Smell Like a Teen Spirit

di Rouge e Minori
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Capitolo I ***
Capitolo 2: *** Capitolo II ***
Capitolo 3: *** Capitolo III ***
Capitolo 4: *** Capitolo IV ***
Capitolo 5: *** Capitolo V ***
Capitolo 6: *** Capitolo VI ***
Capitolo 7: *** Capitolo VII ***
Capitolo 8: *** Capitolo VIII ***



Capitolo 1
*** Capitolo I ***



Capitolo I

«Mamma! Mamma! Tristan mi ha tirato le uova sui vestiti, ora sono tutta sporca!» gridò  piangendo una ragazzina, entrò nella veranda come una furia. «Guarda che mi ha fatto!» mostrò la maglietta appiccicosa e sporca, i capelli erano tutti imbrattati di albume e farina.
 «Avanti Sadie è solo uno scherzo, tu e la roba potete essere lavati» disse sua madre.
   «Sì ma non è giusto! Visto che sono l’unica femmina mi rendono la vita impossibile»
    «Oh Sadie, racconta tutto a zia Dora, che ti ha fatto quello scemo di mio figl o?» disse l’altra donna tendendole le braccia.
  «Tristan e Simon mi hanno tirato addosso uova e farina»
    «Ora ci pensa la zia…. TRISTAN! VIENI SUBITO QUI!!» gridò furiosa, in meno di un minuto un ragazzino, tutto sporco di terra dalla testa ai piedi, arrivò in veranda tutto sorridente.
       «Sì mamma?»
  «Cos’hai da dire a tua discolpa?»
  «Che Sadie è una spia?»
 «E?»
  «Che Simon è colpevole quanto me?»
«A Simon pensa Dee, tu cos’hai ancora da dire?»
  «Nulla»
«Sicuro?» il ragazzo guardò un po’ la bambina, sporca e con il broncio sul muso.
 «Al 100%» sorrise.
 Sadie si divincolò dall’abbraccio di Dora e si accanì su Tristan e cominciò ad inseguirlo per il cortile, urlando: «Io prima o poi ti uccido, ti resuscito e ti ammazzo di nuovo solo per poter fotografare la faccia da ebete che hai mentre muori e resusciti! IO TI ODIO!»
 «BASTA!» gridò Shannon « Avete quattordici anni, tra poco andrete al liceo e dovete imparare, almeno, a non menarvi!»
 «Scusa zia Shannon» disse il ragazzo pentito.
  «Scusa mamma se ti abbiamo fatta arrabbiare. Come sta il fratellino?»
«Sta bene e non sono arrabbiata, anzi voi mi ricordate molto…. Vebbè, lasciamo stare» si rimise a sedere.
 «Ti ricordiamo chi mamma? Perché non ce lo racconti?»
  «Dai Shannon potrebbe essere una bella storia per loro e poi sono grandi ormai, potrebbe aiutarli a crescere»  la intimò Caridee.
 «Zia Shan, zia Dee ha ragione, potremmo crescere»
   «Non credo che accadrebbe ora, non ci sono riuscita io e dubito ci riusciate voi»
«Mamma, ma cosa ti costa?» domandò Sadie.
 «Fiato»
«Sadie non vuole raccontarci la storia perché si vergogna, magari ci sono particolari che non vuole dirci e ha il timore che lo zio possa rincasare da un momento all’altro» disse furbamente Tristan.
 «Non è vero! » esclamò Shannon risentita.
  «’Abbè Shannon, un po’ è vero» commentò Caridee.
«Volete Ballare? Okay va bene balliamo! Tristan vai a chiamare Simon, mentre noi diamo una ripulita a Sadie»
«Subito zia!»
Dopo che Sadie fu pulita e i due piccoli demoni erano riuniti Shannon sospirò : «non credevo sarei mai arrivata a questo punto, ma credo che Caridee abbia ragione, potrebbe farvi vedere le cose da una diversa prospettiva»
 «Che storia è mamma, tu lo sai?» domando Simon.
  «Certo che sì tesoro, l’ho vissuta»
«Come sarebbe a dire?» domandò Sadie.
  «Varrebbe a dire che questa è la nostra storia ragazzi… tranquilli non è noiosa, anzi è piuttosto divertente» rispose Shannon.
«Si come quella volta al centro commerciale che ci abbiamo messo una vita per scegliere un paio di occhiali» ricordò Nymphadora ridendo.
  «Se non sbaglio è stata colpa tua» ricordò Caridee «TU ci hai bloccate lì per più di due ore!»
«Non credo di aver capito» commentò Tristan.
  «Non è una novità!» lo punzecchiò Sadie.
«Basta ragazzi e ascoltate la storia, in silenzio… alzate la mano se avete domande»
“Allora….Era una normalissima giornata di Settembre, la scuola era alle porte e quel giorno faceva più caldo del solito, scesi in cucina per fare colazione e tutto era stranamente calmo. Mia madre, Marianne, stava cucinando (e lai non cucina mai), il mio patrigno, Phil, leggeva silenziosamente il giornale sorseggiando il suo caffè, d’un tratto la quiete si ruppe quando suonarono al campanello. Hazel, la mia sorellina, scese a capofitto giù dalle scale e andò ad aprire, alla porta il suo amico Tyler.
 «Allora sei pronta? Hai i limoni?» chiese il biondino con un tono da terzo grado.
  «No, ma non ci vorrà molto, inizia a montare la baracca poi ti raggiungo a casa tua»
«Okay, a dopo Hazel»
Hazel chiuse la porta e si mise a sedere con noi, pronta per fare colazione.
 «Che cosa combinate questa volta?» domandò nostra madre esasperata.
«Io e Tyler vogliamo comprarci i cannoni ad acqua per la prossima estate, ma non abbiamo i soldi e quindi apriamo un chiostro della limonata per racimolare qualche soldino» rispose orgogliosa. Hazel ha dieci anni, è nata dal matrimonio di mia madre e Phil, ormai lo considero come un padre visto che sono più di dieci anni che sono sposati e Hazel non si è fatta certo attendere. È una bambina con sempre mille novità, sempre piena di lividi e di nuovi guai da fare insieme a Tyler.
 «Non combinate danni, non fate finire chessò… del sale nelle limonate al posto dello zucchero, non provate a darla agli scoiattoli, non sempre la bevono e poi lasciano ricordini ovunque»
 «Non essere ridicola mamma, non darei mai della limonata agli scoiattoli, lo sanno tutti che la loro bevanda estiva è il succo di ghiande, ma soprattutto se volessi fare uno scherzo ti assicuro che sarebbero ben peggiori! Il sale nella limonata è da dilettanti, per chi mi hai presa? Per l’allieva? No madre, io so o la maestra degli scherzi» spiegò offesa.
  «Va bene come vuoi, ma ti prego non mettere il mio numero sul bancone del chiostro e se mi chiamasse qualcuno sappi che io non sono tua madre e non porto nessuno all’ospedale, okay?»
«Okay mammina» le diede un bacetto e uscì di casa saltellando.
  «Tranquilla mamma, è solo innocua limonata» la rassicurai io.
«Nulla è innocuo con tua sorella vicino, sarebbe in grado di produrre limonata esplosiva se solo volesse»
 «Che farai oggi Shan?» domandò Phil.
  «Andrò al centro commerciale con Caridee e Dora, nulla di speciale»
«Divertiti comunque»
 «Ma non manca qualcuno? Dov’è J?» chiesi a Phil.
   «Ti sono mancato Shannon?» la sua era la voce più irritante  del mondo l’avrei riconosciuta ovunque.
«No Jordan, mi chiedevo come mai non fossi già in piedi a rompere le scatole» Jordan Wright è il primogenito di Phil, nonché il mio tanto odiato fratellastro. Vive con me e mia madre da quando lei e Phil si sono sposati e da allora sono cominciate le note dolenti. Non lasciatevi incantare dalla sua bellezza e dai suoi lineamenti scolpiti, è tutta scena e quei “doni” sono solo fortuna. Vorrei che quello scocciatore si trasferisse a Timbuctu, così non sarei costretta a vedere la sua faccia da pallone gonfiato tutte le mattine.
 «Ragazzi litigherete dopo» s’intromise mia madre « sta sera io e vostro padre andremo ad una cena di lavoro dove potrebbero offrirmi un aumento, dovrete badare ad Hazel questa sera»
 «Cosa?!» esclamò Jordan «Io e Nicholas volevamo vedere il rugby sono i città e abbiamo già comperato i biglietti! E prima che tu me lo chieda, no, non me li rimborsano!»
«Potrai certamente guardare la partita… sulla tv, in hd, e se vuoi commentarla con Nicholas là c’è il cordless, inoltre Nicholas abita qui davanti potete comunicare con il linguaggio morse dal davanzale»
 «Questa è un ingiustizia!» esclamò arrabbiato.
«Prendi esempio da Shannon e cresci un po’ J, hai sedici anni ormai e devi assumerti le tue responsabilità. Anche tua sorella avrà altri programmi, ma farà comunque da baby-sitter» intervenne Phil.
 «Per Shannon è diverso, lei non ha una vita sociale! E non è mia sorella!»
«Non è vero!» esclamai risentita «come ti permetti? Io ho una vita sociale molto più bella della tua, se stare chiuso in camera a giocare ai  video game è una vita sociale, beh non ho ancora capito perché a scuola tutti ti invidino così tanto!»
 «Perché le ragazze farebbero a gara per avermi»
«Non devono aspettare molto, se non sbaglio gli hai dato il numerino»
 «Sì è vero sono molto comodi quando sei popolare come me»
«Uno squillo come te vorresti dire»
 «BASTA!» gridò Phil esasperato. «Jordan aiuterai Shannon con Hazel e non voglio discutere oltre, sono stato chiaro?»
 «Sì, chiarissimo»
Uscimmo di casa e ci lanciammo un’ultima, letale e silenziosa occhiata, dieci anni di convivenza e ancora non riuscivo a digerirlo. Cosa aveva oltre quel bel faccino, o i suoi addominali? Nulla… beh forse non proprio nulla di nulla se era arrivato a dare i numerini alle ragazze per una sola notte a letto. Jordan era la prova che i cavernicoli infestano ancora queste terre e credo che quando Hazel avrà la mia età, al liceo, sarà nella stessa classe di suo fratello. 
Andai alla pista di atletica, per gli allenamenti del sabato mattina. Il mio coach mi voleva sempre pronta e allenata per le semifinali di stagione e, dato che sarebbero state a breve,  non potevo certo tirarmi indietro. Passai la mattina ad allenarmi, poi, dopo una bella doccia e un panino al volo mi diressi dalle mie amiche al centro commerciale.
«Sei in ritardo!» esclamò Nymphadora, puntigliosa come sempre.
 «Scusa Dora, sono solo cinque minuti!»
  «Appunto, sei in ritardo» conoscevo Dora solo da un paio d’anni, da quando si trasferì qui da Creta con la sua famiglia. Lei è sempre curata, è quasi impossibile vederla con un capello fuori posto, anche se tiene i suoi lunghissimi capelli scuri sempre sciolti. Bisogna ammettere però che Dora, nel suo infinito charme, sia una compratrice compulsiva e nevrastenica.
 «Avanti Dora non essere pignola, Shan ha ragione sono solo cinque minuti dopotutto» ribatté Caridee nella sua immensa saggezza. A differenza di Dora, conoscevo Caridee da molto più tempo ed era sicuramente più stramba di Dora, anche se è difficile a credersi. Un vizio terribile che ha Caridee e di giocare sempre con la sua treccina. Dee ha un carré corto e biondissimo, peccato che sul lato sinistro ha una lunga e sottile treccina con cui gioca continuamente, ci sono volte in cui mi fa girare la testa.
  «Per colpa sua abbiamo sprecato cinque minuti del mio preziosissimo shopping di stoffe!» si lamentò lei facendola sembrare una questione di vita o di morte.
«Dora sono le tre del pomeriggio, abbiamo tutto il tempo del mondo e poi siamo qui per Caridee»
  «Va bene, avete ragione, comunque sono le tre e cinque del pomeriggio» precisò.
«Nymphadora!» esclamammo io e Dee in coro.
  «Okay ho capito! Prima tappa: oculista per Dee»
Caridee aveva da poco scoperto di avere un leggero accenno di astigmatismo, quindi a scuola avrebbe dovuto portare gli occhiali.
  «Che ne dite di questo paio?» disse mostrando un occhiale dalla montatura mimetica.
Dora scosse la testa esasperata: «Dee pronto? Il mimetico è passato già da due stagioni e lo stile “Marine dell’ultima ora” non ti si addice»
 Caridee mi guardò come per dire: “dille che sono fantastici e che la sua fissa sta diventando incontrollabile”.
  «Non guardarmi in quel modo, scusa ma per una volta sono d’accordo con Dora, ti stanno davvero male»
 «Traditrice…» bisbigliò.
«Visto? Hai bisogno di un modello di occhiale che risalti i tuoi bellissimi occhi azzurri di modo che, anche con gli occhiali, dicano: “guardaci siamo bellissimi” e non “beh, che hai da guardare?”» Dora si alzò e frugò fra le varie montature, fino a trovarne  una azzurra marmorizzata. «Provali» la incitò.
  «Sì, carini» mugugnò.
«Carini? Solo carini? Dico ma scherzi?!» gridò Dora.
 «Calmati!» dissi io.
«No Shan non mi posso calmare, Caridee è un abominio per la  moda e le sacre leggi di Coco Chanel! Questi occhiali non sono carini, sono una bomba da soli e uno schianto su di lei!»
  «Va bene li compro, basta che la pianti di gridare come un’aquila per un benedetto paio di occhiali!»
Uscite, Dora era molto soddisfatta e dee molto affranta.
«Mi hai fatto spendere una fucilata, contenta ora?»
 «Sì, eccome! Almeno per strada non sembrerai una barbona dalla testa in su» sorrise gioviale.
«Che? No, hai frainteso, a me questi occhiali servono solo per leggere, mica ci vado in giro»
 «Come scusa?»
«Io questi occhiali li userò solo per leggere e per vedere meglio alla lavagna, tutto qui» sentenziò.
  «Allora potevi comprarti gli occhiali mimetici!»
«Dora ho un profondo istinto assassino che viene dai meandri del mio povero portafoglio vuoto, non hai idea della rabbia che mi sta salendo per le vene»
 «Guarda il lato positivo, leggerai con stile»
«Io ti ammazzo! Mi hai fatto spendere 250£ solo di montatura!»
  «Oh avanti non prendiamola sul personale, vedrai che i soldi con un po’ di sudore tornano nel portafoglio»
«Ho bisogno di mettere qualcosa sotto i denti, prima che ci finisca il tuo collo»
  «Avanti Dee, ti offro un frappè»
«È il minimo che tu possa fare »
Dopo il frappè Caridee sembrava più calma e così ci toccò accompagnare Dora in giro per negozi di stoffe, era tutta immersa nella sua ricerca della stoffa perfetta che, senza  rendermene conto lì per lì, un tipo mi aveva rubato il portafoglio. Quel grandioso genio di ladro era stato così furbo da mettersi a correre come un matto, invece che mimetizzarsi tra la grande folla del centro commerciale. Iniziai subito a rincorrerlo ed  ero, ovviamente, più veloce di lui.
 «Fermati subito e ridammi il portafoglio!» gridai
   «No! Giammai!»
«Ti spezzo gambe e braccia se non ti fermi!» con un balzo io riuscì ad afferrarlo e riprendermi il portafoglio.
  «Sei matta ragazzina? Mi hai fatto male!» mugugnò lui con le lacrime agli occhi. «Perché non ti sei attenuta al copione? Dovevi chiamare la sicurezza! Voglio il rimborso!»
«Eh? Ma di che diavolo parli»
Sentii degli applausi e capii ancora meno di prima finché una guardia non aiutò me e il ladruncolo piagnucolone ad alzarci.
 «Signor Hill mi aveva assicurato che non mi avrebbero fatto male! Mi ha mentito! La ragazza scelta a caso non ha chiamato la sicurezza!»
«Scusa Jimmy ci sono due tipi di reazioni: la terrorizzata, o la carica… ritenta, la prossima volta sarai più fortunato»
 «Mi licenzio!»
«Scusi, ma… che mi sono persa?»
  «Oh mia cara io sono il signor Hill e mi occupo della sicurezza nel centro commerciale, questa era una prova della sicurezza per dimostrare quanto svolgiamo bene il nostro lavoro»
«Sì, sì, lo fate talmente bene che il ladro l’ho atterrato io»
  «Lei non ha chiamato la sicurezza»
«Perché vedere una donna che rincorre un uomo minacciandolo non è un campanello d’allarme? »
 «Era una recita, tutto programmato mia cara, comunque ti do il compenso di Timmy per aver preso parte alla diretta»
  «Timmy? Non si chiamava Jimmy? E diretta? Quale diretta?»
«Jimmy, Timmy è uguale la cosa importante è che tutti nel centro commerciale hanno visto in diretta il tuo atto di coraggio nei confronti dello scippatore» mi strinse la mano e andò dai suoi colleghi pronto per cercare un povero mal capitato che prenda il posto di Jimmy… o Timmy.
«Sei stata grandiosa!» esclamò Caridee.
  «Davvero, non ho parole»
«Grazie Dora!»
  «Come posso descrivere la bellezza di questa stoffa orientale? Per le tue gesta ho un altro vocabolo: eroiche»
«Eroiche, sai com’è il portafoglio era il mio»
 «Appunto, sei un’eroina per il tuo portafoglio» sospirò «ti dedicherò il mio prossimo vestito, così quando sarò una stilista famosa potrai raccontare la storia del mio meraviglioso vestito»
  «Okay va bene lo farò mani di filo, purché quel capolavoro diventi mio»
«Andata Green»
Io e le altre ci salutammo, una volta tornata a casa  i miei genitori erano nel pieno dei preparativi. In camera dei miei c’era una tale baraonda che non riuscivo neppure ad entrare nella camera:  montagne di vestiti per terra, la toilette di mia madre era tutta in disordine e i suoi gioielli erano sparsi sul letto, Phil era intento a cercare i suoi gemelli d’oro e nel contempo farsi il nodo alla cravatta. Tornai immediatamente in salotto e mi sedetti comoda sul divano, in quel momento Hazel e Tyler rientrarono da un’intera giornata di lavoro passata a vendere limonate.
 «20£ a te, 20£ a me» divise Hazel.
«Hazel!» gridò la mamma «Dov’eri? Ti avevo raccomandato di tornare alle 4 e 30, sono le cinque passate!»
 «Dovevamo servire l’ultimo cliente» si giustificarono i bambini.
«E quanto avete fatto?»
 «40£ in tutto» rispose Tyler tutto sorridente «e senza i limoni rub… volevo dire, presi in prestito dalla signora Marano non avremmo fatto tutti questi soldi!»
«HAZEL! I limoni della signora Marano? Se lo scopre mi…» squillò il telefono e mia madre rispose. «Sera signora Marano. Limoni?» Hazel le porse i soldi «Non so di che cosa sta parlando signora, Hazel è stata in casa con Shannon tutto il giorno»
 «Ci vediamo domani socia»
«A domani compare!» Hazel si sdraiò sul divano e iniziò a contare i suoi guadagni. «Diventerò una donna d’affari, ne sono certa»
  «Ah! Ma dov’è Jordan?» disse Phil esasperato. «Shan noi andiamo occupati di Hazel finché non arriva J, noi torneremo sul tardi, mettete a letto la piccola per le dieci» i genitori uscirono e ci lasciarono sole.
 Guardai Hazel e dissi: «Tu scegli il film io prendo i popcorn»
«Sei grande sorellona»
Andai in cucina per prendere popcorn e patatine, ma quando mi affacciai dalla finestra, notai che il fratello modello stava giocando alla lavatrice con un’amica.
 «Ehi Hazel vieni qui» la piccola corse come un fulmine, l’alzai di modo che potesse vedere dalla finestra.
  «Merita una lezione, non credi?»
«Uniamo i nostri cervelli sorella»
  «Che hai in mente?» mi fece cenno di avvicinarmi e mi spiegò il suo piano «È a dir poco geniale! Ma perché me lo hai sussurrato se ci siamo solo noi in casa?»
«Il nemico è sempre in agguato Shan, forza avanti ai posti»
Presi il grembiule sporco di mamma e mi spettinai i capelli che, essendo mossi, erano già  arruffati. Il mio fratellastro era in compagnia di Abby Fisher, la più stupida dell’intero complesso scolastico: aveva rifatto tre volte la prima liceo, una volta la prima media e non sapeva che differenza c’era tra una zucca e una zucchina. La sue voce era gracchiante e fastidiosa, in confronto a lei le cornacchie gracchiavano con estrema grazia; era magra, con i capelli neri corti ed unti, gli occhi piccoli e porcini truccati male, la faccia piena di brufoli, la bocca sottile e scabra ricoperta di rossetto rosso fuoco. Stupida e pure cessa! Ero convinta che l’unico motivo per cui Jordan uscisse ancora con quella fosse la sua quarta di seno lasciata scoperta ai quattro venti. Hazel uscì dalla porta e corse verso Jordan, gli tirò la camicia.
 «Papà cosa ci fai qui con un’altra donna?» domandò Hazel sfoggiando i suoi occhioni da cucciolo.
«Papà? Hazel hai bevuto troppa limonata?»
  «Jordan» gridai «Dov’eri ti ho chiesto di andare a prender la bambina e invece sei con… un goblin»
«Shannon? Ma che state dicendo?»
  «Sei padre?» domandò la Fisher, era talmente stupida e di memoria corta che neanche sapeva della mia esistenza nella sua scuola.
«No!» esclamò .
 «Certo che è padre!» ribattei io «Non la vedi la somiglianza con questa bambina?»
«Ma hai detto di avere la mia età!» disse disgustata.
 «Infatti ho la tua età!»
«Allora perché hai una figlia?»
  «Si è rotto il preservativo» sorrisi io «mia figlia mi ha cambiato la vita, è il mio ragazzo che me la sta rovinando! Stai attenta, magari ti mette incinta»
«Non crederle sta mentendo, io non sono padre e lei non è la mia ragazza è la vicina di casa!»
  «Papà sei davvero bugiardo»
«Stammi lontano, mostro!» Abby diede uno schiaffone a Jordan e se ne andò via piangendo come una fontana, io ed Hazel scoppiammo a ridere.
 «Dovevi vedere la tua faccia fratellone!»
«Sì ragazze, davvero divertenti»
  «O avanti J non mi dirai che quello è il meglio che riesci a trovare! Piuttosto scadente, e poi sono sicura  che domani ne avrai già un’altra»
«Dici bene, ora entriamo quella scema mi ha lasciato il segno»
Mentre io ed Hazel guardavamo il nostro film, sonarono alla porta e sul ciglio c’era il migliore amico di Jordan, Nicholas. Lui era  la sua totale antitesi: bello, intelligente, capace di fare qualsiasi cosa.  Inutile dire che ero follemente innamorata di lui da quando J lo aveva portato in questa casa per la prima volta,  i suoi bellissimi e penetranti occhi grigi, quei capelli corvini risalvano i suoi lineamenti e quella bocca… vabbè, mi sto dilungando ed è meglio non andare più in giù.
 «Allora, pronto per la partita?» chiese.
  «Non posso Nick i miei mi hanno costretto a fare da balia»
«Senza di te non posso guardarla»
  «Mi spiace, ma mia sorella e l’inquilina indesiderata hanno il possesso della tv… entra avanti»
«Non dovresti parlare così a Shan è tua sorella da dieci anni infondo»
  «Noi non siamo fratelli, né amici» disse aspro. Balzai dal divano e andai a salutare quell’angelo di Nicholas.
«Ciao Nick» salutai
  «Ciao Shan, come stai?»
«Bene grazie, tu?»
  «Mai stato meglio. Oh grandiosa la performance al centro commerciale! Come hai steso lo scippatore per restituire il portafoglio alla vecchietta, fenomenale!»
Pensai che sarebbe stato meglio non dirgli che il portafoglio erta il mio, i poliziotti avevano sicuramente modificato la storia.
«Si beh, non potevo certo stare a guardare mentre derubavano una povera signora»
  «Hai ragione, sei stata fantastica!»
-Crede che io sia fantastica, la vicenda dello scippatore non è stata del tutto inutile!- pensai. «Grazie sei troppo gentile»
 «Shannon, non interessano a nessuno le tue eroiche gesta» si intromise l’idiota.
«A me sì!» esclamò Nick «Tua sorella è un’eroina!»
 «Per la milionesima volta Nick, LEI NON È MIA SORELLA E NON LO SARÁ MAI!»
«Rilassati J, prenditi una camomilla e vai a dormire, il nervosissimo non aiuta la pressione» disse Nicholas. «Non posso restare oltre Jordan, ci vediamo a scuola…» si voltò  verso di me mi baciò la guancia «Vuoi venire ai miei allenamenti di hockey domani? Nulla di speciale, però mi farebbe piacere vederti»
 «Cercherò di esserci» mi sentivo una stupida! “Cercherò di esserci”, dovevo dire” Ovvio che ci sarò!”, “volentieri” o, “anche a me farebbe piacere”. Salutò e uscì.
«Hai la faccia da pesce bollito» disse Jordan.
  «Beh tu ce l’hai da ebete, ma non è una novità» feci spallucce e mi sistemai di nuovo sul divano con Hazel, che però era crollata dal sonno. «Portala su» sentenziai.
 «Perché io?»
«È tua figlia, tu sei il padre fai qualcosa di utile nella tua vita e nella nostra vita di coppia»
  «Ti odio strega»
«Hai ragione, come potevo pensare che uno gnomo come te potesse riuscire  a portare a letto una bambina, ci penso io»
  «La gnoma sarai tu, io sono un metro e ottantacinque e sono sei volte più forte di te, guarda ora te lo dimostro» prese in braccio Hazel e la portò in camera. «Visto?»
  «Hai ragione, come ho potuto dubitare? Grazie per aver portato su Hazel»
«Prego, ma non ci casco una seconda volta»
  «J lo dici da dieci anni ormai e continui a cascarci»
 «Ridi finché puoi, avrò vendetta»
  «Sì, nei tuoi sogni»

Rouge e Minori: E rieccoci qui, dopo mesi e mesi e mesi di sparizione, eccoci qua, con una nuova storia. Non c'è molto da dire, in fondo è solo il primo capitolo, ma ci auguriamo che la storia possa piacere a chi la legga, che gli strappi un sorriso e... perchè no, magari farlo anche emozionare, ma non allarghiamoci troppo. Speriamo di leggere delle recensioni, ci farà piacere sapere cosa pensa di questo nuovo inizio chi passa di qua.

