Sugar Boy

di scoiattolo17
(/viewuser.php?uid=625309)

Disclaimer: Questo testo proprietà del suo autore e degli aventi diritto. La stampa o il salvataggio del testo dà diritto ad un usufrutto personale a scopo di lettura ed esclude ogni forma di sfruttamento commerciale o altri usi improri.


Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Pensieri ***
Capitolo 2: *** Boy! ***
Capitolo 3: *** Decisioni ***
Capitolo 4: *** Giocare col fuoco ***
Capitolo 5: *** Sfida ***
Capitolo 6: *** Bon voyage ***
Capitolo 7: *** Agguato ***
Capitolo 8: *** Tornerò ***
Capitolo 9: *** Niente da perdere ***
Capitolo 10: *** Spiegazioni ***
Capitolo 11: *** 357 Magnum ***
Capitolo 12: *** Cacciare o essere cacciati? ***
Capitolo 13: *** Il pugnale ***
Capitolo 14: *** Vendetta ***
Capitolo 15: *** Corsa contro il tempo ***
Capitolo 16: *** Audacia ***
Capitolo 17: *** Colpe ***
Capitolo 18: *** Solo anime ***
Capitolo 19: *** legati dal destino ***
Capitolo 20: *** Epilogo ***



Capitolo 1
*** Pensieri ***


La ragazza sedeva sul treno. Posto vicino al finestrino per poter ammirare meglio il panorama. Lo sguardo poteva sembrare perso nel vuoto ma non era così. il cielo azzurro ed il paesaggio lineare della campagna illuminavano il suo viso.
L’erba verde contrastava con il rosso forte dei papaveri che si inchinavano al passaggio del treno e dei suoi vagoni.
Capelli dai riflessi rossicci, occhi color nocciola. Vestiva semplice: jeans e maglietta. Poteva sembrare una normale ragazza sulla venticinquina ma un attento osservatore avrebbe sicuramente notato le nocche delle mani sbucciate e contuse, un lieve taglio sullo zigomo ed una determinatezza nello sguardo difficile da trovare in una donna così giovane.
Il susseguirsi del verde paesaggio lasciò presto posto alla grigia periferia e poco dopo alla caotica stazione della città.
 
L’uomo dai capelli corvini attendeva qualcuno quel giorno alla stazione di Shinjuku, camicia nera e lucky strike accesa; inspirava il fumo sentendo un dolce calore riscaldargli il petto, cercando di mantenere la calma per quanto possibile.
Avrebbe rivisto la sua Kaori. Dopo ben un anno di lontananza, e solo dopo qualche breve telefonata in cui diceva di stare bene. Doveva vederla, guardarla come se riuscisse a toccarla, a scalfire quella barriera di indifferenza che aveva creato nei suoi confronti. A toccare la sua anima attraverso i suoi grandi occhi nocciola che ormai da quasi un anno gli mancavano terribilmente. In verità non sapeva nemmeno lui cosa avesse scatenato in lei quella voglia di andarsene lontano. Forse dopo quello che era successo al matrimonio di Miki e Umi aveva parlato troppo. Forse lei aveva colto la palla al balzo e quando Miki l’aveva invitata nella loro casa in montagna per una vacanza rilassante e lontana dalla malavita di Shinjuku, Kaori non era proprio riuscita a dire di no.
La vacanza di Miki ed Umi era iniziata per far guarire completamente Miki e rimetterla in sesto dalle ferite riportate al suo matrimonio, ed anche per tranquillizzare Falcon e poi si era protratta nel tempo tanto da tenerli lontano da casa e dal bar per quasi un anno e mezzo. Sotto consiglio ed invito dell’amica, Kaori non aveva rifiutato l’offerta di una pausa, cosa che accettò ben volentieri e senza pensarci due volte. Solo che il mese programmato fuori divennero due, poi quattro, fino a tenerla lontana da Ryo per quasi un anno.
Ryo era andato a trovarli solo una volta, ma poi si era arreso all’idea che un po’ di lontananza avrebbe giovato ad entrambi. E poi non poteva certo andare là e caricarsela in auto. Era abbastanza matura adesso per fare le sue scelte. Non era certo più la ragazzina diciottenne che le era stata affidata da Maki.
 
Il via vai di gente che veloce si aggirava per la stazione lo fece riflettere. Gente comune, persone normali, pendolari che facevano avanti e indietro nella loro quotidianità. Tutto ciò che lui non poteva essere. Tutto ciò da cui era stato escluso sin da quando era bambino. I suoi giocattoli erano le armi, la sua quotidianità la sopravvivenza. Si sentiva una specie di macchia nera in un mare bianco. E proprio lui che difendeva silenziosamente quella stessa città dal crimine si ritrovò presto a desiderare di farne parte, di far parte di quel gruppo di persone che tentava di proteggere ogni giorno. Una vita normale… cosa significava in fondo? Non lo sapeva… solo una persona faceva parte della sua quotidianità e quella stessa persona era sparita dalla circolazione per più di un anno, dimenticandosi di lui, dimenticandosi di loro. Per un momento provò rabbia. Perché lei se ne era andata, lasciandolo lì, solo. Ma più rabbia provò nei suoi stessi confronti, perché non aveva fatto nulla per fermarla, perché nonostante gli anni passati assieme ancora non si era deciso a confessarle apertamente quanto in verità tenesse a lei.
Questi mesti pensieri furono presto interrotti quando qualcuno gli puntò una pistola alle spalle, premendola sulla schiena
-Saeba stai perdendo colpi…- sorrise una voce familiare dietro di lui
-Sugar Boy non ti sembra di avermi fatto aspettare un po’ troppo questa volta?- ironizzò l’altro voltandosi a guardarla.
Ma il suo cuore perse un colpo quando la vide. Dio se era bella. I capelli leggermente più lunghi le cascavano in ciuffetti ribelli sugli occhi nocciola. Occhi luminosi e sorridenti ed una bocca dalle labbra leggermente arrossate. Le guance le si erano tinte di rossore ed il sorriso era scaturito naturalmente nel salutarlo. Non indossava niente in particolare ma i jeans stretti delineavano le sue curve da modella e quel giacchettino di pelle che indossava la rendeva particolarmente sexy ai suoi occhi.
-cosa credi di fare con quella??- ammiccò Ryo indicando la piccola pistola giocattolo con cui la sua socia l’aveva minacciato poco prima
-niente… era solo per fare scena!- sorrise quella prendendo il suo borsone ed incamminandosi verso l’uscita.
Ryo la guardò voltarsi e camminare elegante verso l’uscita della stazione. Tanti sguardi le si poggiavano addosso ma lei sembrava non rendersene conto. Era bella. Molto bella. Chissà quanti uomini avrebbe potuto avere ai suoi piedi se solo avesse voluto. Eppure non le importava o forse non le era mai passato per la mente. Ryo la guardò imbambolato per un po’ fino a che quella non si girò nuovamente:
-Che fai Ryo?? Resti qua??-
-ehm.. no no! Eccomi!!- 

Ritorna all'indice


Capitolo 2
*** Boy! ***


Entrando in casa Kaori ebbe un sussulto. Nulla era cambiato, era tutto come aveva lasciato, tutto come si ricordava. Anche i rumori della città che arrivavano dalla via antistante la casa sembravano immutati. Un leggero brivido le percorse la schiena. Poi guardò Ryo che aveva abbandonato il suo borsone vicino al tavolo e si era accomodato come suo solito sul divano con una delle sue solite riviste. Un moto di rabbia e tristezza le invasero la mente. Pochi minuti che era tornata dopo un anno ed eccolo là con le sue solite riviste in mano… possibile che non le fosse mancata? Possibile che non avesse nulla da chiederle? Nulla da dirle?.
Poco dopo Kaori saliva al piano superiore con il suo borsone. Lungo il corridoio incontrò un gatto.
Si. Proprio un gatto. Si fermò un istante a guardarlo con la mano sulla maniglia della sua camera e nell’altra il borsone. Il gatto rossiccio la guardò. Gli occhi stupiti di Kaori dicevano tutto. ‘un gatto?? Da quando in qua Ryo fa entrare gli animali in casa??’ Il gatto continuò a fissarla per un po’. Poi si stiracchiò. Fece uno sbadiglio e si acquattò in un angolino, coprendosi il musetto con la coda. La sentenza l’aveva data: si, quella ragazza poteva stare con loro nella casa.
Quando finì di mettere a posto tutta la sua roba Kaori scese di nuovo al piano di sotto.
-Come si chiama il gatto?- chiese Kaori mentre si avvicinava alla finestra di cucina guardando fuori
-Boy-
-Bel nome- sorrise Kaori –Devi proprio esserti scervellato per trovarglielo…-
Ryo si limitò a sorridere ed ad osservare la sua socia che si guardava attorno… aveva aperto la finestra e sbirciava fuori come una bambina curiosa, il sole che tramontava le tingeva i capelli con riflessi dorati e gli occhi nocciola sembravano diventati dello stesso colore del miele. Una folata di vento primaverile la distolse dai suoi pensieri e velocemente richiuse la finestra. Doveva andare. Non poteva perdere altro tempo.
 
-Io esco- disse, mettendosi il giacchettino di pelle
-Dove vai?- chiese veloce Ryo abbassando per un attimo la rivista
-A fare un giro…-
-E la cena?-
‘e no caro Ryo’ pensò Kaori ‘non sono certo tornata per farti da balia, i tempi d’oro sono finiti’
-Ma non ti preoccupare per me, mangio qualcosa fuori- rispose lesta la sua socia lasciandolo come un pesce sul divano e chiudendosi la porta di casa alle spalle
Scendendo le scale le veniva da ridere. Povero Ryo. Se solo avesse saputo tutta la verità chissà come l’avrebbe presa. Ma ancora non poteva rivelare niente. Almeno per il momento.
Si strinse nel suo giacchetto di pelle. Si assicurò che la pistola che portava al fianco non si vedesse. Un’altra folata di vento l’accolse uscendo dal portone della palazzina. Si guardò attorno. Poi si incamminò.
 
Ryo dall’alto seguì il percorso della socia. Qualcosa non quadrava. Gli stava nascondendo qualcosa se ne era accorto già dalla prima occhiata alla stazione. Ma cosa? E soprattutto perché?
 
Arrivata davanti al Cat’s Eyes tirò fuori dalla tasca un grosso mazzo di chiavi ed un sorriso le si tinse veloce sulle labbra vedendo il portachiavi a forma di gatto (ndA ironia della sorte povero Umibozu).
Il cartello esposto recava la scritta ‘chiuso fino a data da destinarsi’.
Eggià. Povero Falcon. Il giorno del suo matrimonio aveva visto sua moglie colpita da una pallottola accasciarsi al suolo e perdere i sensi. Subito erano scattati i soccorsi ed in breve tempo Miky, tosta come era, si era subito rimessa in piedi. Ma Falcon non poteva sopportare l’idea dell’agguato né della sua mancanza di riflessi. Non poteva sopportare un simile colpo. E ben presto, di comune accordo con sua moglie, decise di fare una vacanza, lontano da tutti e da tutto, lontano dal Cat’s Eyes, da Shinjuku e dal suo mestiere.
Kaori ebbe un brivido entrando nel locale. La campanella alla porta tintinnò e come in un flashback le parve di tornare indietro di anni. Quando la compagnia si radunava lì le sere d’estate. Quando lei rincorreva Ryo per tutto il locale. Quando Umi le offriva il suo famigerato caffè. Quando un sorriso di Miky le cambiava la giornata.
Poi si riscosse. Il locale era vuoto. Tutto era ricoperto da polvere e teli. Accendendo la luce la prima cosa che notò fu una lettera poggiata sul bancone. Non era polverosa come le altre cose. Era stata messa lì da meno tempo. Qualcuno era entrato nel locale. Veloce l’aprì.
ucciderò tua moglie davanti ai tuoi occhi, poi sarà il tuo turno. Tienila nascosta quanto ti pare. Ti troverò’ firmato: Marshall
Kaori strinse la lettera nel pugno. Corse nel retro del locale. I vetri in frantumi che calpestò le fecero capire di colpo che il bastardo era entrato dalla finestra sul retro. Veloce prese la lettera, chiuse tutto in fretta e furia ed uscì dal locale. Se era stato lì probabilmente teneva il locale sotto controllo. Non poteva farsi trovare lì impreparata, non per il momento.
Rientrando a casa la trovò vuota. Ormai era sera, la notte era calata accendendo una miriade di luci sulla prefettura di Tokyo. Probabilmente il suo socio se ne era andato per locali. Ma poco le importava. Doveva riflettere e quindi decise di andare a farsi una doccia.
Quando entrò nella sua stanza il gatto se ne stava seduto sul letto. La guardava imbambolato. Lei quasi si era dimenticata di lui.
-ehi Boy? Che combini? Sai dove è andato Ryo?- fece lei sorridendo
Quello la guardò, si stiracchiò e quasi come se l’avesse capita fece un balzo dal letto al davanzale della finestra e guardò fuori per un po’.
‘anche il gatto ha capito che va per locali’ pensò ironicamente Kaori.
Quella notte qualcuno come suo solito si intrufolò nella stanza.
Guardò Kaori dormire e Boy accoccolato al suo fianco aprì gli occhi. Mosse un orecchio e guardò Ryo per un po’.  Poi si accoccolò nuovamente vicino a Kaori, un sospiro e di nuovo dormiva beato.
‘traditore di un gatto…’ pensò sarcasticamente Ryo
Poi il suo sguardo si posò dolce di nuovo su Kaori.
‘Dio che angelo che mi hai mandato…’ soffiò lieve prima di lasciare la stanza.

