Lettere dal destino

di Bolide Everdeen
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Iris & Rose ***
Capitolo 2: *** Partenze & compleanni ***
Capitolo 3: *** La prima lettera ***
Capitolo 4: *** Confessioni & fallimenti ***
Capitolo 5: *** Problemi per Rose ***
Capitolo 6: *** Nascondigli & boschi ***
Capitolo 7: *** Scoperte (dei genitori) & riflessioni (provocate da genitori) ***
Capitolo 8: *** Richieste & insonnie ***
Capitolo 9: *** Piacevoli litigi & dispiacevoli avvertimenti ***
Capitolo 10: *** Una nuova battaglia ***
Capitolo 11: *** In quattro per un piano ***
Capitolo 12: *** Studiando il piano ***
Capitolo 13: *** Cercando ***
Capitolo 14: *** Forse finito ***
Capitolo 15: *** Risvegli & confessioni ***
Capitolo 16: *** Seicento anni e mezzo fa ***



Capitolo 1
*** Iris & Rose ***


Lettere dal destino
1. Iris & Rose

In apparenza, sembrava una giornata normale.

Nonostante gli anni fossero invisibilmente passati, le abitudini di Katniss Everdeen erano rimaste uguali a quelle di quindici anni prima, come se nel frattempo non avesse combattuto, come se nel frattempo non avesse liberato una nazione, come se nel frattempo non si fosse sposata.

Ecco perché stava vagando nel bosco, con un arco in mano, in cerca di prede.

E guardava il cielo; quasi le sembrava che volesse dirle qualcosa: infatti, Katniss in quel momento stava decifrando le sue nuvole, cercando di capire il loro messaggio.

In quel momento, il suo sguardo fu riportato a terra da un fruscio: era uno scoiattolo, che adesso correva verso destra, anche se non sembrava che stesse scappando.

Normalmente, Katniss avrebbe impugnato una freccia e lo avrebbe trasformato in preda senza problemi, ma questa volta lo inseguì, perché forse era questo la comunicazione che il cielo le voleva inviare.

E ad un certo punto un conato di vomito la obbligò a bloccarsi, ad andare vicino ad un cespuglio e sputare quel viscido componimento.

L'attacco la lasciò sorpresa e madida di sudore, in più le gambe le costrinsero di mettersi un attimo a sedere e riposarsi.

Vicino a lei c'era un piccolo fiore dai petali azzurri, un iris: Katniss non ne aveva mai visti nel bosco ed era così splendido che le sembrava quasi un dono che la natura le offriva.

Un dono che la natura le offriva, ma forse il vero dono era un altro.

 

In apparenza, sembrava anche quella una giornata normale. Di qualche secolo prima, ma sempre una giornata normale.

E anche per Hermione Granger gli anni erano passati piuttosto velocemente, e le abitudini per lei erano lievemente cambiate, perché da alzarsi ogni mattina come promettente studente di Hogwarts in un dormitorio Grifondoro era arrivata a svegliarsi accanto a Ron, per correre subito al Ministero della Magia, dove lei comandava.

E in quella giornata normale, sul balcone del suo ufficio anche Hermione guardava il cielo come se le volesse dire qualcosa, e cercava di decifrarne le nuvole.

E anche il suo sguardo fu riportato a terra, anche se quella volta era un soffio di vento più potente del solito che la spingeva verso destra.

Si voltò verso la direzione del vento, perché forse era quello il messaggio che il cielo le voleva inviare. Vide i vasi dove aveva provato a coltivare dei fiori, fino a quel momento con scarsi risultati, ma prima che potesse accorgersi di altro, anche lei fu travolta da un conato di vomito, tanto da afferrare una bacinella che si trovava lì accanto e vomitarci dentro.

Quando Hermione ebbe finito, si accorse che in uno dei vasi era spuntato un piccolo fiore dai petali rossi, una rosa: era così bella che anche quella sembrava un dono che la natura le offriva.

Un dono che la natura le offriva, ma forse il vero dono era un altro. Anche qui.

 

***

Sette mesi circa dopo quella giornata normale, in tutti e due i casi

 

Il parto per Katniss era stato doloroso, tormentato da domande su come sarebbe cambiata la sua vita in quel momento. La ragazza di fuoco, colei che per due volte era uscita viva dall'arena, colei che aveva liberato dodici distretti dalla tirannia, era stata assalita da un enorme paura.

Però la paura fu scacciata dalla gioia, la gioia quando gli urli di Katniss di confusero con quelli di sua figlia, la gioia di quando la strinse per la prima volta fra le sue braccia, giurandosi di proteggerla, la gioia di quando Peeta Mellark, padre della sua bambina, entrò in quella stanza di un ospedale costruito nemmeno quindici anni prima dove Katniss stava riposando in un grande letto bianco con la neonata in grembo.

«Sta dormendo» sussurrò Katniss, senza nemmeno alzare lo sguardo, continuando a guardare dolcemente la neonata e accarezzandole la testa.

«È bellissima» commentò Peeta, sorridendo. Lui durante la gravidanza non aveva mai temuto che la figlia che tanto desiderava sarebbe stata un peso, perché sapeva che avrebbe avuto sempre sua moglie accanto a lui.

Senza alzare i suoi occhi, Katniss disse:«Iris.».

«Cosa?» rispose Peeta, non capendo il senso della sua frase.

«Mi piacerebbe chiamarla Iris.» rispose, guardando finalmente il marito.

Il ragazzo del pane inarcò la bocca, creando così un sorriso.«E che Iris sia.». Si avvicinò alla bambina e le sussurrò dolcemente in un orecchio:«Benvenuta in famiglia, Iris Mellark.».

 

Anche per Hermione il parto era stato doloroso, ma lei non aveva quasi paura della sua gravidanza. Le sarebbe bastato seguire l'esempio dei suoi genitori per essere una buona madre, e anche se non ce l'avrebbe sempre fatta, avrebbe cercato di agire al suo meglio.

Ogni briciolo di terrore rimasto fu scacciato anche nel suo caso dalla contentezza, dalla felicità, dal sollievo di quando sua figlia era nata, fra le urla della bambina che Hermione si sarebbe dovuta abituare a sentire per miriadi di notti.

Al contrario della moglie, Ron Weasley aveva paura di non essere tagliato per il compito di padre: in casa colei che faceva quasi tutto era Hermione, ma sapeva che lei lo avrebbe incoraggiato con tutte le sue forze, come fece in quel momento, chiamandolo ad avvicinarsi a lei.

«Ha gli occhi chiusi! Significa qualcosa di grave?» fu la prima cosa che Ron chiese, agitato e preoccupato, inginocchiato ai piedi del letto.

Hermione rise, spiegando:«Sta dormendo. Vuoi tenerla in braccio?» propose poi.

«Ma non è che poi piange?» rispose Ron.

Hermione sbuffò:«Ron, fidati di me: tu ci sai fare con i bambini, anche meglio della sottoscritta.».

L'uomo annuì e la prese in braccio. Dopo alcuni secondi di apprensione, sorrise, perché la piccola si limitava a dormire beatamente.

«Sai già come chiamarla?» chiese Ron.

«Avevo pensato a Rose.» replicò la signora Weasley.

«Rose Weasley. Suona bene» commentò Ron, cullando la bimba.«Benvenuta in famiglia, Rose Weasley.».

 

Questi sono i destini di due persone, simili per alcuni versi, ma anche differenti.

Per Iris, il tempo in cui Rose vive è il passato.

Per Rose, il tempo in cui Iris vive è il futuro.

Apparentemente, queste due ragazze non avranno mai l'occasione di incontrarsi.

Ma c'è qualcosa più potente del tempo, più potente dello spazio.

Cosa?

Il destino.

 

Bolide's space

Salve!

Allora, che posso dire? Questa è la mia prima crossover, abbiate pietà di una povera ragazza che scrive in un modo misero.

E penso di essere andata terriilmente OOC, perché è un mio difetto, ma altrimenti tendo all'esagerazione.

È stato più semplice scrivere della parte legata a Iris che a quella legata a Rose, perché in Harry Potter non c'è scritto nulla su come sia stata la gravidanza di Hermione, mentre alla fine di “Il Canto della Rivolta” una traccia da seguire più o meno c'è.

Allora... fino ad adesso ci si capisce poco, ho voluto presentare le due protagoniste della mia fan fiction, Iris e Rose, i quali destini si incontreranno, come suggerisce l'ultimo paragrafo. Come si spiegherà dal prossimo capitolo... se siete curiosi e volete seguire la mia storia, ne sono davvero contenta.

Rose è Rose Weasley, e si chiama così perché è stata J.K. Rowling ad inventarlo. Fin qui non ci piove.

Iris è Iris Mellark, e si chiama così perché le volevo dare un nome di un fiore. Avevo pensato anche di chiamarla Rose, ma figuratevi se adesso Katniss Everdeen chiama sua figlia come la pianta preferita di Snow. Trovo che sia una cavolata. Avevo pensato anche a Primrose, il nome che ho dato alla figlia di Katniss nella prima storia, ma non penso che la nostra ragazza di fuoco avrebbe potuto chiamare sua figlia come la sorella defunta a cui voleva un monte di bene, troppo deprimente. E poi mi sarebbe sembrato troppo un rimpiazzo della vera Prim, in pratica una Primrose Everdeen II, ecco.

Lo so, fa escrementare. Scrivere è il mio passatempo, dopotutto non bisogna essere professionisti per stare su EFP, no?

OK, mi dileguo.

Alla prossima,

Bolide

P.S.= non so se ho scritto delle cose non scientificamente accettabili, ma credo che uno dei primi “sintomi” di una gravidanza, dopo il ritardo nel ciclo, sia il vomito dopo otto settimane (due meis). Se ho scritto delle cavolate, perdonatemi.

P.P.S.S.= non sono neanche sicura che i petali dell'iris siano azzurri, mi pareva proprio di sì, ma correggetemi se sbaglio.

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Capitolo 2
*** Partenze & compleanni ***


Capitolo 2

Partenze & compleanni

 

Rose

2021

«Denise! Ti vuoi sbrigare con quei bagagli?» grida Liza, affacciandosi dal finestrino del treno, impaziente come al solito.

«Un attimo, Liza! Arrivo!» risponde Denise, trascinandosi tutta la sua roba. È una tipa decisamente nostalgica, cosa che può essere un grave difetto: ti costringe a portare quante più cose possibile da casa, senza che esse siano indispensabili.

E così, il mio quarto anno ad Hogwarts è finito. Mi sembra impossibile, ma cerco di convincermene osservando gli ultimi ragazzi che raggiungono l'Hogwarts Express, compreso mio fratello Hugo, che tanto si caccerà in qualche altro vagone con i suoi amici, lontano da me.

E l'anno prossimo sarà la mia quinta volta da Grifondoro, casa in cui mi trovo. Il motivo non sono mai riuscita a comprenderlo; probabilmente il merito appartiene solamente alle mie origini, al mio cognome, a chi sono imparentata. Tutti credono che io sia una Corvonero, diligente e studiosa, sempre al corrente delle risposte delle domande; secondo la gente sono la copia di mia madre con i capelli rossi; anche lei una Grifondoro con inclinazioni Corvonero. E questo mi manda ancora più in confusione.

La mia mente viene richiamata da ogni pensiero quando, con un tonfo, Denise si piazza a sedere accanto a te.

«Non sarebbe stato più semplice usare l'incantesimo di levitazione?» domanda con il suo solito tono canzonatorio Liza alla ragazza. Lei e Denise sono amiche praticamente dalla loro nascita, indissolubilmente legate: infatti, le loro strade non si sono neanche dimezzate quando Liza è entrata a far parte dei Serpeverde e Denise è diventata un'allegra, esuberante Tassorosso.

«Sì,» risponde ancora ansimante l'altra,«ma ho messo la bacchetta dentro la valigia. E, se l'avrei tirata fuori in quel momento, sarebbe stata un caos totale.». Oltre che esuberante, diciamo anche che una Tassorosso piuttosto distratta.

«Avessi, non avrei. È congiuntivo.» dice una voce alla porta della cabina, appartenente a una persona che non avevamo avvistato, ma che subito abbiamo riconosciuto: quella di Phoebe.

Phoebe è la persona che completa la nostra strana compagnia, formata da quattro amiche di case diverse, con i colori dei capelli diversi. Perché mentre Denise ha una lunghissima capigliatura bionda con occhi verde prato, la chioma di Phoebe è nera come il buio, che arriva fino alle sue spalle, e lo sguardo scuro celato sotto due enormi lenti. Tipico aspetto da Corvonero, come lei è.

E quando Liza sfoggia antiche mode babbane sottoponendo i suoi capelli castani come i suoi occhi alla rasatura della parte sinistra, io mi limito semplicemente a lasciare crescere i capelli il più possibile. Ovviamente sono rossi, ormai mi sembra un marchio di fabbrica degli Weasley. Diciamo che è ereditario, come le lentiggini.

Comunque mi piacciono, il rosso è il mio colore preferito e penso che si abbini con i miei occhi azzurri.

«Phoebe, non rompere le scatole» ribatte aspramente Liza.

«Cara amica, cerca di mantenere la calma. Stavo correggendo la nostra Denise affinché non faccia questi gravi errori in una verifica.» spiega la Corvonero.

«Strano» mormoro, guardandomi intorno.

«Cosa?» chiede Denise, che sta già riacquistando una normale frequenza di respiro.

«Albus non è ancora arrivato.».

E appena finisco di pronunciare queste parole, sento delle voci dal corridoio:«Ora, per te non potrei neanche venire nella vostra cabina?».

«Sinceramente sì! Sei un viscido Serpeverde, come tuo padre...».

La solita, complicata storia. Albus è sempre stato un tipo introverso, ma quando si tratta di proteggere (o almeno, secondo lui questo è proteggere) i suoi cari non ha paura. Forse è questo il motivo per cui lui appartiene alla mia stessa casa. Comunque, ritornando al mio discorso, Al è contrario alla mia relazione. Questa caratteristica di lui spesso mi fa infuriare, perché non è colpa mia se, dando ripetizioni a colui che sarebbe diventato il mio ragazzo, abbiamo scoperto di piacerci a vicenda e ci siamo messi insieme.

Il problema sta nel chi è il mio ragazzo.

«È sempre così, eh?» osserva Liza, e una volta tanto posso darle ragione.

Scuoto la testa ed esco infuriata nel corridoio, richiamandoli:«Al! Scorpius! Smettetela subito!».

Eccoli litigare, ringhiarsi contro come al solito.

«È stato lui ad iniziare!» addita Albus. Non riesce a sopportare Scorpius, forse perché appartiene ad una famiglia purosangue, i Malfoy, nemica della nostra. Ma lui è diverso dai suoi parenti; è un Serpeverde, ma esistono anche Serpeverde simpatici, spumeggianti e cortesi, anche se decisamente ambiziosi.

«Ma sei mi hai spinto!» ribatte l'altro come un bambino.

«Però non l'ho fatto apposta!».

«Davvero? Non l'hai fatto apposta? Non ci credo neanche se...».

«Basta!» interrompo entrambi.«Quel successo è successo, lasciamo perdere. Il treno sta per partire, muovetevi.».

Rientro ancora più infuriata di prima, con i due al seguito, le teste basse alzate ogni tanto solo per scambiarsi occhiate ostili. Si siedono vicino a Liza, uno a destra ed uno a sinistra, e nella cabina cala il silenzio, violato solo qualche secondo dopo da Scorpius:«Rose, ho convinto papà ad invitarti da noi per un weekend da noi, quest'estate. Insomma... volevo sapere se ti faceva voglia.».

Mi sento arrossire; non posso accettare. Cerco di spiegarmi:«Ecco... io...».

Non riesco a dirlo, perciò Liza interviene:«Allora, brevemente: Rose non ha detto assolutamente nulla ai suoi genitori perché ha paura che suo padre ti carbonizzi. Ecco tutto.».

Scorpius mi guarda con un'espressione strana, fra il sorpreso e l'arrabbiato.«Mi avevi promesso che avresti detto tutto!».

«Sì... lo farò, il prima possibile.» rispondo titubante. Ho solo paura che papà si comporti come Al, ovvero che discrimini il mio ragazzo, ecco tutto.

Sinceramente, lo discrimina anche senza che lo sia.

 

Iris

2677

La sveglia mi avverte che devo alzarmi e io balzo in piedi, che già non dormivo da decine di minuti. Spesso sono riluttante ad abbandonare il letto, ma non oggi.

Oggi è un giorno speciale.

È il mio quindicesimo compleanno e, in tutti questi anni, neanche una briciola di entusiasmo per questo evento è scappata dal mio corpo.

In pochi minuti sono già a tavola, pronta per fare colazione. Ad aspettarmi c'è mio padre, che legge il giornale e mi rivolge un grande sorriso quando mi vede.

«Già in piedi, eh?» domanda, venendo verso di me ed abbracciandomi.

«Papà, sai che non è un giorno a caso.» spiego, staccandomi il più velocemente possibile dall'abbraccio. Oggi mi verranno a trovare tutti i miei amici lontani, che abitano in altri distretti e che vedo di rado. Sono molto affezionata a loro, perché qui nel dodici non ho una grande folla di amici, sono piuttosto chiusa.

«E secondo te, me ne sono dimenticato?» ribatte lui, ancora più sorridente.«Buon compleanno, piccola.».

«Papà, ho quindici anni, non sono più tanto piccola.» rispondo. A dire il vero, non ho poi una voglia estrema di crescere. Sto bene così, con i miei genitori che si amano e una serenità costante.

«Sì, ma sei mia figlia. Per me sarai sempre piccola.» ribatte, ritornando a sedere.

Sento una voce e dei passi pesanti provenire dalle scale:«Iris, sei già sveglia?». È mia madre, ancora pigiama, che continua:«Non c'è tanto da stupirsi.» e mi stampa un bacio sulla guancia, sussurrando:«Auguri, Iris.».

«Grazie, mamma.» rispondo. Mamma è molto protettiva nei miei confronti, anche se da lei ho preso leggermente l'essere scontrosa. Ma in fondo ne vado fiera, perché è una delle donne più importanti della storia di Panem.

«Hugo non si è ancora svegliato?» domando a mio padre, sedendomi a tavola. Hugo non è altro che quel pigrone di mio fratello, che passerebbe anche giornate intere a dormire. E a farmi dispetti. È incredibile quanto siamo diversi, ovvero quanto lui sia esuberante e socievole ed io decisamente il contrario.

«È domenica, niente lo potrebbe svegliare.» risponde, spalmando della marmellata su una fetta di pane.«Tranne me.», continua, alzandosi e dirigendosi verso la camera di mio fratello.

Ad un tratto, il telefono esegue il suo assordante squillo per avvertirmi che qualcuno sta chiamando.

Sarà qualcuno che mi vuole fare gli auguri? Nel dubbio, vado a rispondere.

«Pronto?» chiedo, dopo aver sollevato il telefono.

«Pronto, Iris? Sono Klewen.».

Klewen? È da un po' che non lo sentivo.

Klewen è un mio amico, veniva a scuola con me ottenendo ottimi risultati: era decisamente il migliore della classe, riusciva sempre a inventare strani marchingegni elettronici. Poi, cinque anni fa, ha ricevuto l'invito di una prestigiosa scuola del Distretto 3 a diventare un suo studente; e da allora l'ho sentito di rado. Tre... al massimo quattro volte all'anno.

«Ciao! Sono felice di sentirti... come va?» ribatto, sorpresa da quella chiamata come dalle altre che ogni tanto fa.

«Bene, bene... senti, ma perché non vai ad aprire la porta?» risponde lui, lasciandomi stupita per la sua domanda.

Leggermente preoccupata per la salute mentale del mio amico, ribadisco:«Nessuno ha suonato, non avrebbe senso.».

«OK, come vuoi.». E dopo questa sua risposta, il campanello trilla.

E per me non è una coincidenza.

«Klewen... ma... alla porta...» balbetto, quasi spaventata da quella apparente casualità. E se fosse lui, che cosa succederebbe? E se non fosse lui, ne rimarrei delusa?

Ridacchia e poi continua:«L'unico modo per scoprirlo è aprire, non pensi?».

Mi dirigo verso la porta, apro la serratura, abbasso la maniglia e spalanco l'uscio.

Lo riconosco quasi subito, è rimasto come quello di cinque anni fa. Capelli spettinati, occhiali rotondi, vispi occhi scuri, sottile, naso enorme, oggettivamente brutto. È solo cresciuto un po' in altezza, mi supera di quasi una decina di centimetri.

«Klewen! Non mi aspettavo di vederti!» esclamo, salutandolo e dicendo la verità.

«Ciao, Iris. Vedo che non sei cambiata per niente. Infatti, non abbracci gli amici che non vedi da tanto tempo.» ribatte, osservando una cosa piuttosto giusta. Non regalo facilmente abbracci, non sono per tutte queste smancerie.

Alzo le spalle, quando sento mia madre venire verso di me, chiedendo chi era al telefono. Anche lei resta sorpresa dalla presenza del mio amico, come capisco dalla sua espressione e dalle sue parole:«Klewen! Ciao! Allora, come vanno gli studi nel distretto 3? Sono faticosi? Penso, è così tanto che non ti vediamo...».

«Ciao, Katniss.» la saluta lui cordialmente.«In effetti sì, negli scorsi anni dovevo rimanere in estate per sostenere degli esami; vedevo i miei genitori solo quando mi venivano a trovare al 3. Quest'anno, per la prima volta, mi lasciano passare le vacanze estive nel distretto dodici... Oh, comunque sono un grandissimo maleducato! Non ti ho ancora augurato un buon compleanno!» si rende conto il mio amico.

«Non importa.» sussurro sottovoce. Noto una strana valigetta stretta nella sua mano sinistra.«Cos'è quella?».

«Oh, è il tuo regalo di compleanno.» risponde ed entra in casa.«Dove posso posarla?».

Mamma fa spazio sul tavolo e indica il posto libero.

Allora Klewen apre la valigetta e rimango sbalordita dal suo contenuto di tasti colorati attaccati da entrambi i lati, fili e un vetro nero, su cui compaiono delle scritte dopo che Klewen abbia premuto un tasto: “Benvenuto”.

«Klewen... ripeto la domanda: cos'è quella?» chiedo, leggermente preoccupata da quel che potrebbe essere.

«Una macchina del tempo.» risponde lui, cliccando una successione di tasti.

«Non ci credo.».

È questa la mia prima, secca reazione. Non ci credo, tre parole che esprimono tutta la mia sincerità. So che Klewen è un genio, ma penso che questo sia impossibile anche per lui.

«Lo sospettavo» borbotta fra sé e sé, per mettersi ad osservare il suo orologio da polso:«Tre, due, uno...».

Un lampo di luce blu elettrico esplode dentro la stanza accompagnato da un boato, ma dopo che il fumo provocato si sia ritirato mi accerto che la cucina non abbia subito danni.

No, fortunatamente è tutto a posto, tranne la mia pazienza, che mi induce a gridare:«Klewen! Cosa caspita significa tutto questo?».

Lui non apre bocca, ma prende una bottiglia sdraiata che prima non avevo notato e me la porge. Vedo che contiene qualcosa, così svito il tappo e lo afferro.

