Parola di Lily Lawson

di NiagaraFalls
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Di bambine pestifere e ladri di musica ***
Capitolo 2: *** Di cugini non molto svegli e piccoli indizi ***



Capitolo 1
*** Di bambine pestifere e ladri di musica ***


parola di LL 1
1. DI BAMBINE PESTIFERE E LADRI DI MUSICA


Lily appoggiò un orecchio sul legno chiaro per cercare di recepire una frase intera oltre la porta, nonostante la stazza di suo cugino le stesse lasciando poco spazio.
«Sei sicura? ... E' troppo poco...» Una voce irritata alzò di poco il tono, ma non abbastanza per poterci capire qualcosa.
«Secondo me sarà clemente» sussurrò Matt speranzoso.
Lily gli mollò molto poco finemente un schiaffo sulla nuca, intimandogli di stare zitto con lo sguardo.
«Ahia!» Nello stesso momento in cui urlò quel lamento, una sedia nell'altra stanza strisciò sul pavimento. Lily e Matt si catapultarono sul divano, afferrando contemporaneamente due riviste. La porta si aprì con uno schiocco e la figura della madre di Lily li squadrò livida, mentre la figlia cercava di leggere disinvolta una pagina che parlava di donne e motori. Matt era messo anche peggio: aveva agguantato una rivista di vestiti da sposa e in quel momento la stava leggendo interessato, nonostante fosse al rovescio. Matt alzò lo sguardo fintamente sorpreso. «Zia! Anche tu qui?» esclamò.
Lily affondò la testa nella rivista, maledicendo la stupidità di suo cugino. Lo sguardo di Annabeth Lawson si fece più glaciale. «Abbiamo deciso» comunicò, per poi tornare nella stanza.
I due cugini si scambiarono un'occhiata terrorizzata e seguirono Annabeth nella camera degli ospiti dove, per il momento, alloggiava zia Pip. Zia Pip era sdraiata sulle lenzuola azzurre, e li guardava seria ma non sembrava arrabbiata, nonostante la caviglia e il polso destro ingessati. Lily l'abbracciò senza lasciarle il tempo di reagire, borbottando parole di scusa. «Mi dispiace, mi dispiace, mi dispiace, mi dispiace, non volevo» la strinse forte, affondando il viso nel suo collo. Si staccò mentre il senso di colpa cresceva a dismisura. «Anzi, ci dispiace» disse, guardando suo cugino intimidatoria. Quest'ultimo annuì deciso, ma gli si leggeva in faccia che lei era una vittima come un'altra. Zia Pip non era la persona più simpatica del mondo, e Lily non aveva mai ricevuto un suo regalo per Natale né per il suo compleanno, ma questo non impediva alla sua coscienza di torturarla. Annabeth si schiarì la voce.
«Bene, almeno sapete cosa sia l'educazione. Pip ha deciso quale sarà la vostra punizione. Grazie alla vostra bravata, non potrà lavorare per un mese o anche più.»
Lily aprì la bocca per un altro fiume di scuse, ma sua madre continuò. «E voi sapete quanto sia laboriosa. Quindi voi andrete al lavoro al suo posto.»
I due cugini sospirarono di sollievo contemporaneamente. Si aspettavano torture da inquisizione spagnola, conoscendo la madre di Lily.
«Pip fa due lavori. Matt,» disse, girandosi verso di lui con la stessa calma di un boa constrictor, «tu andrai alla casa di riposo tutte le mattine, ad assistere gli anziani.»
Matt spalancò la bocca in cerca di mosche. Poi toccò a Lily. «E tu, invece, farai da babysitter ai DeLight per cinque o sei pomeriggi alla settimana. Li avviserò stasera.» La figlia annuì. «E non ti farai pagare» concluse. La risatina di Matt accompagnò la frustrazione di Lily.
«Cominciate domani.»

Lily attraversò un piccolo vialetto malridotto, in contrapposizione alla casa bianca come la neve, con il tetto e le imposte rosse, che la guardava imponente. Era rustica, né grande né piccola, ma aveva un'aria costosa. Fece gli scalini che portavano alla veranda stringendo lo zaino che aveva su una spalla e suonò il campanello, stampandosi in faccia un sorriso. La porta si aprì all'istante, e Lily dovette abbassare lo sguardo per scorgere chi stringeva il pomello. Una bambina con due enormi occhi azzurri la stava osservando immobile con il collo, sporco di quella che sembrava tempera viola, allungato verso il suo viso.
«Ciao! Io sono Lily» sorrise. «La tua mamma o il tuo papà sono in casa?»
La piccola DeLight girò semplicemente la testa verso l'interno della casa, facendo svolazzare i corti capelli rossi contro il suo viso paffuto. Poi guardò di nuovo Lily, rimanendo muta come un pesce. La fissava, trapanandola con quegli occhi azzurri. Lily cominciò a sentirsi a disagio.
