Convivenza forzata

di LadyLisaLaurie
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Capitolo I ***
Capitolo 2: *** Capitolo II ***
Capitolo 3: *** Capitolo III - parte prima ***
Capitolo 4: *** Capitolo III - parte seconda ***
Capitolo 5: *** Capitolo III - parte terza ***



Capitolo 1
*** Capitolo I ***


convivenza (1)

“No…Wilson…no!” Cuddy cercava disperatamente di dissuadere James Wilson dal chiederle ancora una volta quel favore personale.

“Cuddy. Cuddy…sono solo un paio di giorni. Ti prego io non…”

“No! House a casa mia no…”

“Cuddy…Cuddy….io e Julie siamo in un momento critico non posso…”

“Tu sei sempre in un momento critico con Julie, cosa cambia adesso?”

“Adesso…siamo in procinto di divorzio e House non aiuterebbe, Cuddy per favore!” ad una supplica tanto sentita, Cuddy non poté fare a meno di posare lo sguardo sull’amico, che aveva la testa piegata, vergognato del favore che le stava chiedendo.


CAPITOLO I
“House…devi comportarti bene! Cuddy ti sta facendo un enorme favore!”

Wilson aprì il portabagagli della sua auto e House scese dal lato del passeggero. Wilson gli aveva detto di presentarsi in un modo, quanto meno vicino al decente: lo aveva costretto ad indossare dei pantaloni diversi dai jeans che indossava da 4 giorni, una maglietta che non fosse commemorativa di un qualche evento di ‘droga sesso e rock ‘n’ roll’, e magari anche una camicia stirata e poi, la cosa che House odiava più di tutte, gli aveva scelto una cravatta. A vedersi allo specchio si appariva come un fantoccio infiocchettato più che un uomo dallo spirito libero.

“Sì papino, prometto che non farò niente di cattivo alla mammina….niente che lei non voglia che le sia fatto!”

“House! - Wilson emerse da dietro la macchina - Non farlo, ti prego! Non rovinare l’unica persona oltre a me che può sopportarti! Devi fare il bravo per due giorni!”

“Perché mi parli come se fossi un bambino irresponsabile?”

“La tua domanda…difficile rispondere diversamente da ‘perché lo sei!’”

“Antipatico”

“Asociale…”

“Cornuto!” Wilson si limitò a chiudere gli occhi in segno di sconfitta. Detestava incredibilmente che House gli appuntasse sempre l’infedeltà della moglie. Per lui era stato molto difficile affrontare la questione del tradimento, e dopo quel periodo che sembrava infinito, di permanenza sul divano a casa di House e gli alberghi, avevano optato per un tentativo di riconciliazione, che a detta di House sarebbe fallito prima ancora di iniziare.

“Ciao!” Cuddy aprì la porta con un grande sorriso sul volto, del tutto forzato sì, ma pur sempre splendido e splendente. House iniziò a squadrarla dalla testa ai piedi: aveva i capelli arruffati raccolti in una coda alta, il trucco tutto sbavato, non aveva per niente il volto rilassato, era scalza e un grembiule bianco sporco di sugo le copriva le meravigliose forme sinuose che lui sperava tanto di poter osservare nella permanenza in quella casa.

“E io che mi son vestito di tutto punto per te!” irruppe House entrando nella casa senza attendere l’invito dalla padrona.

“Grazie!” Wilson lo sussurrò all’orecchio di Cuddy, consapevole di quanto fosse difficile per lei accettare una cosa del genere.

“Ops!” dal soggiorno si sentì il rumore di qualcosa che andava rotto e House che, senza nasconderlo, era divertito dalla cosa. Cuddy e Wilson lo immaginavo prendere il vaso e gettarlo volontariamente a terra, come un bambino di 3 anni.

“Prego! - rispose Cuddy a Wilson, facendo svanire il sorriso sentendo quel rumore. - Vado a prendere la scopa!” disse poi entrando nel soggiorno.

“Hooouse! - Wilson digrignì i denti inveendo fisicamente su House, era ad un passo dal tirargli uno schiaffo. - Ti avevo chiesto di non fare il bambino!”

“Ma poi hai anche detto che non c’è altro modo per definirmi quindi…mi comporto come tale!”

“Già perché se fossi adulto, puliresti la tua casa o…chiameresti qualcuno – Cuddy diede un colpetto alla gamba di House con la scopa per farlo spostare – per pulirla, senza dover arrivare a farla disinfestare perché piena di scarafaggi!” concluse poi riassettando il disordine.

“Ma poi come farei a godere della tua vivace compagnia?” Cuddy gli lanciò uno sguardo torvo.

“Cuddy se serve qualsiasi cosa…se…dovesse piangere durante la notte, fare i capricci, molestarti…chiamami, verrò qui subito!” Wilson era così premuroso con lei. Sembrava davvero il papà che lascia il figlio qualche giorno da un’amica.

“Vai tranquillo, so cavarmela da sola! Tu pensa a risolvere il tuo problema che mi sembra molto peggio del mio. Io…so come trattare con un bambino! E poi…ho una pistola nascosta sotto il cuscino, se prova ad avvicinarsi gli sparo dove non gli ricresce!” Cuddy spinse amorevolmente un Wilson preoccupato e costernato dal grande favore che gli stava facendo, mentre House a sentire quelle parole d’istinto si strinse una mano sui genitali.

“Non eri seria circa lo sparare vero? No così…per sapere il livello di bondage che pratichi di solito!”

“Dammi la giacca House!” Cuddy fece un sorrisetto a metà tra il divertito e il prevedibile e prese la giacca di House, appendendola nell’armadio dietro la porta.

Cuddy si diresse in cucina e aprì il coperchio di una delle pentole che bolliva sul fuoco; House la seguì con fare curioso e si ritrovò con un cucchiaio di legno sporco di sugo davanti al volto, e la mano di Cuddy che da sotto evitava che sgocciolasse per terra.

“Assaggia!” gli disse

“Ad una condizione…” rispose lui

“House…” Cuddy era riluttante

“Niente di sporco promesso!”

“Sentiamo…”

“Dopo che avrò assaggiato, facciamo la doccia insieme?” per lui sembrava così naturale.

“HOUSE!” gli urlò contro

“Fare la doccia è pulirsi, non è sporco!” Cuddy rimase senza parole e si limitò a spegnere i fornelli e spostarsi nell’altra stanza.

“Allora mi sistemo qui?” House abbandonò il suo corpo sul divano di Cuddy.

“No! - lei sbucò dal corridoio e gli fece segno di seguirla - Questa è la tua stanza!”

“Ohh…l’hai fatta apposta per me…io adoro la carta da parati gialla con i fiorellini!”

“House…è la stanza degli ospiti! Ti prendo delle lenzuola pulite e degli asciugamani…tu puoi, sistemare le tue cose in questo mobile, lì c’è un armadio e il bagno è la stanza di fronte!” e sparì per andare a prendere queste cose. Ritornò nella stanza con in mano un set di lenzuola e federe per cuscini azzurri, e un set di asciugamani di tutte le dimensioni bianchi.

“Allora…lo facciamo sul mio letto o sul tuo? Il tuo è più grande, più comodo. Vado a prepararmi…”

“House!” Cuddy prese le lenzuola ed iniziò a sistemarle sul letto mentre House si guardava intorno.

“Dunque…tu hai un letto bello grande…”

“Non riesci a non pensare ad altro se non al sesso?”

“Guarda che sei tu quella maliziosa. Io parlavo del fatto che tu hai un letto matrimoniale e io un lettino minuscolo. Una buona padrona di casa lascerebbe ad un invalido il letto più grande.”

“Tu limitati a dormire dritto e non in obliquo e vedrai che andrai d’amore d’accordo con questo letto!” Cuddy sprimacciò il cuscino e lo mise sul letto tutto fatto.

“Mamma cattiva!” le rispose lui con un sorrisetto da bambino offeso.

“Non ho ospiti molto spesso!” disse lei in tono pacato

“Nessuno si ferma da te per la notte? Brutta cosa…”

“Si fermano…ma dormono nel letto con me…e non sempre ‘dormiamo’” era maliziosa e la cosa non le dispiaceva. I giochetti con House nel tempo si erano fatti divertenti e un qualcosa che dava dipendenza. Uscì dalla stanza per lasciarlo nella sua intimità, per farlo rinfrescare, abituare. House non era un tipo dal cambiamento facile e quella convivenza forzata innervosiva lui più di lei, ne era certa.

“Abbiamo ospiti a cena?” entrò nella cucina dove Cuddy stava infornando una teglia di lasagne vegetariane e controllava le verdure sul fuoco.

“Io ho ospiti a cena…la casa è mia ricordi? Viene la mia famiglia, lo facciamo sempre una volta al mese. Mia madre, mio padre, mia sorella e il marito e mio fratello con la sua compagna.”

“Capito…mi tolgo dalle scatole…vado da Wilson per una pizza!”

“No! Lascia Wilson…tu cenerai con noi! Sei mio ospite anche tu no?” era così dolce e amorevole con lui, quasi fosse contenta di averlo lì con lei. Ad House venne in mente che gli stava per chiedere di fingersi il suo fidanzato o comunque di essere innamorato di lei, e la cosa…lo preoccupava e incuriosiva molto.

“Ma…devo chiamarli mamma e papà e amoreggiare con te davanti a loro?” decise di bruciare sul tempo e porle la domanda scegliendo un modo sufficientemente diretto ed esplicito.

“Assolutamente no! Tu sei un ospite e basta…un amico…non…non azzardarti ad avvicinarti a me con le tue labbra!” Cuddy non sapeva se essere scioccata o lusingata dalla proposta di House. Infondo le stava chiedendo se avesse dovuto fingere di avere una relazione con lei, e per un momento l’idea di averne una seriamente le attraversò i pensieri, lasciando un soffice calore di dolcezza al suo passaggio.

“Non ti sembra scortese che non ci sia una doccia nel tuo bagno?” House rientrò nella cucina allacciando la cintura.

“E’ nel mio bagno!”

“Scostumata!”

“Non serve a nessuno in un bagno che usano solo gli ospiti, se vuoi fare un bagno puoi farlo nel mio senza problemi!”

“E violare l’intimità della tua camera da letto?? Ma per chi mi hai preso?? Tz” alzò gli occhi al cielo.

“Bene, qui è tutto pronto, allora io vado a rinfrescarmi e cambiarmi, dovrebbero essere qui tra un’oretta. Tu…guarda la tv, mangia qualcosa, fai quello che vuoi! – Cuddy si tolse il grembiule, adagiandolo perfettamente su una sedia e si diresse verso la sua camera da letto, seguita da House. – Cosa fai?”

“Quello che voglio…e io voglio seguirti!”

“House…devo andare in bagno tu non…”

“Oh ma tranquilla io non mi vergogno di vederti nuda!” rimasero fermi sulla soglia della camera da letto di Cuddy. Lei con un sorriso inquisitore e la mano poggiata sull’asse portante della porta per non farlo entrare e lui, poggiato di peso sul suo bastone, con quel suo sorrisetto malizioso che la squadrava da capo a piedi, cercando un punto debole da colpire.

****

“Come sto?” Cuddy entrò nel salotto volteggiando in un vestito blu scuro: una gonna larga a mezza gamba, chiuso dietro il collo con due fasce che si intrecciavano coprendo i seni, ma lasciando scoperta una piccola porzione di stomaco e di petto, scarpe bianche Manolo Blahnik.

“Bene!” House alzò di poco lo sguardo

“È il terzo vestito che dici bene, riesci a decidere? Non può essere che mi stiano tutti bene!”

“Non li avresti comprati se ti stessero male, quindi che vuoi da me?”

“Un parere oggettivo!”

