A Game of Masks

di Hypnotic Poison
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Special Division of Investigation ***
Capitolo 2: *** God has given you one face, and you make yourself another ***
Capitolo 3: *** How many secrets can you keep? ***
Capitolo 4: *** I bet you look good on the dance floor ***
Capitolo 5: *** And the thrill of the chase moves in mysterious ways ***
Capitolo 6: *** You may be a lover but you ain't no dancer ***
Capitolo 7: *** Come on tell me the answer ***
Capitolo 8: *** Are there some aces up your sleeve? ***
Capitolo 9: *** And the masquerade will come calling out at the mess you made ***
Capitolo 10: *** We'll play hide and seek to turn this around ***
Capitolo 11: *** This is my kingdom come ***



Capitolo 1
*** Special Division of Investigation ***


A Game of Masks

A game of masks













Capitolo uno: Special Division of Investigation.



Il palazzo era così vistoso che ormai la gente non ci faceva più caso; le alte vetrate e la sfilata di persone che entravano ed uscivano a qualsiasi ora catturavano brevemente l'attenzione di chi vi passasse per la prima volta, ma era così anonimo nel suo essere imponente che nessuno ci si soffermava più del dovuto.
Quella era la sua funzione.
I piani più bassi erano occupati da normali uffici, studi legali ed editori. Era ai piani più alti che si trovava il divertimento.
Il Dipartimento Speciale di Investigazione era un reparto riservato dell'Agenzia di Intelligence per la Pubblica Sicurezza. (*) Dislocato lontano dal palazzo del quartier generale, era uno di quei reparti di cui tutti sapevano, ma che nessuno conosceva davvero. Si veniva scelti dopo un'accurata selezione, ed in pochi potevano discutere la loro vera occupazione. Era un lavoro difficile, stancante ed anche emotivamente provante; ma, per chi vi era portato, valeva tutta la pena.
Il lavoro sul campo era la parte più avvincente, quella che tutti speravano di affrontare e per cui accettavano l'incarico, ed ovviamente quella che accadeva il meno spesso, visto quanto doveva essere accuratamente pianificata. Il Dipartimento Speciale, in fondo, trattava solo casi particolari; quelli per cui, ad esempio, serviva l'appoggio dell'Intelligence straniera.
Ryo Shirogane, Agente Speciale di Prima Classe, lavorava per il DSI da quasi un anno come agente di supporto della CIA; la sua doppia cittadinanza nippo-americana gli facilitava infatti le cose. Non erano in molti a voler lasciare gli Stati Uniti per collaborare con gli altri paesi, ma a lui era piaciuto aver la possibilità di tornare nella sua seconda casa per un'occupazione che gli era sembrato meno stressante che lavorare per la prima agenzia di spionaggio al mondo.
Non che il lavoro che avesse ora fosse tanto più rilassante, ma a lui pareva diverso; ed aveva il bonus di averci guadagnato in grado di comando.
Come ogni mattina, puntuale come un orologio svizzero, alle otto e cinquantacinque passò il tesserino tra le colonnine scanner situate all'ingresso, che emisero un flebile bip aprendo i cancelletti automatici. La massa di persone che si affrettava lungo i corridoi si divideva tranquillamente in due gruppi; quelli che senza indugio si recavano agli uffici al piano terra o agli ascensori di destra, e quelli che, esibito ancora il tesserino davanti ad un altro scanner, prendevano i due ascensori di sinistra, gli unici collegati ai piani più alti.
L'importante era non dare nell'occhio, era la prima regola che veniva insegnata i primi giorni in cui ci si trovava sul posto, ma muoversi in mezzo agli altri come se tutto fosse normale; perché lo era, almeno per loro. E per Ryo, i cui capelli biondi erano facilmente distinguibili tra la folla di teste scure, quella era una regola fondamentale.
Le porte dell'ascensore si aprirono con un tintinnio sull'ingresso dell'ultimo piano, in cui si trovava il suo ufficio, ed il familiare odore di caffè e fogli di carta gli invase le narici. Erano ormai le nove, e la giornata doveva incominciare.
Si incamminò lungo il corridoio, facendo dei cenni con il capo alle facce che riconosceva; era un po' un'abitudine quella di stringere amicizia soltanto con le persone con cui si lavorava a più stretto contatto, lasciando gli altri a livello di una semplice conoscenza. Le relazioni interpersonali erano già abbastanza difficili senza doverci aggiungere anche la sicurezza nazionale.
Alla sua destra sfilavano le scrivanie degli altri agenti, alla sinistra le porte di vetro degli uffici dei ranghi più alti e le stanze di riunioni, ognuna affidata per consuetudine ad ogni squadra – e lui stava marciando dritto verso l'ultima, a tre porte dal suo ufficio, dove sapeva che lo stava aspettando una tazza di caffè nero bollente ed una lavagna piena degli ultimi risultati delle indagini.
Erano ormai otto mesi che lavoravano a quel caso, e gli erano sembrati gli otto mesi più sfiancanti della sua vita; o forse dopo già due anni non si era ancora abituato al ritmo di vita giapponese. Il fatto era che comunque, dopo appostamenti e intense ricerche, ancora non erano riusciti a sbrogliare il filo della matassa e ad avvicinarsi ai soggetti interessati.
Si sfregò la fronte, imponendosi di pensare positivo; erano vicini, lo sapeva. Doveva solo avere pazienza; in fondo, aveva con sé la squadra migliore.


L'ufficio del capo era decisamente molto più grande di quelli di tutti loro, ma era così che doveva essere, no? Comparato a quello del suo capo alla CIA, era notevolmente ridotto – ma agli americani piaceva fare tutto in grande, e lui non era certo nella posizione di negarlo.
Osservò il fascicolo che gli era stato dato, scorrendo con gli occhi sulle foto e le informazioni catalogate in un carattere troppo simile a quello della stampante per appartenere a quel decennio.
Sono una banda di trafficanti di armi,” esordì Keiichiro Akasaka dalla sua poltrona nera, le mani dalle lunghe dita intrecciate sulla scrivania “La banda Deep Blue, così si fanno chiamare. Sono giapponesi, ma collaborano con i russi da qualche anno. Sappiamo che stanno progettando varie vendite di grosse armi illegali con pezzi grossi di qui, ma ancora non siamo riusciti ad incastrarli.”
Shirogane sfogliò le spesse pagine del file: “Altre informazioni al riguardo?”
Tutto quello che sappiamo è lì dentro,” Akasaka fece un cenno con il capo “E' per questo che ti affidiamo il caso. Vuoi sempre la stessa squadra?”
Il biondo annuì: “Certo. Hanno lavorato bene sul caso dei narcotrafficanti, non vedo perché dovrei cambiarle.”
Vogliamo solo i migliori, in fondo. C'è pressione anche dalla tua parte, Ryo, prima riusciamo a risolverlo, meglio sarà.”
Mi metto subito al lavoro.”
Rapporto completo ogni settimana sulla mia scrivania.”


Non appena aprì la porta di vetro, un lampo di capelli biondi gli roteò davanti agli occhi seguendo il movimento di una poltrona girevole.
Buongiorno capo!” Purin Fon, la più giovane tra gli Agenti Speciali della sua squadra, lo salutò con un sorriso, le gambe stese sopra il tavolo di legno scuro. Attorno a lei, le altre quattro componenti.
Ryo le osservò una ad una, richiudendosi la porta alle spalle e poggiando la valigetta a terra, mentre ripassava con la mente i file di ognuna che gli erano stati lasciati sulla scrivania due anni prima, al suo primo incarico.
In piedi, poggiata al muro con le braccia incrociate, stava Zakuro Fujiwara, sua coetanea, un corpo snello, capelli neri e penetranti occhi blu che giustificavano il suo passato da modella, in grado di parlare quattro lingue e dalla straordinaria capacità d'osservazione.
Dall'altra parte della stanza, Retasu Midorikawa, ventotto anni, grandi occhioni blu nascosti da un paio di grandi occhiali tondi che le davano un'aria ingenua, perfetti a nascondere la sua caparbietà ma che forse non stupivano quando si veniva a sapere che era un genio dei computer dalla memoria fotografica.
Seduta al tavolo, la schiena dritta ed una tazza di tè fumante davanti, era Minto Aizawa, ventotto, piccola e testarda, le cui origini di buona famiglia le assicuravano contatti quasi ovunque, e che sembrava saper gestire qualsiasi tipo di contesto con tenacia ed una sana dose di sarcasmo.
Accanto a lei, Ichigo Momomiya, fiammanti capelli rossi e testardaggine da vendere, era stata la prima tra loro ad essere reclutata circa un anno prima dell'arrivo di Shirogane, ed aveva sempre tenuto il controllo della situazione.
Ed infine, la “piccola” Purin, abilissima nei travestimenti e nelle acrobazie, esuberante e sempre pronta a lanciarsi nella mischia in caso di intervento.
Ci sono novità sul caso?”
Abituate ai modi bruschi e diretti del loro superiore, le cinque si voltarono verso la grande lavagna bianca appesa al muro, piena di scritte, frecce, e grandi foto.
Non molto rispetto alla scorsa settimana,” rispose Retasu.
Ryo si sedette a capotavola, appoggiando i gomiti sul tavolo: “Da capo, allora.”
Con un sospiro, Zakuro si staccò dal muro, avvicinandosi alla lavagna: “Banda Deep Blue, composta dagli otto ai venti uomini, di prevalenza russi. Sono in circolo da circa quattro anni, trafficano armi illegali di grossa taglia, anche queste russe. Si sospetta che siano un braccio regionale di un'organizzazione più grande con sede in Europa. Per quello che a noi interessa, i soggetti più importanti della Deep Blue sono due,” fece un cenno alle due foto in centro “Pai Hayashi, giapponese, probabilmente il capo. Le notizie su di lui risalgono ad otto anni fa, poi probabilmente è passato definitivamente dalla parte russa. È ricomparso in Giappone nove mesi fa, in coincidenza con l'inizio delle nostre indagini. L'altro, Kisshu Fukazawa, è il suo braccio destro.”
Abbiamo nomi, foto, possibile che non riusciamo ad intervenire?”
Ichigo si strinse nelle spalle: “Non ci sono prove concrete. Non abbiamo registrazioni, numeri di telefono da intercettare; quando li seguiamo in pubblico, si fanno trovare solo in luoghi molto affollati come caffè o centri commerciali, e non si comportano in modo sospetto. Immagino che sappiano di esseri ricercati dalle maggiori agenzie del mondo, sono molto cauti.”
Shirogane sospirò, passandosi una mano tra i capelli: “Sono otto mesi che ci lavoriamo, dovremmo essere più avanti di così.”
Be', potremmo avere un asso nella manica,” Purin si scambiò uno sguardo con le colleghe, prendendo un foglio da una carpetta che aveva tenuto vicina tutto quel tempo ed andando ad attaccarlo alla lavagna con un magnete “Li abbiamo tenuti sott'occhio duranti i weekend di questi ultimi mesi, ed abbiamo riscontrato una costante. Molti sabati sera vanno al Pure Water, un locale nei quartieri alti.”
L'uomo alzò un sopracciglio: “Quando pensavate di dirmelo?”
La biondina ghignò: “Era il modo per augurarti un buon lunedì, capo.”
Shirogane non disse niente, si alzò per andare a controllare la nuova foto mentre Retasu scribacchiava i dettagli più importanti con un pennarello nero.
Abbiamo delle telecamere all'interno?”
Minto annuì, girando pigramente il cucchiaino nella tazza: “C'è qualche telecamera di sicurezza, ma tra le luci ed il fumo non hanno una grande risoluzione, e non coprono a dovere l'intera sala. Quel posto è enorme.”
Retasu la guardò: “Lo conosci?”
Ovvio che lo conosco, è uno dei posti più in da frequentare nel weekend.”
Ichigo alzò gli occhi al cielo: “Okay, Minto, illuminaci.”
La mora voltò la sedia girevole: “Il Pure è a Ginza, e per entrarci c'è la selezione. Ci sono due piani, entrambi molto ampi; al primo si balla e c'è il bar, il secondo è riservato per chi prenota i tavoli. Dal secondo è possibile vedere la pista, ma là sopra non ci sono telecamere. Un buttafuori controlla le scale del secondo piano, serve un braccialetto o uno stampo, qualunque cosa si siano inventati la sera. Da quanto ne so, c'è solo un'entrata principale per l'intero locale.”
State pensando anche voi quello che penso io?” esclamò eccitata Purin.
Ferme, ferme,” Shirogane alzò una mano “Le operazioni interne sotto copertura vanno organizzate per bene, e non vi ho ancora detto di sì.”
Zakuro accennò ad un sorriso: “Abbiamo l'intera settimana, mi sembra più che sufficiente.”
Ichigo annuì: “Se ci pensi, è la soluzione migliore. Potremmo avvicinarli, ed addirittura installare delle microspie, se agiamo con cautela.”
Le nuove cimici super-piccole di Taruto hanno appena passato il test,” intervenne convinta Purin “E' l'occasione giusta per testarle sul campo!”
Ragazze,” Ryo le riprese con voce seria “Vorreste cortesemente tranquillizzarvi? Voglio tutte le informazioni possibili su questo locale, fotografie, piante. Non vi mando dentro alla cieca.”
Non è mica la nostra prima volta, Shirogane-kun.”
Non mi interessa.”
Come sei carino a preoccuparti per noi,” lo prese in giro Minto con un ghigno, a cui il biondo rispose con un'occhiataccia.
Fai poco la spiritosa, e vedi di darti da fare, o ti rispedisco alla polizia postale. Voglio tutto entro domani.”
Io vado a parlare con Taruto-chan!” prima che gli altri potessero replicare, Purin era schizzata fuori dalla porta, diretta al laboratorio di munizioni ed accessori.
Lasciala fare,” Zakuro parlò con calma, rivolta a Ryo “Lo sai che quei due si piacciono.”
Lui scosse la testa, raccogliendo i vari fogli sparsi sul tavolo e la tazza di caffè che ancora non era riuscito a bere: “Mettiamoci al lavoro.”
Uscirono anche loro dalla sala, le ragazze dirigendosi direttamente nelle loro scrivanie lì davanti, Ryo tre porte più a destra nel suo ufficio, in cui si barricò dentro per potersi rilassare cinque minuti con il liquido caldo prima di dover iniziare la solita trafila di telefonate.
Shirogane è sempre una gioia il lunedì mattina,” commentò sarcastica Minto mentre aspettava impazientemente che il suo computer si accendesse, facendo ridere le altre tre.
Se dovremo preparare la missione, sarà una settimana di inferno,” concordò Retasu “Ci farà ripetere il piano venti volte.”
Magari Ichigo dovrebbe aiutarlo a calmarsi.”
Chiamata in causa dalla mora, Ichigo arrossì, facendole una smorfia: “Stupida.”
Zakuro e Retasu si scambiarono un'occhiata divertita, e la prima infilò il telefono tra l'orecchio e la spalla, digitando velocemente sulla tastiera del computer: “Guardate che le sue minacce non sono vane.”
Minto scrollò le spalle, ma prese anche lei la cornetta, seguita poco dopo dalla rossa. Dimenticato era il poco relax del weekend appena trascorso, fisso in mente era lo scopo da raggiungere: la squadra μ era entrata in azione su quello che era stata addestrata a fare.















(*) Public Security Intelligence Agency (PSIA): è l'agenzia di intelligence nazionale del Giappone, amministrata dal Ministero della Giustizia, ed ha incarichi di sicurezza interna e spionaggio contro minacce. Per più info, cliccare qua.







Salve a tutti :D Nuova long senza arte né parte, primo tentativo di AU. Sono un po' emozionata, a dire il vero, non sono un'amante del genere ma quando la Musa coglie bisogna ascoltarla. Sto ancora studiando e vorrei avere un buon numero di capitoli di scorta tra un aggiornamento e l'altro, e voi ormate mi conoscete e sapete che io e le scadenze fisse non andiamo d'accordo. Prometto di impegnarmi, ma prima il dovere, e poi le vacanze, e poi le Mew Mew. ^_^ A dire la verità volevo aspettare di avere almeno cinque capitoli pronti prima di pubblicare il primo, ma è un sacco che è qui che mi aspetta, ieri sera ho trovato il titolo e quindi...
Questo ovviamente è solo un prologo/primo capitolo, quindi eventuali domande dovranno aspettare pazientemente. Cercherò di essere il più veritiera possibile. 
Spero che questo nuovo progetto vi possa interessare. Bacioni a tutti, vostra
Hypnotic Poison.



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Capitolo 2
*** God has given you one face, and you make yourself another ***


Capitolo due: God has given you one face, and you make yourself another



Ichigo non aveva capito bene come fosse passata da dolce ed imbranata ragazzina con un'ironica passione per il rosa e le fragole, a stoica ed intrepida agente speciale. Non sapeva nemmeno di essere così brava a mentire.
Eppure adesso era lì, una matita a tenere fermi in una crocchia i capelli a caschetto, a terminare di scrivere un rapporto preliminare sul Pure Water, con un distintivo ed una pistola nel cassetto.
A volte, se ci si soffermava, la faceva ridere tanto le sembrava surreale, anche dopo tre anni. Forse era il fatto che, a guardarle, lei e le sue compagne non sembravano per nulla degli agenti – ed anche quello era uno dei loro motivi forti, dopotutto; e forse, era anche il fatto che ben pochi sapevano cosa facesse lei veramente, visto che davanti a tutti lei si spacciava vagamente come impiegata in uno dei tanti uffici del palazzo.
Io ho finito, Ichigo-chan,” alzò lo sguardo verso Retasu, che si stava infilando il cappotto “Vuoi che ti aspetti per darti un passaggio?”
Lei scosse la testa con un sorriso: “No, grazie, Retasu-chan, vai pure. Io devo completare questi documenti prima di andarmene, altrimenti poi chi lo sente Shirogane.”
L'altra sorrise: “A domani, allora.”
Rimasta sola, Ichigo si allungò sulla sedia per sgranchire i muscoli indolenziti dall'essere rimasta ferma la maggior parte della giornata. Non vedeva l'ora di andarsene a casa ed infilarsi il pigiama.
Cliccò sull'icona di stampa, aspettando il rumore della macchina per sincerarsi che fosse partita, per poi spegnere il computer e raccogliere le sue cose.
Una volta raccolti i fogli, bussò alla porta dell'unico ufficio con la luce ancora accesa.
Shirogane-kun?” domandò, infilando la testa nello spiraglio della porta “Sto andando via, sono venuta prima a darti questi.”
Ryo le andò incontro a metà stanza, studiando brevemente ciò che lei aveva scritto: “D'accordo, grazie. Li leggerò prima di tornare a casa.”
Shirogane-kun, sono quasi le otto, lascia perdere e fallo domani.”
Lui scosse la testa: “Mai rimandare, Ichigo.”
La rossa sospirò: “Il solito testardo. Io me ne vado.”
Ryo abbozzò un sorriso, avvicinandosi a lei: “Non credi di starti dimenticando qualcosa, Momomiya?”
Ichigo non fece in tempo a rispondere che lui le stava gentilmente togliendo la matita dai capelli, lasciandoli ricadere attorno al viso e arruffandole la frangetta.
Grazie,” sussurrò lei, prendendo la matita così sfiorandogli le dita “A domani, Ryo.”
A domani, Ichigo.”
Mentre lasciava l'edificio in direzione della metropolitana, Ichigo non poté non soffermarsi a pensare all'ennesima svolta imprevista che la sua vita aveva preso circa sei mesi prima, e che lei, colpevolmente lo ammetteva, non aveva fatto nulla per fermare.


Ovviamente, di tutti i giorni in cui lei decideva di mettersi i tacchi, i tecnici del laboratorio balistico avevano scelto quello per dimenticarsi di consegnare i risultati. Ovviamente, il tecnico che gliele aveva portate aveva già finito il turno, e visto che Ichigo era ancora lì, non poteva per caso portarle lei a Shirogane, che le aveva chieste con urgenza?
Come se lei avesse voglia di scarpinare fino all'appartamento del suo capo. Ma non voleva nemmeno subirne la sua ira. Così, mugugnando tra sé e sé e sognando il comodo divano e le pantofole, aveva avvisato il ragazzo e si era incamminata verso l'indirizzo che le era stato dato.
Doveva ammettere di essere un po' nervosa all'idea di presentarsi così brutalmente a casa di chi era a tutti gli effetti un suo superiore, e soprattutto uno come Shirogane. Anche perché ancora non aveva capito bene come fosse Shirogane.
Arrivata all'alto complesso di appartamenti, digitò sul citofono il codice che lui le aveva dato per telefono.
Shirogane-kun, sono Ichigo.”
Lo so, ti vedo,” rispose lui con una risatina “Sali, è al dodicesimo piano.”
Quasi non si stupì quando vide che al dodicesimo piano c'era solo un appartamento.
Shirogane la stava aspettando sulla porta, con i pantaloni della tuta ed una maglietta della sua precedente agenzia, ed Ichigo dovette ammettere che forse stava meglio così che con gli eleganti ma formali completi neri che lei era abituata a vederlo indossare.
Scusa l'intrusione,” esclamò lei, leggermente a disagio “Ma ero ancora in ufficio e mi hanno detto che erano urgenti e che dovevo assolutamente consegnarteli. Forse se la smettessi di terrorizzare l'intero dipartimento, avrei anche io meno problemi.”
Ryo rise, una risata profonda e roca che le fece tingere piacevolmente le guance: “Grazie, Ichigo, e tranquilla, non mi hai disturbato. Vuoi entrare? Dopo tutto questo terrore, ti devo almeno un bicchiere d'acqua.”
Ichigo tentennò; da quando avevano iniziato a lavorare insieme, più di un anno e mezzo prima, lei aveva capito che Shirogane aveva uno strano effetto su di lei, e si era ritrovata a pensare che non le dispiacesse poi così tanto; ciò era molto, molto pericoloso.
Ma quei tacchi la stavano uccidendo.
Sì, grazie. Prometto di non infastidirti ulteriormente, poi.”
Il ragazzo si fece da parte, permettendole di entrare nell'appartamento ben illuminato, e pervaso da un dolce odore.
Stavo cucinando,” rispose alla muta domanda di lei, vedendola arricciare contenta il naso, e si diresse verso la cucina, un lungo spazio aperto diviso dal resto della sala da un bancone con degli sgabelli.
Gli occhi di Ichigo si illuminarono nel notare ciò che vi era appoggiato sopra: “Tu fai... dolci?”
Ryo si strofinò il collo, tossicchiando: “Ehm, sì. Mi rilassa. Non sono un campione, però... ho una laurea in chimica, e cucinare è quello.”
La rossa lo guardò con la coda dell'occhio: “Credevo fossi laureato in legge.”
Tra le altre cose,” lui rise di nuovo “Ne vuoi un pezzo?”
Fu in quel momento che lo stomaco della ragazza decise di dare la sua opinione della situazione, rispondendo in breve per lei e facendo sogghignare il ragazzo.
Lo prenderò come un sì.”
Ichigo si sedette su uno degli sgabelli mentre Shirogane apriva varie ante e cassetti per prelevarne piatti e forchette, e lo osservò di sottecchi, catturando ogni movimento misurato.
Le mise davanti anche un bicchiere di latte, poi si sedette in fronte a lei. “Su, forza. Aspetto il tuo parere.”
Inforcò decisa un pezzo di torta al cioccolato, morbida sotto la pressione della forchetta, e senza indugiò se la portò alle labbra, chiudendo gli occhi per un istante. “E' buonissima,” commentò poi.
Ryo sorrise: “Lo so.”
Lei gli fece una smorfia, continuando imperterrita a mangiare, ed accettando una seconda fetta pochi minuti dopo, commentando solo che dopotutto era da quella mattina che non metteva qualcosa sotto i denti, “grazie anche ai ritmi da schiavista a cui tu ci sottoponi, Shirogane-kun.”
Si stupì non poco della quantità di volte in cui lo stava facendo ridere: “Sono lusingato da tutti questi complimenti, Ichigo.”
La rossa notò ancora come lui si ostinasse a chiamarla per nome. Forse solo all'inizio della loro conoscenza lui aveva usato il suo cognome, ma era durato per poco. Sapeva che faceva lo stesso anche con le altre ragazze, ma il suo nome suonava strano sulla bocca di lui.
A proposito,” si piegò a prendere dalla sua borsa la busta beige dei risultati “Prima che me ne scordi.”
Ryo ne tirò fuori i fogli, studiandoli attentamente, ed Ichigo, concentrata sulla ruga che gli si formava tra gli occhi, non udì quello che le aveva detto. “Come, scusa?”
Ho detto che sono diversi da quelli dell'ultima volta.”
Lei annuì, scendendo dallo sgabello e aggirando il bancone per andargli a fianco e poter leggere: “Questi sono proiettili per il Dragunov, chiaramente russo. Quelli dell'altra volta erano di un AK-105.”
Lui si alzò con un sospiro: “Ho i file della balistica qua, vado a prenderli.”
Finirono seduti sul tappeto del salotto, circondati di fogli e fotografie, mangiucchiando torta e patatine che Ichigo aveva recuperato dalla credenza, senza accorgersi che il tempo stava passando molto velocemente, finché la rossa non sbadigliò all'improvviso.
Ryo lanciò un'occhiata all'orologio: “Però, sono già le dieci e mezza. Mi dispiace averti trattenuta di venerdì sera.”
Ichigo si strinse nelle spalle: “Non avevo nessun programma particolare. Avevo, uhm, avvertito che avrei fatto tardi al lavoro.”
Capisco,” il ragazzo spostò lo sguardo su di lei e rise, confondendola.
Cosa c'è?” domandò arrossendo.
Hai i baffi di cioccolata.”
Lei si portò istintivamente una mano sul viso, sfregandosi imbarazzata.
Aspetta,” Ryo le si avvicinò e le passò il pollice sull'angolo delle labbra, appoggiandole la mano sulla guancia.
Ichigo le sentì andare in fiamme mentre la torta al cioccolato le ballava nello stomaco.
Shirogane-kun?” sussurrò, incerta su come continuare. C'erano giusto due o tre cose che avrebbe dovuto dirgli, e tra tutte, scelse “Lo sai di essere il mio capo?”
Lui annuì, senza staccare gli occhi dalla sua bocca: “A te importa?”
Ichigo deglutì. Le importava? No, decisamente era l'ultima delle sue preoccupazioni. Tutto quello a cui riusciva a pensare era quanto naturale le sembrasse stare seduta sul pavimento accanto a lui, quanto le piacesse sentire la sua risata profonda quando lei faceva o diceva qualcosa di sciocco, e quanto tremendamente volesse sentire il suo sapore.
Anche se non avrebbe dovuto. Anche se avrebbe dovuto dirgli molto di più.
Ma non si dissero nulla, non fino al mattino dopo, e le due bocche in quella stanza finirono cucite insieme, l'una sull'altra, senza ulteriore spiegazione.


Il leggero stridere dei freni la risvegliò dai suoi pensieri appena in tempo perché scendesse alla sua fermata. Doveva ammettere che aveva un debole per il complicarsi la vita.
La distanza tra la metro e il suo appartamento era breve, e fu con un sospiro di sollievo che si chiuse la porta alle spalle, calciando via le ballerine con un gesto esperto.
Le bruciavano gli occhi per tutto il tempo passato al computer ed aveva il collo indolenzito per l'aver tenuto il telefono tra l'orecchio e la spalla la maggior parte della giornata. Quella era decisamente la parte che le piaceva di meno del suo lavoro.
Non le importava nemmeno che fossero solo le otto e mezza; voleva mangiare un boccone, infilarsi il pigiama e dormire undici ore.
Strascicando i piedi fino alla camera da letto, inspirò a fondo il familiare odore di cannella del suo appartamento; ci viveva ormai da dieci anni, da quando aveva iniziato l'università, e non l'avrebbe cambiato per niente al mondo. Dopo tutto quel tempo, era diventato l'unico posto che potesse chiamare casa e dove si sentiva totalmente a suo agio. Ogni cosa era posta esattamente dove e come la voleva lei, anche se un po' disordinata; e lì, già addormentato nella sua cesta, c'era il suo piccolo gattino nero, Masha, l'unico con cui desiderava condividere l'alloggio.
A dire il vero, qualcun altro che voleva venire a vivere con lei esisteva, e c'erano tracce in molti angoli della casa, tra fotografie e magliette dimenticate.
Masaya Aoyama faceva parte della sua vita tanto quanto quell'appartamento; si erano conosciuti i primi di università, nonostante lei studiasse criminologia e lui biologia. Erano stati presentati da amici comuni, ed in due anni la loro amicizia si era trasformata in una relazione. Masaya era tutto quello che sua madre adorava: educato, intelligente, gentile, con due genitori anziani che l'avevano cresciuto con amore ma senza viziarlo troppo; appassionato di sport e dell'ecologia, sempre in cerca di nuove fonti alternative non inquinanti e amante degli animali. Andava d'accordo con la sua famiglia, con le sue amiche, non si dimenticava mai un appuntamento o un compleanno. A detta degli altri, era l'uomo perfetto, che Ichigo doveva tenersi assolutamente stretta perché non ve ne erano molti così. E lei, per un po', ci aveva creduto.
Ironicamente, Shirogane era arrivato durante il loro settimo anno insieme. Non che fosse stata tutta colpa sua, anzi; Ichigo era stata la prima a mettere dei seri freni alla loro relazione. Dopo tutto quel tempo, molti si sarebbero aspettati come minimo la convivenza, e Masaya aveva suggerito la cosa più di una volta, ma lei era stata irremovibile; oltretutto, le risultava già abbastanza difficile nascondergli la sua vera occupazione senza averlo in giro per casa.
Anche quello era uno dei fattori che la illuminavano sul loro rapporto: il suo fidanzato non aveva idea di che cosa lei facesse davvero, e lei non aveva la minima intenzione di dirglielo. Sapeva che era sbagliato, e rimaneva molte volte sveglia a pensare a quanto in realtà lei fosse egoista, ma era un'altra di quelle complicazioni da cui non sapeva come uscire.
Masaya era quasi da sempre una presenza costante, ed il pensiero di doverlo lasciare andare la spaventava.
Masha aprì un occhietto verde quando la sentì sospirare mentre si infilava il pigiama, e le rivolse un lento miagolio.
Lo so, lo so,” con in mano un bicchiere di latte ed una fetta di torta, Ichigo si stese a letto ed accese la televisione “Qualcosa farò, non preoccuparti.”
Il gatto lasciò la sua cesta per accoccolarsi vicino a lei, che prese ad accarezzargli dolcemente la testa. Come faceva spesso, decise di mettere da parte ancora per un po' i suoi problemi personali; almeno finché quella missione non fosse conclusa. Quando avrebbe dovuto smettere di fingere di essere qualcun'altra perché sotto copertura, allora avrebbe smesso anche di mentire a se stessa.

§§

La sala delle riunioni mormorava di pagine sfogliate, sorsi di caffè e delle dolci noti provenienti da un cellulare. Era stata un'idea di Purin quella di mettere un po' di musica in sottofondo, ma dopo solo tre canzoni un po' troppo heavy metal per la loro concentrazione, Minto aveva preso il controllo scegliendo il più rilassante Chopin.
Non era propriamente secondo il regolamento, ma erano chiuse lì dentro dalla mattina e l'ufficio si stava lentamente svuotando; la porta chiusa attutiva un po' il suono, ed il volume era abbastanza basso perché nessuno fosse disturbato.
Certo che così è un po' una noia.” commentò la biondina, giocherellando con la matita mentre per l'ennesima volta leggeva un fascicolo.
Retasu sorrise senza alzare gli occhi dalla pianta del Pure Water, di cui stava memorizzando i dettagli: “Preferiresti le canzoni francesi con cui Minto-chan ci aveva minacciato?”
Guarda che ti sento, Retasu,” l'ammonì la ragazza in causa.
L'altra rise, tentando di concentrarsi sui disegni davanti a lei ma con la mente da tutt'altra parte.
Erano ormai due giorni che pianificavano l'incursione al locale, prevista per quel sabato, e Shirogane stava loro con il fiato sul collo, accertandosi che tutto fosse organizzato nel più insignificante particolare. Non era la prima volta, ma questa si prospettava più difficile del previsto; e Retasu aveva tutta l'intenzione di parteciparvi.
Non sapeva da dove spuntasse tutto quello spirito d'avventura, lei così timida e restia a mettersi in gioco più del previsto nonostante il grande altruismo. Forse finalmente aveva deciso che era tempo di farsi valere davanti agli occhi di tutti.
Sapeva che le sue amiche e colleghe conoscevano il suo valore, e lo stesso faceva Shirogane; più di una volta li aveva piacevolmente stupiti con le sue abilità al computer e la facilità con cui ricordava cose lette anche solo una volta. Se proprio poteva dirlo, ogni tanto le sembrava essere più capace persino del suo superiore dai capelli biondi, nonostante il famigerato quoziente intellettivo maggiore di 180. Tuttavia, fremeva di poter partecipare ancora più attivamente, invece che solo dietro lo schermo di un computer, voleva entrare nel gioco e mostrarsi abile a tutto tondo.
La spaventava, certo, ma al tempo stesso era una spinta a crescere.
Vi lascio mezz'ora e qui dentro diventa l'Opera,” Shirogane entrò in quel momento, guardandole con un'aria tra il contrariato ed il divertito.
Zakuro sorrise, attorcigliando una lunga ciocca corvina attorno ad un dito: “L'alternativa era un concerto metal.”
L'americano scosse la testa: “Farò finta di non sapere nulla. A che punto siete?”
Minto sfogliò le pagine gialle di un blocco per gli appunti, contando sulle dita: “Taruto sta finendo di procurarci tutto il necessario, soprattutto telecamere ad alta risoluzione da aggiungere a quelle del locale. La squadra tecnica è pronta a sistemarle domani, ma bisogna che tu chiami il capo del Pure ed usi la tua voce grossa per essere certi che vada tutto bene. Un paio di ragazzi della squadra kappa si sono offerti di lavorare insieme ai buttafuori per assicurarsi che tutto sia a posto. Le mappe sono memorizzate e caricate sul computer, Ichigo ha già dato disposizione per i documenti falsi. Manca solo la parte più importante, ovvero il piano.”
Dobbiamo solo decidere chi dovrà avvicinare i soggetti,” Ryo passò lo sguardo su ognuna di loro “Cosa dite?”
Retasu fece un respiro profondo, tossicchiando, ed alzò la mano: “Ehm, io... io vorrei farlo.”
Cinque paia di occhi curiosi si spostarono su di lei, poi le ragazze le sorrisero incoraggianti.
E' un po' che volevo, uhm, lavorare in attivo sul campo, e quindi...” aggiunse intimidita.
D'accordo allora,” anche Shirogane le sorrise, e lei arrossì piacevolmente “Sono più che sicuro che farai un ottimo lavoro, Retasu.”
Inarcò un sopracciglio verso le altre quattro: “Volete che ci vada io in drag?”
Oh, non me lo perderei per niente al mondo,” commentò sarcastica Minto con un sorrisetto cattivo “Andrò io con Retasu-chan. Conosco il locale, sarà più facile.”
E' sempre un onore vederti prendere l'iniziativa, Minto,” replicò di rimando il biondo “Finiamola qua, per oggi, e andate a casa. Ci vediamo domani.”
Sarai bravissima, Retasu!” Purin le circondò le spalle con un saltello, facendole cedere un po' le ginocchia, una volta che furono uscite dalla sala “Non vedo l'ora!”
La ragazza sorrise, sentendosi molto più leggera dopo l'evidente supporto dell'intera squadra. Raccolse le sue cose, lanciò un'ultima occhiata a Shirogane che dall'uscio della sala sembrava osservarle tutte, e si avviò con Purin e Zakuro verso l'ascensore.




















