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ti scrivo
nonostante stia per addormentarmi con la piuma in mano. Stamattina ho finito di
sistemare gli ultimi scatoloni, con la magia, anche se la mamma mi aveva
consigliato di non usarla per potermi abituare meglio al mondo Babbano. Senza qualche
colpo di bacchetta però avrei finito tra qualche settimana!
Oggi pomeriggio
invece ho conosciuto Tyra, l’esperta di leggende locali. Ricordi quando mi
prendevi in giro sostenendo che sarebbe stata una versione poco più giovane
della Cooman? Avevi ragione, è proprio come lei, solo molto più giovane: ha
appena finito la scuola. Lei però non cerca di spiegarmi come potrei morire, la
apprezzo. Invece comincio a dubitare seriamente di Johan: voleva un articolo
serio, una ricerca per il Ministero su quanto il mondo Babbano sapeva di noi e
mi affida un’esperta più giovane di me?
Domattina
comunque mi sveglierò presto e farò qualche ricerca col computer (che per
fortuna la mamma mi ha insegnato ad usare). Ho pensato che nel peggiore dei
casi andrò a bussare porta a porta per chiedere ai Babbani cosa pensano della
magia, anche se ho paura chiamino la polizia.
Tu invece come
stai? Hai trovato un posto in cui sistemare il tuo arsenale, dopo che non hai
più avuto a disposizione il mio armadio? Attento, la zia Ginny
non ci metterà molto a scoprire cosa nascondi sotto il letto.
A presto,
Rose
Rose
terminò di legare la lettera alla zampa di Antares con uno sbadiglio.
Aprì
piano la finestra del salotto, quella che si affacciava sul bosco, per evitare
che i suoi nuovi vicini Babbani facessero strane domande, e sporse oltre il
davanzale il braccio su cui stava appollaiato il suo gufo screziato, per
consentirgli di spiccare il volo. Quello raspò un poco sul suo braccio per
farle capire che non gradiva proprio dover volare fino a Londra ma poi partì.
La
ragazza sorrise per il solito comportamento del suo uccello e si affacciò per
poterlo osservare mentre prendeva quota, sfiorando le cime dei pini fino ad
andare a confondersi con gli altri uccelli della notte. Stava per spostarsi
finalmente a letto quando udì un commento proveniente dal giardino sotto il suo
appartamento.
“Ehi,
hai ragione, c’è una luce! Niente Pluffa, che
ingiustizia!”
Rose,
divertita, pensò che forse non era proprio l’unica strega in quel complesso di
quattro appartamenti e che il giorno dopo sarebbe scesa ad informare i vicini
che non era un problema per lei che continuassero le loro attività magiche.
*
Rose,
appena scesa sul pianerottolo, si ricordò della sera prima e, approfittando del
fatto di essere in orario per il suo appuntamento, decise di andare a conoscere
i suoi vicini.
Bussò
alla porta d’ingresso dell’appartamento sotto il suo e attese. La serratura
scattò, aprendo l’uscio, e Rose si stava chiedendo se fosse un invito a entrare
quando una voce smorzata, che le parve di avere già sentito, borbottò uno
svogliato “Arrivo.”
Qualche
attimo dopo ebbe di fronte un ragazzo biondo che la fece boccheggiare.
“Scorpius!”
Si riprese Rose mettendosi quasi a urlare.
“Weasley… Scorpius?” Aggiunse lui guardandola interrogativo.
“Malfoy!”
Si corresse lei in modo veemente maledicendo le sue orecchie che stavano
cominciando a prendere fuoco. “Cosa ci fai qui?”
“Vendo
bacchette agli elfi domestici.”
Dopo
un istante di silenzio Rose ebbe un sussulto “Io sto scrivendo un articolo per
il Profeta…”
“Non
mi interessa, Weasley.” Ribadì quello con aria seccata tirandosi indietro e
chiudendo la porta.
“Sono
la tua vicina!” Gli urlò la ragazza mentre i cardini dell’intelaiatura
vibravano ancora.
Dall’altra
parte ci fu uno sbuffo, che Rose col tempo si convinse di non aver mai sentito.
Non potè fingere però di ignorare il tono sarcastico delle parole che
seguirono: “Come sono felice! Volevi the e biscotti?” né il suono di passi che
si allontanavano.
Un po’
intontita, resasi conto che fissare una porta non avrebbe prodotto grandi
risultati, andò sui gradini esterni e lì si rannicchiò, chiudendo gli occhi in
attesa che la consapevolezza di quanto accaduto la sommergesse.
Scorpius.
In una sperduta. Cittadina. Babbana. Dove già la probabilità di incontrare un
mago qualsiasi rasentava lo zero. Lui. Perfetto!
Chissà
cosa doveva aver pensato di lei, cosa stava pensando. Probabilmente nulla,
concluse Rose scoraggiata, perché dovrebbe pensare a qualcosa che non gli
interessa?
Una
nuvola passò sul sole oscurandolo.
“Tyra?”
Chiese Rose alzando lo sguardo e trovandosi di fronte una massa scompigliata di
capelli biondi.
“Ciao
Rose!” Fece quella sedendosi vicino a lei “Scusa il ritardo ma mio padre ha
voluto organizzare una festa di benvenuto per i nostri nuovi vicini e ieri sera
abbiamo finito tardi di mettere a posto tutto” le spiegò, mentre fissava la sua
aria corrucciata, che interpretò come rivolta a lei “Non mi dimenticherò che
devo farti da guida, stai calma!” Alzò le braccia al cielo in segno di resa
“Andiamo a fare colazione, così possiamo parlare dei nostri programmi, se ti
senti più tranquilla”.
Rose
si limitò ad assecondarla, già col morale a terra e troppo basita dalla
quantità di parole che l’altra aveva pronunciato, senza aver bisogno di aiuto.
Una
manciata di minuti dopo le due si erano accomodate in un comodo bar poco
distante e Tyra aveva già tirato fuori carta e penna, perché “bisognava
procedere con ordine” nellalista di
cose da fare. Rose cominciò a fissare gli avventori, aspettandosi da un momento
all’altro di scorgere una testa bionda troppo familiare, fino a rendersi conto
che non poteva fantasticare così, non fino a sera. Passò dunque a esaminare
l’arabesco di fiori neri che spiccavano sulla parete rossa dietro il bancone
finché non si ricordò del suo lavoro.
“Dimmi,
quale opinione avete sulla magia?”
“Varie,
a dir la verità.” Le rispose l’altra, continuando a tenere lo sguardo sul
foglio “Chi la ritiene una favola per bambini, chi un frivolo passatempo
moderno, chi ne è fanatico e chi vorrebbe tornare ai roghi di streghe.”
“E tu
cosa ne pensi?”
Tyra
alzò lo sguardo “Io credo che non dovremmo escluderla del tutto.”
Rose
si sentì finalmente sollevata, dopo aver visto Scorpius “Quindi cosa sai di
pratiche magiche?”
Tyra
le sorrise “Credo che prima di tutto dovrei portarti in un posto. Si trova su
una collina poco distante da qui, vicino a una casa abbandonata che tutti
dicono sia infestata.”
“E
quando potremmo andare in… Questo covo di Serpi!”
Sbottò Rose accorgendosi di un altro ragazzo che aveva studiato a Hogwarts e
che stava uscendo dal locale con delle tazze di caffè fumante in mano. Egli,
bloccando la porta con la schiena per riuscire a uscire dal locale senza
rovesciare nulla, si trovò a voltarsi verso il tavolo delle ragazze e,
riconosciuta la Weasley, scoppiò a ridere.
“Beh,
qualche animaletto c’è ma non poi così tanti!” Si indignò Tyra, prima di capire
che aveva perso l’attenzione della sua interlocutrice, la quale d’altronde
sembrava molto impegnata a fondersi con la parete. Quando accanto a loro
comparve un alto ragazzo biondo, dalle spalle larghe, credette di capire
perché.
“Weasley!”
Salutò quello gioviale.
“Flitt…” Replicò l’altra con tono dubbio.
“Perché
questa espressione, non posso salutare una vecchia amica?”
“Noi
non siamo mai stati amici.” Gli fece notare francamente Rose.
“Circostanze
contingenti ci hanno portato su strade diverse.” Commentò lui approfittando del
vuoto lasciato su divanetto da Rose, che si era spostata verso la parete, per
accomodarvicisi. “Tu cosa ci fai qui?”
“Scrivo
un articolo.” Rispose piano Rose cercando di elaborare una frase atta a fargli
capire che c’era una Babbana con loro.
“Oh,
quindi non ti fermi?”
“Si
tratta di una ricerca, rimarrò qui un paio di mesi.”
Non
appena Rose finì di parlare il ragazzo mostrò uno splendente sorriso. “Non puoi
immaginare quanto la notizia mi riempia di gioia. E dimmi, dove alloggi?”
Rose
lo fissò stralunata, incerta se rispondere o meno. A scuola aveva parlato con
Flitt una decina di volte… In sette anni. Come mai
ora si mostrava improvvisamente interessato? A cosa poi?
“Poco
distante da qui, in quella villetta suddivisa in quattro appartamenti subito
dietro l’angolo.” Li interruppe Tyra.
“Al
civico otto?” Chiese trepidante un estasiato Flitt.
“Sì,
proprio sopra il tuo amico Malfoy.” Lo informò Rose.
“Per
tutti i serpenti di nonno Caius, che meraviglia! Non
ci si poteva aspettare di più!” Inveì il ragazzo balzando in piedi per
l’entusiasmo e facendo saltare sul divanetto Rose “È fantastico!” Commentò
ancora riagguantando i suoi caffè e dirigendosi verso la porta. Man mano che si
allontanava le sue parole arrivavano più attutite e smorzate ma alle due
ragazze parve di sentire distintamente “Monotona vita di provincia, cambiamenti
radicali…”, accompagnate da decise asserzioni col
capo.
Quando
fu sparito fuori dal locale, Rose capì che doveva una spiegazione a Tyra: optò
per una versione veritiera, per evitare che in possibili conversazioni future
potesse contraddirsi, ma edulcorata. “Ho frequentato la sua stessa scuola, lo
conoscevo di vista.”
“E
allora perché tutta questa gioia da parte sua?”
Rose
cominciò a girare il cucchiaino nel suo tè, nonostante lo zucchero fosse ormai
completamente sciolto, mentre pensava “Non lo so.”
“Era
una domanda retorica, Rose…” La fissò l’altra con
sguardo ovvio “È anche carino, non vedo perché non dovresti dargli una
possibilità.”
“No!”
Sottolineò Rose battendo il cucchiaino sulla tazza e spargendone parte del
contenuto sul tavolino. Soppresse l’istinto di estrarre la bacchetta.
“Però
non sembravi indifferente.” Insistette Tyra cominciando a prendere i tovaglioli
dal contenitore tra loro “Non dire che non stavi cercando di nasconderti!”
Rose
si prese del tempo per asciugare con calma la macchia e, spinta dal silenzio
dell’altra e ancora un po’ frastornata dal comportamento di Flitt, fu costretta
a buttare fuori “Sarebbe il migliore amico del ragazzo che mi piace.”
“Che è
il tuo vicino di casa?”
“Veramente
abita al piano di sotto… Ma tu come fai a saperlo?”
“Ricordi
stamattina? Sembravi riflettere sui misteri della vita cercando una risposta
nelle venature degli scalini” Le fece notare con un sorrisetto, sporgendosi
verso di lei “Quindi spiegami, cosa c’è tra te e questo…
Malfoy, giusto?”
“Nulla!”
Sbottò Rose mentre tirava indietro la sua sedia, essendosi trovata la ragazza a
una decina di centimetri dal viso. “Non c’è mai stato nulla!”
“Quindi
lui non ti ha mai considerata, ho capito. Anche lui veniva a scuola con voi?”
“Andresti
d’accordo con Al.” Borbottò l’altra sistemandosi nuovamente con la schiena
dritta sulla sedia. Era davvero così evidente?“C’era una competizione tra noi. Lui voleva essere il migliore e io non
mi sono mai lasciata battere, questo è quanto.”
“E lui
non ha mai accettato questo fatto?”
“A
quanto pare no.” Sottolineò Rose riprendendo il cucchiaino e notando che la
mano le tremava. Dannato Scorpius!
“Ti
serve un fidanzato, per dimenticare il signor so-tutto. Quindi dovresti
cominciare a parlare con questo Flitt e non rintanarti contro il muro. A meno
che non ami le ragazze cerbiatto spaventate... No, non mi sembra proprio il
tipo!”
Rose,
che aveva ascoltato il monologo di Tyra da cima a fondo senza trovarvi un senso
logico, le fece notare che Flitt non le piaceva per nulla “Non penso sia il
ragazzo giusto per me.”
“Lo
penso io! E per queste cose un parere esterno conta sempre di più”
Rose
riflettè un attimo sui motivi che la spingevano a non andarsene da quel bar…
L’articolo, anzi la serie di articoli, che doveva scrivere per conto della
Gazzetta sulle abitudini babbane e su come i babbani considerassero la magia. Il tutto perché il suo
capo faceva parte di un gruppo che voleva proporre una revisione dello Statuto
Internazione di Segretezza e aveva bisogno che qualcuno confermasse le sue
teorie. La scelta era in breve caduta sulla nuova giovane tirocinante che non
avrebbe potuto rifiutare nessun lavoro, anche se comunque a Rose non dispiaceva
così tanto. Si era sempre sentita incuriosita dal mondo dei suoi nonni.
Per
scrivere quell’articolo aveva bisogno dell’esperta in leggende locali, cioè
della ragazza che le sedeva di fronte, pronta a tormentarla con argomenti che
odiava toccare.
La
giornata si prospettava meravigliosa.
Cara Rose,
ti rispondo
nonostante tenere la piuma in mano mi costi un enorme sforzo (non poter
divorare biscotti).
Perché i Babbani
dovrebbero chiamare la polizia? “Non credo lo faranno, ma se Rose proprio teme
l’eventualità si faccia una doccia prima di andare” dice James (temo abbia
chiesto a nonno Arthur il significato della parola).
Rimodella i tuoi
sogni di gloria: la tua ricerca non avrà un’importanza capitale, se l’hanno
affidata a una giornalista in erba. Sappiamo entrambi cosa dovresti scrivere ma
tu mostra il vero spirito Grifondoro, cacciati in qualche guaio di rilevanza
internazionale! Così li convincerai ad affidarti articoli migliori. Intanto
prova a chiedere alla tua amica cos’è un RicciocornoSchiattoso e se ti saprà rispondere è sicuramente una vera
esperta (James sostiene il contrario ma si sa che non è acuto). In ogni caso,
chiedile di farti conoscere qualche suo amico, va bene anche biondo, ma non
costipato (ogni riferimento a Malfoy è voluto).
Ciao, il tuo
malandrino preferito,
Al
Di
ritorno su questi lidi per tormentarvi ancora un po’, non vi tedio anche con
lunghe note finali (ma non garantisco per i prossimi capitoli) XD
purtroppo
Malfoy abita nell’appartamento sotto il mio. Non so cosa pensare, forse sarebbe
meglio per me dimenticarlo, ma d’altra parte non può essere un caso l’esserci
ritrovati a miglia da Hogwarts, vero?
Rose
Rose,
rassegnata ad attendere che Antares tornasse dalla cima del pino più alto che
aveva trovato nella foresta, decise di impiegare il tempo che la separava
dall’incontro pomeridiano con Tyra cominciando la lettura di un libro che aveva
comprato quella mattina, “Come tirare fuori la magia dentro di te”.
Cominciò
a sfogliare le prime pagine, dopo essersi accomodata sul morbido divano blu che
divideva l’ambiente della cucina da quello della sala, e le venne spontaneo
chiedersi perché mai lo scrittore fosse così attento ai rapporti interpersonali.
La magia nasce da dentro, perché mai dovrebbe importare quello che vedono gli
altri?
Dopo
il primo capitolo aveva imparato che l’importante era essere consapevoli dei
propri punti di forza, riconoscere quelli degli altri per poterne trarre spunto,
porre dei limiti ai propri difetti. Insomma, aveva realizzato che si trattava
di un libro sull’autostima.
Dalla
finestra entrò Antares, che si andò a posare sullo schienale del sofà. “Togliti
di lì, stai lasciando il segno delle unghie!” Gli fece notare Rose,
allungandosi per afferrare il taccuino e cominciare ad annotare un primo
spunto: -“Magia” può essere sinonimo di autostima. Magia = forza interiore =
autostima?-
Ancora
seduta, appellò dal tavolo da pranzo dietro il suo schienale la lettera per Al
e fece per legarla alla zampa del pennuto, che aveva provveduto ad stringere
ancor di più l’imbottitura del divano, quando questi fischiò e si alzò in volo
per la stanza.
“Antares,
lo so che è breve ma è una cosa importante” Lo richiamò Rose scoraggiata lasciandosi
cadere tra i cuscini. Raccolta la motivazione necessaria per la discussione, si
alzò e si posizionò al centro della stanza.
L’uccello
si fermò planando sul tavolo e la fissò con i suoi occhi neri. Poi, senza
preavviso, schizzò fuori dalla finestra rimasta aperta, mentre la ragazza non
poteva far altro che contemplare una rossastra macchia indistinta sfrecciarle
poco vicino il capo.
“Torna qui!” Gli intimò sporgendosi fuori,
mentre quello tracciava immaginari cerchi nell’aria. “Vieni a prendere questa
lettera, forza!” Piagnucolò cercando di fissarlo negli occhi.
“Weasley,
nemmeno il tuo pennuto ti ascolta.” Il commento arrivò chiaro da sotto.
“Malfoy,
non ti preoccupare del rapporto con il mio gufo.” Rispose lei osservando la
tuta nera che indossava, così in contrasto con la sua carnagione e i suoi
capelli, riflettendo che forse il verde gli donava di più. Subito dopo si
maledisse, pensando alla reazione di Al se lei avesse mostrato di preferire il
verde a qualsiasi altro colore.
“Come
posso non occuparmene se mi spacchi i timpani?”
“Allora
tornatene in casa! O vuoi aiutarmi a riprenderlo?” Gli chiese indicando Antares
che si era posato sullo steccato al confine con il bosco, non troppo distante
da Scorpius.
“Una
strega del tuo calibro che non è in grado di appellare un animale, nemmeno da
fermo? Che vergogna…” Commentò l’altro fissandola.
Rose
chiuse un attimo gli occhi pregando che la sua tattica funzionasse: per quanto
avesse imparato a capire Antares, a volte decideva di disobbedire per il gusto
di farlo.
“La
lettera che devi portare non piacerà ad Al.”
A
queste parole l’animale alzò la testa e riprese il volo, fino ad atterrare
proprio sul davanzale accanto a Rose. Quella sospirò e lo accarezzò, sentendo
la voce di Scorpius commentare “Nemmeno gli animali sopportano quel tuo
cuginastro”, prima dei suoi passi che si allontanavano.
Rose
legò con cura la piccola pergamena alla zampa del pennuto e lo prese nelle sue
mani per poi fargli spiccare il volo.
*
Felix
Flitt continuava a chiedersi perché mai Scorpius avesse deciso di trasferirsi
in un paesino come quello: quattrocento abitanti, tutti Babbani e per lo più
canuti, due tavole calde e tre negozi.
Alla
fine della scuola, arrivato il momento di scegliere cosa fare nella vita,
Scorpius si era dovuto confrontare con le idee di famiglia: antiquate e
limitanti ma certo Flitt non avrebbe mai pensato che sarebbe arrivato a tanto.
Dopo
estenuanti discussioni, in seguito alle quali suo padre l’avrebbe relegato in
casa, Draco, il padre di Scorpius, gli aveva concesso un anno per dimostrare
che il suo talento era reale.
Scorpius
non aveva mostrato il minimo entusiasmo ma si capiva dalla velocità con cui
aveva cominciato a cercare un luogo in cui vivere che la soluzione lo aggradava
parecchio. Spesso scompariva per alcuni giorni e tornava sbottando parole a
mezza bocca o riempiendo la camera di fogli, finché sua madre non ordinava agli
elfi di raccoglierli.
La
svolta c’era stata quando Felix lo aveva invitato a passare da lui qualche
giorno, dopo che si era trasferito a Caerphilly per
giocare nella locale squadra di Quiddich: dopo una notte di festa Felix si era
svegliato e aveva trovato un biglietto con cui l’amico lo informava che voleva
esplorare i dintorni. Aveva pensato che non sarebbe potuto succedere nulla di
grave.
Aveva
cambiato idea sei ore dopo.
Quando
Scorpius era tornato, ammettendo di aver trovato un posto che lo interessava,
gli aveva chiesto di mostrarglielo, sicuro si trattasse di qualche maniero poco
fuori città o uno spazioso appartamento, lontano da Babbani. Invece quello lo
aveva materializzato in un prato sperduto, sopra un manipolo di case,
proclamando che quel luogo aveva un potenziale.
“Sì,
per far cambiare orientamento sessuale. Mancano solo gli unicorni, per renderlo
il paradiso di tutte le bambine.” Aveva replicato lui.
Per
dimostrare quanto contassero le sue parole, il giorno dopo Scorpius si era già
informato sul castello che avevano intravisto dietro la collina: cadente e in
rovina, necessitava di un intervento radicale che, a quanto pareva, il ragazzo
non aveva tempo di attendere. La settimana seguente aveva già trasferito le sue
cose in un appartamento, in un complesso residenziale, Babbano. Felix non si
capacitava ancora di cosa lo ripudiasse di più.
Effettivamente
il suo giardino si inoltrava nel bosco che poi risaliva fino a quel prato
“ricco di potenziale”, ma non era un motivo bastante ad affittare alcunché,
figurarsi poi in un villaggio non popolato da maghi.
Tuttavia,
nonostante non condividesse per nulla la sua scelta di vita, andava abbastanza
spesso a trovare Scorpius: osservare i suoi vicini e combinare loro piccoli
scherzi magici lo faceva divertire come null’altro.
Soprattutto
ora che era arrivata la Weasley, rifletté Felix divertito. Non aveva mai capito
bene cosa legasse quella saccente Grifondoro e Scorpius ma di sicuro era un
modo per spezzare la noiosa monotonia: l’amico, in sua presenza, poteva
rivaleggiare addirittura con Salazar nei modi di fare.
Quando
dunque vide l’amica della Weasley passare correndo appena oltre il vicolo in
cui si era Materializzato, colse l’occasione.
“Ehi
tu!” Le si avvicinò con un sorrisone “Sto andando anche io da Scorpius, ti
accompagno, affrontiamo il cammino insieme!” Esclamò, dando alle sue parole una
solennità epica.
La
ragazza si girò con fiatone e lo squadrò. Non appena lo riconobbe saltò in
avanti “Perfetto! Intanto volevo giusto parlarti di una cosa…”
“Ho un
certo tempismo.” Le fece notare Felix con un enorme sorriso affiancandola e
riprendendo a camminare. Simulare una grande allegria funzionava sempre a
fargli raggiungere gli obiettivi che si era preposto, come testimoniava il
giorno precedente: aveva notato benissimo la confusione negli occhi della
Weasley.
“Rose
non conosce nessuno qui, quindi potrebbe farle piacere frequentare qualche viso
già noto. Mi ha detto che eravate compagni di scuola e mi chiedevo se ti
andasse una cena stasera.”
A
queste parole il viso del ragazzo si tese in un sorriso deformante “Ma è
proprio quello che stavo pensando, fantastico! Come ci capiamo!”
La sua
interlocutrice sembrò sollevata “Bene, allora potreste vedervi al ristorante
del paese per le otto, che ne dici?”
“Ottima
idea, intanto chiamo anche Scorpius.”
“Chi?”
Gli rispose la ragazza inarcando le sopracciglia.
“Il
necessario per il nostro divertimento, ovviamente.” Si girò e le tese la mano
“A stasera, allora!”
Dopo
il saluto veloce corse verso il portone aprendolo con un colpo di bacchetta: aveva
imparato presto ad avvicinarsi abbastanza da non essere notato.
*
Rose,
decisa ad iniziare seriamente il suo lavoro, aveva convinto Tyra ad
accompagnarla, quel pomeriggio, nel luogo di cui la ragazza le aveva parlato.
Dopo
essersi incontrate sotto casa sua e dopo aver constatato che l’altra era
particolarmente di buon umore, la strega l’aveva seguita lungo la strada
principale del villaggio, osservando i piccoli negozi riaprire dopo la pausa
pranzo e i garzoni e le commesse srotolare le tende per proteggersi dal pallido
sole settembrino. Sulla sinistra le si era poi rivelata una piccola area verde,
un prato con qualche albero in realtà, che aveva colpito la sua attenzione.
“Non
avevo ancora notato questa parte della città. Avete preservato il verde nonostante
vi siate immersi.” Fece notare a Tyra.
“In
realtà sarebbe la piazza principale, su cui per un’antica norma non è possibile
costruire. Così invece di pavimentarla tutta hanno deciso di attrezzarla in
parte come area verde con panchine e giochi per bambini. Ma le assemblee estive
e le feste si tengono ancora qui.”
Alcuni
bambini attraversarono di corsa la strada schiamazzando, seguiti dai moniti
delle madri, sedute invece tranquillamente a uno dei tavoli esterni di un bar.
Giratisi per rispondere, finirono addosso a Rose e Tyra che trasalirono e
cercarono di reggerli perché non cadessero. I due fecero loro brevi cenni, per
poi tornare al loro inseguimento.
“È un
ottimo posto per un pic-nic” Rifletté Rose “Sai, mio cugino ama molto pranzare
all’aperto e impazzirebbe per un posto simile” Spiegò a Tyra osservando il
tronco intrecciato di un grande castagno, dietro cui si era appena nascosto un
bambino.
Si
chiese se anche a Scorpius sarebbe piaciuto. Chissà se aveva già visitato la
piazza.
Chissà
da quanto tempo era lì, ragionò Rose, rimettendosi a seguire Tyra. Forse era
arrivato subito dopo la fine della scuola, quell’estate. O forse, come lei, non
da molto; ma la questione che più la incuriosiva era il perché. Perché proprio
in quel villaggio, proprio in quell’appartamento? Eppure diceva di voler
entrare al Ministero.
Ed era
il suo vicino di casa. Forse il destino aveva voluto aiutarla, concedendole
altro tempo: per sette anni erano stati in competizione, la loro era una gara a
chi rispondeva meglio ai professori e a chi riusciva a padroneggiare un
incantesimo nel minor tempo possibile, ma il loro rapporto umano era nullo. Da
Scorpius riceveva solo provocazioni e apatia.
Tyra
la riscosse dai suoi pensieri, cominciando a parlarle di un gruppo che le
piaceva molto. Non riuscì a seguire coerentemente il filo del suo discorso, ma
comprese che l’amica aveva chiesto al direttore del suo giornale di invitare la
band per un’intervista, che ovviamente poi si sarebbe fatta affidare. “Però non
so se accetteranno di venire. Questo posto è piccolo e il giornale ha una
tiratura ridotta” Concluse sconsolata.
“Sono
molto famosi?” Chiese Rose, sperando che Tyra non scoprisse che non aveva ascoltato
un granché.
“Non
sono di fama internazionale. Ma qui in Inghilterra hanno un buon seguito:
suonano spesso nei pub, se ne hai la possibilità, valli ad ascoltare. Ne vale
la pena.”
Rose,
vergognandosi ad ammettere di non aver sentito il nome del gruppo dal momento
che pensava a Scorpius, si limitò ad annuire e spostò la sua attenzione sul
paesaggio intorno a loro.
Erano
ormai sole in una strada acciottolata che saliva tra le colline dietro il
villaggio. Una grande foresta di pini oscurava la visuale della parte superiore
del colle, a cui il passaggio sembrava condurre; svoltato l’angolo, infatti, un
maniero torreggiava, con le sue merlature grigie, rese nere dal tempo, che
tanto contrastavano con i colori brillanti, illuminati dal sole.
Avvicinandosi,
Rose si rese conto che la luce sembrava non aver presa su quelle pietre, che
poggiavano le une sulle altre lasciando dei vuoti colmati da muschio e muffa.
“Qui!”
Strillò Tyra allargando le braccia e girando in tondo.
Rose
la guardò scettica. Sbatté le palpebre, fissò la casa e poi tornò ad osservare
la ragazza, che ora saltellava con gli occhi chiusi canticchiando. Quando capì
che non aveva intenzione di accompagnarla altrove vagò ancora un poco,
chiedendosi cosa ci potesse trovare di magico in quel posto. Alberi, cespugli,
un prato…
“Quindi
entriamo?” Le chiese alla fine dopo essersi guardata bene intorno.
Tyra
riaprì un occhio, in modo interrogativo “Dove?”
Rose
le indicò l’abitazione con un cenno delle mani.
“Ma
no! Perché dovremmo entrare?”
“Perché
mi sembra l’unico posto diverso dal solito nel raggio di un miglio. Forza!”
Tyra
la raggiunse e alzò lo sguardo scoraggiata. “Sarà una faticaccia” Constatò con
un lamento.
“La casa è sigillata, chi vuoi che viva qui?”
Chiese Rose salendo gli scalini e forzando la porta. Osservare Al armeggiare
con le serrature era servito, dopotutto.
“Forse
un vecchio signore. L’ho visto una volta dietro quelle tende” Le indicò con un
cenno del capo il drappeggio che si intravedeva da una finestra rotta lì
vicino. Rose non diede troppo peso alla questione: Tyra doveva essere stata
indotta ad immaginare una figura dalle leggende sulla casa.
La
porta si aprì lentamente, sfregando contro il legno del pavimento: le assi si
erano sollevate in alcuni punti, mentre in altri erano pericolosamente arcuate.
Le due
ragazze procedettero a tentoni nel buio, cercando di evitare le parti marce,
finché il locale non si aprì su una stanza decisamente più grande e un tempo
accogliente. Lì le finestre erano molto più ampie e da qualcuna, nonostante la
sporcizia e le travi, filtrava ancora qualche sporadico raggio di sole.
L’ambiente aveva anche delle aperture verso il cortile centrale. Avanzarono
piano, osservando gli antichi oggetti attorno a loro, i divani di legno
intarsiato e i lumi ad olio scintillanti.
Nulla
sembrava muoversi, tanto che Rose notò che solo il loro passaggio faceva
turbinare la polvere nel raggio di luce. L’altro capo della stanza ne rimaneva
come dissociato. Notò che anche Tyra stava osservando nella stessa direzione.
“Sono… Tagliati, ad altezza d’uomo.” Commentò accostandosi
alla parete.
“Cosa?”
Rose si avvicinò e non ebbe bisogno di una risposta: ora i suoi occhi potevano
intravedere grandi tele con un ampio squarcio che partiva nella parte bassa.
“Qui è
successo qualcosa” Disse Tyra.
“Esploriamo”
La coinvolse l’altra dirigendosi verso uno dei due capi della stanza, da dove
si snodava un corridoio. Passata la prima porta, il cui legno sembrava non
poter reggere nemmeno il minimo tocco, aprì la seconda.
La
accolse quello che sembrava un antico salotto, con un camino, delle poltrone e
una scrivania di mogano, in cui era inciso un bassorilievo con delle figure
che, a causa dell’oscurità, non si riuscivano a distinguere.
Rose
stava per lanciare un Lumos quando udì i passi di Tyra
raggiungerla e si affrettò ad allontanare la mano dalla tasca della bacchetta.
Cominciò a camminare per l’ambiente, notando sul tappeto una grande macchia
scura. Si accucciò per esaminarla.
Tyra
dedusse dal suo viso concentrato che doveva trattarsi di qualcosa di importante
e sbirciò sopra la sua spalla, trasalendo. “È sangue!”
“Non
ne sono sicura.” Le disse Rose sollevando lo sguardo: proprio rovesciata sulla
scrivania c’era una boccetta di vetro pregiato. “Vedi?” Le chiese indicandola
“Inchiostro, di uno scrivano sbadato.”
“E
disordinato.” Completò Tyra facendole notare le pergamene sparse sulla
scrivania e dietro essa. “Che materiale antico!” Esclamò prendendo un foglio e
tastandolo.
Anche
Rose cominciò a guardarsi intorno, avvicinandosi al camino, ai cui piedi
giaceva ancora la cenere. Sembrava che la casa fosse stata devastata, forse i
proprietari erano fuggiti e non erano più tornati.
Voltandosi
spostò con il piede della cenere, che venne colpita da un raggio di luce e
scintillò. I suoi riflessi richiamarono qualcosa alla mente di Rose che si
affrettò a prenderne un po’ nel palmo per controllare. Aveva ragione, era
polvere volante.
Dunque
significava che lì avevano vissuto dei maghi. Perché se ne erano andati?
Sarebbe bastato un semplice incantesimo per rimettere tutto a posto, almeno le
piccole cose.
Improvvisamente
le tornò in mente una frase che aveva letto su un libro a Hogwarts: “Le dimore
delle famiglie Purosangue presentano spesso incantesimi difensivi potenti e
incanti atti a colpire chiunque vi acceda senza permesso. La loro attivazione,
anche nei casi in cui la magione fosse disabitata, ha portato alla morte nei
secoli molti maghi”.
“Tyra.
Abbiamo visto abbastanza, qui non c’è nulla di magico. Usciamo.” Le disse Rose.
La
ragazza si guardò intorno ancora un attimo. “Questo posto mi incuriosisce. Però
l’uscita di stasera è più importante e se non torniamo indietro adesso non
riuscirò a prepararti a dovere.”
“Cosa?”
Vacillò un attimo Rose “Quale uscita?”
“Oh,
ma la tua! Con il tuo grande amore, Flitt!”
“Ma io
non devo vedere Flitt stasera. Non lo devo vedere mai!” Sbottò Rose agitando le
mani, totalmente dimentica del luogo in cui si trovavano.
“Lo
sapevo che da sola non avresti mai combinato nulla, così ho organizzato tutto
io. Lui mi ha detto che voleva proprio proportelo e ha accettato senza
problemi. È un ragazzo così timido, pensa che non ha voluto rimanere solo con
te!” Tyra congiunse le mani e il suo sguardo si perse sognante nel vuoto.