“Sei una gnocca!”

“House!”

“Oggettivamente parlando è vero. Quelle scarpe non mi piacciono!” diede una rapida occhiatta e poi tornò a leggere la rivista: la casa di oggi – 1500 modi per arredare la tua casa in pochi tocchi.

“A me…piacciono e me le tengo.” Cuddy svanì di nuovo nella sua stanza a cercare un altro vestito e House si alzò dal divano seguendola.

“Perché voi donne dovete per forza torturarvi con scarpe costosissime che vi uccidono i piedi? Tutto per qualche centimetro in più? A che scopo? Se…”

“Almeno così riusciamo a vedere negli occhi quelli alti come te!” uscì dalla stanza indossando un abito bianco: la gonna svasata di poco sotto al ginocchio, con un leggero spacco, il corpetto finemente elaborato in pizzo con decorazioni di rose e delle sottili bretelline che si poggiavano delicatamente sulle sue spalle.

“Però…questo è…incantevole!” House rimase a bocca aperta osservandola

“Grazie!” Cuddy lo superò e si diresse in cucina

“Ma le scarpe non le hai cambiate!”

“Mi piacciono…” urlò lei dalla stanza.

Al suono del campanello, una Cuddy un po’ imbarazzata dalla presenza di House, aprì la porta tirando su un gran sospiro.

“Ciao” accolse con un caloroso sorriso la madre. Diede due baci a tutti, facendoli accomodare e uno dopo l’altro si stupirono di trovare House in piedi lì fermo, con un sorriso a bocca chiusa e in totale silenzio.

“Salve!” proruppe la madre

“Salve!” rispose lui

Cuddy era veramente molto imbarazzata, come spiegare alla propria famiglia che l’uomo che la faceva dannare da 10 anni sarebbe rimasto da lei per i prossimi due giorni?

“Lui è…House…House è un…mio collega e…” era molto imbarazzata.

“È il tuo fidanzato?” le chiese invadente la madre

“No! No! Lui è un amico…e…io lo ospito per un paio di giorni!” sorrise nervosamente. Il padre lo squadrò dalla testa ai piedi con un fare poco amichevole e House lo notò, così pensò di dire qualcosa per cacciarla fuori dall’imbarazzo.

“Dormiamo in letti separati, tranquilli!” certo tirarla fuori da un imbarazzo e cacciarla in un altro…era stata veramente una cosa poco intelligente!

“Perché non…vi sedete di là io…prendo gli aperitivi!” Cuddy cercò di cacciarsi fuori dalla situazione. Si diresse in cucina, con le mani tra i capelli pensando Cretina, cretina. Come hai potuto pensare che House fosse normale per una volta.

“È carino!” la sorella di Cuddy entrò in cucina

“Non è carino!”

“Hai ragione è proprio bello!”

“Emily smettila!”
“Che c’è non ti piace?” a questa domanda non sapeva come rispondere. Mentre sistemava nervosamente i bicchieri con l’aperitivo sul vassoio, e gli accostava i salatini, le olive, i cetriolini e i tovaglioli pensava alla risposta da dare. Sì, mi piace e anche parecchio. Tutto sommato è divertente, interessante, intrigante e i suoi occhi…oh i suoi occhi. Sono innamorata di lui da più di 10anni e non gliel’ho mai detto. Una più scema di me non esiste!

“No! Te l’ho detto è solo un amico!” fu questa la risposta che diede, una risposta tranquilla, neutrale, sicura. Una gigantesca bugia nel suo cuore, ma una pacata verità per chi l’ascoltava.

Quando entrò nella stanza li trovò in un silenzio tombale ad osservare tutti House.

“Allora….Greg…tu che cosa fai con Lisa?” non era certo che la domanda del fratello si riferisse al suo lavoro con Lisa o al suo rapporto personale con lei. A scanso di equivoci rispose per il primo.

“Sono un dottore!” sintetico, conciso. Odiava dare dettagli.

“Beh non era difficile capirlo se lavori con Lisa!” rispose il fratello. Il suo era un gioco, voleva innervosirlo per metterlo a disagio. Non gli piaceva, lo aveva deciso appena varcata la soglia della porta, lo vedeva scostante e antipatico. Voleva umiliarlo, probabilmente!

“Beh potrei anche fare l’infermiere, non per forza il medico!” rispose altrettanto arrogantemente House e Cuddy gli fece cenno di chiuderla lì.

“Veramente se volessimo…House lavora per me, non con me!” puntualizzò lei

“Com’è lavorare per mia sorella? È cattiva?” la sorella si intrufolò nel discorso.

“È dolce come il Diavolo!” le rivolse un sorrisetto cattivo ed infingardo.

“Se tu fossi più adulto di un bambino di 10 mesi probabilmente potrei anche esser più dolce non credi?” per quell’istante sembrava non ci fosse nessun altro oltre loro due: una stanza vuota, e loro due seduti accanto su quel divano, a sorseggiare l’aperitivo e ironicamente insultarsi.

“Se fossi un bambino di…5 anni usciresti con me mammina?” Cuddy gli rivolse solo un sorriso divertito e non rispose, ma era diventata tutta rossa in volto, ritornando alla realtà della situazione dove altre persone erano presenti…la sua famiglia.

“Noi siamo molto orgogliosi della nostra Lisa, si è fatta una bellissima donna in carriera e…”

“Mamma…” Cuddy era imbarazzata. Detestava quando la madre la elogiava in presenza di estranei alla famiglia, più che altro perché sapeva che si sarebbe arrivati poi ai racconti di quando da bambina correva tutta nuda intorno alla piscina, per sfuggire al bagnetto del martedì, o alle sue relazioni sentimentali del liceo. Ancora di più temeva che si arrivasse a parlare di quelle del college che, sapeva benissimo, avrebbero spinto fino ad House.

Ma fu proprio House a sorprenderla con la sua risposta “E fate bene ad esserlo. È una donna meravigliosa, generosa e un grande capo. Il migliore che abbia mai avuto…e ne ho cambiati tanti!” lo disse sorridendo ma con la testa bassa un po’ vergognato di incrociare il suo sguardo.

Per tutta la durata della cena House sembrò tutt’altra persona, per una volta, come gli aveva chiesto Cuddy, si era comportato bene: era stato educato, gentile con lei e gli altri presenti, non si era lasciato trasportare dal desiderio di rivincita personale sul fratello di Cuddy, che lo aveva stuzzicato tutto il tempo.

Quando Cuddy con gli altri si spostarono in cucina per riassettare, finalmente House rimase solo con Anthony che sferrò il colpo finale. Gli si avvicinò, bloccandogli i movimenti con una mano sul braccio “Se fai qualsiasi cosa a mia sorella, vengo a cercarti anche in capo al mondo e ti ammazzo con le mie mani! Intesi?” gli lasciò la presa e House semplicemente sorridendo gli rispose e passò oltre lui “Ammesso che non l’abbia già toccata!” e sparì nella stanza raggiungendo gli altri. Si era preso la sua rivincita silenziosa!

“Sembra un giovanotto molto interessante!”

“Mamma non ricominciare!” Cuddy stava lavando i piatti, mentre la madre l’aiutava a ripulire il tavolo e ogni tanto le lanciava qualche occhiata maliziosa accompagnata da commenti sulla personalità o l’aspetto di House.

“Che ho detto? Solo che è carino e vi vedo proprio bene insieme! Non dici che potresti pensarci?”

“No, non dico è inutile che ci penso perché è una cosa che non accadrà mai…passami quei bicchieri”

“Lisa hai 40 anni ormai, non puoi essere così schizzinosa come sempre. Devi trovare un uomo che ti stia accanto e che ti aiuti…ne hai bisogno!”

“Aiutarmi a far cosa? E poi House? Andiamo…lui riesce a stento ad aiutare sé stesso, come può aiutare me?”

“Non sempre è l’aiuto fisico di cui abbiamo bisogno…a volte basta quello morale!”. Detestava che si parlasse della sua vita privata, come se a lei non interessasse averne una, come se anche lei non desiderasse avere un uomo accanto nella vita e stringersi tra le sue braccia e dimenticare gli affanni e i tormenti della giornata.

“House non è per niente la scelta più giusta per questo mamma. Lui è già complessato di suo ed è lui ad aver bisogno di aiuto! Io…se non fosse per pietà non sarebbe neanche qui adesso!”. Non sapeva perché avesse detto quelle parole, non lo sapeva da dove provenissero, ma alle orecchie di House, sembrarono cariche di cattiveria. Non avrebbe dovuto origliare, ma la curiosità aveva prevalso ancora una volta e rimanendo in ascolto sentì parole che al suo cuore arrivarono come pugnali…e non poteva permettere che rimanessero impunite!

“Ecco il gelato, ci vuole un dessert no?” Cuddy entrò nel salone portando un vassoio con delle coppe di gelato.

“Hai del gelato in casa? E la tua dieta? Non hai paura che il tuo culone ne risenta? - questo colpo basso non se lo sarebbe mai aspettato da House, non dopo l’intera serata. – Certo poi trovi sempre un cretino come me che ti si porta a letto comunque. L’acohol fa miracoli!” House prese con non chalance la sua coppa di gelato ed iniziò a portarsi qualche cucchiaiata alla bocca, sotto lo sguardo attonito degli altri, mentre Cuddy ancora era rimasta freddata da quelle parole.

“Io…” avrebbe voluto scusarsi per quel comportamento infantile e maleducato, ma non riuscì a far uscire le parole.

“Sì…dicevi proprio questo quella notte. Come dimenticare…a 19 anni ubriaca persa, a letto con uno sconosciuto! Che bei ricordi!” continuava a mangiare il suo gelato come se niente fosse, quasi la sua fosse una piacevole e normale conversazione.

Cuddy rimase pietrificata e la mano iniziò a tremare. Fissò lo sguardo in un punto, sperando di svegliarsi da quell’incubo e scoprire di esser nel suo letto e che la sensazione di bagnato che sentiva fosse solo sudore da incubi non da agitazione e imbarazzo.

“Scusate!” si alzò e velocemente corse in bagno.

“È stato un vero piacere conoscervi. Arrivederci!” House si alzò e andò nella sua stanza, chiudendosi dietro la porta a chiave.

“Sicura di star bene tesoro?”

“Tutto bene papà! Tutto bene…buonanotte!” Cuddy richiuse la porta di casa con la catenella. Aveva gli occhi rossi e gonfi, certamente le lacrime erano scese pesanti in quei 10 minuti chiusa in bagno. House l’aveva umiliata, non solo…l’aveva ridicolizzata davanti alla sua famiglia, il tutto senza un motivo a lei chiaro.

“Beh una bella serata no?” House comparì alle sue spalle.

“Sparisci dalla mia vista. Mi fai schifo!” la rabbia stava nei suoi occhi, incontrollabile rabbia. In quel momento avrebbe solo voluto vomitargli addosso tutta la sua cattiveria, dirgli quanto l’aveva umiliata, ferita, che si sentiva uno straccio, una pedina del suo gioco. Ma non poteva, perché sapeva che l’avrebbe ferito a morte, e non voleva farlo. Lui non poteva soffrire più di quanto non facesse, e non voleva esser lei la causa di tutta quella sofferenza in più.

“Ah anche schifo…qualcos’altro, no?”

“Cosa vuoi? Vattene nella tua stanza e chiuditi lì dentro! Lasciami sola House…sparisci!”

“La povera Lisa Cuddy vuole piangersi addosso? L’hanno toccata nel profondo…l’hanno colpita dove fa male? Per una volta hai meritato ogni singola vergogna che hai provato e ogni mia parola spero ti abbia colpito tanto quanto le tue hanno fatto! – si fermò qualche istante ad osservarla piangere seduta sul divano – Non ho pietà per te Cuddy…e non ti ho chiesto di averne per me!” e sparì nella sua stanza sbattendo la porta.

