The End

di Phoebie_Cullen
(/viewuser.php?uid=54098)

Disclaimer: Questo testo proprietà del suo autore e degli aventi diritto. La stampa o il salvataggio del testo dà diritto ad un usufrutto personale a scopo di lettura ed esclude ogni forma di sfruttamento commerciale o altri usi improri.


Lista capitoli:
Capitolo 1: *** L'arrivo a Forks ***
Capitolo 2: *** I cullen ***
Capitolo 3: *** Il bosco di Lunata ***



Capitolo 1
*** L'arrivo a Forks ***


Viaggiavamo in macchina verso una cittadina sperduta nello stato di Washington nel più rigoroso silenzio. Lo spostamento era notevole, dall’Italia all’America c’era un oceano di mezzo. A Forks avevamo già comprato una casa, ma non avevo idea di come fosse, aveva tre camere, due bagni, terrazzo e giardino. I mobili e tutte le nostre cose erano state spedite giorni prima e gli addetti al trasloco ci avevano assicurato che tutto era stato messo a posto. Tuttavia non mi ero fidata a lasciare tutti i miei strumenti in balia di chi non aveva la più pallida idea di quanto fossero delicati. Oltrepassammo un cartello cos su scritto “Benvenuti a Forks”. Sfrecciammo davanti ad un cancello che circondava una serie di deprimenti edifici grigi-rossastri con grossi numeri stampati sopra in un rosso acceso. << Quello è il liceo di Forks >> disse mio padre, << è lì che siete state iscritte >> disse, rivolto a me e a mia sorella Christine. Lei si girò verso di me, sbuffando e guardandomi con aria rassegnata. Lei era completamente contraria al trasloco in un altro stato e in un altro continente. Quando i miei genitori ci avevano comunicato la notizia del trasloco Christine si oppose con tutte le sue forze, io invece all’inizio ero elettrizzata all’idea di trasferirmi in America perché ho sempre amato l’idea di dover parlare l’inglese correntemente, e di trasferirmi in America mi allettava, anche se il mio amore era in Inghilterra. Mio padre aveva una strategia per gli spostamenti, percorrevamo lunghe distanze da una casa all’altra, tipo Italia - America. Avevamo vissuto pressoché ovunque, Svizzera, Inghilterra, Germania, Romania, Francia e molti altri paesi ma eravamo tornati in patria per poi trasferirci in America. Sceglievamo con molta cura il luogo dove avremmo vissuto, doveva essere rigorosamente una città che registrava un numero di giornate assolate ridotte al minimo indispensabile per la vita umana ma per un motivo che ignoravo, mio padre si rifiutava di trasferirci in Alaska. Ogni volta che si toccava l’argomento sviava irritato la conversazione verso nuovi discorsi. Ci addentrammo in un boschetto buio, dove filtrava luce solo dalle fessure tra una foglia e l’altra. L’atmosfera nel bosco era come quella in un film fantasy, sembrava che qualcosa fuori dal normale stesse per accadere e in effetti una famiglia del tutto fuori dal normale stava attraversando quel magico bosco. << Zoe, questo posto sembra fatto a posta per te >> mi disse mia madre sorridendo << Sai bene qual è il posto fatto per me, e mi ci avete portato via >> dissi offesa. Non li avevo mai perdonati per avermi portata via dall’Inghilterra anni prima. Avevo vissuto da sola per anni in Inghilterra e questo era il motivo per cui ero l’unica che parlava inglese senza pensarci su. Mio fratello era l’unico ancora umano della famiglia. Era troppo piccolo per subire la trasformazione, il dolore sarebbe stato troppo per un bambino di appena 2 anni, in più ci aiutava a controllarci dai nostri istinti. Averlo in casa era molto utile perché c’eravamo abituati all’odore umano. Passammo davanti a una casa che era nascosta nella foresta, era in stile rustico con un orribile pick-up arrugginito parcheggiato davanti. Christine si girò e mi chiamò con un colpetto sulla spalla << Nulla a che vedere con la mia eh? >> disse << Non c’è paragone… >> risposi sorridendo. Christine aveva una BMW X5 nera e viveva per quella macchina. Andavamo spesso in giro con quella io e lei. Fortunatamente eravamo molto unite, d’altronde non avevamo amici. Tutti erano intimiditi da me e mia sorella, anche se non sapevamo il preciso motivo. Ma la cosa non ci preoccupava, era meglio così perché era molto più facile stare a scuola senza avere tentazioni. Era anche per non attirare “Prede” che avevamo un atteggiamento altezzoso e indisponente. Non davamo confidenza a nessuno e nessuno si avvicinava. A scuola non ridevamo mai, non sapevamo perché ma era meglio così. Mio padre accostò la macchina davanti a una casa per metà in mattoncini rossi e metà in pietre grigie. Un cancelletto bianco portava a un piccolo ponte che sovrastava un boschetto di edera per terra. Alla fine del ponte cinque scalini portavano a un balcone che girava tutta la casa. Tra il cancelletto bianco e il secondo cancello spostato sulla destra c’era una divisione in pietra con una grande siepe e a unire i due cancelli una staccionata in pietra. Entrammo nella casa da una porta in legno molto spessa e pesante davanti agli scalini. Una minuscola stanza con un armadietto ci separava dall’interno della casa, se allungavi il braccio appena entrato potevi toccare la porta in legno che portava alla casa. Aprii la porta ed entrai nella casa. Un pavimento in marmo nero costituiva il corridoio. Subito alla mia destra c’era una stanza con una grossa colonna da una parte a cui si accedeva da una doppia porta in legno e vetro. Di fronte a quella stanza c’era un’altra porta che portava a una seconda stanza, poi c’era il bagno, lungo e stretto, una terza stanza e la cucina. Sorprendentemente era l’unica stanza arredata << Sceglietevi una camera ragazze >> Christine aveva per mano mio fratello e cominciò a perlustrare la casa. Io entrai in cucina, come nella stanza con la colonna una porta portava al balcone che circondava la casa, ma sulla destra aveva una porta in legno con un grosso pannello in vetro. D’istinto la aprii e una scala a chiocciola davanti a me portava ad un piano sottostante. Scesi e un sogno mi si aprì davanti una stanza di color giallo-marrone corsi al pano di sopra e trovai mia madre in cucina sorridente << Sapevo che avresti scelto l’unica stanza che era isolata... >> disse evitando di guardarmi << Per questo l’ho fatta aggiustare per te… >> aggiunse << Se vuoi rinfrescarti o pensare a come disporla vai di sotto e fai tutto, hai un bagno. Tra un po’ andremo a comprare i mobili >> scesi nella mia camera e quando lanciai un’occhiata alla camera ebbi un flash di come l’avrei disposta. Le mie valige erano nel centro della sala vuota. Corsi in bagno e mi guardai nello specchio che mia madre aveva appeso una delle prime volte che era venuta li. Misi a posto i miei boccoli biondi, e truccai i miei occhi color ghiaccio. Ero l’unica nella famiglia ad avere quelle caratteristiche. Mio padre e mia madre avevano i capelli e gli occhi castani, mia sorella aveva gli occhi verdi e i capelli castano scuro. Io e mio fratello eravamo i più simili, lui aveva i capelli biondo scuro e gli occhi color nocciola. Assomigliavo all’unico della mia famiglia, che in realtà non era della mia famiglia, avevamo trovato Daniel nel bosco in Germania e lo avevamo tenuto con noi ma era come se fosse nostro fratello. Avevamo iniziato una sorta di allenamento fin da subito, lo facevamo giocare con noi, lo facevamo attaccare e a volte riusciva a prenderci nonostante la nostra velocità, sottovalutavamo quel bambino e ci distraevamo. Cercai mia sorella e mio fratello e li trovai nella camera vicino all’entrata. << Hai già pensato a come disporre la stanza? >> chiesi, << Sì, penso di mettere i due letti lì e di compare un grosso armadio a muro da mettere li, e poi una scrivania. >> m’indicava le pareti con l’indice. << Tu? >> chiese << Sì, più o meno… >> Daniel saltava da una parte all’altra della camera giocando con mia sorella. Loro due dividevano la stanza da quando era arrivato. << Andiamo ragazzi! >> Urlò mia madre, mia sorella si alzò e prese mio fratello per mano, arrivata alla porta porsi la mano a mio fratello che la afferrò e ci dirigemmo verso la macchina. La macchina di mia sorella era parcheggiata nel cortile in pietra, decidemmo di usare due macchine per paura che non entrassero tutti in una sola. Io e Christine salimmo sull’X5 i miei genitori sull’Ulysse di mio padre. Arrivati al negozio di mobili. Li portammo a casa e passai tutta la notte a montare i mobili. Li montai da sola, ero abbastanza brava in queste cose mentre invece mia sorella aveva seri problemi. Montai il mio letto a ponte color legno con un letto a una piazza e mezza sotto con solo la testa sotto l’armadio e un comodino in coordinato, la grande libreria in legno. Poi montai il mobiletto in legno dove avrei messo la TV e il tettore dvd. Poi tutto intorno misi il divano e le poltrone. Avevo studiato tutto in modo che non ingombrasse nel vedere la TV dal letto. Poi misi a posto nella scrivania i libri di scuola che erano nelle buste della libreria, sistemai i miei vestiti in ordine nell’armadio sistemai le mie chitarre, elettrica e classica, la mia tastiera e il mio basso accanto al camino con i rispettivi amplificatori e scelsi come mi sarei vestita il giorno dopo. Il sole stava sorgendo, voleva dire che avevo ancora circa due orette prima dell’inizio della scuola e anche se per gli altri non lo era, per me era il primo giorno. Optai per una maglietta rosa, un paio di pantaloni neri, le mie scarpe a scacchi nere e rosa e un nastro tra i capelli, rosa. Presi il foglio che la scuola aveva inviato a me e a Christine con gli orari delle lezioni, una cartina della scuola e un foglio da fare firmare a tutti i professori il primo giorno. Usai tutta la mia intuizione per capire quali fossero i libri corrispondenti alla materia. Finiti i preparativi mi vestii, poi corsi in bagno e mi pettinai i biondi ricci che non si scomposero ma solamente si unirono in una chioma lunga e splendente. Rinunciai al nastro per optare a due stelle nere che ebbero un effetto migliore, poi mi truccai con una matita nera gli occhi, che facevano spiccare il loro colore pari a quello del ghiaccio. Salii le scale e mia sorella stava per aprire la porta per venirmi a chiamare << Uh, stavo venendo a chiamarti Zoe… >> mi limitai a sorridere << Andiamo? >> chiesi. Christine annuì e ci incamminammo silenziose alla porta per non svegliare l’unica persona che in casa dormiva, mio fratello. Salimmo in macchina e mia sorella disse mentre ingranava la marcia<< Di nuovo tutto da capo >> io guardai basso e dissi << Già… >> << A quanto saremo arrivate? >> Chiese sorridendo << Penso sia circa la centesima se non molto di più… >> << Si, più o meno siamo li… >> << Abbiamo fatto tutte le scuole esistenti, dallo scientifico al classico a tutti i licei possibili >>Dissi << Già ma solo i licei, mamma ha la fissa.. >> sorrisi, non ricordo nei particolari ma quando fu ora di iscrivermi a scuola la prima volta, quando ancora ero mortale, fu una vera tragedia. << Non è stata colpa tua Zoe >> disse triste guardando fissa la strada << Si che… >> Christine inchiodò all’improvviso, la cintura (Completamente inutile per noi) ci impedì di schiantarci contro il parabrezza, una Volvo argentata ci tagliò la strada uscendo da un sentiero in mezzo ad un bosco. la nostra macchina rimase ferma per un po’ quando la Volvo si fermò << Ha anche il coraggio di scendere >> dissi più irritata che mai, mentre un ragazzo usciva dalla macchina argentata << Zoe ti prego calmati >> disse Christine << Chris