Rose
invece era basita. “Quindi io stasera devo vedere Flitt?” Le chiese infine. Al
suo deciso annuire continuò “Sei consapevole che a me non piace e che io non
gli piaccio?”
“Non
devi buttarti giù così, è ovvio che gli piaci.”
“No,
Tyra, tu non hai capito. E, anche se fosse come dici tu, io non lo vorrei comunque.”
“Allora
lo ammetti che ho ragione, vedi?” Le disse allegramente saltellando verso il
corridoio.
“Non
l’ho detto!” La inseguì Rose.
“Comunque
stasera il tuo amore verrà fuori, non crucciarti. Sarà epico e se tutto va come
spero dovrò trattenervi dal concludere subito, davanti a tutto il locale.”
“Concludere… Cosa?”
“Concludere,
baciarvi con trasporto, è ovvio! Come sei diventata rossa!” La canzonò, dopo
aver aperto la porta principale e aver fatto entrare abbastanza luce per
osservare bene l’amica.
“Tyra,
cosa hai in mente?” Chiese Rose con un briciolo di apprensione. Forse era il
momento di trovare una nuova esperta di leggende locali.
“Rendere
finalmente palesi i vostri sentimenti! Sono sette anni che rimangono sopiti,
aspettando dolorosamente il momento dei risveglio.”
“Ma
cosa stai dicendo? Se ti ho detto che non ci siamo quasi mai parlati!”
“Quanto
sono sopiti, dunque! Stasera sarà la loro liberazione! E io documenterò tutto!”
Proclamò levando un pugno verso il cielo.
*
“Scusa
ma la ragazza non dovrebbe arrivare in ritardo?” Chiese Rose sedendosi con
rassegnazione al tavolo che l’amica aveva prenotato in uno dei pochi ristoranti
del villaggio.
“Sì,
ma in questo modo non ti riterrà una ragazza uguale alle altre. La mia è una
strategia programmata.” Ribatté con aria saputa Tyra che al sospiro di Rose
aggiunse: “Non sarò un incomodo ingombrante, sarò attenta ma non invadente. E
so quando è il momento di lasciarvi soli, non ti preoccupare.”
“Mai!
Perché mi dovresti lasciare sola con lui?”
“Certo
che, se fai così, complichi il mio lavoro. Dovrò seguirvi finché il vostro
amore non sarà sbocciato, poi mi farò da parte.”
Rose
si mise le mani nei capelli, disperata. Purtroppo ricordava di aver già vissuto
momenti simili, quando era Al a cercarle il fidanzato. Un trauma. E quello era
suo cugino, che la conosceva meglio di ogni altro (al pari di Hugo) e che lei
non aveva remore a insultare, o quasi. Avrebbe avuto la forza di far presente a
Tyra che la stava infastidendo?
“Eccolo!
Stai tranquilla, stai benissimo!” Le disse Tyra fraintendendo il suo gesto e
togliendole le mani dal viso.
“Ciao
Flitt.” Salutò lei con scarsa convinzione.
“Weasley!”
Urlò quello sedendosi.
“Ma
che sbadata, non abbiamo fatto le presentazioni! Io sono Tyra, tu come ti
chiami?” Sorrise la mora facendo l’occhiolino a Rose, che cominciò a temere.
“Felix
Flitt.”
“Felix
dunque, ciao! Rose, perché non lo chiami anche tu per nome? Non suona bene?”
La
riccia cominciò ad adocchiare l’uscita calcolando quanto tempo le sarebbe
occorso per salvarsi. Tyra aveva mai accennato alle sue doti atletiche? Non le
rimaneva che sperare fossero nulle.
“Dunque,
cosa ti appassiona, cosa fai nella vita?” Proseguì implacabile l’altra.
“Gioco
a Quiddich.”
Rose
si riscosse in tempo per lanciare una malevola occhiata a Flitt. “Uno sport
bellissimo che insegnano nella mia scuola” Spiegò sperando che la ragazza non
facesse problemi.
“Uno
sport particolare… Che conosci anche tu! Un segno del
destino.” Proclamò, facendo quasi rimpiangere a Rose che non avesse chiesto
ulteriori spiegazioni.
“Giochi
quindi?” Chiese Rose per rompere il silenzio che si era creato e lo sguardo orripilato che aveva assunto Flitt, realizzando che quella
ragazza non solo sembrava un’abitante dello sperduto paese babbano ma lo era
veramente.
“Nei CaerphillyCatapults, qui
vicino.” Le rispose voltandosi a fissare l’entrata.
“Rose
ha appena finito di dire che voleva proprio assistere a una partita!” Tornò ad
intromettersi Tyra.
“Cosa?”
Boccheggiò l’interessata.
“Ma
certo, oggi pomeriggio, non ricordi? Dimmi Felix, tu cosa pensi dell’amore?”
“Sopravvalutato”
Rispose lapidario consultando un orologio da taschino “Se non arriva entro
cinque minuti vado a chiamarlo” Mugolò tra sé e sé.
Purtroppo
per Rose Tyra lo sentì “Arriverà, devi solo dargli tempo, è sicuramente più
vicino di quanto ti aspetti!”
“No,
l’amore arriva subito o non arriva mai. E qui non arriva mai” Chiarì Rose
prendendo in mano il menù ed aprendolo. Mentre stava cercando di decidere quale
zuppa prendere, avvertì un gioioso saluto da parte di Flitt e con orrore notò
una sedia vuota proprio al loro tavolo. Pregando Merlino e ogni suo antenato
conosciuto che Flitt avesse altri amici in quello sperduto villaggio, si
rassegnò ad abbassare il menù.
Dannato
sperduto villaggio.
“Hai
organizzato una cena con la Weasley?” Lo gelò Malfoy senza nemmeno sedersi.
“Scorpius,
che gaudio averti con noi! Accomodati qui, accanto a me” Fece Flitt modificando
il tono annoiato che aveva tenuto precedentemente con un allegro timbro.
Il
nuovo arrivato si strinse seccato nelle spalle e si lasciò cadere sulla sedia
che gli veniva offerta.
“Stavamo
spiegando alla sua amica che cos’è il Quiddich, pare non lo conosca” Lo informò
subito Felix.
“E
qual è il prossimo passo? Raccoglierai animali feriti?” Chiese a Rose strappandole
dalle mani il menù.
Rose
scelse di soprassedere “Tyra, lui è Malfoy. Malfoy, Tyra, la ragazza che deve
aiutarmi per l’articolo di cui ti ho parlato.”
“Così
interessante che ho già dimenticato l’argomento.”
“Non
l’hai scordato: non te l’ho detto.” Gli fece notare bonariamente Rose.
“In
effetti non ricordavo più se ti avevo cacciata o non ti avevo ascoltata. Ora
ricordo, sei veramente utile Weasley!” La rimbeccò sarcasticamente.
Rose
afferrò i bordi del tavolo e chiuse un momento gli occhi, sperando di riuscire
ancora a salvare la situazione. In fondo Scorpius si era seduto e aveva
tacitamente accettato di cenare con loro, con lei, prendendo quel menù. Era più
di quanto avesse ottenuto in sette anni.
“Tu
cosa fai nella vita?” Sentì Tyra chiedere.
“Vivo,
tendenzialmente” Le rispose lapidario Malfoy, mentre Flitt scoppiava a ridere.
“E non
hai passioni? Per esempio, il tuo amico Felix ci diceva che è molto
appassionato di uno sport, il Quiddish…” Rose
strabuzzò un attimo gli occhi ma non ebbe tempo di correggerla, perché quella
proseguì imperterrita, rivolgendosi a Flitt “Non vorrei annoiarti, dato che
conoscerai già i passatempi del tuo amico. Rose! Parla con Felix!” Comandò
imperiosa.
“Di
cosa?” Uscì spontaneo alla rossa.
“Ma di
Quiddish, ne sei così appassionata!”
“Sì,
talmente competente da tifare i Cannoni di Chudley e
coinvolta da non essere stata scelta nemmeno per la squadra della sua Casa,
presidiata da suo cugino. Devi aver fatto veramente pena se non è riuscito a
farti entrare” Ovviamente Scorpius continuava a ricordare il suo provino del
terzo anno, mentre Flitt non sapeva più se stava ridendo per la pronuncia della
Babbana di fronte o per le espressioni della Weasley.
“Non
volevo far parte della squadra, Malfoy.” Precisò la ragazza.
“Quindi
ora ci si presenta ai provini per non essere scelti?” Finse di pensarci su “Strano… Felix, tu che dici?” L’amico annuì convinto.
“Weasley, mi duole informarti che hai fatto proprio pena. No, scherzo, non mi
duole affatto” Le sorrise.
“E
invece parlando di musica, che cosa ti piace, Felix?” Chiese Tyra in un
evidente tentativo di affossare il discorso di Malfoy. In pochi attimi le aveva
reso perfettamente chiaro perché Rose fosse così triste quella mattina.
“Io
preferisco l’arte disegnata. Meglio un buon quadro di troppa musica, non
trovate?”
“Quindi
puoi fare a meno di quelle canzoni martellanti?” Gli chiese Scorpius voltandosi
verso di lui.
“No,
quelle sono l’anima della festa”
Il
ragazzo fece una smorfia rassegnata, prestando la sua attenzione alla cameriera
che si era avvicinata per prendere le loro ordinazioni.
Tyra
tirò un calcio a Rose sotto il tavolo. Possibile che quella ragazza fosse tanto
cieca da non capire che fosse Felix l’uomo giusto per lei? Eppure continuava a
fissare l’altro biondo e a discutere con lui, mentre l’amico se ne stava in
silenzio, limitandosi a ridere. Anche se in effetti Felix sembrava divertirsi
davvero, Tyra era assolutamente determinata a gettare le basi di quella che
sarebbe stata una storia d’amore. Non pretendeva che quel Felix fosse davvero
l’uomo con cui Rose avrebbe passato il resto della vita (anche se avrebbe
continuato a farglielo credere, doveva spronarla in qualche modo) ma,
sicuramente, a una prima occhiata, era già chiaro che era più adatto
dell’amico.
Fisicamente
i due ragazzi avevano tratti comuni, per quanto non si somigliassero molto
nell’insieme: il biondo spento di Malfoy sembrava un diretto riflesso della sua
carnagione esanime e il suo corpo minuto non poteva certo dare un’impressione
di robustezza, mentre le spalle larghe di Felix, che lui muoveva così spesso,
mostravano una certa solidità, appena mitigata dai suoi capelli sbarazzini,
dove fili biondi e mori si rincorrevano. Tralasciando poi le considerazioni
fisiche (in effetti Tyra doveva ammettere che il ragazzo che le piaceva aveva
un fisico più vicino a quello di Malfoy), caratterialmente il primo pareva un
eremita, sempre sgarbato. Non poteva dirlo con assoluta certezza avendolo visto
in quel momento per la prima volta ma se Rose era così rassegnata a causa sua
non poteva essere una buona persona. Mentre Felix si era dimostrato allegro e
cordiale con loro: ripensando alle parole di Rose non le sembrò così strano che
Malfoy avesse vietato all’amico di parlare con lei quando erano a scuola,
poiché la considerava la sua rivale.
Fu
riportata alla realtà da una piccola lite scoppiata, nemmeno a dirlo, tra Rose
e Malfoy.
“Weasley,
la musica non è scritta sui libri. Ergo, non sei in grado di capirla.”
“Il
fatto che ascolti Celestina Warbeck qualche volta non
mi rende un’incompetente!”
Questa
volta anche Felix ebbe l’impressione che la cosa stesse per degenerare e cercò
di riportare Scorpius alla realtà battendo un colpo di tosse. A quel punto il
ragazzo realizzò di avere anche una Babbana seduta al tavolo e lasciò perdere.
O meglio, lo avrebbe fatto se l’orgoglio ferito della Weasley non avesse deciso
di reagire “Ogni volta che la sento la associo a momenti piacevoli. Mia nonna
la ascolta sempre e la canta cucinando.” Spiegò pacata.
“Ora
capisco molte cose…” Alluse Scorpius voltandosi verso
Felix.
“Poiché
stiamo cercando di intrattenere una conversazione civile potresti smettere di cercare ogni appiglio per sbeffeggiare
Rose? Ti faccio notare che quello fuori posto sei tu.” Si intromise Tyra non
riuscendo a sopportare oltre.
Scorpius
sembrò vederla per la prima volta “Credimi, a vederla da un altro punto di
vista è il contrario.”
La
bionda rimase senza parole, non sapendo a che cosa alludeva il ragazzo; fu Rose
a reagire non appena ebbe elaborato ciò che aveva sentito “Poiché è evidente
che noi qui siamo fuori posto, preferiamo andarcene.
Pensavo che la tua intelligenza fosse abbastanza capace da considerare errati
pregiudizi che si sono dimostrati errati.”
Alzatasi,
afferrò anche la borsa di Tyra, appesa alla sua sedia, e così costrinse l’amica
a seguirla a passo di marcia all’esterno del locale.
“Scusa”
Le disse con la voce rotta porgendole la tracolla “Volevi una bella serata e si
è rovinato tutto”
“Non
per colpa tua!” Inveì subito l’altra “Come sei riuscita a non picchiarlo per
sette anni?”
Rose
sorrise “Forse proprio perché tutta la mia famiglia lo voleva fare.”
“E non
è mai successo? Nemmeno un graffietto?” Chiese Tyra con un tono speranzoso.
Rose
scosse la testa con un sorriso scuro e si voltò, imboccando la strada verso
casa. Tyra la seguì senza proferire parola. Riprese le sue facoltà quando
giunsero nei pressi del portone “Se gli riverniciassimo la porta? Dici che
Felix ce lo dice qual è il colore che odia di più?”
“Non
credo”
“Nemmeno
se lo corrompiamo? Di solito il cioccolato funziona. E i fiori, ma solo con le
ragazze. Oppure potremmo… Suonare il campanello nel
pieno della notte? È un classico che funziona sempre. E sai se ha un hobby
particolare? Si può rovinare il suo equipaggiamento. Senti qui, ci travestiamo
ed entriamo in casa sua con una scusa qualsiasi. Poi, sul momento, elaboriamo
un piano. Mi sembra la cosa migliore, sì.” Si confermò da sola Tyra.
Rose,
che nel frattempo aveva aperto la porta, la guardò con uno strano luccichio
negli occhi “Sali?” Le chiese, aggiungendo “Per favore?”
Tyra
accettò e in breve si ritrovò nell’ingresso dell’appartamento di Rose. “Lui chi
è?” Chiese curiosa indicando il gufo che aveva fatto capolino dal corridoio.
“Antares.
È il mio animale domestico, mi segue sempre.” Spiegò sommaria Rose facendolo
poggiare sul suo braccio teso. Gli artigli quasi la ferirono “Porti la risposta
per me?” Indovinò Rose, sapendo come quel gufo tollerasse particolarmente male
Al e i suoi scherzi e il suo volume perennemente elevato. Ma non potè evitare
di sentirsi rincuorata dalla celerità con cui il cugino aveva risposto.
Quello
bubolò e volò a posarsi su una scatola di legno,
poggiata poco distante, che la ragazza non aveva ancora notato. Capì che per
qualche strano motivo doveva essere un dono di Al ma rimandò la sua apertura.
“Grazie
per prima” Fece, invitando Tyra ad accomodarsi sull’ampio divano blu.
“Non
sembravi intenzionata a rispondere e non si poteva lasciar correre”
Rose
sospirò e l’altra le poggiò una mano aperta sul braccio “È stato così per sette
anni?”
“No!”
Rispose subito, per correggersi “Quasi. I primi due anni…
Era una guerra per i voti e praticamente non ci parlavamo. Dal terzo sono
cominciate le battute. Non nego che la responsabilità sia anche dalla nostra
parte, era una situazione complicata.”
“Nostra?”
“Della
mia famiglia. Devi sapere che la mia e la sua famiglia non sono mai andate… d’accordo, per usare un eufemismo. Si odiavano e in
effetti buona parte di loro persevera. Le nuove generazioni non sono state
indifferenti a questo clima.” Rose prese a cercare di spiumare il cuscino che
aveva stretto al petto.
“Chi
ha cominciato?” Cercò di fare ordine Tyra.
“Penso
sia stato… Contemporaneo.” Buttò fuori Rose con un
sospiro “Scorpius ha cominciato a essere più arrogante e sbruffone del solito,
ma non con loro. I miei cugini però hanno deciso di doverlo rimettere in riga
ed è cominciato il loro duello.”
“Quindi
tu sei stata coinvolta di riflesso?” Tyra aveva un’immagine sempre più negativa
di quello slavato che si accaniva così su qualcuno che non gli aveva mai fatto
un torto diretto.
“Il
fatto di essere stata la sua rivale in campo scolastico sin dal primo anno ha
esasperato la situazione.”
Tyra
si allungò stiracchiandosi. “E come hai fatto a innamorarti di questo… Squilibrato, se posso chiedere?”
Rose
alzò gli occhi e la guardò, valutando cosa fare. Non conosceva Tyra da molto e
di certo non avrebbe raccontato quella storia a chiunque. Ma ora era lì e
l’aveva difesa poco prima, mostrando di essere pronta a esporsi per lei e anche
a essere insultata (anche se la ragazza non aveva potuto capirlo fino in fondo,
il messaggio di Scorpius doveva essere arrivato). Inoltre poco prima,
nell’androne, le aveva ricordato Al e lei aveva un disperato bisogno di Al,
ora.
“È una
storia un po’ complicata” Cominciò prendendo tempo e riorganizzando i pensieri:
forse un’idea di quello che era successo avrebbe potuto dargliela, parlare le
faceva sempre bene. Cercò di raddrizzarsi incrociando le gambe sotto di sé
“Devi sapere che i miei genitori, la mia famiglia in generale, è abbastanza
nota nella scuola che frequentavo. Dunque, quando mi sono iscritta…
Tutti volevano essere mie amici. Miei e di mio cugino, quello della mia stessa
età: suo fratello ci era già passato l’anno prima. Solo che, con il tempo,
hanno cominciato a deluderci coloro su cui avevamo fatto affidamento e mi sono
rifugiata nell’affetto della mia famiglia. L’unico che non ha mai modificato il
suo comportamento è stato Scorpius.” Rose si fermò un attimo e si alzò “Ti
spiace se mi metto vicino ai fornelli?” Chiese indicando il piano poco dietro
il divano “Quando sono nervosa cucino biscotti.”
Tyra
fece un cenno del capo. Rose tirò fuori tutto l’occorrente e, quando ruppe il
primo uovo, ricominciò il suo racconto con un sorriso amaro “Ricordo che al
primo anno presi un brutto voto. Tutti si stupirono e cominciarono a
consolarmi, ma vedevo le domande e le accuse che si nascondevano nei loro
sguardi. Solo Scorpius mi trattò esattamente come prima: il giorno dopo il
compito venne a sbattermi sul banco il suo voto “Eccezionale”, dicendo che
avevo fatto bene ad arrendermi, perché non sarei mai riuscita a competere con
lui” Il sorriso di Rose divenne più aperto “Ovviamente ottenne l’effetto
contrario e nel compito successivo lo battei.”
Tyra
sorrise, non mancando però di notare una cosa “Proprio il fatto di essere così
sgarbato lo ha distinto dalla massa, quindi?”
“Non
era sgarbato. Devi capire…” Rose mescolò con energia
cercando le parole per descrivere ciò che aveva visto avvenire “Fino al secondo
anno, lui era un po’ rigido, formale, magari pungente ma con pochi, ognuno ha
dei nemici a scuola: anche la sua famiglia è nota e alcuni non lo accolsero a
braccia aperte… E poi c’ero io, che gli contendevo il
ruolo di studente più brillante del nostro anno.”
Tyra
cercò di immaginare la situazione: a quanto pareva entrambi si erano trovati in
un ambiente ostile.
“Il
terzo anno è diventato più crudele, cinico. Era sempre attento a non abbassare
la guardia e distaccato con qualunque interlocutore. Poteva anche troncare a
metà un discorso decidendo di andarsene. Sono questi i comportamenti che hanno
fatto scattare i miei cugini.”
“Dev’essere andato storto qualcosa nella sua crescita”
Analizzò Tyra adeguatamente. Forse poteva capire come un ragazzo più silenzioso
e riservato avesse conquistato la reginetta della scuola (anche se l’aveva
sempre considerato più la trama di un telefilm che la vita reale) “E poi come
mai la reginetta della scuola è rimasta innamorata di lui?” Chiese con un
sorriso sornione.
“Chi?
Io?” Rose si girò con lo sbattitore ancora in mano, formando un arco di crema
che ricadde sul pavimento e sulla sua maglia. Entrambe scoppiarono a ridere e
la bionda si alzò per afferrare il rotolo che aveva poco distante e cominciare
a pulire.
“Mi ci
vedi? No, non ero affatto la reginetta! Proprio per quello che mi era successo
cercavo di stare il più possibile per conto mio. Ho lasciato la celebrità ad
altri membri di famiglia. È anche il motivo per cui non tenevo particolarmente
a entrare nella squadra di Quiddich: avrebbe significato altri momenti in cui
essere sulla bocca di tutti”.
Tyra
si rialzò e gettò i panni assorbenti. Più la spiegazione di Rose andava avanti
più le si sentiva vicina: capiva cosa voleva dire essere trattata diversamente
dagli altri, essere posta su un altro livello, anche se non aveva potuto
sperimentare quell’appoggio da parte della famiglia che l’amica tanto
millantava. Lei non aveva avuto parenti vicini per età, che avrebbero potuto
aiutarla. Però comprendeva anche che l’altra le stava tacendo qualcosa e aveva
imparato a chiedere per essere ascoltata: “Dopo le delusioni di cui mi hai
parlato, in sette anni non hai mai avuto paura che ti deludesse anche Malfoy?”
Rose,
chinatasi per prendere la placca del forno, rimase con la mano sospesa sullo
sportello “Credo di non essere mai stata delusa da lui proprio perché non ha
mai cercato di appoggiarmi, non ha mai mostrato di essere dalla mia parte. Non
ha mai avuto una doppia faccia: era scortese e lo era con tutti, con maschi e
femmine. Una delle poche eccezioni è sempre stata Felix, anche se non si può
dire che lo tratti dolcemente.” Concluse poggiando la teglia sul bancone.
“Cioè
ti sei innamorata di lui perché era un cafone, ho capito.” Le sorrise condiscendente
Tyra, rimarcando la sua precedente ipotesi.
“Deve
esserci stato un motivo per il suo cambiamento” Notò Rose soprappensiero.
“Da
frigido a cafone, certo, un motivo valido... Una botta in testa?”
L’altra,
mentre cominciava a distribuire il suo impasto ad abbondanti cucchiaiate, si
mise a ridere. In effetti Tyra le ricordava sempre di più Al.
“E il
motivo per cui sopporti di tutto da lui?” La interruppe l’altra, curiosa.
Rose
alzò le spalle “Ormai ci sono abituata.”
“Da
qui a essere uno zerbino ce ne passa.”
Rose
sospirò appoggiandosi al mobile per poter guardare in faccia la ragazza. Quante
volte aveva già affrontato il discorso con Al? “Mi limito a non rispondere, per
quanto possibile.” Concluse rapida, voltandosi subito.
Ora
non era proprio il momento per sostenere di nuovo tutte le sue ragioni, che, se
erano immancabilmente smontate da Al, avrebbero finito per essere sconfitte
anche da Tyra, immaginava. A parte il fatto che quello era l’unico contatto che
le venisse concesso da Scorpius, con quelle frasi ingiuriose aveva la certezza
di quello che pensava il ragazzo. Non era poco, visto che tutti tendevano a
riempirla di complimenti senza nemmeno guardarla. Lui era sincero. E non solo
con lei, con tutti: vedere che anche con le altre ragazze non era da meno la
faceva sentire un po’ meglio. Se una ragazza piangeva in bagno o vicino ai
sotterranei non era difficile capire chi avesse scatenato la sua crisi.
Con
lei era sicuramente particolarmente duro, ma in fondo era anche una delle poche
ragazze con cui aveva mantenuto all’incirca gli stessi rapporti durante tutti e
sette gli anni; lui veniva corteggiato dalle ragazze, che non solo resistevano
ai suoi sberleffi ma addirittura lo blandivano. “La cosa ha del ridicolo” era
il classico commento di James. E infatti immancabilmente gli si allontanavano
tutte, chi prima chi dopo, a seconda dello spirito di sopportazione. Le Corvonero, “a conferma della loro intelligenza” sosteneva
Al, erano di solito le prime a rinunciare.
Se non
altro lei non si era mai messa ad adularlo. “Non davanti a lui, ma pensa a me.
Potrei diventare gay se fossi influenzabile.” Precisava sempre Al a questo
punto, beccandosi una gomitata.
“Domani
pretendo di assaggiare quei biscotti” La risvegliò Tyra, indicandole il
bancone.
Rose
le fu grata per aver cambiato argomento e le assicurò che non glieli avrebbe
fatti mancare.
*
Solo
più tardi, mentre i biscotti ancora cuocevano ma Tyra si era già scusata per
dover andare a casa, Rose potè aprire la lettera di Al, con relativo dono.
Cara Rose,
ti allego un
pacco di Schiocche Schioccanti e vari petardi, nel caso decidessi finalmente di
usarli (contro il tuo vicino). Qualcuno ti perseguita, non so come altro
spiegarmi il fatto che dopo sette anni di forzata convivenza nello stesso
castello vi troviate ancora sotto lo stesso tetto: sei sempre sicura che Ares
non sia implicato in qualche magia oscura? Papà dice che i gufi non sono mai
stati stregati ma farò qualche ricerca. Comunque, il tuo sa sicuramente
leggere, visto che ha cominciato a beccarmi la mano.
Spero si degni di
artigliare anche il biondino.
Esci, cugina, va’
a fare lunghe passeggiate e non pensare a quel depresso, qualunque cosa ti
dica. Ti PROIBISCO di essere gentile con lui, ricordati cosa ti ha fatto. Per
ogni problema, contattaci: il team “elimina il costipato” è ancora attivo.
Ciao,
il tuo cugino
preferito (tiè, James!)
Al
Ebbene,
eccomi tornata. Ammetto che il capitolo è un po’ lunghino
ma non sapevo come dividerlo e dovevo spiegare i motivi di Rose (tutta questa
psicologia non sono sicura faccia per me). Il prossimo vi lascerà respirare di
più, almeno credo: sicuramente è più comico e meno pesante.
E
non temete, in un paio di capitoli arriverà anche Al, sul suo cavallo bianco, a
soccorrere la sua cuginetta. *Al lucida la scopa*
Capitolo 3 *** La goccia che fece traboccare il calderone ***
Caro Al,
ieri sera ho cenato con lui. Vorrei smettere di pensarci ma non riesco:
poiché come al solito ci siamo insultati non sono riuscita a dormire molto bene
e stamattina mi sono alzata presto: l’ho visto già in giardino, a scrutare gli
alberi.
Aveva un’aria talmente malinconica che avrei voluto poter scendere e farlo
sorridere, ma so che non avrei ottenuto altro che di farlo arrabbiare, quindi
non l’ho fatto; puoi metterti l’anima in pace.
Non vedo l’ora che tu venga a trovarmi. Ho già trovato un posto dove fare
un buon pic-nic! Ma non ti preoccupare troppo, non essere irruento, sto bene:
c’è una ragazza che ti somiglia e le ho raccontato qualcosa, mi ha comunque
fatto bene parlare con lei.
A presto,
Rose
Dopo aver affidato la missiva ad Antares, Rose uscì di
casa per incontrare Tyra. Quel giorno avevano concordato di provare a chiedere
alla gente che cosa pensasse della magia e la Babbana aveva detto di conoscere
un paio di case in cui sicuramente avrebbero potuto dare loro risposte interessanti.
“Quello che mi spaventa è la sua definizione di
interessante” Pensò salutando l’amica che subito la guidò qualche via oltre,
verso una piccola villetta.
“Ti ho portato i biscotti di ieri sera.” Le disse Rose
ricordandosi del sacchettino con cui era uscita di casa.
Tyra la ringraziò e lo aprì subito per addentarne uno.
Dalla sua espressione, Rose capì che doveva essere di suo gradimento. Le
sorrise anche lei.
Si diressero verso una casa singola non molto grande:
la veranda era aperta verso il giardino, che conteneva un’enorme varietà di
fiori, oltre ad una griglia e un forno a legna. Pareva che i suoi abitanti
passassero più tempo all’esterno che all’interno.
“Questa signora è sempre così gentile, non ti lascia
mai sentire sola” Le disse Tyra prima di bussare.
Venne loro ad aprire una donna piuttosto anziana, con
i capelli ormai ingrigiti e molte rughe, che però non stonavano sul suo viso
pieno.
“Oh, Tyra, non ti aspettavo! Hai portato un’amica?
Cara, piacere di conoscerti”
Rose le porse la mano presentandosi.
“Venite dentro a prendere qualcosa, fuori sta
cominciando a fare caldo. Un the?” Chiese mentre le scortava in salotto, una
stanza circolare, piena di cuscini.
“No, grazie, signora, vorrei solo farle qualche
domanda” Le rispose Rose.
“Ah, non sono più abituata alle abitudini dei giovani,
avete ragione! Una bibita?” Riprovò la simpatica vecchietta. Tyra accettò
volentieri e Rose la seguì, sedendosi al tavolo. Quando le donna ebbe versato
un liquido che Rose non conosceva nei bicchieri e la ragazza lo ebbe
assaggiato, decidendo che era disgustoso, si decise a cominciare il lavoro
“Signora, io sono una giornalista e vorrei intervistarla riguardo l’argomento
del mio prossimo articolo.”
“Oh, cara, che bel lavoro! Sono contenta di poterti
essere d’aiuto!”
“Mi chiedevo cosa ne pensasse della magia.”
La donna si bloccò depositando con calma il bicchiere
sul tavolo, con un evidente sforzo di enorme controllo “Sarà su questo il tuo
prossimo articolo?” Le chiese con voce incerta.
Rose annuì meravigliata.
“Ragazza, avrai bisogno di tutto l’aiuto, aspetta
qui!” Disse ritrovando le energie e scomparendo in corridoio.
Rose e Tyra si scambiarono molte occhiate perplesse,
chiedendosi anche se fosse il caso di andare ad aiutare la padrona di casa,
poiché dalle camere provenivano rumori forti.
Dopo qualche minuto quella tornò con una lunga
collana, cominciando ad infilarla al collo di Rose “Ecco, questa ti
proteggerà.”
“Ehm, grazie.” Fece Rose prendendola tra le dita ed
osservandola: era composta da piccole pietre rosse della stessa grandezza e
terminava con un medaglione su cui era raffigurata una figura. “Ma da cosa
dovrei essere protetta?”
“Da Satana! Lui cercherà di traviarti ma tu non devi
ascoltarlo, devi seguire la luce bianca, perché solo lei ti proteggerà
davvero!”
Tyra accarezzò il braccio della signora con aria
comprensiva “Non ti preoccupare, ci sono io a tenerla fuori dai guai, non le
accadrà nulla”.
Rose appuntò quello che la signora aveva da dire in
merito alla magia, pensando che tutto sommato qualcosa doveva aver
afferrato:in effetti l’incantesimo che
dava un senso di maggior sicurezza era probabilmente il Patronus,
che aveva un aspetto biancastro.
La ringraziò molto e le promise che le avrebbe portato
i biscotti fatti da lei e che suo padre adorava.
“Grazie cara, sei una ragazza così tranquilla, mi
farebbe piacere se tornaste qualche volta!”
Rose le sorrise di cuore e si appuntò di ripassare in
settimana, per tenerle un po’ di compagnia. Ebbe appena tempo di guardarsi bene
intorno, per essere sicura di ritrovare la via anche da sola, che Tyra la
trascinò verso la loro prossima meta: un edificio con tre paia di appartamenti,
uno dei più grandi nella zona.
Questa volta salirono delle scale esterne e si
avviarono verso un corridoio “Questo era un mio compagno di classe: non dovremo
rubargli molto tempo o diventerà… Beh, un po’
prolisso” La avvisò prima di farle segno di suonare un campanello.
Venne ad aprire un ragazzo piuttosto basso ma
abbastanza robusto, con un telecomando in una mano. Fatte le dovute
presentazioni, anche lui le invitò ad entrare ma Tyra trattenne l’amica:
“Abbiamo molta fretta, non c’è proprio tempo. Rose, poni la tua domanda.”
La ragazza, che non capiva il perché di quella fretta
e quella scortesia, espose la questione. Dalla risposta che ricevette capì cosa
aveva voluto dirle Tyra.
“La magia! Certo, viene praticata da tempi
antichissimi in tutto il bacino del Mediterraneo. Aveva forme diverse per i
vari popoli ma alla base di tutte le credenze vi era una sorta di realtà
metafisica, con cui qualcuno, il cosiddetto mago, per l’appunto, può avere un
rapporto privilegiato. Nelle nostre zone si potevano trovare i druidi, i cui
compiti son oggetto di acceso dibattito: occorre esplorare la posizione romana
e confrontarla con i dati rimasti, lavoro piuttosto interessante. Io ho
un’ipotesi sulla questione, che mi sono già premurato di inviare alle più
importanti università perché il mondo possa venirne a conoscenza. Dunque…”
“No grazie Josh, a noi
interessava il tuo parere sulla magia nel presente” Cercò di sottolineare Tyra,
mentre Rose cercava di riprendersi dall’ascolto di un ragazzo che poteva
parlare più veloce di sua madre.
“Oh, beh, nel presente? Solo storie per bambini! Tutto
quanto si credeva compiuto per magia oggi è stato dimostrato o spiegato dalla
scienza, o sarà argomentato in futuro, con una mia decisa collaborazione. Per
esempio, sapevate che l’epilessia non era considerata una malattia ma uno dei
modi con cui gli dei manifestavano una predilezione per…”
Josh venne bruscamente interrotto da una bambina
abbastanza piccola che era corsa fuori da una delle camere e lo aveva afferrato
per i pantaloni.
