Kingdom Hearts: Shadow's Hope

di Airknight
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Prologo ***
Capitolo 2: *** Capitolo 1: L'inizio ***
Capitolo 3: *** Capitolo 2: Un nuovo pericolo ***
Capitolo 4: *** Capitolo 3: Si comincia ***
Capitolo 5: *** Capitolo 4: Tenebre dal passato ***
Capitolo 6: *** Capitolo 5: Attacco all'Isola ***
Capitolo 7: *** Capitolo 6: Rapimento e fuga ***
Capitolo 8: *** Capitolo 7: Sosta a Middle Town ***
Capitolo 9: *** Capitolo 8: Traditore ***
Capitolo 10: *** Capitolo 9: Al Castello Disney ***
Capitolo 11: *** Capitolo 10: Guai a Radiant Garden ***
Capitolo 12: *** Capitolo 11: Guai a Radiant Garden, parte 2° ***
Capitolo 13: *** Capitolo 12: Guai a Radiant Garden, parte 3° ***
Capitolo 14: *** Capitolo 13: In movimento ***
Capitolo 15: *** Capitolo 14: Primi problemi in viaggio ***
Capitolo 16: *** Capitolo 15: La Foresta di Sherwood ***
Capitolo 17: *** Capitolo 16: La Foresta di Sherwood, parte 2° ***
Capitolo 18: *** Capitolo 17: La Foresta di Sherwood, parte 3° ***
Capitolo 19: *** Capitolo 18: La Foresta di Sherwood, parte 4° ***
Capitolo 20: *** Capitolo 19: Una nuova meta ***
Capitolo 21: *** Capitolo 20: Sconfitta ***
Capitolo 22: *** Capitolo 21: Una guerra si avvicina ***
Capitolo 23: *** Capitolo 22: Il Monte Olimpo ***
Capitolo 24: *** Capitolo 23: Il Monte Olimpo, parte 2° ***
Capitolo 25: *** Capitolo 24: Il Monte Olimpo, parte 3° ***
Capitolo 26: *** Capitolo 25: Il Monte Olimpo, parte 4° ***
Capitolo 27: *** Capitolo 26: Ripensamenti ***
Capitolo 28: *** Capitolo 27: Il salvataggio ***
Capitolo 29: *** Capitolo 28: Ritorno a Radiant Garden ***
Capitolo 30: *** Capitolo 29: L'addio ***
Capitolo 31: *** Capitolo 30: Verso Linahar ***
Capitolo 32: *** Capitolo 31: Atterraggio di fortuna ***
Capitolo 33: *** Capitolo 32: L'Allievo di Grelwan ***
Capitolo 34: *** Capitolo 33: Lo scontro ***
Capitolo 35: *** Capitolo 34: Spiegazioni ***
Capitolo 36: *** Capitolo 35: L'arrivo in città ***
Capitolo 37: *** Capitolo 36: Il segreto di Axander ***
Capitolo 38: *** Capitolo 37: Incontri ***
Capitolo 39: *** Capitolo 38: Incontri, parte 2° ***
Capitolo 40: *** Capitolo 39: Pronti alla battaglia! ***
Capitolo 41: *** Capitolo 40: Un'oscura realtà ***
Capitolo 42: *** Capitolo 41: Il più terribile tra i nemici ***
Capitolo 43: *** Capitolo 42: La potenza di Albaran ***
Capitolo 44: *** Capitolo 43: Dopo la battaglia ***
Capitolo 45: *** Capitolo 44: Incontro al nemico ***
Capitolo 46: *** Capitolo 45: Kingdom Hearts ***
Capitolo 47: *** Capitolo 46: Il Signore delle Tempeste ***
Capitolo 48: *** Capitolo 47: La disfatta + Epilogo ***



Capitolo 1
*** Prologo ***


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PROLOGO



- Molte sono le leggende che gli uomini si tramandano di generazione in generazione. Una in particolare mi ha sempre affascinato - disse parlando lentamente il vecchio.
Una piccola folla si era radunata tutt'attorno a lui per ascoltare l'ennesimo suo racconto.
- Quello che vi sto per raccontare risale a millenni e millenni fa... L'origine del tutto -.
Alle sue parole, un leggero mormorio si diffuse tra gli astanti, incuriositi dall'enigmatica presentazione della storia. Il vecchio sorrise, compiaciuto nell'aver attirato l'attenzione del pubblico.
Poco lontano, vi era un ragazzo. Sembrava un giovanotto dall'aspetto normale, uno dei tanti che si incontravano per la via; occhiali che gli donavano un'aria da intellettuale, una giacca rossa, jeans piuttosto larghi, scarpe da ginnastica... E un berretto. Uno di quei berretti tendenzialmente fatti di lana (non era il suo caso), senza visiera, nero, con un piccolo stemma ricamato all'altezza della fronte.
Osservava, silenziosamente, appoggiato al muro di una casa, con le braccia conserte. Non gli interessava ascoltare quella stupida storiella da quattro soldi. Eppure si era trovato a passare per di lì. Che sfortuna, pensò. Aveva cose più importanti da fare. Molto più importanti. Quindi, portando le mani in tasca, si allontanò per la via principale, scomparendo in mezzo alla gente che affollava il mercato.

Passò il pomeriggio e ci si avviava verso sera. Il cielo cominciava ad oscurarsi; fitte nubi promettenti pioggia coprirono lentamente la volta stellata. La piazza della cittadina cominciò ad oscurarsi, illuminata solo dalla debole luce dei lampioni. Tutt'a un tratto, iniziò pure a piovere. Prima qualche goccia, per poi trasformarsi in un violento acquazzone.
Da uno dei viali che attraversavano il centro, apparve una sagoma che, con passo felpato, si diresse verso il limitare della piazza. Uno strano tipo, con indosso un'armatura ben lavorata e ricca di rifiniture. Spalliere possenti, schinieri pregiati. Al fianco sinistro, una spada riposta in un fodero nero, l'elsa ricoperta di pietre preziose. Un mantello con un cappuccio lo teneva al riparo dalla pioggia.
L'uomo, apparentemente giovane in volto, si fermò al centro, osservandosi brevemente attorno.
"E' in ritardo" pensò tra sé.
Passarono pochi secondi e qualcuno apparve da ovest. La pioggia oscurava la sua figura, la rendeva poco visibile ad occhio umano. Si avvicinò sempre di più e, a pochi metri dal presunto guerriero, si bloccò, notando che gli stava dando le spalle.
- Buonasera - salutò il nuovo giunto.
Il guerriero si voltò, con un ghigno che increspava le sue labbra. Dal solo timbro della nuova voce, aveva percepito l'identità del tale.
- Guarda, guarda... - disse - Stavo attendendo proprio te... -
- Me? - fece lo sconosciuto, senza battere ciglio. - Che coincidenza! -
- Sì, proprio te, caro il mio... -
Non si udì il seguito della frase, poiché un boato tremendo risuonò in lontananza. Il temporale.
- Mi fa piacere che tu ti sia ricordato del tuo... "Amico"... - replicò l'altro, con volto inespressivo.
La luce di uno dei lampioni gli illuminò leggermente il volto. Era il giovane dalla giacca rossa.
- Non ho ancora capito perché mi volevi incontrare - continuò il guerriero.
Il giovane, in tutta risposta, silenziosamente, scostò di lato la giacca, scoprendo così i foderi di due revolver, poco sopra la cintura. La mano destra andò velocemente ad afferrare l'arma tenuta sul fianco sinistro, estraendola con incredibile destrezza. Immediatamente, la puntò verso il suo interlocutore.
- Per eliminarti, mi pare ovvio - affermò. - Prima, però, dovrai rispondere ad una mia domanda -
Subito, il ghigno sparì dal volto dell'uomo, che andò ad impugnare la spada con la diritta e, senza attendere oltre, si gettò con uno scatto sul giovane, vibrando un fendente letale. Il colpo, in un primo momento, sembrava essere andato a segno: aveva tagliato di netto la figura del ragazzo. Ben presto, però, il guerriero si accorse che non era altri che un ologramma.
- Che diavoleria è mai questa? - sbraitò, in preda ad una forte ira.
Il giovane era alle sue spalle, a poco meno di un metro, la pistola puntata verso la sua schiena.
- La tua stoltezza non ti porterà da nessuna parte... -
Il guerriero si voltò di scatto, tentando di colpire il ragazzo al fianco, ma la spada trapassò soltanto un altro ologramma.
- ... Da nessuna parte... - riecheggiava la voce.
Ora, il ragazzo si trovava a mezz'aria sopra il nemico, sempre la pistola puntata alla sua testa, stavolta alla nuca. Il guerriero rispose con prontezza: puntando la lama verso l'alto, cercò di infilzare l'avversario. Un altro ologramma.
- ... Da nessuna parte... - continuava la voce.
Il guerriero era oramai circondato da ologrammi, che impugnavano entrambi i revolver verso la sua figura. Visibilmente disperato, impugnò la sua lama con entrambe le mani.
- ... Da nessuna parte... -
- Basta! - urlò lo spadaccino.
Un attimo di silenzio. Gli ologrammi sparirono e la voce sembrava svanita.
- Risponderai alla mia domanda? -
- No, di qualunque cosa si tratti! - replicò con fermezza l'uomo.
Un colpo, poi un altro e un altro ancora riecheggiarono nell'aria. Una raffica di proiettili trafisse l'armatura dello spadaccino, inerme di fronte alla disfatta. Cadde a terra, con un gemito. Gli occhi sbarrati e il fiato mozzo.
Il ragazzo si avvicinò a lui, comparendo dal nulla. Si chinò, afferrandolo per il collo e sollevandolo, nonostante la sua mole fosse nettamente inferiore a quella del moribondo.
- Parla. Devi dirmelo - disse il giovane.
- Dirti cosa? - domandò con un ghigno il guerriero, quasi volesse prendersi beffe per l'ultima volta del suo nemico.
- Tu lo sai, parla! -
- Eh... Eh, eh... Ma cosa...? -
- Dov'è? Dove si trova?!- insisté il ragazzo, alzando la voce.
- C-cosa? - continuò a non capire il vinto.
- Dov'è? - ripeté il pistolero. - Dov'è Kingdom Hearts? - scandì, con occhi infuocati.
Seguirono pochi secondi di silenzio. Il guerriero restò basito, ma poi scoppiò in una risata, per quanto le poche forze glielo potessero permettere.
- Ah, ah... Ah... Meno male... Che lo stolto... Ero io... - balbettò, iniziando a dissolversi in una nube oscura. La mano che lo reggeva si abbassò e il guerriero scomparve del tutto.

Einar rimase immobile, alzando lo sguardo al cielo e stringendo i pugni.
- Maledizione - imprecò sottovoce.
La pioggia aveva smesso di scendere e le nubi stavano iniziando a diradarsi, lasciando spazio alla luna piena.
Così come era arrivato, il giovane Einar ritornò sui suoi passi.
- Non mi devo arrendere. Questa ricerca deve continuare, a qualsiasi costo -
Imboccò il viale principale, scomparendo ad ovest.

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Capitolo 2
*** Capitolo 1: L'inizio ***


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Capitolo 1: L'inizio




Un anno. Dodici mesi. Trecentosessantacinque giorni. Come dir si voglia. Era passato poco più di un anno da quella serie di avvenimenti che avevano scosso violentemente i mondi. Era passato un anno dalla disfatta di Xemnas. Era passato un anno dall'ultima avventura che aveva visto Sora e i suoi amici combattere per l'ennesima volta contro la minaccia degli Heartless e dei Nessuno. Dell'Organizzazione XIII.

- Sora! Ehi, Sora... -
Gli occhi si aprirono lentamente, accompagnati da un leggero sbadiglio. Sora si mise a sedere, stiracchiandosi. Era già qualche ora che stava dormendo, comodamente sdraiato sulla spiaggia, cullato dalle onde del calmo mare a qualche metro di distanza. Ancora un pò intontito si guardò attorno in cerca della voce che lo aveva svegliato.
- Finalmente, dormiglione! E' da un pò che ti cerco! - esclamò una voce femminile, alle sue spalle.
Sora si alzò, sbadigliando per l'ultima volta. Quindi, si volse verso l'amica, sorridendo. Ella aveva capelli rossi e lunghi fino alle spalle e vivaci occhi castani. Indossava degli abiti rosa, leggeri.
- Ciao, Kairi - la salutò semplicemente Sora, mentre si massaggiava il collo. - Come mai qui? -
Sora era un ragazzo sui sedici anni, abbastanza alto per la sua età. I suoi capelli chiari assumevano una piega bizzarra, mossi verso ogni direzione, in varie punte. Sempre solare, i suoi occhi erano di un blu marino molto intenso. Indosso aveva degli abiti da viaggio prevalentemente scuri, anche se in vari punti si intravedevano dei lacci colorati o delle tasche.
La ragazza sorrise a sua volta.
- Riku e gli altri ti stavano cercando, ma non avendoti trovato hanno deciso di andare in giro da soli - disse Kairi. - Sono tornati a riva per fare un giro in paese; Wakka e Tidus avevano voglia di una partita -
Sora rimase un pò peplesso. Poi sospirò.
- E' già la quarta volta che lo fanno. Se ne vanno senza dirmi nulla. Eppure lo sanno che vengo qui - disse Sora sbuffando, con le mani ai fianchi. - Ogni giorno, alla stessa ora, per riposarmi. Gliel'avrò ripetuto una miriade di volte che possono venire anche a disturbarmi quando vanno a spasso... -
Kairi si mise a ridere; era particolarmente allegra quel giorno.
- Non ci trovo niente da ridere - replicò Sora, fingendosi offeso. Ma anch'egli non riusciva a trattenere le risate, accanto alla sua amica del cuore.
- Non te la prendere. Riku è fatto così... Dice che non ha voglia di svegliarti perché è un dispiacere, per lui, interrompere i tuoi sonnellini -
Rimasero per qualche attimo in silenzio, osservandosi. In seguito, Sora si voltò verso il mare, guardando dritto dinanzi a sé, verso l'orizzonte.
- Che cosa stai guardando Sora? - chiese la ragazza avvicinandosi e affiancandosi a lui, prima fissandolo per poi volgere a sua volta lo sguardo verso la medesima direzione.
- Stavo pensando - rispose Sora.
- A cosa? -
- Ci penso tutti i giorni. Vedi, tornando sull'isola, più di un anno fa, mi sentivo felice. Ero felice di tornare finalmente a casa, di reincontrare i miei amici, di poter stare tranquillo su assieme a te, Riku e gli altri, per sempre. Ma ora... - sospirò.
Kairi lo fissò negli occhi, quasi come sapesse cosa stesse provando Sora.
- Ti mancano - disse piano.
- Sì. Paperino, Pippo, il Re. Quasi sento nostalgia di tutte le avventure che abbiamo passato - ammise, con un mezzo sorriso.
- Non vedo perché tu debba rattristarti così - aggiunse l'amica. - In cuor mio, sono sicura che un giorno li incontreremo di nuovo, e che magari... -
Improvvisamente, una fortissima scossa di terremoto interruppe le sue parole. Kairi perse l'equilibrio, cadendo addosso a Sora che a sua volta si ritrovò per terra. Si rialzarono lentamente, guardandosi attorno preoccupati.
- Tutto a posto? - chiese il giovane.
- Che cos'è stato? - si domandò Kairi, allarmata. - La terra ha iniziato a muoversi! Non ci sono mai stati terremoti da queste parti -
- Non so che dirti - mormorò Sora, scrutando i dintorni, come se la risposta potesse giungere da un momento all'altro dal cielo.
Ad un certo punto, udirono un rumore di passi alle loro spalle, che si avvicinavano velocemente. Erano particolarmente veloci, attutiti dalla sabbia.
I due si voltarono e videro un ragazzo correre nella loro direzione.
- Sora, Kairi - urlava il tale.
- Riku - lo chiamò Sora.
Arrivato dai suoi amici, Riku si fermò, con il fiatone. Il ragazzo dai lunghi capelli argentei stava riprendendo fiato, vestito come suo solito con una maglietta a maniche corte e lunghi pantaloni blu.
- Avete sentito anche voi? La terra che tremava... - esordì. - Stavo tornando qui quando il mare ha cominciato ad agitarsi -
- Sì, ma... Com'è possibile? - fece Kairi.
Riku si voltò, dando le spalle ai due, e, senza dire una parola, indicò il mare. Aveva già capito che cosa era stato e se n'era accorto prima dei suoi amici.
In mezzo alle sconfinate acque, stava accadendo qualcosa: grigi nuvoloni si stavano ammassando in lontananza. Fulmini e lampi accompagnavano la tempesta che si stava formando. Uno spettacolo poco rassicurante, che metteva i brividi. Il solo pensiero che una tempesta si sarebbe abbattuta sull'isola avrebbe fatto tremare chiunque.
- E quello... Che cos'è? - domandò Sora, con aria visibilmente preoccupata.
Riku aprì bocca per parlare, ma non fu abbastanza veloce a rispondere che subito tutto cessò, con un tremendo boato in sottofondo. Il mare, che si era improvvisamente agitato, ritornò in pochi istanti calmo e pacifico. In un lampo, i nuvoloni che si erano ammassati erano stati inghiottiti dal nulla.
- ... Non ne ho la più pallida idea - rispose Riku.
- Allora è un bene che ci sia qui io - disse una voce alle loro spalle.
Tutti e tre si girarono, soprassalendo. Dietro di loro, era apparsa una figura incappucciata, con indosso un soprabito nero. Stava in piedi, sopra la baracca di legno costruita nei pressi della spiaggia. Tenendo le braccia incrociate, li fissava, immobile come una statua.
"Un vero colpo di fortuna, per me" sorrise. "E' stato più facile di quanto pensassi"

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Capitolo 3
*** Capitolo 2: Un nuovo pericolo ***


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Capitolo 2: Un nuovo pericolo



Una breve risata e il misterioso individuo saltò giù dal tetto della baracca di legno sul quale era comparso improvvisamente. Atterrò con agilità, piegando entrambe le ginocchia, e si rialzò lentamente, per ritornare a fissare i tre ragazzini sulla spiaggia.
Era alto, persino più di Riku, ma solo di qualche centimetro, e a prima vista sembrava un tipo piuttosto atletico. Qualcosa, però, non tornava: un soprabito nero, un cappuccio che celava le fattezze del volto. Quell'abbigliamento riportava alla mente brutti ricordi e non era facilmente dimenticabile.
Sora sembrava ormai sicuro, infatti.
- L'Organizzazione! - esclamò, guardando in malomodo il tizio vestito di nero.
Riku si voltò verso l'amico, con aria confusa e perplessa, e volse anche lui il suo sguardo in direzione del nuovo giunto.
- No... Non può essere... - mormorò a se stesso.
- E infatti non lo è - si intromise l'altro, ascoltando e intuendo le parole degli astanti.
Cominciò ad avanzare, con passo sicuro, verso Sora e gli altri. Tutti e tre rimasero fermi dov'erano. Non capivano. Come si poteva spiegare la presenza di costui? L'Organizzazione era stata eliminata; tutti e tredici i membri erano stati sconfitti.
- Fermati - gli intimò Sora, vedendolo avvicinarsi.
Il tale sembrò obbedire e interruppe l'avanzata.
- Sennò? - chiese con arroganza. - Che cosa mi farai? Mi attaccherai? -
Sora sentì un improvviso fuoco ardere dentro di sé. In risposta a quella sfacciataggine, fulmineamente, allungò il braccio destro verso l'esterno e in una frazione di secondo un'intensa luce gli circondò la mano. Pochi attimi e comparve il keyblade, Catena Regale.
Il misterioso individuo, a sorpresa, si mise a ridere fragorosamente, battendo le mani.
- Veramente sbalorditivo, ragazzo, veramente. I miei più vivi complimenti. Vorresti sconfiggere me, Axander il grande, con una chiave formato maxi? - domandò, prendendosi beffe di Sora.
Rise ancora per poco, prima di fermarsi.
- Certamente, "grande" Alender! - rispose Sora, già pronto in posizione di guardia.
Riku, intanto, si era avvicinato a Kairi, pronto a proteggerla, e insieme a lei si stava allontanando, continuando però, a tenere sott'occhio i due contendenti. Rimasero ad una distanza di sicurezza, avendo già intuito che la situazione stava degenerando.
- Come mi hai chiamato? - domandò alterato Axander. - Nessuno, dico, nessuno può permettersi di storpiare il mio nome. Tantomeno un mocciosetto come te - puntando un dito verso il ragazzo.
Sora non attese oltre. Stava già correndo contro l'avversario. A poca distanza da lui, saltò, impugnando il keyblade con entrambe le mani e alzandolo sopra la testa. Ritornò a terra, con il fendente andato a vuoto: Axander era sparito.
Sora si guardò attorno velocemente, per capire dove avrebbe potuto nascondersi.
- Sono qui - disse una voce alle sue spalle.
In qualche modo, Axander era riuscito ad evitare il colpo, ritrovandosi a pochi metri alle spalle di Sora.
Stavolta, tuttavia, non si fece attendere. Rimanendo in posizione eretta, impassibile alla presenza dell'eroe del keyblade, allungò a sua volta il braccio destro, con tutta la calma possibile. Una fiammata partì verso l'alto, dal palmo della sua mano, allungandosi verso il basso. Una volta scomparse le fiamme, una grande alabarda apparve in mano ad Axander. Sembrava fatta interamente di argento, splendente sotto la luce del sole, dalla lama affilata e dalla notevole portata.
Axander assunse subito una posizione offensiva, divaricando le gambe, portando indietro il braccio armato e allungando in avanti quello sinistro.
- Tocca a me, adesso - sorrise.
Dopodiché, sparì all'istante dalla vista di Sora. Il giovane si guardò nuovamente attorno, spiazzato, in cerca dell'avversario.
- Sora, dietro di te! - urlò Riku, da lontano.
Sora si voltò e, con sua grande sorpresa, si accorse che Axander era dietro di lui, la grande alabarda che si stava avvicinando a velocità impressionante. Non fece in tempo a parare e fu così colpito in pieno al fianco sinistro, ma per fortuna non dalla lama della terribile arma.
Sbalzato all'indietro per il colpo, Sora cadde di schiena sulla sabbia con un tonfo, a poco meno di due metri da dove si trovava. Axander restò in piedi lì dov'era e la sua arma scomparve accompagnata da un baluginio minaccioso.
Non disse niente. Con entrambe le mani si calò il cappuccio sulle spalle, mostrando il suo volto. Capelli biondi piuttosto lunghi, un'acconciatura simile a quella di Sora, occhi azzurri e un'espressione fredda. Come se nulla fosse, estrasse da sotto il soprabito nero uno strano cappello, qualcosa di simile ad un cilindro, per grandezza, ma di aspetto più vicino ad un normale berretto. Gli donava, nonostante fosse un copricapo abbastanza bizzarro. Se lo sistemò sul capo, avvicinandosi a Sora, ancora disteso sulla sabbia.
Si chinò vicino a lui, osservandolo dall'alto verso il basso, scuotendo la testa e ridacchiando.
- Ma dimmi te cosa mi tocca fare per poter parlare con calma. Un vero peccato che questo piccolo angolo di paradiso... - allargando le braccia. - ... Debba assistere a sì tanta violenza, non credi? - domandò infine, sorridendo.
Sora si tirò su, sorreggendosi con i gomiti ed osservando il suo avversario. Ora non pareva più quello di prima. La sua espressione era radicalmente cambiata e persino il suo modo di fare non sembrava consono alla personalità mostrata poc'anzi.
- Chi sei, realmente, tu? - chiese Sora, allibito.
- Era da un pezzo che attendevo questa domanda, Sora - disse Axander, tendendo la mano allo sconfitto e aiutandolo a rialzarsi.
Vedendo di nuovo in piedi il loro amico, Riku e Kairi si avvicinarono nuovamente, correndo.
- Stai bene? - chiese preoccupata la ragazza. - Tutto a posto, Sora? -
- Sì, tutto a posto - rispose il Custode del keyblade, risollevatosi con l'aiuto di Axander.
- Bene, allora - proferì quest'ultimo, osservando il cielo e notando parecchie stelle fare la loro apparizione. - Vedo che la sera non tarda a venire qui da voi -

Cinque pietre, disposte in cerchio. Al centro vi era una grossa lastra di marmo, apparentemente senza un'utilità.
Il silenzio più assoluto circondava lo Scoglio delle Rune. Una fitta foschia aggiungeva quel tocco di mistero in più al luogo, rendendolo tetro e desolato come solo una tomba avrebbe potuto esserlo.
Un rumore di passi ruppe quel silenzio. Passi lenti, fiacchi, pesanti. Risuonavano nell'aria. Qualcuno si stava facendo largo in mezzo alla nebbiolina che lentamente, quasi volesse cedere il passo al nuovo giunto, si stava diradando. I passi si fermarono. Tutto ripiombò di nuovo in quella quiete spettrale.
Una figura enorme, alta sicuramente più di due metri, era arrivata alla lastra di pietra. Sulla sua schiena la sagoma di una grossa ascia bipenne. Con il ritorno della visibilità, costui non fece troppi sforzi a riconoscere altre due sagome nel medesimo luogo, immobili ed impassibili. Esse attendevano proprio il suo arrivo.
- Ed infine il quinto giunse - esordì uno dei due avventori.
L'altro rimase in silenzio, ad ascoltare e pazientare.
- Il quinto giunse, sì. Ma due di noi mancano all'appello, fratello mio. Perchè ciò? Sei per caso portatore di cattive notizie? - parlò l'uomo dall'imponente mole.
Nessuno rispose alla sua domanda e tutto tacque nuovamente. Poi, però, una quarta voce fece irruzione nel discorso.
- Non lui. Io porto a voi l'annuncio - iniziò.
Una vaga ombra comparve al centro dello Scoglio. Solo i suoi occhi brillanti erano visibili tra le tenebre.
- Il traditore ha fatto la sua scelta. Non intende riunirsi a noi -
Un lieve mormorio si diffuse tra gli altri tre.
- Questa sua scelta ci disonora - commentò l'unico che fino a quel momento non aveva aperto bocca. - Ma presto verrà il suo momento, fratelli, non temete. Io dico che il creato ha atteso troppo a lungo il nostro ritorno. E anche noi abbiamo atteso più del dovuto -
- Pazienta - disse l'ultimo arrivato.
Questi di statura era il più basso, molto meno imponente rispetto ai fratelli, ma qualcosa in lui lo rendeva più potente degli altri e la sua autorità non veniva messa in dubbio dai compagni.
- Pazienta ancora. Sono venuto a conoscenza di avvenimenti da noi inattesi. Qualcuno prima di noi ha già cercato di mettere in atto i suoi piani e ha... Fallito. Assai miseramente, se posso permettermi -
I tre si misero a ridere, pur mantenendo un certo contegno.
- La concorrenza è sparita giusto in tempo, dunque - commentò divertito uno di essi.
Il gigante e l'individuo silenzioso non aggiunsero altro.
- Sì, si potrebbe dire così... Fratelli miei, per troppo tempo siamo rimasti esiliati. Troppo a lungo abbiamo lasciato la strada sgombra ad altri, indegni di adempire al loro compito. Il nostro momento è giunto -
La foschia, intanto, si era completamente diradata. Quattro individui vestiti di nero ed incappucciati erano riuniti attorno alla runa principale. A vederli, qualcuno avrebbe potuto tranquillamente scambiarli per vecchie conoscenze. Ma non era così.
Il leader del gruppetto si voltò verso una delle rune, con sguardo cupo. La osservò, pieno di risentimento, odio, rabbia, ma al contempo paura, confusione. Tristezza.
Un suo breve cenno col capo e, una dopo l'altra, quelle misteriose ombre svanirono nel nulla.

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Capitolo 4
*** Capitolo 3: Si comincia ***


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Capitolo 3: Si comincia


Ormai la sera era calata e tutto era caduto nella calma della notte. Un magnifico cielo stellato, immenso e spettacolare, era visibile sopra l'isola. Le onde del mare spumeggiavano lungo la riva, a tratti silenziose, a tratti rumorose. Alcune barche legate al pontile di legno si urtavano di tanto di tanto, cullate dalla marea.
Sulla spiaggia, un allegro fuocherello scoppiettava, rompendo la quiete sulla terraferma. Attorno ad esso, lunghe ombre tremolanti.
- Non ci hai ancora risposto - esordì Riku. - Chi sei? -
Axander alzò veloce lo sguardo sul ragazzo, squadrandolo brevemente.
- Sì, hai ragione. Perdona la mia maleducazione - disse. - Come avrete già intuito io mi chiamo Axander. Axander e basta. Non ho un altro nome -
Tutti e quattro i nostri amici erano seduti su dei piccoli tronchi posizionati in cerchio; al centro, il falò.
- E da dove vieni? - continuò Riku.
Sora e Kairi, intanto, ascoltavano attentamente il dialogo tra i due, senza interromperli e pronti ad esporre i loro dubbi qualora ne avessero avuto l'occasione. I loro sguardi, però, erano contiuamente fissi sul nuovo arrivato.
- Da dove vengo, tu mi chiedi. Da una città abbastanza distante da qui - rispose Axander.
A quel punto, alzò un dito verso la volta stellata.
- Da un altro mondo. Vengo da una città chiamata "Città di Mezzo". La conoscete? -
All'udire quelle parole, Sora si alzò in piedi.
- Dici sul serio? Vieni dalla Città di Mezzo? - domandò.
- Non mi pare di aver parlato qualche strana lingua antica. Sì vengo da lì - replicò Axander, aggrottando la fronte alla reazione del giovane.
- E... Com'è ora? Intendo, chi ci vive lì? - continuò a chiedere Sora.
- Ovviamente non so i nomi di tutti, ma ho qualche amico che risiede lì con me. Una volta so che era il principale luogo dove si ritrovava la gente che aveva dovuto lasciare il proprio mondo. Ora invece è una normalissima città -
Axander rimase un attimo in silenzio, rimuginando sul comportamento di Sora.
- Da come me lo hai chiesto, presumo tu ci si stato più di una volta -
- Sì, infatti - annuì il Custode del keyblade, ricordandosi che lì aveva incontrato tutti i suoi amici.
Riku osservò l'amico, quasi con rimprovero.
- Sora, parleremo dopo di questo - esordì, rivolgendosi poi ad Axander. - Ora vogliamo sapere perchè sei qui e cosa vuoi da noi. E soprattutto cosa ne sai tu di quello che è successo questo pomeriggio. Mi riferisco alla tempesta che abbiamo visto tutti -
Axander sorrise, quasi divertito.
- Quante domande, ragazzo. Sei molto curioso - proferì. - E a volte la curiosità la si paga con un caro prezzo - aggiunse, infine, con espressione seria.
Riku rimase impassibile a quella sorta di minaccia. Tuttavia, era intimidito da quel misterioso personaggio. Non lo dava a vedere, non era da lui avere paura di qualcuno. Eppure era così.
- Comunque - continuò Axander. - Sono qui perchè ho bisogno di voi. Ho bisogno del vostro aiuto. Dell'aiuto del prescelto detentore del keyblade - affermò, spostando lo sguardo su Sora.
Le fredde iridi mettevano in soggezione chiunque contraccambiasse lo sguardo di Axander. Anche Sora provò la stessa sensazione di Riku, riuscendo però a mascherarla con scarsi risultati.
- Sinceramente mi aspettavo qualcosa di più, da tutto ciò che ho sentito in giro sulle tue imprese, Sora. A quanto pare c'è da lavorare parecchio - disse il giovane uomo, alzandosi e osservando i tre ragazzi.
- Lavorare parecchio? - fece Sora, confuso. - Intendi dire che... -
- Tre mesi - lo interruppe Axander.
Sora, Riku e Kairi si guardarono con aria interrogativa. Fissarono i loro sguardi perplessi su Axander, non capendo cosa volesse dire.
- Tre mesi per prepararvi - precisò lui. - Questo non sarà un viaggio come gli altri, qualunque avventura abbiate intrapreso finora - li avvertì, con aria divertita.
A quel punto, tutto fu chiaro: dovevano prepararsi a partire di nuovo, per un nuovo viaggio, e stavano per essere catapultati nell'occhio del ciclone, per l'ennesima volta.
- Allora, cosa mi rispondete? - chiese Axander, facendo un lieve cenno con il capo in direzione del mare. - Quella tempesta ha segnato l'inizio. Prendere o lasciare. Fidarsi di me o andare incontro alla fine. A voi la scelta - concluse, con aria solenne.
Sora era titubante di fronte a tutto ciò. Non sapeva cosa fare. Riku, d'altro canto, si alzò subito, con sguardo fiero e volto sereno. Sorrise.
- Io mi fido. Il mio cuore dice che devo fidarmi. E io accetto - disse, stringendo un pugno. - Se i mondi hanno ancora bisogno dell'aiuto dei keyblade... Beh, è il momento di tornare in azione -
Axander abbassò la testa, compiaciuto.
- E voi due? -
Kairi si alzò a sua volta, seguendo l'esempio di Riku.
- Anche il mio cuore seguirà quello di Riku - annuì, con espressione decisa.
- Sora? - domandò, infine, Axander. - Il tuo cuore cosa ti dice di fare? -
Sora si alzò lentamente, tenendo il capo chino e osservando per terra. Una volta in piedi esitò qualche istante. Non era sicuro di voler di nuovo tutto quello. Aveva faticato troppo per quella pace che si stava godendo, ma che sarebbe durata ben pooco; non voleva perderla. Tuttavia, lui era il Custode del keyblade: se c'era bisogno di lui, lui doveva accorrere, per riportare la pace tra i mondi. Era un pesante fardello che si sarebbe dovuto portare appresso ancora per molto tempo. Non c'era nulla da fare. O, almeno, qualcosa da fare c'era: accettare il proprio fato.
Quindi, Sora alzò lo sguardo verso gli altri, osservando dapprima Kairi e poi Riku. Se loro andavano, lui non si sarebbe potuto di certo tirare indietro.
- Accetto -
Riku e Kairi ricambiarono le sue parole con un largo sorriso.
- Bene. Mi sembrate un pò fuori allenamento voi due nullafacenti - disse Axander, senza troppi preamboli, esaminando sia Riku che Sora, con le braccia incrociate. - Domani inizieremo a prepararci per bene, mentre tu Kairi... - voltandosi verso la ragazza, che ora si trovava alla sua sinistra. - ...Potrai fare quello che vorrai - prendendole la mano e baciandogliela, come un vero gentiluomo.
Kairi assunse un colorito paonazzo, tenendosi la guancia per coprire il rossore. Gli altri osservarono la scena con disapprovazione, in particolar modo Sora. Riku si girò verso di lui, con aria di sfida, cercando di ignorare la patetica scenetta.
- I mondi sembrerebbero di nuovo in pericolo. Sei pronto? -
L'amico annuì.
- Prontissimo -

- E' tutto inutile - sbottò la figura incappucciata, tirando un calcio ad un grosso blocco bianco, probabilmente di marmo, facendolo partire contro una catasta di detriti. - Che cosa spera di trovare qui, Ilfrien? Non c'è assolutamente niente! - continuò con aria irritata.
- Stai zitto e continua a cercare - rispose stizzita un'altra losca presenza.
Quest'ultima stava trafficando sotto altri blocchi, spezzati e dalle forme irregolari. Li sollevava come se niente fosse, data la gigantesca mole.
I due stavano cercando qualcosa e, nella ricerca, avevano demolito un po' di cose. Si trovavano all'interno di una vasta sala circolare, completamente bianca. Molte crepe si estendevano sul pavimento e sulle pareti.
Ad un certo punto, il gigante lanciò un grosso pezzo di marmo bianco contro il candido muro, sfondandolo.
- La tua solita delicatezza, Nathan - disse l'altro.
- Qua non c'è niente, come in tutto questo castello decadente e malridotto - sbuffò Nathan, su di giri. - Mi sa che dovrò scaricare un po' la tensione... -
Nella sua mano destra comparve un'enorme ascia bipenne. La scagliò. senza prendere la mira, ed essa si conficcò contro quella che sembrava un'altissima colonna bianca. Si formarono delle profonde spaccature e, dopo pochi attimi, la struttura crollò su se stessa, sfasciandosi all'impatto col suolo.
Il più basso tra i due scosse la testa e si strinse nelle spalle.
- Dovremo accontentarci di quelle cartacce trovate all'ultimo piano - concluse. - Non sarà molto, ma è tutto quello che abbiamo -
Nathan annuì, dopo essersi calmato.
- Va bene, Grelwan. Torniamo da Ilfrien con ciò che abbiamo recuperato, prima che quegli strani esseri bianchi tornino a darci fastidio -
Grelwan rise, grattandosi il capo.
- Come vuoi - osservandosi poi attorno, pensieroso. - Certo che questa stanza è proprio strana. Non so spiegare il significato di questi tredici troni -
- Saranno appartenuti a quelli stolti di cui ci ha parlato Ilfrien. Lascia perdere... -
Detto ciò, Nathan scomparve, avvolto dall'oscurità. Grelwan rimase lì qualche secondo in più. Alzò, in seguito, la mano destra, schioccando le dita. Con un ghigno, se ne andò anch'egli.

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Capitolo 5
*** Capitolo 4: Tenebre dal passato ***


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Capitolo 4: Tenebre dal passato



L'indomani mattina, Sora e Riku si stavano già allenando con le loro due spade di legno, sulla spiaggia. Kairi se ne stava tranquilla a guardare, seduta sul pontile di legno che collegava l'isola maggiore ad un isolotto.
- Forza Sora! Vai Riku! - incitava ogni tanto.
Axander se ne stava in disparte, all'ombra di una palma, appoggiato con la schiena al fusto della pianta, con le braccia incrociate. Gli occhi erano chiusi e il capo leggermente chino. Li apriva di tanto in tanto per dare un'occhiata ai due ragazzi, ma poi tornava a pensare ai fatti suoi.
La giornata scorreva tranquilla, il cielo era sereno e il mare calmo. Una leggera brezza da nord sfiorò l'isola e subito le palme si mossero lentamente, accompagnate dallo stridio dei gabbiani.
Nulla lasciava presagire che cosa sarebbe successo di lì a poco.

- Glieli consegni tu? -
- Certo che no. Mettiamo il caso che non gli vadano bene e vada su tutte le furie? - rispose l'altro. - Questo è un magro bottino ed è probabile che si irriti per il fatto che siamo tornati a mani vuote... -
Nathan e Grelwan stavano salendo una scalinata. Tutto era oscurato e la luce filtrava solo attraverso gli alti mosaici che illuminavano a tratti gli innumerevoli gradini.
I due giunsero ad un alto portone. Si fermarono ed esso si aprì automaticamente. Ne varcarono la soglia e, procedendo con passo felpato, attraversarono l'immenso salone che, al contrario della scalinata, sembrava brillare di una luce propria. Le pareti bianche ed alte erano interrotte a tratti da colonne alte all'incirca una decina di metri. La maestosità di quel palazzo, però, sembrava non colpire minimamente i due fratelli, i quali, arrivati alla fine di esso, si arrestarono nuovamente. Poco più avanti, vi era una vasta balconata. Appoggiato al parapetto, un ragazzo, con le mani dietro la schiena, che stava osservando delle nubi ammassarsi all'orizzonte.
- Vi stavo aspettando - esordì con voce calma e profonda.
I due, allora, si avvicinarono ulteriormente.
- Avete notizie? Trovato qualcosa? Parlate - continuò il giovane, senza voltarsi.
Dopo un attimo di esitazione, Grelwan estrasse da sotto la nera divisa un libro. Ma più che un libro sembrava un insieme di appunti.
- Abbiamo trovato questi. Non sappiamo se possono esserti utili, ma comunque te li abbiamo portati, Ilfrien - disse solennemente Grelwan.
Un piccola pausa e Ilfrien parlò nuovamente.
- Non sapete se possono essermi utili, eh? Non li avete letti? - domandò con tranquillità.
All'orizzonte, intanto, si era scatenata una tempesta. Fulmini saettavano, provocando bagliori e tuoni di inaudita potenza.
- Beh, ecco... No... - rispose incerto Grelwan. - Volevamo lasciare a te l'onore di scoprire cosa ci sia scritto qui dentro - agitando il libro nella mano destra.
- Hai sentito, Albaran? Vogliono lasciarmi l'onore - disse ridendo il giovane.
Una quarta figura apparve alle spalle dei due avventori, accompagnata da un'insolita aura nera, tipica a quella dei membri dell'Organizzazione.
- Ho sentito - disse semplicemente.
Ilfrien si voltò. Non era incappucciato. Un ragazzo, a vederlo così sui sedici-diciassette anni anche se, in realtà, aveva ere intere alle sue spalle. I suoi capelli erano biondi, leggermente arruffati. A causa della loro lunghezza erano raccolti in una coda di cavallo dietro la schiena. Portava, inoltre, due piccoli e tondeggianti occhiali neri che nascondevano in parte gli occhi di ghiaccio. Era di bell'aspetto, così come i suoi fratelli, e sorrideva di rado; la sua vita non era mai stata caratterizzata da eventi allegri e gioiosi. I suoi sorrisi erano solo espressioni di malvagità, tuttalpiù.
I presenti sprofondarono, per l'ennesima volta, nel silenzio più totale.
Ilfrien si avvicinò a Grelwan, prendendogli velocemente di mano il libro. Lo sfogliò, dandogli un'occhiata superficiale.
- Sembrerebbe interessante - affermò alla fine, richiudendo il rilegato. - Datemi un po' di tempo per leggerlo e poi vi farò sapere - osservando mestamente la copertina con il simbolo dell'Organizzazione affisso sopra.
- Qualcosa non va? - domandò Nathan, rimasto in disparte.
Ilfrien alzò lo sguardo su di lui.
- No, nulla - replicò semplicemente. Qualche istante dopo schioccò le dita e un'aura oscura lo avvolse, facendolo scomparire del tutto.
- Secondo voi cos'avrà in mente? - chiese Grelwan.
Gli altri due scossero il capo.
- Non lo so - ammise Albaran. - Ma una cosa è certa: tra i suoi pensieri vi è ancora il tradimento di nostro fratello -
Grelwan, che intanto era uscito sulla terrazza, osservò il cielo. Ora era tutto sereno; la tempesta era scomparsa e non si vedeva nemmeno l'ombra di una nuvola. Si mise a ridere.
- Che cosa c'è di così divertente? - proruppe Nathan.
- La vendetta mi mette allegria. E Axander la pagherà molto cara -

La sera era già scesa sulle Isole del Destino. Dopo il tramonto, non restavano che quattro persone sulla solita spiaggia.
- Ottimo, continuate così che siete sulla strada giusta - disse sorridendo Axander, vedendo Riku e Sora stesi sulla sabbia, stanchi morti.
- Se penso che dovremo andare avanti così per tre mesi... - sbuffò Sora, con il fiatone.
- Non ti lamentare. Un anno di dolce far niente rovina le persone come te. E' giusto che ora recuperi tutto il tempo perduto. per oggi, però, abbiamo finito. Potete andare - dichiarò Axander, andandosi a sedere su una pietra.
Riku si rialzò e si diresse verso la sua barca, sbadigliando. Kairi lo seguì, dopo aver salutato gli altri. Entambi mollarono gli ormeggi e, su quei piccoli gusci di legno, iniziarono a dirigersi verso la terraferma.
Sora rimase ancora un po' a riprendere fiato. Dopo pochi minuti tornò in piedi, osservando dapprima i suoi amici, in lontananza, e poi Axander, intento a pensare a qualcosa.
- Sono davvero così forti questi nuovi nemici? - domandò interessato. - Prima d'ora ho avuto a che fare con esseri pericolosi, ma non mi era mai venuta in mente l'idea di allenarmi, addirittura, per affrontare uno di questi... -
Axander non rispose e rimase in silenzio per qualche secondo. Sora abbassò lo sguardo.
- Ma... -
- Sì. Più di qualsiasi altro avversario abbiate incrociato sul vostro cammino - fu la risposta.
Sora non aggiunse nulla. Soppesò quelle parole, riflettendoci su.
- Sembra che tu li conosca molto bene - si rivolse, in seguito, all'amico.
- Sì, purtroppo. Solo in pochi conoscono veramente la storia che sto per raccontarti... Questi individui vengono spesso citati nelle antiche leggende - spiegò Axander. - Sono cinque esseri corrotti dall'oscurità, consumati dall'avidità. Non conosco la parola pietà e ciò a cui aspirano è il potere assoluto, il controllo totale di tutto ciò che esiste. In molti tentarono di fermarli, millenni fa, ma ben pochi riuscirono nell'impresa -
Sora rimase in silenzio.
- Una volta - continuò Axander. - Avvenne una terribile battaglia. Si parla di moltissimo tempo fa, quando tutto era ancora all'inizio di tutto. Due grandi forze si opponevano: Ordine e Caos. Queste due entità combattevano senza esclusione di colpi, sempre in cerca di sovrastare la fazione opposta. L'una era la giustizia, la voce della pace e della libertà. L'altra era portatrice di disgrazie e di guerre. A quei tempi, queste forze permanevano sotto forma umana; per la precisione, Ordine aveva assunto le fattezze di una donna, Caos di un uomo -
Sora continuava ad ascoltare. Non aveva mai sentito quella storia in vita sua.
- La loro era una guerra logorante. Nessuno dei due riusciva a prevalere sull'altro e si rischiava che questo scontro proseguisse in eterno. Un giorno, Ordine decise di chiamare a sé cinque poteri, ovvero cinque elementi: il vento, il fuoco, l'acqua, la terra e il tuono. Diede loro un aspetto umano, come lei, e li assolse per combattere al suo servizio. D'altronde, li avevai creati, evocati lei. Era giusto che essi si battessero per la sua causa -
Axander fece una breve pausa, continuando ad osservare il mare.
- La loro potenza superava di gran lunga quella di Ordine e, questo, Ordine lo sapeva. Aveva commesso un errore nel concedere a quei cinque troppo potere, ma il contesto richiedeva una tale misura drastica. Ordine commise dunque il suo primo errore. Sfortunatamente, lo capirono anche i cinque. Caos fu quasi del tutto annientato da loro. Non ci fu via di scampo -
Sora fissò Axander per un lungo attimo.
- Mi hai detto che solamente in pochi conoscono questa storia... Tu come la sai? - chiese perplesso.
Axander abbozzò un leggero sorriso.
- Perché io ero là, quando tutto ciò avvenne. Io ero uno di quei cinque -

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Capitolo 6
*** Capitolo 5: Attacco all'Isola ***


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Capitolo 5: Attacco all'Isola



Sora non disse nulla. Non sapeva molto di quella storia, dato che era la prima volta che la sentiva in vita sua e non sapeva come reagire. Certamente, però, era rimasto sorpreso dalla rivelazione di Axander. Quasi non ci credeva: quel tipo che aveva di fronte pareva un ventenne, quando in realtà avrà avuto si e no qualche migliaio di anni in più.
Axander comprese ben presto quel silenzio e intuì i pensieri di Sora.
- Se vuoi, posso continuare - disse con tranquillità, gettando un'occhiata al ragazzo.
L'eroe del keyblade annuì: ormai il racconto lo aveva preso e voleva sapere fin dove si sarebbe spinto.
- Bene. Come ti stavo dicendo, Caos era stato quasi del tutto debellato. Una piccola parte di lui, tuttavia, resisteva ancora, pronta a risorgere per una nuova guerra. Questa parte sedusse con il suo potere i miei fratelli: avendo noi assunto una forma umana, avevamo anche le caratteristiche di un umano. E si sa, il cuore degli uomini è facilmente corruttibile. E' debole, il più delle volte. Tutti tranne il sottoscritto si allearono improvvisamente con Caos e iniziò quindi la tanto temuta guerra -
- Che cosa aveva indotto i tuoi fratelli a passare dalla parte del nemico? - domandò Sora.
- Suppongo le abilità demagogiche di Caos. Era molto abile a promettere falsità e li ingannò facilmente... Potere, dominio, ricchezze... Basta poco per corrompere qualcuno. Ma io non ci cascai. Non ero ancora così stupido da lasciarmi prendere nel sacco dal peggiore dei nemici, il quale improvvisamente si dimostrava amichevole con noi. Ordine non poteva fare nulla di fronte a così tanta potenza e così decisi di aiutarla, nel limite delle mie possibilità. In un modo o nell'altro riuscimmo ben presto ad avere la meglio e Caos, ritornato alla sua forma originaria, e i miei quattro fratelli, vennero esiliati. Nel Nulla -
Sora continuava a seguire interessato il racconto, senza perdersi la più piccola parte di esso.
- Io, che ero rimasto fedele a Ordine, mi ero ritrovato a fronteggiare i miei fratelli. Da loro fui accusato di tradimento e giurarono vendetta, prima dell'esilio - concluse Axander, abbassando lo sguardo a terra.
- Allora tu non c'entri proprio nulla con... Loro? - domandò Sora, gesticolando con la mano destra.
- No, non più. Capisco che tu possa non fidarti di me, dopo quello che ti ho detto, ma ti assicuro che io non ho più nulla a che fare con i miei fratelli... Loro tradirono la mia fiducia... E io tradii la loro... Una rottura che non si potrà rimarginare mai più - sospirò Axander. - Dopo quella violenta battaglia, rimanemmo solo io e Ordine. Lei, giustamente, per evitare ulteriori guai, decise di sigillare la mia vera natura e, con essa, anche quella dei miei fratelli. Nonostante si potesse fidare di me, aveva ancora paura... Paura che l'ultimo dei cinque avrebbe potuto voltarle le spalle all'improvviso. E non potevo biasimarla -
Sora restò ancora una volta sorpreso dalle parole del giovane uomo. Capiva, in fondo, che lui non aveva avuto vita facile e che si era sentito sicuramente isolato dagli altri, se i fratelli non lo consideravano e Ordine sospettava di lui. Tutt'a un tratto, colui che il giorno prima lo aveva attaccato in maniera così violenta, gli appariva più debole di quanto lasciasse trasparire.
- La debolezza è insita anche nel più forte dei cuori - disse ad un certo punto Axander, come se stesse leggendo i pensieri di Sora. - Dico bene? Tu dovresti saperne qualcosa -
- Già... - si rabbuiò il ragazzo. - Anche se non considero più il mio cuore tanto forte... -
- Perché mai? - chiese Axander. - Sei pur sempre il Custode del keyblade. Quell'arma sceglie solo colui che è degno di brandirla. Colui che ha un cuore più forte degli altri -
Ma Sora non ne era convinto fino in fondo. Da un po' di tempo a quella parte, gli era sorto come il presentimento che lui non fosse poi quell'impavido eroe di cui si parlava in giro. Aveva iniziato a pensare, dentro di sé, che, dopo le imprese che aveva compiuto, il suo cuore avesse cominciato a vacillare. E nel profondo gli pareva di capire che sarebbe stato difficile tornare come un tempo.
Una consapevolezza lo attanagliava: lui non era più quel Custode, quel Sora che aveva sconfitto Xehanort. Il suo cuore gli diceva che il fato lo stava abbandonando. Tuttavia, l'apparizione di Axander aveva riacceso la speranza in lui. Forse era tutta un'illusione. Forse il suo cuore era ancora forte.
- Comunque, per riprendere il discorso - continuò Axander. - Passai un po' di tempo a Radiant Garden... Poi mi trasferii da altre parti, viaggiai... Giunsi alla Città di Mezzo e, infine, eccomi qua -
- Aspetta un momento - lo interruppe Sora. - Hai detto Radiant Garden? Ma certo... La Fortezza Oscura... Dove vivono tutti gli altri - ripensando ai suoi vecchi amici. - Dove viveva Ansem -
- Conosci Ansem? - domandò di botto Axander.
- Sì, Ansem il Saggio. Lo conosco solo di vista, non ho mai fatto la sua reale conoscenza; l'ho visto per la prima e l'ultima volta alla fortezza dell'Organizzazione, nel Mondo che non Esiste. E' lì che morì -
A quale parole, Axander chiuse gli occhi, prendendosi la fronte con una mano e appoggiandosi sul gomito. Sora osservò il comportamento dell'amico.
- Qualcosa non va? -
- Ansem... Io lo conoscevo - disse l'altro, annuendo brevemente col capo. - Non posso credere che sia davvero morto... Non ne sapevo nulla -
- Davvero? Eri un suo allievo? - insistette Sora, anche se sapeva bene che gli allievi di Ansem erano stati solo sei.
- No, era solo un buon amico. Non ho ricordi precisi del periodo in cui lasciai Radiant Garden, ma mi pare che fosse un periodo piuttosto agitato. Venni a sapere tardi di ciò che era successo e ora desidero recarmi laggiù, appena potrò -
- Capisco... Beh, chissà, magari un giorno ci tornerai, a Radiant Garden. Anche io desidero rivedere Leon e gli altri - disse Sora.
Quindi, dopo essersi alzato e essersi congedato con un cenno di saluto, il giovane si incamminò verso casa. Axander rimase ad osservarlo allontanarsi e, come ogni sera, rimase fuori ad ammirare le stelle.
- So che siete lì, da qualche parte... - mormorò. - Sto aspettando solo una vostra mossa... -

Una porta si spalancò. Albaran, Grelwan e Nathan, fino ad un attimo prima seduti, scattarono in piedi.
- Bene, bene, bene... - disse una voce, quella del fratello mancante.
- Allora? - domandò Albaran. - Scoperto qualcosa? -
Ilfrien mostrò agli altri il libro che aveva letto. Sorrise malignamente. Un lampo e il libro finì in cenere, tra le sue mani.
- Ora non ci serve più - disse con tranquillità.
Gli altri tre assistettero sbalorditi all'inspiegabile gesto del loro fratello. Egli, però, non fece caso ai loro sguardi e si mise a ridere. Una risata lugubre, malefica. Infine, si fermò, sempre con un ghigno stampato sul volto.
- Quest'oggi fratelli miei, quest'oggi daremo il via alle danze... Inzieremo ad attuare il piano subito -
- Un piano? - domandò Albaran. - Di cosa diamine stai parlando? Spiegati! -
- Spiegaci cosa hai scoperto... - si aggiunse Grelwan.
Ilfrien li scrutò uno ad uno, quasi restio a dar loro delle spiegazioni.
- Ho trovato il modo per raggiungere il potere assoluto. Per ritornare là dove eravamo un tempo. In cima a tutto - proferì. - Ma abbiamo bisogno di molti elementi, oppure non andremo da nessuna parte. Quindi, prestate attenzione e statemi bene a sentire... -

Il tempo volò. I tre mesi passarono in un batter d'occhio, lì, sulle Isole del Destino.
- Fire! - urlò Sora, puntando il keyblade verso un punto ben preciso.
Riku non si trovò impreparato e, in una frazione di secondo, evitò la magia dell'amico, spostandosi di lato. Una fiammata rischiò di bruciarlo ad un braccio.
- E' finita per te! - esclamò, mentre si lanciava sul compagno.
Sora rimase spiazzato, ma non perse la concentrazione. Si mise in posizione di guardia e rimase in attesa per poter parare il fendente.
- Non esserne tanto sicuro -
Con un balzo evitò quello che si stava rivelando, a dispetto di ogni previsione, un affondo.
I due, dopo pochi istanti, si trovarono nuovamente faccia a faccia, ognuno con il suo keyblade. Erano visibilmente stanchi, ma nessuno dei due voleva cedere.
Nel frattempo, Kairi e Axander se ne stavano in disparte ad osservare e a parlottare tra loro.
- Come ti sembrano? Sono finalmente gli stessi di un anno fa? -
Kairi annuì, raggiante come sempre. - Sono tornati gli stessi, non c'è ombra di dubbio -
Ad un certo punto, Axander alzò la mano, facendo segno ai contendenti di terminare il duello e loro obbedirono.
- Siete tornati in forma, eh? - chiese Axander, ridendo. - Molto bene. Allora io direi che possiamo anche partire e... -
- Guardate, il mare è agitato - lo interruppe Kairi, indicando le acque, le quali avevano preso ad abbattersi rumorosamente sugli scogli e sulla spiaggia.
- Che strano, eppure il cielo è sereno... E non c'è un filo di vento... - fece notare Sora.
Riku scrutò il mare imbizzarrirsi sempre più. Non si spiegava un simile fenomeno. Almeno, l'ultima volta erano apparsi anche nuvoloni grigi ed intensi, preannunciando un temporale. Questa volta, invece, la giornata si prospettava serena e in alto appariva esclusivamente un sole luminoso.
- Non può essere... -
Sora si voltò verso Axander. Notò che fissava il mare con orrore, gli occhi dilatati dallo sgomento.
- Non è possibile... Ci hanno trovati... Presto, seguitemi! - urlò ai ragazzi.
Voltandosi di scatto, fece per partire, ma si accorse che alle sue spalle c'era già qualcuno. Quel qualcuno stava applaudendo. Si trattava di un altro individuo rassomigliante ad un membro dell'Organizzazione.
- Ma come Axander, te ne vai di già? - domandò il nuovo giunto.
Sora e Riku lo fissarono in malomodo, celando a stento il rancore che ancora portavano verso il soprabito nero, simbolo di innumerevoli malefatte. Kairi si spostò in disparte, dietro ad Axander.
L'incappucciato avanzò di poco, per poi bloccarsi, iniziando a schignazzare di gusto.
- La festa... - mostrò una mano, che strinse a pugno. - E' appena cominciata! -

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Capitolo 7
*** Capitolo 6: Rapimento e fuga ***


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Capitolo 6: Rapimento e Fuga




Il mare era agitato. Enormi cavalloni si stavano formando in lontananza e la mareggiata si faceva sentire in tutta la sua forza. Le onde si infrangevano sugli scogli, provocando grandi schizzi di tre metri: sembrava la fine per l'Isola, come se da un momento all'altro sarebbe sparita, inghiottita dalle onde.
Axander se n'era accorto e nei suoi occhi ardeva una fiamma. Rabbia, forse? Nessuno poteva capirlo. Ma lui capiva chi aveva di fronte. Troppe volte si era trovato a fare i conti con quell'insolenza.
Allargò le braccia. Dietro di lui Sora, Riku e Kairi, ignari di ciò che stava accadendo. Sembrava volerli proteggere da quell'oscura presenza.
- Finalmente - esordì lo sconosciuto.
- Grelwan - ringhiò Axander.
In tutta risposta, l'altro rise di gusto.
- Ti ricordi di me, allora, fratello. Ma quale onore - proferì Grelwan, continuando a ridere.
Con la mano destra afferrò il cappuccio e se lo fece scivolare lungo la schiena. Una lucente chioma color zaffiro ricadde sulle spalle. Sulla fronte, un grosso ciuffo nascondeva l'occhio sinistro e, qualche volta, quello destro. Il suo sguardo appariva lievemente spento.
Scuotendo il capo, Grelwan avanzò di alcuni passi.
- Disperavo di trovarti, Axander. Ma sapevamo bene chi stavi cercando. Tu hai previsto tutto, anche se questo non servirà a molto -
- Non mi pare di averti dato l'autorizzazione per parlare - sbottò Axander, innervosito. - Vattene da qui -
- Come sei comprensivo, fratello. Sei sempre stato tanto delizioso nei miei confronti... Scordati pure che lascerò quest'isola a mani vuote - concluse, asciutto.
Il mare non voleva calmarsi, sembrava in preda alla pazzia più grande.
I custodi del keyblade rimasero in silenzio, anche se nelle loro mani stringevano ancora le loro fedeli armi, pronti all'azione.
- Perché mi tratti così? Io sono venuto qui per aiutarti... - disse Grelwan, levando le mani al cielo - ...Per perdonarti! - aggiunse, alzando il tono della voce.
- Tsk, perdonarmi? Sono l'unico tra voi che ha la coscienza a posto - ribatté Axander.
- Coscienza a posto? Non dire assurdità! Noi ti perdoniamo per i tuoi errori passati! Perché noi siamo in grado di perdonare, mentre tu no. Torna da noi, dai tuoi fratelli, dalla tua famiglia - continuò Grelwan, abbassando poi le braccia e tendendo la mano destra al fratello. - Saremmo lieti di riaverti al nostro fianco -
Axander, però, sembrava del parere opposto. Caricò un braccio, come se volesse scagliare qualcosa, e lo distese rapidamente in avanti: lanciò un globo infuocato contro Grelwan che, non aspettandoselo, fu colpito in pieno petto. Con una capriola in volo, egli atterrò poco più in là, ora visibilmente irato.
- Ah, è così? Attacchi pure a tradimento! Ti sei giocato la tua possibilità! - tuonò Grelwan,scagliando a sua volta una sfera di ghiaccio, che colpì Axander, facendolo cadere a terra e immobilizzandogli l'arto destro.
Lo sguardo di Grelwan si posò, in seguito, su Sora e la sua Chiave, per poi passare a Riku e soffermarsi su Kairi.
- I detentori del keyblade, sì... Ilfrien ne sarà felice... - mormorò.
Sora e Riku, intanto, si erano parati di fronte a Kairi, per cercare di proteggerla. Grelwan rise nuovamente, nel vederli tutti e tre, e simulò un inchino.
- I miei omaggi, prescelto dal keyblade - salutò, rivolto a Sora. - Io sono Grelwan, Stregone delle Acque e Quarto membro della Legione Nera -
- Grazie per avermelo detto. Di sicuro, questo cambierà la mia vita - replicò Sora, pronto ad aggredire il suo interlocutore non appena si fosse dimostrato ostile anche nei loro confronti.
- Sei sfacciato ragazzino. Ti ucciderei ben volentieri, se solo non mi fosse stato affidato un compito differente... Veniamo al dunque: sono qui per proporti un affare, nonostante tu mi stia già antipatico... Ho ordini da eseguire -
- Cosa? - fece Sora, non aspettandosi una simile proposta. - Che genere di affare? -
- Hai capito bene. Parlerò chiaramente e te lo dirò una volta soltanto: vieni con me - disse, tendendogli la mano. - Vieni con me e promettimi di aiutarci. Avrai tutto ciò che vuoi. Tutto. La tua ricompensa non conoscerà limiti -
- Sora, no! - urlò Axander, intento a rialzarsi, con ancora il braccio intrappolato dal ghiaccio. - L'unica cosa che ti darà sarà una morte lenta e dolorosa! Non ascoltarlo! -
- Come sei odioso... Una vera seccatura - commentò Grelwan, a quelle parole.
Non aveva preso bene l'interruzione. Lanciò, quindi, una seconda sfera di cristalli ghiacciati, più grande, sempre in direzione del fratello. Questa volta lo rinchiuse definitivamente in un cubo di ghiaccio, congelandolo da capo a piedi.
Riku, giunti a quel punto, non riuscì più a trattenersi. Scattò in avanti, attaccando il nemico.
- Maledetto! - gridò. - Te la vedrai con me! -
Tuttavia, Riku non fece in tempo ad avvicinarsi di molto che Grelwan era già scomparso e riapparso davanti a lui. Con un potente pugno nello stomaco, il ragazzo andò al tappeto, lasciando la presa sulla sua Via per l'Alba. Cadde a terra, disteso a faccia in giù, tenendosi la parte dolorante del ventre.
- Com'è possibile... Neanche l'ho visto muoversi... - pensò Riku, poco prima di perdere i sensi.
Massaggiandosi le nocche dei pugni, Grelwan osservò Sora. Stavolta, lo Stregone aveva assunto un'aria più seria e quel ghigno sadico di prima era completamente svanito dalla sue labbra.
- Sto aspettando una risposta - disse.
- E l'avrai: no! - sbottò Sora, arrabbiato per ciò che quello spregevole individuo aveva appena fatto al suo amico.
- Come vuoi... - sospirò Grelwan. - Te la sei proprio andata a cercare -
Due secondi, e ripetè la stessa mossa con la quale aveva fermato Riku, comparendo alle spalle di Sora. Questa volta, colpì il Custode con una gomitata sulla schiena, mettendo fuorigioco anche lui.
- Idioti - sogghignò lo Stregone delle Acque, con strafottenza. - Voi sareste i tanto osannati eroi del keyblade... Certo che l'universo è pieno di rifiuti... Vabbè, non importa... Tanto, alla fine, quella che ci interessava veramente era la fanciulla... -
Si voltò, quindi, verso Kairi, sorridendo, mentre lei indietreggiava terrorizzata, gli occhi spalancati e il corpo tremante.
- Che cosa hai fatto a Sora e Riku? - domandò, deglutendo.
Kairi, pur essendo una ragazza che non si tirava indietro dinanzi a nulla e che aveva dimostrato più volte di essere coraggiosa al pari dei suoi amici, in quell'occasione non riusciva a smettere di tremare. Sentì come degli artigli ghiacciati che le avevano morso il cuore, provocandole brividi di paura per tutto il corpo. E la causa era la presenza terrificante di quell'individuo davanti a lei.
- Sì, la paura ci dona forza - fece Grelwan, avvertendo il timore della ragazza e ignorando completamente la sua domanda. - Riusciamo ad incutere timore anche ai cuori più forti, lo sapevi? E' normale, d'altronde... Voi siete umani, la paura è una vostra grande debolezza... E' insita in ognuno di voi... -
Sorridendo malignamente, si scostò il ciuffo dalla fronte, fissando gli occhi di Kairi con i suoi, spalancati e traboccanti malvagità. La giovane lanciò un grido che dovette bloccare portandosi le mani davanti alla bocca.
Grelwan, infine, schioccò le dita e un portale oscuro apparve alle spalle di Kairi. Lei diede uno sguardo dietro di sé, senza capire cosa stava succedendo, ma l'uomo ormai la stava già spingendo all'interno. Il varco si richiuse con un sibilo. Kairi era sparita in un baleno, inghiottita dall'oscurità.
- Perfetto. Tutto va come previsto - annuì Grelwan, inziando ad incamminarsi.
Tutt'a un tratto, però, si udì un boato nelle vicinanze e lo Stregone ne fu attirato. Poco distante, Axander impugnava la sua alabarda e intorno a lui c'era solo terra bruciata. Scatenando un'esplosione, era riuscito a liberarsi dalla morsa del ghiaccio.
- Il Guardiano delle Fiamme... - disse respirando a fatica per lo sforzo. - Membro di nessuna Legione... -
- Troppo tardi amico mio - fu la risposta di Grelwan che, schioccando un'ultima volta le dita, scomparve in un alone di oscurità. Al suo posto apparvero decine di Neo Shadows.
- Heartless - mormorò Sora, alzandosi, ripresosi quasi del tutto.
Il plotone di esseri neri partì all'attacco. Sora cominciò a colpirli, distruggendone molti. Sembravano, tuttavia, un'infinità: a partire dai primi dieci, se ne erano aggiunti centinaia e centinaia.
- Oh no, Riku! - esclamò Sora, accorgendosi troppo tardi dell'amico, assalito dagli Heartless.
Una fiammata, però, investì le piccole ombre e le annientò tutte in un colpo.
- Andiamocene da qui, Sora! - ordinò Axander, portandosi un braccio di Riku dietro al collo e aiutandolo a rialzarsi.
Il ragazzo annuì, seguendo il compagno che stava correndo in direzione del molo. Una Gummiship comparve all'improvviso, e atterrò rapidamente, a pelo d'acqua. Con la stessa velocità, ripartì, una volta che tutti e tre furono saliti a bordo.

- Tutto è andato liscio come l'olio -
In un aula vuota, dalle bianche pareti lucenti, tre figure nere discorrevano placidamente.
- Me ne compiaccio. Adesso Ilfrien avrà occhi solo per te - disse una di queste.
- Non dire assurdità, Albaran. Lo sai che ho bisogno dei tuoi eserciti per portare a termine il mio piano - esordì Ilfrien.
Albaran abbassò il capo e se ne andò, senza aggiungere altro.
- Con o senza Custode della Chiave, procederemo comunque - concluse il leader, rivolto a Grelwan. - L'elemento più importante me l'hai già portato tu, fratello. Adesso dovremo attendere per il secondo elemento -
- Era lei la ragazza, vero? - chiese lo Stregone, per sicurezza.
- Sì. Hai fatto un ottimo lavoro. Non ci resta che aspettare il nostro agente... -
- Intendi... Lui? - chiese Grelwan. - Sei sicuro di poterti fidare? -
- Sicurissimo. Noi abbiamo ciò che interessa a lui e lui ha ciò che interessa a noi. Non vedo perché dovrebbe tradirci... -

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Capitolo 8
*** Capitolo 7: Sosta a Middle Town ***


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Capitolo 7: Sosta a Middle Town



- Interferenze sulla rotta? -
- Nessuna - rispose il computer di bordo, analizzando il tragitto.
Axander si sedette sfinito sulla poltrona dei comandi, reggendosi la testa con un mano e cercando di riflettere il più lucidamente possibile. L'arrivo improvviso di uno dei suoi fratelli non l'aveva tenuto neppure in considerazione; questo si era rivelato un tragico errore.
- Dov'è Kairi? - gli domandò Sora, più preoccupato che mai.
Non ricevette risposta. Axander non si sentiva di rispondergli.
- Ti ho chiesto dov'è Kairi! - insistette il ragazzo.
Axander alzò, allora, lentamente lo sguardo, incrociando quello di Sora.
- E' stata rapita da Grelwan - rispose con calma innaturale. - Lui è uno dei miei fratelli di cui ti ho parlato. Probabilmente, a quest'ora l'avrà imprigionata da qualche parte in attesa di ottenere qualcosa da lei -
- Maledizione! - urlò il ragazzo, tirando un pugno contro la parete della gummiship. - Proprio come l'altra volta! Ma perché? Perché succede tutto questo? Perché hanno dovuto prendere lei? -
- Io... Io non lo so - rispose Axander, sospirando. - Sinceramente, pensavo, più che altro, che venissero a prendere te o Riku... L'ipotesi che anche Kairi fosse un loro bersaglio... -
Sora non ascoltò. Non gliene importava nulla, adesso come adesso. Era letteralmente a pezzi, nonostante non avesse fatto alcuno sforzo fisico particolarmente stancante. Kairi era la persona più cara che aveva, assieme a Riku, e quell'ennesima separazione gli aveva lacerato il cuore. Solo ora, ora che l'aveva persa, riuscì a sentire realmente quello che provava.
- Ma ti prometto che la ritroveremo - lo rassicurò Axander, appoggiandogli una mano sulla spalla. - E' soprattutto colpa mia se tutto ciò è accaduto... -
Inserì il pilota automatico e se ne andò dalla cabina di pilotaggio, demoralizzato a sua volta.
Poi, il silenzio. Si sentiva solo il ronzìo del motore.

Riku se ne stava disteso su una branda, in una stanza secondaria, dove giaceva ancora privo di sensi, indisturbato. Dopo alcuni minuti, tornò in sé dato che qualcuno era entrato nella stanza e si era avvicinato per scuoterlo appena.
- Riku, Riku - fece Sora. - Mi senti? Tutto a posto? -
- Cosa...? Cosa è successo? - domandò Riku, alzandosi di colpo. Un dolore lancinante lo colpì e si accasciò nuovamente.
- Devi stare tranquillo. Manca ancora qualche ora prima che la gummiship arrivi a destinazione - lo informò Sora. - Per adesso, rimani ancora lì a recuperare le forze -
- Dove siamo diretti? - domandò l'amico.
- Alla Città di Mezzo, presumo -
- Dov'è Kairi? -
Sora diede risposta a questa sua ultima domanda. Spostò lo sguardo e fece per lasciare la stanza. A quel punto, Riku si fece coraggio. Strinse i pugni, capendo tutto.
- La pagheranno cara - ringhiò, seduto sul letto. - Hanno commesso un grave errore e, fidati amico mio, la pagheranno -
Sora cercò di sorridere. Voleva ringraziare Riku per aver cercato di confortarlo, ma non uscì neanche una parola. Con uno sforzo enorme, lasciò la stanza, rabbuiandosi nuovamente.

La gummiship giunse alla Città di Mezzo verso mezzogiorno. Era strano. Una volta sceso a terra, la prima cosa che turbò Sora fu vedere che sopra la città splendeva il sole.
- Ma siamo sicuri che questa sia proprio la Città di Mezzo? - chiese perplesso.
- Hai qualche dubbio? - lo riprese Axander.
- Io me la sono sempre ricordata di notte - si grattò la testa il Custode. - Come mai c'è il sole? -
- Beh, mi sembra una domanda piuttosto stupida... C'è il giorno e c'è la notte... Tu, evidentemente, capitavi qui solo la notte... Ti pare? -
Axander, Sora e Riku si fermarono nel Primo Distretto, in mezzo alla piazza.
- Immagino sarete stanchi - continuò Axander. - Andate alla locanda lì in fondo, vicino al negozio di cianfrusaglie. Io torno subito; devo solo sistemare delle faccende con un amico -
Dopodiché, si diresse verso il Secondo Distretto, scomparendo oltre i grandi portoni in legno.
Senza indugiare oltre, i due ragazzi andarono a sedersi ad un tavolo. Chiamato l'oste, fecero le loro ordinazioni e attesero per qualche minuto, silenziosamente.
- Se gli Heartless sono di nuovo in giro, questo significa che incontreremo anche dei Nessuno - rifletté Riku. - Esattamente come un anno fa. Ci sarà molto disordine anche negli altri mondi -
- Già... - mugugnò Sora.
Riku si alzò, sbattendo le mani sul tavolo.
- Fatti forza! Non puoi restare depresso in eterno! Abbiamo perso Kairi, è vero, ma la situazione non è differente da quella che abbiamo dovuto affrontare contro l'Organizzazione XIII! - esclamò con decisione. - La ritroveremo, Sora, ti ho dato la mia parola -
Ma l'altro non disse nulla. Si limitò a fissare il tavolo. Riku, notando che le sue parole non avevano sortito alcun effetto sul ragazzo, scostò la sedia e si allontanò di qualche metro, dando le spalle all'amico.
- Tu non sei lo stesso Sora che conosco io. No... Lui avrebbe reagito in modo diverso - disse. - Ci siamo separati e ritrovati più di una volta, senza mai demordere o perderci d'animo. Abbiamo combattuto, abbiamo sofferto, ma alla fine siamo sempre tornati l'uno dagli altri. Questa volta non andrà diversamente... Tuttavia, se tu, Sora, non hai davvero voglia di fare niente per salvare Kairi, vorrà dire che ci penserò solo io -
E detto questo, iniziò ad allontanarsi seriamente, ben deciso a porre una maggiore distanza tra lui e Sora.
- Ha ragione... -
Sora non voleva di certo abbandonare Kairi così facilmente. E nemmeno Riku. Se lui se ne andava, sarebbe rimasto solo, rischiando di perdere anche l'amico. Sora doveva ritornare se stesso senza lasciarsi abbattere. Non era successo in passato, non sarebbe successo in futuro.
- Hai ragione! - urlò - Riku -
Riku si arrestò, voltandosi verso Sora, il quale era in piedi e lo osservava sorridendo. Una strana luce brillava nei suoi occhi.
- Non ci siamo abbattuti in passato e di sicuro non getteremo la spugna ora! -
- Questo volevo sentirti dire - annuì Riku.
Affiancandosi al compagno, Sora osservò il portone del Terzo Distretto.
- Sarà meglio andare a cercare Axander, ci sta mettendo un po' troppo -
- Andiamo -

Una volta giunti nel Secondo Distretto, Sora e Riku si fermarono vicino alla fontana, dove una volta era nascosta la serratura di quel mondo.
- Sembra deserto - commentò Sora.
In lontananza, le persiane di una finestra sbatterono violentemente.
- Che diamine significa...? - sussultò Riku, per il rumore improvviso.
Non fece in tempo a concludere la frase che dieci Simili apparvero dal nulla davanti ai due. Subito, i Custodi impugnarono i keyblade e si gettarono all'attacco, menando colpi che andavano continuamente a segno.
Distrutto l'ultimo nemico, si posizionarono uno accanto all'altro, restando in guardia. In lontananza, da un vicolo, stavano spuntando altri Nessuno, che galleggiavano in modo bizzarro nell'aria. Sora fece per scattare in avanti, ma la mano di Riku lo bloccò al volo: se non fosse stato per lui, Sora l'avrebbe vista brutta.
Infatti, Axander era balzato alle spalle dei Simili, lanciando l'alabarda come un boomerang. Uno a uno, i Nessuno presero fuoco, travolti da una scia di fiamme. Furono annientati e l'arma ritornò al proprietario.
Sora e Riku si avvicinarono all'amico.
- Tutto a posto? - domandò Sora.
- Di sicuro ce ne saranno altri in zona. Vado a controllare - aggiunse Riku.
Ma Axander sembrava ignorare completamente quello che i due stavano dicendo. In mano teneva saldo un foglietto leggermente stropicciato. Trasse un profondo respiro, tranquillizzandosi. Mascherava benissimo la sua ira.
- Leggete - disse con tono gelido, consegnando quella che sembrava una lettera nelle mani di Sora.
Il ragazzo la aprì, confuso, e cominciò a leggere ad alta voce.

