Give me a kiss to remember

di Blood Candy
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Introduzione ***
Capitolo 2: *** Capitolo 1 ***
Capitolo 3: *** Capitolo 2 ***
Capitolo 4: *** Capitolo 3 ***
Capitolo 5: *** Capitolo 4 ***
Capitolo 6: *** Capitolo 5 ***



Capitolo 1
*** Introduzione ***


 

Give me a kiss to remember

Introduzione




Frank, come da routine, si stava dirigendo in cucina per la cena.

Si sarebbe seduto, e in quel momento sarebbe arrivato Gerard sfogliando la posta e lamentandosi delle bollette.

Avrebbe chiuso distrattamente la porta con un piede e avrebbe posato le buste bianche sul tavolo in entrata assieme alle chiavi; avrebbe alzato come sempre lo sguardo, e una volta incrociato quello del più piccolo sarebbe corso tra le sue braccia e gli avrebbe stampato un bacio dal gusto dolce sulle labbra.

Come al solito il cuore di Frank si sarebbe sciolto nel vedere quegli occhi olivastri che che brillavano solo per lui, e si sarebbe reso nuovamente conto di quanto amava quel ragazzo.

Velocizzò il passo, voleva che tutta quella perfetta routine rivivesse il prima possibile, ma il ragazzo tardava.

Le lancette ticchettavano nel silenzio e rendevano anche più straziante l'attesa.

Era passato un quarto d'ora.

“Avrà trovato traffico” pensò Frank, che come al solito cercava il lato positivo in quella situzaione.

Forse gli stava preparando una sorpresa, cosa ne poteva sapre lui, da casa, di quel ritardo.

La fame però lo stava accecando, ma dato che lui aveva preparato quel pasto per due persone, da due persone sarebbe stato consumato; a lui non si faceva cambiare idea.

 

Tic..toc..tic...toc..

Il tempo passava, le lancette tintinnavano, e non aveva ricevuto neppure una chiamata.

Se fosse stato in auto, per un ritardo così lo avrebbe di certo avvisato, Frank era sempre il suo primo pensiero.

Ma sullo schermo graffiato di quel vecchio telefono non comparivano quelle sei lettere che avrebbero potuto tranquillizzarlo.

Per Gerard, Frnak era il suo intero universo; era la luce che illuminava le sue notti e il sole che rallegrava le sue giornate.

Era un ombrello sotto cui ripararsi per la pioggia, era la sua casa.

La piccola figura di quel ragazzo si alzò rassegnata dalla sedia ed andò a mettere via quei pasti diventati ormai troppo freddi per essere consumati.

Prese il suo bicchiere di vino e si diresse verso la finestra, cercando forse conforto nelle luci della città, o più semplicemente sperando di vedere la figura del suo ragazzo comparire nella sua visuale.

Provò a chiamare, ma non ricevette risposta.

Era passata più di un' ora, decise di uscire a cercarlo.

Prese la giacca, la prima che gli capitò in mano, infilò distrattamente le scarpe da ginnastica e si precipitò giù dalle scale.

Le scarpe era proprio accanto all'uscio, le avrebbe dovute mettere via Gee una volta tornato, come sempre.

Correva giù dalle scale con una velocità incredibile, probabilmente saltando tre o quattro gradini alla volta.

Faceva un rumore enorme, ma quei singhiozzi erano più potenti.

Provenivano dal sottoscala, dapprima neppure si avvicinò per scoprire chi li stesse producendo, tanto impegnato era nella ricerca del suo amato.

Preso da degli inutili sensi di colpa tornò indietro.

Era Gerard.

Frank si avvicinò velocemente – Mi hai fatto preoccupare sai? Non farlo mai più- tentò di abbracciarlo, tutto ciò che ottenne fu uno schiaffo.

Provò semplicemente ad avvicinarsi, ma Gee si allontanò maggiormente guardandolo impaurito.

-Ehi.. sono io, che succede?- Frank non capiva, che aveva fatto?

-Tu...tu come hai potuto!- il ragazzo dai capelli neri si alzò lasciando l'altro da solo, stordito.

Notò una busta aperta a terra, non capì subito.

Poi notò: era la lettera.

Se n'era completamente scordato, era successo tanto tempo prima.

Preso dall'emozione dei suoi amici si era iscritto al volontariato per la guerra, per fare il soldato.

Era successo qualche anno prima, e per qualche strana ragione era stato preso, nonostante la sua misera altezza.

Credeva che la burocrazia non avesse notato il suo nome, credeva di esserne sfuggito, ma ora quella lettera era là, spiegazzata a terra e bagnata da mille lacrime calde.

La raccolse al volo, e corse nuovamente su per spiegare a Gerard.

Bussò alla porta, non ricevette risposta.

Tentò ancora, ma nulla; tirò quindi fuori le chiavi per aprire da sé.

Gerard era chiuso in camera, lo poteva sentire urlare, ogni lacrima che toccava il cuscino trafiggeva il cuore di Frank come una lama, poteva sentire tutto quel sangue disperdersi in sé, rendendolo caldo, bollente.

Gli era salita la febbre, forse, in quel momento non importava.

Provò a chiamare il ragazzo dall'altra parte, ma questo faceva finta di non sentirlo.

Sarebbe uscito prima o poi.

 

 

Passarono delle ore, Gerard era ancora chiuso là dentro, forse aveva fame.

Frank pensò di passargli il piatto che aveva precedentemente messo via attraverso la finestra, magari lo avrebbe apprezzato.

E nella notte più fonda, quando il ragazzo che attendeva il suo amato accanto la porta si era addormentato, l'altro uscì dalla stanza con fare furtivo.

Non fece in tempo a raggiungere la bottiglia d'acqua che Frank si svegliò, e per qualche ragione riuscì a bloccarlo senza che Gerard facesse troppa resistenza.

Gli parlò, gli spiegò la sue motivazioni, parlò per un ora buona, nel mezzo della notte.

L'altro non rispondeva, si limitava ad osservarlo.

I suoi occhi bramavano un bacio, ma Frank non aveva il coraggio si guardarli, perché forse sarebbe scoppiato in lacrime.

Non poteva mostrarsi debole, non poteva avere paura.

La sua paura avrebbe potuto significare una qualche insicurezza, non poteva avere dubbi sulla sua sopravvivenza.

Se fosse morto, lo sapeva che Gerard non l'avrebbe mai sopportato.

 

La settimana successiva passò così, Gerard non rivolgeva parola a Frank e Frank non guardava negli occhi Gerard; tutto era rimasto fermo a quella notte.

Ma le cose non cambiavano, le cose non cambiano mai.