“Torna dentro! Non si disturbano le simpatiche
ragazze, lo dice sempre la mamma!” Gli sbraitò contro aggrappandosi alla
stoffa.
“Ma devo informarle sulla magia, Emily, loro lo hanno
chiesto!”
“Le informo io, vai a farmi un the e chiamami quando
l’acqua ha raggiunto i 99 gradi!” Il ragazzo sembrò compiaciuto dell’incarico e
se ne andò sul serio salutandole rapidamente. “Scusatelo” Riprese la piccola
con aria saputa “io non ho ereditato i suoi problemi ma so come trattarlo.
Dicevate di voler sapere qualcosa in più sulla magia?” Si informò a sua volta.
Rose si rassegnò a chiedere anche lei, in fondo i
bambini rivelavano spesso i pareri che gli altri non avevano il coraggio di
dire. Tyra rispose per lei, spiegando sommariamente la situazione.
“Siete fortunate! Avete davanti una vera fata!”
Esclamò la bimbetta saltellando.
Rose analizzò bene la piccola, che di per sé era
piuttosto minuta ma non abbastanza per poter essere considerata una fata.
Inoltre aveva delle sembianze talmente umane che potevano derivare solo da un
incantesimo molto ben eseguito, che dubitava una creatura come quella che aveva
asserito di essere avrebbe potuto mantenere per così tanto tempo; per di più le
mancavano anche le ali: le aveva trasfigurate o fatte evanescere
completamente?
“Una strega piuttosto…”
Commentò Tyra ridendo, distraendola dai suoi pensieri.
Emily cominciò a strepitare, mentre Rose chiedeva
innocentemente “Qual è il tuo problema con le streghe?”
“Sono brutte e cattive!”
La risata di Tyra fece capire a Rose che quello era
anche il suo pensiero e la lasciò con qualche domanda, che però non era il caso
forse di fare di fretta, davanti a una porta. Si appuntò mentalmente di
chiedere spiegazioni, proprio mentre la piccola cominciò a fissarle con una
strana luce negli occhi.
“Voi! Voi siete delle streghe cattive! Fuori da casa mia!”
Urlò, prima di sbattere la porta.
*
Rose era appena tornata a casa, dopo l’estenuante
pomeriggio trascorso con Tyra. Aveva ricevuto risposte molto bizzarre e aveva
bisogno di tempo per analizzarle e cercare un filo comune, “sempre che lo
abbiano” ammise sconsolata tra sé e sé.
Decise di preparare velocemente la cena, per poi
dedicarsi alla stesura di qualche appunto, ma venne subito interrotta da
insistenti colpi alla porta.
Andò subito ad aprire e si trovò davanti Flitt.
“Weasley, è successo un guaio” Esordì il ragazzo
poggiandosi allo stipite della porta. L’espressione di Rose lo convinse a
proseguire “Ho proprio bisogno del tuo aiuto”.
Gli occhi della ragazza si crucciarono: non si trovava
in un mondo parallelo, vero? Non aveva preso nessuna passaporta mal funzionante
quel giorno? Dopo sette anni di silenzi e occhiate, bastava una cena (finita
male, oltretutto) per diventare la persona a cui rivolgersi in caso di bisogno?
“Ne sei proprio sicuro?”
“Sei l’unica che può aiutarmi, te lo assicuro” Con
aria seria si mise a spiegarle la situazione “Durante un’innocua partita a
Quiddich, questo pomeriggio Scorpius è caduto giù dalla scopa”
Rose si cristallizzò sul posto, chiedendo “E si è
fatto male?”
“No, non tantissimo! Eri preoccupata, Weasley?”
“Affatto!” Si affrettò a negare Rose.
Flitt la fissò con un risolino sulle labbra, per poi
riprendere subito “Però è atterrato sul lato destro e si è un po’ rovinato le
ossa di quella parte. Non avevo a disposizione il solito infermiere, poiché non
stavo volando con la squadra, così l’ho portato dal guaritore della zona, che
ha assicurato che per domattina sarà come nuovo!”
La ragazza non rispose, più impegnata a valutare
quanto le aveva appena detto ed estrapolare da quello la condizione di
Scorpius.
“Il problema è che non può usare la magia a causa del
braccio mal ridotto ed, essendo destro, non sa maneggiare molto bene gli
oggetti con la sinistra. Poiché io ora ho un allenamento a cui non posso
assolutamente mancare, potresti per favore scendere tu da lui? Dovrebbe
cenare.”
Rose, che si stava concentrando sul fatto che
probabilmente il ragazzo avvertisse dolore e su tutte le pozioni che potevano
attenuarlo, fu colta piuttosto alla sprovvista dalla richiesta.
“Ma sei sicuro? Voglio dire, che a lui vada bene?”
Chiese infine.
“Con lui ho ragionato io, non ti crucciare, Weasley!
Sei l’unica strega nel raggio di miglia, non può negarlo. Ti aspetta, ci si
vede!” Salutò velocemente piroettando su se stesso e smaterializzandosi dal
pianerottolo.
La ragazza si guardò intorno un attimo, cercando di
sistemare le sue idee, e infine afferrò decisa la sua bacchetta e si chiuse la
porta alle spalle: se davvero Scorpius non stava bene ed era d’accordo non
aveva senso aspettare.
Scendendo le scale si chiese se questa volta sarebbe
stata diversa dalle precedenti, ripromettendosi di non sperarci. Però lui era
stato convinto dal suo migliore amico…
“Scorpius?” Chiese Rose spingendo piano la porta.
“Weasley, vattene, non ho bisogno di te.” Le fece eco
una voce alla sua destra.
Rose, puntando lo sguardo oltre il piccolo ingresso
che le si stendeva davanti, vide il ragazzo steso su un divano di pelle nera,
con il capo incastrato tra due cuscini e coperto con il braccio fasciato. La
ragazza si preoccupò di non vederlo tirarsi su per cacciarla fuori, come si era
aspettata dal tono della prima battuta.
“Cucinare per uno o per due non mi disturba” Replicò
decisa, tornando a chiudere la porta d’ingresso e ripescando dalla mente le
poche informazioni che le aveva dato Flitt.
Scorpius sentì i suoi passi leggeri (si era forse
tolta le scarpe?) avvicinarsi ed irrigidì tutto il corpo, pronto a scattare se
lei avesse provato a toccarlo. Sorprendentemente passò senza fermarsi.
La sentì aprire e chiudere i cassetti, poi avvertì il
fragore delle posate che cozzavano tra loro. Quando i passi si fermarono di
nuovo, spiò la scena, sollevando leggermente il braccio: la Weasley, in piedi
scalza accanto al suo tavolo da pranzo, sminuzzava delle verdure.
Una fitta al gomito lo costrinse a tornare ad
abbassare il braccio.
“Niente magia?” Le chiese dopo aver ascoltato ancora
un po’ la cadenza regolare di quei lievi tintinnii di porcellana.
Il rumore cessò. “Pensavo dormissi” Gli fece notare la
ragazza.
“Ho un’estranea in casa.” Fece lui puntellandosi per
poggiarsi ai cuscini e poterla fissare in viso.
“Avrei molte cose da rubare qui?” Gli chiese lei,
ironica, guardandosi attorno. Le sembrava tutto un po’ strano, non avrebbe mai
immaginato che la casa di Scorpius potesse avere un arredamento…
tanto Babbano: il piano cottura era incastrato tra due pareti e, come in casa
sua, aveva “fornelli a gas” che sembravano non lasciare spazio adeguato a
evocare un fuoco magico e la libreria, dietro il divano dove era sdraiato
Scorpius, era elegante ma povera di rifiniture. “Hai tenuto l’arredamento del
proprietario precedente?” Poi lo sguardo di Rose si alzò, individuando un
soffitto talmente alto da consentire un soppalco di legno massiccio. Un
Incantesimo di Estensione Irriconoscibile ben eseguito c’era.
“Ti turba?”
“Non voleva essere una cattiveria!” Lo redarguì lei,
facendo scivolare il suo lavoro dentro una pentola “Perché devi essere sempre
così acido?” Continuò a mezza voce dirigendosi verso i fornelli.
“Perché dovrei essere gentile con te, Weasley?” Le
rispose invece quello con tono ben più alto.
Rose con un moto di stizza cercò di accendere il fuoco
con la bacchetta. Al quarto tentativo ci riuscì. “Hai ragione” concluse piatta
andando a riprendere il piatto sul tavolo.
Lo pose nel lavandino ed aprì l’acqua, concentrandosi
sul suo getto vorticoso, l’unico rumore in casa. Si chiese come mai fosse
ancora lì e perché non stesse avvelenando quella zuppa che cuoceva accanto a
lei e si rispose che quella era l’unica volta in sette anni in cui si trovava
sola con Scorpius. Che sembrava non gradire affatto la sua compagnia.
Prese un bel respiro e poggiò il piatto appena lavato
sul bancone, accorgendosi che le tremavano le mani. Chiuse il rubinetto e si
poggiò al muro al suo fianco, ringraziando che in quella posizione il ragazzo
non la potesse vedere. Le sue speranze erano ancora una volta in frantumi,
nemmeno il bisogno fisico poteva fargli superare il suo astio. Rimase lì,
appoggiata al bianco muro, finché la zuppa non fu pronta, non sentendo
movimenti provenire dal salotto.
Prese due piatti e gliela versò dentro, ma giudicò
troppo rischioso cercare di farli levitare, colmi com’erano. Ne prese uno ed
uscì dal suo angolo, gettando un’occhiata di traverso al divano dove prima era
allungato il ragazzo.
Scorpius era ancora lì: si era di nuovo abbassato, per
poter poggiare il capo sugli alti cuscini e ora la guardava con la testa
inclinata.
“È pronto.” Gli fece notare lei semplicemente.
Il ragazzo si alzò e si sedette davanti al piatto,
osservandolo “È anche avvelenato?”
Rose poggiò con poca grazia la propria cena, facendo
sobbalzare Scorpius. “No” sospirò ancora una volta, prendendo il cucchiaio:
sempre scortese. Come se lei avesse mai potuto fargli del male.
Rimestò un poco le verdure, portandone piccole
porzioni alla bocca, ma aveva lo stomaco chiuso, aveva già capito che non
sarebbe riuscita a mangiare. Con la coda dell’occhio vide che anche il biondo,
all’altro lato del tavolo, procedeva lentamente, essendo costretto ad usare la
mano sinistra.
Tornò a fissare lo sguardo sul proprio pasto. Dopo
qualche minuto di silenzio in cui aveva assistito a movimenti incerti e aveva
visto cadere molte gocce sulla tovaglia di plastica che ricopriva il tavolo,
con rassegnazione constatò“Forse avrei
dovuto pensare a qualcosa di più solido”, preparandosi all’ennesima frecciata.
Che in effetti non tardò ad arrivare.
“Sì, avresti dovuto: sei del tutto inutile.”
Rose fissò il muro bianco davanti a lei, su cui
campeggiava un quadro astratto, chiudendo per un attimo gli occhi. Riaprendoli,
li sentì bruciare. Si alzò bruscamente dal tavolo, spingendo indietro la sedia,
e rumoreggiò “Vado in bagno.”
Rose scappò in direzione della scala che portava al
soppalco ma Scorpius la redarguì con astio “Ti pare che il bagno sia al piano
di sopra? Vicino all’ingresso!”.
Un po’ in confusione, Rose trovò una porta socchiusa
che, sin da una prima occhiata, si rivelò essere quella della stanza che
cercava.
Si appoggiò alle piastrelle e si lasciò scivolare fino
a sedersi, allungò una mano per chiudere la porta e tenne il viso rivolto verso
l’alto per cercare di non far scendere lacrime.
Nell’altra camera, intanto, Scorpius continuò piano a
mangiare. Per quanto non l’avrebbe mai ammesso non gli dispiaceva quella cena
preparata dalla Weasley, così diversa da quelle a cui era abituato. Non c’erano
piatti ricercati, non c’erano continue portate ma era un pasto messo insieme di
fretta, con semplicità. I suoi genitori, a casa, facevano cucinare tutto agli
elfi, che avevano l’ordine di non presentare piatti banali, ed ogni ragazza che
gli avesse mai preparato qualcosa, poche in realtà, si era sempre ingegnata ad
aggiungere spezie o ingredienti particolari. Per alcune il ragazzo era praticamente
certo che non avessero toccato un mestolo ma avessero fatto preparare tutto,
spacciandolo per loro. Vedere delle verdure mal tagliate e sentirne altre poco
cotte lo fece pensare a come la Weasley le aveva preparate, mentre lui era sul
divano.
Quando la ragazza tornò dal bagno, decisa a far
terminare il più in fretta possibile quella cena e tornare al piano di sopra,
trovò Scorpius accanto al lavandino che, per non bagnare la fascia che gli
stringeva tutto il braccio e parte della mano, tentava maldestramente di lavare
il suo piatto solo con la sinistra.
“Da’, ci penso io.” Gli disse giungendogli da dietro e
facendolo sobbalzare.
“Weasley, non potresti mettere delle scarpe? Per
Salazar, non ti sento!” Le rispose mentre quella gli prendeva la fondina dalla
mano, piazzandosi al suo posto.
“Intanto tra poco me ne torno a casa mia, non ti devi
preoccupare.” Commentò lei, ferita.
Scorpius la osservò mentre con aria seria e gesti
molto più esperti dei suoi toglieva ogni rimasuglio dal piatto, poi fece vagare
lo sguardo per l’ambiente, poggiandosi di tergo al bancone.
“Ma non hai ancora cenato.” Obiettò, saltandogli agli
occhi la cena di lei, quasi del tutto intatta.
“Non ho fame.” Gli venne risposto mentre riponeva il
piatto al suo posto, dopo averlo asciugato con un colpo di bacchetta.
Impotente, Scorpius la guardò ripulire anche la sua
fondina in silenzio, rimanendo accanto a lei. Quando ebbe finito anche con
quella, Rose si allungò per prendere l’asciugamano appeso dietro di lui, alla
maniglia del forno. Mentre si asciugava la mani, lo salutò “Spero di non averti
avvelenato, non sono brava a curare i malati. Mi dispiace.” Gli disse con
amarezza.
Il ragazzo rimase in silenzio e immobile, ancora in
parte poggiato sul bancone, finché non avvertì la porta richiudersi.
*
La mattina dopo Rose si svegliò di soprassalto, non
stupendosene minimamente. Si era rigirata nel letto tutta la notte, cercando di
non pensare a quello che era successo la sera prima: il comportamento di
Scorpius era tornato a ferirla, forse perché dopo quasi un anno pensava, almeno
inconsciamente, di essere sul punto di rassegnarsi o perché era stavolta era
stato più inaspettato del solito.
Per sgombrare la mente da cattivi pensieri decise di
occuparla in un altro modo, ossia indagando su quell’antica casa, evidentemente
appartenuta a una famiglia magica, dove Tyra l’aveva portata qualche giorno
prima.
Prese con sé i materiali più importanti (la bacchetta
e il taccuino) si avviò.
Quando stava per raggiungere la dimora, girata
l’ultima curva, trovò davanti a sé uno spettacolo a cui non era preparata:
Scorpius Malfoy sedeva nell’erba, con i palmi poggiati dietro la schiena, e con
lo sguardo contemplava tutto ciò che si stendeva sotto di lui.
Non si accorse del suo arrivo e così Rose ebbe tempo
di osservarlo attentamente: i suoi capelli biondi, che sotto le luci di
Hogwarts prendevano il colore del grano, illuminati da una luce naturale
parevano quasi bianchi, ma conservavano la loro sottigliezza. I suoi occhi non
vagavano persi nel vuoto, ma sembravano fissare con insistenza ogni dettaglio
di qualcosa che stava avvenendo sotto la collina.
Incuriosita, Rose continuò il suo cammino, sapendo che
dalla casa avrebbe potuto osservare qualunque cosa si stava svolgendo sotto gli
occhi di Scorpius.
Non calcolò lo scricchiolio che avrebbe prodotto e che
fece voltare il ragazzo.
“Weasley?” Si girò con uno sguardo sorpreso,
fissandola.
“Ehm, ciao” Salutò Rose poco convinta, sicura che
stesse solo cercando la battuta più sgarbata possibile da rivolgerle“Devo… fare una
ricerca su quella casa”. Perché mai
balbetto sempre?
Il ragazzo seguì con lo sguardo la direzione da lei
indicata e annuì “Ti piace la polvere o aneli la solitudine? In effetti con una
famiglia come la tua… È sicuramente meglio stare qui
da soli!”
Rose scosse la testa, con un sorriso triste. Non
sarebbe mai cambiato, si disse avviandosi: era inutile fare affidamento su di
lui. D’altronde, lui aveva una vita, di cui lei non sapeva praticamente nulla,
come era stato dimostrato dal fatto che non fosse a conoscenza nemmeno dei suoi
piani dopo Hogwarts.
Aprì la porta con uno spintone, sforzandosi di non
pensare a Scorpius. Ora era il momento di investigare.
Facendosi luce con la bacchetta raggiunse rapidamente
il soggiorno, osservando da vicino le tele strappate. Lo squarcio era l’unica
cosa chiaramente distinguibile ma, analizzandolo da vicino, si poteva cogliere
lo sfondo di quello che doveva essere un dipinto: colori pastello in alcuni
casi o tonalità plumbee in altri.
Nonostante non si trovassero in quello stato da poco
tempo, le tonalità rimanevano abbastanza luminose, tanto da far pensare a Rose
che si trattasse di colori magici. D’altronde, era solo un’ulteriore conferma
del fatto che lì avessero abitato dei maghi. E considerando l’abitudine delle
famiglie nobili, probabilmente le tele ora vuote ospitavano un tempo ritratti.
Si chiese per un attimo se gli occupanti avessero trovato una via di fuga,
constatando che nemmeno un quadro era stato risparmiato, ma decise di
concentrarsi prima nel capire da quanto tempo la casa era disabitata.
Nella grande sala i mobili erano di legno massiccio e
pregiato, con candelabri d’oro e d’argento, che mandavano bagliori quando si
avvicinava a loro con la bacchetta accesa. Nonostante il sole all’esterno,
l’interno era nel buio e nel silenzio più completo, come quando era entrata
nella casa con Tyra per la prima volta.
Per riuscire a farsi un’idea migliore del salone c’era
bisogno di togliere le travi alle finestre, per poter abbracciare con un colpo
d’occhio d’insieme l’ambiente, ma si convinse che prima era meglio controllare
che non ci fossero sostanze sensibili al calore o soprattutto alla luce.
Ben presto incontrò una libreria, che Rose immaginò
alta fino al soffitto: i vetri che chiudevano i suoi ripiano erano spessi e
grezzi, resi ormai grigi anche dal tempo. Ma non erano quei vetri ad
importarle: oltre ad essi c’erano dei libri.
Con un incantesimo aprì la serratura che si trovava
davanti e cominciò a sfogliare quei volumi: il primo quasi le si sgretolò in
mano, facendola tossire. Con il secondo non andò meglio. Il terzo le offrì una
serie di gialle pagine, con fitte lettere vergate a mano.
Una sommaria analisi del resto della libreria le
rivelò che tra quei tomi non c’era nulla di stampato, tutto era ricopiato a
mano.
Rose si perse a saggiare con mano la ruvidezza di quei
testi, rari anche nella biblioteca di Hogwarts: con la coda dell’occhio vide
fremere altre pagine, forse libri incantati o addirittura maledetti. Le parve
di avvertire un brivido che le correva formicolando lungo la spina dorsale ma
non vi fece caso, impegnata com’era a confrontare nella sua mente con
entusiasmo i titoli dei libri che si trovava davanti con quelli che aveva
impressi nella memoria.
Non si accorse della figura perlacea che le si era
avvicinata, almeno finché questa non la trapassò da parte a parte, riempiendola
di freddo.
“Fuori da qui, giovane strega!” Disse l’uomo con
lunghi capelli incolti, quando l’urlo di lei smise di riecheggiare tra i muri
cadenti, dandole tempo di riflettere “Lei è il fantasma di questo posto?
Abitava qui?” Gli chiese piano, riprendendo colore.
“Mi sembra piuttosto ovvio, signorina. Questa è una
mia proprietà.” Ribadì quello con uno scatto del mento, che scosse i riccioli
della sua barba. Era evidente che la stava cacciando.
Rose abbassò lo sguardo, arrossendo, trovandosi a
fissare i lembi della veste dell’uomo che, orlati di quello che pareva oro,
frusciavano ancora a pochi centimetri dalle sue ginocchia. “Mi scusi, volevo
solo qualche informazione. Sa che i Babbani ritengono che la sua casa sia
infestata da spiriti che baluginano nella notte? Non dovrebbe passare troppo
vicino alle finestre.” Pur non potendo vedere direttamente i fantasmi, i
Babbani potevano ravvisare una vaga luminescenza, se le creature erano colpite
dalla luce della luna.
“Mi stai rimproverando per come mi muovo in casa mia,
ragazzina?” Fece l’altro avvicinandosi ulteriormente: i loro corpi rimasero a
contatto e Rose si sentì come sdraiata su una lastra ghiacciata. Lo poteva dire
con una certa sicurezza, dal momento che grazie ad Al aveva provato
l’esperienza.
“Ho diciannove anni, prego.”
“Grazie per aver puntualizzato, ragazzina di diciannov’anni”
Si allontanò finalmente. Sebbene non si sentisse più congelata, la vicinanza di
quell’uomo dava comunque alla ragazza una certa soggezione, per cui preferì
tacere. Inoltre, aveva imparato che quello era il modo migliore per ottenere
informazioni: infatti il fantasma continuò. “Mi occupo di non alimentare troppo
la leggenda, solo i bambini vengono qui credendovi. E anche la ragazza che era
con te.”
Rose sorrise “Tyra dice di averla vista”
“Non capisco come avrebbe potuto” Rose, che aveva
meditato a lungo sul problema, aveva concluso la stessa cosa, che non era così
improbabile, data la fantasia che Tyra aveva dimostrato di avere “Se ora lei
volesse andarsene…” Concluse l’altro tagliente,
facendo ondeggiare l’ampia veste purpurea.
La ragazza capì subito che le sue domande sarebbero
state senza risposta per quel giorno, ma decise di ritentare “Posso tornare a
trovarla? Sto studiando le opinioni Babbane sulla
magia e credo che la mia ricerca sarebbe più completa grazie alla sua
testimonianza.”
“No, non puoi tornare, non sono un oggetto di
ludibrio!” La trapassò nuovamente per raggiungere il corridoio.
“Non volevo dire…” Gli corse
dietro Rose.
“Se ne vada!” Sbottò ancora scatenandole addosso
un’ondata di gelo, prima di essere definitivamente inghiottito dalla parete.
Rose, rimasta interdetta, alla fine si decise a uscire. Quel giorno non avrebbe
risolto nulla.
Il sole le ferì il viso non appena si trovò nel
portico, per cui si fermò un attimo lì.
“Quello è ancora il suo territorio, dovresti almeno
allontanarti.” La prese in giro Scorpius, che era rimasto nella posizione in
cui lei lo aveva lasciato.
“Suo?” Chiese Rose avvicinandosi.
“Di Durward. O hai urlato da sola?” Le rivolse
un’occhiata saccente.
“Tu sapevi che lì dentro vive un fantasma irascibile
che rifiuta le visite?”
Scorpius scosse le spalle.
“E perché non mi hai avvisato?”
“Una coraggiosa ragazza non ne sarebbe stata
minimamente spaventata: infatti il tuo urlo l’hanno sentito solo fino al
villaggio.”
“E non hai pensato di entrare a vedere se avevo
bisogno di qualcosa?” Cominciò a turbarsi Rose.
“Per Salazar, no! Sarebbe stato ragionare come un
Grifondoro!” Si disgustò l’altro.
“Ma se fossi stata in pericolo? Sai quante trappole
possono nascondere gli antichi manieri?”
“Avresti chiamato qualcuno che ti sarebbe venuto a
prendere con una squadra Auror al seguito.” Concluse
pratico Scorpius tornando a volgere lo sguardo al panorama sottostante.
“Ti odio!” Gli urlò Rose prima di imboccare di corsa
il sentiero.
Aveva ragione Al: lei era solo una ragazzina
innamorata, una stupida ragazzina innamorata, a voler precisare. Aveva
interpretato tutti i comportamenti di Scorpius in modo diverso dalla maggior
parte delle persone, senza nemmeno accorgersene. Aveva spiegato le sue occhiate
torve come espressioni mascherate dei suoi veri sentimenti. Aveva chiesto a
James di non spedirgli contro bolidi durante le partite e si era trovata un
tavolo in biblioteca che gli permettesse di osservarlo, nelle pause di studio.
Aveva addirittura preso in considerazione l’idea di abbassare il suo rendimento
scolastico per farsi superare da lui, se questo l’avesse reso felice.
L’avrebbe davvero fatto, se Al non fosse intervenuto?
Si chiedeva adesso. Sì, la risposta
le venne immediata, da quello stesso cervello che doveva sapere fosse sbagliata. Ora lo vedeva chiaramente, Scorpius
non sarebbe mai andato bene per lei: se esteriormente era l’uomo che cercava,
dentro non lo sarebbe mai stato. Voleva qualcuno fedele come suo padre, allegro
come Al ma ordinato. E avrebbe anche
dovuto ricambiarla, per rendere le cose più facili. Ma era universalmente
riconosciuto che l’unico criterio di quelli che lei cercava che Scorpius poteva
soddisfare era l’ordine. Come aveva potuto sperare che ci fosse dell’altro? Da
uno che non si preoccupava nemmeno di ferire ripetutamente le persone con il
suo comportamento?
Sì, ricompose il discorso Rose arrivando alla fine
della stradina: aveva smesso di essere innamorata di Scorpius Malfoy.
D’altronde, sarebbe stato masochismo continuare.
Cara Rose,
cosa vorrebbe dire che hai cenato con lui? Come è successo? Sappi che non
credo minimamente che vi siate davvero insultati: lui avrà insultato te e tu
non avrai avuto il coraggio di ribattere. Invece di sfogarti con me (o con la
povera disgraziata che ti è capitata a tiro) dovresti andare a dirgli tutto
quello che ti sta facendo passare, almeno scenderà dal suo piedistallo. E se
non lo farà allora continuerà tutto come prima ma magari ti renderai conto di
quanto sia insopportabile e smetterai di giustificarlo. Non è un povero bambino
spaventato, dannazione!
Non so quando potrò venirti a trovare, ma spero presto, per poterti
difendere da quel tipo e ricostruire la tua autostima. Sappi comunque che puoi
Materializzarti qui in qualsiasi momento, a casa c’è sempre un letto in più.
Concentrati sulle indagini!
Ciao,
Al
Ehi ehiehi!
Sono tornata a
darvi il tormento! Allora, i 99° Celsius sono 210.2 gradi Fahrenheit, visto che
in Inghilterra dovrebbero usarsi questi gradi mi sembrava giusto avvisare XD
Capitolo un po’
di passaggio, Rose doveva pur decidersi in qualche modo! Comunque questi
eventi, raccontati ad Al, lo faranno precipitare in questo piccolo paesino… (che non ho ancora capito come si chiama ma
abbiate fede) XD
dalla mia ultima
lettera è successo di tutto. La conclusione però ti piacerà: ho chiuso con
Malfoy. Vedi? Sto cominciando anche a chiamarlo per cognome.
Ieri sera avevo
sperato: sono stata a casa sua per cena, dal momento che essendo caduto dalla
scopa non era in grado di essere autosufficiente. Pensavo avrebbe capito che… ero la ragazza giusta per lui. Suona così patetico
ora. Ma per quanto sia stato assolutamente scortese, ha ottenuto il solito
risultato: sono tornata a casa mia, a preparare qualche biscotto. Ingrasserò,
se continuo a non vederti.
Oggi invece l’ho
rivisto per caso, vicino a un maniero in cui abita un fantasma. Lui, Durward,
sembra una persona curiosa e vorrei capire qualcosa di più ma te ne parlerò
un’altra volta, ora sono troppo arrabbiata per essere lucida. Comunque Durward
mi ha spaventata e Scorpius mi ha sentita urlare. Non si è mosso.
Era una casa
disabitata da… Secoli, a giudicare dall’arredamento.
Poteva essere piena di qualunque tipo di trappole o elementi magici
deteriorati. E lui è rimasto lì fuori a non far nulla. Un vero Serpeverde, lo
odio.
Avevi ragione,
Al, mi dispiace non averti dato ascolto prima. Per favore, parla con James e
gli altri: non sopporterei altre frecciatine tornata a casa. Lascia da parte
Hugo, credo di doverlo informare di persona. Forse tornerò a casa tra un paio
di giorni, per parlare con te e con lui e per allontanarmi da qui: in questo
momento so solo di non voler abbandonare la mia ricerca, non posso sacrificarmi
ancora una volta per lui. Però essere la sua vicina di casa non mi aiuta, credo
di aver bisogno di riflettere e cercarmi una nuova sistemazione, questa per ora
mi pare l’idea più sensata.
Ti farò sapere la
data del mio arrivo.
A presto, un
abbraccio,
Rose
Effettivamente
l’idea di non essere più innamorata di Scorpius cominciava a piacere molto a
Rose, innanzitutto perché non doveva più preoccuparsi di interpretare i suoi
atteggiamenti. Così quando quella mattina, mentre apriva le persiane della
cucina, lo aveva di nuovo visto in giardino si era subito voltata, per non
cadere nella tentazione di esaminare le linee assunte dai suoi zigomi.
Mentre
sgranocchiava i biscotti che aveva preparato la sera prima rilesse la lettera
di Al. Il consiglio finale le sembrava particolarmente adatto, quindi stabilì
di cominciare le ricerche per scoprire qualcosa di più su quel Durward. Doveva
solo abituarsi a non ricordare come aveva scoperto il suo nome.
Chiamò
subito Tyra (ringraziando che sua madre le avesse comprato un cellulare) e le
chiese aiuto. La ragazza, tra un urlo di gioia e un acuto, le spiegò che quella
mattina era proprio molto impegnata ma che, forse, sarebbe riuscita a vederla
per l’ora di pranzo. Rose, piuttosto basita, accettò, chiedendosi per quale
motivo l’amica fosse così felice.
Di
certo non avrebbe preso male la notizia del suo distacco da Sc…
Malfoy, però non poteva ancora saperla. Che quegli aggeggi, cosiddetti
telefoni, predicessero il futuro meglio della Cooman? D’altronde, quando aveva
acceso il suo, il display l’aveva subito informata di vestirsi leggera, perché
quel pomeriggio le temperature sarebbero state particolarmente alte. Forse era
il caso di dotare le insegnanti di Divinazione di questo strumento, riflettè un
attimo rigirandoselo fra le dita.
Tornata
alla realtà, decise di iniziare le sue ricerche in modo pratico, dunque dalla
biblioteca. Dubitava che Durward avrebbe gradito una nuova irruzione in poco
tempo, dunque non le rimaneva altra scelta.
Con
l’aiuto di un paio di passanti non le fu difficile scovare l’edificio che, in
effetti, era il più ampio nel raggio di molte miglia, insieme alla scuola
locale. Trovò al bancone una giovane signora che, per quanto si mostrasse
gentile, sembrava più occupata a cercare di non far fuggire il suo bambino
dalla carrozzina che a prestarle troppa attenzione.
“Vorrei
delle informazioni sulla vecchia casa in cima alla collina che domina il
villaggio” Le fece presente, porgendole il ciuccio che era caduto al bambino.
La
donna alzò lo sguardo con un sorriso “Tu sei la giornalista di città, vero?”
Rose
sorrise, un po’ imbarazzata “Le notizie si diffondono velocemente”
“Questa
è una città piccola” Le notare l’altra, passando dall’altra parte del bancone.
Per un folle momento Rose ebbe il timore che stesse andando a chiamare qualcun
altro, per metterla bene in mostra. Ma, appena uscita in corridoio, le fece
segno di raggiungerla e le indicò una porta a vetri poco distante “Qui è
conservato anche l’archivio comunale, lì puoi trovare tutti gli atti di
costruzione o compravendita delle case in città.”
Rose
le rivolse un sorriso di riconoscenza.
Non
appena entrò, la accolse un ambiente polveroso e umido. Scoprì che la
catalogazione procedeva per dislocazione dei lotti, quindi passava da una via
all’altra. Dovette passare in rassegna parecchi scaffali ma non trovò nulla di
quello che cercava: all’improvviso le venne in mente che in realtà non aveva la
minima idea dell’indirizzo che stava cercando. Non poteva certo pretendere che
fosse scritto “casa in cima alla collina”! Probabilmente quella piccola
stradina sterrata che risaliva tra i prati aveva un nome. Decise di mandare un
rapido messaggio a Tyra per accertarsene (ringraziando ancora una volta la
giornata spesa da sua madre, tra le risate di suo padre e Hugo, per farla
sembrare una “normale adolescente Babbana”), mentre, in attesa di una risposta,
continuava a guardarsi attorno.
Dopo
aver memorizzato i nomi di una decina di strade, il cellulare si degnò di emettere
un suono. “Strada dei salici” Rapidamente Rose corse al punto dove doveva
trovarsi la scheda corrispondente e trovò un foglio molto diverso da tutti gli
altri atti, in cui un impiegato aveva attestato l’impossibilità di risalire
alle origini di quella casa, che però erano già note molti anni prima, sin dal
XIII secolo. Si presumeva il maniero potesse risalire a quell’epoca ma non ce
n’era la certezza.
In
effetti, riflettè la ragazza, sarebbe stato strano trovare delle informazioni
dettagliate presso un ufficio Babbano, per quanto di certo il castello fosse
visibile anche agli individui non magici. Tuttavia a lei interessava proprio
quello che i Babbani pensavano di quella dimora, quindi fece una copia del
documento, stando ben attenta a non essere vista da nessuno mentre usava la
bacchetta.
