From future, with love

di Bruiburiburi
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Narcolessia ***
Capitolo 2: *** conoscenze ***
Capitolo 3: *** pianificando ***
Capitolo 4: *** old bastard ***
Capitolo 5: *** Il limbo ***



Capitolo 1
*** Narcolessia ***


Welcome! ultimi avvisi dopo aver scritto tutto nella trama: ci buttero' dentro tanta tanta ironia, ma la storia c'e! gli accenti sono segnati con l'apostrofo per un motivo semplice, non mi fungono dei tasti. Per il resto ecco a voi, Enjoi it! 

"Listen to my story...this, may be our last" -Final Fantasy X cit.

Ragazzi, la narcolessia e' un problema serio...e difatti e' proprio da un eccesso di sonno che comincia la mia storia..

Erano le 11 e 30 di un mattino uggioso e caldo. Mi ero risvegliata da appena qualche minuto, e seppure mi fossi forzata a vestirmi e sistemarmi un minimo, mi ritrovai a fare orario, annoiata, distesa mollemente sui cuscini morbidi del divano. Quando sentii gli occhi cominciare a sbarrarsi leggermente mi stupii. Ma come accidenti si fa a crollare come stoccafissi su un divano, dopo una notte di lungo e appagante sonno?! non ci potevo credere. Presi a lottare contro il mio corpo intorpidito, ma me ne ero accorta troppo tardi. Le mie sensazioni presero a svanire, e io fui risucchiata nel mondo dei sogni, mentre con un ultimo lampo di coscenza mi maledicevo. Poi accadde quello che spesso accade appena chiusi gli occhi. Mi sentii cadere, precipitare giu velocemente. Mi preparai a ridestarmi dopo aver assestato qualche sonora pedata da qualche parte...ma cosi' non fu. La sensazione non si fermo' finche', con un botto neanche troppo indifferente, sentii il mio corpo impattare contro il suolo. Per un po, mantenni gli occhi chiusi, vagamente spaventata. Tastai con le mani attorno a me e avvertii che ero posata su un suolo polveroso. Aprii gli occhi. Davanti a me si staglio' un cielo blu, terso e meravigliosamente limpido. 
Spettacolo magnifico..certo...ma dove accidenti ero finita?! Mi accigliai. Purtroppo il mio cervello non ebbe il tempo di porsi altre domande. Un urlo beluino squarcio' l'aria e io scattai. Posai i gomiti, issandomi un minimo e guardando davanti a me. Un gruppetto sparuto di uomini (circa 4 o 5), bardati da battaglia, con armature e spade sguainate mi correvano incontro. < Ma che diavolo..?! > esclamai, cominciando seriamente a preoccuparmi per la mia salute mentale. Spaesata, per un istante non mi mossi, finche' uno di loro, giunto vicinissimo a me non alzo' la spada, pronto a sferrare un fendente. 
< Occrist.. > feci appena in tempo a rotolare di lato, per poi piazzare i miei occhi sgranati sulla punta dell'arma, piantata a terra dove neanche mezzo istante prima stavo io. 
Ok. Ok, qualcosa non stava andando. Il gruppetto si riinfolti' di nuovi uomini e l'attimo di calma non duro' che mezzo secondo. Un altro energumeno aveva preso a corrermi incontro. Provai ad issarmi, mettendomi a sedere e indietreggiando, ma l'altro era troppo veloce ed io incespicai, senza riuscire ad alzarmi. La lama della spada luccico' al sole, alta e pronta a colpire. La vidi calare e, voltando il capo, piazzai il braccio tra l'arma e il mio viso, in un tentativo totalmente inutile e disperato di difendermi. Ma prima che l'uomo potesse colpirmi un bastone si piazzo' al centro esatto del suo petto, sbalzandolo via, e poco dopo un say volo' e si pianto' nel petto di un secondo uomo, alle sue spalle. Spalancai di nuovo gli occhi, ma non ebbi il tempo di guardarmi attorno, una specie di bolide biondo si fiondo' in avanti, all'attacco. E poi. Bhe, e poi fu un'attimo. 
Il mio sguardo si soffermo' sulla mia "salvatrice". 
Se non ero morta infilzata ci manco' davvero, davvero poco che non morissi di infarto. Io quella donna la conoscevo, per l'appunto la conosceva mezzo mondo.
Quella era Olimpia. E io ero pazza. 
Non c'era altra soluzione, e se fino a quel momento mi ero gia pizzicata furtivamente un paio di volte, nel vano tentativo di svegliarmi, dopo tale avvenimento, mi mollai uno sberlone sulla coscia. Ma non funziono'. Lo shock fu tanto che non mi resi conto del bordello che mi stava vorticando attorno. Quando mi ripresi gli uomini erano diventati un'armata. 
< Va via da li!! > la voce della bionda mi riscosse, e io, scuotendo la testa come un cane che scrolla le orecchie bagnate, mi alzai, indietreggiando. Un'altro uomo era al suo fianco ma faceva piu danni che altro. Mi rifiutai di guardarlo oltre, sicura che l'avrei riconosciuto, e che lo shock mi avrebbe spezzato definitivamente le gambe. 
Ma ad un tratto realizzai: Gli uomini erano ormai un muro compatto e per quanto Olimpia fosse maledettamente forte, non riusciva piu a seguire tutti. Fu ferita, anche se lievemente, e subito dopo venne sbalzata via da un brutto calcio. Io sentii i muscoli tendersi, istintivi, ma a forze non avrei avuto chances contro di loro. Poi in un lampo un'idea mi dardeggio' in testa. 
Mi tastai la tasca. Bingo! il telefono era stato trascinato con me in quel posto. Sbloccai e ribloccai il telefono notando che grazie al cielo anche se doveva essere completamente inutile si accendeva ancora. Dunque scattai in avanti, superai Olimpia che a fatica si rialzava e mi piazzai davanti a lei estraendo il cellulare e tenendolo rivolto verso l'alto lo puntai verso gli uomini, stringendolo forte in mano. 
< Fermi li! non fate un altro passo > dissi, la voce piu ferma possibile. Quelli, che gia erano sembrati straniti dai miei vestiti, dai miei jeans, la mia maglia e le converse sportive dalla suola in gomma, non parvero azzardarsi a rischiare. Dovevano pensare che quella era davvero una straniera stramboide. E dovevo dire che su stramboide non ero neanche totalmente disposta a dargli torto. Li vidi guardare il mio telefono con sospetto. Presi coraggio a bracciate, anzi a secchiate, anzi a imbarcate. < Questo e' un dispositivo innovativo, collegato a un ordigno, capace di farvi saltare tutti in aria. Vi avviso, fate un altro passo e vi stermino >  era perfino divertente trovarsi a fare la strafiga e la dura cosi', mi ritrovai a pensare, ma quando scovai un angolino di coscenza impegnata a pregare ogni santo disponibile e non perche' ci cascassero, mi ricordai di abbassare un minimo la cresta almeno internamente. 
< E' una farsa! > strillo' uno di loro e il vociferare dubbioso si sparse per il resto della truppa. < Ah si? e va bene > con un tocco delicato del dito sbloccai il telefono che si illumino' < Ho attivato il dispositivo, sei davvero pronto a rischiare? io fossi in te modificherei le mie ultime parole, "E' una farsa" non mi sembra troppo adatto, magari saluta tua moglie che so, di che la ami > feci spallucce fingendo noncuranza e sfida. L'ironia strabordante da ogni sillaba, era la mia caratteristica e arma, ed ero sempre stata convinta che se e quando sarei crepata, lo avrei fatto dicendo qualche sana ca**ata. Quelli alla sola vista della luce al led rischiarono l'infarto. In un mondo dove la luce si ha con le fiaccole, dev'evvere tremendo vedere una roba simile, tanto quanto per me vedere Olimpia. Tremarono e cominciarono a strillare spaventati 
< E' un sortilegio! E' una strega! > i complimenti si sprecavano eh. Li guardai piu intensamente e sorrisi, stavolta apertamente con sfida e divertimento.
< Non sono una strega. Io vengo dal futuro>  

