Poison Kiss

di Etoile_Noir
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Dannatamente strano ***
Capitolo 2: *** Immobile ***
Capitolo 3: *** Oggi è il primo giorno del resto della tua vita ***
Capitolo 4: *** La curiosià uccide il gatto, ma la soddisfazione lo riporta in vita ***
Capitolo 5: *** Rissa, Rissa, Rissa! ***



Capitolo 1
*** Dannatamente strano ***


DISCLAIMER:'Con questo mio scritto, pubblicato senza alcuno scopo di lucro, non intendo dare rappresentazione veritiera del carattere di questa persona, nè offenderla in alcun modo'

Cari lettori!
Dunque...
parto oggi pomeriggio e sto via una settimana, e dato che avevo qualcosina di pronto e che voglio bene ai miei quattro gattini, mi sono detta 'perchè non postare un assaggino della la nuova Fiction ai tempi della scuola su Synyster?'
Voglio avvertiri che questa volta mica c'è Alex o chissà chi ma lui sarà l'unico e inimitabile protagonista di questa storia.
Vado che devo finire di preparare la valigia.
Enjoy it!
Ps: I commenti non fanno male alla mia salute, lo sapete vero? XD



Prologo


Warner Ave, 27 agosto 1998.
Sembra l'intestazione di una lettera, in verità sono solo le parole che nella mia testa continuano a risuonare incessanti come il suono di un trapano che trivella il duro, quasi indistruttibile manto stradale.
La strada gigantesca si estende per tutta la costa di Huntington spalleggiando la Pacific Coast Highway, luci rosse fermano la corsa degli automobolisti e la strada che era vuota solo un momento fa, ora è stipata di macchine sfarzose e tirate a lucido perfettamente come se fossero un gioiello da far brillare per far sì che sia notato; ce ne sono di ogni tipo esattamente come i pendenti che sfavillano al collo delle signore di classe.
Il profilo imponente della Oceans View High comincia a delinearsi ad ogni passo che compio, e l'incrocio con Gothard Street si fa talmente vicino che il palo che indica il nome della via diventa all'improvviso imponente, minaccioso come se volesse annunciare qualcosa di brutto.
Non riesco a fissare dritto davanti a me quando svolto e il mio sguardo automaticamente cade sull'asfalto che già sfavilla sotto i raggi del sole debole e tiepido delle prime ore della mattina. Non so esattamente cosa sto cercando di evitare agendo così, ma accettando la verità che improvvisa illumina la mia mente come un lampo squarcia il cielo durante una tempesta, capisco che ho paura delle facce, per la precisione delle parole taglienti che persone che troverò di nuovo a scuola mi rivolgeranno.
So che il cancello d'entrata mi sovrasta con tutta la sua maestosità ed è come se mi sfidasse a proseguire a correre questo rischio; camminare sul selciato sudicio e trasandato della Ocean non mi era mai sembrato così strano, e ora è quasi grottesco.
L'ampio parcheggio si apre sotto i miei occhi quando superati gli alberi centenari sto direttamente di fronte alla buffa facciata dell' edificio che sembra stata rubata ad una parata carnevalizia con quella sua enorme scritta che pare aver volontà propria per emergere da quello che sembra cartone.
Quando mi avvicino, questa illusione sparisce assieme a quella minima traccia di sicurezza che ero riuscita a mettere insieme mentre il panico e l'angoscia crescono e raggiungono il picco massimo nel momento in cui la mia mano tocca la maniglia antipanico per farmi strada ed entrare a scuola.
Quello stesso edificio dove mi sono recata per tre anni e che ora mi fa agitare talmente tanto che sento il mio stomaco rivoltarsi più volte per l'ansia.
La hall è quasi deserta mentre qualche gruppetto di ragazzi, probabilmente matricole, stanno osservando e provando le combinazioni dei loro armadietti nuovi di zecca.
A me toccherà il solito, il 307 direttamente davanti all'aula di quell'inutile e insulsa materia chiamata matematica; io la odio quella cosa, in quattro anni sono solo riuscita ad essere promossa solo una volta, per la precisione quest'anno, per tutti i restanti tre anni; bhè quella è una bella storia, ho dovuto fare i corsi estivi...
Sì, avete sentito bene quegli assurdi e noiossissimi corsi che ti fanno fare per recuperarla e dare l'esame prima dell'inizio del nuovo semestre.
Però per qualche strana ragione mi sono divertita, c'erano sempre quel gruppetto di fanatici del hardcore o del punk che si davano man forte per far passare più velocemente il tempo, ma solamente una volta è stato veramente mitico ovvero l'estate dopo la fine del secondo anno; quei cinque ragazzi erano davvero divertenti, ma non ricordo il loro nome, poi sicuramente non sono rimasti gli stessi, e non ho avuto mai avuto l'occasione di incontrarli di nuovo nè avrei avuto mai il coraggio di fermare e parlare con gente praticamente sconosciuta in mezzo al corridoio e tantomeno ci sarei riuscita l'anno scorso quando tutto sembrava vano.
Torno a guardare di fronte a me e lascio che siano le mie gambe a portarmi, come se avessi appena inserito la modalità ' pilota automatico', incurante di tutto ciò che può aspettarmi mi lascio trasportare verso la segreteria.

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Capitolo 2
*** Immobile ***


Buenos dias !
Direte… Chi non muore si rivede uh?
Non avrete mica chiamato chi l’ha visto nel frattempo vero?XD
Stavolta avevo i capitoli pronti…E indovinate? Mi son dimenticata che dovevo aggiornare questa storia.
*Ahem*
Ora il momento dei ringraziamenti *-* …
OOgloOO: Ciao CaVa! Anche io non ci speravo più, sono tipo stata assente da efp per 6 mesi e poi c’era l’altra storia… Sono contenta di postare questa e ricevere il vostro parere. Dimmi se secondo te è noiosa, perché so che il mio difetto è dilungarmi troppo sulle descrizioni. Cercherò di sforzarmi e non farlo! Ein kuss fur dich auch.
lucilla_bella: Sìsì te lo assicuro, mai stata meglio in vita mia XD Oh come odi gli Atreyu? Povero Lexipooh, si metterà a piangere e finirà per tornare emo. XD Sì devo ammettere che nell’altra i periodi sono troppo ed esageratamente lunghi! E grazie, sono contenta che ti piaccia il mio modo di scrivere! :}
echelon1985: Grassie!Si forse il primo capitolo è troppo poco per dare giudizi ma ti prometto che la storia sarà movimentata. Moolto movimentata! *me sogghigna*
Elyrock: Luvah!!! *-* Cara lei! Grazie del tuo appoggio, è sempre importante per me. Sono contenta che ti piaccia questo inizio, spero di non averti deluso con questo nuovo capitolo. Eh, chi incontrerà? XD Bacioni Bubu. Mi manchi. <3
Dominil: E dici che sono io a farti dei complimenti? O.o Te mi hai riempito, non che la cosa mi dispiaccia! XD Anzi sono felicissima che il tuo parere sia così positivo, è importante per me sentirmi dire ‘ste cose. *.* Scusami se non ti ho ancora commentata, sono sicura che anche il tuo nuovo capitolo sarà bello come al solito. Spero che ti piaccia anche se non è troppo movimentato come capitolo. Buona lettura =D
Vi lascio con il solito… Enjoy it!