Mentre
stava per uscire dalla biblioteca fu fermata dalla signora di prima. “Sei
interessata alla leggenda che circonda quella vecchia casa?”
Rose
si avvicinò al bancone, mentre il bambino emetteva un piccolo vagito “Sto
facendo una ricerca su come viene percepita la magia in questa piccola comunità
e mi è parso un ottimo punto per iniziare”
Le
venne rivolto un grande sorriso “Conosci già la storia che si racconta, vero?”
Rose
si rese conto di non aver mai sentito la leggenda nei dettagli, credeva che
semplicemente ci si accontentasse di dire che la casa era infestata. La donna
interpretò correttamente la riluttanza della ragazza e con un gesto le fece
segno di passare dietro il bancone, mentre anche lei si alzava e versava in due
bicchieri il caffè contenuto in un bricco.
“Tutto
risalirebbe all’epoca dei processi alle streghe. Da quanto viene tramandato
quello fu l’ultimo momento in cui qualcuno vivo abitò la casa. Quel qualcuno
era uno stregone, o almeno fu quello che venne creduto all’epoca” Rise la donna
porgendole il caffè e dando un buffetto al figlio con la mano rimasta libera
“Immagino fosse solo un nobile della zona e che i contadini volessero le sue
terre.”
Rose
si permise di dissentire in cuor suo: era probabile che quell’uomo fosse
Durward che, in effetti, aveva abiti di fogge particolarmente antiche anche per
essere stato un Purosangue. E ricordò in un lampo come nella sua biblioteca
avesse trovato libri solo vergati a mano: il periodo coincideva.
“Comunque
di solito si crede avesse un certo potere, perché non si osò accusare lui, ma
ci si rivolse contro sua moglie. Ella venne prelevata mentre si trovava nel
villaggio e sottoposta al solito processo. Ovviamente venne dichiarata
colpevole di stregoneria, di aver aiutato il diavolo e rapito i bambini!”
Concluse teatralmente solleticando i piedini di suo figlio “E fu condannata:
arsa sul rogo.” Precisò tornando a guardare la ragazza.
Rose
non riuscì a trattenere una smorfia di disgusto: come si poteva pensare di fare
una cosa del genere? Ogni mondo forse doveva avere le sue piaghe, loro Voldemort e i Mangiamorte e i
Babbani questo. Quella volta era andata bene, sicuramente la moglie di Durward
aveva lasciato credere che i loro piani fossero andati a buon fine, ma se non
fosse stata realmente una strega? In quel momento le stime del libro di Storia
della Magia le sembravano più lontane che mai.
“E il
marito?” Chiese Rose, che cominciava a non capire perché avrebbe dovuto
rimanere come fantasma in quei luoghi, in cui non era affatto il benvenuto.
“La
leggenda narra che da quel giorno quell’uomo solitario e schivo non sia più
sceso al villaggio. Nessuno se ne accorse, perché in realtà nessuno l’aveva mai
visto fuori di casa, ma i suoi domestici, assunti tra i contadini della zona,
riferirono che aveva tagliato ogni contatto anche con loro. Pareva si chiudesse
da solo nel suo salotto, da cui talvolta si sentivano anche provenire delle
voci: chiamava gli altri diavoli a raccolta per vendicarsi della gente.”
Rose
capì subito che il Camino Magico che era installato nello studio poteva aver
dato adito a quella incomprensione. Quindi Durward si era rinchiuso in quella
stanza e aveva avuto contatti solo con altri maghi, probabilmente anche con la
moglie che non poteva più farsi vedere dagli aiutanti. Ma certo, per passare
del tempo con lei evitava di essere sempre sotto i loro occhi!
“Lanciò
una maledizione sul villaggio e, grazie alle sue arti magiche, quando morì
tornò a infestare la casa per poter continuare a tenere sotto scacco l’intera
comunità.” La donna finì di bere il suo caffè “Ti risparmio gli avvistamenti,
le assi scricchiolanti, le tende che cambiano posizione…
Mi sembri un po’ grande e troppo seria.” Concluse alzando un sopracciglio.
Rose
le sorrise, accorgendosi che la signora aveva finito di parlare. In realtà
ancora non capiva perché ci fosse un fantasma in quel maniero, ma immaginava
che avrebbe dovuto ricevere questa informazione direttamente da lui. Se non
altro ora aveva una domanda specifica da porre, doveva solo cercare un modo per
farsi ascoltare e rispondere. Ringraziò vivamente la donna per averle dedicato
il suo tempo.
“È
bello che finalmente qualcuno si interessi della nostra storia. Ci voleva una
straniera, a quanto pare.”
La
ragazza salutò ancora anche il piccolo, che sembrava particolarmente felice di
poter tenere il suo dito tra le mani e tirarlo come fosse un bastoncino. Non
osò immaginare cosa avrebbe potuto fare con la sua bacchetta. Uscita dalla
biblioteca, Rose si rese conto di avere ancora qualche momento prima del suo
pranzo con Tyra e decise di tornare a casa.
Tra
tutti i giorni in cui avrebbe potuto incontrare Malfoy che usciva da casa,
quello non era certo uno dei più azzeccati. Ma, si disse osservandolo mentre
chiudeva la porta dietro di sé, era un ottimo allenamento per testare i suoi
nuovi sentimenti: non le era ancora chiaro come dovesse considerarlo.
Conoscente poteva andare bene?
“Malfoy”
Lo apostrofò chiudendo a sua volta il portone del palazzo.
“Weasley”
Storse quello la bocca “Già a bighellonare di prima mattina? Non hai proprio
nulla da fare, eh?”
“O
forse devo fare qualcosa di più importante di te.” Lo rimbeccò lei dirigendosi
verso le scale senza dargli tempo di rispondere.
Non
appena entrata in casa ebbe una discreta voglia di stringere Antares e ballare
con lui per tutta la stanza. Poiché l’animale era ancora fuori a consegnare la
lettera per Al si accontentò del cuscino che, solo qualche sera prima, aveva
strapazzato. Una risposta perfetta, si complimentò con se stessa, decidendo di
annotarla: con quella Al sarebbe potuto andare avanti a festeggiare per un paio
di giorni.
Improvvisamente
l’idea di cambiare casa non le sembrò poi così necessaria. Forse bastava una
piccola pausa, doveva solo tornare a casa qualche giorno per poter riflettere a
mente più lucida. E ricevere le congratulazioni di Hugo, si intendeva.
*
Rose
non fece nemmeno in tempo a capire si trattasse di Tyra, quando venne sommersa
da folti capelli biondi che le si infilarono ovunque. Sputacchiando, cercò di
allontanare l’amica per farla sedere al tavolo.
Quando
finalmente l’ebbe davanti, non potè ignorare l’aria beata che emanava e
l’entusiasmo che la percorreva, poiché non riusciva a tenere ferme le mani. Con
un gesto secco gliele afferrò per fermarle e le chiese cosa stesse accadendo.
“Domani
sarà un gran giorno.” Proclamò “Sta venendo qui, te ne rendi conto? Ora starà
facendo i bagagli, o forse no, magari è abituato e non è lungo come me, forse
sta suonando o componendo. O magari sta mangiando.” Rise liberando una mano e
prendendo il menù.
“Ma di
chi stai parlando?”
“Del
batterista della mia band preferita!”
Rose
ci mise qualche attimo a riordinare le idee “Dunque ha accettato l’intervista
del tuo giornale?”
“Anche
prima del previsto! Sembrava avere una gran fretta di venire qui e così domani
lo incontrerò, non riesco a crederci!”
Rose,
che stava cominciando a guardarsi attorno, ricambiando le occhiate curiose
degli altri avventori, cercò di continuare a far parlare l’amica, dal momento
che quando taceva cominciava a gesticolare troppo apertamente.
“Quindi
stai preparando le domande?”
“Ovviamente.
Mio padre dice che però, se non mi calmo, probabilmente finirò solo con il terrorizzarlo…”
“Un’analisi
lucida della situazione è sempre utile.”
“Infatti
sto facendogli controllare ciò che vorrei chiedere, non vorrei che considerasse
troppo personali alcune questioni. D’altronde, non rilasciano spesso interviste
ed ora che ne ho l’occasione voglio imparare il più possibile!”
Visto
il comportamento dell’amica, che pareva regredita a uno stato infantile, Rose
giudicò saggio consigliare “Fa’ leggere le domande anche a tua madre. È sempre
meglio avere due pareri.”
“Vivo
sola con mio padre; gli farò leggere le domande due volte, però, se non ti
senti tranquilla!”
Rose,
un po’ spiazzata dalla risposta, le sorrise, rimarcando come fosse meglio fare
così.
“E mi
avevi anche detto che era bello, se non sbaglio…”
Rose in realtà non ricordava nulla di simile ma era sicura di avere ragione.
Lo
squittio che ricevette in risposta, tra l’altro, le fece addirittura temere
che, se non avesse cambiato argomento, in breve il Thickley
sarebbe stato costretto ad accogliere una Babbana. Virò così su altre notizie.
Le
raccontò di ciò che aveva trovato quella mattina sul vecchio maniero, per
tenerla aggiornata sulle sue indagini. Tyra fu abbastanza sorpresa nel
constatare il suo interesse per quella vecchia storia “Non pensavo che ti
interessasse così tanto.”
“Il
mio articolo si basa proprio su questi fatti!”
“Allora
potresti corredarlo con alcune foto della piazza, quello è il luogo dove
bruciavano le streghe. C’è una lapide commemorativa dell’evento.”
Rose
registrò l’informazione, ripromettendosi di passare di lì appena possibile.
“Potresti
farti accompagnare da Felix…” Insinuò Tyra
riscuotendola.
“E
perché mai?”
“Potreste
trascorrere qualche ora insieme, all’avventura. E da cosa nasce cosa…”
Rose
scosse la testa “Non ci sarà mai nulla tra me e Flitt” badò a calcare
l’utilizzo del cognome “così come non ci sarà tra me e Malfoy, l’ho lasciato
perdere.”
“Quindi
niente più lacrime per il vicino?”
“No,
tutto finito. Ha fatto traboccare il calderone” Tyra si complimentò per la
battuta con una risata particolarmente sentita “Era da così tanto tempo che mi
piaceva che penso fosse diventata un’abitudine. Devo solo smettere.”
“Un
taglio netto, sicura di riuscirci?”
Rose
sospirò e seguì con lo sguardo gli arabeschi neri sul muro lì vicino “Devo
farlo. Non è quello giusto per me.”
Cara Rose,
vuoi dire che sei
finalmente libera dalla tua schiavitù? Dobbiamo festeggiare! Botti, musica
(come la facciamo noi) e biscotti, ovviamente!
Intanto devo
darti un’altra notizia importante: non c’è bisogno che tu torni a casa, verrò
io da te! Ho accettato un lavoro nelle tue zone e domani sarò lì. Potrei
rimanere ed evitare che tu ingrassi. Sicuramente i tuoi biscotti non sono tra
le motivazioni principali che mi hanno fatto accettare l’offerta.
In questo tempo
c’è un modo molto semplice in cui puoi comportarti con il tuo verde vicino: hai
riacquisito le tue facoltà e la tua razionalità è sempre stata un giudice
implacabile. Filtra tutto ciò che esce dalle tue labbra in modo che sia il più
cattivo possibile. Hai bisogno di sfogare sette anni di astio represso (è una
Serpe: non dirmi che non c’è astio represso) e, credimi, dopo la mia venuta non
so per quanto tempo ancora sarà il tuo vicino di casa. Quindi sfogati, finché
sei in tempo.
Ci vediamo
venerdì, a presto!
Un cugino
finalmente felice,
Al
Beh,
adesso è quasi chiaro cosa faccia Al nella sua interessante vita, no? XD Non
temete, dal prossimo capitolo sarà presenza fissa. Spero vi farà divertire XD
Volevo
ringraziarvi, tutti voi che siete arrivati a leggere fino a questo punto: mi
date immense soddisfazioni. Grazie!
non vedo l’ora
che tu sia qui. Conosci il mio indirizzo ma, considerando la tua naturale
predisposizione a perderti, preferisci trovarci in qualche luogo del villaggio
più facilmente raggiungibile?
So già che
preferirai lanciarti all’avventura, quindi cerca di arrivare al fornaio, è
vicino a una piccola piazza. Da lì, cerca la cancellata rossa e imbocca quella
via. Controlla i numeri civici (sono quei numerini
scritti vicino alle porte): suona al numero otto.
Ti allego una
mappa: cerca di non tediare troppo i passanti!
A presto,
Rose
“Questa
è l’ultima volta.” Rose assicurò ad Ares, prima di condurlo alla finestra del
soggiorno per farlo volare verso il bosco. In tutta risposta il gufo le beccò
le dita e decollò planando lentamente.
“Weasley,
hai dei seri problemi con quel gufo.” Le fece notare una voce dabbasso.
“Esterna
le sue emozioni.” Lo rimbeccò lei, cercando di riflettere e di non chiedersi
cosa ci facesse in giardino e se non avesse di meglio da fare che guardar lei.
“Piuttosto
negative nei tuoi confronti” Continuò Malfoy.
“Non
ti preoccupare per la mia salute” Sbottò Rose chiudendo la finestra, cercando
di deviare i pensieri dall’indagine dei vari motivi per cui Malfoy fosse uscito
in giardino con una spatola. Forse guarniva torte nel tempo libero, Al si
sarebbe divertito moltissimo.
Non
era il momento di starlo a sentire, doveva concentrarsi sul lavoro: il giorno
precedente aveva continuato a chiedere in giro come venisse percepita la magia
e aveva racimolato tutti i libri che poteva sull’argomento. Quel giorno era il
momento dell’azione: sarebbe tornata da Durward, approfittando anche del fatto
che Tyra fosse abbastanza impegnata da non volerla seguire. Il pomeriggio
l’avrebbe dedicato ad Al, che sarebbe arrivato tra breve.
*
Tyra
stava tormentandosi ossessivamente una ciocca di capelli, mentre attendeva, in
precario equilibrio su una sgangherata sedia, che comparisse l’oggetto della
sua intervista. Fece vagare lo sguardo sull’ambiente semplice che la
circondava, ossia l’ufficio del suo capo: aveva spostato la scrivania verso il
muro e presupposto di far accomodare il suo ospite sul divano. E se lui non avesse voluto? Si agitò
immediatamente. Perché qualcuno dovrebbe
rifiutare di sedersi su un divano? Tyra si rese conto di avere in testa la
voce di Rose che, d’altronde, la sera prima le aveva rivolto all’incirca le
stesse parole.
Maledì
la sua puntualità e sperò che l’altro non tardasse troppo.
Due
colpi alla porta ed Emily, la redattrice che si occupava della cronaca, la aprì
“Tyra, c’è qui un certo Albus Evans per te” Disse facendo passare un ragazzo
moro e spettinato che le sorrise.
La
ragazza saltò su dalla sedia come se avesse ricevuto una scossa e si affrettò
ad avvicinarlo, mentre si chiedeva come approcciarlo. Fu lui a risolvere il
problema, tendendole la mano “Albus” si presentò.
“Tyra”
Gli disse stringendola. Per la seconda volta ebbe la conferma che lui fosse un
corpo solido, non il parto della sua mente in cerca di consolazione e potè
sentire la sua presa forte, anche se un po’ sudata. Tornando in sé lo invitò ad
accomodarsi e agguantò la sedia per potersi porre di fronte a lui.
“Grazie
di aver accettato questa intervista” Cominciò innanzitutto, ricordando i passi
fondamentali da seguire.
Quello
ammiccò nella sua direzione “In realtà sei tu che hai fatto un piacere a me,
sarei dovuto comunque venire in questo sperduto villaggio. Ma toglimi una
curiosità: di quale interesse potrà mai essere la mia intervista per il tuo
giornale?”
“Siete
un gruppo famoso…”
“Tra
i ragazzi che frequentano pub. Il tuo lettore medio è il ragazzo che frequenta
pub?” Vedendo che quella non rispondeva, Albus si mise apertamente a ridere “Va
bene, facciamo questa intervista per conquistare le vecchiette. Se sono tutte
come mia nonna ci stai offrendo un esercito di fan scatenate, potremmo
conquistare il mondo e tu saresti la responsabile. Sei pronta ad assumertene la
colpa?” Le chiese in tono serio.
Anche
Tyra si mise a ridere e prese carta e penna. Le fu sufficiente abbassare lo
sguardo per vedere campeggiare la prima domanda che si era preparata “Perché vi
chiamate Ghosts?” Fece con un sorriso, come per scusarsi di dover iniziare a
lavorare.
“In
realtà non è stata una decisione nostra. Ci hanno ribattezzato così scherzosamente
nei posti dove andavamo a suonare perché sembravamo svanire subito dopo
l’esibizione. Abbiamo solo deciso di renderlo il nome ufficiale della band.”
Tyra
sorrise “Non vi piace perdere tempo. È anche il motivo per cui non rilasciate
molte interviste?”
Albus
si scompigliò i capelli alla base della nuca, in ungesto che gli era abituale. Tyra sapeva che
lo faceva sia quando iniziava una canzone sia quando la terminava ma
vederglielo fare lì, davanti a lei, la metteva in soggezione. “In realtà speriamo
che a parlare sia la nostra musica. Chi ci segue dovrebbe farlo per questo
motivo, non per altri.”
Tyra
pensò alla prima loro canzone che aveva sentito e si sentì rincuorata “I vostri
testi sono piuttosto importanti.” Convenne “Chi li scrive?”
“Per
lo più Louis: parte per la Francia e dopo un mese torna con qualche canzone
nuova. Dice di aver bisogno della natura per comporre, ma sospettiamo ci sia di
mezzo una bella francese che sua nonna dovrebbe avergli fatto conoscere.”
“Ha
origini francesi?”
“Sì,
da parte di madre. Mentre la grinta con cui brandisce il microfono…
Quella è da parte di padre. In effetti un paio di volte ha rotto l’asta sul
serio, quel ragazzo è un disastro ambulante.” Tyra ricordò di aver visto il
video dell’evento.
“E
gli altri componenti del vostro gruppo, Fred e Nick?”
“Sorprendentemente
Fred è il più preciso. Almeno non rischia la vita quotidianamente.”
All’occhiata basita di Tyra si affrettò a spiegare “Louis può inciampare da un
momento all’altro in qualunque cosa, mentre Fredè più un maniaco dell’ordine. Quando proviamo
la batteria è cosparsa di fogli, mentre le tastiere sono sempre perfette. Manca
solo che le spolveri ogni ora. Deve essere un contrappeso al padre.” Albus
annuì tra sé e sé “Invece Nick è più simile a Louis ed è probabile che un
giorno o l’altro tiri il basso in testa a qualcuno. Spero non durante le
prove”.
“Dove
provate di solito?” Si incuriosì Tyra, cercando di immaginarli: Louis che,
imbracciata la chitarra, attentava alla stabilità del microfono, Albus che
rompeva bacchette e batteria, Nick che agitava il basso inciampando nei cavi e
Fred che cercava di correre qui e là, dimentico del suo ruolo, per salvare la
vita ai disgraziati compagni. Sì, sarebbe stato un onore poter assistere a una
delle loro prove.
“I
miei nonni ci prestano la loro rimessa.”
“Deve
essere in campagna… Immagino che sia un po’ di
rumore.”
Albus
parve metterci qualche secondo a capire “Oh, sì! È piuttosto lontana dalla
altre case e non disturbiamo nessuno. Comunque non è rumore: è musica grezza
che prende forma.” Le fece notare con una strizzatina d’occhi.
Tyra
sorrise e alzò le mani per scusarsi. “E come mai avete deciso di fondare i
Ghosts? Come vi siete conosciuti?”
Albus
la fissò di nuovo per qualche istante, come se stesse cercando gli argomenti da
proporle. “Siamo cugini, lontani cugini, con una comune passione. È stato
piuttosto naturale, a dire la verità. Solo Nick non è di famiglia ma lui e
Louis sono amici da una vita”.
Tyra
si chiese come fosse possibile farsi distrarre dalle mani di un ragazzo, che
stavano facendo battere i pollici a un ritmo a lei sconosciuto.
“Altre
domande?” La risvegliò lui con un perfetto sorriso.
“Qual
è il tuo colore preferito?” Tyra si rese conto solo dopo averla posta che
quella domanda era stata catalogata tra le troppo personali.
“Rosso,
mischiato all’oro.” Le rispose invece Albus subito.
“Hai
gusti precisi”
“Nella
mia famiglia li abbiamo tutti.” Precisò con un sorriso.
“Com’è
la tua famiglia?” Tyra non potè fare a meno di immaginare dei genitori molto
orgogliosi di loro figlio, come un giorno avrebbe dovuto essere sua madre.
“Come
molte altre famiglie: padre, madre, figli… Un po’ di
confusione ma ci stiamo bene.”
“Hai
dei fratelli, quindi?”
“Due:
la mia sorellina, tra l’altro, è quella che ci ha spinto a mettere insieme il
gruppo.” Le sue labbra assunsero una piega molto dolce “Però non vorrei parlare
di loro, siamo qui per il nostro gruppo, no?”
Tyra
giudicò più saggio tornare alle domande prefissate, anche perché si rendeva
conto che quella strada poteva portare a un confronto troppo doloroso per lei.
*
Rose
cominciò a bussare alla porta della vecchia casa. Non era proprio sicura che
Durward così si sarebbe fatto vedere ma le sembrava più educato che entrare
scassinandola come le due volte precedenti, ora che sapeva che lì dentro viveva… beh, abitava qualcuno.
Dopo
cinque minuti, in cui aveva incantato il battimano in modo che si muovesse da
solo, le fu chiaro che nessuno sarebbe comparso. Si risolse a entrare come le
volte precedenti, sperando che quel fantasma non si infuriasse troppo:
d’altronde, visto lo stato della casa, non poteva lamentarsi.
Il
soggiorno la accolse come le volte precedenti, con la sua scarsa luminosità, i
mobili impolverati, l’aria stantia. “Scusi…” Provò a
chiamare Rose ma non ottenne alcuna risposta. Si inoltrò quindi verso le altre
camere, cominciando proprio dallo studio che aveva visitato con Tyra, ma
un’occhiata le fu sufficiente per capire che il fantasma non era nemmeno lì.
Cominciò
a salire la scala di legno che portava al piano superiore, facendo attenzione a
saltare alcuni gradini che le sembravano fin troppo precari. Forse Durward era
in quella che doveva essere stata la sua stanza.
Non
ebbe il tempo di verificarlo perché il fantasma comparve in cima alle scale,
sbottando “Se ne vada da casa mia, perché è tornata?” La sua stola veniva
scossa particolarmente dalla rabbia che pareva emanare.
“Volevo
solo parlare con lei, l’avevo avvisata che sarei ricomparsa.” Cercò di farlo
ragionare Rose.
“E
io l’avevo avvisata di non farlo!” Tuonò quello scendendo le scale e
attraversandola. Rose avvertì i consueti brividi ma lo seguì. O almeno ci
provò, perché un gradino cedette sotto il suo peso e si ritrovò quasi
incastrata nella scala. Con la bacchetta si aiutò a liberarsi, mentre Durward,
sentendo il frastuono, era tornato indietro a vedere cosa fosse successo. “Non
pensa che le converrebbe uscire? Questa casa non fa per lei.”
“Mi
sembra evidente che io non rinuncerò così facilmente.” Gli fece notare Rose
liberandosi.
Il
fantasma si allontanò indispettito, mentre la ragazza lo seguiva determinata.
“Posso chiederle perché ha deciso di rimanere qui?”
Uno
scatto secco nella mascella dell’altro avvisò Rose che quello era un punto
delicato, come immaginava lo fosse per tutti i fantasmi.
“Ho
saputo della vicenda con gli abitanti del villaggio, mi hanno raccontato la
leggenda che circola su questo posto. Mi dispiace per i fastidi che avrà dovuto
sopportare sua moglie.” Provò ad ammorbidirlo la ragazza.
“Mia
moglie?” Chiese il fantasma voltandosi con sguardo truce “Mia moglie, dicono!”
Fece scoppiando a ridere. Si avvicinò al divano e sembrò ricordarsi all’ultimo
minuto che lo avrebbe semplicemente attraversato.
“Non
era sua moglie?”
Durward
la fissò, con sguardo truce, prima di sollevarsi fino al soffitto e sparire
nelle stanze al piano superiore. La ragazza tornò sui suoi passi e su quelle
scale, riuscendo stavolta a non inciampare, nonostante la foga.
Con
un rapido calcolo, aprì la porta di quella che le sembrava la stanza sopra il
salone e venne investita da un fiotto di luce. Lì le assi erano state tolte
dalle finestre e gettate in un angolo. La stanza era completamente spoglia, se
non per un cavalletto al centro, che sosteneva un quadro. L’unico non strappato
di tutta la casa, registrò Rose.
Durward
era davanti a quella tela, con lo sguardo sofferente. I suoi occhi grigi
parevano mandare bagliori e quasi scintillare di lacrime represse.
La
ragazza si avvicinò per osservare il dipinto e constatò che era un ritratto:
ricambiavano il suo sguardo due occhi scuri, quasi spaventati, che sembravano
in procinto di nascondersi sotto le palpebre. I suoi capelli corvini erano
sciolti in morbide onde, che terminavano oltre il bordo del quadro, con le
quali si confondeva una collana d’oro che reggeva un piccolo medaglione. Vi era
incisa quella che a Rose sembrò una foglia.
Non
ebbe il tempo di osservare il dipinto nei più piccoli particolari, perché si
rese conto del dettaglio più importante “Non si muove! È un dipinto Babbano!”
Constatò davanti a Durward.
“Ho
voluto fosse immobile.” L’uomo si
voltò verso le finestre, come se non riuscisse più a sopportare la vista di
quella donna.
“Dunque
questa sarebbe… La donna che al villaggio dicono sia
stata sua moglie?” Rose, mentre parlava, riuscì a mettere a posto i pezzi.
Arretrò sensibilmente, andando a urtare lo sgabello su cui aveva probabilmente
lavorato il pittore. “Era una Babbana… È morta?
L’hanno uccisa sul rogo?” Chiese portandosi una mano alla bocca.
La
barba di Durward si mosse impercettibilmente mentre quello fissava la collina e
il suo verdeggiare oltre le finestre. Rose si chiese come potessero esserci
degli uccelli che cantavano sull’albero lì fuori, mentre dentro l’atmosfera le
sembrava irrespirabile.
“No”
scandì infine l’uomo “Ma l’ho persa.”
Rose
tornò a respirare e si aggrappò allo sgabello, che rimise in piedi. Vi si
sedette. “Dunque, non è morta come dice la leggenda?”
“Qualcuno
l’ha salvata. Qualcuno che sapeva che lei non era una strega, qualcuno che
vorrei aver conosciuto, per ringraziarlo adeguatamente.” Durward si prese la
parte superiore del naso tra due dita e chiuse gli occhi, perso in qualche
ricordo.
Rose
non seppe cosa dire per un lungo momento. Tornò a fissare gli occhi su quella
donna, che pareva colta in un momento di triste dolcezza. Gli occhi erano miti
e increspati agli angoli, come se cercasse di trattenere un sorriso e rughe
sottili partivano nella zona delle tempie per essere poi riprese nella bocca e
in una generale ruvidezza del viso. Se il pittore aveva fatto un buon lavoro,
guardando il quadro da vicino, era evidente che quella non fosse una
nobildonna. In effetti, anche il gioiello era l’unica cosa preziosa: il corpo
della donna vestiva, per quanto se ne poteva dedurre, di una camiciola grezza e
non rifinita, addirittura qualche filo sfuggiva alla sua trama, risaltando,
almeno a un’occhiata approfondita, sullo sfondo scuro.
Non
ebbe il coraggio di chiedere altro a quell’uomo già distrutto, così lo lasciò
ai suoi ricordi, rimandando ulteriori indagini.
*
La
lunga conversazione con Albus aveva lasciato a Tyra una generale sensazione di
straniamento: le pareva che tutto attorno a lei fosse diverso dal solito,
trovava fuori posto Albus in quell’ufficio, a cui associava la sua
quotidianità. Ora, cercando di riordinare i fogli nel suo angolo di scrivania,
cominciò rapidamente a realizzare che lui era stato lì e che avrebbe anche
potuto incatenarlo alla sedia ed impedirgli di uscire per almeno qualche ora.
Forse poi avrebbe dovuto aver a che fare con la polizia…
I Ghosts (e soprattutto il loro batterista) avevano questa tendenza a farla
retrocedere al suo stato di quindicenne: d’altronde li aveva conosciuti proprio
a quell’età, in un brutto periodo.
Sorridendo,
poggiò un attimo la testa fra le mani, per rialzarla subito e cominciare a
lavorare seriamente. Traspose al computer le domande e cominciò a riascoltare
le relative risposte, che erano state opportunamente registrate. Cercò di
radunare le informazioni che aveva ricevuto in base all’argomento e stabilì che
il corpo centrale del pezzo avrebbe riguardato la vita quotidiana della band,
con forte accento sulle prove nel garage dei nonni. Chissà, forse qualche
anziano della zona avrebbe capito di poter promuovere buona musica.
Dal
momento che l’intervista si era svolta in un clima così rilassato, occorreva
farlo avvertire anche ai lettori e Tyra pensò che non sarebbe stato difficile.
Era inutile accennare ai familiari, poiché le informazioni che aveva non erano
sufficienti e non potevano essere integrate con note di redazione, in quanto
anche la rete pareva ignorare i componenti della famiglia Evans.
Presa
com’era, rialzò lo sguardo dal suo lavoro solo un’ora dopo. Sobbalzò,
rendendosi conto che suo padre le aveva chiesto, quella mattina, di occuparsi
del pranzo e in un lampo fu fuori dall’ufficio.
A
passo di marcia percorse la piazza e, mentre stava per vederla scomparire
dietro a un muro di mattoni, si accorse di un particolare che non avrebbe
dovuto essere lì: Albus Evans, semi-nascosto da quella che aveva l’aria di
essere una grande mappa della città.
Cercando
di calmare il fiatone, dovuto alla corsa, Tyra gli fece capolino, scostando
tutta quella carta. “Ah, sei tu!” fece quello sgranando gli occhi verdi
abbassando il foglio.
“Ti
sei perso?”
“Non
è così grave come sembra. So benissimo di essere a Thornhill,
magari ho qualche difficoltà ad orientarmi all’interno ma è tutto sotto
controllo. Perché siamo ancora a Thornhill, vero?”
Terminò con un luccichio di panico. Tyra glielo confermò con un cenno del capo.
“Quindi se controllo metodicamente tutte le strade arriverò alla mia meta”
Concluse soddisfatto “Da Nord a Sud o da Est a Ovest? Che poi…
Dov’è il Nord, su quest’affare?” Le chiese sventolandole la mappa sotto il
naso.
“Dimmi
dove devi andare, ti accompagno.” Disse Tyra, rassegnata. In fondo suo padre
poteva anche saltare il pasto per quel giorno.
“Alla
panetteria”
“Ma
è chiusa, all’ora di pranzo.” Gli fece notare lei.
Quello
rispose alzando le spalle “Non ci devo mangiare!”, come se fosse la cosa più
naturale del mondo.
Tyra,
considerando che il locale era fin troppo vicino, prese una serie di stradine
secondarie, che le avrebbero consentito almeno una manciata di minuti. “Non c’è
molto da vedere in questo villaggio, sicuramente la vita cittadina a cui sei
abituato è molto più movimentata.”
“Dici
le risse tra ubriachi? Quelle sono divertenti, almeno finché non cercano di
spaccarci in testa uno strumento. O di spaccarlo in generale: la tipologia
dell’ubriaco gentile lo vuole solo gettare sul pavimento.”
“Capitano
spesso?” Chiese Tyra, indicandogli nel frattempo il campanile della Chiesa
locale. Non poteva fare a meno di sperare lui decidesse di ritornare.
“Soprattutto
quando abbiamo iniziato: la gavetta passa per locali piuttosto squallidi. Ora
possiamo permetterci di rifiutare qualche incarico.”
“Credo
di avervi visto in uno di quei posti, la prima volta che vi ho ascoltati” Si
lasciò sfuggire lei.
“Quanto
tempo fa?”
“Cinque,
sei anni fa. Avevo quindici anni.” Rispose Tyra, come se potesse dimenticare
quanto tempo era passato da quando aveva sbattuto la porta di casa in faccia a
suo padre.
“E
una carta d’identità falsa.” La distolse l’altro, con un ghigno.
“Anche”
Concesse.
Albus
scoppiò a ridere “Te ne sei procurata una solo per venire a sentirci?”
“No,
ero lì per caso. Ho anche maledetto il locale perché organizzava la musica dal
vivo, creando troppa confusione. Volevo proprio stare da sola.” Ammise, quasi
vergognandosene: era la verità, ma forse effettivamente non era il caso di
raccontarla proprio a lui.
Ma
il batterista sembrò prenderla bene. “Eravamo agli inizi, suonavamo d’estate
quando non eravamo a scuola. Louis era entusiasta di mostrare i suoi pezzi
sguainando la chitarra e attirare ragazze. Ora ha smesso.”
“La
prima o la seconda cosa?”
“La
prima, ovviamente.” Ammiccò Albus, alzando la testa e notando l’insegna del
fornaio. “Da qui dovrei… Cercare una cancellata rossa
e svoltare per la via a cui fa da angolo” Lesse su un pezzo di carta
appallottolato.
“Proseguiamo”
lo incoraggiò Tyra. Il caso li stava guidando proprio nella strada dove abitava
Rose, quindi si chiese distrattamente se potesse sentirsi abbastanza in
confidenza da auto-invitarsi da lei per pranzo. Ora che ci pensava avrebbe
anche dovuto farsi perdonare per il poco tempo che le aveva dedicato in quei
giorni, ma quello non era il momento di riflettervi, poiché si era assunta
l’onere di accompagnare un ragazzo che non sapeva nemmeno tenere tra le mani
una mappa. “Questa zona conta per lo più case. Sei sicuro di doverti incontrare
qui per il tuo appuntamento?”
