te! E tu la vuoi ringraziare così?!? Tu sei tutto scemo! Smettila di farti rogne mentali e guarda avanti!!!”
 
 
Kat si svegliò molto lentamente, vedendo le figure circostante appannate e prive di forma.
Cercò di connettere gli ultimi fatti avvenuti, per poi alzarsi di scatto, gridando successivamente per il dolore alla schiena.
 
I medici tentarono di ristenderla nella posizione iniziale, ma lei li scacciava via in malo modo, ringhiando e imprecando contro di loro, intimandoli di starle lontano.
 
Gemette ancora e si portò una mano sulla parte lesa, ma quella era coperta dal camice e dalle bende che le stringevano il busto.
Sentiva caldo, molto caldo, e la tentazione di strappare i bendaggi era forte.
 
“Ascoltami, dovresti riposarti, tesoro” disse con tono dolce un’infermiera sulla ventina con capelli lunghi e biondi, gli occhi azzurri come il cielo e la pelle diafana che si metteva in forte contrasto con le sue labbra colorate di rosso scarlatto.
 
Ascoltami bene, Barbie del cazzo! Non ho bisogno dei tuoi consigli! Vatti a finire di colorare le tue unghie di merda!” sbottò Kat iraconda, mentre il Mostro cominciava a prendere il controllo del suo corpo, facendola infuriare ancor di più.
 
Scese velocemente dal letto e si strappò le flebo dal braccio, infischiandosene altamente di tutti coloro che cercavano di farla ragionare, ignorando persino la ferita la schiena, che aveva ricominciato a sanguinare.
 
Uscì a passo svelto dalla stanza, appoggiandosi al muro, mentre il suo respiro si faceva pesante ad ogni secondo di più.
Le membra le facevano dannatamente male.
Tentò di compiere alcuni passi, ma qualcuno la fermò:
 
“Ehi, dolcezza! Torna a letto!” le ordinò Doflamingo con fare mellifluo, sghignazzando divertito.
Col cazzo che ci ritorno, fenicottero di merda! Ricordati che ti devo ancora ammazzare!” ribatté volgendo lo sguardo altrove, cercando di calmarsi.
 
Gli occhi la dilaniavano dal dolore, facendola inginocchiare sul pavimento.
 
I medici e Doflamingo la circondarono, pronti ad intervenire, mentre lei si rialzava con estrema fatica.
 
Le sue ultime forze usate per respingere quella Cosa dentro di lei si stavano affievolendo pian piano, trascinandola nell’oblio più oscuro e pauroso che avesse mai provato.
La risata agghiacciante del Mostro le metteva i brividi.
Dalla sua fronte scesero piccole gocce di sudore, che le percorsero il volto come una carezza.
Tutto si fece più ovattato e distorto, provocandole un moto di nausea.
 
“Devi tornare a letto, 357. Ora!” le ripeté Doflamingo irritato, facendole voltare la testa di scatto.
 
Non prendo ordini da te, maledetto figlio di puttana! Patirai l’Inferno!!!” gridò Kat con voce sconosciuta.
Il Mostro aveva reclamato con forza il suo corpo appena aveva sentito quel numero…
 
357.
 
“Va bene, dolcezza. L’hai voluta tu!” disse Joker annuendo lievemente, per poi prendere velocemente una siringa con dentro un liquido trasparente da un medico lì vicino, in quel momento fermo attonito dalla scena.
Lei arretrò contro il muro, per poi guardarsi intorno con sguardo pieno di panico.
 
Doflamingo si avvicinò ancor più a lei, fino a schiacciarla contro di lui, prendendole il capo con forza e affondando l’ago nel suo collo, facendo entrare in circolo la sostanza.
 
“Adesso dormirai ancora per un po’. Proprio come un angioletto! Fufufufufufu!” le sussurrò all’orecchio con un tono di lieve malizia nella voce, accogliendo il corpo inerme e stanco della ragazza tra le sue braccia.
 
Sei…uno…sporco bastardo…Joker…” mormorò Kat tornano in sé prima di svenire…
 
“Lo so. Tutto per te, dolcezza!” le rispose lui leccandosi le labbra avidamente, affidandola ai medici…
 

 
Non si ricordò per quanto tempo dormì.
Si ricordò solamente di aver perso la cognizione del tempo e di aver fissato il soffitto dell’ospedale per secondi o ore, non se ne riguardò poi molto.
Le avevano legato i polsi con delle manette alle sponde di ferro del lettino.
Appena se n’era accorta, aveva imprecato contro tutti i medici e Doflamingo, minacciandoli di un Morte lenta e dolorosa.
Si era acquietata dopo alcuni minuti, dandosi mentalmente della pazza, commentando le sue stesse frasi come enormi fregnacce mai dette nella Storia dell’intera Umanità.
 
“Vedo che hai placato la tua ira, gattina. Tuo zio mi ha detto che hai dato del filo da torcere!” osservò ridacchiando Mihawk, venuto per far visita alla figlia anormale.
Si era seduto comodamente ai piedi del letto, guardandola con crescente desiderio.
Anche se lei non era nelle condizioni migliori, restava provocante lo stesso.
 
“Se sei venuto a farmi la predica, ti rispondo di andarti a far fottere con i miei migliori auguri. Lasciami in pace e vattene via” disse Kat con tono atono, fissando per un momento le manette che la costringevano al letto.
Non riusciva nemmeno a pensare come voleva, a causa dei residui di quella roba che Doflamingo le aveva iniettato.
 
Che figlio di puttana!
 
Sentì la voce del Mostro dentro alla sua testa, facendola sorridere impercettibilmente per quel commento un po’troppo colorito, ma azzeccatissimo.
 
“Noto che non sei combattiva. Cosa ti prende?” le chiese Drakul in tono ironico, al fine di prenderla in giro.
“Cazzo! Apri quelle fottute orecchie e ascoltami con attenzione: sparisci dalla mia vista, o ti giuro che cerco di vomitarti addosso, dato che sono legata e non posso riempirti di botte!” sbottò ringhiandogli contro.
“Non fai paura a nessuno” commentò del tutto tranquillo, guardando il pendaglio a forma di croce che portava al collo.
 
Kat cercò di alzarsi e raggiungerlo, ma le manette le bloccavano i movimenti, facendola irritare parecchio.
 
“Non ce la farai mai!” la provocò avvicinando il suo viso a quello di lei, facendola sorridere malignamente.
“E’ vero, Mihawk. Forse non ce la farò mai, ma ti assicuro che una cosa posso farla!” esclamò allargando il suo sorriso, piegando leggermente il capo da un lato.
“Ah! Ma davvero? E che cosa sarebbe? Illuminami!” la sfidò lui, sorridendo a sua volta.
“Una cosa molto semplice! Questa!” gli rispose dandogli una forte testata, colpendogli parte della fronte e del setto nasale.
 
Mihawk si allontanò velocemente, tenendosi il naso che aveva preso a sanguinare copiosamente.
 
“Maledetta!” masticò trai i denti, facendo per avvicinarsi, ma un’infermiera che passava di lì, per cambiare la flebo alla ragazza, fermò i suoi intenti.
 
“Oh, ciao Barbie! Credo che l’orario di visita sia finito, vero? Potrebbe mandare via quest’uomo? Vorrei dormire!” disse allegra Kat, non badando il dolore alla testa, riconoscendo la ragazza bionda che aveva trattato male.
Non era molto sicura che avrebbe esaudito la sua richiesta, ma l’importante era provarci.
 
La donna si spaventò un poco, nascondendo quel sentimento di paura che le attanagliava l’animo nel cambiare la flebo:
“S-Sì. Ha ragione. Dovrebbe andarsene, la paziente deve riposare” balbettò insicura, allontanandosi un poco.
 
Mihawk guardò in cagnesco la mora, per poi andarsene con passo spedito.
 
L’infermiera decise di uscire velocemente dalla stanza, ma la voce di Kat la richiamò:
“Ehm, Barbie…”- disse girando lo sguardo altrove, arrossendo lievemente per l’imbarazzo- “Mi dispiace di averti trattata male…non ragionavo…”
 
La bionda la guardò stupita, piacevolmente sorpresa di scoprire che una ragazza come quella conoscesse l’educazione e le scuse.
Certo, continuava a soprannominarla “Barbie”, ma era un bel passo avanti.
 
“Non ti preoccupare! Sei perdonata!” le rispose felice, riavvicinandosi a lei.
“A-Avrei un altro favore da chiederti…” riprese Kat guardandola negli occhi.
“Dimmi pure!”
“Mi devi liberare. Non posso stare legata qui” le spiegò con tono fermo e deciso, mentre dal suo sguardo traspariva supplica.
“Ma…i-io non posso…” balbettò incredula a quella richiesta, boccheggiando varie volte.
 
Kat masticò qualche imprecazione contro i “piani alti” dell’ospedale, mordendosi a forza il labbro per non gridare la sua frustrazione:
“Ascoltami bene, Barbie…!” la richiamò, ma l’infermiera la interruppe.
“Juliette”
“Come, scusa?” domandò la moretta con cipiglio incuriosito e vagamente irritato.
“I-Il mio n-nome…è-è Juliette” rispose tentennando un poco, per poi chiudere con prepotenza gli occhi, aspettandosi una qualche reazione alterata da parte dell’altra.
“O-Ok…ehm…Juliette…”- riprese Kat sbuffando lievemente contrita- “Mi devi liberare. Ti prego, non ho tempo né voglia di spiegarti le mie motivazioni, ma devi farlo!!!”
“I-Io non posso! Quell’uomo…Doflamingo…ha chiesto lui di legarti al letto… e poi tu non sei ancora in grado di muov…”
“Non me ne fotte un cazzo! Mi devi liberare! Ora!” le ringhiò contro, spaventando l’infermiera bionda a morte, che istintivamente si allontanò da lei, sbattendo inevitabilmente contro un comodino piccolo di legno, messo lì per dare un’aria ancor più triste alla stanza.
 
La moretta, accortasi del suo comportamento, cercò di riprendere il controllo di sé, scuotendo più volte la testa, come a riprendersi da una brutta botta in testa.
“Sacri Spiriti!”- sospirò sconsolata, per poi girarsi di scatto verso quella bionda che poteva aiutarla. Era troppo gentile e dolce con lei, quando sentiva di non meritarselo per niente. Quindi, giunse alla conclusione che era meglio non provocare ulteriori danni a quello strano rapporto già incrinato- “Juliette. Non ho molto tempo. Come puoi vedere non sono nelle condizioni migliori, ok? Però, ti chiedo di fregartene delle regole di questo fottuto ospedale e di aiutarmi! Ti prego…”
 
Juliette non sapeva cosa fare.
Non aveva mai visto una ragazza così ribelle e schietta di parole, però le piaceva.
Le piaceva il suo modo di fare e anche se cambiava carattere ogni secondo, l’ammirava lo stesso.
Però, tutto aveva un limite.
 
“Come dici tu, potrei dare uno strappo alla regola, ma…sei ancora troppo debole…” disse con tono professionale, lasciando in disparte per un momento le emozioni.
 
“Cazzo!”- sibilò Kat a denti stretti, mandandola mentalmente al diavolo, ma si trattenne dal dar voce a quel commento- “Juliette. Non posso stare qui. O mi liberi, o me la cavo da sola, al costo di rompermi i polsi!”
“Cosa?!? N-Non puoi farlo!!!”
“Allora liberami!” la minacciò abbassando il tono di voce, riducendola ad un ringhio gutturale.
“Sei troppo debole!”
“Porca puttana! Perché dici questo?!?” le domandò inalberandosi, scrollando le spalle in un moto di stizza, sbattendo le gambe sul materasso del letto come una bambina capricciosa.
“Primo: vedi di non inveire mai più con quelle brutte parole, altrimenti non otterrai in nessun modo il mio aiuto!”- sbottò facendosi seria la bionda, zittendola all’istante, facendola poi sbuffare irritata. Ora s’incominciava a ragionare…- “Secondo: ti hanno squarciato la schiena in due con un’arma da taglio e non capisco chi mai abbia fatto una cosa del genere, anche se un’idea me la sono fatta…ma torniamo al discorso principale. Vuoi morire dissanguata???”
“Cazzo, no!” esclamò Kat compiendo un balzo sul posto, presa in contropiede.
Aveva ancora una cosa importante da fare e poi era troppo giovane per morire!
Certo, la sua vita non era delle migliori, ma doveva almeno rischiare, no?
 
“I termini, signorina!” la rimproverò l’infermiera stizzita da quel linguaggio poco consono ad un luogo pubblico, soprattutto ad una ragazza giovane come Kat.
“Ma che caz- ehm…cappero…va bene?(!)?” le chiese in un gesto di approvazione, sorridendo sarcasticamente, facendo felice, però, Juliette.
“Sì! Molto meglio! Posso dare uno strappo alle regole, questa volta”- esordì la bionda, calcando bene la penultima parola, per poi continuare- “Però c’è il rischio che Doflamingo lo venga a sapere, inoltre mi serve sapere una cosa: cos’hai intenzione di fare?”
“Devo scappare con un babbeo dai capelli rossi e un altro idiota, altro non è che mio fratello Rufy. Non sono stati ancora dimessi, vero?” domandò tentando di calmarsi un poco, sperando vivamente che tutto andasse come previsto.
“A dire il vero, sì” le rispose invece l’infermiera, prendendo la sua cartella clinica appoggiata su un tavolo vicino ad un muro della stanza.
“Che cosa?!? Stai scherzando, vero???”
“No…Kat…”- ribatté tranquilla Juliette, leggendo i fascicoli sui pazienti interessati- “Shanks, l’uomo dai capelli rossi, è stato dimesso due giorni fa. Monkey D. Rufy, il giorno prima di lui”
“Oh, Santa cacca! Per quanto caz-  ehm…cavolo ho dormito?” domandò tentando di trattenersi dal dire altre parolacce.
“Da quando ti abbiamo dovuto fare l’anestesia per tenerti sotto controllo…cinque giorni!”
“Ok. Ascolta, Juliette: tu liberami, poi me la caverò da sola! Dammi indicazioni di cosa devo fare o NON fare!”
“Il primo è non affaticarti…” iniziò la bionda, uscendo dalla stanza, lasciando sola Kat con espressione confusa ed irritata al massimo.
 
Prima mi fa la predica ed ora sparisce! Maledetta Barbie!!!” pensò la moretta, sospirando incredula, stendendosi sul materasso del lettino, troppo comodo e morbido, per i suoi gusti.
 
Juliette rientrò nella stanza di Kat dopo una decina di minuti, trovando la ragazza intenta a cercare di scendere dal letto, nonostante le costrizioni.
 
“Non sei molto paziente! Fermati o la ferita ti si riaprirà!” la fermò avvicinandosi velocemente a lei, liberandole il polso destro dalla prima manetta.
 
Kat, felice come una pasqua, si rimirò più volte il suo arto libero, sgranando gli occhi dall’emozione.
Appena liberato anche il secondo polso, tentò si alzarsi dal letto, rischiando di rovinare a terra.
Le sue gambe non erano più allenate e le sentì terribilmente indolenzite e formicolanti.
 
“Attenta. Sei stata ferma per molti giorni” la ragguardò Juliette, controllando le fasciature della schiena, sbottonandole il camice da dietro.
 
“Ehi! Che diavolo fai?!?” domandò Kat stando sulla difensiva, cercando di allontanarsi un po’.
“Controllo le fasciature, tranquilla!” le sorrise dolcemente, calmandola un poco.
 
Dopo quella visita, la bionda si apprestò a prendere da un armadio degli antidolorifici e anche alcune pastiglie per tenere in piedi quella ragazza che le aveva portato scompiglio nella sua routine monotona.
 
“Tieni” disse porgendole le due pastiglie e una bottiglietta d’acqua presa dal tavolo.
 
Le ingurgitò senza dire nulla, per poi bere avidamente dalla bottiglietta, finendola in pochi secondi.
Si alzò in piedi con malagrazia, tenendosi al bordo del letto, muovendo alcuni passi.
“Molto bene. Ora…devo scappare…” disse allontanandosi un poco, non appena riprese confidenza con le proprie gambe, ma venne interrotta dalla voce di Juliette.
 
“Come fai, se ci sono i medici in giro?” le domandò con ovvietà, incrociando le braccia bianche sotto al suo seno prosperoso.
 
“Mai una volta che fili liscio, merda!” sussurrò Kat sconfitta, girandosi poi verso la bionda.
“Qualche piano?” domandò poi la moretta, guardandola con aria scettica.
 
“Certo! Le infermiere sono fuori a fumare, mentre i medici…” osservò facendole l’occhiolino d’intesa.
 
La ragazzina rise di gusto, scuotendo il capo, dandosi della scema.
“Giusto, alla fine, il gentil sesso vince sempre” commentò uscendo dalla stanza, seguita da Juliette.
 
 
Uscire dall’ospedale non fu poi così difficile.
I maschi cadevano nella “trappole” che la bionda infermiera tendeva loro, sorridendo compiaciuta del suo operato.
 
Appena fuori, si diressero velocemente verso il parco, mentre Kat riceveva qualche rimprovero bonario da parte di Juliette, che le intimava di non affaticarsi troppo date le sue condizioni.
 
“Julie!”- sbottò stanca di quella ramanzina la moretta, puntandole un dito contro. Ignorò completamente persino il fatto di averle “accorciato” il nome- “Sono stata ferma in un caz- diavolo! In un cappero di letto per cinque fot- maledetti giorni, se non di più! Abbi pietà se sono felice di camminare da sola!!!”
 
La bionda arrossì leggermente, sentendosi in imbarazzo.
 
“Ora”- riprese Kat, più determinata che mai- “Io vado. E’ stato un piacere conoscerti! Ciao!”
 
La ragazza si rimise in cammino a passo spedito, trattenendo qualche volta i gemiti di dolore per un passo improvviso compiuto con troppa fretta.
 
Juliette la guardava allontanarsi, con un braccio steso a mezz’aria, più che intenta a fermarla, ma non le usciva niente, nemmeno un suono dalla bocca, mentre il suo corpo cadeva sul terreno erboso e bagnato dalle gocce di rugiada del parco.
 
“Ha compiuto il suo dovere, infermiera Juliette Sleepy. Grazie a lei, il nostro soggetto è uscito con successo. Provvederò a farle avere un aumento sul suo stipendio” disse un uomo in completo nero, aggiustandosi con eleganza la cravatta.
 
Il suo ghigno beffardo ruppe il silenzio e l’oscurità della notte e con passo veloce, s’avvio verso Kat…
 
 
 
Dopo essere arrivata a casa di Shanks con un bus di fortuna, bussò insistentemente alla porta, battendo il piede sinistro in continuazione sullo zerbino con scritto a lettere cubitali “WELCOME!”.
Kat odiava a morte quell’oggetto troppo “allegro e spensierato”.
Lo trovava ripugnante, soprattutto per il disegno impresso sopra: una donna nuda dai capelli rossi, stesa a pancia all’aria con il seno in bella vista e una mano che si portava una ciliegia rossa come il sangue alla bocca.
Sì.
Decisamente ripugnante e osceno.
 
Il rosso venne ad aprire alla porta con cipiglio perplesso, chiedendosi chi fosse quel “sano di mente” che bussava con insistenza alla porta.
Quando vide la sua allieva rimase sbigottito.
 
“Kat, piccola! Quale buon vento ti porta…” ma non riuscì a finire la frase che venne zittito da un bacio sulle labbra da parte della moretta.
Ricambiò per alcuni attimi, per poi staccarsi controvoglia da lei, tastandosi il collo con due dita.
 
“I-Io…mi…sento piuttosto strano…” mormorò ondeggiando un poco avanti e indietro, compiendo alcuni passi indecisi verso Kat, cadendo contro di lei.
 
“Meno male che quella Barbie mi ha dato anche una siringa con dentro un po’di morfina in caso di bisogno!” mormorò la ragazza, esaltandosi.
 
Con non poca fatica lo trascinò in casa, mugolando qualche gemito di dolore.
Lo adagiò su una sedia del salotto, per poi guardarsi intorno in cerca di qualcosa.
 
Dei passi richiamarono la sua attenzione, facendola indietreggiare un poco.
 
Il corpo seminudo di Rufy fece capolino davanti alla sua visuale, intenerendo la ragazza un poco.
 
“Ciao, fratello!”- esclamò Kat con sorriso mellifluo sul volto- “Ho bisogno del tuo aiuto”
 
Il moro sgranò gli occhi, guardando con sconcerto il corpo inerme di Shanks accasciato alla meglio sulla sedia.
Dormiva profondamente, russando qualche volta.
Si chiedeva cosa fosse successo e perché sua sorella avesse quell’espressione da cattiva dei cartoni animati stampata sul volto.
Le cose stavano prendendo una brutta piega, per i suoi gusti…
 
Si risvegliò circa due ore dopo, sentendosi le membra intorpidite.
Provò a muoversi, ma qualcosa glielo impediva.
Cercò di capire cosa gli fosse successo, per poi sentire il suo viso girarsi contro la sua volontà verso Kat.
 
“Ciao, rosso! Meno male che ti sei svegliato! Spero tu abbia dormito bene, perché dovrai aprire bene le orecchie per ascoltare ciò che sto per dirti” disse la moretta velocemente, intontendo Shanks per il suo flusso di parole dette senza fermarsi un minuto.
 
“Buongiorno anche a te!”- mormorò con tono sarcastico, riprendendo coscienza di sé- “Sei così gentile da spiegarmi perché cazzo sono legato a questa fottuta sedia, in casa mia?!?”
“Devi dimenticare tutto ciò che ricordi” le rispose la ragazza senza tanti giri di parole, giocando distrattamente con un coltello da cucina tra le dita, fissandolo a lungo negli occhi.
“Che cazzo stai dicendo? Ti sei rimbecillita o ti hanno drogato con roba pesante?” la sfotté Shanks regalandole uno sguardo truce.
 
Kat s’irritò parecchio, non mettendoci molto tempo prima di puntare quel coltello alla gola del suo maestro.
Non farmi incazzare!”- gli ringhiò contro, sentendo la presenza del Mostro reclamare il suo corpo, ma non glielo concesse- “Dimentica questa storia!”
 
Il rosso tenne il suo sguardo fisso su quello della ragazza, sorridendole con aria beffarda, facendola innervosire ancor di più.
 
“So tutto. Rufy mi ha spiegato tutta la vostra situazione per filo e per segno. So cosa ti fa Mihawk, così come so cosa fa Doflamingo a Rufy” disse in tono serio, sentendo la rabbia alimentargli l’animo.
Non si perdonava il fatto di non essersi mai accorto di nulla in tutti quegli anni passati insieme a loro.
Alle sue due pesti.
La sua famiglia.
 
Kat abbassò il coltello, per poi farlo cadere con un tonfo sordo sul pavimento.
Le sue mani tremavano leggermente.
Le lacrime bramavano di uscire, minacciando di portarla ad uno sfogo liberatorio, ma non volle.
Non voleva liberare tutte le sue ansie e paure.
Non voleva dimostrarsi debole.
Doveva tornare con i piedi per terra e rimettersi quella maschera che tanto odiava.
 
“Non sai niente, invece” sussurrò con voce incrinata, mordendosi l’interno della guancia con forza, tentando di trattenersi dal piangere.
“Cosa non so? Che cos’è che non so, Kat, eh?!? Cosa?!? Il fatto che quei due figli di puttana vi scopino a loro piacimento?!? Che cazzo dovrei sapere, ancora?!?” sbottò Shanks irato, riversando parte della sua rabbia repressa contro la ragazza, spaventandola un poco.
 
Rufy, che nel frattempo era rimasto in silenzio, cominciò a singhiozzare, mentre lunghe scie di lacrime amare scivolavano senza sosta lungo il suo giovane viso, coinvolgendo la sua bocca in una smorfia di dolore.
 
Kat, sentì una nuova ondata di rabbia sconvolgerle l’animo.
Riprese il coltello, stringendo il manico con violenza.
S’avvicinò velocemente al corpo legato del rosso, per poi tirargli i capelli e così anche il capo all’indietro, lasciando scoperto il suo collo e il pomo d’Adamo, che s’abbassava e alzava quando l’uomo deglutiva…
 
Devi dimenticare!!!” gli inveì contro lei, provocandogli un leggero taglio con la lama affilata della sua momentanea arma.
Stille di sangue scesero indisturbate lungo la sua gola, formando alcune righe scarlatte.
“Perché?” domandò Shanks per nulla intimorito, alzando un poco la testa per guardarla.
“Ti prego, Shanks…non costringermi a farti del male…ho io il coltello dalla parte del manico…” gli rispose, supplicandolo con lo sguardo.
 
Senza nemmeno accorgersene, l’uomo dal completo nero le arrivò da dietro, per poi farla svenire toccandole un nervo della spalla.
La prese tra le sue braccia, adagiandola sul divano del salotto, assieme al corpo inerme di Rufy, addormentato poco prima.
 
“Dragon!”- esclamò il rosso visibilmente sorpreso, guardando sia lui che gli altri agenti con stupore- “Che ci fai, qui?”
“Shanks”- disse l’uomo slegandolo dalle corde- “Devi stare al gioco di Kat”
“Che cosa?!? Non me ne starò fermo a guardare! Dimmi una cosa: tu sapevi cosa stava succedendo al nostro soggetto e a tuo figlio?!?” gli domandò con cipiglio alterato, non provocando, però, nessuna reazione da parte del collega.
“Sì, lo so” gli rispose allontanandosi da lui, lasciandogli spazio per alzarsi.
“Allora perché cazzo te ne sei stato con le mani in mano, eh?!? I miei amici vengono violentati ripetutamente e tu che fai? Non intervieni?!? Ma che cazzo avete per la testa, tutti quanti, in questi giorni?!?” esplose Shanks, alzandosi con uno scatto, prendendo Dragon per il colletto della camicia.
 
L’uomo sospirò pesantemente, facendo abbassare al rosso le sue difese per alcuni decimi di secondi.
Gli prese il polso dell’unico arto rimastogli e lo strinse, per poi piegargli il braccio all’indietro, facendolo inginocchiare a terra, sottomettendolo.
Gli piegò il busto in avanti, mentre la testa di Shanks si scontrò contro il pavimento.
Odiava quando Dragon lo trattava così.
 
“Certe volte sei un pezzo di merda, Dragon!” sbottò tentando di liberarsi dalla sua presa, invano.
 
L’uomo ghignò di gusto, per poi tornare serio:
“Ascoltami bene, idiota. Non possiamo permetterci di far saltare la nostra copertura per colpa di un tuo capriccio. So già che ti hanno scoperto e che sanno la tua vera identità, ma questo dobbiamo sfruttarlo a nostro favore. Quei figli di puttana staranno più attenti a compiere le loro mosse, certo, però, nel frattempo, abbasseranno anche la loro guardia, pensando di averti in pugno. So come ti senti e fidati, anch’io sono incazzato come una bestia per quello che stanno passando mio figlio e Kat. Agirei come te, ma questo manderebbe a fanculo il nostro lavoro. Siamo vicini alla fine, Shanks. Non arrenderti proprio ora!” gli intimò Dragon liberandolo.
 
Il rosso si rialzò con un po’di fatica, per poi guardarlo:
“Dragon…io…non ci riesco” mormorò affranto, chinando il capo, mentre ciocche di capelli rossi gli coprivano il viso, nascondendo la sua frustrazione e una lacrima solitaria scappata dal suo autocontrollo.
 
“Sì, invece! Ti assicuro che tra non molto tempo, riceveremo un aiuto in più!” esclamò sorridendo beffardo, richiamando l’attenzione dell’amico.
 
“Che intendi?” gli domandò realmente incuriosito, guardando successivamente i corpi svenuti  dei due ragazzi, controllati dagli agenti e da alcuni medici.
“Parlo di colui che darà una svolta agli eventi, Shanks” rispose sorridendo Dragon, dandogli una pacca affettuosa sulla sua spalla.
“Roger? Ma lui è morto, Dragon! Non può più aiutarci in nessun modo!” esclamò stizzito il rosso, abbassando la voce per non farsi sentire dagli altri agenti.
“Lo so. Ma credi che Gol D. Roger fosse tanto stupido da lasciare il lavoro a metà?”
“Vuoi dire che ha un complice? E chi è???”
“Il suo nome è Ace. Gol D. Ace”.






Angolo di Alyce: Buonasera!!!!
So di essere in un ritardo...pazzesco(?)
Ma spero di essere perdonata con questo lungo special!
Come potete notare, Kat è molto...incazzata e si sente costretta ad "indossare" una maschera d'indifferenza che non le piace.
Peccato che non sia molto brava: dovrà allenarsi di più u.u
Passando ad altro: in questo capitolo c'è anche una sottospecie di Marie Sue.
Avete capito chi è? Bravi! Proprio lei!
La bionda infermiera occhioni azzurri di nome Juliette.
Solo che non l'ho trattata molto bene xD
Kat è un mito quando le urla contro: "Barbie del cazzo!"
Quanto la stimo xD
E poi, l'ho fatta svenire da parte del mio mito Dragon *^*
Quanto è puccio!!!!!!!!
Non vogliatemi male se ho fatto perdere il braccio a Shanks...era...doveroso...per me rimane sexy lo stesso :Q__________________________
E qui, si cita anche il nostro fighissimo Ace.
Amore lui!!!!!!!
Sì, l'ho chiamato con il suo vero cognome: Gol D. Ace.
Diciamo pure che Ace era anche in rapporti più... cordiali con Roger.
Questo è l'ultimo special che faccio.
Dal prossimo capitolo in avanti si ritornerà alla vera storia!
Non vedo l'ora!!!!!!
Ciao e un strasuperbacione a tutti!
Alyce :))))))))))))))))))))))))))))))))))

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Capitolo 14
*** 11- Bianco e rosso ***


11° capitolo: Bianco e rosso

 
 
Rimango totalmente indifferente nei confronti di Ace.
La parola esatta, poi, non sarebbe proprio indifferente... scocciata, annoiata a morte.
Va meglio.
Decisamente.
Già, perché io NON sopporto quando la gente si comporta così!
 
…Andrà tutto bene!
Ti aiuteremo noi!
Non preoccuparti, tu non sei sola!...
 
Bla, bla, bla! Sono solamente dei discorsi futili e senza alcun senso!
Odio i gesti d’amore o d’affetto.
Mi fanno prudere terribilmente le mani dalla rabbia.
Io non voglio essere aiutata.
Non l’ho chiesto a nessuno, cazzo!
 
Sono qui, in questa fottutissima stanza dannatamente bianca con un ragazzo che mi sta abbracciando a cui piace fare il serial killer.
Per non dimenticarci della camicia di forza…anche lei bianca.
ODIO il bianco!
 
Voi umani siete così noiosi. Ti prego, staccati. Non gradisco i gesti d’affetto” sibilo vicino all’orecchio di Ace, per poi ridacchiare malignamente.
In risposta, lui si irrigidisce tutto d’un tratto, per poi staccarsi da me lentamente.
 
Lancia uno sguardo d’intesa a Law per poi tornare a guardarmi.
 
Ma che cavolo ti prende?
 
Mi domanda Kat con occhi sbalorditi.
Vado a poggiarmi contro il muro per poi lasciarmi scivolare lentamente sospirando pesantemente.
La vita è così noiosa.
Non accade mai nulla di gratificante o interessante.
Solo le solite cose: persone che camminano e respirano.
Parole che vengono pronunciate in continuazione, dichiarando stati d’animo e fatti.
Un mondo di corruzione e potere…questo è quello che vedo.
Sinceramente non me ne importa un granché.
Se devo dire tutta la verità, non m’importa nulla di niente.
Nemmeno di me stessa.
Devo solamente portare a termine il mio compito e poi penserò a togliermi di mezzo da sola.
Un programma di vita assolutamente perfetto e preciso.
 
“Kat, cerca di ragionare. Tu non sei così. Puoi essere migliore” tenta di convincermi Ace, avvicinandosi a me.
Ma perché è così ostinato a farmi cambiare idea?
 
Smettila con i tuoi discorsi del cazzo. Non sarò mai migliore di così, fattene una ragione!” ribatto seccata, mentre sento un ringhio salirmi lungo la gola.
“Perché?!? Ti rendi conto che ti stai uccidendo da sola?!? Provare odio non servirà a nulla!” sbotta irritato, prendendomi per le spalle.
 
All’improvviso sento un dolore acutissimo alla tempia.
Una sensazione di bruciore “invade” il mio corpo facendomi piegare su me stessa.
Il mio stomaco è in subbuglio e questo non fa che peggiorare la situazione.
A stento trattengo i conati di vomito.
 
“Kat! Kat! Ascolta la mia voce. Andrà tutto bene” cerca di rassicurarmi Ace cominciando ad accarezzarmi lievemente la testa.
 
Allontanati…” gli intimo a corto di fiato.
Non riesco nemmeno a respirare normalmente.
Sento la pelle dilaniarsi ad ogni mia mossa.
Una pozza di sangue scuro si fa strada sul pavimento, “rovinando” crudelmente il bianco candore del pavimento.
Che succede?
 
“No. Non ti lascio” dice Ace abbracciandomi.
Di nuovo.
 
Allontanati. Allontanati. ALLONTANATI!!!” grido con tutto il fiato che ho in gola, sentendo i polmoni collassare dallo sforzo.
 
“Non sta accadendo nulla Kat. E’ solo frutto della tua immaginazione” sussurra dolcemente, cullandomi tra le sue braccia.
 
No.
Non è vero.
C’è il sangue…l’Inferno…” mi giustifico cominciando a piangere.
 
Le lacrime scorrono imperterrite lungo le mie guance, arrivando a bagnare anche le labbra, qualche volta.
 
“Kat…” mi richiama una voce molto famigliare.
E’ così vicina, ma non riesco a vedere nulla.
 
Vedo solamente sangue fiamme e oscurità.
Non vedo nient’altro.
Non vedo quel maledetto bianco che prima circondava tutto.
Non vedo più l’altra parte di me.
Non vedo Ace.
Forse sto per morire.
Sì, deve essere così…
 
“Kat. Tutto ciò che vedi…non è reale…” dice ancora la voce di poco prima, facendomi sobbalzare dalla paura e dalla rabbia.
 
Non è vero! NON E’ VERO!!!
Tutto è dannatamente reale!” urlo scuotendo la testa in continuazione, sentendo mille aghi “trafiggermi” la testa.
Fa male…
 
“Kat. Sai chi sono?” chiede la voce, mentre sento il respiro rassicurante di qualcuno mescolarsi con il mio, corto ed irregolare.
 
Non lo so…non so più niente…” mormoro abbassando il capo.
Le fiamme si sono fatte più alte.
Sono delle lingue che continuano a danzare, avvicinandosi a me per poi avvolgermi con il loro calore mortale.
Cerco di dimenarmi da quella stretta morsa che mi tiene imprigionata, tentando di liberarmi, invano.
 
Il rumore di passi in avvicinamento reclamano tutta la mia attenzione, mettendomi in allerta.
Un ghigno copre tutti i suoni che fino a pochi secondi fa ero certa di sentire.
 
E così alla fine ti sei trasformata! Non te la saresti mai aspettata, vero? Tutto è andato secondi i miei piani.
Mancano solamente alcune cosette e sarai l’arma perfetta, tesoro.
 
Guardo quella figura con ira, ringhiando in continuazione.
Lo odio.
Lo odio con tutto il cuore.
Qual buon vento ti porta qui, Clown?” domando in tono arrogante, facendolo ridere divertito.
 
Perché dici così? Sono sempre tuo zio, no?
Al limite…chiamami Joker…
 
Ribatte avvicinandosi pericolosamente a me, fino a trovarlo a pochi millimetri dal volto.
Ho sempre detestato i suoi occhiali viola e il suo modo di vestire.
Mi sono sempre domandata come facesse a fare strage di cuori.
Stammi lontano, lurido bastardo. Giuro che appena ne avrò la possibilità ti ucciderò molto lentamente, facendoti gridare di dolore, ti farò implorare pietà…
 
Sei così femminile e sexy quando fai così!
Sai, oltre a Rufy, tu sei la mia preferita!
Fosse per me, saresti solamente mia.
Peccato che appartieni ad Occhi di Falco.
Sei perfetta: bella, intelligente...sei l’arma perfetta.
D’altronde, sono stato io a perfezionarti.
Il Grande Joker!
 
