Bound to you

di _blues_
(/viewuser.php?uid=505669)

Disclaimer: Questo testo proprietà del suo autore e degli aventi diritto. La stampa o il salvataggio del testo dà diritto ad un usufrutto personale a scopo di lettura ed esclude ogni forma di sfruttamento commerciale o altri usi improri.


Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Prologo ***
Capitolo 2: *** Un nuovo incontro ***
Capitolo 3: *** Arrogant, asshole and...again arrogant! ***



Capitolo 1
*** Prologo ***


Note dell'autrice: Salve a tutti! Questa storia l'ho scritta all'improvviso dopo che una mia cara amica mi ha letteralmente costretto a vedere la serie 'Sherlock'. La scusa che ha usato è stata “ L'attore che fa Sherlock è un figo!” e, ovviamente, visto che mi piacciono i fighi ( così come credo che piacciano a tutte voi) ho iniziato a vedere la prima stagione.
Naturalmente l'ho stra-adorata subito ed è inutile dire che, in un giorno ho finito tutta la serie; e allora ho pensato “ E adesso? Niente Sherlock per quasi due anni?”.
Così eccomi qui a fare questo esperimento. Per adesso pubblico solo il prologo. E' corto ma, spero che vi invogli a leggere i prossimi capitoli che posterò.
Ammetto che è stato piuttosto difficile scrivere di un personaggio così enigmatico e complesso come Sherlock. Per di più, affiancargli una donna, in grado di non farsi sottomettere, è stato ancora più arduo. Ma, spero di essere riuscita nel mio intento e, quando leggerete i prossimi capitoli vorrei che mi faceste sapere come è andata.
Avvertimenti: nel corso della storia si possono trovare dei riferimenti all'intera serie. Perciò, visto che non voglio essere odiata dando degli spoiler, invito le persone che ancora non sono al passo con la serie a non leggere. Prima finite la serie e poi venite qui!
Il Rating: La scelta del rating è piuttosto ardua. Per adesso ho messo quello arancione ma, probabilmente in futuro potrei anche alzarlo. Dipende tutto da come la mia mente bacata deciderà di far andare avanti la storia. Ovviamente se volete il rating arancione terrò quello ma, se volete che le cose si fanno un pò più roventi  basta chiedere e alzerò il rating a rosso. Quindi, dipende tutto da voi, fatemi sapere. Ovviamente i personaggi non mi appartengono (tranne Daphne Collins) e, qualsiasi riferimento a fatti o cose è puramente casuale.
Detto questo, buona lettura.

 

 

Bound to you 

 

 

 

Prologo

 

 

*Sherlock e le donne*

 

 

Dio creò la donna e, a dire il vero, da quel momento cessò di esistere la noia;

ma cessarono di esistere anche molte altre cose.

La donna fu il secondo errore di Dio.”

Friedrich Nietzsche, L'anticristo.

 

***

 

Sherlock Holmes odiava le donne. Nessuna si dimostrava all'altezza della sua grande genialità.
Le donne, secondo la sua più che modesta opinione, erano volubili, discretamente stupide e, cosa più importante, ricercavano l'attenzione di ogni creatura di sesso maschile esistente sulla faccia della terra.
Nonostante la sua poca esperienza in fatto di relazioni, lui sapeva dedurre la loro inettitudine.
Le donne che gli erano vicine – o che lo erano state - si potevano contare sulle dita di una mano: sua madre; Molly Hooper; la signora Hudson e, ovviamente, Irene Adler.
Sua madre era una donna molto affettuosa, forse anche troppo e, nonostante il suo continuo impicciarsi negli affari altrui, Sherlock aveva un debito con lei. Non per il fatto che lo avesse messo al mondo ma, per la sua intelligenza.
Ringraziava il buon Dio, sempre se questi esistesse, per aver ripreso da sua madre le capacità di calcolo, deduzione e analisi; se avesse preso il carattere di suo padre probabilmente ora non sarebbe il più grande investigatore dell'Inghilterra ( forse addirittura del resto del mondo) ma, vivrebbe in campagna con una moglie, forse qualche figlio e, un lavoro deludente.
Sciocca donna, sua madre. Si era sposata con un uomo così comune ma almeno aveva sacrificato la sua intelligenza per trasmetterla a lui ed a suo fratello.
Molly Hooper era una ragazza troppo timida e impacciata per uno sempre sicuro e deciso come lui. Tirava fuori la grinta solo nel momento in cui qualcuno si trovava in pericolo. Certo, era sempre utile per la risoluzione della maggior parte dei suoi casi ma, lui adorava le sfide. E Molly non gli animava alcuna competizione e desiderio di confrontarsi.
Era una semplice amica e, nonostante l'evidente cotta che aveva per lui da anni, preferiva mantenere quel freddo distacco piuttosto che averla tra i piedi. La trattava con sufficienza e disinteresse e, malgrado i rimproveri di John, non se ne vergognava.
La signora Hudson era la sua governante. Certo, era meglio non farle sapere che la riteneva tale altrimenti, addio tè mattutino, biscotti, spesa e pulizie. Era una donna arzilla che rimpiangeva la sua giovinezza e, l'ormai sfumata bellezza. Ma, nonostante le sue continue lamentele e inutili chiacchiere era ormai il punto saldo del 221b di Baker Street. Punto saldo che, diventava addirittura piacevole, se si trovava in modalità silenziosa.
E poi, c'era lei: l'ormai morta ( solo per il resto del mondo) Irene Adler. Era una donna tenace, aggressiva e, doveva ammettere che inizialmente l'aveva ammaliato.
Ovvio, chi non si lascerebbe ammaliare da un corpo nudo al primo incontro? Perfino Jhon non era riuscito a staccarle gli occhi di dosso!
Ma, fortunatamente, lui era riuscito a mantenere quel minimo di freddezza e, la situazione gli si era rivoltata contro. L'aveva affascinato, sedotto; aveva giocato con lui pur di far vedere al mondo che il grande consulente investigativo poteva avere dei punti deboli : i sentimenti.
Tuttavia Sherlock aveva presto capito che quella donna, La Donna, non poteva essere l'unica donna. Il perché era ovvio: odiava le donne e, farsi abbindolare da una dominatrice che voleva solo il controllo e il potere sugli uomini non era il suo obbiettivo.
Perciò si, Sherlock Holmes, odiava le donne e, le conseguenze che arrivavano stando vicino a una di loro. Facevano le santarelline, le docili donzelle in cerca del soccorso di un principe azzurro disposto a salvarle. Però, lui non era il principe azzurro ma, un principe nero con tante qualità e tanti difetti che non voleva essere l'eroe di nessuna bensì il loro boia.
Preferiva di gran lunga deriderle, scoprire ogni loro punto debole, smascherarle; a volte esagerava nello schernirle ma, era fatto così.
Se mai una donna in futuro avrebbe attirato la sua attenzione , cosa piuttosto improbabile, doveva essere una donna che lo avrebbe portato a continue sfide, che gli avrebbe tenuto sempre testa, senza cercare mai di cambiare quel suo atteggiamento da molti definito come orribile.

***

 
Bene, Il prologo è concluso. Spero che mi farete sapere cosa ne pensate!
Tempo due giorni e pubblico il primo capitolo; è molto probabile la mattina del 5 giugno così la storia inizierà sul serio. Un bacio a tutti!

Ritorna all'indice


Capitolo 2
*** Un nuovo incontro ***




Bound to you 


Capitolo I

 

 

*Un nuovo incontro*

 

 

 

Poiché non esistono due individui perfettamente uguali,

ci sarà una sola determinata donna che corrisponderà

nel modo più perfetto ad un determinato uomo.

La vera passione d'amore è tanto rara

quanto il caso che quei due

s'incontrino.”

Arthur Schopenhauer.