È una foto di me, nella cucina, che guardo un'immagine.

Un flash mi assale gli occhi.«Scusa,» esclama Klewen, «ma è una dimostrazione. Posso prendere questa bottiglia?» domanda ed io annuisco.

Noto che la foto è già stata sviluppata, messa nella bottiglia ed è assolutamente identica a quel che tengo in mano.

«E adesso la rimando indietro di cinque minuti» spiega il mio amico, facendo ispezionare la bottiglia da un raggio verde. Dopo qualche secondo, sotto i nostri occhi, svanisce.

Cerco di collegare i tasselli di questo strano puzzle.

«Adesso ci credo.».

Una macchina del tempo! Una cosa fantastica e l'ha inventato un mio amico. Potrà risolvere tantissime situazione, annullare gli Hunger Games, persino la conquista dello stato che Panem era!

Non torna però che l'abbia portata qua. E per questo chiedo:«Il governo lo sa?».

Klewen scuote la testa.«E perché?» cerco spiegazioni.

«Potrebbero utilizzarla per cose che non condividerei. Più che altro, penso che sia il destino ad aver deciso che le cose sarebbero andate così e non le voglio cambiare.» ribatte.

Non sono d'accordo.«Il destino potrebbe aver compreso i suoi errori e li vorrebbe cambiare; non credi?».

«No.» risponde.«Devono accadere anche delle cose negative, tutto non può essere semplice.».

Non capisco ancora una cosa:«Perché allora hai inventato una macchina del tempo?».

«Hai ragione, dopo questo mio discorso non avrebbe senso. Ma l'ho fatto per scoprire come viveva la gente prima che questo stato diventasse Panem, soprattutto se le terre straniere erano abitate.» risponde.«E qui entri in gioco tu.» continua indicandomi.

«Dovrei andare nel passato?» domando, sinceramente preoccupata da questa sua idea.

«No, la mia macchina può solamente trasportare oggetti nel passato e prendere oggetti dal passato. Per questo dovresti fare una corrispondenza con una persona che abita in quel tempo, tenendo nascosto questa macchina. Ho già scelto la data e le coordinate, tu devi solamente scrivere.» spiega.

Una cosa mi balena in mente:«Non ha un senso! Perché lo dovrei fare io e non tu? E questo qualcuno che riceverà la mia lettera, come farà a verificare che viene dal futuro e non è uno scherzo? E se poi incontrassi qualcuno di pericoloso? Fammelo ripetere, Klewen, ma tutto questo non ha un senso.».

«Allora, Iris, fammi spiegare tutto con calma: lo dovresti fare tu perché io fra pochi giorni ritornerò alla scuola, e lì mi potrebbero prendere più facilmente rispetto a te qui. E se la persona non ti crederà... pace, cercheremo di instaurare una corrispondenza con una persona di un altro tempo o che abita in altre coordinate. E se incontrassi qualcuno di pericoloso, potrai mandare un biglietto nel passato, che dovrebbe arrivare fra tre... due... uno...».

Nulla.

Allora mia madre, che era rimasta spettatrice a questa scena, interviene:«Anche questo, però, sarebbe cambiare il destino di qualcuno. Se l'abitante del passato inviasse delle lettere a Iris, sarebbe una cosa paranormale che potrebbe non essere nei suoi piani.».

«No, anzi, ne farebbe parte.» ribatte Klewen.

Ci penso un attimo: sarebbe bellissimo comunicare con una persona del passato, avere un amico di penna che ti rispetti non perché sei figlia della salvatrice di Panem ma perché sei tu.

«Klewen, sei un inventore pazzo e tutto questo non ha un senso. Ma insegnami ad usare questa macchina, io ci sto.».

Il mio amico sorride.

È l'inizio di qualcosa di molto pericoloso, però ogni tanto bisogna rischiare.

 

Spazio autrice

Due settimane e un giorno che devo aggiornare.

Lo so, è troppo, e questo capitolo è a dir poco mediocre ma comunque lunghissimo. Spero nella remota possibilità che vi piaccia. Altrimenti, per favore, potreste dirmi cosa non va con una recensione negativa? Grazie :)
Allora, la scuola è finita (per chi non deve fare degli esami, e io per fortuna non sono una di quelle). Quindi buone vacanze a tutti, spero che potrò aggiornare più frequentemente.

Non saprei che dire, tranne che:

Alla prossima,

Bolide

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Capitolo 3
*** La prima lettera ***


Capitolo 3

La prima lettera

 

Iris

2677

La lettera è posizionata lì, sotto il raggio, pronta a essere divisa in molecole che si riordineranno solo dopo il viaggio.

Klewen è dietro di me, per correggere ogni mio minimo errore.

Le mie mani sono in bilico sulla tastiera.

E io sono concentrata.

Cominciamo.

Alt. Shift. Inserisci conrdinate. Enter, tab. Immetti giorno, mese ed anno. Ctrl, alt gr.. Introduci l'ora. Premere A per continuare. Una schermata di scritte verdi di cui non sai il significato ti si mostrerà.

L'ultima parola è la più importante: “Continuare?”.

E fra le opzioni “Sì” e “No”, io scelgo “Sì”.

Raggio verde attivato.

Lettera scomparsa.

E siamo arrivati all'ultimo anello di questa mia sequenza: respiro di sollievo.

 

Rose

2021

D'estate, la Tana si riempe di tutti i miei zii, di tutte le mie zie, di tutti i miei cugini; sembra un rifugio per gente con i capelli rossi.

Con qualche eccezione, ovviamente.

Seduta su un prato, scrivo gli ingredienti di una pozione per far guarire dai calli. A dire la verità, lo faccio solamente per scuola, perché io non ho neanche un callo. Però questi sono i compiti, sono il mio dovere. E sono tenuta a compierlo.

E mentre trascrivo che la pozione necessita di tre foglie di aconito, sento un rumore somigliante a un colpo di cannone, che mi obbliga a portare le mani alle orecchie, provenire a qualche metro da me, affiancato da un boato di luce azzurra.

Da cosa è stato provocato? In me non riesco a trovare stranamente una briciola di paura, ma solamente tanta curiosità.

Mi dirigo verso la base dell'esplosione e noto una busta, una semplice e comunissima busta.

E quando ci sono delle buste, vuol dire che c'è anche un contenuto.

La afferro, la apro e trovo un foglio piegato. Sarà uno scherzo e uno spruzzo di inchiostro nero mi balenerà addosso?

Non lo so, non penso. Sento una nuova fiducia in me per quel foglio, che m' induce a spiegarlo.

Sono parole, parole scritte in fila in un'elegante calligrafia.

Una lettera, che inizio a leggere:

 

Distretto 12

13 giugno 2677

Caro o cara tu,

sì: proprio tu che stai leggendo questa lettera. Non ti preoccupare, non c'è stato nessun disguido: questa comunicazione è per te, e per nessun altro.

Scusami se sono stata così diretta, forse ti ho spaventato. Comunque io mi chiamo Iris, Iris M., per non dire il cognome e ti giuro che la data della lettera non è stata falsata: abito davvero nel 2677.

Allora, questa lettera come ha fatto a giungere a te? Ecco, un mio amico, che per questioni di privacy vuole essere chiamato K., ha inventato una macchina del tempo.

Se non ci credi, devo dirti che, in primo luogo, non pensavo fosse la realtà neanch'io. Ma me l'ha dimostrato. Ecco, io non saprei come fare questa cosa, ma per favore, credimi.

Il motivo per cui K. ha voluto inventare questo congegno è stato per scoprire come viveva la gente prima che la terra in cui abito diventasse Panem.

Probabilmente, tu non sai cos'è Panem. È una storia lunga.

Tanti anni fa (dal mio punto di vista), uno stato di cui io non so il nome fu conquistato e diviso in quattordici parti: Capitol City, la capitale dove i ricchi vivevano, e altri tredici piccole regioni, i distretti, di cui ognuno aveva un compito preciso.

Man mano che i distretti arrivavano in quello in cui abito io, il 12, la povertà aumentava.

E il distretto 12 era poverissimo, il più povero di tutti.

Dimenticavo: ci fu una rivolta e il distretto 13 venne raso al suolo.

Per fortuna, adesso non ci sono più tante disparità: c'è stata anche una seconda rivoluzione, andata a buon fine.

Questo stato, comunque, è Panem.

Avrei qualche domanda da porti: dove vivi? Panem esiste di già? Quali sono le vostre innovazioni tecniche? Puoi aggiungere quel che vuoi.

Fidati di me: questo non è uno scherzo o qualcosa inventato per un cattivo scopo.

Per rispondere, posiziona la tua lettera nello stesso luogo e nella stessa ora in cui hai trovato questa comunicazione il giorno dopo la giornata in cui ti trovi... insomma, per te, domani.

Spero che lo farai,

Iris M.

 

Macchina del tempo? Panem? Distretti? È tutto così assurdo...

Eppure ci credo. Perché non dovrei? Questa Iris m'ispira una strana fiducia ed è tutto assolutamente plausibile. Le macchine del tempo, in un futuro lontano, potrebbero esistere.

Però potrebbe essere anche uno scherzo, ed io farei la figura della credulona.

Chi mi potrebbe aver tirato questo tiro?

Domanda troppo semplice.

«Fred!» esclamo alzandomi in piedi.«Fred, dove diamine sei?».

Per la cronaca, Fred Weasley II è uno dei miei numerosi cugini, piuttosto vispo, anche troppo, come il padre e il suo defunto fratello.

«Mi sembra che tu mi stia cercando, Rose». Grazie a queste parole lo trovo, con il suo solito sorriso.

Vado da lui domandando:«Fred, cosa diamine vuol dire questo?».

«Da' qua.». Mi strappa il foglio dalle mani e legge.«Non ne so nulla» conclude, a lettura finita, lasciando andare la lettera.

«Ma dai! È impossibile. E l'unico che mi possa aver fatto uno scherzo sei tu, Fred.».

«Te lo giuro, io non so nulla! Non è il tipo di scherzi che faccio, non mi piacciono, non sanno di niente. Direi che dovresti provare a rispondere, posizionare la lettera nel luogo in cui hai trovato quest'altra e insieme vediamo chi viene a prenderla. Poi, magari, studiamo uno scherzo per vendicarci. OK?» risponde.

«Uhm... è un buon piano; potremmo provare, anche se ci sta che l'autore di questo scherzo abbia usato un teletrasporto o comunque il Wingardium Leviosa. Ma questa tua gentilezza mi sembra leggermente insolita.» rifletto.«Che cosa hai combinato?».

Mi guarda con aria da innocente.«Io? Nulla.». Non ci credo, e le mie convinzioni si esaudiscono quando si accosta a me e mi sussurra:«Ma se Hugo trova un grosso ragno finto che si muove e che ho ru... presto in prestito al negozio di papà sul cuscino io non c'entro nulla. OK?».

Sento un urlo acutissimo provenire dalla camera che ospita mio fratello. Sta' a vedere che è lui, con la sua solita fifa per i ragni.«OK,» rispondo, guardando la stanza da fuori,«ma non dire niente a nessuno.».

Annuisce e scappa.

Ho bisogno di un attimo di tranquillità. Torno alla ricetta per la pozione cura-calli, ma vengo distratta da un gufo.

Non è un gufo, ma Leron, il gufo di Scorpius, che porta un messaggio legato alla zampa.

Lo slego e lo leggo:

Lo hai detto ai tuoi?

-S.

Mi romperà le scatole per tutta l'estate con questa ossessione.

No, non gliel'ho detto e non ho intenzione di farlo, non capisco che cosa ci sia di male nel tenere una cosa segreta se mostrarla potrebbe mandare tutto a pezzi.

Ma non voglio che Scorpius mi torturi l'estate con questo suo tormento, quindi giro il biglietto e rispondo:

Sì, non ti preoccupare.

-R.

 

Spazio autrice:

Mi verrebbe da scrivere “Miracolo” accompagnato da migliaia di “o”.

Ho aggiornato dopo due giorni aver pubblicato lo scorso capitolo.

Sì, so che la parte di Iris è cortissima e fa schifo.

E sì, so che la parte di Rose è troppo lunga e fa schifo.

Però almeno sento che mi sono messa un po' l'anima in pace ad aver aggiornato subito.

Questo capitolo non mi convince tanto, però è entrato in scena un personaggio che adoro (anche se nel libro non appare ed è uno degli extra di J.K. Rowling): Fred Weasley II, che è un po' come il primo. Non uguale, eh, ovviamente. Tanto non riesco a rimanere IC. Spero che sia piaciuto anche a voi, come personaggio, per quanto terribilmente sia riuscita a rappresentarlo.

Ed è probabile che qualcuno mi farà una recensione negativa con scritto “Presto e bene non stanno bene insieme”, come diceva la mia maestra d'italiano.

Ma tanto, non riesco a far nulla di buono anche se ci metto due settimane.

Alla prossima,

Bolide

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Capitolo 4
*** Confessioni & fallimenti ***


Capitolo 4

Confessioni & fallimenti

 

Iris

2677

Nervosamente, vago per la stanza aspettando che la lancetta delle ore si diriga verso il numero “4”.

Klewen me l'ha raccomandato:«Usa la macchina del tempo solamente una volta al giorno. Se l'attivi tanto in una sola giornata, ci sta che qualcuno s'insospettirebbe. Così mi fido di più.».

Trovo sempre che i ragionamenti di Klewen non abbiano senso: la gente potrebbe avere sospetti anche vedendo che alle quattro del pomeriggio, con eccezioni totalmente assenti, un lampo verde giunge dalla finestra di casa Mellark. Ma rispetto il suo volere.

Le quattro. Finalmente! Mi piazzo a sedere davanti alla macchina, per ritirare per la prima volta un oggetto dal passato.

Allora, dovrei premere i pulsanti inversamente rispetto alla spedizione. Quindi: alt gr., ctrl. Coordinate. Tab, enter. Giorno, mese ed anno. Alt, shift. Ora. Per continuare, adesso dovrei schiacciare W. Una schermata mi fa leggere questa frase: “Immettere materiale dell'oggetto da ritirare”. Caspita. Penso che anche seicento anni fa si usasse la carta, ma se non fosse?

Spero e digito la parola “Carta”.

Una voce mi fa sobbalzare:«Seicento anni fa si usava la carta? Cosa c'entra?».

Evidentemente, ero così assorta da sussurrare i comandi. E qualcuno mi ha sentito. Non avrei dovuto!

E quel qualcuno, è la mia migliore amica, Guinnes Keids Tate.

«Guinnes! Ciao!» esclamo, imbarazzata. Lei non lo deve sapere, io non glielo devo dire.«Cosa ci fai tu qui?».

«Ci eravamo messe d'accordo per fare i compiti delle vacanze insieme. Vedo che te lo sei ricordata benissimo, miss memoria-di-ferro.». Cavolo, la mia mente aveva dissolto quest'impegno, permettendomi di dimenticare la sua visita. Speriamo che non noti la macchina e non mi costringa a vuotare il sacco.

Prende una sedia e accomoda accanto a me. Davanti a noi, la scritta “Continuare?”.

«Ma sì, cosa c'è di male, su» dice lei e, senza neanche sapere che cosa sta facendo, clicca su “Sì”.

Il lampo blu elettrico riappare, insieme ad una busta lievemente sporca di fango.

Quindi mi ha risposto!
Ne sarei più felice, se Guinnes non si alzasse subito, esclamando «Figo!», richiedendomi che cos'è e afferrando la busta.

«Guinnes! Quella è roba personale, non dovresti...» cerco di convincerla a darmi la lettera, ma lei m'interrompe:«Iris, siamo migliori amiche. Fra noi non ci devono essere segreti, soprattutto se a me fa voglia di sbirciare le tue cose.». Quanto la detesto quando non si fa i fatti suoi ed è così impertinente... Ovvero, quasi sempre. Ma finisco per perdonarla, perché sa essere anche simpatica e spiritosa (gentile, mai) ed è nella mia esatta situazione: è riluttante al fare molti amici, noi appunto lo siamo diventate solo essendo compagne di banco.

Mentre cerco invano di rubare (macché rubare, è lei che ha rubato la lettera a me!) la busta, lei inizia a sfuggire leggendo:«La Tana, 28 giugno 2021.

Cara Iris,

la tua lettera mi ha lasciato perplessa, perché mi ha rivelato cose che non avrei mai potuto immaginare e anche perché sarebbe improbabile ricevere una corrispondenza dal futuro. Ma mi fido delle tue parole, perché non dovrebbe essere?

Mi presento: il mio nome è Rose W.; non sono molto esperta del mondo, perché ho quindici anni, ma le cose fondamentali le so. Abito in Gran Bretagna (esiste ancora nel vostro tempo?) e non ho mai sentito uno stato di nome Panem. Potresti provare ad allegare alla prossima lettera una cartina del tuo stato, magari lo riconoscerei.

Non saprei che altro aggiungere. Basta che tu faccia le tue domande.

Saluti,

Rose W.».

Rose W.? Che strano, anche lei ha il nome di un fiore. E, rivoltando la W, viene una M, ovvero la iniziale del mio cognome.

Non ho mai sentito uno stato di nome Gran Bretagna, credo che sia un nome assurdo. Beh, anche Panem non è da meno...

Oh, insomma, Iris, perché ti perdi in questi ragionamenti mentre Guinnes stringe in mano qualcosa di importantissimo e ancor più riservato?

«Oh, una lettera dalla Tana! Hanno degli strani nomi, le città della Gran Bretagna nel 2021! Sì, certo, come se questa lettera fosse stata davvero mandata nel 2021... ma mi stai prendendo per il didietro? Cos'è, con i quindici anni ti è spiccato anche il senso dell'umorismo? O ieri per festeggiare hai bevuto tre, anzi quattro bottiglie di Vodka? Ma dai, non ha un senso.» sfugge la mia amica per la stanza.

«Guinnes, non so nemmeno se la Tana in realtà è una città! E comunque è una cosa privata, non dovresti impicciarti. Sono fatti miei! Guinnes, per favore, ridammi la lettera!» protesto.

Lei mi squadra con i suoi occhi castani, nascosti sotto due enormi lenti.«O mi spieghi la “cosa privata” o questa resta nelle mie mani.».

La lettera è importantissima, ma anche tenere il silenzio su questo fatto lo è.

Su, Iris... a chi vuoi che lo riveli? Ai suoi genitori? Figuriamoci! Basta farle giurare che non dirà niente a nessuno ed il gioco è fatto.

Ma è un segreto... Klewen confiderebbe neanche sotto tortura... nessuno deve sapere...

«Allora? Ti vuoi muovere?» s' intromette nei miei ragionamenti la mia insopportabile amica.

«Guinnes, devi capire che ci sono cose che non posso dirti, ok? Ecco, questa è una di quelle.».

«Uhm... va bene... quindi preferisci che io consegni questa lettera al giornale del distretto?» propone.

Certo che lei quando vuole ottenere qualcosa, sia soltanto una spiegazione, non demorde.«Va bene. Che tu ci creda o no, questa è una macchina del tempo. Finito il discorso. Ora dammi la lettera.». Porgo la mano aspettando quel che è mio.

La sua risata riempe la stanza.«E tu, pretendi che io ci pensi che sia vero?».

«Sì, Guinnes, anche perché è vero.».

Non so cosa altro fare; spero soltanto che questo discorso si concluda.

«E va bene...» ribatte lei.«Adesso facciamo questi dannati compiti, su.».

 

Rose

2021

Sono appostata insieme a Fred dietro a un cespuglio, aspettando che qualcuno arrivi ritirando la lettera.

«Che ore sono?» domando senza sosta per capire quando arriva il momento.

«Calma, Rose» è l'unica risposta che arriva da Fred, che tiene sott'occhio il suo orologio.

Non mi piace aspettare, voglio subito scoprire chi è il creatore di questo scherzo. Detesto le burle, anche più innocue, perché temo di cascarci.

«Che ore sono?».

«L'ora di ieri a quest'ora».

«Seriamente.».

Sbuffa e controlla la situazione:«Le tre e cinquantanove.».

Quindi, secondo i miei calcoli, la lettera dovrebbe sparire...

Ora.

Un lampo verde giunge dal cielo, catturando la busta, che dopo un millesimo di secondo non c'è più.

L'osservazione è fallita.

Che incantesimo sarà stato? Non ne conosco nessuno simile. Dovrei chiedere a mamma, lei sa tutto, ma in compenso le rivelerei tutta la faccenda di questa macchina del tempo, potrebbe pensare che è pericoloso e proibirmi di rispondere. In pratica, addio scoperta della verità.

E se la realtà fosse quella scritta nella prima lettera? Potrebbe, in fondo è quel che credo. È possibile che nel 2677 le macchine del tempo esistano, ma nel contempo potrebbe non esserlo. Il problema che il futuro, visto dal presente, è soltanto una macchia, meno sfuocata se vicina e viceversa.

«Allora?» domanda Fred, accanto a me.

«Allora cosa?» ribatto, sputando rabbia nelle mie parole. L'idea non ha funzionato e sfogo la mia ira sulla persona più vicina a me, il suo creatore.

«Che incantesimo era? Sei tu quella brava a scuola!» spiega mio cugino.

«Non lo so.».

Restiamo in silenzio, fino a quando Fred prova a ricominciare il dialogo:«Cosa...».

Un sonoro boato lo interrompe, un'esplosione di blu elettrico improvviso, fino troppo inaspettato.

Vedo mio cugino, scioccato da quello scoppio improvviso, che mi chiede cos'è.

«Una risposta» sussurro sottovoce.

Mi dirigo verso la busta, la prendo. E una voce mi sorprende alle spalle:«È la lettera di un ammiratore?».

Mi volto.

E vedo una delle ultime persone che mi sarei aspettata di trovare.

 

Spazio autrice

Buahahahahah, suspense! Certo, non sono brava a ricrearla, ma ci ho provato. Penso che i lettori più arguti (e anche quelli meno) siano riusciti a capire chi è questa persona... dai, è semplice.

Comunque, si scoprirà nel prossimo capitolo! (Tan ta!)

Bene. Siccome la povera Iris non avrebbe avuto amici se non Klewen e i conoscenti dei suoi genitori, le ho creato un'amica. Però ho l'impressione che qualcuno nella recensione mi dirà che dovrebbe morire per dare più drammaticità alla storia.

Vedremo.

Beh... spero che vi sia piaciuto. Miracolosamente, fino ad esso non ho ricevuto recensioni negative. Ho ricevuto, passato prossimo. Questo capitolo, state a vedere, riceverò quel che mi merito.

Alla prossima,

Bolide

P.S.= nei panni di Rose, nello scorso capitolo ho scritto che il boato era azzurro, per la pigrizia di non voler vedere il colore reale nel capitolo 2. In realtà era blu elettrico. Quindi, scusate.

P.P.S.S.= il titolo sembra una cagata da telenovela, perdonatemi. Per questo non ho fantasia (come per le trame).

 

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Capitolo 5
*** Problemi per Rose ***


Capitolo 5

Problemi per Rose

Rose

2021

Guai.

Adesso, sono nei guai, perduta in questo labirinto da cui sto cercando di uscire trovando una soluzione.

«Scorpius, cosa diavolo ci fai qui?» chiedo agitata. Come può avermi fatto questo?

