La tela imperfetta

di Lutea Eos
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Un nuovo vicino ***
Capitolo 2: *** Un disastro chiamato cena ***
Capitolo 3: *** La goccia che fece traboccare il calderone ***
Capitolo 4: *** Leggende ***
Capitolo 5: *** Che la guerra abbia inizio! ***
Capitolo 6: *** Confessione ***
Capitolo 7: *** Louis ***
Capitolo 8: *** Un bacio rubato ***
Capitolo 9: *** Albus e Rose nella tana del lupo ***
Capitolo 10: *** Un passo avanti e due indietro ***



Capitolo 1
*** Un nuovo vicino ***


Caro Al,

ti scrivo nonostante stia per addormentarmi con la piuma in mano. Stamattina ho finito di sistemare gli ultimi scatoloni, con la magia, anche se la mamma mi aveva consigliato di non usarla per potermi abituare meglio al mondo Babbano. Senza qualche colpo di bacchetta però avrei finito tra qualche settimana!

Oggi pomeriggio invece ho conosciuto Tyra, l’esperta di leggende locali. Ricordi quando mi prendevi in giro sostenendo che sarebbe stata una versione poco più giovane della Cooman? Avevi ragione, è proprio come lei, solo molto più giovane: ha appena finito la scuola. Lei però non cerca di spiegarmi come potrei morire, la apprezzo. Invece comincio a dubitare seriamente di Johan: voleva un articolo serio, una ricerca per il Ministero su quanto il mondo Babbano sapeva di noi e mi affida un’esperta più giovane di me?

Domattina comunque mi sveglierò presto e farò qualche ricerca col computer (che per fortuna la mamma mi ha insegnato ad usare). Ho pensato che nel peggiore dei casi andrò a bussare porta a porta per chiedere ai Babbani cosa pensano della magia, anche se ho paura chiamino la polizia.

Tu invece come stai? Hai trovato un posto in cui sistemare il tuo arsenale, dopo che non hai più avuto a disposizione il mio armadio? Attento, la zia Ginny non ci metterà molto a scoprire cosa nascondi sotto il letto.

A presto,

Rose

 

Rose terminò di legare la lettera alla zampa di Antares con uno sbadiglio.

Aprì piano la finestra del salotto, quella che si affacciava sul bosco, per evitare che i suoi nuovi vicini Babbani facessero strane domande, e sporse oltre il davanzale il braccio su cui stava appollaiato il suo gufo screziato, per consentirgli di spiccare il volo. Quello raspò un poco sul suo braccio per farle capire che non gradiva proprio dover volare fino a Londra ma poi partì.

La ragazza sorrise per il solito comportamento del suo uccello e si affacciò per poterlo osservare mentre prendeva quota, sfiorando le cime dei pini fino ad andare a confondersi con gli altri uccelli della notte. Stava per spostarsi finalmente a letto quando udì un commento proveniente dal giardino sotto il suo appartamento.

“Ehi, hai ragione, c’è una luce! Niente Pluffa, che ingiustizia!”

Rose, divertita, pensò che forse non era proprio l’unica strega in quel complesso di quattro appartamenti e che il giorno dopo sarebbe scesa ad informare i vicini che non era un problema per lei che continuassero le loro attività magiche.

*

Rose, appena scesa sul pianerottolo, si ricordò della sera prima e, approfittando del fatto di essere in orario per il suo appuntamento, decise di andare a conoscere i suoi vicini.

Bussò alla porta d’ingresso dell’appartamento sotto il suo e attese. La serratura scattò, aprendo l’uscio, e Rose si stava chiedendo se fosse un invito a entrare quando una voce smorzata, che le parve di avere già sentito, borbottò uno svogliato “Arrivo.”

Qualche attimo dopo ebbe di fronte un ragazzo biondo che la fece boccheggiare.

“Scorpius!” Si riprese Rose mettendosi quasi a urlare.

Weasley… Scorpius?” Aggiunse lui guardandola interrogativo.

“Malfoy!” Si corresse lei in modo veemente maledicendo le sue orecchie che stavano cominciando a prendere fuoco. “Cosa ci fai qui?”

“Vendo bacchette agli elfi domestici.”

Dopo un istante di silenzio Rose ebbe un sussulto “Io sto scrivendo un articolo per il Profeta…

“Non mi interessa, Weasley.” Ribadì quello con aria seccata tirandosi indietro e chiudendo la porta.

“Sono la tua vicina!” Gli urlò la ragazza mentre i cardini dell’intelaiatura vibravano ancora.

Dall’altra parte ci fu uno sbuffo, che Rose col tempo si convinse di non aver mai sentito. Non potè fingere però di ignorare il tono sarcastico delle parole che seguirono: “Come sono felice! Volevi the e biscotti?” né il suono di passi che si allontanavano.

Un po’ intontita, resasi conto che fissare una porta non avrebbe prodotto grandi risultati, andò sui gradini esterni e lì si rannicchiò, chiudendo gli occhi in attesa che la consapevolezza di quanto accaduto la sommergesse.

Scorpius. In una sperduta. Cittadina. Babbana. Dove già la probabilità di incontrare un mago qualsiasi rasentava lo zero. Lui. Perfetto!

Chissà cosa doveva aver pensato di lei, cosa stava pensando. Probabilmente nulla, concluse Rose scoraggiata, perché dovrebbe pensare a qualcosa che non gli interessa?

Una nuvola passò sul sole oscurandolo.

“Tyra?” Chiese Rose alzando lo sguardo e trovandosi di fronte una massa scompigliata di capelli biondi.

“Ciao Rose!” Fece quella sedendosi vicino a lei “Scusa il ritardo ma mio padre ha voluto organizzare una festa di benvenuto per i nostri nuovi vicini e ieri sera abbiamo finito tardi di mettere a posto tutto” le spiegò, mentre fissava la sua aria corrucciata, che interpretò come rivolta a lei “Non mi dimenticherò che devo farti da guida, stai calma!” Alzò le braccia al cielo in segno di resa “Andiamo a fare colazione, così possiamo parlare dei nostri programmi, se ti senti più tranquilla”.

Rose si limitò ad assecondarla, già col morale a terra e troppo basita dalla quantità di parole che l’altra aveva pronunciato, senza aver bisogno di aiuto.

Una manciata di minuti dopo le due si erano accomodate in un comodo bar poco distante e Tyra aveva già tirato fuori carta e penna, perché “bisognava procedere con ordine” nella  lista di cose da fare. Rose cominciò a fissare gli avventori, aspettandosi da un momento all’altro di scorgere una testa bionda troppo familiare, fino a rendersi conto che non poteva fantasticare così, non fino a sera. Passò dunque a esaminare l’arabesco di fiori neri che spiccavano sulla parete rossa dietro il bancone finché non si ricordò del suo lavoro.

“Dimmi, quale opinione avete sulla magia?”

“Varie, a dir la verità.” Le rispose l’altra, continuando a tenere lo sguardo sul foglio “Chi la ritiene una favola per bambini, chi un frivolo passatempo moderno, chi ne è fanatico e chi vorrebbe tornare ai roghi di streghe.”

“E tu cosa ne pensi?”

Tyra alzò lo sguardo “Io credo che non dovremmo escluderla del tutto.”

Rose si sentì finalmente sollevata, dopo aver visto Scorpius “Quindi cosa sai di pratiche magiche?”

Tyra le sorrise “Credo che prima di tutto dovrei portarti in un posto. Si trova su una collina poco distante da qui, vicino a una casa abbandonata che tutti dicono sia infestata.”

“E quando potremmo andare in… Questo covo di Serpi!” Sbottò Rose accorgendosi di un altro ragazzo che aveva studiato a Hogwarts e che stava uscendo dal locale con delle tazze di caffè fumante in mano. Egli, bloccando la porta con la schiena per riuscire a uscire dal locale senza rovesciare nulla, si trovò a voltarsi verso il tavolo delle ragazze e, riconosciuta la Weasley, scoppiò a ridere.

“Beh, qualche animaletto c’è ma non poi così tanti!” Si indignò Tyra, prima di capire che aveva perso l’attenzione della sua interlocutrice, la quale d’altronde sembrava molto impegnata a fondersi con la parete. Quando accanto a loro comparve un alto ragazzo biondo, dalle spalle larghe, credette di capire perché.

“Weasley!” Salutò quello gioviale.

Flitt…” Replicò l’altra con tono dubbio.

“Perché questa espressione, non posso salutare una vecchia amica?”

“Noi non siamo mai stati amici.” Gli fece notare francamente Rose.

“Circostanze contingenti ci hanno portato su strade diverse.” Commentò lui approfittando del vuoto lasciato su divanetto da Rose, che si era spostata verso la parete, per accomodarvicisi. “Tu cosa ci fai qui?”

“Scrivo un articolo.” Rispose piano Rose cercando di elaborare una frase atta a fargli capire che c’era una Babbana con loro.

“Oh, quindi non ti fermi?”

“Si tratta di una ricerca, rimarrò qui un paio di mesi.”

Non appena Rose finì di parlare il ragazzo mostrò uno splendente sorriso. “Non puoi immaginare quanto la notizia mi riempia di gioia. E dimmi, dove alloggi?”

Rose lo fissò stralunata, incerta se rispondere o meno. A scuola aveva parlato con Flitt una decina di volte… In sette anni. Come mai ora si mostrava improvvisamente interessato? A cosa poi?

“Poco distante da qui, in quella villetta suddivisa in quattro appartamenti subito dietro l’angolo.” Li interruppe Tyra.

“Al civico otto?” Chiese trepidante un estasiato Flitt.

“Sì, proprio sopra il tuo amico Malfoy.” Lo informò Rose.

“Per tutti i serpenti di nonno Caius, che meraviglia! Non ci si poteva aspettare di più!” Inveì il ragazzo balzando in piedi per l’entusiasmo e facendo saltare sul divanetto Rose “È fantastico!” Commentò ancora riagguantando i suoi caffè e dirigendosi verso la porta. Man mano che si allontanava le sue parole arrivavano più attutite e smorzate ma alle due ragazze parve di sentire distintamente “Monotona vita di provincia, cambiamenti radicali…”, accompagnate da decise asserzioni col capo.

Quando fu sparito fuori dal locale, Rose capì che doveva una spiegazione a Tyra: optò per una versione veritiera, per evitare che in possibili conversazioni future potesse contraddirsi, ma edulcorata. “Ho frequentato la sua stessa scuola, lo conoscevo di vista.”

“E allora perché tutta questa gioia da parte sua?”

Rose cominciò a girare il cucchiaino nel suo tè, nonostante lo zucchero fosse ormai completamente sciolto, mentre pensava “Non lo so.”

“Era una domanda retorica, Rose…” La fissò l’altra con sguardo ovvio “È anche carino, non vedo perché non dovresti dargli una possibilità.”

“No!” Sottolineò Rose battendo il cucchiaino sulla tazza e spargendone parte del contenuto sul tavolino. Soppresse l’istinto di estrarre la bacchetta.

“Però non sembravi indifferente.” Insistette Tyra cominciando a prendere i tovaglioli dal contenitore tra loro “Non dire che non stavi cercando di nasconderti!”

Rose si prese del tempo per asciugare con calma la macchia e, spinta dal silenzio dell’altra e ancora un po’ frastornata dal comportamento di Flitt, fu costretta a buttare fuori “Sarebbe il migliore amico del ragazzo che mi piace.”

“Che è il tuo vicino di casa?”

“Veramente abita al piano di sotto… Ma tu come fai a saperlo?”

“Ricordi stamattina? Sembravi riflettere sui misteri della vita cercando una risposta nelle venature degli scalini” Le fece notare con un sorrisetto, sporgendosi verso di lei “Quindi spiegami, cosa c’è tra te e questo… Malfoy, giusto?”

“Nulla!” Sbottò Rose mentre tirava indietro la sua sedia, essendosi trovata la ragazza a una decina di centimetri dal viso. “Non c’è mai stato nulla!”

“Quindi lui non ti ha mai considerata, ho capito. Anche lui veniva a scuola con voi?”

“Andresti d’accordo con Al.” Borbottò l’altra sistemandosi nuovamente con la schiena dritta sulla sedia. Era davvero così evidente?  “C’era una competizione tra noi. Lui voleva essere il migliore e io non mi sono mai lasciata battere, questo è quanto.”

“E lui non ha mai accettato questo fatto?”

“A quanto pare no.” Sottolineò Rose riprendendo il cucchiaino e notando che la mano le tremava. Dannato Scorpius!

“Ti serve un fidanzato, per dimenticare il signor so-tutto. Quindi dovresti cominciare a parlare con questo Flitt e non rintanarti contro il muro. A meno che non ami le ragazze cerbiatto spaventate... No, non mi sembra proprio il tipo!”

Rose, che aveva ascoltato il monologo di Tyra da cima a fondo senza trovarvi un senso logico, le fece notare che Flitt non le piaceva per nulla “Non penso sia il ragazzo giusto per me.”

“Lo penso io! E per queste cose un parere esterno conta sempre di più”

Rose riflettè un attimo sui motivi che la spingevano a non andarsene da quel bar… L’articolo, anzi la serie di articoli, che doveva scrivere per conto della Gazzetta sulle abitudini babbane e su come i babbani considerassero la magia. Il tutto perché il suo capo faceva parte di un gruppo che voleva proporre una revisione dello Statuto Internazione di Segretezza e aveva bisogno che qualcuno confermasse le sue teorie. La scelta era in breve caduta sulla nuova giovane tirocinante che non avrebbe potuto rifiutare nessun lavoro, anche se comunque a Rose non dispiaceva così tanto. Si era sempre sentita incuriosita dal mondo dei suoi nonni.

Per scrivere quell’articolo aveva bisogno dell’esperta in leggende locali, cioè della ragazza che le sedeva di fronte, pronta a tormentarla con argomenti che odiava toccare.

La giornata si prospettava meravigliosa.

 

 

Cara Rose,

ti rispondo nonostante tenere la piuma in mano mi costi un enorme sforzo (non poter divorare biscotti).

Perché i Babbani dovrebbero chiamare la polizia? “Non credo lo faranno, ma se Rose proprio teme l’eventualità si faccia una doccia prima di andare” dice James (temo abbia chiesto a nonno Arthur il significato della parola).

Rimodella i tuoi sogni di gloria: la tua ricerca non avrà un’importanza capitale, se l’hanno affidata a una giornalista in erba. Sappiamo entrambi cosa dovresti scrivere ma tu mostra il vero spirito Grifondoro, cacciati in qualche guaio di rilevanza internazionale! Così li convincerai ad affidarti articoli migliori. Intanto prova a chiedere alla tua amica cos’è un Ricciocorno Schiattoso e se ti saprà rispondere è sicuramente una vera esperta (James sostiene il contrario ma si sa che non è acuto). In ogni caso, chiedile di farti conoscere qualche suo amico, va bene anche biondo, ma non costipato (ogni riferimento a Malfoy è voluto).

Ciao, il tuo malandrino preferito,

Al

 

 

Di ritorno su questi lidi per tormentarvi ancora un po’, non vi tedio anche con lunghe note finali (ma non garantisco per i prossimi capitoli) XD

Un breve saluto a tutti e buona calura estiva!

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Capitolo 2
*** Un disastro chiamato cena ***


Caro Al,

purtroppo Malfoy abita nell’appartamento sotto il mio. Non so cosa pensare, forse sarebbe meglio per me dimenticarlo, ma d’altra parte non può essere un caso l’esserci ritrovati a miglia da Hogwarts, vero?

Rose

 

 

 

Rose, rassegnata ad attendere che Antares tornasse dalla cima del pino più alto che aveva trovato nella foresta, decise di impiegare il tempo che la separava dall’incontro pomeridiano con Tyra cominciando la lettura di un libro che aveva comprato quella mattina, “Come tirare fuori la magia dentro di te”.

Cominciò a sfogliare le prime pagine, dopo essersi accomodata sul morbido divano blu che divideva l’ambiente della cucina da quello della sala, e le venne spontaneo chiedersi perché mai lo scrittore fosse così attento ai rapporti interpersonali. La magia nasce da dentro, perché mai dovrebbe importare quello che vedono gli altri?

Dopo il primo capitolo aveva imparato che l’importante era essere consapevoli dei propri punti di forza, riconoscere quelli degli altri per poterne trarre spunto, porre dei limiti ai propri difetti. Insomma, aveva realizzato che si trattava di un libro sull’autostima.

Dalla finestra entrò Antares, che si andò a posare sullo schienale del sofà. “Togliti di lì, stai lasciando il segno delle unghie!” Gli fece notare Rose, allungandosi per afferrare il taccuino e cominciare ad annotare un primo spunto: -“Magia” può essere sinonimo di autostima. Magia = forza interiore = autostima?-

Ancora seduta, appellò dal tavolo da pranzo dietro il suo schienale la lettera per Al e fece per legarla alla zampa del pennuto, che aveva provveduto ad stringere ancor di più l’imbottitura del divano, quando questi fischiò e si alzò in volo per la stanza.

“Antares, lo so che è breve ma è una cosa importante” Lo richiamò Rose scoraggiata lasciandosi cadere tra i cuscini. Raccolta la motivazione necessaria per la discussione, si alzò e si posizionò al centro della stanza.

L’uccello si fermò planando sul tavolo e la fissò con i suoi occhi neri. Poi, senza preavviso, schizzò fuori dalla finestra rimasta aperta, mentre la ragazza non poteva far altro che contemplare una rossastra macchia indistinta sfrecciarle poco vicino il capo.

 “Torna qui!” Gli intimò sporgendosi fuori, mentre quello tracciava immaginari cerchi nell’aria. “Vieni a prendere questa lettera, forza!” Piagnucolò cercando di fissarlo negli occhi.

“Weasley, nemmeno il tuo pennuto ti ascolta.” Il commento arrivò chiaro da sotto.

“Malfoy, non ti preoccupare del rapporto con il mio gufo.” Rispose lei osservando la tuta nera che indossava, così in contrasto con la sua carnagione e i suoi capelli, riflettendo che forse il verde gli donava di più. Subito dopo si maledisse, pensando alla reazione di Al se lei avesse mostrato di preferire il verde a qualsiasi altro colore.

“Come posso non occuparmene se mi spacchi i timpani?”

“Allora tornatene in casa! O vuoi aiutarmi a riprenderlo?” Gli chiese indicando Antares che si era posato sullo steccato al confine con il bosco, non troppo distante da Scorpius.

“Una strega del tuo calibro che non è in grado di appellare un animale, nemmeno da fermo? Che vergogna…” Commentò l’altro fissandola.

Rose chiuse un attimo gli occhi pregando che la sua tattica funzionasse: per quanto avesse imparato a capire Antares, a volte decideva di disobbedire per il gusto di farlo.

“La lettera che devi portare non piacerà ad Al.”

A queste parole l’animale alzò la testa e riprese il volo, fino ad atterrare proprio sul davanzale accanto a Rose. Quella sospirò e lo accarezzò, sentendo la voce di Scorpius commentare “Nemmeno gli animali sopportano quel tuo cuginastro”, prima dei suoi passi che si allontanavano.

Rose legò con cura la piccola pergamena alla zampa del pennuto e lo prese nelle sue mani per poi fargli spiccare il volo.

*

Felix Flitt continuava a chiedersi perché mai Scorpius avesse deciso di trasferirsi in un paesino come quello: quattrocento abitanti, tutti Babbani e per lo più canuti, due tavole calde e tre negozi.

Alla fine della scuola, arrivato il momento di scegliere cosa fare nella vita, Scorpius si era dovuto confrontare con le idee di famiglia: antiquate e limitanti ma certo Flitt non avrebbe mai pensato che sarebbe arrivato a tanto.

Dopo estenuanti discussioni, in seguito alle quali suo padre l’avrebbe relegato in casa, Draco, il padre di Scorpius, gli aveva concesso un anno per dimostrare che il suo talento era reale.

Scorpius non aveva mostrato il minimo entusiasmo ma si capiva dalla velocità con cui aveva cominciato a cercare un luogo in cui vivere che la soluzione lo aggradava parecchio. Spesso scompariva per alcuni giorni e tornava sbottando parole a mezza bocca o riempiendo la camera di fogli, finché sua madre non ordinava agli elfi di raccoglierli.

La svolta c’era stata quando Felix lo aveva invitato a passare da lui qualche giorno, dopo che si era trasferito a Caerphilly per giocare nella locale squadra di Quiddich: dopo una notte di festa Felix si era svegliato e aveva trovato un biglietto con cui l’amico lo informava che voleva esplorare i dintorni. Aveva pensato che non sarebbe potuto succedere nulla di grave.

Aveva cambiato idea sei ore dopo.

Quando Scorpius era tornato, ammettendo di aver trovato un posto che lo interessava, gli aveva chiesto di mostrarglielo, sicuro si trattasse di qualche maniero poco fuori città o uno spazioso appartamento, lontano da Babbani. Invece quello lo aveva materializzato in un prato sperduto, sopra un manipolo di case, proclamando che quel luogo aveva un potenziale.

“Sì, per far cambiare orientamento sessuale. Mancano solo gli unicorni, per renderlo il paradiso di tutte le bambine.” Aveva replicato lui.

Per dimostrare quanto contassero le sue parole, il giorno dopo Scorpius si era già informato sul castello che avevano intravisto dietro la collina: cadente e in rovina, necessitava di un intervento radicale che, a quanto pareva, il ragazzo non aveva tempo di attendere. La settimana seguente aveva già trasferito le sue cose in un appartamento, in un complesso residenziale, Babbano. Felix non si capacitava ancora di cosa lo ripudiasse di più.

Effettivamente il suo giardino si inoltrava nel bosco che poi risaliva fino a quel prato “ricco di potenziale”, ma non era un motivo bastante ad affittare alcunché, figurarsi poi in un villaggio non popolato da maghi.

Tuttavia, nonostante non condividesse per nulla la sua scelta di vita, andava abbastanza spesso a trovare Scorpius: osservare i suoi vicini e combinare loro piccoli scherzi magici lo faceva divertire come null’altro.

Soprattutto ora che era arrivata la Weasley, rifletté Felix divertito. Non aveva mai capito bene cosa legasse quella saccente Grifondoro e Scorpius ma di sicuro era un modo per spezzare la noiosa monotonia: l’amico, in sua presenza, poteva rivaleggiare addirittura con Salazar nei modi di fare.

Quando dunque vide l’amica della Weasley passare correndo appena oltre il vicolo in cui si era Materializzato, colse l’occasione.

“Ehi tu!” Le si avvicinò con un sorrisone “Sto andando anche io da Scorpius, ti accompagno, affrontiamo il cammino insieme!” Esclamò, dando alle sue parole una solennità epica.

La ragazza si girò con fiatone e lo squadrò. Non appena lo riconobbe saltò in avanti “Perfetto! Intanto volevo giusto parlarti di una cosa…

“Ho un certo tempismo.” Le fece notare Felix con un enorme sorriso affiancandola e riprendendo a camminare. Simulare una grande allegria funzionava sempre a fargli raggiungere gli obiettivi che si era preposto, come testimoniava il giorno precedente: aveva notato benissimo la confusione negli occhi della Weasley.

“Rose non conosce nessuno qui, quindi potrebbe farle piacere frequentare qualche viso già noto. Mi ha detto che eravate compagni di scuola e mi chiedevo se ti andasse una cena stasera.”

A queste parole il viso del ragazzo si tese in un sorriso deformante “Ma è proprio quello che stavo pensando, fantastico! Come ci capiamo!”

La sua interlocutrice sembrò sollevata “Bene, allora potreste vedervi al ristorante del paese per le otto, che ne dici?”

“Ottima idea, intanto chiamo anche Scorpius.”

“Chi?” Gli rispose la ragazza inarcando le sopracciglia.

“Il necessario per il nostro divertimento, ovviamente.” Si girò e le tese la mano “A stasera, allora!”

Dopo il saluto veloce corse verso il portone aprendolo con un colpo di bacchetta: aveva imparato presto ad avvicinarsi abbastanza da non essere notato.

*

Rose, decisa ad iniziare seriamente il suo lavoro, aveva convinto Tyra ad accompagnarla, quel pomeriggio, nel luogo di cui la ragazza le aveva parlato.

Dopo essersi incontrate sotto casa sua e dopo aver constatato che l’altra era particolarmente di buon umore, la strega l’aveva seguita lungo la strada principale del villaggio, osservando i piccoli negozi riaprire dopo la pausa pranzo e i garzoni e le commesse srotolare le tende per proteggersi dal pallido sole settembrino. Sulla sinistra le si era poi rivelata una piccola area verde, un prato con qualche albero in realtà, che aveva colpito la sua attenzione.

“Non avevo ancora notato questa parte della città. Avete preservato il verde nonostante vi siate immersi.” Fece notare a Tyra.

“In realtà sarebbe la piazza principale, su cui per un’antica norma non è possibile costruire. Così invece di pavimentarla tutta hanno deciso di attrezzarla in parte come area verde con panchine e giochi per bambini. Ma le assemblee estive e le feste si tengono ancora qui.”

Alcuni bambini attraversarono di corsa la strada schiamazzando, seguiti dai moniti delle madri, sedute invece tranquillamente a uno dei tavoli esterni di un bar. Giratisi per rispondere, finirono addosso a Rose e Tyra che trasalirono e cercarono di reggerli perché non cadessero. I due fecero loro brevi cenni, per poi tornare al loro inseguimento.

“È un ottimo posto per un pic-nic” Rifletté Rose “Sai, mio cugino ama molto pranzare all’aperto e impazzirebbe per un posto simile” Spiegò a Tyra osservando il tronco intrecciato di un grande castagno, dietro cui si era appena nascosto un bambino.

Si chiese se anche a Scorpius sarebbe piaciuto. Chissà se aveva già visitato la piazza.

Chissà da quanto tempo era lì, ragionò Rose, rimettendosi a seguire Tyra. Forse era arrivato subito dopo la fine della scuola, quell’estate. O forse, come lei, non da molto; ma la questione che più la incuriosiva era il perché. Perché proprio in quel villaggio, proprio in quell’appartamento? Eppure diceva di voler entrare al Ministero.

Ed era il suo vicino di casa. Forse il destino aveva voluto aiutarla, concedendole altro tempo: per sette anni erano stati in competizione, la loro era una gara a chi rispondeva meglio ai professori e a chi riusciva a padroneggiare un incantesimo nel minor tempo possibile, ma il loro rapporto umano era nullo. Da Scorpius riceveva solo provocazioni e apatia.

Tyra la riscosse dai suoi pensieri, cominciando a parlarle di un gruppo che le piaceva molto. Non riuscì a seguire coerentemente il filo del suo discorso, ma comprese che l’amica aveva chiesto al direttore del suo giornale di invitare la band per un’intervista, che ovviamente poi si sarebbe fatta affidare. “Però non so se accetteranno di venire. Questo posto è piccolo e il giornale ha una tiratura ridotta” Concluse sconsolata.

“Sono molto famosi?” Chiese Rose, sperando che Tyra non scoprisse che non aveva ascoltato un granché.

“Non sono di fama internazionale. Ma qui in Inghilterra hanno un buon seguito: suonano spesso nei pub, se ne hai la possibilità, valli ad ascoltare. Ne vale la pena.”

Rose, vergognandosi ad ammettere di non aver sentito il nome del gruppo dal momento che pensava a Scorpius, si limitò ad annuire e spostò la sua attenzione sul paesaggio intorno a loro.

Erano ormai sole in una strada acciottolata che saliva tra le colline dietro il villaggio. Una grande foresta di pini oscurava la visuale della parte superiore del colle, a cui il passaggio sembrava condurre; svoltato l’angolo, infatti, un maniero torreggiava, con le sue merlature grigie, rese nere dal tempo, che tanto contrastavano con i colori brillanti, illuminati dal sole.

Avvicinandosi, Rose si rese conto che la luce sembrava non aver presa su quelle pietre, che poggiavano le une sulle altre lasciando dei vuoti colmati da muschio e muffa.

“Qui!” Strillò Tyra allargando le braccia e girando in tondo.

Rose la guardò scettica. Sbatté le palpebre, fissò la casa e poi tornò ad osservare la ragazza, che ora saltellava con gli occhi chiusi canticchiando. Quando capì che non aveva intenzione di accompagnarla altrove vagò ancora un poco, chiedendosi cosa ci potesse trovare di magico in quel posto. Alberi, cespugli, un prato…

“Quindi entriamo?” Le chiese alla fine dopo essersi guardata bene intorno.

Tyra riaprì un occhio, in modo interrogativo “Dove?”

Rose le indicò l’abitazione con un cenno delle mani.

“Ma no! Perché dovremmo entrare?”

“Perché mi sembra l’unico posto diverso dal solito nel raggio di un miglio. Forza!”

Tyra la raggiunse e alzò lo sguardo scoraggiata. “Sarà una faticaccia” Constatò con un lamento.

 “La casa è sigillata, chi vuoi che viva qui?” Chiese Rose salendo gli scalini e forzando la porta. Osservare Al armeggiare con le serrature era servito, dopotutto.

“Forse un vecchio signore. L’ho visto una volta dietro quelle tende” Le indicò con un cenno del capo il drappeggio che si intravedeva da una finestra rotta lì vicino. Rose non diede troppo peso alla questione: Tyra doveva essere stata indotta ad immaginare una figura dalle leggende sulla casa.

La porta si aprì lentamente, sfregando contro il legno del pavimento: le assi si erano sollevate in alcuni punti, mentre in altri erano pericolosamente arcuate.

Le due ragazze procedettero a tentoni nel buio, cercando di evitare le parti marce, finché il locale non si aprì su una stanza decisamente più grande e un tempo accogliente. Lì le finestre erano molto più ampie e da qualcuna, nonostante la sporcizia e le travi, filtrava ancora qualche sporadico raggio di sole. L’ambiente aveva anche delle aperture verso il cortile centrale. Avanzarono piano, osservando gli antichi oggetti attorno a loro, i divani di legno intarsiato e i lumi ad olio scintillanti.

Nulla sembrava muoversi, tanto che Rose notò che solo il loro passaggio faceva turbinare la polvere nel raggio di luce. L’altro capo della stanza ne rimaneva come dissociato. Notò che anche Tyra stava osservando nella stessa direzione.

Sono… Tagliati, ad altezza d’uomo.” Commentò accostandosi alla parete.

“Cosa?” Rose si avvicinò e non ebbe bisogno di una risposta: ora i suoi occhi potevano intravedere grandi tele con un ampio squarcio che partiva nella parte bassa.

“Qui è successo qualcosa” Disse Tyra.

“Esploriamo” La coinvolse l’altra dirigendosi verso uno dei due capi della stanza, da dove si snodava un corridoio. Passata la prima porta, il cui legno sembrava non poter reggere nemmeno il minimo tocco, aprì la seconda.

La accolse quello che sembrava un antico salotto, con un camino, delle poltrone e una scrivania di mogano, in cui era inciso un bassorilievo con delle figure che, a causa dell’oscurità, non si riuscivano a distinguere.

Rose stava per lanciare un Lumos quando udì i passi di Tyra raggiungerla e si affrettò ad allontanare la mano dalla tasca della bacchetta. Cominciò a camminare per l’ambiente, notando sul tappeto una grande macchia scura. Si accucciò per esaminarla.

Tyra dedusse dal suo viso concentrato che doveva trattarsi di qualcosa di importante e sbirciò sopra la sua spalla, trasalendo. “È sangue!”

“Non ne sono sicura.” Le disse Rose sollevando lo sguardo: proprio rovesciata sulla scrivania c’era una boccetta di vetro pregiato. “Vedi?” Le chiese indicandola “Inchiostro, di uno scrivano sbadato.”

“E disordinato.” Completò Tyra facendole notare le pergamene sparse sulla scrivania e dietro essa. “Che materiale antico!” Esclamò prendendo un foglio e tastandolo.

Anche Rose cominciò a guardarsi intorno, avvicinandosi al camino, ai cui piedi giaceva ancora la cenere. Sembrava che la casa fosse stata devastata, forse i proprietari erano fuggiti e non erano più tornati.

Voltandosi spostò con il piede della cenere, che venne colpita da un raggio di luce e scintillò. I suoi riflessi richiamarono qualcosa alla mente di Rose che si affrettò a prenderne un po’ nel palmo per controllare. Aveva ragione, era polvere volante.

Dunque significava che lì avevano vissuto dei maghi. Perché se ne erano andati? Sarebbe bastato un semplice incantesimo per rimettere tutto a posto, almeno le piccole cose.

Improvvisamente le tornò in mente una frase che aveva letto su un libro a Hogwarts: “Le dimore delle famiglie Purosangue presentano spesso incantesimi difensivi potenti e incanti atti a colpire chiunque vi acceda senza permesso. La loro attivazione, anche nei casi in cui la magione fosse disabitata, ha portato alla morte nei secoli molti maghi”.

“Tyra. Abbiamo visto abbastanza, qui non c’è nulla di magico. Usciamo.” Le disse Rose.

La ragazza si guardò intorno ancora un attimo. “Questo posto mi incuriosisce. Però l’uscita di stasera è più importante e se non torniamo indietro adesso non riuscirò a prepararti a dovere.”

“Cosa?” Vacillò un attimo Rose “Quale uscita?”