 

Le lacrime ripresero a scorrere solo dopo il fischio di quel treno in partenza, e il silenzio fu spezzato

-Ciao-

 

 

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Salve GGGente, sono sempre io
Ho deciso di ripubblicare la storia aggiungendo una breve introduzione (mooolto breve)
Spero non vi dispiaccia
With Rage n Love
BrainStew_Athy

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Capitolo 2
*** Capitolo 1 ***


Give me a kiss to remember

Capitolo 1


“Cara Helena,
quanto tempo che non ci sentiamo, eh?
Scusa se mi ripresento così, dal nulla, a torturarti anche nella tua vita oltreterrena, ma ho bisogno di te, e tu mi avevi promesso che con te avrei sempre potuto parlare.
Qual'è il fatto che mi colpisce tanto da spingermi a scriverti? Beh, sono ormai due mesi che il mio Frank è in guerra, lontano da me, dall'altra parte del mondo.
Ha fatto tutto a mia insaputa, sarei andato con lui. Ma era troppo tardi.
Da quando l'ho saputo a quando lui se n'è andata è passata meno di una settimana, e io avevo deciso di non parlargli.
Forse pensavo che avrebbe cambiato idea.
Quanto sono idiota, io dovrei conoscerlo. Lo sapevo che a Frank non si fa cambiare idea, ma ho deciso di fare l'offeso e non mi sono goduto gli ultimi giorni con lui, e me ne sto pentendo.
Mi manca.
Mi sento tanto solo, ho bisogno di lui, dei suoi baci, dei suoi sorrisi...i suoi bellissimi sorrisi..
Voglio rivederlo giocare col suo amabile piercing, voglio accarezzargli i lunghi capelli che ora non ci sono più... Ormai ho perso ogni occasione.
Non so più nulla di lui da più di una settimana, non so come sta..
Non so neppure se lui c'è più, e questa cosa mi sta distruggendo.
Non mi interessa più nulla, se non ho Frank la mia vita non ha senso, lui è la parte migliore di me.
Non riesco neppure a comporre o scrivere uno straccio di testo, non riesco a fare nulla, non voglio pensare ma la mia tasta non vuole stare zitta un attimo, mi fa sempre costantemente male.
Ho perso te, non voglio perdere anche l'altro amore della mia vita, il mio piccolo, non potrei reggerlo.
Sono già sul filo di un rasoio, pronto a cadere ad ogni soffio di vento, non capisco più ciò che voglio.
La settimana scorsa sono stato in terapia, depressione a quanto pare, mi hanno prescritto dei farmaci.
Tanto sono inutili, è solo uno spreco, ma li ho comprati lo stesso.
Un po' per avere una scorta pronta nel caso mi arrivasse la notizia della morta di Frank, un po' per tranquillizzare Mikey.
Tanto se non ho Frank il mio umore non cambia, io sono impassibile a ciò che pensano tutti gli altri.
Ma parliamo di Mikey, il mio fratellino, il tuo piccolo nipotino quattrocchi di cui non hai notizie da tanto tempo.
Mi sta tanto vicino in questo brutto periodo, mi ha aiutato tantissimo e continua a farlo, e io come al solito mi sono comportato da stronzo, l'ho liquidato ogni volta che cercava di parlarmi.
Questo è tutto il male che mi fa Frank nonna, mi ha tolto tutto..
Michael, è diventato proprio un bel ragazzo sai?
Mi chiedo come mai non abbia ancora una ragazza ma magari a lui neppure piacciono le ragazze.
Ci ho pensato spesso in questo tempo che ho passato con lui, non riesco però a trovare una vera risposta.
Forse è solo confuso, stavo così anche io quando ho iniziato a provare qualcosa per colui che mi ha portato via tutto.
Beh, quando capirà cosa vuole, farà strage di cuori.
È un ragazzo dolcissimo, dico.. lo hai visto?
Certo che sì...tu da lassù ci vedi tutti..
Allora ti prego rispondimi..Frank è li con te?
Ho paura, ma ho imparato ad accettare la realtà per come sta.
Ahahah ora dico questo, ma quando la realtà mi si presenterà in faccia, crollerò come una piccola foglia in autunno, io sono debole.
Tu come stai? Chissà se mai leggerai tutte le lettere che ti scrivo..
Nessuna è mai tornata al mittente, quindi probabilmente sì.
Com'è l'inferno? Penso sia molto affollato, visto che alla fine tutti finiamo lì.
Sai, ho deciso di seguire ciò che insegna il Titanic: salti tu salto io.
Se là con te c'è Frank, vi raggiungo, lo giuro.
Mi manchi tantissimo, e spero che a questa lettera, almeno, risponderai..ti prego, è davvero importante per me.
Ciao nonna
Gerard”

Gerard era steso sul letto, come al solito, e le lacrime gli divoravano avidamente le guance arrossate.
Aveva deciso di scrivere una lettera ad Helena, aveva bisogno di qualcuno e come faceva da bambino aveva deciso di rifugiarsi da sua nonna.
Ancora una volta era solo, e lei era l'unica persona di cui si fidasse sul serio, l'unica persona a cui importasse qualcosa di lui.
Quanto sbagliava.
Le lacrime smisero di scorrere, probabilmente aveva finito la riserva.
“Se proprio dovevi andartene, potevi portarmi via anche il ricordo di te oltre che il cuore”
Gli occhi bruciavano, non aveva idea del perché le lacrime avessero deciso di smettere di scorrere; forse era una liberazione, forse no.
Doveva distrarsi, rilesse la lettera per cercare qualche possibile errore, si soffermò sulla parte in cui parlava di Mikey.
Non aveva neppure idea se fosse a casa o meno, in quel momento e si sentì una fitta al petto.
Si sarebbe dovuto prendere cura di lui, ma alla fine, non ci era mai riuscito.
Il fratello minore, quello che lo aveva sempre ammirato, quello che tante volte aveva deluso.
Perché in fondo Gerard era debole, e ne era pienamente consapevole.
Ancora una volta i sensi di colpa lo persuasero, provocandogli un brivido che partendo dalla  nuca si protrase fino ai piedi, e le lacrime iniziarono a scorrere nuovamente, forse più colme di prima.
Mikey nel frattempo era fuori dalla porta perché come al solito, nonostante le varie bussate, il fratello non rispondeva, ed era chiuso in quella stanza da troppo tempo.
Solo qualche giorno prima lo aveva trovato sul punto di buttarsi dal balcone, e se fosse stato troppo tardi?
Bussò ancora
Un battito, due, quattro, otto...ma nulla, non ricevette alcuna risposta.
Stava per irrompere nella stanza spaccando la porta, quando sentì un soffocato singhiozzio.
Gerard stava avendo una delle sue crisi, una di quelle in cui piangeva ogni liquido che aveva in corpo, quindi il fratello dagli occhiali decise di entrare lentamente, evitando di far rumore o disturbarlo.
Si sarebbe avvicinato lentamente, avrebbe cercato di non farsi sentire e sarebbe andato a dargli un bell'abbraccio, proprio come quando erano piccoli.
Purtroppo però, il suo piano fallì.
Una volta aperta la porta, quella tesa atmosfera di estrema solitudine che si era creata venne distrutta, e il ragazzo sul letto se ne accorse, infatti alzò istintivamente il capo.
I suoi occhi si riempirono nuovamente di lacrime quando realizzò che alla porta non c'era Frank, bensì suo fratello.
Si sentì ancora in colpa, per non aver gradito l'interesse del fratello.
Era così schifosamente egoista.
Fece per alzarsi, ma Mikey lo bloccò.
Così, come era successo altre mille volte, Gerard crollò tra le braccia del fratellino che lo stringeva dolcemente in un abbraccio materno ormai dimenticato.
E in quel momento Gerard realizzò che Mikey era il suo tutto, in quel momento era l'unica cosa che gli rimaneva, e la più importante.
Successe tutto così in fretta..
La testa del ragazzo dagli scompigliati capelli neri si alzò, e si scaraventò su quella dell'altro.
Le labbra calde del fratellino gli ricordavano il suo piccolo Frank, a lui così lontano, e gli davano conforto.
Era stato un bacio, solo un bacio per ricordare.
Mikey si allontanò velocemente, guardando scioccato il fratello.
-Gerard, ma cos..-
-Scusa- i visi si allontanarono, entrambi tenevano gli occhi bassi, entrambi tentavano di capire cosa fosse appena successo.
-Era solo per ricordare- disse timidamente Gerard, cercando lo sguardo del fratellino per potergli donare uno dei suoi dolci sorrisi.
-Scusa, sul serio-
Mikey non rispondeva, teneva lo sguardo puntato verso un indefinito punto nel pavimento, e rimaneva là, seduto.
-Ehy fratellino, non è successo nulla, te l'ho detto, era solo per ricordare- il moro si alzò, lasciando il fratello seduto sul letto, immobile.
Andò a prepararsi un caffè, la sua bevanda preferita, e decise di lavarsi.
Passò un ora, Mikey ora era disteso sul letto, e fissava il soffitto tenendo le mani incrociate dietro al capo.
“Cosa gli prende? A cosa starà pensando?" domande spontanee, direi, chiunque se lo sarebbe chiesto, certo.
Lo pensò anche Gerard, a dirla tutta, ma questo pensiero venne subito sommerso, perso in un' altra miriade di ricordi di Frank.