«Ehm. Sono la nuova babysitter. Non nuova, temporanea... Quella di prima ha avuto un piccolo incidente. Cioè, non era proprio un incidente, era tutto preparato, ma non era per lei. Tutta colpa di mio cugino e delle sue idee. Ho accettato come una vera idiota... Ma perché lo sto raccontan-»
«Io non ho un papà» disse infine la bambina, zittendola.
«Oh» mormorò Lily, sentendosi una stupida. Un gran modo di cominciare il suo primo giorno, davvero. Strinse le labbra in una smorfia compassionevole e fece un passo verso la bambina, che girò i tacchi e corse dentro, lasciandola lì fuori a mortificarsi. Una donna sui quarantacinque anni, con i capelli dello stesso colore della figlia, comparve finalmente nel campo visivo di Lily. Si avvicino con un'espressione sorpresa.
«Tu devi essere Lily! Scusami, non ho sentito il campanello. Non stare lì fuori, entra!» L'afferrò per la manica del maglione e la trascinò dentro. Lily sorrise e annuì.
«Mi ha aperto sua figlia» si giustificò in imbarazzo.
«I miei bambini hanno un udito molto più fine del mio. Mi dispiace di averti fatta aspettare. Io sono Cristina» disse, stringendole una mano. La guidò in soggiorno.
«Marley! Frederick! Nicole! La tata è qui!» urlò in direzione delle scale, facendo trasalire Lily. «Come sta Pip?» chiese con sincera preoccupazione.
«Mi hanno detto che due teppistelli le hanno fatto uno scherzo orribile. Non conoscono cosa sia il rispetto?» Lily sentì il viso andare in fiamme.
«Già, questi giovani d'oggi...» disse facendo un sorriso di circostanza e deglutendo a vuoto. «Comunque sta bene. Se un polso e una caviglia rotti equivalgono a bene...»
«Povera, povera Pip. Spero si riprenda presto. Falle i miei più sinceri auguri.»
Un trambusto provenne dal primo piano, e poi alcune urla. Tre piccoli DeLight sfrecciarono giù per le scale, fermandosi di fronte alla madre come dei soldatini.
«Eccovi. Lily, ti presento Nicole, Marley e Frederick» disse indicandoli con l'indice. Cristina le spiegò che avevano nove, sei e sette anni. Nicole aveva gli occhi castani e i capelli biondi color del grano, era magra come uno stecchino e sembrava più alta dei bambini della sua età. Marley guardava la punta delle sue scarpe e Frederick era un piccolo gnomo con i capelli rossi, gli occhi come quelli della sorella maggiore e una spruzzata di lentiggini.
«Sono in ritardo. Devo proprio andare al lavoro ora.» Prese una borsa appoggiata sulla poltrona e diede un bacio veloce ai figli. «Sarò qui verso le sei e mezzo. Se hanno fame da' loro un frutto o un po' di biscotti. Non troppi e solamente alle quattro o alle cinque, altrimenti a cena non mangiano più.» Lily ascoltò ogni indicazione annuendo.
«Grazie per essere venuta, non so come avrei fatto senza di te.» Poi si infilò la giacca e uscì frettolosamente.
«Bene. Se volete ho portato alcuni giochi da casa mia» disse Lily, sfilandosi lo zaino e appoggiandolo sul tappeto. Ci si sedette sopra a gambe incrociate, sorridendo ai tre DeLight. Fece cenno di sedersi con lei. Nicole la guardò come se fosse un bradipo uscito dal gabinetto, fece una smorfia borbottando qualcosa che Lily non riusciva a capire, ma che era sicuramente offensivo, e tornò al piano di sopra. Frederick si accomodò di buon grado e guardò con infinita curiosità lo zaino. Marley continuò imperterrita a fissare per terra. Lily, cercando di rimediare alla gaffe fatta poco prima, le sorrise incoraggiante. «Ho anche una Barbie e la sua moto» disse. Marley alzò lo sguardo. «È una Barbie molto ribelle» spiegò Lily. «Ha lasciato il suo fidanzato perché vuole essere una donna senza limiti.»
Marley si sedette controvoglia senza dire nulla e prese il giocattolo che le porse Lily, mentre Frederick si dilettava con un puzzle. Le quattro arrivarono velocemente e Lily pensò di preparare la merenda. «Frederick, la camera di tua sorella è di sopra?» chiese. Il bambino rispose senza smettere di cercare gli ultimi pezzi del secondo puzzle. «Sì. Lei è sempre lì quando c'è la tata» disse con un difetto di pronuncia
Lily abbandonò i due piccoli e andò a cercare la maggiore. Sulla porta della sua stanza c'era il nome 'Nicole' attaccato a lettere cubitali con il nastro adesivo. Lily bussò. «Nicole?» Non rispose nessuno, così aprì di poco la porta. La stanza era vuota. 
Bussò ad altre quattro stanze e ci guardò dentro, ma di lei nessuna traccia. Arrivò nell'ultima stanza, in fondo al corridoio, e ripeté quello che aveva fatto per cinque volte. Improvvisamente venne spinta dentro. Lily inciampò sul tappeto e cadde a terra, mentre dietro di lei il rumore di una chiave nella serratura le fece temere il peggio. La risata di Nicole risuonò nelle sue orecchie come una marcia funebre. Si alzò frettolosamente e provò ad aprire ma, proprio come pensava, era chiusa. «Apri, Nicole!» pregò.
