L'amore cambia il modo di guardare

di 09titti
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Un anno dopo ***
Capitolo 2: *** Hello sunshine! ***
Capitolo 3: *** Si ricomincia da qui! ***
Capitolo 4: *** Arrivederci Pittsburgh! ***
Capitolo 5: *** Sorpresa! ***



Capitolo 1
*** Un anno dopo ***


~~Brian si svegliò di soprassalto, le prime luci dell'alba illuminavano il loft e sentì la mano di qualcuno sfiorargli la coscia. "Chi cazzo è?" pensò.... Aprì a fatica gli occhi e si girò verso l'uomo sdraiato accanto a lui. Era moro, muscoloso e alto, il classico tipo d’uomo che rimorchiava ogni sera, il suo nome, no, proprio non lo ricordava e i lineamenti del suo viso si confondevano con le facce degli uomini incontrati in precedenza...

Averlo così vicino gli procurò un brivido, il fastidio di averlo accanto lo fece svegliare del tutto e urlò allo sconosciuto " Sveglia, è ora di andarsene " e si alzò dal letto lanciandogli addosso un cuscino. Lo sconosciuto imprecò ma Brian era deciso a rimanere solo perciò raccolse i suoi vestiti e li butto alla porta. L'uomo non poté fare altro che alzarsi di malavoglia e sparire, non prima però di chiedergli se potevano rivedersi.
Brian lo gelò con lo sguardo e senza bisogno di aggiungere altro lo sconosciuto uscì dalla porta e così dalla sua vita.

Tre ore più tardi, Brian era pronto a salire sulla sua macchina e a mettersi in viaggio verso il suo ufficio. Erano passati esattamente tre anni da quando aveva avviato la sua attività e sapeva che quel giorno i suoi amici avevano in programma di festeggiarlo: avevano organizzato una festa a sorpresa ma a Brian Kinney non sfuggiva nulla e aveva capito cosa avevano in mente.
Quando si trovò davanti alla porta dell'edificio si preparò mentalmente a quello che avrebbe trovato dall'altra parte.  Senti la voce di Debbie urlare "Ma dove cazzo è finito?" e la voce di Ted rispondere "Si sarà perso fra le lenzuola!".
Aprì lentamente la porta e si ritrovò tra le braccia di Micheal e un ondata di voci entusiaste lo accolse. Finse di essere sorpreso e salutò con calore tutti ma non poté fare a meno di cercare fra i suoi amici una testa bionda. "Stupido che non sei altro" pensò " non c'è".
La festicciola durò per gran parte della mattinata, coinvolgendo anche i dipendenti dell'agenzia e Brian si ritrovò a pensare che era proprio fortunato ad essere circondato da persone così speciali, ma ovviamente questo pensiero lo avrebbe tenuto per sé, mai e poi mai sarebbe uscito dalla sua bocca.

Brian fu però sollevato quando si ritrovo solo nel suo ufficio. Voleva riordinare un attimo le idee prima di andare a colloquio con un cliente, ma prima doveva chiamare qualcuno di importante. Mentre alzava la cornetta, qualcuno bussò alla porta. Cynthia entrò decisa e gli porse una busta, dicendo “Questa è per te, è arrivata poco fa!” “Grazie” disse Brian “mettila pure sulla scrivania, devo fare una telefonata ora.”. Cynthia gli sorrise maliziosamente e uscì mentre Brian finalmente componeva il numero dell’unica persona che in quel momento voleva avere accanto a lui… ma nessuno rispose, il telefono era spento. Con stizza riagganciò e aprì con troppa forza la busta e con sorpresa si ritrovò tra le mani un suo ritratto.
“Sunshine!”
Era un foglio ripiegato in quattro che aperto mostrava il bel viso di Brian con in testa una corona da re sulla qualche troneggiava la scritta “Il re della pubblicità”. Sul retrò del foglio c’era scritto “Non sono lì con te ma ti penso, sempre. Complimenti per il terzo anniversario della tua fantastica attività. Con tutto il cuore, Justin”.
Un sorriso enorme comparì sul suo viso. Erano lontani, ma sempre e comunque vicini. Quanto avrebbe dato per poter baciare e abbracciare il suo raggio di sole!
Solo la voce ansiosa della segretaria lo distolse dalle sue fantasie e dovette tornare a lavoro. Una riunione importante l’attendeva, questa avrebbe segnato le sorti della sua vita e non vedeva l’ora di andare a cena da Micheal e da Ben portandogli come regalo la notizia che finalmente aspettava da tanto tempo.


