I vermi dei sentimenti. Gelosia e sensi di colpa.

di Pamaras
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Un cellulare per uccidere il nostro amore. ***
Capitolo 2: *** Un cellulare per scoprirti. ***
Capitolo 3: *** Un cellulare per farmi mentire. ***
Capitolo 4: *** Dieci lettere per farmi amare ***



Capitolo 1
*** Un cellulare per uccidere il nostro amore. ***


angolino: Ciao a tutti, eccomi con l'inizio di un'altra breve avventura! (sono solo 4 capitoli!)
Questa storia nasce dalla voglia di raccontare come ci si sente e a vedere "l'altro" tutto preso da un cellulare... e cosa spesso, potrebbe esserci dietro. è una fic triste, un po' dolorosa... ma romantica e a lieto fine.
Sarò lieta di leggere le vostre impressioni... ^^ 
BUONA LETTURA!

Pamaras

 


I VERMI DEI SENTIMENTI. GELOSIA E SENSI DI COLPA.

-colpa della tecnologia babbana-

 

 

1-UN CELLULARE PER UCCIDERE IL NOSTRO AMORE.

 

La sensazione di essere stato tradito lo iniziò a divorare dall'interno in un giorno tiepido della fine di marzo.

Gli sembrava di avere un verme strisciante nello stomaco che si divertiva a percorrergli l'intestino rilasciando una dannatissima e odiosissima sensazione di viscidume che risaliva fino alla gola dove, deglutendo, tentava e ritentava di ricacciare indietro insieme alla voglia di vomitare.

Tutto era iniziato con l'arrivo di quella cosa babbana.

Eh sì, aveva sempre detto che quei babbani inventano delle babbanerie solo per autodistruggersi.

“È un cellulare amore.” Gli aveva spiegato Harry con voce squillante.

Era divertito. Divertito dal fatto che Malfoy, “il Purosangue” Malfoy, stesse ovviamente guardando quell'aggeggio come un cumulo di immondizia.

“E sarebbe?” Gli aveva domando sprezzante, perché nell'aria già sentiva odore di guai.

“Una specie di gufo tecnologico, posso mandare messaggi istantanei e ricevere chiamate.” Gli aveva spiegato Harry sempre con quel tono di voce allegro, contento di far conoscere quella cosa a suo marito.

“E con chi dovresti mandarti messaggi?” Gli aveva domandato con un pizzico di curiosità e anche se Harry adesso lavorava in un ufficio babbano, tra i babbani (Merlino ci aiuti), non chiariva affatto l'utilità di quell'affare maledetto. “Perché io mai utilizzerò quell'aggeggio.” Si sentì di sottolineare.

“I miei colleghi mi hanno chiesto il numero di cellulare, Draco. E non è che posso dargli il mio indirizzo chiedendogli semplicemente di spedirmi un gufo. Ti pare?”

Anche Harry aveva cambiato tono della voce; era passato dalla voce zuccherina utilizzata per i “dai, amore è una cosa bellissima” ad una tono composto da “adesso basta, l'hai tirata troppo per le lunghe.”

Beh, Draco quella volta lasciò stare. Gli disse semplicemente di scordarsi che lui iniziasse ad utilizzare quella diavoleria babbana e non sentendosene minacciato voltò semplicemente le spalle e con passo svelto ed austero andò a lamentarsi con Blaise di quanto fosse testardo quel Grifondoro di suo marito.

 

Ecco, il verme viscido della gelosia iniziò a divorarlo circa un mese dopo l'entrata in casa di quell'affare super tecnologico.

Inizialmente si era detto che era perché non riusciva proprio a capire come funzionasse, poi però capì che effettivamente la gelosia era data dal fatto che Harry aveva quel coso sempre in mano. Sempre a battere su quella tastierina minuscola con il capo chino.

 

“Ma che cosa stai facendo?” Gli aveva domandato una volta Draco, spazientito.

“Niente, mando un messaggio”
“A chi?” Chiese alzando le sopracciglia e smettendo di mangiare.

Il comportamento di Harry iniziava ad infastidirlo.

“A Claire.” Aveva risposto semplicemente l’altro facendo spallucce. “Mi ha chiesto se domani posso sostituirla per un'ora la mattina.”

“Ah.” Era solo una sillaba quella che Draco era riuscito a buttar fuori, troppo attento a sentire bene quella sensazione che iniziava a strisciare dalla base dello stomaco e poi su e giù sino a raggiungere l’esofago.

E il discorso, vuoi un po' perché era arrabbiato un po' perché non voleva sembrare curioso o geloso ... il discorso si chiuse lì, quella volta.

 

Tempo dopo, il viscidume di quel verme gli era arrivato in gola.

In parte perché Harry aveva iniziato un nuovo turno di lavoro in quell'ufficio pieno di babbani e un po' perché proprio Harry sembrava non curarsene.

Sembrava non importargli che quando tornava a casa la cena non era pronta, che Draco era sul divano ancora in pigiama e spettinato; sembrava non vedere che il compagno non toccava cibo e fulminava con lo sguardo quel coso sempre e perennemente presente sul loro tavolo vicino alla mano di Harry dove una volta c'era sempre la sua. Le loro mani intrecciate.

 

Poi, una sera come tante altre, quel coso squillò. Stavano mangiando e quel aggeggio si mise a vibrare e ad emanare una musica fastidiosa.

Harry sorrideva.

Si alzò e andò a rispondere.

 

Draco stette a guardare in silenzio il posto poco prima occupato da suo marito.

Quando tornò si scatenò il putiferio.

Forse quel verme era risalito fino alla gola e stava festeggiando con le sue papille gustative.

“Chi era?” Soffiò in un ringhio basso.

Si sentiva un animale spaventato, braccato.

“Claire.” Rispose Harry riprendendo a mangiare evitando accuratamente di guardare negli occhi il compagno.

“Cosa voleva?” Ancora un sibilo.

“Chiedere una cosa” Rimase vago Harry facendo finta di non accorgersi del tono utilizzato dall’altro.

“Che cosa?” Insistette però Draco.

Draco, fai il geloso?” Domandò a bruciapelo Harry guardandolo negli occhi e stranamente il biondo si trovò un attimo in conflitto.

Quel verde gli fece sciogliere il cuore ricordandogli che era da tanto tanto tempo che non si guardavano negli occhi.

Grigio contro verde.

Però quel verde gli fece arrivare anche un brivido che corse lungo la spina dorsale ... gli si rizzarono i peli sulla schiena.

Quello non era il suo Harry.

C'era un non so che di diverso nelle sue iridi.

 

Questo lo fece stare male.

 

“Voglio solo sapere cosa voleva.” Cercò di rispondere più calmo che poté tentando invano di ricomporsi, ma la sua voce tremò ugualmente e le sue mani andarono a torturare il tovagliolo.

Harry ghignò quasi tristemente abbassando la testa e i suoi occhi si offuscarono.

Riprese a mangiare.

 

Prese tempo.

 

“Mi ha chiesto di fare un'ora di straordinari domani.”

Draco ci pensò su, valutò tutte le sfumature di quella frase mentre il verme continuava a strisciare.
“Ma domani sera c'è la cena con la famiglia Weasley.” Sussurrò cercando nello stesso momento di ingoiare quello schifo lasciato sulla gola.