2.
Immobile



E' tutto uguale, troppo dannatamente uguale.
Il pavimento di mattonelle bianche è talmente pulito che le scarpe a contatto con esso fanno rumore e anche se tu pesassi un grammo, quella insulsa superficie di pseudo plastica ti farebbe fare la figura da cioccolatino ugualmente.
Per non dire che è così lucido e uniforme che riesce a riflettere esattamente come uno specchio il colore delle mutande delle cheerleaders quando e se le indossano.
Volendo parlare di cose che rimangono perennemente uguali e per di più indecenti non si finirebbe più.
Prendi gli armadietti per esempio, sono come al solito pieni di polvere tant'è che è impossibile non morire quando ti azzardi ad aprirne uno, per non parlare di riporre le tue cose sulla mensola interna, dovresti per lo meno indossare una maschera antigas e fare una disinfestazione.
L'ufficio del personale è collocato nella stessa stanza da decenni; un buco per intenderci, dove la segretaria stretta nel suo tajor è felicemente seria davanti al computer.
Sembra si diverta a passare il suo tempo battendo i tasti e abbassando il capo per consultare dei fascicoli cautamente appoggiati alla scrivania di compensato non curandosi di ciò che le accade intorno.
E' come se volesse essere lasciata sola con il suo lavoro, senza nessuna scocciatura di cui occuparsi.
La scocciatura, o piaga in questione sarei io e quelli della mia specie: in piedi esattamente davanti a lei tamburello ritmicamente il piede contro la dura superficie che è il pavimento, come se stessi scandendo il tempo di un brano musicale, una fantomatica traccia che perdura da una manciata di minuti, da quando sono arrivata qui insomma.
Mi fissa con i suoi occhi finemente truccati, desidera con tutte le sue forze che io sparisca all'istante.
Ma io sono come il suo peggior incubo, e non me ne andrò.
Mi schiarisco la gola pronta per lasciare andare quel vortice di parole poco gentili che avrei da riservarle; ma lei mi precede guardandomi dall'alto in basso per poi chiedermi annoiata per quale motivo mi fossi recata lì.
Come se io ci volessi venire davanti a questa faccia da idiota soltanto per litigare... Per sfogarmi per bene preferisco i bulletti, quei palloni gonfiati che scoppiano con qualche parola ben impostata.
"Sono venuta per l’orario delle lezioni, non credo che quello vecchio possa essere valido per due anni consecutivi", le specifico guardandola negli occhi così insistentemente che è costretta a distogliere lo sguardo.
"Non ti è arrivato a casa come a tutti gli altri, perché devi sempre distinguerti dagl’altri in ogni cosa che fai?"
Come se le potessi rispondere. Non sono uno di quelli strizzacervelli talmente poco normale che si analizza da solo invece di dedicarsi ai propri pazienti.
Le persone di solito non sanno perché agiscono in una determinata maniera, lo fanno e basta anche se alla fine se ne pentono.
"E tu saresti?", mi domanda come se volesse stuzzicarmi e punzecchiarmi sul punto più debole, l’orgoglio.
"Raynolds"
Non riesco a fare a meno di essere acida con questa stronza di segretaria. E’ una di quelle persone insopportabili e inutili proprio come i broccoli, perchè non la riuscirò a digerire nemmeno fra cent’anni.
Mi sta proprio sui nervi.
"Annika?", chiede come se non sapesse leggere.
"Annie, prego"
" E' riportato il nome Annika , e io la chiamerò così.", ammette senza repliche "E' sicuramente un bel nome. Non sei di origini americane, vero?"
"La mia famiglia si è stabilita qui da otto generazioni" e non rompere su cose che non sai, vorrei aggiungere.
"Annika. Come l’amica di Pippi Calzelunghe?"
Le rispondo affermativamente. Dura, perché l’ira mi pervade i sensi sia per questa donna che non la smette di blaterare su cose perfettamente inutili, sia per mia sorella Ashley, che è l'artefice di queste situazioni snervarti dato che scelse questo nome idiota quando aveva quattro anni e adorava il cartone animato svedese.
Annika mi sembra anche un nome stupendo rispetto a quello della protagonista, Pippilotta Viktualia Rullgardina Socciamenta Efraisilla Calzelunghe per gli amici Pippi, su cui mia sorella insisteva tanto.
Se credessi in Dio, lo ringrazierei tutte le sere per questo motivo.
E non sono nemmeno rossa di capelli, sennò direbbero che hanno sbagliato nome, cioè non che il mio colore di capelli sia molto più normale; ho i capelli tinti con un colore che adoro. Il Viola.
Annuisce e occhieggia al computer come se lui potesse la potesse capire.
E' completamente fuori di testa questa donna.
"Ah. Eccoti! ", dice seccata non volendomi assolutamente dar ragione " C'è una nota nel server secondario "
Lascio che queste siano le uniche parole che si possano udire nella stanza.
Dentro di me sto gioendo come non mai. Non lo ammetterei mai ma amo aver ragione.
"Non è possibile!", dice lei con voce allarmata.
"Mi scusi?", mi acciglio io.
Le sue pupille dorate dentro le mie;"Nulla"
Non rispondo perchè sarebbe inutile, ma resto fermamente convinta che le persone non dovrebbero fare commenti ad alta voce se non vogliono che siano rivolte domande a proposito.
"Signorina. Dovra’ fare un percorso scolastico standard per il momento"
"E quale sarebbe?", devo alzare il tono a causa del vociare insopportabile del corridoio, il che mi rimanda al fatto che non sono più in anticipo e che dovrò sudare per arrivare in aula in tempo.
La osservo le sue mani non così perfettamente curate sbloccare la serratura dell'archivio e poi le dita scorrere facilmente sui fascicoli degli studenti.
“Inglese, matematica, storia, arte…”,
“Ma manca un’ora. Se non sbaglio”
“Lei cosa vorrebbe fare?”
“Chimica Avanzata con il signor Brown”, ammetto quasi inconsapevolmente
“Non credo che lei sia adatta, ma non saprei dove altro inserirla e non voglio nemmeno preoccuparmene, signorina Annika
Questa volta non riesco a stare zitta, il mio limite di pazienza è stato esaurito una manciata di minuti fa’ quando ho dovuto guardare in faccia questa megera.
“Lei non può dirmi che cosa devo o non devo fare. Non sa di che sono capace e non credo nemmeno che riuscirebbe a valutare le capacità intellettive di una lumaca semmai ce le avesse, dato che il suo obbiettivo nella vita è stato arrivare fin qui, in una misera scuola di provincia!”
Il suo viso cambia espressione.
Sbianca.
Non riesce a trovare le parole e nemmeno a credere che io abbia osato parlarle così.
Non m’interessa ciò che prova, infatti dopo aver afferrato il foglio con l’orario m’incammino verso l’aula di inglese che è dalla parte opposta di quest’enorme edificio bianco.
Non mi lascia allibita il fatto che la gente pensa che io sia un’incapace dato che ho frequentato solo metà anno dell'anno passato in questa scuola, ma non è che provi che io la sia effettivamente. E chiunque sia, la prossima volta non dovrà nemmeno azzardarsi a pensarlo perchè giuro che lo prenderò a pugni.