La situazione sta degenerando. Sono passati tre mesi da quando te ne sei andato. Dopo poche settimane dalla tua partenza sono iniziati i guai: ombre hanno cominciato ad assalire la città, accompagnate da strane creature bianche. Spuntano in ogni dove e non riusciamo a fermarle. Ho tentato più volte di mettermi in contatto con te, ma sembra tutto inutile. Abbiamo raggiunto il culmine quando Elen è stata rapita da un tizio incappucciato, vestito di nero. Se leggi questa lettera vuol dire che non hai fatto in tempo e io sono partito all'inseguimento.
Distinti Saluti,

Einar

P.S: ho lasciato a quel simpatico vecchietto all'angolo i progetti di una nuova gummiship, potrebbero servirti...



- Quel simpatico vecchietto... Che sia Geppetto? - chiese Sora, incuriosito.
- Mi sembra si chiamasse così. Aveva anche uno strano burattino parlante con sé... Peccato che se ne siano andati - fece notare Axander.
Ci fu un attimo di silenzio, rotto solo dalle campane della torre lì vicino.
- E' inutile restare qui, allora - disse Riku. - Hanno rapito Kairi e questa Elen... Ma che cosa stanno cercando? -
- Einar pareva lo sapesse - rispose il Guardiano delle Fiamme. - Ma sarà pressochè impossibile trovarlo. Andiamo, penseremo strada facendo -
I tre tornarono quindi alla gummiship e partirono per un'altra destinazione.

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Capitolo 9
*** Capitolo 8: Traditore ***


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Capitolo 8: Traditore



Ilfrien se ne stava comodamente seduto sul suo seggio, la testa sorretta dalla mano destra, mentre con la sinistra muoveva lentamente un calice vitreo contenente ciò che sembrava un liquore. Davanti a lui, un tavolo che continuava a fissare, assorto nei suoi più cupi pensieri.
- Perché ci metti così tanto? - asserì freddamente. - Sei piuttosto lento -
Silenzio. Poi un lieve rumore, come se un piccolo oggetto fosse caduto sul tavolo. Nel buio, a capotavola, qualcuno si mosse per un breve attimo.
- A te la mossa - disse costui.
Ilfrien sorrise. Sistemandosi in una posizione più consona e posando il calice, mosse la mano destra.
- Scacco matto - affermò, spostando un semplice alfiere bianco.
L'altro misterioso individuo rimase fermo, immobile, scrutando la scacchiera. Annuì appena, confermando il buon esito della strategia avversaria.
- C'era da aspettarselo - commentò ridendo, prendendo il re nero per qualche attimo ed esaminandolo. Lo posò subito dopo.
- Quando uno non sa cosa fare, gli scacchi sono un ottimo passatempo, non trovi? - domandò Ilfrien.
- Già... In fondo conta solo muovere le pedine e arrivare a mettere in trappola il re avversario. Un sano esercizio per mettere a confronto l'astuzia di due strateghi - disse il misterioso individuo.
- Proprio come in guerra - intervenne Ilfrien. - Non trovi? -
Lo sconosciuto tacque. Aveva colto qualcosa nelle parole del suo interlocutore che non gli piaceva affatto.
- E con questo dove vuoi arrivare, Signore delle Tempeste, Primo della Legione? -
- Lo sai bene, te ne avevo già parlato - replicò Ilfrien. - Ma si vede che tu non presti mai la dovuta attenzione alle faccende che non ti riguardano personalmente -
A quel punto, dal suo seggio, si alzò il tale rimasto nell'ombra. Accompagnò la sedia sotto il tavolo e diede le spalle all'ospite, abbandonando il terreno di gioco.
- Adesso dove vuoi andare? - lo riprese Ilfrien, alzandosi a sua volta.
Il tizio si avvicinò ad un'enorme vetrata, osservando le nuvole che passavano accanto, sullo sfondo del cielo sereno. Tutto era stranamente silenzioso, pur trovandosi su di una gigantesca fortezza galeggiante a molti chilometri da terra; la dimora della Legione Nera.
- Non ti ho ancora ringraziato abbastanza. Sei stato molto astuto nel preparare il tuo piano - continuò Ilfrien. - La ragazza che ci hai portato era necessaria ai fini della nostra missione -
L'altro si voltò di colpo. Come irritato da quelle parole, estrasse fulmineamente un revolver e sparò un colpo che fischiò accanto all'orecchio di Ilfrien. Tuttavia, questi si limitò a sorridere, come se nulla fosse accaduto.
- Non farmi cambiare idea. Non sono solito dare due possibilità alla stessa persona - sibilò il Signore delle Tempeste, avvicinandosi ulteriormente. - Non pensarci. Io ti ho promesso una ricompensa e una ricompensa avrai. La mia parola vale più di tutte - disse, abbassando la voce. - Io ti ho promesso Kingdom Hearts. E Kingdom Hearts avrai -
Lo sconosciuto rinfoderò l'arma. Ora, alla luce della vetrata, era perfettamente visibile in volto: un giovane con un berretto e un paio di occhiali, con indosso una giacca rossa.
Ritornò a scrutare nuovamente il cielo, restando ancora in silenzio, rabbuiato.
- Non dirmi che uno come te può sentire rimorso per le sue azioni. Hai ucciso molta gente, perché per una stupida ragazzina dovresti avere i sensi di colpa? - insistette Ilfrien. - Tu non devi sentirti in colpa... -
- ... Perché non ho un cuore. Lo so, non c'è bisogno che tu me lo ripeta - ringhiò Einar. - Sono un Nessuno... Perché mai dovrei provare qualcosa per quella ragazza? -
- Sì! Lo vedi? Finalmente ci capiamo. E' inutile che tu ora ti senta in colpa per aver tradito i tuoi amici. Loro sono dalla parte della Luce. Tu hai scelto l'Oscurità. Non vi può essere ritorno. Inoltre, hai solo che da guadagnarci in tutto ciò -
Einar incrociò le braccia, sospirando. Ilfrien si allontanò, dando lui le spalle, questa volta. Ma prima di uscire, aggiunse qualcos'altro, delle parole che si persero nella grande sala.
- Dalla Luce non si potrà mai ottenere nulla... Non vi può essere ritorno... -

Einar era stufo di stare a guardare fuori dalla vetrata. Uscito anche lui, cominciò a scendere per un'interminabile scalinata, sino ad arrivare ad una stanza. Aprì le porte.
Dentro era tutto d'un bianco candido: soprammobili, armadi, letto. Tutto. Ad una prima occhiata, nessuno avrebbe potuto affermare che quella era in realtà una cella per prigionieri, dalla quale era impossibile evadere. Il candore dell'ambiente offriva un senso di pace e di tranquillità, atto ad ospitare qualcun'altro che non un semplice detenuto. Quel bianco, però, appariva anche opprimente e fasullo.
Einar si guardò brevemente attorno, avvicinandosi al letto. Notò che qualcuno stava dormendo: era una ragazza dai capelli rossi, scuri, vestita con indumenti color rosa.
Il ragazzo rimase fermo a fissarla per qualche istante, per poi continuare il percorso, verso una stanza adiacente e pressoché identica. Qui, invece, sembrava tutto vuoto, ma Einar sapeva benissimo che era abitata.
- Disturbo? - chiese, senza però ottenere risposta.
In fondo, affacciata ad una finestra, c'era un'altra ragazza, dai lunghi e lisci capelli castani. Indossava una T-shirt verde, con un gilet un tantino più scuro e dei pantaloncini beige, che arrivavano sin sotto il ginocchio.
- Elen - la chiamò il ragazzo. - Stai bene? -
Lei si girò, osservando il nuovo arrivato con i suoi bellissimi occhi azzurri. Per un attimo, i loro sguardi si incrociarono. Poi, però, Elen distolse il suo e abbassò la testa.
- Perché sei qui? - domandò duramente. - Che cosa vuoi ancora? -
- Posso farti compagnia? -
- No... - rispose la ragazza, scuotendo il capo con aria triste.
Einar non aggiunse altro, capendo appieno la situazione. Forse, la sua, non era stata altro che una sciocca pretesa.
- Beh... Se vorrai parlare con qualcuno sappi che io ci sarò... - concluse, girando i tacchi e facendo per andarsene definitivamente.
Mentre si avviava all'uscita, teneva gli occhi fissi sul pavimento. Elen lo scrutò per pochi secondi e, prima che potesse scomparire alla sua vista, prese coraggio per dire ciò che pensava.
- Sei ancora in tempo! Axander potrebbe perdonarti, tu lo sai! -
- Ormai è troppo tardi. Non vi è ritorno - ribatté Einar, con rammarico.
- Non è vero! Non dare ascolto a loro! Ascolta il tuo... -
Si bloccò, mettendosi le mani davanti alla bocca. Einar fece finta di nulla, proseguendo imperterrito.
- Scusami, non volevo... - sussurrò Elen, tardi.
Einar uscì, per nulla offeso, contrariamente a quanto ci si potesse aspettare, e chiuse lentamente la porta.

- Qualche idea? - esordì Axander, intento a pilotare la Gummiship sopra la città che stavano abbandonando.
- Vista la situazione, ci servirebbero degli aiuti in più, che ne dici? - propose Sora, comodamente sdraiato su una delle poltroncine nella sala comandi.
Riku osservò l'amico, facendo segno di no con la testa e agitando le mani: aveva già capito dove voleva andare a parare Sora.
- No, non dirlo... Non loro! - esclamò.
- Perché no? - chiese Sora, perplesso. - Il Re e gli altri ci sarebbero di grande aiuto. Hai qualcosa contro di loro? -
- Semplicemente, sono del modesto parere che noi tre bastiamo ed avanziamo, per questo viaggio - rispose Riku. - Altra gente sarebbe solo d'impiccio -
Sora sbuffò, fingendo di non aver ascoltato.
- Allora inseriamo le coordinate. Destinazione? - chiese Axander, ai comandi. Nonostante i reclami di Riku, aveva valutato buona l'idea di Sora.
- Rotta per il Castello di Re Topolino! -

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Capitolo 10
*** Capitolo 9: Al Castello Disney ***


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Capitolo 9: Al Castello Disney



Due schegge stavano vagando per i corridoi di un immenso castello, continuando ad urlare, sempre più forte. Al loro passaggio, tutti si voltavano, comprese alcune bizzarre scope che trasportavano secchi colmi d'acqua.
- Vostrà Maestà! -
- Re Topolino! -
Imboccata una porta aperta, quella che conduceva alla sala del trono, i due scoiattolini si trovarono catapultati in un vastissimo ambiente circondato da un colonnato ciclopico. Sul fondo del salone, un alto scranno isolato, ai piedi del quale si srotolava un maestoso tappeto rosso.
Su quel trono luccicante era seduta una piccola figura, dalle grandi orecchie tondeggianti.
- Oh, siete voi - disse vedendo i nuovi giunti. - Come mai così di fretta? -
Cip e Ciop correvano come due forsennati. Una volta giunti al cospetto del Re, si fermarono sul luogo, saltellando.
- Una gummiship ha chiesto il permesso di atterrare! - esclamò Cip.
- Sì, sì! - confermò Ciop. - E sopra ci sono tre persone; uno di loro è Sora! Gli altri due, però, non sappiamo chi siano -
Il Re si alzò dal trono, sorpreso dalla notizia.
- Non mi apettavo una sua visita. Immagino che gli altri due siano Riku e Kairi. Ditegli di atterrare nel gummi hangar -
I due scoiattoli si misero sull'attenti e ritornarono al loro posto di lavoro, correndo a più non posso e schizzando fuori dalla sala.

- Eccoci arrivati - disse Axander, alzandosi ed avviandosi verso l'uscita della navicella.
La gummiship era atterrata senza particolari difficoltà. Dopo aver chiesto il permesso per l'atterraggio, era stato comunicato all'equipaggio che potevano entrare senza problemi.
Una volta scesi dalla piccola rampa ed arrivati nel gummi hangar, i tre si guardarono attorno in cerca di qualcuno. Nessuno, tuttavia. Nessuno era venuto ad accoglierli.
- Non pensavo che l'accoglienza fosse così fredda... - commentò Sora. - D'altrone, è solo un anno che non ci vediamo... -
- Sora! Sora! - gridarono improvvisamente in coro Cip e Ciop, dal basso della loro statura.
Il ragazzo si abbassò, sorridendo. Evidentemente non li aveva notati, poiché troppo preso nello sperare di incontrare Paperino o Pippo.
- Ehi, ragazzi! Sapete mica se il Re è in casa? - domandò il Custode del keyblade. - Dobbiamo vederlo urgentemente -
- Seguiteci, allora! - rispose Cip. - Anche il Re era desideroso di sapere il perché della tua visita! -
Gli scoiattolini saettarono di nuovo in direzione dell'uscita, verso la sala del trono. Sora li seguì, senza attendere oltre.
Axander e Riku rimasero fermi dov'erano, osservando Sora allontanarsi.
- Sbaglio o stava parlando con due scoiattoli? - chiese perplesso Axander. - E quelli gli hanno pure risposto? -
- Che ti avevo detto? Gli amici di Sora, in giro per i mondi, sono gente alquanto particolare - gli rispose Riku, alzando le spalle.
Dopodiché, seguirono anche loro Sora, raggiungendolo dopo pochi minuti.
Arrivati davanti all'enorme porta d'entrata del salone, si arrestarono. Sora stava già aprendo la porta, mentre gli altri due continuavano a guardarsi attorno, meravigliati dalle dimensioni del castello.
- Però, si tratta bene sto Re - pensò Axander, guardando i giardini e le torri che si intravedevano nelle vicinanze.
- Ora che ci penso... - disse tutt'a un tratto Sora. - Forse è meglio che aspetti fuori, Axander -
- Perché? - domandò lui, interdetto. - Ho qualcosa che non va? -
- Sì, il modo in cui sei vestito - intervenne Riku. - Quel soprabito nero non ha mai significato nulla di buono, né per noi, né per il Re. Se ti vedessero... Prova ad immaginarti la loro reazione -
- Poco importa, li avvertiremo che non sono uno di quei patetici Nessuno - ribatté Axander. - Ma ora entriamo, non c'è tempo da perdere -
Così fecero. Entrarono nell'immensa sala del trono, incrociando all'uscita le solite scope addette alle pulizie, le quali lasciarono ancora più sbigottiti Axander e Riku.
In fondo, dove era situato il seggio del Re, Topolino se ne stava comodamente seduto, osservando Sora e gli altri avvicinarsi. Attorno a lui c'erano anche la Regina Minnie, Paperino, Pippo, Paperina e Pluto. Axander era un pò turbato, ma non lo diede a vedere. Riku, invece, conosceva già i presenti e si limitò ad alzare una mano in segno di saluto.
- Sora! - esclamò Paperino che, vedendo l'amico, gli corse incontro assieme a Pippo.
- Yuk, ehi Sora, da quanto tempo! -
- Paperino, Pippo! Come state? - fece Sora, entusiasta, ritrovandosi finalmente con i suoi vecchi compagni di avventure.
- Benone! Come mai sei qui? Avevi voglia di farci visita dopo tanto tempo? - gli domandò Pippo.
- Vi spiegheremo tutto tra un po' - replicò Sora, sorridendo.
Paperino, intanto, si era sporto di lato per vedere alle spalle dell'amico. Inutile descrivere l'espressione che gi si era dipinta in volta all vista di Axander alle spalle di Sora.
- Quack! L'Organizzazione! - urlò, impugnando lo scettro. - Sora, stai attento! -
Pippo, allarmato, tirò fuori lo scudo all'istante, affiancandosi a Paperino. Topolino balzò giù dal trono, avvicinandosi di corsa al Mago e al Cavaliere, mentre la Regina, Paperina e Pluto si nascondevano dietro l'alto schienale del trono.
- Sora, perché hai portato qui un membro dell'Organizzazione XIII? - gli chiese il Re.
- No, è un errore... Un malinteso! Lui non è dell'Organizzazione! Ci sta solo aiutando - scosse le mani Sora, cercando di chetare gli animi.
Riku osservò in silenzio Axander, facendogli cenno con la testa, ed entrambi si scambiarono uno sguardo di intesa.
Allora, la nera figura avanzò, accostandosi a Sora e scrutando il Re e gli altri.
- Il mio nome è Axander - disse facendo un leggero inchino. - Non appartengo all'Organizzazione XIII, come supponete voi. Se starete ad ascoltarmi, sarò lieto di spiegarvi un paio di cose -
- Quali cose? - domandò interessato Topolino.
- Vi spiegherò il motivo per il quale i mondi sono di nuovo in pericolo -
Re Topolino assottigliò lo sguardo, cercando di capire se quel givoane uomo stesse mentendo o meno. Infine, sospirò.
- Ti ascolto -

Axander iniziò a narrare agli astanti ciò che era accaduto sull'Isola e ciò che sarebbe accaduto negli altri mondi, se loro non fossero intervenuti. Terminato il racconto, il Re sospirò nuovamente, più preoccupato che mai.
- Oh, caspita... Questa non ci voleva proprio! -
Anche Paperino e Pippo si rattristarono al sentire quelle notizie.
- E siamo solo all'inizio. La loro malvagità non si fermerà qui; non saranno contenti finchè non si scatenerà una guerra - aggiunse Axander. - Quello che ci ha lasciati perplesso, però, è stato il fatto che abbiano rapito Kairi... Non so quale altro piano abbiano in mente... -
A quelle parole tutti sussultarono, tranne Sora e Riku.
- Una guerra?! Ma... Ma... E' impossibile! - esclamò il Re.
- Ora non più. Se non faremo immediatamente qualcosa, sarà davvero la fine dei mondi, per come li consociamo noi -
Topolino assunse un'aria pensosa e, infine, dopo qualche attimo di turbamento, si decise.
- Vi aiuteremo - assentì. - Gli Heartless e i Nessuno sono di nuovo in circolazione e dobbiamo nuovamente fermarli. E' necessario un impegno da parte di tutti. Contate su di noi -
- Sarà una ricerca lunga, perché è difficile individuare il nucleo del problema - fece notare Axander.
- Che cosa intendi dire? - si intromise Paperino.
- Gli Heartless e i Nessuno di per sé non sono una minaccia. Dobbiamo trovare e sconfiggere coloro che li controllano. Coloro che li comandano. Sicuramente, la Legione li starà usando come soldati per formare un esercito immenso -
- Ha ragione - constatò Pippo. - Ma la nostra ricerca sarà più facile, visto che dalla nostra abbiamo i keyblade -
- Bene, dunque. I mondi potrebbero darci di nuovo una mano ricreando gli stessi sentieri che abbiamo utilizzato in passato - disse ottimista il Re.
- Se è per questo sono stati già aperti tutti - specificò Axander. - Anche se con piccole differenze rispetto a prima. Tuttaiva, questo non sarà di certo un ostacolo -
- E' un'ottima notizia - concluse Topolino. - Dateci il tempo di prepararci e partiremo subito -
Quindi, Topolino, Paperino e Pippo si diressero verso la Regina e gli altri, rassicurandoli sulla situazione. Entrarono tutti assieme nella Sala della Prima Pietra, scomparendo giù per una rampa apparsa accanto al trono.
Sora, Riku e Axander, invece, si diressero all'uscita, verso il gummi-hangar.
- A quanto pare ti è andata male, Riku - scherzò Sora. - Ci saranno ancora loro a darci una mano... Che sfortuna, eh? -
Riku si mise a ridere. - Sfortuna? Al contrario -
Tutti e tre salirono sulla gummiship. A bordo, un piccolo schermo apparve sopra il terminale di controllo; c'era Cip che stava parlando.
- Andate pure avanti, senza il Re e gli altri. Vi raggiungeranno tra breve. Inoltre, Sua Maestà ha consigliato una tappa a Radiant Gardene. Fate Buon viaggio, ragazzi e... Buona fortuna! -
Axander si mise ai comandi, facendo partire la navicella e installando anche gli armamenti, per precauzione. Non sapevano a cosa sarebbero dovuti andare incontro e avrebbero potuto, con ogni probabilità, incontrare flotte di Heartless o di Nessuno.
- Prossima destinazione... - disse, digitando delle coordinate. - ... Radiant Garden -

- A che punto sei, Albaran? - domandò Ilfrien.
Seduto sul suo scranno, immerso nella penombra, il Signore delle Tempeste stava interloquendo con uno dei suoi fratelli, in piedi, a pochi passi da lui.
- Manca ancora molto. Ma possiamo già definirci a buon punto - rassicurò costui, con un ghigno dipinto sulle labbra. - Lascia a me il compito di radunare le armate. Voialtri pensate a come sfruttare quel nuovo potere. Kingdom Hearts ci serve -
- Ottimo. Tu non preoccuparti... Ricordati solo che non sono ammessi fallimenti - specificò Ilfrien, con tono grave.
- Puoi contare su di me -

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Capitolo 11
*** Capitolo 10: Guai a Radiant Garden ***


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Capitolo 10: Guai a Radiant Garden

 

- Dopo tanto tempo... -
- Tornare a casa fa un certo effetto, vero? - fece Sora.
- Già - mormorò Axander, osservando la cittadina.
Stavano tranquillamente camminando tra le case, per la via principale che conduceva al mercato. Dai muri in pietra, a tratti, apparivano delle fontanelle dalle quali sgorgava un'acqua limpidissima, che spariva nuovamente nella roccia. Alla loro destra, il livello della città di abbassava, sino a raggiungere i crepacci a valle.
Imponente, la Fortezza Oscura si stagliava sopra le abitazioni, come una grande ombra che oscurava il sole; era ancora in fase di ristrutturazione: alte gru apparivano qua e là a sorreggere parti di torrioni in decadenza. Soprattutto Axander rimase ad osservare meravigliato quell'edificio.
- E' davvero cambiato molto - commentò, con un filo di amarezza nella voce.
Giunsero alla piazzetta del mercato dopo qualche minuto di scarpinata. Sembrava tutto tranquillo. Stranamente tranquillo. I negozi erano chiusi, tutti quanti. La desolazione più assoluta.
- Leon e gli altri, se non ricordo male, dovrebbero essere a casa di Merlino - disse Sora. - Un po' più in là, nel borgo -
- Speriamo che con loro non ci siano gli Heartless - aggiunse Riku, guardingo. - Tutto questo silenzio... -
- No, fidati. Li avrebbero già eliminati - lo rassicurò Sora.
- Comunque che facciamo? Il Re non è ancora arrivato - disse Axander.
- Mi sembra strano... Ehi, forse è già a casa di Merlino! - esclamò Sora. - Andiamo a controllare. Potrebbe averci preceduto per un'altra strada -
Gli altri due annuirono e seguirono il Custode del keyblade, che aveva già cominciato ad incamminarsi giù per le scale, oltre il negozio di accessori.
Una volta giunti nel borgo, i tre si fermarono davanti alla casa di Merlino. Ma qualcosa non andava. Tutt'a un tratto furono attirati da dei colpi d'arma da fuoco; un mitragliatore, probabilmente.
- E con questo fanno dieci! Evvai! - urlò qualcuno in lontananza. - Venite, coraggio, se avete il fegato! -
- Non istigarli, potrebbe essere pericoloso - aggiunse un'altra voce.
- Invece li sto solo aspettan... Oh, cacchio! - esclamò quello di prima.
Un 'esplosione, vicino all'entrata per il borgo. Poi, rumore di passi; qualcuno stava correndo in direzione della casa del mago.
- Sora, Riku! Fate attenzione! - li avvertì Axander. - Si sta avvicinano qualcuno... Tu riconosci le voci, Sora? -
- N-no... Mai sentite prima d'ora... - rispose Sora, non capendo veramente chi fossero quei tali che avevano parlato poc'anzi.
Tutti e tre estrassero le loro armi, pronti ad un probabile assalto. Intanto, il rumore di passi si faceva sempre più vicino. All'improvviso, un qualcosa saltò giù da uno dei tetti, investendo Riku e Axander, facendoli così cadere. Sora si voltò, notando il nuovo giunto.
- Veloce Barret, qua sembra ce ne siano altri! - disse a gran voce quello che all'apparenza sembrava un grosso felino dalla pelliccia rossastra.
Questi fissava i tre amici con l'unico occhio sano che aveva, essendo l'altro solcato da una cicatrice. Nel mentre, Axander e Riku si erano già rialzati.
- E quello che vuole? - sussurrò Riku, fissando in malomodo la creatura.
- Più che altro che vuole quello - fece Axander, intento ad osservare un uomo giunto dal vicolo, il quale si era già posizionato, tenendoli sotto tiro con una specie di cannone.
- Chi siete? - domandò l'uomo.
- Non sono affari tuoi, bestione - rispose Axander.
- Ah sì, eh? Beccati questo, allora! - esclamò il gigante, aprendo il fuoco.
Axander tese il braccio destro in avanti, creando una cupola attorno a lui e hai custodi dei keyblade. Quell'incantesimo aveva la medesima funzione di un Reflex, ma era fatto di fuoco. Così, il colpo venne assorbito dalla barriera che si dissolse all'istante, in una vampata.
Dall'altro lato, invece, il felino stava già partendo all'attacco contro Riku. I due si scontrarono e il ragazzo si trovò ben presto e sorreggere il keyblade, attanagliato dalle zanne della creatura.
- Si può sapere che diavolo è tutto sto baccano? - urlò una voce provenire dall'interno della casa.
Fu a quel punto che sull'uscio apparve Merlino. I presenti rimasero immobili, scambiandosi soltanto delle occhiate interrogative.
- Eh...? Ma... Sora! Che cosa state facendo? - chiese il mago.
- Ciao, Merlino. Beh, ecco... - tentò di spiegare Sora. - Noi stavamo... -
- Questi due pazzi ci hanno attaccato - intervenne Riku, che stava ancora fronteggiando l'avversario, il quale non voleva mollare la presa.
- Pazzi a chi? Tieni a freno la lingua moccioso! - sbottò l'uomo con il mitragliatore.
Ora che era uscito allo scoperto, lo videro tutti: era alto e molto robusto, di carnagione scura e capelli neri. Il braccio destro sembrava fatto di metallo.
- Suvvia, Barret! Sono amici, non c'è bisogno di attaccarli in questo modo - lo rimproverò il vecchio. L'uomo, con aria scocciata, non disse nulla.
Un altro giovane uscì, subito dopo, dalla porta.
- Guarda, guarda... Dovreste essere in giro a controllare la zona, non a perdere tempo qui - esordì, guardando in direzione di Barret.
- Ehi, Leon! - sorrise Sora, riconoscendo subito il nuovo arrivato.
- Sora! - esclamò costui, sorpreso. - Sapevo che saresti venuto. Ovunque ci siano Heartless ci sei sempre di mezzo tu... Comincio a pensare che li liberi per passatempo - commentò Leon, con un mezzo sorriso.
- Non dirlo neanche per scherzo! -
- Eheh, calmati... - osservando, poi, i compagni di viaggio di Sora. - Red, lascialo andare -
Al che, il quadrupede lasciò la presa sul keyblade, indietreggiando. Riku gli lanciò un'occhiataccia e tutto finì lì.
- Bah, meglio che me ne vada, prima che faccia del male a qualcuno - disse Barret, fissando Axander, il quale mormorò qualcosa. L'uomo, allora, gli puntò nuovamente addosso la sua arma.
- Hai qualcosa da ridire? - sbottò.
- Non ti mettere contro di me, grassone, faresti una brutta fine - minacciò il Guardiano delle Fiamme, con la sua fedele alabarda alla mano, pronto all'attacco. - Non sono il tipo che ci va tanto per le leggere -
La situazione era abbastanza tesa. Ci mancavano solo le scariche di elettricità a tempestare l'aria tutt'attorno.
Leon si mise una mano sul volto, scuotendo il capo. Sora e Riku tentarono di non farci caso più di tanto.
- Due teste dure si sono incrociate, a quanto pare - commentò Merlino.
- Ehi, se vuoi ce n'è anche per te, nonnetto - disse Axander indicando Merlino, senza però distogliere lo sguardo da Barret.
- Nonnetto a me? Ti faccio vedere io - disse il mago, rimboccandosi le maniche.
- Qua ci vorrebbe Aerith a sistemare le cose - commentò Leon, sconsolato.
- Valla a chiamare allora, no? - propose Sora.
- Non posso. Le ragazze non sono più qui; hanno lasciato Radiant Garden parecchi giorni fa -
Sora fu colto alla sprovvista da quella rivelazione. Non si aspettava una notizia del genere; dov'erano andate allora? Avrebbe tanto voluto rivedere sia Aerith che Yuffie e non riusciva a capire il motivo che le aveva spinte ad andarsene, mentre Leon era ancora lì.
- Ma non preoccuparti Sora - continuò Leon, vedendo l'espressione del ragazzo. - Riusciremo ad andare a trovare pure loro. Prima, però, è necessario parlare di alcune cose -
- Grazie... Senti, Leon, il Re è in casa? -
- Il Re? Non lo vedo da più di un anno... -

Sora e compagni entrarono in casa di Merlino, seguendo Leon. All'interno, non sembrava esserci stato alcun cambiamento, ma ben presto Sora notò che l'abitazione si era allargata oltre tutta la parete dove una volta si trovavano il letto del mago e il computer di Cid. Ora, completamente in fondo alla stanza, c'era un grosso computer che occupava tutta la parete e, accanto ad esso, uno strano macchinario a cui era appoggiato Cid. Dietro di lui, uno sconosciuto stava trigando con degli attrezzi da lavoro.
- Come vedi abbiamo dovuto apportare delle modifiche, per potenziare il terminale di difesa della città - spiegò Leon.
Intanto, gli altri erano tutti entrati, dopo essere stati convinti da Leon e Sora, e dopo essersi accorti che gli Heartless stavano partendo alla carica.
Riku se ne stava vicino a Sora, ascoltando anch'egli le parole di Leon; Axander se ne stava in disparte, a guardare fuori dalla finestra. Barret e Red lo tenevano d'occhio, da lontano.
- Perché avete dovuto potenziare le difese? - domandò Sora.
Un'enorme e terrificante boato arrivò come a rispondere al suo quesito.
- Per... Questo - rispose Leon, avviandosi ad una nuova finestra che dava sulla Fortezza.
Un nuvolone di polvere si stava alzando dalle fondamenta: una gru aveva ceduto ed una delle torri era crollata.
- Intendi... Perché il castello va a pezzi? - domandò Riku.
- Gli Heartless stanno distruggendo la Fortezza, assieme ai Nessuno. E ho la netta sensazione che non agiscano di loro spontanea volontà -

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Capitolo 12
*** Capitolo 11: Guai a Radiant Garden, parte 2° ***


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Capitolo 11: Guai a Radiant Garden, parte 2°



I tre viaggiatori si misero a raccontare a Leon e agli altri ciò che era accaduto. Il silenzio era piombato nella sala. Tutti con le orecchie ben tese ad ascoltare le parole di Axander.
- E questo è quanto - concluse, infine.
Leon sospirò, alzandosi. Era piuttosto turbato e lo si notava bene con quella sua aria corruciata. A braccia conserte, cominciò lentamente a camminare avanti e indietro per l'abitazione.
Sora e il resto della compagnia rimasero silenziosi, in attesa che qualcuno si decidesse a parlare, magari portando notizie più confortanti di quanto sperassero. Ma nulla.
Poco distante, Cid e lo sconosciuto stavano continuando a lavorare ad uno strano macchinario: una grossa capsula a cui erano collegati grossi tubi ferrosi e una miriade di altri fili di piccole dimensioni, il tutto decorato da piccole luci che si accendevano ad intermittenza e da circuiti lasciati scoperti. Riku gli diede una veloce occhiata, incuriosito, ma poi non ci badò più di tanto.
- A questo punto tocca a me raccontarvi quello che è successo qui - esordì Leon.
- E' cominciato tutto due mesi fa circa. Da un anno a questa parte era tutto tranquillo, qui nella cittadina, ma quel giorno successe qualcosa che ci colse alla sprovvista: un terremoto. Ma non un terremoto qualunque... Sembrava che la terra ci tesse crollando sotto i piedi, enormi spaccature nel terreno e ampie voragini lungo tutto il territorio. E come se non bastasse, hanno cominciato pure gli Heartless ad attaccarci -
Sora rimase a bocca semi aperta a quelle dolorose notizie. Non sapeva che dire. Si era ritrovato già una volta di fronte ad avvenimenti simili, ma mai visti sotto questo punto di vista. Tuttavia, restò in silenzio, come tutti gli altri.
- Il vecchio castello in fondo è crollato su sé stesso, come fosse stato fatto di carte. Gli Heartless erano in gran numero, hanno risalito la crepa principale e hanno cominciato ad invadere la città. Sono rimasto sconcertato... Ero abituato a vederli in gran numero, sì, ma non li avevo mai visti così forti e... organizzati; ci hanno assalito come una vera e propria armata! - esclamò, lasciandosi cadere su una sedia.
- Ci presero alla sprovvista. Il sistema difensivo venne distrutto in pochi giorni e ci ritrovammo così con l'acqua alla gola. Piano piano sono risaliti per la cittadina sin quasi al nostro livello. Inutile dire che la Fortezza era già in mano loro. E poi... - cominciò, ma si interruppe, rabbuiandosi.
- E... poi? - domandò Sora. - Cosa è successo? -
- Erano anni che non mi capitava una cosa del genere... Le persone venivano letteralmente assalite e i loro cuori... Beh... - si fermò nuovamente, tenendo basso lo sguardo.
- La maggior parte non ce l'ha fatta - esordì Barret. - Il vecchio Leon ci ha avvertiti che qualcosa non andava qui dalle sue parti, e allora io e Red abbiamo deciso di fare un salto per vedere se potevamo dare una mano. Ma ormai era troppo tardi -
- Quando arrivarono loro due, gli Heartless erano già arrivati al nostro livello. Abbiamo sprangato tutte le entrate e abbiamo cominciato a tenere sott'occhio tutti gli ingressi lasciati liberi. Con fatica, ma anche con molta fortuna, siamo riusciti a resistere sino ad oggi. Non so quanto dureremo, però - concluse Leon.
Sora e Riku restarono silenti.
- Abbiamo fatto evacuare gli ultimi abitanti pochi giorni fa - disse Red. - Ora ci siamo solo noi, gli Heartless e qualcun'altro -
- Qualcun'altro? - domandò Sora. - Chi? -
- Non sappiamo chi siano, nè da dove vengano - rispose Red pacatamente. - Di notte sentiamo solo urla e passi provenire dai piani di sotto. Heartless e Nessuno non fanno tutto quel baccano -
- Uomini - mormorò Axander.
Tutti si voltarono ad osservarlo, domandandosi che cosa avesse voluto dire.
- Spiegati meglio - fece Leon.
- Un terremoto devastante, ondate di Heartless oltre l'immaginabile - facendo una breve pausa. - E uomini. Probabilmente mercenari inviati da qualcuno, in gran segreto. Nemici? Impossibile affermarlo con sicurezza - commentò, avvicinandosi al gruppetto.
- Che sia Malefica? - azzardò Riku.
- Da escludere - intervenne Leon. - Anzi, Malefica non la si vede da molto tempo ed è un bene con tutti i problemi che abbiamo ora. Penso che sia tornata al suo mondo di origine -
- Allora chi può essere? Cioè, chi potrebbe avere così tanta forza da assalire così velocemente la Fortezza? - si chiese Sora ad alta voce, incrociando le braccia.
- Guerriero della Roccia, Quinto membro della Legione Nera - recitò Axander. - Si chiama Nathan -
I presenti cominciarono a scambiarsi occhiate interrogative, per via di quelle arcane parole.
- Da quanto ho capito, tu ci stai dicendo che uno dei tuoi fratelli sta cercando di distruggerci? - intervenne Barret, ricordandosi ciò che aveva detto il giovane prima. - Chi ci dice che tu non voglia fare lo stesso? -
Una pentrante occhiata partì in direzione dell'uomo. Gli occhi di ghiaccio di Axander lo fissavano, quasi volesse ucciderlo con il solo sguardo.
- Se fosse vero allora sareste già tutti morti - voltandosi ad indicare Sora e Riku. - E loro non sarebbero qui -
Barret, stizzito dalla risposta, si diresse verso l'uscita. Una volta aperta la porta, fece cenno a Red di seguirlo e il felino, con uno scatto, uscì dalla sala.
- Andiamo a fare il giro di perlustrazione, qualcuno vuole accomodarsi? -
- Sora, andiamo anche noi - propose ad un certo punto Riku.
- Ok, Riku... Si pentiranno quelle maledette creature di essere venute qui - disse Sora alzandosi e tenendo già il keyblade in mano.
- Ottimo, andremo a fare tutti il giro di perlustrazione; più siamo e meglio è - aggiunse Leon. Poi, si diresse verso Cid e Merlino, avvertendoli della sortita.
Axander non disse nulla. Si limitò ad uscire dalla porta, aspettando fuori.

Barret aprì le porte blindate che davano accesso al resto del borgo, in direzione della Fortezza. Tutta la compagnia passò senza troppi disturbi visto che di nemici non ce n'era neppure l'ombra.
- Per andare ai piani inferiori occore deviare nuovamente verso l'interno della cittadina, seguitemi - li avvertì Leon.
Tutti lo seguirono, giù per le scale e poi per un altro portone alla loro destra. Lo aprirono con facilità, addentrandosi nel livello. Davanti a loro si apriva un'ampia balconata che si estendeva più in lunghezza che in larghezza. Sopra le loro teste, le case dell'ultimo livello, tra cui quella di Merlino.
Al contrario della piazzetta del mercato e del resto della cittadina sin'ora visitata da Sora, tutto era decadente e malridotto: le belle casette lungo tutto il muro erano mal tenute, alcune persino ridotte in macerie; in certi tratti, la terrazza era crollata e, per terra, vi erano enormi massi ad ostruire il percorso e lunghe travi di legno in bilico.
Per Sora era una visione agghiacciante. Che cosa stava accadendo? Aveva già visto mondi distrutti dall'oscurità o in rovina sempre a causa di quest'ultima, ma quella visione lo rattristava profondamente. Continuava a guardarsi attorno incredulo che il luogo in cui si trovasse fosse proprio Radiant Garden. Riku, invece, che sembrava impassibile a tutto ciò, si limitava ad evitare i grossi ostacoli, guardandosi attorno con poco interesse.
Dalla testa del gruppo arrivò un segnale: Barret faceva cenno agli altri di nascondersi dietro a dei ripari. Non se lo fecero ripetere due volte e, all'ombra di parecchie macerie, prestarono attenzione a ciò che stava accadendo più in là.
Due uomini vestiti di nero ed incappucciati stavano tranquillamente parlando in mezzo alla via. Nel vederli, Axander strinse i pugni. Li aveva riconosciuti.
- Maledizione, addirittura in due girano, adesso - sussurrò.
Dietro di lui Sora e Red attendevano, in costante silenzio.
- Fammi indovinare: tuoi amici? - gli chiese Sora, stringendo il keyblade tra le mani.
- Già - facendogli segno di avvicinarsi. Entrambi si accucciarono, osservando i due uomini in nero.
- Il più alto e "spesso" è Nathan, quello di cui vi ho parlato - disse a bassa voce indicando il gigante con l'ascia dietro la schiena e le braccia incrociate. A vederlo da lontano, sembrava si limitasse ad annuire alle parole del compagno.
- Quell'altro, invece, è Albaran. E' detto il Generale dei Venti, Secondo membro della Legione - spostando l'indice sull'altro, che stava gesticolando qualcosa di incomprensibile.
- Il Secondo? Il numero due, quindi... - sussurrò Sora, cominciando a contare ed arrivando a quattro. - Il numero uno? Non l'abbiamo ancora incontrato, dico bene? -
Axander annuì.
- E spera di non incontrarlo mai -
Dall'altro lato della strada, Leon, Riku e Barret stavano osservando da dietro altre macerie.
Ad un certo punto, agitando cautamente il gunblade, Leon cercò di attirare l'attenzione di Sora e gli altri due, che lo guardarono. Stava indicando loro i due uomini.
Sora prestò nuovamente attenzione, ma non capiva cosa volesse dire.
- Più in basso - disse Red.
Gli altri due abbassarono lo sguardo. Il custode del keyblade sentì il sangue raggelarsi nelle vene. Per terra, attorno ad Albaran e Nathan, dei corpi senza vita di uomini, con indosso dei lunghi mantelli bluastri e delle armature. Accanto a questi, scudi frantumati e lance spezzate.
- Dèi santissimi... - mormorò Axander, scuotendo lievemente il capo. - Hanno ucciso tutti quei soldati... -
Intanto, i due uomini continuavano a parlare tranquillamente, apparentemente ignari di essere spiati.
- E mi raccomando! - esclamò Albaran, battendo l'indice sulla spalla del collega. - Hai la massima fiducia da parte di tutta la Legione! Sai cosa fare -
Nathan annuì e, dopo qualche secondo, Albaran se ne andò per mezzo di una sorta di passaggio oscuro. L'individuo restò fermo per qualche minuto, come se si fosse addormentato in piedi. In seguito, con movimento lento e tranquillo, si voltò in direzione delle macerie.
- Cosa pensavate? Che non vi avessi notato? - proferì a gran voce, scomparendo senza lasciare il tempo agli intrusi di potersi meravigliare per il suo intuito.
- Dov'è finito? - domandò allarmato Sora che, nel frattempo, conscio di essere stato scoperto, si era alzato.
- Tutti giù! - urlò Axander.
Red e Sora si abbassarono di scatto. Una grossa ascia bipenne saettò orizzontalmente sopra le loro teste, andando a fracassare gli ultimi resti del muro dietro al quale si erano nascosti.
- Non uscirete vivi da qui -

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Capitolo 13
*** Capitolo 12: Guai a Radiant Garden, parte 3° ***


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Capitolo 12: Guai a Radiant Garden, parte 3°



Un urlo potentissimo e terribile risuonò nell'aria. La gigantesca ascia stava piombando verticalmente sulla testa di Sora, ma fortunatamente il ragazzo era abbastanza veloce da schivarla con una semplicissima capriola laterale. Alle sue spalle, Sora sentì la terra sbriciolarsi ed andare in frantumi; qualche sassolino lo colpì di striscio.
Tuttavia, l'uomo sembrava non volesse fermarsi. Estratta l'ascia dal terreno, si voltò verso l'eroe del keyblade, il quale non riusciva a capire cosa volesse l'incappucciato.
Dall'altro lato della via, Barret cominciò a sparare contro Nathan, che con grande destrezza, nonostante la stazza, fu in grado di parare e deviare i colpi con la sua enorme arma, facendola roteare davanti a sé.
- Non mi piacciono le interruzioni - brontolò, ergendosi in tutta la sua dirompente statura. - Tantomeno le interruzioni dovute a piccoli insetti come voi -
Lanciò, dunque, un fischio acuto e, in pochi attimi, davanti a lui comparirono degli Heartless. Questi avevano dimensioni umane ed indossavano una leggera corazza nera ed un elmo chiuso, dal quale si potevano intravedere i soliti occhietti gialli, brillanti ed inespressivi. In mano avevano un'ascia, esattamente come colui che li stava comandando.
Nathan tese il braccio destro in avanti, in direzione di Leon, Barret, Riku e Red che era riuscito a raggiungerli sfuggendo miracolosamente.
- Occupatevi di loro - ordinò il membro della Legione.
Gli Heartless eseguirono immediatamente; essi si schierano sempre dalla parte del più forte e, in quelle circostanze, avevano visto giusto.
Erano in tutto una cinquantina circa. Partirono in avanti con moderata velocità.
- Che stiamo aspettando?! - urlò Barret, caricando il suo mitragliatore. - Facciamoli neri! Anzi... Ancora più neri! -
Barret partì alla carica, seguito a ruota da Red, e in pochi secondi lo scontro cominciò.
Da una parte, l'uomo e il suo fidato compagno quadrupede; il primo continuava incessantemente a sparare e, sotto i suoi colpi, molti Heartless di dissolvevano rapidamente in un alone scuro. Il secondo, invece, li assaliva, caricandoli dal basso oppure prendendoli alle spalle con i suoi letali artigli.
Dall'altro lato, vicino alle macerie, Leon e Riku erano circondati, ma tutt'altro che in difficoltà. Con fendenti letali e montanti ben piazzati, avevano già distrutto una bella fetta dello squadrone di Heartless, tanto che il possessore del keyblade era riuscito ad aprirsi un varco per continuare a sfoltirli.
Sora si trovava nella situazione peggiore. Restando in posizione di guardia, dato che gli Heartless non ci occupavano di lui, si era permesso di dar loro le spalle. Innanzi a sé, Nathan se ne stava immobile, tenendo la sua grossa ascia appoggiata sulla spalla e osservando il lavoro che stavano compiendo le oscure creature.
Stava sorridendo, ma nessuno lo poteva notare, poiché il cappuccio gli copriva gli occhi e oscurava il volto per intero. Sora non si era ancora reso conto che l'attenzione del Guerriero era rivolta verso lui e il suo keyblade.
- La Chiave - pronunciò ridendo. - E' mia! La voglio! - urlò all'improvviso, scattando in avanti con un solo e possente balzo.
Reggendo la grande lama sopra la sua testa, la calò nuovamente. E questa, più si avvicinava a Sora, più diventava grande, lenta ed inesorabilmente fatale.
Sora, però, alzò il keyblade davanti a sé orizzontalmente, a qualche centimetro dal suo volto. Chiuse gli occhi. Forse per prepararsi all'impatto, forse per evitare che il gran polverone che si era sollevato gli irritasse la vista. Forse per paura.
Fu così che le parole di Grelwan, sulla spiaggia della sua Isola, gli tornarono alla mente, rimbombando come un'eco maligno.

"Sì, la paura ci dona forza... Riusciamo ad incutere timore anche ai cuori più forti, lo sapevi? E' normale, d'altronde... Voi siete umani, la paura è una vostra grande debolezza... E' insita in ognuno di voi..."

Le stesse parole che aveva udito in lontananza prima della scomparsa di Kairi.
Un colpo fece sobbalzare il Custode. Sentiva che stava scivolando all'indietro, a tratti. Decise di riaprire gli occhi e ciò che vide non lo rassicurava affatto.
L'imponente sagoma di Nathan era chinata in avanti, su di lui, e stava facendo pressione sul keyblade, con tutta la forza che aveva.
Ad un certo punto si sentì uno stridìo, come di unghie che graffiano una lavagna in tutta la sua lunghezza: la lama dell'ascia stava graffiando il keyblade, provocando piccole ed impercettibili scintille.
"Sta... Sta scalfendo... Il keyblade...!"
Sora era al limite. Non riusciva a trattenete la forza del gigante, grande più del doppio del ragazzo. Abbassò la testa, cercando di oppore una tenace ed alquanto inutile resistenza, per quanto gli fosse possibile. Poi, all'improvviso, sentì che la spinta era cessata di botto. Sora cadde in avanti, ma si rialzò subito.
Poco distante, vide un uomo molto alto, dai lunghi capelli di un nero intenso. Alcuni di essi ricadevano sugli occhi, quegli occhi gelidi, come quelli di Axander e Grelwan.
Nathan, oramai a volto scoperto, si spostò con destrezza, come per evitare qualcosa. Infatti, dall'altro lato, Axander lo stava attaccando con tanta rapidità che sembrava non toccasse nemmeno il suolo.
Sora lo osservò meglio e notò un particolare, appena il suo amico si fermò per qualche istante: all'altezza delle sue spalle, due lunghe alabarde ruotavano a scatti, sospese per aria. Sembravano completamente indipendenti all'autorità del padrone, eppure gli stavano vicino, fungendo sia da arma offensiva che da arma difensiva. Nel vederlo, gli tornarono alla mente quelle volte che era riuscito a fondersi con Paperino e Pippo nella fusione Finale.
Ma non era tempo per pensare ai vecchi tempi, neanche per un secondo. Dopo essersi guardato velocemente attorno, Sora si avventò su un gruppetto di Heartless, cominciando a colpirli con durissime combo.

- Sporco traditore! -
Axander si abbassò per evitare che l'ascia, roteante, lo colpisse in pieno.
- Non sono io il traditore -
Le sue due armi saettarono in avanti, assieme a lui, cercando di colpire con ripetuti fendenti il nemico. Ciononostante, sembrava del tutto inutile; Nathan non si spostava di una virgola. Restava impassibile, facendo ruotare l'ascia come un'elica, parando così tutti gli attacchi.
- Sei così insulso, fratello! - esclamò.
Il Guerriero della Roccia balzò all'indietro, caricando un colpo tremendo. Scaricò poi a terra la potenza della sua ascia, aprendo profonde crepe nella pavimentazione e facendo tremare gli edifici circostanti.
Axander saltò in alto, rifugiandosi su un tetto. Compiendo degli strani gesti con le mani, le due alabarde, gli si pararono davanti, continuando a ruotare come due eliche, analogamente all'arma del nemico.
- Firaga! - urlò tutt'a un tratto Axander.
Dal centro di rotazione delle due assi si crearono due turbini infuocati che, incrociandosi, puntavano dritti sul Guerriero a terra.
- Folle! - sogghignò l'altro. - Come puoi pensare che il fuoco scalfisca la roccia! -
Senza muovere un muscolo, Nathan rimase ad osservare il turbine avvicinarsi. Un muro di pietra, a quel punto, si alzò a pochi centimetri dal suo corpo, proteggendolo completamente, sino all'esaurimento delle fiamme. Tutto ciò avvenne assai rapidamente.
- Perché ti ostini ad aiutarli? Lo sai che non c'è speranza per coloro che osano ostacolarci! -
- Taci! - replicò Axander, visibilmente irritato.
Scese a terra, lanciando un globo infuocato sempre contro l'avversario. Costui, ancora una volta, non si mosse. Un altro muro si innalzò con tempismo perfetto e la vampata si dissolse nuovamente.
- Non lo avete ancora capito? - continuò Nathan, mentre la barriera calava, tornando a fondersi col terreno. - Non avete possibilità contro di noi! Fortunatamente non tutti sono testardi come voi e qualcuno ha deciso di schierarsi dalla nostra parte -
- Chi mai potrebbe essere così pazzo? -
- Pazzo? Direi più che altro saggio. L'unico pazzo, qui, sei tu! - sbottò Nathan, caricando il fratello con una spallata.
Axander cadde a terra, travolto. Disteso sul freddo viale di nuda roccia osservò il fratello avvicinarsi.
- Salutami il Creatore! - sghignazzò l'avversario, calando la sua imponente arma sul presunto sconfitto.
Essa, tuttavia, trovò ostacolo nelle due alabarde, le quali accorsero in aiuto del loro custode, e rimbalzò, facendo indietreggiare di qualche passo il gigante a causa del contraccolpo subito. Nathan non voleva, però, cedere e continuò a colpire la difesa del fratello, ma senza alcun risultato. Dai continui impatti schizzarono via solamente scintille e schegge di metallo.
Senza sforzarsi, Axander si rialzò e impugnò al volo le sue armi, proprio mentre Nathan stava abbassando la guardia. Lo colpì, con un doppio montante, facendolo rovinare al suolo.
Il Guardiano delle Fiamme si avvicinò al fratello, puntandogli alla gola le due lame. Stavolta, i ruoli si erano invertiti.
In risposta a ciò, Nathan si mise a ridere.
- Trovi qualcosa di divertente nella tua morte? - domandò Axander.
Non ricevette alcuna replica. Lentamente, il Guerriero della Roccia scomparve in un alone nero, sotto gli occhi del momentaneo vincitore.
Axander imprecò a bassa voce, continuando a fissare il terreno. Fu assalito dalla rabbia. Molta rabbia.
- Salve, Axander - irruppe una voce.
Il ragazzo alzò lo sguardo, avendo udito anche dei passi farsi sempre più vicini. Non capì subito cosa stava accadendo.
- Einar? -
Il giovane con la giacca rossa e gli occhiali stava proprio dinanzi a lui, scrutandolo con occhi spenti, quasi dispiaciuti.
- Non doveva andare così, Axander - esordì con voce calma. - Se solo tu fossi tornato coi tuoi fratelli... Io ora non mi troverei in questa situazione -
- Che cosa...? - fece incredulo l'altro.
- Vedi, a volte bisogna fare dei sacrifici per raggiungere delle mete ambite. Spero tu possa perdonarmi -
Axander non ebbe il tempo di ribattere che Einar era già scomparso.
Alle sue spalle, ad un tratto, udì un rumore metallico: Sora aveva appena distrutto l'ultimo Heartless che, vigliaccamente, stava per attaccare di sopresa il Guardiano ancora distratto.
- Sora! -
- Andiamo, non c'è più tempo! - gli disse il Custode, facendo cenno di seguirlo. - Leon e gli altri stanno già richiudendo le porte! Dobbiamo fare in fretta! -
Entrambi si diressero verso l'uscita del livello, ritornando al borgo, dove ad attenderli c'erano tutti gli altri. Una volta chiuse le porte, corsero tutti verso casa di Merlino e, ben presto, se ne scoprì il motivo: altri Heartless stavano arrivando.

- Sei ostinato -
Einar alzò lo sguardo. Era appoggiato ad un muro crollato, con le braccia incrociate. Si stava riposando in una qualche zona imprecisata della cittadina.
- Che vuoi, vecchio? - domandò poco educatamente all'avventore che lo aveva apostrofato.
- Questo spiega tutto - rise a voce bassa il nuovo arrivato. - Buone maniere... Zero! -
Una strana figura ricurva, avvolta in un logoro mantello, teneva un bastone bianco, per non fare fatica nel suo lento zoppiccare.
- Tu non dovresti neanche essere qui, per prima cosa. Tornatene a casa, a raccontare quelle assurde storielle, come hai sempre fatto -
Difatti, quell'anziano viandante non era altri che colui che se ne stava sempre a raccontare storie e leggende in varie piazze di una città sconosciuta. Einar lo aveva già notato un po' di volte, ma lo trovava noioso e patetico.
- Ah, ma allora non sbagliavo quando vedevo qualcuno che ti assomigliava in lontananza... Eri proprio tu... -
Il vecchio rimase lì impalato dov'era, a fissare Einar, il quale ricambiava lo sguardo, con aria seccata.
- Sparisci - disse il Nessuno, infine. - I tuoi giorni sono trascorsi, ormai; va e decidi cosa fare delle tue ultime ore. Basta che stai lontano da me -
- Solamente uno stupido - disse il vecchio. - Avrebbe potuto seguire un altro stupido. Stai attento a chi stai voltando le spalle, sciocco! -
E detto ciò, se ne andò, svanendo sotto gli occhi di Einar. Scuotendo la testa, il giovane aprì a sua volta un passaggio nell'oscurità, con la mano tesa verso un muro.
- Ormai sei solo un ricordo - disse mentre varcava il portale. - Con te non voglio più avere niente a che fare. Proprio come accadde con Xemnas... Sei solo un ricordo -

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Capitolo 14
*** Capitolo 13: In movimento ***


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Capitolo 13: In movimento



- Idiota! Doppiamente idiota! Persino un bambino avrebbe fatto meglio di te! -
Gli insulti si susseguivano, assordanti come non mai.
- Come ti permetti! Chiudi quella bocca o mi vedo costretto a tappartela io con la forza! -
Una tavolata circolare era posta verso la fine del grande salone bianco. Cinque sedie erano disposte lungo tutto il perimetro, ma più che sedie sembravano dei seggi reali, sui quali potevano sedersi solo grandi imperatori o potenti conquistatori. Conquistatori di mondi. Questo era il luogo dove i cinque della Legione Nera erano soliti ritrovarsi per discutere su faccende della massima importanza. Ma ora erano solo in quattro. I cinque scranni sui quali sedevano, erano diversi l'uno dall'altro.
Il primo, costituito da intera roccia, pareva il più grande e imponente. Non era stato lavorato molto e presentava ancora una forma piuttosto grezza, più simile a quelle dei massi visibili in natura. Tuttavia, lungo il margine, si notavano degli scintillii povocati da tre splendenti e allungati smeraldi, riflettenti la luce che il salone emanava dalle sue nivee pareti.
Il secondo seggio era interamente ricoperto di ghiaccio perenne, molto ben intagliato. Sullo schienale sembravano essere ricamate le onde dell'oceano e in cima ad esso spuntava una sorta di piccolo tridente, su cui erano incastonati tre grossi zaffiri.
Il terzo, l'unico vuoto, risultava, forse il più decorato, il più particolareggiato. Il materiale era sconosciuto ai più, dato che prendeva fuoco all'improvviso qualora il suo legittimo proprietario si fosse trovato nelle vicinanze. Lo schienale terminava con una forma triangolare, e su ognuno degli spigoli appariva un infuocato e meraviglioso rubino rosso.
Il quarto non si vedeva. Era composto da diverse correnti d'aria, ognuna che tirava verso una determinata direzione, andando così a formare i lineamenti del seggio. Quindi, sospesi a mezz'aria si intravedevano tre diamanti, l'uno accanto all'altro.
Infine, l'ultimo trono, il più regale di tutti, era completamente bianco. La forma era quella basica, di ciascuna sedia, ma aveva come una strana aura mistica che lo avvolgeva, donandogli un senso di aulico. Lo schienale era tondeggiante, ma molto alto, e sulla sommità si trovavano tre piccole croci latine costituite di solo mithril, il materiale più raro e resistente che esisteva.
- Ma cosa vorresti tappare? Non sei stato neanche in grado di uccidere un moccioso! -
Grelwan e Nathan stavano discutendo animatamente. Albaran, invece, sembrava stesse schiacciando un pisolino, date le braccia incrociate e il capo chino. In realtà era vigile e ascoltava tutto, profondamente stizzito dall'infantile atteggiamento dei fratelli. Ilfrien, d'altro canto, se ne stava in silenzio ad osservarli, composto solo come un grande signore poteva esserlo. Al suo fianco, in piedi, Einar, anch'egli silenzioso, che assisteva interessato.
- Ah, sì? Vediamo se però riesco ad ammazzare te! -
Nathan afferrò allora la sua ascia e la scagliò alla massima velocità contro il fratello istigatore, che riuscì, nonostante tutto, a congelarla mentre era ancora in volo e a farla cadere sul tavolo, senza causare alcun danno.
- Non sono ammessi questi comportamenti, qui - disse d'un tratto Albaran.
- Ma di cosa t'impicci, tu? Sempre a dormire e a fare i tuoi comodi - commentò acidamente Grelwan; al che, Albaran gli lanciò un'occhiata di fuoco da sotto il cappuccio.
- Come osi...? -
- Per favore, signori, un pò di contegno - intervenne sospirando Ilfrien.
Il silenzio calò tutt'intorno. I tre tacquero.
- Perché litigare su queste sciocchezze, mi chiedo. Non vedo dov'è il problema -
- Il problema è, caro fratello, che questi due sono delle nullità assolute - rispose Grelwan indicando gli altri due.
- Questo è troppo! - sbottò Nathan, stringendo i pugni.
Albaran rimase in silenzio.
- Piano, piano. Per prima cosa tranquillizzatevi. Poi, veniamo al dunque. Qualche mossa falsa, è vero, ma nulla di grave in fondo - fece Ilfrien, voltandosi in seguito verso Einar e sussurrandogli qualcosa sottovoce. - Ti dispiace lasciarci solo per un attimo? Dobbiamo parlare -
- Certo, nessun problema - annuì il Nessuno.
Prese ad incamminarsi verso il portone d'uscita, oltrepassando la tavolata e attirandosi gli sguardi dei presenti, che lo seguirono finché non uscì.
Richiudendosi i battenti alle spalle, Einar tornò ad udire nuovamente le voci dei quattro fratelli. Cominciò a scendere le scale, con le mani infilate in tasca, dirigendosi ai piani più bassi della fortezza.

- Stai bene? -
- Uh...? Cosa... Dove mi trovo? -
- Sono felice che ti sia svegliata, inziavo ad essere preoccupata - disse sorridendo una giovane ragazza dai lunghi capelli castani. - E' da un bel po' che stavi dormendo. Temevo non sti svegliassi più -
Kairi si alzò lentamente, mettendosi a sedere sul bordo del letto. Si guardò attorno, intimorita da quel luogo. Tutto era bianco, dal pavimento al letto, dal lampadario al davanzale della finestra.
- Chi sei? - domandò d'istinto a colei che aveva di fronte.
- Piacere, il mio nome è Elen - si presentò l'altra. - Tu come ti chiami? -
- K-Kairi... - rispose la ragazza, colta da un filo di incertezza.
Dopodiché, si voltò ad osservare la finestra, alzandosi, per andare a guardare fuori. Una volta affacciatasi, sentì un vento gelido pungergli il volto. Subito richiuse le ante, restando a fissare le nuvole che passavano lì vicino.
- Devi stare attenta, siamo a molte miglia da terra - le fece notare Elen.
- A molte miglia...? - ripeté Kairi, confusa.
- Sì, questa è una fortezza volante - aggiunse qualcun'altro.
Le due ragazze si girarono soprassalendo e videro che era appena entrato Einar.
Subito, Elen si rabbuiò, cominciando già a dirigersi verso la sua stanza accanto. Sorrise a Kairi, poco prima di chiudere la porta. Kairi, sempre più confusa, fissò lo strano ragazzo che aveva a pochi passi.
- Tu chi sei? - chiese anche a lui.
- Oh, già - disse Einar, mortificato. - Scusami, il mio nome è Einar - si scusò, sorridente, mentre tendeva una mano a Kairi.
Lei, però, non fece altrettanto, quasi avesse intuito che quel tale non doveva essere un suo amico. Il suo sguardo rimase fisso sul volto del giovane.
- Kairi - proferì semplicemente.
- Kairi... Che bel nome - continuò il Nessuno, cominciando a passeggiare tranquillamente. - E da dove vieni? -
- Perché quella ragazza, appena ti ha visto, se n'è andata? - cambiò discorso Kairi.
- Affari personali - replicò l'altro, bruscamente. - Comunque non mi hai risposto. Conosci per caso un tale Axander, vero? -
Kairi non rispose. Restò in piedi, immobile, a guardare quello sconosciuto. Sentiva dentro di sé che era meglio stare alla larga da quell'individuo e non avere nulla a che fare con lui. Tuttavia, l'ultima domanda, l'aveva colta alla sprovvista. Avrebbe tanto voluto rispondere, ma non sapeva a cosa stesse realmente puntando Einar.
I secondi passarono, interminabili e silenziosi.
- Loquace - commentò, infine, il Nessuno, a bassa voce. - Credo che dopo un po' di giorni qui, ti tornerà la voglia di parlare. Buona giornata - concluse, andandosene come se nulla fosse.
Kairi, a quel punto, andò a sedersi sul letto. Era preoccupata. E aveva paura. Non sapeva di cosa, ma aveva paura.
- Sora... Dove sei? -

- Siamo davvero sicuri che il portone reggerà? - domandò Axander.
- Fidati, è sotto un potente incantesimo di Merlino. Nessun Heartless oserà varcarlo, a meno che non voglia porre fine alla sua inutile esistenza - rispose Leon.
Era passato un giorno. I sei amici se ne stavano nelle vicinanze dell'abitazione del mago, per controllare che tutto fosse in ordine. Dopo qualche minuto, si ritrovarono al piccolo cortile, pronti a rincasare. Tuttavia, qualcosa attirò l'attenzione di Sora. Dei rumori provenienti dal vicolo.
- Ehilà Sora! -
- Il Re! - esclamò il Custode del keyblade, vedendo arrivare Topolino, assieme a Paperino e Pippo.
- Finalmente, pensavamo che non sareste mai riusciti ad arrivare - affermò Axander.
- Ci è mancato poco! E' quasi impossibile atterrare senza essere notati dagli Heartless - commentò Paperino.
- Heartless? - chiese Sora. - Stai dicendo che... -
- Sì, una vastissima flotta di navi Heartless sta per giungere qui a Radiant Garden! Siamo corsi qui ad avvertirvi appena siamo atterrati! - disse Topolino. - Purtroppo siamo arrivati senza non troppi travagli -
- La nostra gummiship è pure andata distrutta - aggiunse Pippo, un tantino demoralizzato. - Appena abbiamo messo piede a terra è stata presa di mira dal nemico -
I presenti rimasero sgomenti al sentire quelle parole. Una flotta di navi Heartless stava per piombare su quel mondo. Sembrava una cosa assurda, qualcosa di inconcepibile. Eppure era così. Non vi era più via di scampo da Radiant Garden. Erano intrappolati lì, costretti a resistere.
Lentamente, l'ambiente inizò ad oscurarsi.
- Lassù! - urlò Barret, indicando il cielo.
Gli astanti alzarono i loro sguardi. Merlino e Cid uscirono di casa, attirati dalla confusione creatasi.
- Santi numi! - esclamò il mago, sistemandosi il cappello che stava per cascare.
Tantissime gummiship che portavano il sigillo di un cuore oscurato stavano cominciando a scendere in massa, come tante piccole nuvole nere. Erano decisamente più di un centinaio.
- E' terribile. Come possiamo fermarle? - disse Riku, voltandosi verso il Re.
- Non ne ho idea. So solo che non siamo gli unici in questa situazione. Altre gummiship sono partite verso varie direzioni, probabilmente per attaccare altri mondi - rispose Topolino.
Cid rimase in silenzio. In seguito, togliendosi il bastoncino che teneva in bocca, si rivolse ai compagni.
- Venite dentro, abbiamo finito la macchina! Sarà il caso di sperimentarla visto che quei maledetti Heartless stanno per arrivare - disse l'uomo, sfregandosi il naso.
Nessuno sentenziò e tutti entrarono nell'abitazione, senza avere la benché minima idea di cosa stesse parlando.
- Buongiorno, Vostra Maestà - salutò lo sconosciuto che aveva aiutato Cid, non appena il gruppo fece il suo rientro in casa.
- Che sorpresa, Archimede, che cosa ci fai qui? -
Un individuo alto, magrolino, si palesò al cospetto del sovrano. Indossava una maglia rossa e un gilet nero, e, in testa, portava un cappellino verde.
- Oh, è una lunga storia, Vostra Maestà... Alcuni impegni e varie altre situazioni mi hanno portato a Radiant Garden in questo pessimo momento... Ma non vi preoccupate! Piuttosto, dobbiamo occuparci di voi, Vostra Maestà! Seguitemi - disse, rivolto anche a Sora e al resto della compagnia.
Giunsero davanti al misterioso macchinario che avevano notato il giorno prima e che, finalmente, sembrava ultimato.
- Vi presento... Ehm... A dir la verità non ho ancora deciso il nome... Che ne dite di "Portale Interplanetario"? -
Barret e Red, intanto, erano rimasti alla porta, controllando i dintorni all'esterno.
- Beh, sentite, non so voi, ma io non ci sto a squagliarmela come un vile e a lasciar fare i loro sporchi comodi a questi Heartless. Io e Red abbiamo deciso di rimanere, vediamo quanti di loro riusciranno a oltrepassarci! -
Detto ciò, caricò la sua arma e uscì, seguito dall'amico.
- Quella testaccia dura... - commentò Leon, scuotendo il capo. - ... Ha perfettamente ragione. Non lo lascio solo, vado anche io. Abbiamo perso il nostro mondo già una volta e non lascerò che si ripeta di nuovo -
Axander sorrise, sentendo le affermazioni di Leon e Barret. Appoggiando una mano sulla spalla di Sora, pensò che era arrivato anche per lui il momento di separarsi.
- Vedete di trovare Kairi e Elen. Conto su di voi -
Sora si voltò, con espressione stranita.
- Che cosa vuoi dire? Abbiamo bisogno del tuo aiuto, non puoi andartene -
- Sono sicuro che ve la caverete anche senza di me... Buona fortuna -
- Aspetta! Non... - provò a fermarlo Sora.
Ma era troppo tardi. Scambiatisi uno sguardo di intesa, Axander e Leon erano usciti dalla casa, scomparendo verso il borgo.
- Non ti preoccupare, Sora - lo consolò Riku. - Torneremo a dargli una mano appena le avremo ritrovate -
Un sorriso si dipinse sul volto del ragazzo. Gli altri tre si avvicinarono.
- Questa volta ci saremo anche noi - disse Topolino, lanciando un'occhiata a Riku.
- Yuk, Sora sei pronto a partire? - gli chiese Pippo. - Non temere, ci siamo noi a darti il nostro appoggio, come sempre -
- Certo - annuì Sora, mettendo una mano davanti a sé.
Paperino si avvicinò e mise la sua sopra a quella del ragazzo e lo stesso fece Pippo. Tutti e tre erano nuovamente pronti a partire, proprio come all'inizio del loro primo viaggio. Questa volta, perlopiù, altre due mani si aggiunsero, quella del Re e di Riku.
- Avanti, vediamo di salvare i mondi per un'ultima volta! -

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Capitolo 15
*** Capitolo 14: Primi problemi in viaggio ***


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Capitolo 14: Primi problemi in viaggio




- Scusate se vi disturbo ancora, ma adesso sarà meglio prepararsi - esordì Archimede, avvicinandosi al gruppetto. - Da quanto è emerso da quello che ho sentito l'ultima volta dal vostro amico... Ehm.. -
- Axander - precisò Riku, vedendo l'inventore in difficoltà.
- Sì, lui... State cercando un mondo in particolare. Avete già qualche idea? -
Scuotendo la testa, gli altri gli diedero una risposta negativa. In effetti, neanche uno di loro aveva minimamente pensato alla destinazione successiva.
- Eh... Già... Dunque, questo macchinario di nostra invenzione permette un passaggio istantaneo da un mondo ad un altro, senza bisogno di utilizzare alcuna gummiship. Questo è un bene, data la situazione in cui ci troviamo e la mancanza di tempo. Dimezzeremo i tempi di passaggio da un mondo all'altro - spiegò Archimede. - Una volta trovato un mondo sarà opportuno sigillarne la serratura... -
- Di nuovo? - domandò Sora.
- Purtroppo sì. Pare che ogni mondo abbia subito una sorta di potente incantesimo atto a togliere il sigillo posto dal keyblade. Così facendo, gli Heartless hanno nuovamente via libera per qualunque angolo della galassia - rispose Archimede. - Come dicevo, arrivati in un mondo dovrete chiudere la serratura e solo a quel punto potrete partire verso un altra destinazione. Il Portale Interplanetario funziona tramite una reazione che si verifica nel preciso istante in cui una serratura viene chiusa -
Sora fece per parlare, ma l'inventore alzò una mano immediatamente.
- Lasciami finire. Con ogni probabilità... - avvicinandosi ad una lavagna e mostrando una serie di disegni e di calcoli alquanto complessi. - ... Ogni passaggio appare accanto alla serratura bloccata, è chiaro adesso? Non dovrete fare altro che passare da un posto ad un altro, sigillando le serrature, finchè non avrete trovato il posto che vi interessa. Il Portale è stato adattato in modo da avere un'intelligenza propria e anche un cuore, se la mettiamo su questi termini. E' stato un lavoro colossale, ma credo ne sia valsa la pena -
- Grazie Archimede, hai avuto un'ottima idea! - affermò entusiasta Topolino. - Un lavoro davvero colossale... -
- Ora, se non vi disturbo, vi pregherei di avvicinarvi, mettendovi sotto ad esso - aggiunse l'inventore, indicando alla compagnia il macchinario.
Sora e i suoi amici eseguirono, posizionandosi sotto quello che sembrava un'enorme ombrello. Archimede, intanto, si era avvicinato al computer, inserendo dei dati e preparando tutto il resto.
Cid e Merlino rimasero ad osservare.
- Sora, ho qualcosa per te - disse ad un certo punto il mago, agitando la bacchetta.
Un fascio di luce uscì dalla punta dell'oggetto, andando a investire gli abiti da viaggio del Custode del keyblade.
- Non avrai creduto davvero che l'incantesimo delle tre fate buone sarebbe durato per sempre? Ora ho ricaricato i tuoi vestiti, potenziandoli, addirittura. Tant'è che adesso ti ho appena consegnato tutti i sigilli per le fusioni -
- Wow... - fece Sora, contemplando i vestiti come se si fosse appena cambiato. - Grazie infinite Merlino -
- Ehi, questo invece è da parte di noi altri - disse a sua volta Cid, lanciando qualcosa a Sora.
- Che cos'è? - domandò il ragazzo, senza riuscire ad ottenere una risposta in tempo.
- Partenza! - annunciò Archimede, premendo un pulsante.
Il macchinario sopra le loro teste si illuminò, proiettando una luce molto intensa che invase tutta la stanza. I presenti si coprirono gli occhi, abbagliati dai raggi. Il motore centrale cominciò a partire con un rumore che si faceva sempre più forte. Lentamente, la luce cominciò a spegnersi e il rumore a cessare. Merlino, Cid e Archimede guardarono in direzione del portale.
Non c'era più traccia di Sora, Riku, il Re, Paperino e Pippo.

- Questo posto ha qualcosa di familiare - disse Sora.
- Già, anche io ho l'impressione di esserci già stato - affermò Paperino.
- Gawrsh, ma noi ci siamo già stati qui. Sembra tanto il regno dell'oscurità! - esclamò Pippo.
Riku e il Re si guardarono attorno. Tutto era immerso nell'oscurità più assoluta. Un pesante silenzio aleggiava nell'aria. Tuttavia, nonostante il buio, ci si riusciva a riconoscere facilmente, come se ogni compagno brillasse di una luce propria.
- No, non è possibile! - fece Sora. - Vuoi dire che il portale non ha funzionato? - chiese poi a Pippo, con una nota di disperazione.
- Fermi tutti! Avevamo previsto una cosa del genere! - esclamò una voce fuori campo.
- Chi è stato? - irruppe Topolino, allarmato. -Chi è là? -
- Sono io vostra maestà, Archimede! Vi sto parlando tramite il congegno che Cid ha lanciato a Sora poco prima di partire -
Sora si mise una mano in tasca, estraendo quello che sembrava un orologio a cipollotto. Ci diede qualche colpetto con l'indice per capire come funzionasse.
- Sora, premi il tasto in alto -
- Quale, questo? -
- Sì, ecco... Ora dovreste sentirmi meglio! Secondo i miei calcoli siete finiti in un luogo imprecisato, totalmente fuori dalle mappe. Il genere di inconveniente che volevo evitare... Provate a cercare una porta davanti a voi, dovrebbe essercene una particolarmente luminosa -
- Spiacente, Archi, ma qua non si vede proprio niente - commentò Pippo.
- Tiraci fuori di qui!!! - urlò Paperino.
- I keyblade non fanno nulla? Intendo... Nessuna reazione? - continuò Archimede, ignorando gli schiamazzi del papero.
In mano a Sora comparve subito la Catena Regale, accompagnata da un forte bagliore.
Poco più avanti, dalle tenebre, stava emergendo una grande porta bianca. Pian piano, essa si spalancò, finò ad aprirsi completamente. All'interno si vedeva solo un fascio di luce molto intenso che abbagliava al contatto con gli occhi.
- Ecco la porta, andiamo! - esclamò frettolosamente Riku.
Con decisione corse verso il fascio di luce, saltandoci dentro e scomparendo alla vista degli amici.
- Aspetta, Riku! - urlò Sora.
Contemporaneamente, il Re si era gettato all'inseguimento di Riku e finì anch'egli per oltrepassare la soglia.
- Vostra Maestà! - urlarono Paperino e Pippo.
A quel punto, la porta cominciò lentamente a richiudersi. Sora si gettò in avanti con uno scatto, afferrando il bordo della porta e tirando più che poteva. Paperino e Pippo gli arrivarono da dietro, afferrandolo alla vita e tirando a loro volta.
- Non lasciamo che si chiudi! -
Ma le parole del giovane furono vane. Non riuscirono ad impedire la chiusura dell'unica via di fuga, che scomparve nelle tenebre, così come era apparsa.
- No... No! Riku! Vostra Maestà! - cominciò a chiamare Sora.
Ma nessuna voce rispondeva.
- Sora... - si avvicinò Paperino, con aria triste.
- Se ne sono andati - disse Pippo, del medesimo umore.
A quel punto, Sora cominciò a guardarsi freneticamente attorno; non voleva darsi pace. Doveva trovare Riku e il Re, esattamente come era successo molto tempo prima. Non sopportava il fatto che gli eventi stavano riprendendo quella brutta piega. Non sopportava quegli stupidi scherzi din un destino oramai diventato monotono.
- Hai smarrito la via... -
Sora si bloccò.
- ... Ma non temere... -
Paperino e Pippo lo affiancarono, non capendo da dove potesse provenire quella voce che anche loro udivano
- Archimede, sei tu? - chiese con un filo di voce il papero.
Silenzio.
- ... Essa non è perduta del tutto... -
Una voce debole, quasi un sussurro. Una strana sensasione colse i tre. Era come se la sentissero e non la sentissero allo stesso tempo. Ad un certo punto, si materializzò una seconda porta bianca, identica alla precedente. E come quella di prima, si aprì anche questa.
- ... Hai ancora una possibilità... -
Il trio si avvicinò, senza fiatare, alla porta, sino a giungere a pochi centimetri da essa
- ... Non la sprecare... -
Con piccoli passi, si avvicinarono sempre di più. In breve, i loro volti furono completamente sommersi da nivei raggi provenienti da un luogo indefinito.
Avevano pressoché oltrepassato il limite, dove l'oscurità diventa luce, chee la porta cominciò a chiudersi alle loro spalle. Si fermarono e la guardarono mentre bloccava il passaggio dietro di loro. Con un rumore sordo, chiuse del tutto i battenti e i tre amici ritornarono nell'oscurità.
Stavolta non vedevano più nulla.
- ... Non agitarti... -
Sotto i loro piedi, il terreno cominciò a mancare e iniziarono a precipitare improvvisamente.
- Che cosa sta succedendo? - gridò Paperino.
- Non lo so! - urlò a sua volta Sora.
- ... Lascia che sia il cuore a guidarti... -
Si zittirono nuovamente quando videro che una luce, in fondo, si stava facendo sempre più vicina. Man mano che gli andavano incontro, si ingrandiva e si intensificava.
- ... L'arma più forte che tu possegga... -
Sora sentì un leggero venticello accarezzargli il viso. Chiuse gli occhi, sorridendo.