Harry alzò gli occhi al cielo sbuffando.

Sembrava diverso.

 

Il verme gli stava sibilando nell'orecchio che era diverso.

 

“Significa che arriverò più tardi, Draco.”

E Draco non parlò più.

 

Non lo fece per tutta la sera ma questo sembrò non provocare alcuna reazione in suo marito.

Si sedette davanti alla televisione in attesa che anche Harry lo raggiunse.

 

Aveva voglia di fare l'amore.

 

Era molto che non lo facevano, Harry era sempre stanco. Per il lavoro.

Anche Draco lo era. Per la vita.

 

Ma quella sera lo voleva.

 

Voleva distruggere il vermuncolo che continuava a muoversi lasciandogli brividi interni, voleva fargli vedere che Harry era sempre lo stesso.

Solo un po' più stanco.

 

Ma il moro quella sera non si sedette vicino a lui.

 

Il cellulare infernale squillò ancora e il cuore di Draco si contrasse perdendo qualche battito.

Lo sentì pronunciare qualche parola attutita dai muri della loro casa.

Poi si affacciò alla sala dove Draco era compresso tra la pelle del divano beige, lo aveva scelto Harry.

 

Amore?

Quella parola stridette come unghie sulla lavagna.

“I colleghi mi hanno chiesto di andare a bere qualcosa ...” Lasciò la frase in sospeso chiedendo silenziosamente a suo marito di concluderla.

Ma Draco non lo fece.

Lo guardò.

 

E attese.

Se Harry voleva uscire da solo doveva trovare il coraggio di chiederlo.

“Insomma ... sarebbe già la seconda volta che gli dico di no …”

Ancora quella frase in sospeso.

E Draco portò di nuovo i suoi occhi a guardare le immagini colorate e mute della televisione davanti a lui cercando di tenere a bada il verme che lo stava punzecchiando con la sua coda appuntita.

 

“Draco mi stai ascoltando?” Chiese Harry, la sua voce di un’ottava più alta.

Si stava per arrabbiare. Oh ma Draco non glielo avrebbe lasciato fare per nulla al mondo: arrabbiarsi, uscire di casa e sbattere la porta. No. Troppo facile.

“Esci allora, amore?” La voce risultò un po' troppo frivola ma non gli importò.

“Sì.” Sbuffò.

“Dova vai?”

“Non lo so.” Poi sembrò tentennare.

Draco lo sentì deglutire, o meglio, lo immaginò.

“Vuoi venire anche tu?” Chiese, ma ci mise un secondo di troppo e Draco intuì immediatamente l'incertezza in quella frase.

 

Lo stava dicendo più per dovere che per piacere.

E Draco fu tentato di dirgli di sì.

 

Ma non lo fece.

 

Aveva voglia di piangere.

 

 

 

 

 

continua...

 

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Capitolo 2
*** Un cellulare per scoprirti. ***



 

2- UN CELLULARE PER SCOPRIRTI.

 

La sera dopo si rese immediatamente conto che erano circa ventiquattro ore che non parlava con Harry. Era rientrato verso le tre di notte, il suo passo era felpato ma nello stesso tempo un po' pesante.

Lo aveva sentito sbuffare mentre si svestiva.

Poi il calore della sua pelle aveva raggiunto quella di Draco che, dopo essere rimasto sveglio tutta la notte, finalmente si era rilassato e si era addormentato immediatamente registrando solo distrattamente l'odore di alcool dell'alito di Harry.

La mattina Harry era andato a lavorare senza svegliarlo, neppure un bacio. Quel verme non fece altro che ricordarglielo per tutto il giorno.

 

A tavola con Hermione e Ron si trovò un po' a disagio.

I loro rapporti erano migliorati di parecchio; poteva tranquillamente definirli suoi amici però se ci fosse stato Harry sarebbe andata meglio, perché quella sera Draco era incazzato nero.

Suo marito era già in ritardo di due ore e mezza.

 

“Chiamalo.” Gli uscì come un comando rivolto alla ragazza che lo guardò perplessa.

“Avevi detto che …” Iniziò lei guardandolo di sottecchi e corrucciando le sopracciglia.

“Avevo detto che non volevo che lo chiamassi con quell'aggeggio, ma ora chiamalo e prega Merlino che ti risponda un medico che dica che il vostro amico è in coma.”

Quella frase gli uscì così amara che una smorfia gli si disegnò sul viso.

“Malfoy!” Ringhiò in avvertimento Ron, ma si interruppe subito perché gli occhi di Draco si velarono di una profonda tristezza.

 

“Sta arrivando, l'hanno trattenuto a lavoro.” Lo avvisò l'amica tornando in cucina e nascondendo un brivido che le stava attraversando l'intero corpo.

Aveva avuto un brutto presentimento.

“Sì certo.” Aveva sbuffato Draco con pesante sarcasmo.

“Draco è solo stressato. Ha cominciato da poco, dovrà pure fare amicizia” Lo riprese dolcemente la ragazza facendogli un sorriso incoraggiante.

“Amicizia.” Aveva però sbottato il ragazzo.

 

Quando Harry arrivò fu chiaro a tutti che non era stato a lavoro.

 

E la sensazione di essere stato tradito si intensificò e diventò certezza.

Draco era certo di essere stato tradito.

Lo leggeva nei movimenti di suo marito, strani e freddi.

Nelle parole che sembravano distaccate e prive di amore.

Nel bacio a fior di labbra che gli aveva riservato e Draco aveva aspirato un po' il suo odore ed era diverso.

La certezza del tradimento lo colpì come una pluffa durante un incontro di Quidditch.

Faceva male.

E il verme stava crescendo spappolandogli l'interiora e Draco lo sentì ridere beffandosi di lui.

 

Quella sera fecero l'amore.

 

Draco ne aveva bisogno.

Harry lo accontentò.

 

Lo prese intrecciando le dita tra le sue, accarezzandogli il volto e i capelli.

Coccolandolo e baciandolo.

E finalmente l'odore tornò ad essere quello di sempre. L’odore di Harry.

 

Quando la stanza fu satura dell’odore dolce di amore, sperma e sudore.

Draco si addormentò con un peso nel cuore ma una certezza in testa.

Avrebbe fatto di tutto per riconquistarlo.

 

Si accorse troppo presto che tra il dire e il fare c'è di mezzo il mare.

 

Harry continuava ad essere strano: non gli versava più da bere mentre cenavano.

La sera non si accoccolava più vicino a lui posandogli un braccio sulle spalle e stringendoselo addosso con fare protettivo.

Non gli lasciava più dolci baci sulla testa.

E piano piano, giorno dopo giorno, non fecero più l'amore.

 

Quel cellulare era sempre nelle mani di Harry.

Come una bacchetta pronta a lanciare contro chiunque la sua maledizione.

E sul loro amore l'aveva già lanciata.

 

 

 

Era la terza sera che Harry diceva a Draco che forse avrebbe fatto tardi e di non aspettarlo per cenare, perché aveva bisogno di fare gli straordinari.

Ma quale bisogno. Loro erano ricchi.