Quella notte Cuddy avrebbe voluto bussare alla sua porta per chiedergli scusa: aveva capito…aveva capito che lui aveva origliato e che le sue parole erano state cattive e non vere. Le aveva dette per proteggersi, perché voleva togliere alcun dubbio su un suo coinvolgimento con lui. E avevano fatto male anche lei…ma mai quanto immaginava avessero colpito lui!

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Capitolo 2
*** Capitolo II ***


capitolo 2 Tutto quello che leggerete è come secondo me si comporterebbero House e Cuddy nella precisa situazione. Il prossimo capitolo sarà quello finale, ma essendo troppo lungo lo suddividerò in due, forse anche tre, parti. Vi faccio soffrire insomma, sono proprio cattiva. Buona lettura e grazie per i commenti.
@Miky: grazie ciuchina, mi fai arrossire!
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CAPITOLO II

Erano le 8 di mattina: Cuddy aveva ignorato la sveglia delle 6 ed era rimasta nel letto; lo aveva sentito alzarsi alle 5 e camminare nervosamente per la casa. La gamba doveva fargli terribilmente male e forse aveva finito il Vicodin, ma lei aveva paura di uscire a vedere, paura che lui le urlasse contro ancora, che le dicesse qualcosa di cattivo o peggio…che la ignorasse.

Erano le 8 di mattina e ormai il tempo di alzarsi giungeva, doveva andare a lavoro e…aveva solo paura di incrociarlo. Dopo quella camminata mattutina frenetica lo aveva sentito richiudere la sua porta; era sicura di non poterlo trovare, troppo presto per lui per andare a lavorare.“Buongiorno!”

“Buon….giorno. Sei…già sveglio?”

“Dobbiamo andare a lavoro no? C’è brutto tempo oggi, credo che verrò con te…Wilson mi ha fatto lasciare la moto e se vengo a piedi penso che…”

“Ma no no…nessun problema, certo andiamo insieme! Faccio…il…”

“Già fatto io! Tieni!” House le porse una tazza di caffè. Non era sicura di ciò che stesse accadendo, se lui le avrebbe rinfacciato qualcosa della sera precedente, o se avrebbe semplicemente continuato così, ma decise di rimanere in silenzio e lasciare che fosse lui a far la prima mossa.

“Allora…brutto tempo eh?” una cosa stupida e banale, doveva interrompere quel silenzio. Aveva bisogno di sapere, ne sentiva la necessità. Il silenzio la stava martoriando più delle mille parole urlate, degli insulti, delle prese in giro. Doveva sapere se per lui era tutto dimenticato o no.

“Mhf” House mugugnò soltanto.

Cuddy aspettò qualche istante prima di prendere coraggio ed iniziare a parlare “Io non…provo pietà per te…”

“Quel completo ti sta molto bene!”

“Penso solo che tu a volte ti autocommiseri troppo e fai sembrare…”

“Dovresti indossarlo più spesso, risalta molto le tue forme femminili!”

“House ascoltami, parlo sul serio!”

“Anche io ti ignoro sul serio, perché sono fatto così, sono un bambino e non voglio parlare di quello che non mi piace. E poi…se continuiamo a parlare finisce che mi autocommisero ancora e dovresti…provare pietà per me!” lasciò la tazza ancora piena nel lavandino e andò nella stanza accanto.

Decisamente non era stato un dialogo come quello che aveva immaginato: imprevedibilità, era la parola chiave da ricercare nei discorsi con House. Lisa Cuddy sapeva come trattare con lui, sapeva che prima o poi sarebbe stato proprio Gregory House ad andare da lei a chiarire, ma quello non era il momento, ci aveva provato, ma non era il momento, ora c’era solo l’attesa.

****

“Però…una notte a casa di Cuddy e già ti ha contagiato? Mangi solo un’insalata?” Wilson si sedette accanto ad un House pensieroso nella sala mensa.

“Io ti sembro uno che fa pietà?” House proruppe in quel modo, uscendo dai suoi pensieri ed inciampando nello sguardo perplesso di Wilson.

“Ehhh…beh a guardarti non susciti certo gioia per gli occhi!”

“No voglio dire…il mio modo di essere, ti fa pensare che sono da commiserare?”

“Stiamo parlando della tua gamba? Del fatto che zoppichi?”

“Sì!”

“Beh non è pietà House, noi la chiamiamo sensibilità. Uno sciocco sentimento umano che porta le persone a sembrare impietosite, ma non lo sono. Solo umanità House, tu ne sei immune tranquillo, non è contagiosa!”

House abbassò la testa ed iniziò a giocare con quella coppa di insalata che non aveva neanche mai toccato “Cuddy ha detto alla madre che prova pietà per me!”

“Ah! E ne avete parlato? – Wilson aspettò qualche istante – Il tuo silenzio mi spaventa…perché conoscendoti so che tu le avrai detto qualcosa di brutto…cosa?” la sua faccia non era sicura come prima, anzi era dubbioso, titubante e spaventato dalla risposta.

“Credo di averla fatta più grossa del normale questa volta!”

“Peggio che urlare in una caffetteria che cerca appuntamenti online? Non credo!”

“E se ti dicessi che ho spifferato ai suoi genitori che al college abbiamo fatto sesso insieme?”

“Ti direi che hai detto una bugia a loro, ma conoscendoti faresti di tutto per vendetta!”

“Beh una bugia c’è sì…ma non tanto riguardo la cosa detta…più che altro mento a te sulle modalità in cui l’ho detta…”

“Tu e la Cuddy?? Oh mio Dio! E tu l’hai detto ai suoi genitori? – si fermò un attimo a riflettere – E lei non ti ha ucciso?”

“Non mi vedi? Sono morto?” House si mise ad urlare nella sala mensa come un bambino.

“House…per forza è arrabbiata con te, che cosa pretendi…l’hai sputtanata alla sua famiglia! Non penso che sia andata tutta allegra a dire ‘mamma papà sono stata a letto con un uomo 8 anni più grande di me’”

“Lo sai, se non sapessi che Cuddy è nel suo ufficio…hai la sua stessa voce! – abbassò di nuovo il capo – Non è lei ad esser arrabbiata con me. Lo sono io con lei!”

“Perché non ha reagito come ti aspettavi? O perché sei solo pazzo?”

“Mi ha dato del bambino di 10 mesi davanti a tutti e ha detto a sua madre che le faccio pietà…capisci? Pietà…io non devo commiserare nessuno Wilson!”

“Magari cercava un modo di rimediare al casino che hai combinato House, e sul bambino non ha torto sei proprio un bambino, guardati…a 50 anni stai qui a piangerti addosso perché una donna ha detto che ha pietà di te, e perché non dovrebbe? Ti aggiri per l’ospedale come fossi un fantasma, ci sei e l’attimo dopo sparisci, passi il tuo tempo in solitudine e la maggior parte delle volte sei ubriaco o strafatto di Vicodin e non vuoi neanche ammettere di esserne dipendente. La questione qui è un’altra…è lei ad aver pietà di te o tu di lei? Conoscendoti avresti potuto andare oltre le offese che le hai fatto ieri ma ti sei fermato…perché in cuor tuo ci tieni a lei…”

“Ohhh adesso parte la storia dell’affetto represso…” House si alzò cercando di liberarsi di Wilson, ma questa volta no…l’oncologo lo seguì.

“Non pensare di sfuggirmi…hai voluto iniziare il discorso e ora lo finiamo!” House entrò nell’ascensore e mentre le porte si richiudevano alzò la mano sinistra e salutò Wilson.

“Il fantasma se ne va…buu!”

“Io non zoppico, posso fare le scale!” quando si aprirono le porte Wilson era lì davanti ad aspettarlo.

“Se vuoi ovviamo al problema!” guardò la gamba dell’amico e indicò il bastone, quasi a dire ‘ti faccio zoppicare io, ho un metodo infallibile’.

House si diresse verso il suo ufficio e arrivandovi spalancò la porta sperando che potesse bloccare Wilson, ma non ci riuscì.

“Tu hai un problema con le tue emozioni, per questo ci stai male. Tu non sai se chiederle aiuto o rimanere in silenzio.”

“Tu il problema di restare in silenzio invece non te lo poni eh? Beh dovresti!”

Wilson sorrise “Parlale House, chiarisci. Hai bisogno di lei…è l’unica che ti fa provare delle emozioni, se l’allontani…ho paura che resterai veramente da solo e tu lo vuoi meno di tutti noi”

“Gne gne gne gne gne!”

“Un bambino di 10 mesi? È stata fin troppo gentile…” Wilson se ne andò lasciandolo assorto nei suoi pensieri. Le paternali di Wilson erano l’ultima cosa che avrebbe voluto in quella giornata, le detestava, perché sapeva che aveva ragione. Lui aveva bisogno di Cuddy, la voleva nella sua vita, tanto quanto voleva il Vicodin per non sentire il dolore alla gamba. Lisa Cuddy era paragonabile ad un buon vino Sauvignon: asciutto, brioso, elegante, con quel suo profumo intenso e aromatico che non era volgare, ma inebriante. Un vino da gustare lentamente, con piacere, senza alcuna fretta e che necessitava di una gran cura nell’assaporarlo. Così era Cuddy, una compagna silenziosa che entrava nella tua vita e non ne usciva più…era come il sangue che scorreva nelle sue vene, ne aveva bisogno ogni giorno di più e lui la stava allontanando sempre di più.

****

“No, no, non mi interessa…Si….bene….al diavolo!” House sbatté la cornetta del telefono incavolato nero. In quel momento entrò Cuddy.

“Momento sbagliato?” gli disse con voce dolce

“No…quelli della compagnia…sono dei ladri…”

“Ti hanno aumentato la tariffa?”

“No…dicono che ci vorrà un giorno in più perché…non ho capito…ero impegnato ad urlare! Andrò in albergo stasera stessa…appena esco vengo a prendere le mie cose, tranquilla!”

“Ma no House…va bene…un giorno in più non farà nulla…siamo adulti no?” Cuddy cercava di esser amorevole, non voleva bombardarlo di parole, pensieri ed emozioni.

“Ok…se per te va bene…volevi dirmi qualcosa?” House voleva provare per una volta a comportarsi diversamente da come avrebbe fatto, voleva fare l’adulto per la prima volta nella sua vita.

“Oh beh io…ero venuta per…” ci fu un silenzio imbarazzante.

“Scusami Cuddy! Ho esagerato ieri sera, io non avrei dovuto mai dire…”

“…io non avrei dovuto. – si mise a ridere – Siamo due idioti! Stiamo qui a chiederci scusa e…l’uno non sente l’altra…”

House si alzò dalla sedia e si avvicinò a lei “Sì siamo veramente stupidi! Allora tutto apposto?”

“Tutto apposto!” lei gli mostrò il suo sorriso, uno dei più belli, radiosi e sinceri che avesse mai mostrato. C’era l’imbarazzo adesso: una stretta di mano tra colleghi, o un abbraccio da amici?

Cuddy optò per la stretta di mano, House si era slanciato anche troppo e non voleva metterlo in ulteriore imbarazzo, un passo la volta. Ma quella stretta diceva molto di più del semplice ‘ti perdono’ era una promessa, come un voto nuziale, con il quale entrambi si giuravano di non ferirsi mai più così, di restare sempre uniti nel bene e nel male, in salute e in malattia…entrambi si chiedevano chi per primo avrebbe rotto la promessa, ed entrambi erano quasi certi di sapere la risposta.

