Tears don't fall

di BornOfVengeance
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Open your eyes ***
Capitolo 2: *** Hate ***
Capitolo 3: *** Cliff ***
Capitolo 4: *** Cry ***
Capitolo 5: *** Fucking Nightmare ***
Capitolo 6: *** Lars ***
Capitolo 7: *** I'm forever there ***
Capitolo 8: *** Who is? Kirk! ***
Capitolo 9: *** Love & Lust ***
Capitolo 10: *** I'm pain, I'm hope, I'm suffer ***
Capitolo 11: *** Take me down to the Paradise City ***
Capitolo 12: *** So sad ***
Capitolo 13: *** Old memories, new happiness ***
Capitolo 14: *** This story is over ***



Capitolo 1
*** Open your eyes ***


Open Your Eyes

Anche se non l’avrei mai scelta come professione, io adoro davvero tanto scrivere, lo faccio ogni volta che posso ed è una vera liberazione per me. Non scrivo quasi mai per uno scopo ben preciso e scrivo poco spesso cose sensate, scrivo di cose che solo io posso capire, questo mi fa sentire potente, cosa che nella mia vita non sono mai stato ma che dopo tutto, non sono mai voluto essere veramente. L’unica cosa che in effetti ho sempre voluto è la felicità, adesso voi penserete “chi non vuole essere felice?” beh...in effetti credo che quasi nessuno voglia essere infelice e anche se qualcuno che lo vuole c’è, io rispetto il suo modo di essere, ma io volevo essere felice. Inutile dire che la mia storia non inizia in modo felice, anzi, tutto il contrario e non credo che vi dirò adesso se sono o non sono riuscito ad esserlo, ecco il perché di questi giri di parole! Per la prima volta in vita mia voglio scrivere e farlo in modo serio, voglio scrivere di qualcosa di concreto, di qualcosa di sensato, di qualcosa che incuriosisca la gente, che la spinga a chiedersi “e cosa succede poi?!” voglio scrivere di quello che amo, delle persone che adoro e che mi sono sempre state vicine, voglio che tutti le visualizzino e le amino proprio come le ho amate io e voglio che chi legga odi i miei nemici proprio come li ho odiati io, voglio che voi, che leggete, vediate con i miei occhi, sentiate le diverse sensazioni che ho provato con il mio corpo...insomma, che diventiate me, voglio fare anche vostre le mie disgrazie, le mie conquiste e tutto quello che seguirà in questo racconto, quindi badate di stare attenti, perché dovrete visualizzare tutto esattamente come l’ho visto io, dovrete farvi un’idea delle persone e vedervele quasi davanti mentre le descrivo e ne parlo, vi servirà molta immaginazione per fare tutto questo, e chi non ne è provvisto...beh, che se la procuri! Faccio tutto questo soprattutto per rimanere con i piedi per terra, per ricordare da dove vengo, cosa ho passato, le persone che ho incontrato, conosciuto e perso, per provare sentimenti che, una volta provati, non si possono più provare con la stessa intensità. Tutto questo mi servirà anche per farmi un esame di coscienza, per capire se certe cose che sono accadute le meritavo o no, se determinati eventi sono serviti o no a farmi diventare quello che sono oggi e magari per essere un po’ più comprensivo e clemente con me stesso nelle notti in cui non riesco ancora a dormire pensando a quello che ho passato. Sono James Hetfield, ho trentuno anni e parlo direttamente alle persone determinate a leggere tutto questo, almeno quanto me che lo scriverò e dico a chi pensa di non farcela di non mollare, tutti hanno una possibilità per qualunque cosa, tutti.
Adesso manca poco, vi spiegherò bene come funziona. Dato che ho una memoria fotografica, ricordo tutto, da quando avevo quattro anni, ogni minima stronzata, io me la ricordo, quindi narrerò la storia dal principio e dai miei diversi punti di vista che cambieranno in base all’età. Il mio proposito più grande è quello di non romanzare troppo le cose e non farle apparire troppo epiche, spero solo di riuscirci, ora sapete tutto.
E adesso veniamo a noi.

 
James Hetfield,Anno1967

che confusione! Tutti corrono dappertutto, se mamma non urlasse tanto io non riuscirei a capire che la sorellina sta nascendo, penserei solo che tutto è come gli altri giorni, solo un po’ peggio. Papà mi urla qualcosa, ma io non lo ascolto, non voglio ascoltarlo, poi mi prende in braccio e mi porta fuori per poi correre di nuovo in casa ed uscire pochi minuti dopo con in braccio la mamma, tutta rossa, che continua ad urlare. In questo momento decido che non avrò figli, troppo complicato per i miei gusti. Salgo in macchina e tengo la mano alla mamma che, vedendomi, mi sorride, uno dei suoi bellissimi sorrisi rassicuranti, che mi aiutano ad accettare tutto, anche la nascita di una sorella. Per tranquillizzarmi ha anche smesso di urlare, adesso si limita a delle smorfie di dolore ogni tanto, io ho comunque paura che qualcosa vada storto. Papà guida con aria infuriata, è meno paziente del solito e ho paura che sbotterà da un momento all’altro.
Grazie a dio siamo arrivati all’ospedale, un dottore dal viso simpatico ha portato mamma a partorire e adesso mi guarda tutto sorridente, forse spera anche lui di tranquillizzarmi, o almeno di capire cosa sto provando, di vedere anche una piccolissima traccia di una qualunque emozione nel mio viso, ma io sono intenzionato a non far trapelare niente, non piangerò, non sorriderò, non farò nulla che possa lasciar intravedere qualcosa, se nessuno mi parlerà, rimarrò muto per tutto il giorno, anche per tutta la settimana se è necessario, tanto potrei benissimo riuscirci. Il dottore mi lancia un ultimo sguardo e poi, purtroppo per me, mi fa la classica domanda.

<< Figliolo, sei contento? Stai per avere una sorellina! >>
<< No >>
<< No? Come no? >>
<< No e basta. >>

Mi siedo accanto a papà in sala d’aspetto, la mamma gli ha chiesto di non entrare con lei per starmi vicino, lei è la sola che capisce come mi sento anche se non batto ciglio per nulla. Voleva che lui mi stesse vicino per aiutarmi ma, come sempre, non se la sta cavando molto bene. Un po’ mi dispiace per lei, finche sarà una bambinetta rincoglionita e non capirà un cazzo sarà felice, poi aprirà gli occhi e si disilluderà, a quel punto saranno guai perché vedrà le cose esattamente come stanno, io forse ho aperto gli occhi troppo presto, lo dice anche la mamma quando papà la fa piangere, loro credono o sperano che io sia, non solo sordo, ma anche stupido e non li senta litigare tutte le maledette sere, ma ovviamente si sbagliano, loro, soprattutto papà, non sanno cosa ci sia nella mia testa, pensano che io sia un bambino e che non abbia pensieri miei, ma nella mia testa brulica sempre il caos, anche se da fuori non si direbbe proprio.
Finalmente, circa un’ora e mezza dopo, i dottori chiamano papà, dicendo che è andato tutto bene nonostante abbiano dovuto praticare il parto cesareo alla mamma. Entrato nella camera vedo la mamma che, sfinita, sta sul letto con gli occhi chiusi e più in la ecco la culletta con la mia sorellina dentro, di cui non so nemmeno il nome. Papà mi incoraggia a ad avvicinarmi di più, poi mi prende in braccio, così che io possa vedere la mia sorellina dentro la culla, mentre sta avvolta in una copertina rosa, con gli occhi azzurri e grandi spalancati, senza fiatare.

<< E’ bella vero? Si chiama Lisa >>

Io non rispondo, proprio come faccio la maggior parte delle volte che papà mi parla, poi sento la voce della mamma che mi chiama, così mi divincolo dalle braccia di papà e corro da lei, salendo sul suo letto e sedendomi nel bordo libero.

<< Come sta il mio animaletto ? >>
<< Bene, e tu? >>
<< Bene tesoro. Hai visto la sorellina? E’ una bimba tranquilla e non ti darà fastidio >>
<< E’ bella >>
<< Non fare quel faccino, vedrai che le vorrai bene >>

Mi limito ad annuire e mi sforzo di sorriderle. Poco dopo un’infermiera viene a dire a me e a papà che dobbiamo uscire e che la mamma deve riposare, l’indomani potremo portare lei e la sorellina a casa. Questo è il momento che temevo di più, il momento in cui io e papà rimaniamo da soli, non abbiamo mai nulla da dirci e stiamo sempre in silenzio, io lo faccio più che altro per non farlo sbottare, o sarebbero grossi guai e questo farebbe addolorare la mamma. Torniamo a casa e lui prepara due panini, che mangiamo a tavola in silenzio, dopo lui va a guardare la televisione e io vado in camera mia e mi addormento abbracciando un maglione della mamma.
***
L’indomani papà mi sveglia presto per andare a prendere la mamma e Lisa e io non me lo faccio ripetere due volte, salto giù dal letto, impaziente di rivedere la mamma. Arrivati in ospedale prendiamo la mamma e Lisa, papà metta un paio di firme e così siamo liberi di andare. Appena la mamma mi vede apre le braccia così che io possa farmi abbracciare, le vado incontro e affondo il viso nel suo petto, mi sono quasi venute le lacrime agli occhi, ma le ho ricacciate subito indietro, nessuno deve vedermi piangere, nessuno. Arrivati a casa Lisa comincia a piangere, la mamma dice che lo fa quando ha fame, così lei inizia ad allattarla al seno e la piccola si calma. Dopo poco arriva la notizia.
<< James la piccolina dormirà in camera con te. >>
Dice in modo freddo papà, addolcendo lievemente la voce sulla parola “ piccolina”. Vedendo la mia espressione la mamma decide di cercare di recuperare la situazione.

<< Sarà carino no? Adesso avrai qualcuno che ti farà compagnia >>

Li guardo con la solita espressione senza emozioni ed entro in camera mia, dove poco dopo papà inizia a montare la culla di Lisa, che dalla prima volta che ha pianto non ha più aperto bocca. Non appena mamma la porta in camera da me, finalmente riesco a fare il primo passo del processo di rassegnazione.

<< Mamma, posso prenderla in braccio? >>
<< Certo animaletto mio, vieni qui, avvicinati >>

Faccio come mi dice e tendo le braccia per riceverla, la mamma la poggia con delicatezza ed io posso finalmente guardarla. Io e lei ci somigliamo ed entrambi somigliamo alla mamma, ha già dei piccoli e sottili capelli biondi, occhi grandi e azzurri come i miei, forse un po’ più scuri e anche il suo piccolo nasino somiglia al mio. Per la prima volta in un paio di giorni sorrido con sincerità, lei è carina e posso accettarla, ma soprattutto, devo proteggerla, non sa che guaio ha combinato decidendo di nascere in questa famiglia.

<< Ti piace? >>
<< Si, tanto >>
<< Bravo il mio animaletto! Da adesso dovrai proteggerla >>
<< Lo so. Avete avvisato John? >>
<< Lo chiamiamo fra un po’ >>

John è il mio fratellastro, è nato dal primo matrimonio di mio padre e ha dieci anni in più di me, in questo momento è in Canada con lo zio Jerry, che gli aveva promesso di portarcelo. Se io sono il preferito di mamma, lui è quello di papà, e tornerà fra un paio di giorni, non ho mai capito se gli voglio bene. Poco dopo papà gli telefona e gli parla come se fosse un grand’uomo, tutto contento nel sentire che tornerà fra un paio di giorni e la rabbia mi sale dentro. La rabbia, l’unico sentimento che riesco a distinguere fra tante cose confuse. Guardo un’ultima volta Lisa della sbarre della culla e poi mi metto a letto, addormentandomi profondamente.


Bene gente! Ormai avrete capito che non riesco a stare un attimo senza scrivere qualcosa di nuovo, quindi ecco la mia nuova proposta, spero vivamente che vi piaccia! Spero anche che il sito non dia problemi come ha fatto in passato, quindi scusatemi se qualche volta una battuta salta o delle parole si storpiano. Detto ciò ringrazio chi ha letto ed ha intenzione di continuare. Al prossimo capitolo!!

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Capitolo 2
*** Hate ***


Hate

Qualche giorno dopo ecco che John torna a casa. Odio tutte le smancerie di papà nei suoi confronti. Non appena l’ha visto gli è corso incontro e l’ha abbracciato, riempiendolo di domande con un’aria molto interessata. L’attenzione di papà era stata incentrata tutta su John finche lui non ha chiesto di vedere Lisa, così avendo ascoltato i loro discorsi dal piano di sopra, mi precipito in camera mia e della nuova arrivata per controllare che John sia delicato con lei, fosse per me non la toccherebbe neanche. La prima reazione di John sembra l’indifferenza, poi guarda papà e con uno strano tono gli dice

<< Somiglia tanto a Cynthia...proprio come James >>
<< E’ vero, ma è molto carina, non trovi? >>
<< Lo è...>>

Tutto va avanti mentre io li fisso con aria imbronciata, non voglio che quello lì guardi con sufficienza mia sorella! Lei è bellissima, come la mamma e per fortuna non somiglia per niente a papà! Poi lo sguardo di John si sposta su di me e nota che non lo sto guardando nel migliore dei modi.

<< E tu che hai? >>

Non rispondo e continuo a guardarlo male, finche non vedo che papà comincia ad alterarsi, così decido di girarmi da un’altra parte. Dopo averla fissata ancora un po’, sia papà che John scendono al piano di sotto, lasciando me e Lisa in pace. Anche se non sono più il più piccolo mi sento ancora come se lo fossi e mi sento ancora meno considerato, ma dopo tutto le uniche persone da cui voglio attenzione sono mamma e Lisa, nessun’altro.
La giornata è trascorsa in modo molto noioso, non ho fatto nulla, se non tenere le orecchie ben aperte percepire un possibile litigio tra mamma e papà e fare la guardia a Lisa, che oggi è stata particolarmente tranquilla. Ogni volta che ho voglia di prenderla in braccio trascino un piccolo sgabello fino alla culla e mi ci arrampico fino a che le mie braccia non arrivano a prenderla, dopo di che scendo dallo sgabello e mi siedo sul letto mentre la tengo in braccio. Stare con Lisa è l’unica cosa che mi rende felice oltre ai sorrisi di mamma, che diventano sempre più rari e poco convinti, ogni volta che prendo in braccio la mia sorellina mi sento utile e sento anche di piacere a qualcuno visto che, ogni volta che lei mi vede, tira fuori un sorrisino sdentato davvero tenero, che ammorbidirebbe anche il più duro dei cuori, come quello di papà. Proprio mentre la faccio ridere facendo le smorfie che più la divertono sento aria di burrasca, ormai sono capace di percepire i litigi prima che accadano ed in un certo senso vado fiero di questa dote, così vado a mettere Lisa dentro la culla e mi metto in allerta. Ancora una volta il mio intuito non sbaglia, sento la voce esasperata di mamma che dice a papà che non ce la fa più e lui ribatte, e lei ribatte, così iniziano in modo più serio. Ad un tratto il tutto si sposta dalla loro camera al corridoio, la mamma esce piangendo con aria spaventata e papà la segue, minaccioso e mal’intenzionato.

<< Cynthia vieni qui! >>
<< Non sei tu a dirmi quello che devo fare! >>

Lui la e per un braccio e la fa voltare verso di lui, così da farsi guardare in faccia, poi le da un ceffone sulla guancia, che emette un rumore tremendo, deve averle fatto molto male, poi eccone un altro sulla guancia opposta, e un altro sulla prima guancia. Al quarto ceffone decido che non voglio più che quello tocchi la mamma, così faccio ciò che non ho mai fatto, vado da loro e tiro papà dai pantaloni, riuscendo ad allontanarlo da mamma e facendolo infuriare anche con me. Mi guarda con espressione indiavolata e si gira completamente verso di me, io ho paura ma non lo dimostro, lui mi prende dal colletto della maglietta e da un grosso ceffone anche a me, peggiore di quelli che ha dato alla mamma, che vedendo la scena, piange ancora di più.

<< Non ti azzardare a farlo di nuovo, piccolo moccioso! >>
<< Non toccare più la mamma, Lisa e me, non siamo tuoi! >>

Proprio quando sta per schiaffeggiarmi un'altra volta, mamma mi sottrae alle sue grinfie e mi porta in camera mia. Mi guarda con un’aria di rimprovero misto a sollievo per aver messo fine alla tremenda situazione in cui eravamo.

<< Ma che ti è venuto in mente James?! >>
<< Non deve toccarti! >>

Il suo sguardo, che si era fatto severo, si ammorbidisce, accompagnato da un velo di disperazione.

<< Ho sempre saputo che sei un bambino speciale tu e ti ringrazio, ma preferisco che faccia del male a me piuttosto che a te >>
<< Ma io no! >>
<< Ti prego animaletto mio, non farlo più. Io sto bene >>

Ed ecco uno dei suoi sorrisi poco convinti, ma con un fondo di speranza ancora vivo, so che lei spera ancora di riuscire ad amare papà come prima, ma non può, io lo so. Non voglio bene a papà, non mi importa nulla di lui, voglio solo la mamma. Dopo avermi tranquillizzato un pachino la mamma torna in camera sua e di papà e per fortuna il litigio non prosegue, ma io continuo a sentire il ceffone di papà sul mio viso e il rumore di quelli che ha dato alla mamma. Poco dopo la porta si apre ed entra John con aria preoccupata, lui era l’ultima persona che volevo vedere in quel momento.