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Ripubblico già il capitolo 1, scusatemi, ero troppo ansiosa ahahah
Non ho molto da dire, eccetto che sto ascoltando the sharpest lives ed è fantastica come ogni volta, quindi great job Frank(?)

Give me a shot to remember
And you can take all the pain away from me
A kiss and I will surrender
The sharpest lives are the deadliest to lead

A light to burn all the empires
So bright the sun is ashamed to rise and be
In love with all of these vampires
So you can leave like the sane abandoned me

Dopo aver amato questa frase vi saluto, alla prossima cwc recensite in tanti pls che devo migliorare

With Rage n Love
BrainStew_Athy

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Capitolo 3
*** Capitolo 2 ***


Give me a kiss to remember

 

Capitolo 2


“Ciao Helena

questa volta sono io, il piccolo Mikey, non Gerard.

Come va? Mi sento così ridicolo a scriverti, sapendo che questa lettera non la riceverai mai, ma ho deciso di seguire l'esempio di...Gerard, e quindi eccomi qua a scriverti.

Voglio raccontarti solo una cosa, riguarda, appunto, Gerard.

Tu vedi tutto, quindi credo che abbia visto quello che è accaduto ieri..sono confuso.

Prova qualcosa per me? Ora quando lo guardo non capisco più nulla...mi piace mio fratello? Sono un mostro? Cosa mi succede?

Nonna, aiutami, ti prego..

Ho il nodo in gola da giorni, non ce la faccio più..cosa sono io?

No, non può piacermi Gerard..insomma, è mio fratello!

E non credo di piacere io a lui, insomma, ricordi le scenate che faceva per Frank? Lo ama davvero tanto... Perché io non posso amare qualcono quanto loro si amano? Cos'ho di sbagliato?

Questi pensieri mi stanno torturando da giorni, ho bisogno di risposte.

Non ho mai parlato molto, non so con chi sfogarmi, ma tu ci sei sempre per noi nonna, e per questo ti vorremo per sempre bene.

Scusa per il disturbo, avevi finalmente ricevuto la pace che meritavi e ora noi siamo tornati a infastidirti ahah scusami

So long and goodnight,

Mikey”

 

Le giornate passavano, Mikey evitava Gerard e Gerard si disperava per la perdita dei contatti con Frank.

La depressione del ragazzo peggiorava progressivamente, e il fratellino non riusciva a fare nulla per aiutarlo.

Dovevano parlare, ma non ce la facevano.

Gerard cercava di sfogarsi scrivendo testi, ma non trovava ispirazione.

La paura che gli faceva tremare la mano, che gli faceva scrivere lettere tremolanti sul foglio sporco, quella paura non lo abbandonava mai.

La paura di non vedere mai più il suo amore, o anche peggio, di non poter mai raggiungere il suo spirito.

La paura che alla fine gliel'ha data, questa ispirazione tanto ricercata.

E Gerard come al solito era corso ai ripari ed era rimasto per giorni isolato per cercare di creare quel suo piccolo capolavoro.

Altri giorni senza parlare con Mikey, che nel frattempo stava disperatamente cercando di capire cosa gli stesse accadendo, il piccolo Mikey che cercava di capire cosa provasse nei confronti del fratello.

Aveva sempre provato ammirazione per Gerard, ma è una cosa normale.

Forse la sua non era semplice ammirazione? Forse era qualcosa di più?

Mikey sapeva che tutto questo lo avrebbe risolto semplicemente parlandoci, ma quello si era rinchiuso in camera a scrivere e quando questo accadeva non c'era modo di distoglierlo dal suo lavoro.

Attesa, semplice e pura attesa.

Il ragazzo attendeva fuori dalla porta, aspettava che al fratello passasse il momento di massima ispirazione per potergli parlare, ma quel tempo pareva infinito.

Si addormentò accanto alla porta, e il mattino seguente si trovo il faccione del fratello tutto sorridente che lo scrutava.

-Hey Mikey, che ci fai lì?- Mikey cercò di alzarsi -Nulla..- rimase seduto a terra sul parquet caldo, osservando Gerard.

Era un bel ragazzo, su questo non c'era dubbio.

-Gee aspetta!- tutt'un tratto Mikey scattò in piedi e raggiunse il fratellone, stringendolo per la mano.

-Gerard io...- lo sguardo di Mikey cercava di rimanere basso, ma la fraterna mano di Gerard lo alzò facendo leggermente pressione sul mento chino.

Gli occhi si incrociarono, e avvenne qualcosa di strano.

Lo sguardo di Gerard rimase impassibile, serio, in attesa di una risposta a quegli occhi perplessi, mentre quello del fratellino era perso, perso nel nulla.

Arrivava fino a dentro le pupille di Gerard, e poi si disperdeva in un universo lontano, pieno di dubbi e in costante ricerca di una risposta.

“Cosa faccio? Cosa dico ora?” la mente di Mikey non stava zitta un attimo.

L'ansia, le mani sudate, la voce tremolante, e poi per un attimo gli sguardi si incrociarono per davvero, entrando in perfetta sintonia.

Quanto più veloce poteva il ragazzo con gli occhiali strinse il viso del fratello tra le mani e lo avvicinò a sé.

E ancora una volta, quello stava accadendo, ma ora nessuno si tirava indietro.

L'adrenalina scorreva nelle vene, la gioia nell'essere ribelle, ma dei sentimenti non c'era traccia.

Ma in fondo si sa, l'adrenalina ci manda in estasi, non ci fa capire più nulla.

Gerard, che dapprima rimase scombussolato, decise di lasciarsi andare, e cercò nuovamente conforto in quelle labbra.

Non c'era più nulla, era tutto così vuoto e strano, e caldo.

Era tanto, tanto caldo.

Goccioline di sudore comparivano sulla fronte di Mikey come fiori in primavera e le mani, strette una nell'altra, scivolavano dolcemente, perdendo quel contatto magico che si era creato.

Gerard appoggiò le mani sul petto di Mikey tentando di sfilargli la maglietta, ma il fratello lo interruppe -No Gee, non posso – e delicatamente gli fece allontanare le mani dal suo corpo.

Gerard sentì per un attimo il sangue gelare, si ricordò di quella prima volta, quella in cui fu lui a dire di no al suo Frank.

Le lacrime spingevano per uscire; avrebbe ritrovato il calore del corpo del suo amato in quello di suo fratello? Probabilmente sì, quindi sarebbe sato meglio, di sicuro.