Beh, state aggiornando tutti, quindi aggiorno anche io :D Anche se il capitolo terzo non è finito, il quarto è appena abbozzato, e il quinto ha solo il titolo e via dicendo (LOL). Ma in questo momento non posso pensare ad altro che la tesi, che deve essere completata, stampata e impacchettata - spero di essere libera tra una settimana al massimo, e dopo proverò a scrivere qualcosa :) Lo so che questo capitolo è molto corto, però è estremamente rivelatore.
Minto: Ichigo che se la fa col capo, sai che novità...
Oh, vabbè, insomma, mi conoscete! xD La parte in corsivo, giusto per chiarire, è un flashback; il titolo viene dall'Amleto, atto III, Scena Uno.
Grazie a tutti coloro che hanno commentato e seguito/favorito, siete troppo grandi :)
Bacioni,  à bientôt! 
 


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Capitolo 3
*** How many secrets can you keep? ***


Capitolo tre: How many secrets can you keep?



Purin adorava la palestra dell'Agenzia, era senza dubbio il suo posto preferito nell'intero grattacielo.
Era fornita di tutto il necessario, compresi anelli e sbarre da cui lei poteva dondolare senza problemi mentre le sue amiche preferivano un allenamento più convenzionale.
Mi stai facendo venire la nausea,” rise Ichigo, le guance rosse dal tapis-roulant, mentre la osservava agganciata a testa in giù ad una sbarra con solo la forza delle gambe.
E' un esercizio perfetto,” replicò la biondina, tirandosi su e poi alzandosi in piedi in equilibrio che alla rossa sembrava un po' precario “Ed è molto più divertente che correre senza una meta.”
Zakuro, impegnata a sollevare dei pesi, lanciò un'occhiata all'orologio a muro: “Tra un quarto d'ora ci aspettano al poligono, è meglio andare.”
Possibile che prima di ogni missione Shirogane si impunti con il misurarci la mira?” si lamentò Minto, asciugandosi il collo con un asciugamano “Già abbiamo il test ogni anno, cosa vuole di più!”
Retasu sorrise: “Lo sai che è il suo modo di tranquillizzarsi.”
La mora si strinse nelle spalle: “Immagino che riempire di pallottole una sagoma di cartone riesca a sciogliere la tensione.”
Mentre entravano nello stanzone perennemente odorante di polvere da sparo, si avvicinò ad Ichigo e le sussurrò qualcosa all'orecchio che le fece guadagnare un'occhiataccia.
Guarda che ti ho sentita,” Shirogane le passò a fianco, una cartelletta in mano e l'impeccabile completo nero anche lì. “Chi vuole iniziare?”
Minto, ancora con un sopracciglio alzato, ribatté al suo solito: “Buon pomeriggio anche a te, Shirogane-kun. È sempre una gioia vederti.”
L'americano la ignorò del tutto, facendo un cenno del capo a Zakuro: “Inizia tu, per cortesia.”
Ben presto, il poligono si riempì del rumore assordante degli spari, attutito dalle grandi cuffie che tutti indossavano; le ragazze sparavano, e Ryo teneva il conto dei punteggi.
Minto, giusto per montarle ancora un po' di più la testa, aveva una mira quasi perfetta ed uno dei risultati più alti di tutto il dipartimento; la velocità e la precisione con cui riusciva a vuotare un caricatore le permettevano di coprire spesso le compagne durante le missioni.
Oppure di finire molto in fretta e poter tornare a disturbare Shirogane con del non richiesto sarcasmo.
Annotato l'ultimo punteggio di Ichigo, l'americano osservò la cartella: “Se faceste questi numeri anche nelle prove fisiche, potrei iscrivervi alle prossime olimpiadi.”
Purin sghignazzò, intrecciando le mani sopra la testa per scrocchiarsi la schiena: “Ora sei più tranquillo, capo? Pensi che sappiamo badare a noi stesse?”
Oh, ne sono certo,” rispose lui annuendo “Peccato che molto spesso non vogliate.”
Possiamo andare ora?” lo incalzò la biondina, lanciando un'occhiata veloce all'orologio appeso alla parete che segnava ormai le quattro e mezza.
Vai da Taruto, Purin, vai.”
Grazie! A domani!”
In un lampo, la biondina era corsa lungo il corridoio che portava agli spogliatoi.
Allora andiamo anche noi,” con uno guardo a Zakuro e Retasu, Minto fece un gesto verso Ichigo e Ryo “Ci vediamo domani.”
Ciao, Aizawa.” la liquidò glaciale il ragazzo mentre la rossa ridacchiava di nascosto, intenta a sistemare nelle custodie le varie pistole.
Rimasti soli, e premurandosi che non ci fossero altri nei paraggi, Ryo le si avvicinò, avvolgendole le braccia intorno alla vita e sfiorandole il collo con il naso: “Lo so che oggi è solo giovedì,” sussurrò “Ma sabato c'è la missione e so che detesti essere... distratta la sera prima, quindi pensavo...”
Ichigo sospirò, voltandosi verso di lui: “Non posso, ho già detto ad Aoyama-kun che ci saremmo visti...”
Pensavo vi foste visti ieri sera.”
Sì, ma...”
Dammit, Ichigo,” Ryo si scostò da lei, passandosi una mano tra i capelli biondi “Sono mesi che va avanti questa storia.”
Lo so, ma...”
Lo ami ancora?” Shirogane fece un passo avanti.
Lo conosco da anni, Ryo, ed in qualche modo fa parte della mia copertura.”
Non è quello che ti ho chiesto.” insistette lui a denti stretti.
Ichigo si morse il labbro, evitando il suo sguardo: “E'... complicato... stiamo insieme da così tanto...”
E non sa nemmeno quale sia il tuo lavoro, la tua vera vita!”
La rossa arretrò, sbattendo contro il bordo dei divisori di ogni postazione, presa alla sprovvista da quell'urlo: “Ryo, non...”
Per te questo non è complicato, allora? O ti fa comodo portarti a letto il capo ed avere il fidanzato perfetto che ti aspetta a casa?”
Lo sapevi che non sarebbe potuto essere tutto così semplice!”
Non è comunque una giustificazione, Ichigo.”
Ryo, ascolta, lui...” lei prese un respiro profondo “Masaya mi ha chiesto di sposarlo.”


Avevano cenato con il cibo del ristorante indiano preferito da Ichigo, con una buona bottiglia di rosso che di solito riservavano per cene importanti, ed ora lei stava lavando i piatti mentre della musica jazz suonava in sottofondo.
Lo so che questi ultimi mesi sono stati difficili,” iniziò all'improvviso Masaya “E credo di sapere il perché.”
Ichigo si irrigidì impercettibilmente, quasi le scappò il piatto insaponato di mano: “Ah sì?”
Lui annuì, cercando di accarezzare Masha il quale gli rivolse un'occhiata indifferente:“Sì. In fondo, stiamo insieme da tanto tempo ed è normale che le cose cambino, che si abbiano nuove aspettative. Forse avrei dovuto capirlo prima.”
La rossa appoggiò il piatto sul ripiano, facendo un respiro profondo: “Aoyama-kun, io-”
No, non dire niente, Ichigo,” la interruppe alzandosi in piedi “In parte è stata anche colpa mia. Avrei dovuto pensarci prima.”
Lei corrugò le sopracciglia, ma rimase zitta ad osservarlo mentre le si avvicinava.
Dopo tutto questo tempo, non era possibile aspettare oltre, Ichigo, e posso capire che tu ti possa sentire un po' delusa. Ma ora non ce n'è più bisogno.”
Le prese la mano e si inginocchiò mentre lei sgranava gli occhi, comprendendo.
Ichigo, vuoi sposarmi?”


Fu come se la temperatura nella stanza fosse calata all'improvviso di dieci gradi. Shirogane la fissò inespressivo, espirando lentamente.
E cosa gli avresti risposto, di grazia?”
Ichigo allargò le braccia: “Stiamo insieme da otto anni, Ryo, cosa dovrei dirgli?”
Che sono sei mesi che ti scopi il capo, ecco cosa!” gridò lui.
Ryo...”
Cosa?” si voltò rabbioso verso di lei “Vieni da me, mi dici che mi ami, e poi decidi di sposarti un altro a cui non dici la verità da anni?”
La rossa fece per aprire la bocca, ma lui la interruppe di nuovo aggressivamente: “Cristo Santo, Ichigo, ti rendi conto che potrei mandare a puttane tutta la mia carriera?”
Lei abbassò gli occhi: “Nessuno te l'ha mai chiesto...”
Le labbra di Shirogane si appiattirono in una linea secca. “Nessuno me l'ha mai chiesto.” ripeté incredulo.
Si passò una mano tra i capelli, espirando lentamente. Le lanciò un'occhiata furente, e senza aggiungere altro, se ne andò.

§§

Il mattino dopo, Zakuro avrebbe voluto essere da tutt'altra parte. La tensione di Shirogane era palpabile, e metterlo di cattivo umore non era mai una scelta saggia.
Lei e le altre avevano sentito, dagli spogliatoi, le urla della litigata del pomeriggio precedente; ed anche se non erano state in grado di cogliere ogni parola detta, non era poi molto difficile indovinare di cosa si trattasse.
Lanciò uno sguardo al biondo, intento a mostrare loro una presentazione con tutte le fasi del piano che si sarebbe attuato il giorno successivo. Ad un occhio esperto come il suo, che conosceva le movenze del ragazzo, non poteva sfuggire la rabbia che sembrava fargli vibrare i muscoli. Aveva la mascella tesa, la mano destra che stringeva così forte il pennarello della lavagna da fargli diventare bianche le nocche, l'altra che ritmicamente passava tra i capelli, gli occhi che facevano di tutto per evitare la rossa seduta al tavolo.
L'ex modella sospirò. Non ce l'aveva con Ichigo, assolutamente; ma non sarebbe potuto capitare in un momento peggiore.
Retasu, Minto, voi dovrete attirare la loro attenzione,” sentenziò Shirogane “Cercate di non esagerare, non voglio dovervi venire a salvare da ubriachi vogliosi. Purin, tu lavorerai dalla pista da ballo, voglio che osservi dall'alto quindi per favore, anche tu non scatenarti troppo. Zakuro ed Ichigo, a voi tocca il bar. Osservazione da dentro la sala ed eventuale supporto.”
Perché a noi il lavoro noioso e faticoso?” si lamentò la rossa, incrociando le braccia al petto.
Ryo continuò imperterrito a non guardarla, cambiando slide sullo schermo: “Con due relazioni già in attivo, volevamo risparmiarti la fatica di sedurre anche un terzo.”
Lei chiuse la bocca, arrossendo notevolmente ed abbassando lo sguardo mortificata; Zakuro si schiarì la gola, interrompendo il silenzio di disagio che era calato. “A che ora inizia l'operazione?”
Tu e Ichigo inizierete il turno delle dieci, Purin quello delle undici. Minto e Retasu, non arrivate dopo le undici e mezza. I soggetti si presentano di solito per quell'ora.”
Sì, mi piace questa missione, non andiamo a ballare da anni,” commentò allegramente Purin per smorzare la tensione.
Ryo abbozzò ad un sorriso: “Ricordatevi che siete sotto copertura, per favore.”
Non devi dirci come fare il nostro lavoro, Shirogane.” sibilò Ichigo furente “Se è tutto, possiamo andare?”
Con un cenno della testa, l'americano le congedò, e le ragazze tornarono nel loro ufficio.
Devi smetterla di litigare con Shirogane, Ichigo, altrimenti diventa ancora più insopportabile del solito.” commentò acidamente Minto.
La rossa non le rispose, sbattendo con violenza il cassetto e riempiendo la borsa con rabbia.
Zakuro le si avvicinò lentamente, sedendosi a bordo del tavolo: “Non mi farei i fatti vostri se non fosse prima di una missione, ma forse dovresti parlargli, Ichigo-chan.”
Lei scosse la testa: “Ha oltrepassato il limite, Zakuro-san. Può pensare quello che vuole in privato, ma non può permettersi di trattarmi così al lavoro.”
Non gli sto dando ragione, infatti. Ma stasera abbiamo un lavoro importante da fare.”
Lo so, e ti prometto che non ne sarò influenzata.” le rivolse un sorriso tentennante, sistemandosi la borsa a tracolla “Ora vado, se avete bisogno di qualcosa, chiamatemi.”
Retasu fece per alzarsi e seguirla, ma Zakuro scosse la testa. Invece, dopo qualche minuto, si incamminò convinta verso l'ufficio di Ryo.
Fujiwara, no.” Lui non aveva nemmeno alzato la testa quando aveva sentito la porta aprirsi e chiudersi; si conoscevano abbastanza bene da sapere quando l'altro sarebbe arrivato. “Non ho voglia di parlarne, non è pertinente all'ambiente lavorativo, abbiamo un sacco di cose di cui occuparci e , d'accordo, ho detto una cosa da stronzo ma, no, non me ne pento. Non ora, almeno.”
Allora quando dovrei dirti che te l'avevo detto?”
L'occhiataccia che le fu rivolta non bastò a fermarla.
Ryo, ti rendi conto che domani dovremo affrontare una delle missioni più importanti e complicate che ci capiteranno, sotto copertura in un locale pieno di gente?” lo guardò da sotto la frangia di capelli scuri “Ed io non ho intenzione di giocarmi la carriera perché tu ed Ichigo ancora non avete capito che bisogna separare piacere e lavoro.”
Non mi pare di averti chiesto un consiglio.” replicò gelido Shirogane.
Infatti non te lo sto dando.” Zakuro incrociò le braccia al petto “Voglio bene a Ichigo, ma ogni tanto lei non... non pensa alle conseguenze delle sue azioni. Tu, invece, dovresti.”
Non tirare la corda, Fujiwara-san.” l'improvviso cambio di tono la fece sussultare “Possiamo anche essere in ottimi rapporti, ma sono sempre il tuo capo. E ti ho detto che questa conversazione non è da affrontare in ufficio. Se sei amica di Ichigo, benissimo, parlane con lei, davanti ad un caffè.”
La ragazza sospirò: “Shirogane-kun, senti-”
“Vieni a fare la predica a me per il bene della tua amica e della missione, o così che tu possa sentirti in pace con te stessa?” Ryo si alzò, incattivito, guardandola con uno sguardo di ghiaccio “Fai fare a me la parte del cattivo, ti fa sentire meglio, visto che tu e Ichigo avete fatto la stessa, identica cosa? La grande, inossidabile Zakuro non è poi così perfetta, in fondo.”
Fece un altro respiro, senza riuscire a fermare la lingua tagliente: “Devo inoltre complimentarmi per la professionalità che tanto mi rimproveri di non avere e di cui ti fai paladina, sei davvero brava a essere precisa e distaccata con Keiichiro dopo averlo usato come botta e via per uscire da un matrimonio che ti annoiava. Immagino che tu e la tua amica abbiate un debole per le autorità.”
Zakuro stava richiamando tutte le sue abilità imparate davanti ad una macchina fotografica per mantenere il contegno ed evitare di tirargli un ceffone che entrambi, sapeva, avrebbero rimpianto; tremava fino alla punta dei piedi, e fu con voce rotta che gli disse, prima di uscire: “Ora chiediti perché Ichigo lascia che tu sia solo l'altro.”

§§

Ichigo si rigirò nel letto per l'ennesima volta. Tra i rumori di quel venerdì sera, l'operazione il giorno seguente, e Ryo e Masaya, sapeva che non sarebbe riuscita a prendere sonno molto presto.
Sospirò, decidendosi ad accendere la luce e ad arraffare il libro che stava sul comodino da ormai molti mesi. Riuscì a leggere solo qualche parola prima che la sua mente iniziasse a vagare altrove.
Litigare con Shirogane non era certo un'esperienza nuova; avevano bisticciato dal primo momento in cui si erano ritrovati a lavorare insieme, entrambi ostinati e testardi e pronti a difendere a spada tratta le proprie posizioni. Però, ovviamente, non c'era mai stata tra di loro un'escalation del genere.
Aveva visto un lato dell'americano che difficilmente veniva allo scoperto. Sapeva che era geloso, come poteva non esserlo, e sapeva anche di non potersi dire nel giusto – ma sapeva anche che, in quel momento, non era in grado di poter prendere decisioni così drastiche.
Accarezzò il pelo morbido di Masha, acciambellato vicino a lei e addormentato da molto. Il suo respiro ritmico e profondo la rilassava, permettendole di pensare più liberamente.
Avrebbe dovuto riposare, prepararsi per la serata successiva che si sarebbe sicuramente rivelata impegnativa, ma poteva solo pensare a quel viso dai lineamenti distorti per la rabbia e il disappunto.
Il ronzio prepotente del cellulare la fece sobbalzare; era il numero riservato, quello che soltanto le ragazze e pochi colleghi dell'agenzia avevano. Quello che, se stava suonando a quell'ora, aveva un significato preciso.


Ichigo rise sotto le dita agili che le facevano il solletico, avvolgendosi ancora di più nel lenzuolo fino a che quasi non poteva muovere le gambe.
Ti puoi scordare le miei chiavi di casa. Le ho solo io, e non ho intenzione di cambiare idea.”
Ryo le baciò una clavicola,guardandola con quei suoi occhi pungenti: “Solo tu?”
E' ovvio,” rispose lei “Segretezza e sicurezza sono le priorità numero uno. Non posso rischiare che si possa trovare qualcosa mentre io non ci sono.”
-O che qualcuno entri quando qui c'è qualcun altro,- si disse tra sé e sé.
Il ragazzo annuì: “E se io non volessi fissare i nostri appuntamenti con settimane di anticipo, ma venirti a trovare quando voglio?”
Ichigo si morse un labbro, scostandogli i capelli biondi bagnati di sudore dalla fronte. “Dovresti comunque dirmelo prima.”
Facciamo così,” Ryo le lasciò un bacio sulla punta del naso e afferrò il cellulare sul comodino “Quando vorrò stare con te, di sera, ti chiamerò. Se risponderai dopo quattro squilli, vuol dire che posso salire. Altrimenti, vorrà dire che... c'è lui.”


Con un gesto quasi automatico, agguantò il telefono da sotto le coperte in cui era sepolto e pigiò sull'icona della cornetta verde, senza parlare. Non sapeva nemmeno cosa dire, in realtà, ma lanciò le gambe giù dal letto e si diresse verso la porta, aspettando di sentire i leggeri bussi per aprire quella principale.
L'aria fresca della sera che saliva dalle scale del condominio non coprì l'odore di alcol che veniva da Shirogane; non che la faccia sfatta e gli occhi persi potessero dimostrare il contrario.
“Ho litigato con Zakuro,” si lamentò il biondo con voce strascicata non appena la vide, appoggiandosi con una spalla allo stipite della porta “E lo sai quant'è difficile litigare con lei, dovresti sentirti almeno un po' in colpa per me.”
Lei si morse la guancia per fermare il sorrisetto che sentiva nascerle sulle labbra.
Sei ubriaco,” osservò a braccia incrociate.
Shirogane annuì: “Non hai risposto alla mia domanda di ieri, sai?”
Ichigo corrugò la fronte: “Quale?”
Lui abbozzò un sorriso, facendo un cenno verso la sua mano: “No sparkling diamond.”
Lei intrecciò le dita dietro la schiena, sospirando. “Ci sto... pensando.”
Ryo le si avvicinò, inclinandosi verso di lei:“Tell me that you turned down the man who asked for your hand 'cause you're waiting for me.” le canticchiò sussurrando all'orecchio.
Sono le tre del mattino, Ryo.”
And I'm trying to change your mind,” intonò lui ancora, con una risata.
Ichigo gli mise una mano sul petto, allontanandolo quanto bastava per poterlo scrutare in volto: “Lo sai cosa mi stai chiedendo, vero?”
Il biondo annuì, sistemandole due ciocche dietro le orecchie per poi appoggiarle i palmi sulle guance: “Ti sto chiedendo di fronteggiare il tuo egoismo, mia dolce Ichigo,” sfregò la punta del naso contro il suo “Ci vorresti tutti e due, ma non puoi. Uh-uh, you can't. E lo sai che vuoi me, don't you?”
Lei deglutì, le mani strette a pugno lungo i fianchi e le ginocchia molli, come al solito, sotto il suo sguardo di ghiaccio.
Non gli hai detto di sì, darling, non potresti perché sai che sarebbe sbagliato costruire ancora qualcosa su fondamenta di bugie. Ma sei così buona che non vuoi neanche ferirlo, anche se sai che stai sbagliando. A volte mi chiedo se davvero il tuo egoismo non si tramuti anche in altruismo, in a strange turn of things.”
Ichigo era allibita dalle capacità oratorie di Shirogane anche sotto l'effetto di alcol, stupita da quanto potesse comprenderla anche se a malapena riusciva a stare dritto. Poi, l'incantesimo si spezzò e Ryo, appoggiò la fronte alla sua spalla, costringendola a circondarlo con le braccia per trattenerne il peso, e ridendo iniziò nuovamente a cantare: “I can show you the world, shining, shimmering, splendid...”
Le ci volle qualche secondo per riconoscere cosa stesse blaterando, e quando vi riuscì, non poté trattenersi dallo scoppiare a ridere.
Lo avrebbe fatto di nuovo, si disse; almeno per quella sera, per quella notte prima di cose importanti, non avrebbe pensato, non poteva. A entrambi serviva serenità e poi, passata la tempesta, avrebbe fatto i conti con le sue scelte.












Eccociiiiiiiii :) Scusate il ritardo, ma ero presa dall'euforia delle vacanze, e se il blocco dello scrittore non mi assale ogni due capitoli, non è contento.
Sarò OOC, sarà IC? Ho un po' calcato la mano, devo ammetterlo (sarà il caldo asfissiante). Prometto che dal prossimo capitolo ci saranno meno drammi sentimentali (Ichigo-centrici) xD Anche se in realtà scrivere di Ryo incazzoso è molto divertente ^_^
Il titolo viene da Do I Wanna Know? degli Arctic Monkeys; ci sono altre tre canzoni nel discorso di  Shirogane, vediamo se le indovinate ;) Anzi, chi le indovina vince uno spoiler, ma non vale usare Google! *risata malefica*. Se nessuno ci becca e volete sapere le risposte, cliccate qua (palese autopromozione, ma c'esta la vie xD).
A presto, grazie a chi legge, segue, e commenta (soprattutto chi commenta, perché mi date davvero la carica!)
Bacioni e buone vacanze a tutte!

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Capitolo 4
*** I bet you look good on the dance floor ***


Capitolo quattro: I bet you look good on the dance floor



Minto si ripassò il rossetto davanti allo specchio, facendo schioccare le labbra una volta per assicurarsi che fosse perfetto. Si ravvivò poi i capelli, lasciati sciolti in morbide onde che le incorniciavano il volto, stando attenta a fare in modo che le coprissero le orecchie. Si fidava di Taruto e dei suoi congegni, ma le precauzioni non potevano mai essere troppe.


Il laboratorio delle munizioni profumava stranamente di borotalco, il che faceva presupporre alle ragazze che Taruto avesse provato uno dei suoi esperimenti che molto spesso risultavano in un botto.
Il ragazzo, che sembrava troppo giovane per tutto quello che riusciva a fare, stava presentando loro tutto quello che avrebbero utilizzato per la missione di sabato. Dire che Retasu era strabiliata era poco; non aveva mai immaginato che potessero arrivare a ottenere risultati di quel genere.
Questi sono gli ultimi auricolari ergonomici testati,” spiegò Taruto, mostrando loro dei curiosi oggettini color carne “Sono praticamente invisibili, e li abbiamo modellati sulla forma precisa del vostro orecchio, così da garantire la migliore attaccatura possibile. Non si vedono e non si staccano, ed è come se il vostro interlocutore sia a due centimetri da voi.”
Li poggiò cauto su un ripiano di metallo, prendendo le due pochette nere che aveva richiesto a Minto e Retasu. Picchiettò leggero sulle fibbie a forma di fiore: “Qui abbiamo inserito una telecamera che possa riprendere i vostri dintorni, non si sa mai che possa tornare utile per qualche particolare.”
Riposte le borsette, mostrò loro dei piccoli microfoni che, spiegò arrossendo, sarebbero stati meglio sistemati “dove, uh, non si sarebbero visti e ehm, avrebbero consentito il miglior suono.”
Puoi dire reggiseno, Taruto-chan”, intervenne sarcastica Minto, il viso appoggiato alla mano “Non ti mangiamo, promesso.”
Arrossendo ancora di più, e con Ryo che borbottava qualcosa contro la ragazza tra le risate delle altre, il giovane tecnico prese una scatolina che sembrava contenere tanti piccoli bottoni chiari.
Queste sono i nuovi prototipi di cimici che dovrete mettere sui nostri soggetti. Sono studiate per essere il meno invasive possibili, ma state comunque attente a dove le piazzate.”
Come sei bravo, Taru-Taru,”gongolò Purin, abbracciandolo di scatto e schioccandogli un sonoro bacio sulla guancia “Senza di te il nostro lavoro sarebbe venti volte più difficile.”
Be', sì, uhm...” lanciò un'occhiata nervosa a Shirogane, che stava facendo finta di niente sfogliando ancora una volta i suoi appunti “Ecco, è tutto direi.”


Andiamo?”
La voce tesa di Retasu distolse Minto dai ricordi di due mattine precedenti, e guardando l'amica attraverso lo specchio annuì. “Fammi solo chiamare il taxi.”
Retasu strinse nervosamente la borsetta; non avere gli occhiali era una delle cose che più la mettevano a disagio e la facevano sentire scoperta. Lo stretto tubino nero senza spalline, tra l'altro, non era decisamente uno dei capi d'abbigliamento che lei avrebbe normalmente indossato, mentre non era stata stupita che fosse stato pescato dall'armadio di Ichigo. Eppure, non poteva negare che le negasse, insieme ai tacchi non troppo alti e al perfetto trucco che Zakuro le aveva fatto. Per una volta, si sentiva insieme diversa e simile alle altre ragazze che vedeva in giro; si sentiva, a modo suo, pronta.
Arrotolandosi uno dei boccoli, lasciati sciolti per quell'occasione, attorno al dito, sorrise a Minto che le fece segno verso la porta.
E' ora di andare.”
La corsa in taxi fu breve, costellata dalle luci che sfrecciavano veloci accanto a loro. A poca distanza dal Pure Water, accesero microfoni e auricolari.
Shirogaaaaane,” trillò la mora, facendo finta di parlare al cellulare per non dare nell'occhio con l'autista “Stiamo arrivando.”
«Bene», la voce del capo arrivò forte e chiara alle orecchie di entrambe «Io e Taruto siamo appena fuori, nel parcheggio delle limousine.»
Retasu sgranò gli occhi: “Il dipartimento vi ha dato una limo?”
«Il solito furgone sarebbe stato un po' troppo sospettoso qui davanti, non credi?»
Sono curiosa di sapere come avete fatto a incastrare tutta l'attrezzatura lì dentro,” ridacchiò Minto, ricontrollandosi l'ultima volta nello specchietto “Siamo arrivate, scendiamo.”
«Vi vediamo,» Shirogane, da dentro la lunga auto nera, controllò i diversi schermi che Taruto, in qualche modo sconosciuto perfino a lui, era riuscito a sistemare, attaccandoli ad un piccolo generatore portatile che gli aveva garantito avrebbe resistito fino alla fine della serata. Il giovane tecnico era seduto accanto a lui, munito anch'egli di cuffie, e digitava veloce sulla tastiera principale per tenere sotto controllo ogni telecamera ed ogni apparecchiatura.
Minto e Retasu si misero in fila, già calate nella parte; uno dei buttafuori di quella sera era uno dei loro, e le fece passare senza problemi dopo pochi minuti.
Il locale era già colmo di gente, nonostante fossero solo le undici e un quarto, caldo e odoroso di alcol e sudore.
«Purin è alla vostra sinistra,» esclamò Ryo, ed entrambe si voltarono per osservare la piattaforma rialzata e dotata di pali, sulla quale stavano ballando circa sei ragazze. «E' quella con la parrucca rosa...»
Il tono esasperato del loro capo non riuscì a coprire la risatina lontana di Taruto; ma le altre ballerine avevano altrettanti colori altamente improbabile, che la sorridente ragazza in rosa non attirava più di tanto l'attenzione.
Dopo aver fatto una piroetta attaccata con una mano ad uno dei pali, strizzò l'occhiolino verso le due colleghe, come segno che le aveva riconosciute: «Vi controllo io dall'alto,» esclamò divertita «E questo posto è una figata, capo, però dovrebbero pagarmi per tutta la fatica che sto facendo!»
«Purin, stai zitta, per favore, le altre ballerine non parlano», la riprese il biondo, il cui tono stizzito, tipico di quando era profondamente concentrato e in agitazione, le rimise tutte subito in riga.
Le due ragazze si avviarono, spingendo tra la calca, verso il lungo bancone del bar, illuminato da una luce violetta che si rifletteva in modo strano sugli specchi che gli facevano da parete posteriore e sui quali erano posizionati tanti scaffali di vetro ricolmi di bottiglie.
Bastò loro una veloce occhiata per trovare le ultime due componenti del gruppo che, vicine, si davano da fare come se fossero state delle vere bariste. I vistosi capelli rossi di Ichigo erano stati nascosti sotto una parrucca a caschetto marrone; Zakuro, invece, portava una bandana sopra la lunga coda di cavallo liscia.
Come sta andando?” gridò Retasu, cercando di sovrastare la musica.
Ichigo lanciò loro un'occhiataccia, asciugandosi la fronte con il polso: “Io sto lavorando sul serio. Come faccio a tenervi d'occhio con tutto questo casino?”
Un aiuto in più arriverà tra poco, non preoccuparti,” le rispose Zakuro “Piuttosto, state attente, sono quasi le undici e mezza.”
Questa parrucca pizzica. E i clienti continuano a guardarmi giù per la scollatura e a farmi facce strane.”
Almeno non devi sedurne nessuno...” borbottò sottovoce Retasu.
Mozione per un aumento, Shirogane.”
Poterono quasi sentire l'americano alzare gli occhi al cielo mentre esalava: «Ichigo, sii seria.»
Sono serissima. Al prossimo che mi chiama tesoro, mi licenzio.”
Anche Zakuro sorrise, allungando l'ennesimo drink ad un ragazzo dall'aria già euforica: “Le nuove telecamere installate funzionano bene?”
«Certo che sì, le ho controllate io,» Taruto intervenne per la prima volta, con tono fiero «Il fumo e le luci sono comunque una noia, ma almeno adesso abbiamo una risoluzione più alta e non dobbiamo giocare a Indovina-Chi-E'-Questo-Pixel, e possiamo controllare a 360 gradi.»
Sono anche nei privé al piano di sopra?” domandò Minto, giocherellando con una delle cannucce rosse.
«Ovvio, non potevamo lasciarlo scoperto. Spero che ci ripaghino tutti questi miglioramenti, abbiamo risistemato il locale.»
Le quattro ragazze risero, con le due al bancone che non smettevano di lavorare. Avevano allungato due bicchieri di limonata alle altre, giusto per continuare a non dare nell'occhio visto quanto si stavano trattenendo al bar. Retasu controllò l'ennesima volta l'orologio che portava al polso: ormai era arrivata l'ora in cui si erano sempre presentati i motivi per cui erano lì.
Proverbialmente, la voce di Shirogane borbottò in quel momento nel loro orecchio: «Target acquired.»
Minto alzò gli occhi al cielo, e insieme a Retasu si voltò verso l'entrata; tra il gruppo di gente che aveva ottenuto l'autorizzazione ad entrare, si distinguevano bene i due soggetti interessati.
Ah però,” commentò la mora “Sono meglio che in foto.”
Diede una leggera gomitata alla compagna, rimasta un po' intontita dalla improvvisa realizzazione che fosse il momento di darsi davvero da fare. “Io prendo quello più basso,” esclamò con una risatina.
Poi si rivolse ancora ad Ichigo, facendo scivolare il bicchiere sul bancone appiccicaticcio: “Pensi di riempirmi di vero alcol quel bicchiere o cosa?”
La rossa la guardò severa: “Posso ricordarti che sei in servizio?”
Minto sbuffò: “Devo essere convincente. Se devo fingere di essere un po' ubriaca, non posso andare là profumando di dentifricio alla menta, non credi? E poi serve del coraggio liquido.”
«Minto.» giunse alle orecchie il monito di Ryo.
Oh, non rovinarmi il divertimento, Shirogane.” la mora afferrò il cocktail rosato che l'amica le aveva preparato, prendendone due lunghi sorsi.
Il familiare pizzicore che le bruciò la gola le tinse le guance, e lei sorrise a Retasu, molto più cauta invece con il suo bicchiere.
Cosa facciamo adesso?” domandò quest'ultima.
Prendendo un altro sorso dal bicchiere, Minto arrischiò a lanciare un'occhiata verso Pai Hayashi e Kisshu Fukazawa, a bordo pista e intenti a, sembrava, salutare qualcuno di conosciuto.
Non possiamo andargli subito addosso, sarebbe troppo sospettoso,” esclamò all'orecchio dell'amica “Shirogane, ci serve il tuo aiuto.”
«Ma dai?»
Ignorando il sarcasmo, continuò: “Noi adesso andiamo a ballare; io darò loro le spalle, Shirogane-kun dovrà dirci più o meno dove si trovano così che possiamo spostarci verso di loro senza dare nell'occhio. Tieni stretta la borsetta e lasciati andare, d'accordo, Retasu-chan?”
Lei annuì: “E poi?”
Minto sorrise: “Poi improvvisiamo.”
Prese la mano dell'amica dagli occhi blu e la condusse in mezzo alla calca di gente, muovendosi senza problemi a ritmo di musica sui tacchi alti.
«Purin, dimmi se li vedi.»
La biondina rispose subito al comando dell'americano attaccandosi agilmente ad uno dei pali per essere ancora più in alto e lanciando una veloce occhiata alla massa: “Sono all'angolo esterno della pista, sembra che stiano entrando.”
«Sono coperti dalla due, capo.» aggiunse Taruto.
Retasu guardò velocemente davanti a sé, ondeggiando da una parte e dall'altra, lasciando che fosse guidata dalla musica mentre Minto le sorrideva incoraggiante. Non le facevano troppo piacere le decine di corpi che puntualmente si strusciavano contro di lei per passare, la spingevano o si attaccavano troppo, ma era il prezzo che sapeva avrebbe dovuto pagare... e non era poi così male.
Nella canzone che seguì, arrivò a metà del suo drink mentre continuava lentamente ad avanzare verso il centro della pista; era più alta di Minto anche con i tacchi più bassi dei suoi, perciò riusciva a guidarla meglio grazie anche alle indicazioni di Shirogane.
«Siete vicine,» mormorò l'americano in quel momento, stupendola di quanto chiaramente potesse sentire la sua voce nonostante il volume sempre più alto della musica.
You better move, you better dance,” cantò in quel momento Minto, facendo due salti indietro.
«Minto, attent-»
Ma il monito di Shirogane non fu abbastanza veloce; la ragazza finì direttamente contro la schiena di Kisshu Fukazawa.
Si voltarono entrambi, lui con un sorriso che faceva capire come non fosse certo la prima volta che gli succedeva qualcosa di simile; Minto si sentì immediatamente arrossire allo sguardo curioso e dorato che ne seguì.
«No, non dirmelo. L'hai fatto apposta.»
Il sorriso che involontariamente le scappò non fece che aumentare quello del ragazzo davanti a lei.
Ciao!” esclamò a voce alta sopra la musica, senza smettere di guardarla con quell'espressione malandrina.
Minto gli fece un cenno del capo, maliziosa, così lui continuò, gesticolando verso il bicchiere quasi vuoto del drink che nello scontro si era un po' rovesciato.
Posso prendertene un altro?”
Lei si avvicinò per potergli rispondere: “Non lo sai che non si accetta da bere dagli sconosciuti?”
Il ragazzo rise, tendendole la mano; quando lei la prese, fu tirata un po' più vicina: “Piacere, sono Kisshu.”
Minto,” rispose la mora “E lei è la mia amica Retasu.”
Un altro ragazzo, decisamente più alto e con l'aria di chi non era poi così contento di essere lì, si mise accanto a Kisshu in quel momento; lui, senza mollare la mano di Minto, gli diede un'amichevole pacca sulla spalla: “E il qui presente musone è invece il mio amico, Pai.”
Quello che loro sapevano essere il capo dell'organizzazione lanciò loro uno sguardo, soffermandosi qualche istante in più su Retasu, che inevitabilmente arrossì come aveva fatto la sua amica. Aveva avuto ragione, dal vivo erano molto più intimidenti di quanto non trasparisse dalle foto.
Pai si chinò su Kisshu, dicendogli qualcosa all'orecchio mentre faceva segno verso le scale alla sua destra, che conducevano al privé del piano superiore.
«Ragazze, vi ricordo che ora dovete darvi da fare,» esclamò Shirogane in quel momento «Cercate di non perdere l'occasione, grazie. E, Minto, non credo che una microspia sul polso sia la scelta migliore.»
La ragazza si rese conto che la stretta di Fukazawa sulla sua mano non accennava a sciogliersi, anche se era ancora intento a conversare con il suo amico.
Ti guarda come Ichigo guarda la torta al cioccolato di Zakuro,” le bisbigliò Retasu all'orecchio.
Minto arrossì, ma si strinse nelle spalle: “Tanto meglio, no? Sei pronta?”
L'altra annuì, afferrando più saldamente la borsetta in cui aveva riposto le cimici che avrebbe dovuto sistemare addosso a Pai.
La mora sentì tirarsi leggermente, così si voltò verso i due ragazzi.
Volete venire su con noi?” le domandò Kisshu “Abbiamo sempre un tavolo riservato.”
Rivolse a entrambe il suo sorriso splendente, e Retasu catturò con la coda dell'occhio Pai che rivolgeva lo sguardo al cielo; le scappò da ridere e non seppe bene come ma il ragazzo la sentì, facendole un sorriso prima di dirigersi verso la scalinata. Retasu agguantò il polso dell'amica, non volendo perderla nella calca spingente mentre sgusciavano tra i corpi accaldati in una specie di trenino.
«Non avete copertura al piano di sopra, ci sono le telecamere solo per precauzione, non andate su, non andate...» Shirogane si lasciò andare contro lo schienale del sedile, sospirando e passandosi una mano tra i capelli “Sono andate su.”
Taruto gli lanciò una breve occhiata, cambiando velocemente alcuni degli schermi dalla pista da ballo al piano rialzato del privé; il biondo era ormai alla terza tazza di caffè della serata, che comunque non poteva nascondere le occhiaie e l'ombra di barba che gli aleggiavano sul viso.
Nottataccia ieri, capo?” si arrischiò a domandare.
Ryo si limitò a fissare gli schermi, senza rispondergli: “Dammi tutte le telecamere che hai lassù.”
«E' davvero così facile adescare gente in discoteca?» la voce di Purin risuonò allegra nell'abitacolo «Averlo saputo prima...»
Ehi!” replicò offeso Taruto “Ti sembrano cose da dire?”
Concentrati.” gli intimò il biondo, indicando gli schermi sui quali le figure un po' sgranate dei quattro stavano apparendo.
Quella parte del locale era sicuramente più calma, pensò Retasu, anche se farsi strada tra i piedi della gente allungata sui larghi divanetti bianchi, e la parete di plexiglas che permetteva di vedere al piano di sotto; il volume della musica era anche più umano, visto che proveniva dalla sala da ballo e quindi era attutito e non c'era bisogno di urlare per potersi parlare.
Eccoci qua,” Kisshu fece loro largo davanti ad un divano più in angolo rispetto agli altri, sul cui tavolo abbonato risaltava il cartellino con su scritto Riservato. “Con i complimenti dell'azienda.”
Le due ragazze si scambiarono un'occhiata, sedendosi tra i due.
Cos'è, ogni sabato sera qualcuna di diversa?” scherzò affabile Minto, producendo una risatina da parte di Kisshu.
Prendiamo da bere, vi va?”
Fermò una delle ragazze dai succinti vestiti dorati che si aggiravano con splendenti sorrisi e vassoi rotondi – e che sembrava conoscerlo molto bene, notò Minto – ordinandole una bottiglia di champagne che fece alzare un sopracciglia alla mora.
Retasu, intanto, si tormentava nervosamente le dita, a disagio dalla vicina e rigida presenza di Pai,che continuava a guardarsi intorno con aria annoiata.
Non... non ti piace venire qui?” gli domandò dopo aver fatto un respiro profondo.
Il ragazzo si voltò a guardarla un istante, poi si strinse nelle spalle: “E' okay, immagino... diciamo che non è uno dei miei passatemi preferiti.”
Lei sorrise: “Ti capisco. Sono qua solo per accompagnare la mia amica, di solito mi piace di più leggere un libro.”
Anche il sabato sera?”
“Be', no, il sabato sera è per i film sul divano.”