se fossimo state umane noi… >> Mi interruppe e tirò giù il finestrino mostrando il volto del ragazzo che guidava la Volvo. Un ragazzo dai capelli bronzei spettinati e gli occhi color miele apparve dal finestrino << Tutto a posto? >> chiese con voce calma e vellutata << Si noi… >> Christine non riuscì a finire la frase che io la interruppi << Certo, chissà a cosa si pensa quando si guida >> dissi in un sussurro che forse uscì a volume troppo alto, guardavo fisso fuori dal finestrino. Il ragazzo sorrise e disse << Scusate davvero. Non era nelle mie intenzioni… >> non lo lasciai finire, mi girai adirata e dissi << Cosa? Tentare di ucciderci? >> lo inchiodai con lo sguardo, lui sbarrò gli occhi ma si ricompose subito. Allora intervenne Christine << Lasciala perdere, è solo agitata per il primo giorno di scuola, comunque non ti preoccupare, stiamo bene… >> disse con voce calma. Chris riusciva a persuadere chiunque quando faceva quella voce, era calma, controllata, quasi non umana e in effetti non lo era. Il ragazzo sorrise e disse << Ok, scusate ancora >> << Figurati >> rispose Chris. Il ragazzo si avviò alla Volvo e salì in macchina, camminava a passo di danza, aggraziato e il suo viso aveva lineamenti perfetti << Sembrava uno di noi vero? >> Christine interruppe i miei pensieri << Si, ma non è possibile >> lei annuì. Non avevamo mai conosciuto altre “Mosche bianche” come ci chiamava mio padre, ma anche se non ne avevamo conosciuti pensavamo che esistessero. Però non sapevamo come avessero potuto reagire alla nostra scelta di alimentazione. Arrivammo a scuola e Christine parcheggiò appena dentro al cancello. La nostra scuola era quel deprimente edificio davanti al quale eravamo sfrecciati davanti il giorno prima. << C’è la possiamo fare Zoe… >> Disse rassegnata, << Dobbiamo >> risposi triste. Mi porse la mano e disse con un sorriso << Dritti alla meta… >> presi la mano e stringemmo << E conquista la preda >> finii io la frase, aprii la porta ma Christine mi tirò il braccio, mi girai verso di lei che mi disse << Non alla lettera, mi raccomando >> sorrisi, presi la borsa e mi avviai all’entrata. Mi diceva la stessa cosa tutte le volte che iniziavamo qualcosa di nuovo. Tutte le macchine parcheggiate erano vecchie e arrugginite, tranne la X5 di Chris, che era già accerchiata da ragazzi appassionati di auto che sembravano non averne mai visto una (e probabilmente era così) e un’altra macchina argentata che mi accorsi, con orrore, che era la Volvo che pochi minuti prima ci aveva tagliato la strada. Cercai la prima lezione sul foglietto della scuola quando una voce maschile disse << Posso aiutarti? >>. Mi girai, un ragazzo biondo mi si era avvicinato pericolosamente << Ho visto che alla prima ora hai Inglese, anche io, se vuoi ti ci accompagno… >> << No grazie >> risposi secca. Vidi Chris che aveva assunto la nostra solita espressione impassibile, intoccabile così mi feci coraggio e la raggiunsi lasciando il ragazzo da solo e assumendo la stessa espressione. Mi affiancai a Christine e quando passammo in mezzo alla folla tutti si spostavano come se avessimo la lebbra. << Ma chi sono? >> << Altri Cullen? >> << No, non credo >>. I ragazzi intorno parlavano sotto voce anche se noi potevamo sentirli comunque. Una domanda mi sorse spontanea: chi erano i Cullen? Entrammo dalla grande porta e ci dividemmo. Fortunatamente le nostre prime tre lezioni non erano tanto distanti l’una dall’alta quindi ci fu facile trovare un riferimento. Alla prima ora entrai in una classe di medie dimensioni con cartelloni appesi al muro che raffiguravano disegni per memorizzare la fonetica. Mi avvicinai alla cattedra e porsi il foglio all’insegnante << Vuoi che ti presenti? >> mi chiese sotto voce il professore mentre fissava il foglio che doveva firmare << No >> risposi secca. Mi porse il foglio e lessi: Mr. Mooney. Poi alzai lo sguardo dal foglio e cercai un banco libero. Lo trovai, l’unico. Era il penultimo e con mia grande delusione notai che dietro di me c’era il ragazzo della Volvo. Era seduto in modo eretto, con il viso dritto e le mani giunte sulle ginocchia. Accanto a lui una ragazza dai capelli ricci. Mi sedetti quando un’altra ragazza mora con i capelli corti entrò dalla porta e con un passo delicato da ballerina mi si sedette accanto. Mi girai dall’altra parte e il sorriso che gli si stampò in viso quando vide la ragazza accanto al rosso della Volvo sparì dalla mia visuale. L’ora di Inglese passò velocemente, come tutte le ore di Inglese che avevo frequentato nell’ultimo secolo. Al suono della campanella presi i miei quaderni e infilai tutto nella borsa. Uscii dalla porta e incontrai Christine << Quanti ci hanno provato fino ad ora? >> la mia voce era un sussurro, ma lei non aveva problemi a sentirmi, << 3, tu? >> parlavamo senza muovere la testa, la tenevamo dritta, ma non con il mento in alto << Ahia, solo uno mi devo dare da fare… >> voleva ridere ma avrebbe rotto la sua espressione impassibile. Così sorrisi io per lei. Alla seconda ora avevo letteratura Italiana. Su quello nessuno mi poteva battere, ero italiana e della letteratura sapevo tutto. Entrai e mi sedetti in un banco vuoto, un ragazzo mi si sedette accanto, era un ragazzo con i capelli neri portati sul viso in una frangia disordinata, e due occhi color cielo. Il suo odore mi penetrò, era diverso dagli altri, dolce, buono, ma la cosa peggiore era che stava minando il mio autocontrollo. << Ciao.. >> disse. Aveva una voce dolce e vellutata. I miei occhi si accesero di desiderio, ma non era desiderio umano, era desiderio da “Mosca bianca”. Non sapevo cosa fare. Io fissai maliziosa, ma contro la mia volontà. Decisi di fare la simpatica, magari mi sarei calmata. << Ciao… >> dissi, la mia voce suonò maliziosa e desiderosa. << Io sono David… tu? >> non lo guardavo, dovevo sembrare impassibile, << Zoe >> dissi. Per fortuna la lezione incominciò, parlava di Giovanni Verga. << Odio questa materia >> mi disse David inclinandosi verso di me… feci finta di non sentire << Signor Ricci… >> Disse il professore rivolto a David, << Perché non me lo dice lei? >> mi sentivo in colpa, era colpa mia se si era distratto. Era la prima volta che mi sentivo in colpa per un essere umano. David non aveva sentito la risposta così dopo pochi secondi dalla domanda sussurrai << Rosso mal Pelo >> << Rosso mal Pelo >> ripeté lui. Il professore sbarrò gli occhi, era sicuro che non avrebbe saputo rispondere << Bravo Ricci >> disse. Mi allungai sul banco e spostai con un soffio la frangia che mi era caduta sul viso. David mi passò un foglietto con su scritto: Grazie… Presi il foglio e scrissi: Figurati… è stata colpa mia… scusami… :) mi rispose con una faccina sorridente. Immaginai quel sorriso sul suo viso… ma a cosa pensavo? Ero forse impazzita? La campanella suonò e sfrecciai fuori. Presi il foglietto, me lo infilai in tasca e raggiunsi Chris. Alla terza ora avevo biologia, prima di entrare in classe il ragazzo della Volvo mi afferrò per un braccio << Io salterei la lezione oggi >> disse << Perché dovrei saltarla? >> << Fidati, oggi sezioneranno… >> un brivido mi percorse la schiena, come faceva a sapere che il sangue mi dava problemi? Ma restai impassibile << Ho bisogno della firma del professore… >> mi strappò il foglio di mano prima che potessi finire la frase e firmò << Non controllano mai. Stai tranquilla… >> poi sparì. Decisi che dovevo sparire prima che cominciassero a tagliuzzare le rane e l’odore del sangue mi giungesse alle narici. Come faceva il rosso a sapere quello che ero? Come aveva fatto a sparire in quel modo? Cercavo un posto dove nascondermi, il bagno mi sembrava troppo ovvio e certo non potevo stare a girovagare per i corridoi quindi decisi di uscire e con la mia velocità nessuno mi avrebbe vista di sicuro, quindi mi preparai allo scatto, mi girai per assicurarmi che nessuno mi potesse vedere. Mi sorprendeva il modo in cui riuscivo a mantenere un’espressione impassibile e signorile anche in quelle situazioni. Ma prima che potessi partire una mano mi afferrò il braccio e mi trattenne << Brutta idea… se continui così ci farai scoprire… >> disse una voce calma e vellutata << Cosa? >> chiesi << Hai un comportamento troppo avventato e sconsiderato. Ci farai scoprire... >> il ragazzo dai capelli rossi mi teneva guardandosi intorno, come per assicurarsi che nessuno ci vedesse parlare, ma io continuavo a non capire, o forse non volevo capire. Tante domande mi passavano per la testa ma una sola faceva da padrona “perché lui sapeva, come aveva fatto?” poi aggiunse << Non è difficile da vedere… tu e tua sorella ci state mettendo nei casini… >> la mia espressione non cambiava, ero fredda, distaccata e continuavo a tacere << Non so di cosa tu stia parlando… >> dissi dal nulla. Lui fece un sorriso sghembo e disse << Sai benissimo di cosa io sto parlando… >> scrollai il braccio cercando di liberarmi dalla presa del rosso ma lui strinse la presa. Non potevo sbilanciarmi usando più forza di quanto una ragazza di 17 anni disponga o avrei disintegrato la mia copertura, ormai distrutta. << Ora devo spiegarti qualche cosa. >> disse con tono solenne e lasciandomi il braccio << Qui a Forks non possiamo scorrazzare ovunque noi vogliamo >> disse. Io ascoltavo attenta ma facendo attenzione a non sembrarlo << C’è un posto che per noi è off limit… si chiama La Push, è una foresta sull’oceano. Non puoi entrarci, nessuno di noi può. >> poi mi fissò e io colsi la palla al balzo << E chi sarebbero “noi”? >> lui sorrise anche se visibilmente irritato << Smettila di fare la commedia, io so leggere nel pensiero e l’ho letto in quello di tua sorella… Io e la mia famiglia siamo come voi… >> aveva abbassato la voce e mi aveva ristretto il braccio e mi aveva avvicinata a se, parlava con voce irritata. Io rimanevo impassibile e fredda dissi << E cosa sareste tu e la tua famiglia? >> lui inspirò profondamente, come un toro nell’arena, poi continuò << Freddi… >> disse. Aveva usato il termine ritenuto il più neutrale tra quelli con cui ci chiamavano, ma ormai ero stata scoperta, ma volevo esserne sicura al cento per cento << Allora fammi vedere cosa sai fare… Freddo >>dissi con aria maliziosa alzando solo un sopracciglio, lui sorrise con il solito sorriso sghembo di prima poi rispose << Ora non posso… ci scoprirebbero… >> disse, << Cos’è? Hai paura di farti beccare? D’altronde se qualcuno vede possiamo sempre sbarazzarcene >> dissi girando la testa di lato e leccandomi i denti superiori. << Seconda regola >> disse lui << Qui non si mangiano umani… questo sarebbe proprio un problema. >> io fui sollevata nel sentirgli dire quelle parole. Allora mi rilassai e dissi << Fiu, meno male… >> lui sorrise << Non ci siamo ancora presentati >> disse << Edward >> io con un sorriso che mostrava la mia fila di denti affilati come rasoi dissi << Zoe… >> con un tempismo perfetto la campanella suonò la fine della terza ora. Alla quarta avevo matematica, lasciai Edward e mi diressi verso l’aula. Durante il tragitto pensai a tutto quello che mi aveva detto Edward e mi focalizzai su una sua frase C’è un posto che per noi è off limit… si chiama La Push… quindi i Freddi come noi li non possono entrare, perché?. Entrai nell’aula e porsi il foglio al professore che lo firmò frettolosamente, era il professor Wikley, un uomo basso con pochi capelli. Mi augurò di divertirmi alla lezione, mi chiedevo come potevo divertirmi a una lezione di