Una volta ripresosi, una volta tornato alla normalità, l'unica cosa che riuscì a rispondere fu un misero : -Perché Mikey?-

Mikey era confuso, come sempre. Voleva Gerard? Non lo sapeva, ma come ogni volta non voleva rischiare.

-Tu hai un ragazzo, e poi...e poi non siamo fratelli Gerard! Sembra che tu te ne sia dimenticato cazzo!- e come se non avesse sentito nessuna di quelle parole, Gee strinse la testa del fratello tra le sue mani e insinuò la sua lingua nella sua bocca.

I baci di Gerard avevano un buon sapore, avevano quella sicurezza che a Mikey mancava, quei baci lo completavano e gli piacevano, gli piacevano eccome.

Ma la rabbia stava crescendo in lui.

Come poteva Gerard non capire?

Si allontanò bruscamente, e lasciò il moro immobile, gelato in quel momento di rifiuto.

Ancora una volta non aveva rischiato, ancora una vola era stato un codardo. Era parte del suo DNA probabilmente, era un talento innato quello di fare tutto pur di non ottenere ciò che vuole, in modo da non essere mai felice.

Ma questa volta, oh, questa volta sarebbe stato diverso.

E non gli importava di Frank, non gli importava di nessuno, perché finalmente ci avrebbe capito qualcosa di tutta questa storia.

Quando spalancò la porta Gerard era ancora là, immobile.

Mikey gli si scaraventò contro, e lo buttò sul morbido letto “Facciamolo”

Stampò un bacio deciso sulla bocca del fratello, e una volta spostatosi verso l'orecchio gli sussurrò lentamente – Questo sarà il nostro piccolo segreto – Gerard pareva non ascoltarlo

-Dico sul serio, Gee ascoltami, se ci beccano finiamo nei casini – la sua voce si fece più forte.

-Va bene fratellino – e sfilandosi le scarpe, Gerard alzò lo sguardo verso Mikey, e gli sorrise con quel suo visino da bambino.

 

Era notte, e lenzuola toccavano morbide la pelle di Mikey, dandogli protezione da quei mostri che tanto lo avevano spaventato durante la sua infanzia.

Il fratello dormiva, borbottava nel sonno e piangeva : stava pensando a Frank.

E Mikey? A cosa pensava Mikey?

Non lo sapeva neppure lui.

Osservava Gerard dormire e nella sua testa si aprivano mille domande, tutte quelle a cui l'esperienza appena passata avrebbe dovuto rispondere.

“Lo amo? Sì, forse sì..ma è sbagliato? Insomma, noi siamo fratelli, e lui ama Frank..Guarda, guarda com'è bello finché dorme. Come si puònon amarlo?” un sorriso si abbozzò per un attimo sulle sue labbra sempre curve.

Suo fratello aveva il potere di farlo sorridere, lo aveva sempre avuto.

“e in quel momento, quando ero così vicino a lui, il mio cuore pareva impazzito. Credo di provare qualcosa per lui. Sì, lo amo. E non mi importa se è sbagliato, questa volta otterrò ciò che voglio, lo giuro”

Aveva paura di quel giuramento, lo sapeva, lo sapeva che gli avrebbe causato tanti guai, ma per una volta voleva essere positivo.

Cercò di dormire, e stranamente ci riuscì.

Un sonno confuso, confuso come lui.

Era in un luogo, non c'era nulla. Non era una stanza, non c'erano muri, non c'era pavimento o soffitto, era nel nulla.

E in quel nulla cosmico, privo di tutto, iniziavano a comparire...cose.

Oggetti, persone, luoghi, tutto ciò che lui aveva temuto, tutte le paure che era riuscito a sopprimere.

Perché le tue paure vivono sempre nella tua mente, non moriranno mai.

“E quando muori?” state pensando questo, vero? Beh, quando muori loro vanno da qualcun altro, in cerca di altri sogni da rovinare, in cerca di altri nulla da colmare.

Non la sconfiggerete mai la paura, i vampiri sono stati, sono, e saranno sempre parte di noi, possiamo solo imparare a conviverci.

E tra tutti quei ricordi e paure, Mikey potè scorgere la sua faccia, era un mostro, sporco, orribile.

Aveva paura di se stesso? Cosa significava? Perché era conciato così?

Si svegliò di scatto.

Che ore erano? Presto, troppo presto.

Gerard era ancora lì, non si era mosso, stava ancora borbottando e abbracciava il cuscino di Frank.

Lo abbracciava come se fosse lui, lo stringeva a sé, lo accarezava.

E per un attimo tutto nella mente di Mikey si fece chiaro.

Lui era un mostro.

Lui era sporco.

Lui era orribile.

Aveva tradito il suo migliore amico, aveva fatto fare a Gerard qualcosa che probabilmente lui non avrebbe voluto, in condizioni normali.

Lui non era lucido! Come poteva aver anche solo sfiroato la mente di Mikey il fatto che Gee forse lo volesse?

Una lacrima, due, tre.

Era costretto a singhiozzii silenziosi, per non svegliare l'angioletto che gli riposava accanto.

“Angioletto..certo, come no. Le apparenze ingannano..” quell'essere, quello che gli dormiva accanto, lo stava facendo impazzire.

Mikey stampò un bacio delicatò sulle guance del fratello, e se ne andò.

Aveva bisogno di un po' di aria, quella stanza lo stava opprimendo.

Il sole stava sorgendo, e la giacca che indossava non bastava certamente a coprire il freddo invernale.

Ma non sentiva freddo, anzi, aveva stranamente caldo.

La sciarpa sembrava stozzarlo, e le mani nei guanti sudavano.

L'aria fredda però gli era entrata dentro, ghiacciando il suo cuore pazzo e, sopratutto, i suoi irrequieti pensieri, che cercavano di portargli via tutta la sanità.

E camminava, camminava solo in quella strada ancora illuminata dai lampioni nonostante il sole fosse sorto, colorando il cielo di un romantico rosa.

Il cuore di Mikey si sciolse un po', riprendendo a battere alla solita velocità.

Ma i suoi pensieri erano ancora congelati, addormentati nella sua mente, e infondo era quello lo scopo della passeggiata.

Quindi in quel momento, per la prima volta, aveva ottenuto ciò che voleva. E di certo non sarebbe stata l'ultima.

 

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Capitolo 4
*** Capitolo 3 ***


Give me a kiss to remember

Capitolo 3

L’alba era sorta, e Mikey forse aveva trovato un po’ di conforto in quella passeggiata.

Era riuscito a distrarsi, sospendendo la sua attenzione su ogni cosa; un uccellino su un ramo, un foglio di giornale rovinosamente calpestato da mille piedi indaffarati che giaceva sul bordo di una sporca strada vuota, una donna anziana che osservava nostalgica quel parco ora così spoglio.

Chissà quante cose aveva vissuto, quella signora.

Forse aveva perso l’amore della sua vita, e ora stava là ad attendere che la morte portasse via anche lei in un mondo più tranquillo, di nuovo vicina a quell’uomo che era riuscito a renderla felice con un semplice sorriso…

Per un attimo il volto di quella signora divenne la faccia triste di Gerard, che guardava i piccioni passeggiare in coppia per le stradine piene di foglie, nel silenzio, senza il suo Frank.

Gerard.

Quel nome, lo odiava.

Gerard…era tutta colpa sua.

Gerard, Gerard, Gerard.