Ritorna all'indice


Capitolo 3
*** Decisioni ***


Quando Kaori si svegliò non erano nemmeno le sei di mattina. Boy non c’era più. Chissà dove si era infilato quel gatto. Guardando fuori notò come Tokyo fosse stata coperta da un enorme nuvolone nero e come tutto sembrava essere ovattato e distante. L’aria era carica di tensione, la stessa che si avverte poco prima dei temporali. Quella proprio non sembrava una giornata primaverile, ma, ahimè, doveva alzarsi ed iniziare a riflettere sul piano d’attacco.
Ripensò alla lettera sul bancone. A quello che c’era scritto. Che bastardo. Ma gliela avrebbe fatta pagare. Parola di Kaori Makimura.
Ancora era vivo nella sua mente il ricordo di Umibozu che le spiegava la situazione. All’incirca un anno fa. Poco dopo il suo arrivo nella casa in montagna.
Mentre Miki faceva la doccia le si era avvicinato scuro in volto. Umibozu non era certo il tipo da confidenze ma Kaori capì subito che qualcosa non quadrava.
-Kaori- disse Falcon –ho bisogno di un piacere…- poi senza nemmeno aspettare il consenso continuò –ho bisogno che tu protegga Miki, qualunque cosa accada…-
-Ma Falcon di cosa stai parlando?? Perché dovrei proteggerla? E soprattutto da cosa? Parla chiaro!- sbottò quasi con irruenza la ragazza
Falcon fece un sorrisetto –Kaori non so se stai cambiando per te stessa o per colpa di Ryo, ma in entrambe le situazioni stai cambiando quasi in meglio…-
-Falcon vieni al sodo… non stiamo parlando di me, ma di Miki…-
-Giusto…- fece il gigante – come ben sai la mia vista va calando in maniera inesorabile, tra non molto sarò completamente cieco e non potrò proteggere Miki al meglio... ho bisogno che tu impari alcune tecniche e resti qua a proteggere Miki mentre io dovrò svolgere un lavoretto… chissà, potrebbe forse essere il mio ultimo incarico…- sorrise sarcasticamente Umibozu.
-Diavolo Falcon ma che hai in quella zucca?? Vorresti lasciare Miki da sola?! Chiama Ryo lui sicuramente potrà darti una mano, sai com’è… è uno scansafatiche, un burlone e fa il cascamorto con le donne, ma almeno nel suo lavoro è un asso, ti darà senz’altro una mano…-
-No!- la interruppe Umibozu –questo lavoro lo devo svolgere io… poi lui i guai se li tira dietro e poi figuriamoci se lascio mia moglie sola con quel maniaco! Meglio in una gabbia di leoni allora…-
In quel momento dietro Kaori passò un enorme libellula gigante e lei non poté far altro che annuire silenziosamente a capo basso (ndA: come dargli torto!!)
-Comunque Kaori, partirò tra cinque mesi- constatò Falcon –ho tutto il tempo per insegnarti qualcosa… e chissà, magari, diventi anche più in gamba di Ryo…-
Forse Umibozu disse quella frase solo in tono sarcastico, o forse era un qualcosa di molto più raffinatamente premeditato , tanto sta che quella frase accese Kaori di uno strano sentimento.
‘diventare più in gamba di Ryo’. Avrebbe potuto davvero? Chissà come ma non le era mai passato per la testa. Aveva spesso sperato di essere al pari del suo socio, ma mai uno scalino sopra.
Non aveva mai sentito quell’esigenza, forse perché nei momenti di pericolo aveva sempre affidato la sua vita al migliore. Ma se fosse stata lei la migliore? Se avesse avuto lei la forza di mettersi fuori pericolo da sola?
Che stupida era stata. Per tutti quegli anni si era accontentata di diventare ‘bravina’ nel suo mestiere. Si era accontentata di saper prendere qualche appuntamento, saper sfogliare qualche informazione e saper dare qualche gomitata. Praticamente un semplice lavoro da impiegata. Ma adesso le veniva proposta l’opportunità di migliorarsi a tal punto di superare persino Ryo. L’opportunità di salvarsi la pelle da sola. L’opportunità di contrattaccare. Avrebbe accettato? Oppure sarebbe passata alla ritirata con qualche banale scusa di inferiorità?
 
Un tuono squarciò l’aria. E Kaori tornò con la testa a quella mattina. Quegli eventi erano ormai passati da un bel po’. Inutile rimuginarci sopra.
Boy che la guardava dalla porta la fece sorridere.
-scommetto che hai fame- sussurrò la ragazza mentre usciva dalla camera.
Quello veloce la seguì lungo il corridoio e poi in cucina.
Ryo non si era ancora svegliato. Bene. Ne avrebbe approfittato per fare una telefonata…
 
Quel giorno di un anno prima Kaori dopo la proposta di Umibozu prese una decisione.
Che le cose sarebbero mutate.
Che il gioco non era ancora stato deciso.
Che le carte in tavola potevano essere cambiate.

Ritorna all'indice


Capitolo 4
*** Giocare col fuoco ***


-Pronto?...Ciao, sapevo che eri già sveglio… Ieri ho fatto un sopralluogo, ed è andata proprio come avevi previsto… la finestra sul retro era rotta e qualcuno si era intrufolato nel locale… non sto nemmeno a dirti cosa ho trovato, non vorrei farti incazzare di prima mattina…- sorrise Kaori mentre parlava al telefono.
 
Il gatto seduto sulla sedia continuava a guardarla parlare con aria diffidente, ogni tanto muoveva la coda o le orecchie e lei lo guardava allegra. Poi ad un tratto Boy girò la testa in direzione della porta ed addrizzò le orecchie. Kaori capì che Ryo era appena arrivato nel corridoio, ma non era entrato. Era rimasto fuori. Forse gli interessava con chi stesse parlando la sua socia alle sei e mezza di mattina? Un sorrisetto malizioso si fece largo sul viso della bella sweeper. Chissà cosa sarebbe successo se…
 
-…adesso però devo andare… non temere ti richiamerò presto… salutami Bradley, dagli un bacio da parte mia, vi richiamerò il prima possibile promesso! Ciao, buona giornata…- Kaori aveva riagganciato.
Rimase in silenzio per un po’ guardando la porta socchiusa, vide Boy scendere elegante dalla sedia sulla quale era seduto ed andare nel corridoio.
Un altro sorrisetto si fece largo sul suo volto. Ma quando vide entrare Ryo sbadigliando col gatto in braccio si girò di colpo cercando di non dare troppo nell’occhio con tutta quell’ ironia dipinta in faccia di prima mattina.
-Che ci fai già alzata a quest’ora?-
-Ma niente… Avevo intenzione di andare a correre… anche se il tempo non promette nulla di buono…- ammiccò quella in direzione della finestra.
-Tu a correre?? Ma dai non farmi ridere… è inutile non sai? Tutta quella cellulite ormai fa parte di te!!- ironizzò Ryo, ma si maledisse poco dopo, mai una volta che gli riuscisse di non offenderla.
-Non temere per me e per la mia cellulite, non lo faccio certo per quello…- continuò lei, senza nemmeno dimostrare un minimo di arrabbiatura nei confronti di lui, né delle cazzate che sparava. Quel comportamento lasciò Ryo stupito ed in ogni qual modo incuriosito. Che fosse diventata meno irascibile?? Oppure dopo anni di convivenza aveva sotterrato l’ascia di guerra? (ndA: ma quale ascia?? Al massimo i mitici martelloni :D)
Certo sta che quell’indifferenza lo lasciò di stucco. E poi da quando in qua non sfoderava più i suoi micidiali martelli? Cosa era cambiato in lei? Se non la facevano arrabbiare i suoi discorsi voleva dire che pesava meno il valore delle sue parole…E se in quell’anno lontana si fosse dimenticata di lui? O peggio… Se si fosse innamorata di un altro??!! Ora che ci pensava poco fa, quando si era nascosto nel corridoio ad ascoltarla, aveva parlato di un certo Bradley… Chi cazzo era questo???
-Con chi parlavi prima al telefono? Non mi sembra l’ora giusta per le telefonate…- chiese Ryo serio, posando Boy sulla sedia
-Di certo l’ora a cui chiamo non ti deve riguardare, che ne sai, magari era una chiamata in America. E non ti deve riguardare nemmeno CHI chiamo; dato che sono abbastanza grande e vaccinata da sapere quello che faccio e da non dover renderne conto a nessuno-
 
Forse la reazione di Ryo non fu delle più moderate. Forse non se ne rese nemmeno conto. Ma in pochi attimi spinse Kaori facendo perno col suo avambraccio per tenerla ferma con la schiena al muro. Il viso di Ryo sfiorava quello della ragazza ma non osava toccarlo, la guardava dritta negli occhi quasi cercando di capire che cazzo le passava dentro la testa; cercando di guardarle dentro. Ma niente riuscì a trovarvi se non ferma ostinazione, tenacia, grinta e soprattutto una strana aria di sfida nei suoi confronti.
-Cosa cerchi di nascondermi Sugar Boy?- chiese Ryo mantenendo inalterate le posizioni
-Non so a cosa ti riferisci…- fece spallucce in risposta la sua socia
-Cazzate- disse Ryo spingendola ancora di più al muro –non mi piace il gioco a cui stai giocando, voglio sapere cosa è accaduto, voglio sapere perché eri al telefono e, soprattutto, voglio sapere con chi-
-perché sennò??! Sentiamo… Cosa fai??- lo sfidò l’altra
Ryo non rispose. Si limitò a sferrare un pugno contro il muro ed a lasciare la presa sulla sua socia. È vero. Che avrebbe fatto sennò? Da quando passava alle minacce con Kaori? Ma il solo pensiero che qualcosa gli stesse sfuggendo dalle mani lo faceva impazzire, e sapere che a sfuggirgli dalle mani era proprio Kaori, la sua Kaori, questo lo faceva imbestialire. Non poteva perdere così il controllo. Doveva calmarsi. Riflettere. Veloce come un lampo si girò e senza dire una parola sparì in corridoio.
 
Kaori era ancora appoggiata al muro. Mani lungo i fianchi. Gli occhi non lasciavano trapelare paura anche se quella albergava dentro di lei. Non poteva farsi vedere debole, ma la verità era che una reazione così da Ryo proprio non se l’aspettava. Stupida Kaori; ma in fondo non eri stata proprio tu a voler forzare troppo la mano e giocare col fuoco? Si sa, a giocare con il fuoco alla fine si rischia di bruciarsi. Beh, poco male. Ryo doveva capire che non aveva più a che fare con la ragazzetta spaurita ed emotiva di un anno prima. Ora era cambiata. Ora sapeva guardarlo negli occhi senza arrossire o senza dover abbassare lo sguardo. Ora sapeva come reggere il confronto con lui.
Un sorrisetto malizioso le fece capolino sul volto mentre si voltava verso la finestra. Povero Ryo. Così rischiava di farsi male.
 
Correva ormai da mezzora quando passò davanti al Cat’s Eyes. Lentamente fermò la sua corsa facendo stretching al muro del locale. Si voltò poi per fare alcuni piegamenti sulle ginocchia. Nel qual tempo osservava metodicamente tutto quello che le era di fronte senza dare nell’occhio. Una, due… cinque auto posteggiate, colore, modello, targa.  Nell’edificio di fronte le finestre; quante aperte, quante chiuse, balconi, tetto.
Se ‘Marshall’ cercava Falcon sicuramente teneva sotto controllo il locale in qualche modo, e lei doveva scoprire come. Doveva stanarlo quel maledetto.
Erano poco più delle 9 di mattina quando Kaori rientrò in casa. Si tolse la maglietta sudata gettandola a terra e veloce corse in bagno. Aprendo la porta si ritrovò di fronte Ryo intento a lavarsi i denti a torso nudo.
-Si usa bussare…- disse quello prima di notare che la sua socia era semivestita ed accaldata.
-scusa, non credevo fossi in bagno…- si scusò subito quella, senza però evitare che le sue guance si tingessero di un lieve rossore. Quello fu come un vittoria per Ryo. Vederla lì, in reggiseno, di fronte a lui, imbarazzata e con lo sguardo basso fu come una rivincita su quello successo nella mattina, quando era stato lui a dover lasciar correre.
Forse quella situazione gli conferiva una certa superiorità sulla donna che veloce stava per andarsene se non fosse stato per un gesto di Ryo che la invitava a restare.
-resta pure, io ho fatto- disse mentre si asciugava le mani.
Passandole affianco ebbe una sorta di brivido caldo che partendo dal basso ventre si propagò fino ai polmoni. Dio se era bella. Dio cosa avrebbe fatto per averla. Ma non poteva. Non voleva. Non era possibile. Non con quella vita. Cosa poteva offrirle lui? Niente. Lui era niente. Non aveva nome, né sapeva dove era nato. Non era niente e niente aveva da offrire la sua esistenza a quella donna.
Si chiuse la porta del bagno alle spalle e vi sostò un attimo assorto nei suoi pensieri. Non sapeva proprio come era riuscito a tirarsi fuori da quella situazione senza fare qualche cazzata. Tipo saltarle addosso.
Sentendo l’acqua della doccia aprirsi i suoi battiti diminuirono e potè fare un respiro profondo dato che il fiato era diventato inspiegabilmente corto subito dopo aver visto la sua bella socia mezza nuda.
‘Sugar Boy stai giocando col fuoco’ pensò maliziosamente Ryo, alzando lo sguardo da terra.
Nel corridoio trovò Boy intento a guardarlo con aria diffidente. Poi si stiracchiò, mosse la coda e veloce scomparve giu per le scale.
 

Ritorna all'indice


Capitolo 5
*** Sfida ***


Quando Kaori scese al piano di sotto l’appartamento era vuoto. Uscì di casa velocemente; voleva tornare al Cat’s Eyes nel pomeriggio, ma prima le occorrevano delle cose.
Scendendo le scale sentì degli spari in lontananza: Ryo era al poligono. Andava sempre lì quando doveva riflettere su qualcosa o quando qualcosa lo turbava. Dopo anni ed anni di convivenza poteva dire di conoscerlo bene; anzi, forse era l’unica a conoscerlo realmente. Scaricare la pistola contro la sagoma era come far urlare quell’anima ribelle che si nascondeva dietro una maschera di indifferenza nei confronti di tutto e tutti. Nei confronti del mondo. Nei confronti di lei.
 
Colpiva il bersaglio sei volte, caricava, e lo colpiva nuovamente. Sempre centri perfetti. Se colpiva laterale era semplicemente perché lui lo voleva. Quella Colt Python 357 Magnum era la sua fedele ed eterna alleata, lo aveva salvato talmente tante volte nella sua carriera che ormai poteva vedere solo lei impugnata stretta e salda nella sua mano. Era diventata una sorta di prolungamento del suo braccio tanto riusciva ad usarla con destrezza. Lui mirava e lei uccideva, o feriva, ma in entrambi i casi, faceva giustizia.
 