<< Che ti è saltato in mente? Papà poteva anche ammazzarti >>
<< Non deve importarti >>
<< Certo che mi importa, sei mio fratello! >>
<< Non è vero, e lo sai >>
<< Magari non abbiamo la stessa madre ma siamo fratelli e io ci tengo a te >>

Lo guardo e non riesco a non intenerirmi, è davvero preoccupato e questo mi fa piacere, vuol dire che almeno a qualcuno importa di me. Lo abbraccio e piango per un po’, non mi sono mai sentito solo come in questo momento, in cui a starmi vicino c’è una persona da cui non mi sarei aspettato benevolenza. John mi guarda e mi sorride, accarezzandomi i capelli.

<< Tu sei piccolo, ma ti comporti da adulto, non va bene. Devi divertirti alla tua età, non essere un cervellone >>
<< Come faccio a divertirmi così? E poi lo sa anche la mamma che sono diverso, e lei è contenta >>
<< Almeno non fare così il duro con me, che tu ci creda o no io so cosa ti passa per la testa, so che hai bisogno d’affetto >>

A quelle parole non rispondo, mi limito a guardarlo come per dirgli che ha ragione e, proprio quando stavo per dirlo ad alta voce, rischiando di esporre un mio sentimento, Lisa inizia a piangere e vengo interrotto dal fare una cavolata.


Salve gente!! Vedo che il primo capitolo è piaciuto abbastanza, quindi mi sento molto incoraggiata a continuare, ringrazio chi ha recensito nel primo capitolo e spero che questo secondo piaccia almeno quanto il primo. Buona serata a tutti!!

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Capitolo 3
*** Cliff ***


James Hetfield.Anno 1977

In questi giorni mamma e papà hanno litigato molto...troppo per i miei gusti, so che tutto sta per andare a puttane, ma in questo momento è la cosa che mi preoccupa meno. Vorrei solo che la smettessero di litigare, così non aiutano Lisa e oltre a peggiorare tutto mi fanno anche incazzare, in questo momento li odio, tutti e due.
Non so che cos’ha, nessuno sa che cos’ha, nemmeno il dottore. E’ iniziato tutto qualche mese fa, quando Lisa è svenuta a scuola per la prima volta, ci hanno chiamati tutti e così l’abbiamo portata a casa, ma non sapevamo cosa fare e dopo un po’ di tempo è rinvenuta da se, poi l’ho fatta vedere da un dottore sottobanco, ma nemmeno lui ha saputo darmi una risposta chiara, solo vaneggiamenti. Da quel momento non ho fatto che contattare tutti i medici dell’ospedale di Los Angeles di nascosto per descrivere i suoi sintomi, ma nessuno ha dato una risposta, e qualunque essa sia i miei genitori non la cureranno mai, e in ogni caso non avremmo mai avuto i soldi per sostenere le cure, io lo so come andrà a finire. In più quei due non la smettono di litigare un momento, la mamma ha sempre nuovi lividi su tutto il corpo, papà consuma sempre più alcool e io rischio di sbottare da un momento all’altro. Non me ne fotte un cazzo dei loro problemi, e nemmeno a loro dovrebbe interessare, hanno una figlia che sta morendo, che si spegno ogni giorno di più, il figlio minore che non sa più dove sbattersi la testa, e il figlio di papà, il più grande, fuori da tutta questa situazione. Quello che inizio a chiedermi sempre più spesso è...come farò a vivere senza la presenza del mio angioletto? Ho sempre detto che io l’avrei protetta, che l’avrei aiutata ad accettare il modo in cui viviamo, ma la verità è che è lei che mi ha sempre protetto e mi ha sempre aiutato ad accettare ogni singolo giorno della mia inutile vita, e quando lei non ci sarà più, come farò a sopportare tutto?
Stamattina è  iniziato tutto male, Lisa sta sempre peggio e sembra che quei due si vogliano ammazzare oggi, poi sono costretto ad andare a scuola nonostante tutto, a guardare in faccia degli estranei che odio che mi chiedono sempre “hai fatto i compiti?” no, testa di cazzo, certo che no! Prova tu a studiare con quella fottuta merda che mi ritrovo io a casa, non dureresti nemmeno tre giorni! Saluto la mia piccolina e le prometto che prima di tornare a casa le comprerò le caramelle gommose che adora, poi mi decido ad uscire e a camminare verso quella che tutti chiamano scuola, ma per me è solo una prigione. Arrivo tardi come tutte le mattine, solo che quando apro l’armadietto c’è qualcosa di strano, oltre ai miei libri ci sono delle cose che non ho mai visto e dei volumi di secondo anno che di certo a me, che sono del primo, non servono. Dopo aver pensato ad una qualsiasi soluzione, vedo che attaccato al mio libro di matematica c’è un bigliettino, lo stacco e lo giro dal verso giusto

“Mi chiamo Cliff e sono nuovo, faccio il secondo anno in questo carcere e dovremo dividere l’armadietto, visto che sono già tutto presi. A dopo.”

Questa notizia non fa che peggiorarmi la giornata, non voglio qualcuno con cui condividere l’armadietto, soprattutto se un anno in più di me...e poi vorrei sapere da dove cazzo è saltato fuori questo! Spero che non sia detestabile. Mi decido a prendere i libri ed entro in classe, dove mi becco la solita ramanzina sui ritardi del professore di turno, mi chiedo perché sempre a me. Durante la lezione non faccio che pensare a quel bigliettino, se prima l’idea di conoscere qualcuno di nuovo non mi attirava, ora ero incuriosito dal tipo che mi sarei presto trovato davanti, non avevo mai avuto un amico, magari lui ed io saremmo andati d’accordo. Passo il resto dell’ora a non ascoltare ovviamente, penso a Lisa e a questo Cliff...voglio conoscerlo. Non appena la campanella suona prendo le mie cose e mi precipito fuori dall’aula, dritto verso il mio armadietto, sono deciso a conoscerlo. Arrivo lì che lui c’è già, mi fermo qualche passo più un la per squadrarlo da lontano, è alto quanto me, magro, capelli rossicci che gli arrivano alle spalle, gli occhi sono nocciola, il naso un po’ aquilino, dei baffetti sottili e poco visibili sopra delle labbra sottili e chiare, indossa dei jeans a zampa larga, un paio di stivali a punta e una maglietta nera con sopra un gilet, anche quello di jeans. Dopo un po’ che ero rimasto a fissarlo lui si accorge di me, mi guarda e mi sorride, in quel momento decido che mi piace. Viene in fretta verso di me, continuando a sorridermi e quando mi sta di fronte mi dice

<< Devi essere James, io sono Cliff, mi dispiace di aver invaso il tuo campo ma ho fatto solo quello che mi hanno detto di fare >>
<< Piacere mio Cliff >>

Sono arrossito, ne sono sicuro, io sono un tipo timido e riservato, non sono fatto per le presentazioni, ma voglio essere gentile con lui.

<< Allora, de dove ti sei trasferito? >>
<< Stavo a San Francisco, ma per qualche strano motivo abbiamo deciso di venire qui >>
 << Immagino che non sarà stato facile...>>
<< No, non lo è stato >>

Ci guardiamo negli occhi, ed è come se, con un solo sguardo, ci stessimo dicendo a vicenda quanto soffriamo e quanto abbiamo sofferto, sapevo che lui ed io ci saremmo capiti da subito, io certe cose le so, senza sapere come, proprio come quando percepivo i litigi dei miei, sapevo già dall’inizio della giornata a che ora si sarebbero verificati e quanto intensi sarebbero stati, non ne avevo mai sbagliata una. Dopo quel primo e breve incontro, io e Cliff torniamo con i piedi per terra e ricominciamo con le lezioni. La parte più bella del giorno è arrivata all’ora di pranzo, quando abbiamo finalmente avuto più tempo per parlare, ci siamo seduti nello stesso tavolo a mensa e abbiamo passato tutto il tempo a parlare, cosa strana per me, che dicevo al massimo venti parole al mese, ma che in compagnia di Cliff, avevo superato in un’ora.

<< Tu hai fratelli Cliff? >>
 << Si, una sorella, mio fratello è morto un paio d’anni fa...e tu? >>
<< Ho una sorella e un fratellastro. Voglio fartela conoscere! >>
<< Chi, tua sorella? >>
<< Si, e dovrai farmi un favore, ma non te lo chiederò adesso >>
<< Okay James, la incontrerò domani >>
<< Dovrai venire a casa mia però, lei non può muoversi da casa >>
<< Quanti anni ha? >>
<< Dieci...lei...>>

Sento le parole che mi muoiono in gola e Cliff preoccupato mi viene più vicino

<< Hey, ma che ti prende? >>
<< Lei...morirà presto >>

Mi guarda con un’espressione sorpresa e dispiaciuta, poi non ci pensa due volte e mi abbraccia, un abbraccio sincero, da amico, il mio primo, unico vero amico.

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Capitolo 4
*** Cry ***


Cry


Come promesso, prima di tornare a casa passo dal supermercato a comprare le caramelle preferite di Lisa, ormai sono l’unica cosa che la fanno sorridere. Ne prendo due pacchetti, sperando che i miei genitori non le vedano, perché dicono che spendere i soldi in queste sciocchezze è come buttarli, così infilo i pacchetti nello zaino e torno a casa, cercando di fare il più veloce possibile. Appena arrivo vado in cucina, prendo una pezza, la inumidisco di acqua fresca e la strizzo con cura, poi salgo al piano di sopra, in camera mia e di mia sorella. La guardo e mi sembra peggiorata, è molto pallida e respira affannosamente, ma io mi sforzo di sorridere e vado a sedermi sul bordo de suo letto, le poggio la pezza inumidita sulla fronte e apro lo zaino, prendendo e mostrandole le caramelle con un sorriso che mi viene ricambiato. Apro il pacchetto e ne prendo una e gliela imbocco, poi le do un bacio sulla fronte e decido di raccontarle di Cliff.

<< Sai piccola, oggi a scuola mi hanno assegnato un compagno di armadietto, è bello e simpatico, si chiama Cliff. Secondo me ti piacerebbe molto e vorrei fartelo conoscere, è gentile e gli ho già parlato di te, scommetto che te ne innamorerai >>

Lei mi sorride e mi guarda come per dirmi “vai avanti, non fermarti”, così spingo indietro le lacrime e cerco di continuare, parlando con la voce più serena possibile.

<< Ha i capelli rossi, le labbra sottili...>>
<< E gli occhi? Di che colore sono? >>
<< Non l’ho ancora capito, ma sembrano nocciola >>
<< Sarei proprio curiosa di vederlo...>>
<< Bene, perché domani viene a trovarti! >>
<< Davvero? >>

Dice tutta contenta. Nessuno viene mai a trovarci, soprattutto nessuno viene mai a trovare lei, così mi fa piacere vederla contenta, voglio che provi certe emozioni prima di...

<< Si, gli ho parlato di te e anche lui è curioso. Magari ti da anche un bacio >>
<< Un bacio?! >>

Distoglie lo sguardo da me e arrossisce, mi dispiace pensare che queste cose non le crede nemmeno possibili, lei non è stupida e sa di avere poco tempo e questo mi spezza il cuore. Le accarezzo i capelli e le sorrido.

<< Sai che ti voglio bene, vero? >>
<< James...>>
<< Si? >>
<< Tu devi andare avanti dopo di me. Sei una persona speciale e non voglio che butti via la tua vita per me. Devi promettermi che ti riprenderai presto e ti accetterai per come sei, perché essere diversi non vuol dire essere sbagliati, vuol dire essere unici. >>

Stavo per andar via, odiavo sentire quelle parole e speravo che non le avrebbe mai pronunciate, ma proprio quando sto per alzarmi da letto, lei mi prende per un braccio e mi tiene vicino a le, come per dirmi che non ha ancora finito con me.

<< Pensi che i tuoi presentimenti siano un caso? Nessuno sente le cose prima che accadano, tu si! Non hai mai sbagliato una predizione,
sai sempre quando qualcosa di importante sta per succedere, molte volte indovini anche i numeri della lotteria...per non parlare di quando hai spostato la fioriera senza bisogno di toccarla. E non devi preoccuparti se sei attratto dai ragazzi, è piuttosto normale. >>

Se quelle parole le avesse pronunciate qualcun altro possibilmente l’avrei già ucciso. Il fatto è che tutto quello che aveva detto era vero! Nemmeno io avevo più creduto alle casualità quando la fioriera mi impediva di vedere papà che picchiava mamma ed ero riuscito a spostarla solo con uno sguardo. Per non parlare della questione dei ragazzi...era una vita che mi ero accorto che le ragazze non mi attraevano e che preferivo i ragazzi. Sapevo che tutte quelle cose erano vere ma non volevo proprio sentirmele dire.

<< James tu devi accettarti, perché quello che sei è...bellissimo! Tu sei fantastico e ce la farai anche senza di me. promettimi che andrai avanti, fammi morire in pace e promettimelo! >>

Parla della sua morte come se fosse una cosa normalissima, con una serenità unica, le non ha paura, è sempre stata forte e coraggiosa, non si è mai persa d’animo, mentre sono io che invece ho paura, ho sempre temuto il peggio e quel peggio sta arrivando. Con le lacrime agli occhi riuscii solo ad annuire e a pronunciare solo un “prometto” con tono flebile.

<< Non avere paura, io non ne ho, anzi, se il progetto che è stato fatto per me è questo io lo accetterò di buon grado, smetterò di soffrire e starò comunque vicino a te, è sempre stato tutto quello che ho chiesto e adesso non ho paura, voglio solo che tu stia bene, e sono convinta che sarà così! >>

Si avvicina a me e mi abbraccia, ormai è evidente che sto piangendo, non posso più nasconderlo. Mi fa piacere che lei non abbia paura, è serena e lascerà la terra da persona serena, non potevo chiedere di meglio per lei, viste le circostanze in cui si trova. Ricambio l’abbraccio con forza e cerco di calmarmi, avrei voglia di spaccare tutto, ma mi sento completamente svuotato, senza forze.
***
Mi alzo, pensando che sta per iniziare una giornata tremenda. Oggi porterò Cliff da Lisa, non vedo l’ora di farli conoscere. Per fortuna oggi i miei sono fuori dalle tre alle nove di questa sera e quindi in casa ci sarà un po’ di calma in più, non c’è momento più adatto per far venire Cliff,. Salto in piedi, fuori dal letto, mi vesto e do un bacio a Lisa prima di andare via senza salutare nessuno, non ho voglia di vedere i miei oggi.
Arrivo a scuola appena in tempo per trovare Cliff ancora all’armadietto e non appena lo vedo gli sorrido e gli do il buongiorno, lui ricambia scompigliandomi i capelli.

<< Ricordati di oggi! >>
<< Tranquillo, ricordo tutto alla perfezione. Ieri hai parlato di un favore che vorresti chiedermi, di cosa si tratta? >>
<< AH...già! ehm... oltre a venire a trovare mia sorella tu...ecco...dovresti darle un bacio >>
<< Cosa?! Ma ha dieci anni e io non la conosco nemmeno un po’! >>
<< Vedrai che ti piacerà, ne sono sicuro! Ti prego, è l’unica occasione che ha di baciare un ragazzo, le ti colpirà molto e tu le piacerai tantissimo! >>

<< Ma come fai ad esserne così sicuro? >>
<< I miei presentimenti non sbagliano mai >>
<< Cosa sei, un veggente? >>

Io non rispondo, mi limito a girarmi da un’altra parte, cercando un modo per non rispondere. Poi suona la campanella e tutto dobbiamo andare in classe, così io colgo l’occasione e scappo via il più velocemente possibile, ma so che non è finita qui, dovrò affrontarlo anche all’ora di pranzo, sperando che non si ricordi dell’ultima domanda. Le ore passano velocemente ed io sono troppo impegnato a cercare un modo per convincere Cliff a baciare mia sorella, ma forse devo solo lasciare che gli avvenimenti facciano il loro corso, dopo tutto è vero che i miei presentimenti non sbagliano mai.
Ad ora di pranzo io e Cliff ci incontriamo allo stesso tavolo del giorno prima, per tutta l’ora spero che non prenda il discorso che abbiamo lasciato all’aria alla prima ora di scuola. Poi, dopo poco, lui mi guarda con espressione seria e mi dice

<< Okay, la bacerò >>
<< GRAZIE! >>

Urlo, saltandogli praticamente addosso e abbracciandolo forte. Non so come mai ma mi fido incredibilmente di lui, anche se ci conosciamo da appena due giorni, io so di essergli simpatico e questo mi aiuta molto ad essere me stesso in sua compagnia. Alle tre usciamo da scuola e ci dirigiamo direttamente a casa mia, sono un po’ nervoso per il loro incontro, ma so già che tutto andrà per il meglio, la mia unica speranza è quella di non vedere in anticipo la morte di mia sorella. Arrivati a casa mia apro lentamente la porta, controllando che i miei se ne siano già andati e, quando sento la calma regnare in casa, capisco che sono già usciti. Lo faccio accomodare con disinvoltura e poi lo porto subito al piano di sopra, dove gli chiedo di aspettare davanti alla porta per cinque minuti, giusto il tempo di dire a mia sorella che Cliff è arrivato ed è pronto a vederla. Quando antro in camera vedo che è riuscita a cambiarsi da sola e aspetta seduta sul letto anziché stare sdraiata. Subito dopo averla vista faccio entrare Cliff in camera e li presento. Cliff rimane di sasso nel vederla e a lei luccicano gli occhi, poi entro in camera e mi metto il più in disparte possibile.

