Once Upon Another Time

di Nimel17
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** No more Happy Endings ***
Capitolo 2: *** The thing you love most ***
Capitolo 3: *** Snow Falls ***
Capitolo 4: *** The price of Gold ***
Capitolo 5: *** That still small voice ***
Capitolo 6: *** The shepherd ***
Capitolo 7: *** The Heart Is a Lonely Hunter ***
Capitolo 8: *** Desperate souls ***
Capitolo 9: *** True North ***
Capitolo 10: *** 7:15 A.M. ***
Capitolo 11: *** The fruit of the poisonous tree ***
Capitolo 12: *** Skin Deep ***



Capitolo 1
*** No more Happy Endings ***


Prologo


Rumpelstiltskin se ne stava nella sua cella, in attesa di una visita. Charming e la sua sposa se n’erano andati, dopo avergli chiesto delucidazioni sulla maledizione che lui aveva fatto. Non che loro lo sapessero, né che Regina sapesse la vera ragione per cui gliel’aveva data.
Si guardò intorno, disgustato. Non avrebbero potuto scegliere una prigione peggiore nemmeno se avessero chiesto consiglio alla regina in persona. Reul Ghorm aveva fatto in modo che non potesse usare la sua magia. Era già tanto se poteva ancora sbirciare il futuro.
Emma. Sorrise. Quel nome era la chiave per sconfiggere Regina. Una volta che la ragazza fosse giunta a Storybrooke, e lui aveva visto il suo avvento, e una volta che lui ne avesse udito il nome, avrebbe ricordato. La Foresta Incantata, il suo alter ego fiabesco, tutto. Avrebbe potuto cercare Bae. Gli occhi del Signore Oscuro erano persi nel fissare un’immagine inesistente davanti a sé, visibile solo ai suoi occhi: un ragazzino dai folti capelli scuri e acuti occhi castani, pieni di bontà. Tese una mano per sfiorargli il volto, ma il fantasma scomparve e lui rimase con l’aria sola tra le mani, come sempre.
“Ti troverò, Bae. Ti troverò. Non romperò questo patto.”
Si sedette per terra, sporcandosi ancora di più di sabbia e una strana polvere nera, che non era esattamente zolfo ma nemmeno cenere. Non che gli importasse, al momento. Era buio, poche fiaccole illuminavano il corridoio. Pesanti passi risuonavano in lontananza, accompagnati da quell’orribile sferragliare delle armi che sbattevano sull’armatura. Sentì due voci, piuttosto arrabbiate.
“Sciocco, sai cosa potrebbe fare lui con un oggettino così? Sta’ attento e attieniti agli ordini.”
Rumpelstiltskin ridacchiò. Non aveva dubbi su chi fosse il soggetto in questione. Le guardie avevano un terrore sacrosanto dei suoi poteri e della sua fama e, a dire il vero, più volte si era dilettato nel farli scappare, fingendo di scagliare terribili maledizioni. Dopotutto, soffriva di una certa mancanza di distrazioni in quella cella.
Una mano sporse dalle sbarre, reggendo una ciotola. La brodaglia che c’era dentro poteva essere qualsiasi cosa, ma lui pensava fosse un’arma segreta della regina. L’aveva sempre gettata via, preferendo soffrire la fame piuttosto che patire atroci dolori.
“La cena.”
Si accorse che la guardia era nuova. Il viso di Rumpelstiltskin si illuminò nel buio, le pupille dilatate e un sorriso dischiuso che avrebbe fatto indietreggiare gli eroi più coraggiosi. Stette immobile qualche istante ancora, giusto per aumentare la tensione, poi scattò in avanti come una vipera di Agrabah e strinse il polso del novellino in una presa insolitamente forte, per un uomo che non mangiava qualcosa di decente da quattro mesi.
L’urlo di terrore dell’altro uomo lo riempì di soddisfazione: lo lasciò andare e scoppiò in una delle sue risate folli, sempre più numerose da quando era stato rinchiuso. Stava ancora ridendo piano quando osservava i movimenti di un ratto fuori dalla prigione. Smise di ridere e si sfregò le mani.
“Siamo solo noi due, dearie.”
Il topo svanì in una nube nera, mentre al suo posto c’era una donna vestita interamente di nero, ben truccata, che si sgranchiva il collo. Regina. La sua mente tornò alla prima volta che l’aveva incontrata: una ragazzina sprovveduta che non sapeva nemmeno come pronunciare il suo nome, desiderosa di liberarsi di una madre che l’aveva promessa contro il suo volere ad un vecchio re, uccidendo il suo innamorato per assicurarsi che non avesse altre distrazioni. Si accorse che l’attuale versione di Regina gli stava parlando.
“Perché la maledizione non ha funzionato? Gli altri hanno persino osato farsi beffe di me. Dove ho sbagliato?”
Oh, adesso c’era la parte divertente. Si alzò, inarcando la schiena e le braccia. Doveva essere rimasto seduto per più tempo di quanto pensasse.
“Ad una condizione.”
“Naturalmente. Non mi aspettavo nient’altro.”
“Nella prossima vita in quel mondo, voglio vivere nel lusso…”
“Bene, avrai una villa, sarai ricco.”
“Non avevo finito. C’è dell’altro.”
“C’è sempre dell’altro con te.”
“Nella prossima vita, Belle dev’essere con me. Al mio fianco, come mia moglie. E, se mai dovessi venire da te, tu dovrai esaudire ogni mia richiesta…”
Finse di pensarci ancora un po’, gli occhi esageratamente aperti, con la punta della lingua in fuori come se facesse fatica a pensare.
“Fintantoché dirò per favore.
Regina lo scrutò, ironica.
“Ti rendi conto, vero, che se la maledizione avrà effetto, tu non ricorderai niente di tutto ciò?”
Rumpelstiltskin sorrise, lo sguardo febbricitante.
“Oh, beh, allora cosa c’è di male?”
La donna sorrise, trionfante.
“D’accordo, come vuoi. È un patto. Ora dimmi della maledizione.”
Non poteva crederci che sarebbe stato così facile. Pensava che Regina lo conoscesse meglio: lui non proponeva mai accordi alla cieca.
“Grande potere richiede grande sacrificio, te l’ho detto.”
“Ho sacrificato il cuore del mio stallone, che era con me sin dall’infanzia.”
Lui scattò in avanti e l’afferrò per la gola.
“Un cavallo? Mi stai dicendo che io ti ho dato la maledizione che porrà fine a tutti i lieto fine, la maledizione delle maledizioni, e tu sacrifichi il cuore di un maledetto cavallo?”
La liberò. Era un oltraggio alla sua abilità di pozionista.
“Cosa devo sacrificare allora?”
“Il cuore della persona che ami di più.”
“Quella persona è morta, a causa di Biancaneve. Mi stai prendendo in giro, Rumpelstiltskin?”
“E non c’è nessun’altra persona che tu ami? Sei sicura?”
La vide impallidire. Non c’era che un solo altro essere umano che lei amasse, suo padre Henry.
“Fin dove sei disposta a spingerti, dearie, per avere la tua vendetta?”
Gli occhi scuri di Regina brillarono di lacrime non versate, ma c’era una luce di ferma decisione in fondo alle sue pupille.
“Fin dove sarà necessario.”
La regina si voltò e scomparve nel buio. Lui iniziò a camminare avanti e indietro. Era fatta. Regina aveva stupidamente acconsentito a quel patto e lui non doveva che attendere la Salvatrice. Non si sarebbe nemmeno reso conto dei ventotto anni passati finché non si fosse risvegliato. Unì le dita delle mani. Certe volte, si sentiva tremendamente annoiato di manovrare le altre persone come pedine della sua grande partita di scacchi.
“Rumpelstiltskin.”
Le solite farfalline sbatterono le ali nel suo stomaco. Dopo tutto quel tempo, avrebbe dovuto essere abituato, ma non riusciva mai a prepararsi a quello che i suoi occhi vedevano. Belle, la sua Belle, era lì, davanti alla sua cella, come un angelo davanti alle porte dell’Inferno. Il suo vestito blu era coperto di polvere, le scarpe infangate e i capelli spettinati, ma era talmente bella da dover impiegare qualche secondo a ricordarsi come respirare. Quegli occhi, azzurri come il cielo primaverile, la bocca piena, e sorridente, la pelle rosata e i boccoli castano ramati che le circondavano il volto come una corona. Cosa valevano, al confronto, la famosa chioma corvina, la famosa pelle d’avorio, le famose labbra rosse di Biancaneve?
Tese le mani in avanti, toccando le dita di lei.
“Sei venuta da me.”
“Tra poco la regina darà inizio alla maledizione. Voglio passare con te questi ultimi momenti.”
“Non temere, dearie. Sarai con me anche nel prossimo mondo, me ne sono assicurato. Saremo insieme.”
Belle sorrise, levandogli come ogni volta un battito di cuore. Ghiacciai avrebbero potuto sciogliersi davanti a quel sorriso. Fece passare una mano attraverso le sbarre e arricciò una ciocca dei suoi capelli morbidi intorno alle dita. Lei gli trattenne la mano, gli occhi umidi.
“Perché hai voluto farti arrestare, amore mio? Potevi annullare quel tuo accordo con Cenerentola, è solo uno dei tanti, dopotutto.”
“La magia ha sempre un prezzo, dearie. Nessuno può rifiutarsi di pagarlo.”
Lei gli baciò la mano, bagnandola delle sue lacrime.
“Perché piangi, Belle?”
“Perché per ventotto anni ti sarò accanto, senza vivere davvero al tuo fianco.”
“Ho paura sia un male necessario, ma passerà, te lo prometto. Nel momento stesso in cui mi sveglierò, verrò da te e farò la stessa cosa, mia Belle. Non potrei stare senza di te.”
“Magari, quando ti risveglierai scoprirai che il tuo cuore appartiene ad un’altra.”
Rumpelstiltskin premette il viso sulle sbarre, le pupille verticali come quelle dei gatti.
“Ci sono poche cose certe nel mondo, dearie. Il sole sorge ad Est, Charming è un idiota, e il nostro amore. O almeno, il mio amore per te.”
Belle avvicinò il volto al suo e lo baciò, teneramente.
“Il mio cuore sarà sempre tuo. E, una volta che troveremo Baelfire, saremo una famiglia anche noi.”
Le loro dita s’intrecciarono. Lei era l’unica che sapesse l’intera verità su suo figlio e non l’aveva respinto per quello. Non voleva cambiarlo, togliergli i poteri per farlo tornare un uomo normale. Lo aveva amato per quello che era, semplicemente.
All’improvviso, la tenne più stretta.
“Sta arrivando.”
La nube viola filtrò attraverso le finestre e li ricoprì mentre si scambiavano un ultimo bacio, rifiutandosi di avere ancora paura.
 
Storybrooke, ventotto anni dopo.
 
“Emma. Emma Swan.”
Emma. Emma. Emma.
Il signor Gold si fermò all’entrata di Granny’s, la testa che rimbombava come se fosse vicino ad una campana. Si dovette aggrappare al suo bastone per non cadere. Immagini fulminee e stravaganti gli passarono davanti agli occhi: un bambino, Isabeau vestita con un antico abito blu e un mantello verde, Regina Mills con i capelli lunghi e neri abiti fluenti.
Sbatté gli occhi e guardò la giovane donna bionda davanti a sé.  La Salvatrice indossava un normale paio di jeans con una giacca di pelle rossa e stava aspettando la chiave di una stanza. Assomigliava incredibilmente a sua madre, e si chiese se ne avesse preso anche l’astuzia e l’intelligenza, doti di cui a suo parere Charming era del tutto sprovvisto.
“Emma.”
Tre teste femminili si voltarono verso di lui, che sorrideva come se avesse appena ricevuto una bella notizia.
“Ma che bellissimo nome.”
La donna lo fissava curiosa, ma non fece domande.
“Grazie.”
La vedova Lucas tirò fuori dal cassetto un rotolo di banconote e glielo porse.
“Tenga, è tutto qua.”
“Ne sono sicuro.”
Prese i soldi dell’affitto, come ogni mese, e si diresse verso la porta.
“Si goda la permanenza, Emma.”
Ruby , o per meglio dire, Cappuccetto Rosso, lo fissava con quel misto di diffidenza e paura che incuteva sempre. I capelli erano più lisci e ritoccati da toni rosso rubino, indossava molti vestiti in meno, ma non era cambiata poi tanto. Le rivolse un cenno di saluto e uscì.
Lui non era il signor Gold, era Rumpelstiltskin. La goccia della pozione del Vero Amore che aveva fatto cadere sulla pergamena dell’accordo per la maledizione aveva funzionato. Aveva due vantaggi, ora: ricordava e Regina ignorava questo fatto importantissimo.
Comunque, i suoi piani potevano aspettare. Adesso aveva una cosa molto più urgente da fare.
Arricciò il naso davanti alla sua casa, ripromettendosi di fargliela pagare alla regina per la scelta di quell’assurdo colore – rosa, tra tutti quelli che poteva scegliere!- ed entrò. Per la prima volta in quei ventotto anni, le gambe gli tremavano e la mano faceva fatica a reggere il bastone. Un profumo di arrosto aleggiava per le stanze e lui riuscì ad arrivare fino alla cucina.
Isabeau. Belle.
Persino in questo mondo era bellissima: i capelli più lisci e scuri, più magra e più seria rispetto all’altra sua esistenza, ma era sempre lei. Sua moglie.
Rumpelstiltskin strinse il bastone con tutte le sue forze. La storia che Regina, evidentemente per fargli un piccolo dispetto, aveva inventato per Belle, non era delle più felici: rinchiusa per tutta l’adolescenza in manicomio, appena uscita Isabeau French si era rivolta disperata al ricco signor Gold perché non aveva dove andare. Suo padre aveva rifiutato di riprenderla in casa e lui, colpito da quei meravigliosi occhi chiari, le aveva proposto un accordo: sicurezza economica in cambio della sua mano. A Regina non doveva essere piaciuto molto il fatto che fossero riusciti lo stesso ad innamorarsi l’uno dell’altra, perché per quanto potesse dare ad ognuno una nuova identità, non poteva mutare i loro sentimenti.
Lei lo accolse con un sorriso.
“Robert. Sei arrivato presto.”
Lui lasciò cadere il bastone e la baciò, prendendole il viso tra le mani.
Svegliati, Belle. Svegliati.
Nonostante avessero entrambi bisogno di respirare, Rumpelstiltskin si rifiutò di lasciarla ancora per qualche istante. La fine di quel bacio avrebbe significato la sua felicità o la sua disperazione.
Dimmi il mio vero nome, Belle, dimmelo.
La donna lo guardava, confusa e sorpresa. I secondi gli sembravano scanditi dall’orologio, sonori come gong orientali. Lei gli prese il viso tra le mani.
“Rumpelstiltskin. Hai mantenuto la tua promessa.”
“Come sempre, Belle.”
 
 
 
 
 
Angolo dell’autrice: Devo ammettere che un po’ mi dispiaceva che Rumpelstiltskin fosse da solo durante la serie, così ho deciso di riscrivere la serie ( e che i registi di Once Upon A Time perdonino il mio ardire) inserendo Belle sin dal primo episodio. Abbiate pazienza con una povera matta ossessionata da Rumpelstiltskin, chiedo umilmente perdono e cospargo il capo di cenere per questa demenzialità. Buona serata!

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Capitolo 2
*** The thing you love most ***


Belle sorrise a Rumpelstiltskin, che la spiava mentre fingeva di leggere il Daily Mirror. Gli passò una tazza di the e lui la cioccolata calda. Era un rituale che ripetevano da ventotto anni, senza sapere che in realtà lo facevano anche nel loro vecchio mondo. Suo marito beveva senza smettere di osservarla, gli occhi castani pieni di scintille dorate di malizia e un sorrisetto che non tentava nemmeno di trattenere per educazione. Lei arrossì senza accorgersene.
“Tutto bene, dearie?”
“Benissimo.”
“Sei molto rossa. Hai caldo?”
“Sarà stata la cioccolata.”
Prima che potesse bersagliarla senza tregua con il suo sarcasmo, gli infilò in bocca un pezzo di brioche e si alzò per prendere della marmellata.
“Cosa dice il giornale oggi? Le solite cose o qualcosa di nuovo?”
“C’è un bell’articolo sulla nostra Salvatrice. Sembra che, mentre stava tornando a Boston, abbia avuto un incidente stradale e abbia distrutto il cartello di benvenuto.”
“Dio mio, si è fatta male?”
“No, qui dice che non ci sono state ripercussioni fisiche. È decisamente tutta suo padre.”
“Perché? Che cos’ha fatto Charming?”
“Ad esempio, quando Biancaneve stava per uccidere la regina, lui si è messo davanti a lei prendendosi la freccia sulla spalla, invece di tagliarla con la sua spada o al massimo farla deviare spingendo via la sua principessa.”
“È stato molto… eroico.”
“Stupido.”
“Coraggioso.”
“Scervellato.”
“Va bene, va bene, hai ragione, Emma Swan combina guai come James. C’è altro?”
“No. Adesso vado in negozio, tornerò verso l’ora di pranzo.”
“Ma tu di solito, se pranzi, lo fai in mentre lavori.”
“Cambio di routine. O hai impegni?”
“No, naturalmente no. Stamattina devo fare solo qualche commissione. Hai preferenze? Vuoi che ti prepari una crostata?”
Rumpelstiltskin la prese tra le braccia e le baciò la punta del naso.
“Amore mio, lo sai cos’è successo l’ultima volta che ci hai provato. Sai anche che non amo i dolci.”
“E se prendessi dei muffin da Granny’s?”
“Potrei accettare.”
“Traditore.”
Gli aggiustò il nodo della cravatta, chiedendosi cos’avrebbero pensato gli abitanti di Storybrooke del perfetto e chic signor Gold se avessero visto i risultati dell’annodamento di cravatte, papillon e farfallini lasciato alle sue mani, che pure erano così abili in tutte gli altri ambiti d’abbigliamento.
Non riuscì a restare irritata con lui per più di due secondi, visto che Rumpelstiltskin le aveva dato un bacio sull’incavo del collo. In un mondo o nell’altro, sapeva rigirarsela come voleva.
“Ci vediamo dopo, dearie.”
Se c’era una cosa che apprezzava della sua nuova vita, erano gli elettrodomestici. Mentre prima passava ore e ore strofinando pavimenti, raccogliendo la polvere a fatica, ora in meno di un’ora aveva finito, grazie all’aspirapolvere e ai nuovi prodotti fatti di cera d’ape, lasciandola libera di dedicarsi alla sua attività preferita: la lettura.
Durante quei ventotto anni, Isabeau leggeva di tanto in tanto, solamente saggi o libri storici. Belle provò invece per la prima volta la gioia di imbattersi in un giallo di Agatha Christie. Ricordava di averlo ricevuto in regalo da Mary Margaret e di averlo accettato per non offenderla, ma ora si ritrovò a divorare le pagine del romanzo, scoprendo che la trama era molto simile agli intrighi di palazzo.  Quando il padre della protagonista morì per salvare la figlia, le lacrime iniziarono a scorrerle inconsciamente sul viso. A Storybrooke, non c’era traccia di quel genitore che avrebbe sacrificato la salvezza del regno pur di non renderla prigioniera del Signore Oscuro. Quell’uomo era sostituito da un uomo profondamente rispettabile, ossessionato dall’apparenza, tanto da liberarsi senza pensarci due volte di una figlia diagnosticata nevrotica, da non andarla mai a trovare in ospedale, da ripudiarla una volta dimessa dal manicomio.
Che cosa gli aveva fatto Regina?
La sua mente richiamò l’immagine della donna come l’aveva vista per la prima volta, al castello di Rumpelstiltskin: lunghi capelli neri, un abito di velluto nero che lasciava scoperti sul davanti i pantaloni e gli stivali da cavallerizza, gli occhi scuri e freddi come opali ombreggiati da folte ciglia e le labbra color prugna atteggiate ad un sorriso di circostanza. Suo marito l’aveva subito protetta, mettendosi davanti a lei e trattando lui con la regina, per poi stringerla forte tra le braccia e raccomandandole di non rivolgerle mai la parola quando l’ospite se n’era andata.
Ora Regina Mills aveva i capelli più corti e un abbigliamento più convenzionale, dopo averla fatta internare non l’aveva mai avvicinata personalmente se non pochissime volte e l’aveva sempre guardata dall’alto al basso. La cosa strana era che non riusciva a rammentare quando aveva adottato Henry. Stando a quanto le aveva detto Rumpelstiltskin, era stato lui a procurarglielo ed era stato proprio il bambino a far tornare Emma a Storybrooke. Nessuno sapeva chi ne fosse il padre.
Mordendosi il labbro, si portò una mano sul ventre. Isabeau e Robert Gold non avevano mai sentito il bisogno di avere figli, ma Belle ne voleva almeno uno. Una bambina, in modo da bilanciare i sessi quando avrebbero ritrovato Baelfire. Questo la preoccupava molto: e se non fosse piaciuta al figlio di Rumpelstiltskin? Cosa sarebbe successo? E se le cose si fossero messe ad un punto tale da trovarsi di fronte alla scelta di tenere suo marito separato da Bae, o andarsene lei per lasciarli finalmente uniti?
Si passò la mano sugli occhi per scacciare quei pensieri paranoici e respirò due volte, profondamente. Prima dovevano trovare il ragazzo. Mise da parte il libro e si alzò, trovando improvvisamente indispensabile una boccata d’aria. Quando si trovò davanti al suo guardaroba, roteò gli occhi. Rumpelstiltskin aveva sempre insistito nel vestirla come una bambola, con abiti di seta e gioielli preziosi. Si sentì stringere il cuore al pensiero che in tutti quegli anni era vissuta praticamente come una reclusa, impaurita dagli sguardi scrutatori e pieni di giudizi su di lei.
Ma ora non era più la timida Isabeau, era Belle, la principessa di Avonlea.
Fa’ la cosa coraggiosa e il coraggio seguirà.
Si mise un paio di pantaloni neri e una camicetta blu vivace, legandosi i capelli dietro alla nuca con un nastro intonato, appena un po’ di matita agli occhi e indossò la collana che Rumpelstiltskin le aveva regalato per il loro primo anniversario: un medaglione antico, d’oro, con una rosa in rilievo circondata da foglie rampicanti. Prese con sé una giacca, nel caso la temperatura diminuisse di colpo, alzò la testa e uscì. Per la strada non c’era nessuno, quindi lei immaginò che fossero tutti al diner a prendersi il caffè di metà mattina. Entrò nel negozio del signor Clark e prese un po’ di verdure e carne per fare lo stufato, della frutta e una bottiglia di cabernet. Iniziò a canticchiare una melodia della sua infanzia, di buon umore. Era decisamente contenta di essersi risvegliata. Sorrise al signor Clark e uscì, reggendo il sacchetto tra le braccia come un neonato.
Mentre stava dirigendosi da Granny’s si scontrò con una donna dai lunghi capelli biondi che stava ferma di fianco ad un maggiolino giallo e qualche arancia scivolò fuori dalla borsa della spesa, rotolando per qualche centimetro sull’asfalto. La sconosciuta sussultò e gliele raccolse.
“Scusa, non dovevo stare così come un allocco intralciando la circolazione.”
Le porse le tre arance e Belle le rimise nel sacchetto, indecisa se buttarle una volta arrivata a casa.
“Sei Emma Swan, vero? Henry ha i tuoi stessi occhi.”
“A quanto pare, mi conosce tutta Storybrooke in meno di un giorno.”
Lei chinò lo sguardo, vergognandosi d’esser stata così invadente, ma Emma si passò una mano tra i capelli e alzò l’altra davanti a sé.
“Mi dispiace, è che ho avuto una pessima nottata.”
Belle le rivolse un sorriso luminoso, che le accese gli occhi blu come se avesse premuto un interruttore.
“Sto andando al diner a prendere un paio di muffin. Vuoi venire con me? Ammetto d’essere piuttosto curiosa sul primo forestiero di Storybrooke da… oh, beh, Dio solo sa quanto.”
“Volentieri, devo prendere un caffè o morirò d’emicrania.”
Si era levata una brezza insolitamente fredda e Belle rabbrividì. Era sempre stata freddolosa, ma non sapeva dove appoggiare la spesa per mettersi la giacca senza disturbare la Salvatrice, che sembrava piuttosto presa nei suoi pensieri.
“Hai già conosciuto qualcuno?”
“Ho avuto il piacere di conoscere la signora Lucas, sua nipote Ruby, un certo Archie con un dalmata, e persino la signora Mills.”
La voce grondava pesante sarcasmo nel pronunciare l’ultimo nome.
“E anche uno strano tizio. Molto inquietante, mentre prendevo una stanza al Bed and Breakfast.”
Lei nascose un sorriso, voltandosi dall’altra parte. Aveva una mezza idea sull’identità dell’uomo.
Emma aprì la porta del diner e subito Ruby la gratificò con un largo sorriso.
“La nostra nuova celebrità! Cosa posso servirti, Emma?”
Poi la ragazza si accorse di Belle e s’irrigidì. Ora il brusio del locale era cessato del tutto e molti occhi, chi più e chi meno direttamente, erano fissi su Isabeau Gold. Anche la sua nuova conoscenza si voltò, stupita da quell’accoglienza.
Belle strinse la presa sul sacchetto e rabbrividì impercettibilmente un’altra volta, ma non per la bassa temperatura. Coraggiosamente, alzò il mento e si diresse al bancone.
“Due muffin ai mirtilli da portare via per favore, Ruby.”
Sorrise dolcemente, anche se non si sentiva in vena. Cosa stavano pensando tutti in quel momento? Ecco la pazza della città. Chissà se si metterà a calpestare la spesa e a ballare sui tavoli davanti a tutti. O magari gli occhi inizieranno a roteare e lei inizierà a profetizzare qualche follia.
Fu la signora Lucas a servirla, evitando il contatto con le sue mani. Lei sentì la familiare stretta allo stomaco, come se qualcuno le avesse dato un pugno.
“Grazie mille.”
Riuscì a elargire un ultimo sorriso e se ne andò, lottando con se stessa per non mettersi a correre. Una volta fuori, iniziò a camminare sempre più velocemente, i suoi tacchi risuonavano come se fossero sul vetro, ossessionandola.
“Ehi, aspetta!”
Emma la stava raggiungendo, avvantaggiata dalle ampie falcate e dalle Convers.
“Cosa diamine è successo lì dentro?”
Belle esitò.
“Ti va di fare un po’ di strada con me? Abito a qualche isolato di distanza.”
Le due si mossero, camminando lentamente.
“Mi chiamo Isabeau. Non sono esattamente la mascotte del paese.”
“Me ne sono accorta. Cos’è successo?”
Lei deglutì.
“Sono stata sei anni in manicomio.”
Vedendo l’espressione colpita sul viso di Emma, le venne da piangere e gli occhi le si inumidirono.
“Non sono pazza. Non lo sono mai stata. Avevo solo frequenti blackout, che riuscivo a tenere sotto controllo. Probabilmente derivavano dallo stress, visto che studiavo al liceo, lavoravo part time al negozio di mio padre e i weekend facevo un altro lavoro, ma la signora Mills ha iniziato a mettere in giro voci che assumevo antidepressivi, che scrivevo e parlavo di altri mondi. Una cosa tira l’altra e un giorno lei e mio padre mi hanno fatta internare, sostenendo che era per il mio bene.”
Una lacrima le era scesa, bagnando il sacchetto della spesa.
“Quanti anni avevi?”
“Sedici. Ne avevo ventidue quando sono uscita. Adesso ne ho ventisette.”
“Erano false le accuse del sindaco?”
“Non ho mai assunto farmaci di nessun genere, e per quanto riguarda ai cosiddetti deliri… ha sfalsato e ingigantito una cosa stupida.”
“Cioè?”
“Un libro che volevo scrivere. Un libro di fantasia.”
Guardò Emma, sorpresa.
“Avevo rimosso questo particolare. Comunque, da allora non sono più riuscita a leggere un fantasy.”
“E perché Regina Mills avrebbe voluto rinchiuderti?”
Belle si strinse le spalle.
“Non le avevo mai fatto niente. Ma… suppongo che rappresentassi una pedina nelle sue mani. Le servivo fuori dai piedi.”
La Salvatrice le posò una mano sulla spalla.
“So che sei sincera. Ho una specie di superpotere, come direbbe Henry, che mi fa capire quando qualcuno mente.”
Arrivarono davanti alla sua casa, e Belle iniziò ad armeggiare con una mano sola nella borsa per trovare le chiavi.
“Lascia, ti tengo la spesa.”
Lei la ringraziò con un sorriso e aprì.
“Puoi entrare un attimo, se vuoi. Devo preparare il pranzo, ma mio marito non arriverà che tra un paio d’ore.”
“Solo per appoggiare questa roba. Devo andare da Henry e portarlo al molo.”
“Naturalmente.”
Emma la guardava, incuriosita.
“Hai detto che sei sposata?”
“Sì, da quattro anni.”
Tecnicamente, più di venti stando alla maledizione, ma non importava.
“Con chi? L’ho già incontrato?”
Belle scoppiò a ridere, coprendosi le fossette con la mano, e annuì.
“Era quel simpatico uomo col cane?”
Lei scosse la testa. L’altra inarcò le sopracciglia e spalancò la bocca.
Lui? Oddio, scusa, non volevo dire che era inquietante…”
“Oh, non preoccuparti. Lo è. Glielo dico sempre che non deve spaventare la gente, ma è più forte di lui.”
Gli occhi le brillavano e un piccolo, nuovo sorrisetto le aleggiava sulle labbra.
“Quindi, ti chiami Isabeau Gold?”
“Esatto. La mia seconda colpa, dopo la pazzia.”
“Ho inteso che tuo marito non è molto idolatrato.”
“Per niente.”
Sospirò e si sedette sulla sedia, sciogliendosi i capelli per rifare il nodo.
“Devi avere una vita complicata.”
“Nemmeno molto. Lui mi tiene protetta come sotto una campana di vetro.”
Arricciò il naso.
“Non ti fa piacere?”
“So che lo fa per me, ma preferisco affrontare le cose che schivarle.”
Rendendosi conto che erano già passati venti minuti dal suo ritorno, scattò in piedi.
“Dio mio, è tardi! Dovevo iniziare secoli fa e tu devi andare da tuo figlio. Scusa per averti trattenuto con le mie lamentele.”
“Non ti preoccupare, mi ha fatto piacere conoscerti.”
Belle si chiese se fosse sincera. Era sempre stata fiduciosa nei confronti del prossimo, ma c’era una voce nella sua testa che assomigliava terribilmente a quella di Rumpelstiltskin che la spingeva a cercare le motivazioni delle persone nelle loro parole. Iniziò a sbucciare meccanicamente le arance, separando gli spicchi. Non c’erano agrumi rossi, e se ne dispiacque visto che erano quelli che preferiva.
Fece in modo di tenersi occupata per le due ore seguenti, ponendo le fettine d’arancia attorno al pollo. Si era accesa la radio e stava cantando a tutto volume, incantata dal ritmo delle canzoni moderne. Quindi, quando sentì delle mani attorno alla vita, sobbalzò e si girò. Il viso di Rumpelstiltskin era molto vicino al suo, sorridendo come un lupo affamato. Lei gli prese il viso tra le mani e lo baciò, mentre lui l’abbracciava stretta, arricciandosi i suoi capelli tra le dita.
“Hai avuto una buona mattina?”
“Ora sì.”
Rumpelstiltskin tornò serio. Le sue dita ripercorsero la traccia lasciata dalle sue lacrime di poco prima.
“Cos’è successo, Belle?”
Lei scosse la testa. Non voleva risvegliare il Signore Oscuro che era dentro di lui.
“Non te ne preoccupare. Non è successo niente, davvero.”
Lui serrò le labbra.
“Non permetto che qualcuno ti faccia piangere.”
Belle chinò la testa e intrecciò le dita delle mani.
“La mia reputazione a Storybrooke non è eccelsa, per via… lo sai di cosa.”
Gli occhi di Rumpelstiltskin sprigionavano piccoli lampi e le mani che stringevano il bastone erano sbiancate.
“Forse dovrei semplicemente alzare l’affitto.”
“Così peggioreresti le cose. Tocca a me, Belle, dimostrare che non sono Isabeau.”
Lui annuì, abbassando le spalle.
“Vedo che hai fatto un pranzo da chef. È buono come sembra?”
“Dimmelo te.”
 
 
Quella sera, Belle si stava asciugando i capelli e stava aspettando Rumpelstiltskin. Dovevano stabilire una strategia da attuare contro Regina. Gli aveva detto di aver conosciuto Emma, ma lui non era sembrato molto entusiasta.  Preferiva che lei ne stesse fuori, per non diventare un bersaglio ancora più grande per Sua Maestà. Ma Belle si sentiva pronta. Sorridendo, scelse una sottoveste di raso color panna, aperto sulla schiena, ricamato con perline sul davanti e molto trasparente. La coprì con una vestaglia e aspettò a letto, leggendo un altro giallo della Christie. Di tanto in tanto, tendeva l’orecchio per sentire il rumore della sua Cadillac, ma non sentiva mai niente.
Quando la porta della sua camera si aprì, lei mise istintivamente la mano sotto il cuscino per prendere il suo pugnale, ma si bloccò a mezz’aria quando Rumpelstiltskin entrò, appoggiando il bastone vicino alla porta.
“Sei impazzito! Volevi farmi prendere un infarto?”
“Ti assicuro che è l’ultimo dei miei desideri, dearie.”
“Come mai non ho sentito la macchina?”
“Perché ero a piedi, mi sembra evidente.”
Belle si alzò, preoccupata.
“Non ti fa bene al ginocchio.”
“Potrei avere bisogno di un massaggio, più tardi.”
Lei gli rispose con un sorriso sornione.
“Dove sei stato?”
“A spaventare un po’ Regina. Sta iniziando a chiedersi se ricordo qualcosa oppure no.”
“Non è una cosa prudente, Rumpelstiltskin.”
“Le cose devono cambiare. Questo è solo l’inizio, dearie. Adesso devo andare a indagare un po’ sulla Salvatrice, in modo da vedere dove Regina potrebbe colpire.”
Belle abbassò gli angoli della bocca, levandosi la vestaglia.
“E io che speravo di averti un po’ qui per me.”
Come aveva previsto, Rumpelstiltskin era rimasto… fulminato, era il termine che si avvicinava di più.
“Niente che non possa rimandare, dearie.”
Per un uomo con un ginocchio malandato, Rumpelstiltskin era maledettamente veloce a raggiungere il letto e a sdraiarsi su di lei.


Angolo dell’autrice:scioccata dalla puntata “The crocodile” ho avuto bisogno di una dose extra di Rumbelle, quindi questo capitolo potrà sembrare un po’ zuccheroso. Chiedo perdono, ma era necessario per la mia salute mentale. Sono contenta che la mia storia sia così seguita e ringrazio anche coloro che l’hanno recensita o posta tra le preferite o anche solo letta. Alla prossima!