Afferma leccandosi le labbra con fare sensuale, disgustandomi.
Tu sei solamente un pazzo psicopatico del cazzo! A cosa ti servo?” domando digrignando i denti, cercando di allontanarmi dal suo viso.
 
Servi a distruggere e ad uccidere.
Ma sai qual è la parte bella? Tutti i governi del mondo pagheranno miliardi per averti.
Ti manderanno in guerra, assicurando loro la vittoria.
Patetici!
Sono disposti a tutto.
 
Non capisco…
 
Fufufufufu! Quanto sei dolce e ingenua, piccola!
Tu sei un’arma vivente!
Non sei un robot.
Sei solamente una persona che prova odio.
La tua voglia di vivere sta nell’uccidere altra gente!
Non è meraviglioso? Avremo il mondo ai nostri piedi!!!
 
Dice ridendo in continuazione…proprio come fa un clown quando fa uno scherzo di cattivo gusto a qualcuno.
È…spaventoso e irritante.
Perché devo sopportare tutto questo?
Perché non posso vivere una vita normale?
Perché sento il grandissimo desiderio di torturare e uccidere le persone?!?
Perché sono un Mostro?
Le persone muoiono a causa mia!
MIA!
Tutto questo non è giusto…
La vita è così ingiusta e dolorosa…
 
Com’è morto…mio nonno?” domando con tono di voce tremante, fissando con insistenza il suo volto.
Voglio vedere i suoi occhi quando mi risponderà.
Voglio vedere i suoi fottuti occhi!
 
Oh! Parli di quel Chumash da strapazzo?
L’ha ucciso Mihawk.
Si era accorto che stavamo degli esperimenti sulla sua adorata nipotina, lui si è arrabbiato tantissimo e ha tentato di ucciderci!
È morto con un bellissimo buco in fronte, fufufufufu!
 
A quelle parole inorridisco mentre una grande rabbia si fa largo nel mio cuore.
Comincio a singhiozzare violentemente, tremando in continuazione.
Il mio nonno…è morto perché…voleva difendermi…
 
NONNO!!!” grido con tutto il fiato che ho in corpo.
 
Tutto si fa buio e quelli che sono secondi paiono ore interminabili.
L’oscurità che mi circonda mi fa soffocare, il che è strano, dato che ho sempre amato il buio, l’oscurità…ma in questo momento mi sembra solamente una gabbia paurosa, piena di insidie e pericoli…
 
 
“Kat…avanti, apri gli occhi…” mi ordina la voce che avevo sentito poco prima.
 
Non ci riesco…io…ho paura…” rispondo facendomi piccola piccola, appoggiando la testa sulle ginocchia, respirando profondamente, calmandomi un poco.
 
“Non ne devi avere. Ci sono io, con te…” mi rassicura ancora, cominciando a sentire la sua presenza vicino a me.
 
Sei famigliare, ma io non riesco a ricordarmi di te! Se apro gli occhi ci sarà solamente altra oscurità…” sussurro terrorizzata.
Sento la gola secca e il cuore battermi all’impazzata, tanto che mi viene da pensare che potrebbe uscire dalla cassa toracica da un momento all’altro.
 
“Ti ricordi quando ti buttavo addosso le uova in pieno luglio urlando che era Halloween?”
 
 
...“Felice Halloween, mocciosi!” urlò un uomo dai capelli rossi, gettando uova sulla testa di due ragazzini.
“Shanks. Per l’ennesima volta: non è Halloween! Siamo in pieno luglio!!!” s’inalberò una ragazzina, sbuffando in continuazione.
“Che cazzo dici??? Oggi è il trentuno!!!” si difese Shanks, offeso nell’animo.
“A dire il vero è il diciannove luglio!”
“Sul serio?”
“Sì.”
“…Ah…”…
 

 
“Shanks! Non riuscirò mai a fare una capriola mentre salto!” si lagnò una bambina sui dieci anni, sbattendo i piedini in un moto di stizza.
“Ma smettila di dir cavolate! Ammettilo: hai paura!” la stuzzicò il ragazzo, tirandole una guancia fino a farla diventare rossa.
“Ahia! Mi fai male!” piagnucolò lei, tenendosi la parte dolente.
Shanks sospirò con fare sconsolato, battendosi una mano sulla fronte, esasperato da tutta quella situazione.
“Lasciamo perdere! Hai già fatto abbastanza, per oggi. Andiamo a far merenda” esordì prendendo la bambina in braccio come una principessa, facendola ridere di gusto…
 
 
Quei ricordi baluginano nella mia mente come un film, facendomi sentire sollevata per la sua sola presenza.
Non riesco a capire come abbia fatto a dimenticarmi anche se solo per pochi attimi dei suoi capelli rossi cremisi e dei suoi occhi color pece.
Come ho potuto dimenticare il suo profumo di colonia così buono e intenso da far girare la testa?
Come ho potuto dimenticarmi del suo carattere sbruffone e dolce?
 
Riapro gli occhi lentamente, alzando il mio viso verso di lui, scontrandomi con lo sguardo con i lineamenti del suo volto.
 
“Ehi, piccola. Tutto ok?” domanda accarezzandomi i capelli con delicatezza, regalandomi un sorriso in grado di far sciogliere ogni mia paura.
“Shanks…” sussurro il suo nome, assaggiando il “sapore” nel pronunciare le singole lettere che lo compongono.
 
Di scatto, mi avvolge in un abbraccio caloroso, stringendomi le spalle con fare protettivo con l’unico braccio che gli rimane.
Nascondo la mia testa nell’incavo del suo collo, sentendo il battito del mio cuore farsi regolare.
 
“Va tutto bene”- sussurra continuando le sue carezze, baciandomi qualche volta il capo- “Sei al sicuro”
“Ho paura, Shanks…quel-quel mostro…prova odio…è triste…mi dispiace per…per…è colpa mia…” gli dico, digrignando i denti con forza fino a farmi male.
“Non è vero. Noi ti aiuteremo. Anche Ace lo farà!” esclama staccandosi da me, guardandomi a fondo negli occhi.
 
Rivolgo il mio sguardo verso il serial killer, notando la sua figura rilassata appoggiata al muro con le braccia incrociate al suo petto muscoloso, coperto da un t-shirt nera attillata.
Alcune ciocche di capelli gli ricadono davanti al viso, nascondendogli parte del volto, persino gli occhi.
Vorrei sapere a cosa sta pensando…
 
Se lo uccidessi? Ci rimarresti male?
 
Domanda il mostro che è dentro di me, indicandolo con l’indice della mano.
Gli ringhio contro, facendola ridere di gusto, innervosendomi ancor di più.
Mi alzo dalla mia posizione, lasciando basito Shanks, e mi avvicino velocemente all’altra parte di me, seduta comodamente su una specie di poltrona bianca in mezzo alla stanza.
Le giro intorno come farebbe un lupo con la sua preda prima di attaccarla e scopro i denti, continuando ad emettere ringhi.
 
Perché tieni tanto alla vita di questo ragazzo? Perché?
E’ solo un semplice…patetico… essere umano!
 
Sbotta irritata, per poi ghignare amaramente.
 
“Perché?” le domando all’improvviso, facendola sobbalzare.
Mi guarda smarrita, come in cerca di spiegazioni.
“Perché provi odio verso tutti? Odi pure me?” le chiedo ancora, assottigliando lo sguardo, squadrandola da capo a piedi.
 
Non ti odio, ma ti reputo debole, in un certo senso… provi troppi sentimenti! Lasciati andare e vedrai che sarà divertente!
 
Risponde ridendo sguaiatamente.
Un brivido mi percorre la spina dorsale.
Ho paura, ma al contempo sono curiosa.
È sbagliato, lo so.
Voler provare ad uccidere le persone è sbagliato.
Ma sembra così allettante l’idea… quasi fosse una droga di cui non puoi farne a meno.
Privare chiunque ti sbarri la strada della vita, sporcarti le mani di quel liquido color cremisi…
In questo momento mi considero una sciocca, una stupida per i miei pensieri perversi e poco umani, ma non posso fare a meno di essere impaziente come un bambino quando vuole ricevere a tutti i costi i regali di Natale.
 
“Com’è uccidere?” le chiedo, mordendomi subito dopo la lingua per il mio tono troppo curioso.
 
Mi guarda con i suoi occhi color del sangue, sorridendo melliflua per poi rispondere:
 
Chiedilo a lui…
 
Seguo la direzione che mi ha indicato con un lieve cenno del capo e incontro lo sguardo apatico di Ace.
Non sembra turbato dalla domanda che ho posto…anzi, sembra piuttosto…annoiato…
Che sia questa la risposta?
Rende le persone prive di qualsiasi emozione e le fa diventare false?
Sinceramente…non riesco a capirci più nulla.
Devo pensare lontano da tutto e da tutti.
Voglio stare completamente da sola, libera da questa maledetta camicia di forza e da queste pareti bianche come il latte.
 
“Non provi niente. Un bel niente. Io non provo più emozioni” risponde seccamente e sta per andarsene fuori da quella porta.
Prima era amichevole, ora mi tratta freddamente.
 
Forse sono io, il mostro, non quella Cosa che vive dentro di me.
Sono un essere insignificante, che non merita nulla da nessuno.
Nessuno mi vuole bene…forse… nessuno me ne ha mai voluto…
 
“Aspetta!” lo fermo, pentendomi subito della mia decisione.
Chi mi dice che accetterà la mia richiesta?
 
Si volta verso di me, intimandomi con lo sguardo di andare avanti con il mio discorso.
“V-Voglio uscire…per favore…” dico con un fil di voce, abbassando i miei occhi verso il pavimento, vergognandomi.
 
“Law” afferma solamente, guardandolo con intesa.
 
Trafalgar entra dentro alla stanza e mi slega, mentre Ace si allontana con passo svogliato, seguito da Shanks.
Li guardo e nemmeno ascolto quello che l’amico del killer mi dice.
Corro fuori dalla stanza e mi guardo in giro, notando una scalinata che porta al piano superiore, illuminato da una luce grigia e spenta.
 
Mi avvicino al quel punto di riferimento, riconoscendo il corridoio della casa di Ace.
Dalle finestre riesco a scorgere il cielo nuvoloso, “minacciando” di piovere.
Cammino spedita verso l’entrata e apro la porta ma vengo fermata dalla voce di Trafalgar:
 
“Devi restare qui” ordina in tono perentorio, facendomi innervosire un poco.
 
Ancora una volta, non do retta alle sue parole e mi avvio verso l’esterno…
 
Il paesaggio a me circostante mi fa mancare il respiro.
Alla mia destra c’è una strada sterrata che si congiunge con lo spiazzo ricoperto d’asfalto davanti a casa, mentre sulla mia sinistra c’è un grandissimo campo, ricoperto da erba fine e fiori di svariati tipi: dalla camomilla ad alcuni girasoli, fino a raggiungere un bosco di abeti e altri alberi.
 
Carino il bosco… che aspetti? Hai sempre voluto andarci, no?
 
M’incita l’altra parte di me, risvegliandomi dall’incanto di quel paesaggio…
Senza nemmeno pensarci, comincio ad avviarmi verso la mia meta predisposta, scoprendomi alcuni attimi dopo a correre come una forsennata, non curante delle gocce di pioggia che hanno cominciato a cadere…
 
Appena mi addentro nel bosco, l’odore pungente caratteristico dei boschi m’invade le narici, sentendo un senso di libertà e serenità ritrovata.
Proseguo il mio cammino, calpestando le foglie cadute che, sotto ai miei passi, scricchiolano piacevolmente.
Schivo gli alberi che incontro con innata naturalezza, mentre i loro rami più lunghi e insidiosi, graffiano la pelle del mio viso.
Il suono dell’acqua che scorre richiama la mia attenzione, facendomi voltare a destra, da dove proviene la fonte.
Man mano che avanzo, la terra “sparisce” lasciando spazio a rocce di varie dimensioni.
Mi ostacolano, qualche volta mi fanno incespicare e quasi cadere a terra, ma non ci bado, presa totalmente da questo posto magnifico e silenzioso…
Più avanti scorgo l’acqua del torrente, limpida e pura.
Piccoli pesci sguazzano allegramente, qualche volta compiendo un piccolo salto fuori dall’acqua.
 
Mi siedo su una roccia abbastanza grande e comoda e rimango a guardare quello spettacolo per non so quanto tempo.
La pioggia si fa sempre più fitta e pungente, tanto da provocare un rumore abbastanza forte da coprire ogni altro suono.
 
All’improvviso, sento qualcosa di caldo soffiare sulla mia schiena oramai bagnata e con la maglietta appiccicata ad essa, facendomi irritare un poco.
Mi sto per voltare, ma un ringhio cagnesco mi fa fermare bruscamente.
Deglutisco un bolo di saliva a vuoto, sentendo il vuoto totale dentro di me.
Tento di calmarmi, facendo vari respiri, ma la cosa non funziona e, come se non bastasse, la creatura dietro di me si è messa a ringhiare ancor più forte di prima.
Non posso muovermi, altrimenti mi attaccherà… ma come diavolo mi è saltato in mente di andare vicino ad un torrente?!? È logico che i predatori verranno qui per abbeverarsi e per…cacciare, no?!?
 
Tsk! Ti serve aiuto?
 
Mi domanda l’altra parte di me, sorridendo con fare ironico e strafottente, regalandomi un’occhiata superficiale.
“Fottiti!” le sibilo contro.
 
Un ringhio più forte degli altri mi giunge alle orecchie, come intimazione di stare zitta e ferma.
 

 
Col cazzo!
 
Mi giro di scatto e scorgo la figura del lupo più grande che abbia mai visto.
È grande come due cani di grossa taglia messi insieme…
Indietreggio bruscamente, cadendo inevitabilmente nella acqua abbastanza bassa del torrente, facendomi male al fondoschiena, ma non ci bado, occupata a boccheggiare come una scema.
Il mio respiro si fa irregolare, mentre il mio cuore comincia a battere più forte.
Un’onda di paura mi sovrasta l’animo, mandandomi nel panico più totale.
Ho talmente paura da non riuscire ad urlare o a muovermi.
 
Il lupo si avvicina a me, noncurante dell’acqua che gli bagna parte delle zampe.
Il suo pelo è bianco e grondante gocce di pioggia, tanto che sembra “brillare” di luce propria.
I suoi occhi sono di colore grigio chiaro e sono pieni di odio.
Il muso è contratto in una smorfia di rabbia, mostrando i suoi denti acuminati e bianchi e parte delle gengive.
Delle “rughe” alle parti del naso rendono il suo viso ancor più terrificante e imponente.
 
Mio nonno mi ha sempre raccontato che i lupi non sono cattivi e che siamo noi, esseri umani, che li provochiamo e li attacchiamo, inoltrandoci nel loro territorio che li spetta di diritto e uccidendo i loro piccoli.
E io, come una stupida, sono finita nel suo territorio…
 
“Non voglio farti del male” dico indietreggiando ancora, graffiandomi le mani con le punte delle rocce sommerse dall’acqua.
In risposta, lui abbassa ancor più le orecchie e assottiglia lo sguardo, emettendo un ringhio.
Abbassa il suo corpo, pronto ad attaccarmi e, istintivamente, mi chiudo a riccio, aspettando il peggio, che però sembra non arrivare…
 
Alzo la testa di un poco, guardando il lupo fissarmi con espressione diffidente.
Si avvicina a me, per poi cominciare a girarmi in torno due o tre volte, sfiorando il suo pelo e la sua coda bagnati contro i miei arti e la mia schiena.
Mi annusa il volto, solleticandomi con il suo fiato caldo e il suo odore complesso: sa di bosco, acqua e anche di sangue…
 
Dopo quel “controllo” da parte sua, indietreggia di alcuni passi, per poi girarsi e andarsene via correndo.
Quando riesco a malapena a vederlo, si volta verso di me e volgendo il muso al cielo, ulula con potenza, facendomi smettere di respirare per alcuni secondi e se ne va definitivamente…
 
Rimango imbambolata per non so quanto tempo, ancora lievemente terrorizzata dal quell’incontro un po’…strano…
 
Solamente l’acqua gelida del torrente mi risveglia dal mio stato catatonico, sentendo il freddo penetrarmi perfino le ossa.
Mi alzo con non poca fatica e infreddolita come non mai, ripercorro la via del ritorno, tremante e scossa dagli eventi appena accaduti…




Angolo di Alyce: Buona Domenica a tutti!
Ehhhh! Se ne vedono di cotte! Ma anche di crude!!!
Kat che prima è attraversata da furia omicida e che detesta gli abbracci e poi ci rimane male perché Ace la tratta in modo freddo dopo essere tornata in sè.
Deciditi cara u.u
Non pensate che Ace sia attratto verso il Mostriciattolo (lo chiamo così perchè è...puccio. Il Mostriciattolo di Kat! Suona bene, no?), non è così!
C'è ben altro sotto, fufufufufufufu! (adoro ridere come Dofla. E' estremamente e dannatamente divertente e malefico!) xD
Giusto! Abbiamo Doflamingo in questo capitolo! Sottoforma di...allucinazione, ma c'è!
Giuro che odio Dofla con tutto il cuore, ma mi sto affezionando a lui, dannanzione!!!!
Cioè...è sexy! :Q__________________________
Ok, torno in me!
Abbiamo anche Shanks! Come avete visto, Kat torna in sè grazie a lui.
Per questo Shanks è una figura importante nella storia.
E dopo c'è anche il lupo bianco! No, veramente, io lo adoro!!!!!!
Chissene fotte se è come due taglie grosse di due cani! E' puccio lo stesso *^* *^*
E poi, sono fissata co sti lupi xD
Ascolto canzoni d'indiani d'america, guardo un casino di immagini coi lupi. Voglio un lupo come animale da compagnia...vita fatta di lupi, insomma xD

Questo è il link con il lupo bianco: http://it.tinypic.com/r/70dhrk/8

Immaginatevi di avere lui davanti, molto più grande e molto più diffidente e "ringhioso" xD

Ci si vede al prossimo capitolo!
Ciao e un strasuperbacione a tutti!
Alyce :))))))))))))))))))))))))))



P.S. Ace non sta sotto gli ordini dell'FBI.
Diciamo che l'FBI lo "sfrutta", ma questo legame si capirà nei prossimi capitoli, tranquilli ;)

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Capitolo 15
*** 12- I Tre Direttori ***


12° capitolo: I Tre Direttori

 
 
“Ace. Non è pericolosa. È colpa di quella…Cosa che ha dentro di lei” afferma sicuro Shanks, facendomi voltare verso la sua figura, ricevendo in cambio un’occhiata perplessa.
“Shanks. Dobbiamo trovare il modo di farle andare d’accordo” dico noncurante del suo commento di pochi secondi fa, incrociando le braccia al petto.
Se vogliamo sconfiggere Mihawk e il resto della sua banda di psicopatici, Kat, ci è estremamente d’aiuto.
Potrebbe essere l’unica “arma” per poterli fermare…
“Lei non è un’assassina, Ace!” sbotta il rosso visibilmente innervosito, stringendo la mano del suo unico arto in un pugno talmente forte da far sbiancare le nocche.
“Allora dimmi: hai altre idee, Shanks?” gli domando alzando il tono di voce, ringhiando un poco per la frustrazione.
 
Nemmeno a me piace tutta questa situazione, cosa crede?!?
A causa degli esperimenti che hanno eseguito su quella ragazza, tante persone sono morte.
E chissà…forse Kat non è stata l’unica cavia…
Prima l’ho trattata freddamente, senza motivo.
La sua domanda mi aveva fatto quasi ridere: Com’è uccidere?
L’aveva posta con tale spensieratezza e ingenuità che quasi credevo che il “Mostro”, come afferma lei, si fosse rimpossessato del suo corpo forte e fragile al contempo.
 
“No. Non ne ho. Ma non voglio che diventi una sociopatica con tendenze omicida e chi lo sa…anche suicida” mi risveglia dai miei pensieril’uomo, sussurrando quella frase con rabbia crescente.
“Cosa c’è tra voi due?” gli chiedo a bruciapelo, facendolo sobbalzare dalla sorpresa.
Boccheggia un poco, non sapendo cosa rispondere, mentre le sue guance si tingono di un lieve rossore.
“Beh…ecco…”- balbetta insicuro, sospirando pesantemente- “Siamo amici”.
 
Lo guardo con occhi pieni di scetticismo, non credendo minimamente ad una parola che mi ha rivolto.
“Strana amicizia…”- ribatto abbassando il capo, ghignando un poco- “Un uccellino mi ha detto che vi siete pure baciati come una coppia di fidanzatini”.
Deglutisce due volte, grattandosi la nuca con imbarazzo, per poi tornare serio di un colpo:
“Chi te lo ha detto?!?” chiede isterico, mentre il suo viso si fa rosso di rabbia.
“Te l’ho già detto: un uccellino!” gli rispondo con falsa ingenuità, facendo finta di non capire le sue parole.
Sta per dire qualcosa, ma viene fermato dall’entrata in scena dell’“oggetto” dei nostri pensieri, accompagnata da un Law piuttosto irritato.
 
Kat è bagnata come un pulcino: le goccioline cadono imperterrite dai suoi capelli e dai suoi vestiti verso il parquet di legno chiaro, il respiro affannato, gli occhi pieni di un sentimento che non riesco a definire.
Sembra quasi che abbia paura, ma al contempo è curiosa di sapere.
Mormora qualcosa di incomprensibile, rivolgendosi a me.
 
Law sospira pesantemente, mettendosi le mani in tasca:
“E’ stata nel bosco. Dice di aver visto un lupo” dice con tono disinteressato.
Assumo un’espressione confusa, guardando Kat con una nota di diffidenza.
 
“Non era…un…semplice lupo…”- lo corregge la moretta, noncurante degli sguardi piuttosto incazzati di Trafalgar. Molto probabilmente lui non le avrà dato il consenso di uscire, ma lei non lo ha ascoltato- “Era…grande…e bianco! Grande e bianco!”
 
Alle sue ultime parole mi rabbuio, ricordando la figura del lupo di cui ha appena parlato.
Il lupo che aveva ucciso Sabo…è ancora vivo…
 
“Ti proibisco di andare nel bosco” dico atono, dirigendomi verso la cucina per bere un goccio di whiskey.
“Cosa?!? E perché, scusa?!? Non è successo nulla di grave!!!” sbotta Kat sorpresa, seguendomi, mentre posso sentire il suo sguardo arrabbiato e deluso puntato sulla mia schiena.
“Non me ne frega un cazzo. Tu. Non. Andrai. Nel. Bosco. Sono stato chiaro?” le chiedo non lasciando trasparire nessuna emozione dal mio viso.
Tentenna un po’, sgranando i suoi occhi azzurri con quelle piccole sfumature di rosso carminio, che rendono il suo viso misterioso…
“Ma perché?” domanda ancora, mordicchiandosi il labbro inferiore con crescente nervosismo…quasi come stesse per piangere…
“Perché il mio è un ordine” le rispondo tagliente, facendola sobbalzare dalla sorpresa.
 
Abbassa lo sguardo verso terra, scuotendo a scatti la sua testa, come a cacciare qualcosa di fastidioso.
Emette un ringhio sommesso, per poi diventare sempre più forte, come quello di un cane rabbioso che vuole attaccare.
 
Non prendo ordini da te!” sussurra alzando il suo sguardo su di  me, mostrando i suoi occhi cambiare colore.
“Invece sì” ribatto proseguendo per la mia strada.
 
Ho in mente un piano e se funziona, avremo trovato una soluzione ai nostri problemi.
Devo solamente cercare di farle “arrivare” ad un unico punto di riferimento.
Devono unire le loro forze.
 
Stai esagerando, Ace…ti consiglio vivamente di non farmi incazzare. Sai, anche la piccola ed ingenua Kat si sta arrabbiando…” commenta divertita, facendomi ghignare a mia volta.
“Oh, Bene!”- esclamo attirando la curiosità del “Mostro”/ Kat e di tutti i presenti- “Vedo che avete trovato uno scopo comune…dovreste “allearvi” per battermi, giusto? Allora io vi faccio una proposta: perché non mettete insieme le vostre capacità per togliere di mezzo una volta per tutte quei figli di puttana che vi hanno sfruttato fino adesso?”
 
Un pesante silenzio si è fatto largo tra di noi.
Solo i nostri respiri smorzati diminuiscono di un poco la tensione.
Lei, invece, continua a guardarmi con i suoi occhi color sangue.
Il suo viso non fa trasparire alcuna emozione, facendomi diventare nervoso e teso come una corda di violino.
Volta la testa di scatto verso la sua sinistra, scoprendo parte dei denti, cominciando a ringhiare…
 
No…voglio cavarmela da sola! Mettitelo bene in testa, ragazzina!” sbotta furiosa, stringendo le mani in pugni.
 
“Non sfrutteresti al massimo il tuo potenziale”- dico sicuro, attirando la sua attenzione- “Prova a pensarci! La tua forza unita all’intelligenza dell’altra parte di te! Raziocinio e voglia di spaccare il mondo intero! È un’arma a doppio taglio, Kat!”
E io? Cosa ci guadagno?” domanda ghignando sarcasticamente, sorprendendomi un poco.
Che intende?
“Come, scusa?” chiedo come se non avessi sentito bene, come se fosse stato frutto della mia fervida immaginazione.
Ho chiesto: cosa ci guadagno! Io credo un bel niente!” mi risponde convinta, sbattendo un piede a terra, dimostrandosi realmente scocciata.
“Otterresti la tua vendetta” commenta Trafalgar, guadagnandosi un’occhiata scettica da parte della moretta.
Non mi fido. Chi mi dice che tutto quello che state dicendo non è menzogna?
“Io”- le risponde Shanks, intromettendosi nel discorso- “Hai la mia parola, Kat. Nessuno ti sta mentendo”.
Abbassa il capo, come soppesare la decisione, torturandosi qualche volta i lembi della maglietta bagnata, stropicciandola un poco.
 
D’accordo…ma vi avverto: se succede qualcosa…non risponderò più del mio controllo” dice con tono semi minaccioso, alzando il suo sguardo e puntandolo verso di me.
 
Sobbalzo dalla sorpresa, mormorando un “Oh”  per il suo cambiamento.
Il colore dell’iride dell’occhio destro è cambiato, diventando azzurro intenso, mentre l’altro è rimasto rosso acceso.
 
Mi riprendo dallo stato catatonico in cui ero caduto e ghigno divertito, incrociando successivamente le braccia al petto:
“Law! Fai una visita medica a Kat e poi va’ a svegliare Rufy. Voglio che sia tutto pronto per le dieci e trenta di stasera”- ordino al mio amico, cominciando a dirigermi verso la mia camera, per poi fermarmi- “Ah, Kat! Dopo la visita vai a farti la doccia. Ti porterò i vestiti che ti occorrono”.
Sta per ribattere, ma Trafalgar non le lascia il tempo, trascinandola con forza verso la sua stanza, accompagnato dalle minacce della ragazza…
 
Il resto del pomeriggio passa piuttosto tranquillamente, a parte Rufy, che non ha fatto altro che fare domande su domande, facendo sbuffare infastidito Law ogni tanto.
Shanks ed io, poi, siamo andati in città per comprare dei vestiti per Kat e Rufy per la serata.
Al locale in cui andremo, bisogna seguire certe “regole”, anche se so già che Kat si ribellerà…
 
 
“Hai fatto la doccia?” domando alla ragazzina, spaparanzata comodamente sul letto con addosso una maglietta molto grande a farle da pigiama.
“Sì” risponde atona passandosi una mano sulla fronte, come se fosse stanca.
“Bene! Ecco il tuo vestito!” esclamo lanciandole l’oggetto in questione, che le cade sopra le testa, coprendole il viso parzialmente.
 
Con un gesto meccanico si libera dal vestitino in pelle che le ho comprato…anche se vestito proprio non è…
 
“Sacri Spiriti! Che è sta roba?!?” domanda scandalizzata, girandosi tra le mani più e più volte l’abito.
“E’ quello che indosserai stasera!” esclamo tranquillo, guardandola nei suoi occhi di diverso colore.
“Sti’ cazzi! Non indosserò mai una boiata del genere! Ma sei cieco o cosa?!? Tanto vale che vada in giro nuda!” mi ringhia contro, per poi alzarsi di scatto dal letto e avvicinarsi a me, restituendomi il vestito.
Immaginavo che avrebbe reagito male, ma non così tanto!
Io non ci vedo niente di male!
D’accordo: è molto corto, è di pelle e molto provocante, ma è carino!
Non è brutto!
Non le capirò mai le donne! Si fanno seghe mentali per cose futili!
E sono stato anche gentile, considerando il fatto che le ho comprato anche dei sandali a tacco alto per l’occasione!
 
“Sì, potresti farlo. Però devi avere un minimo di decenza, ti pare?” osservo ghignando sommessamente, facendo arrabbiare ancor di più.
“Io NON metto quell’affare! SCORDATELO!!!” grida girandosi di spalle e ritornando a sedere sul letto.
“Non fare la bambina piccola! DEVI metterlo!” sbotto alterandomi un poco, raggiungendola in poche falcate.
“Cosa?!? Tu non mi dai ordini, chiaro?!? Già sono stata tollerante per il fatto che tu mi abbia detto, oh, pardon! Ordinato di farmi la doccia! Figuriamoci se mi metto quella cosetta striminzita addosso!” ribatte testardamente, facendomi salire la rabbia.
“Non abbiamo tutta la serata, sai? O ti vesti di tua spontanea volontà o ti vesto io!” la minaccio con tono serio, facendola sobbalzare dallo spavento.
Si copre ancor di più le belle gambe con la maglietta lunga, arrossendo vistosamente.
“No…io non farò un bel niente…” mormora con tono insicuro, deglutendo impaurita.
“Ultimo avvertimento: o tu, o io!” dico dandole un’ultima chance.
“N-No!” balbetta cominciando ad indietreggiare sul letto.
“D’accordo! L’hai voluta tu”.
 
Dopo essere scappata in giro per la camera un bel po’ di volte, sono riuscito ad acchiapparla, bloccandole le braccia dietro la schiena.
Da lì, è cominciata la tortura: ha iniziato ad urlare come un’ossessa, minacciandomi di Morte certa più volte, tentando anche di mordermi.
E purtroppo, la faccenda, non è ancora finita…
 
“La vuoi piantare di dimenarti come un’anguilla?!?” domando irritato, sbattendola a terra con un colpo secco, liberandole inavvertitamente un arto.
Stringo l’altro braccio un po’ più forte per non farla scappare, mentre lei cerca di scacciarmi via con le gambe, prendendo come appiglio il tappeto verde acqua che ricopre il pavimento, arrancando il più lontano possibile da me.
“Kat, piantala!” sbotto adirato, tirandola letteralmente indietro, facendola urlare ancor di più.
“Smettila, ho detto!” ripeto digrignando i denti con forza.
Appoggia la testa sul tappeto, mentre i suoi capelli sciolti si sparpagliano un po’ovunque.
Si calma un poco, tentando di liberarsi stancamente più per orgoglio che per altro.
“Non voglio!” sbotta con voce stridula, come farebbero i bambini piccoli per difendersi  da qualcosa che non hanno commesso.
“Allora ti fai venire la voglia, ok?!?”
“Ma perché?!?” ribatte guardandomi di sottecchi, facendomi sbuffare e alzare gli occhi al cielo.
“Perché sì!” le rispondo senza tanti giri di parole, per poi alzarmi e prenderla in braccio scompostamente, mentre lei si agita, cercando più volte di colpirmi il viso con le sue mani, senza successo.
 
La sbatto senza delicatezza sul letto, per poi mettermi a cavalcioni su di lei, in modo tale da non farla scappare un'altra volta.
Prendo i lembi della sua maglietta e gliela faccio togliere con la forza, mentre lei mastica imprecazioni a non finire contro il sottoscritto, dandomi ripetutamente del “pezzo di merda” e della “testa di cazzo incallita”.
“Ma come siamo sboccate!” esclamo ghignando vittorioso, gettando in un punto indefinito della stanza l’indumento che la copriva poco prima, lasciandola solamente in intimo.
“Ma sta’ zitto!” sbotta, voltando il viso da un’altra parte, tentando di nascondere il rossore per l’imbarazzo.
“Sei peggio di una mocciosa piagnucolona!”- commento divertito, facendola ringhiare dalla rabbia- “Ora devi toglierti il reggiseno…”
“Woah! Aspetta un attimo! Hai detto veramente quello che ho sentito?!?”
“Assolutamente sì, se ti riferivi al reggiseno!”
“Ma che pervertito! Col cazzo che mi tolgo il reggiseno! No, no, no e poi no!!!”
“Oh, ma smettila! Di sicuro non sei la prima ragazza a cui vedo le tette!” sbotto spazientito, incrociando le braccia al petto in un moto di stizza.
Lei si copre il petto con le braccia, neanche le avessi già tolto l’indumento in questione, regalandomi un’occhiataccia.
“Ma non me ne frega un emerito cazzo! Io sono io!” ribatte convinta, indietreggiando con il busto.
“Uffa! Voglio farti una domanda: ma quando farai sesso con qualcuno dirai di non toglierti nulla perché tu sei tu?!?” le chiedo di rimando, lasciandola sgomenta.
Credo di essere stato un po’troppo brusco…
“No, certo che no!” risponde titubante, mentre un brivido le scuote lievemente il corpo.
“E allora? Dove sta il problema?” domando prendendole il mento tra due dita, costringendola a guardami.
Boccheggia un poco, per poi sospirare sconfitta.
“Va bene, va bene! Mi vestirò da sola!”- esclama prendendo controvoglia il vestito appoggiato sul materasso, mentre io la guardo con scetticismo, facendola sbuffare- “Non scapperò, d’accordo??? Ora puoi andare!”.
“Ti aspetto fuori” l’avverto alzandomi da lei, per poi andare fuori dalla sua stanza e chiudermi la porta alle spalle, appoggiandomici contro.
 
“E’ stato difficile?” domanda Trafalgar, raggiugendomi, accompagnato da un Rufy già vestito per la serata.
La giacca di jeans smanicata aperta sul davanti lascia trasparire il suo accenno di muscoli, mentre i suoi pantaloni di pelle nera gli risaltano le gambe, accompagnati rigorosamente da All Stars nere.
“Difficile? E’ stata un’impresa!” sussurro per non farmi sentire da Kat, scompigliandomi i capelli con fare stanco.
“Ace…i pantaloni sono scomodi!” esclama Rufy indicando l’oggetto della sua critica, facendo sbuffare Law per l’ennesima volta.
“Sei proprio un testone, Rufy! E’ una tua impressione, ok?” lo rimprovera il mio amico, facendogli gonfiare le guance come un bambino.
“Ma…”
“Niente ma, Rufy! Vado a prepararmi pure io. Siamo in ritardo!” afferma deciso Trafalgar, cominciando ad allontanarsi da noi, ma fermo la sua corsa:
“Shanks?”
“Ci sta aspettando fuori” risponde atono, per poi andarsene.
Sarà una serata movimentata…
 
Dopo dieci minuti  buoni, la principessa si degna ad uscire dalla camera, rossa in volto come un peperone.
Esclamo un “finalmente!” per la buona riuscita dell’opera, per poi rimanere leggermente a bocca aperta dalla sorpresa.
La fascia di pelle nera cosparsa qua e là di brillantini di vario colore le risaltano il seno, mentre una fascia obliqua che “collega” il pezzo sopra e la minigonna le attraversa il ventre.
La gonna molto corta (anche essa di pelle) lascia scoperte le sue gambe bronzee, facendomi deglutire a vuoto.
Volto lo sguardo da un’altra parte, per poi prendere la scatola con dentro i sandali, appoggiata su un mobiletto lì vicino.
 
“Mettiteli. E niente storie, mi raccomando” l’ammonisco porgendole la scatola, per poi andarmene verso la mia stanza per cambiarmi…
 
Mi vesto in fretta e furia, tanto che quasi mi dimentico la pistola e il coltello che porto quasi sempre con me e poi esco, pronto per raggiungere gli altri.
 
Sono già tutti in macchina, fortunatamente, anche se Law da segni di essere piuttosto scocciato, dato che si trova tra Rufy e Kat.
 
