Anna e la sfida

di cristhinah
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Prologo ***
Capitolo 2: *** La reggia in Amman: l'incontro ***
Capitolo 3: *** Guerra in Amman: II round ***
Capitolo 4: *** Uno spirito ribelle ***
Capitolo 5: *** Guai in vista ***
Capitolo 6: *** Weird Situation ***
Capitolo 7: *** Festa tra le falene: First Act ***
Capitolo 8: *** Festa tra le falene: Second Act. ***
Capitolo 9: *** Iraq el Amir: fuga ***
Capitolo 10: *** Kidnapped! Anna, where are you going? ***
Capitolo 11: *** Il Venditore : Anna, are you ok? ***
Capitolo 12: *** Sparita! Rhadi go on! ***
Capitolo 13: *** Rosso carminio: l'asta ***
Capitolo 14: *** Tu non mi ami e io non ti... amo ***
Capitolo 15: *** Life... after 4 days ***
Capitolo 16: *** Caos, sigari cubani e ... Rhadi, ma dove cavolo siamo?! ***
Capitolo 17: *** Adèle's revelation ***
Capitolo 18: *** You'll get your freedom whenever you want ***
Capitolo 19: *** Going to Hell ***
Capitolo 20: *** I care... ***
Capitolo 21: *** Freaky meeting ***
Capitolo 22: *** Supposizioni ***
Capitolo 23: *** La tenera alla dimora della luce ***
Capitolo 24: *** Aurore ***
Capitolo 25: *** Concealed World ***
Capitolo 26: *** Through the rain ***
Capitolo 27: *** Rhadi's thoughts ***
Capitolo 28: *** Shaykh's dungeon ***



Capitolo 1
*** Prologo ***


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Pensieri, parole, nuvole. Guardo il cielo e mi sento stanca, abbagliata da tutto questo splendore azzurro. Forse non dovrei passare le mie giornate a guardare il cielo, non dovrei neanche provare a scrutare le ultime nuvole bianche, gli ultimi sprazzi candidi immersi nel turchino. Ma che dico? Le nuvole non sono bianche. Le nuvole acquistano sempre nuovi colori.

Mentre scruto così una libertà che non mi appartiene, mi ritorna in mente quella sera di giugno di alcuni anni fa, quando ancora il mondo non mi si era voltato contro. E piango. Era stata la prima volta in cui avevo incontrato l’ambasciatore e sua moglie. La prima volta in cui mi fu detta la verità. I miei primi diciassette anni di vita erano stati una menzogna. Non furono queste le esatte parole, ma il senso è abbastanza azzeccato. Appartenevo ad un altro mondo, non certo il mondo londinese che avevo imparato ad amare. Persino quelli che credevo fossero i miei genitori avevano recitato una commedia. Il loro ‘ volermi bene ’ però non lo era stato, mi avevano assicurato. Si, ora che ci penso, diventa tutto più distinto e chiaro..

 

" Anna, questa sera abbiamo ospiti" mi gridò la mamma dalle scale, mentre stavo finendo la mia ultima ricerca sul Tibet. Sospirai. Da quando mio padre era divenuto alto funzionario diplomatico del governo londinese, ogni sera avevamo sempre ospiti. Erano doveri diplomatici, mi diceva. Cominciava a diventare stancante però tutto questo tram tram che non finiva più. A volte riuscivo a scamparla e andavo a cena con i miei amici Matt e Joey, quella sera però capii subito che la mia presenza era tassativamente richiesta. Sospirai ancora e mi grattai la punta del naso con il cappuccio della biro. Riposi con cura i miei fogli e i compiti di ricerca che mi erano stati assegnati per le vacanze. Poi mi volsi verso la finestra e guardai fuori. Il panorama era spettacolare, Hyde Park si estendeva sotto il mio sguardo come una piccola giungla verde. Era una meravigliosa sera estiva.

Rapidamente, pensai a prepararmi con cura. Scelsi un vestito Chanel che mi aveva regalato la nonna. Lo adoravo, era di seta blu notte e si intonava perfettamente con i capelli scuri e la carnagione olivastra. Non mi truccai. Non mi piaceva impiastricciarmi il viso con cosmetici che rovinavano la pelle. D’altronde non che ne avessi bisogno granché. Al contrario di molte ragazze di quell’età ero abbastanza soddisfatta del mio aspetto, sebbene fosse molto diverso dai tipici canoni inglesi. Comunque non che me ne curassi poi tanto. Se c’era una cosa che detestavo erano tutte le smorfiose della mia scuola che pensavano unicamente alle apparenze. Era proprio per questo motivo che spesso evitavo di andare alle feste. Tutti mi volevano, mi cercavano, mi invitavano unicamente perché ero figlia del console Richardson. Le ragazze più snob, avevano persino cercato di farsi invitare a casa mia, unicamente per vedere il lusso con i propri occhi. Sarebbero comunque rimaste deluse. Sebbene socialmente avevamo una posizione, la mia famiglia non si era mai montata la testa. Mio padre aveva duramente lavorato tutta una vita per raggiungere quel livello. Tutto quel piccolo mondo di certezza di cui sto parlando, comunque, quella sera mi si sgretolò davanti. Alla fatidica cena con gli ospiti, conobbi gli ambasciatori della Giordania.

La donna era giovane, avvolta da uno chador rosso sangue che però lasciava scoperto il viso, e l’uomo emanava un’autorevolezza particolare. Appena entrai nella sala da pranzo presi nota subito che i miei genitori non c’erano. " Rahim, è identica a Lina" sussurrò la donna, colta da uno strano tremore. L’uomo non proferì parola, seguitando solamente a guardarmi.

In principio, pensai di trovarmi dinanzi ad una coppia di folli maleducati, ma poi il senso di tutto si chiarì, anche se ancora oggi trovo arduo accettarlo. In quel preciso istante infatti fecero la loro comparsa i miei genitori che mi guardarono con una strana espressione.

" Mamma, papà? Cosa sta succedendo…?" chiesi incerta. Nessuno mi rispose. Mia madre scoppiò a piangere. Fu allora che le corsi incontro.

" Mamma, cosa hai? Che ti metti a fare piazzate adesso?! Abbiamo ospiti!" bisbigliai imbarazzata. Poi mi rivolsi sorridendo nervosa agli ospiti che ancora mi osservavano " Scusatela, è un po’ stanca, probabilmente ha anche l'emicrania. Sapete, ci soffre". Non mi risposero. Dannazione alla loro sfacciataggine. Non smettevano un attimo di fissarmi, un atto di mancata educazione. Non me ne curai e mi avvicinai a mio padre per scuoterlo. Anche lui però mi fissava strano.

" D’accordo… cosa succede?" dissi conciliante, mentre una strana preoccupazione mi avvolgeva le viscere. Mio padre, gli occhi stanchi e la barba brizzolata, mi fece cenno di sedermi. Ma non mi sedetti.

" Anna" mi disse – Ancora oggi riesco a ricordarmi del tono della sua voce- " Domani mattina partirai per la Giordania, insieme a questi due signori che sono i cugini del tuo fidanzato".

Mi ci vollero due secondi per realizzare , poi scoppiai a ridere sinceramente divertita. " Papi, ma cosa dici?" Poi tornai seria; non era da mio padre scherzare di fronte a due sconosciuti. Lo guardai in viso e capii che era serio. Sbiancai.

Mia madre non la smetteva di piangere e lentamente si era afflosciata sulla moquette del salone. Mio padre continuò imperterrito.

" Perdonaci, Anna…io.. noi non ti abbiamo mai detto che in realtà non eri veramente.. nostra figlia. Volevamo tanto un figlio e.. e ti abbiamo adottato. Eri così piccolina e fragile in quel lettino all’orfanotrofio! Dio mio perdonami, Anna… Ma ora è .. successo qualcosa di inaspettato. La tua vera famiglia ti ha ritrovato..e.." si interruppe e abbassò lo sguardo, portandosi le mani al volto.

Mi dovetti sedere per non svenire, e mi ci volle un po’ per digerire quel torrente di notizie.

La mia vera famiglia? Adottata? Fidanzato?

A quel punto intervenne l’ambasciatore arabo " Anna, il tuo vero nome è Amira e sei la figlia di Majid Nasser, generale militare giordano. Quando i tuoi genitori sono stati uccisi, degli oppositori politici ti hanno rapito e portato a Londra.Ora che ti abbiamo ritrovato potrai conoscere la tua vera famiglia che ti sta aspettando.."

Lo guardai incredula. Di colpo tutte le differenze fisiche, la mia pelle leggermente scura e alcuni strani atteggiamenti dei miei genitori furono spiegati. Non fu sufficiente per me quella spiegazione, per cui guardai sprezzante quella coppia di sconosciuti.

" Non mi interessa chi siete né cosa volete." Sibilai, gelida e incapace di mantenere l’educazione " Io non verrò mai con voi . La mia famiglia è questa." Guardai con disprezzo quell’arabo arrogante che rimase ferito dalle mie parole.

" Anna" singhiozzò mia madre " Sei nostra figlia e ti vorremo per sempre bene. Ci scriveremo e-mail, te lo prometto, verrò a trovarti spesso.Ma devi andare. Il giudice ha stabilito così e .. e..". scattai in piedi. " Cosa?!!" urlai fuori di me. " Hanno osato intentare una causa?!! E io non ne sapevo niente!! Quando pensavate di dirmi tutto questo!? Posso perdonarvi di non avermi detto che ero stata adottata ma non questo!" gridai furente. A quelle parole mia madre pianse più forte . Mio padre la tirò su di peso e l’abbracciò. Io, impotente , rimasi con le mani in mano. Mentre i due signori arabi voltarono le spalle e sparirono, le cameriere portarono via la cena ormai fredda. E così iniziò tutto. Iniziò la mia nuova vita. Sarei andata a vivere nella casa del mio " presunto" fidanzato. A quanto pare i miei genitori biologici avevano scelto mio marito molto prima della mia nascita. Ma se avevano pensato che io, diciassettenne inglese, potessi accettare un matrimonio combinato si sbagliavano di grosso. Non avrei reso vita facile a questo sbarbatello che osava definirsi il " mio fidanzato". Alla fine avrebbe dovuto arrendersi e rispedirmi a Londra, colto dall’esaurimento nervoso e con la sua resa, avrebbe dovuto piegarsi anche la sua famiglia. Almeno questo era il mio piano di battaglia iniziale. Non avrei ceduto mai a quell’assurda situazione e non avrei mai smesso di pensare alle persone che mi avevano cresciuta, come alla mia vera famiglia. E tanto piacere ai legami biologici, al sangue a tutte quelle stronzate.

 

 

 

 

 

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Capitolo 2
*** La reggia in Amman: l'incontro ***


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Nota: Grazie a tutti per i commenti ^_^ . Questa è la mia prima originale e spero che vi piaccia!! Comunque, la povera Anna ha sicuramente un’indole battagliera, vedremo come riuscirà a cavarsela.. non vi assicuro nulla ! la mia mente lunatica potrebbe partorire di tutto!! J

 

 

 

Al mattino, poco prima della partenza, abbracciai di getto i miei genitori e mi ci volle una buona mezzora per smettere di piangere. La mia cara nonnina era a Washington, ma mi aveva detto che presto sarebbe venuta ad Amman a trovarmi…Amman, la capitale della Giordania.

Il viaggio in aereo era stato estenuante. Più di nove ore di volo senza mai rivolgere la parola o guardare quella coppia di imbecilli arabi che si definivano " cugini" del mio fidanzato. Per tutta la durata del volo – scelsi deliberatamente un posto di coda, lontano- avevo semplicemente letto qualche sciocca rivista, di tanto in tanto guardando fuori dal finestrino. Molto semplicemente non avevo sorriso alle hostess che instancabilmente mi chiedevano se volessi qualcosa da bere e molto semplicemente non ero neanche riuscita a chiudere occhio, tanto ero nervosa. Rahim e la donna – che si chiamava Nola- ogni tanto si giravano indietro lanciandomi sguardi furtivi e borbottando qualcosa in una lingua incomprensibile per me. Alla fine, quando giunsi ad Amman, il caldo era torrido e l’aria ricolma di polvere.

Ero appena scesa dall’aereo, quando due macchine nere e costose si fermarono davanti alla pista di atterraggio. Le guardai sbalordita. Da esse scesero cinque uomini in nero che mi si avvicinarono lentamente.Dietro di me, erano spuntati Rahim e Nola. Rahim distese le labbra in quello che voleva essere un sorriso rassicurante. " Benvenuta ad Amman, Amira. Benvenuta nella capitale del sole, nella città bianca della buona ospitalità e della tradizione ." Non risposi.

" Devo prendere i miei bagagli" sussurrai freddamente.

" Ci hanno già pensato questi signori, Amira" mi assicurò Nola con un sorriso. A quel punto sbottai

" Amira, Amira! Io mi chiamo Anna è chiaro? Anna Richardson, e nessun altra!!"

Nola mi guardò frastornata " Io.. scusami. Si, hai ragione. Deve essere tutto così nuovo per te. Immagino che ti ci voglia un po’, prima di abitarti all’idea." Mi calmai ma non replicai. Con risolutezza feci qualche passo verso l'entrata dell'aeroporto, con l'intenzione di recuperare i miei bagagli, e con disappunto notai che tutto era già stato fatto; i miei bagagli e le mie cose mi aspettavano su un carrello, proprio come mi aveva preannunciato quell'irritante Nola. Non mi capacitavo di come avessero fatto a recuperarli cosi velocemente. Il resto dei passeggeri era in procinto di entrare all'interno per recuperare i propri effetti e arrancavano con lentezza e senza fretta.

" Andiamo" mi sussurrò Rahim, indicandomi la strada oltre la porta a vetri dell'aeroporto. Lo seguii all'interno e intanto mi guardai intorno; l’aeroporto era pieno di gente di tutti i tipi. Occidentali e orientali si amalgamavano in un unico insieme di veli, hijiabs, giacche e cravatte, gonne e fazozletti colorati. Rahim mi mostrò un uscita secondaria per scampare al caos .

Salimmo in una macchina. Una volta dentro, Nola mi guardò con sicurezza.

" Non vuoi sapere qualcosa del tuo findanzato?" mi chiese con malizia.

" No"

" Andiamo, in fondo è un bravo ragazzo. Be ’ diciamo che non è quella la qualità che più risalta in effetti, E’ straordinariamente bello! Tutte le ragazze gli vanno dietro! Ha venti anni, è ricco e..."

" Basta Nola!" intervenne Rahim, guardandola con severità. Nola lo fissò.

" Be ‘? Cosa ho detto di strano? E’ la verità pura e semplice. Le farebbe bene sapere che il suo promesso sppos non e' un mostro!" A quelle parole sussultai. Matrimonio?

" Non è compito nostro. Sono sicura che Rhadi riuscirà senz’altro a mostrare le proprie qualità senza il tuo aiuto" ribattè acido Rahim. Rhadi. Così Rhadi era il nome del ragazzo che di lì a poco avrei conosciuto. Be ’ poco importava che fosse avvenente. Tanto lo avrei messo a tappeto comunque. Uno dei cardini di quella societa era l’assoluta compostezza e discrezione delle donne a vantaggio degli uomini, ma di certo io non ero disposta ad accettarla. Avevo una media conoscenza della storia di quei paesi, perché nel mio liceo ci assegnavano ricerche su ricerche. La Giordania era un paese la cui forma di governo era la monarchia costituzionale. L’attuale sovrano era Abd Allah II, ovvero " Il servo di Dio". La lingua ufficiale era l’arabo, ma l’inglese era abbastanza diffuso nella classe medio-alta. In fondo era in inglese che quei due avevano parlato fino a quel momento. Con sgomento mi chiesi se fosse necessario per me, imparare l’arabo. La prospettiva mi allettava, perché arricchiva le mie conoscenze, ma d’altra parte mi ripugnava l’idea di uniformarmi di più a quel mondo per me così estraneo. Il viaggio non durò molto.

Alla fine giungemmo nei pressi di un bel quartiere elegante e la vettura si bloccò dinanzi a quella che mi parve essere una reggia degna di un re. Era una villa magnifica. ‘ Magnifica’ in realtà non è la parola più adatta per descrivere lo splendore di quella casa. Lo stile architettonico era indiscutibilmente arabo, e forse era proprio quella caratteristica a creare quell’atmosfera onirica che mi annebbiò il cervello. Sono sicura che di ville del genere, in Inghilterra non ce ne sia neanche l’ombra. Era a quattro piani, con ampie balconate e balaustre di travertino. Il giardino davanti era spettacolare, verdeggiante e ben curato: più che un giardino in effetti, somigliava a un parco; era sterminato. Stordita, quasi barcollai mentre fissavo la cupola di una torre che svettava in alto.

" Attenzione, signorina Amira. Così cadrà" mi borbottò in un inglese storpiato una delle guardie in nero – si erano proprio delle guardie-; lo freddai con un’occhiata.

" Mi chiamo Anna, non Amira" sibilai velenosa. L’altro non sembrava minimamente toccato dal mio tono. Probabilmente li addestravano fin da piccoli a sopportare ben altre durezze e asperità che non l’insolenza di una ragazzina. Lo scrutai bene; non aveva un colorito molto scuro. In Giordania il 95% della popolazione era arabo. Tuttavia vi erano differenti etnie e non tutti avevano la pelle scura. Vi erano gli arabi palestinesi, arabi giordani e poi ancora armeni, curdi, ceceni. Mi chiesi quale fosse l’etnia dei miei genitori biologici.

Il flusso dei miei pensieri venne interrotto da una voce femminile eccitata. Alzai lo sguardo, appena in tempo per vedere la furia scalmanata di una ragazzina pressappoco undicenne,che mi abbracciava tutta contenta. " Sei arrivata, finalmente!!". Il suo abbraccio al collo fu così stretto che per poco non soffocai.

" Calma Asiya, non vorrai strangolare Amir.. ehm Anna!" esclamò con un sorriso ironico Nola. Non mi fu lasciato il tempo per replicare perché quella furia di ragazzina mi trascinò via, come un fulmine.

" Vieni, ti stavamo aspettando!" disse vivacemente. Io mi lasciai trasportare, inerme e passiva da quell'uragano di allegria, tutta treccine nere e veli colorati.

Mi condusse nel maestoso atrio dai pavimenti di marmo bianco. " Mamma! Papà! E’ arrivata!!" trillò felice. La guardai stupita, non capendo sinceramente da dove le proveniva tutto quell’ entusiasmo. Ora che la guardavo con maggior attenzione, mi accorsi di quanto fosse gracile e minuta. Il velo rosa che le scendeva dal capo alla vita , era prezioso e sicuramente costoso quanto il mio vestito blu di Chanel. Non ebbi il tempo di chiedermi quali legami la bambina avesse con Rhadi, anche se ne avevo una mezza idea.

Al mio cospetto comparvero due figure maestose che mi osservavano con evidente curiosità. Una era una donna sulla quarantina e l’altro, suo marito, avrà avuto cinquant’anni. Avevano entrambi la pelle lievemente scura e la donna aveva due stupendi occhi verdi che mi fecero rimanere di sasso. La gioia e l’incredulità dei loro occhi non bastò per sedare la mia collera e la mia freddezza nei loro confronti. Ai miei occhi, tutti loro rappresentavano il mio nemico.

" Amira! Sei tornata..sei identica a Lina, tua madre e .. la mia migliore amica" sussurrò la donna con palese commozione.

" Mi chiamo Anna" dissi asciutta " E mia madre si chiama Catherine Richardson. La donna che voi avete denunciato al tribunale internazionale e che adesso soffrirà di crisi depressive."

La mia ostilità non li sorprese. Almeno non erano stupidi.