“Oh, ma la tua! Con il tuo grande amore, Flitt!”

“Ma io non devo vedere Flitt stasera. Non lo devo vedere mai!” Sbottò Rose agitando le mani, totalmente dimentica del luogo in cui si trovavano.

“Lo sapevo che da sola non avresti mai combinato nulla, così ho organizzato tutto io. Lui mi ha detto che voleva proprio proportelo e ha accettato senza problemi. È un ragazzo così timido, pensa che non ha voluto rimanere solo con te!” Tyra congiunse le mani e il suo sguardo si perse sognante nel vuoto.

Rose invece era basita. “Quindi io stasera devo vedere Flitt?” Le chiese infine. Al suo deciso annuire continuò “Sei consapevole che a me non piace e che io non gli piaccio?”

“Non devi buttarti giù così, è ovvio che gli piaci.”

“No, Tyra, tu non hai capito. E, anche se fosse come dici tu, io non lo vorrei comunque.”

“Allora lo ammetti che ho ragione, vedi?” Le disse allegramente saltellando verso il corridoio.

“Non l’ho detto!” La inseguì Rose.

“Comunque stasera il tuo amore verrà fuori, non crucciarti. Sarà epico e se tutto va come spero dovrò trattenervi dal concludere subito, davanti a tutto il locale.”

Concludere… Cosa?”

“Concludere, baciarvi con trasporto, è ovvio! Come sei diventata rossa!” La canzonò, dopo aver aperto la porta principale e aver fatto entrare abbastanza luce per osservare bene l’amica.

“Tyra, cosa hai in mente?” Chiese Rose con un briciolo di apprensione. Forse era il momento di trovare una nuova esperta di leggende locali.

“Rendere finalmente palesi i vostri sentimenti! Sono sette anni che rimangono sopiti, aspettando dolorosamente il momento dei risveglio.”

“Ma cosa stai dicendo? Se ti ho detto che non ci siamo quasi mai parlati!”

“Quanto sono sopiti, dunque! Stasera sarà la loro liberazione! E io documenterò tutto!” Proclamò levando un pugno verso il cielo.

*

“Scusa ma la ragazza non dovrebbe arrivare in ritardo?” Chiese Rose sedendosi con rassegnazione al tavolo che l’amica aveva prenotato in uno dei pochi ristoranti del villaggio.

“Sì, ma in questo modo non ti riterrà una ragazza uguale alle altre. La mia è una strategia programmata.” Ribatté con aria saputa Tyra che al sospiro di Rose aggiunse: “Non sarò un incomodo ingombrante, sarò attenta ma non invadente. E so quando è il momento di lasciarvi soli, non ti preoccupare.”

“Mai! Perché mi dovresti lasciare sola con lui?”

“Certo che, se fai così, complichi il mio lavoro. Dovrò seguirvi finché il vostro amore non sarà sbocciato, poi mi farò da parte.”

Rose si mise le mani nei capelli, disperata. Purtroppo ricordava di aver già vissuto momenti simili, quando era Al a cercarle il fidanzato. Un trauma. E quello era suo cugino, che la conosceva meglio di ogni altro (al pari di Hugo) e che lei non aveva remore a insultare, o quasi. Avrebbe avuto la forza di far presente a Tyra che la stava infastidendo?

“Eccolo! Stai tranquilla, stai benissimo!” Le disse Tyra fraintendendo il suo gesto e togliendole le mani dal viso.

“Ciao Flitt.” Salutò lei con scarsa convinzione.

“Weasley!” Urlò quello sedendosi.

“Ma che sbadata, non abbiamo fatto le presentazioni! Io sono Tyra, tu come ti chiami?” Sorrise la mora facendo l’occhiolino a Rose, che cominciò a temere.

“Felix Flitt.”

“Felix dunque, ciao! Rose, perché non lo chiami anche tu per nome? Non suona bene?”

La riccia cominciò ad adocchiare l’uscita calcolando quanto tempo le sarebbe occorso per salvarsi. Tyra aveva mai accennato alle sue doti atletiche? Non le rimaneva che sperare fossero nulle.

“Dunque, cosa ti appassiona, cosa fai nella vita?” Proseguì implacabile l’altra.

“Gioco a Quiddich.”

Rose si riscosse in tempo per lanciare una malevola occhiata a Flitt. “Uno sport bellissimo che insegnano nella mia scuola” Spiegò sperando che la ragazza non facesse problemi.

“Uno sport particolare… Che conosci anche tu! Un segno del destino.” Proclamò, facendo quasi rimpiangere a Rose che non avesse chiesto ulteriori spiegazioni.

“Giochi quindi?” Chiese Rose per rompere il silenzio che si era creato e lo sguardo orripilato che aveva assunto Flitt, realizzando che quella ragazza non solo sembrava un’abitante dello sperduto paese babbano ma lo era veramente.

“Nei Caerphilly Catapults, qui vicino.” Le rispose voltandosi a fissare l’entrata.

“Rose ha appena finito di dire che voleva proprio assistere a una partita!” Tornò ad intromettersi Tyra.

“Cosa?” Boccheggiò l’interessata.

“Ma certo, oggi pomeriggio, non ricordi? Dimmi Felix, tu cosa pensi dell’amore?”

“Sopravvalutato” Rispose lapidario consultando un orologio da taschino “Se non arriva entro cinque minuti vado a chiamarlo” Mugolò tra sé e sé.

Purtroppo per Rose Tyra lo sentì “Arriverà, devi solo dargli tempo, è sicuramente più vicino di quanto ti aspetti!”

“No, l’amore arriva subito o non arriva mai. E qui non arriva mai” Chiarì Rose prendendo in mano il menù ed aprendolo. Mentre stava cercando di decidere quale zuppa prendere, avvertì un gioioso saluto da parte di Flitt e con orrore notò una sedia vuota proprio al loro tavolo. Pregando Merlino e ogni suo antenato conosciuto che Flitt avesse altri amici in quello sperduto villaggio, si rassegnò ad abbassare il menù.

Dannato sperduto villaggio.

“Hai organizzato una cena con la Weasley?” Lo gelò Malfoy senza nemmeno sedersi.

“Scorpius, che gaudio averti con noi! Accomodati qui, accanto a me” Fece Flitt modificando il tono annoiato che aveva tenuto precedentemente con un allegro timbro.

Il nuovo arrivato si strinse seccato nelle spalle e si lasciò cadere sulla sedia che gli veniva offerta.

“Stavamo spiegando alla sua amica che cos’è il Quiddich, pare non lo conosca” Lo informò subito Felix.

“E qual è il prossimo passo? Raccoglierai animali feriti?” Chiese a Rose strappandole dalle mani il menù.

Rose scelse di soprassedere “Tyra, lui è Malfoy. Malfoy, Tyra, la ragazza che deve aiutarmi per l’articolo di cui ti ho parlato.”

“Così interessante che ho già dimenticato l’argomento.”

“Non l’hai scordato: non te l’ho detto.” Gli fece notare bonariamente Rose.

“In effetti non ricordavo più se ti avevo cacciata o non ti avevo ascoltata. Ora ricordo, sei veramente utile Weasley!” La rimbeccò sarcasticamente.

Rose afferrò i bordi del tavolo e chiuse un momento gli occhi, sperando di riuscire ancora a salvare la situazione. In fondo Scorpius si era seduto e aveva tacitamente accettato di cenare con loro, con lei, prendendo quel menù. Era più di quanto avesse ottenuto in sette anni.

“Tu cosa fai nella vita?” Sentì Tyra chiedere.

“Vivo, tendenzialmente” Le rispose lapidario Malfoy, mentre Flitt scoppiava a ridere.

“E non hai passioni? Per esempio, il tuo amico Felix ci diceva che è molto appassionato di uno sport, il Quiddish…” Rose strabuzzò un attimo gli occhi ma non ebbe tempo di correggerla, perché quella proseguì imperterrita, rivolgendosi a Flitt “Non vorrei annoiarti, dato che conoscerai già i passatempi del tuo amico. Rose! Parla con Felix!” Comandò imperiosa.

“Di cosa?” Uscì spontaneo alla rossa.

“Ma di Quiddish, ne sei così appassionata!”

“Sì, talmente competente da tifare i Cannoni di Chudley e coinvolta da non essere stata scelta nemmeno per la squadra della sua Casa, presidiata da suo cugino. Devi aver fatto veramente pena se non è riuscito a farti entrare” Ovviamente Scorpius continuava a ricordare il suo provino del terzo anno, mentre Flitt non sapeva più se stava ridendo per la pronuncia della Babbana di fronte o per le espressioni della Weasley.

“Non volevo far parte della squadra, Malfoy.” Precisò la ragazza.

“Quindi ora ci si presenta ai provini per non essere scelti?” Finse di pensarci su “Strano… Felix, tu che dici?” L’amico annuì convinto. “Weasley, mi duole informarti che hai fatto proprio pena. No, scherzo, non mi duole affatto” Le sorrise.

“E invece parlando di musica, che cosa ti piace, Felix?” Chiese Tyra in un evidente tentativo di affossare il discorso di Malfoy. In pochi attimi le aveva reso perfettamente chiaro perché Rose fosse così triste quella mattina.

“Io preferisco l’arte disegnata. Meglio un buon quadro di troppa musica, non trovate?”

“Quindi puoi fare a meno di quelle canzoni martellanti?” Gli chiese Scorpius voltandosi verso di lui.

“No, quelle sono l’anima della festa”

Il ragazzo fece una smorfia rassegnata, prestando la sua attenzione alla cameriera che si era avvicinata per prendere le loro ordinazioni.

Tyra tirò un calcio a Rose sotto il tavolo. Possibile che quella ragazza fosse tanto cieca da non capire che fosse Felix l’uomo giusto per lei? Eppure continuava a fissare l’altro biondo e a discutere con lui, mentre l’amico se ne stava in silenzio, limitandosi a ridere. Anche se in effetti Felix sembrava divertirsi davvero, Tyra era assolutamente determinata a gettare le basi di quella che sarebbe stata una storia d’amore. Non pretendeva che quel Felix fosse davvero l’uomo con cui Rose avrebbe passato il resto della vita (anche se avrebbe continuato a farglielo credere, doveva spronarla in qualche modo) ma, sicuramente, a una prima occhiata, era già chiaro che era più adatto dell’amico.

Fisicamente i due ragazzi avevano tratti comuni, per quanto non si somigliassero molto nell’insieme: il biondo spento di Malfoy sembrava un diretto riflesso della sua carnagione esanime e il suo corpo minuto non poteva certo dare un’impressione di robustezza, mentre le spalle larghe di Felix, che lui muoveva così spesso, mostravano una certa solidità, appena mitigata dai suoi capelli sbarazzini, dove fili biondi e mori si rincorrevano. Tralasciando poi le considerazioni fisiche (in effetti Tyra doveva ammettere che il ragazzo che le piaceva aveva un fisico più vicino a quello di Malfoy), caratterialmente il primo pareva un eremita, sempre sgarbato. Non poteva dirlo con assoluta certezza avendolo visto in quel momento per la prima volta ma se Rose era così rassegnata a causa sua non poteva essere una buona persona. Mentre Felix si era dimostrato allegro e cordiale con loro: ripensando alle parole di Rose non le sembrò così strano che Malfoy avesse vietato all’amico di parlare con lei quando erano a scuola, poiché la considerava la sua rivale.

Fu riportata alla realtà da una piccola lite scoppiata, nemmeno a dirlo, tra Rose e Malfoy.

“Weasley, la musica non è scritta sui libri. Ergo, non sei in grado di capirla.”

“Il fatto che ascolti Celestina Warbeck qualche volta non mi rende un’incompetente!”

Questa volta anche Felix ebbe l’impressione che la cosa stesse per degenerare e cercò di riportare Scorpius alla realtà battendo un colpo di tosse. A quel punto il ragazzo realizzò di avere anche una Babbana seduta al tavolo e lasciò perdere. O meglio, lo avrebbe fatto se l’orgoglio ferito della Weasley non avesse deciso di reagire “Ogni volta che la sento la associo a momenti piacevoli. Mia nonna la ascolta sempre e la canta cucinando.” Spiegò pacata.

“Ora capisco molte cose…” Alluse Scorpius voltandosi verso Felix.

“Poiché stiamo cercando di intrattenere una conversazione civile potresti smettere di cercare ogni appiglio per sbeffeggiare Rose? Ti faccio notare che quello fuori posto sei tu.” Si intromise Tyra non riuscendo a sopportare oltre.

Scorpius sembrò vederla per la prima volta “Credimi, a vederla da un altro punto di vista è il contrario.”

La bionda rimase senza parole, non sapendo a che cosa alludeva il ragazzo; fu Rose a reagire non appena ebbe elaborato ciò che aveva sentito “Poiché è evidente che noi qui siamo fuori posto, preferiamo andarcene. Pensavo che la tua intelligenza fosse abbastanza capace da considerare errati pregiudizi che si sono dimostrati errati.”

Alzatasi, afferrò anche la borsa di Tyra, appesa alla sua sedia, e così costrinse l’amica a seguirla a passo di marcia all’esterno del locale.

“Scusa” Le disse con la voce rotta porgendole la tracolla “Volevi una bella serata e si è rovinato tutto”

“Non per colpa tua!” Inveì subito l’altra “Come sei riuscita a non picchiarlo per sette anni?”

Rose sorrise “Forse proprio perché tutta la mia famiglia lo voleva fare.”

“E non è mai successo? Nemmeno un graffietto?” Chiese Tyra con un tono speranzoso.

Rose scosse la testa con un sorriso scuro e si voltò, imboccando la strada verso casa. Tyra la seguì senza proferire parola. Riprese le sue facoltà quando giunsero nei pressi del portone “Se gli riverniciassimo la porta? Dici che Felix ce lo dice qual è il colore che odia di più?”

“Non credo”

“Nemmeno se lo corrompiamo? Di solito il cioccolato funziona. E i fiori, ma solo con le ragazze. Oppure potremmo… Suonare il campanello nel pieno della notte? È un classico che funziona sempre. E sai se ha un hobby particolare? Si può rovinare il suo equipaggiamento. Senti qui, ci travestiamo ed entriamo in casa sua con una scusa qualsiasi. Poi, sul momento, elaboriamo un piano. Mi sembra la cosa migliore, sì.” Si confermò da sola Tyra.

Rose, che nel frattempo aveva aperto la porta, la guardò con uno strano luccichio negli occhi “Sali?” Le chiese, aggiungendo “Per favore?”

Tyra accettò e in breve si ritrovò nell’ingresso dell’appartamento di Rose. “Lui chi è?” Chiese curiosa indicando il gufo che aveva fatto capolino dal corridoio.

“Antares. È il mio animale domestico, mi segue sempre.” Spiegò sommaria Rose facendolo poggiare sul suo braccio teso. Gli artigli quasi la ferirono “Porti la risposta per me?” Indovinò Rose, sapendo come quel gufo tollerasse particolarmente male Al e i suoi scherzi e il suo volume perennemente elevato. Ma non potè evitare di sentirsi rincuorata dalla celerità con cui il cugino aveva risposto.

Quello bubolò e volò a posarsi su una scatola di legno, poggiata poco distante, che la ragazza non aveva ancora notato. Capì che per qualche strano motivo doveva essere un dono di Al ma rimandò la sua apertura.

“Grazie per prima” Fece, invitando Tyra ad accomodarsi sull’ampio divano blu.

“Non sembravi intenzionata a rispondere e non si poteva lasciar correre”

Rose sospirò e l’altra le poggiò una mano aperta sul braccio “È stato così per sette anni?”

“No!” Rispose subito, per correggersi “Quasi. I primi due anni… Era una guerra per i voti e praticamente non ci parlavamo. Dal terzo sono cominciate le battute. Non nego che la responsabilità sia anche dalla nostra parte, era una situazione complicata.”

“Nostra?”

“Della mia famiglia. Devi sapere che la mia e la sua famiglia non sono mai andate… d’accordo, per usare un eufemismo. Si odiavano e in effetti buona parte di loro persevera. Le nuove generazioni non sono state indifferenti a questo clima.” Rose prese a cercare di spiumare il cuscino che aveva stretto al petto.

“Chi ha cominciato?” Cercò di fare ordine Tyra.

“Penso sia stato… Contemporaneo.” Buttò fuori Rose con un sospiro “Scorpius ha cominciato a essere più arrogante e sbruffone del solito, ma non con loro. I miei cugini però hanno deciso di doverlo rimettere in riga ed è cominciato il loro duello.”

“Quindi tu sei stata coinvolta di riflesso?” Tyra aveva un’immagine sempre più negativa di quello slavato che si accaniva così su qualcuno che non gli aveva mai fatto un torto diretto.

“Il fatto di essere stata la sua rivale in campo scolastico sin dal primo anno ha esasperato la situazione.”

Tyra si allungò stiracchiandosi. “E come hai fatto a innamorarti di questo… Squilibrato, se posso chiedere?”

Rose alzò gli occhi e la guardò, valutando cosa fare. Non conosceva Tyra da molto e di certo non avrebbe raccontato quella storia a chiunque. Ma ora era lì e l’aveva difesa poco prima, mostrando di essere pronta a esporsi per lei e anche a essere insultata (anche se la ragazza non aveva potuto capirlo fino in fondo, il messaggio di Scorpius doveva essere arrivato). Inoltre poco prima, nell’androne, le aveva ricordato Al e lei aveva un disperato bisogno di Al, ora.

“È una storia un po’ complicata” Cominciò prendendo tempo e riorganizzando i pensieri: forse un’idea di quello che era successo avrebbe potuto dargliela, parlare le faceva sempre bene. Cercò di raddrizzarsi incrociando le gambe sotto di sé “Devi sapere che i miei genitori, la mia famiglia in generale, è abbastanza nota nella scuola che frequentavo. Dunque, quando mi sono iscritta… Tutti volevano essere mie amici. Miei e di mio cugino, quello della mia stessa età: suo fratello ci era già passato l’anno prima. Solo che, con il tempo, hanno cominciato a deluderci coloro su cui avevamo fatto affidamento e mi sono rifugiata nell’affetto della mia famiglia. L’unico che non ha mai modificato il suo comportamento è stato Scorpius.” Rose si fermò un attimo e si alzò “Ti spiace se mi metto vicino ai fornelli?” Chiese indicando il piano poco dietro il divano “Quando sono nervosa cucino biscotti.”

Tyra fece un cenno del capo. Rose tirò fuori tutto l’occorrente e, quando ruppe il primo uovo, ricominciò il suo racconto con un sorriso amaro “Ricordo che al primo anno presi un brutto voto. Tutti si stupirono e cominciarono a consolarmi, ma vedevo le domande e le accuse che si nascondevano nei loro sguardi. Solo Scorpius mi trattò esattamente come prima: il giorno dopo il compito venne a sbattermi sul banco il suo voto “Eccezionale”, dicendo che avevo fatto bene ad arrendermi, perché non sarei mai riuscita a competere con lui” Il sorriso di Rose divenne più aperto “Ovviamente ottenne l’effetto contrario e nel compito successivo lo battei.”

Tyra sorrise, non mancando però di notare una cosa “Proprio il fatto di essere così sgarbato lo ha distinto dalla massa, quindi?”

“Non era sgarbato. Devi capire…” Rose mescolò con energia cercando le parole per descrivere ciò che aveva visto avvenire “Fino al secondo anno, lui era un po’ rigido, formale, magari pungente ma con pochi, ognuno ha dei nemici a scuola: anche la sua famiglia è nota e alcuni non lo accolsero a braccia aperte… E poi c’ero io, che gli contendevo il ruolo di studente più brillante del nostro anno.”

Tyra cercò di immaginare la situazione: a quanto pareva entrambi si erano trovati in un ambiente ostile.

“Il terzo anno è diventato più crudele, cinico. Era sempre attento a non abbassare la guardia e distaccato con qualunque interlocutore. Poteva anche troncare a metà un discorso decidendo di andarsene. Sono questi i comportamenti che hanno fatto scattare i miei cugini.”

Dev’essere andato storto qualcosa nella sua crescita” Analizzò Tyra adeguatamente. Forse poteva capire come un ragazzo più silenzioso e riservato avesse conquistato la reginetta della scuola (anche se l’aveva sempre considerato più la trama di un telefilm che la vita reale) “E poi come mai la reginetta della scuola è rimasta innamorata di lui?” Chiese con un sorriso sornione.

“Chi? Io?” Rose si girò con lo sbattitore ancora in mano, formando un arco di crema che ricadde sul pavimento e sulla sua maglia. Entrambe scoppiarono a ridere e la bionda si alzò per afferrare il rotolo che aveva poco distante e cominciare a pulire.

“Mi ci vedi? No, non ero affatto la reginetta! Proprio per quello che mi era successo cercavo di stare il più possibile per conto mio. Ho lasciato la celebrità ad altri membri di famiglia. È anche il motivo per cui non tenevo particolarmente a entrare nella squadra di Quiddich: avrebbe significato altri momenti in cui essere sulla bocca di tutti”.

Tyra si rialzò e gettò i panni assorbenti. Più la spiegazione di Rose andava avanti più le si sentiva vicina: capiva cosa voleva dire essere trattata diversamente dagli altri, essere posta su un altro livello, anche se non aveva potuto sperimentare quell’appoggio da parte della famiglia che l’amica tanto millantava. Lei non aveva avuto parenti vicini per età, che avrebbero potuto aiutarla. Però comprendeva anche che l’altra le stava tacendo qualcosa e aveva imparato a chiedere per essere ascoltata: “Dopo le delusioni di cui mi hai parlato, in sette anni non hai mai avuto paura che ti deludesse anche Malfoy?”

Rose, chinatasi per prendere la placca del forno, rimase con la mano sospesa sullo sportello “Credo di non essere mai stata delusa da lui proprio perché non ha mai cercato di appoggiarmi, non ha mai mostrato di essere dalla mia parte. Non ha mai avuto una doppia faccia: era scortese e lo era con tutti, con maschi e femmine. Una delle poche eccezioni è sempre stata Felix, anche se non si può dire che lo tratti dolcemente.” Concluse poggiando la teglia sul bancone.

“Cioè ti sei innamorata di lui perché era un cafone, ho capito.” Le sorrise condiscendente Tyra, rimarcando la sua precedente ipotesi.

“Deve esserci stato un motivo per il suo cambiamento” Notò Rose soprappensiero.

“Da frigido a cafone, certo, un motivo valido... Una botta in testa?”

L’altra, mentre cominciava a distribuire il suo impasto ad abbondanti cucchiaiate, si mise a ridere. In effetti Tyra le ricordava sempre di più Al.

“E il motivo per cui sopporti di tutto da lui?” La interruppe l’altra, curiosa.

Rose alzò le spalle “Ormai ci sono abituata.”

“Da qui a essere uno zerbino ce ne passa.”

Rose sospirò appoggiandosi al mobile per poter guardare in faccia la ragazza. Quante volte aveva già affrontato il discorso con Al? “Mi limito a non rispondere, per quanto possibile.” Concluse rapida, voltandosi subito.

Ora non era proprio il momento per sostenere di nuovo tutte le sue ragioni, che, se erano immancabilmente smontate da Al, avrebbero finito per essere sconfitte anche da Tyra, immaginava. A parte il fatto che quello era l’unico contatto che le venisse concesso da Scorpius, con quelle frasi ingiuriose aveva la certezza di quello che pensava il ragazzo. Non era poco, visto che tutti tendevano a riempirla di complimenti senza nemmeno guardarla. Lui era sincero. E non solo con lei, con tutti: vedere che anche con le altre ragazze non era da meno la faceva sentire un po’ meglio. Se una ragazza piangeva in bagno o vicino ai sotterranei non era difficile capire chi avesse scatenato la sua crisi.

Con lei era sicuramente particolarmente duro, ma in fondo era anche una delle poche ragazze con cui aveva mantenuto all’incirca gli stessi rapporti durante tutti e sette gli anni; lui veniva corteggiato dalle ragazze, che non solo resistevano ai suoi sberleffi ma addirittura lo blandivano. “La cosa ha del ridicolo” era il classico commento di James. E infatti immancabilmente gli si allontanavano tutte, chi prima chi dopo, a seconda dello spirito di sopportazione. Le Corvonero, “a conferma della loro intelligenza” sosteneva Al, erano di solito le prime a rinunciare.

Se non altro lei non si era mai messa ad adularlo. “Non davanti a lui, ma pensa a me. Potrei diventare gay se fossi influenzabile.” Precisava sempre Al a questo punto, beccandosi una gomitata.

“Domani pretendo di assaggiare quei biscotti” La risvegliò Tyra, indicandole il bancone.

Rose le fu grata per aver cambiato argomento e le assicurò che non glieli avrebbe fatti mancare.

*

Solo più tardi, mentre i biscotti ancora cuocevano ma Tyra si era già scusata per dover andare a casa, Rose potè aprire la lettera di Al, con relativo dono.

 

Cara Rose,

ti allego un pacco di Schiocche Schioccanti e vari petardi, nel caso decidessi finalmente di usarli (contro il tuo vicino). Qualcuno ti perseguita, non so come altro spiegarmi il fatto che dopo sette anni di forzata convivenza nello stesso castello vi troviate ancora sotto lo stesso tetto: sei sempre sicura che Ares non sia implicato in qualche magia oscura? Papà dice che i gufi non sono mai stati stregati ma farò qualche ricerca. Comunque, il tuo sa sicuramente leggere, visto che ha cominciato a beccarmi la mano.

Spero si degni di artigliare anche il biondino.

Esci, cugina, va’ a fare lunghe passeggiate e non pensare a quel depresso, qualunque cosa ti dica. Ti PROIBISCO di essere gentile con lui, ricordati cosa ti ha fatto. Per ogni problema, contattaci: il team “elimina il costipato” è ancora attivo.

Ciao,

il tuo cugino preferito (tiè, James!)

Al

 

 

Ebbene, eccomi tornata. Ammetto che il capitolo è un po’ lunghino ma non sapevo come dividerlo e dovevo spiegare i motivi di Rose (tutta questa psicologia non sono sicura faccia per me). Il prossimo vi lascerà respirare di più, almeno credo: sicuramente è più comico e meno pesante.

E non temete, in un paio di capitoli arriverà anche Al, sul suo cavallo bianco, a soccorrere la sua cuginetta. *Al lucida la scopa*

 

A presto!

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Capitolo 3
*** La goccia che fece traboccare il calderone ***


Caro Al,

ieri sera ho cenato con lui. Vorrei smettere di pensarci ma non riesco: poiché come al solito ci siamo insultati non sono riuscita a dormire molto bene e stamattina mi sono alzata presto: l’ho visto già in giardino, a scrutare gli alberi.

Aveva un’aria talmente malinconica che avrei voluto poter scendere e farlo sorridere, ma so che non avrei ottenuto altro che di farlo arrabbiare, quindi non l’ho fatto; puoi metterti l’anima in pace.

Non vedo l’ora che tu venga a trovarmi. Ho già trovato un posto dove fare un buon pic-nic! Ma non ti preoccupare troppo, non essere irruento, sto bene: c’è una ragazza che ti somiglia e le ho raccontato qualcosa, mi ha comunque fatto bene parlare con lei.

A presto,

Rose

 

Dopo aver affidato la missiva ad Antares, Rose uscì di casa per incontrare Tyra. Quel giorno avevano concordato di provare a chiedere alla gente che cosa pensasse della magia e la Babbana aveva detto di conoscere un paio di case in cui sicuramente avrebbero potuto dare loro risposte interessanti.

“Quello che mi spaventa è la sua definizione di interessante” Pensò salutando l’amica che subito la guidò qualche via oltre, verso una piccola villetta.

“Ti ho portato i biscotti di ieri sera.” Le disse Rose ricordandosi del sacchettino con cui era uscita di casa.

Tyra la ringraziò e lo aprì subito per addentarne uno. Dalla sua espressione, Rose capì che doveva essere di suo gradimento. Le sorrise anche lei.

Si diressero verso una casa singola non molto grande: la veranda era aperta verso il giardino, che conteneva un’enorme varietà di fiori, oltre ad una griglia e un forno a legna. Pareva che i suoi abitanti passassero più tempo all’esterno che all’interno.

“Questa signora è sempre così gentile, non ti lascia mai sentire sola” Le disse Tyra prima di bussare.

Venne loro ad aprire una donna piuttosto anziana, con i capelli ormai ingrigiti e molte rughe, che però non stonavano sul suo viso pieno.

“Oh, Tyra, non ti aspettavo! Hai portato un’amica? Cara, piacere di conoscerti”

Rose le porse la mano presentandosi.

“Venite dentro a prendere qualcosa, fuori sta cominciando a fare caldo. Un the?” Chiese mentre le scortava in salotto, una stanza circolare, piena di cuscini.

“No, grazie, signora, vorrei solo farle qualche domanda” Le rispose Rose.

“Ah, non sono più abituata alle abitudini dei giovani, avete ragione! Una bibita?” Riprovò la simpatica vecchietta. Tyra accettò volentieri e Rose la seguì, sedendosi al tavolo. Quando le donna ebbe versato un liquido che Rose non conosceva nei bicchieri e la ragazza lo ebbe assaggiato, decidendo che era disgustoso, si decise a cominciare il lavoro “Signora, io sono una giornalista e vorrei intervistarla riguardo l’argomento del mio prossimo articolo.”

“Oh, cara, che bel lavoro! Sono contenta di poterti essere d’aiuto!”

“Mi chiedevo cosa ne pensasse della magia.”

La donna si bloccò depositando con calma il bicchiere sul tavolo, con un evidente sforzo di enorme controllo “Sarà su questo il tuo prossimo articolo?” Le chiese con voce incerta.

Rose annuì meravigliata.

“Ragazza, avrai bisogno di tutto l’aiuto, aspetta qui!” Disse ritrovando le energie e scomparendo in corridoio.

Rose e Tyra si scambiarono molte occhiate perplesse, chiedendosi anche se fosse il caso di andare ad aiutare la padrona di casa, poiché dalle camere provenivano rumori forti.

Dopo qualche minuto quella tornò con una lunga collana, cominciando ad infilarla al collo di Rose “Ecco, questa ti proteggerà.”

“Ehm, grazie.” Fece Rose prendendola tra le dita ed osservandola: era composta da piccole pietre rosse della stessa grandezza e terminava con un medaglione su cui era raffigurata una figura. “Ma da cosa dovrei essere protetta?”

“Da Satana! Lui cercherà di traviarti ma tu non devi ascoltarlo, devi seguire la luce bianca, perché solo lei ti proteggerà davvero!”

Tyra accarezzò il braccio della signora con aria comprensiva “Non ti preoccupare, ci sono io a tenerla fuori dai guai, non le accadrà nulla”.

Rose appuntò quello che la signora aveva da dire in merito alla magia, pensando che tutto sommato qualcosa doveva aver afferrato:  in effetti l’incantesimo che dava un senso di maggior sicurezza era probabilmente il Patronus, che aveva un aspetto biancastro.

La ringraziò molto e le promise che le avrebbe portato i biscotti fatti da lei e che suo padre adorava.

“Grazie cara, sei una ragazza così tranquilla, mi farebbe piacere se tornaste qualche volta!”

Rose le sorrise di cuore e si appuntò di ripassare in settimana, per tenerle un po’ di compagnia. Ebbe appena tempo di guardarsi bene intorno, per essere sicura di ritrovare la via anche da sola, che Tyra la trascinò verso la loro prossima meta: un edificio con tre paia di appartamenti, uno dei più grandi nella zona.

Questa volta salirono delle scale esterne e si avviarono verso un corridoio “Questo era un mio compagno di classe: non dovremo rubargli molto tempo o diventerà… Beh, un po’ prolisso” La avvisò prima di farle segno di suonare un campanello.

Venne ad aprire un ragazzo piuttosto basso ma abbastanza robusto, con un telecomando in una mano. Fatte le dovute presentazioni, anche lui le invitò ad entrare ma Tyra trattenne l’amica: “Abbiamo molta fretta, non c’è proprio tempo. Rose, poni la tua domanda.”

La ragazza, che non capiva il perché di quella fretta e quella scortesia, espose la questione. Dalla risposta che ricevette capì cosa aveva voluto dirle Tyra.

“La magia! Certo, viene praticata da tempi antichissimi in tutto il bacino del Mediterraneo. Aveva forme diverse per i vari popoli ma alla base di tutte le credenze vi era una sorta di realtà metafisica, con cui qualcuno, il cosiddetto mago, per l’appunto, può avere un rapporto privilegiato. Nelle nostre zone si potevano trovare i druidi, i cui compiti son oggetto di acceso dibattito: occorre esplorare la posizione romana e confrontarla con i dati rimasti, lavoro piuttosto interessante. Io ho un’ipotesi sulla questione, che mi sono già premurato di inviare alle più importanti università perché il mondo possa venirne a conoscenza. Dunque…

“No grazie Josh, a noi interessava il tuo parere sulla magia nel presente” Cercò di sottolineare Tyra, mentre Rose cercava di riprendersi dall’ascolto di un ragazzo che poteva parlare più veloce di sua madre.

