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di Blubba
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** L'Io vuoto ***
Capitolo 2: *** Anassimandro ***
Capitolo 3: *** Menti in subbuglio ***
Capitolo 4: *** Andrej ***
Capitolo 5: *** Non è mai successo ***
Capitolo 6: *** Un salto in avanti e un passo indietro ***
Capitolo 7: *** Analisi di un'entità ***
Capitolo 8: *** Still talkin' to myself and nobody's home ***
Capitolo 9: *** Intreccio ***



Capitolo 1
*** L'Io vuoto ***


Se parlo a bassa voce non mi sentirà, vero?
Non posso sopportarlo, mi fanno male anche le ossa e lui ha solo parlato.

“Basta”
Che cosa sei?
“Io sono te”
Smettila di parlarmi.
“Devi andartene”
No.
“Allora mi sentirai parlare per un bel po’ di tempo. ”
 
 
Il giorno sta calando e tu guardi il tramonto come se lo vedessi per la prima volta, anche se ne ricordi molti altri simili.
Però questo è speciale, molto speciale. Il rosso vivo del sole crolla sulla terra che si fa sempre più scura all’orizzonte, il cielo si dipinge di sfumature azzurre e violacee che ti mettono addosso una malinconia mai sentita prima.
E’ tutto così diverso. Pensi mentre le tenebre calano su questo giorno che non ha niente di particolare in sé. Un giorno come tutti gli altri.
Il tramonto porta con sé la poca luce rimasta e tu resti solo, al buio, bramando l’alba, senza osare volgere lo sguardo verso quello stesso orizzonte che stavi osservando fino a pochi secondi prima.
Ti rimetti in piedi e lentamente torni a casa tua, dove vivi solo, senza nessuno che ti chiede come ti è andata la giornata, senza una persona che ti rivolge qualche gesto gentile e premuroso.
Forse qualcuno spunterà da dietro il divano e urlerà “Sorpresa!”. Scherzi mentre giri la chiave che si inceppa nella serratura, e che dopo alcuni minuti di manipolazione si apre, mostrando l’atrio vuoto e buio.
Forse non tanto vuoto.
“Sorpresa”
Merda.

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Capitolo 2
*** Anassimandro ***


Anassimandro

-Sorpresa!-
Ma cosa…?
“Hohohohoho dovresti vedere la tua faccia!”
Nemmeno tu puoi vederla.
Ma immagino che sia buffissima!”


Prima di continuare, mi presento. Mi chiamo Anassimandro Növény, per i miei conoscenti attuali Ápeiron. Ho diciannove anni e vivo in un paesino sperduto nei dintorni della fantastica Chicago. Completamente solo, non ho amici e la mia famiglia si è disgregata anni fa. Ecco spiegato perché sono così sorpreso di vedere questa…persona, spuntare dal nulla e gridare “Sorpresa” nell’atrio di casa mia.
C’è un'altra cosa che dovreste sapere, ma ve lo dirò  in seguito.
- Ápeiron! Amico mio!- urla il tipo vestito di nero, che si avvicina alla mia persona e mi abbraccia. Il contatto fisico non mi va molto a genio, ma faccio finta di nulla e ricambio lo strano abbraccio regalatomi da quest’uomo troppo grosso e spaventoso per essere così gentile.
-Posso chiederti chi sei e cosa fai nel mio atrio?- chiedo il più cortesemente possibile, osservando allibito la figura che si staglia sopra di me; volto spigoloso e largo, barbetta incolta rossiccia, capelli biondi e occhi di pece.
-Ma come! Non mi riconosci?- esclama, palesando un’espressione offesa un po’ troppo teatrale per i miei gusti.
-Sei un Cercatore…- A giudicare dall’abbigliamento così originale. Concludo nella mia mente.
“Roba da matti, abbiamo un Cercatore in casa e non scappi, non è da te!”
Tu! Pensa a farmi luccicare gli occhi, piuttosto che giudicarmi.
“Sissignor Capitano!”
 
Insomma, in casa mia c’è un Cercatore che afferma di conoscermi, ma che io non ho mai visto in vita mia. Anche se probabilmente conosco il motivo della sua simpatica visita.
-E quindi l’inserzione è andata bene, vedo. Sei in gran forma!-
-Sì, è andato tutto per il meglio e l’ospite non mi ha dato problemi particolari-
Il Cercatore fa come se fosse casa sua e si butta sul mio divano. L’unico a disagio sono io.
“Inizia a starmi simpatico!”
Se non mi spiega cosa vuole lo sbatto fuori!
“Sai benissimo cosa vuole”
Ho ancora la speranza che i tuoi siano troppo stupidi per capire.
“Hei!”
 
 
 
-Bene Bene, ne sono felice-
Non mi sembra proprio. “Bbrrividi!”
-Avrai intuito che non sono qui solo per un visita di piacere- E io che pensavo che volessi farmi gli auguri di compleanno in anticipo!
-Perché mi stavi cercando?-
-Non ero io a cercarti, ma il tuo Consolatore, non ti presenti alle sedute da tre settimane-
-E mandano un Cercatore ad ammonirmi? Con la pace state considerando l’idea di diventare segretari?-
“Modera il sarcasmo, amico. Ricordati che non è come te”
Me ne frego! Odio questo continuo impicciarsi dei fatti altrui, su questo pianeta esiste la Privacy!
“Se è per questo esiste anche la pena di morte, ma di questo non rivendichi il diritto. Morditi la lingua!”
-Siamo solo preoccupati per te, ti stai comportando in modo strano, ultimamente-
Cerco di controllare gli ‘Impulsi umani’ e sorrido in segno di scusa.
-Mi dispiace, ma il lavoro mi assorbe completamente e sono un po’ stanco-
-Dovresti considerare l’idea di una vacanza-
-Una vacanza?-
-E’ normale che dopo un’inserzione in un soggetto adulto tu ti senta in qualche modo… Spossato. Quindi sia i Guaritori che il tuo Consolatore consigliano qualche giorno di riposo-
-Ci penserò su-
-Fantastico!- Sul volto del Cercatore torna il largo e falso sorriso che ho visto poco prima, poi si dirige verso la porta e poco prima di attraversare l’atrio, il suo sorriso diventa più cupo e…Vero.
-Sono veramente felice che sia andato tutto bene-
Tutto bene, certo!
“Simpatico il tipo”
Ma chi diavolo era!?
“Un Cercatore”
Questo lo sapevo.
“Ed è tutto quello che devi sapere, ricordati che qui siamo tutti buoni, gentili e onesti”
Tranne te.

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Capitolo 3
*** Menti in subbuglio ***


 
Menti in subbuglio  
 

“Lavati, puzzi da fare schifo!”
Mi do una veloce annusata. Nah, stai esagerando.
“E questa barba? Stiamo malissimo con la barba!”
Corpo mio, regole mie.
“Sì, ma ci sono anche io qui!”
Sei una pallina tentacolosa, che ti importa della mia…nostra barba?
“Non è da me!”
Me ne frego, se permetti.
“Sospetteranno di noi! Dobbiamo andare a lavoro e poi dal Consolatore, credi che non si insospettiranno?”
Ce la caveremo.Percorro sonnolento il corridoio, butto i vestiti a terra e mi infilo nella doccia. Contento, ora?
“Certo” sbotta stizzito.
Mi ricordi mia madre.
Il giorno si presenta secco e afoso e io avevo tante cose da fare.
Beh…Noi.
 
