Linee sottili.

di Ornyl
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** - ***
Capitolo 2: *** - ***
Capitolo 3: *** - ***
Capitolo 4: *** - ***
Capitolo 5: *** - ***
Capitolo 6: *** - ***
Capitolo 7: *** - ***
Capitolo 8: *** - ***
Capitolo 9: *** - ***
Capitolo 10: *** - ***
Capitolo 11: *** - ***
Capitolo 12: *** - ***
Capitolo 13: *** - ***
Capitolo 14: *** - ***
Capitolo 15: *** - ***
Capitolo 16: *** - ***
Capitolo 17: *** - ***



Capitolo 1
*** - ***


Mi schiarii la voce,mi aggiustai il colletto e bussai due volte alla porta della camera da letto di casa Prynne. Una luce biancastra e cupamente densa come il fumo che da lontano vedevo dalla finestra illuminava debolmente il corridoio filtrando dalle tende,mentre le piccole domestiche bianche  e nere come gazze facevano avanti e indietro,chi spazzando a terra,chi portando una cesta di panni sporchi,chi lucidando le vecchie armature degli antenati.
Sentii improvvisamente la porta cigolare:mi apriva  una domestica secca e bassa,giovane ma dall'espressione stanca che la invecchiava.
-Buongiorno,siete mr Stevens? Avete un appuntamento con il signor padrone,non è così?-
-Sì,mi hanno detto di cercarlo nelle sue stanze-
-E' arrivato?-una voce rauca e profonda fece voltare la piccola donna.
-Sì,signore. Mr Stevens è arrivato-
-Avanti,fatelo entrare e poi lasciateci.-
La domestica aprì la porta e salutandomi con un cenno del capo mi fece entrare,poi uscì e mi lasciò davanti l'uscio. La stanza da letto di Prynne brillava di bianco e di rosso,rischiarata da un sole tiepido e luminoso che entrava dalla grande finestra,la cui cornice luccicava d'oro. A brillare era anche il velluto rosso delle coperte e delle tende,i colori vermigli e sanguigni dei ritratti appesi alle pareti,i tessuti damascati delle poltrone e il legno profumato della scrivania e dell'armadio. In mezzo a tutto quel lusso Prynne sedeva sul letto ancora in vestaglia,sorridendo affabilmente e fumando una grossa pipa a forma di sirena.
-Oh,scusatemi ..-mugolai nel vederlo in quel modo-Se vi viene più comodo,tornerò fra qualche minuto..-
-Ah no,figuratevi ..-disse alzandosi,facendo un tiro e buttando fuori il fumo-Da un anno a questa parte ricevo quasi sempre così..-Poi indicò un divano poco distante,dietro un paravento con disegni orientali-Accomodiamoci lì,amico mio-
Lo seguii e mi tappai il naso al forte odore della pipa,poi mi sedetti accanto a lui quando arrivammo in quel piccolo angolo.
-Mia moglie,mia figlia e mio genero a messa ..Ed io da bravo miscredente a bofonchiare tra mille e più scartoffie. Siete venuto per la casa,vero?-
-Sì-
Prynne aspirò nuovamente,assumendo un'espressione amara che mi fece sbiancare.
-Avete l'avviso?-
Mi fece ricordare che lo stringevo tra le mani.
-Sì,signore. C'è scritto centomila sterline,è un prezzo .. Basso,signore. E' così?-
Sbuffò e il fumo coprì la sua espressione.
-Ebbene-la sua voce rauca,bassa e amara filtrò attraverso il fumo-Anzi,troppo alto. Non ne posso più di quella casa,prendetevela,se potessi ve la regalerei buon Dio! Solo che servono soldi per il nipote in arrivo e i centomila non sono affatto trattabili-
Annuii e finalmente ne vidi il volto,ruggente e fiero come lo avevo trovato minuti prima ma dagli occhi tristi e spenti. Il buio dei suoi vecchi occhi mi fece tremare.
-Dunque?-mi incalzò.
-Dunque va bene,signore. Presto vi farò portare un acconto,accetto!-
Si alzò ridacchiando e lasciando la pipa ancora fumante sul tavolino da caffè. Io lo imitai e lo seguii fino al letto,sul quale si sedette. Sorrideva beato,ma la strana tristezza dei suoi occhi tradiva il viso ovale,serafico e saggio di quel ricco baffone.
-Mi piacete,ragazzo. Avete una bella espressione intelligente .. Già,intelligenti. Quelli come voi sono meravigliosamente tremendi,buon Dio,la gente dovrebbe temere voi e non gli sbruffoni,sì proprio voi ..!-
Quella riflessione mi fece ridacchiare,ma Prynne ricambiò la mia risata con un sorriso spento che mi fece cambiare espressione. Proseguii.
-Signore,avrei un'altra domanda-
-Ditemi pure-
-E' possibile vedere la casa? All'interno,intendo-
Prynne si rabbuiò,si alzò e si diresse verso la scrivania. Lo guardai aprire lentamente il cassetto,frugare nervosamente e poi fermarsi. Allungò l'altra mano dentro e uscì fuori un grosso mazzo di chiavi nere,cinque in tutto,unite da un anello dorato. Si voltò verso di me e me le porse.
-Sono le chiavi della casa. Prendetevele,da oggi son vostre. Tutta quella casa è vostra-
Allungai lentamente la mano,senza alcuna sicurezza.
-Non guardatemi come un allocco-alzò la voce e ciò mi fece tremare-Per favore,prendetevele. La casa è vostra,l'avete acquistata-
-S-Signore .. Ancora non vi ho nemmeno dato l'accon..-
-Mr Stevens,buon Dio,prendete queste maledette chiavi e andate a vedere quella maledetta casa! La volete vedere o no?!-
Annuii lentamente e afferrai le chiavi.
 

 
 

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Capitolo 2
*** - ***


Sul calesse la campagna mi scorreva intorno,verde e placida e assonnata di brina,coperta da una lieve nebbia grigia. La mia vettura procedeva a trotti incalzanti,quasi musicali,che si univano al cinguettare dei passeri e all'allegro fischiare del mio cocchiere. Procedevamo su una strada larga e polverosa,circondata da pioppi e da prati di erba fitta ed alta.
-Signore!-
Feci un cenno al cocchiere.
-Cosa c'è?-
-Signore,stiamo entrando nella tenuta dei Prynne! Ci manca poco ormai,c'è solo questo sentiero e saremo arrivati alla casa!-
Annuii sorridendogli e mi misi comodo,continuando a godermi il paesaggio,finchè ben presto i pioppi sparirono e i prati intorno cominciarono a farsi più curati,decorati da alcune aiuole e statue di marmo annerite e raffiguranti angeli e piccoli fauni. Da lontano intravidi un cancello di metallo,circondato da un muro di mattoni biancastri,e poco più lontano ancora altro verde e poi la pallida facciata di una villa di campagna dal tetto grigio. La casa,a due piani decorati da grandi finestre di vetro,era circondata da qualche pioppo poco più rado e da aiuole tonde e ben curate,con le foglie color smeraldo e i fiori bianchissimi e brillanti;man mano che ci avvicinavamo,imboccavamo il vialetto di ingresso e attraversavamo il cancello riuscii ad intravedere anche una piccola fontana davanti alla scalinata d'ingresso,sulla quale stavano ritte due figure vestite di colori cupi e smorti.
Il mio calesse si fermò. Il cocchiere scese e poi aiutò me,mentre una delle due figure-una donna ben panciuta e poco più bassa di me,con una scombinata crocchia di capelli grigiastri,forse un tempo rossi,vestita con uno sciatto abito marrone chiaro-mi venne incontro. Ella si fermò davanti a me,fece un profondo inchino e il suo viso arrossato incontrò il mio,i suoi occhi grigiastri e mezzi spenti incontrarono i miei.
-Benvenuti alla dimora campestre dei Prynne,mr Stevens. Sono Farrah e oggi vi farò da guida,aiutandovi a visitare questa casa. Non rimaniamo che noi dentro queste stanze,e saremo onorati di certo di diventare presto i suoi domestici,sebbene i Prynne non ci abbiano mai fatto mancar nulla. Seguitemi,vi prego-
L'eleganza con cui pronunciò quelle parole mi fece sorridere. Il vecchio Prynne mi stava praticamente regalando quella dimora bucolicamente raffinata con un personale eccellente,da quanto ebbe modo di dimostrare la panciuta domestica.
-La ringrazio,amica mia. Prynne ha di certo un personale eccellente in questo piccolo gioiello campestre-
La donna accennò ad un sorriso rugoso e mi fece cenno di seguirla. Salimmo la scalinata d'ingresso piano,mentre osservavo gradino dopo gradino il piccolo giardino che avevo appena oltrepassato,verdeggiante sotto un cielo grigio e biancastro.
-Questo posto è incantevole,Farrah. Già questo piccolo giardino mi ha fatto un'ottima impressione-
Farrah forse non mi ascoltò mentre ci inoltravamo in un atrio piccolo e rettangolare,con uno specchio dalla cornice dorata alle pareti e due poltrone di velluto rosso.
-Questo è un piccolo stanzino d'ingresso,nulla di che. Il salone è certamente migliore,seguitemi ancora ..-
Il salone in cui arrivammo era ampio e deliziosamente illuminato,risplendente di colori regali senza essere eccessivamente pacchiani:i colori dominanti erano bianco alle pareti,rosso ai drappeggi delle tende,delle stoffe delle poltrone e del tappeto persiano,e oro alle cornici dei ritratti,ai monili sparsi per la stanza e al lampadario di cristallo che brillava al sole sopra le nostre teste.  Alla nostra destra e alla nostra sinistra vi erano due grandi porte di legno,robuste,con pesanti cardini e maniglie dorate,ognuna che dava su un'altra stanza,mentre al centro della stanza uno scalone di noce,anch'esso luminosissimo,saliva verso i piani superiori.
Davanti a quel lusso moderato,brillante di raffinatezza cittadina immersa nel verde della campagna locale,non riuscii a trattenere un'espressione di stupore e meraviglia.
-Eccellente,è .. perfetto. E il signor padrone la sta vendendo a così poco,santo cielo!-
Farrah mi rivolse un sorriso amaro che non riuscii a decifrare,finchè un oggetto in cima alla scalinata colpì la mia attenzione. Farrah se ne accorse e un'espressione preoccupata sostituì il suo strano sorriso.
-Signore,la casa è grande! Fatemi la cortesia di seguirmi,per favore .. Qui vi sono altre stanze!-
Pian piano iniziai a salire i gradini,preoccupato ad ogni scricchiolio quasi avessi paura che il legno profumato di quello scalone cascasse sotto di me,mentre una Farrah improvvisamente affaticata mi seguiva. Arrivato al pianerottolo mi fermai davanti a ciò che aveva attirato la mia attenzione.
-Buon Dio .. -sussurrò alle mie spalle la donna proprio in cui mi fermai.
L'oggetto in questione era un quadro posizionato al centro della parete,quasi fosse un'immagine sacra,sopra un tavolino con un grosso vaso cinese colmo di rose rosse e fresche. Il quadro aveva una cornice rettangolare d'oro,ben proporzionata e quasi annerita. Raffigurava una giovane donna,forse mia coetanea,che poggiava su uno sfondo scuro e indefinito,surreale,a metà tra il blu cupo e il nero. Ella indossava un abito bianco che risaltava sullo sfondo funereo,un abito elegante e lucido,forse di seta,con pompose maniche a sbuffo,moderatamente sfarzoso,che l'avvolgeva in una nuvola di leggero lusso. Pallida come l'abito era anche lei stessa,le cui mani magre e poggiate sul ventre erano illuminate da un grosso anello con una pietra rossa,così come i polsi,cerchiati da sottili fili d'oro. Una complicata acconciatura di boccoli color cioccolato circondava un ovale esangue che veniva dopo un collo ben tornito e delicato,arrossato leggermente sulle guance. Il pallore era tuttavia interrotto anche da un paio di labbra rossastre e corrucciate che le facevano assumere un'espressione infantilmente imbronciata,mentre il naso,elegante e sbarazzino,separava due occhi enormi e neri come pozzi,circondati da ciglia scure e da folte,cupe,ben delineate sopracciglia. Benchè avesse tratti fini,non riuscivo a trovarla bella come una donna quanto bella come una bambina,ma quei pozzi neri risaltavano sulla tela e sul suo pallore come se fossero vivi: quegli occhi,ebbene,parlavano o forse urlavano,tanta era la tristezza che emanavano. Se li avessi fissati avrebbero iniziato ad arrossarsi,o forse direttamente a piangere.
-Già,amica mia. Buon Dio-
Farrah mi strinse un braccio,quasi volesse portarmi via.
-Chi è costei?-
La sua espressione si fece nervosamente triste.
-La mia signora,mr Stevens-
Quegli occhi erano molto simili a quelli di Prynne e anche della moglie,una donna rosea e grassoccia che avevo spesso visto le prime volte,intenta a ricamare e a cinguettare insieme ad alcune amiche pur senza abbassarsi alla loro eccessiva frivolezza.
-Intende Lady Prynne da giovane?-
Scosse amaramente la testa,sospirando.
-No,lady Prynne la primogenita-
Mi stupii. Prynne non mi aveva mai detto di avere avuto un'altra figlia,e temetti che quel riccastro volesse farmi qualche truffa. Magari la casa non era nemmeno libera,o forse voleva buttare fuori la poveretta per un motivo sconosciuto mettendo in vendita la dimora!
-La primogenita? Farrah,il padrone non mi ha detto nulla al riguardo. La signora sa che il padre ha intenzione di vendere questa casa?-
Sul volto della donna tornò il sorriso triste.
-I morti sanno tutto,signore-
Rimasi di sasso. Con un gesto rapido volsi uno sguardo dispiaciuto alla triste fanciulla sulla tela.
-Mio Dio. Mi .. Dispiace. Il signor padrone non mi ha mai parlato della sua famiglia .. Solo dell'altra figlia,sì,quella vicina al parto ..-
Ci dirigevamo verso la scalinata dopo aver voltato le spalle alla tela. Un soffio gelido sul collo mi fece tremare e la vecchia Farrah mi strinse il braccio.
-Il tempo passa,signore. Oh,state bene?-
La sua era un'espressione tranquillizzante e tranquilla in sè,quasi sapesse cosa mi fosse accaduto in quel breve istante.
-Bene,Farrah,bene. Procediamo col nostro giro?-
-Sempre se il signore vorrà-
 

 
 

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Capitolo 3
*** - ***


Dopo la visita alle stanze signorili del piano di sopra,quali la sala di musica,la piccola biblioteca,le varie camere da letto e ciò che dovette esser stata la stanza dei giochi delle sorelle Prynne,Farrah ordinò che si servisse il pranzo.
 Erano circa le due e mezza del pomeriggio quando ci accomodammo nella sala da pranzo della casa,grande e risplendente di bianco e mogano,confinante con il salone di ingresso sulla parte sinistra della casa. La grande stanza rettangolare,illuminata da alte finestre dalla cornice di mogano che davano sul giardino,ospitava un lungo tavolo che avrebbe contenuto circa diciotto persone,due persone a capotavola e le altre dodici divise in due gruppi da sei sui lati lunghi,con le sedie dai cuscini di velluto rosso e blu. Al centro della tavola vi era un magnifico candelabro d'argento ed era stato apparecchiato per una persona a capotavola: si scelse una scodella di porcellana con bordi dorati e un sottopiatto dello stesso tipo,un bicchiere di cristallo molto simile ad una coppa e un portatovaglioli di mogano intarsiato.
-Accomodatevi,mr Stevens. A breve verrà servito il suo pranzo-
Il pranzo venne portato circa dieci minuti dopo: mi servirono una zuppa di verdure e del vino rosso.
-La zuppa è ottima,Farrah. Questa casa è decisamente un paradiso-
-Il vino è della cantina Prynne,signore-proseguì lei -I signori lo apprezzavano molto quando venivano a pranzo alla villa-
-Cantina?-alzai i miei occhi dal piatto-C'è una cantina?-
Annuì.-Vi si accede dal retro della casa,signore-
-Ottimo. Appena ho finito,vorrei vedere anche lì-
Finii di pranzare alle tre e mezza. Io mi spostai in salone e lasciai che Farrah e un'altra donnina sparecchiassero la tavola.
A quell'ora,forse per la giornata particolarmente nuvolosa,pareva fosse quasi il crepuscolo. La luce che mi aveva accompagnato durante il mio breve pranzo sembrava essersi dissolta,facendo sprofondare le stanze in una lugubre penombra invernale. Io mi trascinavo a piccoli passi in salone,ammirando con occhio più critico e attento ogni singolo ninnolo di quella stanza,soffermandomi su qualsiasi dettaglio che lo rendeva amabile alla mia persona e disprezzando quella strana oscurità che era calata sulla magnifica stanza,nella quale ogni singolo oggetto sembrava impoverito. Un solo oggetto,o meglio soggetto,risaltava in quell'atmosfera,posto sul suo altare personale: lady Prynne la dama bianca,ritta nella sua malinconia,i cui occhi sembravano ancor di più vivere in quel singolo istante.
Ebbi per l'ennesima volta la tentazione di avvicinarmi all'altare per ammirare quella madonnina terrena e  triste impressa sulla tela e iniziai a proseguire sulle scale,mentre l'oscurità calava ad ogni gradino che salivo. Mi fermai dunque davanti alla tela,sospirando,osservato dagli occhi vivi di quel quadro di donna defunta, quando ecco che sentii di nuovo il fiato gelido sul mio collo,lo stesso che sentii quando Farrah era accanto a me.
-E' necessario controllare gli spifferi,amica mia Farrah-sussurrai all'oscurità,quasi volessi richiamare la mia autorevole cicerone o tranquillizzarmi in mezzo a quell'atmosfera spettrale.
Ovviamente nessuno rispose e la mia voce rimbalzò sul pianerottolo.
così come le porte e i loro cardini e le loro serrature
Scossi la testa e scesi di corsa le scale. Le mie orecchie avevano sentito qualcosa sussurrare e le mie gambe avevano risposto conducendomi di nuovo alla scalinata.
-Siete salito di nuovo,signore-
Il mio urlo risuonò nuovamente,alta fino al lampadario tremante. Non m'ero accorto di Farrah,che mi sorprese a metà della scalinata. La sua espressione bonaria sembrava essere sparita e le rivolsi un'occhiata preoccupata,alla quale però lei rispose con un sorriso.
-V'attendevo,signore. Non dovevamo andare alla cantina? Vi ho cercato!-
-Già .. Già .. Farrah,sì,perdonatemi-
Sorrise amaramente e ciò mi fece tremare più di quel gelido soffio.
-Siete andato a vedere di nuovo Ophelia,non mi sorprende affatto. Ophelia era amabile già al primo sguardo-si voltò  verso il quadro e si fece il segno della croce-E l'artista che la dipinse in quel quadro ne colse appieno la natura,che Dio l'abbia il gloria,povera anima mia-
Mi feci totalmente guidare dai suoi piedi grassi,che mi condussero fuori dalla casa,e dalla sua voce rauca che parlava di mademoiselle Prynne.
-Io la crebbi.. Ancora pare ieri .. Povera figlia!-
Farrah mi conduceva dietro la casa,dopo un patio bianco con delle panche di marmo. Ci inoltravamo nel verde,accarezzati da una brezza violenta e profumata di terra bagnata.
Mi schiarii la voce e le diedi una pacca amichevole sulla spalla.
-Ve la sentite di dirmi che le accadde?-
Farrah non rispose e mi accorsi che ci avvicinavamo sempre di più ad una porticina di legno,accessibile grazie ad una piccola scala che scendeva sotto le fondamenta. Ci inoltrammo in quel piccolo nascondiglio,Farrah tirò fuori dalla tasca una chiave sottile e la infilò nella toppa,dunque la girò.
-Ecco la cantina,signore-
Si aprì una stanza buia,illuminata solo in lontananza da una finestrella rettangolare simile ad una feritoia. La mia compagna tirò fuori un acciarino e,quando vide brillare la fiammella,si avvicino ad un vecchio candelabro di metallo sulla parete e illuminò la stanza. Finalmente riuscii a vedere la cantina,una semplice stanza tutta in pietra con circa quattordici botti,divise in due gruppi da sette,e poco lontano un tino di legno e un piccolo lavabo.
-Che ve ne pare?-
Diedi un'occhiata veloce e annuii.
-Va bene,ottimo posto. Ordinato e pulito,davvero .. La vigna è possibile vederla?-
Farrah mi fece cenno di uscire,spense la candela e ci chiudemmo la porta alle spalle.
-La vigna è possibile vederla dalle camere da letto,ma ormai .. Beh,da quando i signori non si occupano più di questa casa anche la vigna è andata a farsi benedire ..-
La parola benedizione mi fece tornare in mente la domanda che le avevo posto qualche minuto prima.
-Farrah ..-
-Ditemi,signore-disse sorridendo mentre ritornavamo verso la casa.
-Non avete ancora risposto alla mia domanda..-
-Cioè?-
-Cosa accadde ad Ophelia Prynne?-
Non sapevo da quale curiosità fossi mosso,e soprattutto perchè chiedessi notizie e aneddoti su quella povera morta. Gli uomini molto spesso provano curiosità,alcuni sanno cosa sia,pochissimi sanno perchè nasca,ed io appartenevo soprattutto all'ultima categoria e mi interrogavo interrogando la mia compagna: forse era il cielo biancastro a ricordarmi l'abito,forse erano i nuvoloni all'orizzonte a ricordarmi lo sfondo spettrale sul quale era stata ritratta,forse era l'atmosfera di quella giornata che mi aveva richiamato alla mente il freddo alito che mi toccò mentre attendevo Farrah in salone ..
La vecchia si rabbuiò e si guardò intorno,finchè un tuono fece tremare il silenzio. Farrah mi prese per un polso con la sua stretta vigorosa e mi esortò a correre dentro.
-Venite,venite con me dentro!-
Corsi insieme a lei finchè non entrammo in casa e vedemmo abbattersi sulla casa una violenta e rumorosa pioggia. Appena dentro,tirò fuori di nuovo l'acciarino e accese le candele del salone.
-Farrah! Rispondetemi!-
Sbuffò e rimise in tasca l'accendino con foga. I suoi occhi piccoli e irati erano appena umidi.
-Cosa dovrei dirvi,insomma?! Ophelia è morta,morta e sepolta,il parto se l'è portata via! Certo che voi signoroni siete strani,buon Dio: perchè dovete insistere con domande scomode del genere? Nessun acquirente ha mai chiesto informazioni riguardo ai morti di una casa .. O perlomeno,sono radi!-
La sua voce tremava e una mano le coprì gli occhi.
-Nessuno ha mai chiesto di quella povera morta,se non la sua famiglia .. Se non il padre,e la madre e la sorellina ancora fanciulla all'epoca dell'accaduto ..E voi,sconosciuto,domandate di lei?-
Farrah fece cenno di allontanarsi sbuffando. Le rivolsi uno sguardo dispiaciuto che la fece ammorbidire.
L'orologio segnava le quattro e mezza e l'oscurità,in quella casa,s'era già fatta spettrale.
-Avete le chiavi delle stanze,signore? Il padrone ve ne ha già data una copia?-
-Sì,Farrah. Ho intenzione di pernottare qui stanotte
La vidi annuire lentamente,poi sospirare,poi allontanarsi sullo scalone.