" Siamo consapevoli di quello che abbiamo fatto, signorina" intervenne una voce da dietro. Mi girai di scatto. Un vecchio dalla lunga barba bianca mi guardava acido. Aveva parlato con un inglese perfetto che tuttavia tradiva un forte accento arabo. " Non credo che tu possa capire il significato di una promessa. Noi abbiamo promesso ai tuoi veri genitori di riportarti nella tua patria e di farti adempiere i tuoi doveri coniugali nei confronti dell’erede del nostro casato, Rhadi Karim II". La glacialità del vecchio mi diede sui nervi. Avanzai a grandi passi, verso di lui, con aria minacciosa.

"Doveri coniugali? Cosa sta blaterando, signore? Scusi ma non comprendo.." mormorai tra i denti.

" Si da' il caso che stavo perfettamente bene a Londra insieme ai miei veri genitori, e dico, veri genitori, ovvero coloro che mi hanno cresciuta. Non potete trattenermi a lungo, non appena avrò compiuto diciotto anni io.." mi interruppi perché quel vecchio arrogante sogghignava.

" Cosa c’è di divertente?" chiesi irritata. " Niente, davvero. Hai un temperamento molto forte, ragazza mia. Ma dimentichi che non ti trovi più sul suolo inglese. Sei minorenne e legalmente fai parte di questa famiglia. Ti sarà difficile lasciare la Giordania anche da maggiorenne, credimi".

Lo guardai feroce. " Questo lo vedremo. Non sa con chi ha a che fare, signore" sibilai. " Non sono cresciuta per farmi mettere i piedi in testa dagli altri. Il mio futuro lo decido io." Mi girai e guardai gli altri che mi osservavano sbigottiti " Lo dico ora: considero tutto ciò solamente come un periodo temporaneo. Non ho intenzione di incontrare questo Rhadi, Dhaki o... o come diavolo si chiama!" tuonai. Sono sicura ancora oggi che i miei occhi neri scintillassero di rabbia e orgoglio.

Il vecchio mi guardò e sorrise ancora, arcigno. " Ne hai di fegato, ragazza. Comunque tanto per puntualizzare io sono il nonno del tuo fidanzato. Sono Hakim Karim. Questa bimba è la piccola Asiya, mia nipote, e questi sono mio figlio Assim e Jasmina." Guardai indifferente la coppia indicatami, che mi sorrise. Girai le spalle, presi il primo bagaglio che mi capitò tra le mani.

" Dov’è la mia stanza?" chiesi burbera. Mi resi conto di suonare molto maleducata, ma non me ne importava un bel niente. Chi glielo aveva detto a quelle persone di sconvolgere la mia vita tranquilla? Asiya mi sorrise, per nulla turbata " Vieni ti mostro la tua stanza. E’ La più bella di tutte" mi disse, prendendomi per mano. Lasciando l’atrio e tutte quelle persone, non potei fare a meno di chiedermi dove fosse il tanto nominato Rhadi Karim II. Non che desiderassi vederlo, no di certo. Solo che mi irritava a morte tutto quel ciarlare di questo mio ‘fidanzato’ quando poi il diretto interessato non c’era.

" Rhadi, non c’è. E’ uscito fuori con i suoi amici e tornerà tardi. Il sabato sera fa sempre tardi" mi disse Asiya, come se avesse intercettato i miei pensieri. E così lo sbarbatello faceva tardi con i suoi amici il sabato sera, eh? I giovani di tutto il mondo si assomigliavano almeno in questo. Le seguenti parole di Asiya mi lasciarono basita " Mio padre non vuole che esca con il porsche. Lo scorso mese ha rigato tla sua macchina nera sulla fiancata destra, e ora papà ha paura che possa combinare qualche altro guaio". Porche? Machcina nera? Ma quanto cavolo era ricca questa allegra famigliola araba? Quando finalmente arrivai nella mia camera, restai di stucco: era bellissima, una camera da principessa. Al centro troneggiava il letto a baldacchino, magnifico. Un lampadario di cristallo pendeva dal soffitto, creando un effetto meraviglioso. Ai lati della stanza, vi erano armadi e specchiere fini ed eleganti. Asiya sorrise del mio stupore e mi lasciò alla mia privacy. Barcollai in avanti e sprofondai nel morbido letto, chiudendo gli occhi, stanca per le troppe emozioni. Avrei pensato al mattino, a questo Rhadi che da quel che avevo capito era un festaiolo di prima categoria.

Quella notte non dormii bene; il ronzio di un bisbigliare di sottofondo mi impediva di rilassarmi completamente. Alla fine, dopo continui bisbigli, sussurri e ronzii mi levai in piedi, sinceramente irritata. Aprii la porta di scatto, pronta a protestare verso la causa di tanto caos, ma quel che vidi mi bloccò; un giovane alto, dalla pelle color caramello e i capelli neri , litigava sommessamente con Asiya. Non capii il motivo del litigio, perché all’improvviso il cervello mi si annebbiò. Quel che mi fece letteralmente sciogliere le ginocchia furono due occhi verdi che mi osservarono curiosi. All’improvviso compresi la verità e arrossii dall’imbarazzo, impreparata a quell’incontro. Ero scarmigliata, spettinata e malvestita. Tutti i miei propositi di confronto andarono a farsi benedire… non avevo certo l’aria di qualcuno pronto a combattere. Non mossi un muscolo, quando lui mi venne vicino e sussurrò con voce calda " Ciao, sono Rhadi Karim."

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

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Capitolo 3
*** Guerra in Amman: II round ***


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Dopo quell’imbarazzante e inaspettata situazione, mi svegliai scombussolata. La notte precedente, ero rimasta interdetta come una povera idiota e subito gli avevo richiuso la porta in faccia, biascicando qualcosa circa il ‘non fare troppo casino ’. Davvero un gran bell’inizio, non c’era alcun dubbio. Almeno fu quello che pensai sarcasticamente quando addentai la mia fetta di pane tostato e marmellata. Una delle cameriere mi aveva fatto la gentilezza di portare su il mio vassoio. Chiunque fosse, le sarei stata infinitamente grata. Non avevo voglia di incontrare nessun membro della famiglia Karim, meno che mai Rhadi. Era stato già abbastanza irritante essermi mostrata inerme e indifesa ai suoi occhi la notte precedente; tutto quello che desideravo ora, era ricomporre la mia immagine. Altrimenti non sarei riuscita nei miei propositi. Di sicuro essi erano gravemente vacillati, appena il suo sguardo magnetico mi si era posato addosso. Se c’era una cosa certa e veritiera era che non si poteva rimanere non ammagliati dal suo fascino e dalla sua voce morbida. Ovviamente, ciò non era sufficiente per mandarmi completamente su di giri e obbedire ciecamente alle altrui volontà. Fortunatamente ero dotata di un certo raziocinio, bastevole a farmi pensare lucidamente.

Mi alzai e riposi il vassoio su un tavolo. Poi mi diressi verso il mio bagno privato, per rinfrescarmi. Un bagno era proprio quello che mi ci voleva; un bel ristoro totale in acque tiepide e schiumose mi avrebbe fatto ritrovare completamente la mia freddezza e il mio lume.

Dopo aver riempito la vasca con abbondante acqua versai del sapone e sprofondai con lentezza tra le bolle profumate, osservando il lusso della stanza. La vasca aveva l’idromassaggio e i rubinetti erano di ottone placcato in oro. Davvero una meraviglia.

Indossai qualcosa di molto semplice; una gonna bianca e una camicia rosa. Mi spazzolai i capelli e poi uscii.

Sulle scale incontrai Asiya che non appena mi vide mi lanciò un gridolino.

Sorrisi; in fondo non ce l’avevo con quella bambina. Tra tutti, lei era l’innocente.

" Buongiorno Asiya" dissi.

" Buongiorno Anna! Oggi ti portiamo a vedere la città e a conoscere i nostri amici!" Esclamò concitata. Soltanto per il fatto che mi aveva chiamata ‘ Anna ’ le fui grata.

Giungemmo in un magnifico salone, che il giorno precedente non avevo visitato. Era arredato perfettamente , con classe e gusto. Mi attendevano Nola e la signora Jasmina.

" Buongiorno" biascicai a disagio.

" Buongiorno" mi rispose la signora Jasmina. Il suo tono era chiaro e limpido. Sembrava aver dimenticato che il giorno prima le avevo quasi urlato addosso. Anzi, tolgo il quasi. Fu lei a venirmi incontro.

" Anna" disse guardandomi. " Nola mi ha detto che preferisci essere chiamata così e non ci trovo nulla da ridire. Nessuno qui vuole cancellare il tuo passato con i Richardson, credimi!"

Deglutii nervosa. Lei continuò " Vorremo solo darti la possibilità di conoscerci… anche noi siamo una specie di famiglia, sai?" sorrise imbarazzata. Io feci altrettanto, non sapendo bene cosa dire. Fu Nola a rompere il silenzio " Be ’ cosa facciamo? La città ci aspetta!" disse allegramente.

Seguì la visita di una delle città più affascinanti che io avessi mai visto. Amman sapeva come sedurre gli sguardi e rapire gli animi. Visitai la parte orientale della capitale, i vari Suq – ovvero i Bazar, i luoghi in cui avvenivano gli scambi di merci- nonché l’anfiteatro romano risalente al II secolo d.C. La parte occidentale della città mi colpì ancora di più, perché accanto alle tradizione, alle moschee, si affiancavano alti grattacieli, discoteche, pub,insomma tutto quello che di più moderno si possa pensare. Ero sinceramente sbalordita dai profumi, dai colori e dai misteri di quella città. A pranzo ci fermammo in un ristorante all’aperto, dove potei assaggiare i piatti tipici giordani: il Mezzeh e il Mensaf , piatti a base di riso e carne di agnello. Semplicemente deliziosi. Alle due del pomeriggio, Nola ci salutò " Devo proprio andare, come diplomatica, devo ritornare in ufficio a lavorare. Ho montagne di lavoro lasciato in sospeso!" Gridò mentre rincorreva un taxi per la strada. Così rimanemmo io, la signora Jasmina e Asiya, sedute al tavolo del ristorante.

" La ringrazio per questa giornata" dissi, fin troppo formale. Jasmina sorrise e le si formarono due fossette che prima non avevo notato.

" Amman ti ha affascinato, vero? Magari imparerai ad amare questa città.." A quel punto serrai i pugni. " Signora Jasmina, davvero, mi deve scusare se ieri sono stata maleducata. Immagino che anche per lei deve essere stata dura. Ma la prego non creda che io mi sia rassegnata. Ho detto che non intendo vivere qui, e davvero non ho cambiato idea". Jasmina sospirò e provò a dire qualcosa , ma io la interruppi prima che iniziasse. "Dove ha conosciuto Lina, voglio dire mia madre?" chiesi, per cambiare discorso. A quelle parole, Jasmina sorrise dolce " eravamo compagne di scuola. Col tempo la nostra amicizia si è solidificata e .." "E avete combinato il matrimonio tra me e Rhadi, capisco" conclusi io. " Già" sussurrò lei. "Fu il suo ultimo desiderio, che si avverasse.." Mi mossi a disagio sulla sedia. L’atmosfera iniziava a divenire pesante. Per fortuna era ora di ritornare.

A casa controllai subito la posta elettronica. Conteneva una lunga mail di mia madre e una di Matt, il mio migliore amico che aveva vissuto l’accaduto con stupefazione. Di Rhadi, quella mattina non c’era stata neanche l’ombra, per fortuna.

Fu dopo, nel corridoio, che lo incontrai di nuovo. Indossava un paio di jeans scuri e una camicia bianca che metteva in risalto il suo fisico slanciato e snello. Questa volta non ero in pigiama, assonnata e scapigliata, per cui ero decisa e risoluta a fargli capire chi comandava. Lui sembrava aspettarmi, lo sguardo ironico sugli occhi magnetici. "Ciao Anna… hai dormito bene?" Aveva un tono un po' troppo sarcastico, per i miei gusti. Cominciavamo bene. Ignorai quella frecciatina e con uno sguardo fermo gli tesi la mano, molto, ma molto formale. " Ieri notte non mi sono presentata. Sono Anna Richardson, ospite in questa casa .".Lui mi guardò, divertito dalla faccenda e non mi strinse la mano. Invece mi girò intorno, osservandomi meglio. Ero in preda alle palpitazioni. Dannazione al suo sguardo!

"Ospite? Ma non dovresti presentarti invece come la mia fidanzata? Non sei affatto male…forse un po’ troppo piccola e seria.." Mi irritai. " Non sono la tua findanzata, è chiaro?" sbottai. Lui scoppiò a ridere e mi sfiorò lievemente la testa, quasi fossi una poppante. " Per ora no . Sei ancora così bambina…le mie ragazze sono un po’ più mature!" Le sue ragazze? Per poco non vomitai, disgustata dall’affermazione.

Gli pestai un piede. Lui imprecò. " Non darmi della bambina!" strepitai fuori di me. Ma chi diavolo si credeva di essere? Credeva di mettermi a tacere così?

" Cavolo. Hai un certo carattere. Peccato che con me ti servirà a ben poco."

il suo tono si fece quasi minaccioso. Tremai per un momento, sotto il suo sguardo. Non aveva alcuna intenzione di darmela vinta; voleva divertirsi. Non gli importava un fico secco di me e della mia vita, voleva semplicemente trarre divertimento dalla mia difficoltà. Mi venne da piangere, ma non gli diedi quella soddisfazione. Mi ricomposi.

"Davvero?" dissi gelida "Intanto perché non mettiamo fine a questa buffonata e dici ai tuoi che non vuoi una bambina tra i piedi?" Lui sorrise bieco. " E perché dovrei? Tanto non ti avrei tra i piedi comunque… e poi, quando crescerai, sarai perfetta". Io feci per replicare, ma lui mi coprì la bocca con una mano e mi baciò la fronte, guardandomi di sbieco, per vedere la mia reazione. Le guance mi si imporporarono. Avrei voluto picchiarlo. Invece tutto quello che riuscii a fare fu spingerlo via. " Non ti azzardare a toccarmi o ti ammazzo!" sussurrai sconvolta dalla rabbia.

" Come vuoi, piccola Anna." mi guardò quasi con tenerezza e poi mi voltò le spalle, andandosene. Prima di sparire del tutto però si girò di nuovo " Non credo proprio che ti aiuterò a tornare a Londra, sai? Non dopo avermi pestato un piede." disse tranquillo; sorrise di nuovo in quel suo modo così accattivante. Inghiottii le lacrime con rabbia. Poteva avere tutto il fascino del mondo. Ma la mia tempra era forte e il mio carattere duro. Voleva giocare con me, farmi capire che non potevo scappare da quella situazione assurda. Ma si sbagliava: la guerra era ufficialmente cominciata.

 

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Capitolo 4
*** Uno spirito ribelle ***


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Nota: Grazie dei vostri commenti!^__^ E ora che succederà ancora ad Anna? Sembra che rhadi si stia proprio divertendo!!..Uhmmm, si prevedono guai per i prox capitoli, intanto godetevi questo.. Ja ne!

Dopo quell’infelice colloquio, non lo vidi per una settimana. Non lo rimpiansi granchè, anzi. Passai meravigliosamente quella settimana, giocando con Asiya in giardino e apprendendo quanto più possibile della mia famiglia di origine. Sebbene non avessi alcuna intenzione di accettare questa mia nuova condizione- promessa sposa di uno spaccone - avevo comunque deciso di dare una chance al mio passato giordano. In fondo, quelle erano le mie vere origini e conoscere la storia dei miei genitori non mi avrebbe di certo ucciso. A quanto avevo appreso, la famiglia Nasser era stata molto potente.Quando ero nata, 28 dicembre 1990, mio padre era consigliere personale del re ed aveva potere esecutivo. La mia famiglia era stata ricca e rispettata, ma poi due criminali avevano distrutto tutto in nome di non so quale ideologia. Dei miei averi non era rimasto più nulla, perché la mia casa era stata bruciata dagli assassini. Soltanto una discreta quantità di oro mi attendeva alle tesorerie. " Mio padre dice che quando avrai compiuto diciotto anni, potrai disporre del tuo oro" mi aveva rivelato molto ingenuamente Asiya. L’idea di avere del denaro mi fece felice, perché avrebbe reso più facile la mia fuga. Di mia madre, mi furono mostrate fotografie su fotografie. Mi assomigliava. La sua pelle era olivastra come la mia, ma i suoi occhi erano più piccoli – I miei erano grandi, quasi impressionanti. .

Fu la domenica della mia prima settimana che lo rividi. L’intera famiglia era fuori a pregare ed io, da non musulmana, ero rimasta a casa. Non avevo il permesso di uscire da sola per Amman. Ovviamente non che mi fosse vietato esplicitamente, ma quel vecchiaccio di Hakim, mi aveva spiegato quanto fosse ‘pericoloso’ andare in giro per una città sconosciuta. Tutte storie ovviamente. Ma d’altronde non è che avessi dei posti in cui volessi andare, perciò rimasi di buon grado da sola a casa, a leggere la mia copia sgualcita di "Pride and Prejudice", per la centesima volta. Era caldo, per cui mi ero messa in giardino sul pratino verde. Ero appena arrivata al capitolo del ballo (con l’entrata in scena di Darcy), quando delle voci mi distrassero. Quando alzai lo sguardo, vidi Rhadi, in compagnia di due suoi amici e di tre ragazze semi - vestite . Non erano certo abiti tradizionali quelle gonnelline succinte che coprivano i loro posteriori. Non mi avevano ancora visto, per cui io mi acquattai ancora di più sull’erba e trovai un nascondiglio, dietro una siepe rigogliosa. Una delle tre ragazze, biondina con la carnagione scura, stava flirtando spudoratamente con Rhadi che le rivolgeva ampi sorrisi.

" Allora vieni alla festa?" stava dicendo. " Si aspettano tutti che io riesca a convincerti." lo sbarbatello non rispose. Uno dei suoi amici, basso e tarchiato, sogghignò. " Rhika, ma non lo sai che Rhadi ormai è impegnato? Ormai c’è la sua principessa Amira.." [ n/b* gioco di parole, perchè amira in arabo significa principessa] scoppiò a ridere ed insieme a lui anche quell'odioso di Rhadi. Da dietro la siepe tremai di rabbia. La ragazza chiamata Rhika non si scompose. " E che mi importa? Ho sentito dire che è una bambina e che si comporta da mocciosa. Una bamboccia del genere non mi spaventa."

Da dietro la siepe avevo ormai deciso che quella Rhika era in cima al mio libro nero. La guardai, socchiudendo gli occhi. Bambina a me? Ma se nemmeno mi conosceva! Gliela avrei fatta pagare. Lentamente raccolsi una manciata di sassolini minuscoli da terra. Mi preparai al lancio. Li tirai in aria e questi piovvero sulla smorfiosa che era una delizia. Quella strillò.

" Aahh! Ma cosa sono!! Mi sono entrati tutti nella maglietta!!"

Risi sotto voce e attesi che il gruppetto si allontanasse.

Non ci misero molto; dopo vari convenevoli, il gruppo si allontanò tra gli schiamazzi e i gridolini.

Erano appena andati via, quando io uscii dl mio nascondiglio. Un applauso partì dalle mie spalle. Mi voltai e vidi Rhadi che mi guardava profondamente divertito.

"Complimenti, Anna! Non ti facevo così vendicativa"

" E non sai quel che aspetta te!" ribattei per tutta risposta. Lui scoppiò a ridere, inclinando la testa di lato. Mi irritai e feci per andarmene.