Kaori si ritrovò a spiarlo sulla porta del poligono. Magari lui si era già accorto della sua presenza ma seguitò come se nulla fosse. E lei poté continuare a guardarlo ammirata. Quell’uomo era la sua vita da 7 lunghi anni. Lo amava e lo sapeva. Un amore forte, che lottava nel tempo e nei loro cuori, che urlava quando un semplice gesto li avvicinava, che si ribellava la notte quando erano distanti solo di una camera. Un amore mai dichiarato apertamente, magari sussurrato, ma forse impossibile.
Era ancora sulla soglia a riflettere quando Ryo la chiamò.
-Ehi Sugar! Cosa fai lì imbambolata??-
Kaori si accorse solo in quel momento che si era incantata a guardarlo, chissà da quanto tempo poi. Potevano essere passati minuti e lei non se ne era minimamente accorta. Dio se la faceva impazzire.
Con nonchalance allora si diresse verso di lui. Sapeva che era lì solo per causa sua. Per il suo comportamento della mattina. Forse gli doveva qualche spiegazione… Ma la storia era lunga… Magari poteva dargli qualche indizio un po’ per volta. Non poteva certo ancora raccontargli tutto, Falcon era stato chiaro…
-Saeba fai una sfida con me?- ammiccò veloce in direzione dell’uomo.
Ryo la guardò come se avesse detto chissà quale pazzia ma stette al gioco e posò la Colt sul banco.
-ed in cosa consisterebbe la sfida??-
-semplice… nel fare centro… solo un colpo-
-ma così ho già vinto…-
Effettivamente così Kaori non avrebbe avuto molte speranze di vittoria, però le venne prontamente un’idea:
-aspetta a cantare vittoria… io sparo con la 357, e tu con la mia…-
 
Lo sguardo di Ryo si infiammò. Ma cosa le passava per la testa a quella ragazzina?? Dove voleva andare a parare con quel giochetto? Però la cosa lo incuriosiva alquanto e se da una parte la sua testa gridava no dall’altra il suo cuore voleva darla vinta a quella streghetta di fronte a lui che cercava di ammaliarlo con qualche inganno.
-Ok- disse porgendole la Magnum –vedi di non farti male- suggerì poco dopo
 
Quando Kaori impugnò la pistola si maledisse mentalmente. Dio se era pesante. Ma incurante del fatto la strinse forte sostenendo il peso della pistola anche con la sinistra.
Caricò il cane. Aspettò qualche secondo. Mirò. Premette il grilletto leggermente. Il cane scattò, il tamburo fece un sesto di giro e la pallottola con un boato si conficcò nella sagoma leggermente a destra del centro.
Ryo allibito dalla fermezza della socia e dal quasi centro perfetto non lo diede a vedere e sfilando la piccola pistola di Kaori dai suoi jeans sparò velocemente quasi azzardando troppa non curanza.
Però non fece i conti con il peso della pistola.
Dopo circa mezzora che sparava con la Magnum il suo braccio si era talmente abituato al peso della pistola che con quella piccola Colt in mano quasi non sparò in aria. La pallottola sfiorò la testa della sagoma e questo decretò la vittoria di Kaori.
Qualche attimo di silenzio ed un piccolo stormo di corvetti volò dietro di loro quando Ryo si accorse della gaffe appena compiuta.
-lo sapevo…- sorrise Kaori vincente –sei sempre così presuntuoso e sicuro di te che non ti fermi mai un attimo a pensare! La mia pistola è molto più leggera della tua, ma mentre io ho mantenuto la calma e mi sono adeguata al peso della magnum, tu hai fatto lo sborone e per poco non facevi un buco nel soffitto!-
-ehi piccola strega saputella non fare la maestrina con me! Piuttosto da quando sai sparare??-
Ecco qua. Doveva dirgli qualcosa… In fin dei conti si era preso cura di lei per 7 anni… Almeno un piccolo particolare doveva saperlo.
-mi ha insegnato Falcon- disse diretta –gli ho chiesto io di darmi lezioni, non ho imparato solo questo nella casa in montagna… ho imparato anche difendermi- continuò tutto d’un fiato.
Lo sguardo di Ryo passò dallo stupito all’incazzato in tempo record. Lui cercava di tenerla fuori da quel mondo da sette anni e quel disgraziato di Falcon le insegnava a combattere ed a sparare…
In un attimo si avvicinò a lei bloccandola col suo corpo in una stretta non poco dolorosa.
-e da qui come ti liberi??- sussurrò all’orecchio della socia.
Quella nonostante lo scatto repentino di Ryo per bloccarla e il loro ‘corpo a corpo’ mantenne una certa lucidità ed in quattro quattr’otto riuscì a liberarsi dalla presa.
-Così!- rispose vincente una volta liberata dalla mossa.
Ryo che aveva perso l’equilibrio subito dopo che Kaori si era ribellata alla sua presa era finito a terra ed adesso la guardava dal basso verso l’alto.
-devo ammetterlo… non sei stata male…- si congratulò ancora seduto in terra.
 
In quel momento Kaori notò come Ryo stava lottando con i suoi sentimenti per non urlarle in faccia quanto fosse stata stupida a prendere lezioni di combattimento da Falcon. Lo vedeva quel filo di amarezza nel suo sguardo. Lo percepiva nel tono della sua voce.
-ehi Ryo- disse quella chinandosi per incontrare meglio gli occhi dell’uomo –siccome ho vinto devi promettermi che non mi farai più scenate come quella di stamattina… ti prometto che saprai tutto, ma non ancora, capiscimi non posso dirti niente per il momento…- finì quasi malinconicamente.
-Sugar Boy tu promettimene un’altra… Che non ti caccerai nei guai…- disse di rimbalzo l’uomo ancorando il suo sguardo a quello di lei.
-promesso- sorrise Kaori alzandosi e porgendo la mano per aiutare Ryo a fare altrettanto.
Quello l’afferrò ma invece di alzarsi tirò a sé Kaori che gli finì tra le braccia arrossendo
-mi sei mancata…- le sussurrò veloce all’orecchio poco prima di vedere la sua socia arrossire d’imbarazzo.
La sua Kaori…
 
 

Ritorna all'indice


Capitolo 6
*** Bon voyage ***


Quel pomeriggio Kaori passò di nuovo dal Cat’s Eyes. Ma utilizzò semplicemente la finestrella rotta sul retro per lasciare dentro il locale un borsone pieno di roba ed all’apparenza pesante. Uscendo dal vicolino laterale cercò di non destare sospetti, ma sbadatamente la sua borsetta cadde a terra e lei potè, mentre raccoglieva tute le chincaglierie da terra, controllare il vicinato. Solo una delle auto parcheggiate lì quella mattina era ancora presente. Per il resto sembrava tutto tranquillo. Ed il via vai del traffico caotico di Tokyo trascinò anche lei lontano dal Cat’s Eyes.
 
Per le vie di Shinjuku ebbe modo di riflettere un po’.
Quello che era successo quella mattina non sembrava aver sconvolto molto il suo socio. Ne l’esser venuto a conoscenze delle sue nuove abilità nel combattimento ne tanto il fatto di averle detto che gli era mancata.
Quell’abbraccio l’aveva trasportata nel tempo prima dello scontro con Kaibara, quando la loro relazione sembrava aver preso la giusta piega. Ma poi tutto era tornato come prima, se non peggio. E la maschera d’indifferenza del suo socio l’aveva portata a tenersi lontana da Shinjuku per un anno. Anno nel quale aveva imparato a difendersi; a combattere. Aveva acquisito autocontrollo ed una nuova percezione delle cose.
Ma forse non era cambiata poi così molto se le parole di quella mattina le avevano fatto battere il cuore così tanto da temere che anche Ryo vicino a lei lo potesse sentire. Povera Kaori. Forse non sapeva che l’amore è uno dei pochi sentimenti che non può essere controllato. Puoi tentare di nasconderlo, puoi cercare di scappare, ma quando quello si ripresenta, in svariate modi e forme, ti trascina via con la potenza di un fiume in piena; ed a te non resta che tentare di rimanere disperatamente a galla facendoti trasportare dove i suoi flutti vorranno.
 
Era ancora immersa in quei pensieri quando qualcuno la prese alle spalle e la trascinò in uno dei tanti vicoli di Kabukicho.
-Ehi bellezza vieni qua che ci divertiamo un po’…-
Kaori non ebbe neanche il tempo di riflettere che si ritrovò spalle al muro ed un tizio che, reggendole le braccia, la guardava con famelica voracità.
Per un momento la sua mente sembrò perdersi dentro quegli occhi perversi ma quasi risvegliandosi da un incubo Kaori prontamente reagì.
Prima un calcio ben assestato all’esterno coscia, poi un pestone al piede. Quello alzò d’istinto la gamba e lei potè fargli perdere facilmente l’equilibrio con una spinta.
Nella sua testa ancora le parole di Umibozu:
 
‘Tu non sei molto forte, ma sei veloce e puoi sfruttare il tuo peso; quando sferri un pugno non prendere lo slancio solo con il braccio, ma con tutto il tuo corpo. Sfrutta il tuo peso ed aumenterai la potenza del pugno’
 
Quando quello cadde a terra mollò la presa sulle braccia della donna. Fu come quando la gabbia della tigre viene aperta.
 
‘devi essere più veloce Kaori!! Non aspettare che qualcuno riesca a capire le tue mosse, non lasciargli spazio per pensare…’
 
La ragazza come un fulmine si scagliò sull’uomo colpendolo svariate volte all’addome. Quello cercava di pararsi per quanto possibile ma la velocità con cui lo colpiva non lasciava molto spazio per controbattere.
 
‘quando non hai nessuna arma con te sfrutta lo spazio che ti circonda. Se devi scappare allora trova la via di fuga più adatta. Se devi nasconderti cerca un buon nascondiglio. Se devi difenderti sfrutta quello che hai intorno a te’
 
Il tipo strisciando come un verme e grazie al fatto che la ragazza aveva fermato l’attacco era riuscito a rimettersi in piedi con il saldo appoggio del muro.
Ora guardava quella furia dai capelli rossicci con il terrore negli occhi. Chi diavolo era quella combattente? Da dove era uscita?? Quasi in un ultimo slancio di panico estrasse un coltello a serramanico.
Incurante di quest’ultimo fatto Kaori lo guardava impassibile. Gli occhi fissi su quelli del suo avversario.
-Vorrei tanto sapere chi è stato il tuo mandante ma so che non mi risponderai, e sinceramente, credo già di sapere chi è…- iniziò Kaori con voce ferma ed inalterata –perché io so che nessuno stupido pervertito farebbe una cosa del genere in pieno giorno per le strade di Kabukicho se non fosse perché è stato pagato…- continuò la donna –se solo questo stupido avesse saputo con chi ha a che fare forse avrebbe evitato tutto questo, forse poteva stare buono e rifiutare quell’offerta, forse poteva andare a dire a giro che adesso a proteggere la città oltre a City Hunter c’è anche Sugar Boy- un sorrisetto furbo dipinto sul volto – Bon voyage!- ironizzò infine.
 
Quello se la vide correre incontro e subito alzò il coltello ad altezza torace ma non si accorse che la ragazza  appena arrivata a due passi da lui afferrò il coperchio di un bidone lì vicino col quale lo colpì alla testa facendogli perdere momentaneamente i sensi.
 
Quella raccattò da terra la sua borsetta ed il coltello del tizio richiudendolo. Uscì dal vicolo rassettandosi i vestiti e con nonchalance riprese la strada verso casa.
 
La cosa si faceva pericolosa. Come temeva, probabilmente Marshall l’aveva osservata entrare nel locale la mattina precedente, e, sicuramente, l’aveva vista come un facile modo per scovare Umibozu.
Ebbene. Si sbagliava di grosso. In partenza lei doveva rintracciare lui, ma adesso lui cercava lei. Poteva essere un punto a suo favore. Non doveva nemmeno stanarlo, si sarebbe fatto avanti da solo. Doveva solo tenere gli occhi ben aperti ed essere pronta a tutto. Forse sapeva già come…
 
Questi pensieri la presero talmente tanto che solo quando tornò a casa si accorse di quanto in realtà fosse tardi.
Salendo velocemente le scale trovò Ryo in piedi di spalle di fronte alla finestra. Non avendo nemmeno risposto al suo ‘ciao’ si accorse velocemente che era abbastanza incazzato.
-Dove diavolo sei stata?? Pensavo che saresti tornata almeno per cena!- sentenziò lui senza nemmeno voltarsi (ndA i ruoli si sono forse capovolti?? :D)
-scusa Ryo ma… Ho incontrato una vecchia amica e… ho perso la percezione del tempo…-
-perché mi sembrano tutte stronzate??- disse Ryo girandosi e guardandola con sguardo truce.
Passò qualche secondo di silenzio, attimi in cui Ryo si avvicinò a lei, così come un falco si scaglia su una preda, inchiodandola spalle al muro –e dimmi…- continuò scuro in volto – hai forse fatto a cazzotti con la tua amica???!!- disse, prendendole una mano e portandogliela di fronte agli occhi.
Solo allora Kaori si accorse di avere le nocche tumefatte e taglietti di vario genere sulle mani. Cazzo. Come aveva fatto a non accorgersene?? Non si era accorta di nulla e solo adesso sentiva bruciarle le mani per il dolore. La scazzottata del pomeriggio non era stata delle peggiori, ma le sue mani non lasciavano dubbi a riguardo… I pensieri in testa e l’adrenalina in circolo le avevano di certo giocato un bello scherzetto. E Ryo più che preoccupato per lei sembrava una miccia pronta ad esplodere.
(ndA: se si stava in silenzio si poteva persino sentire tic-tac-tic-tac… :D)

Ritorna all'indice


Capitolo 7
*** Agguato ***


Gli occhi neri di Ryo non la mollavano un attimo. La guardavano come se gli stessero scandagliando l’anima.
Come se volessero fargli sputare fuori la verità in qualsiasi modo esistente.
Kaori, spalle al muro, stava in silenzio, testa china.
Cosa avrebbe potuto raccontargli adesso?? Non poteva certo sputtanare tutto così… Aveva lavorato sodo per arrivare sino a quel punto e non voleva che una sua distrazione potesse rovinare il piano per mettere fuori gioco Marshall. Ma come poteva uscire da quella situazione??
Ryo le stringeva le braccia quasi con violenza. Poteva sentire le sue grandi mani tenerla ferma in una morsa micidiale. Avrebbe potuto liberarsi e scappare lo sapeva. Ma non voleva. Aveva sbagliato e non voleva far incazzare ulteriormente Ryo.
 
-meno male che mi avevi promesso che non ti saresti cacciata nei guai!! E io che mi dovrei fidare di te??? Che non dovrei farti domande?? Andiamo Kaori non ci prendiamo per il culo… Dimmi la verità…-
I pensieri di Kaori erano in tumulto. Dio che stupida era stata… glielo aveva persino giurato… si sarebbe fidato mai nuovamente di lei?? Gli avrebbe permesso di finire quello che aveva iniziato?? Non poteva certo abbandonare il progetto di fermare Marshall, ne andava della vita di troppe persone; però non poteva nemmeno continuare a mentirgli… perché lei lo amava e lo sapeva, perché ingannarlo era come avvelenarsi il cuore e l’anima, perché tutto era cambiato ma in fondo era tutto uguale. Era sempre la solita ragazzina innamorata di lui che si cacciava nei guai, che non trovava le parole ne la forza per contrastarlo.
Poi alzò lo sguardo. Ed incontrò i suoi occhi. Neri come la notte più scura. Profondi e penetranti, quasi micidiali. Sentiva il respiro dell’uomo sul suo volto. Solo in quel momento si accorse di quello che realmente voleva fare.
 