Nicole rispose con una parolaccia e andò via. «Nicole!» urlò, ma dall'altra parte della porta non ricevette nessuna risposta. Diede un calcio alla porta e sbuffò. Poi qualcosa la distrasse.
Sentiva degli strani rumori provenire dall'esterno. Erano indistinti e regolari. Cercò di capire cosa fosse, ma la sua mente non trovava una possibile soluzione. Si fecero sempre più vicini. Si girò verso la finestra e restò pietrificata sul posto quando vide delle dita aggrapparvisi. Afferrò la prima cosa che trovò accanto a lei - una mazza da hockey - e si avvicinò piano. Una figura alta scavalcò il davanzale della finestra, appoggiando una gamba all'interno della stanza. Lily si sentì come un poliziotto improvvisato e, senza neanche pensarci, si lanciò contro quella figura, brandendo la mazza da hockey neanche fosse una frusta. Mentre si lanciava verso quella persona che identificò come ragazzo o uomo, quest'ultimo posò uno sguardo sorpreso su di lei, alzò il braccio sinistro bloccando impeccabilmente la mazza che altrimenti si sarebbe schiantata sulla sua testa e osservò Lily incuriosito. Lily, notando che la sua arma era stata resa neutrale, cominciò a urlare. Il ragazzo - o uomo - entrò come un fulmine nella stanza, gettò sul letto una custodia abbastanza grande e le tappò la bocca.
«Sssh» sibilò, ghiacciandola con lo sguardo. Lily cercò di togliere quella mano dalla sua bocca. «Ti lascio andare, ma non urlare. Va bene?» Lily annuì e indietreggiò di due passi quando la lasciò libera.
La guardò tra il curioso e il diffidente, rimanendo accanto alla finestra.
«Sei di famiglia?» chiese. Lily negò.
«Sono la nuova baby sitter» spiegò. «Tu chi sei?» chiese ansimando. La paura non le era ancora passata.
«Giusto, la vecchia Pip si è fatta male.»
«Chi sei?» ripeté più duramente. Lo guardò mentre apriva l'armadio scuro appoggiato alla parete e ci incastrava dentro quella custodia allungata. Sembrava uno strumento musicale.
«Uno sconosciuto entra in una casa che non è sua. Secondo te ho intenzione anche di dirti il mio nome?»
Si avvicinò alla libreria posta di fronte all'armadio e cominciò a scorrere i titoli con l'indice. Lily stava pensando ai bambini al piano di sotto. Sarebberi venuti a cercarla - dovevano farlo. Come avrebbe fatto a cacciarlo? Come avrebbe detto a Cristina che qualcuno aveva invaso la sua proprietà? Poteva essere qualcuno di pericoloso. Dopo quel pensiero, pregò che i piccoli DeLight non si facessero vedere. La sua mente cominciò a scandagliare ogni singola possibilità.
Nel frattempo, lo sconosciuto sembrava aver trovato il suo obiettivo e lo sfilò dallo scaffale con un'espressione soddisfatta. Si avviò verso il punto da cui era entrato, svegliando Lily dalle sue elucubrazioni.
«Ehi!» gridò. «Non puoi prenderlo!»
Lui la guardò intensamente e fece spallucce. Si affacciò leggermente alla finestra per controllare se la via fosse libera.
«Ti denuncerò!» esclamò Lily.
Il ragazzo - o uomo - si girò verso di lei e cambiò discorso. «Non hai ancora cercato di scappare. Ti hanno chiusa dentro?»
Lily sobbalzò sorpresa.
«La dolce e cara Nicole, scommetto» disse tranquillamente.
Lily incrociò le braccia al petto e fece vagare lo sguardo per il pavimento, deglutendo.
«Riporterò questo libro, non preoccuparti. C'è una chiave di riserva dentro quel vaso» indicò una pianta grassa nell'angolo della stanza, in attesa. Lily restò ferma per qualche istante poi seguì cautamente il suo consiglio. Infilò le dita nella terra umida e incontrò qualcosa di metallico. Estrasse la mano e trovò proprio ciò che le serviva. Una chiave argentata.
Ma come...
«Ti ho appena aiutata a uscire di qui. Ricambia il favore e non dire niente a nessuno di me» spiegò semplicemente, come se lei non fosse capace di fare due più due.
Lily sorrise incredula. «Dirò tutto a tutti.»
«Non è uno scambio equo. E nessuno ti crederebbe.»
«Lily!» La voce di Frederick fece voltare Lily verso la porta. Quando si girò verso lo sconosciuto, lui aveva già cominciato a scendere.
«Lily!» Frederick insisté, preoccupato. Lo sentì fare di corsa le scale. Lily decise di rimuovere temporaneamente l'accaduto e aprì la porta proprio mentre Frederick ci arrivava davanti.