 

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Capitolo 2
*** Capitolo II ***


                     

Capitolo II


«Questa storia ha davvero dell’incredibile» disse Sadie attonita, seduta sul divano mentre guardava la madre che concludeva il suo racconto
  «Zia Shan… quel ragazzo era un vero imbecille»
«Disse il merlo al corvo…» commentò acida la ragazzina dando inizio all’ennesima lite di sguardi
   «Oh, ma allora non avete capito niente da questa storia?!» domandò esasperata Shannon con le mani nei capelli
   «Io ho capito che, per una qualche strana logica del destino, Sadie e Tristan assomigliano alla zia e al suo amico» disse candidamente Simon, facendo voltare i due ragazzini verso di lui
«Simon, non dire sciocchezze!» esclamarono i due in coro
   «Che ci sarebbe di così strano?» domandò Shannon
  «Beh… il fatto che Sadie è una frivola ragazzina» disse il ragazzino che aveva ricevuto immediatamente una poco amorevole pacca in testa dalla madre.
 «Non mi pare di averti insegnato a parlare così alle ragazze» lo rimproverò la donna
  «Scusa… Però ogni tanto anche papà te lo dice»
 «Lo dice perché sa che è vero, tu invece, essendo un ragazzino non puoi dirlo» disse la donna scompigliando i capelli del figlio
   «Zia Dora, te lo dice davvero?» chiese curioso Simon
 «Solo ogni tanto quando è in vena di dire idiozie» rispose lei con noncuranza «Cioè più spesso di quanto non sembri»
«Zia Dora, come hai conosciuto lo zio?» domandò a bruciapelo Sadie curiosa
 «Perché lo vuoi sapere? Insomma, era Shannon quella che doveva raccontare» domandò Dora perplessa
«Si ma già che ci siamo… Preparati anche tu zia Dee, non ci scappi» esclamò convinta Sadie
 «Shan, perché ho l’impressione che ci stiano prendendo gusto?» chiese all’amica che, per risposta, si era limitata ad un’alzata di spalle
  «Dai mamma, racconta!» la incitò il figlio e la donna non si fece pregare a lungo
 «Bene, anche la mia storia è cominciata con la fine dell’estate, anche se ad essere sincera non è iniziata nel più piacevole dei modi…»
“Era una comunissima giornata di inizio Settembre, di quelle pigre che precedono l’inizio della scuola e che gli studenti passano a godersi gli ultimi sprazzi di tempo libero. Tra loro figuravo anche io, Nymphadora Artist, sedici anni e totalmente, incondizionatamente dipendente dalle regole di Coco Chanel e che si dilettava nel progettare e creare vestiti usando le stoffe più disparate. E l’andare in giro per negozi per comprare le stoffe era il mio passatempo preferito, di solito andavo insieme a Caridee e Shannon, ma quella domenica erano entrambe impegnate quindi andai da sola, avevo in ballo i progetti per i costumi di Halloween di tutte e doveva quantomeno iniziare a procurarsi le stoffe. Dopo essermi preparata ero scesa in cucina a fare colazione dove mia madre stava preparando da mangiare, mio padre la salutava con un bacio, già pronto per uscire, e mio fratello si reggeva a stento seduto al tavolo.
«Buongiorno a tutti… che faccia fratellino, hai fatto un giretto nell’oltretomba?» domandai ironica posandogli le mani sulle spalle
  «Simpatica, ho solo fatto tardi… di nuovo…» disse tra uno sbadiglio e l’altro
    «Dolcezza, quel bar ti sta prosciugando le energie» disse nostra madre, affettuosa come sempre, mentre gli posava davanti i pancake che, come ogni domenica, preparava a colazione.
  «Lo so mamma, appena potrò assumerò qualcuno come aiuto… Dora potresti anche darmi una mano il pomeriggio dopo scuola» commentò il ragazzo, subito ripreso dal padre
     «Il compito di Dora adesso è studiare, il resto è un in più… Adesso vado, a stasera» disse l’uomo imboccando l’uscio e uscendo.
     «Oggi cosa fai Dora? Esci con le ragazze?» mi domandò mia mamma
«No, oggi esco sola. Devo fare compere»
   «Fammi indovinare, nuovi progetti?» chiese il fratello mentre si infilava in bocca un intero pancake
«Fai veramente schifo»
   «Perfè?» domandò con la bocca piena
«Datti una risposta da solo… Vado di sopra, esco dopo pranzo» salutai per poi ritirarmi nella mia stanza. Più che una stanza era uno studio, con i muri tappezzati di bozzetti, un angolo pieno di ritagli di stoffe e due manichini affiancati al muro. La mattinata era volata, l’avevo passata a rivedere e rifinire i bozzetti, creare qualcosa per le mie due amiche era sempre un’impresa, un po’ per la mia mania di perfezionismo, un po’ perché volevo trovare la combinazione perfetta per loro.
«Corto per Dee, lungo per Shan, azzurro, verde, organza, chiffon… direi che potrebbe andare…» borbottai con la matita tra i denti, ma alla fine mi ero convinta che, con le stoffe in mano sarebbe stato più semplice decidere gli ultimi dettagli. Per arrivare al mio negozio di stoffe preferito dovevo per forza passare davanti alla scuole e mi ero fermata davanti ai cancelli dell’istituto, lasciandomi andare ad un sospiro esasperato.
«Ci vediamo la prossima settimana… tu e la tua orrida divisa» dissi con tono schifato, mentre qualcuno mi toccava la spalla
  «Scusa, frequenti questa scuola?» mi domandò un ragazzo alle mie spalle
«Purtroppo si…» risposi rassegnata mentre lui sorrideva
  «Per me è un bene invece… prima che entri e mi perda, come arrivo alla segreteria?» aveva chiesto ancora, passandosi la mano tra i capelli biondi
«Entri, sali due rampe di scale e giri a sinistra, al fondo del corridoio giri a destra, la seconda porta a sinistra è la sala insegnanti, fai prima ad andare da loro che sono sicuramente li, la segreteria potrebbe essere chiusa»
  «Grazie mille…» ringraziò lui lasciando un momento in sospeso la frase
«Nymphadora» mi presentai, intuendo che voleva conoscere il mio nome
  «Grazie mille Nymphadora… Io sono Lucas»
«Non ti ho mai visto a scuola, sei nuovo?»
  «Si, io e mio fratello ci siamo trasferiti da poco e frequenteremo questa scuola» rispose lui
«Beh, allora ci rivedremo la prossima settimana» dissi avviandomi verso il negozio
  «Non mancherò… e grazie ancora» la salutò per poi entrare nella scuola. Aveva un bel paio di occhi azzurri, nulla confronto a quelli di Jordan che, nonostante Shannon lo negasse con tutta se stessa, erano i più azzurri che avessi mai visto, ma comunque abbastanza belli da farsi guardare da me che, per gli occhi azzurri, ho sempre avuto una passione sfrenata.
Arrivata in negozio ci passai minimo un’ora, sapevo perfettamente che la proprietaria festeggiava quando mi vedeva entrare perché sapeva che avrei comprato minimo tre rotoli di stoffa, e gli affari non andavano benissimo nell’ultimo periodo.
Armata di bozzetti e matita ero riuscita a sistemare tutti i progetti, uscendo dal negozio con un rotolo di organza azzurra, di satin celeste, uno di seta e uno di chiffon rossi, del broccato verde, chiffon verde smeraldo, tulle nero e cotone di vari colori… fortuna che quella donna mi faceva degli sconti visto che, ogni tanto, le regalavo dei capi come risarcimento, facendomi pagare le stoffe praticamente la metà del prezzo, altrimenti sarei rovinata. Risultato ero uscita dal negozio carica di borse che quasi non mi permettevano di vedere dove andavo, infatti non avevo visto che qualcuno, probabilmente distratto quanto me, mi stava venendo addosso. Me ne accorsi quando tutti i miei rotoli erano caduti per terra e io con loro.
   «Ehi, fa più attenzione a dove metti i piedi» sputò acido il ragazzo, senza degnarsi di darmi una mano. Alto e con le spalle larghe, qualsiasi ragazza sarebbe saggiamente rimasta in silenzio, ma io non sono mai stata particolarmente brillante in furbizia.
«Io dovrei fare attenzione? IO?! Sono io quella che è caduta insieme alle sue borse!» m’infuriai subito, sbrigandomi a raccogliere i rotoli, sperando che non avessero subito danni
   «Sono solo stoffe…» disse lui con noncuranza scostandosi i capelli, decorati con punte blu elettrico, dagli occhi, facendo aumentare la mia ira
«Stoffe che costano care dolcezza, non credo che tu abbia il diritto  di lamentarti dopo che le hai anche fatte cadere!»
   «Se costano così tanto allora perché le compri?»
«Ma sei scemo o cosa?! Perché mi servono magari?» sputai acida stringendo con forza le buste
   «Ehi, non ti permettere! Non mi conosci e mi insulti?! Sei solo una frivola ragazzina»
«Cosa hai detto?!»
   «Che sei frivola, te lo si legge in faccia!» ripeté lui che, per tutta risposta gli pestai il piede con il tacco e gli voltai le spalle andandomene, mentre lo sentivo imprecare.
-Fa male un tacco dieci nel piede vero?- pensai acida camminando furente verso casa, quel ragazzo le aveva rovinato il pomeriggio, era una persona veramente maleducata e scortese. Avevo continuato ad imprecare contro di lui per una buona mezz’ora, fino a quando mi ero accorta che non mi trovavo dove dovevo essere, cioè a casa, ma da un’altra parte, in una via che aveva percorso poche volte perché non mi piaceva per niente. Decisi di tornare indietro, ma qualcuno non era del mio stesso parere, difatti una mano mi bloccò il polso.
  «Ehi, ciao, come ti chiami?» chiese una voce ben poco rassicurante, al che nemmeno mi voltai
«Non ti riguarda, lasciami» cercai di sembrare più fredda possibile, ma in realtà i brividi che mi salivano lungo la schiena mi avvertivano che qualcosa non andava
  «Oh, andiamo.. perché non vieni a farti un giretto con me?»
«Lasciami!» esclamai ad alta voce divincolando il braccio, ma la presa era più salda di quanto non sembrasse e, in men che non si dica, mi ero ritrovata addossata ad un muro in un vicoletto adiacente. La paura continuava a salire, l’adrenalina mi scorreva nelle vene e sentivo il sangue fluire lentamente via dal mio viso, il cuore batteva all’impazzata mentre sentivo quelle mani callose percorrermi le gambe.
  «Visto? Se mi avessi dato retta sarei stato più delicato» sussurrò viscido l’uomo, il ragazzo, tutt’ora non ho idea di chi fosse quel tizio, non riuscivo ad alzare il viso mentre cercavo in ogni modo di togliermelo di dosso.
«Lasciami andare! Mi fai schifo, levati!» gridavo cercando di allontanarlo, ma la paura mi aveva privato delle forze, ero quasi paralizzata mentre sentivo le labbra di quell’individuo si posavano sul mio collo, umide e viscide, mentre la sua mano saliva pericolosamente per la mia gamba
  «Shhh, non parlare, mi distrai» puzzava di erba in una maniera indegna, non dimenticherò mai quel momento, con gli occhi strizzati per la paura e le lacrime che mi pungevano gli occhi e quella sensazione di disgusto nel sentire quella mano sempre più vicina e il rumore della cintura che si slacciava mentre la pietra fredda del muro mi graffiava le braccia. Poi tutto era cessato di colpo e avevo sentito solo il rumore di un peso che cade a terra e qualcosa che mi passava davanti agli occhi, coprendomi la visuale. Una felpa nera. Davanti a me sentivo rumore di colpi violenti.
   «Vediamo se così ti passa la voglia di aggredire le ragazzine nei vicoli… che schifo» disse una voce familiare. Scostai la felpa e vidi il ragazzo di poco prima in piedi sopra l’uomo che, steso privo di sensi, aveva il naso rotto e sanguinante, il labbro spaccato in più punti, un ematoma sullo zigomo e un occhio nero.
«Io…»
   «Zitta, vieni con me» disse perentorio, me non riuscivo a muovermi, ero come piantata in quel punto «Queste dovrebbero essere tue…» parlò ancora il ragazzo, questa volta con tono più morbido, mostrandomi le mie buste. Non mi ricordavo nemmeno quando mi erano cadute a terra, ma dentro c’era tutto.
«Ti ringrazio…» dissi piano prendendo le buste e riuscendo a spostarmi
   «Vieni, sei sotto shock, non mi fido a lasciarti per strada in questo stato»
«Ma…»
   «Non provarci nemmeno a dire che stai bene, sei pallida come un lenzuolo… vieni con me» disse lui, facendomi strada fino ad un bar che, ad occhio e croce, non era molto lontano da casa mia. Mi lasciò un momento seduta da sola, e io pensai che quella era stata davvero una giornata terribile ma che, dopotutto, incontrare quel ragazzo non era stata la disgrazia peggiore, anzi, senza il suo intervento
   «Bevi questa» disse posandole davanti una tazza di cioccolata «Anche se fa caldo penso che possa calmarti un po’» spiegò mentre si sedeva davanti a lei
«Grazie mille… penso di doverti delle scuse per prima, è il minimo»
   «Scuse accettate… ma anche io avrei dovuto fare attenzione» concluse lui con un mezzo sorriso, mentre spingeva avanti la mia tazza, incitandomi a berla, ma mi sentivo lo stomaco chiuso in una morsa, ma mi sforzai e mandai giù un sorso
   «Spero che cose del genere non succedano spesso»
«Fortunatamente no… io non capisco perché individui come quello si arroghino il diritto di pensare di poter fare azioni del genere. E non dire per il modo in cui mi vesto, il fatto che mi piaccia vestirmi in questo modo non significa che sia una sgualdrina o un’oca» dissi piano, mentre bevevo un altro sorso della bevanda calda sentendo il cuore tornare ad un ritmo normale.
   «Forse semplicemente perché non gli arriva ossigeno al cervello»
«A quello no di sicuro visto come lo hai conciato… avremmo dovuto chiamare un’ambulanza?»
   «Fammi capire, quello stava per violentarti e tu avresti anche il coraggio di aiutarlo?» domandò scettico, io mi limitai ad alzare le spalle
«Sono fatta così… Oh, è finita» non mi ero accorta che, in pochi sorsi, avevo svuotato la tazza
   «Proprio vero, donne e cioccolata vanno a braccetto» scherzò lui e io mi soffermai, per la prima volta, sul suo viso. Labbra sottili, naso dritto, dentatura perfetta, occhi di un azzurro quasi blu
   «Se non la smetti di guardarmi così finirai per consumarmi» ironizzò lui «Comunque io mi chiamo Connor» si presentò porgendomi la mano
«Io sono Nymphadora» dissi ricambiando la stretta «E cosa dovrei guardare di grazia?»
   «Me, sono bello come il sole»
«Peccato che il carattere lasci parecchio a desiderare» commentai ironica
   «Potrei dire lo stesso di te, dolcezza»
«Come no, tutta invidia la tua»
   «Se posso darti un consiglio però troverei un modo per difenderti» disse lui tranquillo «Ce ne sono tanti, un coltello in borsa per esempio, o uno spray al peperoncino, oppure qualche lezione di autodifesa»
«Quasi quasi eviterei il coltello… Mi inventerò qualcosa. Ora devo andare, si sta facendo tardi» dissi lasciando i soldi sul tavolo
   «Aspetta te la senti di andare da sola?» chiese imitando il mio gesto
«Si, tranquillo, abito qui vicino» lo rassicurai mentre uscivo. Non mi ero sbagliata ero davvero vicino a casa, non ci avrei messo molto «Grazie Connor… ricambierò il favore un giorno, se ci rivedremo» lo salutai voltandomi sulla strada per casa mia
   «Ci conto, dolcezza» lo sentii dire alle mie spalle per poi voltare l’angolo. La sera a casa avevo ripensato ai due incontri di quel giorno e pensai che era stata una giornata ben più piena di quanto non avevo pensato quella mattina appena sveglia, ma mai avrei pensato che avrei avuto a che fare con loro in modo così ravvicinato.


Rouge e Minori: Bene bene, eccoci qua con il secondo capitolo, speriamo che vi sia piaciuto e che ce lo farete sapere, grazie alle recensioni sappiamo cosa non va bene o cosa deve essere cambiato, quindi speriamo di ricevere vostre notizie!Qui sotto vi lasciamo un'immagine di Nymphadora per lasciarvi un'idea di com'è fatta, vi presenteremo tutti i ragazzi, capitolo per capitolo. Ora ce ne andiamo, vi salutiamo e vi aspettiamo al capitolo 3!

 

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Capitolo 3
*** Capitolo III ***