Pai le scrutò il volto qualche secondo, e scoppiò a ridere; Retasu, che non capiva cosa ci fosse di così divertente, arrossì ancora ma si lasciò andare ad un sorriso.
Oh, che suono soave sentono le mie orecchie,” intervenne Kisshu, afferrando la bottiglia di champagne appena arrivata e stappandola zelante “E' raro sentirti ridere di questi tempi, amico, direi che un brindisi è d'obbligo.”
Riempì i quattro calici che erano stati posati sul tavolo, passandoli ai suoi compagni: “Cin-cin a queste dolci fanciulle dalle incredibili qualità.”
Vuotò il suo bicchiere tutto d'un fiato, appoggiandolo poi con un certo slancio sul legno e riempendolo ancora, per poi distendere il braccio così che fosse appoggiato sulla pelle bianca del divano proprio dietro alle spalle di Minto.
Allora, mie care,” domandò allegro “Cosa fate di bello a parte catturare l'attenzione dei giovanotti del Pure?”
Rigirando il calice tra le dita così che il liquido dorate rimbalzasse tra le pareti, Minto rispose: “Io sono una ballerina.”
Del ventre?”
Lei alzò gli occhi al cielo: “No, classica.”
Retasu sorrise: “Io, invece, lavoro per una ditta di informatica. Prevalentemente, adesso mi occupo di riparare i computer dei clienti, ma spero di poter ottenere una promozione presto.”
Oh, già, il suo capo è terribile,” commentò vaga Minto, ridendo tra sé e sé nel sentire Shirogane borbottare.
Sei una specie di cervellone, quindi?” chiese Kisshu, già al quarto bicchiere.
Sì, Retasu è una delle persone più intelligenti che conosca,” rispose per lei la mora con voce genuina, lanciandole un gran sorriso che la rinfrancò parecchio.
Catturò ancora una volta Pai a osservarla, e così chiese in tutta fretta: “E voi, invece, di cosa vi occupate?”
Bah, di cose troppo noiose per parlarne il sabato sera,” Kisshu agitò una mano in aria, posò il suo quinto bicchiere, e tese la mano, ancora una volta, a Minto “Andiamo a ballare, che ne dite? Siamo tutti qui per questo.”
Tu, forse,” replicò Pai, alzandosi comunque.
Ridiscesero com'erano saliti, con un sospiro sollevato di Shirogane che poteva controllare meglio la situazione e che continuava a ripetere loro di cogliere il momento giusto.
Se possibile, sembrava che ci fosse ancora più gente di prima nella sala già stracolma. Tra la folla, lo champagne e la mano di Kisshu all'altezza dei suoi reni, Minto aveva molto caldo.
Stando attenta a non farsi notare tenendo la borsetta stretta contro la sua pancia, ne estrasse una delle cimici, sistemandola nella stessa mano che stringeva la pochette così da non renderla visibile.
Si fermarono in una zona della pista un po' esterna, meno fitta di gente, con una canzone che sembravano conoscere tutti in sottofondo.
Le due ragazze si scambiarono un'altra occhiata veloce, ben sapendo cosa avrebbero dovuto fare ora e segretamente sperando che Shirogane smettesse di incalzarle, visto che stava dando sui nervi a Minto e rendendo nervosa Retasu.
La prima rise mentre Kisshu la prendeva per una mano e le faceva fare una piroetta poco adatta al tipo di musica, stringendola poi a sé come se stessero ballando un tango. Lei approfittò dell'occasione per appoggiare le mani sulle sue spalle; dopo qualche istante di attesa, in cui si premurò di muovere un po' di più i fianchi per assicurarsi che l'attenzione di Kisshu fosse localizzata altrove, attaccò velocemente una delle cimici sotto il colletto della camicia, dietro al suo collo.
Voltò poi la testa per cercare Retasu, sentendo il cuore perdere un battito quando non la vide accanto a sé com'era stata fino a qualche secondo prima.
Avvertendo il suo nervosismo, Kisshu le sorrise: “Pai è andato a prendersi qualcosa al bar e la tua amica è con lui.”
Effettivamente, Minto vide i due davanti a Ichigo, che le fece un sorriso affrettato come a dirle che stava tenendo la situazione sotto controllo, e si rilassò; una parte del lavoro era stata fatta.
Le mani del ragazzo si spostarono sui suoi fianchi non appena la musica cambiò, facendola girare, i bassi più carichi che le facevano rimbombare le vene. Dovette riconoscergli il merito di non averla schiacciata contro di sé come tanti erano soliti fare, ma la vicinanza del viso al suo collo tradiva le intenzioni. Minto sorrise, lanciando un'altra occhiata verso Retasu che buttava la testa all'indietro ridendo a quello che Pai le stava raccontando. Ad occhi sconosciuti, sembrava la ragazza più estroversa del mondo; per Minto, stava recitando perfettamente, e si chiese se anche lei fosse riuscita a posizionare le microspie.
Non preoccuparti, il mio amico è un gentleman,” la voce divertita di Kisshu, mischiata al fatto che per farsi sentire le aveva sfiorato l'orecchio con le labbra, la fece rabbrividire.
Si voltò, alzandosi in punta di piedi nonostante i tacchi per rispondergli: “Tu no?”
Lui rise e scosse la testa con aria furba, tirandola più vicino. Minto si morse un labbro. Non le capitava dai tempi del liceo di rimorchiare qualcuno in discoteca; non era decisamente una cosa che le ragazze perbene facevano poi tanto spesso. Ma poteva sempre incolpare la missione. Avevano un incarico da portare a termine, lei voleva assicurarsi di farlo al meglio. E diavolo, poteva anche divertirsi una volta ogni tanto.
Tirandolo per il colletto della camicia, lo baciò, ignorando i mugolii di disapprovazione che risuonavano nell'auricolare, lasciando che fosse lui a prendere le redini della situazione.
Ricordava appena l'ultima volta che era stata baciata, men che meno l'ultima volta che era stata baciata così. Kisshu sapeva di champagne e tabacco, e la combinazione le pizzicava piacevolmente le labbra mentre lasciava che i suoi denti la mordicchiassero leggermente.
Si staccarono solo per prendere aria e allontanarsi da quella zona in cui gente alticcia continuava a sbattere contro di loro, per trasferirsi sotto la scalinata del privè. Lì era più buio, e Kisshu non perse tempo ad intrappolarla con la schiena premuta al muro, appoggiandole una mano sulla nuca per giocherellare con i suoi capelli mentre l'altra si premurava di esplorarle la gamba.
Quando i suoi denti rifecero lo stesso giochino di prima sulle sue labbra e lui si premette di più contro di lei, Minto si lasciò scappare un sospiro.
«Pensi di fare qualcosa oltre a pomiciartelo?» la voce infastidita di Ryo, unita alle risa che sentì provenire da Ichigo e Purin, interruppe quel momento e fece scappare una risatina anche a lei.
Kisshu la osservò divertito, allontanandosi di qualche centimetro, osservando il rossore sulle guance e sul naso, i capelli spettinati e lo scintillio negli occhi accentuato dalle luci e dallo champagne, senza dubbio.
Minto si sentì arrossire ancora di più sotto quello sguardo dorato, non aiutata dal fiatone che entrambi esibivano, ma che non la fermò dal riagguantarlo per il fronte della camicia e baciarlo un'altra volta.
E se io ti chiedessi di venire da me?” le mormorò sulle labbra dopo qualche istante.
Quello non era decisamente nei piani, pensò lei, sforzandosi di mantenere la mente lucida. Shirogane l'avrebbe uccisa, era un rischio enorme, ma era anche l'opportunità di infilarsi direttamente nella tana del nemico. Ed avrebbe potuto sacrificarsi in modi molto peggiori di questo.
Perciò, gli sorrise e gli tese la mano; Kisshu la prese con un ghigno, dandole le spalle per guidarla attraverso la folla.
«Cosa cazzo stai facendo?» le sibilò velenoso Ryo all'orecchio.
“Stai tranquillo,” sussurrò lei, sicura che l'avrebbe sentita “E' tutto sotto controllo.”
Raggiunsero Pai e Retasu, ancora al bancone, entrambi molto più allegri di quando li avevano lasciati; la verde sorrise all'amica, annuendo appena per farle capire di essere riuscita anche lei a mettere le cimici addosso al ragazzo.
“Bene, signori, è stato un piacere, ma noi ce ne andiamo.”
L'espressione contenta di Retasu cambiò immediatamente alle parole di Kisshu, e anche Zakuro, che si dava da fare con le bottiglie tendendo l'orecchio verso di loro, sollevò di scatto gli occhi.
“D-dove vai?” domandò all'amica.
Minto si fece avanti, abbracciandola così che potesse sussurrarle all'orecchio: “Voglio vedere dove stanno di base, anche se non credo che mi porterà là, ma almeno posso avere un vantaggio. Quando vuoi andare via, fai finta che Taruto sia tuo fratello che ti sta venendo a prendere, d'accordo? Sta' attenta.”
Retasu annuì, stringendole la mano: “Sta' attenta tu, se hai bisogno chiamaci subito.”
Ignorando i ripetuti richiami di Shirogane all'orecchio, Minto sorrise e si fece guidare fuori da Kisshu, il braccio di lui attorno alla sua vita.
«Seriamente?» le altre sussultarono al volume di voce del loro capo «Non gliene va mai bene uno, e poi decide di andarsene con un trafficante d'armi
Ichigo, che l'aveva seguita con lo sguardo, sospirò: “Avrà uno dei suoi piani in mente. Servono dei rinforzi per Retasu.”
“No, no, sto bene,” le rispose sottovoce la verde, girata verso di lei che fingeva di star aspettando un drink, rigorosamente analcolico “Datemi ancora dieci minuti.”
«Dieci minuti massimo, Retasu, poi ti voglio fuori
Lei si girò verso Pai, ridendo del suo commento inappropriato nei confronti di Kisshu. Aveva sistemato una microspia dove lei e Minto avevano concordato, sul colletto della camicia, ma non le sarebbe dispiaciuto poterne mettere un'altra ed essere sicura che rimanessero. Ma quel Pai non era decisamente ardito quanto il suo amico, né lei così coraggiosa da provarci come Minto. Era riuscita nel suo scopo solo mentre stavano ballando, e adesso lui manteneva una rispettosa distanza da lei.
Se non avesse saputo quale fosse la sua vera occupazione, quasi quasi le sarebbe piaciuto più del dovuto.
Il suo cellulare si mise a vibrare in quel momento, e un'occhiata rapida al display le fece notare che era Taruto. Si morse il labbro e guardò Pai, ridendo nervosamente: “E' mio fratello, mi aveva promesso che sarebbe passato a prenderci. Adesso mi ucciderà quando gli racconterò di Minto-chan.”
Il ragazzo annuì: “Ti accompagno fuori.”
Le fece strada tra la calca, limitandosi a guidarla con una mano sulla schiena che la sfiorava appena. L'aria fresca della sera la investì come una manna, e la vista di Taruto che si sbracciava la fece sorridere.
Be'... grazie della bella serata,” guardò il suo accompagnatore negli occhi scuri, arrossendo ancora “E' stato... diverso.”
Arrivederci, Retasu-san. È stato un piacere anche per me.” le fece un cenno con il capo, e fu ri-inghiottito dal buio e dalla folla del Pure Water.
Accertandosi di non essere seguita, Retasu si affrettò verso l'amico, che le sorrise.
“Ti avverto, Shirogane-kun è un po' furibondo.”
Le aprì la portiera della limousine, che profumava tremendamente di caffè, e lei accennò ad un timido sorriso verso il biondo.
“Taruto, torna qua e sintonizzati su Minto.”
La mora gli aveva mandato un veloce messaggio, informandolo del fatto che Kisshu aveva un'auto con guidatore privato e che non aveva dovuto fornirgli l'indirizzo, e che lui avrebbe fatto meglio a non farle battutine idiote nell'orecchio che l'avrebbero fatta ridere e avrebbero potuto mandare tutto all'aria.
-Se, la tua notte di follia,- aveva pensato acido l'americano, ma aveva abbassato il suo microfono in modo da evitare qualsiasi interruzione.
Mentre la macchina nera correva veloce attraverso le strade vuote, Minto sorrise al ragazzo seduto al suo fianco: “Credevo che prima si dovesse essere invitate a cena.”
Kisshu ghignò, sfiorandole il collo con la punta del naso: “Le regole sono fatte per essere violate, no?”
Senza il traffico, il tragitto fu breve, o forse erano stati entrambi troppo impegnati a esplorare la bocca dell'altro per accorgersene. L'auto si fermò davanti ad un imponente hotel, il preferito dai ricchi turisti e dalle conferenze o matrimoni più importanti; la stessa Minto non ne era estranea, ma si stupì comunque della loro destinazione.
Kisshu aveva già una camera lì, dedusse, visto che non si fermò al banco della reception per chiederne una (e sarebbe stato totalmente volgare per un hotel del genere, pensò anche), ma si fece strada sicuro fino agli ascensori.
La micro-telecamera nascosta nella fibbia della pochette di Minto stava registrando tutto il tragitto dalla hall dell'hotel fino alla suite all'ultimo piano, dove finalmente si fermarono.
Però,” commentò, alzando un sopracciglio una volta che fu entrata“Ti tratti bene.”
Paga l'azienda,” replicò lui con un sorriso, poi l'attirò nuovamente a sé.
Minto appoggiò la borsa sul tavolino al centro della sala, in modo da avere la piena visuale della stanza ma dando le spalle al letto, concentrandosi poi sui bottoni della camicia del ragazzo.
Lo avvertì sorridere mentre passava ancora una volta le mani tra i suoi capelli: “Non mi sembra che neanche tu perda tanto tempo, dolcezza.”
La sollevò per i fianchi, appoggiandola ancora una volta contro il muro e lasciandole baci sul collo finché non trovò l'esatto punto che la fece gemere.
Ryo, sfregandosi gli occhi con le dita, si tolse le cuffie e si accasciò sul sedile prima di rivolgersi a Taruto: “Chiudi i microfoni di Minto, per carità, ma lascia acceso il suo localizzatore. Voi altre, preparatevi ad uscire da lì.”
L'altro ragazzo, rosso come un peperone, digitò un paio di volte sulla tastiera. Retasu, anch'essa in imbarazzo (mai avrebbe immaginato di trovarsi in una situazione simile né di sentire una sua amica in quella determinata situazione), si sentì finalmente in grado di rilassarsi. Si tolse i tacchi che la stavano uccidendo e raccolse le gambe sotto di sé, appoggiandosi allo schienale e lanciando un'ultima occhiata al biondo prima di chiudere gli occhi.








Ce l'ho fatta :D Pensavo non sarei riuscita a pubblicarlo prima di partire (cioè domani), e invece oggi in tre ore praticamente ho scritto le ultime cinque pagine di capitolo - per un totale di otto, che ormai per me sono un casino. Spero vi diverta tanto quanto mi sono divertita io a scriverlo ;) E' stata una delle prime scene che mi è venuta in mente mentre mi immaginavo la storia, e spero che il focus maggiore su Minto e Retasu sia una bella novità. :)
Naturalmente, le ragazze usano cose un po' futuristiche come micro-micro-telecamere e micro-micro-spie e cose del genere, ma un po' di fantasia a questo mondo ci vuole xD Forse Pai è un pochetto OOC, ma anche qua, insomma, è tutto un po' diverso. :) Il titolo del capitolo viene dall'omonima canzone degli Artctic Monkeys, ormai fonte di ispirazione inesauribile.
A data da destinarsi il capitolo cinque, visto che vado in vacanze e ancora devo capire per bene cosa metterci dentro ^^''''
Grazie a tutti quelli che leggono, seguono, favoriscono e soprattutto recensiscono! Sprecate cinque minuti di questo afoso luglio per fare contenta una neo-laureata, dai. ahaha
A presto e buone vacanze a chi può; bacioni!!!

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Capitolo 5
*** And the thrill of the chase moves in mysterious ways ***


Capitolo cinque: And the thrill of the chase moves in mysterious ways



Ryo Shirogane doveva essere grato che le pareti delle sale riunioni fossero insonorizzate; forse per fare in modo che informazioni riservate non ne uscissero, decisamente non progettate per contenere le sue urla ma perfettamente funzionali.
L'oggetto della sua ira funesta era, ovviamente, Minto, tornata quel lunedì mattina al lavoro con un'aria troppo soddisfatta per poter calmare l'americano.
Ti rendi almeno conto del pericolo che avresti potuto correre? E se si fosse accorto che gli avevi messo addosso una cimice?”
La ragazza alzò gli occhi al cielo: “Per l'ennesima volta, lo so, ma non è successo niente.”
Non puoi andare in giro a fare quello che vuoi!”
Non stavo facendo quello che volevo, stavo andando a piantare ancora più microspie di quanto sarei riuscita a fare se fossi rimasta al locale!”
C'è momento e luogo per iniziative del genere che possono mettere a repentaglio la tua copertura, e questa missione non ne ha bisogno!”
Le guance di Minto si arrossarono mentre anche il suo tono di voce aumentava: “Questa missione ha bisogno di essere risolta il più presto possibile, ecco di cosa ha bisogno! E
io sono stata quella che ha rischiato la pelle, portandosi a casa altre quattro microspie! Adesso abbiamo uno dei luoghi in cui si incontrano, costantemente sorvegliato, e un numero di telefono. Quindi, prego, Shirogane.”
Ryo sospirò, spostandosi la giacca all'indietro mentre poggiava le mani sui fianchi. “Potrei licenziarti per insubordinazione.”
La ragazza scosse le spalle, adagiandosi sullo schienale della poltrona: “Fallo, ma poi il numero lo tengo io.”
Smettila di tirare la corda.”
Minto alzò le mani in segno di difesa, girando pigramente sulla sedia mentre un sorrisetto soddisfatto le si disegnava in volto.
Shirogane scosse la testa, facendo un cenno verso le altre ragazze: “Purin, dì a Taruto che metta qualcuno a controllare le microspie continuamente, non voglio perdere neanche una parola. Voi altre, chiedete le registrazioni di questi ultimi giorni e ascoltatele, segnatevi qualsiasi cosa possa sembrarvi importante, o strana, anche minimamente preoccupante.”
Dobbiamo ascoltare anche la registrazione di sabato sera?” sghignazzò Purin, ignorando la risatina nascosta di Ichigo e l'occhiataccia di Zakuro.
Ryo fece finta di nulla, così come fece finta di non notare le tre dita che Minto aveva alzato e che Retasu si affrettò prontamente ad abbassare con una faccia sconvolta, e con un gesto della mano fece loro intendere che era meglio che se ne andassero.
Prima che Retasu fosse uscita, però, Shirogane la trattenne. “Volevo solo dirti che hai fatto un ottimo lavoro, sabato sera. Ero un po' sovrappensiero per dirtelo subito, ma sei stata davvero brava.”
Le guance della ragazza si tinsero piacevolmente mentre abbozzava ad un inchino. “Grazie, Shirogane-kun. Ho fatto solo il mio dovere.”
Be', sì, spero di vederti ancora così piena di iniziative positive.”
Retasu raggiunse le altre alla loro postazione, scuotendo la testa con fare ammonitorio nel sentirle discutere di questioni poco adatte all'ambiente lavorativo.
Purin, potresti andare a prendere le registrazioni, per favore?”
“Sì, sì, aspetta, voglio sentire come finisce la storia,” le rispose brevemente la biondina, che sembrava pendere dalle labbra di Minto.

Zakuro alzò gli occhi al cielo, afferrando velocemente il portafoglio per scendere velocemente al bar del piano terra. Le serviva un caffè, e non le andava decisamente di doversi sorbire l'acqua sporca della macchinetta in dotazione che ancora non si decidevano di riparare.
Aveva talmente tanto a cui pensare che la salita e la discesa dal suo ufficio le sembrarono passare in un momento, tra visi confusi e parole incomprensibili tra la miriade di altri discorsi che le scorrevano in mente. Si sentiva nervosa, e non le era mai piaciuto. Era sempre stata abituata ad avere il controllo di sé e della situazione, e le poche volte in cui lo perdeva le sembrava di fallire.
Solo il calore dei bicchieri di carta che aveva in mano la manteneva in contatto con la realtà mentre attraversava veloce il corridoio, i grossi tacchi degli stivali che risuonavano leggeri contro la moquette consunta e ruvida.
Sbatté le nocche contro il vetro, attenta a non rovesciare il caffè, e non aspettò risposta per entrare, chiudendo la porta con un colpo d'anca.
Appoggiò una delle tazze sulla scrivania di Ryo, sedendosi poi in una delle comode poltrone girevoli. Era il loro modo di fare pace, quello; senza dirsi molto, si portavano solamente delle tazze di caffè in segno di scuse – americano, nero, bollente.
Ho bisogno di un paio d'ore di permesso, nei prossimi giorni,” iniziò dopo qualche secondo, prendendo un tentennante sorso per non bruciarsi la lingua.
Ryo sollevò appena lo sguardo dalle carte che aveva davanti, il rapporto di sabato sera senza dubbio. “Devi firmare i documenti?”
Zakuro non lo guardò in volto, limitandosi ad annuire mentre sospirava. “Sì.”
Shirogane batté le dita contro il tavolo, fissandola. “Nel mezzo di un'operazione?”
Non ho scelto io la data, sai.”
Lui sospirò, digitando svelto sulla tastiera. Non sapeva quanto i superiori fossero tenuti a sapere della vita privata dei loro agenti, ma si rendeva anche conto che il rapporto che manteneva con le ragazze non era proprio da manuale.


Stava piovendo incessantemente quando suonò il campanello. Non aspettava nessuna visita, decisamente; era da più di un anno che abitava a Tokyo ormai, ma non aveva avuto molto tempo per farsi tanti amici. O almeno, amici che si prendevano la libertà di suonare a casa sua un giovedì sera alle dieci.
D'altronde, non si sarebbe nemmeno aspettato di vedere nello schermo del citofono Zakuro, grondante d'acqua.
Le chiese subito se c'era qualcosa che non andava, quando arrivò sulla soglia del suo appartamento. Gli venne naturale chiederglielo in inglese, visto che molte volte si trovavano a parlarsi in quella lingua senza pensarci troppo. C'era qualcosa che li accomunava, ma non sapeva il perché nemmeno di quello, o che cosa fosse esattamente. Fujiwara non si apriva mai con nessuno, e lo stesso faceva lui... forse, erano capaci di farlo solo l'uno con l'altra.
Promettimi che questa conversazione sarà off-the-records, e che in questo momento tu non sei il mio capo.”
Shirogane alzò le sopracciglia, allungandosi in bagno per prenderle un asciugamano: “Mi stai chiedendo qualcosa di importante.”
Lo puoi fare o no?” insistette lei.
D'accordo. Prima cambiati, però, non voglio essere il non-responsabile della tua polmonite.”
Le porse una vecchia felpa di Harvard e un paio di pantaloni della tuta in cui probabilmente lei avrebbe navigato, ma non aveva di meglio da offrirle.
Si stava decisamente preoccupando. Non era da lei chiedergli determinate cose; nei mesi in cui l'aveva conosciuta, aveva capito che le piaceva testare i limiti senza però uscirne del tutto. Sperò che non fosse qualcosa di troppo grave.
Quando Zakuro ritornò in cucina, i lunghi capelli avvolti come in un turbante nell'asciugamano, la guardò con sguardo interrogativo, senza chiederle oltre – di sicuro pressarla era la scelta peggiore.
Sono andata a letto con Akasaka-san.”
E di sicuro, Zakuro non usava mai mezzi termini.
Il sorso di decaffeinato che Ryo aveva appena preso gli andò di traverso, facendolo tossire. “C-come scusa?”
O forse andati a letto non è il termine migliore, visto che è successo in ufficio.”
Shirogane si lasciò sfuggire un gemito e si passò una mano tra i capelli: “Ti prego, dimmi che nessuno vi ha visti.”
Lei scosse la testa: “Eravamo solo io e lui, gli dovevo consegnare tutti i documenti per l'ultimo caso chiuso.”
Gli occhi azzurri si fissarono su di lei: “Lo sai che adesso dovrei trasferirti, giusto?”
“No, perché questa conversazione non è mai accaduta e tu non sei il mio capo.”

Quasi gli scappò un sorriso. “D'accordo, allora... perché sei venuta a dirlo proprio a me?”
Zakuro si strinse nelle spalle, chiudendo le dita attorno alla tazza: “Perché non sapevo a chi altro dirlo senza iniziare una lunga sequela di domande, e non potevo non dirlo a nessuno.”
Shirogane annuì. Il rumore della pioggia fece loro da sottofondo per qualche minuto, mentre il suo cervello cercava un modo educato di iniziare l'altro argomento che gli premeva. “Lo so che probabilmente non vorrai parlare nemmeno di questo, ma... pensavo fossi sposata, Zakuro.”
Lei scosse nuovamente le spalle: “No, non ne voglio parlare. Non fingerò di essermi innamorata di Akasaka-san, per carità... probabilmente sappiamo entrambi che è stata davvero solo una cosa di una volta. Non ti dirò nemmeno di essere stata presa alla sprovvista, perché era da un po' che ci giravamo intorno, così. Credo che, in fin dei conti, mi servisse solo una scusa.”
Si chiuse nel suo silenzio, girando pigramente il cucchiaino nel liquido scuro. Shirogane sapeva che il discorso era stato chiuso lì, e lui non voleva premere oltre per non esserne ulteriormente coinvolto.
Man, I won't be able to sit at that desk anymore, now.”
Zakuro rise a quella battuta, e poi continuò a ridere di cuore, trascinandolo con sé tra sollievo e il timore di vedersela cadere in una crisi isterica.


La stampante vibrò mentre il foglio usciva a scatti prima di essere afferrato con una mossa veloce da Shirogane.
Domani pomeriggio, pausa pranzo allungata fino alle cinque. Di più non posso fare, lo sai.”
Lo allungò a Zakuro, che lo prese annuendo. “Grazie,” fece un cenno verso la tazza di caffè quasi intoccata “Pensi di finirlo?”
Oh, sì,” sospirò lui, allentandosi la cravatta “Dopo lo scherzetto di Minto e vista la quantità di roba che dovremo osservare, ne ho più che bisogno.”
Dovresti darti a tè e tisane, forse ti calmerebbero più i nervi.”
E' proprio la tua amica che beve tè come se non ci fosse un domani, e guarda com'è andata a finire.”
Zakuro abbozzò un sorriso: “Come se non sapessi che sotto sotto sei rimasto stupito dal suo fegato.”
Non credo fosse il fegato quello per cui lei andava...”

§§

Taruto si stropicciò gli occhi, sbadigliando senza remore. Era da solo nel laboratorio in quel momento, ed anche se ci fosse stato qualcuno, non gli sarebbe importato molto. Erano ormai giorni che tenevano sotto controllo la situazione nella camera dell'hotel che Minto era riuscita a infestare di cimici.
Non succedeva molto, a dire la verità; era molto probabile che quella stanza non fosse nient'altro che il luogo in cui Kisshu Fukazawa abitava e dormiva per il tempo necessario in cui doveva trattenersi a Tokyo, ma Shirogane non voleva perdersi nemmeno un fotogramma.
Sbadigliò ancora, lanciando un'occhiata all'orologio che aveva al polso. Almeno Fukazawa sembrava avere una routine regolare. Si svegliava alle sei e mezza, usciva e non tornava fino alle nove di sera, solitamente con qualcosa da mangiare dietro. Questo voleva dire che, se tutto fosse andato come al solito, Taruto avrebbe avuto ancora due ore da passare osservando uno schermo fermo, tranne per l'eventuale cameriera, e le altre quattro di totale inerzia sarebbero toccate a qualcun altro.
E stavano pure registrando il tutto, pensò un po' stupito, così che se qualcosa fosse davvero successo, Shirogane avrebbe potuto vederlo con i suoi occhi.
Ringraziò che non fosse comparsa nessuna ragazza insieme a Kisshu; per lui sarebbe stato maledettamente imbarazzante, Purin l'avrebbe preso in giro e il capo si sarebbe senz'altro irritato. Per non parlare di Minto, quella ragazza poteva avere reazioni imprevedibili per le cose più strane.
Shirogane doveva avere proprio tanta pazienza con loro, si disse. Non sapeva se un altro capo avrebbe sopportato tutte le loro storie.
Taru-Taruuuuu,” la voce di Purin rimbombò tra i computer della sala vuota mentre la biondina arrivava saltellando, in mano due sandwich impacchettati “Ti ho portato da mangiare, ho immaginato che come al solito te ne saresti dimenticato.”
Grazie mille,” esclamò lui, realizzando solo in quel momento quanto in realtà fosse affamato “Come vanno le cose al piano di sopra?”
Oh, sai com'è, il solito. Shirogane brontola, Ichigo borbotta, Minto beve il tè. Ormai stiamo diventando tutti un po' ciechi a forza di stare davanti al computer.”
Mhmm,” rispose Taruto, la bocca già piena di cibo “Non succede niente di interessante.”
Infatti la sorveglianza è la parte più noiosa, ma almeno non dobbiamo stare in macchina nascosti dietro un giornale.”
Tu guardi troppi film, Purin.”
Forse,” la ragazza rise, inclinandosi in avanti per avvicinare il viso a quello di lui “Ma è Minto quella che si comporta come James Bond.”
Guarda che se ti sente si arrabbia.”
Ma è vero! Però è brava a raccontare storie. Particolari piccanti a parte.”
Taruto alzò gli occhi al cielo: “Va bene, raccontamelo.”


Quindi è questo che vi insegnano alle accademie del balletto?”
Minto rise, spostandosi una ciocca di capelli sudati dalla fronte. “Chi lo sa.”
Kisshu le scoccò un'occhiatina divertita, piantandole un dito nel fianco per farle il solletico: “Di sicuro ti hanno insegnato a essere sfacciata.”
Ah, senti chi parla!” lei lo spinse via, arrotolandosi poi nel lenzuolo per coprirsi mentre si avviava verso il bagno. Prese con sé la sua pochette e la biancheria intima; non aveva la minima intenzione di allontanarsi dai suoi effetti personali visto il loro contenuto, e sapeva che era ormai ora di andarsene... purtroppo.
Fece scorrere l'acqua del lavandino, spruzzandosene un po' sul viso per cancellare le tracce di trucco sbavato. Si rivestì in fretta e poi, lanciando un'occhiata veloce alla porta chiusa del bagno, aprì la borsetta.
Aveva afferrato le microcamere poco prima di uscire, giusto in caso, si era detta. Al tempo non aveva saputo cosa farsene, ma ora sarebbero potute tornare utili.
Si guardò intorno, cercando di individuare un angolo utile. Taruto era davvero bravo a minimizzare le dimensioni dei loro aggeggi, ma non voleva comunque correre altri rischi.
Il water sembrava l'appoggio giusto, calcolò velocemente; se fosse riuscita a salirci e ad arrivare nell'angolo dietro la porta, la telecamera avrebbe avuto il panorama adatto della stanza e forse – forse – sarebbe stata abbastanza nascosta.
Sapeva che ci stava mettendo troppo tempo, quindi cercò di affrettarsi, maledicendo per l'ennesima volta la sua bassa statura. Azzardò a posare un piede sulla cassetta del water, facendo partire lo scarico in modo da nascondere i suoi sbuffi di fatica. Temeva che avrebbe ceduto sotto il suo peso, ma con un ultimo sforzo e un'impuntata di piedi, la microcamera si attacco alle piastrelle del muro e diede un leggero bip per indicare che era accesa.
Saltò giù, riassettandosi velocemente e prendendo la borsetta per poi uscire dal bagno.
Kisshu la osservò nuovamente da capo a piedi, facendo una smorfia scontenta: “Oh, non dirmi che te ne vuoi già andare.”
Lei sorrise, prendendo il vestito abbandonato sul tavolo: “Sono le cinque del mattino, direi proprio di sì. Le ballerine hanno bisogno del giusto riposo, sai.”
Immagino,” con l'ennesimo ghigno da schiaffi, Kisshu si alzò, incurante del fatto che il lenzuolo fosse rimasto nel bagno mentre si avviava lentamente verso di esso.
Tirandosi su la zip del vestito, anche Minto si concesse un'ultima occhiatina prima di decidere di tentare un'ultima volta la fortuna. La poltrona nell'angolo della stanza, proprio accanto alle pesanti tende color crema, faceva al caso suo.
Tendendo l'orecchio verso il bagno,nuovamente si arrampicò sulla poltrona, tenendosi in equilibrio sullo schienale mentre si allungava il più possibile per posizionare la seconda microcamera sul bastone a cui erano attaccate le tende.
Saltò giù proprio nel momento in cui sentì aprirsi la porta, atterrando con grazia su un bracciolo come se fosse sempre stata seduta ad aspettare il ragazzo – che, almeno, aveva avuto la decenza di coprirsi con il lenzuolo questa volta.
Posso almeno avere il tuo numero?” le chiese ironico.
Minto si strinse nelle spalle: “Dipende. Cosa ottengo in cambio?”
Kisshu alzò gli occhi al cielo, ridendo. Afferrò il bloc notes dell'hotel, strappandone una pagina, e vi scrisse velocemente il proprio numero. Allungò il foglietto alla mora che, con un sorriso simile al suo,vi scribacchiò il proprio per poi strappare il pezzetto che aveva usato.
Ti chiamo un taxi mentre scendi,” le disse poi, prima di avvicinarsi ulteriormente e baciarla.