Il viaggio è piuttosto silenzioso, a parte qualche frase di discorso tra me e Shanks e qualche lamentela da parte di Rufy e sbuffi da Trafalgar e Kat, anche se per motivi ben diversi…
 
“Vi avverto: non combinate guai. Di nessun genere” dico con tono deciso, una volta arrivati alla nostra meta: il locale Amazon Lily.
 
Non sono venuto qui, assieme agli altri, per divertirmi.
Ci sono tre persone, i Direttori del locale, che sono in debito con me e mi serve il loro aiuto.
Volenti o nolenti, saranno costretti ad accettare.
 
“Uhm…perché?” domanda Kat con tono diffidente, risvegliandomi dai miei pensieri.
“Ragazzina, ti poni un po’troppi “perché” per i miei gusti” le rispondo di rimando, facendola ringhiare sommessamente.
Le rivolgo un ghigno provocatorio, per poi scendere dall’auto e dirigermi verso l’entrata del locale, seguito a ruota dagli altri.
 
Musica Electro House invade il locale e il luogo circostante ad esso con il suo ritmo incessante, tanto da far sembrare che il mio cuore si sia messo a battere con il ritmo della musica.
Luci variopinte e una leggera nebbiolina artificiale dall’odore dolciastro fanno da protagonisti, stordendomi un poco.
Ammassi di persone continuano a ballare senza un domani, appiccicati tra loro, tutti con un drink superalcolico in mano.
Sento la voce di Kat dire qualcosa, ma mi giunge ovattata.
Mi avvicino a lei per poi gridare:
“Hai detto qualcosa?”
“Perché siamo qui? Tutto sto casino è…soffocante!” mi urla di rimando, per poi venire spinta contro di me, a causa del passaggio di un energumeno dai capelli biondi.
Kat si volta di scatto, quasi a dargli contro, ma l’uomo si è già allontanato tra la folla, sorprendendola un poco.
 
“Ascolta! Vai assieme a Rufy a bere qualcosa al bancone! Io e Shanks dobbiamo andare in un posto!” le dico vicino all’orecchio, inebriandomi del profumo dei suoi capelli.
Lei annuisce, poco convinta, e poi si allontana assieme a Rufy verso il bancone.
 
Faccio segno al rosso di seguirmi e, facendoci largo tra la folla, raggiungiamo una scalinata in vetro, illuminata ai lati da luci tendenti sul rosa violetto chiaro.
Alcuni gruppi di ragazze vestite con bikini striminziti ci offrono da bere, augurando di divertirci.
Non accettiamo nulla e proseguiamo per la nostra strada, lasciando visibilmente sorprese le ragazze.
Siamo quasi giunti alla fine della scalinata, ma due energumeni vestiti di nero, si frappongono tra noi due, chiedendoci cosa vogliamo…
 
“Amico di vecchia data”- rispondo ghignando sommessamente- “I Direttori hanno un debito con il sottoscritto”.
I due paiono scettici, ma chiedono con un gesto del capo verso una zona oscurata del piano superiore, ricevendo infine l’ordine:
“Fateli passare”.
 
Si scostano, lasciando libero l’accesso e senza esitare, ci dirigiamo verso di loro.
 
Una corposa nuvoletta di fumo danza nell’aria,  avvolgendo con il suo aroma tutti i presenti…
 
“Qual buon vento ti porta qui, Portgas D. Ace?” domanda l’uomo che poco prima aveva dato l’ordine.
“Sono qui per affari, Signori miei” gli rispondo con tono beffardo, mentre due canne di pistola spuntano al mio fianco, per poi sentirmele puntate contro la tempia.
 
Shanks, con scatto fulmineo, tira fuori la sua pistola, mirando verso il mio assalitore:
“Abbassa le armi, potresti farti male” minaccia lui in tono tranquillo, caricando l’arma.
 
“Oh, calma, pasticcini! Non mi sembra il caso di litigare! Tu che ne pensi, Hancock-girl?” domanda un’altra voce con tono divertito, facendo ridere colei che ha chiamato in causa.
“Iva ha ragione! Crocodile, di alla tua sottoposta di abbassare le sue carissime Beretta 92. Non le è bastata la batosta di tre anni fa?” domanda Hancock, accavallando sensualmente le gambe, mostrando le sue scarpe a tacco alto laccate di rosso acceso.
“Revy…” dice l’uomo in tono annoiato, aspirando una boccata di fumo dal suo sigaro.
“Tsk! Maledetto stronzo!” borbotta la ragazza in risposta, abbassando le pistole.
 
Ghigno divertito, evitando di commentare, al fine di non farla innervosire ulteriormente.
So bene quanto quella ragazza sia una testa calda con una soglia della pazienza pari a zero.
Meglio non provocare danni, anche se so che la vittoria sarebbe mia, modestia a parte.
Quella mocciosa si crede tanto grande, ma ha ancora tanto da imparare.
 
Iva fa cenno a me ed a Shanks di sederci sul divanetto posto difronte a loro, mentre due ragazze servono da bere sul tavolino di cristallo in mezzo.
 
“Forza, Ace! Parla! Cosa vuoi da noi?” domanda Hancock sbrigativa accendendosi con eleganza una sigaretta, per poi portarsela alle labbra carnose, aspirandone il fumo.
“Credo che abbiate sentito parlare della figlia di Mihawk… Kat…” comincio, facendo ghignare divertito Crocodile.
Iva nasconde un risolino sprezzante, bevendo un sorso del suo drink alla frutta.
“E chi non la conosce? Almeno tutti i gangsters d’America, l’hanno vista una volta o sentita nominare! Ma che c’entra, con quello che ci vuoi chiedere?” domanda Crocodile incrociando le braccia al petto con fare serio.
Revy, nel frattempo, si è messa dietro di noi, cominciando a lustrare con un pezzo di stoffa le sue amate pistole.
“Oh, c’entra eccome, dato che lei è un’arma…umana” gli rispondo sorridendo mestamente, aggiustandomi la giacca di pelle.
“Un’arma umana? Ace, ci stai prendendo per il culo, per caso?” domanda la ragazza dietro di noi, ridendo divertita.
“Non c’è molto da scherzare, dolcezza. Tu non l’hai vista!” la zittisce prontamente Shanks, facendola ringhiare furibonda.
“Uhm…dicci pasticcino…Kat-girl dov’è? Sono curiosa di conoscerla!” confessa Iva, ravvivandosi i capelli viola con le sue mani guantate.
“Calma, Iva. Non è ancora il momento…dobbiamo negoziare, prima…” dico ghignando malignamente, volgendo lo sguardo sulla figura sinuosa di Kat, seduta comodamente su uno degli sgabelli vicino al bancone, intenta a bere il suo cocktail.
 
Una creatura davvero straordinaria…
 





Angolo di Alyce: Buonaseraaaaaaaaaaaaa!!!!
Vi chiedo umilmente scusa per il mio ritardo, sul serio.
Solo che in questo periodo sono davvero molto occupata e vi do un avviso molto importante: non so quando aggiornerò.
Chiedo anticipatamente venia per il disagio.
Aggiorno appena potrò, lo prometto!
Passiamo al capitolo!
E' abbastanza discorsivo e abbastanza corto, ma diciamo che è di transizione.
Avrete anche notato che il nostro amatissimo Ace non da spazio alle emozioni: semplicemente, cerca di non pensarci.
I nostri carissimi direttori!!!!!
Vi sono piaciuti?!? Vi aspettavate di trovare Iva, Hancock e il figoso Mr. 0, nonchè Croco-boy?!?!?!?!?!?!?!??
Ma quanto lo adoro quando fuma il suo sigaro?????????????????????????? *^*
Per non parlare della sua sottoposta, che no, non è la cara Robin, ma Revy, di Black Lagoon!
La stimo! Soprattutto le sue carissime Beretta 92!
Non ho altro d'aggiungere!
Spero vi sia piaciuto!
Ciao e un strasuperbacione a tutti!
Alyce :)))))))))))))))))))))))))))))))

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Capitolo 16
*** 13- Affari di famiglia ***


13° capitolo: Affari di famiglia

 
 
Dire che questo posto non mi piace è un eufemismo.
Odio questa musica che pompa come se non ci fosse un domani, odio le persone accalcate tra loro intente a ballare, odio i miei vestiti ed odio Ace per avermi convinto di vestirmi così e di venire.
Certo. Non mi ha proprio convinto… ordinato è il termine giusto, secondo me.
Come se non bastasse, Rufy se n’è andato assieme ad una ragazza dai capelli rossicci in un posto più appartato.
Non che sia gelosa, ma io che faccio, ora?
Di ballare, non se ne parla neppure!
Non ne sono capace!
 
Che pappamolle!
 
Commenta ridacchiando l’altra parte di me, facendomi sbuffare per l’irritazione.
Da quando abbiamo stipulato l’accordo, ho voglia di spaccare il muso a tutti e di fare un mucchio di cazzate.
Possibile? A quanto pare sì.
 
Bevo un altro sorso del mio cocktail, sentendo l’alcolico “bruciarmi” la gola leggermente.
 
“Ehi, ragazzina. Non sei un po’troppo piccola per bere?” mi sento domandare da un ragazzo vicino a me.
Mi giro verso di lui e noto che è un tipo piuttosto bizzarro: capelli verdi e vestiti piuttosto trasandati.
Al fianco porta tre katane come se nulla fosse.
Chi diavolo è sto tipo?
 
“Scusa… ma tu chi sei?” gli chiedo ricominciando a guardare la gente che balla sulla pista.
Lui ridacchia leggermente, ordinando successivamente un boccale di birra:
“Roronoa Zoro” risponde tranquillo, facendomi sussultare dalla sorpresa.
Ho già sentito parlare di lui in passato: da quel che ne so è il miglior cacciatore di taglie in circolazione.
Mihawk lo odia, ma lo rispetta per la sua audacia e il suo lavoro svolto alla perfezione.
Si può quindi dire che la sua fama lo precede…
 
“Sei un tipo piuttosto famoso” osservo guardandolo di sottecchi, facendolo ghignare.
Beve la sua birra tutta d’un fiato, ordinandone un’altra:
“Tu non sei da meno, Kat Mihawk” ribatte prontamente.
Rimango a dir poco allibita, mentre l’altra parte di me si mette in allerta, guardando il nostro interlocutore con crescente diffidenza…
 
Come fa a conoscerci?
 
Domanda con una lieve nota di scetticismo.
Scuoto lievemente la testa, come a dirle che non ne ho la più pallida idea.
“E a cosa devo tutta questa celebrità? Non sono nessuno” affermo sicura, stringendo tra le mani il mio bicchiere di vetro, creando una venatura che parte dal fondo e che si protende verso il bordo.
Stacco immediatamente la presa, spaventata dalla forza dell’altra parte di me.
 
Ti ci abituerai, tranquilla.
 
Mi rassicura svogliatamente, facendomi alzare un sopracciglio dalla perplessità delle sue parole.
 
“Tsk! O sei una tipa modesta o non sai nulla sul tuo conto, mocciosa”- mi richiama all’attenzione Zoro. Ringhio sommessamente al suo “insulto” gratuito, ma il volume della musica mi copre. Già non riesco a capire come faccia a sentirlo abbastanza bene nonostante il casino…- “Non hanno ancora messo una taglia sulla tua testa, ma in questo periodo stanno decidendo se farti diventare una ricercata o di farti rimanere semplicemente un SAP”.
 
Ok. Che cazzo è un SAP?
 
Domanda il “Mostro” con sguardo stralunato, rischiando di farmi ridere come una scema.
Anche se è cattiva, è piuttosto buffa, quando vuole.
“Un…SAP?” chiedo in cerca di spiegazioni, che non tardano ad arrivare…
“Soggetto Altamente Pericoloso. L’FBI ti ha identificata così, non io”.
 
Sono un Soggetto Altamente Pericoloso…
Soggetto…
Altamente…
Pericoloso…
Sacri Spiriti, sono una fottutissima psicopatica che potrebbe avere istinti omicida da un momento all’altro, ora ne sono certa.
Cazzo.
 
Perché cazzo siamo venuti in questo posto pieno di persone di tutti i tipi?
Perché sono stata così stupida a pensare che il mio desiderio di spaccare il culo a Mihawk e Doflamingo sarebbe stata una passeggiata?
Perché mi accorgo sempre troppo tardi di tutto?
Ora che guardo meglio questa gente… non posso fare a meno di vedere ogni minima cosa: uomini che hanno con sé delle pistole, ragazze affamate di sesso e soldi, pronte ad esaudire ogni voglia sessuale.
Fuori dal locale, posso anche scorgere persone che vendono droga.
Dove cazzo sono finita?
 
In un posto che rispecchia la realtà in modo a dir poco esauriente, tesoro.
 
Risponde alla mia domanda la mia “socia”.
 
Tento di calmarmi, sentendo il cuore cominciare a battere un po’più forte.
Dentro di me sento una tempesta d’emozioni: rabbia, mera curiosità, odio, felicità e chi ne ha più ne metta.
Comincio a guardarmi intorno, in cerca della persona che ci ha portati qui, finché non la scorgo malamente grazie alle luci psichedeliche che illuminano il locale.
Sta parlando piuttosto animatamente con qualcuno che non riesco a vedere, indicandomi qualche volta con cenni del capo.
Il mio cuore manca un battito dalla paura ed istintivamente, prendo Zoro per un polso, guardandolo in modo supplichevole:
 
“Per favore, voglio uscire da qui…” lo prego, sentendo l’ansia invadermi come un veleno, sentendo la bocca dello stomaco chiusa in una stretta morsa d’acciaio.
“Lo sai che potrei ucciderti, vero?” domanda ghignando malignamente, alzandosi dallo sgabello su cui era seduto fino a pochi attimi prima.
“Ti scongiuro” dico ancora una volta, stringendo un po’di più il suo polso.
 
Con uno scatto, mi fa balzare in piedi e mi avvolge la vita con un braccio, facendomi “scontrare” contro il suo petto.
Chiudo gli occhi talmente forte da farmi male, mentre il battito cardiaco m’ “invade” la testa, coprendo il suono ritmico della musica.
Sento che ci facciamo largo tra la calca di persone, fino a che la brezza della notte mi fa rabbrividire, facendomi riaprire gli occhi.
Mi stacco da Zoro, cominciando a camminare velocemente avanti e indietro, provocando perplessità nel ragazzo:
 
“Tutto ok?” mi chiede incrociando le braccia al petto, per poi sbadigliare sonoramente.
“Per niente. È normale?” gli domando a mia volta, fermando la mia “corsa”.
Regalo un’occhiata distratta alle persone fuori dal locale intente a fumare, a bere e a fare sesso, per poi voltarmi verso il verde.
“Uhm… non saprei…forse sì” risponde pensoso, facendomi sbuffare dall’irritazione.
“Anche per te ci sarà stata una prima volta”
“Sì, ma sinceramente non mi ricordo nulla di quel giorno. Ricordo solamente di essermi svegliato in un letto di una delle ballerine del locale”
“Grazie dell’aiuto” borbotto sarcastica, scompigliandomi i capelli.
“Di nulla!” ribatte sorridendo in modo genuino.
Ok.
Questo cacciatore di taglie non è per niente serio, o forse lo è.
Pensavo fosse un tipo più cattivo.
 
L’abito non fa il monaco, Kat.
 
Mi riprende l’altra parte di me con fare saggio.
Forse è un sogno.
Un fottutissimo sogno che non vedo l’ora che finisca.
O forse è la realtà, ma inavvertitamente, ho provato l’effetto della droga messami dal barista del bancone dentro il cocktail che ho sorseggiato tranquillamente.
O forse è tutto reale e non sono drogata.
 
“Possono drogarti senza il tuo consenso, al locale?” domando con una punta di curiosità, sentendomi successivamente, una vera idiota patentata.
“Uhm… qualche volta”
“Ah. Bene”
“Già… ma è stato Ace a portarti qui?”
“Sì. Lo conosci?”
“E’ un mio amico. Abbiamo lavorato insieme qualche volta…”
“Simpatico?”
“Sì, cer…ma tu dovresti saperlo se è simpatico o meno!!!” mi riprende irritato, dandomi uno scappellotto sul capo.
“Scusa! Era per fare conversazione!” sbotto, difendendomi come un bambino che cerca a tutti i costi di avere ragione.
“Stavamo già conversando, stupida!”
“E che ne sapevo, io?!?”
“Come sarebbe a dire??? Non vedi che stiamo parlando?!?”
“Ah, sì! Hai ragione!” ammetto tranquilla, per poi sentirmi vagamente in imbarazzo per il suo sguardo allibito puntato su di me.
“Ma ci sei o ci fai?” mi chiede grattandosi la nuca come se stesse risolvendo l’enigma più difficile di tutta la sua vita.
“A dire il vero mi sento piuttosto scombussolata, in questo momento”
“Sì, deve essere così”.
 
Dopo quelle parole, ci appoggiamo contro il muro del locale, osservando un punto indefinito della città pullulante di persone in totale silenzio con la musica che fa “da sfondo al quadro”.
Zoro si accende una sigaretta con noncuranza, accogliendo dentro di sé quel “veleno”, per poi sospirare dalla felicità e buttare fuori una corposa nuvoletta di fumo.
 
“Prendi”.
Il suo sembra quasi un ordine, ma a me non importa più di tanto.
Di sicuro, non è la prima volta che provo l’esperienza.
Eseguo la sua “richiesta” senza fiatare e senza pensarci due volte mi porto la sigaretta alle labbra, sentendo il fumo caldo entrarmi in circolo e riempire i miei polmoni quasi fosse ossigeno, facendomi calmare.
 
“Va meglio?” domanda ghignando divertito.
“Decisamente” rispondo ridandogliela.
 
Andrà decisamente meglio, però questo non toglie il fatto che non ho risolto un bel nulla dell’intera situazione.
Al solo pensiero di venire a sapere qualcosa di “brutto” mi viene l’angoscia.
Certe volte sono davvero stupida…
 
Piangerti addosso non servirà a niente, fidati. Siamo in pista e balleremo fino alla fine.
 
Dice il “Mostro” come se fosse un cosa ovvia, a cui persino un bambino ci arriverebbe.
Ha ragione e non posso darle torto.
Ho deciso la mia strada, no?
Non ritornerò indietro proprio ora.
 
“Torno dentro!” esclamo racimolando coraggio, stringendo i pugni convulsamente al fine di “darmi” forza per la situazione che sto per affrontare.
Zoro sorride mestamente, buttando la sigaretta per terra, spegnendola con la punta della scarpa.
“Ragazzina, devo ammetterlo: sarai un Soggetto Altamente Pericoloso, ma ti ho presa in simpatia. Odio la tua famiglia e so che Ace sta “combattendo” questa “guerra” da molto tempo e credo che tu abbia preso parte alla sua causa. Avrai il mio sostegno, te lo assicuro”- dice dirigendosi verso l’entrata del locale, per poi voltarsi verso di me- “Sei pronta a dimostrare ciò che vali realmente?”
 
Abbasso lo sguardo verso terra, attendendo il verdetto finale dalla mia socia d’affari…
 
Perché cazzo aspetti una mia risposta?!? E’ ovvio che venga con te! Facciamo il culo a tutti quanti, baby!
 
Ghigno con fare mellifluo, per poi raggiungere il mio nuovo compagno d’avventure che si unirà alla nostra causa:
Siamo nate pronte!”.
 
Camminiamo a testa alta tra la gente, che si scosta e ci lascia il passaggio libero, lanciandoci occhiate perplesse, per poi riprendere a ballare come se niente fosse.
Saliamo lungo la scalinata che porta al piano superiore, per poi venire bloccati da due uomini maestosi vestiti con un completo nero.
 
“Siamo qui per parlare coi vostri Capi, signori” interviene Zoro, appoggiando una mano su una delle sue tre katane.
Sorrido divertita dal suo comportamento, mentre i due energumeni ricevono l’ordine di lasciarci passare.
 
Ci avviciniamo a passo spedito verso una zona poco illuminata, riuscendo a vedere Ace, Shanks, altre tre persone (credo di grande importanza) seduti comodamente su un divanetto e una ragazza intenta a pulire due pistole…
 
“E così si è aggiunto anche Roronoa Zoro, assieme ad una misteriosa ragazza! Siete qui per la stessa motivazione o per cose differenti?” domanda un uomo con tono strafottente vestito anche esso con un completo elegante come i due uomini di poco prima, solo che a differenza di loro, indossa una pelliccia dal colore scuro.
Sul viso posso riuscire ad intravedere una lunga cicatrice che lo rende molto più serioso di quel che sembra.
 
“Stessa motivazione, o almeno credo. Nevvero, Ace?” rispondo con semplicità, prendendo in causa il bel serial killer.
Irrigidisce le spalle, per poi guardarmi di sottecchi con diffidenza:
“Sì… Kat” afferma convinto, sorprendendo i tre seduti sul divanetto.
 
La ragazza che stava pulendo le pistole si mette a ridere di gusto, sfottendo i capi (?), per poi avvicinarsi a me ed avvolgermi le spalle con un braccio:
“E così tu saresti la causa per cui è scoppiata una guerra tra i gangster e l’FBI in accordo con il serial killer? Devo dire che ti avevo sopravvalutato!” esclama stringendomi con forza, facendomi scricchiolare le ossa come foglie secche.
Uh, ma davvero? Mi dispiace tanto, allora! Allora tu dovresti essere la solita ragazzetta a cui piace giocare a fare la bulla, giusto?” le domando con tono di finta innocenza, per poi mordermi la lingua.
La mia socia ha preso un po’troppo il sopravvento…
 
La rossa digrigna i denti e mi punta una pistola alla tempia, facendomi ghignare.
Non riesco a capire come non faccia a sentirmi in pericolo e farmela addosso dalla paura!
La stessa cosa era successa con Ace quando mi aveva puntato alla gola il suo coltello, solo che un minimo di timore lo avevo provato.
Ora nulla…
 
Ah! Smettile di farti dei problemi! Io mi sto divertendo un casino!
 
Mi contraddice il “Mostro”  con tono giocoso, facendomi sbuffare.
 
“Qualcosa non ti va a genio, Kat?” mi domanda con tono strafottente colei che mi tiene sotto tiro.
Sì. Ti decidi a sparare sì o no?” le chiedo con insolita impazienza.
Presa alla sprovvista dalla mia esortazione (?), abbassa la guardia e io ne posso approfittare per liberarmi dalle sue grinfie, scivolando con naturalezza dalla sua presa sulle mie spalle, accostandomi vicino ad Ace, seguita a ruota da Zoro.
La rossa sta per dire qualcosa, ma l’uomo di poco prima la ferma:
“Basta così, Revy. Ti sei fatta notare abbastanza, stasera”.
 
Notare? Notare, come? A fare figure di merda?
 
Ridacchio leggermente all’osservazione fatta dall’altra parte di me, per poi tornare seria e squadrare da capo a piedi i tre.
 
“Quindi questo bel zuccherino è Kat-girl? Ace-boy! Complimenti per la scelta della tua ragazza!” commenta un uomo dai capelli viola ad afro.
La parte più stramba di questo tipo è il suo abbigliamento: una sottospecie di costume molto scollato e delle calze a rete.
E poi, come sarebbe a dire che io sono la ragazza di Ace???
 
“I-Iva! Lei non è la mia ragazza!” esclama il killer, colto sul vivo.
“Oh! Non dire così zuccherino! Vi trovo estremamente adorabili!” ribatte tranquillo Iva, agitando leggermente la mano guantata, come a voler scacciare una mosca fastidiosa.
Lo guardo allibita, rischiando di strozzarmi con la mia stessa saliva, mentre la socia se la ride di gusto, irritandomi non poco.
Mi dispiace, ma Ace ha ragione: non siamo fidanzati” intervengo tentando di riprendermi.
“Ah, no? beh! Allora lo diventerete molto presto, zuccherini! Mi raccomando: invitatemi al vostro matrimonio!”
Sacri Spiriti! Ma ti stai ascoltando??? Io ed Ace non siamo nemmeno fidanzati e tu parli già di matrimonio!” sbotto, sentendo la rabbia ribollirmi nell’animo.
“Ok, ora basta!” ferma il nostro battibecco una donna giovane e molto bella vestita con abiti succinti.
L’uomo che ha ordinato poco fa a Revy di smetterla, si accende un sigaro con estrema eleganza, riempendo in poco tempo l’aria circostante di fumo denso.
“Concludiamo gli affari”- dice infine con fare teatrale- “Sono proprio curioso di sapere come ne uscirete”…





Angolo di Alyce: Buonaseraaaaaaaaaaaaaa a tutti!!!
Ok, sono matta da legare.
Ho lasciato in sospeso la storia per far entrare la raccolta di flash su Ace con i vari personaggi di One Piece.
Mi dispiace, dico davvero, è solo che in mente mi frulla una cosa veramente masochista su Ace e un certo bastardo di nostra conoscenza.
Cioè, dai!
Ok, non anticipo niente, anche se non fa parte di questa storia... ora che ci penso...shhhhh. Sto zitta, che è meglio.
Dico cose senza senso, certe volte, non fateci caso -.-''
Passiamo alle cose più importanti!
Ok!
Ora vi sfido a non sbavare!
Cioè, un mucchio di fighi!!!! Tanti, tantissimi fighi che non so nemmeno da che parte girarmi per non trovarne uno!!!!
Ace, Traffy, Croco, Shanks, Smoker, Doffy, Mihawk (sì, lo trovo sexy, perdonatemi), Zoro... ah!!!!!!!!!!! Paradiso!!!!!!
Ok, basta!
Se ci aggiungiamo Marco o Kidd-ya, muoio per disidratazione :Q_____________________________________________________________
Oda-sensei è un mito! Non smetterò mai di ringraziarlo *^*
Ritorniamo serie!
Come potete vedere, si avvicina il momento degli affari!
Uhhhhhh! Non vedo l'ora di scrivere il prossimo capitolo!
Ma... passiamo alle domande: nello scorso capitolo, Ace ha narrato di un biondo che ha spinto Kat.
Avevate capito chi era? Un'idea ve l'eravate fatta?
Bene, ora risponderò!
Era il caro, carissimo Bellamy!
Ok, cosa ci faceva lì? Lui... non ve lo dico, altrimenti vi rovinerò tutto il gusto!
Sì, lo so, sono cattiva u.u
Prossima domanda: chi è la rossiccia che ha "rapito" Rufy?
Provate a rispondere!
Spero che questo capitolo vi sia piaciuto!
Ciao e un strasuperbacione a tutti!
Alyce :)))))))))))))))))))))

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Capitolo 17
*** 14- Dimentica ***


Note di Alyce: Il capitolo è suddiviso in due parti, divisi dal simbolo (§§§).
La prima è dal punto di vista di Ace in discoteca, mentre la seconda è narrata dalla sottoscritta.
Buona lettura :)




14° capitolo: Dimentica
 
 

Giuro solennemente che appena usciremo da questo posto, la pesterò a sangue.
Farò finta che sia un uomo.
Farò finta di essere cieco, di non sapere che Kat è una ragazza… vestita con un abito molto sexy.
Cazzo! Possibile che quella mocciosetta non mi ascolti nemmeno per un secondo???
Ma che cavolo le è saltato in mente?!?
Fa la spaccona, ha rischiato di trovarsi un buco in testa e lei che fa?
Ride e si comporta come nulla fosse!
Disgraziata, stupida, sciocca mocciosa!
 
La guardo di sottecchi, notando che è tornata seria, mentre Zoro la tiene d’occhio di tanto in tanto.
Almeno l’ha tenuta sotto controllo quando è uscita dal locale per Dio solo sa quale motivo.
 
“Perché ci tieni tanto ad avere il nostro supporto?” mi richiama dai pensieri  Crocodile, facendomi ghignare mestamente.
“Vi devo ricordare che avete un debito nei confronti di mio padre, per caso?” domando guardando uno per uno i Direttori del locale.
Crocodile digrigna i denti, masticando parte del suo sigaro, mentre Iva sgrana gli occhi dalla sorpresa.
L’unica ad essere indifferente alla cosa è Hancock.
“Ops! Mi ero dimenticata di questo piccolo debito! Croco-boy, dobbiamo aiutare Ace-boy!” afferma successivamente Iva, alterando non poco il suo compare.
“Stiamo correndo troppo in fretta, non ti pare?” ringhia, facendo alzare gli occhi al cielo ad Hancock.
“Crocodile, sono solamente delle armi e degli uomini! E poi lo sai bene che non voglio avere grane di nessun tipo!” -sbotta iraconda, sbattendo un piede a terra con fare stizzito, mentre indietreggia con la parte superiore del busto, mettendo in bella mostra parte del seno prosperoso, indicando me con l’indice della mano destra- “Avrete il nostro aiuto, ragazzi!”
“Non dire sciocchezze! I miei uomini non sono al tuo servizio!” controbatte in risposta Crocodile.
Kat sbuffa spazientita, incrociando le braccia al petto:
“Da quel che ho capito, Ace, vi ha chiesto delle munizioni e degli uomini per combattere Mihawk e Doflamingo, giusto? Dove sta il problema?”
“Tu non puoi capire, mocciosa! Non posso mandare a morire i miei uomini con un semplice schiocco di dita! Bisogna studiare la situazione nei minimi dettagli! Non sai quanti uomini possono avere i nostri avversari! Sarebbe un suicidio! Hai compreso, o vuoi che ti faccia un disegnino?” le risponde con tono strafottente, alzandosi dal divanetto e raggiungendo Kat in poche falcate, espirando il fumo sul suo viso, facendole lacrimare leggermente gli occhi.
“Ho capito alla perfezione, grazie. Però, questa storia non avrà mai fine se non rischiamo!” esclama alzando di un poco il tono di voce, irritando non poco Crocodile.
“Sei solamente una mocciosa arrogante e stupida…” mormora in risposta.
Kat digrigna i denti e si prepara a colpirlo in pieno viso, ma decido di intervenire, bloccandola per un polso.
Le rivolgo un’occhiata eloquente e lei tenta di calmarsi, anche se a fatica.
Crocodile ritorna a sedersi comodamente sul divanetto, per poi chiudere gli occhi con fare riflessivo…
 
“Mettiamo in chiaro una cosa: come Hancock, anch’io non voglio avere debiti di nessun tipo, ma, Ace, voglio dirti una cosa molto importante.
Fai un passo falso e sei morto con la tua allegra combriccola a farti compagnia.
Esigo essere informato su tutto. E fammi un favore: non fare stronzate! Di idioti incompetenti, al mondo, ce ne sono fin troppi” afferma con tono sicuro, ma allo stesso tempo seccato.
 
Non mi rimane altro che accettare.
Sarà abbastanza complicato, dato che non avrò campo libero, ma meglio avere degli uomini in più che mandare a puttane il lavoro di mio padre, che ha passato parte della sua vita a tentare di sconfiggere quei pazzi psicopatici con i loro esperimenti sugli umani.
Ho deciso di aiutare Kat e a quella bambina che le aveva implorato aiuto.
L’ho promesso a me stesso e non ho intenzione di ritornare indietro.
Per nessun motivo al mondo.
 
“D’accordo” gli rispondo senza aspettare altro tempo, alzandomi dalla mia poltroncina, seguito a ruota da Shanks.
“Bene, allora!”- esordisce con tono severo Hancock, ricevendo in cambio un’occhiata perplessa da tutti i presenti- “Prima di accettare questo contratto, Ace, dovrai accettare altre condizioni: non ci recherai più alcun fastidio. Di nessun tipo. Sia a noi che ai nostri affari! Ah, Rosso! Questo vale anche per voi dell’FBI. Soprattutto per il Cane Rosso. Sono stata chiara?!?”
Io e Shanks ci guardiamo per pochi attimi negli occhi, per poi annuire.
Stringiamo loro la mano, iniziando, così, la nostra alleanza, per poi essere congedati da Iva.
 
“Su, zuccherini! Andate e divertitevi alla festa!” esclama regalandoci un grande sorriso, facendo schioccare rumorosamente la lingua.
 
Scendiamo tutti assieme al piano inferiore, e mi metto a guardare con indifferenza la gente che balla, fino a che non dico ai miei compagni di svagarci un poco, ricevendo in risposta un segno d’assenso.
Si allontanano tutti.
Tutti tranne lei.
 
“Perché non mi hai fatto prendere parte alla discussione dall’inizio?” domanda con voce alterata, stringendo convulsamente le mani in pugni.
“Perché? Perché potevo benissimo cavarmela da solo. Senza che arrivassi tu, assieme alla tua arroganza!” sbotto guardandola con occhi furenti, mentre la sua immagina viene “travolta” dalle forti luci della discoteca, facendole assumere varie tonalità di colore alla pelle.
“Ma senti da che pulpito parte la predica! D’accordo: forse te la potevi cavare benissimo senza il mio aiuto, ma nessuno ti ha dato il diritto di andare a sputtanare informazioni sul mio conto!!!” grida con tutta la voce che ha in corpo, anche se la musica riesce a farla risultare solamente un tono di voce “normale”, tanto che nessuno si accorge di quel che ha detto.
Con un’unica mossa, la prendo per un polso, per poi allontanarci il più lontano possibile da tutti.
Mi faccio largo tra la gente spintonandola con non troppa delicatezza, ricevendo in cambio poche proteste per la mia maleducazione.
Raggiungiamo un corridoio abbastanza nascosto, illuminato da luci rosse, trovando alcune persone che si scambiano effusioni molto spinte come se nulla fosse.
 
Mi fermo di scatto, facendo sbattere contro la mia schiena il corpo di Kat, che sussulta più dalla sorpresa che dal dolore.
La costringo a mettersi difronte a me e la guardo negli occhi, accecato dalla rabbia.
 
“Sei solamente una stupida mocciosa che si vuol far vedere grande! Quando capirai che sto cercando di aiutarti?!?” le sibilo contro, avvicinando il mio viso al suo, fino a che la distanza non si riduce che a non pochi millimetri.
Si morde leggermente il labbro inferiore, guardandomi con sgomento misto a rabbia.
“Aiutare qualcuno, non significa lasciarlo in disparte, assumendosi tutta la responsabilità” ribatte in risposta, lasciandomi leggermente sorpreso.
 
Forse ha ragione.
Lei dovrebbe essere la prima a sapere cosa sta succedendo, cosa stiamo architettando per sconfiggere quei fottuti bastardi… ma questo non le consente di certo di comportarsi con spensieratezza e con sfrontatezza.
Questo non è un fottuto gioco per bambini.
E’ una guerra, dove ci saranno molti morti e feriti.
Vivere o morire.
Nessun’altra scelta.
 
“D’accordo, hai ragione! Sai cos’è che mi da realmente fastidio? Il tuo comportamento. Non stiamo giocando a nascondino. E non è nemmeno un gioco di guerra: è reale! Ti rendi conto che delle persone sono morte?” cerco di farle capire, guardandola intensamente negli occhi.
Abbassa lo sguardo come si sentisse in colpa per il suo atteggiamento, se non fosse per il fatto che un folle sorriso “distrugge” tutta la sua umanità.
Ridacchia sommessamente, come quando lo fanno le bambine dei film horror, facendomi venire la pelle d’oca.
Un senso di vuoto e paura mi occlude la bocca dello stomaco, mentre posso sentire i sudori freddi scendermi lungo la schiena.
 
Dopo alcuni attimi, per me interminabili, dove tutto si è fatto tutto più rallentato, mi guarda con i suoi occhi diversi, sembranti gioielli preziosi di cui ne si può vedere la loro bellezza e brillantezza anche nel buio più oscuro.
 
Ace… prima o poi… tutti devono morire” afferma con naturalezza, inclinando il capo da un lato.
Un’ondata di rabbia mi pervade l’animo, prendendo il controllo sulla mia mente e sul mio corpo.
“Davvero la pensi così? Beh… allora nulla in contrario se facciamo una prova con te, vero?” le domando puntandole contro la lama fredda del mio coltello alla gola, tornando ad essere l’assassino spietato e psicopatico che sono diventato.
Oh, ma come siamo crudeli! Vedo che la parte del paladino della giustizia non ti andava più a genio…” sfotte con fare sensuale, avvolgendo il suo braccio attorno al mio collo, attirandomi a sé con slancio, non badando minimamente all’arma che sto brandendo in mano e che può essere colei che le strapperà la vita.
“Ti consiglio di non scherzare, se non vuoi finire male…” la metto in guardia, ricevendo in cambio un sorrisino che di buono ha ben poco.
Correrò il rischio…” risponde in un sussurro, per poi appoggiare le sue labbra sulle mie, coinvolgendomi in un bacio leggero e semplice, che ben presto diventa più profondo e passionale.
Le nostre lingue si ritrovano a combattere per la supremazia, mentre cerchiamo di non demordere da quella tacita sfida che lei ha lanciato.
Ripongo il coltello con minima difficoltà e la faccio sbattere con poca delicatezza contro la parete e le afferro le gambe per poi fargliele incrociare attorno alla mia vita.
Accarezzo il suo corpo con veemenza febbrile, facendola mugugnare, mentre lei stringe tra le sue dita affusolate alcune ciocche dei miei capelli.
Ci stacchiamo in contemporanea, respirando affannosamente, guardandoci a fondo negli occhi.
Appoggia la sua fronte contro la mia, mentre le sue mani scendono lungo il viso, per poi stringere distrattamente il colletto della giacca di pelle, mentre io le accarezzo il volto, baciandola di tanto in tanto.
 