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Capitolo 3
*** Oggi è il primo giorno del resto della tua vita ***


Cari lettori, prima di leggere questa storia volevo lasciarvi un messaggino. E' passata una vita da quando ho iniziato a postare questa storia, lo so, ma per qualche strano motivo ci ho sempre pensato almeno un pochino. Ho ritrovato l'ispirazione e le idee per questa storia (grazie alla nostalgia per il liceo). Idee che sono molto cambiate rispetto a prima, penso che diventerà una storia abbastanza profonda. Sono molto speranzosa, spero che non risulti pesante come il secondo capitolo (che è assolutamente da rivedere) ma romantica e un pochino più seria delle solite. Buona Lettura!

3.

Oggi è il primo giorno del resto della tua vita
 
Sono seduta nell'aula di matematica, nell'ultima fila. E' un posto stupendo, il mio posto, da dove posso osservare tutto, dalla finestra a quello che succede nei primi banchi senza però stare troppo attenta.
La sedia è scomoda, proprio come me la ricordavo; e la classe, la più grigia e cupa dell'intera scuola.
Osservando tutto quello che mi circonda, non riesco a non pensare all'ultima volta che sono stata qui, ai mesi invernali e anche quelli estivi passati qui dentro.
E' tutto un grande deja-vu, da quando stamattina ho varcato la soglia della Ocean View.
Il professore entra sbattendo la porta, è già irritato il primo giorno di scuola. Non è esattamente consolante.
" Buongiorno ragazzi, questo è il primo giorno del vostro ultimo anno. Sarà un anno importante per voi, e dovrete affrontarlo al meglio. Io sono il professor Smith e sarò il vostro prof di trigonometria e calcolo"
E' lo stesso professore che zittiva quei ragazzi quando parlavano senza sosta delle cose più inutili. Diceva che quello non era il luogo adatto per le chiacchiere, che non era il Johnny's Bar.
Tutta la classe rideva, ci divertivamo, ma è tutto diverso ora, non c'è più il gruppetto di ragazzi punk. Solo figli di papà, che parlano di vestiti e si vantano di macchine nuove di zecca che non hanno pagato loro.
E' successo un estate fa, prima che tutto cambiasse per me. Mi piacerebbe rivedere quel gruppo di ragazzi, ma non so se sono ancora a scuola o in questa città. Parlavano di tour, della loro band e di cambiare il mondo con la loro musica. Io spero davvero che ce l'abbiano fatta perchè questa città è solo un ostacolo per i musicisti, non da le opportunità che loro cercano, e io non ce li vedo proprio a fare un lavoro qualunque.
Sono destinati a fare qualcosa di grande. Ma non importa se ci siano o meno, il prof continua a dare indicazioni sul corso; su che cosa avremmo fatto, informazioni sui test e altre cose molto poco interessanti.
Si percepisce nell'aria che nessuno ha la minima voglia di essere qui, l'espressioni degli altri mostrano chiaramente tutto ciò. La mia non è da meno. La matematica è inutile. Non è come imparare a fare i calcoli all'elementari, cose che ti servono tutti i giorni, ma operazioni complicatissime che servono per calcolare delle rette su un piano che poi alla fine non esiste. E' imbarazzate pensare fino a che punto si spinge la curiosità umana. Sarebbe sicuramente meglio togliere questi corsi da quelli obbligatori e lasciarli a quei nerd che adorano le scienze, così noi avremmo lezioni con cose più utili tipo come calcolare le tasse e evitaremmo di pagare una persona per sistemare un paio di scontrini e collocarci in un paio di fasce di reddito una volta l'anno nel nostro futuro.
Evidentemente non tutti sono convinti di ciò, e sono anche dell'opinione che scrivere alla lavagna ci possa svegliare da questo specie di coma, ma si sbagliano, io mi annoio con o senza il professore che urta il mio campo visivo con delle scritte bianche su sfondo nero.
"Buongiorno Signor Sullivan. Signor Haner, quanto a lei, è un piacere rivederla in classe, sarebbe stato un guaio se lei avesse deciso già di anticipare il ringraziamento e il winter break"
Devo aver fatto un espressione molto vicina a quella di un pesce con occhi strabuzzati e bocca a forma di 'O' perchè la ragazza alla mia sinistra mi ha guardato malissimo. E' come essere bloccata per qualche secondo, di pensare di avere un espressione normale non se ne parla proprio. Non so nemmeno se se sono ancora al mondo o meno, un black out completo anche mentre si avvicina. Non ci credo, non è possibile che questo stia davvero succedendo. "Ehi, questo posto è occupato?"
Questo è il momento in cui mi sono risvegliata: quando mi ha fissato intensamente negli occhi aspettando una mia risposta. E ora?
Non so nemmeno se riesco a rispondergli senza fare un'altra figuraccia. Oh mio dio, questa sarà sicuramente una lunga giornata.
"No.. siediti pure" Dopo aver raffazzonato una risposta ho abbozzato un sorriso.
"Sono Annie" gli dico di getto. Tengo il volto dritto verso il prof cercando di nascondere l'emozione, mentre con la coda dell'occhio cerco continuamente il suo volto.
"Io, Brian. Non ne posso più già di essere qui, pensa che mi sono fatto due estati a scuola con questo idiota", dice piano per non farsi scoprire dal professore.
"Io una, al secondo anno... orribile"
Raccolto il coraggio mi volto verso di lui. Gli sorrido di nuovo, simpateticamente, senza nemmeno rendermene conto.
"Voi laggiù in ultima fila, state zitti.Siamo in classe, non al bar Johnny"
Mi lancia uno sguardo sconsolato,aggiunge qualcosa e si volta di nuovo:
"Sempre la stessa battuta del bar, è proprio vero che qui le cose non cambiano mai. Comunque mi sembra di ricordarti, di sicuro non avevi i capelli di questo colore sennò non mi saresti sfuggita"
Mi scappa di nuovo una risatina. Ho sempre pensato che fosse un tipo divertente e ora più che mai ne ho la dimostrazione
"Shhhh", qualcuno rompe di nuovo il silenzio. Ora forse dovremmo veramente tacere.
"Sembra che dobbiamo rimandare la nostra conversazione a dopo..."
"Haner, e allora?", lo richiama di nuovo il prof dall'altra parte della stanza
"Sì okay, prof. Ora sto zitto"
Il prof gli dedica con un occhiataccia carica di rimprovero, come solo lui sa fare, che sostituisce mille parole e lo fa tacere definitivamente.
Non so contare le volte in cui mi l'ho fissato, tutto per confermare a me stessa che non stavo sognando. Non ho ascoltato nulla di quello che ha detto il buffone alla lavagna, non avrei saputo ripeterne nemmeno una parola. So solo che cerca ancora invano di spiegare delle cose inutili che ci dimenticheremo subito dopo il test.
Continuo a pensare a quello che mi ha detto, a quello che io potevo dire, e al fatto che dopo gli parlerò di nuovo. E con il pensiero che lo rincontrerò tutte le mattine per il resto del quadrimestre non riesco a smettere di fare piani e progetti come una ragazzina cogliona di tredici anni.
Quando la campanella annuncia la fine della lezione, io sono la più lenta, non ho fretta di allontanarmi dalla classe, ho solo voglia di chiedere a Brian come va con la band e di non smettere mai di sentire la sua voce sexy.
Brian però evidentemente non ha voglia di sentire la mia, anzi si è completamente dimenticato di me non appena il suo amico, quello alto e strano, si è avvicinato a lui.
Non riesco a smettere di origliare la loro conversazione, non posso fare a meno di essere triste per quello che è successo e allo stesso tempo, incuriosita da ciò che stanno dicendo.
Parlano di chitarre, di concerti e di come Brian durante l'estate ha conosciuto Frank Zappa durante una cena di suo padre.
Roba che non si sente tutti i giorni in mezzo a questo branco di adolescenti con l'ormone impazzito.
Purtroppo seguo il loro discorso fino a metà del corridoio che porta all'ala est, continuo a camminare, allontanandomi da loro sentendo pian piano le loro voci sempre più lontane, come se effettivamente si trattasse di un sogno.