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Capitolo 4
*** - ***


La stanza che scelsi per la notte era una delle stanze padronali,precisamente quella appartenuta ad Ophelia(così mi disse Farrah mostrandomela). La mia stanza,benchè fosse appartenuta ad una ragazza,rispettava quei canoni di lusso moderato che ricercavo in ogni circostanza: rispetto a quella appartenuta ai Prynne,troppo sfarzosa e a tratti quasi inquietanti con i suoi uccellacci imbalsamati al capezzale,la stanza di Ophelia aveva le pareti di un bianco immacolato e splendente,con le rifiniture in mogano,e sempre in mogano era il letto,l'armadio e il piccolo scrittoio. La tappezzeria delle poltrone era color crema,così come la spessa e morbida coperta sul grande letto della stanza,decorata alle pareti da uno specchio con la cornice dorata,da alcuni ritratti di bambini e da un piccolo e sottile crocifisso ligneo sul letto. Davanti al letto,poi,distante dal mobilio,vi era un piccolo caminetto impolverato.
Entrai nella mia camera dopo la cena,sempre accompagnato da Farrah,e le ordinai di accendere il caminetto.
-La nostra giornata si conclude qui-le dissi mentre cominciavo a sbottonarmi la giacca e la osservavo attizzare il fuoco-Siete stata preziosa,Farrah-
Si voltò verso di me sorridendo,col viso illuminato dalla tenue luce del fuocherello.
-E' stato un onore,signore. E lo sarà maggiormente quando diverrete signore di questa casa,benchè certamente non mi sia mai lamentata dei buoni Prynne ..-
La vidi alzarsi e continuare a parlare.
-Avete scelto questa stanza per la notte,come vi ho detto apparteneva ad Ophelia. Per favore,signore .. Cercate di mantenere l'ordine che avete trovato.. Per noi servi questa stanza è diventata un sacrario ..-
Le sorrisi e mi avvicinai per stringerle la mano. Ella mi guardò stranita.
-Rispetterò il vostro ordine,Farrah-
Fece un profondo inchino e si allontanò verso la porta.
-Che l'anima santa di Ophelia vi vegli,stanotte .. Siete tanto simile a lei,sapete?-
Quel commento mi fece sobbalzare ma,quando stetti per ringraziarla,lei era ormai sparita.
Iniziavo piano a spogliarmi,fissando quel piccolo fuoco e gioendo di quel piccolo,ennesimo piacere di quella casa. La grande finestra della stanza dava su un cielo nero,senza stelle ma illuminato da lampi sulla cima delle montagne.
Nero come quegli occhi lampeggianti di vita sotto la tela.
Quando finii di spogliarmi spostai lentamente la poltrona davanti alla finestra,dunque mi sedetti ad ammirare quella natura nel caos,un caos che al momento si mostrava attraverso lampi giallastri che rendevano il cielo viola e illuminavano le cime dei monti e i miei occhi. Mai apprezzai un caos tale,un caos così ordinato che si abbatteva nella notte scrosciando in silenzio,finchè venne una fitta e invisibile pioggia a bagnare l'oscurità.
Non mi accorsi che ero rimasto al buio e il calore del camino aveva lasciato spazio a brividi che facevano avanti e indietro sulla mia pelle,anche sotto la camicia,come se delle mani gelide e morbide mi stessero accarezzando sotto la stoffa.
Il caos dell'esterno era penetrato all'interno e s'era imposto,spegnendo il fuoco e facendo calare la stanza in un freddo pungente,spettrale. E poi il caos aveva spalancato la grande finestra,facendo sollevare le tende tanto simili a lenzuoli di fantasmi,e la pioggia investì il mio volto.
Inutilmente cercai di proteggermi e chiusi con tutte le mie forze la finestra. Dopo essermi assicurato che fosse chiusa per bene,mi infilai sotto le coperte.
Il caos era tanto che persino sotto quella morbida coperta di seta,bianca come quella sua veste,vi era lo stesso freddo di pochi minuti prima. Poi improvvisamente un tepore umido,come se stessi toccando un liquido tiepido e denso,e un forte odore metallico e nauseante.
Avevo la testa già sul cuscino quando ebbi la tentazione di chiamare Farrah,ma i miei occhi si chiusero con forza. Forse il sonno,o qualcos'altro al suo posto. S'era già fatto buio nella mia testa.
 
La notte volò velocemente,s'era già fatto mattino in un battito di ciglia. Una luce chiara e quasi accecante illuminava la mia stanza e qualcuno aveva aperto le finestre,lasciando entrare una dolce brezza che mi carezzava il volto. Ero ancora stanco nonostante,a quanto sembrava,avessi dormito una notte intera e iniziai a stiracchiarmi finchè non toccai qualcosa con le dita della mano. Sobbalzai e mi alzai di scatto,mettendomi a sedere e stropicciandomi gli occhi.
Capelli.
Erano capelli,scuri come cioccolato e luminosi alla luce del sole,che coprivano interamente la superficie del cuscino su cui erano poggiati. La testa che li possedeva si voltò verso di me: un viso di fanciulla,morbido e roseo,con gli occhi ancora chiusi e un'espressione malinconicamente rilassata. Sembrava una bambina che procedeva ormai per la giovinezza,con ancora i tratti delicati e paffuti ma raffiguranti una prima bozza della donna che forse sarebbe stata. Donna che forse già conoscevo.
Mi alzai di scatto e la osservai spaventato.
-Chi siete? Cosa ci fate nella mia stanza?-
La fanciulla aprì gli occhi e si mise a sedere,ma non parve nè vedermi nè sentirmi.
-Oh,Farrah?-
Una figura in abito grigio apparve da dietro una tenda. Aveva i capelli rossastri e gli occhi piccoli e azzurrognoli,poi delle labbra sottili e dall'andamento circa una quarantina d'anni. Farrah,la mia guida.
-Farrah,chi è questa ragazza? Perchè è nel mio stesso letto?-
Nemmeno lei sembrò vedermi o sentirmi e continuò ad andare verso il letto.
-La signorina ha chiamato?-
-Hai aperto tu la finestra?-
-Certo,mia cara. Si deve cambiar aria-
La fanciulla sbuffò e saltò giù dal letto,immersa in una vaporosa camicia da notte di organza e tenendo tra le mani una bambola di porcellana vestita da principessa.
-Dunque è già tempo di saltare giù dal letto ..-
-Ebbene .. Coraggio piccola mia,vestitevi e andate a far colazione mentre rassetto la vostra stanza.. -
La fanciulla si diresse verso un paravento azzurrino in stile rococò,poco distante dal letto,seguita dallo sguardo vigile della giovane Farrah.
-Mio Dio,Ophelia!-
Ophelia. La dama bianca.
-Cosa c'è?-rispose stizzita la piccola Ophelia,stringendo i pugni e facendo cadere la bambola.
-La bambola,mio Dio! Avete sedici anni ormai,dovreste cederla a vostra sorella!-
-Genevieve ne ha già tante ..-era già sparita dietro il paravento-E solo a lei è rimasto il privilegio di entrare nella stanza dei giochi .. A me solo questa!-
Mi avvicinai al paravento e appoggiai l'orecchio alla sua superficie pastello. In quel momento nessuno poteva sentirmi o vedermi,ma non ero capace di oltrepassare i solidi come avrebbe fatto un fantasma. Sentii la stoffa scivolare sul suo giovane corpo,sentii i suoi piedi nudi che picchettavano sul parquet,e poi le mani che prendevano l'acqua,scrosciante sul suo viso.
-Per favore,Farrah,non dirlo alla mamma! Sarà il nostro segreto!-
Farrah ridacchio aprendo il guardaroba e tirando fuori un abito bianco,leggero come una piuma.
-Sarà l'ennesimo nostro segreto,signorina mia .. Coraggio,venite fuori che vi vesto .. Oggi sarà una giornata speciale!-
-Non vedo l'ora! Avete già preparato il calesse per la gita?-
Ninfa di pelle morbida e lucida,e morbida anche lei stessa,con quei piccoli piedi e le gambe ben tornite. Sgusciò fuori dal suo nascondiglio con indosso la sottana di seta e organza,un lieve velo che lasciava intravedere i piccoli capezzoli rosei,e i capelli ancora sciolti e scombinati. Ophelia sorrideva dolcemente e si lasciava vestire da donna,si lasciava pettinare da donna e poi ricoprire di profumo.
-Prendimi il cappellino di paglia,quello con il nastro celeste!-
Mi voltai in direzione della giovane Farrah e un oggetto ovale e piatto,lucido ai raggi del sole,mi colpì: nuovamente un ritratto. Mi avvicinai ad esso,spinto da chissà quale curiosità,mentre la giovane Ophelia aveva rivolto gli occhi verso la stessa direzione dei miei e quasi sembrò che mi guardasse,che mi guidasse con il suo sguardo buono e ingenuo. Mi avvicinai al ritratto:raffigurava un giovane uomo,forse mio coetaneo,col volto ancora imberbe ma con un lieve accenno di barba sopra le sottili labbra e accanto alle orecchie;sorrideva placido e serafico,con gli occhi verdastri lievemente socchiusi e le guance arrossate,mentre il bel viso era circondato da fitti capelli corvini.
Vidi Ophelia avvicinarsi al ritratto,staccarlo dalla parete e portarselo al petto,arrossendo.
-Farrah..?-
La donna si voltò verso di lei tenendo tra le mani il sospirato cappellino.
-Lui ci sarà? Hai sentito papà o mamma parlare al riguardo?-
-No,signorina mia .. Non ne ho la più pallida idea!-
Ophelia si buttò alle sue braccia sospirando.
-Fammi bella,oggi,davvero bella!-

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Capitolo 5
*** - ***


Forse ero morto durante quella notte e avevo raggiunto il paradiso onirico dove Ophelia passava i suoi non-giorni da anima trapassata,dove tutto era risplendente di antica giovinezza. Forse ero il fantasma di una dimensione che non era la mia e attendevo di trovare il mio cielo invece,quello che pensai di aver trovato quando riaprii gli occhi.
E il mio cielo era tanto,tanto simile alla realtà. Forse era la realtà stessa.
Mi svegliai di soprassalto,sgranando gli occhi al soffitto. La stanza giaceva nella penombra lilla di un mattino nuvoloso e ventoso. Girai il viso verso la finestra e vidi le cime degli alberi violentemente scosse sotto un cielo mezzo grigio e mezzo rosa,con un sole piccolo e biancastro in mezzo alle nuvole:non più luce accecante di un tiepido mattino,niente profumi,niente ninfette tornite e terrene.
Alla porta qualcuno bussò vigorosamente.
-Il cappellino col nastro celeste .. Non dimenticatelo,signorina ..-
Non so perchè pronunciai quelle parole,ciò era lo stesso quesito che molto probabilmente la vecchia Farrah s'era posta in quel medesimo secondo,entrando con un'espressione spaventata e sorpresa.
-Signore?-
-Eh?-
Venne al mio capezzale,guardandomi tristemente preoccupata come se fossi già sul letto di morte.
-Avete dormito bene,signore? Volete che apra la finestra?-
-Sì .. Bene,davvero. No,non aprite la finestra-
-Sicuro,signore? Avete davvero dormito  bene?-
Il tono con cui enfatizzò la parola davvero mi fece trasalire.
-Come un angioletto,amica mia. Potreste farmi portare la colazione,per cortesia?-
Farrah faceva avanti e indietro con lo sguardo perso,quasi pareva posseduta. Mi guardava triste e preoccupata quasi stessi morendo o quasi conoscesse quanto quel sogno mi avesse turbato,poi ritornò a sedersi accanto a me.
-Avete sognato lei,non è così?-
Mi fissava con occhi sgranati e terrorizzati,ma allo stesso tempo nervosamente curiosi di sapere la mia verità onirica.
-Non fissatemi così,per amor del cielo!-
Scosse la testa,si alzò di scatto e fece un profondo inchino per scusarsi.
-Perdonatemi,signore. Farò in modo di portarvi la vostra colazione .. Dio mio quante cose da far oggi ..-
Se ne andò quasi singhiozzando ed io la guardai con pietà. Decisi dunque di iniziare a vestirmi.
Ero più vivo che mai,tristemente vivo. Provavo tristezza nel vedere quella vecchia donna tremare ogni qual volta che venisse pronunciata una sola sillaba del nome della padrona,nell'avere sognato quella fanciulla dal sorriso triste,nell'atmosfera grigiastra di quella mattinata.
A portarmi la colazione non fu Farrah,ma l'altra domestica che avevo visto il giorno precedente. Era molto più giovane,con i capelli corvini,pallida e secca. Mi portò un vassoio d'argento con una panciuta teiera di porcellana bianca e azzurra,una tazza con decorazioni simili e del pane tostato col burro.
-Signore..-aveva una voce innocente e limpida,ancora intatta dal tempo e dall'età-Ecco la vostra colazione. Vi piace il tè grigio al bergamotto?-
La osservai poggiare il vassoio sulle mie ginocchia ed arrossì. Le sorrisi lievemente e si alzò di scatto,lisciandosi il grembiule.
-Va bene,può andare .. Poggiatelo qui,ecco,bene così-
Fece atto di andarsene ma la fermai,volevo chiedere dove fosse Farrah.  Mi guardò sorpresa,forse i precedenti padroni non tenevano in chissà quale conto le emozioni dei domestici.
-Farrah? Beh,è nei suoi alloggi,signore. Non sta molto bene,oh a dire il vero non sta quasi mai bene. Ha ancora vivo il ricordo della signora Alleyn ..-
-Alleyn è il cognome di Ophelia da sposata?-
Annuì e sospirò.
-Come darle torto,del resto .. Soffriamo tutti qui dentro! Ma sapete,lei l'ha cresciuta,è stata la sua balia ..-
-Sì,lo so bene .. La vestiva anche lei ..-
Non lo sapevo nemmeno adesso. Quel sogno che mi aveva fatto credere d'esser morto era più vivo che mai davanti ai miei occhi,con l'immagine candida e danzante della giovane Ophelia pronta per andare in gita con la famiglia.
La piccola domestica mi guardò spaventata e aprì la porta.
-Già,santo cielo. Anche questo- e aprì la porta,chiudendola seccamente.
 
Quando finii di fare colazione lasciai il vassoio sullo scrittoio,dunque scesi al piano terra. I miei passi ancora rimbombavano nel silenzio del piano degli alloggi signorili,ma quando fui in procinto di scendere lo scalone udii una voce profonda e maschile tuonare da sotto la scala,e insieme a questa la voce più sottile di Farrah.
-Farrah? Cosa c'è?-
Due teste si alzarono verso di me:quella canuta e malinconica di Farrah e quella scura e fiera di un uomo. Fu la prima cosa che vedetti,una testa di capelli corvini e a tratti grigiastri,quasi azzurrini,tanto simili a nuvoloni dalla forma strana;poi un collo ben tornito e pallido sosteneva un viso dalla forma sì indescrivibile ma armoniosa allo stesso tempo,pallido anch'esso ma circondato da una barba spessa e nera,tutt'uno con la terribile massa di capelli;due occhi serpentini e infantili allo stesso tempo,sormontati da sopracciglia nere e spesse, illuminavano quel viso rendendolo magneticamente inquietante,benchè le sue sottili labbra cercassero di sorridere in modo più o meno amabile. Continuando a scendere vidi finalmente il suo abbigliamento:nera era la sua giacca,ben abbottonata e aderente alle sue grosse spalle,così come i calzoni bluastri che fasciavano le gambe di quel raffinato gigante. Le sue grosse mani dalle dita spesse,decorate da una vecchia fede arrugginita e da un grosso anello con una pietra smeraldo-dalla foggia simile a quello di Ophelia nel ritratto-poggiavano su un bastone da passeggio a forma di civetta,sul quale spiccava la scritta aletheia intarsiata d'argento. Poi portò una mano alle labbra e cominciò ad allisciarsi i baffi quasi fosse un gatto.
Non sapevo chi fosse o cosa ci facesse in casa,ma quegli occhi verdastri e cangianti e quei terribili capelli li avevo già visti. Quell'uomo vestito di nero dall'espressione inquietante non poteva essere che la versione invecchiata del giovane del ritratto che avevo visto in sogno. Impallidii ed ebbi la necessità di tenermi al passamano dello scalone mentre Farrah taceva e mi guardava come se avesse bisogno di aiuto.
-Finalmente!-esordì il gigante,sorridendo come un bambino e arrossendo tutto-Finalmente abbiamo modo di conoscerci!-. Il suo vocione risuonò in tutto il salone,facendo quasi tremare le pareti. Mi tese la grossa mano e me la strinse con foga,fissandomi avidamente con quegli occhi gialli e luminosi. Terribilmente belli e intelligenti,vivi.
-Il piacere è mio,signor .. Con chi ho l'onore di parlare?-
-Ma come? E' in casa mia e non mi conosce?- io lo conoscevo già. Ridacchiò in maniera allegra e inquietante,dunque proseguì-Barone Alexander Mathieu Alleyn,genero e ancora .. Proprietario di questa villa-
Disse le ultime parole con particolare soddisfazione e Farrah lo freddò con uno sguardo colmo d'odio. Non avevo mai visto tanto odio negli occhi di una donna,specialmente così anziana.
-E voi,dunque? Siete l'acquirente?-
-Martin Stevens,l'onore è mio .. Sì,sono andato a parlare con il signor Prynne e a breve gli consegnerò l'acconto. Mi sono innamorato di questa casa,signore-
Alleyn mi sorrise amichevolmente e la sua aria da demone sembrava essersi dissolta,lasciando spazio ad un gigante buono dai folti capelli corvini. Dai suoi occhi erano spariti l'espressione furba e quel lampo maligno,e così davanti a me stava un giovane uomo forse poco più anziano di me,sorridente in maniera affabile e intelligente.
-Già .. Come non innamorarsi di questa villa.. E a quanto ha intenzione di venderla il mio beneamato suocero?-
Suocero. Quando pronunciò questa parola Farrah si strinse nelle spalle e il suo volto assunse un'espressione terribilmente addolorata,quasi contrariata da ciò che Alleyn andava dicendo.
Ecco chi era davvero quell'uomo,se non il vedovo della trapassata Ophelia.
-Signore-si immischiò-Non son faccende che riguardano una governante,è tempo per me di andare .. Con permesso,mr Stevens ..-
Alleyn la osservò con occhi freddi ma velati da un lampo di tristezza,quasi ci fosse una minima parte di lui che condividesse il dolore della vecchia.
-Ecco,amica mia,vai pure .. Lascia questi due gentiluomini a parlare di affari importanti,suvvia ..-
Farrah sparì sospirando dietro una porta e Alexander tornò a fissarmi.
-Bene,amico mio .. Spostiamoci in salotto ..-
Lo seguii fino al salotto,una grande stanza esagonale in cui i toni predominanti erano verde e oro. Due enormi divani di velluto smeraldo troneggiavano sulla stanza,decorata da un tappeto persiano con gli stessi colori,mentre le pareti erano decorate da teste di animali impagliati,specchi dorati e ritratti. Davanti ai divani poi vi era un caminetto sormontato da candelabri d'oro,busti di marmo e piatti di porcellana.
Ci accomodammo su uno dei divani e Alexander continuava a sorridermi.
-Dunque dunque .. Di cosa parlavamo?-
-Del prezzo della casa,signore -
Annuì e,ridacchiando,tirò fuori dalla tasca della giacca un grosso sigaro e un acciarino. Lo accese,si portò il sigaro alle labbra e aspirò:il suo bel viso intelligente venne ricoperto da una nuvola di denso fumo.
-Dunque?-
-Centomila sterline ..-
Vidi Alexander stringere i pugni e mugolare amaramente,mi sembrò stesse per piangere o per urlare. Ebbi quasi paura di quel terribile,meraviglioso gigante vestito di nero.
-Sir Alleyn? Cosa succede?-
Si alzò di scatto,tossendo.
-Dobbiamo parlarci sinceramente,amico caro-asprirò il suo sigaro e fece una pausa,poi ricominciò-Sono totalmente al verde-
Rimasi di sasso.
-Cosa intendete?-
Questa volta fu lui a stringersi nelle spalle e la sua aria imponente e bonaria sparì.
-Sono il vedovo di Ophelia,sapete no?-
Annuii.
Lui ci sarà?
-Bene,dopo la morte di mia moglie i suoi genitori si son ripresi questa casa e io ritornai in città,nel mio palazzo .. Ma beh,ammetto le mie colpe al riguardo:ho totalmente sperperato il mio patrimonio in divertimenti,feste .. Mi capite,mi capite,ditemi di sì ..-
Lo guardai negli occhi:egli supplicava e i suoi occhi giallastri erano lucidi e arrossati. Mi teneva le mani tra le sue,grandi e inanellate,e attendeva da me una risposta pregandomi come se fossi una scultura sacra. Da lontano sentii dei passi lenti e felpati,poi una cantilena mugolata da una voce femminile: Farrah era vicina.
-Sì,sì barone,ben vi comprendo ..-
-E c'è dell'altro,amico mio. Non posso nemmeno riacquistare questa casa per due ragioni: Prynne non me la cederebbe mai ed io non ho più abbastanza soldi.  Ho solo debiti,tantissimi debiti .. Presto prenderanno pure il mio palazzo in città,benchè ormai nemmeno lì dentro ci sia molto da conservare o da vendere .. Non basterà ad estinguere i debiti,assolutamente no ..-
 La sua voce si fece lamentosa e le sue grosse,forti mani strinsero ulteriormente le mie. Mi morsi il labbro dal dolore.
-Signor Stevens .. Non ho più dove andare,amico mio .. Concedetemi di convivere insieme a voi,concedetemi di abitare almeno parte di questa casa in attesa di ulteriori sistemazioni .. -ruppe in un pianto sommesso e lamentoso e la sua testa iniziò ad abbassarsi-Vi prometto che vi pagherò l'affitto appena mi sarà possibile e mi accontenterò di alloggiare anche nelle stanze della servitù .. E vi sarò comunque grato,eternamente grato,sarete il mio benefattore e ritorneremo insieme all'antica gloria,e vi prometterò di aiutarvi ad affermarvi in società .. Amico mio,Martin Stevens-
Ricordai le lezioni di mio padre e quelle del mio precettore,entrambi  illuministi o quasi. E poi i loro discorsi interminabili sulla libertà umana,sull'aiuto reciproco,sul rispetto degli altri anche se son più piccoli e deboli di te,poco importa la loro effettiva classe. Ecco,lo spirito di mio padre mi si materializzò in mente e mi ammonì ad aiutarlo,a compatirlo,a sostenerlo.
-Barone Alleyn ..-
-No,il barone non esiste. Chiamatemi Alexander,ve ne prego,sono stanco di tutte queste formalità..-
-Alexander .. Datemi qualche giorno per riflettere,di grazia ..-
-Quanti ne vogliate-mi interruppe-Vi attenderò-
I suoi occhi brillavano di speranza illuminati dal timido sole mattutino.
-Al momento,se proprio avete il bisogno .. Potete alloggiare qui. Io andrò in città a firmare i documenti per l'acquisto e rifletterò sul da farsi,Alexander-

