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Lista capitoli: Capitolo 1: *** Prologo *** Capitolo 2: *** Capitolo 1: L'inizio *** Capitolo 3: *** Capitolo 2: Un nuovo pericolo *** Capitolo 4: *** Capitolo 3: Si comincia *** Capitolo 5: *** Capitolo 4: Tenebre dal passato *** Capitolo 6: *** Capitolo 5: Attacco all'Isola *** Capitolo 7: *** Capitolo 6: Rapimento e fuga *** Capitolo 8: *** Capitolo 7: Sosta a Middle Town *** Capitolo 9: *** Capitolo 8: Traditore *** Capitolo 10: *** Capitolo 9: Al Castello Disney *** Capitolo 11: *** Capitolo 10: Guai a Radiant Garden *** Capitolo 12: *** Capitolo 11: Guai a Radiant Garden, parte 2° *** Capitolo 13: *** Capitolo 12: Guai a Radiant Garden, parte 3° *** Capitolo 14: *** Capitolo 13: In movimento *** Capitolo 15: *** Capitolo 14: Primi problemi in viaggio *** Capitolo 16: *** Capitolo 15: La Foresta di Sherwood *** Capitolo 17: *** Capitolo 16: La Foresta di Sherwood, parte 2° *** Capitolo 18: *** Capitolo 17: La Foresta di Sherwood, parte 3° *** Capitolo 19: *** Capitolo 18: La Foresta di Sherwood, parte 4° *** Capitolo 20: *** Capitolo 19: Una nuova meta *** Capitolo 21: *** Capitolo 20: Sconfitta *** Capitolo 22: *** Capitolo 21: Una guerra si avvicina *** Capitolo 23: *** Capitolo 22: Il Monte Olimpo *** Capitolo 24: *** Capitolo 23: Il Monte Olimpo, parte 2° *** Capitolo 25: *** Capitolo 24: Il Monte Olimpo, parte 3° *** Capitolo 26: *** Capitolo 25: Il Monte Olimpo, parte 4° *** Capitolo 27: *** Capitolo 26: Ripensamenti *** Capitolo 28: *** Capitolo 27: Il salvataggio *** Capitolo 29: *** Capitolo 28: Ritorno a Radiant Garden *** Capitolo 30: *** Capitolo 29: L'addio *** Capitolo 31: *** Capitolo 30: Verso Linahar *** Capitolo 32: *** Capitolo 31: Atterraggio di fortuna *** Capitolo 33: *** Capitolo 32: L'Allievo di Grelwan *** Capitolo 34: *** Capitolo 33: Lo scontro *** Capitolo 35: *** Capitolo 34: Spiegazioni *** Capitolo 36: *** Capitolo 35: L'arrivo in città *** Capitolo 37: *** Capitolo 36: Il segreto di Axander *** Capitolo 38: *** Capitolo 37: Incontri *** Capitolo 39: *** Capitolo 38: Incontri, parte 2° *** Capitolo 40: *** Capitolo 39: Pronti alla battaglia! *** Capitolo 41: *** Capitolo 40: Un'oscura realtà *** Capitolo 42: *** Capitolo 41: Il più terribile tra i nemici *** Capitolo 43: *** Capitolo 42: La potenza di Albaran *** Capitolo 44: *** Capitolo 43: Dopo la battaglia *** Capitolo 45: *** Capitolo 44: Incontro al nemico *** Capitolo 46: *** Capitolo 45: Kingdom Hearts *** Capitolo 47: *** Capitolo 46: Il Signore delle Tempeste *** Capitolo 48: *** Capitolo 47: La disfatta + Epilogo ***
- Molte sono le leggende
che gli uomini si tramandano di generazione in generazione. Una in
particolare mi ha sempre affascinato - disse parlando lentamente il
vecchio. Una piccola folla si era radunata tutt'attorno a lui per
ascoltare l'ennesimo suo racconto. - Quello che vi sto per
raccontare risale a millenni e millenni fa... L'origine del tutto
-. Alle sue parole, un leggero mormorio si diffuse tra gli
astanti, incuriositi dall'enigmatica presentazione della storia. Il
vecchio sorrise, compiaciuto nell'aver attirato l'attenzione del
pubblico. Poco lontano, vi era un ragazzo. Sembrava un giovanotto
dall'aspetto normale, uno dei tanti che si incontravano per la via;
occhiali che gli donavano un'aria da intellettuale, una giacca
rossa, jeans piuttosto larghi, scarpe da ginnastica... E un
berretto. Uno di quei berretti tendenzialmente fatti di lana (non
era il suo caso), senza visiera, nero, con un piccolo stemma
ricamato all'altezza della fronte. Osservava, silenziosamente,
appoggiato al muro di una casa, con le braccia conserte. Non gli
interessava ascoltare quella stupida storiella da quattro soldi.
Eppure si era trovato a passare per di lì. Che sfortuna, pensò.
Aveva cose più importanti da fare. Molto più importanti. Quindi,
portando le mani in tasca, si allontanò per la via principale,
scomparendo in mezzo alla gente che affollava il
mercato.
Passò il pomeriggio e ci si avviava verso sera. Il
cielo cominciava ad oscurarsi; fitte nubi promettenti pioggia
coprirono lentamente la volta stellata. La piazza della cittadina
cominciò ad oscurarsi, illuminata solo dalla debole luce dei
lampioni. Tutt'a un tratto, iniziò pure a piovere. Prima qualche
goccia, per poi trasformarsi in un violento acquazzone. Da uno
dei viali che attraversavano il centro, apparve una sagoma che, con
passo felpato, si diresse verso il limitare della piazza. Uno strano
tipo, con indosso un'armatura ben lavorata e ricca di rifiniture.
Spalliere possenti, schinieri pregiati. Al fianco sinistro, una
spada riposta in un fodero nero, l'elsa ricoperta di pietre
preziose. Un mantello con un cappuccio lo teneva al riparo dalla
pioggia. L'uomo, apparentemente giovane in volto, si fermò al
centro, osservandosi brevemente attorno. "E' in ritardo" pensò
tra sé. Passarono pochi secondi e qualcuno apparve da ovest. La
pioggia oscurava la sua figura, la rendeva poco visibile ad occhio
umano. Si avvicinò sempre di più e, a pochi metri dal presunto
guerriero, si bloccò, notando che gli stava dando le spalle. -
Buonasera - salutò il nuovo giunto. Il guerriero si voltò, con un
ghigno che increspava le sue labbra. Dal solo timbro della nuova
voce, aveva percepito l'identità del tale. - Guarda, guarda... -
disse - Stavo attendendo proprio te... - - Me? - fece lo
sconosciuto, senza battere ciglio. - Che coincidenza! - - Sì,
proprio te, caro il mio... - Non si udì il seguito della frase,
poiché un boato tremendo risuonò in lontananza. Il temporale. -
Mi fa piacere che tu ti sia ricordato del tuo... "Amico"... -
replicò l'altro, con volto inespressivo. La luce di uno dei
lampioni gli illuminò leggermente il volto. Era il giovane dalla
giacca rossa. - Non ho ancora capito perché mi volevi incontrare
- continuò il guerriero. Il giovane, in tutta risposta,
silenziosamente, scostò di lato la giacca, scoprendo così i foderi
di due revolver, poco sopra la cintura. La mano destra andò
velocemente ad afferrare l'arma tenuta sul fianco sinistro,
estraendola con incredibile destrezza. Immediatamente, la puntò
verso il suo interlocutore. - Per eliminarti, mi pare ovvio -
affermò. - Prima, però, dovrai rispondere ad una mia domanda
- Subito, il ghigno sparì dal volto dell'uomo, che andò ad
impugnare la spada con la diritta e, senza attendere oltre, si gettò
con uno scatto sul giovane, vibrando un fendente letale. Il colpo,
in un primo momento, sembrava essere andato a segno: aveva tagliato
di netto la figura del ragazzo. Ben presto, però, il guerriero si
accorse che non era altri che un ologramma. - Che diavoleria è
mai questa? - sbraitò, in preda ad una forte ira. Il giovane era
alle sue spalle, a poco meno di un metro, la pistola puntata verso
la sua schiena. - La tua stoltezza non ti porterà da nessuna
parte... - Il guerriero si voltò di scatto, tentando di colpire
il ragazzo al fianco, ma la spada trapassò soltanto un altro
ologramma. - ... Da nessuna parte... - riecheggiava la
voce. Ora, il ragazzo si trovava a mezz'aria sopra il nemico,
sempre la pistola puntata alla sua testa, stavolta alla nuca. Il
guerriero rispose con prontezza: puntando la lama verso l'alto,
cercò di infilzare l'avversario. Un altro ologramma. - ... Da
nessuna parte... - continuava la voce. Il guerriero era oramai
circondato da ologrammi, che impugnavano entrambi i revolver verso
la sua figura. Visibilmente disperato, impugnò la sua lama con
entrambe le mani. - ... Da nessuna parte... - - Basta! - urlò
lo spadaccino. Un attimo di silenzio. Gli ologrammi sparirono e
la voce sembrava svanita. - Risponderai alla mia domanda? - -
No, di qualunque cosa si tratti! - replicò con fermezza
l'uomo. Un colpo, poi un altro e un altro ancora riecheggiarono
nell'aria. Una raffica di proiettili trafisse l'armatura dello
spadaccino, inerme di fronte alla disfatta. Cadde a terra, con un
gemito. Gli occhi sbarrati e il fiato mozzo. Il ragazzo si
avvicinò a lui, comparendo dal nulla. Si chinò, afferrandolo per il
collo e sollevandolo, nonostante la sua mole fosse nettamente
inferiore a quella del moribondo. - Parla. Devi dirmelo - disse
il giovane. - Dirti cosa? - domandò con un ghigno il guerriero,
quasi volesse prendersi beffe per l'ultima volta del suo
nemico. - Tu lo sai, parla! - - Eh... Eh, eh... Ma cosa...?
- - Dov'è? Dove si trova?!- insisté il ragazzo, alzando la
voce. - C-cosa? - continuò a non capire il vinto. - Dov'è? -
ripeté il pistolero. -
Dov'è Kingdom Hearts? - scandì, con occhi infuocati. Seguirono pochi
secondi di silenzio. Il guerriero restò basito, ma poi scoppiò in
una risata, per quanto le poche forze glielo potessero
permettere. - Ah, ah... Ah... Meno male... Che lo stolto... Ero
io... - balbettò, iniziando a dissolversi in una nube oscura. La
mano che lo reggeva si abbassò e il guerriero scomparve del
tutto.
Einar rimase immobile, alzando lo sguardo al cielo e
stringendo i pugni. - Maledizione - imprecò sottovoce. La
pioggia aveva smesso di scendere e le nubi stavano iniziando a
diradarsi, lasciando spazio alla luna piena. Così come era
arrivato, il giovane Einar ritornò sui suoi passi. - Non mi devo
arrendere. Questa ricerca deve continuare, a qualsiasi costo
- Imboccò il viale principale, scomparendo ad
ovest.
Un anno. Dodici mesi. Trecentosessantacinque
giorni. Come dir si voglia. Era passato poco più di un anno da quella
serie di avvenimenti che avevano scosso violentemente i mondi. Era passato
un anno dalla disfatta di Xemnas. Era passato un anno dall'ultima
avventura che aveva visto Sora e i suoi amici combattere per l'ennesima
volta contro la minaccia degli Heartless e dei Nessuno. Dell'Organizzazione
XIII.
- Sora! Ehi, Sora... - Gli occhi si aprirono
lentamente, accompagnati da un leggero sbadiglio. Sora si mise a sedere,
stiracchiandosi. Era già qualche ora che stava dormendo, comodamente
sdraiato sulla spiaggia, cullato dalle onde del calmo mare a qualche metro
di distanza. Ancora un pò intontito si guardò attorno in cerca della voce
che lo aveva svegliato. - Finalmente, dormiglione! E' da un pò che ti
cerco! - esclamò una voce femminile, alle sue spalle. Sora si alzò,
sbadigliando per l'ultima volta. Quindi, si volse verso l'amica,
sorridendo. Ella aveva capelli rossi e lunghi fino alle spalle e vivaci
occhi castani. Indossava degli abiti rosa, leggeri. - Ciao, Kairi - la
salutò semplicemente Sora, mentre si massaggiava il collo. - Come mai qui?
- Sora era un ragazzo sui sedici anni, abbastanza alto per la sua età.
I suoi capelli chiari assumevano una piega bizzarra, mossi verso ogni
direzione, in varie punte. Sempre solare, i suoi occhi erano di un blu
marino molto intenso. Indosso aveva degli abiti da viaggio prevalentemente
scuri, anche se in vari punti si intravedevano dei lacci colorati o delle
tasche. La ragazza sorrise a sua volta. - Riku e gli altri ti
stavano cercando, ma non avendoti trovato hanno deciso di andare in giro
da soli - disse Kairi. - Sono tornati a riva per fare un giro in paese;
Wakka e Tidus avevano voglia di una partita - Sora rimase un pò peplesso.
Poi sospirò. - E' già la quarta volta che lo fanno. Se ne vanno senza
dirmi nulla. Eppure lo sanno che vengo qui - disse Sora sbuffando, con le
mani ai fianchi. - Ogni giorno, alla stessa ora, per riposarmi. Gliel'avrò
ripetuto una miriade di volte che possono venire anche a disturbarmi
quando vanno a spasso... - Kairi si mise a ridere; era particolarmente
allegra quel giorno. - Non ci trovo niente da ridere - replicò Sora,
fingendosi offeso. Ma anch'egli non riusciva a trattenere le risate,
accanto alla sua amica del cuore. - Non te la prendere. Riku è fatto
così... Dice che non ha voglia di svegliarti perché è un dispiacere, per
lui, interrompere i tuoi sonnellini - Rimasero per qualche attimo in
silenzio, osservandosi. In seguito, Sora si voltò verso il mare, guardando
dritto dinanzi a sé, verso l'orizzonte. - Che cosa stai guardando Sora?
- chiese la ragazza avvicinandosi e affiancandosi a lui, prima fissandolo
per poi volgere a sua volta lo sguardo verso la medesima direzione. -
Stavo pensando - rispose Sora. - A cosa? - - Ci penso tutti i
giorni. Vedi, tornando sull'isola, più di un anno fa, mi sentivo felice.
Ero felice di tornare finalmente a casa, di reincontrare i miei amici, di
poter stare tranquillo su assieme a te, Riku e gli altri, per sempre. Ma
ora... - sospirò. Kairi lo fissò negli occhi, quasi come sapesse cosa
stesse provando Sora. - Ti mancano - disse piano. - Sì. Paperino,
Pippo, il Re. Quasi sento nostalgia di tutte le avventure che abbiamo
passato - ammise, con un mezzo sorriso. - Non vedo perché tu debba
rattristarti così - aggiunse l'amica. - In cuor mio, sono sicura che un
giorno li incontreremo di nuovo, e che magari... - Improvvisamente, una
fortissima scossa di terremoto interruppe le sue parole. Kairi perse
l'equilibrio, cadendo addosso a Sora che a sua volta si ritrovò per terra.
Si rialzarono lentamente, guardandosi attorno preoccupati. - Tutto a
posto? - chiese il giovane. - Che cos'è stato? - si domandò Kairi,
allarmata. - La terra ha iniziato a muoversi! Non ci sono mai stati
terremoti da queste parti - - Non so che dirti - mormorò Sora,
scrutando i dintorni, come se la risposta potesse giungere da un momento
all'altro dal cielo. Ad un certo punto, udirono un rumore di passi alle
loro spalle, che si avvicinavano velocemente. Erano particolarmente
veloci, attutiti dalla sabbia. I due si voltarono e videro un ragazzo
correre nella loro direzione. - Sora, Kairi - urlava il tale. - Riku
- lo chiamò Sora. Arrivato dai suoi amici, Riku si fermò, con il
fiatone. Il ragazzo dai lunghi capelli argentei stava riprendendo fiato,
vestito come suo solito con una maglietta a maniche corte e lunghi
pantaloni blu. - Avete sentito anche voi? La terra
che tremava... - esordì. - Stavo tornando qui quando il mare ha cominciato ad agitarsi
- - Sì, ma... Com'è possibile? - fece Kairi. Riku si voltò, dando le
spalle ai due, e, senza dire una parola, indicò il mare. Aveva già capito
che cosa era stato e se n'era accorto prima dei suoi amici. In mezzo
alle sconfinate acque, stava accadendo qualcosa: grigi nuvoloni si stavano
ammassando in lontananza. Fulmini e lampi accompagnavano la tempesta che
si stava formando. Uno spettacolo poco rassicurante, che metteva i
brividi. Il solo pensiero che una tempesta si sarebbe abbattuta sull'isola
avrebbe fatto tremare chiunque. - E quello... Che cos'è? - domandò
Sora, con aria visibilmente preoccupata. Riku aprì bocca per parlare,
ma non fu abbastanza veloce a rispondere che subito tutto cessò, con un
tremendo boato in sottofondo. Il mare, che si era improvvisamente agitato,
ritornò in pochi istanti calmo e pacifico. In un lampo, i nuvoloni che si
erano ammassati erano stati inghiottiti dal nulla. - ... Non ne ho la
più pallida idea - rispose Riku. - Allora è un bene che ci sia qui io -
disse una voce alle loro spalle. Tutti e tre si girarono,
soprassalendo. Dietro di loro, era apparsa una figura incappucciata, con
indosso un soprabito nero. Stava in piedi, sopra la baracca di legno
costruita nei pressi della spiaggia. Tenendo le braccia incrociate, li
fissava, immobile come una statua. "Un vero colpo di fortuna, per me"
sorrise. "E' stato più facile di quanto
pensassi"
Una breve risata e il misterioso individuo saltò giù dal
tetto della baracca di legno sul quale era comparso improvvisamente.
Atterrò con agilità, piegando entrambe le ginocchia, e si rialzò
lentamente, per ritornare a fissare i tre ragazzini sulla spiaggia. Era
alto, persino più di Riku, ma solo di qualche centimetro, e a prima vista
sembrava un tipo piuttosto atletico. Qualcosa, però, non tornava: un
soprabito nero, un cappuccio che celava le fattezze del volto.
Quell'abbigliamento riportava alla mente brutti ricordi e non era
facilmente dimenticabile. Sora sembrava ormai sicuro, infatti. -
L'Organizzazione! - esclamò, guardando in malomodo il tizio vestito di
nero. Riku si voltò verso l'amico, con aria confusa e perplessa, e
volse anche lui il suo sguardo in direzione del nuovo giunto. - No...
Non può essere... - mormorò a se stesso. - E infatti non lo è - si
intromise l'altro, ascoltando e intuendo le parole degli
astanti. Cominciò ad avanzare, con passo sicuro, verso Sora e gli
altri. Tutti e tre rimasero fermi dov'erano. Non capivano. Come si poteva
spiegare la presenza di costui? L'Organizzazione era stata eliminata;
tutti e tredici i membri erano stati sconfitti. - Fermati - gli intimò
Sora, vedendolo avvicinarsi. Il tale sembrò obbedire e interruppe
l'avanzata. - Sennò? - chiese con arroganza. - Che cosa mi farai? Mi
attaccherai? - Sora sentì un improvviso fuoco ardere dentro di sé. In
risposta a quella sfacciataggine, fulmineamente, allungò il braccio destro
verso l'esterno e in una frazione di secondo un'intensa luce gli circondò
la mano. Pochi attimi e comparve il keyblade, Catena Regale. Il
misterioso individuo, a sorpresa, si mise a ridere fragorosamente,
battendo le mani. - Veramente sbalorditivo, ragazzo, veramente. I miei
più vivi complimenti. Vorresti sconfiggere me, Axander il grande, con una
chiave formato maxi? - domandò, prendendosi beffe di Sora. Rise ancora
per poco, prima di fermarsi. - Certamente, "grande" Alender! - rispose
Sora, già pronto in posizione di guardia. Riku, intanto, si era
avvicinato a Kairi, pronto a proteggerla, e insieme a lei si stava
allontanando, continuando però, a tenere sott'occhio i due contendenti.
Rimasero ad una distanza di sicurezza, avendo già intuito che la
situazione stava degenerando. - Come mi hai chiamato? - domandò
alterato Axander. - Nessuno, dico, nessuno può permettersi di storpiare il
mio nome. Tantomeno un mocciosetto come te - puntando un dito verso il
ragazzo. Sora non attese oltre. Stava già correndo contro l'avversario.
A poca distanza da lui, saltò, impugnando il keyblade con entrambe le mani
e alzandolo sopra la testa. Ritornò a terra, con il fendente andato a
vuoto: Axander era sparito. Sora si guardò attorno velocemente, per
capire dove avrebbe potuto nascondersi. - Sono qui - disse una voce
alle sue spalle. In qualche modo, Axander era riuscito ad evitare il
colpo, ritrovandosi a pochi metri alle spalle di Sora. Stavolta, tuttavia, non
si fece attendere. Rimanendo in posizione eretta, impassibile alla
presenza dell'eroe del keyblade, allungò a sua volta il braccio destro,
con tutta la calma possibile. Una fiammata partì verso l'alto, dal
palmo della sua mano, allungandosi verso il basso. Una volta scomparse le
fiamme, una grande alabarda apparve in mano ad Axander. Sembrava fatta
interamente di argento, splendente sotto la luce del sole, dalla lama
affilata e dalla notevole portata. Axander assunse subito
una posizione offensiva, divaricando le gambe, portando indietro il braccio armato e
allungando in avanti quello sinistro. - Tocca a me, adesso - sorrise.
Dopodiché, sparì all'istante dalla vista di Sora. Il giovane si guardò
nuovamente attorno, spiazzato, in cerca dell'avversario. - Sora, dietro
di te! - urlò Riku, da lontano. Sora si voltò e, con sua grande
sorpresa, si accorse che Axander era dietro di
lui, la grande alabarda che si stava avvicinando a velocità impressionante. Non fece
in tempo a parare e fu così colpito in pieno al
fianco sinistro, ma per fortuna non dalla lama della terribile
arma. Sbalzato all'indietro per il colpo, Sora cadde di schiena sulla
sabbia con un tonfo, a poco meno di due metri da dove si trovava. Axander
restò in piedi lì dov'era e la sua arma scomparve accompagnata da un
baluginio minaccioso. Non disse niente. Con entrambe le mani si calò il
cappuccio sulle spalle, mostrando il suo volto. Capelli biondi piuttosto
lunghi, un'acconciatura simile a quella di Sora, occhi azzurri e
un'espressione fredda. Come se nulla fosse, estrasse da sotto il soprabito
nero uno strano cappello, qualcosa di simile ad un cilindro, per
grandezza, ma di aspetto più vicino ad un normale berretto. Gli donava,
nonostante fosse un copricapo abbastanza bizzarro. Se lo sistemò sul capo,
avvicinandosi a Sora, ancora disteso sulla sabbia. Si chinò vicino a
lui, osservandolo dall'alto verso il basso, scuotendo la testa e
ridacchiando. - Ma dimmi te cosa mi tocca fare per poter parlare con
calma. Un vero peccato che questo piccolo angolo di paradiso... -
allargando le braccia. - ... Debba assistere a sì tanta violenza, non
credi? - domandò infine, sorridendo. Sora si tirò su, sorreggendosi con
i gomiti ed osservando il suo avversario. Ora non pareva più quello di
prima. La sua espressione era radicalmente cambiata e persino il suo modo
di fare non sembrava consono alla personalità mostrata poc'anzi. - Chi
sei, realmente, tu? - chiese Sora, allibito. - Era da un pezzo che
attendevo questa domanda, Sora - disse Axander, tendendo la mano allo
sconfitto e aiutandolo a rialzarsi. Vedendo di nuovo in piedi il loro
amico, Riku e Kairi si avvicinarono nuovamente, correndo. - Stai bene?
- chiese preoccupata la ragazza. - Tutto a posto, Sora? - - Sì, tutto a posto -
rispose il Custode del keyblade, risollevatosi con l'aiuto di Axander. -
Bene, allora - proferì quest'ultimo, osservando il cielo e notando
parecchie stelle fare la loro apparizione. - Vedo che la sera non tarda a
venire qui da voi -
Cinque pietre, disposte in cerchio. Al centro vi
era una grossa lastra di marmo, apparentemente senza un'utilità. Il
silenzio più assoluto circondava lo Scoglio delle Rune. Una fitta foschia
aggiungeva quel tocco di mistero in più al luogo, rendendolo tetro e
desolato come solo una tomba avrebbe potuto esserlo. Un rumore di
passi ruppe quel silenzio. Passi lenti, fiacchi, pesanti. Risuonavano
nell'aria. Qualcuno si stava facendo largo in mezzo alla nebbiolina che lentamente,
quasi volesse cedere il passo al nuovo giunto, si stava diradando. I passi
si fermarono. Tutto ripiombò di nuovo in quella quiete spettrale. Una
figura enorme, alta sicuramente più di due metri, era arrivata alla lastra
di pietra. Sulla sua schiena la sagoma di una grossa ascia bipenne. Con il
ritorno della visibilità, costui non fece troppi sforzi a riconoscere
altre due sagome nel medesimo luogo, immobili ed impassibili. Esse
attendevano proprio il suo arrivo. - Ed infine il quinto giunse -
esordì uno dei due avventori. L'altro rimase in silenzio, ad ascoltare
e pazientare. - Il quinto giunse, sì. Ma due di noi mancano
all'appello, fratello mio. Perchè ciò? Sei per caso portatore di cattive
notizie? - parlò l'uomo dall'imponente mole. Nessuno rispose alla sua
domanda e tutto tacque nuovamente. Poi, però, una quarta voce fece
irruzione nel discorso. - Non lui. Io porto a voi l'annuncio - iniziò.
Una vaga ombra comparve al centro dello Scoglio. Solo i suoi occhi
brillanti erano visibili tra le tenebre. - Il traditore ha fatto la sua
scelta. Non intende riunirsi a noi - Un lieve mormorio si diffuse tra
gli altri tre. - Questa sua scelta ci disonora - commentò l'unico che
fino a quel momento non aveva aperto bocca. - Ma presto verrà il suo
momento, fratelli, non temete. Io dico che il creato ha atteso troppo a
lungo il nostro ritorno. E anche noi abbiamo atteso più del dovuto - -
Pazienta - disse l'ultimo arrivato. Questi di statura era il più basso,
molto meno imponente rispetto ai fratelli, ma qualcosa in lui lo rendeva
più potente degli altri e la sua autorità non veniva messa in dubbio dai
compagni. - Pazienta ancora. Sono venuto a conoscenza di avvenimenti da
noi inattesi. Qualcuno prima di noi ha già cercato di mettere in atto i
suoi piani e ha... Fallito. Assai miseramente, se posso permettermi - I
tre si misero a ridere, pur mantenendo un certo contegno. - La
concorrenza è sparita giusto in tempo, dunque - commentò divertito uno di
essi. Il gigante e l'individuo silenzioso non aggiunsero altro. -
Sì, si potrebbe dire così... Fratelli miei, per troppo tempo siamo rimasti
esiliati. Troppo a lungo abbiamo lasciato la strada sgombra ad altri,
indegni di adempire al loro compito. Il nostro momento è giunto - La
foschia, intanto, si era completamente diradata. Quattro individui vestiti
di nero ed incappucciati erano riuniti attorno alla runa principale. A
vederli, qualcuno avrebbe potuto tranquillamente scambiarli per vecchie
conoscenze. Ma non era così. Il leader del gruppetto si voltò verso una
delle rune, con sguardo cupo. La osservò, pieno di risentimento, odio,
rabbia, ma al contempo paura, confusione. Tristezza. Un suo breve cenno
col capo e, una dopo l'altra, quelle misteriose ombre svanirono nel
nulla.
Ormai
la sera era calata e tutto era caduto nella calma della notte. Un
magnifico cielo stellato, immenso e spettacolare, era visibile sopra
l'isola. Le onde del mare spumeggiavano lungo la riva, a tratti
silenziose, a tratti rumorose. Alcune barche legate al pontile di legno si
urtavano di tanto di tanto, cullate dalla marea. Sulla spiaggia, un
allegro fuocherello scoppiettava, rompendo la quiete sulla terraferma.
Attorno ad esso, lunghe ombre tremolanti. - Non ci hai ancora risposto
- esordì Riku. - Chi sei? - Axander alzò veloce lo sguardo sul ragazzo,
squadrandolo brevemente. - Sì, hai ragione. Perdona la mia
maleducazione - disse. - Come avrete già intuito io mi chiamo Axander.
Axander e basta. Non ho un altro nome - Tutti e quattro i nostri amici
erano seduti su dei piccoli tronchi posizionati in cerchio; al centro, il
falò. - E da dove vieni? - continuò Riku. Sora e Kairi, intanto,
ascoltavano attentamente il dialogo tra i due, senza interromperli e
pronti ad esporre i loro dubbi qualora ne avessero avuto l'occasione. I
loro sguardi, però, erano contiuamente fissi sul nuovo arrivato. - Da
dove vengo, tu mi chiedi. Da una città abbastanza distante da qui -
rispose Axander. A quel punto, alzò un dito verso la volta
stellata. - Da un altro mondo. Vengo da una città chiamata "Città di
Mezzo". La conoscete? - All'udire quelle parole, Sora si alzò in
piedi. - Dici sul serio? Vieni dalla Città di Mezzo? - domandò. -
Non mi pare di aver parlato qualche strana lingua antica. Sì vengo da lì -
replicò Axander, aggrottando la fronte alla reazione del giovane. -
E... Com'è ora? Intendo, chi ci vive lì? - continuò a chiedere Sora. -
Ovviamente non so i nomi di tutti, ma ho qualche amico che risiede lì con
me. Una volta so che era il principale luogo dove si ritrovava la gente
che aveva dovuto lasciare il proprio mondo. Ora invece è una normalissima
città - Axander rimase un attimo in silenzio, rimuginando sul
comportamento di Sora. - Da come me lo hai chiesto, presumo tu ci si
stato più di una volta - - Sì, infatti - annuì il Custode del
keyblade, ricordandosi che lì aveva incontrato tutti i suoi amici. Riku
osservò l'amico, quasi con rimprovero. - Sora, parleremo dopo di
questo - esordì, rivolgendosi poi ad Axander. - Ora vogliamo sapere perchè
sei qui e cosa vuoi da noi. E soprattutto cosa ne sai tu di quello che è
successo questo pomeriggio. Mi riferisco alla tempesta che abbiamo visto
tutti - Axander sorrise, quasi divertito. - Quante domande, ragazzo.
Sei molto curioso - proferì. - E a volte la curiosità la si paga con un
caro prezzo - aggiunse, infine, con espressione seria. Riku rimase
impassibile a quella sorta di minaccia. Tuttavia, era intimidito da quel
misterioso personaggio. Non lo dava a vedere, non era da lui avere paura
di qualcuno. Eppure era così. - Comunque - continuò Axander. - Sono qui
perchè ho bisogno di voi. Ho bisogno del vostro aiuto. Dell'aiuto del
prescelto detentore del keyblade - affermò, spostando lo sguardo su
Sora. Le fredde iridi mettevano in soggezione chiunque contraccambiasse
lo sguardo di Axander. Anche Sora provò la stessa sensazione di Riku,
riuscendo però a mascherarla con scarsi risultati. - Sinceramente mi
aspettavo qualcosa di più, da tutto ciò che ho sentito in giro sulle tue
imprese, Sora. A quanto pare c'è da lavorare parecchio - disse il giovane
uomo, alzandosi e osservando i tre ragazzi. - Lavorare parecchio? -
fece Sora, confuso. - Intendi dire che... - - Tre mesi - lo interruppe
Axander. Sora, Riku e Kairi si guardarono con aria interrogativa.
Fissarono i loro sguardi perplessi su Axander, non capendo cosa volesse
dire. - Tre mesi per prepararvi - precisò lui. - Questo non sarà un
viaggio come gli altri, qualunque avventura abbiate intrapreso finora - li
avvertì, con aria divertita. A quel punto, tutto fu chiaro: dovevano
prepararsi a partire di nuovo, per un nuovo viaggio, e stavano per essere
catapultati nell'occhio del ciclone, per l'ennesima volta. - Allora,
cosa mi rispondete? - chiese Axander, facendo un lieve cenno con il capo
in direzione del mare. - Quella tempesta ha segnato l'inizio. Prendere o
lasciare. Fidarsi di me o andare incontro alla fine. A voi la scelta -
concluse, con aria solenne. Sora era titubante di fronte a tutto ciò.
Non sapeva cosa fare. Riku, d'altro canto, si alzò subito, con sguardo
fiero e volto sereno. Sorrise. - Io mi fido. Il mio cuore dice che devo
fidarmi. E io accetto - disse, stringendo un pugno. - Se i mondi hanno
ancora bisogno dell'aiuto dei keyblade... Beh, è il momento di tornare in
azione - Axander abbassò la testa, compiaciuto. - E voi due?
- Kairi si alzò a sua volta, seguendo l'esempio di Riku. - Anche il
mio cuore seguirà quello di Riku - annuì, con espressione decisa. -
Sora? - domandò, infine, Axander. - Il tuo cuore cosa ti dice di fare?
- Sora si alzò lentamente, tenendo il capo chino e osservando per
terra. Una volta in piedi esitò qualche istante. Non era sicuro di voler
di nuovo tutto quello. Aveva faticato troppo per quella pace che si stava
godendo, ma che sarebbe durata ben pooco; non voleva perderla. Tuttavia,
lui era il Custode del keyblade: se c'era bisogno di lui, lui doveva
accorrere, per riportare la pace tra i mondi. Era un pesante fardello che
si sarebbe dovuto portare appresso ancora per molto tempo. Non c'era nulla
da fare. O, almeno, qualcosa da fare c'era: accettare il proprio
fato. Quindi, Sora alzò lo sguardo verso gli altri, osservando dapprima
Kairi e poi Riku. Se loro andavano, lui non si sarebbe potuto di certo
tirare indietro. - Accetto - Riku e Kairi ricambiarono le sue parole
con un largo sorriso. - Bene. Mi sembrate un pò fuori allenamento voi
due nullafacenti - disse Axander, senza troppi preamboli, esaminando sia
Riku che Sora, con le braccia incrociate. - Domani inizieremo a prepararci
per bene, mentre tu Kairi... - voltandosi verso la ragazza, che ora si
trovava alla sua sinistra. - ...Potrai fare quello che vorrai -
prendendole la mano e baciandogliela, come un vero gentiluomo. Kairi
assunse un colorito paonazzo, tenendosi la guancia per coprire il rossore.
Gli altri osservarono la scena con disapprovazione, in particolar modo
Sora. Riku si girò verso di lui, con aria di sfida, cercando di ignorare
la patetica scenetta. - I mondi sembrerebbero di nuovo in pericolo. Sei
pronto? - L'amico annuì. - Prontissimo
-
- E'
tutto inutile - sbottò la figura incappucciata, tirando un calcio ad un
grosso blocco bianco, probabilmente di marmo, facendolo partire contro una
catasta di detriti. - Che cosa spera di trovare qui, Ilfrien? Non c'è
assolutamente niente! - continuò con aria irritata. - Stai zitto e
continua a cercare - rispose stizzita un'altra losca
presenza. Quest'ultima stava trafficando sotto altri blocchi, spezzati
e dalle forme irregolari. Li sollevava come se niente fosse, data la
gigantesca mole. I due stavano cercando qualcosa e, nella ricerca,
avevano demolito un po' di cose. Si trovavano all'interno di una vasta
sala circolare, completamente bianca. Molte crepe si estendevano sul
pavimento e sulle pareti. Ad un certo punto, il gigante lanciò un
grosso pezzo di marmo bianco contro il candido muro, sfondandolo. - La
tua solita delicatezza, Nathan - disse l'altro. - Qua non c'è niente,
come in tutto questo castello decadente e malridotto - sbuffò Nathan, su
di giri. - Mi sa che dovrò scaricare un po' la tensione... - Nella sua
mano destra comparve un'enorme ascia bipenne. La scagliò. senza prendere
la mira, ed essa si conficcò contro quella che sembrava un'altissima
colonna bianca. Si formarono delle profonde spaccature e, dopo pochi
attimi, la struttura crollò su se stessa, sfasciandosi all'impatto col
suolo. Il più basso tra i due scosse la testa e si strinse nelle
spalle. - Dovremo accontentarci di quelle cartacce trovate all'ultimo
piano - concluse. - Non sarà molto, ma è tutto quello che abbiamo
- Nathan annuì, dopo essersi calmato. - Va bene, Grelwan. Torniamo
da Ilfrien con ciò che abbiamo recuperato, prima che quegli strani esseri
bianchi tornino a darci fastidio - Grelwan rise, grattandosi il
capo. - Come vuoi - osservandosi poi attorno, pensieroso. - Certo che
questa stanza è proprio strana. Non so spiegare il significato di questi
tredici troni - - Saranno appartenuti a quelli stolti di cui ci ha
parlato Ilfrien. Lascia perdere... - Detto ciò, Nathan scomparve,
avvolto dall'oscurità. Grelwan rimase lì qualche secondo in più. Alzò, in
seguito, la mano destra, schioccando le dita. Con un ghigno, se ne andò
anch'egli.
Capitolo 5 *** Capitolo 4: Tenebre dal passato ***
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Capitolo 4: Tenebre dal
passato
L'indomani mattina, Sora e Riku si stavano già
allenando con le loro due spade di legno, sulla spiaggia. Kairi se ne
stava tranquilla a guardare, seduta sul pontile di legno che collegava
l'isola maggiore ad un isolotto. - Forza Sora! Vai Riku! - incitava
ogni tanto. Axander se ne stava in disparte, all'ombra di una palma,
appoggiato con la schiena al fusto della pianta, con le braccia
incrociate. Gli occhi erano chiusi e il capo leggermente chino. Li apriva
di tanto in tanto per dare un'occhiata ai due ragazzi, ma poi tornava a
pensare ai fatti suoi. La giornata scorreva tranquilla, il cielo
era sereno e il mare calmo. Una leggera brezza da nord sfiorò l'isola e
subito le palme si mossero lentamente, accompagnate dallo stridio dei
gabbiani. Nulla lasciava presagire che cosa sarebbe successo di lì a
poco.
- Glieli consegni tu? - - Certo che no. Mettiamo il caso
che non gli vadano bene e vada su tutte le furie? - rispose l'altro. -
Questo è un magro bottino ed è probabile che si irriti per il fatto che
siamo tornati a mani vuote... - Nathan e Grelwan stavano salendo
una scalinata. Tutto era oscurato e la luce filtrava solo attraverso gli
alti mosaici che illuminavano a tratti gli innumerevoli gradini. I due
giunsero ad un alto portone. Si fermarono ed esso si aprì automaticamente.
Ne varcarono la soglia e, procedendo con passo felpato, attraversarono
l'immenso salone che, al contrario della scalinata, sembrava brillare di
una luce propria. Le pareti bianche ed alte erano interrotte a tratti da
colonne alte all'incirca una decina di metri. La maestosità di quel
palazzo, però, sembrava non colpire minimamente i due fratelli, i quali,
arrivati alla fine di esso, si arrestarono nuovamente. Poco più
avanti, vi era una vasta balconata. Appoggiato al parapetto, un ragazzo,
con le mani dietro la schiena, che stava osservando delle nubi
ammassarsi all'orizzonte. - Vi stavo aspettando - esordì con voce calma
e profonda. I due, allora, si avvicinarono ulteriormente. - Avete
notizie? Trovato qualcosa? Parlate - continuò il giovane, senza
voltarsi. Dopo un attimo di esitazione, Grelwan estrasse da sotto la
nera divisa un libro. Ma più che un libro sembrava un insieme di
appunti. - Abbiamo trovato questi. Non sappiamo se possono esserti
utili, ma comunque te li abbiamo portati, Ilfrien - disse solennemente
Grelwan. Un piccola pausa e Ilfrien parlò nuovamente. - Non sapete
se possono essermi utili, eh? Non li avete letti? - domandò con
tranquillità. All'orizzonte, intanto, si era scatenata una tempesta.
Fulmini saettavano, provocando bagliori e tuoni di inaudita potenza. -
Beh, ecco... No... - rispose incerto Grelwan. - Volevamo lasciare a te
l'onore di scoprire cosa ci sia scritto qui dentro - agitando il libro
nella mano destra. - Hai sentito, Albaran? Vogliono lasciarmi l'onore -
disse ridendo il giovane. Una quarta figura apparve alle spalle dei due
avventori, accompagnata da un'insolita aura nera, tipica a quella dei
membri dell'Organizzazione. - Ho sentito - disse
semplicemente. Ilfrien si voltò. Non era incappucciato. Un ragazzo, a
vederlo così sui sedici-diciassette anni anche se, in realtà, aveva ere
intere alle sue spalle. I suoi capelli erano biondi, leggermente
arruffati. A causa della loro lunghezza erano raccolti in una coda di
cavallo dietro la schiena. Portava, inoltre, due piccoli e
tondeggianti occhiali neri che nascondevano in parte gli occhi di
ghiaccio. Era di bell'aspetto, così come i suoi fratelli, e sorrideva di
rado; la sua vita non era mai stata caratterizzata da eventi allegri e
gioiosi. I suoi sorrisi erano solo espressioni di malvagità,
tuttalpiù. I presenti sprofondarono, per l'ennesima volta, nel silenzio
più totale. Ilfrien si avvicinò a Grelwan, prendendogli velocemente di
mano il libro. Lo sfogliò, dandogli un'occhiata superficiale. -
Sembrerebbe interessante - affermò alla fine, richiudendo il rilegato. -
Datemi un po' di tempo per leggerlo e poi vi farò sapere -
osservando mestamente la copertina con il simbolo
dell'Organizzazione affisso sopra. - Qualcosa non va? - domandò Nathan,
rimasto in disparte. Ilfrien alzò lo sguardo su di lui. - No, nulla
- replicò semplicemente. Qualche istante dopo schioccò le dita e un'aura
oscura lo avvolse, facendolo scomparire del tutto. - Secondo voi
cos'avrà in mente? - chiese Grelwan. Gli altri due scossero il
capo. - Non lo so - ammise Albaran. - Ma una cosa è certa: tra i suoi
pensieri vi è ancora il tradimento di nostro fratello - Grelwan, che
intanto era uscito sulla terrazza, osservò il cielo. Ora era tutto sereno;
la tempesta era scomparsa e non si vedeva nemmeno l'ombra di una nuvola.
Si mise a ridere. - Che cosa c'è di così divertente? - proruppe
Nathan. - La vendetta mi mette allegria. E Axander la pagherà molto
cara -
La sera era già scesa sulle Isole del Destino. Dopo il
tramonto, non restavano che quattro persone sulla solita spiaggia. -
Ottimo, continuate così che siete sulla strada giusta - disse sorridendo
Axander, vedendo Riku e Sora stesi sulla sabbia, stanchi morti. - Se
penso che dovremo andare avanti così per tre mesi... - sbuffò Sora, con il
fiatone. - Non ti lamentare. Un anno di dolce far niente rovina le
persone come te. E' giusto che ora recuperi tutto il tempo perduto. per
oggi, però, abbiamo finito. Potete andare - dichiarò Axander, andandosi a
sedere su una pietra. Riku si rialzò e si diresse verso la sua barca,
sbadigliando. Kairi lo seguì, dopo aver salutato gli altri. Entambi
mollarono gli ormeggi e, su quei piccoli gusci di legno, iniziarono a
dirigersi verso la terraferma. Sora rimase ancora un po' a riprendere
fiato. Dopo pochi minuti tornò in piedi, osservando dapprima i suoi amici,
in lontananza, e poi Axander, intento a pensare a qualcosa. - Sono
davvero così forti questi nuovi nemici? - domandò interessato. - Prima
d'ora ho avuto a che fare con esseri pericolosi, ma non mi era
mai venuta in mente l'idea di allenarmi, addirittura, per affrontare
uno di questi... - Axander non rispose e rimase in silenzio per qualche
secondo. Sora abbassò lo sguardo. - Ma... - - Sì. Più di qualsiasi
altro avversario abbiate incrociato sul vostro cammino - fu
la risposta. Sora non aggiunse nulla. Soppesò quelle parole,
riflettendoci su. - Sembra che tu li conosca molto bene - si rivolse,
in seguito, all'amico. - Sì, purtroppo. Solo in pochi conoscono
veramente la storia che sto per raccontarti... Questi individui vengono
spesso citati nelle antiche leggende - spiegò Axander. - Sono cinque
esseri corrotti dall'oscurità, consumati dall'avidità. Non conosco la
parola pietà e ciò a cui aspirano è il potere assoluto, il controllo
totale di tutto ciò che esiste. In molti tentarono di fermarli,
millenni fa, ma ben pochi riuscirono nell'impresa - Sora
rimase in silenzio. - Una volta - continuò Axander. - Avvenne una
terribile battaglia. Si parla di moltissimo tempo fa, quando tutto era
ancora all'inizio di tutto. Due grandi forze si opponevano: Ordine e Caos.
Queste due entità combattevano senza esclusione di colpi, sempre in cerca
di sovrastare la fazione opposta. L'una era la giustizia, la voce della
pace e della libertà. L'altra era portatrice di disgrazie e di guerre. A
quei tempi, queste forze permanevano sotto forma umana; per la
precisione, Ordine aveva assunto le fattezze di una donna, Caos
di un uomo -
Sora continuava ad ascoltare. Non aveva mai sentito quella
storia in vita sua.
- La loro era una guerra logorante. Nessuno dei due
riusciva a prevalere sull'altro e si rischiava che questo scontro
proseguisse in eterno. Un giorno, Ordine decise di chiamare a sé cinque
poteri, ovvero cinque elementi: il vento, il fuoco, l'acqua, la terra e il
tuono. Diede loro un aspetto umano, come lei, e li assolse per
combattere al suo servizio. D'altronde, li avevai creati, evocati lei. Era
giusto che essi si battessero per la sua causa - Axander
fece una breve pausa, continuando ad osservare il mare. - La loro
potenza superava di gran lunga quella di Ordine e, questo,
Ordine lo sapeva. Aveva commesso un errore nel concedere a quei cinque
troppo potere, ma il contesto richiedeva una tale misura drastica. Ordine
commise dunque il suo primo errore. Sfortunatamente, lo capirono
anche i cinque. Caos fu quasi del tutto annientato da loro. Non ci fu via
di scampo - Sora fissò Axander per un lungo attimo. -
Mi hai detto che solamente in pochi conoscono questa storia...
Tu come la sai? - chiese perplesso. Axander abbozzò un leggero
sorriso. - Perché io ero là, quando tutto ciò avvenne. Io ero uno di
quei cinque -
Sora non disse nulla. Non sapeva molto di quella
storia, dato che era la prima volta che la sentiva in vita sua e non
sapeva come reagire. Certamente, però, era rimasto sorpreso dalla
rivelazione di Axander. Quasi non ci credeva: quel tipo che aveva di
fronte pareva un ventenne, quando in realtà avrà avuto si e no qualche
migliaio di anni in più. Axander comprese ben presto quel silenzio e
intuì i pensieri di Sora. - Se vuoi, posso continuare - disse con
tranquillità, gettando un'occhiata al ragazzo. L'eroe del keyblade
annuì: ormai il racconto lo aveva preso e voleva sapere fin dove si
sarebbe spinto. - Bene. Come ti stavo dicendo, Caos era stato quasi del
tutto debellato. Una piccola parte di lui, tuttavia, resisteva ancora,
pronta a risorgere per una nuova guerra. Questa parte sedusse con il suo
potere i miei fratelli: avendo noi assunto una forma umana, avevamo anche
le caratteristiche di un umano. E si sa, il cuore degli uomini è
facilmente corruttibile. E' debole, il più delle volte. Tutti tranne il
sottoscritto si allearono improvvisamente con Caos e iniziò quindi la
tanto temuta guerra - - Che cosa aveva indotto i tuoi fratelli a
passare dalla parte del nemico? - domandò Sora. - Suppongo le abilità
demagogiche di Caos. Era molto abile a promettere falsità e li ingannò
facilmente... Potere, dominio, ricchezze... Basta poco per corrompere
qualcuno. Ma io non ci cascai. Non ero ancora così stupido da lasciarmi
prendere nel sacco dal peggiore dei nemici, il quale improvvisamente si
dimostrava amichevole con noi. Ordine non poteva fare nulla di fronte a
così tanta potenza e così decisi di aiutarla, nel limite delle mie
possibilità. In un modo o nell'altro riuscimmo ben presto ad avere la
meglio e Caos, ritornato alla sua forma originaria, e i miei quattro
fratelli, vennero esiliati. Nel Nulla - Sora continuava a seguire
interessato il racconto, senza perdersi la più piccola parte di esso. -
Io, che ero rimasto fedele a Ordine, mi ero ritrovato a fronteggiare i
miei fratelli. Da loro fui accusato di tradimento e giurarono vendetta,
prima dell'esilio - concluse Axander, abbassando lo sguardo a terra. -
Allora tu non c'entri proprio nulla con... Loro? - domandò Sora,
gesticolando con la mano destra. - No, non più. Capisco che tu possa
non fidarti di me, dopo quello che ti ho detto, ma ti assicuro che io non
ho più nulla a che fare con i miei fratelli... Loro tradirono la mia
fiducia... E io tradii la loro... Una rottura che non si potrà rimarginare
mai più - sospirò Axander. - Dopo quella violenta battaglia, rimanemmo
solo io e Ordine. Lei, giustamente, per evitare ulteriori guai, decise di
sigillare la mia vera natura e, con essa, anche quella dei miei fratelli.
Nonostante si potesse fidare di me, aveva ancora paura... Paura che
l'ultimo dei cinque avrebbe potuto voltarle le spalle all'improvviso. E
non potevo biasimarla - Sora restò ancora una volta sorpreso dalle
parole del giovane uomo. Capiva, in fondo, che lui non aveva avuto vita
facile e che si era sentito sicuramente isolato dagli altri, se i fratelli
non lo consideravano e Ordine sospettava di lui. Tutt'a un tratto, colui
che il giorno prima lo aveva attaccato in maniera così violenta, gli
appariva più debole di quanto lasciasse trasparire. - La debolezza è
insita anche nel più forte dei cuori - disse ad un certo punto Axander,
come se stesse leggendo i pensieri di Sora. - Dico bene? Tu dovresti
saperne qualcosa - - Già... - si rabbuiò il ragazzo. - Anche se non
considero più il mio cuore tanto forte... - - Perché mai? - chiese
Axander. - Sei pur sempre il Custode del keyblade. Quell'arma sceglie solo
colui che è degno di brandirla. Colui che ha un cuore più forte degli
altri - Ma Sora non ne era convinto fino in fondo. Da un po' di tempo a
quella parte, gli era sorto come il presentimento che lui non fosse poi
quell'impavido eroe di cui si parlava in giro. Aveva iniziato a pensare,
dentro di sé, che, dopo le imprese che aveva compiuto, il suo cuore avesse
cominciato a vacillare. E nel profondo gli pareva di capire che
sarebbe stato difficile tornare come un tempo. Una consapevolezza lo
attanagliava: lui non era più quel Custode, quel Sora che aveva sconfitto
Xehanort. Il suo cuore gli diceva che il fato lo stava abbandonando.
Tuttavia, l'apparizione di Axander aveva riacceso la speranza in lui.
Forse era tutta un'illusione. Forse il suo cuore era ancora forte. -
Comunque, per riprendere il discorso - continuò Axander. - Passai un po'
di tempo a Radiant Garden... Poi mi trasferii da altre parti, viaggiai...
Giunsi alla Città di Mezzo e, infine, eccomi qua - - Aspetta un momento
- lo interruppe Sora. - Hai detto Radiant Garden? Ma certo... La Fortezza
Oscura... Dove vivono tutti gli altri - ripensando ai suoi vecchi amici. -
Dove viveva Ansem - - Conosci Ansem? - domandò di botto Axander. -
Sì, Ansem il Saggio. Lo conosco solo di vista, non ho mai fatto la sua
reale conoscenza; l'ho visto per la prima e l'ultima volta alla fortezza
dell'Organizzazione, nel Mondo che non Esiste. E' lì che morì - A quale
parole, Axander chiuse gli occhi, prendendosi la fronte con una mano e
appoggiandosi sul gomito. Sora osservò il comportamento dell'amico. -
Qualcosa non va? - - Ansem... Io lo conoscevo - disse l'altro, annuendo
brevemente col capo. - Non posso credere che sia davvero morto... Non ne
sapevo nulla - - Davvero? Eri un suo allievo? - insistette Sora, anche
se sapeva bene che gli allievi di Ansem erano stati solo sei. - No, era
solo un buon amico. Non ho ricordi precisi del periodo in cui
lasciai Radiant Garden, ma mi pare che fosse un periodo piuttosto agitato.
Venni a sapere tardi di ciò che era successo e ora desidero recarmi
laggiù, appena potrò - - Capisco... Beh, chissà, magari un giorno ci
tornerai, a Radiant Garden. Anche io desidero rivedere Leon e gli altri -
disse Sora. Quindi, dopo essersi alzato e essersi congedato con un
cenno di saluto, il giovane si incamminò verso casa. Axander rimase ad
osservarlo allontanarsi e, come ogni sera, rimase fuori ad ammirare le
stelle. - So che siete lì, da qualche parte... - mormorò. - Sto
aspettando solo una vostra mossa... -
Una porta si spalancò. Albaran, Grelwan e
Nathan, fino ad un attimo prima seduti, scattarono in piedi. - Bene,
bene, bene... - disse una voce, quella del fratello mancante. - Allora?
- domandò Albaran. - Scoperto qualcosa? - Ilfrien mostrò agli altri il
libro che aveva letto. Sorrise malignamente. Un lampo e il libro finì in
cenere, tra le sue mani. - Ora non ci serve più - disse con
tranquillità. Gli altri tre assistettero sbalorditi all'inspiegabile
gesto del loro fratello. Egli, però, non fece caso ai loro sguardi e si
mise a ridere. Una risata lugubre, malefica. Infine, si fermò, sempre con
un ghigno stampato sul volto. - Quest'oggi fratelli miei, quest'oggi
daremo il via alle danze... Inzieremo ad attuare il piano subito - - Un
piano? - domandò Albaran. - Di cosa diamine stai parlando? Spiegati!
- - Spiegaci cosa hai scoperto... - si aggiunse Grelwan. Ilfrien li
scrutò uno ad uno, quasi restio a dar loro delle spiegazioni. - Ho
trovato il modo per raggiungere il potere assoluto. Per ritornare là dove
eravamo un tempo. In cima a tutto - proferì. - Ma abbiamo bisogno di molti
elementi, oppure non andremo da nessuna parte. Quindi, prestate attenzione
e statemi bene a sentire... -
Il tempo volò. I tre mesi passarono in un
batter d'occhio, lì, sulle Isole del Destino. - Fire! - urlò Sora,
puntando il keyblade verso un punto ben preciso. Riku non si trovò
impreparato e, in una frazione di secondo, evitò la magia dell'amico,
spostandosi di lato. Una fiammata rischiò di bruciarlo ad un braccio. -
E' finita per te! - esclamò, mentre si lanciava sul compagno. Sora
rimase spiazzato, ma non perse la concentrazione. Si mise in posizione di
guardia e rimase in attesa per poter parare il fendente. - Non esserne
tanto sicuro - Con un balzo evitò quello che si stava rivelando, a
dispetto di ogni previsione, un affondo. I due, dopo pochi istanti, si
trovarono nuovamente faccia a faccia, ognuno con il suo keyblade. Erano
visibilmente stanchi, ma nessuno dei due voleva cedere. Nel frattempo,
Kairi e Axander se ne stavano in disparte ad osservare e a parlottare tra
loro. - Come ti sembrano? Sono finalmente gli stessi di un anno fa? -
Kairi annuì, raggiante come sempre. - Sono tornati gli stessi, non c'è
ombra di dubbio - Ad un certo punto, Axander alzò la mano, facendo
segno ai contendenti di terminare il duello e loro obbedirono. - Siete
tornati in forma, eh? - chiese Axander, ridendo. - Molto bene. Allora io
direi che possiamo anche partire e... - - Guardate, il mare è agitato -
lo interruppe Kairi, indicando le acque, le quali avevano preso ad
abbattersi rumorosamente sugli scogli e sulla spiaggia. - Che strano,
eppure il cielo è sereno... E non c'è un filo di vento... - fece notare
Sora. Riku scrutò il mare imbizzarrirsi sempre più. Non si spiegava un
simile fenomeno. Almeno, l'ultima volta erano apparsi anche nuvoloni grigi
ed intensi, preannunciando un temporale. Questa volta, invece, la giornata
si prospettava serena e in alto appariva esclusivamente un sole luminoso.
- Non può essere... - Sora si voltò verso Axander. Notò che fissava
il mare con orrore, gli occhi dilatati dallo sgomento. - Non è
possibile... Ci hanno trovati... Presto, seguitemi! - urlò ai
ragazzi. Voltandosi di scatto, fece per partire, ma si accorse che alle
sue spalle c'era già qualcuno. Quel qualcuno stava applaudendo. Si
trattava di un altro individuo rassomigliante ad un membro
dell'Organizzazione. - Ma come Axander, te ne vai di già? - domandò il
nuovo giunto. Sora e Riku lo fissarono in malomodo, celando a stento il
rancore che ancora portavano verso il soprabito nero, simbolo di
innumerevoli malefatte. Kairi si spostò in disparte, dietro ad
Axander. L'incappucciato avanzò di poco, per poi bloccarsi, iniziando a
schignazzare di gusto. - La festa... - mostrò una mano, che strinse a
pugno. - E' appena cominciata! -
Il mare era agitato. Enormi
cavalloni si stavano formando in lontananza e la mareggiata si faceva
sentire in tutta la sua forza. Le onde si infrangevano sugli scogli,
provocando grandi schizzi di tre metri: sembrava la fine per l'Isola, come
se da un momento all'altro sarebbe sparita, inghiottita dalle
onde. Axander se n'era accorto e nei suoi occhi ardeva una fiamma.
Rabbia, forse? Nessuno poteva capirlo. Ma lui capiva chi aveva di fronte.
Troppe volte si era trovato a fare i conti con quell'insolenza. Allargò
le braccia. Dietro di lui Sora, Riku e Kairi, ignari di ciò che stava
accadendo. Sembrava volerli proteggere da quell'oscura presenza. -
Finalmente - esordì lo sconosciuto. - Grelwan - ringhiò Axander. In
tutta risposta, l'altro rise di gusto. - Ti ricordi di me, allora,
fratello. Ma quale onore - proferì Grelwan, continuando a ridere. Con
la mano destra afferrò il cappuccio e se lo fece scivolare lungo la
schiena. Una lucente chioma color zaffiro ricadde sulle spalle. Sulla
fronte, un grosso ciuffo nascondeva l'occhio sinistro e, qualche volta,
quello destro. Il suo sguardo appariva lievemente spento. Scuotendo il
capo, Grelwan avanzò di alcuni passi. - Disperavo di trovarti, Axander.
Ma sapevamo bene chi stavi cercando. Tu hai previsto tutto, anche se
questo non servirà a molto - - Non mi pare di averti dato
l'autorizzazione per parlare - sbottò Axander, innervosito. - Vattene da
qui - - Come sei comprensivo, fratello. Sei sempre stato tanto
delizioso nei miei confronti... Scordati pure che lascerò quest'isola a
mani vuote - concluse, asciutto. Il mare non voleva calmarsi, sembrava
in preda alla pazzia più grande. I custodi del keyblade rimasero in
silenzio, anche se nelle loro mani stringevano ancora le loro fedeli armi,
pronti all'azione. - Perché mi tratti così? Io sono venuto qui per
aiutarti... - disse Grelwan, levando le mani al cielo - ...Per perdonarti!
- aggiunse, alzando il tono della voce. - Tsk, perdonarmi? Sono l'unico
tra voi che ha la coscienza a posto - ribatté Axander. - Coscienza a
posto? Non dire assurdità! Noi ti perdoniamo per i tuoi errori passati!
Perché noi siamo in grado di perdonare, mentre tu no. Torna da noi, dai
tuoi fratelli, dalla tua famiglia - continuò Grelwan, abbassando poi le
braccia e tendendo la mano destra al fratello. - Saremmo lieti di riaverti
al nostro fianco - Axander, però, sembrava del parere opposto. Caricò
un braccio, come se volesse scagliare qualcosa, e lo distese rapidamente
in avanti: lanciò un globo infuocato contro Grelwan che, non
aspettandoselo, fu colpito in pieno petto. Con una capriola in volo, egli
atterrò poco più in là, ora visibilmente irato. - Ah, è così? Attacchi
pure a tradimento! Ti sei giocato la tua possibilità! - tuonò
Grelwan,scagliando a sua volta una sfera di ghiaccio, che colpì Axander,
facendolo cadere a terra e immobilizzandogli l'arto destro. Lo sguardo
di Grelwan si posò, in seguito, su Sora e la sua Chiave, per poi passare a
Riku e soffermarsi su Kairi. - I detentori del keyblade, sì... Ilfrien
ne sarà felice... - mormorò. Sora e Riku, intanto, si erano parati di
fronte a Kairi, per cercare di proteggerla. Grelwan rise nuovamente, nel
vederli tutti e tre, e simulò un inchino. - I miei omaggi, prescelto
dal keyblade - salutò, rivolto a Sora. - Io sono Grelwan, Stregone delle
Acque e Quarto membro della Legione Nera - - Grazie per avermelo detto.
Di sicuro, questo cambierà la mia vita - replicò Sora, pronto ad aggredire
il suo interlocutore non appena si fosse dimostrato ostile anche nei loro
confronti. - Sei sfacciato ragazzino. Ti ucciderei ben volentieri, se
solo non mi fosse stato affidato un compito differente... Veniamo al
dunque: sono qui per proporti un affare, nonostante tu mi stia già
antipatico... Ho ordini da eseguire - - Cosa? - fece Sora, non
aspettandosi una simile proposta. - Che genere di affare? - - Hai
capito bene. Parlerò chiaramente e te lo dirò una volta soltanto: vieni
con me - disse, tendendogli la mano. - Vieni con me e promettimi di
aiutarci. Avrai tutto ciò che vuoi. Tutto. La tua ricompensa non conoscerà
limiti - - Sora, no! - urlò Axander, intento a rialzarsi, con ancora il
braccio intrappolato dal ghiaccio. - L'unica cosa che ti darà sarà una
morte lenta e dolorosa! Non ascoltarlo! - - Come sei odioso... Una vera
seccatura - commentò Grelwan, a quelle parole. Non aveva preso bene
l'interruzione. Lanciò, quindi, una seconda sfera di cristalli ghiacciati,
più grande, sempre in direzione del fratello. Questa volta lo rinchiuse
definitivamente in un cubo di ghiaccio, congelandolo da capo a
piedi. Riku, giunti a quel punto, non riuscì più a trattenersi. Scattò
in avanti, attaccando il nemico. - Maledetto! - gridò. - Te la vedrai
con me! - Tuttavia, Riku non fece in tempo ad avvicinarsi di molto che
Grelwan era già scomparso e riapparso davanti a lui. Con un potente pugno
nello stomaco, il ragazzo andò al tappeto, lasciando la presa sulla sua
Via per l'Alba. Cadde a terra, disteso a faccia in giù, tenendosi la parte
dolorante del ventre. - Com'è possibile... Neanche l'ho visto
muoversi... - pensò Riku, poco prima di perdere i sensi. Massaggiandosi
le nocche dei pugni, Grelwan osservò Sora. Stavolta, lo Stregone aveva
assunto un'aria più seria e quel ghigno sadico di prima era completamente
svanito dalla sue labbra. - Sto aspettando una risposta - disse. - E
l'avrai: no! - sbottò Sora, arrabbiato per ciò che quello spregevole
individuo aveva appena fatto al suo amico. - Come vuoi... - sospirò
Grelwan. - Te la sei proprio andata a cercare - Due secondi, e ripetè
la stessa mossa con la quale aveva fermato Riku, comparendo alle spalle di
Sora. Questa volta, colpì il Custode con una gomitata sulla schiena,
mettendo fuorigioco anche lui. - Idioti - sogghignò lo Stregone delle
Acque, con strafottenza. - Voi sareste i tanto osannati eroi del
keyblade... Certo che l'universo è pieno di rifiuti... Vabbè, non
importa... Tanto, alla fine, quella che ci interessava veramente era la
fanciulla... - Si voltò, quindi, verso Kairi, sorridendo, mentre lei
indietreggiava terrorizzata, gli occhi spalancati e il corpo
tremante. - Che cosa hai fatto a Sora e Riku? - domandò, deglutendo.
Kairi, pur essendo una ragazza che non si tirava indietro dinanzi a
nulla e che aveva dimostrato più volte di essere coraggiosa al pari dei
suoi amici, in quell'occasione non riusciva a smettere di tremare. Sentì
come degli artigli ghiacciati che le avevano morso il cuore, provocandole
brividi di paura per tutto il corpo. E la causa era la presenza
terrificante di quell'individuo davanti a lei. - Sì, la paura ci dona
forza - fece Grelwan, avvertendo il timore della ragazza e ignorando
completamente la sua domanda. - Riusciamo ad incutere timore anche ai
cuori più forti, lo sapevi? E' normale, d'altronde... Voi siete umani, la
paura è una vostra grande debolezza... E' insita in ognuno di voi...
- Sorridendo malignamente, si scostò il ciuffo dalla fronte, fissando
gli occhi di Kairi con i suoi, spalancati e traboccanti malvagità. La
giovane lanciò un grido che dovette bloccare portandosi le mani davanti
alla bocca. Grelwan, infine, schioccò le dita e un portale oscuro
apparve alle spalle di Kairi. Lei diede uno sguardo dietro di sé, senza
capire cosa stava succedendo, ma l'uomo ormai la stava già spingendo
all'interno. Il varco si richiuse con un sibilo. Kairi era sparita in un
baleno, inghiottita dall'oscurità. - Perfetto. Tutto va come previsto -
annuì Grelwan, inziando ad incamminarsi. Tutt'a un tratto, però, si udì
un boato nelle vicinanze e lo Stregone ne fu attirato. Poco distante,
Axander impugnava la sua alabarda e intorno a lui c'era solo terra
bruciata. Scatenando un'esplosione, era riuscito a liberarsi dalla morsa
del ghiaccio. - Il Guardiano delle Fiamme... - disse respirando a
fatica per lo sforzo. - Membro di nessuna Legione... - - Troppo tardi
amico mio - fu la risposta di Grelwan che, schioccando un'ultima volta le
dita, scomparve in un alone di oscurità. Al suo posto apparvero decine di
Neo Shadows. - Heartless - mormorò Sora, alzandosi, ripresosi quasi del
tutto. Il plotone di esseri neri partì all'attacco. Sora cominciò a
colpirli, distruggendone molti. Sembravano, tuttavia, un'infinità: a
partire dai primi dieci, se ne erano aggiunti centinaia e centinaia. -
Oh no, Riku! - esclamò Sora, accorgendosi troppo tardi dell'amico,
assalito dagli Heartless. Una fiammata, però, investì le piccole ombre
e le annientò tutte in un colpo. - Andiamocene da qui, Sora! - ordinò
Axander, portandosi un braccio di Riku dietro al collo e aiutandolo a
rialzarsi. Il ragazzo annuì, seguendo il compagno che stava correndo in
direzione del molo. Una Gummiship comparve all'improvviso, e atterrò
rapidamente, a pelo d'acqua. Con la stessa velocità, ripartì, una volta
che tutti e tre furono saliti a bordo.
- Tutto è andato liscio come l'olio - In un
aula vuota, dalle bianche pareti lucenti, tre figure nere discorrevano
placidamente. - Me ne compiaccio. Adesso Ilfrien avrà occhi solo per te
- disse una di queste. - Non dire assurdità, Albaran. Lo sai che ho
bisogno dei tuoi eserciti per portare a termine il mio piano - esordì
Ilfrien. Albaran abbassò il capo e se ne andò, senza aggiungere
altro. - Con o senza Custode della Chiave, procederemo comunque -
concluse il leader, rivolto a Grelwan. - L'elemento più importante me
l'hai già portato tu, fratello. Adesso dovremo attendere per il secondo
elemento - - Era lei la ragazza, vero? - chiese lo Stregone, per
sicurezza. - Sì. Hai fatto un ottimo lavoro. Non ci resta che aspettare
il nostro agente... - - Intendi... Lui? - chiese Grelwan. - Sei sicuro
di poterti fidare? - - Sicurissimo. Noi abbiamo ciò che interessa a lui
e lui ha ciò che interessa a noi. Non vedo perché dovrebbe tradirci...
-
Capitolo 8 *** Capitolo 7: Sosta a Middle Town ***
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Capitolo 7: Sosta a Middle Town
- Interferenze sulla rotta?
- - Nessuna - rispose il computer di bordo, analizzando il tragitto. Axander si sedette sfinito sulla poltrona
dei comandi, reggendosi la testa con un mano e cercando di riflettere il
più lucidamente possibile. L'arrivo improvviso di uno dei suoi fratelli
non l'aveva tenuto neppure in considerazione; questo si era rivelato un
tragico errore. - Dov'è Kairi? - gli domandò Sora, più preoccupato che
mai. Non ricevette risposta. Axander non si sentiva di
rispondergli. - Ti ho chiesto dov'è Kairi! - insistette il
ragazzo. Axander alzò, allora, lentamente lo sguardo, incrociando
quello di Sora. - E' stata rapita da Grelwan - rispose con calma
innaturale. - Lui è uno dei miei fratelli di cui ti ho parlato.
Probabilmente, a quest'ora l'avrà imprigionata da qualche parte in attesa
di ottenere qualcosa da lei - - Maledizione! - urlò il ragazzo, tirando
un pugno contro la parete della gummiship. - Proprio come l'altra volta!
Ma perché? Perché succede tutto questo? Perché hanno dovuto prendere lei?
- - Io... Io non lo so - rispose Axander, sospirando. - Sinceramente,
pensavo, più che altro, che venissero a prendere te o Riku...
L'ipotesi che anche Kairi fosse un loro bersaglio... - Sora non
ascoltò. Non gliene importava nulla, adesso come adesso. Era letteralmente
a pezzi, nonostante non avesse fatto alcuno sforzo fisico particolarmente
stancante. Kairi era la persona più cara che aveva, assieme a Riku, e
quell'ennesima separazione gli aveva lacerato il cuore. Solo ora, ora che
l'aveva persa, riuscì a sentire realmente quello che provava. - Ma ti
prometto che la ritroveremo - lo rassicurò Axander, appoggiandogli una
mano sulla spalla. - E' soprattutto colpa mia se tutto ciò è accaduto...
- Inserì il pilota automatico e se ne andò dalla cabina di pilotaggio,
demoralizzato a sua volta. Poi, il silenzio. Si sentiva solo il ronzìo
del motore.
Riku se ne stava disteso su una branda, in una stanza
secondaria, dove giaceva ancora privo di sensi, indisturbato.
Dopo alcuni minuti, tornò in sé dato che qualcuno era entrato
nella stanza e si era avvicinato per scuoterlo appena. - Riku, Riku -
fece Sora. - Mi senti? Tutto a posto? - - Cosa...? Cosa è
successo? - domandò Riku, alzandosi di colpo.
Un dolore lancinante lo colpì e si accasciò
nuovamente. - Devi stare tranquillo. Manca ancora qualche ora prima che
la gummiship arrivi a destinazione - lo informò Sora. - Per adesso, rimani
ancora lì a recuperare le forze - - Dove siamo diretti? - domandò
l'amico. - Alla Città di Mezzo, presumo - - Dov'è Kairi?
- Sora diede risposta a questa sua ultima domanda. Spostò lo
sguardo e fece per lasciare la stanza. A quel punto, Riku si fece
coraggio. Strinse i pugni, capendo tutto. - La pagheranno cara -
ringhiò, seduto sul letto. - Hanno commesso un grave errore e, fidati
amico mio, la pagheranno - Sora cercò di sorridere. Voleva ringraziare
Riku per aver cercato di confortarlo, ma non uscì neanche una parola. Con
uno sforzo enorme, lasciò la stanza, rabbuiandosi nuovamente.
La
gummiship giunse alla Città di Mezzo verso mezzogiorno. Era strano. Una
volta sceso a terra, la prima cosa che turbò Sora fu vedere che sopra la
città splendeva il sole. - Ma siamo sicuri che questa sia proprio la
Città di Mezzo? - chiese perplesso. - Hai qualche dubbio? - lo
riprese Axander. - Io me la sono sempre ricordata di notte - si grattò
la testa il Custode. - Come mai c'è il sole? -
- Beh, mi sembra una domanda piuttosto
stupida... C'è il giorno e c'è la notte... Tu, evidentemente, capitavi qui
solo la notte... Ti pare? - Axander, Sora e Riku si fermarono nel Primo
Distretto, in mezzo alla piazza. - Immagino sarete stanchi -
continuò Axander. - Andate alla locanda lì in fondo, vicino al
negozio di cianfrusaglie. Io torno subito; devo solo sistemare delle
faccende con un amico -
Dopodiché, si diresse verso il Secondo
Distretto, scomparendo oltre i grandi portoni in legno. Senza indugiare
oltre, i due ragazzi andarono a sedersi ad un tavolo. Chiamato
l'oste, fecero le loro ordinazioni e attesero per qualche minuto,
silenziosamente. - Se gli Heartless sono di nuovo in giro, questo
significa che incontreremo anche dei Nessuno - rifletté Riku. -
Esattamente come un anno fa. Ci sarà molto disordine anche negli altri
mondi - - Già... - mugugnò Sora. Riku si alzò, sbattendo le mani sul
tavolo. - Fatti forza! Non puoi restare depresso in eterno! Abbiamo
perso Kairi, è vero, ma la situazione non è differente da quella che
abbiamo dovuto affrontare contro l'Organizzazione XIII! - esclamò con
decisione. - La ritroveremo, Sora, ti ho dato la mia parola - Ma
l'altro non disse nulla. Si limitò a fissare il tavolo. Riku, notando che
le sue parole non avevano sortito alcun effetto sul ragazzo, scostò la
sedia e si allontanò di qualche metro, dando le spalle all'amico. - Tu
non sei lo stesso Sora che conosco io. No... Lui avrebbe reagito in modo
diverso - disse. - Ci siamo separati e ritrovati più di una volta, senza
mai demordere o perderci d'animo. Abbiamo combattuto, abbiamo sofferto, ma
alla fine siamo sempre tornati l'uno dagli altri. Questa volta non andrà
diversamente... Tuttavia, se tu, Sora, non hai davvero voglia di fare
niente per salvare Kairi, vorrà dire che ci penserò solo io - E detto
questo, iniziò ad allontanarsi seriamente, ben deciso a porre una maggiore
distanza tra lui e Sora. - Ha ragione... -
Sora non voleva di certo
abbandonare Kairi così facilmente. E nemmeno Riku. Se lui se ne
andava, sarebbe rimasto solo, rischiando di perdere anche l'amico. Sora
doveva ritornare se stesso senza lasciarsi abbattere. Non era
successo in passato, non sarebbe successo in futuro.
- Hai ragione! - urlò - Riku - Riku si
arrestò, voltandosi verso Sora, il quale era in piedi e lo
osservava sorridendo. Una strana luce brillava nei suoi occhi. - Non ci
siamo abbattuti in passato e di sicuro non getteremo la spugna ora! - -
Questo volevo sentirti dire - annuì Riku. Affiancandosi al compagno,
Sora osservò il portone del Terzo Distretto. - Sarà meglio andare a
cercare Axander, ci sta mettendo un po' troppo - - Andiamo -
Una
volta giunti nel Secondo Distretto, Sora e Riku si fermarono vicino
alla fontana, dove una volta era nascosta la serratura di quel mondo. -
Sembra deserto - commentò Sora. In lontananza, le persiane di una
finestra sbatterono violentemente. - Che diamine significa...? -
sussultò Riku, per il rumore improvviso. Non fece in tempo a concludere
la frase che dieci Simili apparvero dal nulla davanti ai due. Subito, i
Custodi impugnarono i keyblade e si gettarono all'attacco, menando colpi
che andavano continuamente a segno. Distrutto l'ultimo nemico, si
posizionarono uno accanto all'altro, restando in guardia. In lontananza,
da un vicolo, stavano spuntando altri Nessuno, che galleggiavano in modo
bizzarro nell'aria. Sora fece per scattare in avanti, ma la mano di Riku
lo bloccò al volo: se non fosse stato per lui, Sora l'avrebbe vista
brutta. Infatti, Axander era balzato alle spalle dei Simili, lanciando
l'alabarda come un boomerang. Uno a uno, i Nessuno presero fuoco, travolti
da una scia di fiamme. Furono annientati e l'arma ritornò al
proprietario. Sora e Riku si avvicinarono all'amico. - Tutto a
posto? - domandò Sora. - Di sicuro ce ne saranno altri in zona. Vado a
controllare - aggiunse Riku. Ma Axander sembrava ignorare completamente
quello che i due stavano dicendo. In mano teneva saldo un foglietto
leggermente stropicciato. Trasse un profondo respiro, tranquillizzandosi.
Mascherava benissimo la sua ira. - Leggete - disse con tono gelido,
consegnando quella che sembrava una lettera nelle mani di Sora. Il
ragazzo la aprì, confuso, e cominciò a leggere ad alta
voce.