“Oh, beh, nel presente? Solo storie per bambini! Tutto quanto si credeva compiuto per magia oggi è stato dimostrato o spiegato dalla scienza, o sarà argomentato in futuro, con una mia decisa collaborazione. Per esempio, sapevate che l’epilessia non era considerata una malattia ma uno dei modi con cui gli dei manifestavano una predilezione per…Josh venne bruscamente interrotto da una bambina abbastanza piccola che era corsa fuori da una delle camere e lo aveva afferrato per i pantaloni.

“Torna dentro! Non si disturbano le simpatiche ragazze, lo dice sempre la mamma!” Gli sbraitò contro aggrappandosi alla stoffa.

“Ma devo informarle sulla magia, Emily, loro lo hanno chiesto!”

“Le informo io, vai a farmi un the e chiamami quando l’acqua ha raggiunto i 99 gradi!” Il ragazzo sembrò compiaciuto dell’incarico e se ne andò sul serio salutandole rapidamente. “Scusatelo” Riprese la piccola con aria saputa “io non ho ereditato i suoi problemi ma so come trattarlo. Dicevate di voler sapere qualcosa in più sulla magia?” Si informò a sua volta.

Rose si rassegnò a chiedere anche lei, in fondo i bambini rivelavano spesso i pareri che gli altri non avevano il coraggio di dire. Tyra rispose per lei, spiegando sommariamente la situazione.

“Siete fortunate! Avete davanti una vera fata!” Esclamò la bimbetta saltellando.

Rose analizzò bene la piccola, che di per sé era piuttosto minuta ma non abbastanza per poter essere considerata una fata. Inoltre aveva delle sembianze talmente umane che potevano derivare solo da un incantesimo molto ben eseguito, che dubitava una creatura come quella che aveva asserito di essere avrebbe potuto mantenere per così tanto tempo; per di più le mancavano anche le ali: le aveva trasfigurate o fatte evanescere completamente?

“Una strega piuttosto…” Commentò Tyra ridendo, distraendola dai suoi pensieri.

Emily cominciò a strepitare, mentre Rose chiedeva innocentemente “Qual è il tuo problema con le streghe?”

“Sono brutte e cattive!”

La risata di Tyra fece capire a Rose che quello era anche il suo pensiero e la lasciò con qualche domanda, che però non era il caso forse di fare di fretta, davanti a una porta. Si appuntò mentalmente di chiedere spiegazioni, proprio mentre la piccola cominciò a fissarle con una strana luce negli occhi.

“Voi! Voi siete delle streghe cattive! Fuori da casa mia!” Urlò, prima di sbattere la porta.

*

Rose era appena tornata a casa, dopo l’estenuante pomeriggio trascorso con Tyra. Aveva ricevuto risposte molto bizzarre e aveva bisogno di tempo per analizzarle e cercare un filo comune, “sempre che lo abbiano” ammise sconsolata tra sé e sé.

Decise di preparare velocemente la cena, per poi dedicarsi alla stesura di qualche appunto, ma venne subito interrotta da insistenti colpi alla porta.

Andò subito ad aprire e si trovò davanti Flitt.

“Weasley, è successo un guaio” Esordì il ragazzo poggiandosi allo stipite della porta. L’espressione di Rose lo convinse a proseguire “Ho proprio bisogno del tuo aiuto”.

Gli occhi della ragazza si crucciarono: non si trovava in un mondo parallelo, vero? Non aveva preso nessuna passaporta mal funzionante quel giorno? Dopo sette anni di silenzi e occhiate, bastava una cena (finita male, oltretutto) per diventare la persona a cui rivolgersi in caso di bisogno?

“Ne sei proprio sicuro?”

“Sei l’unica che può aiutarmi, te lo assicuro” Con aria seria si mise a spiegarle la situazione “Durante un’innocua partita a Quiddich, questo pomeriggio Scorpius è caduto giù dalla scopa”

Rose si cristallizzò sul posto, chiedendo “E si è fatto male?”

“No, non tantissimo! Eri preoccupata, Weasley?”

“Affatto!” Si affrettò a negare Rose.

Flitt la fissò con un risolino sulle labbra, per poi riprendere subito “Però è atterrato sul lato destro e si è un po’ rovinato le ossa di quella parte. Non avevo a disposizione il solito infermiere, poiché non stavo volando con la squadra, così l’ho portato dal guaritore della zona, che ha assicurato che per domattina sarà come nuovo!”

La ragazza non rispose, più impegnata a valutare quanto le aveva appena detto ed estrapolare da quello la condizione di Scorpius.

“Il problema è che non può usare la magia a causa del braccio mal ridotto ed, essendo destro, non sa maneggiare molto bene gli oggetti con la sinistra. Poiché io ora ho un allenamento a cui non posso assolutamente mancare, potresti per favore scendere tu da lui? Dovrebbe cenare.”

Rose, che si stava concentrando sul fatto che probabilmente il ragazzo avvertisse dolore e su tutte le pozioni che potevano attenuarlo, fu colta piuttosto alla sprovvista dalla richiesta.

“Ma sei sicuro? Voglio dire, che a lui vada bene?” Chiese infine.

“Con lui ho ragionato io, non ti crucciare, Weasley! Sei l’unica strega nel raggio di miglia, non può negarlo. Ti aspetta, ci si vede!” Salutò velocemente piroettando su se stesso e smaterializzandosi dal pianerottolo.

La ragazza si guardò intorno un attimo, cercando di sistemare le sue idee, e infine afferrò decisa la sua bacchetta e si chiuse la porta alle spalle: se davvero Scorpius non stava bene ed era d’accordo non aveva senso aspettare.

Scendendo le scale si chiese se questa volta sarebbe stata diversa dalle precedenti, ripromettendosi di non sperarci. Però lui era stato convinto dal suo migliore amico…

“Scorpius?” Chiese Rose spingendo piano la porta.

“Weasley, vattene, non ho bisogno di te.” Le fece eco una voce alla sua destra.

Rose, puntando lo sguardo oltre il piccolo ingresso che le si stendeva davanti, vide il ragazzo steso su un divano di pelle nera, con il capo incastrato tra due cuscini e coperto con il braccio fasciato. La ragazza si preoccupò di non vederlo tirarsi su per cacciarla fuori, come si era aspettata dal tono della prima battuta.

“Cucinare per uno o per due non mi disturba” Replicò decisa, tornando a chiudere la porta d’ingresso e ripescando dalla mente le poche informazioni che le aveva dato Flitt.

Scorpius sentì i suoi passi leggeri (si era forse tolta le scarpe?) avvicinarsi ed irrigidì tutto il corpo, pronto a scattare se lei avesse provato a toccarlo. Sorprendentemente passò senza fermarsi.

La sentì aprire e chiudere i cassetti, poi avvertì il fragore delle posate che cozzavano tra loro. Quando i passi si fermarono di nuovo, spiò la scena, sollevando leggermente il braccio: la Weasley, in piedi scalza accanto al suo tavolo da pranzo, sminuzzava delle verdure.

Una fitta al gomito lo costrinse a tornare ad abbassare il braccio.

“Niente magia?” Le chiese dopo aver ascoltato ancora un po’ la cadenza regolare di quei lievi tintinnii di porcellana.

Il rumore cessò. “Pensavo dormissi” Gli fece notare la ragazza.

“Ho un’estranea in casa.” Fece lui puntellandosi per poggiarsi ai cuscini e poterla fissare in viso.

“Avrei molte cose da rubare qui?” Gli chiese lei, ironica, guardandosi attorno. Le sembrava tutto un po’ strano, non avrebbe mai immaginato che la casa di Scorpius potesse avere un arredamento… tanto Babbano: il piano cottura era incastrato tra due pareti e, come in casa sua, aveva “fornelli a gas” che sembravano non lasciare spazio adeguato a evocare un fuoco magico e la libreria, dietro il divano dove era sdraiato Scorpius, era elegante ma povera di rifiniture. “Hai tenuto l’arredamento del proprietario precedente?” Poi lo sguardo di Rose si alzò, individuando un soffitto talmente alto da consentire un soppalco di legno massiccio. Un Incantesimo di Estensione Irriconoscibile ben eseguito c’era.

“Ti turba?”

“Non voleva essere una cattiveria!” Lo redarguì lei, facendo scivolare il suo lavoro dentro una pentola “Perché devi essere sempre così acido?” Continuò a mezza voce dirigendosi verso i fornelli.

“Perché dovrei essere gentile con te, Weasley?” Le rispose invece quello con tono ben più alto.

Rose con un moto di stizza cercò di accendere il fuoco con la bacchetta. Al quarto tentativo ci riuscì. “Hai ragione” concluse piatta andando a riprendere il piatto sul tavolo.

Lo pose nel lavandino ed aprì l’acqua, concentrandosi sul suo getto vorticoso, l’unico rumore in casa. Si chiese come mai fosse ancora lì e perché non stesse avvelenando quella zuppa che cuoceva accanto a lei e si rispose che quella era l’unica volta in sette anni in cui si trovava sola con Scorpius. Che sembrava non gradire affatto la sua compagnia.

Prese un bel respiro e poggiò il piatto appena lavato sul bancone, accorgendosi che le tremavano le mani. Chiuse il rubinetto e si poggiò al muro al suo fianco, ringraziando che in quella posizione il ragazzo non la potesse vedere. Le sue speranze erano ancora una volta in frantumi, nemmeno il bisogno fisico poteva fargli superare il suo astio. Rimase lì, appoggiata al bianco muro, finché la zuppa non fu pronta, non sentendo movimenti provenire dal salotto.

Prese due piatti e gliela versò dentro, ma giudicò troppo rischioso cercare di farli levitare, colmi com’erano. Ne prese uno ed uscì dal suo angolo, gettando un’occhiata di traverso al divano dove prima era allungato il ragazzo.

Scorpius era ancora lì: si era di nuovo abbassato, per poter poggiare il capo sugli alti cuscini e ora la guardava con la testa inclinata.

“È pronto.” Gli fece notare lei semplicemente.

Il ragazzo si alzò e si sedette davanti al piatto, osservandolo “È anche avvelenato?”

Rose poggiò con poca grazia la propria cena, facendo sobbalzare Scorpius. “No” sospirò ancora una volta, prendendo il cucchiaio: sempre scortese. Come se lei avesse mai potuto fargli del male.

Rimestò un poco le verdure, portandone piccole porzioni alla bocca, ma aveva lo stomaco chiuso, aveva già capito che non sarebbe riuscita a mangiare. Con la coda dell’occhio vide che anche il biondo, all’altro lato del tavolo, procedeva lentamente, essendo costretto ad usare la mano sinistra.

Tornò a fissare lo sguardo sul proprio pasto. Dopo qualche minuto di silenzio in cui aveva assistito a movimenti incerti e aveva visto cadere molte gocce sulla tovaglia di plastica che ricopriva il tavolo, con rassegnazione constatò  “Forse avrei dovuto pensare a qualcosa di più solido”, preparandosi all’ennesima frecciata. Che in effetti non tardò ad arrivare.

“Sì, avresti dovuto: sei del tutto inutile.”

Rose fissò il muro bianco davanti a lei, su cui campeggiava un quadro astratto, chiudendo per un attimo gli occhi. Riaprendoli, li sentì bruciare. Si alzò bruscamente dal tavolo, spingendo indietro la sedia, e rumoreggiò “Vado in bagno.”

Rose scappò in direzione della scala che portava al soppalco ma Scorpius la redarguì con astio “Ti pare che il bagno sia al piano di sopra? Vicino all’ingresso!”.

Un po’ in confusione, Rose trovò una porta socchiusa che, sin da una prima occhiata, si rivelò essere quella della stanza che cercava.

Si appoggiò alle piastrelle e si lasciò scivolare fino a sedersi, allungò una mano per chiudere la porta e tenne il viso rivolto verso l’alto per cercare di non far scendere lacrime.

Nell’altra camera, intanto, Scorpius continuò piano a mangiare. Per quanto non l’avrebbe mai ammesso non gli dispiaceva quella cena preparata dalla Weasley, così diversa da quelle a cui era abituato. Non c’erano piatti ricercati, non c’erano continue portate ma era un pasto messo insieme di fretta, con semplicità. I suoi genitori, a casa, facevano cucinare tutto agli elfi, che avevano l’ordine di non presentare piatti banali, ed ogni ragazza che gli avesse mai preparato qualcosa, poche in realtà, si era sempre ingegnata ad aggiungere spezie o ingredienti particolari. Per alcune il ragazzo era praticamente certo che non avessero toccato un mestolo ma avessero fatto preparare tutto, spacciandolo per loro. Vedere delle verdure mal tagliate e sentirne altre poco cotte lo fece pensare a come la Weasley le aveva preparate, mentre lui era sul divano.

Quando la ragazza tornò dal bagno, decisa a far terminare il più in fretta possibile quella cena e tornare al piano di sopra, trovò Scorpius accanto al lavandino che, per non bagnare la fascia che gli stringeva tutto il braccio e parte della mano, tentava maldestramente di lavare il suo piatto solo con la sinistra.

“Da’, ci penso io.” Gli disse giungendogli da dietro e facendolo sobbalzare.

“Weasley, non potresti mettere delle scarpe? Per Salazar, non ti sento!” Le rispose mentre quella gli prendeva la fondina dalla mano, piazzandosi al suo posto.

“Intanto tra poco me ne torno a casa mia, non ti devi preoccupare.” Commentò lei, ferita.

Scorpius la osservò mentre con aria seria e gesti molto più esperti dei suoi toglieva ogni rimasuglio dal piatto, poi fece vagare lo sguardo per l’ambiente, poggiandosi di tergo al bancone.

“Ma non hai ancora cenato.” Obiettò, saltandogli agli occhi la cena di lei, quasi del tutto intatta.

“Non ho fame.” Gli venne risposto mentre riponeva il piatto al suo posto, dopo averlo asciugato con un colpo di bacchetta.

Impotente, Scorpius la guardò ripulire anche la sua fondina in silenzio, rimanendo accanto a lei. Quando ebbe finito anche con quella, Rose si allungò per prendere l’asciugamano appeso dietro di lui, alla maniglia del forno. Mentre si asciugava la mani, lo salutò “Spero di non averti avvelenato, non sono brava a curare i malati. Mi dispiace.” Gli disse con amarezza.

Il ragazzo rimase in silenzio e immobile, ancora in parte poggiato sul bancone, finché non avvertì la porta richiudersi.

*

La mattina dopo Rose si svegliò di soprassalto, non stupendosene minimamente. Si era rigirata nel letto tutta la notte, cercando di non pensare a quello che era successo la sera prima: il comportamento di Scorpius era tornato a ferirla, forse perché dopo quasi un anno pensava, almeno inconsciamente, di essere sul punto di rassegnarsi o perché era stavolta era stato più inaspettato del solito.

Per sgombrare la mente da cattivi pensieri decise di occuparla in un altro modo, ossia indagando su quell’antica casa, evidentemente appartenuta a una famiglia magica, dove Tyra l’aveva portata qualche giorno prima.

Prese con sé i materiali più importanti (la bacchetta e il taccuino) si avviò.

Quando stava per raggiungere la dimora, girata l’ultima curva, trovò davanti a sé uno spettacolo a cui non era preparata: Scorpius Malfoy sedeva nell’erba, con i palmi poggiati dietro la schiena, e con lo sguardo contemplava tutto ciò che si stendeva sotto di lui.

Non si accorse del suo arrivo e così Rose ebbe tempo di osservarlo attentamente: i suoi capelli biondi, che sotto le luci di Hogwarts prendevano il colore del grano, illuminati da una luce naturale parevano quasi bianchi, ma conservavano la loro sottigliezza. I suoi occhi non vagavano persi nel vuoto, ma sembravano fissare con insistenza ogni dettaglio di qualcosa che stava avvenendo sotto la collina.

Incuriosita, Rose continuò il suo cammino, sapendo che dalla casa avrebbe potuto osservare qualunque cosa si stava svolgendo sotto gli occhi di Scorpius.

Non calcolò lo scricchiolio che avrebbe prodotto e che fece voltare il ragazzo.

“Weasley?” Si girò con uno sguardo sorpreso, fissandola.

“Ehm, ciao” Salutò Rose poco convinta, sicura che stesse solo cercando la battuta più sgarbata possibile da rivolgerle  Devo… fare una ricerca su quella casa”. Perché mai balbetto sempre?

Il ragazzo seguì con lo sguardo la direzione da lei indicata e annuì “Ti piace la polvere o aneli la solitudine? In effetti con una famiglia come la tua… È sicuramente meglio stare qui da soli!”

Rose scosse la testa, con un sorriso triste. Non sarebbe mai cambiato, si disse avviandosi: era inutile fare affidamento su di lui. D’altronde, lui aveva una vita, di cui lei non sapeva praticamente nulla, come era stato dimostrato dal fatto che non fosse a conoscenza nemmeno dei suoi piani dopo Hogwarts.

Aprì la porta con uno spintone, sforzandosi di non pensare a Scorpius. Ora era il momento di investigare.

Facendosi luce con la bacchetta raggiunse rapidamente il soggiorno, osservando da vicino le tele strappate. Lo squarcio era l’unica cosa chiaramente distinguibile ma, analizzandolo da vicino, si poteva cogliere lo sfondo di quello che doveva essere un dipinto: colori pastello in alcuni casi o tonalità plumbee in altri.

Nonostante non si trovassero in quello stato da poco tempo, le tonalità rimanevano abbastanza luminose, tanto da far pensare a Rose che si trattasse di colori magici. D’altronde, era solo un’ulteriore conferma del fatto che lì avessero abitato dei maghi. E considerando l’abitudine delle famiglie nobili, probabilmente le tele ora vuote ospitavano un tempo ritratti. Si chiese per un attimo se gli occupanti avessero trovato una via di fuga, constatando che nemmeno un quadro era stato risparmiato, ma decise di concentrarsi prima nel capire da quanto tempo la casa era disabitata.

Nella grande sala i mobili erano di legno massiccio e pregiato, con candelabri d’oro e d’argento, che mandavano bagliori quando si avvicinava a loro con la bacchetta accesa. Nonostante il sole all’esterno, l’interno era nel buio e nel silenzio più completo, come quando era entrata nella casa con Tyra per la prima volta.

Per riuscire a farsi un’idea migliore del salone c’era bisogno di togliere le travi alle finestre, per poter abbracciare con un colpo d’occhio d’insieme l’ambiente, ma si convinse che prima era meglio controllare che non ci fossero sostanze sensibili al calore o soprattutto alla luce.

Ben presto incontrò una libreria, che Rose immaginò alta fino al soffitto: i vetri che chiudevano i suoi ripiano erano spessi e grezzi, resi ormai grigi anche dal tempo. Ma non erano quei vetri ad importarle: oltre ad essi c’erano dei libri.

Con un incantesimo aprì la serratura che si trovava davanti e cominciò a sfogliare quei volumi: il primo quasi le si sgretolò in mano, facendola tossire. Con il secondo non andò meglio. Il terzo le offrì una serie di gialle pagine, con fitte lettere vergate a mano.

Una sommaria analisi del resto della libreria le rivelò che tra quei tomi non c’era nulla di stampato, tutto era ricopiato a mano.

Rose si perse a saggiare con mano la ruvidezza di quei testi, rari anche nella biblioteca di Hogwarts: con la coda dell’occhio vide fremere altre pagine, forse libri incantati o addirittura maledetti. Le parve di avvertire un brivido che le correva formicolando lungo la spina dorsale ma non vi fece caso, impegnata com’era a confrontare nella sua mente con entusiasmo i titoli dei libri che si trovava davanti con quelli che aveva impressi nella memoria.

Non si accorse della figura perlacea che le si era avvicinata, almeno finché questa non la trapassò da parte a parte, riempiendola di freddo.

“Fuori da qui, giovane strega!” Disse l’uomo con lunghi capelli incolti, quando l’urlo di lei smise di riecheggiare tra i muri cadenti, dandole tempo di riflettere “Lei è il fantasma di questo posto? Abitava qui?” Gli chiese piano, riprendendo colore.

“Mi sembra piuttosto ovvio, signorina. Questa è una mia proprietà.” Ribadì quello con uno scatto del mento, che scosse i riccioli della sua barba. Era evidente che la stava cacciando.

Rose abbassò lo sguardo, arrossendo, trovandosi a fissare i lembi della veste dell’uomo che, orlati di quello che pareva oro, frusciavano ancora a pochi centimetri dalle sue ginocchia. “Mi scusi, volevo solo qualche informazione. Sa che i Babbani ritengono che la sua casa sia infestata da spiriti che baluginano nella notte? Non dovrebbe passare troppo vicino alle finestre.” Pur non potendo vedere direttamente i fantasmi, i Babbani potevano ravvisare una vaga luminescenza, se le creature erano colpite dalla luce della luna.

“Mi stai rimproverando per come mi muovo in casa mia, ragazzina?” Fece l’altro avvicinandosi ulteriormente: i loro corpi rimasero a contatto e Rose si sentì come sdraiata su una lastra ghiacciata. Lo poteva dire con una certa sicurezza, dal momento che grazie ad Al aveva provato l’esperienza.

“Ho diciannove anni, prego.”

“Grazie per aver puntualizzato, ragazzina di diciannov’anni” Si allontanò finalmente. Sebbene non si sentisse più congelata, la vicinanza di quell’uomo dava comunque alla ragazza una certa soggezione, per cui preferì tacere. Inoltre, aveva imparato che quello era il modo migliore per ottenere informazioni: infatti il fantasma continuò. “Mi occupo di non alimentare troppo la leggenda, solo i bambini vengono qui credendovi. E anche la ragazza che era con te.”

Rose sorrise “Tyra dice di averla vista”

“Non capisco come avrebbe potuto” Rose, che aveva meditato a lungo sul problema, aveva concluso la stessa cosa, che non era così improbabile, data la fantasia che Tyra aveva dimostrato di avere “Se ora lei volesse andarsene…” Concluse l’altro tagliente, facendo ondeggiare l’ampia veste purpurea.

La ragazza capì subito che le sue domande sarebbero state senza risposta per quel giorno, ma decise di ritentare “Posso tornare a trovarla? Sto studiando le opinioni Babbane sulla magia e credo che la mia ricerca sarebbe più completa grazie alla sua testimonianza.”

“No, non puoi tornare, non sono un oggetto di ludibrio!” La trapassò nuovamente per raggiungere il corridoio.

“Non volevo dire…” Gli corse dietro Rose.

“Se ne vada!” Sbottò ancora scatenandole addosso un’ondata di gelo, prima di essere definitivamente inghiottito dalla parete. Rose, rimasta interdetta, alla fine si decise a uscire. Quel giorno non avrebbe risolto nulla.

Il sole le ferì il viso non appena si trovò nel portico, per cui si fermò un attimo lì.

“Quello è ancora il suo territorio, dovresti almeno allontanarti.” La prese in giro Scorpius, che era rimasto nella posizione in cui lei lo aveva lasciato.

“Suo?” Chiese Rose avvicinandosi.

“Di Durward. O hai urlato da sola?” Le rivolse un’occhiata saccente.

“Tu sapevi che lì dentro vive un fantasma irascibile che rifiuta le visite?”

Scorpius scosse le spalle.

“E perché non mi hai avvisato?”

“Una coraggiosa ragazza non ne sarebbe stata minimamente spaventata: infatti il tuo urlo l’hanno sentito solo fino al villaggio.”

“E non hai pensato di entrare a vedere se avevo bisogno di qualcosa?” Cominciò a turbarsi Rose.

“Per Salazar, no! Sarebbe stato ragionare come un Grifondoro!” Si disgustò l’altro.

“Ma se fossi stata in pericolo? Sai quante trappole possono nascondere gli antichi manieri?”

“Avresti chiamato qualcuno che ti sarebbe venuto a prendere con una squadra Auror al seguito.” Concluse pratico Scorpius tornando a volgere lo sguardo al panorama sottostante.

“Ti odio!” Gli urlò Rose prima di imboccare di corsa il sentiero.

Aveva ragione Al: lei era solo una ragazzina innamorata, una stupida ragazzina innamorata, a voler precisare. Aveva interpretato tutti i comportamenti di Scorpius in modo diverso dalla maggior parte delle persone, senza nemmeno accorgersene. Aveva spiegato le sue occhiate torve come espressioni mascherate dei suoi veri sentimenti. Aveva chiesto a James di non spedirgli contro bolidi durante le partite e si era trovata un tavolo in biblioteca che gli permettesse di osservarlo, nelle pause di studio. Aveva addirittura preso in considerazione l’idea di abbassare il suo rendimento scolastico per farsi superare da lui, se questo l’avesse reso felice.

L’avrebbe davvero fatto, se Al non fosse intervenuto? Si chiedeva adesso. , la risposta le venne immediata, da quello stesso cervello che doveva sapere fosse sbagliata. Ora lo vedeva chiaramente, Scorpius non sarebbe mai andato bene per lei: se esteriormente era l’uomo che cercava, dentro non lo sarebbe mai stato. Voleva qualcuno fedele come suo padre, allegro come Al ma ordinato. E avrebbe anche dovuto ricambiarla, per rendere le cose più facili. Ma era universalmente riconosciuto che l’unico criterio di quelli che lei cercava che Scorpius poteva soddisfare era l’ordine. Come aveva potuto sperare che ci fosse dell’altro? Da uno che non si preoccupava nemmeno di ferire ripetutamente le persone con il suo comportamento?

Sì, ricompose il discorso Rose arrivando alla fine della stradina: aveva smesso di essere innamorata di Scorpius Malfoy.

D’altronde, sarebbe stato masochismo continuare.

 

Cara Rose,

cosa vorrebbe dire che hai cenato con lui? Come è successo? Sappi che non credo minimamente che vi siate davvero insultati: lui avrà insultato te e tu non avrai avuto il coraggio di ribattere. Invece di sfogarti con me (o con la povera disgraziata che ti è capitata a tiro) dovresti andare a dirgli tutto quello che ti sta facendo passare, almeno scenderà dal suo piedistallo. E se non lo farà allora continuerà tutto come prima ma magari ti renderai conto di quanto sia insopportabile e smetterai di giustificarlo. Non è un povero bambino spaventato, dannazione!

Non so quando potrò venirti a trovare, ma spero presto, per poterti difendere da quel tipo e ricostruire la tua autostima. Sappi comunque che puoi Materializzarti qui in qualsiasi momento, a casa c’è sempre un letto in più.

Concentrati sulle indagini!

Ciao,

Al

 

 

Ehi ehi ehi!

Sono tornata a darvi il tormento! Allora, i 99° Celsius sono 210.2 gradi Fahrenheit, visto che in Inghilterra dovrebbero usarsi questi gradi mi sembrava giusto avvisare XD

Capitolo un po’ di passaggio, Rose doveva pur decidersi in qualche modo! Comunque questi eventi, raccontati ad Al, lo faranno precipitare in questo piccolo paesino… (che non ho ancora capito come si chiama ma abbiate fede) XD

A presto!

(e buone vacanze, a chi le sta già facendo)

 

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Capitolo 4
*** Leggende ***


Caro Al,

dalla mia ultima lettera è successo di tutto. La conclusione però ti piacerà: ho chiuso con Malfoy. Vedi? Sto cominciando anche a chiamarlo per cognome.

Ieri sera avevo sperato: sono stata a casa sua per cena, dal momento che essendo caduto dalla scopa non era in grado di essere autosufficiente. Pensavo avrebbe capito che… ero la ragazza giusta per lui. Suona così patetico ora. Ma per quanto sia stato assolutamente scortese, ha ottenuto il solito risultato: sono tornata a casa mia, a preparare qualche biscotto. Ingrasserò, se continuo a non vederti.

Oggi invece l’ho rivisto per caso, vicino a un maniero in cui abita un fantasma. Lui, Durward, sembra una persona curiosa e vorrei capire qualcosa di più ma te ne parlerò un’altra volta, ora sono troppo arrabbiata per essere lucida. Comunque Durward mi ha spaventata e Scorpius mi ha sentita urlare. Non si è mosso.

Era una casa disabitata da… Secoli, a giudicare dall’arredamento. Poteva essere piena di qualunque tipo di trappole o elementi magici deteriorati. E lui è rimasto lì fuori a non far nulla. Un vero Serpeverde, lo odio.

Avevi ragione, Al, mi dispiace non averti dato ascolto prima. Per favore, parla con James e gli altri: non sopporterei altre frecciatine tornata a casa. Lascia da parte Hugo, credo di doverlo informare di persona. Forse tornerò a casa tra un paio di giorni, per parlare con te e con lui e per allontanarmi da qui: in questo momento so solo di non voler abbandonare la mia ricerca, non posso sacrificarmi ancora una volta per lui. Però essere la sua vicina di casa non mi aiuta, credo di aver bisogno di riflettere e cercarmi una nuova sistemazione, questa per ora mi pare l’idea più sensata.

Ti farò sapere la data del mio arrivo.

A presto, un abbraccio,

Rose

 

Effettivamente l’idea di non essere più innamorata di Scorpius cominciava a piacere molto a Rose, innanzitutto perché non doveva più preoccuparsi di interpretare i suoi atteggiamenti. Così quando quella mattina, mentre apriva le persiane della cucina, lo aveva di nuovo visto in giardino si era subito voltata, per non cadere nella tentazione di esaminare le linee assunte dai suoi zigomi.

Mentre sgranocchiava i biscotti che aveva preparato la sera prima rilesse la lettera di Al. Il consiglio finale le sembrava particolarmente adatto, quindi stabilì di cominciare le ricerche per scoprire qualcosa di più su quel Durward. Doveva solo abituarsi a non ricordare come aveva scoperto il suo nome.

Chiamò subito Tyra (ringraziando che sua madre le avesse comprato un cellulare) e le chiese aiuto. La ragazza, tra un urlo di gioia e un acuto, le spiegò che quella mattina era proprio molto impegnata ma che, forse, sarebbe riuscita a vederla per l’ora di pranzo. Rose, piuttosto basita, accettò, chiedendosi per quale motivo l’amica fosse così felice.

Di certo non avrebbe preso male la notizia del suo distacco da Sc… Malfoy, però non poteva ancora saperla. Che quegli aggeggi, cosiddetti telefoni, predicessero il futuro meglio della Cooman? D’altronde, quando aveva acceso il suo, il display l’aveva subito informata di vestirsi leggera, perché quel pomeriggio le temperature sarebbero state particolarmente alte. Forse era il caso di dotare le insegnanti di Divinazione di questo strumento, riflettè un attimo rigirandoselo fra le dita.

Tornata alla realtà, decise di iniziare le sue ricerche in modo pratico, dunque dalla biblioteca. Dubitava che Durward avrebbe gradito una nuova irruzione in poco tempo, dunque non le rimaneva altra scelta.

Con l’aiuto di un paio di passanti non le fu difficile scovare l’edificio che, in effetti, era il più ampio nel raggio di molte miglia, insieme alla scuola locale. Trovò al bancone una giovane signora che, per quanto si mostrasse gentile, sembrava più occupata a cercare di non far fuggire il suo bambino dalla carrozzina che a prestarle troppa attenzione.

“Vorrei delle informazioni sulla vecchia casa in cima alla collina che domina il villaggio” Le fece presente, porgendole il ciuccio che era caduto al bambino.

La donna alzò lo sguardo con un sorriso “Tu sei la giornalista di città, vero?”

Rose sorrise, un po’ imbarazzata “Le notizie si diffondono velocemente”

“Questa è una città piccola” Le notare l’altra, passando dall’altra parte del bancone. Per un folle momento Rose ebbe il timore che stesse andando a chiamare qualcun altro, per metterla bene in mostra. Ma, appena uscita in corridoio, le fece segno di raggiungerla e le indicò una porta a vetri poco distante “Qui è conservato anche l’archivio comunale, lì puoi trovare tutti gli atti di costruzione o compravendita delle case in città.”

Rose le rivolse un sorriso di riconoscenza.

Non appena entrò, la accolse un ambiente polveroso e umido. Scoprì che la catalogazione procedeva per dislocazione dei lotti, quindi passava da una via all’altra. Dovette passare in rassegna parecchi scaffali ma non trovò nulla di quello che cercava: all’improvviso le venne in mente che in realtà non aveva la minima idea dell’indirizzo che stava cercando. Non poteva certo pretendere che fosse scritto “casa in cima alla collina”! Probabilmente quella piccola stradina sterrata che risaliva tra i prati aveva un nome. Decise di mandare un rapido messaggio a Tyra per accertarsene (ringraziando ancora una volta la giornata spesa da sua madre, tra le risate di suo padre e Hugo, per farla sembrare una “normale adolescente Babbana”), mentre, in attesa di una risposta, continuava a guardarsi attorno.

Dopo aver memorizzato i nomi di una decina di strade, il cellulare si degnò di emettere un suono. “Strada dei salici” Rapidamente Rose corse al punto dove doveva trovarsi la scheda corrispondente e trovò un foglio molto diverso da tutti gli altri atti, in cui un impiegato aveva attestato l’impossibilità di risalire alle origini di quella casa, che però erano già note molti anni prima, sin dal XIII secolo. Si presumeva il maniero potesse risalire a quell’epoca ma non ce n’era la certezza.

In effetti, riflettè la ragazza, sarebbe stato strano trovare delle informazioni dettagliate presso un ufficio Babbano, per quanto di certo il castello fosse visibile anche agli individui non magici. Tuttavia a lei interessava proprio quello che i Babbani pensavano di quella dimora, quindi fece una copia del documento, stando ben attenta a non essere vista da nessuno mentre usava la bacchetta.

