Lust

di firephoenix
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Capitolo 1 ***
Capitolo 2: *** capitolo 2 ***
Capitolo 3: *** capitolo 3 ***
Capitolo 4: *** Capitolo 4 ***
Capitolo 5: *** Capitolo 5 ***
Capitolo 6: *** Capitolo 6 ***



Capitolo 1
*** Capitolo 1 ***


Dei passi decisi risuonavano nei bui corridoi della nostra dimora, rimbombando tra le mura di pietra coperte da raffinate tappezzerie. Potevo percepirli con chiarezza, come potevo facilmente percepire, dal loro ritmo incessante e scandito, che si trattava di mia madre: l'unica lì dentro che per spostarsi durante la notte utilizzava ancora la velocità di un essere umano.
Mi voltai velocemente verso la porta, facendo ondeggiare i miei lunghi e mossi capelli scuri, nell'ottimo in cui, come previsto, mia madre entrò nella mia camera.
«Bambina cara» mi salutò cordialmente, come suo solito ignorando che avessi diciotto anni ormai. Ma dopotutto, cos'erano diciotto anni a confronto dei suoi 253 portati benissimo. La guardai: i capelli raccolti in una lunga treccia che le cadeva sulla schiena, le sopracciglia sottili, gli occhi rosso sangue, il naso dritto, le labbra perfette, né troppo carnose né troppo sottili, il mento alto e fiero; la lunga e ricamata camicia da notte scendeva dolcemente sul suo corpo evidenziandone le curve pur riuscendo a farla sembrare avvolta in una sorta di velo pudico: un'innocente fanciulla che non dimostrava più di trent'anni.
Il vampiro perfetto, insomma.
«Mamma» risposi io atona, dirigendomi verso il bagno e appostandomi di fronte allo specchio sopra il ripiano dove tenevo i trucchi e altre gioie. Lei mi raggiunse nel momento in cui mi sedetti sulla preziosa sedia di velluto.
«Dove hai preso quella camicia da notte da sgualdrina?» mi chiese fredda.
«Da nessuna parte, ne ho tagliata una di quelle vecchie» accavallai le gambe e lasciai che il tessuto della veste mi risalisse ancora di più lungo la coscia scoprendo una porzione di pelle chiara che avrebbe dovuto essere nascosta sotto il paio di mutande che non indossavo.
«Ero venuta giusto a dirti che stasera non ce n'è bisogno»
«Ma come?» feci io visibilmente delusa. Proprio quella sera che avevo architettato il piano della "dolce ragazza trasandata che si è perduta nei boschi" per accalappiare stupidi uomini di cui nutrirmi!
«Non sei l'unica che non vede l'ora di avere qualche caldo corpo addosso cara» la perversione era decisamente una dote di famiglia «ma non ti angustiare! Domani arriverà un'altra carovana di schiavi con cui potremo divertirci» sorrisi mettendo in mostra i canini. La mia dolce mammina: così spietatamente buona.
«Speriamo che sia come l'ultima! È stato il più grande, divertente e saporito bordello a cui avessi mai partecipato!» mia madre ghignò sadica togliendo per un attimo la maschera da persona composta ed educata che indossava alla luce del giorno. Guardammo entrambe allo specchio: i nostri occhi rossi rilucevano del sangue delle vittime che quel giorno ci avevano prelibatamente saziato. Mi piaceva quel colore, così vivo. Passavo serate intere a guardarlo allo specchio, quando il rosso era più vivido per via della "pancia piena", mi gustavo letteralmente quel colore perché sapevo che la mattina dopo gli occhi sarebbero divenuti neri come la pece, come la nostra anima, fino a che non ci fossimo nutrite ancora.
«Prevedo che ci divertiremo un sacco insieme» mia madre sembrava più una sorella o una migliore amica che un genitore a volte. Era piacevole squartare esseri umani con lei da quando aveva bruciato vivo mio padre a casa dei suoi continui tradimenti.
Figlia e madre vampire che se la godevano, come la vedevo io.
O figlia e vedova provate dal lutto, come la vedevano la maggior parte degli esseri umani che viveva nei pressi della nostra antica e sfarzosa dimora nobiliare.
«Io vado a riposare il viso» disse poi lei avvicinandosi allo specchio per controllare come suo solito che non si fossero aggiunte rughe. Sapevamo entrambe che era impossibile, ma mia madre sembrava esserne ossessionata, così passava la maggior parte della notte a letto, non perché dormisse ovviamente, ma per "riposare il viso", come diceva lei. Io preferivo andare a caccia, anche se il castello pullulava di prelibati schiavetti, il brivido della cattura era una cosa di cui non ci si liberava facilmente. «Poi pulisci» fece ancora lei accennando alla vasca da bagno alle mie spalle.
Salutai mia madre con un cenno della mano per poi tornare a rivolgermi allo specchio. Spostai la massa di capelli tutti su una spalla e scostai la manica della camicia da notte lasciando l'altra completamente scoperta. Osservai con aria perversa il riflesso del profondo taglio che si stava rimarginando velocemente sulla pelle. Era stata una battaglia divertente anche se vinta in partenza. Mi succhiai velocemente un dito macchiato ancora di rosso, poi mi alzai e mi diressi verso la vasca dove, ancora armata di forbici, se ne stava malamente distesa la mia ex balia, immersa in una pozza scura del suo sangue, con la gola squarciata e gli occhi spalancati, ma privi di vita. Che noia dover ripulire, quasi mi pento di aver ucciso la donna delle pulizie oggi.
E così domani sarebbe arrivata una nuova carovana di schiavi, eh? Sarà divertente ghignai.

 

 

Qui è firephoenix!

Non è un gran capitolo... diciamo che serve di più per conoscere i personaggi :)
Il movimento arriverà tutto più avanti :)
Intanto se la storia vi incuriosisce fatemelo sapere, è la prima ff originale che pubblico e sono un po' agitata :)
Grazie comunque per essere passati!
XOXO
me

Così è come vedo Selene:



 

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Capitolo 2
*** capitolo 2 ***


«Benvenuto» salutai cordialmente l'uomo impacciato che scese dalla carovana di fronte a me. Lui sorrise timido con il cappello in mano e andò a mettersi insieme agli altri schiavi scesi prima di lui, di fianco all'entrata della nostra dimora.
Lo seguì una donna. Scambiai un rapido sguardo con mia madre, in piedi affianco a me, e lei mi sorrise battendo le lunghe ciglia sugli occhi neri.
«Benvenuta» salutò poi rivolta alla schiava che le sorrise di rimando.
Amavo il giorno della Scelta. Era così eccitante. Un vecchio seguì la donna salutandoci con reverenza. Io e mia madre ci guardammo. Questo glielo lascio... a me non piace il sangue troppo stagionato anche se fa bene alla pelle, come diceva lei.
«Benvenuto» salutò quindi mia madre cordialmente sigillando che quello sarebbe stato il suo, di pasto. C'erano delle regole anche tra vampiri dopotutto. Non ci si rubavano gli umani a vicenda. Sarebbe stato deplorevole, come avrebbe detto mia madre, da amante delle parole lunghe qual era. “Fanno molto nobiltà” aveva ammesso una volta.
Ero talmente presa dai miei pensieri che per poco non mi accorsi della figura che scese dalla carovana. Alto, moro, occhi blu profondo, un dolce sorriso, ma soprattutto il sangue più dolce che avessi mai annusato. Spalancai gli occhi e sorrisi con eccessivo ardore. Non mi girai neanche a guardare mia madre.
«Benvenuto!» gelai. Avevamo parlato assieme. Mi girai di scatto verso di lei quasi dimenticandomi di controllare la velocità del movimento. Mi dispiace, ma questo è mio! Pensai decisa rivolgendole uno sguardo molto eloquente.
«Selene cara» fece lei «potresti andare dentro a prendere una sedia alla tua mamma. Sono molto stanca» poi emise un finto sospiro da far accapponare la pelle.
«Certo madre» feci un sorriso tirato ed entrai superando i grossi battenti di legno decorato.
Avrei dovuto immaginarlo che la mia dolce mammina non mi avrebbe ceduto una così raffinata prelibatezza senza qualcosa in cambio e quell'invito ad uscire momentaneamente di scena stava ad indicare che, se mi fossi presa io la regina, lei si sarebbe presa tutto il resto degli scacchi. A parte quelli già esclusi dal gioco ovviamente, ovvero quelli già stati sottoposti alla Scelta.
Afferrai la prima sedia che mi capitò davanti e la portai fuori tornando a sorridere cordialmente.
«Grazie tesoro» fece lei prima di sedersi.
Fissai altri schiavi uscire dalla carovana e mettersi in fila con gli altri mentre mia mamma li salutava fissando la loro condanna a morte. Sbuffai senza poter far nulla finché non mi accorsi che il mio bocconcino prediletto mi fissava e ne approfittai per inarcarmi leggermente in avanti mettendo in mostra il seno, che si intravedeva già dalla scollatura del mio abito e rotolandomi, con noncuranza, una ciocca di capelli scuri tra le dita.
Che il gioco abbia inizio ghignai malefica dentro di me. Magari me lo sarei goduto un po' prima di ucciderlo.