Capitolo  3
 
«Questa mi mancava» confessò Caridee quando Dora finì di raccontare.
  «Ma sei seria? Ti l’ho raccontato un trilione di volte» si lamentò l’amica.
«Davvero?» domandò sconvolta.
  «Sì Dee piantala di cadere dalle nuvole! Parlavamo di essere infantili…»
«Io sono infantile per natura, non per scelta… lasciatele stare ragazzi si può essere apprezzati anche se si è un po’ infantili, guardate me!»
  «A te cosa è successo zia Dee?» domandò Tristan.
«Okay ragazzi mettetevi comodi… “Quel giorno io facevo una gara, ero molto concentrata, ma anche un po’ dispiaciuta visto che le mie amiche non potevano venire, Dora doveva studiare, Shannon era a vedere gli allenamenti di Nicholas e io ero rimasta sola. Tuttavia, nonostante le mie amiche, che comunque erano venute alle prove, sentivo di poter vincere la gara… tagliando corto, così fu. Vinsi. Mi sentì davvero fiera di me stessa e pensavo a quanto gli altri sarebbero stati orgogliosi di me, mi congratulai con tutti i finalisti e negli spogliatoi avvisai tutti con un messaggino… avrei tanto voluto dirglielo di persona, ma ero troppo entusiasta per aspettare! Uscita dagli spogliatoi stavo ancora mandando messaggi all’altra metà della città che conoscevo, quando senza accorgermene andai a sbattere contro qualcuno che fece cadere il mio cellulare per terra e fece finire l’hot dog sui miei vestiti. In meno di un battito di ciglia ero ricoperta di salsa ketchup, vorrei precisare che la maglia era bianca!
-Beh, me lo sono meritato, così imparo a camminare mentre scrivo al cellulare!- pensai furiosa.
 «Io-Io mi dispiace! Non vi avevo vista!» esclamò dispiaciuto mentre mi aiutava a rialzarmi.
«Non si preoccupi neppure io l’avevo vista» quando alzai gli occhi vidi il ragazzo più carino che avessi mai visto, i suoi capelli biondi al vento e quegl’occhi così azzurri da far venire il capogiro, quasi grigi, quasi come cubi di ghiaccio.
 «Tranquilla dammi pure del tu, io mi chiamo Pearce. Lucas Pearce» mi porse il cellulare e al contatto con la sua mano rabbrividì.
«Watson. Caridee Watson, piacere»
 «Tu sei la vincitrice!» esclamò. «Wow! Sai, io mi sono appena trasferito e, mi chiedevo se tu…»
«Volessi uscire con te? Sì!» risposi subito eccitata.
  «Ehm… no, volevo chiederti se potevi concedermi un intervista. Volevo entrare nel giornalino della scuola, ma per farlo mi hanno detto che dovevo intervistare la vincitrice della gara e quella sei tu. Non oggi, quando ti mette meglio e sempre se tu sei d’accord…»
«Sì! Sono ASSOLUTAMENTE d’accordo Lucas!»
  «Allora ti lascio il mio numero, così puoi contattarmi» scrisse il numero sul mio braccio, mi sorrise e disse: «Comunque non mi dispiacerebbe uscire con te, sei simpatica» uscì dalla piscina e io senza esitare un momento corsi a casa di Shannon, doveva sapere tutto! Avevo incontrato il lui celestiale di cui mi aveva parlato Madame Bovinski giù dai camper. Lei si che ne sapeva in fatto di amore! Bussai freneticamente alla porta finché Jordan non alzò le chiappe dal divano e non venne ad aprirmi.
 «Che ci fai qui oggi kamikaze?» mi domandò.
«Se rido  alla tua bruttissima battuta, mi fai passare?»
  «Si»
«Ah-Ah-Ah… okay levati» corsi su per le scale e mi catapultai in camera di Shan, che sobbalzo per lo spavento quando mi vide… credo per la mia entrata un po’ frenetica ed inaspettata… No era sicuramente per la mia maglia sporca di ketchup.
 «Accidenti Dee! Che spavento! Non farlo più»
«Scusa non volevo, ma è una questione di vita o di morte!»
  «Allora dimmi che aspetti!»
«Bene io… ufff è difficile… ho incorato un ragazzo. Un ragazzo bellissimo, simpaticissimo, educatissimo e…» Shannon mi fermò.
  «Quanti “issimo” vuoi aggiungere? Uno basta! E poi BASTA RAGAZZI!»
Feci una smorfia e dissi: «Friendzonata?»
  «Ho paura di sì… comunque, veniamo a te. Chi è sto tipo e perché hai del ketchup sulla maglia?»
«Si chiama Lucas e mi è venuto addosso, poi mi ha aiutata ad alzarmi e mi ha sfiorato la mano per restituirmi il telefono che mi era caduto, proprio mentre stavo per mandarti un messaggio dove ti comunicavo la mia vittoria, poi si è scusato per avermi sporcata con la salsa del suo hot dog… Dimmi, non è romantico?»
  «1. Che cosa c’è di romantico in uno che ti viene addosso e ti imbratta di ketchup? 2. “Si è scusato per avermi sporcata con la salsa del suo hot dog” suona veramente MALE! 3. Hai vinto? Grande!»
 «Chissene della vittoria! Lucas è più importante e la frase non era voluta scusa Shan»
«Tranquilla.. e comunque davvero cosa c’è di romantico in uno che ti ha fatta finire con le chiappe a terra?»
 «Ovvio, no? Lo sguardo!
«….Lo sguardo.»
  «Esatto!»
«Lo sguardo da triglia?»
«Ma no scema! Lo sguardo dell’attenzione, il colpo di fulmine!»
  «Magari lo è stato per te»
«No vuole rivedermi e ho il suo numero»
 «Okay allora chiamalo se è vero»
Presi il cellulare digitai i numeri sul braccio e attesi… attesi ancora… “Segreteria telefonica lasciate un messaggio dopo il bip!”… «Penso che lo chiamerò domani» constatai.
 «Si beh ritenta e sarai più fortunata… vuoi una pizza? I miei sono partiti per il Canada, sai quanti servizi che devono fare»
  «Si mi andrebbe… non è che per caso hai anche un cambio?»
«Serviti. Come la vuoi la pizza?»
 «… Diavola!»
 «Okay arriva!... JORDAAN! UNA DIAVOLA PER DEE!!!»
«Ma chi credi che sia io?!?» gridò lui dall’altra stanza.
  «L’addetto alle pizze!»
«Fottiti!»
 «Fratellone le parolacce non si dicono davanti ad una bambina!» intervenne Hazel.
«Ma per piacere che tu ne conosci più di me!»
  «Si ma io non le dico»
«AHH! Io levo le tende!»
 Tornò dopo una mezz’ora con le pizze calde e fumanti, fu un piacere stare in loro compagnia, peccato che Dora non ci fosse. A Jordan squillò il telefono.
 «Pronto?... Connor? MIO DIO MA SEI TU? Cavolo da quanto tempo! Ah sì? Come sta tuo fratello? Oh meno male… sì, volentieri, anche ora… okay raggiungi Jefferson Street a nord della citta, civico sei. Si, ti aspetto. Ciao, a dopo»
 «Sembri felice, chi era?» domandò Shannon.
«Un vecchio amico di quando ero bambino, di quando TU non eri nella mia vita, di quando vivevo ancora nel Connecticut. Si chiamava Connor, eravamo sempre insieme e ora si è trasferito qui! Qui capisci? L’ho sentivo sempre come potevo ma cavolo, sono proprio contento!»
 «Wow» commentò Shannon «Spero che tutto vada bene e che non scappi prima di vedere me ed Hazel»
«Nah! Mi leverò subito dai piedi!»
 «Cavolo ma quel ragazzo non poteva venire a vivere qui dieci anni fa!?»
Dopo poco suonarono al campanello e Jordan volò ad aprire. Era un ragazzo bello,  con qualcosa di noto nonostante fossi certa di non averlo mai visto, però dovevo ammettere che aveva stile! Le ciocche blu gli donavano un casino! – - pensai, -Sto avendo la sindrome da stile di Dora!-
«Connor mia sorella Hazel, l’amica della mia sorellastra Caridee e Shannon, la mia sorellastra»
  «Piacere sono Connor»
Dopo tutte le presentazioni tornai a casa, avevo invaso Shannon anche troppo, ma sapevo quel che dovevo fare. Avrei chiamato Lucas! L’indomani stesso! Dopo tutte le presentazioni tornai a casa, avevo invaso Shannon anche troppo, ma sapevo quel che dovevo fare. Avrei chiamato Lucas! L’indomani stesso!
Tutta la mia determinazione era svanita la mattina dopo quando, con il cellulare in mano osservavo lo schermo con aria minacciosa.
«Ok o la va o la spacca!» dissi risoluta inoltrando la chiamata –Rispondi! Rispondi! Rispo…-
«Pronto?» chiese lui dall’altra parte della cornetta
  «Ehm… ciao Lucas, sono Caridee, sai quella a cui sei venuto addosso ieri…» forse non era la cosa più intelligente che potessi dire, ma mi uscì solo quello
«Ah, ciao! Non pensavo mi avresti chiamato così presto» ridacchiò lui
  «E invece eccomi qua… sei sempre dell’idea di intervistarmi?»
«Assolutamente si! Quando vuoi che ci vediamo?» chiese energico
  «Oggi pomeriggio alle 16?» chiesi titubante, ma ero impaziente, non vedevo l’ora di rivederlo
«Perfetto, ci vediamo davanti al cancello della scuola?»
  «Va bene, a dopo» lo salutai mentre lui, dopo aver ricambiato il saluto, chiudeva la telefonata. Ci misi qualcosa come tutto il giorno per scegliere cosa mettere, nonostante non mi fossi mai posta il problema dei vestiti quel giorno ci tenevo a presentarmi bene. Arrivai davanti alla scuola con ben dieci minuti di anticipo, tesa come una corda di violino e sentivo di sudare come un peccatore in chiesa!
«Scusa, sono in ritardo?» chiese Lucas correndo verso di me, trafelato, e mi incantai per un momento. Perché al mondo esiste gente che, quando corre e suda sembra una di quelle pubblicità di Armani?
«No, sei puntualissimo» risposi io, cercando di ricompormi
«Meno male, mi sa che ho l’orologio un po’ avanti allora» disse guardando il cellulare per poi tornare a me e sorridermi. Non dovevo guardarlo negli occhi, mi distraevano, troppo chiari, troppo intensi, troppo tutto!
«Vogliamo andare? Poco lontano da qui c’è un bar molto carino» propose lui mentre io mi limitavo ad annuire e cercavo di non diventare di un rosso improponibile in faccia. Il locale scelto dal ragazzo era piccolo, ma carino e accogliente, con piccoli tavolini in ferro battuto.
«Che bel posto»
«Vero? Vieni, sediamoci la» disse indicando un tavolino in fondo al locale, lontano dal chiacchiericcio degli altri clienti «Allora, vogliamo cominciare?» chiese tirando fuori un piccolo registratore dalla tasca
«Si, cosa vuoi sapere?»
«Per prima cosa se posso pubblicare anche una foto che ho scattato alla gara» disse lui
«Mi hai fotografato? Ma quando nuoto sono oscena!» dissi scioccata, quando ero in acqua mi sentivo sempre ridicola
«Io invece ti ho trovata elegante e leggera» disse lui tranquillo, mentre mi sentivo arrossire –Calma Dee, resta calma…- mi ripetevo come un mantra
    «Se piace a te…» pigolai imbarazzata mentre lui sorrideva contento
«Mi era venuta bene quella foto! Allora, sentiamo, da quanto tempo ti alleni?»
«Da quando avevo cinque anni. Inizialmente fu solo per imparare a nuotare, come tutti i bambini, ma con il passare degli anni divenne passione, e da allora non ho mai smesso di allenarmi. Sono entrata nella squadra agonistica due anni fa» risposi calma
«Caspita ti alleni da molto tempo deve costarti molto sacrifici»
«Beh, niente di insopportabile, se ami qualcosa non ti pesa fare qualche rinuncia»
«Bene e dimmi, ti saresti mai aspettata di vincere?» domandò ancora
«Proprio per niente. Quando sono arrivata e mi sono trovata davanti gli altri gareggianti mi sono sentita sprofondare, però a quanto pare l’essere esili riduce l’attrito dell’acqua» scherzai io imbarazzata
«Beh, di sicuro quegli armadi avranno fatto molta più fatica contro la resistenza dell’acqua… e come ti sei sentita quando hai realizzato di aver vinto?»
«Soddisfatta. Sentivo che tutti i miei sforzi e le ore di allenamento avevano dato i loro frutti e mi sentivo orgogliosa di me stessa»
«Immagino sia normale. Tutte le ore di allenamento ti hanno mai causato problemi con lo studio?»
«Una volta che si impara ad organizzarsi smette di essere un problema. Beh ovviamente se ti interessa avere una media soddisfacente»
«Ultima domanda: Come ti senti quando sei in acqua?»
«So che dire libera risulterà banale, ma è così. Mi sento libera, a mio agio, senta paura di risultare goffa o imbranata, senza il timore di inciampare. L’acqua è il mio elemento, sento i muscoli tendersi, l’adrenalina salire, l’acqua sfiorarmi come ad accompagnare i miei movimenti… mi sento semplicemente me stessa» risposi assorta, cercando di riassumere a parole tuto quello che provavo quando entravo in contatto con l’acqua
«Caspita…» mormorò piano «Bene, grazie Caridee, ho tutto il materiale che mi serve» disse spegnendo il registratore
«Ma come abbiamo già finito?» chiesi un po’ delusa, speravo che sarebbe durato un po’ più di un’ora, volevo stare ancora da sola con lui magari a chiacchierare sulle nostre cose personali, conoscerci ecco, ma dovetti rimandare. Sperai solo di rivederlo presto.

Spazio Autrici:
Rouge: Ecco a voi il personaggio del capitolo, Caridee!! Un applauso Gente
Minori: Speraimo che il capitolo piaccia e che ci seguiate numerosi... Al prossimo capitolo!

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Capitolo 4
*** Capitolo IV ***


                   

Capitolo IV

«Wow zia eri davvero una mina vagante!... Mi piace!» esclamò Tristan dalla poltrona.
  «Eccome se lo era, anzi lo è tutt’ora» confermò Dora.
«Felice di essere così» gongolò Caridee.
    «E tu mamma? Quel Nicholas che tanto ti piaceva sei riuscita ad uscire con lui?» domandò Sadie a sua madre.
       «Ovviamente! Nessun uomo riesce a resistermi» si vantò lei.
«Non credo che tuo marito sarà felice di questa affermazione sai Shan?»
  «Tu non lo cogli il sarcasmo vero Dee?»
«Beh se è sarcasmo allora glielo posso dire!»
  «Non ce n’è bisogno, ha già abbastanza grane… è meglio se continuo la storia»
«Brava Shan»
  «Molto bene avvicinatevi… “ Quando i miei genitori tornarono dal Canada era un giorno molto speciale per me e mia mamma, quel giorno uscimmo di casa molto presto credendo di non aver svegliato nessuno e tentammo di fare tutto in modo più silenzioso possibile. Prendemmo l‘auto e ci dirigemmo al cimitero con un enorme mazzo di rose. Era passato un altro anno eppure, per quanto mamma amasse Phil non poteva dimenticare mio padre e neppure io. Sarebbe sempre stato l’uomo più importante della mia vita e io l’avevo perso troppo presto, anche se era stato sostituito velocemente per me non era lo stesso. All’inizio non accettavo appieno la loro relazione, agli occhi di una bambina sembrava un tradimento nei confronti di mio padre, ma poi capii che mio padre avrebbe desiderato che noi continuassimo comunque la nostra vita anche se lui non sarebbe stato più con noi. Fu dura per me abituarmi a tutti quei cambiamenti, in meno di un anno mi ero ritrovata uno sconosciuto in casa che avrebbe preso il posto di mio padre, voglio bene a Phil e ora lo considero come un padre, è parte della mia famiglia, una parte indubbiamente importante a cui voglio bene, ma… spesso immagino a come sarebbe la mia vita se mio padre fosse ancora vivo, ancora con me… probabilmente non ci sarebbe Hazel, né quella piaga di Jordan… in un certo senso sarebbe tutto diverso. La lapide era, come sempre, piena di fiori e mi rincuorava sapere che tutti i suoi amici non si erano scordati di lui, li vedo tutti abbastanza frequentemente e mi trattano sempre come una specie di nipote, dopotutto per sei anni della mia vita ho vissuto con loro nella centrale dei pompieri, il mio lato da maschiaccio è colpa loro.
 “Andrew Greene marito e padre di famiglia 1980- 2006”
Mia madre diede un bacio alla foto di papà e notai che se fossimo rimaste lì sarebbe scoppiata a piangere e sapevo che per quanto potessi provare a consolarla non sarebbe bastato. Mi abbracciò con forza e, come previsto, pianse e, ovviamente, coinvolse anche me.
 «Mi manca» confessai « vorrei che non fosse mai successo»
  «Era destino Shannon, ma di certo la polizia ha fatto del suo meglio»
«Ma perché ucciderlo? Lui non centrava nulla con tutto questo, o sì?»
  «No, ma ha visto qualcosa che non doveva vedere e la malavita non premia certo chi vuole portare giustizia. Tuo padre ci ha protette ed amate fino alla fine, ora sarebbe fiero di vedere la donna che sei diventata» le lacrime continuavano a cadere piano dalle sue guance, ma mi guardò e sorrise malinconicamente. «Sai, tuo padre diceva sempre che tu mi assomigliavi, ma ora, ogni volta che ti guardo, io vedo lui; i suoi stessi occhi, il suo sorriso, i suoi modi di fare… anche quelli rozzi che lui stesso ti ha insegnato, la passione per la musica e l’arte, le centinaia di libri sulla storia che leggi ogni giorno sono i suoi, la sua vivacità, la sua spensieratezza, il suo coraggio… se non avessi fatto ore di travaglio direi che tu non sei figlia mia!»