- Un cuore -
- Come? -
- Un cuore - ripetè Ilfrien.
Sedeva solitario, sul suo alto seggio, a contemplare il nulla. Come sempre. Davanti a lui Einar, che lo fissava.
- Quel Xemnas la sapeva lunga. O meglio, gli appunti che ho trovato la sapevano lunga... Sono convinto che, quando era ancora in vita, sia stato un grande - commentò il Signore delle Tempeste, massaggiandosi il mento.
- Sì, un grande stupido - puntualizzò Einar.
Ilfrien rise.
- Suvvia. Ha scoperto cose di cui persino io ignoravo l'esistenza. Peccato fosse solo un Nessuno... Magari quando era ancora normale... -
- Hai qualche pregiudizio sui Nessuno? - lo fulminò Einar.
- E anche se fosse? - ribatté l'altro, con espressione grave.
Einar si zittì, convenendo che non era il caso di sollevare un polverone per simili bazzecole.
- Ha avuto tra le sue mani un enorme potere, e ne ha sfruttato solamente una piccolissima parte - specificò Ilfrien, accostando il pollice e l'indice della mano destra, per rendere l'idea. - Ma io non commetterò lo stesso errore -
Einar schioccò le dita, come a voler attirare l'attenzione del suo interlocutore.
- Vado a farmi un giro - lo avvertì, scomparendo.
Se ne andò velocemente, lasciando solo il Signore delle Tempeste. Solo, a riflettere. Su che cosa, nessuno sarebbe stato in grado di dirlo con certezza.

Sora si alzò da terra. Era finito disteso in mezzo ad una piccola radura. Tutt'attorno solo alberi. Poco distanti, stavano Paperino e Pippo, in piedi a discutere.
- Ehi, che cosa state facendo? -
- Stiamo cercando di capire in che posto siamo finiti - disse Paperino.
Pippo si grattò il capo, cercando di riflettere.
- Una foresta, non vedo altro... In quali mondi che abbiamo visitato c'era una foresta? - ragionò Sora.
- Beh, vediamo.... Troppo verde per essere quella della Città di Halloween - disse Pippo.
- La Terra dei Dragoni? La Giungla? Le Terre del Branco? - continuò ad elencare Paperino.
- No. Decisamente no - concluse Sora. - Sarà un posto nuovo. Facciamo un giro invece di starcene qui impalati. Può darsi che riusciremo a trovare Riku o il Re... -
- Saggia decisione - constatò Pippo.
Tutti e tre si misero in marcia, verso l'uscita della radura e si addentrarono nella foresta, ignari però che qualcuno li stava spiando di nascosto. Da dietro un albero, infatti, fece capolineo la sagoma di un uomo vestito di nero.
- Non lascerò che mandino a monte i miei piani. Non ora... -
 

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Capitolo 16
*** Capitolo 15: La Foresta di Sherwood ***


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Capitolo 15: La Foresta di Sherwood



- Allora? -
- E che cosa ricevo in cambio io? -
Immersi nella più totale oscurità di una delle sale più anguste del castello, due individui stavano discutendo di affari. Uno di essi era alto e tenebroso, mentre l'altro era più basso e recava una corona sul capo.
- Oro. Molto oro. So che non sei tipo che rifiuterebbe un'offerta in denaro quindi... -
Albaran schioccò le dita, facendo apparire davanti a sè quattro sacchi stracolmi di gemme, pietre preziose e monete d'oro.
- Ti bastano? - domandò, con tono distaccato. - Direi che è anche troppo per quello che mi stai dando... -
- Eccome! Ahah! Soldi! - esultò l'altro. - Non ti preoccupare per quello... Gli Heartless che ti offro sono di primissima scelta! -
- Lo spero per te - concluse Albaran. - Fa comunque piacere vedere che la gente si accontenta di poco -
- Accomodati pure e prendi quelli che vuoi, tanto ne ho in abbondanza - continuò il misterioso interlocutore, cominciando a contare il prezioso bottino.
Albaran aprì un portale oscuro nella parete in pietra della stanza e lo varcò, scomparendo.

Sora, Paperino e Pippo continuavano a camminare per la foresta, tranquilli ed indisturbati.
- Ci siamo persi? - chiese Pippo.
- Uhm... No, guarda! Laggiù c'è uno spazio aperto - rispose Sora.
I tre cominciarono ad affrettare il passo, giungendo al limitare della foresta. O meglio, questo era quello che credeva Sora.
- Ma questa... E' la radura di prima! Abbiamo girato in tondo per tutto questo tempo? - esclamò Paperino, sedendosi per terra.
- Questa non ci voleva. Avete notato, però? Nessun Heartless o Nessuno - commentò il ragazzo, per sdrammatizzare un po'.
- Proviamo a contattare Archimede, magari ci può aiutare in qualche modo - propose Pippo.
- Già, proviamo, anche se non so di che aiuto ci possa essere - sospirò il mago.
Entrambi fissarono dunque Sora, attendendo che estraesse il congegno usato prima di passare per la porta. Il giovane li guardò a sua volta, sorridendo, come per nascondere qualcosa.
- Cos'è quella faccia, Sora? - chiese Paperino, sospettoso. - Non mi dirai che... -
- Ehm... Sì, eheh... Già... Ma a dire il vero... - temporeggiò Sora, indietreggiando.
- Lo hai perso? - urlò il papero.
- No, l'ho solo rotto - ammise il Custode del keyblade, tirando fuori dalla tasca i resti dell'apparecchio, ossia un ammasso di circuiti e di microchip andati in frantumi.
- Deve essere successo durante la caduta che abbiamo fatto - ipotizzò Pippo, senza far caso all'amico pennuto, in preda ad una crisi.
Ormai bloccati in quel mondo, i tre amici iniziarono a discutere su dove potesse trovarsi la serratura e da che parte sarebbero dovute iniziare le ricerche, visto che quel luogo risultava totalmente sconosciuto ai loro occhi.
- Una serratura qui in mezzo? Sarebbe difficile scovare l'albero giusto - fece notare Pippo.
- Eppure non vedo altra soluzione... - disse Sora, portandosi le mani ai fianchi. - Ci toccherà cercare a casaccio e sperare in un colpo di fortuna -
Ad un certo punto, si udirono delle voci abbastanza alte provenire dalla foresta. Sora si voltò di scatto, allarmato, tendendo l'orecchio.
- Attento, alle tue spalle! -
- Dove? Ah, ecco! -
Poi, un rumore secco e un tonfo, seguiti da parecchi sibili.
- Sarà meglio andare a dare un'occhiata - propose Sora.
Pippo e Paperino assentirono ed insieme si inoltrarono nuovamente tra gli alberi, nella direzione dalla quale provenivano le voci.
Una volta arrivati sul posto, un piccolo spiazzo tra dei castagni, notarono due strani individui; uno era molto grosso e piuttosto robusto, mentre l'altro risultava più piccolo e scattante. Tutti e due vestiti di verde, erano intenti a combattere degli esserini neri.
- Heartless - affermò Sora, riconoscendo al volo i nemici.
- Meno male che non ne avevamo ancora incontrati - borbottò Paperino.
Estrassero le loro armi e si gettarono all'attacco, sbucando fuori dai cespugli e cogliendo di sorpresa gli Heartless.
- Ehi, Little John, abbiamo visite - disse uno degli avventori, vedendo i tre uscire allo scoperto.
- Non preoccupatevi gente, qua ci pensiamo noi - esordì Sora, mettendosi tra i due sconosciuti e gli Heartless.
- Avanti Pippo, faciamogli vedere che non siamo arrugginiti - incitò Paperino.
Il capitano dei cavalieri si lanciò su un gruppetto di Heartless iniziando a colpirli col bordo dello scudo. Paperino, alle sue spalle, prese a lanciare potenti incantesimi, tra cui spiccò un Thunder che colpì in pieno cinque avversari e li fece svanire nel nulla. Sora, invece, era riuscito già a distruggere la maggior parte di quel plotone di Heartless con velocissimi fendenti del keyblade.
Vedendosi, alla fine, in netta inferiorità numerica, i pochi rimasti fuggirono, aprendo varchi oscuri a mezz'aria.
- Ehi, te la cavi bene ragazzo! Chi ti ha insegnato a combattere così? - domandò avvicinandosi uno dei individui, che ad osservarlo meglio, sembrava in tutto e per tutto una volpe.
- Davvero? Oh, beh, non ho fatto niente di straordinario... - replicò Sora, con le mani dietro la testa e l'aria modesta.
- Non vi ho mai visti da queste parti, di dove siete? - chiese poi l'altro, un orso.
- Noi veniamo da... - inziò Sora, senza terminare la frase.
Paperino, infatti, gli tirò un calcio appena in tempo, mettendosi un dito davanti al becco e ricordando così al compagno che per nulla al mondo avrebbe dovuto rivelare che provenivano da un altro mondo.
Avendo recepito il messaggio, il ragazzo sorrise, nonostante il dolore causato dalla botta.
- ... Un villaggio. Sì, un villaggio da quella parte - indicando alle sue spalle, con il pollice della mano.
- Capisco. Beh, vi ringraziamo per l'aiuto, gentili viandanti. Io mi chiamo Robin Hood - disse la volpe, avvicinandosi a Sora e tendendogli la mano.
Il giovane gliela strinse con un pò di incertezza.
- Lui invece è Little John - continuò, facendo cenno al suo amico dietro di lui, che in tutta risposta alzò il cappello, in segno di saluto.
- Salve. Noi invece siamo Sora... - si presentò il ragazzo.
- ... Paperino... - indicando il papero.
- ... E Pippo - segnalandogli l'amico alla sua sinistra.
- E' un vero piacere fare la vostra conoscenza! Vi siamo debitori - disse Robin. - Senza il vostro intervento l'avremmo vista brutta -
- Figurati - scosse le mani Sora. - A proposito, sapete mica indicarci una via veloce per uscire da questa foresta? -
- Uhm... La Foresta di Sherwood non è molto grande - riflettè Little John. - Se volete vi possiamo accompagnare fino a Nottingham, che ne dite? -
- Ottima idea! - esclamò Paperino. - Finalmente si mangia! -
In seguito, dopo essersi preparati, tutti e cinque si misero in marcia verso la cittadina, ignari di quello che sarebbe accaduto qualche ora più tardi.

- Dobbiamo trovare il modo per uscire da qui - disse Riku.
Topolino sospirò, appoggiandosi la testa fra le mani e rimanendo in silenzio.
Erano entrambi seduti su un'asse di legno, sospesa per aria e tenuta affissa ad una parete in pietra da due robuste catene. Per terra c'era qualche mucchietto di paglia, sparso qua e là, e di fronte a loro una fila di sbarre, tipiche di una prigione.
- Speriamo solo che Sora e gli altri siano riusciti a proseguire. In fondo, sono loro che devono andare avanti - continuò Riku.
- Hai ragione. Comunque non possiamo starcene con le mani in mano - disse il Re, scendendo e avvicinandosi alle sbarre, guardandoci attraverso.
Dopo pochi minuti, davanti a lui passò un drappello di Heartless. Come forma era precisi identici a quelli che erano apparsi a Radiant Garden assieme a Nathan, solo che questi portavano sulla schiena un piccolo arco ed una faretra colma di frecce.
Dietro di loro camminava indisturbata una robusta figura, un lupo un po' troppo ingrassato, armato di spada e con una stella dorata sul petto che portava incisa la scritta "Sceriffo".
Fischiettando, questi ghignò nel vedere Topolino e continuò come se nulla fosse.
- Fate come se foste a casa vostra! Il principe Giovanni tiene molto ai suoi ospiti, ahahah! - disse ridendo in maniera sguaiata.
- Stupido grassone, aspetta che esca di qui - borbottò Riku tra sé e sé.
- Il fatto è, ragazzo mio, che non uscirete da qui - intervenne qualcun'altro.
Oltre le sbarre, apparve una sorta di portale da cui traboccava oscurità di continuo. Un uomo incappucciato e vestito di nero la attraversò, fermandosi a fissare il Re.
- Ah, Axander manda i primi che trova a fare il lavoro sporco - disse ridacchiando, tornando però serio all'istante. - Patetico -
- Ehi tu! - urlò Topolino. - Si può sapere chi sei? -
- Non ti riguarda chi io sia, topo. Sappi solo che io non sono uno qualunque, bensì colui che è riuscito a imprigionare due custodi del keyblade in un colpo solo... Da qui non uscirete, dato che la cella permea del mio potere e quindi le vostre Chiavi sono totalmente inutili... -
Riku fece apparire la sua arma e, come a voler verificare la veridicità di quella affermazione, scagliò con forza il keyblade contro le sbarre in ferro. Queste non si scheggiarono, né vibrarono di un solo millimetro.
- Mi piacerebbe molto stare qui a conversare con voi, ma impegni urgenti necessitano la mia presenza. Addio - si congedò Albaran.
- Aspetta! - tuonò Riku.
Ma era ormai troppo tardi, poichè il Generale dei Venti era nuovamente sparito nel nulla. 

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Capitolo 17
*** Capitolo 16: La Foresta di Sherwood, parte 2° ***


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Capitolo 16: La Foresta di Sherwood, parte 2°



Sora si fermò per un attimo, stiracchiandosi. Dietro di lui, Paperino e Pippo si guardavano attorno, incuriositi dal posto in cui erano capitati.
Nottingham sembrava un posto tranquillo, poche e semplici case, una strada che attraversava in lungo il paese, e un bel pò di alberi sparsi qua e là, prima di prendere la strada principale per la foresta.
Avevano sostato in quella che pareva una piccola piazzetta poco frequentata. Al centro di essa sorgeva una gogna, dall'aspetto piuttosto macabro.
- Però... - mormorò Sora, piuttosto inquieto. - Un paesino un po' povero... -
- Dobbiamo andare fino alla chiesetta, da quella parte - esordì Robin Hood, indicandogli una strada che conduceva fuori dal villaggio. - Venite anche voi? -
- Certo, vi accompagnamo - rispose il ragazzo.
Si rimisero così in marcia, in direzione della chiesa. Paperino, però, giusto per dare un'ultima occhiata, si avvicinò ad un albero particolarmente robusto, a lato della piazzetta.
- E io che credevo di riempirmi finalmente lo stomaco - borbottò scocciato.
Arrivato al grosso fusto, notò che sopra vi era affisso una sorta di manifesto. Incuriosito, iniziò a leggerlo.
- Ricercato... Uhm.... QUACK! - esclamò, vedendo la foto del tale che avevano appena aiutato.
- Sora! - urlò il papero, correndo verso l'amico.
Tutti si arrestarono nuovamente, voltandosi verso Paperino.
- Che c'è? Come mai così di corsa? - domandò Sora. - Qualcosa non va? -
- Guarda! - disse Paperino, mostrandogli il manifesto. - E' un bandito! Gli Heartless erano sicuramente suoi! Vuole imbrogliarci! - ipotizzò.
Sora rimase a fissare per un po' il pezzo di carta, girandosi in seguito verso la volpe.
- Come mai ti cercano? A me non sembri un bandito - affermò sinceramente.
- Per la legge del principe Giovanni sì, invece - sospirò amareggiato Robin Hood. - Io e Little John siamo ricercati perché cerchiamo di derubare i più ricchi, come il principe Giovanni, che spillano troppi soldi dalle tasche dei più poveri. Sapete, da quando è salito lui al trono al posto del fratello, si pagano sempre più tasse e la popolazione di Nottingham è stremata -
- Il fratello? - domandò Pippo.
- Sì, re Riccardo, il vero re - rispose Little John. - Giovanni è solo un imbroglione e un ciarlatano -
- Capite, adesso? - continuò Robin Hood. - Noi cerchiamo solo di opporci a queste ingiutizie e, ovviamente, il principe ha messo delle taglie su di noi -
- Accidenti, se è vero quello che dite... Perché no, potremmo darvi una mano - propose Sora.
- Ma... Ma Sora, ti sei già dimenticato la nostra missione? - fece notare Paperino, allarmato dai propositi del ragazzo.
- Tranquillo, ce la faremo. Ne approfitteremo anche per fare un po' di pulizia di Heartless, no? -
- Yuk, mi hai convinto Sora! - esclamò Pippo, dopo averci riflettuto, prestando poi attenzione al papero. - Secondo me faresti bene a chiedere scusa a Robin Hood per quello che gli hai detto -
- E va bene... Scusatemi... - mugugnò il mago.
- Non vi preoccupate, nessun problema - disse il fuorilegge - Ma ora sarà meglio sbrigarsi -

Dopo circa una decina di minuti, Sora e compagni raggiunsero una chiesetta abbastanza trascurata, oltre la periferia di Nottingham.
- Fra' Tuck! - chiamò Robin, bussando alla porta con una certa forza, in modo da farsi sentire.
Lentamente, questa si aprì, accompagnata da un un cingolìo piuttosto marcato.
- Chi è... Uh? Robin Hood! Che gioia rivederti! E anche tu, Little John! - esclamò il frate, vedendo i due.
Si scostò, poi, lievemente di lato, notando così anche Sora, Paperino e Pippo.
- E voi chi siete? - domandò ai tre.
- Questi sono nostri amici, non vi preoccupate. Ci hanno aiutato nella foresta quando siamo stati assaliti da quelle creature nere.... Come si chiamano... - spiegò l'orso.
- Heartless - intervenne Sora.
- Sì, proprio quelli. A proposito, tenete frate - continuò Little John, porgendo un sacchetto pieno di tintinnanti e luccicanti monete d'oro. - Voi saprete senz'altro a chi donarli -
- Ve ne sono grato. Questi serviranno ad aiutare quella povera gente, giù a Nottingham. Ancora grazie - li ringraziò fra' Tuck.
- Purtroppo è sempre più difficile riuscire a prendere qualcosa dalle casse reali dei convogli. Quegli... Ehm... - disse Robin Hood.
- Heartless - aggiunse Pippo.
- Quegli Heartless sono sempre in gran numero e sono molto forti. Non riusciamo a fare molto -
- Capisco - sospirò il vecchio. - Ora il principe Giovanni ha pure riempito il castello di nuove guardie, mai viste prima. Ma entrate pure, almeno potremo parlare in tranquillità -
Al suo invito, i presenti accettarono, entrando nell'edificio. All'interno della chiesetta, raccontarono brevemente dello scontro avvenuto nella foresta. Al che, il frate si meravigliò.
- Siete stai molto coraggiosi! - si complimentò con Sora, Paperino e Pippo. - Non è molto facile tenere a bada quei cosi... Come si chiamano... -
- Heartless - lo corresse Paperino.
- Sì, quelli. Sapete, adesso che ci penso, non siete i primi forestieri che vengono a farci visita, ultimamente -
Sora si destò improvvisamente, a quelle parole. Forse sapeva a chi si stava riferendo il frate.
- Dite sul serio? Allora avete visto anche Riku e il Re? Cioè... Un ragazzo, abbastanza alto, con i capelli argentati e... -
- ... E un piccoletto con due grosse orecchie rotonde? Sì - disse fra' Tuck. - Non molto tempo fa, poco distante da qui, alla periferia del paese. Stavano combattendo contro questi Heartless, ma erano decisamente troppi per loro. Inoltre, uno strano tizio incappucciato li ha colpiti alle spalle e li ha portati alle prigioni del castello -
- Un tizio incappucciato? Che siano i tipi di cui ci ha parlato Axander, la Legion Nera? - domandò Pippo, osservando Sora.
- Temo di sì... E ha fatto prigionieri Riku e il Re! Dobbiamo assolutamente liberarli! -
- Ragazzo, non essere troppo avventato - intervenne Robin Hood. - Probabilmente ora saranno alle prigioni del castello e, per il momento, non potete fare nulla per tirarli fuori di lì! -
- Non dubitiamo delle tue capacità, ma ci sono moltissimi Heartless armati di arco e frecce. E' quasi impossibile avvicinarsi senza un permesso del re o dello sceriffo - si intromise Little John.
- Questa non ci voleva... Maledizione! - imprecò Sora, innervosito.
- Aspettate un attimo - fece il frate. - Ho sentito che domani ci sarà un torneo di tiro con l'arco. Un'ottima occasione per vedere il principe o lo sceriffo e provare in qualche modo ad ottenere un permesso, cosa ne pensate? -
Tutti si zittirono, riflettendo sulla proposta.
- Buona idea, ma peccato che nessuno di noi sappia tirare con l'arco... - disse Sora.
- Sbagliato, io ci riesco e piuttosto bene - replicò Robin Hood.
- Ma così non rischieresti di farti scoprire? - gli fece notare Paperino.
- Uhm... Userò un travestimento. Vincendo, il principe Giovanni mi concederà sicuramente il permesso di entrare nel castello, anche solo per una volta, senza essere riconosciuto. Una volta all'interno, vedrò cosa escogitare per farvi entrare. In fondo siamo in debito con voi - propose a quel punto il fuorilegge.
Sora e gli altri lo ringraziarono e, dopo essersi accordati sull'ora e il luogo, per il giorno dopo, uscirono, congedandosi da fra' Tuck e dirigendosi, sempre assieme a Robin Hood e Little John, verso la foresta.

- Noto con piacere che questo posto è sempre più affollato - ironizzò Grelwan, avvicinandosi al trono di Ilfrien.
- Nathan è alla Fortezza Oscura. Vuole vedersela lui stesso con Axander e ne approfitta per gettare nel caos quel mondo. Albaran, invece, si è già messo in viaggio per completare la sua opera -
Grelwan, intanto, si sedette sul suo seggio, stravaccandosi, e mettendo le due mani dietro alla testa.
- Sei piuttosto schietto oggi. Completare l'opera... - ripetè tra sé e sé.
- Dice che non bastano gli Heartless che ha trovato, ne vuole di più - disse Ilfrien, con tono annoiato.
- Di più? Ne avremo qualche migliaio a nostra completa disposizione, non ne servono di più! -
- Lui è convinto di sì. E di lui mi fido ciecamente - ribatté il Signore delle Tempeste, scrutando il fratello dall'alto.
Grelwan scosse le spalle.
- Per quanto riguarda quell'altro? Che fine ha fatto, il Nessuno? - si informò.
- Einar ha carta bianca. Può fare tutti ciò che ritiene più opportuno... -
- Ti fidi ciecamente anche di lui? Capisco di tuo fratello, ma lui è uno sconosciuto! -
- Questo sconosciuto ci ha procurato una delle ragazze e ci ha dato le coordinate per trovare l'altra. Fidati, starà dalla nostra parte. Come ho già detto a lui più di una volta, ha solo da guadagnarci in tutto questo -
- Da guadagnarci? E che cosa se mi è lecito saperlo? - domandò Grelwan.
- Una vera esistenza - rispose Ilfrien, sempre più serafico.
- Aaaaah... - bonfonchiò lo Stregone. - E se, contrariamente a quanto pensi, ci tradirà? -
- Otterrà qualcos'altro... La morte -
 

Sarei anche molto grato ai lettori se inserissero una recensione dopo ogni lettura, dato che mi risulterebbe alquanto utile, oltre che piacevole ^_^

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Capitolo 18
*** Capitolo 17: La Foresta di Sherwood, parte 3° ***


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Capitolo 17: La Foresta di Sherwood, parte 3°



Sora, Paperino e Pippo se ne stavano tranquillamente in piedi a parlare, vicino ad una grande tenda a strisce bianche e blu.
- Sembra una fiera... Chissà se c'è qualche giostra - si chiese Sora pensieroso.
- Ma quali giostre! - ribatté Paperino, sbuffando. Stava iniziando a stufarsi. - Ma quando arrivano quei due? - continuò, guardandosi freneticamente attorno, in attesa dell'arrivo di Little John e Robin Hood.
Pippo, nel frattempo, non prestava attenzione a quello che dicevano i due.
- Uhm... Avete già qualche idea su dove si possa trovare la serratura? - domandò.
- Per quel che ne sappiamo potrebbe essere ovunque - gli rispose Sora.
- E il keyblade? Non dà nessun segno di vita? Magari ci può essere di aiuto -
- Ci ho pensato anche io, ma come vedi, finora non è successo granchè. Aspettiamo a vediamo - concluse il ragazzo.
Nel mentre, un bizzaro tizio con un largo cappello ed un lungo becco, si era avvicinato ai tre, fermandosi a pochi passi da loro. Aveva delle lunghe e sottili gambe ed era armato di arco e faretra, entrambi piuttosto malridotti.
- Salve, amici - esordì lo sconosciuto.
Sora si voltò, fissandolo con aria stranita.
- Ehm... Ci conosciamo? -
- Certo, sono io, Robin Hood -
Tutti e tre lo fissarono stupiti.
- Non c'è che dire, un ottimo travestimento - si complimentò Sora, squadrando l'alta figura da capo a piedi.
- Ma l'arco lascia un po' a desiderare - aggiunse Paperino.
- Fa tutto parte del travestimento, non vi preoccupate. Se sono riuscito a beffare voi, figuratevi come ci cascheranno gli altri -
All'improvviso, udirono uno squillo di trombe in lontananza che avvertiva dell'inizio della gara. Quasi tutti i concorrenti erano già ai loro posti e altri si stavano ancora sistemando.
- Meglio che vada! Ci vediamo dopo, ragazzi - si congedò Robin Hood, allontanandosi con lungi passi.
- Beh, che facciamo, andiamo a vedere anche noi? - propose Sora.
- Sarebbe meglio di no. Essendo nuovi di queste parti, il principe Giovanni potrebbe scambiarci per amici del Re e Riku, e ci catturerebbe all'istante - disse Pippo.
- Ma, Pippo, noi siamo amici del Re e di Riku - gli fece notare il mago.
L'altro rimase in silenzio per un pò, pensandoci su.
- Ovvio, ma resta il fatto che ci catturerebbe - replicò il cavaliere.
Stavolta fu Paperino a rimanere un pò perplesso, scuotendo infine le spalle.
- In effetti, meglio stare in disparte. Agiremo solo se appariranno degli Heartless - concluse l'eroe del keyblade.
I compagni erano d'accordo e decisero di allontanarsi tutt'e tre assieme, inoltrandosi tra le tende e facendo ben attenzione a non farsi notare da occhi indiscreti.
Girovando qua e là senza una meta ben precisa, passò quasi una mezz'ora. Sora, Paperino e Pippo continuavano a passeggiare per le tende, i sensi ben allerta nel caso venissero scoperti.
- Chissà come se la sta cavando Robin Hood... - pensò Sora.
Arrivati ai margini del campo, si arrestarono vicino ad una tenda, questa volta con righe bianche e rosse, molto più estesa ed alta.
Davanti a loro, distanti qualche metro, due individui: uno era Robin Hood, abilmente travestito da quella che sembrava una... Cicogna; mentre l'altro era un grosso tizio, un gradasso che si pavoneggiava un po' troppo per la sua immeritata abilità di arciere.
- Deve essere la finale - ipotizzò Pippo. - Mi chiedo chi sia quell'altro -
Lo sconosciuto scoccò un dardo che colpì in pieno il bersaglio, molto più avanti. Dopo qualche istante, Robin Hood incoccò a sua volta una freccia, prendendo per bene la mira e lasciando partire il colpo. Con una traiettora piuttosto incerta, la freccia andò esattamente a tagliare a metà quella precedentemente lanciata dall'avversario, conficcandosi così al centro del bersaglio di paglia.
La folla esultò nel vedere l'ottima prestazione del contendente, il quale alzò le braccia in alto, salutando la folla. L'altro finalista, lo sceriffo, era invece alquanto irritato e a stento riusciva a trattenersi dallo scoppiare per la rabbia.
Anche Sora, Paperino e Pippo gioirono nel vedere che il loro amico aveva vinto la gara: questo voleva dire che ben presto sarebbero giunti in soccorso del Re e di Riku.
- Sì! Bel colpo! - esclamò Sora.
- E' fatta, riusciremo ad avere il permesso del principe! - starnazzò Paperino.
- Bravo Robin Hood! - urlò Pippo, portandosi le mani alla bocca.
Gli altri due gli saltarono immediatamente addosso, per evitare che il concorrente venisse smascherato da quelle urla compromettenti.
- Shhhhhh! - fecero in coro Sora e Paperino, con l'indice davanti alle labbra e al becco.
Pippo annuì, ma oramai il danno era fatto. Nessuno li aveva notati, tranne un tizio alle loro spalle: un serpente, con uno strano cappello in testa ed una mantellina.
- Oh, e così quello è il famigerato Robin Hood - sibilò, allontanandosi il più in fretta possibile. - Appena il principe Giovanni lo scoprirà... Ihihihih! -
I tre si rialzarono, ritornando a guardare. Ora, i due finalisti si erano avvicinati ad un piccolo spalto, a destra del campo, dal quale assisteva il re impostore.
- Deve essere la premiazione - ipotizzò giustamente Paperino.
Ad un certo punto, sentirono dei fruscii alle loro spalle. Si voltarono. Dal nulla erano comparsi tanti Heartless, armati di arco e frecce, che stavano tenendo sotto mira i tre viaggiatori di mondi. Dietro alle creature, un'oscura figura si faceva largo, con passo lento.
- Guarda, guarda... Il guerriero del keyblade e i suoi seguaci - ghignò con tono divertito. - Sapevo che prima o poi avrei dovuto fare la vostra conoscenza -
Sora e gli altri lo fissarono con astio, pronti ad armarsi e decisi a partire all'attacco qualora l'incappucciato gliene avesse dato motivo.
- Tu! - sbottò Sora, riconoscendo il nemico. - Tu sei quello che era a Radiant Garden! -
L'uomo rise, incrociando le braccia.
- Sei sveglio, ragazzino - affermò.
Con entrambe le mani afferrò il margine del cappuccio e se lo adagiò sulle spalle, mostrando le sue fattezze. Aveva capelli bianchi, non molto lunghi e piuttosto dritti e pettinati all'indietro. Gli occhi erano azzurri, gelidi come quelli dei suoi fratelli.
Così Albaran, detto anche il Generale dei Venti, Secondo membro della Legione Nera, si presentò a Sora. Con ogni probabilità, in quegli istanti, il ragazzo si stava trovando davanti uno degli avversari più spietati e pericolosi che avessero mai incrociato il suo cammino.
Il ragazzo estrasse immediatamente il suo fedele keyblade, mettendosi in guardia, nonostante fosse ormai circondato, spalla a spalla con Paperino e Pippo, anch'essi pronti all'azione.
Albaran posò lo sguardo sulle Chiave, osservandola interessato; nei suoi occhi brillava una strana e vispa luce.
- Quell'oggetto - mormorò. - Il keyblade... - continuò a bassa voce, sussurrando parole incomprensibili.
- Cosa? - domandò Sora.
Albaran ignorò volutamente il giovane e tese il braccio destro verso di lui, indicando il trio.
- Attaccateli - ordinò in seguito, rivolto agli Heartless.
Gli esseri oscuri scagliarono le loro frecce. Fu un attimo. Sora aveva chiuso gli occhi, pronto a subire la pioggia di dardi, ma, quando li riaprì, vide che non c'erano più Heartless attorno a lui.
- Che fine hanno fatto? -
Albaran si era allontanato, ma se ne stava sempre lì ad osservarli. Senza aggiungere altro, questi schioccò le dita, scomparendo in un alone di oscurità.
I tre amici, perplessi, si guardarono attorno, ma non videro nessuno. Che cosa era successo?
- Sora! - esclamò all'improvviso Pippo. - Guarda là! -
Poco distante da loro, lo sceriffo ed altri Heartless avevano circondato Robin Hood, preparandosi ad attaccarlo.
Intanto, però, un altro plotone di quelle creature armate di arco e frecce., giungendo da sinistra, era partito alla carica del Custode del keyblade.
- Arrivano da tutte le direzioni, che facciamo? - chiese Sora.
Accanto a loro sfrecciò una sagoma, dirigendosi contro i nemici che si stavano avvicinando.
- Sora, va! Qua ci penso io! - ordinò il nuovo giunto.
Impossibile non riconoscerlo dalla voce, dalla statura e dalle inconfondibili orecchie: era Topolino.
- Il Re! - esclamò Paperino.
- Vostra Maestà! - fece coro Pippo.
I due inseguirono quindi il Re, attaccando gli Heartless in avvicinamento.
Sora, ormai solo, si voltò verso l'amico in difficoltà. Tuttavia, restò sorpreso nel vedere che era già intervenuto qualcun'altro.
- Riku - disse vedendo il ragazzo intento a fronteggiare gli Heartless assieme a Robin Hood. - Lui e il Re non erano stati imprigionati? - si chiese.
Ma non gli importava, e si diresse a tutta velocità ad aiutarlo.

- Sora - esclamò Robin Hood, vedendo arrivare il Custode. - Giusto in tempo -
Mentre correva incontro ai due, l'eroe del keyblade colpì qualche Heartless, levandoseli di torno con veloci e micidiali colpi.
- Vedo che sei sempre in mezzo ai piedi - commentò Riku, troppo intento a combattere per dare il benvenuto all'amico.
Sora ridacchiò; nonostante i modi freddi di Riku, a cui era abituato, era più che felice di rivederlo.
Intanto, Robin Hood continuava a bersagliare con le sue frecce gli ignari Heartless che lentamente si stavano riducendo di numero.
- Come avete fatto ad... Evadere? - chiese Sora.
- Sai com'è. Quando ti accorgi di avere un keyblade tra le mani, le sbarre non servono più a nulla - gli rispose Riku. - Quel tale che ci ha imprigionati pensava di fermarci rendendo la cella indistruttibile. Peccato che non aveva pensato alla serratura della porta -
L'ultimo di quegli esseri oscuri scomparve. Sora, Riku e Robin si riunirono.
- Il principe Giovanni se l'è data a gambe, assieme ai suoi due aiutanti... Lo sceriffo e quel serpentaccio! - spiegò il fuorilegge.
- Sai mica dove può essere andato? - domandò Sora.
- Al castello - rispose Riku. - Vi faccio strada io, seguitemi - fece cenno ai compagni, prendendo la strada che conduceva alla cittadina di Nottingham e alla roccaforte del principe.
 

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Capitolo 19
*** Capitolo 18: La Foresta di Sherwood, parte 4° ***


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Capitolo 18: La Foresta di Sherwood, parte 4°

 


- Ecco il cancello -
Davanti a Sora, Robin Hood e Riku si stagliava un'imponente fortezza dalle alte mura in resistente pietra. Lungo tutta la cinta muraria vi era un profondo fossato colmo d'acqua e l'accesso era consentito solo da un ponte levatoio in legno che conduceva giusto davanti alle grate in ferro del cancello.
Questo, però, lentamente si stava chiudendo.
- Più veloci! - esclamò Sora accelerando nella corsa.
Non fecero in tempo e un forte boato metallico li avvertì che il passaggio stava per essere bloccato.
Si fermarono tutti e tre davanti al cancello, cercando di dare un'occhiata all'interno.
- Sembra deserto - commentò Robin Hood.
- Attento! - disse Riku spingendolo via, prima che una dozzina di frecce gli piombassero addosso, scagliate da degli Heartless posti sopra le mura interne.
- Non riusciremo mai ad entrare - sospirò Sora.
Dopo qualche secondo, sentì alcuni sassolini cadergli in testa. Alzò quindi lo sguardo, notando che sulle mura c'erano Pippo, Paperino, il Re e Little John.
- Adesso vi facciamo entrare - li rassicurò Pippo, calando una corda dall'alto.
I tre rimasti davanti al cancello restarono in attesa per qualche istante, per poi accorgersi che le robuste sbarre in ferro stavano lentamente salendo. Senza aspettare alcun invito, entrarono frettolosamente.
Una volta all'interno della robusta roccaforte, videro che tutto sembrava nuovamente deserto.
- Che strano... - mormorò Sora. - E' come se gli Heartless fossero spariti in pochi secondi -
Stava per fare un passo in avanti, ma il piede non fece in tempo a toccare il suolo che una potentissima raffica di vento lo investì in pieno, e con lui anche Riku e Robin Hood. Dovettero attendere qualche attimo prima di vedere tre loschi individui, ovvero il principe Giovanni, lo sceriffo e sir Biss, correre all'impazzata fuori da un portone e uscire come razzi dall'entrata sul ponte levatoio.
Sora li osservò inarcando un sopracciglio.
- E quelli? -
- Io non mi preoccuperei di loro. Guarda lassù! - gli fece notare Riku.
Volsero quindi lo sguardo verso il tetto del corpo centrale dell'edificio. Sulla cima vi era una sorta di grosso buco nero, dal quale continuava a sgorgare oscurità; esso restava sospeso per aria, come se il cielo fosse stato bucato e, dal tetto del castello, si potevano notare molti Heartless che saltavano all'interno del portale.
All'improvviso, esso si chiuse e l'oscurità che aleggiava nell'aria si dissolse rapidamente.
- Sono fuggiti? - domandò Robin Hood.
Passò poco più di un secondo che il castello cominciò a sgretolarsi, come se fosse fatto di sabbia. Le torri crollarono su loro stesse, abbattendosi al suolo con un baccano infernale; si alzò un gran polverone a causa di tutti i detriti piombati a terra. Una seconda raffica di vento spazzò via la nube, lasciando scoperte le macerie.
Sora corse verso i resti del castello, arrestandosi tutt'a un tratto. Sopra la sua testa galleggiava qualcosa di nero, un'ombra. Un enorme Heartless a forma di aquila se ne stava sospeso sopra le teste dei tre amici.
L'oscuro volatile aveva dei grandi occhi gialli, fissi verso i malcapitati, e le sue ali erano ricoperte di piume nero pece. Il becco e gli artigli erano molto affilati ed appuntiti. Con possenti battiti d'ali restava al centro della piazza che si era appena formata per la caduta dell'edificio. Tuttavia le mura esterne non avevano subito alcun danno, formando così un recinto dal quale non si poteva fuggire.
Sulla testa del rapace c'era un uomo vestito di nero. Era Albaran. Con le braccia incrociate, se ne stava tranquillamente lì, ad osservare il lavoretto che aveva appena compiuto.
- Ancora tu? - urlò Sora.
Albaran scomparve, per apparire a terra davanti al ragazzo.
- Ma si può sapere cosa volete? Perchè avete cominciato ad andare in giro a seminare il caos per i mondi? - gli chiese Sora, impugnando il keyblade.
- Credevo che il vostro caro amico Axander ve lo avesse già spiegato... A quanto pare ero in errore -
Nel mentre, Riku e Robin Hood si erano avvicinati, posizionandosi alle spalle di Sora.
- Vogliamo semplicemente prendere il controllo di tutto ciò che esiste, di tutto ciò che ci spetta - ghignò.
- E pensate di riuscirci? Ma per favore... Siete senza speranza - commentò Sora.
Albaran alzò d'impulso una mano. Una potente folata di vento scagliò Sora, Riku e Robin Hood lontano di qualche metro, a terra.
- Voi siete senza speranza. Opporci resistenza è la vera follia. Soprattutto ora, che riusciremo a prendere il controllo di Kingdom Hearts -
- Kingdom... Hearts? - chiese sbigottito Sora, rialzandosi.
- Esattamente. Grazie ad esso, otterremo un potere illimitato, una forza immensa. Solo allora nessuno potrà più fermarci -
Sora si mise a ridere a quelle parole, che aveva già sentito una volta.
- Che hai da ridere, Custode? - chiese Albaran, seccato dal comportamento del giovane. - Ti rende felice sapere che presto precipiterete tutti nell'oscurità più profonda? -
- Evidentemente non hai capito bene, perché sennò non lasceresti fuggire gli Heartless, anzi, me li scaglieresti addosso -
- Tu credi? Noi non siamo l'Organizzazione - ribatté l'uomo. - Ma se ne sei proprio convinto... A me gli Heartless servono solo per dare il colpo di grazia all'ultimo ostacolo che ci troveremo di fronte. So a cosa ti riferisci, ma noi abbiamo trovato un "metodo alternativo" per aprire Kingdom Hearts, al posto di mandarti contro gli Heartless affinché liberino i loro cuori. Li troviamo molto più utili da vivi, se così si può definirli -
- Un... Metodo alternativo? Di cosa stai parlando? - chiese Sora. - Come potrete aprire Kingdom Hearts senza il necessario quantitativo di cuori? -
Albaran si limitò a ridere, alzando le braccia al cielo, verso l'Heartless a forma d'aquila.
- Guerriero del keyblade, permettimi di testare il tuo potere! - urlò infine, svanendo nell'oscurità che lo avvolse.
L'aquila scese in picchiata verso Sora che prontamente alzò il keyblade, colpendo il becco del nemico, il quale, velocemente, riprese quota.
Ora l'Heartless volava circoscrivendo l'area dove si trovavano Sora, Riku e Robin Hood. Quest'ultimo, prendendo la mira sul volatile, gli scagliò addosso una delle sue frecce che colpì in pieno un'ala. Ma il nemico non sembrava risentirne particolarmente. Partì, dunque, di nuovo all'attacco. Questa volta, Sora riuscì a colpirlo solo una volta in più, ma sembrava tutto inutile.
- Che cosa possiamo fare? Continua a volare e sembra instancabile - osservò l'arciere.
Stavolta anche Sora prese la mira e, assieme ad un altro dardo di Robin Hood, lanciò anche il suo keyblade che prese in pieno il petto dell'aquila, la quale emise un verso stridulo.
- Forse ci siamo. Tutti sulle mura e colpiamolo dalla sua stessa altezza! - esclamò Riku.
Gli altri due annuirono e salirono in fretta e furia sulle mura, posizionandosi ciascuno su un tratto differente.
L'Heartless continuò a prendere di mira soltanto Sora, che fu costretto a schivare un paio di discese dell'uccello. Ritornato al centro dell'"arena", tutti ne approfittarono.
- Ora! Lanciamo! - comandò Sora.
Ecco, allora, che i due keyblade e una freccia andarono a colpire nello stesso istante l'Heartless, ferendolo gravemente. Emettendo un altro dei suoi stridii, la creatura si agitò, restando sospesa per aria. A quel punto, con un balzo sorprendente, Sora, che aveva già ripreso il keyblade, riuscì ad arrivargli vicino quel tanto che bastava per colpirlo con delle combo aeree. Attraverso un potentissimo colpo di grazia, agganciò la testa del volatile, che finì velocemente a terra con un tonfo, prima di dissolversi in un alone tenebroso. Dal polverone appena alzato, si vide un cuore dalle notevoli dimensioni fluttuare per aria, scomparendo alla vista dei presenti.
Riku e Robin Hood scesero dalle mura, avvicinandosi al centro del vasto spiazzo dove prima sorgeva il castello.
- Chissà che cosa avrà voluto dire - fece Sora, ripensando alle parole di Albaran.
- Non farci caso. Voleva solo confonderti le idee - rispose Riku. - Quel tipo stava certamente bluffando. Oppure è un idiota totale, dato che non sa alcune cose basilari -
L'amico scosse il capo.
- E invece io... Io ho paura che possano fare qualcosa a Kairi... Che c'entri qualcosa con i loro piani -
Ci fu un attimo di silenzio.
- Fatti forza, Sora. Ora andiamo a cercare il Re e gli altri. Saranno stati sbalzati via da quelle forti raffiche - disse Riku.
Riprendendosi, Sora annuì e il trio uscì dalla cinta muraria, attraversando il ponte levatoio e dirigendosi verso la cittadina di Nottingham.
Sul bordo delle mura, però, sedeva qualcuno, che fissava con molta attenzione Sora e Riku. Una volta persi di vista, si alzò. Un varco oscuro si aprì alle sue spalle, permettendo al tale di andarsene, senza lasciare traccia.

Tranquillamente stravaccato sul suo seggio, Grelwan stava addentando un panino che sorreggeva davanti alla bocca con entrambe le mani.
- Che... Gnam.... Barba - bofonchiò con la bocca piena. - Tutti in giro a divertirsi tranne me -
Apparve, a quel punto, una figura nera su uno dei troni. Per la precisione, su quello di roccia.
- Ohilà Nathan, come va? - chiese Grelwan, asciugandosi le mani e poggiando il panino sul tavolo.
L'altro lo fissò con disappunto.
- Ti sembra il momento di mangiare, questo? Già non fai nulla tutto il giorno e in più ti ingozzi come un morto di fame -
- Se, se... Capisco che nessuno oserebbe mai pensare che qualcuno come me mangi un panino in situazioni simili. Ma la fame, fratello mio, non la si comanda -
Nathan si battè una mano sul volto, scuotendo il capo.
- Dove sono gli altri? - domandò poi.
- Uhm... Albaran sarà ancora a spasso... Ilfrien, invece, ha detto che voleva fare una cosuccia che desiderava attuare da molto tempo - rispose lo Stregone.
- Capito. Per quanto riguarda quell'altro? -
- Intendi Einar? Sono qui giusto per tenerlo d'occhio. Ogni tanto va a fare visita alle due mocciosette, ma poi sparisce nel nulla senza dire una parola... -
- Stai attento, non mi fido di lui - disse Nathan. - Per me, sta tramando qualcosa alle nostre spalle. Stiamo in guardia, non si sa mai. Non è detto che se Ilfrien veda andare tutto secondo i suoi piani, sia lo stesso per noi -
Nella sala tornò il silenzio, interrotto soltanto dai movimenti di Grelwan, ancora intento a mangiare. Nathan si rivolse nuovamente al fratello, con aria pensosa.
- Comunque cosa dovrebbe fare Ilfrien di così importante? -
- Sai com'è, gli prudevano le mani. Desiderava ardentemente di incontrare il Custode della Chiave... Quel Sora -
 

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Capitolo 20
*** Capitolo 19: Una nuova meta ***


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Capitolo 19: Una nuova meta


- Ci siamo -
Sora puntò il keyblade verso l'albero situato al centro della piazzetta di Nottingham e una strana luce fuoriuscì dalla punta dell'arma, andando a colpire in pieno l'albero che, all'ultimo, rivelò la presenza della famigerata serratura. Il raggio la centrò in pieno, attraversandola, e in pochi secondi tutto terminò; la serratura scomparve rapidamente.
- Finalmente ci siamo riusciti! - esclamò Paperino.
- E il passaggio non dovrebbe comparire ora? - domandò Pippo.
Non ebbe il tempo di potersi osserva attorno che accanto all'albero si formò una porta, accompagnata da un potente fascio di luce. Questa si aprì, spalancandosi completamente.
- E' tempo di andare - disse il Re.
- Arrivederci amici! Ci piacerebbe molto restare qui un po' di più, ma dobbiamo proprio partire - spiegò Sora, rivolto a Robin Hood e Little John. - Normalmente, in altre circostanze, ci saremmo fermati di più, ma questa volta la situazione è diversa -
Nella piazzetta vi erano anche Fra' Tuck e il vero re, Riccardo, appena tornato dalla sua crociata; e poco dietro al fuorilegge, c'era la sua amata, Marion.
Invece, poco più là, in un cava di pietra all'aperto, c'erano il principe Giovanni, lo sceriffo e sir Biss intenti nei loro nuovi lavoretti forzati.
- Buon viaggio e grazie per ciò che avete fatto - li ringraziò re Riccardo.
Si salutarono quindi tutti quanti e, dopo gli addii, Sora, Paperino, Pippo, Topolino e Riku oltrepassarono la porta.
Furono subito investiti da un venticello freddo e pungente e poi... Il nulla.

Impassibile, con lo sguardo rivolto verso l'alto, Ilfrien osservava il grosso portone oramai bloccato della fortezza.
Il ragazzo teneva le braccia conserte e, di tanto in tanto, si spingeva sul naso i piccoli occhialini neri che portava. Era stranamente turbato, ma il respiro era regolare e non dava a vedere quello che stava provando. Rimase lì per qualche minuto. Alle sue spalle, un'enorme voragine e una torre inclinata e diroccata che spuntava dal baratro, da cui proveniva una strana forza, un'energia oscura.
Ilfrien inclinò lievemente il capo verso destra e con un fluido gesto della mano, si scostò la coda di cavallo dalla spalla, gettandola dietro la schiena.
Tutt'a un tratto si voltò, lasciando cadere le braccia lungo i fianchi e fissando la via principale dalla quale proveniva un sinistro rumore. Un rumore di passi, cadenzati e minacciosamente lenti. Ma vi era qualcosa di strano in quel ritmo, come se fosse scandito una terza gamba.
Pian piano, da dietro l'angolo, finalmente apparve una figura. Da lontano, Ilfrien lo fissò, aggiustandosi per l'ennesima volta gli occhiali, ormai tick abituale. Sospirò, per poi prendere fiato.
- Guarda dove siamo dovuti arrivare - disse semplicemente.
Una piccola sagoma, ricurva sul proprio bastone, completamente avvolta da un mantello nero come la pece, si bloccò. Il volto del tale non risultava pienamente visibile, tranne che per due spettrali occhi ambrati.
Il vecchio alzò il bastone e lo indirizzò contro Ilfrien. Si poteva vedere chiaramente che sulla punta dell'appoggio vi era un simbolo, il simbolo dell'Organizzazione XIII.
Tuttavia, a quel gesto di sfida, il potente Signore delle Tempeste non si scompose più di tanto, quasi non gli importasse nulla dell'arroganza di quello sciocco sprovveduto.
- Risparmiati la sceneggiata - sorrise. - Piuttosto dimmi che ci fai conciato così... E poi rivelami tutto quello che sai a proposito di Xemnas e dei suoi progetti segreti. Tu devi sicuramente saperne qualcosa. Tu sai tutto, d'altronde... -
Nella sua voce nulla che lasciasse intendere rabbia o rancore, solo impazienza.
- Perché? - chiese il vecchio. - Non ti soddisfa ciò che hai già? Non ti soddisfa l'essere ritornato, nonostante nessuno nell'universo vi volesse più vedere? Io so che cosa vuoi, ma da me non avrai alcuna risposta. Non finché non deciderai di cambiare atteggiamento -
Ilfrien ghignò in modo beffardo.
- Vedo che non stai tanto a cincischiare. Vuoi passare subito ai fatti - disse allargando le braccia e cominciando ad avvicinarsi all'uomo. - Come vuoi tu -
Si fermò, sospirando nuovamente. Alzò il braccio destro verso l'alto, serrando il pugno e alzando l'indice e il medio, tenendoli uniti. Sopra la sua testa, a migliaia di metri da terra, enormi nubi si stavamo ammassando, segnalando l'arrivo di una tempesta. Il cielo, già scuro per la perenne oscurità, si rabbuiò ulteriormente.
- Sappi solo che io non cambierò. La mia strada l'ho scelta e la percorrerò tutta -
Ilfrien sussurrò arcane parole in antiche lingue ormai perdute da ere. Si udirono dei tuoni farsi sempre più vicini ed iniziarono ad abbattersi dei fulmini sulle case e sul terreno circostante.
- E' la tua ultima possibilità - urlò, ancora con il braccio alzato. - Parla. Dimmi se i progetti dell'Organizzazione erano veri -
Ma il vecchio rimase in silenzio. Sembrava una statua. Ilfrien rise, a quel punto. Non riusciva a trattenersi per la pateticità del suo avversario.
- Vuoi sfidarmi, eh? -
All'improvviso, un fulmine si abbattè sul ragazzo con tale potenza da creare un'onda d'urto che scheggiò i palazzi del quartiere. Il soprabito nero cominciò ad ondeggiare come smosso da un forte vento.
Il braccio di Ilfrien si abbassò velocemente, verso il vecchio. Una serie di scariche elettriche attraversarono l'arto in tutta la sua lunghezza, dalla spalla alla punta delle dita, ed andarono a colpire la debole figura, scagliandola parecchi metri più indietro.
- Sei patetico - commentò Ilfrien, avvicinandosi all'altro. - Le tue forze ti stanno abbandonando. Tu hai paura di andartene per sempre, nevvero? Io lo sento... -
L'altro si rialzò di scattò, con un colpo di reni. Nonostante l'aspetto, pareva ancora in perfetta forma.
- Illuso - mormorò. - Con chi credi di parlare? Con uno qualsiasi? Sai bene che tu non puoi nulla contro di me. Ma proprio nulla -
- Oh, ma davvero? - ribattè sorridendo Ilfrien. - Eppure lo sai anche tu che, ora come ora, io sarei capace di distruggerti con una mano sola. Dandomi una risposta, io potrei invece concederti la grazia. Perché ti ostini a resistere? Sei solo, privo di ogni tuo reale potere. Che scopo hai, eh? -
L'anziana figura rimase a fissare Ilfrien per interi, lenti e pesanti secondi.
- Tu non mi ingannerai tanto facilmente, Ilfrien - pronunciò. - Vantati pure con sciocche vittorie, che non hanno nessun senso. Neanche a me importa molto di perdere contro uno come te. Tanto lo sai che io tornerò, sempre -
Dopodiché, strinse il bianco bastone che teneva in mano e lo lanciò in aria, prendendolo al volo, a mò di lancia, e puntandolo contro l'avversario. Infine, scagliò l'arma. Ilfrien si scostò appena di lato, giusto per far passare il bastone di striscio, a qualche centimetro dal volto. Nel mentre, il vecchio aveva già estratto due spade, richiamandole con un incantesimo, e si gettò in un avventatissimo attacco senza esitazione alcuna.
- Così non ti importerebbe se ti sconfiggessi ora, eh? Allora perché ti dai tanta pena? - gridò Ilfrien, innervosito.
- Perché tentar non costa nulla. Con queste sembianze, non ho possibilità, ma voglio ugualmente provare a fermarti! -
L'anziano guerriero calò le due spade dall'alto cercando di colpire il ragazzo, ma a questi bastò alzare un braccio per bloccare la discesa delle due lame. Non si ferì, non sentì dolore.
- Non ce la farai! -
Mentre con l'avambraccio sinistro teneva impegnato il doppio fendente, la mano libera saettò verso il fianco del vegliardo, colpendolo e buttandolo a terra lateralmente. Il vecchio si appoggiò a fatica sui palmi delle mani, sorreggendosi a malapena, con lo sguardo rivolto verso il terreno. Respirava a fatica.
- Le due fanciulle... E' vero? - domandò Ilfrien, in piedi a lato del moribondo. - E' vero il potere che nascondono nei loro cuori? Il potere di risvegliare il Kingdom Hearts più potente mai esistito -
Lo sconfitto si limitò a ridere, voltando lentamente il capo verso il nemico. Scosse la testa, senza interrompere la risata.
Ilfrien sorrise di rimando, quasi compassionevole della sorte che sarebbe toccata a quell'uomo. Alzò il braccio destro, sopra la testa.
- Se non vuoi parlare e non ti importa di essere sconfitto, va bene. Rispetto ciò che fai e dici - proferì. - La tua fine è finalmente giunta -
E detto ciò, calò un'enorme arma appena parsa tra le dita della sua mano sull'inerme guerriero, il quale, ormai disteso a terra, venne travolto in pieno e cominciò a dissolversi fino a sparire completamente. L'arma di Ilfrien scomparve quando tutto terminò.
Alle sue spalle, si aprì un passaggio oscuro dal quale uscì Einar. Il Nessuno avanzò sino a giungere a pochi metri dal Signore delle Tempeste, Primo della Legione Nera.
- Lo hai sistemato, allora - esordì serafico. - In fondo, in fondo, mi dispiace un pochettino -
Ilfrien si voltò, fissando Einar con occhi di ghiaccio.
- Non provare pena per lui. Considera il mio gesto, più che altro, un ringraziamento per ciò che hai fatto per me fino ad ora. Le mie intuizioni erano comunque esatte. Le due ragazze nascondono davvero la chiave per il potere -
Einar annuì.
- Anche se però avrei preferito pensarci io ad eliminare quel tale... -
- Rilassati. Ora finalmente è sistemato, esattamente come bramavi - affermò Ilfrien. - Io, però, devo continuare una cosuccia. Farò in fretta -
Questo, arrivato davanti ad un muro, lo toccò, aprendo così un portale e oltrepassandolo velocemente.
Einar rimase pensieroso per qualche secondo. Si decise, infine, e se ne andò a sua volta, scomparendo da ciò che restava del Mondo che non Esiste.

- Ma tra tutti i mondi in cui potevamo finire, proprio nell'Oltretomba dovevamo capitare? - domandò Paperino, abbastanza su di giri.
- Beh, non è poi tanto male, magari riusciamo ad incontrare Hercules o Fil... - cercò di sdrammatizzare Pippo.
- Ehi, aspettate un momento... Dov'è Sora? - chiese Riku, guardandosi attorno.
I quattro viaggiatori erano finiti nell'Oltretomba, poco distanti dalla scalinata che conduceva al Monte Olimpo, perennemente illuminata da una luce celestiale.
- Sora! Sora! - urlarono il Re e Pippo.
- Soraaaaaaaaaaaaaaaa! - si sgolò Paperino, correndo di qua e di là.
Nel frattempo, Riku si era fermato a guardare due figure in lontananza, che stavano discutendo animatamente.
- Ragazzi, forse loro lo hanno in visto. In fondo non può essere andato molto lontano... - suggerì. - Chiediamo informazioni a quei due -

Sora si rialzò, reggendosi la testa. Sentiva un forte dolore.
- Ohi, ohi... Ma dove sono finito? - mormorò a denti stretti.
Sembrava una grotta piuttosto estesa. Su una parete appariva un grosso portone bloccato, mentre dalla parte opposta c'era una rampa che scendeva, avvolta in una tetra nebbia. Sora riuscì a ricordare, dopo un po', in che luogo era andato a perdersi.
- L'Oltretomba... Qui è dove è apparso per la prima volta Demyx, il tizio con la chitarra dell'Organizzazione... - pensò.
Osservò poi il portone.
- E qui è dove... -
All'improvviso, Sora udì un battito di mani alle sue spalle, a qualche metro di distanza. Porse la sua attenzione verso l'unico astante nella grotta, impugnando prontamente il keyblade.
- Dunque non mi ero sbagliato - disse Ilfrien. - Tu sei il famigerato Custode della Chiave -
Sora lo fissò per qualche istante, cominciando a capire chi poteva essere. Anche se gliene avevano solamente parlato, intuì che colui che aveva innanzi non poteva essere che l'ultimo membro della Legione mancante all'appello.

- Il numero uno? Non l'abbiamo ancora incontrato, dico bene? -
- E spera di non incontrarlo mai -


Ilfrien tese il braccio destro in avanti e una potente luce scaturì dal palmo della sua mano. In breve, apparve un grande keyblade, il quale non fece altro che provocare sgomento nel cuore di Sora.

Sarei anche molto grato ai lettori se inserissero una recensione dopo ogni lettura, dato che mi risulterebbe alquanto utile, oltre che piacevole ^_^

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Capitolo 21
*** Capitolo 20: Sconfitta ***


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Capitolo 20: Sconfitta


I due avversari erano uno di fronte all'altro, pronti allo scontro. Si scrutarono per interminabili attimi, ciascuno cercando di scovare nel volto del nemico un qualsiasi segno di disattenzione per poi partire all'attacco.
- Cominciamo! -
Ilfrien mosse rapidamente il keyblade, saltando verso l'alto. Sora rimase immobile, in guardia, senza distogliere lo sguardo dalle sue mosse.
Con sempre maggiore velocità, il Signore delle Tempeste scese verso il Custode con un potentissimo fendente che andò a trovare ostacolo nella parata del giovane. Lo scontro tra le due Chiavi causò un forte spostamento d'aria per tutta la zona.
Ilfrien caricò nuovamente il braccio all'indietro e, in pochi secondi, ripartì all'attacco mulinando una serie di colpi terribili. Sora riusciva a stento a bloccarli tutti e si trovò ben presto costretto ad indietreggiare velocemente, mentre l'altro avanzava senza alcun intralcio.
All'ultimo, Sora balzò all'indietro con una formidabile spinta delle gambe in modo tale da allontanarsi e ristabilire le distanze. Ma Ilfrien non gli diede il tempo necessario. Lo seguì, parandosi di nuovo davanti al ragazzo con un'altra serie di attacchi molto rapidi e precisi, tanto che la sagoma dell'enorme keyblade si era sdoppiata in una moltitudine di punte affilatissime.
Infine, Sora cadde a terra, stremato dal frenetico ritmo dello scontro.
- Di già? Ti credevo un pò più resistente. Non hai più voglia di giocare? - gli domandò il capo della Legione, a qualche metro di distanza.
Sora si rialzò di scatto e, con un balzo, mirò al volto dell'avversario, il quale, rapidamente, tese la mano sinistra dinanzi a sé. La Catena Regale urtò violentemente contro una barriera invisibile richiamata dalla magia di Ilfrien, e Sora fu di nuovo scaraventato lontano per il contraccolpo ricevuto. Sistemandosi gli occhialini sul naso, l'oscura figura avanzò poi sino al giovine nuovamente steso per terra.
Sora, nel frattempo, aveva avvertito al momento della caduta un forte dolore alla testa e la vista stava cominciando ad offuscarglisi. Lentamente, arrivò a perdere quasi completamente i sensi.
L'ultima cosa che Sora rischiava di vedere era Ilfrien che, sollevato il suo keyblade in alto, stava per dargli il colpo di grazia.
Non riusciva a reagire. Si sentiva bloccato dal terreno. Istintivamente, il suo sguardo si posò sulla grande sagoma dell'arma che appariva di fattura elaborata ed elegante; era la lama di una spada, avvolta in una catena argentata, sulla cui punta sorgevano due ali, una di demone e l'altra di angelo.
Era finita. Se fosse stato colpito da quel keyblade, non ci sarebbe stato più nulla da fare.

"Sora!"

Una voce gli urlò nella testa, destandolo improvvisamente.

"Cosa..?"
"Sora, rialzati, presto!"

L'Eroe del keyblade, quasi ad ubbidire a quel comando, si riprese immediatamente. Fece quindi in tempo ad allontanare con una mossa fulminea la lama del nemico, il quale si trovò costretto ad indietreggiare di qualche passo continuando a tenere la sua Chiave puntata contro Sora.
Ilfrien si mise a ridere, quasi divertito. E a quella risata, Sora ricambiò con uno sguardo di puro odio. Impugnando la Catena Regale con entrambe le mani, cominciò a correre verso il Numero Uno della Legione Nera.
- Sciocco - mormorò costui, divaricando le gambe ed abbassandosi. - Oscuro Potere, rivela la tua anima. Magia elementale di livello due! Thunder! - urlò in seguito, allungando la sua Chiave verso Sora oramai già abbastanza vicino.
Una scarica elettrica percorse Oscuro Potere dall'impugnatura fino all'estremità della lama, scaricandosi addosso al ragazzo con una potenza a dir poco inaudita.
Con un urlo, Sora fu investito dal flusso di plasma bianco, sentendosi così bruciare tutto il corpo. Si accasciò al suolo, attanagliato dai fulmini.
- Muori! - sbottò Ilfrien, rincarando la dose e aumentando il voltaggio.
Le scosse si intensificarono. Allo stremo delle forze, Sora pensò di essere giunto alla fine. Aveva esaurito tutte le sue forze e il dolore stava cominciando a divenire insopportabile. Era questa, dunque, la sua fine? Cadere senza neanche aver completato il suo viaggio? Senza essere neanche riuscito a recuperare Kairi?
- Sei davvero una delusione - commentò amareggiato Ilfrien. - Questo è uno dei più deboli incantesimi che conoscono. Disperavo persino che riuscisse a centrarti e invece... -
- No... -
Ilfrien inarcò le sopracciglia.
- Cosa hai detto? -
Con un ultimo e disumano sforzo, Sora posizionò il keyblade davanti a sé.
- Reflex! -
Dal nulla si creò una barriera tutt'attorno a lui, come una specie di bolla cristallina. I fulmini furono respinti al mittente che venne letteralmente investito da essi e dal loro sibilare inquietante.
Tuttavia, sembrava che il Signore delle Tempeste non ne risentisse particolarmente. Si osservò infatti le braccia e le mani, muovendole per sgranchirle un po' ed assicurarsi che fosse tutto a posto.
- Tu... Sei... - disse Sora, col fiatone. - Il loro capo... Non è così? -
Se ne stava in ginocchio, non avendo ancora recuperato abbastanza forze per rimettersi in piedi. Solo in quell'istante ricordò che, trovandosi nel regno di Ade, la sua forza era molto probabilmente diminuita di molto.
- Già - ammise Ilfrien, facendo scomparire Oscuro Potere e posizionandosi di fronte a Sora. - Il mio nome è Ilfrien. E tu devi essere... Sora -
- Come conosci il mio nome? -
L'altro ridacchiò.
- Lo sento di tanto in tanto. Giunge alle mie orecchie come un eco lontano. E' dalla prima volta che lo sentii che mi rimane impresso nella mente... "Sora"... "Sora, dove sei?" - sogghignò, ripensando alle circostanze in cui aveva udito quel nome. - Quella ragazzina deve essere molto legata a te. Tu immagini già di chi io stia parlando, eh? -
- Kairi... -
Sora tornò in piedi, ritornando a brandire la Catena Regale.
- Che cosa le avete fatto? - domandò, celando la sua rabbia. - Parla! -
- Sarebbe più giusto chiedermi che cosa stiamo per farle -
- Maledetto! - tuonò il ragazzo, lanciandosi in un avventatissimo attacco contro Ilfrien.
Inutile dire che il tentativo andò a vuoto, dato che i suoi movimenti risultavano lenti e prevedibili agli occhi del suo avversario. Costui si limitava semplicemente a scartare di lato, lasciandosi tagliare la strada dal keyblade.
- Non temere, una volta che avremo terminato, te la restituiremo... O forse no. Dipende se avrò voglia di tenervi in vita - affermò Ilfrien con un sorriso malevolo.
Sora strinse i pugni e sferrò un altro colpo senza successo.
- Non sprecare le energie così, muovendoti per nulla. Mi fai soltanto venire il mal di testa - sbuffò il Signore delle Tempeste, appoggiandosi una mano sulla fronte.
Sora, però, non lo voleva ascoltare e, fuori di senno, continuava e continuva, invano. Non avrebbe permesso al nemico di andarsene così in fretta. Non ora, che aveva finalmente capito cosa stava per fare a Kairi.
- Basta, mi hai veramente scocciato - sbottò Ilfrien.
Con un gesto tanto veloce quanto brutale, afferrò la Catena Regale, fermandola. Sora cercò di liberarsi, ma non vi riuscì.
- Ti farò smettere io -

- Quello è Ade - disse Paperino.
I due uomini che avevano notato poco prima non erano propriamente uomini: uno di essi era Ade, il dio dei morti, mentre l'altro era un omone di quasi due metri con una strana aura dorata che lo circondava. Indossava una tunica violacea e aveva una folta barba bianca.
Rimanendo in disparte, i viaggiatori colsero solo la parte finale del discorso che era intercorso tra i due.
- ... Facciamo così allora, caro Zeus: io chiuderò baracca e burattini solamente se troverai qualcuno in grado di battere i miei tre campioni. Che cosa ne dici? -
- Non dovrebbe essere un problema per Hercules - rifletté Zeus. - Ci sto -
Zeus e Ade si strinsero la mano.
- Non fare molto affidamento sul mega-imbecille. Questa volta non avrà alcuna possibilità!" rise Ade, andandosene di buon umore. - Vedremo al torneo, eheheheh! -
Zeus rimase lì a guardarlo, per poi voltarsi verso i nuovi giunti che si erano fatti avanti non appena Ade aveva alzato i tacchi.
- Oh, ma guarda... Mi sembrava di aver sentito qualcuno -
Riku e compagni non fecero in tempo ad instaurare un dialogo né a presentarsi che dalle grotte uscì di corsa un uomo, rallentato dal peso che portava sulle spalle. Via via che si avvicinava, Paperino e Pippo lo riconobbero.
- Hey, Herc! - urlò Pippo, sbracciandosi per farsi notare.
Hercules si fermò un attimo e, vedendoli, svoltò verso la loro direzione.
- E' bello rivedervi ragazzi, ma ora non c'è tempo, presto - disse, posando in fretta il carico che portava sulle spalle e stendendolo a terra.
- Ma... Quello... - mormorò Riku.
- Sora! - esclamò il Re.
Tutti gli si avvicinarono.
- Che cosa gli è successo? - domandò Riku, chinandosi vicino all'amico.
- Vorrei tanto potervelo dire. Stavo facendo un giro da quelle parti per trovare i famosi campioni di Ade e, mentre cercavo, ho notato Sora sdraiato a terra. Poco più avanti c'era anche uno strano ragazzo vestito di nero che stava scomparendo nel nulla, in uno di quei varchi oscuri. A quel punto sono corso a soccorrere Sora, ma non si muoveva più -
Sora, steso per terra, aveva gli occhi chiusi e sembrava non respirare più. Non dava segni di vita. Paperino provò ad utilizzare più volte la magia Energia, ma fu del tutto inutile.
I compagni si rattristarono al vedere il loro amico in quelle condizioni.
- Forse possiamo ancora salvarlo - intervenne Zeus. - Seguitemi - disse infine, dirigendosi verso la scalinata che portava al Monte Olimpo.
Hercules si caricò nuovamente Sora sulle spalle e, seguito da Riku, Pippo, Paperino e il Re, si incamminò a sua volta su per i gradini.


- Kairi... -
 

Sarei anche molto grato ai lettori se inserissero una recensione dopo ogni lettura, dato che mi risulterebbe alquanto utile, oltre che piacevole ^_^
E ne approfitto per ringraziare tutti coloro che seguono questa fic XD

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Capitolo 22
*** Capitolo 21: Una guerra si avvicina ***


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Capitolo 21: Una guerra si avvicina


- Ehi, tu -
- Dice a me, signore? -
Un giovane uomo teneva il suo elmo tra le mani e stava trafficando con qualcosa: una foto che ritraeva una bellissima donna. Il ragazzo la stava infilando tra le pieghe interne del suo copricapo.
- Sì, ragazzo, dico a te - confermò il comandante.
I due si fissarono per qualche secondo, senza scambiarsi alcuna parola.
Erano a bordo di una piccola cargo scoperta che viaggiava sospesa a qualche centimetro da terra ad alta velocità, nel bel mezzo del deserto.
Se ne potevano vedere altre in lontananza, tutte che avanzavano nella medesima direzione, alzando un gran polverone dietro di loro. Su ognuno di questi mezzi di trasporto, una compagnia di una decina di soldati.
Questi indossavano una corazza di piastre argentata e un lungo mantelo blu. Gli elmi chiusi argentati erano decorati con un lungo pennacchio e rilucevano sulle teste di ognuno. Sulla schiena portavano un fodero, o di una lunga spada o di una lancia, accompagnata da uno scudo di medie dimensioni.
- E' la tua ragazza, quella lì? - chiese il superiore di grado, distogliendo lo sguardo.
- Sì, signore -
- Complimenti. E' molto bella - sorrise il comandante.
- Grazie, signore. E' l'unica cosa al mondo che mi è rimasta - disse il soldato, con espressione rassegnata.
- Combatti per lei, quindi. Fatti forza, un giorno potrai riabbracciarla -
I cargo cominciarono a rallentare, atterrando sulla rovente sabbia del deserto.
- Svelti, svelti! Tutti giù! - urlò il comandante, scendendo per primo ed impugnando le armi.
I soldati scesero, chi dal bordo del trasporto, chi dalla piccola rampa in fondo. Preparandosi, proseguirono oltre i cargo, divisi in vari battaglioni.
All'improvviso, videro un oggetto davanti a loro avvicinarsi a gran velocità e piombare dal cielo. Ma non era solo; erano una ventina di sfere, del diametro di un metro che, candendo al contatto col suolo, esplodevano. Cominciò allora il bombardamento sulle fila di uomini che avanzavano.
Il comandante, una volta indossato l'elmo, cominciò a fare segno ai suoi di avanzare in fretta verso la duna poco più avanti che avrebbe offerto loro riparo da quella pioggia letale.
Tutti estrassero lo scudo e la spada e, correndo il più rapidamente possibile, si diressero verso la collina sabbiosa come era stato loro ordinato. Molti persero la vita nel tentativo, trascinati via dalla forza delle esplosioni o sbalzati troppo lontano dalle onde d'urto.
Dalla cima della duna, inoltre, cominciarono a spuntare diverse sagome nere: Heartless che si agitavano, tutti in linea, mentre brandivano le loro asce luccicanti sotto il sole.
- Heartless! Attacchiamoli frontalmente! -
Con la spada sguainata, i guerrieri accellerarono verso i nemici, abbassando così gli scudi. E questo si rivelò un errore fatale.
Una salva di frecce, scagliate sempre da altri Heartless posizionati sul versante opposto della duna, si abbattè contro i soldati che in gran numero stramazzarono al suolo, privi di vita. Un piccolo contingente, però, guidato dal comandante, riuscì ad avvicinarsi agli oscuri esseri e a distruggerne in gran parte. Data la loro mole, gli uomini erano avantaggiati e lo scontro durò pochi minuti.
Gran parte degli Heartless svanì, lasciando il campo di battaglia e battendo in ritirata.
Passò una mezz'ora circa dopo quel tragico episodio. Un tale sulla ventina d'anni passeggiava tra i caduti per vedere se ve ne fosse ancora qualcuno in vita, qualcuno che fosse stato solamente ferito. Si chinava, ogni tanto, tastando i polsi e osservando i volti. Dopo qualche minuto si fermò accanto al corpo esanime di un altro giovane che aveva perso l'elmo, il quale si trovava poco più avanti, scheggiato.
Marcus (questo era il nome del soldato) lo raccolse. Esaminandolo, dentro vi trovò una foto e la tirò fuori per osservarla con occhi arrossati, in parte per i granelli di sabbia che gli irritavano le cornee, in parte per ciò che stava vivendo. Era riuscito ad ascoltare il discorso di prima sul trasporto, tra quel soldato e il comandante, e gli tornò alla mente ogni singola parola che si erano scambiati.
Aveva gli occhi fissi su quella bellissima ragazza che non avrebbe più rivisto il suo amato. Sorrideva, sembrava felice. Ma Marcus sapeva che quel sorriso così raggiante le si sarebbe spento subito, quando avrebbe ricevuto la tragica notizia.
- Aveva detto che combatteva per lei... - mormorò a se stesso.
Il comandante, notando Marcus, si avvicinò, tenendo l'elmo sotto braccio. Rimase alcuni istanti a guardarlo, per poi battergli una mano sulla spalla per confortarlo.
- No, non è affatto giusto... Perchè tutto questo? - si chiese il soldato.
L'uomo sospirò e senza parlare si allontanò, lasciando il giovane da solo.
Marcus si passò una mano sul mento, guardandosi attorno. Rimise la foto al suo posto e riprese a camminare. In vita sua, non aveva mai pensato che il suo mondo si sarebbe trovato, prima o poi, sull'orlo della catastrofe.