Solo Draco avrebbe potuto mantenere diverse famiglie con i suoi investimenti per diverse generazioni.

E Harry era altrettanto ricco, ma aveva espresso il desiderio di lavorare e così aveva iniziato in un ufficio babbano nel centro di Londra.

E ora … ora lo stava tradendo, dopo anni di matrimonio.

 

E forse fu per colpa di qualche film di serie b babbano che gli venne l'idea.

Un cliché.

Appena prima delle sei, l'orario in cui suo marito finiva di lavorare, andò da Hermione.

“Ho bisogno del cellulare.” Le disse semplicemente e lei aggrottò le sopracciglia, non aveva capito perché un Malfoy biondo e scarmigliato ma assolutamente composto gli stava chiedendo il cellulare. Una cosa babbana.

“Come?”
“Devo chiamare l'ufficio di Harry.” Gli disse ma la sua voce si incrinò e la sua mano vibrò nell'aria mentre era tesa in attesa del cellulare.

La ragazza giustamente si preoccupò.

“È tutto a posto?”

“Devo solo chiamare, ti vuoi sbrigare Granger?” L'apostrofò.

Era cattivo.

Hermione non ci badò e gli passò il cellulare pronto per effettuare la chiamata.

“Premi il pulsante verde per chiamare è già impostato sul numero di Harry.” Gli spiegò dolcemente. Aveva capito cosa voleva fare e un po' tremava anche a lei.

 

“No. Voglio chiamare in ufficio, non Harry.” Le disse.

E non c'era bisogno di spiegare il perché. Semplicemente lei si riprese il cellulare e fece il numero dell'ufficio premette il verde tremando appena e aspettò che squillasse una volta prima di passarglielo.

“Sta chiamando.” Lo avvisò con voce atona.

Aveva paura. E tra sé incrociò le dita sperando che Harry fosse effettivamente ancora a lavoro. Il suo turno era finito da almeno dieci minuti.

 

Draco cercò di calmarsi mentre guardava le mani della Granger che si torturavano l'una con l'altra. Ma il suo cuore batteva così forte nelle orecchie che aveva paura di non riuscire a sentire quando avrebbero risposto dall'altro capo del telefono.

 

Stette in apnea.

 

In ascolto del lieve rumore che quel verme stava facendo dentro al suo stomaco.

 

“Pronto Ufficio Martini & Co. Come posso esserle utile?”

“S-salve.” La sua voce stava miseramente facendo cilecca.

Si ricompose un po' cercando di calmare il suo cuore.

“Cercavo il Signor Mal-Potter.” Si riprese immediatamente ricordando che nel mondo babbano lui era Harry Potter e non Harry Malfoy Potter perché loro nel mondo babbano non erano sposati.

E Draco si incupì al pensiero che quell'anello al dito ce l'aveva solo lui e ora gli stava stretto.

Gli si sarebbe gonfiato il dito pensò distrattamente mentre se lo guardava e il cuore continuava a martellare nel petto.

 

Poi la segretaria parlò e lo fece velocemente con una voce professionale e Draco ebbe voglia di spaccarle la faccia.

“Mi dispiace il Signor Potter non c'è.” Gli comunicò zuccherosa.

“E- e quando posso trovarlo?” La voce gli risalì dal fondo della gola mentre il vermicello dentro lui cantava vittoria.

Aveva avuto ragione. E ora lo sentiva marciare contento.

Una marcia lugubre.

 

Saltava e si dimenava così tanto che Draco pensò di svenire in quello stesso istante.

E i suoi occhi argentei incrociarono un attimo quelli nocciola che lo stavano guardando spaventati e allora notò le dita incrociate e sorrise leggermente.

 

“Lunedì signore. Il signor Potter, Harry Potter …” Ricalcò e quel nome risuonò gelido nella sua testa. “è in ferie da tre giorni”.

Rimase così accigliato che il suo cuore si contrasse e fece un male cane.

Il sangue vorticò su se stesso per un attimo.

Persino il vermicello aveva smesso di cantare vittoria e si fermò impensierito.

Non se lo aspettava.

Draco sentì il suo viscidume colargli lungo alla gola e andarsi a posare in un angolino provocandogli una fitta dolorosa al petto.

 

Non rispose più a quella inutile babbana che con la sua voce zuccherosa gli aveva fatto venire il diabete.

 

La sentì solo distrattamente chiedere

“C'è ancora signore? È ancora in linea?”

 

Poi il suo cervello iniziò a lavorare da solo e per uno spiacevolissimo secondo Draco sentì il verme entrargli in testa e usare la sua bocca per parlare.

Perché, si sa, il verme della gelosia è sadico.

 

“Mi scusi, c'è per caso la signorina Claire? Non ricordo il cognome ...” Cercò d’improvvisare.

Al massimo, si disse, avrebbe interrotto la comunicazione.

“Claire Wilson?” Domandò la ragazza ancora con quel tono dolciastro e professionale.

“S-sì?”

E si accigliò pensando che quella maledetta aveva anche un cognome. E ora sembrava reale.

La donna dall'altra parte della cornetta rise. Civettuola.

 

“Non è il suo giorno fortunato, signore.” Scherzò lei e Draco la odiò un po' di più. “Anche Claire è in ferie, però posso lasciarle un messaggio.”
“No. No. Lasci stare. Arrivederci.” Mormorò Draco così piano che forse non lo aveva neppure sentito.

 

Cadde in ginocchio con lo sguardo fisso nel vuoto.

 

Hermione gli fu accanto in un baleno cercando di sorreggerlo.

 

 

 

 

continua...

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Capitolo 3
*** Un cellulare per farmi mentire. ***


3-UN CELLULARE PER FARMI MENTIRE.

 

Passò una buona mezz'ora prima che iniziasse a sentire il dolore alle ginocchia, sembravano essere diventate quadrate per sopportare il suo peso sul pavimento.

Eppure Draco si sentiva così leggero.

Poi il cuore scalpitò e gli ricordò che non poteva stare per sempre lì, su quella linea sottile tra star bene e star male.

 

Si alzò con i pugni chiusi stretti in una morsa letale.

Si girò guardando duramente l'amica che invece gli stava riservando un'occhiata preoccupata e dispiaciuta.

“Devi trovarlo.” Lo disse con così tanta convinzione che Hermione per un momento pensò di poterlo accontentare.

“Non posso Draco.” Bisbigliò dispiaciuta.

“Lo sai fare Granger, ti ho visto farlo una volta per cercare Rose. Ti prego fallo per me. Adesso.”

Era una preghiera così profonda che faceva male alle orecchie, ma la sua voce era tagliente. In netto contrasto con le lacrime che offuscarono per un momento le sue iridi iniziando a scivolare lentamente sulle guance pallide.

 

“Serve molto tempo …” Iniziò e poi il cellulare squillò e sullo schermò apparve un nome: HARRY.

 

I cuori dei due ragazzi iniziarono a battere furiosamente. Draco passò il cellulare in mano alla Granger come se scottasse.

“Non dirgli niente” Le disse semplicemente.

 

E lei ubbidì.

Rispose preparandosi a parlare con Harry, allegra come sempre per non fargli capire che loro sapevano.