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Capitolo 6
*** - ***


Ordinai che venisse preparato un calesse quella mattina stessa,ormai m'ero deciso per l'acquisto:sarei partito subito dopo pranzo,senza alcun bagaglio aggiuntivo,giusto il tempo raggiungere Prynne. Per quanto riguardava Alexander volevo procedere coi piedi di piombo,in maniera accurata e rispettosa anche nei confronti degli ordini di Prynne. Dunque,prima che venisse servito il pranzo,cercai Farrah negli alloggi della servitù e lasciai che Alexander girasse indisturbato per la casa quasi non l'avesse mai vista.
Quando entrai nella sua stanza-piccola,rettangolare e dai colori spenti ma estremamente dignitosa-Farrah mi attendeva ricamando al telaio. La sua porta era aperta,ma bussai leggermente per farle notare la mia presenza.
-Signore-i suoi occhi erano spenti e amari-Cosa ci fate qui?-
-Volevo parlarvi,Farrah-
Mise da parte il telaio e aprì la finestra.
-Riguardo a cosa,signore?-
-Alexander Alleyn ..-
La vecchia sospirò e tirò su col naso,poi tossicchiò.
-Ricco,estremamente ricco,colto e ben voluto dalla bella società che frequenta .. Magari anche troppo ..-
-Mi ha detto di essere al verde ..-
-Mi correggo-sorrideva ironicamente,con gli occhi che brillavano-Colto e ben voluto dalla società-
-.. E non ha più dove andare-
Ridacchiò e quasi ebbi la tentazione di urlarle contro.
-Gli è rimasta solo la sua cultura polverosa,che Dio ne abbia pietà!-
-Insomma,potete darmi qualche informazione su quest'uomo?-
Aveva ripreso il telaio e ricamava annoiata,sorridendo maligna.
-E' il vedovo della mia bambina. Assassino e ora senza più un penny,ma è un buon uomo di grande cultura. Lo troverete simpatico!-
-Farrah,sono stanco dei vostri scherzetti. Cosa intendete per assassino?-
-Il parto e il dolore di un matrimonio disastroso hanno ucciso la mia bambina,signore.. E di certo non per colpa sua. Cosa intendete farvi di quest'uomo,allora?-
-Mi ha chiesto aiuto .. Vuole diventare affittuario ..-
Il telaio cadde da quelle vecchie mani e la vecchia strinse i pugni e le secche labbra.
-Signore ..-
-Dunque?-
-Siete il mio padrone ormai. Non dovete assolutamente chiedere ad una povera serva la propria opinione al riguardo,voi siete ormai il padrone di questa casa e dovete decidere per voi .. Se vi fa pietà,aiutatelo,non mi cambia aver due signori da servire ..-
-Farrah .. Cosa sapete di lui? Devo pur sapere chi viene ad abitare in questa casa!-
Farrah fece spallucce e si voltò verso di me.
-State pur tranquillo,non farebbe del male a nessuno sotto sotto .. Non dovete temere tanto lui quanto indignarvi di chi farà entrare tra queste pareti,signore .. Spesso i vivi dan fastidio ai morti,sappiatelo ..-
Ero stanco di quegli indovinelli fatti da una Pizia in grembiule,abito cencioso e capelli grigi. La osservai con rabbia e quasi mi pentii quando vidi un lampo di terrore negli occhi della vecchia.
-Morti? Vivi? Mio Dio,Farrah,cercate di darmi delle spiegazionI!-
-Compagnie discutibili con cui il barone si circonda. Non ladri,ma donne. E' tutto-
Io e Alexander pranzammo insieme,ognuno a capotavola. Sorrideva come un bambino la sera di Natale,prima di aprire il suo grosso balocco,e osservava ogni particolare della tavola apparecchiata con ingenua meraviglia: rise quando portarono il vino,rise quando si portò il calice di cristallo alla bocca,rise quando venne servito il pasticcio e quando venne portato il caffè. Fui io a sorridere quando il barone si mise ad osservare ammirato la propria tazzina,bianca col bordo dorato,quasi fosse uno dei gioielli più belli che avesse visto. Durante il pranzo facemmo conoscenza e parlammo di cose più o meno stupide,ed ad ogni parola Alexander sorrideva come se gli si fosse aperto un nuovo mondo davanti ai suoi occhi piccoli,belli e gialli.
-Martin .. E' come se ci conoscessimo da una vita,amico mio!-
-Lo penso anch'io,barone. Una delle tante prove dell'inutilità della divisione in classi-
Annuì profondamente e vidi una grande sincerità nei suoi occhi.
-A volte odio la mia stessa classe .. E tutta la corruzione che vi si nasconde dentro,tutti gli intrighi che la animano e tutti i pericoli .. Ecco,io voglio essere come voi!-
Mai vedetti tanta innocenza,sincerità e candore in un volto di un uomo. Farrah mi aveva spudoratamente mentito riguardo a quell'uomo,ma mi interrogavo riguardo al perchè.
-Mi lusingate,signore ..-
-Alexander! Chiamatemi così,per favore,e mi sarete certamente più caro di quanto già non lo siate .. Partirete fra poco per la città?-
Annuii.-Rimarrò poco,entro sera sarò di ritorno. Mettetevi comodo e attendetemi!-
Nel suo voltò si materializzò un sorriso aperto e velatamente furbo che mi accompagnò nella mezz'ora che seguì,fino alla partenza sul calesse.
-Vi attenderò con ansia!-urlò mentre la mia vettura si allontanava -Non andrò a letto prima di avervi sfidato a scacchi!-
La mia vettura cominciava a muoversi e il pomeriggio di quel giorno era straordinariamente luminoso,tutt'altro diverso dall'inquietante mattino. Un vento fresco mi accarezzava il volto e la campagna splendeva di verde e bianco,tutta profumata intorno,e il mio calessino si muoveva leggero sotto di me.
Una voce,fu un attimo.
Santo cielo,il cappellino sul calesse!
Come se qualcuno o qualcosa avesse sussurrato queste parole accanto a me o come se la brezza stessa si fosse messa a parlare.
Un peso,fu un attimo
Come se qualcuno o qualcosa si fosse accasciato accanto a me.
 
 
Lessi il foglio attentamente,tenendo fra le dita la penna già intinta nel calamaio. Eravamo nel salottino cinese del palazzo dei Prynne e i due coniugi mi fissavano attentamente e paternamente.
-Ne siete ancora sicuro,ragazzo?-accennò Prynne
Proprio quando pronunciò quelle parole tracciai l'iniziale del mio nome e poi la seconda lettera e la terza e finii di firmare.
-Sicurissimo,signore-
Lady Prynne mi sorrise maternamente e Prynne mi strinse con foga la mano. I suoi occhi brillavano fieri ma un lampo di malinconia aleggiava sui volti tondi e rosei dei due coniugi.
-Trattate bene quella casa,mi raccomando-sussurrò lady Prynne-E' così bella,bella come l'abbiamo lasciata!-
-.. E soprattutto non fate entrare certi individui,figliolo-
Trasalii.
-Che genere di individui,signore? Se posso chiedere ..-
-Avete fatto bene a domandarmelo,anzi. Voglio che la villa rimanga al sicuro .. Uno da è evitare è mio genero-
Deglutii. Speravo soltanto che fosse il marito della seconda figlia.
-Oh,mi dispiace .. Farò in modo che non entri mai in casa. Ditemi solo come si chiama e dirò al personale di respingerlo già da subito!-
-Alexander Mathieu Alleyn-
Impallidii e Prynne se ne accorse. Si alzò di scatto da terra e anche lady Prynne ne rimase sorpresa.
-Marie,tesoro,va' a controllare se Geneviève è tornata ..-
Marie Prynne uscì dalla stanza trascinandosi dietro un forte profumo di colonia. Prynne iniziò a fissarmi con dura calma.
-E' il marito di Geneviève?-chiesi con la voce tremante,senza dargliela a bere. Prynne mi sorrise paternamente e mi diede una pacca amichevole sulla spalla.
-Ragazzo mio,i vostri occhi mi dicono che l'avete già conosciuto eh ..?-
-Veramente,signore,io ..-
-Non mentitemi. Siamo soci,ora-
Quell'affermazione mi fece tornare in mente le promesse che avevo fatto ad Alexander e la risposta che attendeva da parte mia.
Rimasi in silenzio mentre Prynne proseguiva.
-Non voglio spaventarvi inutilmente,non è un uomo da temere .. E che io sappia è anche al verde,non può affatto minacciarvi. Ve l'ha detto lui stesso,vero,con i suoi occhi da serpe implorando pietà?-
-Oc-occhi da serpe?-e annuivo. Anche Prynne annuiva.
-Martin,amico mio .. Quella casa è ormai vostra a tutti gli effetti e potete far entrare chiunque vogliate. Voglio solo darvi un consiglio paterno: Alleyn non è cattivo,ma volete davvero un parassita in casa?-
Prynne mi metteva con le spalle al muro insieme al tanto detestato genero. Io col tempo ero diventato abbastanza facoltoso e la mia famiglia aveva raccolto un consistente patrimonio che non intendevo sprecare con dei parassiti,ma dall'altro lato vivere totalmente isolato fuori città non era nemmeno un'idea geniale e di certo non era il progetto che mi ero figurato:un uomo che conosceva la zona mi sarebbe stato utile,figuriamoci uno che conosceva la casa .. e che era tra l'altro il vedovo di Ophelia.
-Dovete tenere anche conto della sua .. Amichetta,mio caro giovane amico!-
Amichetta. Nella mia mente si materializzò il volto triste e duro di Farrah e le sue parole "Il parto e il dolore di un matrimonio disastroso hanno ucciso la mia bambina,signore.. E di certo non per colpa sua."
-Gli parlerò,signore:è giusto che me l'abbiate ricordato-
Nelle due ore che seguirono i Prynne mi offrirono un tè,andai al mio palazzo in città e ordinai ai domestici di preparare più bagagli possibili da mandare alla villa. Pranzai,diedi gli ultimi ordini e ripartii immediatamente,mentre il sole al tramonto tingeva la città e il Tamigi di colori forti e sanguigni,terribilmente violenti,oscurati verso la campagna da grossi nuvoloni neri e rossastri.

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Capitolo 7
*** - ***


Quando arrivai sulla casa era già calata una terribile oscurità e vidi dalle finestre alcune stanze illuminate e alcune ombre muoversi dentro. Nella mia stanza riconobbi una sagoma femminile,con un lungo abito: Farrah già stava preparandomi la stanza per la notte e l'avrei ringraziata di certo appena sarei entrato;al piano di sotto riconobbi Alexander - inconfondibile per i suoi folti capelli. Congedai il mio cocchiere,mi feci strada lungo la scalinata di ingresso e venni accolto da Farrah e dalla giovane domestica: avevano un'espressione stanca e spenta,ansiosa,quasi avessero atteso tutto il giorno di vedermi di ritorno.
-Ben tornato,signore. Abbiamo atteso voi per la cena,ho appena comunicato al cuoco di prepararla-
La piccola domestica mi aiutò a togliere la giacca.
-Dov'è Alexander?-
-Vi attende in salone,ha ordinato di uscire la scacchiera .. -
La piccola domestica si allontanò e Farrah fece atto di seguirla,ma la bloccai.
-Avete bisogno di qualcosa?-
-Sì Farrah,ho visto da fuori che stavate già preparando la mia stanza per la notte. Vi ringrazio molto-
Farrah accennò un sorriso preoccupato e triste,che mi colpì terribilmente. Quella vecchia donna era totalmente indecifrabile.
-Non sono stata io,signore-
-E' stata allora .. Oh cielo,come si chiama la domestica più giovane ..-
-Manon? Oh,no,nemmeno lei. Al piano superiore non c'era nessuno- Le sue parole mi fecero rabbrividire nella loro innocenza e semplicità-Sono le nostre regole: sistemiamo il piano di sopra solo la mattina ma non vi entriamo per tutto il giorno,se non quando i signori ce lo chiedono. Siete davvero sicuro di aver visto qualcuno?-
Annuii e Farrah si accorse del mio presunto terrore.
-State tranquillo,signore. Siamo pochi,qui ..-
Raggiunsi Alexander in salone:egli sedeva sul divano,felice del chiarore del caminetto e con un grosso sigaro tra le mani. Aveva il volto stanco e serafico e lanciava occhiate a destra e a sinistra,prima alla grossa scacchiera di mogano poco lontano e dunque  a me.
-Oh!-esclamò alzandosi dal divano-Siete tornato,amico mio! Come è andato il viaggio?-
-Questo giorno è letteralmente volato,Alexander .. Dunque,mi aspettavate?-
Mi cinse la spalla con un braccio,lasciando penzolare il sigaro dalle sottili labbra e assumendo un'espressione grottesca e spaventosa alla luce del camino.
-Certo,tutto il giorno! Venite,accomodatevi alla scacchiera .. Accettate?-
Non giocavo a scacchi da molto tempo e avevo perso l'allenamento,mentre guardavo in faccia il mio compagno e già vedevo nei suoi occhi -in quel momento erano terribili,dannazione,benchè sorridessero-la schiacciante vittoria su di me.
-Oh,scacchi .. Vi confesso che ho perso l'allenamento,Alexander!-
Sorrise apertamente e la luce del caminetto illuminò di riflessi sanguigni il suo sorriso sottile e tagliente.
-Non preoccupatevi,Martin-mi faceva accomodare e portava la mia sedia poco più vicina alla scacchiera-Prima di giocare potrei rispolverarvi qualche regola,tanto a breve andremo a cenare! Dopo però vi voglio pronto,amico mio,intesi?-
Ci accomodammo,disponemmo le pedine e Alexander iniziò la sua lezione:le sue parole scorrevano rapide come acqua da una grondaia durante una tempesta,così le sue grosse mani si muovevano con grazia e agilità,tornite e inanellate come non mai. Egli invece sorrideva furbo,con quelle sue labbra sottili e arrossate e un ghigno quasi maligno.
-Ci siamo intesi,amico mio?-
M'ero totalmente perso nel suo volto demoniaco e innocente allo stesso tempo e mi limitai ad annuire.
Alexander continuava sicuro di sè,tremendo e meraviglio,finchè si fermo e fece un altro tiro.
-Avete capito tutto,ci siamo?-
-Sì,Alexander,siete un eccellente maestro-
Ridacchiò.
-E voi un eccellente allievo,e mi state simpatico!-
Ridacchiai io e Alexander tirò fuori dalla giacca la scatola dei suoi sigari.
-Ne volete uno?-
-Non fumo,vi ringrazio-
Rise ampiamente.-C'è sempre una prima volta,Martin. Avete il viso così giovane e intelligente,anche io da ragazzo ero così ..-
-Da ragazzo? Perchè,quanti anni avete?-
Un grosso anello di fumo uscì dalle sue labbra,lo guardai fluttuare per qualche secondo e poi dissolversi.
-Voi quanto me ne date,eh?-
-Una trentina,forse?-
Rise rumorosamente e quasi mancò che facesse cadere il sigaro dalle dita.
-Ventiquattro a breve,mio caro. Non biasimatevi se mi credevate più grande o vi sono sembrato più vecchio,ma certi lutti ti invecchiano in pochissimo tempo ..-e,mentre i suoi occhi continuavano a sorridere,il suo volto prese la direzione opposta esprimendo una grande malinconia.
-Mentite!-
Una voce rauca e irata ci richiamò da destra. Era Farrah che,subito dopo,abbassò gli occhi.
-Farrah! Cosa c'è?-
Notai il terribile gioco di sguardi che passava tra Alexander e Farrah:un lupo guardava con stizza una vecchia rondine devastata dal tempo e irata come un toro.
-Signori ..-il tono della sua voce s'era fatto più pacato-La vostra cena è pronta-
-Ti ringrazio Farrah,ma la prossima volta bussa,di grazia-la interruppe Alexander,freddo come non  mai-Sai,io e il mio amico stavamo parlando ..-
Mi sorprese il particolare modo in cui mi appellò,quasi non mi riconoscesse in altro modo. Gli occhi di Farrah ardevano di rabbia e tristezza.
-Perdonatemi,signore-e sparì dietro l'uscio.
-Perdonatela,amico mio-sbottò-Gli straccioni e i domestici non hanno altro che le loro memorie-
La cena passò in silenzio e dopo io e Alexander  ci dirigemmo al piano di sopra. Salimmo insieme lo scalone,illuminato dal grande lampadario di cristallo del salone e rimbombante dei nostri passi. Alexander non sembrò nemmeno accorgersi del ritratto di Ophelia ma io mi fermai nuovamente davanti ad esso,mettendomi a sfogliare le rose che erano deposte sotto. Alexander si accorse del silenzio,si guardò indietro e quando mi ritrovò fermo lì mi guardò sorpreso.
-Martin,perchè vi siete fermato?-
Guardavo dall'alto verso il basso il ritratto della dama bianca,i cui occhi sembravano più tristi che mai quella sera. Parevano quasi rimproverarmi qualcosa.
-La prima volta che sono venuto in questa casa sono rimasto colpito dal ritratto di .. Ophelia,giusto?-
Annuì stranito.-Ophelia,già. Dio l'abbia in gloria-ribattè freddo,troppo freddo per essere stato unito a lei.
-Vostra moglie ..-
-Già,poveretta-lo vidi allontanarsi lungo il corridoio a passi lenti e rumorosi,quasi trascinasse un grosso peso. S'era già inoltrato negli appartamenti signorili,più precisamente nell'ala in cui vi era la stanza padronale. In quelle poche ore in cui era rimasto solo in casa,casa mia ormai,Alexander sembrava esser ritornato padrone di quelle stanze e ciò non mi stupì ma mi fece lievemente stizzire;a ciò si aggiunse il totale disinteresse per quella povera moglie trapassata e il mio stupore verso me stesso,sì,nell'esserne tanto interessato e colpito. L'anima umana è una grossa porta con mille e più serrature,delle quali non si ha sempre la chiave:non trovavo ancora le mie,perso nel buio spettrale in cui Ophelia era stata ritratta per sempre,figuriamoci quelle del mio conquilino,perse nel buio terribile della sua testa,dei suoi capelli,dei lampi indecifrabili che illuminavano quegli occhi giallastri e innocentemente demoniaci.
-Martin,vi auguro una buonanotte!-urlò da lontano,mentre i miei occhi erano ancora fermi su Ophelia,su quel pallore spettrale e terribile,colmi della sua stessa tristezza-Se mi cercate sono qui,nella mia stanza,rimarrò sveglio ancora un po'!-e si aprì la porta e se la richiuse dietro con violenza,facendo quasi tremare le pareti e il quadro stesso.
Mi allontanai a sinistra,verso la mia stanza,e improvvisamente mi venne in mente l'ombra che avevo intravisto tornando a casa. Scossi la testa e risi di me stesso,risi di quell'illusione ottica che mi aveva beffato. Il corridoio era fiocamente illuminato dai candelabri,alcuni accesi e a altri no,che rischiaravano un buio altrimenti troppo fitto e denso;intorno a me solo silenzio e,man mano che mi avvicinavo alla porta della mia stanza,una fredda brezza mi colpiva la schiena.
Strinsi il pomello della porta e non ebbi difficoltà ad aprirla:era già aperta.
Il sonno mi colpì violento appena misi piede in quella stanza.
 
Mi svegliai di soprassalto e guardai il cielo:era il crepuscolo,un crepuscolo rosato e tranquillo.
Mi chiesi se fosse la mia realtà o quella onirica e spettrale che avevo vissuto la sera prima,e la risposta arrivò subito.
Ella stava ferma davanti allo specchio,vestita di bianco:il suo abito,niveo e leggero,scendeva oltre le caviglie con un piccolo strascico e si stringeva in vita con un nastro di seta viola;le maniche a sbuffo,morbide come nuvole,coprivano un paio di spalle altrettanto esangui,una delle quali coperta ulteriormente da una mantella anch'essa viola con ricami dorati;i suoi capelli erano acconciati per bene,tenuti fermi da perline dorate e da una piccola tiara. Ma sullo specchio vi era riflesso un volto senza sorriso nè luce,un volto splendido e arrossato ma dagli occhi terribilmente cupi,pieni di tristi presagi:non avevo mai visto un paio di occhi così tristi,forse più tristi di quelli del quadro.
Farrah entrò nella stanza,guardandola con sufficienza.
-Siete così .. Bella,bambina mia. Togliete il fiato,per l'amor del cielo. Ma .. Sorridete,sorridete!-
 I begli occhi di Ophelia erano più lucidi dei diamanti che portava al collo e più grandi degli orecchini di perle ed oro che indossava.
-Menti,Farrah mia -aveva iniziato a singhiozzare-A cosa serve un sorriso se il proprio fascino non riesce a brillare davanti agli occhi di chi ami,eh?-
 Farrah la guardò con tristezza e poi la cinse con le braccia.
-Siete bellissima,bambina mia. Molto più bella di quella ..Ragazzaccia,sì,che il cielo mi perdoni!-
Ophelia si accasciò sul letto,sospirando.
Era la più bella principessa triste che avessi mai visto,anche se sapevo che non fosse vera o,più che altro,che non fosse più vera e viva.
Farrah le si accomodò accanto:una mano rugosa sfiorò una mano giovane e coperta da un costoso guanto di seta bianca.
-E' la festa del vostro fidanzamento,mia cara ..-e le prese la mano,le sfilò il guanto e un anello di zaffiro brillò tra le dita di Ophelia-Fra poche settimane non dovrete più angustiarvi,se gli sarete sempre fedele. Lo farete,davvero?-
-Lo amo come nessun altro,Farrah,e lo sai .. Io non lo tradirò mai,ma ho paura di lei .. E' così bella e ammaliante e ..-
Qualcuno bussò alla porta.
Lady Prynne faceva capolino sorridendo,con la testa tutta piumata e un abito d'oro.
-Ophelia,amore mio! Stiamo tutti aspettando giù,coraggio!-
-Oh,mamma .. Sto arrivando,state tranquilla. Pazientate e arriverò-
Ophelia si alzò continuando a sospirare,con gli occhi senza alcuna luce. Farrah e la madre la osservavano andare verso la porta.
-Buon Dio,sorridi figlia mia!-
Ophelia accennò un sorriso e Farrah la seguì,poi si chiusero la porta alle spalle.
-Mamma,andate. Fra poco arriverò..-
Lady Prynne scosse la testa e si allontanò lungo il corridoio,mentre dallo scalone proveniva una musica forte e allegra e un grosso vociare di persone.
-Divertitevi,bambina. Non pensate a nulla e sorridete,e lui non vi staccherà gli occhi di dosso. Ve lo prometto!-
Mi avvicinai ad Ophelia e tentai di prenderla per un braccio.
Riuscii a toccarla,era gelida di morte.
Come gelide erano quelle ossa che si sostituirono alla sua pelle rosata sul viso e sulle braccia e su tutto quel corpo di fanciulla rivestito di seta:uno scheletro in abito da principessa,con l'anello di fidanzamento ancora alle dita.
E il buio calò sulla sala,ormai vuota,senza musica,mentre uno scheletro di triste fanciulla si inoltrava lungo lo scalone fino a rompersi,spezzarsi,dissolversi nell'oscurità.
 