Oh, quasi dimenticavo, PS: il mio nome e' Viktoria 
 
 
 

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Capitolo 2
*** conoscenze ***


Allora, premessa, ho riscritto trenta (e non sto esagerando, trenta!) volte questo capitolo, e ogni volta usciva peggio. Dunque mi sono armata di pazienza e appena ho fatto qualcosa di passabile l'ho lasciato cosi. Migliorerà giurin giurello, questo non è il mio standard. Intanto almeno ho risolto il problema degli accenti. Detto ciò vi lascio enjoi :D 



Guardai la schiena anche dell'ultimo soldato fuggire via, lontano, e sospirai forte, chiudendo per un secondo gli occhi, e lasciando cadere il braccio prima teso col telefono in mano.
​Al diavolo, era andata. Gia..al livello fisico era scampata..ora era il momento di affrontare la mia testa.
Mi voltai molto lentamente, con cautela. Olimpia era in piedi, alle mie spalle, e mi guardava. Anzi, a una piu attenta analisi notai che stava guardando il cellulare..con aria allarmata. Mi ricordai del bluff di poco prima e mi affrettati ad alzare le mani in segno di resa
< va ehm..tutto bene..è innoquo, davvero..era un bluff, unafarsa > dissi lo rigirai tra le mani, mostrandolo, e temendo, non riuscendo a convincerla, di trovarmi un say conficcato nel cuore prima di poter dire qualunque cosa.  Olimpia osservò l'oggetto guardinga, ma poi alzò gli occhi su di me, e capì che non stavo mentendo.
< e allora perché..ha fatto quella strana luce? > domandò, senza ancora fidarsi ad avvicinarsi.
< oh ehm perché...bhe non era proprio tutto una farsa, io... > sospirai, posandomi una mano sulla faccia e strizzando forte gli occhi.
< io davvero non provengo da qui > dissi infine
< lo sospettavo, da dove vieni dunque? > domandò, cominciando a farsi meno dubbiosa. Io feci una mezza smorfia
< dal futuro, da un mondo parallelo.. > risposi, fingendo di elencare e facendo spalluce. Olimpia si accigliò < dal futuro o da un mondo parallelo? > domandò, osservandomi inclinando appena il capo, e lasciandosi sfuggire un piccolissimo sorriso alla vista della mia faccia frustrata e confusa.
​< da entrambi temo > conclusi, allargando le braccia e lasciandole poi ricadere in un gesto stanco e arrendevole. La donna doveva essere arrivata alla conclusione che io non rappresentavo un pericolo, perché si avvicinò lentamente, stavolta con una parvenza di sorriso sulle labbra
< come ti chiami? > chiese ancora, curiosa, e forse nel tentativo di sembrare più amichevole. < Mi chiamo Viktoria > risposi, vagamente mesta. 
< piacere allora, io sono.. >
< Olimpia..si, so chi sei > ammisi. Sarei diventata definitivamente pazza a tentare anche di fingere di non conoscerla...e siccome la mia salute mentale era gia pericolosamente vicina al tracollo era meglio non fare scherzi. I suoi occhi verdi si sgranarono appena, ma poi si ricompose 
< aspetta, intendi forse dire che la mia fama mi precede? Quella di poetessa guerriera insomma? > azzardò, cercando la soluzione più logica. 
< No, intendo che so chi sei, conosco le tue avventure da quando hai lasciato Potidea...so tutto di te..e anche di Xena > in realtà avrei preferito non nominare la defunta principessa guerriera, e notai che ne avrei avuto ragione: non conoscevo ne volevo conoscere il dolore che può provocare un say o una spada conficcata nella carne, ma qualunque sensazione donasse parve maledettamente vicina a quella che lessi negli occhi della bionda nel sentire quel nome..seppure lo avessi detto con tutta la cautela possibile. Eppure non durò che un secondo, l'attimo dopo Olimpia mi guardava di nuovo fermamente negli occhi.
< Come è possibile? > domandò ancora. Io la guardai sconfortata < credimi, se ci fosse un modo semplice e efficace per spiegartelo lo userei subito...ma non c'è..fatti bastare che so tutto, almeno ci eviteremo ridicoli convenevoli e risparmierò tempo per capire come accidenti tornare a casa > completai. Mi guardai ancora intorno, come alla ricerca di una via d'uscita a portata di mano e infine sospirai di nuovo.
Olimpia pareva essersi presa del tempo per metabolizzare la cosa. < cosa intendi per tutto? > domandò ancora, non riuscendo a vincere la curiosità. Io smisi di guardarmi attorno e posai di nuovo i miei occhi su di lei
​< intendo tutto, vita morte e miracoli...e la cosa divertente è che in questo caso s'intende letteralmente > feci sarcastica, spostando di nuovo lo sguardo, e facendo riferimento a svariati episodi della sua vita. La donna sembrava sempre più confusa e io inclinai il capo nella sua direzione, guardandola
< fidati di me, non provare a capirci qualcosa, ne usciresti pazza..anzi, faremo a gara a chi uscirebbe pazza per prima > conclusi. Passarono alcuni secondi, ma alla fine parve convincersi. Colmò i pochi passi che ci separavano 
< bhe ad ogni modo, io non so come aiutarti a tornare nel tuo mondo > disse, toccando con cautela un angolo della mia maglia leggera e osservando i miei jeans. < se non puoi aiutarmi tu, non so chi potrebbe farlo, non trovi? Quante probabilità ho di andare a farmi un giro, e trovare un'altra persona che ha praticamente fatto il giro del mondo e discusso con ogni sorta di divinità qui esistente? > feci, ancora sarcastica. La bionda parve concordare con la mia affermazione.
​Già..ma questo non aiutava, nessuna delle due sapeva comunque come uscirne, al momento. Olimpia infine sospirò e fece spallucce
​< bhe, non potevo comunque lasciarti andare da sola, non sembri una guerriera addestrata e le tue vesti, oltre a non proteggerti in alcun modo, sono tanto strane che sarebbero un richiamo per chiunque..non passeresti inosservata neanche in mezzo al deserto > completò. Io mi accigliai
< le mie vesti non mi proteggono? Tu hai indossato un corpetto verde per secoli, com'è che ti proteggeva quello scusa? > replicai, fintamente stizzita e ironica. Olimpia mi guardò, inarcò un sopracciglio, poi però sorrise appena, divertita.
< Sarà dura fare l'abitudine al fatto che sai tante cose..ora andiamo, per stanotte starai con me, da domani cercheremo di capire come rimandarti nel tuo mondo > disse infine, risoluta. 

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Capitolo 3
*** pianificando ***


Heila! Posto alla velocità della luce, cosa assolutamente insolita per me, perciò godetevela finché dura. Hahaha. Scherzi apparte, un capitolo che mi piace senza dubbio più dell'ultimo, si comincia ad entrare nel vivo della storia e ne sono lieta. Un grazie speciale a 5vale5 che mi ha donato due belle recensioni, e grazie anche a tutti quelli che leggono e basta, spendendoci del tempo. Bhe vi lascio alla lettura, enjoi it! :D 
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-perche alla fine, ciò che tutti faremo o vorremmo fare, cadendo in quel mondo, sarebbe riunirle-