“Sì,
sto andando a casa di mia cugina e se lei ha scritto così è giusto.”
Tyra
rimase un attimo sconvolta dal fatto che, nel suo stesso villaggio, abitasse la
cugina di Albus Evans. Quante volte, mentre ascoltava o canticchiava i Ghosts,
le era stato chiesto chi fossero? Avrebbe potuto andare a consolarsi da questa
signora, magari le avrebbe anche offerto un thè, se
aveva lo stesso carattere aperto del ragazzo, e avrebbe riconosciuto subito le
canzoni. Perché Albus gliele aveva insegnate, era ovvio. Decisamente il batterista non sapeva che errore stesse
facendo, mostrandole quella strada: l’avrebbe setacciata tutta, porta a porta
se necessario.
Avevano
appena superato il portone di Rose, quando un movimento da quella direzione
attirò l’attenzione di Tyra: vide l’amica correre fuori di casa e osservarli,
scoppiando a ridere. A quel suono anche Albus si voltò: “Volevo dare
un’occhiata al paesaggio, non avevo certo dimenticato di guardare i numeretti, devi credermi.”
Rose
si precipitò giù dai pochi gradini e Tyra rimase ad osservarla basita, mentre
gettava le braccia al collo di Albus, che cominciò a tirarle i capelli per
ripicca. Quando lo lasciò andare, fu lui a voltarsi verso la bionda “Te l’avevo
detto che le istruzioni erano giuste.”
“Ti
ha importunata molto?” Si informò Rose, decisamente pronta a tirare qualche
pizzicotto al cugino in caso di risposta affermativa.
“È
parte del suo lavoro, l’assicurarsi che l’intervistato non si perda.”
Puntualizzò Al.
A
quella rivelazione gli occhi della mora parvero illuminarsi e si spostarono
rapidamente tra l’uno e l’altra. “Salite a mangiare qualcosa?” Chiese con un
sorriso.
Tyra
fece un impercettibile cenno del capo, quando si accorse che gli altri due
attendevano la sua risposta. Le sue gambe si mossero al rallentatore, solo
quando gli altri due erano ormai distanti qualche metro, ma non potè esimersi
dal notare la scioltezza con cui Albus passò una braccio sulle spalle di Rose
(sua cugina, per tutti i quadrifogli!)
per sussurrarle qualcosa all’orecchio. Come non potè trattenere un moto di
stizza.
Gliene
aveva parlato! Rose sapeva benissimo chi doveva intervistare e quanto le
piacesse quel gruppo! Perché non le aveva mai accennato che li conosceva, che
era loro parente? Diamine, non era un
fatto da poco. E lei aveva continuato a sproloquiare, temendo pur sempre di
infastidirla perché Rose non sembrava proprio avere nella testa la band. Ed
erano quasi tutti suoi parenti!
“Devo
andare a casa a preparare il pranzo per mio padre.” Replicò asciutta, ancora
sulle scale, mentre Albus le teneva aperta la porta dell’androne.
Rose
ebbe la compiacenza di mostrarsi sorpresa “Ci vediamo oggi pomeriggio?” Chiese
con quel luccichio che aveva assunto prima. Si divertiva, ad averla presa in
giro!
“Oggi
non posso. Magari domani, ti chiamo. Ciao!” Un unico cenno bastava per
entrambi, riflettè Tyra, tornando sui suoi passi.
Rose
fece cenno ad Al di seguirla e lo condusse in casa. “Ti ho sistemato la sala da
pranzo, intanto non la uso: mangio sempre su quel tavolo” gli disse
indicandogli il mobile vicino al grande divano blu. “Ti mostro le altre
stanze”.
Ma
Albus sembrava di parere contrario; fece il giro del bancone della cucina e,
all’ultimo, cambiò direzione verso la porta a vetri che dava su un piccolo
balcone. Aprì con decisione e si mise a guardare giù, rischiando quasi di
cadere di sotto.
“Sì,
abita lì” Puntualizzò Rose con un sospiro.
Il
cugino si guardò attorno e, preso un secchio, lo riempì d’acqua con la
bacchetta. Rovesciò il suo contenuto nel giardino sottostante.
“Adesso
sì, che sono arrivato!” Proclamò trionfante “Che la guerra abbia inizio!”
Un’imprecazione
non molto soffocata risuonò nell’aria calda.
Capitolo
unpo’ in ritardo ma c’è, ringraziate
l’amica che parte per le vacanze e a cui lo volevo postare XD
Momenti
d’oro aspettano Scorpius, che adorerà Al
(almeno quanto Tyra)
Quando
Rose si svegliò quella mattina, avvertì un vago senso di benessere, come se
avesse passato la notte a sorridere. La sensazione durò poco, perché un forte
fracasso proveniente dall’ingresso le fece presupporre che un estraneo fosse
entrato in casa: mentre si slanciava nel corridoio, ciabattando ma armata di
bacchetta, rischiò di inciampare in un calzino solitario e solo in quel momento
ricordò di stare ospitando Al.
Con
ancora in mano il solitario indumento, si affacciò sulla sala e trovò il suo
ospite intento a battere il manico di una scopa sul pavimento. “Perché?” Si
limitò a chiedere, rassegnata, dirigendosi verso la penisola della cucina.
“Gli
sto dando la sveglia” Ribadì il concetto Al con un altro paio di colpi “Ora
posso tornare a dormire, buonanotte” la salutò con un cenno e uno sbadiglio.
Rose
ridacchiò ancora per parecchio, dopo che la porta della sua sala da pranzo,
improvvisata nuova camera da letto, si fu chiusa. Ora che poteva godersi quelle
piccole “attenzioni” che suo cugino riservava a Scorpius, le situazioni erano
molto più divertenti. E poi, a quell’ora Malfoy era sicuramente già sveglio.
*
Quando
Tyra bussò alla porta di Rose quel pomeriggio, come si era accordata con la
ragazza, sentì un gran tramestio accoglierla, mentre i cardini ruotavano e le
rivelavano un Albus piuttosto trafelato, che la tirò dentro casa senza troppe
premure. Vedere il suo batterista in una comoda tuta, con i piedi scalzi ma i
soliti capelli scarmigliati, la fece rimanere un attimo basita, ma la mano
calda di lui, poggiata sulla schiena, la guidò in salotto, dove la aspettava la
cugina.
Rose
era seduta a gambe incrociate e si aggrappava con le braccia allo schienale
imbottito, facendo ondeggiare tra le mani un blocco per appunti: “Ho delle
domande da farti!” Esordì infatti.
“Sentiamo!”
Si intromise Albus, accomodandosi sul bracciolo del divano, le gambe penzoloni.
“Mentre
Al mette a posto la sua camera!” Lo cacciò Rose, allargando gli occhi.
“Il
mio piccolo problema…” Fece quello alzandosi con un
colpo di reni “Devo assentarmi. Dolci pulzelle, urlate in caso di pericolo
generico e lanciate maledizioni per quello proveniente dal piano di sotto.” Con
un sorriso si congedò, chiudendo la porta con un gesto teatrale.
“Ormai
è entrato in guerra” Rose informò Tyra, mentre apriva il suo taccuino. Poi
parve ripensarci e lo accantonò, aperto, capovolgendolo sul suo ginocchio.
Ammiccò alla porta chiusa vicino a loro “Allora era Al, il membro del tuo
gruppo preferito?” Chiese con un sorriso.
“Come
sapevi fin dall’inizio” Si lasciò andare Tyra.
Rose
parve colta in contropiede e riflettè un attimo “Mi avevi detto come si
chiamava?”
“Ti
avevo detto il nome, sì! Mentre ti portavo a vedere quell’antica casa!” Sbottò
l’altra fissandola negli occhi.
Rose
sbatté le palpebre un paio di volte, per poi fare una smorfia con la bocca
“Temo di doverti confessare di non averti ascoltata: ricordo quella passeggiata
e in realtà stavo cercando di capire perché Malfoy si fosse trasferito qui”
Rose chiese scusa.
Tyra
ebbe voglia di tirarle un cuscino in testa, poi di rivolgerlo contro se stessa.
Alla fine optò per un rassicurante sorriso di scherno: forse avrebbe dovuto
continuare a fidarsi del suo primo istinto, che le aveva dipinto una ragazza
semplicemente imbranata. O forse no. “Cosa volevi chiedermi?”
Rose
capì che non era il momento adatto per parlare di Al e riafferrò il taccuino.
“Mi interesserebbero le leggende locali, le conosci bene?”
“Ce
n’è qualcuna di ambito magico, in effetti…” Rose
impugnò la penna, pronta ad annotare. “Forse la principale riguarda proprio il
cimitero: la notte gli spiriti degli assassinati volteggiano nei loro sudari,
accompagnati da grida strazianti con cui maledicono chi non li ha protetti. Tra
questi lamenti il più straziante è quello di un bambino, che siede sulla tomba
del padre.” Rose aveva addirittura rinunciato a prendere appunti, perché una
storia così non aveva bisogno di aiuti per essere ricordata “Per molti anni
nessuno ha avuto il coraggio di avventurarsi in quel luogo la notte, finché una
donna non si attardò a sistemare dei fiori e, dopo aver visto l’orrendo
spettacolo, svenne: fu ritrovata la mattina dopo dal curatore.”
Forse,
se anche i Babbani non potevano vedere i fantasmi, i loro lamenti potevano
comunque essere avvertiti, ipotizzò Rose. Anche se non era così sicura che
qualche anima avrebbe scelto come sua dimora per la vita un cimitero, Babbano
per di più. “Mi piacerebbe visitarlo” Commentò infine.
“C’è
qualcosa che ti spaventa?” Le chiese Tyra, ironica. “Entrare in un vecchio
castello abbandonato, in un cimitero…” Cominciò a
contare sulle dita.
“Il
coraggio non è mai stato un problema” Arrossì Rose “però se non vuoi
accompagnarmi va bene, basta che tu mi indichi la via.”
“Non
credo che nemmeno tu vorrai visitarlo, se mi lascerai finire il racconto.” Le
sorrise “Il fatto richiamò un folto pubblico e addirittura un cacciatore di
fantasmi. In breve si scoprì che, durante la notte, specialmente quelle di
nebbia, le luci dei treni che passano tra i campi vengono riflesse dai vetri di
un grande capannone, creando questi giochi di ombre. Il fischio della
locomotiva, in lontananza, si è trasformato nella voce di questi ectoplasmi e
la leggenda si è costruita.” Spiegò Tyra semplicemente.
Rose
finì di ascoltarla con la bocca semi aperta. Se ne accorse e appuntò
velocemente qualche dettaglio, facendo ripetere all’amica la spiegazione logica
che i Babbani avevano trovato, per poi archiviare la leggenda con una dicitura
a lettere maiuscole, per ricordarsi che quel “mistero” non era più tale nemmeno
per il popolo non magico. “E invece del vecchio castello sulla collina cosa sai
dirmi? In biblioteca mi hanno accennato qualcosa.” Spiegò Rose, catalogando
rapidamente le informazioni che aveva avuto direttamente da Durward e che
quindi non poteva rivelare all’altra.
“È
una storia molto antica: risale a parecchi secoli fa, quando la caccia alle
streghe era all’ordine del giorno. Uno dei servi di quella casa accusò una
donna di essersi lasciata corrompere dalla magia oscura, ci fu un processo e
venne condannata”
“Chi
era quella donna?” La interruppe Rose.
“Una
del villaggio, o almeno credo. Purtroppo la sua storia serve solo a spiegare i
misteriosi fenomeni di cui era protagonista quella casa, per cui nessuno vi ha
mai dato molto peso”.
“Grazie”
Disse Rose, scoraggiata. Evidentemente la versione conosciuta dai Babbani
poteva aiutarla solo fino a un certo punto e da lì avrebbe dovuto intervenire
con Durward, a patto di convincerlo a parlare. Si invitò a non demordere. “E
che cosa succede in quella casa?”
“Si
dice che vi abiti un fantasma, probabilmente già all’epoca del rogo.”
Rose
ebbe un’improvvisa illuminazione, dettata anche dal desiderio di farsi
perdonare l’equivoco del giorno prima “Mi ricordo! Mi avevi detto di averlo
visto, dietro la tenda!” Proferì, indicando Tyra con il suo piccolo blocco.
“Avevo pensato che qualche leggenda ti avesse influenzata.”
“Non
posso negare con sicurezza” Confessò lei “Era come se si trattasse di
un’impronta, non di un corpo vero e proprio. Non saprei elencare nemmeno dei
tratti precisi, solo una lunga barba e mani nodose.”
Dei
tratti che, in effetti, erano propri di Durward. Rose scosse energicamente la
testa: era impossibile che Tyra lo avesse visto. “Cosa succede nella casa?”
“In
realtà da molto non ci sono fatti accertati, anche qui si parla di leggende,
che si protraggono nei secoli dal suo abbandono. Sostanze non conosciute che
provocavano strani fenomeni cominciarono a riversarsi nelle acque dei dintorni,
voci che provenivano dalla villa quando nessun calesse o persona era stata vista
salire, anche una serie di forti urla.”
“Beh,
l’acqua scende, non è forse vero?” Chiese la voce di Albus, poggiato allo
stipite della porta.
“Illuminaci,
Al.” Lo pregò sua cugina.
“Tu
abiti sopra il costipato, giusto? Non deve essere troppo difficile mandargli
giù dell’acqua un po’, diciamo, modificata; non trovate?”
Tyra
ci mise qualche secondo a realizzare che stava parlando del ragazzo biondo,
Malfoy, il grande amore di Rose, che ora la ragazza però diceva di aver
cancellato. In effetti le aveva accennato che i rapporti tra lui e Al non
fossero buoni e, anche se all’epoca non poteva immaginare chi fosse suo cugino,
gli aveva subito dato ragione: benché Rose le avesse raccontato la storia solo
per sommi capi era evidente che i suoi sentimenti erano a senso unico e le
stavano facendo del male. Ora era anche troppo facile appoggiare Albus. “Avevo
anche proposto di dipingergli la porta con il colore che più odiava ma lei”
fece indicando l’amica “non voleva e ha finto di non sapere quale fosse.”
“Ottima
idea!” Gioì invece Albus, piantando i gomiti sullo schienale del divano, tra le
due ragazze “Lo so io: è il rosso. Procuriamoci la vernice e facciamolo.”
“Non
ne sei sicuro!” Lo colpì Rose con il taccuino.
Lui
la allontanò con un gesto della mano e si spostò, come per ricevere protezione
dall’altra ragazza “Non puoi dire che è un colore che gli piace.”
La
cugina sbuffò e chiuse finalmente il suo blocco, mentre Albus riprendeva a
parlare “La mia cuginetta mi ha detto che anche a te il suo rapporto con Malfoy
non va molto a genio”
Rose
si appoggiò affranta allo schienale “Ti ho già detto che non c’è più nessun
rapporto”
“Non
era adatto a lei, mi è sembrato dai suoi racconti” Precisò Tyra.
Al
assunse un’aria trionfante, in quanto la ragazza aveva appena confermato che
tutti coloro che erano a conoscenza del “problema” di Rose ritenevano che non
si potesse risolvere, se non con un taglio netto. Finalmente se ne era accorta
anche la diretta interessata. “Allora, chiodo scaccia chiodo. Andiamo a
conoscere i ragazzi di questa città!” Risolse lui alla fine, saltando sul
divano.
“O
anche di fuori, non importa…” Precisò Tyra, guardando
Rose, che colse l’allusione e si affrettò a spiegare “Crede che io e Flitt
possiamo funzionare. Per favore, spiegale che non può essere”, gesticolò in
modo convinto verso Al, che, d’altro canto, aveva strabuzzato decisamente gli
occhi.
“Perché
c’è anche lui? Viaggiano sempre in tandem, lui e il costipato?”
“Anche
a scuola?” Si informò Tyra.
“Per
quanto Malfoy sopportasse di avere qualcuno di vicino, quel qualcuno era Flitt.
O uno stormo di ragazze pigolanti, ma loro erano passeggere: scappavano in poco
tempo, dopo aver avuto prova dei suoi modi galanti. Non che io abbia mai capito
perché ci si avvicinassero…”
“Per
il mio stesso motivo, Albus” Sospirò affranta Rose, con l’aria di chi ripete un
discorso per l’ennesima volta.
“Problemi
di vista, ho capito! Ma Madama Chips avrebbe potuto
sicuramente aiutarvi… Era l’infermiera!” Spiegò con
un sorriso a Tyra.
“Forse
anche uno psicologo sarebbe stato utile” Lo appoggiò Tyra.
Rose
si alzò in piedi, afferrando la giacca sulla poltrona di fronte a lei “Voi due
potete continuare a fare comunella, ma io ho delle indagini da portare a
termine. Tyra, se mi cerchi sono nella casa in cima alla collina. Albus, se mi
cerchi, chiedi a Tyra di accompagnarti.” Afferrò anche il taccuino e lo mise
nella borsa, che andò a recuperare dalla sua camera. Quando tornò, trovò il
ragazzo che armeggiava con la credenza, da cui tirò fuori un bicchiere.
Gli
fece scorrere sul bancone la bottiglia dell’acqua, mentre finiva di annotare la
cintura della sua giacchetta. “E se vuoi uscire, assicurati di non perderti!”
Rincarò la dose.
*
Al
seguì con lo sguardo la cugina mentre si chiudeva la porta alle spalle,
sperando che non incontrasse la sua nemesi personale. Inconsapevolmente si
avvicinò all’ingresso, pronto a cogliere qualsiasi battuta sarcastica e si
rilassò solo quando avvertì il portone aprirsi e richiudersi. A quel punto
poteva tornare a concentrarsi sulla sua attività notturna…
O forse no, aveva quasi dimenticato Tyra. Si girò e la sorprese a fissarlo. Ma
in quella sperduta cittadina doveva proprio trovare una sua ammiratrice? Si
chiese, stampandosi in faccia un sorriso. Rose aveva già abbastanza problemi e
si supponeva lui fosse lì per risolverli, o almeno per supportarla, non per
aggiungerle i suoi.
D’altronde
i suoi spartiti potevano forse aspettare, mentre tornava a dare il tormento al
costipato al piano di sotto. Tyra era d’accordo con lui su questo punto, quindi
poteva aiutarlo. “Dove possiamo trovare della vernice rossa?” Le chiese
issandosi su un alto sgabello.
“C’è
un negozio un paio di strade più avanti”
Al
interpretò il suo tono dubbioso “Non ti coinvolgerò, sta’ tranquilla: è una
faida personale.”
“Veramente
pensavo a come attirarlo fuori di casa.”
Al
tamburellò pensieroso con le dita sulla stoffa della sua tuta. Quell’apatico
damerino non veniva scosso da nulla, cosa avrebbe potuto spingerlo fuori di
casa? Bisognava turbare la sua tranquillità.
Fece
un cenno allegro di vittoria a Tyra e si precipitò in camera, avendo cura di
chiudere bene la porta. Procedendo a tentoni tra gli spartiti su cui aveva
lavorato quella notte individuò il profilo della sua bacchetta e la estrasse.
Materializzò rapidamente un buon amplificatore, direttamente dal garage
Weasley.
Lo
trascinò verso la porta e lo spinse in salotto. “Sei un genio” Commentò Tyra
alzandosi per aiutarlo. Con il suo aiuto rapidamente lo sistemò sul balcone. La
ragazza si sporse nel vuoto, per trillare con aria allegra “Ha le finestre
aperte!”
“Sarò
epico” sentenziò Al, avvertendo già la vittoria in tasca. Si prese qualche
momento per consultare il suo archivio musicale e capire cosa sarebbe potuto
essere più traumatico per il costipato. Magari anche qualcosa che trasmettesse
un messaggio… Trovò rapidamente una canzone adatta.
Regolò il volume in modo da non spaccare nessun vetro, o Rose lo avrebbe
ucciso, e fece partire la canzone. Raggiunse all’interno Tyra, che si stava
arrotolando un ricciolo al dito, e diede un pesante strattone ai vetri,
chiudendoli con un gran tonfo, attutito dalla musica.
“Esemplificativa”
Commentò lei quando riconobbe la melodia.
“Ci
voleva un messaggio chiaro e non fraintendibile.”
“Non
mi aspettavo Lily Allen sul tuo lettore però.”
“Ho
molte canzoni commerciali sul mio lettore: servono a esasperare le persone. O a
farle ballare facilmente; Louis le odia ma a volte lo abbiamo costretto a
suonarle. Da quando per ripicca ha cambiato ritmo a metà di una canzone però
non l’abbiamo più fatto.”
Tyra
spalancò gli occhi “Dobbiamo abbatterlo con una scopa!”
“Non
mi pare il caso” Disse Al, prima di accorgersi che fissava la portafinestra a
qualche metro di distanza, oltre la quale si snodava un serpente.
“Ha
mira. Glielo riconosco.” Borbottò il ragazzo prima di chiedere a Tyra di andare
a cercare un’arma, indicandole lo sgabuzzino nel corridoio. Non appena fu
sparita, tirò fuori la bacchetta e pietrificò l’animale. Uscì sul balcone per
ributtarlo nel giardino di sotto, quando si rese conto che mancava una
bacchetta della ringhiera. “Trasfigurazione: una guerra in cui non si
risparmiano i colpi.” Pensò ritrasformando il rettile.
*
La
casa faceva risaltare il grigio pallido del cielo, sottolineandolo con la sua
pietra scura. Rose come al solito entrò spingendo piano la porta e chiamando il
fantasma, mentre i suoi occhi si abituavano all’oscurità. Dall’esterno nessuno
avrebbe mai pensato a un luogo così tetro: si decise ad accendere la bacchetta
e a cercare i candelabri che aveva intravisto nella sala durante le sue
precedenti spedizioni. Quando ne ebbe accesi abbastanza da dare una forma a
tutti gli oggetti, Durward le si mostrò.
“Sei
tenace” Le comparve alle spalle, facendola sobbalzare.
“Mi
interessa la tua storia e non credo che tu abbia l’occasione di raccontarla a
molti.”
“A
cosa servirebbe?” Fluttuò lui vicino al caminetto, contemplando le tele
strappate tutto intorno. Rose si avvicinò e le riesaminò a sua volta “Chi le ha
ridotte così?”
“Io.
E lo rifarei.”
Rose
lentamente ne toccò una, saggiando uno dei brandelli in cui era ridotta “Chi
erano?”
“Coloro
che volevano essere la mia famiglia. Io li distrussi.”
La
semplicità di quelle affermazioni mise i brividi a Rose che guardò Durward da
sotto in su. L’uomo sembrava più luminescente del solito, mentre scrutava torvo
quelle cornici; forse erano i riflessi delle candele a renderlo così. Cercò di
ricordarsi che i fantasmi non potevano danneggiarla più di una doccia fredda.
“Perché sei rimasto qui come fantasma?”
“Apettavo…”
“Cosa?”
“Una
persona che non arriverà più, ma dovevo essere sicuro di aver fatto tutto il
possibile.” Rose si voltò verso di lui, trovandolo con lo sguardo rivolto al
piano superiore. “Lei?” Chiese riferendosi alla donna ritratta al piano
superiore. Durward non rispose.
La
ragazza volle tornare ad osservare il dipinto, quindi si allontanò piano da lui
e si diresse verso le scale. Non le aveva ancora salite completamente quando
avvertì la porta d’ingresso aprirsi. Con la mano fu pronta ad estrarre la
bacchetta, per poi ricordarsi che poteva essere Tyra o un qualunque babbano.
Scese quei pochi gradini che aveva percorso, attenta a saltare quello fallato,
dirigendosi nell’ingresso: lì si trovò faccia a faccia con Scorpius.
“Weasley,
sei una persecuzione!” Sbottò quello squadrandola.
“Conosci questa ragazzina?” Si intromise
Durward e Rose ricordò che era stato proprio il ragazzo di fronte a lei a
rivelarle il nome del fantasma. Quello si strinse nella giacchetta di pelle,
con gesto sdegnoso, e spiegò “Un vecchio stress dai tempi della scuola”
“Mi
trovo nella tua stessa situazione” Gli fece notare Durward.
“Ero
venuta per parlare con te ma se preferisci la compagnia di Malfoy vi lascio
soli” Proferì Rose incamminandosi verso le scale. La sua indagine andava
portata a termine e la sua curiosità chiedeva di essere soddisfatta, almeno
rivedendo quel ritratto; da sola avrebbe anche potuto osservarlo meglio. Trovò
senza difficoltà la stanza del dipintoe
constatò come non fosse cambiato nulla dall’ultima volta. Rose si chiese da
quanto tempo il ritratto dovesse essere su quel cavalletto. Toccò la superficie
del dipinto, resa ruvida dalle pennellate più corpose, che disegnavano i
capelli e le ampie superfici del viso. Dunque quella era la donna che Durward
avrebbe continuato ad aspettare per secoli, ormai consapevole che non sarebbe
mai tornata, fuggita da quel paese per sottrarsi al rogo. Forse anche lui
avrebbe voluto fuggire con lei.
Dal
pavimento emerse l’oggetto delle sue elucubrazioni “Quella che doveva essere la
mia famiglia non gradiva il veder insozzato il proprio sangue da una come lei.
Misero in giro facilmente voci sulla sua stregoneria e mandarono un altro dei
servi a denunciarla.”
Lo
sguardo di Rose andò a seguire il profilo filiforme del collo della donna, fino
a quando non si perdeva nella stoffa scomposta della camicia. “Sei rimasto qui
da allora?”
“Ho
sempre sperato che un giorno sarebbe tornata. Sono convinto che l’avrebbe
fatto, se gliene fosse stata data la possibilità.”
Rose
notò la figura di Scorpius appoggiata allo stipite “Spesso l’amore non va come
vorremmo.”
“Io
non sapevo cosa volevo, finché la sua presenza non l’ha reso evidente. È sempre
stata nella mia vita e non l’ho capito per molto tempo.”
“Sono
sicura che tu l’abbia resa felice: si sente quanto la ami” Commentò Rose in
tono sommesso, fissando gli occhi della donna, pervasi da una luce soffusa,
come un luccichio che a tratti sembrava abbagliarli.
“Le
ho anche fatto male, trattandola secondo quelle che credevo regole, chiuso
nell’arroganza.”
“Hai
provato a cercarla?” Chiese Rose, lasciando cadere l’argomento: il ricordo dei
suoi sentimenti per Scorpius era ancora troppo vivido.
“Ovviamente
aveva fatto perdere tutte le sue tracce.”
“Come
si chiamava?”
“Elisabeth”
Rose lo sentì assaporare quel nome.
“Ti
prometto che farò anch’io delle ricerche” riprese grintosa Rose “forse in
questa caso il tempo ci può aiutare: non c’è più motivo di nasconderla.” Gli
sorrise incoraggiante, prima di riprendere il suo taccuino e annotare il
nome.“Hai qualche suo oggetto per
cercare di eseguire un incantesimo? Qualcosa a cui era molto legata?” In realtà
Rose non era assolutamente sicura che quel tipo di connessione potesse
funzionare anche con una babbana ma bisognava
provare.
“Qui
di lei non c’è nulla, solo il suo profumo sulla mia biancheria e sui miei
abiti. Avevo già provato a eseguire degli incantesimi ma non avevano
funzionato.”
Rose
chiese di poter vedere quegli oggetti. Durward la precedette nel corridoio,
facendo scansare Scorpius. Anche Rose gli passò vicino, mentre lui la guardava
corrucciato. “Non fare la Grifondoro, Weasley” le intimò piano accodandosi al
gruppo “tieni il tuo posto.”
Rose
sentì ancora una volta montare la rabbia contro quell’insensibile Serpeverde,
ma ormai non aveva alcun motivo per starlo a sentire: seguì Durward a passo
deciso, con l’istinto di sbattere la porta dietro di sé. Decise invece di
concentrarsi sulla massiccia cassettiera scura vicino alla quale si era fermato
il fantasma e, dopo aver acceso il candelabro della stanza, la aprì, notando le
maniglie lucide. Riuscì a far scorrere il cassetto con una certa difficoltà e
notò una serie di panni ingialliti. Cominciò a prenderne qualcuno, le cui parti
più deboli, come i pizzi, le si sgretolarono in mano; nonostante ciò riuscì a
riconoscere il disegno di abiti confrontabili con quelli indossati dall’uomo,
che li osservò con rammarico “Elisabeth li rendeva splendenti.”
“Per
quanto avete vissuto insieme?” Chiese lei cercando di ripiegarli. Lo sguardo le
cadde sullo specchio sopra il cassettone da cui, tra la polvere, intercettò gli
occhi allucinati di Scorpius: li ignorò, voltandosi a fissare il fantasma che,
silenzioso, pareva molto concentrato sul baldacchino al centro della stanza.
“Andiamo
via, prima di venire contagiati da chissà quale malattia sopravvissuta ai secoli
dentro quei cassetti. Tu forse ci sarai abituata ma io non ho gli anticorpi
adatti.”
“Va’
dove ti pare, Malfoy” gli rispose Rose secca, aprendo per ripicca un altro vano
del mobile.
“Se
non avessi necessità di parlare con te me ne sarei già andato.”
“Puoi
parlarmi in un altro momento” sbottò la ragazza prendendo in mano un altro
indumento, un probabile antenato della camicia.
“È
urgente!” Tuonò imperioso Scorpius.
Rose
si affrettò a trovare un accordo “Esco un attimo, sento cosa vuole il biondino
e torno alla mia ricerca” spiegò a Durward mentre gli passava davanti.
Scorpius
la precedette con passo sicuro fino al portico esterno. Gettandosi un’ultima
occhiata alle spalle con un colpo di bacchetta spense i candelabri della sala
principale. Rose volle riaccenderli ma il ragazzo glielo impedì, trascinandola
per il polso fino al sentiero.
“Sei
il solito arrogante! Il fatto che tu non voglia aiutare Durward non significa
che anche io non debba farlo quindi ora tornerò in quella casa” mise bene in
chiaro Rose allontanandosi da lui. Era terribilmente più facile non volerlo più
seguire.
“Puoi
solo peggiorare la sua situazione, smettila.”
“Gli
sto dando una speranza.”
“Quale?
Poter vedere la tomba della sua amata? È un fantasma, non può nemmeno andarsene
da qui.”
Rose
rimase un attimo frastornata mentre assimilava ciò che le aveva detto Scorpius:
Elisabeth era sicuramente morta secoli prima e per quanto ne sapeva poteva
anche non esserci più una tomba o non esserci mai stata. Dopo tutto quel tempo
non era facile ricostruire la vita di una persona ma Rose sentiva che in
qualche modo l’amore di Durward, che era stato ripagato, non poteva non
lasciare alcuna prova tangibile; non era giusto. “Indagherò per conto mio, gli
rivelerò solo eventuali risultati positivi” concluse, cominciando a scendere la
collina verso l’abitato.
Ormai
a metà dell’altura Scorpius camminava ancora dietro di lei: sentiva i suoi
passi pesanti sulla terra battuta. All’improvviso parlò “Questo compito non ti
distrarrà dal tuo eccitante lavoro? Aiutare gli altri danneggiando se stessi è
uno dei motti degli stupidi che si credono utili.”
Rose
avvampò, in particolare nelle orecchie “Voglio dimostrare che il loro amore era
vero” Ammise, aspettandosi una risatina.
“Certo
che era vero, o Durward non avrebbe disconosciuto la sua famiglia” Scorpius le
si affiancò guardando dritto di fronte a sé.
“Però
non credo sia giusta condannarla tutta. C’era sicuramente qualcuno che lo
capiva ma magari non ha avuto la possibilità di mostrarsi.” Rose pensò alla
piccola Lily, perennemente schiacciata dai suoi fratelli maggiori.
“Non
è mai giusto condannare un membro di una famiglia in quanto tale. Ma questo
discorso dovresti farlo al tuo clan.”
“Sono
consapevoli del ragionamento” Era la prima volta che parlavano delle rispettiva
famiglie e l’argomento la incuriosiva “Ti riferisci a qualcosa in particolare?”
“Alla
dichiarazione di guerra di ieri sera.”
Rose
sospirò “Al non ti odia perché ti chiami Malfoy. Ti odia perché sei tu.”
“Questo
dovrebbe confortarmi? Non spiega nemmeno precisamente perché mi odi. L’ho
sedotto e abbandonato?” La canzonò, con poca ilarità nella voce.
Rose
fece qualche passo in silenzio, fino alle prime abitazioni “Tu mi piacevi e tu
mi facevi soffrire, quindi Al ti odia.” Scorpius si bloccò per qualche istante,
dando a Rose la conferma di aver perfettamente capito le sue semplici parole.
Le guance della ragazza stavano prendendo fuoco come mai prima ma lei strinse i
denti, costringendosi a mantenere l’andatura precedente, senza accelerare né
rallentare.
“Per
quanto tempo?” Chiese quello alla fine, tornando a seguirla. D’altronde,
andavano nella stessa direzione. “Per quanto tempo?” Le chiese di nuovo, col
tono che usava per fare le domande agli insegnanti.
“Sette
anni” Terminò di confessare Rose, svoltando in un vicolo e complimentandosi per
non aver vacillato.
Un’esclamazione
poco elegante uscì dalla bocca di Scorpius “Sono tanti”
“È
un complimento o un’ode alla tua stupidità?” Rose cominciò a riconoscere
l’ormai familiare tetto del loro complesso. Non sapeva nemmeno se voleva
abbreviare o allungare quella conversazione surreale.
“Entrambi.
È interessante vedere fin dove arriva la cocciutaggine dei Grifondoro.”
“Al
sarebbe pienamente d’accordo con te su questo punto” Gli fece notare Rose,
provando a fargli capire che potevano anche andare d’accordo, ora.