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Capitolo 3
*** Snow Falls ***


Quella mattina Rumpelstiltskin la stava fissando mentre si svegliava, con un largo sorriso poco rassicurante. Belle si coprì il viso con il braccio, disturbata dalla luce.
“Lasciami dormire.”
“Ora di alzarsi, dearie.”
“Non dovresti tenermi così alzata la sera, allora. Perché dovrei alzarmi, poi?”
“Farai tardi al lavoro.”
Lei sbuffò.
“Bel bluff. Ora o torni a letto e stai con me tutto il giorno, o te ne vai in quel tuo negozio inquietante.”
Lui le fece tintinnare qualcosa vicino all’orecchio e lei scacciò il rumore con la mano. Le sue dita toccarono qualcosa di freddo e dal bordo seghettato.
“Ma che…”
Si alzò a sedere. Rumpelstiltskin le tendeva un piccolo mazzo di chiavi, facendolo ondeggiare davanti ai suoi occhi come se volesse ipnotizzarla.
“Ora tu prenderai queste chiavi e andrai a riaprire la biblioteca, che ho fatto restaurare in segreto dai tuoi splendidi occhi, e quando batterò per tre volte le mani tu non  ricorderai che sono stato io a dartele.”
Belle mise il cuscino tra di loro, spingendolo lontano da lei.
“E me lo dici adesso?”
Rumpelstiltskin si massaggiò il naso con eccessivo vigore, gli occhi falsamente offesi.
“Dearie, dearie, è così che mi ringrazi? E poi, dove starebbe altrimenti il divertimento?”
Lei gli si slanciò contro, abbracciandolo e baciandolo in un solo momento.
“Grazie, Rumpelstiltskin. Grazie.”
“Di niente, dearie.”
Belle rimase seduta per qualche istante, sentendo la gioia sostituita dalla preoccupazione.
“Non verrà nessuno da me. Hanno paura di me.”
“Ne hanno più di me. E sanno cosa succederà se non decideranno di farsi un’urgente cultura.”
Lei gli prese le mani e socchiuse gli occhi, avvicinandosi al suo viso.
“Niente minacce.”
“Solo vie di fatto, dearie? Credevo non me l’avresti mai chiesto.”
Rumpelstiltskin sogghignò, mettendosi al riparo dal secondo cuscino che stava saettando verso di lui, poi la prese per i polsi e la bloccò.
“Belle, ma che maniere sono queste? Devi prepararti ed essere lì fra un quarto d’ora.”
“Un quarto d’ora? E tu mi hai tenuta qui a parlare?”
Lui sospirò, passandosi una mano tra i capelli. Recuperò il cuscino e si distese comodamente su di esso, le mani intrecciate sul petto, pronto a godersi lo spettacolo. Allungò le gambe e sorrise, contando i secondi prima che la sua Belle uscisse dalla doccia.
“Tre… due… uno…”
Belle uscì di corsa, l’accappatoio semiaperto e i capelli arricciati per il vapore. Spalancò l’armadio e iniziò a tirare fuori un paio di pantaloni neri e un pullover azzurro.
“No, dearie. É il tuo primo giorno. Devi essere folgorante.”
Lei sospirò e rimise il braccio dentro l’armadio, per poi mostrare un vestito color nontiscordardimé dalle lunghe maniche a sbuffo e una gonna vaporosa che arrivava appena sotto il ginocchio.
Gli occhi decisamente più scuri, quasi neri, di Rumpelstiltskin furono una risposta sufficiente per Belle, che fece una piroetta aggraziata per vedere la gonna volteggiare leggera.
“Allora?”
Lui si alzò e la raggiunse lentamente, squadrandola da tutte le angolazioni.
“Rumpelstiltskin, è tardi. Devo andare e in fretta.”
“Tranquilla. Inizi alle sette e mezza. Volevo solo farti affrettare…”
Le catturò i polsi mentre lei stava per dargli una spinta e le fece perdere l’equilibrio sul letto, abbracciandola.
“Per avere un po’ di tempo ancora con te.”
Belle si addolcì e gli sorrise.
“Hai ragione. Stasera festeggeremo il mio primo giorno di lavoro.”
Lui si arricciò una ciocca di lei intorno al dito e appoggiò la fronte sui suoi capelli.
“Immagina, Belle. Sarai tu e i tuoi libri. E io verrò a trovarti nella pausa pranzo, naturalmente.”
Lei gli strinse la mano che restava sul suo grembo e girò a metà la testa.
“Lasciami andare, ora, o sarò davvero in ritardo.”
Gli diede un bacio veloce sul naso e si alzò, aggiustandosi le pieghe dell’abito. S’infilò un paio di scarpe blu e si mise in fretta del trucco leggero.
“Ora che ci penso, sei anche troppo bella. Rimettiti i pantaloni. Non oso immaginare quanti ragazzi ti faranno salire sulla scala…”
“Non ci penso neanche.”
“Bene.”
“A cambiarmi.”
“Meno bene.”
Belle uscì, camminando leggera per la felicità. Sorrideva e gli occhi luccicavano, tanto che più di qualche testa si girò a guardarla con preoccupazione. Sentiva i sussurri mano a mano che avanzava, ma decise di ignorarli una volta tanto.
“Certo che è davvero una bella ragazza.”
“Ma è così… strana.”
“Carina,  tanto distratta.”
Eccola. La biblioteca che Regina aveva tenuto chiusa per ventotto anni. Le assi erano già state fatte togliere, le vetrine erano pulite e un’insegna in lettere dorate diceva a tutti Belle’s.
Le mani le tremavano, quando aprì la porta con le chiavi nuove. La serratura cedette facilmente e l’interno della struttura la accolse, calda, familiare. Riconobbe molti dei libri del Castello Oscuro, disposti ordinatamente secondo i diversi generi. Le sue dita tornarono a toccare una nuova volta le copertine colorate, sentirono persino del velluto sotto la pelle. Si staccò quasi di malavoglia dai suoi amici di sempre e andò dietro il bancone, sfogliando i cataloghi che contenevano l’elenco completo dei libri. Nell’ora seguente prese confidenza con le disposizioni dei libri, modificandone qualcuna. Il negozio non era molto grande e lei non potè fare a meno di pensare che era una sorta di specchio dell’attività di Rumpelstiltskin.
La prima persona a presentarsi fu una monaca, sorella Astrid. A Belle quella donna piaceva, pur non avendola mai conosciuta personalmente, ma ricordava bene una serata trascorsa in una taverna, a parlare con un nano per aiutarlo a capire d’essere innamorato d’una fata di nome Nova.
“Sorella, che piacere vederla. Sono Isabeau.”
Le guance di Astrid arrossirono.
“Oh, so bene chi è lei.”
Fu Belle ad imbarazzarsi a quella constatazione. Sapeva che Rumpelstiltskin non era mai stato troppo gentile con le fate o con le suore.
“Posso esserle utile?”
“Sì, cercavo un testo sulle teorie della traduzione della Bibbia dal greco al latino. Ne avevamo uno, al convento, ma…”
Gli occhi scuri della donna si riempirono di lacrime e la suora si portò le mani sul viso.
L’ho lasciato in autobus! Come posso esser stata così stupida? Avevo visto un picchio volare, non ne vedevo uno da tanto tempo, poi mi sono accorta che avevo perso la mia fermata e sono corsa giù a quella dopo, senza accorgermi che avevo lasciato il libro sul sedile. Non l’ho più ritrovato.”
Belle stette bene attenta a non sorridere.
“Vedo, ma questa è una biblioteca, non una libreria.”
Il viso di Astrid mostrava un intenso panico. Decise di rassicurarla.
“Ma a nessuno mancherà un testo religioso come quello che cerchi tu. L’ho visto giusto prima.”
Si girò e cercò di rammentare dove stava un vecchio libro sottile, dalla copertina ambrata.
“Eccolo!”
Glielo porse sorridendo, ma poi si portò un dito sulle labbra.
“Mi raccomando, sorella. Non lo dica a nessuno.”
Astrid sembrava sul punto di piangere.
“Grazie, grazie, lei è un angelo! Non so proprio cosa ci faccia con quell’insensibile del signor Gold!”
Belle s’irrigidì e l’altra donna si portò una mano alla bocca, inorridita.
“Oh, mi scusi, non intendevo…”
Lei respirò due volte, poi prese le mani guantate di Astrid e si avvicinò.
“Sorella, quello che sto per dirle ora ha lo stesso valore di una confessione. Capisce cosa intendo?”
“Sì, sì, quello che dirà sarà tra me e lei.”
“Tempo fa mio marito, prima di conoscermi, aveva avuto una moglie e un figlio. Quella donna se ne andò perché non era pronta a fare la madre, così lui crebbe da solo il bambino, Ben. Quando il ragazzo aveva quindici anni, scappò di casa per cercare la sua vera madre e mio marito non l’ha più visto da allora. Era stata una monaca a instillargli quel bisogno di cercarla e… può capire ora perché Gold non vi prenda molto in simpatia.”
“Oddio! Non avrei mai immaginato… pover’uomo, perdere un figlio…”
Lei le fece nuovamente segno di tacere e la donna annuì, solenne.
“Grazie, Isabeau, mi hai salvato la vita.”
Rassicurati forse dal fatto che una suora era entrata e uscita, non solo incolume ma persino sorridente, alcuni clienti entrarono un po’ alla volta, fino ad occuparle tutta la mattina. Certo, sapeva che molti prendevano a prestito un libro solo per la curiosità di vedere la pazza del paese a fare un lavoro, ma si sentì felice lo stesso. L’unico aspetto negativo fu, verso l’ora di pranzo, l’entrata in scena di una vecchia conoscenza.
“Ehi, Isabeau! Ne è passato di tempo!”
Belle strinse le labbra per non lasciar passare eventuali flutti di vomito. Gaston, alias Gordon Hunter, se ne stava con nonchalance appoggiato ad uno scaffale, i capelli neri così lucidi da pensare che li avesse tinti con la vernice nera delle scarpe, il sorriso che voleva essere ammaliante ma che in realtà faceva pensare ad un pianoforte senza tasti neri, gli occhi chiari e più ammiccanti di quanto le piacesse.
“George…”
“Sono Gordon, tesoro.”
Lei fece un sorriso finto come quello di lui.
“Ma certo… Gordon. Non ti facevo un tipo intellettuale. Di che libro hai bisogno?”
L’altro cambiò lato e la guardò, socchiudendo un po’ gli occhi.
“Per la verità, sono venuto a vedere te. Sei sempre uno schianto, Isabeau.”
Belle sentì la pelle accapponarsi per l’orrore.
“Penso sia ora che te ne vada, se non vuoi nessun libro. Sono molto occupata.”
“Oh, andiamo, non puoi essere interessata più a quei tomi ammuffiti che a me.”
Fece per avvicinarsi, ma lei prese l’iniziativa e gli piantò il tacco sullo stivale. Gaston emise un grido soffocato e si chinò a prendersi il piede.
“Puttana!”
Fece per gettarsi su di lei, ma inciampò su qualcosa di duro e rettilineo comparso all’improvviso davanti alle sue gambe.
“Dearie, dearie, non ci si comporta così con le donne.”
Rumpelstiltskin puntò il bastone sulla gola dell’uomo caduto a terra.
“Né con le donne sposate.”
Premette leggermente sul pomo d’Adamo.
“Ma soprattutto, non con la donna sposata con me. Sono stato chiaro?”
Belle gli posò una mano sul braccio, stringendolo piano. Rumpelstiltskin levò il bastone e guardò Gaston andarsene, tossicchiando e zoppicando, con un largo sorriso che gli scopriva i denti.
“Stai bene, Belle?”
Lei annuì, appoggiando la testa sul suo petto.
“Non dovevi spingerti a tanto. So cavarmela da sola.”
“Meglio che non sia successo.”
“Mio eroe.”
Lui fece un sorriso sghembo.
“Mi hai scambiato per Charming, tesoro.”
Belle gli gettò le braccia al collo e lo baciò, scompigliandogli i capelli con le mani. Rumpelstiltskin la strinse più vicino a sé con il braccio libero e lasciò da parte il bastone per affondare le dita tra i boccoli inanellati.
“Scusate, scusate!”
La porta si richiuse di colpo ed entrambi sussultarono.
“Oddio, era Henry?”
“Ho paura di sì, dearie.”
Belle corse fuori. Il bambino era seduto sui gradini ai lati della porta e aveva gli occhi chiusi. Trattenendo a stento una risatina nervosa, lei si sedette accanto a lui.
“Scusaci Henry, non ti avevamo sentito entrare. Volevi un libro?”
“No. Volevo sapere se sapevi qualcosa di questo.”
Belle prese in mano un grosso volume, intitolato Once Upon A Time.
“Non l’ho mai visto. È un libro di fiabe, vero?”
“Sì, ma non sono le solite fiabe.”
Facendole sfogliare le pagine, Henry parlava con le guance rosse per l’emozione.
“Storybrooke è una città maledetta. La Regina cattiva, la matrigna di Biancaneve, ha mandato qui tutti i personaggi delle favole, che non ricordano la loro vita precedente. Emma è la figlia di Biancaneve ed è la Salvatrice.”
Lei lo guardò, sgomenta. Come aveva fatto un bambino umano a capire la loro storia?
“Mary Margaret è Biancaneve. La mia mamma adottiva è la regina. Sidney Glass è lo specchio magico. Archie è il Grillo Parlante. Leroy è Brontolo.”
“Ed io? Chi sono?”
Henry esitò.
“Non so. Ho una teoria… potresti essere Belle della Bella e la Bestia.”
Belle rise.
“E mio marito sarebbe la Bestia?”
“Lui devo ancora capire chi possa essere.”
Si alzarono e lei prese la manina del bambino.
“Vieni, Gold saprà sicuramente qualcosa sul tuo libro. Sa tutto.”
Per la verità, Henry non sembrava molto contento. Belle sospirò. Rumpelstiltskin doveva fare qualcosa per la sua reputazione. Lo trovò appoggiato alla cassa, le mani sul bastone.
“Siete tornati! Pensavo ci fosse stata una fuga d’amore.”
Persino il bambino colse il luccichio divertito negli occhi castani di Gold e sorrise nervosamente.
“Senti, sai qualcosa di questo volume?”
Lui diede appena un’occhiata, poi rise. Belle lo adorava quando rideva, le rughe sottili sugli zigomi lo facevano assomigliare ad un gatto.
“Te l’ha dato la signorina Blanchard, vero?”
L’espressione sorpresa di Henry era molto comica, ma anche lei si sentiva scossa.
“Come fa a saperlo?”
“Semplice, l’ha comprato nel mio negozio.”
Gli occhi del bambino erano sgranati e tondi, la bocca dischiusa. All’improvviso, rimise il libro nello zaino.
“Ma certo! Allora questa è la chiave! Devo darlo a Mary Margaret.”
Belle lo seguì fuori dalla porta.
“Perché?”
“Se lo leggerà a John Doe…”
“Quel povero ragazzo in come?”
“Sì. Lui è il principe Charming. Se lei glielo leggerà, sono sicuro che accadrà qualcosa di bello, ora che mia madre è tornata da me. Ah, ringrazia il signor Gold da parte mia.”
Lei lo fissò correre via. Era piena di brividi d’aspettativa. Sentiva quasi elettricità nell’aria.
“Stai bene? Hai freddo?”
Rumpelstiltskin era uscito e le aveva appoggiato una mano sulla spalla. Belle lo riportò dentro e gli raccontò, incredula, tutto quello che le aveva detto Henry.
“Naturale che l’abbia capito. Lui doveva far tornare la Salvatrice, per questo ho fatto in modo che avesse il libro, per vie indirette. Dopotutto, sua nonna è Biancaneve. Ha degli ottimi geni, per quanto guastati in parte dall’idiozia del nonno. Piuttosto, com’è andata stamattina? Hai già spezzato molti cuori?”
Lei gli diede un colpo sul braccio, ma sorrideva.
 
 
Alle undici di sera, una gran confusione si sentiva per le strade. Rumpelstiltskin aveva imprecato e aveva cercato di trattenerla a letto, ma Belle si era messa la vestaglia ed era uscita sulla soglia di casa. Emma stava passando correndo davanti alla loro casa.
“Emma!”
Le fece un gesto e la giovane donna si avvicinò.
“Cos’è successo, Emma?”
“John Doe si è svegliato dal coma e ha deciso di fare una gita nel bosco.”
 
 
Angolo dell’autrice: Eccomi qui, dopo una lunga pausa. Spero che l’università mi permetta di aggiornare con più regolarità, soprattutto visti gli sviluppi della seconda stagione. Ringrazio jarmione, nari92, historygirl93 e Samirina per aver recensito, ANIMAPERSA, LenieRR, Samirina, TheAkaiBookFrog, Veggie12775 per aver messo la storia tra le preferite, AniaS, areon, Austen95, Boe_Boe, ChibiRoby, Chihiro, chimaira, Cris_98, Deademia, Gwendolyn Fabray, Jay W, LifeCristal,  LondonEye, Lupa Malandrina, mammaemoglie, MoonLove, MsBelle, jarmione, nari92, NevilleLuna, Silvie de la nuit, sosia, tykisgirl e Valby per aver messo la storia tra le seguite. Alla prossima!
 
 
 

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Capitolo 4
*** The price of Gold ***


“Cosa ti serve, Paige?”
“Alice ne Paese delle Meraviglie. Ce l’hai? Ti prego…”
Belle sorrise alla bambina e le chiese:
“Preferisci l’edizione illustrata? Ne ho una molto bella.”
“Si, grazie, grazie, grazie.”
Gli occhi castani della bambina erano luminosi e sorrideva apertamente; la piccola fessura sugli incisivi la rendeva particolarmente tenera.
Henry allungò la testa e tirò la manica del grembiule di Paige.
“Forza, è tardi! Dobbiamo andare o la signorina Blanchard ci rimprovererà.”
Belle accarezzò i capelli di entrambi.
“Dubito che Mary Margaret lo farà, ma se dovete andare andate. Salutatela da parte mia.”
I due ragazzini uscendo urtarono Ruby, che vacillò un istante sui tacchi. Belle le si avvicinò per aiutarla, ma l’altra arretrò e si aggrappò allo stipite. Gli occhi della cameriera erano pieni di cauta diffidenza e il suo sorriso era appena accennato.
“Salva, grazie.”
Belle si sentì piena di rancore verso Regina, verso gli abitanti di Storybrooke per credere al sindaco.
“Volevi un libro, Ruby?”
“Immagino sia una biblioteca, no?”
Lei si sentì ferita senza alcuna ragione, così incrociò le braccia sul petto e fissò negli occhi la ragazza, raffreddando il suo sguardo e irrigidendosi per la rabbia.
“Non lo so, Ruby. Forse volevi solo fare un salto a vedere la mentecatta del paese, come tutti gli altri.”
Ruby sbatté le palpebre e Belle le chiuse la porta in faccia, tornando a mettere a posto i libri. I suoi veri amici, che non se ne andavano mai e non la giudicavano. Quando sentì la porta aprirsi, stava per voltarsi e dire qualcosa di scortese a Ruby, ma dopo si accorse del solito tap-tap del bastone di Rumpelstiltskin e la sua espressione si addolcì in un sorriso.
“Signor Gold. È qui per l’affitto?”
Fece fatica a trattenere una risatina nel vedere il viso di suo marito falsamente triste.
“Perché me lo chiede sempre, signorina French?”
Lei abbassò lo sguardo e nascose il sorrisetto con tanto di fossette,  fingendo di controllare il libro dei conti.
“Ma perché è quello che fa.”
“Ragionevole.”
Rumpelstiltskin si avvicinò e le diede un bacio sul collo.
“Ecco, è a posto per il resto del mese, signorina French.”
“Come può questo piccolo bacio coprire tutto il mese?”
“Lei è molto più saggia di me. Ed è anche bellissima.”
Belle lo abbracciò di slancio e gli stampò un bacio sonoro sulle labbra, salendo sulla cassa.
“Spero che tu non l’abbia mai fatto nel mio negozio, dearie.”
“Solo quando non ci sei.”
Lui le sorrise e le prese le mani.
“Ho una grande notizia.”
“Sono tutta orecchi.”
“Sai, immagino, che Ashley Boyd, o meglio il signor Herman per suo conto, ha fatto un contratto con me per dare il figlio in adozione.”
“Certo. Non avevi forse giurato che avresti avuto il suo bambino, in un mondo o nell’altro?”
“Ebbene, ho due possibilità. Ho una lista di nomi di famiglie affidabili e benestanti, cui posso dare una conferma da un momento all’altro. Oppure…”
“Oppure…”
Lei trattenne il respiro. Il sangue le scorreva così veloce da poterlo quasi sentire, e il cuore le si fermò per un attimo, non osando credere all’opzione che la mente le stava suggerendo.
“Possiamo tenerlo noi.”
Belle rimase senza parole. Si toccò il ventre e pensò a tutto quel tempo passato senza avere figli. Forse non poteva averne, semplicemente. Sollevò lo sguardo e ricacciò l’improvviso groppo di commozione che le era salito in gola.
“Dici sul serio? Un figlio nostro?”
“So che volevi averne uno tuo, ma nel frattempo possiamo adottarne uno. Se in seguito ne avremo uno… non sarà una tragedia averne due, no?”
Lei non riuscì a fermare le lacrime e scoppiò in singhiozzi, ridendo nello stesso tempo.
“Grazie, grazie…”
Rumpelstiltskin l’abbracciò, facendole posare il viso sulla spalla.
“Su, su, dearie. Ancora poco tempo e saremo genitori anche noi. Pensa, la gente ci vedrà uscire in tre e penserà…”
“Ci mancava solo una miniatura della pazza e del Terrore del paese.”
Lui smise di sorridere e strinse i denti, lasciando scorgere per un istante il fantasma dell’Oscuro Signore.
“Chi? Chi è che osa chiamarti così?”
“Sai che non te lo dirò mai. Le mie battaglie le combatto da sola.”
Rumpelstiltskin appoggiò il bastone sulla cassa e le mise le mani sulle spalle, stringendole leggermente.
“Non puoi sempre reggere tutto da sola, Belle. Non qui.”
Lei gli sorrise e gli sfiorò le mani.
“Ma ora sarà diverso. Avremo un figlio.”
“Avremo un figlio.”
Negli occhi di lui c’era una luce che Belle non aveva mai visto prima. Sapeva, dai suoi racconti, quanto avesse amato Baelfire, ma pur con tutta la sua immaginazione e la sua intelligenza, non aveva potuto rendersene effettivamente conto.
“Scusa, Isabeau, sono…”
Ruby era alla porta, le guance arrossate e gli occhi un po’ lucidi. Si raggelò letteralmente nel vedere il temibile signor Gold abbracciato a sua moglie e, peggio ancora, che stava sorridendo. Non nel suo solito modo da far accapponare la pelle, ma affettuosamente.
“Scusate, posso tornare più tardi…”
Lo sguardo di Belle non era molto amichevole, ma riuscì a mascherarlo bene e le sorrise.
“Non preoccuparti, Ruby, mio marito deve tornare al lavoro.”
Lui la guardò con un sopracciglio inarcato.
“Devo?”
Lei gli porse il bastone e fece un mezzo sorriso.
“Hai qualcosa di cui devi occuparti, ricordi?”
Rumpelstiltskin le sistemò una ciocca dietro l’orecchio e le parlò a voce molto bassa per farsi sentire solo da lei.
“Stasera festeggiamo.”
Rivolse un cenno di saluto a Ruby e se ne andò, accentuando volontariamente la sua zoppia e appoggiandosi più pesantemente al bastone di quanto fosse necessario.
Belle tornò seria e fissò interrogativamente la ragazza vestita di rosso. Ruby si stava torcendo le mani dietro la schiena, come un’alunna che attendeva la punizione della maestra.
“Mi dispiace, Isabeau. Avevi ragione. Pensavo di esser stata sempre diversa dagli altri, di mentalità aperta, ma… mi sono accorta che con te mi sono comportata seguendo le opinioni degli altri e non le mie. Ti chiedo scusa.”
Belle era presa in contropiede.  Non si aspettava questa sincerità. La vocina di Rumpelstiltskin nella sua testa le stava già suggerendo due o tre possibilità d’interesse per la ragazza per trattarla bene tutto d’un tratto, ma la mise a tacere.
“Sei sicura? Non hanno mentito su di me. Sono davvero stata in un reparto psichiatrico per sei anni.”
“Perché? Mi sono resa conto… l’iniziatrice di tutto è stata Regina e quindi…”
“Regina ha calcato parecchio la mano su alcuni episodi privi di significato.”
“Ma tuo padre, voglio dire, ti avrà difesa…”
“Mio padre mi ha sbattuta fuori di casa. Ma non ho voglia di parlarne. Di cos’hai bisogno?”
Ruby sorrise.
“Un libro di leggende sui lupi, se ce l’hai.”
Belle scomparve dietro gli scaffali. Sapeva cosa cercare. Un libro in particolare che era stato dato a Rumpelstiltskin dalla vedova Lucas, come prezzo per la mantellina per Cappuccetto Rosso.
Tornò da Ruby, porgendole soddisfatta il volume.
“Ecco qui. È piuttosto antico, ma sono sicura che ti piacerà.”
La ragazza lo prese in mano e lo sfogliò rapida. Gli occhi chiari le si accesero, le labbra si dischiusero e l’intero viso s’illuminò di gioia.
“Proprio quello che stavo cercando. Grazie, Isabeau. Quando te lo devo…?”
“Facciamo un accordo.”
Ruby tornò ad essere sospettosa e Belle rimproverò mentalmente Rumpelstiltskin per aver causato quelle reazioni in tutte le persone che conosceva. Ma non poteva negare di amarlo anche per quello.
“Tienilo per un po’. Dubito che qualcun altro lo chieda in prestito. Se qualcuno si farà vivo, te lo richiederò indietro, altrimenti… puoi tenerlo. Questo libro ti ha chiamata, Ruby, so riconoscere quando una persona è fatta per una certa storia.”
“E… cosa dovrei fare in cambio?”
Lei rise e scosse la testa.
“Certi cavilli li lascio a mio marito. Forse il termine accordo era un po’ improprio. Se proprio vuoi, basta che non lo dici in giro.”
Ruby sembrò completamente spaesata. Uscì senza smettere di guardarla, indietreggiando lentamente. Belle ebbe difficoltà a non ridere e tornò a sedersi pensosa, appoggiando i gomiti sul bancone. Ora che era sola, poteva rielaborare la notizia. Un bambino. Si passò inconsciamente la mano tra i capelli e vide davanti a sé Rumpelstiltskin, seduto sul divano, con una bimbetta dai capelli chiari che gli si arrampicava sul petto. Lui avrebbe finto di protestare, ma ne sarebbe stato felice. Poi si sarebbero accorti che lei era lì con loro e la piccola sarebbe corsa anche da lei, supplicando d’esser presa in braccio, mentre lui le guardava con quell’espressione che solo lei gli aveva visto. Tenera, affettuosa, felice.
“Sogni ad occhi aperti, signorina French?”
Belle sussultò. Davanti a lei c’era Regina, l’ultima persona che volesse vedere quel giorno. Ma non le avrebbe permesso di contaminare la sua gioia.
“Signora Gold, non French.”
“Naturalmente. Non so come abbia potuto dimenticarmene.”
La regina non era cambiata molto in questo mondo, ma al tempo stesso era a stento riconoscibile. I capelli erano più corti, formavano un’aureola bruna intorno al viso della donna, era truccata ma non in modo aggressivo come la prima volta che l’aveva incontrata, su quella strada. Il suo tailleur non era neanche lontanamente stravagante o rivelatore come i vestiti che portava prima e non indossava solo il nero o il rosso.
“Ha bisogno di un libro, signor sindaco?”
“No. A dire il vero, volevo scambiare due parole con lei.”
Belle nascose le mani dentro un cassetto per nascondere il loro involontario tremolio.
“A che proposito?”
“So che mio figlio viene spesso qui. La voglio mettere in guardia, Isabeau: stia lontana da lui. Non voglio che lui debba fare le spese delle sue nevrosi.”
Se Regina avesse detto quelle parole a Isabeau Gold, l’avrebbe sicuramente fatta piangere. Ma stava parlando a Belle di Avonlea, di tutt’altra pasta.
Suo figlio? Ho saputo che Emma intende rimanere. Non è forse lei la sua vera madre?”
Oh, questo non le era piaciuto per niente. Gli occhi del sindaco erano freddi come ossidiana nera.
“Fossi in lei, misurerei bene le mie parole, signora Gold.”
Belle sorrise. In qualche modo, quello era il suo territorio. La regina era venuta nella sua biblioteca e quello era il suo habitat.
“Fossi in lei, signora Mills, me ne andrei prima che chiami lo sceriffo per minacce.”
“Mi prende in giro? Graham è una mia creatura.”
“E non appena mio marito saprà cos’è successo, se ne starà buono e zitto, vero?”
Un altro nervo scoperto. Regina aveva sempre avuto… non timore, ma coscienza della potenza di Rumpelstiltskin.
“Molto bene. Se la mette così… la saluto, Isabeau. Ma mi dica, si ricorda di prendere le sue medicine?”
Belle si ficcò le unghie nei palmi, ma riuscì a mantenere la sua voce piana e controllata.
“Non sapevo fosse diventata medico. Il dottor Whale sarà contento di averla come aiutante. Ora se ne vada. La biblioteca chiude, adesso, per un paio d’ore.”
Regina la fissò dura per qualche secondo, poi le voltò le spalle e se ne andò, facendola sembrare come una sua scelta.
Fa’ una cosa coraggiosa, e il coraggio verrà.
Belle guardò l’orologio: era ora di andare a fare compere per il bambino.
 
 
 
Le nove e tre quarti. Perché Rumpelstiltskin era così in ritardo? Belle era da sola, con il suo vestito bianco, le sue perle e la sua paura. Non avrebbe dovuto sfidare Regina così apertamente, doveva saperlo che si sarebbe vendicata su chi le stava caro. Si prese la giacca e uscì, portando la sua piccola pistola. C’erano alcuni vantaggi in questo mondo per le donne, che potevano difendersi con delle armi così piccole e potenti. Doveva andare dalla regina o passare prima per il negozio?
E se lui fosse stato investito? Purtroppo lei sapeva che molti avrebbero accelerato vedendolo e che nessuno gli avrebbe prestato soccorso.
Il negozio era buio, non c’erano luci. Belle vide con sgomento che un vetro era rotto. Qualcuno si era introdotto lì… e se Rumpelstiltskin lo avesse sorpreso e ci fosse stata una lotta? La porta era aperta e lei la spinse, facendola sbattere conto il muro.
Soffocò un grido con la mano. Come nei suoi incubi peggiori, Rumpelstiltskin giaceva a terra, incosciente, con il sangue che gli usciva da una tempia. Belle s’inginocchiò al suo fianco e gli tastò il polso, cercando il battito. Sospirò di sollievo quando sentì pulsioni regolari. Ma perché non si svegliava? Aveva avuto una commozione cerebrale?
“Rumpelstiltskin, svegliati. Non osare lasciarmi qui in mezzo a tutto questo casino. Non osare lasciarmi sola, hai capito? O ti perseguiterò, all’Inferno o in Paradiso.”
“Abbassa la voce, Belle, mi stai uccidendo la testa.”
Lei cadde all’indietro per lo spavento. Gli occhi di lui erano aperti, un po’ confusi, ma coscienti.
“Qual è il mio nome, Rumpelstiltskin?”
“Belle, mi pare di avertelo già detto. Non ho preso una botta grave, è meglio di quanto sembri.”
Lo aiutò ad alzarsi e lo fece sedere mentre gli bagnava via il sangue con una pezza bagnata.
“Cos’è successo? Chi è stato ad intrufolarsi qui?”
“Ashley Boyd.”
Lui evitò il suo sguardo, non volevo vedere la consapevolezza nel suo sguardo.
“Ha rubato il contratto, Belle. Quello per il bambino.”
“No!”
Lei si girò e fece due o tre giri intorno alla stanza, stringendosi le braccia per impedire alle sue mani di fare gesti sconsiderati.
“Aveva acconsentito a dare via il figlio. Perché ha cambiato idea?”
“Parlava di voler riprendersi in mano la sua vita.”
“E ti ha colpito?”
“Mi ha spruzzato lo spray al peperoncino, sono caduto e ho battuto la testa. Niente di grave o irrimediabile, dearie. Domani chiederò alla signorina Swan di cercarla.”
Belle si mise le mani sui capelli.
“Tenterà sicuramente di lasciare Storybrooke, in un modo o nell’altro. E accadono cose brutte a chi ci prova… Rumpelstiltskin, avremo il bambino, vero?”
“Non aver paura, Belle. Nessuno rompe un contratto con me.”
Lei parlava rabbiosamente, a scatti.
“La odio. È a causa sua che ti avevano imprigionato, nel nostro vecchio mondo. E adesso vuole farci ancora del male.”
“Stai tranquilla. Shh, shh…”
Lui la prese tra le braccia e le diede baci rassicuranti sul capo, cullandola nell’abbraccio.
“Mi dispiace che la cena sia saltata.”
“Non importa. L’importante è che tu adesso stia bene.”
Lui tirò fuori dalla tasca una piccola scatola di velluto rosso e gliela porse.
“Dovevo dartela con il lume della candela e lo champagne, ma a quanto pare bisogna accontentarsi di un buio banco dei pegni, dearie.”
Belle aprì e sfiorò l’anello con le dita tremanti. Le lacrime minacciavano di scendere, ma non voleva piangere, sapendo che lo avrebbe fatto preoccupare che il suo dono non fosse gradito.
“Rumpelstiltskin… è uno zaffiro?”
“Ha lo stesso colore dei tuoi occhi.”
Fu lui a metterlo al suo dito, come aveva fatto anni prima nella piccola chiesa di Storybrooke, baciandole la mano.
 
 
Belle stava bevendo del succo di mela, guardando l’ora. Erano le quattro.  Emma doveva ormai aver trovato Ashley. Si sentiva lo stomaco chiuso, un’emicrania e molto freddo. Aveva un pessimo presentimento. Il telefono al suo fianco squillò e lei fece un salto sulla sedia.
“Pronto?”
“Belle, sono in ospedale. Ashley sta avendo il bambino.”
Lei non perse tempo e mise velocemente un biberon pieno di latte caldo e una coperta morbida in borsa, poi uscì senza nemmeno chiudere a chiave la porta. Partì con la sua macchina accelerando bruscamente, tanto che sollevò parecchia polvere, ma le sembrava di sentire il ticchettio di un orologio ben chiaramente dietro di lei.
Passò con il rosso, superò di gran lunga il limite di velocità consentito, ma arrivò in dieci minuti all’ospedale. Entrò correndo, catapultandosi attraverso le porte girevoli, e si rivolse ansimando all’infermiera di turno.
“La signorina Boyd, sta partorendo, dove…?”
“Secondo corridoio a destra.”
Lei ringraziò con un cenno del capo, riprendendo fiato. Si sentiva le guance scottanti e gli occhi lucidi, tanto che si chiese come potesse apparire alle altre persone in attesa. Tutto il suo rossore si dileguò quando vide Rumpelstiltskin che parlava con Emma. Lo sguardo dell’amica era freddo, fermo. Doveva aver scoperto tutto. Cercò di catturare lo sguardo di suo marito, voleva supplicarlo di non cedere, ma era coperto. Si avvicinò cauta, trattenuta da qualcosa che non voleva farla scoprire.
“Stracci il contratto.”
“Non è quello che faccio di solito.”
Queste furono le prime parole che sentì.
“Scommetto che è illegale.”
Rumpelstiltskin si accorse di lei proprio in quel momento. Sorpassò Emma senza nemmeno darle spiegazioni per andare da lei. Era preoccupato.
“Belle, cos’hai? Sei pallida…”
Lei gli strinse la mano, le pupille dilatate.
“Ha scoperto anche che l’accordo è illegale? Non può impedirci di avere il bambino…”
“Bambina. È una femmina.”
Il cuore di Belle si strinse dolorosamente. Una figlia… tutto quello che aveva sempre sognato. Lui le mise una mano sulla guancia, che si accorse essere bagnata di lacrime.
“Belle, Belle, ascoltami…”
Lei lo ignorò e si avvicinò ad Emma. Cercò di mettere nella voce il tono più implorante che potesse usare.
“Emma, non farlo. Non far tenere la piccola ad Ashley. Lei ci aveva rinunciato…”
“È comunque la sua vera madre. Tuo marito non può vendere bambini come mercanzia.”
Belle si arrabbiò.
“Non osare parlare così di lui! Tu non sai niente, Emma Swan!”
Sentì suo marito toccarle il braccio e cercò di calmarsi.
“Abbiamo discusso della possibilità soltanto ieri, ma in me c’è già la speranza di diventare madre. Sai che posso essere una buona mamma per la bambina, vero Emma? Ti prego, lascia che succeda.”
Emma sospirò, in difficoltà. Belle poteva vedere tuttavia che era sempre decise nei suoi propositi.
“Se Ashley vuole provare a diventare madre, Alexandra è sua figlia.”
“Ma l’ha data via come una vecchia borsa di vestiti!”
“Non lei, il signor Herman.”
Belle in quel momento capì, semplicemente: non sarebbe stata madre. Non sarebbe uscita dall’ospedale reggendo un fagotto morbido tra le braccia. Si sentì pericolosamente vicina al crollo e la vista si annebbiò un poco. Non riconobbe nemmeno la sua voce che parlava ancora con Emma.
“Tieni. Avevo… avevo portato qualcosa per la bambina. Io, io…”
Non riusciva più a continuare. Le spalle erano già scosse dai singhiozzi, così si voltò e uscì, di corsa com’era entrata. Era consapevole del battito energico del bastone di Rumpelstiltskin sul pavimento, ma non si fermò fino a quando non furono nel parcheggio, lontani dall’entrata. Lei appoggiò il braccio alla colonna e vi nascose il viso, piangendo come se le si stesse spezzando il cuore. Rumpelstiltskin la fece voltare quasi con forza, stringendola forte e lei pianse ancora più intensamente, lasciando le braccia inerti lungo i fianchi.
“Belle, ti prego, non posso sopportare di vederti piangere.”
“No, no, no….”
Iniziò a tempestargli il petto di pugni, troppo deboli per ferire.
“Perché? Perché? Perché?”
Lo abbracciò e riprese a singhiozzare, senza curarsi delle persone che uscivano e li osservavano curiosi.
“Ti chiedo una sola cosa, Rumpelstiltskin. Immagino… la bambina, è p-perduta, vero?”
“Sì, Belle. La signorina Swan ha ragione. Il contratto è illegale.”
“Allora, in cambio della distruzione del contratto, chiedile di doverti un favore.”
Non aveva più lacrime e la voce era fredda.
“Non le piacerà. E ogni volta che ci penserà, quando le chiederai di assolvere il suo debito, ripenserà a quello che ci ha fatto.”
 