Matematica. Mi avviai verso un banco vuoto, con il mio solito passo aggraziato e leggero che quasi non si sentiva che stessi camminando. Lanciai un’occhiata verso un banco pieno, non so per quale motivo, e vidi David accanto a un ragazzo alto con i capelli color nocciola. Mi sforzai di non sentire tenendo a bada il mio udito sopraffino e in effetti ci riuscii. Mi sedetti ad aspettare l’inizio della lezione quando un odore dolce e forte – quasi irresistibile – mi si avvicinò fino ad essermi accanto. << Ciao Zoe >> la sua voce era calma e dolce, quasi implorante e non capivo il perché. << Ciao… >> dissi. Il suo odore era forte e per peggiorare la situazione dopo il mio “Ciao” si era avvicinato quasi da toccarmi. Fui costretta – contro voglia – ad allontanarmi da lui. David rimase molto male vedendo che mi ero allontanata, vidi che abbassava lo sguardo triste, forse la voce malinconica e quel viso triste non erano un caso… girai la testa e la inclinai come un gatto in cerca di coccole, ma più che un gatto ero una tigre. Sapevo quello che stavo per fare ma non potevo vedere quel semplice essere umano – che per qualche strano motivo mi stava a cuore – in quelle condizioni. << Che c’è? >> chiesi con aria curiosa, pur mantenendo un’aria intoccabile << Cosa? >> chiese lui mentre si girava distratto, << Cosa hai? Sei triste… >> mantenni la testa piegata e i capelli caddero dalla mia spalla rimanendo a penzoloni, lui fissò i boccoli sospesi distogliendo lo sguardo dal mio viso, poi sbattei gli occhi e il suo sguardo si spostò sul mio viso. Era attento ad ogni particolare, ma non accennava a rispondere << Allora? >> chiesi spalancando gli occhi. Lui guardò basso verso il libro ma non volli trasalire sulla cosa. Ma cosa potevo fare? Avrei dovuto – e forse voluto – girarlo con la forza e costringerlo a dirmi cosa lo affliggeva, ma il contatto sarebbe stato fatale per il mio autocontrollo. Ma una domanda coprì tutti i miei pensieri: Perché mi interessava così tanto? Insomma lui per me avrebbe dovuto essere solamente uno spuntino e il suo odore così particolare – diverso da quello degli altri – era un incoraggiamento ad aggredirlo. Eppure vederlo soffrire mi faceva stare molto male, un dolore molto simile a quello che avevo provato quando un più di un secolo prima avevo realizzato cosa ero diventata e anche allora non capivo il perché di quel dolore, o forse semplicemente non me lo ricordavo. La lezione cominciò e per mezz’ora non pensai ad altro che a quello sguardo triste che dominava il volto dell’essere umano con un odore dolce e tentatore seduto accanto a me quando furiosa strappai un pezzo di carda dal quaderno e scrissi: Mi dici cos’hai?!?!?! e furtiva lo passai a David che lo afferrò e lo lesse, poi sbuffò e lo infilò dentro il quaderno. Quel gesto mi offese, forse non voleva parlare con me? Non ci conoscevamo abbastanza da raccontarmi il motivo per cui stava male e per cui faceva stare male me? Così gli strappai un altro foglietto e scrissi Cos’è? Non vuoi parlare con me? Passai il biglietto che subito afferrò e lesse. Poi mise lo mise nel quaderno, strappò un foglietto e cominciò a scrivere. Poi me lo allungò e lo afferrai: Stai con un Cullen?! Chi erano i Cullen? Chi sono i Cullen? Ora non fare la finta tonta! Edward Cullen, vi ho visti parlare vicino all’uscita alla terza ora, eravate molto vicini e ti teneva per un braccio… Edward? Intendi quello che stamattina ha cercato di uccidermi? Non so di che Edward tu stia parlando ma io intendo Edward Cullen, quel ragazzo che tutte sognano ma che, per tua sfortuna, è Fidanzato con Isabella Swan. Ha i capelli rossi e gli occhi chiari. Il tipico sogno irraggiungibile… Stava parlando del rosso, Edward, era geloso, non triste. Geloso di me. D’istinto scrissi una frase di cui pochi secondi dopo mi sarei pentita Allora stiamo parlando della stessa persona, e poi per semplice informazione non è il mio sogno irraggiungibile, non è proprio il mio tipo… preferisco i capelli abbastanza lunghi e scuri e gli occhi chiari… Senza volerlo avevo dato una sua descrizione… odiavo agire d’istinto, succedevano sempre casini. Il professore non si accorgeva di niente, eravamo bravi nel passaggio di bigliettini. Allora perché eravate così vicini e avete saltato la lezione insieme? Puro caso, e poi metterei in chiaro una cosa, non sapevo nemmeno il suo cognome, sono arrivata 4 ore fa, E IO NON STO ASOLUTAMENTE CON EDWARD CULLEN! Ok? Lui sorrise. Aspettavo quel sorriso da un’ora. Ok…:) La campanella suonò in tempismo perfetto, presi il foglietto e lo infilai nel quaderno << Pranzi con me? >> riassunsi il mio atteggiamento intoccabile e risposi << Meglio di no… >> e mi avviai verso la porta. Feci in tempo a vedere il sorriso svanire dal suo viso e il suo amico avvicinarsi con un sorriso smagliante, e mettergli una mano sulla spalla. Christine mi aspettava fuori dalla classe << Dov’eri alla terza ora? >> mi chiese << Sono stata costretta a saltare la lezione >> parlavamo senza quasi muovere bocca, senza girare la testa, era come se non stessimo nemmeno parlando. << E perché mai? >> << Sezionavano… >> << Ah… >>. Entrammo nella mensa e dopo aver preso una fetta di pizza ciascuno e due cartocci di cioccolato ci sedemmo ad un tavolo vuoto nel centro della stanza << Proprio quello che ci serve… >> dissi mentre mi sedevo << Perché? >> << Non so se hai notato che siamo nel centro della sala, tutti ci guardano perché siamo la novità del momento e riusciamo a parlare facendo pensare che in realtà siamo zitte… >> Christine tratteneva a stento una risata. Restammo tutto il tempo a parlare senza che gli altri se ne accorgessero senza toccare cibo << Il rosso mi ha fermata, ha capito tutto… >> dissi. Christine mi guardò con gli occhi sbarrati << Cosa?!?!?! >> << Ha detto che sa leggere nel pensiero e mi ha spiegato “Le regole” >> << Quali regole scusa? >> << Che qui loro non mangiano umani e che non possiamo entrare in un posto che si chiama… La Push… >> << E perché? >> << Non so, ha detto che i >> Abbassai la voce << I Freddi, non ci possono entrare… >> Christine sembrava convinta… << Ne parliamo stasera con mamma e papà… >> io annuii. Poi ci alzammo e buttammo via il cibo << Non capisco perché dobbiamo comprare roba che poi non mangiamo >> << Nemmeno io ma lo dobbiamo fare… >> << Cosa hai ora? >> << Biologia >> rispose << Tu? >> << Ed. Fisica… >> << Oh no! >> << Che c’è? >> << Non fare l’esibizionista e sii delicata, non è come quando giochi con me, siamo come elefanti in una cristalleria, sono delicati Zoe… >> << Va bene, farò il possibile… >> dissi sbuffando << Brava… ora vado ci vediamo all’uscita… >> annuii e mi avviai alla palestra. Entrai nell’infermeria della palestra << Salve, dovrei ritirare la divisa >> << Certo! >> rispose una donna bionda con i capelli raccolti in piccole ciocche sulla nuca con delle mollette che mi accolse con un sorriso che io non ricambiai. Mi porse una divisa sperando di ricevere un qualsiasi sorriso ma risposi con un semplice << Grazie >>. Anche se ero una Fredda l’educazione la sapevo anche io. Mi spogliai e mi misi la divisa. Era una divisa con un pantaloncino e una canottiera che per mia disgrazia mi stava a pennello e che per questo mi avrebbe fatto attirare l’attenzione. Uscita dallo spogliatoio con il mio solito atteggiamento ma con sorpresa vidi Edward Cullen appoggiato al muro con le mani nelle tasche della tuta. Lui aveva i pantaloni lunghi e una canottiera che metteva in risalto il suo fisico. Anche se imbarazzata dagli sguardi dei ragazzi avanzai verso la parete più vicina e mi ci appoggiai. Un ragazzo mi si avvicinò << Ciao! >> con il minor entusiasmo possibile dissi << Ciao… >> ma il ragazzo non sembrava arrendersi << Come ti chiami? Io sono Carl… >> non volevo rispondere ma come potevo fare? Ad un tratto una mano afferrò il collo da dietro in un gesto amichevole e qualcuno mi dette un bacio sulla guancia. Era freddo, come me, misi a fuoco ed era Edward che fulminò con lo sguardo il ragazzo. Aveva assunto un’espressione seria, sadica e adirata. Carl si allontanò. Nessuno – tra me e Edward – aveva cambiato espressione, lui aveva quella terrificante e io quella impassibile e la sua mano era ancora salda sul mi collo. << Prima ti ho quasi ucciso, ora ti ho salvato… buffo no? >> non aveva cambiato espressione, trafiggeva Carl che, terrorizzato, non osava girarsi. << Grazie mille.. >> dissi senza cambiare espressione e senza smuovere lo sguardo. La professoressa entrò nella palestra e dopo il riscaldamento ordinò di formare le squadre, Edward insistette per fare coppia con me. Per me fu un sollievo perché potevo essere più naturale. Nello sport ero grande quindi vinsi tre set a zero. Edward sapeva prendere la sconfitta anche se ci era rimasto evidentemente male. Tutti i ragazzi della palestra avevano provato ad attaccare bottone ma Edward prontamente provvedeva a scacciarli… uscita dalla palestra andai all’entrata cove Christine era accerchiata da ragazzi, io mi avvicinai e – con la nostra solita espressione – ci avviammo senza concedere attenzione ai ragazzi, salimmo in macchina e appena fummo lontane dalla scuola tirammo un sospiro. Arrivati a casa mi fiondai a casa e mi lanciai sul letto e cominciai a pensare. Cosa era La Push, al comportamento di Edward ma la cosa che più mi faceva pensare era il perché mi avesse fatto male vedere David triste e che cosa fosse quella sensazione… pensai a cosa avevo sentito quando avevo realizzato quello che ero diventata, un mostro un pericolo pubblico. Ecco! Quello era il punto, avevo realizzato che ero un pericolo per David e che se avesse continuato così avrei potuto perdere il controllo sarei diventata pericolosa per lui. Sentii una fitta al cuore, la sensazione di poter fare del male a David mi strinse il cuore in una morsa terribile, poi un ricordo più recente degli altri mi bloccò ogni pensiero. Il suo odore, dolce,intenso, buono o meglio, delizioso. Rabbrividii al suono di quella parola, ci pensavo come umano nel senso persona o nel senso di preda e rabbrividivo all’idea del corpo di David senza vita con il collo bucato… tirai fuori i libri di scuola e cominciai a fare i compiti ma la concentrazione andava e veniva quando decisi di isolarmi dal mondo. Finii prima di quando credessi così ero di nuovo in balia dei miei pensieri, quando l’immagine di David morto mi passava davanti rabbrividivo. Perché mi preoccupavo così tanto di un essere umano? Avrei dovuto pensare a lui come uno stuzzichino ma l’immagine del suo corpo senza vita mi faceva soffrire, mi stringeva il cuore e mi faceva mancare la terra da sotto i piedi ma l’immagine del suo corpo inanimato mi faceva soffrire e quasi morivo all’idea. Guardai l’ora, erano sempre le 5 di pomeriggio. Riemersi dalla mia camera e trovai mia madre e Christine sedute al tavolo della cucina << Oh Zoe… >> sorrisi, << Christine mi ha raccontato cosa è successo stamattina, sai come si chiama il ragazzo che ti ha parlato? >> aveva assunto un tono solenne, diffidente << Edward Cullen… mi ha detto che ci sono delle regole >> dissi << Cullen? Regole? >> << Si… regole… >> << Domani chiedigli dove abita Zoe… andremo a trovare la su famiglia… >> << Ah, ci ha vietato di mangiare umani quindi credo che non siano pericolosi… e non dobbiamo andare a La Push, è un boschetto sulla costa… domani chiederemo bene.. >> dissi. Mia madre annuì senza scomporsi, poi guardai fuori. Pioveva.

