Infans

di WittaHowler
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Pensieri e richiestez ***
Capitolo 2: *** Stress dal timbro distante ***



Capitolo 1
*** Pensieri e richiestez ***


Theodor pigiava furiosamente i tasti della tastiera, per poi cancellare il tutto ancor più furiosamente. Benché avesse avuto dei voti alti in lettere, nel periodo delle scuole, sopratutto ai temi, dove i professori riempivano il giudizio con pomposi complimenti, in quel momento le parole gli venivano meno, qualsiasi cosa scrivesse era scoordinata o sgrammaticata, e una delle cose che non sopportava Theodor era vedere sullo schermo le linee tratteggiate sotto le parole, specialmente se era lui ad averle scritte. Ma in quel momento non riusciva a concentrarsi, il pensiero stesso di quel che doveva scrivere lo tormentava, ma doveva comunque sbrigarsi, un verbale non poteva aspettare le sue stupide fissazioni. Allora ci riprovò. Scrisse un solo periodo:

“Summer Babbling, trovata nel fiume di Bethin il 12 Maggio 2014, alle ore 00:47, il soggetto presenta ripetute coltellate sul l'addome, sul petto fino al basso ventre, aveva solo 9 anni...."

Nello scrivere quel numero e quella parola, Theodor ebbe un singulto, che gli uscì dritto dal petto, come se avesse sentito appena ogni coltellata inflitta a quella povera bambina. Summer, estate; mancava poco all'estate, ma lei non avrebbe mai più avvertito il cambiamento tra le tiepide temperature di Maggio e quelle torride di metà Giugno, non si sarebbe goduta i gelati, né il melone col prosciutto mangiato la sera tardi, con la TV accesa e il brusio di sottofondo delle cicale, insieme a mamma e papà. Già, i genitori; chi sarebbe stata quella buon'anima in pena costretta a rassicurare i genitori? A dargli false piste? A vederli piangere distrutti in quegli involucri vuoti, ormai non più corpi contenenti un'anima, ma solo organi che non riuscivano a far per bene il loro lavoro. Lui non lo sarebbe stato di certo, era entrato da poco in polizia e l'ultima cosa che si sarebbe sognato era di finire nel reparto di criminologia infantile. Theodor già da piccolo giocava con la volante in miniatura della polizia, dire la frase: "Mani in alto!" lo esaltava, fare il poliziotto era stato in tutta la sua vita il suo unico sogno. Ma non così, non voleva scrivere verbali su omicidi di bambini, su delle vite non vissute, su dell'esistenze che non possono ritenersi tali tranne che per una manciata di persone. Il suo cervello non riusciva a concepire un tale pensiero.
Rileggendo ciò che aveva appena scritto al computer la rabbia crebbe dentro di lui, accorgendosi di tutti gli errori grammaticali che aveva fatto finora, ma pian piano questa scemò e in lui ritornò il senso del rifiuto. Decise di inviare un messaggio al suo collega Matthew; era stato proprio questo a dirgli di riferire a lui tutto ciò che non era in grado di fare.
"Matthew non riesco a scrivere il verbale, potresti aiutarmi?"  Semplice e diretto.
Nel frattempo, Theodor aprì il browser e la casella email e, mentre aspettava la risposta, cominciò a prepararsi il caffè. Apri la macchinetta, la sciacquò e asciugò accuratamente, aggiunse acqua e il caffè copiosamente, dopodiché accese il bollitore elettrico. Mentre ripuliva il poco disordine che aveva fatto, si avvicinò il sacchetto del caffè e lo annusò a grandi inalate. Theodor amava il caffè, ogni cosa di quel liquido corposo e marrone gli dava assuefazione. Ma dovette rimandare la sua dimostrazione d'amore per il caffè, poiché il telefono stava squillando.
“Pronto?”
“Sono io." Disse, uscendo dal microfono, una voce profonda. E prima che Theodor potesse rispondere Matthew continuò dicendo: "Inviami il tutto via email; non preoccuparti succede a chiunque di avere un crollo emotivo le prime volte"
Theodor preso dall'agitazione si affrettò ad andare verso il computer per spedire l'email. Intanto dalla macchinetta del caffè usciva un gorgoglìo.
“Okay, ho fatto."
"Bene ora la invierò a Dominique."
"A chi scusa?" A Theodor cominciarono a imperlare di sudore le mani.
“Ah già, ancora non l'hai conosciuta. Comunque lei è il capo e adesso devo andare. Ci vediamo stasera Theo."
Theodor rimase per qualche minuto con il cellulare messo accanto all'orecchio. Nella sua mente ormai vagavano nuove domande "Perché non sono riuscito a farlo da me? Perché sono così stupido?"
 Mentre rispondeva a queste, il caffè si brucio.

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Capitolo 2
*** Stress dal timbro distante ***