 
 
Angolo dell’autrice: Questo capitolo mi ha dato filo da torcere, pur essendo tra i miei preferiti, ma spero che il risultato sia di vostro gradimento! Niente presa in giro di Charming, per stavolta, ma mi rifarò nel prossimo episodio! Ringrazio tutti quelli che leggono la mia storia, non vorrei deludere aspettative. Buon weekend!
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 

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Capitolo 5
*** That still small voice ***


“Isabeau, scusa, posso parlarti un momento?”
Belle si fermò, mentre stava aprendo la porta della biblioteca. Sorrise vedendo Archie che si avvicinava, con la sua andatura un po’ impacciata e tenera. Pongo gli scappò dal guinzaglio e trotterellò verso di lei, scodinzolando. Lei si chinò sulle ginocchia e lasciò che il cane le appoggiasse le zampe sulle calze, accarezzando la testa che le leccava festosa le mani.
“Ciao, Pongo, stai bene?”
Il dalmata abbaiò una volta e si sedette davanti a lei, stendendo le zampe in avanti.
“Sei proprio bello, oggi. Chi è il mio cucciolo preferito?”
Archie si grattò la nuca e riprese il guinzaglio, il viso rosso come i suoi capelli.
“Scusa se Pongo è stato troppo espansivo, non so cos’abbia oggi.”
“Mi fa piacere. Adoro gli animali. Di cos’avevi bisogno, Archie?”
Lo fece entrare, mentre appoggiava la borsa e la giacca sulla sedia. Si dette una sistemata veloce ai capelli con le mani e gli rivolse tutta la sua attenzione, sorridendo.
“Ecco, Isabeau… a dire la verità, mi ha contattato il sindaco Mills, dicendo che alcune persone non si sentono sicure con… con te che dirigi la biblioteca pubblica, dove vanno i loro figli.”
Lui si sistemò gli occhiali sul naso, poi se li tolse e li pulì, anche se non erano sporchi. Le orecchie erano fiammanti, ma mai quanto le guance di Belle.
“Capisco. Sei qui per motivi professionali, allora. Beh, finchè non ci sarà una petizione firmata da più di metà Storybrooke, non ho intenzione di arrendermi.”
Lo sguardo di quello che era il Grillo Parlante era stupito e pensieroso insieme. Belle si rese conto che, durante le sedute con lui, Isabeau non si era mai mostrata così forte e ferma.
“Comunque, Regina ha detto che la città si sentirebbe più sicura se ti prescrivessi delle medicine, quelle che prendevi… prima.”
Lei gli voltò le spalle e si rifiutò di abbattersi. Aveva due scelte davanti a sé: negare di essere pazza e facilitare così le mosse della regina contro di lei, oppure accettare e ammettere di avere qualche rotella fuori posto. Strinse le mani, facendo sbiancare le nocche e desiderò potersi consigliare con Rumpelstiltskin, ma sapeva che l’iniziativa sarebbe finita con il dottor Hopper all’ospedale con diverse fratture provocate da colpi di bastone.
Archie tossicchiò e si mise le mani in tasca.
“Ehm, non sei obbligata a rispondermi subito. Puoi chiedere rifletterci su, darmi una risposta domani, magari… accennarlo a Gold, ecco.”
Lei ne ammirò il coraggio. Il dottore conosceva bene il carattere di suo marito.
“Ti farò sapere, Archie.”
L’uomo era già sulla soglia, quando lei lo fermò trattenendolo per la giacca.
“Dimmi solo una cosa. Tu credi che io sia pazza? Lo pensi davvero, secondo coscienza?”
Archie aprì la bocca e la richiuse un paio di volte, evitando il suo sguardo.
“Io… io penso sia meglio prendere tutte le precauzioni.”
Belle lo lasciò andare, annuendo. Non sapeva come fare, per fargli capire che lui non era la persona che Regina lo aveva spinto ad essere a Storybrooke. Lo fissò allontanarsi, delusa. In quella città non aveva nessun amico, alla fine: Emma ci aveva provato, ma lei si era rifiutata di rivederla, lasciandosi condizionare dalla rabbia e dalla delusione. Ruby l’aveva chiamata un paio di volte, ma non si era più fatta sentire dopo che aveva scoperto da Emma che era lei che voleva adottare la figlia di Ashley. Ed ora, anche Archie la trattava come una paria.
Le restava l’amore. Almeno il suo Rumpelstiltskin.
Tornò dietro la cassa e si sedette, massaggiandosi le tempie con le dita. Sapeva che non sarebbe stato facile, vivere con due vite nella mente, ma si sentiva stanca, molto stanca lo stesso. Si prese una ciocca tra le mani e se la rigirò, pensosa. Immaginava che Regina avrebbe fatto presto la sua mossa, visto il loro recente alterco, ma così presto… se l’avesse detto a suo marito, lui si sarebbe sicuramente preparato al più presto, ma lei non sopportava che combattesse un altro le sue battaglie.
All’improvviso, una scossa la fece quasi cadere dalla sedia e Belle dovette reggersi al bancone per non andare a terra. Un terremoto? Stette immobile per qualche secondo, ma niente si muoveva più. Scattò verso la borsa e afferrò il cellulare, tremando. Dio solo sapeva cosa c’era nel negozio di Rumpelstiltskin che poteva essergli crollato addosso, oppure il suo bastone poteva essere fuori portata…
“Pronto?”
Lei respirò. La sua voce sembrava a posto.
“Belle, sei tu? Stai bene?”
“Hai sentito?”
“La scossa, naturalmente, dearie. Sarebbe stato difficile non sentirla.”
“Com’è potuto succedere?”
“La situazione sta cambiando, ora che Emma Swan ha deciso di rimanere. È partito  tutto dalle vecchie miniere.”
Belle cercò di concentrarsi. Lui le aveva parlato, ne era sicura, di qualcosa di importante che Regina aveva posto in uno dei tunnel sotterranei. Sgranò gli occhi e deglutì.
“Rumpelstiltskin, mi stai dicendo che Malefica potrebbe…?”
“No, dearie, la strega in questione non c’entra.”
“Cos’altro c’è sotto terra?”
“La bara di Biancaneve, tesoro.”
“Se mi stai dicendo che una tomba inanimata ha provocato un terremoto…”
“Certo che no. La scossa è stata solo una conseguenza dell’indebolimento della maledizione.”
Lei tenne per qualche momento il telefono vicino all’orecchio, sorridendo mentre lo ascoltava.
“Ci vediamo oggi pomeriggio, verso le sei da Granny?”
“Prima passa per il negozio, dearie, devo mostrarti una sorpresa.”
“Tesoro, tu mi vizi.”
“Ti chiedo solo una cosa, Belle: sta’ lontana dai guai. E per guai intendo soprattutto Regina.”
Belle trattenne il respiro.
“Dimmi.”
“Non ti piacerà.”
“Me lo sentivo.”
“Oggi Archie è passato da me e a quanto pare, Regina ha fatto delle pressioni perché io riprenda a prendere i medicinali per la mia salute mentale.”
“Non preoccuparti, Hopper non potrà raccontarlo a nessuno.”
“Niente violenza, Rumpelstiltskin. Me la caverò benissimo da sola.”
“Regina vuole colpire me.”
“Non sei un po’ egocentrico? Magari si sente un po’ minacciata anche da me.”
Lo sentì sospirare e le venne da ridere. Da tempo lui aveva capito l’inutilità di discutere con lei.
“Come vuoi, dearie. Lo sai che riesci a farmi fare quello che vuoi.”
“Ti amo anch’io.”
Lei riattaccò e si sedette sulla nuova sedia girevole e ruotò un paio di volte, prima per pensare alla situazione, poi per divertimento. Era stato uno dei tanti regali di suo marito, uno dei suoi preferiti. Da quando aveva recuperato la memoria sulla sua vita passata, apprezzava molto di più la tecnologia e i vantaggi del nuovo mondo.  Giocherellò con l’orlo della gonna rosa, stando bene attenta a non impigliarsi le unghie sui fili morbidi.  
La sua gioia scemò piano, vedendo che non arrivava nessuno. Il nuovo exploit del contratto per il bambino di Ashley l’aveva riportata alla condizione di prima, quasi più nessuno veniva da lei, a parte Astrid e Mary Margaret.
All’improvviso, si alzò e chiuse la biblioteca a chiave, indicando una pausa di una mezz’ora. La scossa l’aveva intimorita e, anche se non sembravano esser successe cose gravi, voleva andare di persona a controllare se la seconda persona che amava stava bene. Si fermò davanti al negozio di fiori di suo padre, incapace di aprire la porta. Sapeva che probabilmente l’incontro non sarebbe andato bene, ma non ce la faceva più a rimandare. Dal riflesso della vetrina vedeva la gente rallentare il passo e spiarla, così si decise ed entrò. Non sarebbe stata lei ad offrire uno spettacolo da godersi con i popcorn.
“Buongiorno, ha sentito la scossa? Che spavento, vero? In cosa posso…?”
Gli occhi chiari di Maurice si soffermarono su di lei, sgomenti. Il sorriso scemò via dal volto pesante e la pelle acquistò una sfumatura verdastra.
“Signora Gold.”
Belle lo guardò, cercando di ricacciare il dolore che stava lentamente salendo in lei nel profondo, ma la voce le uscì lo stesso più soffocata di quanto intendesse.
“Papà. Volevo sapere come stavi, per via della scossa.”
“Io sto bene. Serve qualcosa? Ho gerani nuovi, ciclamini…”
Lei si avvicinò alla cassa e coprì le mani del padre con le sue.
“Papà, so che non hai mai accettato il fatto che abbia… avuto dei problemi, tempo fa…”
“Vuoi dire che non ho mai accettato che fossi impazzita? Hai ragione, si.”
“… e che non mi hai perdonata per aver sposato Gold.”
“Quel figlio di puttana…”
A Belle le spuntarono le prime lacrime e tutto d’un tratto, Maurice si addolcì, gli occhi ora anch’essi umidi, e l’abbracciò di slancio.
“Perdonami Isabeau. Non ho saputo combattere per te. Se avessi avuto più coraggio, quella…  quella bestia non ti avrebbe obbligata.”
Il risentimento nella voce di Belle sorprese entrambi.
“Non è stato lui a cacciarmi di casa.”
Il padre sospirò e si passò una mano sulla testa, come per togliersi un peso dal capo.
“Non è stata un’idea mia, tesoro. I dottori avevano detto che, tornando nella casa dove vivevi quando hai iniziato ad avere i primi episodi…”
Lei si ritrasse dalla mano che le stava accarezzando la testa.
“I dottori… o Regina?”
Maurice arrossì, diventando paonazzo, ma non rispose. Ora Belle non piangeva più e si era allontanata di qualche passo.
“Sono una donna adulta, padre. Ho scelto di sposare Gold.”
“Ti ha costretta a firmare uno dei suoi patti demoniaci, non negarlo!”
“Non importa quello che è successo prima, io lo amo!”
Il padre la fissò, la bocca semiaperta. Il viso era bianco come un panno lavato e il respiro era affannoso e affaticato. Per un attimo, lei ebbe paura che stesse per avere un infarto, ma dopo qualche istante lui alzò un grasso dito in direzione della porta.
“E-esci. Mia figlia è morta. Tu sei morta, hai capito? Morta, se stai con quello spietato sciacallo! Io non ho allevato la mia bambina ad essere una prostituta in cerca di denaro!”
Belle si appoggiò con le spalle alla porta, tremando, non per la paura, ma per la rabbia e il dolore.
“Uno, mio marito non è una bestia. Due, penso proprio che tu abbia ragione, sai. Non abbiamo più niente da dirci.”
Uscì e sbatté la porta alle sue spalle, le guance rosse e bollenti. Gli occhi chiari erano pieni di lampi e i tacchi sembravano incidere un buco sul marciapiedi ad ogni passo. La sua mente stava rivivendo l’incontro con il padre, così non vide la persona che la urtò, mandandola per terra.
“Scusami, Isabeau, ero distratto.”
Belle stava per rimproverare Henry, ma poi vide le tracce di pianto sul suo viso e la voce le morì.
“Henry, che cos’è successo?”
“Non voglio parlarne.”
Lei si rialzò, spolverandosi la gonna. Prese il bambino per il braccio e lo voltò con dolcezza verso di sé.
“Riguarda la tua Operazione Cobra?”
“L’Operazione Cobra non esiste. Io sono pazzo.”
Per la seconda volta nel giro di un’ora, Belle si sentì invadere dall’orrore. Si chinò alla stessa altezza del piccolo e gli sollevò il mento con le dita, cercando di sorridere.
“Mi pare un po’ esagerato. Non eri nel mio stesso reparto, vero?”
A Henry sfuggì un mezzo sorriso, stanco.
“Chi ti ha detto queste cose?”
“Il dottor Hopper. Mi ha detto che la terapia non sta portando a niente e che la mia… fantasia può degenerare in psi.. psico qualcosa.”
“Psicosi?”
“Si.”
Lei si morse il labbro e pensò che forse doveva dare carta bianca a suo marito riguardo ad Archie.
“Ascoltami bene, Henry. Secondo la tua teoria, la tua madre adottiva sarebbe la Regina Cattiva, giusto? E Archie, immagino sia Jiminy Cricket?”
“Lo penso anch’io, si.”
“Tu stai mettendo in giro la voce del piano della regina. Credi che le faccia piacere? Ma, se minacciasse il tuo terapista affinché ti convincesse che le tue sono solo fantasie…”
“Nessuno si preoccuperebbe più del sortilegio!”
Il bambino non piangeva più e la sua espressione era determinata ed eccitata.
“Ma devo dimostrarlo, perché tutti mi credano!”
Henry si girò e inizio a correre, urlandole un grazie lontano. Belle si rialzò, sorridendo. Aveva sempre avuto un legame particolare con i bambini e nella sua mente, Henry e Baelfire erano molto simili. Dai racconti di Rumpelstiltskin, suo figlio sembrava un ragazzino molto buono, sveglio e dolce, ma più di tutto lei adorava vedere l’espressione di suo marito raddolcirsi quando lo menzionava. Le mostrava l’uomo, non il Signore Oscuro.
Fu lieta che, quando tornò alla biblioteca, non ci fosse nessuno. aveva così tanto da metabolizzare…
Sulla cassa, sopra il suo registro, c’era una singola rosa rossa, con un biglietto.
Ti amo
R.
Tutti i sentimenti negativi suscitati dallo scontro col padre si dissolsero e sorrise piano, rigirandosi il fiore tra le dita. Non c’erano spine, come in ogni rosa che lui le regalava. Spinta da un impulso, prese la  scala e salì fino a recuperare la prima edizione della Bella e la Bestia. Tenne il libro tra le mani per qualche secondo, osservando le illustrazioni della copertina con una stretta al cuore.
Quello era stato il secondo regalo di Rumpelstiltskin, dopo la rosa rossa che le aveva dato quando si stavano ancora conoscendo meglio. Lui era entrato, sorprendendola alle spalle mentre era raggomitolata in una poltrona a guardare il fuoco e lei l’aveva rimproverato per averla quasi fatta cadere. Rumpelstiltskin le aveva risposto con una delle sue risatine irritanti, eppure così adorabili e le aveva messo sul grembo, precipitosamente, il libro, la pelle intorno agli zigomi di un colore più intenso del solito.
Prima che potesse riaprire il volume, un’altra scossa, più potente della prima, fece traballare la scala e lei si lasciò sfuggire un grido di sorpresa. Sentendo il tremore aumentare, cercò di aggrapparsi allo scaffale, ma le dita le scivolarono e Belle cadde a terra, assieme alla scala.
Sbatté violentemente la caviglia e la spalla, ma riuscì a non ferirsi alla testa ponendo le mani in avanti. Il ginocchio le faceva malissimo, tanto che alcune lacrime uscirono involontariamente. Per la prima volta da tempo, era preoccupata per se stessa: i libri delle file esterne stavano iniziando a cadere e lei provò ad arretrare, proteggendosi il viso con il braccio alzato. Più di uno le lasciò lividi scuri sulla pelle, ma sentire vibrare il pavimento sotto di sé era molto più spaventoso. Essendo la biblioteca uno degli edifici più vicini alle miniere, probabilmente stava risentendo delle scosse di più rispetto agli altri, senza contare del drago che probabilmente si stava innervosendo, parecchi metri più in profondità.
Credette di morire nel momento in cui vide l’insieme degli scaffali sulla destra oscillare sempre più forte.
“No, non cadere, no…”
Chiuse gli occhi quando vide l’ammasso di legno perdere la battaglia contro l’equilibrio e scendere a rallentatore. Se solo avesse potuto rivedere Rumpelstiltskin, prima di morire…
Quando furono passati parecchi secondi e Belle non si sentì fracassare le ossa dall’impatto, aprì piano gli occhi. Il primo respiro che emise fu di sollievo, realizzando d’esser viva. Dolorante, ammaccata, ma viva.
Il secondo fu di pura esasperazione: la sua unica via d’uscita per raggiungere il telefono e chiamare aiuto era bloccata dai libri e dagli scaffali di legno crollati. Si prese la testa tra le mani e si tolse i capelli dalla fronte. Prima o poi, qualcuno sarebbe venuto a prendersi un libro.
Si, certo, e Charming è più furbo di una volpe.
La voce di Rumpelstiltskin nella sua testa, pur essendo un pessimo segnale per la sua sanità mentale, la rincuorò lo stesso. Inspirò ed espirò profondamente, poi si decise.
“Aiuto! Qualcuno mi sente? Sono bloccata, aiuto!”
Probabilmente, tutti quei libri soffocavano le sue grida. Sperò per qualche istante di sentire il telefono squillare: se non avesse risposto, sarebbero venuti a cercarla.
Sollevò piano la gambe per vedere i danni: bene, la caviglia era blu e gonfia come una palla da baseball, ma non era rotta. Non riusciva né a stendere né a piegare del tutto il ginocchio e se lo sentiva bollente, ma nemmeno quello sembrava gravissimo.
Le braccia e le gambe erano costellate di piccoli lividi, ma almeno non aveva avuto danni al collo e alla testa. Si vide davanti agli occhi la scena della sua caduta terminante con il l’osso del collo spezzato, le sue orecchie ne sentirono il rumore, così scosse la testa e rabbrividì ripetutamente.
Controllò l’ora, ma il suo orologio da polso era rotto e una lancetta era uscita dal quadrante.
Sbuffando, lo tolse e lo mise per terra, vista la sua inutilità e tentò di mettere la spalla in una posizione più comoda. Non serviva a nulla agitarsi, si ripeté. Era in una situazione orribile, ma sicuramente entro sera… il sangue smise di scorrere e si gelò per un momento. E se fosse successo qualcosa a Rumpelstiltskin? La forza della seconda scossa poteva averlo fatto cadere, o potevano essergli cadute addosso tutte le sue chincaglierie che lui si ostinava a chiamare “pezzi da collezione”. Fortunatamente, la loro tazzina, Chip, era al sicuro, a casa.
Guardò la sua gonna, macchiata di polvere e sgualcita. Un tacco si era rotto, così si levò la scarpa e si portò al petto il ginocchio sano, appoggiandovi il mento. Rumpelstiltskin aveva ragione, era innegabile che le cose stavano cambiando. Belle però sapeva anche che non sarebbe stato semplice convincere Emma a crederci.
Provò a mettersi nei suoi panni: il figlio dato in adozione dieci anni prima si presenta alla porta, ti trascina in un paesino dimenticato da Dio e sostiene che tutti i suoi cittadini sono personaggi delle fiabe, maledetti e trasportati nel mondo reale dalla Regina Cattiva.
Isabeau presentava la razionalità di queste ragioni, ma Belle era irritata dal fatto che la Salvatrice ignorasse tutte le novità che il suo arrivo aveva portato: l’orologio aveva iniziato a funzionare senza che nessuno ci mettesse mano, coppie a lungo separate stavano cominciando a riunirsi, nessuno ricordava un qualsiasi rapporto che lo legava a qualcun altro, e proprio dopo che Emma aveva deciso di stabilirsi a Storybrooke le vecchie miniere decidevano di causare problemi.
Cosa ti aspetti, dearie, questo è un mondo scettico.
“Questo non le dà il diritto di non essere obiettiva.”
Si spaventò nel sentire la propria voce, ma parlare con un Rumpelstiltskin immaginario era meglio che stare in quel silenzio opprimente.
Sai di chi è figlia, Belle. Non aspettarti troppo.
“Speravo che i geni di Biancaneve fossero dominanti.”
Anch’io, ma il segreto è saper esser previdenti, dearie.
“Io non sono te.”
Dio ti ringrazio.
“Tu hai saputo orchestrare tutto da moltissimo tempo: hai creato la tua maledizione, hai aiutato Regina a liberarsi di sua madre e hai tirato fuori il suo lato malvagio, rendendola adatta a innescare il sortilegio. Hai manovrato, aiutato e ostacolato Charming e Biancaneve perché fossero in grado di vincere, alla fine di tutto.”
Modestamente, dearie… ma c’è una cosa che non ho saputo prevedere.
“Cosa?”
Un patto per liberare un regno dagli orchi, che mi ha portato al castello un bellissimo angelo.
“Ti prego. La prima cosa che ho fatto è stata romperti una tazza.”
Ma dopo pochi secondi ne hai pagato il prezzo, dearie.
“Ma cosa dici?”
Chinandoti mi hai regalato una magnifica vista, molto meglio di quella di una tazza intera.
“Questo non me l’avevi mai detto, maniaco che non sei altro!”
La risatine folle di suo marito risuonò nelle sue orecchie, ma servì anche a riscuoterla da quella specie di sogno in cui si era persa la sua mente. Non stava parlando con Rumpelstiltskin, era chiusa dentro la sua biblioteca senza via d’uscita.
Si aggrappò alla colonna e si issò faticosamente sulla gamba buona. Senza dubbio, avrebbero commentato che, zoppicando a causa del ginocchio, sarebbe stata un match perfetto con Gold.
Saltellò con un piede solo, sempre appoggiata al muro, fino al punto in cui la montagna di legno e carta bloccava il passaggio. Sforzandosi di rimanere calma, spostò un libro, poi un altro. C’era un’altra fila caduta dietro. Ma lei non doveva andare da nessuna parte.
Iniziò così a provare  a creare un’apertura, anche se non grandissima.
I libri che rimuoveva li metteva dietro di sé, lentamente per non perdere l’equilibrio. Una volta cadde sopra alla prima colonna impilata e gli spigoli urtati nel fianco le mozzarono il respiro per qualche secondo.
Era sudata, i capelli erano sciolti del tutto e in parte attaccati intorno alla fronte. Perché doveva crollare proprio la sezione con i volumi più pesanti? La gola era secca e asciutta come il Sahara e si ritrovò ad incantarsi ogni tanto per pensare ai the freddi di Granny, la prima cosa che lei e Rumpelstiltskin avevano bevuto dopo aver ricordato.
Non era mai stata una persona particolarmente assetata, ma suo marito lo era e l’aver preso l’abitudine di bere il the con lui più volte al giorno l’aveva rovinata.
Dopo quello che le parve un tempo lunghissimo, rimase solo una fila da spostare e Belle si sentiva così stanca e arrabbiata che la spinse semplicemente. Si pentì subito del suo gesto, quando vide che i libri buttati giù avevano iniziato a colpire quelli indietro, creando un effetto domino che occupò tutto il pavimento.
Trattene le lacrime di frustrazione nel vedere che probabilmente non sarebbe più riuscita a tornare indietro, ma strinse i denti e si lasciò scivolare piano a terra, pronta a strisciare sotto il varco lasciato dal mobile. Man mano che si avvicinava, però, si rese conto di aver sottovalutato il raggio d’apertura.
Riuscì a far passare la testa e le braccia, poi cercò un appiglio per far trazione e tirare fuori anche il resto del corpo. Tastò il pavimento, ma la sua mano toccò qualcosa che le fece il solletico con zampe sottili. Urlò nel vedere un ragno delle dimensioni del suo pugno e cercò di ritrarsi, ma sbatté la testa mentre arretrava. Fortunatamente, anche la bestiola si spaventò alla sua vista e corse a ripararsi sotto una mensola nel lato opposto della stanza con tutta la velocità massima che le otto zampette permettevano.
Se c’era una cosa che Belle non aveva mai sopportato, erano quegli insetti. Durante il primo mese di permanenza al Castello Oscuro, mentre stava spolverando la cucina, aveva toccato con lo straccio un ragno dal pelo bruno e striato di tinte rossastre, e aveva urlato così forte che Rumpelstiltskin l’aveva sentita dall’ala opposta rispetto a dove si trovava. Credendo che qualcuno fosse entrato di soppiatto nella sua casa per ucciderlo e che l’avesse ferita, si era materializzato subito nella stanza, trovando una Belle tremante, in piedi sopra il tavolo che reggeva la scopa come una lancia.
Aveva sogghignato apertamente quando aveva capito il problema, ma con uno schiocco di dita aveva liberato il castello dalla presenza di quegli animaletti che terrorizzavano la nuova governante.
La sua avanzata strisciante fu interrotta quando capì che la parte inferiore del suo corpo non riusciva a passare.
“Cazzo! No!”
Picchiò il pugno per terra, ignorando il dolore. Provò ad inarcare di più la schiena, ma riuscì a spostarsi in avanti di un millimetro, forse. Lo sapeva che doveva mettersi a dieta, erano mesi che se lo diceva, ma Rumpelstiltskin l’aveva sempre guardata come se si fosse trasformata in un Orco.
Ma stavolta non l’avrebbe ascoltato, così la prossima volta che sarebbe rimasta bloccata in biblioteca sarebbe stata in grado di passare sotto le aperture ristrette con la grazia e la facilità di un serpente.
Sospirando, ritornò indietro, calciando i libri che la ostacolavano con il piede buono. Si rimise seduta, rilassando le spalle contro la parete. Il corpo era un ammasso dolorante, si sentiva ricoperta di polvere e sembrava che mille zampettii le percorressero la pelle. Rabbrividì più volte e notò che la maglia si era strappata sul fianco, mettendo in mostra un bel buco.
Gettò la testa all’indietro e guardò il soffitto, come per cercare della luce illuminante. Ormai doveva essere almeno pomeriggio. Magari erano già le sei passate e Rumpelstiltskin stava venendo da lei.
O magari non erano nemmeno le tre perché il tempo le era parso scorrere più lentamente.
Chiuse gli occhi e iniziò a respirare profondamente, sperando che il sonno arrivasse per non renderla cosciente del nulla in cui doveva stare per chissà quanto tempo, ma la sua mente era fin troppo sveglia. Dopo qualche minuto si arrese e smise di cercare di dormire. Prese il libro più vicino e lo osservò. Non ricordava di averlo mai letto… o visto, se per quello.
Lo aprì e trattenne il respiro, vedendo che le parole non erano stampate, ma scritte. La grafia era allungata e tonda, ma irregolare e c’erano molti errori di grammatica. Scorse rapidamente le pagine in cerca di un nome, e stranamente lo trovò all’ultima pagina.
Baellfire.
Sgranò gli occhi: poteva essere il diario di Bae? L’immagine di un bambino che tentava di scrivere il suo nome e i suoi pensieri su un volumetto così sottile le formò un groppo in gola.
Non c’erano date, solo parole e spazi vuoti.
Si sentì in colpa a leggerlo, così decise di scorrere solo poche pagine.
La mama ha andata via. Ha lascato io solo per andarre in bere con cuegli uomini che sono dal mare. Papa ha deto che non si sarà acorta del tenpo che pasava, ma so che lei no ci vuolle.
No io e no papa.
Lei sfiorò quelle parole con la punta delle dita. Bae doveva essere molto piccolo… e Rumpelstiltskin era ancora un povero tessitore che cercava di mantenere la famiglia.
I soldati sono venuti al vilagio. Dicono che devo combatere per protegere la nostra terra dali orchi. Papa non soride più, mi guarda in modo strano. Mi abracia speso e mi tiene sempre vicino a lui. Sento che ha paura per me, ma cosa può fare? Cerco di imaginare la guera. Armi, sangue, come quelo che ho visto quando i caciatori hano sparato ale nostre pecore.
 Un pesante e frenetico bussare la scosse dalla lettura. Le voce erano soffocate, ma erano maschili. Si guardò intorno, velocemente, e nascose il diario dietro uno scaffale rimasto intatto: l’avrebbe dato a suo marito, ma al riparo da occhi indiscreti.
Sentì il rumore della porta che si apriva e sbatteva, assieme alle urla di Rumpelstiltskin.
“Isabeau! Isabeau!”
Belle respirò liberamente e stette quasi per mettersi a piangere per il sollievo.
“Sono qui dietro!”
Sentì un colpo secco del bastone che picchiava duramente a terra e immaginò che l’attesta non gli aveva certo ammorbidito il temperamento. Qualcuno che le sembrò Graham cercò di placarlo.
“Non si preoccupi, signor Gold, quel mobile non è troppo pesante da sollevare, ora la tiriamo fuori.”
Un’altra voce, sorpresa, s’intromise.
“Wow, è una biblioteca! Sua moglie lavora qui?”
Persino da lì Belle poteva sentire i denti di Rumpelstiltskin digrignare.
“No Nolan, che cosa le ha mai dato quest’idea?”
“Allora, fratello? Lo spostiamo o no quest’ammasso qui? Fra un po’ è l’ora della mia birra e prima finiamo meglio è.”
Vide tre paia di scarpe avvicinarsi, poi un quarto paio accompagnato da un bastone. Lei si commosse al pensiero che suo marito aiutava a rimuovere quel peso nonostante la sua gamba.
“Al mio tre? Uno, due…”
Un grugnito e gli scaffali si sollevarono di qualche millimetro, per poi ricadere con un’imprecazione.
“Che c’è, Nolan, di difficile nel saper contare fino a tre?”
Ricominciarono e stavolta i quattro uomini riuscirono a riappoggiare il mobile alla parete. Fortunatamente, la maggior parte dei libri era caduta a terra, alleggerendone il peso.
Rumpelstiltskin si affrettò verso di lei e s’inginocchiò al suo fianco, appoggiando il ginocchio sano e l’abbracciò con il braccio libero, così forte che non riuscì a respirare.
Sorrise e gli circondò il collo con le braccia, lasciando che le mormorasse parole dolci all’orecchio e che le accarezzasse i capelli.
“Attento, sembra che mi abbiano fatto un incantesimo di polvere permanente.”
Lui la baciò brevemente, zittendola, poi si allontanò un poco.
“Dove ti fa male?”
Belle fece un elenco delle sue ferite, cercando di minimizzarle per non farlo uscire troppo in escandescenze. Graham chiamò il dottor Whale, dicendogli di preparare l’occorrente per una visita medica.
“Cos’è successo dopo la seconda scossa? Qualcuno si è fatto male?”
Gold fece segno allo sceriffo di non parlare.
“Ti aggiornerò dopo la visita, Isabeau. ora è meglio che andiamo.”
David accorse pronto e la alzò di peso, reggendola in braccio. Rumpelstiltskin strinse gli occhi e lei dovette mordersi il labbro per non ridere. Charming le sussurrò all’orecchio, mentre la portava in auto:
“Dirai a Mary Margaret che ti ho aiutata, vero?”
Con la coda dell’occhio, Belle vide il bastone di suo marito alzarsi per colpire l’uomo, ma scosse la testa e gli fece l’occhiolino. Rumpelstiltskin sospirò e le sorrise.
Non ci voleva molto ad indovinare che anche lui stava respirando normalmente da poco.
 
 
 
 
Angolo dell’autrice: spero che la lunghezza del capitolo perdoni in parte il mio orribile ritardo, ma incolpate i miei esami! Ringrazio quelli che stanno seguendo la mia storia e prometto che nel prossimo capitolo ci sarà molto più fluff tra Mr e Mrs Gold! Una piccola anticipazione: Charming finisce nel fiume. Chi lo getterà? Ai posteri l’ardua sentenza. 

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Capitolo 6
*** The shepherd ***


“Grazie, Kathryn, sei stata molto gentile ad invitarci.”
Belle sorrise alla signora Nolan con fare amichevole, ignorando l’espressione di cortese indifferenza della donna. Non aveva mai legato particolarmente con lei nemmeno quando erano bambine e dovevano giocare insieme durante gli incontri tra i loro padri, alleati da tempo. Già a sei anni lei era stata un topolino da biblioteca, appassionata dei racconti che la sua nutrice le raccontava prima di andare a dormire, mentre Abigail era già una vera e propria Principessina di Papà: parlava in continuazione dei suoi vestiti, di come li volesse esclusivamente azzurri e bianchi, di come suo padre avesse mutato in oro un’intera carrozza per metterla a sua disposizione, oppure descriveva nei dettagli tutte le sue bambole. Ma entrambe avevano perso la madre e questo bastava per portare pazienza e non accapigliarsi.
David se ne stava in disparte, quasi a disagio, con un bicchiere in una mano e un piatto di stuzzichini nell’altra. Guardava tutti con l’espressione di un topo tra una stanza piena di gatti e lei pensò che probabilmente alcune donne l’avrebbero definito tenero. Belle però non era tra quelle.
“David, che piacere vederti. Non ti ho ancora ringraziato come si deve per avermi aiutata, dopo il terremoto.”
Gli occhi chiari dell’uomo s’illuminarono nel vederla. Probabilmente le lodi che aveva riversato su Mary Margaret riguardo il suo contributo nel suo salvataggio avevano fatto effetto.
“Isabeau, come stai? Il ginocchio e la caviglia sono guariti?”
“Dopo tre settimane a letto sarei guarita da qualsiasi cosa. Mio marito si è esageratamente preoccupato.”
David si guardò velocemente intorno.
“C’è Mary Margaret?”
“No, non è potuta venire, temo.”
Più probabilmente, la coscienza le rimordeva per amare un uomo sposato e aveva deciso di compiere il nobile sacrificio di stargli lontana. La punizione che Regina aveva pensato per loro era molto crudele.
Superò David e gironzolò un po’ per la stanza piena di gente, evitando accuratamente la cucina dove c’era anche la regina, assieme a Kathryn. Vide Emma e Henry in un angolo, intenti a confabulare. Il bambino la scorse e la salutò sorridente, facendole segno di avvicinarsi.
“Isabeau, sono felicissimo che anche tu sia qui.”
Emma si passò una mano tra i capelli biondi e sospirò.
“Henry è convinto che David Nolan sia il Principe Azzurro.”
Belle gli sorrise teneramente.
“Se c’è un ruolo che gli si addice, è proprio quello.”
Esitante, si rivolse alla Salvatrice.
“Posso parlarti un momento?”
Senza aspettare risposta, si allontanò verso la cucina, ora deserta e si voltò solo per vedere se Emma la stesse seguendo.
“Che cosa c’è?”
“Io… io volevo scusarmi. Per la faccenda di Ashley e della bambina.”
Belle abbassò lo sguardo e si morse il labbro.
“Io e mio marito non abbiamo figli nostri, anche se li desideriamo moltissimo. Quando Ashley ha firmato quel contratto…”
Emma alzò precipitosamente una mano e aprì la bocca.
“Stop stop stop. Non devi scusarti di niente. Tuo marito poteva evitare di manipolarmi, ma tu desideravi solo un figlio.”
Lei sorrise, timida, ma scosse la testa.
“Non è un fatto personale. È il suo carattere.”
“Emma, Isabeau!”
Henry era corso da loro, sorridendo. Belle gli scompigliò i capelli, intenerita.
“Cosa c’è, ti sta inseguendo Barbablù?”
“Gnegne.”
Vedendo che il bambino si avvicinava a sua madre, si allontanò con discrezione e prese un cioccolatino da un piatto appoggiato sopra un tavolino. Whale osservò il suo gesto e Belle si fermò con la mano per aria e la bocca semiaperta. Gli voltò le spalle e inghiottì velocemente. I nervi che le faceva venire quell’uomo… anche nella Foresta Incantata lo aveva sempre tenuto alla larga, quando per un motivo o per l’altro veniva a parlare con Rumpelstiltskin. E non perché le avesse rivolto attenzioni indesiderate, ma perché da lui emanava un alone di Morte che comprendeva un leggero odore che lo avvolgeva, le macchie di sangue che non erano state lavate dalle maniche, persino gli occhialini scuri che lo facevano assomigliare ad una mosca in procinto di svolazzare attorno ad un cadavere. Le sue intenzioni erano comprensibili, non aveva chiaramente accettato la morte del fratello, ma da qui a volerlo riportare in vita utilizzando cuori e membra di altre persone… era una cosa orribile.
Trovò suo marito da solo, come si aspettava, seminascosto dietro uno scaffale.
“Sei qui per portarmi a casa, dearie?”
“Non sei un bambino.”
“Se lo fossi mi porteresti via da qui?”
“Beh, penso proprio di si.”
“Allora lo sono. Portami via da questa gabbia di matti.”
“Sono tutti molto carini. Potresti uscire e socializzare un po’.”
“Ma certo, dearie, chissà perché non ci ho pensato prima. Buonasera, come sta? Ah, è indietro con l’affitto, giusto per informarla.”
“Sei un guastafeste. Andiamo, Grinch, si torna a casa.”
Lui sogghignò, abbracciandole la vita.
“Ammetti che ti stavi annoiando anche te.”
“Ho fatto una bellissima chiacchierata con David.”
“Immagino. Sarà persino riuscito a dirti che aveva notato un po’ di gente in casa sua.”
“Perfido.”
Riuscì a dire a Kathryn solo qualche parola, prima che Rumpelstiltskin la trascinasse via. Rinunciò a rimproverarlo, sapendo che sarebbe stato tutto inutile. Inoltre, le riusciva difficile pensare a parole di biasimo quando la stringeva nella giacca e le lasciava una scia di piccoli baci sul collo.
“Non sei perdonato.”
“Farò in modo che ti diverta lo stesso stasera, dearie.”
Lei ridacchiò, ma lo frenò tirandolo per la manica.
“Che c’è?”
“Ssh.  Solleva il bastone e non far rumore.”
Lo spinse dentro un giardino senza recinto, dietro un albero e lo aiutò velocemente a sedersi, inginocchiandosi a sua volta. Rumpelstiltskin roteò gli occhi, sorridendo.
“Non potevi proprio aspettare di arrivare a casa, Belle?”
Si sporse per baciarla, ma lei lo schivò e allungò il collo.
“Sciocco. Guarda chi c’è più avanti.”
Lui sospirò ma obbedì. Vicini, l’uno di fronte all’altra, c’erano Mary Margaret e David Nolan, nello stesso atteggiamento imbarazzato, triste eppure così… agognante. Belle bloccò la mano di suo marito che stava scendendo lungo la schiena.
“Si sta svolgendo un dramma d’amore, Rumpelstiltskin, non essere insensibile.”
“Sei tu insensibile, se mi trascini a spiare due poveri innamorati sdraiato sull’erba umida con il mio ginocc…”
Lei gli premette un dito sulle labbra e continuò ad assistere, interessata, fino a che non li vide separarsi.
“Se ne sono andati.”
“Dio ti ringrazio.”
Belle fece per alzarsi, ma un braccio si chiuse attorno alla sua vita e l’altro attorno alle spalle.
Si sentì voltare e la bocca di Rumpelstiltskin premette sulla sua prima che potesse parlare.
Si rilassò e trattenne la risata che minacciava di uscire, approfittando invece di quando lui le lasciò libere le braccia per stringerlo di più. Una stava risalendo lungo la sua gamba, sotto la gonna del vestito, mentre l’altra era persa tra i suoi riccioli per tenere la testa vicina alla sua.
Quando le strinse leggermente il seno, non riuscì a frenare un verso, misto di piacere, sorpresa e divertimento.
Le luci della casa si accesero e Rumpelstiltskin le coprì troppo tardi la bocca con la sua.
“Chi è là?”
Il corpo di Belle era scosso da risatine silenziose, e stranamente anche lui stesso si ritrovava a sorridere. Una voce femminile seguì la prima.
“Lascia stare, saranno le solite coppiette del quartiere.”
Rumpelstiltskin non si fidò e le mise una mano sulle labbra.  Belle stava ridendo quasi liberamente ormai e tentava di parlare a bassa voce nonostante l’impedimento.
“Potresti minacciarli di alzare l’affitto.”
“O potremmo trasferirci nel giardino di Regina Mills.”
“Brr, terrà probabilmente dei cadaveri sotto terra. Tanto vale andare al cimitero.”
“Dicono la stessa cosa del nostro, lo sai vero?”
“No, le ipotesi più gettonate sono il tuo negozio e la nostra cantina.”
Lo aiutò a rialzarsi. Erano irrimediabilmente sporchi di terra, ciuffi d’erba ogni tanto spiccavano sui loro colori scuri e i loro capelli erano in uno stato disastroso.
 “Speriamo che non ci veda nessuno.”
Riuscirono ad arrivare quasi a casa, prima di essere fermati. Una macchina della polizia li stava affiancando. Belle spalancò i suoi occhi blu.
“Non possono averci riconosciuto in quel giardino.”
“Zitta, tesoro, lascia parlare me.”
La testa ricciuta di Graham sporgeva dal finestrino.
“Siete stati assaliti?”
Lei avrebbe voluto sprofondare, ma Dio non ascoltò le sue preghiere e la fece solo arrossire. Tuttavia, suo marito non aveva nemmeno un’oncia di vergogna.
“Uno scambio di opinione, del tutto risolto sceriffo. Non deve preoccuparsi.”
Era impossibile ignorare la punta d’ironia nelle sue parole, così Graham osservò attentamente entrambi e la sua espressione divenne confusa.
“Capisco.”
Continuò a guardarli con una strana espressione sul viso, fino a che Gold batté la punta del bastone per terra.
“Non ha una ronda da terminare, sceriffo?”
Graham si riscosse.
“S-sì, signor Gold, vado subito.”
Quando arrivarono dentro casa senza altri incidenti, Belle si passò una mano tra i capelli.
“Ho bisogno di una doccia.”
“Ottima idea, dearie.”
“Hai altre opinioni da scambiare, signor Gold?”
“Sono sempre stato un oratore, dearie, lo sai.”
 