Ritorna all'indice


Capitolo 2
*** I cullen ***


Mi ricordo la prima volta che avevo visto mio fratello dormire. Aveva appena smesso di piangere disperato e mi aveva sorpreso il modo in cui dormiva tranquillo nel lettino, era come se nulla potesse disturbarlo e quando si era svegliato non si ricordava nemmeno di aver pianto. Così avevo cominciato a pensare, se fossi stata capace di dormire forse mi sarei scordata tutto quello che di brutto era successo, avevo pensato al modo di dire “dormici su” oppure “dormi, dormi che domani passa”. Pensavo se fosse davvero così e io non potevo chiedere a qualcuno che potesse rispondermi con una frase di senso compiuto. Tutte le persone che conoscevo non dormivano quindi ero rimasta con il dubbio. Aspettavo il giorno dopo, dovevo chiedere a Edward dove abitava ma più che ogni altra cosa volevo rivedere David, ma avevo allo stesso tempo paura di risentire il suo profumo, se fosse stato più intenso non mi sarei trattenuta. Forse ci avrei fatto l’abitudine? Misi le mani in tasca e sentii dei pezzi di carta li estrassi, non mi ricordavo cosa fossero, li aprii e riconobbi la scrittura disordinata di David. Lessi: Isabella Swan… chi è Isabella Swan? Era una componente della famiglia di Edward? Quanti erano nella sua famiglia? erano tutti “bravi” come noi? Eravamo bravi? Troppe domande, troppo tempo per poterci pensare, tutta una notte. Pensavo a come poter resistere a David, poi mi venne un’idea: la caccia! Se fossi stata sazia non avrei trovato così invitante… erano le sei, troppo presto, così corsi nella camera con la colonna che era diventato un salotto, li trovai mio padre, mia madre, Chris e mio fratello. << Mamma, devo andare a caccia, ho fam… ho sete… >> mia madre annuì
<< Devo venire anche io.. >> mi disse Chris. Così i miei erano costretti a rimanere a casa. Due di noi dovevano sempre stare a casa, per controllare mio fratello e per controllare che nessuno lo usasse come cena. Per questo andavamo a caccia due alla volta, ma l’angoscia era tanta, un bambino si ferisce facilmente. Quindi preferivamo fare in fretta e finirla li… andammo a cambiarci; mi misi una maglia sbracciata bianca e un paio di pantaloni della tuta al ginocchio blu. Infilai un paio di scarpe da ginnastica bianche. Poi mi feci una coda e con molte mollette tenni i capelli più corti. Poi corsi in sala e chiesi << Sicuri che siete a posto? >>
<< Si, si… fidati >> disse mia mamma << Siamo sazi >> disse mio padre picchiettando con la mano la pancia. Mio fratello era sul divano che giocava con una macchinina rossa e una marrone << Andiamo? >> disse mia sorella. Io annuii. Aveva un paio di pantaloni della tuta neri, una maglia bianca e un paio di scarpe da ginnastica e la coda alta. Uscimmo e salimmo in macchina. << Come mai? >> mi chiese mia sorella << Cosa? >>
<< Perché vuoi andare a mangiare? >>
<< Ho sete… te lo ho già detto… >>
<< Si, si… >> sussurrò lei. Preferii non dire nulla. Ci voleva un po’ per arrivare alla riserva dove avremmo mangiato. Passammo davanti ad una casa dove vidi una Volvo argentata parcheggiata. Mia sorella mi guardò e io restituii lo sguardo. Si fermò e parcheggiò << Vuoi che andiamo? >>
<< OK, solo a vedere il campanello… >> Chris annuì. Ci avviammo a piedi verso il campanello e leggemmo :Cullen. ci scambiammo un’occhiata. Eravamo indecise se suonare << Sarebbe meglio di no… >> disse
<< Sarebbe.. >> sottolineai io. << facciamo le educate Zoe… >> disse in modo giocoso
<< Va bene… >> salimmo in macchina e partimmo.  Arrivammo alla riserva alle 11. Era deserto. Cacciammo per tutta la sera. Arrivammo a casa alle 6. Mi ero riempita ma ero tutta sporca di sangue, invece mia sorella era pulita come quando era uscita
<< Ma mi spieghi come hai fatto? >>
<< A fare cosa? >>
<< A sporcarti tutta così… >>
<< Non so, avevo fame… >>
<< Ammazza!!! >>
Disse aveva una goccia di sangue che gli colava, la raccolsi con il dito e lo misi in bocca poi dissi << Grizzly?!?! >> lei sorrise << Tu odi gli orsi… >>dissi
<< Beh era li che mi implorava di ucciderlo cosa potevo fare? >>  risi. Arrivammo a casa e corsi in camera mia a cambiarmi e a lavarmi. Mio fratello era salvo e la casa sembrava ancora in piedi.  Mi lavai i capelli e mi preparai. Alle 7 ero pronta a partire. Così mia sorella. Arrivati a scuola andammo insieme verso la classe di Christine, cercavo di vedere David ma non l trovai. Nemmeno Edward era nei paraggi. Andai nella classe di storia e mi sedetti in un banco vuoto. La classe era deserta, solo io ero entrata in classe. Non sapevo se aspettare David o sperare che non arrivasse. Quella terribile immagine mi passava continuamente davanti. Poi lo vidi entrare, una sensazione di sollievo mi avvolse. Riuscii a mantenere la mia espressione però i miei occhi si illuminarono. David era triste, mi vide e mi sorrise mutando la sua espressione per qualche secondo, poi si sedette, in un banco vuoto. Perché non è venuto accanto a me? Ieri aveva lasciato il suo amico per venire accanto a me, e oggi? Forse si era offeso perché ieri ero stata tanto invadente? I miei occhi si spensero, la mia espressione si velò di tristezza… il mio cuore si strinse in una morsa. Non avevo mai sorriso in nessuna scuola, presi una decisione il mio primo sorriso lo avrei regalato a lui. D’altronde forse era giustificata la sua offesa, non gli avevo mai sorriso, mai fatto un’espressione diversa che agli altri, forse lo avevo scoraggiato dal stare con me, e poi avevo declinato in modo così freddo il suo invito a pranzo… ora toccava a me farmi perdonare. Ma come potevo? Una vampira doveva fare le cose con classe, così decisi di invitarlo a pranzo in modo che fosse stato lui. Quel giorno l avrei avuto anche a letteratura italiana e a matematica… la giornata si annunciava bene. Seguii tutta la lezione cercando di ignorare il ragazzo che cercava di attaccare bottone che era seduto davanti a me. Uscii dalla classe e raggiunsi mia sorella << Chris, credo che oggi non mangerò con te… >>
<< E con chi mangi? >>
<< Con uno >>
<< Cosa? >> non risposi, << Fai attenzione… perché ci mangi insieme? >> 
<< Non so, mi incuriosisce… >> lei annuì e sparì. Io entrai nella classe di economia riuscii a trovare un banco e a seguire la lezione. Ero ansiosa di arrivare alla lezione successiva, matematica. Chissà se si sarebbe seduto accanto a me? Perché cercavo l’autodistruzione? La campanella suonò. Presi le mie cose e andai alla lezione. Entrai. David era già li. Pensai che un sorriso forse avrebbe attirato di nuovo la sua attenzione, così sorrisi contenta e mi avvicinai.
<< è libero questo posto? >> mi suonava così strano quello che stavo facendo: sorridevo, chiedevo… lui era triste, con aria malinconica disse << In verità ci sarebbe Alfredo… ma figurati, se vuoi siediti >> spostò il suo zaino dalla sedia
<< No, no… se vuoi Alfredo vado a sedermi da un’altra parte… >>
<< No, no… siediti figurati… >> non mi sembrava molto contento, non sapevo cosa dovessi fare… << Va beh, sarà per un’altra volta… >> dissi riassumendo la mia solita espressione. Mi allontanai e vidi l’amico di David che da dietro di me si sedeva al suo posto. Mi guardava e poi parlò con David. Io mi sentivo così stupida, passai tutta la lezione a pensare. Il professore pensava che fossi impegnata nella matematica ma in realtà non era così… perché mi odiava così tanto? Alfredo mi guardava in continuazione, poi parlava con David e riprendeva a guardarmi, più che altro mi studiava. Io avevo la mia solita espressione ma era velata da un’ evidente tristezza. Non potevo fare altro che pensare alla breve conversazione, la sua faccia triste mi intristiva… suonata la campanella misi i libri nella cartella più lentamente del solito. Non avevo motivo di sbrigarmi. Non dovevo accompagnare Chris e non dovevo aspettare David nell’altra classe quindi feci tutto con una lentezza innaturale per me. Poi presi la borsa con i libri e partii, ero una delle ultime e anche David era già uscito. Arrivai nella classe di letteratura italiana e vidi che David e Alfredo si erano seduti distanti. Guardai il posto vuoto accanto a David, poi spostai gli occhi su di lui e tirai dritto. Sul mio viso ora regnava la rabbia. Alfredo mi osservava. Io mi misi all’ultimo banco da sola. David e Alfredo si guardarono, Alfredo gli faceva cenno con la testa di venirmi vicino e David girava la testa dall’altra parte. Una sensazione di rabbia mi invase, non era una buona cosa, il suo odore più la rabbia erano un mix perfetto per farmi perdere il controllo. Sbattei i libri sul tavolo e mi avviai con rabbia al banco di David, i miei passi nell’ira erano ancora più leggeri. Sbattei i palmi delle mani sul tavolo e dissi
<< Senti se hai dei problemi con me o ti ho fatto qualcosa me lo dici e basta ok? >> lui si girò con in volto un’espressione mista tra sorpresa e rabbia. Presi e mi andai a sedere al mio posto lui prese e adirato venne verso il mio banco. Si appoggiò con forza al banco e disse
<< Oh cos’è? Mi hai ritenuto abbastanza degno da poter rivolgermi la parola? >> mi girai verso di lui. Ero in preda all’ira, il duo odore oggi era più dolce e invitante di ieri, la sua rabbia lo rendeva ancora più ghiotto. << Io ho fatto cosa? >> chiesi alzandomi. Era leggermente più alto di me.
<< Ieri non mi hai neanche parlato, ti ho chiesto di mangiare insieme e sei fuggita… >>
<< Oh senti parla Mr. Disponibilità! Perché non vai da Alfredo?! >> tutti ci guardavano, erano curiosi di vedere la ragazza nuova che si adirava. Riuscivo a mantenere una espressione intoccabile anche se ero più che arrabbiata, ma David non sembrava esserne intimidito. << Scusa se non sono sempre ai tuoi ordini! Posso scegliere a chi stare accanto? >>
<< Volevo solo essere carina… >>
<< Beh ieri sembrava che ti dessi fastidio! >> avevamo il volume della voce moderato, ma i toni erano accesi. Lui si avvicinava, io mi adiravo e la cosa non era per niente positiva. Il suo odore era sempre più forte e il suo collo sempre più vicino. I miei occhi cominciarono a scurirsi, li chiusi cercando di calmarmi ma il suo odore era forte, troppo. Sentivo nascere qualcosa dal petto lo riconoscevo, era un ringhio. Cercai di trattenermi, serravo i denti, tenevo gli occhi chiusi, cercavo di non fare caso alla gola riarsa che chiamava il suo sangue e gran voce. smisi di respirare per non sentire il suo odore ma ormai era troppo tardi. Ad un tratto due braccia mi cinsero, erano braccia forti e fredde << Professore la signorina non si sente bene, la porto in infermeria >>
<< Certo Signor Cullen, faccia pure… >> dopo poco sentii dire
<< Bella, le sue cose tienile tu, ora però va! >> poi sentii le sue braccia stringere forti, il suo respiro sulla mai guancia