Fu la nottata più scomoda della mia esistenza. Il mio giaciglio era riassumibile in...una coperta, tanto fine da farmi avvertire ogni minima, dannatissima asperità del terreno. In più, come se tutto quello che mi aveva riservato la giornata non bastasse, avevo una roccia esattamente sotto il deretano, che mi stava lentamente frantumando il coccige. Mi spostai...e ne trovai un'altra, che mi si piazzò tra le scapole. Mi spostai ancora, e perdetti definitivamente la pazienza quando la mia fronte andò a cozzare contro l'ennesimo spuntone. Scostai bruscamente le coperte e mi misi a sedere, mandando al diavolo il nulla circostante. Di fronte a me Olimpia sedeva davanti al fuoco, con un piccolo sorriso divertito sul volto.
< Non riesci a dormire? >
< un vecchio che soffre d'insonnia non riesce a dormire..uno studente prima di un esame non riesce a dormire, io non posso dormire > replicai stizzita. Olimpia rise
< siete un po viziatelli nel tuo mondo >
< credimi, se tu conoscessi il mio mondo e i suoi abitanti staresti elogiando la mia capacità di adattamento > risposi ancora. La bionda rise di nuovo.
< Ma piuttosto, tu sei abituata a questo " giaciglio ", che ci fai ancora sveglia? > domandai noncurante, strofinandomi appena le mani per levare della polvere
< faccio la guardia > rispose immediatamente, in tono semplice. Io la guardai inarcando un sopracciglio, vagamente sorpresa, poi presi a guardarmi attorno
< perché, c'è bisogno? > domandai, accigliandomi vagamente. Per essere totalmente sinceri il luogo sembrava desolato. Ma se avevo imparato qualcosa guardando Xena era che di sicuro non si poteva mai dire nulla di certo...questo però non lo dissi a Olimpia, convinta fosse meglio piantarla col "so tutto di voi" per quella giornata. Olimpia scosse le spalle < si, non si sa mai > replicò, sempre con un piccolo sorrisino raddolcito e tranquillo.
< okay. Se lo dici tu! > risposi facendo spallucce < vuoi farlo tu? > mi domandò, divertita, in tono giocoso. Io stetti al gioco
< ooh grazie ma noo grazie! > risposi sgranando appena gli occhi e gesticolando con le mani. Ridemmo flebilmente assieme, dunque decisi di riprovare a dormire. Mi sdraiai, parlammo ancora un po e poi, finalmente, crollai. 

Era passato qualche giorno ormai, e io, dopo la diffidenza iniziale della prima notte col terreno ci avevo fatto pace, ed ero tornata ad essere il solito ghiro...col risultato che quando Olimpia mi svegliava all'alba non avevo la minima intenzione di muovere un muscolo. Smisi di fare storie per alzarmi quando rischiai di trovarmi legata a una lettiga e trascinata senza troppi complimenti dietro il " profumato " didietro di Argo. Per il resto in realtà le cose andavano meglio. Chiaccheravo spesso con Olimpia, non facevo storie per nient'altro che non fosse il mio amato dolce dormire, e spesso avevo l'impressione che con le mie pagliacciate facessi tornare a sorridere quella donna dopo dio-solo-sa-quanto. 
Però il mio mondo mi mancava. E la preoccupazione di star turbando qualche strano equilibrio spesso mi occupava la mente. Come quella notte.
Aprii gli occhi, arrendendomi al fatto che non volevano chiudersi, e sospirai, trovandomi davanti a quella meraviglia di cielo stellato che si poteva vedere li. Da noi le stelle non si vedono cosi...sembrava quasi di osservare un altro cielo. Era una delle tante piccolezze che apprezzavo un sacco di quel posto. Portai le mani dietro la nuca, vagamente pensierosa, ma non durò che un istante. Ero l'anti-negatività fatta a persona, e non sopportavo di stare a rimuginare e rimuginare sulla stessa cosa per troppo tempo. Così sollevai appena il capo, da quella posizione, guardando il mini accampamento. Il giaciglio di Olimpia era vuoto. Al solito, in realtà. Scostai lentamente le coperte e mi alzai, con calma. La donna non era nei paraggi, ma poco distante da noi scorreva un fiumiciattolo. Cosi, non avendo altro da fare, mi indirizzai li, in realtà abbastanza sicura di trovarci anche lei. Non mi sbagliai. Arrivai al limitare di alcuni alberi, davanti alla sponda del fiume, guardai alla mia destra e la vidi, posata a un ramo basso di un albero storto e nodoso, lo sguardo vitreo fisso sull'acqua che scorreva davanti ai suoi occhi. Mi ficcai le mani in tasca, e scesi giù arrivando alla sponda del fiume, senza guardarla, ma sicura al mille per mille che avesse avvertito la mia presenza da un po, e quindi non la potessi spaventare.
< Ma tu dormi, ogni tanto? > domandai sempre senza guardarla, abbassandomi a prendere alcuni sassolini piatti e tondi. La sentii ridacchiare amaramente, mentre facevo alcuni tentativi di far rimbalzare i sassolini sulla superficie dell'acqua. Non ci riuscii.
< Oh no, non da quando... > si interruppe.
< Da quando Xena  se n'è andata > completai per lei, incrociando per la prima volta il mio sguardo col suo. Lei asserì silenziosamente, con un piccolo sospiro. Tornai a osservare gli ultimi sassolini che avevo in mano.
< Sai qual'è la prima cosa che, se manca all'organismo umano, lo fa morire? Ti do tre possibilità: acqua, cibo o sonno? > domandai, mentre tiravo un altro sasso che sprofondò subito con un sonoro " plof ". La potei avvertire sorridere flebilmente
< non saprei, acqua? > rispose. Io tirai un altro sasso.
< Anche io avrei risposto cosi, anzi, credo sia la prima risposta di tutti.. > altro sasso, altro plof < invece no. È il sonno > tirai anche l'ultimo sassolino, guardando poi con una smorfia il solito pessimo risultato.
< bel tentativo > rispose Olimpia, divertita. < In realtà cerco di dormire almeno un'ora o due > continuò. Io mi voltai, mi ficcai di nuovo le mani in tasca e andai verso di lei
< uhm, faccio schifo a questo gioco > dissi, commentando la mia performance coi sassi. Stavolta le strappai una risata sincera. Mi posai al ramo, accanto a lei.
< Non credere che verrò qua a dirti che fa male non dormire, e che dovresti cercare di cadere più spesso tra le mani di Morfeo > commentai. Mi sorrise
< ah no? > chiese, curiosa.
< No, è una cosa assolutamente normale. Cosa dovresti fare, dopo quello che ti è capitato. > risposi con semplicità, facendo spallucce
< è già tanto quello che fai > aggiunsi poi. Olimpia si accigliò
< ovvero? >
< vivi > replicai, secca. Lei sospirò di nuovo, alzò il capo e lo puntò nuovamente sul corso d'acqua
< devo vivere. Xena mi ha lasciato una missione importante >
< si, ma per te è più difficile > dissi, continuando a non guardarla. La donna si accigliò nuovamente
< che cosa intendi? Perché mai sarebbe più difficile? > continuò
< perché tu sei a metà > stavolta la lasciai tanto senza parole che tacque, limitandosi a restituirmi uno sguardo stupito, dato che nel rispondere avevo voltato i miei occhi su di lei. Sorrisi leggermente, le braccia incrociate come i piedi davanti a me, rilassata. Mi voltai
< Xena non lo è mai stata > aggiunsi
< a metà? > Olimpia ritrovò la parola.
< si, ti manca un pezzo, un pezzo enorme, e importante. Sei menomata. È come se ti mancasse un braccio o una gamba, o entrambi gli arti da una parte. Non ti si può chiedere di affrontare la missione come prima, o come faceva Xena..è come chiedere a uno zoppo di correre, magari ci riuscirà anche, magari balzelloni sarà comunque veloce...ma non è la stessa cosa. Non è comunque la stessa cosa > completai. La donna rimase a fissarmi, stupita, quasi senza fiato. 
< Wow..quando avevi intenzione di mostrarmi questo lato tanto saggio e sensibile? > domandò divertita. Io sorrisi. In realtà avevo usato un tono abbastanza neutro, come facevo spesso quando parlavo di determinate cose, usavo involontariamente un tono che suonava tanto come se stessi affermando un dato di fatto...più che qualcosa di sensibile.
< Xena, per quanto forte, per quanto coraggiosa, non lo ha mai dovuto fare >
< ha affrontato tante cose che tutt'ora non so se riuscirei a fronteggiare però > tentò di correggermi. Ma io risi flebilmente, scuotendo il capo.
< Ma tu c'eri > risposi
< ha affrontato tante cose anche prima di conoscermi > replicò lei.
< Ma erano un altro genere di cose. La vostra missione, il vostro altruismo tutto ciò che ci gira attorno, richiedono uno sforzo immensamente maggiore. E lei non lo ha mai dovuto fare, senza di te. Avete cominciato questa cosa assieme...e lei non ha mai davvero dovuto fare a meno di te. Non è mai stata a metà. Aveva a sua disposizione tutta se stessa. Tutti gli " arti " > parlando avevo riniziato a guardarla. Mi osservò incantata per un istante, poi sorrise
< non fa una piega > disse
< i miei discorsi non fanno mai pieghe > scherzai. Ridemmo appena.
 < Con questo ovviamente non voglio screditare Xena...anzi. > precisai. Olimpia annuì ed entrambe ci trovammo a fissare davanti a noi
< è impossibile screditare Xena > commentò Olimpia < ha una forza inaudita, e un animo  tanto nobile.. > aggiunse
< ti manca eh.. > dissi < piu di quanto tu possa spiegarmi, immagino > completai.
< già.. > rispose la bionda, con un altro piccolo sospiro.
< Già..ha una forza inaudita, un animo nobile...agganci in alto con dei, stregoni e ogni sorta di "salacadula" qui presente > dissi, facendo un cenno mistico con le mani mentre dicevo " salacadula " per far intendere il concetto di magia.
< Quasi quasi manca anche a me > aggiunsi poi facendo spallucce e sorridendo ironica. Olimpia ridacchiò
< lei saprebbe qualche strada in più per aiutarti e riportati nel tuo mondo, forse > disse.
< Già...bhe potrebbe essere utile..tre teste sono meglio di una...soprattutto la sua, che vale per cinque > risposi ancora. Ero ironica, ma effettivamente come idea era buona, anzi ottima. Mi feci pensierosa come quando ti sta venendo un idea
< lei potrebbe aiutarmi, ora che ci penso. Potrebbe conoscere vie che io non conosco o magari a te non vengono in mente > dissi, lentamente.
< potrebbe di sicuro..ma non c'è, non c'è più, se n'è andata purtroppo > la voce di Olimpia si abbassò di mezzo tono.
< Non c'è ora... > dissi lasciando la frase a metà. La bionda mi osservò accigliandosi appena
< cosa stai pensando? > domandò curiosa. Io mi voltai verso di lei, vagamente folgorata
< Olimpia, lei ti manca e io ho bisogno del suo aiuto, ho bisogno di entrambe > la donna continuò a guardarmi, confusa.
< È una missione troppo difficile per affrontarla a metà, mi servi intera. Serve anche lei. Dobbiamo farla tornare > completai la frase guardandola negli occhi, con un nuovo ardore determinato che bruciava dentro il mio sguardo.
< M​a non si può > disse poi, sommessamente, forse anche cercando di non farsi trascinare troppo.
< Oh andiamo Olimpia, vi ho visto cercare e trovare ogni genere di scappatoia da queste cose, ambrosia, sorgenti, viaggi e chi più ne ha più ne metta. E stavolta c'è un motivo in più per cui  deve tornare > replicai
< per te? Lei direbbe che ti devo aiutare io, che ce la posso fare, e che non è possibile che torni in vita > ribatté
< non è solo questo, non sono solo io, è quello che rappresento. Ascolta, io non vengo da qui, questo non è il mio mondo è sono sicura che qualche genere di squilibrio lo possa portare stando qua. E non credo che i vostri dei ne siano molto contenti, non trovi? > conclusi guardandola, un mezzo sorrisetto e un sopracciglio inarcato. Lei si fece pensierosa
< in effetti non hai torto, se tu potessi in qualche modo interferire con questo mondo agli dei non farebbe per niente piacere > asserì
< appunto, e se io avessi bisogno di lei, di voi, per tornare a casa, sono sicura che nessun dio potrebbe opporsi, nessun dio potrebbe dire di no > la guardai, ormai totalmente dentro la mia idea. Lei risollevò lentamente gli occhi su di me, cauta. Io la capii, aveva paura, paura di illudersi troppo presto. Ma io ormai ero settata sulla modalità azione, e ci poteva giurare che nessuno mi avrebbe più fermata.
< Ma come potremmo fare..non possiamo neanche riportarla in vita con uno schiocco di dita, o senza interpellarla > obbiettò
< troveremo il modo per discendere nel suo limbo..per incontrarla. E poi vorrò proprio vedere quale divinità potrà mai negarmi qualcosa > conclusi.
< E come faremo? >
< troveremo il " salacadula " adatto anche per questo > 