Eppure dovrei esserne felice, ma no, non lo sono. Arrabbiata? Sconvolta? Sì, magari quello sì, ma contenta mai.

«Pensavo che fossi esultante alla mia vista» ribatte, con una punta di risa, venendo verso di me e cercando di scompigliarmi i capelli. Mi ritraggo prima che lui mi possa sfiorare.

«Evidentemente, ti sbagliavi. Ripeto la domanda: cosa diavolo ci fai qui?».

«Beh, visto che avevi sistemato con i tuoi, credevo sarebbe stata una bella sorpresa venirti a trovare.» risponde, non riuscendo a nascondere la presunzione nella sua voce.

E ora, come glielo spiego?

«Scopius, forse faresti meglio a tornare a casa...» esordisco, cercando le parole adatte per giustificare la mia bugia.

«Che c'è? Tuo padre non ha accettato? Allora, lo affronteremo insieme.». Cerca di mostrare un sorriso dolce, ma il mio turbamento cresce ancora.

«No, ti dico che forse non conviene... sai...». Sì è già avviato verso la casa, ma io lo blocco con tutto il mio corpo.

«Tranquilla... vedrai, in fondo tuo padre è un tipo ragionevole... poi ci sarà tua madre con lui, no?». Mi cinge le spalle con un braccio e io cerco di scappare dalla sua stretta.

«Non posso, Scorpius.».

Su, Rose. Le parole fatidiche.

«Non gliel'ho detto.».

Lui sembra che stia per esplodere, buttando fuori tutta la mia rabbia per averlo bloccato fino ad adesso:«Cosa?».

«Non gliel'ho detto, Scorpius.».

Si porta una mano alla fronte, sbuffando:«E adesso che si fa?».

E adesso che si fa? È il punto. Dirlo a papà sarebbe la cosa peggiore, ma nascondere lui? Non lo potrebbero scoprire? C'è una sola alternativa.

«Devi tornare a casa. Non c'è altra soluzione.».

Mi dispiace? No, in fondo se l'è meritato. E me lo sono meritata anch'io, perché sono consapevole di quel che succederà: la nostra coppia, appesantita da un masso che non è altro che la mia bugia, crollerà. E tutto sarà finito.

E per me, dopo la mia prima delusione amorosa, sarà l'estate peggiore di sempre.

«Come tornare a casa? Sono venuto fin...» cerca di non essere rispedito indietro, quando viene interrotto:«Rose, dove sei finita? Con chi stai parlando?».

È Fred, che scopre Scorpius.

Cavolo, ci ha visti insieme, potrebbe spifferare tutto.

E se lo minacciassi?

No, tanto non ti riesce, Rose.

Ma non so cosa pensare, ho il cervello bloccato, ci devo provare.

E provaci. Ma dopo non ti venire a lamentare con me.

OK, coraggio. Fai un bel respiro e parla.

«Fred Weasley II, prova a dire soltanto una parola su quel che hai visto e la prossima volta che che ti trovo con una caccabomba in mano te la infilo su per il deretano. Va bene?».

Cerco di esprimermi in un tono da dura, acciaio che nessuno può scalfire. Invece, riesco solamente ad essere al massimo un pezzo di gomma facilmente pugnalabile.

Lui alza le mani ed indietreggia:«Va bene. Ora sparisco, ma non stare lì per ore.».

Cavolo, che casino. A che punto eravamo rimasti?

Ah, vero.«Te lo ripeto, Scorpius: devi tornare. Non c'è nient'altro da fare.».

Lui sembra contrariato da questa mia scelta:«Non è giusto! Io sono venuto fin qui solamente per te. E tu mi ricacci indietro? Senti, possiamo stare insieme anche senza che i tuoi lo sappiano, ma per favore, non permettermi di andare via. Nascondimi.».

Non ho voglia di pensare, dopo pochi minuti mi sento vulnerabile, colpibile da tutte le parti, specialmente alla mia povera, sofferente mente.

Vorrei obbiettare, ma non posso. Tanto so che vincerà lui.

«E va bene.» do a malincuore il mio consenso.«Ma tu non ti fare vedere. OK?».

Lui annuisce frettolosamente. Sono proprio nei guai, più dell'inizio di questo discorso.«Adesso vattene per qualche minuto. Devo fare una cosa.».

«Vuoi leggere quella lettera senza di me? Chi te l'ha mandata, eh?» sbraita geloso.

«Scorpius,» grido, ma riesco ad accorgermi che non è prudente urlare. Quindi continuo sottovoce:«hai già abbastanza rotto le scatole. Quindi, per qualche minuto, lasciami in pace.».

Almeno per questa volta, rispetta il mio volere. E io mi concedo una tregua con me stessa di qualche minuto, leggendo la lettera.

Allora...

Distretto 12

14 giugno 2677

Cara Rose,

non so esprimere la mia felicità quando ho ricevuto la tua risposta!

Fortunatamente, non era un foglietto con scritto “Sei una deficiente”, ma una vera e propria lettera, con delle informazioni di base che potranno essere utili per la ricerca.

La Gran Bretagna... o non l'ho mai sentita, o non esiste. Comunque ti allego una cartina di Panem, così forse capirai di quale stato si tratta adesso (potrebbe essere la Gran Bretagna... sarebbe una bella coincidenza!).

La Tana è una città molto popolata? Certo, ha un nome davvero strambo!

Hai quindici anni? Ce li ho anche io e mi piace questa età. E puoi essere esperto del mondo anche a quindici anni, basta informarsi.

Dopotutto io mi sto informando del mondo del passato! È pazzesco!

Non saprei cosa aggiungere... ma rispondimi presto! Ritirerò la lettera sempre nel tuo domani, alla stessa ora.

Con affetto,

Iris

 

Non ci posso credere, ha scambiato la Tana per una città. In fondo, io non ho specificato che si tratta della casa dei miei nonni (e anche degli Weasley in generale).

Nella busta scorgo un foglio di carta ripiegata.

Lo tiro fuori e mi accorgo che è la cartina.

Le lezioni private di geografia babbana che mio nonno ha presenziato sono servite a qualcosa, finalmente.

Fortunatamente, avevo portato un foglio per prendere appunti sull'aspetto di chi mi aveva fatto lo scherzo.

Perché adesso ho solo voglia di scrivere la risposta.

 

Iris

2677

La stanza, dopo la visita di Guinnes, è sommersa nel caos più totale, provocata soltanto dalla sua cattiva esuberanza.

Vorrei solamente che stesse un po' ferma, a volte.

E visto che lei è l'ospite, tocca a me ovviamente riordinare.

In mezz'ora, la camera è abbastanza decente. Non ho voglia di fare nulla, dopo aver cercato di introdurre nel capo duro di Guinnes la grammatica: un'impresa che solo a pochi può riuscire, con un enorme consumo di fatica.

E intanto, vorrei sapere che cosa ha risposto Rose, come si chiamava nel ventunesimo secolo il terreno che sto calpestando.

Potrei ritirare la lettera anche adesso, se non fosse severamente vietato dal regolamento di Klewen.

E se la prendessi lo stesso? Tanto basterebbe non dirglielo... d'altronde, questa è una regola stupida.

Dissotterro la macchina del tempo da tutti i fogli che la coprono nell'ultimo cassetto della mia scrivania e l'attivo, riselezionando le coordinate, l'ora e il luogo.

Dopo poco tempo arriva ed io, senza che neanche un centesimo di secondo sia passato, l'afferro.

La Tana

29 giugno 2021

Cara Iris,

la Tana non è una città! È la casa dei miei nonni, dove io e l'intera famiglia W. passa l'estate. È molto popolata? Sì, decisamente. Non so neanche io quanti parenti ho, fra zii e cugini.

Se lo vuoi sapere, il piccolo paese dove si trova la Tana è Ottery St. Catchpole.

Comunque, lo stato che sarà Panem per ora si chiama Stati Uniti d' America. Per di più, alcune parti di Panem si trovano nel paese a Nord degli Stati Uniti, il Canada, e anche quello più a Sud, il Messico. Probabilmente, questi nomi non ti diranno nulla.

Spero che ti basti.

In questo momento, ho un mal di testa terribile. Ho bisogno di scrivere questa lettera anche un po' in funzione di sfogo, anche perché non saprei con chi lamentarmi.

Ho un ragazzo, ma non l'ho mai detto ai miei genitori perché a mio padre lui e la sua famiglia non gli piacciono per niente. Siccome mi domandava in continuazione se avevo confessato tutto (lui lo vorrebbe, anche se in realtà non è così semplice), gli ho mentito e ho detto di sì! E indovina? Lui si è presentato qui alla Tana! Quindi mi ritrovo con un fidanzato da dover nascondere e un casino totale. Ma mi chiedo, come mai deve essere così arrogante da venirmi a trovare a casa senza neanche chiedermi il permesso? Poi, la fa tanto semplice lui... e se non ce l'avrebbero voluto? E se io non ce lo avessi voluto?

Posso farti una domanda io, per una volta?

Cosa diamine devo fare???

Ehm, scusa se ho divagato. Scritta così, sembra una stupida trama da telenovela, ma io mi sento totalmente nei guai.

Spero che vada bene lo stesso.

Scusa ancora,

Rose

 

Uhm... strano.

Mi sembra strano che Rose abbia chiesto un consiglio a me, che conosce da forse uno, due giorni anziché alle sue amiche.

Forse ero l'unica a portata di mano, nonostante abiti nel 2677.

La cosa che mi ha stupito di più in senso positivo è che si fidi di me.

E io cercherò di ricambiare questa fiducia, cercando una soluzione.

 

Spazio autrice

OK.

Questo è pessimo.

Insomma, perché mi ha venuta questa idea da telefilm spagnolo? Non è neanche tanto originale... ma forse mi servirà a dare un po' più di consistenza alla trama della storia, che ruoterà sì sempre intorno a queste lettere, ma con qualcosa di contorno.

Non mi piace tantissimo, questo capitolo. Spero che almeno voi l'abbiate apprezzato.

Grazie a tutti quelli che recensiscono, seguono, preferiscono o ricordano la storia. Il primo capitolo è addirittura quasi arrivato alle centocinquanta visualizzazioni (siamo a quota 147).

Vediamo se per il capitolo 6 arriviamo a centocinquanta!

Ne dubito.

Beh, alla prossima!
Bolide

P.S.= altro titolo schifoso. Lasciate perdere.

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Capitolo 6
*** Nascondigli & boschi ***


Capitolo 5

Nascondigli & boschi

Rose

2021

«Rose, va tutto bene?» chiede mia nonna mentre la aiuto sbucciando le patate, facendomi riemergere dai miei pensieri.

No, nonna. È un caos. Ho una corrispondente nel futuro e non so neanche se è uno scherzo; in ogni caso, non c'è modo di scoprirlo. E la mia curiosità aumenta, volta per volta. Ah, e questo non è un grande problema, se contiamo il fatto che il mio ragazzo è venuto a trovarmi, senza che nessuno sapesse dell'esistenza di un fidanzato, e l'ho rinchiuso in uno sgabuzzino in disuso perché è troppo ostinato, orgoglioso e viziato per tornare nella sua lussuosa villa.

No, nonna, non va affatto bene.

O almeno, questo è ciò che vorrei dire, ma non posso.

Alzo la testa in fretta e ribatto senza un'estrema sicurezza:«Sì, sì. Alla grande. Perché?».

Scuote la testa e spiega:«Nulla. Non ti preoccupare, finisco io qui.». Ringrazio e prendo nella dispensa una mela da portare a Scorpius.

Salgo le scale e apro il nascondiglio del Serpeverde, dove lui, illuminato solamente dalla luce magica della bacchetta, mi aspetta.

Appena mi vede, mi rivolge un gran sorriso e attende che io abbia chiuso la porta per salutarmi.

Senza neanche dire “Ciao”, gli porgo il frutto:«Ti ho portato qualcosa da mangiare.».

«Grazie» ribatte lui, afferrando la mela.«Un pasto luculliano.».

Spesso sopporto la sua ironia, anzi, la adoro, ma adesso mi sento troppo stanca per farlo. Quindi ribatto:«Stai zitto, Scorpius. Sei tu ad esser voluto venire qua.».

«Lo so. E non me ne sono ancora pentito, perché ci sei tu.» aggiunge, addentando la mela, ancor più sorridente.

Ecco; sono questi i momenti in cui mi piace: quando mi fa un complimento sincero, quando scherza, quando parla dei nostri interessi comuni.

E quando m' induce a sorridere, anche se troppo preoccupata.

Appena rimane soltanto il torsolo della mela, mi domanda:«Che ne diresti di fare due passi fuori?».

«È un'idea assurda. Potrebbero vederci.» rispondo, commentando mentalmente che non si può fare.

«Non ti preoccupare. Ti fidi di me, Rose?» continua, alzandosi in piedi.

No. Non mi fido di lui. Ma ho paura di offenderlo.

Perciò annuisco.

Con la massima cautela, controllando se c'è qualcuno in giro, gli permetto di uscire dalla porta sul retro. Passiamo velocemente, mentre io mi assicuro che nessuno si affacci dalle finestre, sussurrando in continuazione:«Via libera.».

Andiamo nel luogo in cui l'ho visto arrivare, dove spesso mi rifugio e dove non vengo importunata.

«Rose?» richiama la mia attenzione Scorpius, dopo qualche minuto di silenzio.

«Sì?».

«Ti piaccio ancora?».

Mi piace ancora? Beh, si è comportato da sbruffone, ma è un lato di lui che era presente anche mentre eravamo ad Hogwarts. In pratica, non è cambiato tanto.

«Sì, Scorpius. Non ti preoccupare.».

Un boato blu elettrico ormai quasi familiare mi sfiora, portando con sé una lettera.

Iris? Di già?

Il mio ragazzo sembra quasi spaventato: cercando da coprire la sua balbuzia provocata dalla paura, mi chiede:«Cos'è stato?».

«Nulla di grave, Scorpius.» provo a tranquillizzarlo, parlando con un tono adatto a un bambino impaurito.«Nulla di grave. Ma di segreto, sì. Puoi lasciarmi un attimo sola?».

Temo che possa vedere che Iris mi ha dato dei consigli ed auto-considerarsi un problema, anche se non sarebbe da lui. E stare male.

Mi accontenta e se ne va. Apro la busta e prendo la lettera.

Distretto 12

14 giugno 2677

Cara Rose,

non saprei che dirti. Non sono mai stata fidanzata, ma penso che dovresti decidere la via da scegliere solamente in base a cosa provi per lui.

Ti piace e non ti preoccupi la tua famiglia? Prova a parlarne con i tuoi genitori, magari con quello più ragionevole.

Ti piace e ti preoccupi per i tuoi genitori? Tenta di convincere il tuo ragazzo a sloggiare oppure prendi coraggio e confessa oppure nascondilo. Fai quel che credi l'opzione migliore.

Non ti piace più? Spiegaglielo e caccialo via.

Non ti piace più ma hai paura di dirlo? Lasciagli un biglietto e vedrai che se ne andrà.

Spero che ti sia bastata come spiegazione. Se hai bisogno di altre domande, chiedi pure, non c'è problema.

Saluti,

Iris

 

Iris mi ha proposto delle giuste soluzioni. Purtroppo, appartengo alla seconda categoria, con tre alternative.

Tentarlo di convincere? Non se ne andrà mai.

Prendere coraggio? Mi sento Grifondoro solo per il cognome, la paura regna.

Nasconderlo? Sì, forse la più adatta.

Una voce mi sequestra dai miei pensieri:«Rose, dove sei?».

E non è quella di Scorpius.

 

Iris

2677

Ho sbagliato il giorno e l'orario della lettera. La colpa è della fretta, di mia madre che mi ha proposto di uscire, dell'aver accettato.

Pace, la vedrà lo stesso.

Velocemente, m'infilo le scarpe e sono al fianco di mia madre. A volte mamma mi porta nei boschi, il luogo dove spesso parliamo e m'insegna ad usare arco e frecce. Mi ha rivelato che proprio nel bosco diedi i primi segnali della mia esistenza e sempre qui mamma decise il mio nome.

Penso che derivi da questo, il fatto che il posto mi piaccia particolarmente. Anche perché, mentre siamo qui, mamma mi racconta di quando, da giovane, veniva qui abusivamente per cacciare insieme a un suo amico.

Adesso la caccia è regolare solamente in una zona ristretta e possedendo una licenza, che noi, ovviamente, abbiamo.

«Allora, come procede con la macchina del tempo?» chiede sottovoce, cercando prede.

«Bene,» rispondo, «ho trovato una corrispondente. Ha la mia età e sembra abbastanza simpatica.».

Lei mi guarda per qualche secondo:«Sei sicura che dietro a questa ragazza non si nasconda nessuno di pericoloso?».

«Oh, andiamo, mamma. Come potrebbe essere pericoloso, visto che abitiamo in due epoche diverse?».

«Non so. Potrebbe essere una terrorista ed inviarti una bomba, giusto per fare paura.».

Emetto uno sbuffo misto a una risata.«Penso di no. Anche perché non servirebbe.».

«Come vuoi. Almeno sai come si chiama?» prosegue, dandomela vinta.

«Si chiama Rose. Rose W.» rispondo.

«Rose» sussurra, con voce ancora più bassa.«Che brutto nome.».

Finita l'ora che abbiamo a disposizione per cacciare, il nostro bottino consiste in un'ottima cena: due scoiattoli.

Parliamo di una delle nostre prede, che ha appoggiato la coda nella nostra trappola, rimanendo bloccata proprio scomodamente per quella parte.

La nostra conversazione viene interrotta da un uomo piccolo, dalla voce nasale e i capelli verdi, colore che non può fare altro che stupirmi.«Permette, signora Everdeen? Un omaggio a lei e al suo coraggio.».

Le porge una rosa bianca. Mamma guarda quella, guarda l'uomo, guarda la strada e fugge verso la direzione opposta al piccoletto.

Il gesto mi lascia interdetta, tanto da domandare:«Mamma, chi era quel tizio? Perché ti ha chiamato con il tuo cognome da nubile?».

Sottovoce, quasi impercettibilmente, lei risponde:«Un capitolino.».

 

 

Spazio autrice

Salve.

Mi dispiace di aver aggiornato così tardi.

Non ho molto da dirvi, sono un po' triste perché ieri è successa una cosa tremenda (la mia squadra preferita (di cosa non ve lo dico) ha perso, Ndb (note di Bolide) (e non è il calcio, NdbDNdb)).

Se vi va, lasciate una recensione.

Alla prossima,

Bolide

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Capitolo 7
*** Scoperte (dei genitori) & riflessioni (provocate da genitori) ***


Capitolo 7

Scoperte (dei genitori) & riflessioni (provocate da genitori)

Rose

2021

«Cosa c'è, papà?» chiedo intimidita, vedendo un'alta figura oscurata dal sole che non può essere altri che lui, Ron Weasley.

«Rose, questo Malfoy» risponde, sottolineando con disprezzo l'ultima parola,«dice che è venuto qui per te. Cosa puoi dire per difenderti?»

Rimpiango la mia situazione nei miei due minuti precedenti, in cui mi consideravo nei guai, ma adesso sono messa peggio.

«Ecco... papà...» tento di trovare parole giuste.

Ricorda, Rose: audacia, fegato e cavalleria fan di quel luogo uno splendore. Sii coraggiosa.

Tutto d'un fiato, il più velocemente possibile (e forse anche più rapida), ribatto:«Io e Scorpius stiamo insieme.»

Mio padre sembra che stia per avere un infarto:«Cosa?»

«È vero, signore.» Scorpius sputa con disdegno la parola “signore”, lo stesso atteggiamento di papà con “Malfoy”.«Spero che non si opponga alla nostra relazione, non posso fare niente di male a sua figlia, non si preoccupi. Sono venuto a trovarla perché mi aveva giurato che lei aveva confessato a lei ed a sua moglie.»

«Scorpius, io non ho giurato nulla. Ti ho mentito perché sapevo che mi avresti torturato con queste domande.» puntualizzo.

Mio padre si avvicina a me e mi sussurra:«Rose, quale incantesimo ti ha fatto? Oppure potrebbe aver utilizzato un po' di Amorentia, mi sembra la cosa più ovvia. Guarda che sbruffone... per dimostrare la sua superiorità, si fidanza con una Weasley, anche se siamo migliori di quei Serpeverde!»

«Papà, potrei anche essere stata io a chiedergli di mettersi con me» gli permetto di notare.

«Uhm... è vero. Se l'hai conquistato o incantato per dimostrare che noi Weasley contiamo più di quei Serpeverde, allora va bene.»

«E se l'avessi fatto perché mi piace?» controbatto, a braccia conserte.

Papà sembra interdetto, sta cercando la risposta a questa remota possibilità che aveva totalmente scacciato dalla mente.«Non sarebbe possibile.»

«Papà, è la realtà.»

Mi guarda con due occhi spalancati, colmati di stupore negativo.

Con la voce traballante, resa acuta dalla sua strana sorta di preoccupazione, replica:«Devo consultarmi con tua madre. Tu vieni con me. Ed, ehm, tu...» continua papà, indicando il mio ragazzo e senza sapere come chiamarlo.

«Scorpius» suggerisco.

«...Scorpius, resta qui, ritorniamo subito.»

Nel viaggio verso casa mio padre cerca di elaborare le informazioni in modo che per lui abbiano un senso, senza riuscirci.

Troviamo mamma sulla veranda, seduta con un libro in grembo e tutta la tranquillità del mondo*. Alza gli occhi solamente quando mio padre interviene:«Hermione, devo parlarti.»

Papà aspetta fino a quando trova il coraggio di dire:«Rose ha un ragazzo ed è venuto a trovarci.»

Mamma si rivolge a me, senza badare al tremore di suo marito, con un gran sorriso:«Oh, ma è una splendida notizia, tesoro! Non vedo l'ora di conoscerlo. Chi è?»

«Questo il problema» continua papà.«Lui è...» Tenta di rivelare il nome senza successo.

«Scorpius Malfoy» concludo.

Lei non ne sembra molto allegra, anzi, è scioccata come mio padre. Ma non sembra che abbia voglia di fare storie, infatti replica:«Ne sono felice, Rose. Sei riuscita ad abbattere le barriere che c'erano fra le nostre famiglie. Spero che per te non sia un problema, Ron...»

«Speri che per me non sia un problema? Ma lo sai benissimo che odio Draco Malfoy, e non solamente io! Tutta la famiglia!»

«Ronald Weasley, ascoltami: anche io detesto Draco Malfoy, ma non suo figlio, non mi ha fatto niente di male. Spiegherò la situazione a Molly e lo ospiteremo un po', vedrai che lei sarà accondiscendente. Certo, mi ha fatto lievemente arrabbiare che sia venuto senza domandare a nessuno il permesso di venire qui, ma dopotutto è il fidanzato di Rose e non lo scaccerò, anzi, non lo scacceremo. Va bene?» precisa superiore mamma.

Quando mia madre vuole qualcosa, ha quella carica che solo un leader ha che le permette di ottenerla. Le discussioni fra lei e mio padre, infatti, non durano tanto, e lei ne è sempre la vincitrice.