Mentre stava per uscire dalla biblioteca fu fermata dalla signora di prima. “Sei interessata alla leggenda che circonda quella vecchia casa?”

Rose si avvicinò al bancone, mentre il bambino emetteva un piccolo vagito “Sto facendo una ricerca su come viene percepita la magia in questa piccola comunità e mi è parso un ottimo punto per iniziare”

Le venne rivolto un grande sorriso “Conosci già la storia che si racconta, vero?”

Rose si rese conto di non aver mai sentito la leggenda nei dettagli, credeva che semplicemente ci si accontentasse di dire che la casa era infestata. La donna interpretò correttamente la riluttanza della ragazza e con un gesto le fece segno di passare dietro il bancone, mentre anche lei si alzava e versava in due bicchieri il caffè contenuto in un bricco.

“Tutto risalirebbe all’epoca dei processi alle streghe. Da quanto viene tramandato quello fu l’ultimo momento in cui qualcuno vivo abitò la casa. Quel qualcuno era uno stregone, o almeno fu quello che venne creduto all’epoca” Rise la donna porgendole il caffè e dando un buffetto al figlio con la mano rimasta libera “Immagino fosse solo un nobile della zona e che i contadini volessero le sue terre.”

Rose si permise di dissentire in cuor suo: era probabile che quell’uomo fosse Durward che, in effetti, aveva abiti di fogge particolarmente antiche anche per essere stato un Purosangue. E ricordò in un lampo come nella sua biblioteca avesse trovato libri solo vergati a mano: il periodo coincideva.

“Comunque di solito si crede avesse un certo potere, perché non si osò accusare lui, ma ci si rivolse contro sua moglie. Ella venne prelevata mentre si trovava nel villaggio e sottoposta al solito processo. Ovviamente venne dichiarata colpevole di stregoneria, di aver aiutato il diavolo e rapito i bambini!” Concluse teatralmente solleticando i piedini di suo figlio “E fu condannata: arsa sul rogo.” Precisò tornando a guardare la ragazza.

Rose non riuscì a trattenere una smorfia di disgusto: come si poteva pensare di fare una cosa del genere? Ogni mondo forse doveva avere le sue piaghe, loro Voldemort e i Mangiamorte e i Babbani questo. Quella volta era andata bene, sicuramente la moglie di Durward aveva lasciato credere che i loro piani fossero andati a buon fine, ma se non fosse stata realmente una strega? In quel momento le stime del libro di Storia della Magia le sembravano più lontane che mai.

“E il marito?” Chiese Rose, che cominciava a non capire perché avrebbe dovuto rimanere come fantasma in quei luoghi, in cui non era affatto il benvenuto.

“La leggenda narra che da quel giorno quell’uomo solitario e schivo non sia più sceso al villaggio. Nessuno se ne accorse, perché in realtà nessuno l’aveva mai visto fuori di casa, ma i suoi domestici, assunti tra i contadini della zona, riferirono che aveva tagliato ogni contatto anche con loro. Pareva si chiudesse da solo nel suo salotto, da cui talvolta si sentivano anche provenire delle voci: chiamava gli altri diavoli a raccolta per vendicarsi della gente.”

Rose capì subito che il Camino Magico che era installato nello studio poteva aver dato adito a quella incomprensione. Quindi Durward si era rinchiuso in quella stanza e aveva avuto contatti solo con altri maghi, probabilmente anche con la moglie che non poteva più farsi vedere dagli aiutanti. Ma certo, per passare del tempo con lei evitava di essere sempre sotto i loro occhi!

“Lanciò una maledizione sul villaggio e, grazie alle sue arti magiche, quando morì tornò a infestare la casa per poter continuare a tenere sotto scacco l’intera comunità.” La donna finì di bere il suo caffè “Ti risparmio gli avvistamenti, le assi scricchiolanti, le tende che cambiano posizione… Mi sembri un po’ grande e troppo seria.” Concluse alzando un sopracciglio.

Rose le sorrise, accorgendosi che la signora aveva finito di parlare. In realtà ancora non capiva perché ci fosse un fantasma in quel maniero, ma immaginava che avrebbe dovuto ricevere questa informazione direttamente da lui. Se non altro ora aveva una domanda specifica da porre, doveva solo cercare un modo per farsi ascoltare e rispondere. Ringraziò vivamente la donna per averle dedicato il suo tempo.

“È bello che finalmente qualcuno si interessi della nostra storia. Ci voleva una straniera, a quanto pare.”

La ragazza salutò ancora anche il piccolo, che sembrava particolarmente felice di poter tenere il suo dito tra le mani e tirarlo come fosse un bastoncino. Non osò immaginare cosa avrebbe potuto fare con la sua bacchetta. Uscita dalla biblioteca, Rose si rese conto di avere ancora qualche momento prima del suo pranzo con Tyra e decise di tornare a casa.

Tra tutti i giorni in cui avrebbe potuto incontrare Malfoy che usciva da casa, quello non era certo uno dei più azzeccati. Ma, si disse osservandolo mentre chiudeva la porta dietro di sé, era un ottimo allenamento per testare i suoi nuovi sentimenti: non le era ancora chiaro come dovesse considerarlo. Conoscente poteva andare bene?

“Malfoy” Lo apostrofò chiudendo a sua volta il portone del palazzo.

“Weasley” Storse quello la bocca “Già a bighellonare di prima mattina? Non hai proprio nulla da fare, eh?”

“O forse devo fare qualcosa di più importante di te.” Lo rimbeccò lei dirigendosi verso le scale senza dargli tempo di rispondere.

Non appena entrata in casa ebbe una discreta voglia di stringere Antares e ballare con lui per tutta la stanza. Poiché l’animale era ancora fuori a consegnare la lettera per Al si accontentò del cuscino che, solo qualche sera prima, aveva strapazzato. Una risposta perfetta, si complimentò con se stessa, decidendo di annotarla: con quella Al sarebbe potuto andare avanti a festeggiare per un paio di giorni.

Improvvisamente l’idea di cambiare casa non le sembrò poi così necessaria. Forse bastava una piccola pausa, doveva solo tornare a casa qualche giorno per poter riflettere a mente più lucida. E ricevere le congratulazioni di Hugo, si intendeva.

*

Rose non fece nemmeno in tempo a capire si trattasse di Tyra, quando venne sommersa da folti capelli biondi che le si infilarono ovunque. Sputacchiando, cercò di allontanare l’amica per farla sedere al tavolo.

Quando finalmente l’ebbe davanti, non potè ignorare l’aria beata che emanava e l’entusiasmo che la percorreva, poiché non riusciva a tenere ferme le mani. Con un gesto secco gliele afferrò per fermarle e le chiese cosa stesse accadendo.

“Domani sarà un gran giorno.” Proclamò “Sta venendo qui, te ne rendi conto? Ora starà facendo i bagagli, o forse no, magari è abituato e non è lungo come me, forse sta suonando o componendo. O magari sta mangiando.” Rise liberando una mano e prendendo il menù.

“Ma di chi stai parlando?”

“Del batterista della mia band preferita!”

Rose ci mise qualche attimo a riordinare le idee “Dunque ha accettato l’intervista del tuo giornale?”

“Anche prima del previsto! Sembrava avere una gran fretta di venire qui e così domani lo incontrerò, non riesco a crederci!”

Rose, che stava cominciando a guardarsi attorno, ricambiando le occhiate curiose degli altri avventori, cercò di continuare a far parlare l’amica, dal momento che quando taceva cominciava a gesticolare troppo apertamente.

“Quindi stai preparando le domande?”

“Ovviamente. Mio padre dice che però, se non mi calmo, probabilmente finirò solo con il terrorizzarlo…

“Un’analisi lucida della situazione è sempre utile.”

“Infatti sto facendogli controllare ciò che vorrei chiedere, non vorrei che considerasse troppo personali alcune questioni. D’altronde, non rilasciano spesso interviste ed ora che ne ho l’occasione voglio imparare il più possibile!”

Visto il comportamento dell’amica, che pareva regredita a uno stato infantile, Rose giudicò saggio consigliare “Fa’ leggere le domande anche a tua madre. È sempre meglio avere due pareri.”

“Vivo sola con mio padre; gli farò leggere le domande due volte, però, se non ti senti tranquilla!”

Rose, un po’ spiazzata dalla risposta, le sorrise, rimarcando come fosse meglio fare così.

“E mi avevi anche detto che era bello, se non sbaglio…” Rose in realtà non ricordava nulla di simile ma era sicura di avere ragione.

Lo squittio che ricevette in risposta, tra l’altro, le fece addirittura temere che, se non avesse cambiato argomento, in breve il Thickley sarebbe stato costretto ad accogliere una Babbana. Virò così su altre notizie.

Le raccontò di ciò che aveva trovato quella mattina sul vecchio maniero, per tenerla aggiornata sulle sue indagini. Tyra fu abbastanza sorpresa nel constatare il suo interesse per quella vecchia storia “Non pensavo che ti interessasse così tanto.”

“Il mio articolo si basa proprio su questi fatti!”

“Allora potresti corredarlo con alcune foto della piazza, quello è il luogo dove bruciavano le streghe. C’è una lapide commemorativa dell’evento.”

Rose registrò l’informazione, ripromettendosi di passare di lì appena possibile.

“Potresti farti accompagnare da Felix…” Insinuò Tyra riscuotendola.

“E perché mai?”

“Potreste trascorrere qualche ora insieme, all’avventura. E da cosa nasce cosa…

Rose scosse la testa “Non ci sarà mai nulla tra me e Flitt” badò a calcare l’utilizzo del cognome “così come non ci sarà tra me e Malfoy, l’ho lasciato perdere.”

“Quindi niente più lacrime per il vicino?”

“No, tutto finito. Ha fatto traboccare il calderone” Tyra si complimentò per la battuta con una risata particolarmente sentita “Era da così tanto tempo che mi piaceva che penso fosse diventata un’abitudine. Devo solo smettere.”

“Un taglio netto, sicura di riuscirci?”

Rose sospirò e seguì con lo sguardo gli arabeschi neri sul muro lì vicino “Devo farlo. Non è quello giusto per me.”

 

 

Cara Rose,

vuoi dire che sei finalmente libera dalla tua schiavitù? Dobbiamo festeggiare! Botti, musica (come la facciamo noi) e biscotti, ovviamente!

Intanto devo darti un’altra notizia importante: non c’è bisogno che tu torni a casa, verrò io da te! Ho accettato un lavoro nelle tue zone e domani sarò lì. Potrei rimanere ed evitare che tu ingrassi. Sicuramente i tuoi biscotti non sono tra le motivazioni principali che mi hanno fatto accettare l’offerta.

In questo tempo c’è un modo molto semplice in cui puoi comportarti con il tuo verde vicino: hai riacquisito le tue facoltà e la tua razionalità è sempre stata un giudice implacabile. Filtra tutto ciò che esce dalle tue labbra in modo che sia il più cattivo possibile. Hai bisogno di sfogare sette anni di astio represso (è una Serpe: non dirmi che non c’è astio represso) e, credimi, dopo la mia venuta non so per quanto tempo ancora sarà il tuo vicino di casa. Quindi sfogati, finché sei in tempo.

Ci vediamo venerdì, a presto!

Un cugino finalmente felice,

Al

 

 

Beh, adesso è quasi chiaro cosa faccia Al nella sua interessante vita, no? XD Non temete, dal prossimo capitolo sarà presenza fissa. Spero vi farà divertire XD

Volevo ringraziarvi, tutti voi che siete arrivati a leggere fino a questo punto: mi date immense soddisfazioni. Grazie!

Buone vacanze a tutti!

 

P.S.: dato che io e il caricamento delle foto siamo piuttosto incompatibili, ho caricato i prestavolto (quelli che ho già scelto: no, Scorpius non è ancora pervenuto XD) in un album sulla mia pagina facebook. Vi lascio il link https://www.facebook.com/lutea.eos.3/media_set?set=a.1525933530968466.1073741833.100006555012095&type=3&uploaded=4

 

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Capitolo 5
*** Che la guerra abbia inizio! ***


Caro Al,

non vedo l’ora che tu sia qui. Conosci il mio indirizzo ma, considerando la tua naturale predisposizione a perderti, preferisci trovarci in qualche luogo del villaggio più facilmente raggiungibile?

So già che preferirai lanciarti all’avventura, quindi cerca di arrivare al fornaio, è vicino a una piccola piazza. Da lì, cerca la cancellata rossa e imbocca quella via. Controlla i numeri civici (sono quei numerini scritti vicino alle porte): suona al numero otto.

Ti allego una mappa: cerca di non tediare troppo i passanti!

A presto,

Rose

 

“Questa è l’ultima volta.” Rose assicurò ad Ares, prima di condurlo alla finestra del soggiorno per farlo volare verso il bosco. In tutta risposta il gufo le beccò le dita e decollò planando lentamente.

“Weasley, hai dei seri problemi con quel gufo.” Le fece notare una voce dabbasso.

“Esterna le sue emozioni.” Lo rimbeccò lei, cercando di riflettere e di non chiedersi cosa ci facesse in giardino e se non avesse di meglio da fare che guardar lei.

“Piuttosto negative nei tuoi confronti” Continuò Malfoy.

“Non ti preoccupare per la mia salute” Sbottò Rose chiudendo la finestra, cercando di deviare i pensieri dall’indagine dei vari motivi per cui Malfoy fosse uscito in giardino con una spatola. Forse guarniva torte nel tempo libero, Al si sarebbe divertito moltissimo.

Non era il momento di starlo a sentire, doveva concentrarsi sul lavoro: il giorno precedente aveva continuato a chiedere in giro come venisse percepita la magia e aveva racimolato tutti i libri che poteva sull’argomento. Quel giorno era il momento dell’azione: sarebbe tornata da Durward, approfittando anche del fatto che Tyra fosse abbastanza impegnata da non volerla seguire. Il pomeriggio l’avrebbe dedicato ad Al, che sarebbe arrivato tra breve.

*

Tyra stava tormentandosi ossessivamente una ciocca di capelli, mentre attendeva, in precario equilibrio su una sgangherata sedia, che comparisse l’oggetto della sua intervista. Fece vagare lo sguardo sull’ambiente semplice che la circondava, ossia l’ufficio del suo capo: aveva spostato la scrivania verso il muro e presupposto di far accomodare il suo ospite sul divano. E se lui non avesse voluto? Si agitò immediatamente. Perché qualcuno dovrebbe rifiutare di sedersi su un divano? Tyra si rese conto di avere in testa la voce di Rose che, d’altronde, la sera prima le aveva rivolto all’incirca le stesse parole.

Maledì la sua puntualità e sperò che l’altro non tardasse troppo.

Due colpi alla porta ed Emily, la redattrice che si occupava della cronaca, la aprì “Tyra, c’è qui un certo Albus Evans per te” Disse facendo passare un ragazzo moro e spettinato che le sorrise.

La ragazza saltò su dalla sedia come se avesse ricevuto una scossa e si affrettò ad avvicinarlo, mentre si chiedeva come approcciarlo. Fu lui a risolvere il problema, tendendole la mano “Albus” si presentò.

“Tyra” Gli disse stringendola. Per la seconda volta ebbe la conferma che lui fosse un corpo solido, non il parto della sua mente in cerca di consolazione e potè sentire la sua presa forte, anche se un po’ sudata. Tornando in sé lo invitò ad accomodarsi e agguantò la sedia per potersi porre di fronte a lui.

“Grazie di aver accettato questa intervista” Cominciò innanzitutto, ricordando i passi fondamentali da seguire.

Quello ammiccò nella sua direzione “In realtà sei tu che hai fatto un piacere a me, sarei dovuto comunque venire in questo sperduto villaggio. Ma toglimi una curiosità: di quale interesse potrà mai essere la mia intervista per il tuo giornale?”

“Siete un gruppo famoso…

“Tra i ragazzi che frequentano pub. Il tuo lettore medio è il ragazzo che frequenta pub?” Vedendo che quella non rispondeva, Albus si mise apertamente a ridere “Va bene, facciamo questa intervista per conquistare le vecchiette. Se sono tutte come mia nonna ci stai offrendo un esercito di fan scatenate, potremmo conquistare il mondo e tu saresti la responsabile. Sei pronta ad assumertene la colpa?” Le chiese in tono serio.

Anche Tyra si mise a ridere e prese carta e penna. Le fu sufficiente abbassare lo sguardo per vedere campeggiare la prima domanda che si era preparata “Perché vi chiamate Ghosts?” Fece con un sorriso, come per scusarsi di dover iniziare a lavorare.

“In realtà non è stata una decisione nostra. Ci hanno ribattezzato così scherzosamente nei posti dove andavamo a suonare perché sembravamo svanire subito dopo l’esibizione. Abbiamo solo deciso di renderlo il nome ufficiale della band.”

Tyra sorrise “Non vi piace perdere tempo. È anche il motivo per cui non rilasciate molte interviste?”

Albus si scompigliò i capelli alla base della nuca, in un  gesto che gli era abituale. Tyra sapeva che lo faceva sia quando iniziava una canzone sia quando la terminava ma vederglielo fare lì, davanti a lei, la metteva in soggezione. “In realtà speriamo che a parlare sia la nostra musica. Chi ci segue dovrebbe farlo per questo motivo, non per altri.”

Tyra pensò alla prima loro canzone che aveva sentito e si sentì rincuorata “I vostri testi sono piuttosto importanti.” Convenne “Chi li scrive?”

“Per lo più Louis: parte per la Francia e dopo un mese torna con qualche canzone nuova. Dice di aver bisogno della natura per comporre, ma sospettiamo ci sia di mezzo una bella francese che sua nonna dovrebbe avergli fatto conoscere.”

“Ha origini francesi?”

“Sì, da parte di madre. Mentre la grinta con cui brandisce il microfono… Quella è da parte di padre. In effetti un paio di volte ha rotto l’asta sul serio, quel ragazzo è un disastro ambulante.” Tyra ricordò di aver visto il video dell’evento.

“E gli altri componenti del vostro gruppo, Fred e Nick?”

“Sorprendentemente Fred è il più preciso. Almeno non rischia la vita quotidianamente.” All’occhiata basita di Tyra si affrettò a spiegare “Louis può inciampare da un momento all’altro in qualunque cosa, mentre Fred  è più un maniaco dell’ordine. Quando proviamo la batteria è cosparsa di fogli, mentre le tastiere sono sempre perfette. Manca solo che le spolveri ogni ora. Deve essere un contrappeso al padre.” Albus annuì tra sé e sé “Invece Nick è più simile a Louis ed è probabile che un giorno o l’altro tiri il basso in testa a qualcuno. Spero non durante le prove”.

“Dove provate di solito?” Si incuriosì Tyra, cercando di immaginarli: Louis che, imbracciata la chitarra, attentava alla stabilità del microfono, Albus che rompeva bacchette e batteria, Nick che agitava il basso inciampando nei cavi e Fred che cercava di correre qui e là, dimentico del suo ruolo, per salvare la vita ai disgraziati compagni. Sì, sarebbe stato un onore poter assistere a una delle loro prove.

“I miei nonni ci prestano la loro rimessa.”

“Deve essere in campagna… Immagino che sia un po’ di rumore.”

Albus parve metterci qualche secondo a capire “Oh, sì! È piuttosto lontana dalla altre case e non disturbiamo nessuno. Comunque non è rumore: è musica grezza che prende forma.” Le fece notare con una strizzatina d’occhi.

Tyra sorrise e alzò le mani per scusarsi. “E come mai avete deciso di fondare i Ghosts? Come vi siete conosciuti?”

Albus la fissò di nuovo per qualche istante, come se stesse cercando gli argomenti da proporle. “Siamo cugini, lontani cugini, con una comune passione. È stato piuttosto naturale, a dire la verità. Solo Nick non è di famiglia ma lui e Louis sono amici da una vita”.

Tyra si chiese come fosse possibile farsi distrarre dalle mani di un ragazzo, che stavano facendo battere i pollici a un ritmo a lei sconosciuto.

“Altre domande?” La risvegliò lui con un perfetto sorriso.

“Qual è il tuo colore preferito?” Tyra si rese conto solo dopo averla posta che quella domanda era stata catalogata tra le troppo personali.

“Rosso, mischiato all’oro.” Le rispose invece Albus subito.

“Hai gusti precisi”

“Nella mia famiglia li abbiamo tutti.” Precisò con un sorriso.

“Com’è la tua famiglia?” Tyra non potè fare a meno di immaginare dei genitori molto orgogliosi di loro figlio, come un giorno avrebbe dovuto essere sua madre.

“Come molte altre famiglie: padre, madre, figli… Un po’ di confusione ma ci stiamo bene.”

“Hai dei fratelli, quindi?”

“Due: la mia sorellina, tra l’altro, è quella che ci ha spinto a mettere insieme il gruppo.” Le sue labbra assunsero una piega molto dolce “Però non vorrei parlare di loro, siamo qui per il nostro gruppo, no?”

Tyra giudicò più saggio tornare alle domande prefissate, anche perché si rendeva conto che quella strada poteva portare a un confronto troppo doloroso per lei.

*

Rose cominciò a bussare alla porta della vecchia casa. Non era proprio sicura che Durward così si sarebbe fatto vedere ma le sembrava più educato che entrare scassinandola come le due volte precedenti, ora che sapeva che lì dentro viveva… beh, abitava qualcuno.

Dopo cinque minuti, in cui aveva incantato il battimano in modo che si muovesse da solo, le fu chiaro che nessuno sarebbe comparso. Si risolse a entrare come le volte precedenti, sperando che quel fantasma non si infuriasse troppo: d’altronde, visto lo stato della casa, non poteva lamentarsi.

Il soggiorno la accolse come le volte precedenti, con la sua scarsa luminosità, i mobili impolverati, l’aria stantia. “Scusi…” Provò a chiamare Rose ma non ottenne alcuna risposta. Si inoltrò quindi verso le altre camere, cominciando proprio dallo studio che aveva visitato con Tyra, ma un’occhiata le fu sufficiente per capire che il fantasma non era nemmeno lì.

Cominciò a salire la scala di legno che portava al piano superiore, facendo attenzione a saltare alcuni gradini che le sembravano fin troppo precari. Forse Durward era in quella che doveva essere stata la sua stanza.

Non ebbe il tempo di verificarlo perché il fantasma comparve in cima alle scale, sbottando “Se ne vada da casa mia, perché è tornata?” La sua stola veniva scossa particolarmente dalla rabbia che pareva emanare.

“Volevo solo parlare con lei, l’avevo avvisata che sarei ricomparsa.” Cercò di farlo ragionare Rose.

“E io l’avevo avvisata di non farlo!” Tuonò quello scendendo le scale e attraversandola. Rose avvertì i consueti brividi ma lo seguì. O almeno ci provò, perché un gradino cedette sotto il suo peso e si ritrovò quasi incastrata nella scala. Con la bacchetta si aiutò a liberarsi, mentre Durward, sentendo il frastuono, era tornato indietro a vedere cosa fosse successo. “Non pensa che le converrebbe uscire? Questa casa non fa per lei.”

“Mi sembra evidente che io non rinuncerò così facilmente.” Gli fece notare Rose liberandosi.

Il fantasma si allontanò indispettito, mentre la ragazza lo seguiva determinata. “Posso chiederle perché ha deciso di rimanere qui?”

Uno scatto secco nella mascella dell’altro avvisò Rose che quello era un punto delicato, come immaginava lo fosse per tutti i fantasmi.

“Ho saputo della vicenda con gli abitanti del villaggio, mi hanno raccontato la leggenda che circola su questo posto. Mi dispiace per i fastidi che avrà dovuto sopportare sua moglie.” Provò ad ammorbidirlo la ragazza.

“Mia moglie?” Chiese il fantasma voltandosi con sguardo truce “Mia moglie, dicono!” Fece scoppiando a ridere. Si avvicinò al divano e sembrò ricordarsi all’ultimo minuto che lo avrebbe semplicemente attraversato.

“Non era sua moglie?”

Durward la fissò, con sguardo truce, prima di sollevarsi fino al soffitto e sparire nelle stanze al piano superiore. La ragazza tornò sui suoi passi e su quelle scale, riuscendo stavolta a non inciampare, nonostante la foga.

Con un rapido calcolo, aprì la porta di quella che le sembrava la stanza sopra il salone e venne investita da un fiotto di luce. Lì le assi erano state tolte dalle finestre e gettate in un angolo. La stanza era completamente spoglia, se non per un cavalletto al centro, che sosteneva un quadro. L’unico non strappato di tutta la casa, registrò Rose.

Durward era davanti a quella tela, con lo sguardo sofferente. I suoi occhi grigi parevano mandare bagliori e quasi scintillare di lacrime represse.

La ragazza si avvicinò per osservare il dipinto e constatò che era un ritratto: ricambiavano il suo sguardo due occhi scuri, quasi spaventati, che sembravano in procinto di nascondersi sotto le palpebre. I suoi capelli corvini erano sciolti in morbide onde, che terminavano oltre il bordo del quadro, con le quali si confondeva una collana d’oro che reggeva un piccolo medaglione. Vi era incisa quella che a Rose sembrò una foglia.

Non ebbe il tempo di osservare il dipinto nei più piccoli particolari, perché si rese conto del dettaglio più importante “Non si muove! È un dipinto Babbano!” Constatò davanti a Durward.

“Ho voluto fosse immobile.” L’uomo si voltò verso le finestre, come se non riuscisse più a sopportare la vista di quella donna.

“Dunque questa sarebbe… La donna che al villaggio dicono sia stata sua moglie?” Rose, mentre parlava, riuscì a mettere a posto i pezzi. Arretrò sensibilmente, andando a urtare lo sgabello su cui aveva probabilmente lavorato il pittore. “Era una Babbana… È morta? L’hanno uccisa sul rogo?” Chiese portandosi una mano alla bocca.

La barba di Durward si mosse impercettibilmente mentre quello fissava la collina e il suo verdeggiare oltre le finestre. Rose si chiese come potessero esserci degli uccelli che cantavano sull’albero lì fuori, mentre dentro l’atmosfera le sembrava irrespirabile.

“No” scandì infine l’uomo “Ma l’ho persa.”

Rose tornò a respirare e si aggrappò allo sgabello, che rimise in piedi. Vi si sedette. “Dunque, non è morta come dice la leggenda?”

“Qualcuno l’ha salvata. Qualcuno che sapeva che lei non era una strega, qualcuno che vorrei aver conosciuto, per ringraziarlo adeguatamente.” Durward si prese la parte superiore del naso tra due dita e chiuse gli occhi, perso in qualche ricordo.

Rose non seppe cosa dire per un lungo momento. Tornò a fissare gli occhi su quella donna, che pareva colta in un momento di triste dolcezza. Gli occhi erano miti e increspati agli angoli, come se cercasse di trattenere un sorriso e rughe sottili partivano nella zona delle tempie per essere poi riprese nella bocca e in una generale ruvidezza del viso. Se il pittore aveva fatto un buon lavoro, guardando il quadro da vicino, era evidente che quella non fosse una nobildonna. In effetti, anche il gioiello era l’unica cosa preziosa: il corpo della donna vestiva, per quanto se ne poteva dedurre, di una camiciola grezza e non rifinita, addirittura qualche filo sfuggiva alla sua trama, risaltando, almeno a un’occhiata approfondita, sullo sfondo scuro.

Non ebbe il coraggio di chiedere altro a quell’uomo già distrutto, così lo lasciò ai suoi ricordi, rimandando ulteriori indagini.

*

La lunga conversazione con Albus aveva lasciato a Tyra una generale sensazione di straniamento: le pareva che tutto attorno a lei fosse diverso dal solito, trovava fuori posto Albus in quell’ufficio, a cui associava la sua quotidianità. Ora, cercando di riordinare i fogli nel suo angolo di scrivania, cominciò rapidamente a realizzare che lui era stato lì e che avrebbe anche potuto incatenarlo alla sedia ed impedirgli di uscire per almeno qualche ora. Forse poi avrebbe dovuto aver a che fare con la polizia… I Ghosts (e soprattutto il loro batterista) avevano questa tendenza a farla retrocedere al suo stato di quindicenne: d’altronde li aveva conosciuti proprio a quell’età, in un brutto periodo.

Sorridendo, poggiò un attimo la testa fra le mani, per rialzarla subito e cominciare a lavorare seriamente. Traspose al computer le domande e cominciò a riascoltare le relative risposte, che erano state opportunamente registrate. Cercò di radunare le informazioni che aveva ricevuto in base all’argomento e stabilì che il corpo centrale del pezzo avrebbe riguardato la vita quotidiana della band, con forte accento sulle prove nel garage dei nonni. Chissà, forse qualche anziano della zona avrebbe capito di poter promuovere buona musica.

Dal momento che l’intervista si era svolta in un clima così rilassato, occorreva farlo avvertire anche ai lettori e Tyra pensò che non sarebbe stato difficile. Era inutile accennare ai familiari, poiché le informazioni che aveva non erano sufficienti e non potevano essere integrate con note di redazione, in quanto anche la rete pareva ignorare i componenti della famiglia Evans.

Presa com’era, rialzò lo sguardo dal suo lavoro solo un’ora dopo. Sobbalzò, rendendosi conto che suo padre le aveva chiesto, quella mattina, di occuparsi del pranzo e in un lampo fu fuori dall’ufficio.

A passo di marcia percorse la piazza e, mentre stava per vederla scomparire dietro a un muro di mattoni, si accorse di un particolare che non avrebbe dovuto essere lì: Albus Evans, semi-nascosto da quella che aveva l’aria di essere una grande mappa della città.

Cercando di calmare il fiatone, dovuto alla corsa, Tyra gli fece capolino, scostando tutta quella carta. “Ah, sei tu!” fece quello sgranando gli occhi verdi abbassando il foglio.

“Ti sei perso?”

“Non è così grave come sembra. So benissimo di essere a Thornhill, magari ho qualche difficoltà ad orientarmi all’interno ma è tutto sotto controllo. Perché siamo ancora a Thornhill, vero?” Terminò con un luccichio di panico. Tyra glielo confermò con un cenno del capo. “Quindi se controllo metodicamente tutte le strade arriverò alla mia meta” Concluse soddisfatto “Da Nord a Sud o da Est a Ovest? Che poi… Dov’è il Nord, su quest’affare?” Le chiese sventolandole la mappa sotto il naso.

“Dimmi dove devi andare, ti accompagno.” Disse Tyra, rassegnata. In fondo suo padre poteva anche saltare il pasto per quel giorno.

“Alla panetteria”

“Ma è chiusa, all’ora di pranzo.” Gli fece notare lei.

Quello rispose alzando le spalle “Non ci devo mangiare!”, come se fosse la cosa più naturale del mondo.

Tyra, considerando che il locale era fin troppo vicino, prese una serie di stradine secondarie, che le avrebbero consentito almeno una manciata di minuti. “Non c’è molto da vedere in questo villaggio, sicuramente la vita cittadina a cui sei abituato è molto più movimentata.”

“Dici le risse tra ubriachi? Quelle sono divertenti, almeno finché non cercano di spaccarci in testa uno strumento. O di spaccarlo in generale: la tipologia dell’ubriaco gentile lo vuole solo gettare sul pavimento.”

“Capitano spesso?” Chiese Tyra, indicandogli nel frattempo il campanile della Chiesa locale. Non poteva fare a meno di sperare lui decidesse di ritornare.

“Soprattutto quando abbiamo iniziato: la gavetta passa per locali piuttosto squallidi. Ora possiamo permetterci di rifiutare qualche incarico.”

“Credo di avervi visto in uno di quei posti, la prima volta che vi ho ascoltati” Si lasciò sfuggire lei.

“Quanto tempo fa?”

“Cinque, sei anni fa. Avevo quindici anni.” Rispose Tyra, come se potesse dimenticare quanto tempo era passato da quando aveva sbattuto la porta di casa in faccia a suo padre.

“E una carta d’identità falsa.” La distolse l’altro, con un ghigno.

“Anche” Concesse.

Albus scoppiò a ridere “Te ne sei procurata una solo per venire a sentirci?”

“No, ero lì per caso. Ho anche maledetto il locale perché organizzava la musica dal vivo, creando troppa confusione. Volevo proprio stare da sola.” Ammise, quasi vergognandosene: era la verità, ma forse effettivamente non era il caso di raccontarla proprio a lui.

Ma il batterista sembrò prenderla bene. “Eravamo agli inizi, suonavamo d’estate quando non eravamo a scuola. Louis era entusiasta di mostrare i suoi pezzi sguainando la chitarra e attirare ragazze. Ora ha smesso.”

“La prima o la seconda cosa?”

“La prima, ovviamente.” Ammiccò Albus, alzando la testa e notando l’insegna del fornaio. “Da qui dovrei… Cercare una cancellata rossa e svoltare per la via a cui fa da angolo” Lesse su un pezzo di carta appallottolato.