*****

La sera era passata tranquillamente, sia House che Cuddy si erano attardati al lavoro, l’uno per un caso difficile, l’altra per una montagna di carte da scrivere, revisionare e siglare. Era stato House alle 11 a staccarla da quella scrivania, l’aveva presa di peso, perché lei continuava a dire di no e la cosa suscitò in entrambi ilarità, tanto che per un momento lei si sentì la sposa che viene portata in braccio sulla soglia della porta, e che fissava negli occhi suo marito.

Era troppo stanca per cucinare, quindi di ritorno a casa si erano fermati ad una pizza a portar via e avevano cenato così, tranquillamente seduti al piano di ceramica in cucina, chiaccherando del caso di House. Non tardarono poi molto ad andare a letto, tutti e due stanchi della faticosa giornata, un tiepido buonanotte e le porte si richiusero alle loro spalle.

Il temporale era diventato sempre più violento, con un forte vento che si agitava creando suoni spettrali che incutevano un po’ di timore, e raffreddando notevolmente l’aria.

Lisa Cuddy si rivoltava nel suo letto, in sogni agitati, mentre le coperte giocavano sul suo corpo scoprendolo e ricoprendolo fino a che non sentì un rumore, che la fece sussultare balzando seduta sul letto: un rumore di vetri che proveniva dalla cucina. Rimase qualche istante in ascolto, mentre il suo respiro si fece più veloce, ed ogni rumore intorno si enfatizzava sempre di più: il ticchettio dell’orologio, il gocciolio del lavello nel bagno, anche le lenzuola che si muovevano con il gonfiarsi e sgonfiarsi del suo ventre. Non sapeva bene cosa fare, se restare lì ferma ad ascoltare o andare a vedere. Prese un po’ di coraggio e timidamente aprì la porta della camera da letto e sulla punta dei piedi si diresse verso la stanza di House, senza mai distogliere lo sguardo dall’ambiente circostante.

“House…House….” gli sussurrava nell’orecchio

“Mf…”

“House svegliati!”

“Solo se mi giuri che ti trovo nuda quando apro gli occhi!”

“Mi trovi nuda!”

“Sul serio? - House spalancò gli occhi – Sei una bugiarda! – si sistemò seduto sul letto e le mostrò un flebile sorriso che svanì quando lei accese la luce sul comodino – Vuoi fare un po’ di rock ‘n’ roll?”

“House è entrato qualcuno in casa! Ho sentito…dei rumori…è…” si stava agitando e alzava la voce. Quando era nervosa o agitata normalmente giocherellava con la sua collana e si mordeva il labbro, ma ora non aveva la collana e il labbro lo stava quasi consumando per quanto l’aveva mordicchiato.

“Sei paranoica…chi si intrufolerebbe in casa tua, sapendo di poterti incontrare?”

“House…per favore! Io…AH!” si sentì un altro rumore di vetri infranti e Cuddy balzò tra le braccia di House spaventata.

“Se mi salti addosso così mi eccito!Spostati! - mise i piedi fuori dal letto e con molta difficoltà si alzò prendendo il suo bastone – Stai dietro di me!” Cuddy gli prese la mano sinistra, stringendola forte, gli fece anche un po’ male, ma lui non disse niente, nei suoi occhi leggeva il terrore. Non aveva un piano ben preciso, pensava di atterrare il probabile ladro o aggressore con dei colpi di bastone, alla meno peggio l’avrebbe atterrato con un pugno.

Camminarono lentamente per il corridoio, ma era buio e House non conosceva la casa, non sapeva se nel mezzo avrebbe trovato degli ostacoli.

“Accendi la luce al mio tre!” le sussurrò

“Scordatelo!” rispose lei

“Cuddy ho le mani occupate!”

“Io avanti a te non passo. Accendila con il bastone!”

“Cuddy io…”

“Scordatelo!” lei non aveva la minima intenzione di lasciare la sua mano né tanto meno di andare avanti a lui; dietro le sue grandi spalle si sentiva al sicuro. Per una volta il suo essere così piccola rispetto ad House, non le dispiaceva affatto.

House cercò di accendere la luce senza abbassare mai la guardia e quando arrivarono in cucina tentò una mossa a dir poco impossibile: l’interruttore era appenna alla sua destra, ma per accenderlo avrebbe dovuto entrare completamente nella stanza, quindi si attaccò al muro e fece scivolare lentamente il bastone e intanto sussurrò a Cuddy “Ci vorrebbe il mio skateboard adesso!” scivolò velocemente fuori dopo aver acceso la luce, trascinando Cuddy con sé e insieme osservarono una stanza vuota.

Le lasciò la mano e si diresse verso la porta a vetri della cucina.

“Ecco il tuo aggressore!” indicò il ramo di un albero che sporgeva attraverso i vetri rotti intrufolandosi in casa. Cuddy rimase immobile, pietrificata ad osservare la scena, pensando a quanto dovesse sembrargli stupida in quel momento. Iniziò a ridere d’istinto.

“Hai un pezzo di legno, un martello e due chiodi? Te lo sistemo subito…”

“È tutto in garage…vado…” non finì neanche la frase e andò a prendere il materiale. Quando tornò diede tutto ad House che da buon uomo tutto fare, in pochi minuti tappò il buco mentre Cuddy raccoglieva i vetri.

“Ecco fatto!” si voltò ad osservare Cuddy che gli sorrise, ma poi vide che il suo sorriso si stava trasformando in tristezza e che le lacrime iniziarono a scendere.

“Scusa è…stupido io…mi dispiace!”

“Oh ehi…ok…poteva succedere a chiunque…non…è tutto ok Cuddy…l’importante è che siamo salvi no? Dai non…” sapeva che le sue parole erano vuote per lei. Si era spaventata e lui poteva capire il perché: una donna sola, nel cuore della notte, con quel temporale che imperversava. E se lei fosse stata veramente sola a casa? Se fosse stato veramente un aggressore? Furono pensieri che attraversarono la mente di House e immaginò che anche lei ci avesse pensato, e in quel caso non per la prima volta. Non seppe cosa fare, d’istinto si lasciò trasportare dal suo corpo e l’abbracciò.

“Ora..ora mi passa! Io..mi dispiace non…” non riusciva a smettere di piangere, e più Cuddy lanciava urla di tristezza, più House la stringeva a sé, tenendole la testa con la mano sinistra e accarezzandole la schiena con la destra.

“Sono…cose che capitano Cuddy, non preoccuparti…se hai bisogno…” lentamente e con delicatezza si trascinarono fino al salone, dove House la fece sedere sul divano e andò zoppicando a prendere un pezzo di carta per asciugarle le lacrime.

“Grazie…” Cuddy aveva la voce nasale e tirava su con il naso, lasciando che le mani di House le asciugassero le ultime lacrime che scendevano.

“E di che…se poi fosse stato qualcuno potevi usarmi come scudo e farmi ammazzare, così ti liberavi di me!” le sorrise e lei di rimando.

“Liberarmi di te? Ma sei matto?” era come una bambina impaurita in quel momento e istintivamente lo abbracciò, lasciandosi cullare dal calore delle sue braccia possenti. House non le negò quell’abbraccio, sapeva che ne aveva bisogno e quando lei si staccò le baciò la fronte.

“Non sei niente male quando piangi…sei così arrendevole…quasi quasi ti spavento ancora un po’. Visto che mi hai svegliato almeno occupiamo questo nostro tempo in qualche modo!” si aspettava una reazione da parte di Cuddy, tipo uno schiaffo o anche uno sguardo, ma niente. Lei continuava a singhiozzare e tirar su con il naso. Si era spaventata veramente tanto, l’idea di poter essere molestata doveva averla impressionata più di quanto volesse dare a vedere.

“House…so che la cosa…ti darà fastidio e…puoi dire di no se vuoi…non voglio obbligarti…ma…ti…ti…ti dispiacerebbe venire di là nel letto con me? Solo per un po’, finché non mi calmo sai…io…” voleva dire ‘ho paura’, ma la spaventava ancora di più la possibile reazione di lui: poteva dirle sì, ma era House e la probabilità che le ridesse in faccia prendendola in giro non era poi da scartare.

“Ok…aspetterò che ti addormenti!” invece le rispose con dolcezza, lasciandola attonita. E si alzò lui per primo porgendole la mano e si incamminarono così, mano nella mano verso la camera da letto di Cuddy.

All’inizio erano un po’ imbarazzati: trovarsi insieme in un letto, nel buio di una stanza da letto, nudi nell’anima e non propriamente vestiti. Cuddy si sdraiò sotto le coperte e House si sedette sopra prima, ma poi il freddo colpì anche i suoi piedi, così scivolò sotto di esse. Non sapeva cosa fare, se attirarla a sé o no, e cosa avrebbe comportato farlo? Avrebbero finito per fare l’amore? Non che lui non lo volesse, ma era davvero il momento adatto? Mille pensieri passarono la sua mente e non lo fecero accorgere che Cuddy si stava avvicinando a lui e che aveva spostato il suo braccio dietro al collo e aveva poggiato le sue piccole mani e la testa sul suo petto. House non notò nulla di tutto questo, neanche che la sua mano era scivolata sul fianco di Cuddy e che con l’altra stava tenendo la sua mano.

“Grazie di essere qui!” gli sussurrò lei

“Beh il tuo letto è decisamente più comodo del mio. Attenta potrei mettere radici qui!” la fece sorridere di gusto e sentì che si era tranquillizzata. Quella sensazione di quiete non gli dispiaceva, era tutto molto dolce e amaro, sapeva che avrebbero potuto farlo durare in eterno, ma che sarebbe finito non appena lei si sarebbe addormentata. Si poteva pensare tutto di House, ma infondo era sempre un gentiluomo e lui per primo sapeva che non l’avrebbe toccata se lei non avesse voluto.

Rimase ad osservarla qualche minuto, mentre lei fissava la sua mano dischiusa in quella più grande di lui, e poi alla fine fu House il primo ad addormentarsi, mentre Cuddy rimase tutta la notte sveglia a contemplare la perfezione di quell’istante fugace.

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Capitolo 3
*** Capitolo III - parte prima ***


cap La prima parte del capitolo finale
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CAPITOLO III

Cuddy aprì gli occhi ancora nella sua stanza, ancora in quel letto, ancora con House che le teneva la mano e l’abbracciava. Non si era resa conto di essersi addormentata, aveva solo ricordi confusi della notte precedente: solo le lacrime e quel bacio sulla fronte e le sue braccia così confortanti, così forti, così meravigliosamente mascoline.

Il suo cuore le stava dicendo che era stato giusto, che quel contatto era giusto e che avrebbero potuto anche andare oltre quei limiti che si erano prefissati tempo prima.

Lei ricordava ancora quella loro volta, quel giorno in cui erano stati insieme, era stato molto meglio che quella prima volta al college.

House non è giusto, Stacy è andata via da poco, tu sei appena uscito dall’ospedale, sei debole non…

Cuddy…io voglio far l’amore con te e niente altro. Adesso stringimi.

L’aveva baciata con passione, spingendo la sua testa con la mano, facendola perdere nei suoi capelli bagnati. Lei era appena uscita dalla doccia e lo aveva trovato lì nel suo salotto ad aspettarla, solo un asciugamano a coprirle il corpo e le urla lanciate contro di lui. Ma poi lo aveva visto zoppicare in silenzio, con lo sguardo basso e triste, e quel bastone che lo doveva accompagnare per tutta la vita ormai…i suoi sensi di colpa.

Lo aveva convinto a restare, si era messa addosso un semplice vestitino, ma l’acqua sul corpo ancora lo impregnava e faceva trasparire il colore della sua pelle e le sue forme. Avevano parlato per un po’, ma al quarto bicchiere di gin House ormai era disinibito più del solito, le aveva confessato cose che da sobrio non avrebbe neanche mai pensato di dire e poi l’aveva avvicinata al suo corpo, premuto le sue labbra contro quelle di lei e fatto scivolare le sue mani ovunque.