" Aspetta!" gridò "Ti hanno detto che sabato prossimo ci sarà il tuo debutto in società?". Lo guardai allibita. " Il mio...cosa?" sbottai. Lui avanzò a grandi passi. Prima non avevo notato come era vestito: una camicia grigia e un pantalone nero. Mio malgrado dovetti ammettere che gli stavano divinamente; era proprio un bel ragazzo, maledizione!

" Sarai presentata come la mia fidanzatina ufficiale". Sottolineò le parole ‘ fidanzatina ufficiale’ con tono sarcastico.

" Scordatelo, sbarbatello. Non verrò da nessuna parte con te, ok? Stammi lontano". Mi voltai e stavo per andarmene ma le sue parole mi bloccarono ancora. " E invece verrai" disse. " Una volta che il fidanzamento è ufficiale, sarà difficile per te tornare a Londra". Mi girai e lo raggiunsi a grandi passi. " Mi dici una cosa?" sussurrai, riducendo i miei occhi a fessure. " Perché mi stai rendendo la vita più difficile? Non vuoi anche tu che io me ne ritorni a casa, e liberarti di me?"

continuai in un tono spaventosamente killer " Non capisco cosa te ne faresti di una moglie ‘bambina’ come me!! E poi, come fa a piacerti l’idea di sposare qualcuno che non conosci, e che anzi disdegni?!". Lui mi guardò e mi immobilizzò con il verde magnetico dei suoi occhi.

" Vuoi sapere perché?" mi sussurrò " Perché è divertente guardarti. Non me ne importa niente del matrimonio, tanto io continuerò la mia vita di sempre." Lo fissai stralunata.

" Ancora non ti è chiaro? Per me l’amore è una sciocchezza. Non ci si sposa per amore. E tu sei ancora una mocciosa, se credi alle favole." Il suo tono era diventato serio all’improvviso. " Tu diventerai mia moglie e non ci puoi fare niente. Non lo abbiamo deciso noi, ce lo hanno imposto e non c’è altro da fare che assecondare questa tradizione. Punto e basta."

Gli pestai ancora una volta il piede, sempre lo stesso. Lui imprecò.

" Punto e un corno!!" strillai arrabbiata. " Non ho intenzione di passare la vita con te che mi comandi a bacchetta , mentre continuerai la tua vita!! Nessuno può dirmi cosa devo o non devo fare, o se credere o meno all’amore!".

Mi guardò furibondo. " E’ un vizio fare del male fisico agli altri? maledizione, mi hai distrutto un piede!"

" Ben ti sta!" esclamai, inviperita.

" Comunque il concetto non cambia. Chiederò a mio nonno Hakim di procedere con le pratiche di fidanzamento" disse spietato.

I miei occhi si inumidirono e d’un tratto compresi che l’unica persona in grado di rimandarmi a casa mi stava dando del filo da torcere, voleva semplicemente una mogliettina paziente che lo aspettasse a casa, mentre lui se la spassava con Rhika e chissà chi altra.

" Se credi che sia una ragazza docile e che sottostà ad ogni assurdità, ti sbagli" dissi, soffocando le lacrime. " Sono cresciuta dove gli uomini e le donne hanno gli stessi diritti e doveri e dove ci si sposa per amore. Non concepisco neanche le tue idee."

Lui mi sorprese ancora una volta con una risata cristallina. " Oh, Anna sei uno spasso! Amore? Ma quale amore? Sei troppo divertente con la tua ingenuita, non ti manderò via per niente al mondo!" Cosi dicendo sparì dentro l’atrio ridendo, mentre io coltivavo pensieri omicidi. Divertimento, eh? Te lo avrei dato io il divertimento..

Il giorno dopo, il vecchio Hakim si presentò con due persone in camera mia e in breve compresi il mio destino: avrei dovuto studiare tutte le tradizioni, la lingua e la cultura giordana. Accolsi la notizia con piacere: se volevo combatterli, dovevo imparare a conoscere tutto del mondo che mi circondava.

 

 

 

 

 

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Capitolo 5
*** Guai in vista ***


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Grazie dei commenti. ^_^ questa storia sta prendendo molto anche a me che la scrivo..mmm... chissà cosa capiterà ancora? Comunque questo capitolo è un po’ più lungo degli altri. Attendo critiche e commenti di ogni genere, che mi fanno mooolto ma mooolto piacere. In questo capitolo comincerà a delinearsi la trama principale, che non è solo amorosa ( anche se quella è sicuramente molto importante, anzi fondamentale). La nostra Annna si troverà alla fine di questo capitolo in una situazione un pochino spinosa.. chissà cosa faremmo noi se fossimo al suo posto! Ehehe ..Ja ne!

 

Il patetico ometto con il naso adunco, stava osservando una mosca che camminava tranquilla sul vetro della finestra. Per l’ennesima volta tentai di colpire quella ridicola testolina rotonda, con le mie micidiali palline di carta. Erano veramente piccole perciò non se ne sarebbe neanche accorto; Invece...

" Signorina Anna, vuole per cortesia smetterla di provocarmi ed elencarmi le principali caratteristiche morfologiche di questo paese?" chiese, con il suo tono gemebondo e lagnoso. Non aveva neanche mosso la testa. Dio, era insopportabile. Sbuffai .

" La Giordania si può dividere in tre zone morfologiche principali: La valle del Giordano, la Transgiordania e il deserto. Nell’altopiano della Transgiordania sono situate le principali città: Amman, Zarqua, Karak…"

" Qual è l’importanza di Karak?" mi interruppe, con un ghigno sulle labbra. Quell’idiota credeva che non mi fossi preparata. Sorrisi.

" A Karak sono presenti numerosi siti archeologici, nonché una delle sette meraviglie del mondo: Petra".

A malincuore, l’ometto dovette far sparire l’odioso sorrisetto dalla faccia. Ancora una volta non mi aveva colto di sorpresa.

Era ormai da due settimane che ero arrivata ad Amman. Il vecchio Hakim mi aveva messo alle costole un tutore, al fine di ‘acculturarmi su questa società’, aveva detto. Quello che ovviamente non aveva previsto, era che fondamentalmente avevo già appreso nel mio liceo a Londra, tutte quelle barbose nozioni. Gran parte della storia di quel paese, era inclusa nelle mie conoscenze. Ero sempre stata interessata alla storia e alla geografia dei vari paesi. Senza dubbio, il vecchio non aveva comunque cambiato rotta. Troppo orgoglioso per ammettere che non ero totalmente ignorante. Perciò avevo ancora l’obbligo di presenziare a quelle pallose lezioni, tenute da un perfetto idiota. Non esagero quando dico che il mio precettore dalla testa rotonda e il naso adunco – si chiamava Abdel Ghaffar- era un perfetto idiota. Il primo giorno, mi aveva annunciato che avrebbe fatto sparire ogni traccia del mio vissuto occidentale che lui riteneva ‘ aberrante e amorale’ . Io mi ero impegnata al massimo per fargli capire che non mi curavo affatto delle sue opinioni sulle tradizioni occidentali, ma lui non demordeva. Era ormai d alcuni giorni che mi impartiva lezioni noiose, cercando di inculcarmi le sue sciocche idee.

" Non capisco come lei possa ancora dare spazio alla sua vita passata, signorina Anna" disse a fine lezione.

" Non pretendo che lei capisca, signor Ghaffar" replicai noncurante, mente sistemavo i libri nella borsa.

" Dovrebbe essere grata di non appartenere ad un popolo di incivili e corrotti come gli inglesi; dovrebbe essere grata di non essere la vera figlia di quella coppia di traviati che si spacciavano per i suoi genitori". Aveva un inglese perfetto quando doveva ferire e colpire. Tremai leggermente e poi lo fissai sprezzante.

" Non si azzardi a definire i MIEI genitori, una coppia di traviati" sussurrai, fremente di rabbia.

" Lei non capisce, non può capire. E’ un ottuso fanatico che non capisce proprio un bel niente!"

Sbattei con foga, la mia piccola borsa sul tavolo, mentre chiudevo la cinghia e poi uscii dalla stanza. Ne avevo abbastanza di quell’essere insulso. Avrei costretto Hakim a cambiarmi l’insegnate, perché con Ghaffar non volevo più avere nulla a che fare. Lentamente mi trascinai verso la mia camera. Rispetto alla biblioteca dove facevo lezione, la mia stanza era un piano più in basso. Feci le scale e poi entrai in quella che da due settimane potevo definire la ‘mia stanza’. La casa era immensa, avrebbe potuto contenere due hotel. Come ho già detto, era di quattro piani; aveva però un ulteriore divisione in ale e sezioni. Era sconfinata. La mia stanza, si trovava nell’ala Sud, ed era lontana dalla stanza degli altri componenti della famiglia Karim. Jasmina, Assim ed Hakim avevano deciso di concedermi almeno quello. Non volevano soffocarmi troppo. Non avevo idea di dove fossero le loro stanze. L’unica camera che conoscevo era quella della piccola Asiya. La bambina ogni giorno, dopo pranzo, mi trascinava in camera sua per giocare alla parrucchiera, o al Nintendo. La cameretta era situato nell’ala Est, e dalla mia camera ci volevano cinque minuti buoni per arrivarci.

La camera di Rhadi era nell’ala Nord. Con mio grande sollievo era la stanza più lontana di tutte. Non lo vedevo spesso. A pranzo e cena, spesso non tornava perché si fermava fuori con la sua combriccola di amici. Jasmina mi rassicurava, dicendomi che sicuramente dopo il matrimonio mi sarebbe stato più vicino. Cercavo di reprimere il mio disgusto al pensiero del matrimonio. Non avevo idea di quando si sarebbe celebrato. Prima avrebbe dovuto esserci quel mio stramaledetto debutto in società… a sabato ormai mancavano solo tre giorni.

Una volta in camera mi buttai sul letto. Chiusi gli occhi. Debutto in società. ‘Fidanzatina ufficiale’. Le sue parole mi riecheggiavano nella testa. Presentarmi ufficialmente come la sua fidanzata sarebbe stata la mia rovina. Tutta la buona società giordana mi avrebbe riconosciuto come tale e le mie possibilità di scappare sarebbero state nulle. La famiglia Karim era ricca e potente. Hakim ed Assim lavoravano al Ministero ed avevano contatti stretti con la famiglia reale ed il primo ministro, di cui Hakim era consigliere. Probabilmente mi sarebbe stato impossibile valicare la frontiera, senza essere riconosciuta come la fidanzata di Rhadi Karim. No, avrei dovuto giocare di anticipo, scoprire il punto debole…

Mi massaggiai le tempie. Quale poteva essere il punto debole di quello stronzo di Rhadi? Quale, dannazione?… Sospirai sconsolata, fissando le tende del baldacchino.

Un momento.

La sua stanza. Ma certo! Era l’unico posto al mondo in cui avrebbe nascosto i suoi scheletri nell’armadio! Sicuramente lì si sentiva al sicuro e non pensava minimamente ad una possibile irruzione! Mi misi a sedere sul letto, esultante. Ora si trattava di risolvere un piccolo problemino. Come arrivare alla graziosa cameretta dello sbarbatello?

Mi alzai in piedi e iniziai a girare per la stanza, quasi impazzita dall’euforia. Finalmente potevo passare al contrattacco. Non era granchè come piano di battaglia, ma era un inizio.

Aprii la porta. Sapevo già che la camera si trovava nell’ala Nord. Non sarebbe stato difficile trovarla. Se mi avessero sorpreso a girare da quelle parti, avrei sempre potuto dire di essermi persa.

Sorrisi soddisfatta. Mi incamminai verso il corridoio principale. Da lì avrei dovuto imboccare un altro corridoio e poi scendere delle scale. Fino a lì era piuttosto facile.

Arrivata alla base della scalinata, mi trovai davanti un atrio dal quale si dipartivano tre vie. Cavolo! E adesso? L’atrio sembrava deserto ed aveva un aria misteriosa, quasi inquietante. Tutt’intorno erano posti enormi pilastri, quasi minacciosi per la loro imponenza. Degli spifferi d’aria entravano da non so quale finestra e mi fecero rabbrividire.

Scelsi a caso la strada di sinistra. Tanto non aveva senso aspettare. Mi ero già diretta verso quel corridoio, quando udii delle voci. Mi gettai subito dietro ad un pilastro vicino. Erano Hakim ed un signore giovane, alto, con un turbante in testa.

" Capisco, Hakim. La situazione non è facile neanche per te.."

" Per niente, Josef. Amira è un carattere forte.."

Strizzai gli occhi. Stavano parlando di me..

" Be’, senz’altro. Essendo la figlia del generale Nasser." replicò l’uomo sorridendo.

Hakim annuì.

" Comunque, l’unica cosa che conta è non raccontarle l’intera storia. Non abbiamo idea dei piani dell’organizzazione ed è più sicuro non metterla al corrente: possono essere pericolosi. Ci sono in ballo troppe cose" Aggiunse il vecchiaccio.

L’uomo con il turbante lo guardò " Tu dici, Hakim? In fondo è una storia che la riguarda; l’organizzazione credi che lei sia..."

" Si, si.. lo so" lo interruppe il vecchiaccio. " Ma è pericoloso, Josef. Fonti di Al-Dahabi mi hanno rivelato che l’organizzazione si sta dando da fare. Qualcuno non è ancora convinto, ma io so che e' cosi."

L’uomo chiamato Josef sospirò. " Forse hai ragione, Hakim"

 

 

 

I due presero la strada di destra e sparirono dalla mia vista. Organizzazione? Al- Dahabi? Non ci capii più niente. Cosa diavolo voleva dire tutta questa conversazione? Una miriade di pensieri confusi mi avvolse la mente. Non riuscivo ad afferrare il senso di quello che avevo udito. Senza dubbio c’era qualcosa che non quadrava neanche qui. Il vecchio Hakim aveva dei segreti che mi riguardavano da vicino. Segreti che riguardavano me ed una certa 'organizzazione'. Bene, avrei scoperto anche quella storia. Era una fortuna che avessi deciso di venire a cercare la stanza di Rhadi; avevo avuto la possibilità di ascoltare qualcosa di molto interessante. Solo che non ci avevo capito molto.

Lentamente, scivolai lungo il pilastro e poi corsi nel corridoio di sinistra.. Dovevo trovare la camera di Rhadi a tutti i costi.

Il corridoio che avevo scelto era insolitamente stretto. Le pareti erano adornate di antiche fiaccole, che conferivano all’atmosfera un aspetto molto suggestivo. Finalmente apparvero le prime file di porte. La prima era di legno semplice, senza ornamenti. La scartai a priori. Stile troppo semplice per uno spaccone del genere. Mi avvicinai alla seconda, che era molto più grande e rivestita di pannelli dorati. Prima di aprire lentamente la maniglia, mi augurai di aver scelto il corridoio giusto.

" Speriamo bene" pensai.

Aprii, molto lentamente. La stanza che mi si presentò non era quella di Rhadi. Era uno studio, ricolmo di carte e libri. Libri, la gioia dei miei occhi. Ma non avevo tempo per questo, ora. Entrai di soppiatto, per dare un’occhiata, ma non c’era nulla di interessante: solo una strana brandina buttata per terra, attirò la mia attenzione. Davvero un particolare curioso.

Uscii velocemente e provai con la terza porta e poi la quarta e la quinta, ma niente da fare; erano tutte librerie, o salottini. Avevo già perso la speranza quando un’idea balzana mi attraversò la mente. Provai ad aprire la prima porta, quella che avevo scartato. Feci centro.

Riconobbi subito quella stanza da letto come la sua. Se la porta era semplice e spoglia, l’interno era elegante, moderno e raffinato. La camera era illuminata da un’ampia vetrata; su una parete era appoggiata una libreria , ricolma di CD e libri di tutti i tipi. Riconobbi i Simple Plan, U2, i Nirvana, i Limp Bizkit, Linkin Park, ma anche Avril Lavigne, Pavarotti, Debussy, Mozart, Beethoven, Seal… ero estasiata. Tra i libri, spiccavano i più recenti e moderni saggi di storia, fumetti, manga di tutti i tipi. Alla parete opposta, vi era l’armadio più grande che io avessi mai visto: aveva dieci ante. Ne aprii una a caso: vi erano tutte camice firmate. Tutto disposto ordinatamente. Su uno scaffale in alto, troneggiava un enorme stereo ultimo modello, mentre vicino alla vetrata, era posto una maxi schermo al plasma.

Con un misto di vergogna, pensai che quanto stavo facendo non era giusto: stavo ficcando il naso nelle cose altrui. Ma d’altronde non l’avevo voluta io la guerra e in qualche modo dovevo pur difendermi. Richiusi l’anta e presi ad esaminare la stanza con occhio critico. Non sapevo neanche cosa cercare: un diario, un qualcosa, una qualsiasi cosa che potesse metterlo al tappeto. Risi sotto i baffi: Rhadi non mi sembrava affatto il tipo da diario segreto.

Il sorriso sparì dal mio viso, perché un rumore attirò la mia attenzione. Con mio profondo orrore, realizzai solo in quel momento che anche quella camera aveva, come la mia, un bagno personale. Un bagno, dove adesso c’era qualcuno. Qualcuno di cui l' arroganza era nota. Riuscii solo per miracolo a rifugiarmi sotto il letto, prima di vedere le gambe affinate di Rhadi, che uscivano dal bagno in una nuvola di vapore. Era avvolto in un accappatoio blu scuro, si era appena fatto la doccia.

*****************************************************************************

Significato e traduzione dei nomi:

Amira: Principessa

Rahim: Il Misericordioso

Jasmina: nome di un fiore

Asiya: Colei che tende verso i deboli e li solleva

Hakim: Il Giudice

Karim: Il Generoso

Rhadi: Infinito

Nasser: Il Vittorioso

Abdel Ghaffar: Il servo di colui che perdona

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Capitolo 6
*** Weird Situation ***


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Ringrazio ancora una volta per i commenti Ja ne!

Era nudo come mamma l’aveva fatto ed io ero sotto il letto della sua camera. Inconcepibile.

Il caldo sotto il letto era asfissiante ed il mio respiro si faceva sempre più affannato. Ma dovevo resistere. Come diavolo era potuta succedere una cosa del genere? Ero rossa di vergogna anche solo non guardando la scena ( e non la guardavo di certo, nonostante avesse il fisico di un modello). Meno male che dal sotto il letto si poteva effettivamente vedere ben poco. Rhadi si era tolto l’accappatoio ed ora camminava per la stanza; aveva acceso lo stereo. Da sotto il letto vedevo le sue forti gambe che camminavano. Dio, se mi avesse scoperta sarebbe stata la fine. La fine di ogni mia pensabile replica. Non avrei più potuto guardarlo negli occhi. Con orrore immaginai la scena: lui che mi scopriva sotto il letto, io che tentavo di bofonchiare una giustificazione... Mi avrebbe accusato di essere una guardona!

No, se fosse successo, sarei morta di vergogna. Continuava a rovistare nel cassetto, accidenti!. Ma cosa diavolo stava cercando? Un paio di boxer? Gli vedevo ancora le belle gambe nude. Perché non si vestiva? Perché non metteva fine al mio calvario? Se si fosse messo un qualsiasi straccio addosso, forse il mio imbarazzo sarebbe stato minore. Ma sembrava non avere nessuna intenzione di vestirsi.

All’improvviso il suo cellulare squillò. Veloce come una saetta, lo prese in mano e rispose.

" Pronto?" disse.

" No, non l’ ho vista.."

Chiusi gli occhi pietrificata dalla paura. Stava forse parlando di me?

" No, non ho idea di dove quella mocciosa possa essere andata, papà!" esclamò, il tono della voce irritato.

Sussultai leggermente; si, stavano parlando di me. Ormai erano più di due ore che mancavo dai paraggi. Hakim ed Assim avrebbero sguinzagliato i cani da caccia.