- La situazione è più grave di quel che avevamo previsto -
Giardini di Linahar, la Città delle Cascate.
Questa potente e avanzata capitale sorgeva nella più grossa tra le oasi che punteggiavano la superficie dell'intero pianeta, quasi completamente avvolto dalla sabbia e preda della desertificazione.
La città era situata in una piccola vallata circondata da alti picchi dai quali scendevano corsi d'acqua, molti dei quali a strapiombo. Le alte montagne formavano una protezione naturale per l'intero agglomerato, tranne che nel versante sud dove sorgeva un imponente muro alto poco meno di una decina di metri.
All'interno, la capitale era suddivisa in cerchie; tale divisione era determinata da vari corsi d'acqua artificiali costantemente alimentati dalle cascate della catena montuosa. Essendo la vallata piuttosto stretta, la periferia sorgeva in una zona sopraelevata, così come il palazzo reale.
- Se gli Heartless sfonderanno i perimetri ad occidente, ci sarà ben poco da fare - continuò sempre la stessa voce.
Due figure stavano passeggiando per i giardini. Con passo lento, si fermavano di tanto in tanto ad ammirare la bellissima distesa d'erba, arricchita con fontane e siepi che risultavano delle vere opere d'arte. Il tutto era racchiuso dalle lucenti colonne marmoree del porticato.
Uno dei due, quello che stava parlando, aveva tutta l'aria di essere più giovane dell'accompagnatore. Sui trentasei anni, aveva un fisico muscoloso e atletico. Indosso portava una cappa verde che celava le sue fattezze.
L'altro, che fino a quel momento era rimasto in ascolto, prese la parola, sospirando. Aveva capelli corti e grigiastri, una barba ben curata del medesimo colore e gli occhi di un verde intenso. Portava un lungo mantello color vermiglio.
- Ho l'impressione che ce l'abbiano con me -
- Come dite? - domandò l'uomo, con tono di voce basso.
- No, niente - rispose semplicemente l'anziano. - Sciocchi pensieri che mi si annidano nella mente -
Poi si fermò a riflettere.
- Ho una missione per te - esordì tutt'a un tratto.
L'incappucciato si mise quindi in ascolto, incrociando le braccia. Nel mentre, il suo sguardo vagava tra gli alberi fioriti del giardino.
- Dirigiti a queste coordinate -
L'anziano consegnò una piccola mappa rigida contenete un codice al guerriero.
- Lì troverai quasi sicuramente gli aiuti che ci servono. Fai in fretta -
L'altro annuì, chinando appena il busto e prendendo la scheda.
- Porto con me qualche soldato? - chiese in dubbio.
- Non credo ce ne sarà bisogno -
- Bene, signore. Vi auguro buona fortuna -
Detto questo, il giovane uomo se ne andò, riattraversando i giardini. L'anziano, però, rimase immobile, sorridendo.
- Ne avrai più bisogno tu, Basch -

- Tirate giù quella maledetta porta! -
Uno squadrone di Heartless partì all'attacco, colpendo con le possenti asce il pesante portone. Non accadde niente. Il ferro cozzava contro il ferro, provocando soltanto sgradevoli rumori e null'altro.
- Maledizione, lasciate fare a me! -
Nathan prese la rincorsa e si scagliò sull'ultimo ostacolo che c'era tra lui e l'ultimo quartiere rimasto libero della cittadina di Radiant Garden.
La sua potente arma si conficcò nel metallo, contorcendolo. Imprimendo più forza all'azione, la terra cominciò a muoversi aprendo una crepa sotto i suoi piedi.
Il Guerriero della Roccia si scostò, soddisfatto di ciò che aveva creato, e fece segno agli Heartless di passare per quella nuova via evitando così la protezione magica eretta da Merlino.
Una ad una, le oscure creature penetrarono nella fenditura appena aperta.
Accanto a Nathan, che se ne stava in piedi accanto al portone e appoggiato alla sua enorme arma ad osservare i suoi Heartless, apparve Albaran.
- Uhm... Alla fine ci sei riuscito - commentò costui, osservando la porta.
Il fratello sbadigliò vistosamente, quasi annoiato da tutto ciò che stava accadendo.
- Sì... Quella magia impediva agli Heartless di trasportarsi al di là del muro e ci siamo trovati costretti ad abbattere il portone manualmente. Inutile dire che questo branco di smidollati non sa fare quasi nulla - borbottò Nathan con sguardo truce.
Albaran si mise a ridere, con una certa moderazione.
- Sai... Ilfrien mi ha detto un paio di cosette... -
A quelle parole, Nathan si destò, spinto dalla curiosità.
- Ah, sì? E che cosa ti ha detto? -
Albaran prese a passeggiare qua e là per quella ristretta zona. Gli Heartless se ne erano tutti andati attraverso la fessura e i due fratelli erano rimasti soli.
- Quel ragazzino... L'Eroe del keyblade... Lo ha messo a terra in meno della metà del tempo che aveva sperato... -
Nathan non riuscì a trattenersi e scoppiò in una sonora risata.
- Non mi meraviglio di quello che dici. Ilfrien non è mai stato battuto da nessuno -
L'altro gli lanciò una veloce occhiata. L'uomo si fermò, accennando solo un mezzo sorriso.
- Oh, scusa tanto.... Me ne ero completamente scordato... -
- E poi - continuò il Generale. - Devi assolutamente sbrigarti a terminare questo mondo, chiaro? -
- Ma... Lo sai anche tu che c'è quel maledetto traditore al di là di questo muro e che, quasi sicuramente, avrà già falciato via i miei Heartless! -
A quel punto si udì una voce sofffocata provenire da dietro il portone.
- Hai pienamente ragione. Già da qualche minuto! E ne sto aspettando altri, sai? - disse Axander in tono di scherno.
Nathan strinse i pugni, trattenendosi dall'esplodere totalmente. Albaran, invece, scosse solamente il capo, mormorando qualcosa sottovoce.
- Il tempo stringe - concluse con tono fermo. - La guerra incombe -
Svanì dunque in un batter d'occhio, lasciando Nathan furente ad arrovellarsi le cervella per escogitare un altro piano.

Einar se ne stava seduto in una stanza vuota, senza finestre, totalmente oscurata. Solitario come sempre, era immerso nei suoi pensieri.
Qualcosa turbava la sua quiete. Sussurri. Sussurri tutt'attorno a lui. Con gli occhi chiusi lasciava che il mormorio sommesso lo avvolgesse, lo circondasse. Respirava profondamente.
Quando riaprì gli occhi, notò che non era cambiato nulla. Solo buio. Solo oscurità. Senza speranza.
L'Oscurità. Era davvero quella la sua via? Un Nessuno doveva necessariamente seguire questa strada priva di ogni luce?
- No -
Einar si alzò lentamente. Mosse un passo verso l'uscita, ma si fermò all'istante. Tese le orecchie, per sentire meglio. Forse era stata solo la sua immaginazione.
- Non può essere - sorrise divertito, aprendo la porta ed andandosene.
Eppure, per quel breve istante, si convinse che quello che aveva udito era il battito di un cuore.

Sarei anche molto grato ai lettori se inserissero una recensione dopo ogni lettura, dato che mi risulterebbe alquanto utile, oltre che piacevole ^_^
Ringrazio ancora tutti coloro che seguono questa fic! Mi raccomando, non perdete il prossimo capitolo, dove tornerò a parlare di Sora! ^_^

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Capitolo 23
*** Capitolo 22: Il Monte Olimpo ***


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Capitolo 22: Il Monte Olimpo



Einar camminava deciso verso la stanza dove tenevano prigioniere Kairi ed Elen. Si fermò davanti all'uscio, indietreggiando di mezzo passo per prendere la rincorsa. A quel punto, tirò un potente calcio alla porta, fracassandola. Era furioso, tanto che non lo si poteva nemmeno riconoscere in volto.
Nella camera bianca, però, non c'era nessuno.
- Elen! - urlò, controllando in ogni più piccolo spazio. - Kairi! -
Tutt'a un tratto, un'ombra nera si proiettò sulla parete, per materializzarsi in breve tempo sotto forma di sagoma umana. Einar si voltò di scatto, fissando con astio il nuovo giunto.
- Grelwan... - sibilò, gettando un'occhiata carica d'odio sullo Stregone.
- Ma che calorosa accoglienza! -
Ci fu una breve pausa, in cui entrambi si scambiarono sguardi poco amichevoli.
- Dunque avevo visto bene. Di te non c'era da fidarsi - disse Grelwan.
Avanzò di qualche passo, lentamente e ghignando. Einar estrasse, allora, uno dei suoi revolver e lo puntò contro il nemico, con una velocità sorprendente. Grelwan si bloccò all'istante. Tuttavia, continuava a mantenere una certa tranquillità e non accennava a smorzare quel suo sorriso malevolo.
- E' troppo tardi - affermò. - Non hai fatto in tempo! -
Con un urlo, Einar balzò all'indietro estraendo anche la sua seconda arma. Fletté le ginocchia per poi saltare addosso al nemico, aprendo il fuoco. Le esplosioni si susseguirono una dopo l'altra, riecheggiando nell'aria
- Stupido! -


Sora si svegliò di colpo. Il cuore gli batteva a mille e la fronte era madida di sudore.
- Ehi, Sora! Stai bene? - gli chiese Pippo che si trovava alla destra del letto
Paperino era dall'altra parte del letto, in piedi e in silenzio, mentre in fondo stavano Riku e Topolino, che fissavano l'amico sorridenti.
Sora si passò una mano fra i capelli, cominciando a calmarsi.
- Che cosa... Dove mi trovo? - domandò col fiatone.
- Questa è la nuova infermeria per gli atleti che partecipano alle varie coppe del Monte Olimpo - gli spiegò una nuova voce.
Hercules era appena entrato e Sora, studiando l'ambiente, si rese conto di trovarsi in quella che dava tutta l'idea di essere una grossa tenda da campo, verde e spaziosa.
- Ehi, Herc, come te la passi? - fece Sora, abbozzando un sorriso.
- Decisamente meglio dell'ultima volta che ci siamo visti - rispose l'eroe.
Hercules si avvicinò al letto sul quale era seduto Sora.
- Ci hai fatti stare in pensiero, lo sai? Ti ho trovato in fin di vita giù nelle grotte dell'Oltretomba -
Il Custode del keyblade abbassò lo sguardo, cercando di ricordare quanto era accaduto. Strinse i pugni, colto da una forte rabbia e dalla delusione per la sconfitta subita.
- E ringrazia il vecchio Pegaso! Senza di lui, non ti avremmo mai trovato - concluse Hercules.
- Certo, vedrò di farlo - lo rassicurò Sora.
Iniziava a sentirsi decisamente meglio. Scese dal letto e si alzò in piedi, stiracchiandosi. Una cosa però lo aveva turbato profondamente.
Che cosa significava quel sogno che aveva fatto poc'anzi? Aveva visto chiaramente il malvagio che lo aveva attaccato sull'Isola, Grelwan, ed era riuscito a riconoscerlo. Ma l'altro non riusciva a capire chi fosse, anche se il nome gli era giunto famigliare.
- Einar... - ripeté tra sé e sé Sora, a bassa voce.
- Come? - domandò il Re che nel frattempo si era spostato accanto a Pippo.
- No, niente - scosse il capo Sora. - Stavo pensando -
- Sora, ti ricordi chi è stato a ridurti in quel modo? - chiese ad un certo punto Riku. - Di norma tu non sei il tipo che si fa mettere KO tanto facilmente -
- Ricordo chi è stato. Almeno, credo di saperlo... - rispose Sora, con una nota di amarezza nella voce. - Si chiama Ilfrien ed è il capo della Legione Nera... -
Nonostante fosse sicuro dell'identità del suo avversario, permanevano ancora dei dubbi nella sua mente ancora offuscata per la visione di qualche attimo prima.
- Se anche l'ultimo di loro è uscito allo scoperto, dobbiamo muoverci più in fretta! - esclamò il Re.
Paperino e Pippo annuirono.
- Bene, mettiamoci alla ricerca della serratura - propose Riku, voltandosi verso l'amico - Pronto? -
Con un cenno, Sora gli rispose affermativamente. Hercules li guardò, dal canto suo, volendo però aggiungere qualcosa.
- Ragazzi, vi voglio solo avvisare che non potrete andare nell'Oltretomba -
La compagnia, che si era già riunita attorno all'uscita pronta alla partenza, si arrestò.
- Ah, no? E perchè? - chiese Topolino.
- Ultimamente Ade ha disseminato la zona di Heartless. Alcuni di loro vigilano costantemente l'entrata per il Monte Olimpo per non fare passare nessuno. Ma quello che più mi preoccupa sono i "forestieri" che riceve nelle sue sale -
- Forestieri? - fece Riku.
- Già... Tipi vestiti di nero... Finora, contando quello che ha aggredito Sora, ne sono arrivati solo due. Ciononostante, paiono troppi per i miei gusti -
- Maledetti! - imprecò il Re. - Che cosa vorranno anche in questo mondo? -
Sora, rimasto in silenzio, posò lo sguardo sui suoi amici ricordandosi di ciò che gli aveva detto Albaran a Nottingham.
- Ma certo! Sono venuti qui perché stanno cercando altri Heartless -
- Cosa? Spiegati meglio - disse Topolino, colto di sorpresa.
- Vedete, quando ci siamo trovati a Sherwood, è comparso uno dei membri della Legione Nera. Si chiamava Albaran e mi ha detto che lui e i suoi fratelli vogliono ottenere Kingdom Hearts per impossessarsi di un potere illimitato - precisò Sora.
- Ma non ha senso. Gli Heartless solo se distrutti dal keyblade possono rendersi utili a tale progetto. Insomma, perché non ce li stanno mandando addosso, ma li stanno radunando? - chiese sorpreso Riku.
Sora scosse la testa.
- Non lo so neanche io. Dicono che gli Heartless gli servono più da... Vivi... E che hanno trovato un altro modo per completare Kingdom Hearts... -
Tutti lo fissarono allibiti, tranne Hercules, che nel frattempo era uscito dalla tenda e si stava dirigendo da Fil per discutere sugli orari degli allenamenti.
- La faccenda è decisamente preoccupante. Ci troviamo davanti ad avversari che stanno facendo di tutto per farci confondere... -
- Scusate tutti, ma potreste uscire un attimo? - chiese Hercules, entrando frettolosamente. - Mio padre vorrebbe parlarvi -
Su invito dell'uomo, la tenda si svuotò e i cinque amici si trovarono all'esterno, per la precisione nel bel mezzo del piazzale di ingresso per l'arena del Monte Olimpo. Zeus li stava aspettando e, quando li vide, li accolse con un caloroso sorriso.
- Questi sono Sora e i suoi amici. Sora, questo è Zeus, mio padre - fece le presentazioni Hercules.
Sora e Zeus si strinsero energicamente la mano. Tanto che per poco il giovane non ci rimetteva il polso.
- Oh, è un vero piacere! Hercules mi ha parlato molto di voi. Siete dei giovani in gamba - si complimentò il dio.
- Grazie, ma non facciamo nulla di straordinario... - ci scherzò su Riku.
- Ah, pure modesti! - scoppiò a ridere Zeus.
- Sora, non ci hai ancora spiegato perchè siete tornati qui - gli fece notare Hercules.
- Già, è vero! Ecco, in pratica... -
E così, raccontò del viaggio che avevano intrapreso e della ricerca delle serrature.
- Una serratura dite? Io so come aiutarvi! - disse Zeus.

L'affondo andò a segno e l'Heartless svanì in una nube di fumo.
- E con questo fanno dieci! - esultò Marcus.
Con la destra, ancora impugnando la spada, si asciugò la fronte in parte coperto dall'elmo.
Non ebbe il tempo di tirare un sospiro di sollievo che un ennesimo Heartless si avventò su di lui. Grazie però alla sua grande abilità con la spada e alla sua prontezza di riflessi, colpì la creatura per aria, a metà del balzo, con un tondo formidabile.
- Se ne stanno andando! - urlò un soldato.
- Mantenete le posizioni, non abbassate la guardia! - ordinò il comandante.
Su quel piccolo pezzetto di territorio sabbioso non erano rimasti che una ventina di uomini di Linahar a fronteggiare la minaccia degli Heartless.
Tutto taceva. Il soffio del vento e il respiro affannoso degli uomini erano gli unici due rumori che si potevano udire.
Marcus posò il proprio scudo e si tolse l'elmo, buttandolo a terra lì vicino. Si sedette pesantemente.
- Marcus! - lo chiamò il comandante, facendogli cenno di avvicinarsi.
Il giovane si rialzò contro voglia, sbuffando, forse per il gran caldo o forse perché gli scocciava muoversi ancora dopo tanta fatica.
- Mi dica, signore - disse, mettendosi sull'attenti.
Il veterano riprese fiato, fissando il giovane negli occhi.
- Una missiva mi è appena giunta da parte del Re di Linahar e del Consiglio. Alames vuole che rientriamo tutti in città per poter organizzare meglio le difese contro una presunta orda di Heartless avvistata a parecchie miglia da qui -
Marcus rimase in silenzio, ascoltando interessato.
- Prenderai uno dei cavalli dell'accampamento e andrai in città -
- Eh...? Perché? -
- Voglio che tu ti metta in salvo e avvisi i nostri concittadini che gli Heartless sono molti di più di quanto reputi il nostro Sire -
- Ma non capisco... -
- Ragazzo mio, tu sei molto coraggioso e sai usare la spada in una maniera a dir poco sublime... -
- E allora perché mi mandate via? Io voglio restare, voglio combattere! -
Il comandante, però, non pareva dello stesso avviso.
- Niente da fare. Sei più utile a Linahar che qui. Ora va, questo è un ordine - concluse l'anziano, ma vigoroso guerriero.
Marcus non ribatté. Del tutto contrario a quella decisione, fece per allontanarsi.
- Aspetta -
Si voltò.
- Porta con te questa - disse il comandante, porgendogli la foto appartenuta al soldato caduto prima. - Riportala a colei che amava -
Marcus sorrise, così come anche il nobile guerriero di fronte a lui. Si strinsero la mano, dandosi poi una pacca sulla schiena l'uno con l'altro. Il giovane si allontanò, avviandosi verso una delle tende e pronto a tornare a casa.

- Tutto chiaro ora? -
- Aspetta, aspetta, aspetta... Fammi capire bene: se i miei campioni uccidono il moccioso con la Chiave, potrei avere accesso all'Olimpo? -
- Sarai il nuovo Zeus -
- Uhm... Si può fare... Scompiglia un pò i miei piani, ma si può fare... Non è previsto dal regolamento uccidere l'avversario, ma si sa, le regole sono fatte per essere infrante -
Albaran sorrise malignamente, spostandosi davanti al tavolo circolare che sorgeva nella sala di Ade, dove questi era seduto comodamente sul suo lugubre trono.
- Questo è lo spirito giusto. Tu partecipa solo al torneo e stai tranquillo che tutto andrà secondo i piani -
- Avete sentito voi tre? - tuonò Ade, rivolto a tre figure in disparte.
Costoro non dissero nulla, limitandosi a sollevare la testa in direzione del dio dei morti.
- Maledizione, ma vi decidete a parlare ogni tanto? - sbottò Ade, fuori dai gangheri.
- Quando ci fa comodo - rispose con insolenza uno dei tre.
- Questi guerrieri... Grrrrr... - mugugnò Ade, sbattendo i pugni e assumendo un colorito rossastro.
Albaran rise di gusto, soffermandosi a contemplare il trio per l'ultima volta.
- Non ti preoccupare, Ade. Sono sicuro che il qui presente Kadaj svolgerà un ottimo lavoro - 

Ricordatevi di lasciare un commento, se riuscite! Ve ne sarei molto grato ^__^

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Capitolo 24
*** Capitolo 23: Il Monte Olimpo, parte 2° ***


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Capitolo 23: Il Monte Olimpo, parte 2°


- A quanto ne so, c'è proprio una serratura negli Inferi e, con ogni probabilità, è quella che state cercando voi - disse Zeus.
Sui volti dei presenti si dipinsero dei sorrisi speranzosi ed entusiasti.
- C'è solo un problema - aggiunse Riku, lìunico del gruppetto che non si scompose. - Gli Heartless -
- Non è poi un problema così grave... Ho fatto una scommessa con Ade - si accinse a spiegare Zeus. - Ci sarà un torneo, qui al Monte Olimpo, dove ognuno di noi schiererà i propri campioni tra i tanti partecipanti. Se vinceranno i suoi, Ade potrà continuare a tenere aperto l'Inferodromo... Ma se vinceranno i miei, dovrò recarmi laggiù a chiuderlo una volta per tutte. E la serratura si trova proprio lì, nell'arena di Ade -
Sora schioccò le dita.
- Ci sono! Ci basterà soltanto attendere la fine del torneo e sperare che i "buoni" vincano, così finalmente potremo chiudere la seconda serratura! -
Zeus annuì.
- Non c'è nulla di cui preoccuparsi, Hercules vincerà di sicuro -
- Non ci spererei - intervenne una voce, alle loro spalle.
Tutti si voltarono in direzione di Ade, appena arrivato, chiedendosi cosa fosse venuto a fare lì.
- Sono venuto a porre delle nuove condizioni per il torneo -
- Che cosa? - chiese Zeus.
- Hai capito benissimo. Sappiamo già che tutti i nostri campioni arriveranno in finale, per cui voglio solo proporti un cambio di squadra -
Gli altri si scambiarono sguardi interrogativi, non capendo ancora a cosa volesse giungere Ade e quale perfido piano aveva elaborato.
- Andiamo gente... Al posto di Hercules, voglio che siano il mocciosetto con la chiave e i suoi valletti i nuovi campioni di Zeus! -
Hercules si mise a ridere, avvicinandosi ad Ade e guardandolo con sufficienza.
- Te lo puoi scordare! Gli accordi erano chiari -
Il dio alzò lo sguardo al cielo, sbuffando.
- Come vuoi - borbottò, schioccando le dita.
Una sfera oscura apparve nella sua mano. In breve tempo, al suo interno cominciarono ad apparire delle immagini, dapprima confuse, che andavano a farsi sempre più nitide.
- Vedi mega-citrullo? Ho appena lasciato libera Medusa a spasso per Atene. Non vorrai che combini qualche guaio, vero? -
Hercules fissò incollerito Ade. Lo avrebbe voluto conciare per le feste, quel vigliacco.
- Dimenticavo... C'è anche un ciclope - specificò con un sorriso maligno il dio dei morti.
L'eroe dell'Olimpo si allontanò di qualche passo, facendo segno a Sora di avvicinarsi. Il giovane obbedì.
- Ascoltami, Sora. Ade sta facendo di tutto perché vuole che partecipiate voi al torneo. Ha qualcosa in mente. Come vedi non posso lasciare che in città girino quei mostri indisturbati e devo andare per forza laggiù. Per favore, non è che potresti... -
- Non temere Herc, ho capito! Conta pure su di me! - lo rassicurò Sora, battendosi un pugno sul petto.
Hercules sorrise, ringraziando il ragazzo per la sua disponibilità e per l'entusiasmo con il quale aveva accettato l'incarico.
Si congedò, a quel punto, e, una volta chiamato Pegaso, prese il volo verso Atene. Ade sghignazzò, sfregandosi le mani tutto soddisfatto.
- Ottima scelta! Inoltre, i miei erano pure in tre... Sai tre contro uno... Eheheh... Non mi sembrava molto giusto - concluse con un'acerba risata, andandosene.
Sora lo stramaledì silenziosamente. Non poteva sopportare Ade; lui e i suoi vili stratagemmi per ottenere la vittoria.
Improvvisamente si udì un forte rumore di gong che segnava l'inizio del torneo.
- Si comincia... Paperino, Pippo, siete pronti? - domandò Sora, rivolto ai compagni.
I due annuirono, estraendo le loro armi e preparandosi ai futuri combattimenti.
Zeus, intanto, continuava ad accarezzarsi la folta barba grigia, piuttosto irrequieto.
- Date il meglio di voi, figlioli! - disse. - Sono sicuro che farete un ottimo lavoro -
- Mi raccomando Sora, voglio proprio vederti in azione - affermò Riku.
- Spera che gli spalti siano comodi, perché ho l'impressione che non sarà facile - commentò Topolino, facendo notare anche agli altri l'arrivo di tre losche figure, completamente ammantate.
Senza neanche fermarsi, questi sorpassarono il piccolo gruppetto davanti all'ingresso ed entrarono silenziosamente.
- I campioni di Ade... - mormorò Sora.

Le porte si spalancarono, cigolando sui cardini e provocando un rumore infernale che rimbombò per tutto il salone.
Con passo minaccioso, Grelwan avanzò verso il trono del fratello, Ilfrien, tranquillamente seduto a ponderare. Quest'ultimo, notando l'arrivo dello Stregone, si destò dai suoi pensieri, scrutandolo incuriosito.
- Quanto frastuono - commentò a bassa voce.
Grelwan lo udì e si volse verso di lui bruscamente.
- Certo, dopo quello che è accaduto! Dovevamo fidarci di lui, in fondo era nostro alleato... Chi avrebbe potuto dubitare di lui! - tuonò con una nota di rimprovero.
Si fermò a qualche metro da Ilfrien, incrociando le braccia e fissandolo.
- Io dubitavo di lui! E avevo ragione! Stupido Nessuno... Aspetta che gli metta le mani addosso! -
- Calmati ora - disse Ilfrien, sollevando una mano.
- Calmarmi? Sì... Facile a dirsi... Fratello, questa volta hai commesso un errore; ti fidi troppo di gente di cui non sappiamo assolutamente nulla e che poi ci tradisce. Vuoi un altro esempio? Axander! Ti fidavi di lui e guarda cosa se n'è fatto della tua fiducia, se n'è... -
- Non voglio sentire volgarità - ribatté Ilfrien, alzandosi dal suo seggio. - Lo ammetto, mi sono sbagliato sul suo conto -
Grelwan sorrise a quelle parole, come se avesse ottenuto un'importante vittoria facendo prendere coscienza al fratello dei suoi sbagli..
- Non serve a nulla rammaricarsi, per poco non è riuscito a trovare le due ragazze... E sarebbe riuscito anche a portarsele via indisturbato - esclamò lo Stregone.
Ilfrien si sistemò i biondi capelli dietro la schiena e si raddirzzò gli occhiali sul naso.
- Vedi... Ti sei almeno chiesto perché le due prescelte non erano nella stanza? -
Grelwan rimase sconcertato, non sapendo cosa rispondere. Scosse il capo in segno di diniego.
- Te lo dico io. Perché avevo previsto che ci avrebbe traditi - continuò con semplicità Ilfrien.
L'altro si passò una mano tra i lunghi capelli azzurri, sorridendo e avendo intuito.
- C'era da aspettarselo... -
- Grelwan, tu non conosci ancora bene i tuoi fratelli. E me ne stupisco - sorrise a sua volta Ilfrien.
Lo Stregone delle Acque sospirò, stringendosi nelle spalle.
- Ora che è chiaro che tu vuoi solo divertirti, quando pensi di iniziare? - domandò.
- Presto -
- E con chi inizierai? -
Ilfrien portò la mano destra al mento, mordicchiandosi il labbro inferiore.
- Quella con i capelli lunghi... Non la rossa, l'altra. Appena sarà il momento ti avvertirò di procedere -
Grelwan fece un leggero inchino. Dopodiché scomparve.

- Quest'acqua è gelida -
Marcus immerse la borraccia nel fiumiciattolo che scorreva dinanzi a lui e la riempì.
Una volta colmato il recipiente, lo richiuse e si voltò verso il suo cavallo dandogli una leggera pacca sul robusto collo.
- Mancano ancora parecchie miglia a Linahar e abbiamo gli Heartless alle calcagna - si disse, preparando la cavalcatura.
Dopo qualche minuto montò in groppa al bianco destriero e, impugnate le redini, cominciò a galoppare verso l'uscita della piccola oasi in cui avevano sostato, avventurandosi attraverso l'ostile deserto.

- Ragazzi, è un piacere vedervi, ma non c'è tempo, devo arbitrare il primo incontro! -
Fil, a tutta velocità, passò davanti a Sora e compagni che attendevano davanti all'entrata dell'arena, guardando i vari trofei e ricordando i bei tempi passati. Si sarebbero volentieri fermati a chiacchierare con il loro vecchio allenatore, ma questi sembrava piuttosto agitato e in subbuglio.
Zeus, invece, se n'era andato da un po' poiché aveva altre faccende da sistemare.
- I primi incontri sembrano noiosi - fece notare Riku, controllando l'enorme tabellone.
- Solo Heartless e Nessuno - disse Topolino.
Sora prese in mano la vecchia Coppa Ade, rimirandola e ripensando a tutta la fatica che avevano fatto per arrivare così in alto.
- Paperino, Pippo... Dovremo mettercela tutta per difendere ancora una volta il nostro titolo -

Ricordatevi di lasciare un commento, se riuscite! Ve ne sarei molto grato ^__^

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Capitolo 25
*** Capitolo 24: Il Monte Olimpo, parte 3° ***


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Capitolo 24: Il Monte Olimpo, parte 3°



Sora, Paperino e Pippo fecero il loro ingresso nell’arena dopo aver atteso per ben mezz’ora in quella che ormai era divenuta la sala d’attesa per le squadre. Una volta varcata l’uscita, furono accolti da uno scrosciare di urla e di applausi; per la prima volta da quando erano approdati al Monte Olimpo oltre due anni fa, vedevano gli spalti gremiti di gente.
- Wow! - esclamò Sora. - Mai vista una roba del genere -
Anche Paperino e Pippo si sorpresero nel vedere che vi era una folla così numerosa ad assistere agli incontri.
- Ehi, guardate in prima fila, dietro al parapetto - fece notare Pippo, indicando un punto preciso sugli spalti.
Esattamente dove stava puntando il dito Pippo, si trovavano Riku e il Re, i quali si guardavano attorno con estrema tranquillità, quasi fossero a loro agio in mezzo al pubblico.
Sora sorrise nel vederli. Avrebbe tanto voluto andare là a dirgli di prestare attenzione a come i campioni in carica del Monte Olimpo si sarebbero sbarazzati facilmente dei loro avversari, chiunque essi fossero stati. Ma non c’era tempo: il torneo stava per iniziare.
Un forte gong annunciò l’inizio del primo incontro. I tre eroi non si fecero attendere e salirono sul ring già con le armi in pugno e in posizione di guardia. Davanti a loro comparvero all’improvviso una decina di creature bianche che ondeggiavano indisturbate.
- Nessuno - disse Paperino con sguardo truce, mentre si rimboccava le maniche.
Un fischio risuonò per lo stadio. Il pubblico taceva, in attesa del combattimento.
I Nessuno erano disposti a formazione triangolare, con la punta rivolta verso Sora e compagni. Il Simile davanti a tutti si accartocciò su se stesso spalancando la bocca, per poi scattare in avanti. Volava rapidamente in direzione di Sora seguendo un moto poco regolare, dato il continuo oscillare.
Il ragazzo non fu preso alla sprovvista. Simulando alla perfezione l’estrazione di una spada dal fodero, gli apparve il keyblade nella mano destra e, in pochi secondi, si trovò faccia a faccia col Simile. Bastò un solo montante, ben caricato dal basso verso l’altro, per distruggere quel Nessuno alquanto incauto. Fu così che anche gli altri, però, si scaraventarono sul trio.
Paperino, trovatosi circondato da tre Simili, alzò lo scettro in alto e tre fulmini si abbatterono con precisione sulle teste dei malcapitati che svanirono nel nulla.
Pippo si scagliò addosso ad altri tre, cominciando a roteare su se stesso e tenendo lo scudo ben saldo nella sua mano. In un istante, i nemici furono eliminati.
Sora, invece, aveva già terminato. I rimanenti tre Simili che lo avevano attaccato avevano fatto i conti con la Catena Regale ed erano scomparsi anche loro.
Un secondo fischio, sollevatosi sopra le acclamazioni della folla, decretò la fine dell’incontro. Molti spettatori si alzarono, battendo le mani, nonostante fosse stato uno scontro alquanto banale.
I tre amici scesero dalla superficie sopraelevata del campo. Nel dirigersi verso la sala d’attesa, incrociarono gli stessi tipi di prima. Sempre ammantati di nero e incappucciati, questi non volsero un minimo segno di attenzione verso il Custode della Chiave e gli altri due, e proseguirono in silenzio verso l’arena.
Sora si fermò per un attimo a scrutarli con un certo interesse misto ad astio, poiché che quelli lavoravano al servizio di Ade. Li lasciò perdere velocemente e si diresse verso il grosso tabellone che sorgeva su una parete della sala d’attesa. Non fece in tempo a leggere la prima riga che i tre individui comparvero nuovamente dall’entrata attraverso cu ierano usciti. Sora li guardò sorpreso, lanciando occhiate al tabellone.
- Squadra di Ade... Squadra di Ade... Eccola... Ma... - sussurrò il ragazzo, incredulo. - Hanno già finito, com’è possibile? Erano appena entrati... -
Si voltò ad osservarli per l’ultima volta. Uno di loro era appoggiato al muro con le braccia incrociate e la testa china, quasi stesse dormendo in piedi, mentre gli altri discutevano a bassa voce su chissà quale argomento. Dopodiché, Sora dovette distogliere lo sguardo dai loschi figuri; Paperino e Pippo gli facevano segno di avvicinarsi per prepararsi al prossimo incontro e trovarsi freschi e riposati sin dalle prime battute.

Ade se ne stava seduto sul suo spazio riservato, un imponente trono decorato con teschi e figure minacciose, completamente nero. Ai lati, Pena e Panico, i due demoni fedeli al dio dei morti, dormivano perché annoiati da quello che erano costretti a vedere. In fondo, a loro, non gliene fregava proprio nulla di assistere ai combattimenti e quindi approfittavano di quel giorno libero per prendersi un riposino.
Ade, sbuffava di continuo. Anche lui era abbastanza stufo di assistere per la maggior parte del tempo ad incontri tra Heartless e Nessuno o tra soli Heartless. Inoltre, i suoi campioni erano stati troppo veloci e non si era gustato appieno le loro capacità, sempre ammesso che si fossero impegnati nel disfarsi di una ventina di Fantini d’Assalto, una tipologia di Heartless particolarmente resistente.
- Ti vedo giù - irruppe ad un tratto una voce.
Il dio dei morti si voltò e vide che dietro allo schienale c’era Albaran, con le mani dietro alla schiena, che fissava con attenzione l’arena.
- Non sta procedendo come avevamo previsto? - continuò il Generale.
- Sì, sì... Ma non c’è gusto, è fin troppo facile... - si lagnò Ade. - Mi piace vedere sangue, morti, violenze di ogni genere! Se proprio voglio... - disse abbassando il tono della voce. - ... Diventare il nuovo sovrano del Monte Olimpo, lasciatemi almeno che lo diventi con stile! -
Albaran scosse il capo.
- Mi dispiace, ma preferisco andare sul sicuro. Pertanto, l’unica gioia che potrai permetterti è quella di vedere Kadaj, Loz e Yazoo far fuori i tre impiccioni venuti dagli altri mondi... E poi pensa che faccia farà Zeus quando scoprirà che gli hai mentito e che grazie ai tuoi nuovi guerrieri lo spodesterai -
Ma le parole di Albaran sembravano non sortire alcun effetto su Ade. A quel punto, il Numero Due della Legione schioccò le dita.
Rispondendo al debole suono, cominciò ad alzarsi un leggero venticello. Passarono pochi secondi e quella che sembrava soltanto una lieve ed innocua brezza si era tramutata in un tornado; una colonna nera, imponente e minacciosa che sorgeva al centro dell’arena.
Ad Albaran bastò muovere lentamente una sua mano e il tornado si spostò. Lo diresse verso la squadra di Simili che in quel momento stava avendo la meglio su un gruppetto di NeoShadows.
I Nessuno furono improvvisamente attirati verso il centro della tromba d’aria, e, uno ad uno, scomparvero senza lasciare traccia. Una volta disfatta del tutto la squadra di creature bianche, Albaran schioccò una seconda volta le dita ed il vento cessò in un batter d’occhio.
Ade sorrise entusiasta.
- Senti un po’, non è che potresti iscriverti anche tu? Sai, potrei fare un’eccezione e farti partecipare alle semifinali, eheheh... - cercò di convincere il Generale, avendo notato il suo enorme potenziale.
Albaran non diede troppo peso a quelle parole e se ne andò senza dire nulla.

Il pomeriggio passò velocemente. Tra uno scontro e l’altro, Sora, Paperino e Pippo erano riusciti a sconfiggere facilmente le squadre che avevano incontrato sul loro cammino, sino a raggiungere la tanto attesa finale.
Si trovavano, in quel preciso istante, sul bordo dell’arena, ciascuno con la propria fedele arma tra le mani.
Dall’altra parte del campo, invece, si trovavano i tre campioni di Ade ancora ammantati ed incappucciati ed avvolti da una strana aura oscura piuttosto inquietante.
Il dio dei morti attendeva con euforia, sfregandosi le mani con impazienza. Un ghigno malevolo si andò a dipingere sul suo volto.
- Fateli a pezzi! -
Alle sue spalle, Albaran osservava incuriosito ciò che stava per accadere. Il suo volto non lasciava trasparire alcuna emozione tanto che pareva una statua, fredda ed insensibile. Le gelide iridi guizzavano da una parte all’altro del campo, analizzando uno ad uno gli opponenti.
Infine, un sorriso gli increspò le labbra. Poi un sonoro fischio, seguito dalle urla della folla sugli spalti. E la finale ebbe inizio.

Entrambe le squadre erano schierate sulla superficie sopraelevata. Al segnale di inizio, però, nessuno dei due schieramenti era partito all’attacco. No. Si scrutavano semplicemente con tranquillità, con tutta la calma del mondo.
Tutt’a un tratto, uno degli incappucciati afferrò con forza il suo mantello all’altezza della spalla e tirò con forza. Lo stesso fecero i suoi campagni, che si sfilarono i pesanti mantelli, gettandoli a lato.
Davanti a Sora e ai suoi compagni apparvero tre guerrieri dai capelli argentati di differente taglio e completamente vestiti di nero. Quello in testa al trio, Kadaj, squadrò Sora con una certa aria di sufficienza.
- Tsk, siamo arrivati in finale per combattere contro... Questi? - domandò ai suoi compagni.
Gli altri due risero di gusto.
- Hai qualche preferenza? - chiese Loz a Kadaj, mentre osservava anch’egli i vari componenti della squadra rivale.
- Se non ti dispiace io mi prendo il mocciosetto - rispose estraendo la sua katana a doppia lama. - Mi dà l'idea di essere il più in gamba dei tre -
- Per me va bene - si intromise Yazoo.
Sora, Paperino e Pippo erano rimasti nella stessa posizione di partenza, ben attenti ad ogni singolo movimento dei tre guerrieri.
All’improvviso, Kadaj fece cenno a Sora di avvicinarsi: si stava evidentemente prendendo beffe del ragazzo, il quale, col sangue che gli ribolliva nelle vene, non perse tuttavia la concentrazione.
L’avversario sorrise.
- Ah, non vuoi venire, eh? Allora vengo io - mormorò.
In un attimo, Kadaj sparì dalla visuale del Custode del keyblade. Allarmato, Sora abbassò la guardia, iniziando a guardarsi freneticamente attorno.
- Dov’è andato? -
- Sora, sopra di te! - urlò Riku dagli spalti, tra la folla che si era ammutolita.
L’amico alzò lo sguardo e vide che Kadaj gli stava piombando addosso, a spada sguainata, come una saetta. Stringendo la Chiave, Sora balzò incontro al nemico, tenendo l’arma sopra la sua testa.
Le due lame si incrociarono, accompagnate da un forte rumore metallico e da una marea di scintille bianche e azzurre. L’urto respinse Sora verso terra e Kadaj gli si avventò contro. Il giovane iniziò a parare con estrema destrezza tutti i colpi dell’avversario che attaccava ad una velocità impressionante.
A quel punto, anche Loz e Yazoo partirono all’attacco.
Il primo, con il suo Dual Hound, un’arma che portava fissa sul braccio con due spuntoni appuntiti che sporgevano verso le dita, sferrò una serie di pugni contro lo scudo con cui Pippo si stava riparando, mentre il secondo prese a sparare una raffica di proiettili contro il mago di corte, il quale si trovò costretto a ricorrere esclusivamente alla magia Reflex.
Questi, però, non durarono molto: Pippo fu subito messo K.O e buttato fuori dal campo, e lo stesso accadde a Paperino, che, esaurite le energie, aveva iniziato a correre per l’arena cercando di evitare i proiettili; ma sfortunatamente non si era accorto del bordo dell’arena e finì squalificato, cadendo a terra.
Sora si trovò, dunque, da solo contro tre. Kadaj continuava ritmicamente a sferrargli fendenti brutali che rischiavano di disarmarlo da un momento all’altro. Grazie, però, all'abilità del ragazzo, ciò non avvenne.
Sora, dopo parecchi minuti di incessanti attacchi parati alla meglio, indietreggiò cercando il momento propizio per contrattaccare. Sollevò il keyblade sopra la sua testa ed attaccò Kadaj che lo schivò spostandosi di lato. Il guerriero rispose fulmineamente, con un tondo diretto al fianco del giovane. Questa volta, Sora compì un salto, lasciando così passare la doppia lama sotto i suoi piedi, e sferrò un affondo verso la testa di Kadaj. Ma fu costretto a fermarsi a metà dell'azione, poiché Yazoo gli aveva sparato ad una spalla ferendolo seriamente e facendolo rotolare violentemente al suolo. Il keyblade scomparve dalle sue mani.
A quel punto, anche Loz si avvicinò, pronto a finirlo con un pugno, ma qualcosa andò storto: proprio mentre stava caricando il braccio, fu sbalzato all’indietro urtando contro la barriera invisibile che delimitava l’arena.
Sora, con un ginocchio a terra, si teneva la spalla dolorante. Alzò lentamente lo sguardo notando una figura con un lungo soprabito nero davanti a lui.
- Non mi pare corretto. Tre contro uno - disse il nuovo venuto.
Sora, per un attimo, sorrise. Era convinto che quello appena arrivato in suo soccorso fosse Axander. Purtroppo, non appena levò lo sguardo più in alto, notò di essere in errore. Quello che gli stava davanti era Albaran.
- Non ti impicciare, se non vuoi fare la sua stessa fine - disse Yazoo, puntando la pistola contro l’uomo.
Il Generale si mise a ridere.
- Ma fammi il piacere -
Tese il braccio destro verso il guerriero e lo scaraventò contro il parapetto degli spalti, senza neanche sfiorarlo. La stessa cosa fece con Loz, che era riuscito a rialzarsi e stava di nuovo partendo all’attacco; questi fu scagliato ancora più lontano.
Albaran abbassò il braccio, lanciando un'occhiata penetrante in direzione di Sora.
- Potete continuare - 

Ricordatevi di lasciare un commento, se riuscite! Un grazie a chi continua a seguire la fiction ^^

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Capitolo 26
*** Capitolo 25: Il Monte Olimpo, parte 4° ***


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Capitolo 25: Il Monte Olimpo, parte 4°



- Meno male che volevi andare sul sicuro! - esclamò Ade, non del tutto entusiasta per l'entrata in scena del membro della Legione.
Albaran ricomparve sugli spalti, accanto al dio dei morti.
- Non eri tu quello che voleva vedere più spettacolo? - ribatté l'uomo, inarcando un sopracciglio.
Il pubblico osservava la scena con il fiato sospeso. Nessuno proferiva parola, nessuno esultava. Tutti a bocca aperta ad osservare i due ultimi contendenti rimasti.
In mezzo alla folla si trovavano ancora Riku e il Re che, a differenza di quelli che sedevano al loro fianco, sembravano decisamente più tranquilli. Sembravano. Ma il loro animo era turbato.
- Sora se la sta vedendo brutta - ammise Riku, stringendo i pugni.
- E noi non possiamo farci nulla - disse Topolino con rammarico e senza distogliere gli occhi dal terreno.
Fu all’udire quelle parole che il giovane sorrise, sicuro di sé.
- Questo è ancora da vedere - affermò, alzandosi.
Appoggiando una mano sul parapetto, Riku lo scavalcò con un abile balzo, facendo apparire nella mano destra il suo keyblade. Atterrò sul lieve strato di sabbia che circondava il perimetro del ring ed iniziò a correre verso Sora e Kadaj.
Giunse in pochi secondi abbastanza vicino da poter salire sul terreno da combattimento. Ma non appena ebbe raggiunto il bordo, urtò violentemente contro una barriera invisibile che lo sbalzò lontano di un metro. Cercando di rialzarsi, Riku appoggiò un gomito a terra, passandosi l’altro braccio sulla fronte.
- Che diavoleria è questa? - si chiese.
Tornato in piedi, il keyblade scomparve. Nel mentre, anche Topolino era sceso e si era affiancato al ragazzo.
- Niente da fare. Sora deve sbrigarsela da solo -

- Uno contro uno ci vogliono. Benissimo, per me è uguale - esordì Kadaj.
Si ergeva davanti a Sora, puntandogli alla testa la punta della sua spada che rispondeva al nome di Souba.
Con un ginocchio a terra ed una spalla ferita, il Custode lo fissava dal basso verso l’alto, digrignando i denti. Poteva sperare solamente in un miracolo, conciato com’era; contando, inoltre, che anche la Catena Regale era scomparsa dalla sua mano, le possibilità di un’ipotetica rimonta si erano fatte ancora più tenui.
Kadaj sorrise, quasi provasse compassione per l’avversario. Quel sorriso si tramutò ben presto in un malefico ghigno.
- Addio - proferì, caricando il colpo.
La lama saettò in avanti per finire una volta per tutte Sora. I raggi del sole si riflettevano sulla terribile lama, la quale li rifletté come uno specchio sul ciondolo a forma di coroncina che il Custode del keyblade portava al collo. Appena la superficie metallizzata dell’ornamento fu colpita dal raggio, qualcosa accadde all’improvviso: la coroncina prese a fluttuare a mezz’aria, sprigionando una forte ed intensa luce. Kadaj fu costretto a bloccare sul momento la spada e a coprirsi gli occhi alla meglio con entrambe le braccia, per non rimanere abbagliato.
La luce si propagò per tutto lo stadio. Riku e il Re si voltarono velocemente verso gli spalti per ripararsi, socchiudendo gli occhi. Gran parte delle persone presenti si coprì il viso. Ade, invece, tirò fuori dal nulla un paio di occhiali da sole e se li infilò facendo finta di nulla, mentre Albaran restò impassibile con le braccia conserte ad osservare la scena per intero.
- Che... Che diamine... Succede? - farfugliò Kadaj, indietreggiando di qualche passo.
Il bagliore iniziò a diminuire tanto da permettergli di impugnare nuovamente per bene l’arma. Non riusciva, però, a distinguere le forme che aveva davanti; sembrava che si fosse formata una strana nebbiolina.
Tutt’a un tratto, mentre la guardia era bassa, vide chiaramente che qualcosa si stava avvicinando a grande velocità verso di lui. Sgranando gli occhi, poté constatare che una specie di lama rotante lo stava attaccando. Pose quindi la spada orizzontalmente a pochi centimetri dal viso.
In una frazione di secondo, il keyblade lanciato da Sora fu addosso a Kadaj che lo respinse con una sola mossa.
- Però, non male... - commentò il guerriero.
La vista stava cominciando a tornare normale.
Sora, a pochi metri da lui, stava impugnando una nuova Chiave: era simile alla Catena Regale, solamente che la lama era completamente grigia e l’impugnatura aveva assunto un colorito pallido tendente al bianco.
Riku e Topolino, da lontano, lo osservavano sbigottiti.
- Questa chi se la sarebbe mai aspettata... - sussurrò Riku.
- Il keyholder... - intervenne il Re. - Guarda! -
Guardando più attentamente, all’estremità dell’elsa un piccolo ciondolo argentato dondolava lentamente avanti e indietro. Era la piccola coroncina che Sora aveva portato al collo fino a qualche istante prima, la quale, inspiegabilmente, aveva preso il posto del keyholder precedente facendo assumere nuova forma e nuove potenzialità al keyblade.
"Ha una nuova, enorma chiave" pensò Kadaj, concentrandosi. “Ha cambiato solo colore. Per il resto, il moccioso che la impugna è sempre lo stesso”
Tuttavia, questa volta stava prendendo la faccenda troppo alla leggera. Senza neanche accorgersene, l’avversario che sottovalutava così tanto aveva già iniziato a venirgli incontro.
Con enorme sorpresa di Kadaj, Sora in poco tempo gli fu vicinissimo. Piegò le ginocchia e assestò un montante col keyblade, colpendo in pieno Kadaj che fu sbalzato in aria.
Approfittandone, il ragazzo portò anche la mano sinistra sull’impugnatura dell’arma e, con tutta la velocità con cui riusciva a maneggiare il keyblade, iniziò a sferrare violenti colpi in serie allo spadaccino. Tutte le combo andarono a segno con successo, ripetutamente.
Infine, proprio quando Kadaj si trovava ancora sospeso per aria, Sora impugnò nuovamente, con una mano sola, il keyblade. Dopo aver caricato il colpo poco sopra la spalla, abbassò la lama, mandando al tappeto il nemico con un unico e potente colpo di grazia.

- No! No, no, no! Mi rifiuto di crederci! -
Ade era furibondo. Si era alzato ed aveva iniziato a pestare forte sul terreno e ad agitare i pugni. Le fiamme sulla sua testa avevano assunto un colorito rosso acceso.
Albaran gli stava accanto, impassibile come sempre. Sospirò, deluso.
- Qui è tutto finito -
Ade si voltò di scatto verso il Generale.
- Che cosa? Non te ne puoi andare proprio adesso; avevamo un accordo! Tu mi aiutavi a trovare i guerrieri e un buon piano, e io ti davo gli Heartless! -
- Già, hai fatto bene a ricordarmelo... Gli Heartless -
Allargando le braccia, Albaran unì rapidamente le mani, con un gesto fulmineo. Dei grossi nuvolosi cominciarono ad ammassarsi in cielo, oscurando il sole. La folla sugli spalti, presa dal terrore, iniziò a fuggire per le varie uscite svuotando così lo Stadio in pochi minuti.
Sul limitare di tutta l’arena si stagliava, in quegli attimi, una schiera immensa di Heartless.
Avevano tutti una corazza argentata con tanto di elmo e, al posto delle due mani, avevano due katane dalla lama annerita.
Un varco si aprì allora in mezzo alle nubi.

- Svelto - disse Riku.
Era riuscito ad infrangere la barriera e ad entrare in campo, afferrando Sora per un braccio. L’amico annuì e lo seguì senza indugiare oltre. Raggiunti Topolino, Pippo e Paperino vicino all’uscita, tutti insieme entrarono nella sala d’attesa per poi uscire nel piazzale dove sorgevano le due statue dei guerrieri che incrociavano le spade sopra il portone.
Sora si voltò verso lo stadio, alzando lo sguardo.
In cielo, il varco oscurava tutto ciò che gli stava sotto. Esattamente come era successo al castello del principe Giovanni, migliaia di Heartless continuavano a saltare all'interno del buco nero.
Il tutto durò per poco. Il portale oscuro si richiuse rapidamente ed il cielo si rasserenò quasi immediatamente.
- Ce l’hanno fatta... Sono riusciti a prendere altri Heartless - mormorò Sora.
Gli altri continuavano a tenere lo sguardo fisso in cielo anche se non c’era più nulla di strano da scrutare. Come se non bastasse, davanti a loro, apparve Ade intento a borbottare qualcosa di incomprensibile; era alquanto arrabbiato e, non appena si accorse degli altri presenti, si innervosì ancora di più.
- Voi! Maledetti! Per colpa vostra il mio piano è andato in fumo! -
- Piano... - sbuffò Sora. - Sai che piano riuscire a tenere aperto l’Inferodromo -
- Ma quale Inferodromo, quello schifo non mi interessa! Se avesse vinto Kadaj, io sarei diventato il nuovo padrone del Monte Olimpo! - esclamò Ade. alzando le mani al cielo. - Ma voi - continuò. - Sciocchi e petulanti babbei siete dovuti venire qui a darmi fastidio! Vi accontento! Heartless! - urlò schioccando le dita.
Non apparve niente.
- Dannazione, se li è presi tutti! - tuonò il dio dei morti, assumendo nuovamente quel colorito rossastro.
Sora e gli altri si misero a ridere.
- Beh, che c’è di così divertente, pivelli? - ruggì Ade.
- A-ehm - si sentì alle sue spalle qualcuno schiarirsi la voce.
Ade si voltò di scatto. Dietro di lui, Zeus e Hercules lo fissavano con espressioni poco rassicuranti.
- Senti, senti... Il caro Ade voleva prendere il controllo del Monte Olimpo - disse Hercules.
- Già... - si limitò ad aggiungere il padre.
Il dio dei morti si mise a ridere, indietreggiando.
- Eheh... Suvvia ragazzi era solo una battuta... Non riconoscete più le battute, andiamo, dai... -
Fu però costretto a fermarsi di colpo poiché c’era Sora che gli puntava alla schiena il keyblade.
- Fermo qui - gli ordinò.
E Ade obbedì.
- Molto bene. Guarda caso avevo già pronta una punizione per questa evenienza - ghignò Zeus, avvicinandosi all’altro che nel frattempo si era fatto piccolo piccolo di fronte al padre degli dei.

- Ecco fatto -
Il raggio si spense sulla punta della Chiave. La serratura era stata sigillata e l’Inferodromo chiuso per l’ennesima volta, quella definitiva.
Sora era riuscito a sigillare anche la seconda serratura senza problemi, con l’aiuto di Zeus e degli altri che erano scesi assieme a lui negli Inferi.
Una porta bianca apparve dal nulla, accanto all’entrata per le grotte.
- Bene Sora. Ade è stato sistemato: abbiamo deciso, infatti, che rimarrà sul Monte Olimpo... Ma sarà l’addetto alle pulizie - ridacchiò Zeus.
- Questo invece è tuo - disse Hercules, avvicinandosi.
Tra le mani teneva un grosso trofeo d’oro, il premio del vincitore del torneo. Lo porse subito a Sora, il quale ringraziò di cuore l’amico.
- Tutto è bene quel che finisce bene - recitò Paperino.
- Beh, ma non abbiamo ancora finito, Paperino. Dobbiamo ancora esplorare altri mondi - lo corresse Pippo.
Il papero gli lanciò un’occhiataccia, sbuffando.
- E i tre campioni di Ade? Che fine hanno fatto? - domandò Riku.
- Quei tre? Sono ritornati negli Inferi - rispose con tranquillità Zeus.
Quindi si salutarono per l’ultima volta, e Sora e compagni varcarono la porta, avvolgendosi di una luce fortissima.
- Salutami Fil, mi raccomando! -
- Lo farò, a presto Sora! -

*Prossima fermata, la Terrazza del Tramonto*
Einar si alzò e si avviò all’uscita laterale del vagone.
Il treno iniziò lentamente a frenare. Il ragazzo sospirò e, una volta che le porte furono spalancate, scese giù, avviandosi alla scalinata che portava verso il resto del quartiere. Ci mise poco ad attraversare il piccolo centro abitato.
Quel giorno, le strade erano letteralmente deserte. Camminava tranquillamente, con le mani in tasca e guardandosi attorno. Arrivò sulla cima di una collinetta sotto la quale passava di tanto in tanto un vagone solitario. Si fermò ad osservare lo strano monumento con le due compan che sorgeva lì nei dintorni e che stava a simboleggiava la città. Restò così per un po’ fino a quando qualcuno non venne a disturbare la sua quiete.
Sentì qualcosa di umidiccio sfiorargli la mano sinistra, lungo il fianco. Con rapidità da fare invidia ad un lampo, estrasse uno dei suoi revolver puntandolo contro l’essere che lo stava disturbando. Si accorse però che non era altri che un piccolo cagnolino tutto bianco con un ciuffetto che gli copriva gli occhi. Il piccoletto scodinzolava allegramente, leccando la mano al Nessuno.
Einar rinfoderò l’arma, chinandosi sul cucciolo e accarezzandolo.
- Da quando in qua sei così tenero verso qualche creatura vivente? - osservò una voce. - Stiamo parlando di Einar, no? Forse mi confondo con un altro che gli somiglia -
Il ragazzo alzò lo sguardo, notando la presenza di un individuo basso, con un soprabito nero e un cappuccio che gli ricadeva sul volto.
- Ma non eri scomparso, tu? -
 

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Capitolo 27
*** Capitolo 26: Ripensamenti ***


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Capitolo 26: Ripensamenti



Lo straniero se ne stava fermo a fissare dall’alto verso il basso Einar, intento ad accarezzare il cucciolo. Questi, però, avvedendosi di quell'individuo, abbaiò nella sua direzione, sempre scodinzolando, per poi andarsene tutto felice.
Einar si rialzò, spolverandosi i jeans. Una volta tornato in posizione eretta, mise la mano sinistra in tasca fissando attraverso gli occhiali l'avventore.
- Perché non mi eviti questa sceneggiata e ti togli il cappuccio? - disse togliendosi gli occhiali.
Col bordo della giacca rossa iniziò a pulirli alla meglio, utilizzandola come un normale panno. Dopo qualche secondo se li rimise, scostandosi i capelli dietro le orecchie.
- Credo di non avere molta voglia... - mugugnò il vecchio, agitando il bastone per aria.
Tutt'a un tratto era apparso un lungo scettro color platino nelle mani della figura. Non appena il Nessuno lo vide, sgranò gli occhi per un lampo di secondo, riconoscendolo all'istante.
- Tu! - esclamò. - Dovevi essere stato sconfitto da Ilfrien -
- Non farmi ridere - sogghignò l'altro. - Io, sconfitto da Ilfrien? Non dire sciocchezze. Ne dovrà passare di acqua sotto i ponti prima che lui possa farmi seriamente male -
Einar sorrise, dando una fugace occhiata al terreno.
- Dovevo immaginarlo... Hai la pellaccia dura -
- Ilfrien si crede onnipotente, ma non lo è - continuò il vecchio. - E non lo sarà mai finché perseguirà i suoi scopi con quei mezzi -
- Perché hai finto di perdere? - domandò Einar.
- Non ho finto - rispose prontamente l'anziano. - Mi ha colpito davvero e non sono stato in grado di reagire. Quello glielo posso concedere... Ma solo perché mi sono trattenuto -
- Potevi mostrare il tuo reale potere, però... -
- Potevo, hai detto bene - ridacchiò il tale. - Ma non l'ho voluto fare. Sai perché? -
Einar non rispose e incrociò le braccia, distogliendo lo sguardo dallo scuro cappuccio del vecchio, sotto il quale non si vedeva altro che oscurità. Una profonda oscurità.
- Perché tu devi dare il tuo contributo, Einar. Non sperare che io interverrò per rimettere tutto a posto e distruggere Ilfrien. Non lo farò -
- Cosa stai blaterando? Lascerai davvero tutti a morire? - allargò le braccia il ragazzo. - Lo farai davvero? Se nessuno fermerà Ilfrien, tu non farai nulla? Resterai a guardare? -
- Ovviamente - si limitò a dire l'anziano.
Einar non seppe più che dire a quell'ottuso vecchio che aveva di fronte. Faceva discorsi insensati, stava semplicemente delirando. A cosa mirava?
- Sono sicuro di quel che faccio - disse poi l'incappucciato. - Einar, tu non hai mai seguito veramente la via del male, ma se non ci starai attento, rischierai di invischiarti in affari al di fuori della tua portata -
Il vecchio si avvicinò lentamente all'unica panchina della terrazza e si sedette, congiungendo le mani sul pomo del bastone.
- Tu ricordi, Xemnas, vero? Il Nessuno di Xehanort -
- Sì che me lo ricordo... Che c'entra? - sbottò Einar, innervosito.
- Ti ha escluso dalla sua Organizzazione perché non eri allievo di Ansem. Eppure tu sai che lui la estese anche ad altri sconosciuti che vennero a chiedergli aiuto -
Il vecchio spostò quel capo senza volto verso il Nessuno, squadrandolo con molta attenzione ed esaminandone le reazioni.
- Perché poi non ti aggregasti a questi altri? Non eri allievo di Ansem, ma neanche Saix lo era, neanche Marluxia e tantomeno Roxas. Perché? -
- Ero fuori di me perché mi avevano escluso la prima volta. Non trovavo buona la scusa che non fossi allievo di Ansem... In fondo, quella volta finimmo tutti e sette per perdere il cuore. Qualcosa in comune ce l'avevamo. E anche il nostro futuro obiettivo sarebbe stato comune. La ricerca di un'esistenza completa. Ma loro non vollero ascoltarmi e io non volevo entrare a far parte di una scala gerarchica dove mi sarei trovato sicuramente in fondo... -
- Menzogne! -
L'anziano aveva gridato, sbattendo la punta del bastone per terra.
- Sono tutte menzogne! Non è questo il fatto che ti spinse a non entrare nell'Organizzazione -
- Allora spiegamelo tu, visto che sai così tante cose! - urlò Einar.
- Tu non entrasti perché non avevi perso il senno come loro. Loro fecero un patto dannato per ottenere quelle esistenze maledette, quelle vite a metà, sospese tra la luce e l'ombra. Mentre il tuo fu solo un incidente. Tu non volevi diventare un Nessuno... In te c'era ancora un briciolo di razionalità. Il tuo cuore non era del tutto scomparso! Ti eri lasciato una piccola impronta di esso, dentro di te -
Einar, restando in silenzio, scosse il capo.
- Accettala come la pura verità! Tu non eri come Xemnas e non sei come Ilfrien! -
Il vecchio si alzò. Non pareva più se stesso, non sembrava più piccolo ed inerme, ricurvo sulla sua schiena. Si era sollevato ed appariva più solenne e maestoso di quanto si potesse immaginare.
- Loro cercano il potere. Tu l'esistenza. E l'esistenza la puoi ottenere anche in altri modi -
Einar si sedette, fissando il terreno. Sentì un brivido lungo tutto il corpo. Una strana sensazione che non aveva mai provato prima. Una presa di coscienza che le parole del vecchio avevano ridestato in lui.
- Tu hai degli amici che ti vogliono bene, ricordatelo. Loro possono essere il tuo cuore - concluse in tono pacato l'anziano, appoggiando una mano sulla spalla del ragazzo.
- Ma... Ma come faccio...? Ormai Elen... -
- Non è troppo tardi! Puoi ancora tornare indietro -
Einar alzò lo sguardo sul tale che aveva dinanzi. Cercò vanamente di scrutare sotto il suo cappuccio, anche solo per intravedere il suo viso. L'unica cosa che vide furono le labbra della sua bocca; ma erano labbra troppo belle e delicate per appartenere ad un vegliardo o ad un uomo.
- Puoi farcela. Corri a salvarla -
Einar si alzò di scatto e si precipitò giù per il viale che riconduceva in città. Non si guardò alle spalle e ignorò completamente il suo interlocutore.
"Grazie mille. Ti ringrazio vivamente!" si disse sorridente, mentre percorreva a tutta velocità il piccolo quartiere, sfrecciando su per le scale che conducevano ai binari.
- Ce l'ho fatta -
Soddisfatta, la strana figura sorrise apertamente, portandosi le mani ai fianchi, in quel momento divenuti snelli ed eleganti. Alcune ciocche dorate ricaddero giù per il cappuccio.
- Non temere, Einar. Non indietreggiare, non arrenderti. Ci sarò io a proteggerti -

Una campanella avvertì che il treno stava arrivando. Einar si avvicinò al bordo del marciapiede, pronto a salire sul vagone. Le porte si aprirono. Fece per entrare, ma si bloccò, spostandosi alla sua destra. Dal treno, infatti, stavano uscendo alcune persone.
Una volta terminata la fila, si parò di nuovo di fronte alle porte. Tuttavia, ad un certo punto, un ragazzino gli piombò addosso, buttandolo a terra. Disteso al suolo, con lo sguardo rivolto verso l’alto, Einar imprecò a bassa voce, sospirando.
- Scusa amico, non ti avevo notato - disse una voce.
Einar si rialzò con un colpo di reni, senza far caso alla mano tesa del ragazzo che aveva provocato l’incidente e che voleva aiutarlo a rimettersi su.
- Non fa niente, non ti preoccupare! -
Detto ciò, il Nessuno salì in fretta sul treno. Le porte si richiusero e il mezzo di trasporto riprese il suo viaggio.
- Che strano tipo - commentò una seconda voce.
- Già... - mormorò il ragazzino, restando ad osservare la locomotiva che si allontanava.
- Hayner! Olette! Sbrigatevi, non abbiamo tutto il giorno! - li chiamò da lontano un terzo personaggio.
- Arriviamo, Pence! -

Il treno viaggiava a velocità elevata. Fuori, il paesaggio scorreva molto lento.
Einar era seduto solitario in quel vagone vuoto. Con gli avambracci appoggiati alle gambe e le mani a penzoloni, se ne stava chino su sé stesso, osservando il pavimento. Se ne stava lì a riflettere, all'apparenza come uno più interessato ad esaminare il pavimento che altro.
Stava a pensare a tutto quello che aveva fatto in vita sua. Tradito. Ucciso. Incolpato. Non gliene era mai fregato nulla e aveva vissuto senza grandi preoccupazioni. Ciononostante, si riteneva egli stesso il principale responsabile di tutto quello che stava accadendo. Era come se in lui si fosse risvegliato un senso di colpa così forte da non poter essere più ignorato.
Con la testa fra le mani, Einar continuava a ripetersi solo una frase.
- Che cosa ho fatto? -
Dopo qualche minuto sollevò il busto, appoggiandosi allo schienale. Voltando il capo verso il resto del vagone, notò una ragazza, in fondo, che stava osservando fuori dal finestrino. Dopo qualche istante, questa si girò, fissandolo e sorridendogli dolcemente.
Quella visione sparì non appena il treno inchiodò, giunto alla Stazione Centrale. Einar allora balzò in piedi, uscendo con passo lento e deciso. Si diresse verso una parete della Stazione dove arrivavano treni da diverse direzioni.
Tese il braccio destro in avanti, aprendo un passaggio oscuro. Compiendo un profondo respiro, lo varcò, ed esso si richiuse alle sue spalle.

Einar riapparve di fronte ad un immenso portone in marmo, bianchissimo. Alle sue spalle, una vasta terrazza spazzata continuamente dal vento, gelido e forte, e dalle nuvole che passavano ogni tanto ad oscurare l’entrata della grande fortezza volante della Legione Nera.
Volgendo lo sguardo verso l’alto si poteva subito notare una grossa elica che ruotava incessantemente per tenere sospesa la fortezza; non era la sola: altre dieci eliche spuntavano un bel po’ di metri sotto, tenendo sollevata dal suolo quella che sembrava una grossa zolla di terra sulla quale era eretta la base pavimentata della struttura. Sull’ampio tetto di questa, un’altra decina di grandi eliche contribuivano a muovere e a direzionare il tutto.
Le porte si aprirono, accompagnate da un forte cigolio. Einar non aspettò oltre, ed entrò.
Al primo piano sembrava vi fosse un immenso giardino: alberi ovunque e di qualsiasi specie, dalle conifere alle piante tropicali; una sorta di piccola foresta dove svolazzavano diverse specie di uccelli.
Al Nessuno non gliene importò più di tanto e attraversò lo spazio verde giungendo davanti ad un’altra porta. Oltrepassò anche questa, salendo un’interminabile scalinata avvolta dall’oscurità più assoluta. Arrivato alla conclusione, lasciando dietro di sé l’ultimo gradino, si trovò dinanzi alla Sala dei Troni. Varcato l’ingresso, poté constatare che il salone era vuoto e totalmente sgombro da ogni genere di arredamento.
- Ilfrien! - urlò, i segni della collera visibili sui suoi lineamenti. - Ilfrien! -
Passarono i secondi, ma nessuno rispose.
- So che sei qui! Vieni fuori! -
All’improvviso, un’ombra apparve alle spalle di Einar, qualche metro più in là. Il giovane si voltò. In mano reggeva saldamente le sue due armi da fuoco e, vedendo il nuovo arrivato, gliene puntò una contro.
L’altro scomparve in tutta risposta. Al che, il ragazzo sorrise, voltandosi di colpo e puntando la medesima pistola contro un punto imprecisato della parete.
L’ombra riapparve, stavolta più vicina. Voleva coglierlo alle spalle, di sorpresa. Ma Einar era tutt’altro che uno sprovveduto e la sua finta distrazione attirò il nemico proprio come aveva voluto.
- Addio, Grelwan -
E con quelle parole aprì il fuoco, alzando anche l’altro revolver. Una raffica di proiettili investì lo Stregone delle Acque, bloccandolo a mezz’aria e gettandolo a terra.
Ben presto la scarica finì. Einar abbassò le armi e si avvicinò all'avversario.
- T-Tu... La pagherai cara... - sibilò Grelwan.
In seguito, iniziò lentamente a dissolversi, sino a scomparire del tutto in un alone di fumo nerissimo. Passò solo qualche istante che si udì subito un altro rumore. Un battito di mani.
- Bel lavoro -
Einar si voltò. Un’espressione stupefatta si dipinse sul suo volto.
- Ma come... -
Era Grelwan. Quello vero.
- Credevi davvero che fosse così facile battermi? - rise sguaiatamente il membro della Legione.
Einar rialzò le armi e riaprì il fuoco. Lo Stregone fu però rapido nei movimenti e, con un balzo mostruoso, atterrò su una parete laterale del salone, rimanendo in perfetto equilibrio con una mano poggiata sul freddo marmo.
L’avversario spostò la raffica, inseguendolo. Grelwan saltò questa volta verso la parete opposta. In pochi attimi, passò continuamente da una parte all’altra del salone evitando i proiettili, mentre Einar si trovava costretto ad indietreggiare.
Grelwan cambiò poi tattica e decise, con un ultimo salto, di attaccare definitivamente il ragazzo smettendo di schivare. Einar, a quel punto, si gettò di lato rialzandosi immediatamente, facendo così mancare il bersaglio allo Stregone.
"Non riuscirò mai a farlo fuori" pensò.
In allerta, si volse verso le porte d’ingresso ed iniziò a correre.
La sua fuga non rimase a lungo celata e lo Stregone, che precedentemente lo aveva mancato con una delle sue sfere di ghiaccio, fece apparire un altro globo nella mano sinistra. Questo, al contrario dell’altro, era ancora allo stato liquido e quindi non ancora tramutatosi in ghiaccio.
Grelwan lo lanciò, dunque, mirando alla schiena del Nessuno, il quale rispose con un’ennesima scarica di proiettili, girandosi per un breve istante. La sfera esplose per aria, bagnando tutto ciò che era presente nell'arco di cinque metri.
Le porte si richiusero. Vi fu un attimo di silenzio. Einar non c'era più.
- Grelwan! -
Lo Stregone drizzò le orecchie.
- Sai dove sta andando. Fermalo... - continuò la voce.
Dietro al fratello apparve Ilfrien, livido in volto.
- ... A qualsiasi costo! -
Il Quarto della Legione sorrise e si gettò all’inseguimento.

- Qualcosa non quadra affatto - pensò il Re.
- Niente Heartless... Niente Legione... Niente di niente... - disse Sora.
La compagnia si trovava a percorrere una vasta distesa innevata alle pendici di una montagna.
- Alla Città Imperiale, magari, non è tutto poi così tranquillo - rifletté Paperino.
- Hai ragione, andiamo a vedere -
Sora prese a correre giù per il sentiero, seguito dagli amici. 

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Capitolo 28
*** Capitolo 27: Il salvataggio ***


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Capitolo 27: Il salvataggio


Il respiro era affannoso. La fronte madida di sudore. La stanchezza stava prendendo il sopravvento.
- Sempre diritto e poi a sinistra - si disse Einar.
Arrivato alla porta che conduceva al giardino d'entrata della fortezza, svoltò verso sinistra dove un lungo pianerottolo fiancheggiava la parete. Proseguì ancora a sinistra, scendendo poi per un’altra rampa di scale.
Le gambe cominciavano a dolergli. Faceva tre o anche quattro scalini alla volta in una discesa disperata, lottando contro il tempo. Ogni tanto si trovava costretto a rallentare a causa del buio, per paura di mancare un gradino e di rotolare a terra. I pantaloni, inoltre, costituivano un impedimento alla corsa data la loro moderata larghezza, e le scarpe non erano di certo adatte a prestazioni atletiche di quel tipo.
In fondo alla rampa, Einar vide chiaramente una porta che si distingueva dall’oscura parete per il suo colorito tendente ad un grigio piuttosto pallido.
Giunto alla tanto agoniata meta con il fiatone, sfondò violentemente l'ingresso, spalancando i battenti verso l’interno e facendoli sbattere con forza contro il muro. Varcò la soglia guardandosi freneticamente attorno, scrutando l’intera stanza bianca.
- Dov’è? Dove... - si interruppe Einar.
Il suo sguardo si posò sul letto bianco sul quale giaceva immobile, sdraiata e con gli occhi chiusi, una giovane e bella ragazza dai capelli castani.
Il Nessuno si precipitò verso il letto, posando un ginocchio a terra e reggendo la mano della giovane, tastandole il polso.
- No... N-non p-può essere... - balbettò incredulo.
Non riusciva a sentirle il cuore pulsare. Si rialzò allora di colpo, chinandosi sul corpo esanime e accostando un orecchio al petto della giovane; un rumore così assordante come quello del cuore di un umano avrebbe dovuto udirlo distintamente. Ma nulla. Non si sentiva nulla.
Einar tornò in piedi, assalito da mille preoccupazioni. Non sapeva che fare, si guardava attorno con angoscia, con le mani in mano. Possibile che non era uscito ad arrivare in tempo? Possibile? Se Elen fosse davvero morta, lui non se lo sarebbe mai perdonato.
- Cosa faccio? C-cosa... ? - continuò a balbettare.
- Assolutamente nulla -
Einar si voltò verso l’ingresso dove era comparso Grelwan, che su ordine di Ilfrien aveva ricevuto il compito di eliminare il ragazzo.
Lo Stregone avanzò di qualche passo. Einar estrasse fulmineamente uno dei suoi Encharger, caricandolo e puntandolo a braccio teso verso la testa dell'avversario.
- Fai ancora un passo e ti uccido - ringhiò, fremendo dalla rabbia.
- Un immortale non teme la morte - ribatté Grelwan, sorridendo malignamente.
Volse in seguito lo sguardo sulla ragazza.
- Non avere paura, ha solo perso i sensi. Dobbiamo ancora finire il lavoro e lei ci serve - puntualizzò Grelwan.
Einar strinse la presa sul suo revolver, chiudendo a pugno la mano libera. Gli occhi sbarrati, i muscoli contratti. Era felice di sapere che Elen non era morta. Tuttavia, quella gioia modesta non poteva trovare spazio in mezzo alla rabbia più assoluta.
Elen era viva e Einar doveva riuscire a salvarla. Non avrebbe permesso alla Legione di portare a termine i loro sporchi fini.
- Muori! - urlò a squarciagola, premendo il grilletto.
I primi proiettili esplosero con un boato assordante. Einar iniziò a sparare a l’impazzata, fuori di sé. Aveva totalmente perso il controllo.
La sua migliore amica, che lo aveva sempre confortato nei momenti più difficili e che aveva trascorso la maggior parte del suo tempo assieme a lui, ora era immobile, fredda. Rischiava davvero di morire se fosse rimasta lì.
Grelwan, ancora lucido e del tutto tranquillo, si scansò velocemente evitando tutta quella salva di proiettili che andava disperdendosi sulla parete della stanza.
- Sei un folle. E’ troppo tardi per i ripensamenti - disse lo Stregone.
Continuando a teletrasportarsi ebbe il tempo di far confluire gran parte del suo potere in una sola mano, creando una delle sue letali sfere di ghiaccio. Tendendo il braccio non appena riapparve, la lanciò verso Einar facendola esplodere in mille cristalli affilati come rasoi. Il Nessuno si abbassò riparandosi con le braccia, ma fu lo stesso colpito da alcuni di quei cristalli che gli graffiarono il volto e gli lacerarono i vestiti.
Ritrovatosi a terra, ferito dai colpi, si rialzò a fatica impugnando nuovamente il suo Encharger.
- Ti ammazzo... - ringhiò.
Grelwan, spietato come non mai e desideroso di eliminare il traditore, puntò questa volta su Elen che non poteva difendersi in alcun modo.
Con una sonora risata, preso anche lui, questa volta, più dalla pazzia, scagliò una seconda sfera in direzione della ragazza. Il colpo, però, non colpì il bersaglio designato; Einar, infatti, si era gettato su Elen, proteggendola dai letali cristalli di ghiaccio.
- Vigliacco... Come hai potuto mirare a lei... - disse Einar; la sua schiena era completamente tappezzata di piccoli ghiaccioli appuntiti che avevano perforato la giacca.
- Sapevo che ti saresti gettato a difenderla - sghignazzò Grelwan, avendo previsto di poter ferire gravemente l’avversario con un trucchetto così subdolo.
Einar tornò in piedi per l'ennesima volta a lato del letto. Dando le spalle allo Stregone, distese le braccia sotto la schiena e sotto le ginocchia di Elen, prendendola in braccio. Lentamente, il Nessuno si girò verso il nemico fissandolo con ira.
Dal nulla, ai piedi di Einar, cominciò a formarsi un vortice di tenebre, che lo avvolse interamente. Rimanendo in silenzio, scomparve portandosi dietro la ragazza.
Grelwan si rabbuiò improvvisamente. Schioccò le dita e fu a sua volta circondato dalle tenebre. Sapeva dove erano diretti i due e non se li sarebbe lasciati sfuggire.