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Capitolo 4
*** old bastard ***


Okay..ditemi voi che lingua dovrei usare per scusarmi di questa assenza enorme che ho avuto. Insomma pochi giri di parole: MI DISPIACEE. Sul serio, ma avevo perso la concentrazione e l'ispirazione, e questo è un capitolo transitorio. Sono stata veramente felice che la FF nonostante un'autrice assente e scostante ha continuato a ricevere apprezzamenti, quindi davvero grazie!!! Non è mai ovvio ne scontato piacere o fare bene, perciò grazie mille =) buona lettura e un ultimo grazie a chi nonostante la mia tremenda assenza riprenderà a leggere ciò che ho scritto. 
Enjoy! ;)



Era passata un' intera giornata dalla nostra conversazione, e io e Olimpia eravamo in viaggio verso...verso...
< Dov'è che siamo dirette? Continuo a dimenticarlo > domandai, camminando accanto ad Argo e guardando la donna davanti a me
< In Tessallia. È un ampio paese e ci sono diverse mie conoscenze > rispose la donna. Mugugnai in risposta, arrancando in salita con una bisaccia in spalla. Olimpia si voltò
< Vuoi che la prenda io quella? > domandò
< Perché, non ti bastano quelle che hai? Sei più carica di Argo > replicai. La donna sorrise divertita
< Siamo quasi arrivate in ogni caso, per sera saremo la, e ricompreremo le cose per far trasportare i bagagli ad Argo > concluse, voltandosi nuovamente. < Uhm..poverella > commentai, carezzando il muso dell'animale. La giumenta parve apprezzare, strisciando a sua volta il capo verso la mia mano. 
Arrivammo a sera fatta come aveva previsto Olimpia. Prendemmo il necessario e risistemammo la sella di Argo, poi ci ritrovammo a camminare per il paese, diretti da una vecchia conoscenza della bionda.
< Io...non so se...potrebbe non funzionare o..potrebbe non essere possibile, o essere pericoloso > farfugliò dubbiosa e preoccupata Olimpia.
< Okay okay miss ottimismo, ora però rilassati > dissi continuando a camminare tranquilla e posando una mano sulla sua spalla < L'ultima cosa che ci serve è trasudare insicurezza > aggiunsi. Olimpia sospirò riprendendo la calma
< Hai ragione > commentò riprendendosi < è buffo > aggiunse poi < dovrei essere io a rassicurare te, non viceversa > disse divertita. Io sorrisi scuotendo le spalle < È stata un'idea mia > mi schermii, senza fermarmi, gli occhi fissi davanti a me, decisi. La donna mi guardò inarcando un sopracciglio
< OK, mi stai ricordando tremendamente Xena >
risi < Nah, non sono coraggiosa..ne valorosa, sono solo incosciente > replicai.
Mentre parlavamo eravamo arrivati nei pressi di una casetta, piuttosto piccola, e vagamente isolata, stile capanna.
< Eccoci, ci siamo > comunicò Olimpia, bloccando il mio incedere col braccio teso e fermandosi davanti alla porta. Ci guardammo, Olimpia fece per bussare, esitò un momento e io la sostituii mollando due botte sonore al legno. La bionda mi lanciò un'occhiataccia. Dopo un po sulla soglia apparve un uomo, un vecchio dall'aria stramba e stanca.
< Salve Mansante, si..ricorda di me? > il vecchio taque, continuando a guardare la mia compagna di viaggio di sottecchi, con il suo occhio velato, e una smorfia malevola, e poco invitante sul volto.
< Sono Olimpia..è passato tanto tempo dall'ultima volta che.. > ma l'uomo reagì all'improvviso
< Non so chi lei sia > esclamò, con un tono un po troppo allarmato per rendere la frase credibile
< Se ne vada, non la conosco, non l'ho mai vista > cointinuò, affrettandosi a cercare la maniglia della porta. La trovò, ma c'ero io dal lato in cui risultava aperta e, già che era spalancata, piazzai il piede in mezzo e lui non poté chiudere che di mezzo millimetro. Quando la porta impattò contro il mio piede e si bloccò, l'uomo guardò in basso, vedendo la fonte del problema. Alzò lentamente il capo e mi squadrò. I suoi occhi si dilatarono attimo dopo attimo, di stupore e paura.
< Chi è questa straniera! > ringhiò < fuori dalla mia terra > continuò esagitato.
< Ehi datti una calmata vecchio, non mi piace il tuo tono > replicai scaldandomi, Olimpia mi trattenne per il braccio.
< Mansante é proprio per lei che siamo qua, ci serve il tuo aiuto..dobbiamo parlare con Xena noi..>
< Cosa vai blaterando!! Via da qui, io non operò di questi sortilegi. Sono un contadino, solo un contadino, SPARITE! > strillò .
Alle sue spalle la casa non sembrava precisamente quella di un contadino. Feci per ribellarmi, ma mentre l'uomo continuava a inveire Olimpia mi tirò via, io tolsi il piede, che per altro per tutte le botte cominciava a dolere non poco, e l'uomo ci sbatté la porta in faccia. D'istinto mi venne da lanciarmi contro la porta, decisa forse a romperla, non lo sapevo, ero furiosa. Ma Olimpia afferrò la mia maglia e mi trattenne. Io rimbalzai indietro e trovai la forza di calmarmi un minimo.
< E va bene > mormorai, più a me stesa che a qualcuno, mi girai e mi diressi nel retro della casa allontanandomici poi di qualche passo. La bionda mi arrancò dietro
< E ora che diavolo fai?! > mi domandò, vagamente esasperata. Io mi fermai e, con calma, mi voltai.
< Ci appostiamo > sentenziai, lasciando cadere la sacca che avevo in spalla. 