Fu un attimo. E lei si alzò sulle punte. Accostò la sua bocca a quella dell’uomo. Le loro labbra si avvicinarono, si incontrarono, si incatenarono l’una all’altra in un bacio.
Kaori sentì la presa di Ryo sulle sue braccia farsi leggera e diventare quasi inesistente, un semplice tocco.
 
Ryo sapeva che doveva fermarsi e subito. Ma inevitabilmente il suo corpo non mollava la presa su quella splendida creatura tra le sue braccia. Quel dolce contatto, quelle labbra morbide, quel buon sapore se lo era immaginato da sette lunghi anni ed adesso pareva fosse diventato ossigeno tanto non riusciva a farne a meno. Con impeto le portò una mano alla nuca per accostare meglio il suo volto a quello della donna. Avrebbe voluto saziarsi con quel bacio ma presto si accorse che non sarebbe bastato. L’altra mano stava già esplorando la pelle sotto la maglietta della socia.
Ma come un lampo la mente prevalse sul corpo e si fermò.
Kaori aprì gli occhi. Il fiato corto. Il sapore di lui ancora sulle labbra. Ok. Bella mossa.
Adesso avrebbe dovuto dargli due spiegazioni sui suoi comportamenti nelle ultime 24 ore. E se quel bacio non era stato una sorta di suicidio in quel momento proprio non riusciva a capire cosa le avesse dettato l’istinto.
-Se il bacio era un semplice escamotage per evitare il discorso sappi che non hai capito un cazzo-
-Meno male…- rispose a tono Kaori –perché il bacio era per dirti che anche tu mi sei mancato razza di cretino!- disse quella cercando di allontanarsi veloce dal suo socio. Cosa che le fu impossibile perché nuovamente quello la incatenò al muro
-parliamoci chiaro Kaori…- iniziò Ryo ma non terminò la frase che la sua socia gli aveva assestato un pugno alla mascella tanto forte da spiazzarlo e da permettere a lei di liberarsi.
-no! Parlami chiaro tu Ryo! Cosa vuoi da me?? Vuoi continuare a tenermi come una bambolina di porcellana oppure vuoi che anch’io riesca a tirarmi fuori dai casini da sola?? Non potrai tenermi sotto la tua ala per sempre e lo sai! Voglio poter fare le mie scelte! Voglio rischiare di inciampare! Voglio rischiare di farmi male. Voglio essere forte! Lo vuoi capire???- disse prendendosi il volto tra le mani cercando di fermare le lacrime che scendevano copiose da quei begli occhi nocciola –Non voglio più avere paura Ryo!!!…- terminò la frase, la voce scossa dai singhiozzi.
 
Quel pugno aveva forse risvegliato qualcosa in Ryo. Era ora in piedi e con la mano si massaggiava la mascella. Kaori era dall’altra parte della sala di fronte alla finestra. Guardava fuori cercando di trattenere lacrime e singhiozzi ma ahimè quelle sgorgavano copiose dai suoi occhi. Ryo la guardava. Rapito. Dio quella donna valeva più di qualsiasi cosa per lui. Era tutto il suo mondo. Tutta la sua vita. E quando la tua stessa vita ti prende a cazzotti forse è il momento di fare due conti. Cazzo. Come erano arrivati a quella situazione?
 
La pelle bianca della socia risplendeva alla luce delle insegne. Sembrava calmarsi pian piano. Forse stava riacquistando autocontrollo. Ryo doveva parlarle. Dovevano finire il discorso ma era praticamente impossibile farla ragionare in quelle condizioni. E quel bacio forse era meglio dimenticarlo. Un gesto dettato dalla sua incoscienza. Tutto qui.
Stava di nuovo cercando di avvicinarsi a lei che un flebile luccichio rosso lo fece scattare.
-Kaori a terraaa!!!- gridò prima di gettarsi verso la socia, ma quella, più veloce di lui, si era già buttata a terra appena accortasi di essere sotto tiro.
Una scarica di proiettili frantumò le due finestre della sala frangendosi in migliaia di piccoli cristalli di vetro.
Kaori pancia a terra si copriva il capo con entrambe le mani aspettando smettere la pioggia di proiettili e vetri, Ryo poco distante da lei imprecava per l’impossibilità di rispondere al fuoco nella loro posizione.
Quando la gragnola di colpi terminò Kaori scattò in piedi prima di Ryo e veloce come un fulmine uscì dall’appartamento impugnando la pistola.
-Kaori ferma!! Ti farai ammazzare!!- la intimò Ryo inseguendola
Non poteva restare lì. Quell’attentato era senza dubbio opera di Marshall… Se non si era sbagliata sparava dal tetto della palazzina di fronte. Doveva raggiungerlo. Doveva fermarlo.
Uscendo in strada tentò di coprirsi dietro le auto parcheggiate ma nessun colpò riecheggiò per la via. Che si fosse già dato alla fuga?? La prima regola di uno sweeper è far sparire le tracce se si manca il bersaglio ed in quel momento temette che Marshall se ne fosse già andato. Ma non curante del pericolo che stava affrontando Kaori iniziò a salire le scale antincendio della palazzina seguita a pochi metri di distanza da Ryo che malediceva se stesso per non essere riuscito a fermarla prima.
-Kaori fermati!!- continuava ad intimarla Ryo a distanza ‘se non l’ammazza lui, l’ammazzo io’ ironizzò tra se e sé.
La salita non fu delle più facili ma la resistenza accumulata con gli allenamenti di Falcon certo non le mancava e viaggiava come una lepre. Appena in cima impugnò ben salda la pistola e la posizionò di fronte a se una volta raggiunto l’apice delle scale antincendio. Scavalcando il muretto del tetto notò come questo fosse deserto. Un fucile di precisione era stato abbandonato lì; non c’era più nessuno.
Un’imprecazione si fece largo sulla bocca della bella sweeper mentre si avvicinava al fucile, solo allora Ryo la raggiunse e, constatando che davvero non c’era più nessuno, si avvicinò a lei:
-Spiegami che cazzo ti è saltato in mente!!- la fermò strattonandola per la maglia –volevi farti ammazzare??-
-volevo fermarlo- rispose quella più come se lo stesse ripetendo a se stessa che al socio
-Fermare chi??- il volto di Ryo si fece glaciale –tu sai chi ci ha sparato??-
-credo di saperlo…- una risposta vacua, quasi un sibilo
Le mani di Ryo si strinsero con una stretta sui polsi della donna di fronte a lui.
-Kaori dimmi tutto… Che cazzo sta succedendo???!!-
Kaori lo guardava persa. Cosa era giusto dirgli e cosa no? Doveva presto rispondere a quella domanda… ma dirgli tutta la verità o solo in parte?? Cosa poteva fare adesso?? Mantenere la parola data a Falcon o no??
Mentre questi pensieri le trapassavano testa e cuore Ryo, senza accorgersene, stringeva sempre più forte la presa sulla socia fino a che non si accorse che le sue braccia, le mani, ed anche in parte il volto della donna perdevano sangue. Le schegge dei vetri le avevano procurato taglietti di vario genere. Lei non se ne era nemmeno resa conto. Lo vedeva. Dove era finita Kaori? La sua ragazza? Quella donna di fronte a lui poteva anche sembrare più forte, fredda e coraggiosa, ma non sembrava altro che un vaso vuoto. Una marionetta. Pareva persa in chissà quale mondo. Una macchina che riceve ordini e che reagisce d’impulso senza temere niente e nessuno.
Che diavolo le era successo? E soprattutto perché?
Era forse stato lui a trasformarla in questo? Era forse colpa sua?? Lui sapeva che la sua Kaori era ancora lì. Tra le sue braccia. Ma non riusciva a vederla. Non riusciva ad intravedere il suo riflesso nemmeno in fondo a quegli occhi nocciola tanto amati.
Mentre ancora rifletteva su tutto ciò e mentre ancora aspettava una risposta da lei, uno sparo echeggiò nella via.
Ryo si accasciò a terra, colpito.  

Ritorna all'indice


Capitolo 8
*** Tornerò ***


Piccole goccioline di pioggia iniziarono a cadere sui tetti di Tokyo. Kaori in un lampo capì la situazione. Erano caduti in trappola. Subito cercò un riparo e trascinando Ryo con sé si diresse verso il casottino delle scale di accesso al tetto. Là controllò Ryo. Non rispondeva. Non dava segni di vita. La disperazione l’avvolse. Poi speranzosa notò che il compagno non perdeva sangue, non visibilmente almeno. Girandolo si accorse che non era stato colpito da una pallottola alla spalla ma da una strana fialetta con una ago. Togliendolo capì: sonnifero. (n.d.A: vi ho fatto prendere un colpo eeehh?? :D)
Volevano prenderli vivi. Mai ci sarebbero riusciti. Parola di Kaori Makimura. Parola di Sugar Boy.
Controllando alla bene meglio il posto di riparo per Ryo, sgattaiolò dietro il casottino impugnando la Colt 357 magnum del socio. È vero. Era un’arma pesante e poco maneggevole per lei. Ma a distanza era sicuramente più potente e precisa della sua piccola Colt.
Se riusciva a beccare da dove quello stronzo aveva sparato senza farsi notare l’avrebbe messo k.o. all’istante. In fin dei conti con la sagoma quella mattina non se l’era cavata poi tanto male.
La pioggia iniziò a zupparle i vestiti e la visibilità divenne velocemente scarsa. Ma se lo era per lei sicuramente lo era anche per chi aveva sparato.
Sapeva che era ancora là. Ryo era stato colpito alla spalla; ciò non toglieva dubbi. Il cecchino era appostato sul tetto a fianco. Sapeva che era ancora lì. Si sentiva braccata.
Lentamente salì sul tettino di lamiera del casottino che essendo spiovente la nascondeva del tutto dal tetto dell’altra palazzina. Ma come non era vista lei, anche Kaori non riusciva a vedere.
Però giocava con l’effetto sorpresa. Il cecchino sicuramente continuava a mirare verso il basso del casottino sperando di vederla girare l’angolo. Lei gli sarebbe comparsa dall’alto ed, in quel secondo di scarto in cui lui si sarebbe accorto di lei, avrebbe dovuto fare fuoco.
Il piano era buono. Restava solo metterlo in atto. Kaori fece un lungo sospiro poi veloce scattò.
Il tutto si svolse in meno di cinque secondi nei quali altri due spari risuonarono per la via di Shinjuku.
Kaori aveva colpito il cecchino che cadde all’indietro senza più alzarsi. Il suo sparo invece, era andato a vuoto, fortunatamente per la donna.
Scendendo dal casottino Kaori sentì qualcuno salire le scale antincendio su per la palazzina e veloce impugnò nuovamente la pistola. Chi diavolo era adesso??
-Ryo sei qua??- una voce familiare scosse la bella sweeper che abbassò l’arma aspettando di vedere la chioma bionda dell’americano fare capolino dalle scale.
-Mick! Che ci fai qua??-
-Kaori tutto a posto?? Da quando sei tornata?? Ho sentito gli spari da casa e mi sono fiondato da voi, ho trovato la sala sottosopra, stavo per chiamare Saeko ed ho sentito altri spari provenire dal tetto…-
-ora è tutto a posto Mick… mi sa che ho fatto fuori il cecchino…- rispose Kaori grattandosi la testa.
 
Mick la guardò stupito… Da quando in qua Kaori sapeva sparare? E soprattutto da quando in qua poteva maneggiare la 357 Magnum di Ryo?? La vide mettere la sicura alla pistola ed infilarsela nei jeans come fosse una cosa di tutti i giorni per lei.
Poi la vide avvicinarsi a lui, con passo sinuoso ed un sorrisetto furbo sul volto
-Mick ho bisogno di un piacere…- sorrise la bella sweeper mentre guardava il casottino delle scale…
 
Ryo dormiva beatamente nel letto matrimoniale di Mick e Kazue. Un sonno bello pesante per non essere svegliato dalle frasi che provenivano dalla sala affianco.
-Kaori ci devi delle spiegazioni!! Che cosa succede?? Chi è il mandante dell’attentato??-
Kaori guardava fuori dalla finestra, l’aria seria, mentre i suoi due amici, giustamente, le facevano il terzo grado sulla situazione. In fin dei conti aveva ingaggiato una sparatoria per la via e poi aveva fatto trasportare Ryo da Mick fino a casa sua. Troppo pericoloso tornare nel loro appartamento adesso che Marshall sapeva dove stavano. Sapeva che il tiratore scelto sul tetto non era Marshall ma un suo complice; dato che una telefonata di Saeko le aveva svelato il vero nome del cecchino; uno sweeper famoso nell’Hokkaido, giunto a Tokyo da pochi mesi.
Kaori guardava fuori. La testa bassa, gli occhi spenti. Erano quasi le undici di sera ed era stanca. Stanca di quella situazione, stanca di essere braccata. Era arrabbiata perché aveva messo in pericolo la vita di Ryo e perché adesso rischiava anche con le vita di Mick e Kazue. Che la faccenda le stesse scappando di mano?
-Mick sto lavorando ad un caso, non posso parlartene… Capiscimi…-
-Kaori capisco cosa?? Per poco oggi non vi fate ammazzare e piombate in casa mia senza nemmeno una spiegazione logica dell’accaduto?? Devi spiegarmi o non potrò aiutarvi!!-
-Mick guarda che Ryo non sa niente… Prima era sul tetto solo perché mi ha seguito… Non c’entra nulla…-
Mick e Kazue guardarono Kaori stupiti. Ma cosa le stava succedendo? Non sembrava essere in lei. Dove era la donna gentile ed emotiva che conoscevano?? Sembrava essere stata inghiottita da quel mestiere tanto da tramutarla in una persona a loro sconosciuta. In che razza di guaio si stava infilando?? Certo era che se non riuscivano a farla parlare, Mick non avrebbe potuto aiutarla; e con Ryo fuori gioco chissà ancora per quanto tempo non poteva fare poi molto per la sua amica.
-Scusatemi adesso, sono molto stanca… vado a vedere come sta Ryo. Domani Mick ti spiegherò tutto, te lo prometto…- affermò Kaori mentre veloce usciva dalla stanza, lasciando Mick e Kazue non poco arrabbiati per il comportamento dell’amica e con non pochi dubbi a proposito.
Forse era meglio farla finita di fare promesse avventate cara Kaori.
 