“Proseguiamo” lo incoraggiò Tyra. Il caso li stava guidando proprio nella strada dove abitava Rose, quindi si chiese distrattamente se potesse sentirsi abbastanza in confidenza da auto-invitarsi da lei per pranzo. Ora che ci pensava avrebbe anche dovuto farsi perdonare per il poco tempo che le aveva dedicato in quei giorni, ma quello non era il momento di riflettervi, poiché si era assunta l’onere di accompagnare un ragazzo che non sapeva nemmeno tenere tra le mani una mappa. “Questa zona conta per lo più case. Sei sicuro di doverti incontrare qui per il tuo appuntamento?”

“Sì, sto andando a casa di mia cugina e se lei ha scritto così è giusto.”

Tyra rimase un attimo sconvolta dal fatto che, nel suo stesso villaggio, abitasse la cugina di Albus Evans. Quante volte, mentre ascoltava o canticchiava i Ghosts, le era stato chiesto chi fossero? Avrebbe potuto andare a consolarsi da questa signora, magari le avrebbe anche offerto un thè, se aveva lo stesso carattere aperto del ragazzo, e avrebbe riconosciuto subito le canzoni. Perché Albus gliele aveva insegnate, era ovvio. Decisamente il batterista non sapeva che errore stesse facendo, mostrandole quella strada: l’avrebbe setacciata tutta, porta a porta se necessario.

Avevano appena superato il portone di Rose, quando un movimento da quella direzione attirò l’attenzione di Tyra: vide l’amica correre fuori di casa e osservarli, scoppiando a ridere. A quel suono anche Albus si voltò: “Volevo dare un’occhiata al paesaggio, non avevo certo dimenticato di guardare i numeretti, devi credermi.”

Rose si precipitò giù dai pochi gradini e Tyra rimase ad osservarla basita, mentre gettava le braccia al collo di Albus, che cominciò a tirarle i capelli per ripicca. Quando lo lasciò andare, fu lui a voltarsi verso la bionda “Te l’avevo detto che le istruzioni erano giuste.”

“Ti ha importunata molto?” Si informò Rose, decisamente pronta a tirare qualche pizzicotto al cugino in caso di risposta affermativa.

“È parte del suo lavoro, l’assicurarsi che l’intervistato non si perda.” Puntualizzò Al.

A quella rivelazione gli occhi della mora parvero illuminarsi e si spostarono rapidamente tra l’uno e l’altra. “Salite a mangiare qualcosa?” Chiese con un sorriso.

Tyra fece un impercettibile cenno del capo, quando si accorse che gli altri due attendevano la sua risposta. Le sue gambe si mossero al rallentatore, solo quando gli altri due erano ormai distanti qualche metro, ma non potè esimersi dal notare la scioltezza con cui Albus passò una braccio sulle spalle di Rose (sua cugina, per tutti i quadrifogli!) per sussurrarle qualcosa all’orecchio. Come non potè trattenere un moto di stizza.

Gliene aveva parlato! Rose sapeva benissimo chi doveva intervistare e quanto le piacesse quel gruppo! Perché non le aveva mai accennato che li conosceva, che era loro parente? Diamine, non era un fatto da poco. E lei aveva continuato a sproloquiare, temendo pur sempre di infastidirla perché Rose non sembrava proprio avere nella testa la band. Ed erano quasi tutti suoi parenti!

“Devo andare a casa a preparare il pranzo per mio padre.” Replicò asciutta, ancora sulle scale, mentre Albus le teneva aperta la porta dell’androne.

Rose ebbe la compiacenza di mostrarsi sorpresa “Ci vediamo oggi pomeriggio?” Chiese con quel luccichio che aveva assunto prima. Si divertiva, ad averla presa in giro!

“Oggi non posso. Magari domani, ti chiamo. Ciao!” Un unico cenno bastava per entrambi, riflettè Tyra, tornando sui suoi passi.

Rose fece cenno ad Al di seguirla e lo condusse in casa. “Ti ho sistemato la sala da pranzo, intanto non la uso: mangio sempre su quel tavolo” gli disse indicandogli il mobile vicino al grande divano blu. “Ti mostro le altre stanze”.

Ma Albus sembrava di parere contrario; fece il giro del bancone della cucina e, all’ultimo, cambiò direzione verso la porta a vetri che dava su un piccolo balcone. Aprì con decisione e si mise a guardare giù, rischiando quasi di cadere di sotto.

“Sì, abita lì” Puntualizzò Rose con un sospiro.

Il cugino si guardò attorno e, preso un secchio, lo riempì d’acqua con la bacchetta. Rovesciò il suo contenuto nel giardino sottostante.

“Adesso sì, che sono arrivato!” Proclamò trionfante “Che la guerra abbia inizio!”

Un’imprecazione non molto soffocata risuonò nell’aria calda.

 

 

 

Capitolo un  po’ in ritardo ma c’è, ringraziate l’amica che parte per le vacanze e a cui lo volevo postare XD

Momenti d’oro aspettano Scorpius, che adorerà Al (almeno quanto Tyra)

Ho aggiornato l’album di facebook con gli altri membri della band, a parte Fred perché ancora non è stato trovato. Quindi torno a lasciarvi il link https://www.facebook.com/lutea.eos.3/media_set?set=a.1525933530968466.1073741833.100006555012095&type=3

E colgo l’occasione per ringraziare tutti coloro che stanno leggendo questa storia, siete molto importanti.

A presto e buone vacanze, a chi ha viaggiato, a chi viaggerà e a chi non viaggerà!

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Capitolo 6
*** Confessione ***


Quando Rose si svegliò quella mattina, avvertì un vago senso di benessere, come se avesse passato la notte a sorridere. La sensazione durò poco, perché un forte fracasso proveniente dall’ingresso le fece presupporre che un estraneo fosse entrato in casa: mentre si slanciava nel corridoio, ciabattando ma armata di bacchetta, rischiò di inciampare in un calzino solitario e solo in quel momento ricordò di stare ospitando Al.

Con ancora in mano il solitario indumento, si affacciò sulla sala e trovò il suo ospite intento a battere il manico di una scopa sul pavimento. “Perché?” Si limitò a chiedere, rassegnata, dirigendosi verso la penisola della cucina.

“Gli sto dando la sveglia” Ribadì il concetto Al con un altro paio di colpi “Ora posso tornare a dormire, buonanotte” la salutò con un cenno e uno sbadiglio.

Rose ridacchiò ancora per parecchio, dopo che la porta della sua sala da pranzo, improvvisata nuova camera da letto, si fu chiusa. Ora che poteva godersi quelle piccole “attenzioni” che suo cugino riservava a Scorpius, le situazioni erano molto più divertenti. E poi, a quell’ora Malfoy era sicuramente già sveglio.

*

Quando Tyra bussò alla porta di Rose quel pomeriggio, come si era accordata con la ragazza, sentì un gran tramestio accoglierla, mentre i cardini ruotavano e le rivelavano un Albus piuttosto trafelato, che la tirò dentro casa senza troppe premure. Vedere il suo batterista in una comoda tuta, con i piedi scalzi ma i soliti capelli scarmigliati, la fece rimanere un attimo basita, ma la mano calda di lui, poggiata sulla schiena, la guidò in salotto, dove la aspettava la cugina.

Rose era seduta a gambe incrociate e si aggrappava con le braccia allo schienale imbottito, facendo ondeggiare tra le mani un blocco per appunti: “Ho delle domande da farti!” Esordì infatti.

“Sentiamo!” Si intromise Albus, accomodandosi sul bracciolo del divano, le gambe penzoloni.

“Mentre Al mette a posto la sua camera!” Lo cacciò Rose, allargando gli occhi.

“Il mio piccolo problema…” Fece quello alzandosi con un colpo di reni “Devo assentarmi. Dolci pulzelle, urlate in caso di pericolo generico e lanciate maledizioni per quello proveniente dal piano di sotto.” Con un sorriso si congedò, chiudendo la porta con un gesto teatrale.

“Ormai è entrato in guerra” Rose informò Tyra, mentre apriva il suo taccuino. Poi parve ripensarci e lo accantonò, aperto, capovolgendolo sul suo ginocchio. Ammiccò alla porta chiusa vicino a loro “Allora era Al, il membro del tuo gruppo preferito?” Chiese con un sorriso.

“Come sapevi fin dall’inizio” Si lasciò andare Tyra.

Rose parve colta in contropiede e riflettè un attimo “Mi avevi detto come si chiamava?”

“Ti avevo detto il nome, sì! Mentre ti portavo a vedere quell’antica casa!” Sbottò l’altra fissandola negli occhi.

Rose sbatté le palpebre un paio di volte, per poi fare una smorfia con la bocca “Temo di doverti confessare di non averti ascoltata: ricordo quella passeggiata e in realtà stavo cercando di capire perché Malfoy si fosse trasferito qui” Rose chiese scusa.

Tyra ebbe voglia di tirarle un cuscino in testa, poi di rivolgerlo contro se stessa. Alla fine optò per un rassicurante sorriso di scherno: forse avrebbe dovuto continuare a fidarsi del suo primo istinto, che le aveva dipinto una ragazza semplicemente imbranata. O forse no. “Cosa volevi chiedermi?”

Rose capì che non era il momento adatto per parlare di Al e riafferrò il taccuino. “Mi interesserebbero le leggende locali, le conosci bene?”

“Ce n’è qualcuna di ambito magico, in effetti…” Rose impugnò la penna, pronta ad annotare. “Forse la principale riguarda proprio il cimitero: la notte gli spiriti degli assassinati volteggiano nei loro sudari, accompagnati da grida strazianti con cui maledicono chi non li ha protetti. Tra questi lamenti il più straziante è quello di un bambino, che siede sulla tomba del padre.” Rose aveva addirittura rinunciato a prendere appunti, perché una storia così non aveva bisogno di aiuti per essere ricordata “Per molti anni nessuno ha avuto il coraggio di avventurarsi in quel luogo la notte, finché una donna non si attardò a sistemare dei fiori e, dopo aver visto l’orrendo spettacolo, svenne: fu ritrovata la mattina dopo dal curatore.”

Forse, se anche i Babbani non potevano vedere i fantasmi, i loro lamenti potevano comunque essere avvertiti, ipotizzò Rose. Anche se non era così sicura che qualche anima avrebbe scelto come sua dimora per la vita un cimitero, Babbano per di più. “Mi piacerebbe visitarlo” Commentò infine.

“C’è qualcosa che ti spaventa?” Le chiese Tyra, ironica. “Entrare in un vecchio castello abbandonato, in un cimitero…” Cominciò a contare sulle dita.

“Il coraggio non è mai stato un problema” Arrossì Rose “però se non vuoi accompagnarmi va bene, basta che tu mi indichi la via.”

“Non credo che nemmeno tu vorrai visitarlo, se mi lascerai finire il racconto.” Le sorrise “Il fatto richiamò un folto pubblico e addirittura un cacciatore di fantasmi. In breve si scoprì che, durante la notte, specialmente quelle di nebbia, le luci dei treni che passano tra i campi vengono riflesse dai vetri di un grande capannone, creando questi giochi di ombre. Il fischio della locomotiva, in lontananza, si è trasformato nella voce di questi ectoplasmi e la leggenda si è costruita.” Spiegò Tyra semplicemente.

Rose finì di ascoltarla con la bocca semi aperta. Se ne accorse e appuntò velocemente qualche dettaglio, facendo ripetere all’amica la spiegazione logica che i Babbani avevano trovato, per poi archiviare la leggenda con una dicitura a lettere maiuscole, per ricordarsi che quel “mistero” non era più tale nemmeno per il popolo non magico. “E invece del vecchio castello sulla collina cosa sai dirmi? In biblioteca mi hanno accennato qualcosa.” Spiegò Rose, catalogando rapidamente le informazioni che aveva avuto direttamente da Durward e che quindi non poteva rivelare all’altra.

“È una storia molto antica: risale a parecchi secoli fa, quando la caccia alle streghe era all’ordine del giorno. Uno dei servi di quella casa accusò una donna di essersi lasciata corrompere dalla magia oscura, ci fu un processo e venne condannata”

“Chi era quella donna?” La interruppe Rose.

“Una del villaggio, o almeno credo. Purtroppo la sua storia serve solo a spiegare i misteriosi fenomeni di cui era protagonista quella casa, per cui nessuno vi ha mai dato molto peso”.

“Grazie” Disse Rose, scoraggiata. Evidentemente la versione conosciuta dai Babbani poteva aiutarla solo fino a un certo punto e da lì avrebbe dovuto intervenire con Durward, a patto di convincerlo a parlare. Si invitò a non demordere. “E che cosa succede in quella casa?”

“Si dice che vi abiti un fantasma, probabilmente già all’epoca del rogo.”

Rose ebbe un’improvvisa illuminazione, dettata anche dal desiderio di farsi perdonare l’equivoco del giorno prima “Mi ricordo! Mi avevi detto di averlo visto, dietro la tenda!” Proferì, indicando Tyra con il suo piccolo blocco. “Avevo pensato che qualche leggenda ti avesse influenzata.”

“Non posso negare con sicurezza” Confessò lei “Era come se si trattasse di un’impronta, non di un corpo vero e proprio. Non saprei elencare nemmeno dei tratti precisi, solo una lunga barba e mani nodose.”

Dei tratti che, in effetti, erano propri di Durward. Rose scosse energicamente la testa: era impossibile che Tyra lo avesse visto. “Cosa succede nella casa?”

“In realtà da molto non ci sono fatti accertati, anche qui si parla di leggende, che si protraggono nei secoli dal suo abbandono. Sostanze non conosciute che provocavano strani fenomeni cominciarono a riversarsi nelle acque dei dintorni, voci che provenivano dalla villa quando nessun calesse o persona era stata vista salire, anche una serie di forti urla.”

“Beh, l’acqua scende, non è forse vero?” Chiese la voce di Albus, poggiato allo stipite della porta.

“Illuminaci, Al.” Lo pregò sua cugina.

“Tu abiti sopra il costipato, giusto? Non deve essere troppo difficile mandargli giù dell’acqua un po’, diciamo, modificata; non trovate?”

Tyra ci mise qualche secondo a realizzare che stava parlando del ragazzo biondo, Malfoy, il grande amore di Rose, che ora la ragazza però diceva di aver cancellato. In effetti le aveva accennato che i rapporti tra lui e Al non fossero buoni e, anche se all’epoca non poteva immaginare chi fosse suo cugino, gli aveva subito dato ragione: benché Rose le avesse raccontato la storia solo per sommi capi era evidente che i suoi sentimenti erano a senso unico e le stavano facendo del male. Ora era anche troppo facile appoggiare Albus. “Avevo anche proposto di dipingergli la porta con il colore che più odiava ma lei” fece indicando l’amica “non voleva e ha finto di non sapere quale fosse.”

“Ottima idea!” Gioì invece Albus, piantando i gomiti sullo schienale del divano, tra le due ragazze “Lo so io: è il rosso. Procuriamoci la vernice e facciamolo.”

“Non ne sei sicuro!” Lo colpì Rose con il taccuino.

Lui la allontanò con un gesto della mano e si spostò, come per ricevere protezione dall’altra ragazza “Non puoi dire che è un colore che gli piace.”

La cugina sbuffò e chiuse finalmente il suo blocco, mentre Albus riprendeva a parlare “La mia cuginetta mi ha detto che anche a te il suo rapporto con Malfoy non va molto a genio”

Rose si appoggiò affranta allo schienale “Ti ho già detto che non c’è più nessun rapporto”

“Non era adatto a lei, mi è sembrato dai suoi racconti” Precisò Tyra.

Al assunse un’aria trionfante, in quanto la ragazza aveva appena confermato che tutti coloro che erano a conoscenza del “problema” di Rose ritenevano che non si potesse risolvere, se non con un taglio netto. Finalmente se ne era accorta anche la diretta interessata. “Allora, chiodo scaccia chiodo. Andiamo a conoscere i ragazzi di questa città!” Risolse lui alla fine, saltando sul divano.

“O anche di fuori, non importa…” Precisò Tyra, guardando Rose, che colse l’allusione e si affrettò a spiegare “Crede che io e Flitt possiamo funzionare. Per favore, spiegale che non può essere”, gesticolò in modo convinto verso Al, che, d’altro canto, aveva strabuzzato decisamente gli occhi.

“Perché c’è anche lui? Viaggiano sempre in tandem, lui e il costipato?”

“Anche a scuola?” Si informò Tyra.

“Per quanto Malfoy sopportasse di avere qualcuno di vicino, quel qualcuno era Flitt. O uno stormo di ragazze pigolanti, ma loro erano passeggere: scappavano in poco tempo, dopo aver avuto prova dei suoi modi galanti. Non che io abbia mai capito perché ci si avvicinassero…

“Per il mio stesso motivo, Albus” Sospirò affranta Rose, con l’aria di chi ripete un discorso per l’ennesima volta.

“Problemi di vista, ho capito! Ma Madama Chips avrebbe potuto sicuramente aiutarvi… Era l’infermiera!” Spiegò con un sorriso a Tyra.

“Forse anche uno psicologo sarebbe stato utile” Lo appoggiò Tyra.

Rose si alzò in piedi, afferrando la giacca sulla poltrona di fronte a lei “Voi due potete continuare a fare comunella, ma io ho delle indagini da portare a termine. Tyra, se mi cerchi sono nella casa in cima alla collina. Albus, se mi cerchi, chiedi a Tyra di accompagnarti.” Afferrò anche il taccuino e lo mise nella borsa, che andò a recuperare dalla sua camera. Quando tornò, trovò il ragazzo che armeggiava con la credenza, da cui tirò fuori un bicchiere.

Gli fece scorrere sul bancone la bottiglia dell’acqua, mentre finiva di annotare la cintura della sua giacchetta. “E se vuoi uscire, assicurati di non perderti!” Rincarò la dose.

*

Al seguì con lo sguardo la cugina mentre si chiudeva la porta alle spalle, sperando che non incontrasse la sua nemesi personale. Inconsapevolmente si avvicinò all’ingresso, pronto a cogliere qualsiasi battuta sarcastica e si rilassò solo quando avvertì il portone aprirsi e richiudersi. A quel punto poteva tornare a concentrarsi sulla sua attività notturna… O forse no, aveva quasi dimenticato Tyra. Si girò e la sorprese a fissarlo. Ma in quella sperduta cittadina doveva proprio trovare una sua ammiratrice? Si chiese, stampandosi in faccia un sorriso. Rose aveva già abbastanza problemi e si supponeva lui fosse lì per risolverli, o almeno per supportarla, non per aggiungerle i suoi.

D’altronde i suoi spartiti potevano forse aspettare, mentre tornava a dare il tormento al costipato al piano di sotto. Tyra era d’accordo con lui su questo punto, quindi poteva aiutarlo. “Dove possiamo trovare della vernice rossa?” Le chiese issandosi su un alto sgabello.

“C’è un negozio un paio di strade più avanti”

Al interpretò il suo tono dubbioso “Non ti coinvolgerò, sta’ tranquilla: è una faida personale.”

“Veramente pensavo a come attirarlo fuori di casa.”

Al tamburellò pensieroso con le dita sulla stoffa della sua tuta. Quell’apatico damerino non veniva scosso da nulla, cosa avrebbe potuto spingerlo fuori di casa? Bisognava turbare la sua tranquillità.

Fece un cenno allegro di vittoria a Tyra e si precipitò in camera, avendo cura di chiudere bene la porta. Procedendo a tentoni tra gli spartiti su cui aveva lavorato quella notte individuò il profilo della sua bacchetta e la estrasse. Materializzò rapidamente un buon amplificatore, direttamente dal garage Weasley.

Lo trascinò verso la porta e lo spinse in salotto. “Sei un genio” Commentò Tyra alzandosi per aiutarlo. Con il suo aiuto rapidamente lo sistemò sul balcone. La ragazza si sporse nel vuoto, per trillare con aria allegra “Ha le finestre aperte!”

“Sarò epico” sentenziò Al, avvertendo già la vittoria in tasca. Si prese qualche momento per consultare il suo archivio musicale e capire cosa sarebbe potuto essere più traumatico per il costipato. Magari anche qualcosa che trasmettesse un messaggio… Trovò rapidamente una canzone adatta. Regolò il volume in modo da non spaccare nessun vetro, o Rose lo avrebbe ucciso, e fece partire la canzone. Raggiunse all’interno Tyra, che si stava arrotolando un ricciolo al dito, e diede un pesante strattone ai vetri, chiudendoli con un gran tonfo, attutito dalla musica.

“Esemplificativa” Commentò lei quando riconobbe la melodia.

“Ci voleva un messaggio chiaro e non fraintendibile.”

“Non mi aspettavo Lily Allen sul tuo lettore però.”

“Ho molte canzoni commerciali sul mio lettore: servono a esasperare le persone. O a farle ballare facilmente; Louis le odia ma a volte lo abbiamo costretto a suonarle. Da quando per ripicca ha cambiato ritmo a metà di una canzone però non l’abbiamo più fatto.”

Tyra spalancò gli occhi “Dobbiamo abbatterlo con una scopa!”

“Non mi pare il caso” Disse Al, prima di accorgersi che fissava la portafinestra a qualche metro di distanza, oltre la quale si snodava un serpente.

“Ha mira. Glielo riconosco.” Borbottò il ragazzo prima di chiedere a Tyra di andare a cercare un’arma, indicandole lo sgabuzzino nel corridoio. Non appena fu sparita, tirò fuori la bacchetta e pietrificò l’animale. Uscì sul balcone per ributtarlo nel giardino di sotto, quando si rese conto che mancava una bacchetta della ringhiera. “Trasfigurazione: una guerra in cui non si risparmiano i colpi.” Pensò ritrasformando il rettile.

*

La casa faceva risaltare il grigio pallido del cielo, sottolineandolo con la sua pietra scura. Rose come al solito entrò spingendo piano la porta e chiamando il fantasma, mentre i suoi occhi si abituavano all’oscurità. Dall’esterno nessuno avrebbe mai pensato a un luogo così tetro: si decise ad accendere la bacchetta e a cercare i candelabri che aveva intravisto nella sala durante le sue precedenti spedizioni. Quando ne ebbe accesi abbastanza da dare una forma a tutti gli oggetti, Durward le si mostrò.

“Sei tenace” Le comparve alle spalle, facendola sobbalzare.

“Mi interessa la tua storia e non credo che tu abbia l’occasione di raccontarla a molti.”

“A cosa servirebbe?” Fluttuò lui vicino al caminetto, contemplando le tele strappate tutto intorno. Rose si avvicinò e le riesaminò a sua volta “Chi le ha ridotte così?”

“Io. E lo rifarei.”

Rose lentamente ne toccò una, saggiando uno dei brandelli in cui era ridotta “Chi erano?”

“Coloro che volevano essere la mia famiglia. Io li distrussi.”

La semplicità di quelle affermazioni mise i brividi a Rose che guardò Durward da sotto in su. L’uomo sembrava più luminescente del solito, mentre scrutava torvo quelle cornici; forse erano i riflessi delle candele a renderlo così. Cercò di ricordarsi che i fantasmi non potevano danneggiarla più di una doccia fredda. “Perché sei rimasto qui come fantasma?”

Apettavo…

“Cosa?”

“Una persona che non arriverà più, ma dovevo essere sicuro di aver fatto tutto il possibile.” Rose si voltò verso di lui, trovandolo con lo sguardo rivolto al piano superiore. “Lei?” Chiese riferendosi alla donna ritratta al piano superiore. Durward non rispose.

La ragazza volle tornare ad osservare il dipinto, quindi si allontanò piano da lui e si diresse verso le scale. Non le aveva ancora salite completamente quando avvertì la porta d’ingresso aprirsi. Con la mano fu pronta ad estrarre la bacchetta, per poi ricordarsi che poteva essere Tyra o un qualunque babbano. Scese quei pochi gradini che aveva percorso, attenta a saltare quello fallato, dirigendosi nell’ingresso: lì si trovò faccia a faccia con Scorpius.

“Weasley, sei una persecuzione!” Sbottò quello squadrandola.

 “Conosci questa ragazzina?” Si intromise Durward e Rose ricordò che era stato proprio il ragazzo di fronte a lei a rivelarle il nome del fantasma. Quello si strinse nella giacchetta di pelle, con gesto sdegnoso, e spiegò “Un vecchio stress dai tempi della scuola”

“Mi trovo nella tua stessa situazione” Gli fece notare Durward.

“Ero venuta per parlare con te ma se preferisci la compagnia di Malfoy vi lascio soli” Proferì Rose incamminandosi verso le scale. La sua indagine andava portata a termine e la sua curiosità chiedeva di essere soddisfatta, almeno rivedendo quel ritratto; da sola avrebbe anche potuto osservarlo meglio. Trovò senza difficoltà la stanza del dipinto  e constatò come non fosse cambiato nulla dall’ultima volta. Rose si chiese da quanto tempo il ritratto dovesse essere su quel cavalletto. Toccò la superficie del dipinto, resa ruvida dalle pennellate più corpose, che disegnavano i capelli e le ampie superfici del viso. Dunque quella era la donna che Durward avrebbe continuato ad aspettare per secoli, ormai consapevole che non sarebbe mai tornata, fuggita da quel paese per sottrarsi al rogo. Forse anche lui avrebbe voluto fuggire con lei.

Dal pavimento emerse l’oggetto delle sue elucubrazioni “Quella che doveva essere la mia famiglia non gradiva il veder insozzato il proprio sangue da una come lei. Misero in giro facilmente voci sulla sua stregoneria e mandarono un altro dei servi a denunciarla.”

Lo sguardo di Rose andò a seguire il profilo filiforme del collo della donna, fino a quando non si perdeva nella stoffa scomposta della camicia. “Sei rimasto qui da allora?”

“Ho sempre sperato che un giorno sarebbe tornata. Sono convinto che l’avrebbe fatto, se gliene fosse stata data la possibilità.”

Rose notò la figura di Scorpius appoggiata allo stipite “Spesso l’amore non va come vorremmo.”

“Io non sapevo cosa volevo, finché la sua presenza non l’ha reso evidente. È sempre stata nella mia vita e non l’ho capito per molto tempo.”

“Sono sicura che tu l’abbia resa felice: si sente quanto la ami” Commentò Rose in tono sommesso, fissando gli occhi della donna, pervasi da una luce soffusa, come un luccichio che a tratti sembrava abbagliarli.

“Le ho anche fatto male, trattandola secondo quelle che credevo regole, chiuso nell’arroganza.”

“Hai provato a cercarla?” Chiese Rose, lasciando cadere l’argomento: il ricordo dei suoi sentimenti per Scorpius era ancora troppo vivido.

“Ovviamente aveva fatto perdere tutte le sue tracce.”

“Come si chiamava?”

“Elisabeth” Rose lo sentì assaporare quel nome.

“Ti prometto che farò anch’io delle ricerche” riprese grintosa Rose “forse in questa caso il tempo ci può aiutare: non c’è più motivo di nasconderla.” Gli sorrise incoraggiante, prima di riprendere il suo taccuino e annotare il nome.  “Hai qualche suo oggetto per cercare di eseguire un incantesimo? Qualcosa a cui era molto legata?” In realtà Rose non era assolutamente sicura che quel tipo di connessione potesse funzionare anche con una babbana ma bisognava provare.

“Qui di lei non c’è nulla, solo il suo profumo sulla mia biancheria e sui miei abiti. Avevo già provato a eseguire degli incantesimi ma non avevano funzionato.”

Rose chiese di poter vedere quegli oggetti. Durward la precedette nel corridoio, facendo scansare Scorpius. Anche Rose gli passò vicino, mentre lui la guardava corrucciato. “Non fare la Grifondoro, Weasley” le intimò piano accodandosi al gruppo “tieni il tuo posto.”

Rose sentì ancora una volta montare la rabbia contro quell’insensibile Serpeverde, ma ormai non aveva alcun motivo per starlo a sentire: seguì Durward a passo deciso, con l’istinto di sbattere la porta dietro di sé. Decise invece di concentrarsi sulla massiccia cassettiera scura vicino alla quale si era fermato il fantasma e, dopo aver acceso il candelabro della stanza, la aprì, notando le maniglie lucide. Riuscì a far scorrere il cassetto con una certa difficoltà e notò una serie di panni ingialliti. Cominciò a prenderne qualcuno, le cui parti più deboli, come i pizzi, le si sgretolarono in mano; nonostante ciò riuscì a riconoscere il disegno di abiti confrontabili con quelli indossati dall’uomo, che li osservò con rammarico “Elisabeth li rendeva splendenti.”

“Per quanto avete vissuto insieme?” Chiese lei cercando di ripiegarli. Lo sguardo le cadde sullo specchio sopra il cassettone da cui, tra la polvere, intercettò gli occhi allucinati di Scorpius: li ignorò, voltandosi a fissare il fantasma che, silenzioso, pareva molto concentrato sul baldacchino al centro della stanza.

“Andiamo via, prima di venire contagiati da chissà quale malattia sopravvissuta ai secoli dentro quei cassetti. Tu forse ci sarai abituata ma io non ho gli anticorpi adatti.”

“Va’ dove ti pare, Malfoy” gli rispose Rose secca, aprendo per ripicca un altro vano del mobile.

“Se non avessi necessità di parlare con te me ne sarei già andato.”

“Puoi parlarmi in un altro momento” sbottò la ragazza prendendo in mano un altro indumento, un probabile antenato della camicia.

“È urgente!” Tuonò imperioso Scorpius.

Rose si affrettò a trovare un accordo “Esco un attimo, sento cosa vuole il biondino e torno alla mia ricerca” spiegò a Durward mentre gli passava davanti.

Scorpius la precedette con passo sicuro fino al portico esterno. Gettandosi un’ultima occhiata alle spalle con un colpo di bacchetta spense i candelabri della sala principale. Rose volle riaccenderli ma il ragazzo glielo impedì, trascinandola per il polso fino al sentiero.

“Sei il solito arrogante! Il fatto che tu non voglia aiutare Durward non significa che anche io non debba farlo quindi ora tornerò in quella casa” mise bene in chiaro Rose allontanandosi da lui. Era terribilmente più facile non volerlo più seguire.

“Puoi solo peggiorare la sua situazione, smettila.”

“Gli sto dando una speranza.”

“Quale? Poter vedere la tomba della sua amata? È un fantasma, non può nemmeno andarsene da qui.”

Rose rimase un attimo frastornata mentre assimilava ciò che le aveva detto Scorpius: Elisabeth era sicuramente morta secoli prima e per quanto ne sapeva poteva anche non esserci più una tomba o non esserci mai stata. Dopo tutto quel tempo non era facile ricostruire la vita di una persona ma Rose sentiva che in qualche modo l’amore di Durward, che era stato ripagato, non poteva non lasciare alcuna prova tangibile; non era giusto. “Indagherò per conto mio, gli rivelerò solo eventuali risultati positivi” concluse, cominciando a scendere la collina verso l’abitato.

Ormai a metà dell’altura Scorpius camminava ancora dietro di lei: sentiva i suoi passi pesanti sulla terra battuta. All’improvviso parlò “Questo compito non ti distrarrà dal tuo eccitante lavoro? Aiutare gli altri danneggiando se stessi è uno dei motti degli stupidi che si credono utili.”

Rose avvampò, in particolare nelle orecchie “Voglio dimostrare che il loro amore era vero” Ammise, aspettandosi una risatina.

“Certo che era vero, o Durward non avrebbe disconosciuto la sua famiglia” Scorpius le si affiancò guardando dritto di fronte a sé.

“Però non credo sia giusta condannarla tutta. C’era sicuramente qualcuno che lo capiva ma magari non ha avuto la possibilità di mostrarsi.” Rose pensò alla piccola Lily, perennemente schiacciata dai suoi fratelli maggiori.

“Non è mai giusto condannare un membro di una famiglia in quanto tale. Ma questo discorso dovresti farlo al tuo clan.”

“Sono consapevoli del ragionamento” Era la prima volta che parlavano delle rispettiva famiglie e l’argomento la incuriosiva “Ti riferisci a qualcosa in particolare?”

“Alla dichiarazione di guerra di ieri sera.”

Rose sospirò “Al non ti odia perché ti chiami Malfoy. Ti odia perché sei tu.”

“Questo dovrebbe confortarmi? Non spiega nemmeno precisamente perché mi odi. L’ho sedotto e abbandonato?” La canzonò, con poca ilarità nella voce.

Rose fece qualche passo in silenzio, fino alle prime abitazioni “Tu mi piacevi e tu mi facevi soffrire, quindi Al ti odia.” Scorpius si bloccò per qualche istante, dando a Rose la conferma di aver perfettamente capito le sue semplici parole. Le guance della ragazza stavano prendendo fuoco come mai prima ma lei strinse i denti, costringendosi a mantenere l’andatura precedente, senza accelerare né rallentare.

“Per quanto tempo?” Chiese quello alla fine, tornando a seguirla. D’altronde, andavano nella stessa direzione. “Per quanto tempo?” Le chiese di nuovo, col tono che usava per fare le domande agli insegnanti.

“Sette anni” Terminò di confessare Rose, svoltando in un vicolo e complimentandosi per non aver vacillato.

Un’esclamazione poco elegante uscì dalla bocca di Scorpius “Sono tanti”

“È un complimento o un’ode alla tua stupidità?” Rose cominciò a riconoscere l’ormai familiare tetto del loro complesso. Non sapeva nemmeno se voleva abbreviare o allungare quella conversazione surreale.