 
Era un bel pomeriggio. La gente venuta a chiedere in prestito libri stava aumentando e molti non la guardavano più come se fosse un raro esemplare allo zoo. Belle stava canticchiando di buon umore e più di una testa si fermava un istante a guardarla: quel giorno sembrava particolarmente bella, con i capelli semiraccolti in una coda e un maglione che le faceva da vestito, evidenziando la curva dei fianchi. Lei ne era completamente ignara e continuava a salire e scendere dalla scala per sistemare i libri rimasti fuori posto dal terremoto, il fantasma di Rumpelstiltskin nella sua testa che le urlava di stare ferma a terra a causa della troppo recente guarigione al ginocchio. La scuola di Storybrooke le aveva chiesto una gran quantità di volumi per bambini e quello era stato il primo incarico di responsabilità effettiva, seppur moderata. Fu distratta dalla porta che veniva aperta troppo bruscamente.
“Attenzione al campanellino, spero non lo rompiate.”
Sorrise quando riconobbe Mary Margaret, o per meglio dire Biancaneve. I capelli corti avevano la riga spostata, il golfino stava scivolando sempre di più sulle spalle e le calze erano smagliate, ma gli occhi avevano una tale luce di felicità che sembrava ugualmente la più bella del reame.
“Scusa Isabeau, sono di fretta, non so dove ho la testa.”
“Ah no?”
Belle stava sorridendo, dolcemente.
“Mi servirebbe un libro sugli animali, sugli uccelli soprattutto.”
“Ti prendo subito quello che ti serve.”
Mentre cercava il titolo giusto, adottò un tono indifferente, sentendosi particolarmente maliziosa.
“Dimmi, David ha trovato lavoro al rifugio per animali?”
Mary Margaret arrossì e si abbottonò nervosa il cardigan.
“Davvero? Non lo sapevo… no, voglio dire, l’avevo sentito, ma mi era proprio sfuggito di mente.”
Belle le porse il libro e le prese una mano.
“Ascolta Mary Margaret, stai parlando con la moglie del signor Gold. Credi che non sappia cosa vuol dire amare una persona pur sapendo che tutti ti biasimeranno per questo?”
La maestra di scuola aprì la bocca e la richiuse.  Una lacrima le scivolò lungo la guancia e crollò appoggiandosi con le braccia sulla scrivania.
“Lo so, lo so, è una situazione orrenda, Isabeau. Lui prova qualcosa per me, ma è ancora sposato con Kathryn e io mi sento orribile.”
“Se voi vi amate, esiste il divorzio. Siamo nel ventunesimo secolo, non nell’età Vittoriana.”
Lo sguardo dell’altra donna si accese di speranza.
“Lo credi davvero? Che sceglierà me?”
“Il Vero Amore non si può ostacolare. Tu l’hai salvato.”
“Disturbo?”
Mary si voltò, spaventata. Regina stava in piedi sulla soglia, sorridente.
“Io non lo farei se fossi in lei, signorina Blanchard.”
Belle incrociò le braccia e guardò freddamente la regina.
“Ha bisogno di un libro, signora Mills? Lei passa spesso qui ma non ha mai preso in prestito niente.”
Regina non mutò espressione, ma per lei che la conosceva era visibile il raffreddamento negli occhi scuri.
“Questa biblioteca non resterà aperta per molto, signora Gold. È una promessa.”
“Regina, che sorpresa vederti, pensavo uscissi solo di notte, hai avuto molto coraggio ad affrontare la luce del sole.”
Belle guardò suo marito dietro la regina, un mezzo sorriso sarcastico che stava a meraviglia con i suoi lineamenti spigolosi. La giacca era un po’ aperta sul petto e la camicia blu spiccava come unico colore sulla sua figura.
“Graham ti stava cercando, Regina. È meglio se ti affretti, per favore, sembra urgente.”
Incurante della furia del sindaco che stava uscendo e della presenza di Mary Margaret, Belle gli andò incontro e gli sorrise.
“Sono contenta che tu sia qui.”
“Regina ti disturba, dearie?”
“No, non più del solito.”
Rumpelstiltskin chinò il capo verso la maestra, rimasta a guardarli con un’espressione… ispirata.
“Signorina Blanchard, che piacere.”
La donna arrossì e chinò lo sguardo.
“Signor Gold… grazie Isabeau del tuo aiuto, arrivederci.”
Mary afferrò in fretta e furia il libro e uscì senza guardarli.
“Tu intimidisci le persone, Rumpelstiltskin.”
“Non lo faccio apposta, dearie.”
Lui si chinò per baciarla dietro l’orecchio, ma lei gli batté una mano sulla fronte.
“Stavo parlando seriamente con Mary Margaret.”
“Non sono io che vi ho interrotte, dearie.”
“Ma l’hai spaventata.”
“Solo per invitarti da Granny a prendere la cioccolata calda che ti piace tanto.”
“A che ora?”
“Facciamo fra mezz’ora?”
“Ok. Vado subito, voglio sentire le ultime novità e cercare di riagganciare i rapporti con Ruby.”
“Purché non ti presti le sue gonne e le sue camicette.”
“Sono molto belle.”
“Dentro la nostra casa, sì.”
Belle roteò gli occhi e prese la borsa con una mano e le chiavi dall’altra.
“Ci vediamo lì.”
Fuori vide Archie, che la salutò senza esitazioni. Dall’incidente alla miniera sembrava aver ritrovato la sua coscienza e non l’aveva più turbata con richieste di prendere medicinali. Ricambiò il saluto, sorridendo.
Quando entrò da Granny, anche Ruby l’accolse con un sorriso. Belle si fermò per un secondo, disorientata, poi si sedette e la guardò avvicinarsi, senza sembrare arrabbiata o diffidente.
“Cosa ti porto, Isabeau?”
“Sto aspettando mio marito, Ruby, ti ringrazio, ordino quando arriva. Odia che io anticipi le sue scelte, anche se sono le stesse che farebbe lui.”
“Problemi in paradiso?”
“No, per ora no. Ne abbiamo avuti abbastanza in passato.”
Belle si sentì rincuorata dal fatto che la cameriera non sembrava avercela più con lei. Si stava ricostruendo delle amicizie e la sua vera personalità stava riemergendo sempre di più, a discapito di Isabeau. L’unica cosa che desiderava era avere una parte più attiva nei piani contro la regina.
Il giornale abbandonato sulla sedia di fronte alla sua catturò la sua attenzione. Il titolo era scritto a caratteri cubitali: Famosa coppia di Storybrooke si arrende al romanticismo nei giardini altrui.
Belle nascose la faccia dietro il quotidiano, andando freneticamente alla pagina dell’articolo. Tirò un sospiro di sollievo quando lesse un commento del tutto inoffensivo, non si sapeva chi fossero gli innamorati in questione ma le allusioni sembravano coinvolgere piuttosto Ruby e Billy, il meccanico.
Ci mancava solo che Sidney li avesse fotografati dietro i cespugli come due sedicenni.
 
 
Belle non stava spiando. Assolutamente no. Ma quando David era entrato da suo marito a chiedere informazioni stradali per il Toll Bridge, aveva subito percepito nell’aria novità amorose, visto che nemmeno un’ora prima aveva visto Mary Margaret dirigersi da quella parte.
Così aveva preso la giacca, lasciando un biglietto a Rumpelstiltskin, ed era andata anche lei al fiume. I suoi tacchi, poco adatti per il sentiero scivoloso e pieno di foglie, la rallentarono notevolmente, ma riuscì ugualmente ad arrivare a vedere la coppia che gesticolava poco lontano.
No, non era così che doveva andare. Perché Biancaneve aveva gli occhi pieni di lacrime e sembrava allontanarsi da David, che aveva sul viso un’espressione da cane bastonato? Dovevano essere abbracciati, se proprio non potevano ricordare da subito e aiutare a spezzare la maledizione, ma sicuramente Mary Margaret non doveva allontanarsi senza guardarsi indietro, stringendosi in quel suo cardigan dai colori brillanti.
David la scorse e le fece un cenno.
“Isabeau, anche tu qui?”
Belle si avvicinò, gli occhi blu pieni di scintille, le guance arrossate.
“Tu, uomo! Al momento non riesco a pensare ad un insulto peggiore! Cosa le hai fatto?”
L’espressione desolata di lui diceva tutto.
“Non dirmi che hai osato scegliere tua moglie, che non ami nemmeno, spezzando il cuore a Mary Margaret!”
“Io le ho detto che provo qualcosa per lei. Ma ho iniziato a ricordare la mia vita con Kathryn, c’è una possibilità per noi, lo so.”
“Cosa credi, di poterle avere tutte e due?”
“Io e Mary Margaret ci amiamo.”
“Allora dovevi scegliere lei. Non credere che si lascerà trattare da sgualdrina di riserva, porco!”
In un impeto di rabbia, gli puntò l’indice sul petto e gli diede una leggera spinta. David sgranò gli occhi e ondeggiò all’indietro.
“Nononono, aiutoo!”
“Oh dai, non ti ho spinto così forte.”
Ma si dovette ricredere: l’eroe della Foresta Incantata, che sconfiggeva draghi e streghe, aveva perso l’equilibrio per un dito puntato contro. Ed era caduto nel fiume, roteando le braccia come pale di un mulino a vento.
Non riuscì a trattenere una fragorosa risata.
“Siamo fregati.”
Mentre tornava a casa, si coprì il viso con le mani. Ringraziando Dio, Emma era più intelligente o avrebbero dovuto spezzare da soli il sortilegio.
 
 
Angolo dell’autrice: Buonasera a tutti, dearies, spero che il capitolo compensi un po’ il ritardo… come avevo promesso, Charming finisce nel fiume ed è Belle che lo “spinge”, quindi congratulazioni a chi aveva indovinato! Per il prossimo episodio, anticipo che ci sarà una lunga chiacchierata tra Graham e Belle, che svelerà un po’ di cose sul passato della nostra Bella e la Bestia. Ringrazio quelli che leggono, recensiscono e mettono la storia tra le preferite/seguite, il loro contributo è importante. Buona serata!

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Capitolo 7
*** The Heart Is a Lonely Hunter ***


Belle starnutì per l’ennesima volta, cercando un fazzoletto con la mano. La confezione era vuota, così lasciò ricadere il braccio sul letto, sconsolata. Non aveva voglia di alzarsi.
Starnutì ancora, qualche divinità si faceva beffe della suo voglia di stare a letto, senza dubbio.
Mise per terra una gamba, restando sdraiata, ma si fermò quando sentì la porta aprirsi: Rumpelstiltskin le sorrise, reggendo in mano una nuova scatola di fazzoletti, quelli profumati alla menta che piacevano a lei e Belle si sentì alleggerire il cuore. Tese la mano per prenderne uno, ma lui ritrasse la confezione.
“Ah-ah, dearie, niente è per niente.”
Lei lo guardò con gli occhi lacrimanti.
“Di addaggherò l’influenza, non bosso bagiarti in gueste gondizioni.”
Rumpelstiltskin la ignorò e le depositò un bacio veloce sulle labbra, stringendole piano il viso tra le mani. Lo sentiva fresco contro la sua pelle calda, così sospirò di sollievo e piacere.
“Così impari ad andare a spiare gli innamorati indossando una giacchetta scollata.”
“Me ne rigorderò la brossima volda.”
Belle si passò le mani tra i capelli, i nodi le facevano male ma scioglierli era diventata un’impresa con le sue poche forze. Suo marito si sedette vicino a lei e la mise seduta prima che potesse parlare, tirando fuori come per magia da dietro la schiena una spazzola.
“Appoggiati a me, dearie, così.”
Lei obbedì e chiuse gli occhi mentre i denti fitti e morbidi passavano tra le sue ciocche, senza tirargliele. Rumpelstiltskin aveva sempre avuto un tocco magico per quei compiti da cameriera personale: nessuno aveva la mano più tenera della sua nello spazzolare i capelli, o nel lavarle la schiena e certamente nessuno era più veloce e abile di lui nello sbottonare vestiti.
“Ecco qua, dearie. Come uscita dalla parrucchiera.”
“Gra- Eeeeetchù!”
Lui le passò i fazzoletti e Belle potè finalmente soffiarsi il naso, tappato come un vino lasciato a invecchiare.
“Ho chiamato il giovane Henry, chiedendogli di farti compagnia e ha accettato. Dovrebbe arrivare a momenti.”
“Ba brenderà l’influenza anghe lui!”
“Sciocchezze, non si è ammalato una volta in dieci anni.”
“Oggi g’è sguola.”
“Motivo in più per venire.”
Lei si lasciò cadere contro i cuscini, stanca di discutere e con la gola che bruciava come se avesse bevuto benzina. Rumpelstiltskin le indicò il thermos sul comodino.
“Qui hai il the col miele. Ci sono altre due teiere piene in cucina, Henry penserà a sostituire mano a mano che bevi le nuove razioni. Ho lasciato anche del brodo per te e dei dolci per lui.”
“Di amo.”
“Anch’io, Belle. Anch’io. Prima di andare, ti darò il tuo cucchiaio di medicina.”
“Ho gambiado idea. Non di amo e du neanghe. Mi odi.”
Lui roteò gli occhi.
“Hai proprio ragione. Ti odio così tanto che qualcuno potrebbe persino avere la balzana idea che ti amo.”
Persino con il naso chiuso riusciva a sentire l’odore orribile di quello sciroppo. C’era qualche possibilità che suo marito lo avesse confuso con uno dei suoi veleni?
“Non ades-  Eeeeetchù! Lo brenderò dobo guando arriverà Henry.”
“Il ragazzino ti vuole troppo bene per disobbedirti.”
Il campanello suonò e Belle sorrise.
“Ghe beggado. Devi andare ad abrire.”
Il sorriso di Rumpelstiltskin era così maligno che per un istante temette che avrebbe ignorato il suono e le avrebbe versato la medicina in gola approfittando del fatto che aveva aperto la bocca per parlare.
“Vado, dearie.”
Lei tirò un sospiro di sollievo e si raggomitolò sotto le coperte, felice d’esser riuscita a rimandare al pomeriggio quell’incombenza. Aveva già chiuso gli occhi quando sentì che i passi frettolosi di Henry erano accompagnati da quello più lento e zoppicante del marito. Li riaprì di scatto.
“Ciao, Isabeau, come stai? Oh, domanda stupida. Posso fare qualcosa per te?”
“Potresti tenerla ferma, dearie?”
Belle alzò la testa e vide Rumpelstiltskin con un cucchiaio pieno di un liquido verdastro a pochi passi da lei. Henry arricciò il naso.
“Quella roba puzza come pesce andato a male.”
“Ma la farà guarire.”
“Sicuro che non l’ha messo in commercio mia madre?”
“Fidati, dearie, tua madre farebbe un tentativo di occultarla con un buon profumo prima di far agonizzare qualcuno e guardarlo morire sorridendo.”
“Roberd!”
Il bambino stava ridacchiando e lei pensò al diario di Bae che era ancora nascosto in biblioteca. Non ci era più andata, essendosi prima ferita e poi ammalata e voleva essere lei a darlo a Rumpelstiltskin.
“Meddi via guella gosa orribile.”
“Che esempio darai a Henry, amore?”
“Guello di una bersona sensada.”
Suo marito si voltò verso il ragazzo con un mezzo sorriso.
“Ora, Henry, vedrai che anche gli adulti devono prendere le medicine anche se non vogliono.”
“Come?”
Belle cercò di allontanarsi, ma era troppo tardi: le dita di Rumpelstiltskin avevano già serrato il suo naso. Considerò l’idea di lasciarsi svenire per mancanza d’aria solo per fargliela pagare, ma il suo istinto di sopravvivenza ebbe la meglio dopo quasi un minuto di apnea e spalancò la bocca per respirare. Veloce come un serpente, lui le spinse il cucchiaio in gola e lei fu costretta ad inghiottire quell’abominio.
“Be la bagherai guando sarò guarida.”
“Ci conto, dearie. Ti lascio in buone mani.”
“Arrivederci, signor Gold. Ci vediamo a pranzo.”
“Buona mattina. Ricordati il the e i biscotti, dearie.”
“Grazie, signor Gold.”
Il bambino le saltò sul letto quasi subito, dopo essersi tolto le scarpe e aver piazzato il suo zainetto vicino a lui. Si accoccolò al suo fianco e lei si allontanò istintivamente.
“Di ammalerai, garo.”
“Non mi ammalo mai, io.”
“Sei gome mio marido.”
“Vuoi che ti legga una fiaba dal mio libro?”
“Volendieri.”
Henry prese il suo volume e lo aprì ad una pagina a caso. Belle roteò gli occhi: La bella e la bestia.
“Questa versione è molto diversa dalle altre, non è scontata o banale.”
“Sono dudda oregghie.”
“C’era una volta, in un regno molto lontano chiamato Avonlea, una bellissima fanciulla, così bella che alla nascita era stata chiamata Belle. Suo padre Maurice era il re e lei crebbe adorata da lui, essendo la madre morta nel darla alla luce. Quando fu grande abbastanza per sposarsi, Belle venne promessa in sposa ad un nobile e bel cavaliere, di nome Gaston: lei accettò l’accordo per amore del genitore, ma in realtà non amava affatto il suo fidanzato, che a sua volta la riteneva bella ma troppo stravagante a causa del suo amore per i libri.”
Belle sorrise, pensando alla prima volta che aveva parlato del suo promesso a Rumpelstiltskin.
Onestamente, non mi è mai importato molto di Gaston. Per me, l’amore ha più veli, è un mistero da essere svelato. Non avrei mai donato il mio cuore ad un uomo così superficiale come lui.
Si accorse che Henry aveva smesso di leggere. Povero ragazzo, la voce doveva essergli seccata. Ma perché la stava guardando così?
“Come?”
“Gome? Gome gosa?”
“Come fai a conoscere le parole che Belle ha pronunciato molto più avanti?”
Lei sgranò gli occhi. Le aveva davvero pronunciate a voce alta? Oh, Signore.
“Devo aver già leddo guesdo libro.”
“Impossibile.”
“Di digo di sì. Dove gredi ghe abbia drovado il libro mio marido se non da me?”
Sorrise al bambino, sollevata d’esser riuscita a salvare le cose. Lui continuò a leggere.
“Un brutto giorno, gli Orchi dichiararono guerra al regno di Avonlea. Gli Orchi non erano esseri umani e sembrava che vincere contro di loro fosse un’impresa impossibile, ma Belle era una ragazza molto istruita e aveva letto in uno dei volumi della sua biblioteca come contattare il Signore Oscuro, Rumpelstiltskin. Re Maurice promise in pagamento dell’oro per i servigi del mago, ma lui non rispose alla loro richiesta d’aiuto, se non in quella che sembrava l’ultima sera per Avonlea.
Tuttavia, il folletto non voleva l’oro come prezzo, ma la principessa, come governante per la sua vasta dimora. Il re lo cacciò in malo modo, ma Belle rifiutò di lasciare che altri scegliessero per lei e accettò il patto di Rumpelstiltskin per salvare la vita ai suoi cari, nonostante la paura che incuteva il Signore Oscuro.”
“Baura? Duddi gredevano ghe fosse biù aldo, gi sgommeddo. Gerdo era sdrano, golor dorado e verdino, i gabelli sbeddinadi e riggi, vesdido di belle di drago nonosdande dovesse avere biù di dregendo anni.”
Il libro si chiuse di scatto e lei sobbalzò. Henry la fissava severo a braccia conserte.
“Come fai a saperlo?”
“Henry, di ho deddo…”
“Non ci sono illustrazioni di Rumpelstiltskin. L’unica che c’è è di spalle, ricoperta da un mantello grezzo che gli nasconde il viso e non è in questa storia.”
Dannazione. Lei sentiva il panico correrle per le vene e si maledisse per la sua stupidità.
“Sicuro?”
Lui non rispose neanche. Certo che era sicuro, pensò lei, non era uno stupido. Si passò le mani sulle tempie, massaggiandosele.
“Non di  vergogni, ad abbrofiddare di un’ammalada?”
“Neanche un po’. Ho ragione, vero? Il sortilegio esiste e tu sei la principessa Belle.”
“Sciogghezze.”
“E il signor Gold è Rumpelstiltskin. Non so come ho fatto a non arrivarci prima, era talmente ovvio!”
“Faggiamo un baddo?”
 “Sentiamo.”
“De non barli a nessuno, nemmeno ad Emma, o Regina, o Argie, o gualsiasi essere, animado o inanimado,  delle brove ghe hai sgoberdo oggi, e io risbonderò a dre domande, singeramente.” 
“Ho afferrato il concetto. Ok, accetto le condizioni. Prima domanda.”
“Non ho deddo guando risbonderò.”
“Isabeau!”
L’utilizzo del suo falso nome la spinse a sospirare.
“Va bene.”
“Quando tu e Rumpelstiltskin vi siete innamorati?”
Belle trattenne un sorriso per la prevedibilità della domanda.
“Digiamo ghe gi è voludo un bo’ ber duddi e due, ma il bundo di bardenza è sdado gerdamende la mia gaduda da guella sgala.”
“Il libro dice che è stata la prima rosa che ti ha regalato a far partire la vostra storia.”
“No, è sdado guando mi ha salvada. Gi siamo gome resi gondo ghe… ghe eravamo due bersone reali.”
“Seconda domanda. La regina voleva che tu spezzassi la sua maledizione, lui ti aveva cacciata credendo che volessi privarlo dei suoi poteri e lei voleva catturarti. Cos’è successo dopo?”
“Mi ha aiudada il suo gaggiadore.”
“Graham?”
“Sì. Lei era già sulle mie dragge, guando lui mi ha deddo dove nasgondermi e di dornare da Rumbelsdildskin. L’ha ingannada, digendo ghe mi ero diredda aldrove.”
“Ok, l’ultima. Perché Rumpelstiltskin ha creato la maledizione?”
“Ho già risbosdo a dre domande.”
“Non è vero, non ho fatto la terza.”
“Mi hai ghiesdo, Graham? E io di ho deddo si.”
“Non è giusto!”
“La vida è ingiusda.”
Henry sbuffò e mise via il libro di fiabe, deluso.
“Hai sete? Ti passo il thermos?”
“Se fossi gosì gendile…”
Bevve il the quasi d’un fiato, la gola irritata per aver parlato. Gli indicò il volume.
“Me lo leggeresdi?”
“Vuoi che ti finisca la storia?”
Belle annuì e si mise più comoda, fissandolo con i suoi grandi occhi blu.
“La prima sera, la principessa dormì nelle segrete, in quanto Rumpelstiltskin pensava di avere una fama da mantenere, ma Belle capì che non era così cattivo quando, la prima volta che gli servì il the, si spaventò per uno scherzo che lui le aveva fatto e fece cadere la sua tazza, ma lui non la sgridò e disse…”
“Ghe era solo una dazza.”
“Proprio così. Qualche tempo dopo, mentre Belle stava tentando di tirare giù le tende per far entrare un po’ di luce nel castello, gli chiese perché filasse così tanto. Rumpelstiltskin rispose che lo faceva per dimenticare, ma quando lei gli domandò cosa volesse scordare, lui non ebbe il coraggio di aprirsi e la fece ridere con una facezia. Era la prima volta da molto tempo che il Signore Oscuro sentiva qualcuno ridere, così le si avvicinò e fu un bene, perché nello sforzo di aprire le tende che Rumpelstiltskin aveva inchiodato, Belle cadde dalla scala…”
“Dridda nelle braggia del suo badrone.”
Ricordava com’era stato vederlo per la prima volta alla luce del sole: era come se non lo avesse mai visto davvero prima. Udì a malapena Henry sussurrarle la buonanotte, persa nei suoi sogni ad occhi aperti del momento in cui lui le regalava la rosa, la riaccoglieva piangendo quando era tornata da lui, la supplicava di perdonarlo…
“Sei tornata.”
“La… la regina mi stava cercando. Voleva imprigionarmi per avere un’arma contro di te, ma il suo Cacciatore mi ha salvata… mi dispiace così tanto, Rumpelstiltskin, non sapevo chi fosse in realtà, l’ho incontrata lungo il sentiero quando mi hai mandata a prendere la paglia…”
“Sssh, dearie, lo so. Avevi ragione, sono un codardo, ma ti giuro, il mio potere non significa per me più di te.”
“Ma allora perché….”
“Ricordi, quando ti ho parlato di mio figlio?”
“Mi hai detto che l’hai perduto.”
“Si trova in un mondo senza magia. Non riuscirei mai a trovarlo senza i poteri che mi derivano dalla maledizione.”
“Dunque è vero… un tempo eri un uomo normale.”
“Ho venduto la mia anima per diventare l’uomo in grado si salvare il mio Bae dalla guerra degli Orchi. La magia è diventata un bastone su cui non posso fare a meno di appoggiarmi, Belle, ma se mio figlio fosse qui, sano e salvo, ti giuro che tornerei chi ero, permettendoti di spezzare il sortilegio che si è impossessato di me.”
“Rumpelstiltskin…”
“Belle… Belle… Belle…”
Le si svegliò di scatto, la fronte sudata, il viso di suo marito a pochi centimetri dal suo.
“Henry mi ha detto che ti eri addormentata. Non volevo disturbarti, ma è ora che mangi qualcosa.”
“Ghe ore sono?”
“Le due.”
“Di amo.”
Rumpelstiltskin la guardò, confuso.
“Ghe g’è, non bosso dirdi ghe di amo senza ghe sembri ghe mi abbiano rabida gli alieni?”
“No, certo che no. Ti amo anch’io, Belle. Più di quanto possa esprimere.”
“Henry mi ha leddo la nosdra sdoria.”
Lui iniziò a imboccarla e lei storse il naso, ma sapeva di non essere abbastanza forte.
“Ma davvero… ti ha raccontato di come la Bella cadeva tra le grinfie della Bestia?”
“Sbiridoso. Non sai ghe baura avevo breso gadendo dalla sgala.”
“Mai quanto me. Ma anche se fossi stato lontano da te, avrei usato la magia per farti rimanere sospesa.”
“Magari a desda in giù per guardare le gambe, ammeddilo, gome hai sbirgiado nella mia sgolladura guando ho raggoldo la dazzina.”
“Non pensavo te ne fossi accorta.”
“Gi sono arrivada uldimamende.”
Qualcuno bussò freneticamente alla porta. I due si guardarono.
“Aspettavi qualcuno?”
“Doveva venire gualguno?”
Rumpelstiltskin sospirò, appoggiò la scodella sul comodino e prese il bastone, affacciandosi alla finestra.
“Che sorpresa, il nostro sceriffo.”
“Fallo endrare, di brego.”
Belle sbatté gli occhi quando Graham entrò. Le pupille erano dilatate, il viso arrossato e i capelli incollati alla fronte dal sudore.
“Graham, sdai bene?”
“Scusami se ti disturbo in un momento come questo, Isabeau, ma ho bisogno di farti una domanda: credi che noi possiamo aver vissuto un’altra vita oltre a questa?”
Lei deglutì. Come poteva ricordare? La maledizione era stata ben precisa nei suoi dettami, Rumpelstiltskin se n’era assicurato.
“Dibende… berghè?”
“Credo… credo che io fossi un cacciatore, accompagnato da un lupo. Dovevo uccidere Mary Margaret e ti ho salvato da Regina una volta. Sto sognando?”
“Dimmi, di è suggesso gualgosa di bardigolare nell’uldimo beriodo?”
“Tutto è iniziato dopo che ho baciato Emma.”
Belle sospirò. Ora si spiegava tutto. Il Vero Amore unito alla magia della Salvatrice… senza contare il fatto che il sortilegio si stava indebolendo.
“Gredimi, Graham, anghe se di buò sembrare sdrano, è duddo vero. Una volda eri il gaggiadore della regina, ghe di ingarigò di uggidere Bianganeve, ma du le salvasdi la vida, come fagesdi gon la mia.”
“Perché il Signore Oscuro era innamorato di te, vero… Belle?”
Lei iniziò a piangere senza volerlo, ignorando le proteste di preoccupazione dello sceriffo.
“Finalmende, un segno dangibile… la maledizione si sbezzerà.”
Graham le diede colpetti di consolazione sulla schiena, ma a far cessare il pianto di sfogo di Belle fu la voce gelida di suo marito.
“Cosa diamine ha detto, Graham? Aveva detto che non l’avrebbe turbata. Non ha visto in che stato è? E le tolga subito le mani di dosso.”
Lo sceriffo arrossì fino alla radice dei capelli e Belle sorrise a Rumpelstiltskin.
“Lui rigorda, amore. Gabisci giò ghe vuol dire?”
Con grande sorpresa di entrambi, lui emise un verso di derisione e disprezzo.
“Con tutto il tempo che ha passato a correre dietro alla Salvatrice, ha ricordato anche troppo tardi. Ma non è questo che mi preoccupa, dearie.”
Belle si chiese spesso, in seguito, come avesse fatto Rumpelstiltskin ad agire così velocemente. Ma di fatto, un momento prima Graham era vicino a lei, quello dopo era schiacciato contro il muro dal bastone di suo marito premuto sulla gola.
“No!”
“Ti metterà in pericolo, dearie. Sua Maestà ha ancora il suo cuore…. Se scopre di per certo che io rammento, non oserà mettersi contro di me, ma tu sei un altro paio di maniche. Ti farà del male, per impedirti di indebolire la maledizione e per farmi soffrire.”
“Sei in debido gon lui, lo sai. Mi salvò la vida, nella Foresda Ingandada.”
Rumpelstiltskin socchiuse gli occhi e allentò impercettibilmente la presa sulla sua giugulare.
“Mi stai chiedendo di risparmiarlo, Belle?”
“Sì. Gi breogguberemo dobo di Regina.”
Lui la fissò a lungo negli occhi, indeciso. Lei gli sorrise.
“Non sei un mosdro, amore mio. Brovalo.”
Suo marito sospirò e liberò lo sceriffo, che iniziò a tossire reggendosi ancora al muro.
“Ora siamo pari, Cacciatore. Ma metti in pericolo una volta la vita di Belle, e Regina con il tuo cuore in mano sarà l’ultimo dei tuoi problemi. Ci siamo spiegati?”
“Non hai bisogno di dirmelo, Rumpelstiltskin. Non rischierei mai la sua vita.”
Qualche minuto dopo che Graham se n’era andato, Rumpelstiltskin era ancora in piedi, appoggiato al bastone. Gli occhi erano scuri come fondi di un pozzo e altrettanto freddi.
“Non mi fraintendere, Belle. Il Signore Oscuro è ancora dentro di me.”
“Lo so. Ma gerga di riservarlo ber la regina.”
Le spalle di lui si rilassarono e il bastone cadde a terra con un tonfo, mentre suo marito si lasciava prendere e sdraiare vicino a lei. Lo tenne stretto come un bambino, accarezzandogli i capelli.
“Non demere. Non mi aggadrà niende.”
“Non posso perderti, amore mio. Non posso. Se qualcuno ti facesse del male…”
“So ghe lo seguirai fino ai gonfini del mondo. Ma sono gabage di difendermi, sobradduddo gondro Regina.”
 
 
 
 
 
Faceva così freddo… il cielo era color metallo, ma non pioveva ancora. Belle si sentiva fuori posto, col suo elegante abito nero e il cappellino con la veletta. Le sue mani tormentavano il fazzoletto di seta come se volessero lacerarlo e lei temeva che ci sarebbe riuscita. Emma se ne stava rigida davanti a tutti, mentre leggeva il suo discorso. Indossava un maglione e jeans neri, mentre Regina le stava al fianco con un elegante tailleur Chanel grigio fumo. La bocca del sindaco era ancora leggermene sfigurata dal gonfiore dovuto al destro di Emma la notte in cui Graham era morto, ma le faceva solo venire voglia di alzarsi e di urlarle contro, punirla per averlo ucciso.
Ma chi avrebbe dato ascolto alla pazza del paese?
Fu il suo turno per leggere il suo saluto d’addio al defunto sceriffo di Storybrooke. Mentre guardava da vicino alla bara Regina guardarla gelida, suo marito sempre un po’ in disparte rispetto agli altri, David e Mary Margaret sempre un po’ più vicini del normale nonostante Kathryn fosse presente, Pongo seduto con la testa tra le zampe ai piedi di Archie, immaginò di vedere anche Graham, con la sua postura un po’ goffa di quando doveva stare fermo per tanto tempo, i capelli che ricadevano sugli occhi come un cucciolo disorientato.
“Abbiamo perso un caro amico. È stato triste perderlo così giovane, quando aveva ancora tutta la vita davanti, quando era pronto a seguire il proprio cuore e diventare, se possibile, una persona ancora migliore.”
La regina si era irrigidita alla menzione del cuore di Graham.
“Abbiamo perso uno sceriffo scrupoloso ma maldestro, capace di versarti il caffè addosso ma pronto ad aiutarti se ti trovavi in difficoltà, mettendo a repentaglio la sua vita se necessario. Avrebbe detestato il suo funerale, in quanto credeva che per ricordarlo dovevamo solo buttare giù un bicchiere di whiskey, ma oggi siamo qui riuniti per dargli un ultimo saluto e promettergli di non dimenticarlo mai.”
Mise il suo girasole, il fiore preferito di Graham, sulla tomba e si allontanò per stare accanto a Rumpelstiltskin. Mentre tutti se ne andavano, il capo chino e i fazzoletti al naso, Emma le si avvicinò.
“Isabeau… posso farti una domanda?”
“Quello che vuoi, Emma.”
“Il giorno… il giorno in cui Graham è morto, è venuto da te. Cosa ti ha detto?”
Belle valutò la sua scelta. Era pronta ad accogliere la verità la Salvatrice? A pochi passi, suo marito scosse impercettibilmente la testa e lei sospirò.
“Mi chiese consiglio su come comportarsi con te. Ti amava, Emma, ti amava moltissimo, ma non sapeva come liberarsi di Regina.”
“E Graham avrebbe detto tutto questo a lei?”
Le due donne si voltarono per vedere il sindaco dietro le loro spalle, gli occhi fiammeggianti di collera. Belle mantenne un tono tranquillo.
“La vostra relazione non era un segreto, signora Mills. E io e lui eravamo amici.”
“Curioso, non ero a conoscenza di questa vostra… amicizia.”
Per un attimo, credette che l’avrebbe attaccata. La vista le si appannò e sentì il sangue ronzarle nelle orecchie, ma il braccio di Rumpelstiltskin la cinse in una stretta protettiva.
“Signorina Swan, la pregherei di portare questa donna lontano da mia moglie. Regina, un funerale non è certo il luogo per insinuazioni e minacce, ma sappi che se parlerai a Isabeau in questi termini ancora una volta…”
Lui era sempre stato un sostenitore delle frasi lasciate in sospeso, credendo a ragione che lasciar lavorare l’immaginazione fosse assai più efficace. Vennero lasciati soli, infatti, come richiesto.
“Quella… quella donna orribile…”
“Non ci pensare. Vieni, torniamo a casa, sei guarita da troppo poco tempo, prenderai freddo.”
 
 
Angolo dell’autrice: vergognoso ritardo, più di un mese! Colpa degli esami, fate un malocchio ai miei prof. Chiedo scusa per il fluff che torna e ritorna in tutti i capitoli, ma è l’unica arma che ho contro il sadismo dei registi di Once Upon A Time: sparano a Belle? Fluff. Belle perde la memoria? Fluff. Belle getta contro il muro la chipped cup che si rompe in mille pezzi come il mio cuore? Fluff. Belle urla dopo che Rumpel l’ha baciata? Fluff.  Per chi avesse difficoltà a decifrare il codice raffreddorese, basti sapere che c e q sono d e le p b. Dovrebbe essere tutto qui. Bene, per il prossimo episodio una domanda spoiler: è stato davvero il signor Gold il piromane? Alla prossima, dearies.  

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Capitolo 8
*** Desperate souls ***


Il diario quasi scottava tra le mani di Belle, finalmente l’aveva preso dalla biblioteca per darlo a Rumpelstiltskin. Lo appoggiò sul loro tavolo vicino ad una bottiglia di Scotch e si sedette ad aspettarlo, intrecciando le dita nervosamente e accavallando le gambe. Forse era meglio se non gli diceva esattamente quando l’aveva trovato. Una cosa vaga, generale… sì, avrebbe fatto così.

La porta d’entrata sbatté rumorosamente e lei respirò profondamente, preparandosi.

“Belle? Dove sei?”

“In cucina.”

“Perché mi hai fatto venire a casa all’improvviso? Stai male?”

“Ho.. ho trovato una cosa che penso possa farti piacere, in biblioteca.”

“Non poteva aspettare stasera?”

“No.”

Suo marito entrò in cucina e si chinò a darle un bacio.

“Scotch, addirittura? Dev’essere successo qualcosa di davvero importante, dearie.”

Belle gli mise il volumetto tra le mani. Solo a guardarlo, lo sguardo di Rumpelstiltskin cambiò: quell’espressione lontana, metà tra l’adorante e il rimpianto, che riservava solamente a suo figlio.

“Il diario di Bae.”

“Lo… lo sapevi?”

“Ci scriveva sin da quando era piccolo.”

Le mani gli tremavano, così lei le prese fra le sue e cercò di scaldargli le dita fredde. 

“Vuoi che ti lascio, per leggerlo con calma?”

Lui scosse la testa, gli occhi così smarriti da stringerle il cuore.

“No. Bae non avrebbe voluto, era importante per lui avere… quello spazio per sé.”

Belle annuì e gli posò una mano sulla guancia, per costringerlo a guardarla. Cercò di comunicargli con lo sguardo la sua solidarietà, sorridendo timidamente e sentì che lui premeva il viso sulla sua mano, sospirando.

“Questo, dearie, mi spinge più che mai ad aiutare Emma Swan.”

“Una volta spezzata la maledizione, potremo cercare Baelfire.”

Rumpelstiltskin si mise il diario del figlio nella tasca interna della giacca e lei seppe d’istinto che l’avrebbe portato sempre con se, così come la loro tazzina era sempre in bella mostra nella loro credenza.

“Se conosco Regina, non accetterà facilmente che la signorina Swan diventi sceriffo. Dobbiamo prepararci al contrattacco.”

Belle sapeva bene che quello era il suo modo per frenare il suo dolore, così gli sorrise semplicemente. 

“Oggi la biblioteca è chiusa per un meeting comunale. Se vuoi, ti accompagno al negozio e ti faccio da assistente.”

“Come se facessi qualcosa di diverso da leggere sdraiata sulla cassa.”

“Poi potrai licenziarmi con calma.”

 “Per prendermi il disturbo di riassumerti il giorno dopo?”

La mano di lui corse subito al diario, nonostante l’avesse appena messo al sicuro. Belle prese una giacca leggera e si annodò il foulard come aveva visto fare da Ruby, arrotolandosi i lembi attorno al collo invece di fare un semplice nodo e lasciarla pendere come aveva sempre fatto. 

“Belle….”

“Sì?”

“Grazie.”

Lei gli rivolse un sorriso luminoso e lui l’abbracciò brevemente, prima di aprirle la porta e tenergliela mentre usciva. Era sempre stato un po’ gentiluomo. Al Castello Oscuro durante uno dei primi mesi si era preoccupato perchè considerava troppo pesanti i secchi d’acqua da portare dal pozzo in giardino alla cucina, così l’aveva dispensata quasi subito da quel compito, facendole trovare sempre un catino d’acqua pronta grazie alla magia. 

“Come pensi di ostacolare Regina?”

“Ho qualche idea in mente, ma prima è necessario sapere cosa userà Sua Maestà per togliere la carica alla signorina Swan.”

“Ho idea che non sarà difficile scoprirlo.”

Gli indicò Emma che stava camminando con una postura leggermente più fiacca del solito, tenendo la testa voltata per vedere Henry che andava a prendere l’autobus. 

“Il ragazzo non è stato molto allegro, ultimamente.”

“Probabilmente sa che dietro la morte di Graham c’è la sua madre adottiva. Rumpelstiltskin, è così piccolo… non dovrebbe sopportare tutto questo.”

“Non durerà ancora per molto, dearie. I lieto fine stanno ricominciando ad avverarsi e noi abbiamo dato il buon esempio, dopotutto.”

“Ma se David è rimasto con Kathryn… e Mary Margaret ha il cuore spezzato.”

“I cuori spezzati possono essere curati, se c’è di mezzo il Vero Amore. Noi lo sappiamo meglio di chiunque altro.”

Lei gli strinse la mano, gli occhi umidi per il ricordo ancora doloroso di quando lui l’aveva cacciata dal castello.  

“Sei fiducioso.”

“Merito tuo. Mi hai ridato qualcosa che credevo di aver perduto da tempo.”

Appena giunti sulla soglia del negozio, Belle si fermò.

“Ti raggiungerò tra poco. Emma ha bisogno di una spalla su cui sfogarsi.”

“Sei sempre stata così buona, dearie. Tu sei la mia antitesi.”

“Non dire sciocchezze.”

Ci mise poco a farsi notare dalla Salvatrice, visto che Sidney Glass le passò davanti con la macchina e le schizzò tutte le calze e la gonna con la pozzanghera attraversata a tutta velocità. 

Lei si guardò il danno, boccheggiando. C’era quell’unica pozzanghera in una strada che conteneva tre macchine della grandezza di quella del genio, eppure il reporter era riuscito a centrarla lo stesso.

“Ti ha fatto male?”

Emma le si era avvicinata.

“Oddio, non so come farai a far andare via le macchie.”

“Voltati, sto per fare qualcosa che il vice sceriffo non dovrebbe vedere.”

“Non sono più il vice. Regina mi ha licenziata e intende nominare Glass come sceriffo.”

“Ma certo, uno dei suoi burattini preferiti. Lui le va dietro senza speranza come un cucciolo abbandonato, ovviamente si presta a questa pagliacciata.”

Gli occhi chiari dell’amica erano divertiti.

“Non ti facevo così agguerrita, Isabeau.”

Belle si morse il labbro. Era difficile gestire due personalità.

“Immagino che il tuo arrivo abbia dato il via ad un bel po’ di cambiamenti.”