 

«Allora?» fece mia madre tagliando la coscia di pollo con le posate «Facciamo fuori i primi e poi organizziamo un bordello come l'altra volta?»
Mi piaceva come riuscisse a sembrare contenuta e gentile nei modi anche quando parlava di cose simili. Ma lei era così, adorava tutto ciò che luccicava e le piaceva da morire essere una nobildonna, anche se organizzava bordelli.
«Non saprei... fa come vuoi» risposi agitando con noncuranza l'ala di pennuto che tenevo in mano. Mi piaceva il pollo. Ovvio, non come il sangue, quello serviva per vivere, il pollo era uno sfizio innocuo, come tutto il resto del cibo umano. Era un po' come mangiare dei dolci: non li mangi per sopravvivere, però li mangi. Avrei potuto anche farne a meno, ma le cuoche dovevano pur cucinare qualcosa prima di morire, sennò sarebbe cascata tutta la copertura.
Lei mi guardò alzando un sopracciglio perfetto.

«Fa come vuoi? Non è da te. Stai per caso architettando qualche peccaminosa avventura con quel ragazzo?»
Ghignai.
«Tu non lo faresti?» le chiesi.
«Tesoro avevo già programmato la recita perfetta ancora prima che il pensiero di prendertelo ti sfiorasse»
«Oops» feci io fintamente dispiaciuta.
Del sangue caldo entrò titubante affacciandosi alla porta.
«Mia signora» fece una donna grassoccia sulla cinquantina rivolta verso mia madre «la toilette è pronta per il suo bagno caldo»
«Chiamami pure Lilith, cara» fece lei con un sorriso che io lessi come “tanto tra poco non dovrai più chiamarmi in nessun modo”. La bloccai prima che si avviasse.
«Madre, oggi pomeriggio lo vorrei tenere io il discorso di benvenuto» feci, ricordandole che gli schiavi avrebbero dovuto essere vivi almeno fino a quel momento. Lei apparve vivamente delusa, a me, e sinceramente dispiaciuta, all'altra donna, quando disse mettendosi una mano alla fronte:
«Che sbadata! Me ne ero scordata! Sto proprio invecchiando» poi si rivolse verso di me «Certo che puoi tenerlo tu il discorso Selene cara»
La ringraziai con un cenno del capo mentre usciva dalla stanza. Adesso avrei dovuto preparare un lungo e memorabile discorso per far innamorare di me quel bel fusto.
Era indiscutibilmente più divertente quando le vittime capivano, davanti ai miei canini sguainati, che erano degli emeriti inetti e che ci erano cascati come dei polli.
Dopotutto, a me piaceva il pollo.

 

«... e per questo motivo ci tengo a sottolineare che per noi siete come ospiti, e in quanto tali, vi verrà riservata la calorosa accoglienza che ogni essere umano merita» feci una pausa ad effetto, dopo tutto non era propriamente una menzogna, noi gli umani li trattavamo tutti allo stesso modo per davvero «ci tengo infine ad aggiungere, oltre all'augurio di una buona permanenza e di un buon lavoro per il quale vi ringraziamo in anticipo, che se vi servisse qualsiasi cosa, di materiale o puramente informativa, potete tranquillamente rivolgervi a mia madre o alla sottoscritta» puntai gli occhi in quelli blu del ragazzo moro in fondo all'ingresso «e noi saremo sempre disponibili ad accontentarvi»
Scesi un gradino della grande scala che portava al piano delle stanze, avvicinandomi alla moltitudine di umani che mi fissava ammirata.
«Troverete i turni e la distribuzione dei lavori su un foglio appeso nelle vostre stanze, al piano sottostante. Grazie per la vostra attenzione e per i vostro futuri servigi» conclusi con un grande sorriso scendendo in mezzo alla folla che mi sfiorava ringraziandomi grata.
Con tutta l'intenzione di avvicinarmi alla mia preda preferita, mi diressi verso l'uscita come se volessi fare una piacevole passeggiata all'aria aperta, dopo il lungo discorso appena tenuto. Quando gli passai accanto lo guardai come fossi imbarazzata, invece di affamata, e lo sfiorai accidentalmente con la manica del mio lungo vestito porpora mentre lui ricambiava il mio sguardo con intensità.
Uscii all'aria aperta sotto il sole e svoltai veloce verso gli ampi giardini che circondavano la mia dimora.
«C'è nella lista un compito che preveda l'accompagnare una graziosa fanciulla durante le sue passeggiate pomeridiane?»
Mi girai facendo la finta sorpresa. Era stato davvero troppo semplice.
«Mi hai spaventato» feci rivolta al ragazzo moro difronte a me.
«Perdonatemi, non era mia intenzione» rispose prendendomi la mano e baciandone il dorso, senza mai staccare i suoi profondi occhi dai miei.
Potevo sentire il suo sangue scorrere lentamente nelle dita che mi stringevano delicatamente. Mi costrinsi a reprimere un brivido di piacere.
«Non so se esista un compito simile, ma farò volentieri un eccezione. Io sono Selene, dammi pure del tu»
«Ian, molto piacere» mi sorrise caloroso dopodiché ci avviammo fianco a fianco nei giardini. Passò qualche minuto di silenzio nel quale passammo sotto una grande quercia diretti verso una fontana che ritraeva Cupido sopra un delfino che puntava una delle sue frecce verso l'alto; giunti alla meta mi sedetti sul bordo della struttura in pietra invitando silenziosamente Ian a fare lo stesso. Lui obbedì.
Di solito quello era il momento in cui cominciavo la recita sul fatto che da bambina venivo sempre in quel posto perchè speravo che il principe azzurro si sedesse accanto a me e che Cupido ci segnasse con la sua freccia e bla, bla, bla... ma non sapevo per quale motivo questa volta mi sembrava che quel ragazzo fosse troppo intelligente, o troppo poco stupido, per cascarci. O forse era perchè l'ultimo a cui lo avevo detto, un certo biondino di cui non ricordavo il nome, mi era saltato addosso infilandomi la lingua in bocca e una mano nelle mutande. Non avevo mai faticato tanto a ripulire delle macchie di sangue dalla pietra della fontana, forse c'erano ancora da qualche parte sul bordo...
Pensavo ancora ad un modo per iniziare la conversazione quando lui fece:
«Hai una carnagione molto chiara» lo guardai come se avesse straparlato. E questa che diavolo di affermazione è?
«Lo prenderò come un complimento» dissi io seriamente perplessa. Lui ridacchio e mi passo una mano sui capelli scostandomeli dal volto e facendoli scivolare dietro le spalle. Sgranai gli occhi. Questo qui è già stracotto! Lui mi fissò un po' il collo chiaro continuando ad accarezzarmi i capelli mossi finché non si riscosse improvvisamente.
«P-perdonami, io non avrei dovuto. Perdonami davvero, è che i tuoi capelli sembravano morbidi e non ho resistito alla tentazione» dovetti usare tutta la mia forza di volontà perchè il mio sopracciglio destro non si alzasse vertiginosamente. Decisi comunque di approfittarne:
«Non c'è nulla di cui scusarsi» gli dissi passandogli gentilmente due dita tra i capelli scuri che gli ricadevano davanti alla fronte «è stato piacevole stare con te. Magari farò qualche altra eccezione riguardo ai tuoi compiti» proferii poi alzandomi dal bordo della fontana e incamminandomi, senza aspettare una sua risposta, verso l'ingresso della mia dimora.
Farsi desiderare, era la prima tappa. Ghignai sentendo i suoi occhi su di me, ancheggiando sempre più vicina alla meta.

 

 

 

Qui è firephoenix con il secondo capitolo!!! Decisamente più interessante del primo! :)
Allora che ne pensate di questa malefica e perversa ragazza? E di Ian?
Fatemi sapere al più presto! :)
E grazie comunque per essere passati :)
XOXO
firephoenix 

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Capitolo 3
*** capitolo 3 ***


Ansimai arrancando verso la luce che scrutava tra gli alberi.
«Aiut... aiuto...» sussurrai appena udibile, il fiato mi si mozzò e cadetti a faccia in giù nel fango strisciando in cerca della salvezza. Affondai le unghie spezzate e macchiate del mio sangue nel terreno per spingermi in avanti. Dei passi risuonarono vicino a me.
Mi hanno trovato pensai gemendo un rantolio.
Arresa alle mie condizioni, mi sdraiai sulla schiena slacciandomi tremante il primo bottone della camicia da notte in cerca di aria; era macchiato di sangue e ci misi più del previsto.
Lo scalpiccio di stivali era ben udibile sulle foglie secche... è vicino...
«Aiuto...» mormorai con tutto il fiato rimastomi. Il rumore dei passi si fermò; mi aveva sentito.
«C'è nessuno?» la voce di un uomo, sui quarant'anni. La luce della fiaccola scrutava sui tronchi degli alberi ignorando che fossi a terra.
«Qui...» suonò debole, un rantolio.
Ed eccolo, l'alone luminoso finalmente su di me: sui miei piedi infangati, sulle gambe nude, sulla camicia da notte un tempo bianca, sul seno semi scoperto e infine sul volto. Sbattei le palpebre velocemente, accecata, le braccia arrese accanto alla testa.
«Oddio...» sussurrò l'uomo. Adesso riuscivo a vederne meglio la figura: alto, muscoloso, dimostrava meno dell'età che le rughe sul viso suggerivano avesse. Aveva una barba bionda e gli occhi chiari «che ti è successo?»
«Va...ro» esalai.
«Non capisco, lascia che ti aiuti...» mi si avvicinò compassionevole e, infilando un braccio sotto la mia schiena, mi sollevò verso di lui.
«Va...iro» mormorai ancora, la bocca impastata di saliva.
«Parla lentamente, non c'è nessuna fretta adesso, sei al sicuro» passò il bastone della torcia da una mano all'altra cercando di prendermi in braccio del tutto e avvicinò inconsciamente il mio viso al suo collo.
Spalancai la bocca in un ghignò sadico e, in meno di un secondo, mi ridestai completamente affondando le mie unghie nella carne morbida delle sue braccia. L'uomo sussultò.
«Ho detto: vampiro» dissi chiaramente al suo orecchio, poi gli squartai la gola.
Il mio bassoventre pulsava mentre, a cavalcioni sul povero adescato, sentivo il suo sangue caldo scendere nella mia gola e passavo la lingua sulla carne fresca godendomi quei pochi secondi nei quali l'uomo rantolava ancora in vita sotto di me; tra poco sarebbe morto e la parte più piacevole sarebbe finita. Cercai di non pensarci e mi abbandonai completamente al dolce sapore di un tranello perfettamente riuscito, strusciandomi contro il corpo caldo.