 

***

 

 

Quella sera estiva di Londra, presso l'appartamento più conosciuto dell'ormai famosa Baker Street, Sherlock Holmes stava facendo l'ennesimo esperimento, questa volta sulle orecchie umane, per dare sfogo all'odiata noia. Il ragazzo, con indosso la solita vestaglia, stava armeggiando tra le diverse provette appoggiate sul tavolo della piccola ma tanto caotica cucina; sotto lo sguardo ammonitore del suo amico John Watson.
“ Quindi, hai rifiutato un'altro caso di Mycroft? Se ti chiede aiuto vuol dire che è una faccenda piuttosto seria!” esclamò il dottore appoggiandosi al frigorifero mentre osservava con orrore sempre più crescente un paio di orecchie che venivano messe in un contenitore con delle sostanze chimiche che preferiva non conoscere.
Ovvio che è una faccenda seria John! So benissimo che quando Mycroft mi chiede aiuto c'è una grossa incombenza a livello nazionale o addirittura internazionale; e sa che io sono l'unico in grado di aiutarlo. Tuttavia, ti sbagli: non ho rifiutato alcuna proposta di Mycroft. Semplicemente, non ho ancora risposto alla sua e-mail visto che il mio computer è bruciato” rispose il consulente investigativo senza distogliere lo sguardo dal suo esperimento.
“Bruciato? Come mai?” domandò John guardandolo sorpreso.
“Stavo facendo un importante esperimento su una sostanza acida che è caduta sul mio computer ed, ecco qua il risultato.” affermò il moro allungandosi verso un lato del tavolo e, portando l'attenzione sul computer ormai annerito e con tanto di tasti fusi.
John osservò sbigottito il corpo del reato “ Spero che quella sostanza non sia più presente in questa casa. Pensa alla povera signora Hudson se la trova! E comunque hai sempre un cellulare, non è difficile leggere e-mail da lì, sai?”.
“Rotto anche quello” rispose Sherlock impassibile mentre si aggiustava la vestaglia “ e, prima che tu lo chieda, non l'ho bruciato. Qualche giorno fa è caduto dalla finestra.”
“ Accidentalmente?” domandò sarcastico l'amico.
Ovvio che no! L'ho lanciato io visto che non si collegava più a internet. Ho pensato che era arrivata l'ora della sua imminente dipartita, ovviamente.”.
“Ovviamente? Non c'è niente di ovvio nel gettare il cellulare fuori dalla finestra e nel bruciare il proprio computer! Tu non sei normale!
“ E l'hai scoperto solo ora?” domandò Sherlock con tono disinteressato “ e comunque, dalla tua tenacia, deduco che mio fratello ti abbia chiamato per avere mie notizie. Ti avrà sicuramente detto qualcosa del caso che dovrò risolvere...”
“ Non molto; ha parlato di un serial killer pazzo che si trova in Inghilterra da pochi mesi e di un agente della CIA; ma non ho afferrato bene il discorso dato che la piccola stava piangendo...”. Di scatto, Sherlock, si voltò verso l'amico e lo guardò sbalordito “ E tu vai appresso a tua figlia mentre scopri che un killer ha provocato morti su morti?”.
È mia figlia, Sherlock! È naturale per un padre andare dalla propria figlia mentre sta piangendo! “ rispose John frustato e, con un leggero tono sofferente in ricordo delle notti passate alzato.
“ Quanto è bello avere una famiglia, eh?” domandò sarcastico il moro, sedendosi su uno sgabello “ le continue richieste di tua moglie, tua figlia che mangia e piange, le notti in bianco, nessun divertimento, neanche un po' di tempo libero... davvero esilarante.”.
John non gli rispose nemmeno, troppo abituato alle frecciatine dell'amico e si diresse verso la propria poltrona, rimasta ancora al solito posto nonostante il fatto che, già da tempo,non abitasse più lì.
Si sedette ed estrasse dalla tasca della giacca il proprio cellulare.
“ Chiamo Mycroft...”.

 

 

°°°

 

 

 