La situazione sta degenerando. Sono
passati tre mesi da quando te ne sei andato. Dopo poche settimane dalla
tua partenza sono iniziati i guai: ombre hanno cominciato ad assalire la
città, accompagnate da strane creature bianche. Spuntano in ogni dove e
non riusciamo a fermarle. Ho tentato più volte di mettermi in contatto con
te, ma sembra tutto inutile. Abbiamo raggiunto il culmine quando Elen è
stata rapita da un tizio incappucciato, vestito di nero. Se leggi questa
lettera vuol dire che non hai fatto in tempo e io sono partito
all'inseguimento. Distinti Saluti,
Einar
P.S: ho lasciato
a quel simpatico vecchietto all'angolo i progetti di una nuova gummiship,
potrebbero servirti...
- Quel simpatico vecchietto... Che sia
Geppetto? - chiese Sora, incuriosito. - Mi sembra si chiamasse così.
Aveva anche uno strano burattino parlante con sé... Peccato che se ne
siano andati - fece notare Axander. Ci fu un attimo di silenzio, rotto
solo dalle campane della torre lì vicino. - E' inutile restare qui,
allora - disse Riku. - Hanno rapito Kairi e questa Elen... Ma che cosa
stanno cercando? - - Einar pareva lo sapesse - rispose il Guardiano
delle Fiamme. - Ma sarà pressochè impossibile trovarlo. Andiamo, penseremo
strada facendo - I tre tornarono quindi alla gummiship e partirono per
un'altra destinazione.
Ilfrien se ne stava comodamente seduto
sul suo seggio, la testa sorretta dalla mano destra, mentre con la
sinistra muoveva lentamente un calice vitreo contenente ciò che sembrava
un liquore. Davanti a lui, un tavolo che continuava a fissare, assorto nei
suoi più cupi pensieri. - Perché ci metti così tanto? - asserì
freddamente. - Sei piuttosto lento - Silenzio. Poi un lieve rumore,
come se un piccolo oggetto fosse caduto sul tavolo. Nel buio, a
capotavola, qualcuno si mosse per un breve attimo. - A te la mossa -
disse costui. Ilfrien sorrise. Sistemandosi in una posizione più
consona e posando il calice, mosse la mano destra. - Scacco matto -
affermò, spostando un semplice alfiere bianco. L'altro misterioso
individuo rimase fermo, immobile, scrutando la scacchiera. Annuì appena,
confermando il buon esito della strategia avversaria. - C'era da
aspettarselo - commentò ridendo, prendendo il re nero per qualche attimo
ed esaminandolo. Lo posò subito dopo. - Quando uno non sa cosa fare,
gli scacchi sono un ottimo passatempo, non trovi? - domandò Ilfrien. -
Già... In fondo conta solo muovere le pedine e arrivare a mettere in
trappola il re avversario. Un sano esercizio per mettere a confronto
l'astuzia di due strateghi - disse il misterioso individuo. - Proprio
come in guerra - intervenne Ilfrien. - Non trovi? - Lo
sconosciuto tacque. Aveva colto qualcosa nelle parole del suo
interlocutore che non gli piaceva affatto. - E con questo dove
vuoi arrivare, Signore delle Tempeste, Primo della Legione? - - Lo sai
bene, te ne avevo già parlato - replicò Ilfrien. - Ma si vede che tu non
presti mai la dovuta attenzione alle faccende che non ti riguardano
personalmente - A quel punto, dal suo seggio, si alzò il tale rimasto
nell'ombra. Accompagnò la sedia sotto il tavolo e diede le spalle
all'ospite, abbandonando il terreno di gioco. - Adesso dove vuoi
andare? - lo riprese Ilfrien, alzandosi a sua volta. Il tizio si
avvicinò ad un'enorme vetrata, osservando le nuvole che passavano accanto,
sullo sfondo del cielo sereno. Tutto era stranamente silenzioso, pur
trovandosi su di una gigantesca fortezza galeggiante a molti chilometri da
terra; la dimora della Legione Nera. - Non ti ho ancora ringraziato
abbastanza. Sei stato molto astuto nel preparare il tuo piano - continuò
Ilfrien. - La ragazza che ci hai portato era necessaria ai fini della
nostra missione - L'altro si voltò di colpo. Come irritato da quelle
parole, estrasse fulmineamente un revolver e sparò un colpo che fischiò
accanto all'orecchio di Ilfrien. Tuttavia, questi si limitò a
sorridere, come se nulla fosse accaduto. - Non farmi cambiare idea. Non
sono solito dare due possibilità alla stessa persona - sibilò il Signore
delle Tempeste, avvicinandosi ulteriormente. - Non pensarci. Io ti ho
promesso una ricompensa e una ricompensa avrai. La mia parola vale più di
tutte - disse, abbassando la voce. - Io ti ho promesso Kingdom Hearts. E
Kingdom Hearts avrai - Lo sconosciuto rinfoderò l'arma. Ora, alla luce
della vetrata, era perfettamente visibile in volto: un giovane con un
berretto e un paio di occhiali, con indosso una giacca rossa. Ritornò a
scrutare nuovamente il cielo, restando ancora in silenzio, rabbuiato. -
Non dirmi che uno come te può sentire rimorso per le sue azioni. Hai
ucciso molta gente, perché per una stupida ragazzina dovresti avere i
sensi di colpa? - insistette Ilfrien. - Tu non devi sentirti in colpa...
- - ... Perché non ho un cuore. Lo so, non c'è bisogno che tu me lo
ripeta - ringhiò Einar. - Sono un Nessuno... Perché mai dovrei provare
qualcosa per quella ragazza? - - Sì! Lo vedi? Finalmente ci capiamo. E'
inutile che tu ora ti senta in colpa per aver tradito i tuoi amici. Loro
sono dalla parte della Luce. Tu hai scelto l'Oscurità. Non vi può essere
ritorno. Inoltre, hai solo che da guadagnarci in tutto ciò - Einar
incrociò le braccia, sospirando. Ilfrien si allontanò, dando lui le
spalle, questa volta. Ma prima di uscire, aggiunse qualcos'altro, delle
parole che si persero nella grande sala. - Dalla Luce non si potrà mai
ottenere nulla... Non vi può essere ritorno... -
Einar era stufo di
stare a guardare fuori dalla vetrata. Uscito anche lui, cominciò a
scendere per un'interminabile scalinata, sino ad arrivare ad una stanza.
Aprì le porte.
Dentro era tutto d'un bianco candido:
soprammobili, armadi, letto. Tutto. Ad una prima occhiata, nessuno avrebbe
potuto affermare che quella era in realtà una cella per prigionieri, dalla
quale era impossibile evadere. Il candore dell'ambiente offriva un senso
di pace e di tranquillità, atto ad ospitare qualcun'altro che non un
semplice detenuto. Quel bianco, però, appariva anche opprimente e
fasullo.
Einar si guardò brevemente attorno,
avvicinandosi al letto. Notò che qualcuno stava dormendo: era una ragazza
dai capelli rossi, scuri, vestita con indumenti color rosa. Il ragazzo
rimase fermo a fissarla per qualche istante, per poi continuare il
percorso, verso una stanza adiacente e pressoché identica. Qui, invece,
sembrava tutto vuoto, ma Einar sapeva benissimo che era
abitata.
- Disturbo? - chiese, senza però ottenere
risposta. In fondo, affacciata ad una finestra, c'era un'altra ragazza,
dai lunghi e lisci capelli castani. Indossava una T-shirt verde, con un
gilet un tantino più scuro e dei pantaloncini beige, che arrivavano sin
sotto il ginocchio. - Elen - la chiamò il ragazzo. - Stai bene?
- Lei si girò, osservando il nuovo arrivato con i suoi bellissimi
occhi azzurri. Per un attimo, i loro sguardi si incrociarono. Poi, però,
Elen distolse il suo e abbassò la testa. - Perché sei qui? - domandò
duramente. - Che cosa vuoi ancora? - - Posso farti compagnia? - -
No... - rispose la ragazza, scuotendo il capo con aria
triste. Einar non aggiunse altro, capendo appieno la situazione. Forse,
la sua, non era stata altro che una sciocca pretesa. - Beh... Se vorrai
parlare con qualcuno sappi che io ci sarò... - concluse, girando i tacchi
e facendo per andarsene definitivamente. Mentre si avviava all'uscita,
teneva gli occhi fissi sul pavimento. Elen lo scrutò per pochi
secondi e, prima che potesse scomparire alla sua vista, prese
coraggio per dire ciò che pensava. - Sei ancora in tempo! Axander
potrebbe perdonarti, tu lo sai! - - Ormai è troppo tardi. Non vi è
ritorno - ribatté Einar, con rammarico. - Non è vero! Non dare ascolto
a loro! Ascolta il tuo... - Si bloccò, mettendosi le mani davanti alla
bocca. Einar fece finta di nulla, proseguendo imperterrito. - Scusami,
non volevo... - sussurrò Elen, tardi. Einar uscì, per nulla offeso,
contrariamente a quanto ci si potesse aspettare, e
chiuse lentamente la porta.
- Qualche idea? - esordì Axander,
intento a pilotare la Gummiship sopra la città che stavano
abbandonando. - Vista la situazione, ci servirebbero degli aiuti in
più, che ne dici? - propose Sora, comodamente sdraiato su una delle
poltroncine nella sala comandi. Riku osservò l'amico, facendo segno di
no con la testa e agitando le mani: aveva già capito dove voleva andare a
parare Sora. - No, non dirlo... Non loro! - esclamò. - Perché no? -
chiese Sora, perplesso. - Il Re e gli altri ci sarebbero di grande aiuto.
Hai qualcosa contro di loro? - - Semplicemente, sono del
modesto parere che noi tre bastiamo ed avanziamo, per questo
viaggio - rispose Riku. - Altra gente sarebbe solo d'impiccio
- Sora sbuffò, fingendo di non aver ascoltato. - Allora inseriamo le
coordinate. Destinazione? - chiese Axander, ai comandi. Nonostante i
reclami di Riku, aveva valutato buona l'idea di Sora. - Rotta per il
Castello di Re Topolino! -
Capitolo 10 *** Capitolo 9: Al Castello Disney ***
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Capitolo 9: Al Castello Disney
Due schegge stavano vagando per i
corridoi di un immenso castello, continuando ad urlare, sempre più forte.
Al loro passaggio, tutti si voltavano, comprese alcune bizzarre scope che
trasportavano secchi colmi d'acqua. - Vostrà Maestà! - - Re
Topolino! - Imboccata una porta aperta, quella che conduceva alla sala
del trono, i due scoiattolini si trovarono catapultati in un vastissimo
ambiente circondato da un colonnato ciclopico. Sul fondo del salone, un
alto scranno isolato, ai piedi del quale si srotolava un maestoso tappeto
rosso. Su quel trono luccicante era seduta una piccola figura, dalle
grandi orecchie tondeggianti. - Oh, siete voi - disse vedendo i nuovi
giunti. - Come mai così di fretta? - Cip e Ciop correvano come due
forsennati. Una volta giunti al cospetto del Re, si fermarono sul luogo,
saltellando. - Una gummiship ha chiesto il permesso di atterrare! -
esclamò Cip. - Sì, sì! - confermò Ciop. - E sopra ci sono tre persone;
uno di loro è Sora! Gli altri due, però, non sappiamo chi siano - Il Re
si alzò dal trono, sorpreso dalla notizia. - Non mi apettavo una sua
visita. Immagino che gli altri due siano Riku e Kairi. Ditegli di
atterrare nel gummi hangar - I due scoiattoli si misero sull'attenti e
ritornarono al loro posto di lavoro, correndo a più non posso e schizzando
fuori dalla sala.
- Eccoci arrivati - disse Axander, alzandosi ed
avviandosi verso l'uscita della navicella. La gummiship era atterrata
senza particolari difficoltà. Dopo aver chiesto il permesso per
l'atterraggio, era stato comunicato all'equipaggio che potevano entrare
senza problemi. Una volta scesi dalla piccola rampa ed arrivati nel
gummi hangar, i tre si guardarono attorno in cerca di qualcuno. Nessuno,
tuttavia. Nessuno era venuto ad accoglierli. - Non pensavo che
l'accoglienza fosse così fredda... - commentò Sora. - D'altrone, è solo un
anno che non ci vediamo... - - Sora! Sora! - gridarono improvvisamente
in coro Cip e Ciop, dal basso della loro statura. Il ragazzo si
abbassò, sorridendo. Evidentemente non li aveva notati, poiché troppo
preso nello sperare di incontrare Paperino o Pippo. - Ehi, ragazzi!
Sapete mica se il Re è in casa? - domandò il Custode del keyblade. -
Dobbiamo vederlo urgentemente - - Seguiteci, allora! - rispose Cip. -
Anche il Re era desideroso di sapere il perché della tua visita! - Gli
scoiattolini saettarono di nuovo in direzione dell'uscita, verso la sala
del trono. Sora li seguì, senza attendere oltre. Axander e Riku
rimasero fermi dov'erano, osservando Sora allontanarsi. - Sbaglio o
stava parlando con due scoiattoli? - chiese perplesso Axander. - E quelli
gli hanno pure risposto? - - Che ti avevo detto? Gli amici di Sora, in
giro per i mondi, sono gente alquanto particolare - gli rispose Riku,
alzando le spalle. Dopodiché, seguirono anche loro Sora, raggiungendolo
dopo pochi minuti. Arrivati davanti all'enorme porta d'entrata del
salone, si arrestarono. Sora stava già aprendo la porta, mentre gli altri
due continuavano a guardarsi attorno, meravigliati dalle dimensioni del
castello. - Però, si tratta bene sto Re - pensò Axander, guardando i
giardini e le torri che si intravedevano nelle vicinanze. - Ora che ci
penso... - disse tutt'a un tratto Sora. - Forse è meglio che aspetti
fuori, Axander - - Perché? - domandò lui, interdetto. - Ho qualcosa che
non va? - - Sì, il modo in cui sei vestito - intervenne Riku. - Quel
soprabito nero non ha mai significato nulla di buono, né per noi, né per
il Re. Se ti vedessero... Prova ad immaginarti la loro reazione - -
Poco importa, li avvertiremo che non sono uno di quei patetici Nessuno -
ribatté Axander. - Ma ora entriamo, non c'è tempo da perdere - Così
fecero. Entrarono nell'immensa sala del trono, incrociando all'uscita le
solite scope addette alle pulizie, le quali lasciarono ancora più
sbigottiti Axander e Riku. In fondo, dove era situato il seggio del Re,
Topolino se ne stava comodamente seduto, osservando Sora e gli altri
avvicinarsi. Attorno a lui c'erano anche la Regina Minnie, Paperino,
Pippo, Paperina e Pluto. Axander era un pò turbato, ma non lo diede a
vedere. Riku, invece, conosceva già i presenti e si limitò ad alzare una
mano in segno di saluto. - Sora! - esclamò Paperino che, vedendo
l'amico, gli corse incontro assieme a Pippo. - Yuk, ehi Sora, da quanto
tempo! - - Paperino, Pippo! Come state? - fece Sora, entusiasta,
ritrovandosi finalmente con i suoi vecchi compagni di avventure. -
Benone! Come mai sei qui? Avevi voglia di farci visita dopo tanto tempo? -
gli domandò Pippo. - Vi spiegheremo tutto tra un po' - replicò Sora,
sorridendo. Paperino, intanto, si era sporto di lato per vedere alle
spalle dell'amico. Inutile descrivere l'espressione che gi si era dipinta
in volta all vista di Axander alle spalle di Sora. - Quack!
L'Organizzazione! - urlò, impugnando lo scettro. - Sora, stai attento!
- Pippo, allarmato, tirò fuori lo scudo all'istante, affiancandosi a
Paperino. Topolino balzò giù dal trono, avvicinandosi di corsa al Mago e
al Cavaliere, mentre la Regina, Paperina e Pluto si nascondevano dietro
l'alto schienale del trono. - Sora, perché hai portato qui un membro
dell'Organizzazione XIII? - gli chiese il Re. - No, è un errore... Un
malinteso! Lui non è dell'Organizzazione! Ci sta solo aiutando - scosse le
mani Sora, cercando di chetare gli animi. Riku osservò in silenzio
Axander, facendogli cenno con la testa, ed entrambi si scambiarono uno
sguardo di intesa. Allora, la nera figura avanzò, accostandosi a Sora e
scrutando il Re e gli altri. - Il mio nome è Axander - disse facendo un
leggero inchino. - Non appartengo all'Organizzazione XIII, come supponete
voi. Se starete ad ascoltarmi, sarò lieto di spiegarvi un paio di cose
- - Quali cose? - domandò interessato Topolino. - Vi spiegherò il
motivo per il quale i mondi sono di nuovo in pericolo - Re Topolino
assottigliò lo sguardo, cercando di capire se quel givoane uomo stesse
mentendo o meno. Infine, sospirò. - Ti ascolto -
Axander iniziò
a narrare agli astanti ciò che era accaduto sull'Isola e ciò che sarebbe
accaduto negli altri mondi, se loro non fossero intervenuti. Terminato il
racconto, il Re sospirò nuovamente, più preoccupato che mai. - Oh,
caspita... Questa non ci voleva proprio! - Anche Paperino e Pippo si
rattristarono al sentire quelle notizie. - E siamo solo all'inizio. La
loro malvagità non si fermerà qui; non saranno contenti finchè non si
scatenerà una guerra - aggiunse Axander. - Quello che ci ha lasciati
perplesso, però, è stato il fatto che abbiano rapito Kairi... Non so quale
altro piano abbiano in mente... - A quelle parole tutti sussultarono,
tranne Sora e Riku. - Una guerra?! Ma... Ma... E' impossibile! -
esclamò il Re. - Ora non più. Se non faremo immediatamente qualcosa,
sarà davvero la fine dei mondi, per come li consociamo noi - Topolino
assunse un'aria pensosa e, infine, dopo qualche attimo di turbamento, si
decise. - Vi aiuteremo - assentì. - Gli Heartless e i Nessuno sono di
nuovo in circolazione e dobbiamo nuovamente fermarli. E' necessario un
impegno da parte di tutti. Contate su di noi - - Sarà una ricerca
lunga, perché è difficile individuare il nucleo del problema - fece notare
Axander. - Che cosa intendi dire? - si intromise Paperino. - Gli
Heartless e i Nessuno di per sé non sono una minaccia. Dobbiamo trovare e
sconfiggere coloro che li controllano. Coloro che li comandano.
Sicuramente, la Legione li starà usando come soldati per formare un
esercito immenso - - Ha ragione - constatò Pippo. - Ma la nostra
ricerca sarà più facile, visto che dalla nostra abbiamo i keyblade - -
Bene, dunque. I mondi potrebbero darci di nuovo una mano ricreando gli
stessi sentieri che abbiamo utilizzato in passato - disse ottimista il
Re. - Se è per questo sono stati già aperti tutti - specificò Axander.
- Anche se con piccole differenze rispetto a prima. Tuttaiva, questo non
sarà di certo un ostacolo - - E' un'ottima notizia - concluse Topolino.
- Dateci il tempo di prepararci e partiremo subito - Quindi, Topolino,
Paperino e Pippo si diressero verso la Regina e gli altri, rassicurandoli
sulla situazione. Entrarono tutti assieme nella Sala della Prima Pietra,
scomparendo giù per una rampa apparsa accanto al trono. Sora, Riku e
Axander, invece, si diressero all'uscita, verso il gummi-hangar. - A
quanto pare ti è andata male, Riku - scherzò Sora. - Ci saranno ancora
loro a darci una mano... Che sfortuna, eh? - Riku si mise a ridere. -
Sfortuna? Al contrario - Tutti e tre salirono sulla gummiship. A bordo,
un piccolo schermo apparve sopra il terminale di controllo; c'era Cip che
stava parlando. - Andate pure avanti, senza il Re e gli altri. Vi
raggiungeranno tra breve. Inoltre, Sua Maestà ha consigliato una tappa a
Radiant Gardene. Fate Buon viaggio, ragazzi e... Buona fortuna!
- Axander si mise ai comandi, facendo partire la navicella e
installando anche gli armamenti, per precauzione. Non sapevano a cosa
sarebbero dovuti andare incontro e avrebbero potuto, con ogni probabilità,
incontrare flotte di Heartless o di Nessuno. - Prossima destinazione...
- disse, digitando delle coordinate. - ... Radiant Garden -
- A che
punto sei, Albaran? - domandò Ilfrien. Seduto sul suo scranno, immerso
nella penombra, il Signore delle Tempeste stava interloquendo con uno dei
suoi fratelli, in piedi, a pochi passi da lui. - Manca ancora molto. Ma
possiamo già definirci a buon punto - rassicurò costui, con un ghigno
dipinto sulle labbra. - Lascia a me il compito di radunare le armate.
Voialtri pensate a come sfruttare quel nuovo potere. Kingdom Hearts ci
serve - - Ottimo. Tu non preoccuparti... Ricordati solo che non sono
ammessi fallimenti - specificò Ilfrien, con tono grave. - Puoi contare
su di me -
Capitolo 11 *** Capitolo 10: Guai a Radiant Garden ***
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Capitolo 10: Guai a Radiant
Garden
- Dopo tanto tempo...
- - Tornare a casa fa un certo effetto, vero? - fece Sora. - Già -
mormorò Axander, osservando la cittadina. Stavano tranquillamente
camminando tra le case, per la via principale che conduceva al mercato.
Dai muri in pietra, a tratti, apparivano delle fontanelle dalle quali
sgorgava un'acqua limpidissima, che spariva nuovamente nella roccia. Alla
loro destra, il livello della città di abbassava, sino a raggiungere i
crepacci a valle. Imponente, la Fortezza Oscura si stagliava sopra le
abitazioni, come una grande ombra che oscurava il sole; era ancora in fase
di ristrutturazione: alte gru apparivano qua e là a sorreggere parti di
torrioni in decadenza. Soprattutto Axander rimase ad osservare
meravigliato quell'edificio. - E' davvero cambiato molto - commentò,
con un filo di amarezza nella voce. Giunsero alla piazzetta del mercato
dopo qualche minuto di scarpinata. Sembrava tutto tranquillo. Stranamente
tranquillo. I negozi erano chiusi, tutti quanti. La desolazione più
assoluta. - Leon e gli altri, se non ricordo male, dovrebbero essere a
casa di Merlino - disse Sora. - Un po' più in là, nel borgo - -
Speriamo che con loro non ci siano gli Heartless - aggiunse Riku,
guardingo. - Tutto questo silenzio... - - No, fidati. Li avrebbero già
eliminati - lo rassicurò Sora. - Comunque che facciamo? Il Re non è
ancora arrivato - disse Axander. - Mi sembra strano... Ehi, forse è già
a casa di Merlino! - esclamò Sora. - Andiamo a controllare. Potrebbe
averci preceduto per un'altra strada - Gli altri due annuirono e
seguirono il Custode del keyblade, che aveva già cominciato ad
incamminarsi giù per le scale, oltre il negozio di accessori. Una volta
giunti nel borgo, i tre si fermarono davanti alla casa di Merlino. Ma
qualcosa non andava. Tutt'a un tratto furono attirati da dei colpi d'arma
da fuoco; un mitragliatore, probabilmente. - E con questo fanno dieci!
Evvai! - urlò qualcuno in lontananza. - Venite, coraggio, se avete il
fegato! - - Non istigarli, potrebbe essere pericoloso - aggiunse
un'altra voce. - Invece li sto solo aspettan... Oh, cacchio! - esclamò
quello di prima. Un 'esplosione, vicino all'entrata per il borgo. Poi,
rumore di passi; qualcuno stava correndo in direzione della casa del
mago. - Sora, Riku! Fate attenzione! - li avvertì Axander. - Si sta
avvicinano qualcuno... Tu riconosci le voci, Sora? - - N-no... Mai
sentite prima d'ora... - rispose Sora, non capendo veramente chi fossero
quei tali che avevano parlato poc'anzi. Tutti e tre estrassero le loro
armi, pronti ad un probabile assalto. Intanto, il rumore di passi si
faceva sempre più vicino. All'improvviso, un qualcosa saltò giù da uno dei
tetti, investendo Riku e Axander, facendoli così cadere. Sora si voltò,
notando il nuovo giunto. - Veloce Barret, qua sembra ce ne siano altri!
- disse a gran voce quello che all'apparenza sembrava un grosso felino
dalla pelliccia rossastra. Questi fissava i tre amici con l'unico
occhio sano che aveva, essendo l'altro solcato da una cicatrice. Nel
mentre, Axander e Riku si erano già rialzati. - E quello che vuole? -
sussurrò Riku, fissando in malomodo la creatura. - Più che altro che
vuole quello - fece Axander, intento ad osservare un uomo giunto dal
vicolo, il quale si era già posizionato, tenendoli sotto tiro con una
specie di cannone. - Chi siete? - domandò l'uomo. - Non sono affari
tuoi, bestione - rispose Axander. - Ah sì, eh? Beccati questo, allora!
- esclamò il gigante, aprendo il fuoco. Axander tese il braccio destro
in avanti, creando una cupola attorno a lui e hai custodi dei keyblade.
Quell'incantesimo aveva la medesima funzione di un Reflex, ma era fatto di
fuoco. Così, il colpo venne assorbito dalla barriera che si dissolse
all'istante, in una vampata. Dall'altro lato, invece, il felino stava
già partendo all'attacco contro Riku. I due si scontrarono e il ragazzo si
trovò ben presto e sorreggere il keyblade, attanagliato dalle zanne della
creatura. - Si può sapere che diavolo è tutto sto baccano? - urlò una
voce provenire dall'interno della casa. Fu a quel punto che sull'uscio
apparve Merlino. I presenti rimasero immobili, scambiandosi soltanto delle
occhiate interrogative. - Eh...? Ma... Sora! Che cosa state facendo? -
chiese il mago. - Ciao, Merlino. Beh, ecco... - tentò di spiegare Sora.
- Noi stavamo... - - Questi due pazzi ci hanno attaccato - intervenne
Riku, che stava ancora fronteggiando l'avversario, il quale non voleva
mollare la presa. - Pazzi a chi? Tieni a freno la lingua moccioso! -
sbottò l'uomo con il mitragliatore. Ora che era uscito allo scoperto,
lo videro tutti: era alto e molto robusto, di carnagione scura e capelli
neri. Il braccio destro sembrava fatto di metallo. - Suvvia, Barret!
Sono amici, non c'è bisogno di attaccarli in questo modo - lo rimproverò
il vecchio. L'uomo, con aria scocciata, non disse nulla. Un altro
giovane uscì, subito dopo, dalla porta. - Guarda, guarda... Dovreste
essere in giro a controllare la zona, non a perdere tempo qui - esordì,
guardando in direzione di Barret. - Ehi, Leon! - sorrise Sora,
riconoscendo subito il nuovo arrivato. - Sora! - esclamò costui,
sorpreso. - Sapevo che saresti venuto. Ovunque ci siano Heartless ci sei
sempre di mezzo tu... Comincio a pensare che li liberi per passatempo -
commentò Leon, con un mezzo sorriso. - Non dirlo neanche per scherzo!
- - Eheh, calmati... - osservando, poi, i compagni di viaggio di Sora.
- Red, lascialo andare - Al che, il quadrupede lasciò la presa sul
keyblade, indietreggiando. Riku gli lanciò un'occhiataccia e tutto finì
lì. - Bah, meglio che me ne vada, prima che faccia del male a qualcuno
- disse Barret, fissando Axander, il quale mormorò qualcosa. L'uomo,
allora, gli puntò nuovamente addosso la sua arma. - Hai qualcosa da
ridire? - sbottò. - Non ti mettere contro di me, grassone, faresti una
brutta fine - minacciò il Guardiano delle Fiamme, con la sua fedele
alabarda alla mano, pronto all'attacco. - Non sono il tipo che ci va tanto
per le leggere - La situazione era abbastanza tesa. Ci mancavano solo
le scariche di elettricità a tempestare l'aria tutt'attorno. Leon si
mise una mano sul volto, scuotendo il capo. Sora e Riku tentarono di non
farci caso più di tanto. - Due teste dure si sono incrociate, a quanto
pare - commentò Merlino. - Ehi, se vuoi ce n'è anche per te, nonnetto -
disse Axander indicando Merlino, senza però distogliere lo sguardo da
Barret. - Nonnetto a me? Ti faccio vedere io - disse il mago,
rimboccandosi le maniche. - Qua ci vorrebbe Aerith a sistemare le cose
- commentò Leon, sconsolato. - Valla a chiamare allora, no? - propose
Sora. - Non posso. Le ragazze non sono più qui; hanno lasciato Radiant
Garden parecchi giorni fa - Sora fu colto alla sprovvista da quella
rivelazione. Non si aspettava una notizia del genere; dov'erano andate
allora? Avrebbe tanto voluto rivedere sia Aerith che Yuffie e non riusciva
a capire il motivo che le aveva spinte ad andarsene, mentre Leon era
ancora lì. - Ma non preoccuparti Sora - continuò Leon, vedendo
l'espressione del ragazzo. - Riusciremo ad andare a trovare pure loro.
Prima, però, è necessario parlare di alcune cose - - Grazie... Senti,
Leon, il Re è in casa? - - Il Re? Non lo vedo da più di un anno...
-
Sora e compagni entrarono in casa di Merlino,
seguendo Leon. All'interno, non sembrava esserci stato alcun cambiamento,
ma ben presto Sora notò che l'abitazione si era allargata oltre tutta la
parete dove una volta si trovavano il letto del mago e il computer di Cid.
Ora, completamente in fondo alla stanza, c'era un grosso computer che
occupava tutta la parete e, accanto ad esso, uno strano macchinario a cui
era appoggiato Cid. Dietro di lui, uno sconosciuto stava trigando con
degli attrezzi da lavoro. - Come vedi abbiamo dovuto apportare delle
modifiche, per potenziare il terminale di difesa della città - spiegò
Leon. Intanto, gli altri erano tutti entrati, dopo essere stati
convinti da Leon e Sora, e dopo essersi accorti che gli Heartless stavano
partendo alla carica. Riku se ne stava vicino a Sora, ascoltando
anch'egli le parole di Leon; Axander se ne stava in disparte, a guardare
fuori dalla finestra. Barret e Red lo tenevano d'occhio, da lontano. -
Perché avete dovuto potenziare le difese? - domandò Sora. Un'enorme e
terrificante boato arrivò come a rispondere al suo quesito. - Per...
Questo - rispose Leon, avviandosi ad una nuova finestra che dava sulla
Fortezza. Un nuvolone di polvere si stava alzando dalle fondamenta: una
gru aveva ceduto ed una delle torri era crollata. - Intendi... Perché
il castello va a pezzi? - domandò Riku. - Gli Heartless stanno
distruggendo la Fortezza, assieme ai Nessuno. E ho la netta sensazione che
non agiscano di loro spontanea volontà -
Capitolo 12 *** Capitolo 11: Guai a Radiant Garden, parte 2° ***
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Capitolo 11: Guai a Radiant Garden, parte
2°
I tre viaggiatori
si misero a raccontare a Leon e agli altri ciò che era accaduto. Il
silenzio era piombato nella sala. Tutti con le orecchie ben tese ad
ascoltare le parole di Axander. - E questo è quanto - concluse,
infine. Leon sospirò, alzandosi. Era piuttosto turbato e lo si notava
bene con quella sua aria corruciata. A braccia conserte, cominciò
lentamente a camminare avanti e indietro per l'abitazione. Sora e il
resto della compagnia rimasero silenziosi, in attesa che qualcuno si
decidesse a parlare, magari portando notizie più confortanti di quanto
sperassero. Ma nulla. Poco distante, Cid e lo sconosciuto stavano
continuando a lavorare ad uno strano macchinario: una grossa capsula a cui
erano collegati grossi tubi ferrosi e una miriade di altri fili di piccole
dimensioni, il tutto decorato da piccole luci che si accendevano ad
intermittenza e da circuiti lasciati scoperti. Riku gli diede una veloce
occhiata, incuriosito, ma poi non ci badò più di tanto. - A questo
punto tocca a me raccontarvi quello che è successo qui - esordì Leon. -
E' cominciato tutto due mesi fa circa. Da un anno a questa parte era tutto
tranquillo, qui nella cittadina, ma quel giorno successe qualcosa che ci
colse alla sprovvista: un terremoto. Ma non un terremoto qualunque...
Sembrava che la terra ci tesse crollando sotto i piedi, enormi spaccature
nel terreno e ampie voragini lungo tutto il territorio. E come se non
bastasse, hanno cominciato pure gli Heartless ad attaccarci - Sora
rimase a bocca semi aperta a quelle dolorose notizie. Non sapeva che dire.
Si era ritrovato già una volta di fronte ad avvenimenti simili, ma mai
visti sotto questo punto di vista. Tuttavia, restò in silenzio, come tutti
gli altri. - Il vecchio castello in fondo è crollato su sé stesso, come
fosse stato fatto di carte. Gli Heartless erano in gran numero, hanno
risalito la crepa principale e hanno cominciato ad invadere la città. Sono
rimasto sconcertato... Ero abituato a vederli in gran numero, sì, ma non
li avevo mai visti così forti e... organizzati; ci hanno assalito come una
vera e propria armata! - esclamò, lasciandosi cadere su una sedia. - Ci
presero alla sprovvista. Il sistema difensivo venne distrutto in pochi
giorni e ci ritrovammo così con l'acqua alla gola. Piano piano sono
risaliti per la cittadina sin quasi al nostro livello. Inutile dire che la
Fortezza era già in mano loro. E poi... - cominciò, ma si interruppe,
rabbuiandosi. - E... poi? - domandò Sora. - Cosa è successo? - -
Erano anni che non mi capitava una cosa del genere... Le persone venivano
letteralmente assalite e i loro cuori... Beh... - si fermò nuovamente,
tenendo basso lo sguardo. - La maggior parte non ce l'ha fatta - esordì
Barret. - Il vecchio Leon ci ha avvertiti che qualcosa non andava qui
dalle sue parti, e allora io e Red abbiamo deciso di fare un salto per
vedere se potevamo dare una mano. Ma ormai era troppo tardi - - Quando
arrivarono loro due, gli Heartless erano già arrivati al nostro livello.
Abbiamo sprangato tutte le entrate e abbiamo cominciato a tenere
sott'occhio tutti gli ingressi lasciati liberi. Con fatica, ma anche con
molta fortuna, siamo riusciti a resistere sino ad oggi. Non so quanto
dureremo, però - concluse Leon. Sora e Riku restarono silenti. -
Abbiamo fatto evacuare gli ultimi abitanti pochi giorni fa - disse Red. -
Ora ci siamo solo noi, gli Heartless e qualcun'altro - - Qualcun'altro?
- domandò Sora. - Chi? - - Non sappiamo chi siano, nè da dove vengano -
rispose Red pacatamente. - Di notte sentiamo solo urla e passi provenire
dai piani di sotto. Heartless e Nessuno non fanno tutto quel baccano
- - Uomini - mormorò Axander. Tutti si voltarono ad osservarlo,
domandandosi che cosa avesse voluto dire. - Spiegati meglio - fece
Leon. - Un terremoto devastante, ondate di Heartless oltre
l'immaginabile - facendo una breve pausa. - E uomini. Probabilmente
mercenari inviati da qualcuno, in gran segreto. Nemici? Impossibile
affermarlo con sicurezza - commentò, avvicinandosi al gruppetto. - Che
sia Malefica? - azzardò Riku. - Da escludere - intervenne Leon. - Anzi,
Malefica non la si vede da molto tempo ed è un bene con tutti i problemi
che abbiamo ora. Penso che sia tornata al suo mondo di origine - -
Allora chi può essere? Cioè, chi potrebbe avere così tanta forza da
assalire così velocemente la Fortezza? - si chiese Sora ad alta voce,
incrociando le braccia. - Guerriero della Roccia, Quinto membro della
Legione Nera - recitò Axander. - Si chiama Nathan - I presenti
cominciarono a scambiarsi occhiate interrogative, per via di quelle arcane
parole. - Da quanto ho capito, tu ci stai dicendo che uno dei tuoi
fratelli sta cercando di distruggerci? - intervenne Barret, ricordandosi
ciò che aveva detto il giovane prima. - Chi ci dice che tu non voglia fare
lo stesso? - Una pentrante occhiata partì in direzione dell'uomo. Gli
occhi di ghiaccio di Axander lo fissavano, quasi volesse ucciderlo con il
solo sguardo. - Se fosse vero allora sareste già tutti morti -
voltandosi ad indicare Sora e Riku. - E loro non sarebbero qui
- Barret, stizzito dalla risposta, si diresse verso l'uscita. Una volta
aperta la porta, fece cenno a Red di seguirlo e il felino, con uno scatto,
uscì dalla sala. - Andiamo a fare il giro di perlustrazione, qualcuno
vuole accomodarsi? - - Sora, andiamo anche noi - propose ad un certo
punto Riku. - Ok, Riku... Si pentiranno quelle maledette creature di
essere venute qui - disse Sora alzandosi e tenendo già il keyblade in
mano. - Ottimo, andremo a fare tutti il giro di perlustrazione; più
siamo e meglio è - aggiunse Leon. Poi, si diresse verso Cid e Merlino,
avvertendoli della sortita. Axander non disse nulla. Si limitò ad
uscire dalla porta, aspettando fuori.
Barret aprì le porte blindate
che davano accesso al resto del borgo, in direzione della Fortezza. Tutta
la compagnia passò senza troppi disturbi visto che di nemici non ce n'era
neppure l'ombra. - Per andare ai piani inferiori occore deviare
nuovamente verso l'interno della cittadina, seguitemi - li avvertì
Leon. Tutti lo seguirono, giù per le scale e poi per un altro portone
alla loro destra. Lo aprirono con facilità, addentrandosi nel livello.
Davanti a loro si apriva un'ampia balconata che si estendeva più in
lunghezza che in larghezza. Sopra le loro teste, le case dell'ultimo
livello, tra cui quella di Merlino. Al contrario della piazzetta del
mercato e del resto della cittadina sin'ora visitata da Sora, tutto era
decadente e malridotto: le belle casette lungo tutto il muro erano mal
tenute, alcune persino ridotte in macerie; in certi tratti, la terrazza
era crollata e, per terra, vi erano enormi massi ad ostruire il percorso e
lunghe travi di legno in bilico. Per Sora era una visione
agghiacciante. Che cosa stava accadendo? Aveva già visto mondi distrutti
dall'oscurità o in rovina sempre a causa di quest'ultima, ma quella
visione lo rattristava profondamente. Continuava a guardarsi attorno
incredulo che il luogo in cui si trovasse fosse proprio Radiant Garden.
Riku, invece, che sembrava impassibile a tutto ciò, si limitava ad evitare
i grossi ostacoli, guardandosi attorno con poco interesse. Dalla testa
del gruppo arrivò un segnale: Barret faceva cenno agli altri di
nascondersi dietro a dei ripari. Non se lo fecero ripetere due volte e,
all'ombra di parecchie macerie, prestarono attenzione a ciò che stava
accadendo più in là. Due uomini vestiti di nero ed incappucciati
stavano tranquillamente parlando in mezzo alla via. Nel vederli, Axander
strinse i pugni. Li aveva riconosciuti. - Maledizione, addirittura in
due girano, adesso - sussurrò. Dietro di lui Sora e Red attendevano, in
costante silenzio. - Fammi indovinare: tuoi amici? - gli chiese Sora,
stringendo il keyblade tra le mani. - Già - facendogli segno di
avvicinarsi. Entrambi si accucciarono, osservando i due uomini in
nero. - Il più alto e "spesso" è Nathan, quello di cui vi ho parlato -
disse a bassa voce indicando il gigante con l'ascia dietro la schiena e le
braccia incrociate. A vederlo da lontano, sembrava si limitasse ad annuire
alle parole del compagno. - Quell'altro, invece, è Albaran. E' detto il
Generale dei Venti, Secondo membro della Legione - spostando l'indice
sull'altro, che stava gesticolando qualcosa di incomprensibile. - Il
Secondo? Il numero due, quindi... - sussurrò Sora, cominciando a contare
ed arrivando a quattro. - Il numero uno? Non l'abbiamo ancora incontrato,
dico bene? - Axander annuì. - E spera di non incontrarlo mai
- Dall'altro lato della strada, Leon, Riku e Barret stavano osservando
da dietro altre macerie. Ad un certo punto, agitando cautamente il
gunblade, Leon cercò di attirare l'attenzione di Sora e gli altri due, che
lo guardarono. Stava indicando loro i due uomini. Sora prestò
nuovamente attenzione, ma non capiva cosa volesse dire. - Più in basso
- disse Red. Gli altri due abbassarono lo sguardo. Il custode del
keyblade sentì il sangue raggelarsi nelle vene. Per terra, attorno ad
Albaran e Nathan, dei corpi senza vita di uomini, con indosso dei lunghi
mantelli bluastri e delle armature. Accanto a questi, scudi frantumati e
lance spezzate. - Dèi santissimi... - mormorò Axander, scuotendo
lievemente il capo. - Hanno ucciso tutti quei soldati... - Intanto, i
due uomini continuavano a parlare tranquillamente, apparentemente ignari
di essere spiati. - E mi raccomando! - esclamò Albaran, battendo
l'indice sulla spalla del collega. - Hai la massima fiducia da parte di
tutta la Legione! Sai cosa fare - Nathan annuì e, dopo qualche secondo,
Albaran se ne andò per mezzo di una sorta di passaggio oscuro. L'individuo
restò fermo per qualche minuto, come se si fosse addormentato in piedi. In
seguito, con movimento lento e tranquillo, si voltò in direzione delle
macerie. - Cosa pensavate? Che non vi avessi notato? - proferì a gran
voce, scomparendo senza lasciare il tempo agli intrusi di potersi
meravigliare per il suo intuito. - Dov'è finito? - domandò allarmato
Sora che, nel frattempo, conscio di essere stato scoperto, si era
alzato. - Tutti giù! - urlò Axander. Red e Sora si abbassarono di
scatto. Una grossa ascia bipenne saettò orizzontalmente sopra le loro
teste, andando a fracassare gli ultimi resti del muro dietro al quale si
erano nascosti. - Non uscirete vivi da qui -
Capitolo 13 *** Capitolo 12: Guai a Radiant Garden, parte 3° ***
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Capitolo 12: Guai a Radiant Garden, parte
3°
Un urlo potentissimo e terribile
risuonò nell'aria. La gigantesca ascia stava piombando verticalmente sulla
testa di Sora, ma fortunatamente il ragazzo era abbastanza veloce da
schivarla con una semplicissima capriola laterale. Alle sue spalle, Sora
sentì la terra sbriciolarsi ed andare in frantumi; qualche sassolino lo
colpì di striscio. Tuttavia, l'uomo sembrava non volesse fermarsi.
Estratta l'ascia dal terreno, si voltò verso l'eroe del keyblade, il quale
non riusciva a capire cosa volesse l'incappucciato. Dall'altro lato
della via, Barret cominciò a sparare contro Nathan, che con grande
destrezza, nonostante la stazza, fu in grado di parare e deviare i colpi
con la sua enorme arma, facendola roteare davanti a sé. - Non mi
piacciono le interruzioni - brontolò, ergendosi in tutta la sua dirompente
statura. - Tantomeno le interruzioni dovute a piccoli insetti come voi
- Lanciò, dunque, un fischio acuto e, in pochi attimi, davanti a lui
comparirono degli Heartless. Questi avevano dimensioni umane ed
indossavano una leggera corazza nera ed un elmo chiuso, dal quale si
potevano intravedere i soliti occhietti gialli, brillanti ed inespressivi.
In mano avevano un'ascia, esattamente come colui che li stava
comandando. Nathan tese il braccio destro in avanti, in direzione di
Leon, Barret, Riku e Red che era riuscito a raggiungerli sfuggendo
miracolosamente. - Occupatevi di loro - ordinò il membro della
Legione. Gli Heartless eseguirono immediatamente; essi si schierano
sempre dalla parte del più forte e, in quelle circostanze, avevano visto
giusto. Erano in tutto una cinquantina circa. Partirono in avanti con
moderata velocità. - Che stiamo aspettando?! - urlò Barret, caricando
il suo mitragliatore. - Facciamoli neri! Anzi... Ancora più neri!
- Barret partì alla carica, seguito a ruota da Red, e in pochi secondi
lo scontro cominciò. Da una parte, l'uomo e il suo fidato compagno
quadrupede; il primo continuava incessantemente a sparare e, sotto i suoi
colpi, molti Heartless di dissolvevano rapidamente in un alone scuro. Il
secondo, invece, li assaliva, caricandoli dal basso oppure prendendoli
alle spalle con i suoi letali artigli. Dall'altro lato, vicino alle
macerie, Leon e Riku erano circondati, ma tutt'altro che in difficoltà.
Con fendenti letali e montanti ben piazzati, avevano già distrutto una
bella fetta dello squadrone di Heartless, tanto che il possessore del
keyblade era riuscito ad aprirsi un varco per continuare a
sfoltirli. Sora si trovava nella situazione peggiore. Restando in
posizione di guardia, dato che gli Heartless non ci occupavano di lui, si
era permesso di dar loro le spalle. Innanzi a sé, Nathan se ne stava
immobile, tenendo la sua grossa ascia appoggiata sulla spalla e osservando
il lavoro che stavano compiendo le oscure creature. Stava sorridendo,
ma nessuno lo poteva notare, poiché il cappuccio gli copriva gli occhi e
oscurava il volto per intero. Sora non si era ancora reso conto che
l'attenzione del Guerriero era rivolta verso lui e il suo keyblade. -
La Chiave - pronunciò ridendo. - E' mia! La voglio! - urlò all'improvviso,
scattando in avanti con un solo e possente balzo. Reggendo la grande
lama sopra la sua testa, la calò nuovamente. E questa, più si avvicinava a
Sora, più diventava grande, lenta ed inesorabilmente fatale. Sora,
però, alzò il keyblade davanti a sé orizzontalmente, a qualche centimetro
dal suo volto. Chiuse gli occhi. Forse per prepararsi all'impatto, forse
per evitare che il gran polverone che si era sollevato gli irritasse la
vista. Forse per paura. Fu così che le parole di Grelwan, sulla
spiaggia della sua Isola, gli tornarono alla mente, rimbombando come
un'eco maligno.
"Sì, la paura ci dona forza... Riusciamo ad
incutere timore anche ai cuori più forti, lo sapevi? E' normale,
d'altronde... Voi siete umani, la paura è una vostra grande debolezza...
E' insita in ognuno di voi..."
Le stesse parole che aveva udito
in lontananza prima della scomparsa di Kairi. Un colpo fece sobbalzare
il Custode. Sentiva che stava scivolando all'indietro, a tratti. Decise di
riaprire gli occhi e ciò che vide non lo rassicurava
affatto. L'imponente sagoma di Nathan era chinata in avanti, su di lui,
e stava facendo pressione sul keyblade, con tutta la forza che
aveva. Ad un certo punto si sentì uno stridìo, come di unghie che
graffiano una lavagna in tutta la sua lunghezza: la lama dell'ascia stava
graffiando il keyblade, provocando piccole ed impercettibili
scintille. "Sta... Sta scalfendo... Il keyblade...!" Sora era al
limite. Non riusciva a trattenete la forza del gigante, grande più del
doppio del ragazzo. Abbassò la testa, cercando di oppore una tenace ed
alquanto inutile resistenza, per quanto gli fosse possibile. Poi,
all'improvviso, sentì che la spinta era cessata di botto. Sora cadde in
avanti, ma si rialzò subito. Poco distante, vide un uomo molto alto,
dai lunghi capelli di un nero intenso. Alcuni di essi ricadevano sugli
occhi, quegli occhi gelidi, come quelli di Axander e Grelwan. Nathan,
oramai a volto scoperto, si spostò con destrezza, come per evitare
qualcosa. Infatti, dall'altro lato, Axander lo stava attaccando con tanta
rapidità che sembrava non toccasse nemmeno il suolo. Sora lo osservò
meglio e notò un particolare, appena il suo amico si fermò per qualche
istante: all'altezza delle sue spalle, due lunghe alabarde ruotavano a
scatti, sospese per aria. Sembravano completamente indipendenti
all'autorità del padrone, eppure gli stavano vicino, fungendo sia da arma
offensiva che da arma difensiva. Nel vederlo, gli tornarono alla mente
quelle volte che era riuscito a fondersi con Paperino e Pippo nella
fusione Finale. Ma non era tempo per pensare ai vecchi tempi, neanche
per un secondo. Dopo essersi guardato velocemente attorno, Sora si avventò
su un gruppetto di Heartless, cominciando a colpirli con durissime
combo.
- Sporco traditore! - Axander si abbassò per evitare che
l'ascia, roteante, lo colpisse in pieno. - Non sono io il traditore
- Le sue due armi saettarono in avanti, assieme a lui, cercando di
colpire con ripetuti fendenti il nemico. Ciononostante, sembrava del tutto
inutile; Nathan non si spostava di una virgola. Restava impassibile,
facendo ruotare l'ascia come un'elica, parando così tutti gli
attacchi. - Sei così insulso, fratello! - esclamò. Il Guerriero
della Roccia balzò all'indietro, caricando un colpo tremendo. Scaricò poi
a terra la potenza della sua ascia, aprendo profonde crepe nella
pavimentazione e facendo tremare gli edifici circostanti. Axander saltò
in alto, rifugiandosi su un tetto. Compiendo degli strani gesti con le
mani, le due alabarde, gli si pararono davanti, continuando a ruotare come
due eliche, analogamente all'arma del nemico. - Firaga! - urlò tutt'a
un tratto Axander. Dal centro di rotazione delle due assi si crearono
due turbini infuocati che, incrociandosi, puntavano dritti sul Guerriero a
terra. - Folle! - sogghignò l'altro. - Come puoi pensare che il fuoco
scalfisca la roccia! - Senza muovere un muscolo, Nathan rimase ad
osservare il turbine avvicinarsi. Un muro di pietra, a quel punto, si alzò
a pochi centimetri dal suo corpo, proteggendolo completamente, sino
all'esaurimento delle fiamme. Tutto ciò avvenne assai rapidamente. -
Perché ti ostini ad aiutarli? Lo sai che non c'è speranza per coloro che
osano ostacolarci! - - Taci! - replicò Axander, visibilmente
irritato. Scese a terra, lanciando un globo infuocato sempre contro
l'avversario. Costui, ancora una volta, non si mosse. Un altro muro si
innalzò con tempismo perfetto e la vampata si dissolse nuovamente. -
Non lo avete ancora capito? - continuò Nathan, mentre la barriera calava,
tornando a fondersi col terreno. - Non avete possibilità contro di noi!
Fortunatamente non tutti sono testardi come voi e qualcuno ha deciso di
schierarsi dalla nostra parte - - Chi mai potrebbe essere così pazzo?
- - Pazzo? Direi più che altro saggio. L'unico pazzo, qui, sei tu! -
sbottò Nathan, caricando il fratello con una spallata. Axander cadde a
terra, travolto. Disteso sul freddo viale di nuda roccia osservò il
fratello avvicinarsi. - Salutami il Creatore! - sghignazzò
l'avversario, calando la sua imponente arma sul presunto
sconfitto. Essa, tuttavia, trovò ostacolo nelle due alabarde, le quali
accorsero in aiuto del loro custode, e rimbalzò, facendo indietreggiare di
qualche passo il gigante a causa del contraccolpo subito. Nathan non
voleva, però, cedere e continuò a colpire la difesa del fratello, ma senza
alcun risultato. Dai continui impatti schizzarono via solamente scintille
e schegge di metallo. Senza sforzarsi, Axander si rialzò e impugnò al
volo le sue armi, proprio mentre Nathan stava abbassando la guardia. Lo
colpì, con un doppio montante, facendolo rovinare al suolo. Il
Guardiano delle Fiamme si avvicinò al fratello, puntandogli alla gola le
due lame. Stavolta, i ruoli si erano invertiti. In risposta a ciò,
Nathan si mise a ridere. - Trovi qualcosa di divertente nella tua
morte? - domandò Axander. Non ricevette alcuna replica. Lentamente, il
Guerriero della Roccia scomparve in un alone nero, sotto gli occhi del
momentaneo vincitore. Axander imprecò a bassa voce, continuando a
fissare il terreno. Fu assalito dalla rabbia. Molta rabbia. - Salve,
Axander - irruppe una voce. Il ragazzo alzò lo sguardo, avendo udito
anche dei passi farsi sempre più vicini. Non capì subito cosa stava
accadendo. - Einar? - Il giovane con la giacca rossa e gli occhiali
stava proprio dinanzi a lui, scrutandolo con occhi spenti, quasi
dispiaciuti. - Non doveva andare così, Axander - esordì con voce calma.
- Se solo tu fossi tornato coi tuoi fratelli... Io ora non mi troverei in
questa situazione - - Che cosa...? - fece incredulo l'altro. - Vedi,
a volte bisogna fare dei sacrifici per raggiungere delle mete ambite.
Spero tu possa perdonarmi - Axander non ebbe il tempo di ribattere che
Einar era già scomparso. Alle sue spalle, ad un tratto, udì un rumore
metallico: Sora aveva appena distrutto l'ultimo Heartless che,
vigliaccamente, stava per attaccare di sopresa il Guardiano ancora
distratto. - Sora! - - Andiamo, non c'è più tempo! - gli disse il
Custode, facendo cenno di seguirlo. - Leon e gli altri stanno già
richiudendo le porte! Dobbiamo fare in fretta! - Entrambi si diressero
verso l'uscita del livello, ritornando al borgo, dove ad attenderli
c'erano tutti gli altri. Una volta chiuse le porte, corsero tutti verso
casa di Merlino e, ben presto, se ne scoprì il motivo: altri Heartless
stavano arrivando.
- Sei ostinato - Einar alzò lo sguardo. Era
appoggiato ad un muro crollato, con le braccia incrociate. Si stava
riposando in una qualche zona imprecisata della cittadina. - Che vuoi,
vecchio? - domandò poco educatamente all'avventore che lo aveva
apostrofato. - Questo spiega tutto - rise a voce bassa il nuovo
arrivato. - Buone maniere... Zero! - Una strana figura ricurva, avvolta
in un logoro mantello, teneva un bastone bianco, per non fare fatica nel
suo lento zoppiccare. - Tu non dovresti neanche essere qui, per prima
cosa. Tornatene a casa, a raccontare quelle assurde storielle, come hai
sempre fatto - Difatti, quell'anziano viandante non era altri che colui
che se ne stava sempre a raccontare storie e leggende in varie piazze di
una città sconosciuta. Einar lo aveva già notato un po' di volte, ma lo
trovava noioso e patetico. - Ah, ma allora non sbagliavo quando vedevo
qualcuno che ti assomigliava in lontananza... Eri proprio tu... - Il
vecchio rimase lì impalato dov'era, a fissare Einar, il quale ricambiava
lo sguardo, con aria seccata. - Sparisci - disse il Nessuno, infine. -
I tuoi giorni sono trascorsi, ormai; va e decidi cosa fare delle tue
ultime ore. Basta che stai lontano da me - - Solamente uno stupido -
disse il vecchio. - Avrebbe potuto seguire un altro stupido. Stai attento
a chi stai voltando le spalle, sciocco! - E detto ciò, se ne andò,
svanendo sotto gli occhi di Einar. Scuotendo la testa, il giovane aprì a
sua volta un passaggio nell'oscurità, con la mano tesa verso un muro. -
Ormai sei solo un ricordo - disse mentre varcava il portale. - Con te non
voglio più avere niente a che fare. Proprio come accadde con Xemnas... Sei
solo un ricordo -
- Idiota! Doppiamente idiota! Persino
un bambino avrebbe fatto meglio di te! - Gli insulti si susseguivano,
assordanti come non mai. - Come ti permetti! Chiudi quella bocca o mi
vedo costretto a tappartela io con la forza! - Una tavolata circolare
era posta verso la fine del grande salone bianco. Cinque sedie erano
disposte lungo tutto il perimetro, ma più che sedie sembravano dei seggi
reali, sui quali potevano sedersi solo grandi imperatori o potenti
conquistatori. Conquistatori di mondi. Questo era il luogo dove i cinque
della Legione Nera erano soliti ritrovarsi per discutere su faccende della
massima importanza. Ma ora erano solo in quattro. I cinque scranni
sui quali sedevano, erano diversi l'uno dall'altro. Il primo,
costituito da intera roccia, pareva il più grande e imponente. Non
era stato lavorato molto e presentava ancora una forma piuttosto grezza,
più simile a quelle dei massi visibili in natura. Tuttavia, lungo il
margine, si notavano degli scintillii povocati da tre splendenti e
allungati smeraldi, riflettenti la luce che il salone emanava dalle sue
nivee pareti. Il secondo seggio era interamente ricoperto di ghiaccio
perenne, molto ben intagliato. Sullo schienale sembravano essere ricamate
le onde dell'oceano e in cima ad esso spuntava una sorta di piccolo
tridente, su cui erano incastonati tre grossi zaffiri. Il terzo,
l'unico vuoto, risultava, forse il più decorato, il più particolareggiato.
Il materiale era sconosciuto ai più, dato che prendeva fuoco
all'improvviso qualora il suo legittimo proprietario si fosse trovato
nelle vicinanze. Lo schienale terminava con una forma triangolare, e su
ognuno degli spigoli appariva un infuocato e meraviglioso rubino
rosso. Il quarto non si vedeva. Era composto da diverse correnti
d'aria, ognuna che tirava verso una determinata direzione, andando così a
formare i lineamenti del seggio. Quindi, sospesi a mezz'aria si
intravedevano tre diamanti, l'uno accanto all'altro. Infine,
l'ultimo trono, il più regale di tutti, era completamente bianco. La forma
era quella basica, di ciascuna sedia, ma aveva come una strana aura
mistica che lo avvolgeva, donandogli un senso di aulico. Lo schienale era
tondeggiante, ma molto alto, e sulla sommità si trovavano tre piccole
croci latine costituite di solo mithril, il materiale più raro e
resistente che esisteva. - Ma cosa vorresti tappare? Non sei stato
neanche in grado di uccidere un moccioso! - Grelwan e Nathan stavano
discutendo animatamente. Albaran, invece, sembrava stesse schiacciando un
pisolino, date le braccia incrociate e il capo chino. In realtà era vigile
e ascoltava tutto, profondamente stizzito dall'infantile atteggiamento dei
fratelli. Ilfrien, d'altro canto, se ne stava in silenzio ad osservarli,
composto solo come un grande signore poteva esserlo. Al suo fianco, in
piedi, Einar, anch'egli silenzioso, che assisteva interessato. - Ah,
sì? Vediamo se però riesco ad ammazzare te! - Nathan afferrò allora la
sua ascia e la scagliò alla massima velocità contro il fratello
istigatore, che riuscì, nonostante tutto, a congelarla mentre era
ancora in volo e a farla cadere sul tavolo, senza causare alcun
danno. - Non sono ammessi questi comportamenti, qui - disse d'un tratto
Albaran. - Ma di cosa t'impicci, tu? Sempre a dormire e a fare i tuoi
comodi - commentò acidamente Grelwan; al che, Albaran gli lanciò
un'occhiata di fuoco da sotto il cappuccio. - Come osi...? - - Per
favore, signori, un pò di contegno - intervenne sospirando Ilfrien. Il
silenzio calò tutt'intorno. I tre tacquero. - Perché litigare su queste
sciocchezze, mi chiedo. Non vedo dov'è il problema - - Il problema è,
caro fratello, che questi due sono delle nullità assolute - rispose
Grelwan indicando gli altri due. - Questo è troppo! - sbottò Nathan,
stringendo i pugni. Albaran rimase in silenzio. - Piano, piano. Per
prima cosa tranquillizzatevi. Poi, veniamo al dunque. Qualche mossa falsa,
è vero, ma nulla di grave in fondo - fece Ilfrien, voltandosi in
seguito verso Einar e sussurrandogli qualcosa sottovoce. - Ti dispiace
lasciarci solo per un attimo? Dobbiamo parlare - - Certo, nessun
problema - annuì il Nessuno. Prese ad incamminarsi verso il portone
d'uscita, oltrepassando la tavolata e attirandosi gli sguardi dei
presenti, che lo seguirono finché non uscì. Richiudendosi i battenti
alle spalle, Einar tornò ad udire nuovamente le voci dei quattro fratelli.
Cominciò a scendere le scale, con le mani infilate in
tasca, dirigendosi ai piani più bassi della fortezza.
- Stai
bene? - - Uh...? Cosa... Dove mi trovo? - - Sono felice che ti sia
svegliata, inziavo ad essere preoccupata - disse sorridendo una giovane
ragazza dai lunghi capelli castani. - E' da un bel po' che stavi dormendo.
Temevo non sti svegliassi più - Kairi si alzò lentamente, mettendosi a
sedere sul bordo del letto. Si guardò attorno, intimorita da quel luogo.
Tutto era bianco, dal pavimento al letto, dal lampadario al davanzale
della finestra. - Chi sei? - domandò d'istinto a colei che aveva di
fronte. - Piacere, il mio nome è Elen - si presentò l'altra. - Tu come
ti chiami? - - K-Kairi... - rispose la ragazza, colta da un filo di
incertezza. Dopodiché, si voltò ad osservare la finestra, alzandosi,
per andare a guardare fuori. Una volta affacciatasi, sentì un vento gelido
pungergli il volto. Subito richiuse le ante, restando a fissare le nuvole
che passavano lì vicino. - Devi stare attenta, siamo a molte miglia da
terra - le fece notare Elen. - A molte miglia...? - ripeté Kairi,
confusa. - Sì, questa è una fortezza volante - aggiunse
qualcun'altro. Le due ragazze si girarono soprassalendo e videro che
era appena entrato Einar. Subito, Elen si rabbuiò, cominciando già a
dirigersi verso la sua stanza accanto. Sorrise a Kairi, poco prima di
chiudere la porta. Kairi, sempre più confusa, fissò lo strano ragazzo che
aveva a pochi passi. - Tu chi sei? - chiese anche a lui. - Oh, già -
disse Einar, mortificato. - Scusami, il mio nome è Einar - si scusò,
sorridente, mentre tendeva una mano a Kairi. Lei, però, non fece
altrettanto, quasi avesse intuito che quel tale non doveva essere un suo
amico. Il suo sguardo rimase fisso sul volto del giovane. - Kairi -
proferì semplicemente. - Kairi... Che bel nome - continuò il Nessuno,
cominciando a passeggiare tranquillamente. - E da dove vieni? - -
Perché quella ragazza, appena ti ha visto, se n'è andata? - cambiò
discorso Kairi. - Affari personali - replicò l'altro, bruscamente. -
Comunque non mi hai risposto. Conosci per caso un tale Axander, vero?
- Kairi non rispose. Restò in piedi, immobile, a guardare quello
sconosciuto. Sentiva dentro di sé che era meglio stare alla larga da
quell'individuo e non avere nulla a che fare con lui. Tuttavia, l'ultima
domanda, l'aveva colta alla sprovvista. Avrebbe tanto voluto rispondere,
ma non sapeva a cosa stesse realmente puntando Einar. I secondi
passarono, interminabili e silenziosi. - Loquace - commentò, infine, il
Nessuno, a bassa voce. - Credo che dopo un po' di giorni qui, ti tornerà
la voglia di parlare. Buona giornata - concluse, andandosene come se nulla
fosse. Kairi, a quel punto, andò a sedersi sul letto. Era
preoccupata. E aveva paura. Non sapeva di cosa, ma aveva paura. -
Sora... Dove sei? -
- Siamo davvero sicuri che il portone reggerà?
- domandò Axander. - Fidati, è sotto un potente incantesimo di Merlino.
Nessun Heartless oserà varcarlo, a meno che non voglia porre fine alla sua
inutile esistenza - rispose Leon. Era passato un giorno. I sei amici se
ne stavano nelle vicinanze dell'abitazione del mago, per controllare che
tutto fosse in ordine. Dopo qualche minuto, si ritrovarono al piccolo
cortile, pronti a rincasare. Tuttavia, qualcosa attirò l'attenzione di
Sora. Dei rumori provenienti dal vicolo. - Ehilà Sora! - - Il Re! -
esclamò il Custode del keyblade, vedendo arrivare Topolino, assieme a
Paperino e Pippo. - Finalmente, pensavamo che non sareste mai riusciti
ad arrivare - affermò Axander. - Ci è mancato poco! E' quasi
impossibile atterrare senza essere notati dagli Heartless - commentò
Paperino. - Heartless? - chiese Sora. - Stai dicendo che... - - Sì,
una vastissima flotta di navi Heartless sta per giungere qui a Radiant
Garden! Siamo corsi qui ad avvertirvi appena siamo atterrati! - disse
Topolino. - Purtroppo siamo arrivati senza non troppi travagli - - La
nostra gummiship è pure andata distrutta - aggiunse Pippo, un tantino
demoralizzato. - Appena abbiamo messo piede a terra è stata presa di mira
dal nemico - I presenti rimasero sgomenti al sentire quelle parole. Una
flotta di navi Heartless stava per piombare su quel mondo. Sembrava una
cosa assurda, qualcosa di inconcepibile. Eppure era così. Non vi era più via
di scampo da Radiant Garden. Erano intrappolati lì, costretti a
resistere. Lentamente, l'ambiente inizò ad oscurarsi. - Lassù!
- urlò Barret, indicando il cielo. Gli astanti alzarono i loro sguardi.
Merlino e Cid uscirono di casa, attirati dalla confusione creatasi. -
Santi numi! - esclamò il mago, sistemandosi il cappello che stava per
cascare. Tantissime gummiship che portavano il sigillo di un cuore
oscurato stavano cominciando a scendere in massa, come tante piccole
nuvole nere. Erano decisamente più di un centinaio. - E' terribile.
Come possiamo fermarle? - disse Riku, voltandosi verso il Re. - Non ne
ho idea. So solo che non siamo gli unici in questa situazione. Altre
gummiship sono partite verso varie direzioni, probabilmente per
attaccare altri mondi - rispose Topolino. Cid rimase in silenzio. In
seguito, togliendosi il bastoncino che teneva in bocca, si rivolse ai
compagni. - Venite dentro, abbiamo finito la macchina! Sarà il caso di
sperimentarla visto che quei maledetti Heartless stanno per arrivare -
disse l'uomo, sfregandosi il naso. Nessuno sentenziò e tutti entrarono
nell'abitazione, senza avere la benché minima idea di cosa stesse
parlando. - Buongiorno, Vostra Maestà - salutò lo sconosciuto che aveva
aiutato Cid, non appena il gruppo fece il suo rientro in casa. - Che
sorpresa, Archimede, che cosa ci fai qui? -
Un individuo alto, magrolino, si palesò al
cospetto del sovrano. Indossava una maglia rossa e un gilet nero, e, in
testa, portava un cappellino verde. - Oh, è una lunga storia, Vostra
Maestà... Alcuni impegni e varie altre situazioni mi hanno portato a
Radiant Garden in questo pessimo momento... Ma non vi preoccupate!
Piuttosto, dobbiamo occuparci di voi, Vostra Maestà! Seguitemi - disse,
rivolto anche a Sora e al resto della compagnia. Giunsero davanti al
misterioso macchinario che avevano notato il giorno prima e che,
finalmente, sembrava ultimato. - Vi presento... Ehm... A dir la verità
non ho ancora deciso il nome... Che ne dite di "Portale
Interplanetario"? - Barret e Red, intanto, erano rimasti alla
porta, controllando i dintorni all'esterno. - Beh, sentite, non so voi,
ma io non ci sto a squagliarmela come un vile e a lasciar fare i loro
sporchi comodi a questi Heartless. Io e Red abbiamo deciso di rimanere,
vediamo quanti di loro riusciranno a oltrepassarci! - Detto ciò, caricò
la sua arma e uscì, seguito dall'amico. - Quella testaccia dura... -
commentò Leon, scuotendo il capo. - ... Ha perfettamente ragione. Non lo
lascio solo, vado anche io. Abbiamo perso il nostro mondo già una volta e
non lascerò che si ripeta di nuovo - Axander sorrise, sentendo le
affermazioni di Leon e Barret. Appoggiando una mano sulla spalla di Sora,
pensò che era arrivato anche per lui il momento di
separarsi. - Vedete di trovare Kairi e Elen. Conto su di voi - Sora
si voltò, con espressione stranita. - Che cosa vuoi dire? Abbiamo
bisogno del tuo aiuto, non puoi andartene - - Sono sicuro che ve la
caverete anche senza di me... Buona fortuna - - Aspetta! Non... - provò
a fermarlo Sora. Ma era troppo tardi. Scambiatisi uno sguardo di
intesa, Axander e Leon erano usciti dalla casa, scomparendo verso il
borgo. - Non ti preoccupare, Sora - lo consolò Riku. - Torneremo a
dargli una mano appena le avremo ritrovate - Un sorriso si dipinse sul
volto del ragazzo. Gli altri tre si avvicinarono. - Questa volta ci
saremo anche noi - disse Topolino, lanciando un'occhiata a Riku. - Yuk,
Sora sei pronto a partire? - gli chiese Pippo. - Non temere, ci siamo noi
a darti il nostro appoggio, come sempre - - Certo - annuì Sora,
mettendo una mano davanti a sé. Paperino si avvicinò e mise la sua
sopra a quella del ragazzo e lo stesso fece Pippo. Tutti e tre erano
nuovamente pronti a partire, proprio come all'inizio del loro primo
viaggio. Questa volta, perlopiù, altre due mani si aggiunsero, quella del
Re e di Riku. - Avanti, vediamo di salvare i mondi per un'ultima volta!
-
Capitolo 15 *** Capitolo 14: Primi problemi in viaggio ***
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Capitolo 14: Primi problemi in
viaggio
- Scusate se vi disturbo ancora, ma
adesso sarà meglio prepararsi - esordì Archimede, avvicinandosi al
gruppetto. - Da quanto è emerso da quello che ho sentito l'ultima volta
dal vostro amico... Ehm.. - - Axander - precisò Riku, vedendo
l'inventore in difficoltà. - Sì, lui... State cercando un mondo in
particolare. Avete già qualche idea? - Scuotendo la testa, gli altri
gli diedero una risposta negativa. In effetti, neanche uno di loro aveva
minimamente pensato alla destinazione successiva. - Eh... Già...
Dunque, questo macchinario di nostra invenzione permette un passaggio
istantaneo da un mondo ad un altro, senza bisogno di utilizzare alcuna
gummiship. Questo è un bene, data la situazione in cui ci troviamo e la
mancanza di tempo. Dimezzeremo i tempi di passaggio da un mondo all'altro
- spiegò Archimede. - Una volta trovato un mondo sarà opportuno sigillarne
la serratura... - - Di nuovo? - domandò Sora. - Purtroppo sì. Pare
che ogni mondo abbia subito una sorta di potente incantesimo atto a
togliere il sigillo posto dal keyblade. Così facendo, gli Heartless hanno
nuovamente via libera per qualunque angolo della galassia - rispose
Archimede. - Come dicevo, arrivati in un mondo dovrete chiudere la
serratura e solo a quel punto potrete partire verso un altra destinazione.
Il Portale Interplanetario funziona tramite una reazione che si verifica
nel preciso istante in cui una serratura viene chiusa - Sora fece per
parlare, ma l'inventore alzò una mano immediatamente. - Lasciami
finire. Con ogni probabilità... - avvicinandosi ad una lavagna e mostrando
una serie di disegni e di calcoli alquanto complessi. - ... Ogni passaggio
appare accanto alla serratura bloccata, è chiaro adesso? Non dovrete fare
altro che passare da un posto ad un altro, sigillando le serrature, finchè
non avrete trovato il posto che vi interessa. Il Portale è stato adattato
in modo da avere un'intelligenza propria e anche un cuore, se la mettiamo
su questi termini. E' stato un lavoro colossale, ma credo ne sia valsa la
pena - - Grazie Archimede, hai avuto un'ottima idea! - affermò
entusiasta Topolino. - Un lavoro davvero colossale... - - Ora, se non
vi disturbo, vi pregherei di avvicinarvi, mettendovi sotto ad esso -
aggiunse l'inventore, indicando alla compagnia il macchinario. Sora e i
suoi amici eseguirono, posizionandosi sotto quello che sembrava un'enorme
ombrello. Archimede, intanto, si era avvicinato al computer, inserendo dei
dati e preparando tutto il resto. Cid e Merlino rimasero ad
osservare. - Sora, ho qualcosa per te - disse ad un certo punto il
mago, agitando la bacchetta. Un fascio di luce uscì dalla punta
dell'oggetto, andando a investire gli abiti da viaggio del Custode del
keyblade. - Non avrai creduto davvero che l'incantesimo delle tre fate
buone sarebbe durato per sempre? Ora ho ricaricato i tuoi vestiti,
potenziandoli, addirittura. Tant'è che adesso ti ho appena consegnato
tutti i sigilli per le fusioni - - Wow... - fece Sora, contemplando i
vestiti come se si fosse appena cambiato. - Grazie infinite Merlino - -
Ehi, questo invece è da parte di noi altri - disse a sua volta Cid,
lanciando qualcosa a Sora. - Che cos'è? - domandò il ragazzo, senza
riuscire ad ottenere una risposta in tempo. - Partenza! - annunciò
Archimede, premendo un pulsante. Il macchinario sopra le loro teste si
illuminò, proiettando una luce molto intensa che invase tutta la stanza. I
presenti si coprirono gli occhi, abbagliati dai raggi. Il motore centrale
cominciò a partire con un rumore che si faceva sempre più forte.
Lentamente, la luce cominciò a spegnersi e il rumore a cessare. Merlino,
Cid e Archimede guardarono in direzione del portale. Non c'era più
traccia di Sora, Riku, il Re, Paperino e Pippo.
- Questo posto ha
qualcosa di familiare - disse Sora. - Già, anche io ho l'impressione di
esserci già stato - affermò Paperino. - Gawrsh, ma noi ci siamo già
stati qui. Sembra tanto il regno dell'oscurità! - esclamò Pippo. Riku e
il Re si guardarono attorno. Tutto era immerso nell'oscurità più assoluta.
Un pesante silenzio aleggiava nell'aria. Tuttavia, nonostante il buio, ci
si riusciva a riconoscere facilmente, come se ogni compagno brillasse di
una luce propria. - No, non è possibile! - fece Sora. - Vuoi dire che
il portale non ha funzionato? - chiese poi a Pippo, con una nota di
disperazione. - Fermi tutti! Avevamo previsto una cosa del genere! -
esclamò una voce fuori campo. - Chi è stato? - irruppe Topolino,
allarmato. -Chi è là? - - Sono io vostra maestà, Archimede! Vi sto
parlando tramite il congegno che Cid ha lanciato a Sora poco prima di
partire - Sora si mise una mano in tasca, estraendo quello che sembrava
un orologio a cipollotto. Ci diede qualche colpetto con l'indice per
capire come funzionasse. - Sora, premi il tasto in alto - - Quale,
questo? - - Sì, ecco... Ora dovreste sentirmi meglio! Secondo i miei
calcoli siete finiti in un luogo imprecisato, totalmente fuori dalle
mappe. Il genere di inconveniente che volevo evitare... Provate a cercare
una porta davanti a voi, dovrebbe essercene una particolarmente luminosa
- - Spiacente, Archi, ma qua non si vede proprio niente - commentò
Pippo. - Tiraci fuori di qui!!! - urlò Paperino. - I keyblade non
fanno nulla? Intendo... Nessuna reazione? - continuò Archimede, ignorando
gli schiamazzi del papero. In mano a Sora comparve subito la Catena
Regale, accompagnata da un forte bagliore. Poco più avanti, dalle
tenebre, stava emergendo una grande porta bianca. Pian piano, essa si
spalancò, finò ad aprirsi completamente. All'interno si vedeva solo un
fascio di luce molto intenso che abbagliava al contatto con gli
occhi. - Ecco la porta, andiamo! - esclamò frettolosamente Riku. Con
decisione corse verso il fascio di luce, saltandoci dentro e scomparendo
alla vista degli amici. - Aspetta, Riku! - urlò
Sora. Contemporaneamente, il Re si era gettato all'inseguimento di Riku
e finì anch'egli per oltrepassare la soglia. - Vostra Maestà! -
urlarono Paperino e Pippo. A quel punto, la porta cominciò lentamente a
richiudersi. Sora si gettò in avanti con uno scatto, afferrando il bordo
della porta e tirando più che poteva. Paperino e Pippo gli arrivarono da
dietro, afferrandolo alla vita e tirando a loro volta. - Non lasciamo
che si chiudi! - Ma le parole del giovane furono vane. Non riuscirono
ad impedire la chiusura dell'unica via di fuga, che scomparve nelle
tenebre, così come era apparsa. - No... No! Riku! Vostra Maestà! -
cominciò a chiamare Sora. Ma nessuna voce rispondeva. - Sora... - si
avvicinò Paperino, con aria triste. - Se ne sono andati - disse Pippo,
del medesimo umore. A quel punto, Sora cominciò a guardarsi
freneticamente attorno; non voleva darsi pace. Doveva trovare Riku e il
Re, esattamente come era successo molto tempo prima. Non sopportava il
fatto che gli eventi stavano riprendendo quella brutta piega. Non
sopportava quegli stupidi scherzi din un destino oramai diventato
monotono. - Hai smarrito la via... - Sora si bloccò. -
... Ma non temere... - Paperino e Pippo lo affiancarono, non
capendo da dove potesse provenire quella voce che anche loro udivano -
Archimede, sei tu? - chiese con un filo di voce il
papero. Silenzio. - ... Essa non è perduta del tutto...