 

Il freddo pungente delle piastrelle dell'atrio di casa non mi sfiorava minimamente mentre procedevo a passo sostenuto e inudibile coi piedi ancora nudi e sporchi verso le mie stanze.
Mi leccai i bordi rossi della bocca ancora incrostata del sangue dell'uomo nel bosco. Un altro infausto incidente coi lupi... la voce si sarebbe diffusa nuovamente così al ritrovamento del cadavere. Erano buffe le storielle che gli umani riuscivano ad inventarsi per coprire un omicidio.
Diretta verso la scalinata principale, notai di sfuggita un grosso foglio incorniciato sulla parete laterale dell'ingresso; mi avvicinai constatando che si trattava degli orari e dei compiti attribuiti agli schiavi per quella settimana.
Un nome attirò la mia attenzione: “Ian Lennox”
Controllai rapidamente che non vi fossero altri schiavi col suo nome e, dopo essermi accertata che fosse proprio lui, guardai a che cosa fosse stato assegnato: “Cucine”.
No, no... non ci siamo proprio...
Sporcai il mio indice destro col sangue fresco del mio mento per poi passarlo sulla parola appena letta, dopodiché scrissi con l'unghia: “Giardino”.
Mi succhiai velocemente i residui rossi dal dito e guardai l'opera soddisfatta. Molto meglio.
Se qualche ficcanaso avesse notato che fosse stato scritto col sangue non sarebbe stato un problema, solo un pasto in più.
Sorrisi e mi diressi verso le mie stanze per sistemarmi.

 

Come immaginavo i miei capelli erano un disastro. Sbuffai dirigendomi verso la vasca da bagno, ma cambiai idea e, desiderosa di rilassarmi il meglio possibile, presi la decisione di andare nella grossa pozza d'acqua calda che stava nella grotta al di sotto della nostra dimora. Mi spogliai velocemente della camicia da notte logora e sporca e afferrai un asciugamano che mi avvolsi attorno al corpo lurido. L'ultima volta che avevo provato, come ero solita fare, a recarmi alle grotte completamente nuda (non ne vedevo proprio il problema) mia madre mi aveva visto e mi aveva sgridato dicendo che se avessi incontrato uno schiavo di sua proprietà lo avrei sicuramente ucciso e ciò non era giusto nei suoi confronti.
«...e poi fa male alla pelle» la scimmiottai mentre scendevo nei sotterranei fino nelle grotte.
Appena entrai mi sentii già meglio: il caldo vapore che si sollevava dall'acqua mi rilassava i muscoli tesi dopo la caccia ed era piacevole quando le piccole onde mi lambivano delicatamente le caviglie. Mi tolsi con un gesto l'asciugamano e mi immersi nell'acqua calda fino a sopra la testa. Solitamente rimanevo in quella posizione anche per ore, con i capelli scuri che mi ondeggiavano lentamente attorno, ma, dopo essermi nutrita, il sangue entrava in circolo ed era come se fossi nuovamente viva, a parte i sensi più sviluppati e tutto il resto ovviamente, perciò avevo bisogno di aria.
Riaffiorai in superficie con la testa ed iniziai a ripulirmi dal fango e dal sangue mentre rimiravo assopita il colore carminio dei miei occhi riflesso nell'acqua.

 

«Come è andata ieri tesoro?» io e mia madre stavamo scendendo la lunga scalinata principale dirette ognuna verso le proprie faccende: lei a sfruttare ingenue schiavette per farsi fare la pulizia del viso già perfetto ed io ad abbindolare “qualcuno”.
«Una meraviglia, madre. Era proprio il genere di uomo che ti sarebbe piaciuto alto, virile...»
Lei sospirò sonoramente.
«A volte mi chiedo ancora perchè non vengo con te...»
«Potresti unirti qualche volta, gli uomini impazziscono quando vedono due donne insieme» feci io maliziosa.
«Lo so bene, cara. Ho avuto anche io i miei tempi d'oro in gioventù» e la vidi fare una di quelle espressioni da: “io l'ho fatto e devi farlo anche tu perchè è stata proprio una delizia”.
«Oggi a pranzo me lo devi raccontare!» le dissi io, poi la salutai e mi diressi in giardino.
Dove sei dolcezza? Vieni fuori...
Cercai Ian con lo sguardo mentre percorrevo l'enorme giardino sul retro dove gli schiavi erano soliti rastrellare foglie o potare siepi. Non trovandolo decisi di sedermi all'ombra di una quercia nella speranza che fosse lui a trovare me. Sistemai la lunga veste verde e oro delicatamente ai miei piedi ed iniziai ad intrecciare alcune margherite prese dal prato. Quale fanciulla risulterebbe più innocente di una che fa le coroncine di margherite?
Stavo ancora pensando ad un modo divertente di prendermi il ragazzo quando dei passi lenti mi risuonarono alle spalle. Erano leggeri, ma ben scanditi e sicuramente suoi dato il dolce odore del suo sangue. Probabilmente vuole farmi spaventare...
Feci finta di intonare una canzoncina mentre aspettavo che mi saltasse alla schiena. E muoviti!
«Bu!» Ian mi appoggiò bruscamente le mani sulle spalle. Che paura...
«Ian! Mi hai spaventato!» appoggiai teatralmente una mano sul mio petto «Ti prego non farlo mai più!» di rimando lui mi sorrise coi suoi profondi occhi blu.
«Come mai una bella fanciulla come te se ne sta sola in un giardino?» mi chiese poi sedendosi accanto a me.
«Sai com'è... questo sarebbe il mio giardino...» gli sorrisi dolce «...sei tu l'intruso»
«Oh vorrà dire che me ne andrò subito...» fece per alzarsi.
«Non ho detto che mi dispiacesse» ribadii cercando di non guardarlo come se me lo volessi mangiare. Lui si risistemò meglio accanto a me.
«Non hai risposto alla mia domanda» disse.
«Mi piace stare sola a fare... queste» sorrisi un po' imbarazzata mostrandogli la coroncina di fiori.
«Sei brava, oltre che bella» prese una margherita dal prato e me la infilò nei capelli che tenevo parzialmente raccolti con un fermaglio.
«Sei dannatamente spudorato a volte» gli allontanai scherzosamente la mano.
«Io mi definirei più “realista”»
«Vai in giro a sedurre tutte le ragazze che ti offrono lavoro, Ian?»
«No di certo... alcune sono troppo vecchie»
Soffocai una risata sconvolta fingendomi offesa e spintonandolo.
«Sai...» continuò lui «...il verde ti sta molto bene, ma personalmente credo che il tuo colore sia il rosso»
Cercai di impormi di non ghignare beffardamente.
«E cosa te lo fa dire?»
«Niente di particolare, ma c'è qualcosa in te... che mi ricorda quel colore» mi si avvicinò guardandomi negli occhi. Rabbrividii temendo che non avessero recuperato il loro originale colore nero.
Che vado a pensare? Mia madre me lo avrebbe detto.
Distolsi comunque lo sguardo fingendomi imbarazzata.
«Il rosso è un colore cattivo... è il colore del sangue...» sussurrai mettendomi a giocare con una piega della veste.
«Il rosso è il colore della vita, della passione, dell'amore...» fece lui calcando sull'ultima parola e mettendo una mano sulla mia. Mi girai a fissarlo trovando il suo viso a pochi centimetri dal mio e mi leccai inconsciamente le labbra, assetata. Ian abbassò il suo sguardo sulla mia bocca. Non feci in tempo a domandarmi se mi avesse visto che lui disse:
«Ed è il colore delle tue labbra...» la sua voce era così roca che gli sarei direttamente saltata addosso se una voce non ci avesse interrotti:
«Selene» mi girai pronta ad uccidere chi ci avesse interrotto e vidi mia madre di fronte a me schiarirsi la voce «Ti cercavo»
Ian si alzò di scatto pulendosi i pantaloni dai petali di margherita e, rosso in volto, fece una sorta di reverenza alla donna che aveva di fronte.
«Signorina Raveneyes, io...»
«Non importa tesoro, perdono qualunque torto quando mi chiamano “signorina”. Sei fin troppo gentile caro, chiamami pure Lilith»
Lui fece un'altra profonda reverenza e se ne andò riprendendo le sue faccende.
«Mamma!» mi lamentai spalancando gli occhi appena si fu allontanato a sufficienza.
«Tesoro stavi per compiere peccaminose azioni davanti a tutti. Se non ti fermavo facevi una strage»
Sospirai alzandomi ed incamminandomi verso l'ingresso di casa insieme a lei.
«Hai ragione, ma quell'uomo, mamma» mi morsi il labbro inferiore fino a farvi uscire sangue «è così dannatamente eccitante!»
Sospirò.
«Aah, beata gioventù!»