“Entrambi. È interessante vedere fin dove arriva la cocciutaggine dei Grifondoro.”

“Al sarebbe pienamente d’accordo con te su questo punto” Gli fece notare Rose, provando a fargli capire che potevano anche andare d’accordo, ora.

“Non mettermi sullo stesso piano di quel pozionista negato. Forse per voi è un complimento ma non per me” Rose sbuffò, rendendosi conto subito dopo di poterlo insultare, senza rischiare di ferire i propri sentimenti. Ma ormai erano quasi arrivati e ciò le ricordò le regole di buon vicinato.

Ma non potè reprimere un ghigno quando vide la porta rossa che Scorpius fissava inorridito.

 

 

 

E dopo un periodo di forzata mancanza di connessione eccomi tornata! Non vi preoccupate, ho altri capitoli con cui darvi il tormento XD Se non fosse stato chiaro, la canzone con cui Al decide di dare il tormento a Scorpius è “Fuck you” di Lily Allen https://www.youtube.com/watch?v=OK4fJhbRL1g (e non senza motivo, anche leggendo le parole).

Ho solo una piccola nota da fare (spoiler per chi fosse fan di Nicholas Sparks): la spiegazione che Tyra dà per i fenomeni paranormali nel cimitero è presa da un libro di Sparks che ho letto molto tempo fa, “Il posto che cercavo”.

Detto questo, spero in un aggiornamento in tempi un po’ più brevi (anche perché gli esami si avvicinano e non c’è niente di meglio per tirarmi su il morale), mi scuso ancora perché vi ho fatto aspettare quasi un mese.

Ora che ho finito di augurarvi buone vacanze devo augurarvi buon ritorno allo studio o al lavoro? XD

 

 

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Capitolo 7
*** Louis ***


Rose cercò di controllarsi e mantenere un’andatura regolare mentre percorreva le scale ma una volta sul pianerottolo si lanciò in una corsa incontrollata verso la sua porta e balzò in casa. Gettò le chiavi nel piatto vicino all’ingresso e cercò di realizzare quello che aveva appena fatto prendendo respiri profondi. Doveva parlarne con Al.

Essendo deserto il soggiorno, aprì subito la porta dell’improvvisata camera del cugino. Lo trovò con una matita dietro l’orecchio, che imbracciava la chitarra e maneggiava un mixer. “Stai componendo?” Era strano ma non rarissimo: doveva essere particolarmente ispirato.

L’altro annuì “Ti farò sentire, quando avrò finito. Questa canzone mi rappresenta.” La squadrò da capo a piedi.

“Vieni di là, mi metto ai fornelli” Gli fece cenno Rose.

Il ragazzo si districò dai fili che lo avvolgevano, per spostarsi sull’alto sgabello proprio davanti al piano dove si stavano magicamente ammucchiando tutti gli ingredienti per fare dei biscotti. “Dove hai visto il costipato?” Le chiese poggiando i gomiti sul bancone. Dovette ritirarli subito, a causa della bilancia che veleggiava a tutta velocità verso lo stesso spazio che voleva occupare lui.

“Alla vecchia casa. Ma non è questo il punto.”

“Hai ultimamente cambiato le motivazioni per cui fai i biscotti?” Chiese rubando una manciata di gocce di cioccolato con noncuranza.

“Gli ho detto la verità” Sparò Rose, sperando che gli andassero di traverso.

Albus invece riuscì a deglutire e poi parlò “Sul fatto che sia un cafone maleducato? Avrei voluto esserci per poter rincarare la dose.”

“Sul fatto che mi piace da sette anni” Rose cominciò a rompere le uova, tenendo lo sguardo fisso sul recipiente “Cioè, mi piaceva” si corresse.

Albus si prese qualche momento, poi concluse “hai finalmente raggiunto il limite di sopportazione. Allora ce l’hai davvero, pensavo fosse una leggenda.”

“Mi sono tolta un peso. Ora ho la certezza matematica che non poteva funzionare” Al infilò la testa sopra la scodella, rischiando di finire nelle uova, per mostrarle la sua occhiata dubbiosa. “Questo punto non era già stato appurato in sette anni?”

Rose lo ignorò, scostandolo con il gomito “…e so di aver fatto la scelta giusta lasciando perdere. Inoltre così mi vergognerò per il resto dei miei giorni al solo pensiero di stargli davanti e quindi non c’è più il rischio che ci cada di nuovo.”

Al afferrò la bilancia e vi poggiò sopra il mento “Avrei scelto una strada più breve per arrivarci ma condivido la soluzione.”

Rose afferrò la busta della farina e ne versò un po’, dovendo dosarla ad occhio poiché non voleva sottrarre al cugino il prezioso appoggio. La mescolò con calma, rendendosi conto che qualcosa non andava: Al avrebbe dovuto saltare sulla sedia, congratularsi con lei, stringerle la mano imbrattandosi di farina. Alzò piano lo sguardo, cercando di farlo passare per un gesto casuale e lo vide gettare lo sguardo con noncuranza verso la credenza.

“Cosa succede?” Chiese voltandosi anche lei.

L’altro si riscosse “Nulla. Vuoi uscire stasera?”

Rose lo fissò corrucciata: diversamente da quanto si potesse immaginare, Albus non era il ragazzo scatenato che dava a vedere quando era in compagnia. In casa si trasformava in una persone decisamente più tranquilla, che veniva trascinato alle feste, piuttosto che organizzarle. “Cosa vorresti fare?”

“Potremmo materializzarci a casa di Louis: lui saprà cosa fare.”

Rose ebbe la conferma di tutti i suoi sospetti all’idea di un Albus che si metteva nelle mani di Louis volontariamente e la trascinava con sé. Reclamò la bilancia con un gesto imperioso e pesò lo zenzero, mentre valutava cosa fare. “Nell’ultimo periodo Louis non ti deve più trascinare alle feste?” Cercò di informarsi.

“No, continua a farlo. Spero con quest’atto volontario di riuscire a farlo stare buono per almeno qualche settimana” ammise Al candidamente.

Il rapporto tra Al e Louis era in realtà una delle principali preoccupazioni di Rose. Il fatto che il cugino preferisse suonare la batteria che cercare un lavoro stabile non la impensieriva tanto quanto la zia Ginny. Quello che la spaventava a volte era come Al venisse plasmato dall’ambiente in cui si trovava: Louis era notevolmente meno incline di lui a seguire le regole e quei sei anni che intercorrevano tra i due ampliavano ulteriormente il divario tra i loro stili di vita. Questo però Al non riusciva a capirlo e andava molto d’accordo con il suo cantante, fin troppo secondo Rose.

Il rapporto tra Al e Louis era per Rose anche abbastanza comico: ciò che Al era all’esterno, l’altro ragazzo era all’interno e viceversa. Se Al amava mostrarsi sfrontato e baldanzoso, per diventare più tranquillo solo quando si sentiva a suo agio, la rumorosità di Louis cresceva in maniera inversa. Ricordava benissimo come Ted ne fosse rimasto molto impressionato: dai silenzi timidi delle prime volte in cui avevano cenato insieme, si era poi ritrovato un demone distruttore pronto a una battaglia a cuscinate con Dominique di prima mattina. Era uno dei motivi per cui l’uomo preferiva mantenere una certa distanza con il fratello della sua fidanzata e non se la sentiva di biasimarlo. “È proprio necessario che io mi immoli alla causa?”

“Le serate con Louis non mi hanno mai ucciso. Al massimo un po’ devastato.” La tranquillizzò immergendo un dito nell’impasto e assaggiandolo.

“Dovresti chiamarlo, prima di presentarti da lui con me.” Tentò Rose ancora una volta. Le occhiate di quel ragazzo la mettevano in soggezione.

“Continua a dirmi che devo portare una ragazza, non vedo il problema” Le disse dondolandosi sullo sgabello.

“Non credo che intenda una cugina…” Rose gli fece notare l’evidente.

“Dovrà specificare, per il futuro” sorrise Albus buttandosi giù dallo sgabello. “Hai bisogno di sano divertimento, non trovi?”

D’altronde Louis era uno di famiglia e nessun adulto avrebbe mai ammesso la possibilità che potesse deviare Al. Dunque era suo dovere controllare, nel modo più oggettivo possibile. Rose scrollò le spalle “Va bene, più tardi andremo a villa Conchiglia.”

*

I due ragazzi si materializzarono nel giardino della casa dei loro zii, accolti dal profumo delle piante che Fleur amava coltivare. Rose si avvicino all’aiuola ombrosa che diffondeva l’aroma inconfondibile del mughetto, chinandosi per portare un fiore vicino al naso, e così notò la figura maschile sdraiata dietro il platano. Quei capelli erano inconfondibili.

“Ted?” Lo chiamò perplessa.

L’altro si voltò, come colto di sorpresa “Oh, Rose!” Fece, alzandosi e pulendosi le mani nei jeans, salutandola con una calda stretta di mano mentre ad Albus, che li aveva raggiunti, riservò una vigorosa pacca sulla spalla.

“Esci con Victoire stasera?”

“Sì, la sto aspettando; dovrebbe scendere quando è pronta. Voi siete venuti a fare un saluto?”

“Già” rispose Al, mentre Rose osservava la casa “Entri con noi?”

“No, grazie” Fece l’altro un po’ troppo precipitosamente per passare inosservato. Rose si voltò a guardarlo con aria interrogativa e Ted in risposta lanciò un’occhiata alla casa, ammettendo con un sospiro “Diciamo che per un po’ ho intenzione di tenermene alla larga.”

“È successo qualcosa?” Chiese Al, sempre curioso. Se Ted stava aspettando Victoire significava che non aveva litigato con lei ma con un altro dei membri della famiglia. Eppure erano sempre andati d’accordo e sapeva che ultimamente il suo cugino acquisito veniva spesso invitato a cena.

“Non prenderla male” cominciò l’uomo congiungendo le mani e rivolgendosi ad Albus “ma ho paura del tuo amico Louis, che ha deciso di rifarmi il guardaroba” ammise abbassando gradatamente il tono di voce.

Al, impietoso, scoppiò a ridere, squadrando Ted. Forse qualche indumento meno colorato non sarebbe stato male: avrebbe dovuto cercare di ricordarselo per Natale. Si appuntò mentalmente di scriverlo a sua sorella o non ci sarebbe mai riuscito, poi aggiustò il colletto della maglia dell’uomo e gli fece l’occhiolino.

Rose alzò gli occhi al cielo, preparata a quello che avrebbe dovuto affrontare. Infatti, dopo qualche altro scambio cortese di battute, Al le cinse le spalle e la guidò tranquillo verso la casa.

Bussò due volte, per poi aggiungere un terzo colpo subito dopo. Il fatto fece ricordare alla ragazza quanto il cugino fosse intimo in quella casa, abbastanza da avere un modo personalizzato di annunciarsi. Infatti poco dopo da dietro la porta sentì il saluto dello zio Bill “ciao Al… E Rose!” Aggiunse aprendo e vedendola lì.

Lo zio non era cambiato molto dall’ultima volta in cui lo aveva visto e portava ancora quello strano orecchino pendente a forza di dente di drago. Da bambina pensava fosse stato un drago a sfigurargli così il viso. “Come sta tuo padre? È da un po’ che non ci vediamo…

Rose pensò all’ultima lettera che aveva ricevuto da casa “Stanno tutti bene, grazie.”

“Non avertene a male, ma siamo qui per vedere il tuo tiratore seriale di cuscini” la interruppe Al.

Bill fece loro cenno di entrare e dirigersi verso il salotto e quando furono abbastanza vicini sussurrò “Non ricordatelo a Fleur, non l’ha presa troppo bene” prima di sparire in cucina.

Rose ebbe appena di il tempo di chiedere ad Al il motivo del nuovo soprannome di Louis, prima che questo si palesasse ai suoi occhi; evidentemente aveva sentito i colpi all’ingresso.

Louis aveva ereditato qualcosa dalla bellezza della madre, a cominciare dai sottili occhi verdi e dagli zigomi che gli davano un’aria più esotica rispetto alla maggior parte degli inglesi. Ma Rose riconosceva in parte del suo fascino l’intervento del padre: suo cugino non aveva cicatrici che gli deturpavano il suo volto ma aveva l’aria di una persona perennemente soprapensiero e distaccata dalla realtà, occupata a pensare a chissà quale problema insormontabile. Talvolta Rose aveva il dubbio che fosse davvero così, ma il più delle volte sarebbe stata pronta a scommettere che l’oggetto dei suoi pensieri fosse la chitarra o la ragazza della sera prima.

Albus lo salutò allegro, dandogli il cinque e Rose notò subito che si era aggiunti nuovi anelli a quello che già portava di solito. Poi Al le spiegò “Diciamo che ieri lui e Dominique hanno avuto una discussione che è degenerata a cuscinate.”

“Piume ovunque, i divani ne erano pieni” confermò il biondo “ma la mamma ha dato un colpo di bacchetta e tutto è volato via. Non capisco che bisogno ci sia di arrabbiarsi tanto” concluse scrollando le spalle.

Rose, che al contrario lo capiva benissimo, si limitò a seguire i due ragazzi che la condussero nella camera da letto di Louis. Lì, appesa al muro, troneggiava la sua chitarra ed Al si sentì assolutamente in dovere di far sapere all’amico come stava procedendo la nuova canzone. “Ti piacerà, consumerà le tue energie. In effetti vorrei il tuo parere su alcuni accordi…

“Si può sapere almeno di cosa parla?” Chiese Rose andandosi a sedere sul letto, buttandosi sul cuscino quando vide la chitarra planare velocemente verso di lei.

“Della guerra” le rispose Albus materializzando degli spartiti.

Rose non capì cosa Al le avesse voluto dire ma ricordò la conversazione avuta con Scorpius “A proposito, dovresti smettere di infastidire Malfoy. Se riusciste a smettere di punzecchiarvi potreste anche convivere pacificamente” gli fece notare.

“Ma stiamo convivendo pacificamente: lui è la mia fonte di divertimento!” La liquidò Al, mentre Louis studiava le note, accomodatosi sulla sedia girevole della sua scrivania.

“Fred ti ammazzerà” Gli fece notare mentre cominciava a suonare qualcosa.

“Ma se Fred non sa nemmeno chi è Malfoy…” Mal interpretò Albus.

“Per la canzone” assicurò l’altro “anche se detengo il primato nel farlo irritare: i picchi di imbarazzo che raggiunge quando le scrivo io sono insuperabili.”

Rose a questo punto cominciò seriamente a preoccuparsi: Louis alternava canzoni in cui sembrava l’uomo più dolce sulla faccia della terra (e non dubitava che contribuissero alla sua aria da “bravo dannato”, come diceva Fred) a pezzi in cui era decisamente più aggressivo e senza freni. Non molto tempo prima aveva scritto una canzone decisamente oscena e Nick aveva dovuto usare tutta la sua capacità di persuasione con Fred per convincerlo a prestare la sua tastiera. Albus invece si limitava a scoppiare ridere tutte le volte in cui dovevano suonarla.

“Di quale guerra parla la nuova canzone?” Chiese Rose, cercando di assumere un tono noncurante: Albus non si sarebbe mai immaginato di scrivere qualcosa di infantile e stupido sulla guerra che era stata combattuta da tutta la loro famiglia. Forse nemmeno Louis, tutto sommato.

Albus le fece cenno di aspettare, mentre si accordava con Louis su alcuni passaggi. Quando gli parve che l’altro avesse imparato abbastanza si schiarì la voce e si sporse per leggere lo spartito insieme al chitarrista “Ora vi faccio sentire come viene col testo”

“Non urlare troppo, le ceramiche in salotto sono fragili” Disse Victoire mentre passava sul pianerottolo, pronta per uscire con Ted. Poi ci ripensò, tornò indietro e chiuse la porta della camera del fratello.

Rose provò un moto infinito di comprensione per sua cugina.

Moto che venne subito sostituito da irritazione, quando Albus cominciò a intonare quella nuova canzone che lo esaltava così tanto. Era evidentemente rivolta a Malfoy.

“Ti ho appena chiesto di lasciarlo stare e tu scrivi una canzone in cui torni a dichiarargli guerra!” Esclamò stupefatta battendo la mano sul letto.

“Tecnicamente tu l’hai chiesto due minuti fa, quando io avevo già scritto questa canzone” le fece notare Al. Il cuscino che gli arrivò addosso, lanciato da Rose, lo fece desistere dal proseguire su quella strada.

Louis si limitò a far ruotare la sedia su cui era seduto, colpendo con un piede la cassettiera di fianco alla scrivania, per mettere al riparo la sua preziosa chitarra dal lancio indiscriminato. Con una mano agguantò anche lo spartito e tornò a studiarlo.

“Non hai detto di averci messo una pietra sopra?” La attaccò Al a sua volta “Non dovrebbe importarti se scrivo una canzone, di cui lui non verrà comunque mai a conoscenza.”

Rose dovette ammettere che le possibilità che Scorpius sentisse la musica dei Ghosts erano estremamente limitate: l’essere delle persone completamente sconosciute, apprezzate solo per la loro musica, era stato il motivo per cui avevano fondato il gruppo e per mantenere queste premesse avevano sempre lavorato nel mondo babbano. “Questo non significa che possiate attaccarlo senza lasciargli possibilità di difendersi!”

Albus la guardò inarcando un sopracciglio “Calmati, ascoltati e poi rispiegati” le disse, cingendole le spalle e rimettendola seduta.

Rose sospirò, per dimostrare ad Al che non c’era bisogno di rimarcare il concetto. “Dovresti smettere di prendertela con lui, anche perché non ne hai più motivo, no?”

“Ho sette anni di buoni motivi, innanzitutto. E non c’è bisogno che tu lo difenda: non è un cucciolo spaventato bisognoso d’amore. È un drago assetato di sangue, un Thestral che divora cadaveri in putrefazione, un ippogrifo poco domestico!”

“Finiscila!” Lo liquidò Rose con tono duro.

“Non posso!” Sbottò Albus esasperato “Lo capisci che finché tu continuerai a parlarmene io dovrò continuare così?” Rose rimase senza parole “Non che mi dispiaccia, si intende. Penso davvero che sia uno stupido pallone gonfiato, ma non gli darei così tanta importanza, se dipendesse da me.”

“E allora non dargliene!” Fu Rose la prima ad alzare la voce “Ignoralo, per Merlino!”

Albus alzò le mani, a sua volta sconvolto “Come pensi che potrei farcela, con te che ne parli continuamente, anche quando dici di averlo accantonato? Ti rendi conto che non l’hai fatto, vero?”

“Ho capito quanto è menefreghista e stupido e ho realizzato che non è il fidanzato ideale. Lo sto facendo, Albus!” Replicò Rose stizzita, anche per dover affrontare un discorso così personale alla presenza di Louis. Dimenticare una persona come Malfoy, il ragazzo costantemente presente, nel bene e nel male, nei suoi ultimi sette anni non poteva essere così facile. Anche se cominciava a capire il ritratto che ne dipingeva Al.

“Bene, perché non ne posso più di sentirti parlare di lui” le disse con tono franco, senza sorrisi e battutine.

Rose fissò il cugino, senza parole: Al aveva sempre messo in chiaro come Scorpius non le andasse per nulla a genio, come amasse molti altri argomenti di conversazione molto più del biondo Serpeverde, ma non aveva mai pensato che gli avesse potuto dare così fastidio. Riteneva che in fondo si divertisse a coniare sempre nuovi insulti. “Quando ha cominciato a darti fastidio?”

Albus la fissò, cercando di fare una stima “Più o meno da quando ad ogni pasto ti sedevi in modo da poterlo guardare.”

Quindi…

“Per favore, non parliamone più” la implorò Al, fissandola con i suoi occhi verdi.

“Come vuoi” Gli rispose lei asciutta. Rose non sapeva come nascondere il suo turbamento di fronte a quella inattesa rivelazione, così optò per la soluzione più sicura: andarsene. “Credo che andrò un attimo a cercare la zia Fleur, allora, mentre voi finite qui. Intanto è una canzone per un ragazzo di cui non devo più parlare.” Calcò le ultime parole e aprì la porta, diretta al piano inferiore.

Albus osservò la porta richiudersi lentamente, il che non era un buon segno, almeno di solito: significava che Rose aveva paura che i suoi sentimenti venissero scoperti e dunque faceva le cose con molta più calma del normale. Questa volta però ne fu soddisfatto.

Louis si girò rapidamente, lui senza nascondere un ghigno “Malfoy ha tutto questo potere su di te?”

“Era una bugia a fin di bene” Gli rispose l’altro, tornando a impossessarsi degli spartiti.

“Non ci credo” proclamò l’altro, rubandoglieli nuovamente e gettandoli nel bidoncino. “Questa non la passerai liscia, lo sapranno tutti e te lo rinfacceremo per il resto della tua sfortunata esistenza.”

“Cosa c’entra la canzone?” Si offese Albus, alzandosi per recuperarli, ma quando fu all’altezza di Louis il ragazzo, che aveva rapidamente sganciato la chitarra sulla scrivania, lo spinse contro il letto, facendovelo ruzzolare sopra. “Non suonerò né canterò la tua canzone d’amore per Malfoy.” Proferì.

Albus lo guardò, massaggiandosi la testa: Louis non aveva mai avuto l’odio viscerale per il costipato che aveva lui, anzi lo stimava quasi, per aver proseguito la tua attività di frantuma-cuori a Hogwarts. Però non lo amava così tanto da buttare via una buona canzone. “Fa così schifo?”

“Sembra scritta da me il giorno dopo una sbornia… È perfetta” Gli disse, cominciando a tirargli calci al ginocchio.

Albus tirò entrambi i piedi sopra il suo letto, badando bene di toccare il lenzuolo con la suola delle scarpe. “Grazie del complimento.”

“Ci lavorerò sopra. Tieniti libero in settimana, potrei finire e far sentire anche agli altri il risultato.” Lo avvisò Louis, prima di aprire un cassetto e tirare fuori un pacchetto di sigarette.

*

Felix bussò un paio di volte alla porta di Scorpius con due caffè, appena acquistati nel bar poco distante, ben stretti in mano. Un’offerta di pace che portava ogni volta che andava da lui, per poterlo tiranneggiare senza problemi durante il resto dell’incontro.

Come sempre, la porta si aprì magicamente, abbastanza da lasciare uno spiraglio. Felix la spinse ed entrò.

“Sono il solito ladro che ti porta il caffè!” Lo rassicurò mentre cercava l’amico con lo sguardo. Lo raggiunse esattamente dove si aspettava di trovarlo: sul soppalco.

Posò le tazze ancora calde sul tavolino, già ingombro di pennelli, spatole e colori e si accomodò sul divano. Cercò di sbirciare l’ultima creazione ma il corpo di Scorpius era troppo davanti alla tela per poterne avere un’idea chiara: c’era del verde, qualche tocco di giallo, azzurro… Felix cominciò a presagire il peggio.

La sua ipotesi fu confermata non appena l’altro si levò di mezzo per avvicinarsi alla bacinella d’acqua che volteggiava poco distante.

“Scorpius, cambia soggetto. Te lo dico col cuore, sul serio” gli fece notare esasperato.

“I paesaggi mi permettono di cogliere i riverberi della luce” gli spiegò per l’ennesima volta, appellando a sé la tavolozza.

“Almeno cambia scorcio, ti prego. Sarà la decima volta che dipingi lo stesso fiume, con la stessa angolazione!”

Lo sguardo di Scorpius cercò le tavole accatastate contro la parete e sembrò fare un rapido conto. Diede implicitamente ragione a Felix scuotendo le spalle.

Felix se ne compiacque. “È successo qualcosa di interessante in settimana? Qualche altro bolide ti ha centrato?”

“Mi hai centrato tu” puntualizzò l’altro, ricordando la sua caduta dalla scopa.

“Per evitare un bolide, proprietà transitiva”

Scorpius diede un paio di pennellate leggere e tornò a mischiare i colori sulla tavolozza, che fluttuava accanto al catino “ho parlato con la Weasley”.

Felix per poco non si mise a saltare sul divano; scelse infine di allungarvisi per godere appieno del resoconto. “Quale originale epiteto hai trovato questa volta?”

Scorpius alzò lo sguardo dal suo miscuglio “mi ha detto che le piaccio da sette anni”.

L’altro, spaparanzato, per poco non si strozzò con la sua stessa saliva. La Weasley e Scorpius avevano sempre litigato, in quel loro modo gentile e cavalleresco (ben altro dalle risse spettacolari che si delineavano con i parenti della ragazza). Quando qualcuno piaceva, la logica prevedeva il corteggiamento, non lo scontro aperto. Ma la faccia di Scorpius era disorientata quanto la sua, quindi doveva avergli detto la verità; rimaneva un’unica opzione “questa volta ti ha giocato” proclamò Felix puntellandosi sui gomiti.

L’amico ci riflettè, segno che non aveva pensato a quell’ipotesi. Ma poi tornò ai suoi colori, dichiarando “Era troppo seria e agitata per mentire. Però ha detto che ora le è passata, per questo credo che abbia trovato il coraggio di dirmelo”.

Felix rimase di nuovo interdetto, pensando agli episodi di cui era stato spettatore. Frecciatine, sguardi di fuoco, libri sbattuti… Nulla di romantico: un rapporto conflittuale come tanti altri, come ne aveva anche lui. “Scorpius” lo chiamò, tirandosi a sedere con un dubbio improvviso “non è che Albus Potter è innamorato di me?” Il loro rapporto era altrettanto costellato di litigi, a ben pensarci.

“A questo punto può essere” gli disse l’amico, mentre si voltava verso la tela con la nuova tavolozza.

“Preferivo la Weasley” sospirò Felix, lasciandosi ricadere sul divano a peso morto.

“Bassa, tarchiata, lentigginosa, con il naso schiacciato… Non so quanto ci guadagni nel cambio”.

“Innanzitutto è una ragazza, quindi si avvicina al mio gusto più di qualsiasi essere del mio stesso sesso. E poi non è questa megera che descrivi”.

“Quindi sei geloso?” Lo punzecchiò Scorpius, con una nota di ilarità.

“Posso avere chi voglio, non vado a cercare la tua Weasley” gli rispose Felix, sottolineando il possessivo “chi disprezza compra a pochi galeoni, amico mio”

“Mi ci vedi davvero con lei?” Chiese Scorpius scrutando l’amico, che si affrettò a far scendere i piedi dal divano.

“Sicuramente. Però voglio una camera fissa a casa vostra” Felix si alzò e afferrò il caffè “Mi spetterebbe anche un’indennità, visto che la casa esploderà e rischierò di rimanere coinvolto”.

“È già tanto se non facciamo implodere il palazzo, pur vivendo in due appartamenti separati. Hai visto la porta?” Fece Scorpius tornando ad abbassare lo sguardo, mentre finiva gli ultimi rimasugli del colore che aveva preparato.

“Pensavo avessi avuto un altro colpo di testa. Quindi è ancora guerra?”

L’altro gli lanciò un’occhiata eloquente “dichiarata dal tuo spasimante, per essere precisi. Spero se ne vada presto” poi ci pensò su “se ne vadano presto entrambi, anche se la Weasley dà meno fastidio”. All’occhiata interrogativa di Felix annuì “Il cuginastro si è trasferito qui”.

“Sarà pericoloso per me farmi vedere?”

“La lontananza calma gli animi e gli amori” lo prese in giro Scorpius “ma puoi sempre andare a controllare”.

“Penso che rimarrò nel dubbio” Asserì Felix vuotando il suo caffè.

*

Rose si era rifugiata in cucina, con la scusa di un bicchiere d’acqua, e stava valutando quanto le potesse convenire rubare il nascondiglio a Ted: non l’avrebbero trovata subito ma, quando lo avrebbero fatto, il posto sarebbe stato piuttosto difficile da spiegare. Mentre la cucina aveva plausibili spiegazioni per la sua presenza, sebbene rischiasse che gli zii vi entrassero per caso.

Mentre rifletteva su quale posto fosse migliore per stare in pace e pensare a quello che aveva detto Al (e come scusarsi), il cellulare le squillò. Il display luminoso le disse subito che si trattava di Tyra.

“Rose?” Si sentì chiamare dall’altro capo della cornetta.

“Tyra, che succede?”

“Non ti sento bene, ma dove sei?”

In effetti la linea era abbastanza disturbata. Ricordava vagamente di aver sentito Louis lamentarsi di questo fatto “A casa dei miei zii, in campagna” meglio non specificare a quanta distanza da lei.

“Ti ho chiamata per avvisarti che il prossimo finesettimana c’è la festa del villaggio. Dovresti invitare Felix, prima che prenda altri impegni” Le disse Tyra rapidamente.

Rose rimase un attimo in silenzio: aveva quasi dimenticato i piani della bionda “Potrei anche venire con Al”.

“Sarà ancora da te la prossima settimana?”

“Credo di sì” in effetti Al non aveva mai specificato quanto intendesse fermarsi.

“Bene! Perché alla festa si esibiscono anche dei gruppi della zona! Sarebbe bello se ci fossero anche i Ghosts, potrebbero farsi conoscere un po’ anche qui”.

Rose colse al volo l’occasione per farsi perdonare dal cugino: gli avrebbe trovato un palco su cui esibirsi “Saranno entusiasti, ne sono sicura. Dammi solo il tempo di dirglielo e ti faccio richiamare da Al, va bene?”

Sentì Tyra fare un verso strano, prima di rispondere “Sì, certo. Tu ricordarti di chiamare Felix. Perché hai il suo numero, vero?”

Rose non stette nemmeno a pensarci “Ovviamente no” rispose schietta. Aveva anche qualche dubbio che l’altro avesse un cellulare.

Questa volta fu certa di aver udito un gemito “Penserò a qualcosa, dovessi appostarmi davanti a casa di quel suo scontroso amico. Certo che hai proprio bisogno di tutto l’aiuto del mondo”.

“Non voglio uscire con Felix!” Le ripeté per l’ennesima volta. Suo zio Bill si affacciò dalla finestra del giardino, facendola diventare rossa. “Né ora né mai!” Terminò con forza, parlando a un calderone.

“Scusa, non ti sento bene. Ci sentiamo dopo, ciao!” Tyra riattaccò rapidamente.

Con un sospiro si preparò a salire le scale e tornare in camera di Louis.

 

Esame finito, sono tornata! XD Non so se si era ben capito cosa facesse Scorpius in questo sperduto villaggio ma ora dovrebbe essere tutto un po’ più chiaro.

Non sono un’esperta di musica, come avrete modo di capire, quindi per i Ghosts mi sono affidata alla mia band preferita in questo momento (e da quasi un anno direi): i Nickelback. La canzone che Albus scrive con forte sentimento a Scorpius è questa: “This means war” http://www.youtube.com/watch?v=Njz8S8hc-pQ  . Ora non è ancora così definita ma con l’aiuto di Louis e con gli eventi del prossimo capitolo si definirà perfettamente. Dunque ringraziamo tutti Airad che mi ha fatto riscoprire i Nickelback e che mi ha anche accompagnata al raduno dei fan a Milano: sei un’ottima sopportatrice di fan girl ossessivo-compulsiva. XD

La televisione mi informa che sono ricominciate le scuole, quindi buone lezioni agli studenti (anche universitari, va’, stiamo per riprendere tutti) e buon lavoro a chi lavora! 

A presto!

 

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Capitolo 8
*** Un bacio rubato ***


“Sembra un bel posto, non trovi?” Commentò Rose, mentre accompagnava suo cugino alla piazza del piccolo paese.

Albus diede un’occhiata generale “Noi dobbiamo mangiare lì” fece imperioso, soffermandosi con l’indice sul castagno che troneggiava sul prato ben curato “e il più presto possibile. Non appena queste strutture per la festa saranno state portate via”.

L’altra gli sorrise complice, ricordando di aver già immaginato questa reazione. Sicuramente avrebbe organizzato qualcosa.

Era la sera della festa del villaggio e le band si sarebbero esibite di lì a qualche ora: Albus e Rose avevano cenato presto e ora stavano aspettando gli altri membri del gruppo. Rose aveva qualche dubbio che potessero essere puntuali, visto che Louis e Nick sembravano non possedere orologi, ma contava molto sul fatto che con loro ci fosse anche Fred. Poteva essere il tipo da buttarli giù dal letto dove stavano oziando anche con qualche ora di anticipo; nessuno in famiglia riusciva ancora a capacitarsi di come potesse essere così diverso dal padre ma secondo lei era probabile che avesse sviluppato questo senso della precisione proprio per dare un minimo di ordine alla sua vita.

I due si avvicinarono al lastricato centrale, notando quanti uomini erano ancora intenti a sistemare il palchetto improvvisato, mentre altri già pensavano ai cavi della corrente. Nel frattempo le bancarelle sistemate tutto intorno concludevano buoni affari “Devo andare a darci un’occhiata dopo. Magari troverò qualcosa per mamma e papà” pensò Rose ad alta voce.

“Nulla per Hugo? Faccio ancora parte del gruppo per la difesa dei fratelli, ti ricordo” le sorrise Al.

“Cosa ti aspetta questa estate?” Fin da quando avevano cominciato ad andare in vacanza separati, nella loro famiglia si era sviluppato l’obbligo di portare qualche dono per fratelli e sorelle dal luogo in cui si aveva soggiornato.