Lo avevano desiderato entrambi sì…avevano bisogno di sentire il contatto con un’altra persona, un contatto istintivo, passionale, selvaggio ma poi…tutto era svanito in un secondo, quando lui aveva pronunciato quel nome, lo aveva sussurrato in realtà, impercettibile ma non per lei…l’aveva chiamata Stacy.

Vattene House, sparisci dalla mia vita! Lo aveva cacciato per sempre, almeno così credeva, ma invece era ancora lì, al suo fianco e lei lo amava ancora, se non come prima anche di più. Lo aveva visto cadere e rialzarsi, non aveva saputo abbandonarlo e adesso che la sua testa le diceva che era sbagliato, che c’era cascata ancora una volta…lei era felice di godere di quel momento, fiera di non averlo cacciato per sempre dalla sua vita!

“Buongiorno!” lo salutò amorevolmente quando lo vide aprire gli occhi

“Buon…mi sono addormentato?”

“Come un sasso!”

“Mi…dispiace…dovevo…”
“Non fa niente House…sei carino quando dormi…sei…calmo!” discorsi da coppia dopo la prima volta insieme.

“Grazie tu…bah stanotte sbircierò mentre dormi, così potrò dirtelo anch’io…magari sbircierò anche altrove…”

“House!” Cuddy si alzò scoraggiata dal letto, rompendo il contatto che fino ad allora si era preoccupata di non alterare e andò in bagno.

“Tu russi!”

“No che non russo!” urlò lei dal bagno mentre si lavava i denti

“Ohhh sì che russi, i vicini sono venuti a lamentarsi un paio di volte, gli ho detto che facevamo sesso sfrenato come due militari in libera uscita!”

“Immagino ti abbiano creduto vedendoti zoppicare!” arguta e pungente.

“Carina!” sguardo malizioso e leggermente eccitato alla vista del suo fondo schiena.

“Vai a vestirti House, io preparo la colazione…oggi hai la clinica!”

“Coff Coff…sono malato!” fece due colpi di tosse e assunse una voce nasale

“Si, come no…eppure non lo sei per fare sesso sfrenato no?”

“Beh…si sa il sesso ti fa rilasciare endorfine, ti fa sudare, ti fa eccitare, ti fa…ti fa un sacco di cose effettivamente magari cura anche il raffreddore, vogliamo provare?”

“Sparisci House!”

“Ma mamma!”

“Sparisci!” puntò il dito verso la porta e rimase impassibile anche quando lui, passandole accanto, le lanciò un’occhiata da ‘non finisce qui’.

****

“Disturbo?” Wilson bussò alla porta a vetri dell’ufficio di Cuddy, distogliendola dal mondo di sogni in cui era assopita. Stava ricordando…ricordando i pensieri di quella mattina, le sensazioni e la voglia di fargli quella domanda io ti piaccio House? E se gliel’avesse fatta?

“No, entra pure ero…sovra pensiero!”

“House?”

“È così evidente?” domanda più che ovvia

“Sì…dato che non hai neanche notato che la tua segretaria ti ha portato il caffè!” Cuddy notò solo allora il piccolo bicchiere di cartone sulla sua scrivania, chissà da quanto doveva esser lì. Non aveva sentito nessun rumore quella mattina, era la seconda volta. La prima era stata a casa, quando si erano alzati dal letto: lei sorseggiava il caffè in cucina, seduta sulla sedia ad osservare House che addentava la sua ciambella con ingordigia e leggeva il giornale. Lo aveva guardato con gli occhi innamorati di una donna felice, serena, tranquilla e quando lui le aveva chiesto se volesse l’ultima ciambella…lei lo aveva guardato negli occhi, ricordava di averlo fatto e aveva anche intravisto le labbra muoversi, ma si era ipnotizzata. Possibile che una notte abbracciati le facesse quell’effetto così scombussolante? Sì…perché era stata una notte sincera e tenera e lei non l’aveva mai provata in vita sua, era nuova e meravigliosamente impossibile a ripetersi.

“Mi da molto da pensare…guarda qui sono mesi che non fa le cartelle e chi ci rimette sono io, che stanco i miei occhi a cercare spiegazioni plausibili inesistenti per le sue sperimentazioni folli!” fingeva di essere arrabbiata con lui, come se il suo pensare ad House fosse di carattere amministrativo. Neanche Wilson credette alle sue parole.

“Non credo sia questo a darti pensiero…penso più che sia la convivenza forzata a farlo! Ti ha creato problemi? Oltre a quelli già fatti un giorno fa!”

“Ma no…tu come lo sai? Ah già…House…ma non sta mai zitto? Ma quanti anni ha? Deve raccontarti sempre tutto?”

“Almeno parla con qualcuno!”

“Quindi ti ha raccontato di…”

“Della vostra avventura del college? Sì! E sinceramente sono rimasto colpito da questa notizia, cioè tu e House…io non…riesco ad immaginarvi insieme!”

“Ecco bravo. Non lo fare!” Cuddy era incredibilmente imbarazzata, non sapeva perché Wilson fosse andato da lei quella mattina, né voleva sapere se riguardava o meno la sua notte con House secoli prima. Era imbarazzata, imbarazzata e arrabbiata perché House aveva condiviso una parte della sua vita privata, senza chiederle il “permesso” di farlo.

“Cuddy…House mi ha detto anche un’altra cosa…”

“Non ci posso credere ma ha la lingua lunga? Neanche un’ora fa…ti ha già raccontato? Ma qualsiasi cosa ti abbia detto ero spaventata, io avevo paura, sì lo ammetto…ma non abbiamo fatto sesso, giuro! Abbiamo solo dormito insieme…abbracciati sì…ma niente di più…lui…”

“No, no…ehi…io parlavo della conversazione dell’altra sera quando ti ha detto che non vuole essere commiserato da nessuno…tu di cosa parlavi?” Wilson era incuriosito, non aveva idea di cosa stesse dicendo, ma voleva scoprirlo.

“Oh…di quello anche io…eheh!” abbassò il volto guardando le carte e sorseggiando quel caffè ormai freddo, sperando di perdersi dietro l’orlo del bicchiere, per non mostrargli il suo imbarazzo.

Era veramente difficile pensare che House non avesse sbandierato ai quattro venti di aver dormito con il boss, di averla vista spaventata e di essere stato lui la roccia su cui si era poggiata. E poi tacerlo a Wilson.

“Cuddy c’è qualcos’altro di cui dovrei sapere?”

“Dovresti no…potresti forse… - tirò su un lungo sospiro – La…scorsa notte abbiamo…dormito insieme!” abbassò di nuovo lo sguardo

“Cosa? Stai…bene. Ti ha…gli avevo detto di non fare l’idiota!”

“No, no…lui è stato così…dolce con me mi ha…coccolata e consolata è stato…Non pensavo che House potesse esserlo ma è stato…umano!” si era alzata e guardava fisso Wilson, lo guardava e mentre parlava aveva gli occhi luccicanti nominando House.

“House umano? Cuddy mi spaventa la fine di questa conversazione…che cosa è successo?”

Lisa Cuddy non rispose. La Lisa Cuddy sicura di tutto il suo mondo tacque perché non sapeva la risposta a quella domanda. Che cosa era successo? Che avevano fatto l’amore, con passione, con dolcezza, con amore…nei suoi sogni quella notte avevano fatto l’amore e lei era stata bene. La realtà, in quel momento, era diventata una patina invisibile che le ostruiva la vista del sogno…non sapeva più quale dei due fosse verità, ma sapeva in quale voleva credere.

Lo concedò con un semplice “Perdonami, ma devo lavorare!” e quando un Wilson più confuso di prima la lasciò da sola, riprese a sognare…sognare la sua realtà!

*******

“Sei incredibile!” Wilson entrò arrabbiato nell’ufficio di House

“Ah io lo dico sempre, sei tu che non mi credi mai! Chiedi a Stacy…lei può confermare!” e House non aveva la minima idea di cosa volesse dire, ma sapeva che non poteva stare solo in silenzio ad osservarlo, no…doveva irrompere come solo lui sapeva fare.

“Ti avevo chiesto per favore di non dar fastidio alla Cuddy e tu ti sei infilato nel suo letto!”

“Beh tecnicamente mi ci ha infilato lei…ma immagino che questa prospettiva tu non l’abbia considerata!”

“House smetti di fare il bambino!”

“Wilson smetti di fare il papino! Non è successo niente..abbiamo chiaccherato e ci siamo addormentati…sono grande e vaccinato e saprò affrontare questa gravidanza da solo, non mi servono i tuoi soldi…però se volessi anticiparmi 5000$ ho visto una palla da bowling spettacolare…” le parole sconnesse nei discorsi con Wilson erano diventate una piacevole abitudine per lui. La parte più divertente era vedere la sua reazione.

“Sei incredibile!”

“Ancora…se insisti così dovrò fartelo provare di persona!”

Wilson scosse la testa sorridendo “Ne sei innamorato?”

“Sei idiota!”

“Perché non rispondi?”

“Ho risposto!”

“Ma non alla mia domanda…”

“Oh sì proprio a quella. Te la ripeto: Sei idiota!”

“Ho capito sei innamorato di lei!”

“E tu sei… - era difficile trovare una battuta tanto efficace – Una foca monaca!”

“Questo non ha senso…”

“Perché la tua frase sì? Non sono innamorato della Cuddy, chi sarebbe innamorato di Satana…” House si alzò nervosamente dalla sua scrivania. Detestava quando Wilson colpiva in pieno il suo punto debole, non voleva mostrargli il suo lato umano, non voleva fargli vedere che sarebbe potuto essere felice con un’altra persona.

“Insultarla non cambia lo stato delle cose…”

“Ma insultare te lo rende più divertente…”

“Sei proprio un bambino!”

“E tu un marito tradito e un amico taccagno…insieme domineremo il mondo!”

“Crogiolati nei tuoi pensieri assurdi House…io vado a vivere la mia vita!” Wilson uscì dall’ufficio di House e si incamminò nel corridoio, ma la voce del diagnosta lo fece bloccare.

“Ti voglio bene Wilson!” aveva quella vocina da bambino divertito e sul suo volto si era stampato un sorrisetto infingardo e maligno.

Rimase da solo nel suo ufficio, accese la piccola televisione 12 pollici e si sedette a guardare General Hospital, sorseggiando un bicchiere di gin e fissando lo schermo imbambolato. La sua mente era altrove.

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Capitolo 4
*** Capitolo III - parte seconda ***


cap Sì ho deciso che saranno tre parti del terzo capitolo, quindi questa è la seconda... voglio farvi godere il momento finale in assoluta tranquillità!
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House spalancò la porta dell’ufficio di Cuddy ed entrò in assoluto mutismo fermandosi davanti alla scrivania. Lei lo guardò aspettando che dicesse qualcosa, aspettando un cenno che non venne. House sparì così com’era entrato, senza dire una parola e Cuddy rimase a fissarlo attraverso i vetri della porta mentre si allontanava. E poi si fermò…tornò indietro, aprì di nuovo quella porta e di nuovo rimase in silenzio davanti a lei. Si fissarono negli occhi per qualche istante, quegli occhi che tante volte si erano parlati, che avevano detto mille parole e racchiuso tanti sorrisi, e i segreti…

Cuddy aprì la bocca, emettendo un suono sibilante, del respiro che si faceva presente e la lingua che inumidiva le labbra e mentre stava per dire qualcosa, House sparì di nuovo senza darle tempo di fiatare. Aveva lo sguardo vago e preoccupato, non era da House irrompere nel suo ufficio senza battute o senza fiatare in ogni caso. Cuddy si era addirittura preoccupata che il suo potesse essere un malessere serio, tanto da aver bisogno di lei ma per stupido orgoglio non chiederlo a parole. Era già successo altre volte: quando Stacy era andata via e lui rientrava appena dalla riabilitazione, i primi tempi era stato difficile farcela da solo. Wilson non era ancora tanto amico da trasferirsi da lui per aiutarlo e poi aveva una moglie e allora…qualcuno doveva star con lui. La cosa non le era piaciuta poi tanto ma infondo erano un paio di giorni, i primi per aiutarlo ad ambientarsi, ad abituarsi…lei dormiva sul divano, o almeno così credeva che avrebbe fatto.