“Mi sembra di sentire Henry.”

“Ah, sì, la sua teoria… a proposito, mi sembra piuttosto giù ultimamente. È per via di Graham?”

“Indirettamente… sostiene che, visto quello che è successo, non dovrei mettermi contro la Regina Cattiva.”

Disse le ultime parole aprendo le virgolette con le dita, ma non c’era derisione nella sua voce. Belle sospirò.

“Un bambino non dovrebbe perdere fiducia nel Bene e nei suoi eroi.”

“Io non sono un’eroina, voglio solo vederlo felice.”

“Ci sarebbe un modo. Sconfiggere Regina e ottenere il lavoro.”

“Ma hai sentito…”

“Andiamo da mio marito. Forse lui può essere d’aiuto.”

I lineamenti di Emma si irrigidirono.

“Non sono sicura di volere aiuto da lui.”

Anche Belle s’irrigidì. Possibile che la gente non riuscisse a vedere oltre la maschera che lui indossava in pubblico? 

“Dunque, sacrificheresti la felicità di Henry perché non ti piace mio marito?”

“No, certo che no, ma… Gold ha contrattato un neonato!”

 Il vecchio rancore per la faccenda le risalì nel sangue. Emma Swan l’aveva ascoltata all’ospedale, o era così presa dalla sua missione per sentire altre voci oltre alla sua?

“Quel neonato doveva essere nostra figlia. Ti avevo supplicata quel giorno, ma a quanto pare non hai nemmeno dato retta alle mie parole.”

Belle era di solito una persona molto dolce, che poteva ammansire mostri e farsi amare da loro. Ma quando voleva, era anche in grado di ferire e far piangere. Emma arrossì, poi impallidì.

“Mi… mi dispiace. Non avevo capito…”

“Sappiamo tutte e due che non avrebbe cambiato nulla.”

L’altra sospirò.

“Molto bene. Portami da Gold… gli devo una possibilità.”

Il cuore di Belle si riscaldò a quell’ammissione. Implicitamente, Emma Swan si stava scusando. 

“Andiamo, è in negozio.”

“Non vuoi passare per casa a cambiarti?”

“Abbiamo sempre qualche ricambio al lavoro.”

“Tu lavori con lui?”

“In realtà, io sto seduta sulla cassa a leggere, nessuno accetterebbe incarichi da mio marito.”

“Ti deve amare molto, se te lo permette.”

Fu Belle ad arrossire. La sua educazione di corte l’aveva spesso spinta a nascondere il più possibile i suoi sentimenti e lo stesso Rumpelstiltskin per sua natura, così si sentiva sempre in imbarazzo quando qualcuno li tirava in ballo.

“Sì. Ma non dirlo a nessuno, o rovinerà la sua immagine di duro.”

In negozio non c’era suo marito. Emma lo chiamò ad alta voce.

“Gold? È qui dentro?”

Belle la guardò con aria di rimprovero.

“È lui il titolare, sarà nel retro.”

Non appena lei tirò la tenda che separava l’ufficio dal negozio effettivo, le due donne arretrarono.

“Buon Dio, che cos’è questa cosa orribile?”

“Stai di nuovo usando la lanolina? Ricordati le regole, niente contatti umani prima di una doccia.”

Rumpelstiltskin si alzò, sorridendo, prendendo il bastone appoggiato al tavolo. 

“L’odore non è dei più piacevoli, ma il prodotto è molto utile.”

Fece per avvicinarsi a Belle, ma lei gli lanciò un’occhiata d’avvertimento. Lui sospirò e le mormorò a bassa voce:

“Non avevi problemi quando avevo la pelle a scaglie, le unghie nere e i denti rovinati ma mi tieni lontano perché so di lanolina?”

“L’olfatto dà più fastidio della vista.”

Rumpelstiltskin si accorse del suo stato.

“Hai fatto una nuotata in una pozzanghera, dearie?”

“Sì, insieme a Sidney.”

Emma stava aspettando educatamente poco distante, così Belle suggerì:

“Perché non le dai qualcosa che era appartenuto a Graham, mentre ti spiega il problema?”

“E tu cosa farai?”

“Vado a cambiarmi, ovviamente.”

“Potresti aspettarmi.”

“Te vai dritto in doccia dopo. Guarderò io il negozio.”

“Oh, allora va bene… abbiamo rinnovato l’assicurazione contro gli incendi, i terremoti…?”

Lei gli tirò un colpo sul braccio, ma venne quasi sbalzata in avanti da qualcosa che le passava tra le gambe. La bocca di Emma era spalancata, così Belle abbassò lo sguardo e per un attimo credette di sognare. 

Un gatto. C’era un gatto in negozio. Un gatto dal lungo pelo bianco, occhi azzurrissimi e la coda vaporosa. 

“Ehm, dearie, tuo padre è passato con una cesta… dice che tua zia Adele te l’aveva lasciata in eredità.”

“Mia zia mi ha lasciato un gatto? Ma se non la conoscevo nemmeno!”

“Vai a vedere, dearie.” 

Belle entrò nel retro a passo spedito, guidata dal gatto fino ad una cesta di vimini ricoperta da un drappo bianco e un fiocco in alto. Il micio emise un miagolio e dal paniere uscirono, uno dopo l’altro, tre gattini, uno bianco, uno nero e uno rosso. Lei sbatté gli occhi più volte, ma i quattro felini la fissavano lo stesso. 

“Oh, perfetto. Cosa ci faccio con voi adesso?”

Si chinò e controllò: i due bianchi erano senza dubbio femminucce, mentre gli altri cuccioli erano maschi. La gatta bianca doveva essere la madre. Erano ben tenuti, doveva riconoscerlo. Nella cesta c’era un biglietto, scritto nella calligrafia orribilmente disordinata di suo padre.

“Tua zia Adele è morta il mese scorso e ti ha lasciato in eredità la gatta con i cuccioli. Si chiamano Duchessa, Marie, Berlioz e Toulouse. Non ho tempo di occuparmi di loro al negozio, se vuoi darli via vedi te.”

Belle sbuffò. Suo padre sarebbe morto piuttosto di sprecare qualche parola in più. Guardò di nuovo i felini.

“Ok, vediamo un po’. Duchessa?”

La gatta bianca, più grande, si fece avanti e si mise seduta a fissarla. 

“Immagino tu sia la mamma… quindi tu, piccolina, sei Marie.”

La gattina si posizionò al fianco della madre, ma mentre avanzava il micio nero le pestò la coda con la zampa e le saltò sopra, assieme a quello rosso. 

“Mieoooow!”

Duchessa sembrò guardarla con desolazione, poi prese Marie per la pelliccia con i denti, delicatamente, e l’allontanò dai fratellini. Belle era incerta se ridere o piangere. 

“Mmmh… tu che sei così rosso e pacioccone mi sai tanto da un Toulouse. Ho ragione?”

Il cucciolo si lasciò cadere a terra a pancia per aria, subito imitato da quello nero.

“Rimani te, che devi per forza essere Berlioz. Quello che dobbiamo risolvere è, vi porto da David o vi teniamo?”

Ridacchiò quando Marie le diede dei colpetti gentili con la testa, seguita dagli altri che le passarono tra le gambe due o tre volte.

“Va bene, ma non è me che dovete convincere.”

Osservò Duchessa attraversare la tenda per andare nel davanti del negozio, poi scrollò le spalle. Rumpelstiltskin era un tipo sensibile alle lusinghe femminili, magari funzionava anche con le gatte. Tirò fuori dall’armadio un paio di pantaloni e delle scarpe pulite, poi salì le scale per andare nel suo bagno privato. Si lavò velocemente, resistendo alla tentazione di farsi una doccia bollente, ma si spazzolò i capelli. Perché Rumpelstiltskin non le aveva detto che sembravano un nido d’uccello?

“Isabeau! La signorina Swan se ne sta andando, devi dirle qualcosa?”

“Arrivo!”

 Scese in fretta e si rivolse a Emma con un largo sorriso. 

“Hai trovato qualcosa di Graham che vuoi tenerti?”

“I walkie talkie, se non ti dispiace.”

“Oh, figurati, Henry diventerà matto per quelli.”

Notò che la donna evitava accuratamente di guardare suo marito, così si voltò, preoccupata che avessero litigato. Lo spettacolo sorprese persino lei: accanto a Rumpelstiltskin c’era Duchessa, accarezzata pigramente dalla mano di lui. Lui alzò gli occhi, preso alla sprovvista, poi decise di ignorarle. 

“Devo dedurre che i gatti restano?”

“Come vuoi tu, cara.”

Emma aveva un’espressione sempre più scioccata, ma Belle dovette concederle che lo nascondeva bene. 

“Ti accompagno alla porta, tanto devo andare a prendere il cibo per i nuovi ospiti.”

Quando furono fuori, lei sogghignò.

“Avanti, dillo.”

“Cosa?”

“Mancava solo un gatto bianco per l’immagine di mio marito, vero?”

“Scusa, è che in una famiglia adottiva in cui sono stata per un anno c’era la mania dei film di 007.”

“Anche mio marito ne è patito. Sono certa che abbia deciso di tenere i gatti solo per accentuare la somiglianza.”

“La sua vita sarebbe molto più semplice se non spaventasse tutti.”

“Ma molto meno divertente, secondo lui.”

“Si diverte in modi molto strani.”

“Non vuoi sapere.”

 

 

Quando tornò al negozio con due borse di cibo per gatti, trovò con sollievo che erano tutti vivi e gli oggetti preziosi intatti. Duchessa si era acciambellata in grembo a Rumpelstiltskin, Marie era sul bancone sdraiata vicino alle sue mani e gli altri due mici erano ai suoi piedi. Senza giocare con i lacci delle scarpe. 

“Ok, che succede? Perché sono così calmi? Che cos’hai fatto, caro?”

“Ho detto loro di stare buoni o li avrei trasformati in topi.”

“Ma non c’è magia in questo mondo.”

“Loro però non lo sanno.”

Belle si ritrovò assalita da tutti e quattro i gatti, che miagolavano passandole tra le gambe.

“Un secondo, piccoli, un secondo!”

“Buoni, gattini, buoni.”

I mici le si allontanarono e si misero a fissarla, sbattendo le codine e ingrandendo le pupille degli occhi per fare tenerezza. Mentre dava loro il latte, Belle decise di divertirsi un po’.

“Lo sai, hai fatto paura persino ad Emma.”

“Ma se non ho fatto niente!”

“Rumpelstiltskin…”

“D’accordo, ma che Duchessa fosse un persiano bianco era una coincidenza troppo bella per lasciarsela sfuggire.”

Lui fece per avvicinarsi, ma lei sollevò un dito.

“La doccia.”

“Ti unisci a me?”

“Qualcuno dovrà pure guardare il negozio… e poi l’ho fatta poco fa.”

“E se ti dicessi che ho un asso nella manica per Emma?”

Belle roteò gli occhi. 

“Mettere fuori combattimento Sidney per guadagnare tempo mentre Regina sceglie un altro candidato?”

“Hai detto la parola giusta. Candidato.”

Lei incrociò le braccia e lo guardò con aria interrogativa.

“Nello statuto della città…”

“Storybrooke ha uno statuto? E da quando?”

“…C’è scritto che il sindaco può solamente proporre un candidato.”

“Quindi ci sarà una votazione!”

“Precisamente. Adesso, doccia…?”

Belle sorrise e iniziò a sbottonarsi la camicetta. 

“Vai, ti raggiungo.”

 

Qualcosa non andava. Belle aveva provato a scrollarsi di dosso quella sensazione, ma rimaneva, rodendole la mente come un tarlo col legno. C’era anche lei alla presentazione di Emma come candidato e Regina non era sembrata nemmeno un po’ preoccupata. Oh, era infuriata con Rumpelstiltskin, poteva sentirla litigare con lui anche se era nel retro con i gatti, ma non preoccupata. Perché?

Per distrarsi, sbirciò fuori dalla finestra, osservando i passanti. Archie con Pongo, Ruby che flirtava con il meccanico Billy, Leroy che beveva da una fiaschetta e Mary Margaret che osservava ferita David allontanarsi con Kathryn. Non aveva notato prima quanto ogni giorno prima del suo risveglio fosse uguale all’altro. Regina li governava tutti e non avrebbe rinunciato facilmente al suo lieto fine.

Una sensazione mista di consapevolezza e sconforto la fece sedere.

Perché mai Regina avrebbe dovuto temere le elezioni? Chi avrebbe osato andarle contro ad eccezione di lei, suo marito, forse altre due o tre persone? Senza contare che era chiaro che Emma era appoggiata da un uomo che tutti odiavano. 

Mancavano degli incentivi, o la Salvatrice avrebbe perso e Storybrooke sarebbe tornata al punto di partenza, proprio adesso che stava riuscendo a respirare un po’ dalla presa ferrea del sindaco.

Si premette le tempie con le dita. Macchinare era prerogativa di Rumpelstiltskin, ma per qualche motivo non desiderava coinvolgerlo. 

Voleva provare di essere in grado di aiutare, di essere ancora la principessa che aveva dato la caccia ad uno Yaoguai e salvato il suo popolo facendo un patto con il Signore Oscuro. Voleva essere ancora l’eroina che si era sentita all’epoca.

Sorrise. Quello era il punto cruciale. La città aveva bisogno di un’eroina e lei ne avrebbe creata una. Iniziò a passeggiare avanti e indietro per la stanza, esaminando le varie opzioni. Avrebbe potuto camminare con Emma e farsi salvare da una macchina troppo veloce… ma a Storybrooke c’era poco traffico e ancora meno alta velocità di guida. No, non andava bene. 

“Stai scherzando col fuoco, dearie.”

Belle sobbalzò. Il fuoco… chi salvava una persona da un incendio era certamente un eroe. 

“Che hai? Ti vedo distratta.”

“Non è niente. Sto pensando alle elezioni.”

Non era una bugia, dopotutto. Rumpelstiltskin le sorrise rassicurante, giocherellando con un ricciolo castano mogano. Lei era l’unica che poteva ingannarlo e si sentì quasi in colpa per tenerlo all’oscuro, ma era per uno scopo più grande, come le diceva sempre lui. 

“Stasera ho una sorpresa per te. Ho prenotato per due da Linguini.”

Maledizione, come aveva potuto dimenticare che il giovedì era la loro serata romantica. Come avrebbe fatto a farsi salvare con lui non l’avrebbe persa d’occhio un secondo?  Nascose il viso nella giacca di lui e cercò di pensare in fretta, mentre suo marito l’abbracciava ignaro dei suoi pensieri criminosi. Doveva stare calma. Non era necessario che ci fosse qualcuno nella stanza che sarebbe andata a fuoco. Se avesse scelto l’ufficio del sindaco...  quando Emma sarebbe andata a discutere con Regina e una delle due avesse aperto la porta, si sarebbe potuta verificare una piccola esplosione, che sarebbe sembrata peggiore di quanto non fosse in realtà. Belle sorrise. Emma avrebbe salvato entrambe, ne era sicura. Era una persona buona, figlia di eroi e il copione prevedeva solo un tipo di azione. 

“Non sei felice?”

“Ma naturalmente. Sono solo un po’ stanca, ma passerà presto.”

“Dobbiamo essere lì per le otto e mezza. Hai tempo per riposarti.”

“Hai ragione, come sempre.”

Le dita di lui le massaggiarono la base del collo e lei si lasciò sfuggire un gemito di sollievo involontario.

“Sei molto tesa… sicura che vada tutto bene?”

“Non ti preoccupare.”

Rumpelstiltskin non insistette oltre e si accontentò di tenerla abbracciata. 

“Come pensi di aiutare Emma?”

Lui alzò un sopracciglio.

“Io le ho già mostrato la strada, tocca a lei ora percorrerla, dearie.”

“Giusto. Ho… ho solo paura che tutto possa tornare come prima.”

“Questo è impossibile, amore. Non puoi fermare una frana quando è cominciata. Può essere solo rallentata.”

Il campanellino del negozio tintinnò e suo marito tornò con un sospiro a servire i clienti. 

“Buon Dio, che odore! Stai cercando di asfissiarci, fratello?”

Lo sguardo di Belle si posò sulla lanolina e avrebbe potuto giurare di sentire un meccanismo del suo cervello mettersi in moto. La lanolina era grasso di lana di pecora ed era infiammabile. Ricordava benissimo come Rumpelstiltskin avesse rubato il pugnale del precedente Signore Oscuro, Zoso: dando fuoco al castello del duca, le cui travi e fondamenta erano di legno.

Perché lei non avrebbe dovuto fare lo stesso?

Frugò in un armadietto in cerca di uno straccio per pulire e riflettè sulla quantità di lanolina da usare. D’abitudine Regina chiudeva l’ufficio comunale alle otto e mezza precise. In quel momento erano le sette. Facendo un rapido calcolo, imbevette la pezza di grasso di lana e se la nascose nella borsetta, sentendo una fitta di rimpianto perché sapeva che avrebbe dovuto disfarsene per via della puzza. 

Non se ne era mai vantata, ma la verità era che Belle era esperta del fuoco sin da quando era bambina. Il giudice del suo regno era maestro nell’arte di torturare criminali e traditori con quell’elemento e più di una volta aveva pubblicamente incendiato le loro abitazioni come esempio per il popolo, spiegando alla piccola principessa terrorizzata nei dettagli i segreti di quello che lui definiva fuoco purificatore. Salutò brevemente Rumpelstiltskin e Leroy, sorridendo, poi si diresse velocemente verso casa, senza sollevare lo sguardo. Se voleva appiccare l’incendio alle otto, aveva tempo per prepararsi, ma era indecisa. Sarebbe stato più prudente vestirsi senza pretese e portarsi un cambio in macchina, oppure vestirsi già per la cena e andare a piedi? La macchina di suo marito era troppo riconoscibile e poi lui avrebbe potuto accorgersi della sua mancanza nel caso fosse tornato prima. 

Era meglio andare a piedi, tagliando per il bosco. Si sarebbe portata una borsa e un paio di scarpe di ricambio e le avrebbe momentaneamente seppellite nel bosco, vicino al pozzo, per poi recuperarle dopo qualche giorno.  Forte del suo piano, scelse dall’armadio un vestito nero con un cardigan di perline, così eventuali macchie sarebbero state meno visibili e copribili. Capelli rigorosamente raccolti, così l’odore di fumo si sarebbe attaccato meno e l’ultimo profumo che le aveva regalato Rumpelstiltskin, che le sarebbe stato utile proprio per il motivo per cui non l’aveva mai messo: era assai penetrante.

Al momento di uscire, respirò profondamente e si ripetè il suo mantra: fa’ una cosa coraggiosa e il coraggio verrà.

 

 

“Sei bellissima, questa sera.”

Belle guardò suo marito con finto sdegno.

“Non lo sono sempre?”

“Non c’è da meravigliarsi che il tuo nome sia Belle.”

“Pensavo che quel film ti avesse annoiato a morte.”

“Infatti è così, ma ho buona memoria per le battute.”

Lei nascose un sorriso dietro il tovagliolo. Ricordava benissimo che gli occhi di Rumpelstiltskin si erano inumiditi alla vista di Chicco, quando la Bestia lasciava andare la sua amata e quando sembrava che stesse per morire. Solo lei sapeva che l’atteggiamento arrogante di lui nascondeva in realtà un cucciolo desideroso d’amore. 

“Hai messo il profumo che ti ho regalato… pensavo che non ti piacesse.”

Belle nascose accuratamente il suo nervosismo e gli sorrise dolcemente.

“Volevo che tutto fosse perfetto per stasera.”

Lui le prese la mano e gliela baciò, senza smettere di guardarla. Maledizione, riusciva sempre a farla arrossire con i gesti più innocenti.

“Rose?”

Un ragazzo dalla pelle color caramello e lucenti capelli neri tese verso di loro due mazzi di rose, bianche, gialle, rosa e rosse. Rumpelstiltskin la guardò appena, sorridendo.

“Tutte quelle rosse, dearie.”

Gli occhi neri del giovane venditore si spalancarono, ma si ricompose quasi subito.

Belle arrossì ancora di più.

“Sicuro, caro?”

“Una semplice dimostrazione di affetto, dearie.”

Ne prese una dal mazzo più vicino mentre con l’altra porgeva le banconote, e gliela diede con una luce maliziosa negli occhi scuri. Se credeva che l’avesse perdonato per aver trasformato Gaston in una rosa e aver permesso che lei gli tagliasse i gioielli di famiglia….

Ma chi voleva prendere in giro… non era nemmeno stata arrabbiata per quello.

“Grazie, amore mio, sono bellissime.”

“Il resto ti aspetta in macchina.”

Si sporse in avanti sul tavolo e le appuntò il bocciolo tra i capelli. Lei avrebbe scommesso d’aver sentito qualche “Ooooh” di tenerezza e meraviglia, ma era appena un mormorio. Sicuramente avevano tutti paura di trovarsi l’affitto aumentato.

“Prendete il dessert?”

Belle scosse la testa e Rumpelstiltskin chinò leggermente il capo.

“No, grazie. Sei pronta, Isabeau?”

“Ma certo.”

Lui l’aiutò a indossare la giacca e uscendo passarono davanti ad un tavolo in cui c’erano David e Kathryn, lui felice e lei seccata.

“Hai visto? Persino il signor Gold mostra un po’ di romanticismo di tanto in tanto.”

“Mmh?”

“Le ha appena regalato tutte le rose rosse e chiesto se vuole andarsene o no, invece di decidere lui.”

“Perché, vuoi andare via? Ma se abbiamo appena ordinato!”

Kathryn si mise la testa fra le mani e David la guardò come un cucciolo preso a calci.

“Pensa, Belle, la maledizione poteva farti trovare sposata con Charming.”

“Non ti avrei mai perdonato.”

Il sedile posteriore della macchina era ricoperto di rose. 

“Ma non aveva così tanti fiori quel povero ragazzo.”

“Tesoro, ne hanno sempre di riserva.”

“Grazie.”

Belle si sentì sempre più in colpa per tenergli nascosta la sua azione criminosa. Mentre passavano per la strada principale, videro un gran movimento attorno alla sede comunale. Henry agitò il braccio e corse verso di loro, mentre Rumpelstiltskin fermava la macchina.

“Signor Gold, Isabeau!”

“Cos’è successo, Henry? Cos’è tutto quel trambusto?”

“L’ufficio della mia mamma adottiva è esploso, dentro c’era un incendio e la mia mamma ha salvato Regina!”

Belle si sentì esultante. 

“Ma è una notizia meravigliosa, Henry! Ma lo sapevi già, tua madre è un’eroina.”

“Non vedo l’ora che arrivi domani per le elezioni!”

Rumpelstiltskin gli sorrise mentre metteva in moto la macchina, e il suo sguardo sembrava soddisfatto come un gatto che avesse mangiato un canarino.

“Che c’è?”

“Niente, dearie. Ma l’incendio è certamente servito alla signorina Swan.”

Lei si sentì arrossire, così girò la testa e guardò fuori dal finestrino per impedirgli di leggere la sua espressione esultante.

“Temo che dovrò stare una mezz’ora in negozio, Belle.”

“Ma è tardi…”

“Lo so, sarà per poco tempo, non temere. Sto aspettando una visita.”

“Di chi?”

“Te lo dirò domani, ora è meglio se sali in casa.”

Belle lo baciò velocemente ed entrò nella loro villa rosa, sentendo di non riuscire più a trattenersi. 

Ce l’aveva fatta. Era riuscita a fornire ad Emma l’incentivo di cui aveva bisogno, a fare una mossa contro Regina nella partita che giocava con Rumpelstiltskin. La Salvatrice sarebbe diventata sceriffo e il sindaco avrebbe perso parte del suo potere. E tutto sarebbe seguito così, perché era già scritto: la figlia di Biancaneve e di Charming avrebbe spezzato la maledizione.

E stavolta lei, Belle di Avonlea, aveva contribuito.

 

 

“Non ti preoccupare, andrà tutto bene.”

“Mia madre è un’eroina, Isabeau, proprio come nel mio libro!”

In pubblico, Henry continuava a chiamarla con il nome della sua personalità di Storybrooke, obbedendo alla sua richiesta di fingere di non averla mai riconosciuta come la principessa Belle. 

La signora Ginger dietro di loro fece un irritante “Sssh”, che le causò un’occhiataccia da parte di Rumpelstiltskin. Se sua moglie voleva borbottare con il giovane Mills mentre il dottor Hopper diceva qualche sciocchezza a proposito di cigni e vetro, era liberissima di farlo. A quanto pare l’insegnante parve capire il concetto, perché abbassò lo sguardo e badò ai fatti propri.

Belle le rivolse lo stesso un cenno di scusa e strinse la mano di Henry. Emma continuava a guardarli, seria. Le sorrise, ma l’altra non rispose e mantenne un’espressione… combattuta, era la parola giusto. Un vago presentimento nacque nella sua mente: che avesse capito che era stata lei ad appiccare l’incendio? 

Quando Emma Swan salì sul palco per parlare, tutti avevano sul volto la stessa faccia orgogliosa e speranzosa.

“Voi tutti sapete che io ho avuto… un passato turbolento.”

Lei approvò col capo. Un’ammissione di sincerità faceva sempre un bell’effetto in un dibattito.

“Ma siete disposti a chiudere un occhio perché ai vostri occhi sono un’eroina. Ma non è vero. L’incendio è stato una montatura.”

Belle impallidì e se non fosse stata seduta le gambe le sarebbero crollate. Rumpelstiltskin le strinse lievemente il braccio per rassicurarla.

“Immagino sia noto a tutti che il signor Gold mi ha appoggiata durante la corsa, ma non sapevo che intendesse ricorrere a questo per farmi eleggere.”

Lei spalancò la bocca. Emma credeva che fosse stato lui ad incendiare l’ufficio? Lo sentì alzarsi e senza pensarci due volte lo seguì fuori dalla sala comunale.

“Fermo! Dobbiamo dirle che si sbaglia!”

“Inutile, dearie. Ieri sera è venuta a trovarmi in negozio e io ho confermato, senza usare parole precise naturalmente, la sua idea.”

Gli occhi di Belle s’inumidirono.

“Tu… tu sapevi?”

“Naturalmente. Era evidente che nascondevi qualcosa. Parte della mia lanolina era scomparsa, ti sei vestita di nero quando odi il nero perché è il colore di Regina e hai messo un profumo che detestavi. Ergo, avevi appiccato un incendio.”

“Ma perché hai lasciato credere ad Emma…?”

Non riuscì a continuare. era così ovvio… l’aveva fatto per lei. Per proteggerla.

“Scusa… sono stata così orgogliosa… pensavo che sarei stata d’aiuto, e invece ho causato tutto questo. Ma possiamo ancora riparare e dire ad Emma la verità.”

Rumpelstiltskin la prese gentilmente per le spalle e le sollevò il mento.

“Credi che sia arrabbiato con te?”

“Sono stata una stupida…”

“Ssh, non dirlo neanche per scherzo. La tua idea è stata brillante, ma temo non fosse sufficiente.”

“Cosa intendi dire?”

“Che il salvataggio del sindaco non era sufficientemente adeguato per far eleggere la signorina Swan. La paura per Regina sarebbe stata ancora forte. Ma, se la candidata avesse avuto il coraggio di sfidare pubblicamente l’odiato signor Gold? I cittadini temono la regina, è vero, ma temono ancora di più me.”

Lei scosse la testa e lo abbracciò di slancio. 

“Sei geniale. Ma dirò lo stesso la verità ad Emma.”

“Non ti crederà, dearie. Penserà che vuoi proteggermi.”

“Può usare il suo super potere…”

“Belle, no. È fuori discussione. Devi rispettare il copione, o lo spettacolo crollerà.”

Rimasero in silenzio per qualche istante, poi lui tirò fuori il diario di Bae.

“Lui sarebbe contento di questo.”

“Delle mie tendenze piromani?”

“No. Del nostro amore.”

Belle allacciò le sue dita con quelle di lui e annuì.

“Lo troveremo.”

 

 

Angolo dell’autrice: chiedo scusa per il ritardo imperdonabile, d’ora in poi l’attesa sarà di due settimane al massimo. Breve sneak peek: cos’ha fatto cambiare idea a Michael Tillman? O, per meglio dire, chi? E cosa succederà tra Henry, David e la torta alla zucca?

Preparatevi a tanto fluff per compensare l’attesa per Lacey. 

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Capitolo 9
*** True North ***


“Follow me through the night we are sisters of the night, we are daughters of sin…”

“Isabeau? Isabeau?”

Belle sobbalzò e si tolse le cuffie, preoccupata. Ruby la stava guardando con un sopracciglio alzato e il sacchetto con il pranzo in mano. Posò lo spolverino e sorrise. 

“Grazie, mi hai salvato la vita, sto morendo di fame. Scusa se non ti ho risposto prima, ma la musica mi porta in un altro mondo.”

“Quando riapri la biblioteca?”

“Domani. Mio marito ha avuto bisogno di aiuto al negozio.”

“Non può assumere qualcuno?”

“Oh, ci abbiamo provato. La prima candidata ha detto che pensava fosse uno scherzo, la seconda aveva il vizio di accendere fiammiferi e dopo non si è più presentato nessuno, non senza collane d’aglio e crocifissi.”

Ruby arrossì e abbassò lo sguardo, mentre Belle la ignorava e tirava fuori il suo doppio hamburger con doppia porzione di patatine fritte e torta di mele. 

“Quando torna tuo marito?”

“Oh, oggi è andato a sentire alcuni clienti che vorrebbero affittare qualche appartamento, non tornerà prima delle due.”

Ruby sbatté le palpebre quando probabilmente realizzò che l’ordine non era per due ma solo per lei. Belle tirò fuori un paio di banconote e sorrise.

“Ho dato una sbirciatina al libro nero di mio marito e ho visto che vi mancano cento dollari per l’affitto… prendi, non vorrei che tua nonna avesse un altro infarto, non troverei altri hamburger così buoni a Storybrooke.”

La cameriera sgranò gli occhi.

“Ma… sei sicura?”

“Assolutamente. Mio marito è di pessimo umore oggi e il resto della settimana sarà ancora peggio, potrebbe non acconsentire a darvi più tempo.”

“Wow… grazie, Isabeau, il minimo che possa fare è darti tutti i Mac che  vuoi sulla casa.”

Si sentì un educato bussare. Andò ad aprire Ruby che era già sulla porta per uscire ed entrarono due ragazzini. Belle era sicura di averli già visti… la ragazza doveva avere l’età di Henry, forse di un anno o due più grande, con lunghi capelli biondi e occhi azzurri, ed era accompagnata da un bambino dai capelli scuri e le lentiggini. Dovevano essere Hansel e Gretel, anche se li aveva incontrati una volta sola nel suo regno. 

“Ava, Nicholas, avete bisogno di qualcosa?”

“Noi? No, volevamo solo…”

Gretel tirò una gomitata al fratellino.

“Volevamo vedere se avevate vecchi giocattoli.”

Belle sorrise, cercando di metterli a suo agio.  Gli occhi della ragazzina erano pieni di diffidenza. 

“Ma certo. Venite, sono nel retro.”

“Preferiremmo aspettarla qui. Guarderemo il negozio.”

“Sì, veniamo subito!”

Gretel roteò gli occhi e lei sorrise. Diede loro un’occhiata più attenta:  i pantaloni di Hansel erano troppo corti, come pure le maniche del maglioncino, mentre la sorella non aveva calze e la maglietta aveva degli strappi strategicamente nascosti dai capelli, che sembravano non aver conosciuto una lavata decente da un pezzo. 

Belle riflettè: non poteva dire di essere esperta della loro storia, ne sapeva solo qualche punto essenziale, ma avrebbero dovuto riunirsi al padre molto prima che venisse scagliata la maledizione. Non aveva idea di chi fosse il loro genitore, ma tutto in quei bambini indicava l’abbandono.

“Dove vivete?”

“Perché ce lo chiede?”

“Voglio essere sicura che abbiate un posto sicuro per voi due da soli.”

“Come fa a saperlo?”

“Non è vero!”

Gretel pestò il piede di Hans e lo fulminò ancora con lo sguardo. 

“Ascoltatemi, non voglio chiamare i servizi sociali, se è questo che vi preoccupa.”

La ragazzina incrociò le braccia sul petto. 

“E allora? Perché dovremmo crederle?”

Belle cercò di pensare rapidamente. Aveva tra le mani due minorenni, abbandonati, a rischio d’esser trovati da Regina. Considerò le alternative che aveva e, prima di poter avere il tempo di ripensamenti, prese una chiave dal secondo cassetto della cassa.

“Venite con me, forza. Cercate di non farvi vedere.”

“Non ci veniamo con lei. Ci hanno detto che suo marito mangia i bambini che lei gli porta.”

“Non dire sciocchezze, Nick.”

“Mi sembra ovvio che non avete una dimora fissa. Vi porto in una casa non affittata che non si riesce a vendere. Non sarete costretti a rubare per vivere.”

I ragazzi arrossirono e lei aprì la portiera della macchina.

“Venite, o preferite ripulirmi il negozio?”

I due entrarono e si nascosero sotto il sedile posteriore. 

“Allora, come fate a non farvi scoprire? Voglio dire, andate a scuola, ma nessuno ha mai chiesto di vedere i vostri genitori? La signorina Blanchard?”

“No. Non siamo nella sua classe.”

Doveva essere colpa della maledizione di Regina. Beh, ad essere onesta, di Rumpelstiltskin.

“Chi vi ha parlato di me e mio marito?”

“Nessuno, sentiamo voci in giro.”

“Perché non mi parlate un po’ dei vostri genitori? Sono morti?”

“La nostra mamma, sì. Non abbiamo mai conosciuto nostro padre, non sa nemmeno di noi.” 

Le mani di Gretel accarezzavano dolcemente il suo ciondolo. No, non era un ciondolo, era una bussola.

“Apparteneva a lui?”

“Sì, è l’unica cosa che abbiamo sua.”

La fattura di quella bussola era eccellente, per quanto poteva vedere dallo specchietto. Un pezzo quasi unico, come avrebbe detto Rumpelstiltskin. Chissà se proveniva dal negozio.

“Siamo arrivati.”

La villetta era abbastanza graziosa, nonostante la pittura stesse svanendo e pezzi d’intonaco crollassero a poco a poco. Non appena scesa, si rese conto di un problema. E se qualcuno si fosse accorto delle luci? I bambini non potevano certo vivere al buio. Si diede della stupida per non averci pensato subito.

Fortunatamente, Gretel sembrava averci già pensato.

“Qualcuno potrebbe venire. La casa ha una cantina, una taverna…?”

“Certamente. Potrete stabilirvi lì, se vi sentite più sicuri. Vi giuro che non dirò a nessuno che siete qui. Il telefono e la televisione sono funzionanti, comunque.”

Scarabocchiò su un foglietto il suo numero e lo diede a Gretel.

“Potrete chiamarmi quando volete, se avete dei problemi. Verrò a prendervi e vi porterò da qualche altra parte, se dovessero scoprirvi.”

Li osservò nuovamente, poi scosse la testa.

“No, se doveste uscire, attirereste troppo l’attenzione. Sembrate dei piccoli vagabondi. Aspettatemi qui, non vi muovete, faccio una corsa al negozio e torno. Non dovete muovervi, chiaro?”

“Promesso.”

Belle non si fidava moltissimo, ma non aveva scelta. Cercò di rendere la corsa a prendere dei vestiti più rapida che potè, e al suo ritorno constatò con sollievo che i due fratelli si erano già ambientati nel seminterrato. 

Li prese per le spalle e li esaminò. Ad Hans sarebbe bastato darsi una lavata veloce, ma i capelli della sorella erano un disastro. 

“Che ne dici, ti do una mano a fare la doccia? Non puoi sciogliere da sola tutti questi nodi.”

Gretel annuì e Belle la portò in bagno, aprendo il getto della doccia.

“Caldo o tiepido?”

“Tiepido, grazie.”

La piccola non sembrava timida. Si lasciò spogliare senza fare storie e si mise subito sotto l’acqua, come se avesse paura che finisse. Belle le passò il sapone profumato alla rosa e iniziò a insaponarle i capelli, sfregandole la testa con attenzione. Non sembrava avere pidocchi, la poverina cercava chiaramente di mantenersi il più pulita possibile, nonostante gli scarsi mezzi. 

“Possiamo sbrigarci? Nicholas non può stare da solo a lungo.”

“Aspetta, vado a dargli un’occhiata.”

Sbirciò attraverso la porta: il bambino stava sgranocchiando dei biscotti al cioccolato, steso a pancia in giù nel pavimento. Tornò da Gretel.

“Non penso abbia intenzione di muoversi finchè c’è del cioccolato.”

“No, non lo farebbe nemmeno se scoppiasse una bomba sopra la sua testa.”

L’avvolse con l’asciugamano e la fece sedere davanti allo specchio del bagno. 

“Hai freddo? Posso trovarti un accappatoio.”

“No, non fa poi così freddo.”

Belle prese la spazzola e gliela passò sulle ciocche bagnate, facendo piano per sciogliere tutti i nodi. 

“Hai dei capelli davvero lunghi.”

“Grazie.”

“Hai mai provato a raccoglierli in due trecce? Ti sarà più facile tenerli.”

Gretel si morse il labbro, poi la fissò negli occhi attraverso lo specchio.

“Ha un figlio? O una figlia?”

Lei fece quasi cadere la spazzola, poi deglutì, cercando di ignorare la fitta sul petto. Non le piaceva pensare che la sua vita non era così perfetta come si sforzava di viverla.

“No… io e mio marito non abbiamo figli.”

“Perché no?”

“Suppongo non sia ancora giunto il momento giusto.”

“Peccato. Sarebbe un’ottima madre.”

Belle chinò il capo per nascondere le lacrime che erano iniziate a sgorgare. 

“Grazie. Sei una brava bambina, di cui qualunque donna sarebbe fiera d’esser madre.”

Mentre le asciugava i capelli nessuna delle due parlò più, ma Gretel sembrava aver perso l’aria di diffidenza iniziale. La vestì con gli abiti che aveva portato e fece un cenno di approvazione.

“Sembri proprio una brava alunna, così.”

“Ci penso io a mio fratello. Non si farebbe toccare da un’estranea.”

“Molto bene. Spero di rivedervi, magari stasera verrò a trovarvi.”

“Sarebbe bello. Ci può portare quei vecchi giocattoli?”

“Ma certo, avrei dovuto pensarci prima.”

Mentre tornava a casa, Belle continuò a chiedersi perché mai lei e Rumpelstiltskin non riuscissero ad avere un bambino. Ruby avrebbe probabilmente detto di provarci di più e Mary Margaret l’avrebbe semplicemente esortata ad aspettare. Leroy le avrebbe borbottato di essere fortunata. 

Forse Marco avrebbe potuto capirla, ma le sembrava ingiusto riversare il suo dolore su di lui. 

Sperò solo che suo marito tornasse presto a casa, anche se sapeva di dover aspettare ancora qualche ora. 

Frenò bruscamente quando Pongo si gettò all’improvviso in mezzo alla strada. L’airbag si aprì, evitandole di schiantarsi contro il volante, ma il contraccolpo le fece sbattere la nuca contro il poggiatesta.  Vide Archie bussare freneticamente al finestrino e poi provare ad aprire la portiera, fortunatamente sbloccata.

“Mio Dio, Isabeau, ti sei fatta molto male?”

Belle si toccò la nuca e non sentì del sangue, solo un bernoccolo che si stava formando e che avrebbe probabilmente assunto le dimensioni di una palla da baseball. 