“Non
mettermi sullo stesso piano di quel pozionista
negato. Forse per voi è un complimento ma non per me” Rose sbuffò, rendendosi
conto subito dopo di poterlo insultare, senza rischiare di ferire i propri
sentimenti. Ma ormai erano quasi arrivati e ciò le ricordò le regole di buon
vicinato.
Ma
non potè reprimere un ghigno quando vide la porta rossa che Scorpius fissava
inorridito.
E
dopo un periodo di forzata mancanza di connessione eccomi tornata! Non vi
preoccupate, ho altri capitoli con cui darvi il tormento XD Se non fosse stato
chiaro, la canzone con cui Al decide di dare il tormento a Scorpius è “Fuckyou” di Lily Allen https://www.youtube.com/watch?v=OK4fJhbRL1g
(e non senza motivo, anche leggendo le parole).
Ho
solo una piccola nota da fare (spoiler per chi fosse fan di Nicholas Sparks): la spiegazione che Tyra dà per i fenomeni
paranormali nel cimitero è presa da un libro di Sparks
che ho letto molto tempo fa, “Il posto che cercavo”.
Detto
questo, spero in un aggiornamento in tempi un po’ più brevi (anche perché gli
esami si avvicinano e non c’è niente di meglio per tirarmi su il morale), mi
scuso ancora perché vi ho fatto aspettare quasi un mese.
Ora
che ho finito di augurarvi buone vacanze devo augurarvi buon ritorno allo
studio o al lavoro? XD
Rose
cercò di controllarsi e mantenere un’andatura regolare mentre percorreva le
scale ma una volta sul pianerottolo si lanciò in una corsa incontrollata verso
la sua porta e balzò in casa. Gettò le chiavi nel piatto vicino all’ingresso e
cercò di realizzare quello che aveva appena fatto prendendo respiri profondi.
Doveva parlarne con Al.
Essendo
deserto il soggiorno, aprì subito la porta dell’improvvisata camera del cugino.
Lo trovò con una matita dietro l’orecchio, che imbracciava la chitarra e maneggiava
un mixer. “Stai componendo?” Era strano ma non rarissimo: doveva essere
particolarmente ispirato.
L’altro
annuì “Ti farò sentire, quando avrò finito. Questa canzone mi rappresenta.” La
squadrò da capo a piedi.
“Vieni
di là, mi metto ai fornelli” Gli fece cenno Rose.
Il
ragazzo si districò dai fili che lo avvolgevano, per spostarsi sull’alto
sgabello proprio davanti al piano dove si stavano magicamente ammucchiando
tutti gli ingredienti per fare dei biscotti. “Dove hai visto il costipato?” Le
chiese poggiando i gomiti sul bancone. Dovette ritirarli subito, a causa della
bilancia che veleggiava a tutta velocità verso lo stesso spazio che voleva
occupare lui.
“Alla
vecchia casa. Ma non è questo il punto.”
“Hai
ultimamente cambiato le motivazioni per cui fai i biscotti?” Chiese rubando una
manciata di gocce di cioccolato con noncuranza.
“Gli
ho detto la verità” Sparò Rose, sperando che gli andassero di traverso.
Albus
invece riuscì a deglutire e poi parlò “Sul fatto che sia un cafone maleducato?
Avrei voluto esserci per poter rincarare la dose.”
“Sul
fatto che mi piace da sette anni” Rose cominciò a rompere le uova, tenendo lo
sguardo fisso sul recipiente “Cioè, mi piaceva” si corresse.
Albus
si prese qualche momento, poi concluse “hai finalmente raggiunto il limite di
sopportazione. Allora ce l’hai davvero, pensavo fosse una leggenda.”
“Mi
sono tolta un peso. Ora ho la certezza matematica che non poteva funzionare” Al
infilò la testa sopra la scodella, rischiando di finire nelle uova, per
mostrarle la sua occhiata dubbiosa. “Questo punto non era già stato appurato in
sette anni?”
Rose
lo ignorò, scostandolo con il gomito “…e so di aver
fatto la scelta giusta lasciando perdere. Inoltre così mi vergognerò per il
resto dei miei giorni al solo pensiero di stargli davanti e quindi non c’è più
il rischio che ci cada di nuovo.”
Al
afferrò la bilancia e vi poggiò sopra il mento “Avrei scelto una strada più
breve per arrivarci ma condivido la soluzione.”
Rose
afferrò la busta della farina e ne versò un po’, dovendo dosarla ad occhio
poiché non voleva sottrarre al cugino il prezioso appoggio. La mescolò con
calma, rendendosi conto che qualcosa non andava: Al avrebbe dovuto saltare
sulla sedia, congratularsi con lei, stringerle la mano imbrattandosi di farina.
Alzò piano lo sguardo, cercando di farlo passare per un gesto casuale e lo vide
gettare lo sguardo con noncuranza verso la credenza.
“Cosa
succede?” Chiese voltandosi anche lei.
L’altro
si riscosse “Nulla. Vuoi uscire stasera?”
Rose
lo fissò corrucciata: diversamente da quanto si potesse immaginare, Albus non
era il ragazzo scatenato che dava a vedere quando era in compagnia. In casa si
trasformava in una persone decisamente più tranquilla, che veniva trascinato
alle feste, piuttosto che organizzarle. “Cosa vorresti fare?”
“Potremmo
materializzarci a casa di Louis: lui saprà cosa fare.”
Rose
ebbe la conferma di tutti i suoi sospetti all’idea di un Albus che si metteva
nelle mani di Louis volontariamente e la trascinava con sé. Reclamò la bilancia
con un gesto imperioso e pesò lo zenzero, mentre valutava cosa fare.
“Nell’ultimo periodo Louis non ti deve più trascinare alle feste?” Cercò di
informarsi.
“No,
continua a farlo. Spero con quest’atto volontario di riuscire a farlo stare
buono per almeno qualche settimana” ammise Al candidamente.
Il
rapporto tra Al e Louis era in realtà una delle principali preoccupazioni di
Rose. Il fatto che il cugino preferisse suonare la batteria che cercare un
lavoro stabile non la impensieriva tanto quanto la zia Ginny.
Quello che la spaventava a volte era come Al venisse plasmato dall’ambiente in
cui si trovava: Louis era notevolmente meno incline di lui a seguire le regole
e quei sei anni che intercorrevano tra i due ampliavano ulteriormente il
divario tra i loro stili di vita. Questo però Al non riusciva a capirlo e
andava molto d’accordo con il suo cantante, fin troppo secondo Rose.
Il
rapporto tra Al e Louis era per Rose anche abbastanza comico: ciò che Al era
all’esterno, l’altro ragazzo era all’interno e viceversa. Se Al amava mostrarsi
sfrontato e baldanzoso, per diventare più tranquillo solo quando si sentiva a
suo agio, la rumorosità di Louis cresceva in maniera inversa. Ricordava
benissimo come Ted ne fosse rimasto molto impressionato: dai silenzi timidi
delle prime volte in cui avevano cenato insieme, si era poi ritrovato un demone
distruttore pronto a una battaglia a cuscinate con Dominique di prima mattina.
Era uno dei motivi per cui l’uomo preferiva mantenere una certa distanza con il
fratello della sua fidanzata e non se la sentiva di biasimarlo. “È proprio
necessario che io mi immoli alla causa?”
“Le
serate con Louis non mi hanno mai ucciso. Al massimo un po’ devastato.” La
tranquillizzò immergendo un dito nell’impasto e assaggiandolo.
“Dovresti
chiamarlo, prima di presentarti da lui con me.” Tentò Rose ancora una volta. Le
occhiate di quel ragazzo la mettevano in soggezione.
“Continua
a dirmi che devo portare una ragazza, non vedo il problema” Le disse
dondolandosi sullo sgabello.
“Non
credo che intenda una cugina…” Rose gli fece notare
l’evidente.
“Dovrà
specificare, per il futuro” sorrise Albus buttandosi giù dallo sgabello. “Hai
bisogno di sano divertimento, non trovi?”
D’altronde
Louis era uno di famiglia e nessun adulto avrebbe mai ammesso la possibilità
che potesse deviare Al. Dunque era suo dovere controllare, nel modo più
oggettivo possibile. Rose scrollò le spalle “Va bene, più tardi andremo a villa
Conchiglia.”
*
I
due ragazzi si materializzarono nel giardino della casa dei loro zii, accolti
dal profumo delle piante che Fleur amava coltivare.
Rose si avvicino all’aiuola ombrosa che diffondeva l’aroma inconfondibile del
mughetto, chinandosi per portare un fiore vicino al naso, e così notò la figura
maschile sdraiata dietro il platano. Quei capelli erano inconfondibili.
“Ted?”
Lo chiamò perplessa.
L’altro
si voltò, come colto di sorpresa “Oh, Rose!” Fece, alzandosi e pulendosi le
mani nei jeans, salutandola con una calda stretta di mano mentre ad Albus, che
li aveva raggiunti, riservò una vigorosa pacca sulla spalla.
“Esci
con Victoire stasera?”
“Sì,
la sto aspettando; dovrebbe scendere quando è pronta. Voi siete venuti a fare
un saluto?”
“Già”
rispose Al, mentre Rose osservava la casa “Entri con noi?”
“No,
grazie” Fece l’altro un po’ troppo precipitosamente per passare inosservato.
Rose si voltò a guardarlo con aria interrogativa e Ted in risposta lanciò
un’occhiata alla casa, ammettendo con un sospiro “Diciamo che per un po’ ho
intenzione di tenermene alla larga.”
“È
successo qualcosa?” Chiese Al, sempre curioso. Se Ted stava aspettando Victoire significava che non aveva litigato con lei ma con
un altro dei membri della famiglia. Eppure erano sempre andati d’accordo e
sapeva che ultimamente il suo cugino acquisito veniva spesso invitato a cena.
“Non
prenderla male” cominciò l’uomo congiungendo le mani e rivolgendosi ad Albus
“ma ho paura del tuo amico Louis, che ha deciso di rifarmi il guardaroba”
ammise abbassando gradatamente il tono di voce.
Al,
impietoso, scoppiò a ridere, squadrando Ted. Forse qualche indumento meno
colorato non sarebbe stato male: avrebbe dovuto cercare di ricordarselo per
Natale. Si appuntò mentalmente di scriverlo a sua sorella o non ci sarebbe mai
riuscito, poi aggiustò il colletto della maglia dell’uomo e gli fece
l’occhiolino.
Rose
alzò gli occhi al cielo, preparata a quello che avrebbe dovuto affrontare.
Infatti, dopo qualche altro scambio cortese di battute, Al le cinse le spalle e
la guidò tranquillo verso la casa.
Bussò
due volte, per poi aggiungere un terzo colpo subito dopo. Il fatto fece
ricordare alla ragazza quanto il cugino fosse intimo in quella casa, abbastanza
da avere un modo personalizzato di annunciarsi. Infatti poco dopo da dietro la
porta sentì il saluto dello zio Bill “ciao Al… E
Rose!” Aggiunse aprendo e vedendola lì.
Lo
zio non era cambiato molto dall’ultima volta in cui lo aveva visto e portava
ancora quello strano orecchino pendente a forza di dente di drago. Da bambina
pensava fosse stato un drago a sfigurargli così il viso. “Come sta tuo padre? È
da un po’ che non ci vediamo…”
Rose
pensò all’ultima lettera che aveva ricevuto da casa “Stanno tutti bene,
grazie.”
“Non
avertene a male, ma siamo qui per vedere il tuo tiratore seriale di cuscini” la
interruppe Al.
Bill
fece loro cenno di entrare e dirigersi verso il salotto e quando furono
abbastanza vicini sussurrò “Non ricordatelo a Fleur,
non l’ha presa troppo bene” prima di sparire in cucina.
Rose
ebbe appena di il tempo di chiedere ad Al il motivo del nuovo soprannome di
Louis, prima che questo si palesasse ai suoi occhi; evidentemente aveva sentito
i colpi all’ingresso.
Louis
aveva ereditato qualcosa dalla bellezza della madre, a cominciare dai sottili
occhi verdi e dagli zigomi che gli davano un’aria più esotica rispetto alla
maggior parte degli inglesi. Ma Rose riconosceva in parte del suo fascino
l’intervento del padre: suo cugino non aveva cicatrici che gli deturpavano il
suo volto ma aveva l’aria di una persona perennemente soprapensiero e
distaccata dalla realtà, occupata a pensare a chissà quale problema
insormontabile. Talvolta Rose aveva il dubbio che fosse davvero così, ma il più
delle volte sarebbe stata pronta a scommettere che l’oggetto dei suoi pensieri
fosse la chitarra o la ragazza della sera prima.
Albus
lo salutò allegro, dandogli il cinque e Rose notò subito che si era aggiunti
nuovi anelli a quello che già portava di solito. Poi Al le spiegò “Diciamo che
ieri lui e Dominique hanno avuto una discussione che è degenerata a cuscinate.”
“Piume
ovunque, i divani ne erano pieni” confermò il biondo “ma la mamma ha dato un
colpo di bacchetta e tutto è volato via. Non capisco che bisogno ci sia di
arrabbiarsi tanto” concluse scrollando le spalle.
Rose,
che al contrario lo capiva benissimo, si limitò a seguire i due ragazzi che la
condussero nella camera da letto di Louis. Lì, appesa al muro, troneggiava la
sua chitarra ed Al si sentì assolutamente in dovere di far sapere all’amico
come stava procedendo la nuova canzone. “Ti piacerà, consumerà le tue energie.
In effetti vorrei il tuo parere su alcuni accordi…”
“Si
può sapere almeno di cosa parla?” Chiese Rose andandosi a sedere sul letto,
buttandosi sul cuscino quando vide la chitarra planare velocemente verso di
lei.
“Della
guerra” le rispose Albus materializzando degli spartiti.
Rose
non capì cosa Al le avesse voluto dire ma ricordò la conversazione avuta con
Scorpius “A proposito, dovresti smettere di infastidire Malfoy. Se riusciste a
smettere di punzecchiarvi potreste anche convivere pacificamente” gli fece
notare.
“Ma
stiamo convivendo pacificamente: lui è la mia fonte di divertimento!” La
liquidò Al, mentre Louis studiava le note, accomodatosi sulla sedia girevole
della sua scrivania.
“Fred
ti ammazzerà” Gli fece notare mentre cominciava a suonare qualcosa.
“Ma
se Fred non sa nemmeno chi è Malfoy…” Mal interpretò
Albus.
“Per
la canzone” assicurò l’altro “anche se detengo il primato nel farlo irritare: i
picchi di imbarazzo che raggiunge quando le scrivo io sono insuperabili.”
Rose
a questo punto cominciò seriamente a preoccuparsi: Louis alternava canzoni in
cui sembrava l’uomo più dolce sulla faccia della terra (e non dubitava che
contribuissero alla sua aria da “bravo dannato”, come diceva Fred) a pezzi in
cui era decisamente più aggressivo e senza freni. Non molto tempo prima aveva
scritto una canzone decisamente oscena e Nick aveva dovuto usare tutta la sua
capacità di persuasione con Fred per convincerlo a prestare la sua tastiera.
Albus invece si limitava a scoppiare ridere tutte le volte in cui dovevano
suonarla.
“Di
quale guerra parla la nuova canzone?” Chiese Rose, cercando di assumere un tono
noncurante: Albus non si sarebbe mai immaginato di scrivere qualcosa di
infantile e stupido sulla guerra che era stata combattuta da tutta la loro
famiglia. Forse nemmeno Louis, tutto sommato.
Albus
le fece cenno di aspettare, mentre si accordava con Louis su alcuni passaggi.
Quando gli parve che l’altro avesse imparato abbastanza si schiarì la voce e si
sporse per leggere lo spartito insieme al chitarrista “Ora vi faccio sentire
come viene col testo”
“Non
urlare troppo, le ceramiche in salotto sono fragili” Disse Victoire
mentre passava sul pianerottolo, pronta per uscire con Ted. Poi ci ripensò,
tornò indietro e chiuse la porta della camera del fratello.
Rose
provò un moto infinito di comprensione per sua cugina.
Moto
che venne subito sostituito da irritazione, quando Albus cominciò a intonare
quella nuova canzone che lo esaltava così tanto. Era evidentemente rivolta a
Malfoy.
“Ti
ho appena chiesto di lasciarlo stare e tu scrivi una canzone in cui torni a
dichiarargli guerra!” Esclamò stupefatta battendo la mano sul letto.
“Tecnicamente
tu l’hai chiesto due minuti fa, quando io avevo già scritto questa canzone” le
fece notare Al. Il cuscino che gli arrivò addosso, lanciato da Rose, lo fece
desistere dal proseguire su quella strada.
Louis
si limitò a far ruotare la sedia su cui era seduto, colpendo con un piede la
cassettiera di fianco alla scrivania, per mettere al riparo la sua preziosa
chitarra dal lancio indiscriminato. Con una mano agguantò anche lo spartito e
tornò a studiarlo.
“Non
hai detto di averci messo una pietra sopra?” La attaccò Al a sua volta “Non
dovrebbe importarti se scrivo una canzone, di cui lui non verrà comunque mai a
conoscenza.”
Rose
dovette ammettere che le possibilità che Scorpius sentisse la musica dei Ghosts
erano estremamente limitate: l’essere delle persone completamente sconosciute,
apprezzate solo per la loro musica, era stato il motivo per cui avevano fondato
il gruppo e per mantenere queste premesse avevano sempre lavorato nel mondo
babbano. “Questo non significa che possiate attaccarlo senza lasciargli
possibilità di difendersi!”
Albus
la guardò inarcando un sopracciglio “Calmati, ascoltati e poi rispiegati” le
disse, cingendole le spalle e rimettendola seduta.
Rose
sospirò, per dimostrare ad Al che non c’era bisogno di rimarcare il concetto.
“Dovresti smettere di prendertela con lui, anche perché non ne hai più motivo,
no?”
“Ho
sette anni di buoni motivi, innanzitutto. E non c’è bisogno che tu lo difenda:
non è un cucciolo spaventato bisognoso d’amore. È un drago assetato di sangue,
un Thestral che divora cadaveri in putrefazione, un ippogrifo poco domestico!”
“Finiscila!”
Lo liquidò Rose con tono duro.
“Non
posso!” Sbottò Albus esasperato “Lo capisci che finché tu continuerai a
parlarmene io dovrò continuare così?” Rose rimase senza parole “Non che mi
dispiaccia, si intende. Penso davvero che sia uno stupido pallone gonfiato, ma
non gli darei così tanta importanza, se dipendesse da me.”
“E
allora non dargliene!” Fu Rose la prima ad alzare la voce “Ignoralo, per
Merlino!”
Albus
alzò le mani, a sua volta sconvolto “Come pensi che potrei farcela, con te che
ne parli continuamente, anche quando dici di averlo accantonato? Ti rendi conto
che non l’hai fatto, vero?”
“Ho
capito quanto è menefreghista e stupido e ho realizzato che non è il fidanzato
ideale. Lo sto facendo, Albus!” Replicò Rose stizzita, anche per dover
affrontare un discorso così personale alla presenza di Louis. Dimenticare una
persona come Malfoy, il ragazzo costantemente presente, nel bene e nel male,
nei suoi ultimi sette anni non poteva essere così facile. Anche se cominciava a
capire il ritratto che ne dipingeva Al.
“Bene,
perché non ne posso più di sentirti parlare di lui” le disse con tono franco,
senza sorrisi e battutine.
Rose
fissò il cugino, senza parole: Al aveva sempre messo in chiaro come Scorpius
non le andasse per nulla a genio, come amasse molti altri argomenti di
conversazione molto più del biondo Serpeverde, ma non aveva mai pensato che gli
avesse potuto dare così fastidio. Riteneva che in fondo si divertisse a coniare
sempre nuovi insulti. “Quando ha cominciato a darti fastidio?”
Albus
la fissò, cercando di fare una stima “Più o meno da quando ad ogni pasto ti
sedevi in modo da poterlo guardare.”
“Quindi…”
“Per
favore, non parliamone più” la implorò Al, fissandola con i suoi occhi verdi.
“Come
vuoi” Gli rispose lei asciutta. Rose non sapeva come nascondere il suo
turbamento di fronte a quella inattesa rivelazione, così optò per la soluzione
più sicura: andarsene. “Credo che andrò un attimo a cercare la zia Fleur, allora, mentre voi finite qui. Intanto è una canzone
per un ragazzo di cui non devo più parlare.”
Calcò le ultime parole e aprì la porta, diretta al piano inferiore.
Albus
osservò la porta richiudersi lentamente, il che non era un buon segno, almeno
di solito: significava che Rose aveva paura che i suoi sentimenti venissero
scoperti e dunque faceva le cose con molta più calma del normale. Questa volta
però ne fu soddisfatto.
Louis
si girò rapidamente, lui senza nascondere un ghigno “Malfoy ha tutto questo
potere su di te?”
“Era
una bugia a fin di bene” Gli rispose l’altro, tornando a impossessarsi degli
spartiti.
“Non
ci credo” proclamò l’altro, rubandoglieli nuovamente e gettandoli nel
bidoncino. “Questa non la passerai liscia, lo sapranno tutti e te lo
rinfacceremo per il resto della tua sfortunata esistenza.”
“Cosa
c’entra la canzone?” Si offese Albus, alzandosi per recuperarli, ma quando fu
all’altezza di Louis il ragazzo, che aveva rapidamente sganciato la chitarra
sulla scrivania, lo spinse contro il letto, facendovelo ruzzolare sopra. “Non
suonerò né canterò la tua canzone d’amore per Malfoy.” Proferì.
Albus
lo guardò, massaggiandosi la testa: Louis non aveva mai avuto l’odio viscerale
per il costipato che aveva lui, anzi lo stimava quasi, per aver proseguito la
tua attività di frantuma-cuori a Hogwarts. Però non
lo amava così tanto da buttare via una buona canzone. “Fa così schifo?”
“Sembra
scritta da me il giorno dopo una sbornia… È perfetta”
Gli disse, cominciando a tirargli calci al ginocchio.
Albus
tirò entrambi i piedi sopra il suo letto, badando bene di toccare il lenzuolo con
la suola delle scarpe. “Grazie del complimento.”
“Ci
lavorerò sopra. Tieniti libero in settimana, potrei finire e far sentire anche
agli altri il risultato.” Lo avvisò Louis, prima di aprire un cassetto e tirare
fuori un pacchetto di sigarette.
*
Felix
bussò un paio di volte alla porta di Scorpius con due caffè, appena acquistati
nel bar poco distante, ben stretti in mano. Un’offerta di pace che portava ogni
volta che andava da lui, per poterlo tiranneggiare senza problemi durante il
resto dell’incontro.
Come
sempre, la porta si aprì magicamente, abbastanza da lasciare uno spiraglio.
Felix la spinse ed entrò.
“Sono
il solito ladro che ti porta il caffè!” Lo rassicurò mentre cercava l’amico con
lo sguardo. Lo raggiunse esattamente dove si aspettava di trovarlo: sul
soppalco.
Posò
le tazze ancora calde sul tavolino, già ingombro di pennelli, spatole e colori
e si accomodò sul divano. Cercò di sbirciare l’ultima creazione ma il corpo di
Scorpius era troppo davanti alla tela per poterne avere un’idea chiara: c’era
del verde, qualche tocco di giallo, azzurro… Felix
cominciò a presagire il peggio.
La
sua ipotesi fu confermata non appena l’altro si levò di mezzo per avvicinarsi
alla bacinella d’acqua che volteggiava poco distante.
“Scorpius,
cambia soggetto. Te lo dico col cuore, sul serio” gli fece notare esasperato.
“I
paesaggi mi permettono di cogliere i riverberi della luce” gli spiegò per
l’ennesima volta, appellando a sé la tavolozza.
“Almeno
cambia scorcio, ti prego. Sarà la decima volta che dipingi lo stesso fiume, con
la stessa angolazione!”
Lo
sguardo di Scorpius cercò le tavole accatastate contro la parete e sembrò fare
un rapido conto. Diede implicitamente ragione a Felix scuotendo le spalle.
Felix
se ne compiacque. “È successo qualcosa di interessante in settimana? Qualche
altro bolide ti ha centrato?”
“Mi
hai centrato tu” puntualizzò l’altro, ricordando la sua caduta dalla scopa.
“Per
evitare un bolide, proprietà transitiva”
Scorpius
diede un paio di pennellate leggere e tornò a mischiare i colori sulla
tavolozza, che fluttuava accanto al catino “ho parlato con la Weasley”.
Felix
per poco non si mise a saltare sul divano; scelse infine di allungarvisi per
godere appieno del resoconto. “Quale originale epiteto hai trovato questa
volta?”
Scorpius
alzò lo sguardo dal suo miscuglio “mi ha detto che le piaccio da sette anni”.
L’altro,
spaparanzato, per poco non si strozzò con la sua stessa saliva. La Weasley e
Scorpius avevano sempre litigato, in quel loro modo gentile e cavalleresco (ben
altro dalle risse spettacolari che si delineavano con i parenti della ragazza).
Quando qualcuno piaceva, la logica prevedeva il corteggiamento, non lo scontro
aperto. Ma la faccia di Scorpius era disorientata quanto la sua, quindi doveva
avergli detto la verità; rimaneva un’unica opzione “questa volta ti ha giocato”
proclamò Felix puntellandosi sui gomiti.
L’amico
ci riflettè, segno che non aveva pensato a quell’ipotesi. Ma poi tornò ai suoi
colori, dichiarando “Era troppo seria e agitata per mentire. Però ha detto che
ora le è passata, per questo credo che abbia trovato il coraggio di dirmelo”.
Felix
rimase di nuovo interdetto, pensando agli episodi di cui era stato spettatore.
Frecciatine, sguardi di fuoco, libri sbattuti… Nulla
di romantico: un rapporto conflittuale come tanti altri, come ne aveva anche
lui. “Scorpius” lo chiamò, tirandosi a sedere con un dubbio improvviso “non è
che Albus Potter è innamorato di me?” Il loro rapporto era altrettanto
costellato di litigi, a ben pensarci.
“A
questo punto può essere” gli disse l’amico, mentre si voltava verso la tela con
la nuova tavolozza.
“Preferivo
la Weasley” sospirò Felix, lasciandosi ricadere sul divano a peso morto.
“Bassa,
tarchiata, lentigginosa, con il naso schiacciato… Non
so quanto ci guadagni nel cambio”.
“Innanzitutto
è una ragazza, quindi si avvicina al mio gusto più di qualsiasi essere del mio
stesso sesso. E poi non è questa megera che descrivi”.
“Quindi
sei geloso?” Lo punzecchiò Scorpius, con una nota di ilarità.
“Posso
avere chi voglio, non vado a cercare la tua Weasley” gli rispose Felix,
sottolineando il possessivo “chi disprezza compra a pochi galeoni, amico mio”
“Mi
ci vedi davvero con lei?” Chiese Scorpius scrutando l’amico, che si affrettò a
far scendere i piedi dal divano.
“Sicuramente.
Però voglio una camera fissa a casa vostra” Felix si alzò e afferrò il caffè
“Mi spetterebbe anche un’indennità, visto che la casa esploderà e rischierò di
rimanere coinvolto”.
“È
già tanto se non facciamo implodere il palazzo, pur vivendo in due appartamenti
separati. Hai visto la porta?” Fece Scorpius tornando ad abbassare lo sguardo,
mentre finiva gli ultimi rimasugli del colore che aveva preparato.
“Pensavo
avessi avuto un altro colpo di testa. Quindi è ancora guerra?”
L’altro
gli lanciò un’occhiata eloquente “dichiarata dal tuo spasimante, per essere
precisi. Spero se ne vada presto” poi ci pensò su “se ne vadano presto
entrambi, anche se la Weasley dà meno fastidio”. All’occhiata interrogativa di
Felix annuì “Il cuginastro si è trasferito qui”.
“Sarà
pericoloso per me farmi vedere?”
“La
lontananza calma gli animi e gli amori” lo prese in giro Scorpius “ma puoi
sempre andare a controllare”.
“Penso
che rimarrò nel dubbio” Asserì Felix vuotando il suo caffè.
*
Rose
si era rifugiata in cucina, con la scusa di un bicchiere d’acqua, e stava
valutando quanto le potesse convenire rubare il nascondiglio a Ted: non
l’avrebbero trovata subito ma, quando lo avrebbero fatto, il posto sarebbe
stato piuttosto difficile da spiegare. Mentre la cucina aveva plausibili
spiegazioni per la sua presenza, sebbene rischiasse che gli zii vi entrassero
per caso.
Mentre
rifletteva su quale posto fosse migliore per stare in pace e pensare a quello
che aveva detto Al (e come scusarsi), il cellulare le squillò. Il display
luminoso le disse subito che si trattava di Tyra.
“Rose?”
Si sentì chiamare dall’altro capo della cornetta.
“Tyra,
che succede?”
“Non
ti sento bene, ma dove sei?”
In
effetti la linea era abbastanza disturbata. Ricordava vagamente di aver sentito
Louis lamentarsi di questo fatto “A casa dei miei zii, in campagna” meglio non
specificare a quanta distanza da lei.
“Ti
ho chiamata per avvisarti che il prossimo finesettimana c’è la festa del
villaggio. Dovresti invitare Felix, prima che prenda altri impegni” Le disse
Tyra rapidamente.
Rose
rimase un attimo in silenzio: aveva quasi dimenticato i piani della bionda
“Potrei anche venire con Al”.
“Sarà
ancora da te la prossima settimana?”
“Credo
di sì” in effetti Al non aveva mai specificato quanto intendesse fermarsi.
“Bene!
Perché alla festa si esibiscono anche dei gruppi della zona! Sarebbe bello se
ci fossero anche i Ghosts, potrebbero farsi conoscere un po’ anche qui”.
Rose
colse al volo l’occasione per farsi perdonare dal cugino: gli avrebbe trovato
un palco su cui esibirsi “Saranno entusiasti, ne sono sicura. Dammi solo il
tempo di dirglielo e ti faccio richiamare da Al, va bene?”
Sentì
Tyra fare un verso strano, prima di rispondere “Sì, certo. Tu ricordarti di
chiamare Felix. Perché hai il suo numero, vero?”
Rose
non stette nemmeno a pensarci “Ovviamente no” rispose schietta. Aveva anche
qualche dubbio che l’altro avesse un cellulare.
Questa
volta fu certa di aver udito un gemito “Penserò a qualcosa, dovessi appostarmi
davanti a casa di quel suo scontroso amico. Certo che hai proprio bisogno di
tutto l’aiuto del mondo”.
“Non
voglio uscire con Felix!” Le ripeté per l’ennesima volta. Suo zio Bill si
affacciò dalla finestra del giardino, facendola diventare rossa. “Né ora né
mai!” Terminò con forza, parlando a un calderone.
“Scusa,
non ti sento bene. Ci sentiamo dopo, ciao!” Tyra riattaccò rapidamente.
Con
un sospiro si preparò a salire le scale e tornare in camera di Louis.
Esame
finito, sono tornata! XD Non so se si era ben capito cosa facesse Scorpius in
questo sperduto villaggio ma ora dovrebbe essere tutto un po’ più chiaro.
Non sono un’esperta
di musica, come avrete modo di capire, quindi per i Ghosts mi sono affidata
alla mia band preferita in questo momento (e da quasi un anno direi): i
Nickelback. La canzone che Albus scrive con forte sentimento a Scorpius è
questa: “Thismeans war” http://www.youtube.com/watch?v=Njz8S8hc-pQ. Ora non è ancora così definita ma con
l’aiuto di Louis e con gli eventi del prossimo capitolo si definirà perfettamente.
Dunque ringraziamo tutti Airad che mi ha fatto riscoprire
i Nickelback e che mi ha anche accompagnata al raduno dei fan a Milano: sei un’ottima
sopportatrice di fan girl ossessivo-compulsiva. XD
La
televisione mi informa che sono ricominciate le scuole, quindi buone lezioni
agli studenti (anche universitari, va’, stiamo per riprendere tutti) e buon
lavoro a chi lavora!
“Sembra un bel posto, non trovi?” Commentò Rose, mentre
accompagnava suo cugino alla piazza del piccolo paese.
Albus diede un’occhiata generale “Noi dobbiamo mangiare
lì” fece imperioso, soffermandosi con l’indice sul castagno che troneggiava sul
prato ben curato “e il più presto possibile. Non appena queste strutture per la
festa saranno state portate via”.
L’altra gli sorrise complice, ricordando di aver già
immaginato questa reazione. Sicuramente avrebbe organizzato qualcosa.
Era la sera della festa del villaggio e le band si
sarebbero esibite di lì a qualche ora: Albus e Rose avevano cenato presto e ora
stavano aspettando gli altri membri del gruppo. Rose aveva qualche dubbio che
potessero essere puntuali, visto che Louis e Nick sembravano non possedere
orologi, ma contava molto sul fatto che con loro ci fosse anche Fred. Poteva
essere il tipo da buttarli giù dal letto dove stavano oziando anche con qualche
ora di anticipo; nessuno in famiglia riusciva ancora a capacitarsi di come
potesse essere così diverso dal padre ma secondo lei era probabile che avesse
sviluppato questo senso della precisione proprio per dare un minimo di ordine
alla sua vita.
I due si avvicinarono al lastricato centrale, notando
quanti uomini erano ancora intenti a sistemare il palchetto improvvisato,
mentre altri già pensavano ai cavi della corrente. Nel frattempo le bancarelle
sistemate tutto intorno concludevano buoni affari “Devo andare a darci
un’occhiata dopo. Magari troverò qualcosa per mamma e papà” pensò Rose ad alta
voce.
“Nulla per Hugo? Faccio ancora parte del gruppo per la
difesa dei fratelli, ti ricordo” le sorrise Al.
“Cosa ti aspetta questa estate?” Fin da quando avevano
cominciato ad andare in vacanza separati, nella loro famiglia si era sviluppato
l’obbligo di portare qualche dono per fratelli e sorelle dal luogo in cui si
aveva soggiornato.
“Edimburgo per Lily e Italia per James. Ho grandi
regali in arrivo!” Esultò trionfante.