 «Ho i tuoi stessi capelli» le feci notare.
«E basta, la cosa peggiore l’hai presa da me, ma tutto quello che c’è di buono e di speciale in te è nato da tuo padre, e lui non potrebbe, come me, far altro che essere fiero Shan» smise di piangere e tirò su col naso, fece un profondo respiro e disse: «Ho deciso di presentare il resto della famiglia ai genitori di tuo padre»
 «Dopo tutti questi anni?» domandai sorpresa «M-Ma loro sanno che ti sei risposata, che hai avuto un’altra figlia e ne hai acquistato uno? Come intendi presentarglieli?»
«Calmati Shan! Carol e Ben sanno che mi sono risposata da quando è successo, ma non ho mai avuto il coraggio di farmi vedere tranne il giorno dell’anniversario della morte di tuo padre, so che tu sei in ottimi rapporti con loro e non volevo distruggere quello che poteva ricordarti tuo padre… Sono stanca di fingere Shan, sono stanca di scappare la mattina e tornare a casa e dire che era una giornata tra donne solo mia e tua, voglio far vedere agli altri dove andiamo tutti gli anni in questo giorno, voglio smettere di scappare dalla mia famiglia come fossi una criminale, capisci?»
  «Lo capisco ed è giusto così, mi va bene, davvero»
«Loro saranno sempre e solo i tuoi nonni, avrai sempre un rapporto speciale che ti legherà a loro che Hazel e Jordan non conosceranno mai, così come quello che hai con quei scapestrati degli amici di Andrew»
  «Ci saranno anche loro?» domandai.
«Certo ho fatto le cose in grande, sono dieci lunghi anni che è morto… glielo devo e non possiamo far si che una persona come lui venga dimenticata, tutti devono ricordarlo e voglio che diventi una tradizione nella mia famiglia, non voglio coinvolgere Phil e gli altri per ricordare il mio ex-marito, ma per ricordare l’eroe che è stato» spiegò.
  «Quindi al cimitero verremo sempre io e te?»
«Se gli altri si vorranno unire potranno, ma qui io non lo ricordo come il mio eroe, lo ricordo come il padre del mio angelo e l’uomo che ho amato» sospirò, «dai piccola smetti di lacrimare, chiudi i rubinetti, le lacrime non fanno per te mi asciugò le lacrime e mi accarezzò i capelli. «Ti lascio un po’ sola con lui, io vado a prendere gli altri, ci vediamo dalla nonna tra un’oretta»
Quando mia madre andò via tutto si fece silenzioso, si sentiva solo il vento soffiare e il canto degli uccelli. «Non è giusto» singhiozzai, «se fossimo rimasti a casa questo non sarebbe successo… o forse sì? Tu cosa sapevi? Che cosa hai visto di così importante per meritare la morte? » sospirai, guardai un’ultima volta la foto di papà, gli mandai un bacio e mi diressi verso l’uscita del campo santo, quando vidi Jordan che girava per il cimitero senza una precisa meta, corsi verso di lui e lo chiamai.
«Jordan!» chiamai senza sgolarmi troppo, anche se probabilmente si era sentita solo la mia voce nell’intero complesso.
 «Cosa urli stupida!» mi rimproverò lui, «che ci fai qui?» domandò poi.
«Io sono venuta a trovare mio padre, tu che ci fai qui?»
 «Per strada ho incontrato Marianne e mi ha chiesto di venirti a prendere in moto, mi ha detto che tu sapevi dove andare… ehi aspetta un attimo!... Tuo padre? Vuoi dire che tuo padre è morto?» domandò stupefatto.
«Sì, è morto e oggi è l’anniversario della sua morte»
 «Cavolo m-mi dispiace, i-io non sapevo che fosse morto, pensavo che Marianne fosse divorziata»
«Wow interessato alla parte Greene della famiglia vero?»
 «No è solo che tu non ne parli mai e tua madre lei… non sembra mancarle»
«Ti sbagli, ci manca molto e non ne parliamo per non, beh, rattristire noi e chi ci sta intorno»
 «Come è morto? Un tumore?» chiese.
«Magari fosse un tumore, no, lo hanno ucciso.»
  «Cazzo, mi spiace»
«Tranquillo… Lo vuoi conoscere?»
  «Se non ti da fastidio»
«Papà era molto legato alla famiglia e, beh, tu fai parte della famiglia quindi non mi dà fastidio» assicurai.
  «Come mai così gentile con me?» domandò.
«Oggi è una giornata per me rivolta alla famiglia e che io lo voglia o meno tu ne fai parte, ora vuoi piantarla e venire a conoscerlo o vuoi stare qui a  fare domande inutili?»
Lo accompagnai fino alla tomba e ci sedemmo vicini davanti ad essa, continuavamo a fissare la foto sulla lapide in silenzio, finché Jordan disse: «Deve mancarti molto, vero?»
«Non sai quanto, ma lui è il mio eroe e continua a guidarmi anche se non posso vederlo»
 «Gli somigli parecchio»
«Lo dice anche la mamma, sai?» dissi ridendo. «A te non manca tua madre?»
 «Neanche un po’» rispose secco.
«Come mai?» chiesi.
  «Lei è solo una vecchia arpia, meno la vedo, meglio sto»
«Beh dai, andiamo ho da presentarti altre due persone molto importanti» mi alzai e iniziai a dirigermi verso la moto di J, ma lui era rimasto lì seduto a parlottare con la lapide di mio padre. Non chiedetemi che cosa gli disse perché non ho sentito nulla, mi ha raggiunto subito dopo il suo discorsetto e insieme siamo andati dai miei nonni paterni. Andavo a trovarli ogni volta che potevo, inoltre nonna Jody, quella materna, anche lei era in stretti rapporti con loro e a volte andavamo insieme a fargli visita. Bussai alla porta e nonno Ben venne ad aprirci.
 «Shanny!» esclamò contento, mi abbracciò con foga «entra, avanti»
  «Shannon!» nonna Carol corse anche lei ad abbracciarmi «Sei in anticipo cara… OH! Ma chi è questo bel ragazzo? Il tuo fidanzato?» domandò euforica.
«No nonna lui è il mio fratellastro, Jordan»
 «Piacere ragazzo, io sono Carol e lui è Ben, mio marito»
«Benvenuto nel lato Greene della famiglia» dissi io, «vieni ti faccio fare un giro della casa»
Gli feci vedere tutto, anche la soffitta, dove mio padre teneva le sue chincaglierie, rimase affascinato e io credevo che neppure gli interessasse.
 «Wow che bella casa» disse. Ci sedemmo sul divano e continuò: «se me lo avessi detto prima forse non ti avrei preso in giro così spesso» ipotizzò.
«Nah, lo avresti fatto comunque e continuerai a farlo, inoltre se smettessi è probabile che chiamerei un esorcista»
Rise e io sentii i miei nonni confabulare in sottofondo, mio nonno prese delle vecchie cassette e ce le fece vedere.
«Vedrai Jordan queste ti piaceranno!» disse sedendosi sulla poltrona.
  «La prego, mi chiami J»
«Ti prego J, dammi del tu! Ho solo sessantotto anni, sono ancora giovane!»
 «Non mancherò»
Partì una vecchia registrazione, mio padre mi stava filmando mentre pranzavo sul muretto con i suoi colleghi, un panino, nulla di che. “Guardate come mangia la mia piccola!” esclamava mio padre, oppure “ Avanti Shan, sorridi alla telecamera!”; d’un tratto passò una bella donna davanti a Big G, l’amico di mio padre, che le fischiò senza un briciolo di costume gridando “Ahi! Mamachita calinte! Se tu vien conmigo te voy a mostrar las estrellas del piacer!” tutti scoppiarono a ridere, non solo quelli della registrazione, ma anche Jordan sembrò capire le parole di Big G. Ovviamente se era un doppio senso, o comunque qualcosa di sconcio, Jordan l’avrebbe capito anche se fosse cinese! Poco dopo passò un bambino, circa dell’età che io avevo allora, un bambino insomma ed imitai Big G. Fischiai con tutto il fiato che avevo e quando si voltò gridai: “Quiere tu bailar esta noche?” una delle tipiche frasi da rimorchio spagnole di Big G, manco sapevo cosa volevano dire, però il bambino mi fece l’occhiolino  e con la bocca mimò un: “chiamami”. Ero piuttosto orgogliosa del mio talento per il rimorchio, finchè mio padre non mi urlò contro: “Non si fa! Shannon sei piccola e i bambini maschi…”
 “Oh lasciala stare Andy!” esclamò Big G. “ è chiaro che la piccola faina ha l’occhio lungo!”
 “Ma quale occhio lungo Gustave! Shannon è una bambina… ti prego piccina, non crescere mai, lo fai per papà?”
  “Okay” risposi io con innocenza.
“Di questa storia, non una parola con Marianne!”
 “Saremo muti come tombe capo”
“E tu Big G cerca di influenzarla meno”
Il video si spense e Jordan continuava a guardarmi e a sorridere.
 «Ebbè?» chiesi «Perché mi fissi in questo modo?»
«Spiegami, perché sei cresciuta?»
  «Spiegami, perché tu non lo hai fatto?»
«I maschi non crescono mai veramente bimba, è una sindrome»
 «Non chiamarmi bimba, mi da sui nervi» mi alzai ed aiutai nonna Carol a sistemare la tavola. Mi faceva imbestialire questo suo modo di fare! Perché darmi dei nomignoli, già non ci sopportiamo se in più aggiunge soprannomi simili distruggiamo perfino il rapporto di finto affetto che alleggia tra di noi.
 «Perché lo hai scaricato così?» domandò mia nonna.
«Meno male che l’ho fatto se no poteva dire addio alla mascella»
 «Potreste essere bravi fratelli se solo…»
«Noi non siamo fratelli!» gridai «Scusa nonna non volevo gridare»
 «Perché ti secca tanto ammettere che lui è tuo fratello?»
«Perché lui non lo è, non posso fingere che lo sia non è mai stato un fratello per me, né io una sorella per lui» spiegai.
  «Sei come tuo padre, certe cose tu proprio non le accetti e fai fatica a comprendere, non perché non ci arrivi, ma perché non vuoi arrivarci»
«Ecco questa tua perla di saggezza proprio non l’ho capita»
  «Hai proprio lo spirito di tuo padre» disse rassegnata.
 Suonarono alla porta e tutti i miei familiari entrarono, mia madre presentò il resto della famiglia ai nonni, dopodiché arrivarono tutti i vecchi amici di mio padre da Dorjan Musklow al grande Big G.
 «Quanto sei cresciuta piccola matrioska! Come stai? » mi domandò Musklow.
 «Sto alla grande!»
 Big G arrivò di corsa con le lacrime agli occhi e mi abbracciò con tanta forza da sollevarmi: «La mia piccola  batuffolina rosa! Ora non credo potrò più cambiarti, fai tutti da sola! M-Mi viene da llorar! Me niña è cresciuta ed è tanto linda, una vera y guapa señorita!» mi posò a terra e guardò Jordan «Ah! Dissi a tuo padre che eri una faina dall’occhio lungo… Shan, esto chico es un bel partito… es tu novio?»
 «EHHH???? NO! Non è il mio fidanzato! Lui è solo il mio fratellastro!»
   «E allora? Mica è incesto!»
«Ti ci metti pure tu ora?!»
 «Calmati faina… cavolo hai proprio lo spirito di tuo padre!»
Il pranzo mi sembrò un agonia, troppo lungo pieno di spiegazioni e di bei ricordi, ma ovviamente insieme ai bei ricordi arrivano anche quelli brutti. Nonno Ben mise il video del telegiornale che parlava dell’incidente di papà e per me fu un supplizio.
“ Siamo qui in Lexington Street dove c’è stata una sparatoria grave, un uomo di nome Andrew Greene è stato ferito gravemente da una banda di mafiosi, si suppone delle parti di Boston, purtroppo la vittima dell’attentato è stata ferita con un colpo mortale e secondo i medici non supererà la notte, ma sentiamo cosa ne pensa la famiglia. Signora Greene  cosa pensa dell’accaduto? Suo marito è stato attaccato per aver visto uno dei boss che organizzava un complotto contro lo stato della Virginia, è vero?
- Non so nulla riguardo a questo, ma a quanto pare Andrew ha assistito a qualcosa che non avrebbe dovuto vedere, era nel posto sbagliato al momento sbagliato, tutto qui; inoltre la polizia mi ha assicurato che sarà fatta giustizia…-
 -Mamma!  Il monitor di papà ha smesso di fare bip!-
 -Oh no! Scusate, vi sarei grata se ve ne andaste-”
Poi ci fu il video del funerale e nel sentir parlare i politici di quanto mio padre fosse un eroe non potevo sopportarlo. Cosa avevano fatto loro? Nulla e ancora parlavano, inoltre avrebbero presto vissuto ciò che mio padre era riuscito a scoprire. Uscì dalla casa e andai a prendere un po’ d’aria, mi misi a dondolare sulla vecchia altalena e sentì un profondo vuoto.
 «Shannon? Che ci fai qui?» domandò una voce familiare, era Nicholas dall’altra parte del cancello.
«Nicholas! Oh niente io sono dai nonni» dissi.
 «Beh sono felice di vederti, sai avevo una cosa importate da darti, ma l’altro giorno sei dovuta scappare»
  «Sì… ricordo» solo l’idea della friendzone mi aveva fatto venire un attacco di panico.
«Puoi avvicinarti?» feci come richiesto, mi prese il viso e mi baciò. Devo dire che non lo immaginavo possibile, mi sentì sollevare e dopo un attimo di indecisione tutto diventò più vertiginoso, sentivo la lingua di Nicholas viaggiare nella mia bocca, era un continuo intrecciarsi e il tempo sembrava immobile… o forse no? Era stato tutto troppo veloce e troppo emozionante per poterlo descrivere «Posso considerarti la mia ragazza?»
 «Sì, sì certo che puoi!»
«Allora a domani Shan» mi fece l’occhiolino e se ne andò. Ritornai sull’altalena e sentì le mie guance in fiamme.
 «Come stai?» domandò Jordan tagliente.
«Meglio, perché?»
 «No nulla, ero preoccupato. Sei tutta rossa vuoi  dell’acqua?» domandò.
«N-No grazie davvero sto bene»
 «Okay, bene, allora rientra ti stanno aspettando tutti» disse acido.
«Che hai? Non mi sembra ti abbiano dato del cibo rancido!» contestai.
 «Non ho nulla, ma visto che è l’anniversario della morte di tuo padre magari stare in famiglia ti interessava!»
«Stai dicendo che io passo poco tempo con la mia famiglia?!»
«Sì, è proprio così»
«Senti un po’ sei tu quello che mi addossa sempre Hazel, sei tu quello che va a zonzo e sei tu l’unico che non ho ancora accettato in famiglia! Ti sembra un caso?»
«Ah quindi è questo che pensi? Che della mia nuova famiglia non me ne freghi nulla?! Pensi davvero che ci provi gusto a litigare, sempre?»
  «Sì, è quello che penso!»
«Bene!»
  «BENE!»
Prese la sua roba e andò via furioso, feci lo stesso, mentre sistemavo la mia roba sentì mia nonna conversare con mia madre non ho capito riguardo a cosa e in quel momento non mi interessava, potevo andare nell’unico posto dove davvero potevo stare con qualcuno che mi capisse, andai da mio padre. Piansi come una fontana, per rabbia . Tutte le volte che mi capitava qualcosa di bello arrivava lui a rovinare tutto! Sempre! Se la mia giornata veniva rovinata era sempre colpa sua. Eppure quella mattina era stato stranamente comprensivo e gentile con me, non riuscivo proprio a capirlo! Ma che cavolo gli avevo fatto?! Nulla cavolo, nulla!
 «Ehy» bisbigliò una voce dietro di me. Mi voltai e Jordan era lì, in piedi accanto, a me.
«Che vuoi ancora?» singhiozzai. «Hai già fatto del tuo meglio per oggi, vattene, lasciami sola»
 «Senti io volevo dirti che…»
«Non voglio ascoltarti, basta! Vattene ho detto! Lasciami in pace!» mi tappai le orecchie, per non sentire più la sua voce.
 «NO! Tu mi ascolti!» mi prese le mani e le allontanò dalle orecchie «volevo dirti che mi dispiace, ho esagerato e non avevo motivo di arrabbiarmi»
 «Sei sincero?» chiesi.
«Sì e non penso che passi poco tempo in famiglia e hai ragione ti scarico sempre il lavoro da baby-sitter, non sono per Hazel né per te un buon fratello» confessò.
   «Io non ho bisogno di un fratello, anche se molto spesso anche io esagero e non sono la sorella tipo che vorresti e non è del tutto vero che non ti ho accettato, se tu non ronzassi per casa forse non sarebbe lo stesso, ma non riesco a vederti come un fratello, scusa»
«Tranquilla, nemmeno io riesco a vederti come una sorella quanto una compagna di classe o la figlia della mia matrigna, ma sono comunque contento di poterti stuzzicare»
 «Sono stufa di litigare con te J»
«Anche io»
 «Siamo diversi e questo è un bene, no?»
«Sì, non per questo dobbiamo litigare. Tentiamo l’impossibile?» domandò sul filo di lana.
  «Amici?»
«Amici»
 Ci stringemmo la mano e mi sembrò d’essermi tolta un grosso peso, di essere più leggera. Ero stufa di odiarlo, di litigare sempre per ogni minima cosa, anche quelle stupide. Forse quello era il giorno dei miracoli, ne erano capitati due e forse mio padre li aveva fatti avverare.