<< Ciao Lisa, sono molto contento di vederti. >>
<< Anch’io lo sono, non ricevo mai delle visite >>
<< Beh dovresti, più persone dovrebbero venire a vedere quanto sei bella >>

Lei arrossisce e ciò mi fa sperare bene, non fa altro che sorridere e io quasi mi commuovo nel vederla così scintillante. Quei due non smettono un attimo di parlare, non importa di cosa, insieme farebbero davvero una bellissima coppia, peccato che lui sia arrivato solo ora. Dopo poco vedo che lui è più a suo agio e si è avvicinato a lei con disinvoltura e, non sapendo nemmeno come siano arrivati a quel punto, con la coda dell’occhio riesco a vedere che lui si avvicina di più al suo viso e, finalmente la bacia. A questo punto io esco dalla stanza, non mi sembra giusto restare a fare il terzo incomodo. Non appena sono da solo scoppio a piangere, ma non di tristezza, di gioia, lei è felice e so che molto presto sarà in pace, di sicuro in un posto migliore di questo, lontana dall’inferno di casa Hetfield.


Salve gente! Spero che questo capitolo vi sia piaciuto e mi scuso in anticipo se dovessero esserci problemi con il testo del capitolo causati dal sito. Alla prossima gente!

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Capitolo 5
*** Fucking Nightmare ***


Fucking Nightmare

Cliff si è trattenuto per tutta la sera, finche non sono tornati i miei e ho dovuto farlo uscire dalla finestra. Per tutto il tempo quei due si sono fatti le coccole, ancora una volta i miei presentimenti non hanno sbagliato, quei due sarebbero davvero perfetti insieme, nonostante la differenza d’età. Quando lui è andato via lei è rimasta sorridente ed io sono rimasto compiaciuto del bel risultato che aveva avuto la mia idea geniale. Al momento di andare a dormire lei proprio non riusciva a smettere di parlare di Cliff, secondo me si era un po’ innamorata ma non aveva intenzione di ammetterlo.

<< Oh James, è stato così bello! Lui è davvero dolcissimo! >>
<< Lo so, è un bravo ragazzo >>
<< Lui ti vuole bene, ti starà vicino nei momenti più difficili, ne sono sicura! E’ stata una bella fortuna riuscire a baciare un ragazzo, e che ragazzo! Grazie! >>
<< Di nulla piccola mia, sono felice di vederti così elettrizzata, era da tanto che non ti vedevo così felice >>
<< Già! Se potessi avere un’altra possibilità di vivere starei sempre con lui >>

Continuava a parlarne con tranquillità, mentre io non riuscivo a pensarci, tanto coraggio in un essere così piccolo e semplice, avevo sempre saputo che una creatura così angelica e perfetta come lei sarebbe stata solo di passaggio su questa terra, lei non è una persona comune, è un vero angelo. Mi chiedo se anche lei abbia i presentimenti e riesca a spostare gli oggetti solo con lo sguardo, che io sappia non si sono mai manifestati avvenimenti del genere, mentre io già a quattro anni sapevo come sarebbero andate le cose anticipatamente ed era molto fico, mentre la cosa di spostare gli oggetti mi ha sempre fatto paura da quando è successa, per rabbia potrei anche lanciare una macchina addosso ad una persona senza volerlo. Con questi pensieri sento la stanchezza che sopraggiunge, sento Lisa che tossisce e ho solo il tempo di sussurrarle la buonanotte, non sento la risposta, poi buio.
***
Apro gli occhi di scatto e sento una sensazione terribile, non riesco a respirare e gli occhi mi si riempiono di lacrime, mi sento come se fossi otto metri sott’acqua e la pressione mi stesse schiacciando, dopo poco però tutto finisce, prendo un profondo respiro come se fossi riemerso da quella situazione orrenda ed inizio a piangere come un matto. Penso che può essere solo una cosa, mi alzo di scatto e rimango per qualche secondo fermo in piedi, non so se voglio vederla davvero, poi mi prendo di coraggio e mi avvicino velocemente al suo letto. Quando le sono abbastanza vicino la vedo lì, pallida, più del solito, il petto è fermo, non respira, ha gli occhi chiari aperti ma un sorriso calmo disegnato sulle labbra. Le tocco la fronte, è fredda come un blocco di marmo, mi soffermo ancora a guardare la sua espressione assente ma tranquilla, mi siedo sul bordo del letto e le prendo la mano, le bacio le guance ed inizio a bagnargliele con le lacrime, che vengono giù senza contegno, poi inizio a singhiozzare, sempre più forte, finche i singhiozzi non diventano grida disperate, vorrei chiamare qualcuno, ma non riesco ad articolare una sola parola, vorrei che qualcuno mi svegliasse da questo incubo terribile. Non posso credere che se ne sia andata così, non posso credere di non averle potuto dire fino all’ultimo che è stata la mia ragione di vita, la mia forza, la mia anima, il mio tutto, se n’è andata stanotte senza fiatare, mentre io dormivo come uno stronzo e non ero lì per lei. Mi maledico mentalmente e nel frattempo arrivano i miei, che sicuramente avranno già immaginato cosa sia accaduto, la prima ad entrare è mamma, che cade in ginocchio per terra ed inizia a piangere, poi arriva papà, che non crede ai suoi occhi, nemmeno lui riesce a parlare, ne a piangere, rimane semplicemente impassibile. Il suo periodo di passaggio sulla terra è finito, adesso potrà stare in un posto migliore, magari con gli angeli come lei, ma nessuno è come lei, nessuno lo sarà mai ed io non amerò mai più nessuno come ho amato lei, vorrei solo morire adesso, ma le ho promesso che sarei andato avanti. Vorrei che qui con me ci fosse Cliff, lui saprebbe consolarmi, ma non ho la forza di andare da lui, soprattutto per informarlo della morte di mia sorella, ho un disperato bisogno di qualcuno che riesca a capirmi.
Poco dopo papà chiama John per avvisarlo, proprio come quando lei è nata, e adesso è come se in effetti fosse rinata, cerco di incoraggiarmi da solo, visto che non c’è nessuno che lo fa per me. Finalmente papà riesce a piangere, proprio mentre è al telefono con John. Mi chiedo che succederà adesso, ho sempre saputo che lei era quella che teneva insieme i cocci del vaso frantumato che è la nostra famiglia, ma adesso? Che ne sarà di noi? Sono sicuro al cento percento che mamma e papà divorzieranno, la mamma vorrà tenermi qui con lei ed io non mi opporrò, dopo tutto, per immaginare queste cose, non c’è nemmeno bisogno dei miei presentimenti. John dice che sarà qui entro domani mattina presto, magari lui sarà capace di consolarmi, anche se ne dubito, fra me e lui c’è un legame striminzito, non ci odiamo ma non ci vogliamo gran che bene, tutto quello che c’era fra me e lui quando eravamo più piccoli si è dissolto con il passare del tempo, quando i dieci anni di differenza hanno iniziato a farsi sentire. Poco dopo papà chiama le pompe funebri, opta per una bara semplice e bianca, dove qualche ora dopo ripone il corpo di Lisa e richiude la bara. A quel punto sento che potrei scoppiare, esco istintivamente fuori e mi dirigo verso la scuola, ormai è ora di pranzo e Cliff sarà fuori, a chiedersi come mai non sono venuto. Vado dritto al tavolo all’aperto dove ci incontriamo sempre, anche questa volta lui è lì e si guarda intorno, forse non ha ancora capito che dovrei essere assente, poi mi vede e per qualche secondo mi sorride, fin quando non nota la mia espressione distrutta. Mi siedo accanto a lui e poggio la testa sulla sua spalla, cominciando a piangere, inutile dire che lui capisce subito, non mi fa nemmeno parlare, poi vedo che anche a lui lacrimano silenziosamente gli occhi, a quel punto ci abbracciamo forte, sento che con lui potrei fare qualsiasi cosa.
***
L’indomani, dopo l’arrivo di John iniziano i funerali, c’è poca gente ed è bene che sia così, perché il privilegio di averla conosciuta è stato dato a pochi, c’è qualche familiare, l’ex moglie di papà e uno dei suoi figli più grandi, Tom, che ha ventisette anni e non è mai venuto a stare da noi, poi c’è anche Cliff, che sta vicino a me e non mi molla un attimo, sa quanto soffro e adoro il fatto che voglia starmi vicino. Quando la cerimonia finisce tutto continuano per la loro strada, Cliff viene a casa con noi e cerca di consolarmi, ci rinchiudiamo nella mia camera, dove rimaniamo in pace e in silenzio per circa un’ora e mezza, poi entra John, e so già che quello che ha da dire non mi piacerà.

<< Allora? Tu che intendi fare? >>
<< Soffrire finche posso, poi dovrò calmarmi, gliel’ho promesso >>
<< E lui chi è? >>

Dice osservando Cliff con aria quasi disgustata.

<< Un mio amico, anche lui ha conosciuto Lisa >>
<< E te lo porti a casa così? >>

Mi alzo di scatto e lo guardo arrabbiato come non sono mai stato, a qual punto il pavimento della camera si mette a tremare leggermente e l’orologio appeso alla parete muove le lancette insolitamente veloce.

<< John, non rompere il cazzo, so che non hai presente il concetto di amicizia visto che sei e sarai per sempre solo con un cane, ma non venire a rompere i coglioni a me >>
<< Amico? Amico?! Pensi che io sia cieco? Pensi che non abbia visto che ti teneva la mano? James che cazzo stai combinando? >>
<< Lui è un amico, ma se proprio lo vuoi sapere si, sono gay, mi piacciono gli uomini e le donne mi fanno schifo da quel punto di vista, okay? >>

Fece per avvicinarsi con aria minacciosa e il pavimento tremò più forte, poi Cliff si mise in mezzo e guardò male John.

<< E meglio se non lo tocchi, io e James non stiamo insieme e anche se gli piacciono i ragazzi non c’è comunque motivo di picchiarlo >>
John guardò male Cliff per l’ultima volta e poi uscì dalla stanza. Dopo Cliff mi abbraccia e mi guarda negli occhi con dolcezza
<< Scusa Cliff, non volevo che lo sapessi così >>
<< Tranquillo, io sono bisex, quindi non ho problemi con queste cose. E adesso usciamo di qui, ti faccio prendere un po’ d’aria >>

Gli sorrido e andiamo via, arriviamo alla spiaggia e rimaniamo seduti lì per un po’ di tempo senza dire nulla, perché con Cliff è così, ci capiamo anche senza parlare, non c’e n’è bisogno, l’uno sa esattamente cosa intende l’altro.


Salve gentre! Ecco un altro capitolo e scusatemi in anticipo per le imperfezioni causate dal sito (se ce ne saranno) spero che vi sia piaciuto!!

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Capitolo 6
*** Lars ***


  Lars     

James Hetfield. Anno 1978


Subito dopo la morte di mia sorella  i miei genitori avevano divorziato, proprio come avevo immaginato, ero rimasto con mia madre e tutto andava da schifo, indovinate? Proprio come avevo immaginato! Avevo iniziato a riprendermi solo otto mesi più tardi, ma i progressi erano lenti e avvenivano solo grazie a Cliff, il migliore amico che avessi mai potuto avere.
Adesso eccomi qui, ancora a scuola, ad ascoltare una noiosissima lezione di matematica. Chiudo gli occhi un attimo e sento la testa girare in una maniera impressionante, la notte scorsa non ho dormito per niente e la stanchezza inizia a farsi sentire. A risvegliarmi dal mio stato di trance e il rumore della porta che si apre violentemente, così riapro gli occhi per guardare cosa sta succedendo. È entrato un ragazzo minuto, con i lineamenti femminili e con una maglietta degli...IRON MAIDEN! Dopo aver notato la sua T-shirt lui ha la mia completa attenzione, non ho mai conosciuto nessun’altro, oltre a Cliff, che ascolti quel gruppo. Il professore lo presenta.

<< Allora ragazzi, lui è un nuovo studente, Lars Ulrich, viene dalla Danimarca e si è trasferito qui da poco, quindi siate gentili. Allora, chi vuole il nostro Lars come compagnio di banco? >>

In quel momento guardo la sedia vuota accanto a me, oggi il mio compagno di banco è assente, quindi ne approfitto. Alzo il braccio di scatto, urlando “io” e facendo ridere tutti, che mi guardano come se fossi un appestato, dai banchi dietro sento qualcuno che dice “tranquillo Hetfield, non te lo ruba nessuno”, ma io non ci faccio caso. Lars si avvicina lentamente al mio banco e si siede, guardandomi timidamente. Per squadrarlo bene mi ci vuole poco, ha un viso molto particolare, due grandi occhi fra il verde e l’azzurro, capelli castano chiaro, il naso all’insù, le labbra grandi e carnose, la carnagione chiara, è molto basso e magrissimo e ha l’aria di uno che vorrebbe trovarsi ovunque tranne che qui. Io gli sorrido e lui sembra rilassarsi un po’.

<< Piacere Lars, io sono James >>
<< Piacere mio >>

Dice lui un po’ insicuro. Nella sua voce si sente ancora uno strano accento che de v’essere quello del suo paese d’origine.

<< Come mai hai voluto che mi sedessi con te? Di solito nessuno vuol stare con il ragazzo nuovo >>
<< Sembri simpatico e poi hai la maglietta dei Maiden >>
<< TU CONOSCI I MAIDEN?>>
<< Si, li adoro! Io e un mio amico vorremmo tanto vederli live >>
<< Piacciono anche al tuo amico?! >>
<< Si esatto. Se ti va oggi te lo faccio conoscere, è del terzo anno, spero che non ti crei problemi >>
<< No, nessun problema >>
<< Allora vediamoci direttamente a mensa, fatti trovare al tavolo vicino alla portafinestra, io e lui ci sediamo sempre lì >>
<< Grandioso! >>

Sembra aver acquistato una nuova energia, le guance gli sono diventate più colorite e adesso ha iniziato a sorridere, sembra decisamente più sciolto. Quando la lezione finisce ci salutiamo per cambiare aula, gli ricordo il punto di incontro e poi corro all’armadietto, devo raccontarlo a Cliff! Quando arrivo all’armadietto vedo che Cliff sta per andare via, ma arrivo in tempo per fermarlo e raccontargli in breve ciò che è accaduto e lui sembra avere una faccia poco convinta.

<< Ma sei sicuro che questo qui è uno a posto? >>
<< Certo che lo è! Sembra molto simpatico >>
<< Appunto, sembra! Non devi fidarti così facilmente! >>
<< Con te l’ho fatto, e guardaci adesso! >>
<< Si, ma non può andarti sempre così bene come ti è andata con me! io sono unico! >>

Dice sorridendomi in modo beffardo, poi mi abbraccia e mi scompiglia i capelli.

<< Okay, va bene, presentami questo ragazzo >>
<< Grazie! >>

Lo stringo più forte, poi lo lascio andare visto che siamo entrambi in ritardo.

***
Ad ora di pranzo io e Cliff ci dirigiamo al solito tavolo, Lars è già lì che ci aspetta e quando mi vede mi fa un cenno con un braccio. Cliff sembra ancora meno convinto e lo guarda, lui è sempre stato scettico con persone che non siano me, mi lancia l’ultima occhiata poco convinta e poi ci sediamo al tavolo con Lars.

<< Lars, lui è l’amico di cui ti parlavo, Cliff >>

Cliff adesso sembra guardarlo con aria più interessata, ha uno sguardo in viso che non avevo mai visto, gli porge la mano, allargando il sorriso che gli si era stampato in faccia da quando l’aveva visto da vicino e si presenta con voce allegra.

<< Allora Lars, da dove hai detto che vieni? >>
<< Dalla Danimarca, in Europa >>
<< Però, niente male! Ecco com’è che conosci i Maiden! >>
<< Si, infatti… >>

Dice con aria malinconica.

<< Sai Lars, io posso capirti, mi sono trasferito qui l’anno scorso e, pur venendo comunque dalla California, è stato molto difficile ambientarmi, immagino che lo sia molto anche per te >>
<< In effetti è così. Se James non avesse chiesto di sedersi con me adesso mi ritroverei seduto da solo. Voi due come vi siete conosciuti? >>

Io e Cliff ci guardiamo negli occhi per un attimo, poi inizio a raccontare come sono andate le cose e lui ascolta interessato. Ho capito cos’ha in testa Cliff e non so dire se mi piaccia o meno in realtà, ma prima di giudicare voglio proprio vedere cosa mi dirà non appena saremo da soli. Il resto del pranzo passa tranquillamente, con noi che parliamo disinvolti, ci scambiamo pareri su band che nessun’altro conoscerebbe e ridiamo come matti. Alla fine del pranzo Lars è il primo a lasciare il tavolo, si vede che è nuovo, pensa solo a non fare tardi. Quando il piccoletto è abbastanza lontano da noi guardo Cliff in modo interrogativo.