<< Calmati… >> la sua voce era calma e vellutata. Io ero rigida come un pezzo di legno, aprii gli occhi ed erano neri, avevo dei piccoli spasmi per i tentativi di liberarmi, il suono che gorgogliava dal petto non cessava, aprii la bocca e ad un tratto non eravamo più nel corridoio. Eravamo in una classe deserta, mi teneva con le braccia strette al petto per tenermi ferme le braccia un ringhio mi scaturì dalla gola. Poi cominciai ad ansimare nervosa << Lo voglio... >> dissi con voce rauca << Non è vero, non lo vuoi in quel senso >> disse calmo Edward. I miei spasmi si fermarono, il suono dalla gola cessò ma gli occhi erano scuri
<< Come lo sai? >>  non mollò la presa. Aveva la bocca sulla mia guancia, sentivo il suo respiro regolare sul mio viso. I miei occhi tornarono normali. Allora lasciò la presa. << È strano che tu dica questo >>
<< Perché? >>
<< Perché nemmeno io so cosa provo >>
<< Lo sai, ma non vuoi ammetterlo. Oggi passa pure quando vuoi, noi siamo sempre in casa >> senza chiedere altro annuii. Guardavo fisso un punto, un angolo, << Cosa diciamo? >>
<< Hai avuto una crisi dovuta al nervoso... >> annuii senza staccare gli occhi dall’angolo. Lui uscì dalla stanza e lo seguii dopo quanche secondo.
<< Ecco la tua roba, Bella ha preso tutte le tue cose >>
<< Bella è umana vero? >> Edward annuì e poi sparì. Storia dell’arte, mi avviai all’aula e davanti alla porta vidi David. Lui mi vide e si alzò – era appoggiato al muro – era con Alfredo. Non degnai David di uno sguardo, feci per entrare ma mi afferrò per un braccio. Mi divincolai subito. Mi avviai verso un banco vuoto e mi sistemai. << Zoe… >> mi chiamò una voce vellutata e dolce che avrei riconosciuto tra mille. Il suo odore si avvicinava sempre di più. Non risposi. Guardavo baso. Lui si accucciò e fece spuntare solo gli occhi dal tavolo. Aveva due occhi bellissimi, non mi ci ero mai soffermata sopra, in quel momento in particolare che faceva gli occhi da supplica di un cucciolo, era impossibile non attaccarcisi << Scusa Zoe… >> disse facendo il labbrino
<< No, scusa tu, non avrei mai dovuto parlarti, >> dissi distogliendo lo sguardo << è stato un mio errore >> un dito caldo mi spinse la guancia verso la parte in cui stava David. Stranamente non stavo perdendo quella calma, ma un’altra. Lui era li, a pochi centimetri da me << Mi avresti ucciso se ieri non mi avessi suggerito, non mi avessi chiesto perché ero triste… >> i suoi occhi mi guardavano imploranti. Poi fece toccare i nostri nasi e tirò di colpo su il viso facendoli scorrere l’uno sull’altro, poi li fece slittare a destra e sinistra come il bacio esquimese, lento. Sentivo il suo respiro vicino come solo quello delle mie prede lo era stato. Tutti ci guardavano, curiosi. << Ci stanno guardando tutti >> dissi a bassa voce ma lui a voce più alta della mia disse
<< E tu lasciali guardare, non stiamo mica facendo niente di scabroso… >> sorrisi e lui disse malizioso << OOOOH! La principessa ch ha degnato di un sorriso >>
<< Arriva il prof… >> dissi lui si sedette accanto a me prima che il prof entrasse in classe. Cosa stavo facendo? Ero forse impazzita? Un umano, era un umano e basta e io lo stavo avvicinando! Un foglietto mi passò sotto la mano:
Ricordati che mi devi un pranzo!
Una scossa mi percorse la schiena. Non potevo, non dovevo… se avessi perso il controllo questa volta sarebbe stato peggio, molto peggio. Così scrissi:
David, non prenderla a male ma è meglio non passare tanto tempo insieme… davvero…                                                                                                            
Perché?                                                                                
Perché per te sono… pericolosa… lo so è strano ma è così…                                      
?? non ti capisco… spiegare please…                         
Beh, forse è meglio così… comunque no prenderla male se anche oggi non mangio con te, mi farebbe molto piacere ma… davvero… ascoltami lasciami perdere…
NON CI PENSO NEMMENO! Testardo di un ragazzo! Perché doveva complicare cose già complicate per conto loro? Lottavo contro qualcosa di sconosciuto che mi diceva di andare a mangiare con lui, di non lasciarlo mai da solo, qualcosa che mi diceva di abbracciarlo – non tenendo conto del mio autocontrollo –, di prendergli la mano per trattenerlo vicino a me.
Ti prego…
No! Ti prego io di non fare la stupida! Per quale motivo tu saresti pericolosa?
Allora voleva proprio farmi perdere la lucidità! Come facevo a dirgli “Sai, siccome sono un vampiro, tu hai un odore dolce come il miele e per qualche motivo a me sconosciuto non faccio altro che pensare a te, preferirei non dissanguarti davanti a tutti…” non mi suonava gentile… cosa potevo dirgli?
Hai visto cosa è successo poco fa? Edward Cullen mi ha dovuto portare via!
Eh beh? Ti sei sentita male… e per colpa mia!
In effetti aveva ragione, era colpa sua se avevo perso il controllo, ma lo aveva fatto non apposta: come poteva sapere che stava parlando con una vampira attirata dal suo odore. Attirata da lui! La campanella suonò in un tempismo perfetto, corsi via dalla classe prendendo tutti i libri e lanciandoli nella borsa. La mia corsa era ben camuffata dall’arcata delle mie gambe. Mi avviai verso la classe dove Chris aveva lezione e la vidi con un ragazzo accanto. Senza scompormi la raggiunsi ma anche se era sorpresa nel vedermi non cambiò espressione << Quindi mi chiedevo se ti andava di mangiare… con… me… >> le sue parole rallentarono nel vedermi
<< No, grazie >>rispose, poi allungammo il passo e entrammo in mensa. Sedute al tavolo in un angolo cominciammo a parlare
<< Ma non dovevi mangiare con uno? >> mi girai verso di lei e spostando la frangia dal viso con un colpo della desta dissi
<< Complicazioni sono sopraggiunte… >> dissi citando un film. Lei sorrise e disse
<< Quali complicazioni? Devo preoccuparmi? >> abbassai lo sguardo e dissi << Credo di si… >>. La sua espressione cambiò, si fece torva, preoccupata
<< Cosa è successo? >>
<< Il mio autocontrollo ha… come dire… ceduto… >> sentivo la preoccupazione salire in Christine
<< Dove è successo? >> chiese nella speranza che la mia risposta fosse diversa da quella che pensava
<< In classe >> risposi secca. Fece un verso che era una via di mezzo tra uno sbuffo, un ringhio e un pizzico di terrore buttandosi sula sedia
<< Allora perché nessuno è in preda al panico? >>
<< Il rosso della Volvo, Edward, mi ha portata via prima che scoppiassi… >> fece un sospiro di sollievo e si rilassò
<< Devi stare attenta Zoe… perché è successo? Non ti è mai capitato! >>
<< Lo so, ma te l’ho detto, mi incuriosisce, ha un odore… diverso, buono. Mi fa andare fuori di testa >>
<< Allora evitalo! >>disse come se fosse la cosa più ovvia di questo mondo
<< Ci sto provando, Chris! >> dissi irritata
<< Allora perché non ci riesci?! >> chiese avvicinandosi e appoggiandosi sul tavolo
<< Te l’ho detto! È molto più difficile del solito… >>. I toni della conversazione si stava scaldando ma il nostro contegno era notevole e nessuno sembrava pensare che stessimo parando. Christine preferì sviare la conversazione << Hai parlato con… Edward? >>
<< Si, ha detto di passare quando vogliamo .>> si limitò ad annuire. Passammo tutto il resto dell’ora in silenzio, poi ci avviammo alle nostre classi. Quell’ora passò veloce, senza David, Alfredo, Edward, Bella, Chris… mi sentivo in pace…  tutto filò liscio, arrivai a casa e mi tirai sul perfettamente inutile letto. Dopo qualche secondo dissi << Mamma ti devo parlare… >> mia madre era sulle scale e disse
<< Dimmi tutto… >> in qualche secondo fu sul letto. Volevo dirle quello che mi succedeva, ma non potevo assolutamente, non avrebbe capito così sviai la conversazione
<< Edward Cullen ha detto che possiamo andare a casa sua quando vogliamo…  >>
<< Perfetto… a questo proposito dobbiamo parlare tutti insieme, vieni >> mi alzai e la seguii al piano di sopra. Chris e mio padre erano già seduti al tavolo in cucina, presi posto e ascoltai la voce ferma di mio padre
<< Allora, vi starete chiedendo come mai vi abbiamo portate qui no? >> io e Christine annuimmo
<< Bene, noi siamo venuti qui perché, come sapete, siamo una famiglia un po’ speciale tra tutte le famiglie come noi .>> ora capivo a cosa si riferisse.
<< Qui a Forks abita una famiglia di… Freddi, che vogliono capire e imparare. >>
<< Ci vogliono usare come cavie da laboratorio o vogliono solo una serata al cinema? >> chiesi sarcastica << Vogliono lezioni di recitazione! >> disse mio padre con vose turbata
<< Questa notte, andremo dai Cullen… >>
<< Cosa cosa cosa?! I Cullen? >> chiesi alzandomi con voce irritata << Si! >> rispose mio padre << E non ammetto repliche! Ora andate a prepararvi… >> ci alzammo ma di scatto mi girai e chiesi << E Daniel? >>
<< Verrà con noi >> disse mia madre. Io la guardai perplessa e scioccata << Non sappiamo nulla dei Cullen a tu gli porti Daniel? >>
<< Ci ho parlato al telefono >> disse mio padre << Ho esposto il problema e hanno detto che a parte uno di loro non hanno problemi in quel senso >> scesi in camera e decisi di fare allenamento, almeno mi sarei distratta dal pensiero di David e poi era molto tempo che non usavo le mie doti. Corsi nella parte nascosta del giardino. Detti un’ ultimo pensiero a David e cominciai.
Erano passate ore da quando avevo cominciato eppure non ero ancora stanca, la notte era calata da un’oretta circa. << Andiamo Zoe, ti sei allenata abbastanza tesoro >> disse mia madre. Il suo volto bellissimo si tinse di un sorriso felice. Salimmo in macchina e arrivai a casa Cullen. Suonai il campanello della casa bianca e una ragazza alta e snella aprì la porta. Era la stessa ragazza che vedevo con Edward a scuola – anche la ragazza che mi si era seduta accanto a scuola il primo giorno era una Cullen, Alice – ci sorrise e si incamminò verso di noi poi uscirono tutti e ci condussero in un parco non distante da la. Dopo le presentazioni l’uomo biondo di nome Carlisle disse << Beh, allora siamo tutt’occhi… >> aveva una voce calma e musicale
<< Cosa volete vedere? Azione o spettacolo artistico? >> chiesi sarcastica. Il ragazzo alto e robusto di nome Emmet e il più giovane di nome Jasper scoppiarono in una risata che tentavano di nascondere, anche Alice – quella che aveva aperto la porta – cercava di nascondere una risata. Invece Rosalie rimaneva rigida, quasi infastidita dalla nostra presenza. Edward e Bella erano vicino alla donna che con tanto amore faceva giocare Daniel seduto sulle sue ginocchia. L’unico in piedi era Carlisle che disse << Quello che preferisci >>. Io guardai Chris che dopo uno sguardo d’intesa disse << Azione! >> ci avviammo verso il centro del campo. I Cullen si alzarono per osservare ma al tentativo di avanzare mia madre disse << Meglio se state lontani… >> la guardarono increduli,