Perciò non mi sorprendo minimamente nel momento in cui papà annuisce, fra la vergogna di aver contraddetto mamma e quella di non aver avuto la meglio.

«Perfetto. Chiederò a Molly di metterlo in camera con Hugo.» Mia madre si alza per rientrare, ma viene bloccata da una mia frase:«Aspetta! Ma nella stanza di Hugo c'è anche Albus!»

«Sì, e allora?»

«Albus e Scorpius non si sopportano, sarà una confusione totale! E sarò io a rimetterci, visto che mi chiederanno entrambi di prendere le proprie parti!» spiego, con tutta la preoccupazione che fino a due minuti fa e poi evaporata per la determinazione di mia madre ritornata al quadrato.

«Rose, allora prendila come punizione perché non ci hai avvertito del fatto che avevi un ragazzo. OK?» precisa.

E la sua carica coinvolge anche me, facendomi sommessamente annuire.

 

*Ci tengo a precisare che nel primo capitolo Hermione lavora come Ministro della Magia. Sono andata su Italian Harry Potter Wiki per vedere quanto dura un mandato per il Ministro della Magia (non me lo ricordavo, non so neanche se c'è scritto nei libri), ma non l'ho trovato, comunque penso che gli anni a sua disposizione siano finiti e quindi l'ho mandata in vacanza. In più, quando nel primo capitolo ho scritto che questo era il suo lavoro, era un errore: sempre su Italian Harry Potter Wiki ho visto che riceverà un incarico di alto livello nel Ministero della Magia, ma non so se intendono quello di Ministro. Il suo lavoro sarebbe sempre legato al C.R.E.P.A., ma ho deciso di mandarla in vacanza per un po'. Ci tenevo a specificarlo perché non avrebbe senso che il Ministro della Magia si assenti solamente per fare delle ferie.

 

Iris

2677

L'ora è tornata, posso ritirare la lettera di Rose. In realtà, non mi dispiace moltissimo per la sua situazione, è stato un suo errore, una sua pena che adesso sta scontando. Ma la deluderei dicendo queste cose, forse.

Comunque, penso che nella vita ci siano problemi peggiori; neanche io credo di capirli del tutto.

Problemi come vedere gli Hunger Games, essere costretti a guardare ogni anno ventitré ragazzi morire.

Ventitré ragazzi, ventitré innocenti.

Problemi come sperare di non partecipare a questa manifestazione, perché la povertà mangia tutto e forse, senza di te, la tua famiglia non riuscirebbe a sopravvivere.

E si unirebbe a te.

Problemi come distruggere gli Hunger Games, ma almeno, alla fine mia madre ce l'ha fatta.

E ha liberato i distretti dai problemi.

Ma per lei, non sono passati del tutto.

Da quando quel signore, quel capitolino, come l'ha definito lei, vedo mia madre sempre più irrequieta, con la paura di muovere un solo muscolo, trovandosi immischiata in chissà quale trappola.

Non voglio che le succeda niente, tengo troppo a lei per vederla svanire in fretta.

No, Iris. Non succederà nulla. Tranquilla.

Metto la macchina in funzione e mi precipito a leggere quel foglio un po' ingiallito, scritto in un carattere non proprio elegante, sul quale non è indicata neanche la data.

 

IRIS!

Hanno scoperto tutto, ovvero, mio padre l'ha fatto, senza che neanche io dicessi o facessi nulla di sospetto.

 

Cosa? Hanno scoperto tutto? Ciò significa che l'esperimento va a monte! Una terribile angoscia mi prende, quando le parole successive mi tranquillizzano:

 

Mio padre ha visto Scorpius, e da lì è successo il finimondo.

 

Oh, ecco. Tutta questa ansia per nulla. Comunque, se l'esperimento davvero non fosse riuscito, avrei certamente inviato un messaggio a me stessa, dicendo di cambiare coordinate. Comunque non sapevo che il fidanzato si chiamasse Scorpius! Certo, avevano dei nomi veramente strani nel 2021.

 

Inutile dirti quando si è arrabbiato quando papà ha saputo che Scorpius è il mio ragazzo: non so se te l'avevo spiegato, ma le nostre famiglie sono rivali da... praticamente, quando il mondo è stato creato. Forse, se esisteranno ancora al tuo tempo, saranno ancora nemiche, se io Scorpius non abbiamo cambiato (o meglio, secondo il mio punto di vista è cambieremo) qualcosa.

Insomma, a mio padre è crollato il mondo addosso, invece mia madre sembrava piuttosto accondiscendente. E tutto filava benissimo, grazie a l'intervento di mamma, che non ha esitato a rovinare tutto: ha messo Scorpius in camera con mio fratello e Albus, mio cugino. E dove sta il problema? Albus e Scorpius non si sopportano a vicenda, e succederà sicuramente qualcosa di brutto, di mooolto brutto.

E chi ci rimette? Io, naturalmente.

Comunque, grazie mille per i consigli e per aver sopportato questo mio sfogo. Se non t'interessa, dimmelo, che non ti aggiornerò più con il CTS (Casini Terribili Show).

Scrivimi presto,

Rose

 

Casini Terribili Show? Questa è buona. Utilizzerò la sigla CTS spesso, penso. Perché non è niente male.

Raggruppando tutta la storia di Rose, potrei scriverci un libro rosa. Avrei già pronto il titolo: “CTS- Casini Terribili Show”.

Abbandono le mie stupide idee e mi precipito in cucina a prendere un bicchiere d'acqua.

Prima di entrare, delle voci attirano la mia attenzione e mi bloccano sulla soglia, senza che neanche io abbia toccato la porta:«Katniss, vedrai che non è nulla, solo una stupida minaccia. Ne hai avute tante. E forse, neanche una vera minaccia, solamente un fiore per spaventarti.»

«No, Peeta, le intenzioni di quel capitolino mi sembravano serie. E so che è solo un minaccia, ma lo è per adesso. E poi, è la prima minaccia da quando sono nati Iris e Hugo, ho paura che possa succedere qualcosa a loro, non a me.» Questa era mia madre, preceduta dalla voce di papà.

Minacce? Di che minacce parlano? Forse la minaccia era quella rosa offerta dal signore con i capelli verdi, ma per me non c'era nulla di aggressivo in quel gesto, anche se so che mamma odia le rose.

Le rose... non è che c'entra qualcosa Rose? Dopotutto, il significato del suo nome è “rosa”, il fiore che è stato offerto a mia madre.

Forse è un'organizzazione criminale, che ha scoperto la macchina del tempo e vuole modificare il corso degli eventi. O consegniamo loro la macchina... o succederà qualcosa di brutto, cosa non so.

E la colpa sarebbe mia, quando ho utilizzato quell'affare due volte in un giorno, hanno notato tutto. Dovevo prendere le precauzioni che Klewen mi aveva imposto, che la mia testardaggine non ha rispettato.

Intanto, papà continua a parlare:«Non ti preoccupare, Katniss. Finché ci sarò io, non succederà nulla, né a te né ai ragazzi. A costo della mia vita.»

«No, Peeta. Già altre volte sei quasi morto per colpa mia. Se accadrà qualcosa di male di cui io sono la vittima, difendi i ragazzi e te stesso, e per me non ci saranno problemi.»

Ma per me uno sì, mamma.

Il senso di colpa.

 

Spazio autrice

Scusate tantissimo, se ho aggiornato così in ritardo. Sono desolata, ma sono stata impegnata...

Sono stata impegnata: traduzione di non avevo voglia, allora il capitolo sarebbe stato lontanissimo dalla decenza, invisibile sull'orizzonte.

Allora, le considerazioni di Iris saranno giuste? Che cosa accadrà? E Rose? Ci saranno battibecchi fra Albus e Scorpius?

Lo scoprirete nel prossimo capitolo di Casini Terribili Sh... di Lettere dal Destino!

Alla prossima,

Bolide

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Capitolo 8
*** Richieste & insonnie ***


Capitolo 8

Richieste & insonnie

Rose

2021

«Rose! Puoi aprire?»

Riconosco la voce di mio cugino Albus che bussa oltre la porta chiusa con esasperazione, dopo una silenziosa cena dove l'attrazione principale era guardare Scorpius con astio.

«Cosa c'è, Al?» domando, spalancando l'uscio.

«Rose, quel Malfoy del tuo ragazzo mi ha accusato di essere una pappamolla ed ha detto che tu sei troppo intelligente per appartenere alla nostra famiglia. Capisci? Ha offeso l'intera stirpe degli Weasley! Non è che ci potresti parlare e dire che gli Weasley non si offendono?» spiega, con la rabbia al culmine.

«Al, hai provato a dirgli che non mi piacerebbe se lui pensasse davvero quelle cose?» cerco di trovare una soluzione.

«Sì, certo...» ribatte, anche se poco convinto.«Solo che quello lì non vuole sentire ragioni! È una testa dura!»

«Va bene, Al, ci penserò io. Ma, per favore, adesso lasciami un pace.» prometto, con la voglia di tornare al mio libro. Quando chiudo la porta scacciando Albus mi accorgo che le altre mie cugine presenti nella stanza osservano la scena come se fosse la cosa più interessante che stava avvenendo in quel momento sulla terra, così da farmi domandare:«Che avete da guardare, tutte quante?»

Scuotono velocemente la testa e tornano a fare ciò che svolgevano un minuto prima.

«Rose! Apri questa maledettissima porta!»

Oh, no.

Un altro richiamo.

E quando apro, trovo chi mi aspettavo di vedere.

«Rose, quel tuo maledettissimo cugino ha detto che io e la mia famiglia siamo soltanto luridi Serpeverde che non fanno altro che spalare escrementi sugli altri, anzi, incaricare qualcuno sennò ci roviniamo! Devi assolutamente parlare con quello lì, chiarire che a me queste cose non si dicono!» protesta contro di me un furioso Scorpius.

Provo a calmarlo ripetendo ciò che ho spiegato prima ad Albus, ma lui, con ancora più furia del Potter, ribatte:«Macché! Quello è una testa vuota, figuriamoci se arriva ad elaborare questi concetti!»

A quel punto non riesco a far altro che arrendermi:«Va bene, ma non fare tutta questa confusione. OK?»

Annuisce e, forse meno furioso di prima, se ne va.

Il giorno dopo, verso le quattro, vado a ritirare la lettera di Iris.

L'ormai familiare lampo blu elettrico mi appare e io leggo ciò che la corrispondente ha da dire:

Distretto 12

15 giugno 2677

Cara Rose,

sei sicura che per te tutto questo sia realmente importante? Insomma, hai quindici anni, quasi sicuramente non sposerai Scorpius (è questo il nome del tuo fidanzato? Che strano. Ma tutti i nomi della vostra epoca sono così anormali?). E pensa che nel mondo sono successe, stanno succedendo e succederanno cose addirittura peggiori di quelle di cui tu racconti.

Comunque, il mio consiglio da amica, è di non prendere la parte di nessuno dei due, di non seguire ciò che accade passo per passo ma di lasciare che loro se la gestiscano da soli (hanno circa la tua età, no? Ce la faranno sicuramente.).

Hai altre domande da fare?

Non mi disturbi con il tuo Casini Terribili Show, anzi, io sono sempre stata un'ascoltatrice. Quindi mi piace “ascoltare” ciò che tu hai da raccontarmi.

Però potresti chiedere consigli anche ad altri.

Alla prossima,

Iris

Chiedere consigli anche ad altri? Non credo che mi reggerebbero. Penso che Iris sia una delle poche persone che sopporti i miei sfoghi.

Aspetta... forse ne ho trovata un'altra.

Denise! Ma certo! Lei sarà felice di darmi dei consigli, ci sta che con la sua allegria da Tassorosso riesca a trovare delle buone soluzioni (che, sempre combinate a quelle di Iris, potrebbe portare finalmente la pace). Mi basta inviare qualcosa via gufo e...

Delle urla m'interrompono e in me s'infonde il terrore che siano loro.

Rimango in ascolto per poco, finché le grida fortunatamente non diminuiscono.

Però ho sentito un tonfo.

Probabilmente un pugno.

 

Iris

2677

Tic. Tac. Tic. Tac.

Suppongo che sia il ticchettio dell'orologio che non mi permetta di addormentarmi; forse lo spero. Si fa strada nella mia mente, passando per le orecchie, e continua incessantemente, senza riuscire a finire.

Tic. Tac. Tic. Tac.

Basta; io non riesco più a stare ferma a letto. È... è come una maledettissima costrizione; tanto so che non mi addormenterò.

Provo a muovermi nel quasi completo buio nella mia stanza. Da fuori giungono gli ultimi rumori delle poche macchine che corrono ancora sulla strada.

Per andare dove, poi? In un altro distretto? Sarebbe più semplice farlo con il treno. O forse sono sempre state qui, dall'altra parte, lontani dalla destinazione.

Oh, Iris, cosa ti riduci a pensare sempre? Forse è la stanchezza, la stanchezza combattuta con l'insonnia. Affondo le mani nei capelli, lasciandomi cadere su una sedia.

Cosa posso fare, adesso?

Sento dei passi nel corridoio, accompagnato da una voce:«Iris, sei tu?»

Riconosco la voce di mia madre, replicando sottovoce:«Non riesco a dormire.»

«Neanche io» ribatte, sedendosi sul mio letto.

Nessuna delle due riesce a dormire. Forse è una strana coincidenza, forse è tutto il contrario, è la notte che ce lo chiede, ce lo impone.

Se è positivo o negativo, non lo so.

«Che succede, ora?» chiedo, guardo il soffitto scurito dal buio.

Mamma sembra pensarci un po' su, per poi arrivare a una conclusione:«Vieni, ti mostro una cosa.»

Scendiamo giù, nel salotto, dove mia madre estrae dal fondo di un cassetto, ricoperto di album di foto e fotografie senza dimora, un grosso libro polveroso e piuttosto lacero.

«Cos'è questo?» interrogo mia madre, mentre lei si siede sul divano aprendo il tomo.

«Il libro dei ricordi» sussurra, cercando con la mano l'orlo della pagina per mostrarne un'altra.

«In che senso?» domando, andando a caccia di chiarimenti.

«Qui sono raccolte vari disegni, foto e cose del genere per...» spiega mia madre, mentre tenta di trovare un termine adatto.«Per... forse, semplicemente per non dimenticare.»

Scovo con lo sguardo un interessante disegno, di una capra che lecca la guancia di una bambina con i lunghi capelli biondi intrecciati, due occhi felici e la camicetta fuori dalla gonna.

Tutto sommato, è un bel disegno.«Chi l'ha fatto questo?» domando.

«Tuo padre.» risponde mamma, accarezzando la figura della bambina.

Il buio è quasi totale, le sottili scritte sono quasi indecifrabili, anche se riesco a leggere la didascalia: “Prim e Lady”.«Chi sono Prim e Lady?» non posso fare a meno di chiedere.

«Lady è la capretta. Prim è la bambina.»

Fino a qui c'ero arrivata, ma ancora non sono riuscita a capire la situazione.«Parlami di questa Prim.»

Con un sorriso sbiadito, continua:«Il suo nome era Primrose, ma tutti la chiamavamo Prim. Io la soprannominavo “Paperella”; perché aveva sempre la camicia fuori dalla gonna... come una piccola coda. Aveva la stoffa di diventare un'ottima dottoressa, ma poi... è successo. Stava aiutando i feriti della guerra, quando... una bomba è atterrata.»

E perciò Prim è morta, durante la guerra. Mia madre doveva esserci indissolubilmente legata, considerato l'affetto con cui ne parla e le lacrime che stanno cominciando a scendere dai suoi occhi.

Indissolubilmente legata. Ma la morte l'ha separate.

«Era mia sorella.» conclude.

Sua sorella. Primrose Everdeen.

La faccia allegra, la camicia fuori dalla gonna. La zia che non ho mai conosciuto, di cui non sapevo neanche l'esistenza.

Ora forse mi ricordo di lei. Era il nome gridato da mamma durante i suoi incubi, ma non ho mai chiesto cosa significasse.

«Mi dispiace» mormoro.

Lei cerca di cacciare via le lacrime, di far ritornare il sorriso, per poi chiedermi:«Vogliamo andare avanti?»

E così facciamo. Sono tanti i personaggi che non conoscevo, o solo marginalmente. Non mancano gli occhi lucidi di mia madre, che svaniscono man mano che arriviamo ai tempi recenti, alla foto di una bambina, una bambina piccola con gli occhi chiari in collo a mio padre.

«Questa sono io?»

Annuisce.«Forse una delle cose più belle che mi siano mai capitate.»

Mi viene spontaneo abbracciarla, e così faccio.

«Non permettere agli altri di farti male, e non permetterti di farti male da sola. Hai capito, Iris?».

«Sì, ho capito.» replico, mentre mi sta venendo sonno.

E non posso fare a meno di addormentarmi qui, in grembo a mia madre.

 

Spazio autrice

Perdonatemi, ma non ho proprio fantasia per la parte di Iris.

Quindi che posso fare? Un'insonnia da parte di tutte e due le Mellark, con relativa spiegazione del libro delle memorie con una Katniss OOOOOOOOOOOOOOOOOOOOOOC. E forse le “O” non bastano.

Insomma, che ne dite?

Accetto recensioni di ogni tipo, soprattutto quelle sincere. Quindi anche negative.

Alla prossima,

Bolide

P.S.= rileggendo, mi sono accorta che la parte di Rose è estremamente corta e incorreggibilmente orrenda. Speriamo di poter migliorare.

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Capitolo 9
*** Piacevoli litigi & dispiacevoli avvertimenti ***


Capitolo 9

Piacevoli litigi & dispiacevoli avvertimenti

Rose

2021

La vista che segue è considerata da me agghiacciante; non so se è un sentimento condiviso dalle altre persone che stanno guardando.

Mio cugino è a terra, con un rivolo di sangue che scende dal naso.

Il mio ragazzo è sopra di lui, con la bacchetta puntata su Albus, che lo rimprovera:«Stupido mezzosangue... non hai mai capito nulla, come i tuoi genitori! Noi Malfoy siamo i più potenti... vedrai che lo penserai dopo questo!»

Resto paralizzata a chiedermi che cosa sto facendo, perché non agisco. Ho la bacchetta in pugno, sto sudando, ma resto ferma. Intanto, Scorpius scandisce lentamente una parola:«Impe...»

«Expelliarmus!» riesco a reagire, prima che il Serpeverde completi il suo incantesimo, permettendo alla sua bacchetta di non compiere reati.

È in quel momento che Scorpius ci accorge della mia presenza, mentre avanzo con la bacchetta ritta verso di lui. Allora scappa, cercando di raggiungere la sua unica arma.

«Non ci provare, Malfoy!» sussurro, con furia, per poi gridare:«Filipendo!»

L'incantesimo raggiunge l'effetto voluto e il viscido verme che fino ad un minuto fa era il mio ragazzo si accascia a terra.

Mi guarda con espressione stupita, anche se la sorpresa probabilmente è minore della mia.

«Rose» sussurra, chiamandomi.

«Come hai potuto? Hai quasi usato una maledizione senza perdono su mio cugino! È illegale, e quello è l'aspetto che conta di meno!» Sto delirando, sono furiosa. Come mai mi sono lasciata illudere da uno stupido Serpeverde che saremmo riusciti a cambiare qualcosa nelle proprie famiglie? Forse perché non sopportavo questa antipatia, questo odio che per me non serviva a niente.

E sì, Scorpius mi piaceva perché non aveva badato alla mia importante famiglia, uno zio che è colui che è sopravvissuto. Se l'avesse fatto, saremmo rimasti nemici, scettici l'un nei confronti nell'altro.

E avremmo compiuto la cosa giusta.

«Rose, stai difendendo quel mezzosangue deficiente? Non vale nulla, anzi, fa pena...» ribatte.

«Tu “mezzosangue” non chiami nessuno, qui!» continuo, ancora più arrabbiata.«Anche io sono una Mezzosangue, sai? Mia madre è nata Babbana, e penso che non ci sia nulla di strano. Anzi, penso che sia meglio di quella troia purosangue di tua madre!»

Oh, signore. Ho davvero detto “troia purosangue”? Non sono una tipa da parolacce, ma l'ho fatto.

E ci ho anche provato gusto.

«Tu consideri mia madre una... non lo voglio neanche ripetere! Non capisci nulla, come la tua famiglia!» replica lui, alzandosi in piedi.

«Toh, ha parlato colui che proviene dai campioni di intelligenza! Sotto quel parrucchino biondo voi non avete nulla, ne sono sicura!»

«Tu stai insinuando che i miei capelli sono solo un parrucchino?» chiede, al massimo dell'arrabbiatura.

«Sì, lo sto insinuando! Adesso che farai, bambinuccio viziato?»

«Questo: Petrificus Totalus!» risponde, afferrando la bacchetta a pochi passi da lui.

Stupido idiota superbo.

«Protego!» grido, rispedendo al mittente l'incantesimo

Purtroppo lo schiva, cercando di provocarmi:«È questo il meglio che sai fare?»

«Di certo il mio meglio non lo userei contro uno scemo come te, Malfoy!» gli urlo, con i pugni chiusi, un ringhio sulle labbra e gli occhi pieni di odio e voglia di vendetta.

«Ah, io sarei uno scemo? Assaggia il mio Expelliarmus!» replica, e purtroppo il suo incantesimo ha effetto, facendo balzare lontano la mia bacchetta.

Prima che sia atterrata, però, qualcuno grida:«Accio bacchetta Rose!»

Mi giro e noto che è Albus, ancora a terra e con il sangue secco sopra le labbra.

Albus! Mi ero totalmente dimenticata di lui. Mi precipito dal cugino chiedendogli:«Al, va tutto bene?»

Mi restituisce la bacchetta, rispondendo:«Sì, sì, tutto OK. Però, adesso diamo una lezione a quel Serpeverde.»

Mi sorride.

Gli sorrido.

Appena lo aiuto a rimettersi in piedi, mi viene un'idea eccezionale, data dal mio cugino.

«Accio bacchetta Scorpius!» grido, e quella vola incantata nelle mie mani.

Il mio ex schiuma di rabbia, ha gli occhi che sembrano volermi incendiare.

«Tu... ridammi subito la bacchetta!» ordina, scagliandosi contro di me.

Lo vedo com'è davvero: un falso, avido, presuntuoso, viziato e superbo Malfoy. Anche Serpeverde.

Questa è la seconda volta che lo faccio.

La prima è stata cinque minuti fa.

Il ritrarmi è la prima cosa che mi viene in mente, mentre lui, con mia enorme sorpresa, si ferma.

«Rose... cosa stiamo facendo? Senti, mi dispiace se vieni da una famiglia di babbioni, ma tu mi piaci.» prova a spiegarmi, con una finta desolazione in volto.

«Ah, io ti piaccio, eh? Ora mi verrai a dire che non sono stata una semplice ragazza, un tuo semplice strumento! No, Scorpius, non ti credo. Non più, dopo quello che stavi per fare ad una persona a cui voglio bene, anche più di te, infinitamente. E so senza problemi che lo faresti anche su di me!» ribatto, una furia esterna che mi avvolge.«E se ti piacessi davvero, tu non ti mostreresti ostile a prescindere con tutta la mia famiglia!»

«Tu dici che non avrei problemi a farlo su di te, vero?» ringhia.«Vediamo se è vero!»