“Herm, ciao.”
“Ciao Harry.” Eppure nella sua voce si sentiva un timbro pieno di rammarico.

“Senti puoi dire a Draco di non aspettarmi alzato stasera?” Le chiese allegro.

Lui.

E la voce della donna si incrinò leggermente.

“C-certo. Cosa gli devo dire?”

“Che sono fuori con dei colleghi, andiamo a bere qualcosa.”
“Oh, bene ... mi fa piacere tu faccia amicizia Harry.” Sussurrò sentendosi soffocare.

“Certo! Grazie Herm. Allora ciao!”

 

La chiamata si chiuse e una lampadina le si accese in testa.

Il destino sembrava contro Harry.

 

“So dov'è.” Sbottò attirando la completa attenzione di Draco che intanto cercava di mantenere a una frequenza decente i suoi respiri.

“Lo sai?”

La ragazza annuì seria sapendo che, appena glielo avrebbe detto, Draco si sarebbe smaterializzato e lo avrebbe raggiunto.

Poi una volta lì … cosa avrebbe fatto Malfoy?

Il Purosangue Malfoy lo avrebbe sicuramente cruciato incurante di trovarsi un posto babbano.

Il Draco Malfoy di Hogwarts lo avrebbe picchiato a sangue e forse Harry se lo sarebbe anche meritato.

Ma questo Draco, quello innamorato, sposato con Harry … cosa avrebbe fatto?

 

“Ho sentito l'usciere salutare. Penso che Harry si trovi in un ristorante vicino alla stazione. L'Artic Blues.”

Draco annuì deglutendo.

Conosceva quel locale. C'erano andati una volta, anni prima, appena sposati.

Quando ancora non esistevano cellulari nella loro vita o lavori babbani e quando ancora non esisteva Claire.

“Mi presti il cellulare?” Domandò in un soffio e Hermione glielo passò.

 

 

Smaterializzarsi vicino a quel locale non fu difficile.

C'era un punto sicuro protetto per i maghi in un vicolo poco distante.

Camminò con le mani in tasca, la testa bassa e il cuore a mille.

Più si avvicinava più sentiva il vermicello dentro a lui irrigidirsi.

La fede al dito strozzava il sangue.

 

Poi ... eccoli lì.

No, non era il giorno fortunato di Harry Potter.

In realtà quello non era il giorno fortunato neppure di Draco Malfoy.

 

Il cuore smise di battere mentre una violenta rassegnazione gli si palesò davanti e si sentì così stanco.

Harry, il suo Harry era seduto in un tavolo ben visibile dalla vetrata che dava sulla strada e Draco lo guardò incurante di poter essere visto.

Guardava i movimenti di quel ragazzo, moro e ben vestito.

Sorrideva ad una donna con i capelli castani e lunghi.

 

Anche lontano e diviso da un vetro Draco poteva vedere nei gesti di Harry l'incertezza e un po' dell'impaccio tipico di Potter.

Si scorgeva l'imbarazzo da come si ravviava i capelli in continuazione, vizio che aveva preso da lui.

Da come piegava e ripiegava il menù, Draco gli avrebbe dato uno schiaffo su una mano e lo avrebbe sgridato.

Gli avrebbe detto di stare più composto e di non ridere troppo forte per non dare spettacolo.

Poi avrebbe guardato i suoi occhi perdere il divertimento e mettere su un leggero broncio e allora in barba a tutte le raccomandazioni si sarebbe alzato e lo avrebbe baciato.

E i suoi occhi avrebbero brillato ancora.

 

Ma davanti a Harry ora non c'era Draco … c'era una donna.

 

E lei rideva come lui. Incurante di trovarsi in un ristorante lussuoso e rinomato. Quelli dove i camerieri ti riempiono il calice in continuazione e ti sorridono ad ogni portata.

Quelli dove il conto lo paga l'uomo con il suo portafoglio in pelle mentre gli sbrilluccica l'orologio costoso dal polsino della camicia firmata.

 

Ma Draco non era lì. Eppure rimase a fissarli per un tempo indefinito.

Fin quando non furono le nove e portata dopo portata, i due amanti mangiarono il dolce.

 

Tortino al cioccolato.

 

Le labbra di Draco, un po' salate, si piegarono in un mezzo sorriso.

Ovvio.

Ora Harry lo spezzerà a metà e prenderà l'impasto immergendolo nel cuore di cioccolato, se lo porterà alle labbra e ne gusterà il sapore mugolando piano e socchiudendo gli occhi che brilleranno completamente appagati.

Poi ne offrirà un pezzo a lui ...

 

Questa volta però lo offrì a lei perché Draco non era lì e si sentì male.

 

Lei lo prese tra le labbra guardandolo maliziosa.

Mentre Draco avrebbe detto di no spiegandogli che preferiva cibarsi di quel dolce dalle sue labbra e Harry avrebbe sorriso. E lui viveva del suo sorriso.

Ma lei lo mangiò e lui sorrise ugualmente.

E si rattristò quando vide le loro mani intrecciate sul tavolo e niente cellulare vicino a loro.

 

Guardò quell'aggeggio babbano tra le sue mani, lo stava stritolando all'interno del palmo.

Premette il pulsante verde due volte, così come gli aveva spiegato Hermione e se lo portò all'orecchio.

Attese.

 

Attese guardando il ragazzo dentro al ristorante tirare fuori il cellulare dalla tasca del giacchetto e guardare lo schermo con le sopracciglia corrucciate perché non si aspettava la chiamata dell'amica a quell'ora di sera; chissà se gli passò per la testa che poteva essere successo qualcosa a suo marito.

 

Allora Potter fece cenno alla donna davanti a lui di attendere un attimo e si portò quell'affare all'orecchio e Draco sentì la sua voce.

 

“Hermione?” Stava chiamando dall'altra parte della cornetta e la sua voce fece maledettamente male.

“Harry.” Gli uscì una preghiera rauca.

“Draco?” Il moro si accigliò. “Dimmi. È successo qualcosa a Hermione? Perché mi chiami con il suo cellulare?” Fece così tante domande che Draco si sentì un attimo disorientato.

“No. Me … me l'ha prestato.” Bisbigliò.

“Ah ok. Te l'ha detto che torno tardi?” Domandò immediatamente Harry.

E Draco si chiese se Claire lo sapeva che a casa aveva un marito ad aspettarlo.

 

“Sì. Sì. D-dove sei?” Si maledì per non riuscire a controllare la voce.

“In un ristorante.” Tagliò corto Harry. “Mi hai chiamato per dirmi qualcosa?”

E Draco si sentì morire da tanta freddezza.

 

“Volevo sapere d-dove sei e con chi sei.” Sussurrò Draco sentendosi un po' un bambino capriccioso lasciato a casa dalla mamma.

“Draco, ne parliamo domani ok?” Rimase vago ancora Harry.

 

E Draco a momenti lo supplicò di allontanarsi da lì, di andare via da quella donna. Di non innamorarsi. Di non baciare quella donna. Di tornare a casa. Nella loro casa. Con suo marito. E di fare l'amore con lui. Per sempre.

 

Ma non gli disse niente di tutto questo.

 

“Ok.” Soffiò piano.