" Credi sia scappata?" chiese Rhadi, tra l’ironico e l’allarmato.

" E come avrebbe fatto? La villa è dotata dei più avanzati sistemi di video-sorveglianza.."

Aggrottai le sopracciglia. Non sapevo di questi sistemi di sorveglianza. Il vecchio Hakim era fin troppo sveglio.

" Io non ne so niente. Ora sto per andare alla festa giù al Plaza e non ti so davvero aiutare. Se è scappata ritornerà. Non ha altri posti dove andare."

In effetti era vero. Per adesso non avevo altri posti in Giordania dove andare..

" D’accordo. Ora la cerco" mormorò con disappunto alla fine.

" La chiamerò sul cellulare ma quando la trovo sara peggio per lei." Disse. "Mi sta facendo perdere un mucchio di tempo!" sbottò, poi. Prese a parlare fitto in Arabo e non compresi bene quel che stesse dicendo.

Alla fine riattaccò, scocciato.

" Ora la chiamo! Quella mocciosa irritante me la pagherà " disse arrabbiato a se stesso.

Agghiacciai all’improvviso. Il cellulare era nella mia tasca. Non ricordavo neanche di aver mai dato il mio numero. Se mi avesse chiamato, il cellulare avrebbe squillato ed io sarei stata scoperta. Lentamente presi il cellulare dalla tasca e lo spensi. Per il momento, l’avevo scampata.

Sopra di me, sentivo Rhadi irritarsi sempre di più, sentendo la segreteria azionata.

" Non appena sentirai questo messaggio, sei ufficialmente nei guai. Mio padre e mio nonno si stanno preoccupando a morte per la tua assenza e sei pregata di ritornare immediatamente a casa!" Il suo messaggio in segreteria fu abbastanza minaccioso da farmi drizzare i capelli.

Se la situazione non fosse stata così spaventosa, avrei potuto anche scoppiare a ridere. Non ero mai uscita da quella casa, anzi. Con un misto di vergogna e divertimento pensai a come tutti si stavano affaccendando a cercarmi fuori casa, mentre io ero nascosta sotto il letto della camera di Rhadi.

Ringraziando il cielo, Rhadi si vestì. Si misi la biancheria e un paio di pantaloni. Non sapevo quale maglietta aveva deciso di indossare perché il mio campo visivo non andava oltre le gambe e i piedi (era stata la mia fortuna). Uscì dalla stanza, sbattendo la porta, seccato. Attesi qualche minuto, poi uscii io da sotto il letto. Avevo i crampi dappertutto, e le ossa del bacino mi dolevano. Rapidamente, aprii la porta della stanza e balzai fuori di corsa. Dovevo ritornare in camera mia, subito.

Mi ritrovai nell’immenso atrio con i pilastri. Adocchiai subito la scalinata che mi aveva condotto fin lì. Salii i primi dieci scalini, quando una voce mi bloccò.

" Anna ma allora eri qui…"

Mi voltai, agghiacciata fino alla radice dei capelli. Dietro di me c’era Rhadi, che mi guardava tra l’arrabbiato e l’ironico. Lo osservai bene. Sembrava un modello. Una camicia nera gli fasciava il torace snello e muscoloso. I capelli erano spettinati in ciuffi neri che gli ricadevano sugli occhi. Sembrava un dio.

" Ehmm... io...io stavo dando un occhiata qui in giro e … e mi sono persa…" mormorai con voce incerta. Cavolo, avrei dovuto essere più decisa!

Lui mi guardò e sembrava stesse valutando le mie parole. Alla fine salì gli scalini colmando la distanza. Mi stava a un palmo di naso.

" Ah, davvero?" chiese sospettoso. " Se è così, dovremo presto metterti una balia alle costole, non vorrei che ti perdessi". Mi guardò per un attimo e mi sfiorò i capelli con la mano.

Avvampai di vergogna. " Chi la vuole una balia! Sei già soffocante tu …"

Rhadi scosse la testa, in segno di diniego.

" Non ci siamo, ragazzina. Non dovresti detestare il tuo fidanzato."

lo guardai fisso negli occhi, quasi con disprezzo " Io. Non. Sono. La. Tua...Fidanzata!" dissi tra i denti, scandendo tutte le parole.

" Ma lo sarai sabato" ribatté lui.

" Un arrogante come te non sarà mai il mio fidanzato."

Rhadi sospirò, guardandomi come per prendermi in giro.

" Odio doverti fare questo, Anna. Ma devi capire chi comanda. Dovrò farti pagare l’affronto in qualche modo."

Cosa? Osava addirittura minacciarmi?

Lo guardai con aria di sfida. " E cosa vorresti fare? Ti avverto che ho preso lezioni di difesa personale, e per te potrebbe mettersi male, sbarbatello"

Rise sotto i baffi. " Oh, ma davvero? Ho di fronte una di quelle donne che si sanno difendere da sole?" scoppiò a ridere, scoprendo quella fila di denti bianchissimi. Dio, perché era così avvenente? Provavo disgusto per me stessa. Ma d’altronde non potevo negare la verità.

Lui mi guardò di traverso, improvvisamente serio. Con un’unica mossa mi prese tra le braccia e fece per portarmi giù dalle scale.

" Cosa stai facendo, idiota!"Strillai.

" Vediamo se con la tua difesa personale riesci a liberarti." Disse lui tranquillo, sorridendo. Avrei voluto prenderlo a schiaffi, ma il suo braccio mi bloccava le mani. Era forte, mi stringeva molto saldamente. Quasi soffocai sotto il suo abbraccio. Di sicuro, lo stava facendo apposta. Stava usando la sua forza per farmi capire chi comandava tra noi due. Mi veniva da piangere.

Velocemente mi portò in camera sua.

" Che hai intenzione di fare!" gridai. Mi buttò giù per terra, senza tanta delicatezza.

" Una ragazza non dovrebbe usare questo tono. Soprattutto la mia ragazza" mormorò.

Mi alzai in piedi furente, cercando di capire le intenzioni di quel pazzo. Lui incrociò le braccia e mi guardò per un attimo. Poi sorrise, inclinando la testa di lato.

" Ci vediamo, mia piccola Anna. Per lezione te ne resterai qui, per tutta la sera" disse, inesorabile.

" Cosa stai blaterando? Sei impazzito?" Feci io, al colmo delle mie forze.

Lui non mi rispose, ma prese la chiave e in un attimo uscì, chiudendomi dentro la sua stanza.

Corsi immediatamente verso la porta, battendo con pugni e calci come una furia.

" Aprimi subito!" strepitai

Da dietro la porta sentii la sua risata, quasi crudele. " Resterai qui dentro fino a che non lo decido io. Quando tornerò, se non ti trovo, te la faro pagare cara"

" Non puoi farmi questo!" urlai. " Tuo padre e tuo nonno, non te lo permetteranno!"

" Ho carta bianca quando si tratta di te, Anna" replicò lui. " In fondo dovrai essere mia moglie, non la loro." Così dicendo, se ne andò. Io rimasi interdetta per un attimo. Mi ero ritrovata ancora una volta in camera di Rhadi. Era assurdo!

Ripensandoci, però...era proprio quello che ci voleva! Quell’idiota mi aveva fatto persino un favore. Mi asciugai le lacrime e poi ricominciai la ricerca dei punti deboli dello sbarbatello. Avevo tutto il tempo del mondo!

 

Il sole stava tramontando ed io non avevo ancora trovato niente di rilevante. Nei cassetti, c’erano solo pezzi di carta, fogli inutili. Di tanto in tanto qualche foto di Rhadi con gli amici. In un cassetto avevo addirittura trovato vecchi libri di scuola e spendide litografie in arabo.

Alla fine avevo gettato la spugna. Possibile che Rhadi avesse una vita impeccabile, perfetta e senza segreti? Non era umanamente possibile. No, molto più probabilmente, conservava i suoi segreti in un posto più raccolto. Era arrogante, ma non stupido. Se aveva deciso di rinchiudermi lì dentro, sicuramente non c’era nulla di compromettente per lui. E così mi ritrovai con un pugno di mosche.

Mi gettai sul suo letto. Era un bel cambiamento passare da sotto a sopra. Di certo era molto più comodo.

Ripensai a come mi aveva trattato. Secondo lui, confinarmi nella sua stanza era una specie di castigo. Lo sarebbe stato se non avessi dovuto frugare in essa. Adesso che però non ero riuscita a trovare un bel niente, mi trovavo costretta a passare il tempo, contando le pecore.

Osservai di nuovo la stanza: i raggi tiepidi e dorati, perforavano la vetrata e la illuminavano. Avevo passato in quella stanza quasi tutta la giornata. Conoscevo ogni mobile, cassetto, armadio. Avevo quasi la nausea. Vicino alla vetrata c’era quel piccolo armadietto che avevo spulciato dall’inizio alla fine. Mi alzai e lo ricontrollai per inerzia.

Giusto, per fare qualcosa. Annoiata riaprii un cassetto a caso. Qualcosa attirò il mio occhio.

Con mio grande stupore, sotto il telaio dell'armadietto spuntò qualcosa che prima non avevo notato. Un foglio di carta ripiegato con cura.

Lo presi delicatamente, sollevando piano il mobiletto.

Era un foglio vecchio. Lentamente lo aprii. Quello che mi si presentò davanti fu confuso e sconcertante.

January 1991

Dear Sir,

I dissidenti stanno pianificando un attacco a Zarqua. I vostri soldati stanno continuando la caccia all’organizzazione De La Rose. Sfortunatamente l’organizzazione è a conoscenza della nascita dell’erede, a causa di una soffiata. Dovremmo mettere più guardie per impedire che possa accadervi qualcosa. La prego, se qualcosa dovesse esservi di disturbo, non esiti a mettersi in contatto con me.

Devotamente

Mr. Black

 

Ripiegai il foglio con cura, rimettendolo a poso. Rimasi immobile per un attimo: le parole confuse del biglietto mi avevano messo inquietudine. Soprattutto la data: Gennaio 1991. Cosa diavolo voleva dire? Non avevo la più pallida idea di quello che potesse significare; senza ombra di dubbio era qualcosa più grande di me.

Tornai sul letto, pensierosa. Fu in quel momento che scattò la serratura della porta. Scattai subito in piedi, sulla difensiva. Comparve Rhadi al cellulare.

" Si, Rhika. Ci sentiamo dopo; ora ho da fare." Disse, guardandomi.

Cosa doveva fare?

Riattaccò e venne verso di me.

" La lezione non è finita " disse.

" E invece si." Dissi io

" Sei uno spasso, Anna. Ci divertiremo molto insieme." disse lui, sarcastico.

" Divertirci insieme? Se non fossi furiosa, scoppierei a ridere, sbarbatello."

Gli pestai il piede con cattiveria e uscii dalla sua stanza, sbattendo la porta dietro di me.

******************************

 

Colgo l'occasione di ringraziarvi personalmente Niis, Giuggiolina43, Ren 91, Momob, Kicici, Lorelei 88,MagaNera Ka Chan thanx so much, arigatou gozaimasu

 

 

 

 

 

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Capitolo 7
*** Festa tra le falene: First Act ***


Wecome To PageBreeze

Scusate del terribile ritardo, ma tra lavoro, studio e stress vario non ho potuto fare altrimenti. Cosa succederà adesso? Si prevedono delle belle sorprese..! Enjoy and kisses a tutti

 

 

Camminavo un po’ impacciata, davanti alla specchiera dorata. L’abito mi stava a pennello. Era oro e bianco, lungo, che scendeva in pieghe dritte. Il corpetto era ricoperto di perline, e mi fasciava la vita mettendo in risalto la mia magrezza: il ventre piatto e i fianchi piccolini. Non avevo molto seno, ed infatti il decolté era molto fanciullesco. Una bella collana – regalo di mia nonna- con un medaglione dorato adornava il mio collo. I capelli erano raccolti morbidamente e alcune ciocche scivolavano, dolci. Gli occhi scuri erano sottolineati dal nero di una matita che li delineava. Le mie labbra non avevano rossetto.

Mi piacevo, tutto sommato Speravo di non sfigurare più di tanto dinanzi alle bellezze mozzafiato che sarebbero state presenti alla festa. Non mi era mai importato più di tanto del mio aspetto fisico. Cioè, sapevo di essere mediamente attraente, ma non me curavo. Odiavo la vanita.

Mia nonna mi aveva ripetuto una miriade di volte che ciò che conta non è di certo la mera apparenza. Lei era vissuta nella povertà fino all’età di sedici anni. Non aveva mai rinnegato le sue radici, così come anche mio padre. Ora entrambi avevano una posizione sociale altolocata, ma disprezzavano i nuovi ricchi che dimenticavano le basi dell’abbondanza.

" Sei meravigliosa! " Asiya battè le mani entusiasta. Guardai con dolcezza il suo faccino minuto.

" Tu dici? Non sembro un sacco di patate?" Scherzai.

" Assolutamente no. Mio fratello dovrà stare attento questa sera: secondo me ti ruberanno". La serietà con il quale disse ciò, mi fece scoppiare a ridere.

" Asiya, ma che dici?…" La bimba mi guardò con un sorriso. " Guarda che sei davvero bella. Credo che neanche mio fratello ti resisterà."

" Resisterò io, non ti preoccupare" commentai a bassa voce senza che lei mi sentisse.

E così il fatidico ballo era arrivato. Era giunto il momento. Non sapevo come la festa fosse stata organizzata; senza dubbio doveva essere qualcosa di veramente grandioso. Per tutto il pomeriggio ero stata tenuta lontano dai preparativi.

Alle otto in punto scesi; la festa era stata organizzata nella splendida sala da ballo della villa.

I corridoi era ricoperti da tappeti rossi ; la musica di sottofondo e il brusio generale di una folla accompagnavano i miei passi. Mi sentivo strana.

Un uomo nero in livrea mi offrì il braccio, pronto ad annunciarmi. Chissà che genere di party mi attendeva… mi immaginavo già un insieme di tizi col turbante in testa, pronti a scrutarmi, analizzarmi quasi fosse un animale raro.

Mi aggrappai al braccio dell’uomo che aprì il pesante portone della sala da ballo. Venni introdotta all’interno.

All’inizio quello che vidi colpì innanzitutto la mia immaginazione. Non avevo mai visto niente di più lussuoso e sfarzoso in vita mia. La sala immensa, era adornata di fiori, tendaggi, tappeti. Ai lati delle vetrate vi era un’orchestra pronta a suonare qualsiasi melodia venisse richiesta. Le dame erano vestite all’occidentale, con lunghi abiti pesanti; c’erano centinaia di persone. Portavano tutte una maschera al volto. Maschere veneziane.

Quel particolare mi inquietò un poco. Non ero pronta a tutto questo. Anche gli uomini indossavano una maschera che copriva gli occhi. Mi squadravano e mi miravano, con singolari ghigni sulle loro labbra; in mezzo a tutta quella folla di sconosciuti mascherati come giovani falene, mi sentivo nuda e inerme. Il mio volto era ben visibile, scoperto e accesibile alla vista altrui. Il loro era protetto. Loro potevano vedermi, potevano carpire i miei stati d’animo; io non potevo nulla di tutto ciò. Era quasi meschino. No, non potevo e non dovevo piangere. I miei occhi non erano coperti da una maschera a farfalla; la gente avrebbe visto tutto.

" Si sente bene, signorina?" mi chiese l’uomo che mi stava conducendo in mezzo alla folla.

Lo guardai e mi accorsi che stavo affondando le mie unghie sulla sua livrea. Distolsi lo sguardo.

" Si... si, io sto bene. Dov’è la signora Nola?"

" La signroa Nola e il signor Bashir arriveranno più tardi. Ora, se non le dispiace, devo ritornare fuori. Lei vada pure dove desidera." Mi lasciò senza che io potessi protestare. Ora si che ero davvero da sola, sola e senza aiuto. Ero in mezzo alla sala e tutti mi osservavano tra bisbigli e sussurri. Mi sentivo come un animale in gabbia. Lentamente ripresi il controllo di me.

Sollevai pian piano il vestito, per non sentirlo frusciare sul pavimento e mi diressi verso il buffet.

Dopo un bicchiere di Campari mi sentii già meglio. Ero meravigliata che ci fosse dell'acolo: Rhadi poteva essere amante della vita sfrenata, ma il resto della famiglia era abbastanza religiosa. Il buffet era semi-nascosto da una tenda; non era una grande protezione, ma perlomeno ero fuori dalla portata di quegli occhi scrutatori.

Un ragazzo biondo con gli occhi celesti si avvicinò

" Lei deve essere la signorina Amira" disse

" Anna."

Inarcò leggermente un sopracciglio. " Oh, certo mi scusi. Deve essere tutto così nuovo e strano per lei, qui ad Amman, vero?"

Lo guardai. Non ero in vena di chiacchiere.

" Be ’ , sono qui da circa due settimane e non mi sono trovata granché bene, lo ammetto" replicai con noncuranza.

Lui mi guardò ironico, poi si riempì un bicchiere di soda e si avvicinò ulteriormente

" Io sono Jean Francoise Pauline… francese di origine. La capisco sinceramente signorina Anna. Anche io ho sofferto trovandomi in un paese così diverso dalla Francia"

Svuotò il suo bicchiere a scoppio, poi sorrise. Non doveva avere più di ventuno anni.

" Per favore non darmi del ‘lei’.. mi sento a disagio ogni volta che qualcuno parla così formale.." il tono della mia voce era leggermente laconico.

" Come vuoi, Anna" replicò lui, guardandomi

Cosa c’era nel suo sguardo, tenerezza? Compassione? Pietà? Al diavolo quel suo sciocco sorriso. Non desideravo che gli altri provassero pietà per la mia situazione. Fu allora che sentii la sua voce.

" Anna!" Rhadi stava camminando verso la mia direzione, seguito da uno stuolo di ragazzette febbricitanti di amore.

Feci una smorfia.

" Anna, allora eri qui al buffet! Ti ho cercato dappertutto" disse, fissandomi, per sbieco.

Era vestito con un completo nero e una camicia bianca che metteva in risalto la muscolatura all’incavo del collo. La giacca di seta nera, gli conferiva autorevelozza. Mi si mozzò il fiato, ma mi ripresi subito.

" Si, ero qui al buffet. Cosa vuoi?" chiesi, seccata.

Sorrise – e quel sorriso mi perforò- " Nulla di particolare, cara Anna" rispose. Lo scrutai. Avevo imparato a riconoscere il sarcasmo nella sua voce

Rhadi guardò Jean. " Vedo che hai fatto conoscenza con il mio amico Jean."

" Già." Rispose Jean " Hai una ragazza davvero affascinante, Rhadi. complimenti. Questo matrimonio?" Le sue parole mi irritarono a morte. Mi stavano trattando come se non fossi presente. Rhadi sogghignò divertito.

" Be ’ , per quello c’è tempo." Rispose.

Jean annuì sorridente e la cosa mi scosse il sistema nervoso. Perchè non la finivano di parlare di me in quel modo così irrispettoso? Mi sentii umiliata.

" Be’" aggiunse Rhadi, ignaro del mio stato d'animo, " Già che ci sono ti presento alcune mie amiche" Lo guardai acida. L’ultima cosa che mi ci voleva era conoscere persone. Ma non mi fu lasciato il tempo di declinare l’ offerta; una ragazza vestita di un abito rosa pallido aveva fatto la sua comparsa. Aveva folti riccioli neri.

Mi squadrò da capo a piedi, in modo non proprio amichevole. Cominciavamo bene.