 

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Capitolo 4
*** La curiosià uccide il gatto, ma la soddisfazione lo riporta in vita ***


Buondì, non ho idea se si possa o meno scrivere le risposte alle recensioni qui, quindi vi ringrazio di cuore, uno per uno, per le belle parole.
Mi scuso ancora per l'upload così in ritardo. Ho già altri due capitoli pronti btw, così non dovrete aspettare troppo.
Vi ringrazio ancora e buona lettura.
Un bacio



4. La curiosità uccide il gatto, ma la soddisfazione lo riporta in vita


Raccolgo i quaderni dal sedile della macchina e dopo aver sentito il 'beep' del sistema di chiusura centralizzata mi incammino verso la scuola che con la sua mole domina il mio campo visivo. E' il secondo giorno e questa nuova routine mi ha già stancato. Preferirei di gran lunga essere ancora in vacanza senza pensieri e senza obblighi a cui dover adempiere.
Continuo a camminare tranquillamente anche all'interno, senza dover dare spintoni a destra e a manca per passare la zona dove ci sono gli armadietti delle cheerleader.
Sentire l'eco dei miei passi, dei miei pensieri è quasi un miracolo in questa scuola. E' ancora troppo presto per sentire quel misto di voci e risatine delle coetanee oche in giro per il corridoio ed è una fortuna perchè così posso parlare con Rachel, che prima di trasferirmi e restare lontana da Huntington Beach per un anno, è stata la mia migliore amica sin dai tempi dell'asilo.
Non ha molto tempo da dedicarmi, non ne ha più tanto da quando me ne sono andata, dice di avere una giornata pienissima nonostante sia solo il secondo giorno di scuola. E' tutto così strano, non c'è più quella confidenza e ogni volta che ci incontriamo anche solo per qualche chiacchiera mi sembra di dovere costruire tutto da capo con lei e ogni volta mi sento morire. Mi congeda con un bacio sulla guancia dicendo che ci saremmo viste per l'ora di chimica e un secondo dopo mi ritrovo da sola in mezzo a questo enorme corridoio. Resto un attimo a guardarla mentre si allontana, i suoi capelli, così lisci e fluenti, si agitano con naturalezza ad ogni suo passo, le ho sempre invidiato quella chioma così lucida e straordinariamente ordinata rispetto alla mia.
Continuo a pensare e ripensare a ciò che è successo e l'unica conclusione che riesco a trarre è che tutto ciò mi lascia con l'amaro in bocca; non mi sono allontanata da Orange Country di mia spontanea volontà, mi ci hanno costretto, cosa che lei non ha mai capito o meglio, ha fatto finta di non capire. Non potevo restare, non potevo vederla, ma non voleva mica dire che non l'avessi pensata ogni singolo giorno in quell'afosa terra straniera.
E' una cosa che probabilmente non si potrà mai risolvere, purtroppo. La mia parte l'ho fatta, io sono stata corretta con lei, è lei che si sta comportando male, come una schizofrenica con me, e non riesco proprio a capire che le passa per la testa..
Arrivo in aula così assorta nei miei pensieri che solo dopo qualche minuto mi accorgo di non essere l'unica lì, non devo essere essere arrivata così in anticipo oggi, qualcuno infatti sta già parlando alla finestra, altri ripassano e qualcun altro sta già dormendo al suo posto con la testa appoggiata sulle braccia che ripiegate occupano la superficie dell'intero banco. Quel qualcuno è Brian. Dorme nello stesso posto di ieri, di fianco al mio banco. Mi sento in dovere di svegliarlo, fra poco sarebbe arrivata gente e soprattutto il professore che non ci avrebbe pensato due volte a mandarlo dal preside.
Mi manca il coraggio per farlo, incrocio le braccia al petto per impedirmelo. Guardo la gente passare per il corridoio, tanto per distrarmi, ma è completamente inutile. Solo quando i compagni iniziano ad occupare i banchi in classe, a chiacchierare delle cose più futili creando quel rumore di sottofondo fastidioso, decido di agire.
"Brian" mi avvicino al suo banco per sussurrarlo, non che serva a molto quando una persona è in questo stato "Brian, ehi, Brian" lo continuo a scuotere finché la sua testa non si alza. Il suo sguardo è confuso. Lo vedo mentre cerca di mettere a fuoco la situazione, il mio viso e le cose che mi circondano, anche se le sue palpebre sono appena aperte e i suoi occhi sono ancora appannati dal sonno.
"Mi ero addormentato?" mi chiede cercando di aprire completamente gli occhi, contornati da occhiaie nere e profonde. Sembra che non dorma da giorni.
"A quanto pare sì, deve essere proprio comodo quel banco. Dovrei provarlo" scherzo io sistemandomi meglio per guardarlo in faccia.
"Nah. Dovresti andare direttamente in infermeria...Ero venuto qui presto per parlare con il prof, volevo solo chiudere gli occhi per un secondo ma alla fine mi sono fatto un riposino di mezz'ora"
"Dici? comunque ritieniti fortunato, perché se non ci fossi stata io, dubito che questa banda di idioti di avrebbe svegliato in tempo"
"Già. Spero che il prof non arrivi in ritardo, ho seriamente bisogno di parlargli.."
"Se è per i compiti e gli appunti, te li posso passare io. Dove abiti?"
"Ah grazie, ma non penso mi troverai a casa, hai la posta elettronica?"
"La posta che?", gli domando sorpresa.
"La posta elettronica, quella sul computer?" mi ripete di nuovo con pazienza.
E' una cosa di cui ho sentito parlare da mio padre, ma io non mi sono mai interessata di queste cose tecnologiche. E' già tanto se mi riesco a permettere di pagare le bollette del cellulare con la paga da schiava che ho.
" So che mio papà ce l'ha in ufficio e anche qui ci sono dei computer per averla. Ma non so veramente come fare...", aggiungo quasi per giustificare la mia ignoranza.
"Una volta di queste ti spiegherò come funziona.. Non so come fai a non usare i computer, sono una bomba per giocare con i videogames" Ignoro il suo ultimo commento e passo direttamente al sodo, di fretta perché sento qualcuno sbattere la porta."Ci conto... Ma com'è che non te li posso portare a casa?"
"Un'altra volta.." mi liquida così prima di allontanarsi verso il professore. E' decisamente un'abitudine che non mi piace.
Strappo un pezzo di carta dall'ultimo pagina del quaderno, e di fretta scrivo quello che volevo sapere da Brian. Devo arrivarci in fondo a questa faccenda. Quando dicono che sono curiosa, hanno perfettamente ragione.
Allungo il braccio e appoggio il foglietto sul banco del mio amico, aspettando il suo ritorno e la sua risposta.
Mi sento un pochino infantile, è come essere tornati di nuovo alle elementari, quando si scriveva a quello per cui avevi una cotta se voleva essere il tuo ragazzo. Che bei dolci tempi!
Mentre gli altri si mettono a sedere e sistemano le loro cose, io osservo Brian mentre parla con il professore, vedo la tensione accumularsi sui muscoli, sulle linee già corrucciate del viso.
Ha un'espressione arrabbiata, e il passo pesante, mentre torna al posto. Si siede senza degnarmi di uno sguardo, prende il bigliettino in mano, lo legge velocemente e lo appallottola cacciandoselo in tasca.
Chissà che gli avrà detto per averlo fatto incavolare così tanto. Rinuncio all'idea di attirare la sua attenzione, dopo la lezione a costo di legarlo ad una sedia della mensa devo fargli confessare tutto.