§§

Ichigo bussò a raffica alla porta di Ryo, aprendola senza aspettare risposta: “Shirogane-kun, devi venire subito.”
“Cos'è successo?” le domandò lui, alzandosi di scatto e raggiungendola.
“E' ovvio che dopo una settimana e mezza di sorveglianza in cui non è successo niente, adesso abbiano deciso di muoversi.”
In due minuti raggiunsero il laboratorio, dove erano già raccolte tutte le altre ragazze.
Retasu lasciò a Shirogane il posto accanto a Taruto, che digitò velocemente sulla tastiera per rimandare indietro il viso che stavano visionando.
Sullo schermo apparve la figura di Kisshu, che stava entrando nella sua stanza digitando sul cellulare. Lo osservarono portare il telefono all'orecchio, camminare ancora un po' per la camera probabilmente aspettando una risposta, e poi appoggiarsi con una spalla contro il muro.
«Ehi, Pai», la voce risuonò incredibilmente chiara «Abbiamo un nuovo cliente. Vediamoci tra mezz'ora.»
Taruto fermò il video con un tasto: “E' di dieci minuti fa.”
Zakuro si voltò verso il biondo: “Credo che sia ora di muoversi. Se hanno un nuovo cliente, vuol dire che sono pronti a vendere. Dobbiamo agire prima che possa succedere, e dobbiamo farlo in fretta, perché non sappiamo quando accadrà.”
Fare le cose troppo in fretta non porta mai a qualcosa di buono.”
Non abbiamo tempo, Shirogane-kun,” insistette Minto.
Il biondo prese il telefono alla sua sinistra: “Io chiamo Keiichiro, voi continuate a guardare in caso Pai arrivi lì.”
Si alzò dalla sedia, parlottando velocemente mentre le altre riprendevano il video in diretta, che mostrava però soltanto una camera vuota.
Shirogane-kun ha ragione, non abbiamo abbastanza informazioni,” commentò Retasu, mordendosi un labbro.
Ichigo annuì: “Per questo dobbiamo ottenerle. Dobbiamo avvicinarli di nuovo.”
Non correre,” la voce di Shirogane era tesa “Nemmeno a Keiichiro piace questa situazione. Non siamo nemmeno sicuri che non si siano accorti di essere intercettati.”
Minto si strinse nelle spalle: “Non ne hanno dato segno fino ad ora. Si sono comportati in modo normale, hanno parlato abbastanza liberamente. Non ne possiamo essere certe al cento per cento, ma non possiamo lasciarci scappare l'occasione.”
Ryo le puntò un dito contro: “Niente colpi di testa, d'accordo?”
Lei gli fece un finto saluto militare: “Signorsì.”














Lo sooooo, sono terribile, ci ho messo una vita :( Ma sono stata pressissima dalle vacanze (LOL), dal moroso e dal dolce far nulla... ma siccome domani (o meglio, stanotte) devo partire ancora, oggi mi sono messa d'impegno e ho scritto tuuuuuuuuutto il capitolo ^_^
Ringrazio tutte voi che avete commentato perché mi avete dato la carica :) Spero che le vostre vacanze siano andate bene, e che gli ultimi giorni siamo buoni :)
A presto, un bacione!!

Hypnotic Poison

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Capitolo 6
*** You may be a lover but you ain't no dancer ***


Capitolo sei: You may be a lover but you ain't no dancer


Non mi piace,” Keiichiro scosse la testa, chiudendo il fascicolo beige riposto sul tavolo. “Non c'è abbastanza personale per una situazione del genere.”
Shirogane, seduto in fronte a lui, annuì: “Hanno scelto il posto giusto, direi. In centro, in pieno giorno, in mezzo alla gente, così da attirare l'attenzione il meno possibile. Ma ciò potrebbe facilitare anche la nostra sorveglianza.”
Si allungò cauto sul tavolo, indicando lo schema che aveva scarabocchiato in fretta: “Noi possiamo posizionarci qui e qui. Saremo dall'altro lato della strada, ma la visuale è buona.”
Non c'è niente di più vicino?”
Solo negozi, e sarebbe sospetto stare da un fioraio per più di quindici, venti minuti. In piedi, soprattutto.”
Keiichiro si appoggiò alla poltrona, sfregandosi la punta delle dita. “Cercherò di mettervi a disposizione dell'altro supporto. E, voglio che vi manteniate in costante contatto radio con me.”
Ryo si trattenne dall'alzare un sopracciglio, un po' stupito da quella richiesta. “D'accordo, informerò Taruto.”
“Domani, quindi?”
“A mezzogiorno, sì.”
Shirogane si alzò al cenno del suo capo, chiudendosi la porta alle spalle. Condivideva i dubbi di Keiichiro, ma doveva anche dar ragione alle ragazze quando dicevano che il tempo stava stringendo. Avrebbe solo voluto che loro non fossero così maledettamente impulsive.
Il solo pensiero di un'ennesima operazione sotto copertura gli stava facendo venire il mal di testa. A volte si chiedeva ancora perché avesse accettato quel cavolo di lavoro.
“Andiamo, Ichigo-chan, lo sappiamo tutte che ti piace indossare costumi.”
La voce pungente e ironica di Minto gli arrivò alle orecchie a qualche scrivania di distanza, e si vide già intento a reprimere le sue collaboratrici sui comportamenti da tenere in ufficio.
Mentre le altre ridevano, la rossa fece una smorfia: “Vogliamo proprio entrare nel discorso, Minto?”
“Non farla ricominciare con quella storia.”
Minto voltò la sedia girabile verso di lui: “Invidioso, Shirogane-kun?”
Lui le rispose con un'occhiatina di altrettanto sarcasmo: “Sei meno pungente al telefono, Aizawa.”
La mora chiuse la bocca di scatto, alzando leggermente il naso per aria e ritornando sui documenti sparpagliati per la scrivania. Era stata infatti lei che, dopo i ripetuti vanti di aver ottenuto un numero di telefono da Fukazawa, aveva dovuto mettersi in contatto con lui.


Non è mai la ragazza che chiama per prima!”
Ryo alzò gli occhi al cielo: “Santo Cielo, Minto, ma ti ascolti quando parli? Di solito, una ragazza non è mai nemmeno un'agente sotto copertura! Se non avessi voluto chiamare, non avresti dovuto prendere il numero. E sai come non avresti dovuto prendere il numero?”
D'accordo, d'accordo,” la ragazza aprì di scatto il cassetto metallico della scrivania, afferrandone il cellulare che Taruto le aveva fornito per quella occasione. Compose lentamente il numero scritto sul foglietto che aveva attaccato allo schermo del computer e, quando sentì il segnale di libero, diede le spalle a tutti gli occhi curiosi delle sue amiche.
Ciao,” la sentirono esclamare dopo qualche istante, con una voce che non era sicuramente quella che usava tutti i giorni. “Non c'è male, e tu?”
Retasu si apprestò a tappare la bocca di Purin, che per qualche motivo stava sghignazzando in silenzio, fissando con apprensione la mora e la ciocca di capelli che aveva iniziato ad arrotolarsi attorno all'indice.
Diciamo che non mi è mai piaciuto aspettare,” Minto rise, e Shirogane alzò nuovamente gli occhi al cielo, incrociando le braccia al petto “A questo proposito, stavo pensando... prima che la compagnia mi metta sotto stretto regime, potremmo andarci a prendere qualcosa da bere... in fondo mi devi ancora una pizza...”
Sìsì, una pizza!” bofonchiò Purin all'orecchio di Ichigo, allungandosi per sfuggire alla presa di Retasu e facendo ridere la rossa.
Mercoledì prossimo a pranzo?” Minto guardò Shirogane, che annuì “D'accordo, è perfetto.”
Voltò ancora la sedia così da poter guardare Retasu negli occhi. “Senti, perché non porti anche quel tuo amico, quello che era con te al Pure? La mia amica ne sarebbe felice.”
La ragazza in questione arrossì, ma sostenne con forza lo sguardo pungente.
Benissimo. A mercoledì, allora.” Minto chiuse la telefonata, risistemando il telefono nel suo posto originale “Soddisfatto?”
Ryo abbozzò un sorriso. “Io stesso non avrei saputo fare di meglio.”
Non avevo dubbi.”


State lavorando così tanto che mi sento in colpa a mandarvi a casa prima così che domani siate preparate.” commentò l'americano ad alta voce, infilandosi le mani in tasca e fissando le cinque ragazze, quasi divertito.
Zakuro sorrise e alzò un sopracciglio: “Con tutto questo sarcasmo prima di una missione, Ryo, ho paura di quello che potrebbe succedere.”
Lui si strinse nelle spalle: “Domani qui alle dieci, d'accordo? Purin, prima di andare via, avvisa per favore Taruto che Keiichiro lo vuole con sé domani.”
Le ragazze annuirono, iniziando a raccogliere le loro cose. Shirogane sembrò sul punto di aggiungere qualcosa ma, con un ultimo cenno della testa, fece dietrofront e si rintanò nel suo ufficio.

§§

Il mattino dopo, il laboratorio di Taruto stava servendo anche come luogo d'incontro per gli ultimi preparativi, in modo che la squadra μ potesse uscire indisturbata e più comodamente dalla porta “sul retro” di cui era predisposto.
Ryo e le ragazze si erano cambiati con gli abiti per quella copertura. I biondi capelli dell'americano, così appariscenti e riconoscibili, erano stati coperti da una parrucca nera (anche se Purin aveva suggerito di tingerli con una di quelle bombolette spray che si usavano ad Halloween), e gli occhi erano cerchiati da un paio di occhiali con delle lenti finte. Ichigo sfoggiava una lunga e liscia chioma castana; Zakuro si era acconciata i capelli in uno chignon e aveva indossato lei stessa gli occhiali; Purin, infine, aveva scelto una parrucca di corti capelli neri sparati in tutte le direzioni.
Le uniche due che mantenevano un'apparenza di normalità erano Retasu e Minto, con indosso due eleganti vestitini che nascondevano svariati dispositivi.
Purin, potresti cortesemente smetterla di saltellare?” la riprese la mora, infilandosi un auricolare nell'orecchio.
Scusa, scusa,” rispose la biondina, limitandosi a sedersi sullo spigolo del tavolo e a battere con un piede per terra “Ho un sacco di energie da sprecare.”
Tienile per dopo, d'accordo?” Ryo sistemò la fondina così che la pistola gli stesse contro la schiena, nascosta sotto la giacca. “Siete pronte?”
Retasu annuì, la mano che automaticamente saliva a sistemarsi gli occhiali anche se questi non c'erano. “Direi di sì.”
Allora, tu e Minto prenderete il primo taxi. Voglio che arriviate lì il prima possibile, così da assestare la situazione. Io e Ichigo vi seguiremo in un altro taxi, e saremo nel caffè davanti al vostro ristorante. Zakuro e Purin, terzo taxi, stessa posizione. Ricordatevi che la vostra prenotazione è a nome Shintaro.”
Minto lanciò uno sguardo a Ichigo, che fece una smorfia simpatica stringendosi nelle spalle, non volendo attirare troppo l'attenzione di Keiichiro, che stava finendo di discutere degli ultimi particolari al telefono.
Avrete un'auto di sorveglianza, con il personale a disposizione è tutto quello che sono riuscito ad ottenere.” le informò il loro capo.
L'agenzia non pensa di poter reclutare qualcuno di nuovo?” si volle informare Zakuro, sistemando anche la sua pistola nella stessa posizione di Shirogane.
Il moro fece spallucce: “Lo sapete che non dipende da me. Già hanno tagliato abbastanza i fondi per il nostro dipartimento, i piani alti della PSIA sono sempre restii a dare spiegazioni esaurienti. Comunque, io e Taruto saremo sempre in contatto.”
Ryo guardò l'orologio che portava al polso: “Manca mezz'ora a mezzogiorno, sarà meglio andare.”
Purin si lanciò giù dal tavolo e, con molta noncuranza, avvolse le braccia attorno al collo di Taruto: “Un bacio portafortuna prima del lavoro con il capo,” scherzò, schioccandogli un gran bacio sulla guancia che lo fece arrossire come un bambino – e, bonariamente, Akasaka fece finta di nulla, sorridendo sotto i baffi.
Uscirono con cautela dalla porta, controllata all'esterno e all'interno da un codice in dotazione a pochi; a due a due, girarono l'angolo, camminando come se fossero normali persone fuori per pranzo in quella bella giornata di inizio primavera.
Avevano chiamato tre auto diverse, ognuna in un punto separato del lungo quartiere. Minto e Retasu presero il primo, davanti all'entrata di una banca; in fronte a loro, Ryo poteva riconoscere l'auto blu su cui erano sistemati tre agenti.
Gli altri si divisero secondo lo schema concordato.
Se volevi passare del tempo con me, potevi chiedermelo.” sussurrò Ichigo a Shirogane quando furono saliti sul taxi.
Lui, evidentemente, non trovò la cosa divertente, perché tenne lo sguardo fisso davanti a sé, osservando attento le auto del loro convoglio.
La rossa si trattenne dallo sbuffare; non aveva voglia di sorbirsi une delle ramanzine da Ryo-a-nervi-tesi-da-lavoro-sul-campo. Con il palmare in dotazione, controllò sul GPS la loro posizione, seguendo accorta i tre puntini blu che si muovevano sulla mappa digitale.
Il taxi , però, si fermò prima dell'indirizzo fornito da Ryo, che si sporse nervosamente in avanti per parlare con il conducente: “Perché ci fermiamo qui?”
Ci sono dei lavori in corso, signore,” gli rispose l'autista “Più avanti di così, per i prossimi tre giorni, non si va.”
Ichigo si morse il labbro mentre sentiva Shirogane sussurrare una parolaccia nella sua lingua madre, tirando fuori i soldi dal portafoglio ed allungandoli all'uomo.
Scesero dall'auto, le orecchie che già bruciavano di comunicazioni.
«Il taxi ci ha lasciato poco più avanti, stiamo camminando verso il ristorante,» stava spiegando in quel momento Retasu «Loro non sono ancora arrivati.»
Ryo si passò una mano tra la parrucca nera: “La scorta aggiuntiva si è dovuta fermare, maledizione. Siamo scoperti, ragazze. Proveranno a fare il giro dell'isolato ma non so quanto riusciranno ad avanzare, perciò state attente.”
Ichigo arrischiò un'occhiata dietro di sé, dove anche Zakuro e Purin erano scese dall'auto e si stavano incamminando sul marciapiede opposto, apparentemente due giovani amiche tranquille.
«Ricevuto,» sentì l'ex-modella dire in quel momento «Noi ci dirigiamo al caffè.»
Shirogane sospirò, mormorando sottovoce per spiegare la situazione a Keiichiro: la strada a due corsie era interrotta quasi davanti a dove il loro incontro doveva accadere. Corde ed elastici erano stati issati proprio al centro della strada, dove vari uomini con dei martelli pneumatici erano intenti ad aprire dei buchi.
Non ci voleva,” sussurrò “Maledizione, maledizione.”
Cerchiamo di ricavarne il meglio che possiamo, d'accordo?” intervenne Ichigo “Spostiamoci da qua e andiamo al caffè, Retasu e Minto saranno già al ristorante.”
Con un ultimo sospiro, Ryo la prese per mano ed iniziò a tirarla dolcemente lungo la strada.
«Uuuh, sì, fate i piccioncini, mi raccomando,» la voce irrisoria di Minto punse loro i timpani.
Cosa state facendo?” rispose secco il biondo.
«Ci siamo appena sedute,» era chiaro che la mora stesse parlando a denti stretti «Ancora nessuna traccia dei nostri uomini.»
Ichigo e Ryo si fecero strada lungo il marciapiede, il chiasso dei lavori in corso che li rendeva ancora più nervosi. La stretta presa dell'americano sulla sua mano, tra l'altro, non riusciva a rassicurarla; da quando si era presentato ubriaco a casa sua, il loro rapporto non aveva ripreso una piega ottimale, e la freddezza del ragazzo nei suoi confronti non poteva essere nascosta.
Cercò, però, di concentrarsi sui suoi passi, e sorrise calorosa al cameriere che li accolse all'entrata del Caffè.
Scusate per il disagio di oggi, non avevano avvertito dei lavori in corso,” si scusò con un sorriso affabile “Avevate prenotato?”
Shirogane annuì: “Sì, un tavolo fuori per due, a nome Fukui.”
Ichigo intercettò fugacemente lo sguardo di Purin mentre il cameriere li accompagnava al loro tavolo, proprio accanto al basso cancelletto di ferro battuto coperto da fiori che separava lo spazio adibito al locale dalla strada. La biondina e Zakuro erano nella loro stessa posizione, solo tre tavoli a destra del loro.
Si sedette con un sospiro, coprendosi il volto con un menù mentre parlava: “Quanto pensi dovremmo rimanere qui?”
Ryo si strinse nelle spalle: “Non lo so, quei due sono già in ritardo.”
Controllò l'orologio, poi spense brevemente il microfono incastrato nel colletto della sua polo: “Ti mette a disagio stare da sola con me, per caso?”
Leggermente presa alla sprovvista da quella domanda, anche la rossa spense il microfono: “Uh... no?”
E' una risposta o una domanda?”
Ryo, non mi sembra il momento.”
Lui rise: “Hai ragione. But it's never the time with you, Ichigo.”
Sì, sì, quello che vuoi.” la ragazza riaccese il microfono, guardandosi intorno.
Gli uomini dai caschetti gialli circondati da macchine, racchiusi in un'area contornata da quel nastro rosso, oscuravano parzialmente la vista del lato opposto della larga strada. Soprattutto a lei, che non era una campionessa d'altezza; così, fingendo di sistemarsi l'orlo del vestitino, si alzò dalla sedia per controllare dove fossero le sue amiche.
Quinto tavolo da sinistra,” le descrisse Ryo, osservando pacato il menù “Le vedi?”
Ichigo annuì, riconoscendo le chiome. “Si stanno alzando!”
«Sono arrivati...» esclamò giusto in quel momento Retasu.
Desiderando ancora una volta di avere i suoi occhiali indosso, la ragazza si alzò non appena vide i due uomini venire loro incontro; Kisshu con quel suo sorrisetto sfacciato che gli aveva visto impresso in volto tutto il sabato sera che avevano passato insieme, e Pai, d'altronde, se possibile ancora più ombroso di prima.
Bonjour, signorine,” le salutò allegro il primo “Vi siamo mancati?”
Minto sorrise, procedendo ad intavolare una conversazione di circostanza che però sfuggì a Retasu, concentrata invece con un po' di apprensione su Pai. Non che fosse stato particolarmente loquace la prima volta che l'aveva conosciuto, ma l'umore nero che traspirava evidente dal ragazzo la metteva ancora più a disagio di quanto non fosse.
La voce di Shirogane le invitò di nuovo a scoprire quanti più particolari possibili che avrebbero potuto rivelarsi utili, perciò si schiarì la gola e rivolse un tentennante sorriso al ragazzo davanti a lei: “Non ti ho mai chiesto se sei di Tokyo.”
Pai versò un po' d'acqua in entrambi i loro bicchieri: “Sì, ma non ci abito più da anni.”
“Torni in città solo per lavoro?”
Un cenno d'assenso fu tutto quello che ricevette in risposta.
Afferrò il bicchiere, totalmente a disagio (forse Minto non aveva avuto troppo torto a farle prendere un alcolico al Pure), e prese un lungo sorso così in fretta che delle gocce le caddero lungo il mento.
Arrossendo, notò che un accenno di divertimento era comparso sul volto di Pai, che le allungò un fazzolettino: “Saremo in città per un po'.”
La conversazione proseguì per svariati minuti, su argomenti che rendevano Shirogane sempre più impaziente visto la loro totale inutilità.
Stavano giocando bene, doveva rendergliene conto; erano attenti a non entrare in dettagli o a rivelare troppe informazioni, ma senza risultare eccessivamente misteriosi. Non per niente, quel caso si stava rivelando uno dei più difficili della sua carriera.
“Cerca di rilassarti,” gli sussurrò Ichigo, masticando lentamente una foglia della sua insalata, occhieggiando ogni due minuti le amiche da sotto gli occhiali scuri.
“Voglio che se ne vadano da lì,” rispose lui “Meno tempo passano in compagnia di quei due, meglio è. Tutta questa situazione è sbagliata.”
«Devi dargli ancora mezz'ora, capo, per gli appuntamenti ci vuole un po',» esclamò Purin, sempre cercando di tirarlo su di morale.
«Ryo, mi senti?» fu Keiichiro, appena entrato in comunicazione, a prendere la parola «Come sta procedendo?»
Shirogane si strinse nelle spalle, anche se il suo superiore non poteva vederlo: “Fino adesso è stato totalmente inutile, non dicono niente di interessante.”
«Taruto sta ricalibrando un satellite su di voi, dovremmo essere in grado di-»
Akasaka si bloccò di scatto quando il rumore di vetri infranti rischiò di bucargli un timpano; uno dei camerieri del ristorante, che stava passando accanto al tavolo di Ryo e Ichigo, era inciampato nella borsa di un'altra cliente, mandando il vassoio pieno di bicchieri usati a sfracellarsi al suolo proprio di fianco a loro. Rimbombando nell'auricolare, il suono era stato assordante e li aveva fatti saltare tutti; anche dall'altro lato della strada, i suoi effetti erano stati visibili.
Minto aveva fatto una smorfia, portandosi automaticamente una mano all'orecchio e cambiandole traiettoria appena in tempo per fingere di doversi spostare una ciocca di capelli; Retasu, invece, aveva sussultato e non aveva potuto evitare di lasciarsi scappare un gemito.
Lo sguardo di Pai su di lei divenne improvvisamente più pesante: “Tutto bene?”
“Oh, sì, sì,” cercò di essere vaga “Ma credo proprio che mi stia venendo l'emicrania... sai quando ti si appanna la vista, e poi ti scoppia la testa in due?”
“Forse stai troppo davanti al computer,” scherzò Kisshu, facendole un occhiolino.
Minto tentò di ridere, nonostante il fischio che le tintinnava nell'orecchio: “Sembri sua madre. Retasu, non dovresti fare questo, lavorare lì...”
Pai si voltò verso di lei: “Scusami, invece non ho sentito dove lavori tu.”
“Sono una ballerina,” rispose lei, prendendo un sorso del suo tè freddo per allentare la tensione di quello sguardo profondo.
“In quale compagnia?”
Minto ebbe la tentazione di deglutire nervosamente: “Nel balletto di Tokyo, ovviamente. Non c'è niente di migliore.”
“Eh, non lo so,” Kisshu ghignò “Mi dicono che l'Operà di Parigi sia imbattibile.”
Un angolo delle labbra di Pie si rivolse verso l'alto, poi lui si schiarì la gola: “Vogliate scusarmi un secondo.”
Shit, shit, shit,” Ryo stava digitando freneticamente sul cellulare “Taruto, cambia il sito del balletto, tiralo giù, fai qualunque cosa.”
«Ci sto lavorando, capo!»
“Dobbiamo intervenire?” Ichigo si morse un labbro, guardando ora fissa il ristorante.
«Aspettate ancora,» comandò Keiichiro «Non fate saltare la vostra posizione.»
Zakuro, che era seduta rigida sulla sua sedia, allungò il collo il più possibile: “Una delle macchine dei lavori in corso si sta spostando, tra poco perderemo la visuale, dobbiamo spostarci.”
Shirogane si passò una mano tra i capelli: “Cercate di farlo con calma, ogni cambiamento a questo punto potrebbe essere sospetto. Shit.
«E' la legge di Murphy, capo,» commentò Purin «Sì, il conto per favore.»
Mentre le ragazze all'altro tavolo terminavano il loro pranzo, Ryo riportò l'attenzione sulle agenti in piena operazione; Pai non era ancora ritornato al tavolo, ed era fuori dalla sua visuale.
Aveva infatti percorso qualche metro, fino a raggiungere l'angolo a cui la strada principale incrociava una stradina di servizio su cui davano le porte sul retro dei locali.
Si era sempre basato sul suo istinto, ed esso non l'aveva mai tradito. Con il tempo, aveva imparato che era meglio avere il doppio della prudenza consigliabile. Peccato che non sempre i suoi collaboratori la pensassero come lui; forse era anche quello il perché lui fosse gerarchicamente più in alto di loro. Quindi, si disse, che era sempre il momento buono per confermare i dati.
Cellulare in mano, digitò casualmente l'indirizzo web del balletto di Tokyo. Una schermata bianca a sfondo blu gli comparve davanti, scusandosi per l'inaccessibilità al sito per lavori al server.
Un ennesimo formicolio del suo istinto gli disse di comporre un numero di telefono.

Quando Ryo lo rivide camminare verso il ristorante, non seppe se il sospiro di sollievo che aveva voglia di tirare sarebbe stato appropriato; forse sarebbe stato meglio se non fosse tornato del tutto.
“Zakuro, cercate di muovervi,” ringhiò.
«Ci sto provando, ma la fila alla cassa è lunga.» rispose lei con lo stesso tono di voce.
«Signorine, mi dispiace dover interrompere così presto questo incontro, ma un impegno di lavoro è appena arrivato all'improvviso. Kisshu, dovrebbe essere arrivato un messaggio anche a te.» la voce di Pai giungeva forte e chiara dal microfono probabilmente di Retasu.
Zakuro...” intimò nuovamente Shirogane, alzando una mano per attirare l'attenzione del cameriere.
«Stiamo uscendo!»
Ichigo, quasi scattata in piedi, non stava distogliendo gli occhi un secondo dalle sue amiche; vide Kisshu tirare fuori il cellulare e leggerlo, poi sorridere amabilmente alle due mentre tutti e quattro si alzavano.
Pensavo avresti preso una pizza,” esclamò a Minto, appoggiandole una mano all'altezza dei reni mentre l'accompagnava verso l'uscita.
Lei arrossì un poco a quel riferimento: “Devo stare attenta alla linea, sai?”
Anche il suo istinto stava all'erta, l'adrenalina che pompava nelle vene; si avvicinò a Retasu mentre uscivano sul marciapiede, trovando conferma della sua ansia anche nel viso dell'amica. Con la coda dell'occhio, vide Zakuro e Purin dall'altra parte della strada, che tentavano di attraversare ma erano bloccate da quei dannatissimi lavori in corso.
Giusto in quel momento, un SUV nero accostò all'angolo poco più avanti, a meno di due metri da dove si erano fermati a scambiarsi i saluti.
Ah, ecco la nostra carrozza,” la battuta di Kisshu risuonò strana alle sue orecchie “Volete per caso un passaggio?”
Un sottofondo rumoroso le fece capire che anche Shirogane si era alzato dal proprio tavolino.
Oh, no,” rifiutò Retasu, il cui braccio tremò appena accanto a quello dell'amica “Grazie mille, ma possiamo benissimo andare a piedi.”
Pai, che le si era fatto terribilmente vicino, le sfiorò un braccio: “Mi sento in dovere di insistere, visto che dobbiamo andare via ora.”
«Ragazze, ferme, arrivo!»
Ma il monito di Shirogane non fu rispettato; Minto non si era accorta dell'uomo sceso dalla macchina che le si era avvicinato e l'aveva costretta tra lui e Pai, così come non aveva previsto la forte stretta al braccio che l'aveva quasi strattonata dentro la macchina.
Era successo tutto così in fretta che non aveva avuto il tempo di gridare, né di attirare l'attenzione dei passanti, e né, se per quello, di poter provare a reagire. Si ritrovò scaraventata nel sedile posteriore dell'auto, con Retasu che le fu spinta contro dopo un secondo; prima che potesse sedersi dritta, erano partiti sgommando.
Attivate gli schermi anti-localizzazione,” Pai, nel sedile anteriore, istruì gli altri quattro uomini che erano in macchina “E perquisitele velocemente, credo che abbiano degli auricolari.”
Retasu cercò di divincolarsi, ma le erano già state legate le mani con un filo di plastica che le stava segando i polsi ad ogni movimento. Un uomo con il volto coperto le stava passando un detector di frequenze lungo il corpo, strappandole l'auricolare dall'orecchio e il GPS che Taruto le aveva incastrato nell'orlo della gonna.
L'ultima cosa che sentì, prima che un cappuccio nero le fosse calato sugli occhi e un panno premuto contro la bocca, fu la voce di Shirogane che le chiamava, e quella di Minto che faticava per scostarsi di dosso un altro uomo; poi, udì solo il rumore delle ruote contro l'asfalto, e il silenzio.

Ryo guardò la macchina allontanarsi, fermandosi in mezzo alla strada con il fiatone e strappandosi quell'orribile parrucca dalla testa. Aveva urlato comandi fino a sgolarsi, ma le ragazze erano state bloccate tanto quanto lui. La stessa auto di scorta, parcheggiata all'inizio della via, aveva impiegato troppo tempo per compiere un'inversione ad U. L'auto su cui erano state caricate Minto e Retasu era scomparsa in nemmeno due minuti.
Maledizione!” gridò, riponendo la pistola. Sapeva che sparare in quelle condizioni sarebbe stato da pazzi, ma l'aveva presa senza quasi pensarci. Ed ora era lì, inutile tra le sue mani, quanto era stato inutile lui.
Si allontanò dal centro della strada, aveva già attirato l'attenzione di troppi curiosi. Le tre colleghe lo stavano aspettando all'angolo da cui erano arrivati, con aria angosciata.
Cosa facciamo, Shirogane-kun?” domandò tesa Purin.
Lui fece un respiro profondo: “Non lo so.”

















Tan-tan-taaaaaaaaaaan :D Cos'è una storia di agenti segreti senza  un po' di suspance? ahahahah 3:)
Diciamo che ormai siamo entrati nel vivo della questione; chissà, chissà cosa potrebbe succedere ora.... ^_^  
L'università è ricominciata, ho già capito che la sopravvivenza sarà terribile, perciò gli aggiornamenti potrebbero subire ritardi, anche perché adesso la questione si complica U.U Quindi, per favore, fatemi sentire il vostro amore, perché quando leggo i vostri commenti mi gaso e ricomincio a scrivere :3
Il titolo del capitolo, che mi sembra rivelatorio, viene da una strofa di Helter Skelter dei soli, unici, incredibili Beatles.
Bacioni a tutti!

H.P.








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Capitolo 7
*** Come on tell me the answer ***


Capitolo sette: Come on tell me the answer



Voglio tutto il personale disponibile qui,” Ryo entrò a passo di marcia nel laboratorio informatico, arrotolandosi le maniche della camicia “Voglio che controlliate tutte le telecamere disponibili nel quartiere e che rintracciate quel SUV.”
Taruto, che lo stava tallonando, iniziò ad istruire i suoi colleghi informatici, assumendo un tono serio che non gli era familiare.
D'altronde, però, era anche la prima volta che gli capitava qualcosa del genere.
Ryo,” Keiichiro, che chiuse la porta del laboratorio dopo che le tre agenti rimaste della squadra μ furono entrate, si avvicinò al biondo e gli parlò sottovoce “Conosci la regola. Se entro un certo tempo non le recuperiamo, noi non ne saremo più responsabili.”
Certo che la conosceva, le politiche della CIA erano anche più rigide di questa. Ciò non significava però che avrebbe lasciato due delle sue agenti in mano ad un branco di criminali russi.
Allora faremo meglio a trovarle in fretta.”
Con un'ultima occhiata al suo capo, Shirogane si sedette accanto a Taruto, digitando freneticamente sulla tastiera.
Il satellite che avevamo calibrato su di voi non ha fatto in tempo a registrare la scena,” gli spiegò il giovane scienziato “E, ovviamente, i lavori in corso hanno usufruito della corrente elettrica che alimentava la telecamera diretta su quella strada, mettendola fuori gioco. Possiamo provare a controllare le altre telecamere lungo il percorso, ma ci vorranno ore.”
L'americano annuì: “Allora diamoci da fare.”

§§

La prima cosa che avvertì fu la gola secca e i muscoli del collo indolenziti. Poi l'aria umida e fredda le punse le narici mentre pian piano riacquistava sensazioni nel resto del corpo. Mosse appena le braccia, avvolte attorno allo schienale di una sedia, cercando di evitare eccessiva frizione nei polsi doloranti. Per ultimo, aprì gli occhi.
Le ci volle qualche secondo per abituarsi al buio totale della stanza; non vi era luce che filtrasse da nessuna fessura, e per qualche istante pensò che non ci fossero porte. Fece un respiro profondo, impegnandosi a ragionare in modo razionale – in qualche modo le avevano portate lì, quindi un'apertura doveva per forza esserci.
Un gemito alla sua sinistra la fece voltare; la sagoma di Retasu era appena distinguibile nell'oscurità.
Retasu!” sussurrò Minto “Retasu-chan, svegliati!”
M-Minto?” la voce dell'amica era roca e piena di spavento “Do-dove siamo?”
Non lo so. Tu stai bene?”
Retasu sbatté le palpebre. Si accorse di essere scalza, doveva aver smarrito le ballerine mentre era svenuta. Nonostante la sensazione di gelo, le dita dei piedi obbedirono al suo ordine di muoversi. “Cre-credo di sì.”
Le scappò un singulto, ma strinse le labbra. Doveva ricordarsi l'addestramento, doveva ricordarsi di tutto quello che le avevano insegnato quando avevano riferito alla sua classe di dover essere sempre pronti a tutto. Aveva saputo a quello cui sarebbe andata incontro quando aveva deciso di unirsi all'Agenzia, e quando si era offerta volontaria per quella missione.
Non avrebbe ceduto.
All'improvviso, una debole luce arancione le si parò davanti; stringendo gli occhi per abituarli, nonostante le lenti a contatto le bruciassero terribilmente, vide la figura di Pai stagliarsi contro quella che doveva essere la porta.
Bene, bene,” seguito da due uomini armati, Pai entrò con due lente e lunghe falcate nella stanza “Direi che il nuovo cloroformio funziona bene, avete dormito come degli angioletti per molto tempo.”
Prese una sedia che loro non avevano notato e la posizionò al centro della stanza, lasciando sempre che la luce lo colpisse alle spalle.
Le cose possono andare in due modi,” iniziò in tono casuale che suonava decisamente minaccioso “Voi mi raccontate chi siete e cosa sapete con le buone, e allora prometto che i miei amici qui vi tratteranno con riguardo... oppure, mi raccontate chi siate e cosa sapete con le cattive, e io non posso promettervi che loro saranno così clementi.”
Retasu sentì gli occhi pizzicarle ancora di più, ma rimase in silenzio, tenendo gli occhi bassi.
Non vorrete certo rovinarvi quei bei faccini, vero?”
Si era rivolto a Minto, che sosteneva con disprezzo il suo sguardo.
Il tono di voce di Pai si fece più duro: “Allora, per chi lavorate?”
La mora rise sarcastica: “Per il balletto di Tokyo, ovviamente.”
Non farmelo ripetere due volte,” l'uomo si alzò “O ti costerà.”
Minto rimase in silenzio, lasciandosi andare contro lo schienale e guardandolo con aria di sfida.
Il rumore del ceffone sulla sua guancia bianca fece sussultare anche Retasu; nella penombra, riuscì a riconoscere il rivolo di sangue che le scese dall'angolo della bocca.
Per chi lavorate?” insistette Pai.
All'ennesimo silenzio, si voltò verso Retasu. “Vediamo se la tua amica è più decisa a collaborare.”
Le si avvicinò, scrutandola con i suoi occhi scuri. “Ho incontrato poche donne riempiti di strumenti di localizzazione quanto voi. Non pensiate che sia stupido. Scoprirò il vostro segreto in un modo o nell'altro, quindi risparmiamoci tutti la fatica. Non mi piace far male alle signore, ma d'altronde...”
Afferrò un coltello dalla tasca posteriore dei pantaloni e fece scorrere lentamente la parte piatta della lama contro il viso di Retasu. “Quindi? Per chi lavorate?”
Lei chiuse gli occhi e strinse le labbra.
Non date informazioni troppo precise o che possano ricondurre alla verità. La voce del suo istruttore le rimbombò nella testa.
Per qualcuno a cui non piacete.”
Ascoltò Minto rispondere. Sentì Pai sospirare, poi la punta del coltello scendere pericolosamente verso la vena pulsante del suo collo.
Portatele via.”