" Salve" iniziò con un tono caramelloso " Mi chiamo Samina, e queste sono Rhika, Yasmine, Angelique". Indicò un terzetto di ragazze, tra le quali riconobbi quella Rhika che mi aveva definita una bambina.

" Piacere di conoscervi" risposi, faticando a trovare il sorriso. Rhika avanzò leggermente. " Il piacere e' tutto nostro. Immagino quanto possa essere difficile la tua situazione. Deve essere un sollievo per te fare amicizia cosi in fretta ad Amman". Sorrisi, osservandola con attenzione; non immaginava neppure quanto lo fosse in quel momento.

" Su di noi, potrai sempre contare. Sai, siamo amiche strette di Rhadi; perciò i suoi interessi ci stanno molto a cuore."

" Davvero?" replicai. " Di certo essendo un’amica stretta di Rhadi mi potrai senz’altro aiutare ad afferrare alcuni punti del suo carattere incomprensibile."

Rhika mi guardò con disappunto: lo leggevo nei suoi occhi , come avevo osato insultare il suo adoratissimo Rhadi? Ai suoi occhi, ero stata davvero impertinente, senza ritegno. .

Jean e Rhadi scoppiarono a ridere.

" Io e Jean andiamo a salutare Salim e gli altri" proferì Rhadi " Anna comportati bene."

Sembrava che mi stesse rimproverando; mi girai di scatto per rispondergli a tono, ma era già sparito. Mio malgrado mi rivolsi verso Rhika e le sue amiche.

Rhika e Samina mi sorrisero, affettate.

Rhika mi prese a braccetto e mi condusse al di fuori della mia amata protezione di tendaggi.

" Sai" mi disse " Una volta che sarai sposata avrai bisogno di qualcuno che venga a controllare tuo marito"

Sollevai entrambe le sopracciglia. " Prego?" Non avevo afferrato.

" Be’" continuò " Non penserai davvero, che una donna sposata possa uscire di casa come niente fosse. la famiglia Karim è liberale e raffinata, ma rispettosa della tradizione giordana." Le sue parole aprirono un vuoto dentro di me. Sarebbe stato quello il mio destino? Murata viva, dentro una casa? Mi rifiutai di crederlo.

" La famiglia Karim non è conservatrice" precisai con una punta di irritazione. Rhika mi sorrise, malevola.

" Credo tu non abbia afferrato come funzionano veramente le cose da queste parti. Come ti dicevo, ti servirà una'altra donna che accompagni tuo marito al di fuori dei contesti in cui a una moglie e' permesso di fare"

" E questa donna vorresti essere tu?" chiesi, sarcastica .

" Perche no? Rhadi sta bene con me. Anche da sposato continuerà a vedermi" puntualizzò. Aveva una faccia da prendere a schiaffi.

" Perciò mettiti il cuore in pace, habibti. Tu sarai sempre la seconda a me."

…. ‘ seconda’ a lei? Levai il braccio dalla sua presa. Aveva finito con le ipocrisie, finalmente.

" Io non sono seconda a nessuno." Risposi io, serafica " E per quanto riguarda Rhadi, te lo puoi prendere come e quando ti pare. Tanto a me non interessa. Io voglio tornarmene a casa mia!" Girai sui tacchi e me ne andai. Non attesi la sua risposta perché non me ne importava niente. Avanzai a grandi passi per la sala, quando qualcuno mi afferrò per il braccio, quasi con violenza.

Mi girai e vidi la figura imponente di un uomo vestito di rosso; portava un turbante nero e una maschera di seta gli copriva gli occhi.

" Chi… chi è lei?" sussurrai. Cominciavo ad averne abbastanza degli ospiti di quella dannata festa.

"E’ bellissima. Come sua madre, signorina Amira"

Il tono della sua voce era quieto e calmo.

" Ancora non mi ha detto chi è lei" replicai, fredda. Strattonai il braccio e lui lasciò la presa.

Poi lo riconobbi; non fu necessario che mi dicesse il suo nome; quello era Josef, il tizio che aveva parlato tre giorni prima con il vecchio Hakim. Che ci faceva lui, alla mia festa di debutto?

" Mi chiamo, Josef Behn Yma…. Generale del dipartimento di intelligence di Sua Maestà"

Sbarrai gli occhi. Servizi segreti? Qui? Alla mia dannatissima festa di debutto? Tentai di riprendere le forze per parlare.

" Davvero?" risposi, nervosa " Io sono Anna Richardson, ospite della famiglia Karim."

" So perfettamente chi è lei" mi interruppe lui, gelido. " Il suo nome è Amira Nasser" .Lo guardai strana.

" Il mio nome è Anna" ribadii , decisa. " Anna e basta. Né Amira, né qualsiasi altro nome. Perciò se desidera parlare con me , si riferisca a me con quel nome" .

Josef sorrise. Era alto, con un fisico asciutto. Occhi neri come la notte senza luna. Chiaramente arabo. Cosa diavolo voleva da me, quel tipo? Cercai di ricordare qualche dettaglio della strana conversazione ascoltata tre giorni prima. A quanto mi ricordavo quel tizio parlava di me e di un’organizzazione che mi stava cercando, o roba simile.

C’era qualcosa di molto strano in tutta quella vicenda. Era difficile credere che ero coinvolta in qualcosa di cui persino i Servizi Segreti giordani erano a conoscenza.In quel momento, avrei dato tutto quello che avevo per vederci chiaro.

" Si sente bene, signorina?" Sgranai gli occhi. Era la seconda volta che me lo chiedevano, quella sera.

" Sto bene, grazie" ribattei, con calma. " Ora, se non le spiace devo raggiungere alcuni amici".

Così dicendo mi girai e sparii dalla sua vista. Era una grossa balla quella che avevo detto. Figurarsi se io avevo degli amici, lì, in Giordania. Comunque raggiunsi Rhadi. Anche lui ora indossava una splendida maschera di velluto nero.

" Si può sapere perché sono l’unica senza una maledettissima maschera?!" chiesi acida. " Mi fissano tutti come se fossi un animale in via d’estinzione!"

Senza preavviso, Rhadi mi prese per la vitami schiaccio' al suo petto. Ero senza fiato. " Ti fissano tutti, perché sei mia" sussurrò. Lo guardai e rabbrividii. I suoi occhi mi stavano scrutando decisamente troppo intensamente.

Mi staccai da lui con violenza.

" Ma cosa diavolo dici?" . Lui scoppiò a ridere. " Sai che è la verità.E sembra che la cosa non ti dispiaccia. Dovresti guardarti allo specchio: sei tutta rossa!" Scoppiò a ridere , nella sua nitida e cristallina risata. Feci per andarmene, furiosa, ma uno dei maggiordomi prese parola.

" E ora, signori e signore è giunto il momento del primo ballo della coppia!" esclamò. Centinaia di paia di occhi si fissarono su me e Rhadi. Riconobbi Jasmina e Assim, vestiti in maniera impeccabile, i loro occhi mascherati fissi su di noi. Rhadi senza una parola mi prese e mi condusse al centro della pista. Ero senza forze, perciò non opposi resistenza come avrei voluto fare. La musica iniziò.

" Sei una brava ballerina" mi disse. La musica era assordante, ma parlavamo a bassa voce.

" Ma di certo non posso competere con la classe delle tue donne." Replicai io, acida.

" Cosa vuoi dire?" Sembrava confuso.

" Ho parlato con la tua amichetta, Rhika… mi ha detto che tu e lei avete una storia."

" Cos’è, sei gelosa?" rise, divertito.

Avvampai di indignazione " Assurdo! Non sarò mai gelosa di uno come te! Figurati, le ho detto che potete fornicare, per quanto me ne può importare.."

Mi guardò, indulgente. Odiavo quel suo sguardo ammaliatore.

" La storia c’è stata, ma è finita da un pezzo; comunque ogni tanto ci divertiamo, ancora. Questo è vero" disse.

Lo guardai ironica. " Bene" dissi, gelida.

" Bene, cosa?".

" Bene: ovvero anche io mi farò una mia vita" le parole mi rimasero in bocca come sassi, non appena vidi il suo sguardo. Mi fulminò con una sola occhiata.

" Tu non farai niente del genere" dichiarò. Mi strinse con forza la vita fino a farmi male.

" E chi te l’ha detto?" replicai, determinata. " Se tu puoi, perché io non posso?" La sua stretta cominciava a farmi male sul serio.

" Non è un gioco. Rovineresti la reputazione del casato Karim… e io non te lo permetterò".

La faccenda cominciava ad innervosirmi a morte.

" Cioè, fammi capire bene. Se tu te la spassi non rovini la reputazione, mentre se io mi innamoro di qualcun altro, sono costretta a lasciare perdere e a farti da mogliettina paziente, perché danneggio la casata Karim" lo guardai, piena di risentimento.

Chi diavolo si credeva di essere, il mio padrone?

" Be’, mi dispiace per te, ma io non sono mai stata un tipo paziente.". Lui mi guardò per sbieco, inclinando la testa.

" Cosa devo fare con te?" disse, quasi più a se stesso. Il suo tono malinconico mi sorprese. Ma il mio stupore non era sufficiente per placare la mia collera.

La musica , grazie a Dio terminò. Io mi staccai dalla sua presa con forza e mi allontanai non degnandolo neanche di un’occhiata. Che orribile vita mi aspettava in quel paese! Frenai le lacrime.

Uscii fuori nella terrazza che era quasi deserta. Tutti gli ospiti erano ormai entrati dentro per il brindisi. Di lì a poco, ci sarebbe stato l’annuncio del mio fidanzamento.C'era solo un vecchio sulla sessantina che discuteva di politica con un altro signore e la moglie, a quanto pareva. Mi allontanai per non sentire chiacchiere inutili. Trovai un piccolo cantuccio.

Mi scoppiava la testa. In quel momento avrei voluto essere dall’altra parte del mondo, a Londra, a prendere una birra con i miei amici. Invece ero bloccata nell’alta società di un paese arabo che mi disprezzava e mi voleva diversa da quella che ero. Mi affacciai dalla balaustra . La luna sorgeva nitida, rischiarando con quella sua tenue luce biancastra.

" Sola?". Mi voltai e vidi Jean, che sorseggiava un liquore.

Annuii, incapace di trovare le parole.

" Tra poco ci sarà l’annuncio" disse, con voce neutra.

" Come hai fatto?" chiesi io, inespressiva.

Mi guardò, non capendo cosa stessi dicendo.

" Tu hai origini francesi… come hai fatto ad abituarti alle tradizioni di questo paese?" la mia voce, tremava leggermente.

Jean sorseggiò lentamente il suo liquore rosso scuro.

" Anni e anni di esperienza" rispose. " I miei genitori lavorano all’ambasciata… io vivo qui da quando ho 12 anni. Ora ne ho venti"

" Accidenti" risposi. " Dovrò aspettare tutto questo tempo prima di abituarmi..?"

" Anna, Jean…!" La voce di quello sbarbatello ci raggiunse.

" Venite dentro, mio padre sta per prendere parola.." Rhadi si avvicinò.

Jean gli diede una pacca sulle spalle " Be’ io vado.. ci vediamo dentro" così dicendo, sparì, lasciandoci completamente soli.

Io non mi mossi di un millimetro.

" Anna" la sua voce risuonò strana.

" Anna" ci riprovò, pronunciando il mio nome con più forza.

" Cosa vuoi da me?" sibilai.

" Niente. E’ ora di andare…" Finse di non capire.

" No, cosa vuoi che io faccia? Vuoi che diventi tua moglie e che resti dentro casa un’intera vita?" la mia voce rimbombò.

Lui mi guardò sereno.

" No. Non ti chiederò mai questo. Noi non siamo conservatori, Anna. E tu non sei del tutto giordana, purtroppo."

Le sue parole volevano rassicurarmi, invece scoppiai a piangere. Allora lui mi prese tra le sue braccia e mi strinse. Aveva un buon profumo. Le parole che disse furono dolci e terrificanti allo stesso modo.

" Voglio solo che diventi mia e di nessun altro."  Mi prese e mi baciò.

 

 

 

 

 

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Capitolo 8
*** Festa tra le falene: Second Act. ***


Wecome To PageBreeze

Ecco a voi un altro chapter! Fino a che posso, continuo a postare, perchè per motivi di lavoro sono piuttosto discontinua, purtroppo. Ringrazio ancora delle letture! *__* Mi fate piangere... commentate e commentate. Mi fanno piacere tutti i commenti che avrete voglia di postare :)... e adesso alcuni chiarimenti generali:

1) Rhadi, caratterialmente è molto orgoglioso e un po'... viziato. Perciò non capisce come ci possa essere qualcuno che osa resistergli. Capirai, è vissuto come un pascià per venti anni, e ci credo che è venuto fuori così. Ancora non è innamorato... è semplicemente incuriosito, e un carattere come Anna, gli interessa parecchio. ma le cose non sono mai così semplici ( sono mooooolto cattiva, si si)

2) tutti i nomi arabi, sono reali e veri. hanno tutti un significato. Così come ogni luogo citato esiste ed è reale.

3) Anna è affascinata da Rhadi e dalla sua bellezza ( Rhadi assomiglia a David Gandy, rendo l'idea?) . Ma è una capa tosta, e come dite voi.. non si lascia 'sottomettere'... ciauu arrivederci ai prossimi aggiornamenti enjoy!

 

 

 

 

 

La mano ancora mi faceva male, e le labbra mi bruciavano di indignazione; l’avevo schiaffeggiato. Se lo meritava. Come aveva osato baciarmi?! Il tocco delle sue labbra sulle mie era ancora vivido e suscitava in me sensazioni odiose. Mi odiavo perché non mi era dispiaciuto affatto… tuttavia il mio orgoglio ruggiva nel mio petto come un tigre africana.

" Come hai potuto….?" Le parole mi restarono sospese sulla lingua. Ero incapace persino di guardarlo.

Lui invece sorrise, impertinente.

" Be’ , Ti ho semplicemente baciato. Quante storie!"

Mi guardai la mano e poi osservai la sua guancia che ancora recava il segno.

" Sei orribile! Chi ti ha dato il permesso di baciarmi?!" Urlai.

" Me lo sono preso, il permesso" replicò lui tranquillo. " D’altronde sei la mia fidanzata".

"Vai al diavolo!" Sbottai. Girai sui tacchi e mi allontanai. Lui mi fissava in silenzio.

Come si era permesso di baciarmi? Era stato meschino. Nessuno doveva avere il permesso di toccarmi, se io non lo volevo. E io non lo volevo. Ripensando al dolce contatto delle sue labbra sulle mie, non ne fui più tanto convinta. Dio, quanto mi odiavo! Era solo un dannato sbarbatello, come faceva allora, a suscitarmi quelle sensazioni? Ero forse impazzita? Il fatto che fosse avvenente non doveva farmi perdere la concentrazione. Non ero certo una di quelle ragazze che cadevano ai piedi di qualcuno in quel modo indegno!

Ero inoltre convinta che mi avesse baciato non perché gli piacessi. Mi aveva baciato perché voleva farmi capire chi è che vinceva questa mano di carte. Il culmine sarebbe stato il momento dell’annuncio, dove sarei stata sconfitta. Almeno questo era quello che pensava lui. Ancora non mi conosceva bene. Non mi conosceva nessuno in quel dannato paese! Con sofferenza pensai ai miei genitori a Londra e a mia nonna. Mi avevano spiegato il motivo per il quale non avevano potuto presenziare alla festa… ‘ impegni di lavoro di papà ’ . Io invece sospettavo che ci fosse lo zampino di quel vecchiaccio di Hakim. Dannazione!.

Ripensai al bacio di qualche minuto prima, con una inspiegabile palpitazione. Che mi stava succedendo?

Non avevo mai permesso a nessuno di mettermi i piedi in testa. Quello sbarbatello era sempre vissuto nella convinzione di poter far fare agli altri tutto quello che lui voleva. Ma con me era un altro discorso. Non l’avrei sposato mai e poi mai. Avrei trovato una sicura scappatoia. Tuttavia per il momento avrei dovuto giocare bene le mie carte: non potevo scappare adesso. Dovevo aspettare i miei diciotto anni e dovevo assolutamente scoprire il mistero dell’organizzazione che mi stava dando la caccia, dei servizi segreti e .. della lettera che avevo trovato in camera di Rhadi.C'entrava il mio passato, i miei genitori mort, c'entravo io! Con un misto di paura, pensai a quali macchinazioni dovevano esserci dietro. Non ero mai stato un tipo che fantasticava, ma c'erano troppi dettagli sfuggenti in quella faccenda.

Entrai nel salone, dove il chiasso era alle stelle. Intanto avrei pensato a come farla pagare a quello sbarbatello che aveva osato baciarmi. Socchiusi gli occhi. Oh, si. Gliela avrei assolutamente fatta pagare…

 

 

La musica dentro era assordante. Le dame e i cavalieri ballavano una danza araba. Camminai, facendomi largo tra la folla. Una ragazzetta di quattordici anni circa si avvicinò a me con un vassoio carico di bicchieri strapieni.

" Prego, signorina... gentile omaggio per lei" . I suoi occhi scuri erano mascherati, ed indossava un domino colorato .

Lentamente presi un bicchiere di cristallo dal vassoio e lo portai alle labbra. Champagne. Frizzantino ed energizzante. Proprio quello che mi ci voleva.

Non lo bevvi tutto; lo riappoggiai sul vassoio stracarico e mi allontanai. La ragazzina mi guardò, incuriosita. Non avevo molta voglia di parlare e non vedevo l’ora che quella stupida festa finisse. Purtroppo ancora mancava un po’.

Ero talmente assorta che mi scontrai con un gruppo di persone. Erano due donne e due uomini.

" Scusate!" bofonchiai, imbarazzata.

" Jaquir, è lei… è la ragazza che sposerà l’erede del casato Karim!" esclamò una delle donne, osservandomi spudoratamente. La guardai male. Non si era ancora presentata e già mi fissava in modo così maleducato. Che gente!

Uno degli uomini si avvicinò, mi prese la mano e me la baciò leggermente.

" Buonasera, signorina. Qui in sala sono tutti incuriositi da lei…" I suoi occhi scuri erano un po’ troppo indagatori.

" Sono Jaquir Ymalam, consigliere del governatorato di Amman. Questa è la mia fidanzata Zahra Abdel e questi è mio cugino con una nostra carissima amica".

Il cosiddetto cugino si avvicinò " Molto piacere sono Abdel Ahad e questa è Ahida Iman.."

" Molto piacere" risposi, lievemente frastornata dalla musica ritmica. Li osservai; il gruppetto doveva avere in media trent’anni se non di meno.

Zahra Abdel, la donna che mi aveva fissato vistosamente, mi guardò e sorrise. Aveva una fila di denti che sembravano perle.

" Allora, signorina Amira, le piace come è stata organizzata la festa? Pensi che suo suocero Assim Karim ha commissionato i preparativi ai più grandi esperti del settore"

" E’ molto bella, in effetti" risposi. " Non mi aspettavo tutto questo lusso e … tutta questa gente".

La donna ridacchiò

" Be’.. la famiglia Karim è molto in vista. Suo suocero e il signor Hakim lavorano in stretto contatto con il governo e il Re…. Si mormorava che persino Sua maestà avrebbe fatto una capatina, ma evidentemente non ce l’ ha fatta con i suoi impegni".

Ingurgitai quelle informazioni con un misto di incredulità. Sua maestà, alla mia festa di debutto?! Quanto era potente la famiglia Karim?

" E’ stato un piacere conoscervi" dissi io all’improvviso " Ma purtroppo ora ho davvero delle questioni urgenti da sbrigare..!" il quartetto annuì all’unisono.

Stavo per andarmene, quando mi girai per l’ultima volta.