Ancora una volta la lezione di matematica mi è sembrata infinitamente lunga e decisamente troppo noiosa. Devo ammettere che però questa volta la colpa non è da attribuire in toto al professore, è colpa anche di quel coglione del mio vicino di banco che mette la pulce nell'orecchio e poi sta zitto.
E' una cosa che non ho mai potuto sopportare. Non ci si può comportare così.
Non faccio a tempo a raccogliere le mie cose che lui è già scattato in piedi. Sento il suo sguardo indugiare su di me a lungo, senza impazienza.
“Dove ci troviamo?”
Resto ancora una volta sorpresa dalla sua risposta. E incontrare i suoi occhi così pungenti e curiosi mi fa quasi dimenticare che cosa volevo chiedergli, “ A che cosa ti riferisci?”
“Per i compiti...” L'ira che lo aveva accecato prima sembra del tutto scomparsa dal suo corpo. Ne sono davvero contenta, perché a dirla tutta mi spaventava un pochino.
“Hai qualcosa da fare a pranzo?”
“No” “
Perfetto, ci vediamo in mensa. A dopo” Sorrido sapendo di aver ottenuto quello che voglio.
Evitare un pranzo agghiacciante con Rachel e farmi raccontare tutto da Brian. Di cos'altro potevo aver bisogno?