§§

Le luci del laboratorio sembravano accecanti ai loro occhi stanchi. Purin si stropicciò le palpebre, incurante delle tracce di trucco che le rimasero sulle dita. Era seduta per terra a gambe incrociate, appoggiata contro il muro, a fissare incessantemente Taruto e gli altri che lavoravano.
Lei non era brava con i computer, e si stava sentendo parecchio inutile; sapeva che anche le sue amiche provavano lo stesso.
Zakuro stava camminando avanti e indietro per la sala, e per il bene della sanità mentale di Ryo e degli altri, si era tolta gli stivali ed era rimasta scalza. Purin sapeva che quello era uno dei suoi modi per scaricare la tensione ed evitare di staccare la testa a morsi a qualcuno.
Dei passi affaticati sulle scale introdussero il ritorno di Ichigo, che reggeva un vassoio colmo di tazze di caffè.
Ho portato il rifornimento,” cercò di scherzare “Come sta andando?”
Shirogane prese un lungo sorso: “La ricerca dell'auto in tutte le telecamere è infinita, era l'ora di punta e quel modello di SUV è particolarmente popolare in questi ultimi tempi. Stiamo rimpicciolendo il raggio d'azione, ma ci vorrà ancora un po'.”
Purin osservò la rossa stringere velocemente la spalla dell'americano in un gesto di conforto. Le sorrise quando le si sedette accanto, calciandosi via le zeppe e sospirando.
Mi sento un po' inutile. Almeno tu puoi portare il caffè, il capo mi ha impedito di farlo da quella volta in cui gliel'ho rovesciato sui pantaloni,” le sussurrò.
Ichigo rise sottovoce, mordendosi poi la pellicina in un dito: “Siamo qui da ore.”
Dici che stanno bene?”
La rossa avrebbe voluto dirle di sì; ma la quantità di bugie che raccontava giornalmente era abbastanza per poterci aggiungere anche quella alla sua amica.
Sanno cavarsela,” le rispose solo “Sapevano quello che stavano facendo.”
La biondina annuì e le poggiò la testa sulla spalla, sospirando forte. Si sentiva esausta, erano da ore chiusi in quel laboratorio, e quel sentimento la faceva sentire ancora più in colpa. Le sue amiche se la stavano passando molto peggio di lei, quindi come poteva lei sentirsi stanca?
Zakuro si inginocchiò davanti a loro, parlando a bassa voce: “Devo uscire di qui, vado a comprare qualcosa da mangiare. Cosa volete?”
Purin scosse la testa: “Non ho fame, grazie, Zakuro-san.”
Lei annuì, si alzò, e fece per rimettersi gli stivali quando la voce di uno dei loro tecnici le mise tutte all'erta: “Forse abbiamo trovato qualcosa, Shirogane-san.”
Ryo fece scivolare la sedia vicino all'uomo, che subito riprese a spiegare: “Abbiamo circoscritto il più possibile la zona di plausibile passaggio del SUV, grazie alle telecamere di alcune banche due isolati più a nord. Coprono anche le strade sul retro, quindi abbiamo avuto un aerea abbastanza localizzata. Qui, proprio sulla strada che corre parallela al luogo di incontro, abbiamo trovato questo.” digitò velocemente sulla tastiera, e sullo schermo apparve l'immagine sgranata di un SUV.
Calcolando l'orario in cui sono state riprese queste immagini, il tragitto per arrivare in quel punto e la velocità massima che l'auto poteva raggiungere con il traffico registrato a quell'ora, ci sono buone probabilità che quello sia il SUV che stiamo cercando.” spiegò infervorato Taruto.
Quant'è per te una buona probabilità?” gli domandò Ryo.
Taruto si morse il labbro: “Uhm... potrei dirti il settanta percento, capo, ma...”
Okay, d'accordo, togliete tutti quei pixel e fatemi leggere la targa.”
Avvertì le tre ragazze farsi più vicine a loro, concentrate sugli schermi. In pochi minuti, i tecnici riuscirono ad ingrandire la foto e renderla nitida abbastanza da poter distinguere le cifre e il kana incisi sopra.
Quali sono ora le probabilità che sia una targa vera?” domandò Ichigo.
L'americano afferrò un telefono e compose velocemente un numero: “Sono Shirogane, chiamo dal laboratorio, ho bisogno di identificare una targa. È urgente.” lesse ciò che era scritto sullo schermo e riagganciò.
Passarono quasi dieci minuti di silenzio prima che il computer di Taruto emettesse un ping e si aprisse una schermata con le informazioni che i piani superiori avevano ritrovato.
E' registrata ad una certa Izumi Masahiro”, lesse il giovane tecnico “Che, secondo l'anagrafe, ha ottantatré anni, ed abita alla periferia di Tokyo. Dubito che vada in giro con un SUV.”
Shirogane afferrò la pistola, riponendola nella fondina che teneva sulla schiena: “C'è un indirizzo?”
Taruto digitò su qualche altro tasto, rispondendogli dopo pochi istanti.
Chiamate la Squadra d'Intervento,” Ryo s'infilò la giacca “Voglio tutto il personale disponibile pronto in cinque minuti. Voi no,” aggiunse rivolto alle ragazze “Ne avete già passate troppe oggi.”
Shirogane-kun, è troppo semplice, non possiamo sapere se le ragazze sono davvero lì,” tentò Ichigo.
Vuoi davvero che mi lasci scappare l'opportunità?”
Lei si permise due secondi per pensarci. “No, hai ragione.”
Le strinse la mano così brevemente che, per un attimo, Ichigo pensò di esserselo immaginato: “Andiamo.”

§§

La cosa buffa del suo cervello, si ritrovò a pensare, era che faceva sempre i collegamenti più strani nei momenti meno opportuni. Se avesse raccontato che in quel momento era capace di pensare solo al Titanic, probabilmente l'avrebbero presa per pazza.
Se fosse sopravvissuta a tutto ciò, non l'avrebbe certo riferito alla psicologa da cui l'avrebbero decisamente spedita.
L'acqua di quella bacinella era talmente fretta che il graffio creatosi dal contatto con un pezzo di ghiaccio quasi non le fece male; erano i suoi polmoni a bruciarle terribilmente, esausti da quel continuo dover trattenere aria all'improvviso ed ogni volta più a lungo.
Quando sentì i capelli tirati di nuovo verso l'alto, Retasu strinse ancora di più gli occhi e si preparò ad inspirare forte tra i colpi di tosse che non la lasciavano andare.
Ma sarebbe potuto andare molto peggio, si disse, davvero molto peggio.
Le ciglia erano piene d'acqua e sbatterle era difficile, gli occhi le pizzicavano e aveva perso le lenti chissà quanto tempo prima dentro quella pozza gelida, perciò vedeva meno del solito. Minto, accanto a lei, la frangia e le ciocche frontali fradicie e gocciolanti, era praticamente soltanto una silhouette sfocata.
Non fatemelo ripetere,” la voce di Pai era stranamente calma mentre stava seduto su una sedia, giocherellando con il coltello che prima le aveva graffiato il collo “Ditemi per quale organizzazione lavorate.”
Retasu mosse le ginocchia, che si erano sbucciate a contatto con il pavimento, per alleviarne un po' la pressione. Fissò un punto davanti a sé sul suolo sporco, senza alzare il viso. Udiva Minto respirare affannata, ma nessun altro rumore.
Pai sospirò, facendo un cenno ai due uomini nella stanza. Essi afferrarono nuovamente le teste delle due ragazze, spingendole dentro i catini e tenendole sott'acqua, contrastando il loro naturale tentativo di uscirne quando la pressione nei polmoni diventava troppa.
Doveva ammettere di non aver pensato che potessero essere così tenaci. A vederle, così grazioso e gracili, le aveva scambiate per qualcuno che sarebbe crollato alla terza insistenza. A lui non piaceva essere troppo brusco con le donne, ma forse sarebbe stato opportuno, con loro, cambiare tecnica. D'altronde, nessun altro era mai arrivato così vicino ad incastrarlo.
Si alzò, accucciandosi accanto a Retasu, che annaspava, le labbra ormai blu e il viso pallido sotto i graffi, il sangue e il rossore sulla pelle provocato dal gelo.
Volete continuare a resistere ancora per molto?” le prese il viso con due dita, voltandolo verso di sé “Credete davvero che fare le dure vi aiuterà a salvarvi? Perché so anch'io due o tre cose sul mondo a cui sospetto apparteniate. E so che quando due agenti sotto copertura sono dispersi, è davvero difficile che i loro superiori intervengano.”
Retasu ignorò il tuffo che il suo cuore fece a quelle parole, scostò la testa dalla presa dell'uomo e ritornò a fissare il pavimento.
Lo ascoltò scambiarsi parole con gli altri uomini nella stanza in una lingua a lei sconosciuta. Non sapere cosa si stessero dicendo era quasi rinfrancante, l'aiutava ad accettare meglio quello che sarebbe stato. Era così stanca che non le veniva nemmeno da piangere.
Li sentì ridacchiare, quello che torreggiava sopra a Minto prese una delle ciocche corvine e se l'arrotolò attorno ad un dito, sfiorandole una guancia con la mano dalle nocche indurite e sporche mentre la mora tentava flebilmente di allontanarlo. Retasu avrebbe voluto aiutarla, avrebbe voluto anche solo farsi più vicina a lei, ma era come se il freddo della bacinella l'avesse avvolta fino alla punta dei piedi.
Retasu è il tuo vero nome?”
A quell'ennesima domanda di Pai, lei non riuscì a mentire ed annuì.
Sai cos'è il waterboarding, Retasu?”
Lasciala stare!” la voce di Minto era roca, spezzata, ma non aveva perso quella carica combattiva e tenace che la ragazza sempre dimostrava. “Siete solo dei codardi!”
Pai si alzò, ritornando sulla sua sedia: “Ancora.
Il russo che aveva giocherellato con i suoi capelli spinse di nuovo Minto nell'acqua, mandandola più a fondo e contraccambiando la forza che lei sembrava aver recuperato per quell'effimero momento. Retasu riuscì a guardarla per mezzo secondo, prima che il suo viso fosse nuovamente avviluppato dal liquido e dai cubetti di ghiaccio. La stanchezza le fece aprire la bocca prima del previsto, e l'acqua glaciale le invase la gola; si accasciò a terra quando la riportarono su, sentendosi affogare mentre tossiva senza sosta, tremando, non riuscendo a rispondere ai deboli richiami della sua amica.
Pai fece scorrere un dito sulla parte larga della lama del suo coltello; forse, ora, sarebbe arrivato vicino ai risultati sperati. Riteneva di basso livello ricorrere ad altri metodi con le donne, ma i suoi “colleghi” non erano certo della sua stessa fattezza morale. Lui non era nemmeno come Kisshu, a cui piacevano le storielle di una notte senza senso. A lui, in fondo, le donne con un certo fegato piacevano. E quella Retasu ne stava dimostrando parecchio.
Quasi quasi era un peccato.
Con la coda dell'occhio, vide una delle guardie avvicinarsi alla finestra, fatta di spesso vetro che non veniva pulito da molto.
Cosa c'è?” abbaiò, non incline ad essere interrotto.
L'uomo gli rispose in russo: “Si sta avvicinando una macchina.”

§§

Zakuro aveva preso il posto di Ryo lungo l'estesa fila di computer che ora erano tutti impegnati tra GPS, satelliti e telecamere. Shirogane era in collegamento continuo con loro, così tutti potevano osservare cosa stesse succedendo.
Più il tempo passava, più lei era tesa come una corda di violino. Non lo aveva mai ammesso ad alta voce, e forse non l'avrebbe mai fatto, ma era disposta a tutto pur di tenere al sicuro le ragazze con cui lavorava. Magari perché era la più anziana, magari perché avevano tutte transizionato molto velocemente dal ruolo di colleghe a quello di strette amiche, fatto sta che sentiva un fortissimo senso di protezione nei loro confronti, quasi da sorella maggiore. E pensarle, ora, lontane dalla sua ala... non poteva sopportarlo.
Pensò alla dolce Retasu, che si era imbarcata in tutto ciò solo per dimostrare che lei non era da meno; non gliel'aveva detto, ma non erano servite parole per farle capire che era così.
E pensò a Minto, che l'aveva incontrata anni ed anni prima ad una festa quando ancora lei era nel pieno della sua vecchia vita, e che l'aveva accettata così com'era anche nella nuova. Minto era davvero la cosa più simile ad una sorella che avesse mai avuto.


Lui vuole dei figli e io no, ecco il problema.”
Minto non alzò nemmeno gli occhi dalla sua insalata di pesce: “Ne avete già parlato?”
Zakuro sbuffò: “Centinaia di volte. Non potergli spiegare davvero il perché rende tutto più difficile.”
La mora annuì: “Quindi ne vorresti se non lavorassi per il Dipartimento?”
Forse,” la modella ci aveva pensato un attimo “Non lo so. Non mi sono mai sentita materna.”
Non dirlo a me. Piagnucolanti esserini che richiedono attenzioni a tutte le ore, per carità.”
Rimasero in silenzio qualche istante, concentrate sui loro pranzi e sui loro pensieri.
Hai mai pensato di mollare tutto?” domandò Minto dopo un po'.
La domanda, per Zakuro, poteva avere un doppio significato, ma lei sapeva dove l'amica stesse andando a parare: “A volte penso sarebbe più semplice. Ma ho già mollato tutto una volta, e lavorare al Dipartimento mi piace. Mi fa sentire più utile che posare per delle foto.”
Anche se ciò significa rischiare di dover sacrificare tutta la tua vita privata?”
Lei si strinse nelle spalle: “Vuoi sentirmi dire che il matrimonio tra me e Matt durerà per sempre perché è così che funziona il vero amore?”
Minto scosse la testa: “No, perché non crederei nemmeno in quella domanda.”
A ventun anni si crede un po' a tutto.”
Oppure ti chiami Ichigo Momomiya.”


Il rumore delle portiere sbattute che proveniva dai computer la riscosse dai pensieri; Shirogane e la squadra di intervento erano arrivati all'indirizzo che Taruto aveva trovato collegato alla targa del SUV.
Sugli schermi comparvero tanti capannoni, di quelli usati per il deposito di vecchie cose o di quelle cianfrusaglie in più che tra i traslochi e i viaggi non si sanno mai dove mettere.
La squadra, uomini bardati in caschi, grosse tute nere e giubbotti antiproiettile, scese in silenzio, armi puntate davanti a sé.
Capo, ci sono quattro capannoni nella zona indicata dall'indirizzo. Non riesco a trovarti il numero di quello che ci serve.” esclamò Taruto a voce bassa, come se avesse potuto disturbare.
Non potevano vedere Shirogane, perché la telecamera era attaccata al suo giubbotto, ma sentirono la sua voce: «Dobbiamo dividerci, voglio due uomini davanti ad ogni capannone.»
Il rumore di passi concitati li accompagnò mentre si posizionavano davanti alle porte a serranda di metallo.
Ichigo si avvicinò agli schermi, mordendosi la pelle secca del pollice, borbottando qualcosa sulla violazione di proprietà privata che fece sorridere Zakuro. Purin si mise tra di loro, prendendo le loro mani e stringendole forte.
«Capannone uno, ora!» grazie ad un congegno che riusciva a decifrare codici e password, gli uomini con Shirogane riuscirono ad aprire il primo di quei prefabbricati. Quando lo illuminarono, videro che era occupato da una grande barca che aveva tutta l'aria di essere stata dimenticata lì.
Ryo fece un gesto ai due di perquisire l'interno, mentre lui si spostava al capanno successivo.
Lì, l'apertura rivelò soltanto qualche auto e dei vecchi divani.
Non ci sono,” mormorò Purin con un singhiozzo “Non sono lì. Con tutto quel rumore, sarebbero già usciti.”
La sua previsione si rivelò corretta. I due ultimi capanni erano totalmente vuoti. La loro ispezione non rivelò niente di importante; nessuna botola nascosta, nessuna telecamera di sorveglianza, nessuna traccia di passaggio umano negli ultimi mesi, per non dire anni.
Rimasero tutti in silenzio mentre sentivano Shirogane esclamare parolacce in inglese e abbaiare ordini; anche se a mani vuote, era ora di rientrare.

§§

Kisshu si fece avanti con la sua solita aria rilassata, alzando solo un sopracciglio quando vide la scena davanti ai suoi occhi: “Siete ancora qui?”
Potevi almeno avvertire che eri tu che stavi entrando, sai. Pavel era già pronto a riempirti di buchi,” gli rispose Pai, con un cenno del capo all'uomo alla finestra “E comunque, le signorine qui stanno facendo le ritrose.”
Minto, da sotto la frangetta bagnata che le si appiccicava al volto, lanciò uno sguardo d'odio al ragazzo appena entrato, non stupendosi quando si accorse che la stava già guardando.
Non hai esagerato, vero?”
Fu stavolta il turno di Hayashi di stupirsi: “Proprio tu ti fai degli scrupoli con le donne, ora?”
Kisshu afferrò una delle sedie e la voltò, così da appoggiare le braccia sullo schienale: “Oh, lo sai che sono altri i metodi che mi piace usare con loro.”
Retasu, a quelle parole, rabbrividì. Che tutta quell'aria di casualità fosse solamente una maschera, un piano che in realtà rivelava cose molto peggiori di quella? Che Kisshu fosse entrato con uno scopo ben preciso?
Sei sempre così volgare. Magari adesso però la tua amichetta avrà qualcosa da dirti.”
A Minto scappò una risatina nervosa: “Oh, certo. Vaffanculo.”
Quasi non fece in tempo a prendere aria che la sua testa fu spinta nell'acqua. Non sapeva nemmeno quante ore fossero passate, quante volte aveva dovuto fare quel bagno fuori programma. Sentiva ogni singola parte del corpo dolere per la scomoda posizione in cui era costretta a stare da quando le avevano prese; i polsi pungere e tirare, forse anche sanguinare contro i polpacci lasciati scoperti e graffiati dal pavimento. La testa le pulsava, la bocca e la gola erano secche, le grida con cui Pai aveva cercato di estorcere loro informazioni le rimbombavano nelle orecchie fischianti. Eppure, l'unico suo pensiero era che non poteva cedere.
Soprattutto, ora, non davanti a Kisshu.
Vide i due parlottare, vide Retasu ormai stesa su un fianco, notò con sollievo il suo petto alzarsi ed abbassarsi, lentamente. Forse perdere conoscenza avrebbe reso le cose più facili, ma non poteva rischiare di abbassare la guardia in mezzo a tutti loro.
Se vuoi che ti aiuti, colombella, forse dovresti dirci per chi lavori.” la voce di Kisshu le arrivò lontana.
Sta' sveglia, Minto, sta' sveglia.
Tossì, sputando del catarro ai piedi del suo torturatore. Tre istanti dopo, lui quasi le spezzò il collo tanta fu la forza con cui la spinse in avanti.
Kisshu la osservò lottare a malapena, le bolle d'aria che increspavano la superficie.
Non penso ricaveremo molto da loro, Pai.” esclamò pensieroso “Tanto vale...”
L'altro sembrò rifletterci, poi annuì. “D'accordo. Occupatene tu.”













...... oops? xD Lo so, sono particolarmente sadica negli ultimi tempi ^^''' Comunque almeno è passata solo una settimana dall'ultimo aggiornamento, quindi non potete dire che vi ho lasciate troppo col fiato sospeso (anche se sììì, adesso forse è peggio di prima? xD)
Mi scuso se le scene presentate possano aver offeso qualcuno; ho cercato di  non essere troppo esplicita né troppo crudele. E scusatemi anche per l'OOC di Pai, ma già io e lui non ci becchiamo quando si tratta di carattere, se poi devo renderlo anche criminale internazionale, diventa difficile davvero ^^
Il titolo è, di nuovo, una strofa di Helter Skelter :)
Grazie alle magnifiche che sempre commentano e mi fanno scrivere per alleviare il loro dolore, e grazie a chi spenderà due minuti per commentare anche questo :)
A presto e buon weekend,

Hypnotic Poison






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Capitolo 8
*** Are there some aces up your sleeve? ***


Dedicato a Blackmiranda, per ragioni che si scopriranno in fondo :)




Capitolo otto: Are there some aces up your sleeve?




Stava albeggiando, Ichigo notò, stropicciandosi gli occhi. Lei, Purin e Zakuro erano distese sui tappetini della palestra, dove avevano passato una notte agitata. Shirogane avrebbe voluto mandarle a casa, ma loro si erano imposte ed erano rimaste lì, sentendosi inutili mentre la ricerca per Minto e Retasu continuava. Sapevano, però, che ogni minuto che passava era un minuto in più di speranza persa; ancora poco tempo, e non avrebbero potuto fare molto.
Taruto e i suoi colleghi si erano rimessi a setacciare le telecamere stradali, ipotizzando i vari tragitti che quel dannato SUV avrebbe potuto prendere. Ma Tokyo era Tokyo, e quell'impresa titanica.
Si alzò silenziosa, non volendo svegliare le altre. Aveva sentito Purin piangere durante la notte, e adesso la biondina era immersa in un sonno profondo che le sarebbe servito. Non sapevano, infatti, quali notizie avrebbe potuto portare il giorno.
Stirandosi i muscoli, si diresse a piedi nudi verso il bagno, desiderando una doccia calda per poter alleviare stanchezza e preoccupazione.
Mentre passava davanti allo spogliatoio maschile, vide la luce accesa e sentì il fermarsi dell'acqua corrente; non ebbe molta difficoltà nell'indovinare chi avrebbe potuto essere, ma un'occhiata veloce all'interno le rivelò dei vestiti noti. Non erano in molti in Dipartimento a quell'ora, dopotutto.
Sapendo che, appunto, non c'era nessuno in giro, si addentrò nello spogliatoio umido, appoggiandosi poco distante dall'entrata.
Ryo?” domandò in un sussurro.
Hey there,” le rispose lui con finta allegria mentre tirava fuori dei vestiti puliti dall'armadietto, con un asciugamano intorno al collo e solo la biancheria addosso “Ti sei svegliata presto.”
Già, è stata la luce. Le altre stanno ancora dormendo.”
E tu cosa ci fai nello spogliatoio degli uomini?”
Ichigo alzò gli occhi al cielo: “Ho sentito la doccia e ho pensato che fossi tu.”
Shirogane si frizionò velocemente i capelli: “Ed ora che mi hai trovato?”
Lei si morse il labbro: “Come stai?”
L'americano non rispose per qualche minuto, rivestendosi con calma.
Non è colpa tua, Ryo.” insistette la rossa “Non potevamo prevedere tutti quegli... imprevisti.”
Lui rise senza nessuna traccia di umorismo: “E' praticamente il nostro lavoro riuscire a prevedere tutto quello che può andare storto e fare di meglio per evitarlo, Ichigo-chan.”
Lo so, ma questa volta sembrava davvero che avessimo l'universo contro.”
Ryo chiuse l'armadietto, armeggiando con l'orologio che portava al polso: “Avrei dovuto essere più attento e annullare tutto quando ci siamo resi conto che la situazione non era appropriata.”
L'ordine sarebbe dovuto arrivare da Akasaka-san...”
Be' e io avrei dovuto insistere,” la rabbia di Shirogane fuoriuscì in un sibilo così improvviso che la ragazza fece un passo indietro “Minto e Retasu sono le mie agenti, era la mia missione sotto la mia responsabilità, quindi io avrei dovuto lasciare perder tutto invece di metterle così in pericolo.”
Ryo -”
Erano tanti i toni in cui Ichigo diceva il suo nome, quand'erano da soli. C'era l'acuto strillo implorante quando le faceva il solletico all'improvviso, e l'affannato sospiro all'orecchio tra le lenzuola; ma di tutti, quello era l'unico che non poteva sopportare. Era carico di quella che lui percepiva come pietà, un sentimento che aveva dovuto provare da troppo piccolo e che detestava. Aleggiava nell'aria, non detto, non concluso, precedendo scuse che lui non voleva sentire perché non portavano a nessuna soluzione.
Puoi ascoltarmi, per favore?” insistette la rossa.
Perché dovrei?” ringhiò lui “Hai qualcosa da dire che potrebbe tornare utile?”
Non lo so, ma se tu per una volta volessi farti aiutare...!”
Ryo strinse i pugni e si impose di fare un respiro profondo. Sapeva che non poteva prendersela con lei, non almeno in quel frangente. Ichigo era preoccupata quanto lui, poteva fare ancora meno di lui.
Nessuno ti impone di essere sempre il più forte di tutti,” la udì mormorare.
Lui sospirò, cacciando l'asciugamano nel cesto per la roba bagnata e indossando la camicia pulita: “Non ho voglia di parlarne, Ichigo. Sono stanco.”
Ichigo fu colta da un ironico senso di déjà vu che la fece trasalire. “Volevo solo...”
Lo so,” la interruppe lui “Ma lascia perdere.”
Lei annuì e, senza aggiungere altro, girò sui tacchi e si diresse verso lo spogliatoio femminile, volendo ormai soltanto di annegare tutti i suoi pensieri sotto il getto d'acqua bollente.
Nel silenzio della palestra, intanto, Purin dormiva un sonno agitato. La pelle era secca e striata dalle lacrime che le erano cadute copiose durante la notte, per quanto lei avesse cercato di trattenersi convincendosi di essere più forte di così, che sapeva cosa avrebbe affrontato lavorando per l'Agenzia.
Il pensiero di Retasu, però, persa chissà dove, non la poteva lasciare. I suoi sogni nervosi riflettevano le sue paure, le riportavano a galla momenti che aveva paura di non poter più condividere con la sua amica dagli occhi blu.
Si svegliò quasi di soprassalto nel sentire il rimbombo di un armadietto lontano, con un rantolo che le soffocò la gola mentre un ricordo le ritornava in mente.


Erano sedute in armeria, a riporre le pistole usate poco prima per un controllo al poligono. Purin sapeva che a Retasu non piaceva l'odore della polvere da sparo, o lo schiocco violento del proiettile che schizzava verso il bersaglio. Neanche lei ne era particolarmente attratta, ma sapeva che per l'altra ragazza era peggiore. Retasu era brava con i computer, le piaceva rendersi utile da una tastiera piuttosto che impugnare un'arma. Un po' come a Taruto, si disse, e forse era per quello che andava così d'accordo con entrambi. Decise, perciò, di provare a distrarla un po', giusto per fare due chiacchiere. Ne aveva di cose da raccontarle, in fondo, ed era da un po' che non avevano il tempo di rilassarsi per bene, con tutti quei casi che Akasaka-san aveva deciso di appioppare loro ora che si era reso conto di quanto anche Shirogane le facesse lavorare.
Sono uscita con Taruto-kun, sabato scorso,” le rivelò sotto voce con un sorriso.
Retasu, incredibilmente, non ne sembrò sorpresa. “Lo so,” rise contenta, rispondendo subito alla muta domanda di quegli occhi nocciola “Me l'ha detto Minto, ovviamente, lo sai che lei sa sempre tutto. Non ti ho chiesto nulla perché ho preferito aspettare che me ne parlassi tu.”
Oh, Reta-chan, lo sai che con me non devi farti problemi! Siamo amiche, puoi chiedermi quello che vuoi!”
Le guance della ragazza s'imporporarono: “Allora, come è andata?”
Purin si strinse nelle spalle: “E' andata bene, direi? Non sono molto abituata ad avere degli appuntamenti, e Taru-Taru è così... timido? No, è... uhm... non so come descriverlo. Però ci siamo divertiti, siamo andati allo zoo, e poi a prendere un gelato, e...”
Retasu guardò divertita la sua amica che si lanciava in un intricato racconto del suo week-end. Era bello vedere la “piccola” del gruppo così contenta, soprattutto visto quanto lei e uno dei loro tecnici si girassero intorno da mesi. Non riuscivano ad ingannare nessuno quando insistevano di essere solo amici e finalmente, dopo tattici suggerimenti da parte di Minto e Zakuro, Purin aveva preso in mano le redini della situazione e si era convinta ad invitarlo fuori, vista la ritrosia infantile del ragazzo. Le venne da sospirare. Era da tempo che lei non provava quel brivido lungo la schiena dato dalla consapevolezza che ci fosse qualcosa sul punto di nascere. Un po' non aveva il tempo di concentrarsi sulla sua vita privata, un po' le era anche comodo barricarsi dietro quella scusa... non era mai stata una campionessa nelle relazioni sociali, ed il pensiero di doversi imbarcare in una con tutte le conseguenze che la sua vita professionale comportava, non la faceva certo sentire meglio. Per Purin era facile, Taruto sapeva benissimo chi lei fosse. Ma bastava guardare al caso di Ichigo, che sembrava impazzire dietro tutto quello con cui doveva destreggiarsi, per non parlare poi... le sue elucubrazioni furono interrotte da Minto, che si sedette vicino a lei sulla panca scuotendo la testa.
Quei due dovrebbero stare più attenti, o lo verrà a sapere l'intero dipartimento.” borbottò sottovoce.
Le altre ragazze non ebbero bisogno di chiedere a chi si stesse riferendo.
Tu fai a meno di parlarne, e magari la questione sarebbe più riservata,” la riprese con un sorriso Purin.
Minto alzò gli occhi al cielo e fece un cenno veloce verso Shirogane ed Ichigo, che si stavano parlando ad una distanza troppo ravvicinata per due persone che intrattenevano soltanto una relazione lavorativa: “Guarda che io lo dico per loro. A me non me ne frega niente di chi si porta a letto Ichigo, o Shirogane, ma ai piani alti questa cosa potrebbe non andare giù. Tecnicamente, è contro le regole.”
Almeno Shirogane-kun è più spesso di buon umore,” sghignazzò la biondina.
Retasu storse la bocca in un'espressione pensierosa: “Non è comunque giusto, pensate ad Aoyama-kun, lui non sa niente...”
Minto si alzò in piedi e ripose le cuffie che usavano per proteggersi dal frastuono: “Quello è l'ultimo dei problemi di Ichigo, Reta-chan. E comunque, non siamo qui per giudicare.”
Oh, tu sì!” con una risata, Purin avvolse le braccia intorno alle spalle delle amiche e insieme si diressero bisbigliando verso il loro ufficio.


Purin schiacciò la testa contro il materassino della palestra, che da confortevole appoggio per pochi minuti dopo gli allenamenti era diventato duro e scomodo dopo una notte passataci a rivoltarcisi sopra. Fece un respiro profondo, cercando di allungare la colonna vertebrale e far schioccare piacevolmente le ossa anchilosate; le gambe erano intirizzite dal freddo e dalla posizione raggomitolata che aveva tenuto per ore. Sapeva che non sarebbe più riuscita ad addormentarsi, e non ne aveva voglia. Voleva solo fare qualcosa, qualsiasi cosa, per ritrovare le sue amiche.
Almeno smetterla di perdere tempo a dormire, solo l'idea di essere lì reclusa la faceva innervosire, lei che era così abituata a non stare mai ferma.
Si alzò svelta dal pavimento, stirando le braccia verso l'alto e strofinandosi le guance per affievolire il pizzicare dell'acqua salata. Si legò i capelli in una coda veloce e spettinata, affrettandosi fuori dalla palestra.
L'ombra di Ryo le si stagliò davanti, con i capelli umidi e le spalle un po' incurvate.
Buongiorno,” le disse sottovoce “Che dici, prendiamo un caffè anche per i ragazzi in laboratorio?”
Purin annuì, quasi le venne da sorridere, e intrecciò un braccio con quello del suo capo: “Andiamo.”

§§

L'auto sobbalzava sul percorso sterrato, facendole cozzare l'una contro l'altra sul sedile posteriore. Ad ogni saltello, Minto poteva sentire il corpo di Retasu afflosciarsi sempre di più contro il suo; avrebbe voluto dire qualcosa all'amica per consolarla, per rafforzarla, ma era stato ordinato loro di rimanere in silenzio, la testa tra le gambe – e lei, in quel momento, non aveva certo la forza di provare ad opporsi.
Torse appena i polsi, testando la resistenza della sua pelle: le bruciature lasciate dalle manette pulsavano in modo insopportabile, e sembrava che ad ogni movimento diventassero più profonde.
Esalò lenta, cercando di non fare rumore; i due uomini alla guida stavano parlando tra di loro a bassa voce - non che loro avrebbero mai potuto capire quale fosse l'argomento – e il suono della terra e dei sassi sotto le ruote veloci era abbastanza forte, ma Minto non voleva correre nessun rischio.
Si puntellò appena sui piedi, spostando il baricentro e sollevandosi appena dal sedile con il bacino, stringendo i denti mentre cercava di far passare un po' le mani in avanti; era solo un tentativo, una fievole speranza di poter recuperare almeno l'uso delle braccia e, in qualche modo, riuscire a contrastare due uomini. Il corpo di Retasu premeva contro il suo, mettendole in difficoltà il già precario equilibrio; anni di addestramento e balletto, però, non erano stati inutili, e forse ce l'avrebbe fatta, forse non appena la porta fosse stata aperta, lei avrebbe potuto in qualche modo sbrogliarsi... un salto più forte della macchina la fece ricadere con prepotenza contro il sedile con uno sbuffo.
Sentì gli occhi pungerle di lacrime, ma non gliel'avrebbe data vinta; doveva essere forte, per se stessa e per Retasu. Spostò appena un ginocchio per appoggiarlo a quello dell'amica, per tentare di regalarle un po' di conforto.
Se doveva essere sincera, non si era mai aspettata che potesse finire in quel modo. Era un rischio che aveva messo in conto all'inizio, aveva fatto addestramenti apposta, ma chi mai pensava che fosse davvero una possibilità concreta?
Forse un po' l'assurdità della situazione la faceva ridere, o forse semplicemente stava avendo un crollo nervoso. Meglio così, si disse, non aveva voglia di essere troppo lucida. Le venne solo da sperare che si concludesse tutto molto in fretta.
Sentì l'auto accostare e fermarsi, poi le portiere anteriori aprirsi.
Retasu, accanto a lei, emise un gemito ed iniziò a tremare più forte.
La luce del Sole era più forte, ora, da quello che riusciva a vedere; dovevano essere in un posto davvero isolato se i due russi erano così tranquilli a stare fuori in pieno giorno.
La portiera del lato destro, dov'era seduta lei, si aprì, ed la mano forte di quello che aveva capito chiamarsi Pavel si strinse attorno al suo braccio in una morsa implacabile, strattonandola fuori e sostenendola senza sforzo mentre lei inciampava giù dal gradino e sui sassolini.
Minto dovette sbattere un paio di volte le palpebre per abituarsi alla luce improvvisa; non oppose resistenza mentre Pavel la spingeva oltre la macchina, dall'altro lato della strada dove Kisshu stava conducendo Retasu in una maniera molto meno grezza, ma terribilmente più spaventosa.
Attorno a loro, poté constatare la mora in pochi istanti, non c'era davvero nulla se non una lunga strada sterrata in mezzo ad una pianura di campi incolti ed abbandonati, ingialliti dal tempo. Una vecchia ferrovia piena di sterpaglie correva alle spalle di Fukazawa; quasi le sembrava, ironicamente, il set di un film. Un bidone della spazzatura vuoto giaceva poco lontano, segnato dalla ruggine.
Madamigelle, spero che il viaggio non sia stato troppo stancante,” le schernì Kisshu con un sorrisetto beffardo.
Minto non rispose, non lo guardò nemmeno, mentre Pavel le spingeva con forza su una spalla per farla cadere in ginocchio a terra. Rivolse una domanda a Kisshu, che però scosse la testa: “No, ormai non c'è più bisogno di bendarle. E poi è meglio così, non credi, amico mio?”
Retasu si lasciò scappare un singhiozzo, poi un rantolo quando l'aria faticò ad entrarle nei polmoni, ormai però aveva esaurito le lacrime. Voltò appena la testa verso Minto, che le rivolse un piccolo sorriso.
Almeno non erano sole; almeno, erano insieme.
Davano le spalle ai due uomini, fissando il SUV nero con cui erano state portate lì. L'aria era ferma, quasi calda, rilassante. Il frastuono dei loro cuori rimbombava nelle orecchie, Kisshu continuava a blaterare, ma il click indistinguibile delle sicure delle pistole non venne ignorato.
Entrambe presero fiato allo stesso momento; era vero quello che si diceva, che poco prima di morire tutta la vita passava davanti agli occhi? Anche quando un proiettile veniva conficcato nel cervello?
Strinsero gli occhi, mentre solo puntini rossi e gialli apparivano davanti a loro nel nero. Il cuore batteva, batteva, la gola era secca e i secondi sembravano dilatarsi nel tempo e nello spazio contro ogni legge della fisica.
Poi, risuonò uno sparo.