Sentì che qualcuno si avvicinava a lui con passi felpati. Conosceva quel passo, era Kaori. Avrebbe voluto aprire gli occhi ma quasi come se pesassero come macigni proprio non vi riusciva. Sentì una lieve pressione sulla fronte. Cos’era? Un bacio forse? Era tutto confuso nella sua mente, tutto scorreva lento, pacato, distante…
Che cosa era successo? Erano sul tetto… Ricordava i tagli che aveva visto sulle braccia della socia. Ricordava i suoi occhi vacui, persi, in cerca di qualcosa che solo lei sapeva, di qualcosa che gli aveva tenuto nascosto. Perché poi?? Avrebbe dovuto sapere che di lui si poteva fidare. Poi più nulla. Il nero, il vuoto. Cosa era capitato?? Forse era stato colpito? Quei dubbi l’avvolgevano, forti ed impetuosi stringevano in una morsa la mente dell’uomo che si agitava nel sonno.
-Calmati Ryo…- sussurrò la bella sweeper all’orecchio del socio, una voce sensuale, quasi triste. E quel profumo che sentiva, quello di lei, quello che aveva provato ancora più forte quando l’aveva baciato, Dio; quel profumo lo faceva impazzire. Sentiva la sua presenza vicino a lui. La percepiva ma il suo corpo non rispondeva ai suoi comandi. Che amarezza, che angoscia non poterla guardare negli occhi, non poterla stringere a sé quella donna, che adesso più che mai capiva e di cui comprendeva anche il comportamento.
E forse 7 anni non le erano bastati?? Stupido Ryo. Lei voleva solo essere amata da te. Cos’altro poteva chiedere?? E tu non c’eri arrivato forse? Quel tenerla lontano da te tutto quel tempo aveva solo peggiorato la situazione. E così come i bambini fanno i capricci se non vengono considerati abbastanza, così lei si era costruita una maschera di fredda indifferenza solo per ottenere probabilmente quel po’ di attenzioni che le dovevi.
 
Ryo mugolò nel sonno. E la bella donna si avvicinò ancora più a lui, distendendosi al suo fianco.
La sentì sospirare. Poi voltarsi. Lo stava guardando? Quanto avrebbe voluto riuscire ad aprire gli occhi, riuscire a muovere almeno una mano. Ma era tutto impossibile.
Poi sentì le labbra della socia premere contro le sua. Lo stava baciando?? Calde lacrime caddero sul suo volto. Perché Kaori piangeva??
-Perdonami Ryo… Per tutto… Tornerò te lo prometto…- sussurrò la donna poco dopo essersi staccata dalle labbra del socio.
Dove stava andando Kaori?? No, diavolo, non poteva andarsene adesso!! Da sola! Doveva aspettarlo!! Doveva aspettare lui, doveva dargli delle spiegazioni!!
Maledetto corpo senza forza, maledetto lui che non poteva fare nulla!!
‘Kaori non farlo, non andartene!’ la mente urlava mentre il corpo giaceva addormentato.
La porta si chiuse lentamente. E la stanza rimase avvolta nel buio e nel silenzio.



n.d.A: volevo ringraziare tutti i lettori arrivati fin qua e tutte le ragazze che con i loro commenti mi hanno dato una marcia in più.. grazie, grazie, mille volte grazie! Aggiornerò presto la storia! fatemi sapere cosa ne pensate! un saluto a presto! S.    :D 

Ritorna all'indice


Capitolo 9
*** Niente da perdere ***


Le gocce di pioggia sbattevano violentemente al vetro della finestra. Si guardò attorno. La piccola stanza d’albergo aveva moquette verde scuro e pessima carta da parati.
 
Era passata da casa subito dopo essersela svignata di soppiatto da casa di Mick e Kazue. Aveva lasciato là il suo socio, sapeva che era in buone mani. In casa aveva trovato Boy rintanato in camera di Ryo. Doveva essersi spaventato per la sparatoria di poche ore prima. Gli fece qualche coccola, gli lasciò del cibo nella ciotolina, prese qualche indumento dalla sua stanza ed uscì velocemente dalla casa. Doveva trovare un posto per la notte. Ma non poteva più rischiare la vita di qualcuno.
 
Le gocce d’acqua bussavano ininterrottamente al vetro. Lei guardava il soffitto della camera sdraiata sul letto. La sveglia sul comodino ticchettava ostinata una melodia monotona ed insistente e la sua mente elaborava spasmodicamente tutti i fatti, gli avvenimenti accaduti in quel giorno. Tanti, sicuramente troppi.
Poi tutto si oscurò, tutto divenne ombra, i suoni si fecero lontani, ovattati, ed il sonno l’avvolse.
 
“sveglia Kaori”
Un eco lontano
“Kaori alzati”
Chi era che la chiamava?? Ryo?? No. Quella non era la sua voce…
“Andiamo lo so che stai solo prendendo fiato, su! In piedi!”
E già. Quella era la voce di Falcon. E come in un flashback la sua mente tornò a qualche settimana prima… Quando l’allenamento di Falcon stava volgendo al termine, quando la stanchezza iniziava a farsi sentire, quando Umi sembrava voler spremerle fuori dal corpo tutta l’energia che possedeva.
Ostinata e caparbia era di nuovo in piedi di fronte al gigante. Con il fiato corto ma gli occhi vispi ed i sensi allerta.
Umibozu fece un sorrisetto, si girò e riprese la via verso casa. Kaori lo seguì a ruota.
“Falcon ma non abbiamo finito, avevi detto che mi avresti allenata tutti i giorni fino al calar del sole…”
“Appunto. Ormai sei pronta… Ti ho insegnato tutto quello che so. Sai anche cose che non ho mai rivelato a Miki. Sei pronta Kaori… non ho più niente da insegnarti…”
Il sentiero nel bosco saliva verso la casetta ed i due in fila indiana camminavano in silenzio.
“Umi” incalzò Kaori “non resterò a proteggere Miki”
Il gigante si fermò
“per quale motivo?? I patti non erano questi…” domandò il gigante senza nemmeno voltarsi
“voglio andare io a cercare Marshall”
“No”
“Umibozu lo vedo. Ormai sei quasi completamente cieco. Hai i sensi sviluppati, sei in forma è vero! Ma non avrai scampo con Marshall e lo sai anche tu. Il tuo è una specie di suicidio solo che non lo vuoi ammettere; vuoi difendere il tuo onore, vuoi proteggere ciò che è tuo, ciò che è stato minacciato… So che non c’è rabbia più forte da trattenere quando qualcuno ti sfida e tu sai di avere le mani legate. Ti capisco. Ho avuto le mani legate anch’io per troppo tempo… E’ ora di mettermi in gioco…”
“non erano questi i patti” ripeté l’uomo riprendendo il cammino
“Falcon devi ascoltarmi… Dammi una possibilità.. Non ti deluderò…”
“Se ti fai ammazzare non potrei mai perdonarmelo”
Erano ormai giunti in prossimità della casa, Miki era sulla soglia della porta, aveva qualcosa in braccio…
“neanch’io potrei perdonarmelo se ti fai ammazzare, Falcon... Soprattutto adesso… Adesso che su di te conta anche tuo figlio…”
Il bambino in braccio a Miki sorrise vedendo i due arrivare. La madre gli sussurrava le parole all’orecchio e lui, ridendo, mosse le manine in un breve saluto.
Falcon baciò Miki e poi prese il piccolo bambino tra le mani alzandolo in alto, facendolo ridere ancora di più. Poi lo portò con sé nel giardino poco distante.
 
“Già tornati?? Oggi avete fatto presto!!” una Miki solare rivolse la domanda alla sua cara amica
“Falcon dice che sono pronta ormai… che non devo imparare più nulla…”
Miki si rabbuiò:“Vuol dire che Falcon sta per partire??”
“No, Miki… Credo che Falcon abbia capito cosa rischia di perdere…” la rincuorò l’amica guardando il gigante parlare col bambino nelle sue mani “abbiamo trovato un’alternativa… vedrai… è la cosa migliore” sorrise raggiante Kaori portando il buonumore anche sul viso della neo mamma.
Raggiunte da Falcon il piccolo gruppetto rientrò in casa
“ha fatto il buono Bradley oggi??” sorrise Kaori prendendo il piccolo in braccio mentre sua madre preparava la cena
“ ma si… è stato bravissimo… poi Kaori appena torniamo a Shinjuku ti assumo come babysitter a tempo pieno!!” sorrise allegramente la donna dai capelli lunghi
“ci puoi contare… ma solo se me lo prometti in sposo questo bambino così bello!!” ridacchiò la rossa di rimando.
La serata si svolse serenamente… Nonostante tutto però i pensieri di Kaori erano velati di una sorta di tristezza.
L’allenamento era finito. Ma adesso cominciava tutto. Doveva stanare Marshall, per permettere a Miki e Falcon di tornare alla loro solita routine, al bar, a Shinjuku. Adesso doveva far vedere al mondo chi era diventata. Doveva tornare da Ryo. Solo lei sapeva quanto terribilmente le era mancato… ma la voglia di mettersi in gioco, di diventare più forte, beh, quella era stato il motore di tutto.
Ora ne era certa. LEI avrebbe fermato Marshall. LEI che adesso era pronta. LEI poteva riuscirci.
LEI, che non aveva comunque niente da perdere.
 
Un tuono rimbombò nella stanza d’albergo e la ragazza dai capelli corti aprì gli occhi. Un sorrisetto malizioso sul volto.
Guardò la sveglia. Le 5.07 am. Doveva mettersi in moto. Il piano aveva inizio…

Ritorna all'indice


Capitolo 10
*** Spiegazioni ***


Ore 5.07Am. Un tuono rimbombò nella stanza. Ryo aprì gli occhi. Gli ci volle un po’ per mettere a fuoco la camera. Il comò, lo specchio… No, non era proprio casa sua. Con la bocca ancora impastata dal sonno ed un forte cerchio alla testa tentò di mettersi in piedi. Dio, gli girava tutto. Si mise un attimo seduto sul letto. Le mani reggevano la testa china. I gomiti appoggiati alle ginocchia, gli occhi socchiusi. Che diavolo era successo?? Non era stato ferito, di questo era sicuro, non sentiva male se non alla testa. Facendosi forza si alzò. Si diresse verso la porta poggiandosi al muro. Quando fu in corridoio capì. Quella era casa di Mick!! Avanzò verso la sala, senza accendere le luci. Sapeva di già che il mal di testa sarebbe aumentato se avesse acceso anche solo una lampadina. Percorrendo il corridoio a tentoni arrivò nella saletta. Kazue dormiva beata sul divano coperta con un lenzuolo. La sagoma di Mick invece si stagliava alla finestra, illuminata dalla flebile luce dei lampioni nella strada.
-Buongiorno bell’ addormentato…- incalzò Mick senza voltarsi e mantenendo un tono di voce basso per non svegliare la sua donna
-Mick che cazzo è successo??-
-Questo dovresti spiegarlo tu a me…- sospirò per una attimo Mick –Kaori ti ha mollato qua e se l’è svignata di soppiatto… me ne sono accorto solo un’oretta fa che era scappata… Quando vi ho trovato sul tetto tu eri stato colpito da un narcotizzante, lei ti aveva trascinato al sicuro, poi ha colpito il cecchino. Non sono riuscito a farle dire niente in proposito… Mi ha solo detto che tu non sai niente e che è solo colpa sua.
Mi ha promesso delle spiegazioni questa mattina… Ma credo che non manterrà la promessa…-
-Ultimamente ne ha promesse troppe anche a me…- sbuffò Ryo, l’aria stanca, ne aveva le tasche piene di quella storia –devo andare a cercarla o si farà ammazzare…- aggiunse infine
-Ma da quando è tornata???-
-Due giorni fa…-
-Hai chiesto a Falcon?? Magari lui sa qualcosa…-
Un barlume di speranza si accese negli occhi neri dello sweeper. Come aveva fatto a non pensarci prima??? Aveva passato due giorni a rincorrere la socia quando poteva benissimo chiedere a Falcon.
Aveva ancora nel portafoglio il numero che le aveva dato Kaori della casetta in montagna. Veloce lo compose.
 
‘Pronto’ la voce di Falcon non lasciava dubbi, l’aveva svegliato
‘Falcon che cazzo succede a Kaori???’ anche la voce di Ryo non lasciava dubbi, era incazzato nero.
‘Buongiorno anche a te Ryo, dimmi ti sembra questa l’ora di chiamare??’
‘Non rompere i coglioni e dimmi che diavolo avete complottato voi due, perché la mia socia è qua da due giorni ed è praticamente irriconoscibile!!’
‘Non so di cosa parli… Mi ha chiesto di allenarla ed io ho accettato tutto qua…’
‘Non dirmi cazzate Falcon! Ieri qualcuno manca poco ci fa la pelle, mi hanno distrutto il salone, mi hanno narcotizzato, lei spara al cecchino e poi se l’è svignata, se tutto questo è solo il frutto del tuo allenamento allora mi faccio prete!!’ (ndA: si Ryo, come no… :D)
Il silenzio dall’altra parte della cornetta non lasciava dubbi. Falcon sapeva qualcosa in merito a tutta quella faccenda.
‘Falcon per favore… Ho bisogno di sapere!’
‘Saeba questa volta non posso. L’ho promesso a Kaori. Vedrai… Se la caverà…’ dettò questo il gigante riagganciò.
Ryo frantumò la cornetta del telefono contro il muro. Mick lo guardava sulla soglia della porta, braccia incrociate.
-Grazie per avermi spaccato il telefono razza di imbecille!!!-
-te lo ripago Mick dai…- il tono di Ryo non lasciava dubbi, era in pensiero per Kaori; e Mick lo comprendeva benissimo.
-Chiama Saeko e chiedi del cecchino sul tetto, se ne è occupata lei… Magari riesci a risalire a qualcosa…-
-Si… adesso torno a casa… la chiamo da là…-
-Ci credo razza di imbecille!! Mi hai spaccato il telefono!!!- ripetè nuovamente Mick mentre uno stormo di corvetti passò indisturbato per la stanza, poi tornando serio aggiunse –Ryo se hai bisogno di una mano sai dove cercarmi…-
-grazie amico…- rispose Ryo uscendo dall’appartamento, dirigendosi velocemente verso casa.
 