“No, non ho sbattuto così forte, grazie. Mi dispiace molto, ero distratta…”

“Figurati, non so cosa sia preso a Pongo di buttarsi così… mi dispiace davvero.”

“Non fa niente. Piuttosto…”

Si bloccò. Forse aveva davvero conseguito danni al cervello. Cosa le saltava in mente di confidarsi con Archie sui suoi problemi? Regina sarebbe venuto a saperlo in un batter d’occhio. Come se richiamata dai suoi pensieri, il sindaco comparve dall’angolo della strada, guardando con un sorriso freddo e calcolatore i due. Belle si fece prendere dal panico: e se la regina avesse messo in giro la voce che aveva ancora bisogno di psicofarmaci? 

“Piuttosto? Hai bisogno di parlarmi di qualcosa che vuoi condividere?”

“Assolutamente no. Arrivederci, dottor Hopper e non si preoccupi. Sono tutta intera.”

Prima che lo sbalordito grillo potesse risponderle, ingranò la marcia e partì, le mani tremanti sul volante. Doveva tornare, o sarebbe impazzita. 

Riuscì ad arrivare senza incidenti e, dopo aver chiuso a chiave il negozio e aver spostato l’insegna sul lato con scritto “Chiuso” si sdraiò sul letto nel retro, massaggiandosi le tempie e mangiando il suo pranzo. Duchessa le si accoccolò vicino, imitata presto dai tre gattini e in poco tempo li sentiva vibrare contro le sue gambe. 

“Grazie, mici. È un peccato che non possa adottarvi.”

“Devo essere geloso?”

Belle vide suo marito vicino alla tenda che separava il retro dal negozio, con un mezzo sorriso e gli occhi più dolci e sereni di quando era andato via la mattina presto.

“Mi hai scoperta. Ti tradisco con i gatti da quando li abbiamo presi.”

“Penso di poterci convivere, dearie.”

Duchessa gli andò subito vicino, strusciandosi contro le sue gambe. Ruffiana traditrice. Almeno i piccoli non l’avevano abbandonata per il primo uomo che vedevano. 

Rumpelstiltskin la baciò e le si sedette vicino, circondandole la vita con un braccio per tenersela vicino e accarezzandole i capelli. Ovviamente, le dita scoprirono presto il bernoccolo.

“Non ti posso proprio lasciare da sola. Che è successo?”

Belle considerò le opzioni. Se avesse detto la verità avrebbe dovuto anche parlargli dei due ragazzini che stava nascondendo. Se avesse mentito, probabilmente l’avrebbe capito. Optò per una mezza verità.

“Sai quanto sia sbadata.”

“Non oso pensare a quando domani tornerai alla biblioteca. Ti metterò un bracciale trasmettitore di suoni come ai neonati.”

“Non oseresti.”

Pensava che avrebbe sentito la solita fitta alla menzione dei neonati, ma l’essere abbracciata a lui riusciva ad attenuare la tristezza che aveva provato prima. 

“Sai Belle, oggi ho incontrato Henry mentre andavo al mio appuntamento.”

Inconsciamente lei s’irrigidì. Gli aveva accennato che sapeva chi fosse?

“Mi ha fatto una serie di domande strane, penso stia cercando di capire chi sono tra i personaggi del suo libro.”

Tirò un sospiro di sollievo virtuale. 

“Mi meraviglio che non l’abbia già capito. Non ci sono molti che abbiano un’ossessione per i nomi e i patti.”

“Non ho un’ossessione.”

“No, certo che no.”

“Comunque, mi ha anche chiesto se sapessi chi fosse suo padre.”

Quello non se l’aspettava. Sgranò gli occhi e lo guardò a bocca aperta, poi scosse la testa.

“Poco tempo fa è partito per cercare la sua madre naturale. È ovvio che voglia sapere chi era suo padre. Cosa gli hai detto?”

“Gli ho spiegato che cos’era un’adozione chiusa, poi gli ho detto che comunque era stata Emma a fare le trattative.”

“Ma tu, lo sai chi era il padre di Henry?”

“Non ne ho la  benchè minima idea, dearie. Anche se…”

“Se?”

Lui alzò le spalle.

“È solo una sciocchezza.”

“Puoi permetterti di essere umano anche tu, di tanto in tanto.”

“Alle volte Henry mi ricorda così tanto il mio Bae, che mi chiedo…”

Belle sorrise e lo abbracciò più forte. Per consolarlo, gli passò una mano tra i capelli. Il gesto non era divertente come quando aveva quei riccioli indomabili, ma Rumpelstiltskin diventava come un grande cucciolo quando lo faceva. 

“Ammetto che sarebbe una coincidenza bellissima. Non possiamo escluderla, dopotutto…”

Ridacchiò.

Nonno.

Suo marito emise un ‘Hmpf’ di sdegno e lei rise ancora più forte. 

“Sono contento che ti faccia ridere. Forse hai dimenticato che saresti nonna anche tu.”

“Io non ho trecento anni.”

“No, ma ne avresti… sui cinquantacinque?”

Lei ci pensò, facendo un rapido calcolo. Aveva venticinque anni quando aveva fatto il primo patto con lui. 

“Può essere, sì. In fondo, sono pur sempre passati ventotto anni dall’inizio della maledizione.”

Belle guardò l’orologio.

“Devo incontrare il nuovo fornitore di libri per la biblioteca.”

“Cos’è successo al tronfio pavone di prima?”

Lei roteò gli occhi. Solo perché una volta, credendo che fosse single, l’aveva invitata a cena. La comparsa di suo marito e la sua espressione gelida avevano fatto fuggire l’altro quasi subito e la scena era stata esilarante.

“Eredità di famiglia, o qualcosa del genere. Ora ha preso il suo posto un certo John Reading.”

“Ottima persona.”

“Lo conosci?”

“Solo di sfuggita, quando ritiro l’affitto. Ha avuto abbastanza buon senso da non fare mai un patto con me e ha quasi settant’anni.”

“Un rivale di meno, sarai contento.”

Si alzò prima che lui potesse afferrarla e gli fece una linguaccia mentre usciva.

“Molto maturo, Belle.”

“Non mi vorresti diversa.”

Rumpelstiltskin sorrise, quel sorriso accompagnato da quello sguardo un po’ distante e malinconico. 

“No, hai ragione. Sei perfetta così come sei.”

Sapeva sempre cosa dire, quell’uomo. Tornò su suoi passi per prendergli il viso tra le mani e baciarlo velocemente. Trattenne a fatica una risata quando vide che un po’ del suo rossetto era rimasto sotto il labbro inferiore, ma non gli disse niente. Era una visione troppo tenera.

“Non uccidetevi, te e i gatti, mentre sono via.”

“Ce la faremo, dearie. Sopravvivremo.”

Il tempo si era rannuvolato, o meglio, il cielo era diventato di un colore bianco grigiastro, non c’era nemmeno un po’ di sole. Forse avrebbe piovuto. Contrariamente a quanto ci si poteva aspettare, Belle adorava la pioggia. Da piccola le piaceva mettersi in giardino e sentire le gocce fresche sul viso e quando era cresciuta le giornate piovose le permettevano di sedersi alla finestra a leggere, sbirciando di tanto in tanto il vento che muoveva le chiome degli alberi.

Il cellulare squillò all’improvviso e sul piccolo schermo comparve un numero sconosciuto.

“Pronto?”

“Signora Gold? Sono il signor Reading, volevo solo ricordarle l’appuntamento, se non ha cambiato idea.”

Belle si fermò quasi di strada, non per quelle innocue parole ma per la voce al telefono. La conosceva… 

“No, no, anzi, sto arrivando.”

Poteva davvero essere chi aveva in mente? Da quanto tempo non lo vedeva…

Il signor Reading abitava in un piccolo cottage vicino al bosco, circondato da un giardino con tulipani e giacinti. Bussò alla porta, ma non venne nessuno. Provò più forte.

“Arrivo, arrivo!”

Le aprì una pila di libri su due gambe. Non riusciva a vedere la persona che la reggeva.

“Serve una mano?”

“No, no, si figuri, appoggio questi e arrivo. C’è del the pronto, se si vuole servire.”

Lei sorrise teneramente. Non poteva sbagliarsi. John Reading era piccolo di statura, un po’ ingobbito, con una testa leggermente a punta, pochi ciuffi di capelli bianchi sulla nuca e vicino alle tempie e un paio di occhialetti a mezzaluna messi sopra un naso adunco. Stava dividendo i libri, così Belle versò il the su due tazze pulite, le stesse di quando era bambina, e mise in quello di lui due cucchiai e mezzo esatti di zucchero e del latte.

“Oh, signora Gold, non doveva disturbarsi per me, io sono un po’ difficile quando si tratta del mio the..”

Lei glielo passò sorridendo e il vecchio la guardò sorpreso.

“Come ha fatto a indovinare?”

“Diciamo che ho buon intuito quando si tratta di the e libri.”

Tese la mano.

“Sono Isabeau, piacere di conoscerla.”

“Un bel nome per una bella figliola.”

Belle ricordò con una certa malinconia che quelle erano state le sue parole anche quando l’aveva conosciuto la prima volta quando era piccola.

“Mi ha detto che intende regalare dei libri per la biblioteca.”

“Vede, sono sempre stato un avido lettore. Il mio sogno sarebbe stato gestire una biblioteca per conto mio, ma quando ho potuto permettermelo ero già troppo vecchio. Mio nipote intende vendere i miei libri ad un collezionista che non li leggerà nemmeno, solo per far vedere  quando sarò morto, così ho deciso di regalarli alla biblioteca di Storybrooke.”

“Perché non si è fatto vivo prima?”

“Perché prima mio nipote era il suo fornitore.”

Belle scoppiò a ridere.

“Non mi dica! C’è davvero di mezzo un’eredità come mi ha riferito?”

Il signor Reading si mise a posto gli occhiali, un gesto che faceva sempre quando era nervoso.

“Ho capito. Ha paura di mio marito, vero?”

“Ha detto che era un pazzo psicopatico e che non voleva più averci a che fare.”

Quelle parole la meravigliarono.

“Ma non lo ha nemmeno toccato!”

“Non saprei, signo… Isabeau. Cos’era successo?”

“Non dubito che mio marito gli abbia fatto prendere un bello spavento, ma solamente con qualche sguardo cattivo quando ha sentito che mi aveva invitata a cena fuori.”

“Non sapeva che era sposata?”

“Evidentemente no. Poveretto, Robert è molto bravo ad incutere paura.”

“Immagino, anche se con me è sempre stato gentile. Non ha la migliore reputazione in città.”

“Ci convivo.”

Posò la tazza di the ormai vuota e si alzò.

“Meglio che vada. Devo tornare in negozio e poi portare i libri in biblioteca, visto che riapro domani.”

Esitò, considerando se proporre la sua idea o no. Rumpelstiltskin non ne sarebbe stato felicissimo, ma si potevano arrangiare le cose in qualche modo.

“Perché non mi aiuta, visto che le sarebbe piaciuto essere un bibliotecario? Qualche volta il lavoro aumenta e poi, con lei alcuni clienti si sentirebbero più tranquilli.”

Gli occhi castani del vecchio si accesero come un bambino cui fosse stato regalato un cucciolo.

“Dice sul serio?”

“Sono molto seria.”

Il signor Reading le strinse una mano, entusiasta.

“Allora, accetto! Oh, non deve preoccuparsi di pagarmi, alla mia età non saprei cosa farne di soldi in più dopo aver vissuto tutta la vita con la stessa somma al mese.”

“Ma certo che sarà pagato, non intendo infrangere la legge praticando servitù involontaria. Ci vediamo domani, alle otto.”

“A domani, Isabeau.”

Forse avrebbe dovuto avvisarlo dell’ abitudine di Rumpelstiltskin di venirla a trovare e  comportarsi come fossero soli, ma si disse che c’era tempo. 

Non stava ancora piovendo, ma si affrettò lo stesso sulla via del ritorno. Si era completamente dimenticata di chiedere a Rumpelstiltskin della bussola e voleva rimediare quanto prima.

Quando entrò in negozio, scoprì che non era solo.

“…Perdono?”

“Limitiamoci alla tolleranza.”

“È già qualcosa.”

Cosa ci faceva Emma lì? E perché Rumpelstiltskin aveva in mano un biglietto girato accuratamente dalla parte bianca?

Lui si accorse per primo di lei e le sorrise.

“Tesoro, non ti aspettavo così presto. È andato tutto bene con il signor Reading?”

Emma si voltò.

“Isabeau, è un po’ che non ci si vede.”

“Di cos’hai bisogno, Emma?”

Fu suo marito a parlare per lei.

“La signorina Swan ha trovato due bambini che stavano rubando dal signor Clark, ha scoperto che erano senza genitori e si è rivolta a me per identificare il proprietario di una bussola, che potrebbe essere il padre dei due ragazzi.”

Belle sentì il cuore fermarsi per un attimo. Li avevano scoperti? E perché stavano rubando?

Tuttavia, non fece nessuna di queste domande.

“Regina lo sa?”

Sia Emma sia Rumpelstiltskin alzarono un sopracciglio.

“Sì, era lì anche lei quando li ho scoperti.”

Belle sospirò e si passò una mano tra i capelli.

“Ora li separerà, vero? Non li farà andare nella stessa famiglia.”

Emma non disse niente, ma continuò a guardarla con gli occhi socchiusi. Suo marito dovette presagire qualcosa perché si affrettò ad intervenire.

“Tillman. Il nome che cerca è Michael Tillman, signorina Swan. Dirige un’officina qui a Storybrooke.”

“Grazie.”

La Salvatrice se ne andò senza perdere tempo e lasciò soli i due. Rumpelstiltskin aveva negli occhi quello scintillio di divertimento che era più proprio del Signore Oscuro che non del signor Gold.

“Sai dove siano finite le chiavi della casa invenduta, dearie?”

“Può darsi.”

Lui sospirò e la prese per le spalle.

“Non dovresti intervenire. La signorina Swan deve svolgere il suo compito.”

“Lo so, lo so… ma cosa potevo fare? Quei due ragazzi erano completamente abbandonati…”

“Non ti sembra una coincidenza che, proprio oggi, siano venuti da te ed Emma Swan li abbia trovati a sua volta?”

“Pensi che Regina…?”

“No. Penso piuttosto che la maledizione si stia indebolendo sempre di più.”

Belle si sedette sul bancone e incrociò le gambe, ignorando suo marito che scuoteva la testa.

“Andiamo, anche al Castello Oscuro mi sedevo sul tavolo e non dicevi nulla.”

“Ci avevo provato, le prime cinque o sei volte.”

Le appoggiò una mano sul fianco e giocherellò con i lacci della sua camicetta. 

“La porta è aperta, può entrare chiunque.”

“Giusto.”

Il segnale venne spostato per la seconda volta nell’indicazione di chiusura, poi Rumpelstiltskin tornò a lavorare sui suoi lacci, sciogliendole i capelli sulle spalle. 

“Sei bellissima.”

Scostò alcune ciocche dal collo e le lasciò una scia di baci, proprio in quel punto che le faceva afferrare il bordo del mobile con le mani e gemere. E dove lui insisteva sadicamente.

“Disturbo?”

Rumpelstiltskin si bloccò, come se l’avessero fulminato, e Belle sbarrò gli occhi. Spostò la testa per vedere chi fosse, sperando di aver sbagliato a riconoscere la voce. 

Invece, eccolo lì, sorridente come in un incubo mentre osservava interessato un mulino in miniatura.

David Nolan, alias Charming.

Non aveva ancora alzato lo sguardo, così Belle immaginò non si fosse reso conto della situazione. Una situazione che comprendeva la mano del marito sotto la gonna, una serie di rossori rivelatori sul collo e un Rumpelstiltskin al principio di una crisi omicida.

Come diamine potevano fare un bambino se erano sempre interrotti da tali idioti?

Scese dal bancone e posò una mano sul braccio del marito, esortandolo a stare calmo, nonostante si avesse lei stessa i nervi a fior di pelle.

“Come possiamo aiutarla, signor Nolan?”

Purtroppo, doveva aver perso la facoltà di tenere a freno Rumpelstiltskin, perché proprio mentre Charming si stava per voltare, il Signore Oscuro lo aveva afferrato gentilmente per un braccio e condotto verso l’uscita.

“Il negozio è chiuso.”

“Ma io…”

“Io e Isabeau ci stavamo preparando per andare al mercato dei dolci, quindi abbiamo chiuso prima.”

“Che mercato dei dolci?”

“Quello in Fool Avenue. Non la può mancare.”

“Grazie, signor Gold, passerò un’altra volta. Ho un debole per i dolci.”

Belle aveva rinunciato a stare seria e aveva il viso seppellito tra le mani, cercando di soffocare le risate.

“Sua moglie sta bene?”

“Oh, sono certo che sia molto eccitata. Anche lei adora i dolci.”

Mentre chiudeva la porta a chiave, sentirono entrambi David Nolan chiedere a voce alta:

“Scusa, Leroy, sai per caso dove sia Fool Avenue?”

“Mi prendi in giro, fratello?”

Rumpelstiltskin sospirò e l’abbracciò, ricominciando a baciarla con foga.

“Sei stato crudele.”

“Se lo meritava.”

 

 

Erano tutti e due a casa, sotto le coperte, la stanza semibuia per il sole che stava tramontando, quando il cellulare di Belle squillò. 

“Non rispondere.”

“Può essere importante.”

Riuscì a prenderlo con la mano e si chiese se fosse il signor Reading.

“Pronto?”

“Signora Gold?”

La voce era infantile, preoccupata.

“Nicholas?”

“Nostro padre non ci vuole, lo sceriffo vuole portarci a Boston. Ci aiuti, la prego! Verremo separati!”

“Chi c’è con te?”

“Sono solo, ma stanno arrivando mia sorella, Emma e quella donna dagli occhi cattivi, il sindaco. È lei che vuole farci portare via.”

“Vengo subito.”

Con sua sorpresa, Rumpelstiltskin si stava già vestendo. Belle sapeva di poter contare su di lui. 

“Hai sentito?”

“Te la senti di trattenere Regina e la signorina Swan? Io andrò a parlare con il signor Tillman.”

“Forse è meglio il contrario.”

“Prometto di comportarmi bene, terrò a bada il bastone.”

Gli diede un bacio veloce, prima di correre per la strada e raggiungere la casa di Mary Margaret ed Emma. Trovò i bambini già in macchina e lo sceriffo e il sindaco lì vicino, intente a discutere.

“Emma!”

Regina strinse le labbra quando la vide, riservandole quello sguardo freddo che rivolgeva solo a lei, suo marito ed Emma.

“Signora Gold, tutto questo è molto inappropriato.”

“Ha perfettamente ragione, signora Mills. Non può separare Ava e Nicholas, è una cosa estremamente crudele!”

“Anche vivere per la strada, come due vagabondi. Avranno una casa e una famiglia.”

“Ma non saranno insieme.”

“Cosa suggerisce, signora Gold? Vorrebbe adottarli?”

“Piuttosto di lasciare che siano separati, sì.”

Regina sorrise, inaspettatamente. 

“Peccato che lei sia reduce da sei anni di manicomio. Quale giuria affiderebbe due bambini quasi adolescenti ad una disturbata mentale e ad un piromane?”

Belle arrossì, ma sostenne lo sguardo.

“Non saprei. La stessa che ha affidato un neonato ad un’assassina sociopatica?”

Regina sibilò, mentre Emma la guardò quasi con rispetto.

“Stia attenta a quello che dice, signora Gold. Suo marito non è qui a difenderla.”

“So difendermi da sola, sindaco. Perché non fa del suo peggio? Ci ha già resi tutti talmente infelici in questi anni, che ormai non può fare nulla di peggiore. Ma, d’altra parte, è il suo scopo togliere la felicità agli abitanti di Storybrooke, non è vero?”

Le sue parole centrarono perfettamente il bersaglio. Negli occhi di Regina passarono il sospetto, l’odio, e finalmente, la paura.

“Non capisco cosa vuole dire.”

“No, certo che no, vero?”

“La smetta di fare insinuazioni.”

“Io non insinuo niente. Io affermo.”

“Glielo ripeto, stia attenta, o contrariamente a quello che pensa, posso renderle la vita un inferno.”

“Non ha che da provarci. Ogni volta che mi ferirà, io restituirò il favore, dieci volte più dolorosamente.”

“Lei è pazza.”

“Fossi in te, Regina, parlerei in modo diverso a mia moglie.”

Era arrivato il suo cavaliere in lucente completo italiano. Aveva fatto presto a convincere Tillman… o forse non ce l’aveva fatta? 

“Le stia lontana, sindaco, per favore.”

Regina fu costretta ad indietreggiare, lo sguardo carico di odio. Ma Rumpelstiltskin ne era abituato e ricambiò con un sorriso freddo.

“Se sento ancora una volta definire Isabeau una pazza, Regina, farò in modo che la tua vita sia un inferno. Ricordati ciò che mi devi, per favore.”

La regina se ne andò, i tacchi che risuonavano sul cemento come se lo pugnalassero ad ogni passo. Emma li guardava, come se fosse indecisa su chi tra i tre fosse quello da portare in manicomio o in galera.

“Un giorno dovrà spiegarmi come fa, Gold.”

“Pratica, signorina Swan. Conosco Regina da molto tempo.”

“Mi dispiace, Isabeau, ma devo portare lo stesso Ava e Nicholas a Boston.”

Belle annuì, sentendo la mano di suo marito stringere la sua. Mentre il maggiolino giallo si allontanava, lui le sussurrò all’orecchio:

“Non raggiungeranno mai Boston. Il loro padre lo impedirà.”

“Ce l’hai fatta… niente ossa rotte?”

“Non è stato necessario. Gli ho detto cosa sarebbe successo ad un padre che abbandoni un figlio.”

 Lei gli passò un braccio attorno alle spalle, stringendo per esprimere il suo supporto.

“Mi dispiace che tu abbia dovuto rivangare qualcosa che preferisci dimenticare.”

“Non gli ho detto che ero io quel padre. Ma gli ho promesso una riduzione dell’affitto.”

Belle sbuffò e Rumpelstiltskin alzò le spalle.

“Se ti può essere di consolazione, aveva già deciso di prenderli con sé prima che lo corrompessi.”

“Lo spero. Sono due ragazzi adorabili.”

Il marito le baciò i capelli, abbracciandole la vita con il braccio che non reggeva il bastone. 

“Ne avremo uno presto, dearie. Le cose stanno cambiando, e in meglio. Verrà anche il nostro momento.”

Incominciarono a camminare verso casa, condividendo lo stesso pensiero di una famiglia. Tuttavia, c’era un peso che Belle doveva assolutamente levarsi dallo stomaco.

“Non ti dispiace, vero, se ho assunto il signor Reading come assistente in biblioteca?”

La risposta di Gold venne coperta da un un’esclamazione di delusione.

“David! La torta alla zucca era per Emma, era la preferita di mio padre!”

“Scusa Henry, ma era lì, tutta sola sul tavolino…”

“Potrebbe andare peggio, Rumpel. Avrei potuto assumere Charming.”

“Non ti degnerò neanche con una risposta.”

 

 

 

 

Angolo dell’autrice: la connessione e l’università ce la mettono tutta per non farmi aggiornare, ma sono sempre qui con bello alto lo striscione Rumbelle. Ringrazio tutti quelli che hanno la pazienza di aspettare e non mollano la storia e quelli che la leggono in generale, siete sempre la forza maggiore che spinge a continuare a scrivere. Per il prossimo episodio, bastano solo tre parole: tutti contro Charming.

 

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Capitolo 10
*** 7:15 A.M. ***


CAP. 10

 

“Stasera avremo un’ospite a cena.”

Belle posò il succo d’arancia, alzando un sopracciglio.

“Oh? Il mostro e la pazza di Storybrooke hanno invitato qualcuno a casa loro? Il Conte Dracula?”

“Non oserei mai, dopo tutto l’apprezzamento che hai manifestato nei suoi confronti nei vari film. Potrei essere geloso.”

“Sciocchino. Di chi si tratta?”

“Phyllis Menzel.”

“Non l’ho mai vista, ma noleggia moltissimi libri al mese e se li fa recapitare a casa. Pensavo fosse agorafobica.”

“Lo era, ma come tu sai, l’arrivo della signorina Swan ha cambiato molte cose.”

Belle si morse il labbro, il cuore un poco stretto dalle sue parole.

“Ma come mai vuoi invitarla? La… la conoscevi prima?”

“Certamente, o non la inviterei.”

Il telefono squillò e Rumpelstiltskin zoppicò per rispondere.

“Phyllis, dearie, ma certo che è confermato per stasera…”

Lui rise. Belle sentì di nuovo quella stretta, ma questa volta nello stomaco. Da quando in qua rideva con qualcuno? E con una donna?

Non era ingenua. Sapeva tutto dei suoi rapporti con la prima moglie, Milah, e della sua storia con la madre di Regina, Cora. Ma non sapeva di nessun’altra.

Chi era Phyllis Menzel?

Ripetè tra sé e sé quel nome, cercando di immaginarsela. Sicuramente aveva stretto un patto con suo marito, ad un certo punto.  

Salutò Rumpelstiltskin, ancora al telefono con quella donna, per andare in biblioteca. Doveva assolutamente parlare con il signor Reading per fare qualche ordine e per chiedergli se conoscesse la signorina Menzel.. no, non doveva essere gelosa di una sconosciuta, sapeva bene di non averne motivo. Ma allora, perché lui non gliene aveva mai parlato?

E perché rideva con lei?

Il signor Reading era già davanti alla porta,  a  consultare la sua lista personale. 

“Siamo mattinieri.”

“Oh, signora Gold, alla mia età non si dorme più come una volta. Lei, piuttosto…”

Belle optò che non fosse necessario dire che suo marito l’aveva tenuta alzata per la maggior parte della notte.

“Meglio che apriamo, allora. Abbiamo parecchi nuovi libri da registrare.”

Avere il signor Reading come aiuto era molto più vantaggioso di quanto avesse pensato: con lui trattavano persone che l’avvicinavano ancora con diffidenza, aveva qualcuno con cui parlare della sua passione per i libri oltre a Rumpelstiltskin e fingeva di non accorgersi di quando suo marito si comportava come un adolescente in piena ormonale e la trascinava con un pretesto qualsiasi dietro gli scaffali.

Inoltre, era anche straordinariamente perspicace.

Mentre lei stava facendo delle ordinazioni, lui le porse una tazza di the.

“Qualcosa la turba, signora Gold?”

“Isabeau, mi chiami pure così.”

Bevve un sorso e si morse il labbro, indecisa. Ma quando suo padre l’aveva fidanzata con Gaston, quel caro vecchio signore era stato il suo primo e unico confidente.

“Conosce una certa Phyllis Menzel?”

“Non di persona, no, temo.”

“Mio marito l’ha invitata stasera, a cena.”

Il signor Reading sbatté gli occhi, poi tossicchiò.

“Strano, avevo sentito dire che fosse agorafobica.”

“E ha riso con lei al telefono. Riso!

L’anziano signore lasciò cadere il libro e la fissò a bocca aperta.

“Lo so! È proprio questo il punto! Non l’aveva mai fatto prima!”

Lui le si avvicinò e le prese la mano, preoccupato.

“Non mi starà mica dicendo che è gelosa, vero?”

Belle alzò lo sguardo, dubbiosa.

“Non so cosa pensare. La conosce, chiaramente, ma non me ne ha mai parlato, a differenza delle sue ex.”

“Forse perché non era niente del genere.”

“O forse perché è ancora qualcosa.”

Il vecchio sospirò.

“Stiamo parlando della stessa persona? Dell’uomo che viene due volte al giorno in biblioteca per stare con lei? Sono in là con gli anni, è vero, ma non sono tanto sordo o stupido da non accorgermi quando vi appartate.”

Lei arrossì violentemente, poi rise.

“Mi dispiace.”

“E di cosa? Suvvia, signora Gold, siete sposati. Ma, tornando all’argomento originario, non mi pare abbia niente da temere. E lei è sicuramente la ragazza più carina di Storybrooke.”

“Su questo ha ragione, signor Reading.”

I due si voltarono e videro Rumpelstiltskin, appoggiato con entrambe le mani al bastone, il suo migliore sorriso spaventoso. Il vecchio assistente balbettò una scusa e si ritirò in archivio a cercare chissà quali moduli.

“Non dovevi spaventarlo.”

“Perché si stava complimentando con te?”

Lei sorrise, ma non rispose e gli appoggiò la fronte sulla spalla, chiudendo gli occhi. Si aspettava che lui la stringesse, come al solito, invece lo sentì allontanarsi.

“Ero venuto a dirti che Phyllis arriverà in ritardo, come al solito, quindi non preoccuparti di uscire prima dal lavoro.”

Belle s’irrigidì e strinse le labbra.

“Oh. Carino da parte tua avermi avvisata.”

Lui sbatté gli occhi. Gli riusciva sempre difficile capire per quale motivo Belle fosse irritata con lui.

“Non aver paura, sarà tutto a posto per la tua serata.”

Esitante, il marito uscì e Belle incrociò le braccia sul petto. Non si sentiva neanche un po’ in colpa. 

“Non è stata un po’ troppo dura?”

“Non sono io quella infedele.”

“Oh, suvvia…”

Lei scrollò le spalle e si accontentò di fissare il cielo che si stava rannuvolando. Le previsioni davano una brutta tempesta nel pomeriggio, per cui accarezzò l’idea di chiudere e rannicchiarsi a leggere un libro gotico, ma lo scampanellio della porta che si apriva la distrasse.

“Kathryn!”

Vedere la moglie di David a Storybrooke fu una sorpresa per Belle. Non avevano mai avuto particolari contatti a Storybrooke, e poi…. Perché stava sorridendo così? 

“Senti, Isabeau… vorrei prendere in prestito un libro, ma in confidenza… non sono sicura, capisci.”

No, non capiva, ma sorrise lo stesso.

“Che libro?”

“Uno… uno sulla maternità.”

Se l’avesse colpita allo stomaco con un pugno, le avrebbe fatto meno male e il respiro le si sarebbe mozzato allo stesso modo.  

Kathryn poteva essere incinta di Charming, il Vero Amore di Snow, e lei non riusciva ad aspettare un bambino dal Signore Oscuro?

“O… okay, torno subito.”

Il signor Reading la raggiunse e le strinse la mano. 

“Ci penso io. Lei resti qui.”

Belle si sedette sulla sedia, sconsolata. Prima la gelosia verso una sconosciuta, ora quella tristezza infinita… che diamine le stava succedendo?

“Che mi prende?”

John Reading tornò da lei e le mise un braccio intorno alle spalle. 

“Un brutto periodo, cara, può capitare. Non si butti troppo giù, è ancora giovane. Vedrà che tra due, tre anni al massimo avrà una nidiata di marmocchi cui badare.”

Belle gli sorrise, non potendo rimanere seria davanti agli occhi gentili del vecchio.

“Mi dispiace. Di solito non sono così.”

“Su, su. Ora torni dietro il bancone e vedremo se arriva qualcuno. È prevista una brutta tempesta nel pomeriggio, quindi sarà meglio approfittare di queste ore per prestare qualche libro.”

“Giusto. Mi ero dimenticata del maltempo.”

“Ma… stava piangendo?”

Lei si asciugò in fretta le lacrime.

“No. Naturalmente no.”

“Naturalmente.”

 Tra gli scaffali dei romanzi rosa, quando tornarono, c’era una donna di piccola statura, capelli biondi freschi di parrucchiera e un vestito corallo pieno di fronzoli, che lei aveva visto talvolta comprare fiori al negozio di suo padre.

Anche il trucco era impeccabile, con un rossetto fuxia vivo, ombretto perlato per evidenziare i grandi occhi azzurri, unghie lunghe e smaltate di rosso scarlatto.

“In cosa posso servirla, signorina…?”

“Wilson, Gale Wilson, ma chiamami pure Gale, cara.”

“In cosa posso aiutarti, Gale?”

“Cercavo un ricettario culinario. Ne avete qui?”

“Ora te ne porto qualcuno.”

Mentre sfogliava i volumi che le aveva mostrato, Gale Wilson arricciava il naso.

“Sembra di essere nella camera di una mia ex compagna di liceo.”

“Davvero? Le piaceva leggere?”

“Un vero topo di biblioteca, la povera Phyllis.”

A Belle le si rizzarono le orecchie.

“Phyllis Menzel?”

“Proprio lei. Mi offrii, una volta, di aiutarla ad essere popolare, ma lei rifiutò. Che sciocca.”

Gale le rivolse un sorriso smagliante.

“Quando devo riportarlo?”

Belle scrisse sovrappensiero la data, salutò la signorina Wilson e per poco non si accorse del nuovo arrivato.

“Mi scusi, è occupata?”

Lei alzò lo sguardo e la paranoia l’afferrò. Davanti a lei stava un uomo sui trent’anni, dai capelli e la barba scuri, occhi blu e in mano un casco da motociclista. 

Ed era un perfetto sconosciuto.

“N-no, di cosa ha bisogno, signor…?”

Lui non rispose e si guardò intorno.

“Bella biblioteca. Era da un po’ che non ci entravo.”

“Qui?”

“No, no, in una biblioteca qualsiasi.”

“È arrivato da poco, a Storybrooke?”

“Sì, nemmeno una settimana.”

“È di passaggio, o intende rimanere?”

“Penso che rimarrò. Sono uno scrittore e questo posto sembra… ispirante.”

“Ah…. Uno scrittore… allora, si trova nel punto giusto.”

“Lo credo anch’io. Ho trovato molto curioso il nome di questo locale… Belle’s. È il suo nome? Se è così, le sta a pennello.”

Ormai, le stava venendo la pelle d’oca, ma riuscì a sorridere forzatamente.

“No, temo di no. Il nome…”

“Era il nome di mia madre.”

Nessuno dei due si era accorto del piccolo signor Reading, che stava squadrando sospettoso lo sconosciuto da dietro gli occhiali.

“Posso fare qualcosa per lei, giovanotto? Sono il signor Reading, l’assistente.”

L’altro rise e scosse la testa.

“Verrò spesso qua in cerca di fonti per le mie storie. Arrivederci, signore, signorina…”

“Signora.”

“Mi perdoni.”

Una volta uscito, Belle giocherellò con una ciocca di capelli.

“Quell’uomo è troppo curioso.”

“La stava infastidendo? Devo avvisare suo marito?”

“Buon Dio, no, non stava facendo niente di male. È solo che tutte quelle domande sul nome della biblioteca… nascondevano qualcosa, secondo me.”

“Ma cosa può avere da nascondere una piccola città come Storybrooke?”

Belle sospirò. Storybrooke nascondeva moltissimi segreti.  

“Mi dispiace, ma vorrei chiudere per oggi la biblioteca. Il tempo peggiora a vista d’occhio e non sono dell’umore giusto per vedere molta gente.”

“Come vuole lei, naturalmente.”

Fuori, il cielo era diventato di un grigio molto scuro, con sfumature bluastre e il vento aveva iniziato a sollevarsi piuttosto forte.  Belle si strinse nel cappotto, ma fu tutto inutile, perché nel giro di qualche minuto una pioggia torrenziale stava scrosciando, rendendo quasi impossibile vedere dove si stava camminando. Non sapendo cosa fare, si recò da Granny per bere qualcosa di caldo, con un po’ di fortuna il temporale sarebbe finito presto e lei sarebbe potuta tornare a casa. Dentro non c’era quasi nessuno, a parte un uomo girato di spalle e Leroy al bancone.

Si sedette in un tavolino appartato e ignorò l’occhiata sospettosa della titolare.

“Cosa prende, signora Gold?”

“Lasagne, e dell’acqua naturale, grazie.”

“Arrivano subito.”

Stava mangiando quando entrò Emma, sbuffando.

“Dio maledica il tempo del Maine.”

Le sorrise, ma la donna proseguì e andò a sedersi al tavolo dietro di lei, dove c’era l’uomo da solo.

“Che cosa ci fa qui?”

“Fuori piove.”

Belle si predispose ad ascoltare. Che strano, trovare lo stesso sconosciuto al bar poco tempo dopo che lui aveva lasciato la biblioteca.

Sentì che discutevano sulla sua macchina da scrivere e lei sorrise al tono deluso di Emma. Sapeva quanto la curiosità potesse essere tormentante. Non aveva passato lei stessa ore a sbirciare Rumpelstiltskin mentre faceva le sue pozioni, rifiutandosi di dirle cosa fossero?

“D’altra parte, ho già infastidito abbastanza oggi la vostra bella bibliotecaria. Molto nervosa, se vuoi il mio parere.”

Belle s’irrigidì e potè immaginarsi il ghigno di Emma, che da dove si trovava poteva benissimo vederla oltre la spalla dello scrittore.

“Sono dietro di lei, sa.”

Lo sconosciuto si voltò e lei lo fissò gelida.

“Mi dispiace, ma è la verità.”

“Lei poteva benissimo fare a meno di fare domande sconclusionate senza presentarsi.”

Lui rise, divertito dal rimbrotto, e tese la mano.

“Booth. August Wayne Booth, scrittore.”

Belle la strinse, controvoglia. Non s’intendeva di nomi come suo marito, ma se August Wayne Booth non era un nome falso come i soldi di cioccolata, lei odiava i libri.

“Isabeau Gold.”

Gli occhi blu dell’uomo brillarono, come se avesse trovato un’esca appetitosa.

“Gold? Sei la figlia… spero non ti dispiaccia se ti do del tu… del famigerato signor Gold?”

Qualcuno vicino a loro, probabilmente Leroy, tossì e sputò quello che stava bevendo, un bicchiere cadde dalle cucine ed Emma sgranò gli occhi. Belle si sentì solo più irritata.

“Sono sua moglie.”

Booth ebbe la buona grazia di arrossire, ma si salvò con una risatina ironica.

“Beh, come si dice, la Bella e la Bestia, giusto?”

Se prima si era sentita solo paranoica, ora aveva davvero paura. Tutte quelle allusioni… poteva davvero essere possibile che lui sapesse la verità?

Gli altri dovettero essersi accorti del suo umore, perché Emma gli batté una mano sulla spalla.

“Stai esagerando, Booth.”

Belle si riscosse e si alzò. Si sentiva offesa.

“Ehi, mi dispiace. Non intendevo… stavo solo scherzando.” 

Lei si bloccò. Non seppe in seguito cosa le fosse preso, ma prese il resto della sua acqua e gliela versò sulla testa.

“Anche io.”

Lasciò una banconota sul tavolo e se ne andò, non riuscendo a pentirsi del suo gesto, nonostante sapesse che non aveva certo aumentato la sua popolarità.

Non aveva ancora smesso di piovere, ma non le importava. La sua attenzione venne attratta da due persone che litigavano sul lato opposto del marciapiede. O meglio, la donna gesticolava arrabbiata e l’uomo la guardava stupito.

Charming, tra tutte le persone. 

Si avvicinò, ansiosa di conoscere la donna. Non riusciva a vederla bene, ma era certa di non averla mai vista. Quanti sconosciuti doveva incontrare quel giorno?

“Lei è un idiota, signor Nolan!”

“Non è il caso di usare paroloni, volevo solo…”

“Dovrebbe esserle proibito lavorare al ricovero animali!”

Belle si accorse che lo sguardo di Charming si era perso a guardare Mary Margaret con una gabbia in mano e non stava più ascoltando l’altra donna che, sbuffando, aveva fatto marcia indietro.

“Non pensi che le chiederò ancora consigli su Chistery!”