- Una voce debole, quasi un sussurro. Una strana sensasione colse i
tre. Era come se la sentissero e non la sentissero allo stesso tempo. Ad
un certo punto, si materializzò una seconda porta bianca, identica alla
precedente. E come quella di prima, si aprì anche questa. - ... Hai
ancora una possibilità... - Il trio si avvicinò, senza fiatare,
alla porta, sino a giungere a pochi centimetri da essa - ... Non la
sprecare... - Con piccoli passi, si avvicinarono sempre di più. In
breve, i loro volti furono completamente sommersi da nivei raggi
provenienti da un luogo indefinito. Avevano pressoché oltrepassato il
limite, dove l'oscurità diventa luce, chee la porta cominciò a chiudersi
alle loro spalle. Si fermarono e la guardarono mentre bloccava il
passaggio dietro di loro. Con un rumore sordo, chiuse del tutto i battenti
e i tre amici ritornarono nell'oscurità. Stavolta non vedevano più
nulla. - ... Non agitarti... - Sotto i loro piedi, il terreno
cominciò a mancare e iniziarono a precipitare improvvisamente. - Che
cosa sta succedendo? - gridò Paperino. - Non lo so! - urlò a sua volta
Sora. - ... Lascia che sia il cuore a guidarti... - Si
zittirono nuovamente quando videro che una luce, in fondo, si stava
facendo sempre più vicina. Man mano che gli andavano incontro, si
ingrandiva e si intensificava. - ... L'arma più forte che tu
possegga... - Sora sentì un leggero venticello accarezzargli il
viso. Chiuse gli occhi, sorridendo.
- Un cuore - - Come? - -
Un cuore - ripetè Ilfrien. Sedeva solitario, sul suo alto seggio, a
contemplare il nulla. Come sempre. Davanti a lui Einar, che lo
fissava. - Quel Xemnas la sapeva lunga. O meglio, gli appunti che ho
trovato la sapevano lunga... Sono convinto che, quando era ancora in vita,
sia stato un grande - commentò il Signore delle Tempeste, massaggiandosi
il mento. - Sì, un grande stupido - puntualizzò Einar. Ilfrien
rise. - Suvvia. Ha scoperto cose di cui persino io ignoravo
l'esistenza. Peccato fosse solo un Nessuno... Magari quando era ancora
normale... - - Hai qualche pregiudizio sui Nessuno? - lo fulminò
Einar. - E anche se fosse? - ribatté l'altro, con espressione
grave. Einar si zittì, convenendo che non era il caso di sollevare un
polverone per simili bazzecole. - Ha avuto tra le sue mani un enorme
potere, e ne ha sfruttato solamente una piccolissima parte - specificò
Ilfrien, accostando il pollice e l'indice della mano destra, per rendere
l'idea. - Ma io non commetterò lo stesso errore - Einar schioccò le
dita, come a voler attirare l'attenzione del suo interlocutore. - Vado
a farmi un giro - lo avvertì, scomparendo. Se ne andò velocemente,
lasciando solo il Signore delle Tempeste. Solo, a riflettere. Su che cosa,
nessuno sarebbe stato in grado di dirlo con certezza.
Sora si alzò
da terra. Era finito disteso in mezzo ad una piccola radura. Tutt'attorno
solo alberi. Poco distanti, stavano Paperino e Pippo, in piedi a
discutere. - Ehi, che cosa state facendo? - - Stiamo cercando di
capire in che posto siamo finiti - disse Paperino. Pippo si grattò il
capo, cercando di riflettere. - Una foresta, non vedo altro... In quali
mondi che abbiamo visitato c'era una foresta? - ragionò Sora. - Beh,
vediamo.... Troppo verde per essere quella della Città di Halloween -
disse Pippo. - La Terra dei Dragoni? La Giungla? Le Terre del Branco? -
continuò ad elencare Paperino. - No. Decisamente no - concluse Sora. -
Sarà un posto nuovo. Facciamo un giro invece di starcene qui impalati. Può
darsi che riusciremo a trovare Riku o il Re... - - Saggia decisione -
constatò Pippo. Tutti e tre si misero in marcia, verso l'uscita della
radura e si addentrarono nella foresta, ignari però che qualcuno li stava
spiando di nascosto. Da dietro un albero, infatti, fece capolineo la
sagoma di un uomo vestito di nero. - Non lascerò che mandino a monte i
miei piani. Non ora...
-
Capitolo 16 *** Capitolo 15: La Foresta di Sherwood ***
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Capitolo 15: La Foresta di
Sherwood
- Allora? - - E che cosa ricevo in
cambio io? - Immersi nella più totale oscurità di una delle sale più
anguste del castello, due individui stavano discutendo di affari. Uno di
essi era alto e tenebroso, mentre l'altro era più basso e recava una
corona sul capo. - Oro. Molto oro. So che non sei tipo che rifiuterebbe
un'offerta in denaro quindi... - Albaran schioccò le dita, facendo
apparire davanti a sè quattro sacchi stracolmi di gemme, pietre preziose e
monete d'oro. - Ti bastano? - domandò, con tono distaccato. - Direi che
è anche troppo per quello che mi stai dando... - - Eccome! Ahah! Soldi!
- esultò l'altro. - Non ti preoccupare per quello... Gli Heartless che ti
offro sono di primissima scelta! - - Lo spero per te - concluse
Albaran. - Fa comunque piacere vedere che la gente si accontenta di poco
- - Accomodati pure e prendi quelli che vuoi, tanto ne ho in abbondanza
- continuò il misterioso interlocutore, cominciando a contare il prezioso
bottino. Albaran aprì un portale oscuro nella parete in pietra della
stanza e lo varcò, scomparendo.
Sora, Paperino e Pippo continuavano
a camminare per la foresta, tranquilli ed indisturbati. - Ci siamo
persi? - chiese Pippo. - Uhm... No, guarda! Laggiù c'è uno spazio
aperto - rispose Sora. I tre cominciarono ad affrettare il passo,
giungendo al limitare della foresta. O meglio, questo era quello che
credeva Sora. - Ma questa... E' la radura di prima! Abbiamo girato in
tondo per tutto questo tempo? - esclamò Paperino, sedendosi per
terra. - Questa non ci voleva. Avete notato, però? Nessun Heartless o
Nessuno - commentò il ragazzo, per sdrammatizzare un po'. - Proviamo a
contattare Archimede, magari ci può aiutare in qualche modo - propose
Pippo. - Già, proviamo, anche se non so di che aiuto ci possa essere -
sospirò il mago. Entrambi fissarono dunque Sora, attendendo che
estraesse il congegno usato prima di passare per la porta. Il giovane li
guardò a sua volta, sorridendo, come per nascondere qualcosa. - Cos'è
quella faccia, Sora? - chiese Paperino, sospettoso. - Non mi dirai che...
- - Ehm... Sì, eheh... Già... Ma a dire il vero... - temporeggiò Sora,
indietreggiando. - Lo hai perso? - urlò il papero. - No, l'ho solo
rotto - ammise il Custode del keyblade, tirando fuori dalla tasca i resti
dell'apparecchio, ossia un ammasso di circuiti e di microchip andati in
frantumi. - Deve essere successo durante la caduta che abbiamo fatto -
ipotizzò Pippo, senza far caso all'amico pennuto, in preda ad una
crisi. Ormai bloccati in quel mondo, i tre amici iniziarono a discutere
su dove potesse trovarsi la serratura e da che parte sarebbero dovute
iniziare le ricerche, visto che quel luogo risultava totalmente
sconosciuto ai loro occhi. - Una serratura qui in mezzo? Sarebbe
difficile scovare l'albero giusto - fece notare Pippo. - Eppure non
vedo altra soluzione... - disse Sora, portandosi le mani ai fianchi. - Ci
toccherà cercare a casaccio e sperare in un colpo di fortuna - Ad un
certo punto, si udirono delle voci abbastanza alte provenire dalla
foresta. Sora si voltò di scatto, allarmato, tendendo l'orecchio. -
Attento, alle tue spalle! - - Dove? Ah, ecco! - Poi, un rumore secco
e un tonfo, seguiti da parecchi sibili. - Sarà meglio andare a dare
un'occhiata - propose Sora. Pippo e Paperino assentirono ed insieme si
inoltrarono nuovamente tra gli alberi, nella direzione dalla quale
provenivano le voci. Una volta arrivati sul posto, un piccolo spiazzo
tra dei castagni, notarono due strani individui; uno era molto grosso e
piuttosto robusto, mentre l'altro risultava più piccolo e scattante. Tutti
e due vestiti di verde, erano intenti a combattere degli esserini
neri. - Heartless - affermò Sora, riconoscendo al volo i nemici. -
Meno male che non ne avevamo ancora incontrati - borbottò
Paperino. Estrassero le loro armi e si gettarono all'attacco, sbucando
fuori dai cespugli e cogliendo di sorpresa gli Heartless. - Ehi, Little
John, abbiamo visite - disse uno degli avventori, vedendo i tre uscire
allo scoperto. - Non preoccupatevi gente, qua ci pensiamo noi - esordì
Sora, mettendosi tra i due sconosciuti e gli Heartless. - Avanti Pippo,
faciamogli vedere che non siamo arrugginiti - incitò Paperino. Il
capitano dei cavalieri si lanciò su un gruppetto di Heartless iniziando a
colpirli col bordo dello scudo. Paperino, alle sue spalle, prese a
lanciare potenti incantesimi, tra cui spiccò un Thunder che colpì in pieno
cinque avversari e li fece svanire nel nulla. Sora, invece, era riuscito
già a distruggere la maggior parte di quel plotone di Heartless con
velocissimi fendenti del keyblade. Vedendosi, alla fine, in netta
inferiorità numerica, i pochi rimasti fuggirono, aprendo varchi oscuri a
mezz'aria. - Ehi, te la cavi bene ragazzo! Chi ti ha insegnato a
combattere così? - domandò avvicinandosi uno dei individui, che ad
osservarlo meglio, sembrava in tutto e per tutto una volpe. - Davvero?
Oh, beh, non ho fatto niente di straordinario... - replicò Sora, con le
mani dietro la testa e l'aria modesta. - Non vi ho mai visti da queste
parti, di dove siete? - chiese poi l'altro, un orso. - Noi veniamo
da... - inziò Sora, senza terminare la frase. Paperino, infatti, gli
tirò un calcio appena in tempo, mettendosi un dito davanti al becco e
ricordando così al compagno che per nulla al mondo avrebbe dovuto rivelare
che provenivano da un altro mondo. Avendo recepito il messaggio, il
ragazzo sorrise, nonostante il dolore causato dalla botta. - ... Un
villaggio. Sì, un villaggio da quella parte - indicando alle sue spalle,
con il pollice della mano. - Capisco. Beh, vi ringraziamo per l'aiuto,
gentili viandanti. Io mi chiamo Robin Hood - disse la volpe, avvicinandosi
a Sora e tendendogli la mano. Il giovane gliela strinse con un pò di
incertezza. - Lui invece è Little John - continuò, facendo cenno al suo
amico dietro di lui, che in tutta risposta alzò il cappello, in segno di
saluto. - Salve. Noi invece siamo Sora... - si presentò il
ragazzo. - ... Paperino... - indicando il papero. - ... E Pippo -
segnalandogli l'amico alla sua sinistra. - E' un vero piacere fare la
vostra conoscenza! Vi siamo debitori - disse Robin. - Senza il vostro
intervento l'avremmo vista brutta - - Figurati - scosse le mani Sora. -
A proposito, sapete mica indicarci una via veloce per uscire da questa
foresta? - - Uhm... La Foresta di Sherwood non è molto grande -
riflettè Little John. - Se volete vi possiamo accompagnare fino a
Nottingham, che ne dite? - - Ottima idea! - esclamò Paperino. -
Finalmente si mangia! - In seguito, dopo essersi preparati, tutti e
cinque si misero in marcia verso la cittadina, ignari di quello che
sarebbe accaduto qualche ora più tardi.
- Dobbiamo trovare il modo
per uscire da qui - disse Riku. Topolino sospirò, appoggiandosi la
testa fra le mani e rimanendo in silenzio. Erano entrambi seduti su
un'asse di legno, sospesa per aria e tenuta affissa ad una parete in
pietra da due robuste catene. Per terra c'era qualche mucchietto di
paglia, sparso qua e là, e di fronte a loro una fila di sbarre, tipiche di
una prigione. - Speriamo solo che Sora e gli altri siano riusciti a
proseguire. In fondo, sono loro che devono andare avanti - continuò
Riku. - Hai ragione. Comunque non possiamo starcene con le mani in mano
- disse il Re, scendendo e avvicinandosi alle sbarre, guardandoci
attraverso. Dopo pochi minuti, davanti a lui passò un drappello di
Heartless. Come forma era precisi identici a quelli che erano apparsi a
Radiant Garden assieme a Nathan, solo che questi portavano sulla schiena
un piccolo arco ed una faretra colma di frecce. Dietro di loro
camminava indisturbata una robusta figura, un lupo un po' troppo
ingrassato, armato di spada e con una stella dorata sul petto che portava
incisa la scritta "Sceriffo". Fischiettando, questi ghignò nel vedere
Topolino e continuò come se nulla fosse. - Fate come se foste a casa
vostra! Il principe Giovanni tiene molto ai suoi ospiti, ahahah! - disse
ridendo in maniera sguaiata. - Stupido grassone, aspetta che esca di
qui - borbottò Riku tra sé e sé. - Il fatto è, ragazzo mio, che non
uscirete da qui - intervenne qualcun'altro. Oltre le sbarre, apparve
una sorta di portale da cui traboccava oscurità di continuo. Un uomo
incappucciato e vestito di nero la attraversò, fermandosi a fissare il
Re. - Ah, Axander manda i primi che trova a fare il lavoro sporco -
disse ridacchiando, tornando però serio all'istante. - Patetico - - Ehi
tu! - urlò Topolino. - Si può sapere chi sei? - - Non ti riguarda chi
io sia, topo. Sappi solo che io non sono uno qualunque, bensì colui che è
riuscito a imprigionare due custodi del keyblade in un colpo solo... Da
qui non uscirete, dato che la cella permea del mio potere e quindi le
vostre Chiavi sono totalmente inutili... - Riku fece apparire la sua
arma e, come a voler verificare la veridicità di quella affermazione,
scagliò con forza il keyblade contro le sbarre in ferro. Queste non si
scheggiarono, né vibrarono di un solo millimetro. - Mi piacerebbe molto
stare qui a conversare con voi, ma impegni urgenti necessitano la mia
presenza. Addio - si congedò Albaran. - Aspetta! - tuonò Riku. Ma
era ormai troppo tardi, poichè il Generale dei Venti era nuovamente
sparito nel nulla.
Capitolo 17 *** Capitolo 16: La Foresta di Sherwood, parte 2° ***
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Capitolo 16: La Foresta di Sherwood, parte
2°
Sora si fermò per un attimo,
stiracchiandosi. Dietro di lui, Paperino e Pippo si guardavano attorno,
incuriositi dal posto in cui erano capitati. Nottingham sembrava un
posto tranquillo, poche e semplici case, una strada che attraversava in
lungo il paese, e un bel pò di alberi sparsi qua e là, prima di prendere
la strada principale per la foresta. Avevano sostato in quella che
pareva una piccola piazzetta poco frequentata. Al centro di essa sorgeva
una gogna, dall'aspetto piuttosto macabro. - Però... - mormorò Sora,
piuttosto inquieto. - Un paesino un po' povero... - - Dobbiamo andare
fino alla chiesetta, da quella parte - esordì Robin Hood, indicandogli una
strada che conduceva fuori dal villaggio. - Venite anche voi? - -
Certo, vi accompagnamo - rispose il ragazzo. Si rimisero così in
marcia, in direzione della chiesa. Paperino, però, giusto per dare
un'ultima occhiata, si avvicinò ad un albero particolarmente robusto, a
lato della piazzetta. - E io che credevo di riempirmi finalmente lo
stomaco - borbottò scocciato. Arrivato al grosso fusto, notò che sopra
vi era affisso una sorta di manifesto. Incuriosito, iniziò a
leggerlo. - Ricercato... Uhm.... QUACK! - esclamò, vedendo la foto del
tale che avevano appena aiutato. - Sora! - urlò il papero, correndo
verso l'amico. Tutti si arrestarono nuovamente, voltandosi verso
Paperino. - Che c'è? Come mai così di corsa? - domandò Sora. - Qualcosa
non va? - - Guarda! - disse Paperino, mostrandogli il manifesto. - E'
un bandito! Gli Heartless erano sicuramente suoi! Vuole imbrogliarci! -
ipotizzò. Sora rimase a fissare per un po' il pezzo di carta, girandosi
in seguito verso la volpe. - Come mai ti cercano? A me non sembri un
bandito - affermò sinceramente. - Per la legge del principe Giovanni
sì, invece - sospirò amareggiato Robin Hood. - Io e Little John siamo
ricercati perché cerchiamo di derubare i più ricchi, come il principe
Giovanni, che spillano troppi soldi dalle tasche dei più poveri. Sapete,
da quando è salito lui al trono al posto del fratello, si pagano sempre
più tasse e la popolazione di Nottingham è stremata - - Il fratello? -
domandò Pippo. - Sì, re Riccardo, il vero re - rispose Little John. -
Giovanni è solo un imbroglione e un ciarlatano - - Capite, adesso? -
continuò Robin Hood. - Noi cerchiamo solo di opporci a queste ingiutizie
e, ovviamente, il principe ha messo delle taglie su di noi - -
Accidenti, se è vero quello che dite... Perché no, potremmo darvi una mano
- propose Sora. - Ma... Ma Sora, ti sei già dimenticato la nostra
missione? - fece notare Paperino, allarmato dai propositi del
ragazzo. - Tranquillo, ce la faremo. Ne approfitteremo anche per fare
un po' di pulizia di Heartless, no? - - Yuk, mi hai convinto Sora! -
esclamò Pippo, dopo averci riflettuto, prestando poi attenzione al papero.
- Secondo me faresti bene a chiedere scusa a Robin Hood per quello che gli
hai detto - - E va bene... Scusatemi... - mugugnò il mago. - Non vi
preoccupate, nessun problema - disse il fuorilegge - Ma ora sarà meglio
sbrigarsi -
Dopo circa una decina di minuti, Sora e compagni
raggiunsero una chiesetta abbastanza trascurata, oltre la periferia di
Nottingham. - Fra' Tuck! - chiamò Robin, bussando alla porta con una
certa forza, in modo da farsi sentire. Lentamente, questa si aprì,
accompagnata da un un cingolìo piuttosto marcato. - Chi è... Uh? Robin
Hood! Che gioia rivederti! E anche tu, Little John! - esclamò il frate,
vedendo i due. Si scostò, poi, lievemente di lato, notando così anche
Sora, Paperino e Pippo. - E voi chi siete? - domandò ai tre. -
Questi sono nostri amici, non vi preoccupate. Ci hanno aiutato nella
foresta quando siamo stati assaliti da quelle creature nere.... Come si
chiamano... - spiegò l'orso. - Heartless - intervenne Sora. - Sì,
proprio quelli. A proposito, tenete frate - continuò Little John, porgendo
un sacchetto pieno di tintinnanti e luccicanti monete d'oro. - Voi saprete
senz'altro a chi donarli - - Ve ne sono grato. Questi serviranno ad
aiutare quella povera gente, giù a Nottingham. Ancora grazie - li
ringraziò fra' Tuck. - Purtroppo è sempre più difficile riuscire a
prendere qualcosa dalle casse reali dei convogli. Quegli... Ehm... - disse
Robin Hood. - Heartless - aggiunse Pippo. - Quegli Heartless sono
sempre in gran numero e sono molto forti. Non riusciamo a fare molto
- - Capisco - sospirò il vecchio. - Ora il principe Giovanni ha pure
riempito il castello di nuove guardie, mai viste prima. Ma entrate pure,
almeno potremo parlare in tranquillità - Al suo invito, i presenti
accettarono, entrando nell'edificio. All'interno della chiesetta,
raccontarono brevemente dello scontro avvenuto nella foresta. Al che, il
frate si meravigliò. - Siete stai molto coraggiosi! - si complimentò
con Sora, Paperino e Pippo. - Non è molto facile tenere a bada quei
cosi... Come si chiamano... - - Heartless - lo corresse Paperino. -
Sì, quelli. Sapete, adesso che ci penso, non siete i primi forestieri che
vengono a farci visita, ultimamente - Sora si destò improvvisamente, a
quelle parole. Forse sapeva a chi si stava riferendo il frate. - Dite
sul serio? Allora avete visto anche Riku e il Re? Cioè... Un ragazzo,
abbastanza alto, con i capelli argentati e... - - ... E un piccoletto
con due grosse orecchie rotonde? Sì - disse fra' Tuck. - Non molto tempo
fa, poco distante da qui, alla periferia del paese. Stavano combattendo
contro questi Heartless, ma erano decisamente troppi per loro. Inoltre,
uno strano tizio incappucciato li ha colpiti alle spalle e li ha portati
alle prigioni del castello - - Un tizio incappucciato? Che siano i tipi
di cui ci ha parlato Axander, la Legion Nera? - domandò Pippo, osservando
Sora. - Temo di sì... E ha fatto prigionieri Riku e il Re! Dobbiamo
assolutamente liberarli! - - Ragazzo, non essere troppo avventato -
intervenne Robin Hood. - Probabilmente ora saranno alle prigioni del
castello e, per il momento, non potete fare nulla per tirarli fuori di lì!
- - Non dubitiamo delle tue capacità, ma ci sono moltissimi Heartless
armati di arco e frecce. E' quasi impossibile avvicinarsi senza un
permesso del re o dello sceriffo - si intromise Little John. - Questa
non ci voleva... Maledizione! - imprecò Sora, innervosito. - Aspettate
un attimo - fece il frate. - Ho sentito che domani ci sarà un torneo
di tiro con l'arco. Un'ottima occasione per vedere il principe o lo
sceriffo e provare in qualche modo ad ottenere un permesso, cosa ne
pensate? - Tutti si zittirono, riflettendo sulla proposta. - Buona
idea, ma peccato che nessuno di noi sappia tirare con l'arco... - disse
Sora. - Sbagliato, io ci riesco e piuttosto bene - replicò Robin
Hood. - Ma così non rischieresti di farti scoprire? - gli fece notare
Paperino. - Uhm... Userò un travestimento. Vincendo, il principe
Giovanni mi concederà sicuramente il permesso di entrare nel castello,
anche solo per una volta, senza essere riconosciuto. Una volta
all'interno, vedrò cosa escogitare per farvi entrare. In fondo siamo in
debito con voi - propose a quel punto il fuorilegge. Sora e gli altri
lo ringraziarono e, dopo essersi accordati sull'ora e il luogo, per il
giorno dopo, uscirono, congedandosi da fra' Tuck e dirigendosi, sempre
assieme a Robin Hood e Little John, verso la foresta.
- Noto con
piacere che questo posto è sempre più affollato - ironizzò Grelwan,
avvicinandosi al trono di Ilfrien. - Nathan è alla Fortezza Oscura.
Vuole vedersela lui stesso con Axander e ne approfitta per gettare nel
caos quel mondo. Albaran, invece, si è già messo in viaggio per completare
la sua opera - Grelwan, intanto, si sedette sul suo seggio,
stravaccandosi, e mettendo le due mani dietro alla testa. - Sei
piuttosto schietto oggi. Completare l'opera... - ripetè tra sé e sé. -
Dice che non bastano gli Heartless che ha trovato, ne vuole di più - disse
Ilfrien, con tono annoiato. - Di più? Ne avremo qualche migliaio a
nostra completa disposizione, non ne servono di più! - - Lui è convinto
di sì. E di lui mi fido ciecamente - ribatté il Signore delle Tempeste,
scrutando il fratello dall'alto. Grelwan scosse le spalle. - Per
quanto riguarda quell'altro? Che fine ha fatto, il Nessuno? - si
informò. - Einar ha carta bianca. Può fare tutti ciò che ritiene più
opportuno... - - Ti fidi ciecamente anche di lui? Capisco di tuo
fratello, ma lui è uno sconosciuto! - - Questo sconosciuto ci ha
procurato una delle ragazze e ci ha dato le coordinate per trovare
l'altra. Fidati, starà dalla nostra parte. Come ho già detto a lui più di
una volta, ha solo da guadagnarci in tutto questo - - Da guadagnarci? E
che cosa se mi è lecito saperlo? - domandò Grelwan. - Una vera
esistenza - rispose Ilfrien, sempre più serafico. - Aaaaah... -
bonfonchiò lo Stregone. - E se, contrariamente a quanto pensi, ci tradirà?
- - Otterrà qualcos'altro... La morte -
Sarei anche molto grato ai lettori se
inserissero una recensione dopo ogni lettura, dato che mi risulterebbe
alquanto utile, oltre che piacevole ^_^
Capitolo 18 *** Capitolo 17: La Foresta di Sherwood, parte 3° ***
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Capitolo 17: La Foresta di Sherwood, parte
3°
Sora, Paperino e Pippo se ne
stavano tranquillamente in piedi a parlare, vicino ad una grande tenda a
strisce bianche e blu. - Sembra una fiera... Chissà se c'è qualche
giostra - si chiese Sora pensieroso. - Ma quali giostre! - ribatté
Paperino, sbuffando. Stava iniziando a stufarsi. - Ma quando arrivano quei
due? - continuò, guardandosi freneticamente attorno, in attesa dell'arrivo
di Little John e Robin Hood. Pippo, nel frattempo, non prestava
attenzione a quello che dicevano i due. - Uhm... Avete già qualche idea
su dove si possa trovare la serratura? - domandò. - Per quel che ne
sappiamo potrebbe essere ovunque - gli rispose Sora. - E il keyblade?
Non dà nessun segno di vita? Magari ci può essere di aiuto - - Ci ho
pensato anche io, ma come vedi, finora non è successo granchè. Aspettiamo
a vediamo - concluse il ragazzo. Nel mentre, un bizzaro tizio con un
largo cappello ed un lungo becco, si era avvicinato ai tre, fermandosi a
pochi passi da loro. Aveva delle lunghe e sottili gambe ed era armato di
arco e faretra, entrambi piuttosto malridotti. - Salve, amici - esordì
lo sconosciuto. Sora si voltò, fissandolo con aria stranita. -
Ehm... Ci conosciamo? - - Certo, sono io, Robin Hood - Tutti e tre
lo fissarono stupiti. - Non c'è che dire, un ottimo travestimento - si
complimentò Sora, squadrando l'alta figura da capo a piedi. - Ma l'arco
lascia un po' a desiderare - aggiunse Paperino. - Fa tutto parte del
travestimento, non vi preoccupate. Se sono riuscito a beffare voi,
figuratevi come ci cascheranno gli altri - All'improvviso, udirono uno
squillo di trombe in lontananza che avvertiva dell'inizio della gara.
Quasi tutti i concorrenti erano già ai loro posti e altri si stavano
ancora sistemando. - Meglio che vada! Ci vediamo dopo, ragazzi - si
congedò Robin Hood, allontanandosi con lungi passi. - Beh, che
facciamo, andiamo a vedere anche noi? - propose Sora. - Sarebbe meglio
di no. Essendo nuovi di queste parti, il principe Giovanni potrebbe
scambiarci per amici del Re e Riku, e ci catturerebbe all'istante - disse
Pippo. - Ma, Pippo, noi siamo amici del Re e di Riku - gli fece
notare il mago. L'altro rimase in silenzio per un pò, pensandoci
su. - Ovvio, ma resta il fatto che ci catturerebbe - replicò il
cavaliere. Stavolta fu Paperino a rimanere un pò perplesso, scuotendo
infine le spalle. - In effetti, meglio stare in disparte. Agiremo solo
se appariranno degli Heartless - concluse l'eroe del keyblade. I
compagni erano d'accordo e decisero di allontanarsi tutt'e tre assieme,
inoltrandosi tra le tende e facendo ben attenzione a non farsi notare da
occhi indiscreti. Girovando qua e là senza una meta ben precisa, passò
quasi una mezz'ora. Sora, Paperino e Pippo continuavano a passeggiare per
le tende, i sensi ben allerta nel caso venissero scoperti. - Chissà
come se la sta cavando Robin Hood... - pensò Sora. Arrivati ai margini
del campo, si arrestarono vicino ad una tenda, questa volta con righe
bianche e rosse, molto più estesa ed alta. Davanti a loro, distanti
qualche metro, due individui: uno era Robin Hood, abilmente travestito da
quella che sembrava una... Cicogna; mentre l'altro era un grosso tizio, un
gradasso che si pavoneggiava un po' troppo per la sua immeritata abilità
di arciere. - Deve essere la finale - ipotizzò Pippo. - Mi chiedo chi
sia quell'altro - Lo sconosciuto scoccò un dardo che colpì in pieno il
bersaglio, molto più avanti. Dopo qualche istante, Robin Hood incoccò a
sua volta una freccia, prendendo per bene la mira e lasciando partire il
colpo. Con una traiettora piuttosto incerta, la freccia andò esattamente a
tagliare a metà quella precedentemente lanciata dall'avversario,
conficcandosi così al centro del bersaglio di paglia. La folla esultò
nel vedere l'ottima prestazione del contendente, il quale alzò le braccia
in alto, salutando la folla. L'altro finalista, lo sceriffo, era invece
alquanto irritato e a stento riusciva a trattenersi dallo scoppiare per la
rabbia. Anche Sora, Paperino e Pippo gioirono nel vedere che il loro
amico aveva vinto la gara: questo voleva dire che ben presto sarebbero
giunti in soccorso del Re e di Riku. - Sì! Bel colpo! - esclamò
Sora. - E' fatta, riusciremo ad avere il permesso del principe! -
starnazzò Paperino. - Bravo Robin Hood! - urlò Pippo, portandosi le
mani alla bocca. Gli altri due gli saltarono immediatamente addosso,
per evitare che il concorrente venisse smascherato da quelle urla
compromettenti. - Shhhhhh! - fecero in coro Sora e Paperino, con
l'indice davanti alle labbra e al becco. Pippo annuì, ma oramai il
danno era fatto. Nessuno li aveva notati, tranne un tizio alle loro
spalle: un serpente, con uno strano cappello in testa ed una
mantellina. - Oh, e così quello è il famigerato Robin Hood - sibilò,
allontanandosi il più in fretta possibile. - Appena il principe Giovanni
lo scoprirà... Ihihihih! - I tre si rialzarono, ritornando a guardare.
Ora, i due finalisti si erano avvicinati ad un piccolo spalto, a destra
del campo, dal quale assisteva il re impostore. - Deve essere la
premiazione - ipotizzò giustamente Paperino. Ad un certo punto,
sentirono dei fruscii alle loro spalle. Si voltarono. Dal nulla erano
comparsi tanti Heartless, armati di arco e frecce, che stavano tenendo
sotto mira i tre viaggiatori di mondi. Dietro alle creature, un'oscura
figura si faceva largo, con passo lento. - Guarda, guarda... Il
guerriero del keyblade e i suoi seguaci - ghignò con tono divertito. -
Sapevo che prima o poi avrei dovuto fare la vostra conoscenza - Sora e
gli altri lo fissarono con astio, pronti ad armarsi e decisi a partire
all'attacco qualora l'incappucciato gliene avesse dato motivo. - Tu! -
sbottò Sora, riconoscendo il nemico. - Tu sei quello che era a Radiant
Garden! - L'uomo rise, incrociando le braccia. - Sei sveglio,
ragazzino - affermò. Con entrambe le mani afferrò il margine del
cappuccio e se lo adagiò sulle spalle, mostrando le sue fattezze. Aveva
capelli bianchi, non molto lunghi e piuttosto dritti e pettinati
all'indietro. Gli occhi erano azzurri, gelidi come quelli dei suoi
fratelli. Così Albaran, detto anche il Generale dei Venti, Secondo
membro della Legione Nera, si presentò a Sora. Con ogni probabilità, in
quegli istanti, il ragazzo si stava trovando davanti uno degli avversari
più spietati e pericolosi che avessero mai incrociato il suo
cammino. Il ragazzo estrasse immediatamente il suo fedele keyblade,
mettendosi in guardia, nonostante fosse ormai circondato, spalla a spalla
con Paperino e Pippo, anch'essi pronti all'azione. Albaran posò lo
sguardo sulle Chiave, osservandola interessato; nei suoi occhi brillava
una strana e vispa luce. - Quell'oggetto - mormorò. - Il keyblade... -
continuò a bassa voce, sussurrando parole incomprensibili. - Cosa? -
domandò Sora. Albaran ignorò volutamente il giovane e tese il braccio
destro verso di lui, indicando il trio. - Attaccateli - ordinò in
seguito, rivolto agli Heartless. Gli esseri oscuri scagliarono le loro
frecce. Fu un attimo. Sora aveva chiuso gli occhi, pronto a subire la
pioggia di dardi, ma, quando li riaprì, vide che non c'erano più Heartless
attorno a lui. - Che fine hanno fatto? - Albaran si era allontanato,
ma se ne stava sempre lì ad osservarli. Senza aggiungere altro, questi
schioccò le dita, scomparendo in un alone di oscurità. I tre amici,
perplessi, si guardarono attorno, ma non videro nessuno. Che cosa era
successo? - Sora! - esclamò all'improvviso Pippo. - Guarda là!
- Poco distante da loro, lo sceriffo ed altri Heartless avevano
circondato Robin Hood, preparandosi ad attaccarlo. Intanto, però, un
altro plotone di quelle creature armate di arco e frecce., giungendo da
sinistra, era partito alla carica del Custode del keyblade. - Arrivano
da tutte le direzioni, che facciamo? - chiese Sora. Accanto a loro
sfrecciò una sagoma, dirigendosi contro i nemici che si stavano
avvicinando. - Sora, va! Qua ci penso io! - ordinò il nuovo
giunto. Impossibile non riconoscerlo dalla voce, dalla statura e dalle
inconfondibili orecchie: era Topolino. - Il Re! - esclamò
Paperino. - Vostra Maestà! - fece coro Pippo. I due inseguirono
quindi il Re, attaccando gli Heartless in avvicinamento. Sora, ormai
solo, si voltò verso l'amico in difficoltà. Tuttavia, restò sorpreso nel
vedere che era già intervenuto qualcun'altro. - Riku - disse vedendo il
ragazzo intento a fronteggiare gli Heartless assieme a Robin Hood. - Lui e
il Re non erano stati imprigionati? - si chiese. Ma non gli importava,
e si diresse a tutta velocità ad aiutarlo.
- Sora - esclamò Robin
Hood, vedendo arrivare il Custode. - Giusto in tempo - Mentre correva
incontro ai due, l'eroe del keyblade colpì qualche Heartless, levandoseli
di torno con veloci e micidiali colpi. - Vedo che sei sempre in mezzo
ai piedi - commentò Riku, troppo intento a combattere per dare il
benvenuto all'amico. Sora ridacchiò; nonostante i modi freddi di Riku,
a cui era abituato, era più che felice di rivederlo. Intanto, Robin
Hood continuava a bersagliare con le sue frecce gli ignari Heartless che
lentamente si stavano riducendo di numero. - Come avete fatto ad...
Evadere? - chiese Sora. - Sai com'è. Quando ti accorgi di avere un
keyblade tra le mani, le sbarre non servono più a nulla - gli rispose
Riku. - Quel tale che ci ha imprigionati pensava di fermarci rendendo la
cella indistruttibile. Peccato che non aveva pensato alla serratura della
porta - L'ultimo di quegli esseri oscuri scomparve. Sora, Riku e Robin
si riunirono. - Il principe Giovanni se l'è data a gambe, assieme ai
suoi due aiutanti... Lo sceriffo e quel serpentaccio! - spiegò il
fuorilegge. - Sai mica dove può essere andato? - domandò Sora. - Al
castello - rispose Riku. - Vi faccio strada io, seguitemi - fece cenno ai
compagni, prendendo la strada che conduceva alla cittadina di Nottingham e
alla roccaforte del principe.
Capitolo 19 *** Capitolo 18: La Foresta di Sherwood, parte 4° ***
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Capitolo 18: La Foresta di Sherwood, parte
4°
- Ecco il cancello - Davanti a Sora,
Robin Hood e Riku si stagliava un'imponente fortezza dalle alte mura in
resistente pietra. Lungo tutta la cinta muraria vi era un profondo fossato
colmo d'acqua e l'accesso era consentito solo da un ponte levatoio in
legno che conduceva giusto davanti alle grate in ferro del
cancello. Questo, però, lentamente si stava chiudendo. - Più veloci!
- esclamò Sora accelerando nella corsa. Non fecero in tempo e un forte
boato metallico li avvertì che il passaggio stava per essere
bloccato. Si fermarono tutti e tre davanti al cancello, cercando di
dare un'occhiata all'interno. - Sembra deserto - commentò Robin
Hood. - Attento! - disse Riku spingendolo via, prima che una dozzina di
frecce gli piombassero addosso, scagliate da degli Heartless posti sopra
le mura interne. - Non riusciremo mai ad entrare - sospirò
Sora. Dopo qualche secondo, sentì alcuni sassolini cadergli in testa.
Alzò quindi lo sguardo, notando che sulle mura c'erano Pippo, Paperino, il
Re e Little John. - Adesso vi facciamo entrare - li rassicurò Pippo,
calando una corda dall'alto. I tre rimasti davanti al cancello
restarono in attesa per qualche istante, per poi accorgersi che le robuste
sbarre in ferro stavano lentamente salendo. Senza aspettare alcun invito,
entrarono frettolosamente. Una volta all'interno della robusta
roccaforte, videro che tutto sembrava nuovamente deserto. - Che
strano... - mormorò Sora. - E' come se gli Heartless fossero spariti in
pochi secondi - Stava per fare un passo in avanti, ma il piede non fece
in tempo a toccare il suolo che una potentissima raffica di vento lo
investì in pieno, e con lui anche Riku e Robin Hood. Dovettero attendere
qualche attimo prima di vedere tre loschi individui, ovvero il principe
Giovanni, lo sceriffo e sir Biss, correre all'impazzata fuori da un
portone e uscire come razzi dall'entrata sul ponte levatoio. Sora li
osservò inarcando un sopracciglio. - E quelli? - - Io non mi
preoccuperei di loro. Guarda lassù! - gli fece notare Riku. Volsero
quindi lo sguardo verso il tetto del corpo centrale dell'edificio. Sulla
cima vi era una sorta di grosso buco nero, dal quale continuava a sgorgare
oscurità; esso restava sospeso per aria, come se il cielo fosse stato
bucato e, dal tetto del castello, si potevano notare molti Heartless che
saltavano all'interno del portale. All'improvviso, esso si chiuse e
l'oscurità che aleggiava nell'aria si dissolse rapidamente. - Sono
fuggiti? - domandò Robin Hood. Passò poco più di un secondo che il
castello cominciò a sgretolarsi, come se fosse fatto di sabbia. Le torri
crollarono su loro stesse, abbattendosi al suolo con un baccano infernale;
si alzò un gran polverone a causa di tutti i detriti piombati a terra. Una
seconda raffica di vento spazzò via la nube, lasciando scoperte le
macerie. Sora corse verso i resti del castello, arrestandosi tutt'a un
tratto. Sopra la sua testa galleggiava qualcosa di nero, un'ombra. Un
enorme Heartless a forma di aquila se ne stava sospeso sopra le teste dei
tre amici. L'oscuro volatile aveva dei grandi occhi gialli, fissi verso
i malcapitati, e le sue ali erano ricoperte di piume nero pece. Il becco e
gli artigli erano molto affilati ed appuntiti. Con possenti battiti d'ali
restava al centro della piazza che si era appena formata per la caduta
dell'edificio. Tuttavia le mura esterne non avevano subito alcun danno,
formando così un recinto dal quale non si poteva fuggire. Sulla testa
del rapace c'era un uomo vestito di nero. Era Albaran. Con le braccia
incrociate, se ne stava tranquillamente lì, ad osservare il lavoretto che
aveva appena compiuto. - Ancora tu? - urlò Sora. Albaran scomparve,
per apparire a terra davanti al ragazzo. - Ma si può sapere cosa
volete? Perchè avete cominciato ad andare in giro a seminare il caos per i
mondi? - gli chiese Sora, impugnando il keyblade. - Credevo che il
vostro caro amico Axander ve lo avesse già spiegato... A quanto pare ero
in errore - Nel mentre, Riku e Robin Hood si erano avvicinati,
posizionandosi alle spalle di Sora. - Vogliamo semplicemente prendere
il controllo di tutto ciò che esiste, di tutto ciò che ci spetta -
ghignò. - E pensate di riuscirci? Ma per favore... Siete senza speranza
- commentò Sora. Albaran alzò d'impulso una mano. Una potente folata di
vento scagliò Sora, Riku e Robin Hood lontano di qualche metro, a
terra. - Voi siete senza speranza. Opporci resistenza è la vera follia.
Soprattutto ora, che riusciremo a prendere il controllo di Kingdom Hearts
- - Kingdom... Hearts? - chiese sbigottito Sora, rialzandosi. -
Esattamente. Grazie ad esso, otterremo un potere illimitato, una forza
immensa. Solo allora nessuno potrà più fermarci - Sora si mise a ridere
a quelle parole, che aveva già sentito una volta. - Che hai da ridere,
Custode? - chiese Albaran, seccato dal comportamento del giovane. - Ti
rende felice sapere che presto precipiterete tutti nell'oscurità più
profonda? - - Evidentemente non hai capito bene, perché sennò non
lasceresti fuggire gli Heartless, anzi, me li scaglieresti addosso - -
Tu credi? Noi non siamo l'Organizzazione - ribatté l'uomo. - Ma se ne sei
proprio convinto... A me gli Heartless servono solo per dare il colpo di
grazia all'ultimo ostacolo che ci troveremo di fronte. So a cosa ti
riferisci, ma noi abbiamo trovato un "metodo alternativo" per aprire
Kingdom Hearts, al posto di mandarti contro gli Heartless affinché
liberino i loro cuori. Li troviamo molto più utili da vivi, se così si può
definirli - - Un... Metodo alternativo? Di cosa stai parlando? - chiese
Sora. - Come potrete aprire Kingdom Hearts senza il necessario
quantitativo di cuori? - Albaran si limitò a ridere, alzando le braccia
al cielo, verso l'Heartless a forma d'aquila. - Guerriero del keyblade,
permettimi di testare il tuo potere! - urlò infine, svanendo nell'oscurità
che lo avvolse. L'aquila scese in picchiata verso Sora che prontamente
alzò il keyblade, colpendo il becco del nemico, il quale, velocemente,
riprese quota. Ora l'Heartless volava circoscrivendo l'area dove si
trovavano Sora, Riku e Robin Hood. Quest'ultimo, prendendo la mira sul
volatile, gli scagliò addosso una delle sue frecce che colpì in pieno
un'ala. Ma il nemico non sembrava risentirne particolarmente. Partì,
dunque, di nuovo all'attacco. Questa volta, Sora riuscì a colpirlo solo
una volta in più, ma sembrava tutto inutile. - Che cosa possiamo fare?
Continua a volare e sembra instancabile - osservò l'arciere. Stavolta
anche Sora prese la mira e, assieme ad un altro dardo di Robin Hood,
lanciò anche il suo keyblade che prese in pieno il petto dell'aquila, la
quale emise un verso stridulo. - Forse ci siamo. Tutti sulle mura e
colpiamolo dalla sua stessa altezza! - esclamò Riku. Gli altri due
annuirono e salirono in fretta e furia sulle mura, posizionandosi ciascuno
su un tratto differente. L'Heartless continuò a prendere di mira
soltanto Sora, che fu costretto a schivare un paio di discese
dell'uccello. Ritornato al centro dell'"arena", tutti ne
approfittarono. - Ora! Lanciamo! - comandò Sora. Ecco, allora, che i
due keyblade e una freccia andarono a colpire nello stesso istante
l'Heartless, ferendolo gravemente. Emettendo un altro dei suoi stridii, la
creatura si agitò, restando sospesa per aria. A quel punto, con un balzo
sorprendente, Sora, che aveva già ripreso il keyblade, riuscì ad
arrivargli vicino quel tanto che bastava per colpirlo con delle combo
aeree. Attraverso un potentissimo colpo di grazia, agganciò la testa del
volatile, che finì velocemente a terra con un tonfo, prima di dissolversi
in un alone tenebroso. Dal polverone appena alzato, si vide un cuore dalle
notevoli dimensioni fluttuare per aria, scomparendo alla vista dei
presenti. Riku e Robin Hood scesero dalle mura, avvicinandosi al centro
del vasto spiazzo dove prima sorgeva il castello. - Chissà che cosa
avrà voluto dire - fece Sora, ripensando alle parole di Albaran. - Non
farci caso. Voleva solo confonderti le idee - rispose Riku. - Quel tipo
stava certamente bluffando. Oppure è un idiota totale, dato che non sa
alcune cose basilari - L'amico scosse il capo. - E invece io... Io
ho paura che possano fare qualcosa a Kairi... Che c'entri qualcosa con i
loro piani - Ci fu un attimo di silenzio. - Fatti forza, Sora. Ora
andiamo a cercare il Re e gli altri. Saranno stati sbalzati via da quelle
forti raffiche - disse Riku. Riprendendosi, Sora annuì e il trio uscì
dalla cinta muraria, attraversando il ponte levatoio e dirigendosi verso
la cittadina di Nottingham. Sul bordo delle mura, però, sedeva
qualcuno, che fissava con molta attenzione Sora e Riku. Una volta persi di
vista, si alzò. Un varco oscuro si aprì alle sue spalle, permettendo al
tale di andarsene, senza lasciare traccia.
Tranquillamente
stravaccato sul suo seggio, Grelwan stava addentando un panino che
sorreggeva davanti alla bocca con entrambe le mani. - Che... Gnam....
Barba - bofonchiò con la bocca piena. - Tutti in giro a divertirsi tranne
me - Apparve, a quel punto, una figura nera su uno dei troni. Per la
precisione, su quello di roccia. - Ohilà Nathan, come va? - chiese
Grelwan, asciugandosi le mani e poggiando il panino sul tavolo. L'altro
lo fissò con disappunto. - Ti sembra il momento di mangiare, questo?
Già non fai nulla tutto il giorno e in più ti ingozzi come un morto di
fame - - Se, se... Capisco che nessuno oserebbe mai pensare che
qualcuno come me mangi un panino in situazioni simili. Ma la fame,
fratello mio, non la si comanda - Nathan si battè una mano sul volto,
scuotendo il capo. - Dove sono gli altri? - domandò poi. - Uhm...
Albaran sarà ancora a spasso... Ilfrien, invece, ha detto che voleva fare
una cosuccia che desiderava attuare da molto tempo - rispose lo
Stregone. - Capito. Per quanto riguarda quell'altro? - - Intendi
Einar? Sono qui giusto per tenerlo d'occhio. Ogni tanto va a fare visita
alle due mocciosette, ma poi sparisce nel nulla senza dire una parola...
- - Stai attento, non mi fido di lui - disse Nathan. - Per me, sta
tramando qualcosa alle nostre spalle. Stiamo in guardia, non si sa mai.
Non è detto che se Ilfrien veda andare tutto secondo i suoi piani, sia lo
stesso per noi - Nella sala tornò il silenzio, interrotto soltanto dai
movimenti di Grelwan, ancora intento a mangiare. Nathan si rivolse
nuovamente al fratello, con aria pensosa. - Comunque cosa dovrebbe fare
Ilfrien di così importante? - - Sai com'è, gli prudevano le mani.
Desiderava ardentemente di incontrare il Custode della Chiave... Quel Sora
-
- Ci siamo - Sora puntò il keyblade
verso l'albero situato al centro della piazzetta di Nottingham e una
strana luce fuoriuscì dalla punta dell'arma, andando a colpire in pieno
l'albero che, all'ultimo, rivelò la presenza della famigerata serratura.
Il raggio la centrò in pieno, attraversandola, e in pochi secondi tutto
terminò; la serratura scomparve rapidamente. - Finalmente ci siamo
riusciti! - esclamò Paperino. - E il passaggio non dovrebbe comparire
ora? - domandò Pippo. Non ebbe il tempo di potersi osserva attorno che
accanto all'albero si formò una porta, accompagnata da un potente fascio
di luce. Questa si aprì, spalancandosi completamente. - E' tempo di
andare - disse il Re. - Arrivederci amici! Ci piacerebbe molto restare
qui un po' di più, ma dobbiamo proprio partire - spiegò Sora, rivolto a
Robin Hood e Little John. - Normalmente, in altre circostanze, ci saremmo
fermati di più, ma questa volta la situazione è diversa - Nella
piazzetta vi erano anche Fra' Tuck e il vero re, Riccardo, appena tornato
dalla sua crociata; e poco dietro al fuorilegge, c'era la sua amata,
Marion. Invece, poco più là, in un cava di pietra all'aperto, c'erano
il principe Giovanni, lo sceriffo e sir Biss intenti nei loro nuovi
lavoretti forzati. - Buon viaggio e grazie per ciò che avete fatto - li
ringraziò re Riccardo. Si salutarono quindi tutti quanti e, dopo gli
addii, Sora, Paperino, Pippo, Topolino e Riku oltrepassarono la
porta. Furono subito investiti da un venticello freddo e pungente e
poi... Il nulla.
Impassibile, con lo sguardo rivolto verso l'alto,
Ilfrien osservava il grosso portone oramai bloccato della fortezza. Il
ragazzo teneva le braccia conserte e, di tanto in tanto, si spingeva sul
naso i piccoli occhialini neri che portava. Era stranamente turbato, ma il
respiro era regolare e non dava a vedere quello che stava provando. Rimase
lì per qualche minuto. Alle sue spalle, un'enorme voragine e una torre
inclinata e diroccata che spuntava dal baratro, da cui proveniva una
strana forza, un'energia oscura. Ilfrien inclinò lievemente il capo
verso destra e con un fluido gesto della mano, si scostò la coda di
cavallo dalla spalla, gettandola dietro la schiena. Tutt'a un tratto si
voltò, lasciando cadere le braccia lungo i fianchi e fissando la via
principale dalla quale proveniva un sinistro rumore. Un rumore di passi,
cadenzati e minacciosamente lenti. Ma vi era qualcosa di strano in quel
ritmo, come se fosse scandito una terza gamba. Pian piano, da dietro
l'angolo, finalmente apparve una figura. Da lontano, Ilfrien lo fissò,
aggiustandosi per l'ennesima volta gli occhiali, ormai tick abituale.
Sospirò, per poi prendere fiato. - Guarda dove siamo dovuti arrivare -
disse semplicemente. Una piccola sagoma, ricurva sul proprio bastone,
completamente avvolta da un mantello nero come la pece, si bloccò. Il
volto del tale non risultava pienamente visibile, tranne che per due
spettrali occhi ambrati. Il vecchio alzò il bastone e lo indirizzò
contro Ilfrien. Si poteva vedere chiaramente che sulla punta dell'appoggio
vi era un simbolo, il simbolo dell'Organizzazione XIII. Tuttavia, a
quel gesto di sfida, il potente Signore delle Tempeste non si scompose più
di tanto, quasi non gli importasse nulla dell'arroganza di quello sciocco
sprovveduto. - Risparmiati la sceneggiata - sorrise. - Piuttosto dimmi
che ci fai conciato così... E poi rivelami tutto quello che sai a
proposito di Xemnas e dei suoi progetti segreti. Tu devi sicuramente
saperne qualcosa. Tu sai tutto, d'altronde... - Nella sua voce nulla
che lasciasse intendere rabbia o rancore, solo impazienza. - Perché? -
chiese il vecchio. - Non ti soddisfa ciò che hai già? Non ti soddisfa
l'essere ritornato, nonostante nessuno nell'universo vi volesse più
vedere? Io so che cosa vuoi, ma da me non avrai alcuna risposta. Non
finché non deciderai di cambiare atteggiamento - Ilfrien ghignò in modo
beffardo. - Vedo che non stai tanto a cincischiare. Vuoi passare subito
ai fatti - disse allargando le braccia e cominciando ad avvicinarsi
all'uomo. - Come vuoi tu - Si fermò, sospirando nuovamente. Alzò il
braccio destro verso l'alto, serrando il pugno e alzando l'indice e il
medio, tenendoli uniti. Sopra la sua testa, a migliaia di metri da terra,
enormi nubi si stavamo ammassando, segnalando l'arrivo di una tempesta. Il
cielo, già scuro per la perenne oscurità, si rabbuiò ulteriormente. -
Sappi solo che io non cambierò. La mia strada l'ho scelta e la percorrerò
tutta - Ilfrien sussurrò arcane parole in antiche lingue ormai perdute
da ere. Si udirono dei tuoni farsi sempre più vicini ed iniziarono ad
abbattersi dei fulmini sulle case e sul terreno circostante. - E' la
tua ultima possibilità - urlò, ancora con il braccio alzato. - Parla.
Dimmi se i progetti dell'Organizzazione erano veri - Ma il vecchio
rimase in silenzio. Sembrava una statua. Ilfrien rise, a quel punto. Non
riusciva a trattenersi per la pateticità del suo avversario. - Vuoi
sfidarmi, eh? - All'improvviso, un fulmine si abbattè sul ragazzo con
tale potenza da creare un'onda d'urto che scheggiò i palazzi del
quartiere. Il soprabito nero cominciò ad ondeggiare come smosso da un
forte vento. Il braccio di Ilfrien si abbassò velocemente, verso il
vecchio. Una serie di scariche elettriche attraversarono l'arto in tutta
la sua lunghezza, dalla spalla alla punta delle dita, ed andarono a
colpire la debole figura, scagliandola parecchi metri più indietro. -
Sei patetico - commentò Ilfrien, avvicinandosi all'altro. - Le tue forze
ti stanno abbandonando. Tu hai paura di andartene per sempre, nevvero? Io
lo sento... - L'altro si rialzò di scattò, con un colpo di reni.
Nonostante l'aspetto, pareva ancora in perfetta forma. - Illuso -
mormorò. - Con chi credi di parlare? Con uno qualsiasi? Sai bene che tu
non puoi nulla contro di me. Ma proprio nulla - - Oh, ma davvero? -
ribattè sorridendo Ilfrien. - Eppure lo sai anche tu che, ora come ora, io
sarei capace di distruggerti con una mano sola. Dandomi una risposta, io
potrei invece concederti la grazia. Perché ti ostini a resistere? Sei
solo, privo di ogni tuo reale potere. Che scopo hai, eh? - L'anziana
figura rimase a fissare Ilfrien per interi, lenti e pesanti secondi. -
Tu non mi ingannerai tanto facilmente, Ilfrien - pronunciò. - Vantati pure
con sciocche vittorie, che non hanno nessun senso. Neanche a me importa
molto di perdere contro uno come te. Tanto lo sai che io tornerò, sempre
- Dopodiché, strinse il bianco bastone che teneva in mano e lo lanciò
in aria, prendendolo al volo, a mò di lancia, e puntandolo contro
l'avversario. Infine, scagliò l'arma. Ilfrien si scostò appena di lato,
giusto per far passare il bastone di striscio, a qualche centimetro dal
volto. Nel mentre, il vecchio aveva già estratto due spade, richiamandole
con un incantesimo, e si gettò in un avventatissimo attacco senza
esitazione alcuna. - Così non ti importerebbe se ti sconfiggessi ora,
eh? Allora perché ti dai tanta pena? - gridò Ilfrien, innervosito. -
Perché tentar non costa nulla. Con queste sembianze, non ho possibilità,
ma voglio ugualmente provare a fermarti! - L'anziano guerriero calò le
due spade dall'alto cercando di colpire il ragazzo, ma a questi bastò
alzare un braccio per bloccare la discesa delle due lame. Non si ferì, non
sentì dolore. - Non ce la farai! - Mentre con l'avambraccio sinistro
teneva impegnato il doppio fendente, la mano libera saettò verso il fianco
del vegliardo, colpendolo e buttandolo a terra lateralmente. Il vecchio si
appoggiò a fatica sui palmi delle mani, sorreggendosi a malapena, con lo
sguardo rivolto verso il terreno. Respirava a fatica. - Le due
fanciulle... E' vero? - domandò Ilfrien, in piedi a lato del moribondo. -
E' vero il potere che nascondono nei loro cuori? Il potere di risvegliare
il Kingdom Hearts più potente mai esistito - Lo sconfitto si limitò a
ridere, voltando lentamente il capo verso il nemico. Scosse la testa,
senza interrompere la risata. Ilfrien sorrise di rimando, quasi
compassionevole della sorte che sarebbe toccata a quell'uomo. Alzò il
braccio destro, sopra la testa. - Se non vuoi parlare e non ti importa
di essere sconfitto, va bene. Rispetto ciò che fai e dici - proferì. - La
tua fine è finalmente giunta - E detto ciò, calò un'enorme arma appena
parsa tra le dita della sua mano sull'inerme guerriero, il quale, ormai
disteso a terra, venne travolto in pieno e cominciò a dissolversi fino a
sparire completamente. L'arma di Ilfrien scomparve quando tutto
terminò. Alle sue spalle, si aprì un passaggio oscuro dal quale uscì
Einar. Il Nessuno avanzò sino a giungere a pochi metri dal Signore delle
Tempeste, Primo della Legione Nera. - Lo hai sistemato, allora - esordì
serafico. - In fondo, in fondo, mi dispiace un pochettino - Ilfrien si
voltò, fissando Einar con occhi di ghiaccio. - Non provare pena per
lui. Considera il mio gesto, più che altro, un ringraziamento per ciò che
hai fatto per me fino ad ora. Le mie intuizioni erano comunque esatte. Le
due ragazze nascondono davvero la chiave per il potere - Einar
annuì. - Anche se però avrei preferito pensarci io ad eliminare quel
tale... - - Rilassati. Ora finalmente è sistemato, esattamente come
bramavi - affermò Ilfrien. - Io, però, devo continuare una cosuccia. Farò
in fretta - Questo, arrivato davanti ad un muro, lo toccò, aprendo così
un portale e oltrepassandolo velocemente. Einar rimase pensieroso per
qualche secondo. Si decise, infine, e se ne andò a sua volta, scomparendo
da ciò che restava del Mondo che non Esiste.
- Ma tra tutti i mondi
in cui potevamo finire, proprio nell'Oltretomba dovevamo capitare? -
domandò Paperino, abbastanza su di giri. - Beh, non è poi tanto male,
magari riusciamo ad incontrare Hercules o Fil... - cercò di sdrammatizzare
Pippo. - Ehi, aspettate un momento... Dov'è Sora? - chiese Riku,
guardandosi attorno. I quattro viaggiatori erano finiti
nell'Oltretomba, poco distanti dalla scalinata che conduceva al Monte
Olimpo, perennemente illuminata da una luce celestiale. - Sora! Sora! -
urlarono il Re e Pippo. - Soraaaaaaaaaaaaaaaa! - si sgolò Paperino,
correndo di qua e di là. Nel frattempo, Riku si era fermato a guardare
due figure in lontananza, che stavano discutendo animatamente. -
Ragazzi, forse loro lo hanno in visto. In fondo non può essere andato
molto lontano... - suggerì. - Chiediamo informazioni a quei due
-
Sora si rialzò, reggendosi la testa. Sentiva un forte
dolore. - Ohi, ohi... Ma dove sono finito? - mormorò a denti
stretti. Sembrava una grotta piuttosto estesa. Su una parete appariva
un grosso portone bloccato, mentre dalla parte opposta c'era una rampa che
scendeva, avvolta in una tetra nebbia. Sora riuscì a ricordare, dopo un
po', in che luogo era andato a perdersi. - L'Oltretomba... Qui è dove è
apparso per la prima volta Demyx, il tizio con la chitarra
dell'Organizzazione... - pensò. Osservò poi il portone. - E qui è
dove... - All'improvviso, Sora udì un battito di mani alle sue spalle,
a qualche metro di distanza. Porse la sua attenzione verso l'unico astante
nella grotta, impugnando prontamente il keyblade. - Dunque non mi ero
sbagliato - disse Ilfrien. - Tu sei il famigerato Custode della Chiave
- Sora lo fissò per qualche istante, cominciando a capire chi poteva
essere. Anche se gliene avevano solamente parlato, intuì che colui che
aveva innanzi non poteva essere che l'ultimo membro della Legione mancante
all'appello. - Il numero uno? Non l'abbiamo
ancora incontrato, dico bene? - - E spera di non incontrarlo mai
-
Ilfrien tese il braccio destro in avanti
e una potente luce scaturì dal palmo della sua mano. In breve, apparve un
grande keyblade, il quale non fece altro che provocare sgomento nel cuore
di Sora.
Sarei anche molto grato ai lettori se
inserissero una recensione dopo ogni lettura, dato che mi risulterebbe
alquanto utile, oltre che piacevole ^_^
I due avversari erano uno di fronte
all'altro, pronti allo scontro. Si scrutarono per interminabili attimi,
ciascuno cercando di scovare nel volto del nemico un qualsiasi segno di
disattenzione per poi partire all'attacco. - Cominciamo! - Ilfrien
mosse rapidamente il keyblade, saltando verso l'alto. Sora rimase
immobile, in guardia, senza distogliere lo sguardo dalle sue mosse. Con
sempre maggiore velocità, il Signore delle Tempeste scese verso il Custode
con un potentissimo fendente che andò a trovare ostacolo nella parata del
giovane. Lo scontro tra le due Chiavi causò un forte spostamento d'aria
per tutta la zona. Ilfrien caricò nuovamente il braccio all'indietro e,
in pochi secondi, ripartì all'attacco mulinando una serie di colpi
terribili. Sora riusciva a stento a bloccarli tutti e si trovò ben presto
costretto ad indietreggiare velocemente, mentre l'altro avanzava senza
alcun intralcio. All'ultimo, Sora balzò all'indietro con una
formidabile spinta delle gambe in modo tale da allontanarsi e ristabilire
le distanze. Ma Ilfrien non gli diede il tempo necessario. Lo seguì,
parandosi di nuovo davanti al ragazzo con un'altra serie di attacchi molto
rapidi e precisi, tanto che la sagoma dell'enorme keyblade si era
sdoppiata in una moltitudine di punte affilatissime. Infine, Sora cadde
a terra, stremato dal frenetico ritmo dello scontro. - Di già? Ti
credevo un pò più resistente. Non hai più voglia di giocare? - gli domandò
il capo della Legione, a qualche metro di distanza. Sora si rialzò di
scatto e, con un balzo, mirò al volto dell'avversario, il quale,
rapidamente, tese la mano sinistra dinanzi a sé. La Catena Regale urtò
violentemente contro una barriera invisibile richiamata dalla magia di
Ilfrien, e Sora fu di nuovo scaraventato lontano per il contraccolpo
ricevuto. Sistemandosi gli occhialini sul naso, l'oscura figura avanzò poi
sino al giovine nuovamente steso per terra. Sora, nel frattempo, aveva
avvertito al momento della caduta un forte dolore alla testa e la vista
stava cominciando ad offuscarglisi. Lentamente, arrivò a perdere quasi
completamente i sensi. L'ultima cosa che Sora rischiava di vedere era
Ilfrien che, sollevato il suo keyblade in alto, stava per dargli il colpo
di grazia. Non riusciva a reagire. Si sentiva bloccato dal terreno.
Istintivamente, il suo sguardo si posò sulla grande sagoma dell'arma che
appariva di fattura elaborata ed elegante; era la lama di una spada,
avvolta in una catena argentata, sulla cui punta sorgevano due ali, una di
demone e l'altra di angelo. Era finita. Se fosse stato colpito da quel
keyblade, non ci sarebbe stato più nulla da
fare.
"Sora!"
Una voce gli urlò nella testa,
destandolo improvvisamente.
"Cosa..?" "Sora, rialzati,
presto!"
L'Eroe del keyblade, quasi ad ubbidire a quel comando,
si riprese immediatamente. Fece quindi in tempo ad allontanare con una
mossa fulminea la lama del nemico, il quale si trovò costretto ad
indietreggiare di qualche passo continuando a tenere la sua Chiave puntata
contro Sora. Ilfrien si mise a ridere, quasi divertito. E a quella
risata, Sora ricambiò con uno sguardo di puro odio. Impugnando la Catena
Regale con entrambe le mani, cominciò a correre verso il Numero Uno della
Legione Nera. - Sciocco - mormorò costui, divaricando le gambe ed
abbassandosi. - Oscuro Potere, rivela la tua anima. Magia elementale di
livello due! Thunder! - urlò in seguito, allungando la sua Chiave verso
Sora oramai già abbastanza vicino. Una scarica elettrica percorse
Oscuro Potere dall'impugnatura fino all'estremità della lama, scaricandosi
addosso al ragazzo con una potenza a dir poco inaudita. Con un urlo,
Sora fu investito dal flusso di plasma bianco, sentendosi così bruciare
tutto il corpo. Si accasciò al suolo, attanagliato dai fulmini. -
Muori! - sbottò Ilfrien, rincarando la dose e aumentando il
voltaggio. Le scosse si intensificarono. Allo stremo delle forze, Sora
pensò di essere giunto alla fine. Aveva esaurito tutte le sue forze e il
dolore stava cominciando a divenire insopportabile. Era questa, dunque, la
sua fine? Cadere senza neanche aver completato il suo viaggio? Senza
essere neanche riuscito a recuperare Kairi? - Sei davvero una delusione
- commentò amareggiato Ilfrien. - Questo è uno dei più deboli incantesimi
che conoscono. Disperavo persino che riuscisse a centrarti e invece...
- - No... - Ilfrien inarcò le sopracciglia. - Cosa hai detto?
- Con un ultimo e disumano sforzo, Sora posizionò il keyblade davanti a
sé. - Reflex! - Dal nulla si creò una barriera tutt'attorno a lui,
come una specie di bolla cristallina. I fulmini furono respinti al
mittente che venne letteralmente investito da essi e dal loro sibilare
inquietante. Tuttavia, sembrava che il Signore delle Tempeste non ne
risentisse particolarmente. Si osservò infatti le braccia e le mani,
muovendole per sgranchirle un po' ed assicurarsi che fosse tutto a
posto. - Tu... Sei... - disse Sora, col fiatone. - Il loro capo... Non
è così? - Se ne stava in ginocchio, non avendo ancora recuperato
abbastanza forze per rimettersi in piedi. Solo in quell'istante ricordò
che, trovandosi nel regno di Ade, la sua forza era molto probabilmente
diminuita di molto. - Già - ammise Ilfrien, facendo scomparire Oscuro
Potere e posizionandosi di fronte a Sora. - Il mio nome è Ilfrien. E tu
devi essere... Sora - - Come conosci il mio nome? - L'altro
ridacchiò. - Lo sento di tanto in tanto. Giunge alle mie orecchie come
un eco lontano. E' dalla prima volta che lo sentii che mi rimane impresso
nella mente... "Sora"... "Sora, dove sei?" - sogghignò,
ripensando alle circostanze in cui aveva udito quel nome. - Quella
ragazzina deve essere molto legata a te. Tu immagini già di chi io stia
parlando, eh? - - Kairi... - Sora tornò in piedi, ritornando a
brandire la Catena Regale. - Che cosa le avete fatto? - domandò,
celando la sua rabbia. - Parla! - - Sarebbe più giusto chiedermi che
cosa stiamo per farle - - Maledetto! - tuonò il ragazzo, lanciandosi in
un avventatissimo attacco contro Ilfrien. Inutile dire che il tentativo
andò a vuoto, dato che i suoi movimenti risultavano lenti e prevedibili
agli occhi del suo avversario. Costui si limitava semplicemente a scartare
di lato, lasciandosi tagliare la strada dal keyblade. - Non temere, una
volta che avremo terminato, te la restituiremo... O forse no. Dipende se
avrò voglia di tenervi in vita - affermò Ilfrien con un sorriso
malevolo. Sora strinse i pugni e sferrò un altro colpo senza
successo. - Non sprecare le energie così, muovendoti per nulla. Mi fai
soltanto venire il mal di testa - sbuffò il Signore delle Tempeste,
appoggiandosi una mano sulla fronte. Sora, però, non lo voleva
ascoltare e, fuori di senno, continuava e continuva, invano. Non avrebbe
permesso al nemico di andarsene così in fretta. Non ora, che aveva
finalmente capito cosa stava per fare a Kairi. - Basta, mi hai
veramente scocciato - sbottò Ilfrien. Con un gesto tanto veloce quanto
brutale, afferrò la Catena Regale, fermandola. Sora cercò di liberarsi, ma
non vi riuscì. - Ti farò smettere io -
- Quello è Ade - disse
Paperino. I due uomini che avevano notato poco prima non erano
propriamente uomini: uno di essi era Ade, il dio dei morti, mentre l'altro
era un omone di quasi due metri con una strana aura dorata che lo
circondava. Indossava una tunica violacea e aveva una folta barba
bianca. Rimanendo in disparte, i viaggiatori colsero solo la parte
finale del discorso che era intercorso tra i due. - ... Facciamo così
allora, caro Zeus: io chiuderò baracca e burattini solamente se troverai
qualcuno in grado di battere i miei tre campioni. Che cosa ne dici? - -
Non dovrebbe essere un problema per Hercules - rifletté Zeus. - Ci sto
- Zeus e Ade si strinsero la mano. - Non fare molto affidamento sul
mega-imbecille. Questa volta non avrà alcuna possibilità!" rise Ade,
andandosene di buon umore. - Vedremo al torneo, eheheheh! - Zeus rimase
lì a guardarlo, per poi voltarsi verso i nuovi giunti che si erano fatti
avanti non appena Ade aveva alzato i tacchi. - Oh, ma guarda... Mi
sembrava di aver sentito qualcuno - Riku e compagni non fecero in tempo
ad instaurare un dialogo né a presentarsi che dalle grotte uscì di corsa
un uomo, rallentato dal peso che portava sulle spalle. Via via che si
avvicinava, Paperino e Pippo lo riconobbero. - Hey, Herc! - urlò Pippo,
sbracciandosi per farsi notare. Hercules si fermò un attimo e,
vedendoli, svoltò verso la loro direzione. - E' bello rivedervi
ragazzi, ma ora non c'è tempo, presto - disse, posando in fretta il carico
che portava sulle spalle e stendendolo a terra. - Ma... Quello... -
mormorò Riku. - Sora! - esclamò il Re. Tutti gli si
avvicinarono. - Che cosa gli è successo? - domandò Riku, chinandosi
vicino all'amico. - Vorrei tanto potervelo dire. Stavo facendo un giro
da quelle parti per trovare i famosi campioni di Ade e, mentre cercavo, ho
notato Sora sdraiato a terra. Poco più avanti c'era anche uno strano
ragazzo vestito di nero che stava scomparendo nel nulla, in uno di quei
varchi oscuri. A quel punto sono corso a soccorrere Sora, ma non si
muoveva più - Sora, steso per terra, aveva gli occhi chiusi e sembrava
non respirare più. Non dava segni di vita. Paperino provò ad utilizzare
più volte la magia Energia, ma fu del tutto inutile. I compagni si
rattristarono al vedere il loro amico in quelle condizioni. - Forse
possiamo ancora salvarlo - intervenne Zeus. - Seguitemi - disse infine,
dirigendosi verso la scalinata che portava al Monte Olimpo. Hercules si
caricò nuovamente Sora sulle spalle e, seguito da Riku, Pippo, Paperino e
il Re, si incamminò a sua volta su per i gradini.
- Kairi...
-
Sarei anche molto grato ai lettori se
inserissero una recensione dopo ogni lettura, dato che mi risulterebbe
alquanto utile, oltre che piacevole ^_^
E ne approfitto per ringraziare tutti coloro che seguono questa fic XD
Capitolo 22 *** Capitolo 21: Una guerra si avvicina ***
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Capitolo 21: Una guerra si
avvicina
- Ehi, tu - - Dice a me, signore?
- Un giovane uomo teneva il suo elmo tra le mani e stava trafficando
con qualcosa: una foto che ritraeva una bellissima donna. Il ragazzo la
stava infilando tra le pieghe interne del suo copricapo. - Sì, ragazzo,
dico a te - confermò il comandante. I due si fissarono per qualche
secondo, senza scambiarsi alcuna parola. Erano a bordo di una piccola
cargo scoperta che viaggiava sospesa a qualche centimetro da terra ad alta
velocità, nel bel mezzo del deserto. Se ne potevano vedere altre in
lontananza, tutte che avanzavano nella medesima direzione, alzando un gran
polverone dietro di loro. Su ognuno di questi mezzi di trasporto, una
compagnia di una decina di soldati. Questi indossavano una corazza di
piastre argentata e un lungo mantelo blu. Gli elmi chiusi argentati erano
decorati con un lungo pennacchio e rilucevano sulle teste di ognuno. Sulla
schiena portavano un fodero, o di una lunga spada o di una lancia,
accompagnata da uno scudo di medie dimensioni. - E' la tua ragazza,
quella lì? - chiese il superiore di grado, distogliendo lo sguardo. -
Sì, signore - - Complimenti. E' molto bella - sorrise il
comandante. - Grazie, signore. E' l'unica cosa al mondo che mi è
rimasta - disse il soldato, con espressione rassegnata. - Combatti per
lei, quindi. Fatti forza, un giorno potrai riabbracciarla - I cargo
cominciarono a rallentare, atterrando sulla rovente sabbia del
deserto. - Svelti, svelti! Tutti giù! - urlò il comandante, scendendo
per primo ed impugnando le armi. I soldati scesero, chi dal bordo del
trasporto, chi dalla piccola rampa in fondo. Preparandosi, proseguirono
oltre i cargo, divisi in vari battaglioni. All'improvviso, videro un
oggetto davanti a loro avvicinarsi a gran velocità e piombare dal cielo.
Ma non era solo; erano una ventina di sfere, del diametro di un metro che,
candendo al contatto col suolo, esplodevano. Cominciò allora il
bombardamento sulle fila di uomini che avanzavano. Il comandante, una
volta indossato l'elmo, cominciò a fare segno ai suoi di avanzare in
fretta verso la duna poco più avanti che avrebbe offerto loro riparo da
quella pioggia letale. Tutti estrassero lo scudo e la spada e, correndo
il più rapidamente possibile, si diressero verso la collina sabbiosa come
era stato loro ordinato. Molti persero la vita nel tentativo, trascinati
via dalla forza delle esplosioni o sbalzati troppo lontano dalle onde
d'urto. Dalla cima della duna, inoltre, cominciarono a spuntare diverse
sagome nere: Heartless che si agitavano, tutti in linea, mentre brandivano
le loro asce luccicanti sotto il sole. - Heartless! Attacchiamoli
frontalmente! - Con la spada sguainata, i guerrieri accellerarono verso
i nemici, abbassando così gli scudi. E questo si rivelò un errore
fatale. Una salva di frecce, scagliate sempre da altri Heartless
posizionati sul versante opposto della duna, si abbattè contro i soldati
che in gran numero stramazzarono al suolo, privi di vita. Un piccolo
contingente, però, guidato dal comandante, riuscì ad avvicinarsi agli
oscuri esseri e a distruggerne in gran parte. Data la loro mole, gli
uomini erano avantaggiati e lo scontro durò pochi minuti. Gran parte
degli Heartless svanì, lasciando il campo di battaglia e battendo in
ritirata. Passò una mezz'ora circa dopo quel tragico episodio. Un tale
sulla ventina d'anni passeggiava tra i caduti per vedere se ve ne fosse
ancora qualcuno in vita, qualcuno che fosse stato solamente ferito. Si
chinava, ogni tanto, tastando i polsi e osservando i volti. Dopo qualche
minuto si fermò accanto al corpo esanime di un altro giovane che aveva
perso l'elmo, il quale si trovava poco più avanti, scheggiato. Marcus
(questo era il nome del soldato) lo raccolse. Esaminandolo, dentro vi
trovò una foto e la tirò fuori per osservarla con occhi arrossati, in
parte per i granelli di sabbia che gli irritavano le cornee, in parte per
ciò che stava vivendo. Era riuscito ad ascoltare il discorso di prima sul
trasporto, tra quel soldato e il comandante, e gli tornò alla mente ogni
singola parola che si erano scambiati. Aveva gli occhi fissi su quella
bellissima ragazza che non avrebbe più rivisto il suo amato. Sorrideva,
sembrava felice. Ma Marcus sapeva che quel sorriso così raggiante le si
sarebbe spento subito, quando avrebbe ricevuto la tragica notizia. -
Aveva detto che combatteva per lei... - mormorò a se stesso. Il
comandante, notando Marcus, si avvicinò, tenendo l'elmo sotto braccio.
Rimase alcuni istanti a guardarlo, per poi battergli una mano sulla spalla
per confortarlo. - No, non è affatto giusto... Perchè tutto questo? -
si chiese il soldato. L'uomo sospirò e senza parlare si allontanò,
lasciando il giovane da solo. Marcus si passò una mano sul mento,
guardandosi attorno. Rimise la foto al suo posto e riprese a camminare. In
vita sua, non aveva mai pensato che il suo mondo si sarebbe trovato, prima
o poi, sull'orlo della catastrofe.