 

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Capitolo 8
*** - ***


-Signore! Oh,sta aprendo gli occhi! Santo cielo,state bene?-
Mi svegliai con la stanza splendente di luce e piena di gente: tre domestici,Farrah e Alexander al mio capezzale. Mi guardavano tutti preoccupati e spaventati.
-Farrah ..-fu il solo nome che mi venne in mente di pronunciare,e lei continuava a passarmi un panno bagnato sulla testa-Cosa succede? Cosa ci fate qui?-
-Ci chiediamo la stessa cosa noi,amico mio-s'intromise Alexander-Urlavate come un vitello al macello!-
-Concordo con le parole del signor Alleyn,signore-
Allontanai Farrah con un gesto della mano e dissi loro di lasciarmi respirare. La vecchia aprì la finestra e una folata di vento investì tutti i presenti,me compreso. Il vento mi fece ricordare quello scheletro polverizzato e sofferente di ragazza,e gioii gemendo di ritrovare la luce del sole. Era finalmente mattino.
-Povere ossa polverizzate!-
Farrah ritornò al mio capezzale insieme ad Alexander.
-Oh,la mente umana! E' sì un prodigio,ma capace di partorire orrori tremendi!-
-Ossa polverizzate? Oh santo cielo,signore,di cosa parlate?-
-Un incubo terribile .. E c'era lei,nuovamente-
Farrah era spaventata,Alexander inorridiva. La vecchia si gettava al mio capezzale,l'uomo si voltava alla finestra tirando fuori un sigaro.
-Lei? Oh santo cielo,santissimo cielo .. Cosa vorrà mai quell'anima in pena! Bisogna chiamare il pastore,oh cielo ..-
Alexander si voltò verso di lei e la chiamò con durezza,volgendole uno sguardo gelido e terrificante.
-Farrah! Non entrerà nessun pretino di campagna,ci siamo intesi! E' casa .. -le sue labbra stavano per dire mia,ma seguì una pausa di silenzio che lo fece riflettere ulteriormente mentre mi osservava quasi pentito delle sue parole- .. del signor Stevens,oramai. Sarà lui a decidere .. E poi,amico mio,lasciatevelo dire: osservate troppo quel maledetto quadro-
Il suo giudizio mi fece rabbrividire e Farrah uscì dalla stanza in silenzio e insieme ai tre domestici,trascinandosi lungo i suoi passi. Aveva ripreso a singhiozzare sotto lo sguardo fiero di Alexander:mi fece una gran pena.
-Coraggio amico mio,saltate dal letto. Voglio presentarvi qualcuno stamane!-
Quelle parole mi fecero venire in mente la tristezza di Ophelia,la sua paura e la sua triste gelosia. Non credo nelle profezie,amico lettore,e l'educazione ricevuta m'ha sempre insegnato a non credere al presunto valore mistico e magico dei sogni,dacchè questi ultimi sono semplici immagini mentali;eppure,se già una volta in sogno avevo conosciuto quell'uomo che avrei scoperto fosse il barone Alleyn,temevo che adesso sarebbe entrata nella mia vita quella lei che Ophelia tanto temeva.
-Di chi si tratta,se posso chiedervi,mio ospite?-
Il mio epiteto gli causò una smorfia di divertito disappunto,ma continuò imperterrito a parlare specchiandosi vanitosamente.
-Vedrete,vedrete ..- sorrideva beato come un ragazzo innamorato o pronto a corteggiare qualcuno,mentre mi sembrava che della polvere scorresse tra le mie dita.  Polvere poi umida e un forte odore di terra bagnata.
Lo scheletro si polverizzava ancora davanti ai miei occhi,in bocca nessun Eterno Riposo.
-Datemi il tempo di prepararmi,di grazia. Ci vediamo in sala pranzo,attendetemi e ricevete l'ospite al posto mio-
 
Mi vestii di fretta e male:mi importava poco di chi sarebbe arrivato,in realtà. Sentivo e sapevo che quel maledetto incubo mi avrebbe accompagnato per tutta la giornata e che avrei trovato possibili riferimenti ad esso in ogni singolo,dannato particolare di quella giornata.
Arrivavo all'altare di Ophelia-sì,quello era ormai diventato un altare vero e proprio anche per me-a passi veloci,ma quando fui davanti al quadro mi fermai qualche secondo:le rose,che la sera prima erano ancora rosse e vive,avevano perso tutti i petali;ne presi uno tra le dita ed esso mi si sbriciolò al minimo tocco.
Rabbrividii.
Farrah veniva dal corridoio con una grossa cesta piena di lenzuola,in procinto di scendere le scale. Aveva l'aria infastidita e terribilmente stanca.
-Farrah,è arrivato l'ospite?-
Qualcuno bussò alla porta e sbuffò.
-Sì,signore .. Per favore,fatemi la grazia di aprire insieme a me,povera vecchia,che in questa giornata vorrebbe avere trent'anni di meno per mettere buone parole su certe questioni .. Oh,ma son vaneggiamenti,non ascoltatemi signore!-
Signore. Sorrisi del fatto che la vecchia assegnasse questo epiteto solo a me.
Mi guardai intorno e,con un po' di coraggio,le tolsi la cesta dalle mani sotto il suo sguardo meravigliato. Con un po' di attenzione arrivai al piano terra,davanti alla porta,mentre Farrah iniziò a scendere lo scalone a rotta di collo.
-Dio vi benedica,signor Stevens- e,ansimando per la discesa,mi strinse con foga le mani.
-Farrah! Hanno bussato,di grazia!- urlò cupo Alexander dalla sala pranzo,e tanto alto fu il suo tono di voce da far tremare i ninnoli del lampadario.
-Sto aprendo,signor Alleyn ..-
Mi allontanai verso la sala da pranzo,inondata di luce,e mi sedetti al tavolo accanto ad Alexander. Questi mi sorrise amabilmente e tolse il naso dal quotidiano che leggeva.
-Finalmente,eccovi qui! Ora farete un'amabile conoscenza!- ed arrossì tutto come un fanciullo alla prima cotta. La sua espressione mi fece rabbrividire e le parole di Ophelia continuarono a risuonare nella mia mente.
La porta si aprì,si sentì un ticchettio leggero di passi e dunque si richiuse piano.
-Era ora,ma chere!- era una voce femminile e stizzita,squillante. Una voce di giovane donna al cui suono Alexander sobbalzò arrossendo tutto,arricciandosi i baffetti e con gli occhi brillanti come non mai.
-Benvenuta,lady Hughes. Il signore e il barone vi attendono in sala pranzo-
Un fruscio di vesti femminili si fece più evidente.
-Ma,Farrah,il signore e il barone non sono la stessa persona?-
Silenzio. La voce femminile,sempre stizzita,s'era fatta più cupa e severa. Farrah non rispose e l'ospite venne introdotta nella sala pranzo.
-Alexander,dove sono tutti i damerini? Mio Dio,cosa è successo?-
Alexander si alzò di scatto,quasi trattenendo il respiro,e le venne incontro. La rigidità con cui si mosse verso la donna mi fece comprendere i suoi sentimenti verso di lei,e ciò mi fece rabbrividire pensando alla povera trapassata,dacchè l'ospite appena entrata era tutto il contrario di lei: era una giovane donna,forse coetanea mia e di Alexander,con una luminosa pelle rosea e splendente di salute e felicità;indossava un pomposo abito di velluto rosso,fasciato in vita da una cintura d'oro,e d'oro era anche l'orlo della gonna,mentre le maniche erano pressochè assenti;in compenso,sulle spalle indossava una morbida e leggera mantella rossa,mentre il collo e le morbide braccia brillavano d'oro e rubini. Forse era una delle più belle donne che avessi visto in vita mia:mentre il suo corpo sinuoso era fasciato dall'abito,il suo viso,anch'esso arrossato,era illuminato da occhi grandi e nerissimi,molto simili a quelli di Ophelia ma luminosi di giovinezza,e sotto di essi un paio di labbra carnose e tinte di bordeaux;i capelli,corvini come quelli di Alexander,erano raccolti in una morbida crocchia e tenuti fermi da una particolare tiara d'oro e pietre rosse. Nel vederla capii le sensazioni di Alexander e in cuor mio chiesi scusa alla pallida,triste dama bianca dei miei sogni spettrali!
-Lady Hughes-lo disse tutto d'un fiato,perso in quella pelle rosata e in quell'abito maestoso e vermiglio-Siete arrivata,finalmente-
Le si avvicinava a passi lenti,le prendeva una mano e se la portava alle labbra continuando a guardarla dal basso. Lady Hughes sorrise amabilmente e si accomodò al tavolo,arrossendo tutta,ed entrambi non mi diedero il minimo segno di considerazione.
-Accomodatevi,mia cara .. Siete splendida oggi,brillate!-
-Sempre molto gentile,vecchio amico mio .. E non vi siete ancora risposato!-
Vidi le loro mani allungarsi sul tavolo da pranzo fino a sfiorarsi lentamente. Fissai ogni loro singolo movimento e mi sentii morire,quasi fossi invidioso delle attenzioni che tal splendore di donna donasse ad un uomo inquietante come Alexander o quasi provassi una gelosia non mia.
-Vostro fratello sa che siete qui?-
-Mio fratello è uno sciocco e lo sapete,barone .. Sono andata in città a far compere,a trovare l'amica partoriente .. E' questo il bello di stare in società! E voi,voi quando tornate?-
-Tornerò quando .. Le finanze vorranno! E il caso ha voluto che incontrassi lui..-finalmente mi indicava,mentre io m'ero perso nel loro terribile e acceso gioco di sguardi-Mia cara Anne,salutate il nuovo padrone di villa Prynne,il signor Martin Stevens-
Mi riconosceva come padrone e cercai di trattenere una risata altrimenti troppo rumorosa e crudele.
-Il piacere è mio,signor Stevens-fece un ossequioso inchino con la bella testa ingioiellata,inchino che ricambiai in silenzio. Nel frattempo entrava Farrah con il carrello colmo di carne,tè,fette di pane tostato e confetture. Guardava la nostra colazione più o meno lieta con grande rancore e rabbia,rivolgendo occhiate cupe soprattutto a lady Hughes. Ella se ne accorse e lanciò agli occhi di Alexander una sprezzante richiesta di aiuto.
-Mio caro signor Stevens- iniziò Farrah,apparecchiando la tavola- Volete che apra la finestra? Tutto ciò non vi cruccia?-
-Cosa intendete?-
Alle mie parole la Hughes sobbalzò e si portò una mano alle belle,turgide labbra.
-Come ha detto?-si rivolse sorpresa ad Alexander,che nel frattempo mi guardava ridacchiando- Parla in maniera così formale a .. una domestica?-
-Sì,mia cara lady Hughes .. Ma del resto,come disprezzarlo! Il padrone di casa è un campione d'umiltà e bontà,buon Dio-
Non seppi se rallegrarmi o sorprendermi degli appellativi che Alexander continuava a darmi in quel momento,dacchè era evidente che il mio coinquilino volesse far bella figura con la dama.
-E soprattutto,mio caro barone ..-proseguiva la dama,prendendo con le belle dita ingioiellate una tazza di tè-La nostra cara Farrah non è un po' troppo vecchia per continuare a lavorare? Sarà ormai stanca!-
Farrah nel frattempo continuava e,mentre serviva la colazione,continuava a ridacchiare in maniera provocatoria,ed io,forse ingiustamente,non facevo che ridere delle sue frecciatine.
-Volevate cambiare aria venendo qui .. E invece trovate solo polvere e vermi e brutti mosconi! Io,da fedele domestica di questa casa,mi sento responsabile in prima persona!-
Le sorrisi in maniera complice e con un gesto della mano le ordinai di andare via prima che Alexander potesse posare su di lei il suo sguardo,più freddo e crudele che mai.
-Farrah,forse è il tempo di andare a controllare il pollaio .. Dovresti controllare bene le galline e selezionare bene quelle più vecchie,ormai sterili,pronte per essere ormai .. Buone ormai per fare un'ottima zuppa-
-Sarà fatto,se padron Martin vorrà! Non è assolutamente mia intenzione mancar di rispetto ai miei signori!-
Se ne andò trascinando il carrello,alternando un cupo tossicchiare ad un'amara risata.
Vidi Alexander stringere con foga una forchetta e lanciarle sguardi d'odio mentre la Hughes gli teneva il braccio e avvicinava le proprie labbra al suo orecchio.
-State tranquillo. Avrà sì e no due anni a disposizione,magari nel frattempo riuscirete anche a  buttare le sue vecchie,polverose ossa fuori da questa casa-
Dopo la colazione proposi loro di andare nella sala di musica: non volevo lasciarli soli,avevo paura che qualcosa di più acceso potesse nascere tra i due. Non sapevo cosa m'importasse di preciso di entrambi,avrei potuto lasciare che si amassero e si scambiassero smancerie,ma il rispetto per la precedente padrona di casa me lo impediva. Il tenerli separati o,perlomeno,stare insieme a loro sarebbe diventato un mio dovere morale nei confronti di una donna che non avevo mai conosciuto nè avrei potuto mai conoscere.
La Hughes accolse con gioia la mia proposta e ovviamente Alexander l'assecondò.
-Grandioso!-esclamò con la sua vocina squillante e sensuale-Vorrei farvi ascoltare qualcosa,mio caro barone,qualcosa di incredibile ..!- e si mettevano a braccetto,mentre salivamo lo scalone e passavamo accanto al ritratto.
Il sole s'oscurò ed eccola,più fredda che mai,quella terribile brezza,odorosa di polvere e terra bagnata.
-Povera Ophelia!-sospirò ipocritamente,quella puttana la Hughes-Che possa riposare in pace,dovunque ella sia .. E non contradditemi,barone!-
Egli rideva e si stringeva a lei,mandandole sorrisi divertiti come se stesse dicendo le più innocenti delle bugie.
-Non sia mai,amica mia,che possa criticare le vostre prese di posizione in campo religioso!-
Anch'io passavo davanti al quadro e,davvero,quella mattina niente mi impedì di fissarlo di nuovo perchè esso era cambiato. Dagli occhi era sparita la tristezza,sostituita da una velata rabbia.
-Martin!-mi aveva sorpreso di nuovo davanti al ritratto-Oh,guardatelo! Il padrone s'è innamorato del ritratto di mia moglie!-
Mi voltai verso di lui,cercando di trattenere lo sdegno. Ophelia non era mai stata sua in realtà,se non sulla carta,se non per uno stupido anello d'oro e prima ancora per uno stupido anello di zaffiro; e lei l'aveva amato con tenerezza ed innocenza,e lui non se n'era mai avveduto.
La Hughes ridacchiò e mi fece segno con la mano di avvicinarmi.
-Portateci alla sala da musica! Oh,dovete assolutamente sentire cosa ho imparato ultimamente!-
-Vi accompagno io,lasciamo il padrone alle meditazioni .. Ditemi,ditemi tutto!-
Corsi verso di loro,detestandoli tuttavia profondamente.
-Scusatemi,lady Hughes .. Dicevamo?-
Mi sorrise ironicamente,tagliente come non mai.
-Siete mai stato nelle Indie,amico mio?-
-No,mai,lady Hughes-
-Raccontateci tutto!-s'intromise Alexander,guardandomi divertito.
-Avete un sitar,qui? Sono strumenti meravigliosi,dovreste sentirne il suono!-
Villa Prynne non aveva un sitar nella piccola,bluastra stanzetta di musica: c'erano ancora però il vecchio pianoforte,un piccolo clavicembalo impolverato e un'arpa scordata e appoggiata alla parete;quando avrei spostato i miei oggetti dalla casa paterna,promisi solennemente ai miei increduli ospiti,la sala da musica avrebbe avuto anche degli archi. Quella mattina Anne Hughes cantò delle vecchie canzoni,magari fin troppo vecchie e tradizionali per una donna come lei,e tuttavia Alexander rimase a guardarla a bocca aperta e poco mancò che si mettesse a sbavare come un cane:ella ovviamente se ne accorse e ridacchiò di gusto e,toccandogli le barbute guance,lo invitò ad accompagnarla col clavicembalo. Sembravano due amanti,due amanti lasciati soli,ed evidentemente la mia presenza contava poco.
Pranzammo tutti insieme ma Alexander e Anne non sembrarono nuovamente degnarmi la minima attenzione. Il pranzo non venne servito da Farrah ma da Manon e da un altro domestico più giovane.
-Quando ritorneranno i lacchè,barone?-
-Mia cara amica,sapete come ormai non abbia più nulla .. Ci penserà il padrone,non è vero amico mio?-
Alzai lo sguardo dal mio piatto.
-La mia famiglia non ha mai avuto lacchè.. E forse mai ne avrà. Sono un semplice e dispendioso ornamento,non trovate?- risposta che tanto lasciò basita la Hughes da far cadere,in maniera piuttosto rumorosa tra l'altro,il proprio cucchiaio nella scodella. E,da quel momento,il pranzo seguì in un un imbarazzante silenzio interrotto soltanto dalle risatine dei due.
Dopo il pranzo ci spostammo in salone: Alexander fece uscire i tavoli da boston e giocammo fino all'ora del tè,anch'esso servito nel salone. La Hughes fece chiamare Farrah e le ordinò di chiamare a sua volta una certa Jane nella carrozza e dirle che ormai erano arrivati.
-Chi è Jane nella carrozza,dearest?-
Disponevamo insieme le carte e quel nomignolo colpì le mie orecchie. Quando alzai la testa vidi i più accesi giochi di sguardi mai visti in quella giornata.
-La mia chaperon,vecchia come il cucco my darling. Mia madre me la manda affinchè mi faccia da cane da guardia,povera donna,solo che nessuno sa cosa le faccio mettere nel tè ..-
Alexander rise rumorosamente e le accarezzò il collo,rapito da quella pelle rosea e profumata di spezie,di fiori esotici,di terre lontane. L'accarezzava come la mappa di uno splendido paese che avrebbe volentieri visitato,una pianura rosea e profumata e senza rilievi,ma solcata dai neri fiumi dei suoi capelli.
Farrah trascinava a fatica una vecchia grassa e vestita con un abito nero di vecchio. La vecchia era mezza addormentata e totalmente abbandonata alle spalle della mia domestica,con ancora la bava alla bocca.
Alexander e Anne ridevano,ma quelle due vecchie mi facevano tanta pena. Mossi una mano e fui in atto di alzarmi,ma Farrah mi bloccò con lo sguardo rassegnato e fece distendere la vecchia sul divano.
-Non ricorderà nulla e crederà d'essersi addormentata durante una piacevole conversazione .. D'altronde,l'età fa questi scherzi non trovate?-
Mi sforzai di ridere.
Ordinai che si cenasse presto,ero stanco di quella giornata di continue moine. Anche la cena passò velocemente in mezzo alle loro stupide chiacchiere e,finalmente,Anne Hughes dopo cena andò via. Prima di andare,tuttavia,rivolse le ultime frivolezze al mio coinquilino.
-Oh,dimenticavo!-disse prendendo a braccetto la vecchia Jane mezza sveglia-Barone e ..anche voi,se proprio volete,signor Stevens .. Fra poco organizzeremo un piccolo rinfresco. Non la trovate un'ottima idea di ritornare in società dopo la terribile disgrazia?-
-Sarà un piacere e un privilegio partecipare,lady Hughes .. Aspetterò gli inviti?-
Non mi stupiva più.
-Sì,è meglio aspettarli forse .. Il primo arriverà a voi,naturalmente ..-
Non si strinsero la mano nè si baciarono,ma le loro pupille ardevano come non mai. Le vedemmo allontanarsi lungo lo scalone verso un gigantesco cocchio nero con disegni dorati e tende rosse; il loro lacchè aprì la portiera e salirono. Il cocchio partì a grande velocità,meraviglioso e imponente sul viale d'ingresso,e Alexander ne seguì ogni singolo movimento nell'oscurità finchè non sparì nell'oscurità. Fu la prima volta in cui lo vidi sospirare.
Ci separammo subito dopo e ognuno finì nella propria stanza. Rimasi nuovamente a perdere tempo dinanzi all'altare,anche con gli occhi assonnati. Oh,gli occhi assonnati,qual prodigio:riescono a vedere solo ciò che vogliono a mio parere. E quella sera Ophelia piangeva.

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Capitolo 9
*** - ***


La notte del giorno in cui conobbi Anne Hughes dormii a lungo e sognai poco,molto poco: c'era di nuovo Ophelia,viva e rosea come non mai,affacciata al balcone; vestiva in maniera molto semplice,quasi sciatta      -un abito vecchio stile,risalente almeno a dieci anni prima,beige chiaro senza alcun fronzolo e sulla testa un cappello di paglia a tesa larga,decorato da un fiocco bianco-e respirava a pieni polmoni l'aria profumata che la circondava. Ella guardava in basso e vedeva una vettura di casa sfrecciare via sul viale d'ingresso,poi rientrava in casa e spariva dietro una tenda. Ricordavo ancora quel sogno perchè quella mattina,appena scesi a far colazione,trovai un biglietto accanto al mio piatto:
"Mio caro amico e benefattore
Starò lontano per qualche giorno o forse più. Lady Hughes,mia più cara amica di cui avete già fatto conoscenza,ha invitato me e i miei fratelli nella sua residenza di campagna poco lontana da qui-e accanto ne aveva segnato l'indirizzo -. Son partito stamane,alle prime luci dell'alba,e ho voluto avvertirvi; spero che in questi giorni anche voi potrete unirvi alla nostra compagnia(chiederò ad Anne al riguardo e vi farò certamente sapere)
A. M. A"
I giorni che seguirono la sua partenza passarono con lentezza e tranquillità e la sua assenza sembrava aver effetti benefici sulla casa intera:tutta la servitù lavorava con più perizia e impegno,tranquilla nel vedermi e assolutamente ossequiosa nel salutarmi,un forte profumo floreale s'era misteriosamente espanso in ogni stanza della villa e le giornate erano più belle e splendide che mai;quanto a me,addirittura smisi di sognare Ophelia e dal ritratto della mia dama bianca era sparita la presunta ira che avevo precedentemente notato. Alexander non era tornato ancora quattro giorni dopo e feci spedire un biglietto d'invito ad alcuni miei amici del liceo ginnasio,Charles MacKenzie e Marcel Davis,uno il contrario dell'altro: il primo alto e massiccio,chiuso come un orso ma buono come il pane,e l'altro era un secco e pallido amante della vita mondana. I miei compagni vennero due giorni dopo che il biglietto venne consegnato,a bordo di un calesse,biondi e splendidi di giovinezza e forza come non li ebbi mai visti.
-Vecchio riccastro,caspita che casa vi siete arraffato!-urlava Davis dal calesse,alzando e muovendo il braccio il braccio per salutarmi.
MacKenzie ridacchiava del comportamento del compagno ed io,insieme a Farrah,corsi a riceverli. Nei giorni precedenti al loro arrivo feci portare dalla casa paterna due altri uomini del personale,due gemelli mingherlini dal naso aquilino che sarebbero stati i nuovi lacchè della casa: questi li aiutarono a scendere e insieme alla mia domestica portarono sopra i loro pochi bagagli.
Appena mi videro mi corsero incontro e mi abbracciarono con vigore,proprio come ai vecchi tempi,ma appena videro Farrah notai un'improvvisa smorfia di terrore nei loro visi. Ci fissammo per un attimo e si fecero avanti appena Farrah fu sopra lo scalone,ormai lontana.
-Da dove spunta quella donna? Mio Dio!-
-Cos'ha di strano,perchè?-
-Il volto,avete visto? Sembra scampata ad un incendio-
 
La prima giornata trascorse lieta e piacevole:prima mostrai ogni singola stanza di quel mio piccolo castello,felice finalmente d'essere il vero padrone della villa senza baroni squattrinati e sbruffoni a farmi da sostituiti; Davis e MacKenzie rimasero affascinati da ogni stanza che gli feci visitare(soprattutto quelle da letto,anche se mi confessarono d'aver sentito odori strani in quelle stanze a detta loro)e alla fine del giro li portai davanti all'altare. Eppure,appena furono lì davanti,li vidi improvvisamente impallidire e sudare.
-Chi ha dipinto questo quadro?-mi chiese MacKenzie
-Non so,l'ho trovato appena sono arrivato. Non lo trovate meraviglioso?-
-Realistico,amico mio. Terribilmente realistico,e per giunta di una defunta:è come guardare un fantasma in uno specchio,perbacco!-
Bella mi trova,di' che bella mi trova
-Martin,avete sentito?-
-Cosa,Marcel?-
-Come una voce femminile,un sussurro. Sembrava una cantilena-
-No,assolutamente no .. Oppure forse sarà Farrah,canta spesso mentre fa le pulizie-
In realtà non c'era nessuna Farrah,lo sapevo bene. Avrei riconosciuto quella voce tra mille e tuttavia rimproverai il mio cervello d'avermela ricordata,e ricordata tanto forte che persino i miei amici riuscirono a sentirla.
Subito dopo ci spostammo nel salone:mostrai loro le scacchiere e a turno mi sfidarono; dopo le mie due vittorie-giocare con il terribile Alexander m'aveva allenato parecchio- uscimmo insieme a Farrah a vedere la cantina. Giurai di non aver mai visto una vecchia serva di così dignitoso aspetto,ma i miei due compagni continuavano ad asserire di trovarla spaventosa.
-Miei onorevoli signori-disse Farrah d'un tratto,e il tono triste della sua voce mi spinse quasi a rimproverare i miei irrispettosi ospiti-La vecchiaia è gran male,voi siete giovani e ancora il giorno è lontano. E se la vecchiaia è serena,i segni su viso e corpo si notano;se la vecchiaia è dolorosa,contrassegnata da lutti,sia lo stesso. Ma voi siete giovani e giustamente la temete,come io la temevo alla vostra età ..-
Dopo le sue parole smisero di commentare la figura della vecchia domestica per concentrarsi sulla cantina, della quale ognuno sottolineò i pregi come avevo anch'io fatto a mio tempo. Dopo la cantina visitammo il giardino sul retro,posto nel quale ero stato rare volte,a cui si accedeva procedendo oltre la piccola porta che mandava alla cantina. Ben curato,con le aiuole volte a formare piccoli strani vortici,splendeva di verde come il giardinetto d'ingresso e altri colori predominanti erano il bianco dei cespugli di rose e l'ocra di alcuni narcisi;le aiuole erano talvolta interrotte da piccole statue annerite,ormai quasi divorate da alcune rampicanti,raffiguranti puttini e soggetti mitologici;più in là poi il giardino sembrava immettersi nel boschetto di pioppi,dal quale lo separava solo una piccola balconata e quattro panchine,divise in due gruppi da due separati da una singolare statua,diversa dalle altre:era alta e maestosa,ben tenuta rispetto alle altre, e non raffigurava un soggetto mitologico bensì un grande,pallido angelo accasciato su ciò che sembrava una lapide;l'angelo aveva lunghi capelli ondulati con cui copriva il viso,con un braccio copriva gli occhi e con l'altro abbracciava il suo alto letto marmoreo. Non avevo dubbi sul possibile utilizzo di quella singolare scultura e l'incisione confermò la mia idea:
GIACE IL CORPO DI OPHELIA CECILIA ALLEYN,NATA PRYNNE
23 AGOSTO 17** - 4 GIUGNO 18**
LA FAMIGLIA E LO SPOSO DEPOSERO ADDOLORATI
Nessuno me l'aveva mai mostrata.
I nostri piedi camminavano sopra quel corpo,quella povera morta,e feci segno ai miei compagni di allontanarsi.
-Perdonatemi se non ve l'ho mai mostrata,mio giovane padrone-
Farrah apparve alle nostre spalle improvvisamente. Pensavamo si fosse allontanata dopo aver lasciato la cantina.
-Molto probabilmente abitare in un mausoleo non vi avrebbe permesso di comprare questa casa che ora tanto amate .. V'ho mentito,signore,a fin di bene. Mi spiace e me ne assumerò le conseguenze-
-Ma che dite,Farrah .. Coraggio,non preoccupatevi ..-
Mi inginocchiai davanti a quell'angelo caduto,su quel suolo,probabilmente a pochi metri o centimetri da quel corpo,quella reliquia,quella dama bianca addormentata per sempre. Non mi ebbi la più pallida idea di quanto tempo passai fermo in quella posizione e nel frattempo dal cielo cominciò a cadere una tiepida,sottile pioggia.
 