 
Le strade così tranquille mi mettono a disagio, l’autostrada priva di incidenti mi fa sorridere. Ormai lavoro da quasi un anno come Guaritore a Chicago, anche se (come avrete capito) sono umano.
La mia storia non è lunga né tanto complicata.
Gli alieni presero per prima mia madre, ma l’inserzione andò male e lei si suicidò. Quando successe io ero ancora inconsapevole di tutto, compresi che c’era qualcosa di sbagliato al suo funerale. Mio padre non pianse. Era triste, distrutto, ma non piangeva. Io lo conoscevo bene, sapevo che avrebbe dovuto disperarsi, ma non versò una lacrima. All’inizio pensai che fosse troppo sconvolto per reagire in qualsiasi modo, ma osservandolo capii che lui si sforzava di soffrire per la sua morte.
Questo mi sconvolse.
Io e il mio fratellino Andrej eravamo spaventati da lui, a volte. La seconda domenica di settembre ci portò a fare una gita nei dintorni, cosa che facevamo spesso.
Io ero estremamente preoccupato. Mio padre non aveva assunto nessun comportamento strano, dopo la morte di mia madre. Si era rimesso in sesto e aveva tirato avanti, come un buon genitore.
Io però non riuscivo a tranquillizzarmi.
Andrej invece era felicissimo di essere ritornato alla normalità e quella mattina era molto allegro.
Mio padre cercò di sedarci di nascosto, mescolando dei sonniferi all’acqua.
Io me ne accorsi subito, e mezzo addormentato dissi ad Andrej di non bere né mangiare nulla. Gli sussurrai di scappare.
Poi chiusi gli occhi e da quel momento non vidi più mio fratello e mio padre.
Mi svegliai in ospedale con la testa in subbuglio e una voce che mi ordinava di andare via. Una voce che non mi apparteneva.
Così conobbi Ápeiron.
Dopo la nostra prima lite per la supremazia mi disse di chiamarsi Privo di Limite e io tradussi il suo nome con Ápeiron. Non diventammo subito amici, ma mi fece capire che lui non era come le altre anime.
Era una specie di anima latitante, fuggita dall’Origine, il suo pianeta natale, che in teoria non avrebbe potuto lasciare. Ancora adesso non intende spiegarmi il motivo della sua fuga. Io gli spiegai la mia situazione e decidemmo di allearci.
Non poteva tentare un’altra inserzione, quindi mi avrebbe aiutato a cercare Andrej a patto che io continuassi a vivere nella società delle anime.
E così fu. Da un anno a questa parte mi spaccio per il signor Privo di Limiti, single, Guaritore.
Passo il tempo a studiare le medicine delle anime, a curare e ad osservare inserzioni, anche se non ho ancora il permesso di praticarne. Non che mi interessi favorire l’invasione.
Insomma, siamo due rinnegati, credo.
Lui anima latitante e senza casa. Io umano reietto, che non ha voluto unirsi alla resistenza. Perché conduco la mia resistenza qui, osservandoli da vicino, per capire dove potrebbe trovarsi mio fratello.
Forse è ancora con mio padre, oppure si nasconde da qualche parte.
Non so cosa pensare.
Poi c’è il Cercatore. Quel tizio che ha iniziato a starmi alle calcagna da qualche tempo. Credo che sospetti qualcosa, ma non mi importa, io sono tutto sorrisi e affabilità. Prima o poi mi lascerà in pace.
Ed eccolo qui di fronte a me, oggi ha cambiato completamente abbigliamento, sembra stia andando a pesca.
Di nuovo mi saluta come se fossi suo cugino e di nuovo io cerco di non collassare per lo schifo.
-Buongiorno!- saluto sorridente, lui ricambia il mio saluto. Lo chiamo “lui” perché dopo un mese che mi perseguita non so ancora il suo nome.
Credo sia qualcosa tipo Arcobaleno di Stronzate.
“Sei volgare a volte”
Sono me stesso, a volte.
-Come stai?- chiedo, cercando di non soffermare lo sguardo sulla maglietta verde militare ultra aderente che mette in risalto il suo fisico scultoreo e la faccia da idiota che si ritrova.
Che invidia… per gli addominali, indento.
La faccia da idiota ce l’ho già.
“Concordo”
E’ anche la tua faccia da idiota, amico.
Il primo incontro della mattina è proprio col Cercatore, sapevo di trovarlo sotto casa, ormai è un’abitudine mattutina vederlo spuntare da dietro l’angolo.
Oltre l’intento di scoprire il motivo del suo attaccamento morboso, non disdegno la sua compagnia, in fin dei conti è divertente. Da quello che mi ha raccontato, è arrivato su questo pianeta da appena un mese e mezzo, e la Terra è il suo secondo pianeta.
Passiamo quasi tutte le mattine a parlare, e lui chiede sempre di più sul passato del “mio ospite”, e io gli rispondo con qualche piccola menzogna, naturalmente. Gli ho raccontato tutto, tranne il piccolo particolare che sono umano, e che l’anima con cui crede di parlare è solo una vocina nella mia testa.
“Certo che con i complimenti ti sprechi”
Fingo di ignorarlo e continuo a parlare.
“Ti odio”
-Come mai hai deciso di fare il Guaritore?- mi chiede mentre camminiamo verso l’ospedale. Mi chiedo quando lui vada a lavorare.
-Mi piace aiutare in genere, e poi mi sono sempre interessato dei meccanismi di guarigione- rispondo con completa sincerità, su questo non ho bisogno di mentire.
-Tu, invece? Fai da sempre il Cercatore?-
-No, ho deciso di farlo adesso. Adesso ci considerano tipi violenti ed incontrollabili, ma, sai, in fin dei conti facciamo tutto questo per stabilire ordine, a nessuno piace la violenza-
Stupefacente. Penso. Le anime sono stupefacenti.
A volte mi sento un traditore della razza umana se penso che mi sono infiltrato qui. Poi, però, penso ad Andrej, a quanto mi manca e al bisogno che go di rivederlo.
Compirà quindici anni tra un mese ed entro quella data lo troverò, sono già sulle tracce di un suo possibile nascondiglio. Continuo a sperare cecamente che mi abbia ascoltato e che sia fuggito.
Ecco perché devo allontanare da me il Cercatore Nonsocomediavolosichiama e condurre le mie ricerche in sacrosanta tranquillità.
Non sono un bravo investigatore, ma ho ancora la speranza.
Che forse è l’unica cosa che mi rimane.
“Ci sono io”
Tu ci sei sempre, a volte ti do per scontato. Rispondo con gratitudine.
 
La mattina passa veloce, il lavoro è un po’ noioso ma non posso lamentarmi, in fin dei conti sono felice che nessuno si faccia male, anche se sono ancora schiavo dei soliti cliché da fiction. Mi manca il sangue da film horror, ma credo che di fronte ad una semplice analisi del sangue sverrei e mi rialzerei dopo settimane.
Il pomeriggio arriva troppo velocemente per i miei gusti ed è ora di andare dal fantomatico Consolatore, un uomo poco più vecchio di me, che sembra uscito da un coupon di un ospedale psichiatrico.  E’ un uomo affabile e riesce a capire tutti i miei… Nostri stati d’animo. Inoltre è estremamente gentile, non come tutte le anime, è come se gli partisse dal profondo del cuore… Credo che anche il precedente padrone di quel corpo possedesse quella stessa gentilezza innata.
Questo dettaglio mi ha sempre fatto sorridere, perché ho spesso immaginato una persona come lui in una situazione normale, di tutti i giorni.
Non posso fare a meno di ridere al pensiero del Consolatore bloccato in mezzo al traffico soffocante di una città.
 