§§

Accusami di insubordinazione, se vuoi, ma non ti azzardare a dire quello che stai pensando perché sprecheresti solo fiato!”
Keiichiro sospirò pesantemente al rumoroso tono di voce di Shirogane: “Il tempo scorre, Ryo, non posso fare niente per fermarlo. La PSIA è già stata informata della situazione, non so per quanto ancora...”
E tu tienili impegnati, inventati qualcosa, cazzo!” il biondo puntò un dito contro i monitor “Non ho fatto passare la notte in bianco a questi uomini per nulla, e non ho intenzione di abbandonare le mie agenti!”
Credi che sia questo che io voglio?” anche Akasaka alzò il tono di voce “Credi che non tenga alle componenti di una delle squadre migliori che ho? Ma metto da parte i sentimenti personali in questo lavoro, Shirogane, e devo affrontare la realtà. Non abbiamo nemmeno certezze che Aizawa e Midorikawa siano vive. Io posso tirare la corda più che posso, ma quando mi diranno di tagliarla, non so come potrò resistere a lungo.”
Lanciò uno sguardo alle tre ragazze nell'angolo, dall'aria stanca e disperata.
Mi dispiace,” aggiunse sottovoce “Lo so che state facendo il possibile. Cercherò di farlo anche io.”
Grazie, Akasaka-san,” pigolò Purin, annuendo, stringendo convulsamente la mano di Ichigo.
Il moro annuì, guardò per l'ultima volta verso Ryo, e prese le scale.
L'americano si passò una mano tra i capelli, imponendosi di calmarsi. Avevano setacciato di nuovo tutte le telecamere, progettando tutti i possibili percorsi che quel maledetto SUV avrebbe potuto intraprendere. Ad un certo momento, circa mezz'ora prima, era sembrato che una effimera traccia del cellulare di Fukazawa, quello il cui numero era stato procurato da Minto, fosse comparso al limitare della città; troppo breve per poter trovarne un tracciato, ma era una flebile speranza.
Triangolate quel segnale,” abbaiò secco ai tecnici “Trovate la centralina a cui si è attaccato e datemi qualcosa.”
Retasu avrebbe saputo cosa fare, pensò mentre si sedeva sulla poltrona che ormai odiava. Preferiva non pensare a come avrebbero fatto senza.

§§

Seguì qualche secondo di silenzio all'eco dello sparo, molto più prepotente visto il luogo in cui si trovavano. Anche l'odore della polvere e di bruciato sembrava più incisivo.
Minto aprì un occhio solo, terrorizzata. Forse volevano farla aspettare per farla soffrire ancora di più? Toccava a lei ora, era così che facevano, una alla volta? Aveva sentito il tonfo di un corpo cadere a terra, ma le era parso dietro di lei e troppo pesante per...
Arrischiò a muovere la testa di mezzo grado a destra; Retasu era ancora in ginocchio, il mento poggiato al petto, i denti stretti e il corpo scosso da singhiozzi e tremiti silenziosi. Viva.
Ma allora...?
Minto si voltò talmente in fretta da perdere l'equilibrio e finire con il sedere in terra; sgranò gli occhi, incredula, alla scena che le si presentò.
Kisshu aveva ancora il braccio teso alla sua sinistra, la pistola impugnata verso dove, pochi istanti prima, c'era stata la testa di Pavel che ora giaceva steso a terra, una pozza di sangue che si stava formando sotto di lui.
Mi dispiace, amico mio. Piano di contingenza.” esclamò.
Rivolse poi la sua attenzione alle due ragazze, in pieno shock. Aveva un'espressione diversa da quella con cui erano state abituate a vederlo, Minto notò, ma ciò non le impedì di cercare di strisciare il più lontano possibile quando lui si inginocchiò accanto a loro.
Che... che cosa sta succedendo?” balbettò Retasu, sbattendo gli occhi “E' un'altra trappola?”
Si voltò anche lei, il viso che divenne ancora più pallido nel notare il cadavere steso a terra.
Ascoltatemi bene,” Kisshu aprì velocemente le loro manette “Non c'è tempo per spiegarvi tutto, dovete fidarmi cinque minuti di me.”
Fidarmi di te?” sibilò velenosa Minto, massaggiandosi i polsi e alzandosi lentamente, un passo alla volta “Ci avete torturate, fino ad un secondo fa ci puntavi una pallottola alla testa, e adesso dovremmo fidarci di te?”
Hai ancora fiato da sprecare, o no? E allora ascoltami.” il ragazzo indicò l'auto “Prendete quell'auto, tornatevene da dove siete venute e fatela sparire. I congegni di localizzazione sono spenti, potete controllare voi stesse nel cruscotto.”
La testa delle due ragazze stava girando senza fine; la situazione era paradossale, non riuscivano minimamente a capire quello che stava succedendo.
Siete in grado di guidare?” domandò ancora Kisshu.
Minto annuì, senza smettere di guardarlo con sospetto: “Credo di sì... c'è una bomba nella macchina?”
Lui alzò gli occhi al cielo: “Senti, colombella, ragiona. Secondo te organizzerei tutto questo per farti saltare in aria?”
Allora perché lo stai facendo?” chiese sottovoce Retasu, mentre si appoggiava alla sua amica per rimettersi in piedi.
Te l'ho detto, non c'è tempo di spiegare tutto. Ora, la cosa importante,” le guardò entrambe un attimo “E' che la vendita sarà anticipata. Al venticinque maggio. Ricordatevelo.”
Minto boccheggiò un paio di volte: “Ma cosa...?”
Il venticinque. Di più non posso dirvi.”
La mora quasi scoppiò a ridere, però iniziò a spingere Retasu verso l'auto. Lei probabilmente stava impazzendo, era il frutto della sua mente per impedirle di affrontare la realtà, ma perché non approfittarne allora?
“Aspetta!” Kisshu fece un passo avanti, tendendo la mano ma ritraendola subito dopo non appena vide lo sguardo che gli fu rivolto. “Prendi questa.”

Si avvicinò a Pavel per sfilargli la pistola che teneva alla fondina, poi allungò a Minto la sua. La ragazza la prese con titubanza, immaginandosi con l'ennesima punta di pazzo divertimento di doversi mettere a duellare.
Spara qualche colpo a quel cassonetto della spazzatura... e poi spara a me. Evitando di uccidermi, grazie.”
Ma che stai dicendo?” volle sapere lei, ormai completamente spiazzata.
Kisshu sospirò: “Senti, passerotto, non lo voglio nemmeno io, ma tu fallo e basta.”
Minto soppesò la pistola tra le mani; era pesante nelle sue mani stanche seppur piccola, stranamente non di fattura russa. Alzarla le costò uno sforzo che le sembrava immane, lei così abituata a maneggiarle.
Vai in macchina, Reta-chan.” sussurrò all'amica.
Quest'ultima annuì senza opporre resistenza, trascinando i piedi e alzando nuvolette di polvere mentre aggirava il fronte dell'auto e saliva sul sedile del passeggero, appoggiando la fronte dolorante contro il lato e chiudendo gli occhi con un sospiro.
Minto quasi non prese la mira contro il cassonetto, sparando tre colpi a distanza ravvicinata che echeggiarono dentro al metallo vuoto. Poi si voltò lentamente verso Kisshu, che si era messo in ginocchio davanti a lei e la guardava fissa.
Sentì il respiro chiudersi in gola e il cuore battere più forte. Ricordò il modo in cui le avevano trattate quando le avevano prese, le loro mani pesanti e sporche sotto i vestiti per togliere loro le microspie e i localizzatori, la voce irrisoria del ragazzo davanti a lei mentre le caricavano in auto.
Inspirò profondamente, chiuse un occhio, e sparò.
Kisshu gemette sottovoce mentre si piegava in avanti, stringendo i denti e la spalla sinistra che aveva iniziato subito a perdere sangue.
Hai mira, eh, colombella?” ironizzò.
Ringrazia che non te l'ho piantata in testa.”
Senza mollare la pistola, Minto percorse in due grandi falcate lo spazio che la divideva dall'automobile, salendo al posto di guida con una destrezza che non pensava di poter raccogliere in quel momento.
Forse era stato lo sparo, forse l'euforia di poter dire di essere quasi scampate da lì, ma aveva ritrovato le energie che aveva perso in tutte quelle ore prima. Fece inversione velocemente, facendo stridere le ruote sul terreno, e senza guardarsi indietro, lei e Retasu se ne andarono.
Kisshu si trascinò fino al cassonetto, accasciandovici contro, prendendo dei respiri profondi e controllando di non perdere troppo sangue. Quasi si stava stupendo della mano ferma di Minto, l'aveva colpito con una precisione non da poco nonostante fosse visibilmente affaticata e pressoché incapace di reggersi in piedi.
Quando vide che si furono allontanate, sparò un paio di colpi nella direzione generale in cui avrebbe dovuto trovarsi il SUV, poi gettò la pistola di lato. La spalla gli stava dolendo tremendamente, l'adrenalina stava scendendo.
Afferrò il cellulare e compose un numero che ormai conosceva a memoria: “Pai?” esclamò roco dopo qualche squillo “Abbiamo un problema.”










Hellooooooooo :D Ci ho messo una vita, perdonatemi, lo so. Ma non ho più una vita in pratica, l'uni mi sta uccidendo :( Ho scritto tutto questo capitolo oggi tra le pause studio prima di un esame, e devo pubblicarlo entro dieci minuti così da andare a studiare per il terzo e ultimo parziale della settimana, domani :O Tra l'altro qui a Roma c'è pure l'allerta meteo, ma la mia università ha deciso di rimanere aperta... ovviamente -____-
Come scritto all'inizio, il capitolo è dedicato a Blackmiranda, perché lei adora Kisshu, e Kisshu è moooolto importante in questo chappy... o sbaglio? ;) Spero di avertelo reso bene :3  (E prometto di passare da Somebody durante il weekend, finisco di studiare! xD).
Anche questo è uno di quei momenti che avevo progettato fin da subito nella creazione della storia,  certo non mi è venuto proprio come lo volevo, ma va bene anche così :)
Il titolo è da Do I wanna Know? degli Arctic Monkeys, l'avete capito ;)
A non so quando, sorry xD
Bacioni e grazie di tutto!!!

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Capitolo 9
*** And the masquerade will come calling out at the mess you made ***


Capitolo nove: And the masquerade will come calling out at the mess you made




Retasu, piangi, grida, fa' qualunque cosa, ma ho bisogno che tu reagisca.”
Minto staccò gli occhi un secondo dalla strada su cui stava correndo spedita, per osservare l'amica seduta al suo fianco.
Retasu, con la testa ancora appoggiata al finestrino, annuì: “Sto solo cercando di... capire.”
Non c'è tempo per capire adesso,” la mora scosse la testa, forse tentando di convincere anche se stessa. “Dimmi che ci sono delle cabine telefoniche qui attorno.”
L'altra sbatté le palpebre: “Ehm... perché?”
Siamo senza cellulari,” spiegò Minto, accelerando per bruciare un semaforo che stava per diventare rosso “E per quanto Fukazawa possa dire che non ci sono sistemi di monitoraggio, preferirei non portare quest'auto direttamente alla base. Perciò, dobbiamo chiamare Shirogane e farci venire a prendere.”
Retasu annuì ancora, provando a concentrarsi sulla strada che scorreva veloce ai suoi lati: ormai stavano raggiungendo il centro della città, che vibrava trapelante con l'inizio della vita quotidiana. Il traffico si stava facendo più intenso, rallentando la loro corsa verso l'Agenzia.
Si chiese come facesse Minto a sembrare così calma, così ripresasi da tutto ciò che avevano passato nelle ultime ventiquattro ore. La osservò per un istante; la pelle tesa e slavata, le pesanti ombre sotto gli occhi, le nocche bianche attorno al volante. Avrebbe davvero voluto sapere cosa le stava passando per la testa, perché nella sua si stava scatenando un terremoto.
Le ruote della macchina fischiavano contro l'asfalto, ma la mora non sembrava avere intenzione di andare più piano – voleva mettere più distanza possibile tra loro e ciò che si erano lasciate, sperando, alle spalle. Borbottando contro gli altri automobilisti che secondo lei non si spicciavano abbastanza, Minto accostò sul marciapiede, vicino ad una cabina dall'aria vecchia e trasandata che non rassicurava riguardo il suo funzionamento.
Non abbiamo monete,” esclamò sottovoce Retasu.
L'altra abbozzò ad un sorriso: “Taruto mi ha insegnato un trucco.”
Alla James Bond, come direbbe Purin?”
Precisamente.”

§§

Aveva guardato l'orologio talmente tanto che gli angoli degli occhi gli facevano male a forza di spostarli ritmicamente verso la sua sinistra; ma d'altra parte, l'orologio che portava al polso era stato malamente lasciato su un tavolo, dismesso qualche ora prima per il fastidio che gli dava.
Era insolito trovare Shirogane trasandato, come era improbabile vedere Zakuro con i capelli fuori posto o Purin ferma in un'unica posizione. La gravità della situazione, per occhi allenati quanto i loro, era così chiara.
Signore, le abbiamo provate tutte,” tentò di placarlo un giovane tecnico, le cuffie che gli penzolavano al collo “Non so per quanto ancora il direttore ci lascerà carta bianca.”
Il direttore non è qui a darti ordini, ci sono io.” ringhiò l'americano “Se il segnale del telefono è passato per quell'incrocio, e si è agganciato a quella centralina, vuol dire che possiamo restringere il campo.”
Non è abbastanza piccolo,” replicò l'altro “Stiamo parlando di almeno cinque chilometri, in tre direzioni diverse.”
Ryo fece un passo avanti: “Ascoltami bene-”
Lo squillo del telefono lo interruppe; tutti si girarono verso l'apparecchio, come se li stesse disturbando, come se stesse portando chissà quale tipo di brutta notizia. I telefoni del laboratorio, dopotutto, erano collegati direttamente agli uffici principali.
Shirogane sospirò, esitando. Sentiva gli sguardi di tutte le ragazze che si spostavano su di lui. Allungò la mano tentennante, avvolse le dita attorno alla cornetta nera, poi la tirò su con uno scatto.
Pronto?”
«Aizawa Minto, agente 627952, chiamo da una linea non protetta.»
Quasi gli scappò il telefono di mano mentre lanciava un'occhiata al display e notava effettivamente un numero esterno: “Procedura di identificazione?”
«Certo, Shirogane, scioriniamo i miei dati così al vento, tanto ormai...!»
Lui sorrise, facendo cenno all'agente accanto a lui di localizzare il punto di provenienza della telefonata. “Siete da sole?”
A quella domanda, le teste delle altre tre componenti della squadra scattarono all'insù, allarmate ed improvvisamente speranzose. Allungarono le orecchie, cercando di catturare la voce all'altro capo della cornetta, o un'occhiata indicativa di Ryo, il quale però era piegato in avanti per controllare lo schermo di un computer.
D'accordo. Non vi muovete. Mando una squadra.”
Non appena riagganciò, Ichigo balzò in avanti: “Shirogane-kun?”
Lui esalò profondamente, ancora incredulo, appoggiando le mani sui fianchi. “Erano loro. E no, voi state qui,” le ammonì, non appena vide le tre muoversi. “Ancora non sappiamo come sia la situazione.”
Stanno bene, vero?” domandò tremante Purin.
Lo sapremo appena la squadra le andrà a prendere,” ripeté spiccio lui, concentrandosi solo sugli ordini da impartire per telefono.

§§

Pai osservò in silenzio Sergei armeggiare con un panno intriso di acqua ossigenata attorno alla spalla di Kisshu, che aveva passato il suo tempo a stringere i denti sibilando e borbottando parolacce mentre il proiettile veniva estratto, prima di avvolgergli una spessa garza intorno al tessuto danneggiato.
спасибо” (*) Kisshu si reclinò all'indietro sulla sedia e si asciugò il sudore sulla fronte con il braccio. Era imbottito di antidolorifici, ma non era stata comunque un'operazione piacevole – ma d'altronde, non era esattamente il caso di andare all'ospedale, e loro erano abituati così da sempre.
Ci metterà un po' a guarire,” sentenziò il suo compagno, rigirando il coltello tra le dita e facendo un cenno a Sergei perché uscisse.
Lui annuì: “Mi ritengo fortunato che sia la sinistra, che l'osso sia integro, e la ferita pulita.”
Pai annuì, replicando la posa dell'altro. “Com'è successo?”
Kisshu alzò l'unica spalla che ancora poteva avvertire chiaramente: “Le stavamo portando fuori città, erano legate nel sedile posteriore, in silenzio per la maggior parte del tempo. E la mora, Minto... stava piangendo sottovoce, e pensavo che fosse perché avesse paura. In realtà, penso che fosse perché era nel mentre di rompersi una mano così da poterla tirare fuori dalle manette. Ora lo so.”
Fece una smorfia mentre si riaggiustava sulla sedia.
Le abbiamo fatte scendere, sembrava tutto a posto. Le abbiamo fatte inginocchiare come al solito, sai. Io avevo lei davanti. Quando ho cercato di spararle, la mia pistola ha fatto cilecca. Te l'ho detto che dobbiamo rivedere quel fornitore.”
Quando l'avevi pulita l'ultima volta.”
Tre giorni fa. Non è possibile che continui a capitare.”
Pai gli fece un cenno nervoso con la mano, così lui proseguì. “Allora ho chiesto a Pavel di passarmi la sua, intanto lui teneva una mano sopra la testa di quell'altra donna. E Minto... te l'ha detto che faceva la ballerina, no? È bastata una frazione di secondo, si è alzata con una velocità spaventosa e mi ha tirato un calcio con quelle gambe che si ritrova, dritto nello stomaco. Sono caduto all'indietro, e lei mi ha preso la pistola. Lì ho capito che aveva le mani libere. Per prima cosa, ha sparato a Pavel, così da liberare la sua amica, che si è messa a correre come una pazza verso l'auto. Ti giuro che è successo tutto nel giro di trenta secondi. Io mi sono spostato, ho preso la pistola di Pavel, ma lei mi aveva già preso alla spalla. Mi sono nascosto dietro il cassonetto e ho provato a rispondere al fuoco, non pensare che abbia smesso di puntarmi, la stronza. Ma se n'erano già andate con l'auto.”
Si alzò, azzardandosi ad allungare appena la schiena. “Hanno ricevuto un addestramento speciale, te lo dico io.”
Pai annuì. “Sapevano chi eravamo, ed erano preparate. Questo è un guaio che non rientrava nei piani. Non pensavo potessero essere così furbe.”
Dobbiamo cambiare i tempi. È rischioso rimanere qui troppo a lungo, non sappiamo tra quanto potranno ripiombarci addosso.”
Intanto, adesso ne siamo al corrente anche noi, hanno perso lo svantaggio,” Hayashi si alzò “Cerchiamo di non fare mosse avventate. Non è la prima volta che ci sconvolgono i piani.”
Be', per me è la prima volta che delle donne mi mandano dietro ad una pattumiera.”
Magari dovresti smetterla di infilarti nelle mutandine di ogni essere di sesso femminile che ti sbatte le ciglia.”
Come se tu non avessi pensato di infilarti nelle mutandine di quella Retasu.”
Kisshu ghignò e poi sbadigliò, scuotendo la testa. “Ora perdonami, amico, ma questi antidolorifici mi stanno uccidendo. Io vado a farmi un pisolino. Ne ho già avuto abbastanza di oggi.”
L'altro annuì in silenzio, osservandolo uscire a passo lento dalla larga sala che sembrava aver ospitato la maggior parte delle loro giornate nelle ultime quarantotto ore. Notò la giacca di Kisshu appesa allo schienale della sedia, e fece per richiamarlo indietro, ma cambiò idea, e lasciò perdere.

§§

Tutta quella situazione stava procedendo per l'iperbole dell'assurdità, si ritrovò a pensare Retasu per l'ennesima volta.
Erano passati due giorni da quando la squadra di intervento era andata a recuperarle; due giorni passati tra visite mediche, che comprendevano anche una lunga chiacchierata con la psicologa – e ancora non aveva ben capito come fosse riuscita a sfuggire ad una terapia di tranquillanti, visti i battiti del suo cuore – e quello che era apparso più come un interrogatorio che una chiacchierata informale con Akasaka-san.
Ma Shirogane-san e Zakuro-san gliel'avevano spiegato; dopo accadimenti del genere, bisognava accertarsi che gli agenti fossero ancora dalla parte giusta. Che fossero ancora utili, aveva borbottato in tono macabro Minto. E, viste le decisamente inusuali circostanze della loro fuga, circostanze che le davano l'emicrania al solo essere nominate, le precauzioni erano state estremamente minuziose.
Così minuziose che, una volta stabilito che dopo qualche giorno di assestamento fisico lei e Minto sarebbero potute ritornare in servizio, Shirogane aveva decretato che sarebbe stato meglio tenerle insieme in un luogo sicuro.
Loro non volevano certo stare da sole, in un momento del genere. Non avevano certo pensato, però, che il luogo sicuro sarebbe stata la casa del loro capo.
«Solo per stanotte,» le aveva rassicurate lui con un sorriso «Almeno finché non mettiamo in sicurezza i vostri appartamenti e controlliamo che la casa rifugio sia pronta. Non ci vorrà molto. E poi, voglio tenervi sott'occhio per davvero, stavolta.»
Era per questo motivo che adesso Retasu si trovava avvolta dalle profumate lenzuola di cotone grigio nel letto matrimoniale dell'americano, da condividere con Minto, che però già dormiva profondamente. Lei invidiava la capacità di ripresa dell'amica, o almeno la capacità di far sembrare che tutto andasse bene. Retasu ancora sobbalzava ad ogni sussurro, e trovarsi in quella stanza un po' la metteva a disagio.
Avevano cenato in quell'appartamento tutti insieme, in modo informale – talmente informale che Shirogane e Purin erano in tuta. Era stata un cena veloce, non ad un'ora tarda, perché tutti avevano voglia di rilassarsi e tornarsene a casa, dopo quei due giorni da vero incubo.
Minto e Retasu erano state spedite a letto, vietato aiutare con i piatti o il rassettare. Ma lei non aveva per niente sonno, non ancora. Un po' aveva paura a chiudere gli occhi, anche se il respiro tranquillo della mora accanto a lei l'aiutava a rilassarsi.
Inalò profondamente, girandosi su un fianco. Poteva sentire il profumo di Shirogane-kun aleggiare per la stanza, così come era intriso in ogni angolo della casa. O forse lo sentiva solo lei.
E Ichigo. Era certa che anche Ichigo lo sentisse. Magari invece si era assuefatta? Per lei era normale sentirlo tutti i giorni? Chissà quante volte anche Ichigo aveva dormito in quel letto, proprio come lei.
Non proprio come lei.
Esalò lentamente, cercando di non far rumore, ascoltando i rumori ovattati che provenivano dall'altra parte della porta chiusa. Non le piaceva pensare determinate cose sulla sua amica, ma a volte non poteva farne a meno. Si chiedeva, ogni tanto, se Ichigo si rendesse conto di quanto fosse fortunata, ad avere tutto ciò che aveva, e probabilmente tutto ciò che voleva.
Purin, a volte, sottovoce le ricordava che la vita della rossa non doveva essere molto più semplice della loro, anzi forse era il contrario; ma il verme della gelosia colpiva anche lei, seppur raramente. In particolare quando vedeva il modo in cui Shirogane osservava Ichigo, nonostante tutto quello che sapevano star succedendo tra di loro.
Sospirò di nuovo, si accoccolò arrotolata nel letto, e provò ad addormentarsi, sperando in una giornata migliore.
Dall'altro lato del muro, nel frattempo, Ryo si fece passare gli ultimi bicchieri sporchi da Zakuro, passandoli sotto il getto di acqua tiepida del lavandino della cucina.
Che giornate,” commentò lei, appoggiando i gomiti al bancone di marmo mentre si sedeva su uno sgabello, per poi accasciarsi su di essi “Ho bisogno di una vacanza.”
Non ci pensare minimamente. Ho come l'impressione che diventerà tutto ancora più complicato. Ci sono troppe cose sotto che non riesco a capire.”
Tipo la magica avventura di Minto e Retasu?”
Appunto. C'è un passaggio che mi sfugge.”
Un'autostrada, più che un passaggio. Tutta la situazione è così...”
Paradossale? Incredibile?” Ryo si scostò i capelli dalla fronte “Avevano più senso le trame di James Bond.”
Zakuro rise: “Purin ci ha contagiati tutti con James Bond.”
Con un sospiro, si tirò in piedi e si diresse in salotto per recuperare borsa e cappotto, lanciando un'occhiata al letto improvvisato sul divano dell'americano. “Sicuro che starai comodo?”
Sì, non ti preoccupare. Sono contento che loro si riposino per bene.”
Lei annuì. “Ci vediamo domani al lavoro.”
Ryo l'accompagnò verso la porta: “Ehi, Zakuro?”
Sì?”
Lui studiò il suo viso per qualche secondo, poi scosse la testa. “No, nulla. Sta' attenta mentre torni a casa, d'accordo? Buonanotte.”
Chiuse la porta solo quando la vide scomparire nell'ascensore, improvvisamente provato e stanco, come se tutta l'adrenalina di quei giorni avesse deciso di calare di botto e fargli scendere la pressione tutta in uno.
Non sapeva cosa avesse combinato in una vita precedente, se mai c'era davvero qualcosa di simile, ma il karma, l'universo, o gli Dei sembravano davvero avercela con lui, viste tutte le cose che continuavano a piombargli sul groppone. Vita sentimentale inclusa; lui, che era sempre stato così deciso a mettere la carriera prima di tutto.


A volte vorrei essermi innamorato di te, Zakuro.”
Lei rise della sua risata roca, gettando appena la testa all'indietro mentre il vino rosso galleggiava pericolosamente vicino al bordo del bicchiere.
Ora so per certo che hai bevuto troppo.”
Anche Ryo rise, passandosi una mano tra i capelli. “No, dico sul serio. Con te sarebbe tutto molto più semplice.”
Ne sei proprio sicuro?”
Lui la guardò, chiudendo un occhio con fare ironicamente critico. “Mh. Forse.”
Zakuro abbassò lo sguardo, giocherellando con il liquido. “Quindi ti sei innamorato, Ryo?”
Shirogane sospirò, scivolando verso il basso così che la nuca poggiasse sulla testiera del divano. “Credi che potrei mai giocarmi il posto in questo modo se così non fosse?”
E Ichigo lo sa?”
Cosa, che mi sono innamorato di lei o che rischio un'azione disciplinare?”
Smettiamola con tutte queste domande una dopo l'altra, per favore, e rispondi.”
Lui sbuffò. “Certo che lo sa. Non è così tonta.”
Lei gli diede una gomitata: “E cosa pensi di fare?”
Ryo si strinse nelle spalle. “Te l'ho detto, non lo so. Lei è... complicata. È così... ah, non lo so nemmeno io. Non è come te, questo è sicuro. Tu dici le cose come stanno, sei brava a prendere decisioni in modo razionale. Un po' come me.”
Fidati, non stai facendo nulla in modo razionale. E comunque, ti sei appena risposto da solo.”
A che cosa?”
A se sarebbe meglio se ti fossi innamorato di me. Siamo troppo simili, l'hai detto tu. Per questo possiamo essere ottimi amici.”
E continuare con pericolosissime conversazioni sbronze off-the-record?”
Precisely.”


Come se avesse ascoltato i suoi pensieri, il cellulare prese a ronzargli nella tasca.
«Stanno dormendo?» Ichigo parlava sottovoce, e lo stava chiamando dal suo numero riservato.
Ryo annuì senza quasi pensarci, rendendosi conto solo dopo che lei non sarebbe riuscita a vederlo. “Sì. Zakuro è appena andata via. Tu sei a casa?”
Fu come se stesse tentennando: «Sì, sì, sono qua... da un po', ormai. Come ti senti?»
Perché me lo chiedi? Non sono io quello che è stato rapito.”
«Lo so, ma... niente, volevo sapere se avevi voglia di un po' di compagnia. Vuoi che venga lì?»
Lui fissò il soffitto mentre si stendeva sopra le coperte. “Il divano è un po' stretto per due.”
«Non mi stai dicendo di no.»
Shirogane rise della sua risata, prima che un rumore di sottofondo catturasse il suo udito. “Non sei da sola, vero?”
«Ehm...» poteva quasi vederla, mentre si mordeva un labbro e si arrotolava una ciocca rossa attorno al dito «Ha... ha voluto farmi una sorpresa, non pensavo sarebbe arrivato. Io...»
Ryo chiuse gli occhi: “Non fa niente, Ichigo. Va' a dormire, ci vediamo in ufficio.”
Prima che lei potesse ribattere, il suono della telefonata che veniva riagganciata la fermò.
Ichigo espirò, portandosi il cellulare contro il petto. Sentiva l'inizio del mal di testa echeggiarle nelle tempie e, come sempre quando avvertiva il suo malessere, il piccolo Masha che le si strusciava contro le caviglie, in cerca di conforto per sé e per la sua padrona.
Ichigo?” la voce di Masaya la raggiunse da fuori la porta della piccola terrazza della cucina “Va tutto bene?”
Sì, non preoccuparti... sono solo molto stanca, e mi sta venendo l'emicrania.” replicò, forse un po' troppo secca.
Problemi al lavoro?”
Oh, tu non ne hai nemmeno un'idea, pensò, superandolo con un sorriso per rientrare al caldo e bere un bicchiere di acqua.
Si strinse nelle spalle, in cerca di una risposta. “Una mia amica non è stata bene, ci siamo un po' preoccupati. Stavo chiamando per sapere come stava.”
Qualcuna che conosco?”
Quante domande, pensò nuovamente, una punta di irritazione. “No, non la conosci.”
Masha miagolò con insistenza, così lei lo prese in braccio. Non era mai andato d'accordo con Masaya, l'aveva sempre reso abbastanza evidente. Il pelo morbido e il tenue calore del suo gattino la calmarono, il ronzio delle fusa che le dava il ritmo del respiro.
Si voltò verso il suo fidanzato, che la stava guardando con quegli occhi marroni così profondi e che tanto l'avevano fatta sentire amata, un tempo. Sentì qualcosa smuoversi nel petto, e mise a terra il gatto.
Aoyama-kun?”