 

 


Qui è firephoenix, gente!

Ed eccomi dopo un estremo ed alquanto imbarazzante ritardo con il terzo capitolo!!
Spero che vi sia piaciuto io mi diverto sempre quando scrivo di questa povera, pazza, vampira, assetata di sangue :)
Fatemi sapereee!

XOXO
me :)

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Capitolo 4
*** Capitolo 4 ***


I vampiri uccidono.
Lo fanno per sopravvivere, per nutrirsi.
Se vi è davvero un qualche Dio lassù, come quello che predica la stolta gente della campagna, ha fatto in modo che nutrirsi per noi fosse il più piacevole possibile, quasi come il sesso suscita un'euforia tale nell'uomo da creare dipendenza in alcune persone.
Per quale motivo avrebbe dovuto farlo, se non per spingerci a continuare a fare ciò che ci da piacere?
L'avevo sempre vista in questo modo. Se Dio esisteva davvero gliene ero grata e per questo mischiavo spesso, come dire, l'utile al dilettevole, nutrendomi quasi sempre di uomini.
Ma allora che cosa era cambiato adesso?

 

La mia schiena sbatté rumorosamente contro la parete della mia camera mentre lui mi baciava con desiderio premendo le sue mani calde sui miei fianchi e strusciando il suo bacino sul mio. Ansimai, fingendo mi mancasse il respiro, passandogli le mani nei capelli.
La sua camicia di lana grezza cadde a terra con un tonfo seguita un istante dopo dal mio vestito dorato. Lui guardò ammaliato le mie forme perfette, ma, prima che potesse toccarmi, gli spezzai il collo con un colpo secco. Il corpo dell'uomo cadde a terra lentamente, mi ci inginocchiai affianco e affondai i canini nell'incavo della sua gola con rabbia.
Era la terza volta che mi succedeva ormai. Io abbindolavo uno degli schiavetti, il suddetto ci cascava, finivamo in camera, e sul più bello mi passava tutta la voglia e lo uccidevo a sangue freddo.
La prima volta pensai di averlo fatto perchè lui non era bravo, la seconda mi era cominciato a venire qualche dubbio che avevo deliberatamente deciso di ignorare, ma adesso... cominciavo seriamente a preoccuparmi che abusare troppo del sesso poi potesse diventare... noioso.
No, non può essere. Insomma, quanti secoli ha mia madre? E non mi pare si sia mai lamentata.
Leccai l'ultima goccia di sangue dal collo dell'uomo davanti a me e mi alzai con la faccia disgustata, sputando della saliva rossastra sul suo volto.
Che schifo.

 

«...così le ho detto: “se ti unisci a noi poi non dovrai pulire” ed è venuta davvero. Quindi siamo rimasti io, l'ancella e il nobile. Non ti dico quando è arrivata sua moglie! È stata delle avventure sessuali più... Selene, tesoro? Non è carino farmi parlare da sola»
Rialzai lo sguardo dall'insalata con cui stavo giocando nel piatto.
«Hai detto qualcosa?» chiesi atona a mia madre.
«Cosa ti succede, bimba? Ultimamente sei così distante. Non ti interessano più le avventure della tua mamma?»
Se solo avesse saputo che erano ben altre le cose a cui non riuscivo più ad interessarmi... non sapevo bene per quale motivo, ma avevo deciso di non parlargliene. Magari era momentaneo e non c'era bisogno di preoccuparsi. È sicuramente così.
«No, non è niente, davvero»
«Uh, la vecchiaia...» fece poi lei battendosi teatralmente il palmo della mano sulla perfetta fronte di un'apparente trentenne «quasi mi dimenticavo... ho visto che ne hai uccisi solo tre dei tuoi...» avevo previsto che questa implicita domanda sarebbe arrivata, quindi risposi senza esitare:
«Devo trattenermi purtroppo, visto che le mie riserve sono limitate» dissi alludendo a quando durante la Scelta mi aveva costretto a rinunciare a quasi tutti gli schiavi in cambio di Ian.
«Tu ti sei presa il dio dell'amore in persona, cosa avrei dovuto fare?» mi fece lei sorridendo materna.

 

«Avresti dovuto dirmelo!» sgridai bonariamente Ian.
Passavo così tanto tempo in sua compagnia che ormai fingere era diventato incredibilmente facile.
«Credevo sarei guarito in poco tempo...» si scusò lui imbarazzato.
«Stavi male da due giorni e non mi hai detto niente! Se lo avessi saputo ti avrei spostato dal giardino al letto immediatamente!» dissi sedendomi sul bordo del giaciglio di paglia sul quale Ian stava riposando. Aveva le gote rosse di febbre e si stringeva sotto la coperta come se stesse gelando. Non è che questo mi muore prima che concludiamo?
«Non ti preoccupare sarà una malattia passeggera...» mi rassicurò sorridendo. La febbre faceva scorrere il sangue più velocemente nelle sue vene, tanto che mi era quasi impossibile stargli accanto senza imbambolarmi a fissare la sua gola.
«Vado a prenderti del latte caldo» mi alzai appoggiando una mano sulla sua. Per un istante pensai di graffiarlo accidentalmente per poter assaggiare quella delizia.
Ritrassi le dita e mi allontanai dimenticandomi di fingere di respirare.
Giunta nella cucina stranamente deserta (mia madre avrà avuto fame) appoggiai le mani sul bancone e chiusi gli occhi per darmi un po' di pace. Se il mio cuore fosse stato funzionante probabilmente avrebbe battuto forte. Che mi succede? Avevo una voglia incredibile di squarciare la gola a qualcuno e dissanguarlo in poche sorsate. Io non sono così. Non ho mai avuto fretta... i vampiri non hanno fretta. Ripensai agli uomini che avevo ucciso senza godere... e capii.
Era come se fossi stata davanti ad un banchetto ben fornito.
C'erano ogni tipo di pietanza desiderabile e succulenta e poi, infondo al tavolo, il dolce. Un dolce mai assaggiato, un dolce delizioso solo allo sguardo, il desiderio di ogni essere vivente.
E io volevo quel dolce come non avevo mai voluto nulla in vita mia, così divoravo velocemente tutto ciò che mi separava da esso, senza sentirne nemmeno il sapore.
Non c'era dubbio. Quell'uomo mi stava facendo impazzire.
Ricomponendomi presi la caraffa del latte e ne versai un po' in un bicchiere, pronta a riprendere la recita della “buona ragazza innamorata”. Tanto finché era malato non potevo fare granché.

 

Ero tesa, nervosa, avevo i capelli aggrovigliati in un disastro irreparabile e gli occhi così neri che sembravano un pozzo senza fine.
Tre giorni. Avevo passato tre, interminabili, giorni senza nutrirmi di sangue. Al solo pensarci un ringhio rauco mi saliva dalla gola e i canini si allungavano pungendomi le labbra.
Erano questi i pensieri che mi tormentavano mentre mi dirigevo di prima mattina alla grotta sotterranea per farmi un bagno caldo e dar pace ai miei tormenti. Ero nuda, non me ne importava un accidente di quello che pensava mia madre. Tanto anche se avessi incontrato un umano per strada non lo avrei prosciugato. Strinsi le mani a pugno tanto forte da tagliarmi i palmi con le unghie.
La situazione era decisamente degenerata. Adesso, non solo il sangue mi sembrava insipido, ma anche l'odore si era fatto ripugnante. L'odore di tutti, certo, a parte quello di Ian. Il suo sangue riusciva a mandarmi un incantevole profumo da una parte all'altra della dimora.
E proprio mentre ci pensavo lo avvertii; in mezzo al corridoio si insinuò nelle mie narici come veleno e capii che lui si stava avvicinando.
Veloce come solo un vampiro poteva essere, svoltai nel corridoio affianco, nascondendomi nell'ombra. E così Ian è finalmente uscito dal letto.
Presi quasi in considerazione l'idea di ucciderlo lì, in mezzo al corridoio, ma quando sentii il suono di più passi rispetto a quelli che poteva produrre una sola persona capii che doveva essere in compagnia. Una voce femminile risuonò debole tra le pareti decorate da arazzi; appena qualche giorno fa, nel pieno delle mie forze, avrei sentito senz'altro le sue parole, ma in quel momento, debole e avvolta dalla fragranza del sangue del ragazzo, non ci riuscii.
«Lo so, Bell, anche io» le rispose Ian mentre si avvicinavano sempre di più.
«Dobbiamo fare qualcosa»
«Non è ancora il momento»
«E allora quando sarebbe il momento?» la voce della ragazza che rispondeva al nome di Bell era piuttosto seccata.
«Non adesso. Ti prometto che me ne occuperò personalmente nei giorni a venire»
«Domani» Bell lanciò il suo ultimo avvertimento passando accanto al mio corridoio con Ian. Aveva una lunga chioma bionda con delle treccine laterali e guardava il moro accanto a sé con una faccia da altrimenti-sai-cosa-farò.
«Va bene. Domani muoverò il primo passo» si arrese allora lui. Prima che mi superassero del tutto, senza vedermi, notai le labbra della ragazza stendersi in un sorriso soddisfatto.
Quella li mi vuole stregare l'uomo! pensai con rabbia sentendo l'odore ripugnante del suo sangue.
Più aspettavo e più Ian avrebbe potuto cadere nelle braccia di quella puttana.
Non andava per niente bene. Avrei agito quel pomeriggio stesso per tirare Ian dalla mia parte e magari, quella notte...
Il mio corpo rabbrividì quasi inconsciamente al pensiero e, a velocità sovrumana, mi precipitai alle grotte.