-Buonasera- saluto mentre attraverso la soglia della porta, lui mi guarda e sorride cordiale, io sorrido di rimando.
 
Cominciamo a parlare.
A fingere.
Il momento che odio di più, ecco perché ho evitato di frequentare questo posto per tanto tempo, non sopporto di inventare storie, è troppo difficile e anche Apeiron ne soffre molto.
Questa è la cosa che mi fa più male, la sua sofferenza è la mia e sono abbastanza egoista da voler evitare di soffrire inutilmente.
Il Consolatore parte in quarta e io permetto ad Ápeiron di prendere il mio posto nella conversazione.
La giornata finisce con monotonia, non abbiamo sonno e restiamo in piedi tutta la notte a pensare. Guardiamo le stelle fuori dalla finestra e Ápeiron mi racconta le sue storie, non è tanto bravo a raccontarle e mentre parla incespica sulle parole, ma mi fa piacere ascoltarlo. Ogni volta che parla sento amore, amore che scivola nella mia coscienza e mi fa comprendere cosa significa sperimentare così tante esperienze diverse.
Così mi abbandono sul divano e penso che essere un’anima sarebbe bello.
Provare amore sarebbe bello.

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Capitolo 4
*** Andrej ***


 
Andrej
Oggi si è vestito peggio del solito, sembra stia per andare in discoteca anche se sono appena le quattro del pomeriggio. Mi fissa con trepidazione e mi viene incontro a passo svelto, non riesce proprio a contenere l’eccitazione.
Mai visto un’anima comportarsi così.
Quel bizzarro unirsi di sorrisi e risate sguaiate, muscoli e stazza enormi mi fa sempre sorridere. Non aspetta nemmeno che lo saluti e inizia a straparlare della settimana appena trascorsa, perché è da una settimana che non ci vediamo e non vede l’ora di raccontarmi ogni minimo particolare di ciò che ha fatto.
Io ascolto e non ascolto, sorrido e annuisco e lui è felice così. Sa che quello che dice non mi interessa minimamente ma va avanti e a me non da fastidio.
Camminiamo per la città, lui parla e io ascolto.
Una frase, buttata lì per caso, come se non gli interessasse sul serio e volesse continuare la sua conversazione a senso unico.
-Se non mi sbaglio hai un fratello minore-
Io rabbrividisco e lo fisso, cercando di mantenere un’espressione disinvolta.
-Non ti sbagli. Si chiama Andrej e non lo vedo da tempo- rispondo mentre cerco di mascherare il tremito della voce.
-Da quando ti hanno fatto l’inserzione- precisa lui. Sa tutto.
Non so cosa dire, quindi resto in silenzio e continuiamo a camminare per un po’.
-Scommetto che ti manca- dice fermandosi e poggiando una mano sulla mia spalla, io mi fermo e lo fisso, anche se in realtà non vedo nulla. Sono da tutt’altra parte, nel passato, in una realtà che mi sembra un sogno datato millenni.
Il cercatore si ferma di fronte a me e siamo a un palmo di distanza, anche meno, sento che respira lentamente ma non mi interessa, sono completamente perso nel mio passato preferito, quello dove non c’è dolore né sofferenza.
-Mi manca- sussurro e il Cercatore mi sente.
Poi l’abbraccio.
Nessuno, da quando ho iniziato a fingermi un’anima (ma forse anche da prima), mi ha mai abbracciato. Non con quella foga, con quel desiderio di farmi stare bene, perché quello non era un abbraccio da anima, era un abbraccio da umano, pieno di dolore e non so che cos’altro.
Cerco di non scoppiare a piangere tra se sue braccia, sono ridicolo. Le braccia mi penzolano inerti e respiro il suo profumo che sa di muschio e altre cose belle.
Mi ritraggo spaventato e lo guardo con gli occhi lucidi, lui mi guarda serio, cerca di sorridere, ma adesso non ci riesce. Non osa provare nemmeno il suo solito sorriso falso.
Io lo fisso sbalordito e lui mi trafigge con i suoi occhi spaventosamente neri e profondi, con quel bagliore che su di lui e più che sinistro.
Non ho nemmeno il coraggio di chiedergli perché l’ha fatto, abbasso la testa e guardo a terra.
Se ne va.
Vedo i suoi piedi girare sui tacchi ed allontanarsi da me lentamente, aumentando il mio dolore. On voglio che se ne vada, ma è tutto così strano e sono completamente confuso.
Io continuo per la mia strada, anche se non ho più una strada, sconvolto come sono.
Cammino per due chilometri buoni, e c’è qualcosa che mi graffia la gamba da dentro la tasca dei pantaloni. Irritato scavo nelle tasche e ne estraggo con sorpresa un foglietto di carta piegato con cura.
Lo fisso per alcuni minuti.
Poi lo apro.
So tutto.
Il mio volto è di pietra.
E’ suo, lo so, è sua quella grafia, anche se non l’ho mai vista prima.
Tremo e mi guardo attorno come uno stupido.
Qualcosa si posa sulla mia spalla e sento un sospiro leggerlo, inconfondibile alle mie orecchie.
-E’ davvero finita?-
Una leggera pressione sulla spalla, simile a uno spasmo.
-No-



Andrej era un bambino quando gli regalai la sua  prima fionda.  Era un regalo stupido e privo di senso, ma lui lo accettò con così tanta allegria e gratitudine che iniziai a vedere quella fionda come il simbolo del nostro legame.
Non se ne separava mai, anche se non voleva usarla, aveva troppa paura di fare del male a qualcuno e per quel pensiero ero estremamente fiero di lui.
Andrej era un bambino intelligente e sensibile, il mio fratellino.
Non era capace di odiare, ma litigavamo a volte. Erano stupidaggini da fratelli, liti di tutti i giorni.
Quando la usò contro di me fui profondamente scosso. Era così arrabbiato perché gli avevo messo uno sgambetto per scherzo. Mi aveva puntato la fionda al petto e minacciava di farmi male.
La ruppi.

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Capitolo 5
*** Non è mai successo ***


 