Ma anche da allora le cose non erano cambiate, erano rimasti sempre House e Cuddy, come dopo la loro prima volta insieme, anche la seconda…sarebbe successo anche una terza? Perché qualcosa stava cambiando per entrambi, o almeno per lei…ne era sicura!

“Ma della cena ti ho parlato?” House fece capolino dalla porta. Non lo aveva sentito, non aveva sentito il clic della serratura automatica scattare, non aveva visto che era tornato indietro ancora una volta, non aveva notato che la sua testa sporgeva dallo spazio tra le due ante.

“Quale…cena?” era imbarazzata, perché non voleva mostrargli che le dava pensieri.

“Stasera ti porto a cena, i tuoi vicini dicono che non mangi niente…almeno giustifichiamo il tuo culone!”

“I…miei vicini?”

“Non conosci la storia che i vicini sono impiccioni?”

“Tu non abiti vicino casa mia eppure ti impicci della mia vita di continuo!”

“Ma io lo faccio per la tua salvaguardia…se non ti proteggo io dai single-amanti-del-ballo.com chi lo fa?”

“Ma che cuore d’oro che avete Sir House, dinnanzi a cotanta gentilezza come poter rifiutare?” Cuddy lo guardò sconcertata

“Mi prendi in giro?”

“Ti pare?”

“Ma tu guarda un uomo cerca di fare il galante e come viene ripagato? Ad insulti…non ci sono più le donne di una volta, quelle che si fanno invitare a cena…”

“Non continuare…”

“E poi te la danno senza remore per ringraziarti…queste sono le vere donne!”

“Ecco appunto! – si alzò dalla scrivania, ormai conscia di non poter più deragliare il discorso su un binario più sicuro – E a cosa devo l’onore di questo invito?”

“Sai oggi il capo mi paga…spendiamo i suoi soldi folleggiando per la città! – Cuddy si limitò a sgranare gli occhi e assumere una postura interrogativa – Ho pensato…visto che è l’ultima sera che sto da te di…” si avvicinò a lei come se da un momento all’altro volesse baciarla, lì davanti a tutti, menefreghista come sempre, romantico come mai era stato. E lei si lasciò trasportare per un istante da quel pensiero, incrociando ancora i suoi occhi, sentendo le sue parole accarezzarle le guance soffici e delicate.

“Di?” gli chiese con gli occhi chiusi aspettando il bacio

“Portarti da McDonald’s…fanno un panino con il pollo alla griglia che è spettacolare, basta stare a casa a cucinare!” si piegò verso di lei, ma non per baciarla, ma per raggiungere la caramella alla fragola che era nella coppetta sulla sua scrivania.

“Ah! – vergognata per aver pensato troppo romanticamente – E ma io non mangio lì…cibi troppo grassi!”

“E con cosa lo riempi quello?” succhiando la sua caramella come un bambino indicò il suo fondoschiena.

In quel momento entrò Brenda, portando una serie di cartelle che Cuddy doveva controllare insieme a lei e poi firmare e House decise di battere in ritirata.

“Scegli un altro posto e va bene!” gli disse molto confusamente presa dalle parole fin troppo veloci di Brenda che la distoglievano dal discorso con lui.

“Allora passo dalla tua stanza alle 8 vedi di farti trovare…”

“House…”

“Alle 8!” era già sparito, lasciandola incredula nell’averla convinta a cenare da McDonald’s.

****

Seduto alla sua scrivania, nel buio della stanza e nel silenzio degli oggetti intorno. La pallina e il solo rumore che si sente, sbatte contro il terreno e ritorna nella sua mano, ancora il terreno e poi la mano…un divenire infinito, un ciclo che non termina, come il cerchio della vita: ogni giorno nel mondo nascono milioni di bambini, ma altrettanti milioni di persone muoiono altrove e chi non nasce e non muore rimane lì fermo, nel limbo dei pensieri a crogiolarsi nella loro asetticità e lasciandosi trasportare dalle parole che urlano nella mente.

“Ho capito sei innamorato di lei!” Ma come gli viene in mente di pensare una cosa del genere? Io amare Cuddy è come…chiedermi se mi piace esser sculacciato dalla mattina alla sera. È…sì una donna bella, molto sexy e ogni tanto anche piacevole…a guardare sicuramente è piacevole ma…chi vorrebbe mai stare con Satana? Io no di certo. No! Assolutamente no!...l’ho invitata a cena…mi sono offerto di pagare io…l’ultima volta che l’ho fatto ero con…sono innamorato di Cuddy. Ma che dico? È impossibile è….Cuddy per la miseria è…lei…è meravigliosa e io sto…

Pensa ad altro…pensa…oh ecco stasera c’è il Super Bowl…e tu non lo vedrai perché hai invitato Cuddy a cena e starai tutta la sera con lei e…il Super Bowl, sì…devono vincere ho scommesso tutti i soldi di Wilson su quella dannata squadra, se non vincono..pretenderà che glieli restituisca. Non l’avrei fatto in ogni caso! Che cosa dovrò mettere stasera? Andiamo da McDonald’s ma non posso sembrarle un pezzente, no io…sto pensando a cosa indossare per far colpo su Cuddy? Ma infondo a lei non interesso quindi…che problema c’è? Fingerò come sempre lei…questa mattina mi ha detto che sono carino, forse non è disinteressata totalmente e si è offerta di ospitarmi un giorno in più…no…a me Cuddy non piace…ci andrei solo a letto, per potermi vantare di averle visto le mutande sì…sì è così…a me Cuddy non piace….il Super Bowl…pensa al Super Bowl perché Cuddy non ti piace…no… Silenzio nelle stanze della mente Dannato Wilson quando lo incontro lo picchio!

*****

“Andiamo Cuddy faremo tardi. Andiamo da McDonald’s non al galà degli Emmy su….infilati il primo intimo che trovi ed esci a mostrarmelo! O se preferisci entro io e me lo mostri…possiamo anche fare una cosa a due…io apro la porta e tu ti fai trovare davanti ai miei occhi nuda o mezza vestita, decidi tu…ti lascio libera…oppure possiamo…”

“Hai finito?”

“Sembrerebbe…di sì!” non l’aveva mai vista così, era più…mondana. Ma pur sempre fine e con classe. Indossava un paio di fuseaux neri attillati, che le arrivavano poco sopra le caviglie, un paio di ballerine nere di vernice, con un piccolo bottoncino che timidamente si faceva vedere, una canotta bordeaux incrociata a fasce sul petto, con due bretelline molto sottili a sorreggere le coppe, svasata, lunga fino al basso ventre, con un piccolo fiocchetto al lato sinistro. Aveva solo un anello molto fine, di oro bianco, all’anulare sinistro e un bracciale decorato di pietre nere che le scivolava sulla mano destra, tanto il suo polso era minuto. Non aveva optato per un trucco troppo marcato, solo un filo di matita e appena un tocco di phard e un lucidalabbra con qualche brillantino che le facesse luccicare la bocca. I capelli erano sciolti e cadevano con dei morbidi boccoli sulle spalle, e il ciuffo davanti che usciva silenzioso da un cerchietto bordeaux fissato sulla testa.

“Dall’espressione del tuo volto direi che gradisci il mio abbigliamento!” gli disse distogliendolo da quella trance.

“Hai anche pantaloni nel tuo armadio? Mai come adesso il detto ‘Chi dei due porta i pantaloni’ è più azzeccato boss!”

“A modo tuo questo è un apprezzamento immagino, quindi ti ringrazio. Se invece è un’offesa, non mi tocca minimamente!”

“Due risposte brava…ti cauteli eh?”

“Andiamo House, ho fame! - Cuddy lo superò dirigendosi verso la porta e House piegò la testa per squadrarla e fisso lo sguardo malizioso sul suo fondoschiena – Allora ti muovi?” ancora la testa piegata.

“Era decisamente un complimento… - si avvicinò a lei e uscendo di casa indicò il suo seno – Bella maglietta!” e uscì sorridendo.

*****

“Non…puoi mangiare più lentamente?” Cuddy osservava schifata House, che con ingordigia trangugiava il secondo hamburger di pollo alla griglia, cipolle, salse e patatine, mentre lei era riuscita a malapena ad addentare il suo toast.

“Sono veramente affamato! - le rispose con la bocca piena e la sputò con ketchup e senape – Ops!”

Cuddy prese il tovagliolo che le aveva porto House e si pulì in mezzo ai seni

“Hai preso la mira?”

House diede un sorso alla coca-cola e ingoiando le rispose “Bah guardo sempre lì, difficile mancare il bersaglio!”

“Mi hai invitata a cena per umiliarmi e sputarmi? Perché così in basso non ero mai arrivata ancora…” si stava ancora ripulendo.

“Nooo…non ti invito a cena per sfotterti…quello lo faccio a lavoro volevo…pas…” farfugliò una frase incomprensibile mentre si ingozzava di patatine.

“Come?” House le fece cenno di non poter parlare perché aveva la bocca piena e indicò il suo seno facendole capire che l’avrebbe sputata ancora.

“Io…lo mangi quello?” stava per ripetere la frase ma rubò il toast dal suo piatto e lo infilò tutto in bocca riempiendosela di nuovo, così da non poter parlare.

“Hai finito di ingozzarti come un maiale? Vuoi che ti vada a prendere un gelato? O un altro menù? Se vuoi chiedo se ti danno libero accesso dietro così puoi mangiare tutto quello che ti capita a tiro. Cosa hai detto? – House farfugliò di nuovo qualcosa e prese le sue patatine in un mucchio tanto grande da riempirsi ancora la bocca e quando finì quel mucchio si lanciò su altre patatine. – La pianti? Parla…” Cuddy gli diede uno schiaffo sulla mano facendo cadere il cibo.

“Volevo solo…avevo voglia di McDonald’s ma se non t’avessi portato con me magari mi lasciavi fuori di casa e allora ho pensato che non sarebbe stato male infondo se stiamo zitti non ci diamo fastidio quindi…”

“Sìsì certo. Vado alla toilette a pulirmi della tua saliva…inventa qualcosa di meglio!”

Io non posso dirti che impazzisco per te e che mi fai girare la testa.

Gli uomini tutti uguali…giuro che questa volta è l’ultima.

“Allora hai trovato una scusa migliore?”

“Guarda che non era una scusa quella…”

“House smetti di fare il bambino…c’è una ragione plausibile per la quale mi hai invitata a cena?”

“Io…”

“Perché sei tu che sei venuto nel mio ufficio oggi e mi hai invitato quindi un motivo devi averlo avuto!”

“Sì io…”

“Perché non fai le cose a caso tu, hanno sempre uno scopo e quindi anche questa deve averne uno e mi chiedo quale sia e se sia lontanamente normale come spiegazione, ma se prevedi un insulto risparmiatelo perché la giornata è stata abbastanza stressante e non posso reggere ancora le tue sciocchezze..”