“Edimburgo per Lily e Italia per James. Ho grandi regali in arrivo!” Esultò trionfante.

“Credo che Hugo vada in Irlanda, se i miei lo lasceranno partire con la sua combriccola” riflettè Rose, non rendendosi conto di essere ascoltata.

“Ha un potenziale da caos notevole ma ha anche diciotto anni: non possono impedirglielo” le fece notare Louis sbucando da dietro una bancarella. Dietro di lui arrivarono Nick e Fred.

Dopo i saluti di rito, Rose tornò alle parole di poco prima, mentre cominciavano ad avviarsi verso il palco e Albus intratteneva gli altri componenti del gruppo gesticolando in ogni direzione della piazza. “Cosa intendi con potenziale da caos, Louis?”

“Tu sei così compassata, del tutto simile a tua madre. Mentre lo zio Ron è più un sangue caldo, capisci? Quindi tuo fratello deve avere l’anima di tuo padre, non potete aver preso in due dalla madre: è questione di genetica”. Louis scrollò semplicemente le spalle.

“Da quando sei un esperto?”

L’altro le rivolse un’occhiata dall’alto in basso, come faceva quando voleva far pesare i suoi cinque anni in più e quindi tutta la sua esperienza, come la definiva lui, o perdita di tempo in mancanza di obiettivi seri come la definiva Rose. “James e Al hanno preso dalla zia Ginny, Lily dallo zio Harry. Tu dalla zia Hermione, Hugo dallo zio Ron. Molly sorride, ha preso sicuramente dalla zia Audrey, Lucy è invasata come lo zio Percy. La teoria regge perfettamente. E può anche essere usata per dimostrare l’adulterio di zia Angelina con lo zio Percy: Fred è petulante e saccente quanto lui”.

Il diretto interessato colse il suo nome e si voltò, fulminandolo con lo sguardo. Louis gli rispose facendogli segno di stare tranquillo.

Rose cominciò a chiedersi come faceva quel gruppo a rimanere unito, con il cugino mezzo francese come leader. Come se non bastasse, l’unico membro del gruppo che non faceva parte della famiglia, Nick, andava molto d’accordo con il cantante: d’altronde erano stati amici sin da bambini, essendosi conosciuti quando Louis veniva mandato molto spesso dai nonni in Francia. Poi per caso anche la famiglia di Nick era venuta ad abitare a Londra e i due avevano potuto frequentarsi con più regolarità.

“Nicholas, non provare ad avvicinarti a me brandendo il tuo basso per strane acrobazie perché rischi di ritrovarti una tastiera in testa. Sarebbe uno spettacolo comunque migliore delle tue performance” Fred non mancava mai di usare il nome completo del loro bassista per minacciarlo. Chi li conosceva bene sapeva che presto lo stesso concetto sarebbe stato indirizzato a Louis, anche se era più probabile che lui si lanciasse in avanti verso la folla tentando di farsi prendere al volo, piuttosto che indietreggiare. Rose sapeva che prima o poi sarebbe successo e sperò che non fosse quella la sera.

Tyra le era sembrata così contenta della loro esibizione che avrebbe strigliato per bene Louis se avesse deciso di farsi ricoverare in ospedale per una caduta volontaria proprio quella sera.

“Cosa suonerete?” Chiese a Nick che stava tirando fuori dalla custodia il suo strumento. Al nel frattempo era finito vicino alle grandi casse con Louis; Rose si chiedeva sempre se controllassero sul serio l’acustica o fingessero per sembrare competenti.

“Canzoni senza parole sconvenienti. Louis avrebbe voluto presentare il suo nuovo capolavoro ma Al e questo bacchettone” fece rivolto a Fred “glielo hanno impedito”. Con aria molto dignitosa il ragazzo finse di non sentire.

“Apriamo con la canzone preferita di una ragazza del posto, almeno così ha detto Al. Secondo me e Louis la ragazza in questione non esiste e tuo cugino si è inventato tutto per evitare le discussioni”.

“La conosco” rispose Rose di getto. Non sapeva che Al avesse deciso di suonare la canzone preferita di Tyra; in effetti Rose non sapeva nemmeno quale fosse.

“Buon per lui. Abbiamo scommesso e deve presentarcela dopo l’esibizione” la informò. Dopo una pausa aggiunse “possiamo sperare in qualcosa secondo te?”

Rose capì che si stava riferendo alla situazione sentimentale di suo cugino: Al considerava potenziali nemici tutti coloro che non appartenevano alla sua famiglia. Dopo essersi fidato di tutti a scuola e aver visto tradita la sua fiducia, ora la riponeva solo in chi aveva legami di sangue con lui; Nick era una parziale eccezione, ma la sua storica amicizia con Louis doveva aver giocato un ruolo importante. Inoltre Rose non era così sicura che fosse uno dei principali destinatari delle elucubrazioni del cugino: erano amici e suonando nello stesso gruppo Nick sapeva di lui più di quanto sapeva normalmente una persona fuori dalla famiglia ma questo non significava che Al corresse da lui a raccontare i suoi problemi. Comunque tutto il gruppo era a conoscenza del carattere di Al, a prima vista così aperto e poi così rigido, e tutti avevano capito che era il suo problema principale con le ragazze. Non riusciva proprio a fidarsi e, non essendo una fidanzata in cima al suo elenco di priorità, non se ne preoccupava nemmeno. Non gli interessava. “Secondo me lei sarebbe adatta ma conosci Al. Inoltre è una Babbana: in effetti non saprei nemmeno io cosa fare se decidessero di conoscersi meglio”.

Nick storse il naso “Al è già abbastanza problematico sul piano dei rapporti interpersonali senza che si metta in una situazione complicata” poi guardò Fred, che aveva estratto un panno e stava pulendo la tastiera.

Come richiamato dal loro discorso, Al si avvicinò a loro, con dietro Louis. “Non posso credere che tu lo stia facendo veramente!” indirizzò a Fred “sai che per suonarla devi toccarla, vero?”

“Preferisco avere degli strumenti puliti, grazie” rispose piccato.

Un signore giovanile, con cappello e occhiali squadrati, si avvicinò a loro, informandosi sulla band. Spuntò il loro nome da un elenco che portava con sé e li invitò a seguirlo: erano tra i primi gruppi ad esibirsi e dovevano vedere il palcoscenico.

Rose li salutò, augurando buona fortuna a tutti, e li guardò sparire nella piccola folla, per lo più di addetti ai lavori, che si era venuta a creare. Si rese conto improvvisamente di non sapere cosa avrebbero suonato ma si tranquillizzò: avrebbe riconosciuto sicuramente la voce di Louis. Alcuni ragazzi salirono sul palco e cominciarono a sistemare le loro cose ma non erano i Ghosts, quindi Rose pensò di avere il tempo di andare a fare un giro. Non sarebbe stato male nemmeno incontrare Tyra: si erano accordate per vedersi in piazza quella sera, anche se Rose aveva sottovalutato la capacità del villaggio di attirare abitanti e visitatori per la festa locale; non era certo una folla immensa quella che vedeva brulicare intorno alla bancarelle o affluire ancora dalle vie ma c’era più gente di quanto si sarebbe aspettata.

Si avvicinò incuriosita a una tenda che vendeva oggetti colorati per prevedere il tempo: a quanto pareva l’indomani ci sarebbe stata pioggia. I Babbani avevano più capacità di alcuni maghi nel prevedere il futuro, pensò Rose.

Quando alzò lo sguardo da quei congegni, chiedendosi se fosse il caso di comprarne uno per suo padre, notò dei familiari riccioli biondi che vagavano tra la folla in direzione del palco. Chiamò l’amica sventolando anche una mano e quella le corse subito incontro.

“Rose! Va tutto bene?” Tyra arrivò quasi saltellando, vestita con un abito a fiori particolarmente sgargiante e una larga giacca, che sembrava averci gettato sopra all’ultimo minuto. In effetti, dopo che il sole aveva brillato nella mattinata, nel pomeriggio si erano fatte vedere le prime nuvole e prima di cena si potevano vedere lampi in lontananza. Per fortuna il palco era stato coperto con un’impalcatura che avrebbe protetto i musicisti, almeno i più arretrati. Come se Louis non avrebbe comunque cercato di bagnarsi dalla testa ai piedi, per voglia di vita.

“Sì. I ragazzi sono già stati chiamati da non so chi e sono dietro il palco. Non so se possiamo andare a salutarli adesso” le disse Rose, indovinando quale argomento premesse di più all’amica in quel momento.

Lei guardò nella direzione menzionata da Rose e poi la trascinò verso le bancarelle “Mi accontenterò di sentirli più tardi. Ora devi assolutamente comprare qualcosa, possibilmente di antico!”

“Per quale motivo?”

“Alla festa della fondazione è tradizione indossare qualcosa che è della propria famiglia da generazioni. Immaginavo che tu non avessi portato niente del genere qui, quindi devi comprare qualcosa ora: non sarà la stessa cosa ma con un pezzo antico salverai lo spirito dell’iniziativa”. Le spiegò prendendo in mano uno specchio intarsiato. Quello che vide nel riflesso sembrò coglierla di sorpresa e si girò a controllare. “Ora dobbiamo andare!” disse restituendo il pezzo alla commerciante che la guardò con aria interrogativa.

Tyra prese sottobraccio Rose e la condusse verso uno dei lati del palco, proprio in direzione di quel castagno che aveva attirato l’attenzione di Al. Rose non capì quello che stava succedendo, finché non scorse Flitt guardarsi intorno, quasi con aria interessata. “Stai scherzando!” fece, puntando saldamente i piedi per terra.

Tyra quasi cadde ma Rose non si sentì minimamente colpevole “l’ho aspettato un po’ davanti a casa di Malfoy ma non l’ho mai incontrato. Non sono riuscita a invitarlo, eppure è venuto. Oh, Rose, deve essere destino, come puoi non volerlo incontrare?” Le chiese cercando di tirarla con la forza.

“Non potremo mai andare d’accordo. Inoltre mi ricorda Malfoy e io sto cercando di dimenticarlo. O l’hai scordato?”

Tyra cercò di convincerla ancora con lo sguardo ma non ottenne nulla, se non di farla infuriare ancora di più. La bionda non capiva proprio come l’altra potesse mischiare l’arrogante Malfoy con quel ragazzo così gioviale. Sfortunatamente per Rose, Flitt sembrava averle viste e aver deciso di gradire la loro compagnia: si stava avvicinando con il suo solito passo baldanzoso.

“Buongiorno donzelle” esclamò, divertito. Cosa ci trovasse di divertente in due ragazze intente a strattonarsi non era ben chiaro a Rose ma si divincolò dalla presa di Tyra.

“Cosa ci fai qui Flitt?” gli chiese a bruciapelo.

“Mi godo questa festa di cui sono venuto a conoscenza per caso. Scorpius potrebbe avere un party sotto casa e non dirmelo per evitare seccature” attestò placido.

A quel nome il cuore di Rose ebbe un sussulto e il suo cervello cominciò a valutare quante possibilità ci fossero che Scorpius avesse parlato con l’amico della sua disastrosa ammissione. Per quanto in generale Malfoy fosse molto riservato, la ragazza aveva la netta impressione che a Flitt non nascondesse molto.

“Quali sarebbero le seccature di una festa?” si informò Tyra.

“Il fatto di esserci trascinato da me, ovviamente” le rispose Flitt con un sorriso, anche se il suo sguardo sembrava volersi soffermare molto di più su Rose.

Anche Tyra colse la direzione voluta degli occhi del ragazzo, in cui era balenato un guizzo, e decise di lasciarli soli “sta per suonare il mio gruppo preferito, devo proprio andare. Ma voi rimanete qui, non mi perderò tra la folla” li assicurò, mollando un bacio a Rose per cercare di coprire il suo sguardo orripilato. Tyra fece addirittura finta di non provare dolore quando la suddetta amica le piantò le unghie nel braccio, con la scusa di sfiorarla.

Flitt seguì lo svolazzante vestito della ragazza fino a quando ritenne che fosse abbastanza distante da poter parlare tranquillamente: in effetti un breve colloquio con la Weasley avrebbe potuto dargli delle risposte. Sia per lui sia per Scorpius. “Ho una domanda da farti e ho bisogno che tu mi risponda seriamente, senza temere l’opinione pubblica” le disse.

I peggiori timori di Rose ebbero conferma e cominciò a meditare sulla possibilità di negare ciò che aveva ammesso davanti a Scorpius pochi giorni prima. D’altronde, se quei due avevano intenzione di farlo sapere al mondo poteva anche rimangiarsi la parola senza andare contro i suoi principi, vero? In nome della sanità mentale di suo padre, decise che si poteva fare. “Cosa dovrebbe importarmi dell’opinione pubblica?”

“Più che a tutti noi” poi si ricompose “Tuo cugino, Albus Potter, è etero?”

Rose pensò seriamente di affatturare Flitt per lo spavento che le aveva fatto prendere. Ancora non capiva cosa interessasse a lui se ad Al piacessero ragazze o ragazzi ma era probabile che quello di cui voleva parlare non riguardasse il suo rapporto con Malfoy. “Il fatto che non abbia una fidanzata non vuol dire che non apprezzi le donne” gli rispose.

“Per favore, sii più esplicita: è in grado di tartassarti tutta la sera e l’argomento lo interessa particolarmente” le fece notare la voce annoiata di Malfoy che li stava raggiungendo.

Rose guardò Flitt che annuì vigorosamente “devo sapere con chi ho a che fare. Capisci, Weasley?”

Rose aprì la bocca da quanto era sconvolta. Innanzitutto era già di per sé straordinario scoprire che lo stesso Flitt che era conosciuto a scuola come uno dei ragazzi che aveva avuto più fidanzate fosse gay. Forse in questo modo si spiegava perché non riuscisse a trovare soddisfazione con nessuna; in mente le balenò il pensiero che anche Scorpius non avesse avuto relazioni durature per lo stesso motivo. Forse sarebbe stato meno traumatico sapere di essere stata rifiutata a causa di una incompatibilità di base. In secondo luogo, inoltre, la rendeva basita il fatto che a Flitt piacesse proprio Al, con cui da sempre non aveva avuto un buon rapporto. “Ad Al piacciono le ragazze” dichiarò Rose diretta e convinta, aspettando la reazione del biondo.

Flitt fece un bel respiro profondo e sul viso gli si dipinse il solito sorriso disarmante, come se non ci fosse cosa al mondo che lo rendesse più felice di quella che aveva appena sentito. “Non sai qual peso mi hai tolto dal cuore” le confidò con sincerità.

“Quindi ora puoi andare a importunare qualche ragazza?” Lo rimbeccò Scorpius.

Felix si voltò verso di lui e lo guardò come se lo avesse visto per la prima volta. Poi fissò Rose. “Posso e sicuramente lo farò. Mi lasci anche le chiavi di casa tua?”

“Sparisci” lo liquidò Scorpius, ricevendo in risposta una cameratesca pacca che sembrò non gradire particolarmente.

Rose cominciò a sentire una musica provenire dal palco e si chiese cosa fare: doveva allontanare Malfoy o lasciarlo lì, col rischio che ascoltasse la musica di Al? I Ghosts suonavano solo nel mondo Babbano proprio per evitare i maghi, che avrebbero loro tributato una fama immensa solo a causa dei loro cognomi. Soprattutto Albus si era unito al gruppo specificatamente per questa clausola. Avevano anche cambiato in parte i loro nomi, per evitare che qualche nato Babbano, che li aveva sentiti nel suo mondo, li collegasse in modo troppo diretto e fino a quel momento la maggior parte della comunità magica era all’oscuro del loro passatempo. Farli ascoltare a Malfoy, o a Flitt, avrebbe significato farlo sapere a tutti.

Rose cercò rapidamente Felix con lo sguardo e fortunatamente lo trovò a un chiosco non troppo distante da lei e da cui non si vedeva il palco. Poi fissò Malfoy e si accorse che anche lui la stava guardando. Quanto tempo erano durate le sue riflessioni?

“Passeggiata, Weasley? Magari il movimento ti aiuterà far correre i pensieri”.

Rose lo fissò strabuzzando gli occhi. Malfoy, lei e una passeggiata: mai avrebbe pensato si avverasse un tale sogno. Cioè, incubo, si corresse rapidamente. Doveva accettare per Albus, non aveva altra scelta: tra poco sarebbe stato il suo turno. Era più importante levare Malfoy da lì che rimanere ad ascoltarli. Rose annuì.

Cominciò a capire che qualcosa non andava quando il ragazzo le prese il polso per guidarla verso le bancarelle. Malfoy non l’aveva mai  toccata e quando girava con qualcuna delle sue ragazze di solito aveva uno sguardo del tutto disinteressato o sembrava concentratissimo a mantenere un’andatura completamente diversa da quella della sua compagna. Adesso in effetti la stava trascinando, procedendo ad un passo molto sostenuto. La stava trattando come faceva di solito con le altre?

Rose rallentò di proposito la propria velocità, facendosi tirare ancora di più. Non aveva ancora deciso se esserne contenta o meno.

Alla fine Scorpius si fermò dietro a un furgoncino, strattonandola un’ultima volta ma non lasciandole il braccio. Rose cercò di divincolarsi per afferrare la mano del ragazzo, fissando da sotto in su la pelle del suo viso come era mai riuscita a fare: il suo bianco latteo assumeva la tonalità delle luci colorate che gli si riflettevano dall’ambiente circostante. In quel tripudio colorato i suoi occhi chiari non riuscivano a emergere.

Scorpius le fece perdere l’equilibrio e la sbatté contro di lui, facendo calare la sua bocca su quella di Rose.

La ragazza emise un suono strozzato e afferrò la giacca di Scorpius. Quando si rese conto di quello che stava facendo, chiuse la mano a pugno e lo colpì; il ragazzo la staccò bruscamente e fissò i suoi abiti con aria sorpresa: in effetti Rose gli aveva strappato la giacca. Sperò di aver fatto lo stesso anche con la camicia sotto.

“Cosa stai facendo, Weasley, per Salazar?!” chiese Scorpius facendola suonare come un’esclamazione.

“Cercando di capire cosa tu stia facendo!” Gli urlò lei, controllandosi la mano.

Scorpius alzò gli occhi al cielo “Ti darò una seconda possibilità.”

“Possibilità per cosa?” Chiese Rose, toccandosi le labbra. Erano screpolate, le labbra di Scorpius, ma baciava bene; per quanto aveva potuto constatare durante quella manciata di secondi in cui erano rimasti a contatto.

“Proviamoci, Weasley. Non hai detto di esserti invaghita di me?”

Rose divenne tutta rossa e sentì il sangue pomparle molto più velocemente del normale: dischiuse anche le labbra, che sentiva troppo gonfie. Fissò l’asfalto bucherellato ai loro piedi e poi si decise a dare la risposta che le era salita spontanea “Ti ho anche cancellato. Te l’ho detto nella stessa occasione”.

“E io ti dico che possiamo provarci” ribatté Scorpius quasi sillabando le parole, come se stesse parlando con una sorda.

“E perché ora sì e prima no?” Chiese Rose spazientita.

“Perché prima non me l’avevi mai chiesto”.

La sincerità di Scorpius sarebbe stata disarmante, se non fosse stata accompagnata da un atteggiamento sfrontato come quello che aveva assunto il ragazzo mettendosi a fissare interessato il retro del palco, dove si rincorrevano i faretti luminosi che avrebbe presto illuminato la scena. Rose aggiunse questo atteggiamento alle continue raccomandazioni di Al e rispose in modo secco “Quando mai avrei dovuto farlo? Quando te ne stavi con un’altra? Quando stavi tutto solo in biblioteca e ti seccava chiunque venisse vicino a te? O quando mi parlavi, solo per dirmi che la nostra competizione non era finita?”

“Avresti potuto trovare un momento, non credi?” si riprese Scorpius quasi subito, piantando gli occhi su di lei.

Rose si mise a ridere, rendendosi improvvisamente conto dell’assurdità della situazione. Scorpius non sembrò prenderla bene: si accigliò e tornò ad afferrarla per il polso “Dunque ci proveremo, Weasley, nonostante i tuoi mancati approcci”.

Rose sgranò gli occhi, rendendosi conto che faceva sul serio. Stava di nuovo avvicinandosi pericolosamente, mentre con la mano destra le sollevava il mento. Questa volta Rose presagì quello che stava per accadere e si fece coraggio: alzò la mano non costretta dalla presa ferrea del ragazzo e la abbatté sul suo viso.

Scorpius si controllò la parte colpita con uno sguardo truce rivolto a lei, che nel frattempo si sforzava di non mostrare quanto l’intero palmo le bruciasse. “Cosa devo fare con te, Weasley?” le chiese quasi sillabando.

“Non trattarmi come una delle tue ragazze. Forse un tempo mi sarebbe andato bene ma sono cresciuta e ho più cervello; e se dico che non ho intenzione di provarci devi mettertelo in testa” gli fece notare Rose quasi pacatamente. Albus aveva ragione: Scorpius non era il ragazzo che lei aveva costruito.

Improvvisamente la ragazza si rese conto dei suoni che fino a quel momento aveva isolato, troppo concentrata sulla situazione. Riconobbe la voce di Louis come aveva previsto e il ritornello della loro canzone che si concludeva. Le note sempre più fievoli della chitarra e un applauso finale le dissero che la canzone era terminata.

Diede un’ultima occhiata al biondo di fronte a lei che fissava attonito un punto indefinito dalle parti della sua spalla e decise di raggiungere Al. Un porto sicuro.

Scorpius sembrò riscuotersi quando la vide andare via e tentò di afferrarla ancora per un braccio, o meglio per il solito polso. Rose questa volta era preparata e lo fece scattare in avanti, impedendoglielo.

*

Al aveva visto subito che qualcosa non andava quando Rose era comparsa con viso cinereo e orecchie arrossate. Si era seduta sul muretto che delimitava la piazza poco distante da loro e gli aveva chiaramente fatto capire che voleva compagnia.

Da qui a intuire anche solo lontanamente ciò che era successo però correva una bella differenza; così, quando Rose ebbe terminato di informarlo sui nuovi piani di Malfoy, ebbe una reazione del tutto imprevedibile: rimase calmo.

“Albus?” lo chiamò Rose sventolando una mano davanti ai suoi occhi.

“Non pensavo avesse tutto questo coraggio” buttò fuori ancora un po’ intontito.

Io non pensavo di avere tutto questo coraggio” lo riprese lei sorridendo.

“Ti sottovaluti” biascicò Albus prima di tornare nel suo mutismo.

Dopo qualche minuto in cui aveva seguito con lo sguardo un’energica Tyra che pareva volersi esercitare a tirare i legnetti della batteria in testa a Louis, Al sentenziò “Se questo è ciò che vuole Malfoy, lo avrà”.

“Ma io non intendo…

“Malfoy vuole una rissa. Gliela daremo” si alzò di scatto e si diresse tranquillamente verso Nick “Ti affido Fred, in caso di ritorsioni” gli annunciò lasciandolo un po’ basito.

Fu Louis a capire subito il sottotesto, mollò la chitarra a Tyra e agguantò il cugino per le spalle “sapevo che prima o poi saremmo dovuti intervenire sulla lesa pudicizia di Rose”.

“Malfoy” gli disse semplicemente Al.

“Non devi nemmeno indicarmelo” fece l’altro allegramente dirigendosi verso la folla.

Al lo seguì dopo aver gettato un’ultima occhiata a Rose che scuoteva la testa in panico.

“Dove stanno andando?” Chiese Tyra ignara fissando il chitarrista e il batterista che si allontanavano.

“A fare guai, come al solito. Io me ne torno a casa” annunciò Fred cominciando a prendere le sue cose.

“Per rendere Al un attaccabrighe forse il motivo è davvero serio, non trovi?” gli chiese Nick.

“Terribilmente” disse Fred lanciando una lunga occhiata a Rose.

La ragazza sembrò risvegliarsi solo in quel momento e si mise a cercare i suoi cugini, già persi nella folla.

Al non ci mise molto ad individuare le familiari chiome bionde di Malfoy e Flitt, insieme come si aspettava. Si scagliò subito contro il costipato che mostrò la sua migliore faccia da pesce lesso mentre si scansava: aveva sempre avuto l’abilità della serpe nello sgusciare via dalle situazioni difficili. Si sentì placcare dal fisico di un battitore ma il fatto non lo angosciò più di tanto: aveva portato Louis per questo.

“Cosa vuoi?” gli chiese Malfoy sibilando.

“Devi lasciarla in pace, non ti merita, arrogante egoista approfittatore!”

“Questa è una cosa che solo io posso dirgli, iracondo nanetto…” gli fece notare Flitt artigliandolo meglio mentre lo spingeva verso la siepe che delimitava la piazza.

Al sentì la sua presa allentarsi e la voce di Louis “Anche tu non devi rubare i soprannomi, biondino. Nanetto è già preso. Comunque moderiamo tutti i toni, almeno finché non è chiaro in che modo è stato oltraggiato il bocciolo di là” fece indicando con il capo il luogo da cui erano venuti.

“Non c’è stato nessun oltraggio: era una proposta. Questa invece è aggressione” fece Malfoy calmo.

“Dopo aver dato prova della conoscenza del dizionario ti spiacerebbe smettere di giocare con le parole?” fece Louis tirandosi vicino Albus.

“Non ho mai voluto parlare con voi, stai tranquillo” lo freddò Malfoy.

“Io invece vorrei parlare con quella ragazza e non vorrei duellare in uno sperduto villaggio babbano. Io e Potter abbiamo già avuto i nostri incontri ravvicinati a scuola e mi sentirei troppo nostalgico a ripeterli” si intromise Flitt con una serena constatazione. Come se Albus potesse essere sereno in una situazione simile, infatti abbaiò a Malfoy “Non pensare di cavartela così facilmente”.

“La signorina Weasley può sicuramente parlare per sé, senza bisogno che tu faccia sfoggio delle tue capacità muscolari”.

“Il signorino Malfoy può sicuramente affrontarmi senza bisogno di chiamare in aiuto qualcuno. Ah no, non può, verrebbe sconfitto” lo informò Al.

“Vuoi scommettere, pulce?”

“Andiamo” accettò Al, incamminandosi verso un luogo più appartato. Stava davvero cominciando a marciare battendo i piedi a terra mentre cercava il posto giusto quando fu avvistato da Rose e se la ritrovò davanti rapidamente: la ragazza sembrava sforzarsi enormemente per non tirare fuori la bacchetta, nonostante fosse tra babbani e avesse Tyra che le trotterellava al fianco. Perché quella ragazza sembrava capitata per caso fuori dal suo campo di fiori? Si chiese Al rapidamente.

“Cosa hai intenzione di fare?” gli chiese in un tono che ricordava troppo quello di sua madre quando trovava materiale lievemente irregolare sotto il suo letto.

“Vendicando il tuo onore… Almeno credo” la informò Louis sopraggiungendo con Flitt e Malfoy.

“Quello che ne rimane” specificò Albus con un tono troppo basso affinché i due Serpeverde potessero sentire.

“Weasley, tra me e il tuo rumoroso parente ci sono problemi che dobbiamo sistemare tra uomini, lasciaci fare e portati via la tua amichetta” spiegò Malfoy.

“Hai tirato fuori la testa dalla sabbia, complimenti Malfoy. Al, andiamo” comandò imperiosa Rose. Albus ebbe il ritegno di mostrare il suo disappunto per il programma della cugina allontanandosi di un passo ma quando incrociò gli occhi di lei illuminati da lampi capì che era meglio assecondarla. Intanto poteva tiranneggiare Malfoy in qualsiasi momento.

“La famiglia prima di tutto” spiegò con un sorriso “dunque il nostro incontro viene rimandato. Non annullato, sta’ attento costipato, ma rimandato. Potrei intrufolarmi in casa tua in ogni momento” lo ammonì serio.

“Fred e Nick ti cercano” disse velocemente Rose a Louis prima di agguantare Al e trascinarlo via. Non gli sfuggì l’occhiata che la ragazza diede alle sua spalle per assicurarsi che il cugino francese avesse capito l’antifona; sorprendentemente stava venendo via anche lui.

Al non ebbe molto tempo per salutare gli amici perché Rose si stava premurando di piantargli le unghie sempre più in profondità sulla sua povera spalla. Forse appena sceso dal palco avrebbe fatto meglio a indossare una felpa, invece di rimanere in maniche corte. “Rose, se comincio a sanguinare mi curi?” le chiese con tono lamentoso.

“Scordatelo”.

Oh, era arrabbiata. Come se lui avesse sbagliato a far capire a Malfoy come stavano le cose: lei non ne era in grado e il costipato continuava a essere una costante presenza nei suoi pensieri. Sette anni passati a soffrire senza che il biondino ne avesse il minimo sentore e quando Al pensava che la cugina lo avesse finalmente lasciato alle spalle eccolo ricomparire; e non solo, questa volta non si limitava a ignorare i sentimenti di Rose ma la prendeva in giro. Questo era veramente troppo: non poteva essere sufficiente uno schiaffo, dato da Rose per giunta. Al era pronto a scommettere che avesse fatto più male a lei che alla guancia del costipato.

Rose gli aveva fatto imboccare la strada verso casa sua e Al cominciò a chiedersi se fosse il caso di aprire bocca. Forse era meglio di no: aveva imparato che il dialogo tra due persone arrabbiate portava a un litigio nella quasi totalità dei casi. O a rotolarsi in un letto, se si credeva a qualche film babbano; ma quest’ultima opzione era poco praticabile per lui e Rose.

“Non avete intenzione di tornare alla festa?” Li interruppe la voce di Tyra che evidentemente li stava ancora seguendo. Aveva decisamente qualcosa della zia Luna.

“Albus ha fatto quello che doveva e ora può ritirarsi, non è vero?” minacciò Rose senza aspettarsi una risposta. Al annuì lo stesso.

“Allora comprerò io un oggetto antico per ciascuno di voi. È la tradizione e dovreste onorarla”

“Che tradizione?” Chiese Al mentre saliva i gradini del palazzo di Rose.

“Quella di indossare qualcosa appartenuto ad avi della propria famiglia. Non avrete niente di simile con voi ma comprerò qualche oggetto dall’aria antica e potrete far finta che sia vostro da generazioni”.

“Cos’hai portato tu?” Chiese Al, approfittando del fatto che Rose lo avesse lasciato andare per cercare le chiavi.

Tyra gli mostrò un ciondolo scuro con delle incisioni, sembrava contenere la figura di un ramo o di una foglia “Le sue origini si perdono nella notte dei tempi” scherzò Tyra giocando con la catena.

“Posso vederlo?” chiese Rose dopo aver spalancato la porta.

Tyra la lasciò avvicinare e Rose, dopo aver passato un dito sull’incisione, le chiese “quale ramo della famiglia? Materno o paterno?”

Al capì che la cugina stava cercando un modo carino per salutare Tyra così le andò in soccorso “io salgo, Rose puoi venire ad aprirmi la porta su?”

Rose gli lanciò uno sguardo di fuoco che prometteva un intero incendio e ringraziò Tyra per la serata con un sorriso tirato. Albus capì di essersi scavato la fossa da solo: forse era meglio che la biondina rimanesse con loro.

 

Ebbene sì, sono tornata! State tutti bene? Ripreso il tran tran quotidiano? Io mi sento un po’ oberata da mille impegni, presi e mezzi presi XD *oggi Lutea ha voglia di ciattelle* Ho quasi trovato Scorpius, un attore abbastanza convincente e che sembra la copia sputata di Tom Felton, solo ancora più pallido se possibile, quindi devo solo controllare che abbia una faccia abbastanza “da costipato”.

Dopo lunghe riflessioni ho scelto anche la canzone preferita di Tyra: Lullaby http://www.youtube.com/watch?v=SjkJ6GZh-pY (ovviamente vi lascio il link perché devo diffondere i Nickelback per il mondo, so che siete contenti). A parte questo, si addice molto alla situazione di Tyra, che prima o poi  vi spiegherò: ho già scritto una one sull’argomento per chiarirmi le idee.

Vi saluto tutti e torno a fare contest! Buon ottobre! (ormai è tradizione che vi auguri qualcosa, no? XD)

 

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Capitolo 9
*** Albus e Rose nella tana del lupo ***


Albus camminava con le mani nelle tasche continuando a pensare a quanto era successo la sera precedente: dalla rissa sfiorata alla lite scoppiata nell’appartamento di Rose poco dopo. La cugina provava un misto di sentimenti che di fatto le impedivano di permettere ad Albus un sano duello con Malfoy: da una parte non voleva più dar adito a sue possibili reazioni, visto come si era comportato, dall’altro era nettamente contraria al semplice fatto che qualcuno potesse toccare il suo biondino, anche se si trattava di Al.

Albus aveva sempre rispettato questo volere della cugina quando erano a scuola e in parte era merito di Flitt se era riuscito a trattenersi: si offriva così spontaneamente come capro espiatorio che rifiutarlo sarebbe stato un atto scortese. Ora però non poteva davvero continuare così o sarebbe esploso. Malfoy prendeva in giro Rose e lui doveva fare qualcosa, se lei non se ne rendeva conto.