Corsi così tanto da sentire i muscoli protestare e cedere dopo non so quanto tempo. Dietro dei me c’erano dei passi concitati, non ricordavo chi mi stava seguendo, forse era solo la mia immaginazione. Probabilmente nessuno mi inseguiva, a nessuno importava veramente di me, forse era solo qualche buona anima che si era spaventata vedendomi correre, o un Consolatore di passaggio che voleva psicoanalizzarmi. E io non lo sopportavo, non potevo reggere queste menzogne, con Apeiron che cercava di parlarmi e io non riuscivo ad ascoltarlo, perché non ero stato abbastanza convincente, perché quella piccola speranza di riuscire a vivere felice mentendo aveva mandato tutto a puttane. L’unica cosa che potevo fare era nascondermi e soffrire in silenzio, e morire in un vicolo, magari. Era finita, avevo mandato il mio piano alle ortiche ancora prima di iniziare, ero fregato, fottuto e in quel momento completamente scoperto, in ginocchio in un vicolo talmente stretto e buio da non potermi vedere. La testa era impegnata in pensieri frenetici che mi facevano male fisicamente, che mi spezzavano le ossa e comprimevano la gabbia toracica.
E Apeiron parlava, urlava e io non riuscivo a sentire, non potevo.
Respirare era praticamente impossibile, così in poco tempo mi ritrovai quasi rannicchiato a terra, ad ansimare nella polvere.
Una voce mi diceva che almeno ci avevo provato, che era impossibile e lo sapevo. Non capivo se si trattasse della mia voce o di quella di Apeiron.
Rimasi steso a terra cercando di contare i secondi che passavano ma perdevo spesso il conto e mi toccava ricominciare da zero. Mi accorsi dopo una paio di tentativi di contare ad alta voce, per sovrapporre pensieri e parole a qualcuno che cercava di parlarmi ma che evidentemente non intendevo ascoltare.
-…Ti aiuterò…- Sentii tra un tentativo di scandire il tempo e l’altro. Era il mio Cercatore.
Chi voleva aiutare? Anassimandro o Apeiron? Chi aveva inseguito?
Tra le frasi che arrivavano sconnesse alle mie orecchie, sentii spesso la parola “aiutare”; nel frattempo il Cercatore mi aveva sollevato di peso e in un scatto assestai un pugno sulla sue guancia, lui represse un gemito e non fece una piega. Continuavo a dimenarmi ma ero debole.
Mi dimenai così violentemente da fargli perdere la presa, caddi a terra e nella semi oscurità vidi il suo pugno chiuso avvicinarsi al mio viso.
Poi, solo dolore e buio.
E nella mia mente, riecheggiava solo la parola “aiuto”.




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Blubba:
Ecco, pubblico questo capitolo per farvi sapere che sono ancora viva e vegeta e che ho risolto i problemi che mi hanno impedito di pubblicare fino ad ora. 
Spero che questo capitolo vi piaccia e di poter pubblicare ad un ritmo stabile di almeno un capitolo a settimana. 
Grazie a tutti! P.S. Ho appena sistemato il font, andavo di fretta e non ricordavo quello che usavo prima D:

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Capitolo 6
*** Un salto in avanti e un passo indietro ***



 

Il paesaggio fuori dal finestrino scorreva velocemente, senza lasciarmi il tempo di focalizzarne i dettagli, anche se si trattava di un deserto privo di caratteristiche particolari. La solita autostrada in mezzo al nulla. Avevo un gran mal di testa e la nausea causata dalla parte del viaggio che avevo passato sdraiato sul sedile posteriore mi tormentava. Adesso sedevo su quello anteriore e non mi importava molto la nostra meta.
Il Cercatore sembrava non vedermi, teneva entrambe le mani sul volante e lo sguardo fisso sull’asfalto. Mi girava la testa sedevo mollemente sul sedile, da quando mi ero svegliato non avevo detto una parola, era stato lui a riempire il silenzio, come sempre. L’unica differenza era che avrei preferito il silenzio al posto delle sue parole. 
Mi aveva brevemente illustrato la situazione. Mi toccava viaggiare con lui fino a non ricordavo dove e fare quello che diceva se volevo cavarmela; non ero riuscito a restare abbastanza concentrato per capire se era una buona o una cattiva cosa. Poco dopo arrivò la mazzata che ridusse la mia mente a qualcosa di paragonabile a delle carogne masticate da qualche animale.
-Senti…Non so davvero come darti questa notizia- la sua voce era indescrivibile, questo mi dimostrava quanto poco sapessi di lui in realtà, perché non sapevo davvero che cosa ci fosse dietro quel tono distaccato, molto diverso da quello solito, ma sempre incomprensibile –Ho ricevuto delle informazioni sulla tua famiglia- si decise a sputare dopo due interminabili minuti di silenzio.
-Che genere di informazioni?- in quel momento drizzai le antenne e imposi al mio cervello di concentrarsi, c’era ancora speranza, dopotutto.
-Tuo fratello Andrej è stato trovato nei pressi del vostro vecchio appartamento, insieme a tuo padre…-
-Davvero?!- quasi urlai, mi drizzai sul sedile, su di giri –Come stanno? L’alieno ha lasciato mio padre? E Andrej? E’ stato  catturato anche lui?- lo bombardai letteralmente con le mie domante, quando vidi che non intendeva rispondermi lo osservai meglio. Stava sudando ed era concentrato più che mai sulla strada –Ti prego…- sussurrai –E’ vivo…Almeno uno dei due…- lui non rispose.
-Mi dispiace- disse dopo un po’, credo fossero passati una decina di minuti.
Mi riappoggiai lentamente sullo schienale  e cominciai ad osservare il paesaggio spoglio che stavamo attraversando, c’erano poche macchine e in ognuna non avevo notato più di una persona.
Mi accorsi che la sofferenza che stavo provando andava oltre la mia immaginazione; avevo pensato spesso all’eventualità che potessero morire e sapevo che avrei provato un dolore immenso, ma questo…Questo era oltre il dolore, era oltre tutto quello che la mia mente avrebbe potuto pensare. Mi ritrovavo abbandonato in territorio nemico, portato chissà dove da un mezzo sconosciuto alieno e avevo perso la mia missione. Nel mio petto si era aperta una voragine che mi toglieva il respiro. Nonostante tutto restavo lì, seduto, ad aspettare, ad osservare un paesaggio inutile, viaggiando verso una meta che con ogni probabilità mi avrebbe portato alla morte.
L’auto entrò in una città che non conoscevo e una volta raggiunto il centro si fermò di fronte ad un palazzo di una decina di piani, entrammo con l’auto nel parcheggio e il Cercatore spense il motore.
Fece un lungo respiro e mi guardò, io guardavo ancora fuori dal finestrino. I garage sotterranei erano avvolti dalla penombra e non c’era molto da vedere, stavo solo cercando di ignorarlo.
-Devi venire con me- non gli risposi, non ci riuscivo, sentivo il suo sguardo su di me ma non riuscivo a muovermi –Anassi…-
-Chiamami Kol- gli dissi senza pensare a quello che stavo dicendo.
-Kol?-
-Non fare domande, chiamami Kol e basta, è più corto e comodo- risposi, poi aprii la portiera e scesi dall’auto, per poi cadere sbattendo a terra le ginocchia. Non mi ero reso conto di essermi indebolito tanto.
Il Cercatore si precipitò ad aiutarmi, ma riuscii a respingerlo e a camminare da solo fino all’ascensore. Lì ricaddi a terra e feci un lungo sospiro. La cabina dell’ascensore era molto stretta e la moquette era appiccicosa. Decisamente poco accogliente.
Salimmo con estrema lentezza fino all’ottavo piano, il silenzio del Cercatore era riempito dalla presenza di Apeiron che tornava sempre più viva e reale.
“Mi dispiace per la tua famiglia, ma adesso mi serve che ti concentri esclusivamente sulla mia voce, perché ho bisogno di te. Dobbiamo scoprire cosa sa il Cercatore di preciso. Sono confuso sul suo modo di agire, non ho mai partecipato attivamente ad un’invasione, ma conosco il protocollo e lui avrà infranto non so quante regole. Non riesco a capire dove vuole di arrivare.”