 

Mi guardai al grande specchio della mia stanza soddisfatta. I capelli neri e mossi mi cadevano vaporosi sul seno incorniciando il mio viso perfetto, il vestito rosso, il mio preferito, mi fasciava i fianchi mettendo il mostra il fisico scolpito e gli anelli doro alle mie dita erano un gran tocco di classe che faceva pendant con i pendenti. Mia madre avrebbe approvato sicuramente, come speravo avrebbe approvato Ian (con meno strusciate però).
Sfoggiando la mia maschera da innocente, educata e bella padrona di casa, uscii dalla camera diretta verso i giardini, dove il mio bocconcino aveva deciso di tornare a lavorare.
Passando per il grande atrio mi imbattei in alcuni schiavi, pardon, servi che pulivano la lunga scalinata e il pavimento; per la prima volta tra di loro notai anche la bionda di quella mattina, Bell. Mi dava le spalle e così, approfittando della situazione, senza essere vista rovesciai il secchio dell'acqua sporca sul pavimento appena pulito.
«Oh cielo! Mi dispiace così tanto!» esclamai nella miglior imitazione della ragazza maldestra che era inciampata per sbaglio «Sono mortificata»
«Non preoccupatevi, sistemo in un attimo» mi rispose con un tono quasi atono Bell che, inginocchiata com'era, era stata travolta in pieno dall'acqua.
«Oh grazie. Mi dispiace molto» le dissi ancora mentre dentro di me ridevo pienamente soddisfatta. Allontanandomi vidi in cima alle scale mia madre guardarmi con finta disapprovazione; le feci l'occhiolino e uscii all'aria aperta.
Trovai la mia preda mentre potava con grandi forbici la siepe attorno alla fontana di Cupido, quella dove ci eravamo parlati per la prima volta. Era di spalle, così, utilizzando un giochino tramandatomi da mia madre, gli misi dolcemente i palmi delle mani sugli occhi, chiedendo:
«Indovina chi è?»
Avvertii i suoi muscoli facciali tendersi in un sorriso.
«Vediamo: voce vellutata, mani morbide e sottili... non sarà per caso la splendida fanciulla che abita questa dimora?» chiese lui girandosi per guardarmi negli occhi; approfittando della posizione lasciai cadere le mie braccia dietro il suo collo intrecciando le mie mani sulla sua nuca. Fingendomi imbarazzata da quella mancanza di pudore abbassai “imbarazzata” lo sguardo.
«Non vergognarti delle tue azioni» sussurrò lui, prendendomi il mento tra le dita per sollevarmi il capo in modo che lo guardassi negli occhi. Eravamo così vicini... l'odore del suo sangue sembrava avvolgermi come una calda coperta e il rumore delle sue vene che pulsavano di vita mi riempiva le orecchie. Era stordente.
«Stamattina ti ho visto conversare con una ragazza» proferii con voce cauta. Volevo sapere se aveva qualcosa da nascondere perciò mantenni il contatto visivo, ma, mentre mi rispondeva, i suoi occhi non mutarono minimamente.
«Si chiama Isabell, è mia amica da parecchio tempo»
«Amica?»
«Sei per caso gelosa, Selene?» il modo in cui pronunciava il mio nome mi faceva venir voglia di saltargli addosso in quel momento esatto e di farla finita con tutta la commedia.
«Dovrei esserlo?» gli chiesi senza riuscire a nascondere la malizia.
«Se ti dicessi di si cosa faresti?» il suo sguardo stava infiammando il mio lato più oscuro. Era ovvio che ciò che provavo fosse ampiamente ricambiato.
«Quello che farei se mi dicessi no»
E, impaziente, mi avventai famelica sulle sue labbra.

 

 

 


Qui è firephoenix!

Madonna mia, ma da quanto non aggiornavo? Una vita! Mi dovete proprio scusare :( comunque dai spero che questo capitolo vi sia piaciuto e soprattutto vi abbia incuriosito :)
Un nuovo personaggio è entrato in scena (Bell) magari il prossimo capitolo arriva un disegnino ;)

XOXO
Ritardataria cronica

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Capitolo 5
*** Capitolo 5 ***


Era tutto ciò che avevo sempre desiderato.
Mi sembrava impossibile aver vissuto tutti quegli anni senza qualcosa di simile. Senza l'odore intenso del nettare rosso che scorreva nelle sue vene, sotto le mie dita, mentre percorrevano avide il suo collo e la sua nuca. Senza il rumore del suo cuore che si muoveva a contatto col mio petto, piacevolmente assordante.
Violenti tremiti mi scuotevano mentre cercavo di baciarlo nel modo più casto possibile. Ma ne valeva la pena, ormai? Non avevo forse già rovinato la messa in scena della ragazza innocente quando lo avevo provocato e mi ero avventata sulle sue labbra senza pensarci due volte? Non era certo un comportamento da verginella quello.
Sentii le dita di Ian stringermi i fianchi possessivo e farmi sospirare. Nemmeno lui quindi era il bravo ragazzo che sembrava.
Nascosti alla vista di chiunque dietro la folta siepe che il mio bocconcino stava potando, ci lasciammo andare ai nostri desideri, tralasciando inibizioni e farse. Ian mi schiuse le labbra approfondendo il bacio e io non mi trattenni più, lasciandomi andare con un gemito e tirandogli i capelli neri. Dio, non avevo mai provato nulla di simile; mi sarei abbandonata a lui anche in mezzo a quel prato, dietro la fontana con Cupido. Gli mordicchiai le labbra premendomi completamente contro di lui.
E poi successe; la mia sete di sangue, sovreccitata e provocata più volte, prese il controllo ed i canini mi si allungarono in maniera impercettibile. Bastò: il labbro inferiore di Ian si spaccò e ne emerse una goccia di nettare rosso.
Finì sulla mia lingua, inevitabile, desiderata, imprevista.
Il mio corpo ebbe uno spasmo di pura libidine. Spalancai gli occhi in estasi; era come se qualcuno mi avesse svegliato da un sogno. Bastò una sola goccia per farmi sentire viva, mi sentii quasi rinascere: improvvisamente riuscivo a cogliere tutto ciò che c'era intorno a me con estrema e delicata precisione, la pelle di Ian sotto i polpastrelli, i suoi capelli setosi tra le mie dita, la leggera veste che indossavo mi avvolgeva stretta e si stringeva maggiormente al passaggio delle mani del ragazzo che stavo baciando. Il suo respiro, il battito del suo cuore erano così vicini da sembrare miei.
Il tutto con una sola goccia.
Era tutto così incredibile ed ammaliante che fu come un pugno nello stomaco quando prese a mancarmi l'aria. Il sangue degli uomini generalmente poteva causare una sorta di illusione di tornare in vita, come un leggero malessere se non si respirava, ma la maggior parte delle volte era solo una sensazione, nulla di reale. Il sangue di Ian, invece, mi troncò letteralmente il fiato come se dovessi respirare per vivere. Per la prima volta in vita mia mi mancò realmente l'aria. Corrucciai le sopracciglia, ansimando.
Ian mi strinse maggiormente premendo le mani sui miei fianchi e baciandomi con passione, non sembrava nemmeno si fosse accorto del suo labbro spaccato. Inspirai sulla sua bocca aperta, senza aria, il mio organismo urlava e si dimenava per avere di più di quel sangue miracoloso e in contemporanea per avere più ossigeno. Disperata e confusa morsi con rabbia il labbro inferiore di Ian tirando i suo capelli fuori controllo. Lo sentii gemere.
Altro sangue raggiunse le profondità del mio corpo, lo stomaco mi si strinse, ebbi uno spasmo. Stavo impazzendo, non riuscivo più a pensare, i sensi che prima erano così vivi ora sembravano assopiti, non sentivo più nulla, graffiai il collo di Ian in cerca di contatto, un altro spasmo mi percosse mentre l'ennesima dolorosa goccia di sangue passava tra le mie labbra, Ian urlò il mio nome: Selene, era così che mi chiamavo? Tum. Tum. Altri due spasmi, la saliva aumentava, la lingua bruciava, una lacrima scese sulla mia guancia, graffiai, ringhiai, un rimbombo scosse il mio petto ed io mi piegai in due staccandomi di scatto da Ian. Lui mi stava fissando sconvolto: aveva dei grossi tagli sul collo, i capelli scarmigliati, la casacca strappata e un labbro tumefatto.
Senza pensarci due volte mi girai e scappai più veloce che potevo.