«Stavo cercando il bagno. Allora, facciamo merenda?»

Il resto del pomeriggio passò relativamente bene. Nicole sembrava sorpresa di vedere Lily e si chiuse in camera con un broncio, Frederick finì il terzo puzzle e Marley lo aiutava in silenzio. Lily nel frattempo si stava chiedendo se non si fosse fatta attaccare la pazzia da suo cugino Matt. Cercò di coinvolgere Marley nel disegno che stava facendo con Frederick, ma la piccola rifiutava ogni volta. Le sei e mezzo arrivarono in fretta e quando la signora DeLight tornò, Lily aveva la bocca cucita. Si diedero appuntamento per il giorno dopo alla stessa ora e Lily si avviò verso casa.
Passarono quattro giorni fondamentalmente uguali al primo. Lily non faceva un passo avanti con nessuna delle due ragazze DeLight e la faccenda "sconosciuto" era stata forzatamente archiviata in fondo alla sua mente.
Il sesto giorno di lavoro Lily arrivò a casa DeLight in ritardo, un po' perché si era persa nelle pagine di un libro che aveva appena comprato e un po' perché la voglia di rivedere l'antipatica Nicole e la chiusa Marley era pressoché inesistente. Il pensiero di sua madre che la metteva in punizione a vita e quello di Frederick però l'avevano spinta a scendere dal divano, anche se con dieci minuti di ritardo. Bussò alla porta principale temendo un rimprovero da parte di Cristina, ma era una ritardataria anche lei, quindi si limitò a farla entrare, a rifarle le raccomandazioni del giorno prima e si volatilizzò. Lily cercò di indossare un sorriso smagliante e andò in soggiorno, dove c'erano le pesti. Tempo di aprire bocca e Nicole era già in camera sua, il più lontano possibile da lei. Lily strinse i denti innervosita e si rivolse agli altri due.
«Oggi non ho portato nessun gioco da casa. Ma ho questo con me» estrasse un libro dallo zaino e lo portò di fronte a Frederick, così che lui potesse leggerne il titolo. Lui strinse gli occhi e passarono parecchi secondi prima che risolvesse l'enigma.
«Come imparare a cucinare dolci perfetti» concluse.
Lily annuì. «Allora, vi va?» chiese sorridendo incoraggiante. Frederick acconsentì mostrando un sorriso eccitato. Lily cercò l'approvazione di Marley. Si inginocchiò di fronte a lei e la guardò negli occhi. «Ti piacciono i biscotti con le gocce di cioccolato?»
Marley fece cenno di sì timidamente. Lily le strinse la mano e si rialzò. «Andiamo a prepararli insieme.»

«Frederick, smettila di mangiare l'impasto!» lo accusò Lily ridacchiando. Il piccolo Fred se ne stava in ginocchio su una sedia, con le mani in una ciotola blu e un espressione felice. Marley se ne stava seduta accanto a lui e sorrideva - un avvenimento per il quale Lily si sentì completamente soddisfatta - con la faccia sporca di farina e la bocca pitturata di cioccolata.
«Ma è avanzato!» spiegò leccandosi le mani.
Lily scosse la testa ridendo. Infornò i biscotti e impostò il timer speranzosa. Si diresse verso il bagno: aveva fatto un pasticcio con gli ingredienti ed ora aveva il grembiule, le mani e buona parte del viso imbrattati. Abbassò la maniglia ma la porta era chiusa. «Nicole?»
«Che c'è?» chiese una voce scocciata.
«Devo pulirmi, abbiamo preparato...» tentò di dire, ma fu interrotta.
«C'è un bagno anche sopra.»
«Grazie» disse. «Abbiamo preparato dei biscotti. Tra un quarto d'ora saranno pronti, ti va di mangiarli con noi?» propose cautamente. Mal che andasse si beccava un rifiuto e una parolaccia.
«I biscotti fanno ingrassare.»
«Ma sono anche infinitamente squisiti» replicò Lily.
«Si vede che ti piacciono. Dovresti metterti a dieta» urlò cattiva Nicole. Lily spalancò la bocca incredula e si diresse al piano di sopra, offesa mortalmente. Si diresse verso il bagno borbottando fra sé e sé imprecazioni poco fini, ma degli strani colpi la ditrassero. All'ultimo secondo cambiò strana ed entrò nella stanza accanto al bagno, quella in fondo al corridoio, che aveva scoperto essere la camera del fratello maggiore dei tre DeLight, il quale tornava solo nei fine settimana. Si lanciò verso la finestra aperta e si sporse, sicura di trovare qualcuno nel giardino.
 «Sei sporca di farina» disse una voce divertita.
Lily strabuzzò gli occhi quando vide un ghigno a due centimetri dal suo naso, scattò il più lontano possibile da quella presenza e sbatté gloriosamente la testa contro la cornice della finestra. Si ritrasse all'interno della stanza fino a sedersi sul letto posto su un lato della stanza. Lo sconosciuto entrò un paio di secondi dopo.