- La situazione è più grave di
quel che avevamo previsto - Giardini di Linahar, la Città delle
Cascate. Questa potente e avanzata capitale sorgeva nella più grossa
tra le oasi che punteggiavano la superficie dell'intero pianeta, quasi
completamente avvolto dalla sabbia e preda della desertificazione. La
città era situata in una piccola vallata circondata da alti picchi dai
quali scendevano corsi d'acqua, molti dei quali a strapiombo. Le alte
montagne formavano una protezione naturale per l'intero agglomerato,
tranne che nel versante sud dove sorgeva un imponente muro alto poco meno
di una decina di metri. All'interno, la capitale era suddivisa in
cerchie; tale divisione era determinata da vari corsi d'acqua artificiali
costantemente alimentati dalle cascate della catena montuosa. Essendo la
vallata piuttosto stretta, la periferia sorgeva in una zona sopraelevata,
così come il palazzo reale. - Se gli Heartless sfonderanno i perimetri
ad occidente, ci sarà ben poco da fare - continuò sempre la stessa
voce. Due figure stavano passeggiando per i giardini. Con passo lento,
si fermavano di tanto in tanto ad ammirare la bellissima distesa d'erba,
arricchita con fontane e siepi che risultavano delle vere opere d'arte. Il
tutto era racchiuso dalle lucenti colonne marmoree del porticato. Uno
dei due, quello che stava parlando, aveva tutta l'aria di essere più
giovane dell'accompagnatore. Sui trentasei anni, aveva un fisico muscoloso
e atletico. Indosso portava una cappa verde che celava le sue
fattezze. L'altro, che fino a quel momento era rimasto in ascolto,
prese la parola, sospirando. Aveva capelli corti e grigiastri, una barba
ben curata del medesimo colore e gli occhi di un verde intenso. Portava un
lungo mantello color vermiglio. - Ho l'impressione che ce l'abbiano con
me - - Come dite? - domandò l'uomo, con tono di voce basso. - No,
niente - rispose semplicemente l'anziano. - Sciocchi pensieri che mi si
annidano nella mente - Poi si fermò a riflettere. - Ho una missione
per te - esordì tutt'a un tratto. L'incappucciato si mise quindi in
ascolto, incrociando le braccia. Nel mentre, il suo sguardo vagava tra gli
alberi fioriti del giardino. - Dirigiti a queste coordinate
- L'anziano consegnò una piccola mappa rigida contenete un codice al
guerriero. - Lì troverai quasi sicuramente gli aiuti che ci servono.
Fai in fretta - L'altro annuì, chinando appena il busto e prendendo la
scheda. - Porto con me qualche soldato? - chiese in dubbio. - Non
credo ce ne sarà bisogno - - Bene, signore. Vi auguro buona fortuna
- Detto questo, il giovane uomo se ne andò, riattraversando i giardini.
L'anziano, però, rimase immobile, sorridendo. - Ne avrai più bisogno
tu, Basch -
- Tirate giù quella maledetta porta! - Uno squadrone
di Heartless partì all'attacco, colpendo con le possenti asce il pesante
portone. Non accadde niente. Il ferro cozzava contro il ferro, provocando
soltanto sgradevoli rumori e null'altro. - Maledizione, lasciate fare a
me! - Nathan prese la rincorsa e si scagliò sull'ultimo ostacolo che
c'era tra lui e l'ultimo quartiere rimasto libero della cittadina di
Radiant Garden. La sua potente arma si conficcò nel metallo,
contorcendolo. Imprimendo più forza all'azione, la terra cominciò a
muoversi aprendo una crepa sotto i suoi piedi. Il Guerriero della
Roccia si scostò, soddisfatto di ciò che aveva creato, e fece segno agli
Heartless di passare per quella nuova via evitando così la protezione
magica eretta da Merlino. Una ad una, le oscure creature penetrarono
nella fenditura appena aperta. Accanto a Nathan, che se ne stava in
piedi accanto al portone e appoggiato alla sua enorme arma ad osservare i
suoi Heartless, apparve Albaran. - Uhm... Alla fine ci sei riuscito -
commentò costui, osservando la porta. Il fratello sbadigliò
vistosamente, quasi annoiato da tutto ciò che stava accadendo. - Sì...
Quella magia impediva agli Heartless di trasportarsi al di là del muro e
ci siamo trovati costretti ad abbattere il portone manualmente. Inutile
dire che questo branco di smidollati non sa fare quasi nulla - borbottò
Nathan con sguardo truce. Albaran si mise a ridere, con una certa
moderazione. - Sai... Ilfrien mi ha detto un paio di cosette... - A
quelle parole, Nathan si destò, spinto dalla curiosità. - Ah, sì? E che
cosa ti ha detto? - Albaran prese a passeggiare qua e là per quella
ristretta zona. Gli Heartless se ne erano tutti andati attraverso la
fessura e i due fratelli erano rimasti soli. - Quel ragazzino... L'Eroe
del keyblade... Lo ha messo a terra in meno della metà del tempo che aveva
sperato... - Nathan non riuscì a trattenersi e scoppiò in una sonora
risata. - Non mi meraviglio di quello che dici. Ilfrien non è mai stato
battuto da nessuno - L'altro gli lanciò una veloce occhiata. L'uomo si
fermò, accennando solo un mezzo sorriso. - Oh, scusa tanto.... Me ne
ero completamente scordato... - - E poi - continuò il Generale. - Devi
assolutamente sbrigarti a terminare questo mondo, chiaro? - - Ma... Lo
sai anche tu che c'è quel maledetto traditore al di là di questo muro e
che, quasi sicuramente, avrà già falciato via i miei Heartless! - A
quel punto si udì una voce sofffocata provenire da dietro il portone. -
Hai pienamente ragione. Già da qualche minuto! E ne sto aspettando altri,
sai? - disse Axander in tono di scherno. Nathan strinse i pugni,
trattenendosi dall'esplodere totalmente. Albaran, invece, scosse solamente
il capo, mormorando qualcosa sottovoce. - Il tempo stringe - concluse
con tono fermo. - La guerra incombe - Svanì dunque in un batter
d'occhio, lasciando Nathan furente ad arrovellarsi le cervella per
escogitare un altro piano.
Einar se ne stava seduto in una stanza
vuota, senza finestre, totalmente oscurata. Solitario come sempre, era
immerso nei suoi pensieri. Qualcosa turbava la sua quiete. Sussurri.
Sussurri tutt'attorno a lui. Con gli occhi chiusi lasciava che il mormorio
sommesso lo avvolgesse, lo circondasse. Respirava profondamente. Quando
riaprì gli occhi, notò che non era cambiato nulla. Solo buio. Solo
oscurità. Senza speranza. L'Oscurità. Era davvero quella la sua via? Un
Nessuno doveva necessariamente seguire questa strada priva di ogni
luce? - No - Einar si alzò lentamente. Mosse un passo verso
l'uscita, ma si fermò all'istante. Tese le orecchie, per sentire meglio.
Forse era stata solo la sua immaginazione. - Non può essere - sorrise
divertito, aprendo la porta ed andandosene. Eppure, per quel breve
istante, si convinse che quello che aveva udito era il battito di un
cuore.
Sarei anche molto grato ai lettori se
inserissero una recensione dopo ogni lettura, dato che mi risulterebbe
alquanto utile, oltre che piacevole ^_^
Ringrazio ancora tutti coloro che seguono questa fic! Mi raccomando, non perdete il prossimo capitolo, dove tornerò a parlare di Sora! ^_^
Einar camminava deciso verso la
stanza dove tenevano prigioniere Kairi ed Elen. Si fermò davanti
all'uscio, indietreggiando di mezzo passo per prendere la rincorsa. A quel
punto, tirò un potente calcio alla porta, fracassandola. Era furioso,
tanto che non lo si poteva nemmeno riconoscere in volto. Nella camera
bianca, però, non c'era nessuno. - Elen! - urlò, controllando in ogni
più piccolo spazio. - Kairi! - Tutt'a un tratto, un'ombra nera si
proiettò sulla parete, per materializzarsi in breve tempo sotto forma di
sagoma umana. Einar si voltò di scatto, fissando con astio il nuovo
giunto. - Grelwan... - sibilò, gettando un'occhiata carica d'odio sullo
Stregone. - Ma che calorosa accoglienza! - Ci fu una breve pausa, in
cui entrambi si scambiarono sguardi poco amichevoli. - Dunque avevo
visto bene. Di te non c'era da fidarsi - disse Grelwan. Avanzò di
qualche passo, lentamente e ghignando. Einar estrasse, allora, uno dei
suoi revolver e lo puntò contro il nemico, con una velocità sorprendente.
Grelwan si bloccò all'istante. Tuttavia, continuava a mantenere una certa
tranquillità e non accennava a smorzare quel suo sorriso malevolo. - E'
troppo tardi - affermò. - Non hai fatto in tempo! - Con un urlo, Einar
balzò all'indietro estraendo anche la sua seconda arma. Fletté le
ginocchia per poi saltare addosso al nemico, aprendo il fuoco. Le
esplosioni si susseguirono una dopo l'altra, riecheggiando nell'aria -
Stupido! -
Sora si svegliò di colpo. Il
cuore gli batteva a mille e la fronte era madida di sudore. - Ehi,
Sora! Stai bene? - gli chiese Pippo che si trovava alla destra del
letto Paperino era dall'altra parte del letto, in piedi e in silenzio,
mentre in fondo stavano Riku e Topolino, che fissavano l'amico
sorridenti. Sora si passò una mano fra i capelli, cominciando a
calmarsi. - Che cosa... Dove mi trovo? - domandò col fiatone. -
Questa è la nuova infermeria per gli atleti che partecipano alle varie
coppe del Monte Olimpo - gli spiegò una nuova voce. Hercules era appena
entrato e Sora, studiando l'ambiente, si rese conto di trovarsi in quella
che dava tutta l'idea di essere una grossa tenda da campo, verde e
spaziosa. - Ehi, Herc, come te la passi? - fece Sora, abbozzando un
sorriso. - Decisamente meglio dell'ultima volta che ci siamo visti -
rispose l'eroe. Hercules si avvicinò al letto sul quale era seduto
Sora. - Ci hai fatti stare in pensiero, lo sai? Ti ho trovato in fin di
vita giù nelle grotte dell'Oltretomba - Il Custode del keyblade abbassò
lo sguardo, cercando di ricordare quanto era accaduto. Strinse i pugni,
colto da una forte rabbia e dalla delusione per la sconfitta subita. -
E ringrazia il vecchio Pegaso! Senza di lui, non ti avremmo mai trovato -
concluse Hercules. - Certo, vedrò di farlo - lo rassicurò
Sora. Iniziava a sentirsi decisamente meglio. Scese dal letto e si alzò
in piedi, stiracchiandosi. Una cosa però lo aveva turbato
profondamente. Che cosa significava quel sogno che aveva fatto
poc'anzi? Aveva visto chiaramente il malvagio che lo aveva attaccato
sull'Isola, Grelwan, ed era riuscito a riconoscerlo. Ma l'altro non
riusciva a capire chi fosse, anche se il nome gli era giunto
famigliare. - Einar... - ripeté tra sé e sé Sora, a bassa voce. -
Come? - domandò il Re che nel frattempo si era spostato accanto a
Pippo. - No, niente - scosse il capo Sora. - Stavo pensando - -
Sora, ti ricordi chi è stato a ridurti in quel modo? - chiese ad un certo
punto Riku. - Di norma tu non sei il tipo che si fa mettere KO tanto
facilmente - - Ricordo chi è stato. Almeno, credo di saperlo... -
rispose Sora, con una nota di amarezza nella voce. - Si chiama Ilfrien ed
è il capo della Legione Nera... - Nonostante fosse sicuro dell'identità
del suo avversario, permanevano ancora dei dubbi nella sua mente ancora
offuscata per la visione di qualche attimo prima. - Se anche l'ultimo
di loro è uscito allo scoperto, dobbiamo muoverci più in fretta! - esclamò
il Re. Paperino e Pippo annuirono. - Bene, mettiamoci alla ricerca
della serratura - propose Riku, voltandosi verso l'amico - Pronto?
- Con un cenno, Sora gli rispose affermativamente. Hercules li guardò,
dal canto suo, volendo però aggiungere qualcosa. - Ragazzi, vi voglio
solo avvisare che non potrete andare nell'Oltretomba - La compagnia,
che si era già riunita attorno all'uscita pronta alla partenza, si
arrestò. - Ah, no? E perchè? - chiese Topolino. - Ultimamente Ade ha
disseminato la zona di Heartless. Alcuni di loro vigilano costantemente
l'entrata per il Monte Olimpo per non fare passare nessuno. Ma quello che
più mi preoccupa sono i "forestieri" che riceve nelle sue sale - -
Forestieri? - fece Riku. - Già... Tipi vestiti di nero... Finora,
contando quello che ha aggredito Sora, ne sono arrivati solo due.
Ciononostante, paiono troppi per i miei gusti - - Maledetti! - imprecò
il Re. - Che cosa vorranno anche in questo mondo? - Sora, rimasto in
silenzio, posò lo sguardo sui suoi amici ricordandosi di ciò che gli aveva
detto Albaran a Nottingham. - Ma certo! Sono venuti qui perché stanno
cercando altri Heartless - - Cosa? Spiegati meglio - disse Topolino,
colto di sorpresa. - Vedete, quando ci siamo trovati a Sherwood, è
comparso uno dei membri della Legione Nera. Si chiamava Albaran e mi ha
detto che lui e i suoi fratelli vogliono ottenere Kingdom Hearts per
impossessarsi di un potere illimitato - precisò Sora. - Ma non ha
senso. Gli Heartless solo se distrutti dal keyblade possono rendersi utili
a tale progetto. Insomma, perché non ce li stanno mandando addosso, ma li
stanno radunando? - chiese sorpreso Riku. Sora scosse la testa. -
Non lo so neanche io. Dicono che gli Heartless gli servono più da...
Vivi... E che hanno trovato un altro modo per completare Kingdom Hearts...
- Tutti lo fissarono allibiti, tranne Hercules, che nel frattempo era
uscito dalla tenda e si stava dirigendo da Fil per discutere sugli orari
degli allenamenti. - La faccenda è decisamente preoccupante. Ci
troviamo davanti ad avversari che stanno facendo di tutto per farci
confondere... - - Scusate tutti, ma potreste uscire un attimo? - chiese
Hercules, entrando frettolosamente. - Mio padre vorrebbe parlarvi - Su
invito dell'uomo, la tenda si svuotò e i cinque amici si trovarono
all'esterno, per la precisione nel bel mezzo del piazzale di ingresso per
l'arena del Monte Olimpo. Zeus li stava aspettando e, quando li vide, li
accolse con un caloroso sorriso. - Questi sono Sora e i suoi amici.
Sora, questo è Zeus, mio padre - fece le presentazioni Hercules. Sora e
Zeus si strinsero energicamente la mano. Tanto che per poco il giovane non
ci rimetteva il polso. - Oh, è un vero piacere! Hercules mi ha parlato
molto di voi. Siete dei giovani in gamba - si complimentò il dio. -
Grazie, ma non facciamo nulla di straordinario... - ci scherzò su
Riku. - Ah, pure modesti! - scoppiò a ridere Zeus. - Sora, non ci
hai ancora spiegato perchè siete tornati qui - gli fece notare
Hercules. - Già, è vero! Ecco, in pratica... - E così, raccontò del
viaggio che avevano intrapreso e della ricerca delle serrature. - Una
serratura dite? Io so come aiutarvi! - disse Zeus.
L'affondo andò a
segno e l'Heartless svanì in una nube di fumo. - E con questo fanno
dieci! - esultò Marcus. Con la destra, ancora impugnando la spada, si
asciugò la fronte in parte coperto dall'elmo. Non ebbe il tempo di
tirare un sospiro di sollievo che un ennesimo Heartless si avventò su di
lui. Grazie però alla sua grande abilità con la spada e alla sua prontezza
di riflessi, colpì la creatura per aria, a metà del balzo, con un tondo
formidabile. - Se ne stanno andando! - urlò un soldato. - Mantenete
le posizioni, non abbassate la guardia! - ordinò il comandante. Su quel
piccolo pezzetto di territorio sabbioso non erano rimasti che una ventina
di uomini di Linahar a fronteggiare la minaccia degli Heartless. Tutto
taceva. Il soffio del vento e il respiro affannoso degli uomini erano gli
unici due rumori che si potevano udire. Marcus posò il proprio scudo e
si tolse l'elmo, buttandolo a terra lì vicino. Si sedette
pesantemente. - Marcus! - lo chiamò il comandante, facendogli cenno di
avvicinarsi. Il giovane si rialzò contro voglia, sbuffando, forse per
il gran caldo o forse perché gli scocciava muoversi ancora dopo tanta
fatica. - Mi dica, signore - disse, mettendosi sull'attenti. Il
veterano riprese fiato, fissando il giovane negli occhi. - Una missiva
mi è appena giunta da parte del Re di Linahar e del Consiglio. Alames
vuole che rientriamo tutti in città per poter organizzare meglio le difese
contro una presunta orda di Heartless avvistata a parecchie miglia da qui
- Marcus rimase in silenzio, ascoltando interessato. - Prenderai uno
dei cavalli dell'accampamento e andrai in città - - Eh...? Perché?
- - Voglio che tu ti metta in salvo e avvisi i nostri concittadini che
gli Heartless sono molti di più di quanto reputi il nostro Sire - - Ma
non capisco... - - Ragazzo mio, tu sei molto coraggioso e sai usare la
spada in una maniera a dir poco sublime... - - E allora perché mi
mandate via? Io voglio restare, voglio combattere! - Il comandante,
però, non pareva dello stesso avviso. - Niente da fare. Sei più utile a
Linahar che qui. Ora va, questo è un ordine - concluse l'anziano, ma
vigoroso guerriero. Marcus non ribatté. Del tutto contrario a quella
decisione, fece per allontanarsi. - Aspetta - Si voltò. - Porta
con te questa - disse il comandante, porgendogli la foto appartenuta al
soldato caduto prima. - Riportala a colei che amava - Marcus sorrise,
così come anche il nobile guerriero di fronte a lui. Si strinsero la mano,
dandosi poi una pacca sulla schiena l'uno con l'altro. Il giovane si
allontanò, avviandosi verso una delle tende e pronto a tornare a
casa.
- Tutto chiaro ora? - - Aspetta, aspetta, aspetta... Fammi
capire bene: se i miei campioni uccidono il moccioso con la Chiave, potrei
avere accesso all'Olimpo? - - Sarai il nuovo Zeus - - Uhm... Si può
fare... Scompiglia un pò i miei piani, ma si può fare... Non è previsto
dal regolamento uccidere l'avversario, ma si sa, le regole sono fatte per
essere infrante - Albaran sorrise malignamente, spostandosi davanti al
tavolo circolare che sorgeva nella sala di Ade, dove questi era seduto
comodamente sul suo lugubre trono. - Questo è lo spirito giusto. Tu
partecipa solo al torneo e stai tranquillo che tutto andrà secondo i piani
- - Avete sentito voi tre? - tuonò Ade, rivolto a tre figure in
disparte. Costoro non dissero nulla, limitandosi a sollevare la testa in
direzione del dio dei morti. - Maledizione, ma vi decidete a parlare
ogni tanto? - sbottò Ade, fuori dai gangheri. - Quando ci fa comodo -
rispose con insolenza uno dei tre. - Questi guerrieri... Grrrrr... -
mugugnò Ade, sbattendo i pugni e assumendo un colorito
rossastro. Albaran rise di gusto, soffermandosi a contemplare il trio
per l'ultima volta. - Non ti preoccupare, Ade. Sono sicuro che il qui
presente Kadaj svolgerà un ottimo lavoro -
Ricordatevi di lasciare un commento, se riuscite! Ve ne sarei molto grato ^__^
Capitolo 24 *** Capitolo 23: Il Monte Olimpo, parte 2° ***
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Capitolo 23: Il Monte Olimpo, parte
2°
- A quanto ne so, c'è proprio una serratura
negli Inferi e, con ogni probabilità, è quella che state cercando voi -
disse Zeus. Sui volti dei presenti si dipinsero dei sorrisi speranzosi
ed entusiasti. - C'è solo un problema - aggiunse Riku, lìunico del
gruppetto che non si scompose. - Gli Heartless - - Non è poi un
problema così grave... Ho fatto una scommessa con Ade - si accinse a
spiegare Zeus. - Ci sarà un torneo, qui al Monte Olimpo, dove ognuno di
noi schiererà i propri campioni tra i tanti partecipanti. Se vinceranno i
suoi, Ade potrà continuare a tenere aperto l'Inferodromo... Ma se
vinceranno i miei, dovrò recarmi laggiù a chiuderlo una volta per tutte. E
la serratura si trova proprio lì, nell'arena di Ade - Sora schioccò le
dita. - Ci sono! Ci basterà soltanto attendere la fine del torneo e
sperare che i "buoni" vincano, così finalmente potremo chiudere la seconda
serratura! - Zeus annuì. - Non c'è nulla di cui preoccuparsi,
Hercules vincerà di sicuro - - Non ci spererei - intervenne una voce,
alle loro spalle. Tutti si voltarono in direzione di Ade, appena
arrivato, chiedendosi cosa fosse venuto a fare lì. - Sono venuto a
porre delle nuove condizioni per il torneo - - Che cosa? - chiese
Zeus. - Hai capito benissimo. Sappiamo già che tutti i nostri campioni
arriveranno in finale, per cui voglio solo proporti un cambio di squadra
- Gli altri si scambiarono sguardi interrogativi, non capendo ancora a
cosa volesse giungere Ade e quale perfido piano aveva elaborato. -
Andiamo gente... Al posto di Hercules, voglio che siano il mocciosetto con
la chiave e i suoi valletti i nuovi campioni di Zeus! - Hercules si
mise a ridere, avvicinandosi ad Ade e guardandolo con sufficienza. - Te
lo puoi scordare! Gli accordi erano chiari - Il dio alzò lo sguardo al
cielo, sbuffando. - Come vuoi - borbottò, schioccando le dita. Una
sfera oscura apparve nella sua mano. In breve tempo, al suo interno
cominciarono ad apparire delle immagini, dapprima confuse, che andavano a
farsi sempre più nitide. - Vedi mega-citrullo? Ho appena lasciato
libera Medusa a spasso per Atene. Non vorrai che combini qualche guaio,
vero? - Hercules fissò incollerito Ade. Lo avrebbe voluto conciare per
le feste, quel vigliacco. - Dimenticavo... C'è anche un ciclope -
specificò con un sorriso maligno il dio dei morti. L'eroe dell'Olimpo
si allontanò di qualche passo, facendo segno a Sora di avvicinarsi. Il
giovane obbedì. - Ascoltami, Sora. Ade sta facendo di tutto perché
vuole che partecipiate voi al torneo. Ha qualcosa in mente. Come vedi non
posso lasciare che in città girino quei mostri indisturbati e devo andare
per forza laggiù. Per favore, non è che potresti... - - Non temere
Herc, ho capito! Conta pure su di me! - lo rassicurò Sora, battendosi un
pugno sul petto. Hercules sorrise, ringraziando il ragazzo per la sua
disponibilità e per l'entusiasmo con il quale aveva accettato
l'incarico. Si congedò, a quel punto, e, una volta chiamato Pegaso,
prese il volo verso Atene. Ade sghignazzò, sfregandosi le mani tutto
soddisfatto. - Ottima scelta! Inoltre, i miei erano pure in tre... Sai
tre contro uno... Eheheh... Non mi sembrava molto giusto - concluse con
un'acerba risata, andandosene. Sora lo stramaledì silenziosamente. Non
poteva sopportare Ade; lui e i suoi vili stratagemmi per ottenere la
vittoria. Improvvisamente si udì un forte rumore di gong che segnava
l'inizio del torneo. - Si comincia... Paperino, Pippo, siete pronti? -
domandò Sora, rivolto ai compagni. I due annuirono, estraendo le loro
armi e preparandosi ai futuri combattimenti. Zeus, intanto, continuava
ad accarezzarsi la folta barba grigia, piuttosto irrequieto. - Date il
meglio di voi, figlioli! - disse. - Sono sicuro che farete un ottimo
lavoro - - Mi raccomando Sora, voglio proprio vederti in azione -
affermò Riku. - Spera che gli spalti siano comodi, perché ho
l'impressione che non sarà facile - commentò Topolino, facendo notare
anche agli altri l'arrivo di tre losche figure, completamente
ammantate. Senza neanche fermarsi, questi sorpassarono il piccolo
gruppetto davanti all'ingresso ed entrarono silenziosamente. - I
campioni di Ade... - mormorò Sora.
Le porte si spalancarono,
cigolando sui cardini e provocando un rumore infernale che rimbombò per
tutto il salone. Con passo minaccioso, Grelwan avanzò verso il trono
del fratello, Ilfrien, tranquillamente seduto a ponderare. Quest'ultimo,
notando l'arrivo dello Stregone, si destò dai suoi pensieri, scrutandolo
incuriosito. - Quanto frastuono - commentò a bassa voce. Grelwan lo
udì e si volse verso di lui bruscamente. - Certo, dopo quello che è
accaduto! Dovevamo fidarci di lui, in fondo era nostro alleato... Chi
avrebbe potuto dubitare di lui! - tuonò con una nota di rimprovero. Si
fermò a qualche metro da Ilfrien, incrociando le braccia e
fissandolo. - Io dubitavo di lui! E avevo ragione! Stupido Nessuno...
Aspetta che gli metta le mani addosso! - - Calmati ora - disse Ilfrien,
sollevando una mano. - Calmarmi? Sì... Facile a dirsi... Fratello,
questa volta hai commesso un errore; ti fidi troppo di gente di cui non
sappiamo assolutamente nulla e che poi ci tradisce. Vuoi un altro esempio?
Axander! Ti fidavi di lui e guarda cosa se n'è fatto della tua fiducia, se
n'è... - - Non voglio sentire volgarità - ribatté Ilfrien, alzandosi
dal suo seggio. - Lo ammetto, mi sono sbagliato sul suo conto - Grelwan
sorrise a quelle parole, come se avesse ottenuto un'importante vittoria
facendo prendere coscienza al fratello dei suoi sbagli.. - Non serve a
nulla rammaricarsi, per poco non è riuscito a trovare le due ragazze... E
sarebbe riuscito anche a portarsele via indisturbato - esclamò lo
Stregone. Ilfrien si sistemò i biondi capelli dietro la schiena e si
raddirzzò gli occhiali sul naso. - Vedi... Ti sei almeno chiesto perché
le due prescelte non erano nella stanza? - Grelwan rimase sconcertato,
non sapendo cosa rispondere. Scosse il capo in segno di diniego. - Te
lo dico io. Perché avevo previsto che ci avrebbe traditi - continuò con
semplicità Ilfrien. L'altro si passò una mano tra i lunghi capelli
azzurri, sorridendo e avendo intuito. - C'era da aspettarselo... - -
Grelwan, tu non conosci ancora bene i tuoi fratelli. E me ne stupisco -
sorrise a sua volta Ilfrien. Lo Stregone delle Acque sospirò,
stringendosi nelle spalle. - Ora che è chiaro che tu vuoi solo
divertirti, quando pensi di iniziare? - domandò. - Presto - - E con
chi inizierai? - Ilfrien portò la mano destra al mento, mordicchiandosi
il labbro inferiore. - Quella con i capelli lunghi... Non la rossa,
l'altra. Appena sarà il momento ti avvertirò di procedere - Grelwan
fece un leggero inchino. Dopodiché scomparve.
- Quest'acqua è
gelida - Marcus immerse la borraccia nel fiumiciattolo che scorreva
dinanzi a lui e la riempì. Una volta colmato il recipiente, lo richiuse
e si voltò verso il suo cavallo dandogli una leggera pacca sul robusto
collo. - Mancano ancora parecchie miglia a Linahar e abbiamo gli
Heartless alle calcagna - si disse, preparando la cavalcatura. Dopo
qualche minuto montò in groppa al bianco destriero e, impugnate le redini,
cominciò a galoppare verso l'uscita della piccola oasi in cui avevano
sostato, avventurandosi attraverso l'ostile deserto.
- Ragazzi, è
un piacere vedervi, ma non c'è tempo, devo arbitrare il primo incontro!
- Fil, a tutta velocità, passò davanti a Sora e compagni che
attendevano davanti all'entrata dell'arena, guardando i vari trofei e
ricordando i bei tempi passati. Si sarebbero volentieri fermati a
chiacchierare con il loro vecchio allenatore, ma questi sembrava piuttosto
agitato e in subbuglio. Zeus, invece, se n'era andato da un po' poiché
aveva altre faccende da sistemare. - I primi incontri sembrano noiosi -
fece notare Riku, controllando l'enorme tabellone. - Solo Heartless e
Nessuno - disse Topolino. Sora prese in mano la vecchia Coppa Ade,
rimirandola e ripensando a tutta la fatica che avevano fatto per arrivare
così in alto. - Paperino, Pippo... Dovremo mettercela tutta per
difendere ancora una volta il nostro titolo
-
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Capitolo 25 *** Capitolo 24: Il Monte Olimpo, parte 3° ***
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Capitolo 24: Il Monte Olimpo, parte
3°
Sora, Paperino e Pippo fecero il loro
ingresso nell’arena dopo aver atteso per ben mezz’ora in quella che ormai
era divenuta la sala d’attesa per le squadre. Una volta varcata l’uscita,
furono accolti da uno scrosciare di urla e di applausi; per la prima volta
da quando erano approdati al Monte Olimpo oltre due anni fa, vedevano gli
spalti gremiti di gente. - Wow! - esclamò Sora. - Mai vista una roba
del genere - Anche Paperino e Pippo si sorpresero nel vedere che vi era
una folla così numerosa ad assistere agli incontri. - Ehi, guardate in
prima fila, dietro al parapetto - fece notare Pippo, indicando un punto
preciso sugli spalti. Esattamente dove stava puntando il dito Pippo, si
trovavano Riku e il Re, i quali si guardavano attorno con estrema
tranquillità, quasi fossero a loro agio in mezzo al pubblico. Sora
sorrise nel vederli. Avrebbe tanto voluto andare là a dirgli di prestare
attenzione a come i campioni in carica del Monte Olimpo si sarebbero
sbarazzati facilmente dei loro avversari, chiunque essi fossero stati. Ma
non c’era tempo: il torneo stava per iniziare. Un forte gong annunciò
l’inizio del primo incontro. I tre eroi non si fecero attendere e salirono
sul ring già con le armi in pugno e in posizione di guardia. Davanti a
loro comparvero all’improvviso una decina di creature bianche che
ondeggiavano indisturbate. - Nessuno - disse Paperino con sguardo
truce, mentre si rimboccava le maniche. Un fischio risuonò per lo
stadio. Il pubblico taceva, in attesa del combattimento. I Nessuno
erano disposti a formazione triangolare, con la punta rivolta verso Sora e
compagni. Il Simile davanti a tutti si accartocciò su se stesso
spalancando la bocca, per poi scattare in avanti. Volava rapidamente in
direzione di Sora seguendo un moto poco regolare, dato il continuo
oscillare. Il ragazzo non fu preso alla sprovvista. Simulando alla
perfezione l’estrazione di una spada dal fodero, gli apparve il keyblade
nella mano destra e, in pochi secondi, si trovò faccia a faccia col
Simile. Bastò un solo montante, ben caricato dal basso verso l’altro, per
distruggere quel Nessuno alquanto incauto. Fu così che anche gli altri,
però, si scaraventarono sul trio. Paperino, trovatosi circondato da tre
Simili, alzò lo scettro in alto e tre fulmini si abbatterono con
precisione sulle teste dei malcapitati che svanirono nel nulla. Pippo
si scagliò addosso ad altri tre, cominciando a roteare su se stesso e
tenendo lo scudo ben saldo nella sua mano. In un istante, i nemici furono
eliminati. Sora, invece, aveva già terminato. I rimanenti tre Simili
che lo avevano attaccato avevano fatto i conti con la Catena Regale ed
erano scomparsi anche loro. Un secondo fischio, sollevatosi sopra le
acclamazioni della folla, decretò la fine dell’incontro. Molti spettatori
si alzarono, battendo le mani, nonostante fosse stato uno scontro alquanto
banale. I tre amici scesero dalla superficie sopraelevata del campo.
Nel dirigersi verso la sala d’attesa, incrociarono gli stessi tipi di
prima. Sempre ammantati di nero e incappucciati, questi non volsero un
minimo segno di attenzione verso il Custode della Chiave e gli altri due,
e proseguirono in silenzio verso l’arena. Sora si fermò per un attimo a
scrutarli con un certo interesse misto ad astio, poiché che quelli
lavoravano al servizio di Ade. Li lasciò perdere velocemente e si diresse
verso il grosso tabellone che sorgeva su una parete della sala d’attesa.
Non fece in tempo a leggere la prima riga che i tre individui comparvero
nuovamente dall’entrata attraverso cu ierano usciti. Sora li guardò
sorpreso, lanciando occhiate al tabellone. - Squadra di Ade... Squadra
di Ade... Eccola... Ma... - sussurrò il ragazzo, incredulo. - Hanno già
finito, com’è possibile? Erano appena entrati... - Si voltò ad
osservarli per l’ultima volta. Uno di loro era appoggiato al muro con le
braccia incrociate e la testa china, quasi stesse dormendo in piedi,
mentre gli altri discutevano a bassa voce su chissà quale argomento.
Dopodiché, Sora dovette distogliere lo sguardo dai loschi figuri; Paperino
e Pippo gli facevano segno di avvicinarsi per prepararsi al prossimo
incontro e trovarsi freschi e riposati sin dalle prime battute.
Ade
se ne stava seduto sul suo spazio riservato, un imponente trono decorato
con teschi e figure minacciose, completamente nero. Ai lati, Pena e
Panico, i due demoni fedeli al dio dei morti, dormivano perché annoiati da
quello che erano costretti a vedere. In fondo, a loro, non gliene fregava
proprio nulla di assistere ai combattimenti e quindi approfittavano di
quel giorno libero per prendersi un riposino. Ade, sbuffava di
continuo. Anche lui era abbastanza stufo di assistere per la maggior parte
del tempo ad incontri tra Heartless e Nessuno o tra soli Heartless.
Inoltre, i suoi campioni erano stati troppo veloci e non si era gustato
appieno le loro capacità, sempre ammesso che si fossero impegnati nel
disfarsi di una ventina di Fantini d’Assalto, una tipologia di Heartless
particolarmente resistente. - Ti vedo giù - irruppe ad un tratto una
voce. Il dio dei morti si voltò e vide che dietro allo schienale c’era
Albaran, con le mani dietro alla schiena, che fissava con attenzione
l’arena. - Non sta procedendo come avevamo previsto? - continuò il
Generale. - Sì, sì... Ma non c’è gusto, è fin troppo facile... - si
lagnò Ade. - Mi piace vedere sangue, morti, violenze di ogni genere! Se
proprio voglio... - disse abbassando il tono della voce. - ... Diventare
il nuovo sovrano del Monte Olimpo, lasciatemi almeno che lo diventi con
stile! - Albaran scosse il capo. - Mi dispiace, ma preferisco andare
sul sicuro. Pertanto, l’unica gioia che potrai permetterti è quella di
vedere Kadaj, Loz e Yazoo far fuori i tre impiccioni venuti dagli altri
mondi... E poi pensa che faccia farà Zeus quando scoprirà che gli hai
mentito e che grazie ai tuoi nuovi guerrieri lo spodesterai - Ma le
parole di Albaran sembravano non sortire alcun effetto su Ade. A quel
punto, il Numero Due della Legione schioccò le dita. Rispondendo al
debole suono, cominciò ad alzarsi un leggero venticello. Passarono pochi
secondi e quella che sembrava soltanto una lieve ed innocua brezza si era
tramutata in un tornado; una colonna nera, imponente e minacciosa che
sorgeva al centro dell’arena. Ad Albaran bastò muovere lentamente una
sua mano e il tornado si spostò. Lo diresse verso la squadra di Simili che
in quel momento stava avendo la meglio su un gruppetto di NeoShadows. I
Nessuno furono improvvisamente attirati verso il centro della tromba
d’aria, e, uno ad uno, scomparvero senza lasciare traccia. Una volta
disfatta del tutto la squadra di creature bianche, Albaran schioccò una
seconda volta le dita ed il vento cessò in un batter d’occhio. Ade
sorrise entusiasta. - Senti un po’, non è che potresti iscriverti anche
tu? Sai, potrei fare un’eccezione e farti partecipare alle semifinali,
eheheh... - cercò di convincere il Generale, avendo notato il suo enorme
potenziale. Albaran non diede troppo peso a quelle parole e se ne andò
senza dire nulla.
Il pomeriggio passò velocemente. Tra uno scontro
e l’altro, Sora, Paperino e Pippo erano riusciti a sconfiggere facilmente
le squadre che avevano incontrato sul loro cammino, sino a raggiungere la
tanto attesa finale. Si trovavano, in quel preciso istante, sul bordo
dell’arena, ciascuno con la propria fedele arma tra le mani. Dall’altra
parte del campo, invece, si trovavano i tre campioni di Ade ancora
ammantati ed incappucciati ed avvolti da una strana aura oscura piuttosto
inquietante. Il dio dei morti attendeva con euforia, sfregandosi le
mani con impazienza. Un ghigno malevolo si andò a dipingere sul suo
volto. - Fateli a pezzi! - Alle sue spalle, Albaran osservava
incuriosito ciò che stava per accadere. Il suo volto non lasciava
trasparire alcuna emozione tanto che pareva una statua, fredda ed
insensibile. Le gelide iridi guizzavano da una parte all’altro del campo,
analizzando uno ad uno gli opponenti. Infine, un sorriso gli increspò
le labbra. Poi un sonoro fischio, seguito dalle urla della folla sugli
spalti. E la finale ebbe inizio.
Entrambe le squadre erano
schierate sulla superficie sopraelevata. Al segnale di inizio, però,
nessuno dei due schieramenti era partito all’attacco. No. Si scrutavano
semplicemente con tranquillità, con tutta la calma del mondo. Tutt’a un
tratto, uno degli incappucciati afferrò con forza il suo mantello
all’altezza della spalla e tirò con forza. Lo stesso fecero i suoi
campagni, che si sfilarono i pesanti mantelli, gettandoli a
lato. Davanti a Sora e ai suoi compagni apparvero tre guerrieri dai
capelli argentati di differente taglio e completamente vestiti di nero.
Quello in testa al trio, Kadaj, squadrò Sora con una certa aria di
sufficienza. - Tsk, siamo arrivati in finale per combattere contro...
Questi? - domandò ai suoi compagni. Gli altri due risero di gusto. -
Hai qualche preferenza? - chiese Loz a Kadaj, mentre osservava anch’egli i
vari componenti della squadra rivale. - Se non ti dispiace io mi prendo
il mocciosetto - rispose estraendo la sua katana a doppia lama. - Mi dà
l'idea di essere il più in gamba dei tre - - Per me va bene - si
intromise Yazoo. Sora, Paperino e Pippo erano rimasti nella stessa
posizione di partenza, ben attenti ad ogni singolo movimento dei tre
guerrieri. All’improvviso, Kadaj fece cenno a Sora di avvicinarsi: si
stava evidentemente prendendo beffe del ragazzo, il quale, col sangue che
gli ribolliva nelle vene, non perse tuttavia la
concentrazione. L’avversario sorrise. - Ah, non vuoi venire, eh?
Allora vengo io - mormorò. In un attimo, Kadaj sparì dalla visuale del
Custode del keyblade. Allarmato, Sora abbassò la guardia, iniziando a
guardarsi freneticamente attorno. - Dov’è andato? - - Sora, sopra di
te! - urlò Riku dagli spalti, tra la folla che si era
ammutolita. L’amico alzò lo sguardo e vide che Kadaj gli stava
piombando addosso, a spada sguainata, come una saetta. Stringendo la
Chiave, Sora balzò incontro al nemico, tenendo l’arma sopra la sua
testa. Le due lame si incrociarono, accompagnate da un forte rumore
metallico e da una marea di scintille bianche e azzurre. L’urto respinse
Sora verso terra e Kadaj gli si avventò contro. Il giovane iniziò a parare
con estrema destrezza tutti i colpi dell’avversario che attaccava ad una
velocità impressionante. A quel punto, anche Loz e Yazoo partirono
all’attacco. Il primo, con il suo Dual Hound, un’arma che portava fissa
sul braccio con due spuntoni appuntiti che sporgevano verso le dita,
sferrò una serie di pugni contro lo scudo con cui Pippo si stava
riparando, mentre il secondo prese a sparare una raffica di proiettili
contro il mago di corte, il quale si trovò costretto a ricorrere
esclusivamente alla magia Reflex. Questi, però, non durarono molto:
Pippo fu subito messo K.O e buttato fuori dal campo, e lo stesso accadde a
Paperino, che, esaurite le energie, aveva iniziato a correre per l’arena
cercando di evitare i proiettili; ma sfortunatamente non si era accorto
del bordo dell’arena e finì squalificato, cadendo a terra. Sora si
trovò, dunque, da solo contro tre. Kadaj continuava ritmicamente a
sferrargli fendenti brutali che rischiavano di disarmarlo da un momento
all’altro. Grazie, però, all'abilità del ragazzo, ciò non
avvenne. Sora, dopo parecchi minuti di incessanti attacchi parati alla
meglio, indietreggiò cercando il momento propizio per contrattaccare.
Sollevò il keyblade sopra la sua testa ed attaccò Kadaj che lo schivò
spostandosi di lato. Il guerriero rispose fulmineamente, con un tondo
diretto al fianco del giovane. Questa volta, Sora compì un salto,
lasciando così passare la doppia lama sotto i suoi piedi, e sferrò un
affondo verso la testa di Kadaj. Ma fu costretto a fermarsi a metà
dell'azione, poiché Yazoo gli aveva sparato ad una spalla ferendolo
seriamente e facendolo rotolare violentemente al suolo. Il keyblade
scomparve dalle sue mani. A quel punto, anche Loz si avvicinò, pronto a
finirlo con un pugno, ma qualcosa andò storto: proprio mentre stava
caricando il braccio, fu sbalzato all’indietro urtando contro la barriera
invisibile che delimitava l’arena. Sora, con un ginocchio a terra, si
teneva la spalla dolorante. Alzò lentamente lo sguardo notando una figura
con un lungo soprabito nero davanti a lui. - Non mi pare corretto. Tre
contro uno - disse il nuovo venuto. Sora, per un attimo, sorrise. Era
convinto che quello appena arrivato in suo soccorso fosse Axander.
Purtroppo, non appena levò lo sguardo più in alto, notò di essere in
errore. Quello che gli stava davanti era Albaran. - Non ti impicciare,
se non vuoi fare la sua stessa fine - disse Yazoo, puntando la pistola
contro l’uomo. Il Generale si mise a ridere. - Ma fammi il piacere
- Tese il braccio destro verso il guerriero e lo scaraventò contro il
parapetto degli spalti, senza neanche sfiorarlo. La stessa cosa fece con
Loz, che era riuscito a rialzarsi e stava di nuovo partendo all’attacco;
questi fu scagliato ancora più lontano. Albaran abbassò il braccio,
lanciando un'occhiata penetrante in direzione di Sora. - Potete
continuare -
Ricordatevi di lasciare un commento, se riuscite! Un grazie a chi continua a seguire la fiction ^^
Capitolo 26 *** Capitolo 25: Il Monte Olimpo, parte 4° ***
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Capitolo 25: Il Monte Olimpo, parte
4°
- Meno male che volevi andare sul
sicuro! - esclamò Ade, non del tutto entusiasta per l'entrata in scena del
membro della Legione. Albaran ricomparve sugli spalti, accanto al dio
dei morti. - Non eri tu quello che voleva vedere più spettacolo? -
ribatté l'uomo, inarcando un sopracciglio. Il pubblico osservava la
scena con il fiato sospeso. Nessuno proferiva parola, nessuno esultava.
Tutti a bocca aperta ad osservare i due ultimi contendenti rimasti. In
mezzo alla folla si trovavano ancora Riku e il Re che, a differenza di
quelli che sedevano al loro fianco, sembravano decisamente più tranquilli.
Sembravano. Ma il loro animo era turbato. - Sora se la sta vedendo
brutta - ammise Riku, stringendo i pugni. - E noi non possiamo farci
nulla - disse Topolino con rammarico e senza distogliere gli occhi dal
terreno. Fu all’udire quelle parole che il giovane sorrise, sicuro di
sé. - Questo è ancora da vedere - affermò, alzandosi. Appoggiando
una mano sul parapetto, Riku lo scavalcò con un abile balzo, facendo
apparire nella mano destra il suo keyblade. Atterrò sul lieve strato di
sabbia che circondava il perimetro del ring ed iniziò a correre verso Sora
e Kadaj. Giunse in pochi secondi abbastanza vicino da poter salire sul
terreno da combattimento. Ma non appena ebbe raggiunto il bordo, urtò
violentemente contro una barriera invisibile che lo sbalzò lontano di un
metro. Cercando di rialzarsi, Riku appoggiò un gomito a terra, passandosi
l’altro braccio sulla fronte. - Che diavoleria è questa? - si
chiese. Tornato in piedi, il keyblade scomparve. Nel mentre, anche
Topolino era sceso e si era affiancato al ragazzo. - Niente da fare.
Sora deve sbrigarsela da solo -
- Uno contro uno ci vogliono.
Benissimo, per me è uguale - esordì Kadaj. Si ergeva davanti a Sora,
puntandogli alla testa la punta della sua spada che rispondeva al nome di
Souba. Con un ginocchio a terra ed una spalla ferita, il Custode lo
fissava dal basso verso l’alto, digrignando i denti. Poteva sperare
solamente in un miracolo, conciato com’era; contando, inoltre, che anche
la Catena Regale era scomparsa dalla sua mano, le possibilità di
un’ipotetica rimonta si erano fatte ancora più tenui. Kadaj sorrise,
quasi provasse compassione per l’avversario. Quel sorriso si tramutò ben
presto in un malefico ghigno. - Addio - proferì, caricando il
colpo. La lama saettò in avanti per finire una volta per tutte Sora. I
raggi del sole si riflettevano sulla terribile lama, la quale li rifletté
come uno specchio sul ciondolo a forma di coroncina che il Custode del
keyblade portava al collo. Appena la superficie metallizzata
dell’ornamento fu colpita dal raggio, qualcosa accadde all’improvviso: la
coroncina prese a fluttuare a mezz’aria, sprigionando una forte ed intensa
luce. Kadaj fu costretto a bloccare sul momento la spada e a coprirsi gli
occhi alla meglio con entrambe le braccia, per non rimanere
abbagliato. La luce si propagò per tutto lo stadio. Riku e il Re si
voltarono velocemente verso gli spalti per ripararsi, socchiudendo gli
occhi. Gran parte delle persone presenti si coprì il viso. Ade, invece,
tirò fuori dal nulla un paio di occhiali da sole e se li infilò facendo
finta di nulla, mentre Albaran restò impassibile con le braccia conserte
ad osservare la scena per intero. - Che... Che diamine... Succede? -
farfugliò Kadaj, indietreggiando di qualche passo. Il bagliore iniziò a
diminuire tanto da permettergli di impugnare nuovamente per bene l’arma.
Non riusciva, però, a distinguere le forme che aveva davanti; sembrava che
si fosse formata una strana nebbiolina. Tutt’a un tratto, mentre la
guardia era bassa, vide chiaramente che qualcosa si stava avvicinando a
grande velocità verso di lui. Sgranando gli occhi, poté constatare che una
specie di lama rotante lo stava attaccando. Pose quindi la spada
orizzontalmente a pochi centimetri dal viso. In una frazione di
secondo, il keyblade lanciato da Sora fu addosso a Kadaj che lo respinse
con una sola mossa. - Però, non male... - commentò il guerriero. La
vista stava cominciando a tornare normale. Sora, a pochi metri da lui,
stava impugnando una nuova Chiave: era simile alla Catena Regale,
solamente che la lama era completamente grigia e l’impugnatura aveva
assunto un colorito pallido tendente al bianco. Riku e Topolino, da
lontano, lo osservavano sbigottiti. - Questa chi se la sarebbe mai
aspettata... - sussurrò Riku. - Il keyholder... - intervenne il Re. -
Guarda! - Guardando più attentamente, all’estremità dell’elsa un
piccolo ciondolo argentato dondolava lentamente avanti e indietro. Era la
piccola coroncina che Sora aveva portato al collo fino a qualche istante
prima, la quale, inspiegabilmente, aveva preso il posto del keyholder
precedente facendo assumere nuova forma e nuove potenzialità al
keyblade. "Ha una nuova, enorma chiave" pensò Kadaj, concentrandosi.
“Ha cambiato solo colore. Per il resto, il moccioso che la impugna è
sempre lo stesso” Tuttavia, questa volta stava prendendo la faccenda
troppo alla leggera. Senza neanche accorgersene, l’avversario che
sottovalutava così tanto aveva già iniziato a venirgli incontro. Con
enorme sorpresa di Kadaj, Sora in poco tempo gli fu vicinissimo. Piegò le
ginocchia e assestò un montante col keyblade, colpendo in pieno Kadaj che
fu sbalzato in aria. Approfittandone, il ragazzo portò anche la mano
sinistra sull’impugnatura dell’arma e, con tutta la velocità con cui
riusciva a maneggiare il keyblade, iniziò a sferrare violenti colpi in
serie allo spadaccino. Tutte le combo andarono a segno con successo,
ripetutamente. Infine, proprio quando Kadaj si trovava ancora sospeso
per aria, Sora impugnò nuovamente, con una mano sola, il keyblade. Dopo
aver caricato il colpo poco sopra la spalla, abbassò la lama, mandando al
tappeto il nemico con un unico e potente colpo di grazia.
- No! No,
no, no! Mi rifiuto di crederci! - Ade era furibondo. Si era alzato ed
aveva iniziato a pestare forte sul terreno e ad agitare i pugni. Le fiamme
sulla sua testa avevano assunto un colorito rosso acceso. Albaran gli
stava accanto, impassibile come sempre. Sospirò, deluso. - Qui è tutto
finito - Ade si voltò di scatto verso il Generale. - Che cosa? Non
te ne puoi andare proprio adesso; avevamo un accordo! Tu mi aiutavi a
trovare i guerrieri e un buon piano, e io ti davo gli Heartless! - -
Già, hai fatto bene a ricordarmelo... Gli Heartless - Allargando le
braccia, Albaran unì rapidamente le mani, con un gesto fulmineo. Dei
grossi nuvolosi cominciarono ad ammassarsi in cielo, oscurando il sole. La
folla sugli spalti, presa dal terrore, iniziò a fuggire per le varie
uscite svuotando così lo Stadio in pochi minuti. Sul limitare di tutta
l’arena si stagliava, in quegli attimi, una schiera immensa di
Heartless. Avevano tutti una corazza argentata con tanto di elmo e, al
posto delle due mani, avevano due katane dalla lama annerita. Un varco
si aprì allora in mezzo alle nubi.
- Svelto - disse Riku. Era
riuscito ad infrangere la barriera e ad entrare in campo, afferrando Sora
per un braccio. L’amico annuì e lo seguì senza indugiare oltre. Raggiunti
Topolino, Pippo e Paperino vicino all’uscita, tutti insieme entrarono
nella sala d’attesa per poi uscire nel piazzale dove sorgevano le due
statue dei guerrieri che incrociavano le spade sopra il portone. Sora
si voltò verso lo stadio, alzando lo sguardo. In cielo, il varco
oscurava tutto ciò che gli stava sotto. Esattamente come era successo al
castello del principe Giovanni, migliaia di Heartless continuavano a
saltare all'interno del buco nero. Il tutto durò per poco. Il portale
oscuro si richiuse rapidamente ed il cielo si rasserenò quasi
immediatamente. - Ce l’hanno fatta... Sono riusciti a prendere altri
Heartless - mormorò Sora. Gli altri continuavano a tenere lo sguardo
fisso in cielo anche se non c’era più nulla di strano da scrutare. Come se
non bastasse, davanti a loro, apparve Ade intento a borbottare qualcosa di
incomprensibile; era alquanto arrabbiato e, non appena si accorse degli
altri presenti, si innervosì ancora di più. - Voi! Maledetti! Per colpa
vostra il mio piano è andato in fumo! - - Piano... - sbuffò Sora. - Sai
che piano riuscire a tenere aperto l’Inferodromo - - Ma quale
Inferodromo, quello schifo non mi interessa! Se avesse vinto Kadaj, io
sarei diventato il nuovo padrone del Monte Olimpo! - esclamò Ade. alzando
le mani al cielo. - Ma voi - continuò. - Sciocchi e petulanti babbei siete
dovuti venire qui a darmi fastidio! Vi accontento! Heartless! - urlò
schioccando le dita. Non apparve niente. - Dannazione, se li è presi
tutti! - tuonò il dio dei morti, assumendo nuovamente quel colorito
rossastro. Sora e gli altri si misero a ridere. - Beh, che c’è di
così divertente, pivelli? - ruggì Ade. - A-ehm - si sentì alle sue
spalle qualcuno schiarirsi la voce. Ade si voltò di scatto. Dietro di
lui, Zeus e Hercules lo fissavano con espressioni poco rassicuranti. -
Senti, senti... Il caro Ade voleva prendere il controllo del Monte Olimpo
- disse Hercules. - Già... - si limitò ad aggiungere il padre. Il
dio dei morti si mise a ridere, indietreggiando. - Eheh... Suvvia
ragazzi era solo una battuta... Non riconoscete più le battute, andiamo,
dai... - Fu però costretto a fermarsi di colpo poiché c’era Sora che
gli puntava alla schiena il keyblade. - Fermo qui - gli ordinò. E
Ade obbedì. - Molto bene. Guarda caso avevo già pronta una punizione
per questa evenienza - ghignò Zeus, avvicinandosi all’altro che nel
frattempo si era fatto piccolo piccolo di fronte al padre degli
dei.
- Ecco fatto - Il raggio si spense sulla punta della
Chiave. La serratura era stata sigillata e l’Inferodromo chiuso per
l’ennesima volta, quella definitiva. Sora era riuscito a sigillare
anche la seconda serratura senza problemi, con l’aiuto di Zeus e degli
altri che erano scesi assieme a lui negli Inferi. Una porta bianca
apparve dal nulla, accanto all’entrata per le grotte. - Bene Sora. Ade
è stato sistemato: abbiamo deciso, infatti, che rimarrà sul Monte
Olimpo... Ma sarà l’addetto alle pulizie - ridacchiò Zeus. - Questo
invece è tuo - disse Hercules, avvicinandosi. Tra le mani teneva un
grosso trofeo d’oro, il premio del vincitore del torneo. Lo porse subito a
Sora, il quale ringraziò di cuore l’amico. - Tutto è bene quel che
finisce bene - recitò Paperino. - Beh, ma non abbiamo ancora finito,
Paperino. Dobbiamo ancora esplorare altri mondi - lo corresse Pippo. Il
papero gli lanciò un’occhiataccia, sbuffando. - E i tre campioni di
Ade? Che fine hanno fatto? - domandò Riku. - Quei tre? Sono ritornati
negli Inferi - rispose con tranquillità Zeus. Quindi si salutarono per
l’ultima volta, e Sora e compagni varcarono la porta, avvolgendosi di una
luce fortissima. - Salutami Fil, mi raccomando! - - Lo farò, a
presto Sora! -
*Prossima fermata, la Terrazza del
Tramonto* Einar si alzò e si avviò all’uscita laterale del
vagone. Il treno iniziò lentamente a frenare. Il ragazzo sospirò e, una
volta che le porte furono spalancate, scese giù, avviandosi alla scalinata
che portava verso il resto del quartiere. Ci mise poco ad attraversare il
piccolo centro abitato. Quel giorno, le strade erano letteralmente
deserte. Camminava tranquillamente, con le mani in tasca e guardandosi
attorno. Arrivò sulla cima di una collinetta sotto la quale passava di
tanto in tanto un vagone solitario. Si fermò ad osservare lo strano
monumento con le due compan che sorgeva lì nei dintorni e che stava a
simboleggiava la città. Restò così per un po’ fino a quando qualcuno non
venne a disturbare la sua quiete. Sentì qualcosa di umidiccio
sfiorargli la mano sinistra, lungo il fianco. Con rapidità da fare invidia
ad un lampo, estrasse uno dei suoi revolver puntandolo contro l’essere che
lo stava disturbando. Si accorse però che non era altri che un piccolo
cagnolino tutto bianco con un ciuffetto che gli copriva gli occhi. Il
piccoletto scodinzolava allegramente, leccando la mano al
Nessuno. Einar rinfoderò l’arma, chinandosi sul cucciolo e
accarezzandolo. - Da quando in qua sei così tenero verso qualche
creatura vivente? - osservò una voce. - Stiamo parlando di Einar, no?
Forse mi confondo con un altro che gli somiglia - Il ragazzo alzò lo
sguardo, notando la presenza di un individuo basso, con un soprabito nero
e un cappuccio che gli ricadeva sul volto. - Ma non eri scomparso, tu?
-
Ricordatevi di lasciare un commento, se riuscite! Un grazie a chi continua a seguire la fiction ^^
Lo straniero se ne stava fermo a
fissare dall’alto verso il basso Einar, intento ad accarezzare il
cucciolo. Questi, però, avvedendosi di quell'individuo, abbaiò nella sua
direzione, sempre scodinzolando, per poi andarsene tutto felice. Einar
si rialzò, spolverandosi i jeans. Una volta tornato in posizione eretta,
mise la mano sinistra in tasca fissando attraverso gli occhiali
l'avventore. - Perché non mi eviti questa sceneggiata e ti togli il
cappuccio? - disse togliendosi gli occhiali. Col bordo della giacca
rossa iniziò a pulirli alla meglio, utilizzandola come un normale panno.
Dopo qualche secondo se li rimise, scostandosi i capelli dietro le
orecchie. - Credo di non avere molta voglia... - mugugnò il vecchio,
agitando il bastone per aria. Tutt'a un tratto era apparso un lungo
scettro color platino nelle mani della figura. Non appena il Nessuno lo
vide, sgranò gli occhi per un lampo di secondo, riconoscendolo
all'istante. - Tu! - esclamò. - Dovevi essere stato sconfitto da
Ilfrien - - Non farmi ridere - sogghignò l'altro. - Io, sconfitto da
Ilfrien? Non dire sciocchezze. Ne dovrà passare di acqua sotto i ponti
prima che lui possa farmi seriamente male - Einar sorrise, dando una
fugace occhiata al terreno. - Dovevo immaginarlo... Hai la pellaccia
dura - - Ilfrien si crede onnipotente, ma non lo è - continuò il
vecchio. - E non lo sarà mai finché perseguirà i suoi scopi con quei mezzi
- - Perché hai finto di perdere? - domandò Einar. - Non ho finto -
rispose prontamente l'anziano. - Mi ha colpito davvero e non sono
stato in grado di reagire. Quello glielo posso concedere... Ma solo
perché mi sono trattenuto - - Potevi mostrare il tuo reale potere,
però... - - Potevo, hai detto bene - ridacchiò il tale. - Ma non l'ho
voluto fare. Sai perché? - Einar non rispose e incrociò le braccia,
distogliendo lo sguardo dallo scuro cappuccio del vecchio, sotto il quale
non si vedeva altro che oscurità. Una profonda oscurità. - Perché tu
devi dare il tuo contributo, Einar. Non sperare che io interverrò per
rimettere tutto a posto e distruggere Ilfrien. Non lo farò - - Cosa
stai blaterando? Lascerai davvero tutti a morire? - allargò le braccia il
ragazzo. - Lo farai davvero? Se nessuno fermerà Ilfrien, tu non farai
nulla? Resterai a guardare? - - Ovviamente - si limitò a dire
l'anziano. Einar non seppe più che dire a quell'ottuso vecchio che
aveva di fronte. Faceva discorsi insensati, stava semplicemente delirando.
A cosa mirava? - Sono sicuro di quel che faccio - disse poi
l'incappucciato. - Einar, tu non hai mai seguito veramente la via del
male, ma se non ci starai attento, rischierai di invischiarti in affari al
di fuori della tua portata - Il vecchio si avvicinò lentamente
all'unica panchina della terrazza e si sedette, congiungendo le mani sul
pomo del bastone. - Tu ricordi, Xemnas, vero? Il Nessuno di Xehanort
- - Sì che me lo ricordo... Che c'entra? - sbottò Einar,
innervosito. - Ti ha escluso dalla sua Organizzazione perché non eri
allievo di Ansem. Eppure tu sai che lui la estese anche ad altri
sconosciuti che vennero a chiedergli aiuto - Il vecchio spostò quel
capo senza volto verso il Nessuno, squadrandolo con molta attenzione ed
esaminandone le reazioni. - Perché poi non ti aggregasti a questi
altri? Non eri allievo di Ansem, ma neanche Saix lo era, neanche Marluxia
e tantomeno Roxas. Perché? - - Ero fuori di me perché mi avevano escluso
la prima volta. Non trovavo buona la scusa che non fossi allievo di
Ansem... In fondo, quella volta finimmo tutti e sette per perdere il
cuore. Qualcosa in comune ce l'avevamo. E anche il nostro futuro obiettivo
sarebbe stato comune. La ricerca di un'esistenza completa. Ma loro non
vollero ascoltarmi e io non volevo entrare a far parte di una scala
gerarchica dove mi sarei trovato sicuramente in fondo... - - Menzogne!
- L'anziano aveva gridato, sbattendo la punta del bastone per
terra. - Sono tutte menzogne! Non è questo il fatto che ti spinse a non
entrare nell'Organizzazione - - Allora spiegamelo tu, visto che sai
così tante cose! - urlò Einar. - Tu non entrasti perché non avevi perso
il senno come loro. Loro fecero un patto dannato per ottenere quelle
esistenze maledette, quelle vite a metà, sospese tra la luce e l'ombra.
Mentre il tuo fu solo un incidente. Tu non volevi diventare un Nessuno...
In te c'era ancora un briciolo di razionalità. Il tuo cuore non era del
tutto scomparso! Ti eri lasciato una piccola impronta di esso, dentro di
te - Einar, restando in silenzio, scosse il capo. - Accettala come
la pura verità! Tu non eri come Xemnas e non sei come Ilfrien! - Il
vecchio si alzò. Non pareva più se stesso, non sembrava più piccolo ed
inerme, ricurvo sulla sua schiena. Si era sollevato ed appariva più
solenne e maestoso di quanto si potesse immaginare. - Loro cercano il
potere. Tu l'esistenza. E l'esistenza la puoi ottenere anche in altri modi
- Einar si sedette, fissando il terreno. Sentì un brivido lungo tutto
il corpo. Una strana sensazione che non aveva mai provato prima. Una presa
di coscienza che le parole del vecchio avevano ridestato in lui. - Tu
hai degli amici che ti vogliono bene, ricordatelo. Loro possono essere il
tuo cuore - concluse in tono pacato l'anziano, appoggiando una mano sulla
spalla del ragazzo. - Ma... Ma come faccio...? Ormai Elen... - - Non
è troppo tardi! Puoi ancora tornare indietro - Einar alzò lo sguardo
sul tale che aveva dinanzi. Cercò vanamente di scrutare sotto il suo
cappuccio, anche solo per intravedere il suo viso. L'unica cosa che vide
furono le labbra della sua bocca; ma erano labbra troppo belle e delicate
per appartenere ad un vegliardo o ad un uomo. - Puoi farcela. Corri a
salvarla - Einar si alzò di scatto e si precipitò giù per il viale che
riconduceva in città. Non si guardò alle spalle e ignorò completamente il
suo interlocutore. "Grazie mille. Ti ringrazio vivamente!" si disse
sorridente, mentre percorreva a tutta velocità il piccolo quartiere,
sfrecciando su per le scale che conducevano ai binari. - Ce l'ho fatta
- Soddisfatta, la strana figura sorrise apertamente, portandosi le mani
ai fianchi, in quel momento divenuti snelli ed eleganti. Alcune ciocche
dorate ricaddero giù per il cappuccio. - Non temere, Einar. Non
indietreggiare, non arrenderti. Ci sarò io a proteggerti -
Una
campanella avvertì che il treno stava arrivando. Einar si avvicinò al
bordo del marciapiede, pronto a salire sul vagone. Le porte si aprirono.
Fece per entrare, ma si bloccò, spostandosi alla sua destra. Dal treno,
infatti, stavano uscendo alcune persone. Una volta terminata la fila,
si parò di nuovo di fronte alle porte. Tuttavia, ad un certo punto, un
ragazzino gli piombò addosso, buttandolo a terra. Disteso al suolo, con lo
sguardo rivolto verso l’alto, Einar imprecò a bassa voce, sospirando. -
Scusa amico, non ti avevo notato - disse una voce. Einar si rialzò con
un colpo di reni, senza far caso alla mano tesa del ragazzo che aveva
provocato l’incidente e che voleva aiutarlo a rimettersi su. - Non fa
niente, non ti preoccupare! - Detto ciò, il Nessuno salì in fretta sul
treno. Le porte si richiusero e il mezzo di trasporto riprese il suo
viaggio. - Che strano tipo - commentò una seconda voce. - Già... -
mormorò il ragazzino, restando ad osservare la locomotiva che si
allontanava. - Hayner! Olette! Sbrigatevi, non abbiamo tutto il giorno!
- li chiamò da lontano un terzo personaggio. - Arriviamo, Pence!
-
Il treno viaggiava a velocità elevata. Fuori, il paesaggio
scorreva molto lento. Einar era seduto solitario in quel vagone vuoto.
Con gli avambracci appoggiati alle gambe e le mani a penzoloni, se ne
stava chino su sé stesso, osservando il pavimento. Se ne stava lì a
riflettere, all'apparenza come uno più interessato ad esaminare il
pavimento che altro. Stava a pensare a tutto quello che aveva fatto in
vita sua. Tradito. Ucciso. Incolpato. Non gliene era mai fregato nulla e
aveva vissuto senza grandi preoccupazioni. Ciononostante, si riteneva egli
stesso il principale responsabile di tutto quello che stava accadendo. Era
come se in lui si fosse risvegliato un senso di colpa così forte da non
poter essere più ignorato. Con la testa fra le mani, Einar continuava a
ripetersi solo una frase. - Che cosa ho fatto? - Dopo qualche minuto
sollevò il busto, appoggiandosi allo schienale. Voltando il capo verso il
resto del vagone, notò una ragazza, in fondo, che stava osservando fuori
dal finestrino. Dopo qualche istante, questa si girò, fissandolo e
sorridendogli dolcemente. Quella visione sparì non appena il treno
inchiodò, giunto alla Stazione Centrale. Einar allora balzò in piedi,
uscendo con passo lento e deciso. Si diresse verso una parete della
Stazione dove arrivavano treni da diverse direzioni. Tese il braccio
destro in avanti, aprendo un passaggio oscuro. Compiendo un profondo
respiro, lo varcò, ed esso si richiuse alle sue spalle.
Einar
riapparve di fronte ad un immenso portone in marmo, bianchissimo. Alle sue
spalle, una vasta terrazza spazzata continuamente dal vento, gelido e
forte, e dalle nuvole che passavano ogni tanto ad oscurare l’entrata della
grande fortezza volante della Legione Nera. Volgendo lo sguardo verso
l’alto si poteva subito notare una grossa elica che ruotava
incessantemente per tenere sospesa la fortezza; non era la sola: altre
dieci eliche spuntavano un bel po’ di metri sotto, tenendo sollevata dal
suolo quella che sembrava una grossa zolla di terra sulla quale era eretta
la base pavimentata della struttura. Sull’ampio tetto di questa, un’altra
decina di grandi eliche contribuivano a muovere e a direzionare il
tutto. Le porte si aprirono, accompagnate da un forte cigolio. Einar
non aspettò oltre, ed entrò. Al primo piano sembrava vi fosse un
immenso giardino: alberi ovunque e di qualsiasi specie, dalle conifere
alle piante tropicali; una sorta di piccola foresta dove svolazzavano
diverse specie di uccelli. Al Nessuno non gliene importò più di tanto e
attraversò lo spazio verde giungendo davanti ad un’altra porta. Oltrepassò
anche questa, salendo un’interminabile scalinata avvolta dall’oscurità più
assoluta. Arrivato alla conclusione, lasciando dietro di sé l’ultimo
gradino, si trovò dinanzi alla Sala dei Troni. Varcato l’ingresso, poté
constatare che il salone era vuoto e totalmente sgombro da ogni genere di
arredamento. - Ilfrien! - urlò, i segni della collera visibili sui suoi
lineamenti. - Ilfrien! - Passarono i secondi, ma nessuno rispose. -
So che sei qui! Vieni fuori! - All’improvviso, un’ombra apparve alle
spalle di Einar, qualche metro più in là. Il giovane si voltò. In mano
reggeva saldamente le sue due armi da fuoco e, vedendo il nuovo arrivato,
gliene puntò una contro. L’altro scomparve in tutta risposta. Al che,
il ragazzo sorrise, voltandosi di colpo e puntando la medesima pistola
contro un punto imprecisato della parete. L’ombra riapparve, stavolta
più vicina. Voleva coglierlo alle spalle, di sorpresa. Ma Einar era
tutt’altro che uno sprovveduto e la sua finta distrazione attirò il nemico
proprio come aveva voluto. - Addio, Grelwan - E con quelle parole
aprì il fuoco, alzando anche l’altro revolver. Una raffica di proiettili
investì lo Stregone delle Acque, bloccandolo a mezz’aria e gettandolo a
terra. Ben presto la scarica finì. Einar abbassò le armi e si avvicinò
all'avversario. - T-Tu... La pagherai cara... - sibilò Grelwan. In
seguito, iniziò lentamente a dissolversi, sino a scomparire del tutto in
un alone di fumo nerissimo. Passò solo qualche istante che si udì subito
un altro rumore. Un battito di mani. - Bel lavoro - Einar si voltò.
Un’espressione stupefatta si dipinse sul suo volto. - Ma come...
- Era Grelwan. Quello vero. - Credevi davvero che fosse così facile
battermi? - rise sguaiatamente il membro della Legione. Einar rialzò le
armi e riaprì il fuoco. Lo Stregone fu però rapido nei movimenti e, con un
balzo mostruoso, atterrò su una parete laterale del salone, rimanendo in
perfetto equilibrio con una mano poggiata sul freddo
marmo. L’avversario spostò la raffica, inseguendolo. Grelwan saltò
questa volta verso la parete opposta. In pochi attimi, passò continuamente
da una parte all’altra del salone evitando i proiettili, mentre Einar si
trovava costretto ad indietreggiare. Grelwan cambiò poi tattica e
decise, con un ultimo salto, di attaccare definitivamente il ragazzo
smettendo di schivare. Einar, a quel punto, si gettò di lato rialzandosi
immediatamente, facendo così mancare il bersaglio allo Stregone. "Non
riuscirò mai a farlo fuori" pensò. In allerta, si volse verso le porte
d’ingresso ed iniziò a correre. La sua fuga non rimase a lungo celata e
lo Stregone, che precedentemente lo aveva mancato con una delle sue sfere
di ghiaccio, fece apparire un altro globo nella mano sinistra. Questo, al
contrario dell’altro, era ancora allo stato liquido e quindi non ancora
tramutatosi in ghiaccio. Grelwan lo lanciò, dunque, mirando alla
schiena del Nessuno, il quale rispose con un’ennesima scarica di
proiettili, girandosi per un breve istante. La sfera esplose per aria,
bagnando tutto ciò che era presente nell'arco di cinque metri. Le porte
si richiusero. Vi fu un attimo di silenzio. Einar non c'era più. -
Grelwan! - Lo Stregone drizzò le orecchie. - Sai dove sta andando.
Fermalo... - continuò la voce. Dietro al fratello apparve Ilfrien,
livido in volto. - ... A qualsiasi costo! - Il Quarto della Legione
sorrise e si gettò all’inseguimento.
- Qualcosa non quadra affatto
- pensò il Re. - Niente Heartless... Niente Legione... Niente di
niente... - disse Sora. La compagnia si trovava a percorrere una vasta
distesa innevata alle pendici di una montagna. - Alla Città Imperiale,
magari, non è tutto poi così tranquillo - rifletté Paperino. - Hai
ragione, andiamo a vedere - Sora prese a correre giù per il sentiero,
seguito dagli amici.
Ricordatevi di lasciare un commento, se riuscite! Un grazie a chi continua a seguire la fiction ^^
Il respiro era affannoso. La fronte madida
di sudore. La stanchezza stava prendendo il sopravvento. - Sempre
diritto e poi a sinistra - si disse Einar. Arrivato alla porta che
conduceva al giardino d'entrata della fortezza, svoltò verso sinistra dove
un lungo pianerottolo fiancheggiava la parete. Proseguì ancora a sinistra,
scendendo poi per un’altra rampa di scale. Le gambe cominciavano a
dolergli. Faceva tre o anche quattro scalini alla volta in una discesa
disperata, lottando contro il tempo. Ogni tanto si trovava costretto a
rallentare a causa del buio, per paura di mancare un gradino e di rotolare
a terra. I pantaloni, inoltre, costituivano un impedimento alla corsa data
la loro moderata larghezza, e le scarpe non erano di certo adatte a
prestazioni atletiche di quel tipo. In fondo alla rampa, Einar vide
chiaramente una porta che si distingueva dall’oscura parete per il suo
colorito tendente ad un grigio piuttosto pallido. Giunto alla tanto
agoniata meta con il fiatone, sfondò violentemente l'ingresso, spalancando
i battenti verso l’interno e facendoli sbattere con forza contro il muro.
Varcò la soglia guardandosi freneticamente attorno, scrutando l’intera
stanza bianca. - Dov’è? Dove... - si interruppe Einar. Il suo
sguardo si posò sul letto bianco sul quale giaceva immobile, sdraiata e
con gli occhi chiusi, una giovane e bella ragazza dai capelli
castani. Il Nessuno si precipitò verso il letto, posando un ginocchio a
terra e reggendo la mano della giovane, tastandole il polso. - No...
N-non p-può essere... - balbettò incredulo. Non riusciva a sentirle il
cuore pulsare. Si rialzò allora di colpo, chinandosi sul corpo esanime e
accostando un orecchio al petto della giovane; un rumore così assordante
come quello del cuore di un umano avrebbe dovuto udirlo distintamente. Ma
nulla. Non si sentiva nulla. Einar tornò in piedi, assalito da mille
preoccupazioni. Non sapeva che fare, si guardava attorno con angoscia, con
le mani in mano. Possibile che non era uscito ad arrivare in tempo?
Possibile? Se Elen fosse davvero morta, lui non se lo sarebbe mai
perdonato. - Cosa faccio? C-cosa... ? - continuò a balbettare. -
Assolutamente nulla - Einar si voltò verso l’ingresso dove era comparso
Grelwan, che su ordine di Ilfrien aveva ricevuto il compito di eliminare
il ragazzo. Lo Stregone avanzò di qualche passo. Einar estrasse
fulmineamente uno dei suoi Encharger, caricandolo e puntandolo a braccio
teso verso la testa dell'avversario. - Fai ancora un passo e ti uccido
- ringhiò, fremendo dalla rabbia. - Un immortale non teme la morte -
ribatté Grelwan, sorridendo malignamente. Volse in seguito lo sguardo
sulla ragazza. - Non avere paura, ha solo perso i sensi. Dobbiamo
ancora finire il lavoro e lei ci serve - puntualizzò Grelwan. Einar
strinse la presa sul suo revolver, chiudendo a pugno la mano libera. Gli
occhi sbarrati, i muscoli contratti. Era felice di sapere che Elen non era
morta. Tuttavia, quella gioia modesta non poteva trovare spazio in mezzo
alla rabbia più assoluta. Elen era viva e Einar doveva riuscire a
salvarla. Non avrebbe permesso alla Legione di portare a termine i loro
sporchi fini. - Muori! - urlò a squarciagola, premendo il
grilletto. I primi proiettili esplosero con un boato assordante. Einar
iniziò a sparare a l’impazzata, fuori di sé. Aveva totalmente perso il
controllo. La sua migliore amica, che lo aveva sempre confortato nei
momenti più difficili e che aveva trascorso la maggior parte del suo tempo
assieme a lui, ora era immobile, fredda. Rischiava davvero di morire se
fosse rimasta lì. Grelwan, ancora lucido e del tutto tranquillo, si
scansò velocemente evitando tutta quella salva di proiettili che andava
disperdendosi sulla parete della stanza. - Sei un folle. E’ troppo
tardi per i ripensamenti - disse lo Stregone. Continuando a
teletrasportarsi ebbe il tempo di far confluire gran parte del suo potere
in una sola mano, creando una delle sue letali sfere di ghiaccio. Tendendo
il braccio non appena riapparve, la lanciò verso Einar facendola esplodere
in mille cristalli affilati come rasoi. Il Nessuno si abbassò riparandosi
con le braccia, ma fu lo stesso colpito da alcuni di quei cristalli che
gli graffiarono il volto e gli lacerarono i vestiti. Ritrovatosi a
terra, ferito dai colpi, si rialzò a fatica impugnando nuovamente il suo
Encharger. - Ti ammazzo... - ringhiò. Grelwan, spietato come non mai
e desideroso di eliminare il traditore, puntò questa volta su Elen che non
poteva difendersi in alcun modo. Con una sonora risata, preso anche
lui, questa volta, più dalla pazzia, scagliò una seconda sfera in
direzione della ragazza. Il colpo, però, non colpì il bersaglio designato;
Einar, infatti, si era gettato su Elen, proteggendola dai letali cristalli
di ghiaccio. - Vigliacco... Come hai potuto mirare a lei... - disse
Einar; la sua schiena era completamente tappezzata di piccoli ghiaccioli
appuntiti che avevano perforato la giacca. - Sapevo che ti saresti
gettato a difenderla - sghignazzò Grelwan, avendo previsto di poter ferire
gravemente l’avversario con un trucchetto così subdolo. Einar tornò in
piedi per l'ennesima volta a lato del letto. Dando le spalle allo
Stregone, distese le braccia sotto la schiena e sotto le ginocchia di
Elen, prendendola in braccio. Lentamente, il Nessuno si girò verso il
nemico fissandolo con ira. Dal nulla, ai piedi di Einar, cominciò a
formarsi un vortice di tenebre, che lo avvolse interamente. Rimanendo in
silenzio, scomparve portandosi dietro la ragazza. Grelwan si rabbuiò
improvvisamente. Schioccò le dita e fu a sua volta circondato dalle
tenebre. Sapeva dove erano diretti i due e non se li sarebbe lasciati
sfuggire.