Rouge e Minori: Eccoci con il capitolo 4, non sono adorabili? Hanno trovato un punto d'incontro, ma non pensate che sia una tregua, continueranno più testardi che mai! Vi salutiamo e vi lasciamo con la bellissima Shannon e il trailer della storia!! A presto!

Trailer ---> https://www.youtube.com/watch?v=RFvjN0FdAOM

Shannon 


 

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Capitolo 5
*** Capitolo V ***



 
Capitolo  5
 
«Ohh, avete fatto pace!» esclamò candidamente Simon
«Si e ci sono voluti dieci anni, ma avevamo trovato un punto d’intesa» dissi io ricordando il sollievo di quei giorni
 «Dora ha ragione, e fu un sollievo anche per noi, sentirli litigare tutti i santi giorni era sfinente…»
    «Grazie ragazze, rigirate il dito nella piaga, molto gentili» disse Shannon piccata
    «Suvvia mamma, non prendertela…»
   «Bene, continuiamo! Mamma, tocca a te raccontarci qualcosa, magari di meno raccapricciante» esclamò Tristan
«Non so cosa raccontare, non mi viene in mente niente di particolare»
«Raccontagli della festa di Halloween» propose Caridee
    «Chi se lo dimentica l’Halloween di quell'anno… Il costume migliore che avessi mai indossato» disse Shannon
«Leccapiedi… e va bene, e Halloween sia» acconsentì e iniziò a raccontare.
“Forse è il caso di iniziare a raccontare i fatti avvenuti un po’ prima della festa di Halloween, tanto per essere chiari e non creare confusione, direi che qualche giorno può bastare. L’estate era finita da un pezzo, settembre era passato davanti ai nostri occhi mostrandoci le ultime, calde giornate di sole che noi eravamo costretti a passare chiusi in un’aula e mentre ottobre, che stava già volgendo al termine tra verifiche e interrogazioni, portava con se una delle occasioni più attese dai liceali: Halloween, festa principalmente a fini commerciali che rappresentava, per i più giovani, la possibilità di fare una festa senza troppi problemi da parte dei genitori. Per me rappresentava invece la possibilità di avere del lavoro da fare, di conseguenza soldi tutti per me!
«Ah, ragazze, amo queste occasioni!» esclamai mentre riponevo il mio specchietto sotto al banco
«Le tue occhiaie coperte dal correttore non sembrano dello stesso avviso Dora» disse Caridee «Quanti ordini hai avuto?»
«Quattro, è da inizio mese che lavoro… Fa niente, in queste occasioni riesco a guadagnare parecchio e un po’ di sacrificio si può fare no?»
 «Non dimenticarti dei nostri però» mi fece notare Shannon, seduta accanto a me. Era la mia vicina di banco sin da quando mi ero trasferita: lato finestra, ultimi banchi in fondo. A dire il vero eravamo piuttosto riuniti, io e Shannon vicine, nella fila accanto  Jordan e Lucas, il ragazzo che mi aveva chiesto della segreteria si era riscoperto il nostro nuovo compagno di classe, e davanti a noi era seduta Caridee. Purtroppo al nuovo arrivato era toccato l’ingrato compito di fare da barriera tra Jordan e Shannon.
    «Che te ne fai di un costume? Per Halloween sei perfetta!» esclamò Jordan reggendosi la testa con aria strafottente
 «Parla l’altro!»
«Silenzio voi due! State spaventando Lucas!» dissi ad alta voce indicando il ragazzo che, invano, tentava di strisciare verso il banco vuoto accanto a Dee.
   «Tranquilla, sto bene» disse incerto il ragazzo che, nel frattempo, si era allontanato dai due fratellastri
«Siete davvero pazzeschi, troverete mai un modo per andare d’accordo?» domandò Dee esasperata
  «No, mai» rispose semplicemente Jordan mentre vedevo Shannon sbuffava, avevano avuto un miglioramento però, aveva raggiunto un buon autocontrollo, dato che non gli aveva ancora risposto.
 «E chi vuole andare d’accordo con te?» ah, ecco, mi sembrava strano…
«Basta Shan, adesso calmati» dissi posandole una mano sul braccio «Quando ti arrabbi ti si gonfia la vena del collo, Dee pensa che prima o poi esploderà»
«Io sono certa che prima o poi esploderà!» asserì lei convinta «Parlando d’altro, perché non vuoi dirci nulla dei costumi Dora?»
«Perché li vedrete solo la sera prima della festa, sono i migliori della batteria e quindi voglio che sia una sorpresa» risposi calma mentre la mia amica si agitava sulla sedia
«Uffa!! Ma io sono curiosa! Tu no Shannon?»
 «Relativamente, mi sono già fatta una mezza idea»
«Non adagiarti sugli allori, sono dell’idea che ti stupirò quest’anno. L’anno scorso Allyson si è permessa di dire che erano scadenti, non darò motivo di dirlo ancora a quella smorfiosa! Solo perché è piena di soldi da fare schifo crede di governare il mondo!» odiavo quella ragazza, se non si fosse notato.
   «Ehm, scusate l’ignoranza, ma chi sarebbe Allyson?» chiese Lucas perplesso, ma prima che potessi dargli risposta, qualcuno si piazzò davanti a lui.
     «Una nostra compagna di classe, con una ricca famiglia che, come ogni anno, organizza la festa di Halloween nella sua immensa villa. La classica principessina di papà tanto per capirci» spiegò esaurientemente il ragazzo
    «Connor, come va?» chiese Jordan mentre l’amico si sedeva vicino a lui
     «Non c’è male, te?»
    «Solito, sempre a litigare con quella rogna di Shannon» rispose lui alzando volutamente la voce
«Smettila subito Jordan!» lo fermai io seguita da Caridee
«Già smettila o le esplode l’arteria!» esclamò la ragazza lasciando tutti perplessi
 «Forse potevi risparmiartela sai Caridee» disse Lucas mentre noi annuivamo piano «Devo dedurre che la sera di Halloween ci sarai anche tu Connor»
   «Per forza, altrimenti chi la sente la mamma? “Non socializzi, non cerchi di integrarti”» disse lui scimmiottando la voce della donna
 «Si preoccupa, sai com’è fatta»
«Ma… voi due siete fratelli?» chiese Caridee perplessa
     «Si, lui è la piccola piaga della mia esistenza» disse Connor con fare esasperato
    «Ehi, non offendere!»
«Ecco perché Connor mi ricordava qualcuno!» esclamò Caridee
«Se mai dovrebbe essere il contrario visto che Connor è nato prima» dissi io rivolgendomi alla mia amica che, però, era già partita per la tangente. Avevamo conosciuto meglio Connor con l’inizio della scuola, presentatoci da Jordan come un suo vecchio amico e si stava, come il fratello, integrando nel nostro strano, imprevedibile gruppetto prendendo il posto di Nicholas che, ad onor del vero, stava solo con Shannon e ci snobbava.
 «Speriamo di divertirci quest’anno» borbottò Jordan.
     «Perché, l’anno scorso che è successo?» chiese Connor.
 «Dopo l’uscita di Allyson abbiamo passato la serata a fare in modo che Dora non le staccasse la testa» spiegò Shannon «La serata e il resto dell’anno scolastico»
«Si è permessa di dire che… Uhh, che odio! Solo perché non sono famosa non significa che i miei lavori siano scadenti» borbottai io mentre Connor scoppiava a ridere
     «Punta sul vivo piccina?» domandò il ragazzo tra una risata e l’altra
«Certo che si! Uno si impegna e viene criticato a chi non ne sa niente! Io credo che quella li pensi che i vestiti li cuciono i folletti!» esclamai acida incrociando le braccia al petto
 «Suvvia Dora, quest’anno la metterai a tacere, lei e le sue schiere di sarti» mi consolò Shannon
«Ovviamente, ho le migliori modelle del mondo… anche se vestire Jordan la farebbe tacere del tutto» ammisi sconsolata, ben sapendo che il ragazzo si era sempre rifiutato
 «E perché mai proprio Jordan?» domandò Shannon.
«Forse perché essendo tra i più popolari della scuola c’è un buon… 89% che anche Allyson sia persa per lui? Dammi conferma J»
    «Confermo, 12 marzo dell’anno scorso, nulla di speciale a dire il vero, da quel giorno a preso ad inseguirmi anche lei» confermò lui annuendo
«Visto? E poi a lui sta bene tutto» dissi ovvia alla mia amica «E non sprecare tempo a negare, resto della mia idea» affermai risoluta mentre la campanella suonava segnando la fine della pausa
     «Torno in classe, ci vediamo all'uscita ragazzi» salutò Connor uscendo dall'aula con la sua solita flemma di chi non ha mai voglia di fare niente, eppure con una postura impeccabile. Nonostante fosse perennemente stravaccato da qualche parte era elegante. Gli stava bene persino la divisa, cosa rara visto l’orribile grigio topo di cui era colorata.
    «Ehi Dora, tutto a posto?» mi chiese Lucas mentre tornava a posto
«Eh? Si, tutto ok perché?»
«Ti eri persa a guardare chissà cosa…» disse Dee
 «O meglio chi…» aggiunse Shannon con quella sua fastidiosa vocina insinuante. La cosa peggiore era che usava quel tono quando sapeva perfettamente di avere ragione!
«Piantala Shan» sibilai a denti stretti mentre lei ridacchiava. Tutte le pause si svolgevano più o meno sempre in questo modo, ovviamente quando Nicholas non spuntava dal nulla rapendo Shannon e rovinando l’umore di Jordan, che diventava indisponente e acido per la semplice presenza del ragazzo, nonostante l’amicizia secolare che li legava. Ad essere sinceri verso la fine della settimana nemmeno io ero molto socievole, anzi ero stanca e irritabile, quindi me ne restavo in silenzio e ascoltavo le conversazioni altrui,  ma Lucas che continuava imperterrito a parlarmi non aiutava il mio pretesto.
Finalmente arrivò la tanto sospirata fine della settimana, quella sera si sarebbe tenuta la festa e io ero finalmente riuscita a dormire la notte prima. Quella sera Shannon e Dee sarebbero venute da me per la prova finale dei vestiti, non che servisse visto che conoscevo a memoria le loro misure, ma volevo vedere le loro facce una volta indossati i loro vestiti. Li guardavo compiaciuta appesi ai manichini, non avrebbe detto ancora che erano lavori scadenti, non glielo avrei concesso…
  «Dora, ci sono le ragazze» disse mia madre aprendo appena la porta
«Ah, bene, puntuali come sempre» esclamai felice andando loro incontro
 «Certo, ma perché così presto?» domandò Shannon
«Perché non so se devo fare modifiche dell’ultimo minuto o no, e mi serve tempo per tirarti su i capelli, ci vuole un’eternità… Mamma, non ti chiedo neanche se Alex ha acconsentito ad accompagnarci, so già che ha detto no»
    «Invece ha detto si, ma tu domenica lo aiuti al bar»
«Andata! Grazie fratellone» lo ringraziai tra me, mentre mia madre chiudeva la porta ridendo
«Tu e Alexandre avete proprio uno strano rapporto» disse Dee sedendosi sul mio letto
«Mah, è semplicemente basato sul ricatto… ma in fondo gli voglio bene. Non diteglielo chiaro? Se no se ne approfitta» dissi prendendo una bandana rossa dalla scrivania «Bene chi vuole essere la prima?» chiesi sventolando il pezzo di stoffa nera.
 «Visto che con quella cosa in mano mi fai paura… Dee, prego» disse Shannon guardando male la bandana
«E’ necessaria la bandana?» chiese titubante mentre gliela legavo sugli occhi
«Si, rende ancora migliore la sorpresa non pensi?» dissi prendendo l’abito dal manichino
 «Caspita Dora, che bello» disse Shannon ancora seduta
«E non hai visto il tuo… Dai Dee, alzati e sii collaborativa» ordinai mentre iniziava a cambiarsi e le facevo passare il vestito dalla testa. Data la statura di Dee avevo scelto un modello corto fino alle ginocchia, fatto di un alternarsi di balze bianche e candide. Il busto aderente faceva risaltare la vita sottile e le maniche trasparenti di tulle azzurro… mi piacevano e basta. Il tutto decorato da perle e lustrini tutti cuciti a mano, credevo di impazzire, ma il risultato si sposava con la pelle candida di Caridee facendola brillare.
 «Dee, sei splendida» disse Shannon mentre la posizionavo davanti allo specchio e appuntavo sulla schiena piccole ali piumate.
«Il più bell'angelo della serata» proclamai mentre le toglievo la benda e lei si guardava stupita allo specchio «Ti piace?»
«E’ splendido Dora, grazie… Ora capisco perché mi hai detto di portare delle scarpe argentate»
 «Farai strage stasera» disse Shannon dondolandosi sulla sedia con ancora quel tono insinuante, facendo arrossire Caridee
«Shannon smettila» la implorò l’altra
«Già Shan, con quel tono inizi a diventare irritante» le diedi man forte io, controllando gli orli del vestito di Dee
 «So solo di avere ragione. Vedrai Dee, non potrà non caderti ai piedi» ammiccò la ragazza facendomi sorridere. Non aveva tutti i torti, Caridee era splendida nei panni dell’angelo, anche se l’abito corto e la scollatura sulla schiena la rendevano un po’ meno celestiale.
«Perfetta… Shan, è il tuo turno» dissi bendando alla mia amica mentre iniziava a togliersi i vestiti. Il costume di Shannon era la mia punta di diamante, il lavoro migliore dell’ultimo anno, mi era costato tre notti di sonno, ma ne valeva la pena. Lungo fino ai piedi accarezzava delicatamente il pavimento, raccogliendo tutte le sfumature di verde, diventando più trasparente sulle gambe. La spallina unica che reggeva l’abito era completamente decorata da fiori di stoffa che si diramavano per tutto l’abito decorandolo con piccoli punti colorati. Era aderente e faceva risaltare le sue forme, probabilmente mi avrebbe ucciso dicendo che avevo esagerato ma non me ne curavo molto. La stoffa color carne su cui erano cuciti i fiori faceva sembrare quasi che i fiori galleggiassero sulla sua pelle del braccio e sul petto.
«Dora, sono senza parole…» disse Dee assorta «A volte stento a credere che fai tutto da sola»
«Ti dirò questo abito mi terrorizzava, è la prima volta che tentavo una cosa del genere, ma devo dire che sono soddisfatta» dissi alla mia amica controllando gli ultimi dettagli
 «Io mi sento un po’ troppo a contatto con la stoffa» disse Shannon ancora bendata
«Su, su non lamentarti sempre, hai un corpo da fare invidia e ti nascondi, che vergogna» replicai mentre cucivo una rosellina allentata sulla gonna «Perfetto, vediamo se quella smorfiosa ha ancora da ridire» dissi mentre levavo la benda a Shannon che si guardava perplessa allora specchio
 «Ma… Come hai… da dove ti è uscita una cosa del genere?» chiese mentre si guardava allo specchio
«Bah, stavo guardando la Primavera di Botticelli online e mi sei venuta in mente. Il verde è decisamente il tuo colore» dissi compiaciuta mentre già pensavo a come raccoglierle i capelli, avevo delle forcine con dei fiori che sembravano fatte apposta
«Quasi sprecato per fare colpo su Nicholas» disse candidamente Caridee
 «Perché? Cosa ti ha fatto?» domandò Shannon perplessa
«Niente, ma ho una strana sensazione…» disse lei piano
«Ahi, si è messo in moto il sesto senso di Dee, brutta storia» dissi sovrappensiero mentre tentavo di mettere in ordine quella massa disordinata di capelli…  molto belli, i suoi erano mossi naturali, ma terrificanti da tenere raccolti.
 «Io non ci vedo nulla di strano…» disse Shannon
«Perché sei innamorata Shannina, e questo ti rende cieca ma magari sono io che sbaglio»
«C’è anche da dire che, in fatto di cuore, Shannon ci vede lungo in chilometro solo per gli altri» dissi puntando a fatica l’ultima forcina.
 «Siete voi che siete facili da leggere… caspita Dora, hai fatto un miracolo, sono decenti»
«Ci sono volute solo tanta pazienza e 83 forcine per capelli» dissi io, sperando che sono decidessero di saltare via dalla chioma
«E tu Dora? Non ti cambi?» domandò Dee guardandosi intorno
«Se cerchi il mio vestito è nell'armadio, ho usato per voi i due manichini» dissi tranquilla, tirando fuori dal guardaroba la custodia del mio vestito. Lo ammetto, mi ero lasciata un po’ andare con le forbici ma io ero dell’idea che, se si aveva qualcosa che valeva la pena far vedere bisognava mostrarlo. Aderente e color sangue e ricoperto di pizzo nero, mi fasciava come una seconda pelle. La stoffa rossa si fermava sul seno con una scollatura a cuore mentre il pizzo proseguiva sulle spalle e le braccia, la schiena invece era completamente scoperta.
 «Caspita Dora, non ti sei risparmiata sul nulla, ti sta proprio bene… anche se forse è un po’…»
   «Succinto? Si, io la penso così» disse una voce maschile sulla soglia
«Non ti hanno ancora insegnato che si bussa?!» domandai piccata a mio fratello che, appoggiato allo stipite della porta, mi guardava infastidito
   «Me lo hanno insegnato, infatti mi scuso con le tue amiche per la maleducazione… ma non busso per entrare in camera di mia sorella»
«Che ci fai già qui? Manca ancora un’ora»
   «Ho staccato prima solo per te, non sei felice?» chiese con finto tono melenso
«Non lo vedi dalla mia faccia? Fuori, che devo far cambiare Shannon» dissi chiudendolo fuori
«Siete proprio epici a volte» ridacchiò Dee. Nell'ora a seguire ci occupammo di trucco e parrucco vario, anche per i miei capelli ci volle un buon quarto d’ora ma il risultato era buono, con tanto di coroncina nera e canini finti sulle labbra rosse. Caridee sembrava uscita da un affresco e Shannon da un libro di fiabe tanto erano belle.
 «Bene, signore, andiamo e mettiamo a tacere quella smorfiosa di Allyson» disse Shannon determinata. Arrivammo puntuali alla festa fasciate da mantelli neri, e ci accolse una cameriera rigida come un bastone, e Allyson era arrivata pochi istanti dopo, con il suo abito di alta sartoria. Mio fratello diceva che il mio era succinto, doveva vedere lei, non indossava una gonna ma una cintura e non mi avventuro nel resto.
    «Ragazze, finalmente siete arrivate, mancavate solo voi» esclamò giuliva guardandoci dall'alto in basso «Ma, sono questi i vostri costumi? Nymphadora, lasciatelo dire, quelli dell’anno scorso erano decisamente migliori» disse arricciando il naso, cosa che la faceva somigliare pericolosamente ad un porcellino d’india
«Non dovresti fermarti alle apparenze sai? Possiamo lasciarti i mantelli?» chiesi ad una cameriera che, poco distante, stava ferma sulla soglia. Quando Shannon e Dee si tolsero i mantelli calò il silenzio in tutta la stanza, e io mi sentii fiera di me stessa e tolsi anche il mio.
«Allora Allyson, chi è che fa lavori scadenti?» domandai tagliente, mentre la ragazza si mordeva le mani.
     «Soddisfatta piccina?» domandò ironica la voce di Connor alle nostre spalle, accompagnato da Lucas, Jordan e Nicholas. Era proprio da ammettere, quando camminavano in gruppo mancava solo il rallenty e la macchina del vento a muovere loro i capelli. Neanche da dirlo in meno di tre secondi Nicholas aveva rapito Shannon.
«Mai come in questo momento» risposi gongolante mentre la guardavo andarsene tutta impettita
   «Hai aspettato la tua vendetta per un anno ma ne è valsa la pena» disse Jordan
«Ovviamente» risposi, con il mio miglior ghigno malvagio sul viso
«Uh, adesso si che sembri una regina vampira» esclamò Dee tutta contenta, inconscia che, saltellando, attirava un sacco di sguardi per via delle gambe scoperte.
«Dee, fai attenzione con il vestito corto, siamo circondate da un branco di animali… senza offesa» mi rivolsi poi ai tre ragazzi vicino a noi. D’un tratto tornarono anche gli altri due, e io sperai vivamente che non si fosse mosso neanche un solo capello dalla crocchia di Shannon, o quella di poco fa non sarebbe stata l’ultima vendetta della serata.
Tutto sommato la festa non era male, anzi era quasi divertente se si ignorava che ogni tanto qualcuno spariva in uno dei numerosi bagni a vomitare l’anima.
   «Che tristezza che mi fanno» commentò Lucas riferendosi proprio a tali persone. Notai solo in quel momento che, seduti su un divanetto c’eravamo solo io, Lucas e Dee.
«Ma… dove sono finiti tutti?» chiesi a Caridee seduta accanto a me
«Shannon e Nicholas stanno ballando, Jordan e accerchiato come al solito e Connor… lui è sparito e basta» rispose lei con un’alzata di spalle
   «Potremmo seguire il loro esempio» propose Lucas
«Sparire?» chiesi confusa facendolo sorridere
   «No, ballare… Vieni?»
«Hai chiesto alla persona sbagliata, mi spiace, so fare molte cose ma ballare non è tre queste» declinai educata
   «Sono sicuro che sei bravissima»
«Affatto, Dee invece è brava» dissi noncurante, sperando che abboccasse all'amo, non volevo ballare con lui
   «Come vuoi… mi pianti anche tu?» chiese a Dee
«Assolutamente no!» rispose energica trascinandolo a ballare. Io preferii allontanarmi dalla calca, iniziava ad assieparsi troppa gente nel salone, quindi mi diressi verso il giardino dove stava un piccolo gazebo, fortunatamente vuoto.
   «Come mai tutta sola?» mi domandò una voce strafottente
«Affari miei Connor… tu?»
     «Cercavo Jordan ma l’ho trovato con una tipa appiccicata addosso, non mi va di fare il terzo in comodo»
«Quanta educazione» dissi ironica appoggiandomi al tavolino, mentre lui mi osservava «Qualcosa non va?»
     «Proprio niente… mi piace il tuo vestito» commentò malizioso, riferendosi palesemente allo spacco dell’abito
«Grazie, ma non fissarmi, mi consumo» commentai ironica
     «Più facile a darsi che a farsi» disse avvicinandosi
«Provare non costa nulla»
     «E privarmi di questa vista? Sarebbe un’offesa al tuo impegno»
«E io devo credere che stai guardando il vestito e non la mia gamba?» domandai ben poco convinta
     «Non sono così disperato» disse portando il suo viso all'altezza del mio «Ma ammetto che forse mi ci è caduto l’occhio»
«Faccio davvero così schifo?» domandai ironica con un ghigno divertito
     «Al contrario…» disse con voce roca «Sei molto bella» aggiunse posandomi una mano sulla schiena scoperta, mentre i brividi salivano lungo la spina dorsale. Era sempre così quando mi si avvicinava troppo, e doveva saperlo bene, perché lo faceva ogni volta che eravamo soli, sempre con quel sorriso divertito sul viso.
«Credo sia il caso di rientrare» dissi io, nonostante una piccola parte di me stessa mi urlava di rimangiarmi tutto.
     «Mmh… no, io sto bene qui, tu no?» soffiò sul mio collo, mentre con la punta del naso sfiorava la pelle sensibile dietro l’orecchio. Era bravo, niente da dire.
«E se ci cercano?» chiesi maledicendo il mio respiro, che si era fatto più pesante per via della sua mano che mi accarezzava la schiena
     «Sono tutti impegnati quanto noi» rispose mordicchiandomi l’orecchio. Da quando l’avevo incontrato nuovamente nei corridoi della scuola, all'inizio di settembre, non facevano che succedere episodi del genere, non che mi spiacessero così tanto, ma mi dava fastidio essere presa in giro.
   «Connor, scusa se sei impegnato ma Luke ti cerca, ti squilla il telefono» lo richiamò Jordan dalla finestra, per poi andarsene di nuovo
«Spero non mi abbia riconosciuta» dissi piano, cercando di ridarmi un contegno
     «Ti fa così schifo essere vista con me?» chiese piccato
«No, ma se mi vedesse in certe situazioni mi darebbe il tormento, ne sono certa» sospirai al solo pensiero
     «J è subdolo e sottilmente furbo, ma non sputtana la gente in giro» replicò lui passandosi una mano tra i capelli
«Lo so, ma non si sa mai… non avevi qualcosa di urgente da fare?»
     «Giusto… ci vediamo a scuola» disse per poi sparire tra gli invitati e non lo rividi per tutta la festa. Lucas mi disse soltanto che gli era arrivata una telefonata, non chiesi perché aveva il suo telefono, ma dalla faccia del ragazzo avevo l’impressione che non dovevo aspettarmi niente di buono, anche se non capivo perché mi preoccupassi così tanto per lui. Alla fine, quando arrivò mio fratello per portarmi a casa non si era ancora rifatto vivo e non rispondeva al cellulare.
«Ehi Dora, sempre preoccupata, qualcosa non va?» mi chiese mio fratello mentre tornavamo a casa
«No, nulla Alex» risposi io mentre la macchina rallentava, possibile che ci fosse traffico anche a mezzanotte? Mentre guardavo fuori dal finestrino riconobbi una figura rannicchiata in un vicolo.
«Alex ferma la macchina!» esclamai agitata
«Dora ma sei diventata matta?» chiese mio fratello perplesso
«Fermati ti prego!» gridai mentre accostava. Avevo ragione, il ragazzo rannicchiato nel vicolo era proprio Connor, con il labbro spaccato e un taglio sul braccio.
«Ma che cosa hai combinato?» domandai inginocchiandomi accanto a lui
     «E tu che ci fai qui?» domandò confuso, gli occhi appannati
«Stavo tornando a casa e ti ho visto, si può sapere che hai fatto?» dissi cercando il fazzoletto di stoffa che stava nella tasca interna del mantello
     «Se ti dicessi che spesso vengo coinvolto in delle risse di strada che faresti?» chiese guardandomi negli occhi
«Ti direi che sei un’imbecille, ma ti aiuterei» dissi premendo leggermente la stoffa sul taglio
   «Dora, chi c’è con te?» chiese mio fratello all'imboccatura del vicolo
«Un mio amico Alex, ha avuto un’incidente poco fa. In macchina c’è il mio telefono, cerca il numero di Lucas e digli dove siamo, è suo fratello, chiamerà a casa» risposi velocemente, mentre lui correva a telefonare
     «Mi hai appena coperto micetta?» domandò con il solito tono ironico
«Certo, se no che amica sarei? E non chiamarmi micetta» dissi mentre premevo, più del dovuto, sulla ferita, facendolo gemere
     «Ahi! Fa piano! Comunque grazie Dora»
«Immagino che i tuoi genitori non sarebbero felici di sapere che ti azzuffi per strada no?» chiesi passando a pulire la ferita sul labbro. C’era da dire che se l’era cavata con poco.
     «No, anzi probabilmente mi rinchiuderebbero a vita in casa»
«Te l’ho detto che avrei ricambiato il favore un giorno… adesso siamo pari» dissi annodando il fazzoletto sul braccio, per sicurezza
     «Un’infermiera eccellente» disse guardando la fasciatura improvvisata
«Ho coperto Alex un sacco di volte quando andava in motorino senza che mamma e papà lo sapessero. Tornava a casa pieno di tagli e sbucciature e toccava a me medicarlo» dissi sorridendo al ricordo, un po’ mi mancava casa nostra in Grecia «Poi ci siamo trasferiti qui e lui ha deciso di mettere la testa a posto ponendo fine alla mia carriera di infermiera» dissi con un sospiro
     «Un fratello scapestrato lo abbiamo tutti in famiglia no?»
«Proprio… Povero Lucas, quanto lo capisco» dissi melodrammatica
     «Sempre povero Lucas. Adesso sono io quello moribondo» disse alzandosi sui gomiti e venendomi più vicino «Potresti non pensare ad un altro?» mi chiede fissandomi negli occhi, quegli occhi blu che mi lasciavano sempre destabilizzata.
    «Connor! Che è successo?!» Chiese allarmato Lucas, accompagnato dai genitori e da mio fratello, venendoci incontro. Ci mettemmo poco a spiegare l’accaduto, i genitori ci credettero subito e il che fu una fortuna, anche se Lucas sembrava infastidito da qualcosa. Mentre il padre dei due aiutava Connor ad arrivare alla macchina, lui mi lanciò un sorriso. Uno di quelli che si lanciano i complici di uno scherzo, di chi nasconde un segreto.
    «Grazie Dora» mi ringraziò Lucas mettendomi la mano sulla spalla «Fortuna che passavi di qui»
«Già, meno male… beh, sarà il caso che vada, buonanotte Luke» dissi andando verso mio fratello
    «Notte Dora» disse andando verso la sua famiglia
  «Beh, che dire, una serata movimentata sorellina» disse Alex ma io non lo ascoltavo, pensavo ad un paio di occhi azzurri.