«Rictusempra!» urla una voce alle mie spalle, colpendo Scorpius sui piedi e facendolo ridere come un matto.

Non l'avevo visto così ridente.

Ma chi può aver lanciato l'incanto?

Oh, che domanda semplice. È l'incantesimo preferito di...

«Fred!» esclamo, battendogli un cinque.«Ottimo lavoro!»

«Scusa, Rose. So che è una questione fra lui e te, ma non resistevo...» spiega con il suo solito sorriso.

«Oh, non ti preoccupare.» Adotto anche io un sorriso, scaraventando la bacchetta del Serpeverde sul proprietario, che l'afferra in modo contorno, ancora piegato in due da tristi risa, prima di interrogarmi con lo sguardo.

«Oh, è giusto per dare il colpo di grazia» puntualizzo, allontanandomi da lui.

«Wingardium Leviosa!» lancio su Malfoy, che fluttua spaventato nell'aria.

«E con questo» dico soddisfatta «ti annuncio che fra noi è finita!»

Lo rimetto giù. Le sue risate sono finalmente concluse, ma continua a guardarmi male.

«Che aspetti? Su, vattene!»

Rispetta i miei ordini, ma dopo qualche metro si gira e puntualizza:«Non finisce qui!»

Qualcuno mi mette una mano sulla spalla.

È mio padre.

«Il prossimo sarà un anno duro» ipotizza lui.

«Già.» ribatto.«Ma molto divertente.»

 

Iris

2677

Il giorno seguente all'insonnia ho una strana tranquillità, anche se ho dormito veramente per breve tempo. Ho saputo tante cose che forse erano destinate a rimanere sepolte nel fondo di un cassetto, ma che sono riemerse grazie a mia madre.

Non rispetto il limito delle quattro, per colpa della mia (presumo temporanea, purtroppo) allegria, che risveglia la curiosità, e ritiro la lettera.

Allora:

La Tana

1° luglio 2021

Cara Iris,

oggi è una giornata perfetta: gli uccellini cantano, tutti i miei parenti sorridono, l'erba mi sembra più verde e scintillante del solito ed io e Scorpius ci siamo lasciati.

In effetti, Scorpius è un nome strano. Mi ricorda lo scorpione, l'animale che ti punge e t'inietta del veleno. E penso che questo sia un accostamento molto giusto.

Dovrei essere triste, non è vero? Ecco, non lo sono. Anche perché sono stata io a mollarlo. Figurati se quel poveretto aveva il fegato di farlo.

Probabilmente sì, ce l'aveva. Finché mi considera meno importante di lui...

Mi sento veramente eccitata! D'altronde, ha fatto tutto da solo.

Come al solito, lui e mio cugino stavano litigando, quando quel coso gli ha dato un pugno. Stava anche per compiere un reato, uno di quelli che fanno veramente male...

Ed allora mi sono veramente arrabbiata.

OK, sto divagando. Come va? Tutto bene? Spero di sì.

Scusami se mi devi sempre sopportare, ma quando succedono queste cose divento (o mi sento) particolarmente cattiva.

Rispondimi presto,

Rose

 

Non penso di aver mai ricevuto una lettera così lunga e così felicemente rabbiosa da Rose, come non avrei mai creduto che, dopo tutti questi dilemmi che lei si auto-poneva, il suo sentimento scomparisse così semplicemente.

Bah, contenta lei, contenti tutti.

Forse un po' meno il suo ex ragazzo.

«Yu-uh! Indovina chi è arrivata!» grida una voce sulla soglia.

Eccola qui, anche questa.

«Ciao, Guinnes. Hai portato la roba per fare i compiti?» domando, mettendo in un cassetto la macchina del tempo e la lettera di Rose.

«No, ma naturalmente me lo presterai.» ribadisce lei, con un sorriso sardonico, posandosi su una sedia.

La strana calma che ho oggi riesce a trattenermi, a rispondere solo:«OK, Guinnes. Non è la prima volta che succede, ma te la presterò. Però la prossima volta resti a guardare. Capito?»

«Sì, non sono dura di comprendonio» ribatte ironicamente lei.«Guarda questo trucco di magia: uno, due e...» continua, tirando fuori dalla borsa un quaderno, un libro di esercizi e un astuccio.

Sono cascata nello scherzo di Guinnes. Quanto sono caduta in basso.

Sospiro, sotterrando tutto:«Ok, iniziamo. Apri il libro a pagina...»

Vengo interrotta dal solito boato che spesso mi porta le lettere di Rose, stupendomi. Cosa o chi lo può aver provocato?

«Ah, vero, la tua amica del passato. Già, mi sono scordata di chiederti: come va la vostra corrispondenza?» domanda lei, senza una minima inflessione della voce, senza una minima sorpresa.

«Guinnes, non può essere stata Rose a causare questo. Solo io posso richiamare o spedire le lettere.» spiego brevemente, raccogliendo il foglio piegato giunto sul pavimento.

«Allora, chi può essere stato?» prosegue, neanche l'ombra di un po' di paura.

Prima di rispondere alla mia amica, apro il messaggio per leggerlo:

Il diciotto, di notte, succederà qualcosa di brutto.

Hai presente quel capitolino, quello con i capelli verdi? Ecco, verrà. Non da solo, con i suoi “amici”. Ed avrà la sua vendetta per tutto quello che è successo, che mia madre ha provocato.

Avverti mamma, papà, chiunque puoi, basta non rivelare l'esistenza della macchina. Klewen ci ucciderebbe.

Stai sveglia quel giorno, Iris. Dalle tue parti, può andare meglio.

Mi giro verso Guinnes, dietro di me, che ha letto tutto, il sorriso sbarazzino trasformato in una smorfia perplessa.

«Che cosa significa?» domanda lei, senza alzare gli occhi dal messaggio.

«Significa che mia madre è in pericolo.» ribatto, con la voce che non riesce a mascherare tutto il mio enorme terrore non cancellabile.

Perché la calligrafia del mittente è la mia.

 

Spazio autore

Non mi sono neanche resa conto che avevo aggiornato undici giorni fa. Almeno è meno di due settimane, ma comunque è un tempo estremo.

Spero di riuscire a mettere un nuovo capitolo entro domenica. Sono sicura che domenica, per circostanze (poco) particolari, non ci riuscirò.

Volevo aggiornare il venticinque, perché in quella data compievo un anno.

Non sto scherzando. Intendo un anno su EFP! Non mi aspettavo che il tempo passasse così velocemente. Adesso posso dire che sono qui da tanto tempo * si sta gasando *

Allora, che ne dite del capitolo? Potete rispondere a questa domanda lasciando una recensione, anche neutra o critica (dopotutto, me lo merito).

Un'altra piccola cosa fastidiosa: forse ho aggiornato così tardi perché il ventitré (sì, mi sa il ventitré) mi sono iscritta a Twitter. Per chiunque volesse seguirmi, sono @BolideEverdeen (fantasia, portami via). Se trovate una @BolideEverdeen che si chiama “Ossimoro.” e ha come icon il mostriciattolo di Cut The Rope, sono sicuramente io.

OK, non vi rompo le scatole, alla prossima,

Bolide

 

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Capitolo 10
*** Una nuova battaglia ***


Capitolo 10
Una nuova battaglia

Iris

2677

«Dobbiamo avvertire la polizia, quindi» ribatte Guinnes, con una voce fredda, fin troppo fredda, che ottiene l'effetto contrario di quel che desiderava di ottenere: mantenersi cinica, nonostante la situazione.

«Non posso, Guinnes. Klewen non me lo permetterebbe, vuole mantenere la macchina del tempo segreta. Anzi, non avrei dovuto rivelartene l'esistenza. Probabilmente non mi sarei neanche potuta avvertire.» spiego, posandomi su una sedia.

Vorrei piangere, per riuscire a sfogarmi, per vedere se insieme alle lacrime esce anche la mia preoccupazione. Ma è impossibile farlo senza attirare l'attenzione.

Ed io odio attirare l'attenzione.

Riprenditi, Iris. Sai che tutto questo non servirebbe a nulla.

Sei debole perché non hai combattuto nessuna battaglia, ma non ti preoccupare di questo.

Accanto a te ci sarà tua madre, e lei sì che ne ha attraversate di guerre: contro il mondo, contro Capitol City, contro la vita trasformata in prigione che volevano imporle.

Mi alzo ed annuncio, con voce flebile:«Vado a dirlo a mamma: insieme sapremo che fare.»

E forse, è questo pensiero a farmi tornare il sorriso, il biglietto ancora stretto nel mio pugno, come se l'avvertimento proveniente da me mi avesse infuso coraggio.

Il campanello mi distrae dalla mia rotta. Allora mi dirigo verso la porta, per vedere chi è.

E, per la seconda volta, è una sorpresa.

«Klewen.» dico, forse con troppa calma. Perché questo non è il momento adatto.

«Ciao, Iris. Mi puoi far entrare?» mi saluta lui, sorridente.

È per la macchina del tempo, sicuramente. Altrimenti, mi avrebbe annunciato il motivo della sua visita anche sulla soglia.

Mi faccio da parte e lo lascio venire dentro.

Appena chiudo la porta, domando:«Cosa ci fai qui?»

La preoccupazione sporge nella mia voce. È inutile, non riesco a nascondermi con le parole.

«Sono venuto ad applicare un potenziamento alla... alla tu sai cosa, insomma.» replica lui, camuffando il motivo della visita per paura di essere scoperto.

Annuisco, forse troppo tetra.«Va tutto bene?» chiede, guardandomi in modo strano.

«Oh, sì. Perfettamente.» ribatto, sperando che lui non si preoccupi troppo.«Che genere di potenziamento?» continuo.

«Qualcosa che potrà permettere il trasportamento anche degli esseri viventi. In pratica, anche noi umani potremo viaggiare nel tempo.» risponde, evidentemente orgoglioso e soddisfatto della sua invenzione.«Puoi condurmi alla tu sai cosa?»

Obbedisco, mostrandogli la strada della mia camera.

Appena arrivo, Guinnes chiede:«Com'è andata...», per poi interrompersi quando vede il ragazzo dietro di me.

«Guinnes, lui è Klewen, un amico di vecchia data. Klewen, lei è Guinnes, una mia compagna di scuola.» presento, comunicando con lo sguardo alla ragazza di non rivelare un minimo dettaglio.

«Dice che sono una sua compagna di scuola, ma in realtà sono la sua migliore amica. Anzi, fino a un momento fa pensavo di essere l'unica.» risponde lei sorridendo e stringendo la mano a Klewen.

Devo ammettere che è una brava attrice. Questo mi può salvare.

«Piacere di conoscerti, Guinnes. È una sorpresa, Iris non mi ha mai parlato di te.» ribatte il mio amico, facendomi ottenere un'occhiata in cagnesco da Guinnes.

«Allora, sei qui per le tue ricerche?» chiede lei, e dopo averlo fatto il sorriso le sparisce dalle labbra.

Si è tradita.

Sento la mia maglietta bagnata sotto le ascelle: sto sudando. A questo punto, resta solo sperare che Klewen non lo noti.

«Sì e no.» conclude lui, permettendomi di tirare un sospiro di sollievo, anche se nascosto.

«Infatti Iris mi ha raccontato che sei un cervellone!» scherza con voce allegra lei, forse felice che non siamo state scoperte.

«Lo sono. Ma, giusto una curiosità...» continua lui, avanzando verso la finestra e voltandosi verso la mia amica, che annuisce, pronta a sapere la domanda.

«Se tu pensavi di essere l'unica amica di Iris, come facevi a sapere della mia esistenza?»

Cavolo. Sono fritta. Adesso ho davvero voglia di piangere, di scomparire, di rimettere tutto indietro. Anzi, forse ho la possibilità di farlo, anche se sarebbe troppo rischioso.

«Iris, mi nascondi qualcosa?» prosegue lui, indignato.

«Lei lo sa.» ammetto, con un tono basso e quasi invisibile all'orecchio.

«Cosa?»

«Lei lo sa.»

Il mio amico è furioso.«Iris! Ti avevo raccomandato la massima segretezza, e tu che fai? Vai a raccontare tutto questo alla tua migliore amica! Ti sembri normale? Va bene, forse lo sei, ma, decisamente, io non sto parlando con una persona affidabile!»

«Non ci posso fare nulla! Mi ha colto di sorpresa, e Guinnes è una persona furba, quando ti vede ti estorce la verità...» provo a spiegarmi, quasi urlando, gesticolando per sfogarmi.

«Non me ne importa nulla! Hai messo a rischio interamente la mia missione solo per la tua stupidità! Ed io...» A un punto, il suo rimprovero si ferma, e con voce forse più calma, continua:«Iris, cos'hai nella mano?»

Il biglietto, se n'è accorto.

Lo stringo ancora più forte, come se mi potesse sfuggire.

Ripete la sua domanda e, non ricevendo una risposta, mi ruba il foglio, mentre io urlo di non farlo.

Fuori piove, non me n'ero accorta. Uno di quei noiosi temporali estivi che rapinano il clima di libertà e felicità che solo questa stagione contiene.

E quello sta accadendo anche qui, solo che la pioggia è formata da lacrime, mie lacrime.

Appena Klewen finisce di leggere, mi si scaglia contro:«Tu! Come hai potuto farmi questo? Hai utilizzato la macchina per questioni personali! Te l'ho detto che non dovevi!»

«Klewen, è mia madre! La persona che mi ha messo al mondo, che conosco addirittura da quando non ero nata. Se ho la possibilità di lasciarla vivere, io non ce la faccio a rimanere con le mani in mano. Forse sei troppo cinico per capire, ma cosa avresti fatto per la tua, di madre, se si fosse trovata lei in questa situazione?»

Il messaggio, probabilmente anche grazie alle mie lacrime, gli è arrivato; lo capisco perché vedo che non sa cosa rispondere.

«L'avrei lasciata morire.» conclude, ma riesco a vedere che è una bugia.

«Stai mentendo! Non ci avresti pensato due volte, te lo dico io. Ti prego, lasciami fare.» lo imploro.

Ho paura di una sua risposta negativa, che potrebbe condurre a una cancellatura della mia memoria, andando indietro o avanti nel tempo e non permettendo alla lettera di arrivarmi.

«Va bene. Ma lo farò solo perché sei tu.» mi accontenta.

Ce l'ho fatta! Posso ancora salvare mia madre, portare giustizia, incatenare per sempre quei capitolini in una prigione.

La mia prima reazione è quella di buttargli le braccia al collo. Non è da me, ma probabilmente è perché oggi ho vinto la mia prima, piccola, grande battaglia.

«Grazie» sussurro.

«Prego,» risponde lui,«ma forse dovremmo annullare la conoscenza della macchina del tempo da parte della tua amica.»

«Ehm,» si schiarisce la voce la diretta interessata,«mi dispiace interrompere questa scenetta davvero commovente, ma tanto, anche ritornando indietro nel tempo, io scoprirei lo stesso l'esistenza della macchina.»

Klewen sembra lievemente scocciato, ma Guinnes tenta di calmarlo:«Niente panico. Io sono dalla parte dei buoni.»

Gli fa l'occhiolino, e, forse per la prima volta, mi sento felice di avere un'amica come lei accanto a me.

 

Rose

2021

Il sole continua a splendere sulla Tana e su di me.

Infatti, il giorno sequente al mio splendido litigio con Scorpius, vengo accolta come un'eroina della dignità degli Weasley. L'unica a mostrarsi lievemente contraria alla mia manifestazione è mia madre.

«Insomma, penso che l'avresti potuto lasciare con più tatto... tu sai quanto sono potenti i Malfoy? Succederà un putiferio.» mi spiega lei, mentre siamo sedute nella veranda.«Rose, per me è stata una reazione un po' barbara. Capisco che tuo padre vuole che tu ti mostri sempre superiore a Scorpius, ma non dovresti. Cioè, lo puoi fare, ma... indirettamente.»

«“Indirettamente”?» chiedo incuriosita e forse anche un po' divertita dal discorso di mia madre.«Che cosa intendi con “indirettamente”?»

«Be', intendo che è giusto dimostrare il tuo essere superiore con voti scolastici migliori di quelli suoi, magari senza pavoneggiarti più di tanto, ma non duellando così scopertamente con lui riempendolo di offese.» spiega.

Alzo le spalle.«Però pensi che io sia superiore.»

Mamma non fa fatica ad ammetterlo:«Lo sei, tesoro. Però ribadisco...»

«Dai, mamma. In fondo ho fatto bene a prendermi una piccola vendetta su di lui, no? Stava per lanciare una Maledizione Imperius su Albus!» tento di convincerla.

Sorride, penso che a questo punto non mi può contrastare con il suo buonismo:«Hai fatto bene.»

E io non posso che rimanere soddisfatta delle sue parole.

Alle quattro, mi reco nello spazio che ormai chiamo il mio “rifugio segreto” per depositare la mia lettera e ritirare la puntuale risposta di Iris.

Appena arriva, l'afferro e leggo parole che penso non mi sarei mai aspettata di trovare:

Distretto 12

16 giugno 2677

Cara Rose,

spero che non ti dia fastidio se, in questa lettera, riverserò un poco delle angosce che in queste ore mi stanno torturando.

Forse per farti capire la situazione dovrò spiegarti alcune cose.

Ti avevo già avvertito in una delle scorse lettere che, fino a trent'anni fa, nel mio stato si svolgevano competizioni chiamate “Hunger Games” e avevo anche specificato la loro crudeltà.

Adesso, fortunatamente non ci sono più.

Ma non per bontà della capitale.

Per via del coraggio di una ragazza del distretto 12, Katniss Everdeen, che riuscì a vincere la settantaquattresima edizione dei giochi insieme al suo innamorato, Peeta Mellark.

Prima di quel momento non era mai successo, ma lei seppe ricattare la capitale in modo che lasciasse vivere tutti e due.

Varie peripezie sono accadute da quel momento. Ha ripartecipato ai giochi, a Peeta è stato fatto anche il lavaggio del cervello, ma è riuscita ad abolire questa atrocità.

Katniss è riuscita a sposare Peeta, abita ancora nel distretto 12 ed ha due figli.

Hugo e... me, Iris.

Katniss Everdeen è mia madre e, anche se sono passai trent'anni, qualcuno vuole prendersi ancora una vendetta.

Ho ricevuto un avvertimento da me stessa, grazie alla macchina del tempo, nel quale c'era scritto che dopodomani succederà qualcosa di brutto, cosa non so.

Per colpa di un capitolino, abitante della capitale piegata da mamma.

Per questo, sono riuscita ad avvertirla. Ha superato il primo momento di sbigottimento in poco tempo, nonostante queste situazioni non le capitassero da anni, penso. Ci stiamo preparando per proteggerci, ma temo che le nostre risorse non basteranno.

E no, non posso avvertire i pacificatori. K. mi ha raccomandato di non raccontare a nessuno della macchina. E già è successo un putiferio quando ieri è venuto a potenziare la macchina per poter permettere alle persone di viaggiare nel tempo e ha scoperto che l'avevo utilizzata per tentare di salvare mia madre, figuriamoci...

Mi sono resa conto che la lettera è già piuttosto lunga, non vorrei disturbarti continuando a parlare dei fatti miei.

Sono felice che tu abbia lasciato Scorpius e che tu sia fiera della tua scelta. D'altronde, hai compiuto la decisione giusta, se stava per fare molto male a tuo cugino. Sono certa che un giorno troverai la persona giusta che non sarà un pallone gonfiato come lui.

Alla prossima lettera,

Iris

Un po' dello sconforto che Iris ha travisato in questa lettera mi penetra dentro.

Come mi sentirei io se quel che sta succedendo a Katniss accadesse a mia madre? Anche lei è una persona che ha fatto molto bene per il mondo magico, ma qualcuno potrebbe non sopportarla e, addirittura, odiarla. Potrebbe accadere anche a lei, ma conoscendo l'evento in anticipo potrei contare su l'aiuto di tantissimi, fidati parenti.

Iris, invece, non accenna a persone particolarmente legate a lei che la possano aiutare, o almeno non vicine.

Non so perché, ma mi sento in colpa a restare qui, ferma, a prendere conoscenza delle sue terribili situazioni (anche se a volte usa parole senza significato: che cosa vuol dire “pacificatori”?), mentre lei mi ha dato dei consigli per qualcosa che per me era importante, ma in realtà non contava nulla.

Allora, come posso dare una mano?

La risposta è semplice. Prendo la penna che mi porto dietro per le risposte e, sul retro del foglio, scrivo velocemente:

Cara Iris,

fra due ore, alle sei del pomeriggio del primo luglio 2021, io sarò qui, nello stesso punto in cui deposito le lettere.

Non posso rimanere estranea dalla situazione, non dopo le parole che mi hai scritto. Ho paura, come te, che l'operazione non possa andare a buon fine e che tu possa rimanere ferita o, peggio, morta.

Io sono qui, non temo nulla.

Portami nel tuo tempo.

 

Spazio autrice

Wow! Mi stupisco io stessa della velocità con cui ho aggiornato. Non me lo sarei mai aspettata! Con un po' d'impegno, ce l'ho fatta.

Allora, cosa ne pensate del capitolo? Vi chiarisco che la Iris che ha mandato il messaggio non torna alla notte dell'attacco (ne ha la possibilità, può trasportarsi) perché ha paura di non riuscire, da sola. Almeno, spedendo il messaggio, la Iris del “presente” può avvertire la sua famiglia. In più, Klewen naturalmente le ha detto di non trasportare persone senza il suo consenso (sempre il solito).

Comunque... volevo ringraziare tutti quelli che hanno recensito la storia almeno in un capitolo, perché sono molto felice di sentire le vostre belle parole che non mi aspetto mai sulla storia. Mi colpiscono veramente, quindi grazie.

Come ringrazio le quattro persone che l'hanno nelle preferite, le tre che l'hanno inserita nelle ricordate ed addirittura dieci utenti che la seguono! Grazie mille!

Penso che domani non riuscirò a scrivere l'intero capitolo, poi dopodomani è il mio compleanno, quindi... prima di lunedì non aggiorno!

Alla prossima,

Bolide

 

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Capitolo 11
*** In quattro per un piano ***


Capitolo 11

In quattro per un piano

Iris

2677

Un messaggio. È bastato un messaggio a cambiarmi la vita. Un foglietto, mandato da me a me, che mi ricorda costantemente che il diciotto qualcuno verrà a farci visite non gradite.

Comunque, è meglio un messaggio che un'incursione a sorpresa dal capitolino.

Da ieri io e la mia famiglia abbiamo congelato le nostre attività per la salvezza di mia madre. Il panificio di famiglia resterà senza papà per un paio di giorni, i compiti delle vacanze sono sotterrate dalla mia ansia.

«Ricapitolando: siamo soli, se raccontassi a qualcuno ciò che succederà dopodomani Klewen cancellerebbe il mio avvertimento, possiamo avvertire i pacificatori solo al momento del loro arrivo e ci dovremo difendere con le armi che abbiamo in casa, perché potremmo insospettire qualcuno se ne compriamo altre.» faccio il punto della situazione, davanti a mia madre e mio padre, non considerando neanche Hugo, con la faccia terrorizzata.