Il mattino seguente, mentre Londra si stava ancora svegliando, Sherlock Holmes era letteralmente su di giri. Il caso proposto da Mycroft era molto soddisfacente.
Doveva scovare un serial killer, conosciuto come “Il Mostro”, che stuprava le donne per poi ucciderle.
“ E' sicuramente più psicopatico di me.” si disse ad alta voce mentre faceva un sommario delle informazioni che aveva ricevuto dal fratello. Il Mostro non aveva identità, nessuno sapeva il suo nome né conosceva il suo aspetto. Era americano e, in soli due anni e mezzo, aveva fatto ventitré vittime negli Stati Uniti, sia signore adulte che giovani ragazze. Ora si trovava in Inghilterra da tre mesi e già aveva ucciso due adolescenti, e tre signore sulla cinquantina.
Sherlock, anche se disdegnava le donne, aborriva la violenza su di loro; ricordava ancora la ferocia che l'aveva invaso quando un idiota -perché solo di un idiota si poteva trattare- si era introdotto in casa sua e aveva aggredito la signora Hudson.
L'uomo che usava la violenza per imporsi, secondo lui, non era altro che un essere ripugnante che si accaniva sui deboli perché troppo codardo per andare contro i forti e, il disgustoso elemento dello stupro prima della morte, lo spronava ancora di più a stanare quel maledetto squilibrato.
Quindi si, il caso lo elettrizzava; sapeva benissimo che sarebbe stato molto difficile scovare il pluriomicida ma, lui ce l'avrebbe messa tutta per riuscirci.
L'unica pecca dell'intera faccenda?
Una donna. O meglio, un agente segreto della CIA che suo fratello gli aveva affibbiato per la risoluzione del caso. Si chiamava Daphne Collins e Mycroft gli aveva spiegato che lavorava al caso “ Mostro” sin da quando c'era stata la prima vittima.
Sapeva poco di lei e, questo non gli piaceva affatto. Se proprio doveva collaborare con qualcuno preferiva conoscere ogni cosa del suo collega. Di John sapeva praticamente tutto.
Dio! Una donna; una stramaledettissima donna!
Perché aveva accettato?
Ovvio, Mycroft gliel'aveva detto chiaro e tondo:” O accetti il caso, con collega inclusa che tra l'altro è l'unica persona sulla faccia della terra che può darti informazioni utili sul killer; oppure, caro fratellino, ritorni nella tua umile dimora a non fare nulla!”.
E così, ora avrebbe avuto l'agente Collins come collega. L'idea non lo allettava per niente.
Il motivo era semplice: il genere femminile era lento, pauroso e poco incline alla deduzione.
Fece una smorfia contrariata mentre sorseggiava il caffè e, la sua attenzione venne attirata dal lieve bussare alla porta. Un bussare debole, indeciso ma impaziente a giudicare dai continui colpi sul battente. Sherlock si alzò lentamente dalla propria poltrona e, sbuffando, scese le scale.
Aprì la porta e, per un fugace attimo, rimase sbigottito.
Davanti a lui c'era una ragazza, probabilmente di due anni più piccola di lui. Fisico magro e asciutto, contornato da un semplice paio di jeans aderenti, una camicia azzurra e delle scarpe blu con il tacco.
Otto centimetri di tacco dedusse subito.
Capelli lunghi e neri come la pece con qualche boccolo, che risaltavano il particolare colore degli occhi: verde smeraldo. Il viso era pulito, senza nessun accenno di trucco se non per un semplice lucidalabbra. Fragola.
Una ragazza sicura di se che non ha bisogno di mostrarsi artificiosa ma che vuole essere semplice.
Era carina la sua futura collega; forse anche troppo.
“Buongiorno, Signor Holmes. Sono...”
“ Daphne Collins...” la interruppe subito lui per poi osservarla meglio” Ventisei anni*, benestante, abile nel combattimento; una ragazza comune se non per la pistola che ha nella tasca posteriore. Agente segreto non per dovere ma per desiderio. Di recente è stata in America per qualche mese a giudicare dal lieve accento; ha un fratello di poco più grande di lei che le ha regalato la collana con le sue iniziali. Probabilmente siete orfani sin da piccoli ma, ormai non soffrite più per la perdita dei vostri genitori. È una ragazza indipendente che non vuole legami con nessuno, troppo presa dal suo lavoro. Pochi amici e nessun ragazzo all'orizzonte da almeno un anno. E, per finire, mio fratello Mycroft le avrà sicuramente dato un appartamento qua vicino visto che indossa dei tacchi ed è venuta a piedi.”
La ragazza non diede alcun segno di irritazione dopo essere stata bloccata nella sua presentazione ma, lo guardò risoluta “ Bene, adesso che ha fatto il saputello, possiamo entrare oppure ha intenzione di parlare di faccende top secret qui fuori?”.
Sbalordito. Sherlock Holmes era decisamente sbalordito.
La ragazza di fronte a lui non era arrabbiata, o intimidita e neanche imbarazzata dopo che lui aveva sbandierato la sua vita sulla soglia di una porta.
Nessuno era rimasto così impassibile di fronte alle sue deduzioni.
Non voleva i suoi elogi ma se almeno avesse dimostrato di essere un poco irritata; si sarebbe decisamente sentito più soddisfatto.
Quella ragazza era ancora tutta da leggere e da scoprire.
Senza dire niente le fece un cenno con la mano per invitarla a seguirlo dentro e, in silenzio, la condusse verso il proprio appartamento. Dietro di se percepiva chiaramente il respiro calmo e tranquillo della ragazza.
Strano. Di solito coloro che entravano in casa sua avevano il respiro flebile, pauroso oppure ansante e sconvolto: dipendeva dai casi. Tutti, tranne John, Mycroft e la signora Hudson. Sembrava quindi che anche Daphne Collins rientrasse in quella lista.
Quando furono arrivati in salotto si voltò verso di lei e, la scrutò con gli occhi.
Sperava almeno di metterla in soggezione guardandola come se fosse un creatura inutile al resto del mondo. Si sbagliava, perché la ragazza non solo non abbassava lo sguardo ma, i suoi occhi sembravano dirgli “ Tu non mi fai paura. L'inutile sei tu.”
“ Non mi invita a sedere signor Holmes?” gli domandò senza distogliere lo sguardo.
Sherlock le rispose con un assoluto silenzio e, a quel punto, la ragazza si guardò attorno per poi dirigersi verso le due poltrone accanto al caminetto.
“ Non si azzardi a sedersi lì!” esclamò lui inviperito, ponendosi davanti a lei.
Lei, lo guardò scettica “ e perché mai?”
“ La poltrona sulla destra è la mia. Quella sulla sinistra è di John Watson. Intoccabili. Perciò se osa solo sedersi su di esse, non risponderò delle mie azioni.” la avvertì lui con un tono ostile. Voleva infonderle il timore, vederla almeno un po' spaventata e, le minacce erano l'unico elemento che poteva adottare.
Insomma, lui era il grande Sherlock Holmes! Tutti si rivolgevano a lui con un timore quasi reverenziale e, nessuno osava andargli contro!
Tuttavia la giovane, al contrario delle sue aspettative, non lo guardò paurosa. Sicuramente aveva ricevuto, nel corso della sua carriera, minacce ben peggiori e, l'avvertimento del ragazzo non le infondeva alcuna incertezza o timore. Semplicemente sbuffò e si diresse verso l'altro lato della stanza per poi sedersi sul divano accanto alla parete.
“ La prego di ricordarsi di non sedersi mai su quelle poltrone in futuro.” la avvertì ancora parandosi di fronte a lei, ancora in piedi.
“ Me ne ricorderò signor Holmes, stia tranquillo. Ora, possiamo parlare del caso per il quale dovremo lavorare insieme?” gli disse lei, sistemandosi meglio sulla poltrona e, tirando fuori dalla propria borsa alcuni fascicoli.
Io lavorerò sul caso, lei mi darà solo le informazioni necessarie.” rispose lui scrutandola dal basso verso l'alto.
“ Oh, non credo proprio. Io sono qui per lavorare non per darle delle informazioni e poi restare in disparte. Lavoreremo sul caso insieme.”
“ Potrebbe essere pericoloso. Essendo una donna non ha paura di scovare un pazzo serial killer che stupra le donne?” le domandò lui sarcastico cercando di invogliarla a lasciarlo lavorare da solo.
“ L'ha detto anche lei: sono un agente segreto per scelta non per obbligo. Uno psicopatico non mi fa paura, ne ho incontrati tantissimi nella mia carriera. Anche se sono una donna, sono perfettamente in grado di lavorare a questo caso.” dichiarò lei sorridendogli falsamente per poi continuare con tono pensieroso “ Allora, lei e il Mostro avete una cosa in comune.”
“ E quale sarebbe ?” domandò lui indispettito. Essere simile a un killer spietato non gli piaceva affatto. Certo, aveva un carattere piuttosto complicato ma, di certo non uccideva nessuno!
“ Dalla sua frase maschilista di poco fa presumo che lei odi le donne, non è così? Ecco, anche il mostro odia le donne.”
E' piuttosto sveglia la ragazza. Faceva caso a qualsiasi cosa che le si diceva.
“ E' ovvio che odia le donne! Anni di ricerche e vittime l'hanno portata a capire solo questo?” rispose lui guardandola contrariato ma con accenni sarcastici mentre afferrava una sedia e si metteva seduto.
“ Se mi lascia finire di parlare Sherlock Holmes, forse potrò finire il mio discorso e darle le informazioni!” esclamò lei, irritata dalla sua voglia di avere sempre l'ultima parola su tutto e tutti. Eppure Mycroft l'aveva avvertita sul comportamento arrogante e antipatico del fratello!
” Tra tutte le vittime che ha ucciso, una sola ragazza gli è sfuggita. La stava per violentare quando per fortuna il fratello poliziotto di lei è entrato in casa facendo scappare l'assassino. La ragazza afferma di averlo sentito sussurrare mentre la molestava parole come “ Pagherai per loro. Loro mi hanno lasciato. Mi hanno abbandonato”. Altre informazioni che ci hanno dato dei testimoni parlano di riferimenti a una probabile sorella. Quindi il Mostro odia le donne e, viste le due categorie di donne che uccide, signore e giovani ragazze, credo proprio che l'odio è rivolto verso sua sorella e la madre. Visto il suo comportamento pazzo, sicuramente non avevano un buon rapporto. Non volevo certamente paragonarla a un pluriomicida ma, mi creda, il suo disprezzo per le donne è perfettamente visibile.” gli disse scrutandolo proprio come lui aveva fatto prima con lei. “ e mi dica : come mai questo odio? Nessuna gli viene dietro? Oppure ha avuto una delusione d'amore?”.