ROUGE e MINORI: anche questo capitolo è finito, vi lasciamo in compagnia di Jordan e speriamo che il capitolo sia stato gradito. Alla prossima! 

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Capitolo 6
*** Capitolo VI ***


Capitolo  6
 «Mamma ma non avevate fatto pace tu e il tuo fratellastro?» chiese Sadie.
  «Sì, ma non potevo impedirgli di non stuzzicarmi, sarebbe stato contro la sua natura da primate!»
«Che forte!» disse Simon «mamma ci racconti altre vostre avventure? Ti Preegoo!!!» la scongiurò il ragazzino.
  «Okay, okay, basta che non vi accalcate, questa è piuttosto divertente… “ Era più o meno metà novembre e il preside Fletcher ci convocò frettolosamente nell'aula magna, ci sedemmo tutti vicini e fino all'ultimo sperammo che non fosse quello che temevamo. Il preside era sempre lo stesso, grasso e basso con una gran mania di protagonismo.
«Buon giorno ragazzi» cominciò lui con quella sua vocetta squillante «Vi ho radunati qui oggi per annunciare che la professoressa  Stoner, insegnante di Latino e Greco, ha lasciato la cattedra e quindi verrà immediatamente sostituita» nell'aula magna si levò un gran vociare, tutti erano scioccati e la vicepreside non poteva lasciare così la scuola!
  «Non è possibile» commentò Shannon «lei è la nostra coordinatrice, non ha senso!» alle sue parole non prestò attenzione nessuno.
«A prendere il suo posto, sia come vicepreside, sia come insegnante, sarà il professor Luis Dover» disse il rettore facendolo entrare, era un uomo alto e smilzo, gli occhi erano azzurro chiaro, aveva i capelli biondi spettinati e un paio di folti baffi biondi anch'essi.
  «Salve ragazzi sono felice di essere il vostro insegnante e per farvi un regalo, io e il signor Fletcher, abbiamo pensato di anticipare la giornata di beneficenza dedicata al prossimo di  tre settimane!» esclamò lui entusiasta, certo di averci fatto un regalo.
  «Anticipata?!» gridammo tutti in coro.
     « Sì, vedendo con quanta gioia venite ogni giorno alle cinque davanti al cancello, vedendo tutto il vostro entusiasmo nel voler aiutare gli altri v’abbiamo accontentato. Ora potreste sedervi tranquilli? Tanto abbiamo finito»
 «Quando ci sarà quindi?» domandò Jordan già preoccupato.
«Domani mattina troverete i cartelloni con sopra i lavori a cui potrete partecipare, spero d’avervi fatto un regalo gradito»
Uscimmo dall'aula magna furiosi, sconvolti e terrorizzati! Non potevano farci questo! Come poteva la Stoner andarsene? Abbandonare la causa contro la giornata di beneficenza, perché poi!
 
 «Io odio la giornata di beneficenza!» esclamai furibonda «La Stoner! La Stoner ci capiva, perché secondo lui la facciamo gli ultimi giorni di scuola? La odiamo tutti! Perché veniamo qui alle cinque? OVVIO! Ci accalchiamo per scegliere il lavoro meno terribile!»
  «Caridee rilassati» disse Lucas cercando di calmarmi.
«So già che dormirò nel mio armadietto» sospirò Shan.
  «Io verrò qui alle tre del mattino se è necessario» concordò Dora.
«Qualcuno mi spiega di cosa c’è di così terribile?» domandò Connor spazientito.
  «Vedi quel muro là?»  disse Jordan indicandole il muro oltre la vetrata della mensa.
«Sì, lo vedo, non sono cieco»
  «Bene, là domani ci saranno due cartelloni con una lista di lavori, tra cui al massimo cinque non saranno tremendi»
«Non può essere così male» ribatté Lucas scettico.
  «Ah no?!» sbottai io. « Raschiale tu le sbarre delle gabbie dello zoo con le scimmie che scambiano i tuoi capelli per banane, o il leone che tenta di mangiarti una mano!»
  «E a te è perfino andata bene!» esclamò Dora indignata « Io ho dovuto spalare il letame dalle gabbie degli animali del circo»
«Mi fate ridere» ribatté Shannon « Provate voi a ridipingere le scale delle fognature con le pantegane che per poco non ti saltano addosso!»
  «Non vi ricordate cos'ho fatto io l’anno passato?» domandò Jordan con strafottenza, « io  ho dovuto pulire tutti i cassonetti dell’immondizia!»
    «Okay, okay, ho capito!» gridò Connor «Dobbiamo arrivare qui alle cinque con la penna in mano»
«Bravo, hai capito» rispondemmo in coro.
 Il mattino dopo io ero in anticipo, avevo dormito nella sala di musica insieme a Shannon e Dora, fummo tra le prime a scegliere i lavori, ma dopo ore i ragazzi ancora non si erano fatti vedere, a parte Nicholas che ovviamente aveva dormito da qualche parte nella scuola. Da quando quei due stavano insieme Shannon era più felice, certo, ma anche invidiata e spesso trascurava le amiche, come in quel momento, per pomiciare con Nicholas. Un po’ mi dava fastidio, si stava meglio quando la friendzonava! Connor e Lucas entrarono poco dopo le nostre iscrizioni, ma Jordan arrivò a scuola solo alle otto. Ormai tutti i lavori fattibili erano stati assegnati.
 «PORCA PUTTANA!» la voce di Jordan si sentì in tutta la scuola.
   «Wrigth un’altra espressione volgare di questo genere e ti butto fuori dalla scuola!» gridò il preside Fletcher.
 «Scusi signor preside, davvero!»
«Ti tengo d’occhio parassita d’un Wrigth, ti tengo d’occhio!»
Scelse l’unico lavoro rimasto, poi venne verso di me e mi disse: «Sai dov'è Shan?» domandò con un tono piuttosto arrabbiato.
 «Di là, a pomiciare con Nicholas… come al solito» dissi seccata, mi avvinghiai a Lucas, ma era impossibile non sentire il loro discorso.
  «Hazel si è arrabbiata perché non abbiamo giocato a monopoli con lei lo scorso pomeriggio, mi ha spento la sveglia! Potevi dirmi che venivi a dormire qui!»  le spiegò lui dopo averla strappata dai baci e dagli abbracci di Nicholas, con il quale non era più in così stretti rapporti.
   «Cosa? Ma io ho provato ad avvertirti, ma Hazel mi ha detto che eri andato con Connor e gli altri»
«Che piccola bugiarda!...Vabbè, ormai sono qui… A voi come è andata?» domandò a tutti noi che tanto ci eravamo radunati per salutarlo.
  «Io e Dora sigilliamo le buste al municipio» rispose  Shannon, dando il cinque a Nymphadora « quest’anno ci è andata di lusso»
«Caridee ed io dobbiamo imbiancare le pareti della vecchia stazione» disse Lucas.
  «Io vado a riordinare la biblioteca con Renee Williams» continuò Connor «e tu, Jordan? Che fai?»
  «Quest’anno niente cassonetti, credo possa bastarti»
Ero super eccitata! Avrei passato con Lucas l’intera giornata, non importava se dovevo imbiancare delle stupide pareti… le stesse pareti in cui gli amanti scrivevano le loro frasi d’amore, lo stesso posto in cui si dichiaravano amore vero. Lo guardai un po’ e cercai di farmelo buono.
 «Sai che qui vengono gli amanti per dichiararsi?» dissi cercando di rompere il ghiaccio.
«Dici davvero? E se io ci portassi una ragazza?»
 «Oh oh oh, chi è costei?» domandai curiosa, sperando ovviamente di essere io!
«Mi vergogno un po’, ma se non di te, di chi altri posso fidarmi?»
  «Tranquillo Luke, non lo dirò a nessuno, promesso!» feci una croce sul cuore.
«Beh l’ho conosciuta prima che iniziasse la scuola e devo dire che mi ha subito colpito molto…»
 Mi stava descrivendo! Ero Io! Ma rimasi calma e lo incitai: «Oh avanti Luke, chi è?»
«Okay te lo dico… questa ragazza è Nymphadora»
Ci rimasi di sasso, mi venivano le lacrime agli occhi per la delusione, certo che non aveva un gran talento nel descrivere le persone! Mi sentivo sprofondare, come se stessi cadendo in un buco nero e senza meta. Sperai che almeno che gli altri se la stessero cavando meglio di me. Connor non ha avuto molti problemi, solo un po’ di mal di testa con Renee che parlava continuamente di sé stessa;   Shannon e Dora invece si dilettavano a leccare le lettere del municipio.
 «Ora basta!» esclamò esausta Dora con la lingua di fuori « Io ho leccato per un’ora, adesso tocca a te»
«Stai scherzando vero?» ribatté Shan  anch'ella con la lingua di fuori « Io ho leccato per due ore filate, mi ci è voluto il vapore per scollarmi le labbra! »
 «Uhh!» mugugnò  l’altra arrendendosi all'evidenza.
«Guarda il lato positivo Dora» cominciò Shannon «abbiamo mangiato così tanta colla che non dovremo comperarci il pranzo!»
  «Già, mi è passata la fame»
In quel momento la Carter, l’insegnate che controllava gli alunni di quella zona, entrò in stanza.
«Ragazze!» esclamò lei sconcertata, facendole fermare di colpo «Non ditemi che avete leccato tutte le buste»
  «No!» esclamarono le due con ,entrambe, una busta incollata alla lingua.
«Ragazze, c’era la spugnetta umidificata»
   «La spugnetta umidificata? E dov'era?» domandarono sempre all’ unisono. L’insegnante andò  nell'angolo, dove c’era un comodino, sopra di esso c’erano una bacinella colma d’acqua e la spugnetta. La professoressa se ne andò lasciandole lavorare tranquille, per quel poco di lettere che avevano ancora di imbustare usarono la spugnetta.
Nel frattempo Jordan era entrato nel suo peggior incubo, la scuola di Hazel, niente di meno che nella sua classe! Lei era lì in primo banco, ovviamente, insieme a Tyler.
  «Ragazzi lui è Jordan e vi leggerà delle storie, trattatelo bene per favore!» disse la maestra ai suoi allievi «Allora Jordan che cosa vuoi leggere?»
 «Le Cronache della sorella miracolata!» Hazel sorrise subdola al fratello, non vi era dubbio, tra di loro sarebbe stato uno scontro tra titani.
«Sembra un libro interessante..» la maestra si avvicinò a Jordan e sussurrò:« se mettono le mani sotto i banchi scappa!»
 «Che?!»
«Buon lavoro» li salutò e uscì velocemente dalla classe.
«Allora fratellone pronto per sentire la storia “il fratello pigro che è una schiappa a monopoli”?» disse Hazel in piedi al banco e con una corda in mano, così come i suoi compagni.
  «Sai, non mi è mai piaciuta quella storia»
«Ma a me sì! LEGATELO!!» gridò.
  «Ma siete bambini mica li sapete fare i nodi!»
«Lezioni di sopravvivenza» rispose Tyler mentre lo legava, pian piano tutti i bambini si erano addossati su di lui gli dipinsero la faccia di blu e gli attaccarono degli stikers in faccia.
  «Questo è Nettuno!» esclamò un bambino attaccandogli lo stikers sulla guancia.
«È comunque meglio dell’anno scorso» sospirò J rassegnato.
Tutti stavano meglio di me! Mi sentivo l’ultima ruota del carro! Dora era bellissima, sempre al top; Shannon piaceva perché era sempre sé stessa in ogni situazione e anche se aveva i capelli arruffati o il trucco messo male tutti le andavano dietro comunque. Io non ero castana come Dora e non avevo il suo stile, non avevo i bellissimi occhi verdi di Shannon o i suoi lunghi capelli biondi… beh ero bionda anche io, ma non di quel colore. Mi sentivo uno schifo. Ci ritrovammo nel bar vicino alla scuola dopo un estenuante mattinata di lavoro, sapendo che mancava ancora un terribile pomeriggio. Io e Luke eravamo solo un po’ sporchi di intonaco, Connor dovette prendere due pastiglie per il mal di testa perché altrimenti non sarebbe stato in grado di reggere altre quattro ore con quell'arpia della Williams, Jordan arrivò con due pacchi di salviette sotto braccio e continuava a pulirsi la faccia che era diventata simile a quella di un puffo, era tutta blu! Dora e Shannon invece avevano la lingua al vento e non riuscivano a parlare e se lo facevano tutti scoppiavamo a ridere.
 «Come siete conciati?» domandai strozzando una risata.
«Lascia stare» l’ammonì Shannon con la lingua fuori «oggi non è giornata»
  «Perché parlate così?» domandò Luke spaesato, ma sempre rivolto a Dora.
«Abbiamo leccato tutte le buste con la lingua» confessò la mora abbandonando tutto il suo orgoglio.
 «Ma ragazze c’era la spugnetta» ricordò Connor.
«Lascia perdere, dico sul serio» ribadì Shannon.
 «Ahahahah!» Jordan scoppiò a ridere senza ritegno « Shannon e Nymphadora in “le cronache della spugnetta perduta”!»
 «Nemmeno tu mi sembri messo meglio puffo!» controbatté Nymphadora.
  «Già» concordò Shannon «Cos'è quello che hai scarabocchiato sulla guancia?» chiese inoltre.
«È la stella polare, non chiedermi altro» rispose lui piccato.
  «Beh sempre meglio quello che Renee che tenta di saltarti addosso, o ti tira i libri, o parla tutto il tempo!» si lamentò Connor con una borsa di ghiaccio in testa «Quella ragazza è da rinchiudere! È una maniaca!»
«Ma dai Connor lo hai capito adesso? Ecco perché tentiamo tutti di starle alla larga» spiegò Jordan.
  «Sì, beh, ma rimane comunque molto popolare tra vuoi uomini» ricordò Shannon.
«Sì, per lo sfizio!» risposero i tre  maschietti in coro.
 «Fate schifo, davvero»
 Presi Dora da parte, non potevo fare quattro ore con il ragazzo di cui ero persa sapendo che per lui io neppure esistevo, inoltre gli avrei fatto un favore.
 «Ti prego Dora facciamo cambio, spiegherò io alla prof di ronda del cambio e spiegherò tutto anche a te al momento giusto, ma ti prego facciamo una sostituzione!»
 «V-Va bene, okay basta che non piangi se no fai piangere anche me e addio alle ore di trucco» disse.
  -Piangere?- pensai –Chi piange?- poi mi accorsi, toccandomi le guance, che ero io! Stavo piangendo e neppure me ne ero accorta! Mi asciugai le lacrime in fretta, di modo che nessuno a parte Dora potesse vederle, ma tanto sapevo che a Shannon non avrei potuto nasconderle a lungo, sono sempre stata un libro aperto per lei e sapevo che poi sarei scoppiata a piangere sulla sua spalla. Non ero arrabbiata con Dora e anche se ero un po’ invidiosa, okay parecchio invidiosa, ma ricevere un due di picche alla prima cotta era dura. Ci dividemmo e quando Luke vide che Dora andava con lui mi mimò un “grazie” con il labiale, una muta coltellata nel cuore. Jordan costrinse me e Shannon a portare le lettere ancora da chiudere alla scuola elementare di Hazel, “questione di principio” disse e ,sul ciglio della scuola, Shan sganciò la bomba.
 «Che è successo con Lucas? Perché sei qui? Come hai convinto Dora?» domandò velocemente.
  «Ho scoperto che a Luke piace Dora e non me la sentivo di passare con lui quattro ore, come biasimarlo dopotutto? Dora è bella, sempre al top e io non sono come lei..»
«Appunto per questo sei speciale! Dee non devi essere invidiosa di Dora, tu si molto bella e lei ti vuole bene, era molto preoccupata per te.Non devi invidiare nessuno, anzi,  noi tutte vorremmo avere la tua spontaneità! Non ti preoccupi minimamente di quello che gli altri dicono o pensano di te e se Lucas non lo capisce sono cavoli suoi» mi asciugò le lacrime «Non ti arrendere non lo hai fatto fino ad ora e poi a Dora Lucas non interessa affatto! Combatti e si accorgerà di te… ora basta piangere, non è con le lacrime che chiuderemo queste buste»
Mi sentì subito meglio, perché non avevo bisogno dell’invidia per sentirmi migliore, se volevo qualcosa dovevo sudarmela e così avrei fatto. Io ero speciale e le mie amiche avrebbero fatto di tutto per non farmi perdere d’animo, era bello poter contare su ragazze come loro. «Ehy ma perché J vuole farcele chiudere qui? E perché ci ha chiesto di non portare la spugnetta?» chiesi spaesata.
 «Non guardare me non so che cosa abbia in mete quel ragazzo!»
Entrammo nella classe di Hazel e Jordan era seduto alla cattedra, camicia sbottonata e gambe sulla tavola, con un sorriso maligno e compiaciuto sul viso.
  «Buon pomeriggio  bambini» disse lui guardando velocemente la sorellina, che era seduta al banco tranquilla « un giorno conoscerete un progetto chiamato “GDP”, giornata dedicata al prossimo. Per farvi un idea, oggi voi e la mia cara sorellina leccherete queste 266 lettere per il municipio» Shannon ed io entrammo nella sala con il nostro carrello. Una piccola mano s’era levò tra i banchi.
  «Ma l…»
«Mi spiace, ma non abbiamo spugnette umidificate» anticipò Jordan con un ghigno malefico in viso «Chi la fa, l’aspetti, non è così Hazel?»
Hazel leccava la sua busta con orgoglio senza rispondere alle provocazioni del fratello, tra quei due era uno scontro tra titani e non sarebbe finita lì! Almeno Shannon comprese da chi Hazel aveva ereditato la sua vena da teppista malefica.