<< Quindi, caro il mio bel maniaco? >>
<< Tu dici simpatico? Quello per me è un bonazzo! >>
<< Oddio, lo sapevo! >>
<< Ammettilo, te lo vuoi fare! >>
<< Ma che?! No! Nemmeno per sogno. A me sembra che sia tu a volertelo fare. >>
<< Che ne dici di una cosa a tre? >>
<< NO! >>
<< Fammi capire bene James...a te piacciono i ragazzi, giusto? >>
<< Si, e con questo? >>
<< E non hai mai pensato di voler stare con qualcuno? >>
<< No, non mi è mai interessato nessuno e continua ad essere così. >>
<< Tu sei strano amico...>>
<< Perché, tu ti sei mai voluto fare qualcuno? >>
<< Non ti nascondo che all’inizio un po’ mi piacevi >>

Distolgo lo sguardo e sento di essere arrossito, in effetti all’inizio anche a me lui piaceva, ma poi avevamo capito entrambi di essere fatti solo per essere amici. Dopo qualche minuto tornai a guardarlo negli occhi e continuai a parlare.

<< Quindi vuoi fartelo? >>
<< Non sarebbe male, ma non farò nulla per conquistarlo. Se mai dovessi iniziare a piacergli beh...magari potrebbe diventare qualcosa di serio >>

Non credevo che avrei mai potuto sentire quelle parole uscire dalla bocca di Cliff, che era sempre stato negato con l’amore, Lars doveva essergli piaciuto davvero molto per avergli fatto dire quelle parole.
Ad ora di tornare a casa comincio a riflettere sull’amore, la domanda di Cliff mi ha fatto pensare, in effetti non mi è mai piaciuto nessuno, non mi sono mai innamorato ne invaghito di qualcuno e magari non succederà mai. In casa mia ho avuto davanti agli occhi per quattordici anni la dimostrazione che l’amore è solo una bugia, non esiste davvero, prima o poi uno dei due diventa uno stronzo ubriacone e inizia a disprezzare l’altro anche senza alcun motivo, il rapporto inizia a decadere lentamente fino ad arrivare all’ultima litigata d’effetto, dove quello che si è stufato rischia di ammazzare quello che in realtà non ha fatto nulla ed è diventato solo una vittima ormai, poi c’è la separazione e la sparizione di quello dalla parte del torto, ma in tutto questo nessuno fa caso ad altri individui che stanno in mezzo alla coppia, i figli! Perché se uno dei due fa la parte della vittima del più stronzo, i figli sono vittime di entrambi, sono quelli che vengono sempre tirati in ballo, che vengono sempre messi in mezzo e che prima o poi si trovano davanti a due scelte, la prima è stare con il padre, la seconda è stare con la madre. Nel mio caso io ho scelto la terza opzione, fottermene di entrambi, purtroppo sono minorenne e mi hanno collocato con mia madre, che è comunque meglio di mio padre, ma sta sempre lì a dirmi cosa devo e non devo fare. Devo tagliarmi i capelli, devo smetterla di suonare quella dannata chitarra, devo iniziare a studiare veramente. Poi c’è quello che non devo fare, ovvero non devo più ascoltare musica Metal, non devo stare sempre e solo con Cliff, non devo guardare troppo i ragazzi e  così via...penso proprio di essere stufo.
Arrivato a casa apro la porta e butto lo zaino dove capita prima, poi urlo un saluto a mia madre, che però non risponde. La cerco in cucina, ma non c’è, non è nemmeno in soggiorno, così vado in camera da letto. Non appena tocco la maniglia della porta sento che c’è qualcosa di brutto ad aspettarmi, tiro indietro la mano di scatto dopo aver visto un’immagine confusa passarmi davanti, poi guardo insistentemente la maniglia e dopo qualche secondo mi decido ad aprire il più velocemente possibile. Dentro la camera vedo mia madre distesa per terra, svenuta. Inizio a chiamarla ma non risponde, provo a schiaffeggiarla ma nemmeno questo funziona, così decido di chiamare i soccorsi. Che Dio me la mandi buona.

 

Salve gente!! Ecco un nuovo apitolo! Spero vivamente che la storia fino ad ora non vi abbia annoiato e che vi sia piaciuta almno un pochino. Come sempre scusatemi anticipatamente in caso di errori o parole storpiate dal sito.

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Capitolo 7
*** I'm forever there ***


I'm Forever There


Arrivano i soccorsi, due uomini sdraiano mamma su una barella e la caricano sull’ambulanza, facendo salire anche me. Durante tutto il tragitto non smetto un attimo di pensare che andrà tutto male, la mamma non si è ancora svegliata ed io inizio a temere di brutto, se ci penso bene, mi ricordo che in questo periodo era diversa, ogni giorno più affaticata e meno chiacchierona, ma quei sintomi non mi avevano messo in allarme...ma come avevo fatto ad essere così stupido?! Arriviamo all’ospedale e trasportano velocemente la mamma nella prima stanza dove ci sia un dottore libero mentre io faccio fatica a seguirli e, quando finalmente li raggiungo, la mamma è già dentro e due infermieri mi dicono che devo aspettare fuori e che fra poco sapremo che cos’ha. Non so perché, ma nei momenti di difficoltà penso sempre a Cliff...forse perché è la mia unica consolazione e anche solo pensare a lui mi fa stare meglio, non so cosa farei se dovessi perderlo. E se la mamma dovesse...io dove finirei? Cosa mi succederebbe? Di sicuro papà non si farà vivo, mio zio è troppo lontano e...John, spero vivamente di non finire con lui, che a pensarci bene, è il più vicino, abita ancora a LA ma non in casa nostra, quindi ci sono buone probabilità di finire con lui. Poco dopo esce il dottore, con una faccia di cui non voglio interpretare l’espressione, mi guarda negli occhi e sospira profondamente prima di iniziare a parlarmi.

<< Allora James, ho visitato tua madre. >>

Annuisco, senza dire una parola, io i dottori li odio, li ho sempre odiati e sempre li odierò, sono una brutta razza, fatti solo per dirti quello che succede ai tuoi cari, la maggior parte delle volte succedono cose spiacevoli, ed eccoli lì a parlarti con quella finta espressione dispiaciuta e comprensiva nei tuoi confronti anche se in realtà non gliene frega un cazzo di te e dei tuoi cari, è solo questione di quella che loro chiamano “cortesia” ma per me è solo una brutta presa per il culo.

<< Vuole parlarti lei di quello che succede, mi ha chiesto di farti entrare >>

Scatto subito in piedi e cammino velocemente verso la stanza della mamma, non appena entro la vedo lì, sdraiata sul letto, pallida, ma sorridente, questa situazione mi piace sempre di meno.

<< Tesoro! >>

Mi dice con la sua solita voce allegra, che conserva in qualsiasi soluzione, anche dopo una catastrofe, questo mi è sempre piaciuto, ma non è mai servito a farmi stare meglio, anche se credo che il suo scopo sia proprio questo.

<< Ti devo dire che la mamma è molto malata, probabilmente non uscirà di qui stanotte, ne domani mattina, ne mai. Ma ti prego di essere forte, io non sono mai stata una brava madre, ma tu sei sempre stato un bravo figlio, avrei dovuto proteggerti meglio nel corso della tua crescita, ma sono debole e non ci sono mai riuscita come avrei voluto. tu starai con John da ora in poi, così non ci sarà bisogno di cambiare troppo le tue abitudini, continuerai ad andare nella tua scuola e a stare con i tuoi amici. >>
<< Mamma...>>

Le parole mi muoiono in gola, inizio a piangere in modo disperato, adesso sono davvero solo.

<< Che...che cos’hai? >>
<< Un cancro piccolo mio, ma tu non devi preoccuparti di me, io starò bene, andrò in un posto migliore e tu continuerai a vivere, diventerai grande e forte e io starò sempre nel tuo cuore, non ti lascerò mai, lo giuro. >>

Il suo respiro iniziava ad affannarsi, so che il suo momento sta arrivando, ma al contrario di com’è andata con Lisa, ho avuto tempo di accettare che lei se ne andrà molto presto, tutto è stata una spiacevole sorpresa oggi.

<< Si, starai sempre nel mio cuore, te lo giuro >>
<< Bene tesoro. Sono così fiera di te, del mio piccolo animaletto >>

Dopo un ultimo sguardo, all’improvviso, smette di respirare. Muore con un’espressione serena sul viso, quanto a me, non riesco a capacitarmi di quello che è appena successo. Le chiudo gli occhi con un gesto delicato della mano e quasi mi sembra di vedere la sua anima andar via. Mi chiedo perché siano sempre le persone migliori a pagare, ad andarsene, a rimanerci sempre fottute, le uniche due belle persone della mia famiglia se ne sono andate e adesso sono rimasto davvero solo, inizio a desiderare la morte anch’io ma ho fatto una promessa ad entrambe le persone più importanti della mia vita, ed intendo rispettarle. Poco dopo il dottore rientra in camera e, vedendo che mamma se n’è andata, chiama John per dirgli cosa è appena successo. Lui arriva circa mezz’ora dopo, so che teneva alla mamma quanto me, infatti la sua reazione è sconvolgente, piange istericamente, singhiozza e farfuglia qualcosa di incomprensibile, visto il momento decido di abbracciarlo e lui decide di ricambiare.
Qualche ora dopo chiamiamo le pompe funebri, scegliamo la bara, una semplice del classico colore del legno e fissiamo la data dei funerali, che si terranno fra due giorni, poi chiedo a John di portarmi da Cliff e lui mi accompagna senza dire una parola. Durante il tragitto regna il silenzio in macchina, nessuno sa cosa dire, siamo entrambi troppo scioccati per riuscire a parlarne. Arrivato a casa del mio migliore amico, busso insistentemente alla porta, poi si decide ad aprire e a quel punto lo abbraccio e ricomincio a piangere come un pazzo, poi mi fa accomodare in camera sua e gli spiego ciò che è accaduto, a quel punto anche lui piange e mi abbraccia forte, è lui il mio vero fratello e nessun’altro.

<< E adesso? Che farai intendo? >>
<< Resto a vivere a casa mia con mio fratello John >>

Mi guarda stupito. Lui ha avuto un unico incontro con John e non è stato esattamente piacevole.

<< Lo so...ma almeno potrò continuare a vedere te e Lars >>

Lui annuisce e torna ad abbracciarmi. Quella sera decido di dormire da lui, mio fratello vuol stare da solo per riordinare n pochino le idee e non mi vuole fra i piedi così io resto a casa di Cliff, che sicuramente riuscirà a distrarmi un po’. Gli racconto anche del momento in cui mi è sembrato di vedere l’anima della mamma andare via, non riesco a spiegargli il colore e la forma perché non sono riuscito a distinguerli, ma so che cosa ho visto. Le mie strane capacità negli anni sono aumentate molto, sono diventate sempre più varie e forti e mi chiedo quando smetteranno di crescere, inizio un po’ a preoccuparmi e capisco che la morte di Lisa, quella di mamma e le mie stranezze mi segneranno a vita, ne sono più che sicuro, e quando sono sicuro di una cosa, questa si avvera.


Salve gente!! Mi scuso per le dimensioni particolarmante ridotte del capitolo, ma ogni cosa al suo tempo. Spero tanto che il capitolo vi sia piaciuto e che non vi siate stufati dela storia e della sua tristezza infinita. Al prossimo capitolooooo!!

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Capitolo 8
*** Who is? Kirk! ***


Who is? Kirk!

James Hetfield. Anno 1981

Vivo con mio fratello da tre anni e devo dire che non è come l’avevo immaginato...E’ PEGGIO! Io e lui non facciamo che scazzottarci e sono stanco. Lui può essere più grande ma io sono più alto, più forte e con delle strane abilità, che nessun’altro ha, dalla mia parte. È un vero disastro, quasi peggio di mio padre, torna a casa ubriaco tutte le sere, la casa è in condizioni spaventose e non facciamo che mangiare cibo da fastfood schifoso, se continuo di questo passo morirò a trent’anni. Nonostante tutte le difficoltà che ho avuto negli ultimi anni sono arrivato all’ultimo anno di liceo con Lars, mentre Cliff è già uscito un anno fa e ha subito iniziato a lavorare. Anche se sono ancora a scuola, nulla mi ha impedito di cominciare a lavorare e devo dire che amo il mio lavoro, da bravo fissato con la musica ho trovato un bel posto in un negozio di dischi e strumenti con Lars, lavoro molto invidiato da Cliff, che non invidia solo il luogo dove io e il danese lavoriamo, ma invidia anche il fatto che io passo molto tempo con Lars. Intendiamoci, non è geloso di me, visto che si fida ciecamente, ma vorrebbe passare più tempo con lui. Quei due, dopo due anni di corteggiamento reciproco, si sono finalmente messi insieme e fra i turni di Cliff e quelli di Lars finiscono per vedersi pochissimo. Sono molto contento per loro, ma come avevo immaginato, mi sento il terzo incomodo anche se voglio bene ad entrambi e loro ricambiano. Cliff continua a chiedersi come io abbia fatto a non innamorarmi mai di nessuno, ma è così, non c’è mai stato nemmeno un ragazzo che mi abbia colpito davvero e, quando Cliff mi chiede di descrivergli il mio ragazzo ideale, io so dirgli solo che deve colpirmi a prima vista, non ho un canone di bellezza ben preciso, voglio solo che qualcuno mi colpisca.
La mattina mi sveglio con il suono dei conati di vomito di mio fratello che ieri, come tutte le notti, è tornato a casa ubriaco. La situazione inizia a scocciarmi, non reggo proprio più e, stizzito da quei versi orribili, mi alzo e mi vesto, poi esco per andare a lavoro senza nemmeno salutare. Oggi mi hanno assegnato un turno straordinario di mattina, il che è davvero fantastico visto che non ho per niente voglia di andare a scuola. Io adoro percorrere a piedi la strada fra casa mia e il negozio di mattina presto, quando c’è ancora fresco e le strade sono ancora sgombre dalla frenesia mattutina di Los Angeles, camminare mi aiuta a pensare e a liberare la mente, non poco affollata dai pensieri più disparati. Arrivato al negozio mi dicono che c’è da sistemare i vinili e da esporre nuovi modelli di chitarre, così vado tutto soddisfatto dell’incarico di quel giorno. Adoro sistemare le chitarre, mi piace sognare che un giorno avrò un modello costoso almeno quanto quelli che ci sono in negozio, ma per ora posso solo sognarlo, la strada è ancora lunga prima di riuscire ad avere una chitarra decente. Poi ci sono i dischi e devo dire che anche in quel campo mi sento molto a mio agio, molti li ho già, visto che li colleziono da quattro anni e che mio fratello non si accorge di tutti i soldi che gli fotto ogni settimana. Mentre mi dirigo verso il reparto dischi, noto con la coda dell’occhio che qualcuno sta davanti all’espositore delle corde, solitamente non c’avrei fatto molto caso, ma qualcosa mi dice che questa volta vale la pena guardare di chi si tratta, quindi rivolgo lo sguardo in direzione della persona in questione e tutto ad un tratto è come se avessero diviso il mio cuore a metà e poi l’avessero calpestato. Davanti alle corde ci sta un ragazzo che, purtroppo vedo solo di profilo, ma quello che vedo mi colpisce in una maniera impressionante. Ha una lunga chioma di ricci castani, naso dritto e regolare, occhi leggermente a mandorla di cui il colore mi sfugge, ma di cui percepisco un’intensità mai sentita fino ad ora, belle labbra scure e carnose, incarnato olivastro...poi, al posto di fermarmi al viso, come  faccio sempre, porto il mio sguardo un po’ più giù, così da notare due gambe perfette, per non parlare del sedere! Il cuore mi va a mille, non so cosa fare e per la prima volta mi sento un vero imbranato, ma dopo tutto se andassi a parlargli non sembrerei sfacciato, visto che sono un commesso. Mi decido e mi avvicino a lui, cercando di non fare rumore mentre cammino nella sua direzione, provando a sembrare il più indifferente possibile, poi, quando sono ad una distanza ragionevole, decido di aprire bocca.

<< Hey, posso aiutarti? >>

Lui si gira verso di me e finalmente posso godere dell’immagine completa del suo viso, il più bello che abbia mai visto in vita mia. Capisco che lui è il terzo angelo che mi è stato inviato dal cielo.

<< Oh salve! Beh si, sarebbe carino se lei potesse darmi un consiglio sul tipo di corde >>
<< Ma certo! Però mi dia del tu, io sono James Hetfield, molto piacere >>
<< Io sono Kirk Hammett, piacere mio! >>

Mi sorride ancora e riesco a rimanere in piedi a stento. Se questo è l’amore, è la cosa più strana che mi sia mai capitata, ma soprattutto, l’unica su cui io non abbia mai avuto dei presentimenti. Rimango ancora un po’ imbambolato, mi sono praticamente perso nei suoi occhi, ma poi cerco di tornare al mondo reale e vedo di trovare una risposta.

<< Bene, che chitarra hai Kirk? >>
<< Una fendere stratocaster >>
<< Capisco, allora andranno bene queste qui! >>
<< Grazie! Tu suoni qualche strumento?>>
<< Si, suono anch’io la chitarra e canto >>

I suoi occhi sembrano illuminarsi improvvisamente, spero proprio di aver fatto colpo con lui, è l’unica cosa che abbia mai chiesto in vita mia. Se in questo momento i miei freni inibitori se ne andassero a puttane, prenderei Kirk e gli salterei addosso qui, fra gli scaffali degli accessori per musicisti e il muro delle chitarre, ma per fortuna ho un buon autocontrollo e riesco a frenare i miei impulsi, i primi in questo campo di tutta la mia vita.

<< E’ davvero fantastico! Hai una band? >>
<< Si, più o meno, ma ci manca una chitarra solista. Visto che tu sai suonare magari potresti provare con noi qualche volta >>
<< James, non sai quanto mi piacerebbe! >>
<< Anche a me! >>

Okay, il mio autocontrollo sta perdendo colpi...