Non credo conosca il tuo segreto. Crede semplicemente che tu sia un’anima debole e io un umano troppo forte…o qualcosa del genere. Per quanto riguarda le sue intenzioni, sono molto confuso anche io. Non ci resta che aspettare e starlo a sentire.
Potresti essere costretto ad ucciderlo.
Vedremo.
Quando l’ascensore si fermò, mi rimisi in piedi e ci dirigemmo verso una vecchia porta blindata rivestita di legno scuro, entrammo in un piccolo appartamento abbastanza accogliente. Il piccolo corridoio che portava all’atrio era pieno di oggetti di ogni tipo, il soggiorno era in realtà una stanzetta con tv e poltrone, con una libreria addossata ad una delle pareti. Poi c’erano un cucinino, il bagno e una piccola camera da letto. Il Cercatore mi invitò a sedermi su una delle poltrone e io mi ci buttai a sedere volentieri, anche se ero estremamente teso.
-Questo appartamento apparteneva all’umano che possedeva questo corpo- cominciò a spiegare –Non ci vengo mai, ma ho deciso comunque di tenerlo-
-Non mi interessa la storia della tua vita, spiegami cosa vuoi e facciamola finita. Se non vuoi buttare vie me e il mio corpo portandomi da un Guaritore, che cosa hai in programma?- chiesi in modo abbastanza duro, ero stanco e cercavo di non pensare al fatto che ero completamene solo e nelle mani del nemico.
-Per prima cosa ho intenzione di parlare con Apeiron, poi deciderò cosa fare-
-Ti ascolta-
-Voglio sapere se in tutta questa faccenda lui era d’accordo con te. So che una volta trovati i tuoi familiari avresti tentato di estrarre le anime…Apeiron era d’accordo con tutto questo?-
-Non poteva scegliere e non può tutt’ora. Ho pieno possesso del mio corpo, lui è solo una dannata voce nella mia testa- risposi irritato.
-Lo hai usato come copertura e lui non si è ribellato?-
-Ha provato a ribellarsi, ma non poteva fare molto-
-E tu ti sei mescolato tra le anime con il suo aiuto, fingendoti un Guaritore, per imparare come si effettua un’inserzione, giusto?-
-Non ti sbagli-
-Non capisco, avrebbe potuto semplicemente rifiutarsi di darti il suo aiuto e tu non avresti avuto molte possibilità di passare inosservato. In che modo lo hai minacciato?-
“Sta cercando di capire se mi hai ricattato in qualche modo”
-Gli ho detto che se avessi trovato il modo di estrarlo e affidarlo a qualcuno che si sarebbe preso cura di lui, lo avrei fatto. A patto che mi aiutasse-
-In fin dei conti, c’eri quasi- osservò, poi si alzò dalla poltrona e andò nel cucinino.
-Quindi cosa hai intenzione di fare?-
-Ti do un vantaggio di quattro giorni, se riesci a trovare un rifugio dove nasconderti sei salvo, se ti trovo, avrai molti guai- disse mentre riempiva un bollitore.
-E Apeiron? Devo tenerlo nella mia testa?-
-Nascondete un segreto bello grosso. Non so cosa abbia fatto quell’anima. Non mi interessa il suo passato né tantomeno il suo futuro. Sparite il prima possibile, così nessuno avrà problemi-
Era distaccato, ma era un autocontrollo imposto. Forse  Apeiron non era l’unico a nascondere qualcosa.
-Posso prendere la tua macchina?-
-Se la prendi ora, ne denuncerò il furto domani mattina-
-Perfetto- Mi misi in piedi e mi diressi verso la porta.
-Prima di andartene svuota la dispensa e l’armadio, è tutta roba che non mi serve- disse, lanciandomi delle buste.
Ci misi circa mezz’ora per raccogliere tutto quello che mi serviva, presi anche una mappa stradale e scesi di nuovo fino al garage. Il Cercatore non mi aveva dato le chiavi della macchina e dovetti arrangiarmi, avviando il motore con qualche metodo barbaro che avevo appreso in tv.
“Dove si va?”
-Non ne ho la minima idea- risposi ad alta voce –Credo che ci convenga abbandonare il centro abitato, ma non saprei dove dirigerci, in mezzo al deserto-
“Ci sono i ribelli, no? Ne parlano spesso”
-Non sappiamo dove si nascondono. Dobbiamo trovare un nascondiglio entro questa notte- mi avviai verso la periferia della città con la cartina aperta sul sedile del passeggero.
-Potremmo raggiungere le montagne, dovrebbero esserci zone completamente disabitate-
“Per ora andiamo dirigiamoci verso le montagne, allora”
Feci il pieno all’auto e imboccai l’autostrada.
-Posso farti una domanda?- chiesi quando fui stanco di restare da solo con i miei pensieri.
“Certo”
-Hai mai avuto una famiglia?-
“No, non come la intendi tu. L’Origine è un pianeta molto diverso dalla Terra e il nostro mondo per gli umani è difficile da comprendere”
-Anche il fatto di invadere altri pianeti. Lo fate per salvare la Terra, ma sembra che non abbiate considerazione per gli umani. O meglio, da quello che ho potuto capire, tendete a generalizzare l’indole umana alla guerra e alla distruzione-
“Siete egoisti, ecco tutto. Noi pensiamo sul serio al bene comune, senza secondi fini”
-Allora le voci su internet avevano ragione-
“Ragione riguardo a cosa?”
-Gli alieni comunisti esistono sul serio-
Apeiron ridacchio e io mi sentii un po’ meglio. Mi decisi a mettere da parte la disperazione e a pensare solo a trovare un posto dove nascondermi.
In quel momento il futuro mi sembrava più chiaro che mai.
Si trattava di me che sfuggivo alla morte, dovevo solo correre.

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Capitolo 7
*** Analisi di un'entità ***


Analisi di un’entità
 
Il mio cuore era del tutto spento e la mente, proiettata anni luce nel futuro, procedeva spedita verso una meta che avrebbe portato me ed Apeiron a sparire dalla faccia dell’umanità. Mi chiedevo spesso se valesse la pena di condurre una vita nascondendomi, morendo in compagnia di una voce metà ostile e metà incomprensibile. 
 