Lily si massaggiò la cute strizzando gli occhi a causa del dolore.
«Perché hai farina dappertutto?» chiese lui facendosi più vicino.
Lily portò una mano davanti a sé e allungò il braccio il più possibile. «Non muoverti!»
«Voglio solo vedere quanto male ti sei fatta...» disse, cercando di nascondere un sorriso e facendola innervosire ancora di più.
«Se mi sono fatta male è solo colpa tua, perciò vorrei che tu non ti avvicinassi.»
«Stai piangendo?»
«No!» esclamò Lily girando la testa per fare in modo che lui non vedesse gli occhi lucidi. Era stata una botta davvero forte.
Lo sconosciuto alzò gli occhi al cielo ed estrasse qualcosa dalla sua giacca. Posò un libro sulle ginocchia di Lily e indietreggiò con le mani alzate. « Visto? L'ho riportato.»
Lily controllò la sua mano destra per controllare che il colpo non le avesse fatto uscire del sangue e, appurato che non fosse nulla di grave, prese in mano il piccolo libro. Parlava di musica. Lo strinse tra le dita e lo lanciò con tutta la forza che poteva verso la faccia del ragazzo - o uomo. Lui si riparò con le braccia, schivandolo per un pelo.
«Qual è il tuo problema?!» La guardava come se stesse avendo a che fare con una pazza psicopatica. E forse non aveva tutti i torti.
«Il mio?! Qual è il tuo, piuttosto! Entri in casa altrui così come se niente fosse, rubi... Oddio, mica sarai un ricercato?!»
«Cosa?»
«Oh no... Capitano tutte a me. Lo sapevo che ascoltare quell'imbecille di Matt avrebbe prodotto solo catastrofi.»
«Lily...»
«Volevo rifiutare, ma no! Potevo andare io alla casa di riposo...»
«Stai vaneggiando. Dovresti andare alla casa di cura, non di riposo. Sicura di non essere ubriaca?» Lo sconosciuto raccolse il libricino e lo infilò nella libreria. Lily smise di parlare in un batter d'occhio e lo guardò agghiacciata. «Come. Fai. A. Sapere. Il. Mio. Nome?»
« L'ha detto Frederick, il bambino. Si chiama Frederick, giusto?» Il soggetto della frase pensò, proprio in quel momento, di chiedersi che fine avesse fatto la babysitter.
«Lily, dove sei?» urlò dal piano inferiore.
«Arrivo!» Lanciò un occhiata allo sconosciuto e si alzò in fretta e furia. Nel frattempo lui si era mosso verso l'armadio, aveva agguantato la custodia che aveva nascosto la volta prima e si era voltato verso la finestra, pronto a scappare.
«Non osare...» sibilò Lily minacciosa, puntandogli un dito contro.
«Fermami» disse l'altro con un ghigno di sfida, scavalcando la finestra. Tempo cinque secondi e Lily sentì i suoi piedi che toccavano l'erba dopo il salto.  Uscì dalla stanza e sospirò sconfitta.
Non era finita lì, parola di Lily Lawson.

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Capitolo 2
*** Di cugini non molto svegli e piccoli indizi ***


Parola di LL 2
2. DI CUGINI NON MOLTO SVEGLI E PICCOLI INDIZI


«Come è andata?» chiese Matt quella sera a casa Lawson.
Lily affondò nei cuscini del divano e borbottò contrita. «A meraviglia. Tra una ragazzina che mi accusa di essere grassa e una che sembra uscita dal film Deprimiamoci insieme, non potrebbe andare meglio.»
«Non l'ho mai visto. È bello?» chiese interessato.
«Matt, se non migliori un po' le ragazze ti schiacceranno come un purè.»
Matt sembrò illuminarsi tutto d'un tratto. Si alzò e cercò di stare calmo, nonostante fosse ovvio stesse tramando qualcosa. «Voglio uscire.»
Lily riafforò dai cuscini e sollevò le sopracciglia. «Non usciamo mai. È la cena famigliare, di solito giochiamo a carte con i nostri genitori e li facciamo contenti.»
L'adorato cugino assunse un'espressione da cane bastonato - o da purè schiacciato, a seconda dei casi.
«Andiamo a fare un giro. Mi annoio.»
Lily sbuffò. «Dobbiamo proprio? Fa freddo fuori.»
Matt annuì e si infilò la giacca. Lily sospirò e alzò gli occhi al cielo.
«Facciamo questo giro.»

L'opzione anti-noia di Matt altro non era che un giretto in macchina fino alla parte opposta della cittadina in cui vivevano. Matt parcheggiò e scese. Lily lo seguì confusa finché lui non si fermò di colpo e osservò delle abitazioni a cento metri da lì.
«Matt, ma sei scemo? Quasi mi spaccavo il naso a venirti addosso!» lo accusò Lily massagiandosi la parte lesa indolenzita dal freddo. Suo cugino neanche l'ascoltava e cominciò a parlare a macchinetta. «Una ragazza mi aveva invitato ad uscire stasera. Le ho detto che non potevo, tua madre mi ammazzava se saltavo la cena mensile. Quindi lei mi ha detto "passa da me se ce la fai".»