 

Ritorna all'indice


Capitolo 11
*** 357 Magnum ***


Il sole stava sorgendo sulla prefettura di Tokyo.
Quando Ryo entrò in casa flebili raggi di luce invadevano la stanza. Il temporale della notte pareva ormai essere passato e le grosse nuvole nere erano ormai scomparse verso ovest. Ma la tempesta di sentimenti che si scuoteva nell’uomo era ancora in pieno subbuglio e silenziosa trapelava solo attraverso i suoi occhi.
Occhi scuri, vacui, persi in chissà quale pensiero.
Ryo entrando notò la sala mezza distrutta, i vetri delle finestre in mille pezzi giacevano in terra e scricchiolavano al suo passaggio. Un sospiro si fece largo tra le sue labbra.
Veloce prese il telefono di casa e digitò un numero
-Pronto?-
-Saeko sono Ryo, scusa l’ora- disse l’uomo con voce atona
-Ehi Ryo! Che succede?? Ho provato a chiamarvi ma non rispondeva nessuno…-
- Lo so… Ti spiegherò presto ma adesso vorrei avere delle informazioni sul cecchino del tetto…-
-Beh… Non c’è poi molto da dire… Era un cecchino su commissione dell’Hokkaido, con ben 8 mandati di cattura, e 23 omicidi alle spalle compiuti in soli due anni. Gli sono stati attribuiti anche molti altri casi irrisolti ma non abbiamo abbastanza prove… Era uno che non si faceva scrupoli, per soldi uccideva chiunque: testimoni scomodi ai mafiosi, prostitute, innocenti… Non temere Ryo, non sentirti in colpa… Come sempre ho occultato le prove e qualsiasi riferimento nei tuoi confronti …-
-E cosa ti farebbe pensare che abbia sparato io??-
-Cos’è un quiz?? La pallottola 357 magnum rinvenuta nel cadavere potrebbe essere abbastanza allettante come prova che sia stato tu a sparare…- rispose maliziosamente la bella poliziotta.
 
Un brivido percorse fulmineo la schiena di Ryo.
Dio. Perché Kaori aveva sparato con la 357??! Ci aveva forse preso gusto la ragazzetta? Oppure era solo stata così astuta da prevedere che la sua piccola Colt non avrebbe avuto la stessa efficacia della 357Magnum?? In fin dei conti la Python ha una lunga gittata, una traiettoria piatta e una notevole forza di penetrazione anche a distanze di due, trecento metri. Che Kaori fosse diventata davvero così esperta di armi non voleva crederlo, non poteva crederlo…
Veloce riprese la conversazione:
-Sai chi è il mandante dell’agguato dell’altra sera??-
-No, niente di niente… abbiamo controllato i tabulati telefonici del cellulare del killer ma non è risultato niente di sospetto… però Ryo, in città gira voce di un nuovo sweeper… Un certo Sugar Boy… Chissà magari è lui! Ora devo lasciarti devo andare a lavoro! Un bacio! Salutami Kaori!... tu-tu-tu…-
 
L’uomo appoggiato di schiena al muro teneva la cornetta in mano. Saeko aveva riagganciato da un pezzo. Ma la sua testa pareva scoppiare tanti erano i pensieri in quel momento…
 
Un nuovo sweeper…Sugar Boy…
 
La pallottola 357 Magnum… La prova che sei stato tu a sparare…
 
Kaori…
 
Che diavolo aveva in mente??? Doveva trovarla, doveva scoprire chi le dava la caccia… Ma da dove cominciare??? La città sembrava ora immensamente grande per lui che la custodiva senza problemi ormai da molti anni.
Un rumore lo destò da quei pensieri, veloce girò lo sguardo e trovò Boy frugare nella borsetta di Kaori.
La sua socia doveva averla lasciata lì in terra poco prima della sparatoria la sera prima.
Si avvicinò sorridendo verso il gatto, gli accarezzò il musetto.
Poi, qualcosa all’interno della tracolla, catturò la sua attenzione…
 

Ritorna all'indice


Capitolo 12
*** Cacciare o essere cacciati? ***


-Cosa voleva Ryo al telefono??- lo sguardo di Miki non lasciava trapelare nulla di buono.
Quando Ryo aveva chiamato poco prima aveva svegliato il piccolo Bradley e la giovane mamma era corsa nella stanzetta del figlio per calmarlo e addormentarlo di nuovo. Ma adesso che era di nuovo tornata in camera il quarto grado al marito proprio non glielo avrebbe evitato nessuno.
-Voleva sapere di Kaori…-
-perché è successo qualcosa??-
-Non che io sappia…-
-Beh! Avresti potuto chiederglielo!- il tono di Miki non lasciava repliche
-In verità ha chiamato lui per fare le domande, non io… è semplicemente preoccupato per la sua socia come sempre… - forse cambiare discorso l’avrebbe aiutato un po’ con Miki data l’ aria accigliata che aveva assunto: -La smetteranno mai di rincorrersi quei due??!!...-
-già! Chissà quando riusciranno ad essere sinceri con loro stessi!!- rispose lesta la moglie abbracciandosi il possente braccio del marito.
 
Falcon aveva lanciato l’amo e la moglie aveva abboccato in pieno. Cambiare discorso per buttarla sul sentimentale aveva sempre una certa efficacia con Miki e lo sapeva bene. Un sorrisetto si fece largo tra le labbra sentendo la donna accoccolarsi vicino a lui come una gatta che fa le fusa. Ma la smorfia lasciò presto posto al dubbio… Come se la stava cavando Kaori?.. Non aveva più ricevuto sue notizie… Forse non avrebbe dovuto affidarle quell’incarico e tantomeno portarla a conoscenza dell’intera faccenda…
Ma ormai forse era persino troppo tardi, anche per i dubbi…
 
 
Kaori entrava proprio in quel momento all’interno del Cat’s Eyes. Si era scordata le chiavi del locale a casa ma era comunque entrata passando dal retro.
Non poteva continuare a nascondersi, non poteva permettersi questo lusso, no davvero.
Finora aveva fatto la parte del topolino che corre a destra e sinistra braccato dal gatto, ma era l’ora di cambiare strategia. Era l’ora di cacciare, non di essere cacciati.
Ma dato che non aveva la benché minima idea di dove fosse nascosto Marshall, l’unica buona strategia era quella di aspettarlo nella tana del lupo. L’unico posto che Marshall teneva sotto controllo era anche l’unico che poteva avvicinarla a lui: il Cat’s Eyes.
E quindi adesso non avrebbe fatto altro che aspettarlo là, buona buona. Un sorrisetto malizioso si tinse sul volto della ragazza: l’avrebbe aspettato è vero, ma non senza aver piazzato qualche trappola. Velocemente aprì il borsone che aveva portato nel locale il giorno avanti.
Un arsenale di armi si schiuse alla vista della bella sweeper. Un luccichio strano negli occhi: la caccia aveva inizio…
 

Ritorna all'indice


Capitolo 13
*** Il pugnale ***


Era ormai mattina inoltrata quando Ryo entrò in un locale di Kabukicho.
Gli occhi attenti, i sensi allerta. Stringeva qualcosa nel pugno.
Il locale che si riempiva di gente e prostitute la notte era quasi del tutto sgombro a quell’ora del mattino.
Nonostante tutto però rimaneva comunque qualche ubriaco troppo fradicio per alzare la testa dal tavolino e qualche bella donna provocante che tentava di spillare soldi ai pochi clienti offrendo quel che la natura le aveva gentilmente donato (ndA: ed anche la chirurgia plastica non diciamo baggianate!! :D)
Un uomo, che seduto in un angolo del bancone leggeva un quotidiano, non si era proprio accorto della sua presenza. Ma quando il pugnale si andò a conficcare tra la sua mano ed il tavolino, trapassando la pagina che stava sfogliando, tutta la sua attenzione fu rivolta al nuovo arrivato: Ryo Saeba. Che diavolo voleva da lui??
Lo chiamavano ‘il giustiziere’ o ‘City Hunter’, ma qualunque fosse il suo nome poco importava. Era un grattacapo per la yakuza e dato che ne faceva parte allora diveniva un problema anche per lui.
-Cosa vuole City Hunter da me??!-
-Voglio restituirti il pugnale, Kai, dato che l’ho trovato vicino alla spazzatura stamattina…-
Il giovane guardò il pugnale conficcato sul tavolino. Non c’erano dubbi. Era il suo. L’ideogramma Kai era inciso sull’impugnatura di legno. Di sottecchi guardò l’uomo stagliarsi in piedi al suo fianco. Dio se gli metteva paura. Occhi di brace lo scrutavano dall’alto verso il basso.
Ancora si ricordava di quando aveva conosciuto per la prima volta il famoso ‘City Hunter’. Aveva già assaggiato i suoi modi di fare e non aveva assolutamente intenzione di farlo incazzare di nuovo. Saeba era lì perché voleva qualche informazione da lui, nient’altro, ne era sicuro.
 
-Cosa vuoi sapere??-
-Voglio sapere chi ti ha preso il pugnale…-
-Nessuno… L’ho… L’ho perso qualche giorno fa…-
Ryo cinse in una morsa la testa del malcapitato di fronte a lui e forte la sbatté sul tavolino ponendogli la faccia a pochi millimetri dal pugnale.
-Kai, non ho tempo da perdere… la vedo la tua faccia, che pensi?? Chiunque qua dentro si accorgerebbe che ne hai prese di santa ragione da qualcuno, quindi dimmi chi è stato!- la voce di Ryo non ammetteva repliche
 
Sapeva di dover lottare contro il tempo. Qualunque pista era buona per trovare la sua socia.
E dal momento in cui aveva trovato quel pugnale nella sua borsetta aveva anche finalmente trovato la pista da seguire.
Conosceva il proprietario di quel pugnale: Kai. Ci aveva avuto a che fare qualche anno prima. Faceva parte di una banda di sbullonati che dettava legge nel quartiere. Beh, lui aveva solo rimesso a posto le cose, facendogli capire chi comandava realmente in città. Sapeva i posti che frequentava, e non era stato difficile trovarlo là.
Un gatto che si lecca le ferite resta nascosto per un pò…
 
-Quindi? Non hai davvero niente da dirmi Kai??- forzò i modi avvicinandogli ancora di più la faccia al pugnale
-ok ok…- Kai alzò una mano in segno di resa, Ryo mollò la presa ed incrociò le braccia aspettando che quello iniziasse a parlare
-è stata una donna…-disse con tono basso –Aveva i capelli rossicci, abbastanza corti, alta, snella.. Mi volevo divertire un po’ ma quella si è difesa come una furia e poi se ne è andata… Ha detto di chiamarsi Sugar Boy.. tutto qua…-
-devi esserti impaurito molto per aver sfoderato il coltello contro una donna, non è così Kai??- il volto di Ryo sembrava ora più rilassato e versato ad un più facile dialogo
-Beh, no ma… Mi aveva detto di fare attenzione e di non lasciarmela scappare…-
Gli occhi di Ryo brillarono per un’istante.
-Quindi avevi un mandante…-
Kai deglutì. Cazzo. Come aveva fatto a lasciarsi scappare un’informazione così importante???!! Se quello lo avesse trovato lo avrebbe ammazzato sicuro.
-No.. no.. che dici?? Chi ha detto che avevo un mandante??...- un sorrisetto beffardo sul volto.
Ryo non ci vide più. Si era rotto di perdere tempo con quel pivello che sembrava prendersi gioco di lui. Con una mossa lo issò in aria sbattendolo con la schiena al muro.
La sedia cadde al suolo e l’uomo dai capelli corvini avvicinò la propria faccia a quella di Kai, trattenendolo per il collo della maglietta. Lo sguardo inferocito.
 
-Dimmi chi cazzo è il mandante!!-
Il pivellino ci pensò un po’… se non l’ammazzava l’uno l’avrebbe sicuramente fatto l’altro… tanto valeva sputtanare ogni cosa..
-Ehm… E’.. Un tipo… Un certo Marshall… si fa chiamare così…-
Gli occhi di Ryo si spalancarono per la sorpresa. Marshall??!! No.. Non poteva essere lui… Non poteva essere lo stesso Marshall…
Lui l’aveva ucciso…
 
Come un lampo la sua mente fu attraversata da un triste ricordo. Gli occhi neri dello sweeper si velarono di uno strano stato d’animo… Paura forse, angoscia, solitudine…
La guerriglia… La milizia… Le sue mani sporche del sangue di tanti soldati…
 
Poi ritornò in se stesso e strinse ancora di più la presa sul malcapitato di fronte a lui.
-E dove è questo Marshall??!!-
-Non lo so! Non lo so!! E stato lui a trovarmi!! Mi ha solo dato l’incarico ed i soldi e poi è sparito!!! Giuro!!-
 
Ryo sapeva che stava dicendo la verità. Se era il Marshall che conosceva lui, e che non era morto, allora non aveva certo a che fare con uno sprovveduto.
Velocemente mollò la presa sul pivellino. Quello tirò un sospiro di sollievo e non prevedeva certamente che lo sweeper l’avrebbe colpito con un forte gancio alla mascella.
-Questo è per aver osato alzare le mani sulla mia socia!- ringhiò l’uomo poco prima di girarsi verso l’uscita ed andarsene indisturbato.
 

Ritorna all'indice


Capitolo 14
*** Vendetta ***


L’uomo puliva la sua pistola. Lo sguardo serio, una smorfia sadica sul volto. Lustrava la sua arma già pregustando il momento in cui avrebbe fatto fuoco. In cui la sua vendetta sarebbe stata realizzata.
Gli occhi azzurri e freddi come il ghiaccio. i capelli leggermente rasati alle tempie erano biondicci sfumati di bianco. Doveva avere all’incirca una quarantina d’anni. Ma il suo fisico ne dimostrava la metà tanto era atletico e slanciato. Una catenina sporgeva dalla sua canotta bianca. La piastrina all’estremità recava un nome: Marshall.
Per un attimo smise di pulire meticolosamente la pistola e guardò fuori. In quell’attimo il suo sguardo cambiò.
Guardò il cielo che andava schiarirsi pian piano dopo la notte piovosa. Vide il rossore dell’alba proiettarsi nel cielo e poi il sole fare capolino. La sua mente in un baleno fu proiettata lontano, a distanza di anni. Quando era un mercenario, quando vedere il sole spuntare ogni mattina era come sapere di essere vivo, di essere sopravvissuto ad un’altra notte di agguati, di dover combattere nuovamente per rimanere in vita.
Il sole dell’alba era come una sveglia: ‘Inizia a combattere’ ripeteva nella sua testa.
Ricordava ancora quando svegliava suo fratello la mattina, poco prima dell’alba, per vederla nascere insieme. Un altro giorno. Un altro unico momento di pace prima del caos della guerra. La calma prima della tempesta. Quella era solamente sua e di suo fratello.
 