Einar non aveva più energie. Si trascinava a fatica, zoppicando per la terrazza. Doveva resistere al freddo che lo attanagliava e al forte vento di quelle altitudini. Stretta a sé teneva ancora in braccio Elen, che non dava segni di ripresa.
Arrivato quasi al bordo, Einar lanciò una veloce occhiata di sotto; non vedeva altro che nuvole e nuvole che coprivano la visuale. Sapeva, però, che erano a qualche migliaio di metri da terra.
- Arrenditi. Sto perdendo la pazienza - irruppe Grelwan, materializzandosi alle spalle del Nessuno.
Einar non lo ascoltò. Continuava a fissare il vuoto.
- Riconsegnaci la ragazza e chiuderemo un occhio su ciò che hai tentato di fare - continuò.
Ma l’altro lo ignorava. Sembrava più preoccupato a cercare di capire che cosa potesse esserci più in basso.
Lo Stregone perse le staffe. Prese a correre verso il ragazzo con un urlo feroce e allargando le braccia, come a caricare un altro dei suoi colpi. Ma questa volta si arrestò, zittendosi tutt’a un tratto, come bloccato da una strana forza invisibile.
- Che vuoi fare? -
Einar si era voltato, fissandolo con sguardo vago. Lentamente, aveva iniziato ad indietreggiare di qualche passo.
- No! - gridò Grelwan, allungando una mano come a voler afferrare un braccio del giovane per impedire ciò che pensava volesse attuare.
Le sue parole risultarono però vane. Einar continuava, un passo dopo l’altro, ad avvicinarsi sempre di più al bordo.
- Fermati, ho detto! - tuonò imperioso il Quarto della Legione.
Einar sorrise. In quel preciso momento si trovava in perfetto equilibrio; da una parte la pavimentazione della terrazza e dall’altra il vuoto assoluto.
Osservò poi il viso di Elen. Tra le sue braccia sentiva che la vita la stava lasciando. Lei pareva dormire beatamente, senza sapere che quello che stava passando era un terribile incubo.
Se non se ne sarebbero andati via di lì al più presto, tutto sarebbe finito.
- Aveva proprio ragione - disse Einar, alzando nuovamente lo sguardo su Grelwan. - Io non sono come voi. Non voglio esserlo. Ma soprattutto... Non vorrei trovarmi nei vostri panni -
- Come? Cosa vuoi dire? - ribatté l’altro.
- Voglio dire che per voi è la fine. Addio -
Con quelle ultime parole, il Nessuno compì un passo all’indietro. Strinse a sé, con ancora più forza, Elen. Durò un solo, brevissimo istante. Quella sensazione di mancanza d'aria e, poi, la caduta. I due ragazzi precipitarono giù per la fortezza, con il capo rivolto verso il basso.
Grelwan si slanciò verso il bordo, imprecando violentemente. Oramai erano spariti dalla sua visuale.
- E chi lo sentirà, ora, Ilfrien... - fu l’unica cosa che gli passò per la mente.
Fece dietrofront e si avviò verso i portoni di ingresso.

- Dici sul serio? -
- Sì, tra pochi giorni preparerò lo sbarco in massa di Heartless -
Nathan, appoggiato alla sua enorme ascia, scrutava il fratello con interesse.
- Ottimo, io intanto avrò finito con sta catapecchia... - indicando la Fortezza Oscura in pieno decadimento.
- ... E con Axander - terminò la frase Albaran. - Perché sai cosa ti aspetta se non la farai finita immediatamente con lui -
- Vai tranquillo - sbadigliò Nathan. - Sarà un gioco da ragazzi -
- Mi fido. Ti abbiamo già dato più tempo del previsto - affermò Albaran, dando le spalle al fratello e incamminandosi verso una delle strade di Radiant Garden. - Io torno alla fortezza ad avvertire gli altri due -
Il Generale dei Venti se ne andò, lasciando Nathan ad annuire e a ridacchiare.
- Coraggio voi, continuate a darvi da fare! Stiamo assottigliando le loro fila! - ordinò ai suoi Assalitori.

- Fermo, fermo... Buono -
Il cavallo nitrì, obbedendo al cavaliere.
- I margini della foresta sono un luogo adatto per riposarsi - disse Marcus, scendendo da cavallo.
Il soldato si era fermato all’inizio di una vastissima foresta, la più grande tra le oasi del pianeta, dopo la vallata dove sorgeva Linahar.
Il sentiero si prolungava verso l’interno, in mezzo a piante ed alberi di ogni genere, e scompariva nell’oscurità, nel fitto della foresta.
- Speriamo solo che non accada nulla durante la sosta - pensò Marcus, iniziando a montare la tenda.
Si sfilò la pesante armatura argentata, buttandola con noncuranza a lato del destriero, e cominciò a fissare i picchetti.

- Questo è il posto di controllo... Caspita, quante battaglie che abbiamo combattuto qui - commentò Pippo.
I viaggiatori attraversarono il fiume che scorreva poco lontano dal sentiero di montagna e dall’accampamento dell’esercito cinese. Si diressero verso un ingresso, quello della strada principale che portava al Palazzo dell’Imperatore.
- Dista ancora molto? - chiese il Re.
- No, non molto... Per quanto mi ricordi - rispose Riku.
Sora camminava in testa al gruppetto. Aprì la porta in legno che stava all'entrata della strada che conduceva in città e tutti assieme iniziarono a dirigersi verso il palazzo.
Tuttavia, Sora era turbato: non avevano ancora incontrato Heartless, Nessuno o qualsiasi altra specie di nemico. Tutto ciò lo insospettiva non poco.

- Lasciamo tutto nelle tue mani -
Axander annuì, osservando dal basso la gummiship pronta ad abbandonare Radiant Garden.
- Fate buon viaggio... E sperate che la gummiship che avete trovato regga fino a destinazione -
- Ho controllato io stesso ed è tutto a posto - confermò Archimede.
Leon e gli altri erano tutti a bordo, data la grandezza della cabina di pilotaggio e dell’intera nave.
- Raggiungeremo Aerith e gli altri. Buona fortuna! - salutò Cid.
La gummiship decollò dapprima verticalmente e, una volta accesi i motori posteriori, volò via.
Axander si sedette su un cumulo di macerie, guardandosi attorno. Era rimasto da solo in città, senza contare i nemici che la infestavano.
- Sora, fai in fretta - pensò.
Nel mentre, un gruppo di Assalitori stava avanzando silenziosamente alle sue spalle. Il Guardiano, accortosi del pericolo, schioccò le dita ed un'immensa vampata li avvolse, carbonizzandoli in una frazione di secondo.
Altri due Heartless gli apparvero davanti.
- Siete davvero una seccatura -
Axander si alzò, allargando le braccia. Un sibilo solcò l'aria e i due Assalitori rimasti furono eliminati, tagliati di netto a metà. Le due alabarde piombate dal cielo eseguirono una rotazione attorno ai corpi fumanti degli Heartless, per ritornare infine nelle mani del loro padrone.
- Che noia sti cosi... - si disse sbuffando.
- Se vuoi posso darti una mano io - proruppe una voce.
Axander si voltò di scatto, già pronto a riutilizzare le sue armi.
- Prego? - domandò alla volta di una figura ammantata che si ergeva in piedi su uno dei tetti
L’altro sorrise. Brandiva una lunga spada.
- Basch, per servirti. Anzi, per aiutarti -

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Capitolo 29
*** Capitolo 28: Ritorno a Radiant Garden ***


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Capitolo 28: Ritorno a Radiant Garden



Sora si fermò davanti ai possenti portoni del Palazzo Imperiale, osservandoli col naso all’insù. Dietro di lui, Paperino, Pippo, Riku e il Re stavano arrivando alla conclusione di una scarpinata durata oltre cinque chilometri.
- Le porte sono chiuse e non vogliono aprirci - disse Sora.
- Quack! Che vuol dire? Si sono dimenticati di noi? - esclamò Paperino.
La faccenda era piuttosto strana. Sora aveva provato a chiamare a gran voce qualche guardia o anche solo un'anima pia che si offrisse di aprire l'ingresso. Non gli era però giunta alcuna risposta. Non sapeva se lo stessero volutamente ignorando o se non c'era realmente nessuno che potesse aiutarlo.
Riku sorpassò i compagni, dirigendosi verso le gigantesche porte in massiccio legno e batté per tre volte i pugni.
- Ehi, lì dentro! Nessuno vuole aprirci? - domandò, urlando.
- E' inutile, ci ho già provato io - affermò Sora.
Improvvisamente, una voce rispose all'appello di Riku. Forse era finalmente giunto qualcuno.
- Certo che no! Andatevene via se non volete finire arrostiti! -
- Mushu? - chiese Sora, riconoscendo la voce del drago.
Ad un certo punto, da dietro una roccia apparve una grande fiammata e, subito dopo, un’imponente ombra si stagliò contro le mura del palazzo.
- Come fai a conoscere il mio nome, straniero? - domandò Mushu, gesticolando e simulando il comportamento di un fiero dragone, quel che lui non era affatto.
Paperino, sbuffando, si avvicinò alla roccia.
- Siamo Sora, Paperino e Pippo, razza di inetto! Siamo stati qui più di un anno fa e già ti sei dimenticato di noi? -
L’ombra assunse un posa pensante, portandosi una mano al mento.
- Lo starnazzare di questo papero non mi è nuovo - bofonchiò tra sé e sé, ignorando completamente quello che gli aveva appena detto il mago.
Sora e Pippo si lanciarono in avanti, cercando di trattenere Paperino, il quale, visibilmente irritato e con lo scettro tra le mani, aveva tutta l’aria di voler disintegrare Mushu.
- Sì, ora ricordo... Sora... Paperino... E Pippo! Amici miei! - esclamò Mushu allargando le braccia al cielo ed uscendo dal nascondiglio. - Ma cosa ci fate qui nei paraggi? Che gioia rivedervi! -
- E’ una lunga storia... Senti, sai dov’è Mulan? - si informò il Custode del keyblade.
- Sono tutti dentro le mura. Aspetta, ora gli dico di aprirvi così potrete mettervi al riparo anche voi -
- Metterci al riparo? - intervenne Riku. - E da che cosa? -
- Da quei cosi neri... Ah, sì, gli Heartless - replicò Mushu.
Gli altri si guardarono con aria interrogativa e preoccupata al tempo stesso.
- Heartless? Non ne vediamo uno da un bel pezzo... E’ dal sentiero di montagna che non incontriamo anima viva - fece notare Pippo.
Non riuscì a terminare la frase che, dal nulla, piombò una freccia che si conficcò nel terreno a pochi centimetri da Sora.
- No? E quelli cosa sono? - urlò allarmato il drago, correndo verso i portoni.
Sulla cima di una collina poco distante si stava ammassando una schiera di Heartless Arcieri che, una volta posizionatisi, tesero i loro piccoli archi e scoccarono frecce a non finire. Con tempestività, Sora e Paperino lanciarono due Reflex su tutto il gruppo proteggendolo dalla letale pioggia.
Intanto, Mushu era riuscito a far aprire le porte alle loro spalle e faceva segno agli amici di entrare in tutta fretta. Uno alla volta, i viaggiatori varcarono la soglia. Gli ultimi ad entrare furono, per l’appunto, Sora e Paperino che, approfittando di una attimo di tregua da parte del plotone avversario, abbassarono le armi e corsero per raggiungere gli altri.
I portoni si chiusero molto lentamente, tanto da permettere ad alcune frecce di colpire la pavimentazione del cortile interno oppure di incastrarsi tra le fenditure del legno col quale erano stati costruiti i portoni.
- Quando si parla di... Coincidenze... - borbottò fiaccamente Riku.
Sora sorrise, dandogli una pacca sulla spalla.
- Coraggio, andiamo dall’Imperatore. Di sicuro ci saranno anche il capitano e Mulan che ci diranno sicuramente dove si trova la serratura - disse il ragazzo.
Si avviarono quindi su per la scalinata del Palazzo, guidati da Mushu.
Lungo tutto il perimetro delle mura vi erano dei soldati armati con lance o con spade o con archi, pronti a difendere la roccaforte e il loro sovrano.
- L'Imperatore teme che possa accadere qualcosa di brutto - spiegò Mushu. - Così ha dato ordine a tutti i soldati di difendere il Palazzo Imperiale. Non dovete temere nulla, finché sarete qui al sicuro... -
Un tuono interruppe le parole del drago. Il cielo iniziò ad oscurarsi. Tutti si fermarono, alzando lo sguardo al cielo. Iniziarono a piovere fulmini, seguiti da imponenti rombi che riecheggiavano nell'aria. Seguirono poi le prime gocce d’acqua. Un temporale si scatenò in pochissimi istanti.
- Maledizione! - fece Riku, cercando riparo portandosi le mani sopra la testa.
I compagni lo imitarono, tranne Mushu, che era riuscito a sgattaiolare sino ai portici, sotto la tettoia.
Un fulmine si abbatté su una delle torri del perimetro murario, senza infliggerle alcun danno. Tuttavia, un altro, più rapido e violento, cadde davanti a Sora e ai suoi amici, creando un piccolo cratere nella pavimentazione.
- Diamine, che sta succedendo? - urlò il Re.
Dopo il fulmine non si udì un tuono, ma una risata. Sora volse allora lo sguardo verso la cima del palazzo e, con enorme sorpresa mista a terrore, si avvide di una figura oscura, con le braccia conserte, che teneva gli occhi puntati su tutti loro.
- Quale piacevole sorpresa! - esclamò costui, dall'alto della sua postazione.
- Tu! - urlò Sora, stringendo i pugni. - Ilfrien! -
- Sì, io - confermò il nuovo giunto.
Spiccò un salto verso l’alto per poi piombare a terra a pochi metri da Sora. Come al solito, Ilfrien si sistemò i capelli dietro la schiena e si aggiustò gli occhialini neri sul naso.
Paperino e Pippo si posizionarono pronti a partire all’attacco. Il Re e Riku estrassero i keyblade, anche loro con le medesime intenzioni. Ma Sora, impugnando la sua nuova Chiave, Ornamento, tese il braccio di lato come a volerli bloccare.
- Non abbiamo possibilità contro di lui, state fermi - consigliò.
Riku, in particolare, si stupì di quello che udì; l’amico che gli diceva di non attaccare perché non ce l’avrebbero fatta. Pensò che evidentemente, quello sconosciuto doveva essere un guerriero dal potere immenso per suscitare quel timore nei loro cuori.
- Sora, chi è lui? - si azzardò a domandare Riku. - Non sarà proprio...? -
- Sì, hai intuito bene - annuì Sora, le tempie solcate da gocce di sudore freddo. - Lui è Ilfrien, il Numero Uno della Legione Nera... Quello che mi ha battuto negli Inferi e che mi ha quasi ridotto in fin di vita -
Paperino e Pippo sgranarono gli occhi e spalancarono le bocche, assaliti da un folle timore. Topolino, invece, non perse la calma.
- E' davvero lui Sora, ne sei sicuro? - chiese conferma il Re.
Non ce n'era bisogno, comunque. Topolino riusciva a percepire, esattamente come gli altri, una sgradevole sensazione che gli attanagliava l'animo e che infondeva nel suo cuore un terrore forzato. Un terrore che se la volontà avesse ceduto per un solo istante, li avrebbe distrutti. Si trattava di un potere terribile che solamente un essere del livello di Ilfrien, che le leggende dipingevano come il più potente tra i potenti, era in grado di usufruire.
- Sicurissimo - ribatté Sora. - Ve lo ripeto: non vi muovete, per nessuna ragione al mondo -
- Saggio, davvero molto saggio, Eroe del keyblade - proferì Ilfrien, estraendo a sua volta l’enorme Chiave con cui era solito combattere, e tenendola appoggiata alla sua spalla.
- Che cosa vuole? - domandò sottovoce il Re a Sora.
Questi non rispose, ma in compenso Ilfrien aveva sentito chiaramente e ci pensò lui stesso a chiarire ogni cosa.
- State cercando la serratura di questo mondo per sigillarla, se non sbaglio. Vi dico già che è del tutto inutile -
- Inutile? Come sarebbe a dire? - sbottò Sora.
- Datti una calmata, ragazzo. Avete intrapreso una missione che si è rivelata un fallimento... Avete cercato di salvare i mondi. Ebbene, non ci siete riusciti - continuò il Signore delle Tempeste.
Riku ringhiò, alzando il keyblade minacciosamente e puntandolo contro il nemico.
- Questo è ancora da vedere! - urlò.
- Certo e lo vedrai adesso - rise Ilfrien, schioccando le dita.
I portoni del palazzo crollarono verso l’interno e nel cortile si riverso una vasta marea lucente, un immenso esercito di Heartless con armature dorate e delle lunghe lance.
- Mentre voi cercavate di mettere tutto al riparo, io e i miei fratelli siamo riusciti a radunare l’esercito più grande sul quale l’occhio umano si sia mai posato. Questo mondo, come molti altri, verrà distrutto; compresi quelli che avete già sigillato. Gli abitanti verranno dispersi nell'universo e tutto precipiterà nell'ombra - spiegò Ilfrien. - Ma questo avverrà solamente dopo aver raso al suolo Linahar e coloro che cercano di opporci resistenza -
- Sei un folle! Una volta che avrai distrutto tutto che cosa te ne farai del potere che hai acquistato? - urlò Topolino.
Nel frattempo, la pioggia si era fatta sempre più insistente e i fulmini sempre più frequenti. Mushu era corso dentro al palazzo, arrampicandosi su per una colonna. I soldati sulle mura erano scesi nel cortile d'ingresso, pronti a respingere l'assalto apportato dagli Heartless.
- Io ricreerò tutto dal nulla grazie ai miei nuovi poteri. E sarò l’unico e vero signore di tutti mondi! - rispose Ilfrien, per poi scoppiare in una sonora risata.
Alle loro spalle i Lancieri Heartless avevano iniziato a distruggere le mura creando scompiglio tra le fila dell’esercito cinese.
- Voi, miei cari "amici", siete arrivati alla fine del vostro viaggio - continuò Ilfrien. - Dite addio a tutto ciò che di più caro possedete, poiché è giunta la vostra ora! -
Sora fece per scattare in avanti, ma qualcosa lo trattenne. Una macchia scura si era aperta sotto i suoi piedi e, lentamente, l’oscurità lo stava divorando. Esattamente come era successo sull’Isola, due anni prima, quando erano apparsi per la prima volta gli Heartless.
- Sora! - gridò Paperino.
Il ragazzo si voltò e vide che anche i suoi compagni erano avvolti dall’oscurità, la quale li stava lentamente trascinando verso il basso.
Con ritmo via via più incalzante, ben presto, i presenti si trovarono immersi fino alla gola dalle tenebre che prendevano forma e consistenza sotto di loro. L’ultima cosa che videro fu Ilfrien che, con un sorriso stampato sul volto, li osservava scomparire.
- E' stato divertente -
Dopodiché, più nulla.

- Tutto quello che abbiamo fatto fino ad ora è stato inutile... Loro distruggeranno tutto ugualmente e non ci sarà più scampo per nessuno. E’ finita. Addio Paperino, Pippo, Vostra Maestà. Addio Riku. Addio Kairi -
Sora lottava contro l’oscurità, dimenandosi. Non si trovava più nella Terra dei Dragoni. Non si trovava più assieme ai suoi amici. Intorno a lui tutto era buio, non vi era luce. Era solo e smarrito.
Dopo un po’, smise di dimenarsi perché le forze cominciavano a mancargli e si lasciò andare. Chiuse gli occhi e si distese, lasciando che le ombre svolgessero il loro lavoro. Stava davvero tutto per finire.
Sora non poteva opporsi, era spacciato. Non avrebbe mai immaginato che la sua fine sarebbe stata così insulsa e priva di utilità. Non avrebbe mai immaginato di morire lontano dagli occhi delle persone che più gli stavano a cuore.
- Senza rivedere Kairi... -
Si trovò sul punto di piangere, di lasciarsi sopraffare, oltre che dalle ombre, anche delle emozioni.
- Ehi, tu! -
Sora riaprì gli occhi. Li sentiva già umidi. Cercò di trattenersi.
- Afferra la mia mano! -
Con uno sforzo sovrumano il Custode alzò il braccio sinistro in alto, senza sapere per bene cosa dovesse fare.
Quasi inaspettatamente, si sentì afferrato con forza per il polso e tirato verso l’alto. L’oscurità iniziò a scivolargli di dosso e si sentì più libero nei movimenti. Inoltre, ricominciò a riacquistare tutte le sue energie.
Alzò lo sguardo, vedendo che sopra di lui una luce iniziava ad intensificarsi sempre di più, fino ad abbagliarlo.
No. Non era ancora giunta la fine. Qualcuno era corso in suo aiuto.

- Svegliati, svegliati! -
Sora aprì le palpebre. Ancora intontito, vedeva tutto sfocato e non capiva dove era finito. Poi avvertì uno scossone che lo svegliò completamente.
- Chi? Come? Cosa? - saltò su spaventato.
- Alzati e vedi di darti una mossa - disse qualcuno, con tono tutt’altro che amichevole.
Il giovane lanciò un'occhaita nei dintorni e vide che c'era una persona con lui. La prima cosa che gli venne in mente fu chiedergli chi fosse.
- Tu saresti...? -
- Ma che ti importa chi sono, ti ho detto di alzarti e di darti una mossa! Sei sordo per caso? -
Sora non ribatté e si alzò velocemente. Si guardò ancora una volta attorno, grattandosi la testa.
Erano all’interno di una casa semi distrutta, completamente in pietra. Il tetto era crollato su se stesso e vi erano macerie e detriti ovunque.
- Dove siamo? - chiese Sora, avvicinandosi alla porta.
Appoggiò la mano sul pomello e sentì qualcosa scattare. Si voltò verso destra e si accorse di avere una pistola puntata alla tempia.
- Non ci provare - mormorò lo sconosciuto.
- Ma tu hai detto... -
- Prima, ho detto. Adesso stai fermo. Qua fuori pullula di Heartless -
L'individuo rinfoderò l’arma, dando un’occhiata fuori dalla finestra. Sora lo fissò per qualche istante e l’altro se ne accorse.
- Beh... Che hai da guardare? - domandò con tono brusco.
- Dimmi il tuo nome - fece Sora, incrociando le braccia e sostenendo lo sguardo dello sconosciuto.
- Einar... - borbottò l'altro, riprendendo a guardare fuori.
- Io sono Sora - ribatté il Custode, indicandosi.
- Sì, lo sapevo già... -
Einar si era tranquillizzato e aveva messo da parte i modi bruschi di prima. Se ne stava accanto alla finestra, scrutando i dintorni della casa in cui si erano rifugiati.
- Lo sapevi? Non mi pare di conoscerti, però - commentò Sora, pensoso.
- Neanche io ti conosco, però so chi sei -
Sora si allontanò dalla porta, ritornando al suo posto. Si sedette per terra, con la schiena appoggiata al muro e sospirò. Sentì, in quello stesso istante, che qualcosa stava premendo contro la sua spalla destra.
- Ehi! - sobbalzò.
Si accorse solo in un secondo momento che quel peso che non riusciva a distinguere era in realtà il corpo di una ragazza che si era appoggiata inconsciamente alla sua spalla.
- Gli Heartless se ne sono andati - sussurrò Einar.
Il Nessuno prese in braccio la ragazza, che pareva stesse dormendo, e si avviò alla porta zoppicando.
- Sei ferito, aspetta - gli fece notare Sora.
- Non è nulla. E' solo un graffio -
- Forse è meglio se ce ne stiamo qui, non puoi uscire in quelle condizioni - continuò Sora.
- Ti ho detto che non è nulla. Ora, ascoltami bene. Una volta usciti da qui dovremo correre verso sinistra, sino alla porta sfondata. Da lì, inizia una rampa di scale e dovremo percorrerle per raggiungere il piano superiore della città -
- Il piano superiore? Vuoi dire che... - balbettò l’Eroe del keyblade.
- Sì, siamo a Radiant Garden. Spero tu abbia capito cosa dobbiamo fare -
Sora non rispose, ma ad un certo punto gli tornò alla mente qualcosa. Una lettera. La lettera che aveva visto in mano ad Axander, alla Città di Mezzo.
- Einar, ora ricordo... Tu sei l’amico di Axander, se non ricordo male... -
Stavolta fu l’altro a non dare retta alle parole di Sora.
- Tieniti pronto - si limitò a rispondere.
Con un calcio, il Nessuno sfondò la porta ormai tenuta su per miracolo. Uscì con la ragazza tra le braccia, ancora priva di sensi, seguito da Sora.
- Non estrarre il keyblade. Gli Heartless lo avvertono e... Attento! - urlò Einar all’improvviso.
Sora si guardò alle spalle e vide che dietro di lui un’imponente figura lo stava per attaccare. Aveva la braccia sollevate sopra la testa, tese ad impugnare una grossa arma.
Sora rimase immobile, senza richiamare l’Ornamento. Udì degli spari. I proiettili sibilarono a pochi centimetri dalle sue orecchie.
L’aggressore si bloccò, posizionando davanti a sé l’ascia e respingendo tutti i proiettili.
- Guarda, guarda. Oggi la fortuna è dalla mia parte - rise l’uomo, vestito di nero.
- Non ci contare, Nathan - ringhiò Einar, che aveva estratto i suoi Encharger. - Levati dai piedi -
- Per proseguire, dovrai prima ammazzarmi - 

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Capitolo 30
*** Capitolo 29: L'addio ***


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Capitolo 29: L'addio


Elen era seduta per terra, con la schiena appoggiata al muro esterno di una casa. Davanti a lei si ergeva Einar che impugnava entrambi gli Encharger.
Li teneva puntati verso il nemico; Nathan era in posizione di guardia e reggeva saldamente la sua ascia bipenne con entrambe le mani, le gambe leggermente divaricate e le iridi fisse su chi gli si parava innanzi.
Tra i due stava Sora, immobile e disarmato. Si sentiva stranamente a disagio e iniziava a sudare freddo. Con uno sguardo pieno di sgomento scrutava Nathan che sembrava pronto ad affettarlo da un momento all’altro e, nel contempo, cercava con la coda dell’occhio di vedere cosa stesse facendo alle sue spalle l’altro ragazzo.
Il possente Guerriero, con una mano sola, fece roteare per aria la grossa ascia.
- L'eroe del keyblade... Il traditore... La ragazza... - disse Nathan, scrutando ciascuno degli astanti. - Sarà un ottimo bottino -
Einar piegò la testa verso destra e poi verso sinistra, tenendo sempre le braccia tese davanti a lui.
- L'eroe del keyblade te lo lascio volentieri. Ma prima che tu riesca ad arrivare alla ragazza, io ti avrò già spedito all’altro mondo - ribatté il Nessuno con tono di voce piuttosto tetro.
Nathan rise di gusto, senza smettere di far roteare le sue pesante arma.
- Ehi, vacci piano! - esclamò Sora, voltandosi all’improvviso.
A seguito di quel gesto, iniziò lo scontro.
Il Quinto della Legione scattò in avanti, pronto a colpire e a finire con un unico e micidiale tondo il malcapitato Custode. Nello stesso istante, Einar corse verso Sora. Raggiunto il giovane, gli diede una spallata, facendolo rovinare a terra di lato. Non c'era bisogno di lui. Era una faccenda tra Einar e la Legione.
Il giovine saltò in tempo sul piatto della lama avversaria e, con una spinta, balzò su un tetto nelle vicinanze. Accovacciato su un comignolo, prese a sparare verso Nathan con rapidità e precisione. Ma ciò non bastò, poiché il Guerriero si scansava continuamente, alla medesima velocità di Grelwan, evitandoli con estrema tranquillità.
- Tutto qui? - ghignò.
Lanciò, a quel punto, la sua ascia facendola roteare come un boomerang contro Einar.
Nonostante le gravi ferite, i riflessi del ragazzo erano ancora ottimi. Einar si alzò facendo perno sulle gambe ed evitò l’ascia, la quale tranciò di netto, come fosse stato burro, il comignolo sul quale si era posizionato.
A mezz’aria, il Nessuno aprì nuovamente il fuoco sull’uomo più in basso. Questi, alzando il braccio destro davanti a sé, innalzò una barriera di roccia che si fondeva col terreno e sulla quale i proiettili rimbalzarono. Einar non demorse e continuò, preso più dalla furia che dalla lucidità, presentando attacchi del tutto inutili contro l’impenetrabile barriera nemica.
- Hai intenzione di andare avanti per molto? - domandò Nathan, alzando la voce per farsi sentire al di sopra della raffica di pallottole.
L’altro non rispose. Sceso finalmente a terra, prese a correre attorno al nemico cercando un qualche punto debole nella barriera. Ma non c’era verso: qualsiasi cosa si fosse avvicinata da qualsiasi direzione avrebbe urtato contro la nuda e fredda roccia. Inoltre, si aggiunse anche un altro problema: le munizioni erano finite.
- Maledizione! - imprecò Einar, premendo inutilmente i grilletti.
Se ne accorse anche Nathan che, impugnata l’ascia, avanzò senza perdere un istante e con un fendente cercò di colpire l'avversario ormai disarmato.
Einar si scansò però in tempo. Nathan iniziò allora una serie di fendenti che colpirono violentemente il suolo, creando profonde crepe seguite da devastanti onde d’urto che frantumavano qualsiasi cosa fosse capitata a tiro.
Einar indietreggiò, balzo dopo balzo, finché non perse l’equilibrio inciampando su una pietra. Il Guerriero si erse davanti di lui, alzando l’ascia sopra la sua testa.
- Addio, Nessuno! -
La lama calò con rapidità, ma non raggiunse il bersaglio.
- Che diavolo? - esclamò stupefatto Nathan, accorgendosi che era stato fermato da qualcosa.
Sora aveva estratto e stava reggendo il keyblade, una mano sull’impugnatura e l’altra che supportava la lama della Chiave.
- Tu, moccioso! Ti insegno io ad intrometterti! - sbottò furibondo Nathan.
Ruotò il polso facendo forza sull’Ornamento e gettò di lato il Custode come se si fosse trattato di una foglia secca. Con una capriola, tuttavia, Sora riprese l’equilibrio e si gettò sul nemico colpendolo inaspettatamente con una mossa fenomenale.
Nathan avvertì il colpo il pieno stomaco e fece un volo di cinque metri urtando contro una parete di pietre che cedette e lo sommerse per intero.
Sora, con il fiatone, tenne gli occhi fissi sul nemico che con ogni probabilità si sarebbe rialzato, più infuriato che mai. E in effetti, così accadde.
Le pietre furono scagliate ad elevata velocità contro Sora che riuscì ad evitarle per un soffio, colpendone alcune al volo con la sua arma. Dalle macerie si rialzò Nathan che in quegli attimi pareva più bestia che uomo. Sferrò un pugno alle sue spalle sfondando il muro dell’ultima catapecchia rimasta in piedi e riducendola in polvere. Poi prese ad avanzare contro Sora.
Ad ogni passo, la terra tremava e si formavano delle spaccature sotto i suoi piedi. In volto, i suoi occhi erano diventati talmente chiari che l’iride pareva inesistente e il suo colore sfumava nel bianco della cornea. Le sopracciglia profondamente inarcate e un ringhio spaventoso contribuivano a dargli un aspetto terrificante.
Ad ogni passo, l’andatura aumentava, finché non fu chiaro che stava caricando direttamente Sora con tutta al forza bruta che aveva a disposizione. All’ultimo, fece apparire la sua ascia e, tenendola con la sola mano destra, la schiantò al suolo a pochi centimetri da Sora che venne sbalzato via dallo spostamento d'aria.
Il keyblader si rialzò all’istante, più determinato che mai.
- Non mi hai fatto niente, ammasso di muscoli... -
Partì al contrattacco con il keyblade sguainato, impugnandolo con entrambe le mani. Cercò un affondo diretto, ma Nathan si spostò di lato e gli lanciò addosso la sua ascia che venne respinta tempestivamente.
Sora continuò ad attaccare, parare e schivare come meglio poteva. Riuscì a reggere il ritmo per diversi minuti, ma, alla fine, il Guerriero lo colse alla sprovvista con un montante micidiale che sembrò metterlo definitivamente al tappeto.
Sora, sdraiato a terra e senza più keyblade con cui difendersi, fissò l’uomo che si stava avvicinando.
- E ora... Il colpo di grazia! - esultò Nathan.
Alzò l’ascia al cielo e, con un possente urlo, la calò di colpo. Qualcosa però andò storto, dato che Einar era riuscito a rialzarsi e, con le ultime forze, gli aveva dato una spallata facendogli perdere l’equilibrio e la mira.
Il ragazzo posò un ginocchio a terra, stremato. Reduce dal precedente scontro, sentiva che lentamente le energie lo stavano abbandonando. Si reggeva una spalla con la mano opposta e respirava a fatica.
Nathan piantò i piedi per terra, innervosito per l'interruzione. Si voltò improvvisamente e colpì di netto Einar con la lama dell'ascia. Il Nessuno fu sbattuto a terra, scivolando ed accasciandosi senza un lamento.
- Sporco traditore, ti darò una bella lezione - urlò Nathan.
Stava caricando il braccio per compiere l’ultimo fendente che si sarebbe abbattuto sul collo del Nessuno quando fu scaraventato, tutt'a un tratto, al suolo.
Sora, di nuovo in piedi, era riuscito solamente a vedere una sfera infuocata che aveva centrato Nathan alla schiena e che un’ombra si era volatilizzata all’istante.
- Impossibile... Chi può essere stato...? - si chiese.
Il gigante non mollò e si rialzò ancora una volta.
- Lo sapevo che saresti arrivato! - tuonò verso il nuovo giunto, che ancora non si faceva vedere. - Heartless! -
Al suo richiamo, uno squadrone di Assalitori spuntò dal nulla. In tutto erano una ventina, in formazione compatta.
Con un cenno della mano del loro padrone, gli Heartless si avventarono su Sora che, nel mentre, si era avvicinato ad Einar e lo aveva sollevato per portarlo al sicuro.
- Oh, no! -
Vedendosi arrivare addosso gli Heartless, diede loro la schiena, chiudendo gli occhi ed abbassandosi, preparandosi così al peggio. Tutto quello che udì fu solamente un forte sibilo.
- Putridi esseri, sono ovunque! - esclamò qualcuno.
A coprire le spalle a Sora era intervenuto uno spadaccino, alto, biondo, con una cicatrice che attraversava il sopracciglio sinistro. Aveva con sé una spada lunga, di pregiata fattura.
Si voltò verso Sora, dopo essersi sbarazzato in pochi secondi di tutti gli Assalitori.
- Svelto, ragazzo! Mettiti al riparo, prima che finisca male - consigliò costui, accostandosi e aiutando Sora a trasportare Einar vicino ad Elen, lontano dalla lotta che stava per riprendere; stavolta con un nuovo contendente.
Una volta arrivati alla parete esterna della casa abbandonata precedentemente, adagiarono il Nessuno per terra.
Era ridotto male. La sua giacca era completamente lacerata e una lente degli occhiali era stata ridotta in frantumi.
- Il mio nome è Basch - si presentò da solo lo spadaccino.
- Sora - rispose semplicemente il Custode.
- Ottimo, Sora. Adesso, stattene qui, che al bestione di pensa un mio amico -
- Un tuo amico? - domandò il ragazzo.
- Osserva -
Una scossa percosse il piano della città creando interminabili spaccature lungo tutti gli edifici. Il Custode del keyblade poté ben presto constatare che Basch aveva ragione.
- Axander! - urlò Nathan. - Sei sempre stato un vigliacco! Vieni fuori in modo che possa distruggerti più rapidamente e senza troppe sofferenze! -
Una vampata rubiconda scaturì dal terreno, intensificandosi alle spalle di Nathan. Axander comparve all'interno di essa, con le sue lunghe alabarde argentate strette tra le mani.
- Che aspetti allora. Vieni avanti - proferì Axander, serissimo in volto, tanto da incutere timore persino a chi lo conosceva, persino a Sora.
Senza farselo ripetere due volte, sicuro di sé, Nathan si avventò sul Guardiano con uno dei suoi famosi fendenti; veloce, potente e letale, così si presentava il colpo che stava per sferrare. La forza che racchiuse in esso era pari, se non superiore, a quella che aveva sconfitto Einar.
All’ultimo istante, Axander, sparì nel nulla lasciando sbigottito l’assalitore e lasciando che l’ascia si schiantasse al suolo.
- Ho usato lo stesso stratagemma con Sora. Ma pensavo che tu fossi più agile -
Il Guerriero non fece in tempo a voltarsi che il fratello si era già materializzato a pochissima distanza da lui ed aveva già caricato l'alabarda destra.
- No... Non puoi! - gridò Nathan.
- Invece sì - replicò freddamente Axander.
La sua arma fu avvolta dalle fiamme e saettò verso la schiena di Nathan. Fu un tondo perfetto dalla traiettoria liscia e impeccabile. Da sinistra verso destra, la lama dell'alabarda investì il nemico con tutta la sua potenza e scatenando il vero potere del fuoco.
- Maledizione! Non può essere... Argh! -
Nathan cadde a terra, il corpo avvolto da una prorompente fiammata distruttiva. Le fiamme scomparvero quasi immediatamente.
- P-Perché? - balbettò il vinto. - Non dovevo perdere così... Miseramente... -
Axander lo scrutò dall'alto verso il basso. Ci fu silenzio.
- Tu eri nostro fratello... - biascicò Nathan. - Ilfrien te la farà pagare... Tu e i tuoi patetici amichetti... Soffrirete... Patirete le pene più... -
Nathan si zittì senza terminare la frase, esalando l'ultimo respiro. Iniziò a dissolversi in una nube nera come la pece. Nessun urlo di dolore accompagnò la sua scomparsa, seguita da un’ennesima scossa di terremoto.
Il Guerriero della Roccia, Quinto della Legione, era stato sconfitto. Al posto del suo cadavere, si era creata un'immensa voragine.

- Presto vieni qui - si sbracciò Basch.
Axander corse verso il gruppetto. In un primo attimo neanche fece caso a Sora.
Si avvicinò, dunque, immobilizzandosi subito dopo. Gli occhi sbarrati e l’espressione preoccupata davano l’idea che sarebbe scoppiato in lacrime da un momento all'altro. Si inginocchiò, osservando i due amici privi di sensi.
- Li conosci? - chiese lo spadaccino.
Non ricevette risposta. Axander era troppo occupato a capire in che condizioni versavano Einar ed Elen. Ad un certo punto, il Nessuno tossì destando l'interesse dei presenti.
- A... Axan... der... - balbettò Einar, cercando di sollevare una mano.
- Fermo, non ti sforzare - gli disse l’amico con voce tremante. - Stai tranquillo e cerca di recuperare le forze -
- No... Ormai è finita per me... - continuò l’altro. - Prima di andarmene... Voglio dirti una cosa... -
- Ti ascolto -
- Ilfrien... Ha intenzione di mandare... Il suo esercito... a Linahar... -
Basch si impietrì, mentre Sora si era affiancato ad Axander.
- Ne sei sicuro? E come lo sai? - gli chiese il Guardiano.
Einar fece una pausa, abbassando lo sguardo.
- Sono stato io... Io li ho condotti da Elen... E quando la presero, gli indicai la strada per giungere alla vostra isola... Mi promisero... Mi promisero che mi avrebbero aiutato, Axander... Io cercavo Kingdom Hearts, come loro... Non sono riuscito a resistere... -
Gli altri taquero. Basch si era allontanato, scosso nell’aver udito quelle parole riguardo alla sua città natale. Sora non diceva nulla, ma sembrava comunque condividere quel dolore che stava affliggendo Axander. Aveva lo sguardo fisso nel vuoto, perso in un punto imprecisato del terreno.
- Mi dispiace... - mormorò Einar, respirando a fatica.
Intanto, la ragazza lì affianco aveva aperto lentamente gli occhi, riprendendosi. Spaesata, si portò una mano alla tempia e si guardò attorno.
"Dove sono?" pensò. "Che posto è questo?"
Vagando con lo sguardo, la sua attenzione ricadde ben presto sul gruppetto che si era ammassato alla sua destra. Riconobbe subito i due amici e si coprì la bocca, con aria spaventata.
- No! - gridò.
Alzandosi in fretta, si precipitò da Einar, ansimante. Il ragazzo girò di scatto la testa.
- Elen... - sorrise appena. - Perdonami... Per quello che ti ho fatto... E perdonami anche tu, Axander... Io... Io... -
Con un movimento lento, la mano di Einar si adagiò sul petto, verso sinistra. Proprio lì, dove una volta si trovava ciò che aveva perduto per sempre e che, stoltamente, aveva pensato di recuperare.
- Einar! -
Aveva capito a sue spese che gli amici erano il suo vero cuore. Troppo tardi, però. Troppo tardi per poter tornare indietro.
Chiuse gli occhi, per poi dissolversi nel nulla, andandosene. 

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Capitolo 31
*** Capitolo 30: Verso Linahar ***


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Capitolo 30: Verso Linahar


Axander si rialzò, con aria abbattuta. Sospirò, tenendo la testa bassa.
- Addio, amico mio... - lo salutò sottovoce.
Subito, qualcuno gli arrivò addosso; era Elen che piangeva per la scomparsa di Einar. Abbracciò Axander, con il viso rigato dalle lacrime. Gli appoggiò la testa sul petto, singhiozzando ininterrottamente.
- No... No... - continuava a ripetere. - Non ci credo... Ditemi che è un incubo! -
Il Guardiano non disse nulla e si limitò a ricambiare l’abbraccio, tentando di consolare l’amica come meglio poteva. Ma non fu affatto facile.
Poco distanti, Sora e Basch osservavano la scena. Anche loro avevano il morale a terra.
Il ragazzo si era appena separato bruscamente dai suoi amici e non sapeva se li avrebbe rivisti presto o tardi. Basch, d’altro canto, era ancora scosso per aver appreso da Einar, in fin di vita, che la sua città stava per essere vittima di un massiccio attacco da parte delle forze oscure.
- Coraggio. Ora non c’è più niente che possiamo fare per lui - concluse Axander.
Ma Elen non lo ascoltò. Si scostò quel tanto che bastava per poterlo vedere in volto. Lui era visibilmente più alto di lei e fu costretto a tenere il capo chino per poter fissarla negli occhi. Il suo sguardo, gelido e duro come sempre sembrò spegnersi per lasciare spazio alla tristezza.
Non si dissero nulla. Si fissarono solamente per interminabili secondi. Poi, la ragazza si si scostò del tutto, indietreggiando.
- Sii sincero. Tu non lo hai perdonato... - disse Elen.
Axander, sulle prime, non rispose. In volto, ritornò severo e freddo. Alzò lo sguardo, stringendo i pugni.
- Perché lo avrei dovuto perdonare? Guarda cosa ha fatto! - tuonò improvvisamente, preso dalla collera e dalla voglia di sfogarsi. - E' colpa sua se tu sei stata rapita! E' colpa sua se Ilfrien e gli altri sono dove sono ora! E sarà solo colpa sua se il male imperverserà su tutti i mondi! Lui lo ha permesso! -
- Come puoi dire certe cose! - gli urlò la ragazza. - Era pur sempre nostro amico, Axander! Almeno si è reso conto di aver sbagliato e ha cercato di rimediare! Lui in realtà non ci ha mai abbandonati del tutto! Sei senza cuore! -
- No, lui era senza cuore... - ribatté seccato Axander. Non aveva più voglia di sentire quelle sciocche lamentele.
A quel punto, Elen non si trattenne più. Cercò di evitare di piangere ancora. I suoi occhi si colmarono di una rabbia calma e profonda.
- Non credevo potessi fare certe affermazioni, Axander... - disse la ragazza - Eravate amici... Eravate miei amici... Non hai nessun rispetto per gli altri -
Ci fu un attimo di silenzio. Axander fece finta di non aver sentito nulla del rimprovero che gli aveva fatto l'amica. Sinceramente, non gli importava che cosa pensasse. A lui bastava che lei fosse in salvo.
- Io ti odio! - gridò infine Elen.
Axander non si scompose. Non fiatò, né aggiunse altro. Sora e Basch continuarono a rimanere in disparte. D’altronde, non era affar loro.
In seguito, Elen diede loro le spalle e corse verso la porta del livello, scomparendo alla loro vista.
- Tutto a posto? - chiese Sora, con le mani dietro la testa.
L’amico sospirò, voltandosi verso di lui.
- No, affatto - gli rispose.
Axander guardò il Custode per alcuni attimi. Diede una veloce occhiata nei dintorni e ritornò su Sora.
- Scusa, ma gli altri dove sono? Avete già chiuso tutte le serrature? - domandò avvicinandosi al ragazzo.
- Perché mi chiedete quasi tutti le stesse cose? - fece Sora sbuffando, ma accennando un lieve sorriso. - Ora vi spiego... -

In pochi minuti, Sora fece un breve riassunto di quanto era accaduto dalla partenza da Radiant Garden. I due ascoltatori si scambiarono un’occhiata, sconcertati.
- Questo è un bel problema. Mi dispiace, Sora, per Riku e gli altri... - gli disse Axander.
- Oh, non ti preoccupare - fece il ragazzo scuotendo il capo. - Qualcosa mi dice che stanno benone e che li rivedremo presto. In fondo, se la sanno cavare alla grande! -
- Spero proprio che tu abbia ragione - confessò Axander.
Basch, che fino a quel momento non aveva aperto bocca, si fece avanti.
- Ora che facciamo? Sembra che qui abbiamo finito -
- Adesso che mi ci fai pensare, sì. Nathan è stato sconfitto e non vedo più Heartless - constatò il Guardiano, scrutando nelle vicinanze con circospezione.
Tutt'a un tratto, però, si udì un urlo in lontananza.
- Elen! - esclamò Axander.
- Parli di loro ed eccoli in agguato - commentò Basch, estraendo la sua lunga spada.
Sora scattò in avanti, sorpassando i due.
- Sbrighiamoci! - esortò gli altri, facendo apparire il keyblade nella mano destra.
Axander lo rincorse, seguito da Basch. Con destrezza ed un veloce movimento delle braccia, si ritrovò in breve ad impugnare le sue fedeli alabarde.
Sora, che conduceva il trio, arrivò per primo alla porta del livello e vide dirigersi a tutta velocità verso di lui una salva di frecce. Si gettò in avanti, abbassandosi, e queste gli passarono sopra la schiena per andare a frantumarsi senza alcun effetto sulla difesa di Axander: le sue due armi avevano preso a roteare furiosamente fungendo da scudi.
Poco più in là, oltre le porte distrutte, un gruppetto di Shadows stava circondando Elen, la quale indietreggiava verso il muro cedendo terreno alle piccole ma temibili creature. Una di queste cercò di balzare su di lei, ma fu fermata dal keyblade lanciato da Sora. Il giovane si parò immediatamente davanti a lei per proteggerla.
- Stai bene? - le chiese, tenendo l'attenzione fissa sugli Heartless.
- S-Sì - balbettò Elen, crollando in ginocchio.
Gli altri Shadows si lanciarono a loro volta in un attacco suicida. Un colpo, poi un altro ed un altro ancora. Prima un fendente, poi un montante e di nuovo un altro fendente. Furono spazzati via in pochi secondi dalla furia dell'Ornamento.
- Sora, sta attento! - lo avvertì Axander, dopo aver eliminato con una fiammata gli Arcieri che presidiavano l’entrata e che avevano impedito a lui e a Basch di raggiungere Sora.
Il ragazzo si voltò verso la sua sinistra. Tre grossi Heartless, armati di spada, stavano scendendo in picchiata su di lui. Erano Invisibili. Sembravano dei demoni alati, imponenti, che reggevano lucenti spade affilate. Uno di essi, troppo avventatamente, si gettò su Sora che fu rapido ad individuarne il punto debole e a distruggerlo in poche, ma precise mosse. Gli altri due, vedendo la fine che aveva fatto il loro compagno, attaccarono da lati differenti circondando il Custode della Chiave.
Questi, con lucidità, riuscì a schivare un loro affondo e a lanciarsi all’attacco tranquillamente, dal momento che si era accorto di non essere solo: Basch era arrivato in tempo per fermare il secondo Invisibile, incrociando la sua lama con quella nemica.
Sora non ebbe molto successo, dato che il suo avversario parò tutti i colpi e si apprestava a passare al contrattacco. Ad un certo punto, l'Heartless conficcò la spada nel terreno e scomparve. Una serie di fiammelle scure iniziarono a roteare vorticosamente attorno all’arma per poi spostarsi all’istante sul ragazzo.
Sora cominciò a correre cercando di togliersele di dosso. Lanciò su se stesso un Reflex proprio mentre le fiammelle stavano per restringere il cerchio. Esse si dissolsero all’impatto con la barriera e l’Invisibile ricomparve accanto alla sua spada, impugnandola nuovamente. Stavolta, fu tuttavia accolto da una sgradita sorpresa; Sora lo trafisse con il keyblade in pieno petto, sconfiggendolo.
Lo stesso accadde a Basch che riuscì ad uscire illeso dallo scontro. ANche l'altro Invisibile se n'era andato con un urlo silenzioso.
- E’ meglio levarsi di qui - propose il guerriero.
Sora annuì ed entrambi si diressero velocissimi su per le scale e svoltarono a sinistra, verso l’entrata che portava all’ultimo livello della cittadina dove si trovava la casa di Merlino.
- Dov’è Axander? - chiese Sora, mentre correva su per i gradini.
- Ha preso la ragazza e ci ha preceduti - rispose Basch.
Giunti alla porta, la varcarono attraversando la fessura tra le lamiere di ferro provocata dall’ascia di Nathan. Continuarono ad avanzare velocemente verso la casa del mago e, una volta raggiunta, si fermarono.
-Che cosa è successo? - chiese il Custode.
La parete dell’abitazione era crollata sulle sue stesse fondamenta. Si riuscivano chiaramente a vedere le cataste di libri tutti strappati e il computer di Cid andato in frantumi. La lavagna era spaccata, finita contro un tavolo. In fondo, l’apparecchio con cui erano partiti Sora e compagni era spento e gravemente danneggiato.
- Sempre gli Heartless. L’hanno combinata grossa... Chissà come hanno fatto quei tipi a renderli così malvagi e assetati di distruzione... - rifletté Basch.
- Cosa vuoi dire? -
- Non sembrano più Heartless -
- In effetti... Ehi, guarda là! - esclamò improvvisamenteSora, indicando l’ingresso del borgo.
Una marea di Shadows aveva fatto irruzione dal portone in ferro. Avanzavano come un’enorme chiazza oscura verso il mercato.
- Facciamo in fretta, vieni! - disse l’uomo, iniziando a correre.
Sora gli stette dietro. Alle loro calcagna, centinaia di Heartless spingevano e si strattonavano nell’inseguimento. Erano talmente numerosi che la strada non li conteneva tutti e molti si arrampicavano sulle case per poter acquisire vantaggio sugli inseguitori.
- Ecco la piazzetta del mercato! - urlò Basch.
I due saltarono giù per il muretto fermandosi al centro dello spiazzo. Poco dopo, sulle loro teste, si presentò una grossa gummiship allungata, dal muso appiattito e dal colore rosso fiammeggiante.
Sora e Basch si spostarono dal centro e lasciarono che la navetta si abbassasse quel tanto che bastava per poter permettere loro di salire a bordo. Axander, dalla cabina di pilotaggio, gli fece cenno che non c’era un minuto da perdere e abbassò una piccola rampa.
Nel frattempo, gli Heartless avevano raggiunto la piazzetta. Ma era ormai troppo tardi. Quando arrivarono, i due fuggitivi erano riusciti a salire al volo e la gummiship si stava allontanando da terra. Axander accese i motori al massimo della loro potenza e si allontanarono così, in un batter d’occhio, da Radiant Garden.

- Ci dirigeremo a Linahar - esordì Basch.
- Sì, ho già impostato la rotta - rispose Axander.
Entrambi erano seduti l'uno accanto all’altro, nella cabina di pilotaggio.
- Se avremo fortuna, riusciremo ad evitare le flotte di Heartless - continuò Basch, indicando sul radar i vari punti dove erano posizionate le navi ammiraglie della flotta oscura.
- Però... Niente male - commentò l’altro osservando le grosse macchie sul monitor.
- Già, e stanno tutte confluendo verso un unico punto -
- Fammi pensare... Una volta arrivate a Linahar, non potranno sbarcare di certo. Per quel che mi ricordo è alquanto difficile sbarcare in quel punto senza difficoltà -
- Infatti dobbiamo sperare che quell'esercito ci attacchi via terra. E’ l’unica soluzione -
Axander staccò gli occhi dal monitor e guardò dritto davanti a sé. Stavano viaggiando nello spazio aperto e le uniche cose che si potevano notare erano le stelle ed i vari pianeti, disseminati qua e là come tante biglie su di un’infinita spiaggia nera.
- Non mi hai ancora detto perché sei venuto a cercarmi -
Basch ci pensò un attimo. Non sapeva il vero motivo per cui era stato incaricato di trovare Axander.
- Il mio sovrano mi ha dato le coordinate per Radiant Garden e io mi sono recato là. Presumo che vi conosciate -
Axander tamburellò con le dita sul bracciale del sedile.
- Come no, certo che lo conosco il vecchio Alames -

Sora entrò in una delle cabine secondarie. Si osservò attorno per qualche secondo, anche se c'era ben poco da vedere. Era una stanzetta strettissima con un letto a castello, quasi uno sgabuzzino.
Elen era seduta sul letto più in basso, tenendosi le mani e fissando con espressione vuota il pavimento. Si era, però, destata non appena Sora aveva fatto il suo ingresso.
- Grazie - esordì la ragazza.
Sora volse il suo sguardo verso Elen.
- Come? -
- Ti volevo ringraziare per essere venuto in mio aiuto - ribadì Elen, con un lieve sorriso.
Il ragazzo sorrise a sua volta.
- Non c’è di che -
I due rimasero un attimo in silenzio, senza guardarsi.
- Allora... Tu devi essere Sora - riprese la parola Elen.
- Sì, sono proprio io - confermò il Custode.
- Ti ho riconosciuto subito - continuò la ragazza, alzandosi ed avvicinandosi a lui.
- Riconosciuto? - chiese sorpreso. - Ma... -
- Kairi mi ha parlato molto di te -
A quel punto, il volto di Sora si illuminò.
- Kairi?! Tu... Tu l’hai vista? Volevo dire... Sta bene? - domandò confusamente.
Elen annuì brevemente, divertita dalla faccia di Sora e dalla sua eccitazione per aver appreso la notizia.
- Sì! Kairi sta bene! Sì! - esultò Sora, urlando per la gioia. - Non riesco a crederci! Temevo gli fosse successo qualcosa di terribile, ma dopo quello che ho sentito non sono più in me! -
Elen si mise a ridere definitvamente nel vedere Sora così allegro. Sembrava condividere la sua stessa gioia, nonostante lei avesse appena perso un suo caro amico.
- Ovviamente, finché sarà in quella fortezza non sarà al sicuro - pensò Sora. - Ma vedrai che ti salveremo, Kairi, è una promessa! -
- Ehi, voi due - li interruppe Basch, facendo irruzione dalla porta.
Sia Sora che Elen si girarono di colpo, zittendosi all'istante.
- Tenetevi pronti, stiamo per atterrare -
 

Ricordatevi di lasciare un commento, se riuscite! Un grazie a chi continua a seguire la fiction ^^

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Capitolo 32
*** Capitolo 31: Atterraggio di fortuna ***


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Capitolo 31: Atterraggio di fortuna


Axander fischiettava con noncuranza mentre era intento a trafficare con i comandi. Si trovava a suo agio con la cloche della gummiship tra le mani e si era sempre dimostrato un pilota di un certo calibro.
- Vediamo un po’... Questo... Quello... - mormorava, cercando di indirizzare la nave sulle coordinate corrette.
Dopo qualche secondo, Axanderalzò lo sguardo gettando un'occhiata all'esterno.
- Uh? -
Si sporse oltre il suo sedile per poter osservare meglio fuori dall’abitacolo. Ciò che gli si parava davanti non gli piaceva affatto. Doveva subito fare qualcosa per impedire un probabile disastro.
- Oh, dannazione! Dannazione! - imprecò sottovoce.
Afferrò velocemente la cloche con entrambe le mani e iniziò a virare bruscamente verso destra.
- Reggetevi, signori! Manovra evasiva! - urlò, senza distogliere l’attenzione da ciò che stava facendo.
Fuori si poteva vedere il pianeta sul quale sarebbero dovuti atterrare. Era enorme. Un vastissimo globo senza limiti. E tra la gummiship e quel pianeta vi era un solo ostacolo: due gigantesche macchie nere.
Esse erano in realtà due gigantesche navi da battaglia recanti sulle fiancate lo stemma degli Heartless. Giacevano fluttuanti nel vuoto, circondate da centinaia di puntini neri tutti ammassati attorno a loro; gummiship, sempre di Heartless. Sembravano in attesa di qualcosa. O di qualcuno.
Axander si accorse ben presto che quelle due navi che parevano immobili si stavano lentamente voltando verso la loro gummiship; in qualche modo era stata scoperta la loro fuga da Radiant Garden.
- Axander! -
Basch fece irruzione nella cabina di pilotaggio, con un'espressione di sgomento e di preoccupazione.
- Abbiamo visite - disse Axander con una calma sovrannaturale.
- Lo vedo... E questo non è un bene... - mormorò Basch, scrutando le navi da battaglia.
- Hai detto ai due di là di reggersi forte? -
- Sì, li ho avvertiti di prepararsi all’atterrag... -
Qualcosa colpì violentemente un motore della gummiship e Basch, perdendo l’equilibrio, ruzzolò a terra lamentandosi.
- Questi Heartless... Pazientare un attimo, no? - ridacchiò Axander.
Le navi avversarie avevano iniziato ad aprire il fuoco. Una pioggia di laser si abbatté sulla navicella, facendola tentennare per qualche istante fino a che Axander non riuscì a riprendere completamente il controllo del mezzo. Con incredibile destrezza riuscì ad evitare gran parte dei colpi nemici, compiendo audaci acrobazie aeree degne di un esperto aviatore.
- Basch, siediti e apri il fuoco al mio comando - ordinò all’amico.
Questi si rialzò velocemente e si sedette al volo, scavalcando lo schienale del suo sedile. Si allacciò la cintura e si preparò ad eventuali istruzioni da parte del pilota.
La gummiship si stava velocemente avvicinando al pianeta, ma di tanto in tanto era costretta a rallentare a causa delle virate per evitare i laser. Per giunta, erano partite all’attacco anche le navi Heartless più piccole, dei caccia leggeri.
- Pronto... - fece Axander, al massimo della concentrazione.
Attuò altre manovre evasive per schivare i continui tentativi dei nemici di farli precipitare.
- Al mio... -
Basch si tenne pronto. Aumentò la presa sui comandi.
- ... Via! - urlò l’amico.
Il guerriero azionò le armi difensive della gummiship. Una raffica di laser blu iniziò a farsi strada in mezzo alla pioggia rossa che stava tempestando la navicella. I primi colpi, sparati alla meglio, andarono a segno distruggendo una decina di caccia avversari. Nonostante fosse la prima volta ai comandi di cannoncini laser, Basch se la stava cavando piuttosto bene. Dopo averne abbattuti altri dieci con precisione straordinaria, si poté affermare con sicurezza che se la stava cavando egregiamente.
- Però, non male - lo lodò a suo modo Axander. - Ci sai fare con quegli arnesi -
- Dopo un po’ ci prendi la mano - sorrise l’altro.
Axander effettuò l’ennesima acrobazia, accompagnata da una serie di colpi che sfoltirono la piccola flotta attaccante.
Tuttavia, qualcosa andò storto: una gummiship nemica riuscì a schivare i laser e, avvicinatasi quel tanto che bastava per poter prendere la mira, sganciò un piccolo missile contro uno dei motori laterali, neutralizzandolo. Un tremendo boato fece vibrare l’intero velivolo.
- Cosa sta succedendo? -
Sora entrò velocemente, seguito da Elen.
- Maledettissimi Heartless, ci hanno beccati un’altra volta! - sbottò in risposta Basch, troppo preso a calcolare i danni ricevuti.
Axander premette un pulsante alla sua sinistra. Dietro al suo sedile e dietro a quello di Basch, si aprirono, qualche centimetro più indietro, due botole dalle quali salirono lentamente altri due sedili.
- Accomodatevi e reggetevi forte - consigliò il Guardiano delle Fiamme.
I due giovani obbedirono senza fiatare. Axander scostò una mano dai comandi, afferrando una leva sul pannello di controllo. Senza avvertire nessuno, la spinse in avanti. I tre motori rimanenti iniziarono a caricarsi con rapidità, acquistando sempre più energia. Passarono pochi istanti e si udì un potente scoppio. La gummiship schizzò in avanti come una saetta.
Sfrecciò in mezzo al nemico in continuo avvicinamento, abbattendo alcune navicelle. Sora, Elen e Basch si ritrovarono inchiodati ai sedili, col fiato in gola. Quel pazzoide di Axander, invece, sembrava provarci gusto, tanto che arrivò perfino ad esultare durante una delle sue famose e spericolate manovre acrobatiche.
- L’ho sempre detto che sono un pilota nato! - esclamò, in preda all’euforia.
- No, tu sei un pazzo nato! - gli urlò Basch che si stava reggendo forte.
Ma Axander non gli diede ascolto e con una mossa azzardata arrivò immediatamente nei pressi delle due grandi navi ammiraglie.
Dopo qualche attimo di esitazione, prese a sfrecciare tra le due. Gli Heartless, senza rendersi conto delle conseguenze del gesto che stavano per compiere, ruotarono i cannoni laterali per tenere sotto tiro la piccola gummiship. Inavvertitamente, aprirono il fuoco.
Inutile dire che Axander riuscì per un pelo ad evitare tutti quei bombardamenti, i quali non fecero altro che infliggere gravi danni alle due astronavi mettendo fuori uso gran parte del loro armamentario. Con uno stratagemma, Axander aveva spinto i nemici ad autodistruggersi in una maniera piuttosto stupida.
- Woooohoooo! - esultò.
Gli altri passeggeri erano immobili e silenziosi. Solo Basch non riuscì a trattenersi.
- Giuro che se lo rifai un’altra volta non esiterò un solo attimo a tagliarti la testa! - lo minacciò.
- Su, su! Non prendertela così! - ribatté Axander, ridacchiando e voltandosi verso gli altri due - Guarda loro due piuttosto -
Anche Basch si voltò.
- Sono rimasti senza parole per la mia abilità. Ed inoltre hanno l’aria di essersi divertiti un mondo. Già -
Il guerriero scosse la testa.
- Ma ti ha dato di volta il cervello? Non hanno proprio l’aria di essersi divertiti un mondo -
Axander osservò meglio Sora e Elen, ancora scossi per la terribile corsa attraverso la flotta nemica. Si stavano entrambi tenendo le braccia a vicenda, i loro sguardi terrorizzati direzionati verso Axander e Basch. Avevano pensato che sarebbero morti.
- Hanno l’aria di due che, affidati alla protezione di uno svitato, ci hanno quasi rimesso le penne! -
Il Guardiano si grattò la testa.
- Ah, beh, se la metti così... -
- Attento! - urlò all’improvviso Sora, riprendendosi.
Basch ed Axander si girarono di scatto, giusto il tempo per poter avvistare tre gummiship davanti a loro che sparavano all’impazzata. Un altro motore laterale cedette.
- No, maledizione, no! -
Axander si gettò sui comandi cercando in fretta e furia un rimedio. Ma era tutto inutile. Ormai si erano avvicinati troppo al pianeta e, senza più alcuna stabilità del mezzo, gli altri motori si spensero. La gummiship iniziò lentamente ad inclinarsi, col muso all’ingiù. Fu un attimo, e cominciarono ad essere attirati con sempre maggiore forza e violenza verso la superficie del pianeta.
- Per la miseria, fa qualcosa! - urlò Basch.
- E che cosa dovrei fare secondo te? - urlò a sua volta Axander.
- Quello che riesci...! Maledizione, non sei tu il formidabile pilota di gummiship? -
- Ah, chiudi quella boccaccia! -
La navicella iniziò a tremare, mentre la picchiata continuava inarrestabile.
Sora si accorse solo dopo qualche secondo della situazione in cui si trovavano. Non riusciva a pensare a nulla. Aveva la mente sgombra da qualsiasi pensiero.
- Questa è la fine... -

Marcus uscì dalla tenda, massaggiandosi il collo. Si alzò, stiracchiandosi e sbadigliando.
- Che bella dormita - esordì soddisfatto.
Si avviò verso il suo cavallo, mettendosi a frugare nella sacca legata alla sella. Estrasse un piccolo asciugamano che si gettò in spalla. Diede una rapida occhiata qualche metro più in là accorgendosi di alcune presenze.
"Quei tre cavalli non c’erano ieri. Chissà che ci fanno qui..." pensò, scrutando tre cavalli intenti a bere in una pozza d’acqua.
Il giovane guerriero si trovava ancora accampato ai margini della foresta. Aveva montato una piccola tenda accanto ad un fiumiciattolo. Lì vicino, il suo bianco destriero riposava all’ombra di un albero, tranquillo ed indisturbato. Su di un lungo filo che collegava l’albero alla tenda erano appese le varie componenti dell' armatura da soldato di Marcus, mentre spada e scudo erano appoggiati per terra accanto al cavallo.
Marcus, prima di dirigersi verso il fiumiciattolo, osservò il deserto che si estendeva verso est e si spingeva sino ai margini della foresta. Era uno spettacolo fuori dal comune. Da un lato, il verde degli alberi, una flora rigogliosa e tanti animaletti che gironzolavano nel sottobosco; dall’altra, le imponenti dune sabbiose continuamente modellate dai forti e caldi venti desertici.
Marcus sbadigliò per l’ennesima volta, chinandosi, poi, sul piccolo letto del fiumiciattolo. Vi immerse le mani ed iniziò a pulirsi la faccia con l’acqua fresca. Afferrò poi l’asciugamano e si asciugò il volto.
Esattamente in quell’istante, udì una tremenda esplosione.
- Uh...? -
Si fermò, lasciando cadere il panno che aveva in mano e si voltò rapidamente. Ciò che vide lo fece rimanere senza fiato: una stella cadente, o almeno così appariva ai suoi occhi, stava solcando il cielo a tutta velocità. La fissò per un breve istante, sino a quando non scomparve dietro ad una duna senza lasciare traccia.
- E quello? Un’altra diavoleria del nemico, scommetto - pensò.
Corse verso la tenda. Si infilò gli stivali e tirò giù ad uno ad uno i pezzi della sua armatura. Cominciò ad armarsi in tutta fretta e, una volta pronto, afferrò saldamente la spada con la destra lasciando in disparte scudo ed elmo. Salì in groppa al cavallo, afferrando le briglie e spronandolo al galoppo verso il deserto.
- Mi ci gioco un anno di paga che ho ragione io -
A spada sguainata, si precipitò in una corsa frenetica di duna in duna fino ad avvistare un’esile colonna di fumo nero. A quel punto fermò il cavallo, scendendo ed accompagnandolo in cima all’ultima collina di sabbia. Marcus si aquattò per terra, dando un’occhiata a valle.
- Uhm... - rimuginò. - Questa è proprio bella... -
Decise di rialzarsi, tornando sui suoi passi. Salito nuovamente in groppa, si diresse velocemente verso la sua tenda.

Sora si rialzò reggendosi la fronte con una mano.
- Che mal di testa... - bofonchiò, leggermente stordito.
Uscito dalla gummiship, o meglio, da ciò che ne restava dopo l’impatto col suolo, cercò con lo sguardo i suoi amici. Da un lato, vide subito Axander, seduto su una lamiera bruciacchiata, intento a fissare il deserto con occhio vigile. Dall’altro, invece, c’era Elen seduta sulla sabbia con le gambe incrociate che chiacchierava allegramente con Basch.
- Il bel addormentato si è svegliato - borbottò il Guardiano, senza distogliere lo sguardo dal paesaggio.
- Grazie per esservi preoccupati di me - ribatté il Custode, scocciato.
- Ti abbiamo assistito per più di un’ora, ma dato che non ti svegliavi ti abbiamo creduto morto -
Sora lo guardò sgranando gli occhi.
- Non guardarmi così, stavo scherzando - rise l’altro.
Basch si alzò in piedi, avvicinandosi ad Axander.
- Stare qui in mezzo al deserto non è di certo il massimo. Io proporrei di dirigerci verso la foresta, che dista meno di un miglio in linea d’aria. Cosa ne dite? -
- Direi che non hai tutti torti - assentì Axander, alzandosi a sua volta.
Il gruppetto si riunì a qualche metro dai resti della gummiship.
- A questo punto, non mi rimane altro da dire che "Benvenuti a Linahar" - disse Axander.
Basch sorrise, iniziando ad incamminarsi verso ovest. Gli altri lo seguirono, ben consci che lui era l’unico a poterli guidare sul suo pianeta natale.
Vagarono per circa un quarto d'ora, su e giù per le dune, sotto il sole rovente. Non fu facile arrivare sino ai margini della foresta: la sabbia era particolarmente profonda in quella zona e il vento si faceva sentire, alzando continuamente fastidiosissima sabbia. Se solo avessero avuto una cavalcatura, avrebbero fatto molto più in fretta.
Arrivarono ai primi alberi, assetati come non mai.
- Acqua! - urlarono in coro Sora e Axander, correndo verso il fiumiciattolo.
Elen e Basch si fermarono poco più indietro.
- Tu abiti qui? - gli domandò la ragazza.
Lui annuì.
- Sì, ma non esattamente qui... Più in là, a Linahar - precisò, gesticolando e indicando la foresta.
- Capisco. Dobbiamo metterci subito in cammino? -
- Se quei due non ci fanno perdere troppo tempo, sì. Manca ancora molto e il tempo è prezioso -
Sora e Axander, dopo essersi dissetati, tornarono verso i compagni.
- Mettiamoci subito in marcia - disse Basch.
Il gruppetto di trovò concorde e fece per proseguire. Ma fu costrettò a fermarsi dopo pochi passi.
- Non ti muovere - sibilò una voce alle spalle di Sora.
Il ragazzo si immobilizzò, senza voltarsi. Sentiva chiaramente dietro di sé un qualcosa di appuntito che lo punzecchiava alla schiena. Era la punta di una spada.
Di fronte a Sora, Basch ed Elen indietreggiarono di qualche passo e lo spadaccino estrasse la sua arma. Lo sconosciuto ghignò.
- Guai a voi se vi muovete oppure... -
- ... Oppure, cosa? -
Il tale mosse il capo verso sinistra e smise di ghignare. Axander gli stava puntando addosso la lama affilata di una delle sue alabarde, che risplendeva sotto il sole. Stava mirando all'altezza del collo.
- Posa quell’arma se non vuoi che il tuo amico muoia -
- Non dire assurdità. Prima che tu riesca a trapassarlo ti avrò già arrostito per bene - lo avvertì il Guardiano. - Ascolta me. Lasciaci stare e non darci troppe noie -
Il misterioso individuo ci pensò su, scorrendo le iridi su ciascuno dei presenti. Dopodiché, inavvertitamente, abbassò la spada e si scansò verso destra, in modo tale da non venire tagliato dall'alabarda di Axander, e menò un montante velocissimo in tutt’altra direzione, distruggendo una sagoma nera.
- Gli Heartless sono arrivati -
 

Ricordatevi di lasciare un commento, se riuscite! Un grazie a chi continua a seguire la fiction ^^

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Capitolo 33
*** Capitolo 32: L'Allievo di Grelwan ***


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Capitolo 32: L'Allievo di Grelwan



Una fiammata divampò tra gli alberi, rischiando di appiccare un incendio. Cinque Shadows furono letteralmente ridotti in cenere e svanirono in piccole nuvolette di fumo. Axander balzò giù da un albero.
- Ce ne sono troppi! - urlò verso gli altri, a qualche metro di distanza.
Si allontanò velocemente, accorgendosi di una folta schiera che si stava ammassando poco più avanti.
Sora si lanciò su un gruppetto di Heartless, iniziando a colpire tutti quelli che gli saltavano addosso alla vista del keyblade. Erano completamente fuori controllo e assalivano il ragazzo alla cieca; ciò facilitò di molto il compito al giovane combattente, il quale si limitò a menare tondi a mezz'aria sui quali si infrangevano i fragili corpi degli Shadows.
Alle sue spalle, Marcus, il prode soldato della città di Linahar, se ne stava completamente immobile, tenendo il piatto della lama della sua spada appoggiato alla spalla. Con gli occhi chiusi e le orecchie ben tese, sferrò, in seguito, due colpi apparentemente a vuoto. Il risultato fu che una ventina di Heartless furono scaraventati ai quattro punti cardinali, urtando contro i robusti tronchi degli alberi.
Intanto, Basch tratteneva un gruppo di Spadaccini ai margini della foresta. Li sfoltì velocemente, tenendo al sicuro Elen da un’eventuale aggressione. Terminò con un affondo preciso, riducendo in cenere l'ultimo dei nemici.
- Sì, ho notato - urlò Basch in risposta alla precedente affermazione di Axander.
Sora alzò il keyblade, lanciando una magia Aero attorno al suo corpo e si gettò nuovamente in mezzo alla massa di nemici, aiutato, questa volta, anche dalla magia protettiva che fungeva da arma offensiva contro chi si avvicinava troppo.
Un’esplosione si udì in lontananza e degli alberi caddero.
- Arcieri dappertutto! Ci conviene andarcene! -
Axander apparve accanto a Sora, subito dopo il potente boato da lui provocato.
- Non riusciremo ad andarcene! Ci raggiungeranno ugualmente! - rispose il ragazzo, trapassando l’ultimo Heartless che gli venne incontro.
- Non è detto - si avvicinò tranquillamente Marcus.
Gli altri lo guardarono con aria interrogativa, non sapendo se essere più colpiti dalla sua calma innaturale o dal fatto che aveva trovato un’idea per farli allontanare sani e salvi.
- Allora parla, non c’è molto tempo - lo incitò Axander.
Delle frecce comparvero dalla foresta, dirette verso la schiena del soldato. Questi si voltò rapidamente, schivando un paio di dardi e colpendo gli altri col piatto della lama della sua spada, scagliandoli in mezzo nel folto della foresta.
- Là - indicò la pozza che sorgeva al confine tra l'erba e la sabbia, riferendosi ai cavalli. - Ci servono loro. Non so perché, ma stamattina ne sono comparsi tre dal nulla... -
Si voltò quindi verso Axander, lanciandogli un'occhiata sospetta.
- ... Quasi a voler aspettare voi -
- Che strane coincidenze - si limitò a commentare l’altro, ignorando lo sguardo di Marcus.
- Già, veramente strane. Allora che aspettiamo? Avanti, ai cavalli! -
Marcus corse verso la pozza dove i destrieri si stavano abbeverando, seguito dal resto della compagnia. Balzò agilmente in groppa al suo cavallo dal manto castano scuro, afferrando le briglie all’istante.
Basch fece altrettanto, ritrovandosi su un grande cavallo grigio, particolarmente robusto. Axander salì su un magnifico destriero di un nero lucente e Sora su un altro ancora, bianco. Elen, rimasta a piedi osservò gli amici prendere posto.
- E io? Non ce n’è uno anche per me? - domandò facendo gli occhioni, desiderosa anche lei di poter cavalcare uno di quei meravigliosi cavalli.
- Purtroppo ci sono solo questi. O sali con uno di loro... - disse Marcus cennando col pollice ai tre dietro di lui. - ... O prega di essere veloce a correre e a sfuggire a... -
- ... Circa un centinaio di Heartless desiderosi di farci fuori - continuò Basch, scrutando verso l'interno della foresta.
- Che cosa? - esclamò il soldato.
- Ha ragione, e più stiamo qui a parlare più si avvicinano - constatò Sora.
Una seconda salva di frecce spuntò dal folto della vegetazione, cogliendoli alla sprovvista. Gli animali si imbizzarrirono, ma i cavalieri riuscirono a restare al loro posto senza cadere.
- Avanti! - urlò Marcus.
Spronò il suo cavallo sollevando la spada in alto, come a guidare un assalto di cavalleria e partì, seguito a ruota da Basch. Sora era subito dietro; nonostante fosse la sua prima cavalcata, ci prese sin da subito la mano, dopo solo qualche attimo di insicurezza iniziale. Axander, che chiudeva la fila, riuscì ad afferrare al volo Elen, la quale si ritrovò davanti al Guardiano intento a controllare il destriero e a seguire gli altri.
Si inoltrarono così lungo il sentiero che si srotolava verso i meandri della foresta, lasciandosi alle spalle il deserto.
- Ehi!" ebbe solo il tempo di esclamare Elen. - Chi ti dice che voglia stare a cavallo con te? -
- Non è il momento di fare gli schizzinosi. O con me, o con loro! -
Davanti alla fila di cavalieri vi era un plotone di strani Heartless: erano simili agli altri incontrati fino a quel momento, ovvero Neo Shadows con un'armatura colorata a seconda della tipologia a cui appartenevano. Ma questi avevano una corazza dorata, in pieno contrasto con la loro essenza tenebrosa, ed una lunga lancia nera, la cui punta era un cuore oscurato e rovesciato. Gli elmi erano più alti ed elaborati rispetto a quelli degli Arcieri, degli Spadaccini o degli Assalitori.
- Con te, con te! - piagnucolò la ragazza, chiudendo gli occhi e stringendosi al petto dell'amico.
Axander sorrise, scuotendo lievemente la testa.
I Lancieri (quello era il loro nome) che sbarravano loro la strada furono letteralmente travolti da Marcus e Basch che, a spada sguainata, aprirono un varco per i due che li seguivano.
Un'ultima salva si abbatté su di loro, ma stavolta fu Sora, con un intervento immediato, a respingere la raffica grazie ad un Reflex lanciato in tempo sull'intera compagnia.
In breve, i viaggiatori si lasciarono alle spalle i nemici, continuando a cavalcare a più non posso nel folto della foresta.