Einar non aveva più energie. Si trascinava a fatica,
zoppicando per la terrazza. Doveva resistere al freddo che lo attanagliava
e al forte vento di quelle altitudini. Stretta a sé teneva ancora in
braccio Elen, che non dava segni di ripresa. Arrivato quasi al bordo,
Einar lanciò una veloce occhiata di sotto; non vedeva altro che nuvole e
nuvole che coprivano la visuale. Sapeva, però, che erano a qualche
migliaio di metri da terra. - Arrenditi. Sto perdendo la pazienza -
irruppe Grelwan, materializzandosi alle spalle del Nessuno. Einar non
lo ascoltò. Continuava a fissare il vuoto. - Riconsegnaci la ragazza e
chiuderemo un occhio su ciò che hai tentato di fare - continuò. Ma
l’altro lo ignorava. Sembrava più preoccupato a cercare di capire che cosa
potesse esserci più in basso. Lo Stregone perse le staffe. Prese a
correre verso il ragazzo con un urlo feroce e allargando le braccia, come
a caricare un altro dei suoi colpi. Ma questa volta si arrestò, zittendosi
tutt’a un tratto, come bloccato da una strana forza invisibile. - Che
vuoi fare? - Einar si era voltato, fissandolo con sguardo vago.
Lentamente, aveva iniziato ad indietreggiare di qualche passo. - No! -
gridò Grelwan, allungando una mano come a voler afferrare un braccio del
giovane per impedire ciò che pensava volesse attuare. Le sue parole
risultarono però vane. Einar continuava, un passo dopo l’altro, ad
avvicinarsi sempre di più al bordo. - Fermati, ho detto! - tuonò
imperioso il Quarto della Legione. Einar sorrise. In quel preciso
momento si trovava in perfetto equilibrio; da una parte la pavimentazione
della terrazza e dall’altra il vuoto assoluto. Osservò poi il viso di
Elen. Tra le sue braccia sentiva che la vita la stava lasciando. Lei
pareva dormire beatamente, senza sapere che quello che stava passando era
un terribile incubo. Se non se ne sarebbero andati via di lì al più
presto, tutto sarebbe finito. - Aveva proprio ragione - disse Einar,
alzando nuovamente lo sguardo su Grelwan. - Io non sono come voi. Non
voglio esserlo. Ma soprattutto... Non vorrei trovarmi nei vostri panni
- - Come? Cosa vuoi dire? - ribatté l’altro. - Voglio dire che per
voi è la fine. Addio - Con quelle ultime parole, il Nessuno compì un
passo all’indietro. Strinse a sé, con ancora più forza, Elen. Durò un
solo, brevissimo istante. Quella sensazione di mancanza d'aria e, poi, la
caduta. I due ragazzi precipitarono giù per la fortezza, con il capo
rivolto verso il basso. Grelwan si slanciò verso il bordo, imprecando
violentemente. Oramai erano spariti dalla sua visuale. - E chi lo
sentirà, ora, Ilfrien... - fu l’unica cosa che gli passò per la
mente. Fece dietrofront e si avviò verso i portoni di
ingresso.
- Dici sul serio? - - Sì, tra pochi giorni preparerò
lo sbarco in massa di Heartless - Nathan, appoggiato alla sua enorme
ascia, scrutava il fratello con interesse. - Ottimo, io intanto avrò
finito con sta catapecchia... - indicando la Fortezza Oscura in pieno
decadimento. - ... E con Axander - terminò la frase Albaran. - Perché
sai cosa ti aspetta se non la farai finita immediatamente con lui - -
Vai tranquillo - sbadigliò Nathan. - Sarà un gioco da ragazzi - - Mi
fido. Ti abbiamo già dato più tempo del previsto - affermò Albaran, dando
le spalle al fratello e incamminandosi verso una delle strade di Radiant
Garden. - Io torno alla fortezza ad avvertire gli altri due - Il
Generale dei Venti se ne andò, lasciando Nathan ad annuire e a
ridacchiare. - Coraggio voi, continuate a darvi da fare! Stiamo
assottigliando le loro fila! - ordinò ai suoi Assalitori.
- Fermo,
fermo... Buono - Il cavallo nitrì, obbedendo al cavaliere. - I
margini della foresta sono un luogo adatto per riposarsi - disse Marcus,
scendendo da cavallo. Il soldato si era fermato all’inizio di una
vastissima foresta, la più grande tra le oasi del pianeta, dopo la vallata
dove sorgeva Linahar. Il sentiero si prolungava verso l’interno, in
mezzo a piante ed alberi di ogni genere, e scompariva nell’oscurità, nel
fitto della foresta. - Speriamo solo che non accada nulla durante la
sosta - pensò Marcus, iniziando a montare la tenda. Si sfilò la pesante
armatura argentata, buttandola con noncuranza a lato del destriero, e
cominciò a fissare i picchetti.
- Questo è il posto di controllo...
Caspita, quante battaglie che abbiamo combattuto qui - commentò
Pippo. I viaggiatori attraversarono il fiume che scorreva poco lontano
dal sentiero di montagna e dall’accampamento dell’esercito cinese. Si
diressero verso un ingresso, quello della strada principale che portava al
Palazzo dell’Imperatore. - Dista ancora molto? - chiese il Re. - No,
non molto... Per quanto mi ricordi - rispose Riku. Sora camminava in
testa al gruppetto. Aprì la porta in legno che stava all'entrata della
strada che conduceva in città e tutti assieme iniziarono a dirigersi verso
il palazzo. Tuttavia, Sora era turbato: non avevano ancora incontrato
Heartless, Nessuno o qualsiasi altra specie di nemico. Tutto ciò lo
insospettiva non poco.
- Lasciamo tutto nelle tue mani - Axander
annuì, osservando dal basso la gummiship pronta ad abbandonare Radiant
Garden. - Fate buon viaggio... E sperate che la gummiship che avete
trovato regga fino a destinazione - - Ho controllato io stesso ed è
tutto a posto - confermò Archimede. Leon e gli altri erano tutti a
bordo, data la grandezza della cabina di pilotaggio e dell’intera
nave. - Raggiungeremo Aerith e gli altri. Buona fortuna! - salutò
Cid. La gummiship decollò dapprima verticalmente e, una volta accesi i
motori posteriori, volò via. Axander si sedette su un cumulo di
macerie, guardandosi attorno. Era rimasto da solo in città, senza contare
i nemici che la infestavano. - Sora, fai in fretta - pensò. Nel
mentre, un gruppo di Assalitori stava avanzando silenziosamente alle sue
spalle. Il Guardiano, accortosi del pericolo, schioccò le dita ed
un'immensa vampata li avvolse, carbonizzandoli in una frazione di
secondo. Altri due Heartless gli apparvero davanti. - Siete davvero
una seccatura - Axander si alzò, allargando le braccia. Un sibilo solcò
l'aria e i due Assalitori rimasti furono eliminati, tagliati di netto a
metà. Le due alabarde piombate dal cielo eseguirono una rotazione attorno
ai corpi fumanti degli Heartless, per ritornare infine nelle mani del loro
padrone. - Che noia sti cosi... - si disse sbuffando. - Se vuoi
posso darti una mano io - proruppe una voce. Axander si voltò di
scatto, già pronto a riutilizzare le sue armi. - Prego? - domandò alla
volta di una figura ammantata che si ergeva in piedi su uno dei
tetti L’altro sorrise. Brandiva una lunga spada. - Basch, per
servirti. Anzi, per aiutarti
-
Capitolo 29 *** Capitolo 28: Ritorno a Radiant Garden ***
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Capitolo 28: Ritorno a Radiant
Garden
Sora si fermò davanti ai possenti
portoni del Palazzo Imperiale, osservandoli col naso all’insù. Dietro di
lui, Paperino, Pippo, Riku e il Re stavano arrivando alla conclusione di
una scarpinata durata oltre cinque chilometri. - Le porte sono chiuse e
non vogliono aprirci - disse Sora. - Quack! Che vuol dire? Si sono
dimenticati di noi? - esclamò Paperino. La faccenda era piuttosto
strana. Sora aveva provato a chiamare a gran voce qualche guardia o anche
solo un'anima pia che si offrisse di aprire l'ingresso. Non gli era però
giunta alcuna risposta. Non sapeva se lo stessero volutamente ignorando o
se non c'era realmente nessuno che potesse aiutarlo. Riku sorpassò i
compagni, dirigendosi verso le gigantesche porte in massiccio legno e
batté per tre volte i pugni. - Ehi, lì dentro! Nessuno vuole aprirci? -
domandò, urlando. - E' inutile, ci ho già provato io - affermò
Sora. Improvvisamente, una voce rispose all'appello di Riku. Forse era
finalmente giunto qualcuno. - Certo che no! Andatevene via se non
volete finire arrostiti! - - Mushu? - chiese Sora, riconoscendo la voce
del drago. Ad un certo punto, da dietro una roccia apparve una grande
fiammata e, subito dopo, un’imponente ombra si stagliò contro le mura del
palazzo. - Come fai a conoscere il mio nome, straniero? - domandò
Mushu, gesticolando e simulando il comportamento di un fiero dragone, quel
che lui non era affatto. Paperino, sbuffando, si avvicinò alla
roccia. - Siamo Sora, Paperino e Pippo, razza di inetto! Siamo stati
qui più di un anno fa e già ti sei dimenticato di noi? - L’ombra
assunse un posa pensante, portandosi una mano al mento. - Lo
starnazzare di questo papero non mi è nuovo - bofonchiò tra sé e sé,
ignorando completamente quello che gli aveva appena detto il mago. Sora
e Pippo si lanciarono in avanti, cercando di trattenere Paperino, il
quale, visibilmente irritato e con lo scettro tra le mani, aveva tutta
l’aria di voler disintegrare Mushu. - Sì, ora ricordo... Sora...
Paperino... E Pippo! Amici miei! - esclamò Mushu allargando le braccia al
cielo ed uscendo dal nascondiglio. - Ma cosa ci fate qui nei paraggi? Che
gioia rivedervi! - - E’ una lunga storia... Senti, sai dov’è Mulan? -
si informò il Custode del keyblade. - Sono tutti dentro le mura.
Aspetta, ora gli dico di aprirvi così potrete mettervi al riparo anche voi
- - Metterci al riparo? - intervenne Riku. - E da che cosa? - - Da
quei cosi neri... Ah, sì, gli Heartless - replicò Mushu. Gli altri si
guardarono con aria interrogativa e preoccupata al tempo stesso. -
Heartless? Non ne vediamo uno da un bel pezzo... E’ dal sentiero di
montagna che non incontriamo anima viva - fece notare Pippo. Non riuscì
a terminare la frase che, dal nulla, piombò una freccia che si conficcò
nel terreno a pochi centimetri da Sora. - No? E quelli cosa sono? -
urlò allarmato il drago, correndo verso i portoni. Sulla cima di una
collina poco distante si stava ammassando una schiera di Heartless Arcieri
che, una volta posizionatisi, tesero i loro piccoli archi e scoccarono
frecce a non finire. Con tempestività, Sora e Paperino lanciarono due
Reflex su tutto il gruppo proteggendolo dalla letale pioggia. Intanto,
Mushu era riuscito a far aprire le porte alle loro spalle e faceva segno
agli amici di entrare in tutta fretta. Uno alla volta, i viaggiatori
varcarono la soglia. Gli ultimi ad entrare furono, per l’appunto, Sora e
Paperino che, approfittando di una attimo di tregua da parte del plotone
avversario, abbassarono le armi e corsero per raggiungere gli altri. I
portoni si chiusero molto lentamente, tanto da permettere ad alcune frecce
di colpire la pavimentazione del cortile interno oppure di incastrarsi tra
le fenditure del legno col quale erano stati costruiti i portoni. -
Quando si parla di... Coincidenze... - borbottò fiaccamente Riku. Sora
sorrise, dandogli una pacca sulla spalla. - Coraggio, andiamo
dall’Imperatore. Di sicuro ci saranno anche il capitano e Mulan che ci
diranno sicuramente dove si trova la serratura - disse il ragazzo. Si
avviarono quindi su per la scalinata del Palazzo, guidati da
Mushu. Lungo tutto il perimetro delle mura vi erano dei soldati armati
con lance o con spade o con archi, pronti a difendere la roccaforte e il
loro sovrano. - L'Imperatore teme che possa accadere qualcosa di brutto
- spiegò Mushu. - Così ha dato ordine a tutti i soldati di difendere il
Palazzo Imperiale. Non dovete temere nulla, finché sarete qui al sicuro...
- Un tuono interruppe le parole del drago. Il cielo iniziò ad
oscurarsi. Tutti si fermarono, alzando lo sguardo al cielo. Iniziarono a
piovere fulmini, seguiti da imponenti rombi che riecheggiavano nell'aria.
Seguirono poi le prime gocce d’acqua. Un temporale si scatenò in
pochissimi istanti. - Maledizione! - fece Riku, cercando riparo
portandosi le mani sopra la testa. I compagni lo imitarono, tranne
Mushu, che era riuscito a sgattaiolare sino ai portici, sotto la
tettoia. Un fulmine si abbatté su una delle torri del perimetro
murario, senza infliggerle alcun danno. Tuttavia, un altro, più rapido e
violento, cadde davanti a Sora e ai suoi amici, creando un piccolo cratere
nella pavimentazione. - Diamine, che sta succedendo? - urlò il
Re. Dopo il fulmine non si udì un tuono, ma una risata. Sora volse
allora lo sguardo verso la cima del palazzo e, con enorme sorpresa mista a
terrore, si avvide di una figura oscura, con le braccia conserte, che
teneva gli occhi puntati su tutti loro. - Quale piacevole sorpresa! -
esclamò costui, dall'alto della sua postazione. - Tu! - urlò Sora,
stringendo i pugni. - Ilfrien! - - Sì, io - confermò il nuovo
giunto. Spiccò un salto verso l’alto per poi piombare a terra a pochi
metri da Sora. Come al solito, Ilfrien si sistemò i capelli dietro la
schiena e si aggiustò gli occhialini neri sul naso. Paperino e Pippo si
posizionarono pronti a partire all’attacco. Il Re e Riku estrassero i
keyblade, anche loro con le medesime intenzioni. Ma Sora, impugnando la
sua nuova Chiave, Ornamento, tese il braccio di lato come a volerli
bloccare. - Non abbiamo possibilità contro di lui, state fermi -
consigliò. Riku, in particolare, si stupì di quello che udì; l’amico
che gli diceva di non attaccare perché non ce l’avrebbero fatta. Pensò che
evidentemente, quello sconosciuto doveva essere un guerriero dal potere
immenso per suscitare quel timore nei loro cuori. - Sora, chi è lui? -
si azzardò a domandare Riku. - Non sarà proprio...? - - Sì, hai intuito
bene - annuì Sora, le tempie solcate da gocce di sudore freddo. - Lui è
Ilfrien, il Numero Uno della Legione Nera... Quello che mi ha battuto
negli Inferi e che mi ha quasi ridotto in fin di vita - Paperino e
Pippo sgranarono gli occhi e spalancarono le bocche, assaliti da un folle
timore. Topolino, invece, non perse la calma. - E' davvero lui Sora, ne
sei sicuro? - chiese conferma il Re. Non ce n'era bisogno, comunque.
Topolino riusciva a percepire, esattamente come gli altri, una sgradevole
sensazione che gli attanagliava l'animo e che infondeva nel suo cuore un
terrore forzato. Un terrore che se la volontà avesse ceduto per un solo
istante, li avrebbe distrutti. Si trattava di un potere terribile che
solamente un essere del livello di Ilfrien, che le leggende dipingevano
come il più potente tra i potenti, era in grado di usufruire. -
Sicurissimo - ribatté Sora. - Ve lo ripeto: non vi muovete, per nessuna
ragione al mondo - - Saggio, davvero molto saggio, Eroe del keyblade -
proferì Ilfrien, estraendo a sua volta l’enorme Chiave con cui era solito
combattere, e tenendola appoggiata alla sua spalla. - Che cosa vuole? -
domandò sottovoce il Re a Sora. Questi non rispose, ma in compenso
Ilfrien aveva sentito chiaramente e ci pensò lui stesso a chiarire ogni
cosa. - State cercando la serratura di questo mondo per sigillarla, se
non sbaglio. Vi dico già che è del tutto inutile - - Inutile? Come
sarebbe a dire? - sbottò Sora. - Datti una calmata, ragazzo. Avete
intrapreso una missione che si è rivelata un fallimento... Avete cercato
di salvare i mondi. Ebbene, non ci siete riusciti - continuò il Signore
delle Tempeste. Riku ringhiò, alzando il keyblade minacciosamente e
puntandolo contro il nemico. - Questo è ancora da vedere! - urlò. -
Certo e lo vedrai adesso - rise Ilfrien, schioccando le dita. I portoni
del palazzo crollarono verso l’interno e nel cortile si riverso una vasta
marea lucente, un immenso esercito di Heartless con armature dorate e
delle lunghe lance. - Mentre voi cercavate di mettere tutto al riparo,
io e i miei fratelli siamo riusciti a radunare l’esercito più grande sul
quale l’occhio umano si sia mai posato. Questo mondo, come molti altri,
verrà distrutto; compresi quelli che avete già sigillato. Gli abitanti
verranno dispersi nell'universo e tutto precipiterà nell'ombra - spiegò
Ilfrien. - Ma questo avverrà solamente dopo aver raso al suolo Linahar e
coloro che cercano di opporci resistenza - - Sei un folle! Una volta
che avrai distrutto tutto che cosa te ne farai del potere che hai
acquistato? - urlò Topolino. Nel frattempo, la pioggia si era fatta
sempre più insistente e i fulmini sempre più frequenti. Mushu era corso
dentro al palazzo, arrampicandosi su per una colonna. I soldati sulle mura
erano scesi nel cortile d'ingresso, pronti a respingere l'assalto
apportato dagli Heartless. - Io ricreerò tutto dal nulla grazie ai miei
nuovi poteri. E sarò l’unico e vero signore di tutti mondi! - rispose
Ilfrien, per poi scoppiare in una sonora risata. Alle loro spalle i
Lancieri Heartless avevano iniziato a distruggere le mura creando
scompiglio tra le fila dell’esercito cinese. - Voi, miei cari "amici",
siete arrivati alla fine del vostro viaggio - continuò Ilfrien. - Dite
addio a tutto ciò che di più caro possedete, poiché è giunta la vostra
ora! - Sora fece per scattare in avanti, ma qualcosa lo trattenne. Una
macchia scura si era aperta sotto i suoi piedi e, lentamente, l’oscurità
lo stava divorando. Esattamente come era successo sull’Isola, due anni
prima, quando erano apparsi per la prima volta gli Heartless. - Sora! -
gridò Paperino. Il ragazzo si voltò e vide che anche i suoi compagni
erano avvolti dall’oscurità, la quale li stava lentamente trascinando
verso il basso. Con ritmo via via più incalzante, ben presto, i
presenti si trovarono immersi fino alla gola dalle tenebre che prendevano
forma e consistenza sotto di loro. L’ultima cosa che videro fu Ilfrien
che, con un sorriso stampato sul volto, li osservava scomparire. - E'
stato divertente - Dopodiché, più nulla.
- Tutto quello che
abbiamo fatto fino ad ora è stato inutile... Loro distruggeranno tutto
ugualmente e non ci sarà più scampo per nessuno. E’ finita. Addio
Paperino, Pippo, Vostra Maestà. Addio Riku. Addio Kairi - Sora lottava
contro l’oscurità, dimenandosi. Non si trovava più nella Terra dei
Dragoni. Non si trovava più assieme ai suoi amici. Intorno a lui tutto era
buio, non vi era luce. Era solo e smarrito. Dopo un po’, smise di
dimenarsi perché le forze cominciavano a mancargli e si lasciò andare.
Chiuse gli occhi e si distese, lasciando che le ombre svolgessero il loro
lavoro. Stava davvero tutto per finire. Sora non poteva opporsi, era
spacciato. Non avrebbe mai immaginato che la sua fine sarebbe stata così
insulsa e priva di utilità. Non avrebbe mai immaginato di morire lontano
dagli occhi delle persone che più gli stavano a cuore. - Senza rivedere
Kairi... - Si trovò sul punto di piangere, di lasciarsi sopraffare,
oltre che dalle ombre, anche delle emozioni. - Ehi, tu! - Sora
riaprì gli occhi. Li sentiva già umidi. Cercò di trattenersi. - Afferra
la mia mano! - Con uno sforzo sovrumano il Custode alzò il braccio
sinistro in alto, senza sapere per bene cosa dovesse fare. Quasi
inaspettatamente, si sentì afferrato con forza per il polso e tirato verso
l’alto. L’oscurità iniziò a scivolargli di dosso e si sentì più libero nei
movimenti. Inoltre, ricominciò a riacquistare tutte le sue
energie. Alzò lo sguardo, vedendo che sopra di lui una luce iniziava ad
intensificarsi sempre di più, fino ad abbagliarlo. No. Non era ancora
giunta la fine. Qualcuno era corso in suo aiuto.
- Svegliati,
svegliati! - Sora aprì le palpebre. Ancora intontito, vedeva tutto
sfocato e non capiva dove era finito. Poi avvertì uno scossone che lo
svegliò completamente. - Chi? Come? Cosa? - saltò su spaventato. -
Alzati e vedi di darti una mossa - disse qualcuno, con tono tutt’altro che
amichevole. Il giovane lanciò un'occhaita nei dintorni e vide che c'era
una persona con lui. La prima cosa che gli venne in mente fu chiedergli
chi fosse. - Tu saresti...? - - Ma che ti importa chi sono, ti ho
detto di alzarti e di darti una mossa! Sei sordo per caso? - Sora non
ribatté e si alzò velocemente. Si guardò ancora una volta attorno,
grattandosi la testa. Erano all’interno di una casa semi distrutta,
completamente in pietra. Il tetto era crollato su se stesso e vi erano
macerie e detriti ovunque. - Dove siamo? - chiese Sora, avvicinandosi
alla porta. Appoggiò la mano sul pomello e sentì qualcosa scattare. Si
voltò verso destra e si accorse di avere una pistola puntata alla
tempia. - Non ci provare - mormorò lo sconosciuto. - Ma tu hai
detto... - - Prima, ho detto. Adesso stai fermo. Qua fuori pullula di
Heartless - L'individuo rinfoderò l’arma, dando un’occhiata fuori dalla
finestra. Sora lo fissò per qualche istante e l’altro se ne accorse. -
Beh... Che hai da guardare? - domandò con tono brusco. - Dimmi il tuo
nome - fece Sora, incrociando le braccia e sostenendo lo sguardo dello
sconosciuto. - Einar... - borbottò l'altro, riprendendo a guardare
fuori. - Io sono Sora - ribatté il Custode, indicandosi. - Sì, lo
sapevo già... - Einar si era tranquillizzato e aveva messo da parte i
modi bruschi di prima. Se ne stava accanto alla finestra, scrutando i
dintorni della casa in cui si erano rifugiati. - Lo sapevi? Non mi pare
di conoscerti, però - commentò Sora, pensoso. - Neanche io ti conosco,
però so chi sei - Sora si allontanò dalla porta, ritornando al suo
posto. Si sedette per terra, con la schiena appoggiata al muro e sospirò.
Sentì, in quello stesso istante, che qualcosa stava premendo contro la sua
spalla destra. - Ehi! - sobbalzò. Si accorse solo in un secondo
momento che quel peso che non riusciva a distinguere era in realtà il
corpo di una ragazza che si era appoggiata inconsciamente alla sua
spalla. - Gli Heartless se ne sono andati - sussurrò Einar. Il
Nessuno prese in braccio la ragazza, che pareva stesse dormendo, e si
avviò alla porta zoppicando. - Sei ferito, aspetta - gli fece notare
Sora. - Non è nulla. E' solo un graffio - - Forse è meglio se ce ne
stiamo qui, non puoi uscire in quelle condizioni - continuò Sora. - Ti
ho detto che non è nulla. Ora, ascoltami bene. Una volta usciti da qui
dovremo correre verso sinistra, sino alla porta sfondata. Da lì, inizia
una rampa di scale e dovremo percorrerle per raggiungere il piano
superiore della città - - Il piano superiore? Vuoi dire che... -
balbettò l’Eroe del keyblade. - Sì, siamo a Radiant Garden. Spero tu
abbia capito cosa dobbiamo fare - Sora non rispose, ma ad un certo
punto gli tornò alla mente qualcosa. Una lettera. La lettera che aveva
visto in mano ad Axander, alla Città di Mezzo. - Einar, ora ricordo...
Tu sei l’amico di Axander, se non ricordo male... - Stavolta fu l’altro
a non dare retta alle parole di Sora. - Tieniti pronto - si limitò a
rispondere. Con un calcio, il Nessuno sfondò la porta ormai tenuta su
per miracolo. Uscì con la ragazza tra le braccia, ancora priva di sensi,
seguito da Sora. - Non estrarre il keyblade. Gli Heartless lo avvertono
e... Attento! - urlò Einar all’improvviso. Sora si guardò alle spalle e
vide che dietro di lui un’imponente figura lo stava per attaccare. Aveva
la braccia sollevate sopra la testa, tese ad impugnare una grossa
arma. Sora rimase immobile, senza richiamare l’Ornamento. Udì degli
spari. I proiettili sibilarono a pochi centimetri dalle sue
orecchie. L’aggressore si bloccò, posizionando davanti a sé l’ascia e
respingendo tutti i proiettili. - Guarda, guarda. Oggi la fortuna è
dalla mia parte - rise l’uomo, vestito di nero. - Non ci contare,
Nathan - ringhiò Einar, che aveva estratto i suoi Encharger. - Levati dai
piedi - - Per proseguire, dovrai prima ammazzarmi -
Elen era seduta per terra, con la schiena
appoggiata al muro esterno di una casa. Davanti a lei si ergeva Einar che
impugnava entrambi gli Encharger. Li teneva puntati verso il nemico;
Nathan era in posizione di guardia e reggeva saldamente la sua ascia
bipenne con entrambe le mani, le gambe leggermente divaricate e le iridi
fisse su chi gli si parava innanzi. Tra i due stava Sora, immobile e
disarmato. Si sentiva stranamente a disagio e iniziava a sudare freddo.
Con uno sguardo pieno di sgomento scrutava Nathan che sembrava pronto ad
affettarlo da un momento all’altro e, nel contempo, cercava con la coda
dell’occhio di vedere cosa stesse facendo alle sue spalle l’altro
ragazzo. Il possente Guerriero, con una mano sola, fece roteare per
aria la grossa ascia. - L'eroe del keyblade... Il traditore... La
ragazza... - disse Nathan, scrutando ciascuno degli astanti. - Sarà un
ottimo bottino - Einar piegò la testa verso destra e poi verso
sinistra, tenendo sempre le braccia tese davanti a lui. - L'eroe del
keyblade te lo lascio volentieri. Ma prima che tu riesca ad arrivare alla
ragazza, io ti avrò già spedito all’altro mondo - ribatté il Nessuno con
tono di voce piuttosto tetro. Nathan rise di gusto, senza smettere di
far roteare le sue pesante arma. - Ehi, vacci piano! - esclamò Sora,
voltandosi all’improvviso. A seguito di quel gesto, iniziò lo
scontro. Il Quinto della Legione scattò in avanti, pronto a colpire e a
finire con un unico e micidiale tondo il malcapitato Custode. Nello stesso
istante, Einar corse verso Sora. Raggiunto il giovane, gli diede una
spallata, facendolo rovinare a terra di lato. Non c'era bisogno di lui.
Era una faccenda tra Einar e la Legione. Il giovine saltò in tempo sul
piatto della lama avversaria e, con una spinta, balzò su un tetto nelle
vicinanze. Accovacciato su un comignolo, prese a sparare verso Nathan con
rapidità e precisione. Ma ciò non bastò, poiché il Guerriero si scansava
continuamente, alla medesima velocità di Grelwan, evitandoli con estrema
tranquillità. - Tutto qui? - ghignò. Lanciò, a quel punto, la sua
ascia facendola roteare come un boomerang contro Einar. Nonostante le
gravi ferite, i riflessi del ragazzo erano ancora ottimi. Einar si alzò
facendo perno sulle gambe ed evitò l’ascia, la quale tranciò di netto,
come fosse stato burro, il comignolo sul quale si era posizionato. A
mezz’aria, il Nessuno aprì nuovamente il fuoco sull’uomo più in basso.
Questi, alzando il braccio destro davanti a sé, innalzò una barriera di
roccia che si fondeva col terreno e sulla quale i proiettili rimbalzarono.
Einar non demorse e continuò, preso più dalla furia che dalla lucidità,
presentando attacchi del tutto inutili contro l’impenetrabile barriera
nemica. - Hai intenzione di andare avanti per molto? - domandò Nathan,
alzando la voce per farsi sentire al di sopra della raffica di
pallottole. L’altro non rispose. Sceso finalmente a terra, prese a
correre attorno al nemico cercando un qualche punto debole nella barriera.
Ma non c’era verso: qualsiasi cosa si fosse avvicinata da qualsiasi
direzione avrebbe urtato contro la nuda e fredda roccia. Inoltre, si
aggiunse anche un altro problema: le munizioni erano finite. -
Maledizione! - imprecò Einar, premendo inutilmente i grilletti. Se ne
accorse anche Nathan che, impugnata l’ascia, avanzò senza perdere un
istante e con un fendente cercò di colpire l'avversario ormai
disarmato. Einar si scansò però in tempo. Nathan iniziò allora una
serie di fendenti che colpirono violentemente il suolo, creando profonde
crepe seguite da devastanti onde d’urto che frantumavano qualsiasi cosa
fosse capitata a tiro. Einar indietreggiò, balzo dopo balzo, finché non
perse l’equilibrio inciampando su una pietra. Il Guerriero si erse davanti
di lui, alzando l’ascia sopra la sua testa. - Addio, Nessuno! - La
lama calò con rapidità, ma non raggiunse il bersaglio. - Che diavolo? -
esclamò stupefatto Nathan, accorgendosi che era stato fermato da
qualcosa. Sora aveva estratto e stava reggendo il keyblade, una mano
sull’impugnatura e l’altra che supportava la lama della Chiave. - Tu,
moccioso! Ti insegno io ad intrometterti! - sbottò furibondo
Nathan. Ruotò il polso facendo forza sull’Ornamento e gettò di lato il
Custode come se si fosse trattato di una foglia secca. Con una capriola,
tuttavia, Sora riprese l’equilibrio e si gettò sul nemico colpendolo
inaspettatamente con una mossa fenomenale. Nathan avvertì il colpo il
pieno stomaco e fece un volo di cinque metri urtando contro una parete di
pietre che cedette e lo sommerse per intero. Sora, con il fiatone,
tenne gli occhi fissi sul nemico che con ogni probabilità si sarebbe
rialzato, più infuriato che mai. E in effetti, così accadde. Le pietre
furono scagliate ad elevata velocità contro Sora che riuscì ad evitarle
per un soffio, colpendone alcune al volo con la sua arma. Dalle macerie si
rialzò Nathan che in quegli attimi pareva più bestia che uomo. Sferrò un
pugno alle sue spalle sfondando il muro dell’ultima catapecchia rimasta in
piedi e riducendola in polvere. Poi prese ad avanzare contro Sora. Ad
ogni passo, la terra tremava e si formavano delle spaccature sotto i suoi
piedi. In volto, i suoi occhi erano diventati talmente chiari che l’iride
pareva inesistente e il suo colore sfumava nel bianco della cornea. Le
sopracciglia profondamente inarcate e un ringhio spaventoso contribuivano
a dargli un aspetto terrificante. Ad ogni passo, l’andatura aumentava,
finché non fu chiaro che stava caricando direttamente Sora con tutta al
forza bruta che aveva a disposizione. All’ultimo, fece apparire la sua
ascia e, tenendola con la sola mano destra, la schiantò al suolo a pochi
centimetri da Sora che venne sbalzato via dallo spostamento d'aria. Il
keyblader si rialzò all’istante, più determinato che mai. - Non mi hai
fatto niente, ammasso di muscoli... - Partì al contrattacco con il
keyblade sguainato, impugnandolo con entrambe le mani. Cercò un affondo
diretto, ma Nathan si spostò di lato e gli lanciò addosso la sua ascia che
venne respinta tempestivamente. Sora continuò ad attaccare, parare e
schivare come meglio poteva. Riuscì a reggere il ritmo per diversi minuti,
ma, alla fine, il Guerriero lo colse alla sprovvista con un montante
micidiale che sembrò metterlo definitivamente al tappeto. Sora,
sdraiato a terra e senza più keyblade con cui difendersi, fissò l’uomo che
si stava avvicinando. - E ora... Il colpo di grazia! - esultò
Nathan. Alzò l’ascia al cielo e, con un possente urlo, la calò di
colpo. Qualcosa però andò storto, dato che Einar era riuscito a rialzarsi
e, con le ultime forze, gli aveva dato una spallata facendogli perdere
l’equilibrio e la mira. Il ragazzo posò un ginocchio a terra, stremato.
Reduce dal precedente scontro, sentiva che lentamente le energie lo
stavano abbandonando. Si reggeva una spalla con la mano opposta e
respirava a fatica. Nathan piantò i piedi per terra, innervosito per
l'interruzione. Si voltò improvvisamente e colpì di netto Einar con la
lama dell'ascia. Il Nessuno fu sbattuto a terra, scivolando ed
accasciandosi senza un lamento. - Sporco traditore, ti darò una bella
lezione - urlò Nathan. Stava caricando il braccio per compiere l’ultimo
fendente che si sarebbe abbattuto sul collo del Nessuno quando fu
scaraventato, tutt'a un tratto, al suolo. Sora, di nuovo in piedi, era
riuscito solamente a vedere una sfera infuocata che aveva centrato Nathan
alla schiena e che un’ombra si era volatilizzata all’istante. -
Impossibile... Chi può essere stato...? - si chiese. Il gigante non
mollò e si rialzò ancora una volta. - Lo sapevo che saresti arrivato! -
tuonò verso il nuovo giunto, che ancora non si faceva vedere. - Heartless!
- Al suo richiamo, uno squadrone di Assalitori spuntò dal nulla. In
tutto erano una ventina, in formazione compatta. Con un cenno della
mano del loro padrone, gli Heartless si avventarono su Sora che, nel
mentre, si era avvicinato ad Einar e lo aveva sollevato per portarlo al
sicuro. - Oh, no! - Vedendosi arrivare addosso gli Heartless, diede
loro la schiena, chiudendo gli occhi ed abbassandosi, preparandosi così al
peggio. Tutto quello che udì fu solamente un forte sibilo. - Putridi
esseri, sono ovunque! - esclamò qualcuno. A coprire le spalle a Sora
era intervenuto uno spadaccino, alto, biondo, con una cicatrice che
attraversava il sopracciglio sinistro. Aveva con sé una spada lunga, di
pregiata fattura. Si voltò verso Sora, dopo essersi sbarazzato in pochi
secondi di tutti gli Assalitori. - Svelto, ragazzo! Mettiti al riparo,
prima che finisca male - consigliò costui, accostandosi e aiutando Sora a
trasportare Einar vicino ad Elen, lontano dalla lotta che stava per
riprendere; stavolta con un nuovo contendente. Una volta arrivati alla
parete esterna della casa abbandonata precedentemente, adagiarono il
Nessuno per terra. Era ridotto male. La sua giacca era completamente
lacerata e una lente degli occhiali era stata ridotta in frantumi. - Il
mio nome è Basch - si presentò da solo lo spadaccino. - Sora - rispose
semplicemente il Custode. - Ottimo, Sora. Adesso, stattene qui, che al
bestione di pensa un mio amico - - Un tuo amico? - domandò il
ragazzo. - Osserva - Una scossa percosse il piano della città
creando interminabili spaccature lungo tutti gli edifici. Il Custode del
keyblade poté ben presto constatare che Basch aveva ragione. - Axander!
- urlò Nathan. - Sei sempre stato un vigliacco! Vieni fuori in modo che
possa distruggerti più rapidamente e senza troppe sofferenze! - Una
vampata rubiconda scaturì dal terreno, intensificandosi alle spalle di
Nathan. Axander comparve all'interno di essa, con le sue lunghe alabarde
argentate strette tra le mani. - Che aspetti allora. Vieni avanti -
proferì Axander, serissimo in volto, tanto da incutere timore persino a
chi lo conosceva, persino a Sora. Senza farselo ripetere due volte,
sicuro di sé, Nathan si avventò sul Guardiano con uno dei suoi famosi
fendenti; veloce, potente e letale, così si presentava il colpo che stava
per sferrare. La forza che racchiuse in esso era pari, se non superiore, a
quella che aveva sconfitto Einar. All’ultimo istante, Axander, sparì
nel nulla lasciando sbigottito l’assalitore e lasciando che l’ascia si
schiantasse al suolo. - Ho usato lo stesso stratagemma con Sora. Ma
pensavo che tu fossi più agile - Il Guerriero non fece in tempo a
voltarsi che il fratello si era già materializzato a pochissima distanza
da lui ed aveva già caricato l'alabarda destra. - No... Non puoi! -
gridò Nathan. - Invece sì - replicò freddamente Axander. La sua arma
fu avvolta dalle fiamme e saettò verso la schiena di Nathan. Fu un tondo
perfetto dalla traiettoria liscia e impeccabile. Da sinistra verso destra,
la lama dell'alabarda investì il nemico con tutta la sua potenza e
scatenando il vero potere del fuoco. - Maledizione! Non può essere...
Argh! - Nathan cadde a terra, il corpo avvolto da una prorompente
fiammata distruttiva. Le fiamme scomparvero quasi immediatamente. -
P-Perché? - balbettò il vinto. - Non dovevo perdere così... Miseramente...
- Axander lo scrutò dall'alto verso il basso. Ci fu silenzio. - Tu
eri nostro fratello... - biascicò Nathan. - Ilfrien te la farà pagare...
Tu e i tuoi patetici amichetti... Soffrirete... Patirete le pene più...
- Nathan si zittì senza terminare la frase, esalando l'ultimo respiro.
Iniziò a dissolversi in una nube nera come la pece. Nessun urlo di dolore
accompagnò la sua scomparsa, seguita da un’ennesima scossa di
terremoto. Il Guerriero della Roccia, Quinto della Legione, era stato
sconfitto. Al posto del suo cadavere, si era creata un'immensa
voragine.
- Presto vieni qui - si sbracciò Basch. Axander corse
verso il gruppetto. In un primo attimo neanche fece caso a Sora. Si
avvicinò, dunque, immobilizzandosi subito dopo. Gli occhi sbarrati e
l’espressione preoccupata davano l’idea che sarebbe scoppiato in lacrime
da un momento all'altro. Si inginocchiò, osservando i due amici privi di
sensi. - Li conosci? - chiese lo spadaccino. Non ricevette risposta.
Axander era troppo occupato a capire in che condizioni versavano Einar ed
Elen. Ad un certo punto, il Nessuno tossì destando l'interesse dei
presenti. - A... Axan... der... - balbettò Einar, cercando di sollevare
una mano. - Fermo, non ti sforzare - gli disse l’amico con voce
tremante. - Stai tranquillo e cerca di recuperare le forze - - No...
Ormai è finita per me... - continuò l’altro. - Prima di andarmene...
Voglio dirti una cosa... - - Ti ascolto - - Ilfrien... Ha intenzione
di mandare... Il suo esercito... a Linahar... - Basch si impietrì,
mentre Sora si era affiancato ad Axander. - Ne sei sicuro? E come lo
sai? - gli chiese il Guardiano. Einar fece una pausa, abbassando lo
sguardo. - Sono stato io... Io li ho condotti da Elen... E quando la
presero, gli indicai la strada per giungere alla vostra isola... Mi
promisero... Mi promisero che mi avrebbero aiutato, Axander... Io cercavo
Kingdom Hearts, come loro... Non sono riuscito a resistere... - Gli
altri taquero. Basch si era allontanato, scosso nell’aver udito quelle
parole riguardo alla sua città natale. Sora non diceva nulla, ma sembrava
comunque condividere quel dolore che stava affliggendo Axander. Aveva lo
sguardo fisso nel vuoto, perso in un punto imprecisato del terreno. -
Mi dispiace... - mormorò Einar, respirando a fatica. Intanto, la
ragazza lì affianco aveva aperto lentamente gli occhi, riprendendosi.
Spaesata, si portò una mano alla tempia e si guardò attorno. "Dove
sono?" pensò. "Che posto è questo?" Vagando con lo sguardo, la sua
attenzione ricadde ben presto sul gruppetto che si era ammassato alla sua
destra. Riconobbe subito i due amici e si coprì la bocca, con aria
spaventata. - No! - gridò. Alzandosi in fretta, si precipitò da
Einar, ansimante. Il ragazzo girò di scatto la testa. - Elen... -
sorrise appena. - Perdonami... Per quello che ti ho fatto... E perdonami
anche tu, Axander... Io... Io... - Con un movimento lento, la mano di
Einar si adagiò sul petto, verso sinistra. Proprio lì, dove una volta si
trovava ciò che aveva perduto per sempre e che, stoltamente, aveva pensato
di recuperare. - Einar! - Aveva capito a sue spese che gli amici
erano il suo vero cuore. Troppo tardi, però. Troppo tardi per poter
tornare indietro. Chiuse gli occhi, per poi dissolversi nel nulla,
andandosene.
Axander si rialzò, con aria abbattuta.
Sospirò, tenendo la testa bassa. - Addio, amico mio... - lo salutò
sottovoce. Subito, qualcuno gli arrivò addosso; era Elen che piangeva
per la scomparsa di Einar. Abbracciò Axander, con il viso rigato dalle
lacrime. Gli appoggiò la testa sul petto, singhiozzando
ininterrottamente. - No... No... - continuava a ripetere. - Non ci
credo... Ditemi che è un incubo! - Il Guardiano non disse nulla e si
limitò a ricambiare l’abbraccio, tentando di consolare l’amica come meglio
poteva. Ma non fu affatto facile. Poco distanti, Sora e Basch
osservavano la scena. Anche loro avevano il morale a terra. Il ragazzo
si era appena separato bruscamente dai suoi amici e non sapeva se li
avrebbe rivisti presto o tardi. Basch, d’altro canto, era ancora scosso
per aver appreso da Einar, in fin di vita, che la sua città stava per
essere vittima di un massiccio attacco da parte delle forze oscure. -
Coraggio. Ora non c’è più niente che possiamo fare per lui - concluse
Axander. Ma Elen non lo ascoltò. Si scostò quel tanto che bastava per
poterlo vedere in volto. Lui era visibilmente più alto di lei e fu
costretto a tenere il capo chino per poter fissarla negli occhi. Il suo
sguardo, gelido e duro come sempre sembrò spegnersi per lasciare spazio
alla tristezza. Non si dissero nulla. Si fissarono solamente per
interminabili secondi. Poi, la ragazza si si scostò del tutto,
indietreggiando. - Sii sincero. Tu non lo hai perdonato... - disse
Elen. Axander, sulle prime, non rispose. In volto, ritornò severo e
freddo. Alzò lo sguardo, stringendo i pugni. - Perché lo avrei dovuto
perdonare? Guarda cosa ha fatto! - tuonò improvvisamente, preso dalla
collera e dalla voglia di sfogarsi. - E' colpa sua se tu sei stata rapita!
E' colpa sua se Ilfrien e gli altri sono dove sono ora! E sarà solo colpa
sua se il male imperverserà su tutti i mondi! Lui lo ha permesso! - -
Come puoi dire certe cose! - gli urlò la ragazza. - Era pur sempre nostro
amico, Axander! Almeno si è reso conto di aver sbagliato e ha cercato di
rimediare! Lui in realtà non ci ha mai abbandonati del tutto! Sei senza
cuore! - - No, lui era senza cuore... - ribatté seccato Axander. Non
aveva più voglia di sentire quelle sciocche lamentele. A quel punto,
Elen non si trattenne più. Cercò di evitare di piangere ancora. I suoi
occhi si colmarono di una rabbia calma e profonda. - Non credevo
potessi fare certe affermazioni, Axander... - disse la ragazza - Eravate
amici... Eravate miei amici... Non hai nessun rispetto per gli altri
- Ci fu un attimo di silenzio. Axander fece finta di non aver sentito
nulla del rimprovero che gli aveva fatto l'amica. Sinceramente, non gli
importava che cosa pensasse. A lui bastava che lei fosse in salvo. - Io
ti odio! - gridò infine Elen. Axander non si scompose. Non fiatò, né
aggiunse altro. Sora e Basch continuarono a rimanere in disparte.
D’altronde, non era affar loro. In seguito, Elen diede loro le spalle e
corse verso la porta del livello, scomparendo alla loro vista. - Tutto
a posto? - chiese Sora, con le mani dietro la testa. L’amico sospirò,
voltandosi verso di lui. - No, affatto - gli rispose. Axander guardò
il Custode per alcuni attimi. Diede una veloce occhiata nei dintorni e
ritornò su Sora. - Scusa, ma gli altri dove sono? Avete già chiuso
tutte le serrature? - domandò avvicinandosi al ragazzo. - Perché mi
chiedete quasi tutti le stesse cose? - fece Sora sbuffando, ma accennando
un lieve sorriso. - Ora vi spiego... -
In pochi minuti, Sora fece
un breve riassunto di quanto era accaduto dalla partenza da Radiant
Garden. I due ascoltatori si scambiarono un’occhiata, sconcertati. -
Questo è un bel problema. Mi dispiace, Sora, per Riku e gli altri... - gli
disse Axander. - Oh, non ti preoccupare - fece il ragazzo scuotendo il
capo. - Qualcosa mi dice che stanno benone e che li rivedremo presto. In
fondo, se la sanno cavare alla grande! - - Spero proprio che tu abbia
ragione - confessò Axander. Basch, che fino a quel momento non aveva
aperto bocca, si fece avanti. - Ora che facciamo? Sembra che qui
abbiamo finito - - Adesso che mi ci fai pensare, sì. Nathan è stato
sconfitto e non vedo più Heartless - constatò il Guardiano, scrutando
nelle vicinanze con circospezione. Tutt'a un tratto, però, si udì un
urlo in lontananza. - Elen! - esclamò Axander. - Parli di loro ed
eccoli in agguato - commentò Basch, estraendo la sua lunga spada. Sora
scattò in avanti, sorpassando i due. - Sbrighiamoci! - esortò gli
altri, facendo apparire il keyblade nella mano destra. Axander lo
rincorse, seguito da Basch. Con destrezza ed un veloce movimento delle
braccia, si ritrovò in breve ad impugnare le sue fedeli alabarde. Sora,
che conduceva il trio, arrivò per primo alla porta del livello e vide
dirigersi a tutta velocità verso di lui una salva di frecce. Si gettò in
avanti, abbassandosi, e queste gli passarono sopra la schiena per andare a
frantumarsi senza alcun effetto sulla difesa di Axander: le sue due armi
avevano preso a roteare furiosamente fungendo da scudi. Poco più in là,
oltre le porte distrutte, un gruppetto di Shadows stava circondando Elen,
la quale indietreggiava verso il muro cedendo terreno alle piccole ma
temibili creature. Una di queste cercò di balzare su di lei, ma fu fermata
dal keyblade lanciato da Sora. Il giovane si parò immediatamente davanti a
lei per proteggerla. - Stai bene? - le chiese, tenendo l'attenzione
fissa sugli Heartless. - S-Sì - balbettò Elen, crollando in
ginocchio. Gli altri Shadows si lanciarono a loro volta in un attacco
suicida. Un colpo, poi un altro ed un altro ancora. Prima un fendente, poi
un montante e di nuovo un altro fendente. Furono spazzati via in pochi
secondi dalla furia dell'Ornamento. - Sora, sta attento! - lo avvertì
Axander, dopo aver eliminato con una fiammata gli Arcieri che presidiavano
l’entrata e che avevano impedito a lui e a Basch di raggiungere
Sora. Il ragazzo si voltò verso la sua sinistra. Tre grossi Heartless,
armati di spada, stavano scendendo in picchiata su di lui. Erano
Invisibili. Sembravano dei demoni alati, imponenti, che reggevano lucenti
spade affilate. Uno di essi, troppo avventatamente, si gettò su Sora che
fu rapido ad individuarne il punto debole e a distruggerlo in poche, ma
precise mosse. Gli altri due, vedendo la fine che aveva fatto il loro
compagno, attaccarono da lati differenti circondando il Custode della
Chiave. Questi, con lucidità, riuscì a schivare un loro affondo e a
lanciarsi all’attacco tranquillamente, dal momento che si era accorto di
non essere solo: Basch era arrivato in tempo per fermare il secondo
Invisibile, incrociando la sua lama con quella nemica. Sora non ebbe
molto successo, dato che il suo avversario parò tutti i colpi e si
apprestava a passare al contrattacco. Ad un certo punto, l'Heartless
conficcò la spada nel terreno e scomparve. Una serie di fiammelle scure
iniziarono a roteare vorticosamente attorno all’arma per poi spostarsi
all’istante sul ragazzo. Sora cominciò a correre cercando di
togliersele di dosso. Lanciò su se stesso un Reflex proprio mentre le
fiammelle stavano per restringere il cerchio. Esse si dissolsero
all’impatto con la barriera e l’Invisibile ricomparve accanto alla sua
spada, impugnandola nuovamente. Stavolta, fu tuttavia accolto da una
sgradita sorpresa; Sora lo trafisse con il keyblade in pieno petto,
sconfiggendolo. Lo stesso accadde a Basch che riuscì ad uscire illeso
dallo scontro. ANche l'altro Invisibile se n'era andato con un urlo
silenzioso. - E’ meglio levarsi di qui - propose il guerriero. Sora
annuì ed entrambi si diressero velocissimi su per le scale e svoltarono a
sinistra, verso l’entrata che portava all’ultimo livello della cittadina
dove si trovava la casa di Merlino. - Dov’è Axander? - chiese Sora,
mentre correva su per i gradini. - Ha preso la ragazza e ci ha
preceduti - rispose Basch. Giunti alla porta, la varcarono
attraversando la fessura tra le lamiere di ferro provocata dall’ascia di
Nathan. Continuarono ad avanzare velocemente verso la casa del mago e, una
volta raggiunta, si fermarono. -Che cosa è successo? - chiese il
Custode. La parete dell’abitazione era crollata sulle sue stesse
fondamenta. Si riuscivano chiaramente a vedere le cataste di libri tutti
strappati e il computer di Cid andato in frantumi. La lavagna era
spaccata, finita contro un tavolo. In fondo, l’apparecchio con cui erano
partiti Sora e compagni era spento e gravemente danneggiato. - Sempre
gli Heartless. L’hanno combinata grossa... Chissà come hanno fatto quei
tipi a renderli così malvagi e assetati di distruzione... - rifletté
Basch. - Cosa vuoi dire? - - Non sembrano più Heartless - - In
effetti... Ehi, guarda là! - esclamò improvvisamenteSora, indicando
l’ingresso del borgo. Una marea di Shadows aveva fatto irruzione dal
portone in ferro. Avanzavano come un’enorme chiazza oscura verso il
mercato. - Facciamo in fretta, vieni! - disse l’uomo, iniziando a
correre. Sora gli stette dietro. Alle loro calcagna, centinaia di
Heartless spingevano e si strattonavano nell’inseguimento. Erano talmente
numerosi che la strada non li conteneva tutti e molti si arrampicavano
sulle case per poter acquisire vantaggio sugli inseguitori. - Ecco la
piazzetta del mercato! - urlò Basch. I due saltarono giù per il muretto
fermandosi al centro dello spiazzo. Poco dopo, sulle loro teste, si
presentò una grossa gummiship allungata, dal muso appiattito e dal colore
rosso fiammeggiante. Sora e Basch si spostarono dal centro e lasciarono
che la navetta si abbassasse quel tanto che bastava per poter permettere
loro di salire a bordo. Axander, dalla cabina di pilotaggio, gli fece
cenno che non c’era un minuto da perdere e abbassò una piccola
rampa. Nel frattempo, gli Heartless avevano raggiunto la piazzetta. Ma
era ormai troppo tardi. Quando arrivarono, i due fuggitivi erano riusciti
a salire al volo e la gummiship si stava allontanando da terra. Axander
accese i motori al massimo della loro potenza e si allontanarono così, in
un batter d’occhio, da Radiant Garden.
- Ci dirigeremo a Linahar -
esordì Basch. - Sì, ho già impostato la rotta - rispose
Axander. Entrambi erano seduti l'uno accanto all’altro, nella cabina di
pilotaggio. - Se avremo fortuna, riusciremo ad evitare le flotte di
Heartless - continuò Basch, indicando sul radar i vari punti dove erano
posizionate le navi ammiraglie della flotta oscura. - Però... Niente
male - commentò l’altro osservando le grosse macchie sul monitor. -
Già, e stanno tutte confluendo verso un unico punto - - Fammi
pensare... Una volta arrivate a Linahar, non potranno sbarcare di certo.
Per quel che mi ricordo è alquanto difficile sbarcare in quel punto senza
difficoltà - - Infatti dobbiamo sperare che quell'esercito ci attacchi
via terra. E’ l’unica soluzione - Axander staccò gli occhi dal monitor
e guardò dritto davanti a sé. Stavano viaggiando nello spazio aperto e le
uniche cose che si potevano notare erano le stelle ed i vari pianeti,
disseminati qua e là come tante biglie su di un’infinita spiaggia
nera. - Non mi hai ancora detto perché sei venuto a cercarmi - Basch
ci pensò un attimo. Non sapeva il vero motivo per cui era stato incaricato
di trovare Axander. - Il mio sovrano mi ha dato le coordinate per
Radiant Garden e io mi sono recato là. Presumo che vi conosciate
- Axander tamburellò con le dita sul bracciale del sedile. - Come
no, certo che lo conosco il vecchio Alames -
Sora entrò in una
delle cabine secondarie. Si osservò attorno per qualche secondo, anche se
c'era ben poco da vedere. Era una stanzetta strettissima con un letto a
castello, quasi uno sgabuzzino. Elen era seduta sul letto più in basso,
tenendosi le mani e fissando con espressione vuota il pavimento. Si era,
però, destata non appena Sora aveva fatto il suo ingresso. - Grazie -
esordì la ragazza. Sora volse il suo sguardo verso Elen. - Come?
- - Ti volevo ringraziare per essere venuto in mio aiuto - ribadì Elen,
con un lieve sorriso. Il ragazzo sorrise a sua volta. - Non c’è di
che - I due rimasero un attimo in silenzio, senza guardarsi. -
Allora... Tu devi essere Sora - riprese la parola Elen. - Sì, sono
proprio io - confermò il Custode. - Ti ho riconosciuto subito -
continuò la ragazza, alzandosi ed avvicinandosi a lui. - Riconosciuto?
- chiese sorpreso. - Ma... - - Kairi mi ha parlato molto di te - A
quel punto, il volto di Sora si illuminò. - Kairi?! Tu... Tu l’hai
vista? Volevo dire... Sta bene? - domandò confusamente. Elen annuì
brevemente, divertita dalla faccia di Sora e dalla sua eccitazione per
aver appreso la notizia. - Sì! Kairi sta bene! Sì! - esultò Sora,
urlando per la gioia. - Non riesco a crederci! Temevo gli fosse successo
qualcosa di terribile, ma dopo quello che ho sentito non sono più in me!
- Elen si mise a ridere definitvamente nel vedere Sora così allegro.
Sembrava condividere la sua stessa gioia, nonostante lei avesse appena
perso un suo caro amico. - Ovviamente, finché sarà in quella fortezza
non sarà al sicuro - pensò Sora. - Ma vedrai che ti salveremo, Kairi, è
una promessa! - - Ehi, voi due - li interruppe Basch, facendo irruzione
dalla porta. Sia Sora che Elen si girarono di colpo, zittendosi
all'istante. - Tenetevi pronti, stiamo per atterrare -
Ricordatevi di lasciare un commento, se riuscite! Un grazie a chi continua a seguire la fiction ^^
Capitolo 32 *** Capitolo 31: Atterraggio di fortuna ***
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Capitolo 31: Atterraggio di
fortuna
Axander fischiettava con noncuranza mentre
era intento a trafficare con i comandi. Si trovava a suo agio con la
cloche della gummiship tra le mani e si era sempre dimostrato un pilota di
un certo calibro. - Vediamo un po’... Questo... Quello... - mormorava,
cercando di indirizzare la nave sulle coordinate corrette. Dopo qualche
secondo, Axanderalzò lo sguardo gettando un'occhiata all'esterno. - Uh?
- Si sporse oltre il suo sedile per poter osservare meglio fuori
dall’abitacolo. Ciò che gli si parava davanti non gli piaceva affatto.
Doveva subito fare qualcosa per impedire un probabile disastro. - Oh,
dannazione! Dannazione! - imprecò sottovoce. Afferrò velocemente la
cloche con entrambe le mani e iniziò a virare bruscamente verso
destra. - Reggetevi, signori! Manovra evasiva! - urlò, senza
distogliere l’attenzione da ciò che stava facendo. Fuori si poteva
vedere il pianeta sul quale sarebbero dovuti atterrare. Era enorme. Un
vastissimo globo senza limiti. E tra la gummiship e quel pianeta vi era un
solo ostacolo: due gigantesche macchie nere. Esse erano in realtà due
gigantesche navi da battaglia recanti sulle fiancate lo stemma degli
Heartless. Giacevano fluttuanti nel vuoto, circondate da centinaia di
puntini neri tutti ammassati attorno a loro; gummiship, sempre di
Heartless. Sembravano in attesa di qualcosa. O di qualcuno. Axander si
accorse ben presto che quelle due navi che parevano immobili si stavano
lentamente voltando verso la loro gummiship; in qualche modo era stata
scoperta la loro fuga da Radiant Garden. - Axander! - Basch fece
irruzione nella cabina di pilotaggio, con un'espressione di sgomento e di
preoccupazione. - Abbiamo visite - disse Axander con una calma
sovrannaturale. - Lo vedo... E questo non è un bene... - mormorò Basch,
scrutando le navi da battaglia. - Hai detto ai due di là di reggersi
forte? - - Sì, li ho avvertiti di prepararsi all’atterrag...
- Qualcosa colpì violentemente un motore della gummiship e Basch,
perdendo l’equilibrio, ruzzolò a terra lamentandosi. - Questi
Heartless... Pazientare un attimo, no? - ridacchiò Axander. Le navi
avversarie avevano iniziato ad aprire il fuoco. Una pioggia di laser si
abbatté sulla navicella, facendola tentennare per qualche istante fino a
che Axander non riuscì a riprendere completamente il controllo del mezzo.
Con incredibile destrezza riuscì ad evitare gran parte dei colpi nemici,
compiendo audaci acrobazie aeree degne di un esperto aviatore. - Basch,
siediti e apri il fuoco al mio comando - ordinò all’amico. Questi si
rialzò velocemente e si sedette al volo, scavalcando lo schienale del suo
sedile. Si allacciò la cintura e si preparò ad eventuali istruzioni da
parte del pilota. La gummiship si stava velocemente avvicinando al
pianeta, ma di tanto in tanto era costretta a rallentare a causa delle
virate per evitare i laser. Per giunta, erano partite all’attacco anche le
navi Heartless più piccole, dei caccia leggeri. - Pronto... - fece
Axander, al massimo della concentrazione. Attuò altre manovre evasive
per schivare i continui tentativi dei nemici di farli precipitare. - Al
mio... - Basch si tenne pronto. Aumentò la presa sui comandi. - ...
Via! - urlò l’amico. Il guerriero azionò le armi difensive della
gummiship. Una raffica di laser blu iniziò a farsi strada in mezzo alla
pioggia rossa che stava tempestando la navicella. I primi colpi, sparati
alla meglio, andarono a segno distruggendo una decina di caccia avversari.
Nonostante fosse la prima volta ai comandi di cannoncini laser, Basch se
la stava cavando piuttosto bene. Dopo averne abbattuti altri dieci con
precisione straordinaria, si poté affermare con sicurezza che se la stava
cavando egregiamente. - Però, non male - lo lodò a suo modo Axander. -
Ci sai fare con quegli arnesi - - Dopo un po’ ci prendi la mano -
sorrise l’altro. Axander effettuò l’ennesima acrobazia, accompagnata da
una serie di colpi che sfoltirono la piccola flotta
attaccante. Tuttavia, qualcosa andò storto: una gummiship nemica riuscì
a schivare i laser e, avvicinatasi quel tanto che bastava per poter
prendere la mira, sganciò un piccolo missile contro uno dei motori
laterali, neutralizzandolo. Un tremendo boato fece vibrare l’intero
velivolo. - Cosa sta succedendo? - Sora entrò velocemente, seguito
da Elen. - Maledettissimi Heartless, ci hanno beccati un’altra volta! -
sbottò in risposta Basch, troppo preso a calcolare i danni
ricevuti. Axander premette un pulsante alla sua sinistra. Dietro al suo
sedile e dietro a quello di Basch, si aprirono, qualche centimetro più
indietro, due botole dalle quali salirono lentamente altri due
sedili. - Accomodatevi e reggetevi forte - consigliò il Guardiano delle
Fiamme. I due giovani obbedirono senza fiatare. Axander scostò una mano
dai comandi, afferrando una leva sul pannello di controllo. Senza
avvertire nessuno, la spinse in avanti. I tre motori rimanenti iniziarono
a caricarsi con rapidità, acquistando sempre più energia. Passarono pochi
istanti e si udì un potente scoppio. La gummiship schizzò in avanti come
una saetta. Sfrecciò in mezzo al nemico in continuo avvicinamento,
abbattendo alcune navicelle. Sora, Elen e Basch si ritrovarono inchiodati
ai sedili, col fiato in gola. Quel pazzoide di Axander, invece, sembrava
provarci gusto, tanto che arrivò perfino ad esultare durante una delle sue
famose e spericolate manovre acrobatiche. - L’ho sempre detto che sono
un pilota nato! - esclamò, in preda all’euforia. - No, tu sei un pazzo
nato! - gli urlò Basch che si stava reggendo forte. Ma Axander non gli
diede ascolto e con una mossa azzardata arrivò immediatamente nei pressi
delle due grandi navi ammiraglie. Dopo qualche attimo di esitazione,
prese a sfrecciare tra le due. Gli Heartless, senza rendersi conto delle
conseguenze del gesto che stavano per compiere, ruotarono i cannoni
laterali per tenere sotto tiro la piccola gummiship. Inavvertitamente,
aprirono il fuoco. Inutile dire che Axander riuscì per un pelo ad
evitare tutti quei bombardamenti, i quali non fecero altro che infliggere
gravi danni alle due astronavi mettendo fuori uso gran parte del loro
armamentario. Con uno stratagemma, Axander aveva spinto i nemici ad
autodistruggersi in una maniera piuttosto stupida. - Woooohoooo! -
esultò. Gli altri passeggeri erano immobili e silenziosi. Solo Basch
non riuscì a trattenersi. - Giuro che se lo rifai un’altra volta non
esiterò un solo attimo a tagliarti la testa! - lo minacciò. - Su, su!
Non prendertela così! - ribatté Axander, ridacchiando e voltandosi verso
gli altri due - Guarda loro due piuttosto - Anche Basch si voltò. -
Sono rimasti senza parole per la mia abilità. Ed inoltre hanno l’aria di
essersi divertiti un mondo. Già - Il guerriero scosse la testa. - Ma
ti ha dato di volta il cervello? Non hanno proprio l’aria di essersi
divertiti un mondo - Axander osservò meglio Sora e Elen, ancora scossi
per la terribile corsa attraverso la flotta nemica. Si stavano entrambi
tenendo le braccia a vicenda, i loro sguardi terrorizzati direzionati
verso Axander e Basch. Avevano pensato che sarebbero morti. - Hanno
l’aria di due che, affidati alla protezione di uno svitato, ci hanno quasi
rimesso le penne! - Il Guardiano si grattò la testa. - Ah, beh, se
la metti così... - - Attento! - urlò all’improvviso Sora,
riprendendosi. Basch ed Axander si girarono di scatto, giusto il tempo
per poter avvistare tre gummiship davanti a loro che sparavano
all’impazzata. Un altro motore laterale cedette. - No, maledizione, no!
- Axander si gettò sui comandi cercando in fretta e furia un rimedio.
Ma era tutto inutile. Ormai si erano avvicinati troppo al pianeta e, senza
più alcuna stabilità del mezzo, gli altri motori si spensero. La gummiship
iniziò lentamente ad inclinarsi, col muso all’ingiù. Fu un attimo, e
cominciarono ad essere attirati con sempre maggiore forza e violenza verso
la superficie del pianeta. - Per la miseria, fa qualcosa! - urlò
Basch. - E che cosa dovrei fare secondo te? - urlò a sua volta
Axander. - Quello che riesci...! Maledizione, non sei tu il formidabile
pilota di gummiship? - - Ah, chiudi quella boccaccia! - La navicella
iniziò a tremare, mentre la picchiata continuava inarrestabile. Sora si
accorse solo dopo qualche secondo della situazione in cui si trovavano.
Non riusciva a pensare a nulla. Aveva la mente sgombra da qualsiasi
pensiero. - Questa è la fine... -
Marcus uscì dalla tenda,
massaggiandosi il collo. Si alzò, stiracchiandosi e sbadigliando. - Che
bella dormita - esordì soddisfatto. Si avviò verso il suo cavallo,
mettendosi a frugare nella sacca legata alla sella. Estrasse un piccolo
asciugamano che si gettò in spalla. Diede una rapida occhiata qualche
metro più in là accorgendosi di alcune presenze. "Quei tre cavalli non
c’erano ieri. Chissà che ci fanno qui..." pensò, scrutando tre cavalli
intenti a bere in una pozza d’acqua. Il giovane guerriero si trovava
ancora accampato ai margini della foresta. Aveva montato una piccola tenda
accanto ad un fiumiciattolo. Lì vicino, il suo bianco destriero riposava
all’ombra di un albero, tranquillo ed indisturbato. Su di un lungo filo
che collegava l’albero alla tenda erano appese le varie componenti dell'
armatura da soldato di Marcus, mentre spada e scudo erano appoggiati per
terra accanto al cavallo. Marcus, prima di dirigersi verso il
fiumiciattolo, osservò il deserto che si estendeva verso est e si spingeva
sino ai margini della foresta. Era uno spettacolo fuori dal comune. Da un
lato, il verde degli alberi, una flora rigogliosa e tanti animaletti che
gironzolavano nel sottobosco; dall’altra, le imponenti dune sabbiose
continuamente modellate dai forti e caldi venti desertici. Marcus
sbadigliò per l’ennesima volta, chinandosi, poi, sul piccolo letto del
fiumiciattolo. Vi immerse le mani ed iniziò a pulirsi la faccia con
l’acqua fresca. Afferrò poi l’asciugamano e si asciugò il
volto. Esattamente in quell’istante, udì una tremenda esplosione. -
Uh...? - Si fermò, lasciando cadere il panno che aveva in mano e si
voltò rapidamente. Ciò che vide lo fece rimanere senza fiato: una stella
cadente, o almeno così appariva ai suoi occhi, stava solcando il cielo a
tutta velocità. La fissò per un breve istante, sino a quando non scomparve
dietro ad una duna senza lasciare traccia. - E quello? Un’altra
diavoleria del nemico, scommetto - pensò. Corse verso la tenda. Si
infilò gli stivali e tirò giù ad uno ad uno i pezzi della sua armatura.
Cominciò ad armarsi in tutta fretta e, una volta pronto, afferrò
saldamente la spada con la destra lasciando in disparte scudo ed elmo.
Salì in groppa al cavallo, afferrando le briglie e spronandolo al galoppo
verso il deserto. - Mi ci gioco un anno di paga che ho ragione io
- A spada sguainata, si precipitò in una corsa frenetica di duna in
duna fino ad avvistare un’esile colonna di fumo nero. A quel punto fermò
il cavallo, scendendo ed accompagnandolo in cima all’ultima collina di
sabbia. Marcus si aquattò per terra, dando un’occhiata a valle. -
Uhm... - rimuginò. - Questa è proprio bella... - Decise di rialzarsi,
tornando sui suoi passi. Salito nuovamente in groppa, si diresse
velocemente verso la sua tenda.
Sora si rialzò reggendosi la fronte
con una mano. - Che mal di testa... - bofonchiò, leggermente
stordito. Uscito dalla gummiship, o meglio, da ciò che ne restava dopo
l’impatto col suolo, cercò con lo sguardo i suoi amici. Da un lato, vide
subito Axander, seduto su una lamiera bruciacchiata, intento a fissare il
deserto con occhio vigile. Dall’altro, invece, c’era Elen seduta sulla
sabbia con le gambe incrociate che chiacchierava allegramente con
Basch. - Il bel addormentato si è svegliato - borbottò il Guardiano,
senza distogliere lo sguardo dal paesaggio. - Grazie per esservi
preoccupati di me - ribatté il Custode, scocciato. - Ti abbiamo
assistito per più di un’ora, ma dato che non ti svegliavi ti abbiamo
creduto morto - Sora lo guardò sgranando gli occhi. - Non guardarmi
così, stavo scherzando - rise l’altro. Basch si alzò in piedi,
avvicinandosi ad Axander. - Stare qui in mezzo al deserto non è di
certo il massimo. Io proporrei di dirigerci verso la foresta, che dista
meno di un miglio in linea d’aria. Cosa ne dite? - - Direi che non hai
tutti torti - assentì Axander, alzandosi a sua volta. Il gruppetto si
riunì a qualche metro dai resti della gummiship. - A questo punto, non
mi rimane altro da dire che "Benvenuti a Linahar" - disse
Axander. Basch sorrise, iniziando ad incamminarsi verso ovest. Gli
altri lo seguirono, ben consci che lui era l’unico a poterli guidare sul
suo pianeta natale. Vagarono per circa un quarto d'ora, su e giù per le
dune, sotto il sole rovente. Non fu facile arrivare sino ai margini della
foresta: la sabbia era particolarmente profonda in quella zona e il vento
si faceva sentire, alzando continuamente fastidiosissima sabbia. Se solo
avessero avuto una cavalcatura, avrebbero fatto molto più in
fretta. Arrivarono ai primi alberi, assetati come non mai. - Acqua!
- urlarono in coro Sora e Axander, correndo verso il
fiumiciattolo. Elen e Basch si fermarono poco più indietro. - Tu
abiti qui? - gli domandò la ragazza. Lui annuì. - Sì, ma non
esattamente qui... Più in là, a Linahar - precisò, gesticolando e
indicando la foresta. - Capisco. Dobbiamo metterci subito in cammino?
- - Se quei due non ci fanno perdere troppo tempo, sì. Manca ancora
molto e il tempo è prezioso - Sora e Axander, dopo essersi dissetati,
tornarono verso i compagni. - Mettiamoci subito in marcia - disse
Basch. Il gruppetto di trovò concorde e fece per proseguire. Ma fu
costrettò a fermarsi dopo pochi passi. - Non ti muovere - sibilò una
voce alle spalle di Sora. Il ragazzo si immobilizzò, senza voltarsi.
Sentiva chiaramente dietro di sé un qualcosa di appuntito che lo
punzecchiava alla schiena. Era la punta di una spada. Di fronte a Sora,
Basch ed Elen indietreggiarono di qualche passo e lo spadaccino estrasse
la sua arma. Lo sconosciuto ghignò. - Guai a voi se vi muovete
oppure... - - ... Oppure, cosa? - Il tale mosse il capo verso
sinistra e smise di ghignare. Axander gli stava puntando addosso la lama
affilata di una delle sue alabarde, che risplendeva sotto il sole. Stava
mirando all'altezza del collo. - Posa quell’arma se non vuoi che il tuo
amico muoia - - Non dire assurdità. Prima che tu riesca a trapassarlo
ti avrò già arrostito per bene - lo avvertì il Guardiano. - Ascolta me.
Lasciaci stare e non darci troppe noie - Il misterioso individuo ci
pensò su, scorrendo le iridi su ciascuno dei presenti. Dopodiché,
inavvertitamente, abbassò la spada e si scansò verso destra, in modo tale
da non venire tagliato dall'alabarda di Axander, e menò un montante
velocissimo in tutt’altra direzione, distruggendo una sagoma nera. -
Gli Heartless sono arrivati -
Ricordatevi di lasciare un commento, se riuscite! Un grazie a chi continua a seguire la fiction ^^
Capitolo 33 *** Capitolo 32: L'Allievo di Grelwan ***
Wecome To PageBreeze
Capitolo 32: L'Allievo di Grelwan
Una fiammata divampò tra gli alberi,
rischiando di appiccare un incendio. Cinque Shadows furono letteralmente
ridotti in cenere e svanirono in piccole nuvolette di fumo. Axander balzò
giù da un albero. - Ce ne sono troppi! - urlò verso gli altri, a
qualche metro di distanza. Si allontanò velocemente, accorgendosi di
una folta schiera che si stava ammassando poco più avanti. Sora si
lanciò su un gruppetto di Heartless, iniziando a colpire tutti quelli che
gli saltavano addosso alla vista del keyblade. Erano completamente fuori
controllo e assalivano il ragazzo alla cieca; ciò facilitò di molto il
compito al giovane combattente, il quale si limitò a menare tondi a
mezz'aria sui quali si infrangevano i fragili corpi degli Shadows. Alle
sue spalle, Marcus, il prode soldato della città di Linahar, se ne stava
completamente immobile, tenendo il piatto della lama della sua spada
appoggiato alla spalla. Con gli occhi chiusi e le orecchie ben tese,
sferrò, in seguito, due colpi apparentemente a vuoto. Il risultato fu che
una ventina di Heartless furono scaraventati ai quattro punti cardinali,
urtando contro i robusti tronchi degli alberi. Intanto, Basch
tratteneva un gruppo di Spadaccini ai margini della foresta. Li sfoltì
velocemente, tenendo al sicuro Elen da un’eventuale aggressione. Terminò
con un affondo preciso, riducendo in cenere l'ultimo dei nemici. - Sì,
ho notato - urlò Basch in risposta alla precedente affermazione di
Axander. Sora alzò il keyblade, lanciando una magia Aero attorno al suo
corpo e si gettò nuovamente in mezzo alla massa di nemici, aiutato, questa
volta, anche dalla magia protettiva che fungeva da arma offensiva contro
chi si avvicinava troppo. Un’esplosione si udì in lontananza e degli
alberi caddero. - Arcieri dappertutto! Ci conviene andarcene!
- Axander apparve accanto a Sora, subito dopo il potente boato da lui
provocato. - Non riusciremo ad andarcene! Ci raggiungeranno ugualmente!
- rispose il ragazzo, trapassando l’ultimo Heartless che gli venne
incontro. - Non è detto - si avvicinò tranquillamente Marcus. Gli
altri lo guardarono con aria interrogativa, non sapendo se essere più
colpiti dalla sua calma innaturale o dal fatto che aveva trovato un’idea
per farli allontanare sani e salvi. - Allora parla, non c’è molto tempo
- lo incitò Axander. Delle frecce comparvero dalla foresta, dirette
verso la schiena del soldato. Questi si voltò rapidamente, schivando un
paio di dardi e colpendo gli altri col piatto della lama della sua spada,
scagliandoli in mezzo nel folto della foresta. - Là - indicò la pozza
che sorgeva al confine tra l'erba e la sabbia, riferendosi ai cavalli. -
Ci servono loro. Non so perché, ma stamattina ne sono comparsi tre dal
nulla... - Si voltò quindi verso Axander, lanciandogli un'occhiata
sospetta. - ... Quasi a voler aspettare voi - - Che strane
coincidenze - si limitò a commentare l’altro, ignorando lo sguardo di
Marcus. - Già, veramente strane. Allora che aspettiamo? Avanti, ai
cavalli! - Marcus corse verso la pozza dove i destrieri si stavano
abbeverando, seguito dal resto della compagnia. Balzò agilmente in groppa
al suo cavallo dal manto castano scuro, afferrando le briglie
all’istante. Basch fece altrettanto, ritrovandosi su un grande cavallo
grigio, particolarmente robusto. Axander salì su un magnifico destriero di
un nero lucente e Sora su un altro ancora, bianco. Elen, rimasta a piedi
osservò gli amici prendere posto. - E io? Non ce n’è uno anche per me?