 

E li guardò mentre Harry pagava il conto e prima che la sua mente potesse recepirlo i due erano già fuori dal locale mano nella mano.

 

Harry non aveva visto suo marito. Non lo aveva visto perché non si aspettava certo di trovarlo lì.

Eppure Draco era lì.

Mortalmente ferito.

Ma ancora Harry non lo stava guardando.

 

Stava parlando di chissaché e poi Harry girò quella donna e la agganciò per i fianchi e la baciò.

E Draco era lì e lui non lo aveva visto.

 

Ma Draco non era più sicuro di essere visibile.

 

Stava così male che si toccò il petto all'altezza del cuore.

Era certo di trovarci uno squarcio invece ci trovò solo la furia del sangue che batteva imperterrito contro le pareti di quel muscolo che il verme stava mangiando da dentro.

 

E faceva male.

 

Poi i due si staccarono guardandosi negli occhi e quelli verdi di Harry luccicarono per un momento quando una macchina illuminò i due amanti.

Illuminò anche Draco che ora sanguinava, ne era certo.

Gli stava sanguinando il cuore.

E sicuramente piangeva.

 

E Harry lo vide.

 

Poté leggere lo stupore sul suo viso ora teso.

Poté leggere la vergogna risalirgli lungo le braccia che lo portò a staccare le dita da quelle della ragazza.

Nessuno parlò.

 

Ma Harry vide le dita diafane di Draco giocare insistentemente con la fede al dito.

 

E si sentì nudo.

E si sentì male.

 

Draco ci penso e ripensò.

Ma non c'erano domande giuste da fare.

Né risposte da voler sentire.

Eppure qualcosa doveva fare.

Ma stava male.

 

La fede stringeva e lui stava male.

Sanguinava, il sangue gli fluiva via dal corpo velocemente.

 

 

Fu Harry a parlare per primo, disse semplicemente: “Draco.”

E le labbra sottili di Draco si piegarono verso il basso.

La fede stringeva ancora e ... e se la tolse.

 

La lasciò cadere godendosi il rumore dell'oro sull'asfalto. Un tintinnio dopo l'altro fin quando non si fermò e Draco la guardò fermarsi e segnare la fine di un amore.

Si girò e scappò via.

 

I passi echeggiavano nel vicolo scuro, buio.

La voce di Harry gli arrivò lontana intimandogli di fermarsi.

Ma Draco correva così forte che il cuore gli stava esplodendo, ma sempre meglio del dolore che stava provando.

“Asp …”


Furono le ultime sillabe che sentì prima di smaterializzarsi e trovarsi a casa.

Nonostante tutto il primo luogo che gli venne in mente fu proprio quello ... casa loro.

Ma ora sembrava brutta, buia e fredda.

Le lacrime scendevano rigandogli il viso di acqua salata ma non se ne curava.

Lanciò via la bacchetta.

Sapeva che se Harry fosse tornato lo avrebbe attaccato da bravo Serpeverde ferito. Aveva paura di fargli del male e nonostante tutto il male che gli stava facendo, non voleva.

 

“Draco …”

Harry si smaterializzò in mezzo al soggiorno di casa loro, si guardò attorno con attenzione e il suo petto si abbassava e si alzava ad un ritmo troppo veloce.

“Draco!” Chiamò ancora a voce alta.

Salì le scale in fretta e furia, si precipitò in camera loro e lo vide accucciato in un angolo. Vicino a lui c'era una camicia di Harry.

In realtà le sue cose erano sparse per tutta la stanza.

 

“Va’ via.Potter.” Lo avvertì in tono grave.

“Draco.” Ripeté Harry, forse non sapeva cos'altro dire.

“Vai via prima che ti ammazzi.” Gli gridò e vide Harry portarsi la mano alla tasca dove teneva la bacchetta.

Consapevole di quanto un Malfoy incazzato fosse pericoloso.

 

“Forza Potter colpisci.” Gli urlò contro alzandosi bruscamente e avvicinandosi a Harry.

“Draco, ascolta …” Lo pregò il ragazzo portando le mani in avanti.

“Da quanto Harry? Da quanto? Cazzo!”

Si portò le mani nei capelli tirandoli e pregando tra sé e sé che fosse solo un orribile sogno.

“Draco …”
“Draco. Draco. Draco. Non sai dire nient'altro? Ti ho fatto una dannatissima domanda cazzo. Rispondi!” Gli urlò contro.

 

E gli occhi di Harry si velarono di lacrime e per un momento sembrò lo stesso di sempre.

Il ragazzo buono che si prendeva cura di suo marito.

L'uomo tutto d'un pezzo, sicuro e impacciato nello stesso tempo.

 

Lo vide passarsi la lingua sulle labbra e Draco immaginò che li ci fosse un altro sapore ora, fece un bel respiro e poi le sue parole gli arrivarono lontane.

“Qualche mese”

Un soffio leggero come la brezza estiva ma maledettamente doloroso.

 

Draco strinse la mascella per non piangere, non più di così almeno.

“Ci sei andato a letto?” Domandò guardandolo negli occhi ma lui non rispose e Draco avrebbe tanto voluto dargli un pugno.

“Draco …” Ripeté ancora lui.

 

E il biondo gli diede uno schiaffo.

 

Ascoltò il rumore del palmo contro la pelle e restò a guardare il suo volto girarsi per il colpo.

Quando Harry si voltò lui gliene diede un altro. E poi un altro ancora.

 

Fin quando Harry non lo afferrò per le braccia tenendolo ben stretto, così forte che forse gli avrebbe lasciato i lividi.

“Non piangere. Ti prego Draco … tutto ma non piangere.” Gli sussurrò vicino al volto mentre contava le lacrime scendere lungo il viso una dopo l'altra.

 

“Ci sei andato a letto?” Ripeté lentamente.

“Mi dispiace amore. Mi dispiace. Ho fatto una cazzata. Ti prego …”

Anche Harry piangeva.

 

Guardare il volto di Draco così deluso e triste gli aveva fatto aprire gli occhi e gli aveva spezzato il cuore.

Portò le mani al volto pallido e bagnato lasciandogli le braccia e gli accarezzò le guance.

“Non piangere, ti prego.” Continuò a sussurrargli.

Ma Draco non lo ascoltava.

Ascoltava il verme nel suo stomaco che lo stava uccidendo spargendo in giro un bel po' di viscidume.

 

Harry non lo baciò sulle labbra, sapeva che suo marito non avrebbe voluto.

Gli baciò la fronte, gli zigomi e il mento.

Gli baciò le palpebre e si curò di ogni lacrima.

Respirando il suo odore e si rese conto che era di quello che aveva bisogno.

 

“Lasciami.” Soffiò a un millimetro dalle labbra di Harry.

E appena si staccò quel tanto da non coinvolgerlo nell'incantesimo, Draco sparì insieme al suo verme che si contorceva divertito.

 

 

continua...

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Capitolo 4
*** Dieci lettere per farmi amare ***


angolino: eccoci arrivati alla fine di questa piccola storiella... magari alcuni di voi non avrebbero fatto ciò che farà Draco in questo capitolo.. chissà. Se vorrete farmi sapere cosa ne pensate sarò contenta! ^^
un bacione. Pam.


4-DIECI
LETTERE PER FARMI AMARE.