Sherlock la guardò allibito, mai nessuno si era spinto così oltre. Gli stava davvero chiedendo informazioni personali con un tono divertito e ironico?
Doveva assolutamente riuscire a trovare un modo per zittirla. Le colleghe di solito non stavano zitte e si facevano solo gli affari propri; magari, limandosi le unghie?
“ Se proprio vuole saperlo ho diverse donne che mi corteggiano, semplicemente le ignoro e, non ho avuto nessuna delusione d'amore. L'amore è un' emozione, e tutto ciò che è emozione, contrasta con la fredda logica che io impongo al di sopra di tutto**.” Concluse guardandola di sbieco.
La ragazza sorrise “ Ottima osservazione. Ora, queste sono le foto di tutte le vittime “. gli disse tornando sull'argomento centrale del loro incontro. Forse aveva capito di aver chiesto cose troppo personali e Sherlock, contento di averla rimessa al proprio posto con una semplice frase, afferrò soddisfatto i fascicoli che lei gli stava porgendo, guardandoli attentamente.
Decine e decine di vittime, circondate dal loro stesso sangue.
Tutte le signore si assomigliavano tra loro, così come tutte le ragazze.
L'ipotesi della Collins poteva essere esatta.
“ Ha qualcosa da aggiungere, riguardo questo fatto?” gli chiese.
“ Le ragazze sono tutte more, con gli occhi chiari, corporatura nella media. Le signore hanno tutte capelli lunghi e castani, indossano gli occhiali e sono tutte sposate. Cattura persone molto simili tra loro.”
“ Esatto. E questo conferma la mia idea del risentimento che prova verso madre e sorella.” disse lei con un tono serio ma il ragazzo poté notare un luccichio di soddisfazione nei suoi occhi verdi.
“ Abbiamo qualche foto? Dei video? Qualcosa che ci potrebbe portare a conoscere la sua identità?”
“ Qui viene il difficile. Siamo riusciti a ricreare gli identikit grazie ai pochi testimoni che abbiamo ma, l'uomo è sempre diverso.” dichiarò la ragazza porgendogli altre foto “ A volte ha i capelli rossi, poi biondi o castani. Ha sempre un colore diverso. Indossa anche delle lenti a contatto, molte volte ha gli occhi celesti, poi marroni o verdi. Sui cadaveri delle vittime non abbiamo mai trovato delle traccie dei suoi travestimenti che ci possono riportare almeno al suo aspetto fisico.”
“ E' furbo, su questo non si discute. L'età approssimativa?”
“Sui trentacinque anni. Gli Identikit che si trovano all'ultimo sono quelli che ho fatto con le testimonianze negli Stati Uniti. Sono andata lì per cinque mesi. La maggior parte delle informazioni le ho avute lì.” aggiunse lei, dimostrandogli che non si era sbagliato circa il suo viaggio in America quando le aveva parlato sul portone di casa. “ Gli omicidi in America sono finiti giusto quattro mesi fa. Poi c'è stato un mese di pausa e, tre mesi fa è iniziata la stessa tipologia di uccisioni qui in Inghilterra. Si è trasferito qui ma, non riesco a capire il perché.”
“ Probabilmente temeva di essere catturato negli Stati Uniti o forse ha trovato un nuovo obbiettivo.”
“ Se ha cambiato obbiettivo, perché continuare a uccidere nello stesso modo e le stesse vittime? Continua ancora a stuprarle per poi strangolarle o pugnalarle al petto. Dev'esserci qualcos'altro. A conti fatti non abbiamo nessun'altra informazione. Brancoliamo nel buio e, dobbiamo fare di tutto per scovarlo e catturarlo.”
“ E come farete ad arrestarlo? Si è sempre mascherato e, non avete alcuna prova concreta contro di lui.” domandò Sherlock scettico.
Cavolo, sembrava John facendo tutte quelle domande!
Lui non chiedeva mai, rispondeva e basta.
Ma non c'era niente di più stimolante di un caso ignoto e perverso come quello e, sapeva la necessità di dover essere informato su tutto.
Era un caso molto problematico e arduo da risolvere senza niente di effettivo tra le mani. Non si potevano neanche fidare delle testimonianze perché, di fronte a un assassino, le persone tendevano a deformare l'immagine del killer per il terrore e l'angoscia.
“ Lei deve aiutarmi a scovarlo poi, una volta saputo il luogo in cui si nasconde, inizierà il bello.” disse lei sicura e determinata.
Sherlock la guardò incuriosito. Cosa aveva in mente di fare per catturarlo? L'unica cosa era coglierlo in flagrante e, di certo, il Mostro era troppo astuto per far capire i suoi movimenti e le prossime vittime.
“ Mi vorrebbe dire che lei farà...” iniziò a domandarle stupito, come colto da un'intuizione improvvisa.
“ Esatto, signor Holmes. Io farò da esca.”.
Temeraria.
Daphne Collins era una ragazza temeraria, che non aveva paura di niente. Neanche di finire tra le grinfie in un assassino psicopatico.
La osservò sorpreso e, con un velo di...ammirazione?
Nessuno era così spericolato da fare tanto. Se le cose fossero andate male lei sarebbe stata stuprata e uccisa all'istante.
Sherlock non disse niente.
Per la prima volta non sapeva cosa dire di fronte a quell'atto così coraggioso e rischioso. Certo, lui e John avevano vissuto le peggiori avventure e, quante volte erano stati in fin di vita? Troppe.
Il dottore era stato quasi bruciato vivo, aveva rischiato di farsi esplodere una bomba addosso e, diverse volte, aveva avuto pistole puntate contro. E Sherlock, era stato quasi strangolato, si era gettato da un palazzo di più di dieci piani ( teoricamente) e, la cara e dolce Mary gli aveva sparato addosso. Ancora glielo rinfacciava.
Ma, vedere quella ragazza di fronte a lui, pronta a immolarsi per risolvere un caso così problematico, lo aveva lasciato stupefatto.
Le donne non si sacrificavano, giusto?
“ Credo che lei sia rimasto piuttosto sorpreso dalla mia trovata. Sa, a volte capita anche alla gente comune e addirittura alle donne di avere dei piani pazzeschi. Certo, voi uomini siete forti, spavaldi e audaci ma noi donne riusciamo anche ad essere più furbe ed intelligenti di voi quando ce ne date l'opportunità.”
“Oh, non credo proprio agente Collins. Probabilmente lei è solo un eccezione alla regola ma, devo ammettere, che il suo piano mi ha colpito. Non ho mai visto una donna che vuole finire nelle fauci dell'assassino e che non scappa a gambe levate. Purtroppo, per riuscire a scovare il killer dobbiamo aspettare la sua prossima mossa. Mycroft mi ha detto che tutte le vittime sono già state analizzate e, i loro fascicoli chiusi; quindi non posso esaminare nessun cadavere. Spero che lei non rimanga turbata dal fatto che desidero avere un nuovo e fresco cadavere da ispezionare per arrivare a qualche informazione.” le disse lui guardandola con un ghigno divertito, in attesa di una sua qualsiasi reazione.
La ragazza insolitamente gli sorrise “ Mycroft mi ha avvisato delle sue stravaganze e, il desiderio di vedere una persona morta, credo che rientri in una di queste. Non si preoccupi, non sono affatto turbata. Sò che il suo lavoro sta anche nel conoscere grazie ad un corpo sdraiato sul tavolo di un obitorio o direttamente sulla scena del crimine.” rispose semplicemente mentre si alzava in piedi.
“ Bene, ho detto tutto ciò che sapevo. Ora devo andare, ho un appuntamento con un mio superiore; se mi viene in mente qualche cosa le farò sapere signor Holmes. Se ha bisogno di me, alloggio nell'appartamento 97 di Crawford street***. È un via più avanti, come ben sa.” dichiarò mentre raccoglieva i vari fascicoli e li poneva ordinatamente nella borsa. “ Arrivederci e, buona giornata.”.
Il ragazzo si alzò e, rimanendo in un assoluto silenzio, le fece un solo cenno di saluto.
Cenno che la ragazza prontamente interpretò come un “ fuori dai piedi; la tua presenza mi irrita.”
“Sò la strada, grazie”. Gli disse facendogli un finto sorriso cordiale per poi raggiungere le scale, lasciandolo in salotto intento a rimettersi seduto.
Mentre scendeva le scale la ragazza notò, a pochi metri da lei, la figura di un uomo che si dirigeva verso l'appartamento dell'investigatore.
“ Oh, lei dev'essere il signor Watson. Il proprietario della famosa poltrona che non devo azzardarmi a toccare.” disse fermandosi sui gradini.
L'uomo la guardò per un istante per poi sorriderle gentile “ E lei dev'essere Daphne Collins, la nuova collega di Sherlock. Davvero non l'ha lasciata sedere sulla poltrona? Detesto quando fa così!” esclamò lui porgendole la mano.
La ragazza gli strinse la mano sorridendo amichevolmente“ E' strano il suo amico. Arrogante, saputello ma, geniale. Le conviene andare di sopra a consolarlo. Forse oggi ha scoperto che anche le donne sanno ragionare.”.
“Oh no!” esclamò lui spossato “...ora dovrò sorbirmi i suoi lunghi monologhi.”.
“ Allora in bocca a lupo, signor Watson.” dichiarò la ragazza ridendo “ Ora devo andare. Arrivederci e, a presto.” aggiunse mentre finiva di scendere le scale.
“ Arrivederci, agente Collins.” rispose John guardandola un'ultima volta per poi raggiungere l'appartamento dell'amico.
Trovò Sherlock seduto su una sedia di fronte al divano. Probabilmente non si era mosso di un millimetro da quando la ragazza era uscita dall'appartamento.
“ Salve Sherlock, quella ragazza è....”
“ Antipatica, troppo sicura di sé, irritante per la troppa calma e tranquillità che dimostra e per concludere, presuntuosa.”
“ Mi ricorda qualcuno...” sbuffò John sarcastico sedendosi sulla poltrona.
Sherlock si voltò di scatto verso di lui “ Cosa hai detto?”.
“Niente, niente. Mi sembra una ragazza intelligente e decisa; sarà sicuramente in grado di darti una mano.”
Sherlock si alzò improvvisamente in piedi “Sono io quello che sta aiutando la CIA! Non ho bisogno di lei.”
John ignorò i suoi commenti e, decidendo di sviarlo dal discorso data la sua suscettibilità, gli chiese “ Ti piace il caso?”.
“ Oh, si! Contorto, difficile e pericoloso al punto giusto.” disse lui soddisfatto e sorridente mentre afferrava il violino che si trovava su un tavolino, pronto a suonarlo.
“ Sai già cosa fare?” gli chiese l'ex soldato contento di vederlo così esaltato dopo la noia degli ultimi giorni.
“ Ancora no. Ma presto il killer farà la sua mossa e, il gioco avrà inizio.”