Sto considerando l’idea di mollare tutto e cederti il mio corpo.
Apeiron riemerse bruscamente dal torpore che la monotonia del viaggio notturno gli procurava. “Con tutto quello che abbiamo passato non avrebbe senso.”
Mi sto arrendendo, non lo capisci?
“Lo capisco.” Rispose distrattamente, impegnato ad assorbire l’idea di godere del pieno possesso del mio corpo.
Non dissi più nulla e nemmeno lui, gli lasciai il tempo di trovare il coraggio di accettare, nel frattempo raggiunsi una chiesa abbandonata al limite di una città di cui conoscevo molti dettagli che appartenevano a ricordi vecchissimi.
Scendendo dall’auto provai una sensazione di nostalgia e d’ansia. Lasciai accesi i fari e feci un giro intorno alla costruzione poco pretenziosa, abbandonata già da alcuni anni prima dell’effettiva invasione. La vista che mi si presentava d’avanti era quella di una costruzione abbandonata a sé stessa, quasi completamente inghiottita dalla vegetazione per lo più rampicante che le cresceva intorno.
Spostai l’auto sul retro della chiesa, impedendone la vista dalla strada e forzai la vecchia serratura dell’entrata sul retro, che sapeva ancora fare il suo lavoro.
Per essere un posto abbandonato da anni era ancora abbastanza intatto. Alcune assi del soffitto sembravano marcie e c’era molta polvere, ma il crocifisso era ancora lì, intatto, ad osservare ogni mia mossa. Evitai di fare il segno della croce e camminai lentamente lungo il perimetro della struttura, ascoltando la eco dei miei passi. Non potevo nascondere la profonda soggezione che la chiesa aveva su di me. Tutto ciò che ha a che fare con la spiritualità in qualche modo mi spaventa, forse perché sentivo di avere la coscienza sporca.
Continuai a camminare e pensare per più di un’ora. Le strette nicchie della chiesa sembravano ospitare i demoni della mia anima che mi osservavano, pronti ad aggredirmi. Ero un uomo fatto e finito, ma il buio e la mia anima riuscivano ancora a spaventarmi. Sentivo la polvere salire alle narici, che formicolavano, ero in procinto di starnutire ma avevo paura di fare troppo rumore e innescare qualcosa. Come se un mio solo starnuto potesse causare una catastrofe.
Ero spaventato perché da quando Apeiron era apparso non avevo più avuto l’occasione di restare per  tanto tempo solo con i miei pensieri. L’ambiente in cui mi trovavo di certo non aiutava la mia situazione. La chiesa, il buio e i brutti pensieri che allagavano la mia mente arsa dal dolore erano insopportabili. Questo Apeiron poteva sentirlo chiaramente, eppure restava in quel suo silenzio presente che contribuiva ancora di più a spaventarmi. Mi fermai dopo aver fatto un paio di volte lo slalom tra le panche e mi guardai alle spalle.
Stavo tremando, osservato dalle mie stesse paure. Mi sentivo come se tante persone fossero lì ad osservarmi. La mia coscienza aveva preso la forma di un mostro che mi osservava famelica, pronta ad aggredirmi al prossimo passo falso.
Affogavo nell’indecisione e nella voglia di sparire per sempre.
Eppure Anassimandro Növény poteva farlo.
Bastava insistere un po’ e Apeiron avrebbe di certo accettato di prendere il posto che aveva scelto.
Eppure c’era qualcosa a fermarmi.
Qualcosa che conoscevo benissimo, un segreto incastrato nella mia memoria.
Perché avrei semplicemente potuto dimenticare e invece non lo avevo fatto, facendo leva su quell’ultima parte di me stesso che conosceva ancora il significato di morale, di appartenenza ad una specie.
Non mi ero dimenticato dell’amicizia, del sentimento di fratellanza che provavo verso una persona che avrei voluto odiare con ogni parte del mio cuore e che ripudiavo del tutto con la mente.
L’avevo capito grazie al Cercatore.
-Chiamami Kol-
Durante il viaggio mi ero chiesto perché l’avessi detto, perché all’improvviso quel nome mi fosse tornato in mente, così violento e subdolo come il suo possessore.
Mi sedetti su una delle panche più vicine all’altare e feci un lungo respiro. Lentamente la paura irrazionale provata in precedenza stava scemando. Osservai il crocifisso e provai a rimettere ordine nei miei pensieri.
Avrei fatto un ultimo tentativo. Ci avrei provato, anche se speravo di fallire.
Avrei cercato Kol e l’avrei trovato ad ogni costo. Sapevo che era ancora vivo, nascosto come un verme bastardo da qualche parte, prendendosi gioco della morte. Ormai non potevo più odiarlo; era l’ultimo pezzo della mia famiglia, anche se non avevamo legami di sangue.
Pensare a Kol mi faceva stare male più di quanto credessi e rivangare il passato mi fece girare la testa e sentii la stanchezza prendere il sopravvento. Diedi un ultimo sguardo all’altare di marmo, alla grande e unica navata, anch’essa in marmo bianco, reso opaco dalla polvere. Mi sdraiai sulla panca e chiusi gli occhi.
Apeiron riemerse con violenza, e pur facendo silenzio, la sue presenza sembrava un urlo continuo.
Mi chiedeva chi fosse Kol, e che cosa avremmo rischiato per trovarlo.
Io riuscii a dirgli solo che gli avrei spiegato tutto il giorno dopo.
“Posso farti una sola domanda?” chiese poco dopo.
Certo, se la risposta sarà veloce.
“Odi me e la mia razza?”
Ci pensai molto su. Mi sentii in dovere di dare una risposta sincera.
Non credo di provare odio. Mi sento semplicemente perso. Insomma, se non fosse per voi la mia famiglia sarebbe ancora viva e io sarei…felice. Ma se devo parlare di te in specifico…Sei nella mia testa e vuoi rubarmi il corpo, quindi avrei tutte le ragioni per odiarti. Ma allo stesso tempo mi chiedo se cedendolo a te…Insomma…credo che tu potresti fare molte più cose buone con questo corpo di quante possa farne io, e in qualche modo mi fa arrabbiare, e in altre mi sento rassicurato.
“Rassicurato?”
Sarebbe come dare una seconda possibilità a questo corpo, sento come se fosse una garanzia. Ma ancora non ne sono sicuro. Sono scosso.
Scosso.

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Capitolo 8
*** Still talkin' to myself and nobody's home ***


Still talkin' to myself and nobody's home

Il cielo vomitava acqua e nebbia, i colori erano spenti così come la mente di Anassimandro che guardava tutt’intorno a sé ma non riusciva a vedere nulla. Avevo l’impressione che la nebbia fosse così fitta da essermi entrata anche nella testa, avvolgendo il cervello e impedendomi di pensare. Avevo freddo, molto probabilmente viaggiare per molto tempo, fregandosene di mangiare o bere abbastanza non mi aveva fatto bene.

Mi sentivo strano, come drogato (e di droghe a mio tempo ne avevo provate abbastanza), ma non ricordavo di aver fatto uso di stupefacenti nell’ultimo anno.
La situazione cominciava ad essere strana.
Come ero arrivato in mezzo alla nebbia? Possibile che in quella zona, col caldo soffocante che mi aveva torturato per quasi tutto il viaggio, fosse scesa improvvisamente una nebbia così fitta?
Piano piano ripresi a pensare in modo coerente, sentivo distintamente di essere seduto a terra, con le gambe distese e la schiena appoggiata a una parete…No, era qualcosa di duro e irregolare.
Sentivo la testa stranamente leggera.
Dov’era Apeiron?
La presenza dell’alieno non era percepibile, ma sapevo che si trovava ancora lì, non poteva essere altrimenti.  Forse anche lui era “drogato” e non riusciva a riemergere.
Poi sentii un brivido…No, un rombo, proveniva dalle mie stesse orecchie, lo sentivo dentro la testa.
Provai a chiamare Apeiron, per un intervallo di tempo che non seppi misurare  l’alieno non rispose, ma il rombo continuava incessante, sempre più forte, fino a quando una voce conosciuta mi parlò piano. Non riuscivo a capire quelle parole, quello che stavo ascoltando era un sussurro che in qualche modo riusciva a sovrastare il rombo fino ad annientarlo del tutto.
“…Vero? Un vile tradimento….” Riuscii ad ascoltare. Con chi stava parlando Apeiron? Con me? Ma quella sembrava la fine di un discorso iniziato già da molto, possibile che non si fosse accorto di nulla?
“…Poi il tuo nome è troppo lungo…E’…Una rottura…Dite così, no? ”
Cosa centrava con la storia di tradimento che stava (non ne ero affatto sicuro ) raccontando poco prima?
Decisi comunque di assecondarlo.
Chiamami con un nome più corto, no?
“Non sono poi così fantasioso con i nomi…”
Anche io… Chiamo il mio “migliore amico” Kol, perché il suo cognome è Kolvenik.
“Allora dovrei chiamarti Nove?” Ridacchiò lui.
Non  è molto carino.
“Kolvenik…E’ un nome che nei tuoi ricordi non è collegato solo al tuo compare.”
Michail Kolvenik…E’ il personaggio di un romanzo che lessi tempo fa, lo trovai bellissimo e in un certo senso…Kol gli somiglia. Sai, l’amore per la ricerca, una passione ossessiva per ciò che è proibito.
“Un degno rappresentante del genere umano.” Replicò Apeiron con una punta di disprezzo.
Non posso darti torto. Ma …Dove diavolo siamo finiti? La nebbia è troppo fitta, non riesco a vedere nemmeno le mie mani!
Come…Non ricordi niente?mi chiese, stupito. Sentii la paura, anzi, il terrore vero e proprio invadere la mente e soffocarla. Mi mancò il respiro per un attimo.
Piano piano cominciavo a ricordare.
La strada, il caldo, sonno…Ero veramente stanco. Ho sbandato e sono finito fuori strada, e poi…Poi?