 

Passarono svariati giorni.

Quindici per la precisione e Harry era ancora solo in casa. Niente Draco.

Aveva litigato con Hermione che gli aveva fatto una sfuriata come poche e poi con Ron.

Si era preso un pugno da Blaise e uno schiaffo da Pansy.

Ma nessuno gli aveva ancora detto dove si era cacciato Draco.

Eppure Harry sapeva che tutti loro lo sapevano. Aveva percorso in lungo e in largo le loro case. Stanza per stanza.

Eppure niente.

 

Aveva bisogno di parlarci. Di spiegare. Di farsi perdonare.

Aveva bisogno di guardare i suoi occhi grigi ed assicurarsi che non piangesse più.

Aveva bisogno di sapere che non era ancora finita.

Eppure Draco non c'era. E non si era fatto sentire.

 

Le loro fedi brillavano entrambe all'indice di Harry.

Brillavano gongolando ignare del dolore che stava avvolgendo Harry come un serpente. Il verme dei sensi di colpa lo stava divorando dentro e rilasciava il suo liquido acidulo per tutto lo stomaco.

 

Harry aveva raccolto la fede di suo marito fuori dal ristorante e l'aveva messa vicino alla sua.

Sperando.

Harry stava sperando.

 

Inutile dire che aveva lasciato immediatamente il lavoro.

Claire era stata solo uno sbaglio, se ne era reso conto immediatamente quando aveva visto il volto deluso di suo marito fuori dal ristorante. Quando aveva avuto davanti il viso triste e bagnato del suo amore, gli occhi piangere mercurio liquido, lacrime che raramente aveva versato.

Si era sentito morire.

 

Harry aveva paura.

 

Paura di quel silenzio omertoso dei suoi amici.

Paura di quell'assenza ... paura di Draco.

 

Avrebbe voluto che suo marito fosse li a picchiarlo, a insultarlo, a combattere e duellare con lui; tutto pur di avere un qualche segno.

Aveva bisogno di un segno per poter farsi perdonare.

 

Passarono altri quindici giorni.

Un mese in tutto.

E il verme era sempre lì, più grande che mai. Era ingrassato nutrendosi dei sensi di colpa di Harry che lo tenevano sveglio la notte e gli impedivano di mangiare.

Si divertiva a punzecchiarlo nei momenti meno opportuni.

E lo faceva sentire male.

 

Un mese di solitudine che Harry aveva affrontato tristemente. Consapevole al mattino di alzarsi senza voglia, consapevole che tutte le suppliche ai suoi amici di dirgli dove e come riprendere Draco non lo avrebbe portato da nessuna parte.

 

Poi Hermione gli passò un biglietto.

“Fai del tuo meglio”.

Sopra c'era scritto un indirizzo.

 

E a Harry tornò a battere il cuore e l'aria tornò a circolare nei polmoni.

 

Si ritrovò da un fioraio, felice e allo stesso tempo spaventato.

Immaginava ciò che avrebbe dovuto affrontare, ma lo avrebbe fatto. Per loro.

 

Bussare davanti alla porta di quell'appartamento fu duro.

Quel vermiciattolo ora gigante se la rideva di gran gusto.

 

Il cuore continuava a martellare imperterrito dentro la cassa toracica ricordandogli che era vivo.

“Chi è?” Domandò la voce di Draco al di la di quell'inutile pezzo di legno bianco.

 

“Harry.” Bisbigliò poggiando una mano sulla porta di legno. “Sono io, Harry. Draco ti prego aprimi!” Disse più forte.

Ma dall'interno non venne alcun rumore.

“Ti prego aprimi.” Bussò ancora.

Aveva sentito la sua voce e ora aveva bisogno di sentirla ancora.

Nutrirsi di quel suono.

 

E bussò ancora e poi ancora e ancora e ancora fin quando le nocche iniziarono ad arrossarsi.

“Draco apri maledizione. O giuro che la tiro giù questa porta. Lo sai che lo faccio.” Lo minacciò.

Aveva voglia di vederlo. Bisogno di una qualsiasi reazione, non il nulla assoluto.

“Vai via Potter.”

E Harry un po' rise perché quella voce gli fece ricordare chi era davvero Malfoy e lui voleva tornasse a combattere.

“No! Aprimi” Disse ancora.

“Vattene.”
“La butto giù questa a maledetta porta se non mi fai entrare.” Minacciò ancora Harry ma la sua voce era piatta, un po' incrinata a dir la verità.

Non lo avrebbe fatto davvero. Voleva che Draco lo facesse entrare di sua spontanea volontà. A cosa sarebbe servito altrimenti entrare con la forza per poi non riuscire a farsi ascoltare?

 

“Vattene.” Ripeté ancora Draco ma in realtà si era avvicinato alla porta e ora poggiava una mano sul legno bianco inconsapevole che al di là, proprio nello stesso punto, c'era quella di Harry.

 

“Ti prego Draco. Ho fatto una cazzata. Un'enorme cazzata ... non so perché. Ma ti prego. Dammi la possibilità di rimediare io … io ti amo Draco.” Sussurrò alla fine con il cuore in mano.

Il mazzo di fiori ormai era quasi appassito, lasciato cadere miseramente a terra.

 

Quelle parole colpirono il biondo in pieno petto, proprio all'altezza del cuore. Non poté fare a meno di piangere, ancora.

“Vattene Harry. Vai via.” Riuscì a dire, le parole che bruciavano in gola mentre il suo verme le pronunciava.

 

E poi non sentì più niente.

Harry andò via lasciando il suo cuore e i fiori sul tappetino che diceva “WELCOME” in quell'appartamento che era solo di Draco. Non si sentiva benvenuto.

Ma non si sarebbe arreso.

 

Il giorno dopo aveva un obbiettivo: riconquistare il cuore di suo marito.

La prima cosa che fece quella mattina fu andare in pasticceria e ordinare i cioccolatini preferiti del suo compagno. Cioccolato e lamponi.

Li fece incartare per bene e poi glieli fece recapitare insieme ad un altro mazzo di fiori.

E una lettera:

 

Caro Draco,

ti scrivo perché spero così di avere almeno una possibilità di essere ascoltato.

So che quello che ho fatto è ignobile e meriterei di essere cruciato a vita, ma ti prego almeno di leggere questa lettera fino in fondo senza stracciarla.

Sai amore, sono stato uno sciocco.

Ti confesso che col senno di poi non so dirti perché l'ho fatto, forse ero spaventato dalla nostra routine.

In ogni caso mi sono accorto troppo tardi della cazzata che stavo facendo.

All'inizio lei non era altro che una valvola di sfogo, un'amica con cui parlare. Però io per loro non ero sposato e non ero Harry Potter. Capisci? Io ero solo Harry e a lei piacevo per quello che ero ed era diventata quasi insistente e io le ho dato corda.

Eppure c'era una vocina nella mia testa che mi diceva che non facevo del male a nessuno. Sono stato egoista e mi è piaciuto.

Pensavo di essere davvero felice amore, non te lo nascondo.

Poi ti ho visto, fuori dal ristorante e ci ho rivisti: ho visto il tuo dolore di questi mesi in cui sono stato così cieco e all'improvviso mi è diventato palese.