Quel nome rimbombava nella sua mente, di nuovo, e la confusione tornava, assieme a quella miriade di domande.

E tutto quello che aveva attorno sparì, inghiottito in una delle camere del suo cervello in quel momento troppo infime per essere considerate.

Si dovette fermare, quelle immagini stavano tornando, confuse, veloci, e la testa cominciò a pulsare freneticamente.

Tutto si unì, e in quel mondo pareva essersi perso il confine tra fantasia e realtà.

Era tutto fuso in un sogno lucido e sporco, finto e vero.

A Mikey stava salendo la nausea, doveva sedersi, ma decise di non farci troppo caso.

Pensò di tornare a casa, anche se la voglia di vedere quell’essere che tanto stava odiando era veramente minima: c’era comunque la speranza che il fratello stesse ancora dormendo, o che stesse componendo.

Non gli serviva molto, avrebbe preso una birra e si sarebbe situato nella terrazza sul soffitto a osservare la nuvole spensierate passeggiare nel cielo grigio.

 

Camminava per la città tenendosi stretto nella sua giacca, perché a quanto pare il clima californiano aveva deciso di mutare solo per lui, e pativa il freddo nel suo viaggio verso casa.

La sua mente pareva troppo piena, quindi aveva deciso di spegnerla, e non pensava più a nulla; come quando sovraccarichi troppo l’elettricità, e questa salta lasciandoti nel buio più totale.

Camminava, camminava verso casa a ritmo di una marcia veloce e sconosciuta, ma che gli pareva di conoscere da sempre.

E c’era la musica, lui la poteva sentire, solo lui.

Era la prima volta che sentiva la musica, e in quel silenzio ghiacciato si potevano sentire delle note bellissime, racchiuse in quel mondo distante migliaia di chilometri ma così vicino.

Quella magia però durò poco, troppo poco.

La musica si bloccò, e lui tornò nel mondo; era davanti ad una porta, ma non aveva alcuna chiave

“Cazzo, la chiave!” L’aveva lasciata a casa, sul comodino.

Che fare?

Si ricordò dell’entrata segreta che lui e Gerard avevano creato quando uno dei due tornava a casa ubriaco e non riusciva ad aprire la porta o perdeva le chiavi.

Erano anni che non veniva utilizzata, e per la prima volta Mikey potè osservare chiaramente come fosse costituita quell’entrata.

Era un piccolo squarcio nel muro che divideva la finestra del balcone del palazzo dalla loro, visto che abitavano all’ultimo piano.

Una volta infilatosi in quello squarcio appositamente nascosto da un vaso, il ragazzo riuscì ad accedere all’appartamento dalla finestra, che era aperta.

Gerard quindi era sveglio

Non aveva la minima voglia di vederlo, decise quindi di marciare a testa alta diretto alla cucina evitando il contatto visivo, prendere la sua birra e uscire di lì, tornando al balcone da dove veniva.

“Questa però è sfiga eh…” il fratello era lì, in cucina in vestaglia sorseggiando il suo amato caffè e osservando quegli stupidissimi pancakes cuocere sulla padella sfrigolante di unto burro.

-Ehi ciao, vuoi uno? Ti ho preparato il caffè, guarda-

Tipico di Gerard, fare finta di nulla.

Mikey non poteva, non voleva dargliela vinta, doveva liquidarlo freddamente, non poteva guardarlo negli occhi però, perché se no come medusa quello sguardo lo avrebbe ipnotizzato, o nel peggiore dei casi pietrificato.

-Prendo una birra e vado, grazie- e così fece.

Si chinò nel frigo bianco, prese la sua birra, e seguendo la sua calcolata traiettoria andò verso il terrazzo.

Si sedette aggrappando la braccia al poggiolo e lasciando i piedi a penzolare nel vuoto.

Guardò al cielo, era abbastanza grigio il tempo.

C’era un solo squarcio di luce, quella era forse sua nonna? Ah, la cara Helena…

Doveva scriverle.

Si alzò, non voleva tornare dentro, forse però aveva qualche possibilità di trovare carta e penna nella stanza di Gerard, a cui piaceva disegnare o comporre sul bordo della finestra e che alla fine lasciava sempre tutto là, e così fu.

Qualcosa era andato dritto, allora, in quella giornata così rovescia…

Prese carta e penna e tornò alla sua postazione, dove sorseggiando la sua fredda birra bionda iniziò a scaricare tutto ciò che si portava dentro su quel foglio bianco pronto per essere riempito.

“Cara Helena,

ti scrivo dal balcone: sei tu quello spruzzo di luce che illumina la mia giornata? Sì, sono certo di sì.

Solo tu puoi essere bella in questa giornata così…così storta.

Sono stato io, è colpa mia, non di Gerard. Ecco, finalmente l’ho detto.

Sono stato io a tornare indietro quando potevo camminare avanti, via da quella disgrazia.

E Gerard, Gerard non poteva capire, lui non si rende conto di ciò che fa, ma io sono troppo stupido per capirlo, ovvio.

Tanto è sempre colpa mia, non farò mai nulla di buono, io.

Eppure io lo volevo veramente, era ciò che più ardentemente desideravo, non capisco..

Vorrei solo un tuo abbraccio ora, un abbraccio e tutto andrebbe meglio.

Un abbraccio per calmarmi e poi vedere tutto più chiaro, ma con queste lacrime sempre sul punto di scendere la vista è annebbiata, sono cieco.

Mio fratello…lui è mio fratello, e io…

Però tu mi hai sempre insegnato a vedere le cose dal punto di vista migliore, e almeno questa volta ho ottenuto ciò che desideravo, no?

Nonna, io ho paura di amarlo.

Però lo odio, lo odio per avermi portato a pensare questo.

In fondo come si fa a non amarlo? Quando ti scoppia a piangere tra le braccia e tu gli dai tutta a tua protezione e ti senti utile e apprezzato e…

I suoi singhiozzii sulla spalla, il fiato caldo, le sue mani che si strofinano dolcemente sugli occhi umidicci e gonfi, è così dolce… a volte mi sembra di essere io il fratello maggiore, dei due.

È bello dargli protezione e conforto, è bello curarsi di lui, è come un bambino piccolo in questo momento; un bambino quando la mamma è fuori e piange perché gli manca e ha paura di averla persa, ecco, questo è Gee, così è come io lo vedo.

E quando sorride, oh, quando sorride il mondo si ferma ad osservarlo, ne sono certo.

Ora capisco Frank, lo capisco eccome.

Sono un traditore, ecco, sono anche questo.

Ho tradito Frank, uno dei miei migliori amici, faccio schifo per questo.

L’altra notte, dopo…l’accaduto, ho fatto un sogno.

Era strano, c’erano tutte le cose che da sempre mi avevano spaventato, e tra queste c’era anche una caricatura di me, ero un mostro.

Io sono un mostro, no?

Poi sono andato fuori, a fare una passeggiata, e ho visto l’alba.

Era così bella che sarei rimasto seduto su quella panchina di marmo freddo per sempre, scaldato da quella luce rosea ed angelica, ma poi è tutto finito, come ogni altra cosa bella, d’altronde.

Oh, ho anche sentito la musica, oggi, e mi sono chiesto se l’hai sentita anche tu quando il tuo cuore ha smesso di battere.

Era bellissima, era perfetta.

Se solo potessi ricrearla, quella musica...magari, ma è troppo unica.

Tu come stai?