Presi a fare respiri profondi, completamente oppresso dal panico.

“Ho perso conoscenza insieme a te, naturalmente. Non so dove siamo, ma ricordo che qualcuno o qualcosa ci stava trascinando via…C’era qualcosa che somigliava ad un’auto…”
E la nebbia? Cos’è questa nebbia!? Pensai isterico.
“E’ tutto nella tua testa, non sei ancora del tutto cosciente. Non c’è nessuna nebbia, siamo al chiuso molto probabilmente.”
Avevo paura, una paura folle. Volevo muovermi ma era impossibile. Ci avevano trovato, si erano accorti che ero umano. Non avrei più trovato Kol.
Non c’era più scampo.
I pensieri si susseguivano in modo furioso e incoerente, spinti dalla paura di morre e quella di vagare da solo per sempre. La nebbia sembrava farsi ancora più fitta, potevo respirarla e buttarla fuori, umida e appiccicosa, mi ostruiva i polmoni.
Sprofondai nell’incoscienza consapevole del fatto che mi ero arreso, e che non avrei voluto risvegliarmi mai più.
In quel momento  provai paura per l’ultima volta, perché Apeiron era già lontano, molto più stanco e abbattuto di quando potessi immaginare.

 

 

Young at heart and it gets so hard to wait
When no one I know can seem to help me now
Old at heart but I musn't hesitate
If I'm to find my own way out

[Estranged-Guns N’Roses]

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Capitolo 9
*** Intreccio ***


 
Ho come l’impressione di essere in un lago di merda.
“Potresti accendere il cervello e ragionare invece di stare immobile come un allocco. Cominciano ad innervosirsi un po’ tutti. Ci uccideranno.”
E sia. Non mi fa paura una scazzottata.
“Finiscila e vedi di dire qualcosa.”
Tentennai ancora per qualche minuto, poi mi decisi.
-Vengo in pace.- Sentenziai.
Il nutrito gruppo di uomini e donne evidentemente incazzati mi osservò scettico. Io non sapevo come muovermi o cos’altro dire dato che non ricordavo niente di quello che mi era successo nei giorni precedenti.
Un’ uomo  sui venticinque anni si fece avanti, la sua statura e la sua mole mi intimidirono ma cercai di non mostrarmi spaventato.
-Come sei arrivato qui?- chiese minaccioso.
-Passavo da queste parti e la vostra aria festosa e cordiale mi ha spinto ad entrare.-
Il cazzotto che mi colpì la guancia destra non lo vidi nemmeno. Mi ritrovai a terra a mangiare sabbia rossa e sassi mentre quel grosso tipo parlava, ma non riuscivo a capirlo.
“Genio.”
-Sapresti fare di meglio?- sbadatamente lo dissi ad alta voce, e l’energumeno la prese come una provocazione. Mi prese per il collo della maglia e mi sollevò a quasi un metro da terra. Cercai di sorridere nel modo più affabile possibile.
-Senti amico, non voglio guai, ma credo sia chiaro sia a me che a te che non ho la minima idea di dove sono finito. L’evidente differenza di statura e di massa muscolare mi costringe ad essere sincero: i simpaticoni che hanno invaso il pianeta mi hanno preso, ma sono scappato e credo di averli seminati. Mi sono dato alla macchia in un primo momento, ma poi ho avuto la brillante idea di mettermi a cercare un amico e sono finito nel deserto … Et voilà.- Nel tentativo di dire queste cose sputai un’ingente quantità di sangue dalla bocca e un paio di denti. Il rinoceronte si prese tutto il tempo che gli serviva per valutare la mia storia, poi mi scaraventò a terra senza troppi complimenti.
-Hai fatto abbastanza Kyle, adesso togliti di mezzo- Il capo dell’allegra combriccola sembrava un vecchio pazzo, ma pareva incutere rispetto in tutti gli altri, anche nel rinoceronte. Mi guardava con un misto di sospetto e curiosità; il suo intervento mi incoraggiò ad alzarmi in piedi e a pulirmi il sangue con la manica della maglia per rendermi più presentabile.
Il vecchio mi tese la mano. –Io sono Jeb, e il ragazzone che ti ha strapazzato per bene si chiama Kyle, ma vedo che siete già diventati buoni amici.- Gli strinsi la mano con forza e con gratitudine, sentendomi trattato come un essere umano, misi da parte l’astio e la confusione. Apeiron non era fiducioso quanto me, ma era comprensibile.
-Siamo amiconi … Posso sapere dove mi avete trovato e dove siamo di preciso? Non ricordo nulla e sono molto confuso. –
Jeb sorrise soddisfatto. –Ti abbiamo trovato nelle vicinanze dell’entrata, deliravi per la sete e il caldo.- Lo osservai, cercando di ricordare, ma non ci riuscii. –La cosa curiosa- continuò Jeb –è che abbiamo trovato la cicatrice sulla tua nuca, ma i tuoi occhi non reagiscono come quelli degli alieni.- Mi osservò per qualche secondo in silenzio –Puoi darmi una spiegazione per questo?-
“Merda.” Disse Apeiron.
Merda. Assentii io.
-E’ una storia complicata.- Risposi.
-Ragazzo, la tua storia potrebbe essere anche la versione moderna dell’Odissea, ma ti conviene raccontarla chiaramente e in fretta, perché il tuo caro amico Kyle non intende stare ad ascoltarti ancora per molto tempo.-
In quel momento mi trovai di fronte a un vicolo ceco. Nessuno di loro avrebbe mai creduto alla mia storia, mi avrebbero ucciso e io non avrei mai trovato Kol.
Avevo altra scelta oltre alla verità? No. Mentire spudoratamente come mio solito era più che inutile.
-Allora?- Ringhiò Kyle. La piccola folla tutto intorno all’atrio della caverna mi fissava fremente, e io ero spaventato.
-Mi chiamo Anassimandro Növény,  mi hanno preso qualche hanno fa, hanno provato a fare un’inserzione ma non ci sono riusciti. O meglio, ci sono riusciti solo per metà. Dentro di me c’è un alieno, ma non è riuscito a prendere il controllo e adesso è poco più che una vocetta arrabbiata nella mia testa. Ho vissuto tra gli invasori per un paio di anni per cercare mio fratello, ma ho scoperto da poco che è morto, quindi sono scappato nel deserto. Credo di essermi messo a cercare proprio voi, ma se devo essere sincero ho vagato con un auto nel deserto, senza alcuna meta e con la morte nel cuore. Siete liberissimi di non credermi e ammazzarmi ora, a me non interessa.- Potevo vedere benissimo negli occhi di tutti i presenti che nessuno di loro mi credeva. Sconvolti e spaventati com’erano avrebbero potuto aggredirmi e uccidermi in pochi minuti.
Jeb mi osservava ancora più interessato di prima.
-Jeb dobbiamo ucciderlo!- Urlò Kyle –Sono due nel giro di due settimane, non possiamo tenerli in vita. E’ un complotto bello e buono e tu sei ancora qui a chiacchierare con questo sporco parassita!-
Lui urlava, Jeb continuava a fissarmi e io capivo sempre di meno.
Avevano catturato uno degli invasori? Possibile che ci fosse un’Anima reclusa in quelle grotte e che nessuno l’avesse ancora trovata?
Se le mie ipotesi fossero state vere, era a dir poco strano (o persino stupido) da parte loro avermi tenuto in vita per così tanto tempo. 
-Non credo che questo ragazzo ci stia mentendo.- Sentenziò Jeb, e per quanto potesse sembrarmi pazzo e strano, in quel momento lo amai –Ma non posso permettere che un mio errore metta in pericolo tutti voi.-  Mi osservò ancora per qualche istante, poi si voltò e si rivolse alla folla.
“Ci uccideranno.”
Questo tizio vuole salvarci.
“Deve proteggere questa comunità e noi siamo un pericolo. L’istinto di sopravvivenza gli suggerisce di ucciderci.”
Non credere di essere un esperto della razza umana solo perché i tuoi compari sono riusciti a controllarci.
Apeiron non replicò, così restammo in silenzio ad aspettare il verdetto.
Tra la folla in molti condividevano l’idea di Kyle di farmi fuori, altri restavano semplicemente in silenzio e mi osservavano. Io ricambiavo i loro sguardi impassibile, ma dentro di me l’ansia e la pausa crescevano in maniera esponenziale.
-Mi dispiace molto, ragazzo.- Jeb non si voltò a guardarmi, ma io annuii comunque.
 