“Credo che Hugo vada in Irlanda, se i miei lo
lasceranno partire con la sua combriccola” riflettè Rose, non rendendosi conto
di essere ascoltata.
“Ha un potenziale da caos notevole ma ha anche diciotto
anni: non possono impedirglielo” le fece notare Louis sbucando da dietro una
bancarella. Dietro di lui arrivarono Nick e Fred.
Dopo i saluti di rito, Rose tornò alle parole di poco
prima, mentre cominciavano ad avviarsi verso il palco e Albus intratteneva gli
altri componenti del gruppo gesticolando in ogni direzione della piazza. “Cosa
intendi con potenziale da caos, Louis?”
“Tu sei così compassata, del tutto simile a tua madre.
Mentre lo zio Ron è più un sangue caldo, capisci? Quindi tuo fratello deve
avere l’anima di tuo padre, non potete aver preso in due dalla madre: è
questione di genetica”. Louis scrollò semplicemente le spalle.
“Da quando sei un esperto?”
L’altro le rivolse un’occhiata dall’alto in basso, come
faceva quando voleva far pesare i suoi cinque anni in più e quindi tutta la sua
esperienza, come la definiva lui, o perdita di tempo in mancanza di obiettivi
seri come la definiva Rose. “James e Al hanno preso dalla zia Ginny, Lily dallo zio Harry. Tu dalla zia Hermione, Hugo dallo zio Ron. Molly sorride, ha preso
sicuramente dalla zia Audrey, Lucy è invasata come lo zio Percy.
La teoria regge perfettamente. E può anche essere usata per dimostrare
l’adulterio di zia Angelina con lo zio Percy: Fred è
petulante e saccente quanto lui”.
Il diretto interessato colse il suo nome e si voltò,
fulminandolo con lo sguardo. Louis gli rispose facendogli segno di stare
tranquillo.
Rose cominciò a chiedersi come faceva quel gruppo a
rimanere unito, con il cugino mezzo francese come leader. Come se non bastasse,
l’unico membro del gruppo che non faceva parte della famiglia, Nick, andava
molto d’accordo con il cantante: d’altronde erano stati amici sin da bambini,
essendosi conosciuti quando Louis veniva mandato molto spesso dai nonni in
Francia. Poi per caso anche la famiglia di Nick era venuta ad abitare a Londra
e i due avevano potuto frequentarsi con più regolarità.
“Nicholas, non provare ad avvicinarti a me brandendo il
tuo basso per strane acrobazie perché rischi di ritrovarti una tastiera in
testa. Sarebbe uno spettacolo comunque migliore delle tue performance” Fred non
mancava mai di usare il nome completo del loro bassista per minacciarlo. Chi li
conosceva bene sapeva che presto lo stesso concetto sarebbe stato indirizzato a
Louis, anche se era più probabile che lui si lanciasse in avanti verso la folla
tentando di farsi prendere al volo, piuttosto che indietreggiare. Rose sapeva
che prima o poi sarebbe successo e sperò che non fosse quella la sera.
Tyra le era sembrata così contenta della loro
esibizione che avrebbe strigliato per bene Louis se avesse deciso di farsi
ricoverare in ospedale per una caduta volontaria proprio quella sera.
“Cosa suonerete?” Chiese a Nick che stava tirando fuori
dalla custodia il suo strumento. Al nel frattempo era finito vicino alle grandi
casse con Louis; Rose si chiedeva sempre se controllassero sul serio l’acustica
o fingessero per sembrare competenti.
“Canzoni senza parole sconvenienti. Louis avrebbe
voluto presentare il suo nuovo capolavoro ma Al e questo bacchettone” fece
rivolto a Fred “glielo hanno impedito”. Con aria molto dignitosa il ragazzo
finse di non sentire.
“Apriamo con la canzone preferita di una ragazza del
posto, almeno così ha detto Al. Secondo me e Louis la ragazza in questione non
esiste e tuo cugino si è inventato tutto per evitare le discussioni”.
“La conosco” rispose Rose di getto. Non sapeva che Al
avesse deciso di suonare la canzone preferita di Tyra; in effetti Rose non
sapeva nemmeno quale fosse.
“Buon per lui. Abbiamo scommesso e deve presentarcela
dopo l’esibizione” la informò. Dopo una pausa aggiunse “possiamo sperare in
qualcosa secondo te?”
Rose capì che si stava riferendo alla situazione
sentimentale di suo cugino: Al considerava potenziali nemici tutti coloro che
non appartenevano alla sua famiglia. Dopo essersi fidato di tutti a scuola e
aver visto tradita la sua fiducia, ora la riponeva solo in chi aveva legami di
sangue con lui; Nick era una parziale eccezione, ma la sua storica amicizia con
Louis doveva aver giocato un ruolo importante. Inoltre Rose non era così sicura
che fosse uno dei principali destinatari delle elucubrazioni del cugino: erano
amici e suonando nello stesso gruppo Nick sapeva di lui più di quanto sapeva
normalmente una persona fuori dalla famiglia ma questo non significava che Al
corresse da lui a raccontare i suoi problemi. Comunque tutto il gruppo era a
conoscenza del carattere di Al, a prima vista così aperto e poi così rigido, e
tutti avevano capito che era il suo problema principale con le ragazze. Non
riusciva proprio a fidarsi e, non essendo una fidanzata in cima al suo elenco
di priorità, non se ne preoccupava nemmeno. Non gli interessava. “Secondo me
lei sarebbe adatta ma conosci Al. Inoltre è una Babbana: in effetti non saprei
nemmeno io cosa fare se decidessero di conoscersi meglio”.
Nick storse il naso “Al è già abbastanza problematico
sul piano dei rapporti interpersonali senza che si metta in una situazione
complicata” poi guardò Fred, che aveva estratto un panno e stava pulendo la tastiera.
Come richiamato dal loro discorso, Al si avvicinò a
loro, con dietro Louis. “Non posso credere che tu lo stia facendo veramente!”
indirizzò a Fred “sai che per suonarla devi toccarla, vero?”
“Preferisco avere degli strumenti puliti, grazie”
rispose piccato.
Un signore giovanile, con cappello e occhiali
squadrati, si avvicinò a loro, informandosi sulla band. Spuntò il loro nome da
un elenco che portava con sé e li invitò a seguirlo: erano tra i primi gruppi
ad esibirsi e dovevano vedere il palcoscenico.
Rose li salutò, augurando buona fortuna a tutti, e li
guardò sparire nella piccola folla, per lo più di addetti ai lavori, che si era
venuta a creare. Si rese conto improvvisamente di non sapere cosa avrebbero
suonato ma si tranquillizzò: avrebbe riconosciuto sicuramente la voce di Louis.
Alcuni ragazzi salirono sul palco e cominciarono a sistemare le loro cose ma
non erano i Ghosts, quindi Rose pensò di avere il tempo di andare a fare un
giro. Non sarebbe stato male nemmeno incontrare Tyra: si erano accordate per
vedersi in piazza quella sera, anche se Rose aveva sottovalutato la capacità
del villaggio di attirare abitanti e visitatori per la festa locale; non era
certo una folla immensa quella che vedeva brulicare intorno alla bancarelle o
affluire ancora dalle vie ma c’era più gente di quanto si sarebbe aspettata.
Si avvicinò incuriosita a una tenda che vendeva oggetti
colorati per prevedere il tempo: a quanto pareva l’indomani ci sarebbe stata pioggia.
I Babbani avevano più capacità di alcuni maghi nel prevedere il futuro, pensò
Rose.
Quando alzò lo sguardo da quei congegni, chiedendosi se
fosse il caso di comprarne uno per suo padre, notò dei familiari riccioli
biondi che vagavano tra la folla in direzione del palco. Chiamò l’amica
sventolando anche una mano e quella le corse subito incontro.
“Rose! Va tutto bene?” Tyra arrivò quasi saltellando,
vestita con un abito a fiori particolarmente sgargiante e una larga giacca, che
sembrava averci gettato sopra all’ultimo minuto. In effetti, dopo che il sole
aveva brillato nella mattinata, nel pomeriggio si erano fatte vedere le prime
nuvole e prima di cena si potevano vedere lampi in lontananza. Per fortuna il
palco era stato coperto con un’impalcatura che avrebbe protetto i musicisti,
almeno i più arretrati. Come se Louis non avrebbe comunque cercato di bagnarsi
dalla testa ai piedi, per voglia di vita.
“Sì. I ragazzi sono già stati chiamati da non so chi e
sono dietro il palco. Non so se possiamo andare a salutarli adesso” le disse
Rose, indovinando quale argomento premesse di più all’amica in quel momento.
Lei guardò nella direzione menzionata da Rose e poi la
trascinò verso le bancarelle “Mi accontenterò di sentirli più tardi. Ora devi
assolutamente comprare qualcosa, possibilmente di antico!”
“Per quale motivo?”
“Alla festa della fondazione è tradizione indossare
qualcosa che è della propria famiglia da generazioni. Immaginavo che tu non
avessi portato niente del genere qui, quindi devi comprare qualcosa ora: non
sarà la stessa cosa ma con un pezzo antico salverai lo spirito
dell’iniziativa”. Le spiegò prendendo in mano uno specchio intarsiato. Quello
che vide nel riflesso sembrò coglierla di sorpresa e si girò a controllare.
“Ora dobbiamo andare!” disse restituendo il pezzo alla commerciante che la
guardò con aria interrogativa.
Tyra prese sottobraccio Rose e la condusse verso uno
dei lati del palco, proprio in direzione di quel castagno che aveva attirato
l’attenzione di Al. Rose non capì quello che stava succedendo, finché non
scorse Flitt guardarsi intorno, quasi con aria interessata. “Stai scherzando!”
fece, puntando saldamente i piedi per terra.
Tyra quasi cadde ma Rose non si sentì minimamente
colpevole “l’ho aspettato un po’ davanti a casa di Malfoy ma non l’ho mai
incontrato. Non sono riuscita a invitarlo, eppure è venuto. Oh, Rose, deve
essere destino, come puoi non volerlo incontrare?” Le chiese cercando di
tirarla con la forza.
“Non potremo mai andare d’accordo. Inoltre mi ricorda
Malfoy e io sto cercando di dimenticarlo. O l’hai scordato?”
Tyra cercò di convincerla ancora con lo sguardo ma non
ottenne nulla, se non di farla infuriare ancora di più. La bionda non capiva
proprio come l’altra potesse mischiare l’arrogante Malfoy con quel ragazzo così
gioviale. Sfortunatamente per Rose, Flitt sembrava averle viste e aver deciso
di gradire la loro compagnia: si stava avvicinando con il suo solito passo
baldanzoso.
“Buongiorno donzelle” esclamò, divertito. Cosa ci
trovasse di divertente in due ragazze intente a strattonarsi non era ben chiaro
a Rose ma si divincolò dalla presa di Tyra.
“Cosa ci fai qui Flitt?” gli chiese a bruciapelo.
“Mi godo questa festa di cui sono venuto a conoscenza
per caso. Scorpius potrebbe avere un party sotto casa e non dirmelo per evitare
seccature” attestò placido.
A quel nome il cuore di Rose ebbe un sussulto e il suo
cervello cominciò a valutare quante possibilità ci fossero che Scorpius avesse
parlato con l’amico della sua disastrosa ammissione. Per quanto in generale
Malfoy fosse molto riservato, la ragazza aveva la netta impressione che a Flitt
non nascondesse molto.
“Quali sarebbero le seccature di una festa?” si informò
Tyra.
“Il fatto di esserci trascinato da me, ovviamente” le
rispose Flitt con un sorriso, anche se il suo sguardo sembrava volersi
soffermare molto di più su Rose.
Anche Tyra colse la direzione voluta degli occhi del
ragazzo, in cui era balenato un guizzo, e decise di lasciarli soli “sta per
suonare il mio gruppo preferito, devo proprio andare. Ma voi rimanete qui, non
mi perderò tra la folla” li assicurò, mollando un bacio a Rose per cercare di
coprire il suo sguardo orripilato. Tyra fece addirittura
finta di non provare dolore quando la suddetta amica le piantò le unghie nel
braccio, con la scusa di sfiorarla.
Flitt seguì lo svolazzante vestito della ragazza fino a
quando ritenne che fosse abbastanza distante da poter parlare tranquillamente:
in effetti un breve colloquio con la Weasley avrebbe potuto dargli delle
risposte. Sia per lui sia per Scorpius. “Ho una domanda da farti e ho bisogno
che tu mi risponda seriamente, senza temere l’opinione pubblica” le disse.
I peggiori timori di Rose ebbero conferma e cominciò a
meditare sulla possibilità di negare ciò che aveva ammesso davanti a Scorpius
pochi giorni prima. D’altronde, se quei due avevano intenzione di farlo sapere
al mondo poteva anche rimangiarsi la parola senza andare contro i suoi principi,
vero? In nome della sanità mentale di suo padre, decise che si poteva fare. “Cosa
dovrebbe importarmi dell’opinione pubblica?”
“Più che a tutti noi” poi si ricompose “Tuo cugino,
Albus Potter, è etero?”
Rose pensò seriamente di affatturare Flitt per lo
spavento che le aveva fatto prendere. Ancora non capiva cosa interessasse a lui
se ad Al piacessero ragazze o ragazzi ma era probabile che quello di cui voleva
parlare non riguardasse il suo rapporto con Malfoy. “Il fatto che non abbia una
fidanzata non vuol dire che non apprezzi le donne” gli rispose.
“Per favore, sii più esplicita: è in grado di
tartassarti tutta la sera e l’argomento lo interessa particolarmente” le fece
notare la voce annoiata di Malfoy che li stava raggiungendo.
Rose guardò Flitt che annuì vigorosamente “devo sapere
con chi ho a che fare. Capisci, Weasley?”
Rose aprì la bocca da quanto era sconvolta.
Innanzitutto era già di per sé straordinario scoprire che lo stesso Flitt che
era conosciuto a scuola come uno dei ragazzi che aveva avuto più fidanzate fosse
gay. Forse in questo modo si spiegava perché non riuscisse a trovare
soddisfazione con nessuna; in mente le balenò il pensiero che anche Scorpius
non avesse avuto relazioni durature per lo stesso motivo. Forse sarebbe stato
meno traumatico sapere di essere stata rifiutata a causa di una incompatibilità
di base. In secondo luogo, inoltre, la rendeva basita il fatto che a Flitt
piacesse proprio Al, con cui da sempre non aveva avuto un buon rapporto. “Ad Al
piacciono le ragazze” dichiarò Rose diretta e convinta, aspettando la reazione
del biondo.
Flitt fece un bel respiro profondo e sul viso gli si
dipinse il solito sorriso disarmante, come se non ci fosse cosa al mondo che lo
rendesse più felice di quella che aveva appena sentito. “Non sai qual peso mi
hai tolto dal cuore” le confidò con sincerità.
“Quindi ora puoi andare a importunare qualche ragazza?”
Lo rimbeccò Scorpius.
Felix si voltò verso di lui e lo guardò come se lo
avesse visto per la prima volta. Poi fissò Rose. “Posso e sicuramente lo farò.
Mi lasci anche le chiavi di casa tua?”
“Sparisci” lo liquidò Scorpius, ricevendo in risposta
una cameratesca pacca che sembrò non gradire particolarmente.
Rose cominciò a sentire una musica provenire dal palco
e si chiese cosa fare: doveva allontanare Malfoy o lasciarlo lì, col rischio
che ascoltasse la musica di Al? I Ghosts suonavano solo nel mondo Babbano
proprio per evitare i maghi, che avrebbero loro tributato una fama immensa solo
a causa dei loro cognomi. Soprattutto Albus si era unito al gruppo
specificatamente per questa clausola. Avevano anche cambiato in parte i loro
nomi, per evitare che qualche nato Babbano, che li aveva sentiti nel suo mondo,
li collegasse in modo troppo diretto e fino a quel momento la maggior parte
della comunità magica era all’oscuro del loro passatempo. Farli ascoltare a
Malfoy, o a Flitt, avrebbe significato farlo sapere a tutti.
Rose cercò rapidamente Felix con lo sguardo e
fortunatamente lo trovò a un chiosco non troppo distante da lei e da cui non si
vedeva il palco. Poi fissò Malfoy e si accorse che anche lui la stava
guardando. Quanto tempo erano durate le sue riflessioni?
“Passeggiata, Weasley? Magari il movimento ti aiuterà
far correre i pensieri”.
Rose lo fissò strabuzzando gli occhi. Malfoy, lei e una
passeggiata: mai avrebbe pensato si avverasse un tale sogno. Cioè, incubo, si
corresse rapidamente. Doveva accettare per Albus, non aveva altra scelta: tra
poco sarebbe stato il suo turno. Era più importante levare Malfoy da lì che rimanere
ad ascoltarli. Rose annuì.
Cominciò a capire che qualcosa non andava quando il
ragazzo le prese il polso per guidarla verso le bancarelle. Malfoy non l’aveva
mai toccata e quando girava con qualcuna
delle sue ragazze di solito aveva uno sguardo del tutto disinteressato o
sembrava concentratissimo a mantenere un’andatura completamente diversa da
quella della sua compagna. Adesso in effetti la stava trascinando, procedendo
ad un passo molto sostenuto. La stava trattando come faceva di solito con le
altre?
Rose rallentò di proposito la propria velocità,
facendosi tirare ancora di più. Non aveva ancora deciso se esserne contenta o
meno.
Alla fine Scorpius si fermò dietro a un furgoncino,
strattonandola un’ultima volta ma non lasciandole il braccio. Rose cercò di
divincolarsi per afferrare la mano del ragazzo, fissando da sotto in su la
pelle del suo viso come era mai riuscita a fare: il suo bianco latteo assumeva
la tonalità delle luci colorate che gli si riflettevano dall’ambiente
circostante. In quel tripudio colorato i suoi occhi chiari non riuscivano a
emergere.
Scorpius le fece perdere l’equilibrio e la sbatté contro
di lui, facendo calare la sua bocca su quella di Rose.
La ragazza emise un suono strozzato e afferrò la giacca
di Scorpius. Quando si rese conto di quello che stava facendo, chiuse la mano a
pugno e lo colpì; il ragazzo la staccò bruscamente e fissò i suoi abiti con
aria sorpresa: in effetti Rose gli aveva strappato la giacca. Sperò di aver
fatto lo stesso anche con la camicia sotto.
“Cosa stai facendo, Weasley, per Salazar?!” chiese
Scorpius facendola suonare come un’esclamazione.
“Cercando di capire cosa tu stia facendo!” Gli urlò lei, controllandosi la mano.
Scorpius alzò gli occhi al cielo “Ti darò una seconda
possibilità.”
“Possibilità per cosa?” Chiese Rose, toccandosi le
labbra. Erano screpolate, le labbra di Scorpius, ma baciava bene; per quanto
aveva potuto constatare durante quella manciata di secondi in cui erano rimasti
a contatto.
“Proviamoci, Weasley. Non hai detto di esserti
invaghita di me?”
Rose divenne tutta rossa e sentì il sangue pomparle
molto più velocemente del normale: dischiuse anche le labbra, che sentiva
troppo gonfie. Fissò l’asfalto bucherellato ai loro piedi e poi si decise a
dare la risposta che le era salita spontanea “Ti ho anche cancellato. Te l’ho
detto nella stessa occasione”.
“E io ti dico che possiamo provarci” ribatté Scorpius
quasi sillabando le parole, come se stesse parlando con una sorda.
“E perché ora sì e prima no?” Chiese Rose spazientita.
“Perché prima non me l’avevi mai chiesto”.
La sincerità di Scorpius sarebbe stata disarmante, se
non fosse stata accompagnata da un atteggiamento sfrontato come quello che
aveva assunto il ragazzo mettendosi a fissare interessato il retro del palco,
dove si rincorrevano i faretti luminosi che avrebbe presto illuminato la scena.
Rose aggiunse questo atteggiamento alle continue raccomandazioni di Al e
rispose in modo secco “Quando mai avrei dovuto farlo? Quando te ne stavi con
un’altra? Quando stavi tutto solo in biblioteca e ti seccava chiunque venisse
vicino a te? O quando mi parlavi, solo per dirmi che la nostra competizione non
era finita?”
“Avresti potuto trovare un momento, non credi?” si
riprese Scorpius quasi subito, piantando gli occhi su di lei.
Rose si mise a ridere, rendendosi improvvisamente conto
dell’assurdità della situazione. Scorpius non sembrò prenderla bene: si
accigliò e tornò ad afferrarla per il polso “Dunque ci proveremo, Weasley,
nonostante i tuoi mancati approcci”.
Rose sgranò gli occhi, rendendosi conto che faceva sul
serio. Stava di nuovo avvicinandosi pericolosamente, mentre con la mano destra
le sollevava il mento. Questa volta Rose presagì quello che stava per accadere
e si fece coraggio: alzò la mano non costretta dalla presa ferrea del ragazzo e
la abbatté sul suo viso.
Scorpius si controllò la parte colpita con uno sguardo
truce rivolto a lei, che nel frattempo si sforzava di non mostrare quanto
l’intero palmo le bruciasse. “Cosa devo fare con te, Weasley?” le chiese quasi
sillabando.
“Non trattarmi come una delle tue ragazze. Forse un
tempo mi sarebbe andato bene ma sono cresciuta e ho più cervello; e se dico che
non ho intenzione di provarci devi mettertelo in testa” gli fece notare Rose
quasi pacatamente. Albus aveva ragione: Scorpius non era il ragazzo che lei
aveva costruito.
Improvvisamente la ragazza si rese conto dei suoni che
fino a quel momento aveva isolato, troppo concentrata sulla situazione.
Riconobbe la voce di Louis come aveva previsto e il ritornello della loro
canzone che si concludeva. Le note sempre più fievoli della chitarra e un
applauso finale le dissero che la canzone era terminata.
Diede un’ultima occhiata al biondo di fronte a lei che
fissava attonito un punto indefinito dalle parti della sua spalla e decise di
raggiungere Al. Un porto sicuro.
Scorpius sembrò riscuotersi quando la vide andare via e
tentò di afferrarla ancora per un braccio, o meglio per il solito polso. Rose
questa volta era preparata e lo fece scattare in avanti, impedendoglielo.
*
Al aveva visto subito che qualcosa non andava quando
Rose era comparsa con viso cinereo e orecchie arrossate. Si era seduta sul
muretto che delimitava la piazza poco distante da loro e gli aveva chiaramente
fatto capire che voleva compagnia.
Da qui a intuire anche solo lontanamente ciò che era
successo però correva una bella differenza; così, quando Rose ebbe terminato di
informarlo sui nuovi piani di Malfoy, ebbe una reazione del tutto
imprevedibile: rimase calmo.
“Albus?” lo chiamò Rose sventolando una mano davanti ai
suoi occhi.
“Non pensavo avesse tutto questo coraggio” buttò fuori
ancora un po’ intontito.
“Io non
pensavo di avere tutto questo coraggio” lo riprese lei sorridendo.
“Ti sottovaluti” biascicò Albus prima di tornare nel
suo mutismo.
Dopo qualche minuto in cui aveva seguito con lo sguardo
un’energica Tyra che pareva volersi esercitare a tirare i legnetti della
batteria in testa a Louis, Al sentenziò “Se questo è ciò che vuole Malfoy, lo
avrà”.
“Ma io non intendo…”
“Malfoy vuole una rissa. Gliela daremo” si alzò di
scatto e si diresse tranquillamente verso Nick “Ti affido Fred, in caso di
ritorsioni” gli annunciò lasciandolo un po’ basito.
Fu Louis a capire subito il sottotesto, mollò la
chitarra a Tyra e agguantò il cugino per le spalle “sapevo che prima o poi
saremmo dovuti intervenire sulla lesa pudicizia di Rose”.
“Malfoy” gli disse semplicemente Al.
“Non devi nemmeno indicarmelo” fece l’altro
allegramente dirigendosi verso la folla.
Al lo seguì dopo aver gettato un’ultima occhiata a Rose
che scuoteva la testa in panico.
“Dove stanno andando?” Chiese Tyra ignara fissando il
chitarrista e il batterista che si allontanavano.
“A fare guai, come al solito. Io me ne torno a casa”
annunciò Fred cominciando a prendere le sue cose.
“Per rendere Al un attaccabrighe forse il motivo è
davvero serio, non trovi?” gli chiese Nick.
“Terribilmente” disse Fred lanciando una lunga occhiata
a Rose.
La ragazza sembrò risvegliarsi solo in quel momento e
si mise a cercare i suoi cugini, già persi nella folla.
Al non ci mise molto ad individuare le familiari chiome
bionde di Malfoy e Flitt, insieme come si aspettava. Si scagliò subito contro
il costipato che mostrò la sua migliore faccia da pesce lesso mentre si
scansava: aveva sempre avuto l’abilità della serpe nello sgusciare via dalle
situazioni difficili. Si sentì placcare dal fisico di un battitore ma il fatto
non lo angosciò più di tanto: aveva portato Louis per questo.
“Cosa vuoi?” gli chiese Malfoy sibilando.
“Devi lasciarla in pace, non ti merita, arrogante
egoista approfittatore!”
“Questa è una cosa che solo io posso dirgli, iracondo nanetto…” gli fece notare Flitt artigliandolo meglio mentre
lo spingeva verso la siepe che delimitava la piazza.
Al sentì la sua presa allentarsi e la voce di Louis
“Anche tu non devi rubare i soprannomi, biondino. Nanetto è già preso. Comunque
moderiamo tutti i toni, almeno finché non è chiaro in che modo è stato
oltraggiato il bocciolo di là” fece indicando con il capo il luogo da cui erano
venuti.
“Non c’è stato nessun oltraggio: era una proposta.
Questa invece è aggressione” fece Malfoy calmo.
“Dopo aver dato prova della conoscenza del dizionario
ti spiacerebbe smettere di giocare con le parole?” fece Louis tirandosi vicino
Albus.
“Non ho mai voluto parlare con voi, stai tranquillo” lo
freddò Malfoy.
“Io invece vorrei parlare con quella ragazza e non
vorrei duellare in uno sperduto villaggio babbano. Io e Potter abbiamo già
avuto i nostri incontri ravvicinati a scuola e mi sentirei troppo nostalgico a
ripeterli” si intromise Flitt con una serena constatazione. Come se Albus
potesse essere sereno in una situazione simile, infatti abbaiò a Malfoy “Non
pensare di cavartela così facilmente”.
“La signorina Weasley può sicuramente parlare per sé,
senza bisogno che tu faccia sfoggio delle tue capacità muscolari”.
“Il signorino Malfoy può sicuramente affrontarmi senza
bisogno di chiamare in aiuto qualcuno. Ah no, non può, verrebbe sconfitto” lo
informò Al.
“Vuoi scommettere, pulce?”
“Andiamo” accettò Al, incamminandosi verso un luogo più
appartato. Stava davvero cominciando a marciare battendo i piedi a terra mentre
cercava il posto giusto quando fu avvistato da Rose e se la ritrovò davanti
rapidamente: la ragazza sembrava sforzarsi enormemente per non tirare fuori la
bacchetta, nonostante fosse tra babbani e avesse Tyra
che le trotterellava al fianco. Perché quella ragazza sembrava capitata per
caso fuori dal suo campo di fiori? Si chiese Al rapidamente.
“Cosa hai intenzione di fare?” gli chiese in un tono
che ricordava troppo quello di sua madre quando trovava materiale lievemente
irregolare sotto il suo letto.
“Vendicando il tuo onore…
Almeno credo” la informò Louis sopraggiungendo con Flitt e Malfoy.
“Quello che ne rimane” specificò Albus con un tono
troppo basso affinché i due Serpeverde potessero sentire.
“Weasley, tra me e il tuo rumoroso parente ci sono
problemi che dobbiamo sistemare tra uomini, lasciaci fare e portati via la tua
amichetta” spiegò Malfoy.
“Hai tirato fuori la testa dalla sabbia, complimenti
Malfoy. Al, andiamo” comandò imperiosa Rose. Albus ebbe il ritegno di mostrare
il suo disappunto per il programma della cugina allontanandosi di un passo ma
quando incrociò gli occhi di lei illuminati da lampi capì che era meglio
assecondarla. Intanto poteva tiranneggiare Malfoy in qualsiasi momento.
“La famiglia prima di tutto” spiegò con un sorriso
“dunque il nostro incontro viene rimandato. Non annullato, sta’ attento
costipato, ma rimandato. Potrei intrufolarmi in casa tua in ogni momento” lo
ammonì serio.
“Fred e Nick ti cercano” disse velocemente Rose a Louis
prima di agguantare Al e trascinarlo via. Non gli sfuggì l’occhiata che la
ragazza diede alle sua spalle per assicurarsi che il cugino francese avesse
capito l’antifona; sorprendentemente stava venendo via anche lui.
Al non ebbe molto tempo per salutare gli amici perché
Rose si stava premurando di piantargli le unghie sempre più in profondità sulla
sua povera spalla. Forse appena sceso dal palco avrebbe fatto meglio a
indossare una felpa, invece di rimanere in maniche corte. “Rose, se comincio a
sanguinare mi curi?” le chiese con tono lamentoso.
“Scordatelo”.
Oh, era arrabbiata. Come se lui avesse sbagliato a far
capire a Malfoy come stavano le cose: lei non ne era in grado e il costipato
continuava a essere una costante presenza nei suoi pensieri. Sette anni passati
a soffrire senza che il biondino ne avesse il minimo sentore e quando Al pensava
che la cugina lo avesse finalmente lasciato alle spalle eccolo ricomparire; e
non solo, questa volta non si limitava a ignorare i sentimenti di Rose ma la
prendeva in giro. Questo era veramente troppo: non poteva essere sufficiente
uno schiaffo, dato da Rose per giunta. Al era pronto a scommettere che avesse
fatto più male a lei che alla guancia del costipato.
Rose gli aveva fatto imboccare la strada verso casa sua
e Al cominciò a chiedersi se fosse il caso di aprire bocca. Forse era meglio di
no: aveva imparato che il dialogo tra due persone arrabbiate portava a un
litigio nella quasi totalità dei casi. O a rotolarsi in un letto, se si credeva
a qualche film babbano; ma quest’ultima opzione era poco praticabile per lui e
Rose.
“Non avete intenzione di tornare alla festa?” Li interruppe
la voce di Tyra che evidentemente li stava ancora seguendo. Aveva decisamente
qualcosa della zia Luna.
“Albus ha fatto quello che doveva e ora può ritirarsi,
non è vero?” minacciò Rose senza aspettarsi una risposta. Al annuì lo stesso.
“Allora comprerò io un oggetto antico per ciascuno di
voi. È la tradizione e dovreste onorarla”
“Che tradizione?” Chiese Al mentre saliva i gradini del
palazzo di Rose.
“Quella di indossare qualcosa appartenuto ad avi della
propria famiglia. Non avrete niente di simile con voi ma comprerò qualche
oggetto dall’aria antica e potrete far finta che sia vostro da generazioni”.
“Cos’hai portato tu?” Chiese Al, approfittando del
fatto che Rose lo avesse lasciato andare per cercare le chiavi.
Tyra gli mostrò un ciondolo scuro con delle incisioni,
sembrava contenere la figura di un ramo o di una foglia “Le sue origini si
perdono nella notte dei tempi” scherzò Tyra giocando con la catena.
“Posso vederlo?” chiese Rose dopo aver spalancato la
porta.
Tyra la lasciò avvicinare e Rose, dopo aver passato un
dito sull’incisione, le chiese “quale ramo della famiglia? Materno o paterno?”
Al capì che la cugina stava cercando un modo carino per
salutare Tyra così le andò in soccorso “io salgo, Rose puoi venire ad aprirmi
la porta su?”
Rose gli lanciò uno sguardo di fuoco che prometteva un
intero incendio e ringraziò Tyra per la serata con un sorriso tirato. Albus
capì di essersi scavato la fossa da solo: forse era meglio che la biondina
rimanesse con loro.
Ebbene sì,
sono tornata! State tutti bene? Ripreso il tran tran
quotidiano? Io mi sento un po’ oberata da mille impegni, presi e mezzi presi XD
*oggi Lutea ha voglia di ciattelle*
Ho quasi trovato Scorpius, un attore abbastanza convincente e che sembra la
copia sputata di Tom Felton, solo ancora più pallido
se possibile, quindi devo solo controllare che abbia una faccia abbastanza “da
costipato”.
Dopo lunghe
riflessioni ho scelto anche la canzone preferita di Tyra: Lullabyhttp://www.youtube.com/watch?v=SjkJ6GZh-pY
(ovviamente vi lascio il link perché devo diffondere i Nickelback per il mondo,
so che siete contenti). A parte questo, si addice molto alla situazione di
Tyra, che prima o poi vi spiegherò: ho
già scritto una one sull’argomento per chiarirmi le
idee.
Vi saluto
tutti e torno a fare contest! Buon ottobre! (ormai è tradizione che vi auguri
qualcosa, no? XD)
Capitolo 9 *** Albus e Rose nella tana del lupo ***
Albus
camminava con le mani nelle tasche continuando a pensare a quanto era successo
la sera precedente: dalla rissa sfiorata alla lite scoppiata nell’appartamento
di Rose poco dopo. La cugina provava un misto di sentimenti che di fatto le
impedivano di permettere ad Albus un sano duello con Malfoy: da una parte non
voleva più dar adito a sue possibili reazioni, visto come si era comportato,
dall’altro era nettamente contraria al semplice fatto che qualcuno potesse
toccare il suo biondino, anche se si trattava di Al.
Albus
aveva sempre rispettato questo volere della cugina quando erano a scuola e in
parte era merito di Flitt se era riuscito a trattenersi: si offriva così
spontaneamente come capro espiatorio che rifiutarlo sarebbe stato un atto
scortese. Ora però non poteva davvero continuare così o sarebbe esploso. Malfoy
prendeva in giro Rose e lui doveva fare qualcosa, se lei non se ne rendeva
conto.