Alla fine delle lezioni della mattina, vado in mensa, Brian è già lì ad aspettarmi in prossimità dell'entrata. Sono molto fortunata perchè spesso quando questa sala è affollata di gente è impossibile ritrovarsi anche se ci si è dati un appuntamento. E' grande quanto la palestra della scuola, ed ha anche una specie di soppalco dove ci sono altri tavoli. Quando ti ritrovi a mensa ti viene spontaneo domandarti da dove sono spuntate tutte queste persone, sono veramente troppe considerando che ci sono sette scuole in questa città.
“Ciao” mi saluta lui
“Ciao a te! Com'è andata la mattinata?”
Sono perfettamente consapevole che la mia voce abbia raggiunto gli ultrasuoni, ma faccio finta che non sia un problema.
“Ci credi se ti dico che faticavo a tenere gli occhi aperti? Ho un bisogno disperato di stuzzicadenti per tenere su le palpebre. La tua?”
Sorrido cercando di trattenere una risata “Tutto regolare, allora. Da me tutto bene ... Sai già che cosa mangiare?”
“No, non mi ispira per niente quella sbobba. Se fosse per me uscirei da scuola ed andrei a mangiare da taco bell. Ci sono le patate e... cos'altro... pensi sia bistecca quella?” mi disse indicando della roba nella vetrina
“Credo di sì ma non mi fiderei troppo”
Con il vassoio pieno lo seguo, non mi guardo troppo attorno ma resto a fissare i muscoli della sua schiena che guizzano sotto la maglietta dei Pantera.
Con tutti i posti che ci sono dentro, dove ci andiamo a sedere? Fuori,è ovvio. L'unico giorno in
California in cui il sole è oscurato dalle nubi e fa un freddo cane, lui vuole sedersi fuori, è completamente pazzo.
“Ma hai freddo?”
“Nah” cercavo di tenere a freno la mascella e brividi che mi percorrevano il corpo.
“Vieni c'è posto al sole” dice indicando di fianco a lui. Ma con tutte le giochi di luce ed ombra il sole doveva proprio lasciare solo la sua parte illuminata da suoi raggi caldi.
Resto in silenzio cercando di adattarmi a questa nuova situazione. Credo di morire quando casualmente mi sfiora il gomito mentre tutte e due siamo intenti a mangiare.
Sento scendere i brividi lungo la schiena, impotente. E' un segno preoccupante, ho sempre e solo sentito brividi così fastidiosi solo quando un brano musicale mi piace da impazzire, ma non sono mai stati così intensi.
“Hai ancora freddo?” dice tenendomi d'occhio per un momento ancora “Perchè se vuoi possiamo trovare un posticino in qualche tavolo dentro”
Grande Brian, questa brillante intuizione non ti poteva venire un pochino prima?
“Nah è solo questa sottospecie di pranzo che mi fa rabbrividire”
E tu,
avrei voluto aggiungere.
Un boccone ancora e non riesco più a tenere a freno la lingua, odio i silenzi soprattutto se si tratta di silenzi tra me e persone con cui il silenzio è imbarazzante “Allora...”
Lo osservo mentre manda giù l'ultimo boccone e velocemente si mette a cavallo della panchina , mi fissa negli occhi cercando risponde a domande ancora non espresse nei miei occhi.
“Sono un musicista, ho una band...Le cose stanno diventando serie e...una casa discografica, di Seattle è interessata a noi. Hanno intenzione di spostarsi a los angeles ma è un trasferimento immediato, da quello che ho capito. Il punto è che non so quando e per quanto starò via ed ho bisogno del tuo aiuto dato che quel coglione del prof ha detto che mi dovevo arrangiare. Quindi ti devo assolutamente far imparare ad usare il computer. Mi servi Annie”
Posso riscontare la sincerità delle sue parole sul suo volto, i suoi occhi così profondi e limpidi esprimono tutta la sua disperazione.
Bisogni di cui io mi son fatta già carico, qualsiasi cosa vogliano realmente implicare. E' un pensiero che non mi lascia per niente tranquilla. Smetto di giocare con con il fazzoletto, ormai distrutto che tengo tra le mani, solo per non dar segni del mio nervosismo a lui.
“Ah, okay. non frequento tutte le tue classi quindi ti posso solo aiutare con matematica”
Continuo a riflettere su quello che mi ha detto, ci sono arrivata parecchio fa al fatto che lui fosse in una band, ma non avevo mai pensato che la cosa fosse così seria. Mi fa piacere per lui, almeno i suoi sogni si stanno realizzando e si vede dal luccichio dei suoi occhi che gli sta realmente a cuore. E' veramente una figata avere già una possibilità e non essere nemmeno maggiorenni. Sono veramente curiosa di sentirlo suonare, mi dovrò intrufolare prima o poi ad un suo concerto.
“Non preoccuparti per le altre. Ma che lezioni hai tu?”, chiede realmente interessato.
“Dunque...Matematica, arte e storia di mattina, mentre ho inglese e chimica avanzata di pomeriggio”, elenco io senza quasi prender fiato.
“Se veramente avessi dei casini volendo potrei cambiare il mio orario.. ma non per chimica avanzata, odio chimica... per non parlare della parola avanzata”,dice con noncuranza, cosa davvero preoccupante; non si rende conto che mi conosce da un giorno, che gli ho offerto la mano e lui si sta prendendo il braccio.
“Con chi hai inglese?”
Lo fisso incredula per un secondo prima di rispondergli. “Ho letteratura inglese con Stone” Ha veramente intenzione di trasferirsi nella mia classe. Se pensa che io gli farò i compiti, ha completamente sbagliato persona.
Più lo guardo e più me ne convinco, ha veramente sbagliato persona.
“Brian-”
Non faccio in tempo ad aprir bocca che lui mi salta sulla voce “Non ti sto chiedendo di fare le cose al posto mio, ti sto chiedendo gli appunti importanti e le scadenze per i compiti in classe e le ricerche. Non ti disturberò, lo prometto” Sembra ancora sincero mentre pronuncia queste parole, che mi vedo solo costretta a confermare la mia offerta.
“Se è così, okay, per me non c'è problema ad aiutare una persona in difficoltà”
”Ehi, non sono stupido, non ho ritardi celebrali...ho solo un'agenda molto variabile”, puntualizza lui.
“Questo lo deciderò io”, scherzo io abbozzando una linguaccia.
Si alza, e piegandosi su di me, mi allunga la mano “Abbiamo un accordo quindi?”
Cerco di rispondere a quella stretta di mano stringendo altrettanto forte. Mi piacciono le persone con una stretta di mano decisa, mostra tanto su chi sono. “Si”
“ Se mi riescono a cambiare per inglese, ci vediamo fra poco sennò a domani, Annie”
Il mio nome pronunciato da lui è come una droga, vorrei sentirglielo dire in continuazione, ancora e ancora. E' così perfetto detto da lui.
“Ciao Brian”, sussurro io mentre lui se ne è già andato.

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Capitolo 5
*** Rissa, Rissa, Rissa! ***


Ringrazio ancora chi mi continua a seguire. Purtroppo ho dei problemi con la connessione internet, spero di risolverli al più presto... Enjoy it!