Comunque oltre a tutti i miei dubbi e domande, non ho idea neanche di cosa sia per Gerard ciò che succede tra noi, e questa cosa mi fa stare anche peggio.

Forse anche lui è confuso, forse…

Ciò che più mi ha depistato è stato il suo comportamento prima, in cucina.

Era così tranquillo, amichevole, come se nulla fosse accaduto.

Forse neppure se ne ricorda, io davvero ora non so, non ho più alcuna certezza.

Forse non è nemmeno mai successo, forse sono impazzito, le ipotesi potrebbero essere miliardi.

Dici che dovrei parlarne con lui? Forse lo farò, però quando sarò sicuro che non mi salti addosso o che non appiccichi le sue labbra umidicce sulle mie come è successo fin troppe volte in quest ultimo periodo.

L’unica cosa che ora però posso fare è attendere, e non penso che ci sia posto migliore di questo balcone.

Mi basta non guardare giù, qua c’è una vista fantastica.

Ti voglio bene nonna, Grazie per esserci sempre per me

Con affetto

Mikey”

 

Il ragazzo non aveva intenzione di rientrare, decise quindi di rimanere su quel poggiolo per quanto più tempo avesse potuto.

Sorseggiava lentamente la sua birra fredda e non scollava lo sguardo da quel paesaggio mozzafiato, in attesa forse di qualche anomalia, o forse semplicemente per poter godere di ogni singolo dettaglio che componeva quella visuale tanto armonica.

Gerard intanto si era chiuso a disegnare, e scaricava tutte le sue frustrazioni su quel foglio.

Non stava propriamente disegnando, stava semplicemente tracciando linee confuse e arrabbiate sul foglio, forse avevano un fine, ma in quel momento non lo conosceva neanche lui.

Era così odiosamente debole.

Doveva essere lui, fratello maggiore, a prendersi cura del più piccolo, non il contrario.

E invece lui si stava prendendo gioco di Mikey, forse lo stava usando, ma a questo punto non lo sapeva più neanche lui.

Quello che provava per Frank era un amore platonico, che andava certamente oltre l’intesa sessuale e l’aspetto esteriore.

Quello che provava per Frank non lo poteva descrivere a parole, era una cosa che stava fuori dal tempo e dallo spazio, il loro amore li teneva lontani dal mondo nel loro bozzolo personale.

Quello che provava per Mikey era invece un sentimento indefinito, unico, pareva una di quelle cotte che aveva vissuto da ragazzino ma aveva qualcosa di più, era un sentimento certamente più forte.

Quello che provava per Mikey, cos’era? Sapete, a questa domanda non trovò mai risposta.

 

 

 

 

 

 

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Capitolo 5
*** Capitolo 4 ***


Give me a kiss to remember

Capitolo 4



Le giornate proseguivano lente, divorate dall'attesa.

Un' attesa sconosciuta, senza meta, un' attesa infinita.

E un senso di angoscia cresceva in Mikey che pareva non farci caso.

Gerard stava più male che mai; erano passate più di due settimane, da quando Frank era sparito.

Nessuna notizia trapelava da quel paese tanto distante.

Passava le giornate sul divano, guardando i telegiornali uno dopo l'altro nella speranza di trovare qualche informazione utile.

Non gli era mai importato cosa accadesse nel mondo fino ad allora, eppure scoprire le sofferenze altrui lo aiutava a comprendere meglio le sue.

Quei telegiornali era diventati una sorta di terapia, per lui.

Mikey era andato a stare da un amico per un po' di tempo, ma mandava Ray a far compagnia al fratello.

In quel momento di instabilità, non poteva lasciarlo da solo.

Ray andava a trovarlo due volte al giorno, uscivano, gli preparava da mangiare e lo portava alle sedute di terapia... Insomma, svolgeva i compiti che usualmente avrebbe dovuto compiere Michael, dato che questo era ancora troppo scosso dai precedenti avvenimenti.

Erano infatti passate tre settimane in Mikey le ferite si stavano risanando.

Scriveva lettere alla nonna ogni giorno, le teneva tutte rilegate in un libretto sciupato, era diventato il suo diario.

Gli mancava un amico, un amico vero, un amico come per lui era stato Gerard.

Le cose però erano cambiate tanto, troppo, e ora non si potevano neppure guardare in faccia.

Gerard per fortuna usciva di rado, non accadeva mai che i due si incontrassero per strada, eppure il faccino delicato del fratello ronzava nella mente di Mikey tutto il giorno, tutti i giorni.

E allora si sfogava con la nonna, l'unica che ancora lo ascoltava in silenzio, l'unica e la sola che non lasciava trapelare a nessuno quel segreto così nero e sporco, sporco come Mikey, che aveva iniziato a sviluppare sempre di più i sensi di colpa.

E quel segreto era troppo enorme per essere nascosto nel suo piccolo corpo, lo avrebbe voluto urlare al mondo ma non poteva, quindi continuava a sopportare i sogni disturbati dal pensiero ricorrente che lo stava torturando.

I contenuti delle sue lettere alla nonna erano quasi tutti uguali, eppure gli pareva ogni volta di scrivere qualcosa di nuovo. Era fermo ancora in quell'istante, quel momento in cui quella storia era iniziata. “Gerard, ma cos” lui quindi ci aveva provato a rifiutare, ci aveva provato ogni volta che quella cosa aveva avuto una svolta, forse non era completamente colpevole.

Le idee avevano iniziato a muoversi, stava succedendo qualcosa.

 

22.30, era più puntuale di un orologio svizzero.

A quell'ora estraeva silenziosamente carta e penna da sotto il materasso che gli era stato gentilmente prestato e attaccava a scrivere.

Cercava di selezionare e riordinare i suoi pensieri, in quelle lettere scritte sbilenche sui fogli giallognoli, ma rimaneva tutto comunque un immane casino.

Questa volta sapeva però perfettamente cosa voleva scrivere, le parole comparivano nella sua mente e passavano direttamente alla mano.

Questa volta però non avrebbe scritto ad Helena, questa volta avrebbe affrontato quel blocco che lo distoglieva dalla realtà, e fu così che l'inchiostro blu di quella penna tutta mangiucchiata marchiò la pagina con un deciso “Caro Gerard”.

 

 

 

“Caro Gerard,

probabilmente stai già pensando di spezzare il foglio ma ti prego, aspetta.

Prima di tutto: come stai?

So che paio codardo a non chiedetelo di persona ma è ancora troppo presto: vedere il tuo volto, sentire la tua voce riaprirebbe una ferita non chiusa, voglio lasciare che cicatrizzi.

Non me ne sono andato, sono sempre tuo fratello, tornerò.

Chissà quanto solo ti senti in questo momento.. Ray è di qualche aiuto, in qualche modo? Spero di sì, lo spero davvero.

Mi pare ovvio che in questa lettera parlerò anche di ciò che è avvenuto tra noi, perché anche se forse per te non è nulla, a me ha sconvolto la vita.

Mi sono sentito colpevole per tutto questo tempo, credevo che tu non fossi in grado di pensare in quel momento, poi mi sono ricordato di aver rifiutato.

Non è solo colpa mia, quindi, ma non è neppure colpa tua.

Ma non mi interessa dare la colpa a qualcuno, io voglio solo sapere perché.

Perché l'hai fatto? Perché non ti è bastato un bacio? Perché hai voluto continuare?

E sopratutto: cos'è stato per te, tutto questo?

Io ho paura, quello che abbiamo fatto non sarebbe mai dovuto accadere, è sbagliato, è inconcepibili.