<< Come fanno due ragazzine ad aver bisogno di tutto questo spazio? Che pericolo possono costituire >>  chiese Emmet. Io e Chris cominciammo a ridere e per prenderlo in giro dissi << Io credo che nemmeno tu, il biondo e il rosso possiate emettere la stessa energia che io da sola so emanare, e tutta la vostra famiglia non potrebbe eguagliare me e Chris insieme >> indicai i tre ragazzi che componevano la famiglia quando Jasper disse << Invece di parlare… facci vedere! >> il suo tono suonava come una sfida che io e Chris accogliemmo a braccia aperte.
<< Mi posso preparare? >> chiesi rivolta a Chris
<< Si, si… fai pure… >> Jasper e Emmet risero ma smisero ad una mia occhiata. Mi accucciai a terra appoggiandomi sulle mani. Il mio era un potere molto particolare, si basava sulla natura. Ogni mia parte del corpo era dominato da un elemento: le mie braccia erano terra e acqua, le mie gambe fuoco, e il mio respiro era vento, ma un potere supplementare spuntava inaspettato di tanto in tanto, e non sapevo cosa fosse. Dal terreno spuntò una liana che partendo dal braccio destro saliva girando rampicante sempre più su, mi cinse il collo e scese sull’altra mano, era a distanza dalla ma pelle, fluttuava nel nulla. Un secondo nastro rampicava partendo dall’altro braccio e disegnando delle “X” con l’eliana rampicava girando e fluttuando come la prima. Poi si staccarono dal terreno e mi perforarono la mano. La mostrai a Emmet e a Jasper che fecero una smorfia inorriditi. Un terzo nastro mi cinse i polpacci formando una doppia spirale rossa come quelle alle braccia. Due sfere si formarono in corrispondenza dell’incavo tra il pollice e l’indice – all’esterno dal palmo, sulla mano destra era nera, su quella sinistra era bianca, rappresentavano il terzo potere che doveva essere la luce e il buio. Il mo abbigliamento era adatto e scelto accuratamente, i pantaloncini corti e la canottiera proteggevano il mio corpo senza subire danni dalla natura che da quel momento prendeva il suo posto. Come Chris ero scalza – le scarpe sarebbero state d’impiccio e le avevamo lasciate da parte – ad un tratto tutto quel torcigliume di potere savnì entrando dentro di me.  Chris invece aveva un potere diverso, speciale quanto il mio. In realtà ne aveva più di uno. La sua voce è comando, la tua vita è nelle sue mani, e il meteo era nelle sue mani. Poteva fare uscire il sole anche a Forks. Quando io e Chris combattevamo non si parlava mai di azione perché il contatto non avveniva.
<< Finito? >> chiese impaziente di iniziare. << Si, prontissima >> chiusi gli occhi, mi concentrai e quando li riaprii erano completamente bianchi , una sola riga era visibile, una riga azzurro ghiaccio. Mi alzai e misi un piede in avanti come se stessi per iniziare a ballare, mi misi girai di lato, portai la mano destra in orizzontale, guardai la mano e portai il braccio sinistro in modo che le braccia formassero un’ angolo retto
<< Non lo farai! >> ordinò Chris. Feci sbattere le braccia sui fianchi in modo sciatto ma gli occhi non cambiarono
<< Eh no Chris! Così non vale! Giochi sporco! >> Chris rise e disse
<< Ok, ok! >> mi rimisi in posizione. un suo potere era della persuasione, poteva impedirti o ordinarti qualsiasi movimento e tu non potevi fare altro ch ubbidire. Portai il braccio sinistro e con dei piccoli movimenti circolari in alto. Poi unii le due braccia. Ci fu qualche secondo di silenzio, poi lo schianto. Una colonna di acqua non troppo alta incombeva su Christine ma lei con un movimento delle braccia comandò una folata di vento che la fece cadere fragorosamente
<< Non è giusto, non siamo ad armi pari Chris! Non posso scatenarmi! >>
<< Dai Zoe! Scatenati! Facciamo vedere a questi pivelli cosa vuol dire combattere! >> con la testa indicò Emmet e Jasper che a bocca aperta ci osservavano.
<< Pivelli?! Vi facciamo vedere chi è un pivello! >> disse Jasper alzandosi e dirigendosi verso di noi. Con uno sbuffo anche Emmet lo seguì.
<< Non aspettavo altro >> dissi con un sorriso maligno
<< Zoe, vacci piano! >> disse mia madre
<< Si mamma, solo un po’ d’acqua, qualche bruciature e cose così .>>
<< Zoe! >> disse mio padre per rimproverarmi. Mi spostai accanto a Chris. << Esme proteggi Daniel dal biondo per favore… >> la dona annuì. Mi accucciai e portai una gamba avanti stando in equilibrio grazie all’aiuto delle mani. Una gabbia di liane intrappolò i due ragazzi. Chris mise le sue mani sulla mia schiena e appena lo fece le liane crescevano più forti e folte. Lasciai la presa e ci avviammo verso le gabbie << Il biondo è mio >> dissi avvicinandomi. Le due ragazze sedute si alzarono e Chris urlò
<< Sedetevi! >> le due ragazze obbedirono senza scampo… i due ragazzi nelle gabbie si dimenavano cercando di uscire ma le liane erano troppo forti grazie ai poteri che Christine stava usando sulle gabbie. Poteva anche infondere forza – psicologica e fisica – quindi era impossibile uscire di li…
<< Vediamo come si illumina il biondo? >> chiese Christine impaziente << Ragazze! >> urlò mio padre
<< Dai papà! Lo hanno voluto loro! >> dissi << No Zoe… >> Carlisle lo interruppe << Possono fare altro? >> chiese
<< Oh certo che si! >> dissi
<< Ragazzi voi come state? >> chiese poi rivolto ai ragazzi << Come canarini! >> disse Jasper irritato << Ma bene >> continuò Emmet poi Carlisle aggiunse
<< Potete continuare? >> io e Christine annuimmo poi con la mano destra presi la piccola sfera color bianco e con gli indici e i pollici la tirai verso due lati opposti. La sfera si sdoppiò e ne porsi una a Chris dicendo
<< Vediamo come luccicano queste lampadine… >>. Inserimmo nelle gabbie le sfere e appena le lasciammo una luce accecante scaturì dalle sfere. I due vampiri si illuminarono e grazie alla concentrazione mia e di Chris la luce non usciva dalle gabbie. Poi misi una mano dentro la gabbia di Jasper e presi la sfera, poi feci lo stesso con Emmet, riunii le sfere e chiesi rivolta verso Carlisle
<< Va bene così o dobbiamo continuare? >> lui mi guardava interessato. Il sole stava per sorgere, era meglio tornare a casa
<< Per oggi basta così. Domani continueremo se volete …>> mio padre annuì mentre mia madre riprendeva  Daniel che era nel sonno più profondo. Nel viaggio di ritorno approfittai del puma che li vicino era appollaiato per mangiare,non ero assetata ma era meglio così. Non avevo pensato a David per tutto il tempo, forse avevo trovato una soluzione ma era pericolosa. Quando mi trasformavo non sempre rimanevo io, era principalmente predisposto per cacciare e difendermi quindi dovevo essere dominata dagli istinti ma visto che avevo imparato a cavarmela anche senza non li usavo mai. Però quando mi trasformavo la natura erano i miei sensi, il mio pensiero e il mio corpo ma a volte potevo perdere il controllo. Arrivati a casa erano appena le sei e mezza, tempo di fare una doccia e prepararmi per la scuola e partimmo. Dovevo parlare con qualcuno, qualcuno che non fosse come me, ma che potesse capirmi, mi serviva un’umana! Ma chi? A scuola non conoscevo nessuno a parte David – che era la fonte del problema – Edward, Alice e Bella. Ma certo! Bella! Lei avrebbe capito! Era un’umana e sapeva ciò che ero! Con lei non avrei dovuto fingere! Saltai in macchina e ci avviammo a scuola.
<< Divertita sta notte? >> chiese Chris
<< Si, ma tu giochi sporco! >> dopo una risatina disse
<< Non gioco sporco, uso le mie capacita. Non tutti hanno gli elementi che si arrampicano e ti aiutano >>
<< Beh, ma tu c’è l’hai messa tutta! Io non potevo! >> sorrise e disse << Beh, sta notte metticela tutta! >>
<< Come fosse facile >> dissi cupa << Beh, sono sicura che se ti concentri non perderai il controllo Zoe… >>
<< Già ma come evitare che una colonna di fuoco alta fino al cielo crei domande nelle testoline umane? >> lei cominciò a ridere e parcheggiò. Uscimmo dalla macchina e ci avviammo a lezione. Le prime due ore filarono lisce, niente David, niente Alfredo. Alla terza ora c’era matematica. Entrai e mi sedetti in un banco vuoto. Dopo pochi minuti entrò David, pregavo che non si sedesse accanto a me, il suo odore era ancora più dolce che il giorno prima, più forte e invitante. Chiusi gli occhi in speranza di sparire ma sentivo il suo odore sempre più vicino << Ciao.. >> disse una voce dolce che non poteva che essere sua. Aprii gli occhi lentamente e dissi << Ciao… >> si sedette e tirando fuori i libri e disse << Mi puoi spiegare la faccenda di ieri? >> sospirai e abbassai lo sguardo << Allora? >> chiese guardandomi con occhi curiosi << Perché una ragazza carina come te dovrebbe essere un pericolo per me, me lo puoi dire? >>
<< No.. >> sussurrai lui sospirò e mi disse << Vuoi che mi sposti? >> quella domanda mi pugnalò al cuore, avrei voluto dire “No! No, no. Voglio averti qui accanto a me!” ma non potevo, il suo odore mi stava facendo uscire di testa e stavo per saltargli addosso e aggredirlo e a quel pensiero mi venne da piangere. Con gli occhi gonfi dalle lacrime mi girai e dissi
<< …Si… >> una scossa di dolore mi trafisse e una lacrima mi rigò il viso. Forse avevo fatto vedere a posta quella lacrima. Lui mi guardò neutrale, raccolse con un dito la mia lacrima e se la bevve, poi prese il mio viso con il pollice e l’indice e si avvicinò a me, il suo odore mi faceva impazzire, era sempre più vicino poi appoggiò la sua bocca sulla mia guancia e la sfiorò delicatamente. Poi affondò il viso e mi dette un bacio, ma nel fare ciò mi porse il suo collo su un piatto d’argento. Era li, a pochi centimetri dai miei denti, affilati e zeppi di veleno. Con un colpo istintivo portai la mano nella parte del suo collo che non era esposta a me e cercai di portarlo sotto i denti, riuscii a fermarmi appena in tempo. Il suo bacio era dolce, gentile, delicato. Il suo odore era forte sotto le mie narici a pochi centimetri dalla mia bocca. Poi si staccò, non mi ero accorta che intanto altre lacrime avevano rigato il mio viso bagnando anche la sua guancia. Lui si asciugò con il dorso della mano.
<< Mi odi talmente da farti piangere? >> chiese dispiaciuto guardando basso. Stupido! Stupido di un ragazzo! << No, ma mi devi ascoltare! Sono pericolosa, davvero. Mi hai appena messo a dura prova! >>mi guardò enigmatico
<< Non ti capisco, spiegati per favore Zoe! >>
<< Non capiresti… non puoi… >>
<< Ci proverò >> disse sarcastico
<< No, non potrei nemmeno dirtelo >> il professore irruppe in classe << Ragazzi oggi non ci sarà lezione, mi dispiace, tutti a casa .>> poi corse fuori e ci riversammo verso il corridoio. Io rimasi seduta al posto. La scuola era l’unica mia distrazione in tutta la giornata e non intendevo rinunciarci. David era rimasto a fissarmi seduto al banco. Alfredo era stato l’ultimo ad uscire e aveva chiuso la porta, cos’era? Una tattica?