Intanto all’aeroporto di Pittsburgh, un ragazzo dai capelli biondi e dagli occhi azzurri raccoglieva con impazienza le valigie e si dirigeva con un sorriso altamente contagioso verso i suoi amici che con impazienza lo stavano aspettando.
Micheal, Emmett, Ted, Daphne e Ben lo accolsero a braccia aperte, stritolandolo in un abbraccio di gruppo.
Finalmente il “loro” raggio di sole, il sunshine di Pittsburgh era a casa.

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Capitolo 2
*** Hello sunshine! ***


~~Brian uscì dalla sala riunioni arrabbiatissimo. Le cose non erano andate come si aspettava e non vedevo l'ora di lasciare l'ufficio per andare a divertirsi da qualche parte. Entrò nel suo ufficio per prendere le chiavi della macchina ma la sua attenzione fu attirata dal disegno che Justin gli aveva regalato.
Automaticamente il suo pensiero andò all'ultima volta che si erano visti.
Da quando Justin era partito si erano sentiti quasi tutti i giorni. Quando non riuscivano a parlarsi al telefono si scrivevano lunghe mail ma questo non bastava a colmare il senso di vuoto che entrambi provavano. Brian non riusciva a esprimere a parole quello che provava ma Justin sembrava leggerli nel pensiero e tutto quello che scriveva o diceva era esattamente quello che pensava anche lui.
Justin era talmente preso dal lavoro alla galleria d'arte e dai suoi viaggi da un paese all'altro che erano riusciti ad incontrarsi solo due volte nel corso dell'anno.
Una volta fu quando Brian, due mesi dopo la partenza del suo sunshine, dovette andare per lavoro a New York e riuscirono a passare tre giorni meravigliosi insieme.
Il secondo incontro avvenne quando il papà di Justin morì.
Quel giorno Brian era in ufficio intento a leggere le mail quando arrivò Jennifer.
"Brian, devi assolutamente fare qualcosa" disse agitata " ieri sera è morto Craig e stamattina ho chiamato Justin per dirglielo ma non so se verrà al suo funerale. Ha reagito in maniera distaccata e non so cosa fare. Se ne pentirà se non dovesse venire. È suo padre nonostante tutto".
Brian sapeva che se Justin si metteva in testa una cosa era difficile che cambiasse idea ma promise a Jen che avrebbe fatto un tentativo. 
Quando se ne fu andata il telefono squillò. Era Justin. Fu difficile per Brian spiegargli perché nonostante il rifiuto di suo padre, la sua cattiveria, le incomprensioni, era importante che venisse almeno  a dargli un ultimo saluto, ma si lasciò convincere e tornò a Pittsburgh. E proprio grazie a Craig, che in passato aveva cercato di dividerli, riuscirono a ritrovarsi dopo tanto tempo.
 Questo era successo quattro mesi fa e ora sembrava passata una vita.

Erano ormai le 7.30 di sera quando Brian lasciò l’ufficio e mentre saliva in macchina il suono del telefono gli fece venire in mente che in quel momento sarebbe dovuto stare da un’altra parte.
“Cazzo Michael me ne sono completamente dimenticato!” disse all’amico.
“ Sei sempre il solito… non preoccuparti ti aspettiamo, ci sono anche Emmett e Ted.” Rispose in maniera assai entusiasta Michael.
“No guarda è stata una giornata di merda… salto la cena, sarà per un’altra volta!”
“Ma no, cosa stai dicendo! Non fare come al tuo solito lo stronzo… vieni! ”
“No no niente da fare, non vengo… non agitarti è solo una cena!”
“E dai Brian vieni almeno per il dolce. ”
“Cazzo sta succedendo? Stai insistendo un po’ troppo …”
Dall’altra parte del telefono ci furono alcuni secondi di silenzio… “Mi stai nascondendo qualcosa forse?” disse Brian.
“Ma no cosa vai a pensare… è che avevo organizzato tutto per bene… allora vieni??”
“Michael, no, ci vediamo al Babylon !” e così la chiamata fu bruscamente interrotta.