Belle non riuscì a frenare un moto di simpatia per la sconosciuta, che evidentemente teneva molto al suo animaletto domestico. La raggiunse quasi inconsapevolmente.

“Scusi, ha bisogno di aiuto?”

L’altra si voltò e lei rimase sorpresa dal suo strano aspetto. Era di media altezza, magrissima, con una pelle bianca che per uno scherzo della luce appariva quasi verde, occhi nerissimi e capelli ricci estremamente lisci e corvini. Il soprabito nero la faceva quasi scomparire, essendo di una o due taglie più grande, ma quella donna aveva un suo fascino.

“A meno che non sappia le abitudini delle scimmie, no.”

Belle sbatté gli occhi, poi sorrise.

“Ha una scimmia? Davvero?”

“Il mio Chistery. Non riesco a trovarlo e ho paura che sia in pericolo, con questa tempesta.”

“Pensa sia uscito?”

“No, odia la pioggia, ma non lo trovo nemmeno in casa.”

“Beh, non posso dire di avere mai avuto una scimmia, ma ho letto dei libri al riguardo e non ho nulla di meglio da fare. Potrei aiutarla nelle ricerche.”

“Grazie. Grazie mille. Chistery è il mio solo compagno, qui.”

Il viso della donna era completamente diverso ora che sorrideva. 

Nonostante la pioggia fitta, nel bosco i rami le protessero abbastanza mentre cercavano Chistery.

“Che cosa le aveva fatto il signor Nolan?”

“Quando gli ho chiesto aiuto, ha proposto di chiamarlo usando un fischietto, come se fosse un cane!”

“Non è molto sveglio, questo è vero.”

Belle sorrise alle invettive che la donna lanciava a Charming. Si ricordò che non si erano ancora presentate, ma il momento era delicato ed era meglio rimandare al ritrovo della scimmia. 

Dopo qualche minuto, Belle le chiese:

“Dove abiti?”

“Ai piedi della collina, ancora un po’ dentro il bosco.”

“Le scimmie sono animali molto abitudinarie e tendono a rintanarsi nei luoghi familiari quando succede qualcosa di anomalo. Potrebbe essere tornata a casa.”

“Ho guardato, prima.”

“Forse è tornata nel frattempo.”

“Non ho nulla da perdere.”

Le dispiacque per l’espressione sconsolata sul viso della sconosciuta. Doveva essere molto sola.

Rimase segretamente incantata dalla casa in cui venne condotta: in pietra liscia e scura, legno, piante rampicanti, fiori di cui non conosceva la specie, un piccolo portico e finestre improntate su stile medievale.

“Hai una casa bellissima.”

“Grazie. Una mia vecchia amica la definiva lugubre.”

“Ha un che di gotico, ma è parte del suo fascino.”

L’altra non rispose, ma si gettò verso il portico correndo.

“Chistery! Stupida scimmia, mi hai fatto preoccupare!”

Belle la vide raccogliere qualcosa di zuppo e raggomitolato e portarsela al petto, poi voltarsi verso di lei.

“Mi dispiace per averla disturbata inutilmente. Posso sdebitarmi con un the?”

“Volentieri.”

Le due donne si asciugarono, usando parecchi asciugamani, scaldandosi di fronte ad un vero fuoco dentro un vero camino (Belle decise che avrebbe sgridato Rumpelstiltskin per non avergliene messo uno anche in casa loro) e presto si sedettero di fronte ad una teiera fumante.

Belle trovò Chistery adorabile. Sapeva come muoversi silenziosamente, portare le tazze e aveva due occhi castani che ricordavano molto quelli di suo marito.

“Non mi sono ancora presentata. Mi chiamo Isabeau.”

“Phyllis.”

La tazza le sfuggì quasi di mano, ma riuscì ad evitare il disastro.

“Phyllis Menzel? L’amica di mio marito?”

Quella era la sua rivale? Belle si sentì sconsolata. Phyllis era affascinante, colta, singolare. 

“Belle? Tutto bene?”

Stavolta, la tazzina cadde senza che lei se ne rendesse conto. Phyllis ridacchiò, prendendo la scopa.

“Non preoccuparti, so che hai una tendenza a scheggiare le tazzine.”

“Tu… tu ricordi?”

“Certo. Da quando ho sentito il nome della salvatrice.”

“Grazie… grazie a Rumpelstiltskin?”

“Grazie a lui e alla mia abilità.”

Lei non poté fare a meno di sentirsi delusa. Rumpelstiltskin aveva dato ad un’altra la facoltà di risvegliarsi dalla maledizione, mentre lei si era dovuta affidare a lui. Phyllis sospirò.

“Deduco che l’Onnipotente Signore Oscuro non ti ha parlato molto di me, vero?”

“No. Prima del tuo invito per stasera non ti aveva mai nominata. E non capisco perché. So di Milah, di Cora…”

La donna iniziò a tossire, appoggiando la tazza di the. Belle si alzò, spaventata, ma Phyllis le fece segno che andava tutto bene.

“Per tutti i regnanti di Oz, credi che io… che lui…?”

Belle arrossì. La reazione di Phyllis la fece sentire molto stupida.

“Perché tutta questa segretezza, allora? A te ha evidentemente detto tutto di me.”

L’altra rise.

“Oh, certo, mi ha detto di quanto fantastica fossi, con quell’aria imbambolata per tutto il tempo. E poi, mi ha parlato di te perché lo avevo messo alle strette.”

Phyllis socchiuse gli occhi per osservarla meglio, dopo aver smesso di ridere.

“Sei gelosa?”

Belle sospirò, ammettendo la verità.

“Un po’.”

“Non ne hai motivo, credimi. Io e Rumpelstiltskin siamo molto amici, ma questo è tutto. E l’unico motivo per cui ha fatto in modo che mi risvegliassi anch’io, è perché abbiamo lo stesso scopo.”

“Trovare Bae?”

“No. Devo trovare mio figlio.”

Gli occhi della donna si fecero tristi.

“Rumpelstiltskin, conoscendolo, non ti ha parlato di me perché voleva che mi giudicassi da sola. Le voci che circolano su di me nei diversi mondi non sono molto lusinghieri.”

“Qual è il tuo vero nome?”

“Thropp. Elphaba Thropp, ma probabilmente mi conoscerai come la Strega Cattiva dell’Ovest.”

Rumpelstiltskin era stato ad Oz? Oz esisteva?

“A causa di una relazione extraconiugale di mia madre, sono nata con la pelle verde. La mia vita non è stata dall’inizio molto facile, dunque. Ad ogni modo, quando andai all’università di Shiz, strinsi amicizia con un circolo, anche se non subito: Glinda, Baq, Avaric e, quando arrivò, Fiyero. Dopo qualche anno, lasciai Shiz.”

“Perché?”

“Avevo scoperto che il Mago intendeva sopprimere tutti gli animali parlanti, partendo dal mio professore preferito, il dottor Dillamond, che venne trovato sgozzato dalla dama di compagnia di Glinda. Diventai una ribelle, partecipai a movimenti sovversivi, ma la cosa più bella di quel periodo fu la mia storia d’amore con Fiyero.”

“Il padre di tuo figlio?”

“Si. È morto da tempo, ormai, ucciso da quelli che mi davano la caccia. Io ero incinta del mio Liir e, visto che non avevo più nulla da perdere, accettai il titolo che mi avevano attribuito, promettendo di non compiere più buone azioni.”

Belle le strinse la mano ed Elphaba le sorrise, senza vederla davvero.

“Conobbi Rumpelstiltskin quando era diventato da poco Signore Oscuro, Bae e Liir erano compagni di giochi.”

“Sono stati risucchiati dallo stesso portale?”

“No. Il mio Liir è stato mandato qui dal Mago.”

“Mi dispiace molto.”

“Sai, quando Rumpelstiltskin ti conobbe, era cambiato. Era felice, come non lo era da tempo.”

“Questo non lo giustifica dal non avermi mai parlato di te.”

“Non credo avesse previsto la tua gelosia. Non ha mai avuto molta autostima nelle questioni di cuore, a causa di quelle due… penso che il termine “stronze” di questo mondo senza magia renda meglio.”

“Come preferisci che ti chiami?”

“In privato puoi chiamarmi Effie, Glinda mi chiamava così a Shiz.”

Belle ridacchiò.

“Per caso a Storybrooke è Gale Wilson?”

Anche Effie rise.

“A Shiz era esattamente così quando l’ho conosciuta. All’inizio eravamo compagne di stanza e non potevamo soffrirci.”

“Posso capire perché.”

Elphaba le prese la mano.

“Vieni. C’è qualcosa che ti piacerà.”

Belle la seguì, incuriosita. La sua nuova amica si muoveva con scioltezza e i capelli neri riflettevano sfumature rossastre. Salirono una scala a chiocciola, poi l’altra aprì una porta.

“Prego.”

Belle le passò davanti e si arrestò. Buon Dio, quanti libri… le sembrava di tornare indietro al momento in cui Rumpelstiltskin le aveva mostrato la sua biblioteca privata. Quella di Effie si avvicinava parecchio.

“Lo sai che adesso ti ritroverai una coinquilina, vero?”

“Ti prego, Rum non mi perdonerebbe mai se ti togliessi a lui.”

“Se lo meriterebbe per avermi fatto ingelosire così.”

Il cellulare di Belle squillò insistentemente. 

“Pronto?”

“Belle? Belle, stai bene? Dove sei? Perché non hai risposto alle mie chiamate?”

“Non sono in biblioteca.”

“Regina ti ha fatto qualcosa? Tuo padre?”

Elphaba le fece cenno di passarle il telefono e Belle obbedì, trattenendo una risata.

“Ciao, Rum. Sì, Belle è con me, ha avuto una crisi di gelosia perché tu hai fatto il misterioso come al tuo solito. Spiacente, ma la cena è rimandata. Mi tengo il tuo Vero Amore a cena a scambiarci pettegolezzi su di te, mentre tu rifletti sul tenere dei segreti a tua moglie.”

Belle lo sentì protestare, ma Effie spense la chiamata e le riconsegnò il cellulare.

“Inutile discutere con lui.”

“Verrà sicuramente a cercarci. Perché non andare nella sua cabina nel bosco? Non sa che ne sono a conoscenza.”

“Ottima idea. Porto il vino?”

“Aggiudicato.”

Chistery fece per seguirle, ma la padrona lo bloccò.

“Serata per sole donne, spiacente. Tu farai compagnia a Rum quando verrà a cercarci qui.”

Chistery si afferrò la coda e si mise vicino alla porta, accoccolato come un cagnolino.

“Sta quasi smettendo di piovere.”

“Meno male. Nella cabina ci sono delle pizze da scongelare.”

“Meraviglioso. La pizza è la cosa più bella di questo mondo.”

“E il gelato.”

“E i drink.”

“E le coperte termiche.”

“Siamo arrivate.”

Belle aprì la porta, ma urlò e la richiuse subito. Si sfregò gli occhi.

“No, Dio, no!”

“Cosa…?”

Elphaba aprì anche lei, ma si ritrasse inorridita.

“Che diamine ci fate qui?”

Le due donne stavano fissando due esterrefatti e quasi nudi Mary Margaret e David Nolan, che si erano coperti come meglio potevano.

“Oddio, non sapevamo fosse di qualcuno questo rifugio!”

Belle inspirò ed entrò a passo deciso.

“Fuori. Subito.”

Guardò in giro, ma sembrava tutto abbastanza a posto. Si girò, dando loro il tempo di rivestirsi, poi sfoderò l’artiglieria pesante.

“Ma non avevate deciso di non vedervi più?”

Erano entrambi arrossiti.

“Tu, David, dovresti vergognarti. Sei ancora sposato con Kathryn.”

“Anche tu, Isabeau, pensi…?”

“Non fraintendermi, Mary, non m’importa di quello che intendi tu. Dico solo che David dovrebbe scegliere. Aveva fatto la scelta sbagliata poco tempo fa, ma ora sta facendo il vigliacco con te e con Kathryn, che tra l’altro… ma questo lo dirà lei, se vuole.”

“Ma io amo Mary!”

“Perché non lasci tua moglie, allora?”

“Non voglio ferirla.”

Mary Margaret si voltò verso di lui.

“Preferisci ferire me, allora, continuando a vederci di nascosto?”

“No! Non ho detto questo!”

Belle stava per perdere la pazienza.

“Ok, discutete fuori di qui. Se mio marito sa quello che avete fatto qui, il suo bastone ridurrà David in fin di vita.”

Elphaba si sedette a terra, dopo aver chiuso la porta.

“Non credo che mi toglierò più dalla mente quell’immagine.”

“Proviamoci col vino.”

Un paio d’ore dopo c’erano già due bottiglie vuote a terra e le due donne avevano le lacrime agli occhi.

“Sai che una volta Rum ha bevuto così tanto che l’ho trovato sonnambulo nudo nel Castello Oscuro?”

“No!”

“E ha deciso di tirare giù un lenzuolo che copriva lo specchio del suo salone! La faccia e il grido di Regina erano impagabili.”

“Ma non l’hai fatto rivestire?”

“Mi divertivo troppo a vederlo discutere con Regina sull’essere nudi mentre persino il Genio implorava di smetterla.”

Belle sentì un bip, e tirò fuori il telefonino.

“Mi ha mandato un messaggio: Spero che vi stiate divertendo, ma mai quanto io e Chistery a sparlare di voi.

Si guardarono e scoppiarono di nuovo a ridere.

“Scrivigli se ci fa uno strip tease.”

Belle fece un gesto di sorpresa esagerato. 

“Cosa?”

Lei la ignorò e si alzò, vacillando sulle gambe, poi si diresse verso la parete e premette un bottone. Un pannello di legno si spostò lateralmente, scoprendo una tv a schermo piatto e dei dvd.

“Ho insistito con mio marito per farlo fare. Qui ci sono i miei film.”

Pescò tra diversi dvd uno in particolare, che mostrò trionfante ad Effie.

“Trovato!”

The Full Monty?

“Vedrai.”

Circa dieci minuti dopo l’inizio del film, Elphaba si era coperta la bocca con le mani.

“Ma quello è Rum!”

 

 

Angolo dell’autrice: Ok, ho avuto dei guai al computer. Chiedo perdono. Ora ho finito gli esami, per cui potrò scrivere regolarmente. Il nuovo personaggio è tratto soprattutto dal libro di Gregory Maguire “Strega: Le cronache di Oz in rivolta” e il personaggio di Elphaba è troppo bello per non inserirlo. 

Sneak peek: Rumpelstiltskin apre gli occhi a Belle su qualcosa e Belle diventa scassinatrice nottetempo.      

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Capitolo 11
*** The fruit of the poisonous tree ***


“Tesoro, devi riconoscere che questo atteggiamento non è normale.”

“Ma… come puoi dire una cosa simile? Hai visto anche tu!”

“Si, cara, ho visto, e anche tu l’hai già visto. Almeno due volte.”

“Vorresti dire che se tu stessi per morire non dovrei piangere?”

“Belle, amore, nessuno sta morendo. La Bestia sopravvive.”

“Ma lei non lo sa! Crede che Gaston lo abbia ucciso!”

Siccome era una serata tranquilla, Rumpelstiltskin e Belle avevano deciso di trascorrerla sul loro comodo divano, con i gatti accoccolati su e tra di loro, guardando La Bella e la Bestia Disney, su richiesta di Belle. Tuttavia, sembrava che lei si commuovesse ad ogni scena.

Gli occhi le erano diventati lucidi alle scene tra la Belle-cartone e il padre Maurice-cartone.  Quando aveva stretto l’accordo con la Bestia, gli si era aggrappata al braccio, con un sorriso che andava da orecchio a orecchio.

Le lacrime avevano iniziato a sgorgare alla vista di Chip, la loro tazzina sbeccata e da quel momento non avevano più abbandonato il suo viso. Anzi, aveva fermato il film per andare a prendere la tazza e se l’era tenuta stretta al petto per tutto il resto della serata.

“Belle…”

“Ti devo ricordare che hai pianto anche tu quando hai visto Alla ricerca di Nemo?”

“Solo la prima volta! Un padre pesce ha percorso l’oceano per ritrovare il figlio!”

“Solo la prima volta perché non l’hai più voluto vedere, Rumpelstiltskin!”

Lui si era arreso, chiedendosi come fare a farle capire.

Belle mise una dose extra di mashmellows nella sua cioccolata calda e lo guardò con un’espressione così dolce che Rumpelstiltskin non potè fare a meno di dimenticare quello che doveva dirle e stringerla forte, baciandole i capelli e sentendosi il cuore perdere battiti alla vista della bellezza di sua moglie. Quando sorrideva aveva il viso luminoso come se avesse una corrente propria e le fossette quasi impercettibili delle sue guance la rendevano tenera come un cucciolo.

“Mi racconti una storia?”

“Sei grande ormai, dearie.”

“Non è colpa mia se tu sei un così bravo narratore.”

“Non funziona, Belle, lo sai.”

“E se ti dicessi che trovo la tua voce molto sexy, con l’accento scozzese che emerge mano a mano che parli?”

Lui ridacchiò.

“Come posso resistere a una preghiera così sentita? Cosa vuoi che ti racconti, dearie?”

Lei si premette il labbro con l’indice, poi si arricciò una ciocca di capelli e la liberò subito.

“Raccontami di come hai conosciuto Effie.”

“Ma perché vi siete conosciute voi?”

 “Ssh. Inizia piuttosto.”

“Molto bene. Io ero diventato il Signore Oscuro da nemmeno un anno, e quando io e Bae eravamo andati in un paesino vicino al nostro per fare degli accordi, lui s’imbatté in un bambino che giocava da solo. Sentì una strana connessione con lui, perché anche Bae si era ritrovato isolato dopo il mio… cambiamento, così legarono subito. per l’ora in cui andai a recuperarlo erano già diventati amici per la pelle e di conseguenza incontrai la madre del piccolo.”

“Elphaba.”

“Proprio così. I nostri figli ci presero in giro a vita per il colore della nostra pelle.”

“So che ce l’aveva verde.”

“Tutto qui. È stata un grandissimo sostegno quando persi Bae e io lo fui per lei quando il Mago mandò Liir, questo era il nome di suo figlio, in questo mondo.”

Belle sbadigliò e si stiracchiò. 

“L’avevo detto io che eri un bravo narratore. Domani vado con lei da Granny a pranzare.”

“Attenta, è magra come un chiodo ma mangia per due.”

“Spero che porti Chistery, quella scimmietta è adorabile.”

“Ne dubito. Ha paura che la cara nonnina abbia la tentazione di colpirlo con la sua temibile balestra e appenderlo imbalsamato.”

“Esagerato!”

“Non ci credi? Ha una mira eccezionale quella donna, non mi sono mai arrischiato a farla arrabbiare.”

“Una freccia non ti farebbe niente. La paura che mi hai fatto prendere quando Robin Hood ti aveva colpito…”

“Saresti stata libera.”

“Sciocco!”

Belle gli diede uno schiaffo sul braccio e lui la strinse più vicino.

“Davvero eri gelosa di Effie?”

“Ma certo! Che cosa ti aspettavi? Ridevi con lei, non me ne avevi mai parlato e d’un tratto la inviti a cena!”

“Mi dispiace. Non l’ho fatto apposta.”

“Sì, ha detto che avresti addotto questa scusa.”

“Mi conoscete troppo bene.”

Furono interrotti da un bussare educato, ma insistente.

“Aspettavi visite?”

“No, dearie. Non ho idea di chi possa essere, lo giuro.”

Rumpelstiltskin afferrò il bastone e andò ad aprire, e si trattenne un po’ sulla soglia.

“Chi è?”

Quando tornò, non era solo, ma stringeva il piccolo Henry con un braccio intorno alle spalle. Belle si sentì stringere il cuore alla vista del visetto imbronciato e degli occhi gonfi. 

Aprì le braccia e il bambino vi si rifugiò subito, mentre lei guardava preoccupata suo marito. Rumpelstiltskin si sedette vicino a loro e passò una mano tra i capelli corti di Henry,

“Regina ha fatto demolire il suo castello.”

“Stai scherzando?”

Henry inspirò.

“Ha detto che era troppo pericoloso.”

“Oh, Henry…”

“Era il mio rifugio. Lo è stato per dieci anni.”

“Emma lo sa?”

“Sì, ma lei non capisce fino in fondo. Ora è occupata a pensare come renderle la pariglia, ma ho paura che…”

Rumpelstiltskin finì per lui.

“Che si faccia trasportare dalle emozioni?”

Il bambino annuì. 

Belle gli sorrise.

“Ma come mai sei venuto qui?”

“Per l’Operazione Cobra, naturalmente.”

Rumpelstiltskin sollevò un sopracciglio e lei chiuse gli occhi. Henry afferrò al volo la situazione.

“Oops.”

“Ho sentito che ne parlavi con la signorina Swan, ma non ne ho mai afferrato l’argomento e non sapevo che Isabeau fosse coinvolta.”

Henry scosse la testa.

“Ne sa molto poco, signor Gold, gliene avevo parlato mentre era malata, per distrarla.”

“Naturalmente.”

Gli occhi di Rumpelstiltskin brillavano allegramente e si vedeva che stava per spuntare uno dei suoi sorrisi speciali, tanto che persino Henry gli stava sorridendo conquistato.

“Posso entrare a farne parte anch’io, o devo prestare prima un giuramento di fedeltà?”

Henry e Belle si guardarono, poi lei annuì.

“Nessuno potrebbe esserti d’aiuto come lui.”

Con gli occhi, però, gli ingiunse di stare zitto sul fatto che sapeva chi fossero in realtà. Lui ricambiò con un sorriso incoraggiante e si schiarì la gola.

“Allora, la mia teoria è che gli abitanti di Storybrooke sono personaggi delle fiabe mandati nel mondo reale da una maledizione della regina cattiva… che sarebbe mia madre, il sindaco. Emma è la salvatrice, la figlia di Biancaneve e del principe James, che spezzerà il sortilegio riportando a tutti il lieto fine.”

Rumpelstiltskin sbatté le palpebre, poi ridacchiò.

“Ora capisco perché Regina è sempre così di pessimo umore e paranoica. Dimmi, ragazzo, hai anche idea di chi dovremmo essere?”

“Allora, Biancaneve è la signorina Blanchard.”

“Potrebbe essere.”

“Il suo principe è David Nolan.”

“Necessaria conseguenza. E la signora Nolan, allora?”

“La principessa Abigail, figlia di re Mida, una volta promessa sposa del principe.”

“Ammirevole.”

“Archie è il Grillo Parlante.”

“Non ti chiedo nemmeno di Ruby e sua nonna.”

“Logico. Cappuccetto Rosso con la nonna.”

“Rimaniamo io e Isabeau.”

“Belle e Rumpelstiltskin.”

“Non sarebbe più naturale la Bella e la Bestia?”

“Rumpelstiltskin e la Bestia sono la stessa persona. E lui è anche il Coccodrillo che ha privato Killian Jones della mano.”

Belle sorrise e suo marito rise, una risata calda e di cuore che di solito solo lei aveva il privilegio di sentire. La baciò sulla guancia e scompigliò leggermente i capelli di Henry.

“Quando si è tradita Belle?”

Gli altri due sbatterono le palpebre e lui sogghignò.

“Hai commesso un errore, ragazzino. Il libro si riferisce al temibile pirata solo con il nome di Uncino, solo Belle può averti detto quel nome.”

Henry le lanciò un’occhiata di scuse, ma Rumpelstiltskin non sembrava essersela presa. Iniziò ad accarezzare lentamente Duchessa e assunse la sua aria da uomo d’affari.

“Facciamo un patto, Henry?”

Belle lo guardò con gli occhi socchiusi.

“Caro, è solo un bambino!”

“Un bambino che è riuscito a capire la mia maledizione… dovrei essere offeso.”

Henry assunse un’aria orgogliosa.

“Che patto?”

“Devi spingere tua madre a fidarsi di me.”

“La vedo dura, signor…”

“Chiamami sempre Gold, dobbiamo mantenere la finzione. Io voglio questo sortilegio spezzato più di tutti e sono il solo, oltre a tua madre, che Regina tema. Posso fare molto, ma Emma non me lo permetterà mai.”

“Da quando ha appiccato l’incendio, non la vede di buon occhio.”

Belle tossicchiò.

“In realtà, Henry, sono stata io a farlo. Mio marito mi ha solo protetta.”

“Non che fosse un gesto al di fuori della mia portata, dearie.”

Henry s’intromise.

“Il punto è che sarà un difficile compito… per cui lei mi deve dare qualcosa in cambio.”

“Henry!”

“Naturale, ragazzo.”

“Ogni giorno io potrò rivolgerle delle domande, cui lei dovrà rispondere.”

“Domande su cosa?”

“Sul vostro mondo. Sui vostri personaggi.”

“Tre domande al giorno.”

“Tre domande cui però non potrà non rispondere.”

“Affare fatto.”

I due si strinsero la mano e Belle non potè fare a meno di ripensare alla loro conversazione di tempo addietro. Era davvero possibile che il padre di Henry fosse Baelfire?  

Marie saltò sul divano e iniziò a fare le fusa al ragazzino, che aveva già smesso di piangere e rideva felice tra la gattina e l’uomo più temuto di Storybrooke. Belle si sentì piena di tenerezza e le lacrime ricominciarono ad affiorare.

“Stai bene, Belle?”

“Non preoccuparti, Henry.”

I due si scambiarono un’occhiata d’intesa, poi il viso di Henry si illuminò.

“Davvero?”

“Davvero cosa?”

A suo marito fu risparmiato di rispondere dal suono del campanello.

“Vado io, dearie.”

Henry la guardò incuriosito.

“Aspettavate qualcuno?”

“No… era una serata tranquilla.”

“Mi dispiace.”

“Figurati.”

“Rumpelstiltskin sembra molto meglio di come viene dipinto nel libro.”

“L’hanno sempre frainteso.”

La porta d’ingresso sbatté bruscamente e comparve in salotto Regina Mills, furibonda, seguita dietro da Emma e Sidney.

“Sceriffo Swan, visto che ha insistito tanto per avere questo posto, arresti subito questi due per rapimento!”

Rumpelstiltskin lanciò a Belle un’occhiata di scuse, poi disse in tono asciutto:

“Che sbadataggine da parte nostra, rapire il piccolo Henry e tenerlo in bella vista sul divano, slegato. A meno che non conti i gatti come temibili guardiani, pronti a saltargli addosso ad ogni mossa.”

Il ragazzino ridacchiò, ma smise subito davanti all’occhiataccia della madre adottiva. Belle si alzò e ignorò completamente Regina per sorridere apertamente a Emma.

“Ti assicuro, Emma, che non abbiamo rapito nessuno.”

Henry s’intromise.

“Sono venuto da Isabeau perché lei mi capisce!”

“Io sono tua madre, Henry!”

“Tu hai distrutto il mio castello! E anche il mio libro!”

“Buon Dio, Henry, potevi romperti l’osso del collo in quel posto.”

“Basta!”

Belle aveva spesso notato che suo marito non aveva mai bisogno di alzare la voce. Regina e il ragazzino tacquero e Sidney si schiarì la voce.

“Non è opportuno, Henry, stare in casa di un piromane e di una donna che ha passato sei anni in manicomio. Tua madre era giustamente preoccupata.”

Emma alzò le sopracciglia fino quasi al livello dei capelli, Rumpelstiltskin le corrugò e Belle arrossì.

“Complimenti, Sidney. Sei riuscito a offendere con una frase tutti i presenti.”

Vedendo l’espressione stupita di Sidney, il marito intervenne.

“Me per avermi definito un piromane, Isabeau per averle dato della malata mentale, Regina per l’implicazione che non sa badare a Henry ed Emma perché non l’hai riconosciuta come madre effettiva del ragazzo.”

“Non intendevo assolutamente….”

“L’intenzione è ininfluente, signor Glass.”

Emma e Belle si scambiarono uno sguardo. Era bello vedere come Rumpelstiltskin fosse sempre il suo cavaliere. 

“Bene, a quanto pare la nostra presenza non era richiesta. Andiamo, Henry. Ti porto a casa, è tardi.”

“No, sceriffo, io lo porto a casa perché è mio figlio.”

Rumpelstiltskin mormorò a mezza voce:

“Quella donna è tutta un mio, mio, mio.”

Regina lo fulminò con lo sguardo prima di voltargli le spalle e uscire con Henry stretto a sé. Sidney ovviamente la seguì ed Emma se ne andò per ultima.

“Buona serata.”

“Grazie, signorina Swan.”

Belle si mordicchiò il labbro non appena il marito tornò a sedersi accanto a lei.

“Sei arrabbiato?”

“Per cosa? Per aver fatto saltare la copertura con Henry o per non avermelo detto?”

“Tutte e due.”

Le spalle dell’uomo si rilassarono e lui sorrise.

“No. Dovevo prevederlo. E poi, il ragazzo può essere il nostro migliore alleato. Se non avesse insistito con la signorina Blanchard, il caro Charming non si sarebbe mai svegliato.”

“Per quello che ne è valso. Presto Mary Margaret ne avrà il cuore spezzato, se David non si decide a lasciare Kathryn.”

“Lascia tempo al tempo, dearie.”

“Non sopporto quando fai l’Oracolo. Nemmeno tu puoi sapere che andrà tutto bene.”

Rumpelstiltskin la guardò esterrefatto.

“Le mie orecchie m’ingannano, o l’eroina, la Bella, non ha più fiducia nel Vero Amore?”

“Scusa.”

Gli occhi chiari di Belle erano tornati di nuovo tristi e aveva l’aria di un cucciolo cui fosse stato tolto l’osso.

“È solo che… dipende tutto da noi, persino il far credere Emma. Ma come facciamo, se siamo così disprezzati?”

“Se è per quello che ti ha detto il Genio, tesoro…”

“Sai benissimo che lo pensano tutti.”

“Mmmmh… ti ci vorrebbe qualcosa… un regalo per farti tornare il buon umore.”

“Basta viziarmi. Mi fai sentire ancora peggio.”

“Perché non vieni nella nostra vecchia camera degli ospiti?”

“Perché vecchia?”

“Non vorrai rovinare la sorpresa, vero, dearie?”

Belle lo seguì su per le scale, dubbiosa. Appena arrivati, lui le coprì gli occhi con le mani.

“Non è necessario, Rumpel. Posso chiuderli da sola.”

“Ma sbirceresti.”

“Non è vero!”

“Lo è.”

L’aveva nel frattempo trascinata nella stanza e lei sentì un profumo strano, come quando tiravano fuori le decorazioni natalizie.

“Posso aprire?”

“Puoi.”

Belle ci mise un po’ ad aggiustare la vista, ma presto riuscì a vedere…

Niente.

La stanza era completamente vuota, ad eccezione di una culla, in un angolo, simile a quella che Rumpelstiltskin aveva nel suo negozio, ma invece di unicorni azzurri pendevano roselline di cristallo, piccoli charmes a forma di libri, arcolai, e… tazzine. 

Tazzine scheggiate.

“Visto che non sembravi prenderne coscienza, tesoro, ho pensato… non so, io ho la sensazione che sia una bambina.”

“Come… com’è possibile? Non ho nausee.”

“Non ancora. Può essere che ti vengano tra breve, o che non ce le abbia affatto. Uno dei pregi di essere col Signore Oscuro, immagino. Ma hai avuto moltissimi sbalzi d’umore, ultimamente, mangi per due..”

“Oh, no, non mangio per due!”

“Cos’hai mangiato ieri sera, a cena?”

“… Pizza.”

“Poi?”

“… Gelato.”

“Poi?”

“… Una fetta di torta al cioccolato.”

“Una?”

“… Due.”

Belle si mise la mano sul ventre,  la speranza mista a paura che non fosse vero. 

“Secondo… secondo te, è troppo tardi per andare da Eolo?”

“Lo farò aprire io, se necessario.”

Lei sospirò di sollievo.

“Se non altro, si spiega come abbia potuto commettere l’azione di versare un bicchiere d’acqua in testa al signor Booth.”

“Tu hai fatto cosa?”

“Se l’era cercata.”

“Non ne dubito, tesoro mio, ma sai che sono sempre più che felice di prendermi cura di questi problemi.”

Belle lo abbracciò di slancio, poi afferrò la giacca.

“Vado io, tu resta. È una cosa da donne.”

“Belle, sei in pigiama.”

“Non m’importa.”

“Puoi aspettarmi qui.”

“Certo, ti venderanno subito un test per la gravidanza.”

Rumpelstiltskin sospirò, sconfitto.

“Non ti posso dire di no.”

“No, sai anche tu che è meglio se vado da sola.”

 

 

“Davvero, Isabeau?”

“Oh, per favore, Phyllis, non anche tu.. ti giuro, non so che cosa mi sia preso…”

“A occhio e croce, direi che ti sei trasformata in Jenny, la cugina di Hulk, hai deciso di entrare a tutti i costi all’emporio scassinando la porta…”

“Due minuti! Ero arrivata due minuti troppo tardi!”

“Cos’ha detto il Grande Mago di Oz al riguardo?”

“Come al solito, ha dato la colpa prima a se stesso, poi al signor Clark per aver chiuso troppo in orario. Spero che non lo perseguiti.”

“Se glielo chiedi tu, no, vedrai.”

“Non è orario di visite! Chi è lei?”

Emma era sulla soglia, piuttosto alterata. La giacca blu era messa rovescia e il berretto di lana grigia stava cadendo di traverso, gli occhi chiari erano turbati. 

“Tutto bene, Emma?”

“Proprio tu me lo chiedi, Isabeau, dopo che ti ho arrestata per aver scassinato l’emporio?”

“Eddai…”

Elphaba si alzò con un movimento fluido e strinse la mano alla Salvatrice.

“Sono Phyllis Menzel. Mi dispiace di non esser venuta durante l’orario di visite, ma Isabeau aveva bisogno di me.”

“Tuo marito mi ha già minacciata di morte se non ti lascio libera, Isabeau.”

“Esagera.”

“Cosa diamine eri andata a fare? Che avevi in mente?”

Belle arrossì. Non si era sbottonata con nessuno, a parte con Effie, così la guardò esitante.

L’altra la guardò divertita, poi frugò nella borsa.

“E se ti dicessi che ne ho preso uno io per te?”

Bella scattò fino alle sbarre, mettendo Emma sull’attenti.

“Oh, Phyllis, grazie! Oddio, grazie… ma cosa diranno…?”

“Come se me ne importasse qualcosa.”

Emma lasciò cadere la giacca e la pistola quando vide cosa teneva in mano la visitatrice.

“Isabeau! Dovevi dirmelo!”

“Non dire sciocchezze, Emma.”

“Si spiegano molte cose… nessuno ti avrebbe fatta arrestare.”

Belle si morse il labbro.

“Non voglio che lo diciate a nessuno. É una fortuna, in effetti,  che non possa averlo preso io.”

“Perché mai?”

Effie le lesse subito nel pensiero.

“Hai paura di Regina?”

Emma le guardò, lo sguardo più oscuro.

“Non è esagerato? E se è detto da me, che sono appena stata umiliata da lei di fronte a tutto il paese…”

“Ho sentito delle voci. Oh, Emma, Henry ti aveva detto di non farti prendere dalle emozioni. Comunque, avresti dovuto insistere.”
“Nel rendermi ridicola?”

“Può aver preso i soldi per una buona causa, ma ha lo stesso preso soldi che non erano suoi.”

“Era inutile insistere. Tutti erano dalla sua parte, chiaramente.”
Effie si arricciò una ciocca e poi la lasciò libera.

“Hai fatto bene a tenere segreto il tuo sospetto, Isabeau. Regina ti odia, anche se non quanto tuo marito.”

“Se sapesse che sono incinta, ce la metterebbe tutta per farmi rinchiudere e portarmi via la mia bambina.”

“Rum non lo permetterebbe. La ucciderebbe, prima, Isabeau.”

“Rum?”

Elphaba ridacchiò.

“Il soprannome del signor Gold.”

“Che nome ha, Rumpelstiltskin, per essere chiamato così?”

Belle scoppiò a ridere e così anche Elphaba.

“A Henry piacerebbe di sicuro.”

“Che cosa piacerebbe a mio figlio, signorina French?”

Regina se ne stava sulla soglia, gelida come una statua di ghiaccio.

Belle la guardò dritta negli occhi.

“Forse che sua madre adottiva ha problemi a ricordarsi il cognome delle persone.”

Elphaba le lanciò un’occhiata di avvertimento, ma lei aveva smesso da tempo di frenarsi.

Ad ogni modo, la regina non ribatté ma tirò fuori una cartella. Almeno Effie aveva nascosto il test di gravidanza.

“Che cos’è?”

“Con il suo tentativo di furto con scasso ha fatto preoccupare alcuni membri della comunità. Poco tempo fa ha versato senza motivo dell’acqua in testa ad un uomo, e ci sono diversi testimoni del fatto…”

“Non ero immotivata!”

“Dal suo punto di vista, naturalmente. Proprio per questo la città è preoccupata, e c’è stata una petizione per farla tornare in manicomio.”

Belle impallidì, ma rimase ferma e stabile in piedi. Emma intervenne, guardinga.

“Che cosa ha detto suo marito, il signor Gold?”

Regina fissò Isabeau negli occhi con uno strano sorriso.

“Non ne sa ancora niente, immagino, ma non è particolarmente amato a Storybrooke, senza contare che proprio lei, signorina Swan, ha smascherato un suo atto di piromania che gli impedirebbe di intervenire nell’internamento.”

“Da quando?”

“Certo, potrebbe sempre chiedermelo… per favore, non crede, signora Gold?”

Belle cercò di non irrigidirsi. Era tutta una trappola per Rumpelstiltskin, e lei ne era l’esca.

“Se ne vada. Non voglio vederla.”

“Mi vedrà lo stesso, quando verrò a prenderla con gli infermieri.”

Emma si frappose fra le due.

“Serve l’autorizzazione del marito e lei lo sa bene, Regina.”

“Ma, vista la… fedina penale, per così dire, del signor Gold, non verrebbe presa in considerazione la sua firma, quanto quella del tutore più indicato.”

Belle ed Elphaba si guardarono, preoccupate e confuse.

“Chi?”

“Guarda caso, ho già con me l’autorizzazione firmata.”

Il sindaco esibì un foglio, su cui era scritto a chiare lettere:

Moe French 

Belle dovette aggrapparsi alle sbarre per non lasciarsi cadere all’indietro.

“Mio… mio padre…?”

“Proprio così.  Ora, la lascerò in pace per il resto delle sue ore di reclusione. Buona giornata.”

Solo quando se ne andò Belle si sedette, tremante. Emma aveva aperto la cella e lei ed Elphaba le si erano sedute accanto. 

“Non lo permetterò, Isabeau. Non può…”

“Ha l’autorizzazione di mio padre. Sapevo che non aveva simpatia per me, ma… pensavo che…”

Stava già piangendo senza rendersene conto. Le pareva impossibile d’esser stata così felice poche ore prima.

“Cosa intendeva dire, piuttosto, con il fatto che tuo marito doveva chiedere per favore?”

Lei riuscì a singhiozzare qualcosa dalla spalla di Effie.

“Proprio questo complica tutto. Emma… non sono io il bersaglio di tutto questo. È mio marito. Regina lo vuole vedere soccombere, perché… è l’unico che le tenga testa e vinca. Io sono la sua unica debolezza.”

 

 

 

Angolo dell’autrice: Lo so, lo so, sembra tutto tragico. Gold doveva pur aggredire Moe per qualcosa, no? Comunque, non disperate. Non sono così cattiva. Sneak Peek: un alleato si fa avanti e Regina non potrà metaforicamente mettersi seduta per moooolto, mooooolto tempo.