Ritorna all'indice


Capitolo 3
*** Il bosco di Lunata ***


Il bosco di Lunata

<< Puoi spiegarmi? >> chiese David girandosi verso di me. Non intendevo scappare ma non potevo raccontargli tutto, andava contro le regole dei Volturi. Ma non era questo a spaventarmi, con i Volturi non dovevo preoccuparmi, ma se mi avesse preso per pazza? Non mi avrebbe più rivolto la parola ne si sarebbe più avvicinato e soltanto l’idea mi uccideva. Strappò un foglio dal quaderno e scrisse

Alle 4 e mezza all’entrata del bosco di Lunata… se vuoi vieni, ma se non vieni lasciamo perdere ok?

Lo lasciò sul tavolo e uscì. Presi la testa tra le mani, dovevo parlare con Bella, prima delle quattro. Corsi via e Chris mi stava aspettando << C’è ne hai messo di tempo… >>
<< Chris, io devo cercare Bella… torno per conto mio… >>le porsi la mia borsa
<< Ok… >> appena ebbe risposto allungai il passo e appena fui fuori dalla scuola corsi a tutta velocità verso casa Cullen. Non era un problema, quando correvamo diventavamo invisibili. Suonai il campanello e Jasper aprì la porta. Mi accolse con un sorriso sforzato << Senza smancerie, Jasper. c’è Bella qui da voi? >> chiesi << No, è a casa con Charlie… >> disse
<< E dov’è la casa di Charlie? >>
<< Ti ci accompagno >>
<< No, dimmi solo dov’è e che strada devo prendere… >> sospirò e disse
<< Perché vuoi Bella? >>
<< Devo parlarle… è urgente >> temeva che volessi farle del male, esitava a dirmi ciò che volevo sapere, così aggiunsi << Non voglio un spuntino… devo solo parlarle… >> lui mi guardò un po’, poi disse
<< se giri a destra poi è sempre dritto, davanti alla casa c’è un orribile pick-up arrugginito, occhio a non farti vedere… >> annuii e prima di iniziare a correre dissi << Grazie Jasper… >> arrivai alla casa con un pick-up parcheggiato davanti e suonai alla porta. Per fortuna fu proprio Bella ad aprire la porta. Non sembrava contenta nel vedermi, probabilmente la pensava come Jasper ma cercai di rassicurarla << Oh Bella… ho bisogno di te… >> dissi con aria triste
<< Si, ma prima fatti lavare tutte queste foglie dai capelli ok? Se Charlie ti vede così darà di matto >> sorrisi e mi lasciai mettere a posto. Poi mi fece entrare << Charlie, lei è…Zoe… >> disse rivolta ad un uomo spaparanzato sul divano. Si girò solo per qualche secondo e disse << Piacere... >>
<< Piacere… >> risposi con entusiasmo. Poi mi fece accomodare in cucina. Era tesa come una corda di violino << Non voglio farti nulla Bella, fidati. Io e la mia famiglia siamo esattamente come i Cullen. >> lei parve sollevata dalla mia frase… poi aggiunsi <> accennai con la testa a Charlie << Quindi è meglio se ci sposiamo >>
<< Certo >> disse lei… mi accompagnò in una camera che doveva essere la sua, poi mi disse << Prima che cominciamo devo sapere come mi devo comportare>>         
<<  In che senso?>>                                                                                                                                                       
<< Sai, con Edward devo tenere dei comportamenti ben precisi per non minare il suo autocontrollo, quindi volevo sapere… quali devo tenere… con… te… >> la sua voce era titubante, sulla difensiva così sorridente risposi
 << Non ho grandi problemi, solo evita di tagliarti o abbracciarmi mentre hai un’emorragia in corso… >> lei rise e disse << Ok… inizia >> le raccontai tutto quello che mi succedeva, lei mi ascoltava in silenzio, annuiva di tanto in tanto. Quando ebbi finito disse << Non puoi dirgli tutto… i Volturi ti ucciderebbero >> spontaneamente mi misi a ridere e dissi
<< I Volturi non sono per niente un problema, hanno come un divieto di toccarmi… se non è necessario>> Bella mi guardò confusa << Perché? >>
<< Edward non ti ha detto nulla? >>
<< No… >>
<< Beh, devi sapere che io sono molto più… vecchia… di Edward… forse anche più di Aro, Marcus e Caius… io e la mia famiglia facciamo parte della casata dei Savoia, i primi re d’italia… >> Bella mi guardò strabuzzando gli occhi,
<< Lo so è difficile da credere ma è così. Comunque i Volturi hanno una certa idea sulla nostra famiglia… essendo i discendenti, o i capostipiti della casata che ha governato il loro paese d’origine hanno come il divieto morale di attaccarci. Loro pensano che noi avremmo dovuto governare L’Italia… >> mi ascoltava interessata…
<< Comunque il discorso è che ho paura che mi prenda per… pazza… come ha fatto Edward a dirtelo? >>
<< Non me lo ha detto, l’ho scoperto… >> preferii non aggiungere altro… ma poi dissi
<< Farò in modo che lo capisca… >> lei annuii poi aggiunsi << Grazie Bella… sei mitica.. >> la abbracciai euforica e scappai dalla finestra.. erano le due e mezza… sfrecciai a casa e dissi rivolta a mia mamma…
<< Mamma, oggi esco… va bene? >> lei annuì senza prestare troppa attenzione… corsi di sotto e mi preparai, una maglia bianca, un paio di pantaloncini blu, un paio di ballerine bianche a nastro, e un nastro blu a mo di cerchietto… alle 4 e 25 uscii di scatto da casa e alle 4 e 35 ero all’entrata del bosco di Lunata. David era li con qualche ragazzo. Appena mi vide un sorriso gli illuminò il viso… io avevo la mia solita espressione. Il suo odore era come la mattina a scuola, semplicemente buono. << Ciao Zoe… >> disse
<< Ciao.. >> risposi fredda
<< Se devi passare tutto il pomeriggio con quella faccia gira i tacchi e vai a casa.. >> mi girai e mi avviai, quando mi afferrò per un polso << No, ti prego. Non spezzarmi in cuore… di nuovo… >> quelle parole mi trafissero… << Ti prego io… >> dissi << non sarei dovuta venire, sono un pericolo, te lo ho già detto… >>
<< Ma non so il perché. Quindi finche non lo saprò correrò il rischio… >> sorrisi e per fortuna ero girata. Mi tirò e mi fece girare. Poi dissi << Lasciami ti prego, non sai quello che stai facendo… >> dissi implorante poi si avviò. La sua pelle era calda e morbida, il suo odore dolce e il mio autocontrollo manchevole. Non lasciava la presa, anzi scivolò sulla mia mano e intrecciò le dita tra le mie << Sei freddissima… sicura di stare bene? >> chiese, io mi girai dall’altra parte e quando fummo vicino ai suoi amici disse
<< Ragazzi, lei è Zoe… >> li guardai come se fossi in una pasticceria e stessi scegliendo la mia merenda e loro mi guardavano come se non avessero mai visto una ragazza. << Loro sono: William, Leonard, Mark, Thomas e Harold… sono i miei compagni di squadra di pallavolo… >> sorrisi maliziosa. Uno di loro mi guardava come se stesse per saltarmi addosso… Thomas…
<< Ragazzi, noi andiamo… ci vediamo Venerdì all’allenamento… >>  poi ci incamminammo verso l’interno della foresta. Mi arrestai
<< No, David… davvero non sai quello che stai facendo… in quale pericolo ti stai cacciando… >> lui mi strinse la mano e disse << No! Non lo so e mi piacerebbe saperlo! >> la sua voce era irritata
<< No, fidati, non vorresti saperlo… >> dissi guardando basso con voce triste. I miei piedi erano saldati a terra e la mia mano stretta tra le dita di David.
 << Voglio sapere tutto quello che ti riguarda Zoe… non so perché ma sei importante per me… >> si avvicinò. La sua bocca toccò la mia fronte, mi prese anche l’altra mano, la mia gola era secca e il mio viso così vicino al suo collo, i muscoli mi si contrassero << Non potrei nemmeno se volessi… >>
<< Perché? >> sentivo il suo respiro sulla fronte << Perché è contro… le regole… >> guardavo a terra cercando di calmarmi. << Che regole? >>
<< La regola dice che non poso rivelarti… cosa sono… ma forse se tu indovinassi… >>
<< Dai, ci proverò… >>
<< Allora >> presi fiato e dissi
<< Ti avverto che forse anche prima che io abbia finito tu potresti scappare via… non ti fermerò… >>
<< Anche se tu fossi una sottospecie di vampira non scapperei >> mi irrigidii