Alcune ore dopo si ritrovò all’ingresso del suo locale, il Babylon.
Dopo l’esplosione, era riuscito a ricostruirlo e a farlo tornare all’apice del successo. Non riusciva a gestirlo direttamente ma si serviva del prezioso contributo di Leyla, sua vecchia compagna di scuola che aveva incontrato per caso. A lei serviva un lavoro, siccome era stata licenziata dal locale in cui lavorava prima e a lui serviva una persona di cui fidarsi e il destino li aveva messi sulla stessa strada, di nuovo.
Il locale come sempre era pieno e si avvicinò al bar, cercò con lo sguardo Michael e gli altri ma non vide nessuno di loro. Allora si concentrò sui ragazzi che ballavano intorno a lui, cercando di individuare qualcuno di suo gradimento da portare a casa quella sera.

Aveva visto un ragazzo carino, che ricambiava i suoi sguardi, entrò nella pista da ballo ma una mano lo sfiorò e una voce dolcemente famigliare gli disse “ehi, vuoi ballare con me? ”.
Il mondo sembrò fermarsi , si girò lentamente e si ritrovo davanti l’unica persona che desiderava vedere ma che non si sarebbe mai aspettata di trovare lì.
L’unica cosa che riuscì a dire fu “Ciao splendore!” e mentre ballavano si sentì finalmente in pace, tutta la gente attorno era come se fosse sparita, erano solo loro due, i loro corpi intrecciati e i loro cuori che battevano insieme.
Prese Justin per mano e lo trascinò via, voleva andare al loft, voleva stare con lui senza nessuno che li disturbasse e mentre raggiungeva l’uscita vide i suoi amici che li guardavano e sorridevano.
Uscirono dal locale per andare alla macchina, non riuscivano a smettere di toccarsi e baciarsi… le parole potevano aspettare domani mattina… ora c’era solo il tempo di recuperare il tempo perduto e di vivere insieme quella fantastica notte piena di sorprese.

 

 

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Capitolo 3
*** Si ricomincia da qui! ***


~~Il sole era ormai alto nel cielo ma Brian e Justin non avevano alcuna fretta di alzarsi dal letto. Erano addormentati profondamente, i loro corpi si toccavano e il braccio di Brian circondava prepotentemente la vita dell’uomo sdraiato accanto lui.
Il suono del telefono svegliò Brian che, senza nemmeno pensarci, rispose al telefono caduto chissà come sotto il letto.
“Justin, ma dove sei finito?” disse una voce con un forte accento spagnolo.
Solo allora Brian si accorse che non era il suo cellulare, ma ormai aveva risposto, tanto valeva sapere chi era quello stronzo che lo aveva disturbato.
Con il suo solito tono burbero disse “E tu chi cazzo saresti?”
“No, tu chi cazzo sei. Devo parlare con Justin, questo è il suo telefono se non lo sai…”
“Certo che lo so, ma in questo momento Justin non può rispondere” disse, guardando Justin dormire e un sorriso involontariamente comparì sul suo viso. “Dì pure a me, riferirò se capita!”
“Sinceramente vorrei parlare con lui, è partito dicendo che si sarebbe fatto sentire e invece non mi ha ancora fatto sapere nulla, vorrei sapere se sta almeno bene.”