 

***

 

 

Note riguardo al testo:
*: Non sapendo esattamente l'effettiva età di Sherlock Holmes ho immaginato che lui ne abbia ventotto mentre lei ventisei.
**: Citazione ripresa dal libro di Arthur Conan Doyle : 'Il segno dei quattro'.
***: Via che esiste davvero. L'ho trovata su Google Maps. Molte vie e luoghi che troverete nel corso della storia saranno reali.

 

 

Note dell'autrice: Bene. Direi che sono più che soddisfatta. Ho visto che molte persone hanno letto il Prologo e, ho già notato qualche recensione ( alle quali risponderò immediatamente). Invito tutti coloro che leggono la fan fiction a farmi sapere la loro opinione. Se vedete qualche errore grammaticale, un argomento che non vi gusta oppure volete semplicemente pormi qualche domanda, scrivetemi e io vi risponderò immediatamente.
Ritengo che le opinioni, positive e non, di voi lettrici siano i giusti elementi che fanno crescere un'autrice. Quindi date sfogo a ciò che pensate e, maturerò grazie a voi.
Questo capitolo è ovviamente solo l'inizio della storia quindi, spero che non ne siate rimaste deluse. I personaggi non sono ancora del tutto delineati ma, lo saranno più avanti. Ho cercato di avvicinarmi a Sherlock il più possibile ed è piuttosto complicato metterlo a confronto con una donna ma, spero di essere riuscita nell'intento.
Fatemi sapere e, al prossimo capitolo! ( che pubblicherò tra qualche giorno).
Un bacio, Diana.

Ritorna all'indice


Capitolo 3
*** Arrogant, asshole and...again arrogant! ***


 
Bound to you






 
Capitolo II


Arrogant, asshole and...again arrogant!