Hai sofferto Draco e io ne sono la causa e non sai quanto ci sto male.

Ho capito che non sono felice senza di te perché tu per me sei la vita.

Ti prego. Sono solo uno stupido uomo.

Ti prego, Draco. Non so vivere senza di te.

Ho mollato tutto. Tutto. Starò solo con te. Per sempre. Ti prego.

Non ti chiedo di perdonarmi. Lo so che sarà difficile. Ma dammi un'altra possibilità, fammi dimostrare quanto tu sia importante per me. Davvero importante.

Accetta questi cioccolatini. Lo so che sono i tuoi preferiti.

Cioccolato e lampone. Un po' come noi, ti ricordi? Lo dicevamo sempre. Tu sei il lampone, un po' aspro ma delizioso. Macchi. Mi macchi la pelle e il cuore. Sei impresso ormai su di me, Draco. Io sono il cioccolato che non è niente senza te.

A domani amore mio, cercherò di farti felice ogni giorno.

Un bacio.

Con amore, tuo Harry.

 

 

 

Caro amore mio,

non sai che strano è la mattina alzarsi in un letto vuoto senza il tuo calore al mio fianco.

Senza sentire la tua pelle contro la mia e il tuo respiro leggero che riempie l'aria.

Immagino quante volte tu ti sia sentito come mi sento io adesso ... per colpa mia. Ti ho fatto soffrire e ora è giusto che soffra anche io.

Ma ti confesso che mi manchi parecchio. Mi manca il tuo modo di stiracchiarti come un gatto. Di fare le fusa per avere un po' di coccole che poi fai finta di rifiutare sempre indignato.

Oggi per te ho scelto una sciarpa. Seta, verde smeraldo. Il tuo colore preferito. E’ morbida, la senti sotto i polpastrelli? L'hai fatta scivolare tra le dita saggiandone la consistenza? Hai sorriso mentre la chiudevi in un palmo e la passavi dolcemente sul viso?

Spero di sì, perché lo fai sempre.

Socchiudi gli occhi e ti perdi nella morbidezza di quel capo. Mettila al collo Draco.

Copriti perché se ti ammali io non posso curarti. Oh, quanto vorrei essere con te per assicurarmi che tu sia ben coperto e che io sia ben vestito.

Rido pensando a quanto ti arrabbieresti vedendo come sono uscito stamattina di casa.

Ho bisogno di te. Per tutto.

Un bacio.

Con amore. Tuo, per sempre tuo. Harry.

 

 

Caro amore bello,

una radio, forse ce l'hai già ma questa l'ho sintonizzata sulla stazione che ascolto io. Oggi ho ascoltato una canzone, una di quelle che parla di amore e che tu odieresti a morte. Mi diresti di spegnere subito “quella diavoleria babbana”, così la chiameresti.

E io Draco, io cosa farei?

Ti ricordi?

Lo puoi immaginare?

Mi immagini mentre non ti ascolto e ridendo vengo verso te, ti prendo la mano e ti faccio avvicinare al mio petto?

Tu ti divincoleresti per un po' per poi cedere tra le mie braccia e io ti farei ballare dondolando appena, annusando l'odore dei tuoi capelli e dandoti lievi baci lungo il collo, sulla testa, vicino all'orecchio.

Ti assaporerei.

Ti slaccerei la camicia bottone dopo bottone scoprendo piano il tuo petto glabro, passerei le dita su quei capezzoli scuri che si indurirebbero sotto al mio tocco.

Mi senti Draco? Mi senti passare su di te mentre ti bacio con reverenza scendendo fino ad inginocchiarmi e baciare il tuo ombelico perfetto?

Ti tirerei leggermente i peli che formano quella benedetta strada che va al tuo inguine perché so che ti farei un po' di male e tu ti lamenteresti ma nello stesso istante porteresti il bacino verso il mio viso chiedendomi inconsciamente di prenderti in bocca.

Mi vedi Draco?

Ti slaccerei i bottoni dei tuoi pantaloni d'alta classe e guardandoti negli occhi li sfilerei insieme ai boxer.

Poi mi leccherei le labbra fremendo di anticipazione, non vedo l'ora di sentire il tuo sapore squisito dentro la mia bocca.

Le mie papille fremerebbero al primo bacio a labbra aperte sulla punta.

Tu soffieresti.

E io ti leccherei dalla base alla punta saggiando il sapore del liquido che piano piano inizia ad uscire mentre con la mano ti masturbo.

Tu pregheresti.

E io mi lascerei pregare solo per un altro poco. Mi piace sentirti pregare però mi piace di più soddisfarti.

È per questo che a sentirti gemere il mio nome te lo prenderei in bocca tutto di un fiato fino a sfiorarmi la gola e inizierei brutalmente a succhiarti e a leccarti.

Tu grideresti Draco, ti senti mentre lo fai?

Verresti tra le mie labbra. E cercherei di guardare il tuo volto in preda all'orgasmo aspettando con ansia di vedere le tue labbra schiudersi e il formarsi di una piccola rughetta tra le sopracciglia.

Ti assaporerei Draco.

Perché potrò apparire sdolcinato ma tu sei il nettare della mia vita.

Solo tu.

Mi dispiace amore.

Ti amo, Harry.

 

 

 

Caro amore,

ogni mattina mi alzo e penso a te.

Per questo ti ho mandato un altro regalo.

È una cosa stupida che tu forse hai già.

È il tuo shampoo preferito alla camomilla, te l'ho mandato perché mi chiedevo se lo avessi con te. So quanto puoi diventare nervoso quando è finito.

Ne ho fatto una scorta a casa, aspettano te.

Perché tu tornerai vero amore?

Io sto aspettando con loro.

Torna di prego.

Oggi mi manchi più degli altri giorni e mi sento uno stupido per aver fatto quello che ho fatto.

Ti vorrei gridare di non perdonarmi mai, perché non me lo merito. Eppure sono disposto a prostrarmi ai tuoi piedi, a mettermi in ginocchio per farmi perdonare.

Sto piangendo Draco perché ho paura di aver perso tutto quello che di bello avevo. Te.

Ho bisogno del tuo odore al mattino vicino a me.

Ho bisogno del tuo calore, del suono della tua voce e del profumo della tua risata.

Ho bisogno delle tue risposte un po' acide che mi prendono sempre in giro e anche dei tuoi abbracci dolcissimi.

Ho bisogno di stringerti tra le mie braccia e dirti che è tutto a posto, che non me ne andrò mai più, che non sbaglierò mai più.

Non lo farò mai più. È una promessa.

Mi dirai tu che senso ha una mia promessa, visto che ho infranto quella più grande che ho fatto davanti al tuo cuore.

È vero.

Sono stato un bugiardo. E ora me ne pento, Draco.

Non c'è cosa più bella e più giusta che io abbia fatto se non quella di sposarti.

Ti ricordi amore, come eravamo belli? Avevi insistito che entrambi ci vestissimo di bianco, due sposi bellissimi.

Ricordo i tuoi occhi brillare dolcemente davanti all'altare mentre mi guardavi un po' emozionato e io ho versato una lacrima e tu me l'hai asciugata col pollice e mi sono accorto che le tue mani tremavano.