Erano già dieci minuti buoni che discutevamo ormai, ma nonostante le proteste della bionda io avevo già piazzato meta accampamento.
< Hai sentito le sue parole! > strepitò ancora la bionda. Io mi alzai di scatto, arrabbiata e frustrata
< Sta mentendo! Maledizione è palese! > esclamai in risposta
< Ma, e cosa vorresti farci scusa? Cosa facciamo qua? > continuò cominciando a cedere davanti alla mia cocciutaggine. Io in risposta chiusi con vigore una sacca e indicai la finestra della capanna perfettamente visibile da dove eravamo.
< Lo spiamo, e lo becchiamo con le mani nel sacco > replicai. Volevo vederlo mentre faceva qualcosa di strano, cosi avrei avuto le giuste prove. Olimpia guardò nella mia stessa direzione, poi si girò di nuovo allargando le braccia e lasciandole cadere in un gesto stanco
< Va bene, e poi? > domandò.
< E poi come dite voi, che "gli dei" lo aiutino > conclusi. 
Non accettai alcun compromesso, stavolta Olimpia non mi avrebbe potuto trascinare via neanche legata ad Argo. E parve capirlo perché si arrese.

Passarono delle ore, e mi ritrovai seduta sul giaciglio, la coperta sulle spalle, e una meravigliosa luna enorme a illuminare tutto ciò che ci circondava. Il mio sguardo non si era smosso neanche per un istante dalla casa del vecchio. Sentii dei passi e poi Olimpia si accomodò accanto a me
< D'ora in poi ti metto a fare la guardia, sembri la più esperta delle vedette > commentò, vagamente aspra, porgendomi poi però la bisaccia dell'acqua in un gesto premuroso.
< Nah, hai conosciuto i miei rapporti col dormire..questa è al massimo un eccezione che conferma la regola > prendetti un bel sorso d'acqua e ritappai la bisaccia, voltandomi poi per renderla alla donna. Sorrisi
< Sono cocciuta, lo so, sopportami > aggiunsi. Lei mi sorrise appena, raddolcita
< Sei determinata...ed è giusto..io cerco solo di andarci con i piedi di piombo > mi rassicurò. Io ridacchiai
< Lo avevo intuito >
< Anche perché...sembrerebbe una cosa importante..insomma per rimandati nel tuo mondo > continuò
< Lo è, importante. E non solo per il mio stupido mondo. Se andassi li con la certezza di non poter fare nulla per me ma di poter far ricongiungere te e Xena, non esiterei un solo secondo. > commentai, facendo spallucce con noncuranza. Mi curai di continuare tutto il tempo a guardare davanti a me, anche se sentii gli occhi di Olimpia addosso. La donna sorrise ampiamente, poi si avvicinò, mi strinse appena e mi arruffò i capelli
< È molto altruista da parte tua > disse. Ridacchiai, pronta ad aprir bocca, per allontanare come sempre quell'alone di dolcezza con qualche sana scemenza, quando qualcosa accadde nella capanna.
Il vecchio entrò nella stanza che ci era possibile vedere, rovistò dentro una sorta di dispensa, tirandone fuori spezie e altre strane robe, poi si  voltò e andò verso il muro. Uscì dal mio campo visivo, cosi scattai in piedi scendendo di qualche passo. Olimpia mi fu dietro. Lo rinquadrai proprio nel momento in cui, dopo essersi guardato attorno, allungava la mano rugosa, scostava un asse di legno dal muro, e ne estraeva delle boccette sospette. Come se tutto ciò non bastasse, lasciò cadere l'asse, che da un lato restò attaccata al muro e dall'altra fece cadere un piede nascosto, creando un tavolo. L'uomo ci posò delle boccette e delle cose prese dalla dispensa, ci armeggiò, e infine si sollevò la manica, scoprendo una brutta fasciatura. La tolse, prese delle cose e, dopo averci armeggiato su, le impose sul suo braccio. Parlò a voce bassa, mantenne la mano sopra la ferita, poi un piccolo scoppio, del fumo colorato e la ferita sparì del tutto. Infine, con un movimento leggiadro della mano, risucchiò tutto il fumo denso attorno creatosi.
I miei occhi dilatati dal buio si strinsero, sotto la morsa della rabbia. Beccato. Non parlai, non feci altro che correre giù per la vallata verso quella stupida capanna. Olimpia, presa in contropiede, scattò in ritardo e non riuscì a riacchiapparmi. E io, dalla buia cieca rabbia dentro la quale ero stata risucchiata, riuscii solo a sentire un distante < Non fare follie! > soffiato dalle labbra della donna.
Arrivai alla capanna in poche falcate, sfondai la porta con una sacrosanta pedata, poi fui addosso all'uomo prima che quello potesse anche solo capire cosa stesse accadendo. Lo acchiappai al bavero e lo tirai su, mandandolo a impattare contro il muro.
< Pensavi davvero di prendermi in giro, vecchio?! > gli ruggii a pochi centimetri dal viso
< Sei un contadino eh? Già, probabilmente non riusciresti neanche a mostrarmi come si pianta una patata > continuai. Lui fece per aprir bocca
< STA ZITTO! > urlai ancora. Strinsi appena la presa, preda di una furia cieca.
< Ora, siccome evidentemente​, con le buone maniere non si ottiene nulla da te, ti suggerisco di starci a sentire se non vuoi volare fuori dalla tua stessa finestra. E mi auguro per te che tu abbia un modo per farci avere ciò che vogliamo > in quell'istante la mano gentile di Olimpia si strinse attorno al mio braccio teso.
< Basta ora, lascialo > disse gentilmente, senza urlare. Mi lasciai guidare dal suo tocco morbido e la mia presa scivolò via. L'uomo cascò a terra tossendo e sputacchiando.
< Mansante questo non è un gioco...abbiamo una missione importante..abbiamo bisogno di.. > ma il vecchio interruppe Olimpia
< Lo so cosa volete...dovete parlare con Xena, discendere nel limbo > soffiò, la voce ancora rauca, lo sguardo malevolo. Io scossi il capo, alzando le braccia in un gesto arrabbiato < Questo bastardo sapeva pure qual'era il problema > commentai, voltandomi e facendo due passi nervosi. Olimpia mi guardò solo per un istante, poi tornò a guardare intensamente Mansante
< Puoi farlo? > domandò ancora. Il vecchio fece una risata raschiante e crudele
< ma certo, che posso farlo, i miei poteri superano di gran lunga la vostra possibile misera immaginazione. > dovetti pregare ogni santo per darmi la forza di non ammazzarlo di botte.
< Non sei un po troppo vecchio e malpreso per fare tanto lo spiritoso? > replicai, aspra e sarcastica, cercando di bloccare il tremore nervoso nella mia voce.
< Va avanti > aggiunse Olimpia.
< Oh giovane Olimpia, posso farlo.. > l'ennesimo ghigno malevolo si aprì sul suo volto
< Ma sarà pericoloso...molto pericoloso >