Le mie parole mi fanno rabbrividire, soprattutto è merito di una di queste: dopodomani. Abbiamo solo due giorni per organizzarci, è praticamente impossibile.

«Be', però in casa abbiamo un paio di archi con frecce comprese e la mira eccezionale di Katniss. E questo potrebbe bastare.» mi interrompe papà, cercando di mostrarsi ottimista anche in una situazione del genere.«E poi, rimanendo svegli loro potrebbero scappare, impauriti. Non dovete avere paura, andrà tutto bene.»

Andrà tutto bene. Cerco di convincermi della realtà nelle parole di mio padre, annuendo, ma non riesco a convincermi. Mi vedo già sconfitta, mia madre scomparsa o, peggio...

Rabbrividisco. No, non devo più pensare. Pensare fa troppo male, riunisce tutte le orribili possibilità in una sola mente umana.

Ho provato a piangere, per vedere se queste ultime sarebbero scomparse. Ma rimangono, le lacrime le rendono ancora più grandi.

«Driin!» trilla il campanello, avvertendo che c'è qualcuno alla porta.

Ultimamente, questo mi rende impaurita.

Mio padre si alza e va ad aprire. Io resto immobile, in silenzio, come gli altri riuniti a questo tavolo.

Rimango tesa, fino a quando non sento mio padre dire:«Guinnes! Benvenuta, accomodati.»

Tiro un sospiro di sollievo anche quando la vedo in cucina.«Salve a tutti» saluta, cercando di apparire al meglio possibile, anche se lei sa.

Leggo negli occhi che oggi userà facilmente la sua solita spavalderia, ma non con facilità.«Ciao, Guinnes» ribatto, a voce bassa.

«Allora, come procede?» chiede lei, senza specificare il soggetto della frase, che tanto sappiamo.

Alzo le spalle e rispondo, senza una particolare intonazione:«Bene.»

Viene verso di me, sganciando una manata terribile sulla schiena, che mi fa sussultare.

Il solito tatto di Guinnes, che però adesso non ho voglia di rimproverare.

«Senti, che ne dici se il diciotto vengo a dormire a casa tua?» continua, con un sorriso stravagante.

È pazza, lo constato subito. E poi quella sua allegria non copre nulla, non mi avrebbe mai fatto una proposta del genere se non tenesse alla mia famiglia.

Faccio per risponderle di no, ma Hugo interviene prima di me:«Certo che puoi.»

Mi volto verso di lui, per puntualizzare:«No, Hugo, non può venire. Sappiamo tutti benissimo che è pericoloso.»

Mio fratello sembra che non sia d'accordo, infatti ribatte:«Iris, ogni aiuto è prezioso. Anche quello della tua amica. Penso che si sentirebbe in colpa, se qualcosa andasse storto.»

In effetti, il suo ragionamento non fa una piega. Ma mi sentirei troppo egoista ad accettare.

«Guinnes, non è una cosa adatta ai ragazzi.» prosegue mia madre.

«E allora? Iris non è una ragazza? Hugo non è un ragazzo?» ribatte lei.

«Infatti è questo di cui vorrei parlarvi.» risponde lei.«Guinnes, potresti ospitare Iris e Hugo il diciotto?»

Non può averlo chiesto davvero. Non può averci tagliato dalla missione per paura che noi possiamo farci male. E se succede qualcosa a lei? E se succede qualcosa a papà? No, io devo proteggere mia madre, a costo di qualsiasi cosa.

«No, mamma, non puoi!» protesto io, urlando, furiosa con lei perché pensa di non aver bisogno di aiuto.

«Iris, è troppo pericoloso persino per me.» dice lei, scuotendo la testa.«Io voglio che tu stia bene.»

«Anche io voglio che tu stia bene, mamma! Questa tua protezione potrebbe essere un suicidio!» grido io.

«Va bene. Il diciotto Iris e Hugo saranno a casa mia.» interrompe tutto la voce di Guinnes.

Mentre mia madre ringrazia, io le lancio un'occhiataccia. Come ha potuto fare questo, quando sa che non voglio?

Lei, per risposta, mi fa un occhiolino.

E io forse capisco le sue idee.

Alle quattro ritiro, come al solito, la lettera di Rose, che mi rende stranamente allegra. In questo momento sento di aver bisogno di aiuto, aiuto che anche la ragazza del passato mi offre, chiedendomi di condurla qui.

Sto elaborando un piano, più componenti ne faranno parte meglio sarà. Per adesso siamo in tre, con Rose potremmo diventare in quattro.

L'azione che sto per fare è una violazione enorme del codice di Klewen.

Basta che non lo dici, Iris. Puoi mantenere un segreto. Basta che lui non lo sappia.

E sono d'accordo con i miei pensieri: ormai, la paura per la mia famiglia sovrasta quella per l'amico.

Procedo, inserendo tutti i dati che servono. La procedura è su per giù la stessa, ma il rischio potrebbe essere maggiore.

Prima di confermare l'operazione, penso sia pericoloso. Ma una lettera di Rose mi è mai arrivata senza una parte, senza una parola, senza qualcosa di fondamentale?

No. E allora perché qualcosa dovrebbe succedere a Rose stessa?

L'attimo dopo aver cliccato di continuare il terrore s'impossessa di me. Qualcosa potrebbe andare storto, anche più di qualcosa.

 

Rose

2021

Ogni secondo che passa mi sento sempre più sicura di quel che sto facendo. Perché non dovrei? Mi fido di Iris, se spruzzassi di Veritaserum una sua lettera penso che non cambierebbe di una parola.

Ma se lo facessi davvero, per verificarlo?

No, adesso non ho tempo per compiere questa azione. Sono le diciassette e trenta, fra mezz'ora dovrei partire.

Sento il mio cuore battere forte, eco delle mie emozioni. Fin da piccola sogno di vivere un'avventura, una importante ma piena di problemi come quella di mio zio e dei miei genitori.

Adesso è il momento, non voglio farmi sfuggire l'occasione. Forse voglio guadagnarmi la stima della mia famiglia, ma loro non potrebbero seguirmi nel futuro e vedermi. Credo che in realtà vorrei solo sentirmi utile, compiere qualcosa di spettacolare per dimostrare il valore di Rose Weasley, Grifondoro.

Preparo una piccola, vecchia valigia trovata nello sgabuzzino con qualche vestito, sperando che siano simili a quelli che si trovano nel 2677. Non saprei cosa altro dovrei portare. Preferirei tenermi leggera e non far scomparire troppe cose, insospettendo la gente.

Prima di uscire dalla stanza, mi guardo intorno facendo il punto della situazione.

E vedo la bacchetta, appoggiata sul comodino.

La dovrei prendere o no?

Una parte della mia mente mi risponde di no, perché Iris è babbana, potrebbe vederla e lì succederebbe il putiferio. Ma un'altra mi obbliga ad afferrarla, perché potrebbe servire. E poi, potrei lanciare gli incantesimi di nascosto.

In più, come potrebbero scoprire che sono io? Sarebbe impossibile riuscire a vivere ancora, nel 2677. Solo con la pietra filosofale si potrebbe arrivare a certe cifre.

Ma essere eterna non m'interessa.

Faccio prevalere il sì, acciuffando con un movimento fulmineo la bacchetta.

Corro verso il mio rifugio, anche se lo potrei raggiungere con tutta calma. Sedendomi, aspetto che Iris mi porti nel suo tempo, chiedendomi: come sarà il 2677? Esisterà sempre il mondo magico? Questo non posso chiederlo alla mia amica, sarebbe rischioso. Le automobili voleranno o solo quella di mio nonno ha potuto compiere questa azione? Cosa ci sarà di uguale e di diverso?

Devo solo portare pazienza per qualche minuto.

Guardo l'orologio. Le quindici e cinquantanove. Mi alzo ed attendo.

Nonostante fossi pronta, il getto verde che mi cattura m'impaurisce. Soffoco un grido, temendo che qualcuno mi possa sentire. Ma penso che non lo farebbe. È tutto così strano...

Mi sento come risucchiata, allungata. Non posso compiere movimenti. La mia vista mi comunica solo questo tunnel, di questo strano colore fosforescente. Ogni tanto intravedo una faccia, una casa, un posto. Qualcosa.

Non so da quanto sono in viaggio. Potrebbe essere un minuto, potrebbero essere ore. Qui il tempo sembra non esistere, essere solo una parola umana.

Senza preavviso, come me ne sono andata, precipito in una camera, nel bel mezzo di uno schianto blu elettrico. Per qualche secondo i miei occhi sono inondati di quel colore, che velocemente scompare, lasciando spazio ad una ragazza dai capelli castani legati in una treccia e due speranzosi occhi azzurro.

«Rose.» sussurra lei, stupita, anche se è stata lei a chiamarmi.

Abbozzo un sorriso, più sincero che posso.«Iris» rispondo, con la sicurezza che sia lei.

Cosa dovremmo fare, adesso? Abbracciarci? Raccontare tutto quello che è successo in questi momenti?

Cerco di sciogliere il silenzio, facendo la domanda più stupida che mi possa venire in mente:«Allora, come va?»

Lei alza le spalle e, in modo cupo, risponde:«Ci sono stati dei cambiamenti.»

Cambiamenti? Allora questo viaggio potrebbe essere più pericoloso di quanto pensassi.

«Sei sempre con me?» chiede ed io, anche se non mi ha spiegato le ulteriori complicazioni, ribatto convinta:«Sì.»

 

Spazio autrice

Allora, sono in tremendissimo ritardo, non mi posso scusare. In più consegno un capitolo orrendo come questo. Sì, è orrendo, perché prima li valutavo come brutti, ma rileggendo Hunger Games mi sono accorta di quanto posso essere orrenda a scrivere. Quindi, scusate tanto.

Penso di averci particolarmente tanto perché in questo momento ci sono 24575175913815 interattive a cui vorrei partecipare. E allora scrivo la scheda, che è sempre di una paginetta (o di una paginona). E ci metto un monte.
Mi sa che questo è il primo capitolo senza una lettera dall'inizio della corrispondenza. Wow.

OK, credo che tutto questo non v'interessi.

Alla prossima,

Bolide

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Capitolo 12
*** Studiando il piano ***


Capitolo 12

Studiando il piano

Rose

2677

Osservando, ho scoperto che il 2677 non è poi così diverso dal 2021. Ci sono solo più congegni elettronici, che non cambiano neanche la vita in un mondo eccezionale, se si esclude la macchina del tempo. Mi ha deluso, un po'. Ma non ho avuto il tempo di dirlo.

Appena sono arrivata, sono rimasta senza nessuno soltanto per qualche minuto, quando Iris è andata a chiedere l'autorizzazione ai suoi genitori di ospitarmi.

Questa sua mossa mi ha sorpreso. Pensavo fossero già al corrente del mio arrivo. Mi ha sempre dato l'idea di una persona che programma le sue giornate nei minimi dettagli, chiedendo il permesso per tutto. Ma può darsi che ciò che le è successo la sta scombinando, e tanto.

In seguito, mi ha raccontato tutta la storia nei minimi dettagli. Mi ha persino ripetuto quella di sua madre. Si è sfogata con me. Mi stavo anche annoiando, però ho sopportato per tutte quelle stupide lettere che ho scritto su Scorpius.

E poi, siamo arrivate al punto dei cambiamenti. Mi ha spiegato che sua madre è troppo protettiva e non vuole l'aiuto dei suoi figli. Per me ha compiuto la scelta giusta, vuol dire che tiene alla loro salute. Ma per Iris no.

Dice che avrebbe un piano, da definire. Non ne discutiamo, fino al mattino del giorno dopo, quando arriva una persona.

«Ehilà!» saluta con vivacità una ragazza dai capelli neri, appena entrata in camera, senza neanche notarmi, ma guardando la faccia senza sorriso di Iris.«Sempre in depressione, eh?»

Iris le risponde con un «Ciao, Guinnes» lievemente scocciato.

Ed è allora che la ragazza mi nota.«Oh, guarda, ti sei trovata anche un'altra persona con cui mugugnare!» Mi porge la mano e si presenta.«Guinnes Keids Tate, la migliore amica di questa demoralizzata qua. Tu chi sei? Una ragazza pagata da Iris per stare qui?»

Le stringo la mano e devo dire che tutto questo suo dinamismo mi lascia in imbarazzo. Almeno in questa situazione. Credo che sia l'unica qui non contagiata dall'angoscia di Iris.

Iris mi ha raccomandato di presentarmi come una cugina proveniente dal distretto 4, se qualcuno mi chiedesse chi fossi. Anche se non so dove sia il distretto 4. E che cosa sia, in fondo.

Faccio per ribattere, quando Iris m'interrompe:«Guinnes, lei è Rose, la mia corrispondente del passato. Te ne ho parlato.»

«Oh, sì, la poveretta del 2021!» si ricorda lei. Si volta verso di me e continua:«Mi dispiace tanto.»

Nervosamente, Iris la incita:«Vogliamo cominciare?»

«Oh, certo. Ma non mi daresti fastidio se portassi qui Hugo.»

Hugo. Il fratello di Iris. Le ho raccontato che anche mio fratello si chiama così e lei ne è rimasta sorpresa, forse non troppo, ma un po' sì.«Strana coincidenza» ha detto, dopo aver elaborato la notizia.

«Ok.» Iris si alza lentamente e si dirige verso un'altra stanza.

Rimaniamo solo io e Guinnes.

«Allora, come ve la passate nel 2021?» domanda la ragazza, seduta di fronte a me.

«Abbastanza bene. Com'è vivere nel futuro, invece?» rispondo, curiosa.

«Bah, normale. Si sopravvive facilmente. Be', la madre di Iris non molto, in questo momento. Ma se lei non fosse esistita, probabilmente starei prendendo a padellate qualcuno negli Hunger Games» spiega lei.

Non mi sembra una persona di cui ci si può fidare. Però, se è la migliore amica di Iris, ci sarà un motivo.

«E ti sarebbe piaciuto?» continuo la conversazione.

Lei mi guarda, con un sopracciglio alzato, come per chiedermi di ripetere.

«Intendo... ti sarebbe piaciuto prendere a padellate qualcuno negli Hunger Games?»

«Certamente. Anche se non ho bisogno di Capitol City per fare del male alla gente.»

Sorride maliziosa. No, non mi fido di lei. Potrebbe sostenere anche la causa opposta alla nostra, ma non ce lo dimostrerebbe.

Iris entra nella stanza, portandosi dietro Hugo, che cerca di sorridere, anche se non ci riesce.

«Perfetto. Ora che è arrivato anche il moccioso, facciamo il punto della situazione» inizia Guinnes. «Allora, come tutti sapete, la qui presente Iris Mellark è una capocciona che non vuole che si torca un capello a chi vuole bene, anche se difendendo quella persona ci si potrebbe fare qualche bella feritina. Katniss Mellark, la madre di Iris, è in pericolo di vita perché ha liberato una nazione, ma c'è qualcuno che la odia ancora e si prenderà una vendetta al diciotto di notte. Ma tutta questa preoccupazione per gli altri Iris l'ha presa dalla madre, che infatti la spedirà a calci nel sedere a casa mia la sera dell'attacco. Ci siamo?»

Certo che lei ha uno strano metodo di raccontare le cose. Dispregiativo, anche senza un motivo preciso. Ma se Iris, l'argomento principale, non obbietta, non lo farò neanche io.

Annuisco, attenta.

«OK. Sapendo che tanto la Mellark junior non si arrenderà manco morta, c'è bisogno di formulare un piano. Partiamo da questa situazione: noi quattro, il 18 agosto 2021, la sera, a casa mia» spiega Guinnes.«Cosa potremmo fare?» continua, anche se tutti noi sappiamo già la risposta.

«Scappare. Raggiungere casa di Iris e entrarvi in segreto» ipotizzo io con la più semplice delle idee.

«Esattamente. Ma c'è un problema: mia madre obbligherà tutti quanti a fare un bel noiosissimo gioco di società perché “dobbiamo passare del tempo tutti insieme!”» continua Guinnes, probabilmente canzonando sua madre.«Bah. Roba da chiodi. Comunque, potremmo rifiutarci completamente di farlo e... prenderla a padellate.»

A questo punto, mi strizza un occhio.

E capisco quanto può essere spaventoso averla come avversaria.

 

Iris

2677

«Ovviamente, scherzo» dice in tono serio Guinnes. A volte, penso che sia troppo pesante e non la capisco. Ma è l'ultima delle mie preoccupazioni.

L'arrivo di Rose ha migliorato la situazione. Mi sono sfogata su di lei e mi sono resa conto di quanto sia magnifico parlare di qualcuno dei propri problemi, di quando ti sollevi. Chi ci poteva essere, altrimenti? Mamma. Ma lei era già troppo occupata per ascoltarmi. E anche mio padre. Hugo. No, penso che non mi darebbe mai confidenza. Starebbe lì fermo, ma ignorerebbe le mie parole. Parlerei con me stessa.

Guinnes? M'interromperebbe ogni tre secondi per fare battute che, di certo, non riuscirebbero a risollevarmi.

«Quindi... dobbiamo scappare di nascosto da tua madre? Potrebbe accorgersi che non ci siamo, chiamare la polizia...» puntualizza Rose. Giusto, anche se quella cosa chiamata “polizia” non esiste o non so cosa sia.

Sto per chiederglielo, ma, come al solito, ci pensa Guinnes:«Siamo obbligate. E comunque non può chiamare la polizia, visto che non ho mai sentito una parola del genere. Magari può farlo con i Pacificatori.»

Rose sembra non capire. Allora spiego:«I Pacificatori sono le persone che si occupano di mantenere l'ordine.»

A quel punto, tutto si chiarisce:«Ah, come la polizia.»

Annuisco. Evidentemente, sono gli antenati dei Pacificatori. Che strano nome.

«Oppure... potremmo dimenticare qualcosa. Il pigiama, per esempio» teorizza Hugo, riportando il punto sulle cose veramente importanti.. A volte mi sento invidiosa dei suoi ottimi piani, ma questa volta l'accetto senza neanche rimproverarmi per non essere stata più astuta. Ormai, non m'importa tanto.

«Complimenti per l'idea, Hugo! A me piace. Semplice. Anche se dovrò cercare di convincere mia madre di farci andare a letto dopo le nove, per mettere in pratica il piano» puntualizza Guinnes, storcendo la bocca.«Io la promuovo. Iris? Sei sempre fra noi? Che ne pensi?»

Ed allora mi rendo conto di non aver aperto bocca dall'inizio della “riunione”, almeno non per quel che veramente serve. «Va bene» promuovo l'idea, senza troppe parole, pensando a dove possa nascondere il pigiama.«Ma dovremmo procurarci delle armi. Puoi sequestrare qualche coltello dalla cucina, Guinnes?»

A quel punto, la mia amica inizia a sbellicarsi dalle risate. Rose guarda prima lei confusa, poi lancia uno sguardo interrogativo a me.«Sono le sue reazioni normali» rispondo, a voce bassa.

«Se posso sequestrare qualche coltello! Figurati se mia madre ancora me li fa toccare! Fosse per lei, mi terrebbe ancora nella culla!» urla Guinnes, ancora in preda alle risate.

«Allora entreremo dalla porta sul retro» decido. «Silenziosamente. Dà proprio sulla cucina, quindi potremo subito rifornirci di armi.»

«Ma dobbiamo necessariamente utilizzarle?» domanda Rose. La sua faccia è fra il perplesso e lo spaventato.«Potremmo ferire qualcuno!»

«Già, e quel qualcuno potrebbe ferire noi. Quale delle due opzioni preferisci?» ribatte Guinnes, con un insopportabile tono saccente.

Rose risponde, a voce bassa:«Avete ragione. Ma io lo prenderò solo per sicurezza, non voglio fare del male a nessuno.»

«Va bene, santarellina, va bene» è la risposta di Guinnes.

A volte la mia migliore amica mi irrita, le volte in cui si arrabbia per nulla. In cui grida per nulla. In cui ti prende in giro per nulla. In cui pensa di essere migliore di te... sempre per nulla.

Guardo fuori dalla finestra. Adesso è vera estate, si sente, purtroppo. Fra il pericolo, il caldo e Guinnes sto impazzendo.

E si vede, anche con un colpo d'occhio. La gente che passeggia con magliette senza maniche, che si passa una mano sulla fronte spesso.

Tranne una persona, che conquista la mia attenzione. Indossa un completo bianco, giacca compresa. Non un centimetro di lui è trasandato o fuori posto, compito forse reso più semplice dalla mancanza di capelli. Si aggira intorno alla casa, annotando osservazioni sul suo taccuino di pelle.

Il mio sangue si raggela per un attimo, poi continua a scorrere.

Perché l'ho riconosciuto, forse per la bassa statura, forse per il sorriso innaturale.

È il capitolino dai capelli verdi.

 

Spazio autrice di Guinnes

Ehi!

Vi annuncio che la cara, schifosissima Bolide Everdeen si vergogna troppo a gestire lo spazio autrice (dopotutto non sa scrivere decentemente neanche il capitolo, figurati questo) e quindi tocca a me.

Dopotutto, ha rifiutato di fare un POV tutto mio. Che stronza. Quindi mi lascia solo questa cacata.

Come al solito, si scusa perché il capitolo è orribile, c'è voluto tanto per aggiornare... L'aveva pronto da due giorni, questo pezzo di idiota. Due giorni. Dopo essere stata ore a fangirleggiare su Hunger Games e a guardare il nuoto. Poi ha pure spaccato gli occhialini, così, mentre sta su EFP, arriva la sua mamma e le dice:«Non stai guardando le offerte degli occhialini» con un tono da Voldermort.

Comunque, potete lasciare quante recensioni negative vi pare a questa roba (che non si può chiamare neanche storia). Potete criticare Iris, Rose, Katniss, Hugo e chiunque vi pare, ma non me. La padella è già pronta.

Guinnes! Ti prego!
OK, scusa, Bolide. Potete criticare anche me.

Al prima possibile (a Bolide conviene),

Guinnes

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Capitolo 13
*** Cercando ***


Capitolo 13

Cercando

Iris

2677

Non so come reagire. Vorrei correre, gridare, saltare, avvertire in qualunque modo possibile, ma la mia mano resta bloccata a mezz'aria, il mio sguardo rapito dalla finestra.

«Ohi! Terra chiama Iris, terra chiama Iris!» sento Guinnes, e forse allora ritorno alla realtà. Sposto i miei occhi sul suo viso scocciato, poi su quello preoccupato di Rose, e infine su Hugo, che sembra non comprendere.

Ma non parlo. Resto zitta, non so neanche cosa stia aspettando. Forse è questa sensazione di gelo che sento, forse sono diventata ghiaccio da sciogliere.

«Iris? Sei ancora viva o sei diventata uno zombie? Cioè, dimmelo, così me ne vado prima che mi mangi il cervello!» ritorna a protestare la mia amica. La guardo, mentre cerca ancora di parlarmi nel vano tentativo di riportarmi.

Perché adesso ho paura. Cosa ci fa lui fuori? Vuole attaccarci già adesso? E a cosa serve quel taccuino? Ora cosa succede? Ora cosa devo fare?

Mi rendo conto che dentro la mia mente sto urlando. Chiudo gli occhi e abbasso la testa, come se questo scacciasse i miei pensieri. Ma restano, ed aumentano d'intensità.