“Si si sta benissimo, non preoccuparti… ma tu, chi cazzo sei?” fece Brian
“ Sono Andres, il suo nuovo agente. Devo parlargli assolutamente per la nuova mostra da allestire in Spagna. Fammi richiamare” disse tutto d’un fiato per poi interrompere bruscamente la chiamata.
Brian lanciò il telefono in fondo al letto e si sdraiò di nuovo e scoprì due occhi azzurrissimi fissarlo.
“Hai deciso di diventare il mio segretario personale?” disse Justin con un sorriso.
“Che testa di cazzo è il tuo agente? Non ha il minimo rispetto per la gente che dorme dopo una nottata di duro, durissimo lavoro…” rispose Brian, dando una strizzatina alla coscia del suo amato.
La risata allegra di Justin lo colpì come mai prima d’ora. Averlo lì di nuovo gli fece capire quanto quella casa senza di lui fosse vuota.
“Rimani” disse Brian piano.
“Non ho sentito”
“Hai sentito benissimo sunshine”
Rimasero per alcuni minuti in silenzio, ognuno immerso nei suoi pensieri.
Fu Justin per primo a parlare. “Vorrei rimanere lo sai. Ma non posso, ormai la mia vita è a New York. Sto realizzando i miei sogni e tutto grazie a te, che mi hai lasciato libero di vivere la mia vita. Non posso e non voglio perdere quello che sto facendo.”
“Lo so. Non posso chiederti questo” rispose baciandolo dolcemente sul naso “ Ma non possiamo andare avanti così. Dobbiamo decidere da che parte stare, se essere comunque una coppia a distanza o rimanere soltanto, ehm, amici…” e pensò al progetto lavorativo a cui stava lavorando, nessuno lo sapeva ma stava progettando di aprire una filiale della Kinnetek proprio a New York, ma le cose stavano procedendo più lentamente del previsto.
“Io so quello che voglio, voglio te” disse con semplicità Justin “ A New York scopo chiunque ma non mi faccio scopare da nessuno, voglio solo te dentro di me e questo mi frega. Non riesco a conoscere veramente nessun uomo, penso sempre che non sono te” e pensò ad Andres, alla sua corte serrata che andava avanti da mesi, alla sue promesse di una vita piena d’amore. Pensò che forse era giunto il momento di dirgli del rapporto tra lui e il suo agente e della sua imminente partenza per cinque mesi per la Spagna ma Brian disse:
“ Beh che si fottano tutti allora. Proviamoci ! Alla fine è solo tempo quello che ci separa… riusciremo a recuperare in qualche modo”
Justin si dimenticò di tutto il resto, solo il fatto che Brian lo volesse ancora come suo compagno contava… e ancora una volta, le parole, i discorsi furono dimenticati per qualcosa da cui era impossibile resistere.
“ Fino a quando rimani?” disse Brian staccandosi per un attimo dalle labbra di Justin.
“Domani sera ho il volo, alle 9…”
“ Bene, fino a domani dimentichiamoci delle difficoltà. Lo sento che devi dirmi qualcosa, lo vedo dai tuoi occhi preoccuparti. A me non sfugge nulla, lo sai!”

“lo so, domani ne parleremo.”

“ Domani” disse Brian “ domani, ora baciami…”

 





 

 

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Capitolo 4
*** Arrivederci Pittsburgh! ***


~~Quando Brian e Justin decisero di alzarsi dal letto tutti i lampioni di Pittsburgh erano accessi. Mentre si vestivano, qualcuno bussò alla porta. Andò Brian ad aprire e si trovò davanti Emmett, Ted, Michael e Ben.
“ ohhhh, chi non muore si rivede..” dichiarò Ted.
“ E voi, cosa cazzo ci fate qui? Stavamo per uscire!” disse Brian .
“ tesoro, siete spariti! non puoi tenere Justin tutto per te! “ disse Emmett spostandolo di lato ed entrando in casa.
Justin che ridacchiando disse “ scusateci ma siamo stati un po’ impegnati…”.
“Immagino” sentenziò Michael ” infatti vi abbiamo portato la cena o meglio, siamo venuti a cena… c’è cibo cinese per tutti!”
E passarono così la serata, insieme, come ai vecchi tempi, ridendo e scherzando, facendosi raccontare da Justin com’era la vita a New York e raccontandogli gli ultimi pettegolezzi di Pittsburgh ma soprattutto del Babylon.
A Justin mancavano le serate insieme ai suoi amici.  Riuscire ad essere capito solo attraverso uno sguardo, sentirsi dire ciò di cui aveva bisogno, sapere di trovarsi in mezzo a persone fidate, tutto questo gli mancava. Tornare a Pittsburgh era stato anche un modo per sentirsi finalmente di nuovo a suo agio in un luogo senza le invidie e le gelosie causate dal lavoro.