“Deficiente!”
Unito al suono di                 un clacson squillante, fece ritornare Matthew alla realtà. Stava davanti a un semaforo che aveva appena cambiato il suo colore da rosso a verde. Cercò di riparare al danno in fretta, pigiando sull’acceleratore per oltrepassare la strada, ma si accorse troppo tardi che una macchina lo stava già sorpassando e per questo si beccò un altro insulto.
Mortificato e nervoso Matthew riprese a guidare, cercando un luogo dove fermarsi. Entrando nella zona industriale della città imboccò una stradina che lo condusse a una zona . Non preoccupandosi di parcheggiare per bene l’automobile, prese il pacchetto delle sigarette e l’accendino dal portaoggetti e scese dall’auto.
Si sedette su un muretto e, imprecando varie volte perché l’accendino non funzionava bene, si accese una sigaretta. Gli basto solo un’inalata per sentirsi meno teso, ma in quel momento non gli andava di pensare, voleva solamente fumare in pace la sua sigaretta.
Solitamente Matthew non fumava, sua moglie Cassandra odiava l’odore del fumo, e quando ne percepiva il minimo odore le prendevano violenti conati di vomito. Ma alcune volte infrangeva questa regola della ferrea disciplina che si era imposto con gli anni e dava libero sfogo al suo ego fumando.
Gettò a terra la sigaretta e la schiaccio per bene, come se il cicco di questa avesse assorbito tutte lo stress e ora lo stesse schiacciando. Ispirò un po’ di aria pulita e, questa volta con molta più calma, si accese un’altra. Quando aveva bisogno di pensare Matthew si concedeva sempre due sigarette, una per distogliere le ansie e una per riflette sul da farsi. E il più delle volte, la seconda si bruciava da sé senza essere minimamente inalata.
Quando Theodor gli aveva inviato quella email, in Matthew era l’ansia per l’incontro con i Babbling di quella sera e sua figlia Melany, piangendo, aveva tramutato questa sua ansia in uno stress che sembrava cavalcargli sulla mente e il cuore come una mandria di cavalli.
Matthew non era pronto per figli, ma per paura di perdere Cassandra aveva accettato di mettere al mondo Melany. Nonché fosse cattivo con la figlia, anzi lui stravedeva per lei e quella lo stesso, ma alcune volte in lui montava una rabbia tremenda quando questa cominciava a fare i capricci o a piangere, e per questo aveva bisogno di isolarsi.
Cosa dovrei fare con quella famiglia quando Dominique aprirà bocca?” questa domanda lo tormentava.
Sapeva già come si sarebbe conclusa la faccenda, con uno dei due genitori in lacrime e Dominique sempre più stressata. Anzi, più stressata di lui.



Theodor fu svegliato da un tatac, tatac continuo. Appena aprì gli occhi si accorse di aver sbavato sul foglio che si trovava sulla scrivania e, sentendosi intorpidito, si stiracchiò a lungo sbadigliando con la bocca aperta.
Tatac.
Theodor aprì gli occhi, ma il suo fastidio per quel rumore ebbe vita breve.  Davanti a lui stagliava la figura di una donna; questa era alta, portava un taglio scalato corvino e sul viso erano perfettamente posizionati degli ampi occhiali da sole. Il resto del corpo era coperto da un cappotto, sempre nero, di qualche taglia in più.
Tutto il nero di cui era vestita aveva un contrasto enorme con la sua pelle bianco latte, che era quasi evanescente, come se il colore e quest’ultima formassero un antitesi.
“Salve, bell’addormentata.” Le sue labbra si ampliarono in un sorriso terribilmente ironico.
Tatac. La donna teneva in mano una penna a scatto, che sembrava esser lì appositamente per far rinascere il fastidio in Theodor.
“Mi scusi, ma chi è lei? Lo sa che in questo ufficio non è permesso entrare?”
Tatac.
“Ah sì?”
Tatac.
“Sì, quindi ora la prego di uscire.”
Theodor si alzò in piedi e avanzando velocemente insieme a quella, per farla uscire di lì, si accinse ad aprire la porta, ma proprio in quel momento lo fece qualcun altro dall’esterno.
“Ciao Theo, vedo che hai conosciuto Dominique. Andiamo?”
Tatac.
E l’autostima di Theodor crollò nuovamente.

 


In macchina c’era un silenzio tombale, ma forse sarebbe stato meglio un vero e proprio silenzio da cimitero, perché almeno quello non sarebbe stato irritante.
Theodor stava seduto sui sedili posteriori  e per quanto fossero ampi e comodi, sentiva sulla spina dorsale la lama fredda di una spada .
Nei sedili anteriori c’erano: Matthew al volante, che torturandosi la fede aveva fatto diventare la parte del dito ricopert da questa di un color rossastro, e Dominique, la quale aveva i piedi poggiati sul cruscotto dell’auto, riguardava il verbale.
Per quanto Theodor avesse la gola secca, cercò di spiaccicare due parole.
La prima volta ottenne solo un suono gutturale mal riuscito.
La seconda andò meglio.
“Pos… possiamo fare un riepilogo..?”
“Di cosa?” La voce di Dominique fece affondare ancora di più la spada nella sua schiena.
“Del… del verbale.”
Quella sbuffo e la spada trafisse completamente la schiena di Theodor, oltrepassando la pancia e fuoriuscendo; il dolore sembrò così intenso che dovette premersi la mano sullo stomaco per capire che non era un dolore reale.
Cercò poi di replicare, ma il capo aveva già cominciato a laggere.

 

“Summer Babbling, nata il 17 Febbraio 2005, trovata nel fiume Bethin alle ore 00:47 del 12 Maggio 2014.
Il soggetto presenta ripetute coltellate estese dall’addome fino ad arrivare al basso ventre.
La scientifica successivamente ha notato che tra il sangue e le coltellate, sul basso ventre, c’è una cucitura; aprendola si è scoperto che le sono stati asportati gli organi riproduttivi.
Ci si sta attrezzando per rintracciare un ipotetico colpevole.”

 

Theodor era esterrefatto; Dominique aveva parlato con una voce forte e distante, non facendo trapelare la minima emozione o un minimo di coinvolgimento per la morte di quella ragazzina, come se lei stessa fosse distante e non curante della tragedia che aveva scritta su di un verbale sotto gli occhi.
Mentre pensava a questo, la macchina si fermò sul vialetto di un’imponente casa.
E una parola apparve nella mente di Theodor, come se un proiettile gliel’avesse impressa nel cervello.
I genitori.”
Sentì le mani imperlate e la gola secca.
Un leggero giramento di testa sembrò prenderlo.
E poi più niente, svenne.

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