SEI MIO FRATELLO.

Come diavolo è potuto succedere? Come mai questa situazione mi è sfuggita dalle mani? Aspetta...perché sto chiedendo queste cose a te? Ah già, perché io non sono riuscito a trovare risposte.

Però ho bisogno di sapere, perché io non dormo la notte a causa di questo.

Cosa c'è di sbagliato in me? Dammi una risposta e cercherò di cambiare, poi tutto tornerà normale.

Le cose devono tornare normali, perché io non ho nessuno se non te, e ho troppa paura di camminare in questo mondo ingiusto da solo.

Ho paura di sbagliare di nuovo, ho una fottuta paura che tutto succeda di nuovo.

E allo stesso tempo, per quanto può sembrare assurdo, mi mancano i tuoi baci.

Mi manca abbracciarti e stringerti la mano finché piangi, mi manca essere là per sostenerti e donarti tutto il mio amore.

Guarda: parlo come se fossi il tuo ragazzo.

Il tuo ragazzo...non ci hai pensato a Frank? Avremo per sempre un segreto, questa cosa non ti distrugge? Perché a me sì, questa cosa mi sta divorando dall'interno.

Ogni persona che conosco rende questo segreto più grande, voglio essere solo, completamente solo, e allo stesso tempo voglio qualcuno.

È solo casino, tutto quanto è caos.

Un caos che sta crescendo a dismisura, e quando non potremo più controllarlo che farà? Si prenderà anche noi?

Dico noi perché anche tu sei coinvolto in questa faccenda, per quanto faccia finta di no.

Come hai potuto fare finta di nulla quando sono tornato a casa, quel giorno? Cosa ti passava quel quella cazzo di testa? Cosa credi, che non affrontando il problema questo sparisca? Beh, posso assicurarti che non è così, e parlo per esperienza.

Scappavo sempre dai problemi, e ora questi mi stanno seppellendo. Mentendo a me stesso mi ero scavato una fossa, non voglio che accada anche a te.

Credimi Gerard, io ti voglio bene, credimi...forse anche troppo.

E credimi anche quando ti dico che questa storia ti si ritorcerà contro, purtroppo, e io sarò solo un peso in più.

Non voglio essere di troppo, non voglio essere un peso per te che mi hai sempre sostenuto e aiutato, per te che ci sei sempre stato, ma voglio che tu sappia che non sto bene.

Se vuoi farlo dimenticami, potrò sparire dalla tua vita in un secondo se tu vorrai, altrimenti tornerò, solo per te.

Non sono il bisogno di sprecare oltre parole, fatti sentire; io voglio solo capirci qualcosa in tutta questa faccenda
                                                                                                                                                                             
                                                                                                                                                                                  
Con affetto                                                                                                                                                                                                                                                                                                         Mikey "

 

Posò la penna sul foglio e chiuse un attimo gli occhi, lasciando che la testa pesante si chinasse indietro, tirando leggermente i muscoli del collo indolenziti, tirò un sospirò e portò le braccia dietro alla testa con fare drammatico.

Si distese supino sul letto e tenendo le braccia dietro alla nuca iniziò a osservare il soffitto basso: quella notte non avrebbe dormito.
___________________________________________________________________________________________________________________________

Salve GGGente
Come state?
Allora, ho deciso di mettere le note dell'autore today bc volevo dire che sono felicissima di come sta proseguendo la storia e avvisarvi che a breve sarà finita..
Non avevo in progetto una storia lunghissima, avevo pensato a una ventina di pagine e una ventina di pagine sono, quindi posso ritenermi soddisfatta :)
Ringrazio chi (anche se in silenzio, dato che non ho ricevuto quasi nessuna recensione :c) ha seguito la storia e ne approfitto per chiedervi se potete followarmi su twittah : 
https://twitter.com/disagiathy (@disagiathy)
ah, e ringrazio anche @disagiolars anche se lei non fa nulla bc è troppo pigra e impegnata, ma l'idea nasce da lei...so...Crazi amika E vi saluto ascoltando Bad dei miei amati U2
With Rage n love
BrainStew_Athy

 

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Capitolo 6
*** Capitolo 5 ***


Give me a kiss to remember

Capitolo 5


Si svegliò presto, Mikey: non voleva rischiare di incontrare Gerard.
Era ancora buio, e la casa era più silenziosa di un cimitero.
Una flebile luce entrava dalle sfese nelle persiane, l'argentea luce della luna illuminava le penne messe disordinate sul tavolino e i fogli sparsi.
I vestiti erano accasciati malamente sulla sedia che gli era stata data, e anche quelli ernao a tratti illuminati da quella luce che molte persone considerano romantica. Chissà perché..
E c'era pace, in quel momento, eppure lui non era in pace.
Dentro di lui si stava combattendo una guerra tra il buon senso e la giustizia, e stranamente vinse la giustizia, quasi contro la volontà del ragazzo.
Sarebbe rimasto là per sempre, in quella luce fredda di luna piena, seduto sul letto sfatto e in silenzio.
Quanto tempo era che non sentiva un silenzio così cupo e solitario, così pacifico? Tanto, forse anche troppo.
Sarebbe rimasto là per sempre, ma purtroppo non poteva.
Quindi meccanicamente si alzò dal letto scostando le coperte dal suo grembo e sistemandole come meglio poteva, e accese cautamente la luce.
Cercando di non svegliare l'inquilino che l'ospitava tanto gentilmente, si diresse quindi verso la sedia dove erano poggiati i vestiti.
Una t-shirt dei The Smiths in cotone, una felpa e dei Jeans: era un abbigliamento troppo misero per uscire in una nottata invernale, sopratutto con quel tempo che stranamente si era presentato quell'anno.
Guardò se si era portato dietro una giacca o un maglione, ebbe fortuna.
Dentro alla valigia disastrata c'era una giacca, leggera, ma pur sempre una giacca.
Era una giacca in cotone nero in stile militare, era lunga, e lui l'adorava.
Neanche a farlo apposta, era la stessa giacca che aveva indossato in quell'altra alba trascorsa passeggiando per le strade della città, dopo...quello.
Non sapeva se per il freddo o per la paura, o forse solo per un ricordo ancora troppo fresco, il sangue gli si gelò nelle vene.
Uscì dalla sua stanza quanto più silenziosamente poté; non accese alcuna luce e di certo compiere quell'azione nel buio non migliorava il tutto.
Con passo felpato si diresse alla porta d'ingresso, tenendo strette le chiavi nelle tasche così che non tintinnassero.
Scese le scale quanto più lentamente riuscì e mantenne quel fare finché non si trovò tra i rumori molesti delle auto.
Odiava quella strada trafficata, era così rumorosa, così confusa, confusa quasi quanto lui.
Decise di optare per il gran viale, quello dove le macchine non potevano passare, forse avrebbe ritrovato quella calma dalla luce argentea che prima aveva preso possesso della sua stanza, o almeno così sperava.
Le strade erano deserte, era tutto uguale, tanto che gli parve di avere un deja-vu.
Il giornale martoriato al bordo della strada, gli alberi spogli, il cielo nero...
Tutto uguale, meno che i suoi pensieri.
La certezza che per un attimo quel giorno era svanita, persa all'interno di un mare di paura e coraggio inesistente.
Eppure era questo ciò che voleva, voleva portare quella lettere a casa, e lo avrebbe fatto, perché ora sapeva di essere capace di ottenere ciò che voleva.
“Fatti un po' di coraggio, idiota. Sei andato a letto con tuo fratello e or anon hai il coraggio di portare una stupida lettera? Non si piange sul latte versato, Mikey”
Lungo tutto il tragitto si era ripetuto ciò, in silenzio, nelle strade illuminate fioccamente dai lampioni sfarfallanti.
Ma il coraggio non lo trovava comunque.
C'era quella paura che qualcosa andasse storto anche sta volta, quella paura che non voleva lasciarlo solo.
E poi c'erano i ricordi, così tanti che neppure il tempo avrebbe potuto cancellare.
Doveva solo riuscire a rinchiuderli in un cassetto, solo per quella mezz'ora di cammino, perché non poteva tirarsi indietro.
Si strinse goffamente nel cappotto e aumentò la velocità.
Non guardava avanti, non poteva rivivere quel momento, quindi osservava i suoi piedi muoversi velocemente, scrutava attentamente il cemento sporco di quel marciapiede, contava le foglie che trovava sul suo cammino.
Ancora una volta solo, ancora una volta di notte, ancora una volta spaventato.
Avrebbe voluto avere suo fratello, accanto in quel momento.
Ma non il Gerard che era ora, lui rivoleva suo fratello, quello che un tempo era stato il suo migliore amico, quello che gli mancava tanto.
E quando un' avvizzita lacrima si fece spazio a bordo del suo occhio sinistro, notò di essere arrivato.
Non si sarebbe tirato indietro, non a quel punto.
Camminò velocemente stringendo la busta nella mano, sotto al cappotto.
La carta era tiepida, e si stava bagnando a cause delle mani sudaticce di Mikey.
A ogni passo cresceva l'adrenalina che gli era entrata in circolo quando, nel tentativo di ricacciare indietro quella lacrima ribelle, aveva alzato al cielo lo sguardo e notato il palazzo accanto a lui.
Cresceva e cresceva, si sentiva esplodere il cuore in petto.
E preso da un momento di coraggio o forse mediata follia, buttò la lettera sotto la porta del fratello e suonò al suo campanello.
Non pensò neppure un istante, però, di restare.
Corse alla terrazza del palazzo, si nascose dietro alla pianta che divideva la casa Way dal luogo in cui in quel momento era.
Non avrebbe retto la vista del fratello, non ce l'avrebbe mai fatta.
Così si sedette comodo, con la schiena poggiata sul muro e le gambe distese, e gli occhi persi nei mille ricordi che stavano riempiendo i suoi occhi di nuvole pronte a piovere lacrime salate.