" Un’ultima cosa" . Il mio sorriso era smagliante come non mai. " Preferirei che mi chiamaste Anna".

Zahra Abdel rimase con un palmo di naso, ma sorrise comunque. Mi allontanai soddisfatta.

Proprio in quel momento, il mio più grande problema fece la sua comparsa; si avvicinò e mi prese la mano.

" Ancora arrabbiata per la storia del bacio?" chiese Rhadi.

Non risposi e strattonai la mano " Mollami" soffiai come una gatta.

" Come vuoi" disse Rhadi, sorridente.

" Comunque, come vedi, ragazzina… ogni cosa che voglio, la ottengo.." Mi guardò con i suoi dannati occhi magnetici. Proprio come avevo immaginato, mi aveva baciata per farmi vedere chi era il più forte tra noi due…

All’improvviso sbucò Nola come per magia, alle nostre spalle.

" Nola!" esclamai meravigliata. " Cominciavo a credere che non saresti venuta!"

Nola sorrise " Per perdermi questa meravigliosa festa? Nossignora… dove c’è cibo, c’è Nola.."

Scoppiai a ridere, sinceramente divertita. Nola era fantastica nel suo vestito rosso che le fasciava tutto il corpo.

" Come mai non ti sei messa lo chador? Credevo ti piacesse.."

Nola fece una smorfia " Lo chador lo indosso solo quando vado all’estero, o quando non ho la possibilità di indossare splendidi vestiti come questo…"

" Io vado… il signor Plaze mi sta cercando come un matto" annunciò Rhadi, allontanandosi in direzione del buffet.

" Chi è il signor Plaze?" chiesi a Nola in un sussurro.

Tra un tramezzino e l’altro riuscì a rispondermi " E’ il responsabile dell’organizzazione di questa festa." rispose lei, ancora con la bocca piena. Era proprio buffa.

Restai sbigottita. Mi avevano lasciato completamente allo scuro di tutta l’organizzazione… non sapevo neanche chi era il responsabile! Nola notò l’espressione del mio viso.

" Dai, non prendertela! Hakim ed Assim c’hanno messo l’anima per poter pianificare tutto questo… era una sorpresa per te!"

" Sorpresa?" borbottai io " Come no… a proposito, ma dove sono loro? Jasmina, Asiya… non ho visto nessuno di tutti loro e la festa è quasi finita"

" Asiya è troppo piccola per poter partecipare… vedi mocciosi della sua età, in giro?"

In effetti non ce n’era neanche l’ombra.

" Hakim, Assim e Jasmina stano parlando laggiù… guarda!" Mi indicò un punto lontano del salone.

In effetti il terzetto stava parlando tranquillamente con dei signori in giacca e cravatta. Tra di loro vi era anche il simpatico Josef.

" Chi sono quei signori?" chiesi.

" Potenti signori politici… uno di loro Josef Behn Yma è capo del dipartimento dei Servizi Segreti. Un uomo temibile e pericoloso allo stesso tempo"

Rabbrividii. Temibile e pericoloso?

" Accidenti.. c’è il fior fiore della politica e della gente potente." Mormorai.

Nola annuì, addentando una pizzetta.

Su un piccolo palchetto, vicino all’orchestra, il maggiordomo che aveva annunciato il primo ballo prese parola, ancora. Se avessi potuto gli avrei annodato la lingua, dannazione..

" Signori e Signore.. il padrone di casa Assim sta per fare un annuncio!"

Tremai leggermente, tentando di farmi piccola .

Assim si precipitò sul palchetto e prese il microfono in mano.

" Cari ospiti.. sono lieto che abbiate preso parte a questa festa. Come ben sapete, il tutto è in onore di una persona per me importante… mio figlio Rhadi.. sono qui apposta per annunciare il suo fidanzamento con la presente signorina Anna Amira Nasser!"

Partì un applauso generale. Tutti si voltarono verso di me e verso Rhadi che era a qualche metro di distanza. Incontrai il suo sguardo e restai per un attimo ipnotizzata da quel verde marino.

Lessi il labiale. Mi stava dicendo " Ce l’ ho fatta". Sbuffai e mi voltai dall’altra parte… il mio destino si faceva di momento in momento sempre più ingarbugliato, dannazione. Aveva vinto una mano di carte, senza dubbio. Non sapevo veramente dove volesse andare a parare. Tremavo all’idea che volesse realmente una mogliettina che lo aspettasse a casa mentre lui se la spassava con Rhika. Mi aveva assicurato che non voleva umiliarmi fino a quel punto… ma allora cosa voleva?

La festa lentamente, ringraziando Dio, finì.Gli invitati si avviarono lentamente verso l'uscio della villa, lasciando il vuoto silenzioso e i pavimenti sporchi di champagne e festoni colorati.. La vista della sala spoglia e priva delle chiacchiere schiamazzanti mi suscitò un senso di tristezza infinita , inspiegabile. Mi sentivo sola e lontana dalle persone che mi amavano.. lontana da casa, da Londra..Non ebbi il tempo di rattristarmi ulteriormente

Quelle che seguirono furono settimane e settimane di apprendimento;il dannato annuncio c'era stato e il mio nuovo status come 'promessa sposa' richiedeva un' elevata istruzione. Non potendone più dei miei lamenti e delle mie insofferenze, Hakim mi aveva cambiato il precettore. Quel palloso di Ghaffar, non lo sopportavo davvero più. Inoltre non valeva granché come insegnante.

Il nuovo precettore era un tipo molto più giovane e solare. Aveva cominciato subito a insegnarmi i rudimenti dell’arabo. Con mia grande gioia scoprii che potevo iscrivermi all’università , se lo desideravo. Ma prima dovevo assolutamente imparare la lingua del luogo. L’inglese era ok, ma non potevo sperare di sopravvivere con solo quello.

Rhadi, come al solito si faceva vedere poco… dopo quel bacio, non mi degnò più di un’occhiata per settimane. Ma tanto me lo aspettavo. Adesso ero io che dovevo attaccare e colpire.

Un evento però mi fece rimandare i miei piani di vendetta… stavo in Giordania da appena un mese e mezzo, quando successe qualcosa che mi complicò ancora più le cose… qualcosa che aveva a che fare con questa organizzazione, con un medaglione, e con me…

 

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Capitolo 9
*** Iraq el Amir: fuga ***


Wecome To PageBreeze

oggi ve ne posto un altro.. chi ha tempo non aspetti tempo! Dal prossimo capitolo Anna si ritroverà veramente nei guai.... enjoy

 

Il signor Yma venne di nuovo a far visita al suo vecchio compare Hakim. Naturalmente il tutto era assolutamente segreto. Dovevano scegliere meglio i loro posti di conversazione , però. Dopo poco più di un mese di permanenza non c’era ala della villa che non conoscessi alla perfezione. Il vecchio Hakim, con quella sua odiosa barbetta, continuava a sottovalutare la mia intelligenza e in questo sbagliava di grosso.

Ero da poco uscita dalla biblioteca, dopo una lezione con il mio nuovo maestro – Il signor Aban – quando la voce quieta di Josef giunse alle mie orecchie. Veloce come un felino mi acquattai dietro ad un mobile, rannicchiata come un gomitolo. Avevo sviluppato una certa dimistichezza nel nascondermi. Per fortuna quel vecchio mobile di ciliegio era abbastanza grande da nascondermi tutta… o quasi.

I due stavano parlando piuttosto concitatamente.

" Cosa potevo fare, Josef!" stava dicendo Hakim " Impedirgli di indossare quel ciondolo? Hai visto anche tu, come è , no? E’ ribelle.."

Sapevo già che si stavano riferendo di me, ma non avevo ben capito di quale ciondolo si stava parlando.

" Ho visto. Mio caro buon amico". Replicò Josef.

I due transitarono proprio a due passi da me. Trattenei il fiato e pregai iddio che non facessero caso al piede che mi spuntava da dietro il mobile. Non mi videro, grazie al Cielo. Altrimenti non so quale brillante spiegazione avrei tirato fuori.

" Sarebbe una buona spia. Ha occhio, curiosità e impertinenza" .

Hakim si rabbuiò " Non scherzare" . Josef scoppiò a ridere. Poi si fece serio.

" Comunque la situazione è grave… alla festa non ci avevo fatto caso, ma uno dei miei uomini ha rilevato la presenza di tizi mandati da Lui. Hanno visto quel medaglione…"

" .. E andranno a cercare l’altro pezzo a Villa del Sole… ho capito, " concluse il vecchiaccio.

Villa del Sole? Medaglione? Come mi aspettavo, non avevo capito un tubo della conversazione. E poi chi era questo Lui? Mi feci più attenta.

" Se trovassero quel pezzo… avrebbero la prova che stanno cercando. A quel punto, dovremo tenere gli occhi puntati addosso su Amira per tutta la sua esistenza, purtroppo."

Mi si mozzò il fiato. Cosa stava barbugliando quel pazzo ? Tenermi gli occhi addosso per la mia intera esistenza?

" Dopodomani mattina manderò degli uomini a prendere le chiavi dai vecchi custodi. La villa è serrata da più di dieci anni ormai…senza le chiavi dovremo abbattere le porte, ma a quel punto solleveremo troppa attenzione…" continuò.

Hakim assentì con un gesto del viso. "Cosa ti fa pensare che Lui non abbia mandato già degli uomini a prenderlo?" chiese. Josef sorrise, freddo. " Da due settimane ho degli uomini posizionati…. Non è volata una mosca. Lui sa che non può commettere sciocchezze…"

" Dove vivono questi vecchi custodi?" chiese il vecchiaccio, lisciandosi la barbetta con le dita.

Senza una parola, Josef gli passò un foglio di carta in mano. " Preferisco non parlare di questo a voce alta. I muri hanno orecchi".

Sussultai. Mi aveva forse notata? Ma l’espressione del suo viso non sembrava presagire nulla di tutto ciò. Per fortuna. Accidenti a quel Josef! Senza dubbio si vedeva che era dei servizi segreti.

" Anzi" aggiunse " Non mi piace l’idea di parlare di tutto questo, qui, a casa tua… la ragazza può spuntare all’improvviso da qualsiasi parte. E’ molto sveglia ". Sorrisi.

Per fortuna c’era qualcuno che non mi riteneva un’idiota completa.

Il vecchiaccio sogghignò. " Si, è sveglia. Ma è ancora una ragazzina. Non sospetta nulla di tutto questo. In questo momento sarà in camera sua a progettare il suo vano tentativo di fuga per Londra.."

Fremetti di rabbia. E così, non sospettavo nulla, eh?

Il vecchio Hakim, avrebbe dovuto ricordarsi che in quel momento non ero affatto in camera mia, ma avevo appena finito la lezione nella biblioteca… lui stesso aveva stilato l’orario delle lezioni.. che vecchio rincoglionito!

" Neanche Rhadi sospetta di nulla, ne sono certo. Passa le sue giornate a perdere tempo con quei suoi amici...pensa a divertirsi, lui" aggiunse.

Anche qui sbagliava. Avrei dato tutto l’oro del mondo per vedere la faccia del vecchio se avesse saputo che Rhadi non era allo scuro come sembrava… dopo tutto c’era una certa lettera misteriosa, in camera sua. Sorrisi.

Solo gli sciocchi commettono l’errore di sottovalutare gli altri.

La coppietta si allontanò,con mia immensa gioia: non ne potevo più di respirare così piano.

Mi alzai in piedi, circospetta . Dovevo assolutamente mettere le mani su quel pezzo di carta. Ma come fare?

Arrancai verso l’ala della mia stanza. Dovevo spremermi il cervello.

Dio, come era diventata complicata la mia vita tutto un tratto!

Poi mi venne un’idea malsana. Talmente malsana che forse poteva funzionare.

Girai i tacchi e ripercorsi l’intero corridoio all’indietro, correndo. Forse stavo commettendo un grosso errore.. o forse no . Senza dubbio avevo un gran fegato… o una grande faccia tosta. La coppietta simpatica stava ancora camminando, quando mi buttai su Hakim come una pazza .

" Nonnino!!" gridai, recitando alla perfezione. Hakim mi guardò come se fossi una malata di mente. Josef era turbato.

" Ehm.. cosa è successo, Anna?" chiese, evidentemente sorpreso di vedermi lì.

" Sono così , ma così felice del fatto che mi abbia cambiato maestro.. Ghaffar era davvero insopportabile.." Il mio tono era talmente affettato da far venire la nausea. Ero una commediante perfetta.Da piccola avevo avuto sempre la parte da protagonista , alle recite scolastiche.

" Ah, davvero?" borbottò impacciato il vecchiaccio, dandomi piccole pacche sulle spalle. Avevo una voglia matta di scoppiare a ridere. Ma resistetti.

" Si .. davvero. Questo nuovo maestro è tanto gentile, perciò sono venuta a ringraziarla".

Come avevo previsto l’effetto sorpresa del mio arrivo gli aveva colti impreparati…. Perciò il vecchiaccio teneva ancora quel prezioso foglio in mano.. gettai una rapida occhiata… appena in tempo, perché Josef accortosi del mio sguardo, strappò di mano il foglio al vecchio e lo ripiegò con cura. Non abbastanza in fretta.. Iraq el Amir

Josef mi scrutò per un attimo. Probabilmente al contrario di quel vecchio idiota, aveva capito.

" Salve signorina Amira" proferì.

" Salve Josef… ci rivediamo. Cosa la porta qui?" chiesi con evidente sfrontatezza.

" Nulla che la riguardi" replicò lui, freddo. Socchiusi gli occhi.

" Senza dubbio" risposi io, facendo l’ingenua. Forse provocarlo in quella maniera però, era decisamente troppo. Decisi di defilarmi.

Hakim però mi prese il polso e mi fissò arcigno. " Ragazza, vedi di non fare danni… ne ho già abbastanza dei tuoi comportamenti infantili" . Sorrisi e poi mi voltai. " Arrivederci".

Mentre me la squagliavo sentii Josef borbottare:

" Maledizione! Te l’avevo detto.. E’ scaltra…. Sono sicura che sta complottando qualcosa, altro che comportamenti infantili."

Appena girato l’angolo scoppiai a ridere. Se c’era qualcuno che mi stava osservando, sicuramente mi avrebbe preso per pazza.

Ma chissene frega. La mia faccia tosta mi aveva premiato…

In camera mia, accesi il portatile e scrissi quel nome Iraq el Amir, che significava ‘ ruscello del principe’. Era un’antica zona ellenica che sorgeva presso i sobborghi di Amman.

Così quello era il luogo dove abitavano i fantomatici vecchi guardiani di ‘Villa del Sole’. Non sapevo nulla di quello che mi aspettava, non sapevo neanche cosa fosse questa ‘ Villa del Sole’…. Sapevo che però avrei dovuto raggiungerla prima dell’alba, se volevo capire qualcosa di più. Dovevo trovare questo pezzo di ciondolo. Non ricordavo però di aver indossato alcun medaglione, alla festa. Soltanto il pendaglio della nonna. Un bellissimo pendaglio dorato, prezioso in ogni dettaglio. Lo adoravo.. Ma non poteva essere lui, no, non poteva.

Quel pendaglio era stato un regalo di mia nonna, non poteva avere nulla a che vedere con quella storia. Mi alzai e presi il cofanetto delle gioie… lo aprii e lo tirai fuori. Come dicevo, era bello, di taglio decisamente elegante.

E se non fosse stato un semplice regalo? Se lo avessi avuto con me sin dalla nascita, e lo avevano fatto passare come regalo? Era un’ipotesi possibile, ma pure sempre una semplice ipotesi. D'altronde la mia intera esistenza a Londra, era stata una farsa perfetta in ogni dettaglio. Era plausibile pensare che anche quel medaglione avesse avuto una piccola parte nella commedia che i miei genitori avevano approntato per me..

C’era un’unica cosa da fare e io l’avrei fatta. Digitai su Google ‘orari autobus e taxi ad Amman’.

La pagina ci stava mettendo un po’ a caricarsi. Quello stupido macinino!

Il leggero bussare alla porta mi fece sobbalzare. Accidenti! Minimizzai in fretta la pagina caricata.

" Avanti"

Entrò la piccola Asiya. " Disturbo?" chiese. Avevo una voglia matta di dirle di si, ma mi trattenei.

" No, piccola. Cosa c’è?" Tamburellai nervosamente con le dita sulla scrivania.

" Ecco.. papà mi ha detto di dirti che questa sera, io, lui e la mamma non ci siamo a cena. Andiamo a teatro… ti andrebbe di venire?"

Era fantastico. Un’occasione unica! Sembrava che il destino mi stesse dando una chance..

" No, mi dispiace piccola.. ho delle cose da fare. Devo scrivere delle lunghe mail a mia madre e ai miei amici.. è troppo tempo che non lo faccio"

" Ah ok" Sospirò la bambina. Guardai il suo faccino deluso.

" Uno di questi giorni però, andiamo io e te a fare shopping, ok?" dissi, con un sorriso.

" Va benissimo" . Gli occhi le brillavano. Era facile farla contenta.

" Solo un’ultima cosa.. Rhadi, viene anche lui a teatro?" Chiesi, con tono indifferente. Dovevo essere sicura di non averlo tra i piedi.

" No, figurati. Lui va in discoteca. A casa resta solo il nonno. Almeno ti farà compagnia"

" Certamente" risposi. Il nonno, ovvero il vecchiaccio. Compagnia… lui. Ma figuriamoci. Meno lo vedevo, meglio era.

" Tesoro, scusami… ma adesso, devo proprio farmi una doccia" distesi le labbra, sperando che quello che ne venisse fuori fosse un sorriso convincente.

" Certo. Ci vediamo più tardi.." replicò la piccola. Un secondo dopo si richiuse la porta alle spalle.

Poverina… stava cercando in tutti i modi di farmi sentire a casa.

Avrei pensato dopo a lei. Magari le avrei portato un souvenir da Iraq el Amir. Sorrisi, ironica.

Massimizzai la pagina e trovai quello che cercavo… ora si trattava di mettere in pratica una delle più grandi follie della mia vita..

 

La villa era dotata dei più tecnologici congegni di sicurezza. Lo sapevo. Lo avevo sentito dire a Rhadi, quel giorno imbarazzante, quando mi ero nascosta sotto il suo letto. Dovevo essere cauta.

Alle otto Asiya, Jasmina ed Assim vennero a salutarmi.

Alle otto e mezzo scesi per la cena. Mi attendeva quel vecchiaccio di Hakim e Rhadi. Non lo vedevo da due giorni. Quella era la sua prima cena in famiglia da tempo. Era vestito di tutto punto Armani. I capelli neri erano spettinati con un po’ di gel. Le labbra piene sorrisero appena mi vide. Sorrisi a mia volta. Non aveva idea dello scherzo che stavo per giocare a tutti loro..

Come suo solito Rhadi si alzò da tavola in fretta .

" Io vado, nonno. Stasera tornerò tardi… Ciao piccola Anna". Lo fulminai con un’occhiata. Odiavo quando tentava di sminuirmi con quei ridicoli soprannomi. 'Piccola Anna’ un corno. Ma quella sera non ero in vena di battibecchi.. non vedevo l’ora che sparisse, perciò lo ignorai.

Le cameriere portarono la frutta.

" Io vado, signor Hakim. Devo scrivere delle e-mail" dissi, Alzandomi da tavola.

"Non mangi la frutta?" mi chiese, burbero.

" No"

" Cos’è, ti è passata la voglia di prendermi in giro con quel tono falsamente dolce di oggi pomeriggio?"

Lo fulminai con lo sguardo.

" Non ero falsa" mentii. Dio, se lo ero stata.

" Se la cosa la disturba, tornerò a rivolgermi a lei, come prima.." aggiunsi con freddezza.