 
Come diceva Zarathustra:
nella vita, che tu cammini e ti muovi,
o siedi e aspetti, prima o poi uno stronzo lo incontri."
Paolo Rossi.
***




Daphne Collins era sudata, affamata e, stremata. Ed erano solo le sette e mezza.
Da oltre un'ora si stava allenando con il suo sacco da boxe che aveva portato lì con il trasloco di due giorni prima. La casa non era ancora in ordine e, vari scatoloni invadevano il salone e il corridoio; molte cose le aveva già messe a posto ma, era ancora tanto il lavoro da fare.
Rimpiangeva ancora la casa sempre ordinata dei suoi genitori adottivi. Era andata a vivere in Inghilterra con Mark e Alexandra Collins poco dopo la morte dei suoi genitori naturali. Era nata e vissuta negli Stati Uniti ma, adorava Londra.
Aveva tredici quando la polizia era venuta a prenderla a scuola dicendo che i suoi genitori erano stati uccisi da un'incidente d'auto. Era rimasta immobile, scioccata e, totalmente incapace di reagire in qualche modo; si era fatta trascinare dai poliziotti verso la macchina che l'avrebbe portata a casa dove, suo fratello Anthony di soli diciannove anni, l'aspettava disperato sulla soglia.
Le lacrime erano arrivate molte ore dopo, quando ormai stava a letto in attesa di riuscire a dormire. La disperazione, la sofferenza e il pianto erano arrivati così all'improvviso da lasciarla inerte mentre suo fratello cercava in ogni modo di scuoterla e di consolarla.
Erano stati giorni, settimane e mesi davvero terribili.
Proprio durante quel periodo, lo Stato americano li aveva messi in una lista per l'adozione in quanto non erano in grado di sopravvivere da soli.
Fu così che una coppia inglese, incapace di avere figli, li aveva adottati.
Non li aveva mai chiamati 'mamma' e 'papà'; non perché li sentisse indegni ma, semplicemente perché quei posti appartenevano ancora a Emily e Andrew, i suoi veri genitori.
A Mark e Alexandra doveva molto. L'avevano aiutata a uscire fuori dall'inerzia che l'aveva pervasa e, le erano stati sempre vicini non pretendendo mai troppo e incoraggiandola in ogni cosa. Non erano mai state delle persone che volevano tenere tutto sotto controllo e, lei e suo fratello avevano sempre goduto di una certa libertà. Per questo, quando ormai ventenne, aveva voluto affrontare un viaggio negli Stati Uniti per rivedere quei posti che tanto le mancavano, non si erano opposti. Anzi l'avevano incitata a mantenere sempre un legame con le proprie origini.
Da quel suo primo viaggio dopo la morte dei genitori era iniziata una routine altalenante tra Inghilterra e America. Ufficialmente viveva a Londra ma, molte volte si recava negli Stati Uniti anche solo per mettere un fiore sulla tomba dei suoi genitori nonostante la tristezza.
Proprio in America aveva scoperto la propria passione per i servizi segreti e, a soli ventun anni aveva deciso quale sarebbe stato il suo lavoro : agente segreto.
Si era impegnata moltissimo, allenando continuamente il corpo e la mente, superando prove su prove, sforzandosi al massimo. E alla fine, dopo tante fatiche, ci era riuscita.
Il problema era sorto nel momento in cui la cosa era diventata effettiva. Da un lato adorava L'America ma, dall'altro, sapeva che non sarebbe mai stato il luogo in cui avrebbe voluto vivere per sempre visti i ricordi dolorosi che le suscitava. La CIA però non voleva vagabondi ma persone stabili.
E allora come continuare a far parte del servizio segreto americano?
La soluzione era arrivata durante un'importante riunione degli alti ranghi di spionaggio di tutto il mondo. Proprio lì aveva conosciuto Mycroft Holmes.
Così, ora lavorava per la CIA ma vivendo a Londra.
Il suo contatto, l'intermediario tra Inghilterra e America era proprio Mycroft, uno dei suoi superiori.
Quindi il piccolo di casa Holmes aveva fatto un errore quando l'aveva letteralmente analizzata. Aveva sì riconosciuto l'accento americano ma non aveva capito che fosse dovuto al fatto che lei era effettivamente americana; anzi aveva preteso di riconoscere l'accento motivandolo con il viaggio di qualche mese per indagare sul Mostro.
Ma, su una cosa non si sbagliava. Ovvero sul fatto che ormai non soffriva poi così tanto per la morte dei suoi genitori naturali. Erano passati ormai tredici anni e, ora era perfettamente in grado di andare negli Stati Uniti senza farsi prendere dalla disperazione e senza mischiare il lavoro con il personale.
Ormai la sua casa era Londra.
La ragazza sbuffò rumorosamente notando che il suo ritmo era diminuito a causa dei troppi pensieri che le vagavano in testa così, si lanciò con ancora più foga sul sacco da boxe.
Di solito si esercitava con il sacco per quaranta minuti e poi andava a correre ma, non si era ancora fermata. Continuava a dare pugni alternati a calci e, nonostante sentisse la dolorosa reazione da parte di braccia e gambe, ancora non si fermava.
Era piuttosto inquieta e aveva bisogno di sfogarsi per quelle troppe cose che le affollavano la mente. Il viaggio in America per prendere informazioni sul Mostro, le litigate continue con suo fratello perché riteneva il suo lavoro troppo pericoloso nonostante ora avesse un'ottima esperienza; le continue missioni che le affidavano i superiori anche se stava lavorando a un caso ben più importante e, per ultimo, Sherlock Holmes.
Da quando l'aveva conosciuto il giorno prima non riusciva a smettere di pensarlo. Era un ragazzo presuntuoso, sicuro di sé, con un intelligenza al di fuori dei parametri e, la capacità di analizzare tutto ciò che gli stava attorno con una bravura quasi spaventosa.
L'aveva dimostrando analizzando lei. Infatti, in pochissimi istanti, era riuscito a comprendere cose che lei cercava sempre di mascherare; ed era stato maledettamente bravo.
Fottutamente bravo.
D'altro canto, Daphne era orgogliosa di se stessa: era riuscita a non farsi abbindolare dalle sue abilità ed a restare calma, nonostante il primo pensiero fosse quello di prenderlo a schiaffi o, addirittura, di elogiarlo. Ma fortunatamente Mycroft Holmes l'aveva avvertita.
Dedurrà qualsiasi cosa possibile su di te in un batter d'occhio. Non farti intimidire, non fargli i complimenti e, rimani distaccata. Se lo elogi, lui si sentirà il dio del mondo e, pretenderà di continuare a capire ogni cosa di te in futuro. John ha fatto proprio questo errore, la prima volta che si sono incontrati lo ha praticamente osannato e, da allora mio fratello esige di saper conoscere ogni cosa di lui. Quindi, la calma sarà il tuo biglietto da visita e, capirà che con te non potrà comportarsi come fa con gli altri”.
E meno male che gli aveva dato retta! Era riuscita a rimanere tranquilla mentre lui scandagliava la sua vita e poi, lo aveva garbatamente invitato a parlare di faccende più serie.
I suoi occhi l'avevano scrutata a lungo come in cerca di qualche indizio.
Doveva ammettere però che Sherlock Holmes aveva degli occhi stupendi. Azzurri, intensi e, in grado di scandagliarti l'anima.
Occhi di un angelo. Ma Daphne sapeva bene che se l'investigatore era un angelo, allora era sicuramente un angelo nero pronto a farti sprofondare nel suo personale inferno. Lo dimostrava il modo in cui l'aveva osservata, come se fosse un essere inutile che non era in grado di fare niente.
Ma, oltre agli occhi, Sherlock aveva un corpo mozzafiato; doveva ammettere anche questo.
Il suo era un fisico tonico e asciutto con spalle possenti, lunghe gambe atletiche e un petto muscoloso.
Durante i mesi passati in America aveva sentito parlare di Sherlock Holmes ma di certo non aveva mai pensato che fosse così affascinante! Aveva visto qualche sua foto sui giornali ma erano solo in primo piano e di sfuggita. Vederlo dal vivo era tutt'altra cosa.
Era ammaliante e accattivante e, i capelli neri sempre spettinati gli davano quel fascino in più.
Diede l'ennesimo pugno pur di far uscire fuori dalla sua testa le immagini del detective.
Stizzita dai propri pensieri, con grande impeto continuò con altri calci fino a quando, qualche minuto più tardi, venne distratta dallo squillo del cellulare in cucina.
Cercando di riprendere fiato, corse fuori dalla sua palestra personale rischiando perfino di cadere addosso al tapis roulant e, andò verso il bancone dove afferrò in fretta il telefono.
“ Pronto?”
“ Daphne Collins?” chiese una voce maschile attutita dai rumori del mattutino traffico londinese.
“ Si. Chi è?” disse con il respiro ansante e con la poca saliva che le era rimasta in bocca.
“ Sherlock Holmes. Non mi dica che l'ho beccata a letto con un uomo già di prima mattina!” disse la voce del detective con un finto tono scioccato. La ragazza poté chiaramente immaginare il ghigno divertito che sicuramente aveva.
Arrogante, stronzo e... di nuovo arrogante!
“ Davvero divertente signor Holmes! Per sua informazione mi stavo allenando! Queste battutine offensive può anche risparmiarsele. Chi le ha dato il mio numero?” Rispose stizzita mentre beveva dalla bottiglietta d'acqua che aveva nel frattempo preso dal frigorifero.
“ Mycroft, ovviamente. Mi ha dato un fascicolo su di lei. Davvero è Americana?”
Incollerita, la ragazza posò la bottiglietta sul bancone con ferocia, facendo cadere un po' di acqua ovunque “ Sono informazioni personali signor Holmes! Si, sono nata negli Stati Uniti ma, di questo non gliene dovrebbe importare! Strano che Mycroft le abbia dato un intero fascicolo su di me, non me lo sarei mai aspettato da uno ligio al dovere e alla privacy dei propri agenti come lui.” dichiarò pensierosa sedendosi su uno sgabello
“ So essere molto convincente.”
Per me l'ha rubato!” lo accusò lei come colta da un'intuizione improvvisa. Conosceva ormai molto bene l'altro fratello Holmes e,sapeva che non avrebbe mai ceduto informazioni personali a destra e manca.
“ Non è stato poi così difficile” le rispose lui con un tono soddisfatto confermando la sua ipotesi e, facendole uscire un gemito di sorpresa.
Pazzo. Quel consulente investigativo poteva anche essere il migliore ma, era assolutamente folle e particolarmente incurante di tutto e di tutti. Se Mycroft avesse scoperto il misfatto sicuramente si sarebbe a dir poco infuriato!
Quella era la conferma che il detective aveva tante, troppe stramberie e Daphne era sicura che in futuro sarebbero state molte quelle con le quali avrebbe dovuto fare i conti.
“ Comunque l'ho chiamata per un motivo più serio rispetto alle sue abitudini sessuali e ai suoi viaggi...”.
“ Le ripeto che mi stavo allenando. Non stavo facendo sesso con nessuno!” lo interruppe lei indispettita.
Come osava farle accuse del genere? L'ultima volta che era andata a letto con qualcuno risaliva probabilmente a sette mesi prima! Ora come ora, con tutti i problemi legati al Mostro, non aveva certo tempo da perdere con gli uomini. Il motivo era semplice: mentre lei cercava l'uomo perfetto ( ricerca in corso da ormai tanto tempo e, ora accantonata) un'adolescente o una signora potevano facilmente finire nelle mani del Mostro; un uomo che sicuramente non aveva nulla di perfetto. Quindi preferiva non lasciarsi distrarre.
“ Come vuole lei.” la accontentò lui “Ora parliamo di faccende serie? C'è stata un'altra vittima, una donna sulla cinquantina. Devo vedere la scena del crimine e lei viene come me, visto che è la mia assistente.”. Dal suo tono corrucciato Daphne capì subito che il ragazzo l'aveva accettata nella sua 'squadra' malvolentieri ma, non si curò di questo.
“ Certo. Devo giusto farmi un bagno e mangiare qualcosa per colazione. Per che ora facciamo?” domandò prontamente. Non aveva paura di vedere l'ennesimo cadavere, ne aveva osservati fin troppi. Perciò, si alzò dallo sgabello e si diresse verso il bagno per far scorrere l'acqua della vasca.
Adesso. Sono già sotto il suo appartamento. Ha due minuti.” e attaccò, lasciando la ragazza esterrefatta e con il telefono ancora in mano.
Arrogante, stronzo e...di nuovo arrogante!
Indispettita, si diresse velocemente verso il lavandino e si sciacquò in fretta e furia il viso, osservandosi per un breve istante nello specchio.
“ Merda!” esclamò rendendosi conto di indossare ancora i corti pantaloncini e il top che usava di solito per allenarsi.
Uscì di corsa dal bagno e andò dritta in camera sua, togliendosi malamente il top e gettandolo da qualche parte a terra.
Il suono di un clacson la fece sobbalzare.
“ E dammi un attimo!” esclamò irritata afferrando una canottiera da un cassetto per poi dirigersi verso l'uscita. I pantaloncini avrebbero dovuto aspettare visto che non desiderava attirare ancora di più la furia del detective.
Imprecò tra sé e sé afferrando dal comodino accanto all'ingresso il cellulare, le chiavi di casa e il distintivo per poi uscire dall'appartamento e scendere a tutta velocità le scale.
Nonostante fosse Giugno inoltrato, l'aria fresca del mattino colpì ferocemente il corpo sudato della ragazza che negli ultimi mesi era stato abituato alle temperature calde degli Stati Uniti. Era ritornata in Inghilterra solo da qualche giorno e non si era ancora ambientata con il nuvoloso e freddo clima londinese. La mora pregò ogni divinità esistente sulla faccia della terra affinché quella giornata non si concludesse con un raffreddore che l'avrebbe tenuta a letto per almeno tre giorni.
Notò subito il taxi nero fermo sul ciglio della strada e ancora correndo lo raggiunse, aprì la portiera e si sedette.
Sherlock Holmes la guardava con un sopracciglio alzato.
“ Ci ha impiegato quattro minuti “ annuncio irritato.
“ Poteva avvisarmi prima” ripose prontamente lei sciogliendosi la coda di cavallo e mettendosi l'elastico al polso.
Lui la guardò ancora fino a che gli occhi puntarono i suoi suoi vestiti “ Indossa dei pantaloncini e una canotta. Anche se c'è il libero arbitrio su come ci si debba vestire, mi aspettavo almeno qualcosa di più consono alla situazione. Non ha rispetto per i morti agente Collins?”
“ Come le ho già detto al telefono, mi stavo allenando e lei non mi ha avvisata in anticipo!” esclamò lei inviperita cercando di guardare fuori dal finestrino pur di non stare al suo gioco. Era sicura che il ragazzo fosse decisamente divertito dalla sua mise ed, era altrettanto sicura che stava facendo di tutto per metterla in imbarazzo. Improvvisamente fu colta da un'intuizione.