5.
Rissa, rissa, rissa!


"Annika, come mai scappi, stai per partire per l'isola dei pirati con Pippi?" Dopo essere uscita per prima dell'aula di letteratura inglese, retrocedo di qualche passo solo per fulminare il coglione che ha parlato.E' Brian e chi può essere se non lui... sì esatto, è riuscito a farsi cambiare l'orario facendo gli occhi dolci a quella bastarda della segretaria.
E ci risiamo con l'ironia sul nome. Mi fa estremamente infuriare quando la gente mi prende per il culo dopo l'appello, e ancora di più se questa persona è Brian. Lo conosco da pochissimo, ma lui non pare importare di questo fatto, scherza e parla con me prendendo confidenza e assumendo atteggiamenti che con altre persone ho messo anni a conquistare.
Oltre al fatto che ha qualcosa che ti rapisce, ha un carattere stupendo, adoro passare del tempo insieme a lui.
"L'ho sentita miliardi di volta questa battuta di merda. Non fai ridere, Haner"
"Pippi pippi pippi il mio nome fa un po' ridere ma voi riderete per quello che farò" canta attirando l'attenzione di tutti cercando di soffocare le risate.
"Dacci un taglio", intimo io. Non sono dell'umore per queste cazzate. Ho appena saputo che c'è un ballo venerdì prossimo e non si può proprio evitare secondo le leggi insulse di questa scuola.
"Ma io mi stavo divertendo!"
"Basta, metallaro da strapazzo. Neanche i capelli lunghi hai, guarda lì, quanti tubetti di gel hai usato stamattina?"
"Non c'è bisogno di essere così stronza. E non sono un metallaro io."
"Allora come spieghi la maglia dei Pantera?", gli chiedo curiosa. Non ho niente contro i Pantera, sono stati per un bel po' di tempo uno dei miei gruppi preferiti, ma non è esattamente un gruppo popolare tra gli adolescenti posh di Huntington beach.
"Mi andava di metterla?"
"Certo. Come a me andava di tingermi di nuovo i capelli di un colore normale"
Esattamente, mi sono dovuta tingere i capelli di castano perchè la consulente scolastica dopo avermi chiamato nel suo ufficio mi ha obbligato a farlo, minacciandomi con cinque ore di punizione e una sospensione. Tutti ne erano stati estremamente contenti, e pensare che io l'avevo fatto solo per rompere i coglioni a mia sorella Ashley.
" Senti una cosa" inizio io "se io sono Annika, tu sei Pippi. E non fare quella faccia, guarda, che basta che ti tingi i capelli di rosso, fai le treccine e poi se vuoi ti disegno io le lentiggini con il pennarello"
"Ti sembro una ragazzina io?", fa tutto gonfio e minaccioso.
"Magari lo sei, non ho mai controllato personalmente" Urtare il suo grande ego maschile sta decisamente diventando il mio passatempo preferito. Si porta le mani alla cintura di cuoio nero, sfilandola dal primo buco.“Vuoi controllare ora?”
“Considerando che siamo nel corridoio della scuola dove ci sono un sacco di persone, professori inclusi, direi che non è una buona idea” Sono tra l'allibito e il divertito, Brian non ha veramente limiti.
“Chissene della gente. Ti piacerebbe eh?” Allarga ancora un po' la cintura, spaventandomi ulteriormente. Non è che ho paura di quello che avrei potuto avere davanti, del gesto in sé, ma delle conseguenze.
“Brian, no” uso il tono di voce più serio e spaventato del mio repertorio, ma a lui non è che importi molto, continua a ghignare, sfidandomi con gli occhi.
“Un'altra volta, allora” mugugna con la testa china mentre cerca di sistemarsi i pantaloni ” Comunque sei noiosa"
“E tu un esibizionista coglione. Siamo pari no?" dico con un sorriso stampato sul volto
"Mhh... non sai quanto vorrei levarti dalla faccia quel sorrisino impertinente, signorina" sta sorridendo anche lui mentre parla, si sente dal tono di voce.
"Non ci credo, alla fine anche tu adori il mio sorriso"
"Certo, perchè tanto i denti non sono tuoi, li hai comprati dal dentista" Sempre a prendere in giro la gente, vero Gates?
"Già insieme alle tette e al mio nuovo culo" gli rispondo di rimando "Tesorino tu sei solo invidioso perchè non potrai avere queste meraviglie"dico imitando Tracy Bell, la più grande gallina, per non dire altro, della scuola e quel suo finto accento da persona posata e sofisticata.
"No ti prego non tirare fuori Tracy Bell ora, non posso sopportarla. Ne ho già abbastanza dei suoi annunci all'altoparlante di mattina. Qualcuno dovrebbe attaccarle la mononucleosi...ma probabilmente ne è già immune da tempo... Nel caso possiamo tagliarle la lingua"
"Ah non vai a letto con qualsiasi essere che respiri? Questa è una rivelazione, Brian! Senti," guaro il corridoio vuoto attorno a noi, sette minuti sono davvero pochi per bisticciare con Brian "devo scappare in classe, ci vediamo in giro okay?"
"Questo è un colpo basso, me la paghi.." E mi lascia il gesto del 'ti vedo' impresso nella testa.