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Capitolo 5
*** Il limbo ***


Giusto per chiarire non ho modo di scusarmi ancora per i ritardi di aggiornamento. Spero per chi segue questa ff di non essere troppo deludente. Quando il blocco dello scrittore colpisce c’è poco da fare, i miei colleghi autori mi capiranno..per tutti gli altri bhe chiedo venia e basta.
Ps gia che questo è il mio angolino autrice e dunque non è proprio spam ne approfitto per pubblicizzare un’altra mia storia nella quale credo tanto, ma che ha subìto la manna di un fandom quasi totalmente inattivo.
 
-Questa è una fic su Tomb Raider il videogame, non so se qualcuno ci giochi ma se vi può ineteressare è basato sull’ultimo capitolo della saga.  È purtroppo in un fandom un po’ spento perciò chi avesse piacere di leggere ecco il link: http://www.efpfanfic.net/viewstory.php?sid=3241584&i=1
(Ps: Yuri sarebbe Femslash)
 
Ok ora basta pubblicità a voi il capitolo scusate il dilungamento.
Enjoi it! J
 
 
Poco tempo dopo ci ritrovammo sdraiate sopra due tavoloni di pietra identici, fatti apparire dal nulla, (alla faccia del contadino) freddi come il ghiaccio.
<< Roba da David Copperfield >> mugugnai fra me, riferita all’apparizione dei nostri comodissimi giacigli.
<< Che? >> mi domandò Olimpia, voltando il capo verso di me
<< Nulla, sono nervosa..non mi fido di questo bastardo >> replicai.
<< Guardate che vi sento >> si lamentò rauco Mansante, dal tavolo di legno accanto, nel quale stava armeggiando.
<< Vai al diavolo maledetto vecchiaccio >> replicai ancora. Olimpia mi lanciò un’occhiataccia, e, se avesse potuto alzarsi, probabilmente mi avrebbe mollato un sacrosanto coppino.
<< Piuttosto audace da parte tua, contando che le vostre vite stanno per essere fra le mie mani >> mi rispose il vecchio. Io saltai su, mettendomi seduta.
<< Tu ammazzaci e stai tranquillo che il modo di ritornare dall’oltretomba anche solo per darti una pedata lo trovo >> ringhiai.
<< Vika >> mi richiamò Olimpia. Io sospirai, alzando gli occhi al cielo prima di voltarmi.
<< Si lo so, lo so…mi sdraio >> mi rimisi giù, incrociando poi le braccia, cercando di arginare preoccupazione, rabbia e nervosismo.
<< Brava ragazza >> mi voltai e la vidi sorridermi dolcemente. Quasi rassicurandomi. Ci riuscì, mi sentii leggermente meglio. Risposi al sorriso e mi stropicciai per un secondo gli occhi.
 
Per fortuna l’attesa non durò molto oltre. Mansante fu pronto e mi ritrovai a fissare il suo brutto muso dal basso.
<< Va bene. Ora con dei fumi vi farò calare in un sonno simile alla morte, non dovete preoccuparvi il sonno non vi ucciderà, ma vi farà calare nel limbo e da li non vi potrà proteggere. Quindi starà a voi poi uscirne di nuovo vive >> e dopo questo meraviglioso e convincente discorso d’incoraggiamento l’uomo cominciò ad imporre strane mosse sulle nostre fronti.
 
Del fumo denso cominciò ad uscire da giuro-non-so-dove, e io mi voltai a guardare Olimpia. La donna se ne accorse e mi restituì lo sguardo
<< Che c’è, sei preoccupata? >> mi chiese, dolcemente.
<< No è che non voglio questo schifoso vecchio rugoso come ultima immagine >> replicai. Ridemmo.
Il fumo si era fatto densissimo intorno a noi nel frattempo. La stanza si era dissolta, Mansante stesso, così vicino era sparito nella nube. Non smisi comunque di guardare Olimpia che, per altro, era rimasta l’unica figura nitida nella nebbia fumosa attorno a noi. Infine quel fumo cominciò a diradarsi.
Mi voltai e mano mano notai che lo scenario era cambiato.
 
Ero sdraiata su un pavimento di pietra simile in tutto a quello della casa di Mansante. Un po’ di nebbiola redisua stava a terra accanto a me. Mi issai sui gomiti guardandomi attorno. Sembravamo in un corridoio di una specie di grotta naturale.
Ero nel limbo…credo.
A chiarirmi i dubbi vidi entrare nella mia visuale la mano tesa di Olimpia, che mi offriva un aiuto per alzarmi.
<< Andiamo, siamo arrivate. >> disse solo. Io afferai la sua mano
<< Sei pratica di questi posti eh >> commentai ironica, issandomi.  Mi lanciò un’occhiata di finto rimprovero, sorridendo divertita. Poi ci trovammo a fronteggiare quel lungo e sinistro corridoio. Cominciammo a camminare.
 
La strada non fu poi lunghissima, camminavamo da qualche minuto, quando l’antrone buio e nebuloso svoltò e si aprì su uno stanzone. Ci ritrovammo come su una battigia, la stanza era enorme e più avanti, dritto in fronte a noi, si stagliava una specie di..bho..fiume?
Non ero troppo sicura quella fosse acqua, non si capiva di che diavolo di colore fosse, e comunque non ci avrei messo neanche un’unghia neanche con un fucile a canne mozze puntato alla nuca.
Olimpia andò verso la riva, io la seguii, riluttante.
<< Non ci vorremmo fare un bagnetto vero? >> domandai, così, giusto per essere sicura.
<< Oh no, non essere ridicola >> replicò la bionda. Feci spallucce come se me lo fossi aspettata ma dentro di me sospirai forte.
 
Olimpia svoltò percorrendo la riva di quelle acque per qualche metro, fino a giungere a una sorta di piccolo molo di legno. Ci salì sopra e comincio a scrutare il nulla buio all’orizzonte.
<< Cosa stai cercando? >> domandai ancora, sentendomi un po’ come un cagnolino sperduto che segue il suo padroncino.
<< Il traghettatore delle anime, il mitologico Caronte >> soffiò a voce più bassa del solito e con tono solenne.
In tutta risposta inarcai un sopracciglio. Poi mi misi a mia volta a guardare intorno
<< A me sembra che di anima non ce ne sia neanche mezz.. >>
 
<< Cosa fate voi qui. Non appartenete a questo mondo >> una voce mi interruppe rimbombante, rauca e spettrale e io, per la sorpresa, feci un balzo indietro con un piccolo strillo.
<< Occristosanto! >> esclamai portandomi una mano al petto. Eppure attorno non avevamo ancora nessuno.
<< Caronte...? >> chiamò Olimpia dubbiosa << Oh nobile traghettatore per favore, palesati a noi >> continuò, sempre solenne. Era una poetessa in fondo no?
 