<< Allora sei davvero sveglio… >> dissi. Sentii il suo corpo irrigidirsi, io sospirai cercando di divincolarmi ma lui non si mosse e non mollò la presa << Dove vuoi andare? >> chiese guardando fisso davanti a se.
<< Non hai paura? >>
<< Si… >> rispose secco << Sei davvero pericolosa? >> chiese
<< Si e no, mi controllo, come la mia famiglia ho abitudini diverse dagli altri ma non sempre funziona… >> << Cioè? >>
<< Mang… bevo solo animali… >> lui mi tirò a se e mi mise un braccio intorno al collo come per abbracciarmi << Ma tu… sei diverso dagli altri… cerco di controllarmi ma devo abituarmi al tuo odore… il mio autocontrollo non è così fisso… >> lui guardava fisso davanti a se… io guardavo basso. Un suo dito mi tirò su il viso, poi i suo occhi se spostarono sui miei << Posso abbracciarti? >> chiese con due occhi da cucciolo. Sperava che io rispondessi di si. Valutai la situazione, poi risposi << Possiamo provare… >> lui mi strinse a se, le sue braccia intorno al collo, poi con una mano spinse la mia testa nell’incavo del suo collo. Pensai fosse un suo scherzo maligno ma poi mi spostò le braccia sulla sua schiena e tornò a stringermi. Poi disse allontanandomi << Aspetta! >> pensai che il sogno fosse finito poi aggiunse << Ma non ti incenerisci al sole? >>
<< Fantasia… al sole è meglio che non ci stia in pubblico ma non mi incenerisco >> poi mi spostò da lui e guardandomi negli occhi disse << E non dormi in una bara? >>
<< Leggenda, Non dormo proprio >> dissi ridendo… << A volte la fantasia di voi umani è così fervida… >> cominciammo a ridere. << Possiamo ancora andare a fare una passeggiata? >> chiese curvando la testa
<< Se cerchi di non tagliarti o cose simili va bene… >>
<< Tenterò… >>.
<< Avanti inizia… >> dissi
<< Cosa? >>
<< Inizia con le domande… lo so che sei curioso… hai appena conosciuto una favola vivente non vuoi sapere nulla? >>
<< Non ora… magari dopo… ora sto troppo bene per rovinare tutto… >> sorrisi e lui strinse la presa.
<< Allora… >> disse << Dove vivevi prima di venire qui? >>
<< In Italia, ma ho vissuto un po’ ovunque… >>
<< Tipo? >>
<< Tipo Svizzera, Germania, Francia, Romania… >> mi interruppe << Transilvania… >>
<< Dai! >> dissi << Ok, ok… ma se hai solo 17 anni come hai fatto? >> iniziai a ridere di gusto. La mia risata echeggiò in tutta la foresta << Perché ridi? >>
<< Perché non ho più 17 anni da un bel pezzo… >> mi guardò con la testa inclinata
<< Cioè? >>
<< Cioè sono almeno 10 volte più vecchia di tua nonna…  >>
<< cioè? >>
<< Cioè sono nata nel 1680… >> lui sorrise poi disse << Ma come è possibile che tu… sia… insomma… >>
<< Giovane e bella? >>
<< Si… >>
<< Beh, quando sono diventata così mi sono fermata all’età della trasformazione… e per il resto continuo senza invecchiare e senza… morire… è un modo che serve per attirare… prede… ma per me non è così. Partiamo tutti dallo stesso punto, io ho preso la mia strada da… vegetariana… >>
<< Quindi usi il tuo aspetto solo per farmi impazzire? >> chiese sorridendo
<< Beh, l’idea era quella… >> risposi.
<< Posso chiederti un cosa? >>
<< Ti ho detto io di chiedere… >>
<< Quando sei stata male in classe… >> lo interruppi
<< Era colpa tua… tu mi fai un’ effetto che non mi fa nessuno. Tu hai un’ odore diverso, che mi fa impazzire… >> lui si annusò l’ascella e disse
<< Puzzo?! >> io cominciai a ridere
<< No! Uno dei miei sensi per cacciare è l’olfatto… tu hai un’ odore… dolce, delicato… buono…  >> poi mi fermai, avevo gli occhi chiusi e avevo la testa rivolta verso l’alto. Poi continuai << Quindi – visto che è il nostro senso migliore – quando ho sentito il tuo odore mi sono incuriosita. Poi ti sei avvicinato, ti sei arrabbiato… il tuo odore era forte quindi ho perso il controllo… >>
<< Ma perché Edward Cullen sapeva? >> abbassai la testa
<< Cosa? Anche lui? >> non risposi << Wow! A Forks c’è vita! Cosa altro c’è? >>
<< I licantropi ti spaventano? >>
<< Cosa? I luponi? >>
<< Si…  >> si portò la mano libera alla fronte poi disse << Fate mai uscite di gruppo? >>
<< In realtà i licantropi e i vampiri non si sopportano per niente… anzi, noi non posiamo entrare a La Push… >>
 << Davvero? >>
<< Si >>
 << Perché? >>
<< Sono molto permalosi e hanno una memoria di ferro… >>
<< Fatti del passato? >>
<< Si… >> capì che non mi faceva piacere parlare dei licantropi, così cercò di sviare la conversazione, ma oltre che domande su di me non gli veniva in mente niente… così proavi a dirgli << Capisco che per te sia un colpo… ma ti sarei grata se non tu non dicessi nulla a nessuno… o i Volturi uccideranno me… e… >>
<< Me? >> chiese fermandosi e spostandosi davanti a me. Io annuii abbassando la testa ma lui me la alzò e disse << Non lo dirò a nessuno… >> poi cominciò ad avvicinarmi
<< Te lo prometto… >>sussurro, il suo respiro toccava le mie labbra. Sentivo la sete crescere, sempre di più mentre lui si avvicinava << David… mi dispiace ma… >> lui spostò rapido, la sua bocca sul mio naso e lo sfiorò delicato. << Scusa… >> disse guardano basso gli tirai su il viso e dissi << Scusa? Sono io che dovrei scusarmi. Il mostro, il problema sono io! >>
 << Cosa dici?!?! >> disse irritato << Un mostro?! >>
<< Si! >>
<< Beh, allora io amo i mostri! >> mi irrigidii << C-cosa? >>
<< Ti amo… >> disse guardando basso poi mi guardò negli occhi e ripetè << Ti amo Zoe… >> Cercò d avvicinarsi e dissi << David, dentro la mia bocca ci sono delle zanne affilate e piane di veleno… è pericoloso… >> lui annuì guardando basso, gli alzai la testa e dissi << Mi dispiace… >> lui sorrise e scosse la testa
<< Non posso… per me è stato già difficile… devo abituarmi ad averti vicino… >> lui mi guardò stralunato
<< N- n- non ti piaccio? >> chiese timido
<< Stupido! Certo che mi piaci e appunto per questo che devo fare attenzione, se ti… mordessi… anche per pochi secondi, sarebbe un guaio… >>
<< Perché morirei dissanguato? >>
<< No, magari… molto peggio >>
<< Cosa c’è peggio della morte? >> chiese. Non avevo intenzione di svelargli cosa di peggio esisteva. Lo presi per mano e lo tirai verso dove eravamo arrivati. << Sarà un problema quando Edward lo scoprirà >>
<< Beh, se nessuno glielo dirà, non lo saprà >> cominciai a ridere  e dissi
<< Beato te che ci credi… >> dissi
<< Perché? >>
 << Perché devi sapere che noi sviluppiamo delle capacità… beh… Edward legge nel pensiero >> si fermò subito
<< Cosa? >>  sorrisi
<< Si… >> David ricominciò a camminare
<< E tu? Cosa sai fare? >>
<< Niente in particolare… >>
<< Dai! >>
<< un giorno ti farò vedere… >>
<< Ok… >> .
<< Come fai a mangiare? >>
<< In che senso? >> chiesi
<< Beh, esci e mangi oppure… >>
<< Ah! No, esco e vado a caccia… >>
<< Potrò mai vederti cacciare? >>
<< NO! Assolutamente no! >>
<< Perché? >> mi fermai e andai davanti a lui e non risposi  << Perché sei così fredda? >>
<< è come se fossi morta… quindi… >> guardai basso, guardandomi negli occhi disse
<< Sei la morta più carina che abbia mai visto… >> disse
 << credo che faresti meglio a lasciarmi stare… >> titubante mi sfiorò la guancia  
<< Non ti lascerei per nulla al mondo, io incuriosisco te, ma tu mi incuriosisci… >> gli sorrisi triste
<< Dai, non ci pensare.. lo hai detto anche te, ti ci abituerai… >>. Uscimmo dal bosco e mi accarezzò il viso << Ti amo… >> la sua voce era come un sussurro. Era concentrato sulla mia bocca, non sapevo se stesse pensando ai miei denti poi disse
<< Un’ arma mortale così bella non la avevo mai vista davvero >> sorrisi e corsi a casa. Trovai la famiglia che stava per uscire << Zoe! Dobbiamo andare ora dai Cullen… >> salii in macchina e partimmo.


 

Ritorna all'indice


Questa storia è archiviata su: EFP

/viewstory.php?sid=263254