Lily cominciò a capire.
«Mi hai trascinata fino a qui per andare da lei?»
Lui annuì e fece un sorriso da casanova cominciando ad avviarsi verso la casa della sua presunta fiamma. Lily lo afferrò per un braccio.
«E mi abbandoni così? Cosa dovrei fare io?» chiese sconvolta. Lui estrasse un paio di banconote dalla tasca dei jeans e le mise nelle sue mani.
«Torno subito, te lo giuro. Un saluto, un bacetto e poi sono qui. Venti minuti al massimo. Vai a prenderti un gelato.»
Lily strinse i denti per evitare di gridargli contro e lo lasciò andare. «Un quarto d'ora» sibilò minacciosa. Matt annuì convinto e se ne andò prima che sua cugina lo prendesse a schiaffi. Sbuffò innervosita stringendosi la sciarpa al collo e lo guardò scomparire.
Il suono di un violino le arrivò alle orecchie congelate. Dall'altra parte della strada un musicista improvvisato stava trattenendo un paio di coppie con una melodia romantica, che fece fare una smorfia a Lily. Troppo romantica. Osservò gli innamorati che lo ascoltavano rapiti e si chiese cosa ci trovassero di tanto interessante in quella musica mielosa. La custodia aperta ai piedi del lampione conteneva un bel po' di banconote. Niente male, constatò Lily.
Un attimo.
Lei la conosceva. Era verde, con i bordi rossi. L'aveva già vista.
Alzò gli occhi al violinista e lo riconobbe. Lo sconosciuto! Avrebbe scommesso il suo piede destro che lo strumento che stava suonando l'aveva preso in una casa che lei stava cominciando a conoscere bene. Attraversò la strada velocemente, rischiando di farsi investire. Si fermò davanti a lui e fece finta di essere coinvolta nel brano che stava suonando, nonostante le stesse per venire il diabete.
Quando finì, lui alzò il capo e fece un mini sorriso. Una coppia lasciò delle monete nella custodia e se ne andò, l'altra si complimentò con lui e rimase lì accanto.
Lo sconosciuto spostò lo sguardo e quando vide Lily il sorriso lasciò il posto ad una smorfia ironica.
«Non è possibile.»
«Carino questo pezzo, mi ha davvero rubato il cuore» disse Lily assotigliando gli occhi. «Di chi è?»
Il ragazzo - o uomo - colse l'antifona e sollevò un sopracciglio.
«Mio. È stato un vero colpo di testa.»
Lily incassò la frecciatina e arricciò le labbra. La coppia se ne andò a braccetto e rimasero le uniche anime vive in vista.
«Non pensavo fossi un tale sdolcinato.»
Lo sconosciuto mise i soldi in tasca e ripose il violino nella custodia.
«È quello che piace alla gente» disse. La guardò tranquillo per qualche secondo e le fece una smorfia scocciata. «Non hai nient'altro da fare?» chiese, in un implicito invito ad andarsene.
«A quanto pare no. Sei un maniaco?» chiese.
«No.»
«Uno spacciatore?»
«No.»
«Un serial killer?»
«Non ancora» rispose velenoso.
«Bene. Allora starò qui ancora per un po'» concluse. Non che l'idea la compiacesse, ma era terrorizzata all'idea di rimanere sola.
«Fai come vuoi.» Lo sconosciuto prese la custodia e fece per andarsene.
«Te ne vai?» gridò Lily balbettando. «Non lasciarmi qui sola!»
Lui fece spallucce. «Non hai bisogno di qualcuno per tenerti compagnia. Parli per quattro persone.» disse. E se ne andò.

Lily infilò le mani nel cappotto e sbuffò creando una nuvoletta nel buio. Si guardò intorno e constatò che non c'erano bar né negozi aperti. Decise allora di tornare nel parcheggio, forse Matt aveva lasciato la macchina aperta. Non era da escludere, conoscendolo. Quando arrivò, però, della macchina di suo cugino non c'era traccia. Tirò fuori il cellulare dalla tasca dei jeans e provò a chiamarlo. Era spento. Provò altre due volte, ma il risultato fu lo stesso.
«Matt, io ti uccido» sibilò al telefono. Aspettò un paio di minuti, ma quando si rese conto che il quarto d'ora era già passato da un po' e che forse suo cugino si era dimenticato di lei, si abbandonò all'idea di dover tornare a casa a piedi.
Mentre percorreva la strada verso casa velocemente, la sua mente cominciò a registrare ogni singolo rumore dietro di lei e a vederlo come una minaccia. Come previsto, si ritrovò a sobbalzare ad ogni singolo fruscìo. Arrivò su un marciapiede buio. Vide davanti a lei un bar affollato, con un gruppo di uomini al di fuori. Si strinse le braccia al petto e ripeté dentro la sua testa che sarebbe arrivata a casa in poco più di un quarto d'ora e che quelle persone non le avrebbero fatto alcun male. Aveva visto decisamente troppi film dell'orrore. Sentiva il proprio cuore battere nelle orecchie mentre li superava e quando pensò finalmente di essere passata inosservata una voce la chiamò.