 

Fissavo lo specchio della mia toelette con i palmi delle mani sporche di sangue ancorate al lavabo in marmo. Ansimavo pesantemente con la bocca aperta da quando ero rientrata.
Ero sconvolta. Che diavolo era appena successo?
Il mio riflesso mi restituiva un'immagine priva di senso: la mia solita pelle diafana era sostituita da un rosa pallido che stava ormai sbiadendo, i miei occhi erano uno rosso sangue, come di consuetudine dopo aver “bevuto”, mentre l'altro aveva delle sfumature di un verde che non avevo mai visto riflesso nel mio sguardo né nello sguardo di nessun altro vampiro, in più, la scia della fugace lacrima che mi era corsa poco prima sul viso era ancora visibile; lentamente andai a toccarla con mano tremante.
Parole e conoscenze continuavano a riempirmi la testa: i vampiri non possono piangere, i vampiri non possono avere occhi di una sfumatura diversa dal nero o dal rosso, i vampiri non hanno colore sulla pelle se non quello della Luna.
«Cosa mi hai fatto?» chiesi fuori controllo «COSA?»
Urlando tirai un pugno al vetro che si ruppe con uno schiocco secco, crepandosi.
Passarono secondi, minuti, ore forse, senza che mi muovessi dal lavabo. Tenevo la testa piegata verso il basso, i capelli neri mi coprivano quasi interamente il volto.
Dovevo riprendere il controllo di me stessa, non potevo permettermi alcun tipo di debolezza, non in quel momento.
Piano risollevai il capo fissando con occhi nuovamente rossastri i miei molteplici riflessi nello specchio rotto. Avrei agito quella notte stessa. Qualunque cosa fosse successa quel pomeriggio, non era normale; il sangue di quel ragazzo era pericoloso e questo significava andava ucciso al più presto.
Ho aspettato abbastanza pensai rabbiosa i giochi finiscono qui.

 

Cicatrici. Ne avevo viste parecchie, non su di me ovviamente: su contadini, su schiavi, su animali a volte... i vampiri non possono avere cicatrici. La nostra pelle è perfetta e indistruttibile; o almeno così pensavo fino ad oggi.
Fissai con rinnovato stupore il sottile rigonfiamento di pelle rimarginata al di sotto del mignolo, a lato della mano destra. Tentai di non lasciarmi prendere dal panico.
Erano passate più di quattro ore da quando avevo rotto lo specchio della mia toilette. Quella ferita non poteva essere ancora in fase di guarigione, non doveva. Sfiorai la piccola cicatrice con l'indice, guardandola spiritata e mi chiesi se avessi dovuto parlarne con mia madre. Cosa avrebbe pensato? Mi avrebbe ucciso come aveva fatto con mio padre?
Per un istante, il primo nella mia vita, ebbi paura di Lilith. Così gentile e nobildonna quanto assetata di potere e malvagia.
No mi dissi lui è stato ucciso per un motivo... per i suoi tradimenti... perchè mai mia madre dovrebbe uccidermi?
«Selene, tesoro?»
Dovetti usare tutta la mia forza di volontà e una gran dose di abilità da vampiro per non trasalire.
«Mamma. Dimmi pure» chiesi voltandomi verso di lei e nascondendo la mano con la cicatrice nell'ambia stoffa del mio vestito. Era seduta sul letto perciò le pieghe delle coperte e della mia gonna avrebbero nascosto il tutto a sufficienza.
«Ti va di festeggiare stanotte? Ho trovato un po' di schiavi avvenenti e una ragazza dal gusto... come dire... particolarmente pittoresco che potrebbero unirsi a noi. Ho appena finito di riposare il viso e sono fresca come una rosa»
«Stanotte non posso, mi dispiace» risposi, probabilmente se fossi entrata in una stanza con degli umani avrei vomitato a causa dell'odore ripugnante del loro sangue. Non che i vampiri vomitino, ma ormai non ero più sicura di nulla.
«Questa notizia mi affligge, bimba. È forse successo qualcosa?» mi chiese apprensiva.
«No, tutto il contrario. Succederà qualcosa» ghignai. Il fatto che volessi uccidere Ian non significava che prima non me lo sarei goduto a dovere.
«Capisco... e così è la grande notte, eh? Sai che poi vorrò tutti i peccaminosi dettagli domani» mi sorrise lei maliziosa, intuendo le mie intenzioni.
«Certo, come sempre, madre»
«Divertiti!» mi disse ridendo allegra, poi se ne andò.

 

Con un movimento fluido la leggera vestaglia da notte nera scivolò sulle mie curve color porcellana, arrivando a sfiorare il pavimento. Mi rimirai allo specchio con sguardo lascivo: il tessuto della veste era semitrasparente e gettava sensuali e misteriose ombre sul mio corpo perfetto. Non mi truccai, non mi agghindai di gioielli, mi diedi solamente una leggera sistemata ai capelli, dopodiché uscii dalla mia stanza e mi incamminai a piedi nudi verso la cucina della dimora.
Percorsi i lunghi corridoi a velocità normale, lasciando che la vestaglia mi sfiorasse le caviglie e si avvolgesse attorno alle mie gambe, senza quasi emettere suono, come un fantasma o una visione impalpabile riemersa da un sogno. O da un incubo.
Poche ore prima avevo preso una schiava, una donnina minuta e impaurita, e le avevo chiesto di portare ad Ian un messaggio: ci saremmo visti quella notte, alle cucine, per parlare di quello che era successo quel pomeriggio.
Parecchio prima di giungere alla meta percepii attraverso il senso dell'olfatto che la mia preda mi aveva anticipato.
Meglio. Adoravo le grandi entrate in scena.
Sorpassai la soglia delle cucine nell'assoluto silenzio, sollevando parte della vestaglia come se mi importasse che non si sporcasse.
Lui era di schiena. Da quella posizione potevo perfettamente ammirare i muscoli delle sue spalle e le sue scapole muoversi anche sotto la leggera casacca. Feci scorrere le dita sullo stipite della porta per attirare la sua attenzione ed Ian si girò.
Alla tenue luce della luna proveniente dalle finestre era ancora più bello, quasi etereo. I suoi occhi brillavano di un blu liquido e profondo e i capelli neri come la notte gli ricadevano scompigliati davanti alla fronte; aveva ancora sul collo il segno dei miei graffi e il suo labbro inferiore era leggermente gonfio.
Percorse tutta la mia figura con gli occhi, divorando le mie forme di burro senza la minima vergogna.
«Cosa è successo oggi?» chiese poi arrivando subito al punto. Anche lui aveva deciso di smettere di giocare.
«Ci siamo baciati»
«Quello non era un bacio»
«E allora cos'era?» mi avvicinai lentamente a lui, passando lascivamente le mie dita affusolate sul ripiano dei tavoli da cucina.
«Speravo fossi tu a dirlo a me» rispose lui contraendo la mandibola.
«Era... qualcosa che volevamo entrambi» gli dissi allora fermandomi a pochi centimetri da lui «Qualcosa che desideravamo da tempo»
Ian deglutì.
«Qualcosa che, se non sbaglio, brami anche adesso» conclusi, fissandolo maliziosamente.
«Hai detto “brami”... ti stai forse escludendo?»
«Sarei qui se così fosse?»
«Saresti sicuramente più vestita»
Ghignammo entrambi. Improvvisamente gli appoggiai una mano sul petto, facendola scorrere lentamente sugli addominali e poi più giù, agganciando l'orlo dei suoi pantaloni e tirandolo verso di me.
«Non è di tuo gradimento, forse?»
Lui passò nuovamente lo sguardo su di me.
«Mi stavo solamente chiedendo come una dolce ed innocente fanciulla si sia improvvisamente trasformata in una succinta seduttrice»
«Forse lo è sempre stata» gli dissi lasciandogli i pantaloni. Ad Ian sfuggi un sospiro.
«Anche tu sei diverso da come eri apparso all'inizio però» continuai, prendendo a camminare lentamente attorno ad un tavolo.
«In meglio o in peggio?» mi chiese maliziosamente lui appoggiandosi allo stesso bancone a cui stavo girando intorno. Ci sapeva fare, il ragazzo.
«Non so... sei più spudorato... più interessante»
«Lo prenderò come un complimento»
«Dovresti»
Mi fermai sul lato del tavolo opposto al suo; sporgendomi in avanti una manica della mia vestaglia mi scivolò dalla spalla, scoprendo una gran porzione di pelle. La fissai lasciva, poi passai lo sguardo su Ian, che non riusciva a staccarmi gli occhi di dosso, e mi inumidii lentamente le labbra con la lingua.
Poi accadde tutto in fretta. Contemporaneamente scavalcammo il bancone e, scagliando furiosamente a terra tutto ciò che ci separava tra bicchieri, posate e vassoi, ci avventammo ringhiando l'uno verso l'altra in un bacio passionale quanto mortale.
Le mani di Ian non si fecero attendere, sollevarono subito la mia vestaglia fino ai fianchi lasciando la mia pelle scoperta al chiarore della luna mentre lui mi mordicchiava il collo. Gemendo di piacere, gli slacciai velocemente i lacci della casacca, scoprendogli il petto ed accarezzandolo avidamente. Ripresi a baciarlo in estasi.
Non potevo credere che fosse capitata a me tutta quella fortuna, che potessi avere tra le mani, tra le cosce, quel dio dell'amore, come lo aveva definito mia madre, il desiderio estremo di ogni vampiro. Strinsi a me Ian, graffiandolo con le unghie, possessiva. Lui si sfilò velocemente le braghe continuando imperterrito a baciarmi. Feci entrare la sua lingua nella mia bocca mentre gli tiravo i capelli, facendolo sospirare, e lasciavo che la mia veste percorresse veloce e leggera i miei fianchi e le mie gambe, cadendo dal tavolo senza far rumore. Ian mi afferrò per i fianchi, facendomi sdraiare bruscamente sul bancone e stendendosi su di me. Gli permisi di strusciarsi su di me e lo lasciai giocare con le mie curve, poi però, da predatrice qual ero, invertii a velocità sovrannaturale le posizioni, sedendo a cavalcioni su di lui. Odiavo stare sotto, non era nella mia natura.
Mi allungai placidamente su di lui, gemendo al sentirlo ansimare. Era la miglior preda della mia vita, il più piacevole e ricco bottino su cui avessi mai messo le mani. Graffiai i suoi addominali mentre lui affondava le dita nei miei riccioli scuri senza smettere di baciarmi con passione e di torturare le mie labbra.
Aspettai l'apice del piacere.
Non l'avevo mai fatto prima, di solito, qualsiasi uomo, che mi facesse godere o no, moriva poco dopo l'inizio delle “danze”. Ian invece... oh lui era tutta un'altra storia.
Nel momento in cui l'estasi raggiunse entrambi avvicinai le mie labbra alla sua gola, eccitata da ciò che stava per succedere e non curante di ciò che era accaduto quel pomeriggio; sussurrai parole ammalianti, lasciandomi andare come mai prima d'ora.
Poi, con un ringhio animalesco, senza potermi più trattenere, affondai i canini nel suo collo sudato... nello stesso momento in cui lui fece lo stesso con me.