Mi alzai e tornai in camera mia.

Attesi.

Il vecchiaccio di solito si ritirava alle nove e mezza. La sua stanza era nell’ ala Nord.

Ero riuscita a farmi dire da un giovanissimo assistente giardiniere, dove si trovavano i maggiori sistemi di allarme, con la scusa che avevo paura dei ladri. Mi dispiaceva comportarmi così con chi non centrava nulla, ma d’altronde era una guerra.

Alle 21.40 uscii di soppiatto dalla mia stanza. Mi ero vestita di nero; una grande felpa larga con il cappuccio. Nelle tasche avevo dei soldi, il cellulare, una torcia minuscola e una piantina.

Dovevo farcela.

Scesi di sotto. A quanto mi aveva detto il ragazzino assistente, i sistemi erano collegati ad un comando centrale. Perciò per prima cosa dovevo andare a disattivarlo.

Mi aveva spiegato che una volta disattivati , restavano così per un’ora al massimo… poi si riattivavano automaticamente. L’impianto centrale si trovava in uno studio, al piano terra. Quell’ingenuo mi aveva spiegato tutto nei minimi dettagli, certo della mia buona fede.

Sorrisi ad una guardia che era ferma sulla porta di ingresso. C’erano anche loro da aggirare. Cavolo, quanto era complicato! Comiciai a dubitare delle mie possibilità. Ma non era il momento per simili pensieri.

Dopo pochi passi entrai con noncuranza nello studio. Trovai il comando centrale , dietro la porta, come mi aveva detto il giovanotto. Girai una manopola e si sentì un piccolo scatto. Mi augurai che a sentirlo fossi stata solo io.

Poi mi diressi verso il soggiorno. Di nuovo, sorrisi a quella guardia sempre fissa impalata, davanti alla porta. Aveva un naso talmente largo che faceva impressione. Il soggiorno era collegato ad uno stanzino dove sapevo che c’era una minuscola grata, collegata ai condotti di aerazione . Con un po’ di fortuna sarei riuscita ad entrarci… in fondo ero molto esile.

Presi una sedia e balzai su. Tirai con tutte le mie forze fino a che quella malaugurata grata si staccò. Entrai con facilità nel condotto.

Mi accucciai e cominciai a strisciare lentamente. Stavo per soffocare. Era talmente stretto che riuscivo a muovermi molto lentamente. Arrivata a quel punto però, dovevo farcela. Se mi avessero beccata in una simile situazione mi avrebbero segregato nella mia stanza, fino al giorno del matrimonio

Silenziosamente, continuai a strisciare con metodo, contando il numero di grate che mi mancavano per arrivare fino a quella sperata… quella che dava sul giardino.

Mi ci volle un quarto d’ora ma finalmente arrivai. Con uno sforzo indicibile, spinsi con tutte le mie forze la grata. Si staccò.

Libera, finalmente. Respirai a pieni polmoni, l'aria pura e fresca della sera.

Ora si trattava di aggirare le guardie al cancello e poi la mia fuga sarebbe stata completa.

Li catturai immediatamente con lo sguardo. Erano immobili, impalati, quasi come guardie inglesi. Con l’unica eccezione che indossavano un turbante di seta nero.

Valutai con cura le mie possibilità. Non potevo di certo affrontarli. Avevo fatto karatè, ma quelle guardie erano dei veri scimmioni.

Con gli occhi percorsi l’intero giardino, in cerca di uno spiraglio. In un angolo lontano c’era un albero che si affacciava al di là del muro di cinta.

Be’ , tanto valeva provare. Furtivamente raggiunsi quell’albero e mi ci arrampicai… il muro era molto alto, ma con un po’ di fortuna mi sarei solo sbucciata le ginocchia.

Mi buttai al di là.. e atterrai, incolume.

La fortuna forse, mi era propizia.

Mi allontanai in fretta e raggiunsi una strada trafficata che avevo imparato a conoscere bene, durante quel mese e mezzo di permanenza.

Correndo, raggiunsi la fermata dell’autobus che stava per partire…

" In marciaaaa!" urlò il conducente

Per un pelo, ce la feci. Mi calai il cappuccio in testa, nascondendomi alla vista degli altri passegeri.

La follia era appena iniziata.

 

 

 

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Capitolo 10
*** Kidnapped! Anna, where are you going? ***


Wecome To PageBreeze

L’autobus continuava a correre in direzione della periferia; l’aria fresca entrava dal finestrino e mi scompigliava alcune ciocche nere fuoriuscite dal cappuccio. Ancora non riuscivo a credere di essere riuscita a scappare. Se avessi avuto pochi soldi in più sarei anche potuta tornare immediatamente a Londra. Ma non potevo… e in un certo senso, non volevo. Prima di tornare a casa desideravo perlomeno scoprire il segreto che si celava nel mio passato. Volevo far capire ai Karim di non essere una completa ingenua e di essere capace di sventare i loro piani e i loro giochetti.

L’aria notturna continuava a penetrare all’interno. Ormai era da più di mezz’ora che quella corsa continuava; sull’autobus non c’era rimasto più nessuno.

Ovvio; erano le 22.30. Solo i delinquenti e gli stolti si aggiravano a quell’ora sugli autobus deserti di Amman. Mi chiesi in quale delle due categorie rientrassi io. Non mi sentivo affatto stolta ( ma chi può dirlo?)… del resto però, non ero una criminale. Ero solo una fuggiasca.

Fuori dal finestrino, le strade continuavano a passare sotto il mio sguardo; erano strade via via sempre più desolate…. Non c’era più la magia della cittadella di Amman. I sobborghi erano poveri, si vedeva dalle case fatiscenti e dalle strade malamente asfaltate.

Quando l’autobus cominciò ad uscire dalla città, indugiai con lo sguardo sulle ultime luci dei lampioni della città. Rabbrividii. Cosa sarebbe successo, quando la mia fuga sarebbe stata scoperta?

Le luci della città cominciarono a farsi sempre più lontane, mentre il buio sopraggiungeva.

La stradina percorsa era campagnola e intorno vi regnava il completo nulla, sterminati deserti e pianure di steppa..

Dopo un’ora giunsi a destinazione.

Scesi alla fermata di un minuscolo villaggio. Le case bianche si stagliavano nell’oscurità. Sullo sfondo non vi era nulla, se non le rovine elleniche di un immenso edificio. Nel II secolo a.C, il principe Ircano passava la villeggiatura in quel posto . Il suo palazzo era a due piani, a pianta rettangolare. Ancora si potevano scorgere i leoni di pietra ornamentali.

Se avessi avuto il tempo avrei scattato delle fotografie.

Ma non avevo il tempo per simili sciocchezze.

Affrettai il passo. Dovevo trovare un bar, un qualsiasi posto a cui chiedere informazioni.

" Ehi tu!" la voce di un ragazzino mi sorprese alle spalle.

Mi girai. Di fronte a me c’era un marmocchio dalla faccia nera di sudiciume, coperto di stracci.

" Chi sei?" mi chiese in arabo. Gioii nel comprendere le prime parole arabe. Il signor Aban aveva fatto un buon lavoro.

" Che ti importa?" chiesi. Il moccioso mi guardò incuriosito. Doveva avere circa dieci anni.

" Niente. Solo che è strano vedere turisti a quest’ora". Tirò su con il naso.

" Non sono una turista. Comunque, conosci un posto dove posso chiedere ospitalità?" . La mia pronuncia faceva schifo, ma speravo che quel bamboccio non ci facesse troppo caso.

Sorrise. " Certo, seguimi… straniera!" . Colpita e affondata. Era così facile capirlo?

Mi portò in una casa.

" E’ permesso?" chiesi. Forse non era il caso di entrare in una casa sconosciuta.

" Si" mi rispose una voce gracchiante. Mi si drizzarono i capelli.

Dentro, stesa su una stuoia c’era la vecchia più orripilante che avessi mai visto.

" Chj sei, bambina?" mi chiese. Aveva degli occhi neri infossati e coperti di sudiciume. Indossava uno chador consunto.

Presi coraggio. " Mi chiamo Anna" dissi. " Sono qui per chiedere informazioni"

Il marmocchio di poco prima prese a saltellare tutt’intorno.

" Lei è mia nonna" mi spiegò " E’ molto anziana. Ha centoventi anni".

Deglutii. Aveva davvero tutti quegli anni?. Be’ non mi era difficile crederlo.

Osservai meglio la casa: consisteva in un unico monolocale, dove regnava il completo caos. Accanto alla stuoia della vecchia, c’era una brandina dove supponevo dormisse il bamboccio. Storsi il naso. C’era puzza di chiuso e di stantio.

"Lei sa tutto di tutti" continuò il bambino. " Vive qui da molto tempo" .

Forse avevo fatto centro.

" Tu come ti chiami?" chiesi al ragazzino. " Mi chiamo Ali… e lei è nonna Salwa"

" Molto piacere di conoscerla" risposi. La vecchia era immobile e non aveva smesso un secondo di fissarmi.

" Cosa posso fare per te, bambina?" gracchiò . La sua voce era inquietante.

" Ehm.. mi dispiace disturbarla a quest’ora della sera… ma sto cercando i guardiani di Villa del sole…"

Gli occhi della vecchia si allargarono. " Villa del sole?" chiese in un rantolo.

Tacqui un istante, non sapendo bene cosa aggiungere.

Gli occhi le si rilassarono. " Villa del sole… ma certo. La villa dei Nasser, non distante da qui".

A quel punto furono i miei occhi a spalancarsi. Villa del sole era la casa dei miei genitori?

" I guardiani… vuoi dire la coppia di coniugi che vive a due isolati di distanza?"

" Non li conosco in realtà" ammisi " Voglio solo chiedergli la chiave di quella villa"

" Ah si…" mormorò la donna. " La villa è stata chiusa dopo l’assassinio dei Nasser.. me lo ricordo. La loro figlia appena nata fu rapita.."

Tramai un istante.

" Ma tu… tu chi sei? Perché vuoi entrare là dentro?" mi chiese.

A quel punto la guardai dritta negli occhi. " Io sono la figlia , Amira Nasser… ovvero Anna" replicai. Il mio tono era deciso.

La vecchia inaspettatamente sorrise. " Capisco. Allora vai, bambina. Vai nella tua casa. La coppia di persone che stai cercando sono I signori Abdul.. vivono in una bella casa marrone a due isolati da qui….corri bambina, Lui ti starà cercando".

Sussultai. Ancora questo ‘Lui’? Chi cavolo era? Volevo vederci chiaro.

Feci per chiederlo, ma la vecchia si era assopita.

" Vai. Mia nonna è molto stanca." Mi ingiunse Ali.

Annuì mio malgrado. Chi diavolo era questo ‘Lui’?

La trovai subito. Era l’unica casa marrone, in mezzo alle case bianche. Era tipica del posto: bassa, con davanti un piccolo giardinetto recintato. Avanzai verso la porta e bussai.

" Chi è?" mi domandò una voce all’interno.

" Cerco informazioni, signor Abdul.." Risposi.

Ad aprirmi venne un vecchio dalla pelle scura, con folti baffi grigi.

"Il signor Abdul?" chiesi.

" Lei chi è? Non si rende conto di che ore sono?…" chiese aggressivo. Tentai di essere il più mite possibile.

" Lo so, signore. E’ solo che dovrei parlarvi con la massima urgenza".

Mi squadrò per un attimo e poi sbuffò.

" Entra" mi disse, lasciandomi passare.

La casa era molto ordinata. Del tutto opposta alla casa della vecchia puzzolente di poco prima.

Dalla camera da letto avanzò una signora sulla cinquantina, in camicia da notte.

" Insomma si può sapere chi…?" Le si mozzò il fiato, vedendomi.

" Lina!" esclamò. A quel punto anche l’uomo mi osservò meglio e sbarrò gli occhi.

" Lina era mia madre" Mi affrettai a spiegare " Io sono la figlia, e voi… voi eravate i guardiani di Villa del Sole, vero?"

La signora si lasciò cadere su una sedia.

" Dopo tanti anni…" La sua voce tremò un poco. " Diciassette per la precisione" feci io.

Un secondo dopo la donna scoppiò in lacrime. Mi sentii a disagio.

" Siamo Ismail e Afrah Abdul" sussurrò l’uomo sconvolto. " Eravamo servitori dei suoi genitori, signorina Amira"

" La prego mi chiami Anna" replicai io.

" Cosa la porta qui?" chiese Ismail. Qualcosa nel suo sguardo mi fece supporre che già sapesse il motivo della mia visita. La donna non smetteva di piangere.

La guardai: era bella, aveva la pelle d'ebano e i riccioli scuri che le scendevano sulle guance.

" Ho bisogno della chiave di Villa del Sole… è una questione della massima urgenza…" feci subito io.

Come supponevo, Ismail era già stranamente a conoscenza del motivo della mia visita. Si tolse qualcosa dal collo e me lo diede. Era una chiave dorata, antica bellissima... sembrava quasi un cimelio.

" Aspettavamo questo momento da tempo, Anna. Eravamo pronti." Lo guardai negli occhi e in essi vidi una grande dignità.

Dignità, onestà e rettitudine.

" Grazie" risposi con il cuore in mano. Poi mi decisi a chiederlo.

" Come… come erano i miei genitori?". Ero imbarazzata. Non avevo mai chiesto nulla dei miei veri genitori.

Ai Karim Non volevo chiedere un bel niente.

" Erano persone buone, oneste.." mi rispose Afrah, che aveva finalmente smesso di piangere.

" Li rispettavano tutti. E’ stata una brutalità, quella che è successa…" aggiunse Ismail.

Cercai di mantenere un tono razionale, ma il mio cuore aveva preso a sussultare , impazzito..

" Io… io non me li ricordo neanche.." mormorai impacciata. " Sua madre era bella come lei… anzi lei, signorina, diventerà ancora più bella.."disse Ismail, con un sorriso bonario.

Gli occhi mi si inumidirono. Ma cosa mi stava succedendo?

Nutrivo davvero qualcosa di così profondo verso quelle persone? Verso i miei genitori biologici?

" Gra.. grazie di tutto" proferii. " Ora devo proprio andare…"

" Buona fortuna…"

Mi voltai per un attimo. Li vidi abbracciati, che mi guardavano, con i loro occhi onesti.

decisi di tentare la sorte, forse stava dalla mia parte..feci un tentativo.

" Ancora una cosa… sapete niente di una certa organizzazione, di un certo ‘Lui’…. ?" domandai, titubante

I loro sguardi interrogativi mi diedero la risposta.

" Non fa niente.." dissi con un sorriso. Uscii e respiarai a fondo.

Finalmente avevo la chiave... la chiave del mio passato. Sentivo qualcosa di nuovo in me... qualcosa di molto simile alla soddisfazione.. Mi direzionai verso la fermata..

L'avevo da poco raggiunta, quando si alzò un forte vento. 

" Dannazione!" mi raggomitolai all'interno di quella felpa larga e informe che mi stava tre volte. Indossavo i jeans e per quello non potevo farci nulla... le gambe mi si ghiacciarono.

Il prossimo autobus sarebbe passato tra meno di un'ora... dovevo solo aspettare. Mi sedetti su una panchina.

Attesi in silenzio. Per un minuto, non si sentiva altro che il vento frusciare. Tutt'intorno vi era la desolazione. Era mezzanotte e la gente dormiva.. ma c'era troppo silenzio, in effetti. 

Un rumore di passi furtivi attirò la mia attenzione. Successe tutto in un attimo.

 In un attimo mi trovai stretta nella morsa di mani prepotenti, con un sacco calato sul viso.

" Cosa cazzo.." farfugliai.

In un attimo mi trovai a lottare furiosamente contro qualcosa che non riuscivo a vedere.Maleidzione, a quel sacco puzzolente!

" Tenetela ferma… è proprio bella.." sentii. Era una voce maschile.

Cazzo, sperai che non stesse per capitare quello.

Invece venni trascinata via da non so quante persone. mi dimenai, ma una mano mi stava storcendo le braccia fino a farmi urlare di dolore.. Un'altra presa ferrea continuava a piegare le mie gambe ed a tenermi il sacco in faccia.

" Chi cazzo siete, bastardi?!!" .. Sentivo che qualcuno mi stava legando i polsi con una corda. Sghignazzava lo stronzo..

"Se non mi lasicate subito, vi ammazzo, figli di puttana!!"

" Wow che carattere!" sentii ancora, sempre da quell'odiosa voce.

Quando finalmente mi venne tolto il sacco dalla testa, mi ritrovai in quello che sembrava un magazzino. Mi girava la testa, e i polsi mi dolevano.

" Niente male, la bimba" sentii dire.

" E’ gracile, ma dalle tempo e sboccerà…" Aggiunse un’altra voce sghignazzando.

Quando finalmente riuscii a vedere bene, un ceffone in pieno viso mi mandò completamente K.O. Sentii il sapore del sangue sul labbro superiore. Non riuscivo a visualizzare bene i bastardi e questo mi rendeva inerme.

" Al mercato delle puttane, quanto varrà secondo voi..?"

Puttane? Cosa stava dicendo quel bastardo? Un sospetto si impadronì del mio cervello.

" Oh cazzo, sono nella merda" mormorai, prima che un calcio in pancia mi facesse perdere completamente i sensi..

 

 

 

 

 

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Capitolo 11
*** Il Venditore : Anna, are you ok? ***


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Eccovi un altro chapter… aggiorno piuttosto velocemente perché tanto sono già avanti nella scrittura. Spero non vi dispiaccia J … Comunque introduco una piccola novità. Da questo momento ci saranno occasionalmente capitoli con variazione di punti di vista…. In questo in particolare, c’è uno spezzone molto interessante dove il protagonista è Rhadi.. buona lettura! Please, recensite!! :)

 

Chiasso infernale. Musica veloce che ritma freneticamente. Corpi veloci che ballano, stretti in jeans e top risicati. Belle bionde sdraiate sui divani dei privet, pronte a flirtare con lo stesso ricco uomo che le aveva pagate. Spogliarelliste seminude e potenti uomini d’affari che bevono Martini e Champagne.

" Ehi Maddy, dammi un'altra birra, please!". La voce di Rhadi risuonò nella sua pienezza, all’interno della discoteca affollata. Una cameriera roscia, carina, gli porse un boccale strapieno. Gli avrebbe offerto anche qualche altra cosa se solo lui avesse accettato…

" Ehi ti stai dando alla pazza gioia, stasera!" . Un giovane alto, dai lineamenti marcati lo guardò sghignazzante.

Rhadi strinse le spalle. " Voglio solo bere qualcosa, Marick.. come sempre!"

Amman non dorme mai. Amman balla. Amman ama la bellezza..

Una moretta, vestita con un corto vestitino di paillettes gli si avvicinò, allungando la mano verso il suo petto.

" Piano, bambolina!" esclamò Rhadi, ridendo. La moretta sorrise. " Non ti ricordi di me?" gli chiese, con un sorriso provocante. " Ci siamo incontrati a New York, quattro mesi fa… durante il tuo soggiorno".

Riflettè un attimo: si, in effetti era stato a New York quattro mesi fa… era partito con suo zio, per festeggiare l’estate. Non ricordava di aver incontrato quello schianto di ragazza, però.

" Tatiana, vacci piano!" gli urlò Marick; era mezzo ubriaco, sdraiato su un divanetto, mentre due biondine gli stavano facendo il servizio completo. " Rhadi ormai non è più scapolo!"

La ragazza storse la bocca " Ah, no?… peccato… ma lei dov’è adesso?". Rhadi le prese la guanciotta, dandole un pizzicotto affettuoso.

" E’ a casa che dorme…" disse.