Lui non voleva solo metterla in imbarazzo ma voleva renderle le cose talmente difficili da invogliarla a lasciarlo da solo a lavorare sul caso!
Arrogante, stronzo e...di nuovo arrogante!
Ma, il grande Sherlock Holmes, non sapeva che lei non aveva paura di niente e di nessuno e, di certo non avrebbe mollato il suo caso più importante a causa di una persona che si sentiva padrone del mondo e che avrebbe preferito non averla tra i piedi. Piuttosto avrebbe combattuto con le unghie e con i denti pur di non dargli la soddisfazione di metterla da parte!
Quando un silenzio ingombrante calò tra di loro, Daphne, certa del fatto che lui non la stesse più osservando, voltò la testa verso di lui e si permise di guardarlo.
Come faceva ad essere assolutamente impeccabile già di prima mattina? Indossava una camicia bianca che metteva in risalto gli addominali e, dei semplici pantaloni neri che gli fasciavano perfettamente le gambe muscolose.
Tra le mani teneva il suo cappotto, celebre quasi quanto lui. Certo, era ormai il suo segno di riconoscimento così come il famoso berretto ma, lo indossava addirittura in estate?
Ora era lei quella con un sopracciglio alzato lievemente.
“ Come mai ha il suo cappotto? Ha intenzione di portarlo addosso anche con questo caldo?” gli domandò ingenuamente.
Lui sbuffò spazientito.” Mi aiuta a pensare. Mi basta avere il mio cappotto o dei cerotti alla nicotina e riesco a riflettere su ogni cosa.” le disse irritato come se la domanda lo avesse disturbato.
O meglio, era lei a disturbarlo.
Il detective guardava ancora fuori dal finestrino alla sua destra, perso in chissà quali machiavellici pensieri; così la ragazza poté osservare il profilo del suo viso.
Labbra rosse e carnose, in contrasto con la pelle lattea e i capelli neri come la pece; zigomi alti e pronunciati; e infine, occhi azzurri come il cielo che in quel momento scrutavano i movimenti di Londra.
“ Ho qualcosa in disordine?” Le domandò lui all'improvviso, distogliendola dallo stato di trance in cui era sprofondata.
“ No, per niente. Stavo solo pensando a una cosa.” rispose lei cercando di nascondere il leggero rossore che le aveva invaso le guance quando lui aveva voltato la testa per osservarla nuovamente.
“ Sicuramente qualcosa che mi riguarda visto che mi stava osservando. A cosa stava pensando?”. Le disse sinceramente incuriosito.
A quanto sei affascinante.
Daphne si irrigidì sul posto e rischiò di strozzarsi con la propria saliva a causa del suo stesso pensiero.
Oh cazzo, e questa uscita da dove veniva?
Si guardò intorno, in cerca di qualcosa che potesse farlo distogliere dalla domanda visto che non sapeva assolutamente cosa rispondergli. Non gli avrebbe mai e poi mai detto che lo trovava affascinante!
“ Ebbene? A cosa stava pensando?” La spronò lui con una certa impazienza.
“ Stavo pensando al...al tu!” esclamò lei sorridendo e felice di aver avuto un' illuminazione.
“ Come scusi?” domandò scettico lui.
I suoi occhi sembravano chiederle 'Sei pazza o cosa?'
“ Ecco... pensavo...dato che dovremo lavorare molto su questo caso, perché non darci del tu invece che del lei?” gli chiese la ragazza.
Nella sua testa stava letteralmente ballando la salsa, troppo grata a se stessa per essersi tolta da una situazione così imbarazzante.
Cavolo! Era in grado di uccidere, di interrogare gli uomini più temibili, di mettere k.o una persona con qualche calcio e pugno e, non era in grado di uscire da una situazione del genere?
“ Ah...” disse semplicemente lui, come sorpreso dalla sua richiesta “ Direi che per me va bene.”
Daphne gli sorrise gentilmente per poi tornare a guardare fuori dal finestrino.
A quel punto fu lui a farle una domanda “ Come mai non vive...vivi in America?”
“ Credo che la risposta si trovi nel mio fascicolo che hai così sorprendentemente rubato.” ribatté lei senza guardarlo.
“ Nel fascicolo si trovano solo informazioni logistiche e politiche: la grande CIA che riesce a controllare anche Londra. No, io voglio sapere le decisioni personali che ti hanno portato a questa scelta.”
Quel voglio detto così arbitrariamente la fece uscire fuori di testa.
La sua non era una richiesta ma un comando puro e semplice.
La ragazza contò mentalmente fino a dieci per paura di rivoltagli contro tutte le parolacce che conosceva. Era sicuro che il ragazzo ne sarebbe rimasto traumatizzato.
“ Sono nata in America. I miei genitori sono morti. Sono stata adottata da degli inglesi. Amo gli Stati Uniti ma non voglio viverci. Preferisco Londra. Mycroft mi ha dato un appartamento. Ho lasciato la casa dei miei e, mi sono trasferita qui. ” la ragazza quasi sorrise dalla propria risposta. Mancava solo lo 'stop' alla fine di ogni frase e sarebbe stato un telegramma perfetto!
Il ragazzo disse un semplice 'capisco' e tornò a guardare fuori dal finestrino.
Dieci minuti dopo, il viaggio in taxi era concluso. Si trovavano all'Hampstead Golf Course: il luogo in cui la donna era stata uccisa.
Sherlock uscì velocemente dal taxi e, seguì i numerosi uomini di Scotland Yard che si dirigevano verso la rimessa in cui erano parcheggiate le Caddy, le macchine usate dai giocatori. Daphne lo seguì subito mentre si dava un' occhiata in giro.
La rimessa delle macchine era un posto perfetto per uccidere qualcuno di notte senza essere visto e sentito; inoltre, permetteva all'assassino di andarsene tranquillo e beato.
Un uomo dai capelli brizzolati andò incontro a Sherlock e, senza alcun cenno di saluto, lo informò sui fatti mentre lo conduceva verso un corridoio.
“ Si chiamava Emily Woods, professoressa universitaria di chimica. Probabilmente è morta verso le tre, pugnalata al petto. “ disse l'uomo con tono serio mentre il suo sguardo finiva sulla ragazza che li seguiva curiosa.” E lei chi è? Non puoi portare chi ti pare e piace sulla scena di un delitto, Sherlock!”
“ E' la mia assistente!” rispose semplicemente il ragazzo “ Oltre a quello che hai detto, c'è altro?” domando poi continuando a camminare.
“ E Jhon?...la vittima ha lasciato un messaggio scritto su un piccolo foglietto.”
Sherlock si bloccò all'improvviso. “ E lo dici soltanto adesso?” esclamò guardandolo storto e iniziando a correre, lasciandoli indietro.
“Sherlock, aspetta! Non puoi fare ogni maledettissima volta come ti pare!” urlò inutilmente l'uomo accanto a Daphne mentre la figura di Sherlock scompariva dietro una grande porta.
A quel punto, l'uomo tornò con gli occhi su di lei “ Mi scusi ma, non può entrare lì dentro. Sherlock è dannatamente bravo ma, non può pretendere che io faccia entrare persone che lui definisce assistenti.”.
Daphne gli sorrise “ Capisco perfettamente ma vede, io non sono una semplice assistente e, non voglio neanche esserlo. Sono Daphne Collins, agente della CIA, incaricata di seguire il caso delle uccisioni di donne insieme al signor Holmes.” disse prontamente tirando fuori il distintivo e mostrandoglielo.
L'uomo la guardò leggermente perplesso “ Ma...allora, i suoi vestiti....”
A quel commento, Daphne imprecò malamente contro Sherlock Holmes.
Arrogante, stronzo e...di nuovo arrogante!
Per colpa sua era vista come una semplice ragazza reclutata all'ultimo per esaltare il suo genio.
Sicuramente l'aveva fatto a posta! Sapeva che quell'uomo non l'avrebbe lasciata passare se non avesse visto il distintivo.
Probabilmente la scena al telefono del ' Sono già sotto il suo appartamento. Ha due minuti.' era premeditata! Sapeva che non l'avrebbe trovata pronta e, sperava che avrebbe dimenticato il distintivo.
Meno male che aveva il vizio di portarselo sempre appresso e, di sicuro non si sarebbe fatta sfuggire una nuova uccisione per i suoi piani infantili!
Stava quasi per emettere un ringhio animalesco ma all'ultimo riuscì a trattenersi.
“ Purtroppo stamattina ero impegnata quando il signor Holmes mi ha chiamata e, credo che lei sappia che non ha molta pazienza. Quindi sono dovuta venire con quello che avevo indosso. Anzi mi scuso con lei per come sono vestita. Lei è un ispettore, vero?” parlò in fretta e, all'ultimo gli pose quella domanda pur di distoglierlo dal suo maledetto abbigliamento.
“ Ispettore Lestrade, molto piacere.” rispose lui sorridendole gentile e, allungando la mano che Daphne strinse prontamente.
“ Il piacere è mio, ispettore. Ora, vogliamo andare?” chiese poi in fretta indicando la strada innanzi a loro.
L'ispettore annuì e, in silenzio, raggiunsero la rimessa dell'omicidio, trovando Sherlock riverso a terra, intento nell'esaminare da vicino il corpo.
Dio, che bel didietro!
La ragazza quasi si dette un forte schiaffo su una guancia pur di placare i pensieri che le vorticavano in testa.
Maledetto Sherlock Holmes!
Per distrarsi (ma anche per fare giustamente il proprio lavoro) si avvicinò di qualche passo e osservò il cadavere. La pugnalata al petto era perfettamente visibile ma, la ragazza non si scandalizzava più. Erano finiti già da un bel po' quei tempi in cui, vedendo persone morte, si nascondeva a vomitare per l'orribile scena.
“ Che messaggio ha lasciato la donna?” domandò a nessuno in particolare.
Il primo a rispondere fu Sherlock mentre ancora continuava a guardare la vittima con la sua lente d'ingrandimento “ Ha scritto su un biglietto 'capelli neri'. L'assassino l'ha pugnalata e, poi se n'è andato lasciandola agonizzante. Si è trascinata, ha raggiunto la sua borsa, ha preso un foglio di carta e, ha scritto con il proprio sangue ' capelli neri'. Ci ha dato un'ottima indicazione.” mormorò soddisfatto.
Lestrade si avvicinò a loro e, guardando le unghie sporche di sangue disse “ Ma come possiamo fidarci? Ogni volta il Mostro cambia colore dei capelli. Non abbiamo nessuna prova del fatto che veramente fosse moro.”
Sherlock aprì la bocca per ribattere ma, venne bloccato dalla voce della ragazza” Ha detto che era una professoressa di chimica, no? E chi meglio di lei conosce le sostanze chimiche presenti nelle tinte dei capelli e, la loro reazione con il colore naturale? Se l'ha scritto doveva esserne sicura al cento per cento, non credo che volesse darci delle informazioni errate.”
L'ispettore di Scotland Yard la guardò sbalordito dalla sua sagacia e, quasi inconsapevolmente,si voltò in direzione di Sherlock in attesa di una qualche reazione.
Il consulente investigativo semplicemente annuì, non mostrando alcun fastidio per il fatto che non avesse potuto fare il solito saputello e, continuò ad osservare il corpo.
Dopo un estenuante minuto di silenzio si sentì la voce del ragazzo che urlò una semplice parola come se fosse un pazzo, posseduto da chissà quale creatura diabolica.
Trovato!”
“ Cosa ?” chiesero nello stesso momento Lestrade e Daphne avvicinandosi ancora di più
“ La prova concreta che volevi Lestrade: un capello dell'assassino!” esclamò con gli occhi fuori dalle orbite tanto era esaltato e, mostrando un capello presente nella sua mano destra. “ Dio, questo è proprio un colpo di fortuna! Devo assolutamente andare da Molly. Devo analizzarlo e, controllare se sotto la tinta bionda il colore reale è il nero! L'assassino ha fatto una prima mossa sbagliata: ha lasciato che la donna si difendesse!” esclamò tutto d'un fiato mentre si alzava velocemente in piedi e si dirigeva verso la porta ignorandoli del tutto.
“ Sherlock, aspetta un attimo!” esclamò esasperato l'ispettore “ non devi dirmi altro della donna? Hai scoperto qualcosa?”.
Il ragazzo si fermò sulla porta e, sbuffando disse :” Quarantanove anni, due figli, divorziata ma con due amanti. Cliente del Golf Club ma, piuttosto scarsa. Si trovava qui di notte perché l'assassino l'ha corteggiata e le ha dato appuntamento proprio in questa rimessa, il corpo non è stato spostato. Quando è arrivata , le ha puntato il pugnale contro e, l'ha stuprata. In fretta, visto che ancora indossa i vestiti, che tra l'altro sono strappati in alcune parti. Dev'essere stato piuttosto brutale. Poi l'ha pugnalata e, sicuro della sua imminente morte ha preso una Caddy e, se n'è andato con quella. Se controllate bene, davanti al recinto a sud troverete la macchina. L'ha lasciata là per dare l'impressione di aver scavalcato ma, in realtà è uscito dalla porta principale. Aveva la chiave. Ti serve altro?” concluse guardandolo storto.
Daphne quasi non riusciva a crederci. Sapeva della sua bravura ormai conosciuta in tutto il mondo. Un conto però era sapere, un'altro era invece guardare e sentire con i propri occhi!
Sherlock Holmes era maledettamente geniale e fottutamente sicuro della sua intelligenza.
Lo osservò sbalordita ed era sicura di avere la bocca spalancata per la sorpresa.
Ricorda le parole di Mycroft. Niente elogi!
Per fortuna, la sua mente era ancora in grado di ragionare e, di farle chiudere la bocca all'improvviso mentre il ragazzo usciva velocemente dalla rimessa esclamando il nome di una certa 'Molly'. Tuttavia, era probabile che avesse visto comunque la sua ammirazione e la sua faccia da pesce lesso.
Arrogante, stronzo, e...di nuovo arrogante!
Lei e Lestrade erano stati praticamente abbandonati lì come dei derelitti!
L'ispettore guardò il suo viso ancora sorpreso e, le sorrise “ Tranquilla, le prime volte fa sempre quest'effetto.”
“ E' strabiliante...” disse lei in risposta.
“ brillante...” continuò lui sorridendo mentre si sistemava la giacca.
“ sorprendente...” affermò la ragazza come in trance.
“ stupefacente” aggiunse lui, ora decisamente divertito. “ Vuole continuare ancora per molto? Sa conosco ancora tanti aggettivi positivi, però mi piace di più elogiare i suoi difetti” .
Daphne ci mise poco a capire la battuta nonostante fosse ammaliata dalla bravura del consulente investigativo e, inconsapevolmente si mise a ridere sguaiatamente.
C'è sempre un cadavere ai tuoi piedi lo sai?Ti sembra il momento opportuno di ridere?
Per fortuna, la sua voce interiore la fece rinsanire e zittire subito
Guardò l'ispettore Lestrade con un cenno di scuse e, dopo aver detto un semplice 'arrivederci' si diresse verso l'uscita per cercare il suo collega.