Il ragazzo dai capelli neri si svegliò bruscamente.
Aveva suonato il campanello o era stata solo una sua illusione?
Si alzò svogliato dal letto del fratello, che era così caldo e accogliente, ma sopratutto privo di ricordi i Frank.
Dormiva lì da quando Michael se n'era andato, e nella sua stanza ci andava solo per prendere il materiale da disegno.
Muovendosi lentamente e in modo sbilenco, si diresse alla porta.
Dovette sbattere contro lo stipite della porta per svegliarsi e decidersi ad accendere le luci.
Nel breve tragitto pensò che sarebbe potuto essere Frank che tornava a casa, che tornava finalmente da lui.
Oh, quanto era emozionato!
Come un bambino che attende il natale, Gerard si agitò oltremodo.
Correva per le stanze confondendole, e cercava di destreggiarsi tra quella meravigliosa realtà che sarebbe andata persa se fosse stato un altro sogno, l'ennesimo..
Ma quando arrivò all'ingresso e aprì la porta non c'era nessuno: se l'era immaginato, allora.
E questo però era reale, perché i sogni raramente si tramutano in incubi così. 
Non era Frank che tornava a casa, allora.
Chinò la testa lungo il petto, e si mise ad osservare le sue pantofole che desolate tornavano alla stanza.
E fu solo allora che notò la lettera.
Non veniva dalla base militare, non gli avrebbe dato alcuna informazione riguardo a Frank.
Allora cosa valeva leggerla? 
La lasciò a terra, e se ne tornò da dove era arrivato.
Cercò di dormire, non ci riusciva.
“Tanto vale leggerla quella stupida lettera” e con questo pensiero tornò all'entrata per raccoglierla e leggerla.

Rimase stupito quando riconobbe la calligrafia del fratello; era convinto di aver perso ogni possibile contatto con lui.
Eppure nel sapere che sarebbe tornato, non provava né gioia né sollievo, solo un'enorme ansia e angoscia.
Cosa gli avrebbe detto? 
Nulla sarebbe stato come prima, questo era certo.
E questo per colpa di chi? Ma per colpa sua, ovviamente.
Era sempre colpa sua, lui era il fratello fallito, quello grande e che non era mai stato d'esempio.
La rabbia stava crescendo il lui, come uno di quegli assoli di batteria che crescono, crescono sempre di più, ed ad un certo punto pare che esplodano in un silenzio placido.
Cosa doveva fare ora? Rispondergli? Doveva pensarci, o scrivere semplicemente ciò che pensava? Ma lui ci aveva mai pensato a Mikey? 
Fu sincerò con se stesso: no, di Mikey non gli era mai importato più di tanto, in quell'ultimo periodo.
Però ora che tutti i nodi erano venuti al pettine, avrebbe dovuto affrontare anche questo problema.
Sarebbe dovuto essere sincero come gli era sempre stato detto oppure, questa volta, avrebbe dovuto mentire?
Forse avrebbe fatto meglio a scegliere la seconda opzione, perché tutto ciò che gli veniva in mente in quel momento erano tanti insulti, i più disparati.
Quello stronzo, lui sapeva quanto stava male Gerard, perché si era messo in mezzo? 
Un altro problema, un altro motivo per piangere non era ciò che gli serviva.
Lui voleva solo un abbraccio materno, un bacio del suo amato.. solo quello, e quell'incubo in cui viveva sarebbe stato nuovamente calmo.
Un bacio per sorridere di nuovo, un bacio per ricordare com'era la realtà, quella che ormai lui aveva dimenticato.
Aveva perso ogni confine tra sogno e veglia, non vi era più alcuna differenza per lui, oramai.
A volte non si rendevà conto di star dormendo, a volte non si rendeva conto di esser sveglio, e non era difficile che confondesse le cose.
Tanto, sogno o realtà, quel luogo rimaneva il solito inferno, colmo di ricordi e privo di un futuro. Inutile era cercare di capire, a quel punto.
Lui però non aveva perso la speranza, no.
Lui continuava a sperare, e costantemente rimaneva deluso.
E nel frattempo, finché la speranza non si fosse esaurita, lui avrebbe atteso invano una qualunque buona notizia che a quanto pare voleva solo farsi attendere, e ci stava riuscendo.
La speranza diminuiva minuto per minuto, lentamente, come un clessidra.
Granello per granello.
Ora non era però il momento di perdere la speranza e con essa sé stesso, però.
Ora, era il momento di reagire, e cercare di cancellare almeno uno, uno solo dei suoi problemi, e con questo pretesto Gerard strinse saldamente la matita rovinata ed estremamente usurata tra le mani sudate.
Era una matita nera, o almeno lo era stata: era divorata dal nervosismo di una tavola riuscita male e di alcune parole che non volevano uscire, martoriata dai piccoli denti del ragazzo, e distrutta dal tempo.
Eppure scriveva ancora, e questa volta le parole uscivano da sé.
“Allora Michael, chiariamo le cose”

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