MacKenzie e Davis lasciarono la casa dopo due giorni. Furono due giorni lieti,passati a cantare e a giocare e a parlare di cose più o meno serie e tutte interessanti:la vita in città,i prossimi spettacoli e balli,l'economia e la religione e la vita e la morte e Ophelia.
-Com'è morta?-
-Parto,così mi ha detto Farrah-
-Povera donna. Che possa riposare in pace-
Sì,ebbene,riposava in pace.
Riposava senza sosta nella bellicosa e tremenda pace dei miei sogni,in quella dimensione mia e sua contemporaneamente,in quella terra di mezzo tra il mio sonno effimero e il suo sonno eterno che aveva permesso ad un vivo di incontrare una morta ma non viceversa,ad un vivo di innamorarsi di un'immagine,di un ritratto,di un riflesso di defunta e non viceversa.
Alleyn tornò il giorno dopo la partenza dei miei compagni. Era brillo e arrossato,felice come un bambino dopo una scorpacciata fatta di nascosto,con gli occhi ancora brillanti di felicità e il viso stanco di chi non ha dormito se non per poche ore.
-Vi siete divertito,amico mio? Vi sono mancato? E' tempo di organizzare una festa in questo vecchio mausoleo!-
Ed ecco che insieme a lui tornarono i fantasmi.

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Capitolo 10
*** - ***


Due ali di folla composta da persone profumate,ben vestite,ben acconciate e arrossate e felici e quant'altro.
E poi al centro la navata odorosa di gigli,col lungo tappeto rosso,ed ella l'attraversava col velo nuziale sul capo. Camminava lentamente,con un passo troppo pesante per una sposa così giovane,quasi un peso nel cuore nella testa nell'animo la costringesse a camminare in tale maniera; dal velo nuziale cercavo il suo viso,ma riuscii a notare solo i suoi occhi:due pozzi neri tristi e cupi,senza luce nè amore.
Giovanna d'Arco al patibolo,martire condotta all'arena,Andromeda sposa del mostro,ed egli l'attendeva all'altare,sicuro di sè e insicuro della circostanza in cui si trovava.
Il velo toccava il tappeto rosso e quasi ne trascinava via il colore. Ogni passo che muoveva trasformava il biancore del velo nuziale in rosso sanguigno,un rosso tremendo e violento: l'odore dei gigli venne sostituito da un odore pungente e acre,un odore che mi riconduceva alla prima notte nella casa. Odore di sangue.
Arrivò all'altare e un bambino,sgattaiolato da un angolo,si fece avanti portando le fedi,luminose di riflessi d'oro e sporche di sangue. Alleyn ne prese una,la guardò bene e la leccò tutta intorno sorridendo malignamente,mostrando la sua vera natura di demone in quella dimensione irreale che ormai ben conoscevo e leccandosi per bene le labbra.
Poi alzava il velo lentamente,con il labbro inferiore ancora sporco di sangue.
La sposa,la giovane e malinconica Ophelia,non era lì.
Ecco di nuovo il suo scheletro pallido e tremante,con le orbite colme di vermi e chissà quanti altri orrori.
 
Mi svegliai di soprassalto con la fronte grondante di sudore. Era appena l'alba e dall'esterno sentivo il cinguettare dei passeri e il nitrire dei cavalli dalla stalla. Il cielo che vedevo dalla finestra era limpido e rosato e qualche raggio di sole iniziava a filtrare dalle tende e a proiettarsi sulla mia coperta.
L'orologio segnava le sei e mezza ma decisi comunque di alzarmi. Mi sciacquai il viso nel tentativo di cancellare quell'incubo tremendo- quei vermi! neri e lucidi e striscianti in quelle povere orbite vuote!-, poi mi vestii con i primi abiti che tirai fuori dall'armadio e uscii dalla mia stanza. A quell'ora la casa era ancora mezza addormentata,con il corridoio buio e risuonante dei passi dei domestici appena svegli;dallo scalone sentivo il cantilenare di Farrah e i suoi passetti avvicinarsi al piano superiore e,quando la incontrai,mi lanciò un'occhiata sorpresa.
-Signore! Avete l'aria così stanca! Non è un po' troppo presto?-
-Voglio fare quattro passi,Farrah. Per me è stato decisamente meglio svegliarmi che continuare a sognare ..-
Mi guardò come se avesse capito il senso delle mie parole.
-Buona giornata,giovane signore- e continuò e salire le scale.
Aprii la porta e scesi a passi veloci la scalinata d'ingresso,ansioso d'esser lontano da quelle meravigliose,terribili pareti. Ormai ero in quella casa da circa una settimana e mezzo,ma era come se fossi nato e cresciuto a villa Prynne-sì,sarebbe stata sempre villa Prynne: Prynne com'era Ophelia Prynne,unica vera padrona di quella villa bianca e meravigliosa e spettrale insieme,anima innocente e tremenda che ancora aleggiava per le stanze. Alexander ancora dormiva e non si sarebbe svegliato prima delle tre,stanco e ubriaco com'era arrivato a casa:a stento ricordava il proprio nome,figuriamoci la persona che s'era trovato accanto per nemmeno un anno. In quel breve lasso di tempo in cui lo conobbi capii,sotto sotto,di odiarlo profondamente e lo odiavo terribilmente quella mattina,odiavo come s'era ridotto e come poco gli importasse della moglie trapassata. Ed io ero nel vialetto d'ingresso perso nelle mie riflessioni,perso in quel cielo rosato e quasi ocra,con un piccolo sole che faceva capolino tra le montagne,e sospirai e mi pentii dei miei pensieri stessi: Alexander era un uomo come me,uomo forse più debole di me,che aveva affogato il proprio dolore nei piaceri e nel lusso e in quella donna fatale. O forse soffriva per l'assenza di sofferenza,perchè riconosceva di non provare alcuna tristezza davanti a quelle reliquie,a quegli occhi enormi e piangenti. Alexander era cupo come i suoi capelli,tanto simili ai suoi pensieri.
Avevo già fatto il giro del viale d'ingresso e mi dirigevo verso il giardino sul retro,piccolo ed elegante cimitero privato per un angelo terreno. Sciocco,sciocco Martin,perso nelle proprie fantasie e nella propria impossibile e insana infatuazione per una morta,per la sua immagine! E se fosse stata un demone,sciocco bambino troppo cresciuto? E se non avesse mai amato Alexander,e se in realtà avesse trattato male i servi e Farrah stessa che l'aveva cresciuta,e se in realtà fosse terribile e Farrah l'avesse appoggiata nei suoi tremendi disegni?
I sole sorgeva e già riusciva a sovrastare le cime degli alberi,le cui sottili ombre grigie si stagliavano sui vialetti e sulla casa,luminosa di bianco a quell'ora del mattino. I miei piedi m'avevano portato di nuovo davanti l'angelo caduto,splendente di rosa e ocra e forse più triste che mai. Intorno a me il canto degli uccelli e di nuovo il nitrire dei cavalli in lontananza ma no,no,in quel momento non ero solo: una calda brezza profumava spirava alle mie spalle,ma intorno a me non si muoveva un ramoscello.
Mi voltai verso la casa. La stanza di Alexander - che un tempo aveva condiviso con Ophelia - dava sul giardino e,in quel momento,vidi dalla finestra una tenda scostarsi. Mi aspettai di vedere Alexander con capelli spettinati e vestiti della sera prima,magari con uno dei suoi sigari in mano. Ma no,non era certo di Alexander quella pallida figura dalle labbra rossastre,col viso circondato da boccoli scuri e con una veste bianca e gli occhi neri e vuoti e tristi e persi puntati su di me .. E di certo non seppi a quale dio appellarmi in quell'istante.
 
Ero rimasto pietrificato e un urlo,un terribile urlo fu l'unica cosa che mi fece svegliare dal mio stato di trance. Quando scossi la testa la sagoma,lei  era scomparsa e la finestra era spalancata,e le tende ondeggiavano con tale violenza quasi un terribile uragano si stesse scatenando dentro la stanza stessa.
Mi precipitai in casa a corsa,quasi rompendomi una caviglia nella scalinata d'ingresso e l'osso del collo sullo scalone,e circondato da altre domestiche allarmate mi precipitai nella stanza di Alexander: egli giaceva tramortito sul letto -  enorme,a baldacchino,con uno schienale imbottito sui toni dell'azzurro e dell'oro-,con la camicia sbottonata e l'espressione stralunata,con gli occhi più gialli e terrorizzati che mai;la bella stanza da letto padronale - ampia e sempre tenuta in ossequioso ordine,con le pareti tappezzate di stoffa damascata oro e colori pastello e decorate da teste di cervo,il mobilio in stile rococò e un enorme camino bianco sormontato da un grande specchio dalla cornice d'oro- era stravolta come se,appunto,un uragano o forse una bestia feroce o forse un demone fosse entrato dentro,mentre alcuni oggetti giacevano a terra mezzi rotti come se fossero stati lanciati contro la finestra. Appena ci vide parve più sollevato e il suo respiro affannoso si fece più regolare.
-Martin,amico mio! Finalmente siete arrivato!-
Dietro di me arrivavano le altre domestiche,chi con i sali ,chi con dei ventagli e chi con una brocca d'acqua.
Mi avvicinai al suo capezzale,lo aiutai a mettersi a sedere e gli porsi la brocca d'acqua. Egli bevve tutto d'un fiato e s'asciugò le labbra con la manica della camicia.
-State bene? Cosa è stato quell'urlo?-
Il pallore iniziale venne sostituito da un nuovo rossore sulle sue belle guance barbute.
-Dormivo ancora quando accadde .. E d'un sonno anche abbastanza profondo,stanco com'ero della serata precedente e del viaggio .. Ecco,ecco che vidi ..-
-Cosa,cosa avete visto?-
Alzò il braccio tremante e con il dito indicò davanti a tutti noi. Io e le domestiche ci girammo e posai gli occhi sull'ennesimo ritratto che non avevo notato,anche questo di Ophelia,molto simile a quello del salone: stessa espressione triste,stesso pallore,diverso vestito- l'abito adesso era azzurro chiaro,in stile impero,tenuto stretto in vita da un cinturino d'oro.
-S'è mossa .. Il suo volto s'è mosso ..-
-Non capisco,Alexander,spiegatevi meglio ..!-
In realtà capivo benissimo,eccome. Avevo vissuto pochi minuti fa la stessa onirica e terrificante realtà.
-Ophelia,mio Dio! Quel maledettissimo quadro e quella maledettissima .. - e Farrah s'era già morsa il labbro e a stento tentai di fermarla con gli occhi
-Osate dire una sola parola su Ophelia,barone e .. Osate,osate soltanto pensarla!-
Il viso del barone s'infiammò ulteriormente,colmo di rabbia e indignazione.
-Non mi sembra proprio il momento di parlare di mia moglie,vecchia strega che non sei altro! Occupati dei vivi piuttosto che dei morti e,soprattutto,maledetta quanto l'inferno che sei ,vedi di non mancare rispetto al tuo padrone! Non t'ho ancora buttata fuori perchè di te ho pietà,vecchio ammasso di ossa polverose!-
-Farrah,avanti,uscite subito da questa stanza!-
-Voi non siete il mio padrone,barone Alleyn! Lo eravate forse per mezzo di quella santa ragazza che avete ucciso col vostro seme immondo,con tutte le notti insonni che le avete fatto passare per colpa vostra e di quell'altra puttana!- Alleyn si fece di mille colori mentre io e le altre domestiche sbiancavamo- Non eravate nemmeno il marito della mia bambina e vi siete arraffato un angelo condannandolo alle pene dell'inferno per i vostri piaceri e per le vostre dannate libidini,ed ella soffrì più di voi nel tentativo di espiarle .. Adesso siete soltanto un parassita qui dentro,che non fa altro che approfittarsi della bontà del mio vero padrone e dai cui ordini io sola dipendo! Lascerò questa stanza proprio perchè me l'ha detto lui e,padron Martin,perdonatemi se le mie parole irate hanno offeso anche voi ..-
Se ne andò a testa alta,vecchia e fiera rondine dinanzi all'irato lupo,con gli occhi colmi di lacrime. Alexander la osservava irato e,allo stesso tempo,mordendosi il labbro con una smorfia dolorosa: fu la prima volta in cui vidi i suoi piccoli occhi gialli,intelligenti e demoniaci luccicare di lacrime.
Mi voltai con cautela verso di lui e i nostri occhi si incrociarono. Nei suoi occhi color miele vidi i pozzi neri e piangenti di Ophelia,pozzi che il suo orgoglio tentava di prosciugare.
-Come state,barone?-
Sospirò e si distese,dandomi le spalle.
-Non crucciatevi,amico mio. Dite a tutte 'ste donnine di uscire,sarà sicuramente la sbronza. Sbronza e incubi fan brutti scherzi,soprattutto in questa casa-
 
Tutta la giornata stemmo lontani e non lo vidi nemmeno un attimo. Manon mi assicurò che Alexander fosse nelle proprie stanze,diviso tra stanza da letto e sala da musica,ma quando andai a cercarlo non nè nell'una nè nell'altra. Dopo il pranzo andai a cercare Farrah e,non avendo trovato nemmeno lei,appresi che molto probabilmente era andata a far compere e poi a messa,forse a confessarsi.
Ritrovai Alexander prima che venisse servita la cena. Sedeva alla scrivania della sua stanza,profumato e impomatato com'era,e appena mi vide mi rivolse un grande e aperto sorriso. Stava scrivendo in bella calligrafia su dei biglietti.
-Vi trovo bene,amico mio. E' un piacere,davvero,dopo questa tremenda mattinata-
-Il riposo m'ha giovato alquanto e la cena sicuramente completerà l'opera .. -
cosa avete fatto di Ophelia?
-Cosa scrivete?-
-Biglietti d'invito e,ah già,vorrei chiedere il vostro parere dacchè siete voi il padrone di casa .. Questo vecchio casolare ha bisogno di vedere gente,mio caro giovane amico. La prossima settimana si organizza un ballo in vecchio stile-

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Capitolo 11
*** - ***


E così in effetti fu.
Ci dividemmo il numero di inviti da compilare e la "direzione"della preparazione di cibo e decorazioni: io scrissi a pochi amici stretti con l'intenzione di inaugurare la casa,il mio coinquilino continuò a scrivere inviti per la sua lunga lista di ospiti con la più chiara ma mai dichiarata intenzione di tornare in società in grande stile;io preferivo uno stile più semplice e rustico,adatto all'ambiente in cui la villa si trovava,ma ovviamente Alexander pensava ad una festa maestosa ed esotica,lo stesso per quanto riguardava cibo e bevande. Alla fine decidemmo una festa maestosamente semplice,più tradizionale di quanto ci aspettavamo,e per essa si scelse un martedì sera.  Alexander fece chiamare dalla città una piccola orchestra di archi e una piccola squadra di giardinieri che avrebbe aiutato i domestici della villa a curare l'esterno;fece poi mandare Farrah e Manon ad acquistare in particolari e raffinati negozi i drappeggi da mettere alle finestre e alla tappezzeria,mentre il cuoco e i due fattori vennero spronati a cercare i prodotti e le ricette migliori da offrire alla festa.
Il risultato era splendido e tradizionale allo stesso tempo: il viale d'ingresso era stato decorato da tante piccole lanterne che avrebbero guidato le carrozze fino alla scalinata d'ingresso,decorata da drappeggi bianchi ed oro e degli stessi colori erano le livree dei lacchè-ormai necessari; tutte le finestre del salone e della sala da pranzo vennero decorate dagli stessi drappeggi,mentre lo scalone venne semplicemente adornato da due grossi vasi contenenti rose bianche; il giardino sul retro venne anch'esso illuminato da leggere lanterne dal sapore orientale-consigliate da Anne-,le statue vennero lucidate e ai piedi dell'angelo venne deposto un cuscino di rose bianche. Vennero lucidati tutti i lampadari,l'argenteria e i servizi di piatti e boccali e la sala da pranzo venne apparecchiata con tutte le ricche cibarie preparate per l'occasione- champagne,sorbetti,dolci alla crema,polli e tacchini arrosto e chissà quant'altro- mentre la piccola orchestra della città venne posizionata in un angolo nel salone. Quando la sera della festa arrivò il risultato fu ancora più bello e luminoso,e per la prima volta fui fiero del mio mondano coinquilino.
Io vestii molto semplicemente: calzoni neri,una camicia pulita e giacca carminio. Alexander invece scelse un lucido e costoso completo nero,si coprì le grosse dita di anelli e scelse due grossi gemelli a forma di serpente che morde la coda. Quando lo raggiunsi nella sua stanza era già bell'e vestito,profumato di colonia e talco,e non faceva altro che specchiarsi
-Meraviglioso,meraviglioso .. Non trovate meraviglioso questo completo,Martin? E' poco patriottico lo so,ma viene direttamente da Parigi!-
Forse era l'ansia per quella festa maestosa,forse era stanchezza repressa, nonostante facesse qualsiasi movimento possibile per esprimere la propria vanità non riuscii a vedere il suo riflesso.
-Già,è davvero molto bello. Costa un occhio della testa soltanto guardarlo!-
 
Alle nove e mezza l'orchestra iniziò a riscaldarsi e,mezz'ora dopo,arrivarono le prime carrozze. I proprietari erano più che altro miei conoscenti o parenti: i coniugi Stevens,alias mio fratello William e la piccola mogliettina Dianne accompagnati da mia madre,naturalmente MacKenzie e Davis con due signorine di cui non ricordavo il nome e poi i miei cugini Claudius ed Ernestine Bennet. Le loro carrozze erano piccoli cocchi di legno verniciato di nero o di marrone scuro,senza decorazioni pompose e con le tende rosse o bianche. Ad accoglierli fui solo io e,appena mi videro,corsero ad abbracciarmi e a farmi le congratulazioni per la casa.
-Martin,bambino mio!-mia madre mi correva incontro nonostante mio fratello cercasse di non farla affaticare,fiera e dignitosamente elegante nel suo abito nero. Appena la vidi le baciai la guancia ed ella ricambiò carezzandomi i capelli.
-Ma guarda,guarda che castello ti sei procurato! Tuo padre sarebbe tanto fiero di te!-
-Mamma,William e Dianne entrate pure .. Siete i primi che accolgo in casa!-da lontano scorsi anche MacKenzie e Davis con le loro damine,ma mi salutarono facendomi l'occhiolino e dissi loro di dirigersi nella sala pranzo dove avrebbero potuto accomodarsi e bere qualcosa.
-Salve,cugino!-mi si fecero incontro i gemelli Bennet,due biondini dai vispi occhi azzurri vestiti di azzurro e bianco,con la giovane e bella Ernestine ormai in età da marito-Non potevamo mancare a questa occasione, non ci vedevamo ormai da tempo immemore .. E poi per Ernestine è giunto il tempo di far nuove conoscenze,non trovate?-e la fanciulla rise in maniera giuliva,profumata come una bambina pronta per battezzarsi.
I miei ospiti vennero ricevuti anche da Alexander,che li trattò con fredda cortesia,e Ernestine non smise un attimo di guardarlo. L'orchestra aveva iniziato a suonare una mazurka quando iniziarono ad arrivare gli ospiti di Alexander: carrozze lucide e ben illuminate,dalle grandi ruote rumorose e feroci,e da esse fiumi di organza bianca per le donne più giovani,velluto per le sposate,mantelle di colori sgargianti e piume e tiare di diamanti sulle teste bionde,brune e rosse,e stivali di pelle ben lucidi,calzoni bianchi e neri e blu e rossi di velluto e giacche decorate da orologi da taschino e poi camicie bianche ben allacciate e capelli lucidi. Alexander si precipitò fuori e osservò la prima carrozza sul viale,lucida e nera: da essa scese Anne Hughes, vestita stranamente di bianco ma con una spessa pelliccia di volpe sulle spalle,con una fanciulla magra e pallida,con piccoli occhi vispi e capelli scuri,vestita d'azzurro e accompagnata da un cavaliere biondino in uniforme. Alexander ovviamente corse ad accoglierli con ansia,baciando appena la manina della fanciulla in azzurro,stringendo la mano al ragazzo in uniforme e afferrando e baciando la mano di Anne; poi si diresse verso una seconda vettura,da cui scesero tre uomini,uno biondo e due bruni e tutti e tre vestiti in maniera simile:anche qui le strette di mano e le pacche sulle spalle furono vigorose e,insieme al precedente gruppetto,vennero introdotti nel salone.
-Oh,Martin!-la voce di Anne mi chiamò dall'ingresso e fece sobbalzare mia madre-Venite qui,dovete fare assolutamente conoscenza con la nostra piccola compagnia ..-mi prese con la mano l'indice e il medio, facendomi ovviamente avvampare-era bellissima quella sera,forse più bella della cara e innocente Ernestine che la guardava mangiandosi le mani. Anne mi condusse dalla fanciulla in azzurro e dal giovane in uniforme.
-Laureen,Daniel cari .. Questo è il padrone di casa,Martin Stevens. Non fidatevi mai del caro barone, sapete quanto son bugiardi codesti aristocratici!- e i tre si misero a ridere gaiamente,poi mi sorrisero facendo un piccolo inchino. La fanciulla si chiamava Laureen Holmes e il ragazzo Daniel Robinson,entrambi dal viso più semplice e intelligente di quello di Anne. Subito dopo entrarono nel salone i tre uomini del secondo cocchio,anch'essi introdotti da Anne.
Si fece avanti il biondo,alto e dall'intelligente viso illuminato da grandi occhi verdi,il cui nome era Isaac Russel; dopo vennero i due bruni,piccoli e tondi e anch'essi dal volto intelligente,i cui nomi erano Deshawn Owen e Egbert Dixon. Mi fecero complimenti per l'abbigliamento e per le decorazioni e,subito dopo,entrò Alexander circondato da un altro folto gruppo di persone,più donne che uomini,tra cui sicuramente due coppie sposate. Alexander mi introdusse per primi costoro,i coniugi Parker: il marito,giovane e massiccio,con folti capelli rossicci e il naso aquilino,aveva come nome David e la moglie,robusta e rosea,con ricci capelli biondi che scappavano sotto la tiara,si chiamava Cornelia;poi si fecero avanti sorelle,l'una  diversa dall'altra,una alta,bruna e pallida-così tanto,tanto simile ad Ophelia che Alexander me la presentò ridendo- dal nome Leonore e l'altra bassa,biondina e rosea,dal nome Charlene,e queste erano le sorelle Mitchell;poi seguirono un certo Dean Cook,alto e scuro,con folti capelli corvini,i coniugi Elsdon e Francine Powell- egli gigantesco e occhialuto,dai capelli corvini,per certi versi molto simile ad Alexander ed ella piccola e rossiccia,con grandi occhi verdi e bocca sottile.
Da quel momento la festa fu gaia e splendida,col salone colmo di gente elegante e impomatata,tutta presa a chiacchierare sullo scalone con una coppa di champagne,a cantare vicino al piano- Leonore teneva un piccolo concerto privato e l'orchestra s'era addirittura fermata per farla cantare- o a discutere seduta sui divani o in giardino .. In giardino! Chissà se qualcuno avrebbe notato il triste letto di marmo di Ophelia in mezzo alla gaiezza della sera,chissà cosa avrebbe detto davanti a quel povero angelo,chissà se avrebbero calpestato,vinti dall'alcool o dalla stanchezza,quei poveri resti .. Alexander stava per allontanarsi in giardino insieme a Charlene Mitchell e ad Anne,ma la piccola orchestra iniziò subito la prima danza della serata e tutti vollero ballare,me compreso. Quella sera avevo notato con particolare piacere mia cugina Ernestine, malinconica in un angolo mentre osservava la bellezza delle altre dame ma,chiamata da me alla danza,subi to splendente di felicità e gaiezza. Mia madre lontana osservava tutto e sorrideva.
Gli uomini da un lato,le donne dall'altro: ogni marito ballò soprattutto con la propria moglie,Alexander era indeciso tra Cherlene e Anne ed io scelsi la cara cugina,che tutta avvampava nel suo abito color cielo. Appena misi gli occhi su di lei dimenticai per tutta la sera la bellezza prorompente di Anne o il carisma di Leonore e per un attimo dimenticai anche Ophelia.
-Ballate con me,dunque?-
-Sì,cugina. Ma vi avverto che non sono il ballerino migliore e temo per i vostri piedi-
Ridacchiò arrossendo tutta,mentre da lontano MacKenzie,Davis e anche Alleyn stesso mi davano segni d'approvazione.
-Ed io per i vostri,cugino Stevens-
Iniziava la danza e per i cinque,dieci minuti che seguirono fui preso da quegli occhi azzurro cielo,da quel candore umano,vivo,tangibile che riuscivo a percepire da quella manina guantata. Da lontano scorgevo il ritratto di Ophelia lasciato nella penombra,illuminato ai lati da due candelabri,e vicino ad esso la figura di Farrah: non m'ero accorto di lei per tutta la sera,nè mi era sembrato di averla vista salire le scale.  Dava un occhio al ritratto e poi al ballo,dunque svuotava il vaso e cambiava le rose secche con fresche rose bianche. Un altro giro,un'altra giravolta,ed ella era sparita. E tornavo a guardare la cara Ernestine sorridente e arrossata,con le labbra lucide e profumate di champagne tanto erano vicine alle mie.
La danza finiva.
 