Erano ormai le due di notte quando Brian e Justin rimasero soli.
“ Coraggio Sunshine, dimmi tutto!” disse Brian, interrompendo i pensieri di Justin.
“ Parto per la Spagna, starò via almeno cinque mesi.” Disse Justin torturandosi le mani.
“Buon per te, se la Spagna è tutta come Ibiza, sei proprio fortunato… vai da solo?”
“In realtà no, mi accompagna Andres, il mio agente.”
“E perché?”
“ Perché è il mio agente e poi… noi…insomma…”
“Avete una storia…”
“Avevamo una storia” puntualizzò Justin “ Ormai siamo di nuovo io e te” 
“ Sei sicuro? Lui la sa questa cosa? Non sarà mica uno di quegli stronzi che per un rifiuto poi inizia a trattarti di merda…”
“ Non gliel’ho ancora detto…è bravissimo nel suo lavoro ma se qualcuno osa mettere le mani su qualcosa che secondo lui gli appartiene, che sia lavoro, amicizia o amore, diventa insopportabile … ma non mi interessa, cambierò agente, ma prima devo andare in Spagna, non posso sprecare questa occasione. Se il lavoro va bene potrò finalmente essere più indipendente. Potrò gestirmi con più autonomia, potrò tornare a vivere a Pittsburgh e tornare a New York solo per allestire le mostre…”
“ Quindi cosa vuoi fare? Fargli credere che lo ami?”
“ no, questo no, lo sa già che non lo amo ma non voglio dirgli di te. Non voglio che ostacoli il mio progetto di tornare qui. Ma non posso farlo se prima non vado in Spagna… dipende tutto da questo viaggio, la mia credibilità d’artista dipende da questa mostra.”
Le parole di Justin furono interrotte dal bacio prepotente di Brian.
“ Vai in Spagna e spacca il culo a tutti. Io sarò qui ad aspettarti. Trascorrerò le mie serate solitarie al Babylon in attesa che il tuo bel culetto torni qua, da me”.
E ridendo come due matti, Brian e Justin tornarono a fare quello che sapevano fare meglio, amarsi.


Mancava poco meno di mezz’ora al volo di Justin per New York. Brian aveva deciso di accompagnarlo all’aeroporto, non sarebbero riusciti a vedersi per un sacco di tempo e questo gli procurava una doloroso crampo allo stomaco ogni volta che ci pensava.
Avevano passato il pomeriggio andando a salutare tutti e avevano avuto poco tempo per dirsi le ultime cose. Ora erano lì, da soli, ma le parole erano troppo dolorose da pronunciare, si abbracciarono forte.
“ Non stare in pensiero per me” disse Brian baciando la fronte del suo raggio di sole che stava per partire, di nuovo “ io farò la mia solita vita, e quando torni spero di darti una notizia spettacolare.”
“ Cioè? Cosa? Non puoi farmi partire senza dirmi nulla… dai, passerò i giorni e le notti a pensare a questo.”
“  E fai bene, sto lavorando per noi, mio principe ma non posso svelarti ancora niente… tutto a tempo debito!”
“ Sei proprio uno stronzo Brian Kinney! ” disse Justin ma Brian lo baciò appassionatamente e gli sussurrò “ Devi andare raggio di sole, stanno chiamando il tuo volo” e con un ultimo e lunghissimo bacio si salutarono, senza bisogno di aggiungere parole.

Brian guardò Justin allontanarsi e solo quando lo vide sparire in mezzo alla folla si incamminò verso l’uscita.
Prese il telefonino dalla tasca dei jeans e lesse l’ultimo sms che gli era arrivato da Cynthia proprio quel pomeriggio -Brian, ha chiamato il signor Adams … ha cambiato idea. Gli uffici di New York sono a tua disposizione da settimana prossima. Complimenti, il tuo irresistibile fascino ha colpito ancora!-
Chiuse il telefono e sorrise, fuori iniziò a piovere ma dentro di lui c’era il sole.












 

 

 

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Capitolo 5
*** Sorpresa! ***


Justin camminava tranquillamente per le strade di Valencia diretto alla galleria d’arte che ospitava la sua mostra. Fra meno di tre ore sarebbe iniziata la sua ultima esposizione in terra spagnola ed era emozionatissimo. Non solo perché quella mostra avrebbe segnato la chiusura del suo tour spagnolo, accolto con calore dai critici d’arte, ma anche perché significava che fra meno di una settimana sarebbe tornato a casa, a Pittsburgh. Voleva staccare un po’ la spina da tutto.
Aveva vissuto cinque mesi in maniera frenetica, spostandosi per tutta la Spagna, parlando a ripetizione delle sue opere, conoscendo tantissima gente e non vedeva l’ora di tirare un sospiro di sollievo, senza avere nessuno intorno che gli continuasse a parlare di lavoro. E poi voleva tornare da Brian.
Brian che lo stava aspettando e che aveva una sorpresa per lui. Solo questo pensiero riusciva a tenerlo calmo, a non fargli mollare tutto perché ormai i rapporti con Andres erano al limite del sopportabile.