<< Voi avete un posto dove suonare? >>
<< Di solito suoniamo nella saletta insonorizzata che abbiamo qui in negozio  ad orario di chiusura visto che io e un altro componente della band non paghiamo proprio perché lavoriamo qui >>
<< Mi sembra perfetto! Non so proprio come ringraziarti >>
<< Ma che, per così poco? >>

Lui mi sorride ancora, vorrei dire qualcosa, ma non ci riesco. Questa è la prima volta che non faccio uno schema mentale per saper cosa dire e quando dirlo, di solito lo faccio con tutti, ma lui ha spazzato via tutto dalla mia mente in u nanosecondo, ancora prima di guardarmi negli occhi. Proprio quando stavo per decidermi a chiedergli di uscire con me, il mio capo mi urla che devo smetterla di perdere tempo e che devo tornare a lavoro, rompendo l’atmosfera che si era creata. Kirk mi guarda con aria di scuse, ma io scuoto la testa come per fargli capire che non deve preoccuparsi, poi gli porgo il pacchetto di corde che gli ho consigliato.

<< Queste te le regalo io. Adesso vieni, ti accompagno >>
<< Sei davvero dolcissimo, grazie! >>

Poi mi abbraccia e il profumo dei suoi capelli invade le mie narici. Per la prima volta penso che se dovessi morire adesso, morirei felice e sereno. Io lo stringo, forse un po’ troppo forte per un abbraccio da primo incontro, poi io e lui ci separiamo. Lo accompagno fino alla porta e dico al mio capo che pagherò io per lui, poi ci salutiamo e ci diamo appuntamento al negozio per il giorno dopo. Dopo che Kirk è uscito, la prima cosa che faccio è andare al telefono di servizio che abbiamo sul retro del negozio e chiamare Cliff, che risponde dopo poco, con voce ancora assonnata.

<< Pronto? >>
<< CLIFF! >>
<< Cosa...cosa c’è? >>
<< Sono James! >>
<< Lo so chi sei, brutto coglione! Cosa vuoi a quest’ora?! >>
<< Quando hai visto Lars la prima volta, cosa hai provato? >>
<< Eh? >>
<< Sudavi? Ti sentivi nervoso? Avevi paura dire cazzate in continuazione? Avresti voluto saltargli addosso? >>

Fra questa domanda e una risposta Cliff lascia passare circa cinque secondi, giusto per connettere il cervello e capire di che sto parlando.

<< JAMES! CHI E’?! >>

Sembra svegliarsi improvvisamente, anche se ancora assonnato, ha capito il mio gioco e dove volessi arrivare con tutte quelle domande, come sempre io e lui ci capiamo alla perfezione.

<< Oggi! In negozio! Si chiama Kirk ed è il ragazzo più bello che abbia mai visto! >>

Ad un certo punto sento come il rumore di qualcosa che cade e poi la sua voce che urla un “ahi”, lo scemo sarà caduto dal letto. La sua voce si fa di un tono più alto.

<< JAMES! NON TI MUOVERE, VENGO LI’ E MI RACCONTI TUTTO! >>

Detto questo riattacca senza aspettare nemmeno una risposta. Quando Cliff arriva inizia il terzo grado, prima mi chiede di descriverlo, poi esattamente cosa ho provato, poi come l’ho avvicinato e come mi sono comportato con lui. Alla fine dice che è convinto che io abbia fatto colpo, spero solo che lui abbia ragione. Non vedo l’ora di rivederlo domani.


Salve gente!! Scusate, è da un po' che non mi faccio sentire, ma eccomi!! Questo è uno dei capitoli chiave, come avrete capito, e spero che vi sia piaciuto. Quindi gente, scusate gli errori provocati dal sito e aspettate il prossimo capitolo! Buona serata a tutti!!

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Capitolo 9
*** Love & Lust ***


Love & Lust

Sono carico! Oggi io e gli altri proveremo insieme a Kirk, e tutto ciò mi rende anche un po’ nervoso. Ho paura che lui e i ragazzi non si piacciano ed è l’ultima cosa che voglio, visto che Cliff e Lars sono le persone più importanti della mia vita. Nemmeno oggi vado a scuola, ma non vado nemmeno a lavorare, sono troppo agitato per applicarmi su qualcosa, così inizio a pensare come vestirmi e all’improvviso noto che non mi va bene più niente dei miei vestiti, poi mi fermo un attimo a pensare e cerco di fare la persona razionale, cosa che di solito sono ma che in questo momento non mi riesce più molto bene. Cerco di tranquillizzarmi, decido di farmi un caffè per staccare un attimo da quella che sembra essere diventata una decisione impossibile. Dopo un po’ mi decido a chiamare Cliff che, anche se altamente scocciato, viene a casa mia a darmi una mano.

<< Allora femminuccia, che cosa c’è ora? >>
<< NON HO NIENTE DA METTERE! >>
<< Andiamo, non fare la femminuccia, certo che hai qualcosa! >>
<< Cliff se questo è l’amore allora...>>
<< No, non dire nulla! È solo che non ci sei abituato, ecco tutto, in fin dei conti non ti sei mai innamorato di nessuno e adesso hai diciotto anni...sai cosa significa? >>
<< No, cosa? >>
<< Che è un po’ tardi! Non hai avuto il tempo di abituarti gradualmente a questo tipo di situazioni e adesso sembri tornato un dodicenne in piena crisi ormonale >>
<< Sei qui per aiutarmi o per sfottermi?! >>
<< Okay, okay...vediamo questi vestiti. >>

Inizio a provare tutto quello che c’è nel mio armadio, facendo miliardi di prove con accoppiamenti tutti diversi e, quando Cliff sta davvero per impazzire, troviamo quello più adatto. Optiamo per Jeans, la mia adorata maglia nera con la scritta “Fuck Off” e un giubbotto di pelle.
Dopo aver scelto i vestiti  aver cazzeggiato un po’ Cliff torna a fare il serio e questa volta è lui a chiedere a me un parere sul suo amore, Lars.

<< James...secondo te io a Lars piaccio ancora? >>
<< Ma che razza di domanda sarebbe?! State insieme, ovvio che gli piaci! >>
<< Lui è diverso...>>
<< In che senso? >>
<< Mi sembra distante in questo periodo, non siamo mai soli, e le poche volte che lo siamo lui o trova un pretesto per litigare o si comporta in modo strano. Non è che si è stufato di me? >>
<< E’ impossibile...lui ti ama, ne sono più che sicuro! Poi sei anche tu che ti comporti in modo strano...>>
<< In che senso? >>
<< Quando siamo in gruppo non ti comporti mica come un fidanzato...più come un compagno di cazzeggio, proprio come fai con me >>
<< Perché se dovessero vederci ci prenderebbero a bastonate! >>
<< Forse è questo. Forse lui crede che tu non voglia fare poi così tanto sul serio perché ancora ti vergogni >>
<< Io non mi vergogno per niente! >>
<< Oh si invece...la tua non è paura, è vergogna >>
Lui mi guarda ancora più serio di prima. Ma è mai possibile che devo essere sempre io ad aprirgli gli occhi sui suoi problemi con Lars?!
<<...tu dici che è questo? >>
<< Cliff, è ufficiale...SEI UN IDIOTA! Se continui così lo perderai. Vedi di cambiare atteggiamento. Lars è paziente, ma non è un santo... >>

Mi abbraccia e la sua espressione si intenerisce, forse ha capito cosa fare e non è più in ansia. Spero solo che la storia fra lui e Lars non finisca, altrimenti non riuscirò nemmeno io a tirar su il morale a Cliff, credo che lui sia il coglione più innamorato della California, è solo che non riesce ad esprimere quanto ci tiene, è un fottuto testa dura. Sono le tre e mezza del pomeriggio e fra poco io e Lars inizieremo il turno di lavoro, così io e Cliff schiodiamo i culi dal divano e ci incamminiamo verso il negozio, dove al nostro arrivo, troviamo già Lars, che non appena vede Cliff, si irrigidisce e cerca di non guardarlo troppo, mentre il povero idiota sembra proprio un cane bastonato. Lars oggi sta alla cassa e io ho da fare al magazzino, al quale si accede da una porta proprio dietro al bancone, così ne approfitto per star dietro la porta ad origliare e a spiarli. Per i primi cinque minuti entrambi non si guardarono e non si parlarono, il primo a cedere è Cliff ovviamente, che va da lui e lo abbraccia da dietro, poi gli sposta i capelli su una spalla ed inizia a baciargli il collo. Inizialmente Lars rimane impassibile, inizia a considerarlo solo quando entra il primo cliente e Cliff non smette, così lui si gira a guardarlo con un’espressione sorpresa e permette a Cliff di dargli un bacio sulle labbra,a quel punto Lars sorride e Cliff inizia il suo discorso.

<< Se il problema erano solo le mie mancate attenzioni quando siamo in pubblico potevi anche dirmelo. Lars io ti amo, ci tengo a te e non farei mai nulla che potrebbe ferirti, voglio solo vederti felice, magari insieme a me. tu sei la persona più importante della mia vita, ho bisogno di te per andare avanti, perciò ti prego, perdonami. E se il problema non era questo, allora dimmi che devo fare per aggiustare tutto, io lo farò >>
<< Anch’io ti amo tesoro mio! >>

Dice Lars tutto contento, saltando praticamente addosso a Cliff. Quando vedo che i due iniziano a coccolarsi in modo piuttosto sconcio e capisco che tutto si è aggiustato inizio a lavorare sul serio smettendo si spiare quei due. Mentre sposto merce da poco arrivata, riordino e pulisco, ripercorro mille volte, passo dopo passo l’incontro con Kirk avvenuto ieri per cercare di capire se almeno un po’ gli piaccio o no, ma niente, non riesco comunque a capire e non voglio illudermi da solo. Riesco sempre a capire gli altri e le loro situazioni, ma l’unico che in effetti non sono mai riuscito a capire sono io stesso e questa situazione mi fa incazzare di brutto, se non dovessi piacergli e fra noi due non dovesse andare so già che non mi innamorerò più di nessun’altro, continuerò a pensare a Kirk per sempre. Quello che mi stupisce di più è che prima d’ora io non avevo mai sentito alcun bisogno di baciare qualcuno o fare altro, nessuna tentazione ne voglia sessuale, invece da quando ho posato gli occhi su quella creatura perfetta ho subito provato sensazioni che fino a pochi secondi prima non avevo mai immaginato, dopo avergli dato uno sguardo approfondito avrei voluto saltargli addosso e se fosse successo davvero, di certo non mi sarei fermato al bacio. Quella notte l’avevo passata tutta a farmi filmini mentali su di lui, che si spogliava e entrava nel mio letto come se fosse la cosa più normale del mondo, a quel punto io lo accontentavo e, dopo aver iniziato, continuavamo a farlo per tutta la notte, senza staccare un attimo. Quei pensieri mi imbarazzavano molto e, come aveva detto Cliff quella mattina, non sono abituato ad immaginare queste cose e probabilmente se non li avessi avuti fra le gambe, non avrei saputo nemmeno come sono fatti gli attributi maschili.
Appena finisco di sistemare il magazzino inizio a sistemare tutto il resto del negozio, cercando di tenermi impegnato il più possibile per non diventare pazzo durante l’attesa snervante, cosa non molto semplice visto che continuo a guardare l’orologio ogni tre minuti.
***

Verso le sei e mezza del pomeriggio la porta del negozio si apre, facendo suonare il campanellino posizionato sopra di essa. Io sono a sistemare gli strumenti a fiato dopo aver riordinato le corde, le bacchette per la batteria, i dischi, aver cambiato l’ordine delle chitarre e dei bassi e aver esposto un po’ di merce nuova. Mentre continuo a lavorare distrattamente sento una voce familiare parlare con Lars, la voce chiede espressamente di me ed è a quel punto che il mio cervello torna al mondo reale...E’ ARRIVATO! All’inizio penso di correre subito da lui, poi mi dico che devo aspettare che sia lui a venire da me, se corressi da lui, potrebbe capire che ho aspettato quel momento da tutto il giorno, così rimango esattamente dove sono. Poco dopo Lars gli dice dove può trovarmi e dopo pochi secondi eccolo, sento i suoi passi avvicinarsi sempre di più mentre faccio finta di non sentirlo, continuando a lavorare. Ad un tratto sento due braccia che mi stringono da dietro e l’odore dei suoi capelli. Cerco di restare calmo, gli accarezzo il palmo della mano e mi giro verso di lui, che inizia a sorridere, oggi è ancora più bello di ieri.

<< Ciao Kirk! >>
<< Ciao James!! Ti disturbo ? >>
<< No, per niente! Hai portato le tua chitarra? >>
<< Certo! L’ho lasciata all’ingresso dai tuoi amici >>
<< Perfetto, allora fra mezz’ora iniziamo >>
<< Grande! >>
<< Senti Krik...>>
<< Si? >>
<< Mi chiedevo se...insomma, ti va di uscire con me qualche volta? >>
<< Ma certo! Sarebbe carino >>

Tiro un respiro di sollievo, forse un po’ troppo accentuato e lui inizia a ridere, in questo momento potrei anche morire dall’imbarazzo. Ma guardalo, mentre ride è un vero spettacolo.

<< Sei molto timido, vero?>>
<< Beh si...poi se vogliamo aggiungere il fatto che non ho mai chiesto a nessuno di uscire con me, l’imbarazzo si moltiplica >>
<< Quindi sarei il primo degno del tuo interesse? >>
<< Già...>>

Lui sorride nuovamente, poi arrossisce, non lo facevo il tipo che arrossiva, di solito sono io che divento viola anche per il motivo più stupido.
Finalmente è orario di chiusura, così io e i ragazzi spegniamo le luci e sistemiamo la nostra roba nella piccola sala prove del negozio, dove Lars lascia sempre la sua batteria montata, visto che, oltre a noi, non la usa mai nessuno. Partiamo con una canzone degli Aerosmith, il mio gruppo preferito, poi proseguiamo con qualcosa dei Maiden, dei Misfits e così via. Fra di noi c’è una particolare sintonia, anche Kirk si è subito integrato e devo dire che è un chitarrista davvero fantastico, mi piace molto il modo in cui suona, il modo in cui si muove, certe volta mi guarda con un’aria furbetta negli occhi e in quei momenti la voglia di saltargli addosso aumenta. Cliff e Lars non la smettono un attimo di fissarlo e spero che lui non faccia caso ai loro atteggiamenti. Cliff sembra molto interessato a lui, lo guarda come una rara specie animale, invece nello sguardo di Lars si riconosce l’invidia pura, che potrebbe essere ispirata dal fatto che magari lui era abituato ad essere il nuovo arrivato e adesso è Kirk, potrebbe essere per il modo in cui lo guarda Cliff, che infastidisce un po’ anche me o semplicemente per la sua insicurezza, che sicuramente lo porta a pensare che Kirk sia bellissimo, molto più bello di lui e che presto lo metterà in ombra e, anche se io sono sicurissimo che non accadrà mai, lui continuerà a pensarla così.
Alla fine delle prove suono con Kirk, mentre tutti sistemano le loro cose, decido di parlare a Cliff del modo in cui si è messo a fissare Kirk, risolvendo la situazione per il bene e la pace comune.

<< Cliff >>
<< Si James? >>
<< Potrei parlarti un attimo? >>
<< Certo amico mio! >>

Usciamo dalla sala prove per evitare di farci sentire dagli altri due, nel frattempo io cerco di preparare un discorso diretto ma delicato da fare al mio migliore amico.

<< Allora? >>
<< Che te ne pare di Kirk? >>
<< E’ davvero stupendo! Bello e bravo, complimenti James! >>
<< A proposito di questo...ho notato come lo guardavi prima e...ti sarei grato se non lo facessi più >>
<< Fare cosa? >>
<< Guardarlo in quel modo...mi sei sembrato un po’ sfacciato e non hai visto che faccia che aveva Lars...guardava te e poi lui, e aveva l’aria di volerlo uccidere violentemente >>
<< Dici sul serio? >>
<< Si...e voglio essere sincero, nemmeno a me piace il modo in cui lo guardi >>
<< Siete gelosi! >>
<< In sintesi si >>
<< Tu pensi che potrei mai farti una cattiveria come provarci con lui?! >>
<< No, assolutamente no ma...capiscimi, è la prima volta che mi interesso a qualcuno e non ho idea di cosa io stia facendo, mi dispiace dirti queste cose, non è giusto, ma non voglio che fra noi due si crei una brutta situazione solo perché io ho tenuto dentro il mio risentimento su questa storia! >>
<< Lo so, hai ragione...e grazie per avermi detto di Lars. Voglio solo essere sicuro che tu ti fidi di me >>
<< Ma certo! Tu sei mio fratello! >>
<< Bene! >>

Ci abbracciamo e torniamo dentro la sala. Lars ha già finito e schizza via come una scheggia senza salutare nessuno, così Cliff gli corre subito dietro ed io e Kirk ci ritroviamo da soli. Non appena Kirk vede che Lars è andato via in quel modo, mi guarda perplesso e con un’espressione un po’ dispiaciuta.

<< Ho fatto qualcosa che non va? >>
<< No, è solo che quei due stanno passando un brutto periodo, ma credo sia così in tutte le coppie >>
<< Oh, quindi stanno insieme? >>
<< Si, già da un po’ di tempo >>

Lui assume un’espressione pensierosa, che ad un certo punto sembra esprimere tristezza.