Però
aveva bisogno che Rose non sospettasse dei suoi piani o avrebbe cercato di
fermarlo in ogni modo. Per questo quella mattina si era mostrato condiscendente
e stava facendo quello che lei, ancora abbastanza arrabbiata, gli aveva
intimato senza troppi complimenti: andare da Tyra e farsi consegnare il
ciondolo che indossava la sera precedente. Albus sospirò: aveva capito perché
Rose avesse mandato proprio lui ma non condivideva l’entusiasmo della cugina.
Perché doveva far sì che Tyra potesse fraintendere il suo comportamento?
Fraintendeva già abbastanza senza bisogno di aiuto.
Tra
un pensiero e l’altro si accorse di essere arrivato alla casa che cercava.
Avrebbe potuto aprire il piccolo cancello e andare a bussare direttamente alla
porta ma sarebbe stato troppo intimo. No, era meglio suonare, decisamente.
Tyra
gli aprì in tuta e gli fece un grande sorriso quando capì chi era. Tutto come
previsto.
“Hai
litigato con Rose?” gli chiese non appena Albus l’ebbe seguita dentro casa.
Cosa
le faceva pensare di essere diventata la sua confidente prediletta? si chiese
Al. Mise però da parte la sua irritazione perché era il modo più veloce per
raggiungere il suo obiettivo. “No, riusciamo sempre a chiarirci tra noi. Ora va
tutto bene”.
“Finché
non riuscirai a far sì che Rose cessi di idealizzare Malfoy non sarà tutto a
posto” gli rispose con una lucidità che in effetti Albus non si aspettava. Il
ragazzo però non rispose: non voleva parlare di Rose con Tyra, non in
quell’ambito e in quel momento.
“Devi
volerle molto bene ma nello stesso tempo esserne quasi intimorito per
continuare a starle vicino senza litigare in continuazione”.
L’analisi
della bionda stava diventando eccessivamente corretta “Cosa te lo fa pensare?”
“Beh,
al mondo ci sono cose peggiori delle pene d’amore da patire. Non la pensi
così?”
Albus
cominciò a essere seriamente preoccupato. Un conto era se Tyra aveva estorto a
Rose informazioni sul suo carattere: non l’avrebbe gradito ma avrebbe potuto
capire la situazione di Rose. Tuttavia la biondina sembrava aver colto il lato
più cinico del suo carattere che si sforzava di mitigare anche con la cugina.
Il
silenzio stava però calando in maniera imbarazzante, quindi Albus si risolse a
dire qualcosa “A volte non riusciamo a porre le cose in prospettiva. La maggior
parte delle volte è così; nel caso di Rose è anche sfortuna”.
“Certo
che ritrovarlo come vicino di casa dev’essere stato
inaspettato” commentò Tyra tirandosi a sedere sul davanzale aperto della
finestra.
“Una
persecuzione, più che altro” le fece eco Albus agguantando una sedia e
sedendosi a cavalcioni. Tyra sospirò. “Rose mi ha mandato perché vorrebbe che
tu le prestassi il medaglione che portavi ieri sera” le disse Albus
approfittando del silenzio.
“Perché?”
“Perché
le piace, credo. Non farmi queste domande da donne” brontolò Albus.
Tyra
si appoggiò con la schiena alle piastrelle e tirò le ginocchia verso il suo
corpo “È complicato”.
Albus
attese qualche minuto che lei continuasse ma potè avvertire solo qualche
macchina e qualche uccello fuori dalla finestra. Fu il suo turno di chiedere
perché.
“Era
di mia madre”.
Ah,
questo passato Albus non l’aveva messo in conto. “Mi dispiace” disse,
sentendosi anche un po’ fuori luogo con le sue richieste.
Tyra
sorrise “Credo stia bene. Semplicemente non è più qui”.
“Vivi
con tuo padre?” cercò di capire Albus.
La
ragazza annuì.
“Quando
è successo?” chiese ancora Albus.
“Quando
avevo quindici anni” disse Tyra guardandolo attentamente. Sembrava quasi che
cercasse qualcosa.
Albus
si voltò ma trovò solo quella che gli parve una normale mensola “Ho qualcosa di
interessante dietro?” le chiese, anche per smorzare l’atmosfera.
Tyra
rise “No, è interessante la situazione”. Lo sguardo smarrito di Albus la fece
proseguire “Quello che mi ha aiutato non è stato affatto significativo per te”
gli fece notare senza amarezza “Me lo aspettavo”.
Albus
aveva le idee sempre più confuse “Di cosa stai parlando?”
“Quando
avevamo quindici anni noi due ci siamo incontrati, una sera, in un pub di
Londra” gli spiegò lei pazientemente.
Albus
si strofinò i capelli alla base del collo mentre cercava di pensare. In effetti
all’epoca il gruppo si era appena formato e durante l’estate si divertivano ad
andare in giro per locali e strimpellare qualcosa: l’unico patto con i
rispettivi genitori era che Louis non li portasse fuori Londra. “Quindi… ci hai sentito mentre suonavamo?”
“Sì.
Poi abbiamo fumato una sigaretta all’esterno. Cioè, io e Louis abbiamo fumato,
tu ci hai provato”.
“Louis
fuma roba troppo forte per me, ok?” Scattò Albus, come si era abituato a fare
con gli amici.
Tyra
tornò a distendere le gambe con una risata più liberatoria delle precedenti, mentre
Albus cercava di ricomporsi “Dunque abbiamo parlato e io ti ho detto qualcosa
che ti è sembrato importante?”
“E
mi hai dedicato una canzone” terminò Tyra.
Al
si mise a gesticolare battendo i pollici tra loro. Non era inusuale per lui
suonare canzoni a braccio ma d’altra parte non era solito dedicarle a
sconosciute. Ora lo faceva, ma qualche anno prima era più riservato e non lo
avrebbe fatto tanto a cuor leggero. Doveva esserci un motivo valido, Tyra
doveva averlo colpito in qualche modo.
Al
si alzò di scatto dalla sedia, facendola anche rovesciare, e puntò l’indice
contro Tyra “Tu!” sbraitò.
“Sono
sempre io, sì” gli confermò quella sporgendosi per controllare la sedia.
“Louis
mi ha preso in giro per un mese a causa tua! Tutta colpa tua!” Le disse riprendendo
la seggiola e rimettendola in piedi.
“Allora
ricordi?”
Albus
fece un sospiro “Louis mi aveva incaricato di convincerti a fermarti dopo
l’esibizione. E tu te ne sei andata!” Concluse teatralmente spalancando le
braccia.
“Mi
avevi convinto a tornare da mia zia!” gli disse Tyra sullo stesso tono, ormai
divertita.
“Le
mie capacità di seduttore hanno subito uno smacco tremendo. Per fortuna Fred è
totalmente negato o sarei diventato la pecora nera del gruppo” le fece notare
Albus, rincarando ancora la dose “Tutto per colpa tua!”
Tyra
si rimise in piedi “Però è bello sapere che ti ricordi di me”.
“Non
in senso positivo” borbottò Albus, tornando a intrecciare le mani. Gli tornò in
mente anche la conversazione di poco prima e capì quanto non avesse avuto i solito
filtri con quella ragazzina. D’altronde, era una sconosciuta, non poteva certo
aspettarsi di rivederla dopo anni!
“Vado
a prenderti il medaglione” gli disse lei superandolo.
Tyra
non ci mise molto e tornò con l’oggetto al collo “Vengo con te per mostrarlo a
Rose, così magari non c’è bisogno che glielo presti, va bene?”
Albus
si sentì impossibilitato a negare, dunque accettò con un cenno del capo
mettendosi in piedi.
*
Scorpius
stava studiando intensamente il cielo dopo la tempesta della notte. Doveva
trovare i punti esatti in cui il colore sfumava dal bianco pallido al grigio
intenso. Forse in corrispondenza dei pini sulla collina, si disse rimettendosi
in piedi. Il risultato sulla tela gli avrebbe detto se aveva ragione.
Mentre
tornava in casa sentì bussare insistentemente alla porta. Automaticamente, la
aprì con la bacchetta a distanza: Felix sarebbe entrato tranquillamente. Se non
fosse stato lui… il babbano di turno doveva avere un
buon motivo per venire lì.
Era
già pronto a occultare il legnetto da qualche parte, dal momento che Felix
avrebbe spalancato la porta mandandola a sbattere contro il muro quindi non
poteva essere lui, quando alla vista gli comparve Rose Weasley.
Era
veramente lei, con un’orribile maglia larga che anche sua nonna avrebbe gettato
tra i reperti archeologici. Eppure Narcissa amava
vestire vecchi abiti, il che era tutto dire.
“Ma
tu non vieni mai ad aprire la porta?” gli chiese la ragazza mentre la chiudeva
dietro le sue spalle.
Non
quando gli ospiti potevano fare tutto da soli. “Ma chi ti ha detto di entrare?”
le rispose a tono.
“Devo
parlarti e ho bisogno di calma. In più, se Al scopre che sono qui ti maledice,
quindi lo sto facendo per il tuo bene. Ringraziami, Malfoy” fece quella
superandolo a grandi passi. Si fermò indecisa un attimo vicina al divano e virò
verso le sedie.
Scorpius
si rese conto di aver creato un mostro: cosa era successo alla ragazzina timida
che conosceva? Quella che arrossiva quando lo insultava?
Probabilmente
si era omologata alla massa.
Valeva
davvero la pena di provare come aveva pensato il giorno prima?
“Ieri
sera mi ha fatto molto riflettere” esordì la ragazza che si era accomodata.
La
Weasley avrebbe dovuto essere molto convincente con le sue scuse riguardo allo
schiaffo per poter avere ancora la sua possibilità. “Sul tuo talento innato nel
rovinare le situazioni?”
La
Weasley lo fissò sconcertata, poi parve capire “Non ho molto da riflettere su
quello che ho fatto con te ieri sera. Stavo parlando di un evento accaduto
dopo, mentre Tyra e Al mi accompagnavano a casa…”
“Cos’è
che abbiamo fatto ieri?” le chiese con tono curioso Scorpius, perché non poteva
accettare di essere accantonato così.
“Qualcosa
che il tuo orgoglio dovrebbe ricordare. Ma non sono qui per parlare di questo,
possiamo essere seri?”
“È
tutto ciò che voglio” disse Scorpius sedendosi anche lui.
“Stavo
dicendo… Ho intravisto al collo di Tyra un medaglione
che sembrava proprio quello che portava al collo Elisabeth nel ritratto che ha
Durward in casa. Però ho anche pensato alle tue parole sul non dargli false
speranze, così volevo sapere se anche a te sembra uguale: oltre a me, sei
l’unico che conosco che abbia visto quel ritratto”.
Scorpius
aveva fatto molto più che vederlo ma non l’avrebbe mai detto a quella ragazza,
così rispose disinteressato “La mia memoria fotografica non è sempre
affidabile”.
“Quindi
è per questo che rimani ore a fissare la collina? Per essere sicuro di riuscire
a tornare a casa?” chiese lei senza riuscire a trattenersi.
Scorpius
le rispose basito “Non avevamo stabilito una tregua, non eravamo seri?”
“Sì,
scusa” disse lei portandosi alcuni ricci dietro l’orecchio nel modo meno
elegante che Scorpius avesse mai visto.
“Dovrò
anche andare a casa della tua amica a vedere il medaglione? Puoi scordartelo”
riprese lui. Anche perché andare a casa della babbana
voleva dire farsi accompagnare dalla Weasley, che voleva dire passare altro
tempo a parlare con lei.
“L’ho
qui, me lo sono fatta prestare dopo innumerevoli raccomandazioni” fece
estraendolo.
Scorpius
rimase colpito dalla sua efficienza: forse non stava usando quell’oggetto come
scusa per parlare con lui. Si concentrò sul piccolo tondo che era stato
poggiato sul tavolo ed ebbe un’ulteriore conferma del suo ragionamento:
sembrava davvero molto simile a quello del quadro.
“Ci
ho pensato molto e forse il colore non è proprio lo stesso. Anche la dimensione
non mi convince…” la Weasley lo riprese e se lo
poggiò sul collo “Vedi? Mi sembra più grande. Però non sono riuscita ad
accantonare completamente la prima impressione quindi sono venuta”.
“Perché
non riuscivi a lasciar stare la tua idea?” le chiese Scorpius prendendole
l’oggetto dalle mani.
La
Weasley annuì.
Scorpius
esaminò da vicino il medaglione rigirandoselo tra le dita.
“Ho
anche pensato che è probabile che con i secoli abbia cambiato colore. Sarebbe
forse troppo strano trovarlo esattamente identico, non credi?” La Weasley stava
davvero condensando i ragionamenti di una notte in dieci minuti, pensò
Scorpius.
“Un
manufatto di questo tipo è chiaramente incantato. Quindi non ragionare con
metodi babbani” la zittì lui.
Quel
ciondolo poteva effettivamente essere quello che sembrava, ma solo Durward
avrebbe potuto dirlo con certezza.
“Non
è metallo babbano, ho fatto alcune prove ed è un manufatto magico” continuò
imperterrita lei.
Ma
se aveva già fatto tutto perché veniva da lui? “Potrebbe essere quello che
pensi” concluse restituendoglielo. Anche se le prove portavano tutte in quella
direzione c’era però un fatto molto inspiegabile, chissà se la Weasley aveva la
risposta anche a questo “Postulando che lo sia, come sarebbe finito in una casa
babbana?”
“Potrebbero
averlo acquistato”.
“Quindi
cercherai il proprietario precedente? E poi quello ancora precedente? Andando
avanti finché non sarai tornata all’epoca di Durward?” chiese, sapendo che la
Weasley si doveva esser resa conto della lunghezza degli svariati secoli che
intercorrevano tra la loro epoca e quella dell’uomo Durward.
“Non
lo so, per ora dovevo solo essere sicura che non mi fossi immaginata la somiglianza.
Se avrò bisogno di altri consulti ritornerò” disse alzandosi con decisione.
“La
tua timidezza è diventata sfacciataggine, non ce l’hai una via di mezzo?”
“Ho
esaurito la gentilezza con te” commentò Rose. Poi parve ripensarci e si bloccò
ancora un istante “Nessuno è perfetto, né tuné io; ma con te ho sempre cercato di essere inappuntabile. Tuttavia nel
complesso pare che i miei difetti siano sopportabili, a detta delle persone che
ho intorno” Scosse le spalle come per fermare i pensieri “forse dobbiamo solo
cercare le persone che riescono a sopportare i nostri difetti”.
Scorpius
la guardò accompagnare la porta finchè questa non si
chiuse con uno scatto. Non la sentì salire le scale ma dopo qualche minuto udì
un calpestio nell’appartamento sopra il suo: era tornata a casa.
Scorpius
contemplò il legno della cucina per qualche minuto prima di realizzare che la
Weasley lo aveva appena sorpreso come nessuna era riuscita a fare: né mutismo
ostinato, né lacrime e scuse.
Rose
Weasley era inafferrabile. Combattiva e arrendevole, coraggiosa e timida,
onesta fino al midollo, dimostrava la mutevole indole umana. E per la prima
volta non considerò l’animo umano in maniera negativa: anche le singole
sfumature dell’alabastro non erano poi così belle.
Con
un po’ di ritardo, vi regalo un brano dal punto di vista di Scorpius. Non mi
soddisfa appieno però, devo lavorarci.
Capitolo 10 *** Un passo avanti e due indietro ***
“Spiegami
perché sei qui”.
“Perché
stiamo andando nella stessa direzione, Weasley, mi sembra evidente”.
“Ma
perché stiamo andando nella stessa direzione?”
“Perché
ti sto seguendo, no?” Rispose Flitt con sincerità scrollando le spalle. “A
proposito, dove stiamo andando?”
Rose
dovette sopprimere l’istinto naturale di strangolare il malcapitato che
trotterellava tranquillamente accanto a lei. Tanto tranquillamente da diventare
inquietante. Come il gatto sua mamma.
“In
un luogo appartato, così posso tirare fuori la bacchetta” gli rispose svoltando
per cominciare la salita alla collina dietro il villaggio. “Per cacciarti, con
la forza” pensò bene di specificare Rose.
Flitt
non sembrò curarsene minimamente, anzi la precedette lungo il sentiero. Rose
sospirò, rendendosi conto che il ragazzo era abituato a fare a botte con Al e
non si sarebbe fatto intimidire facilmente.
Al
aveva invitato Tyra a fargli vedere
il villaggio. C’era sicuramente qualcosa sotto ma Rose non aveva il tempo di
occuparsene quella mattina, doveva provare a parlare con Durward. Non poteva
certo portare Al, che si sarebbe aggiunto subito se lo avesse saputo: il
fantasma era già abbastanza restio con poco pubblico.
Non
aveva calcolato la presenza assillante di Flitt che aveva trovato a gironzolare
vicino alle scale. A quanto pare Malfoy non era in casa e lui lo aspettava come
un bravo animale domestico, senza allontanarsi troppo. Era stupefacente come
Malfoy fosse riuscito ad addomesticarlo, mentre sembrava così fuori controllo
con altri.
“Ma
tu cosa pensi di Scorpius?” si girò infine il ragazzo per degnarla di
attenzione.
Rose
ebbe voglia di mettersi a urlare e tornare a casa. Quel suo appartamento ben
protetto, quelle quattro mura da cui poteva affacciarsi…
e osservare Malfoy. “Penso quello che è evidente” gli rispose di fretta.
“Un
sociopatico o un molestatore seriale? Sai, mi interessa l’immagine che dà di
sé” le spiegò dandole il tempo di raggiungerlo.
“C’è
qualcosa che gli impedisce di essere entrambi?” Chiese Rose ironica.
“Una
terza via: sei proprio una strega piena di cultura, Weasley” commentò Flitt
come se gli si fosse aperto un mondo.
“Si
suppone che tu sia il suo migliore amico, perché vieni a chiedere a me cosa
penso?” sbuffò Rose esasperata.
“Te
l’ho detto: è una questione di immagine. Comunque definirmi migliore amico è
sminuire il mio ruolo: sono il confidente” le rivelò con finto tono
cospiratorio.
“Lavoro
arduo, immagino”.
“Mi
basta averlo sott’occhi. Se fosse un compito arduo lo mollerei, non sono uno
che ama la fatica inutile”.
“Detto
da uno che si sta arrampicando su una collina senza un motivo non suona
convincente” li interruppe Malfoy uscendo dal boschetto.
“Sto
seguendo la Weasley e siamo arrivati qui” gli disse innocentemente Flitt mentre
Rose non sapeva se picchiare il suo improvvisato compagno di viaggio per la
risposta o Malfoy per essere arrivato.
“Perché?”
chiese Malfoy esasperato.
“Non
posso nemmeno più avere la libertà di andare dove voglio?” Chiese Rose alzando
la voce. Sperare in una civile convivenza era forse davvero troppo.
“Non
tu! Perché la stai seguendo?” Sbottò ancora rivolto all’amico. Rose lo rivalutò
per un attimo.
“Ah,
io? Perché mi andava!” trillò allegro Flitt “poi sembra una personcina
interessante, non trovi?”
Dalla
faccia di Malfoy si capiva come l’ironia di Flitt non facesse esasperare solo
Rose. “In questo momento mi interessa di più tornare alle mie occupazioni.
Poiché non potrò farlo finché non avrò accompagnato lei al maniero,” accennò a
Rose con la testa “puoi cortesemente andartene?”
“Io
me ne vado ma solo i Babbani portano le ragazze nelle case disabitate: ti
credevo con più stile” con queste parole Flitt fece un largo sorriso e una
piroetta, svanendo sul posto.
Malfoy
rimase a contemplare la polvere che aveva sollevato nell’andarsene, finché Rose
non si rimise in marcia.
“Nessuno
ti ha chiesto di venire con me. Anche se il caso ci ha fatti incontrare ora che
sei riuscito a far allontanare Flitt puoi tornare a quello che stavi facendo”
lo rimbrottò Rose quando si accorse di essere seguita.
“Ti
ricordo i tuoi precedenti con quel fantasma: hai bisogno di un mediatore”.
“Posso
cavarmela da sola, ti ho detto che non ti avrei più cercato se non fosse stato
strettamente necessario”.
“Mi
pare che devastare psicologicamente un uomo possa essere un motivo abbastanza
valido, non trovi?”
“Ho
una sensibilità più sviluppata della tua, stai tranquillo”.
“Cosa
ne sai tu della mia sensibilità? Forse mi conosci?” la aggredì Malfoy.
“Eravamo
passati alla convivenza civile quindi non regredire” lo rimbrottò a sua volta
Rose. Lo sentì sbuffare al suo fianco.
Arrivarono
rapidamente al maniero e Malfoy la precedette alla porta bussando con mano
ferma. Voleva forse dare sfoggio della sua galanteria?
Rose
lo seguì circospetta lungo l’ingresso e si fermò con lui ai piedi delle scale.
“E ora?” avrebbe voluto chiedergli con tono saccente ma la figura perlacea di
Durward si stava già palesando dal piano superiore e sembrava meno incollerito
del solito da come la veste frusciava tranquilla appena sospesa sopra gli scalini.
“Scusaci
per essere venuti senza preavviso ma Rose aveva proprio bisogno di parlarti”
gli si rivolse il biondo facendo elegantemente un passo indietro per lasciare
alla ragazza la vista libera.
“Io
sarei venuta da sola ma tu hai insistito” si sentì in dovere di puntualizzare
Rose, non appena finì di chiedersi perché Malfoy l’avesse improvvisamente
chiamata per nome. Il ragazzo la degnò di un’occhiata penetrante che sembrava un
ammonimento.
“Le
vostre liti non mi interessano” intervenne Durward seccato.
“Non
siamo qui per litigare!” esclamò esasperata Rose: possibile che lei riuscisse a
far irritare quel fantasma in ogni modo? Di solito risultava abbastanza simpatica… O almeno nessuno le faceva capire di non essere
gradita.
“Allora
perché sareste qui? Di cosa devi parlarmi?”
Rose,
dietro domanda diretta, si ricordò di non aver pensato alla strategia: aveva
pianificato di farlo durante il tragitto ma tra la presenza di Flitt e la
comparsata Malfoy non ne aveva avuto tempo. “Posso vedere di nuovo il quadro che
tieni al secondo piano?” le uscì di getto per cercare di guadagnare qualche
momento.
Durward
scrutò Malfoy che sospirò rassegnato, poi volteggiò verso l’alto facendo cenno
ai due ragazzi di seguirlo. Malfoy afferrò Rose per un polso e la avvicinò,
approfittando che l’altro fosse girato. “Lasciagli credere che tu sia mia amica,
Weasley, o non riuscirai a instaurare un rapporto con lui tanto velocemente” le
sussurrò superandola sulla scalinata.
Come
si permetteva quella serpe di insinuare che lei non potesse fare amicizia con
alcunché? Proprio lui che non aveva certo folle di amici, o confidenti, come si era da poco
premurato di puntualizzare Flitt. Avrebbe dovuto prendere esempio da lui?
Piuttosto dal sociopatico Fred!
Salite
le scale con piglio minaccioso, Rose si accorse che l’altro aveva già aperto la
porta della stanza e la stava aspettando dentro. Realizzò anche che prendere
tempo non sarebbe servito a nulla se Malfoy continuava a distrarla.
Si
piantò davanti al quadro fingendo di osservarne i dettagli e cercando di
pensare: la cosa migliore era mettere in chiaro sin da subito che non sapeva se
aveva trovato la pista giusta. Dopo aver ben sottolineato la sua incertezza,
poteva tirare fuori il medaglione e cercare una conferma o una smentita. Però
Durward si sarebbe immancabilmente lasciato condizionare e la sua obiettività
non sarebbe tornata tanto presto: essendo un fantasma, Rose cominciò a temere
che non sarebbe tornata prima che lei non avesse avuto almeno qualche capello
bianco. Era molto probabile che Durward riconoscesse quel medaglione per
autosuggestione. Come fare?
“Posso
parlarti un attimo?” sentì chiedere da Scorpius.
Un
attimo dopo Durward frusciava fuori dalla stanza.
Rose
si chiese quanto tempo fosse rimasta lì immobile, se addirittura Malfoy era
intervenuto per salvarla. Per salvare lei o per salvare quel fantasma? La
sensazione che il ragazzo fosse affezionato a quell’uomo le era venuta sin
dalla prima volta e ora si stava riconfermando: per chi altri Malfoy si sarebbe
esposto in prima persona? Non si era mai preoccupato troppo dei sentimenti
altrui.
Ma
ora non aveva tempo per queste riflessioni: doveva pensare a cosa fare. Lo
sguardo le cadde sul quadro e ovviamente corse al medaglione lì raffigurato. La
forma era uguale, anche il colore molto simile ma l’effigie…
aveva qualcosa di strano. Rose estrasse l’oggetto di Tyra e cercò di
confrontarli da vicino: simili ma non identici. Scorpius aveva ragione: stava
solo illudendo Durward e avrebbe dovuto andarsene il più in fretta possibile da
quella casa.
Fece
per uscire ma si trovò davanti proprio il biondino che le sbarrò la strada.
Rose sbirciò dietro di lui e vide che per fortuna Durward non era in vista.
“Non sono uguali: sapevo di aver bisogno di un’ulteriore conferma!”
Lo
sguardo del ragazzo saettò rapidamente da lei, che teneva ancora il medaglione
in mano, al quadro. “La tela potrebbe non essere esatta” commentò quello con
calma.
“Perché
non dovrebbe esserlo?”
“Magari
il pittore non aveva mai visto quel ciondolo”.
“Elisabeth
ha posato per quel quadro” riflettè Rose piano.
“Chi
lo ha mai detto?”
“Come
si fa a fare un ritratto senza la persona ritratta?” chiese a sua volta Rose
spazientita.
Malfoy
fissò il cavalletto per qualche istante. “Credo sia possibile, Weasley. Tu sei
un’esperta di pittura?”
“No
ma si vede che è un quadro ben fatto; non sarebbe venuto così bene senza
Elisabeth a posare, ne sono sicura” assicurò Rose, ricordandosi improvvisamente
cosa stringeva in mano e affrettandosi a nasconderlo in una tasca.
Malfoy
rimase a guardarla stralunato per qualche istante, prima di riprendersi ed
esclamare con un sorriso compiaciuto “Rose ha un oggetto da mostrarti. Sembra
che vi sia inciso lo stemma della tua famiglia”.
La
ragazza intuì subito chi doveva essere comparso alle sue spalle ma ciò non le
impedì di lanciare un incantesimo non verbale a Malfoy che sembrava proprio
gongolare nell’averla messa in difficoltà. Ancora una volta. Eppure le era
sembrato fosse veramente intenzionato a non ferire il fantasma: un’altra
tecnica di inganno alla Malfoy.
“In
realtà non è nulla di che: l’ho guardato bene e mi sono resa conto che mi ero
confusa” in fondo la verità era proprio quella, no?
“Come
ho già ribadito, non voglio nessun contatto con quella che era la mia famiglia:
loro abbandonarono Elisabeth e io ho abbandonato loro. Se anche fosse vero, non
lo vorrei vedere” proclamò Durward ancora irritato, appuntando lo sguardo sul
quadro.
“Doveva
essere molto bella dal vivo” cercò di distrarlo Rose, per prevenire ulteriori
uscite poco felici di Malfoy.
“Per
certi versi lo era meno di questo dipinto, per altri di più” commentò il
fantasma con un sospiro.
“Evidentemente
anche il pittore doveva averla trovata incantevole” disse Rose.
“Perché?”
intervenne Malfoy osservandola.
“In
ogni opera l’artista mette un po’ di sé; da come ha fatto atteggiare la sua
modella, quali colori ha usato, quale luce la colpisce si provoca una
particolare impressione nello spettatore: il pittore era coinvolto in quello
che stava facendo, non trovi? Tu che hai una sensibilità così spiccata dovresti
ben saperlo” terminò ironica.
Non
le venne risposto male come credeva: Malfoy sembrava stare seriamente meditando
sulle sue parole, mentre Durward continuava a frusciare accanto a loro.
*
“Quando
pensi che Rose mi restituirà il ciondolo?” se ne uscì improvvisamente Tyra
mentre Al tracannava la lattina che aveva acquistato poco prima.
“Credo
debba studiarlo attentamente, le interessa il disegno sopra”.
“Ho
cercato anch’io di capire da dove provenisse quando cercavo mia madre ma non
avevo scoperto nulla”.
“Alla
fine hai trovato tua madre?” chiese Al, più per curiosità che per reale
interesse. Per quanto ne sapeva poteva averla ritrovata in hotel poco più tardi
di quando avevano parlato. Magari le aveva fatto una bella ramanzina sull’andare
in giro da sola di notte.
Tyra
scosse la testa “Qualcuno mi ha fatto presente che comunque sarebbe stato più
costruttivo andare avanti”.
“Un
saggio tibetano probabilmente” ammiccò Albus. Forse sotto c’era qualcosa di più
di una ramanzina.
“Non
credo: in fondo penso che gli piaccia essere perennemente disturbato dalla
gente intorno a lui”.
Al
glielo concesse con un breve sorriso “Sai molte cose per avermi parlato dieci
minuti, o forse meno” constatò, portando a galla l’argomento che lo interessava
di più.
“Esiste
la rete: fonte inesauribile di informazioni. Ti hanno mai detto che quando
suoni ti si legge tutto in faccia? Soprattutto la frase –questo ragazzo è
squilibrato- quando Louis cerca di buttarsi giù dal palco”.
“Quella
ce l’avevo anche l’altra sera” si arrese Albus. Non poteva controllarsi sempre
e ammetteva di sentirsi più libero quando stava con la sua band: era certo di
non avere persone del mondo magico che lo osservavano pronte a riferire ogni
più piccola anomalia o emozione poco consona. Al massimo ragazzine
psicopatiche, come stava appurando.
“Notata”
lo avvisò Tyra giocando con la sua cannuccia.
“E
tu?” non si potè trattenere dal domandare Albus: se lei sembrava così informata
su di lui, almeno voleva uno scambio “sei sempre così pimpante o è solo in mio
onore?”
“Non
ha senso farsi dominare dalle emozioni negative. Altrimenti a quest’ora mi
sarei già fatta odiare da Rose perché le avrei già scritto almeno cinque
messaggi”.
“Tutti
sul medaglione?” chiese Al ridendo.
“Quattro.
Magari uno l’avrei usato per chiederle qualcosa su di te”.
“Schietta.
Ti lascio una domanda, dopo che mi avrai raccontato tutta la storia del tuo
medaglione”.
Tyra
gli sorrise “È un cimelio di famiglia, da parte di mia madre per la precisione.
Si tramanda ai figli da tempo immemore”.
“Sembrava
vecchio in effetti...”
“Antico,
prego” lo rimbrottò Tyra, guadagnandosi il rimprovero di essere uguale a Rose
“Comunque, si dice sia legato a una vicenda d’amore. A Rose piacerebbe,
racconterò anche a lei questa storia”.
“È
sufficiente non tratti di un amore non corrisposto durato anni che alla fine
trova coronamento. In quel caso, taci!” mise in chiaro Al.
La
ragazza rimase silenziosa pensando e Albus cominciò a disperarsi “Non è
possibile!” Esclamò alla fine scuotendo la testa.
“La
leggenda di famiglia... Non guardarmi così! Non l’ho inventata io!” cercò di
difendersi la ragazza “la leggenda racconta che fu regalato a una mia antenata
da un nobiluomo innamorato di lei”.
“Nessuno
però ha parlato di un corteggiamento durato anni” notò subito Al.
“Credi
davvero che Rose non integrerà la leggenda? Si può costruire una bella storia
d’amore intorno a poche informazioni” gli fece notare Tyra.
“Voi
ragazze siete esperte” si arrese alla fine Albus.
“Mi
piace pensare che la mia antenata sia stata blandita a lungo prima di cedere e
non ci sia concessa solo perché lui era di rango sociale superiore”.
“Perché
tutti devono avere una vita da romanzo? Non potrebbe aver avuto una vita molto
tranquilla, serena, senza alti e bassi?” fece presente Al sconsolato.
“Per
riconoscere la felicità bisogna provare il dolore” rispose Tyra dopo aver
riflettuto.
Albus
alzò le mani in segno di resa: il discorso si stava facendo troppo filosofico
per i suoi gusti “Va bene, va bene. Ti concedo una domanda, allora: sono
soddisfatto della tua leggenda”.
La
ragazza si mosse un po’ sulla sedia, come in cerca di ispirazione. Infatti
cominciò “Parlare della leggenda mi ha fatto ricordare che discendo da un
nobile, se vogliamo credere alle chiacchiere” Al la fissò stralunato: si era
aspettato qualunque cosa ma non che volesse parlare della sua famiglia. Tyra
mal interpretò e spiegò “Pare che la mia antenata avesse avuto una figlia da
lui, anche se l’aveva cresciuta da sola perché lui l’aveva lasciata”.
“È
veramente un romanzo rosa!” si disperò teatralmente il ragazzo cercando di distrarla.
“Insomma,
tu? Antenati importanti?”
Albus
aveva davvero pensato di risponderle sinceramente. Questo prima di conoscere
l’argomento di cui avrebbe dovuto parlare “Mio nonno è un grande batterista,
almeno quando suona nella rimessa di famiglia” le disse avvicinandosi con fare
cospiratorio.
Tyra
capì la battuta e si mise a ridere. Forse avrebbe potuto chiedergli qualcosa di
un po’ meno ovvio ma aveva la sensazione che con Albus non si potesse arrivare
subito al punto. Poi era un ottimo modo per fargli parlare di sé.
Sono
tornata! Dopo un periodo di tempo improponibile, me ne rendo conto, ma sono
tornata: apposta per farvi gli auguri! Speravo di riuscire a postare prima ma
le distrazioni sono state troppe… Ma non temete,
stiamo volgendo al termine, come avrete capito. Il prossimo capitolo dovrebbe
essere quello decisivo per Rose e Scorpius. Felix sta lavorando per noi!