Poco dopo, un ombra più densa si staccò dal buio e si fece sempre piu vicina. La prua di una barchetta piccola, e di legno semplice, divenne visibile e, infine, il tetro e terrificante traghettatore ci apparve sopra la sua imbarcazione.  Accostando vicino al piccolo molo.
Se sapevo chi fosse Caronte? Certo! Avevo studiato antologia e mitologia come tutti gli altri
Se lo avessi mai visto? Ovviamente no. E avrei felicemente continuato a vivere pure senza l’onore di vederlo.
 
<< Non traghetto le anime dei vivi. >> rispose lapidario. La voce era tanto rimbombante che non pareva nemmeno provenire dalla figura in particolare ma dai muri stessi.
<< Lo so, ma se solo poteste fare un eccezione! Ragioni alte ci portano a viaggiare su questo suolo. Se fosse stato possibile evitarlo lo avremmo fatto >> insistette la bionda. Però! C’era da dire che la dialettica di Olimpia non era una fandonia, avrebbe tranquillamente potuto vendere del ghiaccio a degli eschimesi.
Ma con Caronte non parve funzionare
<< Ah davvero, giovane Olimpia? E chi mi dice, invece, che non vuoi semplicemente ricongiungerti con l’anima persa, di Xena? >> replicò. Olimpia abbassò lo sguardo, e, per un istante si fece più cupa, come le succedeva sempre quando si parlava di Xena. Feci un passo avanti portandomi alle sue spalle, forse per darle il mio “sostegno”
<< Xena fa parte di un più grande disegno..non sto disturbando il sonno di un’anima per interessi meramente personali. >> rispose poi, appena più fiacca, la voce più bassa di un semitono buono.  Caronte parve scrutarci, un istante di più. Cambiò idea, lo potei notare dall’atteggiamento, tanto che sia io che la mia compagna ci illuminammo per una frazione di secondo.
Ma poi voltò le spalle, risuonò nel buio una risatina agghiacciante, poi nuovamente la sua voce
<< Spiacente giovani, avrei voluto aiutarvi >> commentò, poi l’imbarcazione ripartì.
 
Ma si era allontanata di poco quando, dopo un sospiro frustrato, i miei occhi calarono su un luccichìo nella tasca della donna.
Danari.
Ma certo! Olimpia non poteva non averci pensato, ma il suo rispetto verso le divinità e il mondo che conosceva era troppo per poter fare quello che stavo per fare io.
 
Infilai la mano nella bisaccia dell’altra, ne pescai due monete d’oro (belle pesanti fra l’altro), e mi sporsi oltre la figura di Olimpia.
<< EHI, AMICO! PRENDI QUA! >> con una schicchiera precisa feci volare le monete verso la figura poco lontana di Caronte.
Fu un attimo. Le monete luccicarono nei suoi pressi, poi, quella che doveva essere una delle sue mani le afferrò e spense quella luce.
Bingo.
 
Il traghettatore cominciò a tornare indietro ma Olimpia si voltò furiosa
<< Ma sei impazzita?! >> mi sibilò contro
<< Che c’è, sta tornando indietro! >> risposi allargando le braccia e indicandolo
<< Ti sembra il modo di rivolgerti a un’entità simile? >> continuò. Io feci per replicare, ma poi ci rinunciai, capendo che nulla sarebbe servito a niente. Feci un verso come a dire “non sei mai contenta” poi la oltrepassai e saltai sopra l’imbarcazione. Lei mi seguì a ruota. La barchetta partì.
<< Come volevasi dimostrare >> dissi in risposta.
<< Non era comunque il modo, avresti potuto metterci nei guai >> replicò ancora Olimpia, ma stavolta con meno convinzione, cominciando già a guardarsi attorno. Io feci spallucce, indifferente, incrociando le braccia.
<< Non è altro che un tassista pretenzioso >> replicai, seppur conscia che l’altra non avesse idea di cosa fosse un tassista.
 
Quando giungemmo all’altra sponda io scesi senza una parola, cominciando a esplorare e a muovermi cautamente. Olimpia si soffermò a ringraziare poi mi raggiunse.
 
<< Andiamo, di qua >> mi afferrò per la maglia e mi tirò verso destra. Pochi passi nella battigia e ci reimmergemmo in un altro corridoio come quello di prima. Se non avessi seguito l’altra riva fino all’utimo avrei detto che Caronte ci aveva fatto fare un giro e poi riportato alla stessa riva. Era tutto dannatamente uguale. Ma Olimpia si muoveva in modo sicuro e spedito e io capii che evidentemente eravamo davvero dall’altra parte.  Per un secondo incontrammo sulla sinistra un corridoio sicuramente secondario, ma la mia compagna e guida tirò dritta per altro muovendosi velocemente. Stetti al passo senza troppi problemi ma non mi convinceva lo sguardo della bionda.
 
<< C’è qualcosa che non va? >> domandai. L’altra scosse il capo
<< No, ma in questi posti è meglio essere veloci..non dovremmo essere qui, non sono luoghi sicuri per due anime vive >> replicò pratica. Annuii. Non avevo finito di dare il mio assenso alla frase che un nuovo rumore si instaurò nella nostra calma.
 
Era come rumore di rocce spostate, in lontananza, proveniva dal corridoio alle nostre spalle. Ci fermammo in sincrono, guardando dietro di noi. Il rumore si fece più forte. Accigliata cercai risposte nello sguardo dell’altra. Lo trovai dilatato e preoccupato.
<< Ehi, che succede? >> domandai, stavolta più allarmata.
<< Siamo nei guai >> disse solo.
Il rumore si fece assordante, e, mentre rialzavo lo sguardo sulla curva alle nostre spalle capii. Capii che il rumore ormai assordante all nostre spalle non erano solo rocce, che crollavano e si spostavano..erano passi. Passi di qualcosa di terrificante e pesante.
 
<< CORRI! >> la bionda mi afferrò al bavero e mi strattonò via spiccando una corsa folle. Io cominciai a correre a mia volta, e l’ultima micro frazione di secondo nella quale il mio sguardo fu alle nostre spalle, potei scorgere di sfuggita, una specie di mostro scuro grosso quanto il corridoio arrivare di corsa.
 
Diedi uno sprint tanto forte che mi parve di non toccare il terreno coi piedi. Non avevo mai avuto una botta di adrenalina simile. E avrei preferito non averla mai. Sfrecciammo per i corridoi, correndo come forsennate.
<< COSA DIAVOLO È??!! >> strillai, sopra il frastuono delle rocce, del ringhiare di quel coso e dei nostri respiri.
<< È CERBERO! IL.. >>
<< STAI SCHERZANDO, SIAMO INSEGUITE DA UN CANE A TRE TESTE?! >> completai per lei.
<< SI, NON SPRECARE RESPIRO, CORRI! >> completò e diede un ulteriore accellerata. Riuscii a tenere il passo, non senza fatica, ma cominciavo sentire tutto bruciare come se al posto del sangue mi stesse scorrendo fuoco nelle vene. Pregai che non mi abbandonassero le gambe, non ancora. Poi un impiccio si mise di mezzo.
 
 
Cerbero batté più forte le zampe, nella sua corsa, e degli stralci di roccia cominciarono a franare dal soffitto.
Così ci ritrovammo a correre e schivare. Fissando davanti a noi e in alto a fasi alterne. E io stavo per cedere, me lo sentivo. Non ero per nulla abituata a muovermi in quel modo e per ora mi stava salvando solo l’adrenalina e il mio fisico ben allenato da fissata con lo sport quale ero.
L’ennesima roccia cadde proprio davanti a me, feci giusto in tempo a piazzarci una mano sopra e a scavalcarla con un balzo. Olimpia faceva più o meno lo stesso accanto a me.
<< CI SIAMO QUASI CREDO >> urlò la bionda << RESISTI! >> aggiunse, senza però potermi guardare. E io avrei anche obbedito ma..
 