 

 

 

 

Qui firephoenix!

No, non sono morta :D eccomi qui con un altro super capitolo (?)
Si sono finalmente scoperte un po' di nuove cosucce :) il sangue di Ian ha uno strano effetto sulla nostra Selene e, come qualcuno di voi aveva già intuito, il misterioso ragazzo dagli occhi blu non è un semplice umano :D Spero che il capitolo vi sia piaciuto e che vi abbia incuriosito almeno un po'!
Alla prossima

XOXO
firephoenix

Ps: ecco dei piccoli schizzi di Bell, Selene e Ian come promesso:

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Capitolo 6
*** Capitolo 6 ***


Guardavo fuori dalla finestra, i palmi appoggiati al vetro freddo e un po' appannato.
Osservavo il bosco, i segreti che celava e le ombre che si muovevano piano sotto il pallore della luna.
L'uomo stava parlando, dietro di me, sulla sedia di legno della stanza da letto della locanda. Era leggermente brillo, non era stato difficile abbindolarlo come facevo con tutti gli altri. L'avevo notato subito quando ero entrata nel caldo locale per sperimentare un nuovo metodo di caccia; forse era stato il fatto che era seduto da solo, i suoi capelli un po' trasandati o gli occhi folli a risvegliare la mia curiosità... comunque sia ero andata dritta da lui, lo avevo fatto bere e lo avevo portato in camera.
E adesso stava parlando e, per tutti gli strani casi assurdi della vita, ero interessata. È stato il primo uomo che avessi mai incontrato a conoscere i vampiri.
Non che sapesse per certo della loro esistenza, o che mi avesse scoperto, ma appena si era ubriacato un po' mi aveva iniziato a raccontare vecchie leggende, storie che gli narrava sua madre e che parlavano di antiche creature immortali che bevevano sangue per vivere. E così, incuriosita, invece di ucciderlo, lo stavo ascoltando. Che follia.
«E non è tutto!» continuò l'uomo quasi eccitato dalle sue stesse parole «Mio nonno mi raccontò una cosa quando ero molto piccolo: mi narrò di lupi, grossi, spaventosi lupi con occhi enormi che ululavano alla luna»
«Non è quello che i lupi fanno?» chiesi un po' scocciata. Forse era ora di ucciderlo e basta.
«Oh no! Non erano lupi normali!» urlò guardandomi con occhi spalancati attraverso il riflesso della finestra «Solo di notte...» prese poi a sussurrare «... di giorno erano uomini e donne»
Mi sforzai di non alzare gli occhi al cielo. Si come no: uomini lupo. Se esistessero lo saprei.
«Mi giurò di averne incontrato uno una notte!» tornò ad urlare «Ma non so se credergli. Io preferisco i succhiasangue»
Rabbrividii disgustata e mi voltai verso di lui. Che parola spregevole, mia madre l'avrebbe ucciso all'istante.
«È vampiri» dissi.
«Come?»
«Il loro nome» mi avvicinai «Non si chiamano “succhiasangue”, si chiamano “vampiri”» precisai e poi mi sedetti a cavalcioni su di lui. L'uomo rimase un po' interdetto, poi capì.
«Li conosci anche tu? Come lo sai?» chiese tutto preso. Io gli passai un indice sulle labbra.
«Ti svelerò un segreto» sussurrai al suo orecchio con voce maliziosa «Sai... le storie che ti raccontava tua madre, le donne e gli uomini immortali che si cibano di sangue e uccidono, traendone piacere...» gli leccai la guancia lentamente «...è tutto vero»
Lo sentii trasalire.
«Sorpresa!» esclamai, poi affondai i canini nel suo collo.

 

Con un onda d'urto tutto meno che umana sia io che Ian ci separammo e andammo a sbattere contro due pareti opposte della stanza, lasciando segni nel muro. Ansimavo a bocca aperta per effetto del suo sangue e mi toccavo il collo allibita.
«Mi hai morso!» sbraitai.
«Tu hai morso me!»
«Certo che ti ho morso sottospecie di escremento! Sono un vampiro!»
Lo vidi spalancare gli occhi zaffiro nell'ombra.
«Stavo per ucciderti!» continuai.
«No! Io stavo per ucciderti!» ringhiò poi lui rendendo la situazione quasi comica «Tu... tu avresti dovuto essere un'umana indifesa!»
«Oh mio dio» sbottai basita e, riprendendo la vestaglia da notte da terra, la misi davanti al mio corpo come se potesse proteggermi da ciò che stava succedendo. In tutta la mia intera vita non avrei mai e poi mai pensato che potessi incontrare un altra creatura che agisse come me. Esattamente come me.
«Quindi, di grazia, tu cosa fai?» gli chiesi trattenendo la rabbia «Ti fingi uno schiavo e uccidi le padrone di casa che ti ospitano?»
«Solo... no! Pensi che mi piaccia?»
«Ma che...» mi misi le mani tra i capelli «Sei completamente fuori di senno! Perchè mai non dovrebbe piacerti? Su quel tavolo» urlai indicando il bancone dove stavamo consumando qualche istante prima «non mi pareva che non ti piacesse
«Quello non ero io!» gridò alzandosi in piedi.
«E allora chi era?» a velocità folle arrivai fino all'altra parete e lo presi per la gola «Che cosa sei?» gli ringhiai in faccia.
«Non di certo un disgustoso vampiro» rispose con odio. Io risi di gusto.
«Non sei un disgustoso vampiro, ma non ti comporti tanto diversamente» dissi mostrando il suo morso sul mio collo, che andava ormai rimarginandosi. Notai che il suo si stava ricucendo più lentamente.
«Tu non sai cosa sono» sussurrò, poi con rabbia rovesciò la situazione e, stringendomi la gola, mi sbatté contro la parete «Non osare giudicarmi»
«Allora illuminami» lo provocai. Poi sentii dei passi.
L'agitazione, l'eccitazione e il sangue avevano reso più acuti i miei sensi: qualcuno stava scendendo le scale che portavano alle camere.
«Mia madre/Lilith» pronunciammo entrambi, guardandoci negli occhi. Deve aver sicuramente sentito le urla – pensai.
«Anche lei...?»
«Si» gli risposi. Anche lei era un vampiro, uno tra i più potenti.
«Io ti starei uccidendo secondo i suoi programmi»
«Ma è disgustoso. Vi dite tutto come se foste due verginelle eccitate?»
Alzai le spalle.
«Non ci resta che assecondare i suoi piani» dissi poi ammiccando. Ian strinse maggiormente la presa sulla mia gola.
«Non sarà così facile uccidermi»
«Non ti spaventare, cucciolo» ghignai «non morirai stasera... prima voglio sapere cosa sei»
«Selene!» la voce di mia madre era ormai vicina; a velocità da vampiro avvinghiai le mie gambe alla vita di Ian, facendo combaciare i nostri corpi nudi e perfetti e presi a baciarlo con foga, come se non ci fossimo mai interrotti. Lui afferrò il piano al volo e conficcò le sue unghie nella mia carne, sbattendomi contro il muro tanto forte da sembrare di volermi uccidere invece di baciarmi, come invece stava facendo.
Mia mamma fece capolino dalla porta della cucina con la faccia perplessa, la guardai male, riservandole uno sguardo accusatorio alla “adesso è proprio il momento sbagliato”. Lei sorrise, lanciò uno sguardo lascivo al fondoschiena di Ian e se ne andò. Appena uscita dalla porta, il moro si staccò subito da me, pulendosi la bocca col dorso della mano, come disgustato.
«Oh non fingere» dissi «Lo so che ti è piaciuto»
«Va al diavolo» mi insultò prima di andarsene.
«Ma io sono... il diavolo» sussurrai. Sapevo che mi avrebbe sentito lo stesso.