<< Tu sei innamorato di Cliff, vero? >>

Pronuncia questa frase senza nemmeno un minimo di preavviso, lasciandomi senza parole.

<< COS...?! NO! PERCHE’ DOVREI ESSERLO? >>
<< Non so, mi sembrate molto affiatati voi due >>
<< Siamo molto amici, è vero, ma non sono per niente innamorato di lui! Pensavo che avessi capito che...>>
<< Che? >>
<< Beh...insomma che...sei tu che mi piaci >>

Mi guarda leggermente stupito e tona a sorridere, come se fosse sollevato. Io non riesco a credere che si sia rattristato al pensiero che io potessi essere innamorato di Cliff. Lui viene più vicino a me con un po’ di indecisione, poi comincio anch’io ad avvicinarmi a lui, finché non siamo faccia a faccia. Improvvisamente non so cosa mi prende, come se fosse una cosa normale gli metto le mani sui fianchi, mi abbasso lievemente verso di lui e mi avvicino sempre di più, fino ad annullare del tutto la distanza fra le nostre labbra. Il bacio inizia timidamente, poi con più convinzione, trasformando un bacio inizialmente casto, in qualcosa che potrebbe definirsi in qualsiasi modo tranne che casto. Dato che è il mio primo bacio dovrei sentirmi insicuro, invece mi sento benissimo, invincibile e intoccabile, nessuno può rovinarmi quel momento. Continuiamo a baciarci per una decina di minuti, poi l’aria nei nostri polmoni inizia a scarseggiare, quindi ci separiamo. I nostri visi rimangono vicini, così vicini che i nostri nasi si toccano ancora ed entrambi sorridiamo come due fessi. Dal modo in cui ci stringiamo è ovvio che non vogliamo separarci, io vorrei andare fino infondo...ma non ho un posto! Sento di non provare più nessuna vergogna, potrei anche chiederglielo esplicitamente.

<< Se mi facessi prestare casa tu...>>
<< SI! >>

Visto che lui è così d’accordo da non lasciarmi nemmeno completare la domanda, esco un attimo dalla sala prove, dove becco quei due appiccicati come due cozze, mi dispiace disturbarli, ma è una cosa urgente.

<< CLIFF! >>
<< CHE VUOI?! >>
<< Potresti prestarmi casa? >>
<< Cosa?! >>
<< Tu puoi andare da Lars, no? I suoi genitori non fanno più caso a te e io ho mio fratello fra le palle, sei l’unico ad abitare da solo e a potermi prestare casa. Ti prego! >>
<< E’ per quello che penso? >>
<< SI! >>
<< Non me lo sarei mai aspettato da te! Comunque ad una condizione...>>
<< Quale? >>
<< Non sul mio letto! >>

Ridacchia in modo scemo e mi sventola le chiavi davanti agli occhi, io le prendo in fretta, come se Kirk potesse ripensarci da un momento all’altro per qualche motivo, e corro da lui. Io e Kirk ci dirigiamo a casa di Cliff, che non è molto lontana dal negozio e, una volta arrivati lì, ricominciamo a baciarci in modo anche più sconcio di prima, i vestiti vengono abbandonati in giro per la casa e quando arriviamo in camera siamo già nudi. Nemmeno a questo punto mi sento impaurito, è chiaro che per me anche in questo campo è la prima volta, ma non mi sento per niente insicuro o indeciso sul da farsi. Dopo i preliminari entro dentro di lui senza problemi, lui lancia un piccolo gridolino e poi inizio a muovermi. Non credo di aver mai provato una sensazione più bella di questa, mi sento letteralmente in paradiso. Man mano che il tempo passa aumentiamo la velocità, e più aumentiamo la velocità, più Kirk grida, il che mi eccita da morire, poi, dopo non so quanto tempo dall’inizio sento che ci siamo entrambi, il primo a venire e lui, emettendo il gemito più forte da quando abbiamo iniziato, poi è il mio turno, e  il mio più che un gemito è un urlo bello e buono, il primo orgasmo della mia vita. Piano piano tutto si ferma ed io e lui rimaniamo abbracciati a guardarci negli occhi e a baciarci di quando in quando e, dopo non so quanto tempo e come, capisco di essermi addormentato.


Salve gente!! Eccovi la mia ultima fatica, sperando che il sito non abbia fatto ancora una volta il coglione (mi scuso per le lettere saltate negli altri capitoli) e spero che vi sia piaciuto!! Perdonate il mio ritardo. Vi auguro una buona serata.
Alprossimo capitolooooo!!!!

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Capitolo 10
*** I'm pain, I'm hope, I'm suffer ***



I'm pain, I'm hope, I'm suffer

Mi sveglio di soprassalto, inizialmente senza capire il motivo, poi vedo che Kirk non è più accanto a me, guardo a destra e a sinistra e provo a chiamarlo un paio di volte, ma ne lo vedo, né ricevo risposta. Osservo impensierito la parte dove la notte prima aveva dormito, poi sposto un po’ il lenzuolo e vedo un bigliettino, lo prendo in fretta , lo apro e lo leggo.

“Mi dispiace, non posso”

Quelle sono le uniche parole scritte sul foglietto, chiare e concise. Faccio il punto della situazione cercando di rimanere calmo e all’improvviso ripercorro gli ultimi due giorni, vedo di nuovo la scena in cui noto la sua presenza, in cui vado da lui per consigliargli le corde, rivedo il modo in cui mi aveva abbracciato, in cui c’eravamo salutati e dati appuntamento al giorno seguente, il saluto del giorno dopo, le prove andate magnificamente, sento il calore delle sue labbra sulle mie, l’incredibile sensazione che ho provato mentre lo baciavo e mentre facevamo l’amore. Rivedo tutte quelle scene come se fossi uno spettatore che guarda un film al cinema, come se fossi esterno a tutto quello che ho rivisto in un lampo, sentendo che quei pochi ma intensi momenti di felicità passati insieme a lui erano già parte integrante del mio passato e che non l’avrei rivisto, se non mai più, per moltissimo tempo. Per la prima volta nella mia sento dentro la rabbia pura, l’ira che non può essere fermata nemmeno da un sorriso di Lars o da un abbraccio di Cliff, sento anche per la prima volta la gelida fitta della delusione, per aver confidato così tanto e così presto sulla persona sbagliata, della vergogna, per essermi concesso così facilmente e anche per il solo fatto di essermi innamorato. La voglia di spaccare tutto si impossessa di me, quell’unico evento mi fa tornare in mente tutti i dolori che ho dovuto subire, a partire dai litigi dei miei genitori, poi la morte di Lisa, il divorzio, l’improvvisa e non ancora assimilata morte di mia madre...e ora questo. Sento che in questo momento potrei morire, tutto questo dolore mi spacca in due, non ho forza, mi sento annientato da tutto, ogni cosa mi sembra impossibile, anche il semplice tenere gli occhi aperti è diventata un’impresa e per la prima volta lo dico a voce alta.

<< Voglio morire >>

Le lacrime, che ormai da anni non bagnavano le mie guance, tonano a farsi vive, a bruciare dentro i miei occhi e a raddoppiare la vergogna che provo verso me stesso. Do un pugno al letto, ripenso all’ultima immagine che ho del volto di Kirk e il pavimento comincia a tremare, ma non impercettibilmente come è successo altre volte e non solo in casa, dove mi trovo io, questa volta sembra un vero e violento terremoto, che si estende anche al di fuori della casa di Cliff, guardo fuori della finestra e vedo i lampioni della luce tremare sempre più forte, i vetri della casa di fronte frantumarsi in mille pezzi.

<< TI ODIO! >>

Urlo, improvvisamente. Non l’avevo mai detto a nessuno, nemmeno a mio padre, ma lui lo meritava, perché mi aveva ferito nel profondo, una ferita che sapevo non sarebbe stato facile far guarire, mi aveva umiliato, straziato, preso per il culo proprio per la prima, e da oggi ultima, volta che mi sono esposto ad una persona esterna al mio campo di fiducia, che si estende soltanto su Cliff e Lars. La terra continua a tremare e, proprio quando sto per dire qualcos’altro di confuso, vedo Cliff entrare frettolosamente nella stanza, non l’ho sentito entrare in casa. Lui inizia a scuotermi dalle spalle, poi mi prende il viso fra le mani, costringendomi a guardarlo.

<< James, ti prego, basta! Ucciderai qualcuno se continui! >>

La terra non smette di tremare.

<< James, fallo per me! >>

Nel momento in cui Cliff pronuncia la frase, sento un colpo al cuore, tutto cessa.

<< Grazie! >>

Dice lui fra il sollevato e lo scocciato, ma poi mi guarda con tenerezza e si inginocchia accanto a me, che sono ancora seduto sul letto con il bigliettino spiegazzato dentro un pugno.

<< Potresti spiegarmi il motivo così serio per cui hai fatto tremare tutta Los Angeles? >>

Non dico nulla, mi limito ad aprire il pugno e a passargli il biglietto. Ovviamente non ci vuole molto a leggere quelle poche parole, il suo viso si fa tirato e dispiaciuto.

<< Oh, James...>>
<< Non dire niente >>

Sibilo, cercando di reprimere le lacrime che cercano un’altra volta di uscire dai miei occhi.

<< Non voglio parlarle, basta. Sono stanco di tutto questo, di questa città, dove ho ricevuto solo dolore. Domani lascio la scuola e il lavoro e vado via, i soldi ce li ho...vuol dire che ritarderò ancora l’acquisto della mia chitarra...sono certo che anche a San Francisco ci sono negozi che vendono strumenti musicali. >>

Mi guarda, e dopo millenni che non succedeva, anche i suoi occhi si inumidiscono. Distoglie lo sguardo, anche se sa che ho già notato i suoi occhi lucidi, poi, come se qualcuno l’ avesse incoraggiato, mi guarda di nuovo con decisione e pronuncia le tre parole che mi commuovono.

<< Vengo con te! >>

Per i primi secondi lo guardo incredulo, poi mi lancio addosso a lui, abbracciandolo forte, come se fosse la mia unica speranza di vita, cosa che in effetti lui è. Poi penso ad un piccolo particolare a cui non avevo pensato.

<< E Lars?! >>
<< Lo portiamo via con noi >>
<< I suoi genitori non accetteranno mai >>
<< Ma lui si, li odia e anche lui progettava di andare via, adesso non ci fermerà più nessuno...e poi ho sempre voluto vedere San Francisco!>>

Gli sorrido e continuo ad abbracciarlo. A volte sono convinto che senza di lui io sarei già morto e sepolto.

<< E poi non hai ancora capito che io non vivo senza di te?! Tu sei mio fratello e non ti permetterò di mollarmi in questo paese di impostori e figli di papà!
Ti prego James, non rovinarti la vita per lui, che evidentemente non merita nemmeno di bere dal tuo water, vivi e, anche se non sarà facile, dimenticalo. >>

Annuisco senza troppa convinzione. Qualche minuto dopo chiamiamo Lars, che si precipita da noi per farsi spiegare meglio come siano andate le cose e qual è il nostro piano. Alla notizia di quello che mi ha fatto Kirk lui scuote la testa disgustato, perché sa che dire qualcosa contro di lui in questo momento mi farebbe soffrire. Decidiamo di andarcene domani, quel giorno io, Lars e Cliff sbrigheremo le ultime cose. Io e Lars lasceremo la scuola e tutti e tre faremo le valigie e lasceremo il lavoro. Penso che il mio amato lavoro mi mancherà. Mi mancherà sentire l’odore della merce nuova che riempie il magazzino, lo sconto del 20% su tutti i dischi, sistemare i vari articoli e sognare di comprare lì la mia nuova chitarra, già adesso tutte queste cose mi sembrano lontane, impossibili. Non mi mancherà invece il dolore che mi perseguita qui da sempre, non mi mancherà casa mia, così piena di ricordi malinconici, smetterò di guardare il letto vuoto che apparteneva a mia sorella e quello matrimoniale altrettanto vuoto e impolverato, appartenuto ai mie genitori. Non mi mancheranno i dolorosi ricordi che affiorano nella mia mante ad ogni angolo, perché tutto qui mi ricorda qualcosa. Lascerò con un po’ di malinconia solo la scuola, grazie a quel grigio edificio non avrei mai conosciuto la mia vera famiglia, Lars e Cliff, perciò sento almeno un minimo di gratitudine per quei muri dalla vernice scrostata, per i banchi malandati, ma soprattutto, per l’armadietto, che ha dato inizio alla mia vera vita.
Dopo essermi ritirato da scuola sento una stretta allo stomaco, i mancherà, lo sento. È spiacevole anche licenziarsi al cospetto dell’espressione stupita e dispiaciuta del proprietario, che non si aspettava un simile gesto. Mi dispiace deludere quell’uomo, che è una bravissima persona, mi mancherà, ma proprio non posso restare qui. Prima di andarcene ci da un pezzo di carta con un numero di telefono e ci raccomanda di chiamarlo non appena saremo arrivati a San Francisco. Io e Lars sappiamo che tutto questo è doloroso anche per Cliff, che non aveva in mente di andare via, ma so anche non mi lascerebbe mai andare da solo.
Arrivata la sera faccio di fretta la valigia, infilo dentro solo lo stretto indispensabile, vestiti, spazzolino da denti, scarpe e ovviamente i miei amati vinili, infilo la chitarra nella custodia. All’ultimo minuto aggiungo anche il fermaglio di mia sorella e la fede di mia madre. Mio fratello è già sbronzo e non lo sveglierebbe nemmeno uno dei miei terremoti, quindi non è difficile uscire di casa. Io e i ragazzi ci incontriamo davanti alla scuola, Cliff è tranquillo, anche se un po’ malinconico, Lars è terrorizzato che i suoi si siano accorti di tutto. Ci dirigiamo correndo verso la stazione, acquistiamo velocemente un biglietto e saltiamo sul nostro treno. Mentre salgo sul treno, ho il tempo di guardarmi indietro con una stretta allo stomaco e lo sguardo malinconico, rivolgo un ultimo e silenzioso saluto alla mia città e salgo sul treno, pensando che avrei avuto meno rimpianti.
La notte passa lentamente, non riesco a chiudere occhio, guardo Cliff e Lars che invece dormo abbracciati, loro sono fortunati. Chiedo ad un uomo una sigaretta e la accendo nervosamente. Se prima di incontrare Kirk avevo il presentimento che non avrei amato mai nessuno, adesso ne ho la certezza, non amerò mai più nessuno perché, a che se mi ha ucciso, io amo Kirk, e questo non posso cambiarlo. Il sole inizia a sorgere, sono le cinque del mattino e non ho chiuso occhio, mi sento sporco, malandato e i rimpianti mi fanno male come se qualcuno mi stesse tirando pugni sullo stomaco, in un sussurro chiamo mia madre e mia sorelle, chiedo ai miei angeli personali di proteggermi nella mia nuova vita. Mezz’ora dopo il sole è decisamente sorto e io posso guardare il paesaggio fuori dal finestrino, mi sento un po’ più vicino alla nuova vita come se mi stesse davanti agli occhi.
Eccomi.


Ed eccovi un altro dei miei capitoli, forse una di quelli che a me piace di più, ad essere sincera, quindi spero che anche voi lo apprezzerete!!
Ringrazio tutti quelli che hanno seguito la storia fino ad ora e che pensano di continuare a seguirla!!