«Iris...» mi chiama una voce, e non è quella di Guinnes.«Va tutto bene?»

Rialzo il capo e vedo Rose.

All'improvviso, capisco che bisogna agire.

«No. Lui è qua fuori» spiego. Intravedo il mio pallido riflesso nello specchio.

«Lui chi?» continua la rossa.

«Il capitolino. L'attentatore.»

Un silenzio di pochi secondi cala su di noi, sbloccato da Guinnes che dice, quasi divertita:«Ragazzi, ora inizia il vero divertimento!»

«Adesso che si fa?» chiede Rose, mordicchiandosi un labbro.

«Semplice» ribatte prontamente la mia migliore amica.«Si combatte.»

La rossa annuisce, per poi guardare me e domandarmi:«Ce la fai?»

Faccio di sì con il capo, ma non sono sicura della mia risposta. Perché la paura non se n'è andata, neanche una briciola, anzi, si intensificata. Se solo non avessi questo terribile gelo, forse piangerei e griderei, ma veramente. Così da farlo sentire anche agli altri, non solo a me stessa.

Scendiamo. Resto in salotto, mentre Guinnes “si rifornisce”, come ha detto lei, probabilmente di armi. Mamma e papà sono in camera loro a parlare e mi chiedo come mai non li sto avvertendo.

La risposta è semplice: è molto più probabile che facciano del male a loro che a me.

Ritorna la mia migliora amica, che porge un coltello a ciascuno di noi, raccomandando di tenerlo nascosto.

«Avrei voluto portare una padella, ma non avrei potuto mascherarla» puntualizza, facendo un sorriso complice a Rose, che ricambia forzatamente.

«Devo venire anch'io?» chiede Hugo. Già, nessuno gli ha chiesto niente. L'ho solo dato per scontato.

«Be', se sei una mammoletta, no» risponde Guinnes, dura.

«Preferisco essere una mammoletta viva che un ragazzo coraggioso morto.»

Mi guarda. Capisco che non ha più paura di me, perché non pensa alla sua famiglia, ma solo a se stesso.

Dovrei rimproverarlo per questo. Ma non sono la persona adatto per farlo. E adesso non c'è tempo.

Usciamo. Io, Rose e Guinnes. Il capitolino ci vede e mi saluta:«Oh, salve, signorina Mellark. Salve anche a voi, signorine. Tutto bene? Oh, oggi è una bella giornata, come potrebbe non andare tutto bene...»

Sa che sono io la “signorina Mellark”, come mi ha chiamato lui. Ma come fa? Forse mi ha visto alla panetteria di papà, forse da qualche altra parte.

Non devi andare in paranoia per tutto, Iris. Mantieni la calma. Sciogli il ghiaccio, ma resta fredda.

Degutisclo e dico con un filo di voce:«Salve.»

Non ho il coraggio di affrontarlo. Pensavo che forse a questo punto avrei potuto fare qualcosa di meglio, ma sono sempre circondata dal gelo.

«Perfetto!» ribatte allegramente lui.«Oh, come sono scortese! Permetta che mi presenti, sono l'architetto Tarquinius Arruw. Vengo da Capitol City con un nuovo, magnifico progetto: realizzare case prendendo spunto dalla vostra! Avranno un successo strepitoso, creda a me...»

Mi porge una mano rugosa, ma io non ho il coraggio di stringerla.

Mi convinco che devo farlo, quando interviene Guinnes, abbassandola non proprio gentilmente: «Salve. Io sono Guinnes Keids Tate, e dico che lei non sta rispettando la legge.»

La guardo. Che intenzioni ha? Non può rivelare che noi sappiamo ciò che succederà!

«Come, scusi?» risponde lui, senza smorzare il sorriso minimamente.

«Secondo l'articolo centotré della legge, lei non può copiare oggetti o case o qualunque cosa senza il permesso del possessore, in questo caso i signori Mellark.» Sta bluffando, non penso che studierebbe mai la legge. Ancora non capisco dove vuole andare a parare.

«Mi scusi, ignoravo questo articolo!» esclama lui, costernato falsamente dal nostro annuncio. «Significa che prenderò i miei provvedimenti. Grazie mille, signorina Late.»

«Tate» precisa lei.«In più, noi abbiamo il diritto di vedere tutto ciò che lei ha scritto sul suo taccuino.»

Ecco dove voleva arrivare! Talvolta può essere veramente fastidiosa, ma sono costretta ad ammettere che Guinnes è un genio.

Il capitolino sembra indugiare un po'.«Signorina Tate, sarebbe inutile se le consegnassi questo taccuino. Per comprendere ci che vi è scritto bisogna avere nozioni architettoniche, e, mi scusi se lo dico, non penso che lei le possa avere, per via della sua giovane età.»

Le opzioni sono due: o sta dicendo la verità, o sta nascondendo i suoi appunti.

«Papà ha studiato architettura, dopo la fine del governo di Snow. Lui capirà sicuramente ciò che c'è scritto» mento, poco convincente per via del terrore che ho del capitolino. Ma spero che ci credo.

«Ah, sì? Che notizia interessante! Non ho mai visto suo opere, però...» ribatte lui. Non c'è cascato.

«Non aveva talento per disegnarli, però sa la parte teorica» m'invento, su due piedi.

«Ce lo dia, per favore» continua Guinnes, il braccio alzato per raccogliere il taccuino.

Il capitolino annuisce, porge il suo blocco notes, sta per darlo a Guinnes...

… quando, all'improvviso, tira fuori un coltello e tenta di sferzare un colpo alla mia amica.

Lei si sposta, ma la lama le graffia la guancia, lasciandole un piccolo segno rosso.

«Guinnes!» mi viene spontaneo urlare. Questo basterebbe per chiamare i Pacificatori, ma, una volta di più, rimango bloccata.

D'istinto guardo Rose. Annuisce, ma non capisco perché.

Ma poi vedo il coltello nella sua mano, così tenuto stretto che mi dà l'impressione che si taglierà da un momento all'altro.

Semplice. Si combatte.

Non pensavo che quando Guinnes diceva queste parole intendeva per davvero.

 

Rose

2677

Ogni volta che guardo Iris mi fa un'impressione pazzesca: penso di aver visto poche persone pallide come lei. La sua paura si percepisce fino a qui e temo di esserne contagiata. “Temo”. Allora non sono calma come credo.

Tengo il coltello in una mano, anche se non ho l'intenzione di usarlo. È solo una protezione. Ho la bacchetta in tasca, ma non la posso usare. È illegale.

Vedo Guinnes piazzarsi accanto a me.«Tutto bene?» le chiedo, facendole posare i suoi occhi su di me.

«Si vede che non mi conosci» risponde lei.«Mi ci vuole ben altro per scompormi.»

Ha un po' l'aria a Serpeverde. Ci penso solo in questo momento.

Tento di trovare pregi ai Serpeverde, dirottando la mia mente da Scorpius.

Devo fidarmi di Guinnes. Perché può essere la nostra salvezza.

Come può esserlo Iris.

Come posso esserlo io.

No, questo no.

L'uomo torna ad urlare:«Siete solo delle stupide! Credete che a qualcuno interessi la vostra casetta orrenda? No, io sono qui per fare giustizia! Avete rovinato il mio piano... mi sa che lo devo un po' anticipare. E allargare.»

Mi guardo intorno. Non c'è nessuno.

Capisco le sue intenzioni: non lasciare testimoni, e per testimoni intendo noi.

E, per l'ennesima volta, cerco di non avere paura.

«Devo chiamare la polizia?» chiedo a voce bassa, diretta verso Guinnes, senza sapere precisamente perché a lei. «Cioè, i Pacificatori» mi correggo, ricordandomi la differenza.

«Tu non sai il numero. Lo faccio io.»

Guinnes rientra a corsa in casa, lasciandoci sole con il signore inquietante.

«Lo so. Non volete ammetterlo, ma avete paura, eh? Allora siete più codarde di qualcosa cosa. Dopotutto, lo sono anche io, no? Lo siamo tutti. Adesso fatemi entrare» continua. Nei suoi occhi vedo una scintilla di pazzia.

Allora lo fa solo per vendetta o anche per la sua follia? mi chiedo. La domanda successiva che mi faccio è: Perché mi riduco a pensare queste cose in queste situazioni?

Iris scuote la testa, pronunciando un lieve “No”.

«Va bene, quindi entrerò da solo!»

Cerchiamo di fare scudo con il corpo, ma, nonostante la sua vecchiaia, sembra essere agile e preparato e ci supera. Gli andiamo dietro, cercando di afferrarlo e immobilizzarlo.

Non ci riusciamo. Arriva in cucina, si guarda intorno e urla, a gran voce:«Dov'è, signora Everdeen? Venga fuori... le vorrei dire che non le farò del male, ma sarei solo un bugiardo...»

Guinnes compare alle mie spalle.«Li ho chiamati. Ci metteranno un po'» sussurra a Iris.

Questo mi tira su solo minimamente. Significa che dovremo proteggere la madre di Iris ancora per un po'. Dovremo proteggerci ancora per un po'.

Sento dei passi sulle scale. Il viso di Iris sembra sbiancarsi ancora. Scuote la testa, sussurrando quasi impercettibilmente “Non farlo, non farlo”.

Invece l'ha fatto. È Katniss, la madre di Iris, una faretra sulle spalle, un arco stretto nella mano. Dietro viene suo marito.

Lei non parla. Aspetta la prossima mossa dell'uomo, che è sorridere in modo sadico.

«Eccola. La Ghiandaia Imitatrice. La Ragazza di Fuoco... che sta per spegnersi.»

Ed è allora che lei tira la prima freccia, ma lui usa la mano per pararsi. Sanguina, ma lui è ancora vivo. Tenta di scagliarsi contro di lei, ma d'istinto mi scaglio contro di lui, tentando di fermarlo.

E invece è lui a infilare il coltello nel mio fianco. D'istinto urlo, ma penso che dopo non potrò più dire nulla. M'accascio a terra, mi sento praticamente cieca. Colori si alternano davanti ai miei occhi, andandosene alla stessa velocità in cui sono arrivati. Rosso. Blu. Giallo. Verde. Arancione. Viola. Nero. Bianco. E colori che non ho mai visto, impossibili da riprodurre. Impossibili da spiegare.

Qualche secondo dopo ritornano le sfocate immagini della realtà. L'uomo sembra combattere contro Guinnes, la madre di Iris scaglia frecce ma il capitolino, come l'ha definito Iris, se ne va sempre via.

E sento una voce lagnosa, di una persona che piange.

Mi volto, e vedo Iris, con Hugo accanto con un'espressione triste.«Resisti» sussurra.

«Ce la farò. Combatti» rispondo, porgendole il mio coltello.

Lei annuisce, tirando su con il naso e cercando di scacciare le lacrime. Ed allora mi accordo della mia maglietta di uno strano rosso scuro.

Sangue?

Che domanda inutile.

Quando vedo Iris che va contro l'uomo, mi accorgo della stupidità della mia frase. “Combatti”. E se si facesse male? Se finisse come me?

Poi mi accorgo di cosa devo fare.

«Hugo, prendi la bacchetta» ordino al ragazzo accanto a me, che mi guarda senza capire.

«Cosa intendi?» continua.

«Capirai cos'è» gli dico. Ed ecco che mi porge il lungo pezzo d legno, un po' macchiato di rosso. Provo a non pensare che sia il mio sangue.

Non riesco a vedere le ferite che le mie amiche hanno, ma mi accorgo che l'uomo si avvicina sempre più al compimento della sua missione.

Non vorrei farlo, perché qui c'è gente.

Ma qualcosa mi fa pensare che sia questione di vita o di morte.

«Petrificus Totalus» sussurro, centrando l'uomo ai piedi.

Dovrebbe funzionare.

Ma non riesco a vederlo.

E...

...tutto...

...lentamente...

...si...

...dissolve.

 

Spazio autrice

Salve!

Ok, non dovrei iniziare così data la drammaticità della situazione. Infatti so che non l'ho minimamente evocata. È che sono riuscita a cantare tutta “Sing”, anche la parte rap. Miracolo di inizio settembre. So che non ve ne importa nulla, pace.

Adesso però passiamo alle cose “serie”.

ANNUNCIO IMPORTANTE

Probabilmente dal 3 al 10 sarò in vacanza (cioè, una cosa veramente last last last minute, tanto che non c'ho capito un cavolo). Quindi al massimo leggerò le storie dal cellulare e farò recensioni striminzite, ma non potrò aggiornare. Cioè, io volevo portarmi il computer, ma mia madre mi ha detto che non posso.

Che pizza.

Ok, scusatemi per questo orrore,

alla prossima (fra taaanto tempo, penso),

Bolide

P.S.= mi sa che ho dato al capitolo il primo titolo che mi piace di tutta la storia.

 

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Capitolo 14
*** Forse finito ***


Capitolo 14

Forse finito

Iris

2677

È una statua. Questo è il mio pensiero, appena vedo la faccia del capitolino torta in una smorfia di dolore, perfettamente immobile, il colorito grigiastro, di una pietra.

È impossibile. Una persona non può trasformarsi così, nel giro di qualche secondo.

Nonostante sia così, la paura che lui mi dà non mi passa neanche per un minimo. I vari graffi lasciati sui bracci continuano a bruciare di terrore, il coltello è ben saldo nella mia mano.

Per qualche momento nessuno fa nulla. A rompere il ghiaccio, mio fratello, che sussurra un confuso:«È...»

«...pietrificato.» È Guinnes a concludere la frase, avvicinandosi al capitolino e sfiorandolo.«Come cavolo può essere successo? È assolutamente impossibile! Non ho mai visto una cosa del genere, e non avrei mai pensato di vederla!»

«Non mi riferivo a lui, ma a Rose» continua Hugo.

Allora mi ricordo di lei. È accasciata a terra, pallida, gli occhi chiusi.

Mi avvicino e le metto una mano sulla fronte. È ghiaccia. Mi spavento, prendendole il viso fra le mani, e chiamandola, a bassa voce:«Rose? Rose?»

Non risponde. Avvicino un orecchio al suo cuore, sporcandomi anche del sangue proveniente dal suo fianco. Tiro un sospiro di sollievo quando il mio orecchio scorge un ritmico “bum, bum”.

Vive ancora. E questo non può che rincuorarmi.

«Ragazzi, non per fare la guastafeste a questo commovente quadretto, ma proporrei di imbavagliare il pezzo di cavolo, prima che ci riservi spiacevoli sorprese» interviene Guinnes. Riconosco che ha ragione, può ritornare al suo stato normale da un momento all'altro.

Chiamiamo un'ambulanza per Rose, pregando che faccia veloce, mentre mamma e papà cercano di fermare l'emorragia. Guinnes, io ed Hugo disarmiamo il capitolino, lo leghiamo, lo imbavagliamo.

Il risultato è pazzo ed inquietante, ma penso che possa funzionare. Più che altro, lo spero.

Sudo tutto ciò che ho in corpo per la tensione.

Dopo un po', arrivano i Pacificatori. Non me ne accorgo fino a quando arrivano in salotto, e mi chiedo come abbiano fatto.

Mi ricordo che abbiamo lasciato la porta aperta.

«È lui?» domanda un Pacificatore, senza salutare, serio, indicando il capitolino.

Guinnes annuisce velocemente. L'agente continua:«Come diamine si è ridotto in quella condizione?»

Ho continuato a pensarci anch'io, ma senza trovare risposta. Ed è allora che interviene Hugo:«Non se si vi può servire... ma Rose, prima di svenire, mi ha detto di darle un legnetto che ha chiamato “bacchetta”. Poi ha detto due parole insensate e dal legnetto è venuta fuori una cosa... come un fulmine.»

Rose? Non riesco a capire cosa significhi. Ma mi convinco che sia stata lei a pietrificare il capitolino. Due cosi così senza senso, nello stesso posto e nello stesso momento, non possono essere casuali, per quanto possa sembrare strano.

«Ragazzo, sei sicuro di stare bene? E chi è questa Rose?» chiede il Pacificatore.

Rispondo io alla loro seconda domanda, mentendo:«Rose è una mia amica dal distretto 4.» Gliela indico, guardando anche se ci sono miglioramenti. No. Ho un brivido di terrore.«Mi era venuta a trovare, ma... non potevo sapere che potesse riuscire a fare cose del genere.»

«Porca paletta, è messa male» sussurra l'agente.«Avete chiamato i soccorsi?»

«Trova che sia una domanda intelligente?» interviene Guinnes, da dietro.

«Ragazzina, non trattarmi così!» risponde lui.«Comunque ,arrestate la statua. Voi... seguitemi. Dovete dare la vostra testimonianza» dice, rivolto prima ai suoi colleghi e poi a noi.

Annuisco, mentre cento pensieri m'invadono la mente. Ma ora non voglio pensare; devo cercare di riprendermi.

Mi si avvicina mia madre. Mi accorgo che non abbiamo scambiato parola dal momento dell'attacco, forse perché eravamo troppo occupate.«Stai bene?» domanda, preoccupata.

«Sì.» Estrometto i graffi, non voglio farla preoccupare.«Tu?»

«Sì. Ma ho avuto paura che ti succedesse qualcosa di male» risponde lei, abbracciandomi.

«Non ti preoccupare. Non è successo. Ora stiamo bene» ribatto, cercando di calmarla.

E anche di calmare me, pensando che è tutto finito.

 

Rose

Rosso. Blu. Giallo. Verde. Bianco. Nero. Colori che non avevo mai visto, tonalità inesistenti, incredibili. È questo che mi passa davanti agli occhi, che sembra durare eterni attimi. Giusto il tempo per imprimersi nella mia mente, prima di passare alla macchia successiva.

E non so quanto duri. Non ne ho idea. Potrebbero essere secondi, minuti, ore, come mesi, anni, decenni. Ricordo solo che tutto si è dissolto, che tutto è apparso, che tutto mi ha fatto riprendere. E non sento dolore.

Ciò mi fa preoccupare. Potrei essere... morta? No, non è possibile. O lo è? Non devo correre verso conclusioni affrettate. Tutto è possibile, finché la verità non mi viene rivelata, finché io rimango qui.

Mi annoio, mi spavento, mi incuriosisco, non so cosa fare. Continuo a guardare ed ad aspettare, aspettare, aspettare...

A un punto, fra tutto quel bagliore, vedo una porta che emana una luce bianca. Mi avvicino a lei, o forse è lei ad avvicinarsi a me. In ogni caso, riesco a oltrepassarla. È come se mi stessi muovendo, ma non lo stessi facendo. È come se questo fosse il mio corpo, ma non lo fosse. È come se stessi dentro a un sogno.

Un sogno. Probabilmente sto sognando. Scarto questa opzione e lì qualche reparto ancora più centrale della mia mente si convince che lo sto facendo. Perché quando sei dentro al sogno, quello diventa realtà.

Sono in un corridoio. Dietro di me, vedo ancora qualche bagliore colorato brillare. Davanti, un'altra porta. La luce bianca è ancora più intensa, ancora più... bianca. La voglia di raggiungerla in me si accresce.

Mi giro, un'altra volta. E vedo un'altra porta, oscura. Non vedo ciò che c'è oltre. Ma mi spaventa. Continuo a camminare verso l'altra estremità.

Dopo qualche metro o migliaia di chilometri, mi volto una terza volta. E la porta nera è ancora più vicina. Mi chiedo se per caso sono andata nella direzione opposta, ma mi sembra strano.

Aumento il passo.

La quarta volta che mi guardo alle spalle, l'oscurità è sempre più vicina.

Mi sembra così strano...

Ma lo noto.

La porta si sta avvicinando, inghiottendo il corridoio nel buio, forse per sempre.

Sento qualcosa. È paura. Perché penso che mi catturerà, prima o poi, portandomi in chissà quali tenebre.

Non voglio scomparire in questo modo, così poco chiaro che neanche io riesco a capire cosa significhi. Forse, semplicemente non voglio scomparire.

E perciò corro. Corro, più velocemente di quanto sia possibile, o forse lentamente, percorrendo in ore pochi passi.

Mi ritrovo nel breve spazio che delinea l'unico, sottile confine fra luce e tenebra. O può darsi che io sia il confine.

Ma in questo momento non m'interessa. Avanzo verso la luce, la mano tesa, sperando di incontrare qualcosa.

Ed è la luce che mi circonda, quando riapro gli occhi. Sì, sono sicura che questi siano i miei occhi, i miei veri occhi.

Riesco a distinguere qualcosa. Bianco, ma non accecante come la luce che vedevo fino a qualche momento fa. Sembra... un muro. Una lampada attaccata mi fa intuire che è il soffitto.

Guardo a destra ed a sinistra: ancora bianco, ma più trasparente. Come se fosse una tenda che mi separa dal resto del mondo.

Mi sento stanca ed ho anche un male cane al fianco. Ciò mi conferma che sono viva.

E, continuando a guardare, riesco a capire che mi trovo in un ospedale.

In ospedale! Evidentemente, sono riusciti a portarmi in tempo qui, prima che fosse troppo tardi. Non posso che esserne felice, perché posso interpretarlo come un segno positivo.

Contraddizioni si combattono nella mia mente, ma io le respingo. Non ho voglia di essere triste.

Sono sola e non arriva nessuno. Vorrei alzarmi, ma quando ci provo mi si annebbia la vista per il dolore. Opto per rimanere ferma.

Dopo una mezz'oretta, arriva un'infermiera. Me ne accorgo solo quando esclama, eccitata:«Oh, ti sei svegliata! Devo andare ad avvisare tutti quanti! Tu stai ferma qui!»

Vorrei chiederle tante cose, ma scappa prima che possa aprire bocca.

Mi poso una mano sulla fronte, sperando che tutto questo sia servito a qualcosa.

 

Spazio autrice

Lo so. Sono in ritardissimo. Ma sono stata in vacanza, e non ho iniziato il capitolo prima della scuola perché non avevo voglia. Quindi in due giorni ho scritto questo robo orribile di cui non sono per niente convinta.

In realtà, ho fatto al contrario: prima ho scritto la parte di Rose, pensando di riprendere dal momento del suo risveglio e spiegare tutto ciò che è accaduto. Ma poi non mi è piaciuto così tanto ed ho deciso di inserire la parte di Iris, scritta prima. L'avevo messa dopo quella di Rose, ma poi l'ho spostata e ho messo il capitolo in ordine cronologico.

Ok. Siamo giunti quasi alla fine, non so quanti capitoli scriverò ancora. Forse uno, due. Anche tre. Ma va be', pace.

Se il capitolo non vi è piaciuto (com'è normale che sia), donate un po' di tempo a questa povera scema con una recensione negativa o neutra, perché anch'io non so cosa ci sia che non va, ma sento che sia orribile. Se eccezionalmente vi è piaciuta, potete lasciare una positiva, mi fa piacere.

Ah, aggiungo che potevo finirlo anche ieri. Ma poi è uscito il trailer di Mockingjay e... va be', ciao.

Alla prossima,

Bolide

P.S.= ok, ho riletto e confermo che ho fatto decisamente di meglio. Il brutto è che sto ascoltando la musica, quindi il mio tasso di attenzione è del -3748728572742720%. Scusate.