Scoccava la mezzanotte quando vennero sparati i fuochi d'artificio: girandole e fiori rossi,verdi,oro e blu fiorivano nel cielo e si dissolvevano nel cielo notturno,terso di stelle.
-Grande festa,non trovate?-
Alexander mi si avvicinava: occhi lucidi alla luce dei fuochi d'artificio,volto arrossato,collo sporco di rosso e bicchiere alla mano. Tra un lampo e un altro notai che la sua camicia era abbottonata male,e lo fissai a lungo.
-Già,grande festa davvero.- 
Cercavo con gli occhi Ernestine e la trovai poco distante,con un viso non suo,col viso di Ophelia.

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Capitolo 12
*** - ***


Ella stava davanti allo specchio e una domestica l'aiutava a spogliarsi:scivolarono sul suo corpo prima il pesante abito di velluto verde,poi la sottoveste d'organza e poi il bianco corsetto. Dunque la donnina le porse la camicia da notte- anch'essa di organza e pizzo,color pesca,con un fiocco bianco sul collo-e le diede una spruzzata di profumo un po' ovunque; intanto Ophelia toglieva gli orecchini,il collier di perle e la tiara, poi sciolse i capelli e diede loro una leggera spazzolata finchè il morbido manto color cioccolato che formavano scese lungo le sue spalle.
-Siete pronta per la notte,signora- e la domestica uscì dopo aver fatto un piccolo inchino,lasciando socchiusa la porta. Ophelia voltò le spalle e si diresse verso il letto.
-Grande festa,non trovi?-
Si voltò di scatto,come spaventata. I suoi grandi,malinconici occhi stanchi videro Alexander appoggiato all'uscio,uguale a come lo avevo notato io dopo i fuochi d'artificio. Ella lo guardava con disappunto e immensa tristezza,e a quegli occhi enormi Alexander rispose ridacchiando e buttando per aria il bicchiere che aveva tra le dita.
-Già,Alexander .. Meravigliosa,meravigliosa serata ..-la sua voce tremava e i suoi occhi erano più lucidi che mai. S'era seduta sul letto e lentamente spostava le pesanti coperte,continuando a fissare Alexander ancora fermo e sorridente-Buonanotte,Alexander. Se vuoi dormire .. Il letto è qui-
Un secondo o forse nemmeno.
Alexander si strappò di dosso la giacca e la camicia e corse sul letto,fino a cadervi sopra con tutto il proprio peso. Scostò violentemente le coperte dal corpo della moglie e si mise a cavalcioni su di lei,con quel maledetto ghigno ancora stampato sul grasso volto arrossato. Gelosia,invidia e rabbia mi assalirono allo stesso modo in cui egli s'era imposto sul quel corpo innocente.
Vidi i loro occhi incontrarsi: ella spaventata, egli affamato,giovane cerbiatta e giovane lupo. La fissò a lungo con la stessa espressione malefica,serrandole i poveri polsi con le sue grandi e pelose mani,quasi volesse romperglieli per sempre,e mai più forte la tentazione di saltargli addosso e di UCCIDERLO,SI',UCCIDERLO.
-Cosa c'è,vecchio Lex?-quasi ella rideva,benchè il suo corpo tremasse-L'alcool t'ha dato alla testa ..-
Staccò le mani da quei pallidi polsi e le spostò su quel tenero,povero collo per stringerlo,ma appena vide negli occhi suoi un lampo di terrore il ghigno malefico si tramutò in un'espressione quasi dispiaciuta. Tuttavia non durò molto e quelle terribili mani attuarono la più grande delle empietà: iniziò a strapparle la camicia da notte,imponendosi col proprio enorme e terribile corpo,poi si trovò davanti la sottana e strappò anche quella.
-Lex,mio Dio,cosa ti succ..-
Non le diede nemmeno il tempo di finire la frase e la baciò con violenza,palpando quei poveri pallidi seni con la stessa terribile foga.
-Meravigliosa- disse staccando la propria orrenda,baffuta bocca dalla sua,stanca e tristemente sorpresa -Siete meravigliosa,cara la mia puttanella-
-Le tue labbra sanno di vino,Lex .. Sono terribili,terribili..-
E nuovamente un altro terribile bacio che quasi la lasciò senza fiato.
L'orologio segnava le tre del mattino: in dieci minuti strappò il resto di quella povera,immacolata camicia da notte,mise le proprie manacce su quelle bianchissime cosce e l'accarezzò rudemente tra di esse. Ed ella non faceva nulla,ferma come una bambola che lasciava possedere da un indemoniato libertino.
-Mi ami,Lex?-
I baci violenti che le dava sul ventre si trasformarono in terribili morsi sui piccoli seni e sul collo. Ed ella,nel suo stato di innamorata incoscienza,rispose al dolore con silenziose e copiose lacrime.
-Amo tutti e odio tutti,lo sai benissimo mia cara .. Posso amarti come se ti odiassi,o odiarti come se ti amassi ..-
La stanza s'animò ben presto dei suoi gemiti,mentre Ophelia si lasciava possedere in silenzio. E alla sua tristezza si sostituì l'imbarazzo,splendente di lacrime in quei grandi occhi innamorati e vivo in quelle povere dita pallide immerse nella massa corvina dei capelli del minotauro.
-Io ti amo,Lex- sussurrò.
La risposta fu il terribile,tuonante urlo del gigante arrivato all'orgasmo,tanto forte da far spegnere tutte le candele della stanza e a farmi calare in una terribile oscurità onirica,dalla quale però non riuscivo a svegliarmi.
Poi fu mattino in una piccola stanza rettangolare,tutta interamente bianca.
Al centro v'era una vasca da bagno di lucida porcellana,dentro la quale ella sedeva. Voltò il viso arrossato verso di me e accennò un dolce sorriso compiaciuto. Pareva vedermi.
-O-Ophelia .. Non volevo disturbarvi,esco immediatamente ..-
Con la mano mi fece cenno d'avvicinarmi e la osservai stupito.
-Cosa c'è? Avete chiamato?-
-Ebbene avvicinatevi,Martin-
Mi avvicinai a passi lenti verso di lei e,appena arrivai davanti alla vasca,il mio istinto fu quello di urlare: Ophelia,continuando a sorridere in maniera dolce e amichevole,era immersa fino alle ginocchia da miriadi di vermi,millepiedi,scarafaggi e chissà quante altre terribili creature,senza tuttavia mostrare segno di noia al riguardo. Ella s'alzò in piedi,con la testolina e il corpo umidi e pullulanti di quegli animali orrendi,e si toccò un capezzolo con un dito;con una strana quanto inquietante gioia infantile lo avvicinò ai miei occhi e notai una strana sostanza abbastanza densa e giallastra: colostro.
Con entrambe le mani mi prese il viso e lo avvicinò al suo,tenendo le labbra semiaperte,con la palese intenzione di baciarmi. Man mano che le nostre labbra si avvicinavano- mai altro sogno fu più empio e orrendo di questo,colmo di stupri,orrendi animali e passioni blasfeme quant'era,e da esso non riuscii a destarmi fino alla fine!-la sue si spalancavano sempre di più fino a mostrare la lingua e l'interno stesso della bocca.
Il fetore della morte e della decomposizione,un forte odore che sapeva di sangue e di terra umida e chissà di quante altre empietà,mi colpì in pieno volto mentre ella cercò di baciarmi,mentre una cascata di orribili insetti ricoprì il mio collo cascando dalle sue morbide,morte labbra.
A svegliarmi fu la musichetta che l'orologio suonava ogni volta che suonava mezzodì. Nella mia stanza c'era un caldo asfissiante e subito balzai fuori dal letto,con ancora l'immagine di quegli orrori davanti agli occhi,e corsi dietro il paravento a cambiarmi. Di certo,una passeggiata e ottimo cibo mi avrebbero ristorato dopo quella sfilata di nefandezze.
Stavo abbottonandomi la giacca quando sentii due voci ben distinte dal corridoio,una maschile e una femminile,non certo di Farrah. Mi diressi alla porta e la aprii di scatto,trovandomi davanti Alexander e niente meno che Anne Hughes.
-Oh,guardatelo! La nostra bella addormentata s'è svegliata!-ridacchiò Alexander,seguito a ruota dalla sua dama.
-Buongiorno,mr Stevens!-cinguettò la Hughes,con addosso ancora l'abito della sera prima-Che volto stanco avete! Sicuro d'aver dormito bene?-
La Anne che stava davanti a me non era la Anne della sera prima: i suoi capelli erano in terribile disordine, due occhiaie nere come il peccato segnavano i suoi stanchi occhi ed era pallida,estremamente pallida. Aveva le labbra quasi violacee,più sottili e avvizzite del solito,a stento sembrava reggersi in piedi e tra l'altro teneva il ventre come se fosse in procinto di vomitare. Insomma,la lady Hughes che mi stava davanti pareva esser scampata a chissà quale terribile battaglia combattuta non contro vivi ma contro malattie o,addirittura,spettri e demoni e altri mostri affini;nonostante tutto Alexander non pareva accorgersi del suo terribile aspetto nè dell'intenso fetore che emanava quella donna,del quale m'accorsi appena ella iniziò a ridacchiare .. Fetore,ahimè,a me ben noto ormai.
Uscivo dalla mia stanza e guardavo con sdegno i miei onorevoli compagni.
-Troppo caldo stanotte,lady Hughes .. E voi? Vi trovo bene,direi ..-mentii spudoratamente e trattenni a stento una risata- Magari il mio ospite v'ha fatto dormire alla villa senza comunicarmelo?-
La Hughes ridacchiò dando un buffetto sulla guancia-rasata di fresco!-di Alexander e il suo alito fetente mi colpì in pieno volto facendomi arricciare il naso,ma ella non se ne accorse.
-V'ha scoperti! Ah,mio caro Lex!-
-Mi ami,Lex?-
La prima cosa che vidi in corridoio fu un candelabro posto su un comò. La mia mente mi abbandonò e mi rimase solo la forza fisica senza alcun controllo operato dalla ragione: le mie gambe mi condussero al comò e le mie braccia afferrarono il candelabro,dunque lo lanciarono lungo il corridoio. Si vibrò nell'aria per un metro,poi raggiunse la parete più vicina e cadde a terra con i bracci tutti piegati e le candele distrutte.
Quando mi voltai Alexander e Anne mi osservavano a bocca aperta.
-Dov'è la stanza da bagno .. Alexander?- Anne era impallidita tutta e si teneva al braccio del suo cavaliere -Vorrei rinfrescarmi un po' prima di riprendere il viaggio ..-
-Procedete oltre la mia stanza e la troverete ..-
Anne si allontanò dalla parte opposta a passi veloci,tutta tremando e sospirando. Alexander mi si avvicinò con gli occhi più freddi e terribili che mai.
-Che diamine v'è preso?!-
Anch'io gli rimandai indietro lo stesso sguardo e gli presi le spalle,spingendolo alla parete.
-Sono stanco di voi,Alexander Mathieu Alleyn,barone,come diamine vogliate farvi chiamare- fu la prima volta in cui vidi nei suoi occhi una terribile ansia-E del vostro miserabile comportamento. Voglio che usciate da questa casa entro ventiquattro ore. Voglio che comprendiate che questa casa non è un bordello-
All'ultima frase rispose con uno sguardo gelido ma sconfitto e il vecchio gigante impallidì.
-Martin,amico mio .. Cosa vi ho fatto? -
-Questa casa non è un fottuto bordello,Alexander,amico mio. Voglio che andiate via-
Si staccò dalla parete con un gesto secco e violento,con gli occhi adesso ardenti come braci,poi scrocchiò le dita e iniziò a stiracchiarsi le spalle.
-Datemi almeno .. Un giorno per organizzarmi .. Un giorno solo,amico mio .. -
Un urlo femminile interruppe il silenzio che seguì alla sua richiesta e ci precipitammo alla sua fonte,la sala da bagno. Il trambusto che io e Alexander facemmo nel raggiungere la stanza chiamò a raccolta alcune domestiche,tra cui Farrah.
-Lady Hughes! State bene?-urlai picchiando sulla porta,mentre dall'interno provenivano i suoi gemiti. Non sembravano urla di dolore,affatto,ma piuttosto un pianto sommesso e lamentoso come quello che fanno i bambini appena commettono un piccolo,irrimediabile errore.
Poichè nessuna risposta ci giunse a parte gli strani singhiozzi,inizialmente provammo a forzare la porta a turno,prima io,poi Alexander e poi addirittura Farrah,ma capimmo fosse chiusa dall'interno.
-Lady Hughes!-Farrah si fece largo tra di noi e picchiò con foga alla porta-Mi riconoscete? Sono Farrah,sono una donna e vi chiedo il permesso di entrare! Aprite la porta,coraggio!-
Sentimmo dei leggeri passi e poi un rumore di chiave nella toppa,dunque la porta cigolò lentamente. Farrah ci chiese di indietreggiare ed entrò nella stanza lasciandosi dietro la porta socchiusa.
Appoggiamo l'orecchio alla porta per origliare.
-Cosa è stato quell'urlo,lady Hughes?-
-F-Farrah .. Avvicinati ..-
-Cosa c'è,mia cara signora?-
-Guardate,guardate tra le mie dita ..-
Silenzio,un silenzio preoccupante,intervallato solo dai respiri affannosi di Anne.
-Mio Dio,signora .. Questo è colostro-
Seguì un urlo terribile e spaventato,tanto simile a quello di una vacca ormai condotta al macello. All'urlo seguì il rumore dei suoi spasmi e lady Hughes,precipitatasi mezza nuda in corridoio,vomitò di gettò sul pavimento e s'accasciò a terra
.

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Capitolo 13
*** - ***


Venne spostata nella stanza di Alexander e caricata sul letto. Era incredibilmente pallida,quasi violacea, e respirava a fatica con sospiri gravi e affannosi,e a tratti anche lo stesso polso mancava. Alexander ed io provammo ad avvicinarci,ma Farrah ci allontanò- era particolarmente ansiosa e nervosa quella mattina,avendo forse tra le mani la vita e la salute dell'onorevole ospite. Tuttavia,appena era sicura di non essere vista da alcuno,non faceva altro che ripetere tra sè e sè,prendendo le bacinelle o gli asciugamano puliti o la brocca d'acqua,"sono i morti,sono i morti,sono i morti" come se fosse una macabra,orrenda formula magica- e ordinò a Manon di andare a chiamare un dottore nelle vicinanze;poi iniziò a slacciarle l'abito per farla respirare meglio e,accorgendosi che s'era messa anche a tremare,scostò le coperte e l'aiutò ad infilarsi sotto. Appena poggiò la testa sul cuscino Anne si mosse in un violento spasmo,strabuzzò gli occhi-tremendi erano diventati quegli occhi: erano orribilmente cerchiati di nero e incrostati,testimoni di un'incredibile mancanza di riposo notturno. La luce che avevo visto la sera prima era scomparsa del tutto,sostituito da un alone di malattia e dolore,tanto simile a quello che si vede negli occhi di chi è ormai conscio d'esser prossimo alla morte-e si voltò verso la bacinella che qualcuno aveva avuto la premura di portare ai piedi del letto,vomitando di getto nuovamente. Vomitò due volte prima dell'arrivo del dottore,che arrivò circa un'ora e mezza dopo. Appena costui fu nella stanza- un uomo grasso e tozzo, con il viso arrossato e strani capelli bianchi,con un monocolo sull'occhio sinistro e una grossa borsa di pelle nera-  ci chiese di restare per rinfrancare la paziente,dacchè la vista di persone care l'avrebbe sicuramente tranquillizzata,dunque ci diede un'occhiata veloce e ci rivolse la parola direttamente.
-Chi di voi nella stanza è il parente più prossimo dell'inferma,egregi signori?-
-Io-Alexander si fece avanti,pallido ed emaciato anche lui.
-Oh,controlliamo lo stato di vostra .. Moglie?-
-Sì .. E' mia moglie- io e Farrah ci scambiammo uno sguardo stranito,dunque Alexander si diresse verso il corridoio.
-Signore! Dove andate?-sbottò il dottore tirando fuori alcuni strumenti dalla borsa-Non state accanto a vostra moglie?-
-Devo .. Avvertire la sua famiglia .. Siamo semplicemente ospiti qui,il vero padrone di casa è lui ..- e finalmente mi indicò,ed io riuscii a stento a trattenere una risata in quella situazione drammatica.
-Immagino voi non abbiate nulla a che fare con la paziente,dico bene egregio signore?-
-Ebbene,dottore-
-Potete lasciarci soli,di grazia? Ho bisogno però delle domestiche se non vi dispiace-
-Mi attengo ai vostri ordini,buona fortuna-
Ed uscii dalla stanza,chiudendomi la porta alle spalle.
Appena iniziai ad attraversare il corridoio in cerca di Alexander sentii dei passi veloci e pesanti alle mie spalle. Quando mi voltai vidi Farrah,pallida e spaventata anch'essa,che mi chiamava a gran voce.
-Padron Martin,padrone! Venite con me,chiamate anche Alexander!-
-Mio Dio,Farrah,è successo qualcosa a lady Hughes?-
-No signore,sono uscita dalla stanza .. Dobbiamo correre alla lapide .. Mio Dio,i morti sono irati,i morti sono irati ..-
Farrah mi prese per il polso e mi trascinò a corsa lungo lo scalone e poco mancò che cadessimo entrambi. In fretta ci precipitammo all'esterno,poi al giardino sul retro dove ancora giacevano i resti della festa della sera precedente. L'angelo,a quell'ora del giorno,brillava di una strana luce giallastra e acre e la sua ombra nera si stagliava sopra le nostre teste,quasi si volesse imporre su di esse e volesse costringerci ad inginocchiarci davanti alla sua terribile mole.
-Inginocchiatevi-
-Come dite?-
-Inginocchiatevi! Pregate,pregate mio padrone! E' l'unico modo ..-
-Per cosa,Farrah?-
-Per far placare i morti .. Le cure non serviranno affatto a lady Hughes .. E' destinata a morire ormai .. Pregate,pregate i morti!-
Iniziò a recitare l'Eterno Riposo con voce bassa e sommessa e quella preghiera divenne una litania ipnotica,una ninnananna per i morti che entrò anche nella mia testa per uscire poi dalla mia bocca.
L'Eterno Riposo dona a Lei,Signore.
Uno strano vento cominciò ad alzarsi intorno a noi,alzando le foglie intorno a noi e formando con esse un particolare,perfetto cerchio intorno a noi e alla lapide. Noi chiedevamo un eterno riposo per i morti,per la morta,ma la nostra litania forse l'aveva semplicemente svegliata. O forse lei non aveva mai dormito.
Alexander tornava alla stanza e vedeva ancora Anne sul letto mentre il dottore sistemava gli strumenti sul comò e prima misurava il battito e poi il polso sì signore è molto debole ma presente la paziente è ancora qui con noi,di preciso cosa ha avuto ah capisco vomito e svenimenti oh mi ha detto anche che probabilmente è incinta beh congratulazioni possiamo comunque fare un controllo e dunque chiedeva il permesso per scostare le coperte scoprirla e controllare quel ventre che iniziò a tastare pian piano beh la pancia è gonfia penso sia incinta da circa tre mesi oh dottore ma in tre mesi non ha mai manifestato alcun sintomo ve l'assicuro oh ma egregio signore vostra moglie sembra essere molto molto debole che ossa sottili che presenta oh signorina può passarmi quella brocca d'acqua per favore
E risplenda ad essa la luce perpetua.
E il sole s'era oscurato,ma l'angelo continuava a proiettare la sua ombra violacea su di noi. Forse nel suo Cielo gli angeli le avevano dato la possibilità di veder la tanto chiesta luce,o forse vedeva la nostra stessa oscurità tanto era vicina a noi in quel momento,tanto era terribilmente e mortalmente viva sotto i nostri piedi.
La signora non rischia la vita,egregio signor Alexander  diceva il dottore possiamo applicare solo questo salasso e la lasceremo riposare per bene signorina passatemi il barattolo con le sanguisughe,sì è quello con il coperchio rosso oh dottore ma farà bene ad una donna incinta una cura del genere sì egregio signore ne ho fatti molti a chiunque,donne anche prossime al parto,e tutte stanno bene fidatemi di me
Riposi in pace,Amen.
-I morti noi non li vediamo-sussurrò la mia compagna-Sotto le loro coperte di terra,dentro i loro letti di marmo o mogano o ciliegio noi non riusciamo a vederli. Ma poi ecco che la terra si smuove sotto le nostre certezze,sotto la nostra ragione,ed ecco i morti fuori dalle tombe in cui l'uomo vivo li ha murati nella speranza di vederli ancora nel suo mondo .. E la terra è spessa,così come duro è il legno o il marmo annerito di un mausoleo,ma sottile è la linea tra i vivi e i morti,padron Martin,così diceva mia madre quando morì mio padre buon'anima .. E quando la linea si spezza,il sipario si alza,ecco che tutto si sovverte .. E i morti uccidono i vivi o almeno tentano .. E così fanno anche le anime sante quando vengono disturbate nei loro letti ..-
Sangue sangue copioso che fuoriusciva dalla pelle di Anne e Alexander che sbiancava ad ogni goccia e piangeva non ho mai pensato che Alexander potesse piangere o provare dolore perso nell'oscurità di se stesso dei suoi segreti della sua testa delle sue bugie e pensare che Ophelia non riesce ancora a dormire dopo il suo parto sovversivo lei e il suo bambino povere anime arrabbiate e senza pace alcuna
 