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Capitolo 11
*** Take me down to the Paradise City ***


Take me down to the paradise city

A mezzogiorno siamo arrivati. Io sveglio Lars e Cliff, che inizialmente fanno un po’ di storie, ma poi si rassegnano e tutti e tre prendiamo le valigie e scendiamo, ancora un po’ insicuri della nostra scelta. Non appena ci troviamo fuori cala il silenzio, spalanco gli occhi come sorpreso, un venticello fresco mi accarezza il viso e scompiglia i miei capelli, sento una sensazione di pura libertà dentro di me, il peso che mi opprimeva a Los Angeles e che mi aveva accompagnato per tutto il viaggio, facendomi sentire la sua presenza costante mi aveva abbandonato, mi sentivo più leggero, più vivo. Dopo essermi tranquillizzato guardo i ragazzi, anche loro stupiti dalla bellezza della città, mi salgono le lacrime agli occhi, a quel punto mi sento toccare entrambe le spalle, mi giro e vedo mia madre e mia sorella che mi sorridono e mi incoraggiano ad andare, poi svaniscono. Io e i ragazzi ci abbracciamo, tutti e tre commossi per quello che siamo riusciti a fare da soli, due diciottenni e un diciannovenne che non hanno mai viaggiato, che hanno dovuto fare sempre tutto da soli e che hanno guadagnato i soldi per il viaggio e per la nuova vita spaccandosi la schiena, chiedendo turni extra e facendo sacrifici, adesso le nostre sofferenze e le nostre fatiche possono essere ripagate. Solleviamo le valigie da terra e muoviamo il nostro primo passo nella città di San Francisco, chiediamo indicazioni per un bar e beviamo un caffè, parlando del viaggio, di come siamo scappati e di quello che verrà dopo. Lars è ancora preoccupato, pensa che i suoi lo staranno cercando e ha paura che lo ritrovino e lo riportino indietro, separandolo da Cliff e da me, noi lo rassicuriamo ogni tanto e quando Cliff lo abbraccia lui sembra star meglio, quei due sono proprio fatti l’uno per l’altro, se penso a come sono andate le cose mi scoppia il cuore di felicità per Cliff, che dopo averlo conosciuto, non si sentiva più solo com’era stato prima del suo arrivo.
Da quando lo conoscevo, Cliff, aveva sempre vissuto da solo. Lui diceva che non sopportava più la vicinanza dei suoi e i suoi non sopportavano più la sua. Aveva perso suo fratello quando era solo un ragazzino e da quel momento i suoi si erano rifiutati di guardarlo in faccia e, quando ne avevano entrambi avuto abbastanza di quella convivenza ormai forzata, gli avevano preso una casa lontana da loro, avevano accettato di spedirgli grandi somme di denaro pur di tenerlo lontano da loro. Lui diceva che era stata una decisione ottima, ma in realtà io sapevo quanto si sentisse solo. Quando io e lui c’eravamo conosciuti però le cose erano migliorate, io andavo a dormire da lui molto spesso e lui a poco a poco aveva iniziato a sorridere sempre di più. Era decisamente cambiato in meglio dal giorno in cui gli avevo presentato Lars, che a lui era piaciuto subito, aveva preso la sua cotta sul serio e non come un gioco, come voleva farmi credere e soprattutto, aveva mentito anche quando aveva detto che non avrebbe fatto nulla per conquistarlo. Dopo una settimana che era servita ai due per conoscersi meglio, lui aveva iniziato a fare il carino con Lars, ci invitava entrambi a casa sua, ma qualche volta declinavo l’invito inventandomi qualche impegno assurdo per lasciarli soli, così stavano interi pomeriggi insieme a fare chissà cosa. Per loro due le cose si erano fatte molto seria solo due anni dopo, quando ormai era palese a tutti e tre che Cliff e Lars si ricambiavano, così un giorno prima di mettersi insieme, Cliff aveva regalato a Lars un nuovo disco dei Deep Purple, poi quel pomeriggio si erano visti a casa di Cliff e avevano passato la notte insieme, come mi avrebbe raccontato Cliff il giorno dopo, dicendomi anche che si erano ufficialmente messi insieme.
All’inizio io non avrei mai immaginato che due tipi talmente diversi fra loro potessero stare così bene insieme. La situazione di Cliff era particolare e non molto felice, mentre Lars era cresciuto con ogni agio che si potesse avere. Era nato in una ricca famiglia danese e fino all’età di quattordici anni, Lars e la sua famiglia avevano vissuto in Danimarca, poi i suoi avevano avuto l’idea di trasferirsi in America. Lars dice sempre che gli anni in cui ha vissuto in Danimarca sono stati i più felici e spensierati della sua vita, poi, il trasferimento in America ha rovinato tutto. I suoi genitori sono cambiati, facendo così cambiare anche i rapporti con Lars, se prima la famiglia andava sempre d’accordo, dopo il trasferimento erano capaci di litigare anche per la più piccola stronzata e l’idea di scappare di casa si era fatta spazio nella testa di Lars già una settimana dopo il loro trasferimento, poi aveva iniziato la scuola e aveva conosciuto Cliff, e l’idea sembrava essere sparita, ma in realtà si era solo nascosta per poi riapparire qualche anno dopo, quando l’età avrebbe reso tutto più facile.
Dopo aver finito i nostri caffè decidiamo di affittare una stanza, in un B&B, a poco prezzo. Arrivati in camera iniziamo a programmare i prossimi giorni, cercando di trovare una soluzione economica per risolvere il problema dell’alloggio. Spulciamo tutta la cartina geografica, prendendo in considerazione ogni posto che potrebbe offrirci lavoro di qualsiasi genere, non ci importa che tipo di lavoro sia, l’importante è che si guadagni. Ad un tratto mi vedo già a dormire per strada dentro una scatola di cartone, con una bottiglia di liquore scadente in una mano e una sigaretta mezza consumata nell’altra. La paura e l’angoscia si impossessano nuovamente di me, mi chiedo come facciano quei due a rimanere così tranquilli e sorridenti mentre continuano ad indicare punti sulla cartina. Impensierito, riesco a captare solo pochi frammenti della discussione che Cliff e Lars stanno portando avanti, credendomi attento, sento nomi di negozi, possibili lavoretti semplici ma capaci di farci avere uno stipendio fisso, mentre continuo a pensare che potremmo presto finire per strada.

<< James, stai bene? >>

Sollevo la testa di scatto, li fisso con gli occhi sbarrati e finalmente decido di dare voce ai miei pensieri e alle mie preoccupazioni.

<< Ho paura che finiremo per strada >>
<< Cosa? >>

Dice Cliff stupito, come se non avesse pensato a questa tremenda possibilità

<< Diventeremo barboni! >>
<< Ma che dici, troveremo un posto dove stare. Male che vada, rimarremo qui per un po’, i soldi li abbiamo. Ricordati tutto quello che hai messo da parte, lavorando da quando avevi sedici anni sommato a tutto quello che hai fregato a tuo fratello senza che se ne accorgesse nemmeno una volta, poi pensa a tutto quello che abbiamo messo da parte io e Lars in questi anni. I soldi avanzeranno bello mio. >>

Tiro un sospiro di sollievo, solo Cliff e capace di farmi ragionare in certi momenti.
Mentre tutti e tre continuavamo a guardare nella cartina, mi ricordo del foglietto di carta che il mio vecchio datore di lavoro mi ha messo in mano prima che me neandassi, le sue esatte parole mi rimbombarono in mente.

“Tieni James, ricordati di chiamare a questo numero non appena sarete arrivati a San Francisco. Ti voglio bene, ragazzo mio!”

Estraggo di fretta il bigliettino dalla tasca e mi precipito al telefono della stanza, sotto lo sguardo stupito dei miei compagni di avventure. Il telefono inizia a squillare. Uno, due, tre, quattro...qualcuno risponde!

Salve gentre, sono viva!!
So cosa starete pensando..."Quella pazza dell'autrice ci ha fatto aspettare così tanto per un capitolo così stupido?!"
Bene, mi scuso per l'attesa e, riguardo al capitolo, vi dico che è forse quello un po' più scemo di tutta la ff, ma mi serve a collegare il decimo e il dodicesimo capitolo e, perché no, ad aumentare la suspance (visto che in questo capitolo non succede quasi nulla)
Cari lettori, vi saluto e spero di poter aggiornare al più presto. Ciao ciaooooo!!!

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Capitolo 12
*** So sad ***


So sad

JAMES HETFIELD. ANNO 1986

Una noiosissima mattinata estiva, nessuno entra in negozio, il ventilatore è rotto e noi rischiamo di collassare a causa del caldo. Di sicuro riusciremmo a distrarci se solo avessimo qualcosa da fare, ma oggi in negozio non entra proprio nessuno.
Già, anche qui a San Francisco lavoriamo in un negozio di articoli musicali. Il lavoro l’abbiamo trovato subito grazie al nostro vecchio datore di lavoro, quello di Los Angeles, che ci ha raccomandati ad un suo amico che possiede un negozio simile al suo e noi l’abbiamo trovato facilmente visto che il numero che aveva scritto sul foglietto di carta era proprio quello del negozio di questo tizio che, non appena aveva sentito la nostra voce, aveva fatto tutto da solo, capendo subito chi fossimo. Così avevamo uno stipendio da subito. Per i primi tempi quell’uomo ci permetteva di vivere nella parte inutilizzata del magazzino del negozio, ma non era un gran che vivere in quelle condizioni, riuscimmo a comprare una casa solo dopo un anno e mezzo di lavoro a San Francisco, aggiungendo a quei guadagni il resto dei risparmi di Los Angeles e adesso, a ventitre anni (Cliff 24), siamo sistemati, con un lavoro e stiamo di certo meglio. Anzi, quei due sono molto felici, adesso possono vivere insieme, mentre io sono il solito terzo incomodo deluso dalla vita e dal mio unico vero amore, che non ho mai cercato, ma vorrei tanto rivedere, per picchiarlo e poi riprenderlo con me.
Il caldo di oggi, lo strazio, il non far nulla e l’ansia che ormai mi accompagna da quando avevo diciotto anni, mi stanno rendendo la vita impossibile, anche respirare è diventato faticoso e apparentemente inutile e il non far nulla mi fa pensare a lui. Penso a Kirk ogni giorno e in ogni momento, è la prima persona a cui pensavo al mattino, il suo pensiero mi torna sempre in mente quando cambio le corde alla mia chitarra, ormai distrutta e anche le canzoni che avevamo provato quel pomeriggio di cinque anni prima mi fanno sempre pensare a lui e a quanto fosse sexy mentre suonava. Non penso a lui solo in quelle situazioni, ma per tutto il giorno, continuo a vederlo ovunque, sento il suono della sa risata o il profumo dei suoi capelli ad ogni angolo di una qualsiasi strada, ricordo la morbidezza delle sue labbra, la sua voce un po’ buffa e i suoi occhi grandi e dal colore indefinibile mi appaiono improvvisamente davanti, soprattutto in sogno. Non c’è che dire, mi manca dolorosamente e in modo patetico, sono fottutamente arrabbiato con lui, tant’è che se dovessi mai rivederlo, non so se prima lo bacerei o gli assesterei un pugno sulle costole. Ma dopo tutto lui non mi ha voluto, perché dovrei baciarlo? Perché dovrei saltargli addosso? Continuo ad odiarmi con tutto me stesso per essermi esposto in quel modo così pericoloso e inadeguato.
Finalmente un cliente entra in negozio e io e i ragazzi facciamo la lotta per chi deve dargli una mano, alla fine vince Cliff, il più forte, che corre subito dal cliente e lo aiuta nella scelta dell’articolo migliore. Mentre Cliff è via, Lars mi guarda preoccupato, poi si avvicina a me ed inizia con il terzo grado.

<< Che ti prende? >>
<< Lars, sono passati cinque anni e la risposta a questa domanda è sempre uguale, cosa pensi che mi prenda?! >>
<< Ancore pensi a quello? >>
<< Si, non posso non pensare a lui. >>
<< Mi chiedo come sia stato possibile che tu ti sia innamorato così tanto di uno sconosciuto. >>
<< Anche a te è piaciuto subito Cliff >>
<< Si, ma io e lui ci siamo frequentati e poi ci siamo messi insieme, quindi il mio amore è stato alimentato. Lui non ti merita, ti ha fatto del male, ti ha lasciato lì, e tu ancora pensi a lui...perché? >>
<< Non so...so solo che sono convinto che io e lui siamo destinati a stare insieme, ma lui scappa da me. >>
<< Come fai a dire questo? >>
<< Come ti spieghi che non l’abbia visto prima? Come ti spieghi che anche quando l’ho visto per la prima volta non ho previsto come sarebbero andate le cose fra noi due? Lui è stata una delle poche sorprese della mia vita, la più grande forse. Lui è riuscito a non farsi vedere da me, a farmi sentire una persona normale che può essere fottuta in qualsiasi momento, e non un fenomeno da baraccone che prevede le cose che accadranno...>>

A quel punto vedo solo la mano di Lars che si avvicina al mio viso con la coda dell’occhio e poi sento la forza dell’impatto. Uno degli schiaffi più forti che abbia mai ricevuto. Perché Lars è così, piccolo e apparentemente indifeso, ma in realtà è una forza della natura, forte e con le mani pesanti, quelle di un batterista.

<< Ahia! E questo perché?! >>
<< SMETTINA! HAI CAPITO?! Smettila di non apprezzarti, smettila di continuare a dire che sei solo "un fenomeno da baraccone. Quando capirai che sei speciale?! James, io ti adoro e non voglio che tu pensi questo di te stesso, vorrei che ti vedessi come ti vedo io>>

Rimango a bocca aperta, non mi aspettavo questa reazione da parte di Lars e non sapevo nemmeno che lui avesse tutta questa adorazione nei miei confronti, molte volte si comporta come se io non gli piacessi più di tanto, ma dopo tutto è questo il carattere di Lars, scorbutico, sgarbato ma amorevole e io lo adoro, così l’unica cosa che riesco a fare è attirarlo verso di me e abbracciarlo forte, per me lui è come un fratello più piccolo che in molti comportamenti somiglia a mia sorella, così lo vedo come una persona da proteggere, molte volte mi scaglio anche contro Cliff quando lui lo tratta male senza motivo.

<< Lars, io ti adoro! >>

Gli sussurrasi nell’orecchio, facendolo ridere. Poi lui tirò un sospiro di stanchezza o di rassegnazione.

<< Quello lì non sa che si perde >>

Poi mi guarda negli occhi e mi sorride. Ne frattempo Cliff ha finito con il cliente, che alla fine ha acquistato un paio di bacchette nuove. Dopo torniamo alla sofferenza di prima, senza nulla da fare. Quel giorno riceviamo diverse telefonate di seguito ma, quando alziamo la cornetta e pronunciamo il nome del negozio, nessuno risponde, facendo seguire un lungo silenzio per poi riattaccare. La cosa mi inquieta, per quanto ne sappiamo potrebbe anche essere un fantasma o qualcos’altro, so solo che la faccenda mi puzza e mi incuriosisce allo stesso tempo. Oltre a ricevere le telefonate, oggi per noi è il giorno di paga, dove ci viene dato lo stipendio di tre mesi in contanti, e il giorno di paga è sempre una buona cosa. Tornato a casa, quella sera aggiungo i soldi della paga ricevuta quel giorno a quelle precedenti, poi conto tutti i soldi e noto che  ce l’ho fatta! Ho raggiunto una buona somma di risparmi, necessaria per comprare la chitarra dei miei sogni, i soldi avanzano pure e questo mi riempie il cuore di gioia, è da tanto che non sento quest’euforia dentro, mi sento soddisfatto di me stesso, del mio lavoro, della mia determinazione, mi sento soddisfatto del modo in cui ho risparmiato e del modo in cui, tutto sommato, sgobbando e guadagnandomi le cose, sia riuscito a realizzare molto di quello che volevo. Non avrò avuto Kirk, ma ho realizzato il sogno di andare via da Los Angeles e dal dolore che mi perseguitava, sono riuscito a prendere una bella casa insieme ai ragazzi, i miei migliori amici, ho un lavoro che amo, nel quale mi sento a mio agio e che so fare bene, nonostante non abbia finito gli studi, e adesso avrò la mia amata chitarra, il mio secondo sogno più grande in assoluto. Ho preso una decisione, avrei comprato la chitarra al negozio di Los Angeles, voglio che i soldi vadano al mio vecchio datore di lavoro che ha fatto tanto per noi, e anche per me, perché quel negozio ha significato molto nella mia vita. Magari da adesso le cose inizieranno a girare per il verso giusto.


E per la seria Capitoli-Corti-e-Inutili, eccovi il dodicesimoooooo!! Tenete duro ragazzi siamo agli sgoccioli, quindi, anche se non sembra, LA FINE E' VICINA!
Trattenete il respiro fino al prossimo capitolo!!

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Capitolo 13
*** Old memories, new happiness ***


Old Memories, New Happiness

Oggi prendo il treno per Los Angeles, vado a comprare la mia chitarra! Ho chiesto ai ragazzi di rimanere a casa, voglio fare questo viaggio da solo, voglio che tutto questo mi ricordi della mia vecchia vita, voglio ritrovarmi nella città delle mie disgrazie, guardarla negli occhi e dirle che ho superato tutto, che sono pronto a tornare senza aver paura di svoltare l’angolo e trovare il vecchio dolore, anzi, voglio rivedere la mia vecchia scuola e ricordare tutto quello che è successo li dentro, voglio andare al negozio, sentire l’odore degli strumenti, del legno nuovo appena spacchettato, voglio riconoscere le parti del negozio, ricordare le cose accadute durante le ore di lavoro e notare eventuali cambiamenti, voglio abbracciare forte il mio vecchio datore di lavoro, voglio cacciar via i rimpianti che mi hanno attanagliato sul treno la sera della partenza. Mi sento quasi elettrizzato all’idea di tornare in quella città, non so come mai. Spero solo di non incontrare mio fratello. Sono partito alle cinque e mezza, in modo da arrivare entro le cinque del pomeriggio. Proprio a causa dell’orario della partenza non posso fare a meno di addormentarmi profondamente, la notte prima non ho chiuso occhio per l’eccitazione che mi ha dato il pensiero dal viaggio.
Tutto ad un tratto mi sento toccare la spalla, apro gli occhi, vedo un viso familiare e...no, non può essere! Eccola lì, più bella che mai, proprio come l’ho lasciata, ecco Lisa. Mi strofino gli occhi, ma quando li riapro lei è ancora lì, a sorridermi amorevolmente come faceva sempre. Non riesco a parlare, emetto solo qualche verso balbettato e sento le lacrime bruciare, prendo il suo viso fra le mani e le bacio le guance, la fronte, il naso, poi mi alzo e la abbraccio con forza, piangendo sulla sua spalla. Lei ricambia l’abbraccio, mi accarezza i capelli e mi bacia sulla guancia, poi mi sussurra all’orecchi.

<< Sei diventato grande e bello, fratellone! >>

Torno a guardarla in viso, ha la pelle più bianca, gli occhi azzurri proprio come li ricordavo e i capelli biondi raccolti in due treccine lunghe.