La stringo di più, per poi attraversare il corridoio con Kat in braccio, schivando di volta in volta tutte le persone che ci vengono incontro.
Percorro ancora un paio di metri, per poi fermarmi davanti ad una porta bianca, che preannuncia l’inizio delle camere da letto del locale.
 
“Ace… e se ci fosse dentro qualcuno?” domanda Kat con insicurezza, facendomi ghignare mestamente.
“Chiederemo scusa per l’interruzione” le rispondo con ovvietà, facendola sorridere.
Busso insistentemente alla porta, cercando di sovrastare il suono della musica, nonostante sia abbastanza “lontana”.
Non ricevendo risposta, mi apro uno spiraglio, tentando di vedere se ci sia effettivamente qualcuno.
 
Siamo occupati!” grida una voce rotta dal piacere, mentre il volto di una donna mi appare davanti d’improvviso, facendomi balzare all’indietro, mentre a Kat le scappa un singulto di terrore.
La porta si richiude sbattendo con forza.
Rimaniamo imbambolati per alcuni istanti per poi scoppiare a ridere come scemi, sfottendoci a vicenda sul fatto di quanto siamo invadenti e matti da legare.
 
Tento di ritrovare un contegno e decido di proseguire, sentendo lo sguardo profondo della mocciosa fisso sul mio viso, ma decido di non farci caso.
O meglio.
L’intenzione era quella, se non fosse per lei che mi ha catturato le labbra in uno dei suoi baci violenti e privi di dolcezza o delicatezza e, sinceramente, non riesco ancora a capacitarmene.
Perché una donna non bacia mai con violenza, ma con passione, mettendoci un tocco di femminilità.
Kat, invece, è tutta un’altra storia.
Violenta, per nulla femminile e aggraziata.
È solamente una ragazza dai comportamenti maschili, a cui piace vedere la paura negli occhi della gente, anche se forse, questo fatto potrebbe essere legato all’altra parte di sé che possiede.
 
Mi stacco dalle sue labbra sottili, percorrendole il collo, leccandolo e succhiandolo, facendola gemere di piacere.
 
“Non possiamo farlo qui…” osservo ritrovando il controllo, mentre lei pare essere piuttosto contrariata.
“E perché no? Non ci giudicherà nessuno…” tenta di convincermi, cercando ancora di baciarmi, ma la fermo.
“Dai, Kat. Anche in una stanza può essere divertente!” controbatto ghignando mestamente, sperando di convincere l’altra parte di lei.
Ci pensa per alcuni attimi per poi scrollare le spalle e rispondermi con un “va bene” detto con indifferenza.
Le sorrido con fare rassicurante, coinvolgendo anche lei, proseguendo così alla nostra ricerca di una stanza, mentre con la coda dell’occhio spio la figura che ci sta osservando da quando abbiamo messo piede nel locale…
 
Dopo vari tentativi, passati a ricevere porte in faccia e inviti di unirsi alla “festa”, riusciamo a raggiungere una camera libera ed entriamo senza tante pretese.
Mi avvicino al letto a due piazze della stanza, piuttosto malconcio, per poi appoggiare Kat sul materasso, osservando successivamente il suo corpo sinuoso e a dir poco magnifico.
Mi chino su di lei e la bacio con lentezza, mentre con le mani cerco di toglierle il vestito, imprecando non poco per il fatto che non ha intenzione di “liberarla”.
Sembra quasi si sia avvinghiato a lei!
 
“Figlio di puttana” mastico con rabbia facendo ridere di gusto Kat, ottenendo la mia attenzione.
“Che c’è da ridere?” le domando stizzito, mentre lei cerca di nascondere le risa, guardando da tutt’altra parte.
“Sei buffo” ammette con sincerità, lasciandomi a dir poco sorpreso.
Mi sarei aspettato un: Sei maldestro!; Sei noioso con le tue lagne! Non riesci nemmeno a togliere un vestito ad una donna!
Cazzate varie, ecco.
Ma… Sei buffo, proprio no.
Non so nemmeno se dovrei esserne allegro o incazzato nero.
“In senso buono?” le domando con curiosità, facendola sorridere dolcemente.
“Ovvio!” mi risponde allegra, tornando a baciarmi.
Sorrido contro le sue labbra, avvolgendo il suo corpo tra le mie braccia, lasciando in disparte, almeno per il momento, il suo vestitino, lasciandomi totalmente andare a questo momento di dolcezza, per me del tutto strano e nuovo.
Con altre donne non mi sono mai comportato così, devo ammetterlo…
Ma con lei… ho la sensazione di doverla proteggere anche se è al sicuro, anche se litighiamo per delle cavolate, anche se la minaccio di morte.
 
“A-Ace”- mi richiama tra i baci, cercando di porre fine a quel ciclo infinito di tenerezza- “Giochiamo?”
“E a cosa?” le domando incuriosito, facendola sbuffare.
“Ad un gioco erotico!” esclama suadente, facendomi irrigidire come un blocco di marmo.
E lei lo dice come se fosse la cosa più naturale del mondo?!
“Sei…ehm… piuttosto audace (?)” commento con un po’ d’imbarazzo, lasciandola allibita.
“Davvero ci hai creduto?” domanda dopo pochi attimi di smarrimento da parte sua.
Rimango fisso come un baccalà, cercando di ragionare.
Ma che cazzo ci stiamo dicendo?!? Nemmeno abbiamo bevuto… ok, forse un po’…
“Che intendevi?”
“Io intendevo  giocare a carte…” risponde con un po’di vergogna, puntando con il dito indice un tavolino piuttosto malridotto e rotto in più punti con sopra due mazzi di carte da poker.
“Poker?”
“No. Non sono capace. Pensavo a scala quaranta” ribatte con fare pensieroso, spaventandomi un poco.
Odio scala quaranta.
Perdevo sempre con mio padre.
Per non parlare della mamma.
Era una vera bestia, se si può definire con un unico termine.
“Scherzi?” le domando ridendo nervosamente, non ottenendo segni di vita da parte sua.
 

 
“Affatto!” sbotta scostandomi in malo modo, facendomi rotolare sul letto, mentre il mio animo si deprime.
Quella ragazza non è normale. Punto.
 
“Ma è assurdo!!!” tento di distoglierla dal suo intento, ma lei sembra decisa ad andare fin in fondo al suo “piano”.
“Paura di perdere?” mi chiede sghignazzando malvagiamente, lanciandomi un’occhiata profonda, facendomi sentire come un ragazzino adolescente.
“Giochiamo” dico tornando di colpo serio, trovandomi il cervello come diviso in due.
Oppure si può definire come il momento in cui ti trovi il tuo angelo e il tuo diavolo a forma di te a criticarti o lodarti per la tua scelta, rassicurandoti con il fatto che di sicuro vincerai anche se non è vero.
 
In due parole: sono idiota.
 
Kat si avvicina velocemente al letto per poi saltarci sopra e gattonarci come un gattino che corre verso il proprio padrone per ricevere le coccole.
Mischia le carte con agilità, come se avesse a che fare con esse da una vita.
 
“Non per vantarmi…”- osserva distrattamente, prendendo una carta che le stava per cadere dal mazzo, per poi rimetterla tra le altre- “Sono piuttosto forte a questo gioco…”
“Non ti credo” la smentisco senza pensarci su due volte, facendola ringhiare sommessamente.
“Dici che Doflamingo facesse apposta a farmi vincere?”
“Giocavi con quello stronzo? Sul serio??” le chiedo allibito, non credendo ancor di più alle sue parole.
Annuisce con la testa, nascondendo lo sguardo dietro le ciocche di capelli ribelli.
 
“Sai… quando lui giocava con me a carte… mi dimenticavo che lui fosse cattivo e che fosse una persona come tutte le altre, ma poi mi costringevo a tornare coi piedi per terra, convincendomi del fatto che lui non sarebbe mai stata una persona buona. Mai” spiega con fare triste, fermando la sua azione di mescolare le carte da gioco.
“Anche io sono cattivo” le ricordo sorridendo amaramente, guardando il pavimento della stanza.
“Non è vero. Non mi hai ancora ucciso. Non mi hai trattata come una prigioniera, dato che mi hai lasciata libera di andare nel bosco. Ti sei fidato di me… in un certo senso…” ribatte in risposta, guardandomi di sottecchi.
“E Doflamingo non può essere uguale a me, quindi?” le domando inaspettatamente, facendola sobbalzare dalla sorpresa, ottenendo, successivamente, uno sguardo di rimprovero.
Tace per alcuni istanti, per poi sospirare e scrollare le spalle con fare sconfitto.
“Non so più che pensare su di lui, sinceramente. Alcune volte sembra uno stronzo, figlio di puttana senza cuore, altre sembra un benefattore che cerca di non farsi sgamare dal capo avaro e coglione”.
Alzo lo sguardo su di lei non appena pronuncia le ultime parole, guardandola incuriosito.
“Perché quelle ultime parole?”
“Perché forse sono una stupida che si illude di un suo atto “giusto” accaduto tempo fa…”
“Atto giusto? In che senso?” chiedo ulteriori spiegazioni, che non tardano ad arrivare, lasciando che lei si sfoghi un poco, togliendosi o alleggerendosi il macigno del dubbio e del segreto.
“Quando Rufy fu preso dalla loro Organizzazione e legato ad un tavolino, Shanks sacrificò il suo braccio pur di salvarlo, mentre io cercavo di tagliare le corde… Doflamingo ci ha aiutati in un qualche modo… sono ancora incerta, ma… credo di aver visto Joker rallentare l’avanzamento della sega circolare, dandomi ancora un po’di tempo per salvare quegli spericolati di Rufy e Shanks… anche se il mio maestro ha perso comunque il suo braccio…”.
 
Si fa scuro in volto, preoccupandomi un poco.
Le alzo il mento con due dita posando un bacio delicato sulle sue labbra, mentre lei lascia che le carte da gioco si sparpaglino sul letto, mostrando le loro figure.
Prendo Kat per la vita, avvicinandola a me, continuando a baciarla.
Mi toglie con fare frenetico la giacca di pelle, accarezzandomi il petto con una mano aperta mentre l’altra rimane chiusa a pugno, che stringe convulsamente qualcosa, ma decido di non farci caso.
Ritento di toglierle il vestito e, dopo varie imprecazioni e bestemmie, ci riesco, facendola sorridere di gusto.
Mi guarda negli occhi per alcuni attimi, per poi abbracciarmi e ricominciare a baciarmi.
 
Facciamo sesso in questa stanzetta squallida fino allo sfinimento, avendo come sottofondo la musica del locale dal ritmo incessante e le nostre grida di piacere.
La luce della Luna attraversa i buchi delle tende rotte di colore scuro, colpendo come una spada tagliente i nostri visi, ferendoci gli occhi.
Kat nasconde il suo viso contro il mio petto, mentre Orfeo la richiama pian piano tra le sue braccia, lasciandomi così “da solo” con i miei pensieri.
 
Mio padre mi ha sempre detto che non bisogna mai affezionarsi ai propri clienti o alle vittime, “rimanendo” solo sul rapporto professionale.
Ed io mi sono lasciato andare all’istinto, dimostrando di aver ceduto alla bellezza di una ragazza affetta da doppia personalità, se così la si può chiamare.
Devo ritornare all’uomo senza scrupoli che ero, aiutandola, certo, ma ferendola nel cuore.
Sono costretto a farlo, anche se non voglio.
Devo farlo per il suo bene e per  il mio, cosicché non diventi il mio punto debole.
 
“Mi dispiace, Kat…” le mormoro contro l’orecchio, baciandole la fronte, facendola mugugnare nel sonno.
Le copro il corpo nudo con la coperta sgualcita del letto, per poi alzarmi e rivestirmi, andando fuori dalla stanza, lontano da lei.
 
“Devi dimenticare, piccola”…
 
 
 
 
§§§
 
 
 
 
Non è stato per niente facile rapire il mocciosetto ed addormentare quella troia dai capelli rossicci che si dimenava come un’anguilla e che tentava di difendere il ragazzino.
Bellamy lo sa.
Lo sa eccome, dato che si ritrova a gemere dal dolore a causa dei graffi regalati dalla rossa che ha su varie parti del corpo, tra cui il viso e il petto.
Fa un male cane, ma deve comunque finire il lavoro e portare l’ostaggio al suo capo.
 
“Un vero peccato, davvero…” osserva Cirkeys per l’ennesima volta, facendo sbuffare spazientito Bellamy.
E’ da dieci minuti che ripete quella frase snervante ed oramai è affetto da istinti omicida contro il suo collega.
“Piantala, Cirkeys. Abbiamo avuto solamente l’ordine di prendere il moccioso, non di divertirci” lo rimprovera stufo, ricevendo un’occhiata di rimprovero da parte dell’altro.
“Potevamo sbattercela almeno un po’! Avremmo fatto a metà!” si difende stringendosi le spalle nel suo cappotto bianco ultra costoso, accendendosi con distrazioni una sigaretta.
“Sei peggio di un bambino. E poi, non mi sarei fatto quella puttana neanche morto, dopo quello che mi ha fatto!” commenta iracondo, spingendo sull’acceleratore della macchina, facendo sussultare dalla sorpresa Cirkeys.
“Ok, ok! Ora calmati!” lo ammonisce, buttando fuori il fumo della sua amata sigaretta con eleganza, riempendo l’abitacolo del veicolo con una nuvoletta grigiastra, nettamente in contrasto con l’oscurità di quel luogo stretto e asfissiante.
 
Il resto del tragitto lo passano in totale silenzio, per poi arrivare alla base del loro capo e trasportare di peso il corpo di Rufy ancora addormentato.
Camminano a fatica lungo la strada in ghiaia, inciampando qualche volta in buche nascoste dal buio.
Raggiungono una casa abbandonata dopo circa cinque minuti di cammino.
Spiragli di luce della Luna coperta dalle nubi danno un tocco inquietante all’abitazione.
Il canto di un gufo proveniente dalla foresta lì vicino fa sobbalzare dalla sorpresa i due ragazzi, affrettandoli così a proseguire la loro marcia.
 
Cirkeys apre la porta con il piede, facendola cigolare rumorosamente.
Non fanno in tempo a richiudere quella maledetta porta che già si ritrovano due pistole puntate contro.
“Siete in ritardo!” li rimprovera un ragazzino sui sedici anni dai capelli biondi, coperti in parte da un capello bianco con due corna.
 
Se deve essere estremamente sincero, Bellamy considera quel moccioso da strapazzo un vero e proprio pezzo di merda.
Non lo ha mai sopportato: dal suo comportamento arrogante ed eccentrico ai suoi abiti strambi e privi di gusto.
Per non parlare di quelle maledette scarpe coi tacchi che lo infastidiscono con il loro suono snervante.
 
“Abbiamo avuto un piccolo contrattempo, Dellinger” si difende Bellamy, facendo sbuffare il giovane.
Indica ai due di seguirlo con un cenno della pistola, per poi salire velocemente le scale, portandoli al cospetto del capo.
 
Arrivano ad un salone molto grande, con muri ricoperti da carta da parati dal colore discutibile e con il pavimento in legno scuro in cattivo stato.
Verso la fine della stanza s’intravede nella penombra una poltrona dal colore rosso acceso, ospitante il corpo imponente di un uomo stravaccato e annoiato.
 
“Com’è andata la missione?” la sua voce roca e allo stesso tempo divertita riecheggia in quello spazio angusto, facendo trasalire Cirkeys, mentre Bellamy tenta di rimanere impassibile, nonostante sia intimorito dalla sua presenza.
Sa bene che bisogna evitare di farlo attendere a lungo, perché subire la sua ira è peggio dell’Inferno.
“Siamo stati intrattenuti, ma abbiamo avuto successo” gli risponde con falsa calma.
L’uomo scatta in piedi, raggiungendoli in poche falcate.
Ammira il corpo inerme del ragazzino, per poi sottrarlo dalle braccia dei suoi due sottoposti.
Si allontana con lentezza, continuando a guardare il viso delicato di Rufy, accarezzandone i contorni con la punta delle dita.
Lo appoggia con delicatezza sulla poltrona, ricoprendone il corpo con la sua giacca in piume.
Prima di allontanarsi poggia un fugace bacio sulle labbra morbide e sottili del ragazzino, per poi ridare attenzione agli altri presenti.
 
“Nonostante il ritardo, mi complimento con voi, ragazzi. Avete scoperto qualcosa?” domanda l’uomo leccandosi voluttuosamente le labbra, ghignando divertito.
“Si tratta della ragazza”- risponde Bellamy con tono serio, accendendosi una sigaretta per stendere almeno un poco i suoi poveri nervi tesi- “Oltre al serial killer, si è fatta amico pure il cacciatore di taglie, Roronoa Zoro. Ma non è tutto… il capo della combriccola ha fatto affari con i tre direttori del locale”.
“Vedo che non hanno perso tempo. Hanno reclutato maggiori uomini per sconfiggere la nostra Organizzazione, fufufufufufu. Davvero interessante”- commenta ridendo, per poi aprire le sue braccia in gesto teatrale- “Ci sarà da divertirsi! Fufufufufu!”
“Doflamingo, non è tutto” ferma il suo entusiasmo Bellamy, ottenendo la totale attenzione di Joker, che lo incita ad andare avanti nel discorso.
“Si tratta della ragazzina… era… strana…” osserva pensieroso, avvicinandosi ad un tavolino con sopra un posacenere, per poi spengere la cicca.
“Che intendi?” domanda serioso Doflamingo, seguendo i movimenti dell’altro.
“I suoi occhi non erano per niente normali. Anche il suo comportamento era cambiato… era come se avesse una nota di follia…”
A quelle parole, Joker comincia a ridere di gusto, volgendo il suo sguardo verso il soffitto del salone, mentre Bellamy lo guarda con stupore.
Quell’uomo è imprevedibile, per i suoi gusti.
“Noto con piacere che la mia bellissima creatura ha fatto il patto col Diavolo! Fufufufufufu!” commenta continuando a ridere.
“Non sarà pericolosa?” domanda con incertezza Cirkeys, facendo tornare serio Doflamingo.
“Se sfrutta al meglio le sue potenzialità, può diventare un’arma umana. Grazie a lei potremmo toglierci di mezzo quel figlio di puttana di Mihawk!” gli risponde con tranquillità, guardando fuori dalla finestra.
“Scusa la mia domanda, Doflamingo… ma… perché vuoi ucciderlo?” domanda Bellamy guardandolo.
Joker rimane in silenzio per alcuni secondi, che paiono interminabili minuti per il ragazzo.
“Intralcia i miei piani. Lui vuole battere Sakazuki, mentre io miro più in alto. Kat è un’arma di distruzione di massa: grazie a lei tutti gli Stati pagheranno milioni, se non di più, per averla! Si metteranno in ginocchio da soli, fufufufufu!”- spiega con pacatezza, ghignando mellifluo- “Ma non è l’unico motivo…”.
Continua avvicinandosi a Bellamy, per poi sovrastarlo con la sua altezza, guardandolo dritto negli occhi:
“Quel pezzo di merda deve pagare il male che ha fatto a Kat!”- sbotta rabbioso, estraendo con velocità e abilità un coltello dalla camicia, per poi lanciarlo contro Dellinger, che nel frattempo stava tentando di scappare, colpendolo mortalmente alla nuca- “Nessuno si deve permettere di toccare o maltrattare che mi appartiene di diritto… soprattutto se quel qualcuno è mia figlia”.
 
Dopo quelle parole si allontana da Bellamy, proseguendo il suo cammino verso il corpo inerme del ragazzino ucciso, per poi estrarre il suo coltello e pulirlo con la manica del cappotto di Cirkeys, che nel frattempo è rimasto immobile dalla paura, sporcandolo di sangue.
“Togliete dalla mia vista quel moccioso inutile. Stona con i colori del salone”.











Angolo di Alyce: Buonaseraaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaa!!! (schiva armi e padelle varie).
Ok, chiedo venia per il ritardo! :D
Mi dispiace, dico davvero!
Non lo farò mai più, promesso!
Allora... alzi la mano chi si aspettava che il vero padre di Kat e Doflamingo!
Persino io sono curiosa di sapere come la prenderà Occhi di Falco quando lo verrà a sapere :D
Comunque!
Alla fine, Croco-boy ha accettato di aiutare Ace! Sono davvero emozionata, ragazzi, dico davvero! (si asciuga una lacrimuccia)
Però, però, dobbiamo anche aggiungere che, se da una parte sono felice per il nostro fiammifero, dall'altra sono delusa.
Ha abbandonato Kat, sperando che lei potesse dimenticare!
Ma col cavolo, amore mio! :D
Vi farò passare le pene dell'Inferno, ve lo assicuro!
Ci sarà da divertirisi con Kat!
Immaginatevi il Mostriciattolo alle prese con questa povera ragazza lasciata dopo una notte di puro sesso: una Bestia!
Credo che ci saranno tanti istinti omicida! xD
Passiamo ad altro: in questo capitolo si viene anche a sapere che Akainu è il capo dell'FBI.
Non vogliatemi male, ma in questo periodo l'ho preso in "simpatia", se così si può chiamare.
In questa storia è buono anche se è il solito stronzo, pezzo di merda.
Non ho altro da aggiungere se non che tra un po'pubblicherò una shot su un nuovo personaggio catapultato assieme ad una pazza autrice nel mondo di One Piece per salvare il sexy zolfanello!
A presto!
Ciao e un strasuperbacione a tutti!
Alyce :))))))))))))))))))))))))))))))))))))))))))))))))))

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Capitolo 18
*** 15- Rinuncerei alle emozioni pur di salvarti... ***


15° capitolo: Rinuncerei alle emozioni pur di salvarti…

 
 
 
Uno spiraglio di luce del Sole colpisce il mio viso con violenza, facendomi mugugnare di disapprovazione.
Cerco il corpo di Ace per abbracciarlo, ma trovo solamente uno spazio vuoto e incredibilmente freddo.
Sento l’altra mano fortemente indolenzita e la apro, rivelando la figura di Joker sulla carta da gioco.
Mi alzo di scatto, mentre la mia testa comincia a pulsare sempre più forte, come a ragionare su qualcosa di cui non riesco a venirne a capo.
Mi vesto velocemente, per poi uscire dalla camera in cui abbiamo alloggiato per la notte, litigando con i tacchi, lanciando varie imprecazioni pesanti.
Mi ravvivo i capelli, passandoci una mano in mezzo, camminando verso l’atrio del locale vuoto.
Cerco Ace da tutte le parti, rischiando di perdermi, avendo come unica compagnia il rimbombo del rumore delle scarpe col tacco contro il pavimento lucido.
 
C’è qualcosa che non torna…
 
Osserva l’altra parte di me con crescente sospetto, facendo albergare in me il seme del dubbio e della paura.
“Che devo fare…?” le domando in un mormorio appena udibile da me, ricevendo come risposta un masticato “Non ne ho la più pallida idea”.
Continuiamo la ricerca anche fuori dal locale, dirigendoci verso il parcheggio, notando con stupore che la macchina di Ace non c’è più.
 
Ok. Siamo nella merda.
 
La voce del Mostro che risiede in me, arriva come un suono estraneo in lontananza, mentre il mio animo e attraversato da un’ondata di paura e di umiliazione, per poi essere sostituito da una rabbia crescente e sempre più oscura.
Il respiro si fa sempre più ansante, le mie mani si stringono in forti pugni, lacerando la pelle dei palmi con le unghie, sentendo piccole stille di sangue percorrere le dita e cadere contro l’asfalto di questo fottuto parcheggio.
Comincio a ringhiare come un cane rabbioso, mentre gli occhi cominciano a farmi un male cane.
 
Ci hanno traditi. Lo sapevo che non c’era da fidarsi!
 
Sbotta la creatura, iraconda, facendomi annuire lievemente.
I polmoni mi bruciano in maniera pazzesca ed elevo il viso verso l’alto, guardando il cielo plumbeo e grido con tutto il fiato che ho in corpo, sentendo alcune lacrime amare rigarmi le guance silenziosamente.
Mi accovaccio a terra, nascondendo la testa tra le ginocchia, cominciando a singhiozzare convulsamente.
Sussurro insulti gratuiti, sentendo la testa scoppiarmi come una bomba ad orologeria.
Perché tutti mi abbandonano?
Perché tutti dicono che vogliono aiutarmi se poi mi lasciano sola?
Perché devo portare io questo fardello?
Perché?
 
Un ringhio richiama la mia attenzione, facendomi alzare il capo di riflesso, vedendo con la vista appannata una massa informe bianca.
Asciugo alla meglio le lacrime, per poi ritornare a guardare la cosa ringhiante contro la sottoscritta.
È il lupo che ho incontrato nella foresta.
Perché è qui?
Perché ce l’ho davanti a me?
 
Che cazzo vuoi, tu?!?” gli chiedo sgarbatamente, digrignando i denti con forza.
Di risposta, si mette in posizione d’attacco, deformando il suo muso in una smorfia fottutamente incazzata.
Il mio cuore fa una capriola dalla sorpresa e sì, anche dal timore, ma decido di non farvi caso, proseguendo per la strada dell’odio che sempre più mi attanaglia il petto.
Non ho paura di te, sai? Attaccami pure, se ci riesci!” lo provoco, mettendomi in ginocchio, quasi ad aspettarmi una sua reazione ben più che positiva alla cosa.
Mi lancia un’occhiata a mio parere scocciata, lasciandomi visibilmente perplessa.
Si gira di spalle per poi fare due passi e guardarmi, come a incitarmi a seguirlo.
Riluttante, acconsento a questa sottospecie di sottomissione, mentre il Mostro dentro di me rimane zitto e muto, rimuginando sulla situazione…
 
Camminiamo per le vie rumorose della città, con le macchine che ci sfrecciano vicino e la gente sui marciapiedi che ci fissa con disprezzo mista a curiosità, rallentando il loro passo sostenuto.
Tutti si comportano allo stesso modo.
Stupidi e riprovevoli umani.
Giudicano solamente dallo sguardo, badano a loro stessi, fregandosene altamente dei problemi, scappando, cercando una scorciatoia per sfuggire alla loro presa.
Patetici.
Monotoni e banali.
Io, invece, sono solamente una briciola di questo infinito Universo e, anche se sparisco dalla faccia del pianeta, nessuno ci baderà e tutto continuerà a girare.
Mi va bene.
Più che bene.
Ma prima voglio vendicarmi.
E nessuno riuscirà a fermarmi.
 
Un uomo sulla trentina, vestito con un completo elegante scuro, mi spinge di proposito, facendomi cozzare contro il muro di un condominio.
La mia schiena si graffia contro il cemento, pizzicando insopportabilmente .
Il tipo si gira e ghigna divertito dalla mia espressione basita e rabbiosa.
Perché gli umani cercano rogne?
 
Prosegue il suo cammino, ma mi risveglio dal mio stato, per poi raggiungerlo in poche falcate e fermarlo per un braccio.
“Che cazzo vuoi, mocciosa?” domanda tentando di scrollarsi dalla mia presa, senza successo.
Rido di gusto, volgendo un’occhiata al lupo dal pelo candido, indicando l’uomo di fronte a me.
Tsk! Sto stronzo è davvero divertente!”- commento continuando a ridere, per poi fermarmi all’improvviso, sentendo un sorriso perverso deformarmi il viso, mentre il tipo comincia ad insultarmi con epiteti poco carini- “Sai, stronzetto…io, in realtà… non voglio nulla da te… ma voglio farti imparare a chiedere permesso per passare!
Faccio un salto verso l’alto, prendendo la sua testa, sbattendola contro il muro con forza.
Mollo la presa e cado delicatamente a terra, guardando il suo corpo scivolare verso terra, lasciando una scia di sangue lungo il muro del condominio.
Mi allontano da lui, lasciandolo al suo destino, qualunque esso sia, raggiungendo l’amico a quattro zampe.
Lo affianco come se nulla fosse, giustificandomi con un “Scusa, ma non sopporto gli imbecilli maleducati”.
 
Continuiamo la nostra strada per molto tempo, uscendo dalla città, addentrandoci verso la campagna e i primi boschi, dove il lupo devia per un campo di grano dai colori spenti.
Le spighe solleticano la pelle delle mie gambe nude, mentre i tacchi affondano nella terra un po’bagnata, facendomi sbuffare in continuazione.
Pochi attimi dopo mi fermo e mi tolgo le trappole che ho ai piedi.
Le pulisco un poco, mettendole successivamente in una mano.
Potrei anche buttarle e fregarmene altamente, ma le ha comprate Ace e di sicuro gli saranno costate un occhio della testa.
Preferisco restituirgliele anche se mi ha letteralmente abbandonata a me stessa.
Certe volte sono proprio strana…
Il lupo dal pelo bianco come la neve si ferma e io, persa nei miei pensieri, gli vado contro.
Punto lo sguardo verso la direzione che punta lui, notando stagliarsi davanti a noi un folto bosco scuro e misterioso.
Inconsciamente, appoggio una mano sul manto della schiena dell’animale, come cercassi conforto, tastando allo stesso tempo la sua morbidezza.
 
“Vuoi davvero entrare là dentro?” gli domando guardandolo nei suoi occhi grigio chiaro, cercando di scovare la sua risposta.
Scuote lievemente la testa, quasi fosse esasperato, per poi proseguire, lasciandomi un attimo interdetta.
“Sei molto loquace, davvero! Almeno aspettami!” gli grido contro, correndo verso di lui, addentrandomi così nella foresta oscura…
 
Le fronde degli alberi coprono il cielo come una cupola di foglie e rami, rendendo il posto ancor più buio e imprevedibile.
Lunghi ululati mi fanno sobbalzare dalla sorpresa e io, di conseguenza, cerco un appiglio ancor più vicino e sicuro al grande lupo di fianco a me, “avvolgendolo” in un quasi abbraccio amichevole, dato che è quasi alto come me.
Un fruscio di foglie coglie la mia attenzione, mentre il lupo respira profondamente, proseguendo il cammino disinvolto.
Che invidia.
Non riesco a capire come stia così calmo in un posto così.
Ci addentriamo ancor di più lungo il terreno scosceso, inciampando qualche volta in radici o piccole buche, imprecando a mezza voce di essere scalza.
Ok, questa è un po’ una contraddizione.
Ma preferisco ferirmi i piedi che usare quei maledetti tacchi!
 
A risvegliarmi dai miei pensieri è una piccola luce rossa in lontananza.
“In questo bosco ci abita qualcuno?” domando più a me stessa che a qualcun altro, sorprendendomi non poco.
 
Con un gesto del muso, il lupo mi ordina di salire sulla sua schiena ed eseguo senza dire niente, ancora troppo presa da quella piccola luce che combatte contro tutta l’oscurità.
Il lupo si mette a correre a rotta di collo, sfiorando col suo manto morbido rami secchi come artigli, mentre le foglie per terra svolazzano al suo passaggio.
Raggiungiamo la meta dopo alcuni secondi, trovando un tronco abbastanza grande tagliato coricato su un lato per terra e una piccola pentola appoggiata a due rami abbastanza robusti.
Un profumo invitante “inonda” il mio olfatto, facendomi deglutire un bolo di saliva, mentre il mio stomaco comincia a reclamare cibo, mettendomi in imbarazzo.
 
“Vedo che hai portato un’amica, Gaara” osserva una nuova voce giovanile, facendomi sobbalzare dallo spavento.
Non mi sono accorta del suo arrivo.
Nemmeno l’altra parte di me se n’è accorta.
Il lupo ed io ci giriamo lentamente verso l’ “intruso”, lasciandomi attonita.
Capelli lunghi, ondulati gli ricadono sulla schiena come una cascata fino a metà schiena.
Il suo viso giovane è sfregiato sulla parte sinistra dell’occhio, mettendo in risalto l’iride nera.
Una leggera barbetta rende il volto maturo e più “vecchio” degli anni che dimostra realmente.
 
Figo, davvero. Ma lui chi cazzo è?!?
 
Domanda la mia socia, facendomi sbuffare lievemente.
 
Modera i termini. Ti ricordo che non ti sei nemmeno accorta della sua entrata in scena!
 
Ribatto infuriata, lasciandola basita.
Ok, forse ho esagerato… ma anche no.
Rimango imbambolata per non so quanto tempo, continuando a guardarlo da capo a piedi, accorgendomi solo ora che è completamente, totalmente nudo.
Cazzo.
 
Ok che sei donna, ma devi guardare proprio lì?
 
Accorgendomi della mia imbecillità, mi copro gli occhi con la mano destra e respiro profondamente, sentendo le guance e le orecchie andare a fuoco per la vergogna.
Non riesco nemmeno a capire se sono le figure di merda e le sventure a seguirmi o se sono io che le trovo per strada, davvero.
Essere abbandonata come una disperata asociale può essere fattibile; seguire un lupo dal candido pelo è passabile… ma incontrare un tipo sconosciuto, che potrebbe essere un pazzo psicopatico con istinti omicida, nudo, nel bosco… Mother of God!
 
“Ehm… stai bene?” mi chiede gentilmente il ragazzo, sentendolo chiaramente avvicinarsi grazie al lieve scricchiolio che producono le foglie sotto i suoi passi.
Non mi muovo e tento di calmare i bollenti spiriti, aprendomi uno spiraglio di vista tra le dita, incrociando i suoi occhi così vicini ai miei.
 
“Più o meno…” mormoro in risposta, indietreggiando di due passi per istinto umano.
Inclina la testa da un lato, appoggiando due dita sotto il mento, con fare meditabondo.
Il lupo, o Gaara, guaisce piano, richiamando l’attenzione del suo padrone, che, come risvegliatosi, si siede per terra e gli accarezza il muso con fare amorevole.
Tolgo la mano dagli occhi, guardandoli con un misto di solitudine e malinconia, per poi allontanarmi velocemente, appoggiandomi con la schiena contro un albero lì vicino, porgendo la mia attenzione sulle fiamme vive del fuoco, che (non so il perché) mi fanno pensare inevitabilmente ad Ace.
E’ assurdo come ancora un piccolo ed inutile spiraglio di speranza rimanga “aggrappato” con foga al mio cuore, facendomi soffrire.
La mia stupidità non ha limiti.
Soprattutto la mia fiducia in una persona che mi ha tradita e abbandonata a me stessa.
 
“Perché sei triste?” domanda il biondo, distogliendomi dai miei pensieri masochisti.
“Non sono triste” ribatto con convinzione fasulla, facendolo ridacchiare.
“Allora sei arrabbiata con il mondo!” tenta ancora, infastidendomi un po’.
“Non sono arrabbiata con nessuno!” sbotto iraconda, pentendomene subito dopo, cercando in lui ogni cenno di delusione o offesa, che non scovo.
Sussurro un debole “scusa”, abbassando gli occhi verso terra, sentendo le lacrime bramanti di uscire e continuare a scorrere.
Il magone mi occlude la gola, facendomi singhiozzare per cercare aria.
Cerco di trattenermi, e, con un po’ di fatica, ci riesco.
“Non devi trattenere i tuoi sentimenti. Piangere è umano” osserva, sorridendo calorosamente, scoprendo la dentatura bianchissima, e un buco a causa di un dente mancante.
“Come ti chiami?” gli chiedo torturando in filo d’erba, avvolgendolo e srotolandolo attorno all’indice della mano sinistra, per poi staccarlo con decisione, continuando a torturarlo.
“Sabo. E tu?”
“Kat”- mi presento in un soffio, pensando a cosa dire, finché una domanda non si fa spazio nella mia mente come un tarlo- “Perché vivi qui?”
Lui sobbalza e sposta lo sguardo da tutt’altra parte, sospirando pesantemente.
“Ho paura di ferire una persona, facendomi vivo” dichiara malinconico, per poi parlare di altro, chiudendo così la discussione.
La mia curiosità vuole essere saziata, ma non posso costringerlo a rispondere.
Meglio proseguire con calma, in fin dei conti, ci conosciamo appena e introdursi così nella vita privata di uno sconosciuto è indiscreto e “non adeguato” alla situazione.
 