 Rouge e Minori: Ecco a voi il capitolo sei, grazie per il sostegno e le critiche costruttived che ci avete dato, speriamo che questa storia possa continuare ad appassionarvi. Baci... anche da Connor. 
 

 

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Capitolo 7
*** Capitolo VII ***



Capitolo 7


«Ahahah! Che lavoraccio!» esclamò Tristan ridendo.
  «Scherzi, ma guarda che era davvero dura» ribatté Caridee.
«E poi non avete avuto altri episodi? Non può finire qui!» fece notare Sadie ancora affascinata.
 «Hai ragione piccola, mica può finire così! Non preoccuparti siamo solo all’inizio!» la rassicurò sua madre.
«E cosa avete combinato poi?»
  «C’è stata quella volta… sì, direi che può piacervi… “In una domenica come le altre,  io e Jordan ci svegliammo  per colpa di strane grida provenienti dal piano inferiore, non era usuale sentire grida in quella casa, fuorché le nostre.
«Chi fa casino al posto nostro, bimba?» domandò Jordan, con i capelli più spettinati del solito e con lo sbadiglio facile.
  «Piantala di chiamarmi così! Mi da sui nervi!» dissi io, leggermente, irritata.
«Perché? Non ti piace?» disse lui  avvicinandosi vertiginosamente a me.
 «No ed ora allontanati, hai l’alito che puzza di bava» risposi mettendogli una mano sulla bocca.
«Guarda, bimba, che li ho lavati i denti ieri!»
 «Ma questo non vuol dire che la notte non sbavi» J fece per ribattere, quando le grida di mia madre, riempirono la casa. Corremmo giù per le scale, preoccupati che fosse accaduto qualcosa di grave «mamma! Che è successo?» esclamai. In salotto i nostri genitori si sbraitavano contro e si guardavano male, mentre Hazel cercava solo di guardarsi il cartone in pace.
«Succede, che lui dice che non so ballare!»  sbraitò mia madre arrabbiata.
  «Mamma non credo che intendesse quello…» cominciai io.
    «Sono convinto si sia mangiato alcune parole» concluse Jordan.
         «Non è vero!» esclamò Phil risentito «Io so ballare benissimo e meglio di lei»
«Ah sì? Bene tesoro ti sfido» proferì lei. Mai sfidarla a ballare, potrebbe essere l’ultima cosa che uno fa nella vita.
            «Dove e quando vuoi amore, ovunque e qualsiasi cosa sarà verrai battuta» accettò Phil.
«Ci affronteremo l’uno contro l’altro alla maratona di ballo che ha organizzato la scuola dei ragazzi, inoltre, la persona con cui ci andremo deve rimanere segreta»
       «Affare fatto! Verrai sconfitta!» affermò lui per poi uscire e andare al lavoro.
«Ed io che credevo fosse un problema grave, serie: tradimenti, soldi spesi male, o roba varia» disse Jordan dal divano.
   «Shannon, devo umiliarlo. Sarai la mia compagna, è un ordine» disse piccata.
«Evviva…Non vedo l’ora di passare tre giorni consecutivi a ballare» risposi io alludendo all'entusiasmo, mia madre non si sarebbe mai tirata indietro ad una sfida, soprattutto se a proporla era lei! Peccato che includesse anche me.
  «Ne ero certa!  A stasera cari»  diede un bacio a me ed Hazel, scompigliò i capelli di Jordan e corse a lavoro. Jordan si avvicinò sorridente, godeva perché Io avrei ballato fino a spaccarmi i piedi e lui sarebbe stato un bravo spettatore.
«Divertiti anche per me bimba» disse ridendo, gli tirai una gomitata, sperando si sarebbe zittito.
  «Sei proprio un bambino! Vorrei che fossi costretto a venire sulla pista insieme a me»
«Se sapessi ballare piccola ci verrei sicuramente»
 «Si certo, nemmeno un pazzo andrebbe alla maratona!»
«McDiggy sì!» esclamò ridendo.
 «Intendi il collega dei nostri? Quello che vive con sua mamma e che, da lei, viene considerato troppo piccolo per tenere anche solo un mazzo di chiavi? Lui?»
 «Sì, lui! Dai la maratona è l’unica cosa che lo fa sentire importante»
«Ahahah! Anche questo è  vero» concordai ridendo.
 «Sai come sarebbe per lui se perdesse il titolo dopo sei anni consecutivi?»
«Non mostrerebbe più la sua faccia a lavoro, per la gioia di Phil»
  «Che imbecille quell'uomo.»
«POTETE STARE ZITTI??» gridò Hazel esasperata «Voglio solo guardare un film! Potete fare i piccioncini altrove?»
 «Ma Hazel?! Ti sei fumata il cervello??» gridai.
«Immagina sei i tuoi fratelli stessero insieme bambina, immagina che bello averli sul divano a sbaciucchiarsi tutto il tempo o a fare cose peggiori, magari con i tuoi amici nei paraggi» la stuzzicò Jordan e lei sbiancò.
 «Ripensandoci, litigate pure!»
«Guarda ora, ti do una dimostrazione!» mi prese il viso e mi baciò vicino alla bocca, d’istinto gli tirai uno sberlone. «Non farlo mai più!»
 «Ma sei cretina?! Io scherzavo!»
  «Scherza con una di quelle troie che ti porti dietro! Io sono fidanzata, grazie!»
«Ahahahahah! Continuate vi prego!» Hazel rise così tanto che si piegò in due, da tempo non la vedevo ridere così di gusto, così feci come mi aveva chiesto: tirai un altro ceffone a Jordan.
 «Sai è liberatorio, era una vita che volevo dartele!» Hazel continuava a ridere e ridere, non la smetteva più. Jordan si alzò di scatto, credo per allontanarsi dalle mie mani pesanti, ma io gli saltai sulla schiena.
 «Shan questo no! Non abbiamo più otto anni, mi rompi la schiena!» supplicò.
  «Piantala di lamentarti, non peso tanto.» Jordan mi  prese la vita e mi  caricò in spalla come un sacco di patate, iniziai a tirargli colpi sulla schiena. «J, non scherzare! Mettimi giù!»
 «Okay, come desideri!» mi portò in giardino e mi buttò sull'erba. «Com'è il prato? Bagnato?» gli presi la caviglia e lo feci cadere, non volutamente sia chiaro, addosso a me. Tirarlo verso di me fu l’unico modo per farlo cadere. «Bastarda» bisbigliò «Non ti lasci baciare sulla guancia, ma poi fai queste cose!» scherzò lui facendomi l’occhiolino.
 «Alzati, ORA!»
Il resto della giornata passò come al solito, io badai ad Hazel e le feci fare i compiti, oltre che fare i miei, e Jordan giocò tutto il tempo alla play station. La sera, invece, fu pesante: mamma e Phil non si rivolsero la parola, si lanciarono solo occhiate truci attraverso i bicchieri. Quando io e Jordan andammo a lavare i piatti mia madre ci prese a braccetto e ci sorrise.
 «Jordan lo sai che ti voglio bene come se fossi mio figlio?» disse baciandogli la guancia.
  «Di cosa hai bisogno?»
Mia madre sbuffò: «Visto che nonna Jody non c’è, ho bisogno che tu domani badi ad Hazel… posso pagarti bene… venti dollari ogni tre ore e sono tre giorni consecutivi»
  «Andata»
«Allora firma questa clausola, nulla di speciale» Jordan fece spallucce e firmò.
«EHY! Perché lui lo paghi?!» domandai io indignata.
  «Altrimenti lui non mi aiuta, tu sei buona ed innocente, faresti comunque quello che ti chiedo; J invece ha bisogno di un… incentivo»
«Alla faccia dell’incentivo! Venti dollari ogni tre ore per tre giorni!»
 «Tutto per J oggi»
«Ma mi stai prendendo in giro?!»
  «Forza Shannon, perché lavi ancora i piatti? Insegna a Jordan a ballare! Ci serve che lui entro domani sia pronto»
«Ma perché io?!»
  «Perché io sono stanca tesoro, ti prego»
«Un minuto! Frena “mammina”, io ho firmato per badare ad Hazel non per fare il ballerino di scorta!»
  «Sì invece, in caso di emergenza però!... Leggi prima di firmare!»
«Ah! Dammi qua!...» lesse velocemente il foglio di carta. «Ma in che modo vi devo spiegare che non so ballare Cristo santo?!» gridò lui esasperato.
   «Alzo la posta a venticinque dollari»
«Quaranta»
 «Trenta!»
«Valgo molto di più!»
  «Trentacinque ultima offerta, prendere o lasciare»
«Okay va bene, vada per trentacinque»
  «Shannon ti insegnerà come ballare…» concluse «… o almeno ci proverà» disse spingendomi verso di lui.
«MI RIFIUTO!» gridai.
  «Non è una proposta, è un ordine» mise un vinile nel giradischi ed iniziò a guardarci sottecchi. «E allora? Io sto aspettando»
Presi la mano di Jordan e lo trascinai  in al salotto. «Vediamo se riesci a farmi girare, non è difficile» mi fece cadere a terra almeno dieci volte. «rettifico: è MOLTO difficile!»
  «Io l’ho detto che non sono portato, se mi facessi vedere tu magari capirei meglio come fare»
 «E va bene...» mi rialzai e lo feci roteare io «... credi di poterci riuscire?»
 «Immagino di sì» e finalmente lo fece senza farmi cadere e dovetti ammettere che riuscì a farla molto bene, considerati i disastrosi tentativi precedenti.
  «Io vi lascio, devo mettere Hazel a letto… domani vi sveglio presto sappiatelo» la guardai male per qualche secondo poi tornai a Jordan.
  « Buono, ora però facciamo Qualcos'Altro»  continuammo a ballare ed io diedi parecchie patte per terra, ma Jordan migliorò  a vista d’occhio «Ora fammi fare il casquette. Devi tenermi bene stretta in vita, altrimenti prenderei una zuccata» spiegai.
«Dov'è che ti devo tenere maestra?» chiese lui maliziosamente. Gli presi le mani e le misi sui miei fianchi, poi Jordan le fece scivolare sulla mia schiena, poi di nuovo sui fianchi.
  «Qui» dissi fermandole a dove le avevo messe in origine. «Questi si chiamano fianchi, credevo lo sapessi»
«Lo so cosa sono!» replicò piccato.
 «Allora fammi vedere come mi fai fare il casquette… oppure vuoi continuare a toccarmi come se non avessi mai visto il corpo di una donna?» mi morsi le labbra, non potevo accusarlo anche se sembrava proprio stesse usando le sue mani per indagare. Rimase zitto, non rispose alla provocazione, anzi, mi fece fare una giravolta e poi casquette. «Halleluja!» esclamai entusiasta «cosa c’era di così difficile?»
«Non credo tu voglia sentire la risposta piccola, fatti andare bene i miei miglioramenti e sappi che lo faccio solo per i verdoni»
  «Comunque sei migliorato, e non credevo. Ora vado a dormire sostituto, a domani» gli diedi un pugnetto sul braccio e andai in camera.
«Shan!» gridò  lui, fermandomi sulle scale « Se non vuoi fare la maratona, posso andare io al tuo posto»
  «Tranquillo, tu che puoi stai sugli spalti e poi non so se riusciresti a reggere tre giorni di fila, sei ancora un po’ impacciato dopotutto»
«Fai come credi… puoi vincere sai? Sei brava»
 «Grazie per l’incoraggiamento, buonanotte J»  entrai in stanza e lo sentì sussurrare “buonanotte” tra sé. Purtroppo la mattina arrivò troppo in fretta, di fatti mia madre entrò nella mia camera sbattendo violentemente la porta.
 «Buongiorno tesoro! Alzati, forza, che tra un’ora si comincia» annunciò energica.
  «Ma dove la trovi tutta sta ‘foga a quest’ora di mattina?! … Va a svegliare Jordan, che io mi alzo» biascicai io dopo un sonoro sbadiglio. Corse nella camera de di Jordan e gli riserbò lo stesso trattamento.
«E’ scoppiato un incendio?!» gridò lui, alzandosi di scatto.
 «No, ma tra un’ora comincia la maratona, ve lo avevo detto ieri che vi avrei svegliato presto!»
«Ancora cinque minuti…» implorò lui, rimettendosi sotto le coperte e coprendosi la testa con il cuscino.  Jordan era ancora nel mondo dei sogni, ma non poteva permettersi di arrivare in ritardo. Afferrò le coperte dal fondo del letto e le tirò con forza, scoprendo il ragazzo.
 «Spicciati fannullone!» gridò, «ti voglio in cucina tra dieci minuti, sveglio e pimpante» e se ne andò a passo di marcia. Dieci minuti dopo, in cucina a fare colazione c’erano tre ragazzi semi-svegli, mentre mia madre sprigionava energia al solo guardarla.
  «Un giorno mi spiegherai come fai a saltare a destra e a manca alle cinque del mattino» disse Jordan mentre beveva il caffè.
 «Semplice, muoio dalla voglia di umiliare vostro padre!» esclamò lei con determinazione, mentre io e J ci guardammo perplessi.
«Tutto questo per una gara di ballo? E se era qualcosa di grave che facevate?» chiese Jordan.
 «Questa cosa È grave! Non si può permettere di dire che non so ballare» ribatté lei indignata.
  «Niente da fare, quando mamma si impunta su qualcosa non si può far altro che aspettare che raggiunga il suo obbiettivo» dissi demoralizzata.
    «Io non ho voglia di venire…» si lamentò Hazel rialzando il viso dalla tazza di latte «Possiamo stare a casa?» chiese al fratello
«Mi spiace piccola, ma dobbiamo andare per forza. Mamma mi ha obbligato a fare da sostituto» rispose lui. L’espressione di Hazel cambiò drasticamente.
    «Ma allora sei proprio inutile! Non sai nemmeno dire di no alla mamma, che razza di fratello che ho…» borbottò nervosa, mentre finiva la sua colazione.
 «Ehy faccio il mio dovere!» ribatté.
«Per quanto ti sei venduto al nemico?» domandò.
 «Trentacinque dollari ogni tre ore, per tre giorni di fila»
«Accidenti! Non ho abbastanza soldi per ricoprire il reddito finale dentro Mr.Piggy…. » sua madre le guardò dall'alto al basso «questa volta hai vinto, ma non credere che solo per avermi messa al mondo io non mi vendicherò… arriva la bufera madre, arriva la bufera!»
Alle sei tutti eravamo nella palestra della nostra scuola per la maratona di ballo, nessuno escluso. Anche Big G. partecipava quest’anno.
     «Marianne, ciao» salutò una voce alle nostre spalle.
Mia madre si voltò di scatto e rimase alienata: «Mamma?! E tu che ci fai qui?» domandò scioccata nel vedere la nonna tra i concorrenti.
     «Phil mi ha chiesto di fargli da partner» rispose lei ingenuamente.
 «Non dovevi accettare! Io e lui siamo in guerra, non posso credere che mia madre sia dalla parte di mio marito» esclamò sdegnata mia madre.
    «Non sapevo che aveste litigato!» disse sorpresa «e poi me lo ha chiesto gentilmente, pensavo che lo considerasse un semplice favore»
 «Ma mamma…»
     «Smettila di fare la bambina, ora vado, buona fortuna tesoro. Ragazzi, a dopo» ci salutò  lei sprezzante, per poi raggiungere il mio patrigno al centro della pista.
«E poi dici che io non posso reggere tre giorni di fila, nonna Jody allora?» mi domandò Jordan con gli occhi sgranati.
  «Figurati! Lei ha il ballo nelle vene più di me e mia madre messe assieme, ne uscirà fresca come una rosa » risposi io tranquilla.
 «Ho paura però di non poter dire lo stesso di noi» mi sussurrò mia madre all'orecchio mentre entravano nella sala dove si sarebbe tenuta la gara. Era piena zeppa di persone.
  «Oh cielo… saranno almeno altri cento concorrenti…» dissi io già devastata al pensiero, iniziai ad andare in iperventilazione.
«Forse anche di più… buona fortuna!» esclamò  Jordan mettendomi una mano sulla spalla, mentre mia madre mi trascinò nella pista da ballo. Il tacco era alto e, inutile dire che, non ero abituata a portarli; l’abito era lungo fino a metà coscia e aveva una scollatura da paura, era smanicato e stretto, tanto che non riuscivo a respirare. Il classico abito da pin-up vertiginosamente sexy. No, quel tipo di abito non faceva per me.
 «Stai benissimo così Shan, proprio non capisco perché non ti piaccia il mio vestito! Lo indossavo quando avevo la tua età sai?»
  «Mamma io non sono te e odio questo vestito» conclusi.
«Pensa, me lo aveva regalato tuo padre quando ci siamo fidanzati»
  «Ora capisco tante cose!»
  Alle sette cominciò la gara e le ore sembrarono non passare mai. Quando il fiato veniva meno Jordan mandava Hazel a portarci dell’acqua... dopo sette ore ininterrotte una ventina di concorrenti era già stata eliminata, ma era dura ballare con mia madre e il mio patrigno che continuavano a mandarsi malocchi e occhiatacce, l’unico che non sentiva il peso della stanchezza era McDiggy che continuava a spintonare tutti per assicurarsi la vittoria.
«Quel brutto pompato di Henry! Vorrei vincere e sbattergli su quel muso da topo il MIO trofeo, che gli ho strappato dopo sei vittorie consecutive!»
  «Secondo me esageri, okay Phil, ma quello è un povero sfigato che della sua vita non farà mai nulla, guardalo! Insomma ha pagato una ragazza perché nessuna vuole avere a che fare con lui, si è già rassegnato all'idea di rimanere zitello tutta la vita, lasciagli almeno la maratona! » la implorai, non avevo voglia di farmi spintonare da McDiggy, o comunque di impegnarmi a batterlo, non mi aveva fatto nulla, anzi! Mi faceva pena.
 «Nemmeno per sogno, sarò io a vincere, quindi vedi di rimanere bella sveglia» rispose mia madre contrariata, mi rassegnai al suo volere  e continuai per un’altra ora, poi la musica si fermò e una voce richiamò tutti all'attenzione.
      «Bene concorrenti, ora faremo una breve pausa…» annunciò il rettore Fletcher
  «Sì!» esclamai  pregustando già il momento in cui mi sarei seduta a riposare
      «…Con venti giri di corsa attorno all'istituto! Forza ragazzi, ne eliminiamo la metà!»
  «Mamma ti odio!» mugugnai furiosa mentre cominciavamo a correre.
 «Forza Shan, chi si ferma è perduto» controbatté lei spingendomi la avanti a sé per correre. Venti, lunghissimi, giri di corsa dopo in pista erano rimasti veramente solo la metà dei concorrenti col fiatone ed io non sentivo più i piedi. Avrei voluto togliere le scarpe, ma era contro il regolamento. Al diavolo i tacchi a spillo! Un dolore esagerato.   Mia nonna invece ballava energica al fianco di Phil, anche lui col fiatone come noi.
 «Solo lei sa come fa… ma dove lo tiene tutto quel fiato, mi chiedo io!» si domandò mia madre, cercando di regolare il respiro. Erano passate altre ore, oramai doveva essere notte, e i concorrenti erano sempre meno.
Era partita “Viva Las Vegas” di Elvis Presley e mia madre cominciò a farmi girare come una trottola. Era rock and roll, lo sapevo ballare e anche piuttosto bene, ma ero distrutta. Non eravamo rimasti in tanti: c’eravamo io e la mamma, Phil e la nonna, il collega di mamma, e una decina di altre coppie. Con lo sguardo vidi che Jordan era in procinto di addormentarsi, mentre Hazel s’era già inchiodata.
Era passata la notte e la prima mattina e io avevo le gambe a pezzi, ma mi muovevo ancora, quindi non potevamo essere eliminate. La mia testa era accoccolata sulla spalla della mamma, finché un potaente STONK, non l’ aveva fatta rimbalzare.
«Mannaggia!» esclamò mia madre.
 «Perché?» domandai con poca attenzione e in procinto di addormentarmi. Un’altra coppia venne eliminata,  nonché quella di mia nonna e di mio patrigno, che tutti preoccupati erano corsi da mia madre.
«Mi si è rotto il tacco! Vado ad incollarlo, do il bonus. Sarò qui giusto tra dieci minuti» andò dal giudice di gara e diede il bonus, dopodiché corse agli spalti per svegliare J.
 «È finita?» domandò lui in catalessi.
«No, devi farmi da sostituto. Tieni sveglia Shannon» il peggior incubo di J si stava avverando.
 «Come faccio se io stesso non riesco a star sveglio?!» domandò esasperato.
«Scrollala, dalle dei pizzichi, dalle delle sberle, pestale i piedi, non lo so! Falle da principe azzurro e tienila sveglia!» corse con suo marito in bagno e Jordan entrò in pista, lasciando Hazel nelle mani capaci di nonna Jody, che pensò bene di portarla a casa con lei. Si  avvicinò a me e mi prese per i fianchi, facendomi trasalire.  Credo immaginasse che io non sapevo neppure che stavo facendo, o con chi stavo ballando, per non dire che era partita una musica da funerale. Lenta e noiosa, che conciliava il sonno. Appoggiai la testa sul suo petto, avrei fatto di tutto pur di dormire cinque minuti.
 «Shan…che fai?» domandò lui.
«Dormo. Cinque minuti, ti prego…Ehm…»
  «Sono Jordan»
«Giusto. Tu. Fammi riposare te ne prego, sono stanca»
  «Mamma mi ha detto che non posso farti dormire, quindi…resta sveglia bimba» mi incoraggiò lui, ma non servì a molto: i battiti del suo cuore erano così regolari, così ritmici che mi fecero dimenticare la musica e tutto il resto. Erano ipnotici e mi facevano venire ancora più sonno. «Resisti piccola, so che sei stanca, ti reggo io» strinse le braccia alla mia vita con una presa salda, sentì che anche se fossi svenuta lui mi avrebbe sorretta.
«Pausa pranzo!» proferì il giudice, nonché il preside Fletcher «per le tre coppie rimaste»
 «Hai sentito bimba? Pausa pranzo» mi sussurrò lui all'orecchio, fece per staccarsi, ma lo trattenni.
«Non mollarmi, altrimenti cado e, con questi trampoli, come minimo mi slogo la caviglia»
Incontrammo i nostri genitori alla mensa che si sbaciucchiavano, tutto era tornato come prima, avevano fatto la pace.
 « Dopo ricominci?» domandò Jordan
  «Ehm…Scusa Jordan, ma io e tuo padre abbiamo fatto pace ed ora torniamo a casa, ma voi concludete, siete rimasti solo tre coppie. Ho già avvertito Fletcher e ha detto che non è contro il regolamento, sei dentro Jordan, puoi vincere!»
«Che cosa?» domandai sconvolta «Mi molli qui??»
 «Mi dispiace tesoro, però tu straccia il collega strafottente che mi ritrovo. Anzi, stracciatelo!» lei e il marito uscirono dalla porta scambiandosi effusioni. Ci arrendemmo all'evidenza e ci sistemammo in fila per prendere i panini, quando arrivò il nostro turno rimanemmo sorpresi nel vedere chi li stava servendo.
 «Ehy Shan! J?!…Non credevo sapessi ballare» disse Luke confuso. Gli rivolsi un sorriso stanco e lo salutai con un cenno della mano.
«Lucas! Sono molto felice di vederti ,ma…che ci fai qui? » domandò Jordan, parlando anche per me.
  «Mia madre» rispose l’amico massaggiandosi le tempie «Si è impuntata nel voler cucinare per tutti»
«Wow» risposi nel vedere il panino «Che fame!» ed iniziai a mangiarlo con avidità.
«Tifo per voi ragazzi, in bocca al lupo, ci si vede alla fine» ci incitò Luke.
  «In realtà…» cominciai io, una volta ingoiato il pezzo di panino «non sono certa di voler continuare»
McDiggy mi diede un poderoso spintone facendomi cadere per terra, inutile dire che mi feci male. Se era riuscito a staccarmi dalla poderosa presa di Jordan doveva essere davvero forte, ammetto che un po’ ne avevo il timore. Jordan mi aiutò a rialzarmi e mi mise la sua giacca di pelle sulle spalle, avevo la pelle d’oca e immaginavo che la mamma se la sarebbe presa con lui se mi avesse riportata a casa con la febbre a quaranta.
  «Stai bene Shan?» mi chiese lui.
«Stai tranquillo sto bene, davvero» lo rassicurai.
  «Signore come si permette?» domandò Lucas indignato.
«Dammi sto panino e falla finita, ho una maratona da vincere… ancora. Voglio il più semplice panino che hai… magari prosciutto cotto, insalata e pomodoro! Sì, voglio quello» Luke roteò gli occhi e gli passò il panino, ma questi lo sputò «Che diavolo c’è dentro ragazzino??»
 «Semplice prosciutto cotto, pomodoro e insalata! Nessun genere di veleno, le ho dato il più il panino più semplice tra le scelte, quello che lei mi ha chiesto di servirle, se non le piace, può anche andarsene»
Buttò a terra il panino  e Jordan lo raccolse.  Quel tipo gli dava sui nervi, lo vedevo dalla sua faccia, quando guardava una persona in quel modo, beh, sapevo mi avrebbe costretta a vincere e a faticare, se non attuare una delle sue vendette strampalate.
 «Facci due caffè Luke, di quelli tosti» ci imbottimmo di caffè, mi guardò e disse: «possiamo vincere Shan, ti darò metà del profitto che riceverò da tua madre, ti scongiuro, rimettiamo in riga quello sfigato!»
 «Okay, va bene, ci sto» potevo faticare un po’ per metà della grana.
Mi sorrise complice e insieme ci dirigemmo agli spalti, aspettando che la pausa finisse. Dovevo impegnarmi e J lo avrebbe fatto a sua volta.  Non mi pareva possibile, stavo per ballare con mio fratellastro, il ragazzo più ambito della scuola, ma per me la persona più improbabile del mondo! Jordan iniziò a fissarmi con insistenza, subito pensai di avere qualcosa sulla faccia, o il trucco sbavato… che guardasse la scollatura? Lui era un pervertito, certo, e quel vestito incontrava i gusti di parecchi maschi, ma no! Non quelli del mio fratellastro, lui… lui non poteva pensare a me in quella maniera! Mi nascosi la scollatura coi capelli, fortuna che li lasciai sciolti, e con molta nonchalance li misi sopra la scollatura, ma lui continuò a guardarmi. «Jordan? Ti sei incantato? Perché mi fissi?» domandai allora.
 «Pensavo alla vendetta, dobbiamo far inchinare quel pallone gonfiato ai nostri piedi, farlo implorare pietà. Voglio sentirlo piagnucolare: “non voglio tornare dalla mamma da perdente!”» risi, anche se non pensava sul serio quello che diceva, e gli restituì la giacca.
  «Tieni la tua giacca e grazie» dissi porgendogliela, lui la prese e la lanciò sugli spalati.
«Io non me ne faccio nulla bimba, era per te. Sembravi un ghiacciolo, magari ti avrebbero scambiato per un iceberg»
  «Ahah! Tienile per te certe freddure, che non fanno ridere nemmeno le iene»
«Parla la regina delle spiritosaggini»
Il preside Fletcher annunciò la fine della pausa e l’entrata di Jordan all'interno della gara come sostituto. «Per voi ora musica latina, “El gitano del amor”, avanti coppie entrate in pista!» gridò entusiasta.
«Vieni avanti» mi tese la mano «ho avuto modo innumerevoli volte di vedere la tua danza cretina quando Nick ti parlava, ora voglio vedere la tua danza vera… tranquilla so ballare la salsa… con un piede»
  «Jordan! Allora perché ti sei fatto insegnare??»
«Gli altri balli non li so! E poi il modo in cui ti muovevi mi piaceva molto, ti rendeva parecchio eccitante»
 Presi la mano  «sei davvero… davvero…»
  «Davvero sensuale?»
«Idiota. Sì, idiota è la parola che cercavo!»
 «Sai che questo vestito ti rende particolarmente sexy? Risalta il tuo davanzale bimba, mettilo più spesso»
«Piantala! … Aspetta, perché mi  hai detto che ho un bel seno? Perché mi stavi guardando?»
   «Perché devi essere così diretta? Non ti stavo fissando solo il seno, stavo fissando l’intero pacchetto!» esclamò ovvio avvicinando la mano al mio fondo schiena «sei talmente sexy che è difficile rimanere indifferenti, poi il tuo seno risalta parecchio ed è davvero molto invitante». Per quanto imbarazzante fosse, mi sentivo ardere dentro,  il mio cuore batteva come se stessero esplodendo i fuochi d’artificio del 4 Luglio, le mani di Jordan passavano leggere nell'interno della mia coscia, senza però raggiungere la mia intimità. Mi sentivo viva, ero eccitata, mi stava accendendo e mi sentivo bruciare come un falò. Inizio a farmi roteare, poi un piede avanti, uno indietro e un’altra giravolta, attaccata a lui che con la mano scendeva piano sulla coscia e mi faceva roteare e poi ancora un giro. Mi ruotava la testa, eravamo così vicini, attaccati come se tra di noi ci fosse la colla. Mi muovevo secondo il ritmo, mi ero lasciata trasportare dalla musica ipnotica della canzone e sentivo le mani di Jordan muoversi per il mio corpo, lo sentivo strusciarsi su di me. Era strano ballare con lui… non fu spiacevole, tutt'altro, ma era insolito per me sentire le sue mani percorrermi il corpo, non mi toccò in punti critici, non glielo avrei mai permesso, ma mi sentivo come una statua di creta che lui stava modellando, un tocco morbido, per nulla impacciato, come se sapesse dove modellarmi per rendermi perfetta. Jordan sorrise, si avvicinò al mio orecchio e sussurrò un pezzo della canzone: “The way you walk, the way you talk, the way you smile sets me off, the way you move, the way you groove, makes me glad when I’m with you”. Non mi ero mai sentita così in imbarazzo, eppure mi piaceva ed ero così presa da lui che neppure mi ero resa conto che erano rimaste solo due coppie: noi e McDiggy.
«Mi piace ballare con te sai? Quando ti muovi così accendi un diavolo in me» sussurrò ancora al mio orecchio con voce suadente, le sue labbra umide e il suo fiato caldo sul mio collo, il mio respiro era affannato e non per la fatica. Le sue mani giocavano con i miei capelli e poi scendevano lentamente lungo i miei fianchi, scandendo bene le mie forme. «Possiamo batterli, siamo nettamente più coordinati e molto più affiatati» disse poi.
  «Pensavo dicessi sexy, mi allieta che tu conosca altri vocaboli»
«Tu sei sexy, insieme siamo affiatati»
  «Quanto sei stupido!» dissi ridendo.
«Okay ora è il turno di Candyman! Di Christina Aguilera!» annunciò il preside.
  «Ma possibile mai che ci sono pezzi solo sconci!?» borbottai.
«Direi che è adatto a te bimba»
Partì la musica e Jordan ricominciò la tiritera del ballo precedente, dovevamo alzare il livello! Questo non era latino! Aumentammo la velocità dei passi, le piroette e l’adrenalina era al massimo, non sentivo neanche più il male ai piedi. Misi le braccia intorno al suo collo, ero molto vicina alla sua bocca, sentivo il suo fiato… menta. Meglio della bava di qualche mattina fa…  a qualche centimetro dalla mia bocca sussurrò: « Quell'idiota è ancora lì che se la tira, ha paura di noi, cerchiamo di dare una smossa alla sua gara, facciamolo tremare!»
 «Mi piace allearmi ad una mente subdola come la tua a volte, sai?»
«Diamo una spinta alla loro bravura» mi fece l’occhiolino. Ci avvicinammo continuando a roteare come delle trottole e “casualmente”, parola che ci tengo a sottolineare, andammo addosso alla coppia avversaria. McDiggy pestò il piede alla sua partner che gli diede un poderoso sberlone e lasciò la pista da ballo con un fare offeso ed indignato, mettendo finalmente fine a quella maledetta maratona.
 «Scusi, noi non l’abbiamo fatto apposta» dissi io con innocenza.
    «Brutti mocciosi! Ora come lo dico alla mamma che ho perso il titolo?!» iniziò a piangere come un bambino. Si rese ridicolo e non incuteva più tanto timore, né si permise più di fare il bullo.
 «La coppia 12 è pregata di salire sul palchetto!» chiamò il preside Fletcher, ancora non potevo credere di aver vinto, con Jordan per di più! Era una cosa davvero surreale. «Credimi Wright oggi sono così felice di finire questa maratona che non riesco neppure a criticarti, ti perdonerei tutto! E ti leverei perfino le note di pessima condotta!»
  «Dice seriamente?!» gongolò Jordan sorpreso.
«No, ti odio come mai ho odiato un allievo, povera Greene che devi sopportarti ogni santo giorno… Come mai non gli hai ancora scavato una fossa figliola?  Renderesti felici un mucchio di persone, io sarei il più felice»
  « Lei è sempre una ventata fresca di sana ironia, un po’… finta, ma sempre ironia. Shannon non mi scaverebbe mai la fossa!»
«Riporrò le mie speranze nella piccola Wright allora…»
   «Non so quanto le convenga preside Fletcher» lo avvisai io.
«…Gesù, fammi andare in pensione! Ti prego non un altro demonio! Basta Wright!»
  «Preside, il premio…» gli fece notare Jordan.
«Tieni e vattene! Mi sto autocommiserando, non vedi?»
Lo lasciammo ai suoi piagnistei e ci godemmo gli applausi, Luke fu il primo a complimentarsi, poi vennero gli altri. Mi sentì così leggera, felice e anche sollevata, la vendetta fu attuata e non ne conseguì alcun rimorso! Come si dice? “La vendetta va consumata fredda”, o “la vendetta non aveva mai avuto un sapore così dolce”… tutti detti azzeccatissimi. Fummo soddisfatti più per la vendetta, che non per la vittoria. Jordan mi cinse e la vita e bisbigliò: «Il prossimo anno si rifà?»
 «Ahahahah!... Scordatelo!»
   «Peccato, avevo voglia di vederti indossare ancora questo completino così…»
«Sexy?»
  «… Eccitante. Anche sexy però calza»
«Pensavo di essere io quella eccitante, non il vestito» cosa mi avrebbe risposto?
  «È vero, ma è un buon catalizzatore. Tu da sola queste cose non le metteresti mai ed è un peccato, ma d'altronde, metteresti a dura prova il mio autocontrollo zucchero»
«Hai già cambiato soprannome?» domandai sorpresa.
  «Ne avrei molti altri per te questa sera, ma è meglio se li tengo per me. Non voglio rovinare la magia di questa vittoria»
«Tranquillo, non li voglio sapere» esclamai.
 Quella maratona si rivelò molto divertente e anche parecchio incandescente, visti i nostri bollenti spiriti, ma non l’avrei mai dimenticata, volente o nolente, l’esperienza in sé e con chi l’avevo vissuta.


ROUGE e MINORI: buongiorno a tutti, siamo tornate con un nuovo capitolo, fateci sapere cosa ne pensate. Oggi, anche se centra poco e niente, Lucas!

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Capitolo 8
*** Capitolo VIII ***