“Se mi fai parlare magari ti…”

“…e oggi ne hai combinate più del solito. Ma non puoi semplicemente essere una persona normale come tutte le altre? Comporarti civilmente e…” non voleva farlo parlare probabilmente, aveva bisogno di sfogarsi: Wilson era stato impegnato tutto il giorno e House ne aveva combinata una dopo l’altra senza sosta e lei…aveva solo bisogno di sfogarsi e quella era stata la goccia che aveva fatto traboccare il vaso. Aveva trovato la valvola di sfogo.

“Vuoi chiudere il becco una buona volta?”

“House come ti…”

House alzò la voce nel locale “Gne gne gne gne gne. Sempre a rompere…stai zitta un po’ così posso parlare anche io!”

Si sentì profondamente umiliata e prima che lui potesse vedere il suo crollo emotivo farsi vivo tra le lacrime si alzò e prese la giacca per andar via “Sei un cafone!” e prese la porta.

“Ora dovrò pagare tutto io! – disse lui sottovoce – Lei adora litigare, perché poi facciamo la pace con la mia terza gamba” rivolse un sorriso ai presenti alzando il bastone, quando ovviamente il suo riferimento riguardava tutt’altro.

“Sei stato scostante House…mi hai umiliata davanti a tutti!”

“Capirai…lo faccio tutte le volte, cosa cambia adesso?”

“Adesso ci siamo tu e io e basta…”

“Perché le altre volte ci spia qualcuno? Siamo sempre House e Cuddy, che cambia?”

“Non siamo House e Cuddy…lascia perdere, non capiresti mai sei troppo…preso da te e dal tuo mondo per capire che le persone attorno a te provano dei sentimenti e che tu li calpesti con la tua indicibile arroganza!” Cuddy stava piangendo o per pochi secondi lo aveva fatto finché lui non l’aveva raggiunta, si capiva dalla voce. Era rimasta scottata da quella situazione…aveva avuto fiducia che finalmente House potesse essere una persona diversa e irrimediabilmente lui le aveva dimostrato che non era così, che la realtà era sempre rimasta la stessa…era sempre Gregory House.

Lui le si avvicinò alle spalle e la fece voltare per guardarla in volto.

“Ti cola il mascara se piangi…”

“È matita…”

“Quello che è…cola lo stesso…”

“La matita sbava, non cola!”

“Grazie, lo racconterò a Wilson, sarà felicissimo di saperlo per quando la userà anche lui!”

Cuddy sorrise e con voce nasale gli rispose “Wilson usa quella anti-sbavature!”. Risero insieme alla battuta.

“Volevo solo passare del tempo con te…tutto qui! Sei quasi divertente ogni tanto..e piacevole da avere accanto…anche se la maggior parte delle volte ti eviterei come la peste! – la vide sorridere – Ti lascio guidare verso casa per farmi perdonare!”

“Guidare la mia macchina? Bel modo di farti perdonare…non fai neanche il gentiluomo…cafone!” gli strappò le chiavi dalla mano e si avviò verso la macchina parcheggiata pochi metri più in giù della strada.

“Sempre carina!” si era fatto perdonare, benché sapesse di averla trattata malamente, ma come al solito se n’era accorto troppo tardi. Gli piaceva il rapporto che aveva con Cuddy, era sempre divertente ma poi arrivava a quel livello massimo di infantilità oltre il quale si spingeva raramente, solo una volta lo aveva fatto, ferendola veramente tanto e nonostante tutto si chiedeva perché lei lo avesse perdonato con un sorriso e gli occhi luccicanti che dicevano ‘va tutto bene’. A volte pensava di non meritare la sua amicizia, che gli avesse dato più di quanto lui aveva meritato. Altre volte, però, pensava che se quella notte non fosse stata con lui per quel breve ma intenso momento…probabilmente nessuno avrebbe mai più sentito del dottor Gregory House!

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Capitolo 5
*** Capitolo III - parte terza ***


cap Ed ecco l'ultima parte. Come sempre grazie per l'attenzione e i commenti, fa sempre piacere un pubblico appagato. Alla prossima!
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“House…House…” dolcemente gli sussurrava nell’orecchio. Erano le 10.30 di sera di un mercoledì con forti precipitazioni, i tuoni e i fulmini imperversavano nel cielo di Princeton, ma non sembravano disturbare minimamente Gregory House che dormiva beatamente seduto al posto del passeggero.

“Eh?” balzò di scatto facendola spaventare ma sorridere allo stesso tempo

“Ti eri addormentato, siamo a casa!” Cuddy indicò verso l’abitazione. Non aveva un vero e proprio garage, ma solo una pensilina di mattone che di estendeva sul lato della casa e dove lei parcheggiava la macchina per evitare che si bagnasse, circondata da una palizzata in legno, che più che coprirla da eventuali furti, serviva solo a delimitare lo spazio, tanto era bassa.

“Ma sta piovendo?”

“C’è una vera e propria tempesta veramente. Sei molto stanco eh? Ti sei addormentato come un sasso!” Cuddy rideva del suo stato comatoso, come se fosse appena uscito dalla fase rem, eppure aveva preso sonno da appena 20 minuti.

“Immagino tu non abbia un ombrello in quel…pezzo di stoffa che ti ostini a chiamare borsa!”

Cuddy prese la sua borsa, la agitò con lo sguardo innervosito davanti ai suoi occhi e gli rispose urlando “Questa è una Chanel, non la borsetta del mercatino della piazza, ignorante!”

“È resistente all’acqua? Magari se me la metto in testa mi copre la calvizie che ho sulla testa! -

Cuddy gli diede una borsettata sul petto senza rispondere – Male…fa male! Tieni!”

“Che fai?”

“E se ti rovini l’acconciatura?” la canzonò lui mentre le dava il suo giubbotto di pelle da mettersi sulla testa perché non si bagnasse.

Scesero in fretta, ma forse non abbastanza da evitare di bagnarsi. Cuddy aveva mille cose in mano: la borsa, le chiavi, la giacca di House, qualcosa sarebbe dovuta cadere per forza. Nessuno dei due immaginava che quel qualcosa sarebbe stata lei.

“Ahi!”

“Sei caduta?” House era sotto la pensilina della porta e la guardava seduta a terra sotto l’acqua.

“No! Ho deciso di fare un bagno nella pozzanghera. Aiutami!” lo sgridava

“Se vengo lì mi bagno ancora di più!” un bambino dispettoso, era un bambino dispettoso che si divertiva ad umiliarla e sfotterla.

“Muovi il culo e aiutami!” lei era una mamma incavolata che aveva voglia di sculacciarlo per la marachella.

“Donne…avete sempre bisogno di aiuto! Non siete neanche in grado di…camminare!” l’aiutò a tirarsi su. Zoppicarono insieme verso la porta di casa che Cuddy aprì con difficoltà perché era buio. Quando entrarono House andò dritto verso la sua stanza, bagnando tutto lungo il tragitto, non curante di ciò e Cuddy si fermò ad osservarlo imbestialita del suo menefreghismo.

“Quella come è arrivata qui?” Cuddy entrò lentamente nel salotto, trovando House seduto al divano, con un cartone di pizza sul tavolino da tè mogano, stile ottocento, che mangiava avidamente guardando la tv. Dopo aver pulito il pantano lasciato da House, era andata nella stanza a svestirsi e mettere la sua tenuta da notte: pantaloncini molto corti grigio chiaro e una canotta semplice.

“Avevo fame!” House parlò con la bocca piena di pizza acciughe e peperoni.

“Ma se hai mangiato come un animale stasera!?”

“Avevo fame!”

“Non hai un fondo tu?”

House esitò qualche istante, mandò giù un sorso di birra e ripeté “Avevo fame!”.

Cuddy sparì nella cucina e ritornò con una busta di ghiaccio sintetico che scosse un po’ e sedendosi sul divano, la posò sul fianco sinistro, dove qualche giorno dopo sarebbe uscito un ematoma consistente. Cadendo aveva sbattuto il fianco per terra e non era stata molto piacevole come sensazione.

“Fammi dare un’occhiata!” House lasciò il trancio di pizza e si strofinò le mani per far cadere la farina. Si avvicinò alla gamba di Cuddy, guardando il suo fianco.

“House…ti stai affezionando troppo a questa visione!” Cuddy cercò di distogliere il suo sguardo che si era attardato fin troppo ad osservare una parte arrossata per il contatto con il ghiaccio.

“Per puro scopo medico sono costretto a toccarti, spero non ti spiaccia!”

“Certo..scopo medico…non azzardarti a mettermi le tue manacce addosso. Uscirà un livido, tutto qui!”

“Malpensante, non oserei mai metterti le mani addosso…non sul fianco poi…se proprio dovessi mi concentrerei più in alto…lì è il vero divertimento!” indicò il suo seno con quel suo sguardo intrigato ma tanto sexy, che la fece bloccare per qualche istante ad osservarlo e poi si riprese coprendosi il petto e rimettendosi in una posizione più consona.

“Ah…” gli attimi dopo una caduta sono i più dolorosi, sembra quasi che il mondo giri a velocità massima e ti lasci solo il dolore a tenerti compagnia, e ad ogni movimento si vedono le stelle.

“Dovresti metterci il ghiaccio sopra!” House diede giusto un’occhiata alla faccia di Cuddy che si trasfigurava nel tentativo di non urlare.

“Brucia!”

“Davvero? Mai provato io… - la guardò con uno sguardo vago e accusatorio, come per dirle che anche lui sapeva quanto fosse doloroso, e lo sapeva anche meglio di lei, perché aveva una deformazione alla gamba che glielo ricordava ogni giorno. – Mettici il ghiaccio!” prese la busta del ghiaccio e la posò con poca delicatezza sulla gamba di Cuddy.

“Ahi!” si lamentò più del contatto violento che del dolore dell’ematoma.

“Adesso puoi vantarti con le tue amiche che un uomo sexy ti ha messo le mani addosso!” tra loro c’era una linea pressoché invisibile: gli sguardi accesi, le labbra vicinissime, i nasi quasi a contatto.

“Tu potrai dire di aver visto il fianco della mia gamba molto da vicino!” Cuddy era tranquilla, simpatica, con la voce rilassata e calda.

“Se devo mentire dico che mi ti sono fatta! Una bugia a fin di bene…”

“E quale sarebbe il bene?”

“La mia reputazione da gigolò, che domande!” Cuddy lo spinse indietro facendolo allontanare.

“Che hai intenzione di fare, vuoi andare a dormire?” posò il ghiaccio sull‘asciugamano sopra il tavolino e si fermò ad osservare House che azzannava l’ultimo spicchio di pizza.

“Mi è passato il sonno – deglutì l’ultimo boccone – Hai delle carte? Facciamo un pokerino!”

All’inizio Cuddy lo guardò, aspettando che proseguisse, ma poi si convinse e avvicinandosi sensualmente e con voce calda gli rispose “Ti lascerò in mutande!” e si alzò prendendo il ghiaccio e l'asciugamano e svanì nel corridoio.

Quando ritornò era tutto sistemato: House seduto a terra, con due cuscini a sorreggergli la gamba e uno dietro la schiena, poggiata sul divano alle sue spalle; di fronte a lui c’erano tre cuscini poggiati contro una poltrona; i fiori sul tavolino spostati per terra e il centro tavola ricamato a mano aggrovigliato sul divano.

“Vuoi una birra?” Cuddy gli lanciò le carte e si diresse in cucina.

“Naaa una birra. Voglio il succo alla pera!”

Cuddy rientrò nel salone portando due bicchieri e la scatola di succo sul vassoio! “Da quando bevi il succo alla pera?”

“Da quando fai tante domande? Ah da sempre!”

Lei lo guardò innervosita “Ma come sei dolce questa sera!”

“Sarà la tua presenza cara! La pera…che brutto detto così…mi serve per questo!” tirò da sotto il tavolino una bottiglia di rum.