- domandò facendo gli occhioni, desiderosa anche lei di poter cavalcare
uno di quei meravigliosi cavalli. - Purtroppo ci sono solo questi. O
sali con uno di loro... - disse Marcus cennando col pollice ai tre dietro
di lui. - ... O prega di essere veloce a correre e a sfuggire a... - -
... Circa un centinaio di Heartless desiderosi di farci fuori - continuò
Basch, scrutando verso l'interno della foresta. - Che cosa? - esclamò
il soldato. - Ha ragione, e più stiamo qui a parlare più si avvicinano
- constatò Sora. Una seconda salva di frecce spuntò dal folto della
vegetazione, cogliendoli alla sprovvista. Gli animali si imbizzarrirono,
ma i cavalieri riuscirono a restare al loro posto senza cadere. -
Avanti! - urlò Marcus. Spronò il suo cavallo sollevando la spada in
alto, come a guidare un assalto di cavalleria e partì, seguito a ruota da
Basch. Sora era subito dietro; nonostante fosse la sua prima cavalcata, ci
prese sin da subito la mano, dopo solo qualche attimo di insicurezza
iniziale. Axander, che chiudeva la fila, riuscì ad afferrare al volo Elen,
la quale si ritrovò davanti al Guardiano intento a controllare il
destriero e a seguire gli altri. Si inoltrarono così lungo il sentiero
che si srotolava verso i meandri della foresta, lasciandosi alle spalle il
deserto. - Ehi!" ebbe solo il tempo di esclamare Elen. - Chi ti dice
che voglia stare a cavallo con te? - - Non è il momento di fare gli
schizzinosi. O con me, o con loro! - Davanti alla fila di cavalieri vi
era un plotone di strani Heartless: erano simili agli altri incontrati
fino a quel momento, ovvero Neo Shadows con un'armatura colorata a seconda
della tipologia a cui appartenevano. Ma questi avevano una corazza dorata,
in pieno contrasto con la loro essenza tenebrosa, ed una lunga lancia
nera, la cui punta era un cuore oscurato e rovesciato. Gli elmi erano più
alti ed elaborati rispetto a quelli degli Arcieri, degli Spadaccini o
degli Assalitori. - Con te, con te! - piagnucolò la ragazza, chiudendo
gli occhi e stringendosi al petto dell'amico. Axander sorrise,
scuotendo lievemente la testa. I Lancieri (quello era il loro nome) che
sbarravano loro la strada furono letteralmente travolti da Marcus e Basch
che, a spada sguainata, aprirono un varco per i due che li
seguivano. Un'ultima salva si abbatté su di loro, ma stavolta fu Sora,
con un intervento immediato, a respingere la raffica grazie ad un Reflex
lanciato in tempo sull'intera compagnia. In breve, i viaggiatori si
lasciarono alle spalle i nemici, continuando a cavalcare a più non posso
nel folto della foresta.
Il luogo dello scontro si desertificò ben
presto. Non vi rimase più anima viva. Sora e compagni erano sfuggiti
all'agguato e degli Heartless non vi era più traccia. In mezzo al
sentiero, si materializzò un'ombra. - Wow! - esclamò costui. Con una
mano, Grelwan si sistemò il ciuffo di capelli azzurri che gli ricadeva sul
volto, scrutando nella direzione nella quale i cavalieri erano
scomparsi. - Poveri, mi fanno pena - continuò. Dietro di lui
apparvero tre Heartless dall'aspetto minaccioso. Invisibili. Con un
veloce cenno del capo, lo Stregone indicò loro la via da imboccare e gli
oscuri non si fecero attendere, gettandosi a tutta velocità
all'inseguimento. - Staranno andando a Linahar. Ne sono sicuro - disse
Grelwan, come se stesse interloquendo con qualcuno. Alle sue spalle si
manifestò una presenza che prese subito delle sembianze umane. Grelwan
sorrise al nuovo venuto. - Ce ne hai messo di tempo, ti aspettavo.
Cominciavo addirittura a preoccuparmi - sentenziò. L'oscura figura non
rispose. Aveva il medesimo soprabito nero, rassomigliate a quello
dell'Organizzazione. Il cappuccio gli oscurava il volto, celandolo a
sguardi indagatori. Grelwan si avvicinò, con le mani dietro la
schiena. - Stranamente silenziosi oggi, eh? - le girò attorno con pochi
passi. Ora che erano affiancati, si poteva distinguere chiaramente che
lo sconosciuto era più basso dello Stregone e molto più esile di
corporatura. Teneva le braccia lungo i fianchi e il capo chino ad
osservare il terreno erboso. - A cosa stai pensando? - si immischiò
Grelwan. Il cappuccio del tale ondeggiò come smosso da una leggera
brezza primaverile. Stava rispondendo, ma non si udiva alcun suono né
tantomeno parole distinte. Tuttavia, Grelwan sembrava essere in grado
di capire ciò che diceva. - Anche tu come loro - commentò. L'altro
alzò lo sguardo verso di lui. Non capiva. - Siete esseri così deboli,
voi umani... O per meglio dire, umani e ciò che resta di loro - La
figura si spostò, parandosi di fronte all'uomo. Pareva volergli dire
qualcos'altro di cui solo lo Stregone poteva carpirne il significato.
Sicuramente non era un complimento né qualcosa di piacevole, dato che
Grelwan fissò il suo silenzioso interlocutore con velata malvagità. -
Ah, ma davvero? Lascia che ti rinfreschi la memoria - Grelwan iniziò a
girargli attorno con la stessa aria pensierosa con la quale si era
avvicinato prima. - Non sei Heartless, perché il tuo cuore è stato
rigettato dall'oscurità. Non sei Nessuno, dato che in te vi è ancora
un'essenza... - rifletté. La misteriosa figura abbassò nuovamente il
capo, sconsolata. Grelwan se ne accorse. - Non ti abbattere. Ben presto
questa sgradevole sensazione svanirà e sarai esattamente come me...
- Grelwan si accostò al tale, appoggiandogli una mano su una
spalla. - ... Come noi - gli sussurrò all'orecchio. L'altro si
immobilizzò. Ebbe un leggero fremito. Grelwan sorrise malignamente, per
poi esplodere in una sonora risata, alzando le mani al cielo. - Sì! -
esultò. - Sì! Kingdom Hearts! Finalmente! - Dopodichè si volse verso il
compagno. Questi si tava osservando le mani con incredulità, scuotendo la
testa e cercando di capire da cosa fosse stata generata quella strana
sensazione che aveva avvertito poc'anzi. - Lo hai avvertito anche tu -
sogghignò lo Stregone. L'altro si destò, continuò ad esaminarsi le
mani. - Ora anche tu sei legato al nostro destino. Kingdom Hearts è
stato finalmente aperto. Dopo inifinite era di attesa, torneremo ad
impadronirci di ciò che è nostro - Abbassò le braccia, stringendo i
pugni in preda all'euforia. - Tutto! Tutto ciò che esiste sarò nostro!
- Grelwan ritornò nuovamente davanti alla figura, dandole la schiena.
Assunse un'aria seria e spietata. - Questo è il tuo compito - si
accinse a spiegare. - Segui il sentiero e trovali. Uccidi il Custode della
Chiave e chiunque cerchi di proteggerlo. Ritrova la ragazza e portala da
me. Kingdom Hearts è completo, ma con l'ultimo tributo ce ne impadroniremo
definitivamente, rendendolo nostro strumento d'invincibilità e
d'immortalità - Vi fu un attimo di silenzio, durante il quale entrambi
i presenti rimasero immobili. Lo sconosciuto annuì dopo qualche secondo ed
avanzò di qualche passò, posizionandosi alla destra di Grelwan. -
Sora... - sussurrò da sotto il cappuccio. Lo Stregone tese una mano in
avanti. - Non sono ammessi fallimenti - proferì con tono duro ma
chiaro. L'oscura figura si abbassò, flettendo le ginocchia e posando la
mano sinistra a terra. Dal palmo iniziarono a diramarsi parecchie
spaccature nel terreno, una delle quali giunse sino ad un'enorme quercia,
spaccandola a metà. La mano destra fu, invece, sollevata verso
l'alto. La terra tremò e, al contempo, le ombre avvamparono attorno al
braccio. Apparve dunque una lunga asta dalla forma indefinita. Dopo
pochissimi attimi, essa si rimodellò su se stessa. Fu allora palese che
doveva trattarsi di un keyblade, data la sua forma
riconoscibile. Grelwan sorrise, osservandolo. - I keyblade... Ora
che Kingdom Hearts è nostro, li possediamo anche noi. E' incredibile come
riesca a plasmare le cose a suo piacimento, il fratellino - parlò, facendo
riferimento ad Ilfrien. Il keyblade apparso nella mano del giovane
misterioso era snello e dalle forme rigide, completamente in legno e in
bronzo, e la sommità della lama rassomigliava fortemente a quella di
un'ascia bipenne. - Allievo - proseguì Grelwan. - Sei sotto le mie
dirette dipendenze. La missione che ti spetta non è facile, ma ne va della
nostra esistenza. Siamo legati a Kingdom Hearts, ora. Se non elimini quel
ragazzino petulante, lui eliminerà noi una volta per tutte, mi segui?
- L'incappucciato annuì, accompagnato da una certa insicurezza che
veniva mascherata perfettamente. - Ottimo. Nathan è stato ucciso per
mano loro. Possiedi il suo potere, adesso, e sei tu che devi vendicarlo in
nome di noi tutti... In nome della Legione Nera. La terra risponderà al
tuo diretto comando. Questo elemento è particolarmente difficile da
maneggiare, ma la tua grande forza di volontà contribuirà ad integrarti
con esso. Usalo con prudenza, o sarai sopraffatto e perirai
- Silenzio. - Và e compi il tuo destino - ordinò, infine,
Grelwan. Schioccò le dita, scomparendo in un turbine di tenebre.
L'Allievo, come era stato chiamato dall'uomo, si avviò per il sentiero
reggendo saldamente il keyblade. Mille pensieri affollavano la sua
mente. Non spiccicava una parola, nessuno poteva udirlo. Era un'ombra che
vagava. Non ricordava più chi era. Il suo nome. Dove viveva. Un essere a
cui era stato tolto ciò che di più di prezioso possedeva. Un cuore. E con
esso, la possibilità di amare. - Sora... - sibilò. I passi
risuonavano nel silenzio della foresta. - Ti troverò... -
- Possiamo fermarci - Marcus alzò
una mano, arrestando il cavallo e guardandosi attorno. La zona era
tranquilla. Nessuno pareva averli seguiti. Smontò da cavallo,
afferrandolo per le briglie e conducendolo verso un albero, dove lo legò.
Gli diede una carezza sul manto e ritornò dagli altri. - Scendete e
aiutatemi a preparare un piccolo campo per la notte. La città dista ancora
parecchie miglia e siamo tutti abbastanza provati per ciò che è successo
oggi - Detto ciò, il soldato ritornò alla sua cavalcatura, frugando in
una sacca fissata alla sella. Sora scese, così come Axander, Elen e
Basch. Si avviarono verso alcuni alberi poco distanti e legarono anche
loro i propri cavalli. - Io vado a prendere un po’ di legna - esordì
Basch. - Qualcuno viene con me? - volgendo immediatamente lo sguardo su
Sora. Il giovane si indicò, perplesso. Poi strinse le spalle. - Va
bene, come vuoi tu. Girare in due è più sicuro - aggiunse. Quindi, i
due si allontanarono verso il folto della foresta. La compagnia era
appena arrivata in un piccolo spiazzo erboso, ai confini occidentali
dell'immenso mare verdeggiante. Gli ultimi arbusti lasciavano intravedere
i primi segni di terreno sabbioso e preannunciavano un ritorno al
vastissimo deserto che si erano lasciati alle spalle. Lì si respirava
un’aria più tranquilla; la brezza serale iniziava a tirare e il canto
degli uccellini nascosti tra le fronde degli alberi allietava gli animi
scossi dei viaggiatori. Axander, dopo che Sora e Basch furono scomparsi
dalla sua vista, andò a sedersi accanto ad un enorme tronco abbattuto che
ora giaceva inerme, ma ancora maestoso, per terra. Elen lo fissò per
alcuni secondi, per poi decidere di avvicinarsi. - Posso? - gli chiese,
una volta giunta vicino all’amico. Tenendo le braccia dietro la testa e
il cappello che gli ricadeva sugli occhi, Axander non si mosse. - Puoi,
cosa? - domandò. - Posso sedermi? - Axander, già stravaccato con la
schiena appoggiata all’albero, si ricompose, battendo la mano sul terreno
alla sua sinistra. - Certamente - rispose con tranquillità. La
ragazza accennò un lieve sorriso e si sedette accanto a lui. Entrambi non
si scambiarono uno sguardo. Si limitarono ad osservare dritti davanti a
loro. Attimi interminabili, minuti che non finivano mai. Dopodiché, Elen
interruppe quel silenzio, sospirando ed appoggiandosi al tronco. Volse gli
occhi verso il cielo tinto di rosso. - Il Tramonto. Da quanto tempo non
ne vedevo uno - disse a bassa voce. Axander fece finta di nulla e si
distese nuovamente, con la visiera che gli oscurava la vista. Aveva voglia
di dormire. Tutta quella faticaccia e ancora non erano giunti a Linahar.
Troppi problemi lo assillavano: i suoi fratelli, gli Heartless... Nessuno
che gli desse un attimo di pace. Rimuginò a lungo, sino a quando non sentì
qualcosa afferrargli il cappello e toglierglielo. - Ehi! -
bofonchiò. - Certo che è proprio strano - commentò Elen. In
ginocchio, sempre accanto all’amico, era intenta a sistemarsi il copricapo
sulla sua testa, ma con scarsi risultati. Axander non fece altro che
osservarla, inarcando un sopracciglio. - Beh, come sto? - chiese Elen,
allargando le braccia. Il cappello le scivolò subito sugli occhi. -
Chi ha spento la luce? - Il Guardiano sorrise, afferrando la visiera e
alzandola. - Si può sapere che cosa stai cercando di fare? -
riappropriandosi del cappello. - Ti vedevo così triste e pensavo di
poterti tirare un po’ su di morale - sorrise la ragazza. - No, grazie.
Desidero solo essere lasciato in pace - replicò Axander, cercando di
tornare a sonnecchiare. Lei abbassò lo sguardo, fissando il
terreno. - Sei ancora arrabbiato con me per ciò che ti ho detto, vero?
- Axander non rispose, ma Elen interpretò quel silenzio come una
risposta affermativa. - Ti chiedo scusa - disse lei
timidamente. L’altro non reagì per qualche istante, come se stesse
valutando la situazione. In seguito, fissò dritto negli occhi
l'amica. - Non devi scusarti. Sono io che ho sbagliato, non dovevo dire
quelle cose su Einar - mormorò. - In fondo, non era colpa sua - A quel
punto, Elen gli gettò le braccia a collo, stringendosi a lui. Axander
perse l’equilibrio, rischiando di cadere di lato. - Mi sei mancato così
tanto! Temevo di non rivederti più... Non sai quanta paura ho avuto quando
ho visto Einar contrattare con uno di quegli uomini - Il Guardiano le
sfiorò delicatamente i capelli, rialzandosi e aiutando la ragazza a fare
altrettanto. - Anche tu mi sei mancata. Ma l’importante è che tu ora
sia al sicuro - la rassicurò sorridendo. Elen si scostò, asciugandosi
le lacrime che avevano iniziato ad inumidirle gli occhi. Immediatamente,
si girò di scatto. Aveva avvertito qualcosa. - Che cosa è stato?
- Axander si alzò, sistemandosi il soprabito nero. - Lo hai sentito
anche tu? - le chiese, porgendole una mano. Elen la afferrò e si rialzò,
affiancando il compagno e guardandosi attorno preoccupata. Nella radura
non si udiva più nulla. Era calato il silenzio più assoluto. Era questo
che incuteva timore ai due ragazzi. Tutt'a un tratto, un’ombra fece
capolino tra gli alberi che circondavano lo spiazzo. - Chi è quello? -
sussurrò la ragazza, spaventata. Axander scrutò torvamente
l’incappucciato appena apparso, gli occhi stretti come due fessure. -
Allontanati - disse alla volta di Elen. - Come...? - - Allontanati,
ho detto - Elen arretrò di qualche passo, nascondendosi dietro al
grande tronco. L'oscura figura appena giunta uscì allo scoperto. Ormai
la sera era calata, ed approfittava dell’oscurità per mimetizzarsi meglio.
Axander tese il braccio destro, facendo comparire una delle sue alabarde.
Tenendo il palmo aperto, questa iniziò a roteare lentamente. Lo
sconosciuto si fermò di colpo, fissando il Guardiano con interesse. -
Fatti riconoscere - intimò Axander, rivoltò allo straniero. Ma questi
restò impassibile, con le braccia lungo i fianchi. Non aveva alcuna
intenzione di rispondere. - Dov’è il Custode del keyblade? Dimmi dove
si trova - L’alabarda si bloccò con la punta rivolta verso l’alto, ben
stretta nel pugno del suo possessore. - Perché lo cerchi? Cosa vuoi da
lui? - - Non ti riguarda. Dimmi dov’è e basta - L’incappucciato
sembrava innervosito. La sua voce spenta era udibile solo
dall’interlocutore al quale si stava rivolgendo in quel preciso
istante. Infatti, Elen non capiva cosa avesse da ribattere l’amico,
dato che non era in grado di sentire alcun suono emesso dallo
sconosciuto. - Forse non sono stato abbastanza chiaro. Se non rispondi
sarò costretto ad usare le maniere forti - proferì minacciosamente
Axander. La misteriosa figura rise apertamente, divertita da quelle
parole. - Lo cerco per porre fine alla sua missione - Un’espressione
sorpresa si dipinse sul volto del Guardiano. L'incappucciato ne approfittò
per scomparire all’istante e materializzarsi mezzo secondo più tardi alle
spalle di Axander. Stavolta, però, era armato del suo keyblade. -
Addio, Guardiano delle Fiamme - gli sussurrò. Axander non fece in tempo
a voltarsi che la lama della Chiave lo colpì in pieno al fianco destro,
facendolo rovinare a terra. Elen emise un grido. Era terrorizzata e non
poteva fare nulla. Quel guerriero aveva messo fuori combattimento Axander
con una sola e banale mossa, come poteva sperare di reagire? Il tale
lasciò ricadere il keyblade lungo il fianco e svanì con un sibilo
sinistro. Portò, allora, la sua attenzione su Elen. - Trovata - disse
solamente. La ragazza riuscì, questa volta, a sentire la voce del
nemico. Roca, il tono era basso, ma i suoni limpidi e ben udibili. Elen
si staccò dal tronco, indietreggiando, mentre la figura prese a camminare
tranquillamente verso di lei. - La fuga è inutile. Arrenditi e vieni
con me - La giovane inciampò su un sasso e cadde di schiena sull’erba.
Si appoggiò sui gomiti, cercando di ritornare in piedi. Intanto, lo
sconosciuto si era portato a soli a due metri da lei e la osservava con
una calma inquietante. - Non mi hai sentito? - Riprese ad
avanzare. - Ho detto che devi... - Non appena ebbe appoggiato il
piede per terra, si udì un fruscio accompagnato da un rumore metallico
proveniente dal folto della foresta. L’incappucciato non si fece cogliere
alla sprovvista e si abbassò prontamente, giusto in tempo per evitare che
il keyblade lo colpisse in pieno volto. - Finalmente sei arrivato...
- Si risollevò. - ... Sora - Il Custode del keyblade afferrò al
volo la sua arma con entrambe le mani e si posizionò di fronte al
nemico. - Come conosci il mio nome? - - Perché me lo hanno riferito
- rispose l’altro. - Te lo hanno riferito? Chi? - - Quante
domande... E così poco tempo per risponderti - ridacchiò
l'incappucciato. Questi alzò una mano al cielo, tenendola ben
aperta. - La tua ora è giunta! - urlò l’Allievo di Grelwan. La mano
si abbassò verso il basso, sprigionando un’energia immensa. Il terreno
sotto i loro piedi iniziò a tremare e una scossa percorse il suolo.
Un’onda di terra e rocce si alzò a qualche metro di altezza, correndo
velocemente in direzione di Sora. Spiazzato da quella mossa, il giovane
ebbe tuttavia la prontezza di spiccare un balzo per mettersi al riparo su
un ramo. Posò, quindi, lo sguardo sull’Allievo, scrutandolo con
astio. "Si può sapere da dove è uscito questo?" L'Allievo alzò
velocemente la testa, contraccambiando lo sguardo e flettendo le
ginocchia. Portò la mano sinistra davanti a sé e la destra dietro la
schiena, impugnando il keyblade, e si scagliò sull’avversario. Facendo
roteare la Chiave, sferrò un montante ben mirato all’addome di Sora, il
quale lo parò senza scomporsi troppo. Le due lame rimasero a contatto per
poco e i due ridiscesero a terra, lasciando parecchia distanza tra l’uno e
l’altro. L’Allievo si chinò in avanti, scattando immediatamente verso
il Custode. Sora lo vide e riuscì a schivare per un soffio un affondo
mortale, scansandosi verso destra e, nel frattempo, cercando di colpire in
quell’attimo propizio il nemico. Un fendente calò sull’incappucciato che
lo arrestò con agilità, frapponendo tra lui e Sora il keyblade. Le due
lame cozzarono per la seconda volta e rimasero a contatto più a
lungo. - Ci sai fare, tu... - sbuffò Sora. - Grazie - ribatté
l'Allievo. - Ma non hai ancora visto niente - Il Custode portò anche la
mano sinistra, precedentemente libera, a far forza sull’elsa dell’arma.
Nessuno dei due voleva cedere. Soprattutto Sora. Spingeva con tutte le
energie che aveva, ma la resistenza che incontrava era forte. - C-Chi
sei... - I suoi occhi blu si perdevano nel fissare troppo a lungo
l’oscurità sotto la quale si celava il volto dell’Allievo. - Chi sei,
ho detto! - sbottò Sora. - Puoi chiamarmi semplicemente "l’Allievo"
- - L’Allievo? - ripeté il ragazzo, con aria sorpresa. - Sì,
l'Allievo di Grelwan - Sora fece impeto contro l’avversario, il quale
piegò le ginocchia, abbassandosi. Non riusciva a controllare il
ragazzo. - Grelwan! Quel maledetto che ha rapito Kairi! - urlò Sora,
colto dalla rabbia. L’Allievo riuscì incredibilmente e sgattaiolare
via, sottraendosi a quella posizione di svantaggio e portandosi a meno di
un metro di distanza dal Custode. Tutti e due si zittirono,
squadrandosi a vicenda e cercando di scorgere un possibile punto debole
nelle difese dello sfidante. - Kairi... - sussurrò l’ombra. Roteò
sopra la sua testa per l’ultima volta il keyblade, conficcandolo poi con
gesto deciso nel terreno. Disese la braccia dinanzi a sé. Alle sue spalle
iniziarono a sollevarsi enormi rocce, levitando per aria. Abbassò di colpo
entrambi gli arti e i massi saettarono come proiettili in direzione di
Sora. L'eroe del keyblade scattò in direzione delle rocce, saltando
sulla prima e colpendo la seconda con un montante; la fece esplodere in
mille frammenti, così come la terza e la quarta, distrutte da un unico
fendente. L’Allievo indietreggiò, e il suo keyblade scomparve nel
nulla. - Fermo dove sei! Abbassa il cappuccio e mostraci il tuo volto!
- gridò Sora, puntandogli l’Ornamento addosso. L’altro spostò il capo
verso destra, lanciando una rapida occhiata a Sora. Senza dire una parola,
si voltò su se stesso e iniziò a correre verso gli alberi. - Ti ho
detto di fermarti! - si gettò all'inseguimento Sora. - Scordatelo... -
sibilò l’Allievo. Tendendo una mano, aprì un varco su uno degli alberi
che circondavano la radura e ne oltrepassò la soglia con un salto preciso.
Pochi secondi dopo, il portale si richiuse, senza lasciare alcuna traccia
dietro di sé. Sora si fermò davanti alla superficie nuda del tronco,
cercando un qualche passaggio per inseguire il tale. Fu tutto
inutile. - Maledizione! - urlò, battendo un pugno sul legno. Fece
per tornare sui suoi passi, ma si bloccò all’istante: una serie di lance e
punte di freccia lo stavano tenendo sotto tiro. - Alza le mani,
giovanotto -
Sora alzò lentamente le braccia. -
Ehm... Va bene... - A pochi passi, tre uomini gli stavano puntando le
loro spade al collo. Erano alti; indossavano una lucente armatura
argentata e, dalle spalle, lungo tutta la schiena sino alle ginocchia,
erano coperti da un pesante mantello bluastro. In testa portavano un elmo
della medesima tonalità della corazza, con un pennacchio color notte che
scendeva giù sino all’altezza del collo. L’intera radura cadde in un
silenzio inquietante. Sora era tenuto sotto tiro da quei tre, Axander
giaceva ancora stordito per terra, a pochi metri di distanza dal grande
tronco, e Elen, che nel frattempo era riuscita a rialzarsi, si era
avvicinata all’amico. Non riusciva a capire chi fossero quegli
individui, da dove fossero arrivati, ma soprattutto che cosa volevano da
Sora. Egli stesso, molto probabilmente, si stava ponendo le stesse
domande. Improvvisamente, un rumore di passi interruppe quel
silenzio. - Mettete pure giù le armi - Marcus giunse alla radura,
dirigendosi con passo spedito verso le guardie, seguito da Basch, il quale
deviò avvicinandosi ad Axander ed Elen. Gli uomini eseguirono seduta
stante l'ordine e Sora poté tirare un sospiro di sollievo,
tranquillizzandosi. - E’ un piacere rivederla, capitano - disse uno di
loro, simulando un breve inchino alla volta di Marcus. - Capitano? Tu
li conosci? - domandò Sora, un pochino perplesso. - Sono guardie di una
guarnigione poco distante, che entro domattina si congiungerà con le altre
forze sul fronte - spiegò sinteticamente Marcus. Si volse allora verso
i tre soldati. - Potete proseguire, qui è tutto sotto controllo - -
Come desiderate - Quindi, le guardie rinfoderarono le lame e si
allontanarono da Sora, lanciando a lui e ai suoi amici occhiate poco
rassicuranti e diffidenti. Scomparvero subito tra la fitta boscaglia. -
Che significa tutto ciò? - fece il ragazzo. - Marcus, capitano delle
ultime divisioni del Re, al vostro servizio - si presentò il milite. -
Davvero credevate che mi fossi fidato di voi? Quattro sconosciuti,
precipitati con una gummiship in pieno deserto, di provenienza ignota,
nonché abili guerrieri che conoscono alla perfezione gli Heartless - Il
capitano fece una breve pausa. - Alquanto strano, non trovi? - Con la
coda dell’occhio tenne sotto controllo Axander, ancora privo di
conoscenza. - E per di più vi portate appresso uno di quegli uomini
vestiti di nero. Chi siete realmente? Esigo una risposta. Ho troppe
domande e mi hanno insegnato che il metodo più rapido per trattare con
gente che non si conosce, di questi tempi... - lasciò in sospeso la
frase. Portò la mano destra all’elsa della sua spada, come a volerla
estrarre, ma si fermò, lasciando sottointendere molte cose. Sora non
rispose, forse perché non sapeva cosa dirgli, non sapeva da dove
cominciare a raccontargli tutto. Forse perché non voleva che un uomo
simile venisse a conoscenza di ciò che stava accadendo. A quel punto,
intervenne Basch. - Io ricordavo che la gente di queste parti non è mai
stata così diffidente verso i forestieri ed i viaggiatori - disse,
portando anche lui mano all’impugnatura della sua spada. Marcus gli
prestò attenzione, incuriosito dall'atteggiamento dell'altro. - Sono
Basch, mai sentito parlare di me? - Per un attimo, il capitano assunse
un’espressione imperscrutabile. Dopodiché, sgranò gli occhi,
sorpreso. - Basch? Basch von Rosenberg? Uno dei Cavalieri di sua
Maestà? - Basch annuì, confermando la sua identità. - In persona
- Marcus, colto dall’imbarazzo, si grattò il capo, non sapendo come
ribattere. - Oh... Ehm... Allora, c’è una spiegazione più che
plausibile... Di sicuro... - balbettò. - Certamente. Sono stato mandato
da Alames in persona a Radiant Garden a cercare aiuti - spiegò Basch,
voltandosi poi verso Axander ed indicandolo. - Più precisamente, per
cercare lui - Marcus guardò Axander, chiedendosi cos'avesse avuto di
speciale quel tipo. - Pare che conosca molto bene il nostro re e,
quindi, facendo quattro calcoli, posso affermare con assoluta certezza che
ti puoi fidare di lui e, di conseguenza, anche dei suoi amici - affermò
Basch, riferendosi a Sora ed Elen. Il capitano si sfregò il mento,
pensoso. - Chi ci assicura che non ti abbia mentito? - - In molti
anni passati a combattere ho imparato a distinguere i nemici dagli amici,
le persone fedeli da quelle di cui non ti puoi fidare - ribatté
semplicemente il cavaliere. Messo di fronte all’evidenza dei fatti,
Marcus annuì nuovamente. - E sia. Vi domando, dunque, perdono per la
mia impulsività - - Non ti preoccupare; non è a me che devi chiedere
scusa, ma a loro - sorrise Basch, con un cenno del capo in direzione dei
ragazzi che stavano constatando le condizioni del loro amico. Il
Custode, che aveva sentito tutto, sorrise amichevolmente verso Marcus,
senza rancori. - Non fa nulla. E' tutto a posto - Anche Elen
sorrise, del medesimo parere. - Ora, però, è meglio cercare di
raggiungere il più in fretta possibile la città, in modo da poter curare
Axander - si espresse Sora. - Mi dispiace ragazzo, ma Linahar dista
ancora parecchie miglia, come ti ho detto prima, e non è saggio cercare di
raggiungerla in piena notte, contando che abbiamo un intero deserto da
attraversare - Già, il deserto. A Sora vennero i brividi al solo
pensiero che avrebbero passato intere ore in mezzo a quell’oceano
infuocato, a temperature altissime. Era stato sul punto di svenire quando
aveva fatto il percorso dalla gummiship distrutta sino ai confini della
foresta; figurarsi da lì sino alla città. - Comunque, se siete così
gentili da potermi raccontare qualcosa di cui sono all’oscuro, ad esempio
che cosa sta succedendo da qualche mese a questa parte, ve ne sarei grato
- domandò Marcus, con tono pacato. - Ehi, è vivo, si sta svegliando! -
esultò Elen, inginocchiata accanto ad Axander. Il Guardiano, dopo aver
riaperto gli occhi, si tirò su a fatica. Si sedette, sbuffando. -
Bentornato tra i vivi, bell’addormentato - lo schernì Sora, con un
sorrisone. - Mandarti al diavolo sarebbe cosa da poco... - borbottò in
tutta risposta l’amico, ricambiando ugualmente il sorriso. - Andiamo,
sempre il solito brontolone! - E detto ciò, Sora gli diede una forte
pacca sulla schiena. Axander tossì. - Piano, gli fai male! - lo avvertì
Elen, preoccupata. - Ops, scusate! - ridacchiò Sora. - Aspetta che
mi alzo e ti riduco in cenere... - minacciò Axander. Sora si sfregò il
naso con un dito, assumendo un'aria da strafottente. - Questo è tutto
da vedere - - Ah, sì? - gli scoccò un'occhiata Axander. - Sì!
- Il Guardiano delle Fiamme si alzò di scatto, cogliendo Sora di
sorpresa e mettendosi ad inseguirlo per tutta la radura. - Vieni qui,
brutto...! - urlava Axander. - Non ci penso nemmeno! - Continuarono
a correre tutt’attorno allo spiazzo, accompagnati dalle risate di Marcus,
Basch ed Elen, i quali non si trattennero nel vedere quei due battibeccare
così vivacemente.
Un allegro fuocherello scoppiettava al centro
della radura, illuminando tutto ciò che era presente nel raggio di tre o
quattro metri. I cavalli, sempre legati agli alberi, erano tranquilli,
nascosti nell’ombra, e masticavano l’erba con calma, accompagnati dal
lieve frusciare delle code che ondeggiavano lentamente. Gli astanti
erano seduti tutti attorno al falò, intenti a fissare le fiamme e a
discutere. Axander e Basch raccontarono a Marcus ciò che era successo,
omettendo i particolari di primaria importanza e non rivelando fatti che
era meglio fossero rimasti segreti. Sora osservava le stelle. Seduto
sul grosso tronco, con la faccia all’insù, restava appoggiato con entrambe
la mani alla lignea superficie. Le iridi vagavano tra un astro e l’altro,
in cerca di quello di più luminoso. - Allora? - Sora abbassò lo
sguardo, notando che Elen si era avvicinata a lui e si era seduta lì
affianco. - Disturbo? - domandò ancora la ragazza. Il giovane scosse
la testa, sorridendo. - Meno male. Senti, hai presente quell’oscuro
individuo contro cui hai combattuto? - - Sì, certo, come potrei
dimenticarmelo? - replicò Sora, con un filo di amarezza nel tono della
voce. - Non hai notato qualcosa di strano? - Sora ci pensò un po’
su, per poi scuotere il capo, in segno di diniego. - Tranne il
keyblade, nessuno... Ci sono abituato, ormai - - Uhm... Io ho la netta
sensazione di averlo già incontrato, quel guerriero... Mi ha dato
l’impressione di qualcuno che conosco abbastanza bene, ma non so dirti con
precisione chi sia - si spiegò Elen. - Strano. Ora che mi ci fai
pensare... - riflettè Sora. - Anche io ho avuto la stessa
sensazione..."
- L'importante è che non si sia fatto scoprire
- Ilfrien fissava il vuoto con aria pensosa. - Ehi... Ehi, fratello
mi stai ascoltando? - - Certo, certo! - sbottò Ilfrien. Era
comodamente seduto sul suo bianco seggio, nella Sala dei Troni, una tra le
stanze più vaste della fortezza volante. Davanti a lui, disposti a mezza
luna, gli altri quattro troni tutti occupati, tranne uno, il solito,
quello che il Signore delle Tempeste scrutava con rancore. - Dicevo...
Meno male che la copertura non è saltata. In fondo, è agli inizi; si può
dire che la prima missione sia stata un mezzo successo - continuò ad
illustrare Grelwan. Ilfrien spostò lo sguardo su di lui, poco
convinto. - Un mezzo successo... - ripeté. - Non ha ucciso il detentore
della Chiave, non ha ucciso Axander. Dimmi dove lo scorgi il successo nel
suo attacco - Grelwan si grattò il capo, non sapendo cos'altro
inventarsi. La verità era che niente era andato come previsto. Osservò
per qualche istante l'Allievo: questi se ne stava seduto dove una volta
sedeva Nathan. Sembrava essere giù di morale, il capo chino, a fissare
costantemente il bordo del tavolo attorno al quale erano posti i vari
seggi. Sospirò. Albaran si alzò, rivolgendosi direttamente a
Ilfrien. - La colpa è anche tua. Come hai potuto affidarlo a Grelwan?
- Lo Stregone fece per alzarsi, ma un cenno di Ilfrien lo rimise al suo
posto. - Non è capace di pensare a se stesso e tu gli concedi pure di
addestrare un allievo? Patetico - pronunciò Albaran, tornando a
sedersi. Vi fu un attimo di silenzio. A seguire, il Signore delle
Tempeste prese la parola, alzandosi. - Hai ragione. Tuttavia, non ti
permetto più di rivolgerti a me con quel tono - ammonì il fratello. -
D'ora in avanti, l'Allievo sarà affidato ad Albaran... - Quest'ultimo
sorrise, come se avesse già previsto tutto. - ... Che guiderà l'armata
durante la battaglia. Sono generoso e voglio concederti una seconda
possibilità - concluse Ilfrien, rivolgendosi, questa volta, al nuovo
arrivato. Questi si destò, alzando improvvisamente la testa ed annuendo
vigorosamente, in silenzio. - Potete tornare alle vostre occupazioni.
Vi aspetto domani, per fare una piccola visita al nostro caro sovrano
- Detto questo, Ilfrien abbandonò il suo scranno e scese per i gradini.
Svoltò a destra, dirigendosi verso i suoi appartamenti. Gli altri si
diressero verso il portone di ingresso. - La prossima volta che mi
insulterai... - disse Grelwan, mentre tutti e tre si avviavano verso
l'uscita. - Che cosa farai? Sentiamo, sono proprio curioso - Albaran
si fermò, con le mani incrociate ed uno sguardo che metteva soggezione. Il
fratello, già più avanti, si voltò; alle sue spalle l’Allievo, che non
spiccava particolarmente in altezza e robustezza nel trio. - Non
esiterò a farti del male. Molto male - terminò la frase lo Stregone. -
Oh, che paura. Pensavo sapessi con chi hai a che fare. Ti sei mai chiesto
perché tu sei il numero quattro e io il due? Eh? Ti è mai passato per la
mente? - Grelwan strinse i pugni. Le sue mani brillavano: si stavano
formando dei cristalli di ghiaccio. Ma Albaran se ne accorse. - Non
sprecare energie - gli consigliò, sorpassandolo e aprendo il portone. -
Tra non molto vedrai di cosa è capace il tuo fratellone -
Capitolo 36 *** Capitolo 35: L'arrivo in città ***
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Capitolo 35:
L'arrivo in città
- Ahio! - si
lamentò Sora. - Ma che modi sono? - - Ti ho ripagato con la stessa
moneta - replicò secco Axander. Sora si alzò, massaggiandosi la
schiena. Axander gli aveva appena dato un calcio per svegliarlo; non era
uno di quelli forti, ma non era neanche così leggero. - Sbrigati o ti
lasciamo qui - lo ammonì il Guardiano. Il Custode del keyblade
sbadigliò, stiracchiandosi e stropicciando gli occhi. Intorno a lui tutti
erano intenti a fare qualcosa: Basch spegneva il fuoco, Axander portava
via i sacchi a pelo, Marcus preparava i cavalli ed Elen... Beh, anche lei
non faceva nulla. Era seduta sul solito tronco, come la sera prima.
Sembrava che non si fosse mossa di un centimetro. - Ma mi senti quando
parlo? - urlò Axander vicino alle orecchie di Sora. - Sì, certo, ma non
urlare! - Quando fu tutto a posto, i viaggiatori si prepararono per
riprendere il loro cammino verso Linahar. Marcus era in testa e guidava
la compagnia disposta in fila indiana alle sue spalle, ciascuno sulla sua
cavalcatura. Uscirono dalla radura, inoltrandosi nuovamente nel folto
della foresta, diretti sempre ad ovest. Il percorso fu insolitamente
tranquillo; niente Heartless o nemici di qualsiasi altro genere. Solo la
quieta natura andavano incontrando. - Tra un po’ giungeremo al deserto
- li avvertì Marcus. Ed in poche ore raggiunsero il confine tra la
foresta e il mare di sabbia. - Ora ci aspetta la parte più lunga e
faticosa - disse Basch. Il capitano annuì. - Già, ma consoliamoci.
Se tutto andrà bene, prima di sera saremo a Linahar - Dopodiché, spronò
il suo cavallo al galoppo e gli altri lo imitarono. Non si accorsero,
tuttavia, che tre Invisibili erano nascosti all’ombra degli alti fusti
degli alberi. Osservavano gli umani dirigersi verso le dune e scomparire
dietro una di esse. Si guardarono, scambiandosi rapidi ed incomprensibili
gesti, per poi scomparire in tre nuvole di fumo nero.
Il viaggio fu
più duro del previsto. A neanche metà strada, erano già tutti stanchi e
assetati. Il sole picchiava sulle loro teste e la sabbia era rovente.
Tanto per cambiare, in aggiunta, ben presto iniziò a sollevarsi una
tempesta. - Con questo abbiamo raggiunto il culmine! - sbottò Axander.
- Questa storia comincia davvero ad innervosirmi - La piccola carovana
si fermò, per ripararsi dalla tempesta. - Che cosa hai intenzione di
fare?! - gli urlò Marcus. Le loro voci erano coperte dai soffi della
tormenta e non riuscivano neppure a guardarsi in faccia, poiché erano
costretti a chiudere gli occhi se non volevano che la sabbia li
accecasse. - Mi sono veramente rotto! Sono giorni che cerchiamo di
raggiungere questa città e adesso rischiamo di non farcela! - Detto
questo, Axander tese un braccio, reggendoselo con l’altra mano. Dal palmo
scaturì un raggio nero che, dopo pochi metri, si fece più largo,
proiettando nell’aria un ampio cerchio oscuro. I presenti rimasero
sorpresi nel vedere ciò che era appena apparso: un portale. - Quello...
Quello è quello che penso io? - balbettò Sora, indicando il varco nero
come la pece. - Certo - gli rispose Axander. - Spiegami una cosa,
allora - - Dimmi pure - - Perché diavolo non ne hai aperto uno alla
radura, almeno ci evitavi ore e ore di marcia! - urlò Sora, agitando le
braccia. Axander ci pensò su un attimo. Sembrava appena caduto dalle
nuvole. - Giusta osservazione. Volevo vedere fin dove potevamo
arrivare, magari era una bella scampagnata - si limitò a replicare, anche
se non era propriamente quella la motivazione. Sora scosse la testa,
deluso dalla risposta. - Ora non c’è tempo per chiacchierare!
Sbrighiamoci a varcarlo! - esclamò Axander, rivolgendosi ai compagni. -
Sei sicuro che conduca alla città? - gli chiese Basch. - Beh, siamo in
mezzo al deserto, senza quasi più acqua, i cavalli sono stanchi e
rischiamo di lasciarci le penne. Potrebbe anche portarci dritti dritti nel
Nulla, il che sarebbe di gran lunga un luogo migliore di questo
- Nessuno obiettò. Soprattutto il quel momento che il vento si stava
intensificando e le raffiche sfioravano velocità elevatissime. - Mi ci
gioco il cappello che qui c’è lo zampino di Albaran - pensò Axander ad
alta voce. - Cosa? - urlò Sora, non avendolo sentito. - Niente,
andiamo! - Per primi furono inviati Sora ed Elen, seguiti da Marcus e
Basch. Infine, anche Axander saltò dentro al portale, trascinandosi dietro
le cavalcature.
- Eccoci, dunque, sani e salvi - esordì il
Guardiano, soddisfatto. - Già, sani e salvi... Ma perduti - ribatté
Sora. Intorno a loro vi era il buio più totale. Erano finiti
esattamente dove aveva predetto Axander. Nel Nulla. - Nessun problema.
Seguite me è andrà tutto benone. Anzi - rifletté in seguito il ragazzo,
facendo cenno a tutti di avvicinarsi. - Mettetevi attorno a me, in cerchio
- Sora sospirò. Pareva l'unico del gruppo che osasse mettere in dubbio
le trovate dell'amico. Stranamente, Elen, Marcus e Basch si fidavano, ma
forse perché a loro non era dato neanche il tempo di esprimersi sulla
situazione. - Stavolta prometti di non fare guai? - - Per chi mi hai
preso? Ti ho mai dato motivo per farti preoccupare? - lo rimbeccò
Axander. Il giovane fece spallucce e si aggregò ai presenti, i quali si
stavano tenendo tutti per mano, un filo imbarazzati ed insicuri. Si infilò
tra Axander ed Elen e si strinse a loro. Il Guardiano tese di scatto la
mano destra, libera, verso il basso, bloccandosi di colpo. - Ora! -
urlò. - Vortice delle Tenebre, dileguati e rivelaci la via! - Sotto i
loro piedi si aprì un varco di luce. I raggi erano intensi ed abbaglianti
come se fossero stati direttamente emanati dal sole. I viaggiatori
furono costretti a chiudere gli occhi e a reggersi forte, perché si
sentivano trascinati verso il basso. Il tutto durò pochi attimi. Sora
riaprì gli occhi. La prima cosa che vide fu una farfalla. Già, una
farfalla. Si era posata sul suo naso per chissà quale motivo. Lui la fissò
per un po’, storcendo lo sguardo, ma questa volò via quasi subito. -
Che cosa vi dicevo, gente? - fece Axander ad alta voce, euforico. Il
Custode del keyblade si voltò verso l’amico che gli stava dando la
schiena. Non poté credere a ciò che vedeva. Anche Elen, accanto a lui,
guardava innanzi a sé con gli occhi spalancati per lo stupore. -
Fidatevi del buon vecchio Axander, che i problemi li manda KO! - sorrise
il Guardiano delle Fiamme, ammiccando verso Sora. A quel punto, si
riunirono tutti e cinque in mezzo alla strada, con il naso all’insù.
Marcus e Basch sorridevano. - Finalmente siamo arrivati - disse il
capitano, iniziando ad incamminarsi. Davanti a loro, un imponente muro
bianco, splendido e maestoso, che scintillava sotto la pallida luce di un
sole che si avviava al tramonto. Sarà stato lungo almeno un miglio
abbondante e alto una decina di metri circa. Agli estremi si innalzavano
dei picchi seminudi, sui quali spuntava qualche piccolo alberello o
arbusto; ma per il resto, era solo roccia. Si poteva notare con estrema
chiarezza che oltre quei picchi si estendeva il deserto,
infinito. Dietro a Sora e agli altri c'era un prato, attraversato da
una larga strada sterrata che andava lentamente a fondersi con il resto
dell’ambiente sabbioso, che di lì a poco inghiottiva tutto. - Chi è là?
- urlò una voce, lontana, eppure molto vicina. In mezzo alle mura
sorgeva un enorme portone in legno, rafforzato da una grata in ferro. Ai
fianchi dell’ingresso, chiuso in quel preciso istante, si stagliavano due
torrette, integrate al marmo bianco del muro. Su ciascuna di esse era
presente una guardia, dotata di una lunga lancia o di un
giavellotto. Marcus prese la parola. - Sono Marcus, capitano della
Quinta Divisione. Aprite! - La guardia lo squadrò per qualche secondo,
indecisa sul da farsi. - Chi porti con te, Marcus? - - Amici. Non
hanno cattive intenzioni - giurò il capitano. - I nomi - continuò
l’altro. Iniziò, allora, a dirgli i nomi. - Questo è Basch,
Cavaliere di Sua Maestà, questi invece sono... - ma non ebbe il tempo di
continuare, che la guardia lo interruppe. - Basch?! Potevate dirlo
subito, vi stavamo aspettando - Il milite scomparve dalla loro visuale
per un bel po’ di minuti. - Dunque? - domandò Sora, con le mani dietro
la testa. - Sarà andato a chiamare il re - ipotizzò
Axander. Finalmente, si udì un rumore di ingranaggi, molto confortante:
i cancelli stavano per aprirsi. Con un forte e prolungato cigolio, la
grata iniziò ad alzarsi e, una volta ritiratasi completamente, fu la volta
delle porte in legno che si spalancarono. Da esse ne uscì un uomo,
scortato da due guardie abbigliate nello stesso stile di Marcus. -
Quello è il re - annuì Axander, e prese a dirigersi verso di lui. Sora
ed Elen lo seguirono a ruota e, a poca distanza, Basch e Marcus
procedevano lentamente in coda al gruppetto. L’uomo, un individuo
anziano, rise di gusto al vedere Axander avvicinarsi. - Axander - lo
chiamò, allargando le braccia. Il Guardiano allargò le braccia a sua
volta. I due si scambiarono un abbraccio, proprio come due vecchi amici
che non si incontrano da molto tempo. - Alames, vecchio mio, come va? -
chiese Axander, staccandosi. Il sovrano lo fissò, sorridendo. - Ho
visto tempi migliori, ho visto tempi migliori... - disse con leggera
amarezza. La sua attenzione fu, poi, quasi subito catturata da Sora. Lo
guardò a lungo. E anche il ragazzo ricambiò quello sguardo; per lui, il re
aveva un aspetto stranamente famigliare. Troppo famigliare. - No,
impossibile - si disse Sora. Capelli corti, pettinati all’indietro, ma
grigi, ed una barba del medesimo colore, ben curata. Infine, quegli occhi
verdi. Era la fotocopia di Ansem il Saggio, solamente che il colore della
capigliatura e quello degli occhi differivano dal ricercatore oramai
defunto. Per non parlare dell’abito, quasi lo stesso. - Ti presento
Sora, un mio caro amico - intervenne Axander. Sora si avvicinò e
strinse la mano dell'anziano. Il re ricambiò. - E’ un vero piacere
conoscerti, figliolo - - Il piacere è t-tutto mio... - mormorò Sora,
ancora scosso. Che potesse avere una qualche remota parentela con
Ansem? Magari era suo fratello, suo cugino, un suo clone, il suo
Nessuno... Andò avanti così, a ragionare per assurdo, mentre Alames iniziò
a squadrare Elen, che gli fu presentata, anche lei, dal Guardiano. -
Non vedo perché dovremmo restare tutti qui fuori. Seguitemi, vi condurrò
al palazzo reale, così potrete riposarvi. Sono sicuro che avete faticato
molto per raggiungerci ed è giusto che riposiate un pò - Quindi, si
volse verso le due guardie dietro di lui e ordinò loro di correre a
palazzo per avvisare del loro arrivo. I due uomini si volatilizzarono in
breve tempo all’interno della città. - Perdona la mia scortesia, Basch
- continuò Alames, notando il Cavaliere - Ma parleremo più tardi. Qui si
rischia una tempesta di sabbia bella e buona. Coraggio, venite - Il
sovrano tornò sui suoi passi, verso Linahar, seguito dalla piccola
compagnia. Varcarono le porte, che subito presero a richiudersi dietro
di loro, accompagnate dal clangore metallico delle sbarre di ferro. La
città sorgeva all’interno di una piccola valle a U, vista dall'alto. Dai
lati delle mura, dove sorgevano quei due picchi rocciosi, si stagliava
contro il cielo un’unica catena montuosa da ambo le parti, la quale si
prolungava per due miglia circa e si congiungeva in un’unica e vasta
curva. La vegetazione era ben più fitta all’interno delle mura: le
montagne erano verdi, quasi fino alla sommità delle cime, dove si
intravedeva qualche chiazza residua di neve. Alle pendici, giacevano
sparpagliate qua e là delle abitazioni bianche, costruite con lo stesso
materiale con il quale erano state erette le mura. Leggermente più in
alto, tutta una serie di strapiombi dai quali si formavano alte cascate
che si gettavano sulla piana con ferocia ed eleganza allo stesso tempo. Le
loro acque venivano raccolte da dei canali che attraversavano la città da
una parte all’altra, tracciando così una serie di secondi muri
d’acqua. I canali dividevano la città in cinque sezioni, tagliando le
strade che erano possibili da percorrere in alcuni punti solo passando su
stretti pontili. Le abitazioni nella piana ricordavano molto quelle di
Radiant Garden e della Città di Mezzo. A partire dall’entrata, la città
era divisa in tre strade che si dirigevano tutte verso la curvatura della
valle, cioè dove sorgeva il palazzo reale. Linahar era, dunque, divisa in
varie zone dalle tre strade e dai quattro canali, e gli agglomerati
apparivano come tante piccole isolette quadrate al centro della piana,
molte delle quali completamente all’ombra delle mura o dei monti. In
fondo, si ergeva imponente e maestoso il palazzo reale. A Sora ricordò
molto il palazzo di Agrabah; non come struttura, bensì come proporzioni:
era sfacciatamente grande. Si arrampicava su tutta la curva della valle ed
era costellato da guglie, torri e cupole varie; una vera opera
d’arte. - Che casetta modesta che ti sei fatto costruire - commentò
Axander. - Sempre il solito simpaticone a quanto vedo - ridacchiò
Alames. Percossero la via principale, quella che tirava dritta sino
alla scalinata del palazzo. Salirono, senza indugiare troppo. Alames,
nonostante l’età, era ancora arzillo come non mai ed era in testa alla
fila. In pochi minuti raggiunsero l’ingresso principale. Sostarono nel
cortile piastrellato, a pochi metri dai portoni. - Entrate pure.
Verrete subito condotti nelle stanze che mi sono permesso di farvi
preparare - proclamò il re. Sora, Elen, Basch e Marcus oltrepassarono
la soglia e si addentrarono nell’immenso palazzo. Axander fece per
seguirli, ma fu fermato. - Tu no. Dobbiamo parlare di questioni della
massima importanza - - Ma... Loro... - - Ci penserai dopo. Hai un
bel po’ di cose da spiegarmi
-
Capitolo 37 *** Capitolo 36: Il segreto di Axander ***
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Capitolo 36: Il
segreto di Axander
Sora aprì la porta ed entrò nella sua
stanza. Davanti a lui vi erano un letto, un comodino, uno specchio, un
armadio ed un balcone che si affacciava sull’intera città. Si appoggiò
al parapetto giusto per dare un’occhiata incuriosita qua e là, e poi
rientrò. La porta della sua stanza era ancora spalancata e ne approfittò
per affacciarsi sul corridoio. Elen gli passò davanti sorridente e si
infilò in una porta poco più avanti, mentre Basch e Marcus proseguirono
oltre, scomparendo dietro l’angolo. - Che fine avrà fatto quel buono a
nulla di Axander? - si domandò il Custode. Per trovare una risposta a
quel quesito non fece altro che uscire ed avviarsi lungo il corridoio,
nella direzione opposta a quella dalla quale era arrivato. Camminò per un
po’, per poi raggiungere l’enorme atrio principale. Trovandosi al primo
piano, guardò in basso e vide Axander e il re avviarsi verso una stanza
che prima non aveva notato. Scese di corsa le scale e svoltò a destra,
avvicinandosi lesto all'entrata, lasciata incautamente socchiusa. Una
lieve luce filtrava da quell’apertura. Sora si mise a sbirciare e ad
origliare. - Prego, accomodati - Axander si sedette su una sedia di
fronte ad una lunga scrivania, dietro alla quale si trovava Alames, che
dava la schiena ad un’enorme vetrata coperta da tende. Lungo il resto
delle pareti dell’ambiente c’era soltanto una lunghissima libreria, colma
di ogni genere di libri. - Spero che Basch sia giunto in tempo - esordì
Alames. - Sì, gli altri stavano giusto lasciando Radiant Garden - annuì
il Guardiano. - Mi serviva proprio il suo prezioso aiuto - Il re
sorrise compiaciuto. - Sai perché sono venuto a chiamarti? - continuò,
intrecciando le mani davanti al volto ed appoggiando i gomiti sul
tavolo. - Posso intuirlo. Un mio amico, poco prima di morire...
- Axander fece una breve pausa. Il re lo fissò interessato. - ... Mi
ha avvertito che enormi forze di Heartless, un esercito, a dirla tutta, si
stava ammassando pronto a colpire questa città - Alames non ne fu
affatto colpito. Pareva sapesse già tutto. - Il tuo amico aveva ragione
- - Einar aveva ragione - specificò il ragazzo. Il sovrano fu colto
di sorpresa e si tenne alla scrivania. - Dunque è lui che è morto -
abbassò il tono della voce. - Mi dispiace - - No, non fa nulla -
replicò atono Axander. Vi fu un lungo attimo di silenzio. - E’ vero.
Da parecchi mesi a questa parte c’è stato un massiccio sbarco di quelle
creature oscure - riprese Alames. - A migliaia. Spuntavano e spuntano
ancora come funghi. In tutto questo tempo non abbiamo fatto altro che
mandare continuamente uomini a controllare i vari fronti e ingaggiare
lotte furibonde con questi invasori. Ma è tutto inutile - Il re si alzò
e si diresse verso la vetrata dietro di lui. Scostò una tenda e guardò
fuori. Guardò i giardini del palazzo. Axander rimase in silenzio, in
ascolto. - Noi ci dimezziamo ogni giorno e loro si moltiplicano
incessantemente. Ogni nostra perdita sembra vada ad infoltire le loro
schiere. Qualche giorno fa è stato dato l’ultimo ordine alle truppe
- Alames si voltò verso Axander. - Nessuno è ancora tornato e non
credo che qualcuno tornerà - disse con un filo di amarezza nella
voce. - Così hai pensato bene di venire a cercare me - -
Esattamente. Ho mandato il mio guerriero più fidato a cercarti, a Radiant
Garden - - Prima di lui hai mandato altri - aggiunse Axander. - Di
cosa parli? - ribatté il re, fingendosi sorpreso. - Non fare li finto
tonto, sai bene di cosa parlo. Quelle guardie inviate alla Fortezza. Tutte
morte - Axander ricordava alla perfezione il primo giorno che era
arrivato alla cittadina. Quando erano scesi al piano inferiore, aveva
incontrato Nathan ed Albaran, circondati da uomini in armatura. Nessuno di
essi era rimasto in vita. Alames tacque, non sentendo il bisogno di
aggiungere altro. Axander aveva ragione e preferì non dire nulla. -
Cosa credevi di fare? - chiese il Guardiano. - Ricordo perfettamente
gli anni passati che cosa è accaduto in quel luogo - replicò il sovrano. -
Me ne è giunta notizia, sai? Heartles, Heartless e Heartless. Temevo che
si generassero da lì - - Sei stato uno sciocco. La tua stupidità ha
solo mandato alla morte delle persone! - Alames non rispose
nuovamente. - Pensavi di mandarli per qualche giorno e controllare la
zona, come sempre... Ma ti dico io cosa è successo, perché l’ho visto con
i miei occhi - si alzò Axander, infervorito. - Albaran e Nathan. In due,
erano, in due! Sono bastati loro per ammazzare tutti i tuoi soldati. E non
sono neanche convinto di ciò. Con i poteri che posseggono potrebbero anche
essere riusciti a trasformarli in Heartless e a porli sotto il loro
comando. Gli Heartless non si generano solo ed esclusivamente a Radiant
Garden, dovresti saperlo! - - Albaran e Nathan - ripeté Alames. - I
tuoi fratelli, dunque. Ricordo che me ne parlasti, molto tempo fa - In
volto era visibilmente preoccupato ed il tono della voce si era fatto più
flebile. - Loro sono i responsabili? - domandò. Axander fece segno
di sì col capo. Il sovrano sospirò, ritornando a sedersi al suo posto e
reggendosi la testa con una mano. - Lo immaginavo... - - Perché hai
chiamato me? - - Non mascherarti dietro a domande come questa. Non puoi
rinnegare il passato. Lo sai perché cercavo te - Axander fece per
andarsene, ma le parole del re lo bloccarono. - Fermo dove sei, Custode
del keyblade! - gli tuonò contro. Sora, da dietro la porta, sussultò.
Non riusciva a credere alle sue orecchie. Stava davvero parlando di
Axander? Lui era stato un portatore del keyblade? - Non provare a
richiamarmi così - sibilò il Guardiano. Appoggiò la mano alla maniglia
della porta e Sora iniziò a sudare freddo. - Non lo sei più, forse, ma
resti pur sempre lo stesso di un tempo - affermò Alames. - Allora sei
venuto a cercarmi solo perché pensi ancora che custodisca la Chiave, eh? -
sbottò adirato Axander. - Ma non è più un peso mio, te l’ho già detto una
volta! - - Tu non la custodisci, ma quel ragazzo che ti porti appresso?
- Axander scrutò esterrefatto il re per qualche secondo. - Tu
dimentichi una cosa. Dimentichi cosa sorge qui fuori, al tempio accanto al
palazzo - disse sorridendo il sovrano. - Non sono ancora completamente
rimbambito. Ho interrogato a lungo la statua, ma ho ottenuto solo risposte
confuse - - La statua? - fece Axander, riavvicinandosi alla scrivania
di Alames. - Del tipo? - - Sora... Keyblade... Axander... Ci ho
riflettuto a lungo. Poi, l’illuminazione. Tu vivevi a Radiant Garden,
quindi ho mandato Basch a cercarti. Ti ha trovato, un vero colpo di
fortuna. E ora ho appena chiarito il mio ultimo dubbio. Quando mi hai
presentato Sora, mi è tornato alla mente tutto. Ho cercato te, convinto
che tu custodissi ancora il keyblade e, sempre per fortuna, ho trovato il
vero possessore della Chiave. Questo Sora possedeva il keyblade e tu eri
con lui. Ecco decifrato il messaggio. All’inizio neanche sapevo chi fosse
questo Sora - Silenzio. - Quell’arma è cara a Ordine. Lei l’ha
creata e lei la rivuole a proteggere la sua città. Significa che la
situazione è grave - Axander lanciò un'occhiata bieca in direzione di
Alames. - Aiutaci, amico mio, o ben presto il nostro mondo sparirà. E
sparito il nostro mondo, toccherà ad un altro e poi ad un altro ancora, se
dietro a tutto ciò c’è tuo fratello Ilfrien - lo parve supplicare il
re. - Non dovresti neanche pregarmi. Vi aiuterò e basta - concluse
Axander, freddo. - Grazie - Il Guardiano spinse la porta verso
l’esterno e Sora, prontamente, con un balzo si scansò, nascondendosi
dietro ad una colonna. Axander, uscito, si osservò attorno per qualche
istante. Sorrise. - Vieni pure fuori, Sora, non c’è bisogno che tu ti
nasconda - Il ragazzo abbandonò il suo nascondiglio e si avvicinò
all’amico. - Ti va di fare una passeggiata? - Sora annuì, ed
entrambi si avviarono fuori dal palazzo.
La sera era calata e i due
erano seduti poco fuori il palazzo, su alcuni gradini di una scalinata che
conduceva ad un santuario. - Mi spieghi che cosa vi stavate raccontando
lì dentro? - chiese senza indugi Sora. - E’ vero quello che ha detto?
- - Sì - rispose semplicemente Axander. Si levò una leggera brezza
fresca. - Quella volta sull’Isola non ti ho raccontato tutto. Non so
neanche io perché non l’ho fatto. Forse perché non ritenevo importante
parlartene o forse perché me lo dimenticai per poco. Sta di fatto che
quando ti parlai della battaglia che ci fu tra Caos e Ordine, omisi un
piccolo particolare - spiegò Axander. - Vedi, quando i miei fratelli ci
tradirono, Ordine progettò per me un’arma fuori dal comune, in grado di
poter tenere testa ai nostri avversari: il keyblade. Fu quella la prima
volta che apparve in battaglia, nelle mie mani, nel duello finale contro
Ilfrien, che decretò la sua fine - - Tu hai battuto Ilfrien già una
volta... - - Precisamente. Quella volta, prima che venisse esiliato nel
Nulla. Fu uno scontro lungo ed estenuante. Terminata la battaglia,
abbandonai anch’io tutto, compreso il keyblade. Il mio compito era
terminato - si fermò Axander. - Ordine, come già ti dissi sull'Isola,
sigillò la mia natura e divenni un normale essere umano... Non ricordo
dove mi ritrovai. So solo che un giorno, spinto da una strana volontà di
andarmene in giro per i mondi e di viaggiare, venni qui - Axander si
voltò, indicando il santuario. Sora lo seguì con lo sguardo. In cima alla
scalinata vi era un piccolo tempietto, dove era custodita la statua di una
donna. - Lei è Ordine. Ma non immaginarla così. Io l’ho vista, la prima
volta che arrivai qui e feci conoscenza con Alames. Lui era poco più di un
bambino, così come lo era Ansem il Saggio - Sora lo fissò con occhi
sbarrati per lo stupore. - B-b-bambini? Quindi tu... - - Ho un bel
po’ di annetti, sì, e non invecchio mai. Te l'avevo già detto - sorrise
Axander. - Ma riprendendo il discorso, accadde tutto come direbbe il
vecchio Alames: un colpo di fortuna. Mi ritrovai qui per caso, era solo un
viaggetto innocente di mondo in mondo e venni a visitare questo santuario
solo per pura curiosità. Invece, scoprii tutto quello che c’era da sapere
da Ordine in persona. All’inizio, rimasi un po’ scioccato a pensare che io
avevo già combattuto in passato ed ero stato il Primo Custode del
Keyblade. Ma poi ci feci l’abitudine - - Il keyblade non è più tornato
a te? - Axander si ammutolì. Ci pensò su qualche secondo, prima di
rispondere. - No. Quell’arma rimane nelle mani del suo detentore sino
alla sua morte o fino alla sua rinuncia. Solo a quel punto questa passa in
mano ad un altro guerriero. A meno che, ovvio, il Custode non si
indebolisca e si lasci contagiare dall’oscurità. Io, semplicemente, avevo
rinunciato al keyblade dopo il duello contro mio fratello. Questo è quanto
- Sora ci pensò su. - Perché il re prima ti ha chiamato in quel
modo? Non sapeva che tu non lo possedevi più? - - Evidentemente, da
quando gli ho raccontato ciò che avevo visto si è fissato con quel nome.
Sai, il primo ad aver impugnato il keyblade... A lui fece un certo
effetto, molto più che a me, e trovò giusto chiamarmi ancora Custode del
keyblade. Quel vecchio ha la memoria corta, quando vuole, e si confonde
molto spesso. Bisogna saper soppesare le sue parole. Tuttavia, resta pur
sempre un buon sovrano - Sora annuì, alzandosi. - Sono curioso anche
io di vedere questa tanto famigerata statua di Ordine. Voglio vederlo in
faccia - Axander si alzò a sua volta. - Punto primo, ti ho già detto
che è una donna e punto secondo, ti ho già detto che rappresentata lì non
è la stessa - - Non importa, andiamo a vedere - Sora non fece in
tempo ad avanzare di uno scalino che la terra tremò. - Guarda, lassù! -
urlò l’amico, indicando la cima del santuario. Il ragazzo alzò lo
sguardo e vide qualcuno. Era un'ombra, nera e minacciosa, dalle sembianze
umane. Uno della Legione. - E’ lui! Quello che ci ha aggrediti alla
radura! - urlò dopo un attimo di esitazione. L’Allievo se ne stava in
piedi davanti all’entrata a fissare i due da sotto il cappuccio. Schioccò
le dita e scomparve in pochissimi istanti. - Che diamine è venuto a
fare qui? - chiese Sora. Ed ecco la sua risposta. Un’esplosione, le
fiamme e il santuario che andava in frantumi.
Il giorno seguente non fu uno dei migliori.
Ciò che era accaduto quella notte, aveva scosso l’intera città. Un membro
della Legione Nera era riuscito ad entrare in città, nel cuore di Linahar,
vicino al palazzo reale. E se anche uno solo di essi era riuscito
nell'impresa, allora potevano riuscirci anche gli altri. Al risveglio
del re, Axander si trovava ancora alle rovine del santuario, assieme a
Basch e Marcus. Discutevano animatamente. - Che cosa ne sarà di noi? -
continuava a domandarsi il re, sull’orlo di una crisi di nervi. Più che
confortarlo, offrendogli il proprio aiuto, gli altri tre non sapevano che
fare. In quanto a Sora, si allontanò verso l’alba per fare un giro in
città, accompagnato dall’instancabile Elen. Scesi giù per la scalinata,
ripercorsero il viale principale del giorno prima, che si allungava dritto
innanzi a loro e giunsero ai cancelli, rimanendo per un po’ nei paraggi.
C’era un insolito viavai di persone, abitanti della città e stranieri,
venuti magari solo per un viaggio d’affari. Dopo circa un’ora di
passeggiate per le vie, Elen salutò Sora e ritornò a palazzo. Rimasto
solo, al ragazzo non rimaneva altra scelta che cominciare a vagare e
cercare qualcosa di interessante con cui passare il tempo. - Ehi, tu! -
urlò una voce burbera. Sora si voltò, guardandosi le spalle, ma non
vide nessuno. - Coso! Coso! - continuavano a chiamarlo. Il tono
della voce era piuttosto alto e dal timbro pareva che fosse una persona
tutt’altro che piccola e minuta. Suonava, inoltre, familiare alle orecchie
di Sora. - Soro... Sore... Sora... Al diavolo, come ti chiami tu!
- A quel punto, il giovane fu sicuro al cento per cento che stavano
cercando proprio lui. Infatti, dalla folla, spuntò un enorme uomo, dalla
carnagione scura e dal passo pesante, accompagnato da un grosso quadrupede
col pelo rossastro. - Ma guarda chi si vede! - rise forte Barret. -
Visto che non sbagliavo? Mezz’ora che lo abbiamo sotto gli occhi e tu non
ci credevi! - Red alzò gli occhi al cielo, scuotendo la testa. -
Ahah, inutile che fai così, i 300 munny sono miei! - disse sorridente
l’uomo. - Sì, va bene, hai vinto tu. Appena a casa di Leon, ti
riconsegnerò i soldi. Contento? - sbuffò l’animale. - Non si può dire
che tu non sia di parola, cucciolone! - continuò Barret. - Guai a te se
mi chiami un’altra volta così - ringhiò di rimando Red. Si erano
completamente dimenticati di Sora, che li stava osservando sorridendo. Non
gli importava se avevano avuto quella piccola disputa a Radiant Garden
giorni addietro; era contento di vedere che stavano bene. E soprattutto
era contento di sapere che anche Leon si era messo in salvo. - Quindi -
si intromise Sora. - Siete tutti qui, compreso Leon? - - Certamente,
tutti vivi e vegeti - rispose Barret. - Giusto... Ora che ti abbiamo
trovato, ti va di venire con noi? La nostra nuova base non dista molto e
sarai felice di rivedere tutti, suppongo - fece Red, con tono pacato -
Sarebbe meraviglioso - - Così farai anche la conoscenza delle ragazze -
disse Barret. Sora restò un attimo perplesso, valutando le parole
dell’uomo. Poi si batté una mano sulla fronte. - Vero, che sbadato che
sono! - esclamò. - Mi ero completamente dimenticato di Aerith, Yuffie e
Tifa - - Vedo che le conosci, allora. Meglio così. Ora andiamo, prima
che si faccia tardi - propose Barret. Sora, Barret e Red si misero in
cammino per la via, raggiungendo in poco tempo la scalinata del palazzo.
Da lì deviarono a sinistra, puntando alla falde delle montagne, dove
sorgeva una sottospecie di borgo. Alla fine del viale vi era solo una
parete rocciosa. - E adesso? - domandò Sora. - Stai a vedere - disse
Barret. L’uomo si avvicinò alla parete, passando la mano sulla liscia
superficie della roccia. Come dal nulla, sotto il suo palmo, apparvero due
pulsanti di forma triangolare, uno disposto con la punta verso il basso e
l’altro con la punta verso l’alto. Barret premette quello in basso e
accadde qualcosa: davanti a loro si aprirono delle porte nella pietra, che
davano su un piccolo stanzino. - Ascensore - fece notare Red. - A meno
che non vogliate andare su a piedi - - Non ci penso nemmeno - disse
Barret, entrando immediatamente e appoggiandosi accanto ai pulsanti
all’interno. - Concordo - gli fece eco Sora, seguendolo assieme a
Red. Barret selezionò il pulsante con il numero quattro e le porte si
richiusero. Dopo pochissimi istanti, queste si riaprirono. I tre
uscirono, facendosi largo per la balconata che dava sulla valle. Da quella
postazione si godeva di una vista mozzafiato. Alla loro sinistra, il fondo
della valle, dove sorgeva l’immenso complesso di torri ed edifici del
palazzo reale, mentre alla loro destra c’era il grande muro che chiudeva
la valle. Sembrava un’enorme diga per contenere un vastissimo lago di
abitazioni. - Però, ve la siete scelta bene la postazione - ridacchiò
Sora. In tutta risposta, Barret gli mollò una forte pacca sulla spalla,
tanto da farlo quasi passare oltre il parapetto. - Ma che simpatico
ragazzo! - rise di gusto. Si trovavano a circa qualche centinaio di
metri sopra il livello della città e in quel posto pareva già tutto più
calmo. Camminarono per un po’, senza incontrare anima viva. - Eccoci
arrivati - disse infine Barret. La casa davanti alla quale erano
posizionati rassomigliava in tutto e per tutto a quella di Radiant Garden.
Sembrava persino che l’avessero presa e messa lì, davanti ai loro
occhi. Barret e Red entrarono senza indugiare, aprendo la porta e
lasciandola spalancata. Molto probabilmente erano andati a cercare Leon e
gli altri. Sora fece per seguirli, quando davanti a lui notò qualcosa
luccicare per terra. - Questo cos’è? - si chiese, chinandosi a
raccogliere il minuscolo oggetto che brillava. Lo esaminò per qualche
istante, tenendolo tra il pollice e l’indice ed osservandolo in
controluce. Non aveva niente di strano. Era una piccola foglia dorata,
probabilmente un ciondolo. Sora si guardò attorno, per vedere se ci
fosse stato un eventuale proprietario nelle vicinanze, ma nulla. La
balconata era deserta. - Chissà di chi è... - pensò. Sospirò, non
vedendo arrivare i suoi amici. Alzò gli occhi al cielo. Scorrendo su per
la facciata di una delle case del vicinato, vide un orologio. Fermo. -
Ma che cosa se ne fanno di un orologio fermo? - si chiese, anche questa
volta. - Ehm... Scusa il disturbo - Sora si voltò, sentendo qualcuno
bussargli delicatamente sulla spalla. - Sì? - Innanzi a sé vide una
ragazzina, poco più bassa di lui, minuta, con i capelli lunghi e biondi,
ed un viso sorridente. Avrà avuto una quindicina d’anni, proprio come
Sora. - Hai visto per caso da qualche parte un piccolo ciondolo? -
domandò. Sora non fece caso alla domanda, talmente era preso
nell’osservarla. La ragazzina portava una camicetta bianca, a maniche
lunghe, piuttosto larghe, che le lasciava scoperta l’ultima parte del
ventre. Indossava anche dei pantaloncini a vita bassa, di un azzurro
pallido. - E’ a forma di foglia e... Ed è d’oro! - esclamò lei,
ricordandosi i dettagli del suo ciondolo. Il giovane si destò subito,
scuotendo bruscamente il capo. - Eh... Oh, sì... Ti riferisci a questo?
- Tese una mano in avanti, mostrando ciò che teneva sul palmo. -
L’ho trovato un attimo fa qui per terra e temevo di non trovare più il suo
proprietario - sorrise, passandosi una mano dietro la testa. - Sì, sì,
è quello! Grazie infinite! - lo ringraziò la fanciulla, più felice che
mai. - Di nulla - ridacchiò Sora, tentando di assumere un'espressione
solenne. - Posso? - Sora guardò la ragazza senza capire cosa
intendesse. - Come, scusa? - - Posso... Posso prenderlo? - chiese
lei, timidamente. - Ci mancherebbe altro, tieni - Prendendole una
mano, il giovane lasciò cadere il ciondolo tra le sue dita. La ragazzina
sorrise timidamente, arrossendo alla presa del Custode del keyblade,
scostandosi una ciocca di capelli che le ricadeva sul viso. - Grazie
ancora di cuore - Sora ricambiò il sorriso, quando, improvvisamente, si
sentì chiamare da dietro. Si girò di scatto, vedendo Leon sulla soglia
della porta. - Sora! - - Ehi, Leon! - Il giovane uomo gli venne
incontro. - In forma come sempre, vedo - - Già, ma neanche tu
scherzi - notò Sora. Tutt'a un tratto, si ricordò della ragazzina con
la quale stava parlando e diede le spalle a Leon. - Scusam... - si
bloccò. Era sparita. - Chi stai cercando? - domandò Leon,
affiancandosi a Sora e guardandosi attorno. - Una ragazza... Era qui
fino a pochi secondi fa... Non capisco - - Beh, io non vedo nessuno in
giro... - Sora non se ne preoccupò più. L'unica cosa importante era che
il ciondolo fosse tornato nelle mani del suo legittimo possessore. -
Non fa niente - sospirò Sora. Si voltò verso l’abitazione dalla quale
era uscito Leon e guardò di nuovo in alto, istintivamente. Notò ancora
l’orologio e si stupì di quello che vide: stavolta, la lancetta dei minuti
era più avanti di prima. - Leon, ma... quell’orologio... - lo
additò. - Sì, dimmi pure - - E’ rotto, forse? - Leon scosse la
testa, in segno di diniego. - Da quando siamo arrivati qui, io l’ho
sempre visto in funzione - affermò. Qualcosa non quadrava. Il Custode
era sicuro di non avere le traveggole. Possibile che l'orologio si fosse
fermato solo per quell'attimo in cui l'aveva esaminato Sora? Proprio
durante la comparsa di quella sconosciuta? Non era, però, il momento
adatto per parlare di sciocchezze simili, date le circostanze. - Vabbè,
come non detto - disse Sora, alzando le spalle. - Dai, entriamo. Ho
detto agli altri che ci avrei messo un secondo per venirti a chiamare e si
staranno preoccupando. Poi conosci Barret. Se uno non è puntuale inizia a
scaldarsi - Entrambi si misero a ridere e si diressero verso
l'ingresso, entrando in casa.
- Davvero un bella vista, non trovi?
- Grelwan si materializzò dal nulla accanto al fratello. Albaran,
tuttavia, rimase in silenzio, a contemplare Linahar e le sue alte
mura. - Che c’è, ancora arrabbiato per quello che è accaduto l’altro
giorno? Non ci pensare, non è il caso di... - - Tranquillo, è tutto a
posto - lo interruppe bruscamente Albaran. In piedi, sulla cima di una
delle più alte dune del deserto, il Generale dei Venti osservava la città
illuminata da un cocente sole di mezzogiorno. - Questa notte...
- Tra i due calò il silenzio. Grelwan scoccò un’occhiata stupita verso
il fratello. - ... Preparati per l'assalto - terminò Albaran. -
Come? Ma sei impazzito? Gli Heartless non... - protestò Grelwan. - Gli
Heartless sono pronti. L'esercito degli uomini, invece, è stato spazzato
via. Gli ultimi reparti li ho finiti io stesso - Albaran sorrise,
mentre Grelwan osservava la distesa di sabbia. - La tempesta si
scatenerà, e noi avremo dei posti in prima fila
-
Capitolo 39 *** Capitolo 38: Incontri, parte 2° ***
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Capitolo 38: Incontri, parte 2°
- Sora! - Un unico urlo si levò dal
salotto della casa. Appena oltrepassata la soglia, Sora fu preso di mira
da tutto il gruppo. In massa, i presenti si alzarono dai loro posti e gli
vennero incontro. Aerith lo abbracciò, provocando un mezzo infarto al
"povero" ragazzo, il quale non si aspettava nulla del genere. A dargli il
colpo di grazia, ci pensò anche Tifa, che per un momento sembrò volergli
fare la stessa cosa, ma si trattenne, dandogli solo una forte pacca sulla
schiena, una di quelle che non avevano nulla da invidiare alle mazzate che
tirava Barret. Cid e Merlino lo salutarono da lontano, con un cenno
della mano, per poi tornare a concentrarsi entrambi sul computer che stava
riparando Archimede. - E Yuffie? - domandò Sora. Leon sorrise. -
Non ti preoccupare, dovrebbe arrivare qui a momenti. E’ solo andata a fare
un giro con alcuni... conoscenti - - Conoscenti? - - Sì, che tu
dovresti conoscere molto bene. Ma ora lasciamo perdere. Piuttosto,
raccontami un po’ che cosa avete combinato in giro per i mondi - disse
Leon sedendosi, mentre i presenti lasciavano la stanza per andare a
svolgere altre occupazioni. Sora sospirò. Si sedette a sua volta di
fronte all'uomo. - Non abbiamo combinato niente di che. Solo due
serrature chiuse che non serviranno a nulla - - Ah, no? Perché? -
domandò Leon, incuriosito. - Abbiamo sottovalutato il potere dei nostri
nuovi nemici. Non sono come l’Organizzazione - scosse il capo. - Sono
decisamente molto più pericolosi. Ti basti pensare che stavo rischiando la
vita, combattendo contro il loro capo - Leon assunse un’espressione
pensosa, e anche un po’ preoccupata. - Come già ti avevamo accennato
sono in quattro, dato che Axander è dalla nostra parte. Ho potuto vedere
cosa sono in grado di fare. Uno di questi, Albaran si chiama, è riuscito a
mettere K.O. due nemici contemporaneamente... Ma non nemici qualunque, i
migliori guerrieri di Ade! - - Non ci posso credere... E degli altri
tre, che mi dici? - - Uno di loro, quello che ha rapito Kairi...