Quando Justin rivide Andres dopo il suo breve soggiorno a Pittsburgh, prima di partire pel la Spagna, successe esattamente quello che si aspettava. Appena mise piede nello studio che usava per creare i suoi quadri fu travolto dalla voce del suo agente.
“Si può sapere dove cazzo sei stato?” chiese Andres con rabbia.
“A casa” rispose semplicemente Justin.
“Come cazzo ti permetti di partire così, senza avvertire? Dovevi dirmelo.”
“Forse ho sbagliato a non avvertirti della partenza ma non dovevo chiederti il permesso…”
“E invece si, io sono il tuo agente caro mio e devo sapere tutto. Cosa sei andato a fare in quel posto di merda?”
“Quel posto di merda è casa mia e siccome era da tantissimo che non ci tornavo ho deciso di tornare a salutare la mia famiglia…”
“Beh che non si ripeta mai più una cosa del genere. “
“Si ripeterà ancora, non preoccupati, tornerò a casa ogni volta che voglio…”
“Le regole le detto io lo sai…” disse Andres prendendo la mano di Justin.
“Beh le cose cambieranno da ora in poi…” Justin ritrasse la mano e inizio a raccogliere i fogli sparsi sul tavolo.
“In che senso le cose cambieranno?” disse con voce incerta Andres.
“Nel senso che faremo il viaggio in Spagna, ma oltre al rapporto professionale tra noi non c’è più nulla. Quando torneremo dal viaggio non lavorerò più con te.”
“Questo non lo puoi fare, ricordati che sono stato io a tirarti fuori dalla merda, sono stato io a farti conoscere la gente che conta e che compra i tuoi quadri… senza di me non sei un cazzo! E poi come mai hai cambiato idea così? Cosa cazzo è successo a Pittsburgh??” Andres non conosceva nulla della vita di Justin prima del suo arrivo a New York.
“Ho solo aperto gli occhi. Chi ti vuole bene veramente non ti costringe a fare cose che non vuoi, non ti impedisce di andare dove vuoi, non ti rinchiude sotto una campana di vetro!”

Quando Justin parti per Pittsburgh per andare a trovare Brian, i rapporti con il suo agente erano già incrinati. Andres pretendeva di conoscere e organizzare la sua vita nei minimi dettagli, gli organizzava ottime mostre e gli presentava gente interessante ma il prezzo da pagare era alto. Non era più libero di essere se stesso. Le cose erano poi peggiorate quando avevano iniziato ad andare a letto insieme, aveva messo subito le cose in chiaro (niente relazioni serie, niente appuntamenti romantici e sdolcinati, libertà di vedere chiunque volesse) ma Andres piano piano aveva iniziato a voler sempre di più, a diventare antipatico quando si vedeva con altri uomini e aveva perciò deciso di smettere di frequentarlo già prima di vedere Brian. Ma Brian lo aveva spinto ad accelerare i tempi.
Inoltre da qualche mese l’aveva contatto Lindsay.
Lindsay era ritornata a vivere a Pittsburgh insieme a tutta la famiglia e continuava a lavorare nel mondo dell’arte, a organizzare mostre e aveva iniziato a fare da manager ai giovani artisti emergenti. Lindsay che gli aveva proposto di lavorare insieme e lui non vedeva l’ora di iniziare questa collaborazione.

Immerso nei suoi pensieri, Justin non si accorse nemmeno di aver superato l’edificio che ospitava la mostra e se ne rese conto solo perché Andres gli urlò “Dove cazzo stai andando?”.
Sbuffando Justin tornò indietro ed entrando nell’edificio si guardò intorno con soddisfazione. Tutto era perfetto e la serata, ne era certo, sarebbe stata un successo. E poi finalmente avrebbe detto arrivederci alla Spagna e addio a quello stronzo di Andres.