 
L’aria mi sferzava il viso e la sabbia mi aveva già graffiato innumerevoli volte. Mi avevano bendato per impedirmi di capire dove fosse l’entrata della grotta e mi avevano portato fuori a notte fonda, Jeb imbracciava un vecchio fucile e Kyle e un altro uomo di cui non avevo capito il nome lo accompagnavano armati solo con un pugnale e due vanghe.  
Apeiron era spaventato quanto me, ma in entrambi facevamo i sostenuti e fingevamo un'innaturale insofferenza. Di lì a poco saremmo morti, il nostro viaggio sarebbe finito e non avremmo più sofferto. Io avevo perso la mia famiglia, la libertà e l’esclusiva sul mio cervello;  perdere la vita mi angosciava, anche se ero consapevole che le mie scorribande da latitante non sarebbero durate a lungo.  Apeiron preferiva morire che farsi beccare dai suoi simili ed essere rispedito sull’Origine, almeno così mi aveva confidato.
I tre uomini mi avevano portato in un punto molto lontano dall’entrata della grotta (almeno quella era la cosa più logica che potessero fare), riuscivo a vedere nel buio il rottame della mia auto riversa su un lato.
Sudavo e avevo la maglia umida appiccicata alla schiena.
I miei boia parlottavano tra loro e io ne approfittai per scambiare qualche frase con Apeiron.
“Non hai nemmeno provato a fargli cambiare idea.”
Non mi credono e sono spaventati. Non serve a niente.
“Fare un tentativo non guasta, però.”
Vedremo.
“In ogni caso … ”
Ti prego, evitami la scena strappalacrime, vivi nella mia testa e mi sono affezionato a te per quanto la tua razza mi faccia schifo. Punto, fine, niente doscorsoni.
“Beh, per me è lo stesso.”
Mi fa piacere.
 
Jeb e gli altri due smisero di parlottare e cominciarono a prepararsi. Io li aspettavo a meno di due metri guardandoli in silenzio. Kyle e l’altro tizio cominciarono a scavare la mia fossa, mentre Jeb lucidava il fucile e mi osservava.
Io ricambiai il suo sguardo.
-Non hai detto più niente da quando ho annunciato la tua … Esecuzione. –
Feci spallucce. –Non avevo niente da dire.-
-E il tuo amichetto? L’anima che hai in testa.- Chiese, vidi brillare nei suoi occhi una scintilla di curiosità e pensai di poterne approfittare.
-Lui si è rassegnato, la sua storia è complicata. Non so se sapete come funziona la società degli invasori, io ci ho vissuto clandestinamente per un po’, e in realtà anche Apeiron è un clandestino. Non dovrebbe trovarsi qui sulla Terra, era considerato una parte debole della sua razza e quindi non idoneo per un’inserzione. Quando lo hanno messo nella mia  testa, credevano che non ce l’avrebbe fatta, ma riuscì a prendere il controllo del mio corpo per un paio di giorni. Quando la mia coscienza riemerse e mi resi conto di tutto, decisi che avrei sfruttato la debolezza di Apeiron per poter restare a Chicago e lui avrebbe sfruttato me per restare sulla Terra. –
Jeb mi ascoltò in silenzio.
-La tua storia è molto interessante, e non posso nascondere che vorrei tenerti in vita anche solo per osservarti. Ma il popolo ha parlato, e in questo caso non posso mettere in pericolo tutte quelle persone solo per te. –
-Posso capirlo. In una situazione del genere mi stupisco di essere rimasto in vita così a lungo. –
-La cosa peggiore è che mi sembri un ragazzo a posto, e questo rende le cose più difficili.- Il vecchio sembrava veramente abbattuto, del resto uccidere un proprio simile sia in tempi di crisi che non, è sempre un’esperienza difficile da affrontare.
-Se affidassi il tuo fucile a uno di loro due, potrei far finta di scappare e mi sparerebbero alle spalle.- proposi con la tranquillità di un bambino che spiega come si gioca a palla avvelenata. 
Jeb fece un sorrisetto divertito. –Nelle grotte teniamo reclusa mia nipote, che è stata presa dagli alieni ma non ha avuto la tua stessa fortuna. In più qui vive anche il suo fidanzato, che l’ha vista ha deciso di rinchiuderla perché è pur sempre un’aliena, anche se il suo corpo è quello di mia nipote.- Rimasi scosso da quella confessione.
“Questi animali tengono richiusa una povera Anima qui dentro!” Apeiorn era ovviamente molto più sconvolto e indignato di me, ma io non potevo farci niente. Capivo ancora meglio il motivo per cui avevano deciso di farmi fuori, e il pensiero che a quella povera ragazza potesse toccare la mia stessa sorte solo perché ero casualmente arrivato lì mi faceva soffrire.
Non dissi più nulla, e Jeb raggiunse i ragazzi per controllare il loro lavoro.
Quando la fossa fu pronta Jeb mi si parò davanti col fucile stretto in una mano, non ancora pronto a sparare. –Vuoi dire qualcosa?-
Io ci pensai su, poi feci segno di no. Jeb annuì e mi puntò il fucile in mezzo alla fronte.
-Che cazzo sta succedendo!?- urlò una voce.
Jeb sorrise.
 

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