§§

Minto era già stata una settimana lontana dal lavoro, ovviamente. Ma erano state settimane prese per pura volontà, per ferie; non erano state forzate su di lei perché si riprendesse. Oziare non era mai stato parte del suo vocabolario, e quando le veniva imposto, diventava matta.
Per quello fu con un certo cipiglio che marciò dentro l'ufficio, quel lunedì mattina, ansiosa di poter far ripartire la solita routine e riacquistare una parvenza di normalità.
Sapeva che la sua prima meta sarebbe stato l'ufficio di Akasaka-san; era il capo, doveva parlare con lui prima di poter riprendere ufficialmente il servizio, e sapeva che lui voleva anche accertarsi personalmente che sia lei che Retasu stessero bene.
Forse era un po' più in ritardo rispetto al solito, si disse mentre scambiava sorrisi con gli altri colleghi, ma era tornata a casa propria solo la sera precedente, dopo il tempo passato nella casa rifugio, ed era stata così contenta di rivedere il suo letto da dormire oltre il suono della sveglia.
Il ritardo era anche l'unica ragione per cui Shirogane e Zakuro potessero già essere lì, già evidentemente su di giri, in piedi a discutere davanti all'ufficio del capo.
Buongiorno!” esclamò allegra, facendoli sussultare entrambi “E' possibile che qui non ci si mai un attimo di pace?”
Ryo la squadrò dall'alto, nervoso: “Cosa ci fai tu qui?”
Oggi riprendo servizio, Shirogane, ciao anche a te.”
Lo vide scambiarsi un'occhiata con Zakuro e si accigliò. “Qualcosa non va?”
No, è che... ah, Retasu, ci sei anche tu.”
La ragazza era appena comparsa dietro di loro, insieme ad Ichigo e Purin.
Minto scosse la testa: “Io non so quale sia il vostro problema, ma io devo parlare con Akasaka-san.”
Appoggiò la mano sulla maniglia della porta prima che Ryo potesse fermarla, la spalancò, e la scena che le si presentò davanti la fece gelare.
Keiichiro, infatti, appariva intento in un'importante conversazione con qualcuno seduto di fronte a lui, vista la ruga profonda tra le sopracciglia e le mani congiunte davanti al viso; questo qualcuno si era voltato sulla sedia girevole non appena aveva sentito il rumore della porta aprirsi, ed aveva sorriso.
Ciao, colombella.”
I suoni, da quel momento, divennero molto ovattati per Minto; rimase lì, con la mano sulla maniglia e il corpo un po' proteso in avanti, gli occhi sgranati e il sangue che le stava affluendo così velocemente al cervello da farle ronzare le orecchie. La voce di Keiichiro che invitava la squadra μ e Ryo ad entrare le sembrava molto lontana; l'unica cosa che poteva avvertire quasi chiaramente era la presa dell'americano sul suo polso e la sua mano leggera sulla schiena, un po' tra il sostenerla ed il fermarla. Purin bisbigliò qualcosa in sottofondo, a cui rispose Ichigo, poi fu lei a trovare la voce, un po' più alta del normale.
Cosa diamine sta succedendo qui.”
La mano di Shirogane strinse appena più forte. “E' quello che mi stavo chiedendo anche io,” ringhiò.
Keiichiro sospirò rumorosamente. “Vi prometto che la situazione è diventata chiara anche a me da pochi minuti. Se fossi stato informato delle circostanze prima, tutto sarebbe molto diverso.”
Cosa ci fa lui qui?” sibilò velenosa tra i denti Minto, ignorando del tutto la premessa del suo capo.
Kisshu si alzò, il braccio a cui lei lo aveva colpito fasciato e premuto contro il petto, tendendo l'altro verso il biondo, che lo rifiutò con sguardo glaciale. “Sono Kisshu, Ikisatashi Kisshu. Sono un agente sotto copertura del Dipartimento Speciale della PSIA, e sono parecchi anni che sto lavorando a questo caso.”
Pensavo fossimo noi il Dipartimento Speciale,” borbottò Purin, incrociando le braccia.
Sì, be', a quanto pare hanno un DS ancora più speciale,” Akasaka si lasciò andare contro la poltrona “E a quanto pare, ancora non hanno perso la brutta abitudine di lavorare a compartimenti troppo stagni.”
Vuol dire che nemmeno lei ne era stato informato, Akasaka-san?” domandò Ichigo, la voce che faceva trasparire i nervi tesi.
Che ci fosse un'indagine parallela in corso, così avanzata e così in profondità? Assolutamente no. Ne sono stato informato stamattina, quando mi ha chiamato il Segretario della PSIA e l'Agente Ikisatashi si è presentato qui.”
E come facciamo a sapere che nemmeno questa sia una trappola?” domandò Shirogane.
Ho tutti i documenti, se vuoi. E posso rispondere a qualsiasi tua domanda,” gli rispose beffardo Kisshu. “Ti ho detto anche il mio vero cognome, sei estremamente libero di mettermi nella merda, se volessi.”
Oh, trust me. Mi piacerebbe.”
Ryo.” Akasaka lo riprese, severo. “Non è il momento di mettersi a litigare. So che questo è uno shock per tutti, ma le indagini da adesso devono proseguire in modo congiunto.”
Retasu inspirò forte, agguantando la mano di Purin; la biondina, guardando l'amica, scosse la testa. “Io non ci voglio lavorare, con lui.”
Temo che non ci sia un'altra opzione, Agente Fon.”
Abbiamo lavorato mesi senza di lui, non vedo cosa cambi adesso!” insistette Ichigo.
E in effetti, si sono visti i risultati,” commentò sarcastico Kisshu “Pensavate davvero che il vostro teatrino in discoteca avrebbe funzionato se non mi fossi avvicinato io?”
Minto, a quelle parole, si irrigidì ancora di più e strinse gli occhi. “Tu... tu sapevi chi eravamo?”
Lui annuì: “La PSIA sapeva, ovviamente, della vostra investigazione. Vi controllavano, e passavano le informazioni più importanti a me. Devi ammettere, passerotto, che le chance di incontrarsi al Pure con tutta quella gente erano davvero misere.”
Anche la mano di Zakuro si strinse sull'altro polso della mora, tirandola leggermente indietro.
Cercheremo di collaborare al meglio delle nostre capacità,” concluse l'ex-modella, “Grazie per averci avvertito, Akasaka-san. Possiamo andare, ora?”
Vi passerò tutte le informazioni disponibili al più presto.”
Minto si dileguò, sentendo le pareti della stanza che si chiudevano attorno a lei e l'aria che cominciava a mancarle, tallonata dalle sue amiche. Retasu ancora non aveva detto una parola, nonostante le insistenze di Purin.
Minto!” la voce di Kisshu la raggiunse pungente alle orecchie nel mezzo del corridoio “Minto, aspetta!”
Si sentì afferrare per un braccio, ma questa volta non c'erano Shirogane o Zakuro a fermarla; usando la forza del voltarsi, centrò il viso di Ikisatashi con un sonoro e robusto ceffone che gli fece voltare la testa dall'altra parte.
Non osare toccarmi.” esalò “Tu mi hai usata. Sapevi benissimo chi ero, eppure ciò non ti ha fermato dal... dal... UGH.”
Liberò il braccio dalla sua presa, ignorando i bisbiglii degli altri colleghi e delle sue compagne, e marciò battendo i piedi a terra verso le scale.
Sarebbe andata nell'unico posto in cui sapeva si sarebbe sfogata veramente, in cui il rombo dello sparo avrebbe potuto cancellare i mille pensieri che le si accavallavano in testa.
Aprì la porta dell'armeria con slancio, noncurante del fatto che rimbalzò con un tonfo contro il muro. Prese le cuffie e una delle pistole in dotazione, combattendo l'istinto di impugnare uno dei fucili.
Non seppe per quanto tempo rimase da sola a riempire di precisi buchi le sagome di cartone, o quanti caricatori svuotò; non le importava molto, aveva solo bisogno di distrarsi, e non c'era altro modo migliore, in quel momento, di sfogare la rabbia.
Dopo un po', però, i suoi sensi già da tempo all'erta l'avvertirono di una presenza alle sue spalle.
Non ho bisogno di un baby-sitter, Shirogane-kun.” esclamò, guardando appena sopra la sua spalla.
Lui, con le mani in tasca, abbozzò ad un sorriso. “Sono solo venuto a vedere se stai bene.”
Una meraviglia,” rispose lei a denti stretti.
Poi sospirò, sentendo la tensione farle dolere i muscoli della schiena. Decise che era ora di smetterla, e si ravvivò i capelli dopo essersi tolta le cuffie.
Posso prendermi il pomeriggio libero?”
Credo che se lo siano prese un po' tutte,” le rispose franco lui “Volevo solo dirti che nemmeno io ne sapevo nulla.”
Lo so,” lei sorrise con sincerità “Non ci avresti mai messo in pericolo se fosse stato diverso.”
Non sareste state in pericolo in primis, se l'avessi saputo.”
Dovremmo saperlo, che si lavora in questo modo. Immagino che la CIA non sia migliore.”
Shirogane sorrise: “Se te lo dicessi, poi dovrei ucciderti.”
Minto rise, facendo un cenno verso i bersagli: “Vuoi sfogarti un po'?”
No, grazie,” Ryo scosse la testa “E' molto più il tuo genere di cose, quello.”
Ah, giusto, tu hai Ichigo per sfogarti.”
Aizawa.
Shirogane:”
L'allegria con cui gli fece il verso fu presto smorzata da chi si vide comparire davanti. Ryo, notato il suo sguardo, si voltò per seguirlo, assumendo anche lui un'espressione minacciosa.
E' inutile che guardi me così, è stata la tua amica ad aggredirmi,” Kisshu alzò le mani in aria, l'ironia della sua voce che certo non l'aiutava nella posizione in cui era “Sono venuto solo per parlarti, te lo giuro. Ho anche parlato con la tua amica Retasu.”
Sei fortunato che lei ha visioni più pacifiste delle mie.” borbottò Minto, incrociando le braccia al petto.
Shirogane fece un passo di lato verso di lei mentre Kisshu le si avvicinava. “Vuoi che rimanga?” le domandò.
La mora sospirò: “No, non preoccuparti. Sono circondata da armi, in fondo.”
D'accordo. Ti aspetto di sopra.”
Con un'ultima occhiata di minaccia all'altro uomo, Shirogane si allontanò lentamente, e Minto si rivolse a Ikisatashi. “Che cosa vuoi, ora? Non ti è bastato il ceffone di prima?”
Minto, io... volevo scusarmi per come sono andate le cose.”
Lo disse con un'espressione talmente afflitta che lei quasi si ritrovò a credergli.

Quando... quando Pai ha voluto portarvi via, quel pomeriggio... io dovevo stare al gioco per garantirmi la copertura, lo sai questo, no? E mentre lui vi... cercava di estrarvi informazioni, io stavo cercando di mettermi in contatto con la PSIA, ma purtroppo essere un agente della mia divisione spesso vuol dire doversela cavare da soli.”
Noi ce la siamo decisamente cavata da sole.” rimbrottò lei.
Ho corso anche un bel rischio a venire qui, oggi, ma voi dovevate saperlo e io dovevo spiegarvi.”
Combattendo contro la tentazione di cedere così alla sua storia, Minto alzò il naso per aria, inarcando le sopracciglia. “Ciò non toglie che tu ti sia comunque preso gioco di me.”
Neanche tu sei stata esattamente limpida su chi tu fossi, dolcezza.”
Ero sotto copertura!”
Io lo sono da anni.”
Avresti potuto evitare di portarmi a letto!”
Sbaglio o tutto quello che sapevi dire quella sera era sì, sì, sì?!”
Lei chiuse la bocca, arrossendo visibilmente e raddrizzando la schiena.
Quindi cosa vuoi, ora?”
Kisshu scosse la testa. “Niente, volevo solo chiarire, e farvi le mie scuse per il modo in cui siete state trattate.”
Ci vorrà del tempo.”
Lo so, colombella. Credimi, lo so.”
Lei sospirò, spostandosi una ciocca di capelli dietro l'orecchio. “Non posso dire di essere estasiata all'idea di lavorare con te, ma spero che almeno sarà un modo di chiudere in fretta questa faccenda.”
Kisshu sorrise, con un guizzo negli occhi dorati. “Sarà un piacere anche per me, passerottino. Ci vediamo.”
Le voltò le spalle, e Minto lo osservò andarsene senza aggiungere una parola.











(*) Secondo il sempre autorevole Google Translator, è la traslitterazione di spasibo, ovvero grazie in Russo.











E dopo ben due mesi, eccolo quaaaa *partono i fuochi di artificio*. Scusate se vi ho fatto aspettare tanto, ma ero assolutamente bloccatissima. Ringraziate i miei due moschettieri, ovvero Ria e Danya, che oggi hanno *cough cough* fatto la pressa e indotta a scrivere tutte ste pagine in una giornata sola (e chi deve studiare? xD).

Ovviamente non è venuto come speravo, ma vabbene, ormai niente lo è più. Il titolo viene da "Demons", degli Imagine Dragons, e ci sono un paio di cosucce a cui dovreste far attenzione, nel chappy, perché sono... piccoli indizi :3

Direi che vi ho detto tutto, spero che abbia soddisfatto l'attesa! 

Un bacione a tutti <3





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Capitolo 10
*** We'll play hide and seek to turn this around ***


Capitolo dieci: We'll play hide and seek to turn this around
 
 
 
Ryo sbatté un paio di volte le palpebre prima di decidersi ad aprirle del tutto. Avvertì il cerchio alla testa ancora prima di riuscire a mettere a fuoco per bene la stanza.
E quella non era decisamente la sua stanza.
Si voltò sulla schiena, allungando un braccio alla sua sinistra e trovando soltanto ulteriori cuscini. Doveva essere davvero parecchio tardi se lui era l’ultimo a svegliarsi.
Decise, però, di trattenersi ancora qualche istante a letto; era davvero troppo stanco, le ultime settimane l’avevano sfinito, e si sentiva addosso il doppio dei suoi anni.
Ancora non riusciva a concepire come le sue agenti fossero più stressanti nelle situazioni ordinarie che in quelle di emergenza.
O forse perché nelle situazioni di emergenza non le aveva tra i piedi ad assillarlo perché si facesse qualcosa, a battibeccare come delle scolarette, e a parlarsi in battutine e doppi sensi degni davvero di liceali.
Sorrise nel sentire il tonfo di un corpicino non proprio leggero che zompava sul letto e si avvicinava a lui, pretendendo attenzioni infilandosi con prepotenza sotto al suo braccio e strusciandosi in un miagolio.
“Buongiorno, Masha,” mugolò, accarezzandogli con la punta delle dita la sommità della testa.
Il gattino rispose con un brontolio profondo e si piegò di più contro la sua mano prima di acciambellarsi accanto a lui e chiudere gli occhi.
Ryo rimase in silenzio ad ascoltare il respiro dell’animale e ad accarezzare il lucido pelo nero, sovrappensiero, ancora troppo intorpidito per potersi alzare.
 
 
Stava rivedendo per l’ennesima volta i risultati di quelle analisi, l’orecchio attaccato al telefono connesso al laboratorio, quando aveva sentito bussare rapidamente alla sua porta.
Ichigo, come suo solito, non aveva aspettato che lui rispondesse prima di aprire uno spiraglio ed infilarsi dentro, sventolando un paio di fogli che dovevano essere i report giornalieri degli agenti messi a guardia delle case protette dove Minto e Retasu stavano già da un paio di giorni.
Lei gli sorrise un po’ titubante – non si erano parlati molto dopo la telefonata di qualche sera prima – e lui le fece un cenno con il capo mentre continuava a parlare con il laboratorio, indicandole di appoggiare pure i fogli sulla sua scrivania. Non aveva molta fretta di guardarle, dopotutto; non succedeva, fortunatamente, mai nulla durante quelle sorveglianze, e se qualcosa fosse successo, lui l’avrebbe saputo già da un pezzo.
Ichigo si morse il labbro mentre si avvicinava, e da dietro la schiena tirò fuori anche una busta bianca sigillata, dall’aspetto rigonfio.
Ryo alzò un sopracciglio in una muta domanda, osservandola curioso con i suoi occhi penetranti; ma la rossa si strinse solamente nelle spalle, spingendola verso di lui con due dita, e poi uscì velocemente così com’era entrata.
Ormai l’aveva distratto da ciò che il tecnico gli stava borbottando al telefono, così Shirogane cercò di tagliare il più possibile, studiando la busta che aveva preso in mano. La tastò; c’era sicuramente qualcosa dentro di grosso, che non era carta. Cosa diavolo saltava in mente a quella donna?
Impaziente di aspettare oltre, salutò bruscamente l’interlocutore, e aprì di scatto l’involucro.
Ne cadde un paio di chiavi; non gli ci volle molto per capire cosa fossero, e cosa significassero.
Tipico di lei, pensò, cercando di ignorare la stretta che il suo stomaco aveva subito quando il cuore gli era piombato contro, giocherellando con le chiavi sul vetro della scrivania: aggirare il problema, non parlarne, presentarsi solamente con la sua decisione già pronta e fornire quella che per lei era la soluzione.
Forse questo modus operandi poteva funzionare in Agenzia, ma non era del tutto sicuro che avrebbe funzionato anche con lui.
Se le mise comunque in tasca, deciso a non pensarci fino ad almeno alla fine del turno. Non mancava molto, ed avevano avuto già abbastanza distrazioni da bastargli una vita in questi ultimi tempi.
Nessuno lo disturbò più nel suo studio, sapendo bene che quando la porta rimaneva chiusa per così tanto tempo, aveva un significato preciso; perse anche lui la cognizione del tempo, in realtà, ad organizzare tutti i loro compiti che avrebbero dovuto adempiere una volta recuperate le due agenti mancanti della squadra, e quelli da svolgere nel frattempo.
Gli fece bene, si disse, distrarsi così; aveva già sprecato abbastanza emicranie per Ichigo. Quando si alzò dalla poltrona, erano ormai passate le otto di sera, e ricordava vagamente i saluti delle ragazze, qualche ora prima.
Uscì con calma dall’edificio, avvertendo il tintinnare delle chiavi nella tasca interna della sua giacca, ma ciò non aumentò il suo passo.
Si concesse due tranci di pizza prima di salire in auto, ma tra una cosa e l’altra, non arrivò sotto casa di Ichigo fino alle dieci.
Fece un respiro profondo prima di scendere, guardando con la coda dell’occhio la luce che filtrava da quella che sapeva essere la finestra del salotto.
Scelse anche di salire le scale piuttosto che prendere l’ascensore – come se le quattro rampe gli avrebbero dato più tempo di prendere una decisione, come se il rimbombo del battito del cuore nelle orecchie servisse ad isolarlo dalla marea di pensieri nella sua mente.
Possibile che l’ultima volta che avesse percorso quei gradini fosse stato alle tre del mattino, completamente ubriaco, a pregarla di non scegliere l’altro?
Gli sembrava che fossero passati secoli.
Infilò la chiave, ora dalla forma così famigliare, nella toppa, ma bussò comunque un paio di volte prima di farla girare e far scattare la serratura.
Ichigo gli apparve davanti, un po’ affannata come se avesse corso, non appena aprì la porta quanto bastava per guardare. Lo accolse con un sorriso.
“Ciao,” gli disse, tirandosi giù l’orlo della maglia che usava come pigiama “Mi stavo chiedendo se…”
“Speri di cavartela consegnandomi così le chiavi?” le domandò lui di rimando, forse un po’ troppo bruscamente.
L’espressione sul viso di lei cambiò rapidamente, e si morse il labbro. “No, però…”
Ryo scosse la testa, facendo due passi in avanti per poter entrare nell’appartamento.
“Per te è tutto molto semplice, vero?”
“Non è semplice per niente!” sbottò di rimando lei, stringendo i pugni ai fianchi “Ma… tutta questa… cosa di Minto e Retasu mi ha fatto capire molte cose. Mi ha fatto capire chi non voglio perdere. E sono spaventata, però… l’ho fatto comunque. Ho preso la mia decisione. Vuoi sentirti dire che avevi ragione, è questo che vuoi?”
L’americano alzò un sopracciglio, un po’ preso alla sprovvista dal solito scoppio imprevisto di Ichigo. “Sì, be’, non mi dispiacerebbe.”
La rossa fece una smorfia al suo tono ironico e supponente. “Okay, allora avevi ragione,” ammise comunque “Sono stata egoista. E voglio te. Tu mi conosci più di tutti, Ryo. Con te posso essere me stessa, senza menzogne o inganni. Io voglio stare con te. Solo con te.”
 
 
Masha miagolò all’improvviso, lo costrinse ad aprire di nuovo gli occhi quando gli diede un colpetto sul naso con la testa.
Tutto la sua padrona.
“D’accordo, d’accordo,” bofonchiò arreso. “Alziamoci.”
Si tirò su a fasi, sedendosi sul bordo del letto e stiracchiandosi i muscoli indolenziti, facendo scrocchiare piacevolmente le giunture e le ossa del collo. Si passò le mani sul volto, pizzicante per la ricrescita della barba, sbadigliò, ed agguantò giocoso il gattino da sotto la pancia, portandolo con sé verso la cucina.
“Sei una piccola bestiolina invadente,” gli mormorò, facendolo ballonzolare piano come se fosse un pesetto -  Masha, incredibilmente, stava mollo e rilassato nella sua presa, fidandosi di lui. Avevano giocato insieme ormai talmente tante volte che si conoscevano a vicenda.
Emise delle fusa contente, e si divincolò solamente quando varcarono la soglia della stanza, invasa dall’odore invitante del bacon.
“Ti sembra questa l’ora di svegliarsi?” Ichigo, armata di spatola, lo accolse allegra ed ironica, guardandolo da sopra la spalla.
Ryo lanciò un’occhiata all’orologio del forno, che segnava ormai le undici e trequarti. Benedetti i sabato mattina.
“Avrei continuato a dormire, ma ci ha pensato il tuo dannato gatto a svegliarmi.”
La rossa guardò amorevole Masha che le si strusciava tra le caviglie per chiederle un pezzetto di pancetta. “La prossima volta lo morderei anche, se fossi in te.”
L’americano sorrise, e le avvolse le braccia intorno alla vita, lasciandole un bacio sulla spalla.
“Che ora abbiamo fatto ieri sera?”
Ichigo girò abile una striscia di bacon: “Ho controllato prima i file, l’ultima modifica è dell’una e mezza. Guarda che non abbiamo più l’età per certi straordinari, io pretendo un aumento.”
Ryo ridacchiò, mordendola piano: “Io direi che non abbiamo più l’età per fare le ore piccole facendo altro.
Lei si finse offesa, decisa a nascondere il rossore sulle guance: “Parla per te, vecchio.”
Lui rubò velocemente della pancetta dalla padella sfrigolante, assaporando il gusto così familiare con calma, beandosi dell’espressione intimidatoria di Ichigo che lo sgridava imponendogli di aspettare ed usare dei piatti, come le persone civilizzate.
“Dovresti smetterla di passare tutto quel tempo con Minto.”
“Dovresti iniziare a farlo tu, invece!”
“No,” Ryo spense il fornello, l’agguantò di nuovo per la vita, e la voltò così che la potesse guardare in volto “I’d rather spend it with you.”
La baciò dolcemente mentre lei rideva ed incrociava le braccia dietro al suo collo.
Non avevano parlato ancora di nulla, in quella settimana e mezzo – del loro lavoro, del fatto che tutto ciò tecnicamente non era autorizzato, delle possibilità di trovare dei cavilli, di tutte le altre sfumature della loro relazione. Ryo non ci voleva pensare, non ancora. Era felice, per la prima volta da tanto tempo, ed andava bene così.
 
§§
 
Purin scese le scale quasi a saltelli, tenendo in mano un plico di fogli.
“Taru-Taruuu,” cinguettò, palesemente ignorando il fatto che non ci fosse solo lui in laboratorio, e causandogli il solito imbarazzo sulle guance “Li manda Shirogane-kun, per te. E vuole sapere se tu-sai-cosa è già pronto.”
Il ragazzo alzò gli occhi al cielo: “Potresti evitare di chiamarmi così, almeno in pubblico?”
La biondina sorrise, appoggiandosi al bordo della sua scrivani: “Potrei, ma non è detto che lo farò.”
Taruto scosse la testa e si rimise a digitare alla tastiera: “Comunque, dì a Shirogane-san che è tutto pronto. Glielo consegnerò domani.”
“Forse faresti meglio a consegnarglielo stasera.”
“Perché? È di cattivo umore?”
“No, anzi,” Purin si arrotolò una ciocca attorno ad un dito “Ma lo sai com’è fatto. Oggi è lunedì, nuova settimana, bisogna iniziarla con qualcosa di concreto.”
“Già,” Taruto si guardò un attimo intorno, controllando che i suoi colleghi fossero abbastanza impegnati e fuori dalla portata d’orecchio “A questo proposito… credi che dovremo notificare Shirogane in caso, per esempio, se… io e te andassimo, uhm, a vivere insieme, o che so io…”
I fogli quasi scapparono di mano alla ragazza, che sgranò appena gli occhi: “Be’, ecco… insomma, non lavorando nella stessa squadra non vedo dove possa esserci il problema, ma per precauzione, sai…”
Lui annuì: “Sì, infatti, è quello che pensavo anche io. Perfetto.”
Passarono pochi attimi di silenzio, durante i quali Purin cercò di placare il sorriso che minacciava di spuntarle sulle labbra, e Taruto fingeva di rimanere concentrato sullo schermo del computer; poi la biondina gli si gettò al collo, stringendolo in una morsa pressoché asfissiante, sballottandolo di qua e di là, prima di piantargli un sonoro bacio sulla guancia: “Oh, Taru-Taru, sono così felice!” strillò, catturando l’attenzione di tutti i presenti che ebbero almeno il buonsenso, per il bene del loro giovane collega, di ridere sottovoce “Non vedo l’ora di scegliere l’arredamento della nostra camera da letto!”
Lui era ormai diventato di un notevole colorito violaceo; spostata la ragazza dal suo grembo, sul quale si era arrampicata, tossicchiò un paio di volte: “Uhm, sì… ne parliamo un’altra volta, d’accordo? O-ora devo portare questo a Shirogane-san.”
“Glielo posso portare io,”
“No, no,” Taruto scosse la testa e sfiorò con le dita un piccolo involucro nero “Voglio fare un altro paio di test prima di essere sicuro. Digli solo che sarà pronto prima che lui vada a casa.”
“D’accoooooooordo, ma ricordati che ultimamente il capo va a casa prima,” con un occhiolino che diceva molto, Purin saltò giù dalla scrivania e gli arruffò i capelli, provocandogli l’ennesimo attacco di rossore “A più tardi, Taru-Taru!”
Quando vide la matassa di capelli biondi sparire su per le scale, il giovane scienziato si lasciò andare ad un sospiro, passandosi una mano tra le ciocche spettinate per cercare di ridare loro un po’ di ordine. Purin era davvero pazza, pensò con una forte punta di affetto; ma le invidiava la capacità di portare sempre allegria ovunque andasse.
Sentendo nascere un sorriso, si rimise al lavoro: Shirogane aspettava il suo pacchetto, e lui non vedeva già l’ora di tornarsene a casa.
 
§§
 
Ciò che Taruto consegnò al capo della squadra µ, poche ore dopo, era una speciale tipo di cimice da lui sviluppata, che non pensava sarebbe riuscito a testare così presto. Si trattava di un microchip sottocutaneo, progettato per apparire invisibile e soprattutto il meno rintracciabile possibile dagli strumenti predisposti a rilevare microspie esterne.
Non era rimasto molto con Shirogane, però; lui l’aveva preso in custodia per un tempo limitato, ne aveva studiato al meglio delle sue capacità proprietà e funzionamento, e poi si era premurato che il dispositivo finisse nel luogo ad esso designato.
Questo altri non era che il braccio sinistro di Kisshu, ancora avvolto da qualche benda di precauzione per il proiettile che aveva trapassato la sua spalla. Shirogane aveva supervisionato l’operazione di inserimento, che avrebbe fatto sì di poter seguire gli spostamenti di colui che si era rivelato essere loro alleato, senza che quest’ultimo rischiasse ulteriormente di vanificare la sua copertura.
La situazione si stava infatti complicando, come sottolineato dal fatto che i due precedenti incontri con Ikisatashi erano avvenuti nel buio di un parcheggio sotterraneo in un centro commerciale, ben oltre l’orario di lavoro prestabilito. Non potevano permettersi di sottostimare nemmeno una precauzione, le comunicazioni dovevano essere ridotte al minimo, il più possibilmente irrintracciabili ed incomprensibili ad occhi esterni. Shirogane pensava che il passo successivo sarebbero probabilmente stati i piccioni viaggiatori.
Ma la data di consegna detta da Ikisatashi a Minto, quelle poche settimane prima, si stava avvicinano in modo rapido, e lui non vedeva davvero l’ora che tutta quella assurda vicenda volgesse al termine. Sentiva la tensione gravare sul gruppo come mai prima d’ora, e temeva per il benessere delle sue sottoposte.
Il suo senso del dovere, in ogni caso, era anch’esso più forte che mai, e lo aiutava ad indorare la pillola nelle situazioni che lo rendevano così nervoso.
Come, ad esempio, il primo degli incontri segreti organizzati con Ikisatashi, in modo che quest’ultimo potesse passare loro più informazioni possibili raccolte negli anni passati sotto copertura.
In quel momento, infatti, Ryo stava passeggiando nella maniera più tranquilla che potesse con Purin al suo fianco, diretti verso una delle tante abitazioni sicure che l’agenzia deteneva in città.
Erano entrambi in incognito; Shirogane sfoggiava una parrucca castana e un paio di tondi occhiali da vista, ed aveva praticamente costretto la biondina appesa al suo braccio ad accontentarsi di lunghi e lisci capelli neri.
Il resto del gruppo gli avrebbe raggiunti da altri percorsi, in modo da non dare nell’occhio, come al solito; e, come al solito, Purin riusciva a trasformare anche quella situazione in una di tranquillità e casualità, come se fossero davvero due amici fuori per una passeggiata.
Gli stava, infatti, raccontando come se nulla fosse di tutti i piani che lei e Taruto avevano discusso in quei giorni, allegra ed estasiata come una ragazzina senza nemmeno una preoccupazione al mondo.
“E poi voglio che il salotto sia dipinto di un bel giallo, per dare un po’ di allegria!”
Shirogane rise: “Non starete correndo un po’ troppo, voi due?”
Purin alzò gli occhi al cielo: “Vuoi davvero farmi la predica, capo?”
“No, ma dì a Taruto che lo rispedisco a riparare computer se ti tratta male.”
La biondina ridacchiò e s’infilò oltre la porta che lui aveva appena aperto per lei.
Davanti a loro si allungava un corridoio buio, illuminato solo dalla fioca luce che proveniva da uno spiraglio aperto nell’unica porta che riuscivano a vedere.
Purin storse il naso: “Questo posto puzza di muffa.”
“E’ una delle abitazioni più vecchie che il Dipartimento ha a disposizione,” spiegò Shirogane, “Sono anni che non viene utilizzata. È per questo che siamo qui.”
Lei si strinse nelle spalle: “Fa venire un po’ i brividi.”
La porta si aprì un po’ di più, quanto bastava perché Retasu facesse spuntare la testa: “Oh, eccovi! Mancavate solo voi.”
La stanza in cui li accolse era stranamente calda, quasi da risultare soffocante, e odorava fortemente di polvere e chiuso. Era arredata con pochi mobili di vecchio legno, di fattura grossolana, tutti vuoti fatta eccezione per il lungo tavolone di massello attorno al quale erano già sedute le altre quattro componenti della squadra µ e Kisshu; su esso, infatti, erano stati dispiegati dei fogli e qualche pianta, stampata su carta blu. Una lampada dalla forte luce bianca illuminava quel tavolo più di tutto il resto della camera.
“Ichigo ti ha contagiato con i suoi ritardi, eh, Shirogane-kun?” esclamò con la solita punta di acidità Minto.
L’americano, come al solito, decise di soprassedere sulla battuta, notando subito la posizione rigida e difensiva che la mora teneva, dritta e algida sulla sedia all’angolo più lontano da Ikisatashi. A quest’ultimo, però, non risparmiò l’occhiataccia quando lo udì ridacchiare sottovoce.
“Non perdiamo troppo tempo in chiacchiere e diamoci da fare,” replicò brusco, togliendosi il cappotto e occupando la sedia accanto a quella di Zakuro.
Kisshu si alzò con un sospiro, si avvicinò al tavolo e srotolò i bordi di una delle piante, con aria pensierosa. “Condensare anni di investigazioni in poche ore non sarà facile, quindi non vi aspettate che questo sia l’unico incontro.”
“Non pensavo fossi tu a dare gli ordini.” esclamò glaciale Shirogane.
L’altro non si scompose più di tanto: “Solo un’informazione di servizio, capo.”
La parola gli snocciolò dalla lingua con astio e sarcasmo che non venne ignorato dall’americano, consapevole della possibile e probabile circostanza che Ikisatashi fosse in realtà un agente a lui superiore. Continuò in ogni caso a fissarlo deciso, immobile e con la guardia alzata.
“Ovviamente, in tutto ciò io sto rischiando la pelle, ed è anche per questo motivo che c’è questo,” Kisshu mosse per quanto ancora poteva il braccio sinistro, ed abbassò lo sguardo su una delle carte in fronte a lui “Cercherò di essere il più specifico possibile. Questa è una mappa del probabile luogo in cui Pai vorrà far tenere la vendita. Il modo è sempre lo stesso: posto isolato, facile da coprire per la sorveglianza, con molte vie di fuga disponibili. Capannoni abbandonati, fabbriche chiuse, qualche volta retri di locali. Se gli incontri preliminare vengono fatti all’aperto, sotto gli occhi di tutti quasi, per dare meno nell’occhio, la vendita è tutta il contrario.”
“E per quanto riguarda i clienti?” domandò Zakuro.
Kisshu spinse verso di lei un foglio: “Sono i nomi di quasi tutti quelli a cui io ho partecipato. Alcuni immagino li riconoscerete. Non so quanto ormai possano essere utili, risalgono ad anni ed anni fa, ma capirete la cerchia.”
Quando il foglio le giunse fra le mani, Ichigo passò sgomenta gli occhi sulla lista: “Com’è possibile che ci sia voluto così tanto tempo per poter solo pensare di far saltare l’organizzazione?”
“E’ tutto molto più grande di quanto immaginiate,” Ikisatashi si strinse nelle spalle “La Deep Blue è solo una cellula, mettiamola così, ed è sempre in movimento. Già è strano che si siano trattenuti qui a Tokyo così a lungo. Sono bravi a coprire le proprie tracce, a non lasciare niente al caso.”
“E tu come hai fatto ad inserirti?” domandò curiosa Purin, appollaiata a gambe incrociate.
Lui le fece l’occhiolino: “Quella è una storia troppo lunga per essere raccontata ora, scimmietta.”
Shirogane si alzò sbuffando e si avvicinò a Kisshu per poter osservare anch’egli la planimetria. “Parlami delle vendite.”
“Con piacere,” lo prese in giro l’altro.
Le informazioni che Kisshu prese a rivelare loro furono talmente tante che, dopo un po’, le ragazze cominciarono a provare un vago senso di mal di testa. L’aria, nella stanza priva di finestre perché tutte sbarrate, stava cominciando a farsi ancora più opprimente e stantia, e l’essere in sette in quell’ambiente angusto non aiutava di certo.
Solo Minto sembrava non avere spiccicato una parola da quando la riunione era incominciata, lo sguardo fisso sul ragazzo davanti a lei, le braccia e le gambe incrociate. L’aveva seguito con gli occhi per tutto quel tempo, provando ad interpretare i suoi gesti e la sua personalità, mentre le parole che le aveva rivolto l’ultima volta che si erano visti continuavano a rimbombarle nelle orecchie.
Non riusciva a capire come potesse mostrarsi due persone talmente diverse allo stesso tempo. Ma, d’altro canto, era qualcosa a cui lei stessa si era abituata, e l’aveva ritrovato anche nelle sue amiche più care.
Fu il trillo di un cellulare ad interrompere, dopo qualche ora, la discussione; ci furono anche parecchi sussulti, che nessuno commentò perché erano tutti ben consci di quanto in realtà fossero tesi i loro nervi.
“E’ Akasaka-san,” borbottò Ryo “Gli avevo detto di chiamarmi una volta finito il tempo a nostra disposizione per oggi. Ragazze, voi uscite per prime.”
Purin si fece scrocchiare le vertebre: “Finalmente, non ne potevo più di stare qua. È buio e brutto.”
Ichigo le arruffò teneramente la frangetta: “Guarda che James Bond non ha paura del buio.”
“Senti chi parla.”
Le ragazze risero a bassa voce, raccogliendo le proprie cose, mentre Shirogane rivolse l’ennesima occhiata dura a Kisshu. “Riesci a tornare tra tre giorni?”
L’altro ci pensò un attimo: “Direi di sì. Stesso luogo, stessa ora?”
“Se gli ordini di Keiichiro non cambiano, sì.”
Roger that.”
Ryo si allontanò alzando appena gli occhi al cielo, raggiungendo Ichigo che stava, con molti tentennamenti, osservando il bagnetto nascosto da una porta nell’angolo.
Mentre le altre ragazze si salutavano, le voci più allegre di quanto non fossero state al loro arrivo, prima di incamminarsi verso il corridoio, Minto decise di avvicinarsi all’uomo rimasto, guardinga, incrociando le braccia al petto: “Come va la spalla?”
Kisshu la mosse quasi inconsciamente mentre raccoglieva le ultime carte: “Diciamo che hai un'ottima mira.”
“Io continuo a sostenere che avrei dovuto piantarti il proiettile in testa.”
Lui la guardò con un'espressione a metà tra il divertito e l'irritato. Per qualche istante, il rumore fu solo quello delle auto per la strada e il fruscio dei fogli che venivano impilati in modo ordinato.
“Senti,” esclamò il giovane dopo un po' “Ero sincero l'altro giorno quando...”
“Lo so,” lo interruppe lei con tono leggero “Sono più forte di quello che sembra, comunque.”
Kisshu rise: “Immagino. E… ero serio anche riguardo la pizza.”
Minto alzò gli occhi al cielo: “Non posso venire a cena con te, non ti conosco nemmeno.”
“Sei venuta a letto con me.”
“E' diverso.” (*)
“D'accordo, allora vuoi tornare a letto con me?”
Fu Minto, questa volta, a ridere: “Non credi che dovresti almeno aspettare finché la spalla non è guarita del tutto?”
Preso alla sprovvista, Kisshu alzò un sopracciglio: “Mi stavo aspettando un cazzotto, in realtà.”
Lei si strinse nelle spalle, rimanendo con un fianco appoggiato al tavolo.
“Minto-chan?” la testa di Ichigo sbucò dalla porta, titubante “Io e Shirogane-kun stiamo per andarcene, vuoi un passaggio?”
“Oh, per carità,” replicò lei “In auto con voi due non salgo nemmeno morta. Torno da sola, non è un problema.”
Mentre Kisshu sghignazzava sotto i baffi, la rossa gli lanciò un'occhiata tipica di chi non si fida molto: “Sei sicura?”
“Non sono nemmeno le cinque del pomeriggio, Ichigo.”
“Ikisatashi ha già il microchip nel braccio, se per caso ha intenzione di fare qualche stronzata lo troveremo facilmente,” intervenne Shirogane, indossando la giacca.
“Sempre che non me lo tolga prima,” replicò irritante e sarcastico l'altro ragazzo.
“In tal caso, farò in modo che il coltello piantato nel tuo occhio sia capitato lì per caso.”
“Grazie per la fiducia.”
Con un'ultima occhiataccia a Kisshu, Ryo e Ichigo se ne andarono, parlottando sottovoce.
Lui rivolse la sua attenzione alla ragazza accanto a lui: “Mi offrirei io di darti un passaggio, ma non credo sia il caso. Per adesso, è meglio che né io né altri sappiano con certezza dove abiti.”
“Lo so, infatti non te l'ho chiesto.”
“Perché sei rimasta, allora?”
Minto fece spallucce: “A casa sarei stata da sola, e mi sarei annoiata. Non ho fretta di tornarci. Qualcuno deve anche controllarti, no? Non si sa mai che con la tua testa vuota, non lasci qualche cosa di importante qui.”
“E' questo che fanno le signorine per bene, allora?” domandò lui ridendo “Controllano i loro colleghi?”
“No, facciamo shopping.”
“Brrr, orrore.” Kisshu fece finta di rabbrividire. “E' un po' un paradosso che un Agente di grado superiore sia controllato da qualcuno di grado inferiore, non credi?”
La mora alzò un sopracciglio: “Non provarci nemmeno. Se vuoi tirare in ballo il grado, allora tu ti sei approfittato di un tuo sottoposto, e quello è molto più grave.”
“E, dimmi, se dovessi approfittarmene ancora, verrei ucciso?”
Minto fece solo in tempo ad abbozzare ad un sorriso, senza invece riuscire a rispondere, perché Zakuro bussò due volte, aggiustandosi i capelli dopo aver annodato la sciarpa: “Minto, vieni.”
La mora sembrò irrigidirsi a quell'invito: “Pensavo fossi già andata via.”
“Borsa dimenticata.” replicò laconica, guardando Kisshu invece che l’amica.
Lui sorrise, scuotendo la testa con aria avveduta e riponendo le varie carte che si era portato dietro in una valigetta.
“Vi lascio alle vostre chiacchiere, signorine,” le salutò, la giacca posata sulla spalla malandata e l’altra mano che stringeva saldamente la ventiquattrore, mentre inforcava un paio di occhiali “A presto.”
Sfiorò Minto con un braccio mentre le passava accanto per uscire, intenzionale o meno che fosse, lo sguardo di Zakuro che gli bruciava la schiena. Solo quando udirono il tonfo lontano della porta di ingresso, la morettina, gli occhi puntati in basso, borbottò seccata: “Puoi anche smetterla di guardarmi così.”
L’altra afferrò la borsa, bella in vista sul tavolo per essere stata dimenticata in distrazione: “Pensavo fossero anni che non mangiassi la pizza, ballerina.”
Minto arrossì, seguendola lungo il corridoio e fuori, finalmente, alla luce del Sole, e scosse la testa. “Ho bisogno di un bicchiere di vino.”
“Sì, ma con me, stavolta.”