Aspetta... Grelwan, non l’ho più rivisto, ma penso sia ancora in
circolazione. Quello grosso, invece, che era a Radiant Garden, si chiamava
Nathan. Anche lui non scherzava, ma Axander lo ha battuto. Ad un caro
prezzo, però - - Che cosa intendi dire? Non dirmi che... - - Sì -
interloquì Sora. - Un ragazzo, un Nessuno, non ce l’ha fatta e non c’è
stato più nulla da fare per lui - Leon annuì, poco convinto, assumendo
una posa da pensatore, portandosi una mano al mento. - Certo, nulla è
andato come pensavamo. E ora ecco che siamo di nuovo tutti qui. Una
coincidenza forse? Non credo. Qualcosa accadrà... - rifletté ad alta
voce. Sora annuì vigorosamente, nonostante la situazione. - Pare che
un esercito di Heartless voglia attaccare la città - - C’era da
aspettarselo - disse cupamente Leon. Sora lo guardò per un po’, poi gli
venne naturale una domanda. - Non mi hai ancora chiesto il perché mi
aggiravo da solo da queste parti, senza più il Re e gli altri... - Leon
lo guardò e sorrise. Il ragazzo capì al volo e il suo volto si
illuminò. - Sono in giro con Yuffie. Ci sono il Re, Paperino, Pippo e
anche il tuo amico, Riku - - Ma questa è una magnifica notizia! Stanno
bene, allora! - esclamò il Custode, sussultando per l'euforia. Leon
fece segno di sì col capo. - Se non avrai fretta di andartene, li
rivedrai tra un po' - - Secondo te io me ne vado? Non ci pensare
nemmeno. Non mi smuovo da qui! -
Verso il tardo pomeriggio, la
porta della casa si aprì. La prima ad entrare fu Yuffie che, non appena
vide Sora, corse a salutarlo. Subito dopo entrarono Paperino, Pippo e il
Re. Infine, anche Riku si palesò agli astanti. - Sora! - si sentì
nuovamente urlare nell’abitazione. Paperino e Pippo gli furono subito
addosso, travolgendolo, mentre Riku e il Re se ne stavano sulla soglia del
salotto, ad osservarli sorridenti. La prima cosa che fecero fu di
finire di raccontare ciò che era successo a Leon. Sora ricominciò da dove
si erano separati, raccontando della fuga dalla Fortezza e dell’arrivo su
questo nuovo mondo. - Non sei l’unico ad avere una storia da
raccontare, Sora - intervenne ad un certo punto il Re. - Cosa
intendente dire, vostra Maestà? - chiese il ragazzo. - Anche noi
abbiamo avuto parecchio da fare per giungere sin qui e siamo arrivati per
puro caso - fece una breve pausa. - Se non vi dispiace, inizio io a
raccontarvi cosa mi è accaduto - continuò Topolino. Ebbe il consenso di
tutti e cominciò. - Dalla Terra dei Dragoni, mi sono ritrovato
catapultato in un altro mondo. A Crepuscopoli - Tutti erano in ascolto,
ben intenzionati a non perdere una sola parola del discorso. - La prima
cosa che feci fu di cercarvi in città, ma non trovai nessuno di voi. In
compenso, incontrai nuovamente Hayner, Pence e Olette, quei tre ragazzi
che ci aiutarono un anno fa. Chiesi se lì in città era accaduto qualcosa
di strano ultimamente e se vi avevano visti in giro. Ovviamente mi
risposero che era tutto tranquillo, ma ero intenzionato ad indagare
ugualmente. Feci un giro nei dintorni, sino alla villa abbandonata e lì
trovai qualcosa: una serratura. Non fu facile scovarla, si trovava ben
nascosta tra le capsule del laboratorio di Ansem. Tuttavia, riuscii a
chiuderla grazie al keyblade, ma ora che sento le parole di Sora, non sono
più molto tranquillo. Se è vero che le serrature sono del tutto inutili...
- abbassò gli occhi il Re, abbacchiato. - Comunque, una volta bloccata,
uscii dalla villa e vidi che uno di questi misteriosi nemici se ne stava
sul tetto, e sopra la sua testa c’era un varco, nero. Come è successo al
Monte Olimpo, centinaia di Heartless ne furono subito attratti e lo
varcarono - A quel punto, anche Paperino e Pippo annuirono. - E’
successa la stessa cosa a noi. Alla Città di Mezzo. Non c’era nessuno.
Tuttavia, dopo aver trovato la serratura... - si interruppe Paperino. -
... E’ apparso lo stesso individuo in nero, che ha ripetuto lo stesso
identico rito - continuò Pippo. Rimasero un attimo in silenzio, tutti
intenti a pensare sul da farsi. - Io invece sono capitato subito qui
- Tutti si voltarono verso Riku, che aveva preso la parola. - Dopo
l’agguato che ci ha teso Ilfrien, mi sono ritrovato esattamente qua fuori.
Per fortuna che è la casa di Leon, sennò temo proprio che mi sarei perduto
- - Ora siamo tutti qui - affermò il Re. - Sembra che qualcuno voglia
farci combattere assieme questa imminente battaglia - Il silenzio calò
in tutto il salotto. Oramai erano rimasti solo Sora, Leon, Riku, il Re,
Paperino e Pippo. - Vostra Maestà - disse ad un tratto Sora. - Dimmi
- - Ecco, io volevo chiedervi... Non sapete nulla a riguardo dei
keyblade? Intendo dire... Anche loro ce li hanno... - - Cosa?!
Questo... Questo non è possibile! - esclamò Topolino. - Inoltre, pare
che un nuovo guerriero si sia unito al loro gruppo. E’...
Straordinariamente forte, ma quello che non capisco... - aggrottò la
fronte Sora. I presenti lo fissarono, attendendo che proseguisse. -
Io sono sicuro di averlo già incontrato, prima che apparisse qualche
giorno fa... Sono sicuro di conoscerlo meglio di quanto credo - Il Re
si rabbuiò, non sapendo cosa rispondere. Riku osservò Sora. - Che vuoi
dire? - domandò secco. - Quello che voglio dire, Riku, è che conosco
questo nuovo guerriero. Ci ha aggrediti tempo fa ad una radura dove ci
eravamo fermati. E’ vestito identico a loro, ma sento che in lui c’è
qualcosa di familiare - - Come... Come se fosse un tuo vecchio amico? -
azzardò il Re. Sora fu colto da un brivido, che gli percorse tutta la
schiena. - Esatto! - si illuminò il Custode. La discussione, però,
era destinata ad interrompersi. Oramai la sera stava avanzando ed il sole
era già basso dietro le montagne. Ad un certo punto si sentì picchiettare
alla porta. - Chi è? - chiese Paperino, colto alla sprovvista. - Non
preoccuparti, sarà la pioggia - disse Pippo, notando l’acqua colare sulle
finestre. Entrambi si lanciarono un’occhiata, con espressioni
basite. - Che diamine state dicendo? - Riku si alzò. Era
visibilmente preoccupato. - Siamo in pieno deserto... La valle non è
che una piccola oasi, com’è possibile che piova? - Si alzarono, quindi,
e scattarono tutti assieme verso la porta, aprendola all’istante. Fuori
pioveva. Il cielo era coperto da un denso strato di nubi e dopo poco
iniziò pure a lampeggiare e a dare segni dell’arrivo di un temporale.
Nonostante la presenza della neve sulle cime attorno alla città e le
ingenti quantità d'acqua trascinate a valle dalle cascate, l'arrivo di
simili nubifragi non era affatto normale. Soprattutto se le nubi stavano
attraversando tutto il deserto e non si formavano esclusivamente sopra
Linahar, com'era nella norma. In basso, lungo tutta la valle, la gente
era uscita dalle proprie abitazioni e, col naso all’insù, osservava il
cielo stupita. Neanche loro, gli abitanti, non avevano mai visto nulla del
genere. Le forze della natura pareva si stessero sfidando tra di loro,
pronte ad elargire distruzione al solo passaggio. - Santi numi...
- Sora si voltò. Poco più avanti c’erano anche Merlino e gli altri,
appoggiati al parapetto della balconata. Erano tutti intenti a guardare
verso destra, dove erano situate le mura. - Che cos’è quella
diavoleria? - sbottò Barret. Corsero, quindi, ad affacciarsi e poterono
constatare che le esclamazioni degli amici non erano del tutto fuori
luogo. All’orizzonte, in direzione del deserto, si stagliava alta nel
cielo una fortezza. Enormi eliche la tenevano sospesa nel vuoto, mentre
avanzava attraverso i tuoni e i lampi con una furente
tranquillità.
Sulla cima della stessa duna, Albaran era in piedi,
sotto la pioggia. Impassibile come sempre, teneva il braccio sinistro
lungo il fianco, mentre il destro era sollevato. Con la mano eseguiva una
completa rotazione in senso antiorario. - Guarda - disse
Grelwan. Con un cenno della testa indicò le mura della città al
fratello. Dalle nubi si formarono tre enormi protuberanze. - Osserva,
fratellino, osserva - ghignò Albaran, senza fermarsi. La mano iniziò a
girare vorticosamente. - Osserva come sono in grado di distruggere in
pochi minuti ciò che i mortali con tanta fatica hanno costruito in
centinaia di anni! - urlò, in preda ad una follia improvvisa. Come una
furia, iniziò a roteare anche il braccio. All’improvviso, lo abbassò, e,
dal cielo, scesero con violenza inaudita tre tornado che si abbatterono su
Linahar. Grelwan si stupì. Al suo fianco apparve l’Allievo, intento a
sua volta a guardare nella medesima direzione. Al contrario dello
Stregone, appariva calmissimo e per nulla turbato. - Avvertite Ilfrien!
Che gli Heartless inizino ad avanzare! - ordinò Albaran, voltandosi verso
di loro. I due annuirono e se ne andarono frettolosamente.
-
Rientriamo, svelti! - Leon fece segno agli altri di rientrare in casa e
tutti lo seguirono. Richiuse la porta a chiave. - Sono arrivati! Sono
di sicuro loro! - esclamò Sora, affacciandosi alla finestra. Non si
riusciva più a vedere nulla. L’intera vallata sembrava essere sprofondata
nel buio più totale e la pioggia oscurava i vetri. Fuori, intanto, le
gigantesche colonne di vento iniziavano un’opera di distruzione che
sarebbe durata tutta la notte. Volteggiavano, terribili e fluide, lente
tra le due catene montuose, senza un attimo di sosta. Non erano neanche
passati dieci minuti che più della metà di Linahar era stata rasa al
suolo. Le mura reggevano a quella potenza unicamente per miracolo. Il
palazzo reale, invece, resisteva poiché stranamente avvolto da una cupola
bluastra che fungeva da barriera. - Sarà senza dubbio Axander - disse
il Re, osservando in quella direzione. - Il palazzo è al sicuro, almeno
quello - - Prepariamoci - gli si avvicinò Sora. - Presto verrà il
momento di scendere in campo -
Capitolo 40 *** Capitolo 39: Pronti alla battaglia! ***
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Capitolo 39: Pronti alla
battaglia!
Il temporale finì prima del
previsto e la pioggia smise di inondare la vallata. Le nubi, tuttavia, non
si diradarono e rimasero a incombere su tutta la città, oscurandola. -
Sembra che si sia calmato - commentò Leon, scostando una tenda e
osservando fuori dalla finestra. - Bene - disse il Re, per poi voltarsi
verso i compagni. - Sora, Riku, Paperino, Pippo. Siete pronti?
- Annuirono tutti e tre assieme, pronti ad armarsi. - Allora
possiamo andare. Scendiamo in città e vediamo di scoprire cosa sta
succedendo - Topolino aprì la porta e tutta la compagnia lo seguì, ma
Leon li bloccò. - Aspettate! - esclamò all’improvviso. Si girarono
verso di lui, fissandolo con aria interrogativa. - Non vorrete mica
andare da soli - Come se lo avesse tirato fuori dal nulla, in mano a
Leon era comparso il suo gunblade, tenuto appoggiato contro la spalla. Sul
suo volto un’espressione decisa. Anche gli altri, però, non erano rimasti
inattivi: Red e Barret affiancarono il loro compagno, seguiti da Tifa,
Aerith e Yuffie, che reggeva il suo grande shuriken. - Già, lasciare
tutto il divertimento a voi e a quell’altro buffone del vostro amico? -
Barret alludeva ad Axander, caricando il mitragliatore. - Non credo
proprio - - Avrete bisogno di una mano, ragazzi. Anzi, anche più di una
- esordì Red. - Hanno ragione - concluse Aerith. Sora scambiò
un’occhiata con il Re e sorrisero entrambi. - Non saremo di certo noi
ad ostacolarvi - affermò Topolino. Uscirono, quindi, in gruppo dalla
casa. Avevano deciso di lasciare a guardia di tutto Cid, Merlino e
Archimede, anche se il più adatto dei tre al ruolo di difensore era il
mago. - Noi vi precediamo. Ci dirigeremo subito verso le mura! - li
avertì Leon. Sora annuì, e Leon, seguito da Barret e Red, corse verso
il limite della balconata e saltò giù. - Non li sopporto quando fanno
queste scenate - sbuffò Yuffie, per poi seguirli a sua volta, scomparendo
alla vista degli ultimi rimasti. - Sora, io e Tifa andremo a fare un
giro di perlustrazione - disse Aerith. - Ok, ma state attente, nel caso
qualcosa dovesse andare storto - - Non ti preoccupare, Aerith non
rischia nulla se ci sono io - fece l’occhiolino Tifa. Aerith sorrise,
ed entrambe si diressero verso l’ascensore. - Ehi, gli Heartless! -
esclamò Paperino - Venite a vedere! - Subito oltre le mura, in pieno
deserto, appariva la fortezza volante. E sotto di essa, una lunghissima
linea scura che si stagliava contro l’orizzonte. - Veloci gli amici -
disse Riku, con sarcasmo ed estrando il keyblade. Sora e il Re lo
imitarono. Le loro braccia furono avvolte da penetranti fasci di luce e le
loro dita, in brevissimi istanti, erano già strette saldamente attorno
alle impugnature delle Chiavi. - Sora, io e il Re andiamo ad aiutare
Leon e gli altri alle mura. Sono troppi e non ce la faranno a reggere a
lungo! - Così dicendo, Riku e Topolino scomparvero a loro volta,
scavalcando la balconata nel punto dove si erano allontanati i loro amici
poco prima. - Noi che facciamo? - domandò Pippo. Il Custode del
keyblade ci pensò su per un po'. L'unico luogo che non era stato menzionato
dagli altri era il palazzo reale. Sarebbe stato meglio dirigersi lì,
giusto per assicurarsi che tutto fosse realmente a posto. - Anche se
Aerith e Tifa sono andate a fare un giro di perlustrazione, non significa
che si vogliano dirigere anche verso palazzo. Quindi andremo noi da
Axander, ci state? - Paperino e Pippo assentirono e presero a correre
verso lo stesso ascensore che avevano preso poc’anzi Tifa e Aerith. Sora
li seguì, ma dovette fermarsi di colpo. Qualcuno gli tagliò la strada.
Fece fatica a fermarsi e finì per terra di schiena, poiché la
pavimentazione della balconata era ancora tutta bagnata e scivolosa per
via della pioggia. - Ouch! - esclamò Sora, mettendosi a sedere e
massaggiandosi la schiena. - Scusami, ti sei fatto male? - Alzò lo
sguardo, perplesso e irritato. Ma vedendo chi aveva di fronte,
l'irritazione volò via in un baleno. - No... Non mi sono fatto niente
di che... - replicò Sora. - Oh, ma sei tu! Il ragazzo di questo
pomeriggio! Mi fa piacere rivederti! - La misteriosa ragazzina bionda
che il Custode aveva incontrato quel giorno sorrise divertita, studiando
Sora con i suoi occhi chiari e vivaci. - Eh sì, ancora io - si limitò a
dire Sora, alzandosi. La sconosciuta tirò su una manica della sua
camicetta, per dare un’occhiata al suo orologio da polso. - Caspita, è
tardissimo! Mi dispiace per oggi... Sono scomparsa all’improvviso e so che
è imperdonabile da parte di qualcuno fare così! - si scusò la ragazza,
allontanandosi. - Ma ho un impegno davvero urgente, scusami! Spero di
rivederti presto, ciao! - E anche lei, come Riku aveva fatto in
precedenza, balzò giù dalla balconata, scavalcando con grazia il
parapetto. Sora si grattò la testa, poco convinto. - Qualcosa non va...
Sta per scoppiare una battaglia e questa qui pensa ad un impegno urgente.
Chissà, magari è addetta anche lei alla difesa della città - - Sveglia,
Sora! - urlò Paperino, con la testa che sbucava dall’ascensore, sotto
quella di Pippo. - Presto! - Il ragazzo li raggiunse rapidamente e
le porte di richiusero. L’ascensore scese sino al pianterreno ed essi
uscirono, di gran lena. - Venite, il palazzo è di qua! - gridò Sora,
già parecchio lontano, mentre si avviava verso il viale che conduceva alla
lunga scalinata. I tre lo percorsero a grandi passi. Raggiunta quella
impressionante montagna di gradini, svoltarono alla loro sinistra.
Salirono furiosamente, saltando di volta in volta almeno due scalini,
senza perdere un attimo di tempo per riprendere fiato. Giunti alla
sommità, si guardarono brevemente attorno: tutto era ancora in perfetto
ordine, tranne per alcune macerie del santuario che ingombravano un lato
del cortile. - Cosa siete venuti a fare, qui? - irruppe bruscamente una
voce. Un ragazzo uscì dal portone del palazzo, seguito da un uomo
biondo. Entrambi brandivano una spada. - Marcus, hai visto Axander? -
domandò subito Sora. Il Capitano scosse la testa, per poi rivolgere
un’occhiata a Basch. - No, neanche io. Ma forse è dentro. Mi pare che
voleva mettere al sicuro Elen - - Grazie infinite! - Sora, Paperino
e Pippo oltrepassarono i due che stavano scendendo la scalinata per
dirigersi alle mura. Dentro al palazzo, si fermarono in mezzo all’atrio
deserto. Per terra, cocci di vetro e piante rovesciate ovunque. In alto,
la cupola di cristallo era andata in frantumi; solo lo scheletro in ferro
era rimasto in piedi. - Che disastro! - commentò Pippo. - Axander! -
urlò forte Paperino. - Ehi, Axander siamo noi, Sora, Paperino e Pippo!
- Un’ombra nera si materializzò davanti a loro, spazzando via con forza
il terreno e sollevando molta polvere. - Ce ne avete messo di tempo
- Axander era già pronto ad andare in soccorso di Linahar. In entrambe
le mani reggeva le sue alabarde, quella sinistra lungo il fianco sinistro,
mentre quella destra appoggiata alla spalla destra. - Vi aspettavo da
un po’ e cominciavo a preoccuparmi. Ho parlato con il re questo
pomeriggio... - - Il Re? - chiesero all’unisono Paperino e
Pippo. Axander scosse la testa. - Non re Topolino, ma Alames, il re
di questa città. Abbiamo chiarito la situazione e mi ha detto di
consegnarvi questi - Il giovane schioccò le dita e lo scudo di Pippo e
lo scettro di Paperino sparirono dalle mani dei loro proprietari. Al loro
posto, apparvero un nuovo scudo ed un nuovo scettro. Su entrambi vi era
un’effige raffigurante due ali e le rifiniture sui contorni tendevano al
blu e al giallo. - Save the King e Save the Queen - disse Axander. - Le
avete già utilizzate in passato, ma queste sono versioni potenziate. Sono
uguali a quelle che avete usato nei vostri precedenti viaggi, ma i Moguri,
sotto mia esplicita richiesta, hanno provveduto a darci un tocco di classe
in più - - Tocco di classe? - chiese Paerino, guardando di sottecchi
Axander e maneggiando il nuovo scettro. - Danni quintuplicati e poteri
magici triplicati - sorrise il Guardiano. - Wow, grazie! - lo
ringraziarono all’unisono i due. - Non ce lo saremmo mai aspettati da uno
come te! - - Di nulla. Per te, invece, mio caro Sora - continuò il
ragazzo, ignorando la battuta finale di Paperino e mettendosi una mano in
tasca. - Tieni! - Lanciò immediatamente in aria qualcosa che Sora
afferrò al volo. Aprì la mano e un bagliore lo avvolse. Pochi istanti
dopo, al posto dell’Ornamento, un nuovo keyholder si era legato all'elsa
del keyblade. Grazie ad esso, anche la forma dell'arma era cambiata, con
grande meraviglia del Custode stesso. - Ti piace, eh? L’Ultima
Weapon... - disse Axander. - Anche quella assomiglia molto al modello
precedente, ma... - - Ma...? - incalzò Sora, curioso. - Oltre ai
Moguri, che hanno decuplicato il danno di base, ho provveduto anche io ad
apportarvi qualche piccola modifica. Nulla di che, solo un ritocco qua e
là - Axander ammiccò al ragazzo. Questi sorrise, ammirando la nuova
arma con una strana luce negli occhi. La luce di chi è sicuro di poter
affrontare tutti i pericoli del mondo, senza timore, grazie al nuovo
potere che gli viene donato. - E’ stupenda, grazie mille! - - Adesso
che sono finiti i ringraziamenti... - Il Guardiano alzò il braccio
sinistro e fece roteare sopra la sua testa la lunga alabarda argentata,
che gli sfiorava il palmo della mano. - ... E’ il momento di scendere
in campo! -
- Qualche ordine supplementare? - Grelwan guardò
Albaran con la coda dell’occhio. Il fratello se ne stava con le braccia
incrociate, alla testa dell’orda oscura, in piedi, tranquillo come pochi.
La sua calma era innaturale. - Radere al suolo la città non basta?
- Grelwan scosse le spalle. - Va bene... - Si voltò e alzò una
mano, osservando gli Heartless. Arcieri, Spadaccini, Assalitori, Lancieri,
Shadows, Neo Shadows, Wizards, Defenders, Invisibili, Behemoth... Gran
parte di tutte le tipologie di Heartless erano radunate alle loro spalle.
Un esercito di decine di migliaia di esseri oscuri copriva la sabbia
dorata del deserto. Una tenebra sembrava voler circondare il mondo. Al
gesto dello Stregone, un fremito scosse l’orda. Sempre tenendo la mano
alzata, si assicurò che fossero pronti. Poi si voltò, in direzione di
Linahar. Solo in quell'istante, ben conscio che il destino di moltissime
persone risiedeva nel suo gesto, abbassò il braccio. Gli Heartless
partirono all’attacco, accompagnati da nuovi ruggiti di tempesta.
-
Ecco, siamo arrivati! Quelle sono le mura! - I quattro si fermarono, a
qualche metro dal portone. - Tenetevi pronti, mi raccomando - disse
Axander. Lungo tutto il viale che tagliava trasversalmente la città
erano appostati vari gruppi. Al centro, Sora, Axander, Paperino e Pippo.
Alla loro sinistra Barret, Red, Leon e Yuffie. Alla destra, Marcus e
Basch. Ogni gruppo era addetto a sbarrare una delle tre vie principali.
Nelle retrovie, alcuni manipoli di soldati. - Tifa e Aerith? - chiese
Sora a Leon. L’amico scosse il capo. - Le ho detto di restare più
indietro. Qui è troppo pericoloso per loro due. Tifa mi odierà, ma non c’è
altra scelta. Inoltre... - Un boato improvviso interruppe la
conversazione. Qualcuno era già arrivato. Dopodiché, il silenzio più
assoluto. Tutti si scambiarono occhiate sospette, senza dire una parola. A
rompere quel silenzio ci pensò Axander, fendendo l’aria con le sue
alabarde. - Attenti! - gridò, mettendosi a correre verso il
portone. A pochi passi da questo, scattò sul muro, camminando lungo
tutta la parete, verso l’alto. Giunto sulla sommità, spiccò un salto,
sguainando le armi. Un fulmine gli passò accanto. Sora vide a fatica
che cosa stava succedendo. Tutta una serie di scariche elettriche si
stavano abbattendo al suolo, senza però provocare alcun danno. Un
guerriero, vestito di nero e armato di keyblade, era riuscito a scavalcare
le mura ed era intento a fronteggiare Axander. Il Guardiano fu costretto
ad indietreggiare, rientrando così nell’area entro le mura. Scese a
terra, mettendosi in posizione di guardia. Davanti a lui, atterrò, lento e
leggiadro come una piuma, il suo avversario. - Lui! - pensò
Sora. L’Allievo li aveva raggiunti nel luogo del combattimento. -
Gli Heartless, sono vicinissimi - disse Axander. - E Ilfrien sta
proteggendo la loro avanzata con i suoi poteri... Stiamo ben attenti ai
fulmini - Axander volse il suo sguardo in direzione di Sora. Trasse un
profondo respiro, prima di parlare. - Ascoltami, Sora! A quanto pare
costui è troppo forte per me. Tu gli hai tenuto testa già una volta e
credo tu sia l'unico che possa contenere i suoi attacchi - - Ricevuto!
A lui ci penso io - ringhiò Sora, pregustando già la rivincita. - Occhi
aperti, Sora! Non c’è da andarci piano - - Non sono uno sprovveduto.
Voi pensate agli Heartless - Sora impugnò l'Ultima Weapon con entrambe
le mani e si lanciò all’attacco. L'Allievo mosse la testa di lato e scattò
in avanti. Lo scontro ebbe inizio.
Sora rimase con lo sguardo fisso sul proprio avversario.
I suoi occhi blu si perdevano nell’infinita oscurità sotto la quale era
celato il volto del misterioso guerriero. Quest'ultimo alzò in alto il
keyblade, facendolo roteare. In quell’istante, alle spalle di Sora
giunsero il Re e Riku. Il Custode si voltò verso i due compagni. Bastò
scambiar con loro un rapido sguardo di intesa per capire che avrebbero
dovuto allontanarsi alla svelta. - Io non ti conosco - esordì Sora,
ritornando sull’Allievo. - Eppure, il mio cuore mi dice che io ti
conosco... C'è qualcosa in te che mi è familiare- - E’ molto probabile,
Sora. Anzi, tu mi conosci molto bene - sibilò l’avversario. Proprio
come era accaduto già una volta, al giovane parve impossibile capire con
che tono si stesse rivolgendo a lui l'incappucciato. Alle sue orecche
giungevano solo fredde e leggere parole che gli si stampavano nella testa,
senza essere udite. Il nemico impugnò il keyblade con entrambe le mani,
divaricando leggermente le gambe e flettendo le ginocchia. Diede una
veloce occhiata attorno a sé. - Gli Heartless piomberanno qui a momenti
- disse. - E non ho voglia di combattere in mezzo a loro. Seguimi - Con
un balzo, l'Allievo raggiunse un tetto di una delle prime case, per poi
dirigersi verso quello seguente e quello dopo ancora. Sora non poté far
altro che seguirlo. Si mise, quindi, a correre per la via, volgendo lo
sguardo sopra i tetti per vedere fino a che punto si sarebbero spinti
nell’interno della città. Dopo pochi minuti, Sora si fermò, vedendo che,
finalmente, l’Allievo aveva deciso il luogo adatto per il duello. Si
trovarono nuovamente faccia a faccia. Il Custode del keyblade impugnò a
sua volta l’Ultima Weapon con entrambe le mani e lanciò uno sguardo di
sfida verso l’altro, il quale non si fece attendere. - Fatti sotto!
- In men che non si dica, tutti e due ingaggiarono uno scontro senza
tregua. Un fendente calò verso Sora che abilmente si scansò verso
destra, cercando allo stesso tempo di colpire al ventre l’avversario.
Costui, però, scomparve, cosicché la Chiave fendette solo l’aria. Sora
guardò alla sua sinistra, poi alla sua destra. - Dov’è finito? - si
chiese. L’Allievo apparve alle sue spalle e, senza avvertimenti, colpì
Sora alla schiena, a tradimento, facendolo scivolare in avanti per un paio
di metri. - Maledetto... - imprecò Sora, cercando di rialzarsi. - Non è
leale! - Si girò, ancora a terra, puntando il keyblade verso il nemico.
Costui si trovava sospeso in aria, già pronto ad assalire e ad infierire
sul ragazzo in netto svantaggio. - Blizzard! - urlò Sora. Lungo
tutta la lama del suo keyblade iniziarono a formarsi dei piccoli
brillanti. In seguito, una sorta di fulmine argentato attraversò la Chiave
sino all’estremità. Un raggio cristallino partì in direzione del nemico,
descrivendo una parabola per aria e colpendolo ad una
gamba. Appesantito dal ghiaccio formatosi tra il ginocchio e il piede,
l’Allievo perse l’equilibrio e cadde, riuscendo, tuttavia, a reggersi
ancora sulle due gambe. A quel punto, posò una mano per terra. Lungo tutta
la strada, si aprirono profonde crepe, tutte che, dalla mano dell’Allievo,
si dirimavano a gran velocità verso Sora. - C'era da aspettasserlo - si
disse Sora. Non perse ulteriore tempo e saltò in alto, evitando così di
venire colpito dalla scossa sismica. Si ritrovò su una piattaforma
rialzata a scrutare il nemico dall'alto. L’Allievo si rialzò lentamente,
volgendo il capo verso Sora e si rimise in guardia, scomparendo una
seconda volta. Sora sorrise. - Questa volta non ci casco! - Fece una
mezza giravolta verso destra, alzando il keyblade davanti alla faccia. Un
rumore metallico e le due lame si incrociarono. La Chiave tenuta
orizzontalmente da Sora e quella tenuta verticalmente dall’avversario
formavano una croce quasi perfetta. Il ragazzo posò un ginocchio a
terra, stringendo i denti; nonostante l’esile corporatura, colui che aveva
innanzi era tutt’altro che debole e dimostrava persino una forza più
grande della sua. - Dimmelo - sussurrò, in preda ad uno sforzo tremendo
per resistere all’assedio. - Dimmi chi sei! - Ma non gli giunse alcuna
degna risposta. - Anche se ti mostrassi chi sono, cosa cambierebbe? -
chiese pacatamente l'Allievo, in totale contrasto con la situazione in cui
si trovavano entrambi. - Voglio sapere chi ho di fronte - ribadì Sora.
- Se proprio non vuoi parlare ora, vorrà dire che saprò con chi ho avuto a
che fare quando ti avrò sconfitto! - All’improvviso, Sora si sentì
rinvigorito e fu invaso da nuove energie. Evidentemente, le modifiche che
Axander diceva di aver apportato all'arma stavano funzionando e il potere
nascosto dal keyholder si stava finalmente rivelando. Sora spinse con
tutta la forza che aveva. L’Allievo si staccò ed indietreggiò, sino alla
sommità del tetto. Con un rapido balzo, Sora gli fu addosso, pronto a
menare un terribile fendente. Esso andò a vuoto e l’Allievo scese di
fretta dal tetto. Il ragazzo fece altrettanto, seguendolo. Piombò
dall’alto, con il keyblade avvolto da una strana luce dorata. Anche qui,
l’Allievo fu costretto a scansarsi rapidamente. Sora atterrò, attutendo la
caduta con l’ausilio della mano sinistra ed inseguì l’avversario. - Non
pensare di sfuggirmi! Non avrò alcuna pietà! - gridò. - Né per te, né per
gli altri tuoi simili! - Iniziò, con straordinaria velocità, a mulinare
colpi da tutte le parti. Lungo la via, lui avanza imperterrito, mentre
l’altro indietreggiava. L'Allievo si muoveva con agilità e schizzava da un
muro all'altro, ma Sora non mollava la presa. - Dannazione... Sei così
perseverante - ringhiò l'incappucciato. Improvvisamente inciampò, dato
che la sua gamba era ancora parzialmente congelata dal Blizzard, e rovinò
al suolo. Sora recuperò presto il vantaggio che stava iniziando ad
accumulare il nemico e, giunto a pochi metri da lui, gli puntò addosso il
keyblade per l’ennesima volta. - Per te è finita! - A differenza
della precedente, questa volta dalla punta della lama partirono diversi
raggi dorati, i quali dapprima si allargarono, disegnando nell’aria una
figura ricca di ghirigori e arabeschi, e poi andarono man mano a
stringersi, in direzione del bersaglio ancora a terra. I raggi lo
investirono in pieno, alzando un polverone immenso. Sora riprese fiato,
sempre mantenendo una posizione difensiva nel caso l’Allievo si fosse
divertito ad utilizzare uno dei suoi soliti trucchetti. Il polverone andò
via via diradandosi. - Che cosa?! - sbottò Sora. Al posto del suo
rivale, si ergeva una robusta parete di roccia che non presentava la
benché minima scalfittura o graffio. La barriera scomparve in pochissimi
istanti e l’Allievo tornò in piedi con un colpo di reni. Anche lui era
visibilmente provato, dato che respirava a fatica e il capo ciondolava,
appoggiato al petto. Lentamente, ritornò a posare il suo sguardo su
Sora. - Tu non avrai la meglio su di me - sussurrò. - Cosa hai
detto? - chiese Sora, non avendo sentito, poiché troppo lontano. - Ho
detto che non riuscirai a battermi! - urlò l'Allievo. L’urlo termino
con una nota acuta, un grido. In quel preciso istante, a Sora, il cuore
piombò in gola. - Tu... Tu... Sei... - balbettò. In quell’attimo di
esitazione, fu colpito da un potente montante, che lo scagliò contro la
aprete di una casa. Si appoggiò subito sui gomiti, per nulla tramortito.
Osservò l’Allievo. - ... Sei... Una ragazza? - domandò allibito. Il
suo udito non l’avevo tradito. Aveva sentito chiaramente che, tutt'a un
tratto, l’incappucciato aveva emesso un suono con la bocca e che questo
rassomigliava in tutto e per tutto al grido di una ragazza. Parve,
tuttavia, che la domanda fosse accolta più come un insulto. L’Allievo fece
un balzo all’indietro, per poi tendere il braccio sinistro libero da
eventuali armi. Alle sue spalle si formò una parete rocciosa simile a
quella precedente, ma più grossa. - Ora ti sistemo, Custode! - La
parete si sgretolò sin quasi ad esplodere. Una decina di enormi rocce
furono lanciate rapidamente su Sora che si era preparato ad una simile
eventualità, dato che l’attacco era già stato ripetuto nella foresta il
giorno precedente. Allargò le gambe, afferrando il keyblade solo con la
mano destra e lo mosse, fendendo l’aria, per poi alzarlo sulla sua
testa. - Reflex! - Una barriera si materializzò tutt’attorno al
ragazzo e i massi si frantumarono su di essa, rimbalzando inerti. Una
volta svanita la barriera, la calma scese per tutta la via. In
lontananza, però, si sentiva un gran vociare e, di tanto in tanto, delle
enormi fiammate apparivano nei pressi delle mura. - Gli Heartless...
Stanno già attaccando... - mormorò Sora. Si guardò attorno, ma non vide
più nessuno. - Dov'è andato, adesso? - fece, allarmato. Un altro
attacco a sorpresa, pensò. Invece non era così. Il suo avversario era
proprio sparito. - E ora? Dove si è cacciata! - Sora si mise quindi
a correre verso le mura. Giunto quasi alla fine della strada, poté
constatare con chiarezza che la cinta muraria era piena di spaccature e
che gli Heartless uscivano da qualsiasi crepa. Ogni tanto vedeva qualcuno
dei suoi amici scattare lì davanti, colpendo alla cieca i gruppi di
nemici. Arrivato all’inizio della via, si fermò, assistendo a ciò che
gli si parava innanzi: tutti stavano combattendo. In poco più di dieci
contro migliaia. Qualcosa in particolare, ciononostante, attirò la sua
attenzione: sulla sommità delle mura, un’oscura figura assisteva
impassibile allo spettacolo sotto i suoi piedi. Era Grelwan. Non appena
lo vide, a Sora ritornò alla mente l’amica Kairi, rapita da quel giovane
uomo. Non si era completamente dimenticato di lei e voleva a tutti costi
ritrovarla. Alzò gli occhi al cielo, scrutando l’immensa mole della
fortezza volante che faceva capolino tra le nubi. Sapeva che era tenuta lì
dentro. - Kairi... - la chiamò, vanamente. Dal nulla, però,
dall’ombra, alle sue spalle, arrivò un suono di spada sguainata. Sora fu
colpito alle spalle, ma non cadde a terra. - Ancora tu... Ci avrei
scommesso che avresti agito così... - In una frazione di secondo, il
Custode trovò la forza di rispondere e si voltò, colpendo in pieno petto
l’Allievo. - E' ora di farla finita! - si sgolò, gli occhi
dardeggianti. L'Ultima Weapon provocò un lungo taglio dorato sul
soprabito nero dell'Allievo, che gli attraversava tutto il corpo. Costei
indietreggiò, quindi, barcollando pericolosamente. Il keyblade le si
frantumò in mano e si portò la mano destra poco sotto il petto. Sora la
fissò con freddezza. - Voi - disse. - Voi, maledetti, avete rapito
Kairi! Per colpa vostra io mi ritrovo qui, lontano da casa, a combattere
per qualcosa che non mi riguarderebbe minimamente! - urlò, stringendo i
pugni. L’Allievo gli lanciò un'occhiata senza fiatare. Sora continuò a
scaricarsi sul suo nemico, come fosse stata tutta colpa di quella presunta
ragazza che aveva davanti. - Sono stanco! - urlò nuovamente. Abbassò lo
sguardo, fissando il terreno. - Sono stanco... - - Sora... - La
testa del ragazzo si rialzò velocemente. I suoi occhi brillarono di una
strana luce. Una voce femminile, dolce, flebile, lo aveva chiamato. Pareva
molto lontana, eppure molto vicina al tempo stesso. - Kairi? - domandò
Sora. Controllò i dintorni. Era sicuro di averla sentita parlare. -
Kairi! - urlò. - Dove sei? - La risposta ci mise un po’ ad
arrivare. - Sono qui - - Qui, dove? - domandò ancora Sora, uscendo
dalla via e scrutando in mezzo agli Heartless, confuso da ciò che
udiva. L’incappucciato, ancora ferito, si avvicinò a Sora,
silenziosamente. Il Custode avvertì lo stesso il suo spostamento e,
irritato per l’intromissione, si voltò di scatto e colpì l’inerme
avversario con un secondo tondo. L’Allievo non si mosse, tenendo la
testa bassa e subendo il colpo. Fu allora che il cappuccio le scivolò
sulle spalle, scoprendole il volto. Lunghi capelli rossastri, lisci,
ricaddero sulle esili spalle della figura. La ragazza sollevò lo sguardo
verso Sora. E sorrise. - Ciao... Sora... - lo salutò
semplicemente. Il ragazzo rimase a fissarla, inebetito. Iniziò a sudare
freddo. Sentì il cuore che stava per sfondargli il petto. - No... -
balbettò. - Non è... Non è vero... Io non ci credo.. Non è possibile...
- Rimase lì dov’era, con la bocca semi aperta, continuando a biascicare
parole incomprensibili. La ragazza continuò a sorridergli. Ma ben
presto, quel sorriso si spense ed ella chiuse gli occhi, avanzando con
passo incerto verso il ragazzo. Giunta vicino a lui, si lasciò andare.
Sora, quasi istintivamente, la prese tra le sue braccia, posando un
ginocchio a terra e tenendola sollevata. La guardò a lungo. Una lacrima
gli solcò la guancia. - Kairi... - la chiamò, con un filo di voce. -
Kairi... Ti prego! - L’amica non gli rispose. Sembrava svenuta. Ad un
certo punto, però, riaprì gli occhi. Le sue chiare iridi azzurre si
posarono su Sora. - Sora - disse. - Ti ricordi di me? Non... Non mi hai
dimenticata... Vero? - Il ragazzo stava per scoppiare a piangere. -
Ma certo che mi ricordo! Come potrei...? - si interruppe. - Che cosa stai
dicendo? - disse, singhiozzando. Attirato dalle voci nel viale, anche
Riku si era avvicinato e, non appena aveva girato l’angolo, correndo, si
era arrestato. Aveva visto Sora e Kairi. Indietreggiò di lato, ansimando e
appoggiandosi alla parete di un'abitazione. - Perdonami Sora... Ma non
sono riuscita a controllarmi... Io... Io non volevo farti del male... Lo
giuro... Non volevo costringerti a questo... Spero tu... Possa
perdonarmi... - - Perdonarti? - ripeté Sora, le lacrime che scendevano
copiose lungo il suo viso. - No, Kairi! Sono io che devo chiederti
perdono! Un perdono che non basterebbe, che non varrebbe nulla se tu te ne
andassi! Ti prego, Kairi, non lasciarmi! - Kairi sorrise per l’ultima
volta. - Grazie - lo ringraziò sinceramente la giovane. Non le
importava nulla delle ferite che le aveva inferto l’amico. Era felice
perché lui non si era dimenticato di lei. Sora scosse la testa. -
Perdonami, Kairi! - gridò. - Perdonami! Non ho mantenuto la promessa!
- Ma furono solo parole buttate al vento. Kairi iniziò lentamente a
farsi più leggera; stava scomparendo. In pochi attimi, il suo corpo
cominciò a svanire, lasciandosi dietro di sé una scia di piccole luci
argentate che andarono a svanire lentamente, disperdendosi tra le braccia
di Sora. Infine, il soprabito nero divenne fumo, dissolvendosi nel
vuoto.
Il silenzio calò all'improvviso. Riku si avvicinò a
Sora. - Sora! Sora! - lo scosse con forza. Il Custode del keyblade
era in ginocchio. Fissava il vuoto innanzi a sé. - Coraggio, Sora!
Muoviti, c'è bisogno del tuo aiuto! - tuonò Riku, scuotendolo più
forte. Anche lui, per quel poco che aveva visto, non voleva credere a
ciò a cui aveva assistito. Sora non gli prestò alcuna attenzione. Nessuno
sapeva a cosa stesse pensando in quel momento. - Kairi se n'è andata...
- disse con voce spenta e disperata. - Kairi non parlerà più, non riderà
più, né piangerà o si arrabbierà... Che ne è di noi... Che pensiamo di
fare? Che ne è del mio dolore? Le dita mi stanno pungendo... La mia bocca
è secca... I miei occhi stanno bruciando... - Alcuni passi
riecheggiarono in quel preciso momento dietro ai due ragazzi. - Lascia
stare, ci penso io - intervenne qualcuno. - Che cosa? - replicò Riku. -
Vattene da qui! - - Levati dai piedi, petulante ragazzino - Alle
spalle di Sora accadde qualcosa. Un urlo di Riku, dei colpi di keyblade e,
poi, più niente. Decise, quindi, di voltarsi. - Vedo che, alla fine,
hai ucciso la tua cara amica. Da te non me lo sarei mai aspettato.
Immagino cosa provi: il tuo cuore non può resistere ad una tale...
Sciagura. La rabbia e l'odio avanzeranno imperterriti. E di me, invece? -
chiese la figura appena giunta. - Ti ricordi di me? - Come una grande
tenebra, arrivata a seminare distruzione e rovina, Albaran si parò dinanzi a Sora, con
un ghigno beffardo dipinto sul volto.
Capitolo 42 *** Capitolo 41: Il più terribile tra i nemici ***
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Capitolo 41: Il più terribile tra i nemici
Nei pressi delle mura infuriava la
battaglia. Gli Heartless avevano iniziato rapidamente ad arrampicarsi su
per quell’immenso ostacolo che impediva loro di raggiungere la città. Una
volta giunti dall’altra parte, però, avevano trovato qualcosa di peggio
delle sole mura. Coloro che erano accorsi per fermarli non avevano perso
tempo. Axander diede il via alle danze sin da subito, con potenti
attacchi di fuoco che neutralizzavano battaglioni interi. Le frecce
nemiche non potevano nulla contro le sue barriere infuocate e molti nemici
scomparivano annientati dalle lingue fiammeggianti che li
investivano. Il Re e Riku iniziarono ad ingaggiare battaglia con un
gruppo di Invisibili, distruggendone una ventina ciascuno e costringendone
alla fuga altrettanti; essendo avversari piuttosto duri da affrontare, le
energie cominciarono a venir meno dopo poche battute. Marcus e Basch,
saliti sulle mura, cercavano, invece, di bloccare in anticipo gli
Heartless e, anche se se ne lasciavano scappare molti, stavano svolgendo
un ottimo lavoro. Anche Barret era salito sulle mura, iniziando a
sparare su alcuni Behemoth assai lenti ad avanzare, i quali avevano preso
di mira il cancello principale. Ad alcuni Defenders e Wizards che
riuscivano ad oltrepassare per puro miracolo la prima via, spettava la
disfatta: Leon, Red e Yuffie si erano aggiunti per ultimi, senza sfigurare
comunque per le loro doti di guerrieri. - Leon! Leon! - tuonò Barret. -
Sono troppi questi bestioni, non riesco a finirli in fretta! Sfonderanno
il cancello! - Leon calò il suo gunblade su un Heartless, eliminandolo,
per poi voltarsi, in direzione dei compagni. - Stanno per entrare!
Teniamoci pronti! - la sua voce sovrastò il cozzare di molte
lame. Aveva appena finito di pronunciare quelle parole che Barret cadde
dalle mura, alzando un gran polverone. Nonostante la caduta e il tonfo
micidiale, non si era fatto quasi nulla. - Coff... Coff... Un tale,
vestito di nero... Sta venendo qui... Coff! - avvertì tutti,
tossendo. - Vestito di nero? - gli piombò accanto Axander. - Lo hai
visto meglio? - - Certo che l’ho visto meglio! Era alto, capelli
argentei ed un’aria estremamente tranquilla! - Axander imprecò. La
descrizione era lacunosa, ma aveva già intuito l'identità
dell'avversario. - E’ Albaran. Non ci voleva, proprio lui! - Axander
corse verso il Re, per avvisarlo. Dopo aver ascoltato brevemente le parole
del Guardiano, Topolino annuì. - E dov’è Riku? - chiese Axander. Il
Re, colto alla sprovvista da quella domanda, si guardò le spalle. - Non
lo so, era qui fino ad un attimo fa. Credo si sia avviato verso l’interno
di Linahar - In quel preciso momento, le porta del cancello principale
si trovarono sottoposte ad una tale pressione che furono sbalzate fuori
dai cardini, finendo dritte qualche metro più avanti, distruggendo
un'intera schiera di abitazioni. Dallo spesso nuvolone di polvere che si
era alzato, uscì una figura che avanza con incedere composto, molto
lentamente. Le sue braccia ondeggiavano lungo i fianchi regolarmente, ad
ogni passo, e lo sguardo era fisso sui presenti. La nuvola si diradò
ben presto e Albaran, con un sorrisetto che gli conferiva un’aria più
pericolosa di quella che lo accompagnava da sempre, schioccò le dita.
Attorno al gruppetto formato da Barret, Leon, Yuffie e Red, si alzò un
fortissimo vento che ruotava in senso antiorario. La sabbia sollevata
dalla forte velocità dell'aria creò una sorta di gabbia attorno ai
malcapitati. Si trovarono rinchiusi nel grigiore e nel caos tipici di un
tornado. Marcus e Basch, appena lo videro, furono subito addosso ad
Albaran che, con straordinaria abilità, schivò i loro colpi per afferrare
le loro spade e scagliare i due guerrieri in direzioni opposte. - Se
avessi saputo che c’era gente così a difesa di questo mucchio di case, non
avrei di certo perso tempo a radunare tutti questi Heartless - Fece un
passo in avanti ed un globo infuocato esplose a qualche centimetro dal suo
piede. Albaran alzò lo sguardo e vide che il fratello lo stava per
assalire, sguainando le sue alabarde. Sorrise, quindi, e mise le mani
dietro la schiena, quasi a voler prendersi gioco dell’avversario. -
Toh, chi si rivede - lo canzonò. La lama di una delle alabarde si
conficcò nel terreno, provocando un’onda d’urto che fece terra bruciata
nel raggio di parecchi metri. - Ah, addirittura ridursi ad attaccare
quando sono impegnato a fare altro - disse Albaran, sospeso per aria. -
Non è molto corretto - Axander lo fissò, ben poco benevolo nei
confronti del parente. - Parli proprio tu di correttezza? - Il
sorriso svanì dalle labbra di Albaran. - Osi accusarmi di essere un
vile come te? - replicò. - Sono sempre stato di parola e la correttezza è
tutto, per il sottoscritto - Il Generale dei Venti tese la diritta
verso l’esterno e una raffica di vento avvolse il suo braccio. In pochi
secondi dopo, un keyblade fece la sua apparizione, ben saldo nella mano
del suo evocatore. L'arma aveva una forma allungata, dotata di una
portata eccezionale. Completamente bianca, l’impugnatura era decorata da
numerose foglie impallidite e da figure rassomiglianti a delle nuvole. La
lama assottigliata presentava tre denti affilati, a forma di uncini. -
Un keyblade... - ringhiò Axander. Albaran rise di gusto. - Già... E
tu sei l’unico idiota che ne è sprovvisto. Ma sarò sincero con te: sono
keyblade solo nella forma. Dei cloni, per dirla in altre parole.
Sprovvisti di keyholder... No, noi non siamo i prescelti, ma dovevamo
esserlo - precisò Albaran. - Solo Ilfrien è stato premiato, per i suoi
sforzi. Lui possiede il keyblade sovrano, la più potente tra tutte le
chiavi - Dopo il breve discorso, una voce si intromise. - Coraggio,
Al! Disintegra il traditore! - urlò Grelwan, apparso improvvisamente sul
bordo delle mura. - Non aspettavo certo che tu venissi a dirmelo -
sentenziò Albaran, scocciato. Roteò immediatamente la Chiave nella sua
mano e si gettò all’attacco, prima ancora che Axander potesse accorgersi
di ciò che stava per accadere. Il Generale si bloccò a pochi centimetri
dal fratello, posizionandosi di profilo rispetto a lui. Il braccio destro
era già caricato, per poter sferrare un poderoso tondo, da sinistra verso
destra. - Ho atteso a lungo questo istante - disse. - Ere ed ere,
millenni ed ancora millenni. Hai battuto tutti noi, quella volta. Persino
Ilfrien. Ma con me, tu avesti la meglio solo per un caso fortuito.
Quest’oggi non si ripeterà - Tutt'a un tratto, entrambi furono colpiti
da una forte fitta al petto. Axander abbassò la guardia, andando a tastare
con una mano in direzione del cuore. - Lo senti anche tu quel dolore -
sibilò Albaran. - Lo hai già sentito la volta in cui ti liberasti di
Nathan, ma non era così forte. Anche io lo avvertii, ma mi è bastato una
volta per farci l’abitudine. Ogni qualvolta uno dei nostri fratelli viene
sconfitto, il segnale si fa sempre più chiaro - Alle loro spalle, sulla
sommità delle della cinta muraria, Grelwan storse la bocca, cercando di
non far notare che anche lui accusava la medesima fitta. Un lampo
solitario squarciò il cielo, segno che anche Ilfrien era venuto
fuomineamente a conoscenza della disfatta di uno di loro. - E io so già
che cosa è accaduto. Il tuo caro Sora ha dato il ben servito al nuovo
arrivato. Perfetto - sogghignò Albaran. - Addio - Come se il tempo si
fosse fermato, terminate quelle parole, il keyblade saettò verso Axander.
Costui fu sbalzato all’indietro, scaraventato contro la parete di un
edificio e venendo travolto dalle macerie. Albaran fece roteare nuovamente
la sua arma per aria. - E’ giunto il momento di andare a fare visita al
Custode del keyblade - disse. Si avviò, quindi, indisturbato, verso una
delle vie di Linahar.
Giunto all’entrata della strada, il Generale
vide Sora e Riku, l’uno accanto all’altro. Il primo era in ginocchio, a
terra, mentre l’altro cercava di destarlo. Albaran si avvicinò,
prendendo per una spalla Riku e spostandolo con ben poca gentilezza. -
Lascia stare, ci penso io - Riku si oppose, impugnando il keyblade. Non
ebbe il tempo di realizzare chi era veramente arrivato da lui. - Che
cosa? - tuonò. - Vattene da qui! - Alabaran lo fulminò con lo
sguado. - Levati dai piedi, petulante ragazzino! - Riku levò il
keyblade per aria, gettandosi sul nemico alla cieca. Albaran si scansò di
lato, colpì il keyblade avversario con il proprio, disarmando il ragazzo.
Si sbarazzò di lui come aveva fatto con Axander, ovvero con un tondo
talmente veloce che pareva aver fermato il tempo. Riku cadde rovinosamente
per terra. - Vedo che, alla fine, hai ucciso la tua cara amica. Da te
non me lo sarei mai aspettato. Immagino cosa provi: il tuo cuore non può
resistere ad una tale... Sciagura. La rabbia e l'odio avanzeranno
imperterriti. E di me, invece? - chiese il Generale, voltandosi verso
Sora. - Ti ricordi di me? - Sora non rispose. Si limitò ad osservare il
nemico con uno sguardo vacuo e sperduto nel vuoto, con occhi spenti. -
Io... Io... - balbettò, con un filo di voce. Albaran lo prese per il
collo, sollevandolo da terra. - Oramai non sei nient’altro che un
bamboccio. Sono contento - affermò. - Kairi aveva chiesto di lasciarle
un’altra opportunità per eliminarti e non ha fallito. Ora, distrutto dal
dolore, il tuo cuore sta lentamente collassando - Fece una breve pausa,
scrutando Riku, steso a terra. - Ma dato che, com'è risaputo, io sono
una persona corretta, ti spiegherò tutto. Hai diritto di sapere, in fin
dei conti. Vedi - iniziò. - La tua amica e quell’altra ragazza ci sono
servite per riaprire Kingdom Hearts. Sigillato, non serve proprio a nulla,
se non a fare da sfondo ad un bel cielo stellato durante una qualsiasi
notte estiva particolarmente noiosa. Ma due cuori puri, più il solito
contributo di altri cuori, sono la mossa vincente. Se l’altra ragazza ci
ha dato solo parte del potere del suo cuore, per aprire Kingdom Hearts,
prima che Einar venisse a rapirla, con Kairi è stato diverso: con lei
abbiamo completato l’opera, rimanendo a nostra volta meravigliati. In lei
c’era molto più potere di quanto ci aspettassimo - Sora, incosciente,
penzolava dalla mano di Albaran, ascoltando controvoglia. Le parole
sembravano con scalfirlo minimamente. In realtà, esse risuonavano nella
sua testa come tante esplosioni che gli laceravano l'anima. - Finito il
suo compito, di Kairi non rimaneva quasi nulla, se non un guscio vuoto. Il
suo cuore non esisteva praticamente più. Tuttavia, era un peccato
sprecarla così e trasformarla in un volgare Nessuno. Quindi, sperando che
accadesse ciò che è accaduto, cioè che ti sconfiggesse su tutti i fronti,
Ilfrien ha usato i suoi immensi poteri per renderla identica a noi,
donandole un nuovo cuore. Una nostra sorella - sorrise Albaran. - Oramai,
pressoché come noi, legata anche lei a Kingdom Hearts, era costretta ad
evitare che tu portassi a termine la tua missione. Poverina, costretta ad
eliminare il suo miglior amico per poter sopravvivere - - Non
ascoltarlo, Sora! - Albaran si voltò di scatto, irritato da quella voce
molesta che lo aveva interrotto. Sora tentò di fare altrettanto e vi
riuscì con enorme fatica. - Tu! - Axander se ne stava in piedi
all'imbocco del viale, solitario. Sullo sfondo, delle fiamme che
avvolgevano le mura di Linahar. - Sicuramente le hanno manipolato la
mente, come un burattino - disse Axander. - Io li conosco bene e so cosa
sono capaci di fare - Una lama infuocata gli roteò alla sua sinistra,
affiancandolo e restando sospesa a mezz'aria, come in attesa di un ordine.
Axander sorrise. - Sono loro che non conoscono bene me - Ad un suo
segnale del braccio, la lama saettò in avanti. Albaran si trovò costretto
a lasciare la presa su Sora, deviando con uno schiaffo la lama. A quel
punto, Axander colpì. Giunto immediatamente davanti al fratello con
quel diversivo, si abbassò, sferrandogli un montante con entrambe le
alabarde. Il Generale Si sentì trascinare verso l'alto, andando ad urtare
contro uno dei ponti che solcavano i viali e che collegavano i tetti delle
case. - Dannazione, anche io avevo questo dubbio, ma non è il momento
di arrendersi! - urlò Axander, avvicinandosi a Sora e facendolo rialzare
in piedi. - Mio fratello dice il vero, purtroppo. L’ombra in loro potere è
troppo grande affinché qualunque persona possa resistere - Sora non
parlò e barcollò per un attimo, appoggiandosi al muro. Scosse la
testa. - Che importanza ha ora... Lasciami in pace... - - Ah, è
così? - fece Axander, mentre Sora si allontanava, in direzione delle mura.
- E’ questo che hai imparato fino ad ora? Arrenderti quando abbiamo
bisogno del tuo aiuto? - - Troppe volte ha rinviato la resa! - urlò
Albaran, apparendo all’improvviso. Si lanciò su Axander con il suo
keyblade, ma questi fu rapido a parare. Entrambi si ritrovarono
avvinghiati in una morsa letale. - Ha ragione lui - disse Albaran, con
voce più pacata. - Lascialo stare... - Iniziarono a incrociare le lame,
combattendo furiosamente. Passati pochi minuti, Axander fu colto da
un’illuminazione, ma non diede a vedere che era riuscito a trovare una
soluzione. - Una nostra sorella, vero? - chiese astutamente al
fratello. - Vedo che anche tu, alla fine, ci sei arrivato - Albaran
sferrò un fendente e Axander lo schivò. Ciononostante, il Generale dei
Venti fu veloce ad allungare la mano libera, scagliando una raffica di
vento contro il fratello che perse l'equilibrio e fu gettato al
suolo. Axander si rialzò rapidamente, iniziando ad urlare. - Sora,
se Kairi è diventata come loro... Come me... Questo vuol dire che non è
morta! So come aiutarti! - Ben presto, il volto di Albaran fu sconvolto
da una smorfia di rabbia. Si lanciò contro Axander, puntandogli il
keyblade alla gola. - Taci, vigliacco! - Sollevò il keyblade,
preparandosi ad affondarne la punta nel collo dell’avversario. Qualcosa,
però, fendette l’aria e, rapidamente, si scagliò sulla mano di Albaran,
disarmandolo. Questi guardò poco più avanti, sconcertato. - Chi osa...!
- tuonò. Sora riprese l’Ultima Weapon al volo, la quale ritornò stretta
tra le sue mani. Con straordinaria destrezza, il Custode si avventò su
Albaran, menando un tondo dalla potenza strepitosa e mandando il nemico al
tappeto, lacerato da un fascio dorato emesso dal keyblade. Axander
ritornò in piedi, spolverandosi le ginocchia. - Ottimo lavoro - si
congratulò con Sora. Poté notare come negli occhi dell’Eroe del
keyblade brillava una strana luce. Axander ce l'aveva fatta: le sue parole
erano risuonate come un eco di speranza e avevano raggiunto Sora in
tempo - Indietro - disse il ragazzo. - Lasciaci soli - Axander
annuì, senza ribattere. - Fa attenzione, ok?
-
Capitolo 43 *** Capitolo 42: La potenza di Albaran ***
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Capitolo 42: La potenza di Albaran
Albaran si rialzò, passandosi una manica
davanti alla bocca. Non vi era sangue. - Uno contro uno? E' questo che
vuoi? - domandò. - Non ho problemi a liberarmi di te, Sora - -
Neanch'io se è per questo - ribatté il ragazzo, agitando il keyblade. -
Non sottovalutare mai il tuo avversario - continuò Albaran, serio. - E non
abbassare mai la guardia - - Tu, però, mi hai sottovalutato - - No.
Io dico semplicemente le cose come stanno - Albaran allargò le braccia
verso l'esterno, tendendole. Le sollevò, in seguito, lentamente, sopra la
testa. Attorno ai due si alzò una leggera brezza notturna che, ben presto,
si tramutò in una raffica di vento molto più forte. Le braccia furono poi
abbassate di colpo. Il vento iniziò a cambiare direzione ruotando dapprima
attorno ai due sfidanti per poi potenziarsi ed espandersi, sino a
coinvolgere un'area più vasta. L'intensità aumentò ancora e le case furono
letteralmente spazzate via. Sora alzò una mano sul viso per ripararsi
dal polverone sollevato da tutto quel vento. Quando riaprì gli occhi, non
vide quasi più nulla di ciò che vi era prima; non c'erano più le
abitazioni, e il canale dove scorreva l'acqua delle montagne era spezzato.
Si trovava all'interno di un'immensa area circolare. Una vera e propria
arena. - Non mi piace combattere contro un avversario che può sfuggirmi
tra i vicoli - disse Albaran. - Preferisco un combattimento in campo
aperto - Sora si trovò spiazzato da quella decisione. Le sue mani
strinsero con forza l'impugnatura del keyblade. - E se non ti dispiace
- continuò. - Prenderei l'iniziativa - Detto ciò, Albaran scomparve.
Sora non attese oltre. Sapeva già che probabilmente il nemico gli sarebbe
piombato addosso quando meno se lo sarebbe aspettato. Cominciò, quindi,
a correre per tutta l'arena. Si guardava le spalle con circospezione per
cercare di scorgerlo senza, tuttavia, smettere di muoversi. Ma Albaran non
appariva. Sembrava essersene andato definitivamente. - Che si sia dato
alla fuga? - pensò Sora. Scosse il capo. - No, impossibile! - Il caso
volle che Sora passasse proprio dove fino ad un attimo prima si trovava
Albaran. Il Generale riapparve: non si era mosso di un millimetro. Era
solo diventato invisibile. - Muori - decretò con freddezza,
ritrovandosi il Custode a pochi passi. Sferrò un montante con il suo
keyblade, scaraventando Sora in aria. Dopodiché, scomparve nuovamente.
Ritornò visibile dietro a Sora, a mezz'aria, colpendolo con un secondo
montante. Scomparve. Ricomparve, per eseguire la medesima mossa per la
terza volta di fila. Sora non era in grado di rispondere. Non trovava
il giusto equilibrio per poter riprendere la corretta posizione e
contrattaccare. All'ultimo, Albaran fece la sua apparizione sopra il
giovane con il keyblade levato verso l'alto. Lo calò con forza, colpendo
violentemente Sora e gettandolo a terra. - Fine della corsa, marmocchio
- ghignò il Generale dei Venti. Sora impattò al suolo ad una velocità
pazzesca.
Axander, intanto, al limitare del viale, aveva afferrato
Riku per le spalle e lo aveva trascinato lontano. Proprio in quel
momento, Paperino e Pippo lo superarono, correndo all'impazzata. -
Fermi! - urlò. - Ehi, voi due! Fermatevi! - I due si voltarono. -
Dove credete di andare? - - Che domande! - sbottò Paperino. - Ad
aiutare Sora! - - Non possiamo lasciarlo solo in un momento come
questo! - intervenne Pippo. - Lasciate stare - scosse il capo Axander.
- Vuole combattere da solo... D’altronde... Va capito... - Paperino e
Pippo si scambiarono un’occhiata interrogativa. - Non è una questione
che vi riguarda - aggiunse con tono grave Axander. Riprese a trasportare
via Riku. - Che cosa è successo? - chiese Pippo. Axander si fermò.
Non si voltò, ma rimase fermo com’era, dando le spalle ai due. -
Kairi... - mormorò. Paperino e Pippo aprirono la bocca come per
parlare, ma non dissero nulla. In breve, i loro volti si rabbuiarono.
Furono appesantiti dalla tristezza di quell'attimo. Axander continuò a
camminare. Scomparve dietro l’angolo, non prima, però, di averli
rassicurati. - Non preoccupatevi, a quello penseremo dopo. Ora
muovetevi se davvero tenete al vostro amico! - Stupiti di
quell’improvviso cambiamento d’opinione, Paperino e Pippo annuirono con
determinazione e ripresero a correre verso il luogo dello scontro. Il loro
amico aveva un disperato bisogno del loro aiuto.
Sora si rialzò,
sollevandosi a fatica sulle sue braccia affaticate. - Già stanco?
- Alzò lo sguardo verso Albaran, il quale lo fissava con espressione
stranamente seria. Questi mulinò il keyblade per aria, per poi puntarlo
contro Sora. - Aeroga - pronunciò gelidamente. Un vortice d'aria
circondò la sua arma, iniziando a roteare dapprima lentamente e poi sempre
più velocemente. Si sviluppò lungo tutta la lama e si allungò oltre e,
come il laccio di una frusta, si scagliò sul ragazzo. Sora lo evitò di
poco, balzando sopra il keyblade nemico e tentando, nel contempo, di
colpire Albaran al volto. Ma non appena l'Ultima Weapon si avvicinò, la
mano del Generale la bloccò, afferrandone la guardia. Tendendo il braccio
verso l’esterno, lanciò Sora verso la sua sinistra, parecchi metri più in
là. - Patetico - commentò. - Veramente patetico - Puntò nuovamente
il keyblade contro il giovane steso a terra. - Aeroga - Questa
volta, il tornado formatosi lungo tutto il corpo della Chiave scattò in
avanti come un raggio cinereo. In quegli attimi, Sora non poté far
altro che rimanere a guardare, inerme. Non sarebbe riuscito ad evitarlo in
tempo. - Oh, no... Non può finire così! - Il colpo, però, si
infranse su di un ostacolo. - Pippo! - lo chiamò Sora,
entusiasta. Il guerriero era riuscito a porsi tra Sora e l’avversario
con il suo grosso scudo, mentre Paperino aveva lanciato un Reflex su tutto
il gruppetto. Albaran scoccò loro un’occhiata penetrante. - Schiocchi
impiccioni - disse. - Vi insegno io a ficcare il naso dove non dovreste
- Si abbassò e si lanciò all’attacco con un solo balzo, volando
rasoterra in direzione di Paperino e Pippo. - Via! - urlò il
mago. Entrambi si gettarono di lato, scampando all’assalto. Il Generale
si arrestò poco più in là, voltandosi verso di loro. I suoi occhi
dardeggiavano per la rabbia. - Voi... - Albaran si gettò in un nuovo
e rapidissimo attacco, ma qualcosa andò storto: Sora, nuovamente in piedi,
era riuscito ad avvicinarsi ai due compagni e ad utilizzare per la prima
volta durante quel viaggio una delle fusioni. Paperino e Pippo
scomparvero tutt’a un tratto. Una strana luce avvolse Sora, che si ritrovò
vestito con abiti neri e gialli. E mentre in una mano teneva l’Ultima
Weapon, nell’altra reggeva saldamente l’Ornamento, il vecchio keyblade che
aveva ottenuto al Monte Olimpo. - Ah, inutili trucchetti - gracchiò
acidamente Albaran, contrariato. - La compagnia di mio fratello ti deve
aver influenzato in negativo - - Ti mostrerò cosa sono in grado di fare
con questi "trucchetti" - Questa volta fu Sora a partire all’attacco.
Prima ancora che Albaran potesse ricominciare a parlare, gli fu subito
addosso. Con due keyblade, aveva ormai la situazione in pugno. In un
primo momento, l’avversario non parve minimamente turbato dal pensiero di
avere di fronte un nemico che poteva maneggiare due armi, una in più di
lui. In seguito, tuttavia, iniziò a valutare la situazione sotto un
diverso punto di vista. Riprese l’iniziativa, tentando un affondo che
andò a vuoto. Sora ne approfittò per scatenare tutta la potenza della
Triade su Albaran. Grazie ad una serie ininterrotta di combo, lo fece
indietreggiare sino al margine dell’arena. Il Generale si proteggeva con
difficoltà, ma aveva ancora abbastanza forza per poter continuare a
combattere. Aprendo una mano, approfittò di una pausa molto breve per
scagliare Sora lontano e, quindi, poter riprendere fiato. - La cosa
comincia a farsi interessante - sibilò. - Non me l’aspettavo. Davvero
- Camminò fino al centro dell’arena, ignorando Sora che si riavvicinava
con sempre maggiore velocità. Quando fu a tiro, l’Ultima Weapon e
l’Ornamento colpirono all’unisono. - E' fatta! - gioì Sora. Non
accadde nulla. Soltanto un rumore vago e gelatinoso. Sora riprese più e
più volte ad attaccare un nemico che se ne stava tranquillo ad osservare
gli inutili tentativi del ragazzo di sfondare quella che era a tutti gli
effetti una barriera. Albaran era invulnerabile. Sora indietreggiò,
roteando i keyblade sopra la sua testa. - Dovrei provare a lanciargli
qualche magia, ma sarebbe inutile, lo sento. Sprecherei solo energie -
pensò il Custode della Chiave. - No, devo continuare ad attaccarlo finché
non avrò sfondato le sue difese! - Saltò in alto e, presa la mira su
Albaran, lanciò entrambi i keyblade. Questi scesero in picchiata verso il
terreno per curvare bruscamente a pochi centimetri da esso, in direzione
del bersaglio, intento a ridere di gusto. - Aeroga! - urlò per
l'ennesima volta. Nei palmi delle sue mani comparvero, allora, due lame
rotanti. Erano grigiastre e dalla forma confusa; evidentemente composte
dell’elemento che Albaran sapeva padroneggiare alla perfezione: il
vento. Le scagliò in risposta ai due keyblade e una tremenda esplosione
seguì lo scontro tra le quattro armi. Le Chiavi furono rimandate al
mittente che le afferrò al volo. Sora corse verso l’uomo e, con una
capriola, gli fu alle spalle. Albaran si voltò di scatto, colto alla
sprovvista. Non aveva visto Sora a causa di tutta quella polvere alzatasi
poco prima. - Che cosa...? - Troppo tardi per una qualsiasi
risposta. Sora, con uno scatto fulmineo, lo trapassò, tenendo i keyblade
incrociati. - Fine della corsa, dannato - Rimasero immobili. Sora da
una parte, nella stessa posizione con la quale aveva eseguito l’attacco.
Albaran dall’altra, che gli dava le spalle, con la bocca semiaperta e gli
occhi sgranati per la sorpresa. - No... Non può essere... -
sussurrò. Cadde in ginocchio e il keyblade gli scomparve di mano. Sora
si girò a scrutarlo con la più totale freddezza negli occhi. Non provava
pietà per quel nemico. - Io... Il grande Albaran... Sconfitto così... -
vaneggiò, tentando di rialzarsi, appoggiando un piede a terra e tenendosi
il petto. - Tutta l’oscurità, prima o poi, verrà sconfitta - esordì
Sora. - Per lasciare spazio alla luce - Vi fu un attimo di silenzio.
Dopodiché, Albaran lanciò un’occhiata dietro di sé. - Anche la luce...
Verrà sconfitta! - Sorrise, rialzandosi. Sora fece un passo indietro,
stupito e turbato. - Essa non sarà mai in grado di prendere il
sopravvento. Non è che un barlume di speranza per coloro che desiderano un
mondo in pace. Un barlume, nulla di più, destinato a sparire dietro ad una
nuova oscurità - Il vento riprese a soffiare ed a fischiare. - Ma io
non lascerò che neanche il più piccolo riflesso di luce faccia la sua
apparizione - La sua voce sembrò all’improvviso potente e più malvagia
di prima. Le sue iridi si tinsero di un rosso intenso. Una chiazza nera si
aprì sotto i suoi piedi ed essa andò, lentamente, ad espandersi per tutta
l’arena. Delle strane colonne di fumo nero si innalzarono dal terreno come
se tutto stesse prendendo fuoco, avvolto da una fiamma oscura. Albaran
alzò la sua mano destra, osservandola. Un’aura buia lo avvolse
completamente. - Che sta succedendo? - chiese Sora, stando bene attento
a dove metteva i piedi. Già più volte quella specie di nebbiolina che
ora ricopriva il suolo lo aveva afferrato per le gambe a trascinato verso
il basso. Improvvisamente, destandolo dai suoi pensieri, un ruggito
giunto dal nulla raggelò il sangue nelle sue vene. La cupola nera sotto
la quale si nascondeva Albaran si era ingrandita sempre più, sino a
diventare enorme. - Questa notte - tuonò. - Il Custode del keyblade
cadrà. Ed io gioirò immensamente per la sua disfatta - La cupola
esplose, trascinando dietro di sé tutta l’oscurità della quale l’aria si
era empita. Sora osservò senza dire nulla, tenendosi in posizione
difensiva. La terra tremò. La nebbia si diradò velocemente ed un essere
spaventoso apparve innanzi ad un Sora meravigliato e quasi
impaurito. Sembrava un gigantesco Darkside. In petto, però, non vi era
il vuoto a forma di cuore e le ali sulla schiena erano enormi. Le braccia
e le mani erano possenti, munite di artigli letali lunghi più di un metro.
La testa aveva la forma di quella di un lupo con delle grandi orecchie
appuntite. I piccoli occhi gialli, tipici di un Heartless, scrutavano
Sora, paralizzato a terra. Le fauci del mostro si aprirono, scoprendo
zanne nere come tutto il corpo. Albaran trasse un profondo respiro,
indietreggiando con la testa. In seguito, riaprì la bocca, scagliando un
oscuro raggio in direzione del giovane. Sora si scansò di lato,
appoggiandosi con la mano al terreno e rimanendo accucciato. - Che cosa
è diventato? - si domandò. - Un Heartless? - Un secondo raggio
fuoriuscì dalla gola del mostro e Sora riuscì di nuovo a non essere
sfiorato. Scattò verso Albaran, sguainando i keyblade, e lo colpì più
volte ad una delle possenti zampe. Ciononostante, le Chiavi urtavano
contro una specie di barriera, la stessa di prima. - Non riesco a
ferirlo! - Una delle zampe si mosse sferrando un potente calcio al
ragazzo, gettandolo verso il bordo dell'ampio cratere. Le fusione
terminò immediatamente. Sora, Paperino e Pippo si rialzarono e tornarono
ad osservare il gigantesco essere. Non c’era più nulla da fare, ma
dovevano ugualmente trovare una soluzione il più in fretta
possibile.
Ringrazio chi continua a seguire la storia! Per Black Roxas: si tratta più che altro di una questione di tempo. Andare a recuperare Nathan avrebbe significato impiegare più tempo ed una ricerca più lunga invece che utilizzare Kairi ;)
Capitolo 44 *** Capitolo 43: Dopo la battaglia ***
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Capitolo 43: Dopo la battaglia
Una delle possenti braccia si diresse
velocemente verso Sora. Come un lampo, il ragazzo colpì il polso della
creatura, riuscendo a spostarsi. Gli artigli colpirono il suolo con
violenza, creando una devastante onda d’urto. - Paperino, Pippo! - urlò
Sora. - Presto! - I due amici seguirono il giovane, correndo a tutta
velocità. Un raggio oscuro piombò alle loro spalle, mancandoli di
poco. La testa dell’enorme mostro si voltò, seguendo il percorso dei
tre. Spalancò le fauci, lanciando un ruggito feroce che rimbombò in tutta
la vallata. Dopodiché, Albaran prese a colpire con forza il terreno con i
lunghi artigli, cercando di afferrare il Custode del keyblade, senza
successo. - La fuga è inutile - ruggì. - E il tuo destino è segnato
- Un altro raggio scalfì il terreno, proiettando per aria massi
giganteschi che piovvero su tutta l’area circostante. I tre amici si
persero di vista. Sora fece apparire il keyblade, guardando in
direzione di Albaran. - Troviamo il punto debole. Ne avrà pur uno! -
urlò verso i compagni, riuscendo a scorgere Paperino, che era riuscito a
rifugiarsi tra alcuni detriti, riparandosi con Aero e Reflex, mentre Pippo
si era portato alle spalle del mostro. Disposti in tal modo, formarono un
triangolo. Sora non ci mise molto ad escogitare un piano. - Pippo,
resta fermo dove sei! - Costui annuì, preparandosi ad ogni evenienza.
Quindi, Paperino e Sora iniziarono a correre lungo tutto il bordo della
voragine, oltrepassando ai lati Albaran, in modo da portarsi dietro di
lui. Tuttavia, l’oscuro essere spalancò le grandi ali e, con un solo
battito, si alzò di parecchi metri da terra, rimanendo sospeso a
mezz’aria. In seguito, iniziò rapidamente a prendere quota, levandosi al
di sopra di tutta la vallata ed osservando la città dall’alto. Aprì le
braccia, accumulando tra le mani delle piccole sfere nere che andarono
pian piano ad inglobarsi in un golbo sempre più ampio e dall'aspetto
minaccioso. Una roca risata provenne dalle fauci di Albaran. - Con
questo porrò il capitolo fine a tutta questa stupida messinscena!