 
Mangiamo in tranquillità, presentandoci un poco l’uno all’altro.
O meglio: sono io che parlo mentre lui ascolta.
Gli sto raccontando la mia vita (non nascondendo la mia vera identità) come se cercassi di sfogarmi, finché non giungo alla parte in cui ho conosciuto un serial killer di nome Ace che mi ha cambiato la vita e che adesso mi ha abbandonata.
Nei suoi occhi riesco a leggere un attimo di smarrimento e un poco di felicità, per poi svanire subito e ritornare serio.
 
“Quindi… questo Ace ti ha lasciata questa mattina dopo… dopo… aver fatto sesso? Sul serio?” domanda come se fosse indignato e deluso di Ace.
“Uhm… sì… però devo ancora comprenderne il motivo, anche se l’altra parte di me è fortemente convinta che il suo era solamente un gioco per crearsi alleati e “sconfiggere” da solo Mihawk e Doflamingo. Anche i miei migliori amici e il mio fratellino mi hanno abbandonata al mio destino…” dico stringendo convulsamente un pugno fino a conficcarmi le unghie nel palmo.
“Non s’è mai comportato così… è strano” osserva dopo alcuni minuti di silenzio, lasciandomi allibita.
“Come?” chiedo in cerca di spiegazioni, lasciando trasparire una certa nota d’impazienza nella voce.
“No, no, niente! Parlavo da solo! Faccio sempre così, eheheheh!” si scusa agitando le mani con fare innocente, non riuscendo convincermi, però.
Guardo Gaara e noto che lui sta dormendo placidamente accanto al fuco, aprendo un occhio di tanto in tanto come a controllare la situazione.
Ritorno con lo sguardo su Sabo, assottigliando gli occhi con sospetto, mentre lui deglutisce rumorosamente, convincendomi ancor di più che lui stia mentendo.
 
Se lo torturiamo… svuoterà il sacco, forse…
 
No, dobbiamo giocare d’astuzia. Dobbiamo fregarlo.
 
Discuto con la mia socia, pensando nel frattempo a cosa poter dire, rimuginando per pochi secondi, per poi fare un piccolo sorriso di vittoria.
“Devo ammettere, che comunque, Ace è davvero un tipo strambo: sempre serio, non ride mai, pensa solo al suo lavoro! Forse dovevo aspettarmi che nascondeva doppi fini!” esclamo  fingendo amara ironia, facendolo sobbalzare e irritare un poco.
“No, non è vero! Ti assicuro che Ace non si comporterebbe mai così! Non può essere cambiato! Lui ha sempre avuto dei bei valori! L’ultima cosa che farebbe è tradire una persona! Anzi, sicuramente voleva proteggerti!” sbotta tutto d’un fiato, per poi arrossire imbarazzato, accorgendosi del suo errore.
Punzecchiare le persone nei punti giusti porta sempre validi risultati, a quanto vedo.
Però sarà vero ciò che dice? Veramente, Ace, non voleva tradirmi?
 
“Quindi lo conosci. Certo che è strano. Lui sa che vivi in un bosco come un guardiano della foresta?” domando incrociando le braccia al petto, facendolo fremere leggermente.
Appoggio la testa al tronco dell’albero, guardandolo in attesa di risposta.
“No… lui… pensa che io sia morto, secondo me…” mormora affranto, asciugandosi con il dorso della mano una lacrima sfuggente.
“Perché?” domando ancora, mettendomi comoda, come se dovessi ascoltare una storia.
 
Inspira ed espira profondamente tre volte, cominciando a narrare con voce calma:
“Erano bei tempi, allora. Vivevo assieme a suoi genitori dopo essere scappato dalla mia famiglia che non avevo mai accettato.
Cercavo la libertà, ma anche il calore di una vera famiglia… e l’ho trovata.
Roger, il padre di Ace, svolgeva un lavoro misterioso e, per quanto io ed Ace cercassimo di capire qual era, non lo scoprimmo mai, ricevendo sempre dei sorrisi enigmatici o delle risa allegre.
E poi c’era Rouge. Lei era davvero unica e stupenda: era bellissima, un vero e proprio angelo in terra! La sua dolcezza e il suo amore erano smisurati!
Era sempre felice, spensierata e giocava con me ed Ace nel prato difronte a casa.
Io ed Ace, eravamo due vere e proprie pesti e non erano pochi, i momenti in cui facevamo arrabbiare Rouge perché combinavamo qualche marachella o ci sporcavamo nel fango quando pioveva, per poi correre in casa e imbrattare tutto il pavimento, mandandola su tutte le furie… era arrivata al punto che ci doveva inseguire con la scopa, mentre noi ridevamo come due sciocchi, scappando dalla sua ira funesta.”- comincia sorridendo, facendomi ridacchiare leggermente alle sue ultime parole, creandomi nella mente Rouge mentre insegue Sabo ed Ace da piccoli. Doveva essere un vero spasso- “Vivemmo un’infanzia tranquilla e serena, finché non successe ciò che portò alla nostra separazione…
Era una mattina piovosa e, dopo aver ricevuto raccomandazioni da Rouge di non beccarci un malanno e di rientrare presto, corremmo veloci nel bosco, addentrandoci più in là di quanto avessimo mai fatto.
Girovagammo per ore, perdendo la strada di casa. Stava calando la sera e noi cominciavamo a preoccuparci un poco, anche se cercavamo di non dimostrarlo, al fine di non cadere nel panico, però osservai lo stesso che dovevamo tentare di rientrare a casa irritando Ace non poco.
Infatti litigammo e ci separammo, dicendo l’un l’altro che ce la saremmo cavati benissimo da soli e che non avevamo bisogno di nessuno…”.
Si ferma un momento, mentre io ripenso alle volte in cui ho litigato con Rufy o Shanks, arrivando persino alle mani.
Per me era sempre una brutta sensazione, perché avevo paura di creare una crepa nel nostro forte legame.
Era terrorizzata al pensiero di stare senza di loro.
“E tutto per una simile sciocchezza…” commento tristemente, facendolo annuire.
“Già. Però sai anche che i bambini litigano e fanno pace con niente” ribatte malinconico.
“Cosa che voi non avete fatto, giusto?” domando incerta, abbracciando le gambe con entrambe le braccia, cercando di infondermi un po’di calore.
“Sì, è così. Come ho già detto ci dividemmo: lui si addentrò ancor più nella foresta, mentre io decisi di seguire il torrente.
Fu lì che accadde l’incidente… allora non avevo pensato minimamente (preoccupato e arrabbiato com’ero con Ace) che quando c’è un corso d’acqua, ci sono anche dei predatori.
Arrivai al torrente e, mentre proseguivo, non mi accorsi che ero diventato la cena di alcuni lupi affamati.
Successe all’improvviso: mi ritrovai buttato a terra con ginocchia sbucciate a naso sanguinante a causa delle rocce.
Tentai di rialzarmi ed urlai con quanta voce avevo, fino a farmi bruciare le corde vocali.
Chiamai il nome di Ace, cadendo nel panico più totale, mentre cercavo di sfuggire dalle grinfie delle belve. Non avevo nessuna arma con me.
Niente di niente.
Fecero presto a raggiungermi e assaltarmi al viso, procurandomi questa cicatrice”- dice indicandosi la parte di viso lesa, per poi proseguire col racconto- “All’improvviso, arrivò un lupo dal pelo candido, attaccando con ferocia i suoi simili, per poi farmi scudo col suo corpo.
Non so cosa successe, poiché svenni, ma mi risvegliai in un posto sconosciuto assieme al lupo che mi aveva salvato e dal suo piccolo, Gaara. Da allora non sono più tornato a casa e ho deciso di vivere qui, assieme a Gaara, sopravvivendo come meglio potevo fino ad ora…”.
Termina con tristezza mista ad affetto per il suo compagno, mentre il suo viso si contrae in una leggera smorfia di dolore per il passato.
 
Non può vivere qui per sempre.
Soprattutto per il fatto che forse Ace si starà tormentando con i sensi di colpa per non aver salvato Sabo.
So di essere arrabbiata anche io con Ace, ma posso essere indifferente alla cosa ed aiutare il biondino difronte a me.
 
Sei sicura? Ti ricordo che non riceverai nulla in cambio…
 
Hai ragione. Ma togliere l’affetto di un famigliare o di una persona vicina a te è brutto.
 
“Sabo, preparati assieme a Gaara!” esclamo alzandomi, per poi pulirmi leggermente il vestito, incominciando ad incamminarmi nel folto del bosco buio e freddo.
“Dove andiamo?” domanda sorpreso, mentre il lupo dal pelo candido muove leggermente le orecchie, ascoltando la conversazione con attenzione anche se cerca di dimostrarsi menefreghista alla cosa.
“Da Ace, ovvio!” gli rispondo senza esitare, rivolgendogli un sorriso sicuro a trentadue denti.
Lui boccheggia un poco e si morde il labbro inferiore, mentre il suo corpo è scosso da tremiti.
“Non posso…” sussurra accovacciandosi a terra, avvolgendosi il busto con le braccia e i suoi occhi sono velati di lacrime.
Tante lacrime.
Odio quando una persona piange.
Non so cosa fare.
 
Mi avvicino delicatamente a lui, per poi abbracciarlo, carezzandogli con una mano i capelli lunghi biondi, saggiando la loro morbidezza.
“Sabo, non puoi vivere qui per sempre e tu lo sai. Vuoi davvero che Ace muoia con i sensi di colpa? Sai, forse è per questo che è diventato un serial killer di fama: per cercare di non pensare a te e alle tue grida che gli lanciasti quella notte in cerca d’aiuto” gli mormoro vicino all’orecchio, tentando un modo di farlo ragionare, anche se queste parole che ho pronunciate sono veleno.
Si irrigidisce come un blocco di marmo, sentendo persino il suo respiro fermarsi e riprendere più velocemente dall’ansia e dalla paura.
Gaara si alza e ulula rivolto al cielo, richiamando la nostra attenzione.
Sabo lo guarda incredulo, cercando di fermare nuove lacrime, senza successo.
 
“D-D’accordo… v-vengo!” dice scosso dai singhiozzi, sorridendo di gioia.
 
 
Prima di ritornare a casa abbiamo fatto tappa in una cittadina poco abitata e tranquilla, fermandoci in un negozio di abiti e da un barbiere per tagliare i capelli di Sabo, per poi pranzare in un osteria dall’aspetto dei vecchi film western.
Dire che il ritorno a casa sia stato faticoso è un eufemismo.
Dire che Gaara ad un certo punto si è messo correre nel bosco, per prendere una scorciatoia (come ha detto Sabo), è un omicidio.
E credo che ora lo sarà in tutti sensi, dato che siamo davanti alla porta di casa di Ace, con il respiro affannato, aspettando che ci venga ad aprire.
Perché lo penso? Perché penso, che, oltre ad essere felice, Ace, sarà sicuramente incazzato nero per essere stato preso per il culo per anni, dandosi la colpa di una cosa di cui invece è innocente.
 
“Ah! Ciao Kat! Sei tornata!” mi saluta Ace con un sorriso stampato in faccia, come se nulla fosse accaduto tra noi.
 
Io lo ammazzo.
 
Ti do una mano. Anche due, se vuoi.
 
Pianifichiamo io e la mia socia, sentendo la sua forza cominciare a scorrere nelle mie vene, facendomi fremere da una strana eccitazione all’idea di un bel combattimento tra la sottoscritta e questo fottuto bastardo.
Tu, lurido pezzente che non sei altro! Ti distruggo con le mie mani e danzerò sul tuo corpo morto finché avrò fiato in corpo!” gli grido contro ringhiando selvaggiamente, facendolo sogghignare.
Ma come osa questo stronzo?!?
“Dovrai solo provarci!” esclama in risposta, facendomi imbestialire.
 
Sto per attaccarlo con un bel pugno, ma una mano ferma il mio gesto, facendomi riprendere lucidità.
Cazzo.
 
Non è più nudo…
 
Taci.
 
Ace volge l’attenzione al nuovo arrivato, trovandosi successivamente a boccheggiare e sussurrare parole sconnesse.
Si appoggia allo stipite dell’uscio di casa per non cadere, guardando Sabo come se fosse un fantasma.
“Ciao, Ace…” lo saluta Sabo con voce malferma dall’emozione, compiendo un passo avanti.
Ace indietreggia e ci sbatte la porta in faccia, ricevendo da Gaara un guaito di disapprovazione e non posso che concordare con lui.
Che faccia tosta.
 
“Ehi, brutto stronzo!”- lo insulto incrociando le braccia al petto, mentre Sabo tenta di farmi tacere, quasi avesse paura di una brutta reazione da parte del moretto che sta dall’altra parte- “Apri sta cazzo di porta! Non fare la donnicciola incompresa!”.
In meno di un secondo la porta si riapre, per poi essere trascinata all’interno della casa alla velocità del suono, trovandomi il volto di Ace a meno di cinque millimetri dal viso.
“Perché è qui? Che cazzo è successo?” sbotta iracondo, facendomi inarcare un sopracciglio dalla perplessità.
Ma è drogato o cosa?
“L’ho portato io! Lui è Sabo!” rispondo tranquilla, guardandolo con superbia.
“So benissimo chi è! Ho vissuto con lui per tutta la mia infanzia!”.
“Bene. E non sei contento di vederlo?” gli domando a sorpresa, facendolo bloccare.
Esita alcuni attimi, come se soppesasse la situazione per poi rispondere: “Certo che sono contento!”.
“Allora salutalo!” gli intimo come una madre, dimenticandomi della mia ira contro di lui.
Ora c’è una situazione più delicata tra le mani.
 
Ace respira profondamente, per poi aprire la porta e prendere per il bavero della camicia bianca Sabo, trascinandolo dentro casa, mentre Gaara s’intrufola di nascosto, per poi affiancarsi a me, facendosi coccolare.
 
“Brutto figlio di puttana!” grida Ace fuori di sé, colpendo Sabo in pieno viso con un pugno, facendolo indietreggiare.
Si tocca il labbro spaccato, per poi guardare le dita sporche di sangue, dicendo: “Ace, posso spiegare…”.
Ma non gli lascia nemmeno il tempo che viene atterrato da un pugno nello stomaco.
 
“Sabo, ti consiglio di rispondere alla stessa maniera” gli consiglio sedendomi per terra, mentre Gaara si sdraia e guarda la scena con interesse misto a divertimento.
Un po’ bastardo.
Ma anche io non sono da meno.
Non interverrò per nessuna ragione.
 
“Ma bisogna discutere civilmente!” esclama Sabo allibito, facendomi sbuffare.
“Coglione del cazzo! Anche adesso fai la persone civile?!?” domanda Ace con rancore, colpendolo ad uno stinco con un calcio ben assestato.
Il biondo s’inginocchia, toccandosi la parte lesa, digrignando i denti con forza.
“Sei tu che sei un coglione, testa di minchia! Non hai ancora imparato l’educazione, a quanto vedo!!!” controbatte Sabo abbandonandosi all’istinto primordiale.
Si alza di scatto, zoppicando un poco per il colpo di poco prima e compie due passi verso il moro, abbassandosi in tempo per schivare un altro pugno in viso.
Si appoggia con le mani sul pavimento, fa forza e compie con la gamba sana un semi rotazione, facendo lo sgambetto ad Ace, che indietreggia un poco all’indietro, nel tentativo di ritrovare l’equilibrio.
Sabo approfitta di questo momento di debolezza per attaccarlo, buttandosi letteralmente sopra di lui, capitombolando a terra come due sacchi di patate e cominciano a rotolarsi, insultandosi a vicenda e colpendosi come non ci fosse un domani.
 
Sbadiglio per il sonno e mi alzo, dirigendomi verso la cucina, seguita a ruota da Gaara.
 
“E tu dove credi di andare, mocciosa?!?” domanda Ace con tono rabbioso, facendomi sbuffare dalla noia.
“Che palle! Sto andando a mettere qualcosa sotto ai denti! Ho fame!” sbotto proseguendo per la mia strada, incontrando sul cammino (credo per caso) una donna dai capelli rossi corti, avvolta solamente da un asciugamano.
Credo sia quella che ho visto di sfuggita ieri notte…
La guardo intensamente mentre dentro al mio animo comincia a farsi largo una strana sensazione.
È come se bruciasse qualcosa dentro di me e provo una strana rabbia nei suoi confronti, senza che lei mi abbia fatto niente.
Il mondo è strano… o forse sono io?
 
“Ciao! Tu devi essere Kat, giusto? Io sono Nami!” esclama sorridendomi in modo insicuro, quasi avesse timore nei miei confronti.
Non le rispondo e vado avanti, vedendola irrigidirsi al mio passaggio.
Non riesco nemmeno a compiere una decina di passi che già sento una nuova voce e quella di Law litigare, facendomi innervosire ancor di più.
Piuttosto che essere nella casa di una assassino, mi sembra di essere in un hotel.
Chissà dove sono Rufy e Shanks.
 
Gaara mi spinge delicatamente in avanti, invitandomi ad andare verso la cucina, forse anche lui ha fame, povero cucciolo.
 
Cucciolo? Quello è un mostro, altro che cucciolo!
 
Ma senti da che pulpito parte la predica!
 
Raggiunta (finalmente) la cucina, mi fiondo vicino al frigorifero, prendendo yogurt alla frutta, formaggio, birra e tanto altro.
L’appoggio sul tavolo di legno e apro un po’di tutto, rimpinzandomi come non avevo mai fatto, rischiando di avere tutto sullo stomaco, ma poco importa.
Divido il cibo con il lupo, domandandomi se possa fargli bene tutto quello che gli do, anche se lui accetta di buon grado.
 
Le voci che avevo sentito poco prima si avvicinano, fino a trovarmi davanti Trafalgar e un tizio veramente muscoloso dai capelli rossi come il fuoco a forma di papavero, indossante solamente un paio di pantaloni con motivo a giraffa e degli stivali neri.
 
“E questa chi cazzo è?!?” domanda iracondo il rosso, mentre io mi blocco con metà galletta in bocca.
“Ma chi caffo fei tu, brutto sfronzo!” gli rispondo a tono, sputacchiando briciole di galletta ovunque, facendogli digrignare i denti dalla rabbia.
“Mocciosa, vedi di non offendere!”
Finisco il mio pranzetto in un boccone e mando giù, rischiando di strozzarmi, ma mi riprendo in fretta.
“Non ti ho offeso. Ho solamente espresso una mia opinione su di te!”
“Ma certo! Nemmeno mi conosci e già mi dai dello stronzo!”
“Sei tu che hai iniziato! Se vuoi posso continuare!”
“Brutta cogliona!”
“Deficiente cafone!”
“Come osi darmi del cafone, troia?!?”
“Ha parlato la regina delle baldracche trasformate!”
“Ripetilo!”
“Regina delle baldr…”
“Adesso basta!” c’interrompe Law, mentre cerca di trattenersi dal picchiarci tutti e due.
“Kat, lui è Eustass Kidd. Kidd, lei è Kat” ci presenta con tono apparentemente calmo, mentre il rosso mi lancia un’occhiataccia che può incenerire una persona, se solo potesse.
Scuoto la testa come a dire che non c’è nulla da fare per questo tipo strambo, mentre la mia socia ridacchia malignamente per la mia strafottenza.
Kidd ringhia sommessamente, ricevendo un’occhiata eloquente da parte di Law, per poi poggiare il suo sguardo su di me.
“Ci dispiace di non averti avvertita, ma la situazione era complicata” spiega con la sua freddezza disarmante, lasciandomi perplessa.
 
Cosa intende con “situazione complicata”? Che cosa è successo?
 
“D’accordo”- rispondo con diffidenza, assottigliando gli occhi, scrutandolo con crescente curiosità ed impazienza- “Che succede?”
“Si tratta di Rufy”- mi risponde Trafalgar, accendendo nel mio animo un campanello d’allarme grosso come una casa- “E’ stato preso”.
Tutto si fa più rallentato, mentre il mio cuore perde due battiti.
All’improvviso sento freddo, per poi essere travolta da un’onda di emozioni: rabbia, preoccupazione, odio, voglia di spaccare il mondo.
Mi alzo dalla sedia e mi dirigo a grandi falcate verso i due, sentendo gli occhi grigi di Gaara puntati sulla schiena.
 
“Chi lo ha preso? Come?” domando stringendo convulsamente i pugni, mentre Kidd si prepara ad attaccarmi.
“La mocciosa ha detto che lo hanno rapito dopo che hanno fatto sesso e li hanno storditi. Non ricorda nient’altro” spiega brevemente il dottore, facendomi infuriare.
                                                                                                                                      
Questo inconveniente non era previsto. Sono più che sicura che ci sia Doflamingo, dietro.
 
“Quel figlio di puttana! Ovvio che sia stato lui!” mormoro furiosa, mentre sento il respiro farsi sempre più veloce e il cuore pompare a mille.
Do loro le spalle, prendendomi la testa dolorante tra le mani, quasi possa esplodere da un momento all’altro come una bomba ad orologeria.
E’ colpa mia se Rufy è in pericolo.
Non ne va mai bene una giusta, cazzo!
 
Colpisco con violenza il ripiano del tavolo, facendomi male alle nocche della mano destra, fregandomene altamente.
Prendo il tavolo e, fuori di me, lo ribalto con tutta la forza di cui dispongo, rovesciando i contenitori vari di cibo e bibite.
 
“Calmati, mocciosa. Non risolvi nulla” sbotta Kidd con disprezzo, facendomi infuriare ancora di più.
Sta’ zitto, stronzo! Non te ne deve sfregare un cazzo di quello che faccio!” gli rispondo ringhiando, per poi accovacciarmi per terra, ripensando ai momenti casualmente felici passati con quel bastardo di Joker.
Perché ha rapito Rufy? Perché lui e non me?!?
 
“Che succede?” domanda Ace raggiungendoci, seguito a ruota da Sabo e dalla donna con i capelli rossi.
Ricomincio a ringhiare come un animale che tenta di proteggere il suo territorio, spaventando la rossa visibilmente, facendomi quasi sorridere di soddisfazione.
 
“Gli ho detto di Rufy” dice Law, ricevendo un’occhiata penetrante da parte del corvino.
“Kat, sistemeremo tutto, te lo assicuro” tenta di convincermi Ace, facendomi perdere completamente le staffe.
Sistemare? Tu mi vieni a dire che sistemeremo tutto, quando mi hai abbandonata in quella sudicia discoteca, senza avvertirmi di nulla! Ti rendi conto che Rufy è stato preso e Dio solo sa che cosa ha in mente quel lurido figlio di puttana di Joker!!!” gli inveisco contro, lasciandolo sorpreso.
Nella cucina cala il silenzio di tomba, mentre lacrime amare cominciano a scorrere lungo le mie guance, attraversandomi tutta la gola, per poi cadere a terra, ascoltando il dolce plic che producono.
“Kat, ascoltami, ti prego…” comincia Ace, ma non lo lascio finire.
Andrò a salvare Rufy. Da sola” sussurro con determinazione, lasciando il killer di stucco.
“Ma che ti salta in mente? Sarebbe un suicidio! Kat, pazienta! Salveremo tuo fratello! Abbiamo già molti uomini dalla nostra parte!” esclama sbigottito, compiendo qualche passo incerto verso di me, ma è come se non esistesse.
 
Kat, lo sai benissimo che l’unica in grado di aiutarti sono io. Lasciami prendere il controllo sul tuo corpo, rinuncia ai sentimenti e ti posso assicurare che Rufy sarà salvo.
 
No, Ace. Tu non mi  aiuterai. Non voglio che altre vite umane rischino per un Mostro come me. Risolverò da sola questa situazione. In fondo… è solo colpa mia…” controbatto cominciando ad alzarmi, ma non riesco nemmeno a muovere tre passi che qualcosa colpisce la mia testa e l’unica cosa che sento è il contatto freddo e doloroso con il pavimento.
Tutto si fa confuso e sfocato.
 
Rufy” mormoro istintivamente, senza pensare a null’altro che non sia il mio fratellino in pericolo, e subito dopo, tutto si fa buio.
 





Angolo di Alyce: Buonasera a tutti!!!!!!!!!!!!!!!!!!
Devo dire che sono stata abbastanza veloce ad aggiornare. Sono contenta.
Ma passiamo al capitolo!
Kat in questo capitolo è presa totalmente dallo sconforto e dalla rabbia, per questo le viene un'incredibile voglia di piangere!
E poi, BAM! La doccia fredda: Rufy è stato rapito.
Le voglio proprio male, povera ragazza :D
Inoltre, prova un profondo odio insensato verso Nami e attacca briga subito con Kidd, arrivando quasi a picchiarsi.
E poi c'è Sabo! Il magnifico e dolce Sabo che si preoccupa della reazione di Ace! (caro Sabo, puoi fare gli occhi da cucciolo quanto vuoi, ma non sfugerai ai pugni di tuo fratello. Sono sadica).
Insomma, ci sono nuove entrate e tante crisi di sentimenti!
Kat mi diventa depressa e una furia incazzata, che spaccherebbe il mondo appena le rivolgi la parola e il caro Mostriciattolo è preso dal senso d'ironia, tanto per fnire :D
Lo adoro!
Ci si vede alla prossima puntata, gente!
Ciao e un strasuperbacione a tutti!
Alyce :))))))))))))))))))))))))))))))))

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Capitolo 19
*** 16- Posso fidarmi di te? ***


16° capitolo: Posso fidarmi di te?

 
 
“Kat…” sento mormorare in lontananza, mentre posso sentire la mia testa scoppiare.
È come se un martello continuasse a picchiare incessantemente e mille aghi si infilzassero con forza nella massa grigia, provocandomi dolore.
Grande dolore.
E, come se non bastasse, sento le mie povere braccia e mani formicolare a causa dell’indolenzimento.
 
“Kat…” mi chiama la voce con un tono un po’ più alto del primo.
Chissà dove sono…
Non mi ricordo nemmeno cosa sia successo dopo aver litigato con Kidd. Vuoto assoluto.
 
“Ehi, testa di cazzo, svegliati!” sbotta un’altra voce, furente e spazientita.
Vabbè che mi sento uno straccio, ma questa voce “melodiosa” potevo anche evitare di sentirla.
 
Apro gli occhi con estrema lentezza, sentendo le palpebre pregarmi di richiuderle e dimenticarmi di tutto.
Per i primi attimi vedo offuscato e pian piano ogni cosa prende colori e forme ben distinti.
Davanti a me vedo due occhi neri come ossidiana molto famigliari, facendomi irritare non poco.
“Che bella giornata…” sussurro sarcastica, ricevendo in cambio un sorriso insicuro.
“Scusa, ma dovevamo…” commenta Ace dispiaciuto, mentre delle domande si affollano nella mia povera mente provata: cosa è successo? Perché non ricordo nulla? Ho fatto o saputo qualcosa che mi ha fatta scattare alla rabbia e all’odio?
“Che è successo?” domando leggermente incuriosita, mentre un piccolo campanello d’allarme dentro di me, altri non è che il mio sesto senso, comincia a preoccuparmi.
“Beh… ecco…” comincia Ace impacciato, ma Kidd lo precede.
“Il tuo amico Rufy è stato preso da dei bastardi e tu sei diventata una schizofrenica di prima categoria” risponde del tutto tranquillo, mentre Trafalgar sospira esasperato.
Oh.
Ora ricordo.
Merda.
 
Concordo con te, socia. Ora possiamo andare ed agire?
 
Certo, andia…
 
Rispondendole, cerco invano di muovermi, ma sono legata con delle manette di ferro pesante, appesa ad un muro, in una stanza sconosciuta, fredda e piena d’armi di ogni tipo, anche da tortura.
 
Siamo imprigionate!
 
Wow! Giuro che non me ne ero accorta! Grazie dell’informazione, tesoro!
 
Controbatte sarcastica l’altra parte di me, facendomi ringhiare dalla frustrazione.
 
“Liberatemi, bastardi!” grido dimenandomi e scalciando ancor di più, mentre Ace cerca invano di calmarmi, dicendomi che andrà tutto bene e che risolveremo tutto.
“Ho detto di liberarmi! Non mi fido più di voi!” sbotto in risposta, per poi sentirmi la testa bloccata da una grossa mano e due occhi gialli come quelli di un falco fissarmi con astio crescente.
“Ascolta bene, mocciosa: stiamo cercando di aiutarti! Se ti abbiamo abbandonata in quel posto è stato per un motivo ben preciso!” mi ringhia contro Kidd, ricevendo dalla sottoscritta uno sputo in pieno viso, provocando un ghigno divertito a Law.
Il rosso serra rigidamente la mascella, per poi allontanarsi di alcuni passi e sferrarmi, a sorpresa di tutti, un bel pugno.
Giro la testa di conseguenza, sputando un fiotto di sangue dal retrogusto metallico.
Sento il naso dolorante e sanguinante anche esso, mentre l’altra parte di me chiede di liberarsi e di vendicarsi del torto subito, ma non l’accontento.
 
“Sei contento, ora?” gli chiedo ridacchiando leggermente, irritandolo non poco.
“Brutta stronza, se vuoi ne ho molti altri!” mi risponde indicandomi le sue mani chiuse a pugno, facendomi ridere sguaiatamente.
“Accomodati, se la cosa ti aggrada!” lo provoco, e lui sta per attaccarmi ancora, ma Law ed Ace lo fermano, impedendogli così di soddisfare la sua voglia di picchiarmi.
 
Noto con estremo piacere che stai imparando. Sono contenta!
 
Guardo Ace con odio e, accortosi che lo sto fissando, risponde al mio sguardo, per poi sospirare.
“Ascolta…”- comincia massaggiandosi il collo con leggero imbarazzo, per poi riprende con più sicurezza, come se si fosse convinto di una cosa- “Siamo stati costretti a farlo, ok? Avevamo saputo da poco che Rufy era stato preso e dovevamo discutere dei dettagli in un luogo più sicuro…”.
“E questo vi è sembrato un buon motivo per lasciarmi in disparte?!?” sbotto iraconda, mentre posso sentire il sangue fluirmi più velocemente nelle vene e il cuore accelerare man mano che la mia rabbia aumenta, lasciandomi quasi senza fiato.
“Ci dispiace per il nostro comportamento, ma siamo stati presi alla sprovvista. Non era previsto!” si giustifica lui alzando la voce, infastidendomi ancor di più.
“Non era previsto?!? NON ERA PREVISTO?!? MA CHE CAZZO TI SALTA IN MENTE, ACE?!? DOVRESTI SAPERE CHE SONO UOMINI SENZA SCRUPOLI E DANNATAMENTE FURBI!!!” grido con tutto il fiato che ho in gola, spaventando non poco la donna dai capelli rossi.
“Kat, calmati. Non è il momento di litigare” s’intromette Law con tono tranquillo, allentando la tensione che si è venuta a creare in questa maledettissima stanza.
 
Respiro profondamente, chinando la testa in avanti, guardando il pavimento.
Goccioline di sudore imperlano il mio viso, per poi cadere con eleganza.
Tutta questa situazione è assurda.
Più andiamo avanti, più le cose si complicano e, come se non bastasse, Rufy è in pericolo, nelle mani di Joker.
Devo agire e subito.
Non m’importa come.
Voglio salvarlo e basta.
Anche se fosse necessario scambiarmi con il mio fratellino, non esiterei un attimo.
La mia vita non conta nulla.
E’ solamente un problema da distruggere.
 
“Ace. Liberami. Ora” ordino al moro, non suscitando in lui alcuna emozione, nemmeno sorpresa.
“No” risponde secco, facendomi incazzare.
La voglia di gettargli qualsiasi cosa contro è immisurabile, ma mi trattengo solamente perché sono bloccata e possono farmi svenire di nuovo con niente.
“Ace, te lo ripeto di nuovo: liberami”.
“Ho detto no”.
Alle sue ultime parole di rifiuto mi spazientisco e comincio apparentemente ad agitarmi, anche se la mia idea è un’altra…
 
“Che stai tentando di fare?” domanda Ace avvicinandosi a me, guardandomi insistentemente.
“Semplice: mi sto rompendo i polsi, se questo può servire a liberarmi da sola” gli rispondo con ovvietà, facendolo arrabbiare non poco.
“Kat, adesso basta comportarti come una bambina! Il tuo atto eroico non servirà a nulla!” ringhia prendendo in una mano i miei capelli, tirandoli indietro, costringendo il mio volto a fare altrettanto, lasciando la gola scoperta alla lama del suo coltello tirato fuori chissà quando.
“Ace, a me non importa compiere un atto eroico o meno. Voglio salvare Rufy! E non sarà rimanendo bloccata qui che risolverò qualcosa! Ti avverto: se non mi liberi mi romperò per davvero i polsi e non sto scherzando” sussurro digrignando i denti per la frustrazione.
Avvicina ancor di più il coltello, percorrendo la giugulare con la punta, graffiandomi.
“Nemmeno io scherzo” mormora vicino al mio orecchio.
Mi guarda negli occhi per alcuni attimi, per poi posare le sue delicate e morbide labbra sulle mie in un vaporoso bacio.
“Ti prometto che ti libereremo e che salveremo Rufy. Ma non ora. Porta pazienza, piccola” mi rassicura in tono dolce e profondo, provocandomi un lungo brivido lungo la spina dorsale.
“Chi mi dice che non stai ancora mentendo?” gli chiedo a fior di labbra, mentre la disperazione comincia a farsi largo in me.
“Te lo giuro, Kat. Fosse l’ultima cosa che faccio” mi risponde carezzandomi dolcemente il viso e io non posso fare niente che attendere.
 
I presenti abbandonano la stanza, lasciandomi sola con l’altra parte di me.
Restiamo in silenzio per un tempo interminabile, nel frattempo in cui il Mostro si diverte a gironzolare, toccando le armi, ridacchiando d’eccitazione.
Qualche volta mi sfotte sulla mia ingenuità, aggiungendoci tutte le volte che sono una stupida che sogna ancora il principe azzurro che mi viene a salvare sul suo cavallo bianco.
 
“Non mi è mai piaciuto il principe azzurro, lo sai” dico più a me stessa che a lei, facendola sbuffare lievemente dall’impazienza.
 
Lo so, lo so! A te piacciono i tipi spacconi con giacca di pelle e moto fichissima! Però è pur sempre una tipologia di principe, ti pare?
 
Sbotta in risposta, rivolgendomi un’occhiataccia, per poi ricominciare la sua perlustrazione.
Sbuffo infastidita dalla sua osservazione, guardando un punto indefinito della stanza.
“Certe volte sei più odiosa di quanto tu già non sia!” borbotto contrariata, facendola ridere di gusto.
 
Mi raggiunge in pochi salti, sfiorando a malapena il pavimento con la punta dei piedi, con una tale leggiadria da sembrare un fragile farfalla.
Cosa che invece non è.
Si potrebbe paragonare alla forza fatta in persona, al sadismo puro e contorto.
 
Lo so, mia cara! Però non puoi nemmeno negare che Ace ti piaccia!
 
Sgrano gli occhi, presa in totale contropiede, facendomi boccheggiare un paio di volte.
“M-Ma questo cosa c’entra, scusa?!?”- esclamo a voce alta sentendomi in imbarazzo, mentre posso sentire il mio volto avvampare. Mi accorgo del mio fatale errore e proseguo, abbassando la voce quasi ad un sussurro- “A me non piace!”.
 
Sì, sì, certo! Come no! Kat, ti conosco troppo bene e posso capire quando stai mentendo o no!
 