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

(*) Questo scambio di battute è stato tratto e tradotto dalla sottoscritta dalle battute di un dialogo tra Miranda e Steve in Sex and The City ;)






Hellloooooo, mie dolci fanciulle :D Siamo tornati nel periodo del "Hypnotic dovrebbe studiare ed invece scrive", quindi aspettatevi sempre aggiornamenti random (e terribilmente in ritardo come questo, lo so, lo so, mea culpa :'( Ma l'uni mi tiene in ostaggio per 12 ore al giorno quasi tutti i giorni - ci vado anche al sabato ahahahah *risatina isterica*).

Mi avevate chiesto in molte un capitolo un po' soft, di calma, ed eccolo qui, spero di aver fatto bene :) E comunque le cose succedono, direi! Ichigo sembra aver messo la testa a posto (o sì? Chissà? xD), Purin e Taruto sono l'unica coppia normale, Zakuro ne sa sempre una più del diavolo... forse ho sgravato un po' nell'OOC per quanto riguarda Minto, sono dubbiosa.

Il titolo viene da Give me Love di Ed Sheeran.... sarà mai il titolo della canzone rivelatore? MAH ahahahah Però è sempre bellissima, e lui è un patato paciugoso amorevole <3 ("Qualcuno la fermi" ndKisshu. "Sta' buono che la tua vita è in mano mia, sappilo." ndA)

Ora vado a studiare per l'ora d'aria che mi rimane xD  Aspetterò le vostre paroline sempre dolci dolci (od incazzose, sopratutto verso certi PG ahahah)

Un bacione, a presto! <3

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Capitolo 11
*** This is my kingdom come ***


Capitolo undici: This is my kingdom come
 
 
 
La stanza puzzava di fumo e sudore. L’odore sarebbe rimasto sui loro vestiti presumibilmente per tutta la giornata, e probabilmente sarebbe solo peggiorato se avessero seguito il consiglio di Kisshu e fossero andati in chissà quale nuovo locale che lui aveva scovato nei suoi vagabondaggi notturni.
Pai osservò il socio in affari, che, come al solito durante quelle riunioni, aveva un’espressione terribilmente annoiata e scarabocchiava sul foglio davanti a sé. Se non avesse saputo che anche la propria espressione non era molto dissimile, l’avrebbe rimproverato per il poco tatto che mostrava nei confronti dei loro clienti.
Qualche parola borbottata in russo attirò la sua attenzione mentre gli altri continuava a discutere in giapponese. Sapeva che un forte malumore si stava diffondendo all’interno del gruppo. Era da troppo tempo ormai che si stavano intrattenendo a Tokyo per cercare di concludere affari con soggetti che si mostravano particolarmente tenaci nelle loro posizioni, e il fiato sul collo che avvertivano da quell’incontro con quelle due donne non dava loro tregua.
Non sapeva ancora per quanto sarebbe riuscito a mantenere il controllo sui propri uomini, prima che decidessero di levare le tende e spostarsi in un luogo più sicuro.
Avrebbero dovuto solamente mettere a segno quell’ultima richiesta, e tutto sarebbe andato a posto.
Sempre che i termini di scadenza non continuassero a cambiare.
Kisshu alzò lo sguardo in quel momento, intercettando il suo mentre si grattava pigramente il braccio sinistro, lì dove fino a pochi giorni prima c’era stata la garza a proteggere il colpo di proiettile.
Si era rimesso davvero in fretta, non c’era da dire. Forse anche lui avvertiva la stessa tensione e la voglia di andarsene il prima possibile. Anche se era sempre difficile riuscire a leggere le espressioni del proprio compagno, con tutta quella facciata di rilassatezza che sempre mostrava.
Anzi, molto spesso quell’attitudine lo infastidiva. Avrebbe voluto che certe cose fossero prese un po’ più sul serio, soprattutto e specialmente in una situazione come quella.
Ma anche Fukazawa era nervoso, quello lo percepiva. Lo attribuiva probabilmente al fatto che si era fatto scappare in modo così stupido quelle due, e ne era anche rimasto ferito. Ma era strano vedere Kisshu agitato.
Quest’ultimo alzò un sopracciglio nel notare il costante sguardo di Pai, come a chiedergli quale fosse il problema.
Lui accennò appena ad un movimento della testa, per dissuaderlo dall’insistere. Non era il caso di distrarsi ulteriormente, in questo momento. Finché i problemi di Kisshu non avessero danneggiato il loro lavoro, sarebbero stati solo una sua faccenda.
E per un breve istante, Pai sperò davvero che non avrebbero interferito.
 
§§
 
“Ti prego, dimmi che abbiamo finito con quella roba.”
Purin schiantò la testa contro il tavolo, mugolando sommessamente. Poteva sentire gli occhi bruciarle da quanto era stata ferma a guardare lo schermo del computer.
“Voglio andare a casa. A cercare nuovi appartamenti da dipingere di azzurro.”
Ryo le lanciò un’occhiata distratta, sfogliando velocemente il plico di fogli tiepidi appena stampati da Retasu: “Pensavo che lo volessi giallo.”
“Il salotto lo voglio giallo. Il bagno lo voglio azzurro.”
“E la camera da letto rossa?”
“Non lo so, com’è quella di Ichigo, capo?”
Mentre sia la ragazza in questione che l’americano colpivano Purin con delle palle di carta, Retasu scosse la testa stancamente, trattenendo la voglia di alzare gli occhi al cielo. Ogni tanto non capiva come la biondina potesse prendersi certe liberà con Shirogane-kun. Lei sicuramente non si sarebbe mai permessa di rispondergli con quel tono canzonatorio, come a volte faceva anche Minto.
E il loro capo rispondeva alle provocazioni della più giovane del gruppo con un tale calma, quasi come se ne fosse divertito, da spiazzarla. A lei sembrava che stessero tutti giocando così tanto con il fuoco, non poteva capire come potessero affrontarla con così tanta noncuranza.
Forse quei due pensavano di essere intoccabili, ponderò, così avvolti dai loro sentimenti da pensare che potessero comunque prevalerne.
Retasu, in cuor suo, pregava che fosse così, sia per il bene della sua amica, che di Shirogane. Non poteva capire molto bene come lui avesse potuto perdonarla così facilmente, anche perché non erano girati molti dettagli tra di loro – Ichigo era stata incredibilmente riservata riguardo la questione, per una volta nella sua vita, e lei lo riteneva quasi un buon segno.
Come d’altronde non poteva capire l’evidente fissa che Minto si era presa per Kisshu. Non le importava molto del fatto che infine si fosse rivelato dalla loro parte; lei continuava a non fidarsi, non le piaceva. Non le piaceva il suo comportamento, l’attitudine che comunque aveva tenuto nei loro confronti quando erano state prigioniere, che fosse servito a mantenere la propria copertura o meno; non era nemmeno certa che dopo tutti quegli anni passati in mezzo alla Deep Blue, lui fosse del tutto sicuro di a chi appartenere. Poteva essere pericoloso, e molto, e forse Minto avrebbe fatto meglio a farsi passare la voglia del brivido per il rischio.  
“Retasu, hai finito con quelle fotocopie?”
La voce dell’americano la distrasse dai suoi pensieri, facendola sussultare. Notò Ryo osservarla con cautela, un accenno di preoccupazione sul volto. La guardava spesso a quel modo quando la vedeva perdersi nei pensieri, o reagire di scatto, da quando lei e Minto era tornate al lavoro. Da un lato le faceva piacere pensare di avere un superiore che tenesse genuinamente a loro; dall’altro, la infastidiva il fatto che lui non rivolgesse mai occhiate di quel genere alla sua amica dai capelli neri. Come se solo lei avesse bisogno di essere controllata, perché non era forte come Minto.
E dire che se aveva deciso di offrirsi volontaria per quella maledetta missione, era stato solo per dimostrare che non era lei l’anello debole del gruppo.
Si schiarì la gola e sorrise al biondo, giusto per fare in modo che scostasse lo sguardo che l’aveva sempre messo a disagio, e gli porse il nuovo plico di fogli caldi. “Ecco, Shirogane-kun.”
“Grazie,” le rivolse un sorriso “Prometto che tra dieci minuti ce ne andiamo, prima che Minto si rimetta a lamentarsi.”
“Non trasformare me nella causa della tua fretta,” lo rimbeccò la mora, senza alzare gli occhi dai documenti che stava riempendo, con tono canzonatorio.
Zakuro intercettò lesta la pallina di carta che Ichigo, questa volta, aveva lanciato contro Minto – erano rimaste solo loro dentro l’ufficio, e si stava avvicinando l’ora di cena, scatenando tutto il loro malumore e la loro stanchezza.
Le loro giornate lavorative si stavano allungando sempre più, specialmente ora che gli incontri con Kisshu stavano diventando sempre più difficili da organizzare. Avevano molte cose ancora da discutere, ma lui non poteva rischiare di sparire troppo a lungo e troppo spesso, ed era già capitato un paio di volte, in quelle ultime due settimane, che gli incontri nella casa sicura fossero avvenuti dopo cena. Addirittura Purin si stava rivelando più nervosa del solito, e la mancanza della sua normale allegria si rifletteva in modo evidente sul gruppo.
Ryo sospirò nel vedere Ichigo e Minto scambiarsi occhiatine da battibecco e farsi le linguacce a vicenda, si passò una mano tra i capelli e si avviò a lunghe falcate verso il suo ufficio.
“Va bene, basta,” esclamò ad alta voce oltre la spalla, aprì uno dei cassetti della scrivania e vi infilò dentro quasi di scatto i plichi di fogli che teneva in mano, ormai dissoltasi la forza di volontà necessaria per consultare anche loro “Andiamo a casa. Domani sarà un’altra lunga giornata.”
“Ma domani è venerdì!” si lamentò Purin, alzandosi lentamente dalla sedia.
“Domani sera dobbiamo incontrare Ikisatashi.”
“Di venerdì?!”
“Purin. Non fare come Minto. A mezzanotte.”
 La biondina mugugnò qualcosa che somigliava molto a ma a Minto piacerebbe incontrare Kisshu a mezzanotte, ma prese la borsa e si allontanò in fretta, prendendo Retasu sottobraccio e praticamente trascinandosela via, permettendole di lanciare un saluto affrettato agli altri.
Zakuro le osservò andarsene, scambiandosi uno sguardo con Ryo non appena questo uscì dalla sua stanza con la giacca piegata sul braccio.
“Dici che dovremmo controllare come sta?”
L’americano scrollò le spalle: “Lo sai com’è fatta Retasu, non vuole che ci si preoccupi per lei.”
“Dobbiamo preoccuparci?”
Ichigo si era avvicinata a loro due, e si mordeva ansiosamente il labbro inferiore. “Ho provato a parlarle, ma lei sostiene che è tutto okay, che sta bene…”
“Non te lo puoi scordare,” Minto parlò all’improvviso, aggiustandosi la borsa sulla spalla “E per Retasu credo sia stato un po’ più difficile.”
“Tu, in ogni caso, devi smetterla di fare Wonder Woman.” la riprese Ryo.
“Non puoi dirmi nulla.”
“Sono comunque il tuo superiore.”
“Ancora peggio!”
“Minto, la vuoi piantare?”
“Coda di paglia, Ichigo-chan?”
“Guardati la tua!”
Zakuro rise sotto i baffi mentre il solito dibattito continuava anche nell’ascensore, con il povero Shirogane che cercava di mantenere il controllo.  
Gli sfiorò il braccio mentre le porte grigie si aprivano cigolando, sorridendogli. “Ci vediamo domani.”
“Ciao, Zakuro-chan,” Ichigo si sciolse la coda che le stava ormai facendo dolere l’attaccatura dei capelli “Vuoi un passaggio, Minto-chan?”
La mora scosse la testa, ma Ryo intercettò la sua risposta alzando gli occhi al cielo.
“Non ci torni a casa da sola, Aizawa, fila in auto.”
 
§§
 
Non appena Purin entrò in casa, lasciò penzolare cappotto e borsa sulla poltrona dell’ingresso e si trascinò fino al divano, dove si fece cadere con uno sbuffo a faccia in giù.
“Sono morta.”
Taruto sbucò dalla sua piccola cucina, utilizzata praticamente solo quando la biondina si palesava in casa sua. “La cena è quasi pronta. Sei abbastanza rumorosa per essere morta.”
“Non sei spiritoso,” lo rimproverò lei, legandosi i lunghi capelli in una crocchia scomposta che pendeva da un lato “Hai notato che ore sono? Pensavo che una volta risolta la situazione con Ichigo, Shirogane avrebbe smesso di fare lo schiavista.”
Il ragazzo spense il fuoco sotto alla pentola, raggiunse il salotto e si sedette accanto a lei, sollevandole le gambe e posandosele in grembo.
“Stare tutto questo tempo con Minto ti sta facendo diventare pettegola.”
Purin ghignò, voltandosi sulla schiena: “Spettegoliamo?”
L’occhiataccia che le fu rivolta da Taruto non riuscì a spegnere la sua ritrovata allegria.
“La verità è,” si arrampicò sulle ginocchia del ragazzo, piegando le gambe sotto di lei ed accoccolandosi contro il suo petto “Che siamo tutti preoccupati, tutti su di giri. Io lo sono specialmente per Retasu. Forse avrei dovuto invitarla a cena. Non mi piace che stia da sola.”
“Forse ogni tanto ne ha bisogno. State sempre e comunque insieme un sacco di tempo in questi ultimi giorni.”
“Sì, ma è diverso. Reta-chan avrebbe bisogno di svagarsi. Forse dovremmo trovarle un fidanzato.”
“Ti ricordi cos’è successo l’ultima volta che hai cercato di trovare un fidanzato a qualcuna?”
Purin ridacchiò: “Io e Ichigo siamo finite chiuse dentro lo stanzino in armeria per tre ore perché Minto non aveva apprezzato. Ma non si tratta di Minto-chan, ora, lo sai che lei ha dei gusti particolari. Decisamente particolari, basta guardare a che pensieri ha ora per la testa. Ogni volta che ci incontriamo con Ikisatashi-kun, puoi tagliare la tensione con un coltello, e fidati, quella casetta è davvero piccola. Se poi ci aggiungi pure il capo ed Ichigo…”
Taruto sbuffò, cercando di scostarsela gentilmente di dosso: “Ho troppa fame per queste cose.”
“Dai, Taru-Taru,” Purin gli strinse le braccia al collo e le gambe attorno alle sue, placcandolo sul divano “Fammi due coccole, siamo stati lontani due lunghissimi giorni!”
Lui arrossì: “Basta che la smetti di parlare di quello che fanno le tue amiche, o Shirogane-san.”
“Ma così è più facile non essere in sua soggezione, se sai che –”
“Io non sono in soggezione, e non voglio sapere! Già mi guarda malissimo da quando tu gli hai detto dei nostri… piani.”
“Avevamo deciso che sarebbe stata la cosa giusta.”
“Potevi avvertirmi!”
Purin sorrise, sfiorandogli il naso con la guancia: “Come sei carino quando sei imbarazzato, Taru-Taru.”
“Piantala,” Taruto se la scrollò definitivamente, facendola ridere mentre rimbalzava sul divano, “Io vado a mangiare, scimmia dispettosa.”
“Aspettamiiiii, non ti ho ancora finito di raccontare…!”
 
§§
 
Purin non era stata l’unica, ovviamente, a notare il cambiato atteggiamento, almeno questa volta in positivo, tra Ichigo e Ryo. Anche Kisshu, grazie alle varie ore passate in compagnia della squadra µ, sembrava aver percepito quale tipo di relazione intercorresse tra i due; e, visto che sembrava aver fatto un passatempo il cercare di dare sui nervi il più possibile a Shirogane, si prodigava sempre in battutine e doppi sensi che molto spesso riguardavano proprio loro due.
La biondina sbadigliò rumorosamente; era quasi l’una di notte del venerdì, e loro erano nuovamente seduti intorno a quel tavolone polveroso, sepolto dalle carte.
Retasu le allungò la tazza di caffè che stringeva in mano: “Ne vuoi un po’?”
Lei scosse la testa: “No, grazie. Se lo bevo, so che poi non dormirò tutta la notte. Preferisco tirare avanti e sperare che tra una mezz’oretta sarò al calduccio da Taru-Taru.”
Litri del liquido scuro, invece, stavano scorrendo tra Kisshu e Ryo, piegati sopra una grande planimetria del luogo dove, secondo l’agente sotto copertura, Pai avrebbe fatto accadere l’ultimo e il più importante atto di vendita, quello per cui l’intera banda era arrivata a Tokyo.
“L’impianto di aerazione è inutilizzabile,” spiegò Kisshu, arrotolandosi una manica della camicia bianca “E c’è solo un’altra uscita sul retro. Di solito, Pai mette a guardia delle uscite un minimo di tre uomini, ma essendocene solo una, non vorrei che ne mettesse di più.”
Ryo annuì, passandosi una mano tra i capelli: “E’ questa la planimetria più vecchia che possiamo trovare? È una zona vecchia della città, non vorrei che ci fosse scappato qualcosa.”
L’altro scosse la testa: “Ho trovato solo questo.”
“Che dite di costruzioni lì attorno?” Minto si avvicinò a loro, cercando su un tablet la mappa della zona “Per sistemare la copertura dall’alto?”
“E’ isolato,” Kisshu rilassò le spalle con fare scoraggiato “Non so se i cecchini dall’alto siano fattibili.”
Damn it.” Shirogane studiò qualche altro foglio “Sei sicuro che sia la nostra unica occasione?”
“Dopo questa vendita, Pai ha intenzione di andarsene. Nemmeno io so mai quale sia la nostra destinazione fino a quando non siamo ormai praticamente in viaggio. È troppo tempo che siamo qui, gli altri si stanno lamentando, e non troppo raramente.”
Il biondo lo guardò con un’occhiata decisa: “Il fatto che tu parli al plurale non è rassicurante.”
Kisshu si strinse nelle spalle: “Forza dell’abitudine. E anche il fatto che se non si smonta tutta questa operazione ora, io dovrò partire con loro e continuare la mia investigazione.”
What a shame.
Perfino Zakuro lanciò un’occhiataccia all’americano dopo la battutina sarcastica, e lui si ritrovò a sospirare e cercare di correggere il tiro.
“Non hai modo di convincere Hayashi a cambiare il luogo?”
“Purtroppo non sono io a decidere questi dettagli. Né sono abbastanza influente. Ho già avuto il mio da fare a convincerlo a spostare la data della vendita.”
Mentre i due uomini si rimettevano a confabulare tra di loro, Minto si andò a sedere accanto a Ichigo, sfregandosi il viso con il dorso della mano per tentare di scacciare la stanchezza.
“Io non ho capito perché dobbiamo venire anche noi se poi fanno tutto loro due,” bofonchiò la rossa.
L’altra li occhieggiò, cercando di non soffermarsi troppo sui muscoli bene in vista delle braccia di Kisshu. “Senso di inferiorità numerica?”
“Altra ragione per lasciarci a casa.”
La mora sorrise, osservando il profilo del ragazzo dagli occhi dorati. Sapeva che avrebbe dovuto tenere ben separati vita personale e lavoro, soprattutto in un momento come quello, ma non aveva un bel esempio nemmeno nel suo capo e in una delle sue migliori amiche, e Kisshu…
Non riusciva a capirlo fino in fondo, e quello era il fattore maggiore che la spingeva verso di lui.
La colpiva la leggerezza con cui sembrava affrontare qualcosa che era sicuramente più grande di tutti loro, e in qualche assurdo modo, ciò le ispirava fiducia. Sapeva che non tutti la pensavano come lei, decisamente. Eppure, sembrava che in fondo a lui non importasse.
Lo vedeva nel modo in cui trattava Retasu; lei era sempre molto sulle spine e rigida attorno a lui, cauta ed attenta. Lui, d’altro canto, le dimostrava la massima attenzione, quasi come per scusarsi ancora di tutto quello che era successo, rivolgendole sempre saluti e parole gentili.
“Terra chiama Minto,” la voce divertita di Ichigo la distrasse “Ti hanno chiesto il tablet.”
“Ah, sì,” lei si alzò e allungò l’oggetto a Shirogane, ignorando l’occhiata scocciata che lui le stava rivolgendo.
Da che pulpito, si ritrovò a pensare.
“Pai arriverà lì mezz’ora prima del cliente, ed io dovrò essere con lui,” stava spiegando Kisshu in quel momento, muovendo le dita sullo schermo del tablet per aprire una mappa delle strade “Un furgoncino con da tre a cinque uomini ci seguirà poco dopo. Per ultimo, arriverà il cliente, scortato da una delle macchine della Deep.”
“Arrivare prima di Pai sarebbe uno sbaglio, immagino.” commentò Zakuro.
“Sarebbe pericoloso. Lui arriva sempre prima per accertarsi che tutto sia a posto, e se desse l’allarme prima dell’arrivo della squadra, potrebbe saltare tutto comunque.”
Ryo incrociò le braccia al petto: “Dovremo trovare comunque il modo di avere almeno un po’ di vantaggio.”
“Posti di blocco sulla strada che porta al luogo di incontro, tipo lavori in corso?” domandò Retasu.
Kisshu scosse la testa: “Sarebbe troppo sospetto.”
“Se ci sostituissimo al cliente? Sappiamo il nome, potremmo incriminarlo, e…”
Ryo interruppe Purin: “Contenere la fuga di notizie sarebbe difficile. È un’operazione troppo delicata per imbastirla in poche settimane, e sarebbe anche rischioso trovare capi d’accusa che possano reggere abbastanza a lungo per potere giocare d’anticipo. Non basta avere il suo nome su una lista.”
Zakuro sbuffò così forte che le punte della frangetta le sventolarono. “E’ assurdo pensare di non poterlo incastrare.”
“Se fosse così semplice, ci sarebbero già riusciti.”
La modella lanciò l’ennesima occhiata glaciale al biondo: Quit it with coffee, you’re getting irksome. 
“No, vi prego,” si lamentò Ichigo “Sono quasi le due del mattino, l’inglese no.”
“Non ti diverti abbastanza, Rossa, se alle due del venerdì sei già stanca,” la prese in giro Kisshu.
“Preferisco fare altre cose che stare rinchiusa in una casetta ammuffita.” rispose piccata lei.
Purin si mise a sghignazzare, esclamando un Oooooh irrisorio che fece tingere di rosa acceso le guance dell’amica.
“Anche io, ed infatti quella era la mia scusa,” il ragazzo le fece un occhiolino prima di stirarsi la schiena, facendo scrocchiare piacevolmente le vertebre. “Mh, a proposito, avrei bisogno di qualche segno del mio divertimento notturno,” si voltò ancora con un ghignetto sarcastico verso Ichigo “Vorresti favorire, micetta?”
Una vena pulsante comparve sulla fronte di Shirogane, mentre la rossa alzava gli occhi al cielo e si allontanava sbuffando e scuotendo la testa. “Stai tirando troppo la corda, Ikisatashi.”
Kisshu rise: “Non avete davvero senso dell’umorismo.”
It wasn’t funny.”
Lui lanciò uno sguardo di sbieco a Minto, che era rimasta zitta per tutto il tempo e stava riponendo le sue cose nella borsa, la schiena un po’ più rigida del solito.
“Possiamo andarcene, ora?” domandò infatti lei.
Ryo annuì: “Sì, basta, non ne posso più.” Si voltò verso Ikisatashi, le mani sui fianchi: “Il prossimo venerdì?”
L’altro fece segno di no con la testa: “Il tempo stringe. Proviamo mercoledì, sempre a quest’ora.”
“Che scusa dovrai trovarti questa volta?”
Kisshu ghignò: “Qualcosa mi inventerò. Ve lo confermo entro il pomeriggio alle cinque.”
Il biondo annuì e prese Ichigo per mano, stringendola forte, ormai noncurante del fatto che fossero davanti agli occhi di tutti. Un’occhiata intuitiva con Zakuro gli fece intendere che avrebbe pensato lei a controllare tutto; lui si preoccupò solo di accertarsi che Purin e Retasu salissero in macchina illese ed al sicuro, raccomandando loro di fargli sapere non appena fossero arrivate in casa.
Quasi spinse Ichigo in auto senza una parola, ringraziando almeno che l’ora così tarda permettesse di arrivare al proprio appartamento in pochi minuti, senza traffico.
La rossa, dal canto suo, non protestò affatto, contenta soltanto di aver riempito le ciotole di acqua e cibo di Masha prima di essere uscita.
Lo seguì in silenzio dal garage all’entrata del moderno appartamento, che come sempre aveva il vago odore di dolci aleggiante per l’aria.
“Hai fatto una torta prima?” gli domandò, appoggiando borsa e cappotto sul bancone della cucina.
“Ieri sera,” rispose quasi bruscamente Ryo mentre si sedeva con uno sbuffo sul divano e si toglieva le scarpe.
Ichigo gli si avvicinò e passò le mani tra le ciocche bionde: “Sei nervoso?”
Lui annuì, tirandola a sé così da poggiare la fronte contro il suo ventre. “Sono esaurito, è diverso. Incontri notturni, microspie, doppi giochi… A volte mi chiedo se sia tutto un incubo, e cosa sia davvero reale.”
La ragazza si inginocchiò per guardarlo negli occhi. “Tra poco finirà, vedrai. Non manca molto, ora.”
“Sempre che riusciamo a far funzionare l’operazione. The more we study it, the more it looks like Mission Impossible.” ribatté lui con uno sbuffo, incurante del fatto che lei si era persa ormai metà della frase. “E in tutto ciò, sono preoccupato per Retasu, e… e Minto mette l’asso di briscola!”
“Lasciala stare. Certe cose non si possono scegliere, giusto?”
Alcune sì.”
Ichigo rise e premette la fronte contro la sua. “Io e te siamo reali.”
Ryo annuì, affondando i polpastrelli nei suoi fianchi: “Promise?
“Promesso.”
Il modo in cui si strinsero quella notte non poté che suggellare quella promessa.
 
§§
 
Minto guardò distrattamente l’orologio in basso a destra nello schermo del computer. Sapere che non mancava molto tempo alla scadenza posta da Ikisatashi il venerdì precedente la stava rendendo leggermente nervosa. Ogni giorno che passava, cresceva in loro la voglia di terminare quella faccenda il più presto possibile, per ricominciare a vivere una vita che fosse quantomeno un poco più normale e meno caotica.
Il brusio dell’ufficio, a quell’ora sempre pieno di tutti gli altri agenti, la stava intontendo, così come le poche ore di sonno che ormai riusciva a concedersi ogni notte. Continuava a svegliarsi spesso, in preda a brutti ricordi e accenni di attacchi d’ansia che non voleva fossero troppo divulgati, e diventava poi difficile concentrarsi sul luogo di lavoro.
Soprattutto quando il suo cervello si sintonizzava autonomamente su quello che era accaduto il venerdì precedente.
 
 
Ichigo e Ryo uscirono per primi, di fretta, sbiascicando saluti controvoglia e sparendo nel buio del corridoio. Il fresco della notte raggiunse quel salotto invecchiato nella manciata di secondi in cui loro aprirono la porta, ricordando a tutti quale fosse il vero orario a cui si erano incontrati.
Zakuro accompagnò Purin e Retasu alla porta, lanciandole solo un’occhiata che sembrava più di avvertimento che di rimprovero, questa volta. Solo quando non la vide tornare per un po’, Minto si concesse di lasciare andare il respiro che aveva trattenuto.
“Capisci perché non te l’ho chiesto, no?” le domandò Kisshu, che era rimasto ad osservare la scena in silenzio.
Lei continuò a dargli le spalle mentre sistemava le sue cose in borsa: “Perché ti piace irritare Shirogane fino a dove puoi spingerti, e la tua natura da maniaco prende il sopravvento su di te?”
Kisshu sorrise sarcastico, e lei lo avvertì compiere un passo verso di lei ma mantenere comunque una distanza di sicurezza. “Fuochino.”
Lei sbuffò e scosse la testa, voltandosi solo in quel momento. Pensava che almeno ci sarebbe stato il tavolo tra di loro, invece lui l’aveva già aggirato, portandosi a poco meno di un metro da lei. La stava guardando con gli stessi occhi di quella prima sera in discoteca, ma la sua fronte era corrugata in un’espressione di frustrazione.
“Sappiamo tutti e due che è complicato.” mormorò il ragazzo.
Minto annuì. “E che non dovremmo. Soprattutto non adesso.”
“Magari… dopo.”
La mora si strinse le braccia quando lui si avvicinò ulteriormente. “Non ti accontenti mai, noto.”
“Difficilmente,” rise lui, e allungò una mano per arrotolarsi una ciocca corvina attorno ad un dito.
“Ikisatashi,” la voce le tremò per la piacevole fitta dietro l’ombelico che la colse non appena il profumo di lui le sfiorò le narici “Sei un Agente di grado superiore al mio.”
“E’ una diversa agenzia.”

Ormai aveva appoggiato la mano alla sua guancia, i loro nasi si stavano per sfiorare, lei non aveva intenzione di chiudere gli occhi.
 “E’ una stronzata.”
Kisshu sorrise: “Ooh, occhio al linguaggio, mademoiselle. Hai intenzione di lamentarti per abuso di potere?”
“Shirogane ci ucciderà.”
“Ancora più elettrizzante.”
Era così vicino che le sarebbe bastato inclinare la testa di pochi millimetri per avere le sue labbra sulle proprie. Bastava chiudere gli occhi e non pensarci più.
“Me ne vado solo se ti sento dire di no, passerottino.”
Minto chiuse gli occhi.
 
 
“Io ti mando dalla psicologa per un caso di sindrome di Stoccolma, sappilo.” la voce sarcastica di Shirogane, unita al rintocco delle sue nocche sulla scrivania di Minto, la fece riconcentrare sulla situazione presente.
Raddrizzò la schiena e squadrò le spalle, non rivolgendogli lo sguardo. “Non sono incline a parlare della mia vita privata con te, Shirogane-kun.”
“Privata un accidente, signorinella.” borbottò lui “Ti stai cacciando in un bel guaio.”
Minto alzò un sopracciglio: “Vuoi davvero iniziare questo discorso?”
“Maledizione, voi donne.”
“Ryo,” il monito, mezzo divertito, di Zakuro lo fece alzare dalla scrivania di Minto con un sospiro.
“Ci sono novità?”
“Ancora nessuna conferma, capo,” rispose Purin. “Ma non sono neanche le cinque.”
L’americano alzò le sopracciglia, poco perturbato dal fatto che, come al solito, Ikisatashi si premurasse di fare sempre tutto all’ultimo momento.
Del lavoro da sbrigare prima di ricevere la sua conferma ne avevano a bizzeffe, quindi non c’era pericolo che rimanessero con le mani in mano ad attendere in vano.
Ma non gli sfuggì l’occhiata inquieta che Minto scoccò all’orologio quando le lancette oltrepassarono i trenta minuti dopo le sei. Nessuna accennò ad alzarsi, nonostante l’orario lavorativo fosse finito da un pezzo.
Il vecchio cellulare di servizio che Shirogane teneva nella tasca, sul quale Ikisatashi era solito inviare un corto SMS di conferma, non squillò nemmeno per le tre ore successive.
 
§§
 
La nuvola di fumo che aleggiava per la stanza gli stava facendo venire mal di testa. Non sapeva quante volte aveva detto a tutti gli altri di non fumare nell’armeria, ma ora meno che mai sarebbe stato probabile che l’ascoltassero.
La risata rumorosa di Kisshu coprì il chiacchiericcio degli altri; Pai si voltò verso di loro mentre camminava lungo il corridoio illuminato quasi a giorno per controllare l’ultimo carico arrivato dalla Russia.
Il suo compare stava pulendo uno dei vecchi fucili, quelli così ricercati dall’ultimo collezionista che si era rivolto a loro nelle ultime settimane; ci stava mettendo più tempo del solito, forse perché la spalla ancora non era guarita del tutto nonostante avesse già dismesso la fasciatura.
La pistola che Kisshu portava sempre con sé era invece appoggiata sul tavolo, ancora nella fondina, pronta per essere pulita anch’essa.
Avrebbe dovuto darci una controllata, pensò Pai, non era un buon segno che continuasse ad incepparsi, e non voleva correre il rischio anche con le altre armi destinate alla vendita.
Non era decisamente più il momento di lasciare anche il minimo dettaglio al caso.
Sfiorò con due dita le canne lucenti dei fucili di precisione ancora nelle casse, e si avvicinò agli altri.

 

 

 

 

 

 

 

 

Uelàààààààà aggiornamento lampo per i miei standard :D  Anche se lo so che probabilmente mi odiate, perché è un capitolo pieno di cazz*AHEM*te e poi... ohohohoh :3 A mia discolpa, è stato scritto quasi tutto in università (e la ultima scena e mezza proprio mo, dopo due spritz.  "Se, come se due spritz ti facessero qualcosa, a te, ormai!* NdKIsshu "Buono te, che sei in mano mia!")

Credo di non avere niente da dire per non rovinarvi la sorpresa ;) Il titolo viene, di nuovo, da Demons degli Imagine Dragons. Non so perché, in realtà, l'avevo scelto da un pezzo xD 

Non siate troppo cattive, plis :3 Un bacione, buon weekend e buona notte :)

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