Il luogo dello scontro si desertificò ben presto. Non vi rimase più anima viva. Sora e compagni erano sfuggiti all'agguato e degli Heartless non vi era più traccia. In mezzo al sentiero, si materializzò un'ombra.
- Wow! - esclamò costui.
Con una mano, Grelwan si sistemò il ciuffo di capelli azzurri che gli ricadeva sul volto, scrutando nella direzione nella quale i cavalieri erano scomparsi.
- Poveri, mi fanno pena - continuò.
Dietro di lui apparvero tre Heartless dall'aspetto minaccioso. Invisibili.
Con un veloce cenno del capo, lo Stregone indicò loro la via da imboccare e gli oscuri non si fecero attendere, gettandosi a tutta velocità all'inseguimento.
- Staranno andando a Linahar. Ne sono sicuro - disse Grelwan, come se stesse interloquendo con qualcuno.
Alle sue spalle si manifestò una presenza che prese subito delle sembianze umane. Grelwan sorrise al nuovo venuto.
- Ce ne hai messo di tempo, ti aspettavo. Cominciavo addirittura a preoccuparmi - sentenziò.
L'oscura figura non rispose. Aveva il medesimo soprabito nero, rassomigliate a quello dell'Organizzazione. Il cappuccio gli oscurava il volto, celandolo a sguardi indagatori.
Grelwan si avvicinò, con le mani dietro la schiena.
- Stranamente silenziosi oggi, eh? - le girò attorno con pochi passi.
Ora che erano affiancati, si poteva distinguere chiaramente che lo sconosciuto era più basso dello Stregone e molto più esile di corporatura. Teneva le braccia lungo i fianchi e il capo chino ad osservare il terreno erboso.
- A cosa stai pensando? - si immischiò Grelwan.
Il cappuccio del tale ondeggiò come smosso da una leggera brezza primaverile. Stava rispondendo, ma non si udiva alcun suono né tantomeno parole distinte.
Tuttavia, Grelwan sembrava essere in grado di capire ciò che diceva.
- Anche tu come loro - commentò.
L'altro alzò lo sguardo verso di lui. Non capiva.
- Siete esseri così deboli, voi umani... O per meglio dire, umani e ciò che resta di loro -
La figura si spostò, parandosi di fronte all'uomo. Pareva volergli dire qualcos'altro di cui solo lo Stregone poteva carpirne il significato. Sicuramente non era un complimento né qualcosa di piacevole, dato che Grelwan fissò il suo silenzioso interlocutore con velata malvagità.
- Ah, ma davvero? Lascia che ti rinfreschi la memoria -
Grelwan iniziò a girargli attorno con la stessa aria pensierosa con la quale si era avvicinato prima.
- Non sei Heartless, perché il tuo cuore è stato rigettato dall'oscurità. Non sei Nessuno, dato che in te vi è ancora un'essenza... - rifletté.
La misteriosa figura abbassò nuovamente il capo, sconsolata. Grelwan se ne accorse.
- Non ti abbattere. Ben presto questa sgradevole sensazione svanirà e sarai esattamente come me... -
Grelwan si accostò al tale, appoggiandogli una mano su una spalla.
- ... Come noi - gli sussurrò all'orecchio.
L'altro si immobilizzò. Ebbe un leggero fremito. Grelwan sorrise malignamente, per poi esplodere in una sonora risata, alzando le mani al cielo.
- Sì! - esultò. - Sì! Kingdom Hearts! Finalmente! -
Dopodichè si volse verso il compagno. Questi si tava osservando le mani con incredulità, scuotendo la testa e cercando di capire da cosa fosse stata generata quella strana sensazione che aveva avvertito poc'anzi.
- Lo hai avvertito anche tu - sogghignò lo Stregone.
L'altro si destò, continuò ad esaminarsi le mani.
- Ora anche tu sei legato al nostro destino. Kingdom Hearts è stato finalmente aperto. Dopo inifinite era di attesa, torneremo ad impadronirci di ciò che è nostro -
Abbassò le braccia, stringendo i pugni in preda all'euforia.
- Tutto! Tutto ciò che esiste sarò nostro! -
Grelwan ritornò nuovamente davanti alla figura, dandole la schiena. Assunse un'aria seria e spietata.
- Questo è il tuo compito - si accinse a spiegare. - Segui il sentiero e trovali. Uccidi il Custode della Chiave e chiunque cerchi di proteggerlo. Ritrova la ragazza e portala da me. Kingdom Hearts è completo, ma con l'ultimo tributo ce ne impadroniremo definitivamente, rendendolo nostro strumento d'invincibilità e d'immortalità -
Vi fu un attimo di silenzio, durante il quale entrambi i presenti rimasero immobili. Lo sconosciuto annuì dopo qualche secondo ed avanzò di qualche passò, posizionandosi alla destra di Grelwan.
- Sora... - sussurrò da sotto il cappuccio.
Lo Stregone tese una mano in avanti.
- Non sono ammessi fallimenti - proferì con tono duro ma chiaro.
L'oscura figura si abbassò, flettendo le ginocchia e posando la mano sinistra a terra. Dal palmo iniziarono a diramarsi parecchie spaccature nel terreno, una delle quali giunse sino ad un'enorme quercia, spaccandola a metà. La mano destra fu, invece, sollevata verso l'alto.
La terra tremò e, al contempo, le ombre avvamparono attorno al braccio. Apparve dunque una lunga asta dalla forma indefinita. Dopo pochissimi attimi, essa si rimodellò su se stessa. Fu allora palese che doveva trattarsi di un keyblade, data la sua forma riconoscibile.
Grelwan sorrise, osservandolo.
- I keyblade... Ora che Kingdom Hearts è nostro, li possediamo anche noi. E' incredibile come riesca a plasmare le cose a suo piacimento, il fratellino - parlò, facendo riferimento ad Ilfrien.
Il keyblade apparso nella mano del giovane misterioso era snello e dalle forme rigide, completamente in legno e in bronzo, e la sommità della lama rassomigliava fortemente a quella di un'ascia bipenne.
- Allievo - proseguì Grelwan. - Sei sotto le mie dirette dipendenze. La missione che ti spetta non è facile, ma ne va della nostra esistenza. Siamo legati a Kingdom Hearts, ora. Se non elimini quel ragazzino petulante, lui eliminerà noi una volta per tutte, mi segui? -
L'incappucciato annuì, accompagnato da una certa insicurezza che veniva mascherata perfettamente.
- Ottimo. Nathan è stato ucciso per mano loro. Possiedi il suo potere, adesso, e sei tu che devi vendicarlo in nome di noi tutti... In nome della Legione Nera. La terra risponderà al tuo diretto comando. Questo elemento è particolarmente difficile da maneggiare, ma la tua grande forza di volontà contribuirà ad integrarti con esso. Usalo con prudenza, o sarai sopraffatto e perirai -
Silenzio.
- Và e compi il tuo destino - ordinò, infine, Grelwan.
Schioccò le dita, scomparendo in un turbine di tenebre. L'Allievo, come era stato chiamato dall'uomo, si avviò per il sentiero reggendo saldamente il keyblade.
Mille pensieri affollavano la sua mente. Non spiccicava una parola, nessuno poteva udirlo. Era un'ombra che vagava. Non ricordava più chi era. Il suo nome. Dove viveva. Un essere a cui era stato tolto ciò che di più di prezioso possedeva. Un cuore. E con esso, la possibilità di amare.
- Sora... - sibilò.
I passi risuonavano nel silenzio della foresta.
- Ti troverò... - 

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Capitolo 34
*** Capitolo 33: Lo scontro ***


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Capitolo 33: Lo scontro


- Possiamo fermarci -
Marcus alzò una mano, arrestando il cavallo e guardandosi attorno. La zona era tranquilla. Nessuno pareva averli seguiti.
Smontò da cavallo, afferrandolo per le briglie e conducendolo verso un albero, dove lo legò. Gli diede una carezza sul manto e ritornò dagli altri.
- Scendete e aiutatemi a preparare un piccolo campo per la notte. La città dista ancora parecchie miglia e siamo tutti abbastanza provati per ciò che è successo oggi -
Detto ciò, il soldato ritornò alla sua cavalcatura, frugando in una sacca fissata alla sella.
Sora scese, così come Axander, Elen e Basch. Si avviarono verso alcuni alberi poco distanti e legarono anche loro i propri cavalli.
- Io vado a prendere un po’ di legna - esordì Basch. - Qualcuno viene con me? - volgendo immediatamente lo sguardo su Sora.
Il giovane si indicò, perplesso. Poi strinse le spalle.
- Va bene, come vuoi tu. Girare in due è più sicuro - aggiunse.
Quindi, i due si allontanarono verso il folto della foresta.
La compagnia era appena arrivata in un piccolo spiazzo erboso, ai confini occidentali dell'immenso mare verdeggiante. Gli ultimi arbusti lasciavano intravedere i primi segni di terreno sabbioso e preannunciavano un ritorno al vastissimo deserto che si erano lasciati alle spalle. Lì si respirava un’aria più tranquilla; la brezza serale iniziava a tirare e il canto degli uccellini nascosti tra le fronde degli alberi allietava gli animi scossi dei viaggiatori.
Axander, dopo che Sora e Basch furono scomparsi dalla sua vista, andò a sedersi accanto ad un enorme tronco abbattuto che ora giaceva inerme, ma ancora maestoso, per terra. Elen lo fissò per alcuni secondi, per poi decidere di avvicinarsi.
- Posso? - gli chiese, una volta giunta vicino all’amico.
Tenendo le braccia dietro la testa e il cappello che gli ricadeva sugli occhi, Axander non si mosse.
- Puoi, cosa? - domandò.
- Posso sedermi? -
Axander, già stravaccato con la schiena appoggiata all’albero, si ricompose, battendo la mano sul terreno alla sua sinistra.
- Certamente - rispose con tranquillità.
La ragazza accennò un lieve sorriso e si sedette accanto a lui. Entrambi non si scambiarono uno sguardo. Si limitarono ad osservare dritti davanti a loro. Attimi interminabili, minuti che non finivano mai. Dopodiché, Elen interruppe quel silenzio, sospirando ed appoggiandosi al tronco. Volse gli occhi verso il cielo tinto di rosso.
- Il Tramonto. Da quanto tempo non ne vedevo uno - disse a bassa voce.
Axander fece finta di nulla e si distese nuovamente, con la visiera che gli oscurava la vista. Aveva voglia di dormire. Tutta quella faticaccia e ancora non erano giunti a Linahar. Troppi problemi lo assillavano: i suoi fratelli, gli Heartless... Nessuno che gli desse un attimo di pace. Rimuginò a lungo, sino a quando non sentì qualcosa afferrargli il cappello e toglierglielo.
- Ehi! - bofonchiò.
- Certo che è proprio strano - commentò Elen.
In ginocchio, sempre accanto all’amico, era intenta a sistemarsi il copricapo sulla sua testa, ma con scarsi risultati. Axander non fece altro che osservarla, inarcando un sopracciglio.
- Beh, come sto? - chiese Elen, allargando le braccia.
Il cappello le scivolò subito sugli occhi.
- Chi ha spento la luce? -
Il Guardiano sorrise, afferrando la visiera e alzandola.
- Si può sapere che cosa stai cercando di fare? - riappropriandosi del cappello.
- Ti vedevo così triste e pensavo di poterti tirare un po’ su di morale - sorrise la ragazza.
- No, grazie. Desidero solo essere lasciato in pace - replicò Axander, cercando di tornare a sonnecchiare.
Lei abbassò lo sguardo, fissando il terreno.
- Sei ancora arrabbiato con me per ciò che ti ho detto, vero? -
Axander non rispose, ma Elen interpretò quel silenzio come una risposta affermativa.
- Ti chiedo scusa - disse lei timidamente.
L’altro non reagì per qualche istante, come se stesse valutando la situazione. In seguito, fissò dritto negli occhi l'amica.
- Non devi scusarti. Sono io che ho sbagliato, non dovevo dire quelle cose su Einar - mormorò. - In fondo, non era colpa sua -
A quel punto, Elen gli gettò le braccia a collo, stringendosi a lui. Axander perse l’equilibrio, rischiando di cadere di lato.
- Mi sei mancato così tanto! Temevo di non rivederti più... Non sai quanta paura ho avuto quando ho visto Einar contrattare con uno di quegli uomini -
Il Guardiano le sfiorò delicatamente i capelli, rialzandosi e aiutando la ragazza a fare altrettanto.
- Anche tu mi sei mancata. Ma l’importante è che tu ora sia al sicuro - la rassicurò sorridendo.
Elen si scostò, asciugandosi le lacrime che avevano iniziato ad inumidirle gli occhi. Immediatamente, si girò di scatto. Aveva avvertito qualcosa.
- Che cosa è stato? -
Axander si alzò, sistemandosi il soprabito nero.
- Lo hai sentito anche tu? - le chiese, porgendole una mano. Elen la afferrò e si rialzò, affiancando il compagno e guardandosi attorno preoccupata.
Nella radura non si udiva più nulla. Era calato il silenzio più assoluto. Era questo che incuteva timore ai due ragazzi.
Tutt'a un tratto, un’ombra fece capolino tra gli alberi che circondavano lo spiazzo.
- Chi è quello? - sussurrò la ragazza, spaventata.
Axander scrutò torvamente l’incappucciato appena apparso, gli occhi stretti come due fessure.
- Allontanati - disse alla volta di Elen.
- Come...? -
- Allontanati, ho detto -
Elen arretrò di qualche passo, nascondendosi dietro al grande tronco.
L'oscura figura appena giunta uscì allo scoperto. Ormai la sera era calata, ed approfittava dell’oscurità per mimetizzarsi meglio. Axander tese il braccio destro, facendo comparire una delle sue alabarde. Tenendo il palmo aperto, questa iniziò a roteare lentamente.
Lo sconosciuto si fermò di colpo, fissando il Guardiano con interesse.
- Fatti riconoscere - intimò Axander, rivoltò allo straniero.
Ma questi restò impassibile, con le braccia lungo i fianchi. Non aveva alcuna intenzione di rispondere.
- Dov’è il Custode del keyblade? Dimmi dove si trova -
L’alabarda si bloccò con la punta rivolta verso l’alto, ben stretta nel pugno del suo possessore.
- Perché lo cerchi? Cosa vuoi da lui? -
- Non ti riguarda. Dimmi dov’è e basta -
L’incappucciato sembrava innervosito. La sua voce spenta era udibile solo dall’interlocutore al quale si stava rivolgendo in quel preciso istante.
Infatti, Elen non capiva cosa avesse da ribattere l’amico, dato che non era in grado di sentire alcun suono emesso dallo sconosciuto.
- Forse non sono stato abbastanza chiaro. Se non rispondi sarò costretto ad usare le maniere forti - proferì minacciosamente Axander.
La misteriosa figura rise apertamente, divertita da quelle parole.
- Lo cerco per porre fine alla sua missione -
Un’espressione sorpresa si dipinse sul volto del Guardiano. L'incappucciato ne approfittò per scomparire all’istante e materializzarsi mezzo secondo più tardi alle spalle di Axander. Stavolta, però, era armato del suo keyblade.
- Addio, Guardiano delle Fiamme - gli sussurrò.
Axander non fece in tempo a voltarsi che la lama della Chiave lo colpì in pieno al fianco destro, facendolo rovinare a terra. Elen emise un grido. Era terrorizzata e non poteva fare nulla. Quel guerriero aveva messo fuori combattimento Axander con una sola e banale mossa, come poteva sperare di reagire?
Il tale lasciò ricadere il keyblade lungo il fianco e svanì con un sibilo sinistro. Portò, allora, la sua attenzione su Elen.
- Trovata - disse solamente.
La ragazza riuscì, questa volta, a sentire la voce del nemico. Roca, il tono era basso, ma i suoni limpidi e ben udibili.
Elen si staccò dal tronco, indietreggiando, mentre la figura prese a camminare tranquillamente verso di lei.
- La fuga è inutile. Arrenditi e vieni con me -
La giovane inciampò su un sasso e cadde di schiena sull’erba. Si appoggiò sui gomiti, cercando di ritornare in piedi. Intanto, lo sconosciuto si era portato a soli a due metri da lei e la osservava con una calma inquietante.
- Non mi hai sentito? -
Riprese ad avanzare.
- Ho detto che devi... -
Non appena ebbe appoggiato il piede per terra, si udì un fruscio accompagnato da un rumore metallico proveniente dal folto della foresta. L’incappucciato non si fece cogliere alla sprovvista e si abbassò prontamente, giusto in tempo per evitare che il keyblade lo colpisse in pieno volto.
- Finalmente sei arrivato... -
Si risollevò.
- ... Sora -
Il Custode del keyblade afferrò al volo la sua arma con entrambe le mani e si posizionò di fronte al nemico.
- Come conosci il mio nome? -
- Perché me lo hanno riferito - rispose l’altro.
- Te lo hanno riferito? Chi? -
- Quante domande... E così poco tempo per risponderti - ridacchiò l'incappucciato.
Questi alzò una mano al cielo, tenendola ben aperta.
- La tua ora è giunta! - urlò l’Allievo di Grelwan.
La mano si abbassò verso il basso, sprigionando un’energia immensa. Il terreno sotto i loro piedi iniziò a tremare e una scossa percorse il suolo. Un’onda di terra e rocce si alzò a qualche metro di altezza, correndo velocemente in direzione di Sora.
Spiazzato da quella mossa, il giovane ebbe tuttavia la prontezza di spiccare un balzo per mettersi al riparo su un ramo. Posò, quindi, lo sguardo sull’Allievo, scrutandolo con astio.
"Si può sapere da dove è uscito questo?"
L'Allievo alzò velocemente la testa, contraccambiando lo sguardo e flettendo le ginocchia. Portò la mano sinistra davanti a sé e la destra dietro la schiena, impugnando il keyblade, e si scagliò sull’avversario. Facendo roteare la Chiave, sferrò un montante ben mirato all’addome di Sora, il quale lo parò senza scomporsi troppo. Le due lame rimasero a contatto per poco e i due ridiscesero a terra, lasciando parecchia distanza tra l’uno e l’altro.
L’Allievo si chinò in avanti, scattando immediatamente verso il Custode. Sora lo vide e riuscì a schivare per un soffio un affondo mortale, scansandosi verso destra e, nel frattempo, cercando di colpire in quell’attimo propizio il nemico. Un fendente calò sull’incappucciato che lo arrestò con agilità, frapponendo tra lui e Sora il keyblade. Le due lame cozzarono per la seconda volta e rimasero a contatto più a lungo.
- Ci sai fare, tu... - sbuffò Sora.
- Grazie - ribatté l'Allievo. - Ma non hai ancora visto niente -
Il Custode portò anche la mano sinistra, precedentemente libera, a far forza sull’elsa dell’arma. Nessuno dei due voleva cedere. Soprattutto Sora. Spingeva con tutte le energie che aveva, ma la resistenza che incontrava era forte.
- C-Chi sei... -
I suoi occhi blu si perdevano nel fissare troppo a lungo l’oscurità sotto la quale si celava il volto dell’Allievo.
- Chi sei, ho detto! - sbottò Sora.
- Puoi chiamarmi semplicemente "l’Allievo" -
- L’Allievo? - ripeté il ragazzo, con aria sorpresa.
- Sì, l'Allievo di Grelwan -
Sora fece impeto contro l’avversario, il quale piegò le ginocchia, abbassandosi. Non riusciva a controllare il ragazzo.
- Grelwan! Quel maledetto che ha rapito Kairi! - urlò Sora, colto dalla rabbia.
L’Allievo riuscì incredibilmente e sgattaiolare via, sottraendosi a quella posizione di svantaggio e portandosi a meno di un metro di distanza dal Custode.
Tutti e due si zittirono, squadrandosi a vicenda e cercando di scorgere un possibile punto debole nelle difese dello sfidante.
- Kairi... - sussurrò l’ombra.
Roteò sopra la sua testa per l’ultima volta il keyblade, conficcandolo poi con gesto deciso nel terreno. Disese la braccia dinanzi a sé. Alle sue spalle iniziarono a sollevarsi enormi rocce, levitando per aria. Abbassò di colpo entrambi gli arti e i massi saettarono come proiettili in direzione di Sora.
L'eroe del keyblade scattò in direzione delle rocce, saltando sulla prima e colpendo la seconda con un montante; la fece esplodere in mille frammenti, così come la terza e la quarta, distrutte da un unico fendente.
L’Allievo indietreggiò, e il suo keyblade scomparve nel nulla.
- Fermo dove sei! Abbassa il cappuccio e mostraci il tuo volto! - gridò Sora, puntandogli l’Ornamento addosso.
L’altro spostò il capo verso destra, lanciando una rapida occhiata a Sora. Senza dire una parola, si voltò su se stesso e iniziò a correre verso gli alberi.
- Ti ho detto di fermarti! - si gettò all'inseguimento Sora.
- Scordatelo... - sibilò l’Allievo.
Tendendo una mano, aprì un varco su uno degli alberi che circondavano la radura e ne oltrepassò la soglia con un salto preciso. Pochi secondi dopo, il portale si richiuse, senza lasciare alcuna traccia dietro di sé.
Sora si fermò davanti alla superficie nuda del tronco, cercando un qualche passaggio per inseguire il tale. Fu tutto inutile.
- Maledizione! - urlò, battendo un pugno sul legno.
Fece per tornare sui suoi passi, ma si bloccò all’istante: una serie di lance e punte di freccia lo stavano tenendo sotto tiro.
- Alza le mani, giovanotto -
 

Commentate in molti, mi raccomando ;)

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Capitolo 35
*** Capitolo 34: Spiegazioni ***


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Capitolo 34: Spiegazioni


Sora alzò lentamente le braccia.
- Ehm... Va bene... -
A pochi passi, tre uomini gli stavano puntando le loro spade al collo. Erano alti; indossavano una lucente armatura argentata e, dalle spalle, lungo tutta la schiena sino alle ginocchia, erano coperti da un pesante mantello bluastro. In testa portavano un elmo della medesima tonalità della corazza, con un pennacchio color notte che scendeva giù sino all’altezza del collo.
L’intera radura cadde in un silenzio inquietante. Sora era tenuto sotto tiro da quei tre, Axander giaceva ancora stordito per terra, a pochi metri di distanza dal grande tronco, e Elen, che nel frattempo era riuscita a rialzarsi, si era avvicinata all’amico.
Non riusciva a capire chi fossero quegli individui, da dove fossero arrivati, ma soprattutto che cosa volevano da Sora. Egli stesso, molto probabilmente, si stava ponendo le stesse domande.
Improvvisamente, un rumore di passi interruppe quel silenzio.
- Mettete pure giù le armi -
Marcus giunse alla radura, dirigendosi con passo spedito verso le guardie, seguito da Basch, il quale deviò avvicinandosi ad Axander ed Elen.
Gli uomini eseguirono seduta stante l'ordine e Sora poté tirare un sospiro di sollievo, tranquillizzandosi.
- E’ un piacere rivederla, capitano - disse uno di loro, simulando un breve inchino alla volta di Marcus.
- Capitano? Tu li conosci? - domandò Sora, un pochino perplesso.
- Sono guardie di una guarnigione poco distante, che entro domattina si congiungerà con le altre forze sul fronte - spiegò sinteticamente Marcus.
Si volse allora verso i tre soldati.
- Potete proseguire, qui è tutto sotto controllo -
- Come desiderate -
Quindi, le guardie rinfoderarono le lame e si allontanarono da Sora, lanciando a lui e ai suoi amici occhiate poco rassicuranti e diffidenti. Scomparvero subito tra la fitta boscaglia.
- Che significa tutto ciò? - fece il ragazzo.
- Marcus, capitano delle ultime divisioni del Re, al vostro servizio - si presentò il milite. - Davvero credevate che mi fossi fidato di voi? Quattro sconosciuti, precipitati con una gummiship in pieno deserto, di provenienza ignota, nonché abili guerrieri che conoscono alla perfezione gli Heartless -
Il capitano fece una breve pausa. - Alquanto strano, non trovi? -
Con la coda dell’occhio tenne sotto controllo Axander, ancora privo di conoscenza.
- E per di più vi portate appresso uno di quegli uomini vestiti di nero. Chi siete realmente? Esigo una risposta. Ho troppe domande e mi hanno insegnato che il metodo più rapido per trattare con gente che non si conosce, di questi tempi... - lasciò in sospeso la frase.
Portò la mano destra all’elsa della sua spada, come a volerla estrarre, ma si fermò, lasciando sottointendere molte cose.
Sora non rispose, forse perché non sapeva cosa dirgli, non sapeva da dove cominciare a raccontargli tutto. Forse perché non voleva che un uomo simile venisse a conoscenza di ciò che stava accadendo.
A quel punto, intervenne Basch.
- Io ricordavo che la gente di queste parti non è mai stata così diffidente verso i forestieri ed i viaggiatori - disse, portando anche lui mano all’impugnatura della sua spada.
Marcus gli prestò attenzione, incuriosito dall'atteggiamento dell'altro.
- Sono Basch, mai sentito parlare di me? -
Per un attimo, il capitano assunse un’espressione imperscrutabile. Dopodiché, sgranò gli occhi, sorpreso.
- Basch? Basch von Rosenberg? Uno dei Cavalieri di sua Maestà? -
Basch annuì, confermando la sua identità.
- In persona -
Marcus, colto dall’imbarazzo, si grattò il capo, non sapendo come ribattere.
- Oh... Ehm... Allora, c’è una spiegazione più che plausibile... Di sicuro... - balbettò.
- Certamente. Sono stato mandato da Alames in persona a Radiant Garden a cercare aiuti - spiegò Basch, voltandosi poi verso Axander ed indicandolo. - Più precisamente, per cercare lui -
Marcus guardò Axander, chiedendosi cos'avesse avuto di speciale quel tipo.
- Pare che conosca molto bene il nostro re e, quindi, facendo quattro calcoli, posso affermare con assoluta certezza che ti puoi fidare di lui e, di conseguenza, anche dei suoi amici - affermò Basch, riferendosi a Sora ed Elen.
Il capitano si sfregò il mento, pensoso.
- Chi ci assicura che non ti abbia mentito? -
- In molti anni passati a combattere ho imparato a distinguere i nemici dagli amici, le persone fedeli da quelle di cui non ti puoi fidare - ribatté semplicemente il cavaliere.
Messo di fronte all’evidenza dei fatti, Marcus annuì nuovamente.
- E sia. Vi domando, dunque, perdono per la mia impulsività -
- Non ti preoccupare; non è a me che devi chiedere scusa, ma a loro - sorrise Basch, con un cenno del capo in direzione dei ragazzi che stavano constatando le condizioni del loro amico.
Il Custode, che aveva sentito tutto, sorrise amichevolmente verso Marcus, senza rancori.
- Non fa nulla. E' tutto a posto -
Anche Elen sorrise, del medesimo parere.
- Ora, però, è meglio cercare di raggiungere il più in fretta possibile la città, in modo da poter curare Axander - si espresse Sora.
- Mi dispiace ragazzo, ma Linahar dista ancora parecchie miglia, come ti ho detto prima, e non è saggio cercare di raggiungerla in piena notte, contando che abbiamo un intero deserto da attraversare -
Già, il deserto. A Sora vennero i brividi al solo pensiero che avrebbero passato intere ore in mezzo a quell’oceano infuocato, a temperature altissime. Era stato sul punto di svenire quando aveva fatto il percorso dalla gummiship distrutta sino ai confini della foresta; figurarsi da lì sino alla città.
- Comunque, se siete così gentili da potermi raccontare qualcosa di cui sono all’oscuro, ad esempio che cosa sta succedendo da qualche mese a questa parte, ve ne sarei grato - domandò Marcus, con tono pacato.
- Ehi, è vivo, si sta svegliando! - esultò Elen, inginocchiata accanto ad Axander.
Il Guardiano, dopo aver riaperto gli occhi, si tirò su a fatica. Si sedette, sbuffando.
- Bentornato tra i vivi, bell’addormentato - lo schernì Sora, con un sorrisone.
- Mandarti al diavolo sarebbe cosa da poco... - borbottò in tutta risposta l’amico, ricambiando ugualmente il sorriso.
- Andiamo, sempre il solito brontolone! -
E detto ciò, Sora gli diede una forte pacca sulla schiena. Axander tossì.
- Piano, gli fai male! - lo avvertì Elen, preoccupata.
- Ops, scusate! - ridacchiò Sora.
- Aspetta che mi alzo e ti riduco in cenere... - minacciò Axander.
Sora si sfregò il naso con un dito, assumendo un'aria da strafottente.
- Questo è tutto da vedere -
- Ah, sì? - gli scoccò un'occhiata Axander.
- Sì! -
Il Guardiano delle Fiamme si alzò di scatto, cogliendo Sora di sorpresa e mettendosi ad inseguirlo per tutta la radura.
- Vieni qui, brutto...! - urlava Axander.
- Non ci penso nemmeno! -
Continuarono a correre tutt’attorno allo spiazzo, accompagnati dalle risate di Marcus, Basch ed Elen, i quali non si trattennero nel vedere quei due battibeccare così vivacemente.

Un allegro fuocherello scoppiettava al centro della radura, illuminando tutto ciò che era presente nel raggio di tre o quattro metri. I cavalli, sempre legati agli alberi, erano tranquilli, nascosti nell’ombra, e masticavano l’erba con calma, accompagnati dal lieve frusciare delle code che ondeggiavano lentamente.
Gli astanti erano seduti tutti attorno al falò, intenti a fissare le fiamme e a discutere. Axander e Basch raccontarono a Marcus ciò che era successo, omettendo i particolari di primaria importanza e non rivelando fatti che era meglio fossero rimasti segreti.
Sora osservava le stelle. Seduto sul grosso tronco, con la faccia all’insù, restava appoggiato con entrambe la mani alla lignea superficie. Le iridi vagavano tra un astro e l’altro, in cerca di quello di più luminoso.
- Allora? -
Sora abbassò lo sguardo, notando che Elen si era avvicinata a lui e si era seduta lì affianco.
- Disturbo? - domandò ancora la ragazza.
Il giovane scosse la testa, sorridendo.
- Meno male. Senti, hai presente quell’oscuro individuo contro cui hai combattuto? -
- Sì, certo, come potrei dimenticarmelo? - replicò Sora, con un filo di amarezza nel tono della voce.
- Non hai notato qualcosa di strano? -
Sora ci pensò un po’ su, per poi scuotere il capo, in segno di diniego.
- Tranne il keyblade, nessuno... Ci sono abituato, ormai -
- Uhm... Io ho la netta sensazione di averlo già incontrato, quel guerriero... Mi ha dato l’impressione di qualcuno che conosco abbastanza bene, ma non so dirti con precisione chi sia - si spiegò Elen.
- Strano. Ora che mi ci fai pensare... - riflettè Sora. - Anche io ho avuto la stessa sensazione..."

- L'importante è che non si sia fatto scoprire -
Ilfrien fissava il vuoto con aria pensosa.
- Ehi... Ehi, fratello mi stai ascoltando? -
- Certo, certo! - sbottò Ilfrien.
Era comodamente seduto sul suo bianco seggio, nella Sala dei Troni, una tra le stanze più vaste della fortezza volante. Davanti a lui, disposti a mezza luna, gli altri quattro troni tutti occupati, tranne uno, il solito, quello che il Signore delle Tempeste scrutava con rancore.
- Dicevo... Meno male che la copertura non è saltata. In fondo, è agli inizi; si può dire che la prima missione sia stata un mezzo successo - continuò ad illustrare Grelwan.
Ilfrien spostò lo sguardo su di lui, poco convinto.
- Un mezzo successo... - ripeté. - Non ha ucciso il detentore della Chiave, non ha ucciso Axander. Dimmi dove lo scorgi il successo nel suo attacco -
Grelwan si grattò il capo, non sapendo cos'altro inventarsi. La verità era che niente era andato come previsto.
Osservò per qualche istante l'Allievo: questi se ne stava seduto dove una volta sedeva Nathan. Sembrava essere giù di morale, il capo chino, a fissare costantemente il bordo del tavolo attorno al quale erano posti i vari seggi. Sospirò.
Albaran si alzò, rivolgendosi direttamente a Ilfrien.
- La colpa è anche tua. Come hai potuto affidarlo a Grelwan? -
Lo Stregone fece per alzarsi, ma un cenno di Ilfrien lo rimise al suo posto.
- Non è capace di pensare a se stesso e tu gli concedi pure di addestrare un allievo? Patetico - pronunciò Albaran, tornando a sedersi.
Vi fu un attimo di silenzio. A seguire, il Signore delle Tempeste prese la parola, alzandosi.
- Hai ragione. Tuttavia, non ti permetto più di rivolgerti a me con quel tono - ammonì il fratello. - D'ora in avanti, l'Allievo sarà affidato ad Albaran... -
Quest'ultimo sorrise, come se avesse già previsto tutto.
- ... Che guiderà l'armata durante la battaglia. Sono generoso e voglio concederti una seconda possibilità - concluse Ilfrien, rivolgendosi, questa volta, al nuovo arrivato.
Questi si destò, alzando improvvisamente la testa ed annuendo vigorosamente, in silenzio.
- Potete tornare alle vostre occupazioni. Vi aspetto domani, per fare una piccola visita al nostro caro sovrano -
Detto questo, Ilfrien abbandonò il suo scranno e scese per i gradini. Svoltò a destra, dirigendosi verso i suoi appartamenti.
Gli altri si diressero verso il portone di ingresso.
- La prossima volta che mi insulterai... - disse Grelwan, mentre tutti e tre si avviavano verso l'uscita.
- Che cosa farai? Sentiamo, sono proprio curioso -
Albaran si fermò, con le mani incrociate ed uno sguardo che metteva soggezione. Il fratello, già più avanti, si voltò; alle sue spalle l’Allievo, che non spiccava particolarmente in altezza e robustezza nel trio.
- Non esiterò a farti del male. Molto male - terminò la frase lo Stregone.
- Oh, che paura. Pensavo sapessi con chi hai a che fare. Ti sei mai chiesto perché tu sei il numero quattro e io il due? Eh? Ti è mai passato per la mente? -
Grelwan strinse i pugni. Le sue mani brillavano: si stavano formando dei cristalli di ghiaccio. Ma Albaran se ne accorse.
- Non sprecare energie - gli consigliò, sorpassandolo e aprendo il portone. - Tra non molto vedrai di cosa è capace il tuo fratellone - 

Commentate in molti, grazie ^^

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Capitolo 36
*** Capitolo 35: L'arrivo in città ***


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  Capitolo 35: L'arrivo in città



- Ahio! - si lamentò Sora. - Ma che modi sono? -
- Ti ho ripagato con la stessa moneta - replicò secco Axander.
Sora si alzò, massaggiandosi la schiena. Axander gli aveva appena dato un calcio per svegliarlo; non era uno di quelli forti, ma non era neanche così leggero.
- Sbrigati o ti lasciamo qui - lo ammonì il Guardiano.
Il Custode del keyblade sbadigliò, stiracchiandosi e stropicciando gli occhi. Intorno a lui tutti erano intenti a fare qualcosa: Basch spegneva il fuoco, Axander portava via i sacchi a pelo, Marcus preparava i cavalli ed Elen... Beh, anche lei non faceva nulla. Era seduta sul solito tronco, come la sera prima. Sembrava che non si fosse mossa di un centimetro.
- Ma mi senti quando parlo? - urlò Axander vicino alle orecchie di Sora.
- Sì, certo, ma non urlare! -
Quando fu tutto a posto, i viaggiatori si prepararono per riprendere il loro cammino verso Linahar.
Marcus era in testa e guidava la compagnia disposta in fila indiana alle sue spalle, ciascuno sulla sua cavalcatura.
Uscirono dalla radura, inoltrandosi nuovamente nel folto della foresta, diretti sempre ad ovest. Il percorso fu insolitamente tranquillo; niente Heartless o nemici di qualsiasi altro genere. Solo la quieta natura andavano incontrando.
- Tra un po’ giungeremo al deserto - li avvertì Marcus.
Ed in poche ore raggiunsero il confine tra la foresta e il mare di sabbia.
- Ora ci aspetta la parte più lunga e faticosa - disse Basch.
Il capitano annuì.
- Già, ma consoliamoci. Se tutto andrà bene, prima di sera saremo a Linahar -
Dopodiché, spronò il suo cavallo al galoppo e gli altri lo imitarono. Non si accorsero, tuttavia, che tre Invisibili erano nascosti all’ombra degli alti fusti degli alberi. Osservavano gli umani dirigersi verso le dune e scomparire dietro una di esse. Si guardarono, scambiandosi rapidi ed incomprensibili gesti, per poi scomparire in tre nuvole di fumo nero.

Il viaggio fu più duro del previsto. A neanche metà strada, erano già tutti stanchi e assetati. Il sole picchiava sulle loro teste e la sabbia era rovente. Tanto per cambiare, in aggiunta, ben presto iniziò a sollevarsi una tempesta.
- Con questo abbiamo raggiunto il culmine! - sbottò Axander. - Questa storia comincia davvero ad innervosirmi -
La piccola carovana si fermò, per ripararsi dalla tempesta.
- Che cosa hai intenzione di fare?! - gli urlò Marcus.
Le loro voci erano coperte dai soffi della tormenta e non riuscivano neppure a guardarsi in faccia, poiché erano costretti a chiudere gli occhi se non volevano che la sabbia li accecasse.
- Mi sono veramente rotto! Sono giorni che cerchiamo di raggiungere questa città e adesso rischiamo di non farcela! -
Detto questo, Axander tese un braccio, reggendoselo con l’altra mano. Dal palmo scaturì un raggio nero che, dopo pochi metri, si fece più largo, proiettando nell’aria un ampio cerchio oscuro. I presenti rimasero sorpresi nel vedere ciò che era appena apparso: un portale.
- Quello... Quello è quello che penso io? - balbettò Sora, indicando il varco nero come la pece.
- Certo - gli rispose Axander.
- Spiegami una cosa, allora -
- Dimmi pure -
- Perché diavolo non ne hai aperto uno alla radura, almeno ci evitavi ore e ore di marcia! - urlò Sora, agitando le braccia.
Axander ci pensò su un attimo. Sembrava appena caduto dalle nuvole.
- Giusta osservazione. Volevo vedere fin dove potevamo arrivare, magari era una bella scampagnata - si limitò a replicare, anche se non era propriamente quella la motivazione.
Sora scosse la testa, deluso dalla risposta.
- Ora non c’è tempo per chiacchierare! Sbrighiamoci a varcarlo! - esclamò Axander, rivolgendosi ai compagni.
- Sei sicuro che conduca alla città? - gli chiese Basch.
- Beh, siamo in mezzo al deserto, senza quasi più acqua, i cavalli sono stanchi e rischiamo di lasciarci le penne. Potrebbe anche portarci dritti dritti nel Nulla, il che sarebbe di gran lunga un luogo migliore di questo -
Nessuno obiettò. Soprattutto il quel momento che il vento si stava intensificando e le raffiche sfioravano velocità elevatissime.
- Mi ci gioco il cappello che qui c’è lo zampino di Albaran - pensò Axander ad alta voce.
- Cosa? - urlò Sora, non avendolo sentito.
- Niente, andiamo! -
Per primi furono inviati Sora ed Elen, seguiti da Marcus e Basch. Infine, anche Axander saltò dentro al portale, trascinandosi dietro le cavalcature.

- Eccoci, dunque, sani e salvi - esordì il Guardiano, soddisfatto.
- Già, sani e salvi... Ma perduti - ribatté Sora.
Intorno a loro vi era il buio più totale. Erano finiti esattamente dove aveva predetto Axander. Nel Nulla.
- Nessun problema. Seguite me è andrà tutto benone. Anzi - rifletté in seguito il ragazzo, facendo cenno a tutti di avvicinarsi. - Mettetevi attorno a me, in cerchio -
Sora sospirò. Pareva l'unico del gruppo che osasse mettere in dubbio le trovate dell'amico. Stranamente, Elen, Marcus e Basch si fidavano, ma forse perché a loro non era dato neanche il tempo di esprimersi sulla situazione.
- Stavolta prometti di non fare guai? -
- Per chi mi hai preso? Ti ho mai dato motivo per farti preoccupare? - lo rimbeccò Axander.
Il giovane fece spallucce e si aggregò ai presenti, i quali si stavano tenendo tutti per mano, un filo imbarazzati ed insicuri. Si infilò tra Axander ed Elen e si strinse a loro. Il Guardiano tese di scatto la mano destra, libera, verso il basso, bloccandosi di colpo.
- Ora! - urlò. - Vortice delle Tenebre, dileguati e rivelaci la via! -
Sotto i loro piedi si aprì un varco di luce. I raggi erano intensi ed abbaglianti come se fossero stati direttamente emanati dal sole.
I viaggiatori furono costretti a chiudere gli occhi e a reggersi forte, perché si sentivano trascinati verso il basso. Il tutto durò pochi attimi.
Sora riaprì gli occhi. La prima cosa che vide fu una farfalla. Già, una farfalla. Si era posata sul suo naso per chissà quale motivo. Lui la fissò per un po’, storcendo lo sguardo, ma questa volò via quasi subito.
- Che cosa vi dicevo, gente? - fece Axander ad alta voce, euforico.
Il Custode del keyblade si voltò verso l’amico che gli stava dando la schiena. Non poté credere a ciò che vedeva. Anche Elen, accanto a lui, guardava innanzi a sé con gli occhi spalancati per lo stupore.
- Fidatevi del buon vecchio Axander, che i problemi li manda KO! - sorrise il Guardiano delle Fiamme, ammiccando verso Sora.
A quel punto, si riunirono tutti e cinque in mezzo alla strada, con il naso all’insù. Marcus e Basch sorridevano.
- Finalmente siamo arrivati - disse il capitano, iniziando ad incamminarsi.
Davanti a loro, un imponente muro bianco, splendido e maestoso, che scintillava sotto la pallida luce di un sole che si avviava al tramonto. Sarà stato lungo almeno un miglio abbondante e alto una decina di metri circa. Agli estremi si innalzavano dei picchi seminudi, sui quali spuntava qualche piccolo alberello o arbusto; ma per il resto, era solo roccia. Si poteva notare con estrema chiarezza che oltre quei picchi si estendeva il deserto, infinito.
Dietro a Sora e agli altri c'era un prato, attraversato da una larga strada sterrata che andava lentamente a fondersi con il resto dell’ambiente sabbioso, che di lì a poco inghiottiva tutto.
- Chi è là? - urlò una voce, lontana, eppure molto vicina.
In mezzo alle mura sorgeva un enorme portone in legno, rafforzato da una grata in ferro. Ai fianchi dell’ingresso, chiuso in quel preciso istante, si stagliavano due torrette, integrate al marmo bianco del muro. Su ciascuna di esse era presente una guardia, dotata di una lunga lancia o di un giavellotto.
Marcus prese la parola.
- Sono Marcus, capitano della Quinta Divisione. Aprite! -
La guardia lo squadrò per qualche secondo, indecisa sul da farsi.
- Chi porti con te, Marcus? -
- Amici. Non hanno cattive intenzioni - giurò il capitano.
- I nomi - continuò l’altro.
Iniziò, allora, a dirgli i nomi.
- Questo è Basch, Cavaliere di Sua Maestà, questi invece sono... - ma non ebbe il tempo di continuare, che la guardia lo interruppe.
- Basch?! Potevate dirlo subito, vi stavamo aspettando -
Il milite scomparve dalla loro visuale per un bel po’ di minuti.
- Dunque? - domandò Sora, con le mani dietro la testa.
- Sarà andato a chiamare il re - ipotizzò Axander.
Finalmente, si udì un rumore di ingranaggi, molto confortante: i cancelli stavano per aprirsi.
Con un forte e prolungato cigolio, la grata iniziò ad alzarsi e, una volta ritiratasi completamente, fu la volta delle porte in legno che si spalancarono. Da esse ne uscì un uomo, scortato da due guardie abbigliate nello stesso stile di Marcus.
- Quello è il re - annuì Axander, e prese a dirigersi verso di lui.
Sora ed Elen lo seguirono a ruota e, a poca distanza, Basch e Marcus procedevano lentamente in coda al gruppetto.
L’uomo, un individuo anziano, rise di gusto al vedere Axander avvicinarsi.
- Axander - lo chiamò, allargando le braccia.
Il Guardiano allargò le braccia a sua volta. I due si scambiarono un abbraccio, proprio come due vecchi amici che non si incontrano da molto tempo.
- Alames, vecchio mio, come va? - chiese Axander, staccandosi.
Il sovrano lo fissò, sorridendo.
- Ho visto tempi migliori, ho visto tempi migliori... - disse con leggera amarezza.
La sua attenzione fu, poi, quasi subito catturata da Sora. Lo guardò a lungo. E anche il ragazzo ricambiò quello sguardo; per lui, il re aveva un aspetto stranamente famigliare. Troppo famigliare.
- No, impossibile - si disse Sora.
Capelli corti, pettinati all’indietro, ma grigi, ed una barba del medesimo colore, ben curata. Infine, quegli occhi verdi. Era la fotocopia di Ansem il Saggio, solamente che il colore della capigliatura e quello degli occhi differivano dal ricercatore oramai defunto. Per non parlare dell’abito, quasi lo stesso.
- Ti presento Sora, un mio caro amico - intervenne Axander.
Sora si avvicinò e strinse la mano dell'anziano. Il re ricambiò.
- E’ un vero piacere conoscerti, figliolo -
- Il piacere è t-tutto mio... - mormorò Sora, ancora scosso.
Che potesse avere una qualche remota parentela con Ansem? Magari era suo fratello, suo cugino, un suo clone, il suo Nessuno... Andò avanti così, a ragionare per assurdo, mentre Alames iniziò a squadrare Elen, che gli fu presentata, anche lei, dal Guardiano.
- Non vedo perché dovremmo restare tutti qui fuori. Seguitemi, vi condurrò al palazzo reale, così potrete riposarvi. Sono sicuro che avete faticato molto per raggiungerci ed è giusto che riposiate un pò -
Quindi, si volse verso le due guardie dietro di lui e ordinò loro di correre a palazzo per avvisare del loro arrivo. I due uomini si volatilizzarono in breve tempo all’interno della città.
- Perdona la mia scortesia, Basch - continuò Alames, notando il Cavaliere - Ma parleremo più tardi. Qui si rischia una tempesta di sabbia bella e buona. Coraggio, venite -
Il sovrano tornò sui suoi passi, verso Linahar, seguito dalla piccola compagnia.
Varcarono le porte, che subito presero a richiudersi dietro di loro, accompagnate dal clangore metallico delle sbarre di ferro.
La città sorgeva all’interno di una piccola valle a U, vista dall'alto. Dai lati delle mura, dove sorgevano quei due picchi rocciosi, si stagliava contro il cielo un’unica catena montuosa da ambo le parti, la quale si prolungava per due miglia circa e si congiungeva in un’unica e vasta curva.
La vegetazione era ben più fitta all’interno delle mura: le montagne erano verdi, quasi fino alla sommità delle cime, dove si intravedeva qualche chiazza residua di neve. Alle pendici, giacevano sparpagliate qua e là delle abitazioni bianche, costruite con lo stesso materiale con il quale erano state erette le mura.
Leggermente più in alto, tutta una serie di strapiombi dai quali si formavano alte cascate che si gettavano sulla piana con ferocia ed eleganza allo stesso tempo. Le loro acque venivano raccolte da dei canali che attraversavano la città da una parte all’altra, tracciando così una serie di secondi muri d’acqua.
I canali dividevano la città in cinque sezioni, tagliando le strade che erano possibili da percorrere in alcuni punti solo passando su stretti pontili. Le abitazioni nella piana ricordavano molto quelle di Radiant Garden e della Città di Mezzo.
A partire dall’entrata, la città era divisa in tre strade che si dirigevano tutte verso la curvatura della valle, cioè dove sorgeva il palazzo reale. Linahar era, dunque, divisa in varie zone dalle tre strade e dai quattro canali, e gli agglomerati apparivano come tante piccole isolette quadrate al centro della piana, molte delle quali completamente all’ombra delle mura o dei monti.
In fondo, si ergeva imponente e maestoso il palazzo reale. A Sora ricordò molto il palazzo di Agrabah; non come struttura, bensì come proporzioni: era sfacciatamente grande. Si arrampicava su tutta la curva della valle ed era costellato da guglie, torri e cupole varie; una vera opera d’arte.
- Che casetta modesta che ti sei fatto costruire - commentò Axander.
- Sempre il solito simpaticone a quanto vedo - ridacchiò Alames.
Percossero la via principale, quella che tirava dritta sino alla scalinata del palazzo. Salirono, senza indugiare troppo. Alames, nonostante l’età, era ancora arzillo come non mai ed era in testa alla fila. In pochi minuti raggiunsero l’ingresso principale. Sostarono nel cortile piastrellato, a pochi metri dai portoni.
- Entrate pure. Verrete subito condotti nelle stanze che mi sono permesso di farvi preparare - proclamò il re.
Sora, Elen, Basch e Marcus oltrepassarono la soglia e si addentrarono nell’immenso palazzo.
Axander fece per seguirli, ma fu fermato.
- Tu no. Dobbiamo parlare di questioni della massima importanza -
- Ma... Loro... -
- Ci penserai dopo. Hai un bel po’ di cose da spiegarmi -

 

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Capitolo 37
*** Capitolo 36: Il segreto di Axander ***


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 Capitolo 36: Il segreto di Axander


Sora aprì la porta ed entrò nella sua stanza. Davanti a lui vi erano un letto, un comodino, uno specchio, un armadio ed un balcone che si affacciava sull’intera città.
Si appoggiò al parapetto giusto per dare un’occhiata incuriosita qua e là, e poi rientrò. La porta della sua stanza era ancora spalancata e ne approfittò per affacciarsi sul corridoio. Elen gli passò davanti sorridente e si infilò in una porta poco più avanti, mentre Basch e Marcus proseguirono oltre, scomparendo dietro l’angolo.
- Che fine avrà fatto quel buono a nulla di Axander? - si domandò il Custode.
Per trovare una risposta a quel quesito non fece altro che uscire ed avviarsi lungo il corridoio, nella direzione opposta a quella dalla quale era arrivato. Camminò per un po’, per poi raggiungere l’enorme atrio principale. Trovandosi al primo piano, guardò in basso e vide Axander e il re avviarsi verso una stanza che prima non aveva notato.
Scese di corsa le scale e svoltò a destra, avvicinandosi lesto all'entrata, lasciata incautamente socchiusa. Una lieve luce filtrava da quell’apertura.
Sora si mise a sbirciare e ad origliare.
- Prego, accomodati -
Axander si sedette su una sedia di fronte ad una lunga scrivania, dietro alla quale si trovava Alames, che dava la schiena ad un’enorme vetrata coperta da tende. Lungo il resto delle pareti dell’ambiente c’era soltanto una lunghissima libreria, colma di ogni genere di libri.
- Spero che Basch sia giunto in tempo - esordì Alames.
- Sì, gli altri stavano giusto lasciando Radiant Garden - annuì il Guardiano. - Mi serviva proprio il suo prezioso aiuto -
Il re sorrise compiaciuto.
- Sai perché sono venuto a chiamarti? - continuò, intrecciando le mani davanti al volto ed appoggiando i gomiti sul tavolo.
- Posso intuirlo. Un mio amico, poco prima di morire... -
Axander fece una breve pausa. Il re lo fissò interessato.
- ... Mi ha avvertito che enormi forze di Heartless, un esercito, a dirla tutta, si stava ammassando pronto a colpire questa città -
Alames non ne fu affatto colpito. Pareva sapesse già tutto.
- Il tuo amico aveva ragione -
- Einar aveva ragione - specificò il ragazzo.
Il sovrano fu colto di sorpresa e si tenne alla scrivania.
- Dunque è lui che è morto - abbassò il tono della voce. - Mi dispiace -
- No, non fa nulla - replicò atono Axander.
Vi fu un lungo attimo di silenzio.
- E’ vero. Da parecchi mesi a questa parte c’è stato un massiccio sbarco di quelle creature oscure - riprese Alames. - A migliaia. Spuntavano e spuntano ancora come funghi. In tutto questo tempo non abbiamo fatto altro che mandare continuamente uomini a controllare i vari fronti e ingaggiare lotte furibonde con questi invasori. Ma è tutto inutile -
Il re si alzò e si diresse verso la vetrata dietro di lui. Scostò una tenda e guardò fuori. Guardò i giardini del palazzo. Axander rimase in silenzio, in ascolto.
- Noi ci dimezziamo ogni giorno e loro si moltiplicano incessantemente. Ogni nostra perdita sembra vada ad infoltire le loro schiere. Qualche giorno fa è stato dato l’ultimo ordine alle truppe -
Alames si voltò verso Axander.
- Nessuno è ancora tornato e non credo che qualcuno tornerà - disse con un filo di amarezza nella voce.
- Così hai pensato bene di venire a cercare me -
- Esattamente. Ho mandato il mio guerriero più fidato a cercarti, a Radiant Garden -
- Prima di lui hai mandato altri - aggiunse Axander.
- Di cosa parli? - ribatté il re, fingendosi sorpreso.
- Non fare li finto tonto, sai bene di cosa parlo. Quelle guardie inviate alla Fortezza. Tutte morte -
Axander ricordava alla perfezione il primo giorno che era arrivato alla cittadina. Quando erano scesi al piano inferiore, aveva incontrato Nathan ed Albaran, circondati da uomini in armatura. Nessuno di essi era rimasto in vita.
Alames tacque, non sentendo il bisogno di aggiungere altro. Axander aveva ragione e preferì non dire nulla.
- Cosa credevi di fare? - chiese il Guardiano.
- Ricordo perfettamente gli anni passati che cosa è accaduto in quel luogo - replicò il sovrano. - Me ne è giunta notizia, sai? Heartles, Heartless e Heartless. Temevo che si generassero da lì -
- Sei stato uno sciocco. La tua stupidità ha solo mandato alla morte delle persone! -
Alames non rispose nuovamente.
- Pensavi di mandarli per qualche giorno e controllare la zona, come sempre... Ma ti dico io cosa è successo, perché l’ho visto con i miei occhi - si alzò Axander, infervorito. - Albaran e Nathan. In due, erano, in due! Sono bastati loro per ammazzare tutti i tuoi soldati. E non sono neanche convinto di ciò. Con i poteri che posseggono potrebbero anche essere riusciti a trasformarli in Heartless e a porli sotto il loro comando. Gli Heartless non si generano solo ed esclusivamente a Radiant Garden, dovresti saperlo! -
- Albaran e Nathan - ripeté Alames. - I tuoi fratelli, dunque. Ricordo che me ne parlasti, molto tempo fa -
In volto era visibilmente preoccupato ed il tono della voce si era fatto più flebile.
- Loro sono i responsabili? - domandò.
Axander fece segno di sì col capo. Il sovrano sospirò, ritornando a sedersi al suo posto e reggendosi la testa con una mano.
- Lo immaginavo... -
- Perché hai chiamato me? -
- Non mascherarti dietro a domande come questa. Non puoi rinnegare il passato. Lo sai perché cercavo te -
Axander fece per andarsene, ma le parole del re lo bloccarono.
- Fermo dove sei, Custode del keyblade! - gli tuonò contro.
Sora, da dietro la porta, sussultò. Non riusciva a credere alle sue orecchie. Stava davvero parlando di Axander? Lui era stato un portatore del keyblade?
- Non provare a richiamarmi così - sibilò il Guardiano.
Appoggiò la mano alla maniglia della porta e Sora iniziò a sudare freddo.
- Non lo sei più, forse, ma resti pur sempre lo stesso di un tempo - affermò Alames.
- Allora sei venuto a cercarmi solo perché pensi ancora che custodisca la Chiave, eh? - sbottò adirato Axander. - Ma non è più un peso mio, te l’ho già detto una volta! -
- Tu non la custodisci, ma quel ragazzo che ti porti appresso? -
Axander scrutò esterrefatto il re per qualche secondo.
- Tu dimentichi una cosa. Dimentichi cosa sorge qui fuori, al tempio accanto al palazzo - disse sorridendo il sovrano. - Non sono ancora completamente rimbambito. Ho interrogato a lungo la statua, ma ho ottenuto solo risposte confuse -
- La statua? - fece Axander, riavvicinandosi alla scrivania di Alames. - Del tipo? -
- Sora... Keyblade... Axander... Ci ho riflettuto a lungo. Poi, l’illuminazione. Tu vivevi a Radiant Garden, quindi ho mandato Basch a cercarti. Ti ha trovato, un vero colpo di fortuna. E ora ho appena chiarito il mio ultimo dubbio. Quando mi hai presentato Sora, mi è tornato alla mente tutto. Ho cercato te, convinto che tu custodissi ancora il keyblade e, sempre per fortuna, ho trovato il vero possessore della Chiave. Questo Sora possedeva il keyblade e tu eri con lui. Ecco decifrato il messaggio. All’inizio neanche sapevo chi fosse questo Sora -
Silenzio.
- Quell’arma è cara a Ordine. Lei l’ha creata e lei la rivuole a proteggere la sua città. Significa che la situazione è grave -
Axander lanciò un'occhiata bieca in direzione di Alames.
- Aiutaci, amico mio, o ben presto il nostro mondo sparirà. E sparito il nostro mondo, toccherà ad un altro e poi ad un altro ancora, se dietro a tutto ciò c’è tuo fratello Ilfrien - lo parve supplicare il re.
- Non dovresti neanche pregarmi. Vi aiuterò e basta - concluse Axander, freddo.
- Grazie -
Il Guardiano spinse la porta verso l’esterno e Sora, prontamente, con un balzo si scansò, nascondendosi dietro ad una colonna.
Axander, uscito, si osservò attorno per qualche istante. Sorrise.
- Vieni pure fuori, Sora, non c’è bisogno che tu ti nasconda -
Il ragazzo abbandonò il suo nascondiglio e si avvicinò all’amico.
- Ti va di fare una passeggiata? -
Sora annuì, ed entrambi si avviarono fuori dal palazzo.

La sera era calata e i due erano seduti poco fuori il palazzo, su alcuni gradini di una scalinata che conduceva ad un santuario.
- Mi spieghi che cosa vi stavate raccontando lì dentro? - chiese senza indugi Sora. - E’ vero quello che ha detto? -
- Sì - rispose semplicemente Axander.
Si levò una leggera brezza fresca.
- Quella volta sull’Isola non ti ho raccontato tutto. Non so neanche io perché non l’ho fatto. Forse perché non ritenevo importante parlartene o forse perché me lo dimenticai per poco. Sta di fatto che quando ti parlai della battaglia che ci fu tra Caos e Ordine, omisi un piccolo particolare - spiegò Axander. - Vedi, quando i miei fratelli ci tradirono, Ordine progettò per me un’arma fuori dal comune, in grado di poter tenere testa ai nostri avversari: il keyblade. Fu quella la prima volta che apparve in battaglia, nelle mie mani, nel duello finale contro Ilfrien, che decretò la sua fine -
- Tu hai battuto Ilfrien già una volta... -
- Precisamente. Quella volta, prima che venisse esiliato nel Nulla. Fu uno scontro lungo ed estenuante. Terminata la battaglia, abbandonai anch’io tutto, compreso il keyblade. Il mio compito era terminato - si fermò Axander. - Ordine, come già ti dissi sull'Isola, sigillò la mia natura e divenni un normale essere umano... Non ricordo dove mi ritrovai. So solo che un giorno, spinto da una strana volontà di andarmene in giro per i mondi e di viaggiare, venni qui -
Axander si voltò, indicando il santuario. Sora lo seguì con lo sguardo. In cima alla scalinata vi era un piccolo tempietto, dove era custodita la statua di una donna.
- Lei è Ordine. Ma non immaginarla così. Io l’ho vista, la prima volta che arrivai qui e feci conoscenza con Alames. Lui era poco più di un bambino, così come lo era Ansem il Saggio -
Sora lo fissò con occhi sbarrati per lo stupore.
- B-b-bambini? Quindi tu... -
- Ho un bel po’ di annetti, sì, e non invecchio mai. Te l'avevo già detto - sorrise Axander. - Ma riprendendo il discorso, accadde tutto come direbbe il vecchio Alames: un colpo di fortuna. Mi ritrovai qui per caso, era solo un viaggetto innocente di mondo in mondo e venni a visitare questo santuario solo per pura curiosità. Invece, scoprii tutto quello che c’era da sapere da Ordine in persona. All’inizio, rimasi un po’ scioccato a pensare che io avevo già combattuto in passato ed ero stato il Primo Custode del Keyblade. Ma poi ci feci l’abitudine -
- Il keyblade non è più tornato a te? -
Axander si ammutolì. Ci pensò su qualche secondo, prima di rispondere.
- No. Quell’arma rimane nelle mani del suo detentore sino alla sua morte o fino alla sua rinuncia. Solo a quel punto questa passa in mano ad un altro guerriero. A meno che, ovvio, il Custode non si indebolisca e si lasci contagiare dall’oscurità. Io, semplicemente, avevo rinunciato al keyblade dopo il duello contro mio fratello. Questo è quanto -
Sora ci pensò su.
- Perché il re prima ti ha chiamato in quel modo? Non sapeva che tu non lo possedevi più? -
- Evidentemente, da quando gli ho raccontato ciò che avevo visto si è fissato con quel nome. Sai, il primo ad aver impugnato il keyblade... A lui fece un certo effetto, molto più che a me, e trovò giusto chiamarmi ancora Custode del keyblade. Quel vecchio ha la memoria corta, quando vuole, e si confonde molto spesso. Bisogna saper soppesare le sue parole. Tuttavia, resta pur sempre un buon sovrano -
Sora annuì, alzandosi.
- Sono curioso anche io di vedere questa tanto famigerata statua di Ordine. Voglio vederlo in faccia -
Axander si alzò a sua volta.
- Punto primo, ti ho già detto che è una donna e punto secondo, ti ho già detto che rappresentata lì non è la stessa -
- Non importa, andiamo a vedere -
Sora non fece in tempo ad avanzare di uno scalino che la terra tremò.
- Guarda, lassù! - urlò l’amico, indicando la cima del santuario.
Il ragazzo alzò lo sguardo e vide qualcuno. Era un'ombra, nera e minacciosa, dalle sembianze umane. Uno della Legione.
- E’ lui! Quello che ci ha aggrediti alla radura! - urlò dopo un attimo di esitazione.
L’Allievo se ne stava in piedi davanti all’entrata a fissare i due da sotto il cappuccio. Schioccò le dita e scomparve in pochissimi istanti.
- Che diamine è venuto a fare qui? - chiese Sora.
Ed ecco la sua risposta. Un’esplosione, le fiamme e il santuario che andava in frantumi.

Buone Feste a tutti!!! *___^

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Capitolo 38
*** Capitolo 37: Incontri ***


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  Capitolo 37: Incontri


Il giorno seguente non fu uno dei migliori. Ciò che era accaduto quella notte, aveva scosso l’intera città. Un membro della Legione Nera era riuscito ad entrare in città, nel cuore di Linahar, vicino al palazzo reale. E se anche uno solo di essi era riuscito nell'impresa, allora potevano riuscirci anche gli altri.
Al risveglio del re, Axander si trovava ancora alle rovine del santuario, assieme a Basch e Marcus. Discutevano animatamente.
- Che cosa ne sarà di noi? - continuava a domandarsi il re, sull’orlo di una crisi di nervi.
Più che confortarlo, offrendogli il proprio aiuto, gli altri tre non sapevano che fare.
In quanto a Sora, si allontanò verso l’alba per fare un giro in città, accompagnato dall’instancabile Elen. Scesi giù per la scalinata, ripercorsero il viale principale del giorno prima, che si allungava dritto innanzi a loro e giunsero ai cancelli, rimanendo per un po’ nei paraggi. C’era un insolito viavai di persone, abitanti della città e stranieri, venuti magari solo per un viaggio d’affari.
Dopo circa un’ora di passeggiate per le vie, Elen salutò Sora e ritornò a palazzo. Rimasto solo, al ragazzo non rimaneva altra scelta che cominciare a vagare e cercare qualcosa di interessante con cui passare il tempo.
- Ehi, tu! - urlò una voce burbera.
Sora si voltò, guardandosi le spalle, ma non vide nessuno.
- Coso! Coso! - continuavano a chiamarlo.
Il tono della voce era piuttosto alto e dal timbro pareva che fosse una persona tutt’altro che piccola e minuta. Suonava, inoltre, familiare alle orecchie di Sora.
- Soro... Sore... Sora... Al diavolo, come ti chiami tu! -
A quel punto, il giovane fu sicuro al cento per cento che stavano cercando proprio lui. Infatti, dalla folla, spuntò un enorme uomo, dalla carnagione scura e dal passo pesante, accompagnato da un grosso quadrupede col pelo rossastro.
- Ma guarda chi si vede! - rise forte Barret. - Visto che non sbagliavo? Mezz’ora che lo abbiamo sotto gli occhi e tu non ci credevi! -
Red alzò gli occhi al cielo, scuotendo la testa.
- Ahah, inutile che fai così, i 300 munny sono miei! - disse sorridente l’uomo.
- Sì, va bene, hai vinto tu. Appena a casa di Leon, ti riconsegnerò i soldi. Contento? - sbuffò l’animale.
- Non si può dire che tu non sia di parola, cucciolone! - continuò Barret.
- Guai a te se mi chiami un’altra volta così - ringhiò di rimando Red.
Si erano completamente dimenticati di Sora, che li stava osservando sorridendo. Non gli importava se avevano avuto quella piccola disputa a Radiant Garden giorni addietro; era contento di vedere che stavano bene. E soprattutto era contento di sapere che anche Leon si era messo in salvo.
- Quindi - si intromise Sora. - Siete tutti qui, compreso Leon? -
- Certamente, tutti vivi e vegeti - rispose Barret.
- Giusto... Ora che ti abbiamo trovato, ti va di venire con noi? La nostra nuova base non dista molto e sarai felice di rivedere tutti, suppongo - fece Red, con tono pacato
- Sarebbe meraviglioso -
- Così farai anche la conoscenza delle ragazze - disse Barret.
Sora restò un attimo perplesso, valutando le parole dell’uomo. Poi si batté una mano sulla fronte.
- Vero, che sbadato che sono! - esclamò. - Mi ero completamente dimenticato di Aerith, Yuffie e Tifa -
- Vedo che le conosci, allora. Meglio così. Ora andiamo, prima che si faccia tardi - propose Barret.
Sora, Barret e Red si misero in cammino per la via, raggiungendo in poco tempo la scalinata del palazzo. Da lì deviarono a sinistra, puntando alla falde delle montagne, dove sorgeva una sottospecie di borgo. Alla fine del viale vi era solo una parete rocciosa.
- E adesso? - domandò Sora.
- Stai a vedere - disse Barret.
L’uomo si avvicinò alla parete, passando la mano sulla liscia superficie della roccia. Come dal nulla, sotto il suo palmo, apparvero due pulsanti di forma triangolare, uno disposto con la punta verso il basso e l’altro con la punta verso l’alto.
Barret premette quello in basso e accadde qualcosa: davanti a loro si aprirono delle porte nella pietra, che davano su un piccolo stanzino.
- Ascensore - fece notare Red. - A meno che non vogliate andare su a piedi -
- Non ci penso nemmeno - disse Barret, entrando immediatamente e appoggiandosi accanto ai pulsanti all’interno.
- Concordo - gli fece eco Sora, seguendolo assieme a Red.
Barret selezionò il pulsante con il numero quattro e le porte si richiusero. Dopo pochissimi istanti, queste si riaprirono.
I tre uscirono, facendosi largo per la balconata che dava sulla valle. Da quella postazione si godeva di una vista mozzafiato. Alla loro sinistra, il fondo della valle, dove sorgeva l’immenso complesso di torri ed edifici del palazzo reale, mentre alla loro destra c’era il grande muro che chiudeva la valle. Sembrava un’enorme diga per contenere un vastissimo lago di abitazioni.
- Però, ve la siete scelta bene la postazione - ridacchiò Sora.
In tutta risposta, Barret gli mollò una forte pacca sulla spalla, tanto da farlo quasi passare oltre il parapetto.
- Ma che simpatico ragazzo! - rise di gusto.
Si trovavano a circa qualche centinaio di metri sopra il livello della città e in quel posto pareva già tutto più calmo. Camminarono per un po’, senza incontrare anima viva.
- Eccoci arrivati - disse infine Barret.
La casa davanti alla quale erano posizionati rassomigliava in tutto e per tutto a quella di Radiant Garden. Sembrava persino che l’avessero presa e messa lì, davanti ai loro occhi.
Barret e Red entrarono senza indugiare, aprendo la porta e lasciandola spalancata. Molto probabilmente erano andati a cercare Leon e gli altri.
Sora fece per seguirli, quando davanti a lui notò qualcosa luccicare per terra.
- Questo cos’è? - si chiese, chinandosi a raccogliere il minuscolo oggetto che brillava.
Lo esaminò per qualche istante, tenendolo tra il pollice e l’indice ed osservandolo in controluce. Non aveva niente di strano. Era una piccola foglia dorata, probabilmente un ciondolo.
Sora si guardò attorno, per vedere se ci fosse stato un eventuale proprietario nelle vicinanze, ma nulla. La balconata era deserta.
- Chissà di chi è... - pensò.
Sospirò, non vedendo arrivare i suoi amici. Alzò gli occhi al cielo. Scorrendo su per la facciata di una delle case del vicinato, vide un orologio. Fermo.
- Ma che cosa se ne fanno di un orologio fermo? - si chiese, anche questa volta.
- Ehm... Scusa il disturbo -
Sora si voltò, sentendo qualcuno bussargli delicatamente sulla spalla.
- Sì? -
Innanzi a sé vide una ragazzina, poco più bassa di lui, minuta, con i capelli lunghi e biondi, ed un viso sorridente. Avrà avuto una quindicina d’anni, proprio come Sora.
- Hai visto per caso da qualche parte un piccolo ciondolo? - domandò.
Sora non fece caso alla domanda, talmente era preso nell’osservarla.
La ragazzina portava una camicetta bianca, a maniche lunghe, piuttosto larghe, che le lasciava scoperta l’ultima parte del ventre. Indossava anche dei pantaloncini a vita bassa, di un azzurro pallido.
- E’ a forma di foglia e... Ed è d’oro! - esclamò lei, ricordandosi i dettagli del suo ciondolo.
Il giovane si destò subito, scuotendo bruscamente il capo.
- Eh... Oh, sì... Ti riferisci a questo? -
Tese una mano in avanti, mostrando ciò che teneva sul palmo.
- L’ho trovato un attimo fa qui per terra e temevo di non trovare più il suo proprietario - sorrise, passandosi una mano dietro la testa.
- Sì, sì, è quello! Grazie infinite! - lo ringraziò la fanciulla, più felice che mai.
- Di nulla - ridacchiò Sora, tentando di assumere un'espressione solenne.
- Posso? -
Sora guardò la ragazza senza capire cosa intendesse.
- Come, scusa? -
- Posso... Posso prenderlo? - chiese lei, timidamente.
- Ci mancherebbe altro, tieni -
Prendendole una mano, il giovane lasciò cadere il ciondolo tra le sue dita. La ragazzina sorrise timidamente, arrossendo alla presa del Custode del keyblade, scostandosi una ciocca di capelli che le ricadeva sul viso.
- Grazie ancora di cuore -
Sora ricambiò il sorriso, quando, improvvisamente, si sentì chiamare da dietro. Si girò di scatto, vedendo Leon sulla soglia della porta.
- Sora! -
- Ehi, Leon! -
Il giovane uomo gli venne incontro.
- In forma come sempre, vedo -
- Già, ma neanche tu scherzi - notò Sora.
Tutt'a un tratto, si ricordò della ragazzina con la quale stava parlando e diede le spalle a Leon.
- Scusam... - si bloccò.
Era sparita.
- Chi stai cercando? - domandò Leon, affiancandosi a Sora e guardandosi attorno.
- Una ragazza... Era qui fino a pochi secondi fa... Non capisco -
- Beh, io non vedo nessuno in giro... -
Sora non se ne preoccupò più. L'unica cosa importante era che il ciondolo fosse tornato nelle mani del suo legittimo possessore.
- Non fa niente - sospirò Sora.
Si voltò verso l’abitazione dalla quale era uscito Leon e guardò di nuovo in alto, istintivamente. Notò ancora l’orologio e si stupì di quello che vide: stavolta, la lancetta dei minuti era più avanti di prima.
- Leon, ma... quell’orologio... - lo additò.
- Sì, dimmi pure -
- E’ rotto, forse? -
Leon scosse la testa, in segno di diniego.
- Da quando siamo arrivati qui, io l’ho sempre visto in funzione - affermò.
Qualcosa non quadrava. Il Custode era sicuro di non avere le traveggole. Possibile che l'orologio si fosse fermato solo per quell'attimo in cui l'aveva esaminato Sora? Proprio durante la comparsa di quella sconosciuta? Non era, però, il momento adatto per parlare di sciocchezze simili, date le circostanze.
- Vabbè, come non detto - disse Sora, alzando le spalle.
- Dai, entriamo. Ho detto agli altri che ci avrei messo un secondo per venirti a chiamare e si staranno preoccupando. Poi conosci Barret. Se uno non è puntuale inizia a scaldarsi -
Entrambi si misero a ridere e si diressero verso l'ingresso, entrando in casa.