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Capitolo 12
*** Skin Deep ***


“Rumpelstiltskin, calmati, ti prego!”
Lui non la ascoltò e continuò a distruggere tutto quello che c’era in cantina.
“Ti prego, dobbiamo trovare una soluzione, non mi aiuterai facendo così.”
A quella preghiera finalmente suo marito posò il bastone ma Belle non si tranquillizzò.
I capelli di Rumpelstiltskin erano spettinati, gli occhi due pozze nere e profonde, le labbra tirate in un sorriso folle e le dita che si aprivano e chiudevano come se avessero in mezzo il collo di Regina.
O di suo padre.
“So io come annullare il pericolo, dearie. Ucciderò tuo padre, così sarò io il tuo solo… tutore legale.”
“Rumpelstiltskin!”
“Come puoi difenderlo?”
“Abbiamo le nostre divergenze, ma sai che è la sua personalità maledetta che lo fa agire così. Non voglio certo perderlo per mano tua.”
Gli prese la mano e gliela posò sul ventre.
“Pensa alla nostra bambina. Vuoi farla crescere senza nonno?”
“Non sarebbe una gran perdita per lei.”
Nonostante quelle parole, lei capì che il peggio era passato. Gli occhi erano tornati del normale color cioccolato screziato d’ambra e c’era un leggero sorriso sulle sue labbra.
“Emma è dalla nostra parte, caro.”
“La legge è dalla parte di Regina. Per questo bisogna agire al di fuori di essa.”
Belle si massaggiò le tempie e sospirò, lasciandosi ricadere sul divano. Subito sentì il braccio di Rumpelstiltskin circondarle le spalle e una mano posarsi sul ventre. Lui le baciò le tempie e appoggiò la fronte sulla sua guancia.
“Capisco i tuoi timori, Belle, ma la situazione è grave. Non voglio che ti portino via da me.”
“Emma…”
“Basta nominare la Salvatrice! Finchè non crede non può fare niente e non riuscirà mai a trovare delle prove contro Regina. Nel frattempo tu dovresti stare in una cella imbottita e non lo permetterò.”
“Ci deve essere un modo che non comprenda l’omicidio!”
Vide lo sguardo di Rumpelstiltskin approfondirsi come quando aveva trovato una soluzione.
“Nemmeno un po’ di tortura?”
Lei sbuffò e gli lanciò il cuscino.
“Potrei parlare con mio padre, cercare di convincerlo…”
“Non da sola.”
“Se ci sei tu, ti accuseranno di averlo minacciato.”
“L’idea migliore, se vuoi il mio parere, dearie. Farò in modo di non lasciare segni troppo visibili.  Regina saprebbe, naturalmente, ma non potrebbe provarlo.”
“Rumpelstiltskin, è mio padre!”
“Tra lui e te sceglierò sempre te, lo sai.”
Belle gli posò la testa sulle gambe e cercò di non rabbrividire. La prospettiva di essere ridotta ad uno zombie di medicinali non le sorrideva, anzi, non voleva ritrovarsi ancora una volta rinchiusa, ma non riusciva a concepire l’idea di fare del male a suo padre per impedirlo.
“Dearie… lo sai, non farei niente per ferirti. Se vuoi che troviamo un altro modo, lo faremo.”
Lei gli sorrise e lui le baciò la mano.
“Per quanto a Regina piaccia pensare di essere a capo di tutto, qui a Storybrooke, ma non può certo rinchiudere chi vuole per insanità mentale.”
“Chiunque no, ma una che ha già dei precedenti…”
“Ed è sposata con l’uomo più odiato della città…”
Belle gli diede uno schiaffo sulla mano.
“Basta con questa storia! Non sei un mostro, non lo sei mai stato, hanno solo bisogno di conoscerti!”
Rumpelstiltskin roteò gli occhi.
“Certo, come mai non ci ho pensato prima?”
Duchessa intervenne, richiamando la loro attenzione con fusa sonore. Belle le diede una grattatina dietro le orecchie, desiderando che fosse tutto calmo, una volta ogni tanto.
“Belle…?”
“Si?”
“Se non posso picchiare tuo padre, posso prendermela con Booth?”
“No! Cosa c’entra, poveretto?”
“Se non ti avesse provocata, non gli avresti tirato il bicchiere d’acqua e Regina avrebbe un appiglio di meno.”
“Spero tu stia scherzando.”
Nessuno dei due parlò per un po’. Entrambi stavano cercando di non pensare a quell’incombente minaccia, ma per lei era difficile. Non voleva farsi vedere preoccupata e pessimista da Rumpelstiltskin, ma la verità era che Regina aveva saputo sfruttare la sua peggiore paura: quella degli spazi chiusi e ristretti.
Senza contare il bambino… o la bambina, come sosteneva d’intuire suo marito. Non poteva partorirla in manicomio.
“Non permetterò che facciano del male a te o al bambino, Belle. Ucciderò Regina prima che succeda.”
“Dovrebbe rassicurarmi?”
Lui le posò una mano sul ventre.
“Hai pensato a come chiamare la bambina?”
Lei capì subito che stava cambiando discorso, ma lasciò correre. Si arricciò una ciocca intorno al dito e si umettò le labbra, pensierosa.
“Se è una femmina, mi piacerebbe Lily. O Persefone.”
Rumpelstiltskin roteò gli occhi.
“Persefone Gold. Naturalmente.”
“Sentiamo i nomi che avevi pensato tu, genio.”
“Per ora resteranno un segreto, dearie.
Il cellulare di Belle squillò una volta e lui si alzò di scatto a prenderlo.
“Lascia, faccio io, dearie. Resta sdraiata, non affaticarti troppo.”
“Stai scherzando, vero? Non si vede neanche il pancione e già mi metti a riposo?”
“I primi tre mesi sono importanti.”
Le porse il telefonino e lei aprì il messaggio.
“Operazione Salvataggio Bella: vieni con il signor Gold a casa mia tra dieci minuti. Il drago ha lasciato il nido.”
Rumpelstiltskin ridacchiò.
“Immagino sia di Henry.”
Belle non nascose il suo disappunto. La verità era che aveva sperato di stare un po’ sola con il marito, visto che la sua memoria maledetta le ricordava che oggi era il giorno di San Valentino, la festa degli innamorati.
A quanto pare, se l’era ricordata solo lei, nonostante fossero già le due del pomeriggio.
“Belle…”
“Si?”
“Avevo pensato di andare noi due da soli, stasera, nella capanna nel bosco. Ma, visto che gli alcolici per te sono esclusi, penso che potremmo tranquillamente trasferire tutto al piano di sopra… Però mi devi lasciare un po’ di tempo per fare i preparativi necessari.”
“Preparativi?”
Riecco il sorrisetto So-tutto-ma-non-ti-dico-niente.
“Credevi me ne fossi dimenticato, vero?”
Lei arrossì. Doveva essere davvero un lettore del pensiero, nonostante non ci fosse magia a Storybrooke.
“Pensavo di farti una sorpresa stasera, ma visto il messaggio del piccolo Henry, le cose potrebbero protrarsi troppo a lungo.”
Belle gli buttò le braccia sul collo e gli fece quasi perdere l’equilibrio.
“Quello che vuoi, Rumpel. Fra un’ora sarai esonerato da qualsiasi impegno.”
“Grazie, tesoro.”
Lui le accarezzò il ventre, poi le mise il cappotto.
“Forza, andiamo dal tuo figlioccio. Qualcosa mi dice che non sarà solo.”
 
 
“Lo dicevo io.”
Belle si fermò sulla soglia del salotto di Regina a bocca aperta. Davanti a lei c’era una vera e propria tavola rotonda, costituita da Henry, Emma, Archie, Phyllis, Mary Margaret e il signor Reading.
“Che diamine…?”
Henry mise le mani avanti.
“C’è bisogno di tutto l’aiuto che riusciamo a racimolare, Isabeau. Sedetevi, vi abbiamo lasciato liberi due posti.”
Belle si sentì un po’ seccata e un po’ compiaciuta quando Rumpelstiltskin le tirò indietro la sedia e la fece sedere.
“Tutto bene, dearie? Vuoi qualcosa…?”
Lei roteò gli occhi e Phyllis sbuffò.
“Tua moglie è incinta, non malata. Piantala di fare il paranoico.”
“Scusa tanto se mi preoccupo del benessere di mia moglie.”
Phyllis rivolse un sorriso a Belle.
“Sei riuscita a compiere gesti appena faticosi dalla lieta novella?”
“No. Non mi fa nemmeno più prendere il telefono. Assumerò presto la forma di un divano se continua così.”
“Ci sono anch’io, dearie.”
Phyllis non resistette a tirargli l’ultima frecciata.
“Bene, così impari ad essere meno ansioso.”
Il signor Reading tossì.
“Congratulazioni, Isabeau. Non sapevo che aspettavi un bambino.”
Rumpelstiltskin ridiventò subito se stesso e strinse forte il pomo del bastone.
“E vorrei essere ben chiaro sul fatto che, meno gente lo sa, meglio è.”
Guardò fisso Mary Margaret, che sembrava piuttosto confusa.
“Soprattutto Regina. Intesi? O vi ritroverete misteriosamente l’affitto raddoppiato.”
Belle gli tirò una gomitata.
“Mentre sarà dimezzato se starete zitti.”
Lei lo fissò.
“Sto iniziando a pensare che sia una buona idea se fra poco dovrai andare a organizzare la serata.”
Henry li guardò con un sorriso che andava da un orecchio all’altro.
“Oggi è San Valentino, vero? Cosa farete?”
Emma gli mise una mano sulla spalla.
“Basta così, ragazzino, non ho tutto il pomeriggio. Siamo qui di supporto per Isabeau, e per ideare un piano per impedire a Regina di rinchiuderla in manicomio.”
Belle sorrise tristemente.
“Vi ringrazio, ma non c’è molto da fare. Se ha la firma di mio padre…”
Rumpelstiltskin tossicchiò.
“No.”
“Potresti almeno ascoltarmi. Potrei avere un suggerimento utile.”
“Se include il bastone, una pistola, minacce dirette contro mio padre, non lo farò.”
Gli angoli della bocca di lui si piegarono verso il basso ed Emma incrociò le braccia sul petto.
“Nemmeno la scenata di stamattina è stata molto utile, Gold.”
Phyllis si rilassò contro la sedia e Belle si girò a guardarlo.
“Che scenata? Con mio padre?”
“Una cosa da niente, dearie.”
Emma si passò la lingua sulle labbra, godendosi quel momento.
“Gold ha sequestrato il furgone di Moe, Isabeau, con tutte le rose dentro.”
Belle sgranò gli occhi.
“Hai sequestrato ad un fiorista rose nel giorno di San Valentino?”
“Era indietro con i pagamenti. Il furgone sembrava una garanzia appropriata.”
Lei boccheggiò, poi inspirò bruscamente.
“Beh, a me invece sembra appropriato che tu stanotte dorma sul divano.”
“Ma è…”
“San Valentino? Sì, lo era per mio padre e lo è anche per te.”
Mary Margaret, che li stava guardando intenerita, si schiarì la gola.
“Non so quanto potrà essere utile, ma i bambini adorano Isabeau perché viene spesso a leggere in classe. Potrei convincere i loro genitori a firmare una petizione di protesta.”
Henry e Gold annuirono con aria di approvazione. Il bambino si fissò le unghie con un piccolo sorriso.
“Io invece…”
Tirò fuori dallo zaino dei fogli che porse a Rumpelstiltskin, il quale fischiò e scompigliò i capelli del ragazzino.
“Questo è oro colato, Henry. Posso tranquillamente trovare almeno cinque cavilli. Regina non è mai stato il tipo da comprendere la sottigliezza.”
Emma si raddrizzò.
“Che cos’è?”
“Niente che uno sceriffo debba vedere, signorina Swan. Se non sa niente potrà essere sincera, nel caso Regina decida di interrogarla.”
Cadde il silenzio per qualche istante, poi Archie si fece coraggio, anche se era rosso in viso quasi quanto i suoi capelli.
“Con tutto il rispetto, signore e signori, non penso davvero che tutto questo sia necessario.”
Belle si mise inconsapevolmente la mano sul ventre. Non sapeva il motivo, ma sentiva che sarebbe andato tutto bene se Archie avesse spiegato il suo pensiero.
“Cosa vuole dire, dottor Hopper?”
“Per rinchiudere Isabeau in manicomio, non importa quanti tutori legali, sindaci e quant’altro firmino o testimonino. La decisione, e la firma decisiva, spetta ad un esperto di psicologia che sia vissuto in contatto e abbia avuto in terapia l’accusata.”
Gli occhi di Gold s’illuminarono.
“Lei.”
Archie annuì, sistemandosi gli occhiali.
“Io. Non ho avuto Isabeau in terapia da molto tempo, ma questo la signora Mills non deve necessariamente saperlo.”
Si guardò intorno con aria orgogliosa e Belle si alzò per abbracciarlo.
“Grazie, Archie. Hai salvato me e mia figlia da una brutta situazione.”
Anche Rumpelstiltskin si alzò, e porse una mano allo psicologo.
“Le devo un favore, dottor Hopper. La ringrazio.”
Archie la strinse, deglutendo. Probabilmente stava pensando che le persone cui Gold aveva stretto la mano si potevano contare nelle dita di Topolino.
“Ho già informato la signora Mills a riguardo, e ha acconsentito sul fatto che non poteva fare niente con la mia valutazione. Non ne è stata molto contenta, ma ho deciso di ascoltare la mia coscienza.”
Belle gli rivolse un sorriso luminoso.
“Oh, non preoccuparti, Archie. Regina non potrà toccarti.”
“Ne sono consapevole. Il mio ruolo di psicologo di Henry mi mette in posizione di vantaggio rispetto a lei, perché sa che, se si dovesse arrivare a…”
Indicò con la testa Emma e Henry.
“… La mia parola avrà un peso molto forte.”
Belle si sentì improvvisamente leggera, suo marito invece strinse le labbra.
“E naturalmente Regina non si è premurata d’informarci.”
Emma alzò le spalle.
“Cosa vi aspettavate?”
“Oh, non è questo il problema, dearie. Quello che lei dovrà aspettarsi da me lo è.”
Guardò la moglie con la coda dell’occhio, ma Belle gli sorrise.
“Con Regina non ho nulla da obiettare, caro. La prossima volta che verrà da te a chiederti un favore, sentiti libero di cacciarla dal negozio.”
“Speravo in un po’ più di azione.”
“La vendetta è un piatto che va servito freddo, l’hai sempre detto.”
E la maledizione spezzata sarebbe stata la vendetta che più avrebbe distrutto Regina, aggiunse con gli occhi. Rumpelstiltskin capì e le prese la mano.
“Come vuoi, Isabeau.”
Henry si alzò gettando indietro la sedia per l’entusiasmo.
“Qualcuno vuole da bere? Per festeggiare?”
Belle annuì, sentendosi improvvisamente assetata.
“Ti do una mano…”
Il braccio del marito la bloccò.
“Ci penso io, tesoro, sta’ seduta.”
Phyllis si nascose il viso tra le mani, mentre le spalle tremavano. Belle avrebbe voluto strangolare Rumpelstiltskin, ma si trattenne. Aveva appena evitato di andare in manicomio, non gradiva l’idea di essere arrestata da Emma.
Tutti stavano parlottando mentre bevevano il caffè (per lei succo d’arancia) e Belle scorse una dozzina di mele rosse nell’angolo della sala.
Probabilmente il giovane Henry le aveva spostate per l’incontro, intuendo che sarebbe stato come se Regina fosse stata lì. Quando era ancora Isabeau, ricordava che mentre era in manicomio la regina veniva spesso a tormentarla, talvolta spiandola attraverso la finestrella della porta, talvolta portandole una delle sue mele.
“Questo tipo di mele provengono dagli alberi più resistenti al mondo, possono produrre frutti anche a temperature molto basse.”
“Non m’interessa.”
“Dovrebbe, invece. Lei non ha questa forza, signorina French. Lei è come quegli alberelli sottili che d’inverno raggrinziscono e i cui rami cadono per il peso della neve. La spezzerò, Isabeau.”
Lei aveva sempre rifiutato le mele che le portava, anche se Regina non aveva smesso quando era uscita per… come aveva detto? Rientrare nella società.
“Le ho portato un cesto delle mie mele, Isabeau, per congratularmi per la sua fortuna. Potrei trovarle un lavoro nel mio ufficio, come donna delle pulizie, naturalmente. Nulla di difficile.”
“Grazie, ma non ne ho bisogno. Sto per sposare il signor Gold.”
“Cosa?”
Non dubitava che quella notizia fosse stata un fulmine per lei. Il sorriso le si era cancellato all’istante.
“Come vuole, signorina French, ma si ricordi che quell’uomo è un serpente. Deve stare attenta a chi si porta a letto.”
“C’è del buono in ogni persona, io lo vedo. A parte in lei.”
Sentì una mano sfiorarla e vide lo sguardo preoccupato di Rumpelstiltskin a pochi centimetri dal suo.
“Sei stanca, Isabeau? Forse è meglio se torniamo a casa.”
Belle annuì. Quei ricordi l’avevano scossa parecchio, perché era stata così vicina al riviverli…
Si alzarono anche tutti gli altri, e lei li ringraziò ad uno ad uno, stringendo entusiasticamente le loro mani.
“Grazie a tutti. Non sapete cos’avete fatto per me.”
Emma si voltò verso Gold.
“Conta come il favore che le devo?”
“Visto che l’ha chiesto così gentilmente, signorina Swan… no.”
Belle si morse l’interno della guancia per non ridere quando Emma sbuffò irritata.
“Ci avrei scommesso.”
Henry attraversò di corsa il salone per abbracciarla, e lei fece fatica a sentire quello che le stava sussurrando.
“Prossima missione dell’Operazione Cobra: scoprire chi è il nuovo arrivato a Storybrooke.”
Lei gli sorrise e gli accarezzò la guancia.
“Puoi contarci, Henry.”
Si massaggiò la schiena mentre Rumpelstiltskin le passava un braccio intorno alla vita. Presto sarebbe stata così grossa che lui non ce l’avrebbe più fatta a compiere quel gesto.
Lo osservò durante il ritorno a casa: quel giorno era vestito con particolare attenzione, dalla sciarpa che pendeva slegata ai guanti di pelle nera. Aveva persino messo gli occhiali da sole.
“Ti piace quello che vedi?”
“Moltissimo.”
Suo marito scosse la testa, probabilmente chiedendosi ancora una volta come mai avesse scelto lui quando avrebbe potuto avere chiunque. Belle avrebbe tanto voluto convincerlo di ciò che vedeva, ma lui non le avrebbe mai creduto, indipendentemente dal fatto che, secondo i suoi racconti, sia Cora sia la sorellastra di Regina avevano avuto un’infatuazione piuttosto accesa nei suoi confronti.
I suoi timori su un’eventuale relazione tra lui ed Effie erano tutt’altro che lontani, e un turbamento geloso tornò ad assalirla.
“Rumpel?”
“Sì, cara?”
“Ecco… mi hai spesso parlato di Cora, e so che fa parte del tuo passato…”
“Mi sembra un gentile eufemismo, dearie. Cora è morta, uccisa per conto di Regina.”
“Solo di recente mi hai accennato, però, alla sua primogenita. Zelena.”
Vide subito le spalle di Rumpelstiltskin irrigidirsi. Dopo l’equivoco con Elphaba, lui aveva creduto meglio informarla anche dell’altra sua allieva e Belle si era sentita tutt’altro che rassicurata.
“Era estremamente pericolosa. Ambiziosa, invidiosa, potente persino più di Cora, ma non aveva la sua lucidità. Si lasciava guidare troppo dalle emozioni.”
Belle non gli chiese altro, vedendo la loro casa rosa – salmone – diventare sempre più vicina. Le era venuta fame e aveva voglia di…
“Rumpel?”
“Sì, cara?”
“Tra un giro e l’altro, mi porteresti….?”
“Cosa?”
Già… domanda da un milione di monete d’oro. Qualcosa di salato, ma con un retrogusto dolce. No, anzi, il contrario, ma cosa ci poteva essere?
“Belle?”
“Non mi viene in mente! Deve essere dolce ma non troppo, non è nemmeno esattamente dolce…”
“Vuoi una cheesecake?”
Gli occhi le si illuminarono e batté le mani.
“Sì! Sì, una cheesecake, grazie!”
Ora che gliel’aveva nominata, le sembrava la cosa più buona e perfetta del mondo. Era da un paio di mesi che non la mangiava e ora le sembrava di non poterne fare a meno.
“Sicura che non vuoi che ti accompagni dentro?”
“Sono ancora in grado di salire quattro gradini, grazie.”
Nonostante suo marito detestasse il colore della loro casa, a lei piaceva molto, con la sua struttura elevata e apparentemente stretta, senza contare le vetrate colorate. Avevano un bel giardino, ma non era molto grande ed era privo di fiori: Isabeau non li sopportava perché le facevano ricordare il padre e il comportamento nei suoi confronti. Tuttavia aveva insistito perché venissero piantati due alberi di magnolia e un salice sul retro, e da allora non aveva mai avuto rimpianti.
Solo… quella non era la sua vera casa. Il suo cuore era nel Castello Oscuro, con i suoi arazzi e oggetti magici, i sotterranei e i mobili antichi, il giardino pieno di alberi d’ogni tipo (ad eccezione dei meli), cespugli odorosi e piccoli stagni pericolosissimi. C’era quel ciliegio, sotto cui si metteva spesso a leggere, oppure quella fontana, in cui c’erano pesci cui lei dava da mangiare. Una volta, anche se non ne era del tutto sicura, aveva creduto di sentirli parlare.
Arrivata davanti alla porta, corrugò la fronte.
Era socchiusa.
Cercò di ricordarsi se l’avesse chiusa, prima di andare da Henry: ultimamente era diventata ancora più distratta e sbadata del solito, ma sicuramente Rumpelstiltskin se ne sarebbe accorto se la porta fosse rimasta aperta.
L’altra opzione, però, era ridicola: nessuno aveva il coraggio di andare a rubare dal temibile signor Gold.
“Chi ruba al Signore Oscuro viene scuoiato vivo, lo sanno tutti!”
No, Robin non era stato incluso nella maledizione, o almeno lei non l’aveva mai visto. Respirò profondamente, la mano sulla maniglia.
Rumpelstiltskin l’avrebbe uccisa.
Entrò senza chiamare aiuto e sobbalzò: il loro corridoio era pieno di oggetti caduti a terra, anche se ne mancavano alcuni. Sentì dei rumori provenienti dal salotto e si fece coraggio, avanzando in punta di piedi. Prese un ombrello e lo alzò, pronta a colpire il ladro quando si fosse avvicinato alla soglia per uscire, ma quando sbirciò dentro per poco non le cadde dalle mani. Chiuse gli occhi e li riaprì, sperando di sbagliarsi, ma l’uomo era ancora lì.
Quella familiare sagoma alta e massiccia, occupata a infilare ciò che trovava di prezioso in un sacco…
 “Papà?”
Moe French si girò di scatto, la bocca aperta in un’espressione ottusa. Il volto era ancora più rosso di quanto ricordasse, gli occhi sporgenti erano lucidi e le mani grosse tremavano.
Suo padre era un uomo disperato.
“Isabeau… Pensavo… pensavo fossi fuori.”
Belle si lasciò sfuggire una risatina isterica.
“Oh, lo vedo. Qualche altra battuta brillante, papà?”
Lo osservò mentre si guardava intorno, forse in cerca di una via di fuga. La nausea l’assalì all’improvviso, ma non era sicura se fosse per la gravidanza o la situazione in cui si trovava.
Moe alzò le mani, come per difendersi.
“Tu non sai cos’è successo stamattina, Isabeau, cosa mi ha fatto quella bestia!”
Belle impallidì.
“Stai rubando a casa di tua figlia e dai la colpa a mio marito? Che ne hai fatto, papà, del denaro che ti è stato passato? Come potevi essere indietro con l’affitto? Le tue condizioni sono più che generose.”
“Non hai il diritto di discutere dei miei affari! Sei mia figlia!”
Gli vide, affascinata, le tempie pulsare e le vene sul collo ingrossarsi. Non si rese conto di marciare verso di lui finchè non lo vide indietreggiare.
“Però stavi per rinchiudermi ancora in manicomio, non è vero, papà caro?”
L’altro impallidì, poi arrossì.
“Il sindaco mi ha assicurato che non sarebbe stato come l’altra volta! Era solo per tenerti al sicuro!”
“Al sicuro da…?”
Si bloccò.
“Pensi ancora che mio marito mi faccia del male?”
“Sei in pericolo con lui, Isabeau! Non sono stato un buon padre per te, in passato, ma ora lo sarò, salvandoti dalle sue grinfie! Otterrò un divorzio per te, non importa cosa dovrò fare!”
Belle alzò la voce.
“L’unica da cui devo essere tenuta al sicuro non è certamente Robert! Piuttosto, guardati allo specchio!”
Calciò il sacco dei suoi beni rubati fuori dalla sua strada.
“Le uniche persone che mia abbiano mai fatto del male siete stati tu e Regina Mills! Robert mi ha accolta, mi ha dato una casa, affetto, amore!”
“Oh, cara, è tutta una bugia, non puoi non vederlo!”
Lei aveva smesso di ascoltarlo. La sua attenzione era stata attirata da un lampo blu e bianco che usciva dal borsone. S’inginocchiò cautamente e tirò fuori, allibita, una tazzina bianca, decorata con pennellate blu acceso e con un bordo dorato.
Un bordo dorato scheggiato.
“Come hai potuto? Questa…”
“Isabeau, è solo una tazza.”
Qualcosa si spezzò dentro di lei. Si alzò, rossa in volto, le lacrime che le bagnavano già le guance.
Non è solo una tazza!
Moe si mosse lateralmente, come un granchio, per guadagnare l’uscita.
“Ascolta, figlia mia, dammi quella tazzina e ti lascio il resto… non cercherò neanche di riprendermi il furgone…”
Belle si sentiva sempre più confusa dal comportamento del padre. Che importanza poteva avere, per lui, la sua tazzina? Era priva di valore economico, e solo due persone sapevano cosa significasse per lei e Rumpelstiltskin…
Si diede della stupida per non averlo capito prima. Moe French era troppo vigliacco per agire di sua iniziativa, e conosceva esattamente chi poteva averlo pungolato nel modo giusto.
“È stata Regina, vero? Lei ti ha convinto a fare questa sciocchezza.”
“Avrebbe risarcito i miei debiti, se le avessi portato quest’insulsa tazza. Ha detto che potevo tenermi tutto il resto…”
Fece un gesto per strapparle la tazzina dalle mani, ma Belle si ritrasse in tempo.
“Vattene via, papà. Non dirò niente a mio marito, se te ne vai ora.”
“Dammela, Isabeau. Sono tuo padre. Non conta niente per te?”
“Non in questo momento. Va’ via, ti prego.”
Due grosse lacrime scesero dalle guance rugose di Moe, e lei quasi si sentì dispiaciuta per lui.
“Mi dispiace tanto, tesoro mio.”
Il padre cercò di prenderle la tazzina dalle mani, ma lei la tenne dietro la schiena, indietreggiando. Aveva paura, paura di quell’estraneo che aveva davanti e che le aveva afferrato il polso.
Urlò e si divincolò dalla presa, troppo salda per il suo braccio sottile, stringendo così forte la tazza da farsi sbiancare le dita.
“Ti prego, papà, non farlo!”
Moe riuscì a strapparle l’oggetto desiderato, ma il contraccolpo fece perdere l’equilibrio a Belle, che incespicò all’indietro cercando un appoggio qualunque. La caduta venne rallentata dallo spigolo del tavolino contro cui sbatté la testa, vide la schiena del padre che si allontanava in fretta, poi mille punti le esplosero davanti agli occhi per poi mimetizzarsi al buio dell’incoscienza.
 
“Isabeau! Isabeau!”
La prima cosa di cui Belle si accorse, fu la mano che le sosteneva il capo. Strizzò gli occhi un paio di volte, dopodichè mise lentamente a fuoco il volto preoccupato e i capelli biondi di Emma Swan.
“Emma…”
“Che cos’è successo? Sei stata assalita?”
Assalita… si guardò intorno. Era nel suo salotto, ma era irriconoscibile: era tutto a terra, e mancavano diversi oggetti…
“La tazzina!”
“Che cosa?”
“La tazza, mo… mi hanno rubato la tazzina dal bordo scheggiato!”
“Di che stai parlando? L’ambulanza sta per arrivare, calmati.”
“Mo…”
No, non voleva dire quello… mi… mia… mio…
“Mio padre! È stato mio padre!”
“Che succede qui?”
Rumpelstiltskin era sulla soglia, la pistola puntata verso di loro. L’abbassò subito quando la vide a terra.
“Isabeau!”
Suo marito spinse da parte Emma senza troppi riguardi e si chinò al suo fianco, facendola sedere lentamente e appoggiandole la testa sulla sua spalla. Le sue dita nervose le tolsero alcune ciocche di capelli dal viso e si posarono su una guancia.
“Cos’è successo, sei caduta?”
Guardò male Emma, pensando che fosse colpa sua, ma lo sceriffo incrociò le braccia sul petto.
“Ho ricevuto una chiamata da un suo vicino, sostenendo d’aver visto qualcuno di sospetto entrare in casa vostra.”
“Ha già chiamato l’ambulanza?”
“Sì, sta per arrivare.”
“Quanto ci mette, maledizione? Storybrooke è un maledetto buco.”
Belle si tastò il ventre, terrorizzata dall’idea che la caduta avesse comportato gravi conseguenze per il bambino, ma Emma le strinse la mano.
“Stai tranquilla, se fosse successo qualcosa a tuo figlio, ci sarebbe del sangue a terra a causa dell’emorragia. Sei caduta di schiena e non da una grande altezza, anche ad una ragazza che conoscevo a Boston è successo. Piuttosto, mi preoccuperei per la testa.”
“No, no, sto bene… o meglio, mi fa mal di testa, ma non sento nausea e, se avessi gli occhi strani, l’avreste già notato. Penso che l’ambulanza serva di più a lui.”
Rumpelstiltskin se ne stava immobile, pallidissimo, le pupille dilatate per la paura, ma la battuta lo fece tornare in sé e riuscì a fare l’imitazione di un sorriso.
“Ti farò fare dei raggi, amore mio, e farò controllare a Whale il bambino, anche se concordo con la signorina Swan al riguardo.”
Lei gli sorrise, ma venne distratta da Emma, che le aveva stretto la mano per attirare la sua attenzione.
“Isabeau, stavi dicendo, prima che arrivasse tuo marito, che tuo padre…?”
Belle cercò di metterla a tacere con lo sguardo, ma era già troppo tardi.
Tuo padre? È lui che ti ha fatto questo?”
Rumpelstiltskin stava sibilando per la rabbia e la collera gli aveva irrigidito il viso, le labbra arricciate sui denti come un lupo.
“Ha preso la nostra tazzina, Robert… ho cercato d’impedirglielo…”
“Perché cercare una tazzina scheggiata, Isabeau? Non ha portato via altro?”
“Sì, ma la tazza è l’unica cosa insostituibile. Ha un valore sentimentale altissimo per me.”
Emma fece per parlare ancora, ma Rumpelstiltskin la fulminò con un’occhiata.
“Penso che le domande possano aspettare, signorina Swan. Dopotutto, sappiamo già chi sia il colpevole.”
Qualcosa nel suo tono spaventò Belle. Non provava molto affetto per suo padre, ma non voleva nemmeno che il marito lo uccidesse e lo seppellisse nel bosco.
Stava per obiettare, quando finalmente arrivò l’ambulanza e Rumpel ed Emma l’aiutarono ad alzarsi.
“Mi dispiace per il San Valentino rovinato, Robert.”
“Non importa, non hai bisogno di un giorno speciale per sapere quanto ti amo.”
Emma storse il naso, ma Belle sapeva quanto quelle dichiarazioni fossero nel suo carattere, e gli sorrise.
“Aspetterò con te i risultati delle analisi, poi tornerò domattina.”
Lei cercò di stare calma quando gli infermieri la portarono per i corridoi dell’ospedale: quell’odore di disinfettante, i muri biancastri e i camici bianchi e verdi la facevano star male più della botta alla testa. Il dottor Whale fu molto premuroso con lei, limitando i suoi sguardi d’apprezzamento sotto gli occhi minacciosi di Rumpelstiltskin, e le fece i raggi e le analisi in tempo record.
Da quanto sapeva, il dottore non aveva mai avuto paura di rimbeccare suo marito nella Foresta Incantata, disposto a tutto pur di riuscire a riportare in vita suo fratello, così era strano vedere come anche lui fosse tremendamente in soggezione alla presenza dello spietato signor Gold. Le venne da ridere: che bella storia sarebbe stata per sua figlia quella in cui Biancaneve era uscita con Frankenstein. Sembrava una barzelletta.
Victor tornò dopo pochissimo tempo, tallonato da un molto agitato Rumpelstiltskin.
“Va tutto bene, signora Gold. Avrà un bel bernoccolo e qualche emicrania per un paio di giorni, ma il bambino non ha sofferto. Devo avvisarla di stare molto attenta, i primi tre mesi…”
“Sono importanti, lo so.”
Suo marito si schiarì la gola.
“A questo proposito, dottore, gradirei che la gravidanza di mia moglie rimanesse al di fuori dei pettegolezzi cittadini… e da eventuali uccellini.”
“Uccellini?”
“Diciamo grosse gazze gracchianti.”
Il medico arrossì e Belle si nascose un sorriso dietro la mano, certa che l’altro avesse colto l’allusione.
“Certamente, non lo dirò a nessuno.”
“Molto bene.”
Rumpelstiltskin si chinò su di lei e le baciò la fronte, sorridendole.
“Riposati, tesoro, e quando ti dimetteranno avremo il nostro San Valentino.”
“Rumpel…”
“Sì?”
“Promettimi che non andrai a cercare mio padre per vendicarmi.”
Lui non rispose, serio in volto, poi si girò di scatto e zoppicò verso l’uscita.
“Robert! Robert, promettimelo!”
Belle si sentì prendere dall’ansia. Lo conosceva troppo bene, e il rancore che provava nei confronti di Moe era di data troppo vecchia per poter sperare di calmarlo.
Compose frettolosamente un numero.
“Pronto?”
“Emma, sono Isabeau. Devo chiederti un favore.”
“Ti servono degli abiti di ricambio?”
“No, sto bene, ma vorrei che tu seguissi mio marito.”
“Isabeau, io non mi occupo di tradimenti domestici!”
“ Ma di omicidi sì. Ti prego, fa’ in modo che non si avvicini a mio padre.”
Ci fu un momentaneo silenzio dall’altra parte, e il suo stesso respiro le suonò troppo sonoro.
“Credi che possa fargli del male?”
“L’ho già trattenuto a fatica quando ha scoperto che aveva firmato l’ordine per Regina. Non oso immaginare cosa farà adesso che mio padre ha messo a repentaglio la vita mia e del bambino.”
“Ho capito. Lo seguirò, tu riposa tranquilla.”
“Grazie.”
Si lasciò ricadere sui cuscini, la testa martellante per l’emicrania e la gola chiusa per l’ansia. Aveva sempre saputo che Rumpelstiltskin non era un santo, che era estremamente vendicativo verso chi colpiva la sua famiglia, ma aveva sperato che non essere il Signore Oscuro e non avere magia avesse contribuito ad attenuare il suo lato oscuro.
E se Emma non fosse riuscita a fermarlo?
Lui non era uno stupido. Si prese il capo tra le mani e cercò di rilassarsi. Non s’illudeva che il pericolo non fosse reale, ma non era ancora successo nulla.
Accese la TV della camera, ma non vide nulla, gli occhi persi nel vuoto. Per quanto fosse strano ammetterlo, le mancava il conforto della sua tazzina, che ne aveva passate così tante, proprio come il loro amore. Era così tanto tempo che non si sentiva così… da quando sua sorella era scomparsa e data per morta.
Scacciò quel pensiero. Erano passati troppi anni, e faceva troppo male.
“Belle! Belle, va’ via da lì!”
“Dai, lasciati andare un po’!”
“Principessa Belle.”
Lei si voltò e vide Regina, che le tendeva una mela.
“Mi dispiace così tanto per la morte di tuo padre, cara. Un morso a questa mela, e dimenticherai ogni tuo dolore.”
“Ma io non voglio dimenticare. Devo ricordare Rum…”
“Sciocchezze. Seguimi.”
Belle seguì la regina in una camera che sembrava apparsa dal nulla. Le pareti erano ricoperte di stoffa decorata con rose, i mobili chiari e l’azzurro predominanti le sembravano familiari.
“Che c’è, principessa, non riconosci più la tua cameretta?”
Regina le porse un libriccino rosso.
“Te lo ricordi? Adoravi che tua madre te lo leggesse, la sera.”
“Sì… era mio…”
Prese in mano il primo libro che le avessero mai regalato. Era stato un dono della madre, poco prima di morire.
“E questo? Oh, guarda, scommetto che ti era mancato!”
Era un drago di velluto blu, abbastanza malandato, ma lei lo riconobbe subito.
“Oh, Philippe! Chissà dov’era finito!”
Se lo prese in braccio, sorridendo felice. La regina le passava, mano a mano, tutti gli oggetti più cari della sua infanzia e ben presto Belle non sapeva più come facesse a reggere tutto.
“Che ne dici, ti va di restare qui?”
“Sì, io devo…”
Lo sguardo si fissò su uno specchio, in cui le era parso di vedere un paio d’occhi scuri e un viso dalla pelle verdognola.
“Io… io devo tornare…”
“Devi tornare qui, tesoro, dove appartieni.”
“No, devo andare da Rum… Rumpel…”
“Rumpelstiltskin!”
Belle si svegliò, il sangue che emetteva un ronzio fortissimo nelle orecchie. Non ricordava d’essersi addormentata… dovevano averle messo qualcosa per farla riposare nel the. Si toccò il ventre, cercando di trasmettere il suo sollievo al bambino. Che razza di sogno… non aveva sognato la sorella da quando era una ragazzina… mescolarlo a Labyrinth, poi, era paradossale, soprattutto per lei che era stata ospite con Rumpelstiltskin presso il Re dei Goblin.
E la presenza di Regina…
Sentì all’improvviso molto freddo e si rannicchiò sotto le coperte, desiderando d’essere a casa e abbracciata a Rumpel.
Notò solo allora lo schermo luminoso del cellulare. Un’ora prima aveva ricevuto un messaggio.
Lo aprì, temendo il peggio. Suo marito aveva ucciso Moe. Rumpelstiltskin era stato vittima di un incidente.
No, era di Henry… che strano.
“Perché Rumpelstiltskin ha detto alla mia mamma adottiva, mentre era in prigione, di ‘non fargli più una domanda stupida come chiedergli il nome, per favore’?”
 
 
 
  
 
Angolo dell’autrice: Chiedo umilmente scusa per i ritardi orribili. Ci resto male, ma l’ispirazione va e viene. Ringrazio chi segue ancora questa storia, nonostante i lunghi tempi di attesa, ma spero che il capitolo ne valga la pensa. Sneak peek: si viene a sapere della sorella di Belle, Rumpelstiltskin dovrà offrire argomentazioni molto valide per non dormire sul divano e la nostra bella dovrà difendersi dalle malelingue. Alla prossima! 

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