 

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Capitolo 15
*** Risvegli & confessioni ***


Capitolo 15

Risvegli & confessioni

Iris

2677

L'ospedale ispira un gelo totale. Il bianco delle pareti che il tempo deve intaccare, il freddo metallico dello schienale della panchina sulla quale sono seduta da ore. Mi convinco che sia dovuto da quello.

Le mie braccia sono una confezione di cerotti, mi sa che gli infermieri hanno lievemente esagerato. Accanto a me, Guinnes non riesce a chiudere la bocca per qualche secondo. Ho smesso di ascoltarla quello che a me pare tanto tempo fa, concentrandomi sul ritmico, monotono battito dell'orologio.

Uno. Due. Tre. Quattro. Dopo un po' perdo il conto e ricomincio.

Forse per smettere di pensare a Rose. La rivedo distesa, pallida sul pavimento, la maglietta di quel maledettissimo cremisi. E, ogni volta, l'angoscia mi assale.

Potrebbe non farcela.

Potrebbe morire.

Ed allora sarebbe colpa tua, Iris.

Sì. Non voglio sviare le colpe sul capitolino, non è giusto. Io l'ho tartassata con le mie preoccupazioni, in pratica pregandola di venire. Io l'ho contattata per un inutile esperimento, e lei si è fidata di me. Io non ho fatto in tempo a difenderla dall'attentatore, e colei che ha ricevuto più dolore di tutti. Lei, che non c'entrava nulla.

Ecco perché non ce la faccio ad abbandonare questo posto. È come se la tradissi, come se mi fossi dimenticata di lei. O almeno, a me sembra così.

Un'infermiera ritorna nel corridoio in cui ci troviamo, correndo così veloce che, quando frena, rischia di cadere a faccia in avanti.

«Si è svegliata!»

«Cosa?» mi viene spontaneo di urlare.

«La vostra amica! Si è svegliata!»

Senza controllo, corro subito nella stanza. Si è svegliata! È sopravvissuta! Forse... forse non dovrò sentirmi in colpa!

E saprò anche se è stata lei, a lanciare quello strano sortilegio. O qualcosa di più scientifico, un congegno di Klewen.

La cerco con lo sguardo, voltando la testa a destra ed a manca, aumentando i battiti del cuore per ogni secondo.

«Rose!» Sveglierò l'intero ospedale, ma non lo posso inghiottire; mi viene spontaneo.

«Sono qui!» sento la sua voce e mi dirigo verso il posto da cui proviene.

La vedo. Il suo colorito è normale, i suoi capelli non hanno perso un briciolo del rosso lucente che li contraddistinguono, come i suoi occhi. Non posso fare a meno di sorridere.

«Rose» la saluto. Vederla così mi solleva.

Anche lei inarca le labbra, regalandomi uno dei suoi piccoli attimi di felicità.«Ciao, Iris.»

Resto ferma sul posto.«Sono... sono felice che tu ce l'abbia fatta.» La cosa più banale che possa dire, ma la pura verità.

«Anche io. Per voi, intendo.» Il suo timido sorriso continua a farsi strada sulla sua faccia.«Perché ce l'avete fatta, vero?»

«Usa pure il noi, Rose» la correggo. Dopotutto, è la verità.

Alzando le spalle, dice:«Io non sono stata nulla di che. Ho mollato subito.»

«Sei stata più coraggiosa di tutti, in realtà. Non penso che sarei arrivata al tuo punto.»

«Coraggiosa. Sono stata coraggiosa» ripete, come se fosse il miglior complimento che una persona possa ricevere.

Non ha accennato a quel che è successo al capitolino. Posso prenderlo come la dimostrazione che lei non c'entra nulla?

«Be'... non mi racconti cosa è successo dopo che... dopo che...» Cerca parole che mascherino quanto faccia male ciò che è successo veramente.

«...sei mezza schiattata. Non ci vuole molto a dirlo.»

Guinnes. Ancora non era entrata in scena, e, se me ne fossi accorta, mi sarebbe sembrato strano.

«Ti prego, Guinnes. Prova ad utilizzare più tatto, la prossima volta» la rimprovero.

Squadro la sua faccia, interrotta da un graffio sulla guancia. Le indurisce l'aspetto, abbastanza aspro di suo.

«Oh, giusto perché la fatina si è appena risvegliata non posso dire le cose come stanno.» Lamento corredato da uno sbuffo finale.

C'è una nota di cattiveria nella parola “fatina”. Guinnes si fida troppo del suo istinto, non è detto che sia stata lei a pietrificare il capitolino.

La lascio stare, probabilmente è l'unico modo per chiuderle la bocca. Ma questa volta è Rose a parlare: «Che significa “fatina”?»

«Significa, cara mia, che sei una cavolo di strega. E non lo puoi negare.»

 

Rose

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Ciò che Guinnes dice mi fa agghiacciare il sangue che mi scorre nelle vene. Non ci ho minimamente pensato, forse presa dalla speranza di vedere Iris ancora viva, o cercando di riabilitarmi velocemente al mondo.

Quanto tempo è passato dal giorno dell'attentato? Sono sveglia da mezz'ora ed ancora non lo so.

Ma non m'interessa. L'importante è essere sopravvissuti.

E trovare un metodo per sviare le mie responsabilità.

Ancora non hanno mandato la lettera che mi espellerebbe dalla scuola. E ciò è positivo, considerando che dovrebbe arrivarmi subito.

O forse devono localizzarmi, perché mi trovo in un posto in cui non dovrei essere, nel tempo in cui non dovrei essere.

Spero che non sia così. Che pensino che si tratti di una strana anomalia, un errore dovuto a chissà cosa.

Sto tacendo, ma forse per troppo. Tutto ciò che posso dire potrà essere usato contro di me. Ogni mossa.

Per questo rimango in silenzio, tenendo lo sguardo sulle mie ginocchia. Per trenta secondi, tutto rimane muto. Fino a quando Iris non interviene: «Guinnes, smettila. Si è appena svegliata, forse ha bisogno di riposarsi...»

«Iris, l'hai detto anche tu: si è appena svegliata, ed ha dormito due giorni. Secondo te, non si sarà riposata abbastanza?» risponde l'amica di Iris. E penso che abbia ragione.

Intanto, cerco di fare mente locale. Non voglio mentire, ma neanche dire la verità... oscurare, insomma. Ma forse potrei anche dire una bugia, per una sola volta.

Ma va contro di me.

Iris ha la faccia di una che vorrebbe offendere qualcuno ma cerca di calmarsi. «Penso che tu, se fossi stata nelle sue condizioni, te la saresti cavata molto peggio.»

«Sì, va be', ma tu vedi benissimo che io non ci sono. Quindi, ora sono cavoli tuoi» conclude lei incrociando le braccia, riportando lo sguardo su di me.

Ovviamente, io continuo a fissare le ginocchia con le labbra incollate.

Hai avuto il coraggio di prenderti una coltellata nel fianco, ma non di affrontare la verità.

Mi pento di aver pensato qualche secondo fa di meritarmi il nome di Grifondoro. Il mio coraggio non è pieno, perché oggi ho scoperto che non riuscirei a rivelare i miei segreti.

Oggi. Avrei già dovuto saperlo prima. Era ovvio.

Resta il silenzio, interrotto da sbuffi di un'impaziente Guinnes.

Mi stanno guardando. È evidente che ora tocca a me parlare.

Cosa dire?

«Be'... Non so di cosa stiate parlando.» Sto mentendo, e si vede. Cerco un'espressione confusa da far adottare alla mia faccia, ma non la trovo.

«OK. Forse sei un po' confusa e non lo ricordi, quindi breve riassunto orale: la madre di Katniss stava schiattando, tu sanguinavi come una pazza e il capitolino guadagnava terreno. Poi, improvvisamente, qualcuno di nome Rose chiede una “bacchetta” (bah) a Hugo. Morale della favola: il cosino viene pietrificato e noi siamo tutti qui a parlarne. Ora, non dirmi che non c'entri nulla» conclude Guinnes.

Ahia. Sono fregata, ma non riesco ad issare la bandiera bianca. Provo a fare una risata idiota e dico:«Dovevo stare proprio male in quel momento, per chiedere una cosa del genere. Non è normale...»

Ovviamente, vengo interrotta dall'amica di Iris:«Quindi dici di non riconoscere questa?»

Mi passa un'elegante, stretto pezzo di legno, corredato di un'impugnatura di colore più scuro al resto che finisce in una punta.

Cavolo.

«No.» Mi viene naturale da dirlo, così, mi esce dalla bocca senza che riesca a controllarlo.

Ma non sono stata abbastanza convincente, come testimonia il viso scettico di lei.

«Quindi... non ti darebbe fastidio se io la spaccassi in due, in questo preciso momento.»

Ora sono seriamente nei guai. Non posso buttare via la bacchetta, è una parte di me.

Ma neanche dimostrare che ne ho bisogno.

Mi sento le ascelle bagnate. Sto sudando.

«Be'?»

Mi hanno richiamato. Ora, è il turno di scegliere.

Su, Rose. Dopotutto, ancora non è successo nulla. E non ti succederà nulla.

«Ne ho bisogno.» È un sussurro sommesso, quasi indecifrabile. Ma lei lo sente, come testimonia il suo sorrisetto furbo.

«Sputa la verità, Rose» continua, facendo entrare nel nostro campo visivo la bacchetta.

Piano piano, la stringo, come se avesse paura di portarmela via.

Per l'ennesima volta, mi chiedo come sfuggire. Escludo dopo un secondo l'idea di scappare da qua usando gli incantesimi; dopotutto, Iris è mia amica e Guinnes... mi spiacerebbe farle del male. E poi, non potrei ritornare nel mio tempo.

La verità, Rose. Non ci vuole tanto.

«Sono una strega» lascio passare, di getto, dalla mia bocca.

Non possono non credermi, era ciò che cercavano di estrapolarmi.

Guinnes ride, noi la fissiamo. Probabilmente anche tutto l'ospedale. «Non so perché, ma mi sembra una grandissima cavolata. Però...»

Nessuno sembra accennare ad esortarla ad andare avanti. Dopo un attimo di pausa, ci penso io. «Però?»

«Però...» Continuando a ridacchiare, tira un ciuffo corvino indietro.«E che cavolo, in qualche modo deve essere! Ce lo dici, come?»

E allora, comincio. Il mondo magico. La bacchetta. Hogwarts. Ogni volta è una fitta di dolore, qualche secondo di silenzio ricordandomi che è un segreto. Ma, ogni volta, mi svuoto, con la voce più bassa possibile in modo da non spargere.

«Avremmo già dovuto mandarmi una lettera... per bandirmi da Hogwarts. Dopo ciò che ho fatto, e sto ancora facendo, non dovrei farmi più vedere da quelle parti» concludo.

Per l'ennesima volta, il silenzio svuota la nostra conversazione.

Per questo, mi prende quasi un colpo quando Iris chiede:«E se andassimo a vedere?»

 

Spazio autrice

Rileggendolo, mi rendo conto di quanto sia inconsistente e quanto scivoli con facilità il capitolo, e anche di quanto mi ci sia voluto a scrivere. Dopo tre mesi sto perdendo un po' la voglia di continuare la storia, e credo che il prossimo il capitolo sarà il penultimo se non l'ultimo.

Per il resto... spero che non l'abbiate trovate orrendo come me. È che su Twitter ogni tre minuti spunta che dobbiamo twittare per la première, e io accorro.

Poi, avete sentito Yellow Flicker Beat? Io sì, ma non me la ricordo più. Dovrei fare un round 2.

Il resto della colonna sonora uscirà il diciotto novembre, ma io voglio che esca subito perché dovrebbe essere la mia ossessione Ed Sheeran. E se non ci sarà, m'arrabbierò come una bestia.

Va be', pace.

Alla prossima,

Bolide

 

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Capitolo 16
*** Seicento anni e mezzo fa ***


Capitolo 16

Seicento anni e mezzo fa

Rose

2677

«Rose, va tutto bene?»

È la voce di Iris, l'unica cosa che risuona nel nulla totale di queste macerie.

Il mio periodo di permanenza all'ospedale è stato di cinque giorni, per gli ultimi accertamenti. Mi è dispiaciuto, perché non aspettavo altro di uscire, per scoprire se c'era ancora qualcosa qui, nel mio luogo di nascita.

Sarei voluta partire subito, appena tornata a casa di Iris. Ma, se c'è una cosa che ho capito passando questo periodo nel futuro, è che lei è estremamente protettiva. Anche troppo.. Perciò, aveva paura a portarmi subito, senza contare che sono stata l'unica persona a usare il teletrasporto e sono ancora intera.

Quindi, ho aspettato. Fino ad arrivare fino ad oggi.

Pensavo fosse una cosa da nulla, non avevo paura, ero sicura di venire qui e di trovare la Tana intatta, teste rosse che ancora resistevano e si divertivano sul prato. Ma, quando Iris ha digitato sulla macchina del tempo la data di oggi e le coordinate della Tana, ho iniziato ad avere i primi dubbi. E se non ci fosse più nulla?

E così è. Davanti a noi, solo polvere marrone, insensata polvere marrone; terra, con pochi sprazzi di colore.

Come ha fatto a ridursi così?

«Sì... penso di sì.» Solo dopo una pausa di chissà quanto tempo, apro la bocca e rispondo. Ma sto mentendo. È come se fossi... vuota. Se una parte di me si fosse disintegrata, vedendo che non ce l'abbiamo fatta, e non so neanche il perché.

No. La mia mente lo rifiuta, crede che siano scappati, abbiano trovato un posto sicuro.

Ma mi chiedo perché: l'aria qui è perfettamente respirabile, e penso che con un po' di fatica e l'aiuto della magia, sarebbe possibile ricostruire la Tana.

E poi, chi combatterebbe per un cumulo di macerie, se non il legittimo proprietario?

Basta. Scaccio le idee dalla mia testa, e cerco di convincermi che i miei discendenti sono vivi, al sicuro da...

Al sicuro da cosa?

Nonostante cerchi l'ottimismo negli angoli più remoti del cervello, non lo trovo.

E tutto si condensa in piccole gocce che scappano dai miei occhi.

«Rose? Dai, Rose, non piangere...» cerca di convincermi Iris. Annuisco, ci provo, ma loro non accennano a fermarsi.

«Ehi. Non vuol dire nulla. Probabilmente condividono il tuo stesso sangue, quindi non possono che essere dei duri, come te. Sono sicuri che siano ancora vivi.»

Iris, con una mano sulla mia spalla, non sembra abituata a trovarsi in queste situazioni, ha una voce quasi imbarazzata. E questo mi fa apprezzare ancora di più il suo sforzo.

Annuisco, ancora una volta. Provo a credere alle sue parole, ad inghiottire tutto quanto. «Ne se sicura?»

«Non penso che lo direi, altrimenti» replica lei.

Non sta mentendo, lo sento.«Grazie» sussurro.

«Non c'è di che. Esprimevo solo la mia sincera opinione» continua lei, alzando le spallucce. E la mia idea che sia la prima volta che consoli una persona persiste, come testimoniano le sue guance arrossite.

Poi, arriva uno strano impulso, che mi spinge a sedermi sulla terra nuda, rischiando di sporcare tutto il retro dei pantaloni di quel marrone secco che una volta era l'erba. Con calma, stirando le gambe su una piccola discesa che si trova lì.

«Che fai?» domanda Iris.

Automaticamente, sorrido. «Quando hai inviato la prima lettera, io ero qui. In pratica... è il luogo in cui ci siamo conosciute. Seicento anni e mezzo fa.»

Fa quasi ridere, come frase. Suona ridicola, ma è reale.

Un timido sorriso spunta anche sulla sua faccia.«Già, è vero. Seicento anni e mezzo fa.»

«È passato un bel po' di tempo» continuo io.

Qui, spesso, giocavo con i verdi, sottili fili dell'erba facendo i compiti delle vacanze.

È un movimento che mi viene naturale riprodurre, ma non c'è niente.

Non importa. So che sono il sicuro, perché hanno il mio stesso sangue.

Il sangue di “una dura”.

 

Iris

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L'aria qui, dove dovrebbe sorgere la Tana., soffia piano, culla il caldo che però resta e mi vibra per tutte le ossa. Rose mi ha raccontato che qui, anche in estate, la pioggia era piuttosto frequente*. Probabilmente è un cambio dovuto agli anni di cambiamento, quelli passati da quando lei passava qui le vacanze.

Rose è ancora seduta, sta guardando la terra, passando la mano sopra che capire se è reale oppure no. La lascio nel suo limbo, dovrà capire da sola ciò che è successo, io non c'entro nulla. Non sento che posso giudicare, ma solo consolarla.

Per me, possono essere sopravvissuti come no. Ma una parte della mia mente sente che propende per la prima opzione, e che quanto detto prima a Rose è vero.

La mia razionalità è sicura solo che lei sia una dura. Se lo stesso vale per i suoi eredi, non so, e probabilmente è un dubbio che non potrò mai risolvere.

«Mi piace, questo posto. Anche così» lacera il silenzio la mia amica.

Non condivido le sue opinioni, con tutto questo calore addosso e nulla intorno. Mi sento... persa. Ma ho dato a Guinnes l'ordine di prenderci dopo un'ora, e, secondo i miei calcoli, sono appena passati dieci minuti; per un totale di altri cinquanta minuti da passare qua.

È stata una manovra rischiosa, anche perché non sapevamo cosa potessimo trovare. Ma era impossibile trattenere Rose dalla curiosità di conoscere i nuovi Weasley. Ho provato a farla ragionare, a rimandare, ma siamo venute lo stesso qui. A nostro rischio e pericolo.

Ma siamo ancora vive, con cinquanta minuti da scontare in una terra desolata, prima che lei riparta.

«Allora, cosa stavi facendo quando è arrivata la lettera?» cerco di ravvivare la conversazione.

E ci riesco. Ascolto Rose mentre parla di quel momento, per poi sviare sui compiti, su suo cugino Fred, su quanto sia sgradevole Scorpius, la sua famiglia numerosa, per poi passarmi la parola, sentirmi raccontare di Klewen, di Guinnes, della macchina del tempo, degli Hunger Games.

«Tu ne avresti paura?» mi chiede, interrompendomi nel racconto, Rose, riguardo ai giochi.

Ne avrei paura?

«Penso di sì» rispondo, senza rifletterci troppo, per poi aggiungere:«In realtà, non saprei. Non ho mai vissuto in una situazione del genere, ma sono troppo poco coraggiosa per resistere al terrore di una cosa del genere. Dopotutto, tutti ne avevano paura.»

Restiamo in silenzio per un po'. A questo punto sarebbe normale che io le rimandassi la sua stessa questione, ma non m'interessa. Credo che la paura sia un'emozione privata, non è semplice ammettere di averla.

In realtà, è lei a continuare, senza che io le chieda nulla.«Io ne avrei. E anche abbastanza. Ma non solo per la situazione degli Hunger Games, ma per tutto. Non poter uscire dal distretto. Essere costretta a rimanere lì, senza potere fare niente senza infrangere la legge. Rimarrebbe solo il rischiare.»

Rischiare. Esprimo la mia opinione: «Io non so se rischierei. Solo se intorno ci fossero delle persone a cui vorrei veramente bene, che morire senza fare nulla sarebbe impossibile.»

«Io non credo che ci penserei due volte. Tanto sarei io, e non avrei nulla da perdere» ribatte lei.

«Già» lascio in sospeso la conversazione. I secondi di silenzio si dissolvono solo quando guardo l'orologio, e scopro che «Mancano cinque minuti a quando Guinnes ci riporterà a casa. Dobbiamo sbrigarci.»

«Ok.» Rose si prepara, dando un'occhiata intorno alla desolazione.

«Ehi, non penso che dovrai ricordare molto. Vedrai questo posto fra poco» le ricordo, cercando di smorzare la situazione.

Lei mi guarda, aggiungendo:«Seicento anni e mezzo fa.»

Sorrido, un'altra volta.

«Seicento anni e mezzo fa.»

 

È stato così. Tanto intensa, quanto impossibile.

Probabilmente, impossibile non si può dire, considerando che è successo. E perché, quando è il destino a pianificare le sue anche (e spesso) strane trame, la parola “impossibile” sparisce dal vocabolario.

Ci sta che abbia lasciato la storia un po' in sospeso, quindi ecco un breve riassunto di come è finita: Rose è (forse, considerando in che anno si trova, è meglio usare l'imperfetto) alla Tana, per passare la fine dell'estate, inviando i suoi resoconti delle giornate a Iris, che le divora con curiosità e poi fa altrettanto.

Insomma, seicento anni e mezzo non riescono ancora a separarle.

Ed io? Be', io passo ancora le giornate a punzecchiare Iris, ma dopotutto sono curiosa anche di sapere cosa succede a Rose. Poi, chissà, ci sta che un giorno io e la mia migliore amica potremmo andare nel 2021 a trovarla. Anche se siamo solo due “babbane”, non credo che ci accoglierebbero con tanto calore.

E ovviamente, Rose ha omesso totalmente la parte in cui è venuta qui per qualche settimana beccandosi anche una coltellata nel fianco. Ma sono problemi suoi.

Be', mi sa che arrivato il momento di salutarvi. Vado a cenare da Iris, ringraziando che è ancora viva.

Ovviamente, è tutto merito mio. Sono troppo forte, ragazzi.

Spero di non avermi annoiato. Ma sono sicura di non averlo fatto.

Sono Guinnes Keids Tate, come potrei?

 

*Luoghi comuni sulla Gran Bretagna. Se sono veri o no, so una semplice. Ma intanto lo scrivo.

 

Spazio autrice

Ragazzi... ce l'ho fatta!

Signore e signori, Bolide Everdeen vi ha presentato “Lettere dal destino”, terza storia che è riuscita miracolosamente a portare alla fine e, sinceramente, la migliore. Considerando che la prima è un ammasso di cavolate incoerenti, la seconda l'ho scritta su Selena Gomez (!) quando ero sua fan...

Probabilmente, la prossima long che finirò, nello spazio autrice potrete leggere “Considerando l'indecenza di “Lettere dal destino”, questa non è poi tanto male”.

Che dire? Non ho riletto ancora il capitolo, ma penso che sia venuto piuttosto bene. E l'idea di rendere Guinnes la narratrice della parte finale (e anche del primo capitolo, non si riconosce molto) mi è venuta adesso, mentre scrivevo, approfittando del fatto che fosse solo per citare nel capitolo. E poi, dovevo chiudere in bellezza.

Probabilmente, qualcuno mi odierà per questa rivelazione. Ma va bene lo stesso.

Quiiindi... ho un po' di storie in programma, fra cui un paio di originali, una o due su HG, un'interattiva, un crossover, una su Divergent e forse anche un'altra su Ed Sheeran. Ma il problema è che nessuna è ben sviluppata, quindi non so cosa farò.

Probabilmente, scriverò un po' di one shots e poi vedremo.

Naturalmente, ringrazio che segue, ricorda, preferisce o recensisce, o l'ha fatto. Grazie mille.

OK. Iris, Rose, Guinnes & il resto vi saluta.

E anche io, ovviamente.

Spero che la storia vi sia piaciuta,

Bolide

 

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