Quindici minuti dopo, era più esasperata che mai.
Sherlock Holmes non si trovava da nessuna parte.
Era letteralmente scomparso lasciandola lì come una cretina!
Da quando l'aveva conosciuto, la ragazza notò che le sue mani prudevano un po' troppo.
Perché volevano prenderlo a schiaffi di continuo.
Era sola, vestita indecentemente, irritata, affamata e, desiderosa solo di fare un bagno.
Le sue imprecazioni mentali contro il ragazzo vennero interrotte dal 'bip' del suo cellulare.
Aprì la schermata dei massaggi e una nuova imprecazione la fece ringhiare.
Il gentile e premuroso detective si era azzardato a scriverle un messaggio?


Devo andare da mio fratello.
Mi ha gentilmente chiesto di riportargli il tuo fascicolo.
Ho lasciato il capello da analizzare a Molly Hooper.
Vai subito al 'Saint Bartholomew's Hospital e prendi i risultati poi, portameli a casa stasera.
SH


Era la sua fattorina ora?
Arrogante, stronzo e...di nuovo arrogante!” Esclamò ad alta voce mentre cercava un taxi.
Gliel'avrebbe fatta pagare. Questo era poco ma sicuro!
Come si permetteva a chiederle una cosa del genere?
Okay, era presuntuoso ed arrogante, ma un grazie o un per favore lo avrebbe ucciso?
Salì sul taxi che le si era fermato di fronte e si diresse verso casa.
Che i risultati aspettassero! Il subito era irrilevante se poi glieli doveva portare la sera.
Sarebbe andata a casa e si sarebbe fatta un rilassante bagno. Avrebbe indossato qualcosa di comodo e meno indecente e, avrebbe mangiato.
Non era il suo burattino!
Guardò fuori dal finestrino la città che scorreva con uno sguardo determinato e con un preciso obiettivo in testa.
Sherlock Holmes non avrebbe assolutamente influenzato la sua tranquillità mentale e il suo modo di vivere!



 
°°°




Quando quella stessa sera la ragazza si trovava dinnanzi al portone 221b di Baker Street l'espressione sul suo viso era decisamente più rilassata.
Aveva passato l'intera giornata a casa sonnecchiando un po' sul divano mentre metteva a posto qualche scatolone e, solo nel tardo pomeriggio era andata a ritirare le analisi dall'anatomopatologa Molly Hooper, una ragazza simpatica e gentile.
Inizialmente tra le due c'era stato qualche imbarazzo e incertezza. Soprattutto dopo che Daphne era entrata in laboratorio annunciando che ' Sherlock Holmes vuole i suoi fottutissimi risultati!'.
La dottoressa l'aveva guardata sbalordita e, Daphne aveva intravisto un leggero velo di rossore sulle sue guance quando aveva pronunciato il nome di Sherlock.
Rossore che era impallidito quando aveva detto ' fottutissimi risultati'; come se avesse commesso un qualche sacrilegio contro il detective.
Ma stranamente, Molly Hooper le aveva regalato un gentile sorriso e, dopo aver scambiato i soliti convenevoli tipici di persone che non si conoscevano, le aveva dato i risultati.
La dottoressa di chimica morta e, ovviamente Sherlock, avevano ragione.
L'assassino aveva i capelli neri.
Aveva sorriso raggiante alla dottoressa e, in un attimo di esaltazione l'aveva perfino abbracciata. A una sconosciuta!
Finalmente sapevano qualche cosa in più sull'assassino dopo mesi di indagini inconcludenti e il cerchio si sarebbe ristretto enormemente!
Aveva salutato in fretta la povera Molly che continuava a guardarla allibita e, sorridendo come se avesse vinto alla lotteria, era uscita dal laboratorio. Aveva aspettato impaziente un taxi e poi, era finalmente arrivata a Baker Street.
La strada era silenziosa, trattandosi dell'ora di cena.
Bussò alla porta e, pochi minuti dopo le aprì una signora che la guardò incuriosita.
“ Salve, sono Daphne Collins. Devo vedermi con Sherlock”.
La signora le sorrise gentilmente.”Molto piacere. Io sono la signora Hudson. Prego, salga pure!” dichiarò la donna invitandola a salire “ Non so se è in casa. Mezz'ora fa l'avevo sentito che suonava il violino ma, ora no. Quindi presumo che se ne sia andato da qualche parte. Veda lei. Ora dovrei proprio lasciarla, sta iniziando la mia fiction preferita!”
La ragazza le sorrise cordialmente e, augurandole una buona visione salì le scale.
Se quel psicopatico non era in casa quando le aveva detto di venire gliene avrebbe dette di cotte e di crude!
Salì velocemente i gradini inferocita e, spalancò la porta dell'appartamento guardandosi attorno.
Non c'era davvero!
La casa era vuota e silenziosa e, non c'era traccia di anima viva.
Entrò dentro per controllare meglio e, mentre faceva qualche passo, sentì chiaramente il rumore della porta che aveva chiuso più che energicamente.
Più che un semplice rumore sembrava lo scoppio di una bomba!
Bomba che stava letteralmente esplodendo dentro di lei mentre iniziava a imprecare ad alta voce.
“ Maledetto bastardo! Come osi non farti trovare? Quando ti vedo ti gonfio di botte arrogante che non sei altro! Arrogante, stronzo...e ancora arrogante! Il grande Sherlock che si dimentica di aver dato appuntamento a qualcuno? È impossibile. Sei solo un presuntuoso egocentrico, ecco cosa sei!”
Aveva la gola secca ed era sicura di avere la faccia in fiamme per la rabbia che provava e che le faceva stringere forte i pugni contro i fianchi.
Non riusciva a calmarsi.
Da quando l'aveva conosciuto aveva sopportato fin troppi suoi maltrattamenti!
A chi sono rivolte queste deliziose parole, agente Collins?” le chiese improvvisamente una voce dietro di lei.
Daphne quasi saltò sul posto per la sorpresa.
Allora era qui! Sicuramente si era divertito moltissimo a sentirla imprecare contro di lui!
Si voltò di scatto, pronta a dirgliene quattro ma si bloccò immediatamente.
Se prima aveva solo la gola secca, ora era certa di morire per disidratazione.
Perché Sherlock Holmes non aveva dimenticato l'appuntamento, si era fatto solo una semplice doccia.
E ora la guardava scettico con piccolo asciugamano sulla vita.
Sherlock Holmes era praticamente nudo di fronte a lei.



 
***








Note dell'autrice: Anche questa e fatta! Spero che questo capitolo, che definirei come chilometrico, vi piaccia.
Avviso importante: Non potrò aggiornare frequentemente come ho fatto fino ad ora. Il motivo è che ho coraggiosamente deciso di dare tre esami abbastanza tosti all'università. Cercherò di farmi viva in questo mese e, vi prometto che continuerò comunque a lavorare sui capitoli successivi. La sessione degli esami termina il 10 luglio e vi do la parola che (se non l'ho fatto prima) pubblicherò il nuovo capitolo. Vi chiedo di avere pazienza ma, trattandosi di esami difficili dovrò stare china giorno e notte sui libri – sempre se non cambio idea xD-.
Spero che continuerete a seguirmi e a farmi sapere la vostra su questo capitolo!
Ps: non ho ancora risposto a tutte le recensioni ma lo farò presto.
Un bacio, Diana.

Ritorna all'indice


Questa storia è archiviata su: EFP

/viewstory.php?sid=2639788