- Davvero un bella vista, non trovi? -
Grelwan si materializzò dal nulla accanto al fratello. Albaran, tuttavia, rimase in silenzio, a contemplare Linahar e le sue alte mura.
- Che c’è, ancora arrabbiato per quello che è accaduto l’altro giorno? Non ci pensare, non è il caso di... -
- Tranquillo, è tutto a posto - lo interruppe bruscamente Albaran.
In piedi, sulla cima di una delle più alte dune del deserto, il Generale dei Venti osservava la città illuminata da un cocente sole di mezzogiorno.
- Questa notte... -
Tra i due calò il silenzio. Grelwan scoccò un’occhiata stupita verso il fratello.
- ... Preparati per l'assalto - terminò Albaran.
- Come? Ma sei impazzito? Gli Heartless non... - protestò Grelwan.
- Gli Heartless sono pronti. L'esercito degli uomini, invece, è stato spazzato via. Gli ultimi reparti li ho finiti io stesso -
Albaran sorrise, mentre Grelwan osservava la distesa di sabbia.
- La tempesta si scatenerà, e noi avremo dei posti in prima fila -

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Capitolo 39
*** Capitolo 38: Incontri, parte 2° ***


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Capitolo 38: Incontri, parte 2°


- Sora! -
Un unico urlo si levò dal salotto della casa. Appena oltrepassata la soglia, Sora fu preso di mira da tutto il gruppo. In massa, i presenti si alzarono dai loro posti e gli vennero incontro.
Aerith lo abbracciò, provocando un mezzo infarto al "povero" ragazzo, il quale non si aspettava nulla del genere. A dargli il colpo di grazia, ci pensò anche Tifa, che per un momento sembrò volergli fare la stessa cosa, ma si trattenne, dandogli solo una forte pacca sulla schiena, una di quelle che non avevano nulla da invidiare alle mazzate che tirava Barret.
Cid e Merlino lo salutarono da lontano, con un cenno della mano, per poi tornare a concentrarsi entrambi sul computer che stava riparando Archimede.
- E Yuffie? - domandò Sora.
Leon sorrise.
- Non ti preoccupare, dovrebbe arrivare qui a momenti. E’ solo andata a fare un giro con alcuni... conoscenti -
- Conoscenti? -
- Sì, che tu dovresti conoscere molto bene. Ma ora lasciamo perdere. Piuttosto, raccontami un po’ che cosa avete combinato in giro per i mondi - disse Leon sedendosi, mentre i presenti lasciavano la stanza per andare a svolgere altre occupazioni.
Sora sospirò. Si sedette a sua volta di fronte all'uomo.
- Non abbiamo combinato niente di che. Solo due serrature chiuse che non serviranno a nulla -
- Ah, no? Perché? - domandò Leon, incuriosito.
- Abbiamo sottovalutato il potere dei nostri nuovi nemici. Non sono come l’Organizzazione - scosse il capo. - Sono decisamente molto più pericolosi. Ti basti pensare che stavo rischiando la vita, combattendo contro il loro capo -
Leon assunse un’espressione pensosa, e anche un po’ preoccupata.
- Come già ti avevamo accennato sono in quattro, dato che Axander è dalla nostra parte. Ho potuto vedere cosa sono in grado di fare. Uno di questi, Albaran si chiama, è riuscito a mettere K.O. due nemici contemporaneamente... Ma non nemici qualunque, i migliori guerrieri di Ade! -
- Non ci posso credere... E degli altri tre, che mi dici? -
- Uno di loro, quello che ha rapito Kairi... Aspetta... Grelwan, non l’ho più rivisto, ma penso sia ancora in circolazione. Quello grosso, invece, che era a Radiant Garden, si chiamava Nathan. Anche lui non scherzava, ma Axander lo ha battuto. Ad un caro prezzo, però -
- Che cosa intendi dire? Non dirmi che... -
- Sì - interloquì Sora. - Un ragazzo, un Nessuno, non ce l’ha fatta e non c’è stato più nulla da fare per lui -
Leon annuì, poco convinto, assumendo una posa da pensatore, portandosi una mano al mento.
- Certo, nulla è andato come pensavamo. E ora ecco che siamo di nuovo tutti qui. Una coincidenza forse? Non credo. Qualcosa accadrà... - rifletté ad alta voce.
Sora annuì vigorosamente, nonostante la situazione.
- Pare che un esercito di Heartless voglia attaccare la città -
- C’era da aspettarselo - disse cupamente Leon.
Sora lo guardò per un po’, poi gli venne naturale una domanda.
- Non mi hai ancora chiesto il perché mi aggiravo da solo da queste parti, senza più il Re e gli altri... -
Leon lo guardò e sorrise. Il ragazzo capì al volo e il suo volto si illuminò.
- Sono in giro con Yuffie. Ci sono il Re, Paperino, Pippo e anche il tuo amico, Riku -
- Ma questa è una magnifica notizia! Stanno bene, allora! - esclamò il Custode, sussultando per l'euforia.
Leon fece segno di sì col capo.
- Se non avrai fretta di andartene, li rivedrai tra un po' -
- Secondo te io me ne vado? Non ci pensare nemmeno. Non mi smuovo da qui! -

Verso il tardo pomeriggio, la porta della casa si aprì. La prima ad entrare fu Yuffie che, non appena vide Sora, corse a salutarlo. Subito dopo entrarono Paperino, Pippo e il Re. Infine, anche Riku si palesò agli astanti.
- Sora! - si sentì nuovamente urlare nell’abitazione.
Paperino e Pippo gli furono subito addosso, travolgendolo, mentre Riku e il Re se ne stavano sulla soglia del salotto, ad osservarli sorridenti.
La prima cosa che fecero fu di finire di raccontare ciò che era successo a Leon. Sora ricominciò da dove si erano separati, raccontando della fuga dalla Fortezza e dell’arrivo su questo nuovo mondo.
- Non sei l’unico ad avere una storia da raccontare, Sora - intervenne ad un certo punto il Re.
- Cosa intendente dire, vostra Maestà? - chiese il ragazzo.
- Anche noi abbiamo avuto parecchio da fare per giungere sin qui e siamo arrivati per puro caso - fece una breve pausa. - Se non vi dispiace, inizio io a raccontarvi cosa mi è accaduto - continuò Topolino.
Ebbe il consenso di tutti e cominciò.
- Dalla Terra dei Dragoni, mi sono ritrovato catapultato in un altro mondo. A Crepuscopoli -
Tutti erano in ascolto, ben intenzionati a non perdere una sola parola del discorso.
- La prima cosa che feci fu di cercarvi in città, ma non trovai nessuno di voi. In compenso, incontrai nuovamente Hayner, Pence e Olette, quei tre ragazzi che ci aiutarono un anno fa. Chiesi se lì in città era accaduto qualcosa di strano ultimamente e se vi avevano visti in giro. Ovviamente mi risposero che era tutto tranquillo, ma ero intenzionato ad indagare ugualmente. Feci un giro nei dintorni, sino alla villa abbandonata e lì trovai qualcosa: una serratura. Non fu facile scovarla, si trovava ben nascosta tra le capsule del laboratorio di Ansem. Tuttavia, riuscii a chiuderla grazie al keyblade, ma ora che sento le parole di Sora, non sono più molto tranquillo. Se è vero che le serrature sono del tutto inutili... - abbassò gli occhi il Re, abbacchiato. - Comunque, una volta bloccata, uscii dalla villa e vidi che uno di questi misteriosi nemici se ne stava sul tetto, e sopra la sua testa c’era un varco, nero. Come è successo al Monte Olimpo, centinaia di Heartless ne furono subito attratti e lo varcarono -
A quel punto, anche Paperino e Pippo annuirono.
- E’ successa la stessa cosa a noi. Alla Città di Mezzo. Non c’era nessuno. Tuttavia, dopo aver trovato la serratura... - si interruppe Paperino.
- ... E’ apparso lo stesso individuo in nero, che ha ripetuto lo stesso identico rito - continuò Pippo.
Rimasero un attimo in silenzio, tutti intenti a pensare sul da farsi.
- Io invece sono capitato subito qui -
Tutti si voltarono verso Riku, che aveva preso la parola.
- Dopo l’agguato che ci ha teso Ilfrien, mi sono ritrovato esattamente qua fuori. Per fortuna che è la casa di Leon, sennò temo proprio che mi sarei perduto -
- Ora siamo tutti qui - affermò il Re. - Sembra che qualcuno voglia farci combattere assieme questa imminente battaglia -
Il silenzio calò in tutto il salotto. Oramai erano rimasti solo Sora, Leon, Riku, il Re, Paperino e Pippo.
- Vostra Maestà - disse ad un tratto Sora.
- Dimmi -
- Ecco, io volevo chiedervi... Non sapete nulla a riguardo dei keyblade? Intendo dire... Anche loro ce li hanno... -
- Cosa?! Questo... Questo non è possibile! - esclamò Topolino.
- Inoltre, pare che un nuovo guerriero si sia unito al loro gruppo. E’... Straordinariamente forte, ma quello che non capisco... - aggrottò la fronte Sora.
I presenti lo fissarono, attendendo che proseguisse.
- Io sono sicuro di averlo già incontrato, prima che apparisse qualche giorno fa... Sono sicuro di conoscerlo meglio di quanto credo -
Il Re si rabbuiò, non sapendo cosa rispondere. Riku osservò Sora.
- Che vuoi dire? - domandò secco.
- Quello che voglio dire, Riku, è che conosco questo nuovo guerriero. Ci ha aggrediti tempo fa ad una radura dove ci eravamo fermati. E’ vestito identico a loro, ma sento che in lui c’è qualcosa di familiare -
- Come... Come se fosse un tuo vecchio amico? - azzardò il Re.
Sora fu colto da un brivido, che gli percorse tutta la schiena.
- Esatto! - si illuminò il Custode.
La discussione, però, era destinata ad interrompersi. Oramai la sera stava avanzando ed il sole era già basso dietro le montagne. Ad un certo punto si sentì picchiettare alla porta.
- Chi è? - chiese Paperino, colto alla sprovvista.
- Non preoccuparti, sarà la pioggia - disse Pippo, notando l’acqua colare sulle finestre.
Entrambi si lanciarono un’occhiata, con espressioni basite.
- Che diamine state dicendo? -
Riku si alzò. Era visibilmente preoccupato.
- Siamo in pieno deserto... La valle non è che una piccola oasi, com’è possibile che piova? -
Si alzarono, quindi, e scattarono tutti assieme verso la porta, aprendola all’istante. Fuori pioveva. Il cielo era coperto da un denso strato di nubi e dopo poco iniziò pure a lampeggiare e a dare segni dell’arrivo di un temporale. Nonostante la presenza della neve sulle cime attorno alla città e le ingenti quantità d'acqua trascinate a valle dalle cascate, l'arrivo di simili nubifragi non era affatto normale. Soprattutto se le nubi stavano attraversando tutto il deserto e non si formavano esclusivamente sopra Linahar, com'era nella norma.
In basso, lungo tutta la valle, la gente era uscita dalle proprie abitazioni e, col naso all’insù, osservava il cielo stupita. Neanche loro, gli abitanti, non avevano mai visto nulla del genere. Le forze della natura pareva si stessero sfidando tra di loro, pronte ad elargire distruzione al solo passaggio.
- Santi numi... -
Sora si voltò. Poco più avanti c’erano anche Merlino e gli altri, appoggiati al parapetto della balconata. Erano tutti intenti a guardare verso destra, dove erano situate le mura.
- Che cos’è quella diavoleria? - sbottò Barret.
Corsero, quindi, ad affacciarsi e poterono constatare che le esclamazioni degli amici non erano del tutto fuori luogo. All’orizzonte, in direzione del deserto, si stagliava alta nel cielo una fortezza. Enormi eliche la tenevano sospesa nel vuoto, mentre avanzava attraverso i tuoni e i lampi con una furente tranquillità.

Sulla cima della stessa duna, Albaran era in piedi, sotto la pioggia. Impassibile come sempre, teneva il braccio sinistro lungo il fianco, mentre il destro era sollevato. Con la mano eseguiva una completa rotazione in senso antiorario.
- Guarda - disse Grelwan.
Con un cenno della testa indicò le mura della città al fratello. Dalle nubi si formarono tre enormi protuberanze.
- Osserva, fratellino, osserva - ghignò Albaran, senza fermarsi.
La mano iniziò a girare vorticosamente.
- Osserva come sono in grado di distruggere in pochi minuti ciò che i mortali con tanta fatica hanno costruito in centinaia di anni! - urlò, in preda ad una follia improvvisa.
Come una furia, iniziò a roteare anche il braccio. All’improvviso, lo abbassò, e, dal cielo, scesero con violenza inaudita tre tornado che si abbatterono su Linahar.
Grelwan si stupì. Al suo fianco apparve l’Allievo, intento a sua volta a guardare nella medesima direzione. Al contrario dello Stregone, appariva calmissimo e per nulla turbato.
- Avvertite Ilfrien! Che gli Heartless inizino ad avanzare! - ordinò Albaran, voltandosi verso di loro.
I due annuirono e se ne andarono frettolosamente.

- Rientriamo, svelti! -
Leon fece segno agli altri di rientrare in casa e tutti lo seguirono. Richiuse la porta a chiave.
- Sono arrivati! Sono di sicuro loro! - esclamò Sora, affacciandosi alla finestra.
Non si riusciva più a vedere nulla. L’intera vallata sembrava essere sprofondata nel buio più totale e la pioggia oscurava i vetri.
Fuori, intanto, le gigantesche colonne di vento iniziavano un’opera di distruzione che sarebbe durata tutta la notte. Volteggiavano, terribili e fluide, lente tra le due catene montuose, senza un attimo di sosta. Non erano neanche passati dieci minuti che più della metà di Linahar era stata rasa al suolo. Le mura reggevano a quella potenza unicamente per miracolo. Il palazzo reale, invece, resisteva poiché stranamente avvolto da una cupola bluastra che fungeva da barriera.
- Sarà senza dubbio Axander - disse il Re, osservando in quella direzione. - Il palazzo è al sicuro, almeno quello -
- Prepariamoci - gli si avvicinò Sora. - Presto verrà il momento di scendere in campo - 

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Capitolo 40
*** Capitolo 39: Pronti alla battaglia! ***


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Capitolo 39: Pronti alla battaglia!


Il temporale finì prima del previsto e la pioggia smise di inondare la vallata. Le nubi, tuttavia, non si diradarono e rimasero a incombere su tutta la città, oscurandola.
- Sembra che si sia calmato - commentò Leon, scostando una tenda e osservando fuori dalla finestra.
- Bene - disse il Re, per poi voltarsi verso i compagni. - Sora, Riku, Paperino, Pippo. Siete pronti? -
Annuirono tutti e tre assieme, pronti ad armarsi.
- Allora possiamo andare. Scendiamo in città e vediamo di scoprire cosa sta succedendo -
Topolino aprì la porta e tutta la compagnia lo seguì, ma Leon li bloccò.
- Aspettate! - esclamò all’improvviso.
Si girarono verso di lui, fissandolo con aria interrogativa.
- Non vorrete mica andare da soli -
Come se lo avesse tirato fuori dal nulla, in mano a Leon era comparso il suo gunblade, tenuto appoggiato contro la spalla. Sul suo volto un’espressione decisa. Anche gli altri, però, non erano rimasti inattivi: Red e Barret affiancarono il loro compagno, seguiti da Tifa, Aerith e Yuffie, che reggeva il suo grande shuriken.
- Già, lasciare tutto il divertimento a voi e a quell’altro buffone del vostro amico? - Barret alludeva ad Axander, caricando il mitragliatore. - Non credo proprio -
- Avrete bisogno di una mano, ragazzi. Anzi, anche più di una - esordì Red.
- Hanno ragione - concluse Aerith.
Sora scambiò un’occhiata con il Re e sorrisero entrambi.
- Non saremo di certo noi ad ostacolarvi - affermò Topolino.
Uscirono, quindi, in gruppo dalla casa. Avevano deciso di lasciare a guardia di tutto Cid, Merlino e Archimede, anche se il più adatto dei tre al ruolo di difensore era il mago.
- Noi vi precediamo. Ci dirigeremo subito verso le mura! - li avertì Leon.
Sora annuì, e Leon, seguito da Barret e Red, corse verso il limite della balconata e saltò giù.
- Non li sopporto quando fanno queste scenate - sbuffò Yuffie, per poi seguirli a sua volta, scomparendo alla vista degli ultimi rimasti.
- Sora, io e Tifa andremo a fare un giro di perlustrazione - disse Aerith.
- Ok, ma state attente, nel caso qualcosa dovesse andare storto -
- Non ti preoccupare, Aerith non rischia nulla se ci sono io - fece l’occhiolino Tifa.
Aerith sorrise, ed entrambe si diressero verso l’ascensore.
- Ehi, gli Heartless! - esclamò Paperino - Venite a vedere! -
Subito oltre le mura, in pieno deserto, appariva la fortezza volante. E sotto di essa, una lunghissima linea scura che si stagliava contro l’orizzonte.
- Veloci gli amici - disse Riku, con sarcasmo ed estrando il keyblade.
Sora e il Re lo imitarono. Le loro braccia furono avvolte da penetranti fasci di luce e le loro dita, in brevissimi istanti, erano già strette saldamente attorno alle impugnature delle Chiavi.
- Sora, io e il Re andiamo ad aiutare Leon e gli altri alle mura. Sono troppi e non ce la faranno a reggere a lungo! -
Così dicendo, Riku e Topolino scomparvero a loro volta, scavalcando la balconata nel punto dove si erano allontanati i loro amici poco prima.
- Noi che facciamo? - domandò Pippo.
Il Custode del keyblade ci pensò su per un po'. L'unico luogo che non era stato menzionato dagli altri era il palazzo reale. Sarebbe stato meglio dirigersi lì, giusto per assicurarsi che tutto fosse realmente a posto.
- Anche se Aerith e Tifa sono andate a fare un giro di perlustrazione, non significa che si vogliano dirigere anche verso palazzo. Quindi andremo noi da Axander, ci state? -
Paperino e Pippo assentirono e presero a correre verso lo stesso ascensore che avevano preso poc’anzi Tifa e Aerith. Sora li seguì, ma dovette fermarsi di colpo. Qualcuno gli tagliò la strada. Fece fatica a fermarsi e finì per terra di schiena, poiché la pavimentazione della balconata era ancora tutta bagnata e scivolosa per via della pioggia.
- Ouch! - esclamò Sora, mettendosi a sedere e massaggiandosi la schiena.
- Scusami, ti sei fatto male? -
Alzò lo sguardo, perplesso e irritato. Ma vedendo chi aveva di fronte, l'irritazione volò via in un baleno.
- No... Non mi sono fatto niente di che... - replicò Sora.
- Oh, ma sei tu! Il ragazzo di questo pomeriggio! Mi fa piacere rivederti! -
La misteriosa ragazzina bionda che il Custode aveva incontrato quel giorno sorrise divertita, studiando Sora con i suoi occhi chiari e vivaci.
- Eh sì, ancora io - si limitò a dire Sora, alzandosi.
La sconosciuta tirò su una manica della sua camicetta, per dare un’occhiata al suo orologio da polso.
- Caspita, è tardissimo! Mi dispiace per oggi... Sono scomparsa all’improvviso e so che è imperdonabile da parte di qualcuno fare così! - si scusò la ragazza, allontanandosi. - Ma ho un impegno davvero urgente, scusami! Spero di rivederti presto, ciao! -
E anche lei, come Riku aveva fatto in precedenza, balzò giù dalla balconata, scavalcando con grazia il parapetto. Sora si grattò la testa, poco convinto.
- Qualcosa non va... Sta per scoppiare una battaglia e questa qui pensa ad un impegno urgente. Chissà, magari è addetta anche lei alla difesa della città -
- Sveglia, Sora! - urlò Paperino, con la testa che sbucava dall’ascensore, sotto quella di Pippo.
- Presto! -
Il ragazzo li raggiunse rapidamente e le porte di richiusero. L’ascensore scese sino al pianterreno ed essi uscirono, di gran lena.
- Venite, il palazzo è di qua! - gridò Sora, già parecchio lontano, mentre si avviava verso il viale che conduceva alla lunga scalinata.
I tre lo percorsero a grandi passi. Raggiunta quella impressionante montagna di gradini, svoltarono alla loro sinistra. Salirono furiosamente, saltando di volta in volta almeno due scalini, senza perdere un attimo di tempo per riprendere fiato. Giunti alla sommità, si guardarono brevemente attorno: tutto era ancora in perfetto ordine, tranne per alcune macerie del santuario che ingombravano un lato del cortile.
- Cosa siete venuti a fare, qui? - irruppe bruscamente una voce.
Un ragazzo uscì dal portone del palazzo, seguito da un uomo biondo. Entrambi brandivano una spada.
- Marcus, hai visto Axander? - domandò subito Sora.
Il Capitano scosse la testa, per poi rivolgere un’occhiata a Basch.
- No, neanche io. Ma forse è dentro. Mi pare che voleva mettere al sicuro Elen -
- Grazie infinite! -
Sora, Paperino e Pippo oltrepassarono i due che stavano scendendo la scalinata per dirigersi alle mura.
Dentro al palazzo, si fermarono in mezzo all’atrio deserto. Per terra, cocci di vetro e piante rovesciate ovunque. In alto, la cupola di cristallo era andata in frantumi; solo lo scheletro in ferro era rimasto in piedi.
- Che disastro! - commentò Pippo.
- Axander! - urlò forte Paperino.
- Ehi, Axander siamo noi, Sora, Paperino e Pippo! -
Un’ombra nera si materializzò davanti a loro, spazzando via con forza il terreno e sollevando molta polvere.
- Ce ne avete messo di tempo -
Axander era già pronto ad andare in soccorso di Linahar. In entrambe le mani reggeva le sue alabarde, quella sinistra lungo il fianco sinistro, mentre quella destra appoggiata alla spalla destra.
- Vi aspettavo da un po’ e cominciavo a preoccuparmi. Ho parlato con il re questo pomeriggio... -
- Il Re? - chiesero all’unisono Paperino e Pippo.
Axander scosse la testa.
- Non re Topolino, ma Alames, il re di questa città. Abbiamo chiarito la situazione e mi ha detto di consegnarvi questi -
Il giovane schioccò le dita e lo scudo di Pippo e lo scettro di Paperino sparirono dalle mani dei loro proprietari. Al loro posto, apparvero un nuovo scudo ed un nuovo scettro. Su entrambi vi era un’effige raffigurante due ali e le rifiniture sui contorni tendevano al blu e al giallo.
- Save the King e Save the Queen - disse Axander. - Le avete già utilizzate in passato, ma queste sono versioni potenziate. Sono uguali a quelle che avete usato nei vostri precedenti viaggi, ma i Moguri, sotto mia esplicita richiesta, hanno provveduto a darci un tocco di classe in più -
- Tocco di classe? - chiese Paerino, guardando di sottecchi Axander e maneggiando il nuovo scettro.
- Danni quintuplicati e poteri magici triplicati - sorrise il Guardiano.
- Wow, grazie! - lo ringraziarono all’unisono i due. - Non ce lo saremmo mai aspettati da uno come te! -
- Di nulla. Per te, invece, mio caro Sora - continuò il ragazzo, ignorando la battuta finale di Paperino e mettendosi una mano in tasca. - Tieni! -
Lanciò immediatamente in aria qualcosa che Sora afferrò al volo. Aprì la mano e un bagliore lo avvolse. Pochi istanti dopo, al posto dell’Ornamento, un nuovo keyholder si era legato all'elsa del keyblade. Grazie ad esso, anche la forma dell'arma era cambiata, con grande meraviglia del Custode stesso.
- Ti piace, eh? L’Ultima Weapon... - disse Axander. - Anche quella assomiglia molto al modello precedente, ma... -
- Ma...? - incalzò Sora, curioso.
- Oltre ai Moguri, che hanno decuplicato il danno di base, ho provveduto anche io ad apportarvi qualche piccola modifica. Nulla di che, solo un ritocco qua e là -
Axander ammiccò al ragazzo. Questi sorrise, ammirando la nuova arma con una strana luce negli occhi. La luce di chi è sicuro di poter affrontare tutti i pericoli del mondo, senza timore, grazie al nuovo potere che gli viene donato.
- E’ stupenda, grazie mille! -
- Adesso che sono finiti i ringraziamenti... -
Il Guardiano alzò il braccio sinistro e fece roteare sopra la sua testa la lunga alabarda argentata, che gli sfiorava il palmo della mano.
- ... E’ il momento di scendere in campo! -

- Qualche ordine supplementare? -
Grelwan guardò Albaran con la coda dell’occhio. Il fratello se ne stava con le braccia incrociate, alla testa dell’orda oscura, in piedi, tranquillo come pochi. La sua calma era innaturale.
- Radere al suolo la città non basta? -
Grelwan scosse le spalle.
- Va bene... -
Si voltò e alzò una mano, osservando gli Heartless. Arcieri, Spadaccini, Assalitori, Lancieri, Shadows, Neo Shadows, Wizards, Defenders, Invisibili, Behemoth... Gran parte di tutte le tipologie di Heartless erano radunate alle loro spalle. Un esercito di decine di migliaia di esseri oscuri copriva la sabbia dorata del deserto. Una tenebra sembrava voler circondare il mondo.
Al gesto dello Stregone, un fremito scosse l’orda. Sempre tenendo la mano alzata, si assicurò che fossero pronti. Poi si voltò, in direzione di Linahar. Solo in quell'istante, ben conscio che il destino di moltissime persone risiedeva nel suo gesto, abbassò il braccio. Gli Heartless partirono all’attacco, accompagnati da nuovi ruggiti di tempesta.

- Ecco, siamo arrivati! Quelle sono le mura! -
I quattro si fermarono, a qualche metro dal portone.
- Tenetevi pronti, mi raccomando - disse Axander.
Lungo tutto il viale che tagliava trasversalmente la città erano appostati vari gruppi. Al centro, Sora, Axander, Paperino e Pippo. Alla loro sinistra Barret, Red, Leon e Yuffie. Alla destra, Marcus e Basch. Ogni gruppo era addetto a sbarrare una delle tre vie principali. Nelle retrovie, alcuni manipoli di soldati.
- Tifa e Aerith? - chiese Sora a Leon.
L’amico scosse il capo.
- Le ho detto di restare più indietro. Qui è troppo pericoloso per loro due. Tifa mi odierà, ma non c’è altra scelta. Inoltre... -
Un boato improvviso interruppe la conversazione. Qualcuno era già arrivato. Dopodiché, il silenzio più assoluto. Tutti si scambiarono occhiate sospette, senza dire una parola. A rompere quel silenzio ci pensò Axander, fendendo l’aria con le sue alabarde.
- Attenti! - gridò, mettendosi a correre verso il portone.
A pochi passi da questo, scattò sul muro, camminando lungo tutta la parete, verso l’alto. Giunto sulla sommità, spiccò un salto, sguainando le armi. Un fulmine gli passò accanto.
Sora vide a fatica che cosa stava succedendo. Tutta una serie di scariche elettriche si stavano abbattendo al suolo, senza però provocare alcun danno. Un guerriero, vestito di nero e armato di keyblade, era riuscito a scavalcare le mura ed era intento a fronteggiare Axander. Il Guardiano fu costretto ad indietreggiare, rientrando così nell’area entro le mura.
Scese a terra, mettendosi in posizione di guardia. Davanti a lui, atterrò, lento e leggiadro come una piuma, il suo avversario.
- Lui! - pensò Sora.
L’Allievo li aveva raggiunti nel luogo del combattimento.
- Gli Heartless, sono vicinissimi - disse Axander. - E Ilfrien sta proteggendo la loro avanzata con i suoi poteri... Stiamo ben attenti ai fulmini -
Axander volse il suo sguardo in direzione di Sora. Trasse un profondo respiro, prima di parlare.
- Ascoltami, Sora! A quanto pare costui è troppo forte per me. Tu gli hai tenuto testa già una volta e credo tu sia l'unico che possa contenere i suoi attacchi -
- Ricevuto! A lui ci penso io - ringhiò Sora, pregustando già la rivincita.
- Occhi aperti, Sora! Non c’è da andarci piano -
- Non sono uno sprovveduto. Voi pensate agli Heartless -
Sora impugnò l'Ultima Weapon con entrambe le mani e si lanciò all’attacco. L'Allievo mosse la testa di lato e scattò in avanti. Lo scontro ebbe inizio. 

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Capitolo 41
*** Capitolo 40: Un'oscura realtà ***


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Capitolo 40: Un'oscura realtà


Sora rimase con lo sguardo fisso sul proprio avversario. I suoi occhi blu si perdevano nell’infinita oscurità sotto la quale era celato il volto del misterioso guerriero.
Quest'ultimo alzò in alto il keyblade, facendolo roteare. In quell’istante, alle spalle di Sora giunsero il Re e Riku. Il Custode si voltò verso i due compagni. Bastò scambiar con loro un rapido sguardo di intesa per capire che avrebbero dovuto allontanarsi alla svelta.
- Io non ti conosco - esordì Sora, ritornando sull’Allievo. - Eppure, il mio cuore mi dice che io ti conosco... C'è qualcosa in te che mi è familiare-
- E’ molto probabile, Sora. Anzi, tu mi conosci molto bene - sibilò l’avversario.
Proprio come era accaduto già una volta, al giovane parve impossibile capire con che tono si stesse rivolgendo a lui l'incappucciato. Alle sue orecche giungevano solo fredde e leggere parole che gli si stampavano nella testa, senza essere udite.
Il nemico impugnò il keyblade con entrambe le mani, divaricando leggermente le gambe e flettendo le ginocchia. Diede una veloce occhiata attorno a sé.
- Gli Heartless piomberanno qui a momenti - disse. - E non ho voglia di combattere in mezzo a loro. Seguimi -
Con un balzo, l'Allievo raggiunse un tetto di una delle prime case, per poi dirigersi verso quello seguente e quello dopo ancora.
Sora non poté far altro che seguirlo. Si mise, quindi, a correre per la via, volgendo lo sguardo sopra i tetti per vedere fino a che punto si sarebbero spinti nell’interno della città. Dopo pochi minuti, Sora si fermò, vedendo che, finalmente, l’Allievo aveva deciso il luogo adatto per il duello. Si trovarono nuovamente faccia a faccia.
Il Custode del keyblade impugnò a sua volta l’Ultima Weapon con entrambe le mani e lanciò uno sguardo di sfida verso l’altro, il quale non si fece attendere.
- Fatti sotto! -
In men che non si dica, tutti e due ingaggiarono uno scontro senza tregua.
Un fendente calò verso Sora che abilmente si scansò verso destra, cercando allo stesso tempo di colpire al ventre l’avversario. Costui, però, scomparve, cosicché la Chiave fendette solo l’aria.
Sora guardò alla sua sinistra, poi alla sua destra.
- Dov’è finito? - si chiese.
L’Allievo apparve alle sue spalle e, senza avvertimenti, colpì Sora alla schiena, a tradimento, facendolo scivolare in avanti per un paio di metri.
- Maledetto... - imprecò Sora, cercando di rialzarsi. - Non è leale! -
Si girò, ancora a terra, puntando il keyblade verso il nemico. Costui si trovava sospeso in aria, già pronto ad assalire e ad infierire sul ragazzo in netto svantaggio.
- Blizzard! - urlò Sora.
Lungo tutta la lama del suo keyblade iniziarono a formarsi dei piccoli brillanti. In seguito, una sorta di fulmine argentato attraversò la Chiave sino all’estremità. Un raggio cristallino partì in direzione del nemico, descrivendo una parabola per aria e colpendolo ad una gamba.
Appesantito dal ghiaccio formatosi tra il ginocchio e il piede, l’Allievo perse l’equilibrio e cadde, riuscendo, tuttavia, a reggersi ancora sulle due gambe. A quel punto, posò una mano per terra. Lungo tutta la strada, si aprirono profonde crepe, tutte che, dalla mano dell’Allievo, si dirimavano a gran velocità verso Sora.
- C'era da aspettasserlo - si disse Sora.
Non perse ulteriore tempo e saltò in alto, evitando così di venire colpito dalla scossa sismica. Si ritrovò su una piattaforma rialzata a scrutare il nemico dall'alto. L’Allievo si rialzò lentamente, volgendo il capo verso Sora e si rimise in guardia, scomparendo una seconda volta. Sora sorrise.
- Questa volta non ci casco! -
Fece una mezza giravolta verso destra, alzando il keyblade davanti alla faccia. Un rumore metallico e le due lame si incrociarono. La Chiave tenuta orizzontalmente da Sora e quella tenuta verticalmente dall’avversario formavano una croce quasi perfetta.
Il ragazzo posò un ginocchio a terra, stringendo i denti; nonostante l’esile corporatura, colui che aveva innanzi era tutt’altro che debole e dimostrava persino una forza più grande della sua.
- Dimmelo - sussurrò, in preda ad uno sforzo tremendo per resistere all’assedio. - Dimmi chi sei! -
Ma non gli giunse alcuna degna risposta.
- Anche se ti mostrassi chi sono, cosa cambierebbe? - chiese pacatamente l'Allievo, in totale contrasto con la situazione in cui si trovavano entrambi.
- Voglio sapere chi ho di fronte - ribadì Sora. - Se proprio non vuoi parlare ora, vorrà dire che saprò con chi ho avuto a che fare quando ti avrò sconfitto! -
All’improvviso, Sora si sentì rinvigorito e fu invaso da nuove energie. Evidentemente, le modifiche che Axander diceva di aver apportato all'arma stavano funzionando e il potere nascosto dal keyholder si stava finalmente rivelando.
Sora spinse con tutta la forza che aveva. L’Allievo si staccò ed indietreggiò, sino alla sommità del tetto. Con un rapido balzo, Sora gli fu addosso, pronto a menare un terribile fendente. Esso andò a vuoto e l’Allievo scese di fretta dal tetto. Il ragazzo fece altrettanto, seguendolo.
Piombò dall’alto, con il keyblade avvolto da una strana luce dorata. Anche qui, l’Allievo fu costretto a scansarsi rapidamente. Sora atterrò, attutendo la caduta con l’ausilio della mano sinistra ed inseguì l’avversario.
- Non pensare di sfuggirmi! Non avrò alcuna pietà! - gridò. - Né per te, né per gli altri tuoi simili! -
Iniziò, con straordinaria velocità, a mulinare colpi da tutte le parti. Lungo la via, lui avanza imperterrito, mentre l’altro indietreggiava. L'Allievo si muoveva con agilità e schizzava da un muro all'altro, ma Sora non mollava la presa.
- Dannazione... Sei così perseverante - ringhiò l'incappucciato.
Improvvisamente inciampò, dato che la sua gamba era ancora parzialmente congelata dal Blizzard, e rovinò al suolo. Sora recuperò presto il vantaggio che stava iniziando ad accumulare il nemico e, giunto a pochi metri da lui, gli puntò addosso il keyblade per l’ennesima volta.
- Per te è finita! -
A differenza della precedente, questa volta dalla punta della lama partirono diversi raggi dorati, i quali dapprima si allargarono, disegnando nell’aria una figura ricca di ghirigori e arabeschi, e poi andarono man mano a stringersi, in direzione del bersaglio ancora a terra. I raggi lo investirono in pieno, alzando un polverone immenso.
Sora riprese fiato, sempre mantenendo una posizione difensiva nel caso l’Allievo si fosse divertito ad utilizzare uno dei suoi soliti trucchetti. Il polverone andò via via diradandosi.
- Che cosa?! - sbottò Sora.
Al posto del suo rivale, si ergeva una robusta parete di roccia che non presentava la benché minima scalfittura o graffio. La barriera scomparve in pochissimi istanti e l’Allievo tornò in piedi con un colpo di reni. Anche lui era visibilmente provato, dato che respirava a fatica e il capo ciondolava, appoggiato al petto. Lentamente, ritornò a posare il suo sguardo su Sora.
- Tu non avrai la meglio su di me - sussurrò.
- Cosa hai detto? - chiese Sora, non avendo sentito, poiché troppo lontano.
- Ho detto che non riuscirai a battermi! - urlò l'Allievo.
L’urlo termino con una nota acuta, un grido. In quel preciso istante, a Sora, il cuore piombò in gola.
- Tu... Tu... Sei... - balbettò.
In quell’attimo di esitazione, fu colpito da un potente montante, che lo scagliò contro la aprete di una casa. Si appoggiò subito sui gomiti, per nulla tramortito. Osservò l’Allievo.
- ... Sei... Una ragazza? - domandò allibito.
Il suo udito non l’avevo tradito. Aveva sentito chiaramente che, tutt'a un tratto, l’incappucciato aveva emesso un suono con la bocca e che questo rassomigliava in tutto e per tutto al grido di una ragazza.
Parve, tuttavia, che la domanda fosse accolta più come un insulto. L’Allievo fece un balzo all’indietro, per poi tendere il braccio sinistro libero da eventuali armi. Alle sue spalle si formò una parete rocciosa simile a quella precedente, ma più grossa.
- Ora ti sistemo, Custode! -
La parete si sgretolò sin quasi ad esplodere. Una decina di enormi rocce furono lanciate rapidamente su Sora che si era preparato ad una simile eventualità, dato che l’attacco era già stato ripetuto nella foresta il giorno precedente. Allargò le gambe, afferrando il keyblade solo con la mano destra e lo mosse, fendendo l’aria, per poi alzarlo sulla sua testa.
- Reflex! -
Una barriera si materializzò tutt’attorno al ragazzo e i massi si frantumarono su di essa, rimbalzando inerti. Una volta svanita la barriera, la calma scese per tutta la via.
In lontananza, però, si sentiva un gran vociare e, di tanto in tanto, delle enormi fiammate apparivano nei pressi delle mura.
- Gli Heartless... Stanno già attaccando... - mormorò Sora.
Si guardò attorno, ma non vide più nessuno.
- Dov'è andato, adesso? - fece, allarmato.
Un altro attacco a sorpresa, pensò. Invece non era così. Il suo avversario era proprio sparito.
- E ora? Dove si è cacciata! -
Sora si mise quindi a correre verso le mura. Giunto quasi alla fine della strada, poté constatare con chiarezza che la cinta muraria era piena di spaccature e che gli Heartless uscivano da qualsiasi crepa. Ogni tanto vedeva qualcuno dei suoi amici scattare lì davanti, colpendo alla cieca i gruppi di nemici.
Arrivato all’inizio della via, si fermò, assistendo a ciò che gli si parava innanzi: tutti stavano combattendo. In poco più di dieci contro migliaia. Qualcosa in particolare, ciononostante, attirò la sua attenzione: sulla sommità delle mura, un’oscura figura assisteva impassibile allo spettacolo sotto i suoi piedi. Era Grelwan.
Non appena lo vide, a Sora ritornò alla mente l’amica Kairi, rapita da quel giovane uomo. Non si era completamente dimenticato di lei e voleva a tutti costi ritrovarla. Alzò gli occhi al cielo, scrutando l’immensa mole della fortezza volante che faceva capolino tra le nubi. Sapeva che era tenuta lì dentro.
- Kairi... - la chiamò, vanamente.
Dal nulla, però, dall’ombra, alle sue spalle, arrivò un suono di spada sguainata. Sora fu colpito alle spalle, ma non cadde a terra.
- Ancora tu... Ci avrei scommesso che avresti agito così... -
In una frazione di secondo, il Custode trovò la forza di rispondere e si voltò, colpendo in pieno petto l’Allievo.
- E' ora di farla finita! - si sgolò, gli occhi dardeggianti.
L'Ultima Weapon provocò un lungo taglio dorato sul soprabito nero dell'Allievo, che gli attraversava tutto il corpo. Costei indietreggiò, quindi, barcollando pericolosamente. Il keyblade le si frantumò in mano e si portò la mano destra poco sotto il petto. Sora la fissò con freddezza.
- Voi - disse. - Voi, maledetti, avete rapito Kairi! Per colpa vostra io mi ritrovo qui, lontano da casa, a combattere per qualcosa che non mi riguarderebbe minimamente! - urlò, stringendo i pugni.
L’Allievo gli lanciò un'occhiata senza fiatare. Sora continuò a scaricarsi sul suo nemico, come fosse stata tutta colpa di quella presunta ragazza che aveva davanti.
- Sono stanco! - urlò nuovamente. Abbassò lo sguardo, fissando il terreno. - Sono stanco... -
- Sora... -
La testa del ragazzo si rialzò velocemente. I suoi occhi brillarono di una strana luce. Una voce femminile, dolce, flebile, lo aveva chiamato. Pareva molto lontana, eppure molto vicina al tempo stesso.
- Kairi? - domandò Sora.
Controllò i dintorni. Era sicuro di averla sentita parlare.
- Kairi! - urlò. - Dove sei? -
La risposta ci mise un po’ ad arrivare.
- Sono qui -
- Qui, dove? - domandò ancora Sora, uscendo dalla via e scrutando in mezzo agli Heartless, confuso da ciò che udiva.
L’incappucciato, ancora ferito, si avvicinò a Sora, silenziosamente. Il Custode avvertì lo stesso il suo spostamento e, irritato per l’intromissione, si voltò di scatto e colpì l’inerme avversario con un secondo tondo.
L’Allievo non si mosse, tenendo la testa bassa e subendo il colpo. Fu allora che il cappuccio le scivolò sulle spalle, scoprendole il volto. Lunghi capelli rossastri, lisci, ricaddero sulle esili spalle della figura. La ragazza sollevò lo sguardo verso Sora. E sorrise.
- Ciao... Sora... - lo salutò semplicemente.
Il ragazzo rimase a fissarla, inebetito. Iniziò a sudare freddo. Sentì il cuore che stava per sfondargli il petto.
- No... - balbettò. - Non è... Non è vero... Io non ci credo.. Non è possibile... -
Rimase lì dov’era, con la bocca semi aperta, continuando a biascicare parole incomprensibili.
La ragazza continuò a sorridergli. Ma ben presto, quel sorriso si spense ed ella chiuse gli occhi, avanzando con passo incerto verso il ragazzo. Giunta vicino a lui, si lasciò andare. Sora, quasi istintivamente, la prese tra le sue braccia, posando un ginocchio a terra e tenendola sollevata. La guardò a lungo. Una lacrima gli solcò la guancia.
- Kairi... - la chiamò, con un filo di voce. - Kairi... Ti prego! -
L’amica non gli rispose. Sembrava svenuta. Ad un certo punto, però, riaprì gli occhi. Le sue chiare iridi azzurre si posarono su Sora.
- Sora - disse. - Ti ricordi di me? Non... Non mi hai dimenticata... Vero? -
Il ragazzo stava per scoppiare a piangere.
- Ma certo che mi ricordo! Come potrei...? - si interruppe. - Che cosa stai dicendo? - disse, singhiozzando.
Attirato dalle voci nel viale, anche Riku si era avvicinato e, non appena aveva girato l’angolo, correndo, si era arrestato. Aveva visto Sora e Kairi. Indietreggiò di lato, ansimando e appoggiandosi alla parete di un'abitazione.
- Perdonami Sora... Ma non sono riuscita a controllarmi... Io... Io non volevo farti del male... Lo giuro... Non volevo costringerti a questo... Spero tu... Possa perdonarmi... -
- Perdonarti? - ripeté Sora, le lacrime che scendevano copiose lungo il suo viso. - No, Kairi! Sono io che devo chiederti perdono! Un perdono che non basterebbe, che non varrebbe nulla se tu te ne andassi! Ti prego, Kairi, non lasciarmi! -
Kairi sorrise per l’ultima volta.
- Grazie - lo ringraziò sinceramente la giovane.
Non le importava nulla delle ferite che le aveva inferto l’amico. Era felice perché lui non si era dimenticato di lei. Sora scosse la testa.
- Perdonami, Kairi! - gridò. - Perdonami! Non ho mantenuto la promessa! -
Ma furono solo parole buttate al vento. Kairi iniziò lentamente a farsi più leggera; stava scomparendo. In pochi attimi, il suo corpo cominciò a svanire, lasciandosi dietro di sé una scia di piccole luci argentate che andarono a svanire lentamente, disperdendosi tra le braccia di Sora. Infine, il soprabito nero divenne fumo, dissolvendosi nel vuoto.

Il silenzio calò all'improvviso. Riku si avvicinò a Sora.
- Sora! Sora! - lo scosse con forza.
Il Custode del keyblade era in ginocchio. Fissava il vuoto innanzi a sé.
- Coraggio, Sora! Muoviti, c'è bisogno del tuo aiuto! - tuonò Riku, scuotendolo più forte.
Anche lui, per quel poco che aveva visto, non voleva credere a ciò a cui aveva assistito. Sora non gli prestò alcuna attenzione. Nessuno sapeva a cosa stesse pensando in quel momento.
- Kairi se n'è andata... - disse con voce spenta e disperata. - Kairi non parlerà più, non riderà più, né piangerà o si arrabbierà... Che ne è di noi... Che pensiamo di fare? Che ne è del mio dolore? Le dita mi stanno pungendo... La mia bocca è secca... I miei occhi stanno bruciando... -
Alcuni passi riecheggiarono in quel preciso momento dietro ai due ragazzi.
- Lascia stare, ci penso io - intervenne qualcuno.
- Che cosa? - replicò Riku. - Vattene da qui! -
- Levati dai piedi, petulante ragazzino -
Alle spalle di Sora accadde qualcosa. Un urlo di Riku, dei colpi di keyblade e, poi, più niente. Decise, quindi, di voltarsi.
- Vedo che, alla fine, hai ucciso la tua cara amica. Da te non me lo sarei mai aspettato. Immagino cosa provi: il tuo cuore non può resistere ad una tale... Sciagura. La rabbia e l'odio avanzeranno imperterriti. E di me, invece? - chiese la figura appena giunta. - Ti ricordi di me? -
Come una grande tenebra, arrivata a seminare distruzione e rovina, Albaran si parò dinanzi a Sora, con un ghigno beffardo dipinto sul volto.

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Capitolo 42
*** Capitolo 41: Il più terribile tra i nemici ***


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Capitolo 41: Il più terribile tra i nemici


Nei pressi delle mura infuriava la battaglia. Gli Heartless avevano iniziato rapidamente ad arrampicarsi su per quell’immenso ostacolo che impediva loro di raggiungere la città. Una volta giunti dall’altra parte, però, avevano trovato qualcosa di peggio delle sole mura. Coloro che erano accorsi per fermarli non avevano perso tempo.
Axander diede il via alle danze sin da subito, con potenti attacchi di fuoco che neutralizzavano battaglioni interi. Le frecce nemiche non potevano nulla contro le sue barriere infuocate e molti nemici scomparivano annientati dalle lingue fiammeggianti che li investivano.
Il Re e Riku iniziarono ad ingaggiare battaglia con un gruppo di Invisibili, distruggendone una ventina ciascuno e costringendone alla fuga altrettanti; essendo avversari piuttosto duri da affrontare, le energie cominciarono a venir meno dopo poche battute.
Marcus e Basch, saliti sulle mura, cercavano, invece, di bloccare in anticipo gli Heartless e, anche se se ne lasciavano scappare molti, stavano svolgendo un ottimo lavoro.
Anche Barret era salito sulle mura, iniziando a sparare su alcuni Behemoth assai lenti ad avanzare, i quali avevano preso di mira il cancello principale.
Ad alcuni Defenders e Wizards che riuscivano ad oltrepassare per puro miracolo la prima via, spettava la disfatta: Leon, Red e Yuffie si erano aggiunti per ultimi, senza sfigurare comunque per le loro doti di guerrieri.
- Leon! Leon! - tuonò Barret. - Sono troppi questi bestioni, non riesco a finirli in fretta! Sfonderanno il cancello! -
Leon calò il suo gunblade su un Heartless, eliminandolo, per poi voltarsi, in direzione dei compagni.
- Stanno per entrare! Teniamoci pronti! - la sua voce sovrastò il cozzare di molte lame.
Aveva appena finito di pronunciare quelle parole che Barret cadde dalle mura, alzando un gran polverone. Nonostante la caduta e il tonfo micidiale, non si era fatto quasi nulla.
- Coff... Coff... Un tale, vestito di nero... Sta venendo qui... Coff! - avvertì tutti, tossendo.
- Vestito di nero? - gli piombò accanto Axander. - Lo hai visto meglio? -
- Certo che l’ho visto meglio! Era alto, capelli argentei ed un’aria estremamente tranquilla! -
Axander imprecò. La descrizione era lacunosa, ma aveva già intuito l'identità dell'avversario.
- E’ Albaran. Non ci voleva, proprio lui! -
Axander corse verso il Re, per avvisarlo. Dopo aver ascoltato brevemente le parole del Guardiano, Topolino annuì.
- E dov’è Riku? - chiese Axander.
Il Re, colto alla sprovvista da quella domanda, si guardò le spalle.
- Non lo so, era qui fino ad un attimo fa. Credo si sia avviato verso l’interno di Linahar -
In quel preciso momento, le porta del cancello principale si trovarono sottoposte ad una tale pressione che furono sbalzate fuori dai cardini, finendo dritte qualche metro più avanti, distruggendo un'intera schiera di abitazioni. Dallo spesso nuvolone di polvere che si era alzato, uscì una figura che avanza con incedere composto, molto lentamente. Le sue braccia ondeggiavano lungo i fianchi regolarmente, ad ogni passo, e lo sguardo era fisso sui presenti.
La nuvola si diradò ben presto e Albaran, con un sorrisetto che gli conferiva un’aria più pericolosa di quella che lo accompagnava da sempre, schioccò le dita. Attorno al gruppetto formato da Barret, Leon, Yuffie e Red, si alzò un fortissimo vento che ruotava in senso antiorario. La sabbia sollevata dalla forte velocità dell'aria creò una sorta di gabbia attorno ai malcapitati. Si trovarono rinchiusi nel grigiore e nel caos tipici di un tornado.
Marcus e Basch, appena lo videro, furono subito addosso ad Albaran che, con straordinaria abilità, schivò i loro colpi per afferrare le loro spade e scagliare i due guerrieri in direzioni opposte.
- Se avessi saputo che c’era gente così a difesa di questo mucchio di case, non avrei di certo perso tempo a radunare tutti questi Heartless -
Fece un passo in avanti ed un globo infuocato esplose a qualche centimetro dal suo piede. Albaran alzò lo sguardo e vide che il fratello lo stava per assalire, sguainando le sue alabarde.
Sorrise, quindi, e mise le mani dietro la schiena, quasi a voler prendersi gioco dell’avversario.
- Toh, chi si rivede - lo canzonò.
La lama di una delle alabarde si conficcò nel terreno, provocando un’onda d’urto che fece terra bruciata nel raggio di parecchi metri.
- Ah, addirittura ridursi ad attaccare quando sono impegnato a fare altro - disse Albaran, sospeso per aria. - Non è molto corretto -
Axander lo fissò, ben poco benevolo nei confronti del parente.
- Parli proprio tu di correttezza? -
Il sorriso svanì dalle labbra di Albaran.
- Osi accusarmi di essere un vile come te? - replicò. - Sono sempre stato di parola e la correttezza è tutto, per il sottoscritto -
Il Generale dei Venti tese la diritta verso l’esterno e una raffica di vento avvolse il suo braccio. In pochi secondi dopo, un keyblade fece la sua apparizione, ben saldo nella mano del suo evocatore.
L'arma aveva una forma allungata, dotata di una portata eccezionale. Completamente bianca, l’impugnatura era decorata da numerose foglie impallidite e da figure rassomiglianti a delle nuvole. La lama assottigliata presentava tre denti affilati, a forma di uncini.
- Un keyblade... - ringhiò Axander.
Albaran rise di gusto.
- Già... E tu sei l’unico idiota che ne è sprovvisto. Ma sarò sincero con te: sono keyblade solo nella forma. Dei cloni, per dirla in altre parole. Sprovvisti di keyholder... No, noi non siamo i prescelti, ma dovevamo esserlo - precisò Albaran. - Solo Ilfrien è stato premiato, per i suoi sforzi. Lui possiede il keyblade sovrano, la più potente tra tutte le chiavi -
Dopo il breve discorso, una voce si intromise.
- Coraggio, Al! Disintegra il traditore! - urlò Grelwan, apparso improvvisamente sul bordo delle mura.
- Non aspettavo certo che tu venissi a dirmelo - sentenziò Albaran, scocciato.
Roteò immediatamente la Chiave nella sua mano e si gettò all’attacco, prima ancora che Axander potesse accorgersi di ciò che stava per accadere.
Il Generale si bloccò a pochi centimetri dal fratello, posizionandosi di profilo rispetto a lui. Il braccio destro era già caricato, per poter sferrare un poderoso tondo, da sinistra verso destra.
- Ho atteso a lungo questo istante - disse. - Ere ed ere, millenni ed ancora millenni. Hai battuto tutti noi, quella volta. Persino Ilfrien. Ma con me, tu avesti la meglio solo per un caso fortuito. Quest’oggi non si ripeterà -
Tutt'a un tratto, entrambi furono colpiti da una forte fitta al petto. Axander abbassò la guardia, andando a tastare con una mano in direzione del cuore.
- Lo senti anche tu quel dolore - sibilò Albaran. - Lo hai già sentito la volta in cui ti liberasti di Nathan, ma non era così forte. Anche io lo avvertii, ma mi è bastato una volta per farci l’abitudine. Ogni qualvolta uno dei nostri fratelli viene sconfitto, il segnale si fa sempre più chiaro -
Alle loro spalle, sulla sommità delle della cinta muraria, Grelwan storse la bocca, cercando di non far notare che anche lui accusava la medesima fitta. Un lampo solitario squarciò il cielo, segno che anche Ilfrien era venuto fuomineamente a conoscenza della disfatta di uno di loro.
- E io so già che cosa è accaduto. Il tuo caro Sora ha dato il ben servito al nuovo arrivato. Perfetto - sogghignò Albaran. - Addio -
Come se il tempo si fosse fermato, terminate quelle parole, il keyblade saettò verso Axander. Costui fu sbalzato all’indietro, scaraventato contro la parete di un edificio e venendo travolto dalle macerie. Albaran fece roteare nuovamente la sua arma per aria.
- E’ giunto il momento di andare a fare visita al Custode del keyblade - disse.
Si avviò, quindi, indisturbato, verso una delle vie di Linahar.

Giunto all’entrata della strada, il Generale vide Sora e Riku, l’uno accanto all’altro. Il primo era in ginocchio, a terra, mentre l’altro cercava di destarlo.
Albaran si avvicinò, prendendo per una spalla Riku e spostandolo con ben poca gentilezza.
- Lascia stare, ci penso io -
Riku si oppose, impugnando il keyblade. Non ebbe il tempo di realizzare chi era veramente arrivato da lui.
- Che cosa? - tuonò. - Vattene da qui! -
Alabaran lo fulminò con lo sguado.
- Levati dai piedi, petulante ragazzino! -
Riku levò il keyblade per aria, gettandosi sul nemico alla cieca. Albaran si scansò di lato, colpì il keyblade avversario con il proprio, disarmando il ragazzo. Si sbarazzò di lui come aveva fatto con Axander, ovvero con un tondo talmente veloce che pareva aver fermato il tempo. Riku cadde rovinosamente per terra.
- Vedo che, alla fine, hai ucciso la tua cara amica. Da te non me lo sarei mai aspettato. Immagino cosa provi: il tuo cuore non può resistere ad una tale... Sciagura. La rabbia e l'odio avanzeranno imperterriti. E di me, invece? - chiese il Generale, voltandosi verso Sora. - Ti ricordi di me? -
Sora non rispose. Si limitò ad osservare il nemico con uno sguardo vacuo e sperduto nel vuoto, con occhi spenti.
- Io... Io... - balbettò, con un filo di voce.
Albaran lo prese per il collo, sollevandolo da terra.
- Oramai non sei nient’altro che un bamboccio. Sono contento - affermò. - Kairi aveva chiesto di lasciarle un’altra opportunità per eliminarti e non ha fallito. Ora, distrutto dal dolore, il tuo cuore sta lentamente collassando -
Fece una breve pausa, scrutando Riku, steso a terra.
- Ma dato che, com'è risaputo, io sono una persona corretta, ti spiegherò tutto. Hai diritto di sapere, in fin dei conti. Vedi - iniziò. - La tua amica e quell’altra ragazza ci sono servite per riaprire Kingdom Hearts. Sigillato, non serve proprio a nulla, se non a fare da sfondo ad un bel cielo stellato durante una qualsiasi notte estiva particolarmente noiosa. Ma due cuori puri, più il solito contributo di altri cuori, sono la mossa vincente. Se l’altra ragazza ci ha dato solo parte del potere del suo cuore, per aprire Kingdom Hearts, prima che Einar venisse a rapirla, con Kairi è stato diverso: con lei abbiamo completato l’opera, rimanendo a nostra volta meravigliati. In lei c’era molto più potere di quanto ci aspettassimo -
Sora, incosciente, penzolava dalla mano di Albaran, ascoltando controvoglia. Le parole sembravano con scalfirlo minimamente. In realtà, esse risuonavano nella sua testa come tante esplosioni che gli laceravano l'anima.
- Finito il suo compito, di Kairi non rimaneva quasi nulla, se non un guscio vuoto. Il suo cuore non esisteva praticamente più. Tuttavia, era un peccato sprecarla così e trasformarla in un volgare Nessuno. Quindi, sperando che accadesse ciò che è accaduto, cioè che ti sconfiggesse su tutti i fronti, Ilfrien ha usato i suoi immensi poteri per renderla identica a noi, donandole un nuovo cuore. Una nostra sorella - sorrise Albaran. - Oramai, pressoché come noi, legata anche lei a Kingdom Hearts, era costretta ad evitare che tu portassi a termine la tua missione. Poverina, costretta ad eliminare il suo miglior amico per poter sopravvivere -
- Non ascoltarlo, Sora! -
Albaran si voltò di scatto, irritato da quella voce molesta che lo aveva interrotto. Sora tentò di fare altrettanto e vi riuscì con enorme fatica.
- Tu! -
Axander se ne stava in piedi all'imbocco del viale, solitario. Sullo sfondo, delle fiamme che avvolgevano le mura di Linahar.
- Sicuramente le hanno manipolato la mente, come un burattino - disse Axander. - Io li conosco bene e so cosa sono capaci di fare -
Una lama infuocata gli roteò alla sua sinistra, affiancandolo e restando sospesa a mezz'aria, come in attesa di un ordine. Axander sorrise.
- Sono loro che non conoscono bene me -
Ad un suo segnale del braccio, la lama saettò in avanti. Albaran si trovò costretto a lasciare la presa su Sora, deviando con uno schiaffo la lama. A quel punto, Axander colpì.
Giunto immediatamente davanti al fratello con quel diversivo, si abbassò, sferrandogli un montante con entrambe le alabarde. Il Generale Si sentì trascinare verso l'alto, andando ad urtare contro uno dei ponti che solcavano i viali e che collegavano i tetti delle case.
- Dannazione, anche io avevo questo dubbio, ma non è il momento di arrendersi! - urlò Axander, avvicinandosi a Sora e facendolo rialzare in piedi. - Mio fratello dice il vero, purtroppo. L’ombra in loro potere è troppo grande affinché qualunque persona possa resistere -
Sora non parlò e barcollò per un attimo, appoggiandosi al muro. Scosse la testa.
- Che importanza ha ora... Lasciami in pace... -
- Ah, è così? - fece Axander, mentre Sora si allontanava, in direzione delle mura. - E’ questo che hai imparato fino ad ora? Arrenderti quando abbiamo bisogno del tuo aiuto? -
- Troppe volte ha rinviato la resa! - urlò Albaran, apparendo all’improvviso.
Si lanciò su Axander con il suo keyblade, ma questi fu rapido a parare. Entrambi si ritrovarono avvinghiati in una morsa letale.
- Ha ragione lui - disse Albaran, con voce più pacata. - Lascialo stare... -
Iniziarono a incrociare le lame, combattendo furiosamente. Passati pochi minuti, Axander fu colto da un’illuminazione, ma non diede a vedere che era riuscito a trovare una soluzione.
- Una nostra sorella, vero? - chiese astutamente al fratello.
- Vedo che anche tu, alla fine, ci sei arrivato -
Albaran sferrò un fendente e Axander lo schivò. Ciononostante, il Generale dei Venti fu veloce ad allungare la mano libera, scagliando una raffica di vento contro il fratello che perse l'equilibrio e fu gettato al suolo.
Axander si rialzò rapidamente, iniziando ad urlare.
- Sora, se Kairi è diventata come loro... Come me... Questo vuol dire che non è morta! So come aiutarti! -
Ben presto, il volto di Albaran fu sconvolto da una smorfia di rabbia. Si lanciò contro Axander, puntandogli il keyblade alla gola.
- Taci, vigliacco! -
Sollevò il keyblade, preparandosi ad affondarne la punta nel collo dell’avversario. Qualcosa, però, fendette l’aria e, rapidamente, si scagliò sulla mano di Albaran, disarmandolo. Questi guardò poco più avanti, sconcertato.
- Chi osa...! - tuonò.
Sora riprese l’Ultima Weapon al volo, la quale ritornò stretta tra le sue mani. Con straordinaria destrezza, il Custode si avventò su Albaran, menando un tondo dalla potenza strepitosa e mandando il nemico al tappeto, lacerato da un fascio dorato emesso dal keyblade.
Axander ritornò in piedi, spolverandosi le ginocchia.
- Ottimo lavoro - si congratulò con Sora.
Poté notare come negli occhi dell’Eroe del keyblade brillava una strana luce. Axander ce l'aveva fatta: le sue parole erano risuonate come un eco di speranza e avevano raggiunto Sora in tempo
- Indietro - disse il ragazzo. - Lasciaci soli -
Axander annuì, senza ribattere.
- Fa attenzione, ok? -
 

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Capitolo 43
*** Capitolo 42: La potenza di Albaran ***


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Capitolo 42: La potenza di Albaran


Albaran si rialzò, passandosi una manica davanti alla bocca. Non vi era sangue.
- Uno contro uno? E' questo che vuoi? - domandò. - Non ho problemi a liberarmi di te, Sora -
- Neanch'io se è per questo - ribatté il ragazzo, agitando il keyblade.
- Non sottovalutare mai il tuo avversario - continuò Albaran, serio. - E non abbassare mai la guardia -
- Tu, però, mi hai sottovalutato -
- No. Io dico semplicemente le cose come stanno -
Albaran allargò le braccia verso l'esterno, tendendole. Le sollevò, in seguito, lentamente, sopra la testa. Attorno ai due si alzò una leggera brezza notturna che, ben presto, si tramutò in una raffica di vento molto più forte. Le braccia furono poi abbassate di colpo. Il vento iniziò a cambiare direzione ruotando dapprima attorno ai due sfidanti per poi potenziarsi ed espandersi, sino a coinvolgere un'area più vasta. L'intensità aumentò ancora e le case furono letteralmente spazzate via.
Sora alzò una mano sul viso per ripararsi dal polverone sollevato da tutto quel vento. Quando riaprì gli occhi, non vide quasi più nulla di ciò che vi era prima; non c'erano più le abitazioni, e il canale dove scorreva l'acqua delle montagne era spezzato. Si trovava all'interno di un'immensa area circolare. Una vera e propria arena.
- Non mi piace combattere contro un avversario che può sfuggirmi tra i vicoli - disse Albaran. - Preferisco un combattimento in campo aperto -
Sora si trovò spiazzato da quella decisione. Le sue mani strinsero con forza l'impugnatura del keyblade.
- E se non ti dispiace - continuò. - Prenderei l'iniziativa -
Detto ciò, Albaran scomparve. Sora non attese oltre. Sapeva già che probabilmente il nemico gli sarebbe piombato addosso quando meno se lo sarebbe aspettato.
Cominciò, quindi, a correre per tutta l'arena. Si guardava le spalle con circospezione per cercare di scorgerlo senza, tuttavia, smettere di muoversi. Ma Albaran non appariva. Sembrava essersene andato definitivamente.
- Che si sia dato alla fuga? - pensò Sora. Scosse il capo. - No, impossibile! -
Il caso volle che Sora passasse proprio dove fino ad un attimo prima si trovava Albaran. Il Generale riapparve: non si era mosso di un millimetro. Era solo diventato invisibile.
- Muori - decretò con freddezza, ritrovandosi il Custode a pochi passi.
Sferrò un montante con il suo keyblade, scaraventando Sora in aria. Dopodiché, scomparve nuovamente. Ritornò visibile dietro a Sora, a mezz'aria, colpendolo con un secondo montante. Scomparve. Ricomparve, per eseguire la medesima mossa per la terza volta di fila.
Sora non era in grado di rispondere. Non trovava il giusto equilibrio per poter riprendere la corretta posizione e contrattaccare.
All'ultimo, Albaran fece la sua apparizione sopra il giovane con il keyblade levato verso l'alto. Lo calò con forza, colpendo violentemente Sora e gettandolo a terra.
- Fine della corsa, marmocchio - ghignò il Generale dei Venti.
Sora impattò al suolo ad una velocità pazzesca.

Axander, intanto, al limitare del viale, aveva afferrato Riku per le spalle e lo aveva trascinato lontano.
Proprio in quel momento, Paperino e Pippo lo superarono, correndo all'impazzata.
- Fermi! - urlò. - Ehi, voi due! Fermatevi! -
I due si voltarono.
- Dove credete di andare? -
- Che domande! - sbottò Paperino. - Ad aiutare Sora! -
- Non possiamo lasciarlo solo in un momento come questo! - intervenne Pippo.
- Lasciate stare - scosse il capo Axander. - Vuole combattere da solo... D’altronde... Va capito... -
Paperino e Pippo si scambiarono un’occhiata interrogativa.
- Non è una questione che vi riguarda - aggiunse con tono grave Axander. Riprese a trasportare via Riku.
- Che cosa è successo? - chiese Pippo.
Axander si fermò. Non si voltò, ma rimase fermo com’era, dando le spalle ai due.
- Kairi... - mormorò.
Paperino e Pippo aprirono la bocca come per parlare, ma non dissero nulla. In breve, i loro volti si rabbuiarono. Furono appesantiti dalla tristezza di quell'attimo.
Axander continuò a camminare. Scomparve dietro l’angolo, non prima, però, di averli rassicurati.
- Non preoccupatevi, a quello penseremo dopo. Ora muovetevi se davvero tenete al vostro amico! -
Stupiti di quell’improvviso cambiamento d’opinione, Paperino e Pippo annuirono con determinazione e ripresero a correre verso il luogo dello scontro. Il loro amico aveva un disperato bisogno del loro aiuto.

Sora si rialzò, sollevandosi a fatica sulle sue braccia affaticate.
- Già stanco? -
Alzò lo sguardo verso Albaran, il quale lo fissava con espressione stranamente seria. Questi mulinò il keyblade per aria, per poi puntarlo contro Sora.
- Aeroga - pronunciò gelidamente.
Un vortice d'aria circondò la sua arma, iniziando a roteare dapprima lentamente e poi sempre più velocemente. Si sviluppò lungo tutta la lama e si allungò oltre e, come il laccio di una frusta, si scagliò sul ragazzo.
Sora lo evitò di poco, balzando sopra il keyblade nemico e tentando, nel contempo, di colpire Albaran al volto. Ma non appena l'Ultima Weapon si avvicinò, la mano del Generale la bloccò, afferrandone la guardia. Tendendo il braccio verso l’esterno, lanciò Sora verso la sua sinistra, parecchi metri più in là.
- Patetico - commentò. - Veramente patetico -
Puntò nuovamente il keyblade contro il giovane steso a terra.
- Aeroga -
Questa volta, il tornado formatosi lungo tutto il corpo della Chiave scattò in avanti come un raggio cinereo.
In quegli attimi, Sora non poté far altro che rimanere a guardare, inerme. Non sarebbe riuscito ad evitarlo in tempo.
- Oh, no... Non può finire così! -
Il colpo, però, si infranse su di un ostacolo.
- Pippo! - lo chiamò Sora, entusiasta.
Il guerriero era riuscito a porsi tra Sora e l’avversario con il suo grosso scudo, mentre Paperino aveva lanciato un Reflex su tutto il gruppetto. Albaran scoccò loro un’occhiata penetrante.
- Schiocchi impiccioni - disse. - Vi insegno io a ficcare il naso dove non dovreste -
Si abbassò e si lanciò all’attacco con un solo balzo, volando rasoterra in direzione di Paperino e Pippo.
- Via! - urlò il mago.
Entrambi si gettarono di lato, scampando all’assalto. Il Generale si arrestò poco più in là, voltandosi verso di loro. I suoi occhi dardeggiavano per la rabbia.
- Voi... -
Albaran si gettò in un nuovo e rapidissimo attacco, ma qualcosa andò storto: Sora, nuovamente in piedi, era riuscito ad avvicinarsi ai due compagni e ad utilizzare per la prima volta durante quel viaggio una delle fusioni.
Paperino e Pippo scomparvero tutt’a un tratto. Una strana luce avvolse Sora, che si ritrovò vestito con abiti neri e gialli. E mentre in una mano teneva l’Ultima Weapon, nell’altra reggeva saldamente l’Ornamento, il vecchio keyblade che aveva ottenuto al Monte Olimpo.
- Ah, inutili trucchetti - gracchiò acidamente Albaran, contrariato. - La compagnia di mio fratello ti deve aver influenzato in negativo -
- Ti mostrerò cosa sono in grado di fare con questi "trucchetti" -
Questa volta fu Sora a partire all’attacco. Prima ancora che Albaran potesse ricominciare a parlare, gli fu subito addosso. Con due keyblade, aveva ormai la situazione in pugno.
In un primo momento, l’avversario non parve minimamente turbato dal pensiero di avere di fronte un nemico che poteva maneggiare due armi, una in più di lui. In seguito, tuttavia, iniziò a valutare la situazione sotto un diverso punto di vista.
Riprese l’iniziativa, tentando un affondo che andò a vuoto. Sora ne approfittò per scatenare tutta la potenza della Triade su Albaran. Grazie ad una serie ininterrotta di combo, lo fece indietreggiare sino al margine dell’arena. Il Generale si proteggeva con difficoltà, ma aveva ancora abbastanza forza per poter continuare a combattere. Aprendo una mano, approfittò di una pausa molto breve per scagliare Sora lontano e, quindi, poter riprendere fiato.
- La cosa comincia a farsi interessante - sibilò. - Non me l’aspettavo. Davvero -
Camminò fino al centro dell’arena, ignorando Sora che si riavvicinava con sempre maggiore velocità. Quando fu a tiro, l’Ultima Weapon e l’Ornamento colpirono all’unisono.
- E' fatta! - gioì Sora.
Non accadde nulla. Soltanto un rumore vago e gelatinoso. Sora riprese più e più volte ad attaccare un nemico che se ne stava tranquillo ad osservare gli inutili tentativi del ragazzo di sfondare quella che era a tutti gli effetti una barriera.
Albaran era invulnerabile. Sora indietreggiò, roteando i keyblade sopra la sua testa.
- Dovrei provare a lanciargli qualche magia, ma sarebbe inutile, lo sento. Sprecherei solo energie - pensò il Custode della Chiave. - No, devo continuare ad attaccarlo finché non avrò sfondato le sue difese! -
Saltò in alto e, presa la mira su Albaran, lanciò entrambi i keyblade. Questi scesero in picchiata verso il terreno per curvare bruscamente a pochi centimetri da esso, in direzione del bersaglio, intento a ridere di gusto.
- Aeroga! - urlò per l'ennesima volta.
Nei palmi delle sue mani comparvero, allora, due lame rotanti. Erano grigiastre e dalla forma confusa; evidentemente composte dell’elemento che Albaran sapeva padroneggiare alla perfezione: il vento.
Le scagliò in risposta ai due keyblade e una tremenda esplosione seguì lo scontro tra le quattro armi.
Le Chiavi furono rimandate al mittente che le afferrò al volo. Sora corse verso l’uomo e, con una capriola, gli fu alle spalle. Albaran si voltò di scatto, colto alla sprovvista. Non aveva visto Sora a causa di tutta quella polvere alzatasi poco prima.
- Che cosa...? -
Troppo tardi per una qualsiasi risposta. Sora, con uno scatto fulmineo, lo trapassò, tenendo i keyblade incrociati.
- Fine della corsa, dannato -
Rimasero immobili. Sora da una parte, nella stessa posizione con la quale aveva eseguito l’attacco. Albaran dall’altra, che gli dava le spalle, con la bocca semiaperta e gli occhi sgranati per la sorpresa.
- No... Non può essere... - sussurrò.
Cadde in ginocchio e il keyblade gli scomparve di mano. Sora si girò a scrutarlo con la più totale freddezza negli occhi. Non provava pietà per quel nemico.
- Io... Il grande Albaran... Sconfitto così... - vaneggiò, tentando di rialzarsi, appoggiando un piede a terra e tenendosi il petto.
- Tutta l’oscurità, prima o poi, verrà sconfitta - esordì Sora. - Per lasciare spazio alla luce -
Vi fu un attimo di silenzio. Dopodiché, Albaran lanciò un’occhiata dietro di sé.
- Anche la luce... Verrà sconfitta! -
Sorrise, rialzandosi. Sora fece un passo indietro, stupito e turbato.
- Essa non sarà mai in grado di prendere il sopravvento. Non è che un barlume di speranza per coloro che desiderano un mondo in pace. Un barlume, nulla di più, destinato a sparire dietro ad una nuova oscurità -
Il vento riprese a soffiare ed a fischiare.
- Ma io non lascerò che neanche il più piccolo riflesso di luce faccia la sua apparizione -
La sua voce sembrò all’improvviso potente e più malvagia di prima. Le sue iridi si tinsero di un rosso intenso. Una chiazza nera si aprì sotto i suoi piedi ed essa andò, lentamente, ad espandersi per tutta l’arena. Delle strane colonne di fumo nero si innalzarono dal terreno come se tutto stesse prendendo fuoco, avvolto da una fiamma oscura.
Albaran alzò la sua mano destra, osservandola. Un’aura buia lo avvolse completamente.
- Che sta succedendo? - chiese Sora, stando bene attento a dove metteva i piedi.
Già più volte quella specie di nebbiolina che ora ricopriva il suolo lo aveva afferrato per le gambe a trascinato verso il basso.
Improvvisamente, destandolo dai suoi pensieri, un ruggito giunto dal nulla raggelò il sangue nelle sue vene.
La cupola nera sotto la quale si nascondeva Albaran si era ingrandita sempre più, sino a diventare enorme.
- Questa notte - tuonò. - Il Custode del keyblade cadrà. Ed io gioirò immensamente per la sua disfatta -
La cupola esplose, trascinando dietro di sé tutta l’oscurità della quale l’aria si era empita. Sora osservò senza dire nulla, tenendosi in posizione difensiva.
La terra tremò. La nebbia si diradò velocemente ed un essere spaventoso apparve innanzi ad un Sora meravigliato e quasi impaurito.
Sembrava un gigantesco Darkside. In petto, però, non vi era il vuoto a forma di cuore e le ali sulla schiena erano enormi. Le braccia e le mani erano possenti, munite di artigli letali lunghi più di un metro. La testa aveva la forma di quella di un lupo con delle grandi orecchie appuntite. I piccoli occhi gialli, tipici di un Heartless, scrutavano Sora, paralizzato a terra. Le fauci del mostro si aprirono, scoprendo zanne nere come tutto il corpo.
Albaran trasse un profondo respiro, indietreggiando con la testa. In seguito, riaprì la bocca, scagliando un oscuro raggio in direzione del giovane.
Sora si scansò di lato, appoggiandosi con la mano al terreno e rimanendo accucciato.
- Che cosa è diventato? - si domandò. - Un Heartless? -
Un secondo raggio fuoriuscì dalla gola del mostro e Sora riuscì di nuovo a non essere sfiorato. Scattò verso Albaran, sguainando i keyblade, e lo colpì più volte ad una delle possenti zampe. Ciononostante, le Chiavi urtavano contro una specie di barriera, la stessa di prima.
- Non riesco a ferirlo! -
Una delle zampe si mosse sferrando un potente calcio al ragazzo, gettandolo verso il bordo dell'ampio cratere.
Le fusione terminò immediatamente. Sora, Paperino e Pippo si rialzarono e tornarono ad osservare il gigantesco essere. Non c’era più nulla da fare, ma dovevano ugualmente trovare una soluzione il più in fretta possibile.
 

Ringrazio chi continua a seguire la storia! Per Black Roxas: si tratta più che altro di una questione di tempo. Andare a recuperare Nathan avrebbe significato impiegare più tempo ed una ricerca più lunga invece che utilizzare Kairi ;)

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Capitolo 44
*** Capitolo 43: Dopo la battaglia ***


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Capitolo 43: Dopo la battaglia


Una delle possenti braccia si diresse velocemente verso Sora. Come un lampo, il ragazzo colpì il polso della creatura, riuscendo a spostarsi. Gli artigli colpirono il suolo con violenza, creando una devastante onda d’urto.
- Paperino, Pippo! - urlò Sora. - Presto! -
I due amici seguirono il giovane, correndo a tutta velocità. Un raggio oscuro piombò alle loro spalle, mancandoli di poco.
La testa dell’enorme mostro si voltò, seguendo il percorso dei tre. Spalancò le fauci, lanciando un ruggito feroce che rimbombò in tutta la vallata. Dopodiché, Albaran prese a colpire con forza il terreno con i lunghi artigli, cercando di afferrare il Custode del keyblade, senza successo.
- La fuga è inutile - ruggì. - E il tuo destino è segnato -
Un altro raggio scalfì il terreno, proiettando per aria massi giganteschi che piovvero su tutta l’area circostante. I tre amici si persero di vista.
Sora fece apparire il keyblade, guardando in direzione di Albaran.
- Troviamo il punto debole. Ne avrà pur uno! - urlò verso i compagni, riuscendo a scorgere Paperino, che era riuscito a rifugiarsi tra alcuni detriti, riparandosi con Aero e Reflex, mentre Pippo si era portato alle spalle del mostro. Disposti in tal modo, formarono un triangolo. Sora non ci mise molto ad escogitare un piano.
- Pippo, resta fermo dove sei! -
Costui annuì, preparandosi ad ogni evenienza. Quindi, Paperino e Sora iniziarono a correre lungo tutto il bordo della voragine, oltrepassando ai lati Albaran, in modo da portarsi dietro di lui.
Tuttavia, l’oscuro essere spalancò le grandi ali e, con un solo battito, si alzò di parecchi metri da terra, rimanendo sospeso a mezz’aria. In seguito, iniziò rapidamente a prendere quota, levandosi al di sopra di tutta la vallata ed osservando la città dall’alto.
Aprì le braccia, accumulando tra le mani delle piccole sfere nere che andarono pian piano ad inglobarsi in un golbo sempre più ampio e dall'aspetto minaccioso. Una roca risata provenne dalle fauci di Albaran.
- Con questo porrò il capitolo fine a tutta questa stupida messinscena! -
Distese le braccia verso il basso, ponendo innanzi a sé la sfera nera. L’ennesimo raggio si sprigionò con potenza inaudita, diretto verso l’arena dove, proprio in quel momento, Sora, Paperino e Pippo si stavano preparando a contrattaccare.
Il ragazzo balzò sullo scudo dell’amico, il quale lo spinse verso l’alto. Sulle spalle di Sora c’era Paperino pronto a lanciare un potente incantesimo. I due si ritrovarono a parecchi metri da terra, poco più sotto di Albaran.
- Ora! - ordinò Sora.
Puntò il keyblade verso il mostro e, contemporaneamente, Paperino lanciò un Firaga ben indirizzato al petto dei Albaran. Il fascio che scaturì dalla punta della Chiave ed il turbine infuocato furono raggiunti ben presto anche dallo scudo di Pippo che roteava nella medesima direzione. I tre attacchi si unirono in una sola sfera dorata che emanava una luce intensissima. Essa andò a segno una frazione di secondo prima che il raggio nemico potesse colpire il suolo, sbriciolando ogni cosa.