“Quella da dove spunta?” Cuddy era esterrefatta dai comportamenti sempre più sfacciati di House.

House si guardò la maglietta e la camicia e poi la giacca che aveva accuratamente lanciato sulla poltrona dietro Cuddy e la indicò “Ha delle tasche molto capienti!”

“Sei…” non c’erano parole definibili tali per poter parlare di House, per poterlo descrivere, per indicare i suoi atteggiamenti, i suoi modi di fare.

“Venti…”

“Ma che?”

“Ah non sparavamo numeri a caso? Sembrava…beh io propongo venti cicchetti prima della partita, tu sei?”

“Ma sei scemo? Vuoi farti esplodere il fegato nel mio salotto?”

“Va bene…partiamo con uno e poi vediamo come si mette…allora mandi già prima il rum e poi…”

“So come si fa House, non sono la matricola del college” Cuddy si mise vicina a lui osservandolo mentre riempiva i bicchierini di rum che gli aveva portato, e lei riempì gli altri con il succo alla pera.

“Cuddy alcolista…mi fa pensare a certe cose…arrapante!” si mosse scosso da un brivido di piacere che partì dal suo volto e arrivò ai suoi pantaloni.

Mandarono giù il primo cicchetto e Cuddy rimase qualche istante stralunata: non era più abituata alle serate vodka e chiacchiere del college. Di solito si facevano il giovedì sera: Cuddy, Sondra, Anna e Janine compravano la vodka, i pop-corn e si finiva alle 4 di mattina con le bottiglie di vodka vuote e loro addormentate e ubriache, dopo una notte a base di alcohol e punteggi del ragazzo bello delle varie lezioni. House aveva passato gli ultimi 34 anni in compagnia dell’alcohol: aveva iniziato a 16 anni per fare lo spavaldo con una ragazza e vincere la gara di birra…da allora non si era più fermato, effettivamente Cuddy l’aveva conosciuta ad un rave party, un paio di baci al sapore di alcohol e poi una notte e via, il giorno dopo per entrambi era solo un grandissimo mal di testa.

“Coraggio iniziamo. Dai le carte!” Cuddy si riprese dal post-ingerimento improvviso d’alcohol e ritornò al suo posto, incitando House a dare le carte. Non era al massimo della forma, un solo giro della staffa l’aveva già intontita, era chiaro non fosse dedita all’ubriacarsi e House si divertì a fantasticare cosa avrebbe fatto se fosse stata ubriaca.

“Giuro che se inizi a masticare tabacco e ruttare ti sposo!” mischiava le carte ed iniziò a distribuirle.

“Sono una signora House…una dannata signora e rimarrò tale a vita!” i principali sensi del pudore lessicale si stavano affievolendo.

A metà della partita, tra le risate e i cicchetti mandati giù, squillò il telefono, facendo sussultare Cuddy, i cui sensi ormai si erano quasi completamente assopiti.

*Cuddy?*

“Wilson”

*Scusa l’orario, spero di non averti disturbato*

Cuddy cercava di trattenere le risate, mentre House faceva delle facce buffe “No! No! Stavamo…guardando la tv!” e rise profondamente staccando la cornetta dall’orecchio.

*Vi…state divertendo?*

“Wilson hai interrotto la nostra lotta nudi nel fango, sbrigati!” House urlò per farsi sentire, mentre Cuddy ridendo cercò di zittirlo.

*Io volevo…solo…dirti che domani vengo a prenderlo prima con tutte le sue cose. Ma avete bevuto qualcosa?* Wilson era sorpreso dalle reazioni di Cuddy, si immaginava che House avrebbe continuato a bere ed impasticcarsi, ma non pensava che lei potesse seguirlo a ruota. Quanto meno per la prima opzione.

“Va bene, ma posso anche portartelo io in ospedale!” era ubriaca, probabilmente non capiva neanche quello che le veniva detto.

*Ma no non voglio crearti più disturbo. Vengo io e…*

Cuddy neanche si rese conto che House le aveva strappato la cornetta dal telefono e l’aveva riagganciata alla base. Rideva soltanto, euforica…ubriaca.

“House è madeluca…madedu…com’è quella parola?”

“Maleducazione…al quinto giro sei già ubriaca?”

“Io non sono ubriaca…spostati!Uooh! Ahi…è la seconda volta che cado oggi! È colpa tua uccellaccio del malaugurio!” Cuddy cadde su un vaso di fiori che House riuscì a salvare in tempo prima che le si rompesse in testa. Era completamente ubriaca, il che per House era più un divertimento che altro: impacciata nelle parole e nei movimenti.

“Sei tutta intera?”

“Credo di sì!Ahi!” le diede una mano a rialzarsi e tutti e due zoppicando e reggendosi l’uno all’altra, più Cuddy ad House che il contrario, ritornarono in salotto a sedersi sul divano.

“Non sarà il caso che smettiamo di giocare?”

Cuddy lo guardò sorridendo “Tu non vuoi toglierti i boxer. Hai perso…”

“Casomai ti ho lasciato vincere!”. A metà del poker era diventato noioso giocare per divertimento, così House, dopo il secondo giro di rum e pera aveva proposto, ad una Cuddy già sufficientemente ubriaca da non capire bene, uno streap-poker: alla fine lei era rimasta in reggiseno e con ancora i pantaloncini addosso e lui doveva pagare il pegno finale per aver perso, togliendosi i boxer.

“Che c’è ti vergogni? Sono il tuo dottore…il tuo non è mica il primo che vedo!” era completamente disinibita. Mai avrebbe pensato di ritrovarsi semi-nuda nel suo salotto con House a richiedere che lui si togliesse le mutande.

“Tu hai bisogno di riposare, andiamo!”

“Nananana! Non ci provare…hai perso e fai la penitenza coraggio. Nudo nudo nudo!” nel frattempo si era versata un bicchierino di rum, ormai non lo accompagnava neanche più con la pera e prima che House potesse fermarla lo mandò giù tutto d’un sorso.

“Cuddy io…”

“Io da qui non mi muovo – si lanciò sul divano – Finché non ti abbassi i boxer rimango ferma qui!” e si versò un altro bicchierino. A quello ne seguirono altri quattro prima che House riuscì a distrarla e prendere la bottiglia.

“Adesso basta veramente, forza fila a letto!”

“Che c’è ti sei arrabbiato?”

“Per forza mi hai finito il rum!”

“Capirai…vado a comprarti l’altro, non muoverti e preparati per lo streap!” Cuddy si alzò dal divano e andò a prendere le chiavi della macchina e uscì di casa. House la inseguì di dietro, uscendo in mutande sul vialetto, lei del resto era in pantaloncini e reggiseno.

“Dì un po’ hai deciso di far venire una troupe televisiva a riprenderti mentre ti spogli?” la riportò dentro casa.

Cuddy camminò appoggiando la testa alla spalla di House, che la sorreggeva da dietro, e chiuse gli occhi per qualche istante.

“Dov’è il rum?”

“Se prometti che non vai a farti le passeggiate nuda te lo do. Prometti?”

“Sì!”

Adesso lo scopo di House era farla ubriacare ancora di più sperando che si addormentasse, dimenticando della sua penitenza.

“Alla nostra!” si sedettero a terra e brindarono con un bicchierino di rum e appena finito House le riempì di nuovo un altro giro.

“No basta! Mi sento male!”

“Su su su…guarda è quasi finito, non possiamo mica lasciarlo!” Cuddy fece uno sforzo, non aveva neanche notato che House non beveva affatto ma la osservava solo mandar giù i sorsi. Quando la bottiglia fu finita cercò di farla alzare.

“Guarda che non mi sono dimenticata…mi devi uno streap!”

House la guardò qualche istante e poi disse sottovoce “Wilson domani mi uccide!D’accordo! Riesci a stare in piedi? Sennò ti affianco alla libreria!” Cuddy fece cenno di sì con la testa.

House tirò su un sospiro prima di abbassarsi i boxer. Cuddy rimase qualche istante inebetita, non credeva che l’avrebbe fatto sul serio, e credeva ancora meno di poter essere lei lì ad osservare House nudo. Spalancò la bocca dalla meraviglia “Pensavo di farti più effetto di così!” e scoppiò a ridere. House si coprì con le mani, tremendamente imbarazzato, ma anche incuriosito dalla risata di lei. Lo prendeva in giro?

“Sei una villana, migliaia di donne pagherebbero per essere al tuo posto ora! Tu come… - si bloccò quando tra le mille risate a squarcia gola, Cuddy fu presa da un attacco di vomito, ripiegandosi sul pavimento del salotto – Fai così con tutti o devo ritenermi particolarmente fortunato?”

Si rimise i boxer e non fece altro che attendere che lei si rialzasse da quella posizione, le allungò una mano quando Cuddy gli porse la sua in cerca di aiuto.

“Dovrei pulire!”

“Nooo, è in tinta con l’arredamento! Se non fosse per la puzza!”. Con difficoltà Cuddy raggiunse la cucina e prese degli stracci per pulire: quando ritornò nella stanza House si stava rivestendo e le porse la canotta che lei si era tolta, per toglierla dall’imbarazzo che sarebbe arrivato se lei avesse recuperato un barlume di lucidità.

Quando finì di ripulire, si piegò verso il tavolino per prendere le carte ma perse l’equilibrio e cadde su House, che era troppo stanco e un po’ brillo per poterla reggere. Risero entrambi della sua goffaggine, ma quel sorriso svanì qualche istante dopo quando si trovarono a fissarsi negli occhi. Avevano dormito insieme, ma quella vicinanza, quel contatto era qualcosa di completamente diverso: Cuddy non aveva mai visto House ridere così di gusto e House non ricordava cosa significasse godere della compagnia di una donna, in un modo così naturale. Voleva guardarla negli occhi, perdersi nella loro lucentezza; avrebbe voluto dirle Non lasciarmi mai e restare lì con lei per sempre, ma non sapeva come far uscire i suoni, era bloccato e rapito in quel momento di meraviglia. Si risvegliò solo quando sentì un contatto caldo, morbido, delicato: un corpo che aderiva al suo, a quel petto ancora nudo, una mano che si poggiava sui suoi pettorali e un’altra si insinuava nei capelli. Un contatto bagnato, al sapore di alcohol ed euforia, con un misto di gioia e romanticismo. Un bacio, un semplice bacio.

“Cuddy…non…” fu proprio House, con suo sommo stupore, a fermare quell’emozione. Non era giusto, lei era ubriaca ed era sbagliato approfittare di lei in quel modo. La desiderava sì, ma voleva che anche lei desiderasse lui e per quanto fosse stata Cuddy a prendere l’iniziativa, forzare la mano sarebbe stato come abusare di lei e questo non se lo sarebbe mai perdonato.

Lei neanche notò questo particolare, come del resto non aveva notato di essergli caduta accidentalmente addosso, sul morbido divano. Fece scivolare la sua testa nello spazio tra la spalla e il collo di House, facendolo rabbrividire con il suo respiro soffice, e chiuse gli occhi cullata tra le sue braccia.

Lui stava scomodo in quella posizione, ma non voleva svegliarla, era il premio per esser stato un galantuomo con lei, averla tra le sue braccia, come una bambina e proteggerla. La coprì con la coperta che era piegata sulla spalliera e poggiando la testa sulla sua chiuse gli occhi. Li riaprì per un istante, quando la sentì muoversi lungo la sua gamba malata, spaventato che lei potesse impressionarsi dall’enorme cicatrice, ma invece si rallegrò sapendo che pur avendola sfiorata a lei non importava quella sua imperfezione, fin troppo importante per lui.

Cuddy si strinse ancora di più nel suo abbraccio “Sono contenta che sei venuto qui!” e si addormentò.

F I N E

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