Però aveva bisogno che Rose non sospettasse dei suoi piani o avrebbe cercato di fermarlo in ogni modo. Per questo quella mattina si era mostrato condiscendente e stava facendo quello che lei, ancora abbastanza arrabbiata, gli aveva intimato senza troppi complimenti: andare da Tyra e farsi consegnare il ciondolo che indossava la sera precedente. Albus sospirò: aveva capito perché Rose avesse mandato proprio lui ma non condivideva l’entusiasmo della cugina. Perché doveva far sì che Tyra potesse fraintendere il suo comportamento? Fraintendeva già abbastanza senza bisogno di aiuto.

Tra un pensiero e l’altro si accorse di essere arrivato alla casa che cercava. Avrebbe potuto aprire il piccolo cancello e andare a bussare direttamente alla porta ma sarebbe stato troppo intimo. No, era meglio suonare, decisamente.

Tyra gli aprì in tuta e gli fece un grande sorriso quando capì chi era. Tutto come previsto.

“Hai litigato con Rose?” gli chiese non appena Albus l’ebbe seguita dentro casa.

Cosa le faceva pensare di essere diventata la sua confidente prediletta? si chiese Al. Mise però da parte la sua irritazione perché era il modo più veloce per raggiungere il suo obiettivo. “No, riusciamo sempre a chiarirci tra noi. Ora va tutto bene”.

“Finché non riuscirai a far sì che Rose cessi di idealizzare Malfoy non sarà tutto a posto” gli rispose con una lucidità che in effetti Albus non si aspettava. Il ragazzo però non rispose: non voleva parlare di Rose con Tyra, non in quell’ambito e in quel momento.

“Devi volerle molto bene ma nello stesso tempo esserne quasi intimorito per continuare a starle vicino senza litigare in continuazione”.

L’analisi della bionda stava diventando eccessivamente corretta “Cosa te lo fa pensare?”

“Beh, al mondo ci sono cose peggiori delle pene d’amore da patire. Non la pensi così?”

Albus cominciò a essere seriamente preoccupato. Un conto era se Tyra aveva estorto a Rose informazioni sul suo carattere: non l’avrebbe gradito ma avrebbe potuto capire la situazione di Rose. Tuttavia la biondina sembrava aver colto il lato più cinico del suo carattere che si sforzava di mitigare anche con la cugina.

Il silenzio stava però calando in maniera imbarazzante, quindi Albus si risolse a dire qualcosa “A volte non riusciamo a porre le cose in prospettiva. La maggior parte delle volte è così; nel caso di Rose è anche sfortuna”.

“Certo che ritrovarlo come vicino di casa dev’essere stato inaspettato” commentò Tyra tirandosi a sedere sul davanzale aperto della finestra.

“Una persecuzione, più che altro” le fece eco Albus agguantando una sedia e sedendosi a cavalcioni. Tyra sospirò. “Rose mi ha mandato perché vorrebbe che tu le prestassi il medaglione che portavi ieri sera” le disse Albus approfittando del silenzio.

“Perché?”

“Perché le piace, credo. Non farmi queste domande da donne” brontolò Albus.

Tyra si appoggiò con la schiena alle piastrelle e tirò le ginocchia verso il suo corpo “È complicato”.

Albus attese qualche minuto che lei continuasse ma potè avvertire solo qualche macchina e qualche uccello fuori dalla finestra. Fu il suo turno di chiedere perché.

“Era di mia madre”.

Ah, questo passato Albus non l’aveva messo in conto. “Mi dispiace” disse, sentendosi anche un po’ fuori luogo con le sue richieste.

Tyra sorrise “Credo stia bene. Semplicemente non è più qui”.

“Vivi con tuo padre?” cercò di capire Albus.

La ragazza annuì.

“Quando è successo?” chiese ancora Albus.

“Quando avevo quindici anni” disse Tyra guardandolo attentamente. Sembrava quasi che cercasse qualcosa.

Albus si voltò ma trovò solo quella che gli parve una normale mensola “Ho qualcosa di interessante dietro?” le chiese, anche per smorzare l’atmosfera.

Tyra rise “No, è interessante la situazione”. Lo sguardo smarrito di Albus la fece proseguire “Quello che mi ha aiutato non è stato affatto significativo per te” gli fece notare senza amarezza “Me lo aspettavo”.

Albus aveva le idee sempre più confuse “Di cosa stai parlando?”

“Quando avevamo quindici anni noi due ci siamo incontrati, una sera, in un pub di Londra” gli spiegò lei pazientemente.

Albus si strofinò i capelli alla base del collo mentre cercava di pensare. In effetti all’epoca il gruppo si era appena formato e durante l’estate si divertivano ad andare in giro per locali e strimpellare qualcosa: l’unico patto con i rispettivi genitori era che Louis non li portasse fuori Londra. “Quindi… ci hai sentito mentre suonavamo?”

“Sì. Poi abbiamo fumato una sigaretta all’esterno. Cioè, io e Louis abbiamo fumato, tu ci hai provato”.

“Louis fuma roba troppo forte per me, ok?” Scattò Albus, come si era abituato a fare con gli amici.

Tyra tornò a distendere le gambe con una risata più liberatoria delle precedenti, mentre Albus cercava di ricomporsi “Dunque abbiamo parlato e io ti ho detto qualcosa che ti è sembrato importante?”

“E mi hai dedicato una canzone” terminò Tyra.

Al si mise a gesticolare battendo i pollici tra loro. Non era inusuale per lui suonare canzoni a braccio ma d’altra parte non era solito dedicarle a sconosciute. Ora lo faceva, ma qualche anno prima era più riservato e non lo avrebbe fatto tanto a cuor leggero. Doveva esserci un motivo valido, Tyra doveva averlo colpito in qualche modo.

Al si alzò di scatto dalla sedia, facendola anche rovesciare, e puntò l’indice contro Tyra “Tu!” sbraitò.

“Sono sempre io, sì” gli confermò quella sporgendosi per controllare la sedia.

“Louis mi ha preso in giro per un mese a causa tua! Tutta colpa tua!” Le disse riprendendo la seggiola e rimettendola in piedi.

“Allora ricordi?”

Albus fece un sospiro “Louis mi aveva incaricato di convincerti a fermarti dopo l’esibizione. E tu te ne sei andata!” Concluse teatralmente spalancando le braccia.

“Mi avevi convinto a tornare da mia zia!” gli disse Tyra sullo stesso tono, ormai divertita.

“Le mie capacità di seduttore hanno subito uno smacco tremendo. Per fortuna Fred è totalmente negato o sarei diventato la pecora nera del gruppo” le fece notare Albus, rincarando ancora la dose “Tutto per colpa tua!”

Tyra si rimise in piedi “Però è bello sapere che ti ricordi di me”.

“Non in senso positivo” borbottò Albus, tornando a intrecciare le mani. Gli tornò in mente anche la conversazione di poco prima e capì quanto non avesse avuto i solito filtri con quella ragazzina. D’altronde, era una sconosciuta, non poteva certo aspettarsi di rivederla dopo anni!

“Vado a prenderti il medaglione” gli disse lei superandolo.

Tyra non ci mise molto e tornò con l’oggetto al collo “Vengo con te per mostrarlo a Rose, così magari non c’è bisogno che glielo presti, va bene?”

Albus si sentì impossibilitato a negare, dunque accettò con un cenno del capo mettendosi in piedi.

*

Scorpius stava studiando intensamente il cielo dopo la tempesta della notte. Doveva trovare i punti esatti in cui il colore sfumava dal bianco pallido al grigio intenso. Forse in corrispondenza dei pini sulla collina, si disse rimettendosi in piedi. Il risultato sulla tela gli avrebbe detto se aveva ragione.

Mentre tornava in casa sentì bussare insistentemente alla porta. Automaticamente, la aprì con la bacchetta a distanza: Felix sarebbe entrato tranquillamente. Se non fosse stato lui… il babbano di turno doveva avere un buon motivo per venire lì.

Era già pronto a occultare il legnetto da qualche parte, dal momento che Felix avrebbe spalancato la porta mandandola a sbattere contro il muro quindi non poteva essere lui, quando alla vista gli comparve Rose Weasley.

Era veramente lei, con un’orribile maglia larga che anche sua nonna avrebbe gettato tra i reperti archeologici. Eppure Narcissa amava vestire vecchi abiti, il che era tutto dire.

“Ma tu non vieni mai ad aprire la porta?” gli chiese la ragazza mentre la chiudeva dietro le sue spalle.

Non quando gli ospiti potevano fare tutto da soli. “Ma chi ti ha detto di entrare?” le rispose a tono.

“Devo parlarti e ho bisogno di calma. In più, se Al scopre che sono qui ti maledice, quindi lo sto facendo per il tuo bene. Ringraziami, Malfoy” fece quella superandolo a grandi passi. Si fermò indecisa un attimo vicina al divano e virò verso le sedie.

Scorpius si rese conto di aver creato un mostro: cosa era successo alla ragazzina timida che conosceva? Quella che arrossiva quando lo insultava?

Probabilmente si era omologata alla massa.

Valeva davvero la pena di provare come aveva pensato il giorno prima?

“Ieri sera mi ha fatto molto riflettere” esordì la ragazza che si era accomodata.

La Weasley avrebbe dovuto essere molto convincente con le sue scuse riguardo allo schiaffo per poter avere ancora la sua possibilità. “Sul tuo talento innato nel rovinare le situazioni?”

La Weasley lo fissò sconcertata, poi parve capire “Non ho molto da riflettere su quello che ho fatto con te ieri sera. Stavo parlando di un evento accaduto dopo, mentre Tyra e Al mi accompagnavano a casa…

“Cos’è che abbiamo fatto ieri?” le chiese con tono curioso Scorpius, perché non poteva accettare di essere accantonato così.

“Qualcosa che il tuo orgoglio dovrebbe ricordare. Ma non sono qui per parlare di questo, possiamo essere seri?”

“È tutto ciò che voglio” disse Scorpius sedendosi anche lui.

“Stavo dicendo… Ho intravisto al collo di Tyra un medaglione che sembrava proprio quello che portava al collo Elisabeth nel ritratto che ha Durward in casa. Però ho anche pensato alle tue parole sul non dargli false speranze, così volevo sapere se anche a te sembra uguale: oltre a me, sei l’unico che conosco che abbia visto quel ritratto”.

Scorpius aveva fatto molto più che vederlo ma non l’avrebbe mai detto a quella ragazza, così rispose disinteressato “La mia memoria fotografica non è sempre affidabile”.

“Quindi è per questo che rimani ore a fissare la collina? Per essere sicuro di riuscire a tornare a casa?” chiese lei senza riuscire a trattenersi.

Scorpius le rispose basito “Non avevamo stabilito una tregua, non eravamo seri?”

“Sì, scusa” disse lei portandosi alcuni ricci dietro l’orecchio nel modo meno elegante che Scorpius avesse mai visto.

“Dovrò anche andare a casa della tua amica a vedere il medaglione? Puoi scordartelo” riprese lui. Anche perché andare a casa della babbana voleva dire farsi accompagnare dalla Weasley, che voleva dire passare altro tempo a parlare con lei.

“L’ho qui, me lo sono fatta prestare dopo innumerevoli raccomandazioni” fece estraendolo.

Scorpius rimase colpito dalla sua efficienza: forse non stava usando quell’oggetto come scusa per parlare con lui. Si concentrò sul piccolo tondo che era stato poggiato sul tavolo ed ebbe un’ulteriore conferma del suo ragionamento: sembrava davvero molto simile a quello del quadro.

“Ci ho pensato molto e forse il colore non è proprio lo stesso. Anche la dimensione non mi convince…” la Weasley lo riprese e se lo poggiò sul collo “Vedi? Mi sembra più grande. Però non sono riuscita ad accantonare completamente la prima impressione quindi sono venuta”.

“Perché non riuscivi a lasciar stare la tua idea?” le chiese Scorpius prendendole l’oggetto dalle mani.

La Weasley annuì.

Scorpius esaminò da vicino il medaglione rigirandoselo tra le dita.

“Ho anche pensato che è probabile che con i secoli abbia cambiato colore. Sarebbe forse troppo strano trovarlo esattamente identico, non credi?” La Weasley stava davvero condensando i ragionamenti di una notte in dieci minuti, pensò Scorpius.

“Un manufatto di questo tipo è chiaramente incantato. Quindi non ragionare con metodi babbani” la zittì lui.

Quel ciondolo poteva effettivamente essere quello che sembrava, ma solo Durward avrebbe potuto dirlo con certezza.

“Non è metallo babbano, ho fatto alcune prove ed è un manufatto magico” continuò imperterrita lei.

Ma se aveva già fatto tutto perché veniva da lui? “Potrebbe essere quello che pensi” concluse restituendoglielo. Anche se le prove portavano tutte in quella direzione c’era però un fatto molto inspiegabile, chissà se la Weasley aveva la risposta anche a questo “Postulando che lo sia, come sarebbe finito in una casa babbana?”

“Potrebbero averlo acquistato”.

“Quindi cercherai il proprietario precedente? E poi quello ancora precedente? Andando avanti finché non sarai tornata all’epoca di Durward?” chiese, sapendo che la Weasley si doveva esser resa conto della lunghezza degli svariati secoli che intercorrevano tra la loro epoca e quella dell’uomo Durward.

“Non lo so, per ora dovevo solo essere sicura che non mi fossi immaginata la somiglianza. Se avrò bisogno di altri consulti ritornerò” disse alzandosi con decisione.

“La tua timidezza è diventata sfacciataggine, non ce l’hai una via di mezzo?”

“Ho esaurito la gentilezza con te” commentò Rose. Poi parve ripensarci e si bloccò ancora un istante “Nessuno è perfetto, né tu  né io; ma con te ho sempre cercato di essere inappuntabile. Tuttavia nel complesso pare che i miei difetti siano sopportabili, a detta delle persone che ho intorno” Scosse le spalle come per fermare i pensieri “forse dobbiamo solo cercare le persone che riescono a sopportare i nostri difetti”.

Scorpius la guardò accompagnare la porta finchè questa non si chiuse con uno scatto. Non la sentì salire le scale ma dopo qualche minuto udì un calpestio nell’appartamento sopra il suo: era tornata a casa.

Scorpius contemplò il legno della cucina per qualche minuto prima di realizzare che la Weasley lo aveva appena sorpreso come nessuna era riuscita a fare: né mutismo ostinato, né lacrime e scuse.

Rose Weasley era inafferrabile. Combattiva e arrendevole, coraggiosa e timida, onesta fino al midollo, dimostrava la mutevole indole umana. E per la prima volta non considerò l’animo umano in maniera negativa: anche le singole sfumature dell’alabastro non erano poi così belle.

 

 

 

Con un po’ di ritardo, vi regalo un brano dal punto di vista di Scorpius. Non mi soddisfa appieno però, devo lavorarci.

Non ci crederete ma ho scritto davvero il primo incontro di Tyra ed Al di cui parlano, se lo volete leggere è qui http://www.efpfanfic.net/viewstory.php?sid=2890229&i=1

 

Vi ringrazio sempre tantissimo, soprattutto quel gruppetto di affezionati che continua a seguirmi. Se potessi vi abbraccerei XD

A presto!

 

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Capitolo 10
*** Un passo avanti e due indietro ***


“Spiegami perché sei qui”.

“Perché stiamo andando nella stessa direzione, Weasley, mi sembra evidente”.

“Ma perché stiamo andando nella stessa direzione?”

“Perché ti sto seguendo, no?” Rispose Flitt con sincerità scrollando le spalle. “A proposito, dove stiamo andando?”

Rose dovette sopprimere l’istinto naturale di strangolare il malcapitato che trotterellava tranquillamente accanto a lei. Tanto tranquillamente da diventare inquietante. Come il gatto sua mamma.

“In un luogo appartato, così posso tirare fuori la bacchetta” gli rispose svoltando per cominciare la salita alla collina dietro il villaggio. “Per cacciarti, con la forza” pensò bene di specificare Rose.

Flitt non sembrò curarsene minimamente, anzi la precedette lungo il sentiero. Rose sospirò, rendendosi conto che il ragazzo era abituato a fare a botte con Al e non si sarebbe fatto intimidire facilmente.

Al aveva invitato Tyra a fargli vedere il villaggio. C’era sicuramente qualcosa sotto ma Rose non aveva il tempo di occuparsene quella mattina, doveva provare a parlare con Durward. Non poteva certo portare Al, che si sarebbe aggiunto subito se lo avesse saputo: il fantasma era già abbastanza restio con poco pubblico.

Non aveva calcolato la presenza assillante di Flitt che aveva trovato a gironzolare vicino alle scale. A quanto pare Malfoy non era in casa e lui lo aspettava come un bravo animale domestico, senza allontanarsi troppo. Era stupefacente come Malfoy fosse riuscito ad addomesticarlo, mentre sembrava così fuori controllo con altri.

“Ma tu cosa pensi di Scorpius?” si girò infine il ragazzo per degnarla di attenzione.

Rose ebbe voglia di mettersi a urlare e tornare a casa. Quel suo appartamento ben protetto, quelle quattro mura da cui poteva affacciarsi… e osservare Malfoy. “Penso quello che è evidente” gli rispose di fretta.

“Un sociopatico o un molestatore seriale? Sai, mi interessa l’immagine che dà di sé” le spiegò dandole il tempo di raggiungerlo.

“C’è qualcosa che gli impedisce di essere entrambi?” Chiese Rose ironica.

“Una terza via: sei proprio una strega piena di cultura, Weasley” commentò Flitt come se gli si fosse aperto un mondo.

“Si suppone che tu sia il suo migliore amico, perché vieni a chiedere a me cosa penso?” sbuffò Rose esasperata.

“Te l’ho detto: è una questione di immagine. Comunque definirmi migliore amico è sminuire il mio ruolo: sono il confidente” le rivelò con finto tono cospiratorio.

“Lavoro arduo, immagino”.

“Mi basta averlo sott’occhi. Se fosse un compito arduo lo mollerei, non sono uno che ama la fatica inutile”.

“Detto da uno che si sta arrampicando su una collina senza un motivo non suona convincente” li interruppe Malfoy uscendo dal boschetto.

“Sto seguendo la Weasley e siamo arrivati qui” gli disse innocentemente Flitt mentre Rose non sapeva se picchiare il suo improvvisato compagno di viaggio per la risposta o Malfoy per essere arrivato.

“Perché?” chiese Malfoy esasperato.

“Non posso nemmeno più avere la libertà di andare dove voglio?” Chiese Rose alzando la voce. Sperare in una civile convivenza era forse davvero troppo.

“Non tu! Perché la stai seguendo?” Sbottò ancora rivolto all’amico. Rose lo rivalutò per un attimo.

“Ah, io? Perché mi andava!” trillò allegro Flitt “poi sembra una personcina interessante, non trovi?”

Dalla faccia di Malfoy si capiva come l’ironia di Flitt non facesse esasperare solo Rose. “In questo momento mi interessa di più tornare alle mie occupazioni. Poiché non potrò farlo finché non avrò accompagnato lei al maniero,” accennò a Rose con la testa “puoi cortesemente andartene?”

“Io me ne vado ma solo i Babbani portano le ragazze nelle case disabitate: ti credevo con più stile” con queste parole Flitt fece un largo sorriso e una piroetta, svanendo sul posto.

Malfoy rimase a contemplare la polvere che aveva sollevato nell’andarsene, finché Rose non si rimise in marcia.

“Nessuno ti ha chiesto di venire con me. Anche se il caso ci ha fatti incontrare ora che sei riuscito a far allontanare Flitt puoi tornare a quello che stavi facendo” lo rimbrottò Rose quando si accorse di essere seguita.

“Ti ricordo i tuoi precedenti con quel fantasma: hai bisogno di un mediatore”.

“Posso cavarmela da sola, ti ho detto che non ti avrei più cercato se non fosse stato strettamente necessario”.

“Mi pare che devastare psicologicamente un uomo possa essere un motivo abbastanza valido, non trovi?”

“Ho una sensibilità più sviluppata della tua, stai tranquillo”.

“Cosa ne sai tu della mia sensibilità? Forse mi conosci?” la aggredì Malfoy.

“Eravamo passati alla convivenza civile quindi non regredire” lo rimbrottò a sua volta Rose. Lo sentì sbuffare al suo fianco.

Arrivarono rapidamente al maniero e Malfoy la precedette alla porta bussando con mano ferma. Voleva forse dare sfoggio della sua galanteria?

Rose lo seguì circospetta lungo l’ingresso e si fermò con lui ai piedi delle scale. “E ora?” avrebbe voluto chiedergli con tono saccente ma la figura perlacea di Durward si stava già palesando dal piano superiore e sembrava meno incollerito del solito da come la veste frusciava tranquilla appena sospesa sopra gli scalini.

“Scusaci per essere venuti senza preavviso ma Rose aveva proprio bisogno di parlarti” gli si rivolse il biondo facendo elegantemente un passo indietro per lasciare alla ragazza la vista libera.

“Io sarei venuta da sola ma tu hai insistito” si sentì in dovere di puntualizzare Rose, non appena finì di chiedersi perché Malfoy l’avesse improvvisamente chiamata per nome. Il ragazzo la degnò di un’occhiata penetrante che sembrava un ammonimento.

“Le vostre liti non mi interessano” intervenne Durward seccato.

“Non siamo qui per litigare!” esclamò esasperata Rose: possibile che lei riuscisse a far irritare quel fantasma in ogni modo? Di solito risultava abbastanza simpatica… O almeno nessuno le faceva capire di non essere gradita.

“Allora perché sareste qui? Di cosa devi parlarmi?”

Rose, dietro domanda diretta, si ricordò di non aver pensato alla strategia: aveva pianificato di farlo durante il tragitto ma tra la presenza di Flitt e la comparsata Malfoy non ne aveva avuto tempo. “Posso vedere di nuovo il quadro che tieni al secondo piano?” le uscì di getto per cercare di guadagnare qualche momento.

Durward scrutò Malfoy che sospirò rassegnato, poi volteggiò verso l’alto facendo cenno ai due ragazzi di seguirlo. Malfoy afferrò Rose per un polso e la avvicinò, approfittando che l’altro fosse girato. “Lasciagli credere che tu sia mia amica, Weasley, o non riuscirai a instaurare un rapporto con lui tanto velocemente” le sussurrò superandola sulla scalinata.

Come si permetteva quella serpe di insinuare che lei non potesse fare amicizia con alcunché? Proprio lui che non aveva certo folle di amici, o confidenti, come si era da poco premurato di puntualizzare Flitt. Avrebbe dovuto prendere esempio da lui? Piuttosto dal sociopatico Fred!

Salite le scale con piglio minaccioso, Rose si accorse che l’altro aveva già aperto la porta della stanza e la stava aspettando dentro. Realizzò anche che prendere tempo non sarebbe servito a nulla se Malfoy continuava a distrarla.

Si piantò davanti al quadro fingendo di osservarne i dettagli e cercando di pensare: la cosa migliore era mettere in chiaro sin da subito che non sapeva se aveva trovato la pista giusta. Dopo aver ben sottolineato la sua incertezza, poteva tirare fuori il medaglione e cercare una conferma o una smentita. Però Durward si sarebbe immancabilmente lasciato condizionare e la sua obiettività non sarebbe tornata tanto presto: essendo un fantasma, Rose cominciò a temere che non sarebbe tornata prima che lei non avesse avuto almeno qualche capello bianco. Era molto probabile che Durward riconoscesse quel medaglione per autosuggestione. Come fare?

“Posso parlarti un attimo?” sentì chiedere da Scorpius.

Un attimo dopo Durward frusciava fuori dalla stanza.

Rose si chiese quanto tempo fosse rimasta lì immobile, se addirittura Malfoy era intervenuto per salvarla. Per salvare lei o per salvare quel fantasma? La sensazione che il ragazzo fosse affezionato a quell’uomo le era venuta sin dalla prima volta e ora si stava riconfermando: per chi altri Malfoy si sarebbe esposto in prima persona? Non si era mai preoccupato troppo dei sentimenti altrui.

Ma ora non aveva tempo per queste riflessioni: doveva pensare a cosa fare. Lo sguardo le cadde sul quadro e ovviamente corse al medaglione lì raffigurato. La forma era uguale, anche il colore molto simile ma l’effigie… aveva qualcosa di strano. Rose estrasse l’oggetto di Tyra e cercò di confrontarli da vicino: simili ma non identici. Scorpius aveva ragione: stava solo illudendo Durward e avrebbe dovuto andarsene il più in fretta possibile da quella casa.

Fece per uscire ma si trovò davanti proprio il biondino che le sbarrò la strada. Rose sbirciò dietro di lui e vide che per fortuna Durward non era in vista. “Non sono uguali: sapevo di aver bisogno di un’ulteriore conferma!”

Lo sguardo del ragazzo saettò rapidamente da lei, che teneva ancora il medaglione in mano, al quadro. “La tela potrebbe non essere esatta” commentò quello con calma.

“Perché non dovrebbe esserlo?”

“Magari il pittore non aveva mai visto quel ciondolo”.

“Elisabeth ha posato per quel quadro” riflettè Rose piano.

“Chi lo ha mai detto?”

“Come si fa a fare un ritratto senza la persona ritratta?” chiese a sua volta Rose spazientita.

Malfoy fissò il cavalletto per qualche istante. “Credo sia possibile, Weasley. Tu sei un’esperta di pittura?”

“No ma si vede che è un quadro ben fatto; non sarebbe venuto così bene senza Elisabeth a posare, ne sono sicura” assicurò Rose, ricordandosi improvvisamente cosa stringeva in mano e affrettandosi a nasconderlo in una tasca.

Malfoy rimase a guardarla stralunato per qualche istante, prima di riprendersi ed esclamare con un sorriso compiaciuto “Rose ha un oggetto da mostrarti. Sembra che vi sia inciso lo stemma della tua famiglia”.

La ragazza intuì subito chi doveva essere comparso alle sue spalle ma ciò non le impedì di lanciare un incantesimo non verbale a Malfoy che sembrava proprio gongolare nell’averla messa in difficoltà. Ancora una volta. Eppure le era sembrato fosse veramente intenzionato a non ferire il fantasma: un’altra tecnica di inganno alla Malfoy.

“In realtà non è nulla di che: l’ho guardato bene e mi sono resa conto che mi ero confusa” in fondo la verità era proprio quella, no?

“Come ho già ribadito, non voglio nessun contatto con quella che era la mia famiglia: loro abbandonarono Elisabeth e io ho abbandonato loro. Se anche fosse vero, non lo vorrei vedere” proclamò Durward ancora irritato, appuntando lo sguardo sul quadro.

“Doveva essere molto bella dal vivo” cercò di distrarlo Rose, per prevenire ulteriori uscite poco felici di Malfoy.

“Per certi versi lo era meno di questo dipinto, per altri di più” commentò il fantasma con un sospiro.

“Evidentemente anche il pittore doveva averla trovata incantevole” disse Rose.

“Perché?” intervenne Malfoy osservandola.

“In ogni opera l’artista mette un po’ di sé; da come ha fatto atteggiare la sua modella, quali colori ha usato, quale luce la colpisce si provoca una particolare impressione nello spettatore: il pittore era coinvolto in quello che stava facendo, non trovi? Tu che hai una sensibilità così spiccata dovresti ben saperlo” terminò ironica.

Non le venne risposto male come credeva: Malfoy sembrava stare seriamente meditando sulle sue parole, mentre Durward continuava a frusciare accanto a loro.

*

“Quando pensi che Rose mi restituirà il ciondolo?” se ne uscì improvvisamente Tyra mentre Al tracannava la lattina che aveva acquistato poco prima.

“Credo debba studiarlo attentamente, le interessa il disegno sopra”.

“Ho cercato anch’io di capire da dove provenisse quando cercavo mia madre ma non avevo scoperto nulla”.

“Alla fine hai trovato tua madre?” chiese Al, più per curiosità che per reale interesse. Per quanto ne sapeva poteva averla ritrovata in hotel poco più tardi di quando avevano parlato. Magari le aveva fatto una bella ramanzina sull’andare in giro da sola di notte.

Tyra scosse la testa “Qualcuno mi ha fatto presente che comunque sarebbe stato più costruttivo andare avanti”.

“Un saggio tibetano probabilmente” ammiccò Albus. Forse sotto c’era qualcosa di più di una ramanzina.

“Non credo: in fondo penso che gli piaccia essere perennemente disturbato dalla gente intorno a lui”.

Al glielo concesse con un breve sorriso “Sai molte cose per avermi parlato dieci minuti, o forse meno” constatò, portando a galla l’argomento che lo interessava di più.

“Esiste la rete: fonte inesauribile di informazioni. Ti hanno mai detto che quando suoni ti si legge tutto in faccia? Soprattutto la frase –questo ragazzo è squilibrato- quando Louis cerca di buttarsi giù dal palco”.

“Quella ce l’avevo anche l’altra sera” si arrese Albus. Non poteva controllarsi sempre e ammetteva di sentirsi più libero quando stava con la sua band: era certo di non avere persone del mondo magico che lo osservavano pronte a riferire ogni più piccola anomalia o emozione poco consona. Al massimo ragazzine psicopatiche, come stava appurando.

“Notata” lo avvisò Tyra giocando con la sua cannuccia.

“E tu?” non si potè trattenere dal domandare Albus: se lei sembrava così informata su di lui, almeno voleva uno scambio “sei sempre così pimpante o è solo in mio onore?”

“Non ha senso farsi dominare dalle emozioni negative. Altrimenti a quest’ora mi sarei già fatta odiare da Rose perché le avrei già scritto almeno cinque messaggi”.

“Tutti sul medaglione?” chiese Al ridendo.

“Quattro. Magari uno l’avrei usato per chiederle qualcosa su di te”.

“Schietta. Ti lascio una domanda, dopo che mi avrai raccontato tutta la storia del tuo medaglione”.

Tyra gli sorrise “È un cimelio di famiglia, da parte di mia madre per la precisione. Si tramanda ai figli da tempo immemore”.

“Sembrava vecchio in effetti...”

“Antico, prego” lo rimbrottò Tyra, guadagnandosi il rimprovero di essere uguale a Rose “Comunque, si dice sia legato a una vicenda d’amore. A Rose piacerebbe, racconterò anche a lei questa storia”.

“È sufficiente non tratti di un amore non corrisposto durato anni che alla fine trova coronamento. In quel caso, taci!” mise in chiaro Al.

La ragazza rimase silenziosa pensando e Albus cominciò a disperarsi “Non è possibile!” Esclamò alla fine scuotendo la testa.

“La leggenda di famiglia... Non guardarmi così! Non l’ho inventata io!” cercò di difendersi la ragazza “la leggenda racconta che fu regalato a una mia antenata da un nobiluomo innamorato di lei”.

“Nessuno però ha parlato di un corteggiamento durato anni” notò subito Al.

“Credi davvero che Rose non integrerà la leggenda? Si può costruire una bella storia d’amore intorno a poche informazioni” gli fece notare Tyra.

“Voi ragazze siete esperte” si arrese alla fine Albus.

“Mi piace pensare che la mia antenata sia stata blandita a lungo prima di cedere e non ci sia concessa solo perché lui era di rango sociale superiore”.

“Perché tutti devono avere una vita da romanzo? Non potrebbe aver avuto una vita molto tranquilla, serena, senza alti e bassi?” fece presente Al sconsolato.

“Per riconoscere la felicità bisogna provare il dolore” rispose Tyra dopo aver riflettuto.

Albus alzò le mani in segno di resa: il discorso si stava facendo troppo filosofico per i suoi gusti “Va bene, va bene. Ti concedo una domanda, allora: sono soddisfatto della tua leggenda”.

La ragazza si mosse un po’ sulla sedia, come in cerca di ispirazione. Infatti cominciò “Parlare della leggenda mi ha fatto ricordare che discendo da un nobile, se vogliamo credere alle chiacchiere” Al la fissò stralunato: si era aspettato qualunque cosa ma non che volesse parlare della sua famiglia. Tyra mal interpretò e spiegò “Pare che la mia antenata avesse avuto una figlia da lui, anche se l’aveva cresciuta da sola perché lui l’aveva lasciata”.

“È veramente un romanzo rosa!” si disperò teatralmente il ragazzo cercando di distrarla.

“Insomma, tu? Antenati importanti?”

Albus aveva davvero pensato di risponderle sinceramente. Questo prima di conoscere l’argomento di cui avrebbe dovuto parlare “Mio nonno è un grande batterista, almeno quando suona nella rimessa di famiglia” le disse avvicinandosi con fare cospiratorio.

Tyra capì la battuta e si mise a ridere. Forse avrebbe potuto chiedergli qualcosa di un po’ meno ovvio ma aveva la sensazione che con Albus non si potesse arrivare subito al punto. Poi era un ottimo modo per fargli parlare di sé.

 

Sono tornata! Dopo un periodo di tempo improponibile, me ne rendo conto, ma sono tornata: apposta per farvi gli auguri! Speravo di riuscire a postare prima ma le distrazioni sono state troppe… Ma non temete, stiamo volgendo al termine, come avrete capito. Il prossimo capitolo dovrebbe essere quello decisivo per Rose e Scorpius. Felix sta lavorando per noi!

Quindi mi rimane solo da dirvi: Buon 2015!

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