«Ehi, tu!»
Lily schizzò via come una saponetta e girò l'angolo cominciando a correre come se stesse facendo la maratona. Si guardò indietro per assicurarsi di non essere seguita e inciampò contro un piccolo palo di ferro che spuntava dal lato della strada. Cadde a terra come un sacco di patate. Strinse gli occhi per l'improvviso dolore e si morse il labbro gemendo. Si sentiva osservata, mentre si metteva seduta sul marciapiede e appoggiava la schiena ad un muretto.
«Forse hai bisogno di me.»
Alzò la testa e vide lo sconosciuto che si avvicinava con un sorriso. Gemette stendendo la gamba dolorante e distolse lo sguardo per la vergogna.
«Derek!» Una voce profonda fece voltare lo sconosciuto.
Un omone stava venendo verso di loro. «La signorina ha perso la sciarpa! Volevo dirglielo, ma è scappata via!» disse.
Lo sconosciuto - anzi, Derek - lo raggiunse e prese la sciarpa che gli stava porgendo l'uomo. «Grazie.»
L'uomo notò Lily seduta per terra, ma prima che potesse dire qualcosa Derek sminuì il tutto con la mano. «Me ne occupo io, non preoccuparti.»
L'omone annuì, un po' alticcio, e li salutò. Lily abbassò gli occhi sulla sua gamba e vide del sangue imbrattarle i jeans. Derek si accoccolò accanto a lei e sorrise. Perché sorrideva? Non c'era niente di divertente.
«Ti ho vista cadere. Possibile che tu sia così goffa?» Allungò le mani verso la gamba di Lily, ma lei la ritrasse.
Derek alzò gli occhi al cielo e sbuffò. «Voglio solo controllare.»
Lily la ridistese con una smorfia. Arrotolò l'orlo dei jeans fino a che la ferita non fu completamente visibile.
«Ahia. Non è molto carino da vedere» disse lui. Un taglio lungo attraversava in diagonale la parte sotto al ginocchio. Non era molto profondo, ma il sangue continuava a sgorgare. Derek appoggiò la sciarpa accanto a loro e portò le sue dita fredde sulla pelle di Lily. Osservò con insistenza chirurgica.
«E così ti chiami Derek» disse infine Lily.
Lui alzò il capo e puntò gli occhi chiari in quelli di Lily. «Che perspicacia» commentò ironico.
Toccò un punto più delicato e Lily si lamentò. Derek sospirò. «Ce la fai ad alzarti?» chiese mettendosi in piedi e tendendole la mano che non stringeva la sua sciarpa.
«Certo che ce la faccio» protestò Lily. Cercò di farlo da sola, senza nessun aiuto, ma alla fine si vide costretta ad afferrare la mano di Derek. Quest'ultimo fece passare il braccio di Lily dietro il suo collo e cominciò a camminare.
«Dove vai? Lasciami, devo andare a casa» disse Lily stridula mentre lui la trascinava verso la parte opposta.
«Ci andrai. Ma prima devi pulire il taglio e metterci un cerotto.»
Camminarono fino ad una macchina blu. Derek lasciò Lily per aprire la portiera del passeggero. «Siediti e non muoverti di lì.» Sparì nel buio, lasciando Lily confusa. Lei, dal canto suo, non vide altra scelta che sedersi nell'abitacolo. Lasciò la gamba a penzolare fuori per evitare di sporcare i sedili e aspettò impaziente. Osservò quello che la circondava. Era un piccolo parcheggio per non più di cinque macchine, davanti a lei c'era il retro di una lunga e bassa costruzione, ma non riuscì a capire cosa fosse.
Un paio di minuti dopo Derek tornò. Diede a Lily dei fazzoletti così che lei pulisse il sangue che era sceso fino alla sua caviglia. Aveva la calza e la scarpa sporchi, oltre ai pantaloni.
«Si può sapere perché stavi correndo come una disgraziata?» le chiese Derek mentre bagnava un batuffolo di cotone con del disinfettante. Sembrava divertito.
Lily fece una smorfia imbarazzata e prese il batuffolo. «Autosuggestione... Niente di importante.»
Pulì la ferita e ci applicò due cerotti. Derek fece il giro dell'auto e salì nel posto del conducente. Lilì lo guardò preoccupata e a disagio.
«Che stai facendo?»
«Ti porto a casa.»
Si mosse agitata sul sedile e posò il piede sull'asfalto, pronta ad uscire. «Senti, grazie per il cerotto e tutto il resto, ma non accetto passaggi da persone che non conosco.»
«Ci metteresti il doppio a piedi. Me l'hai già chiesto: non sono un ricercato, né un maniaco, né uno spacciatore...»
«Ho capito» borbottò Lily, senza però mettere la gamba nella macchina.
Derek aveva un'espressione indecifrabile. «Conosco tuo cugino.»