E come tutti i giorni anche quella mattina d’estate iniziò a quel modo.
-Svegliati Bill!-
-Ancora cinque minuti…- borbottò l’altro
-devo buttarti giu dalla branda anche oggi??!!-
-Va bene, va bene…- aprì gli occhi il ragazzo stiracchiandosi leggermente
Uscendo dalla tenda notò come ancora tutto il campo era silenzioso e nemmeno un filo di vento alitava tra le tende. I fuochi ormai spenti sbuffavano fumo qua e là e tutto era silenziosamente calmo.
Seguiva il fratello mentre usciva dall’accampamento, poco al di là delle barricate.
Appena fuori salutarono la guardia di turno:
-Buongiorno Falcon-
Un grugnito di risposta era sempre il massimo che si potevano aspettare da quel colosso.
Il cielo iniziava allora a tingersi di viola e poi rosso, lasciando ogni qualvolta spazio a qualche nuova tonalità di colore.
Il sole stava per spuntare anche quel giorno, come ogni mattina, quando un colpo di fucile rimbombò nella pianura.
Falcon scattò in piedi, Marshall impugnò la pistola mentre Bill cadeva a terra mortalmente colpito.
 
Come se il colpo fosse stato sparato per le vie di Shinjuku Marshall tornò nuovamente a quella mattina.
Abbassò lo sguardò sulla sua Desert Eagle lucida e perfetta.
Perfetta come la migliore delle vendette, freddo ferro e polvere da sparo.
La vendetta è fredda e calda come una pistola.
E’ come un tuono nel buio della notte e mai sarà come un’alba.
 
Un leggero pigolio catturò la sua attenzione.
Guardando sul portatile notò come i sensori di movimento nascosti nel Cat’s Eyes avessero captato qualcosa.
Qualcuno si era forse introdotto all’interno del locale??
Accendendo il monitor di un altro computer visualizzò il locale all’esterno. La piccola telecamera nascosta sull’auto parcheggiata là di fronte stava riprendendo qualcuno.
Controllò meglio, con lo zoom al massimo. Un sorrisetto si fece largo sul volto.
La ragazza cercava guai… Velocemente chiuse il portatile e nascose la pistola nella fondina.
La sua vendetta iniziava adesso…

Ritorna all'indice


Capitolo 15
*** Corsa contro il tempo ***


Kaori si guardava attorno, aspettando l’imminente arrivo di Marshall. Aveva piazzato le trappole con tutta calma e solo quando aveva finito di preparare il tutto aveva fatto scattare i sensori di movimento che quello aveva piazzato nel locale. Se pensava di averla presa in trappola si sbagliava di grosso. Forse il tipo credeva di avere a che fare con una pivellina ma aveva fatto male i conti. Forse la Kaori di qualche mese prima ci sarebbe cascata in pieno, ma lei era stata addestrata da Falcon in qualunque genere di modo a scovare le trappole, a manometterle ed a piazzarle di nuove.
 
Ora guardava in silenzio la porta del locale. Controllava il cronometro di fronte a lei scorrere lento. La verità stava per venire a galla. La resa dei conti stava per essere scritta.
Tutto quello che era successo, tutti i suoi dubbi e le incertezze, ogni affanno, qualunque cosa accaduta o solo pensata stava per giungere al termine. Tutto stava per finire.
 
Ryo correva a perdifiato per le vie di Shinjuku. Un solo pensiero in testa: Kaori.
In mano stringeva delle chiavi dall’insolito portachiavi: un pupazzetto a forma di micio. Aveva trovato anche quelle nella borsa della sua socia. All’inizio non aveva realizzato di cosa potessero essere. Ma poi tutto come in un puzzle aveva preso il suo posto. Umibozu, Marshall, Kaori ed infine il Cat’s Eyes. Era sicuro di trovarla là. Ed una strana sensazione all’altezza dei polmoni gli diceva che non c’era un attimo da perdere.
 
Anche Marshall si stava dirigendo verso il locale. La Desert Eagle nella fondina pronta ad onorare la morte di suo fratello. Quel disertore di Falcon si sarebbe pentito amaramente di non aver ubbidito ai suoi ordini quel giorno. La vendetta è un piatto che va servito freddo, dice il proverbio. Erano passati molti anni da quel giorno nella pianura al fronte. Aveva avuto molto tempo per prepararsi, per pianificare ogni cosa.
Poi era comparsa la ragazza dai capelli rossi, come conosceva Falcon?? Certo era che lo stava proteggendo ovunque fosse in quel momento. Comunque sia, probabilmente, con le buone o con le cattive avrebbe potuto condurlo da lui; e se non lo avesse fatto, poco male… Sarebbe solo stata la prima a morire…
 
La porta del locale si spalancò facendo tintinnare furiosamente la campanella al suo apice.
Kaori guardava seria verso il nuovo arrivato. Il cronometro ormai fermo nella mano.
Poi un sorrisetto beffardo le comparve sul volto:
-13minuti e 27 secondi… Bel tempo… Credevo di doverti aspettare ancora per molto…-
-Di solito non mi piace far attendere…- un sorrisetto sadico mentre impugnava la sua Desert Eagle.
Ma non fece nemmeno in tempo a puntarla verso Kaori che una delle tante trappole scattò; ben presto il locale fu avvolto da una fitta cortina di gas che limitò velocemente la vista del mercenario.
Kaori invece si muoveva scaltra verso l’ignaro interessato.
Lo colpì con un forte gancio alla mascella
-Questo è per aver minacciato Umibozu e sua moglie!!- disse nel mentre infieriva sull’avversario, poi veloce sparì di nuovo avvolta dalla nuvola di fumo senza che quello riuscisse ad acchiapparla
-Giochi sporco ragazzina!!- urlò quello asciugandosi con il dorso della mano il rivolo di sangue che sgorgava dall’angolo della sua bocca –fra un po’ non giocherai più…- un ghigno stampato sul volto
Facendo qualche passo cadde preciso nella seconda trappola mettendo i piedi sull’olio e scivolando rovinosamente al suolo.
-se riuscirai a fermarmi…- sghignazzò Kaori ancora invisibile agli occhi dell’uomo
Quello rotolò fuori dalla chiazza oleosa e con un urlo d’ira scattò di nuovo in piedi
Non prevedeva però che Kaori gli si sarebbe di nuovo buttata addosso colpendolo ripetutamente all’addome
-Questo è per avermi distrutto le vetrate di casa!!!- disse poco prima di essere nuovamente fuori portata da qualunque attacco da parte del mercenario
Giocava in casa e quello era un grande vantaggio per lei.
Kaori si muoveva veloce tra i tavolini del locale sempre coperta dalla coltre di gas biancastro, era giunta davanti alla terza trappola, stava per innescarla quando qualcuno la trattenne per un braccio.
Girandosi notò che Marshall era proprio dietro di lei e la stava reggendo.
Non fece nemmeno in tempo a realizzare la cosa che quello la colpì in pieno volto facendola capitombolare in mezzo alla stanza.
-adesso mi diverto io…- sussurrò Marshall a denti stretti avvicinandosi nuovamente a lei
Kaori cercava di rimettersi in piedi invano. La potenza con cui l’aveva colpita le aveva momentaneamente fatto perdere l’equilibrio e finchè tutto non smetteva di girarle attorno non poteva far altro che aspettare il suo nemico a terra.
Vedeva Marshall avvicinarsi lentamente; con uno sguardo che non prometteva nulla di buono…
Quando quello la issò in aria trattenendola per la maglia Kaori restò in silenzio. La sua sicurezza venne meno; non venne meno, però, il suo dominio di sé.

Ritorna all'indice


Capitolo 16
*** Audacia ***


Kaori guardava il suo nemico dritto negli occhi.
-Non parlerò neanche sotto tortura… Non vorrei farti perdere tempo…- una smorfia sul volto –possiamo finirla qui…-
-non senza aver provato a farti sputare il rospo ragazzina- rispose quello gettandola sul bancone
Continuava a trattenerla per il collo della maglia con prepotenza.
Lei era sdraiata sul bancone ancora stordita dalla botta ricevuta poco prima, ma non perdeva mai di vista quei micidiali occhi azzurri.
Come un giunco che sotto la forza del vento si piega ma non si spezza, Kaori restava immobile di fronte al suo avversario, ma lo sguardo fiero ed audace della ragazza non era andato perso. Restava lì; ancorato a quell’anima ormai sconfitta e fissava il suo nemico imprimendosi nella mente tutto quello che stava accadendo.
La resa dei conti era giunta. Non riusciva a muovere un dito e si sentiva una bambola di pezza nelle mani del mercenario.
Cosa avrebbe potuto fare adesso?
Tutto sembrava avvolto da una calma irreale.
Marshall estrasse un pugnale ma Kaori rimase impassibile.
-Non parlerò…-
-vedremo…- disse quello avvicinandole il coltello pericolosamente al viso procurandole un leggero taglio allo zigomo
La sensazione calda del sangue che le colava sulla guancia fu come una scossa elettrica che forte divampò in lei.
In un istante allontanò il pugnale dal volto e con uno scatto colpì con una ginocchiata Marshall in pieno viso.
Veloce scese dall’altra parte del bancone per tentare di allontanarsi ma fu nuovamente trattenuta da quello che di nuovo la issò sul bancone stavolta più arrabbiato che mai.
Estraendo un nuovo pugnale era sul punto di colpirla se uno sparo non avesse squarciato l’aria prendendolo di striscio al braccio.
 
Kaori ancora sdraiata sul bancone e trattenuta a forza da Marshall si voltò verso la porta del locale.
Ormai la fitta coltre di fumo andava diradandosi.
Il cuore della donna perse un colpo vedendolo sulla porta.
La pistola fumante in mano. Lo sguardo severo.
Poteva forse sembrare impassibile e svincolato da qualunque fatto stesse accadendo là dentro. Ma nella sua testa e nella sua anima l’ira lo stava divorando come il fuoco divora la paglia. Un mare di sentimenti invadevano il suo cuore. Tanti da non farlo ragionare.
 
Avrebbe voluto che quell’energumeno togliesse le sue sporche mani da Kaori. Gli avrebbe volentieri fatto un buco in fronte, ma quello aveva ancora il pugnale in mano e Kaori era troppo vicina.
-Prova anche solo a torcile un capello e te ne pentirai…-
-E tu chi saresti??-
-Non lo sai?? Eppure ci siamo già conosciuti…-
Gli occhi di Kaori si spalancarono per lo stupore. Che Ryo avesse capito tutto??
Se così fosse non poteva dire la verità a Marshall… Se quello avesse saputo che era stato lo stesso Ryo a tendere l’agguato quella mattina al fronte sarebbe diventato peggio di una belva inferocita… No! Non poteva, non doveva rivelargli chi lui fosse, si sarebbe messo nei guai.. per poi cosa?!
Kaori rabbrividì pensando che lo stesse facendo solo per metterla in salvo.
 
-Ci siamo conosciuti una mattina, di parecchi anni fa. Al fronte…- la presa di Marshall su Kaori si fece leggera e lei potè scrutare il viso dell’uomo guardare Ryo come fosse una preda da assaltare… -Io ti ho colpito al viso e poi ti ho sparato... in verità credevo di averti ucciso… ma almeno che tu non sia un fantasma suppongo di non averlo fatto…- disse Ryo d’un fiato.
 
La brace ardeva negli occhi di Marshall.
Adesso riconosceva quell’uomo. E la sua sagoma tornò a sovrastare la stessa che quella mattina era uscita dal bosco, coperta dagli spari nemici. La stessa che con una brutale voracità uccideva tutto ciò che si trovava sul cammino. La stessa che sembrava essere manipolata e rinforzata da qualcosa di superiore e che risultò presto imbattibile con la sua forza ferina.
Ormai si dirigeva a passi lenti verso Ryo.
Kaori ancora sdraiata sul bancone ed impossibilitata a muoversi per il dolore guardava la scena con il terrore negli occhi.
Ryo lasciò scivolare a terra la sua 357magnum.
La storia successa molti anni fà al fronte avrebbe dovuto avere un altro finale.
E lui lo sapeva.

Ritorna all'indice


Capitolo 17
*** Colpe ***


Mentre Ryo vedeva avvicinarsi lentamente Marshall, la sua mente lo proiettò lontano. A distanza di anni.
Kaibara, suo padre, gli aveva iniettato una sostanza nelle vene, convincendolo che lo avrebbe reso più forte di mille uomini, ingannando e mentendo aveva conquistato la sua fiducia. Diceva di essere come un padre per lui, ma mentiva. Perché un padre non avrebbe mai fatto una cosa del genere al proprio figlio.
 
E mentre Ryo perdeva conoscenza poco a poco, saliva in lui una potenza ed una forza fuori dal comune. Cresceva in lui una mente ferina ed omicida, pronta a tutto e meccanicamente portata ad eseguire gli ordini. Una mente malleabile ed instabile allo stesso tempo. Questo creava la polvere degli angeli. E questo aveva provato Ryo sulla propria pelle.
E mentre il suo dominio di sé veniva cancellato, aumentava in lui la voglia primitiva di distruggere, uccidere, dominare.
 
Poche immagini, come un flashback, proiettava la sua mente. Il coltello in pugno, la pistola nell’altra mano. Il suo corpo sporco del sangue di altri uomini, dei nemici.
Troppe vite aveva spezzato quel giorno. Troppe per un singolo uomo. Ed anche se era stata la droga a tramutarlo in quella bestia aggressiva, quella colpa non era mai sparita del tutto dal suo cuore.
E mentre poggiava la 357magnum a terra quella mattina, sapeva che ogni colpa va espiata.
Che ogni macchia va lavata via; prima o poi.
Fosse quella la sua punizione??
Vedere la sua donna tramortita, sdraiata sul bancone, ma salva. C’era riuscito anche questa volta.
Adesso però chissà se si sarebbe salvato anche lui.
Tutto torna. E quella mattina tornava verso di lui il suo fantasma più grande…
 
Kaori guardava la scena immobile, pietrificata.
Tutto continuava a girarle vorticosamente attorno. Sentiva il sangue gocciolarle sull’orecchio ed il cuore pulsare forte nelle sue vene.
Doveva fare qualcosa e subito. Ma se la sua mente reagiva velocemente il suo corpo rimaneva paradossalmente immobile.
 
Vide Marshall colpire ripetutamente Ryo al volto ed all’addome.
Perché Ryo non reagiva?? Perché non parava i colpi dell’avversario???!! Che diavolo gli stava passando per quella testa?? Kaori guardava la scena attonita.
 
Se Ryo non si stava difendendo c’era un motivo. E lei temeva proprio quello. Ecco perché non aveva raccontato nulla al suo socio, ecco perché nonostante tutto aveva tenuto la faccenda per sé. Anche Umibozu l’aveva avvertita. Quella ferita era ancora aperta in Ryo.
 Quello sterminio, nonostante fosse dovuto solo ed esclusivamente all’azione della polvere degli angeli, era rimasto impresso in lui, così come una cicatrice resta sulla pelle.
 In quello scontro Ryo aveva ferito gravemente Falcon agli occhi.
 In quello scontro aveva ucciso decine di uomini fra cui il fratello di Marshall.
 In quello scontro aveva venduto l’anima al diavolo e niente e nessuno gliel’avrebbe mai restituita. Ormai era un dannato e dannato sarebbe rimasto per sempre.
 