Il pomeriggio del giorno dopo la mostra Justin partì per New York e finalmente dopo un lunghissimo viaggio arrivò finalmente al suo appartamento. Appena mise piede nel palazzo notò che il portinaio aveva un sorriso piuttosto strano e lo salutò con calore. Ma non ci fece troppo caso, non vedeva l’ora di sedersi sul suo comodo divano e chiamare Brian, perciò si precipitò nell’ascensore per salire al decimo piano.
Il telefono squillò, Justin guardò il nome sul display e con stizza chiuse la comunicazione. Era Andres. “Cosa vuole ancora questo?” pensò.
Stava ancora pensando ad Andres quando aprì la porta del suo appartamento e subito sentì il suo profumo. Brian era lì. Entrò in camera da letto e se lo ritrovò sul letto, che dormiva tranquillamente, con i suoi vestiti sparsi intorno a lui. Si lanciò su di lui, non gli diede nemmeno il tempo di aprir bocca che lo stava già baciando e Brian rispose con passione a quel bacio e a tutti quelli che vennero dopo.
“Vedo che ti sono mancato Sunshine!” disse sorridendo Brian.
“Non sai quanto…” rispose Justin togliendogli la camicia. Brian si perse negli occhi azzurrissimi del suo raggio di sole e si lasciò prendere da Justin perché in quel momento era esattamente ciò di cui aveva bisogno, averlo dentro di sè.

Moltissime ore dopo, Brian e Justin decisero di uscire di casa.
“Dove vuoi andare?” chiese Justin “Se hai fame ti porto nel ristorante in cui vanno a mangiare tutti gli artisti non ancora ricchi di New York!”
“Mmmh forse dopo, anche se preferirei mangiare in un vero ristorante.” Rispose Brian , immaginando il luogo in cui voleva portarlo “Prima vorrei farti vedere una cosa.”
“Scusa eh, ma cosa vorresti farmi vedere? Siamo a New York, sono io che vivo a New York, dovrei farti io da guida se mai…”
“Ma questa cosa non la conosci, è nata due mesi fa…” disse sorridendo Brian. E trascinò Jutin nel primo taxi libero. il taxi si fermò davanti a un edificio a 15 piani, rosso fuoco.
" Ecco ci siamo..." disse Brian.
 “Mi sembra di rivivere il momento in cui mi hai portato alla sede della Kinnetic…” disse Justin e rimase a bocca aperta “Non dirmi che…”
“ Esattamente… sei sveglio vecchio mio!” Brian gli mostrò il citofono che conteneva parecchi nomi e al numero 14 e 15 risplendeva a chiare lettere il nome “KINNETIC”. “Ma non ci posso credere!” disse Justin baciando Brian.
“ Eh una filiale della Kinnetic a New York, non è magnifico? Ho lottato tanto per arrivare qua e ce l’ho fatta… Brian Kinney non sbaglia mai!” dichiarò entusiasta Brian accarezzando i capelli biondi di Justin. “Abbiamo già iniziato a lavorare qui da due mesi e le cose vanno alla grande.”
Salirono con l’ascensore i 14 piani e si ritrovarono nella Kinnetic, che era deserta perché era domenica... tutto era bianco e nero ma la cosa che colpì di più Justin fu il quindicesimo piano che era praticamente un terrazzo, pieno di fiori e alberelli, divani e poltroncine.
Vedendo la soddisfazione dipintà sul volto di Brian, Justin disse togliendosi la maglietta " Dobbiamo inaugurare questo posto come si deve o no?" e Brian non se lo fece ripetere due volte.
Fecero l’amore lì, con il cielo azzurrissimo di New York sopra di loro.
Justin non riusciva a credere a quello che aveva appena saputo. Brian finalmente era riuscito a realizzare il suo sogno, arrivare a New York con il suo lavoro e anche se aveva in programma di tornare presto a Pittsburgh, Justin fu felice di sapere che Brian aveva accorciato le distanze tra loro.
“Quindi, ora verrai a vivere da me, quando sarai qui a New York…” affermò Justin.
“Ma non ci penso nemmeno!” disse Brian.
Justin smise immediatamente di accarezzargli la pancia, “Cosa stai decidendo?” disse allarmato.
“Che non ho intenzione di viver in quel minuscolo appartamento che tu chiami casa…” rispose Brian, girandosi a prendere qualcosa dalla tasca dei suoi pantaloni firmati Armani “Queste sono le chiavi del nostro nuovo loft newyorchese, è a due isolati da qui! Lo sai quanto amo i loft…”
Justin allora prese il viso di Brian tra le mani e gli sussurrò “Ti amo!” e Brian rispose a quel ti amo tempestandolo di baci.
Justin capì che l’amore di Brian era racchiuso in quei baci pieni di passione e in quel mazzo di chiavi che aveva come portachiavi Furore, l’eroe che lui e Michael avevano disegnato tanto tempo fa.

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