“Brutta basta…” comincio a insultarla, ma vengo bloccata dall’entrata in scena di Eustass Kidd.
“Perché cazzo urli?!?” chiede furioso, regalandomi un’occhiataccia che potrebbe incenerirmi, se solo avesse questo potere.
“Chi? Io? Ehm… mi sono fatta male alla testa, sbattendola contro il muro!” m’invento sul momento, facendo ridacchiare di gusto la mia socia, sentendola mormorare “che scusa patetica”.
“Si vede, infatti!”- commenta scuotendo la testa il rosso, facendomi incazzare. Lo voglio uccidere con le mie stesse mani!- “Non combinare altri casini!”.
E sta per andarsene, ma la mia lingua è troppo lunga e velenosa…
“Ma vatti a scopare Trafalgar, stronzo” e quello si rigira, livido in viso per la rabbia, spaccando la maniglia della porta in una semplice mossa, facendomi deglutire un bolo di saliva a vuoto.
“Che cazzo hai detto?!?” chiede in un ringhio, mentre io mi sento le viscere scuotere dalla paura.
Assurdo, ma è così.
“Niente, Kidd. Niente” rispondo in un soffio, facendolo infuriare ancor di più.
“No, tu hai detto qualcosa e adesso la dici!” mi ordina avvicinandosi pericolosamente a me, facendo scricchiolare le ditta delle mani.
 
Su, dai, diglielo! Sarà divertente!
 
Ma che sei matta?!? Questo mi ammazza!
 
Quanto sei noiosa! Lascia fare a me!
 
No! Se lascio la situazione nelle tue mani, non solo Kidd mi ammazza. Mi riduce in brandelli!
 
E allora perché gli hai detto di scoparsi Law, scusa?
 
Perché… perché… perché è istinto femminile, socia!
 
Che razza d’imbecille, sei?!? Ne ho visti tanti nella mia vita, ma tu li superi tutti!
 
Sì, hai ragione.
 
Lo s… ma che fai? Sfotti?
 
Ovvio. Sei più furba di quanto pensassi.
 
“Allora? Ti decidi a rispondere?!?” mi richiama Kidd dal battibecco.
“Ho detto che sei sexy!” esclamo tutto d’un fiato, sorprendendo perfino me stessa.
Che cazzo ho detto?
 
Ok, lo ammetto: sei un genio!
 
Devi andare a farti fottere, socia! Aiutami!
 
Col cazzo! Arrangiati!
 
Che figlia di puttana!
 
“Mi prendi per il culo?” chiede il rosso irritandosi.
M’irrigidisco come una statua di marmo, sentendo i sudori freddi e i brividi del terrore.
Se non fossi legata, sarebbe semplice.
Ma, dato che sono legata, devo fare il leccaculo.
Questa cosa mi sta un po’sul cazzo, ad essere sinceri.
“Sì” affermo senza pensarci su due volte, per poi sentire il mio cuore perdere due battiti.
Forse tre.
Sono nella merda.
 
Mi prende il mento tra due dita, scuotendo la testa con fare esasperato.
“Non solo mi hai detto di scopare quel medicastro di merda e datomi dello stronzo, ma hai pure avuto il coraggio di prendermi per i fondelli. Ma ti senti quando parli?” commenta con tono sprezzante, lasciandomi sbigottita.
Aveva sentito.
 
Aveva sentito.
 
Cazzo. Ora mi picchierà.
 
Bene.
 
Ma che…? Ti si è fuso il cervello?
 
No. Godo di ottima salute.
 
Vaffanculo, socia!
 
 
“Però è vero?” domando continuando la strada del non-ritorno.
Credo che la Morte mi stia già aspettando a braccia aperte.
Chi lo sa, forse sta adornando la bara di fiori neri e rose esiccate…
“Cosa, mocciosa?” domanda in cerca di spiegazioni che non tardano ad arrivare con semplice genuinità dalla mia bocca.
“Che scopi con Law”.
Certe volte dire che io sia una vera e propria deficiente è un eufemismo.
Mi do la zappa sui piedi da sola e gioisco della cosa, in un certo senso.
Ma da chi ho preso questa “dote”?
Da Mihawk, è del tutto improbabile! Figuriamoci da mia madre!
Forse c’era un matto nella famiglia.
Sì, deve essere così.
L’unico pazzo che ho conosciuto, però, è Doflamingo.
Lui è sprezzante del pericolo e va avanti per la sua strada, fregandosene altamente delle conseguenze.
Ma che sto insinuando?
Questo ragionamento contorto non ha senso.
Assolutamente.
 
“Sai, mocciosa. Non ti deve fregare un cazzo della mia vita sessuale” osserva acido Kidd, facendomi sorridere mestamente.
“Uhm, giusto. Però tu non dovevi offendermi. Quindi, teoricamente, hai iniziato tu”.
“Che cazzo dici? Sei tu che hai urlato come un’ossessa! Hai fatto venire un mezzo infarto a quella ragazzina pappamolle dai capelli rossi o arancioni!”
“Scusa, ma non è colpa mia se ho battuto la testa!”
“Non hai detto di esserti fatta male! Era come se ti stessi difendendo dalle parole di qualcuno…”
“Stavi origliando?”
“No, ti abbiamo sentita! E tu hai mentito?” mi sgama con quella maledetta domanda, lasciandomi allibita per pochi secondi.
“NO!” ribatto urlando, dichiarando apertamente che sì, mento.
“Dici sempre le bugie, tu?”
“Qualche volta, ma è per una buona causa!”.
“Non si dicono le bugie!” mi rimprovera urlandomi contro ed io, mi comincio a difendere con tutte le “armi” che possiedo…
“Io non dico bugie!”
“Ne hai detta una anche stavolta. Guarda che le gambe ti diventeranno corte se continui così!” mi ammonisce punzecchiandomi una guancia con il suo indice provvisto di unghia adunca laccata di un nero lucente, facendomi leggermente male.
“Non è vero!”
“Sì, invece!”
“Io non dico mai le bugie! Sei tu che m’infastidisci!” dico esasperata, facendolo sospirare pesantemente dalla frustrazione.
“Piantala, Lilo!” esclama all’improvviso, lasciandomi letteralmente colta di sorpresa.
Ma io non mi chiamo Lilo!
 
Lo guardo negli occhi, cercando di avvicinarmi a lui anche se sono bloccata, ma, con un po’di sforzi mi riesco ad avvicinare con il busto, finché tra di noi non vi è che una misera distanza.
 
“Come mi hai chiamato?” chiedo in un sussurro spazientito, facendolo ghignare di gusto, neanche avesse scoperto il mio punto debole.
“Li-lo” scandisce lentamente e con voce forte e chiara.
Tento di dargli una testata, ma non ci riesco perché lui indietreggia un attimo prima della mia azione, facendomi infuriare non poco.
“Che ti prende Lilo? Perché fai i capricci?” domanda continuando a sfottermi in maniera inequivocabile.
“Io non mi chiamo LILO!!!” grido allungandomi verso di lui, sentendo le mie povere braccia supplicarmi di non continuare a questa maniera.
I muscoli tirano talmente tanto che ho l’impressione che manchi pochissimo prima che io possa “strapparli” come fragile carta.
 
“Certo che ti chiami così! Sei capricciosa come la bambina di quel cartone animato!” ribatte incrociando le sue grandi braccia al petto, per poi avvicinare il suo viso a me.
“D’ora in avanti ti chiamerò Lilo. Ti piace? A me molto!” mormora in un ghigno, scoppiando a ridere subito dopo.
Ora ho capito di chi sta parlando.
Vuole guerra? E guerra sia!
 
“Va bene… Stitch!” esclamo sorridendo vittoriosa, mentre il suo furbo ghigno si tramuta in un broncio rabbioso, aumentando la mia gioia nel poterlo provocare.
“Non mi paragonare a lui!” esclama indignato, preparando i suoi pugni, pronto a colpirmi da un momento all’altro.
“Oh… ma tu non sei cattivo, giusto?” chiedo fintamente dispiaciuta, inclinando la testa da un parte per farmi cadere i capelli davanti alla spalla proprio come faceva certe volte la bambina del film.
“Che cosa?” domanda in cerca di spiegazione, alzando un sopracciglio dalla perplessità.
Ghigno mestamente, trattenendomi a fatica dal non scoppiare a ridere come una matta.
 
Se gli stai per dire veramente quella frase, non ne uscirai viva. Te lo assicuro. Ti ucciderà sul serio!
 
Ti è passata la voglia di sfotterlo? Mi deludi!
 
Ok, diglielo. Fallo.
 
“Stitch no cattivo…”- comincio a stento, lasciando in sospeso la frase per alcuni attimi- “Stitch coccoloso!”.
E scatta il finimondo.
Il suo viso si fa rosso come i suoi capelli per la rabbia, per poi gridarmi contro insulti a non finire veramente poco carini e mandarmi in posti che non credo rientrino nella cartina del mondo puntandomi il dito contro per aumentare il valore dell’offesa.
 
Almeno non ti ha picchiata…
 
Sì, è vero, ma le mie orecchie dicono il contrario.
 
“Ehm… scusa?”- lo interrompo all’improvviso, notando che sta respirando come uno che ha appena corso per metà della circonferenza terrestre- “Hai finito? Sai, la tua voce melodiosa e soave mi sta spaccando i timpani”.
“Tu! Brutta stronza, io ti ammazzo!!!” urla con tutto il fiato che ha in corpo.
Sta per prendermi il collo tra le sue mani, ma la porta viene aperta appena in tempo prima del disastro, rivelando uno Shanks felice come una pasqua ed un Ace piuttosto rigido.
 
“Ciao Kat!”- mi saluta allegramente l’uomo, incuriosendomi un po’. Che diavolo gli è preso?- “Il Capo dell’FBI vuole discutere con te ed Ace di affari!”.
 
Alle sue parole mi sento il sangue ghiacciarsi nelle vene, così come il mio cuore.
Il mio cervello è andato in totale blackout, rifiutandosi di apprendere ogni notizia che esca dalla bocca del mio amico Shanks.
Mi ricordavo vagamente che lui fosse un agente dell’FBI e ho lasciato perdere la cosa, perché l’ho considerato un mio amico.
Ma ora, questo suo lavoro si rivela controproducente per me.
Il Capo.
Al solo pensiero mi viene voglia di gridare dalla frustrazione, ma mi trattengo, stringendo le mani convulsamente in pugni, fino a farmi sbiancare le nocche.
 
Un uomo molto alto fa la comparsa dietro Ace e lui si sposta di lato, facendolo passare.
Non ha spiccicato parola per tutto questo tempo, rimanendo in un silenzio surreale e questo mi spaventa a morte.
Il tizio viene verso di me, mentre Kidd si è spostato al mio fianco, guardando l’uomo con disprezzo, ma non vi fa caso, continuando il suo cammino verso la sottoscritta.
Giunto vicino, la fioca luce della stanza viene oscurata dalla mia vista a causa della sua stazza, vedendo solamente qualche timido fascio “incorniciargli” i lineamenti spigolosi del viso e delle spalle.
 
Nemmeno Joker è così alto e grosso!
 
Commenta estasiata (?) la mia socia, facendomi deglutire a vuoto.
Cerco di scorgere il suo viso, invano, per poi “appiccicarmi” alla parete dietro di me, sentendo un vago sollievo del freddo che penetra nella pelle della schiena scoperta del vestito.
 
“Tu devi essere Kat” parla l’uomo, il Capo, con voce profonda e altisonante facendomi avere l’impressione di sentire vibrare i miei organi interni.
“Sì” sussurro, sentendo le parole e la voce scomparire man mano che il tempo passa.
Un ghigno gli deforma il viso, ma i suoi occhi sono ancora oscurati dal buio e dalla visiera del cappello che porta.
 
“Molto bene”- continua con voce indifferente mista a felicità- “Abbiamo molto di cui parlare.”
 












Angolo di Alyce: Buonasera a tutti!!!!!!!!!!!
Ebbene sì: sono riuscita ad aggiornare e sono contenta :D
Questo capitolo è piuttosto dialogico e "calmo" (anche se in realtà si sono dati dei nomi a non finire!).
Dal prossimo cominceremo a vederne delle belle!
Credo che il capitolo nuovo sarà raccontato da Rufy, ma non ne sono sicura: la mia mente è affollata di idee!
Soprattutto per la nuova storia su Ace!
Ace come Angelo della Morte mi ha divertita molto e, se avete notato, in questo capitolo si fa riferimento alla Morte quando Kat prende per il culo il bellissimo e sexy Eustass Kidd! xD
Se a qualcuno interessa, la storia s'intitola: Aiuto, sono un umano!
Spero vi sia piaciuta l'immagine di Stitch: così tenero e adorabile che l'ho mandato in causa xD
Sono perfida!
Forse sono stata troppo buona nei confronti di Kat per non averla fatta pestare a sangue da Kidd... sarà per una prossima volta! (sempre se ci sarà, dato che tra Kat e la sua socia le cose non vanno molto bene: nomi e bestemmie a non finire!)
Ci vediamo al prossimo capitolo, amici!

Buon 2015!!!!
Ciao e un strasuperbacione a tutti!
Alyce :))))))))))))))))))))))))))))))))))

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Capitolo 20
*** 17- Noia ***


17° capitolo: Noia

 
 
In questo momento mi sento come Sherlock Holmes quando non ha un caso tra le mani: noia, rabbia crescente e… ancora noia.
Tanta noia.
Siamo nel salotto della casa di Ace da più di un’ora, parlando di piani su come distruggere la banda di Mihawk.
O, se devo descrivere meglio la cosa, il Capo dell’FBI sta parlando come non ci fosse un domani, credendosi un saputello “so fare tutto io e voi siete solamente degli sfigati”.
 
“Dobbiamo stare attenti, non sarà così semplice, dato che Occhi di Falco conosce i tuoi punti deboli, per non parlare di Doflamingo…” continua imperterrito Akainu per la sua strada, facendomi sbuffare lievemente.
Queste cose le so già!
Perché deve dire cose che mezzo mondo conosce?
Solo perché è vestito di rosso e ha lo sguardo cattivo si crede Dio!
 
Oltretutto, siamo “circondati” da una decina di uomini vestiti come gli agenti di “Man in Black”, con tanto di occhiali.
Solamente quattro non li portano e credo siano di grado superiore, dato che anche Shanks è vestito con la sua uniforme e anche lui, come quei quattro, non porta gli occhiali da sole rigorosamente neri.
Se devo essere sincera, non sono neanche malaccio!
Tre dei quattro uomini sono intenti a parlare fitto fitto dei loro affari, ridacchiando ogni qual volta che uno di loro racconta un aneddoto divertente.
Il primo a partire da destra ha la carnagione ambrata e i suoi occhi sono di marrone scuro.
La parte inferiore del viso è ricoperta da barba con tanto di baffi, rendendo il suo volto ancor più affascinante e “principesco”.
Ha i capelli leggermente lunghi e ondulati, anche essi scuri.
Il secondo, cioè quello al centro della combriccola sembra quello più giovane.
Pelle color caffelatte, occhi scuri, nemmeno un filo di barba e capelli neri come il petrolio e lisci, che gli accarezzano delicatamente la base del collo.
Il terzo, invece, è quello più burlone e solare.
Carnagione scura, capelli riccioluti neri come pece e occhi altrettanto neri.
È piuttosto robusto, tanto che rimane rigido a causa della camicia che gli fascia i muscoli un po’troppo.
Poveretto!
Ma a parte questo, credo che sia una vera forza della natura quando s’incazza.
Infine c’è il quarto, quello più serio, distaccato, freddo e… sexy.
Dannatamente sexy.
Il suo bellissimo volto sembra di porcellana, ricoperta da barba biondo scura, così come i suoi capelli.
Ha gli occhi color del cielo più chiaro che ci sia.
Appare innocente come un angelo, se non fosse per l’ombra oscura che gli si legge in faccia appena lo si guarda.
 
Nemmeno avesse letto i miei pensieri, si volta a guardarmi, facendomi rabbrividire leggermente dal timore.
 
Chissà quante donne sono state nel suo letto…
 
Commenta la mia socia, facendomi andare la saliva di traverso.
Tossisco nel tentativo di riprendermi, richiamando l’attenzione di tutti, guardandomi con curiosità.
 
Volevi uccidermi?!?
 
Non era mia intenzione, a dire il vero…
 
Tu sei una pazza omicida!!! Cosa ti salta in mente di fantasticare sulla vita sessuale di qualcuno?!?
 
Calma, bimba. Non sei l’unica a trovare quel tipo sexy. Un pezzo di figo, davvero!!!
 
L’imbarazzo comincia ad attanagliarmi l’animo e il cervello, mandandomi completamente in tilt.
Ace si avvicina a me con la parte superiore del busto, guardandomi con preoccupazione.
“Tutto ok?” chiede apprensivo, facendomi sobbalzare.
Sono nella merda.
E tutto per colpa di una pazza psicopatica che s’interessa dell’ “attività” degli altri!
“No, affatto! Cioè, volevo dire sì… no! Non sto affatto bene e sai che ti dico? Vado a prendere una boccata d’aria!” mormoro sibillina, lasciandolo sorpreso.
Sto per alzarmi dalla sedia, ma Ace mi blocca per un braccio e mi sorride con una vena di follia omicida nel suo sguardo compiaciuto.
“Rimani. Seduta. Grazie” mi ordina in un sussurro, facendomi desistere in un battibaleno.
Figuriamoci se questo deve essere il mio ultimo giorno di vita per colpa di una cosa che non ho commesso o pensato!
 
Tutta colpa tua, che cavolo!
 
Woah! Ferma un attimo! Sei tu che hai guardato tu-sai-chi in modo… voglioso, ecco.
 
Cosa? I-Io ho guardato quel tipo tenebroso in modo voglioso… nel senso che volevo saltargli addosso? Tu sei fuori di testa! Ho pensato che era sexy, tutto qui!
Non crearti nella tua mente povera di neuroni filmini mentali pornografici, per favore!
 
Ah, sì, giusto. Non posso dire che vorresti fare quelle cose con quel figo perché ti accontenti di Ace… ma non sta scritto da nessuna parte che lui è tuo e tu sei sua.
Avete avuto una notte di fuoco, d’accordo, ma non è stato un granché, sai?
Se devo dare un voto da uno a dieci… dal sei al sette.
 
“Per te, ma non per me!” sbotto infuriata, per poi accorgermi di aver dato voce ai miei pensieri, guadagnando, per l’ennesima volta, gli sguardi dei presenti su di me.
Che poi mi chiedo una cosa: è normale parlare, o meglio, pensare la propria vita sessuale durante un… incontro molto importante su come mascherare e mandare a puttane i piani malvagi dei cattivi che conosco da una vita?
Credo proprio di no.
Se bisogna riassumere in poche parole questo pensiero contorto e senza un’apparente fine: devo smetterla di dare corda alla mente perversa della mia socia instabile, pericolosa, pazza omicida e che ne ha più ne metta.
Sarebbe un toccasana per la salute del mio cervello abbandonato a se stesso, che mi ha mandato a quel paese da quando mi sono lasciata attrarre dalla vita basata sul mio istinto spericolato ed emotivamente lunatico.
Non è normale ridere, incazzarsi e poi piangere in meno di due nanosecondi.
Proprio no.
 
“Hai qualcosa da ridire sul piano, Kat Mihawk?” domanda Akainu in un ringhio basso e gutturale, facendomi non solo incazzare per aver pronunciato un cognome da me rinnegato da tempo, no.
Mi ha lasciato basita e in mezzo ad una situazione imbarazzante.
Avete presente quando un alunno non sta attento alla lezione e il professore lo sgama, facendogli una domanda di cui non conosce la risposta?
Sintomi della “vittima”: imbarazzo, black out totale del cervello, vergogna, rabbia crescente verso il professore per non averlo lasciato nel suo mondo, voglia di voler sprofondare in un buco nero e non tornare mai più sul pianeta Terra.
Reazione del professore: ghigno bastardo per la vittoria ed esultazione indecente dell’animo, anche se cerca di mantenere il proprio controllo.
Reazione dei compagni di classe: risate generali, scuotimento di teste a non finire, compassione.
Situazione finale: schiarimento di voce da parte del malcapitato, scusa banale e fin troppo prevedibile, minaccia del professore, ricerca di contegno da parte della classe.
Ecco.
Questa sono io in questo dannato momento.
Solo che a differenza dell’alunno, io non ho una scusa, seppur banale, da rifilare a questo tizio mezzo sconosciuto che si crede Dio.
Mi schiarisco la voce, sentendo le orecchie andarmi in fiamme e sentendo il volto una fornace.
 
“Ehm… non mi sento molto bene… mi congedo un attimo…” dico con tono flebile, per poi scappare fuori dalla stanza, anche se camminano come se nulla fosse.
Come se non avessi fatto una figura di merda pochi attimi fa.
 
Sono patetica.
 
Potevi dire che dovevi incipriarti il naso!
 
Solita vecchia scusa. Devi aggiornarti con il progresso, tesoro.
 
Come se la tua scusa fosse migliore della mia.
 
Di sicuro.
 
Lascio cadere l’argomento per pietà.
 
Come vuoi.
 
Mi avvio frettolosamente verso il bagno, lasciando la porta socchiusa.
Comincio a camminare nervosamente avanti e indietro, in cerca di una soluzione al mio problema, ma il mio cervello non contribuisce nel migliore dei modi e mi lascia in un vicolo cieco.
Bell’amico.
 
“Non molto credibile come scusa, a mio parere” afferma una voce calda e bassa, provocandomi un lungo brivido lungo la schiena dorsale.
Mi giro lentamente verso l’individuo che ha osato disturbarmi durante un momento delicato dedicato alla mia sopravvivenza, ritrovandomi il tipo misterioso e sexy davanti ai miei occhi.
Sulle prime rimango attonita a fissarlo e a sbattere ripetutamente le palpebre, assicurandomi che non sia un sogno, per poi cercare parole giuste da dire per tentare di comporre una frase non stupida, almeno non troppo.
 
“Non hai bussato…” butto lì come un pezzo di carta appallottolato perché inutile.
“La porta era socchiusa” risponde tranquillo e calmo, facendomi sentire una sciocca.
 
Idiota. Ecco cosa sei.
 
Grazie per avermelo fatto notare. Non ce l’avrei mai fatta senza il tuo aiuto.
 
Dovere,  socia.
 
“Giusto” ammetto girando lo sguardo altrove pur di non incontrare quegli occhi azzurri freddi e distaccati.
“Noto che non sta così male” osserva, richiamando la mia attenzione.
Un ghigno enigmatico e bastardo gli compare sul volto, facendomi infuriare un poco.
“Dovevo fumare”
“Non ha sigarette con sé”
“Le ho perse”
“Ma non mi dica. Un vero peccato, giusto?”
“Già…”
“Quale parte del discorso del Capo non ha ascoltato?”
“Più o meno tutta… quando parla è noioso e fin troppo superbo!” mi difendo come posso, somigliando ad una bambina che cerca di nascondere la sua marachella a tutti i costi anche se ha torto in pieno.
“Capisco. Lo sa che anche le cose noiose possono essere importanti a loro modo?” domanda con una vena ironica nella voce, irritandomi.
“Tu hai ascoltato?” gli chiedo a mia volta.
“Ovviamente”
“Qual è il piano?”
“Circondare casa sua di soppiatto, arrestare i suoi famigliari e, successivamente, sventare i loro piani e l’Organizzazione” spiega in parole povere, lasciandomi basita.
E questo è un piano? Un po’banale e scontato, direi.
“E’ vero ciò che dici? Non mi stai prendendo per il culo, vero?” domando in cerca di conferma, ricevendo come risposta uno sbuffo seccato.
Non è una presa per il culo.
“Ora posso dire di non concordare sul piano del tuo Capo!”- dico avviandomi verso l’uscita del bagno, per poi fermarmi di fianco a lui e guardarlo di sottecchi- “Qual è il tuo nome?”.
“Se glielo dicessi, dovrei ucciderla” mormora in risposta ghignando, apparendo ai miei occhi ancora più sexy e affascinante.
“Teoricamente dovrei essere già morta per la mia natura, non è vero?”
“E’ molto informata” osserva guardandomi dall’alto in basso come se fossi inferiore a lui, nonostante mi dia del “lei”.
“E tu sei strafottente”
“Ostinata, presuntuosa e irrispettosa nei confronti della legge”
“Lo sono sempre stata”
“Lo so. Sei solo una ragazzina impertinente”
 “Dal lei passiamo al tu. A cosa devo questo cambiamento?”
“Alla tua natura”
“Non sono una ragazzina”
“Lo dici tu. Athos, molto piacere” si presenta porgendomi la mano con educazione.
La stringo con diffidenza, mentre la mia povera anima urla di gioia per il contatto con quella pelle così morbida e di “dolore”, perché è freddissima.
Nemmeno fosse un morto!
“Kat, piacere mio. Spero non voglia uccidermi. Non ora, almeno” osservo cercando di sorridergli amichevolmente, venendo zittita da una sua occhiataccia, seguita da un lieve increspamento di labbra verso l’alto.
 
Saltagli addosso. Ti prego!
 
Non siamo in astinenza. E non siamo animali.
 
Chissenefrega! Quando mai ti ricapiterà una situazione simile! Dai! Almeno un assaggio!
 
Mi schiarisco la gola e non bado a quella pervertita che mi ritrovo come socia, giurando che poi me la pagherà per tutte le situazioni imbarazzanti in cui mi ha fatto passare.
Eccome se mi vendicherò!
Non vedrà l’alba!
 
“Credo sia ora di andare. Il Signor Akainu non è una persona paziente” esordisce Athos con fare professionale, tornando il solito distaccato di sempre.
“Prego” mi incita aprendo la porta del bagno e facendomi chiaro segno di andare avanti.
Respiro profondamente un paio di volte e comincio ad avviarmi, sentendo la presenza costante e fredda di Athos dietro di me.
Se non fosse un agente dell’FBI lo starei già malmenando di botte per il solo fatto che sento i suoi occhi maledettamente azzurri e belli puntati sulla mia schiena.
Forse non lo farei.
Sicuramente.
Certamente… forse.
Inutile essere logorroici per nulla.
Non risolverò niente creandomi pare mentali per un mezzo sconosciuto dannatamente bello.
 
Quando “torno” alla base, tutti si fermano dal colloquio per fissarmi, mentre Akainu non aspetta altro che farmi domande su domande.
Glielo si legge in faccia.
Se devo essere sincera, ha la faccia del professore bastardo.
Eccome se ce l’ha.
 
“Ti sei ripresa dal tuo male?” domanda strafottente, ghignando appena.
Assottiglio lo sguardo e stringo convulsamente le mani in pugni, sicura di sentire la mia socia fremere di venir fuori per farlo a fettine.
Ringhio sommessamente.
Il mio animo si logora di rabbia e già non vedo l’ora di urlargli in faccia che non capisce un bel niente e di insultarlo.
Anche se non so per cosa.
Se per il suo piano schifosamente banale.
O se per il solo gusto di farlo.
Tutte due, molto probabilmente.
 
All’improvviso, Athos mi tira un pugno vicino al mio gomito leggermente piegato, beccando in pieno il nervo.
Dolore.
Cazzo, tanto dolore.
Mi mordo l’interno della guancia, trattenendo “Per gli Sacri Spiriti, non osare mai più fare una cosa simile!”, mentre sento gli occhi bruciare e pregarmi di lacrimare per lo sforzo di non gridare e perché mi sto mordendo la guancia fino a farla sanguinare.
Il sapore ferroso del sangue mi invade l’antro della bocca e quasi mi viene voglia di sputare per terra, ma ingoio lentamente, mentre un’ondata di nausea si fa largo in me.
Che schifo.
 
“Assolutamente!” scandisco in tono falsamente contento, sorridendo come una bambina che ha appena ricevuto un lecca-lecca.
 
Cristo Iddio! Ho sentito male pure io! Quello non è un uomo, è Hulk, che cazzo!
 
“C’è un problema, però” esordisco tornando seria d’un colpo, incuriosendo tutti quanti, lasciando che il Mostro dentro di me si continui a lamentare per il dolore al gomito.
Gaara fa la sua entrata in scena, affiancandomi come un vero e proprio “braccio destro”.
Misterioso e silenzioso come sempre, a quanto vedo.
“E quale sarebbe questo problema?” domanda irritato Akainu, sbattendo una mano sul tavolo, facendomi sobbalzare dalla sorpresa, ma mi riprendo subito.
“Il suo piano è fin troppo scontato.” gli rispondo tentando di essere il più calma possibile, anche se dentro mi sento una vera tempesta in mezzo al mare.
“Hai idee migliori?” chiede ancora, cercando di trucidarmi con la sola forza di uno sguardo.
“Ovviamente”.
 
Tu non hai un piano, maledizione! Che cazzo ti salta in mente?!?
 
Si chiama improvvisare!
 
Sappiamo bene tutte e due che sei una frana ad improvvisare! Sono curiosa di sapere il tuo piano!
 
“Esponi il tuo piano!” mi ordina superbo il Capo dell’FBI, facendomi deglutire un bolo di saliva a vuoto.
Questo ci va pesante.
Mi schiarisco la voce e le parole mi escono da sole, sorprendendomi non più di tanto, a dire il vero.
Sapevo di essere una totale masochista con qualche tendenza suicida.
 
“Farò… da esca!” esordisco in modo teatrale, allargando le braccia e dipingendomi sul volto un sorriso a trentadue denti.
“Tu? E con quale esercito?” continua Akainu convinto, ma non demordo.
 
Già, sapientona! Con quale esercito, mhm?!? Illuminami d’immenso!
 
Non solo dovevo essere abbandonata dal mio cervello, ma anche dalla mia socia.
Ingiustizia divina, chiamiamola così.
 
Mi giro attorno, in cerca di qualche volontario, ma non trovo nessuno per ragioni ovvie.
Io, per loro, sono solamente una psicopatica folle.
 
Ma non tutto sembra perduto.
Mi volto in basso alla mia destra e fisso gli occhi di Gaara con fare eloquente e lui sembra “annuire” con un gesto del muso.
 
“Ho un cane!” esclamo convinta, tornando a guardare Akainu, sentendo poi un guaito di protesta.
“Mi correggo, un lupo!” dico subito dopo, vedendo la disapprovazione del Dio in Terra stampata in faccia.
Per non contare la delusione di tutti.
 
“Stupida mocciosa!” sento mormorare all’improvviso da Shanks e il mio sorriso si allarga ancor di più, perché questo vuol dire solo una cosa… l’ho convinto.
E a confermare il mio ragionamento ci pensa il suo sospiro stanco e mezzo divertito, accompagnato da una scrollata di spalle e scuotimento di testa.
Ci sono sempre riuscita.
Più o meno.
159 a 160, caro Shanks.
Sto recuperando tutte le scommesse e le perdite subite!
 
“Ci sono anch’io!” annuncia alzando lievemente una mano, sorprendendo non poco Ace e gli altri, mentre io mi trattengo dal ridere.
“Mi unisco pure io” si aggiunge Athos, lasciandomi sconvolta.
Lui??? Viene anche lui??? Il bellissimo figo??? Oh!
 
“Calma, amico. Ci siamo anche noi!” sbotta con sguardo serio il riccioluto dalla carnagione scura, seguito a ruota dai suoi due compari, facendomi ghignare dalla felicità.
Ora ho un piccolo esercito.
 
Ok, hai vinto tu. Mi unisco alla missione suicida, contenta? Mentecatta!
 
“Beh…” esordisco allietata- “Io non ho nulla da…!”
“Scordatelo! Non rischierò la vita dei miei uomini per una tua idea malsana!” grida alterato Akainu, facendomi incazzare parecchio.
Ma io lo pesto a sangue!
Eccome se lo faccio!
 
Lo posso ammazzare, eh?!? Avanti, ti prego!!! Gli taglierò la testa con un colpo secco! ZAC!
 
“Non rischierà i suoi uomini, tranquillo!”- s’intromette una voce a me famigliare, facendomi sorridere come una stupida- “Si fidi, Grande Sbirro. Io ho un sacco di arsenale e uomini pronti per la battaglia!”.



 



Angolo di Alyce: Buonasera!
Dopo un lungo periodo in cui un "bellissimo" blocco dello scrittore mi ha... bloccata (chiedo venia, ma non trovo altri termini), sono ritornata alla carica!
Questo capitolo è piuttosto leggero e pieno di fighi!
No, davvero, chi ha riconosciuto i personaggi di The Musketeers?
Io li adoro! Sono così simpatici e dannatamente SUPER che anche quando s'incazzano e picchiano qualcuno riescono a farmi ridacchiare e tirarmi suil morale quando sono depressa :D
Ah, li amo!
Ma passiamo a Kat!
La nostra piccola protagonista è stata bellamente abbandonata dal suo cervello e dalla sua socia (anche se quest'ultima è ritornata a farla dannare!) e lei se la deve cavare da sola.
E che succede? Bugiarda che vai, sconfitta che torni!
Athos (e credo che sotto sotto anche gli altri se ne siano accorti) l'ha smascherata e la messa con le spalle al muro!
Cattivo, eh? (Ma manco no!)
E lei, con le gambe di gelatina  s'inventa la scusa che in realtà doveva fumare!
Tesoro, mi spiace, ma hai perso in partenza u.u
Mi sono particolarmente divertita a scrivere questo capitolo, soprattutto quando ho fatto dire ad Akainu: "Tu? E con quale esercito?".
Oh, il sogno della mia vita *^*
Ho sempre adorato quella frase!!!!
Comunque!
Chi è il nostro aiutante in soccorso a Kat?
Riuscirà a convincere Akainu?
E  il Mostriciattolo fantasticherà ancora sulla vita sessuale di Athos?
Ci si vede al prossimo capitolo con il punto di vista di... (rullo di tamburi!!!) e chi se non il nostro sexy fenicottero di Doffy????? ;)
Ciao e un strasuperbacione a tutti!
Alyce :))))))))))))))))))))))))))))))

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Capitolo 21
*** 18- L'ora della tua morte si avvicina... ***


18° capitolo: L’ora della tua morte si avvicina…
 
 

“Liberami subito, schifoso pezzo di merda! Lasciami andare!” continua ad urlare incallito Rufy.
Non so se ridere per i “bellissimi” nomignoli che mi “lancia” contro come frutta marcia o assestargli un bel pugno alla bocca dello stomaco per farlo imprecare per il dolore.
Potrei anche fare una ripassatina a letto con lui, chi lo sa!
 
Mi avvicino a lui con il mio solito modo di fare, credendomi un sottospecie di cowboy sfacciato, per poi ghignare e passarmi la lingua sulle labbra in modo malizioso.
“Su non fare così, dolcezza! Se stai zitto e buono, ti libero. Te lo giuro!” gli prometto facendomi il gesto della croce sul petto, dove c’è il cuore.
“Non credo più alle tue stronzate da un bel pezzo, Doflamingo! Sei solo un grandissimo figlio di puttana!” grida dimenandosi come un’anguilla, mentre del sangue cola da sotto le catene che gli stringono i polsi in modo piuttosto doloroso.
Come ha fatto a ridursi in questo stato pietoso, lo so, e devo ammettere che mi sono piuttosto divertito a torturarlo nei modi più impensabili.
E le sue magnifiche urla di dolore! Una vera melodia per le mie orecchie.
Gli accarezzo la linea accennata degli addominali con un dito, percorrendo con assoluto interesse le sue ferite provocate dai miei coltelli e i morsi datogli per farlo sentire umiliato.
So di essere sadico e anche un po’… come dire… matto da legare, ma che ci posso fare se questo moccioso mi attira come una calamita dandomi del filo da torcere?
 
“Qual è il tuo piano, eh? Attirare Kat e gli altri nella tua trappola? Illuso! Non sono così stupidi! Vi faranno patire le pene dell’Inferno!” mi richiama calmandosi un poco, arrivando persino a ridacchiare sulla parola Illuso.
Ma io non m’illudo di certo, caro Rufy.
Ti posso assicurare che ho ben altri piani nella mente.
Ammazzare quel bastardo di Mihawk sarà molto semplice, sempre che non ci sia qualcuno o qualcosa mettermi i bastoni tra le ruote, mandando tutto a puttane!
“Fufufufufu! Continua a crederci, Rufy!” esclamo ridendo divertito, lasciandolo sorpreso un poco.
“Che cosa vuoi dire?”- domanda facendo per avvicinarsi, se non ci fossero quelle catene ai polsi ad ostacolarlo nell’impresa.
Figuriamoci se gli rivelo i miei piani! Saprà fare dannatamente bene la faccia da cucciolo bastonato, ma con me non funziona.
Quando fa quello sguardo lo trovo ingenuo, ma non sono sprovveduto.
Calcolare, manipolare, mentire, sfruttare e uccidere.
Cose che so fare alla perfezione e che mi fanno esaltare come un drogato quando si fa la sua dose di eroina.
“Ferma la tua curiosità, non ti accontento” lo informo facendolo ringhiare di rabbia.
Quanto può farmi ridere questo moccioso credulone e fin troppo ingenuo?
Tanto e questo mi fa impazzire!
 