Questo sorprese davvero Lily. «Lo conosci?» chiese incredula.
Lui fece cenno di sì. «Matt Lawson.»
«Come fai a conoscerlo?» domandò.
«Lunga storia. Alto, muscoloso, gentile ma non molto sveglio.»
Il perché fosse in quella situazione tornò in mente a Lily, che annuì furiosa. «Direi per niente sveglio» borbottò.
«Non ho tutta la notte, Lily. Accetti o no?» chiese impaziente Derek.
Lily spostò lo sguardo dalla gamba all'interno della macchina, indecisa.
«Va bene.» Infilò la gamba nell'abitacolo e Derek partì.
Il silenzio regnò sovrano fino a casa di Lily, ad esclusione delle sue indicazioni per arrivarci. Derek si fermò nel viale di fronte e spense il motore.
«Grazie di tutto» disse Lily aprendo la portiera. Uscì e si girò verso di lui. «E vedi di riportare quel violino. Immediatamente.»
«Ovviamente» rispose Derek con un sorriso falso.
Prima che lei riuscisse a chiudere completamente la portiera una sciarpa appallottolata le arrivò dritta in faccia e poi cadde ai suoi piedi. Guardò il ragazzo - o uomo - sconvolta, con un punto di domanda stampato dritto in faccia.
«Questo è per il libro dell'altra volta» spiegò Derek dopo aver abbassato il finestrino. E se ne andò.

«Cosa hai fatto?» le chiese Frederick quel pomeriggio, vedendo Lily zoppicare leggermente.
«Sono caduta» disse Lily sorridendo e cercando di nascondere il nervoso. La sera prima aveva, oltretutto, dovuto coprire quel fesso di Matt, dopo essere arrivata a casa. Aveva detto ai quattro genitori che lei aveva incontrato una vecchia compagna di classe e che lui era andato con un suo amico a bere qualcosa, quindi le loro strade si erano divise. Ovviamente Annabeth ebbe alcuni dubbi, ma non disse nulla e credette anche alla storia secondo la quale Lily era caduta a causa del cane della presunta compagna di classe. Matt aveva chiamato Lily, dopo un'ora, per dirle che era dovuto scappare perché i genitori di quella povera ragazza che aveva avuto il coraggio di uscire con lui stavano tornando a casa; quindi i due piccioncini si erano rifugiati in macchina ed erano scappati per andare in chissà quale pub.
«Dov'è finita Marley?» chiese Lily curiosa. «Era qui fino a due secondi fa.»
Frederick fece spallucce. «Forse è lì» disse indicando la cucina.
Lily si alzò per seguire il consiglio di Fred ma, sfortunatamente, trovò Nicole che frugava nel frigo.
«Non puoi mangiare, sono solo le tre» disse Lily, andando verso di lei e chiudendo il frigorifero forzatamente. Guardò Nicole severa.
«Posso. Non puoi dirmi quello che posso o non posso fare» rispose.
«No, ma tua madre mi ha incaricata di farlo per lei.»
Nicole improvvisamente diventò tutta rossa di rabbia. «Non puoi essere mia madre!» urlò furiosa e corse di sopra, sbattendo contro la spalla di Lily.
Lily si appoggiò al muro e sbuffò frustrata. Perché non riusciva mai a fare un passo avanti con lei?
Tralasciò quel piccolo incidente e decise di continuare a cercare la più piccola donna DeLight.
Bussò alla camera di Marley ed entrò sorridente. Marley era seduta alla sua piccola scrivania e stava disegnando con i pastelli.
«Eccoti qui» disse con un sorriso. Si inginocchiò accanto a lei e osservò quello che stava facendo.
«Cosa stai disegnando?»
Marley non rispose, ma continuò a colorare quella che sembrava essere un'auto. «Posso vedere questi altri disegni?» chiese Lily gentilmente, e quando Marley annuì prese una decina di fogli sparpagliati sopra il tavolino.
Il primo raffigurava un uomo - sembrava un uomo - che guidava un'auto. Il secondo raffigurava una donna con i capelli come il fuoco che versava lacrime enormi. Il terzo era uguale al primo, il quarto al secondo.
Era una successione di macchine e lacrime, senza nessun elemento nuovo.
Lily deglutì e ripose i fogli sulla scrivania. Guardò Marley con compassione.
«Chi sono queste persone, Marley?» chiese, cercando di mantenere lo stesso tono solare.
La piccola Marley non rispose e finì il suo disegno. Lily capì che non le avrebbe detto una parola a quel proposito.
Prese le piccole mani nelle sue e la guardò negli occhi. «Ti va di giocare a 'un, due, tre, stella!' con me e Fred?»
Marley fece un piccolo broncio. «Non so giocare» disse triste.
Lily scosse la testa. «Non importa, ti insegno. È molto divertente. Ci giocavo sempre con i miei cugini» disse accennando una risata. Marley annuì sorridendo.
Prima o poi avrebbe scoperto perché le piccole DeLight erano rotte e avrebbe cercato di aggiustarle, parola di Lily Lawson.


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