<< E’ un sogno? >>
<< Si tesoro, ma io ti sto davvero parlando. Tu puoi vedermi solo nei sogni, ma è come se io e te stessimo parlando nella realtà. >>
<< Non sai quanto mi manchi! >>
<< Anche tu tesoro, ma io sono sempre con te, ricordalo. >>
<< Sai della mamma? >>
<< Si, è con me adesso, le manchi e si sente in colpa >>
<< E per cosa? >>
<< Per non averti detto nulla della sua malattia >>
<< Io non ce l’ho con lei. Mi manca e senza di lei mi sento perso. John non ha fatto un gran lavoro con me, ho fatto tutto da solo >>
<< E hai fatto tanto, bravo! Siamo fiere di te, tesoro! Vedrai che da ora in poi tutto andrà benissimo James! >>
<< Come lo sai? >>

Lei mi sorride e non risponde, ha il tempo solo di sussurrare un ultimo “ti voglio bene”, poi si dissolve nel nulla. Io mi sveglio di soprassalto, con il viso bagnato dalle lacrime. Dopo essermi ripreso un po’, guardo fuori dal finestrino e vedo che siamo già qui, a Los Angeles. Poco dopo il treno si ferma ed io scendo. Ripenso alle parole di Lisa e mi sento come rassicurato, adesso che lei mi ha parlato, mi sento come se nulla possa andare storto. Prendo un taxi, mi faccio portare fino al mio vecchio quartiere e mi faccio lasciare proprio davanti alla scuola. Rimango per qualche tempo a guardarla, è esattamente come l’avevo lasciata, almeno da fuori, poi passeggio, mi fermo a prendere un caffè al bar, il tutto con la massima tranquillità, non sento più nessun dolore. Dopo vado dritto al negozio ed una volta che mi trovo lì davanti , faccio un bel respiro e spingo lentamente le porta di vetro, che fa tintinnare i soliti campanellini. Mi guardo intorno e nemmeno qui è cambiato qualcosa, l’odore e la disposizione della merce è esattamente la stessa. Con somma felicità al bancone trovo il mio vecchio datore di lavoro che, non appena mi vede, mi viene incontro e mi abbraccia forte, io quasi mi commuovo.

<< James! Ragazzo mio! Come stai, eh? >>
<< Tutto bene signor Myers, tutto bene! >>
<< Qual buon vento ti porta qui? >>
<< Beh, è arrivato il momento che aspettavo >>
<< E quale sarebbe? >>
<< Compro una chitarra nuova e mi sono sempre ripromesso che l’avrei comprata proprio in questo negozio, così eccomi qui! >>

Al signor Myers luccicano gli occhi dalla commozione, è invecchiato, ha i capelli brizzolati, la pelle scura, un paio di baffoni bianchi e due occhi scurissimi e acquosi molto espressivi.

<< Scegli quella che vuoi, ragazzo mio, prenditi tutto il tempo necessario! >>
<< La ringrazio >>
 << Questa sarà sempre casa tua, non dimenticarlo >>

Gli sorrido e mi dirigo verso l’angolo delle chitarre, le guardo e non esito nemmeno per un attimo nella mia scelta, prendo una Flying V bianca su cui ho messo gli occhi molto tempo fa. Faccio tutto da solo dal momento che so esattamente dove mettere le mani. Prendo la chitarra, entro nello stanzino lì vicino dove teniamo le scatole, ne prendo una insieme ad una fodera protettiva, la metto prima dentro la fodera e poi dentro lo scatolo, che fisso con del nastro da pacchi, il più resistente che abbiamo. Poi la prendo sottobraccio e mi dirigo alla sezione dischi, che non mi stancherò mai di visitare, li guardo ad uno ad uno e poi, già che ci sono, decido di prendere anche un pacchetto di corde. Quando mi giro verso lo scaffale sento un colpo al cuore. Proprio davanti allo scaffale delle corde ci sta un ragazzo.
Ha una lunga chioma di ricci castani, naso dritto e regolare, occhi leggermente a mandorla di cui il colore mi sfugge, ma di cui percepisco un’intensità che fino ad ora ho percepito solo una volta, belle labbra scure e carnose, incarnato scuro...poi, al posto di fermarmi al viso, come  faccio sempre, porto il mio sguardo un po’ più giù, così da notare due gambe perfette, per non parlare del sedere. Rieccolo , riecco il mio Kirk, proprio dove l’ho visto per la prima volta, nella stessa posizione, con lo stesso sguardo di indecisione in viso. Lascio la chitarra appoggiata al pavimento e mi avvicino lentamente a lui, che sta li a braccia incrociate, come se fosse scocciato dalla sua indecisione. Quando sono abbastanza vicino lo abbraccio da dietro e gli sussurro all’orecchio “ti consiglio queste”, prendendo le stesse corde dell’ultima volta. Lui si gira di scatto e, non appena m vede tira fori un gran sorriso mentre mi getta le braccia al collo. Anch’io lo abbraccio, fregandomene di tutto quello che è successo fra di noi, non sono più arrabbiato, non voglio morire, non lo odio. Io lo amo e non posso fare diversamente. Mi guarda negli occhi ed inizia a piangere commosso, io lo sollevo da terra e lo bacio, molto più intensamente della prima volta, molto più dolcemente, in modo più serio e meno lussurioso, anche lui mi bacia in modo più serio, questa volta rimaniamo a baciarci per un tempo interminabile, poi ci separiamo solamente perché abbiamo molto da dirci.

<< Amore! >>

Lui mi dice con energia, io continuo a piangere di felicità, non riesco a dire nulla, ma lui mi capisce e non ho bisogno di parlare. Ci sediamo sul pavimento e lui mi racconta.

<< Mi sono odiato per tutto questi anni per quello che ti ho fatto, mi dispiace James. A quel tempo stavo con un ragazzo, non ho avuto la forza di dirtelo nel poco tempo che abbiamo trascorso insieme, pensavo che avresti sofferto ed io non ce la facevo ancora a lasciarlo. Io mi sono innamorato di te, ma non sono riuscito a capirlo subito. La mattina dopo mi sono sentito soffocato dai sensi di colpa, sia verso di te, sia verso il mio ragazzo, così ho pensato che andare via era l’unico modo, magari non ti avrei spezzato il cuore, ma quella stessa mattina mi sono reso conto di aver sbagliato con te. Dopo aver passato tre giorni nel dubbio, ho lasciato lui, perché mi mancavi tu, così sono andato al negozio, ma mi hanno detto che eri partito, eri andato via. >>
Fa una breve pausa per riprendersi un po’.

<< Da quel momento ho provato a cercarti, ma niente, non sono riuscito a trovarti e i miei sensi di colpa, la mia tristezza e la malinconia peggioravano sempre di più. Pensavo a te tutti giorni, a cosa stessi facendo, a come dovessi odiarmi per quello che avevo fatto perché, se per primo mi odiavo io, non volevo immaginare come dovessi sentirti tu, cosa provassi nei miei confronti. Perdonami, ti prego! >>

Scoppia in un pianto inconsolabile, trema e singhiozza come un disperato, io mi avvicino a lui e lo abbraccio, lo bacio e gli dico che va tutto bene, che l’ho perdonato e che lo amo ancora.

<< Anch’io ti amo, James! >>

Questa volta è lui a baciarmi. Dopo che Kirk si è liberato, raccontandomi cosa lo avesse spinto a comportarsi i quel modo, ci raccontiamo a vicenda di come ce la siamo cavata negli ultimi anni fra un bacio e l’altro. Il mio racconto finisce proprio ad oggi, che sono qui per acquistare la chitarra.

<< Kirk, vieni con me >>
<< Cosa? >>
<< Vieni con me a San Francisco >>

Gli si illuminano gli occhi, mi sorride e mi abbraccia.

<< Ma...sei scuro? >>
<< Si, ti prego. Non voglio più perderti. >>

Lui ridacchia imbarazzato e poi annuisce energicamente e con un sorriso stampato sulle labbra.

<< Si, verrò con te! >>

Lo bacio passionalmente e quando ci separiamo, porto la chitarra e le corde al bancone e, finalmente, rendo ufficialmente mia quella tanto attesa chitarra. Saluto calorosamente il signor Myers e gli prometto che tornerò a trovarlo al più presto. Poi io e Kirk ci dirigiamo a casa sua, una volta entrati ci sentiamo più liberi di esprimerci il nostro amore. Iniziamo a pomiciare sul divano, poi iniziamo ad infilarci reciprocamente le mani sotto ai vestiti, pian piano ce li sfiliamo a vicenda ed iniziamo a fare l’amore, più dolcemente dell’ultima volta, in modo più sereno e meno precipitoso. Quando sto vicino a Kirk io mi sento completo, come se tutto il mio dolore non fosse mai esistito. Dopo aver finito Kirk prepara la valigia ma decidiamo che la notte la passeremo lì, perché quello stesso giorno sono anche intenzionato a rivedere la mia vecchia casa, dove abitavo con i miei. Kirk dice che vuole accompagnarmi ed io acconsento con gioia. Ci incamminiamo, mi sento strano all’idea di rivedere quella casa dove ho trascorso una parte della mia vita, ricordo alla perfezione le pareti verdi della casa a due piani, non grandissima, ma perfetta per una famiglia composta da quattro persone, più John, che veniva da noi solo ogni tanto. Ricordo i mobili semplici e piccoli, lo scaffale con tutte le foto di famiglia, che in seguito, io e mio fratello abbiamo fatto sparire.
Cinque minuti dopo siamo arrivati, ed io sono qui, faccia a faccia con il mio passato. La casa dalla facciata bianca, un po’ ingiallita mi fissa e ad un tratto mi passa davanti tutta la mia vita. Il giorno della nascita di mia sorella, le litigate di mamma e papà, Lisa malata che riceve con gioia Cliff, mezzo innamorato di lei, il giorno della sua morte, il giorno in cui papà se n’è andato sbattendo la porta e non facendosi rivedere mai più, il girono in cui mamma è svenuta e, dopo qualche ora, è morta, ed in fine, il giorno in cui sono sgattaiolato via nella notte, senza salutare John che mi ha reso la vita impossibile.

<< Tutto bene? >>
<< Si Kirk, tutto bene >>

Cammino in direzione della porta d’ingesso, vedo le finestre spaccate e il lerciume che si è accumulato sul portico, salgo le piccole scale di legno che mi separano dalla porta socchiusa, poi la spingo senza pensarci due volte e mi trovo davanti alla desolazione. La casa è stata abbandonata, sono rimaste solo le bottiglie vuote appartenute a mio fratello, guardandomi intorno noto che su un muro è apparsa una scritta rossa fatta con una bomboletta ma è in un’altra lingua e non riesco a capirla. Prendo un bel respiro e salgo le scale. Al piano di sopra la prima stanza che decido di aprire è quella di mia madre, vedo il materasso dall’aspetto umido e ingiallito per terra, al lato destro del letto, anche questa finestra rotta, l’armadio è a pezzi. Poi ecco il momento più difficile, la mia stanza. Apro la porta più lentamente rispetto alle altre, come se avessi paura di trovare qualcuno dentro. Quando la porta è del tutto aperta, entro dentro con indecisione, poi vedo che il mio letto non ha più il materasso, all’armadio è caduta un’anta, i cassetti del contro mobile sono aperti e mezzi rotti, con della sporcizia dentro. L’unica cosa intatta della casa è il letto di mia sorella, proprio come l’ho lasciato io, rifatto, con le coperte ancora bianche e il cuscino messo a posto, come se in tutti questi anni fosse stato avvolto da un incantesimo. Kirk mi abbraccia e io gli do un leggero bacio sulle labbra. Riscendiamo al piano di sotto, adesso ho un’ultima cosa da fare. Apro la cassapanca che sta in soggiorno, cerco un po’ al suo interno ed estraggo una scatola, la apro e sono contento di vedere che le foto sono tutte lì, ancora incorniciate, così le ripongo esattamente dov’erano, sulla mensola che, fortunatamente sta ancora in piedi, so che nessuno le toccherà, me lo sento...e i miei presentimento sono sempre giusti. Guardo Kirk e gli faccio segno di andare, la mia visita qui e finita. Quando esco dalla casa mi sento rinato, adesso so di aver dimenticato tutto, di essermi lasciato tutto alle spalle, ma senza aver dimenticato.
Quella notte dormo serenamente accanto a Kirk e quando l’indomani mi sveglio, vedo che durante la notte ha poggiato la testa sul mio petto e il braccio sul mio addome. Lo sveglio alle quattro e gli dico che dobbiamo andare. Un’ora dopo ci ritroviamo sul treno, felici di come siano andate le cose. Per la seconda volta nella vita non so come andranno le cose, non so come la prenderanno i ragazzi vedendo Kirk, non so se io e lui riusciremo finalmente a stare insieme senza nessuno che ci ostacoli, so solamente che da oggi in poi, l’ombra di tristezza che mi ha seguito per ventitre anni, è sparita.
 


Bene! Ecco finalmente per voi un capitolo come si deve!!
Devo dire che mi sento emozionata, perché questo è il penultimo capitolo e sarà strano finire questa storia (Che sembrava non foler finire mai) e che quasi certamente è la più complessa, almeno a livello di trama, che abbia stcritto fino ad ora.
Detto ciò spero che il capitolo vi sia piaciuto!!
Come sempre perdonatemi per eventuali errori o imperfezioni nel testo provocate dal sito, se dovesse mancare quelche battuta, vi invito a riaprire ancora la storia a distanza di dieci minuti. In caso le condizioni del capitolo non fossero cambiate, non sono riuscita a modificare il capitolo.

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Capitolo 14
*** This story is over ***


This Story Is Over

Visto che questa è la fine, non so perché, preferisco mettere la mia piccola nota all'inizio! Bene gente, mi scuso per il ritardo con cui  arrivato questo capitolo finale, kma la vostra attesa è finita! Non è molto lungo e vi dico già da ora di non aspettarvi granché, è solo una breve ma incisiva conclusione di questo racconto che, a quanto pare, è stato apprezzato da molti. Sono contenta che vi sia piaciuto, vorrei fare un ringraziamento speciale a Titania, Metalhead, linea_carmensita94 e ThankYouIdiot che hanno recensito alcuni capitoli e, ovviamente, grazie a tutti i miei lettori silenziosi. Mi sento emozionata per la fine di questa storia, che mi ha coinvolto particolarmente, mille altre volte grazie a chi ha vissuto quest'esperienza con me.
BornOfVengeance
P.s. Spero che il sito faccia il bravo almeno con questo capitolo!



Bene, alla fine di questo racconto, a distanza di otto anni dal viaggio a Los Angeles, dall’aver rincontrato Kirk e dall’ultima visita che ho fatto alla mia vecchia casa, posso dirvi che tutto è andato per il meglio. Io e Kirk stiamo ancora insieme e anche Cliff E Lars. Loro l’hanno presa bene nel rivedermi con Kirk, al contrario di come pensavo io, abitiamo ancora tutti insieme e il rapporto fra Kirk e i ragazzi è ottimo, tutti lavoriamo e ci sentiamo finalmente al nostro posto. Due anni dopo essermi rimesso con Kirk ho ricevuto una telefonata inaspettata, era mio padre che mi chiedeva di incontrarlo e, con un po’ di scetticismo, ho accettato. Da quel momento siamo tornati a vederci regolarmente e il nostro rapporto è ottimo. Lui è cambiato, non è più l’uomo borioso e polemico di un tempo, adesso è tranquillo e saggio, con un’ombra triste che a volte gli si dipinge sul volto, non ha mai voluto raccontarmi quello che ha fatto durante gli anni in cui non ci siamo visti, ma so che quando sarà pronto, lo farà. Non si è più rifatto una famiglia dopo di noi e mi ha detto che per tutti questi anni si è sentito in colpa nei miei confronti, per avermi trattato ingiustamente durante la mia infanzia e la mia adolescenza e di essere sparito senza farsi sentire per molto tempo, quello che non sapeva è che io l’avevo silenziosamente perdonato da quando avevo diciotto anni, a questa notizia gli occhi gli si sono inumiditi e, forse per la prima volta, mi ha abbracciato calorosamente, facendomi commuovere. A lui piace Kirk, dice che non avrei potuto fare una scelta migliore, quei due sono molto amici e si capiscono benissimo, di questo sono contento.
I genitori di Lars E Cliff non si sono mai più fatti sentire, ma entrambi ne sono sollevati, dicono che la loro comparsa li avrebbe rattristati e da questo ho capito che loro non hanno mai superato i loro shock, prima o poi lo faranno, ne sono sicuro. Continuo ad avere i miei presentimenti e continuo a vedere mia madre e mia sorella ogni tanto,  mi sorridono e mi dicono di essere fiere di me, da questo capisco che loro non mi hanno mai abbandonato. Invece non ho mai più causato un terremoto per rabbia, al massimo faccio tremare i quadri, ma non ho mai più sentito dentro una rabbia tale da causare un terremoto come quello delle mattina del 1981. Adesso siamo felici e più niente può portarci via il sorriso.
Scrivere tutto questo mi ha aiutato come pensavo, l’ho fatto leggere a Cliff e lui dice che è perfetto, ho raccontato le cose così come sono accadute anni fa e non ho romanzato gli avvenimenti, come invece pensavo. Scrivendo questa storia ho anche raggiunto il mio scopo di scrivere finalmente qualcosa di concreto nella vita, Kirk mi ha consigliato di farlo pubblicare e forse lo farò, dopo tutto, c’è sempre una prima volta per qualcosa.

Ringrazio tutti coloro che sono arrivati al termine di questo racconto, spero che lo abbiate vissuto come ho fatto io.
Grazie, il vostro James.

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