L’esplosione fu violentissima. I tre quarti delle abitazioni furono ridotte in un mucchietto di polvere, mentre del resto di Linahar non rimase altro che rovine e catapecchie, in piedi per miracolo. Il raggio, inoltre, colpendo il pieno centro del cratere, andò ad allargarlo formandone un altro spaventosamente vasto che si estendeva da una sponda all’altra della vallata.
Passarono secondi interminabili. Poi, solo il silenzio.

Sora uscì da una piccola nicchia dove aveva trovato rifugio assieme ai due compagni poco prima dell’esplosione. Erano riusciti a ritornare a terra in tempo per potersi mettere in salvo.
- Ooooh! - esclamarono stupiti Paperino e Pippo.
Sora, invece, non disse nulla. Iniziò ad avviarsi verso il centro del cratere, convinto che fosse rimasta ancora qualche traccia del nemico. Ma giunto a destinazione, il giovane trovò solo un uomo riverso a terra, con la bocca semiaperta e gli occhi socchiusi.
Si avvicinò, sino a giungere a qualche metro dall’individuo. Come se aspettasse soltanto l’arrivo del ragazzo, Alabaran cominciò a dissolversi nell’aria. Una nube di fumo nero trascinata via dal vento.
Ci impiegò pochi secondi a svanire del tutto e, quando ciò accadde, si alzò un’ultima, lieve, brezza mattutina.
Sora alzò lo sguardo verso il cielo e vide che il sole stava già iniziando ad alzarsi, facendosi largo tra le nubi che si stavano diradando.
- Allora - disse una voce. - Alla fine è stato schiacciato dal suo stesso odio -
Una figura avanzò tra i detriti, chinandosi laddove era scomparso Albaran. Nonostante il nero cappuccio calato sul volto, il folto ciuffo fuoriusciva lo stesso; il che, lo rendeva riconoscibilissimo. Sora estrasse, per l'appunto, il keyblade, indietreggiando.
- Sei venuto qui per me, non è vero? - domandò con una calma apparente. - Preparati, perché ben presto raggiungerai anche tu il tuo caro fratello -
Grelwan lo fissò, rialzandosi. Sorrise a malapena.
- Risparmia il fiato, Sora - disse. -Se ti avessi voluto vedere morto, ti avrei ucciso quando meno te lo saresti aspettato -
Conclusa la frase, lo Stregone delle Acque scomparve in un vortice nero, lasciando Sora da solo, a scrutare il vuoto.

- Buongiorno! - fece irruzione una nuova voce.
Sora aprì gli occhi e vide che qualcuno lo stava fissando dall’alto. Era Aerith.
- Dormito bene? - gli chiese.
Il ragazzo si mise a sedere. Non capiva come, ma aveva perso i sensi, senza accorgersene. Si era involontariamente sdraiato su un cumulo di terra.
- Mentre gli altri si davano da fare, lui stava qui a schiacciare un pisolino - aggiunse Tifa, affiancando Aerith.
- State bene, allora - disse Sora, rimettendosi in piedi. - Dove sono gli altri? -
Aerith sorrise. - Non preoccuparti, stanno tutti bene. Tutto è finito un’ora fa. Gli ultimi Heartless sono fuggiti all’improvviso -
- Avresti dovuto vederli - intervenne Tifa. - Un’intera macchia oscura scossa da un tremito e poi... Puff, tutti spariti! - gesticolando con le mani.
- Beh, è molto strano - rifletté Sora, grattandosi la testa.
- Puoi ben dirlo! - affermò Tifa. - Eravamo pressoché tutti esausti e ci stavamo per arrendere. Non so perché se ne siano andati di colpo... Avevano quasi la vittoria in tasca -
- Tutti esausti? - chiese il giovane.
Aerith annuì. - Tutti, tranne quel tuo amico. E’ rimasto quasi da solo per un bel po’ a combattere contro tutti quegli Heartless! -
- Ah sì, l’amico carino di Sora - sorrise Tifa, per poi voltarsi verso il ragazzo. - Pensa che Aerith è rimasta lì impalata per qualche minuto a guardarlo... Credo si sia presa una bella cotta! -
- Non è vero! Smettila! - la ripresa Aerith, con le mani ai fianchi e il broncio. In viso era tutta rossa. - Ero solo preoccupata perché, se avesse ceduto anche lui, tutto sarebbe finito -
Sora si mise a ridere, ma smise quasi subito.
- Qualcosa non va? - domandò Tifa.
- No... Nulla... - rispose Sora, rabbuiato. - Va tutto bene... -
Sospirò, sedendosi su di un masso e guardandosi le punte dei piedi.
- Ehi, c’è Leon! - esclamò Aerith.
Dopo qualche istante, arrivò Leon seguito da Barret, Red e Yuffie. Dall’altra parte, notati solo da Sora, giunsero Paperino e Pippo, rimasti leggermente indietro. Si raggrupparono tutti attorno al Custode del keyblade.
- Sora, sono felice di vedere che stai bene - esordì Leon, sorridendo.
- Ehi, e noi? - sbuffò Paperino, battendo un piede per terra.
- Scusate... Sono felice di vedere che state bene anche voi, Paperino e Pippo -
- Adesso che abbiamo visto che tutti stanno bene - intervenne Barret. - Direi che potremmo anche metterci alla ricerca di quegli altri cinque che non vedo da un pezzo -
- Cinque? - chiese Sora. - Ma qua c’è un’intera città da aiutare! -
- Non preoccuparti, la città è stata evacuata qualche ora prima che gli Heartless si avvicinassero - spiegò Red. - Sennò, avresti notato una certa confusione per le strade -
Sora annuì. - Chi manca? -
- Il Re, Riku... - cominciò Leon.
- ... Axander... - aggiunse Pippo.
- ... Basch e Marcus - concluse Sora.
- Dividiamoci, avremo più possibilità di trovarli - propose Aerith.
I presenti acconsentirono ed iniziarono in tutta fretta le ricerche.

Sora, assieme a Paperino e Pippo, arrivò alle mura dopo circa dieci minuti.
Sotto il suo sguardo, uno spettacolo poco piacevole a vedersi: le mura erano in parte state distrutte e in vari punti presentavano profonde crepe, larghe, a volte, anche vari metri. Le due torrette accanto al cancello non esistevano più e anche il cancello stesso era scomparso; Albaran aveva provveduto a disfarsene personalmente.
Enormi blocchi di marmo bianco erano accasciati sul terreno, sparsi un po’ qua, un po’ là. Sopra quelle rovine, spadroneggiava, nei cieli, l’imponente fortezza volante.
- Ne sono rimasti solo due - disse Sora, osservandola. Strinse i pugni. - E presto tutto questo finirà... -
- Giusto, finirà. Ma non per te, Sora, amico mio -
Axander stava passeggiando con calma verso il ragazzo, facendosi strada in mezzo a tutta quella distruzione.
- Axander! Sei vivo! - esultò Sora. - Temevo che non ce l’avresti fatta! -
- Non mi conosci molto bene neanche tu, in fin dei conti - sorrise Axander. - Ci vuole ben altro per potermi abbattere. Sicuramente non una marmaglia di Heartless... -
Paperino e Pippo, intanto, erano scomparsi alla loro vista, dirigendosi verso un punto dove avevano scorto il Re.
- Allora è tutto a posto. Ora che anche il Re è stato ritrovato, ci siamo tutti - disse Axander. Si sedette, di fronte a Sora. - Riku sono riuscito a portarlo al riparo, poco prima di riprendere a inseguire gli Heartless. Ho chiesto a Basch e a Marcus di rimanere con lui, dato che anche loro non erano più in grado di continuare a combattere -
Sora ascoltò senza fiatare.
- Veniamo a noi, dunque. Ti ho parlato di una cosa, prima, e suppongo tu voglia ascoltare per bene ciò che volevo dirti -
- Certamente, qualsiasi cosa pur di ritrovare Kairi, se veramente non è morta! -
- Fidati, sono quasi sicuro che è salva -
- Quasi? - si allarmò Sora.
- Non sono mai stati sicuro di nulla - disse Axander con tranquillità, scrutando i dintorni. - Per cui ci tengo a precisarlo di tanto in tanto. Devi sapere che la gente come me, cioè io e i miei quattro fratelli, non muore mai. Non possiamo morire -
- Wow, siete immortali... Sapevo che avevate un bel po' di annetti, ma questa non me l'aspettavo -
- Se per immortali intendi che duriamo per sempre, sì - chiarì il Guardiano. - Ma ciò non significa che siamo invincibili. Lo hai potuto constatare tu stesso. Quando perdiamo tutte le nostre energie e veniamo sopraffatti da qualcuno, svaniamo, un po’ come i Nessuno. La nostra essenza, tutto il nostro essere, però, non scompare definitivamente. Và a finire in un altro luogo: lo stesso luogo ove Ilfrien e gli altri vennero imprigionati ere or sono. Il Nulla -
Sora continuò ad ascoltare, più attento che mai.
- Quindi intendi dire che Kairi... -
- ... E’ viva, esiste. Ma si trova nel Nulla, assieme ad Albaran e Nathan; imprigionata lì, per chissà quanto ancora -
- Imprigionata assieme a quei due? Ma allora... -
- No, non fraintendere! - lo ammonì Axander. - Con imprigionata non intendo rinchiusa in una cella, dove potrebbe ritrovarsi ben presto sotto le pressioni dei miei due fratelli... Che cosa orribile da pensare - scosse la testa il Guardiano. - Il Nulla è molto vasto, un mondo intero. Certo, potrebbe rischiare di incontrarli lì, ma è inevitabile se ciò dovesse accadere. Ti dirò: è raro, comunque, che nel Nulla si incontri altra gente. Si è soli -
Sora rabbrividì. Il modo in cui l’amico aveva calcato quelle ultime tre parole gli aveva provocato un profondo senso d’angoscia nel cuore.
- Altro non ti posso dire, mi dispiace. Volevo solo incoraggiarti a combattere e donarti nuova speranza, perché la tua amica vive ancora e ha la possibilità di tornare tra noi. Tutto questo dipende da te, Sora. Tu dovrai andarla a cercare -
Axander sorrise, fissando Sora. Il ragazzo ricambiò, con incertezza, il sorriso.
- Grazie - lo ringraziò sinceramente. Non gli importava cosa sarebbe accaduto. Lui sarebbe partito il più presto possibile per poter riabbracciare Kairi.
Axander si alzò, come se avesse visto qualcuno alle spalle di Sora.
- I tuoi amici sono già di ritorno. E vedo che il Re sta benone! -
Sora si sollevò a sua volta, notando i tre e salutandoli, facendo loro cenno di avvicinarsi.
- Ehi, Ax - disse ad un certo punto Sora.
- Cosa c’è? -
- Lo sai che hai fatto breccia nel cuore di qualcuno? -
- Coma, scusa... ? -
- Non dirmi che non hai notato come ti guardava Aerith - continuò il ragazzo, con un'aria maliziosa.
Calò un breve silenzio, alquanto imbarazzante.
- Sora - proferì Axander, incrociando le braccia.
- Sì? -
- Comincia a correre, perché in questo preciso istante hai da temere più me che tutti gli esseri più malvagi ed oscuri che tu possa immaginare - lo avvertì Axander.
- Uh-oh, Via! -
 

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Capitolo 45
*** Capitolo 44: Incontro al nemico ***


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Capitolo 44: Incontro al nemico


- Su, venite -
Axander tese una mano a Sora, aiutandolo ad arrampicarsi su per le macerie.
- Da qui in poi è tutta discesa -
Sora, Paperino, Pippo, il Re e Axander erano riusciti a raggiungere la sommità delle mura in rovina. Da là in alto la loro vista poteva spaziare per miglia e miglia sull'immenso mare di sabbia che avvolgeva l'intero mondo. Ma non era rivolta al deserto la loro attenzione. Bensì a ciò che galleggiava sopra le loro teste.
Imponente e maestosa come solo il palazzo di un re poteva esserlo, la fortezza volante della Legione Nera non accennava a spostarsi. Era perfettamente immobile, tenuta sospesa da terra grazie alle numerose e possenti eliche. Un grosso cerchio scuro che adombrava tutto ciò che si trovava sotto di esso.
- Ci siamo - disse Sora con fermezza.
- Sì, ci siamo - annuì Axander. - Finalmente abbiamo raggiunto la fine del nostro viaggio -
Il suo sguardo si posò lentamente su Sora, il quale si accorse di essere osservato.
- Ma questo non vale per tutti - sorrise.
- Avremo fatto bene a partire subito, senza avvertire nessuno? Senza avvertire il re della città? Senza avvertire Riku? - domandò Topolino.
- Sì, Vostra Maestà. Più saremo e più faremo il loro gioco. Ho deciso di lasciare indietro i feriti e coloro che non erano in grado di affrontare uno scontro simile - osservando poi Paperino e Pippo. - Anche voi di norma sareste dovuti rimanere in città, ma la vostra amicizia con Sora è un'arma estremamente potente che non può essere sottovalutata. Siatene orgogliosi -
I due sorrisero, con aria decisa.
- Temo, allora, che non vi sarò di nessun aiuto - disse il Re, sospirando. - Tornerò indietro ad avvisare Riku e gli altri. Mi raccomando... Sora, Paperino, Pippo, Axander... Contiamo su di voi -
- Non vi deluderemo, Vostra Maestà - risposero in coro Paperino e Pippo.
Il Re abbracciò i suoi amici e strinse la mano ad Axander.
- Buona fortuna - concluse, per poi tornare sui suoi passi e sparire giù per le rovine.
- Grazie -

Da lì in poi, il cammino fu tutto in discesa. Le mura non si ergevano più dritte e imponenti come prima; sembravano un ammasso di pietre e detriti che formavano una piccola collinetta all’entrata della vallata, facilmente percorribile. Non ci misero molto, infatti, a scendere dai blocchi di marmo distrutti e a toccare terra, giungendo ai margini del deserto.
- E ora? - chiese Paperino.
- Ora dobbiamo arrivare lassù - rispose Axander, come se fosse la cosa più scontata del mondo.
- Ok, ma non vedo scale, né ascensori - fece notare Sora.
- Non ne avremo bisogno. Ci faranno salire appena si accorgeranno che siamo qui -
- Come?! - esclamò il ragazzo.
- Sta' a vedere -
Davanti a loro si aprì un varco oscuro, alto all’incirca due metri.
- Visto? Cosa vi avevo detto? - disse Axander, avviandosi verso il portale. - State attenti, però. E’ probabile che ci porti su alla fortezza, ma non abbassate la guardia. Potrebbero essere rimasti degli Heartless a guardia del palazzo -
Terminata la spiegazione, tutti e quattro varcarono l’oscura porta, scomparendo nelle tenebre.

- Eccoci arrivati -
Sora e compagni uscirono dal breve tunnel nero e ritornarono all’aria aperta.
- Wow... - si lasciò sfuggire il Custode.
Si trovavano nel bel mezzo di una terrazza spazzata continuamente da fortissimi venti d’alta quota. La fortezza era situata, infatti, a molte centinaia di metri dal suolo. Videro anche alcune nuvolette solitarie tagliar loro lentamente la strada.
"Accidenti" pensò Sora. "E’ enorme"
Davanti a loro, la terrazza si allargava per parecchi metri, tanto da poter tranquillamente permettere l’atterraggio ad un’intera flotta di gummiship. Non era molto adatta a questo scopo, però, dato che era ricoperta da piastrelle bianche e lucenti che riflettevano la luce del sole e che servivano più che altro ad abbellire l’ingresso alla fortezza.
In fondo al piazzale, si ergevano alcune colonne alte e possenti che segnalavano la presenza di un mastodontico portone di legno sbarrato e ornato di fregi e bassorilievi.
- Adesso ci dirai che apriranno loro? - chiese Sora. - Oppure dovremo prima bussare? -
La domanda fu posta con una certa leggerezza, anche se Axander non se ne accorse.
- Credo che dovremmo bussare. In ogni caso, è sempre bene tenere un comportamento educato a casa di altri, per cui... Aspettiamo -
Sora guardò Paperino e Pippo che scrollarono le spalle, rimanendo in silenzio. Il giovane sospirò, voltandosi a sua volta verso il portone e rimanendo in attesa.
Axander bussò con forza, senza dire nulla e, dopo pochissimi attimi, l’ingresso si liberò, accompagnato dal cigolare dei cardini delle porte in legno.
Entrati, i quatto amici furono subito immersi nel buio più totale. Axander percorse quello che sembrava il salone d’ingresso senza troppi indugi, come se lo conoscesse a memoria. Giunto all’altra sponda, si mise a trafficare con qualcosa. Una lunga serie di fiaccole si accese, ma il buio continuava a permanere. I fuochi avevano l’unica funzione di indicare di sfuggita la via agli ospiti.
Oltrepassarono, quindi, la prima sala e giunsero ad una seconda.
- Questo palazzo ha la bizzarra caratteristica di cambiare disposizione delle stanze ogni giorno - spiegò Axander. - Persino le porte non me le ricordavo in legno... Sapevo che potevano diventare di marmo, d’oro, d’argento, di mithril, ma in legno... Mah... -
La nuova sala era già tutta un’altra storia: una fitta vegetazione, alberi ovunque, ruscelletti e piccoli torrenti, prati. Poi uccelli che cinguettavano senza sosta e molti altri piccoli animaletti. Farfalle, soprattutto.
- Questa è di sicuro una stanza che non mi sarei mai aspettato di attraversare - commentò Sora.
- Credimi, questa è la loro preferita, soprattutto di Ilfrien - disse Axander. - A quanto vedo, però, non ci viene da un bel po’ di tempo. Strano anche questo. Ora, però, basta chiacchierare... Proseguiamo. Stiamo già perdendo troppo tempo -
Aprirono una nuova porta che sembrava dare su di un'altra sala buia. Invece, non era che un largo pianerottolo.
Poco più avanti, sorgeva una lunghissima scala che pian piano si avvolgeva a spirale puntando verso l’alto e, sulla destra, un’altra scala più corta che conduceva verso un piano inferiore.
- Dove andiamo? - chiese Pippo.
- Prima a destra. Voglio andare a verificare una cosa - decise Axander.
Si incamminaronom, quindi, giù per la scala, arrivando innanzi ad una porta bianca di dimensioni normali.
Axander appoggiò la mano sul pomello, ruotandolo e facendo scattare la serratura. La porta si aprì, inondandoli di luce.
- Come pensavo - sussurrò il Guardiano. - Se le mie supposizioni sono esatte, era qua che tenevano Kairi ed Elen -
Osservarono a lungo la stanza dall’esterno, dato che non potevano entrare: Axander era davanti a loro e impediva l'accesso.
Era una camera bianca, dotata di un letto bianco, di un comodino bianco, di un armadio bianco, di una vaso di fiori bianco e di qualche quadro bianco. C'erano anche una finestra e una seconda porta che dava su una stanza adiacente. Sempre bianche.
Sora, appena fece per entrare, fu subito preso per una spalla e strattonato all’indietro, rischiando di perdere l’equilibrio.
- Non entrare - scandì Axander. - Chi entra qui dentro senza permesso è destinato a morire molto presto. Se poi si cerca di fare evadere i prigionieri, saranno gli stessi membri della Legione a cercarti e a porre fine alle tue sofferenze -
Sora scruò a lungo l'ambiente, mentre Axander faceva una breve pausa.
- Esattamente ciò che è successo ad Einar -
- Sarà meglio ritornare su e prendere l’altra scala - propose Pippo.
- Già, molto meglio! - annuì Paperino.
I quattro richiusero la porta e tornarono indietro sino al pianerottolo, per poi iniziare l’ascesa su per la scalinata. Salirono tranquillamente, con andatura regolare.
- Certo che è veramente enorme - disse Sora, adocchiando il buio attorno alla scalinata, il quale dava l’idea che i gradini fossero sospesi nel nulla e che oltre i margini vi fosse un profondo baratro.
- Ed anche alquanto deprimente - aggiunse Pippo, guardandosi attorno.
Paperino rabbrividì, ma subito fece un balzo, esultando.
- Ehi, ecco finalmente un’altro ingresso! -
- Fossi in te non sarei così contento - rispose tetro Axander. - Questa è la Sala dei Troni. Molto probabilmente saranno qui gli ultimi due nemici che dovremo affrontare. Siete ancora in tempo per tornare indietro se volete... -
- Non pensarlo neanche un po’. Siamo venuti sin qui e proseguiremo - disse Sora.
- Sono felice di sentirtelo dire. Entriamo - affermò Axander.
Entrarono, dunque, nella Sala dei Troni.
Era forse la prima tra le stanze del palazzo completamente illuminata. Interamente immacolata, sulle pareti laterali presentava delle alte colonne che si fondevano con il muro. In fondo, c'era una grossa finestra a due porte di vetro che davano su un largo balcone.
Qualche metro prima, vi era un tavolo intorno al quale erano posizionati quattro troni. E dall’altra parte del tavolo a mezzaluna c’era uno scranno che si ergeva più in alto degli altri, accessibile solo salendo alcuni gradini.
Due di quei troni erano rovinati: quello in roccia era spaccato a metà, con parecchi smeraldi rovesciati per terra, mente l’altro, quello d’aria, sembrava sparito del tutto se non fosse stato per i diamanti, anch’essi rovesciati per terra.
- Tira una brutta aria qui dentro - mormorò Axander.
Avanzarono di qualche passo, per poi arrestarsi immediatamente. Un vortice nero apparve davanti ai loro occhi. I troni ed il tavolo sparirono improvvisamente ed una figura si palesò, uscendo dall'oscurità.
- Siete giunti... -
Costui fece un paio di passi, fermandosi. Con l’ausilio di entrambe le mani, afferrò il cappuccio che gli oscurava il volto e lo calò sulle spalle.
- Da quanto tempo -
Era Grelwan. Sora, in tutta risposta, fece apparire l’Ultima Weapon. I compagni estrassero a loro volta le armi.
- Come siamo scontrosi - commentò Grelwan, scrollando le spalle. - Rilassatevi -
- Rilassarci? - urlò Sora. - Tu sei quello che ha rapito Kairi! Per causa tua io sono qui e per causa tua io forse non la rivedrò mai più! No, non mi rilasso affatto! Sono venuto qui per fartela pagare! -
Grelwan non rispose. Il sorriso che in precedenza gli era stampato sul volto scomparve dalle labbra. Lo Stregone osservò Sora con sguardo grave.
Ad un tratto, da due varchi nelle parete, uscirono degli Heartless. Invisibili. In tutto erano sette e si avventarono immediatamente su Sora e compagni.
Il Custode del keyblade iniziò a colpirne uno, ma questi sembrava non risentirne troppo e contrattaccò, stendendo Sora. Axander tenne testa ad uno di essi ingaggiando una lotta tremenda, mentre Paperino e Pippo si trovarono in difficoltà.
Inaspettatamente, l’Invisibile che stava attaccando Sora fu colpito alle spalle da una luce azzurra e si trasformò in un’enorme statua di ghiaccio. Finì in frantumi sotto un fendente di Grelwan.
Anche gli altri sei fecero la stessa fine, congelati e poi distrutti dalla Chiave dello Stregone.
- Che cosa...? - bablettò Sora, confuso.
L'arma di Grelwan era un lungo keyblade blu, adornato con dei fiocchi di neve lungo tutta l’impugnatura. La lama ricordava molto un lungo ghiacciolo trasparente.
- Che cosa stai facendo? - chiese Sora, sbalordito.
- Non hai visto? - rispose Grelwan. - Vi ho appena salvato la vita -
Tese una mano a Sora che, però, non la strinse e si rialzò con le sue sole forze.
- Kairi era importante per te -
- Più di qualsiasi altra cosa al mondo! -
Grelwan annuì. Indietreggiò di qualche passo e il keyblade scomparve dalla sua mano. Esitò qualche istante. Dopodiché, posò un ginocchio in terra, chinando il capo.
- Mi dispiace -
I presenti restarono a bocca aperta.
- Solo ora mi accorgo del male che ho fatto. Del dolore che ho provocato a molti innocenti. Del dolore che ho provocato a te, Sora, al tuo cuore - continuò con espressione decisamente dispiaciuta. - Ho visto cosa ha fatto Ilfrien alla tua amica - aggiunse, stringendo i pugni.
Sora continuò a rimanere in silenzio, ma cominciava a provare una certa pietà per il nemico che aveva davanti, evidentemente pentito per ciò che aveva commesso. Tuttavia, una forte rabbia continuava ad avere il sopravvento in lui.
- Come se gli avesse strappato il cuore con le sue stesse mani. La luce è scomparsa dai suoi occhi, dai suoi capelli. Si è spenta e si è accasciata al suolo. Io ho assistito e non ho fatto nulla. Ho guardato e non sono intervenuto. In quel momento ho sentito qualcosa di strano... - disse Grelwan. - Rimorso... Credo che è così che lo chiamate voi mortali... E stavo per condannare anche l'altra ragazza se Einar non fosse intervenuto. Troppo furbo e troppo agile, quel Nessuno. Lo ringrazierei, se fosse ancora vivo, per avermi impedito di non mietere un'altra vittima -
Grelwan fissò Sora negli occhi. - Se ti può essere d'aiuto, colpiscimi pure. Io non mi difenderò -
Il Custode aumentò la presa sulla sua arma. Sentì poi una mano sfiorargli la spalla. Si girò e, dietro di lui, Axander, Paperino e Pippo lo guardavano senza dire nulla. Ciononostante, era sin troppo chiaro ciò che i loro sguardi lasciavano intendere.
- Io... - mormorò Sora, avvicinandosi e sollevando di poco l'Ultima Weapon. - Non posso... -
L'abbassò di scatto, riportandola lungo il fianco.
A quel punto, una risata risuonò tra le pareti del salone. Grelwan tornò in piede rapidamente.
- State indietro! - urlò, tendendo un braccio.
In pochi secondi, la Sala dei Troni si oscurò del tutto. I presenti precipitarono nuovamente nel buio. La risata smise di riecheggiare.
- Ilfrien... E' lui... - disse Axander. - E' arrivato -
 

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Capitolo 46
*** Capitolo 45: Kingdom Hearts ***


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Capitolo 45: Kingdom Hearts


Il buio li avvolse. Le tenebre li inghiottirono.
- Sapevo che sareste venuti, ma non così presto - esordì una voce.
Sotto i piedi di Sora e compagni, l’ombra cominciò velocemente a diradarsi, scoprendo un grosso mosaico.
Si trovarono, in breve, su un ampio rosone circolare. Non sapevano come, ma erano finiti in cima ad un’altissima colonna. Oltre i bordi di questa, il vuoto; il baratro era talmente profondo che riuscire a scrutare la base della colonna pareva un’impresa impossibile, persino per colui che avesse posseduto la vista più acuta del mondo.
Sora si trovava alle spalle di Grelwan, il quale teneva teso il braccio destro come ad impedire agli altri di avanzare. Subito dietro Sora, Axander che, avendo visto come si stava evolvendo la situazione, aveva preso l’iniziativa di estrarre le due alabarde e di restare in guardia. Seguivano Paperino e Pippo, a loro volta armati, che si guardavano intorno spaesati per l’improvviso calo di tenebre che avevano sopraffatto la luminosità della sala in cui si trovavano precedentemente.
Come dal nulla, Ilfrien si palesò innanzi ai loro sguardi increduli.
- Mi aspettavo come minimo... - continuò. - ... Che quell’incompetente di Albaran radesse al suolo la città e vi tenesse occupati un po’ più a lungo. Ma i piani non vanno mai come vengono programmati -
Portò la mano sinistra dietro la schiena, stringendo il pugno, mentre con la diritta si aggiustava gli occhiali, posando l’indice in mezzo alle lenti e spingendole lievemente verso la fronte. Dietro alle scure lenti, si intravedeva una parte di iride azzurra che raggelava il sangue.
I capelli biondi di Ilfrien proiettavano una luce propria facendoli avvicinare al bianco. Sembrava più spettro che umano.
- Axander - disse ad un tratto. - Da quanto tempo che non ci vediamo. Lo sai che mi è ancora rimasto impresso sulla pelle quel tuo ricordino? -
Ilfrien andò a scoprire il braccio destro, tirando su la manica e mostrando una lunga cicatrice che percorreva tutto l’avambraccio attraversando il gomito e giungendo alla spalla. Rimise la manica a posto, osservando i presenti con un sorriso beffardo.
- Ne sono felice - ribatté Axander, gelido. - Non pensare che abbia provato compassione per te, neanche per un solo attimo -
Ilfrien rise. - No, no di certo. Cosa volevi che mi aspettassi da un traditore come te? Un buono a nulla che non ha fatto altro in vita sua che combattere contro il sangue del suo sangue. Siamo fratelli, te ne sei forse dimenticato? - La sua voce si fece più calma e dolce.
Axander strinse i pugni, cercando di ignorarlo.
- E tra fratelli bisognerebbe andare d’accordo. Dopo ogni litigio bisogna cercare la pace e l’equilibrio, affinché si possa andare avanti in armonia - pronunciò Ilfrien, iniziando a passeggiare avanti e indietro. - Non importa se si è nel giusto o nello sbagliato, bisogna sempre e comunque sostenerci a vicenda. Nevvero? -
Si bloccò, scrutando ad uno ad uno i cinque che aveva innanzi.
- Ma tu, invece, hai sempre voluto fare di testa tua. Questa volta, però, le cose cambieranno -
Dopodiché, il membro più potente della Legione Nera puntò il dito verso Sora.
- Grelwan, uccidilo - ordinò freddamente. - Eliminalo come meglio credi, come meglio ti diverti. E’ un pericolo. Un moccioso, sì, ma un moccioso con il keyblade. Distruggilo -
- Che cosa credi? - sbottò Sora. - Non sono l’unico ad avere un keyblade, altri oltre a me ce l’hanno! Se mi elimini, altri prenderanno il mio posto e ti ritroverai sempre di fronte allo stesso problema! -
Ilfrien rise, abbassando il braccio.
- Tu, stolto, hai un potere tra le tue mani di cui non immagini minimamente la pericolosità. Ti sottovaluti troppo e, così facendo, ti rendi modesto innanzi a me. E io non sopporto i modesti - sibilò. - Grelwan! Uccidilo! -
Tuttavia, lo Stregone parve esitare. Abbassò la mano e, con essa, la testa, fissando il mosaico per terra.
- E’ dunque questo ciò che si prova...? - mormorò, facendo una breve pausa. - Solo quando è tardi ci si accorge degli errori commessi... -
- Come dici? - chiese Ilfrien, seccato.
Grelwan si voltò verso Sora. Alzò il braccio destro sopra la sua testa e il keyblade si materializzò tra le sue dita.
Il giovane fu colto da un improvviso terrore. Era stato colto di sorpresa. Si trovava a poca distanza dal nemico; un nemico temibile, che raramente mancava di colpire il bersaglio.
- Hai ragione, fratello - disse Grelwan a voce alta. - Questa volta le cose cambieranno... -
- No, fermati! Non farlo! - urlò Axander.
- Sora! - starnazzò Paperino.
- No, spostati da lì, Sora! - gridò Pippo.
Grelwan abbassò la lama, dirigendo il fendente verso il volto di Sora.
Era finita. Era troppo veloce e il ragazzo non avrebbe mai potuto fare in tempo per richiamare a sé l’Ultima Weapon. Avrebbe avuto solo il tempo di constatare che colui verso il quale, per qualche attimo, aveva riposto la sua fiducia, lo stava per terminare.
Lo aveva ingannato. O forse no?
All’ultimo, lo Stregone deviò la lama, sfiorando i capelli di Sora e sibilando vicino al suo orecchio. Flettendo le ginocchia, ruotò su se stesso verso destra, girandosi verso Ilfrien. Con un urlo, lasciò la presa sul keyblade che oramai aveva acquisito talmente tanta spinta che iniziò a roteare. La Chiave, come impazzita, descrisse un ampio arco in aria, diretta verso il Signore delle Tempeste che se ne stava immobile come una statua e fissare dritto davanti a sé.
- Alla fine hai scelto - affermò. - Lo sapevo che non dovevo fare affidamento su nessuno -
Il braccio destro saettò verso l’alto, trovandosi, così, sulla traiettoria della lama che si infranse a contatto con il tessuto del soprabito nero.
In quell’attimo, Grelwan scattò in avanti, caricando tra le sue mani un globo azzurro.
- Addio, Ilfrien! - urlò, e con rapidità lanciò la sfera verso il fratello.
Ilfrien balzò in aria. Pose il braccio sinistro davanti a sé, mentre quello destro era sollevato sopra la spalla. Una scarica elettrica percorse l’arto e la mano saettò in avanti come se volesse afferrare qualcosa. Una ragnatela di fulmini scaturì dalle sue dita, piombando su Grelwan.
Un fascio di luce invase la cima della colonna. Per qualche attimo, i volti dei presenti furono illuminati a giorno. Ilfrien sorrideva, con occhi sgranati. Infine, la luce svanì. Un lampo.

- No... Non può essere... - sussurrò Axander.
Grelwan, in piedi dopo essere stato fulminato, cedette. Cadde bocconi sul freddo pavimento del rosone. Si dissolse lentamente, avvolto dal silenzio più totale.
- E invece è proprio così. Siamo rimasti solo noi due, Axander - disse Ilfrien.
Scese a terra, aggiustandosi i guanti neri. Non sorrideva più, concentrato in ciò che stava facendo. Posò, quindi, nuovamente il suo sguardo su Sora e gli altri.
- Toccherà a voi, ora -
- Maledetto! - urlò Axander. - Lui si era pentito di ciò che aveva fatto! -
Un turbine di fiamme lo avvolse. Si abbassò, stringendo i pugni. Riaprì le mani e le due alabarde iniziarono a roteare attorno a lui.
- Se lo vuoi raggiungere... - strinse le spalle Ilfrien. -Ti accontento! -
Scagliò un fulmine in direzione di Axander, ma tosto questi evitò l’attacco che colpì esclusivamente il suo cappello. Il Guardiano delle Fiamme scattò in avanti con destrezza inaudita. Accompagnato da un urlo feroce, si lanciò sul fratello.
Ilfrien, a quel punto, corse incontro all’avversario. Riuscì ad evitare le due lame che miravano a falciargli le gambe e, appoggiando una mano sulla testa di Axander, lo spinse verso il basso, saltando sopra di lui. Con un ultimo gesto, in seguito, lanciò una raffica di saette sul malcapitato.
- Axander! - lo chiamò Sora.
Axander fu investito da una potentissima folgore. In quegli istanti, anche lui giaceva lì per terra, silente, proprio come era successo con Grelwan.
Ilfrien ridiscese e, avvicinatosi al corpo dello sconfitto, gli sferrò un calcio nel fianco, facendolo rotolare giù per la colonna. Axander scomparve nelle tenebre.
- Custode del keyblade - proferì, voltandosi verso il ragazzo. - Ora tocca a te -
Terminata la frase, qualcosa volò in direzione di Ilfrien. Stupito, questi tese le braccia in avanti bloccando l’oggetto. Quando la cosa smise di roteare, la analizzò meglio. Era uno scudo.
- Questo da dove diamine arriva... ? -
- Blizzaga! -
Dei cristalli di ghiaccio lo colpirono alle gambe, costringendolo a piegarsi. Tutto ciò lo stava facendo imbestialire.
- Non sopporto chi attacca come un vigliacco! - tuonò, e la sua voce riecheggiò a lungo.
Il ghiaccio che gli intrappolava le gambe finì in frantumi in un baleno. Allargando le mani, Ilfrien formò due enormi sfere gialle e le scagliò verso i due bersagli che l oavevano aggredito inaspettatamente.
- Paperino! Pippo! - li avvertì Sora.
Si susseguirono due forti esplosioni. I due amici furono colpiti in pieno e furono scaraventati anch’essi al di fuori del margine del rosone.
- Basta interruzioni - disse Ilfrien. - A noi due, Sora -

Sora tremava. Forse per la paura di dover affrontare un essere che aveva sconfitto i suoi compagni in pochissimi secondi. Forse per la rabbia.
Posò il suo sguardo carico di odio in direzione di Ilfrien.
- Questa la pagherai cara! - urlò.
Impugnò con entrambe le mani il keyblade e si gettò all'attacco.
A quel punto, anche l'avversario evocò il suo grande keyblade, reggendolo con una sola mano. Non appena Sora gli fu di fronte, tentò un colpo laterale diretto al fianco. Ma Ilfrien scomparve, lasciando che la Chiave fendesse solamente l'etere.
Il Signore delle Tempeste riapparve alle spalle di Sora, colpendolo con un montante e facendolo barcollare in avanti di alcuni passi.
- Ti ho messo alle strette già una volta, non ricordi? - affermò Ilfrien. - Come puoi anche solo pensare di poter avere la meglio su di me? -
- E allora perché vuoi tanto finirmi se sai che io sono più debole? -
- Ma naturale - ribatté l'altro. - Per sicurezza, prima di tutto. Anche se sei debole, possiedi pur sempre il keyblade, e ciò non va bene. Inoltre, perché voglio divertirmi a vederti soffrire. Ancora una volta -
Detto ciò, Ilfrien si avvicinò a Sora e lo lanciò lontano con un tondo, centrando in pieno il ventre dell'avversario.
- Una volta che avrò finito con te, cercherò anche gli altri e mi sbarazzerò di loro -
Sora tentò di rialzarsi. A pochi centimetri da lui si estendeva il baratro. Poi, sentì qualcosa che lo sollevò da terra all'improvviso: si ritrovò imprigionato in una piccola sfera avvolta da scariche elettriche.
Ilfrien lo teneva imprigionato con una strana tecnica. Dalla punta del keyblade, un raggio bianco raggiungeva il globo, in modo da controllarlo assieme al prigioniero.
- Dove ho già visto quell'espressione? - si domandò sarcasticamente. - Aspetta... Sì, ci sono. Come ho potuto dimenticarmene? Hai gli stessi occhi impauriti della tua amica, Kairi -
La collera si impadronì ben presto di Sora. Non riuscì più a trattenersi; ciononostante, la gabbia gli impediva qualsiasi movimento.
- Quel bel visino... Un vero peccato - continuò Ilfrien, con tono falsamente dispiaciuto. - Ma le sarò riconoscente in eterno per ciò che mi ha donato -
Levò il keyblade scagliando Sora sul pavimento e mantenendo la sfera intatta.
- Già. Il suo cuore. Grazie ad esso, io ho potuto raggiungere il mio scopo -
Rialzò un’altra volta l’arma e buttò nuovamente il ragazzo contro il pavimento. Sora soffriva terribilmente.
- Kingdom Hearts. E il suo potere -
- Basta... - mormorò Sora. - Smettila... -
- Ah, di cosa? Di parlare di come ti ho distrutto? Di come prima ho utilizzato la persona che più amavi e poi te lo ritorta contro? - urlò Ilfrien, ridendo. - Colpa tua se ora lei non vive più. Colpa tua che l’hai colpita! -
Un nuovo senso d’angoscia pervase il cuore di Sora. Sapeva che quel dannato non aveva ragione, non poteva avercela, ma che tutto quello, purtroppo, era realmente accaduto.
Ricordò, tutt'a un tratto, anche le parole di Axander, che riaccesero in lui la speranza.
- Ed ora ammira - aggiunse Ilfrien. - Il suo potere è già mio! Ammiralo per l'ultima volta! -
Alzò la mano sinistra. Una pallida luce viola comparve sul suo palmo. Essa si ingrandì velocemente ed assunse una tonalità scura. Partì improvvisamente verso l’alto, sino a scomparire dalla visuale di ambo i presenti. Ma, ben presto, accadde qualcosa.
Le tenebre, come nubi che oscuravano il limpido cielo notturno, si diradarono, lasciando scoperto un varco. Da quel vuoto, apparve una luce blu assai intensa. La volta stellata divenne chiara e visibile, e tra le numerose stelle che punteggiavano il cielo, spiccava una grande luna. Una luna a forma di cuore.

La sfera che teneva immobilizzato Sora svanì. Il giovane si ritrovò steso a terra, intontito. Si appoggiò sui gomiti, issandosi e restando in ginocchio. Levò lo sguardo e, immediatamente, si perse a contemplare l’enorme cuore che galleggiava sopra la sua testa.
- Sora -
Il ragazzo si voltà e vide una mano tesa. La afferrò. Il nuovo giunto lo aiutò a rialzarsi. 

 

Mancano solo due capitoli più l'epilogo alla fine della storia! Chi sarà arrivato, nel frattempo, ad aiutare Sora? Riuscirà l'Eroe del keyblade a sconfiggere definitivamente le forze del male? Lo scoprirete molto presto...

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Capitolo 47
*** Capitolo 46: Il Signore delle Tempeste ***


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Capitolo 46: Il Signore delle Tempeste


- Riku! -
Sora tornò in piedi, osservando l’amico tra la gioia e lo stupore.
Riku aveva con sé il suo keyblade, Via per l'Alba, e pareva in perfetta forma: era stato rapido a recuperare le energie perdute durante l'assalto a Linahar. E, in quel momento, stava osservando anche lui l’enorme luna a forma di cuore piazzata al centro della volta bluastra.
- Come sei arrivato fin qui? - chiese Sora.
- Mi sembra normale, usando le scale -
- Le scale? Ma qui non ce ne sono -
- Fino ad un attimo fa c’erano... Strano - affermò Riku, grattandosi la testa. - Comunque non siamo qui per parlare di come sono arrivato. Sbaglio, o hai bisogno di una mano? -
Sora annuì, sorridendo, voltandosi subito verso Ilfrien, che stava dando loro le spalle.
Il Signore delle Tempeste ne stava con le braccia tese verso l’alto, quasi ad assorbire tutta la luce irradiata da Kingdom Hearts.
Ad un certo punto, si sollevò da terra, fluttuando fino a qualche metro di altezza. Riabbassò, quindi, le braccia, posando il suo sguardo sui due ragazzi.
- Due Custodi del keyblade. Bene. Potrò eliminarvi assieme - pronunciò beffardo. - Mi risparmiate la fatica di perseguitarvi uno ad uno -
Ilfrien estrasse il suo keyblade ed abbassò lo sguardo per scrutare il mosaico.
Su di esso era raffigurato Sora. Accanto a lui, due cerchi oscurati. Lungo tutto il margine vi erano cinque simboli differenti: una roccia, una goccia d’acqua, una fiamma, una foglia ed un fulmine.
Ilfrien non riuscì a capire che cosa rappresentassero quei due spazi vuoti, né riuscì ad immaginare il volto di coloro che sarebbero dovuti esservi raffigurati sopra.
- State per andare incontro al vostro destino - disse il capo della Legione Nera, ritornando a terra. - Sarete realmente pronti a ciò che vi accadrà? -
- E tu, invece, sei pronto? - domandò Riku, digrignando i denti.
- Oh, io sì. Perché non sarà il sottoscritto quello che oggi se ne andrà per sempre! -
Con quelle parole, con un balzo fulmineo, Ilfrien si gettò su Riku menando un fendente.
Il giovane iniziò ad indietreggiare, passo dopo passo e parata dopo parata, ingaggiando un furibondo duello contro il suo spietato nemico. I keyblade si scontravano di continuo. Nell'oscurità vuota che li circondava, risuonava solo il veloce stridio del metallo.
Sora, rimasto in disparte, decise di intervenire. Si scagliò su Ilfrien con tutte le forze che ancora gli erano rimaste, approfittando del fatto che era impegnato con Riku. Ma il Signore delle Tempeste non era tipo da farsi cogliere alla sprovvista tanto facilmente.
Calò un ennesimo fendente su Riku, il quale parò posando una mano sulla lama per opporre resistenza. Sora sfoderò un colpo laterale e, a quel punto, con una velocità sorprendente, Ilfrien staccò il keyblade da quello di Riku e andò a bloccare l’altro attacco.
Sora lo fissò sbigottito.
- Come...? -
Riku, a sua volta, ne approfittò per provare un affondo. Tuttavia, anche in questo caso, il colpo non andò a segno a causa di una scudisciata sferrata da Ilfrien che allontanò il braccio del ragazzo.
-In due non ce la farete mai - disse Ilfrien.
Sora e Riku, allora, raddoppiarono gli sforzi e, uno affianco all’altro, iniziarono ad attaccare senza tregua il nemico comune. Con estrema semplicità di movimenti, questi non accennava, però, a volersi arrendere. Tutt’altro. Pareva addirittura che stesse per prendere il sopravvento in più occasioni, dimostrando che la sua forza eguagliava quella dei due Custodi messi assieme. O peggio, la superava.
Ilfrien compì un balzo all’indietro, ponendo qualche metro tra lui e i due avversari. Roteò il keyblade sopra la sua testa, sferzando l’aria. Un fulmine calò all’improvviso dal cielo scoperto e si infranse sulla grande Chiave.
- Assorbimento... -
Continuando a farla roteare, la impugnò, poi, con entrambe le mani, arrestandola e conficcandone la punta nel mosaico. Si formò, in breve, una vasta ragnatela di crepe e spaccature, accompagnate da un rumore di vetro infranto.
- ... Thundaga Storm! - urlò Ilfrien, e al suo comando l’intera base circolare del mosaico fu invasa da scariche elettriche e da filamenti di plasma azzurro.
Delle saette si abbatterono sui due Custodi che ripresero ad indietreggiare cercando di ripararsi da quella pioggia lampeggiante.
- Reflex - rispose Sora.
Una barriera circondò entrambi, proteggendoli per qualche istante dalla furia del Thundaga Storm.
- Coraggio, Sora - disse Riku. - Appena la barriera cede... Tieniti pronto! -
- Tenersi pronto per cosa? - domandò una voce.
Si voltarono. Alle loro spalle, Ilfrien era pronto a colpirli. Era riuscito a penetrare la barriera all'insaputa del suo invocatore.
Con un urlo, Sora si scagliò su di lui, ma Ilfrien si abbassò e il keyblade gli passò poco sopra i capelli. Il Signore delle Tempeste sferrò un pugno al ragazzo con l'elsa del keyblade, gettandolo a terra. Dopodiché, si voltò verso Riku, che stava caricando un incantesimo, e lo falciò con maestria all'altezza delle gambe. Gli si avvicinò, puntandogli il keyblade alla gola.
Nel frattempo, Sora si era rialzato. Afferrando saldamente l’Ultima Weapon, provò a colpire Ilfrien, ma questi scomparve, avvertendo il pericolo. Riapparve dietro al ragazzo, per stordirlo con una sciabolata e scaraventarlo quasi oltre il bordo del rosone.
- Bene, bene, bene... - commentò Ilfrien, avvicinandosi e piantando il keyblade a qualche centimetro dalla faccia di Sora. - A quanto pare, abbiamo finito di fare i presuntuosi. Ora, che cosa mi dici? Eri convinto di venire qui a sconfiggermi tranquillamente? Come? Da Kingdom Hearts io traggo la mia energia e, finché esso splenderà in cielo, io sarò imbattibile. E se credi di poterlo sigillare in qualche modo, ti sbagli di grosso... Prima dovrai passare sul cadavere del suo nuovo guardiano -
Ilfrien diede una leggera pedata a Sora, facendolo scivolare fuori dal bordo.
- Me -

Sora iniziò a cadere lungo la colonna, privo di sensi. Fu avvolto in pochissimi attimi dall'oscurità e, con gli occhi semichiusi, vide la gigantesca luna allontanarsi sempre di più.
"Io... Ho fallito?" si chiese. "Il keyblade non mi ha dato la forza necessaria..."
"Sei patetico, Sora"
"Chi ha parlato?"
"Non è il keyblade che ti deve dare la forza per combattere! E' il tuo cuore. Ascoltalo, una buona volta!"
"Ma... Io..." provò a obiettare il giovane.
"Niente 'ma'! Lo hai detto già una volta: i tuoi amici sono la tua forza, i loro cuori uniti al tuo! E finché essi combatteranno al tuo fianco, nulla ti potrà ostacolare!"
"Ma ormai nessuno combatte più al mio fianco... Sono rimasto solo..."
"Solo?" sbottò quella voce apparsa dal nulla, quasi scocciata. "Tu non sei solo. Riku combatte ancora con te, per te. Mentre tu sei qui a compiangerti, lui dà la vita per te. Come ha già fatto in passato"
Vi fu un lungo silenzio, rotto solo dal sibilo del vento gelido che soffiava nel buio e che accompagnava la caduta del giovane.
"Tu non sei solo"
Nella mano destra di Sora si materializzò l’Ultima Weapon.
Destato improvvisamente da quel segnale, rinvigorito da nuove, misteriose e possenti energie, con movenze rapide e gesti ben calcolati, il Custode conficcò la Chiave nel fusto della colonna, appendendosi all’impugnatura e lasciandosi dondolare nel vuoto. Il keyblade graffiò il marmo nero per un bel po’ di metri fino a quando non si fermò del tutto. Oscillando con il corpo, Sora riuscì a darsi la spinta giusta per mettersi in piedi sulla lama dell'Ultima Weapon. Guardò, quindi, verso l’alto.
- Sono talmente in basso che non si vede neanche più il cielo... - si disse, per poi sospirare, accucciandosi contro il muro. - E adesso come faccio? -
Rimase a pensare ad una soluzione, fissando il nulla innanzi a sé. Tutt'a un tratto, gli apparve, qualche centimetro più avanti, una piccola piattaforma rettangolare vivacemente colorata con brillanti tonalità. Emanava una luce propria, un piccolo angolo di allegria in mezzo a quel buio tetro.
Sora non ci pensò due volte e si alzò, saltando sulla piattaforma ed estraendo il keyblade dalla colonna. Si guardò attorno, aspettandosi di certo qualche movimento, una sorta di ascensore che lo portasse fino in cima. Niente, invece.
- Così non va, cosa me ne faccio di questa cosa, qui, immobile? -
Si avvicinò ai bordi, sporgendo con la punta delle scarpe, le quali parvero appoggiare su qualcosa di invisibile; una nuova piattaforma si materializzò sotto i suoi piedi e, dopo di essa, un’altra ancora. Una lunga strada lastricata che si impennava lievemente per poi salire a spirale si era formata. Sora sorrise, incoraggiato.
- Riku, tieni duro, sto arrivando! - e si mise a correre verso la cima del pilastro.

- Sei così impacciato nei movimenti che non c’è gusto -
Ilfrien sparì per l’ennesima volta, lasciando incespicare in avanti Riku. Si posizionò alle spalle della sua vittima, afferrandola per il collo. Ora che erano vicini, Ilfrien sembrava più basso di Riku e poco più alto di Sora: avrebbe potuto avere la loro età, in apparenza.
Sollevò il keyblade di lato, sferrando un colpo al fianco del Custode che si accasciò a terra.
- Arrenditi - disse Ilfrien. - Implora pietà. Rinuncia per sempre al keyblade e avrai la vita salva -
Riku tossì. Respirando affannosamente, fissò gli occhi del suo avversario.
- Se ti arrendi - continuò l'altro. - Potrei far tornare qui i tuoi amici, Sora e Kairi. Non desideri rivederli? Eppure ti basta solamente rifiutare il keyblade. Pensaci: vivresti una vita normale, senza troppe responsabilità, tranquillo sulla tua isola. Non ti alletta l’idea? -
Riku strinse i denti, rialzandosi a fatica, e si gettò addosso ad Ilfrien. Con un montante, ferì in pieno il suo volto. O, almeno, questo era quello che credette in un primo momento.
In realtà, Ilfrien non si era mosso e il colpo gli aveva solo lanciato lontano gli occhiali scuri. L'ultimo rimasto della Legione compì qualche passo incerto, passandosi una mano sulla faccia.
- Come hai osato... - ringhiò, tendendo, poi, la mano in avanti e fulminando il povero Riku che, sfinito, rovinò al suolo.
Ilfrien iniziò ad avvicinarsi, alzando il keyblade. - Per te è finita. Questa è la sorte che ti tocca, Riku, detentore del keyblade - e calò il fendente.
La Chiave, però, urtò contro qualcosa: Sora era riuscito a giungere in tempo e, con il fiatone, si ergeva tra l’amico steso a terra e il nemico, tenendo alta l’Ultima Weapon.
Facendosi forza, spinse lontano l’avversario che con una capriola si riposizionò qualche metro più in là.
Questi alzò lo sguardo su Sora, uno sguardo carico d’odio. Le iridi azzurre si erano ristrette e quegli occhi fecero rabbrividire per qualche istante il ragazzo.
- Kingdom Hearts - tuonò ad un certo punto. - Dammi il tuo potere -
Nella mancina stretta a pugno, iniziarono a formarsi delle scintille e, di tanto in tanto, dal polso scaturiva qualche scarica. Ilfrien, con straordinaria velocità, allungò tutto il braccio, aprendo la mano. Una decina di fulmini piombarono su Sora che si riparò reggendo il keyblade orizzontalmente.
- Arrenditi! La stessa proposta che ho fatto a Riku vale anche per te! - urlò Ilfrien, per farsi sentire al di sopra dei tuoni che accompagnavano i lampi. - Inchinati innanzi a me e supplicami di risparmiarti. Sarò ragionevole e ti lascerò andare, assieme al tuo amico. E, inoltre, riavrai la tua amata Kairi -
Sora allentò la presa sull'Ultima Weapon e i colpi iniziarono lentamente a farlo scivolare all’indietro. Ilfrien si mise ad avanzare lentamente, sempre tenendo tesa dinanzi a sé la mano sinistra e il keyblade lungo il fianco.
- Non devi fare altro che disfarti della tua Chiave. Fallo, e io ti riconsegnerò colei a cui tieni di più al mondo. Ti riconsegnerò ciò che ti ho tolto! Ragiona! -
Le cariche si intensificarono, ma Sora si impuntò dov’era in quell’istante e non si mosse più.
- No - disse scuotendo il capo. - Io non posso... -
- Sei uno stolto! Ti sto offrendo ciò che hai sempre desiderato e tu rifiuti! -
- Io ritroverò Kairi da solo! -
- Tu credi? Non sperare di uscire vincitore da questo scontro! -
Ilfrien, dunque, alzò anche l’altro braccio, puntando il keyblade verso Sora. Altri fulmini si aggiunsero a quel fascio lucente che percorreva il campo di battaglia. Ciononostante, il Custode resistette con tenacia e non mollò tanto facilmente.
- Accetta la sconfitta. Ti sei battuto con onore, ma non puoi nulla! Nulla! -
In quell’attimo, Sora osservò la grande luna bluastra a forma di cuore che si rispecchiava nei suoi occhi azzurri.
- Sora -
Riku si avvicinò a lui e sollevò Via per l'Alba con l'intento di aiutare l’amico.
- Insieme ce l’abbiamo sempre fatta. Ce la faremo anche stavolta! -
Le scariche cominciarono a diminuire e i due amici avanzarono lentamente in direzione del Signore delle Tempeste.
- Vai, Sora! E’ il momento! -
Riku sorpassò il compagno, ponendosi a difesa di sé stesso e di Sora.
- Non reggerò a lungo, muoviti! -
Sora annuì. Si allontanò di poco , tenendo gli occhi fissi su Kingdom Hearts. Puntò l'Ultima Weapon verso l'alto.
- Che cosa vuoi fare? - gridò Ilfrien, scosso da un terribile presentimento.
I fulmini e i tuoni cessarono non appena prese a correre contro Riku. Il ragazzo contrattaccò ed ambo gli sfidanti ingaggiarono un duello senza esclusione di colpi.
Contemporaneamente, dal keyblade di Sora, si sprigionò un raggio di incredibile luminosità e potenza che saettò fino alla luna, attraversandola. Come una gigantesca serratura apparve in fronte all'enorme cuore trafitto dalla luce.
Si udì, per ultimo, uno scatto. Poi, più nulla. In sottofondo, i keyblade che si incrociavano.

Chiedo scusa per il ritardo! Mi raccomando, non perdetevi l'ultimo capitolo e l'epilogo che verranno postati assieme in un'unica pagina, tra pochi giorni! ^^

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Capitolo 48
*** Capitolo 47: La disfatta + Epilogo ***


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Capitolo 47: La disfatta


Un urlo squarciò quel silenzio improvviso.
Riku cadde a terra, alzando il keyblade. Ilfrien ne colpì la lama. Era furente in volto.
- Il mio Kingdom Hearts! - tuonò con estremo rancore. - Maledetti! -
Cercò di colpire Riku alla testa, ma questi fu veloce a parare il fendente e si rialzò.
- Maledetti... Maledetti... - continuava a ripetere Ilfrien.
Con la mano sinistra si teneva il petto, stringendolo, mentre con la destra reggeva a malapena il keyblade. Le forze iniziavano ad abbandonarlo. Svanito Kingdom Hearts, svaniva pure il suo legame a quella forza immensa.
- Ormai è tutto finito - disse Sora, affiancandosi a Riku.
- No, non è ancora detta l’ultima parola! - urlò il Signore delle Tempeste, indietreggiando.
Giunse al margine della colonna, guardandosi le spalle, in direzione del baratro: esso era buio e freddo, nonché profondo, quasi senza una fine. Alzò allora lo sguardo verso la grande luna che, lentamente, stava iniziando a disgregarsi in tantissimi frammenti.
- Non è ancora detta l’ultima parola... -
Si voltò e lanciò il suo keyblade giù per la colonna.
- Che stai facendo? - chiese Sora.
- Si starà dando alla fuga, guarda! - esclamò Riku.
Ilfrien sorrise malignamente, per poi buttarsi giù a sua volta, seguendo la sua Chiave. I due Custodi gli corsero dietro, ma non riuscirono a fermarlo.
- Troppo tardi... - commentò Sora. - E’ scomparso... -
Riku scosse lentamente la testa. - No, non è scomparso... Sta arrivando! -
Entrambi si voltarono di scatto e dietro di loro videro qualcosa di inquietante.
Oltre il bordo della colonna vi era un'ombra imponente che si distingueva dall'oscurità che l'avvolgeva. Sembrava come un grosso serpente che ondeggiava qua e là, pronto a balzare sulla preda al minimo segnale del suo padrone. Sulla sommità di questa "creatura" se ne stava Ilfrien, in piedi, con le braccia incrociate.
- Questa volta non mi sfuggirete... - sibilò e si ritrovò a varcare il mosaico.
Illuminato dalla luce dei vetri colorati, l’essere si palesò e si mostrò per ciò che realmente era: un turbine di polvere cinerea, avvolto da lampi e saette. Ma quello che più stupì Sora e Riku furono gli innumerevoli keyblade che parevano costituirne il corpo. Non era altri che un lunghissimo tornado di keyblade che roteavano costantemente ed ininterrottamente attorno al medesimo asse.
- Che diavoleria è questa? - si domandò Riku, alzando la Via per l'Alba, pronto ad attaccare.
- Non lo so, ma non mi piace affatto - rispose Sora, impugnando l’Ultima Weapon con entrambe le mani e scrutando torvamente il nemico.
- Non abbiate timore - esordì Ilfrien. - Sarà una disfatta veloce e indolore, la vostra. Una vittoria meritata e gradita, la mia -
Indicò, quindi, i due ragazzi a terra. I keyblade saettarono in avanti, rispondendo a quel segnale. Il Numero Uno della Legione riusciva a mantenere un buon equilibrio in cima a quel turbine, passando con rapidi saltelli, di tanto in tanto, da un keyblade all’altro, mentre questi si alternavano nella rotazione.
Sora si gettò verso destra e Riku verso sinistra, evitando l’attacco frontale portato dall’essere che si alzò nuovamente minaccioso nelle tenebre. Ritornò poi alla carica ad un nuovo cenno del suo padrone.
- Scappate, scappate. Tanto non potete andare molto lontano - li derise Ilfrien.
Questa volta, Sora e Riku si trovarono lungo il bordo, separati da parecchi metri. Le Chiavi scattarono contro Sora che si scansò rapidamente, lasciando proseguire oltre il nemico, il quale sparì giù per la colonna. Un nuovo silenzio calò per qualche breve attimo.
Tutt’a un tratto, alle spalle di Riku, spuntò di nuovo l’ombra che lo assalì. Il giovane venne sollevato da terra, mentre tentava invano di parare tutti i colpi che gli venivano inferti. Esausto, ricadde sfinito sulla vetrata, mollando la presa sul keyblade, il quale scivolò sul mosaico.
Il vortice sembrò innalzarsi, per qualche istante, minaccioso sul corpo del ragazzo, pronto ad essere finito una volta per tutte. Ilfrien lo osservò con espressione grave, senza più sorridere, tenendo continuamente le braccia conserte.
Sora, colto da un improvviso furore, si mise a correre verso l'amico e, in men che non di dica, si chinò a raccogliere il suo keyblade con la mano sinistra. A quel punto, sferrò un possente balzo verso il vortice e, incrociando entrambe le sue armi, colpì ripetutamente Ilfrien. Colto alla sprovvista, il nemico non ebbe il tempo di reagire e fu scaraventato al suolo dopo un colpo di grazia effettuato dall'Ultima Weapon.
I keyblade iniziarono a muoversi in maniera più confusa ed un polverone denso e nero iniziò ad sollevarsi.
Ilfrien si rialzò imprecando. - Lurida piccola nullità! Ne ho avuto abbastanza di te! - urlò, facendo comparire la sua Chiave e lanciandosi in un attacco diretto contro Sora.
Il Custode indietreggiò il più rapidamente possibile, in modo da distanziare l'avversario. Tuttavia, le forze iniziavano a venir meno e la vista ad annebbiarsi. Sora perse l'equilibrio dopo pochi passi ed inciampò, cadendo di schiena. Ilfrien gli fu subito addosso, sovrastandolo, alzando la sua arma e puntandogliela alla gola. Sogghignò soddisfatto.
- E ora, dì adddio... -
Non riuscì a terminare la frase. I keyblade che fino a qualche attimo prima oscillavano nel vuoto, avevano ripreso la formazione a vortice e, come se fossero stati intontiti o confusi, avevano puntato sul capo della Legione, investendolo in pieno e passando di poco sopra a Sora. Il vortice attraversò tutto il mosaico, spingendo Ilfrien verso l'esterno. Quando si ritrovò sul bordo, al confine col baratro, la corrente che teneva unite le Chiavi svanì e i keyblade scomparvero nel nulla, come se non fossero mai esistiti.
Sul volto di Ilfrien si dipinse una smorfia di dolore. I suoi occhi erano sbarrati e la sua bocca semiaperta. Senza più sapere dove si trovava, mise un piede in fallo.
Nel mentre, Sora era ritornato in piedi e si stava dirigendo velocemente verso il suo avversario. Ciononostante, non riuscì a raggiungerlo.
Il Signore delle Tempeste cadde nel baratro. Senza una parola, Ilfrien svanì in una leggera foschia che si era creata alla base della colonna, inghiottito dalle stesse tenebre che lui aveva così tanto bramato.
Nessuno più lo rivide. Lasciò dietro di sé solamente una scia di fumo nero.

Sora rimase a fissare l'oscurità per qualche minuto. Un unico pensiero gli aveva invaso la mente: era tutto finito.
Un sorriso tirato gli illuminò per un attimo il volto. Poi, si volse in direzione di Riku, scrutandolo. Tentò di avvicinarsi, ma dopo alcuni passi, le palpebre cedettero ed egli cadde sul freddo pavimento in vetro, privo di sensi, a poco meno di un metro dal suo amico.
Fece uno strano sogno. Vide davanti a sè una strada, lunga, che terminava in direzione di un cerchio scuro. E, davanti a questo cerchio, stavano immobili due figure, completamente nere che gli davano le spalle.
Sora si alzò, chiamandole e domandando chi fossero, ma queste non si voltarono, né risposero. Si ritrovò, quindi, circondato da cinque sagome incappucciate che lo fissavano. Una voce lo chiamò.
- Sora, Sora - ripeté.
Il giovane si guardò attorno, ma non vedeva nessun altro.
- Sora, Sora - continuò la voce.
- Chi... Chi sei? Cosa...? -
- Svegliati! -

- Svegliati, sfaticato! -
Sora avvertì qualcuno urlargli nelle orecchie e venne scosso con forza. Cercò di riaprire gli occhi.
- Si sta risvegliando, meno male... - disse una voce. - Bentornato tra noi, ragazzo -
- Cosa? Axander! - esclamò, mettendosi a sedere. - Dove siamo? Che è successo? Dove...? -
Axander si raddrizzò, stiracchiandosi. - Piano, sei ancora affaticato. Meglio che ti riposi. Penserò a raccontarti tutto con calma, quando saremo di nuovo in città -
Ben presto, Sora si accorse che erano ancora in cima all’enorme colonna nera.
- Riku dov’è? Non lo vedo... - affermò preoccupato.
- Non temere, lui stava meglio di te. Ha tentato di svegliarti, ma non ci è riuscito. Quando siamo arrivati tu eri ancora sdraiato per terra e lui controllava che non arrivasse nessuno. Ti lascio immaginare lo spavento che si è preso quando ci ha visti - sorrise. - Ci è mancato poco che non ci attaccasse, ma per fortuna ci ha riconosciuti facilmente -
- Vuoi dire che c’era qualcun altro con te? - gli chiese Sora.
- Ovvio, Paperino e Pippo. Pensavi che fossimo spacciati? -
Sora annuì, ma era felice di sapere che stavano tutti bene. Tirò un sospiro di sollievo.
- Ti avevo detto che ti avrei raccontato tutto più tardi, ma mi trovo costretto ad anticipare - disse Axander grattandosi la testa. - Riku l’ho mandato in città attraverso un portale, assieme a Paperino e Pippo -
Il Guardiano delle Fiamme si mise a camminare sopra il mosaico, osservandolo incuriosito. Alzò gli occhi al cielo e ritornò a fissare il pavimento. Si scostò di poco.
- Questo sei tu, Sora. Poi nelle figure più piccole mi sembra di riconoscere Kairi, Riku, Paperino, Pippo, il Re e altri... Ma queste due sagome nere... Chi sono? - si domandò.
Sora si avvicinò, per esaminarle.
- Non ne ho idea - disse solamente. - Comunque, cosa stiamo aspettando? -
- Nulla. Stavo controllando la zona. E così alla fine ci siete riusciti... Lo sapevo che potevo contare su di te, Sora - si pronunciò Axander, indicando successivamente il cielo stellato. - Certo che è veramente bello -
- Hai ragione. Fino a qualche minuto fa c’era un’enorme luna a forma di cuore -
- Kingdom Hearts - mormorò Axander. - Avrei tanto voluto vederlo anche io -

La colonna iniziò ad oscillare ed a tremare pericolosamente.
- Ora ce ne dobbiamo davvero andare. Coraggio - avvertì Axander.
Tese una mano e si aprì un varco nero. Attese Sora per oltrepassarne la soglia assieme a lui. Lo varcarono ed esso si richiuse.
All’uscita, si trovarono di fronte ad un panorama piuttosto familiare. Erano, infatti, giunti all’entrata della valle, dove sorgeva l’enorme catasta di detriti e macerie che in precedenza formavano la cinta muraria difensiva.
- Dov’è la fortezza? - chiese Sora, guardando il cielo. - E’ sparita -
- Sì, appena abbiamo varcato il portale. La colonna ha iniziato a dare segni di cedimento ed è facile pensare che tutta la fortezza sia scomparsa avvolta nelle tenebre. Silenziosamente -
Il ragazzo continuò a guardare le nuvole nel cielo diurno, meravigliandosi che fino ad un attimo prima, sopra la sua testa, brillavano le stelle. Non ci pensò a lungo ed evitò di stressare Axander con altre domande.
Si avviarono, dunque, verso le rovine, arrampicandosi sino in cima ad esse per poi ridiscenderle con cautela. Arrivati all’altro versante, trovarono il Re, Paperino e Pippo pronti ad accoglierli.
- Siete tornati! - esclamò Topolino, correndo loro incontro.
Sora riabbracciò i suoi amici, a pezzi, ma contento di rivedere tutti quanti.
- Stai bene, Sora? - domandò Paperino. - Hai bisogno di riposo e di cure. Vieni, ti accompagnamo a casa di Leon -
- Ci sono tutti? - si informò il giovane.
- Sì, stanno tutti benone - rispose Pippo. - Eravamo preoccupati, dato che abbiamo visto tornare Riku e non te... -
Sora sorrise e, assieme ai due compagni d’avventure, si diresse verso casa di Leon.
Axander rimase ad osservarli, con una mano in tasca, mentre l’altra penzolava lungo il fianco. Il Re gli si affiancò.
- Ce l’hanno fatta, quindi - commentò. - Alla fine anche questo nemico è stato sconfitto -
- Sora ha solo provveduto a rimandare la catastrofe di qualche migliaio di anni. Non sono morti, sono solo tremendamente deboli. Torneranno un giorno. Ma quando ciò accadrà, non dovrete più preoccuparvene. Temo che ci sarò solo io a cercare, per l’ennesima volta, di farli ragionare - sospirò. - Credo, però, di aver già fatto un passo in avanti. Speriamo che il nostro prossimo incontro sarà diverso -
Topolino abbassò il capo. - E per quanto riguarda Sora? Che cosa farà, adesso? -
- Intendete... Riguardo a Kairi? Non vi preoccupate, Vostra Maestà. Ho già informato Sora di un po’ di cose. Ma ho un amico da contattare, che potrà informarlo meglio -
- Un amico? Posso sapere di chi si tratta? - chiese il Re incuriosito.
Axander rise. - Mi meraviglio di certe vostre domanda. Voi dovreste conoscere meglio di me costui. E’ stato il vostro maestro per un po’... -
- Yen Sid? - fece Topolino, con meraviglia. - Come farà a venire qui? -
- Vedrete, Vostra Maestà. Lo conosco bene anche io e so che in un modo o nell’altro verrà qui da noi. Penso sia l’unico che possa trovare una soluzione -
Topolino guardò Axander per un po’. Sorrise, quindi, e si volse verso Sora, ormai lontano.
- Tutto è bene quel che finisce bene - disse sorridendo.
Axander annuì. - Per noi può essere tutto finito. Ma non per Sora -
E così dicendo, entrambi si avviarono verso l'interno di Linahar.

Epilogo


Sora e Riku si sedettero sul bordo della balconata, ammirando l’intera vallata immersa nella notte.
- Non è la stessa cosa senza Kairi - sussurrò Riku.
Sora si rabbuiò, sospirando. - Riku -
L’amico si voltò. - Cosa c’è? -
- Devo andare a cercare Kairi. Da solo - precisò il Custode.
- Da solo... - ripeté Riku. - Perché? -
- Perché mi sento io solo il principale responsabile della sua scomparsa. Axander mi ha detto che devo andarla a cercare in un luogo lontano e pericoloso. Non ho voglia di coinvolgere altre persone -
Riku si alzò, fissando l’amico. - Non è una buona ragione. Tanto più se devi andare in qualche posto che non conosci -
- Ma Riku... -
- No. Non devi sentirti in colpa. Hai sbagliato, è vero, ma non sapevi quello che sarebbe accaduto -
Sora rimase in silenzio. Spaziò con lo sguardo sulle montagne. Dopodiché, si volse verso l’amico con un sorriso.
- Ormai ho deciso - disse, alzandosi a sua volta. - Andrò da solo - e fece per incamminarsi verso la porta di casa.
- Sei un testardo! - lo rimproverò Riku - Non puoi! Anche noi teniamo a Kairi, è nostra amica! Non puoi chiederci questo! -
- Non lo hai ancora capito? Se partissimo tutti assieme rischierei di perdere qualcun altro di voi e non so se questa volta riuscirei a resistere! - alzò la voce Sora. Si rattristò nuovamente. - Troppe volte ci siamo dovuti separare. Per favore, Riku, fa che questa sia l’ultima. Lasciami andare da solo -
Riku sbuffò, scuotendo la testa. - Va bene. Vai da solo se vuoi, ma non sarò io ad ostacolarti - disse, per poi cennare in direzione dell'amico. - Ma dovresti chiedere anche a loro -
Il ragazzo si voltò e vide Paperino e Pippo che si avvicinavano tranquillamente.
- Paperino, Pippo... Avete sentito anche voi, allora... -
I due annuirono. - Sì, Sora. E ti capiamo. Ci farà solo strano non poter essere al tuo fianco a combattere gli Heartless e a salvare i vari mondi - ammise Pippo.
- Già. Mi raccomando Sora, stacci bene - raccomandò Paperino.
- Grazie. Riku, Paperino, Pippo... Grazie di cuore -
- Non ringraziarci. Piuttosto, pensa a riportare Kairi a casa sana e salva -
Sora e Riku si strinsero la mano, fissandosi con determinazione.
- Te lo prometto - disse Sora. - Anche se le mie promesse cominciano a non avere più molto valore... -
- Ti sbagli. Ho sempre riposto la mia fiducia in te, Sora. So che manterrai questa promessa -
Tutti e quattro rientrarono, in seguito, a casa di Leon, ignari del fatto che qualcuno li aveva osservati.

Le luci si spensero in tutta la vallata. Qualcuno annusò l’aria.
- Il suo potere si è spento. Non lo sento più da molto, ormai -
Un vento improvviso mosse le fronde degli alberi ed una seconda figura apparve, annerita dalle tenebre.
- Ilfrien è uscito di scena. Il sipario è calato su di lui e sui suoi fratelli - continuò il misterioso individuo, con voce calma e profonda. - Anche se ne rimane ancora uno -
- Non c’è da preoccuparsi di costui - disse il nuovo giunto, con una voce sibilante. - Non è lui la nostra maggior preoccupazione -
Quest’ultima presenza si palesò agli occhi dell’uomo. Era bassa e si sfregava le mani, come colta da un tic. Il capo scattava a destra e a sinistra, guardingo.
- La situazione non è ancora chiara. Il Nostro Signore è stato qui, di recente - continuò il primo. Trasse un profondo respiro. - Molto di recente -
L’altro sghignazzò compiaciuto, battendo le mani e sporgendosi oltre il parapetto della balconata sulla quale si trovavano.
- Chissà cosa è venuto a fare - sibilò. - E chissà se quel citrullo di Alames ci darà ascolto... Eheheh... -
- Pazienza, mio caro, pazienza! - intervenne l’uomo. - Alames non è così stupido da non pensare alla vita dei suoi sudditi. Farà ciò che il Nostro Signore gli ha ordinato -
Si voltò verso la sua sinistra, osservando la figura più bassa.
- Perché nessuno può disobbedire al Nostro Signore. Dico bene? -
L’altro si girò di scatto. - Eh? Uh? Oh, sì... Nessuno può disobbedirgli... Nessuno, tranne... Lui - ringhiò.
- Non pensarci. Del rinnegato ci occuperemo poi. Abbiamo ordini ben precisi da eseguire -
- Sì, sì, ordini ben precisi! Ordini, sempre ordini... - borbottò l’altro.
Uno stridulo verso giunse alle loro orecchie. Si rizzarono in piedi ed il più alto dei due levò il braccio. Un falco nero come la notte si posò con leggiadria sull’avambraccio.
- Sì... Agiremo presto. Andiamo! -
Entrambi gli interlocutori sparirono in una sobria foschia, senza lasciare traccia del loro passaggio.

In quel preciso istante, Sora se ne stava a letto, gli occhi puntati verso il soffitto e le mani dietro la testa.
- Ovunque tu vada, io ci sarò sempre... - si disse a bassa voce.
Sorrise. Si girò su di un lato e si addormentò improvvisamente.


FINE (?) 

 

E qui finisce questa fic. Seguono poi una seconda ed una terza parte, come annunciato dalla descrizione di questa storia. Inizierò ad inserire il sequel il più presto possibile. Spero comunque che vi sia piaciuta e che non vi abbia annoiato. Se avete delle considerazioni finali da fare, accomodatevi pure!

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