Ryo doveva capire solo una cosa. Che subire passivamente i colpi di Marshall adesso non avrebbe certo portato in vita nessuno di quegli uomini, non avrebbe ridato la vista a Falcon, non avrebbe potuto cambiare il passato.
E Kaori doveva farglielo capire. Doveva farlo reagire. Doveva immediatamente salvare il suo socio.
 
In uno scontro puoi attaccare o scappare. Di certo non puoi rimanere immobilizzato dalla paura.
Kaori raccolse tutte le forze che le rimanevano per guardarsi attorno, poi, cercando di rimanere in piedi, si avvicino verso i due.
Ormai Ryo era in ginocchio e continuava a subire l’attacchi dell’avversario senza reagire quando Kaori spuntò alle spalle di Marshall dandogli letteralmente una padellata nel capo (ndA: in classico stile Hojo).
 
Marshall cadde svenuto al suolo mentre Kaori guardava Ryo con la padella ancora in mano
-Vorrei dartele anche a te…- disse sorridendo mestamente –sei uno stupido Ryo…- continuò poi, rivolgendogli uno dei suoi più dolci sorrisi, poco prima di cadere al suolo; senza forze.

Ritorna all'indice


Capitolo 18
*** Solo anime ***


Quando Kaori si risvegliò, era in braccio a Ryo.
Stavano andando verso casa. Spiò la faccia del socio silenziosamente.
Ne aveva prese anche lui. Aveva lo zigomo livido ed un rivolo di sangue ormai secco gli spuntava dall’angolo della bocca, oltre ad una brutta ferita alla tempia.
Guardò i suoi occhi o non ci vide altro che un oceano di solitudine.
Era forse stata lei a tramutarlo in quel modo??
Muovendosi colpì l’attenzione dell’uomo.
-Fammi scendere, posso camminare da sola…- erano ormai praticamente davanti casa
-sei sicura?- chiese gentilmente l’uomo ponendola piedi a terra
-si…- rispose lei stringendo i denti per il dolore che con una fitta lancinante le impedì di staccare le braccia dall’uomo.
-Andiamo non ti reggi in piedi, ti stavo portando a casa per prendere l’auto e portarti da Doc-
-Non ce ne è bisogno- rispose Kaori facendosi forza
-Kaori sei conciata male, si vede lontano un miglio, non fare la dura con me…-
-guarda che anche te non sei conciato proprio bene!!- rispose con tono quella indicando la faccia dell’uomo –andiamo a casa, ti prego…- aggiunse poi mestamente –andiamo domani da Doc… te lo prometto, ora voglio andare a casa…-
Ryo la guardò. Quella donna aveva la grinta di un lupo e l’anima di un agnello. Sapeva essere aggressiva e dolce allo stesso tempo.
-ok, ma domani andiamo…- rispose aiutandola a salire le scale.
 
Era ormai sera inoltrata.
Entrambi si erano fatti la doccia e silenziosamente non si erano più rivolti una parola.
Due telefonate avevano rotto il silenzio della casa.
La prima di Saeko per avvertirli che Marshall era in prigione, guardato a vista, fino a che un aereo non lo avesse portato nella sua terra d’origine dal quale, secondo diversi trattati internazionali e per i crimini commessi in guerra, non sarebbe mai più tornato.
La seconda di Falcon che, ringraziando gentilmente Kaori e Ryo, annunciava il ritorno in breve tempo della famiglia Ijuin (ndA: scusate non mi ricordo se si scrive così, non avevo voglia di tirare fuori i volumi :D pardon).
 
Poi tutto era di nuovo stato avvolto da una calma apparente. E la notte calò veloce.
 
Il piccolo Boy faceva la spola da una camera all’altra a ricevere qualche coccola quando Ryo si sdraiò sul letto con le mani dietro la nuca guardando il soffitto avvolto nei suoi pensieri.
 
Marshall era stato sconfitto, ma in lui la paura di perdere la sua Kaori restava comunque.
Se l’avesse perduta non se lo sarebbe mai perdonato, ma come farla restare? Doveva in qualche modo chiarire la situazione con lei, doveva aprirci un dialogo oppure tutto sarebbe andato perso.
Navigava proprio in questi pensieri quando la porta si aprì e Kaori comparì sull’uscio.
I capelli stropicciati, gli occhi stanchi.
Ryo la guardò stupito camminare verso di lui in silenzio fino a che non gli fu davanti.
-posso dormire con te?- la voce di donna ma le domande di una bambina
Ryo non disse nulla solo si spostò di lato facendole posto.
Quella non dubito un solo istante e veloce entrò sotto il lenzuolo con lui poggiandogli la testa sul braccio.
-Dobbiamo parlare….- Ryo iniziò il discorso
-è inevitabile vero?-
-già…-
-ok… parliamo…-
E le loro anime furono finalmente l’una di fronte all’altra, sincere, senza maschere, senza dubbi, senza paure.

Ritorna all'indice


Capitolo 19
*** legati dal destino ***


-Kaori spiegami dall’inizio… fammi capire, mi devi delle spiegazioni e lo sai…-
Kaori guardò il viso dell’uomo silenziosamente nella penombra della stanza. Aveva il viso rilassato ma lo sguardo serio. Aspettava delle risposte e lei sapeva oramai che non poteva più ritardarle.
Facendo un sospiro si scostò dall’uomo quanto bastava per guardare il soffitto e fare mente locale.
-è iniziato tutto la settimana che sono andata da Miki ed Umibozu in montagna- una pausa, guardò Ryo -Umi si avvicinò a me una sera, era preoccupato per Miki, voleva che io la proteggessi mentre lui doveva fare un lavoro qualche mese dopo. Mi convinse ad allenarmi, per diventare più forte, ed io accettai.-
Ryo ascoltava attentamente le parole della socia al suo fianco. Di nuovo Kaori guardò in alto.
-Ho accettato non solo per diventare più forte e potermi proteggere, ma anche per proteggere te, in futuro, per poter stare al tuo fianco senza rallentarti o procurarti dei problemi- Kaori si morse il labbro –forse volevo persino diventare più forte di te, perché mi sono stancata di dipendere da te. Sia emotivamente che nel lavoro. Forse credevo di riuscire in qualche modo ad allontanarti dai miei pensieri evitando che mi potessi fare del male…-
Un brivido scosse Ryo che in silenzio aspettò che la ragazza riprendesse il discorso
-passò qualche mese e mi accorsi che Falcon continuava a perdere inesorabilmente la vista. Quindi mi sono proposta di fare il lavoro al posto suo. L’ho fatto riflettere. Diavolo! Si sarebbe fatto ammazzare nelle sue condizioni, io ormai sapevo difendermi e volevo un’opportunità. L’ho convinto. Lui aveva qualcosa di troppo grande da perdere mentre io non avevo nient..-
-Cazzo Kaori!!- Ryo bruscamente la interruppe –ma non ci pensi?!! Hai la vita da perdere!! Hai me da perdere!! Cosa pensi che ne sarebbe di me??!! Che diavolo ti è saltato in mente??!!-
-Ryo… io e te non siamo niente a parte colleghi di lavoro, o sbaglio??! Potremmo forse essere amici ma ho dei dubbi anche su quello… non mi pare che siamo niente di più…- la voce calma quasi atona.
Ryo di nuovo si zittì e lasciò che la sua socia continuasse a parlare.
-quindi ecco tutto. Ho convinto Falcon ad affidarmi il caso, sono tornata, e poi sai cosa è successo…-
Passò qualche minuto di silenzio. Poi Ryo fece una cosa che Kaori non si sarebbe mai aspettata: l’avvolse in un abbraccio, stringendola forte a sé.
-Sai che non sono bravo con le parole…- cominciò Ryo tenendola stretta a sé –ma sai bene che non siamo solo colleghi né amici… Siamo molto di più… siamo legati dal destino e non pensare che qualunque tua azione non abbia effetti su di me. Tu sei l’aria che respiro. Vivo per te e voglio tenerti con me… Sempre…-
Erano parole quasi sussurrate e Kaori sapeva quanto gli costasse dire quelle cose, a lui, che cercava sempre di nascondersi dietro una maschera di indifferenza nei suoi confronti.
Sentiva il cuore del socio tamburellare forte. Sapeva che probabilmente non avrebbe continuato il discorso. Che si sarebbe dovuta accontentare di quelle poche dolci parole.
-adesso quindi spiegami Ryo… io cosa devo pensare? Perché ti giuro ho una grande confusione in testa… io cosa dovrei pensare domani dopo queste belle parole quando mi sveglierò e tutto sarà come sempre? Io forse ne ho abbastanza delle parole… vorrei passare ai fatti… perché io so che mi ami, l’ho saputo dalla prima volta che ti ho incontrato… Vai a giro a dire che ami tutte le donne del mondo, ma allora perché non riesci proprio ad amare me??-
Finì così il suo discorso staccandosi da quel tenero abbraccio ed avvicinando la sua bocca a quella dell’uomo, che sgranò gli occhi e rimase come paralizzato sentendo il respiro della socia tanto vicino.
Poi la ragazza continuò: -Amarmi come si deve… se proprio non ti riesce bastava chiedere… posso sempre insegnarti io…- e lievemente accostò le loro labbra rimanendo immobile, aspettando forse una qualche reazione dall’uomo.
E la reazione non tardò ad arrivare.
Proprio come se non avesse più alcun vincolo a tenerlo lontano da lei, Ryo accostò ancora più i loro due visi allacciandoli in un bacio appassionato.
In risposta anche i loro corpi cercarono il contatto fisico ed il piacere di potersi finalmente trovare.
 
Trovarsi con il corpo, ma perdersi con l’anima.
 
E quella notte ogni dubbio fu finalmente chiarito, ogni perplessità o insicurezza che poteva attanagliare i loro cuori svanì, e tutto sembrò sciogliersi così, in maniera maledettamente semplice.
 

Ritorna all'indice


Capitolo 20
*** Epilogo ***


Una settimana dopo…
 
Una mini rossa sfrecciava lungo le vie di Shinjuku. La macchina rallentò, fermandosi di fronte al Cat’s Eyes. Il locale era illuminato a festa all’interno ma chiuso al pubblico.
Kaori scese dalla macchina velocemente dirigendosi verso la porta del bar ma fu ben presto trattenuta:
-ehi, ehi, dove mi scappi??!!- Ryo bloccava delicatamente la socia per la esile vita
-daiii Ryooo… è una vita che non vedo Miki!!-
-ed il mio bacio??- un’aria altezzosamente buffa comparve sul volto dell’uomo che voleva il suo bacio a tutti i costi.
-ma guarda cosa mi tocca fare…- sorrise Kaori stampandogli un lieve bacio sulle labbra, ravvivando un sorriso sulla faccia del socio che veloce l’accompagnò poi alla porta.
 
Entrando mano nella mano destarono scalpore e tutti gli invitati alla festa applaudirono allegramente la nuova coppia, complimentandosi con loro.
Quando Kaori riuscì ad inquadrare Miki subito le corse in contro abbracciandola. Quella la guardò sorridente poi le disse: -c’è una sorpresa per te…- e fece girare l’amica verso l’altra parte della sala.
 
Solo allora Kaori si accorse di Umibozu.
Guardando più attentamente in basso notò il piccolo Bradley ergersi in piedi trattenuto per le mani dal papà.
Anche Bradley, nonostante non fosse abituato a tutta quella confusione né a tutti quei volti nuovi, notò Kaori e riconoscendola le mostrò un mega sorriso. Con qualche piccolo passo incerto si staccò da Umibozu per andarle incontro, ma fu presto raggiunto dalla ragazza stessa che lo prese in braccio stringendolo teneramente a sé.
 
Ryo stupito della novità (ndA: la socia aveva omesso i particolari di proposito :D) ammirò la scena gustandosi fino in fondo all’anima la felicità della sua donna mentre abbracciava il bambino. Poi si avvicinò a lei ed agli altri per conoscere il nuovo arrivato.
 
-non credevo che Falcon potesse riprodursi!!- ironizzò Mick
-benvenuto baby-Umichan!- tuonò di rimbalzo Ryo
Subito (ndA: ovviamente) zittiti e spiaccicati a terra dalle rispettive ‘consorti’.
E la serata continuò così… Con l’ilarità dei due mattacchioni e la felicità di tutti i presenti.
Gli ultimi ad uscire dal locale quella sera furono proprio Ryo e Kaori. Furono entrambi caldamente ringraziati da Miki ed Umibozu per tutto quello che avevano fatto per loro e per il piccolo Bradley.
 
Tutto si era ormai risolto. Il caso era chiuso.
Kaori guardava fuori dal finestrino dell’auto: La città scorreva silenziosa fuori avvolta nelle sue mille luci splendenti.
Poi l’auto girò ed arrivarono di fronte casa: La loro casa.
Ryo era la sua famiglia e lei era quella di Ryo. Si appartenevano ed adesso che si erano trovati nessuno avrebbe mai potuto dividerli.
Due esseri viventi così fragili ma allo stesso tempo estremamente forti insieme, pronti a lottare l’uno per il bene dell’altra. Pronti a tutto per stare insieme.
Ryo incrociò lo sguardo di Kaori ed un sorriso gli si stampò sulle labbra.
Silenziosamente entrarono in casa lasciando che il buio avvolgesse i loro corpi; si diressero veloci in camera mano nella mano seguiti a distanza da una piccola ombra: Boy.
Il piccolo micio si fermò in corridoio vedendo i due entrare nella camera insieme: sapeva che in quelle circostanze non c’era posto per lui, meglio aspettare un po’.
Stiracchiandosi guardò un’ultima volta la porta socchiusa, mosse un orecchio, si leccò una zampa e sdraiandosi nascose il musetto sotto la coda.
 
Gli angeli che camminano tra di noi sono sempre i migliori…
 
Fine!!
****
Un ringraziamento a tutti quelli che hanno commentato, che hanno seguito la storia e che magari erano un po’ curiosi di sapere come si sarebbero svolti i fatti.
Vi prego commentate!! Fatemi sapere i vostri pareri, le opinioni e le critiche!! ( sono sempre ben accette per migliorare!!) 
Un grazie a tutti!! Alla prossima!! :D

Ritorna all'indice


Questa storia è archiviata su: EFP

/viewstory.php?sid=2629795