Rufy sta per parlare e rispondermi per le rime, ma Mihawk fa la sua entrata tenendo per la collottola uno dei miei uomini, svenuto.
Che testa di cazzo.
Tutte le volte si deve comportare come un bimbo capriccioso in cerca d’attenzioni.
 
Butta il mio “soldato” per terra come se fosse uno straccio per lavare i pavimenti e fa cenno a Leslie di entrare.
Posso sentire la paura di Rufy alle mie spalle.
Ghigno sommessamente e allargo le braccia, salutando i miei due ospiti inattesi.
“Mihawk e la sua dolce consorte! Qual buon vento vi porta qui?” domando loro in modo strafottente e arrogante, irritando non poco Occhi di Falco.
 
Prende la mia sedia accostata alla scrivania in legno d’ebano nera e si siede di fronte a me, lasciando Leslie dietro di lui, nemmeno fosse la sua segretaria personale.
Non riesco ancora a capire perché l’abbia sposata: non la ama, la sfrutta a suo piacimento, non hanno figli e l’ha tradita per un certo periodo con la mia, di figlia.
Mia, perché non è mai stata sua.
Mia, perché voglio bene a Kat nonostante non sia stato il padre migliore del mondo.
Mia, perché lui non la merita.
Né come figlia né come giocattolo.
Nessuno può o deve solamente osare a toccare o maltrattare tutto ciò che mi appartiene.
E avrò la mia vendetta.
Ho pazientato e aspettato a lungo.
L’ora della tua morte è vicina, Occhi di Falco.
 
“Stanno per attaccarci, socio. Quella piccola bastarda e la sua combriccola di amici sta programmando un bel effetto a sorpresa, da quel che mi hanno riferito i miei informatori infiltrati”- spiega seccato, accavallando le gambe come se fosse il Re del Mondo a cui tutto è dovuto. Ma quanto è patetico e divertente nella sua stupidità!- “Dobbiamo sbrigarci. I nostri contatti nel mondo fremono d’impazienza. Vogliono l’arma da distruzione di massa. Non possiamo aspettare oltre. Dobbiamo riprendercela e venderla al più presto”.
Mia figlia un oggetto.
Un’arma, oltretutto.
La mia creazione perfetta che solamente io posso sfruttare.
 
Sorrido in modo indifferente, anche se dentro mi sento bruciare come le fiamme dell’Inferno, se non di più.
Mi dirigo nel mio salotto personale per prendere qualcosa da bere, lontano dagli occhi di quei due.
O forse no.
 
Sento i suoi passi dietro di me, finché non percepisco persino il suo fiato contro la stoffa leggera della mia camicia preferita.
La riconoscerei dovunque.
Lei è inferiore a me.
Lo sarà sempre e non me ne frega un cazzo se si è sposata con quel bastardo ignobile dopo che è venuta a letto con me e mi ha detto di essere incinta a causa mia.
E quell’ingenuotto di Mihawk pensa ancora che sia sua!
Che bel quadretto famigliare!
Io, lui, Kat e la puttana di sua madre.
 
“Non è più tua figlia, questo lo sai, vero? Eri troppo occupato ad andare in giro per il mondo a fare il puttaniere” sputa Leslie con voce velenosa, facendomi ghignare divertito.
Esaltata e fin troppo credulona.
Come tutti, del resto.
Mi volto verso di lei e la fisso nei suoi occhi azzurri (bellissimi. Uguali a quelli di Kat) come il mare, ma spenti da un bel po’di tempo.
“Mi stai incolpando di averti abbandonata?” le chiedo, curioso di sapere la sua risposta.
“Ovvio” risponde, non lasciandomi per nulla sorpreso.
“Capisco! Beh, allora ti rinfresco la memoria! Quando ricevetti la novella, ti dissi di abortire. Ma tu che hai fatto? Hai voltato le spalle e sei andata a cercarti un altro uomo da scopare! Perché questo era il tuo lavoro, no? Sesso a pagamento, mia cara” ribatto per le rime, sorprendendola non poco.
Abbassa lo sguardo e sta per rifilarmi uno schiaffo, ma si ferma.
Povera Leslie! Ha paura di destare sospetti!
 
“Io non sono più una puttana”- sussurra rabbiosa, per poi fissarmi con occhi pieni d’astio- “Tu non dirai nulla a Mihawk! Non gli dirai un bel nulla!”.
“Questa non era la mia intenzione, infatti. Che sei venuta a fare, quindi?” le chiedo sorprendendola ancora una volta.
Io non ho bisogno di raccontare nulla.
I nodi verranno al pettine da soli, senza il mio aiuto.
E sono dannatamente felice, perché sono un bastardo senza cuore, cattivo ed egoista.
Sono io il Mostro della storia, non Kat.
Lei è solamente la dolce principessina da salvare.
E il suo principe azzurro la sta aiutando a sconfiggere i nemici.
Sono davvero impaziente.
Non vedo l’ora che arrivino armati fino ai denti, pronti a sterminarci! Sarà uno spettacolo davvero grandioso!
 
“Ti tengo d’occhio, Doflamingo. Non considerarti al sicuro” mi minaccia puntandomi un dito davanti al petto, richiamandomi dai miei pensieri.
Ridacchio al sentire la sua frase e le rispondo solamente con un: “Sto tremando”.
 
Lei se ne va così come è venuta, mentre io prendo tre bicchieri e una bottiglia di vodka, per poi ritornare dai miei ospiti e offrire loro da bere.
Sorseggio la vodka, gustandomi tutto il suo sapore, rilassandomi un poco, anche se la loro presenza continua ad infastidirmi parecchio.
 
“Hai qualche idea, Doflamingo? Sai bene che non mi piace stare con le mani in mano, ad aspettare che dei piccoli stronzetti ce la mettano nel culo!” sbotta Mihawk in un impeto di rabbia, alzandosi di scatto dalla mia poltrona, per poi buttare il bicchiere ancora pieno di vodka per terra, rovesciando tutto quel ben di Dio e riducendo in frantumi uno dei miei amati bicchieri.
Lui non si rende conto di quanto abbia pagato questo servizio!
L’unica volta che ho pagato onestamente, perché quel fottuto venditore russo di liquori, droga e sigari ci sapeva fare con gli affari e perché aveva una figlia che a letto era una vera bomba!
Ed erano inclusi anche i miei amati bicchierini da vodka!
Oltretutto erano personalizzati!
Se va avanti così, i miei propositi di pazientare ad ammazzarlo vanno a farsi fottere!
Che figlio di puttana!
 
Cerco di rimanere impassibile, sorseggiando un altro po’ di vodka e far finta che non sia successo nulla.
Forse ho sbagliato a prendere quel servizio, ma la vodka è la vodka.
Io sono un grande amante degli alcolici e superalcolici.
Quindi: Dio benedica l’alcool e la droga…
Dovevo comprare più servizi per la vodka.
Cazzo.
 
“Cerca di non andare in escandescenza. Risolveremo tutto, stai tranquillo” cerco di calmarlo con tono neutrale e pacato, facendolo sbuffare come un bambino viziato quando non ottiene qualcosa.
“Il tempo passa, Doflamingo! Non abbiamo tempo di calmarci!” dice quasi gridando, spaventando non poco Rufy, rimasto silenzioso fino ad ora.
Mi ero persino dimenticato della sua presenza.
“Chi va piano va sano e va lontano. Abbi pazienza e quei ragazzetti che giocano a fare gli assassini spietati si ritroveranno in trappola. Fidati di me, socio” affermo calcando per bene l’ultima parola, richiamando la sua compostezza.
Nei suoi occhi leggo una nuova luce per pochi attimi, quasi incuriosito dall’appellativo che non gli ho mai dato.
Ho rischiato troppo, lo so, ma a me piace rischiare e provare l’adrenalina di avere qualcuno che vuole ucciderti.
Tutti, forse, proverebbero terrore, ma non si gustano appieno l’opportunità di quello che potrebbe essere il proprio ultimo istante di vita.
 
Si alza elegantemente, per poi raggiungere Leslie e circondarle la vita con un braccio, stringendola possessivamente a sé.
“Conto su di te” dice prima di andarsene, facendomi sorridere in modo sadico e perfido.
 
Naturalmente la fiducia non lo ripagherà da ciò che gli spetta di diritto: la Morte.
 
 
“Siete solamente dei bastardi…” sussurra Rufy, facendo ciondolare lentamente il capo avanti e indietro per poche volte, per poi fermarsi.
Mi avvicino a lui in poche falcate, fissando la linea del suo collo e delle spalle nude, godendomi la vista di quella bellissima pelle bronzea che morderei molto volentieri.
Mormora qualcosa d’incomprensibile, costringendomi a domandargli cos’abbia detto, sentendolo poi ruggire in risposta: “Non la prenderete! Kat non cadrà nelle vostre mani!”.
 
Gli prendo delicatamente il mento tra due dita, alzando il suo volto verso il mio, ma lui si scansa irritato, facendomi ghignare dal divertimento.
 
In un unico gesto prendo la chiave dalla tasca dei miei pantaloni e lo libero dalle catene, facendo cadere il moccioso in avanti sulle ginocchia, sorprendendolo non poco.
Si riprende velocemente e si accovaccia in posizione fetale, facendomi sorridere.
 
“Come ho già detto: ho altri piani per la mente, Rufy. E nessuno deve provare ad ostacolarmi. Non proverò pietà per nessuno!” gli spiego con tono piuttosto arrabbiato, lasciandolo perplesso.
Alza il suo sguardo verso il mio, fissandomi per pochi secondi, anche se a me sembrano un’eternità.
“Perché?” chiede solamente, con il suo solito fare bambinesco.
E in fin dei conti, anche se si crede maturo, avrà sempre in sé l’animo di un bambino ingenuo e curioso del mondo che lo circonda, avente sempre quella domanda sulla punta della lingua e nello sguardo: perché?
Perché i mocciosi non si accontentano mai di una risposta campata per aria.
Loro vogliono sapere tutto.
E quello che a noi sembra inutile, non lo è per loro.
 
“Forse lo faccio per redenzione nei confronti di una persona a cui tengo molto, chi lo sa!” gli rispondo ridendo, cercando di sdrammatizzare la situazione, senza successo.
“Tu hai un cuore? E da quando?” domanda in tono strafottente.
Il mio piccolo e adorato Rufy.
“Da sempre. Solo che lo uso solo nei momenti più opportuni!”
“Tsk! Allora, oltre a me, hai fatto soffrire anche altre persone? O gli altri meritavano questi momenti opportuni?” continua in tono amareggiato e deluso, sorprendendomi non poco, a dire il vero.
Mi siedo di fianco a lui, facendolo scostare di un poco, quasi avesse paura di scottarsi col fuoco.
“Se vuoi la verità (sia chiaro: io non la dico quasi mai! Anche quella ha i momenti opportuni e questo è uno dei quei momenti) ho provato e provo ancora qualcosa per te. Sai… ho provato a mettere la testa a posto solo per te, perché lo ammetto: io sono pazzo, ma… tu eri diverso… alla fine, però, ho rinunciato. Io non ti meritavo e non ti merito tutt’ora! Non volevo coinvolgere te in questa mia follia proprio per il tuo animo ingenuo e puro. Quindi: ti consiglio di voltare pagina” gli spiego cercando di allontanarmi il più possibile da questo momento fin troppo sdolcinato.
Rischio di farmi venire il diabete solamente per quelle poche cagate vere che ho detto e questo non va bene.
Ci tengo alla mia salute, io!
Come no.
 
“Ti rendi conto che mi hai spezzato il cuore?” chiede con tono rabbioso, mentre copiose lacrime gli rigano il volto in modo imperterrito, quasi vogliano creare tanti solchi quante cicatrici non ancora del tutto rimarginate ha il suo cuore affranto.
“Sì, lo so”.
“MI HAI ABBANDONATO! IO TI AMAVO! MI E’ SERVITO L’AIUTO DI KAT PER APRIRE GLI OCCHI!!!” grida fuori di sé, picchiando i pugni per terra, fregandosene altamente del dolore che può provare.
“Ed è proprio per questo che ti sto dicendo di rifarti una vita. Come ti ho già detto: non ti merito. E’ inutile piangere sul latte versato. Il passato è passato” ribatto con noncuranza, fingendomi indifferente, anche se il mio cuore di ghiaccio pensa tutt’altro.
Estraggo dalla tasca dei pantaloni il pacchetto di sigarette, per poi accendermene una e aspirare il fumo come se non ci fosse un domani, rilassandomi.
“E pensi che non ci abbia provato? Mi trovi così masochista, per caso?” chiede guardandomi allibito, stringendo ancor di più i pugni, fino a farli tremare dallo sforzo.
“Solo un po’” rispondo in tutta onestà, guadagnandomi un destro in pieno viso, facendomi perdere per alcuni attimi l’equilibrio, per poi essere afferrato prontamente per il colletto della camicia dal moccioso.
“Perché cazzo ti comporti così, eh? Non riesci ad essere un umano comune, per una volta?!?” chiede in tono sprezzante, facendomi ghignare mestamente.
È assurdo di come si sia abituato alle stranezze di Kat ma non quelle altrui!
In fin dei conti, mia figlia mi somiglia molto, caratterialmente parlando!
Stessa imprudenza, stesso masochismo, stessa follia!
Anche il sadismo è uguale!
Due gocce d’acqua!
Mi spiace solamente il fatto che non abbia alcun tratto fisico simile al mio.
Tutta sua madre e suo nonno!
Se non è ingiustizia, questa!
 
“Rufy, voglio porti una semplice domanda: secondo te, io sono normale? Sono come tutti gli essere umani?” domando con sopracciglio alzato dalla perplessità, abbandonando momentaneamente la lista dei dettagli dei tratti somiglianti tra me e mia figlia.
“No, non credo…” risponde malinconico, lasciandomi andare.
Mi ricompongo velocemente e finisco la mia sigaretta, per poi alzarmi e gettare il mozzicone nel posacenere posto sul mio bellissimo tavolo.
 
Sto per uscire dalla stanza: aprire la porta e lasciare da solo Rufy, con se stesso e i suoi problemi, perché come ho già detto, io sono il cattivo della storia.
Nessun altro.
 
“Rufy, provi ancora quel sentimento chiamato amore nei miei confronti?” domando lasciandolo senza parole, sentendo il suo sguardo puntato sulla mia schiena, quasi volesse accertarsi di una risposta.
“…Sì…” risponde in un sussurro che a malapena posso sentire.
“Allora non puoi e non potrai mai chiedermi di essere un comune umano. In amore si accettano i difetti e i pregi altrui, qualunque essi siano”.
 
Ed esco di scena, chiudendo il sipario tra me e lui con una semplice frase…






Angolo di Alyce: Ed eccomi tornata dopo un bel po' di tempo! (si nasconde dai lanci di padelle, pentole e vari alieni non identificati)
Lo so, lo so!
Meriterei di essere buttata in una camera blindata, strettamente chiusa e sorvegliata dai quattro moschettieri (che fighi :Q_______) per scrivere.
Non ho scritto perchè ho passato un periodo no e non mi sono ancora ripresa del tutto.
E quindi mi dispiace.
Ma parliamo del capitolo e non di me.
Adoro Doffy! E' così pazzerello e... e... non è normale *^*
Passa da un opposto all'altro: prima è contento, poi, appena vede Occhi di Falco e Leslie, s'incazza.
Quel bastardo di Mihawk gli ha anche rotto il servizio per bere la vodka! D:
Schifosissimo pezzo di merda!
Ma come ha potuto????????
Ok, mi riprendo!
Ma quanto è coccoloso Rufy? No, seriamente, ama ancora Doflamingo nonostante tutto quello che gli ha fatto passare!
Che amore puccioso!!!! <3 <3 <3
Ok, riprendo il mio contegno mancato! (si schiarisce la voce)
Manca poco alla fine della storia.
Lo so, ho fatto una stronzata, perchè ho interrotto la scrittura quasi alla fine!
Il mio povero cervello bacato.
Comunque, voglio ringraziare
KikiShadow93 per il suo stostegno datomi negli ultimi tempi!
Grazie Kiki! Sei stata un tesoro <3 <3
Meriteresti dei monumenti ovunque!!!!
Non riuscirò mai a sdebitarmi, davvero!
Ci vediamo al prossimo capitolo, gente!
Ciao e un strasuperbacione a tutti!
Alyce :))))))))))))))))))))))))))))))))

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Capitolo 22
*** 19- Una perdita dolorosa ***


19° capitolo: Una perdita dolorosa

 
 
Dragon fa il suo ingresso nel salotto, seguito a ruota dai suoi uomini, lasciando sorpreso Akainu.
Come vuole ribattere, ora, il Cane Rosso?
Ci sono io, Gaara, Shanks, Athos e gli altri “tre moschettieri” e infine quello che è stato il mio Maestro per anni, comportandosi persino come un padre nei miei confronti, con il suo piccolo esercito formato da circa una trentina di uomini, appostati fuori casa, armati fino ai denti, nascosti da passamontagna accompagnati da elmetti.
 
“Cosa pensate di fare, eh? Loro saranno a centinaia, mentre voi siete solamente un piccolo plotone di nemmeno cinquanta uomini!” esclama irritato Akainu, facendomi sbuffare dall’impazienza.
Ok, avrà anche ragione, ma se non tentiamo nemmeno, cosa possiamo sperare di fare?
Di sicuro, Mihawk starà a guardare, mentre Doflamingo si darà da fare.
 
A me non importa se morirò in battaglia.
Voglio salvare Rufy.
Costi quel che costi.
Non posso abbandonarlo al suo destino, nelle grinfie di quel biondino folle con tutte le rotelle fuori posto!
Non voglio nemmeno immaginare come avrà conciato il mio fratellino!
Un solo pensiero e distruggerò tutto ciò che mi capita sotto tiro: uomini, oggetti, tutto.
 
“Il Signor Presidente non la pensa così, Signore” afferma sicuro Dragon, lasciandomi totalmente allibita.
Anzi, tutti sono rimasti allibiti, compreso Akainu.
Ho sentito veramente quelle due parole?
Sul serio ha nominato il Presidente???
Quel Presidente?!?
 
Spero che non sia una presa per il culo, altrimenti lo riduco in poltiglia! Se persino il Presidente degli stati Uniti è stato coinvolto, deve essere una cosa seria!!!
 
Perché, scusa? Quando è coinvolta l’FBI non è una cosa seria?
 
Ma quelli sono solamente dei soldatini, tesoro! Stiamo parlando del Presidente!
 
Già, ma ora che ci penso non è poi tanto strano…
 
E perché, scusa?
 
In fin dei conti… si tratta sempre del nonno di Rufy…
 
“Come hai potuto mettere di mezzo il Signor Presidente?!? Che cosa ti è saltato in mente, Dragon?!?” grida infuriato il Cane Rosso, alzandosi di scatto dalla sedia, avvicinandosi al papà di Rufy a grandi falcate, per poi prenderlo per il colletto.
“Ti rendi conto di ciò che hai fatto?!?” domanda ancora, scuotendolo energicamente, lasciando indifferente, nonostante la situazione, il mio Maestro.
“Signore, io non ho fatto un bel niente, glielo posso assicurare” risponde pacato, accennando persino ad un ghigno vittorioso.
 
Dall’esterno, all’improvviso, si sente il rumore di una portiera di un’auto che si chiude.
E se devo essere sincera, questo mi fa salire i brividi lungo la spina dorsale dall’ansia.
Che sia qui?
 
Scappiamo. Prendiamo la prima finestra e fuggiamo da questo posto pieno di sbirri!
 
In lontananza, dei passi echeggiano fino a noi: sono decisi e anche piuttosto veloci.
L’ho conosciuto quando era ancora un semplice Governatore ed ora, eccolo che finalmente ha avverato il suo più grande sogno.
Il famigerato Monkey D. Garp, il nonno di Rufy.
Un uomo crudele, senza scrupoli, severo e fin troppo manesco.
Insomma, si può dire che lui è lo sbirro cattivo dei film.
Smoker, in confronto a lui, è un dolce biscotto alla panna.
 
“Dov’è?”- inizia a parlare con il suo tono di voce profondo e fin troppo spaventoso. Una voce che, se posso dire, non sono felice di risentire- “DOV’E’ QUELLA MENTECATTA DI MIA NIPOTE?!?”.
 
Però, io mi chiedo: perché cazzo cerca sempre me, per prima??? Mai una volta che chieda dov’è il mentecatto di suo nipote!
Tutte le volte devo passare per la pecora nera della combriccola, che cavolo!
Questa faccenda mi sta un po’ sui coglioni.
 
L’idea di scappare è ancora in ballo, se vuoi. Se no, possiamo restare a morire qui.
 
No, dai. Andiamo pure!
 
Accetto volentieri la sua proposta, senza nemmeno pensarci sopra.
Sono codarda? Tsk, ma figuriamoci!
Di sicuro non voglio stare qui, a sorbirmi le “moine” dolci del mio nonno acquisito.
Che poi non ho nemmeno capito perché devo essere sua nipote, siamo chiari.
Lui mi diceva sempre che ero “La nipotina che ho sempre desiderato!” con tanto di occhi sfavillanti di gioia immensa.
Io non l’ho mai chiamato nonno.
Sì, certo, gli voglio bene, ma le sua “amorevoli” carezze non le ho mai volute!
 
Deglutisco a vuoto e, in men che non si dica, mi ritrovo a correre per il corridoio della casa di Ace infestato da soldati, accompagnata dalle urla di Garp.
 
“Torna qui! DISGRAZIATA CHE NON SEI ALTRO!!!” mi minaccia con tono altisonante, nemmeno fosse Dio a proclamare il Giudizio Universale.
E io che faccio? Corro, ovviamente.
“Ma col cazzo!” gli rispondo, deviando improvvisamente per le scale che portano al piano superiore, ricevendo una bella botta al mignolo del mio piede sinistro contro lo scalino.
Bestemmio a bassa voce contro ogni Dio presente in terra, persino gli Sacri Spiriti, meritandomi di sicuro un girone dell’Inferno tutto per me.
Continuo a salire più veloce che posso e, dopo aver finalmente raggiunto il secondo piano… scivolo per terra, cadendo rovinosamente sulle ginocchia.
 
“Porca troia!!!” impreco rialzandomi con non poca fatica, nemmeno avessi combattuto contro Hulk in persona.
Tra me e Garp non mancano che pochi centimetri, ma decido di sfiancare i miei polmoni già provati in una corsa degna di Usain Bolt.
Entro nell’ultima camera in fondo al corridoio del secondo piano e mi ci fiondo letteralmente dentro, fermandomi con l’aiuto della maniglia della porta, per poi chiuderla con un tonfo sordo, girando infine (con tanto di mani tremanti dalla paura) la chiave con tutte le mandate possibili.
Raccatto persino una sedia li vicino e la spingo contro di essa, in modo tale da mettere Garp in difficoltà.
 
Mi allontano un poco, mettendomi una mano sul petto e respirando profondamente, ma un altro spavento mi attanaglia il cuore a causa dei forti colpi inferti alla porta dal vecchio.
“Apri questa maledetta porta!!!” m’intima continuando nella sua impresa, sconvolgendomi più di quanto già possa essere.
Mi sembra la scena del film “The Shining”, manca solamente l’ascia a Garp.
 
Indietreggio ancor di più, finendo contro il muro opposto della stanza, mentre la porta da l’avvertimento che sta per cedere grazie ai suoi continui scricchiolii sinistri.
Volgo freneticamente la testa a destra e a manca per svariate volte, in cerca di una via d’uscita, finché non scorgo la finestra alla mia destra.
La apro con violenza, nel momento stesso in cui Garp sfonda la porta ed entra nella stanza, correndo come un folle nella mia direzione.
Non penso minimamente alle conseguenze e mi butto verso l’ignoto, chiudendo gli occhi ermeticamente.
 
Ma purtroppo, non sento nessun osso rompersi a causa del terreno o un sonoro “Splash!” a causa dell’impatto con l’acqua di un lago infestato da chissà quali improbabili squali o un anaconda gigante pronta a stritolarmi e inghiottirmi.
Apro un occhio con circospezione e tento di guardare verso l’alto per quanto mi possa essere possibile: noto una mano (degna di un gigante) piuttosto conosciuta reggermi senza difficoltà per un pezzo del vestito.
Dire che sono sfigata è un eufemismo.
Mi tira su, senza tanti problemi, all’interno della stanza e qui comincia la ramanzina, con tanto di tirata d’orecchio e “dolci” scappellotti che mi fanno capitombolare a terra un bel po’di volte.
Come picchia Garp non c’è nessuno.
Infatti preferisco di gran lunga le botte di Shanks che di questo qui.
 
“Ora, tu vai a salvare quel degenerato di tuo fratello! Sono stato chiaro?!?” mi grida contro, mentre io mi faccio piccola piccola, nemmeno fossi un gattino indifeso; il tutto è accompagnato dalla presenza di Ace e degli altri, facendomi sentire in imbarazzo.
Sembra la scenata che fanno le mamme difronte ai loro figli al supermercato.
“Sì, Garp… e comunque era quello che avevo in mente di fare!” sbotto tentando di farmi coraggio.
“Non farmi incavolare, nipote! Finita questa faccenda, voglio che ti arruoli nell’Esercito!” ribatte inviperito, gonfiandosi il petto d’orgoglio non appena accenna il fatto di farmi entrare nell’Esercito.
“Io nell’Esercito non ci entro nemmeno a morire, vecchio!” mi difendo ringhiando come un cane rabbioso, accendendo la sua ira alle parole “Esercito”, “non ci entro” e “vecchio”.
“TU DEVI OBBEDIRE A TUO NONNO!!!” urla fuori di sé, piantandomi un poderoso pugno in testa, stordendomi non poco.
 
Che bello! Vedo gli uccellini che volano intorno a me!
 
Kat, smettila di giocare. Dobbiamo andare. Pregusto già il sangue di quel bastardo tra le mie mani!
 
Mi riprendo alle parole della mia socia e lancio un’occhiata a Garp, per poi allontanarmi, non prima di averlo tranquillizzato.
Lo riporterò a casa sano e salvo, promesso”.
 
Entro nella stanza dove ho abitato in questi ultimi tempi e mi vesto con le prima cose che mi capitano sotto tiro.
 
“Allora sei decisa ad intraprendere questa missione suicida?” domanda la voce di Ace alle mie spalle, mentre mi infilo le mie ritrovate All Stars.
“Sì, perché?” chiedo a mia volta alzandomi mentre mi lego i capelli in una coda alta, per poi dirigermi verso di lui a passo svelto, guardandolo insistentemente negli occhi, in attesa di una risposta.
Sorride amaramente, estraendo il suo machete, porgendomelo.
“Perché?” domando ancora in tono flebile, osservando l’impugnatura grezza ma resistente della sua arma.
“Diciamo che… è come un portafortuna! Lo usò mio padre prima di me. Ora tocca a te, usarlo” risponde guardandomi dolcemente, facendomi sciogliere come neve al sole.
Prendo il coltello con delicatezza e la ripongo tra la cintura e i jeans, per poi coprirla con la felpa, fino a che una domanda non mi attraversa la mente.
“Ace… la prima volta che c’incontrammo dicesti che eri in cerca di qualcosa… cosa stavi cercando?” do voce ai miei pensieri, lasciandolo un attimo sorpreso, ma si riprende subito.
Mi afferra delicatamente il viso tra le mani e mi guarda con i suoi occhi neri come la pece, dove mi perderei molto volentieri.
Si avvicina velocemente e mi lascia un vaporoso bacio sulle labbra, provocando in me un tremito piacevole.
“Cercavo dei documenti. Erano file sugli esperimenti che stavano conducendo Doflamingo e mio padre su un’arma da distruzione di massa. Da quel che mi aveva riferito mio padre, l’arma non era stata ancora completata. Tutte le volte mi rassicurava, dicendomi che avrebbe distrutto quel lavoro prima dell’attuazione…” racconta con tono malinconico, mentre posso sentire il mio animo come svuotato di ogni goccia di vita.
Anche suo padre era coinvolto nella creazione di quello che sono io, ora.
“Perché tuo padre era coinvolto? Cosa c’entrava? Perché?” chiedo a raffica, per poi venir zittita da un altro suo bacio.
Si stacca da me alcuni attimi dopo, appoggiando la sua fronte contro la mia, per poi riprendere la storia.
“Mio padre, Gol D. Roger, era il migliore amico di Doflamingo. Erano cresciuti assieme, un po’ come me e Sabo. Fin da piccoli avevano il sogno di realizzare un’arma potente per difendere il proprio Paese e fu  così che alla fine dei loro studi cominciarono la loro Grande Opera… ma mio padre non pensava minimamente che Doflamingo non voleva più creare l’arma per servire la Patria, ma per distruggere le potenze mondiali. La mente di Joker era stata compromessa da suo fratello Mihawk: lo aveva intortato con la storia che sarebbero potuti diventare ricchi sfondati, che avrebbero avuto il mondo ai loro piedi.
Doflamingo cambiava carattere e modo di comportarsi di giorno in giorno, diventando irascibile e folle e mio padre, preoccupato, cominciò ad indagare.
Non appena scoprì le reali intenzioni, abbandonò quello che considerava il suo migliore amico e decise di cominciare la battaglia prima che l’arma diventasse essere umano.
Ma non ci riuscì.
Nonostante i suoi sforzi, l’arma venne completata e immessa dentro al corpo di un umano: una bambina.
Quella bambina eri tu, Kat. Mio padre morì per cercare di salvarti da quell’Inferno e fare in modo che tu potessi crescere come tutte le altre.
Si era persino alleato con l’FBI per intraprendere quella missione suicida.
Mio padre ha fallito. Ha fallito l’FBI. E anche io ho fallito” finisce di raccontare, lasciandomi sconvolta.
 
Non so cosa dire.
Non so nemmeno cosa pensare se non una cosa: vendetta.
Vendetta per tutto il male subito.
 
Bacio Ace per quella che forse sarà l’ultima volta, per poi dirgli addio.
“Mi spiace per tutto quello che ho causato. Risolverò la questione”.
E mi allontano da lui e da quella stanza, seguita dalla scorta di soldati verso quella che si preannuncia una guerra all’ultimo sangue.
 
 
§§§
 
 
 
I soldati si sono nascosti, eseguendo alla lettera gli ordini di Akainu.
Pure a me aveva ordinato qualcosa, ma non me la ricordo… o meglio: non ho la più pallida idea di cosa abbia detto, dato che non l’ho minimamente ascoltato, presa com’ero dal gusto della vendetta e della rabbia che mi attraversava l’animo come un mantello nero e dolce allo stesso tempo.
 
Giungo davanti a quella che una volta era casa mia.
Il luogo dove tutto è iniziato e dove tutto finirà.
Sono qui, in mezzo alla strada, in attesa che loro si decidano ad uscire e venir presi a calci in culo dalla sottoscritta, pronta a morire per il proprio fratello e per vendicare se stessa e l’uomo che è convinta di amare.
 
Una tenda della finestra del soggiorno si scosta, rivelando due occhi gialli come quelli di un falco: Mihawk.
 
“Avanti, grandissimo figlio di puttana, esci e accetta la tua morte senza dire nulla! Perché è questo che meriti!” grido con tutto il fiato che ho in gola, allargando le braccia in un gesto teatrale, sfidandolo ad ammazzarmi.
Vedo il suo ghigno mellifluo e poi sparisce dalla mia visuale, per poi uscire dalla casa ed estrarre la sua amata spada.
 
Vaghi ricordi cominciano a scorrere come un film nella mia mente, sentendo la cicatrice dietro la schiena bruciare come le fiamme dell’inferno, pulsando terribilmente.
 
“A quanto vedo, il coraggio non ti manca, gattina!” esordisce con tono strafottente, avvicinandosi a me.
È una scena un po’surreale, a dire il vero.
Ancora per una volta ci ritroviamo uno di fronte all’altra.
Ma questa volta non è affatto per il sesso.
Questa volta è per ucciderlo una volta per tutte.
“Il coraggio non mi manca, certo! Ma se devo essere sincera sono un po’eccitata” lo ripago con la sua stessa moneta, facendolo ghignare ancora una volta.
“Si vede che ho lasciato un segno indelebile, chi lo sa!” esclama sorridendo maniacalmente, coinvolgendo pure me.
Ma il mio sorriso è diverso.
Il mio, è un sorriso da folle.
 
Ti consiglio di non esultare dalla felicità, perché ora tocca a me…
“Che cosa?”
Oh, la risposta è molto semplice, stupido essere umano. Tra poco esulterò dalla felicità quando ti avrò ridotto il cuore in brandelli e ridotto il tuo corpo ad una massa informe di ossa e muscoli!”.
 
Mi scaravento contro di lui, riuscendo a schivare per un soffio la lama della sua spada, saltando di lato.
Riparto subito all’attacco, come a volergli dare un pugno nello stomaco, mentre lui si difende a spada tratta, preparandosi a colpire.
Non appena sono abbastanza vicina mena un fendente piuttosto potente, ma io mi abbasso e passo sotto alle sue gambe divaricate mediante una capriola, per poi rialzarmi con tutta la velocità di cui dispongo e tirargli una gomitata nella spina dorsale, tra la zona toracica e quella lombare, facendolo cadere per terra, ma si riprende velocemente e si alza di scatto e in meno di due secondi mi colpisce vicino alla tempia destra, intontendomi un poco.
Ne approfitta colpendomi la bocca dello stomaco con il pomolo dell’elsa della spada, facendomi mancare il fiato.
Mi inginocchio tenendomi la parte lesa e tento di riprendermi il più velocemente possibile, ma non ci riesco e mi guadagno un calcio sotto al mento che mi fa rovinare all’indietro.
Si erge sopra di me con tutta la sua altezza e la sua malvagità e sta per darmi il colpo di grazia, ma mi scosto all’ultimo secondo di lato, alzandomi con non poca fatica, respirando affannosamente, mentre piccole gocce di sudore cominciano a scorrere lungo il mio viso.
Non faccio in tempo a girarmi di nuovo verso di lui che mi ferisce la coscia piuttosto in profondità, facendomi gridare dal dolore, sentendo le membra dividersi e il sangue copioso imbrattarmi i jeans.
 
Non possiamo mollare, Kat! Muovi il culo e reagisci!
 
Annuisco debolmente, quasi fosse una convinzione a cui aggrapparmi.
Estraggo il machete di Ace e lo tengo davanti a me, non riuscendo a stare ferma a causa della paura.
Sì, ho paura.
Paura di non farcela.
 
“Cosa pensi di fare con quella cosa? Sbucciare una mela?” chiede Mihawk ghignando in modo strafottente, irritandomi non poco.
La rabbia s’impossessa di me e non posso fare a meno di ringhiare e rispondergli per le rime:
Affatto. Avevo intenzione di tagliarti la gola” e mi lancio letteralmente contro di lui e la sua maledettissima spada, desiderosa di farla finita una volta per tutte.
 
Perché a me non interessa cosa accadrà.
Non m’interessa della lama che sta trafiggendo il mio fianco con forza, facendomi rischiare la vita a causa dell’emorragia e di chissà quali organi lacerati.
Non m’importa di morire tra cinque minuti o un’ora.
A me importa ammazzare questo bastardo figlio di puttana che mi ha rovinato l’esistenza.
 
Urlo con tutta la forza che ho in gola e vado avanti, fino a che non riesco a colpirlo vicino al costato, conficcando la lama del machete sino in fondo.
Lui si ritrae di scatto, facendo uscire così anche tutta la parte della spada che mi aveva perforato con violenza.
Si tocca la ferita, per poi guardarsi le dita sporche di sangue.
Rivoli di sangue escono dagli angoli della sua bocca, ma decide di continuare a combattere, accanendosi contro di me.
Mena fendenti, alcuni a vuoto, altri colpendomi in punti del corpo non vitali, ma strappandomi vari gemiti di dolore, mentre io mi difendo come meglio posso.
Andiamo avanti così per alcuni minuti, finché non decido di contrattaccare e ringraziarlo per le ferite subite, approfittandone nel mentre dove lui si ferma e cerca di riprendere fiato.
 