Quando ritornammo a casa le domestiche ci dissero che Anne s'era addormentata-lo descrissero come un sonno pesante e profondo,intervallato a tratti dai suoi spasmi e da gemiti-e che il signor Alexander si trovava in salone,perso in chissà che stato confusionario. Ordinai a Farrah di sorvegliare il sonno di Anne e andai a trovare il mio coinquilino.
Egli sedeva sul divano con un bicchiere di brandy tra le dita e fissava davanti a sè. Osservava il camino spento e sospirava gravemente,con i sospiri intervallati a singhiozzi.
-Alexander ..-
Nessuna risposta. Solo un grave sospiro e poi avvicinò il bicchiere alle labbra.
-Ritratto ciò che vi ho rinfacciato prima .. Avete tutto il tempo che vorrete e che vi servirà. Anne rimarrà qui finchè non si riprenderà e insieme l'aiuteremo .. Voi non andrete da qui finchè non lo vorrete voi..-
-Io non l'amai-
La sua risposta mi raggelò. Molto probabilmente si scopriva padre di quella creatura che Anne,la povera inferma Anne,stava crescendo inconsapevolmente nel proprio grembo,anche se un'altra ipotesi,ancor più triste e terrificante,si manifestò nella mia mente.
-Cosa intendete,Alexander ..?-
Si voltò verso di me,ancora pallido e tristemente sorridente.
-Parlo della vostra amichetta .. Avanti,sedetevi ..-
Mi sedetti accanto a lui ed egli mi cinse le spalle con il braccio.
-Perchè dite così,Alexander? Sicuramente l'amavate ..-
Bevve d'un fiato tutto il brandy e se ne versò altro,senza offrirmene nemmeno un goccio,per bere con la stessa foga la sua nuova porzione. Era visibilmente ubriaco e alternava risate a singhiozzi.
-Ophelia Ophelia Ophelia .. Cinque anni sono tanti ormai,mia cara,non è tempo di dormire? Scusami per averti illusa,per la mia mancanza di doveri coniugali,per averti messa incinta senza che IO davvero lo volessi,scusa se sono mancato .. Scusami,scusami,ma uccidi me se proprio vuoi,uccidi me!-
S'era improvvisamente fatto gelido e tremava come una foglia sotto una tempesta.
-Mio caro Martin,voi volete sapere tutto vero?-
Non seppi se annuire o meno,ma nel frattempo ricevetti una forte pacca sulla spalla.
-Avanti dai bambino mio,vi racconto questa bella favola .. Ecco sì,c'era una volta una bambina di nome Ophelia e un ragazzo di nome Alexander .. La bambina era dolce e intelligente ma non particolarmente attraente e,ironia della sorte,le famiglie dei nostri protagonisti vollero comunque che si sposassero  e la bambina era tanto innamorata del nostro caro Alexander .. Ecco,si sposarono,grande festa e grandi speranze ed egli non osava toccare la bambina fattasi donna .. Non perchè la odiasse,no,egli non l'odiava affatto povero il nostro ragazzo,ma i suoi sentimenti non erano gli stessi .. Non biasima il nostro protagonista,vero Martin?!- e mi guardava con occhi di fuoco,terribilmente irati e tristi allo stesso tempo. Occhi da vecchio scampato ad una terribile guerra in cui ha perso tutta la sua famiglia,ed egli stesso era scampato ad una battaglia tra lui stesso e i suoi sentimenti,tra i sentimenti che provava e la società,tra lui stesso e la società. E n'era uscito sconfitto.
-No,no affatto ..-
-Ecco,beeeene - biascicò quella parola sorridendo in maniera inquietante  -Poi una sera successe l'inimmaginabile,il nostro amico era ubriaco marcio e bang,bang sotto le coperte con quella sua mogliettina di cera .. Ma lui non voleva,oh no,anzi presto avrebbe voluto ripudiarla,ma accadde e successe il peggio e alla mogliettina piacque e la poveretta credette che l'amasse .. E poi rimase incinta e dopo qualche mese eccoti il bebè in arrivo,il piccolo erede,ciò che avrebbe unito la famiglia ..-
Man mano che parlava,il tono gaio da ubriaco fradicio si faceva sempre più cupo e inquietante,quasi volesse raccontare una storia dell'orrore,e in particolare quell'ultima frase venne pronunciata con un tono e un'espressione da brividi davanti alla quale rimasi di sasso. Egli ovviamente se ne accorse e mi rise in faccia con violenza,stringendo il bicchiere fino a spaccarlo tra le proprie dita.
-Ma sapete che accadde al bebè?-sorrideva e il sangue gocciolava dalla mano.
-No,non lo so .. Continuate ..-
-Ah,la madre lo partorì tra i peggiori dolori .. Ed era già morto! Morto impiccato col cordone ombelicale!- e sbottò una terribile,tuonante risata triste o forse irata col destino-E alla madre toccò la stessa sorte appena lo vide .. Tutti quei dolori non servirono a nulla,perdiana,tanto ella era destinata a capitolare allo stesso modo ..-
-Mi dispiace,Alexander-
-Dispiace anche a me-
-Sicuramente sono in un posto migliore ..-
-Sì,amico mio. Sono sempre stati in un ottimo posto .. Villa Prynne è deliziosa-

 

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Capitolo 14
*** - ***


Appena Anne diede leggeri segni di ripresa,ella e Alexander decisero di partire. Anne aveva ripreso poco più di colore e la debolezza nei suoi occhi sembrava sparita,osservava con tranquilla rassegnazione la propria condizione e forse era già pronta per un colloquio con la famiglia; era stato Alexander a farsi pallido invece e,nonostante cercasse di sorridere e di mostrar sicurezza,appena tirava fuori la scatolina con l'anello che aveva scelto- un vecchio anello trovato dietro il letto,forse un tempo appartenente ad Ophelia - si sentiva quasi mancare.
Sentii una mattina il colloquio tra lui e lady Hughes.
-Adesso che vi siete rinvigorita poco di più voglio tirarvi fuori dai guai-dalla serratura lo vidi inginocchiarsi e prenderle la mano - Anne Hughes,acconsentite a diventare mia moglie?-
Seguirono almeno cinque secondi di silenzio imbarazzante,interrotto poi dal profondo e affannoso respiro di Anne.
-Alexander .. Lex .. Io beh ..-
-Ci tireremo fuori dai guai,ve lo assicuro. Di chiunque sia quel bambino,chiunque sia stato il vile che abusò di voi,io stesso mi occuperò di lui e lo crescerò come mio figlio,come quel bambino che persi tanto e tanto tempo fa .. Sarete mia moglie e ci aiuteremo a vicenda .. Voi mi farete uscire dalla povertà e voi starete tranquilla,il figlio sarà nostro .. Anne,vi amo ormai da dieci anni e non ho mai,mai smesso di pensare a voi-
L'ennesimo silenzio e poi una finestra sbattè violentemente,facendoli sussultare. Ma le tende e i ninnoli dei lampadari erano fermi,non tirava un alito di vento.
-Accetto. Sì Alexander,accetto!-
Ed egli le baciò con foga la mano,mentre ella gli carezzava la spettrale foresta nera dei suoi capelli.
Ecco,dopo pranzo partirono immediatamente. Anne mi salutò stringendomi la mano e guardandomi con vivi occhi pieni di sincera gratitudine,Alexander invece mi abbracciò con vigore,col viso rigato da lacrimoni: Golia,il maestoso,tremendo,meraviglioso gigante crollava.
-Martin,amico mio .. Vi terremo aggiornati,ve lo assicuro-
-Attenderò le vostre notizie con ansia,Alexander. Non fatemi stare in pensiero .. -
Scendevano lungo la scalinata d'ingresso. Alexander cingeva la vita ad Anne,tremante e gemente ad ogni passo,e porgendole la grossa mano l'aiutava a scendere. Un lacchè aprì loro la portiera della carrozza passeggeri,salirono e il cocchiere schioccò il cavallo: quel piccolo corteo formato da due carrozze,una per i passeggeri e l'altra per i bagagli,iniziava a muoversi.
-Buon viaggio .. E buona fortuna!-
Oltrepassarono il cancello e s'inoltrarono nel sentiero dinanzi la casa,per sparire poi nella macchia col sole ancora alto in cielo.
-Che il Signore possa proteggerli ..-Farrah era apparsa di nuovo alle mie spalle,facendomi sussultare. Mi voltai verso di lei e a stento trattenni un urlo di terrorizzato stupore: la vecchia donna aveva mezzo viso cadente e pieno di cicatrici,quasi fosse scampata ad un incendio ..
-Il volto,avete visto? Sembra scampata ad un incendio-
- .. I morti sono troppo irati con la coppia di sposi,padron Martin. Bisogna pregare,pregare di nuovo ..-
M'ero voltato per il terrore,ma appena mi voltai per l'ennesima volta in cerca di spiegazioni Farrah era sparita dalla stanza.
 
"Carissimo Martin Stevens,mio giovane amico
Abbiamo nascosto la verità agli Hughes riguardo alla gravidanza della figlia ma abbiamo comunicato immediatamente le nostre intenzioni riguardo al matrimonio.  Tutta la sua famiglia è rimasta incredibilmente sorpresa e il padre inizialmente non sembrava esserne contento- come sapete,son rimasto al verde- ma la moglie e Anne stessa hanno fatto in modo che cambiasse idea e alla fine s'è convinto. Quanto a me,subito dopo il permesso di lord Hughes ho scritto alla mia famiglia per comunicar loro le mie nuove nozze: conoscendo i miei genitori la risposta non arriverà prima di una settimana. Il matrimonio è stato fissato per la prossima settimana-e aveva segnato accanto la data e l'indirizzo della casa degli Hughes-abbiamo insistito per non perdere tempo e voi,amico mio,sapete di cosa stia parlando;al momento soggiorniamo in casa degli Hughes,ma dopo il matrimonio saremo costretti a ritornar alla villa e a star ancora da voi. Molto probabilmente la mia famiglia mi darà una seconda possibilità e,amico mio e carissimo benefattore,lascerò la villa per sempre : troppi brutti ricordi son custoditi là dentro,Martin,voglio che la vostra ingenuità e la vostra giovinezza non ve li faccia dimenticare o,peggio, scoprire. E poi ho approfittato fin troppo della vostra generosità!
Anne sta poco meglio,stranamente l'aria di città le ha giovato miracolosamente. Di notte,però,ogni tanto è in una sorta di stato di incoscienza che la fa,come dire,camminare o parlare o urlare nel sonno .. Dai libri che ho letto,penso si tratti di una strana condizione chiamata sonnambulismo. Un dottore l'ha visitata,ma tutti presumiamo sia l'ansia per le nozze.
Amico mio carissimo,fra una settimana esatta vi attendiamo in città per le nostre nozze. Farò in modo tale che voi non abbiate la minima noia,cruccio o disturbo in questa situazione: prenoterò una camera d'albergo per voi,una vettura e mi assicurerò che stiate bene. Voglio vostre notizie immediatamente e una risposta affermativa all'invito alle mie nozze.
RSVP
A. M. A."
Ricevetti la lettera a cinque giorni dalle nozze. Appena finii di leggerla era come se fossi pervaso da un'ansia allegra e terribile allo stesso tempo,come se dovessi partecipare prima alle nozze di Alexander e Anne  e poi al funerale di una delle persone a me più care. A consegnarmi la lettera,una mattina durante la colazione,fu Farrah stessa,che me la portò con una faccia tanto affranta che quasi temetti fosse messaggera di pessime notizie;quando la lessi,poi,la rimproverai per il suo atteggiamento ma la mia voce non fece altro che rimbombare per tutte le stanze,senza ottenere risposta.
Ero felice per Alexander,lo riconobbi in quel momento: finalmente se ne sarebbe andato e avrebbe peraltro coronato il proprio sogno d'amore; ero ugualmente felice per Anne: a quanto lessi andava riprendendosi e ben presto si sarebbe messa la testa a posto anch'ella,ormai madre e moglie di quel gigante bambinone. Eppure,appena finii la lettera e riconobbi la mia felicità per la coppia,il mio pensiero volò ad Ophelia: in quei giorni parevo averla totalmente dimenticata,anche dopo aver sentito la sua storia raccontata da un ubriachissimo Alexander. Alla felicità seguì il senso di colpa e quasi mi venne da piangere.
Mi precipitai fuori dalla stanza a corsa,con l'impellente bisogno di vedere quegli occhi.  Tanto m'ero innamorato di quegli occhi da disprezzare quelli dei vivi,quelli bluastri e sognati di Ernestine-con la quale avevo iniziato a scambiare qualche lettera,ma dopo quegli avvenimenti la corrispondenza si perse-,da non vedere che ombre intorno a me: e per riacquistare la vista,la mia ragione,avevo bisogno di vedere gli occhi dei morti,di scendere nella loro dimensione. Quella casa bianca e immersa nel verde m'aveva mangiato l'anima e lo sapevo bene,e tuttavia non ero riuscito a scappare tanto ormai fossi corrotto,tanto ormai mi fossi abituato a quelle ombre che vedevo con la coda dell'occhio,a quei sussurri sul collo,ai lamenti notturni e ai morti sotto la casa.
Tanto da inginocchiarmi davanti al ritratto quasi volessi pregarlo,quasi volessi chiederle perdono delle mie mancanze e della mia disattenzione nei suoi confronti come un'amante alla tanto cara dama.
Tanto da non accorgermi,almeno inizialmente,che quel quadro stava cambiando di nuovo: la bella,pallida bambina troppo cresciuta nel quadro,con la pelle di luna e lo sguardo perso in chissà quale profondo mare di tristezza,si stava trasformando nel putrido ritratto della morte stessa.

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Capitolo 15
*** - ***


Attesi per ben una settimana e non arrivò nessun invito per la cerimonia di nozze,ma due giorni prima della data stabilita per il matrimonio Manon mi portò una lettera. Il mittente era Alexander e,a quanto pare, la inviava da casa Hughes.
"Mio carissimo benefattore
Purtroppo non ci sarà nessuna festa di nozze. Vi spiegherò tutto in poche parole e in sufficienti dettagli: Anne è improvvisamente peggiorata e,con nostro stupore e indignazione della famiglia Hughes,la sua pancia ha iniziato a crescere in maniera spropositata quasi da sembrare,a detta del medico,una pancia di donna gravida da sei mesi ormai. Ovviamente se ne sono accorti tutti. Non ci siamo interrogati molto sulla singolare quanto preoccupante crescita di questo bambino,ma ovviamente la famiglia ha riconosciuto le colpe della figlia e ha annullato il matrimonio nella chiesa di St Margaret. La cerimonia di nozze sarà privata e vi parteciperanno solo le nostre due famiglie,dunque saremo costretti ad andare subito via da casa Hughes,dacchè ormai Anne ha perso tutto l'appoggio dei propri genitori; solo i miei forse ci aiuteranno in maniera cospicua e,ahimè,resteremo alla villa ancora un po' e vi daremo ancora qualche cruccio.
Torneremo presto Martin,mio grande amico. Abbiate cura di voi e iniziate a preparare la casa per il nostro ritorno.
A. M. A"
Appena finii di leggere la lettera rimasi con l'amaro in bocca e un grande senso di tristezza per la povera coppia: Anne totalmente diseredata,Alexander in una situazione di stallo. Con la lettera ancora tra le mani mi alzai dal tavolo con l'intenzione di chiedere il permesso a mia madre di prestar dei soldi alla povera coppia. Non avrebbero potuto rimanere in eterno alla villa: quel bambino in arrivo necessitava di tante cure e la villa, con un personale ormai prossimo alla morte,non avrebbe sicuramente soddisfatto le sue esigenze.
-Ecco cosa succede,padron Martin ..-sentii la voce di Farrah alle mie spalle- Ma il tempo avvererà tutto,tutto .. -
Quando mi voltai non c'era e nell'aria aleggiata un forte odore di bruciato,come se della carne stesse andando a fuoco.
 
"Martin Stevens,amico mio carissimo
La cerimonia s'è conclusa come è iniziata e mai vi fu,senz'altro,matrimonio più frugale e severo: Anne,la mia sposa,indossò un semplice abito di mussola bianca  e un vecchio velo che interamente la ricopriva,mentre io m'arrangiai con gli abiti che avevo portato con me. Il pranzo di nozze venne celebrato in silenzio e,adesso che s'è concluso,inizieremo a prepararci per il ritorno.
Anne è in pessime condizioni e l'ostilità della sua famiglia non la risolleva di certo. Ci auguriamo che voi stiate bene e non vediamo l'ora di rivedervi,dacchè siete l'unico che non ci volterà le spalle in questa situazione.
A. M. A"
Il piccolo gruzzolo che avrei loro prestato sarebbe stata una sorpresa. Nei piccoli biglietti che gli inviai talvolta riguardanti il mio stato di salute non feci mai menzione alle 3000 sterline che li avrebbero leggermente risollevati,ma in cuor mio gioivo dell'atto di generosità che avrei commesso
Nel frattempo erano passate due settimane da quando Anne e Alexander erano partiti e in quel lasso di tempo i miei sogni avevano preso una strana piega:non v'erano più immagini,non v'era più Ophelia nè Alexander nè Anne nè Farrah,ma nella mia testa non faceva che rimbombare una strana musica,lieve e allegra,presa da chissà quale cassetto della  mia memoria. Inizialmente non la riconobbi perchè sentii,per tutta le notti che seguirono,le prime tre note ma in quelle due settimane la melodia,eseguita al piano,si fece a me sempre più chiara e familiare: la musica in questione era "Le barricate misteriose" di Couperin,motivo che il maestro spesso mi faceva eseguire quando,da ragazzo,avevo deciso di imparare a suonare il pianoforte. Mi son spesso chiesto cosa significasse questa melodia,spesso riecheggiante nelle stanze della mia casa d'infanzia e adesso nella mia testa,nella dimensione onirica che vivevo ogni notte e con diverse sfaccettature da quando ero entrato in quella casa;quando chiesi al maestro cosa significasse,egli mi rispose,quasi volesse ingannare i miei dieci anni d'età,che parlavano di un limite tra due dimensioni. Ovviamente  non mi fermai a quella spiegazione e,man mano che imparavo,riflettevo su tutti i possibili significati attribuibili a quella composizione: ci fu un periodo,nei miei quattordici anni,in cui mi innamorai di una piccola fioraia che avevo intravisto dalla finestra. La finestra e il balcone della sala da musica,dalla quale era possibile vederla,diventarono "le barricate misteriose" che separavano quel mio acerbo,innocente amorino dalle mie braccia di ragazzo ma,ogni volta che suonavano,ella porgeva il tenero orecchio alla mia finestra e lasciava addirittura cadere i fiori per ascoltarmi. Poi venne l'inverno ed ella sparì, e domandai al mio maestro se si potessero definire barricate l'astratta distanza che separava me dalla piccola fioraia: egli annuì e mi sorrise,e poi imparai tante e tante altre melodie.
E poi,dieci anni dopo circa,quella melodia tornava nella mia vita. Riuscivo a sentirla ancora,la notte,nel buio della mia testa,ma quel suono che tanto avevo amato era come ovattato,come se una parete mi impedisse di ascoltarla come meritasse; una mattina mi parve addirittura di sentirla alle prime luci dell'alba e,finchè non passò la strana impressione di udirla,rimasi nel mio letto ad ascoltarla quasi senza respiro
Le barricate misteriose suonavano a villa Prynne.
Il piccolo,esangue fantasma della mia fioraia si dissolveva insieme alla nebbia,lasciando posto all'altrettanto pallida ombra di Ophelia,svanita anch'ella dai miei sogni e forse dalla casa intera.
Mi sedetti al piano e cercai di ricordarla,poi improvvisamente furono le mie braccia stesse a guidarmi sui bianchi tasti d'avorio,avvolto in uno strano quanto confortante calore. Quella mattina piansi come un bambino,o forse furono i miei soli occhi a piangere,come furono le mie sole braccia a suonare la melodia.
Le barricate misteriose parevano abbattersi a villa Prynne: s'abbatteva il confine di nebbia tra il sole e la casa,tra il silenzio e il frastuono,tra la solitudine in cui versavo e il brulicare di gente di quella casa,tra la realtà e il sogno,tra i vivi e i morti stessi.
 
 
Arrivarono due giorni dopo all'alba con le vetture che avevano scelto per partire. Quella mattina-nebbiosa,terribilmente nebbiosa: la villa pareva piuttosto un cimitero di campagna,con le statue del viale d'ingresso che facevano capolino in mezzo alla foschia come tante lapidi o fantasmi- decisi di accoglierli: il primo a scendere dalla carrozza passeggeri fu Alexander e,appena lo vidi,il terrore mi pervase come non mai,ed io stesso fui terrorizzato nel riconoscere il mio terrore. Alexander era pallido,con il volto scavato e gli occhi cupi. Aveva la gola arrossata,come se avesse tenuto al collo una sciarpa troppo stretta,e,con la sua andatura tremante e barcollante,s'appoggiava al bastone-civetta. Poi aiutò a scendere Anne,ormai sua moglie,e un nuovo brivido di terrore,se non più fitto,mi percorse nel vederla: il suo abito,bianco e sciatto,pareva piuttosto una sottana con un semplice laccio rosso in vita,e il suo pallido,scavato volto dagli occhi cerchiati di nero era circondato da una crocchia scombinata,irta di capelli argentei a quell'ora del mattino. Con la mano destra,pallida e tremante,si teneva il ventre-terribilmente enorme s'era fatto quel ventre,di cui mi parve di sentire lo spaventoso,mostruoso pulsare-e porgeva l'altra al marito.
-Ben tornati!- tenevo dietro la busta con le sterline e avrei voluto fargliela vedere più tardi,ma il loro stato pietoso mi spinse a svelare la sorpresa-Ecco,questa è per voi. Tremila sterline-
-Martin .. Amico mio ..-mi sorrise tristemente,porgendomi la mano grossa e tremante,fasciata con un guanto nero- Il cielo vi benedica,sempre .. Siete una vera manna dal cielo ..-
-Coraggio,entrate .. Darò disposizione di scaricare i vostri bagagli .. Coraggio,entrate ..-
Feci in modo che entrassero subito in casa e che si riposassero in salone,poi chiamai la prima domestica che incontrai e le ordinai di chiamare le altre per disfare i bagagli. Stavo recandomi in salone quando sentii un fruscio di vesti dallo scalone e poi la voce di Farrah,terribile e imperiosa.
-Il tempo è giunto,padron Martin .. Le barricate verranno abbattute presto ..-
-Farrah,per l'amor del cielo,andate a disfare quelle maledette valige!-
Farrah non c'era nemmeno questa volta e la mia voce tuonò da sola lungo lo scalone.