Una roccia cadde e invece di bloccarsi a terra con un tonfo rotolò improvvisamente indietro, provai a evitarla alla bell’e meglio ma, nella velocità della corsa mi spostò il baricentro e io finii a terra, dopo aver perso l’equilibrio. Olimpia inchiodò voltandosi subito. Un altro spuntone franò dal soffitto e rischiò di cadermi addosso. Rotolai di lato e gli sfuggii per un soffio, tanto che le schegge mi ferirono il viso. Mi voltai pronta a rialzarmi, ma Cerbero nel frattempo era giunto. Una testa morse alla cieca l’aria vicino a me, ma nella fretta l’operazione non riusci, giacché era anche ancora troppo lontano. Però un canino bavoso agganciò un angolo dei jeans al livello della caviglia. Cercai di stracciare via con foga, ma non fu facile, il tessuto era ben incastrato nel dente, e dovevo anche avere un bel taglio insaguinato nella caviglia. Giunse Olimpia e mi aiutò a tirare via la gamba dalle fauci di quel mostro. Con un ultimo strattone il jeans si lacerò e io fui libera. La bionda mi aiutò a issarmi e insieme riniziammo a correre, ma non fu per molto.
 
Cerbero, furioso, si era fermato e aveva battuto fortissimo le sue zampe al suolo. Il terremoto fu tanto forte che fummo costrette a fermarci per un istante se non volevamo capitombolare. Poi ripartimmo. Cerbero si lanciò ancora all’inseguimento ma finì imbrogliato dalla sua stessa furia. Il soffittò cominciò a crollare. E infine vedemmo una muraglia di rocce appena cadute davanti a noi. Altre si prepararono a staccarsi. Cerbero era proprio dietro di noi. Senza nemmeno consultarci accellerammo un’ultima volta, alla massima potenza. Le ultime rocce enormi si staccarono dal soffitto. Noi scavalcammo quelle gia a terra con un balzo, tanto azzardato da diventare un tuffo. Subito dopo il passaggio dei nostri piedi in volo anche l’ultimo masso cadde e sbarrò la strada. Cerbero fu bloccato dall’altra parte.
 
Attutimmo la caduta come meglio potevamo. Olimpia fece una capriola, ma lo slancio era tanto e ruzzolò comunque più del voluto. Io mi voltai da un lato e rotolai fino a che la parete non mi bloccò, andandoci a sbattere forte di schiena. Restai per un tempo indeterminato li, a occhi chiusi, respirando malissimo e dolorante. Ero ricoperta di polvere, impastata col mio stesso sudore, che ricopriva ogni centimetro del mio corpo dolorante. Ero tutta sfregiata dai detriti, e la calza nelle mie All star era zuppa di sangue nel punto in cui mi aveva morso Cerbero. Sarei rimasta li all’infinito, forse, ma la voce di Olimpia mi riscosse
 
<< Ehi..ehi, tutto bene? >> era ancora lontana il che voleva dire che neanche lei si era ancora alzata.
<< Una..meraviglia >> risposi io a fatica. La sentii sorridere, affannando.
<< L’umorismo non ti manca mai eh >> e stavolta la sentii alzarsi mentre parlava. Aprii gli occhi e vidi che era gia arrivata da me, una mano su un fianco, anche lei con qualche graffio qua e la. Allungò di nuovo la mano tendendola verso di me
<< È andata, ce l’abbiamo fatta >> commentò, guardando la parete di roccia dietro il quale avevamo lasciato la bestia.
<< Ma è meglio se ce ne andiamo da qui >> completò. Io annuii. Afferrai il suo avambraccio e stavolta dovette darmi un bello strattone per aiutarmi a tirarmi su. Una volta in piedi mi posai al muro, finendo di riprendere fiato. Olimpia mi diede una spolveratina amorevole e totalmente inutile, la mia maglia bianca ormai era diventata marrone ed era da strizzare, sembrava mi fossi buttata in piscina vestita tanto era inzuppata di sudore.
<< Okay..ok, andiamo>> sospirai infine, mi staccai dal muro e affiancai la donna.
 
Nella fretta non ci eravamo accorte che il corridoio svoltava poco piu avanti, e, da quella svolta, proveniva uno strano bagliore. Ci guardammo poi arrivammo li in fretta. Una volta svoltato l’angolo vedemmo qualcosa che ripagò tutta la fatica. A una decina di metri di idstanza il corridoio si interrompeva bruscamente, e lasciava il passo a uno spazio sconfinato, luminoso, coperto di erba e con qualche albero. Una sorta di paradiso.
Erano gli Elisi, ce l’avevamo fatta.
 
Facemmo qualche passo, poi però avvertii la mia compagna fermarsi di botto. Io non capendo feci qualche altro passo poi mi fermai e mi voltai a guardarla, interrogativa. Ma Olimpia non ricambiò il mio sguardo.
In realtà non penso vedesse più nient’altro attorno a lei.
Seguii il suo sguardo e capii perché tutto si era annullato tranne quello che stava fissando. Anzi, quella.
Al di la del limitare di quel paradiso, a pochi passi dal confine netto col corridoio buio, stava Xena, la principessa guerriera.
 
La donna era immobile e guardava a sua volta Olimpia dritta negli occhi. L’una tuffata nell’altra, sembrava parlassero, seppure a dieci metri di distanza.
Io dal canto mio, fui presa dall’entusiasmo e dall’impazienza. Feci per colmare la distanza verso quella parete, ma l’ennesimo dannatissimo ostacolo mi si parò davanti. Una specie di omuncolo, alto su per giu un metro e dieci, si mise davanti a me bloccandomi
<< Cosa fate qui, siete delle anime vive, non potete accedere agli Elisi >>
E questo, fu definitivamente troppo, per i miei nervi gia provati. Sbroccai.
<< Sentimi bene razza di umpa lumpa, sono stata attaccata da un orda di pazzi, raggirata da un maledetto vecchio di merda, presa per il culo da un traghettatore schizzinoso e inseguita e quasi SBRANATA da un dannato cane a tre teste che ha fatto uno spuntino con il mio piede! Tutto questo solo per arrivare fino qui. Quindi se questo non è abbastanza per farti capire che non è proprio il momento adatto per farmi saltare ulteriormente i nervi, ti consiglio di lasciarci passare, o giuro che il passaggio lo libero a modo mio. Ho appena combattuto con un Cerbero far volare via il tuo culo da nanerottolo non dovrebbe essere così difficile! >> quando finii avevo fatto fare un altro metro buono all’indietro al poveretto che, se possibile, si era fatto ancor piu piccino e mi guardava, un po’ disarmato.
<< Ma..ma..>> balbettò. Col senno di poi quasi mi dispiacque per lui. Ma che ci vuoi fare..persona sbagliata nel momento sbagliato, capita. Non fece più storie, ma comunque non credo ci avrebbe potuto fare molto
 
Avevo appena finito la mia sfuriata quando vidi Olimpia sfilare di fianco a noi. Non ci degno di uno sguardo, camminava con lo sguardo fisso, come ipnotizzata, il passo calmo e gli occhi incatenati a quell’azzurro per lei così familiare. A quelli della sua anima gemella. Tirò dritta. L’omino la guardò ma non disse nulla, me ancora davanti a lui. La lasciai andare avanti, e seppi che quello che stavo per vedere mi avrebbe ripagato di tutto. Mi spostai guardando la scena.
 
Olimpia continuò il suo incedere sicuro, fino ad arrivare al limitare degli Elisi, lo oltrepassò senza neanche farci caso e, per la prima volta da che eravamo giunte, Xena parlò.
<< Olimpia >> la chiamò solo, gli occhi quasi lucidi. Olimpia arrivò davanti a lei e, tutto senza fermarsi, sospirò, sbattè le palpebre per la prima volta dopo minuti, due lacrime le ruzzolarono giu lungo le guance e si tuffò a capofitto tra le braccia di Xena.
L’altra donna la strinse forte a sua volta e chiusero gli occhi. Riunite. Ritrovate. Complete.
 
Non mi sbagliai. Tutta la fatica il dolore e la preoccupazione volarono via, sferzate dalla loro folata di amore.    
 
Autrice: scusate la lunghezza ma era necessario. Xena è finalmente di nuovo fra noi!!!! :D

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