Capitolo  8
 «Caspita mamma! C’è da dire che eri davvero instancabile da giovane» esclamò Sadie allegra
   «Non più di una normale sedicenne» liquidò la faccenda la madre
«Non è vero Shan, io ero il ritratto della pigrizia» commentò Dora.
    «Davvero mamma? Non ti piaceva lo sport?» domandò Tristan
«Per niente. Tutto fatica, polvere e sudore, che schifo!» commentò la donna disgustata.
   «Vedi Tristan, tua madre, ha sempre preferito altri tipi di movimento» disse maliziosamente Shannon prendendo sottobraccio il ragazzo.
    «Che intendi zia?» domandò confuso Simon.
   «Già mamma che intende la zia?» chiese allarmato Tristan facendo ridacchiare sua madre.
«Ma come Dora, non hai mai raccontato “quella” storia a tuo figlio? E’ forse una delle migliori e degna di nota» esclamò Caridee
«Era troppo piccolo Dee, è una storia vietata ad orecchie acerbe»
   «Beh, adesso direi che sono abbastanza grandi… e poi ce lo hanno chiesto loro di raccontare senza tralasciare nulla, giusto?» chiese retorica Shannon «E ora ne prendono le conseguenze»
«Non lo so Shan… non penso che sia roba adatta a loro questa»
«Beh, avevi solo due anni in più di loro a quel tempo»
 «Già, e poi non ci scandalizziamo per poco mamma» mi incitò Tristan «non saltare le parti pornografiche!» si voltò verso Sadie «la principessa però potrebbe essere sensibile ad argomenti di questo… genere, sarà meglio tapparle le orecchie» la ragazzina gli diede una gomitata.
«Scelta vostra, non ditemi che non vi avevo avvertito» Nymphadora sospirò rassegnata e iniziò a raccontare… “Devo ammettere che un po’ mi vergogno della scelta che feci in quel periodo della mia vita e ancora adesso, a distanza di anni, non so dire se ho sbagliato oppure no. Tutto era cominciato con quella che pareva una normalissima giornata di novembre, ora buca a causa di una violenta influenza che aveva colpito la prof di biologia.  Jordan si era appena parato davanti a mio banco inaspettatamente.
   «Questo è per te» mi disse piuttosto scocciato porgendomi un biglietto ripiegato.
«Per me? E chi te lo ha dato?» chiesi confusa.
   «Connor, l’ho incrociato in bagno» disse sbrigativo «Che sia l’ultima volta che faccio il postino» brontolò poi, tornando al proprio posto
«Mica te l’ho chiesto io di farlo!» ribattei piccata.
   «E mi anche detto di dirti: “Sola!”» disse deciso mentre si sedeva.
«Tutto qui? E che vuol dire?»
   «Ah non chiederlo a me! Io riferisco e basta!... Che schifo» brontolò.
«Avanti Dora, leggilo!» mi incitò Caridee, più agitata di me.
«Va bene…» aprì il biglietto e lessi: –alla fine delle lezioni in palestra, ti devo parlare. Vieni sola!- «Ma che strano…»
 «Cosa succede?» chiese Shannon al mio fianco
«Mi deve dire qualcosa… chissà perché non è venuto direttamente qui» mi chiesi mettendo via i biglietto. Ero piuttosto infastidita dal comportamento di quel ragazzo, continuava imperterrito a stuzzicarmi ogni volta che ne aveva l’occasione, come due giorni prima, trascinandomi nel bagno mentre tornavo in classe con il solo scopo di torturarmi. Non che fosse spiacevole, anzi tutt'altro, ma io detestavo essere presa in giro e, si da il caso, che quel suo continuo giocare a quella lenta tortura fosse una burla bella e buona.
    «Non so se ti conviene andare Dora» disse Lucas all'improvviso.
«E perché mai?» domandai perplessa
    «Mio fratello è un po’ lunatico, non sai cosa potrebbe farti»
«Sono sicura che non accadrà niente» lo rassicurai guardandomi le unghie fresche di smalto con fare annoiato. Ultimamente Lucas si era fatto molto appiccicoso e questa cosa iniziava a darmi fastidio, me lo trovavo sempre davanti, cercava sempre di parlarmi.
    «Ma…»
«Io credo stia a Dora scegliere, non credi?» lo interruppe Caridee voltandosi.
 «Dee ha ragione Luke, la scelta è sua, non tua» le diede man forte Shannon, mentre lui si alzava scocciato.
    «Vado in bagno» disse per poi uscire dall'aula  seccato.
«Ma che ha?» chiesi perplessa agli altri.
     «Un raro esempio di maschio mestruato» scherzò Jordan ridendo.
«Jordan piantala» lo riprese Caridee. In effetti anche lei era un po’ strana nell'ultimo periodo, sembrava quasi che mi evitasse, soprattutto se Luke era vicino a me.
«Shan, che sta succedendo ultimamente?» chiesi sottovoce alla mia amica.
 «Niente di che… perché me lo chiedi?» chiese confusa.
«Mi sembra ci sia qualcosa di strano» confessai « non so…tu e Jordan che andate d’accordo, Caridee mi evita, Lucas è appiccicoso come la colla… mi sono persa qualcosa?»
 «Dai tempo al tempo Dora, e vedrai che tutto si aggiusta» mi rassicurò lei prendendomi a braccetto.
«Se lo dici tu…» commentai piano. Nel mentre  che le rimanenti due ore della giornata scivolavano via, portando all'ultima campanella, io provavo un forte sentimento di ansia repressa.
 «Vuoi che ti aspetti?» chiese Shannon mentre uscivamo da scuola, ormai non lontane dalla palestra.
«No, potrebbe andare per le lunghe, non voglio farti aspettare. Ci vediamo domani in classe» la salutai io mentre mi dirigevo in palestra. Ero nervosa, che cosa voleva Connor da richiedere tanta riservatezza? Continuavo a domandarmelo cercando una risposta mentre aprivo la porta della palestra e entravo. Lui era già li, appoggiato alla parete con le braccia incrociate.
 «Non pensavo che saresti venuta davvero» disse lui venendomi incontro.
«Perché non avrei dovuto? Di cosa vuoi parlarmi di tanto privato da farmi venire qui e sola?» chiesi prendendo dalla tasca il suo biglietto.
 «Affari Dora» rispose lui con un tono molto poco rassicurante.
«Entri nel mio campo a tuo rischio e pericolo lo sai?» dissi usando il suo stesso tono e andandogli di fronte. Mai arretrare davanti ad un nemico, sempre fronteggiarlo a testa alta
 «Ti propongo un’offerta, come ben saprai mia madre è una sarta piuttosto rinomata»
«Certo che lo so. È proprio per il lavoro di vostra madre che vi siete trasferiti qui dal Connecticut» risposi io perplessa. E quello ora che centrava?
 «Bene, io ti offro la possibilità di imparare da mia madre» io sgranai gli occhi sorpresa. Era una grande occasione, e proprio per questo, sentivo puzza di guai.
«Una buona offerta la tua, ma il prezzo?...Qual è?» chiesi, mentre lui mi girava intorno lentamente e si posizionava alle mie spalle.
 «Proprio qui ti volevo… il prezzo sei tu» mi soffiò sull'orecchio con voce roca, sussultai.
«Io?» domandai confusa e scioccata.
 «Esatto, tu e il tuo corpicino siete il prezzo per la mia offerta» rispose posandomi le mani sui fianchi «Una, due volte alla settimana, dipende da come ci gira» aggiunse solleticandomi il collo con la punta del naso. Non dovevo distrarmi, oramai mi ero abituata ai suoi trucchetti e avevano perso un po’ del loro effetto.
«In pratica dovrei vendere il mio corpo per ottenere qualcosa da te… Mi dispiace, non sono una puttana» risposi secca staccandomi da lui e voltandomi verso di lui.
 «Non voglio una puttana, non sono un maniaco. Sarebbe solo con te, niente coinvolgimento sentimentale»
«E perché proprio io?» chiesi ancora «Potresti avere qualsiasi ragazza e senza nemmeno dover ricorrere ad un ricatto»
 «Troppo facile, voglio te perché sei un osso duro e perché so che non ti legheresti mai a me» disse con tranquillità, convinto di se stesso e aveva ragione. Non avrei mai potuto legarmi ad uno come lui «E poi… non puoi non aver notato la carica sessuale che abbiamo io e te» in effetti l’avevo notata eccome.
«Stacca subito le mani dai miei fianchi, non cercare di distrarmi» esclamai allontanandomi nuovamente «Sento puzza di guai…»
 «Io sento odore di sesso…» commentò lui con l’aria di chi ha già vinto.
«Non renderlo più squallido di quanto non sia»
 «Devo dedurre che accetti la mia offerta?»
«Accetto, anche se sento di essere sul punto di fare una cazzata» sospirai rassegnata. Ero certa di star facendo uno sbaglio, ma quando mi sarebbe ricapitata un’occasione del genere?
 «Senti, domani vieni a questo indirizzo, facciamo una prova, ma sono sicuro che non ti tirerai indietro»
«Sei modesto a quanto vedo»
 «Sono semplicemente sicuro del mio… potenziale» disse calmo con un velo di malizia «A domani micetta» disse lui, per poi uscire dalla palestra. Rimasi per tutta la giornata in un competo stato di catalessi, continuavo a pensar e ripensare a ciò che sarebbe avvenuto il giorno dopo. Volevo davvero che andasse così? Ero pronta ad accettare le conseguenze che quella scelta avrebbe comportato? Ero davvero sicura che sarei stata in grado di non farmi coinvolgere?
 «Dora? Sei sulla terra insieme a noi?» mi domandò Shannon sventolandomi la mano davanti agli occhi
«Eh? Si, scusa…»
 «E’ mezz'ora che non mi ascolti, a cosa pensi?» mi chiese Shannon infastidita
«A niente, davvero» risposi cercando di sembrare tranquilla, ma in realtà sentivo come un tarlo perforarmi il cervello. Rimasi in quello stato per tutta la mattinata e la scena si ripeté più volte
   «Dora sei sicura che sia tutto a posto?» mi chiese Lucas durante la pausa
«Vi ho già detto di si»
 «Perché non ci vuoi dire a cosa pensi? Non è da te essere tanto distratta» rincarò Shannon mentre mi alzavo per andare in bagno.
«Vi ripeto che non penso a niente» risposi esasperata. Ma perché non la smettevano di chiedermelo? Capisco la preoccupazione, ma non potevo proprio dir loro niente… Come avrebbero reagito? Come mi avrebbero giudicata?
«Preoccupata per qualcosa micetta?» domandò strafottente Connor sulla porta dell’aula, proprio mentre stavo uscendo. Ma perché da quella porta doveva entrare proprio lui?! Piuttosto quell'oca di Allyson!
«Assolutamente no!» risposi con orgoglio scostandomi i capelli con fare stizzito
«Meglio così» disse lui mentre lo superavo e uscivo dall'aula. Mi rinchiusi nel bagno della scuola per il resto della pausa, cercando di darmi una calmata. Era stata una mia scelta no? E lui mi aveva dato la possibilità di tirarmi indietro… o almeno speravo che fosse sottintesa. Quando la campanella suonò tirai un pugno frustrato contro la porta e uscii nel corridoio, diretta in classe, senza fare caso a dove mettevo i piedi, infatti mi scontrai con qualcuno. Era, stranamente, Connor che stava tornando in aula e ora mi guardava perplesso
«Sembri piuttosto nervosetta oggi, qualcosa non va?» chiese lui tranquillo
«Proprio tu me lo chiedi?» domandai ironica mentre lui, in risposta, sollevava un sopracciglio perplesso, poi si illuminò
«Non sarai mica nervosa per stasera…» insinuò lui ghignando
«Secondo te? Certo che sono nervosa…» sibilai tra i denti. Il corridoio era deserto ma non esiste posto migliore di una scuola per far circolare un segreto.
«Vedrai andrà tutto a meraviglia» disse lui con quel tono morbido che avevo iniziato a riconoscere «E poi è solo una prova, puoi sempre fermarmi quando vuoi»
«Davvero?» chiesi scettica. Non riuscivo ancora a fidarmi del tutto, sapevo benissimo che quella situazione era totalmente assurda e sbagliata
«Certo, sono un gentiluomo io» rispose per poi avviarsi verso la sua classe «A stasera» la salutò con un cenno della mano
«Già… a stasera» sussurrai mentre rientravo in classe e tornavo a posto. Sentivo che Shannon mi stava guardando, anche se non mi giravo verso di lei. Sapevo che voleva chiedermi, ancora una volta, che cosa avessi, ma invece rimase in silenzio, cosa che apprezzai molto. Non volevo tener nascosto loro qualcosa, ne tanto meno dover fare quella cosa... ma avevo bisogno di migliorare, e Connor mi aveva fatto un’offerta troppo grande per poterla rifiutare. Quel che sapevo lo avevo imparato da sola, ma ora mi serviva un mentore, e la madre di Connor e Lucas era una grande nel suo campo, seppur non a livello internazionale in America era parecchio famosa.
   «DORA! Muoviti sei sotto la doccia da mezz'ora!» urlò sua madre fuori dal bagno, svegliandola dalla catalessi. Era rimasta a pensare così tanto che quasi non si era accorta della fine delle lezioni, degli sguardi preoccupati di Caridee e Shannon e dei trenta minuti passati sotto la doccia. Tornata in camera mia guardai perplessa il cassetto della biancheria… Vuoto.
«Mamma! Che fine ha fatto la mia biancheria?» chiesi ad alta voce a mia madre.
   «Ho deciso di fare una lavatrice generale sia per me che per te» rispose giuliva sulla  porta della mia stanza
«Proprio oggi?!» chiesi esasperata. Ma perché mia mamma doveva avere quelle idee geniali?
   «Si, perché?»
«Mamma, io oggi devo uscire, non hai risparmiato proprio niente?» chiesi mentre mi sedevo sul letto.
   «Uhmmm… Aspetta, ho un’idea» esclamò mentre scappava via dalla mia camera e poi tornava con un sacchetto rosa. Iniziai a preoccuparmi leggendo la scritta Victoria’s Secret stampata sopra il sacchetto.
-Ti prego, ti prego, TI PREGO! Dimmi che ha riciclato un sacchetto a caso- pensai disperata mentre lo apriva
   «Un regalo di tuo padre che non ho mai messo, dovrebbe andarti visto che a me sta largo» ammise con amarezza mia madre porgendomi il sacchetto. Lo aprii notando con orrore che era tutto troppo trasparente «E’ un completino carino. Per un giorno può anche andare no? Tanto chi ti vede? E anche se fosse vede qualcosa di bello» sorrise tranquilla scompigliandomi i capelli. Io ero imbambolata a guardare quel coso con aria terrorizzata e pensando che quella era decisamente una punizione del karma per la mia scelta sbagliata, e la giornata era ancora lunga! Andai in bagno e constatai che era meno trasparente di quanto non sembrasse, soprattutto nei punti critici, ma era comunque troppo, troppo corto, e il nero ha sempre lasciato intendere messaggi sbagliati più del rosso.
-Coco aiutami tu- pensai rassegnata mentre mi vestivo. Jeans e camicetta, non volevo peggiorare la situazione tragica che il completino di mia madre avrebbe creato da se, e comunque erano capi che non tramontavano mai. Erano quasi le cinque quando uscii di casa, il foglietto con l’indirizzo in mano e una strana sensazione che mi scorreva sotto pelle. Attesa? Paura? Eccitazione? Non ne avevo idea… Avevo detto a mia madre che c’era un mercatino e andavo a fare un giro e non sapevo a che ora tornavo ma che, se avessi fatto tardi, avrei chiamato Alex. Tutto vero a parte la passeggiata. Già mi immaginavo un qualche posto di dubbio gusto, arredato con lenzuola di seta rosse e baldacchini di velluto, il classico posto dove puoi tranquillamente trovare un gigolò tanto per capirci, per cui rimasi abbastanza sorpresa nel trovarmi davanti ad una normalissima palazzina con le scale esterne per accedere agli appartamenti. Tutti i citofoni erano privi di cartellino e questa cosa mi incuriosì, perché non ci viveva nessuno? Sul biglietto c’era scritto di andare al numero 9 della palazzina e così feci. Ero in anticipo di mezz’ora, ma come si dice, via il dente via il dolore no? E poi non c’era nulla di strano o innaturale, era umano no? Era un mero tentativo di autoconvincermi, lo sapevo, ma preferivo non pensarci troppo, così suonai il campanello.
 «Chi è?» chiese Connor dall’interno. Chi voleva che fosse a citofonare ad un appartamento che avrebbe dovuto essere vuoto in una palazzina disabitata?
«Nymphadora» risposi semplicemente io mentre, da dentro, sentivo dei rumori inaspettati, come se qualcuno stesse correndo e inciampasse di continuo.
 «Merda!» lo sentii imprecare ad alta voce dall’interno, mentre la porta si apriva di scatto
«Cazzo…» mi uscì soltanto nel vedermelo davanti solo con un paio di boxer e i capelli bagnati
 «Si lo dirai spesso» disse ironico con il suo solito sorriso da schiaffi
«Piantala e fila a metterti qualcosa!» replicai io, nonostante una vocina nella mia testa mi chiedesse perché mai ero tanto masochista da fargli indossare una maglia. Era davvero fastidiosa quella vocina!
 «Tanto poi la dovrei togliere…» commentò ovvio mentre mi faceva entrare «Almeno risparmiamo tempo» concluse giulivo e in quel momento gli avrei volentieri rifilato una gomitata nelle costole.
«Senti perché qui non ci vive più nessuno?» chiesi perplessa mentre guardavo l’appartamento. Niente era come me lo ero immaginata, per fortuna. Era un normale monolocale e anche ben arredato
 «Se mai non ancora, è stata appena costruita e l’appartamento è di mia zia, ma lei ora è in vacanza in Texas» mi rispose lui mentre andava in una stanza adiacente «Siediti io adesso arrivo» disse ad alta voce dall’altra parte, ma io continuai a curiosare in giro. Su una libreria c’erano delle foto incorniciate, una delle quali di Connor e Lucas da bambini, il piccolo era sotto la spalla del maggiore, con il solito sorriso tranquillo, il grande sorrideva divertito alla macchina fotografica, tutto coperto di cerotti.
 «Ti piace ficcanasare in giro vedo» le chiese Connor cogliendola di sorpresa
«Non molto a dire il vero… eravate davvero carini da bambini» dissi con un sorriso
 «E ora sono bellissimo»
«Convinto tu... credevo ti fossi messo qualcosa addosso» dissi perplessa, notando che era ancora senza maglia e le gocce d’acqua che scendevano sul collo e le spalle non mi aiutavano a guardarlo in faccia
 «Ripeto, sarebbe uno spreco inutile di tempo» rispose tranquillo avvicinandosi a me. Per ogni passo che faceva, io ne facevo uno indietro. Non avevo calcolato la presenza del divano ma, contro ogni aspettativa, no mi trovai lunga distesa bensì addosso a Connor
 «Presa.. che fai micetta, scappi?» domandò allontanandosi un poco
«E da cosa dovrei mai scappare?» chiesi retorica. Non c’era proprio nulla da cui voler scappare no?
 «Ah, se non lo sai tu… però devo dire che sei un po’ rigida per essere una che non sta scappando da niente» disse piano mentre la sua mano si muoveva lentamente lungo la mia schiena. Se continuava così non sarei rimasta rigida a lungo, poco ma sicuro.
«Ok, forse sono un po’… spaventata» ammisi mentre sentivo le sue labbra posarsi sul mio collo, alternando baci umidi a piccoli morsi.
 «Non ne hai motivo, fidati di me…» rispose lui soffiando sulla mia pelle umida, facendomi rabbrividire. E non dal freddo. Sentivo la pelle bruciare come il fuoco al suo passaggio, le sue labbra, la sua mano che, maestra, si era infilata sotto la camicia disegnando figure astratte con le dita. Mi sentivo come un budino santo cielo, ed era frustrante.
 «Micetta, sono io a dover far rilassare te, non il contrario» mi sussurrò all’orecchio con voce roca. Non mi ero nemmeno accorta di avergli posato le mani sul petto. Le staccai velocemente in imbarazzo ma lui le fermò e le rimise dov’erano prima «Nessuno ha detto che mi da fastidio… anzi…» disse lui poggiando la fronte alla mia
«E così siamo arrivati al punto di non ritorno» sussurrai piano guardandolo fisso negli occhi
 «Non temere micetta, puoi fermarmi quando vuoi… va bene?» chiese ad un soffio dalle mie labbra
«Va bene…» non avevo fatto in tempo a finire che già le sue labbra si erano lanciate sulle mie, affamate. Connor aveva un sapore tutto suo. Sapeva di spezie, di menta, di sbagliato, di sesso. Eppure, se era tanto sbagliato, perché le sue labbra combaciavano perfettamente con le mie? Perché la sua lingua che mi solleticava il palato mi dava il capogiro? Perché le sue mani sui fianchi mi facevano scorrere l’adrenalina sotto pelle? Quel bacio mi stava mandando fuori di testa, avrei voluto continuarlo per sempre, ma dovevo respirare. Me ne diede appena il tempo per poi tornare a baciarmi, sempre più vorace, la sua mano tra i miei capelli mi stringeva la nuca. Io avevo immerso le mani tra i capelli umidi, trovandomi ancora più a contatto con lui.
 «Io direi…» sospirò allentandosi un poco «Di continuare di la…» concluse per poi tornare a baciarmi il collo. Ma dove lo teneva tutto quel fiato? Mi ritrovai velocemente nella stanza adiacente.
 «Certo che però… se ti metti certe cose… non aiuti il mio autocontrollo…» disse lui con voce roca. Mi aveva aperto la camicia e si stava riferendo al completino trasparente di mia madre
«Colpa di mia madre…»
 «Santa donna…» sospirò lui dandomi un altro bacio. Intanto la sua mano stava risalendo, lenta e torturatrice, per il ventre e, quando mi sfiorò il seno, non trattenni un gemito. Imbarazzante… molto imbarazzante «Siamo infiammabili a  quanto vedo» scherzò lui. Come dargli torto? Stavo andando a fuoco. Eppure mi sentivo così bene, nonostante l’imbarazzo crescente. Per qualche strano motivo non riuscivo a togliere le mani dai suoi capelli, cosa che gli impediva di allontanarsi troppo da me. Mi stava ancora torturando il collo quando sentii il reggiseno allontanarsi dalla mia pelle e, d’istinto, mi venne da coprirmi ma Connor mi fermò
 «Non coprirti davanti a me… mai… Sei talmente bella…» sussurrò continuando a scendere. Non un lembo di pelle sfuggiva alle sue labbra, strappandomi gemiti e sospiri che mi facevano imbarazzare di me stessa, mentre con la mano mi slacciava i jeans e li faceva scivolare via e giocava con l’elastico degli slip. Era bravo, troppo bravo per me che, di esperienze del genere, non ne avevo mai avute. Le sue dita erano esperte, sapevano come, dove e quando muoversi, portandomi al limite forse troppo in fretta.
 «Era così tremendo come immaginavi?» chiese ironico, il respiro affannato e lo sguardo liquido
«No… contando che nemmeno due mesi fa ho rischiato di essere violentata, mi immaginavo peggio» dissi flebile, ancora un po’ tremante dal concentrato di emozioni appena provate. Lui invece aveva sgranato gli occhi, come accortosi di una cosa importantissima, e si era alzato di scatto.
 «Cazzo! Sono un’idiota!» imprecò sedendosi sul bordo del letto
«Perché? Cos’è successo?» domandai con voce più ferma, ora andava meglio
 «Mi ero dimenticato di quello che era successo! Eri così tranquilla che io… non ci avevo pensato… sono stato uno stupido» io osservavo la schiena curva mentre mi coprivo con il lenzuolo. Si sentiva in colpa perché se ne era dimenticato? Sorrisi e gli posai le mani sulle spalle.
«Va tutto bene Connor…» dissi piano ma lo sentivo rigido sotto le mie mani
 «No non va tutto bene, sono stato un’idiota. Ci credo che eri terrorizzata!» disse alzandosi in piedi, io feci lo stesso portandomi dietro il lenzuolo
«Avrei dovuto dirtelo…»
 «No, io me lo sarei dovuto ricordare! IO! Non tu… Devo averti terrorizzata, scusami» disse sfiorandomi il viso con il dorso della mano
«Non immaginavo che avresti avuto tante premure…» sussurrai piano
 «Scherzi? Prima di essere la mia amante sei mia amica, non farei mai nulla per ferirti… o almeno così pensavo»
«Non mi hai fatto niente che io non volessi» lo rassicurai, ma lui non mi sembrava per niente convinto.
 «Forse è meglio fare finta che non ti abbia mai chiesto niente, staresti male e basta» disse mentre il mio cuore perdeva un battito. No, non poteva sfumare tutto… ma era l’occasione che non volevo veder svanire? Oppure… Non so con che coraggio lo feci, ma lascai andare il lenzuolo e lo abbracciai, il suo torace era caldo e sentivo il suo cuore battere in fretta.
«Ti ho detto che sto bene… Non hai fatto nulla che io non volessi…» sussurrai il viso nascosto contro la sua spalla, poi alzai il viso e lo baciai piano. Non mi ero mai sentita elettrizzata quando sentii qualcosa reagire al mio contatto con le sue labbra, le mie mani coi suoi fianchi, il ventre.
 «Dora… Per oggi meglio se ci fermiamo qua…» disse staccandosi appena da me, di nuovo quello sguardo liquido nelle iridi blu «Altrimenti… corro il rischio di non riuscire a fermarmi» disse uscendo dalla porta.
Non ebbi la forza di fermarlo. La prospettiva di andare fino in fondo, quella mi spaventava sul serio, non mi sentivo pronta. Ero ancora in piedi in mezzo alla stanza quando Connor rientrò.
 «Ehi… non te la sarai presa vero?» chiese lui davanti a me
«No, affatto. Era solo una prova in fondo no?»
 «Si, e l’hai superata alla grande… ora però è meglio se ti rivesti» mi consigliò uscendo nuovamente dalla stanza. Lui era seduto sul divano, vestito, e aveva acceso il televisore «Va un po’ meglio?» mi chiese notando la mia presenza
«Io stavo bene, ma tanto sei uno zuccone e non mi credi» sospirai sedendomi accanto a lui
 «Ah si, stavi davvero bene, avevi proprio un faccino soddisfatto» disse maliziosamente lui, circondandomi le spalle con un braccio
«Piantala imbecille» dissi ridacchiando. Non riuscivo a rimanere arrabbiata con lui troppo a lungo, o almeno dopo oggi non ci sarei riuscita, mi aveva dimostrato che mi avrebbe portato rispetto e che si preoccupava di me.
 «Ah, mi insulti pure? E io che mi sono anche preoccupato! Mi hai fatto sentire un quattordicenne allupato dolcezza, pagherai per questo» scherzò lui mettendosi a ridere. Era incredibile con quanta naturalezza si comportasse «Sai… sono felice che non sia cambiato niente»
«Che intendi?» domandai confusa
 «Beh, oggi non è successo gran che, ma temevo che l’imbarazzo avrebbe cambiato le cose… per fortuna non è successo» disse soddisfatto
«Ovvio, sono abituata ad essere messa in imbarazzo da te, oramai non mi fa più effetto» risposi io orgogliosa. Si erano fatte le sei, io dovevo essere a casa per l’ora di cena, quindi passammo il tempo restante a scherzare sul divano mentre alla tv passava uno di quei film idioti e privi di trama. Ogni tanto ci scappava uno sfioramento ambiguo, un bacio, ma quella situazione era elettrizzante. Non c’era più l’imbarazzo di prima, ora tra le braccia di Connor mi sentivo tranquilla, non mi importava più di come sarei stata giudicata, di cosa sarebbe successo, se ciò che facevo era sbagliato o meno. Non mi importava più.
Il giorno dopo a scuola, sembrava davvero che non fosse successo niente tra noi due, ma per mia sfortuna, una volta terminata la pausa, Shannon aveva dato prova delle sue doti di osservatrice.
 «Dora oggi sei diversa…» disse perplessa mentre entrava il professore
«Diversa? In che senso?»
 «Non lo so… ti brillano gli occhi, sembri più felice del solito» rispose lei lasciandomi perplessa. Ancora non capivo che stavo giocando con il fuoco e che, a giocarci troppo a lungo, ci si brucia.
 


Rouge e Minori: Salve siamo tornate! Speriamo che il capitolo vi sia piaciuto, vi ringraziamo e vi salutiamo con l'identikit di Nicholas.

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