- Distese le braccia verso il basso, ponendo innanzi a sé la sfera
nera. L’ennesimo raggio si sprigionò con potenza inaudita, diretto verso
l’arena dove, proprio in quel momento, Sora, Paperino e Pippo si stavano
preparando a contrattaccare. Il ragazzo balzò sullo scudo dell’amico,
il quale lo spinse verso l’alto. Sulle spalle di Sora c’era Paperino
pronto a lanciare un potente incantesimo. I due si ritrovarono a parecchi
metri da terra, poco più sotto di Albaran. - Ora! - ordinò
Sora. Puntò il keyblade verso il mostro e, contemporaneamente, Paperino
lanciò un Firaga ben indirizzato al petto dei Albaran. Il fascio che
scaturì dalla punta della Chiave ed il turbine infuocato furono raggiunti
ben presto anche dallo scudo di Pippo che roteava nella medesima
direzione. I tre attacchi si unirono in una sola sfera dorata che emanava
una luce intensissima. Essa andò a segno una frazione di secondo prima che
il raggio nemico potesse colpire il suolo, sbriciolando ogni
cosa.
L’esplosione fu violentissima. I tre quarti delle abitazioni
furono ridotte in un mucchietto di polvere, mentre del resto di Linahar
non rimase altro che rovine e catapecchie, in piedi per miracolo. Il
raggio, inoltre, colpendo il pieno centro del cratere, andò ad allargarlo
formandone un altro spaventosamente vasto che si estendeva da una sponda
all’altra della vallata. Passarono secondi interminabili. Poi, solo il
silenzio.
Sora uscì da una piccola nicchia dove aveva trovato
rifugio assieme ai due compagni poco prima dell’esplosione. Erano riusciti
a ritornare a terra in tempo per potersi mettere in salvo. - Ooooh! -
esclamarono stupiti Paperino e Pippo. Sora, invece, non disse nulla.
Iniziò ad avviarsi verso il centro del cratere, convinto che fosse rimasta
ancora qualche traccia del nemico. Ma giunto a destinazione, il giovane
trovò solo un uomo riverso a terra, con la bocca semiaperta e gli occhi
socchiusi. Si avvicinò, sino a giungere a qualche metro dall’individuo.
Come se aspettasse soltanto l’arrivo del ragazzo, Alabaran cominciò a
dissolversi nell’aria. Una nube di fumo nero trascinata via dal
vento. Ci impiegò pochi secondi a svanire del tutto e, quando ciò
accadde, si alzò un’ultima, lieve, brezza mattutina. Sora alzò lo
sguardo verso il cielo e vide che il sole stava già iniziando ad alzarsi,
facendosi largo tra le nubi che si stavano diradando. - Allora - disse
una voce. - Alla fine è stato schiacciato dal suo stesso odio - Una
figura avanzò tra i detriti, chinandosi laddove era scomparso Albaran.
Nonostante il nero cappuccio calato sul volto, il folto ciuffo fuoriusciva
lo stesso; il che, lo rendeva riconoscibilissimo. Sora estrasse, per
l'appunto, il keyblade, indietreggiando. - Sei venuto qui per me, non è
vero? - domandò con una calma apparente. - Preparati, perché ben presto
raggiungerai anche tu il tuo caro fratello - Grelwan lo fissò,
rialzandosi. Sorrise a malapena. - Risparmia il fiato, Sora - disse.
-Se ti avessi voluto vedere morto, ti avrei ucciso quando meno te lo
saresti aspettato - Conclusa la frase, lo Stregone delle Acque
scomparve in un vortice nero, lasciando Sora da solo, a scrutare il
vuoto.
- Buongiorno! - fece irruzione una nuova voce. Sora aprì
gli occhi e vide che qualcuno lo stava fissando dall’alto. Era
Aerith. - Dormito bene? - gli chiese. Il ragazzo si mise a sedere.
Non capiva come, ma aveva perso i sensi, senza accorgersene. Si era
involontariamente sdraiato su un cumulo di terra. - Mentre gli altri si
davano da fare, lui stava qui a schiacciare un pisolino - aggiunse Tifa,
affiancando Aerith. - State bene, allora - disse Sora, rimettendosi in
piedi. - Dove sono gli altri? - Aerith sorrise. - Non preoccuparti,
stanno tutti bene. Tutto è finito un’ora fa. Gli ultimi Heartless sono
fuggiti all’improvviso - - Avresti dovuto vederli - intervenne Tifa. -
Un’intera macchia oscura scossa da un tremito e poi... Puff, tutti
spariti! - gesticolando con le mani. - Beh, è molto strano - rifletté
Sora, grattandosi la testa. - Puoi ben dirlo! - affermò Tifa. - Eravamo
pressoché tutti esausti e ci stavamo per arrendere. Non so perché se ne
siano andati di colpo... Avevano quasi la vittoria in tasca - - Tutti
esausti? - chiese il giovane. Aerith annuì. - Tutti, tranne quel tuo
amico. E’ rimasto quasi da solo per un bel po’ a combattere contro tutti
quegli Heartless! - - Ah sì, l’amico carino di Sora - sorrise Tifa, per
poi voltarsi verso il ragazzo. - Pensa che Aerith è rimasta lì impalata
per qualche minuto a guardarlo... Credo si sia presa una bella cotta!
- - Non è vero! Smettila! - la ripresa Aerith, con le mani ai fianchi e
il broncio. In viso era tutta rossa. - Ero solo preoccupata perché, se
avesse ceduto anche lui, tutto sarebbe finito - Sora si mise a ridere,
ma smise quasi subito. - Qualcosa non va? - domandò Tifa. - No...
Nulla... - rispose Sora, rabbuiato. - Va tutto bene... - Sospirò,
sedendosi su di un masso e guardandosi le punte dei piedi. - Ehi, c’è
Leon! - esclamò Aerith. Dopo qualche istante, arrivò Leon seguito da
Barret, Red e Yuffie. Dall’altra parte, notati solo da Sora, giunsero
Paperino e Pippo, rimasti leggermente indietro. Si raggrupparono tutti
attorno al Custode del keyblade. - Sora, sono felice di vedere che stai
bene - esordì Leon, sorridendo. - Ehi, e noi? - sbuffò Paperino,
battendo un piede per terra. - Scusate... Sono felice di vedere che
state bene anche voi, Paperino e Pippo - - Adesso che abbiamo visto che
tutti stanno bene - intervenne Barret. - Direi che potremmo anche metterci
alla ricerca di quegli altri cinque che non vedo da un pezzo - -
Cinque? - chiese Sora. - Ma qua c’è un’intera città da aiutare! - - Non
preoccuparti, la città è stata evacuata qualche ora prima che gli
Heartless si avvicinassero - spiegò Red. - Sennò, avresti notato una certa
confusione per le strade - Sora annuì. - Chi manca? - - Il Re,
Riku... - cominciò Leon. - ... Axander... - aggiunse Pippo. - ...
Basch e Marcus - concluse Sora. - Dividiamoci, avremo più possibilità
di trovarli - propose Aerith. I presenti acconsentirono ed iniziarono
in tutta fretta le ricerche.
Sora, assieme a Paperino e Pippo,
arrivò alle mura dopo circa dieci minuti. Sotto il suo sguardo, uno
spettacolo poco piacevole a vedersi: le mura erano in parte state
distrutte e in vari punti presentavano profonde crepe, larghe, a volte,
anche vari metri. Le due torrette accanto al cancello non esistevano più e
anche il cancello stesso era scomparso; Albaran aveva provveduto a
disfarsene personalmente. Enormi blocchi di marmo bianco erano
accasciati sul terreno, sparsi un po’ qua, un po’ là. Sopra quelle rovine,
spadroneggiava, nei cieli, l’imponente fortezza volante. - Ne sono
rimasti solo due - disse Sora, osservandola. Strinse i pugni. - E presto
tutto questo finirà... - - Giusto, finirà. Ma non per te, Sora, amico
mio - Axander stava passeggiando con calma verso il ragazzo, facendosi
strada in mezzo a tutta quella distruzione. - Axander! Sei vivo! -
esultò Sora. - Temevo che non ce l’avresti fatta! - - Non mi conosci
molto bene neanche tu, in fin dei conti - sorrise Axander. - Ci vuole ben
altro per potermi abbattere. Sicuramente non una marmaglia di Heartless...
- Paperino e Pippo, intanto, erano scomparsi alla loro vista,
dirigendosi verso un punto dove avevano scorto il Re. - Allora è tutto
a posto. Ora che anche il Re è stato ritrovato, ci siamo tutti - disse
Axander. Si sedette, di fronte a Sora. - Riku sono riuscito a portarlo al
riparo, poco prima di riprendere a inseguire gli Heartless. Ho chiesto a
Basch e a Marcus di rimanere con lui, dato che anche loro non erano più in
grado di continuare a combattere - Sora ascoltò senza fiatare. -
Veniamo a noi, dunque. Ti ho parlato di una cosa, prima, e suppongo tu
voglia ascoltare per bene ciò che volevo dirti - - Certamente,
qualsiasi cosa pur di ritrovare Kairi, se veramente non è morta! - -
Fidati, sono quasi sicuro che è salva - - Quasi? - si allarmò
Sora. - Non sono mai stati sicuro di nulla - disse Axander con
tranquillità, scrutando i dintorni. - Per cui ci tengo a precisarlo di
tanto in tanto. Devi sapere che la gente come me, cioè io e i miei quattro
fratelli, non muore mai. Non possiamo morire - - Wow, siete
immortali... Sapevo che avevate un bel po' di annetti, ma questa non me
l'aspettavo - - Se per immortali intendi che duriamo per sempre, sì -
chiarì il Guardiano. - Ma ciò non significa che siamo invincibili. Lo hai
potuto constatare tu stesso. Quando perdiamo tutte le nostre energie e
veniamo sopraffatti da qualcuno, svaniamo, un po’ come i Nessuno. La
nostra essenza, tutto il nostro essere, però, non scompare
definitivamente. Và a finire in un altro luogo: lo stesso luogo ove
Ilfrien e gli altri vennero imprigionati ere or sono. Il Nulla - Sora
continuò ad ascoltare, più attento che mai. - Quindi intendi dire che
Kairi... - - ... E’ viva, esiste. Ma si trova nel Nulla, assieme ad
Albaran e Nathan; imprigionata lì, per chissà quanto ancora - -
Imprigionata assieme a quei due? Ma allora... - - No, non fraintendere!
- lo ammonì Axander. - Con imprigionata non intendo rinchiusa in una
cella, dove potrebbe ritrovarsi ben presto sotto le pressioni dei miei due
fratelli... Che cosa orribile da pensare - scosse la testa il Guardiano. -
Il Nulla è molto vasto, un mondo intero. Certo, potrebbe rischiare di
incontrarli lì, ma è inevitabile se ciò dovesse accadere. Ti dirò: è raro,
comunque, che nel Nulla si incontri altra gente. Si è soli - Sora
rabbrividì. Il modo in cui l’amico aveva calcato quelle ultime tre parole
gli aveva provocato un profondo senso d’angoscia nel cuore. - Altro non
ti posso dire, mi dispiace. Volevo solo incoraggiarti a combattere e
donarti nuova speranza, perché la tua amica vive ancora e ha la
possibilità di tornare tra noi. Tutto questo dipende da te, Sora. Tu
dovrai andarla a cercare - Axander sorrise, fissando Sora. Il ragazzo
ricambiò, con incertezza, il sorriso. - Grazie - lo ringraziò
sinceramente. Non gli importava cosa sarebbe accaduto. Lui sarebbe partito
il più presto possibile per poter riabbracciare Kairi. Axander si alzò,
come se avesse visto qualcuno alle spalle di Sora. - I tuoi amici sono
già di ritorno. E vedo che il Re sta benone! - Sora si sollevò a sua
volta, notando i tre e salutandoli, facendo loro cenno di
avvicinarsi. - Ehi, Ax - disse ad un certo punto Sora. - Cosa c’è?
- - Lo sai che hai fatto breccia nel cuore di qualcuno? - - Coma,
scusa... ? - - Non dirmi che non hai notato come ti guardava Aerith -
continuò il ragazzo, con un'aria maliziosa. Calò un breve silenzio,
alquanto imbarazzante. - Sora - proferì Axander, incrociando le
braccia. - Sì? - - Comincia a correre, perché in questo preciso
istante hai da temere più me che tutti gli esseri più malvagi ed oscuri
che tu possa immaginare - lo avvertì Axander. - Uh-oh, Via!
-
Capitolo 45 *** Capitolo 44: Incontro al nemico ***
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Capitolo 44: Incontro al nemico
- Su, venite - Axander tese una mano a
Sora, aiutandolo ad arrampicarsi su per le macerie. - Da qui in poi è
tutta discesa - Sora, Paperino, Pippo, il Re e Axander erano riusciti a
raggiungere la sommità delle mura in rovina. Da là in alto la loro vista
poteva spaziare per miglia e miglia sull'immenso mare di sabbia che
avvolgeva l'intero mondo. Ma non era rivolta al deserto la loro
attenzione. Bensì a ciò che galleggiava sopra le loro teste. Imponente
e maestosa come solo il palazzo di un re poteva esserlo, la fortezza
volante della Legione Nera non accennava a spostarsi. Era perfettamente
immobile, tenuta sospesa da terra grazie alle numerose e possenti eliche.
Un grosso cerchio scuro che adombrava tutto ciò che si trovava sotto di
esso. - Ci siamo - disse Sora con fermezza. - Sì, ci siamo - annuì
Axander. - Finalmente abbiamo raggiunto la fine del nostro viaggio - Il
suo sguardo si posò lentamente su Sora, il quale si accorse di essere
osservato. - Ma questo non vale per tutti - sorrise. - Avremo fatto
bene a partire subito, senza avvertire nessuno? Senza avvertire il re
della città? Senza avvertire Riku? - domandò Topolino. - Sì, Vostra
Maestà. Più saremo e più faremo il loro gioco. Ho deciso di lasciare
indietro i feriti e coloro che non erano in grado di affrontare uno
scontro simile - osservando poi Paperino e Pippo. - Anche voi di norma
sareste dovuti rimanere in città, ma la vostra amicizia con Sora è un'arma
estremamente potente che non può essere sottovalutata. Siatene orgogliosi
- I due sorrisero, con aria decisa. - Temo, allora, che non vi sarò
di nessun aiuto - disse il Re, sospirando. - Tornerò indietro ad avvisare
Riku e gli altri. Mi raccomando... Sora, Paperino, Pippo, Axander...
Contiamo su di voi - - Non vi deluderemo, Vostra Maestà - risposero in
coro Paperino e Pippo. Il Re abbracciò i suoi amici e strinse la mano
ad Axander. - Buona fortuna - concluse, per poi tornare sui suoi passi
e sparire giù per le rovine. - Grazie -
Da lì in poi, il cammino
fu tutto in discesa. Le mura non si ergevano più dritte e imponenti come
prima; sembravano un ammasso di pietre e detriti che formavano una piccola
collinetta all’entrata della vallata, facilmente percorribile. Non ci
misero molto, infatti, a scendere dai blocchi di marmo distrutti e a
toccare terra, giungendo ai margini del deserto. - E ora? - chiese
Paperino. - Ora dobbiamo arrivare lassù - rispose Axander, come se
fosse la cosa più scontata del mondo. - Ok, ma non vedo scale, né
ascensori - fece notare Sora. - Non ne avremo bisogno. Ci faranno
salire appena si accorgeranno che siamo qui - - Come?! - esclamò il
ragazzo. - Sta' a vedere - Davanti a loro si aprì un varco oscuro,
alto all’incirca due metri. - Visto? Cosa vi avevo detto? - disse
Axander, avviandosi verso il portale. - State attenti, però. E’ probabile
che ci porti su alla fortezza, ma non abbassate la guardia. Potrebbero
essere rimasti degli Heartless a guardia del palazzo - Terminata la
spiegazione, tutti e quattro varcarono l’oscura porta, scomparendo nelle
tenebre.
- Eccoci arrivati - Sora e compagni uscirono dal breve
tunnel nero e ritornarono all’aria aperta. - Wow... - si lasciò
sfuggire il Custode. Si trovavano nel bel mezzo di una terrazza
spazzata continuamente da fortissimi venti d’alta quota. La fortezza era
situata, infatti, a molte centinaia di metri dal suolo. Videro anche
alcune nuvolette solitarie tagliar loro lentamente la
strada. "Accidenti" pensò Sora. "E’ enorme" Davanti a loro, la
terrazza si allargava per parecchi metri, tanto da poter tranquillamente
permettere l’atterraggio ad un’intera flotta di gummiship. Non era molto
adatta a questo scopo, però, dato che era ricoperta da piastrelle bianche
e lucenti che riflettevano la luce del sole e che servivano più che altro
ad abbellire l’ingresso alla fortezza. In fondo al piazzale, si
ergevano alcune colonne alte e possenti che segnalavano la presenza di un
mastodontico portone di legno sbarrato e ornato di fregi e
bassorilievi. - Adesso ci dirai che apriranno loro? - chiese Sora. -
Oppure dovremo prima bussare? - La domanda fu posta con una certa
leggerezza, anche se Axander non se ne accorse. - Credo che dovremmo
bussare. In ogni caso, è sempre bene tenere un comportamento educato a
casa di altri, per cui... Aspettiamo - Sora guardò Paperino e Pippo che
scrollarono le spalle, rimanendo in silenzio. Il giovane sospirò,
voltandosi a sua volta verso il portone e rimanendo in attesa. Axander
bussò con forza, senza dire nulla e, dopo pochissimi attimi, l’ingresso si
liberò, accompagnato dal cigolare dei cardini delle porte in
legno. Entrati, i quatto amici furono subito immersi nel buio più
totale. Axander percorse quello che sembrava il salone d’ingresso senza
troppi indugi, come se lo conoscesse a memoria. Giunto all’altra sponda,
si mise a trafficare con qualcosa. Una lunga serie di fiaccole si accese,
ma il buio continuava a permanere. I fuochi avevano l’unica funzione di
indicare di sfuggita la via agli ospiti. Oltrepassarono, quindi, la
prima sala e giunsero ad una seconda. - Questo palazzo ha la bizzarra
caratteristica di cambiare disposizione delle stanze ogni giorno - spiegò
Axander. - Persino le porte non me le ricordavo in legno... Sapevo che
potevano diventare di marmo, d’oro, d’argento, di mithril, ma in legno...
Mah... - La nuova sala era già tutta un’altra storia: una fitta
vegetazione, alberi ovunque, ruscelletti e piccoli torrenti, prati. Poi
uccelli che cinguettavano senza sosta e molti altri piccoli animaletti.
Farfalle, soprattutto. - Questa è di sicuro una stanza che non mi sarei
mai aspettato di attraversare - commentò Sora. - Credimi, questa è la
loro preferita, soprattutto di Ilfrien - disse Axander. - A quanto vedo,
però, non ci viene da un bel po’ di tempo. Strano anche questo. Ora, però,
basta chiacchierare... Proseguiamo. Stiamo già perdendo troppo tempo
- Aprirono una nuova porta che sembrava dare su di un'altra sala buia.
Invece, non era che un largo pianerottolo. Poco più avanti, sorgeva una
lunghissima scala che pian piano si avvolgeva a spirale puntando verso
l’alto e, sulla destra, un’altra scala più corta che conduceva verso un
piano inferiore. - Dove andiamo? - chiese Pippo. - Prima a destra.
Voglio andare a verificare una cosa - decise Axander. Si
incamminaronom, quindi, giù per la scala, arrivando innanzi ad una porta
bianca di dimensioni normali. Axander appoggiò la mano sul pomello,
ruotandolo e facendo scattare la serratura. La porta si aprì, inondandoli
di luce. - Come pensavo - sussurrò il Guardiano. - Se le mie
supposizioni sono esatte, era qua che tenevano Kairi ed Elen
- Osservarono a lungo la stanza dall’esterno, dato che non potevano
entrare: Axander era davanti a loro e impediva l'accesso. Era una
camera bianca, dotata di un letto bianco, di un comodino bianco, di un
armadio bianco, di una vaso di fiori bianco e di qualche quadro bianco.
C'erano anche una finestra e una seconda porta che dava su una stanza
adiacente. Sempre bianche. Sora, appena fece per entrare, fu subito
preso per una spalla e strattonato all’indietro, rischiando di perdere
l’equilibrio. - Non entrare - scandì Axander. - Chi entra qui dentro
senza permesso è destinato a morire molto presto. Se poi si cerca di fare
evadere i prigionieri, saranno gli stessi membri della Legione a cercarti
e a porre fine alle tue sofferenze - Sora scruò a lungo l'ambiente,
mentre Axander faceva una breve pausa. - Esattamente ciò che è successo
ad Einar - - Sarà meglio ritornare su e prendere l’altra scala -
propose Pippo. - Già, molto meglio! - annuì Paperino. I quattro
richiusero la porta e tornarono indietro sino al pianerottolo, per poi
iniziare l’ascesa su per la scalinata. Salirono tranquillamente, con
andatura regolare. - Certo che è veramente enorme - disse Sora,
adocchiando il buio attorno alla scalinata, il quale dava l’idea che i
gradini fossero sospesi nel nulla e che oltre i margini vi fosse un
profondo baratro. - Ed anche alquanto deprimente - aggiunse Pippo,
guardandosi attorno. Paperino rabbrividì, ma subito fece un balzo,
esultando. - Ehi, ecco finalmente un’altro ingresso! - - Fossi in te
non sarei così contento - rispose tetro Axander. - Questa è la Sala dei
Troni. Molto probabilmente saranno qui gli ultimi due nemici che dovremo
affrontare. Siete ancora in tempo per tornare indietro se volete... - -
Non pensarlo neanche un po’. Siamo venuti sin qui e proseguiremo - disse
Sora. - Sono felice di sentirtelo dire. Entriamo - affermò
Axander. Entrarono, dunque, nella Sala dei Troni. Era forse la prima
tra le stanze del palazzo completamente illuminata. Interamente
immacolata, sulle pareti laterali presentava delle alte colonne che si
fondevano con il muro. In fondo, c'era una grossa finestra a due porte di
vetro che davano su un largo balcone. Qualche metro prima, vi era un
tavolo intorno al quale erano posizionati quattro troni. E dall’altra
parte del tavolo a mezzaluna c’era uno scranno che si ergeva più in alto
degli altri, accessibile solo salendo alcuni gradini. Due di quei troni
erano rovinati: quello in roccia era spaccato a metà, con parecchi
smeraldi rovesciati per terra, mente l’altro, quello d’aria, sembrava
sparito del tutto se non fosse stato per i diamanti, anch’essi rovesciati
per terra. - Tira una brutta aria qui dentro - mormorò
Axander. Avanzarono di qualche passo, per poi arrestarsi
immediatamente. Un vortice nero apparve davanti ai loro occhi. I troni ed
il tavolo sparirono improvvisamente ed una figura si palesò, uscendo
dall'oscurità. - Siete giunti... - Costui fece un paio di passi,
fermandosi. Con l’ausilio di entrambe le mani, afferrò il cappuccio che
gli oscurava il volto e lo calò sulle spalle. - Da quanto tempo
- Era Grelwan. Sora, in tutta risposta, fece apparire l’Ultima Weapon.
I compagni estrassero a loro volta le armi. - Come siamo scontrosi -
commentò Grelwan, scrollando le spalle. - Rilassatevi - - Rilassarci? -
urlò Sora. - Tu sei quello che ha rapito Kairi! Per causa tua io sono qui
e per causa tua io forse non la rivedrò mai più! No, non mi rilasso
affatto! Sono venuto qui per fartela pagare! - Grelwan non rispose. Il
sorriso che in precedenza gli era stampato sul volto scomparve dalle
labbra. Lo Stregone osservò Sora con sguardo grave. Ad un tratto, da
due varchi nelle parete, uscirono degli Heartless. Invisibili. In tutto
erano sette e si avventarono immediatamente su Sora e compagni. Il
Custode del keyblade iniziò a colpirne uno, ma questi sembrava non
risentirne troppo e contrattaccò, stendendo Sora. Axander tenne testa ad
uno di essi ingaggiando una lotta tremenda, mentre Paperino e Pippo si
trovarono in difficoltà. Inaspettatamente, l’Invisibile che stava
attaccando Sora fu colpito alle spalle da una luce azzurra e si trasformò
in un’enorme statua di ghiaccio. Finì in frantumi sotto un fendente di
Grelwan. Anche gli altri sei fecero la stessa fine, congelati e poi
distrutti dalla Chiave dello Stregone. - Che cosa...? - bablettò Sora,
confuso. L'arma di Grelwan era un lungo keyblade blu, adornato con dei
fiocchi di neve lungo tutta l’impugnatura. La lama ricordava molto un
lungo ghiacciolo trasparente. - Che cosa stai facendo? - chiese Sora,
sbalordito. - Non hai visto? - rispose Grelwan. - Vi ho appena salvato
la vita - Tese una mano a Sora che, però, non la strinse e si rialzò
con le sue sole forze. - Kairi era importante per te - - Più di
qualsiasi altra cosa al mondo! - Grelwan annuì. Indietreggiò di qualche
passo e il keyblade scomparve dalla sua mano. Esitò qualche istante.
Dopodiché, posò un ginocchio in terra, chinando il capo. - Mi dispiace
- I presenti restarono a bocca aperta. - Solo ora mi accorgo del
male che ho fatto. Del dolore che ho provocato a molti innocenti. Del
dolore che ho provocato a te, Sora, al tuo cuore - continuò con
espressione decisamente dispiaciuta. - Ho visto cosa ha fatto Ilfrien alla
tua amica - aggiunse, stringendo i pugni. Sora continuò a rimanere in
silenzio, ma cominciava a provare una certa pietà per il nemico che aveva
davanti, evidentemente pentito per ciò che aveva commesso. Tuttavia, una
forte rabbia continuava ad avere il sopravvento in lui. - Come se gli
avesse strappato il cuore con le sue stesse mani. La luce è scomparsa dai
suoi occhi, dai suoi capelli. Si è spenta e si è accasciata al suolo. Io
ho assistito e non ho fatto nulla. Ho guardato e non sono intervenuto. In
quel momento ho sentito qualcosa di strano... - disse Grelwan. -
Rimorso... Credo che è così che lo chiamate voi mortali... E stavo per
condannare anche l'altra ragazza se Einar non fosse intervenuto. Troppo
furbo e troppo agile, quel Nessuno. Lo ringrazierei, se fosse ancora vivo,
per avermi impedito di non mietere un'altra vittima - Grelwan fissò
Sora negli occhi. - Se ti può essere d'aiuto, colpiscimi pure. Io non mi
difenderò - Il Custode aumentò la presa sulla sua arma. Sentì poi una
mano sfiorargli la spalla. Si girò e, dietro di lui, Axander, Paperino e
Pippo lo guardavano senza dire nulla. Ciononostante, era sin troppo chiaro
ciò che i loro sguardi lasciavano intendere. - Io... - mormorò Sora,
avvicinandosi e sollevando di poco l'Ultima Weapon. - Non posso...
- L'abbassò di scatto, riportandola lungo il fianco. A quel punto,
una risata risuonò tra le pareti del salone. Grelwan tornò in piede
rapidamente. - State indietro! - urlò, tendendo un braccio. In pochi
secondi, la Sala dei Troni si oscurò del tutto. I presenti precipitarono
nuovamente nel buio. La risata smise di riecheggiare. - Ilfrien... E'
lui... - disse Axander. - E' arrivato -
Il buio li avvolse. Le tenebre li
inghiottirono. - Sapevo che sareste venuti, ma non così presto - esordì
una voce. Sotto i piedi di Sora e compagni, l’ombra cominciò
velocemente a diradarsi, scoprendo un grosso mosaico. Si trovarono, in
breve, su un ampio rosone circolare. Non sapevano come, ma erano finiti in
cima ad un’altissima colonna. Oltre i bordi di questa, il vuoto; il
baratro era talmente profondo che riuscire a scrutare la base della
colonna pareva un’impresa impossibile, persino per colui che avesse
posseduto la vista più acuta del mondo. Sora si trovava alle spalle di
Grelwan, il quale teneva teso il braccio destro come ad impedire agli
altri di avanzare. Subito dietro Sora, Axander che, avendo visto come si
stava evolvendo la situazione, aveva preso l’iniziativa di estrarre le due
alabarde e di restare in guardia. Seguivano Paperino e Pippo, a loro volta
armati, che si guardavano intorno spaesati per l’improvviso calo di
tenebre che avevano sopraffatto la luminosità della sala in cui si
trovavano precedentemente. Come dal nulla, Ilfrien si palesò innanzi ai
loro sguardi increduli. - Mi aspettavo come minimo... - continuò. - ...
Che quell’incompetente di Albaran radesse al suolo la città e vi tenesse
occupati un po’ più a lungo. Ma i piani non vanno mai come vengono
programmati - Portò la mano sinistra dietro la schiena, stringendo il
pugno, mentre con la diritta si aggiustava gli occhiali, posando l’indice
in mezzo alle lenti e spingendole lievemente verso la fronte. Dietro alle
scure lenti, si intravedeva una parte di iride azzurra che raggelava il
sangue. I capelli biondi di Ilfrien proiettavano una luce propria
facendoli avvicinare al bianco. Sembrava più spettro che umano. -
Axander - disse ad un tratto. - Da quanto tempo che non ci vediamo. Lo sai
che mi è ancora rimasto impresso sulla pelle quel tuo ricordino?
- Ilfrien andò a scoprire il braccio destro, tirando su la manica e
mostrando una lunga cicatrice che percorreva tutto l’avambraccio
attraversando il gomito e giungendo alla spalla. Rimise la manica a posto,
osservando i presenti con un sorriso beffardo. - Ne sono felice -
ribatté Axander, gelido. - Non pensare che abbia provato compassione per
te, neanche per un solo attimo - Ilfrien rise. - No, no di certo. Cosa
volevi che mi aspettassi da un traditore come te? Un buono a nulla che non
ha fatto altro in vita sua che combattere contro il sangue del suo sangue.
Siamo fratelli, te ne sei forse dimenticato? - La sua voce si fece più
calma e dolce. Axander strinse i pugni, cercando di ignorarlo. - E
tra fratelli bisognerebbe andare d’accordo. Dopo ogni litigio bisogna
cercare la pace e l’equilibrio, affinché si possa andare avanti in armonia
- pronunciò Ilfrien, iniziando a passeggiare avanti e indietro. - Non
importa se si è nel giusto o nello sbagliato, bisogna sempre e comunque
sostenerci a vicenda. Nevvero? - Si bloccò, scrutando ad uno ad uno i
cinque che aveva innanzi. - Ma tu, invece, hai sempre voluto fare di
testa tua. Questa volta, però, le cose cambieranno - Dopodiché, il
membro più potente della Legione Nera puntò il dito verso Sora. -
Grelwan, uccidilo - ordinò freddamente. - Eliminalo come meglio credi,
come meglio ti diverti. E’ un pericolo. Un moccioso, sì, ma un moccioso
con il keyblade. Distruggilo - - Che cosa credi? - sbottò Sora. - Non
sono l’unico ad avere un keyblade, altri oltre a me ce l’hanno! Se mi
elimini, altri prenderanno il mio posto e ti ritroverai sempre di fronte
allo stesso problema! - Ilfrien rise, abbassando il braccio. - Tu,
stolto, hai un potere tra le tue mani di cui non immagini minimamente la
pericolosità. Ti sottovaluti troppo e, così facendo, ti rendi modesto
innanzi a me. E io non sopporto i modesti - sibilò. - Grelwan! Uccidilo!
- Tuttavia, lo Stregone parve esitare. Abbassò la mano e, con essa, la
testa, fissando il mosaico per terra. - E’ dunque questo ciò che si
prova...? - mormorò, facendo una breve pausa. - Solo quando è tardi ci si
accorge degli errori commessi... - - Come dici? - chiese Ilfrien,
seccato. Grelwan si voltò verso Sora. Alzò il braccio destro sopra la
sua testa e il keyblade si materializzò tra le sue dita. Il giovane fu
colto da un improvviso terrore. Era stato colto di sorpresa. Si trovava a
poca distanza dal nemico; un nemico temibile, che raramente mancava di
colpire il bersaglio. - Hai ragione, fratello - disse Grelwan a voce
alta. - Questa volta le cose cambieranno... - - No, fermati! Non farlo!
- urlò Axander. - Sora! - starnazzò Paperino. - No, spostati da lì,
Sora! - gridò Pippo. Grelwan abbassò la lama, dirigendo il fendente
verso il volto di Sora. Era finita. Era troppo veloce e il ragazzo non
avrebbe mai potuto fare in tempo per richiamare a sé l’Ultima Weapon.
Avrebbe avuto solo il tempo di constatare che colui verso il quale, per
qualche attimo, aveva riposto la sua fiducia, lo stava per
terminare. Lo aveva ingannato. O forse no? All’ultimo, lo Stregone
deviò la lama, sfiorando i capelli di Sora e sibilando vicino al suo
orecchio. Flettendo le ginocchia, ruotò su se stesso verso destra,
girandosi verso Ilfrien. Con un urlo, lasciò la presa sul keyblade che
oramai aveva acquisito talmente tanta spinta che iniziò a roteare. La
Chiave, come impazzita, descrisse un ampio arco in aria, diretta verso il
Signore delle Tempeste che se ne stava immobile come una statua e fissare
dritto davanti a sé. - Alla fine hai scelto - affermò. - Lo sapevo che
non dovevo fare affidamento su nessuno - Il braccio destro saettò verso
l’alto, trovandosi, così, sulla traiettoria della lama che si infranse a
contatto con il tessuto del soprabito nero. In quell’attimo, Grelwan
scattò in avanti, caricando tra le sue mani un globo azzurro. - Addio,
Ilfrien! - urlò, e con rapidità lanciò la sfera verso il
fratello. Ilfrien balzò in aria. Pose il braccio sinistro davanti a sé,
mentre quello destro era sollevato sopra la spalla. Una scarica elettrica
percorse l’arto e la mano saettò in avanti come se volesse afferrare
qualcosa. Una ragnatela di fulmini scaturì dalle sue dita, piombando su
Grelwan. Un fascio di luce invase la cima della colonna. Per qualche
attimo, i volti dei presenti furono illuminati a giorno. Ilfrien
sorrideva, con occhi sgranati. Infine, la luce svanì. Un lampo.
-
No... Non può essere... - sussurrò Axander. Grelwan, in piedi dopo
essere stato fulminato, cedette. Cadde bocconi sul freddo pavimento del
rosone. Si dissolse lentamente, avvolto dal silenzio più totale. - E
invece è proprio così. Siamo rimasti solo noi due, Axander - disse
Ilfrien. Scese a terra, aggiustandosi i guanti neri. Non sorrideva più,
concentrato in ciò che stava facendo. Posò, quindi, nuovamente il suo
sguardo su Sora e gli altri. - Toccherà a voi, ora - - Maledetto! -
urlò Axander. - Lui si era pentito di ciò che aveva fatto! - Un turbine
di fiamme lo avvolse. Si abbassò, stringendo i pugni. Riaprì le mani e le
due alabarde iniziarono a roteare attorno a lui. - Se lo vuoi
raggiungere... - strinse le spalle Ilfrien. -Ti accontento! - Scagliò
un fulmine in direzione di Axander, ma tosto questi evitò l’attacco che
colpì esclusivamente il suo cappello. Il Guardiano delle Fiamme scattò in
avanti con destrezza inaudita. Accompagnato da un urlo feroce, si lanciò
sul fratello. Ilfrien, a quel punto, corse incontro all’avversario.
Riuscì ad evitare le due lame che miravano a falciargli le gambe e,
appoggiando una mano sulla testa di Axander, lo spinse verso il basso,
saltando sopra di lui. Con un ultimo gesto, in seguito, lanciò una raffica
di saette sul malcapitato. - Axander! - lo chiamò Sora. Axander fu
investito da una potentissima folgore. In quegli istanti, anche lui
giaceva lì per terra, silente, proprio come era successo con
Grelwan. Ilfrien ridiscese e, avvicinatosi al corpo dello sconfitto,
gli sferrò un calcio nel fianco, facendolo rotolare giù per la colonna.
Axander scomparve nelle tenebre. - Custode del keyblade - proferì,
voltandosi verso il ragazzo. - Ora tocca a te - Terminata la frase,
qualcosa volò in direzione di Ilfrien. Stupito, questi tese le braccia in
avanti bloccando l’oggetto. Quando la cosa smise di roteare, la analizzò
meglio. Era uno scudo. - Questo da dove diamine arriva... ? - -
Blizzaga! - Dei cristalli di ghiaccio lo colpirono alle gambe,
costringendolo a piegarsi. Tutto ciò lo stava facendo imbestialire. -
Non sopporto chi attacca come un vigliacco! - tuonò, e la sua voce
riecheggiò a lungo. Il ghiaccio che gli intrappolava le gambe finì in
frantumi in un baleno. Allargando le mani, Ilfrien formò due enormi sfere
gialle e le scagliò verso i due bersagli che l oavevano aggredito
inaspettatamente. - Paperino! Pippo! - li avvertì Sora. Si
susseguirono due forti esplosioni. I due amici furono colpiti in pieno e
furono scaraventati anch’essi al di fuori del margine del rosone. -
Basta interruzioni - disse Ilfrien. - A noi due, Sora -
Sora
tremava. Forse per la paura di dover affrontare un essere che aveva
sconfitto i suoi compagni in pochissimi secondi. Forse per la
rabbia. Posò il suo sguardo carico di odio in direzione di
Ilfrien. - Questa la pagherai cara! - urlò. Impugnò con entrambe le
mani il keyblade e si gettò all'attacco. A quel punto, anche
l'avversario evocò il suo grande keyblade, reggendolo con una sola mano.
Non appena Sora gli fu di fronte, tentò un colpo laterale diretto al
fianco. Ma Ilfrien scomparve, lasciando che la Chiave fendesse solamente
l'etere. Il Signore delle Tempeste riapparve alle spalle di Sora,
colpendolo con un montante e facendolo barcollare in avanti di alcuni
passi. - Ti ho messo alle strette già una volta, non ricordi? - affermò
Ilfrien. - Come puoi anche solo pensare di poter avere la meglio su di me?
- - E allora perché vuoi tanto finirmi se sai che io sono più debole?
- - Ma naturale - ribatté l'altro. - Per sicurezza, prima di tutto.
Anche se sei debole, possiedi pur sempre il keyblade, e ciò non va bene.
Inoltre, perché voglio divertirmi a vederti soffrire. Ancora una volta
- Detto ciò, Ilfrien si avvicinò a Sora e lo lanciò lontano con un
tondo, centrando in pieno il ventre dell'avversario. - Una volta che
avrò finito con te, cercherò anche gli altri e mi sbarazzerò di loro
- Sora tentò di rialzarsi. A pochi centimetri da lui si estendeva il
baratro. Poi, sentì qualcosa che lo sollevò da terra all'improvviso: si
ritrovò imprigionato in una piccola sfera avvolta da scariche
elettriche. Ilfrien lo teneva imprigionato con una strana tecnica.
Dalla punta del keyblade, un raggio bianco raggiungeva il globo, in modo
da controllarlo assieme al prigioniero. - Dove ho già visto
quell'espressione? - si domandò sarcasticamente. - Aspetta... Sì, ci sono.
Come ho potuto dimenticarmene? Hai gli stessi occhi impauriti della tua
amica, Kairi - La collera si impadronì ben presto di Sora. Non riuscì
più a trattenersi; ciononostante, la gabbia gli impediva qualsiasi
movimento. - Quel bel visino... Un vero peccato - continuò Ilfrien, con
tono falsamente dispiaciuto. - Ma le sarò riconoscente in eterno per ciò
che mi ha donato - Levò il keyblade scagliando Sora sul pavimento e
mantenendo la sfera intatta. - Già. Il suo cuore. Grazie ad esso, io ho
potuto raggiungere il mio scopo - Rialzò un’altra volta l’arma e buttò
nuovamente il ragazzo contro il pavimento. Sora soffriva
terribilmente. - Kingdom Hearts. E il suo potere - - Basta... -
mormorò Sora. - Smettila... - - Ah, di cosa? Di parlare di come ti ho
distrutto? Di come prima ho utilizzato la persona che più amavi e poi te
lo ritorta contro? - urlò Ilfrien, ridendo. - Colpa tua se ora lei non
vive più. Colpa tua che l’hai colpita! - Un nuovo senso d’angoscia
pervase il cuore di Sora. Sapeva che quel dannato non aveva ragione, non
poteva avercela, ma che tutto quello, purtroppo, era realmente
accaduto. Ricordò, tutt'a un tratto, anche le parole di Axander, che
riaccesero in lui la speranza. - Ed ora ammira - aggiunse Ilfrien. - Il
suo potere è già mio! Ammiralo per l'ultima volta! - Alzò la mano
sinistra. Una pallida luce viola comparve sul suo palmo. Essa si ingrandì
velocemente ed assunse una tonalità scura. Partì improvvisamente verso
l’alto, sino a scomparire dalla visuale di ambo i presenti. Ma, ben
presto, accadde qualcosa. Le tenebre, come nubi che oscuravano il
limpido cielo notturno, si diradarono, lasciando scoperto un varco. Da
quel vuoto, apparve una luce blu assai intensa. La volta stellata divenne
chiara e visibile, e tra le numerose stelle che punteggiavano il cielo,
spiccava una grande luna. Una luna a forma di cuore.
La sfera che
teneva immobilizzato Sora svanì. Il giovane si ritrovò steso a terra,
intontito. Si appoggiò sui gomiti, issandosi e restando in ginocchio. Levò
lo sguardo e, immediatamente, si perse a contemplare l’enorme cuore che
galleggiava sopra la sua testa. - Sora - Il ragazzo si voltà e vide
una mano tesa. La afferrò. Il nuovo giunto lo aiutò a rialzarsi.
Mancano solo due capitoli più l'epilogo alla fine della storia! Chi sarà arrivato, nel frattempo, ad aiutare Sora? Riuscirà l'Eroe del keyblade a sconfiggere definitivamente le forze del male? Lo scoprirete molto presto...
Capitolo 47 *** Capitolo 46: Il Signore delle Tempeste ***
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Capitolo 46: Il Signore delle Tempeste
- Riku! - Sora tornò in piedi,
osservando l’amico tra la gioia e lo stupore. Riku aveva con sé il suo
keyblade, Via per l'Alba, e pareva in perfetta forma: era stato rapido a
recuperare le energie perdute durante l'assalto a Linahar. E, in quel
momento, stava osservando anche lui l’enorme luna a forma di cuore
piazzata al centro della volta bluastra. - Come sei arrivato fin qui? -
chiese Sora. - Mi sembra normale, usando le scale - - Le scale? Ma
qui non ce ne sono - - Fino ad un attimo fa c’erano... Strano - affermò
Riku, grattandosi la testa. - Comunque non siamo qui per parlare di come
sono arrivato. Sbaglio, o hai bisogno di una mano? - Sora annuì,
sorridendo, voltandosi subito verso Ilfrien, che stava dando loro le
spalle. Il Signore delle Tempeste ne stava con le braccia tese verso
l’alto, quasi ad assorbire tutta la luce irradiata da Kingdom
Hearts. Ad un certo punto, si sollevò da terra, fluttuando fino a
qualche metro di altezza. Riabbassò, quindi, le braccia, posando il suo
sguardo sui due ragazzi. - Due Custodi del keyblade. Bene. Potrò
eliminarvi assieme - pronunciò beffardo. - Mi risparmiate la fatica di
perseguitarvi uno ad uno - Ilfrien estrasse il suo keyblade ed abbassò
lo sguardo per scrutare il mosaico. Su di esso era raffigurato Sora.
Accanto a lui, due cerchi oscurati. Lungo tutto il margine vi erano cinque
simboli differenti: una roccia, una goccia d’acqua, una fiamma, una foglia
ed un fulmine. Ilfrien non riuscì a capire che cosa rappresentassero
quei due spazi vuoti, né riuscì ad immaginare il volto di coloro che
sarebbero dovuti esservi raffigurati sopra. - State per andare incontro
al vostro destino - disse il capo della Legione Nera, ritornando a terra.
- Sarete realmente pronti a ciò che vi accadrà? - - E tu, invece, sei
pronto? - domandò Riku, digrignando i denti. - Oh, io sì. Perché non
sarà il sottoscritto quello che oggi se ne andrà per sempre! - Con
quelle parole, con un balzo fulmineo, Ilfrien si gettò su Riku menando un
fendente. Il giovane iniziò ad indietreggiare, passo dopo passo e
parata dopo parata, ingaggiando un furibondo duello contro il suo spietato
nemico. I keyblade si scontravano di continuo. Nell'oscurità vuota che li
circondava, risuonava solo il veloce stridio del metallo. Sora, rimasto
in disparte, decise di intervenire. Si scagliò su Ilfrien con tutte le
forze che ancora gli erano rimaste, approfittando del fatto che era
impegnato con Riku. Ma il Signore delle Tempeste non era tipo da farsi
cogliere alla sprovvista tanto facilmente. Calò un ennesimo fendente su
Riku, il quale parò posando una mano sulla lama per opporre resistenza.
Sora sfoderò un colpo laterale e, a quel punto, con una velocità
sorprendente, Ilfrien staccò il keyblade da quello di Riku e andò a
bloccare l’altro attacco. Sora lo fissò sbigottito. - Come...?
- Riku, a sua volta, ne approfittò per provare un affondo. Tuttavia,
anche in questo caso, il colpo non andò a segno a causa di una scudisciata
sferrata da Ilfrien che allontanò il braccio del ragazzo. -In due non
ce la farete mai - disse Ilfrien. Sora e Riku, allora, raddoppiarono
gli sforzi e, uno affianco all’altro, iniziarono ad attaccare senza tregua
il nemico comune. Con estrema semplicità di movimenti, questi non
accennava, però, a volersi arrendere. Tutt’altro. Pareva addirittura che
stesse per prendere il sopravvento in più occasioni, dimostrando che la
sua forza eguagliava quella dei due Custodi messi assieme. O peggio, la
superava. Ilfrien compì un balzo all’indietro, ponendo qualche metro
tra lui e i due avversari. Roteò il keyblade sopra la sua testa, sferzando
l’aria. Un fulmine calò all’improvviso dal cielo scoperto e si infranse
sulla grande Chiave. - Assorbimento... - Continuando a farla
roteare, la impugnò, poi, con entrambe le mani, arrestandola e
conficcandone la punta nel mosaico. Si formò, in breve, una vasta
ragnatela di crepe e spaccature, accompagnate da un rumore di vetro
infranto. - ... Thundaga Storm! - urlò Ilfrien, e al suo comando
l’intera base circolare del mosaico fu invasa da scariche elettriche e da
filamenti di plasma azzurro. Delle saette si abbatterono sui due
Custodi che ripresero ad indietreggiare cercando di ripararsi da quella
pioggia lampeggiante. - Reflex - rispose Sora. Una barriera circondò
entrambi, proteggendoli per qualche istante dalla furia del Thundaga
Storm. - Coraggio, Sora - disse Riku. - Appena la barriera cede...
Tieniti pronto! - - Tenersi pronto per cosa? - domandò una voce. Si
voltarono. Alle loro spalle, Ilfrien era pronto a colpirli. Era riuscito a
penetrare la barriera all'insaputa del suo invocatore. Con un urlo,
Sora si scagliò su di lui, ma Ilfrien si abbassò e il keyblade gli passò
poco sopra i capelli. Il Signore delle Tempeste sferrò un pugno al ragazzo
con l'elsa del keyblade, gettandolo a terra. Dopodiché, si voltò verso
Riku, che stava caricando un incantesimo, e lo falciò con maestria
all'altezza delle gambe. Gli si avvicinò, puntandogli il keyblade alla
gola. Nel frattempo, Sora si era rialzato. Afferrando saldamente
l’Ultima Weapon, provò a colpire Ilfrien, ma questi scomparve, avvertendo
il pericolo. Riapparve dietro al ragazzo, per stordirlo con una sciabolata
e scaraventarlo quasi oltre il bordo del rosone. - Bene, bene, bene...
- commentò Ilfrien, avvicinandosi e piantando il keyblade a qualche
centimetro dalla faccia di Sora. - A quanto pare, abbiamo finito di fare i
presuntuosi. Ora, che cosa mi dici? Eri convinto di venire qui a
sconfiggermi tranquillamente? Come? Da Kingdom Hearts io traggo la mia
energia e, finché esso splenderà in cielo, io sarò imbattibile. E se credi
di poterlo sigillare in qualche modo, ti sbagli di grosso... Prima dovrai
passare sul cadavere del suo nuovo guardiano - Ilfrien diede una
leggera pedata a Sora, facendolo scivolare fuori dal bordo. - Me
-
Sora iniziò a cadere lungo la colonna, privo di sensi. Fu avvolto
in pochissimi attimi dall'oscurità e, con gli occhi semichiusi, vide la
gigantesca luna allontanarsi sempre di più. "Io... Ho fallito?" si
chiese. "Il keyblade non mi ha dato la forza necessaria..." "Sei
patetico, Sora" "Chi ha parlato?" "Non è il keyblade che ti deve
dare la forza per combattere! E' il tuo cuore. Ascoltalo, una buona
volta!" "Ma... Io..." provò a obiettare il giovane. "Niente 'ma'! Lo
hai detto già una volta: i tuoi amici sono la tua forza, i loro cuori
uniti al tuo! E finché essi combatteranno al tuo fianco, nulla ti potrà
ostacolare!" "Ma ormai nessuno combatte più al mio fianco... Sono
rimasto solo..." "Solo?" sbottò quella voce apparsa dal nulla, quasi
scocciata. "Tu non sei solo. Riku combatte ancora con te, per te. Mentre
tu sei qui a compiangerti, lui dà la vita per te. Come ha già fatto in
passato" Vi fu un lungo silenzio, rotto solo dal sibilo del vento
gelido che soffiava nel buio e che accompagnava la caduta del
giovane. "Tu non sei solo" Nella mano destra di Sora si materializzò
l’Ultima Weapon. Destato improvvisamente da quel segnale, rinvigorito
da nuove, misteriose e possenti energie, con movenze rapide e gesti ben
calcolati, il Custode conficcò la Chiave nel fusto della colonna,
appendendosi all’impugnatura e lasciandosi dondolare nel vuoto. Il
keyblade graffiò il marmo nero per un bel po’ di metri fino a quando non
si fermò del tutto. Oscillando con il corpo, Sora riuscì a darsi la spinta
giusta per mettersi in piedi sulla lama dell'Ultima Weapon. Guardò,
quindi, verso l’alto. - Sono talmente in basso che non si vede neanche
più il cielo... - si disse, per poi sospirare, accucciandosi contro il
muro. - E adesso come faccio? - Rimase a pensare ad una soluzione,
fissando il nulla innanzi a sé. Tutt'a un tratto, gli apparve, qualche
centimetro più avanti, una piccola piattaforma rettangolare vivacemente
colorata con brillanti tonalità. Emanava una luce propria, un piccolo
angolo di allegria in mezzo a quel buio tetro. Sora non ci pensò due
volte e si alzò, saltando sulla piattaforma ed estraendo il keyblade dalla
colonna. Si guardò attorno, aspettandosi di certo qualche movimento, una
sorta di ascensore che lo portasse fino in cima. Niente, invece. - Così
non va, cosa me ne faccio di questa cosa, qui, immobile? - Si avvicinò
ai bordi, sporgendo con la punta delle scarpe, le quali parvero appoggiare
su qualcosa di invisibile; una nuova piattaforma si materializzò sotto i
suoi piedi e, dopo di essa, un’altra ancora. Una lunga strada lastricata
che si impennava lievemente per poi salire a spirale si era formata. Sora
sorrise, incoraggiato. - Riku, tieni duro, sto arrivando! - e si mise a
correre verso la cima del pilastro.
- Sei così impacciato nei
movimenti che non c’è gusto - Ilfrien sparì per l’ennesima volta,
lasciando incespicare in avanti Riku. Si posizionò alle spalle della sua
vittima, afferrandola per il collo. Ora che erano vicini, Ilfrien sembrava
più basso di Riku e poco più alto di Sora: avrebbe potuto avere la loro
età, in apparenza. Sollevò il keyblade di lato, sferrando un colpo al
fianco del Custode che si accasciò a terra. - Arrenditi - disse
Ilfrien. - Implora pietà. Rinuncia per sempre al keyblade e avrai la vita
salva - Riku tossì. Respirando affannosamente, fissò gli occhi del suo
avversario. - Se ti arrendi - continuò l'altro. - Potrei far tornare
qui i tuoi amici, Sora e Kairi. Non desideri rivederli? Eppure ti basta
solamente rifiutare il keyblade. Pensaci: vivresti una vita normale, senza
troppe responsabilità, tranquillo sulla tua isola. Non ti alletta l’idea?
- Riku strinse i denti, rialzandosi a fatica, e si gettò addosso ad
Ilfrien. Con un montante, ferì in pieno il suo volto. O, almeno, questo
era quello che credette in un primo momento. In realtà, Ilfrien non si
era mosso e il colpo gli aveva solo lanciato lontano gli occhiali scuri.
L'ultimo rimasto della Legione compì qualche passo incerto, passandosi una
mano sulla faccia. - Come hai osato... - ringhiò, tendendo, poi, la
mano in avanti e fulminando il povero Riku che, sfinito, rovinò al
suolo. Ilfrien iniziò ad avvicinarsi, alzando il keyblade. - Per te è
finita. Questa è la sorte che ti tocca, Riku, detentore del keyblade - e
calò il fendente. La Chiave, però, urtò contro qualcosa: Sora era
riuscito a giungere in tempo e, con il fiatone, si ergeva tra l’amico
steso a terra e il nemico, tenendo alta l’Ultima Weapon. Facendosi
forza, spinse lontano l’avversario che con una capriola si riposizionò
qualche metro più in là. Questi alzò lo sguardo su Sora, uno sguardo
carico d’odio. Le iridi azzurre si erano ristrette e quegli occhi fecero
rabbrividire per qualche istante il ragazzo. - Kingdom Hearts - tuonò
ad un certo punto. - Dammi il tuo potere - Nella mancina stretta a
pugno, iniziarono a formarsi delle scintille e, di tanto in tanto, dal
polso scaturiva qualche scarica. Ilfrien, con straordinaria velocità,
allungò tutto il braccio, aprendo la mano. Una decina di fulmini
piombarono su Sora che si riparò reggendo il keyblade
orizzontalmente. - Arrenditi! La stessa proposta che ho fatto a Riku
vale anche per te! - urlò Ilfrien, per farsi sentire al di sopra dei tuoni
che accompagnavano i lampi. - Inchinati innanzi a me e supplicami di
risparmiarti. Sarò ragionevole e ti lascerò andare, assieme al tuo amico.
E, inoltre, riavrai la tua amata Kairi - Sora allentò la presa
sull'Ultima Weapon e i colpi iniziarono lentamente a farlo scivolare
all’indietro. Ilfrien si mise ad avanzare lentamente, sempre tenendo tesa
dinanzi a sé la mano sinistra e il keyblade lungo il fianco. - Non devi
fare altro che disfarti della tua Chiave. Fallo, e io ti riconsegnerò
colei a cui tieni di più al mondo. Ti riconsegnerò ciò che ti ho tolto!
Ragiona! - Le cariche si intensificarono, ma Sora si impuntò dov’era in
quell’istante e non si mosse più. - No - disse scuotendo il capo. - Io
non posso... - - Sei uno stolto! Ti sto offrendo ciò che hai sempre
desiderato e tu rifiuti! - - Io ritroverò Kairi da solo! - - Tu
credi? Non sperare di uscire vincitore da questo scontro! - Ilfrien,
dunque, alzò anche l’altro braccio, puntando il keyblade verso Sora. Altri
fulmini si aggiunsero a quel fascio lucente che percorreva il campo di
battaglia. Ciononostante, il Custode resistette con tenacia e non mollò
tanto facilmente. - Accetta la sconfitta. Ti sei battuto con onore, ma
non puoi nulla! Nulla! - In quell’attimo, Sora osservò la grande luna
bluastra a forma di cuore che si rispecchiava nei suoi occhi azzurri. -
Sora - Riku si avvicinò a lui e sollevò Via per l'Alba con l'intento di
aiutare l’amico. - Insieme ce l’abbiamo sempre fatta. Ce la faremo
anche stavolta! - Le scariche cominciarono a diminuire e i due amici
avanzarono lentamente in direzione del Signore delle Tempeste. - Vai,
Sora! E’ il momento! - Riku sorpassò il compagno, ponendosi a difesa di
sé stesso e di Sora. - Non reggerò a lungo, muoviti! - Sora annuì.
Si allontanò di poco , tenendo gli occhi fissi su Kingdom Hearts. Puntò
l'Ultima Weapon verso l'alto. - Che cosa vuoi fare? - gridò Ilfrien,
scosso da un terribile presentimento. I fulmini e i tuoni cessarono non
appena prese a correre contro Riku. Il ragazzo contrattaccò ed ambo gli
sfidanti ingaggiarono un duello senza esclusione di
colpi. Contemporaneamente, dal keyblade di Sora, si sprigionò un raggio
di incredibile luminosità e potenza che saettò fino alla luna,
attraversandola. Come una gigantesca serratura apparve in fronte
all'enorme cuore trafitto dalla luce. Si udì, per ultimo, uno scatto.
Poi, più nulla. In sottofondo, i keyblade che si
incrociavano.
Chiedo scusa per il ritardo! Mi raccomando, non perdetevi l'ultimo capitolo e l'epilogo che verranno postati assieme in un'unica pagina, tra pochi giorni! ^^
Capitolo 48 *** Capitolo 47: La disfatta + Epilogo ***
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Capitolo 47: La disfatta
Un urlo squarciò quel silenzio
improvviso. Riku cadde a terra, alzando il keyblade. Ilfrien ne colpì
la lama. Era furente in volto. - Il mio Kingdom Hearts! - tuonò con
estremo rancore. - Maledetti! - Cercò di colpire Riku alla testa, ma
questi fu veloce a parare il fendente e si rialzò. - Maledetti...
Maledetti... - continuava a ripetere Ilfrien. Con la mano sinistra si
teneva il petto, stringendolo, mentre con la destra reggeva a malapena il
keyblade. Le forze iniziavano ad abbandonarlo. Svanito Kingdom Hearts,
svaniva pure il suo legame a quella forza immensa. - Ormai è tutto
finito - disse Sora, affiancandosi a Riku. - No, non è ancora detta
l’ultima parola! - urlò il Signore delle Tempeste,
indietreggiando. Giunse al margine della colonna, guardandosi le
spalle, in direzione del baratro: esso era buio e freddo, nonché profondo,
quasi senza una fine. Alzò allora lo sguardo verso la grande luna che,
lentamente, stava iniziando a disgregarsi in tantissimi frammenti. -
Non è ancora detta l’ultima parola... - Si voltò e lanciò il suo
keyblade giù per la colonna. - Che stai facendo? - chiese Sora. - Si
starà dando alla fuga, guarda! - esclamò Riku. Ilfrien sorrise
malignamente, per poi buttarsi giù a sua volta, seguendo la sua Chiave. I
due Custodi gli corsero dietro, ma non riuscirono a fermarlo. - Troppo
tardi... - commentò Sora. - E’ scomparso... - Riku scosse lentamente la
testa. - No, non è scomparso... Sta arrivando! - Entrambi si voltarono
di scatto e dietro di loro videro qualcosa di inquietante. Oltre il
bordo della colonna vi era un'ombra imponente che si distingueva
dall'oscurità che l'avvolgeva. Sembrava come un grosso serpente che
ondeggiava qua e là, pronto a balzare sulla preda al minimo segnale del
suo padrone. Sulla sommità di questa "creatura" se ne stava Ilfrien, in
piedi, con le braccia incrociate. - Questa volta non mi sfuggirete... -
sibilò e si ritrovò a varcare il mosaico. Illuminato dalla luce dei
vetri colorati, l’essere si palesò e si mostrò per ciò che realmente era:
un turbine di polvere cinerea, avvolto da lampi e saette. Ma quello che
più stupì Sora e Riku furono gli innumerevoli keyblade che parevano
costituirne il corpo. Non era altri che un lunghissimo tornado di keyblade
che roteavano costantemente ed ininterrottamente attorno al medesimo
asse. - Che diavoleria è questa? - si domandò Riku, alzando la Via per
l'Alba, pronto ad attaccare. - Non lo so, ma non mi piace affatto -
rispose Sora, impugnando l’Ultima Weapon con entrambe le mani e scrutando
torvamente il nemico. - Non abbiate timore - esordì Ilfrien. - Sarà una
disfatta veloce e indolore, la vostra. Una vittoria meritata e gradita, la
mia - Indicò, quindi, i due ragazzi a terra. I keyblade saettarono in
avanti, rispondendo a quel segnale. Il Numero Uno della Legione riusciva a
mantenere un buon equilibrio in cima a quel turbine, passando con rapidi
saltelli, di tanto in tanto, da un keyblade all’altro, mentre questi si
alternavano nella rotazione. Sora si gettò verso destra e Riku verso
sinistra, evitando l’attacco frontale portato dall’essere che si alzò
nuovamente minaccioso nelle tenebre. Ritornò poi alla carica ad un nuovo
cenno del suo padrone. - Scappate, scappate. Tanto non potete andare
molto lontano - li derise Ilfrien. Questa volta, Sora e Riku si
trovarono lungo il bordo, separati da parecchi metri. Le Chiavi scattarono
contro Sora che si scansò rapidamente, lasciando proseguire oltre il
nemico, il quale sparì giù per la colonna. Un nuovo silenzio calò per
qualche breve attimo. Tutt’a un tratto, alle spalle di Riku, spuntò di
nuovo l’ombra che lo assalì. Il giovane venne sollevato da terra, mentre
tentava invano di parare tutti i colpi che gli venivano inferti. Esausto,
ricadde sfinito sulla vetrata, mollando la presa sul keyblade, il quale
scivolò sul mosaico. Il vortice sembrò innalzarsi, per qualche istante,
minaccioso sul corpo del ragazzo, pronto ad essere finito una volta per
tutte. Ilfrien lo osservò con espressione grave, senza più sorridere,
tenendo continuamente le braccia conserte. Sora, colto da un improvviso
furore, si mise a correre verso l'amico e, in men che non di dica, si
chinò a raccogliere il suo keyblade con la mano sinistra. A quel punto,
sferrò un possente balzo verso il vortice e, incrociando entrambe le sue
armi, colpì ripetutamente Ilfrien. Colto alla sprovvista, il nemico non
ebbe il tempo di reagire e fu scaraventato al suolo dopo un colpo di
grazia effettuato dall'Ultima Weapon. I keyblade iniziarono a muoversi
in maniera più confusa ed un polverone denso e nero iniziò ad
sollevarsi. Ilfrien si rialzò imprecando. - Lurida piccola nullità! Ne
ho avuto abbastanza di te! - urlò, facendo comparire la sua Chiave e
lanciandosi in un attacco diretto contro Sora. Il Custode indietreggiò
il più rapidamente possibile, in modo da distanziare l'avversario.
Tuttavia, le forze iniziavano a venir meno e la vista ad annebbiarsi. Sora
perse l'equilibrio dopo pochi passi ed inciampò, cadendo di schiena.
Ilfrien gli fu subito addosso, sovrastandolo, alzando la sua arma e
puntandogliela alla gola. Sogghignò soddisfatto. - E ora, dì adddio...
- Non riuscì a terminare la frase. I keyblade che fino a qualche attimo
prima oscillavano nel vuoto, avevano ripreso la formazione a vortice e,
come se fossero stati intontiti o confusi, avevano puntato sul capo della
Legione, investendolo in pieno e passando di poco sopra a Sora. Il vortice
attraversò tutto il mosaico, spingendo Ilfrien verso l'esterno. Quando si
ritrovò sul bordo, al confine col baratro, la corrente che teneva unite le
Chiavi svanì e i keyblade scomparvero nel nulla, come se non fossero mai
esistiti. Sul volto di Ilfrien si dipinse una smorfia di dolore. I suoi
occhi erano sbarrati e la sua bocca semiaperta. Senza più sapere dove si
trovava, mise un piede in fallo. Nel mentre, Sora era ritornato in
piedi e si stava dirigendo velocemente verso il suo avversario.
Ciononostante, non riuscì a raggiungerlo. Il Signore delle Tempeste
cadde nel baratro. Senza una parola, Ilfrien svanì in una leggera foschia
che si era creata alla base della colonna, inghiottito dalle stesse
tenebre che lui aveva così tanto bramato. Nessuno più lo rivide. Lasciò
dietro di sé solamente una scia di fumo nero.
Sora rimase a fissare
l'oscurità per qualche minuto. Un unico pensiero gli aveva invaso la
mente: era tutto finito. Un sorriso tirato gli illuminò per un attimo
il volto. Poi, si volse in direzione di Riku, scrutandolo. Tentò di
avvicinarsi, ma dopo alcuni passi, le palpebre cedettero ed egli cadde sul
freddo pavimento in vetro, privo di sensi, a poco meno di un metro dal suo
amico. Fece uno strano sogno. Vide davanti a sè una strada, lunga, che
terminava in direzione di un cerchio scuro. E, davanti a questo cerchio,
stavano immobili due figure, completamente nere che gli davano le
spalle. Sora si alzò, chiamandole e domandando chi fossero, ma queste
non si voltarono, né risposero. Si ritrovò, quindi, circondato da cinque
sagome incappucciate che lo fissavano. Una voce lo chiamò. - Sora, Sora
- ripeté. Il giovane si guardò attorno, ma non vedeva nessun
altro. - Sora, Sora - continuò la voce. - Chi... Chi sei? Cosa...?
- - Svegliati! -
- Svegliati, sfaticato! - Sora avvertì
qualcuno urlargli nelle orecchie e venne scosso con forza. Cercò di
riaprire gli occhi. - Si sta risvegliando, meno male... - disse una
voce. - Bentornato tra noi, ragazzo - - Cosa? Axander! - esclamò,
mettendosi a sedere. - Dove siamo? Che è successo? Dove...? - Axander
si raddrizzò, stiracchiandosi. - Piano, sei ancora affaticato. Meglio che
ti riposi. Penserò a raccontarti tutto con calma, quando saremo di nuovo
in città - Ben presto, Sora si accorse che erano ancora in cima
all’enorme colonna nera. - Riku dov’è? Non lo vedo... - affermò
preoccupato. - Non temere, lui stava meglio di te. Ha tentato di
svegliarti, ma non ci è riuscito. Quando siamo arrivati tu eri ancora
sdraiato per terra e lui controllava che non arrivasse nessuno. Ti lascio
immaginare lo spavento che si è preso quando ci ha visti - sorrise. - Ci è
mancato poco che non ci attaccasse, ma per fortuna ci ha riconosciuti
facilmente - - Vuoi dire che c’era qualcun altro con te? - gli chiese
Sora. - Ovvio, Paperino e Pippo. Pensavi che fossimo spacciati?
- Sora annuì, ma era felice di sapere che stavano tutti bene. Tirò un
sospiro di sollievo. - Ti avevo detto che ti avrei raccontato tutto più
tardi, ma mi trovo costretto ad anticipare - disse Axander grattandosi la
testa. - Riku l’ho mandato in città attraverso un portale, assieme a
Paperino e Pippo - Il Guardiano delle Fiamme si mise a camminare sopra
il mosaico, osservandolo incuriosito. Alzò gli occhi al cielo e ritornò a
fissare il pavimento. Si scostò di poco. - Questo sei tu, Sora. Poi
nelle figure più piccole mi sembra di riconoscere Kairi, Riku, Paperino,
Pippo, il Re e altri... Ma queste due sagome nere... Chi sono? - si
domandò. Sora si avvicinò, per esaminarle. - Non ne ho idea - disse
solamente. - Comunque, cosa stiamo aspettando? - - Nulla. Stavo
controllando la zona. E così alla fine ci siete riusciti... Lo sapevo che
potevo contare su di te, Sora - si pronunciò Axander, indicando
successivamente il cielo stellato. - Certo che è veramente bello - -
Hai ragione. Fino a qualche minuto fa c’era un’enorme luna a forma di
cuore - - Kingdom Hearts - mormorò Axander. - Avrei tanto voluto
vederlo anche io -
La colonna iniziò ad oscillare ed a tremare
pericolosamente. - Ora ce ne dobbiamo davvero andare. Coraggio -
avvertì Axander. Tese una mano e si aprì un varco nero. Attese Sora per
oltrepassarne la soglia assieme a lui. Lo varcarono ed esso si
richiuse. All’uscita, si trovarono di fronte ad un panorama piuttosto
familiare. Erano, infatti, giunti all’entrata della valle, dove sorgeva
l’enorme catasta di detriti e macerie che in precedenza formavano la cinta
muraria difensiva. - Dov’è la fortezza? - chiese Sora, guardando il
cielo. - E’ sparita - - Sì, appena abbiamo varcato il portale. La
colonna ha iniziato a dare segni di cedimento ed è facile pensare che
tutta la fortezza sia scomparsa avvolta nelle tenebre. Silenziosamente
- Il ragazzo continuò a guardare le nuvole nel cielo diurno,
meravigliandosi che fino ad un attimo prima, sopra la sua testa,
brillavano le stelle. Non ci pensò a lungo ed evitò di stressare Axander
con altre domande. Si avviarono, dunque, verso le rovine,
arrampicandosi sino in cima ad esse per poi ridiscenderle con cautela.
Arrivati all’altro versante, trovarono il Re, Paperino e Pippo pronti ad
accoglierli. - Siete tornati! - esclamò Topolino, correndo loro
incontro. Sora riabbracciò i suoi amici, a pezzi, ma contento di
rivedere tutti quanti. - Stai bene, Sora? - domandò Paperino. - Hai
bisogno di riposo e di cure. Vieni, ti accompagnamo a casa di Leon - -
Ci sono tutti? - si informò il giovane. - Sì, stanno tutti benone -
rispose Pippo. - Eravamo preoccupati, dato che abbiamo visto tornare Riku
e non te... - Sora sorrise e, assieme ai due compagni d’avventure, si
diresse verso casa di Leon. Axander rimase ad osservarli, con una mano
in tasca, mentre l’altra penzolava lungo il fianco. Il Re gli si
affiancò. - Ce l’hanno fatta, quindi - commentò. - Alla fine anche
questo nemico è stato sconfitto - - Sora ha solo provveduto a rimandare
la catastrofe di qualche migliaio di anni. Non sono morti, sono solo
tremendamente deboli. Torneranno un giorno. Ma quando ciò accadrà, non
dovrete più preoccuparvene. Temo che ci sarò solo io a cercare, per
l’ennesima volta, di farli ragionare - sospirò. - Credo, però, di aver già
fatto un passo in avanti. Speriamo che il nostro prossimo incontro sarà
diverso - Topolino abbassò il capo. - E per quanto riguarda Sora? Che
cosa farà, adesso? - - Intendete... Riguardo a Kairi? Non vi
preoccupate, Vostra Maestà. Ho già informato Sora di un po’ di cose. Ma ho
un amico da contattare, che potrà informarlo meglio - - Un amico? Posso
sapere di chi si tratta? - chiese il Re incuriosito. Axander rise. - Mi
meraviglio di certe vostre domanda. Voi dovreste conoscere meglio di me
costui. E’ stato il vostro maestro per un po’... - - Yen Sid? - fece
Topolino, con meraviglia. - Come farà a venire qui? - - Vedrete, Vostra
Maestà. Lo conosco bene anche io e so che in un modo o nell’altro verrà
qui da noi. Penso sia l’unico che possa trovare una soluzione
- Topolino guardò Axander per un po’. Sorrise, quindi, e si volse verso
Sora, ormai lontano. - Tutto è bene quel che finisce bene - disse
sorridendo. Axander annuì. - Per noi può essere tutto finito. Ma non
per Sora - E così dicendo, entrambi si avviarono verso l'interno di
Linahar.
Epilogo
Sora e Riku si sedettero sul bordo della
balconata, ammirando l’intera vallata immersa nella notte. - Non è la
stessa cosa senza Kairi - sussurrò Riku. Sora si rabbuiò, sospirando. -
Riku - L’amico si voltò. - Cosa c’è? - - Devo andare a cercare
Kairi. Da solo - precisò il Custode. - Da solo... - ripeté Riku. -
Perché? - - Perché mi sento io solo il principale responsabile della
sua scomparsa. Axander mi ha detto che devo andarla a cercare in un luogo
lontano e pericoloso. Non ho voglia di coinvolgere altre persone - Riku
si alzò, fissando l’amico. - Non è una buona ragione. Tanto più se devi
andare in qualche posto che non conosci - - Ma Riku... - - No. Non
devi sentirti in colpa. Hai sbagliato, è vero, ma non sapevi quello che
sarebbe accaduto - Sora rimase in silenzio. Spaziò con lo sguardo sulle
montagne. Dopodiché, si volse verso l’amico con un sorriso. - Ormai ho
deciso - disse, alzandosi a sua volta. - Andrò da solo - e fece per
incamminarsi verso la porta di casa. - Sei un testardo! - lo rimproverò
Riku - Non puoi! Anche noi teniamo a Kairi, è nostra amica! Non puoi
chiederci questo! - - Non lo hai ancora capito? Se partissimo tutti
assieme rischierei di perdere qualcun altro di voi e non so se questa
volta riuscirei a resistere! - alzò la voce Sora. Si rattristò nuovamente.
- Troppe volte ci siamo dovuti separare. Per favore, Riku, fa che questa
sia l’ultima. Lasciami andare da solo - Riku sbuffò, scuotendo la
testa. - Va bene. Vai da solo se vuoi, ma non sarò io ad ostacolarti -
disse, per poi cennare in direzione dell'amico. - Ma dovresti chiedere
anche a loro - Il ragazzo si voltò e vide Paperino e Pippo che si
avvicinavano tranquillamente. - Paperino, Pippo... Avete sentito anche
voi, allora... - I due annuirono. - Sì, Sora. E ti capiamo. Ci farà
solo strano non poter essere al tuo fianco a combattere gli Heartless e a
salvare i vari mondi - ammise Pippo. - Già. Mi raccomando Sora, stacci
bene - raccomandò Paperino. - Grazie. Riku, Paperino, Pippo... Grazie
di cuore - - Non ringraziarci. Piuttosto, pensa a riportare Kairi a
casa sana e salva - Sora e Riku si strinsero la mano, fissandosi con
determinazione. - Te lo prometto - disse Sora. - Anche se le mie
promesse cominciano a non avere più molto valore... - - Ti sbagli. Ho
sempre riposto la mia fiducia in te, Sora. So che manterrai questa
promessa - Tutti e quattro rientrarono, in seguito, a casa di Leon,
ignari del fatto che qualcuno li aveva osservati.
Le luci si
spensero in tutta la vallata. Qualcuno annusò l’aria. - Il suo potere
si è spento. Non lo sento più da molto, ormai - Un vento improvviso
mosse le fronde degli alberi ed una seconda figura apparve, annerita dalle
tenebre. - Ilfrien è uscito di scena. Il sipario è calato su di lui e
sui suoi fratelli - continuò il misterioso individuo, con voce calma e
profonda. - Anche se ne rimane ancora uno - - Non c’è da preoccuparsi
di costui - disse il nuovo giunto, con una voce sibilante. - Non è lui la
nostra maggior preoccupazione - Quest’ultima presenza si palesò agli
occhi dell’uomo. Era bassa e si sfregava le mani, come colta da un tic. Il
capo scattava a destra e a sinistra, guardingo. - La situazione non è
ancora chiara. Il Nostro Signore è stato qui, di recente - continuò il
primo. Trasse un profondo respiro. - Molto di recente - L’altro
sghignazzò compiaciuto, battendo le mani e sporgendosi oltre il parapetto
della balconata sulla quale si trovavano. - Chissà cosa è venuto a fare
- sibilò. - E chissà se quel citrullo di Alames ci darà ascolto...
Eheheh... - - Pazienza, mio caro, pazienza! - intervenne l’uomo. -
Alames non è così stupido da non pensare alla vita dei suoi sudditi. Farà
ciò che il Nostro Signore gli ha ordinato - Si voltò verso la sua
sinistra, osservando la figura più bassa. - Perché nessuno può
disobbedire al Nostro Signore. Dico bene? - L’altro si girò di scatto.
- Eh? Uh? Oh, sì... Nessuno può disobbedirgli... Nessuno, tranne... Lui -
ringhiò. - Non pensarci. Del rinnegato ci occuperemo poi. Abbiamo
ordini ben precisi da eseguire - - Sì, sì, ordini ben precisi! Ordini,
sempre ordini... - borbottò l’altro. Uno stridulo verso giunse alle
loro orecchie. Si rizzarono in piedi ed il più alto dei due levò il
braccio. Un falco nero come la notte si posò con leggiadria
sull’avambraccio. - Sì... Agiremo presto. Andiamo! - Entrambi gli
interlocutori sparirono in una sobria foschia, senza lasciare traccia del
loro passaggio.
In quel preciso istante, Sora se ne stava a letto,
gli occhi puntati verso il soffitto e le mani dietro la testa. -
Ovunque tu vada, io ci sarò sempre... - si disse a bassa voce. Sorrise.
Si girò su di un lato e si addormentò improvvisamente.
FINE (?)
E qui finisce questa fic. Seguono poi una seconda ed una terza parte, come annunciato dalla descrizione di questa storia. Inizierò ad inserire il sequel il più presto possibile. Spero comunque che vi sia piaciuta e che non vi abbia annoiato. Se avete delle considerazioni finali da fare, accomodatevi pure!