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Capitolo 16
*** - ***


Una luce biancastra e accecante,quasi ultraterrena,faceva risplendere le stanze e accoglieva la melodia,che sentivo terribilmente vicina. Essa risuonava lungo tutto il corridoio delle stanze signorili,illuminate dalla luce quasi fossero i cerchi del Paradiso stesso,e tentavo con l'udito di individuarne la fonte perso in quel chiarore spettrale. Tutte le porte nel corridoio erano spalancate e mostravano le stanze vuote,senza persone nè mobili,e man mano che avanzavo la melodia si faceva sempre più forte e chiara,nitida come se la suonassi io stesso;poi finalmente arrivavo davanti alla porta della stanza di musica: non mi stupii ovviamente del fatto che fosse la fonte della melodia,quanto il fatto che quella piccola camera fosse l'unica arredata in tutto il corridoio.
Mi posizionai davanti l'uscio e guardai la stanza davanti a me,anch'essa illuminata dal chiarore biancastro: al pianoforte sedeva Alexander intento a suonare le mie "barricate misteriose". La melodia inizialmente procedette lenta e leggera proprio come l'avevo ascoltata per quelle due intere settimane,ma ogni volta che ricominciava Alexander pareva velocizzare il ritmo con cui la eseguiva,quasi da farla diventare una musica indiavolata e caotica,tanto e troppo diversa dalla melodia che avevo dedicato alla mia piccola fioraia e a quell'atmosfera di confine in cui ormai vivevo.
S'era ormai già fatta orribile e spettrale quando,dal corridoio,improvvisamente si sentì un urlo di donna: un urlo terribile e profondo,carico di dolore e sofferenza,probabilmente di una donna prossima a partorire.
Molto probabilmente di Ophelia prossima a partorire.
Alexander tuttavia non s'arrestò e continuò a suonare la melodia,con la fronte imperlata di sudore e le dita ormai piene di bolle e piccoli calli per lo sforzo. Nel frattempo la frequenza degli urli aumentava,e di conseguenza anche l'intensità,ma Alleyn continuava a suonare quella musica sempre più violentemente, quasi volesse spaccare con le sue enormi e sicuramente stanche dita i tasti del pianoforte,il cui colore veniva orribilmente corroso e rovinato dalle gocce di sangue delle vescicole che andavano aprendosi sulle sue mani: ma continuava a suonare come un pazzo e sorde erano diventate le sue orecchie agli urli,ma totalmente immerse in una diavoleria che non poteva esser più definita musica.
Le mie barricate così crollavano.
Uscii dalla stanza e mi ritrovai catapultato nella stanza da letto di Alexander,questa ormai piena di gente: a letto v'era Ophelia,madida di sudore e urlante in preda ai dolori del parto,attorniata dalle domestiche con in mano asciugamani,bacinelle e brocche colme d'acqua. Poco lontano v'era anche il dottore,con le mani immerse dentro la sua gigantesca borsa di pelle nera,e una vecchia donna che aveva l'aspetto di un'ostetrica. Nel frattempo non riuscivo più ad udire la melodia,ma solo i respiri affannosi e gravi e le urla della povera partoriente a letto.
Farrah immergeva un panno in una bacinella e lo posizionava sulla fronte di Ophelia mentre l'ostetrica le ordinava di allargare le gambe. La vecchia e il dottore si posizionarono davanti al varco che si creò sotto il lenzuolo.
-La dilatazione c'è .. Jane,puoi ordinarle di spingere-
-Iniziate a spingere,signora-
Ophelia,ormai in travaglio,iniziava a spingere continuando ad urlare e a dibattersi come una giovenca condotta al macello e,intorno a lei,si creò un caotico viavai di domestiche,tanto veloci da sembrarmi fantasmi senza alcun contorno,e a stento riconobbi una voce che si chiedeva dove fosse padron Alexander. Riuscivo a vedere in maniera nitida solo il letto con la partoriente e chi si occupava di lei durante l'operazione.
Le spinte che dava erano ancora molto regolari,con lo stesso ritmo lento e faticoso,ma i suoi urli s'alzavano sempre più alti e ben presto il bianco del lenzuolo cominciò a macchiarsi d'orrendi fiotti di sangue nero e rosso scuro,e il suo odore intriso a quello del sudore riempì l'aria,divenuta ormai irrespirabile. Intanto Ophelia si faceva sempre più bianca e,man mano che il sangue macchiava il lenzuolo,anche il suo volto morbido sfioriva e smagriva,quasi si preparasse ad una morte inevitabile che in quel momento le sarebbe sembrata una liberazione.
-Dottore,mi sembra di vedere la testa! Si volti qui,di grazia!-
-Spostati Jane,fammi vedere .. Sì,sembra la testa .. Ma il colore,mio Dio ..-
-Cosa ha il colore? Dottore,mio Dio,cos'ha mio figlio?-
-Qualcuna chiami il signor padrone!
Voci,voci e ancora voci,e l'immagine nitida e terribile del letto grondante sangue- ebbene sì:tanto ne era colmo che il lenzuolo iniziò addirittura a gocciolare.
-Un'altra spinta,lady Alleyn-
-Mio marito dov'è?! E' con quella puttana,ditemi tutte la verità!-
Ophelia perdeva sangue e pareva stesse ormai dando l'anima a Dio per quanto urlasse: forse il suo spirito sofferente stava abbandonando il corpo dall'esangue gola,da cui intravedevo i muscoli tesi nell'atto dello sforzo e degli urli che lanciava.
-Qualcuno mi porga il forcipe e le forbici .. Dobbiamo fare il fretta .. Ophelia,spingete ancora-
-Dov'è Alexander,dov'è Alexander .. Farrah,ma hai chiamato il padrone?-
-L'ho cercato in tutta la casa signora,in tutta la casa ..-
Non puoi scappare,Martin.
Non puoi chiamarlo. Non è la tua realtà.
Non esiste più una realtà precisa.
Le barricate sono cadute,le linee di confine si son mescolate,il sipario s'è alzato.
Il medico prese tra le mani il forcipe ed io lo vidi sparire nel varco formato dalle gambe di Ophelia. Ella,ormai pallida,quasi bluastra,con gli ultimi respiri e le terribili convulsioni che ancora l'animavano lanciava urli d'estremo dolore circondata dagli onirici fantasmi delle domestiche,sempre più veloci e fittizie.
Con entrambe le mani il medico afferrò i manici del forcipe e,stringendoli con forza,iniziò a tirarlo fuori lentamente. Il metallo del forcipe era tutto sporco di sangue e muco e le estremità inferiori stringevano una piccola testa fitta di capelli e tutta ricoperta di sangue e residui di placenta,poi finalmente riuscii a vedere la piccola creatura un po' meglio: il suo viso paffuto era violaceo e il piccolo collo era stretto nella morsa del cordone ombelicale. Il piccolo Alleyn era nato morto,impiccatosi con ciò che lo aveva nutrito per mesi e legato alla madre.
Si alzò un pianto generale e corale,terribilmente confuso,come se fosse lontano. Al dolore aleggiante nell'aria s'unirono le facce scure dell'ostetrica e del medico,in totale contrasto con il volto di Ophelia,ormai scavato,senza più sangue,con gli occhi ormai spenti e neri di morte.
-Ophelia .. Il bambino è nato morto ..-
Il viso di Ophelia,diventato ormai il viso della morte stessa tanto era pallido,smagrito e stanco,si contrasse in un'espressione di dolore immenso che si tradusse in un agghiacciante,intenso urlo che fece tremare la stanza. Fu in quell'attimo che finalmente Alexander entrò,mentre le figure del medico e dell'ostetrica sparivano e insieme a loro i fantasmi onirici delle domestiche: sola,nel suo letto,v'era solo Ophelia con il bambino ancora attaccato a lei grazie al cordone,ormai senza più sangue e vita nelle membra. Solo gli occhi,insieme alle contratte e violacee labbra,parlavano o  meglio urlavano per l'ennesima volta: neri e profondi come non mai,circondati da occhiaie profonde e scure,fissavano Alexander con rabbia e dolore,illuminati per l'ultima volta da brevi e violenti lampi di vita.
-Dove sei stato,Lex? Il bambino è morto- sussurrò,e quel sussurro quasi parve un urlo appena lo sentii.
Non puoi nemmeno piangerla,Martin.
 Poi il velo della morte calò su quelle povere,esangui palpebre e sulla stanza intera tingendo tutto d'oscurità.
 
L'orologio della mia stanza,posto sul caminetto,scoccava la mezzanotte quando sentii un urlo proveniente dalla stanza di Alexander. Anne aveva iniziato ad urlare,Alexander s'era alzato di scatto e s'era messo a correre per tutto il corridoio in cerca delle domestiche.
La mia stanza giaceva nell'oscurità di una notte senza luna nè stelle,ma giurai sul mio nome,sulla mia anima e sulle care anime dei miei cari vivi e dei miei defunti d'aver visto un alone di luce biancastra procedere dal mio capezzale fino alla porta,per poi sparire attraverso la parete.

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Capitolo 17
*** - ***


Decisi di uscire fuori dal letto e di accorrere in corridoio a dar una mano. Presi in mano una candela e cacciai fuori dalla tasca della mia giacca una piccola scatola di fiammiferi,mi feci luce e mi catapultai in corridoio. Appena fui fuori mi unii al caotico accorrere delle domestiche e mi precipitai nella stanza di Alleyn: quest'ultimo,svegliatosi per le urla della moglie,era appoggiato alla parete e,pallido in viso,osservava la scena davanti a sè con terrore e confusione,benchè nei suoi occhi notai un bagliore di coraggio. Cosa che mi mancò invece appena vidi Anne,o ciò che tentava di assomigliarle in quell'istante: il pallore con cui era arrivata a casa si trasformò in un colorito violaceo,quasi cadaverico,mentre i suoi occhi,lampeggianti e irrorati di sangue,erano orribilmente scavati e le labbra sembravano aver ormai perso ogni vitalità e bellezza,tese nell'emettere un urlo terribile e agghiacciante proveniente da una gola incredibilmente bianca e madida di sudore. Ella stringeva i pugni e,da come ebbi modo di capire osservandola,affondava le unghie nella carne delle mani con tale violenza da ferirsi. Il lenzuolo,a vederlo,non sembrava mai esser stato bianco ma poco mancò che grondasse sangue anche questo e,alla vista dello spettacolo che le stava davanti,Anne non faceva altro che urlare spaventata e schifata aumentando l'intensità delle proprie urla.
Il ventre era più gonfio che mani,bluastro anche questo e tutto irrorato dalle vene che intravedevo anche da sotto la camicia da notte. Forse tanta era la fatica dovuta a quel macigno che,anche da distesa,Anne non faceva altro che respirare affannosamente e gravemente.
-Signor Alleyn e padron Martin,non abbiate timori ..-sentenziò Farrah,spaventosamente sorridente come non mai quella notte-Capita che una donna in gravidanza abbia respiri così gravi,anzi non è che un vantaggio talvolta-
Ma in cuor mio quelli non erano gravi respiri da partoriente.
Quel tremendo colore non era dovuto alla debolezza,alla mancanza di cure,allo stress.
Quel ventre spaventoso e bluastro non poteva essere una gravidanza: era cresciuto in pochissime settimane divorando il povero corpo della donna,o almeno ciò che restava in quel letto grondante sangue,muco e chissà quant'altri omori.
Anne Hughes,quella notte,con quegli occhi tremendi pieni di lampi e rossi di sangue,non era Anne Hughes,o piuttosto non lo era almeno per metà: quel corpo martoriato conteneva due anime e i dieci,cento,mille demoni di quella maledetta villa,unici figli e vincitori dell'ennesimo parto mortale.
E rimasi in silenzio mentre tutto urlava,sussurrava,faceva su e giù per la stanza intorno a me.
Alexander faceva avanti e indietro per la stanza con le mani ai capelli. Gli cinsi una spalla e gli strinsi le mani con foga.
-Fatelo uscire dalla stanza,padron Martin .. E' emozionato,lo comprendo bene!-
Farrah,insieme a tutte le domestiche,pareva sottovalutare il terribile stato in cui Anne si trovava: la vecchia sorrideva con calma e serenità,quasi conoscesse già a memoria le misure da prendere o,peggio ancora,avesse fatto in modo che Anne si riducesse in quel modo.
-No,Farrah- Alexander prendeva la parola,con la voce tremante per lo spavento-RImarrò qui. E' giusto che questo bambino riconosca già chi sia il vero padre-
Alexander si gettò ai piedi del capezzale di Anne e le afferrò la mano,portandosela alle labbra.
-Moglie mia .. Mio unico amore di una vita ..-
-Oh Lex .. Non pensavo facesse così male,eh sì ..-
-Tranquilla-le posò un bacio sulla fronte,noncurante del sudore-Stiamo finendo,d'accordo? Siamo genitori adesso .. E' il nostro bambino ..-
La guardava come se avesse di fronte la più rara delle bellezze,vinto dall'amore in maniera straordinaria: non avevo mai vsto un sentimento tanto forte negli occhi di due sposi,nemmeno quando mia madre guardò mio padre morente per l'ultima volta ed egli volle baciarla come tanti anni prima.
Alexander s'era distaccato appena dalla fronte di lei quando quest'ultima venne colpita nuovamente dal dolore: vidi i muscoli del suoi braccio contratti insieme a quelli della gola,e i suoi occhi più insanguinati che mai stringersi in una smorfia di terrore ed estrema sofferenza. Nel frattempo Farrah aveva lavato le mani in un catino,le aveva asciugate per bene e aveva aiutato Anne ad allargare le gambe.
-Forse è meglio che io esca ..- stavo per dirigermi fuori dalla porta quando Alexander mi bloccò.
-No,amico mio .. Non lasciate questa stanza,fate ormai parte della nostra famiglia. Nostro figlio avrà uno zio saggio e straordinario,non pensi Annette?-
Ma la cara Annette continuava ad urlare e a dibattersi,e i suoi urli si fecero più cupi e spaventosi: quella non era più la sua voce nè sicuramente la sua anima era ancora dentro quel corpo sofferente e distrutto,orribilmente corrotto. Da quegli occhi rossi iniziarono a sgorgare copiose lacrime e nel mio cuore sentii che la sua anima,la sua vera anima,fosse trapassata proprio in quell'istante.
 
Farrah si faceva spazio tra le gambe di Anne e sorrideva compiaciuta.
-Bene,ottima dilatazione. Potete iniziare a spingere,ma fate prima un bel respiro profondo-
Prima spinta.
Anne cacciò un urlo tremendo e pieni,pieni erano quegli occhi di sangue. Con la mano che porgeva ad Alexander strinse il polso al marito e poco mancò che conficcasse le proprie unghie nella sua carne.
-Un altro bel respiro,coraggio! Pregate il Signore,pregate!-
Seconda spinta.
Il collo s'alzò con uno scatto meccanico e rapido,volto verso il tetto. La bocca-allargata come un pozzo era ormai,le labbra non esistevano più!-emise l'ennesimo gemito infernale e le dita si strinsero più violentemente al polso di Alexander,mentre le lacrime continuavano a scendere copiose.
-Andiamo bene,molto bene! Spingete ancora!-
Terza spinta.
Il naso inspirò e la bocca emise l'ennesimo respiro,tutta grondante di bava raggrumata e biancastra. Gli occhi si fecero più rossi e improvvisamente smisero di piangere: la tenda si mosse per qualche secondo senza che un alito di vento fosse entrato nella stanza,poi smise di ondeggiare.
Anne Hughes,la vera Anne Hughes,era spirata.
-Spingete più forte,più forte ancora!-
Quarta spinta.
Anne,o chi per lei,inspirò orribilmente una seconda volta e un piccolo rivolo di sangue iniziò ad uscire dal naso,mischiandosi alla bava raggrumata attorno alla bocca;gli occhi si strinsero in una terribile smorfia di dolore e il suo viso,da bluastro,passo a diventare viola.
E poi sentii rompersi qualcosa di molle.
-Ci siamo quasi,avanti ..-Farrah sorrideva e il terrore e l'ansia presero me e Alexander- Spingete ancora,vedo .. qualcosa!-
Non resistemmo alla tentazione: Alexander si alzò ed entrambi ci sporgemmo leggermente.
Avesse potuto prenderci l'Inferno in quell'istante
Ttra le gambe di Anne,depositati sul lenzuolo ormai nero di sangue,v'erano interi pezzi di viscere bluastre,rosa e rosso scuro,tutti brulicanti di vermi neri e sottili.
-Farrah .. Cosa succede?!- Alexander sbiancò d'un tratto e poco mancò che anch'egli lasciasse l'anima a Dio.
-Non so,signor Alexander .. Mio Dio,Anne,continuate a spingere!-
Quinta spinta.
Ancora viscere grondanti umore e sangue e bile.
Anne strinse i pugni e,lanciando ancora tremende e cupe urla da demonio,abbassò la testa con un movimento rigido e poi indietreggiò verso lo schienale con altrettanta violenza,sbattendo la nuca una,due tre volte,ormai in preda a terribili convulsioni. Tremava tutta ,con la bava ormai gocciolante su tutto il collo, e con le mani-le sue stesse mani,ebbene!-,animate da chissà quale forza demoniaca,afferrarono gli angoli della bocca e li strapparono violentemente.
L'inferno intero,riunitosi dentro quelle pareti,aveva fatto in modo che il cadavere di Anne si mutilasse da solo.
-Che Dio protegga la sua anima,ormai-sussurrò Farrah in mezzo a noi,poveri spettatori di un omicidio.
Perchè Anne non era morta di parto,perchè quello non era un parto.
Sesta spinta.
Anne-il suo viso era ormai una maschera di sangue irriconoscibile,nel quale restavano interi soltanto i mostruosi occhi,neri come il peccato e ardenti come braci- sbattè le braccia allo schienale,poi di nuovo la nuca in un'ultima,mostruosa battaglia che le spaccò la testa,ormai penzolante su una spalla. Un ultimo fiume di sangue e bava colò fino al seno per poi arrestarsi.
Alleyn impazziva:s'era fatto prima giallo,poi rosso e poi nuovamente pallido e s'era precipitato in corridoio urlando e distruggendo tutto ciò che gli ostacolasse il cammino. Nella stanza rimanevo io insieme alle domestiche,confuse e terrorizzate,e insieme a quel cadavere mutilato da chissà quale terribile,infera entità.
-La sua anima! Pregate per la sua anima,padron Martin!-
Mi precipitai in corridoio,raggiunsi la mia stanza e staccai il piccolo crocifisso dalla parete. Ritornai alla stanza di Alexander,mi feci largo tra le domestiche e allungai la mano verso l'orrenda maschera di carne di quella creatura - Anne era ormai morta e il suo corpo lasciato a chissà quale demone: i terribili occhi videro il piccolo oggetto che tenevo in mano,si arrossarono di sangue per l'ultima volta e poi sbiancarono;la bocca si contorse nell'ultimo gemito,poi il ghigno s'arrestò  insieme al respiro affannoso e alle urla;da sotto le gambe,dalla bocca,dal naso e da chissà quanti altri orifizi iniziarono ad uscire mille e mille piccole creature,vermi,scarabei e chissà quanti altri piccoli demoni.
Nuovamente la tenda ondeggi,più violentemente ancora,e il terribile rombo di un tuono fece spalancare la finestra e spegnere le candele. Un lampo violetto,apparso in quel cielo grigiastro e spettrale - iniziava infatti ad albeggiare-,illuminò la stanza e sostituì i ceri funebri per il funerale notturno di Anne Hughes.
Ordinai alle domestiche di fare pulizia e sistemare il corpo di Anne,dunque mi precipitai in corridoio per cercare Alexander. Ovunque v'erano i segni del suo passaggio: vasi di porcellana in mille pezzi,pareti sfregiate e leggermente sporche di sangue,candelabri con i bracci spezzati.
Ero già arrivato allo scalone quando sentii un urlo provenire dal salone d'ingresso,dunque mi precipitai giù a vedere quale fosse l'ennesima disgrazia di cui ero stato reso partecipe.
La giovane Manon guardava verso il salotto,pallida come un cencio e inginocchiata davanti l'uscio. Corsi accanto a lei,entrai in salone e questa volta il mio terrore fu lasciato libero di esprimersi: Alexander,impiccatosi con un lenzuolo,pendeva dal lampadario,con gli occhi e la bocca spalancati nell'ultima,agonizzante smorfia.
 
La casa doveva essere ripulita dalla strage.
Ordinai alle domestiche di lavare i cadaveri e sistemare le stanze,mentre io sarei uscito a chiamare un parroco per celebrare le loro esequie. Il giorno stesso poi,appena i cadaveri sarebbero stati sistemati,avrei fatto chiamare i parenti e avrei fatto benedire la casa.
Indossai una giacca a caso,feci sellare un cavallo e partii. Lo stalliere,saputa la notizia,mi disse che un piccolo parroco di campagna,il pastore Edward Clark,abitasse in una bianca,modesta casetta poco distante,nel primo sentiero svoltante a destra che avrei trovato. Seguii alla lettera le indicazioni e partii in fretta,spronando il mio cavallo a grandi schiocchi,finchè trovai la mia meta nel luogo esatto in cui m'aveva indicato il buon uomo.
Trovai il parroco in giardino,tutto intento ad annaffiare il proprio orticello.
-Buongiorno!-
Mi sorrise amabilmente e si avvicinò a me.
-Buongiorno,posso esservi utile signore?-
-Sto cercando il pastore Clark,siete voi?-
-Oh ebbene,avete bisogno d'aiuto?-
Mi aiutò a scendere da cavallo e,avendomi visto in stato confusionale,mi fece accomodare nella sua abitazione.
-Cosa succede,buon uomo?-
-Dovrei celebrare .. Un funerale. Due miei amici,una coppia sposata,son morti stanotte-
Il pastore Clark mi diede una pacca amichevole sulle spalle.
-Oh,possa il Signore accogliere le loro anime .. -trattenni una risata nervosa quando pronunciò le sue parole-Attendetemi,prendo il mio messale e la Bibbia. Avete dei ceri,naturalmente? Chiamerete i becchini?-
-Vorrei che alle loro povere anime sia garantita la luce,prima della sepoltura ..-
Si allontanò verso un comò,tirò fuori un piccolo messale in pelle nera,decorato da una croce dorata,e una bibbia rilegata in cuoio.
-Potreste dirmi i nomi dei vostri cari defunti,signor ..-
-Martin Stevens. Sono i coniugi Alleyn,Alexander Mathieu e Anne-
Il pastore Clark impallidì,mi prese la mano e mi portò a sedere su un piccolo divano davanti al focolare di casa.
-Siete sicuri che si chiamassero così .. signor Stevens?-
Nei suoi occhi v'era vivo terrore,così come nelle grassocce mani tremanti.
-Sì,pastore. Come mai questa domanda?-
-Il barone Alexander Alleyn intendete? Anne Hughes,quella Anne Hughes?-
-Sì,pastore .. Son loro! Li conoscete,voi avete magari celebrato la loro cerimonia di nozze?-
Mi sorrise amaramente e mi mise un rosario tra le mani,con gli occhi carichi d'ansia paterna.
-No,ragazzo mio .. Ella di parto,egli suicida e piromane .. Pure quei poveri domestici innocenti ..-
-Non vi capisco pastore Clark,spiegatevi meglio per favore ..-
Non voglio capire pastore Clark,non voglio sentir altro per favore.
-I coniugi Alleyn sono morti ben cinque anni fa,mio giovane amico-

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