Ricordi che poi le nostre dita si sono intrecciate?

Voglio stare con te amore.

Voglio tornare a casa e baciarti come ho fatto quella volta dopo il nostro matrimonio.

Voglio fare l'amore con te.

Perché Draco, io te lo giuro, l'amore l'ho fatto solo con te.

Sei tu il mio amore.

Con tremendo affetto e amore.

Tuo marito, Harry.

 

 

 

Caro amore mio dolce,

è esattamente la decima lettera che ti mando.

Il decimo giorno da quando sono venuto a bussare alla tua porta chiedendo di entrare. Non l'ho più fatto e spero che tu abbia iniziato a leggere le mie lettere.

Non mi è pervenuta alcuna risposta. Immagino tu abbia scelto di non rispondere anche se confesso che guardo in continuazione la buca delle lettere e fuori alla finestra sperando che un gufo plani dentro casa e mi consegni la tua lettera tanto attesa. Ma temo non arriverà tanto presto ... e ho paura.

Quello che ti ho mandato oggi è un pasticcio di carne, sai, l'ho fatto io. Perché mi sono chiesto se mangi abbastanza.

Ho notato che sei dimagrito parecchio per colpa mia. La mia paura è che sia colpa di ciò che ho combinato. Devi mangiare amore mio, altrimenti poi starai male e io non posso essere li con te a tenerti la mano e a farti guarire.

Mi vorrai ancora Draco?

Sto aspettando una tua risposta, ti prego, amore.

Ho bisogno di te.

Tuo, per sempre.

Harry.

 

 

 

 

Quelle lettere fecero tremare il cuore a Draco.

Ogni singola parola di ogni lettera lo fece piangere fino a quando non ebbe lacrime da versare e ascoltò col cuore e lesse finalmente tutto l'errore e l'amore messo dentro ogni riga da suo marito, Harry.

Ricordava perfettamente il giorno del loro matrimonio, ricordava gli occhi di Harry velati di lacrime di commozione e ricordava il bacio del sì, il primo bacio da uomini sposati.

Pronti a condividere una vita intera.

Ricordava la loro prima volta.

 

Poteva immaginare bene ogni singola mossa di Harry mentre con leggerezza gli baciava il ventre piatto per arrivare al suo pene.

Oh, quella lettera era sicuramente la più calda di tutte. Draco l'aveva letta e riletta.

Sapeva che Harry si era sicuramente toccato scrivendola. E anche lui lo aveva fatto mentre la leggeva.

 

Era arrivato così ad un'unica conclusione.

Gli mancava.

 

Così tanto, così tanto che si smaterializzò immediatamente a casa loro.

Nessun preavviso.

Nessun biglietto.

Una sorpresa.

Ma quando arrivò in salotto non c'era nessuno.

Draco non lo chiamò perché per un momento ebbe paura, il verme della gelosia si mosse un po'. Si avviò a passo leggero in cucina e sorrise.

 

Lo vide.

 

Harry gli dava la schiena aveva il volto tra le mani e una penna e della pergamena vicino a sé.

Stava guardando mesto una infinità di cose appoggiate sul tavolo.

Altre scorte di bottiglie di shampoo, altri cioccolatini, scorse una camicia, un paio di scarpe, una macchinetta per il caffè, vide poi il caffè e capì con una fitta al petto che tutte quelle cose erano regali, per lui.

Harry aveva preparato una miriade di regali da spedirgli giorno dopo giorno per continuare a corteggiarlo e cercare di farsi perdonare.

 

Sorrise.

 

Stava per parlare quando lo sentì singhiozzare.

Harry stava piangendo sommessamente.

Le sue dita erano strette nelle ciocche nere e dondolava nervosamente una gamba.

Lo vide lanciare via la piuma che teneva in mano e stropicciare la carta per buttarla all'indietro. La pallina rotolò verso Draco che la raccolse silenziosamente sentendosi un gatto e la srotolò.

E Harry non lo sentì perché prese a piangere sempre più forte, era più un lamento. Come di una persona che soffre insistentemente.

Un dolore atroce.

Il verme si contorceva ballando la salsa nel suo intestino.

 

Sulla pergamena erano presenti solo due parole, le stesse che poi vennero sussurrate da Harry stesso mentre si premeva le mani sugli occhi.

“Ti prego.”

 

Harry lo stava pregando.

 

 

“Si diventa matti a parlare da soli, Potter.” Disse quella frase con un sorriso.

Non sopportava di vederlo così.

 

Lui si girò immediatamente e il suo cuore iniziò a palpitare facendo difficili capriole all'indietro.

Un sorriso gli si aprì sul volto mentre velocemente gli andava incontro.

Si fermò all'ultimo secondo.

Si guardarono.

 

“Sei tornato.” Bisbigliò Harry.

Draco buttò un'occhiata su tutta la roba sul tavolo e poi riagganciò i suoi occhi a quelli smeraldini.

“Se sapevo che avevi intenzione di mandarmi tutta quella roba, avrei aspettato un altro po'.” Scherzò leggermente.

 

Ma Harry non rise, sorrise con garbo e gli si illuminarono gli occhi.

 

“Ti comprerò tutto quello che vuoi.” Gli assicurò.

“Lo spero, Harry.” Acconsentì Draco.

 

Ma ancora nessuno dei due si mosse. I loro vermi erano in attesa di esplodere.

 

“Sono stato uno stupido.”
“Lo sei stato.” Annuì Malfoy con un mezzo sorriso.

“Ignobile.” Si auto accusò Harry.

“Bastardo.” Gli fece eco ancora il biondino.
“Egoista.” Ripeté Harry e Draco sentì il vermicello contrarsi nel suo stomaco in completo accordo. “Bugiardo.” Gli disse.

“Stronzo.” Completò Harry.

“Un verme Harry.” Lo accusò Draco, non sapendo quanto effettivamente avesse colto nel segno.

“Un verme schifoso.” Gli diede ragione lui sorridendo.

 

“Baciami.” Ordinò.

 

E Harry lo fece.

Le loro labbra si unirono immediatamente in un bacio lento e delicato utilizzato per scoprire di nuovo il sapore dell'altro.

Le labbra vennero risucchiate e bagnate di saliva.

Solo quando i loro sapori iniziarono a confondersi si staccarono per approfondirlo ancora di più. Lingua contro lingua. Mani intrecciate nei capelli che spingevano l'altro sempre più vicino. Non ne avevano mai abbastanza. Si assaporarono e si scoprirono ancora.

Dei graffi rossi e pieni di dolore comparirono sulla schiena sotto le camicie strappate, ma i due ragazzi non se ne curarono.

 

 

Quella notte due uomini si donarono tutto. Donarono loro stessi: l'uno all'altro.

Quella notte due fedi brillarono su due dita diverse.

Quella notte venne suggellato un nuovo patto d'amore.

Quella notte due vermicelli scapparono dalla finestra, silenziosi e veloci così come erano arrivati, senza lasciar traccia.

Avevano finito il loro compito.

Ed era tempo di andare.




n.d.A
Vi invito a leggere anche il seguito, scritto a quattro mani con Ladyriddle, si intitola Ritrovarsi!

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