Corro verso di lui e, spiccando un salto, lo colpisco tra il collo e la spalla, conficcando il machete, per poi percorrere la lunghezza del suo collo, tagliandolo.
Estraggo la lama con violenza e guardo il sangue uscire da quella ferita, mentre lui mormora qualcosa, per poi ricadere inerme in avanti, morto.
Respiro profondamente, per poi prendere la spada di Mihawk tra le mani.
La alzo con un po’di fatica e con un colpo secco taglio la testa di quel bastardo dal resto del corpo con ira.
Getto la spada di fianco a me, guardando il mio operato.
 
Delle grida e dei passi ci raggiungono e, lentamente, alzo lo sguardo verso quelle grida strazianti e fastidiose.
Lei, mia madre.
Lei, che sta correndo con le lacrime agli occhi.
Lei, che sta minacciando di uccidermi con una pistola puntata contro di me.
Lei, che sta per premere il grilletto.
Lei, la persona che pensavo mi volesse bene, ma che invece mi vede come un Mostro.
Lei, che mi vede come un’assassina spietata per averle ucciso il marito che non l’ha mai amata e che non ha mai voluto bene a sua figlia, trattandola come un giocattolo...
 
E poi un colpo.
Uno sparo.
Lo sparo che doveva uccidermi ma che non l’ha fatto.
Perché quello sparo non ha colpito il mio cuore, ma quello dell’amico più caro che avessi.
Il cuore della persona che una volta era riuscita a rubarmi il cuore con i suoi capelli rossi e i suoi occhi neri ma vivaci.
Il cuore di Shanks.
 
“Shanks! No!” grida uno degli amici di Athos, correndo verso mia madre, per poi spararle a sangue freddo.
 
Io sto impietrita di fronte alla scena, mentre vedo cadere il corpo di Shanks sull’asfalto.
M’inginocchio di fianco a lui, per poi prenderlo tra le mie braccia, guardandolo negli occhi, ma senza realmente vederlo.
L’amico di Shanks si accomuna e comincia a chiamarlo ed a rassicurarlo, dicendogli che se la caverà, che andrà tutto bene.
Ma lui non è più tra noi.
 
Delle lacrime cominciano a rigarmi il viso e comincio a piangere.
Piango come non facevo da tempo.
Mi sfogo di tutto, sentendo che il corpo morto tra le mie braccia dell’uomo che una volta amavo non tornerà più in vita.
Appoggio la mia fronte contro la sua, strusciando delicatamente il naso contro il suo, per poi baciarlo delicatamente sulle labbra svariate volte, ripentendogli che gli ho voluto bene e che gliene vorrò sempre.
 
“Shanks… mi dispiace… non ho saputo proteggerti…” singhiozzo presa dal dolore, per poi appoggiare il suo corpo sulla strada e accarezzargli il viso un ultima volta.
Gli chiudo gli occhi e lo saluto, per poi alzarmi e vedere che una marea di nemici sta intorno a noi, puntandoci contro arma di ogni tipo.
Ma non ci faccio caso, nonostante sia ferita in modo piuttosto grave.
Mi muovo solamente a passi lenti, ciondolando per alcuni secondi a testa bassa.
 
Preparatevi a morire, fottuti bastardi” mormoro atona, per poi alzare lo sguardo verso di loro. Attraversata da un moto di follia pura comincio la carneficina…
 
 
 
 
Dodici ore dopo…
 
 
 
Plic… Plic…
 
 
Gocce che cadono.
Sono fastidiose.
Come se non bastasse sento persino quella sottospecie di ticchettio tipico delle macchine per registrare il battito cardiaco usato negli ospedali.
 
Plic… Plic…
 
 
È troppo chiedere del fottutissimo silenzio, poi?!?
Staccate quel macchinario infernale e smettetela di far cadere delle gocce o qualunque cosa siano!!!
 
Plic… Plic…
 
 
Adesso m’incazzo.
Eccomi se m’incazzo.
Divento una belva.
 
Tento di alzarmi, ma sembra tutto inutile.
È come se il mio corpo rifiutasse bellamente di non ascoltare ciò che la mia mente comanda.
Se devo proprio essere sincera, non sento nemmeno il mio corpo.
Sono niente!
Non riesco nemmeno ad aprire gli occhi! Nemmeno le avessero sigillate con dei lucchetti.
Perché cazzo non riesco a muovermi, poi?!?
 
“Signor Doflamingo, siamo giunti ad una conclusione…”- soggiunge una voce a me familiare. Quella di Akainu. C’è anche Joker. Dove cazzo mi trovo? Perché Joker è qui?- “Sua figlia deve dimenticare. È per il suo bene”.
 
Ok, aspetta un minuto.
Da quando Joker ha una figlia?
E chi è?
Perché devono parlare di questa faccenda proprio in mia presenza?
 
C’è qualcosa che non quadra…
 
Alla buon’ora, socia! Dov’eri finita?
 
Non c’è tempo per discutere! Devi svegliarti!!!
 
Non riesco a capire perché mi stia ordinando tutto questo, ma eseguo senza rifletterci sopra, ma i miei tentativi sono vani.
Più ci provo, più il mio corpo oppone resistenza.
 
Non ci riesco!
 
Stai scherzando, nevvero?
 
No, per niente.
 
Siamo nella merda.
 
Perché? Che cazzo sta succedendo?
 
E mi abbandona.
Non mi risponde, lasciandomi totalmente sconvolta, inondata dallo sconforto e dalla confusione più totale.
Odio non capire cosa stia succedendo.
 
“Si rende conto che la Bestia dentro di lei potrebbe ribellarsi? Come può, Kat, dimenticare ciò che è successo? Ha ucciso quel bastardo di un padre fasullo e ha visto morire davanti ai suoi occhi l’uomo che, da quel che mi è stato riferito, era stato il suo pseudo fidanzato” commenta Doflamingo inalberandosi un poco, lasciandomi sconvolta e ancor più confusa.
Cerco di ricordare gli ultimi avvenimenti, dalla promessa fatta al vecchio di riportare a casa sano e salvo Rufy, alla mia vendetta contro Mihawk e la morte di…
 
Shanks è morto…
Ed è stata colpa mia…
È morto per proteggere un essere insignificante come me?!?
 
Devo svegliarmi
Devo.
Non può essere vero.
Lui non può essere morto!!!
È solo un brutto sogno.
Un incubo, no?
Gli incubi finiscono, prima o poi, non possono durare per sempre.
È solo un brutto sogno.
Un brutto sogno…
 
“Shanks è morto per una buona causa. Sua figlia se ne dovrà fare una ragione. Ma la decisione è irrevocabile.
Le cancelleremo la memoria, così come a Gol D. Ace, Monkey D. Rufy, la ragazza dai capelli rossicci e la restante combriccola di amici.
È un procedimento che riuscirà a tenere la memoria “bloccata” per cinque anni.
Allo scadere del limite, il procedimento verrà rieseguito sui soggetti” afferma in tono calmo il Cane Rosso, facendomi sprofondare nella paura più nera.
 
Tutta la mia vita è stata una menzogna.
Alla fine Mihawk non era mio padre, ma Joker.
Questo spiega il motivo per cui, nonostante il mio odio verso di lui, gli ero “attaccata” in un qual modo.
E non me lo ha mai detto.
Mai.
 
“Cosa ricorderanno, invece? Avranno un vuoto totale? Cosa?” domanda Doflamingo scettico.
“Ricorderanno una vita che non hanno mai avuto. La solita noiosa vita dei ragazzi: scuola, primi amori, alcool, discoteche eccetera, eccetera” gli risponde in tono atono, irritandomi parecchio.
Forse, quella vita, sarà stata noiosa per lui, ma non lo sarebbe stato per me, dopo tutto quello che ho dovuto subire ed affrontare!
Ma questo vuole anche dire che non vedrò più Ace.
Avremo strade diverse…
 
“Avrei una richiesta…” comincia Joker con tono deciso, lasciandomi perplessa.
“Non dovrebbe farne, dato che le concediamo il favore di restare in libertà e di avere la patria potestà su sua figlia nonostante i suoi crimini!” sbotta Akainu in risposta, accennando persino ad un ghigno rumoroso e sprezzante.
“Non me ne può fregare un cazzo dei miei crimini! C’è in ballo la vita di mia figlia!” grida Joker fuori di sé, spaventandomi un poco.
Tuttavia… sento una strana felicità alle sue parole…
 
“Voglio che Ace faccia parte della sua vita. Ha già perso troppe persone a lei care. Non voglio che se ne vada via un’altra”- continua il suo discorso, facendo calare per alcuni secondi un silenzio di tomba, in cui si può sentire tutta la tensione presente- “Faccia in modo che stiano insieme. Non m’importa come. Un banale incidente, un incontro fortuito, qualcosa! I geni d’incontri e di scontri siete voi, non io”.
“D’accordo. La procedura avrà inizio domani alle ore 13.20.  Fino a quell’ora, non potrà più vedere sua figlia” conclude Akainu.
 
Dei passi si allontanano, mentre posso sentire mio… padre sospirare pesantemente, per poi avvertire la sua presenza avvicinarsi…
 
“Mi spiace che tu sia ridotta così… tsk! Ti hanno indotto persino al coma a causa delle ferite che hai riportato! E ti vogliono cancellare la memoria. So di non essere stato il padre migliore al mondo, ma ti ho sempre voluto bene, indifferentemente dal modo in cui mi trattavi. Quante volte hai cercato di ammazzarmi o di cercare di mandarmi all’ospedale? Ho seguito la tua crescita nell’ombra, assistendo solamente da lontano. Forse tu non ci crederai, ma svariate volte mi è balzata alla mente di uccidere quel bastardo di Occhi di Falco, ma dovevo attenermi al piano. Un solo passo falso e tutto sarebbe andato a puttane. Ti ho incitata ad odiarmi ed a disprezzarmi, provocandoti. Sono stato vile, lo so. Sei libera di odiarmi, se vuoi, ma so solamente una cose: ti vorrò sempre bene, figlia mia, qualunque cosa accada…”.






Angolo di Alyce: Ed ecco il penultimo capitolo, bella gente!
Se devo essere sincera, mi spiace concludere la storia! Mi sono affezionata troppo a Kat e al suo piccolo Mostriciattolo tatoso e puccioso! <3
Comunque! Come potete vedere, dopo che Kat ha ammazzato Mihawk (a proposito, com'è è venuta la scena di battaglia???? Sono curiosa! Voglio migliorare, perchè non sono il massimo nelle scene dove c'è moltissima azione), l'hanno indotta al coma!
Povera! Oltre a perdere Shanks (lo so! Lo so! LO SO! Sono stata meschina con un colpo così basso, ma era necessario per il finale. Mi è pianto il cuore a far uccidere Shanks. Ma la scelta era fra lui ed Ace e, quindi, altro finale. Tutti e due drammatici, comunque), ha saputo chi era il suo vero padre: di male in peggio, insomma.
E, come se non bastasse la bella batosta, anche la perdita della memoria! Bella ciliegina sulla torta, no?
Nel prossimo capitolo ci sarà un bella sorpresa! Che non vedo l'ora di scrivere!!!! *^*
Al solo pensiero vado in escandescenza!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!! <3 <3
Ok, mi riprendo!
Ci si vede nel finale, dolcezze!
Ciao e un strasuperbacione a tutti!
Alyce :)))))))))))))))))))))))))))))))))))))))))))))))))))))

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Capitolo 23
*** 20- Questa vita non mi appartiene... ***


20° capitolo: Questa vita non mi appartiene…

 
 
 
Due anni dopo…
 
 
Ti hanno mentito! Tutti! TUTTI! Nessuno merita di vivere!!!
 
 
Mi sveglio di soprassalto all’udire quelle parole, sentendo il fiato corto e la maglietta del pigiama “incollata” alla schiena in modo fastidioso.
Mi sento come un forno pronto a scoppiare da un momento all’altro.
Mi passo una mano sulla fronte, tergendo il sudore dalla fronte, per poi alzarmi cautamente dal letto per non svegliare Ace.
Dorme sempre come un ghiro! Beato lui!
 
Mi dirigo verso la finestra e la apro, facendomi “investire” dall’arietta fresca notturna tipica dell’estate, trovando un po’di ristoro e calmandomi un poco.
È da un anno, oramai, che faccio incubi.
Incubi spaventosi, dove sogno di uccidere tantissime persone e il fratello di mio padre, Mihawk, staccandogli di netto la testa dal collo.
E poi c’è quella voce macabra e molto profonda che continua a giurare vendetta, giurando di aiutarmi.
Se devo essere sincera, una volta l’ho vista: capelli spettinati e molto lunghi, vestiti lacerati, nemmeno avesse combattuto la guerra della sua vita, fisico mingherlino e all’apparenza fragile, pronto a rompersi in mille e più frammenti, ma in realtà forte… e i suoi occhi…
I suoi occhi rossi come il sangue.
Mi fanno paura.
Terrore.
Eppure… anche se quella ragazzina mi fa paura, so che ha ragione.
Non è una cosa a cui ho pensato, ovvio, ma è il mio istinto a dire che la ha ragione.
 
Guardo il display luminoso dell’orologio: le 05.30.
Credo che oggi andrò a visitare la tomba della mamma, dello zio e del mio amico Shanks.
Sì, lo farò.
Non voglio più scappare.
Sono stata vigliacca ad andare solamente al loro funerale e non presentarmi più, per due anni.
Due anni.
È il momento di rimediare.
 
Me ne ritorno a letto e mi accoccolo contro il corpo muscoloso di Ace, venendo “avvolta” dal suo caldo e rassicurante abbraccio.
Mi sporgo un poco verso di lui e gli bacio dolcemente le labbra, per poi appoggiare la testa sul suo petto e tornare a dormire…
 
 
Il rumore incessante della sveglia non smette di tormentarmi, facendomi agitare in maniera spropositata e, nel moto di spegnerla, do una gomitata sul naso del mio fidanzato, svegliando anche lui.
 
“Ahia!” esclama dolorante, scattando come una molla, rischiando di cadere dal letto.
Cosa che poi accade, dato che mio padre entra nella stanza accompagnato da Rufy, gridando a squarciagola un “Buongiorno, ragazzi! Scopato bene?”.
Io lo uccido.
Ma che gli frega?!?
 
“Non bastava la sveglia fastidiosa, la gomitata sul naso da parte di qualcuno di mia conoscenza, no! Ci ti metti pure tu, Doffy, facendoti i cazzi degli altri! Ma i tuoi, non te li fai mai?!?” domanda scocciato Ace, alzandosi con un po’di fatica, mostrandosi agli altri come mamma lo ha fatto, dando a me l’onore di guardare il suo fondoschiena perfetto.
Sto per alzarmi e saltargli addosso, pronta per un altro round di sesso scatenato, ma mi fermo in tempo.
Sacri Spiriti! Odio quando mio padre entra nella mia stanza, chiusa a chiave, e ci disturba.
Odio! Odio! Odio! Odio!
 
“Copriti, per favore. Altrimenti rischi di essere letteralmente mangiato da mia figlia” lo avverte ghignando furbescamente, facendomi arrossire dall’imbarazzo come una scema, mentre Ace sorride malandrino, ribattendo a tono:
“La cosa non mi dispiacerebbe”.
 
“Ok, io vado a fare colazione! E di sicuro non mangerò il mio fidanzato, dato che NON sono un’affamata di sesso! Ah, papà! Io oggi vado a fare shopping! Non aspettarmi a casa!” mento alzandomi dal letto e uscendo dalla stanza in fretta e furia per non dare ulteriori spiegazioni.
Non sono mai stata brava a mentire.
“Kat, vuoi che ti accompagni?” chiede Ace gridando, facendomi sorridere mestamente.
“No, grazie. Starò in centro per un bel po’, rischieresti di annoiarti e basta!” gli rispondo andando in cucina, per poi trangugiare una brioche al cioccolato e del thè freddo al limone, rischiando di strozzarmi svariate volte.
Voglio partire subito prima che decida di cambiare idea e andare veramente in centro a fare shopping sfrenato, anche se non mi piace per niente.
 
Dopo essere uscita di casa mi dirigo al cimitero, cercando di capire perché io senta quella maledetta voce tutte le santissime notti.
Ho avuto una vita come tutte le altre ragazze, in fin dei conti.
Certo, mia madre è morta due anni fa assieme a mio zio a causa di un incidente stradale, ma non ho sofferto più di tanto, dato che non sono stati quasi mai presenti nella mia vita.
Il fatto che mi addolora di più è aver perso Shanks, anche se non ricordo come…
Com’è morto?
Tutte le volte che cercavo delle risposte da mio padre tergiversava, cambiava argomento e chiudeva la questione.
Perché Shanks è morto, poi? Godeva da sempre di buona salute anche se gli mancava un braccio e poi era giovane!
Questa faccenda non mi va giù per niente e, più cerco di ricordare, più sento i ricordi “svanire” come una nuvoletta di fumo.
 
Arrivo al cimitero e sotto un albero lì vicino scorgo una Ducati Desmosedici RR rossa.
Se devo essere sincera, è la prima volta che vedo una moto vicina ad un cimitero.
Sorrido ed entro, venendo “avvolta” nel silenzio più totale, se non fosse per il leggero venticello che fischia tra le lapidi.
In lontananza intravedo quelle dei miei parenti e del mio migliore amico, ma c’è anche qualcuno e credo proprio che sia il proprietario della Ducati che ho visto poco fa.
Cammino lentamente, sentendo il rumore dello scricchiolio della ghiaia al mio passaggio, mentre il mio cuore accelera il battito e il mio stomaco viene “stretto” da una morsa ferrea di ansia.
Forse quell’uomo conosceva uno dei tre o tutti, chi lo sa.
 
Giungo davanti alle tre tombe e le guardo, sentendomi terribilmente in colpa, mentre una lacrima bastarda mi solca il viso lentamente.
Con quale coraggio sono venuta fin qui a sperare in un perdono da parte loro?
Sono solamente una vigliacca.
Mi sono rifiutata di venire per due anni interi, ed ora eccomi qui, senza nemmeno un fiore o qualcosa che possa mostrare il mio interessamento nei loro confronti.
L’uomo di fianco a me sta in religioso silenzio, tenendo tra le mani il suo casco nero.
E’ giovane, anche se il suo sguardo serio lo rende più “vecchio” e scorbutico.
Sì, sembra uno scorbutico, perché anche se è serio sembra incazzato col mondo.
Per non parlare dei suoi capelli rasati a zero!
Non che non sia bello, certo, ma, oltre a sembrare scorbutico, potrebbe essere scambiato per un killer spietato!
A conferma delle mie teorie c’è il suo vestiario da bad boy che lo rende ancora più “crudele” e sexy, senza dubbio.
 
“Finito di fissarmi?” mi chiede con voce profonda e seccata, facendomi arrossire dall’imbarazzo.
In questo momento vorrei essere sotto terra.
Ho fissato uno sconosciuto per non so quanto tempo ed ora dovrò chiedergli scusa per il mio comportamento.
Certe volte mi sorprendo della mia stupidità.
 
“Mi dispiace. Non era mia intenzione, davvero” sussurro mortificata, abbassando lo sguardo verso le lapidi, trovando gli epitaffi molto interessanti nonostante la mia situazione.
“Ma lo hai fatto” ribatte irritato, facendomi incazzare.
“Ti ho detto che mi dispiace” gli ringhio contro, mandando a quel paese le buone maniere.
“Cerchi rogne, per caso?” domanda guardandomi intensamente negli occhi.
“Affatto! E tu?” chiedo a mia volta, lasciandolo sorpreso per pochi attimi.
“Nemmeno” risponde tornando a fissare le tombe.
 
Restiamo in silenzio per alcuni minuti, ma presto vengo “sopraffatta” dalla mia curiosità e continuo il discorso che abbiamo instaurato in modo piuttosto… siamo partiti col piede sbagliato, ecco.
“Li conoscevi?” domando indicando i miei due parenti e Shanks, facendolo sospirare, non so se a causa della mia presenza a lui fastidiosa o dal dolore.
Io voto per la prima.
“Sì, o meglio, conoscevo Leslie: era mia madre” afferma atono, lasciandomi sbigottita.
 
Ho un fratello.
Dannazione, ho un fratello e non l’ho mai saputo!
È assurdo come si possa scoprire la verità in qualunque momento della nostra vita.
Forse quella ragazzina, affermando con convinzione che tutti mi avevano mentito, alludeva a questo tizio comparso all’improvviso, nonché mio fratello.
 
“Aspetta un attimo… t-tu… come?” balbetto agitata, facendogli alzare un sopracciglio dalla perplessità.
“Sicura di star bene?” chiede avvicinandosi, ma io mi allontano da lui, incespicando all’indietro, per poi capitombolare a terra sui sassolini, sentendo male, ma non ci faccio caso, presa dal mio “nuovo” fratello.
“Come fai ad essere suo figlio?!? Perché non ti ho mai visto, né conosciuto?!? Chi sei veramente?!? Dimmelo!” comincio a sparlare e gli punto un dito contro, tremando come una foglia dallo shock.
 
Perché non riesco mai a sapere la verità? Chi sono io?
 
“Vedi di darti una calmata, ora! Mi dai sui nervi. E poi mi spieghi perché cazzo ti dovrei dire chi sono?!? Che ti frega?!?” risponde alterato, passandosi una mano dietro al collo, quasi fosse stanco della situazione.
“Tu devi dirmi chi sei! Se tu sei mio fratello, perché non ti ho mai visto in vita mia?!? Non ho mai sentito parlare di te!” sbotto rialzandomi, per poi pormi difronte a lui, racimolando un po’di coraggio.
“Quindi tu devi essere Kat, la bambina che è stata “trasformata” in un’arma da distruzione di massa” afferma sorridendo ironicamente, lasciandomi sconvolta.
 
La testa comincia a farmi male in modo doloroso, mentre sento il respiro diventare affannoso, nemmeno avessi corso per miglia e miglia.
Vaghe scene affiorano nella mia mente, mostrando una me che uccide persone senza pietà, come nell’incubo che mi ha fatto vivere attimi di terrore.
 
“Tu sai chi sono? Perché hai detto che sono un’arma da distruzione di massa? Che intendevi? Come fai a conoscermi?”.
Alle mie domande ghigna sommessamente.
Perché cavolo si prende gioco di me?
Io sono qui, che cerco di capirci qualcosa e lui ride della mia situazione!
 
“Vedo che quei bastardi ti hanno cancellato la memoria. I soliti fifoni” commenta acido, lasciandomi perplessa.
Mi hanno cancellato la memoria… impossibile.
Ho vissuto come tutti gli altri! Ho vissuto un’infanzia piuttosto felice e adesso sto vivendo la mia adolescenza!
Non c’è nulla di strano!
 
“Di che parli?” chiedo in cerca di spiegazione, facendolo tornare serio.
“Taci e non fare domande. Dovrai solamente ascoltare in silenzio”- esordisce, per poi sedersi comodamente per terra, seguita a ruota da una me titubante- “Io sono Lee Christmas e sì, sono tuo fratello.
Non ho mai conosciuto mio padre, e nemmeno m’interessa, ma so per certo che nostra madre ha cercato di crescermi nel miglior modo possibile, in modo tale che un giorno riuscissi a cavarmela da solo.
Non mi ha mai dimostrato di volermi bene, ma me ne voleva… o almeno un po’, credo.
Non so se hanno cancellato dalla memoria questo tuo ricordo o non te lo hanno mai detto, ma Leslie faceva la prostituta.
Ha cominciato quando era ancora un’adolescente, così mi ha detto.
Alla fine è successo che lei rimase incinta di me, ma non decise mai di abortire.
Certo… è stata dura per lei crescere un bambino ribelle e scalmanato come me, ma ce l’ha fatta, anche se con fatica.
Ti posso assicurare che da bambino non ero il figlio perfetto, anzi: sono stato più volte in carcere per piccoli furti, furti con scasso e risse.
Ancora adesso mi chiedo come non abbia fatto ad uccidermi per la mia indole verso il crimine…
Fatto sta che un giorno incontrai Barney, un mercenario.
Sai… fu un incontro piuttosto buffo: cercai di derubarlo, ma non ci riuscii.
Per la mia età ero piuttosto forte fisicamente, ma ti posso assicurare che quando incontrai quello stronzo le presi di santa ragione! Ma non è per quello che lo considero una grandissima testa di cazzo, no: dopo avermi pestato a sangue ebbe la bella faccia tosta di chiedermi di unirmi a lui come collega.
Accettai.
Quando lo dissi a nostra madre si scatenò il macello: non solo s’incazzò a morte per la mia scelta di diventare un soldato che uccide per soldi, ma mi rinfacciò tutto quello che aveva passato a causa mia, quello che aveva dovuto sacrificare per crescermi al meglio!
Lei, piuttosto che capire che stavo cercando di aiutarla, mi stava cacciando via da casa, intimandomi di non farmi più vedere, di sparire dalla sua vita… ma… anche se aveva urlato contro di me tutta la cruda verità, soffrì.
Me lo ricordo come se fosse ieri: stavo per uscire da quella che era stata per anni casa mia, quando lei mi corse incontro in lacrime e mi pregò di restare e di rifiutare l’offerta di Barney.
Non lo feci.
La lasciai da sola e non le dissi nemmeno addio: non un bacio, non una parola, né un abbraccio.
Solo il mio sguardo nei suoi occhi pieni di lacrime e la mia partenza.
Non mi pentii mai della mia scelta e non lo sono nemmeno ora.
Se dovessi tornare indietro nel tempo, accetterei di nuovo l’offerta di Barney, senza rimorsi…”.
Termina la sua storia, lasciandomi sconvolta totalmente.
Non sapevo praticamente nulla su mia madre, mentre lui, Lee, mio fratello, conosceva ogni sua sfaccettatura.
È come se io non avessi mai avuto una madre…
“Tu… cioè, voi… non siete rimasti in contatto? Non vi siete mai scritti una lettera? Non vi siete mai telefonati?” gli chiedo con un po’di timore, facendolo sorridere amaramente.
“Ci siamo scritti pochissime lettere e quando le telefonavo, litigavamo sempre. Alla fine decisi di rompere i contatti con lei per sempre. Solamente una volta non abbiamo litigato, ed è stato quando mi ha riferito che avevo un sorellina… sai… per causa tua mi beccai una pallottola in una gamba, non so se mi spiego!” risponde con tono di rimprovero, lasciandomi attonita dalla sorpresa.
 
Colpa mia?
Ma se non l’ho mai incontrato in tutta la mia vita!!!
 
“Stai scherzando, spero! Come hai fatto a beccarti una pallottola a causa mia?!?” gli chiedo con tono irritato, gonfiando le guance come una bambina a cui hanno fatto un dispetto.
Ghigna sommessamente alla mia reazione, per poi puntarmi l’indice della mano destra contro:
“La mamma mi aveva telefonato in un momento delicato! Ero in missione! Dovevamo uccidere una banda di mafiosi russi: noi, mercenari contro dei pezzi di merda belli grossi! Mi ha squillato il telefono, ho risposto e che mi sento dire? Lee, non sei più da solo. Non capii niente della frase che aveva detto Leslie. Le chiesi spiegazioni e (scocciata e irata come non mai) mi rispose che avevo una sorellina. Rimasi talmente sconvolto che le chiusi il telefono in faccia! Barney mi chiese cosa avevo e lo informai della situazione. Solo che ci eravamo dimenticati dei russi.
Che è successo?
Pensarono che noi li avessimo insultati o qualcosa del genere e cominciarono a spararci addosso!”
“E ti sei beccato una pallottola…”
“Nella gamba” continua la frase, lasciandomi ancora più perplessa.
“Ma che c’entro io, che cavolo! È stata colpa tua! Non mia!”
“Ehi, dolcezza, abbassa il tono! Ero sconvolto dalla tua nascita, capisci? Non è cosa da tutti giorni sapere che si ha una peste in famiglia mentre si è in una missione suicida!” sbotta scocciato, per poi alzarsi e pulirsi i pantaloni alla meglio, seguito a ruota da me.
 
Restiamo in silenzio per alcuni attimi, mentre io rimugino sulla storia che mi ha raccontato, per poi fargli una domanda, a detta mia, più che lecita:
“Hai detto che sono un’arma da distruzione di massa… come lo sai?”
“Oh, è molto semplice! Non prendermi per uno stalker, ma diciamo che ti ho tenuta d’occhio. Barney ha certe conoscenze, così gli ho chiesto di indagare sul tuo conto. Una piccola bambina innocente, che è diventata una cavia da laboratorio, in mano a scienziati pazzi!
Da bambina normale e rompiscatole eri diventata un mostro di sangue in versione mini, affamata di vendetta.
Ed è quello che hai ottenuto alla fine: hai ucciso coloro che ti hanno fatto del male ed hai vendicato il tuo amico Shanks…
E adesso eccoti qui… una vita da normale adolescente, in balia dei primi amori con i relativi problemi e con ormoni alle stelle!
Ce l’hai fatta, alla fine…” mi spiega piuttosto sbrigativo, ma è il commento finale a lasciarmi basita.
Sarcasmo allo stato puro, si può dire.
Per non parlare di questo atroce mal di testa che mi sta uccidendo.
 
Mi tocco il capo con una mano, chiudendo con forza gli occhi, quasi sperassi che il dolore possa passare con questo gesto, ma quando li riapro, vedo tutto annebbiato, mentre il mio cervello viene invaso da scene di sangue.
Sangue sulle mie mani e sui miei vestiti.
Persone morte a causa mia.
Ammazzate da me.
Quelli che pensavo fossero solamente degli incubi si sono rivelati la verità celata dietro ad una vita falsa, inesistente.
I ricordi cominciano a riaffiorare in modo veloce ed instancabile, facendomi vivere tutti i momenti tristi, i momenti di terrore e quel sentimento di vendetta che non si è mai spento.
Copiose lacrime calde cominciano a solcarmi il viso, mentre attorno a me sento solamente un gran freddo e il mio corpo trema come non aveva mai fatto.
Tremo e non smetto, finché non sento delle forti braccia muscolose avvolgermi in un abbraccio.
Ma non è compassione, no.
Sembra affetto.
Vago affetto che mi fa sentire subito meglio.
 
“Tu sai che questa non sarà mai la tua vita, vero?” chiede Lee, accarezzandomi la testa in modo piuttosto goffo, ma a me va bene così.
Annuisco, continuando a piangere sulla sua spalla, stringendo i lembi della sua giacca, tirando su col naso.
“Vieni via con me. Unisciti a Barney, a me ed agli altri miei compagni… certo… le prime volte sarà un po’difficile, ma ce la farai… ne sono sicuro” mi propone staccandosi da me per guardarmi negli occhi.
Boccheggio un poco, non sapendo cosa rispondere.
 
Ho un padre, Ace, Rufy…
Non so se posso abbandonarli…
Ma, alla fine, che scelta ho? Quella di continuare a mentire agli altri ed a me stessa, fingendo di vivere una vita che non ho, che non ho mai avuto e che non avrò mai?
Come posso dimenticare tutte le persone che ho ucciso?
Certo, non mi pento di aver ucciso Mihawk, dopo quello che mi ha fatto.
Lo rifarei di nuovo, senza ripensamenti.
Ma tutte le persone che sono state uccise a causa mia?
Il padre di Ace, i miei nonni, Shanks…
No.
Voglio riscattare la loro morte.
Lo farò aiutando le persone più deboli, proteggendole dai cattivi della storia.
Perché tutti alla fine hanno una storia, no?
La mia è vecchia.
È ora di riscriverla e di viverne un’altra.
Spero solamente che Ace si trovi una persona migliore di me, con cui condividere momenti felici e momenti tristi.
Io voglio che lui ricominci a vivere, perché anche se ha le mani sporche di sangue, lo merita.
Lo merita davvero.
Io no.
Non ancora, almeno.
 
“Lee, dimmi: in cosa consiste di preciso, il vostro lavoro?” gli domando asciugandomi le ultime lacrime, facendolo sorridere.
“Andare a caccia di tutte le teste di cazzo che non meritano di vivere. Andare a caccia dei cattivi ed ucciderli, il più delle volte” mi risponde aggiustandosi la giacca e scroccandosi le ossa del collo con soddisfazione.
 
“Sai… pensavo di unirmi a voi mercenari… sempre se vi va bene, ovvio!” osservo incrociando le braccia al petto, facendolo ridere di gusto.
“Attenta pivella: è una vita difficile. Non ti aspettare un tappeto di petali di rose steso solamente per te! Dovrai faticare e sì, anche soffrire. Questa è la nostra vita!” mi avverte guardandomi serio negli occhi, ma non esito un attimo.
E non lo voglio fare.
“Wow! Noto che non hai fiducia in tua sorella! Questa cosa mi sconvolge! Mi offendi!” ribatto in tono sarcastico, zittendolo per un attimo, per poi fargli “sorgere” un sorriso sulle labbra.
“Altro che Donquijote! Tu sei una Christmas con le palle, mocciosa. Credo che ti dovrò picchiare parecchio per farti rigare dritto, anche se penso che basti Barney!” esclama cingendomi la vita con un braccio, accompagnandomi fuori dal cimitero e dirigendoci verso la sua moto.
Dal suo zaino (se devo essere sincera non lo avevo notato) tira fuori un casco e me lo porge.
Lo prendo e lo guardo, sorridendo nostalgicamente, pensando che in fin dei conti, mi mancheranno tutti.
Infilo il casco e mi accomodo sulla sella posteriore, “abbracciando” la vita di mio fratello con delicatezza, mentre lui mette in moto e parte con me verso quella che sarà la nostra prossima vita insieme.
 
 
 
 
 
 
La vendetta ci aspetta.
Il riscatto verrà ripagato con il sangue versato.
Piccola Kat, non temere, non indugiare.
La tua vita non è la menzogna.
La tua vita è la cruda verità e il sangue dei bastardi che fanno del male e che fanno soffrire.
Tu non sei un’arma da distruzione di massa.
Tu sei un soldato addestrato per proteggere gli innocenti.
Sei il loro angelo custode.
I cattivi tremino di paura difronte a te, soldato addestrato dalla Morte stessa, che ha piena fiducia in te!
Non vorremo deluderla, vero?








Angolo di Alyce: Buonasera!
Eccoci arrivati alla fine di questo viaggio, la fine di questa storia!
Mi spiace un po' doverla concludere, mi ero affezionata a Kat e al suo piccolo Mostriciattolo.
Ma parliamo del capitolo!
Come potete vedere, Kat si ritrova un fratello.
E non è un fratello qualsiasi! Stiamo parlando di Lee Christmas, il mercenario più sexy che sia mai esistito dei film The Expendables!
Il magnifico e bellissimo Jason Statham!!!!!! :Q__________________________________________________
Per non parlare della sua magnifica Ducati Desmosedici!
Ma torniamo al dunque!
Kat incontra suo fratello nel cimitero e, dopo vari discorsi decide di abbandonare la sua vecchia vita, di voltare pagina e di lasciare Ace, partendo con Lee.
Cosa posso dire?
Non sono ancora sicura se fare un sequel o meno.
Un po' per la mia incertezza su questa faccenda del seguito, un po' perchè devo scrivere le altre mie storie che ho messo in pausa.
Però, ora tengo a ringraziare tutti coloro che hanno recensito questa storia, facendomi sorridere e condividendo momenti felici e tristi della storia.
Grazie di cuore! <3
Ringrazio coloro che hanno messo questa storia tra le preferite/seguite/ricordate.
Grazie mille, ragazzi!
Ed ora, tengo a fare un ringraziamento speciale a KikiShadow93!
Kiki-san, ti voglio ringraziare per tutto quello che hai fatto per me, dandomi utili consigli e consolandomi nel momento del bisogno.
Ti ringrazio di aver sopportato una pazza come me e i miei problemi, ascoltandomi e consigliandomi.
Grazie.
Non smetterò mai di dirlo e non saprò mai come sdebitarmi!
Grazie ancora.

Ed eccoci giunta alla parte alla parte difficile.
Dare l'ultimo saluto con questa storia.
Spero che questa storia vi sia piaciuta a che vi abbia fatto emozionare.
Vi ringrazio!
Ciao e un strasuperbacione a tutti!
Alyce :)))))))))))))))))))))))))))))))))))))))))))))))))))))))))))))))))))))))))))))

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