 

«Non l'hai ucciso!» mia madre era allibita.
«Non puoi capire. Lui è stato semplicemente perfetto... penso che lo terrò per un po' di tempo» le spiegai con tutta calma.
Era mattina presto, gli schiavi non si erano ancora alzati perciò io e mia madre eravamo sedute placidamente in giardino, ad un tavolino pregiato a guardarci negli occhi rossi, conversando amabilmente.
«Assurdo» fece lei con una mano sul petto a sottolineare il suo disappunto «penso di non averlo mai fatto in tutti i miei rispettabilissimi anni»
Sorrisi e mi scostai i capelli dalla spalla come a voler sentire la frescura della mattina, pur sapendo che non sarebbe servito a nulla; con i vampiri non funziona. Corrucciando le sopracciglia ripensai al mio bacio con Ian lì in giardino, a quando avevo morso il suo labbro e bevuto il suo sangue, sentendo l'aria sulla pelle e l'erba fresca non tagliata solleticarmi le caviglie.
«È mai successo...» feci una pausa chiedendomi mentalmente cosa fosse la cosa giusta da chiederle.
«Cosa, cara?» mi spronò lei.
«È mai successo che un vampiro tornasse ad essere... vivo? Sai, umano»
«No» mi rispose lei, senza guardarmi negli occhi. Strano - mi trovai a pensare - Di solito non è così diretta nelle risposte.
Aspettai qualche secondo che mi chiedesse spiegazioni per quella domanda, ma lei non lo fece, così mi schiarii la voce e mi congedai, rientrando nella dimora.

 

Forse era stato sciocco chiederglielo, forse ero solo un po' paranoica, ma avevo pensato spesso a quello che era successo quando avevo bevuto il sangue di Ian. Le sensazioni che avevo provato, il colorito roseo della mia pelle, la sfumatura verde negli occhi, la cicatrice sulla mia mano e infine quello strano rimbombo nel mio petto, all'altezza del seno sinistro... rabbrividii. Non c'era altra spiegazione, per quanto incredibile e folle sembrasse, per un istante, anche solo una frazione di secondo, ero tornata umana.
I miei pensieri corsero inesorabilmente verso un anno prima, quando avevo compiuto diciassette anni, quando mia madre mi aveva trasformato rendendomi immortale al pieno della mia bellezza, come lei stessa aveva sostenuto. Ero vampiro dal appena dodici mesi e... trasalii. Come potevo non averci mai pensato prima... come potevo essere così cieca?
Era bastato una anno di immortalità, l'eccitazione di essere qualcosa di nuovo e di diverso, per farmi dimenticare che ero stata una ragazza prima, una normale ragazza che, come la natura vuole, era diventata donna a tutti gli effetti all'età di quattordici anni. Mi toccai il ventre. Erano dodici mesi che non avevo un ciclo e come me, anche mia madre avrebbe dovuto essere ferma da 253 anni, la sua età.
Come ha potuto concepirmi? Pensai mettendomi una mano davanti alla bocca.
Se fossi stata umana avrei vomitato.

 

Mi pulii nervosamente il mento sporco di sangue fresco, tingendo l'acqua delle grotte di rosso. Ero venuta a farmi un bagno veloce per schiarirmi le idee.
Avrei dovuto parlarne con mia madre prima o poi, mettere ordine tra la confusione che avevo in testa e sperare che si risolvesse tutto per il meglio. Magari mi stavo preoccupando per niente.
«E così è qui che vengono i vampiri a fare i loro sporchi affari?» la voce di Ian giunse alle mie spalle inaspettata. Mi girai, mantenendo il mento a livello dell'acqua.
«Vuoi unirti?» gli chiesi con malizia.
«Te l'ho detto: non sono un vampiro» fece lui guardandosi intorno.
«Coraggio...» dissi muovendo due dita verso di me per invitarlo ad entrare «Non mordo mica»
«Davvero molto divertente, ma adesso che so cosa sei non nutro più nessun interesse per te»
«Oh, nemmeno io per quello. Sono solo cortese con il mio ospite» dissi.
Ci guardammo per un po', persi nei nostri pensieri. Non potevo negare che fosse l'uomo più bello che avessi mai visto: un tentatore nascosto in un viso d'angelo con gli occhi blu.
«Dimmi cosa sei» sussurrai avvicinandomi a lui, camminando nel lago sotterraneo.
«Cosa ci guadagno?» mi chiede senza staccare gli occhi dai miei. Io continuo ad avanzare facendo scivolare piano il mio corpo nudo fuori dall'acqua, fino a trovarmi difronte a lui, con i capelli neri bagnati e le gocce che percorrevano le mie curve fino ai miei piedi e a quelli di Ian, a pochi centimetri da me.
«Sono molto brava a dare ricompense a chi le merita» dissi facendo passare una mano umida sul suo petto coperto dalla spessa camicia. In un attimo lui mi prese i polsi e mi sbatté contro la parete rocciosa della grotta.
«E io la merito?» mi sussurrò sulla bocca. Io gli passai la lingua sulle labbra spingendomi verso di lui.
«Assolutamente» riuscii a mormorare prima che lui si avventasse sulle mie labbra, baciandomi in un modo disgustosamente sensuale. Dopo qualche istante ci staccammo per prendere fiato e lui mormorò:
«Temo tu stia commettendo un errore di valutazione»
Corrucciai le sopracciglia.
«Dovrai tenerti la ricompensa» ghignò.
Poi, a velocità sovra umana, trafisse il mio stomaco con un paletto di legno, impalandomi alla parete.


Un solo rivolo di sangue scese lento dal mio ventre, mentre io fissavo disgustata Ian allontanarsi da me quel che bastava per rimirare la sua opera d'arte.
«Come hai osato? Verme schifoso, la pagherai per questo!» urlai fuori di me prima di piegarmi in due con un gemito di dolore.
«La tua mammina non ti ha mai spiegato l'effetto che ha il legno sulla vostra specie?» mi chiese ridendo. Io ringhiai e tentai di rimuovere il paletto; un dolore acuto mi straziò tanto da farmi urlare.
«Grandissimo figlio di puttana» lo insultai.
«Non sai quanto mi rammarica vederti così, ma dovevo essere sicuro che non causassi problemi» disse lui con un sorriso sadico.
Masticai degli insulti guardandolo con astio.
«Come fai a sapere così tante cose sui vampiri se non lo sei?» gli chiesi.
Lui alzò le spalle.
«Dimmi cosa diavolo sei una volta per tutte, maledizione!» urlai, tossendo sangue.
«Dampyr»
«Cosa?»
«È quello che sono: un dampyr» precisò. Poi, capendo che non avevo idea di cosa stesse parlando, rise «Sei sempre stata rinchiusa in questa casa tanto da ignorare qualsiasi cosa ci sia sotto i tuoi occhi, proprio come tutti gli uomini. Non puoi essere davvero così egoista da pensare che voi vampiri siate gli unici esseri soprannaturali in questo mondo»
Cercai di mantenere quel po' di dignità che mi rimaneva, non spalancando gli occhi.
«Cosa avete di diverso da noi?» chiesi comunque.
«Siamo bastardi»
«Oh quello lo avevo capito da sola»
«Non... in quel senso, stupida succhiasangue. Sono figlio di un vampiro e di una donna umana»
Trasalii.
«Com'è possibile?»
«È possibile che voi vampiri siete dei grandissimi bastardi malati. Mio padre ha messo incinta mia madre, ma non l'ha trasformata quindi è morta di parto» c'era un enorme rancore nella sua voce. Avrei voluto fargli milioni di domande, ma il palo di legno mi stava prosciugando le energie e, parlando, non volevo correre il rischio di sembrare troppo debole. Fortunatamente Ian continuò a spiegare:
«Esiste una sorta di setta che vive pacificamente per quelli come noi, figli bastardi di vampiri o di altre creature; sono cresciuto lì»
«Perchè mi hai attaccato allora?» mi morsi la lingua; non ero riuscita a trattenermi.
«Noi dampyr viviamo come esseri umani, nonostante siamo dotati di capacità simili alle vostre come i sensi più acuti o la velocità, ci cibiamo di cose normali e abbiamo un aspetto più naturale» disse indicandosi gli occhi che, al contrario di quelli dei vampiri, potevano essere di un altro colore oltre al rosso ed al nero. Poi continuò: «Tuttavia almeno una volta all'anno la maledizione tramandataci dai nostri padri si rileva e la sete di sangue si fa troppo forte per essere contenuta» Ian strinse la mascella, dal suo sguardo era facilmente intuibile come lui trovasse questo disgustoso.
«Una volta all'anno quindi» continuò «mi fingo uno schiavo e uccido una persona nelle dimore in cui mi ospitano. Ho provato a fermarmi, ma se mi spingo al limite mi ammalo e, con la febbre divento quasi un'altra persona: quella di stanotte»
Finalmente tutto aveva un senso.
«Adesso sai la mia storia. Sai quanto odio la tua razza. Sai che conosco tutti i vostri punti deboli» disse avvicinandosi a me e premendo sul palo di legno, facendomi urlare di dolore.
«Maledetto bastardo» ansimai.
«Sarai la prima persona che ucciderò con piacere, Selene. Dovresti esserne fiera»
«Sono solo sollevata» dissi sputandogli in faccia un po' del mio sangue «per un attimo ho pensato che fossi un orribile uomo lupo» risi, mentre lui si puliva il viso.
Una risata cristallina giunse dall'entrata della grotta. Mi voltai di scatto.
«Si dice licantropo» disse Isabell, la bionda che avevo visto parlare con Ian «e ti sei decisamente sbagliata: quella sono io»

 

 

 

Qui firephoenix!

Ta ta ta taaaan! Ma quanto mi piace finire i capitoli in questo modo sadico U.U
No, ok, a parte i miei deliri, che ne pensate?
Ditemi un po' i vostri dubbi e le vostre perplessità :) spero di non aver deluso nessuno per la storia di Ian!
Vi voglio bene <3
Alla prossimaaaaaaa :) 

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