Corro in classe in fretta e furia per accomodarmi vicino a Rachel. Mi guarda male, sembra avercela con me ancor più di prima, non che abbia tutti i torti sta volta l'ho lasciata sola a sistemare le apparecchiature.
"Eri con quel teppista?"
Non posso far altro che tacere ed annuire, colpevole, perchè parlare mi metterebbe ancor più in cattiva luce. "Credevo fossi un'altra persona. Da quando sei partita non sei più la stessa, sei cambiata e in peggio, e guarda qui ora.... Ti sei impazzita tutto ad un tratto, Annika Raynolds?" Sta letteralmente urlando in mezzo all' aula di chimica.
"Raynolds e Sanchez, è evidente che non qui non riuscirete a risolvere i vostri problemi qui senza, non voglio che spacchiate altre provette. Andate dalla consulente, Ora!"
E' la prima volta che un professore si arrabbia così tanto con me, sono sempre stata quella pazza ma tranquilla. Creare problemi a scuola non è proprio il mio stile. Cammino in silenzio, i libri al petto, e il muso lungo, tanto c'è Rachel che parla per tutti e due.
"Ma hai idea di chi frequenti quello lì? Ti dice niente il nome Matthew Sanders eh?"
Sta alzando la voce di nuovo.
"Non ho idea di chi cazzo sia questo Sanders... Ci sono come minimo dieci Sanders in questa scuola, Santo Dio, Rachel!"
"Picchia la gente, l'hanno scorso ha mandato all'ospedale uno" Entro, mi siedo e subito dopo le urlo contro, non capendo realmente qual'è il punto.
"Non c'ero io l'hanno scorso qui, non lo so!!"
La consulente scolastica, o 'miss-sono-laureata-in-psicologia' come dico io, cerca di attirare la nostra attenzione in qualsiasi modo, vuole farci smettere ma non c'è niente da fare, io sono zitta ma ci vuole molto di più che qualche urlo e qualche minaccia per fermare Rachel quando si arrabbia. Miss Null è una che ti rimane impressa anche se stai portando avanti un litigio, ha la pelle abbronzata, occhi scuri e capelli tinti di biondo, il tutto arricchito da un chilo di cerone e cosmetici vari. Non è sempre stata così, era una semplice ragazza di campagna che è stata corrotta dai lussi di Orange Country, ed ora sembra solo la brutta copia di una barbie.
"Appunto che non c'eri l'anno scorso! Mi hai lasciato qui da sola, io contavo su di te! Mi avevi detto che ci saresti sempre stata per me anche al college! E non è vero, non ti sei fatta sentire per MESI. Com'è possibile?" E' infuriata, ma la cosa non mi tocca, non ha ragione lei, può sbraitare quanto vuole, ma il torto non sta solo dalla mia parte, questa volta
"Il telefono funziona per entrambe Rach, se volevi chiamarmi bastava che digitassi il numero eh. Io avevo pensato che avessi trovato altro da fare che sentire la tua amica che si era trasferita in Arizona, sei tu che hai iniziato a rispondere freddamente ai messaggi. Io ti ho sempre pensata, non ti avevo dimenticata, sappilo"
Credo di averla lasciata senza parole, non ne sono sicura ma ehi, io ci ho provato, ho detto quello che dovevo dire.
"Sì... ma ora... guarda con chi esci!! E' un teppista"
"E tu per lui sei una stupida fighetta!", constato io senza alzare la voce o incazzarmi come ha fatto lei, "Sono solo stupidi pregiudizi, etichette che la gente dà secondo le mere apparenze per cercare di dividere il mondo in piccoli comparti stretti e capire se ne esiste almeno uno a cui può appartenere... ma la verità è che alla fine nessuno sente di appartenere a quei comparti o che le eticchette gli appartengano. Non siamo solo le nostre etichette, non ci rispecchiano,è solo una farsa. Tu non sei un fighetta e lui non è un teppista e anche se lo foste, voi non lo sapete perchè non vi conoscete. La gente deve smettere di giudicare dalle apparenze, è razzista"
"Eccola, la maestrina, devi sempre farmi sentire quella stupida non è vero?" Iniziamo di nuovo, lei che mi rinfaccia le cose, non riesce proprio a capire che certi commenti sono casi isolati, per il suo bene e non per farla stare male.
"Non sei stupida, sei solo emotiva, tutto qui"
"Quindi sono stupida" Perfetto ci mancava solo il muso, ora siamo apposto, ha fatto tutto quello che doveva fare, adesso se aggiungo altro, sono morta.
"Ragazze, posso parlare?", la consulente ha addirittura paura dopo quello che abbiamo combinato "Mi dite chi siete e chi vi ha mandato qui?"
"Io sono Annie Raynolds, ci siamo già viste qualche giorno fa, lei è Rachel Sanchez e ci ha mandato qui il professor Brown", rispondo io per tutte e due.
"Che cos'avete fatto?",chiede lei senza ancor individuato la vera causa della nostra visita. Mi dicono che è alto il livello di comunicazione tra i docenti in questa scuola, avrei potuto benissimo vagare per la scuola per la restante ora di lezione senza che nessuno se ne accorgesse. Il professor Brown non ci ha dato nemmeno un foglio con cui riscontrare che effettivamente avevamo dei problemi, non che ce ne fosse bisogno, ma un pezzo di carta è sempre meglio di niente.
"Lei mi ha attaccato di fronte a tutta la classe e mi ha sgridato perchè è gelosa e mi sa che sbbiamo rotto alcune provette, non so però quante siano"
"Ehi, non sono gelosa",sbotta Rachel "Perchè l'hai attaccata?" La consulente si mette in mezzo per l'ennesima volta, e senza bisogno di girare attorno il problema sta volta. Forse pensa che io sia quella che sta a manovrare tutto, ma non è chiaramente così dato che è lei che ha iniziato tutto, che ha parlato initterottamente per dieci minuti.
"Non l'ho attaccata, ho solo alzato un pochino la voce, ero un po' fuori di me per tutto quello che è successo. Come già sa, si è trasferita lo scorso anno a Phoenix ed è ritornata e sta con questi criminali", spiega restando sulla difensiva la mia amica.
"Non sono dei criminali..Io non conosco questo Sanders,come al solito non hai ascoltato una sola parola di quello che ti ho detto prima, vero, Rachel?", la rimprovero.
"Vero, il signor Haner è un tipo a posto, e Sanders ha avuto alcuni problemi infatti passa ogni tanto di qui", ci confessa in tono confidenziale. Non è assolutamente californiana, ha questo stupido accento del sud che mi dà ai nervi. Dove l'ha presa la sua laurea, in Mississipi-del-cazzo- landia?
"Vedi te l'avevo detto", ribatte Rachel, non vuole nemmeno pensarci all'idea di smettere questo litigio del cazzo. Non so se rispondendole ancor più tranquillamente di prima, lo capirà o no che è inutile continuare a far così... Non ne ho idea, ma ci provo lo stesso. "Una rissa se la fanno tutti. Stai calma. Nessuno è santo qui, sennò staremmo in un altro posto invece che qui alla Ocean View"
Oddio, ho usato 'stai calma', le cose si mettono male. Non serve a niente dire di stare calma ad una persona che è incazzata nera, peggiora la situazione e le fa scoppiare.
"Sono cose che succedono sì, ma possono finire con risultati disastrosi, è una fortuna uscirne con un occhio nero. Non dovrebbero mai iniziarne di risse, e se ne vedete iniziare qualcuna, chiamate aiuto. Non si sa mai cosa nasconde la gente sotto i vestiti", tiene a precisare la nostra consulente con un tono ben più che preoccupato. In questo momento amo la signorina Null.
"Lo terremo presente, non è vero Sanchez?"
Non risponde, deve essersi incantata su qualche cosa, conoscendola sul viso troppo truccato della persona che ci sta davanti.
"Vero Sanchez?" ripeto aggiungendo una gomitata al mio schema di azione.
"Ragazze io vi consiglio di andare in caffetteria, prendervi qualcosa, parlare chiarirvi una buona volta. Ci sono molte cose irrisolte di cui dovete parlare"
"Io voglio tornare in classe" diciamo all'unisono io e Rach.
"No, in classe non ci tornate rischiate di rompere le attrezzature perchè è chiaro che non avete la concetrazione per utilizzarle e non romperle. Quindi vi scrivo un permesso e vi voglio vedere prima che inizino le lezioni lunedì"
Dopo averci accompagnato alla porta, ci ricorda consegnandoci i permessi che dobbiamo tornare. Il perfetto inizio d'anno, il mio primo casino della carriera scolastica nella prima settimana dell' ultimo anno e il bello è che sta avendo delle conseguenze gigantesche e non sono stata nemmeno io a causarlo. Tutta colpa di Rachel.
Vado a recuperare di fretta tutti i libri che mi servono per studiare nel weekend e la trovo seduta sul cofano della mia macchina. Ho una honda civic del 95, mi lascia usare la mamma, è quasi troppo per me per parcheggiarla in giro durante le mie uscite.
"Cosa ci fai lì, vuoi scendere?"
"Non scendo finchè non parliamo" Peso le parole una ad una prima di pronunciare, cosa che prima non succedeva con lei, era una delle poche persone a cui potevo dire tutto e in qualsiasi modo, senza conseguenze " Non voglio litigare di nuovo, lasciami solo il tempo per pensarci ancora un pochino, Quello che è successo non mi ha fatto di certo calmare su tutta questa situazione. Potrei dire cose che non voglio"
"E cosa vorresti dirmi, sentiamo..."
"Rach, non iniziare..Lo sai quello che voglio dire, quando si è arrabbiati si dicono cose che non si pensano veramente"
"Anche quando si è ubriachi, ma poi si sa che è la verità", sibila acida lei.
"Succede perchè la barriera del superego viene allentata..."
"Che?" Mi diverto troppo a spiazzare la gente, è uno dei miei passatempi preferiti perchè le reazioni sono impagabili poi mi è servito per distrarla, è quello che volevo, ora posso parlare di fandonie senza senso e poi tornarmene a casa evitando così un'altra scenata "Freud... ne abbiamo parlato a letteratura nella mia vecchia scuola.."
"Ah, discorsi tra i drogati messicani... Ho capito"
"Smettila" la minaccio io con un occhiata
"Stavo scherzando..."
La guardo scendere traquillamente dalla mia macchina, come niente fosse, e prima che se ne vada le ricordo "Ci vediamo lunedì qui, vieni prima così ne riparliamo"
"Come vuole, boss", scherza Rachel, volendo avere come al solito l'ultima parola su tutto.

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