" Te la sei già presa, vero?" gli chiese ancora sguaiatamente Marick.

Rhadi scoppiò a ridere. Figurarsi se Anna si faceva ancora toccare da lui! Si era imbestialita soltanto per un bacio!

Anna, Anna, Anna.

Sempre lei nella mente, in quel periodo.

Si allontanò bruscamente dall’allegra compagnia, spingendo la moretta che ancora gli faceva le fusa, sperando che lui la prendesse. Uscì dal suo privet di lusso.

Voleva fumarsi una sigaretta in pace. Il locale era strapieno come sempre. La musica impazzava, mentre sulla pista corpi sudati e frementi si agitavano nelle più assurde movenze.

Aprì la porta a vetri e uscì fuori. Accese la sigaretta con il suo accendino d’argento.

Anna.

Nuvola di fumo nell’aria. Inspirò ancora.

Anna.

Un altro respiro fumoso.

Da quella dannata festa non pensava altro che a lei. Perché continuava a rifiutarlo in quel modo?

Di solito non faceva quell’effetto alle donne, anzi. Cadevano sempre al primo colpo.

Perché lei aveva quel suo carattere? Era quasi mascolina nel suo modo di fare, sempre pronta a contrattaccare. Chiuse gli occhi per un attimo, immaginandola. Eccola lì che lo guarda arrabbiata, con quei suoi occhi scuri e brillanti, quella pelle liscia, vellutata… e quelle labbra, sempre imbronciate quando c’era lui nei paraggi. Se sorrideva le si formava una fossetta sulla guancia sinistra. Ovviamente non rideva spesso, se c’era lui nelle vicinanze. Così bambina, così fragile… ma così tagliente.

Riaprì gli occhi e inspirò ancora, osservando l’anello che portava sul medio della sua mano destra. Lei stranamente era diversa… non le piacevano le belle cose della vita. Non era infatuata dei gioielli… o roba simile. Lei era diversa. Anna.

Anna e quel suo carattere ribelle.

Lui non gliela avrebbe data vinta. Non era il suo stile.

Socchiuse gli occhi, riducendoli a fessure.

Assolutamente, sarebbe diventato suo marito. L’avrebbe sposata. E poi, avrebbe dovuto adeguarsi ai suoi voleri… come tutte le donne avevano fatto, del resto.

Non che a lui importasse molto del dannatissimo matrimonio. Ma anche lui non aveva scelta: c'erano interessi troppo importanti in gioco, troppi punti in sospeso che necessitavano un chiarimento. Avrebbe dovuto sposarla non certo perchè era innamorato di lei. Figuriamoci

Semplicemente vi erano altri buoni motivi per farlo. Quella testa calda di Anna non concepiva neanche l'idea che al mondo oltre alle romanticherie sussistessero valori più concreti, basati sul rispetto a un voto, sull'obbligo morale, sul perseguimento di una giusta causa. Era una mocciosa, dopotutto. Certo, era comunque molto diversa da come se l'era figurata.

Quando aveva saputo che sarebbe arrivata ad Amman la sua 'fidanzata londinese', si era immaginato un tipino smorfioso, facile da gestire.

Aveva pianificato tutto nei minimi dettagli: l'avrebbe conquistata e tenuta buona con i soliti mezzi: la ricchezza, il lusso, la bellezza.

Con sua grande irritazione però, Anna non si era dimostrata così semplice: ai suoi occhi i gioielli e la materialità sembravano perdere valore; sarebbe quasi sembrata apatica e indifferente a tutto, se non fosse stato per la sua mania di leggere e scrivere.

In ogni caso, il problema rimaneva: I suoi modi non avevano presa su di lei. Mai si sarebbe aspettato una ragazza impertinente, insofferente delle regole, fragile come un bicchiere di cristallo.

Ciò in ogni caso non cambiava nulla: c'era un ottimo motivo che induceva Rhadi a sposare Anna, anzi più di uno in effetti; il più banale era che a lui piaceva vincere le partite e non amava perdere.

Sarebbe stata una gran bella soddisfazione sbattere in faccia ad Anna la sua vittoria.

Il secondo motivo era notevolmente più serio, ma non vi era alcuna necessità di renderlo pubblico... meno che mai ad Anna.

Il pericolo era sempre in agguato. No, davvero non c'era il bisogno di far capire alla ragazza che cosa sarebbe successo se lui non...

In ogni caso, basta pensare: ne aveva abbastanza. Lei l'avrebbe sposato.

Fine della discussione.

Avrebbe dovuto obbedire almeno a questo. Ovviamente, da sposati, le avrebbe lasciato libertà. Non gli era mai piaciuto essere soffocante. Ma sarebbe stata sua moglie e ciò comportava delle evidenti conseguenze. Lei lo aveva capito dal primo momento e aveva iniziato quell’assurda crociata che non avrebbe portato a niente.

Doveva metterselo in testa. Se lui l’aveva deciso, lei doveva adeguarsi. Sorrise, immaginandola ancora con quel broncio così infantile.

Inspirò ancora avvertendo nella gola l’aroma di tabacco. Fu in quel preciso istante che squillò il cellulare.

" Pronto?". Gettò a terra il mozzicone, spegnendolo con le scarpe lucide di pelle.

Fu un attimo.

" Cosa?!… Fuggita?. Ci penso io!"

Disconnesse la chiamata. Anna. Era scappata nel cuore della notte. Erano le due del mattino.

Come aveva potuto fare una cosa così stupida? Come aveva osato scappare?

Compose in fretta un numero, in preda al panico.

" Pronto, Pablo.. si, si sto bene. Ho bisogno di un favore…"

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Dovevano essere da poco le due… o forse di più. Non potevo saperlo con certezza, la testa mi faceva troppo male. Uno dei bastardi mi aveva preso per i capelli e sbattuto dentro un camion o qualcosa del genere. Avevo di nuovo il sacco in testa perciò non lo avevo visto bene in faccia. I bastardi mi avevano derubata di tutto: la piantina, la torcia ed il cellulare- mia unica speranza- che era stato fracassato con una pedata.

Ringraziando iddio, il ciondolo con la chiave era ancora al mio collo.

Sentivo una gran puzza intorno a me.

Puzza di vecchio, e di alcool.

Avevo i polsi legati con delle corde che quasi mi tagliavano, tanto erano strette. I violenti scossoni della strada, non mi aiutavano di certo. Mi avevano buttato là dentro come un sacco di patate e avevano messo in moto, evidentemente entusiasti.

Idioti. Non appena mi fossi liberata, li avrei uccisi tutti con le mie mani.

Mi leccai il labbro superiore. Il sangue ancora scendeva copioso.

Avevo le gambe libere, perciò tentai di mettermi in piedi, ma le buche della strada e il veicolo in marcia, me lo rendevano quasi impossibile.

" Vaffanculo, stronzi! Liberatemi subito!" urlai, fuori di me. Sentivo al posto di guida, quelli che sghignazzavano, parlando troppo a bassa voce perché io li sentissi.

Riflettei freneticamente, cercando di scovare una possibile ragione, per la quale mi avevano preso. Avevano parlato di un mercato delle puttane. Forse volevano vendermi a qualche magnaccia e buttarmi sul marciapiede.

No, sarebbe stata meglio la morte. Non mi sarei mai degradata fino a quel punto.

Ringraziando Dio, I Karim dovevano già aver mosso mari e monti per ritrovarmi….

Strizzai gli occhi. I Karim..

Ero schifata di me stessa: un secondo prima li disprezzavo e poi pregavo che loro mi aiutassero. Davvero comodo ed egoistico da parte mia.

Oltre al sangue, qualcosa di bagnato e salato arrivò fino alla mia lingua.

Il sangue aveva finito di uscire, ma le lacrime inondavano il mio viso.

" Taci, bellezza!" urlò qualcuno, in lontananza. Ma io ormai non lo sentivo più. Non sentivo più niente. Sentivo solo i miei singhiozzi, perforarmi il petto.

Volevo la mia casa, volevo tornare dai miei genitori… o almeno volevo tornare dai Karim, che in fondo non mi avevano trattato male fino a quel punto.

Finalmente il trabiccolo si fermò. Venni fatta scendere e mi venne strappato via il sacco.

Per la prima volta vidi il viso dei miei aguzzini. Erano quattro, tutti maschi, dai venticinque ai trent’anni.

Uno di loro era tutto ricoperto di piercing, un altro, bianco, aveva un grosso tatuaggio a forma di leonessa, sul braccio. Gli altri due erano grossi, dall’aria ebete. Non erano scuri di pelle.

" Allora, hai finito di frignare?" chiese quello pieno di piercing, scostandomi un capello dalla faccia. Gli altri risero crudelmente.

" Non provare a guardarmi", riuscii infine a dire. L’altro invece mi guardò, con uno sguardo provocatorio.

" Rilassati, tesoro… sarai una sgualdrina perfetta, nel letto di chi ti comprerà!".

Deglutii. No, non poteva essere vero. Non poteva succedere veramente.

Venni trascinata di forza verso un magazzino cadente, in mezzo allo sperduto deserto.

" Passerai la notte, qui, bellezza. Vedi di non dormire troppo" Mi urlò il tizio pieno di piercings, chiudendomi dentro.

Lo squittio di topi, fu l’unico suono che udii per tutta la notte…

 

Al mattino fu ancora più terribile della sera.

L’odore orrido del magazzino, ma soprattutto i topi, mi avevano fatto essere all’erta per l’intera nottata. Se c’era una cosa che mi faceva schifo sul serio, erano i topi di fogna.

Non avevo chiuso occhio, ma ero sveglia come un grillo per il nervoso.

Il tizio con il tatuaggio mi tirò fuori.

" Ehi, Tom! La mocciosa la porto dentro?"

Tom, dunque non era giordano, era uno straniero.

L’altro fece cenno di si, da lontano. Mi guardai intorno. Mi trovavo in una pianura desertica, dove il dato più particolare era il nulla che imperversava intorno. Accanto al magazzino, c’era un’angusta casetta, dove gli altri tre bastardi mi aspettavano.

Dio mio, se mi avessero violentata, sarei stata un’ameba per la mia intera esistenza.

Tremai un poco e il tizio non se lo perse.

" La piccola sta tremando!" strillò agli altri.

Fu in quel momento che ci provai. Gli diedi una gomitata forte sulle costole, e presi a correre con i polsi ancora legati.

" Fermati, strega!" gridarono gli altri tre, venendomi incontro come pecoroni.

Corsi a più non posso; ma ero stanca e incespicavo… alla fine svenni, sfinita.

Non so per quanto tempo rimasi incosciente. Nell'inconsapevolezza, mi parve di avvertire due forti braccia che mi sollevavano, e il fiato pesante di qualcuno sul viso.

Quando rinvenni, mi ritrovai dentro ad un letto, slegata e … nuda!

" Ma cosa?…"

Sussultai quando vidi una ragazza dai lunghi capelli rossi vicino a me, cambiarmi la pezza bagnata sulla fronte.

" Salve… io sono Sharizi. Sei svenuta ed ora sei nella casa del Venditore…" mi disse semplicemente.

La fissai a bocca aperta.

" La casa del…?"

" Venditore." Soggiunse lei con un sorriso. " So che è difficile. Ma presto ci farai l’abitudine. Abbiamo tutte iniziato così"

" Tutte?" Chiesi confusa, mentre il panico prendeva il sopravvento.

Mi sorrise.

Fu allora che mi resi conto dov’ero. Ero all’interno di un’enorme camerata, piena di una ventina di ragazze; tutte mi fissavano…. Mi sentii male.

 

 

 

 

 

 

 

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Capitolo 12
*** Sparita! Rhadi go on! ***


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Scusate tanto del ritardo colossale… ma eccomi di nuovo qui. Bene, questo diciamo è un capitolo di transizione( in effetti è più breve degli altri)… ovvero, il blocco importante avverrà tutto nel prossimo.. ne vedrete davvero delle belle. Lo prometto ^_^ Ringrazio tutti i commentatori, le recensioni mi fanno davvero piacere. Grazie ancora a momob, Lady Sphinx, LadyElizabeth, MaryMatrix, Niis, Valevre, Jashder, MagaNera, lorelei88, la_regina, Bella4, ELPOTTER, ka chan, lorella, Xara, Kicici, Ren_91, giuggiolina43… grazie anche a tutti coloro che hanno messo la fanfiction tra i preferiti. Grazie di cuore. ed ora alcune note:

Per questa storia ho preso spunto un po’ da un mio sogno… e poi amo sia il medio che l’estremo oriente ( salvo alcune cose, questi paesi mi piacciono per la loro storia). Per il personaggio di Anna, sto cercando di renderla un individuo autocritico, consapevole delle proprie scelte. Amo i personaggi battaglieri che non danno mai nulla per scontato.

La psicologia di Rhadi è molto complessa, ma ancora non è fuoriuscita. Nei prossimi capitoli uscirà fuori all’ennesima potenza.

Grazie ancora a tutti! Enjoy!!

p.s: purtroppo con gli aggiornamenti non posso essere proprio precisa, perché il lavoro e lo studio non me lo consentono… goumen

enjoy e recensite… grazie!

 

 

 

 

 

Era tardo pomeriggio, quando mi addormentai di nuovo. I miei vestiti erano stati messi a lavare, in quanto erano sudici… Non ne dubitavo , dopo aver passato la notte in quel fetido e squittante magazzino. Probabilmente Sharizi e le altre avevano messo del sonnifero nella ciotola di the verde. L’avevo bevuto tutto d’un fiato, troppo assetata per sospettare qualcosa.

Nei dieci minuti successivi, ero caduta in uno stato catatonico e un pesante torpore mi aveva annebbiato la mente;

Il mio sonno era stato popolato da incubi.

Dove mi trovavo? Chi erano quelle persone? E soprattutto chi era mai questo fantomatico Venditore e cosa diavolo voleva da me?

Ovviamente a queste domande ci fu risposta soltanto quando riemersi dal mio stato di quiescenza .

Fu Sharizi a rispondermi.

" Giro di prostituzione" mi disse con un sorriso dolce, quasi snervante. La fissai.

" Che diavolo significa giro di prostituzione?!" tuonai. Le altre ragazze erano sparite dalla camerata e così eravamo rimaste solo io e lei. Avevo crampi dappertutto, per cui non mi potevo ancora muovere.

" Significa quello che ho detto" replicò lei, impassibile. Mi guardava con due profondi occhi scuri, che sembravano tristi e arroganti al tempo stesso. Probabilmente lei lì dentro era la prostituta per eccellenza, colei che veniva richiesta ogni sera da qualche schifoso .

La mia analisi non era errata.

" Io sono in questo giro da quattro anni" mi spiegò " E non me ne pento, affatto… quando scelsi di entrare in questo circolo sapevo a cosa andavo incontro..".

Tentai di resistere all’impulso di strozzarla.

" La mia non è stata una scelta." Scandii, per farmi capire bene "Sono stata RAPITA, presa contro la mia volontà e buttata in un magazzino pieno di topi " La mia voce era glaciale.

Non potevo dimenticare la nottata passata all'interno di quel buco nero aberrante, circondata dai roditori...

Lei non mi degnò di uno sguardo. Invece si alzò e fece per andarsene.

" Allegra, mia cara… questa sera incontrerai il Venditore. E poi andrai direttamente a fare la tua prima serata con colui che egli ti presenterà. Vedrai che lasciarsi completamente andare non può fare che bene. Aiuta per il nervosismo..".

Lo sbattere della porta nascose la mia violenta imprecazione.

E così ero entrata sotto il protettorato di questo Venditore.. o lurido bastardo. Forse questo nomignolo era addirittura migliore. la mia vita non poteva essere peggiore... Sul serio, stava diventando quasi un racconto da fiaba, per quanto era incredibile. Rapita da trafficanti di prostitute.. Assurdo. Ad ogni modo, non mi sarei lasciata sfiorare neppure con un dito. Piuttosto mi sarei uccisa con le mie mani.

Mi alzai e mi vestii con il cambio portato da Sharizi. Incurante dei crampi che pervadevano i miei muscoli, raggiunsi la porta e l’aprii. Mi trovai dinanzi ad un angusto corridoio. Quella casa puzzava di muffa. C’era il parquet, perciò i miei passi non erano udibili. Speravo che la Fortuna mi fosse propizia ora, più che mai. Dovevo scappare. D’altronde ero diventata abile con le fughe. Ora più che sempre, dovevo tornare dai Karim… assolutamente.

Solo adesso mi rendevo conto di quanto fossi stata cocciuta ad avventurarmi in una città sconosciuta. I Karim a quell’ora dovevano già aver sguinzagliato la polizia di stato e tutte le guardie del parlamento per cercarmi. Provai quasi disgusto per me stessa. Un secondo prima disprezzavo i Karim, fuggendo da loro… un secondo dopo speravo che mi aiutassero.

Rhadi doveva essere furioso a dir poco.

Rhadi. Il pensiero mi colpì, involontario. Senza dubbio ero impazzita. Come spiegare altrimenti quella strana sensazione che mi attanagliava lo stomaco? Provavo quasi desiderio di rivedere i suoi occhi verdi e magnetici, le sue labbra piene… il suo torace snello e muscoloso… Dio , ero completamente fuori di testa. Come diavolo potevo mettermi a pensare allo sbarbatello, in quel momento?.

" Dove stai andando?" Mi apostrofò una voce profonda.

Raggelai. L’immagine di Rhadi svanì come una nuvoletta. Dietro di me c’era un uomo sui trentacinque, con perforanti occhi neri, un diamante sul lobo destro, e il codino. Era occidentale. Quando incontrai i suoi occhi glaciali, lo seppi subito. Lo seppi prima ancora che lui aprisse bocca per presentarsi.

" Sei… Sei…" sussurrai, incapace di mantenere un contegno. L’uomo si avvicinò. In mano teneva un coltello dal manico d’argento.

" Si sono Xavier… o meglio il Venditore." . Restai immobile, fissando il pugnale. Sharizi mi aveva detto che lo avrei incontrato solo quella sera... perchè mai, il lurido bastardo era lì? Vi era qualche motivo in particolare che mi riguardava?

Si avvicinò, ed io indietreggiai inconsciamente. Ma lui non mi diede il tempo di tornare sui miei passi.

Mi prese il mento con una mano e mi studiò, come il macellaio scruta con occhio analitico un quarto di bue sul balcone da lavoro.

I suoi occhi scavarono un solco nella mia anima. Erano scuri e crudeli, quasi da falco.. sembravano volermi dilaniare dentro...

" Sei bella" constatò in un soffio. " Forse un po’ gracile… ma crescerai.."

Lo guardai con occhi furiosi e mi allontanai di scatto.

" Non toccarmi" sibilai velenosa. Lui mi guardò, e poi rise in una risata priva di allegria.

" Tranquilla.. non sarò io a toccarti. Ma chi ti comprerà per una notte… fatti bella per stasera. Ti porterò al Plaza"

Sparì dietro l’angolo, ancora ridendo, con quella risata pesante e profonda.

Mi vennero le lacrime agli occhi, ma le frenai. Non dovevo piangere. Quell'uomo terribile voleva mercificare il mio corpo … per di più al Plaza, il locale dei potenti per antonomasia.

L’idea mi balenò in un lampo.. Il Plaza…. Era ad Amman. Lì le mie possibilità di fuga erano più elevate. Non avevo idea di dove fosse localizzata quella vecchia catapecchia. Per quanto ne sapevo poteva essere anche nei pressi di Karak, o nel Deserto Nero.... Chissà quanto diavolo ero distante dalla capitale. No, la cosa migliore sarebbe stata attendere di tornare ad Amman, e tentare l'ultima impresa... l'ultima fuga, che forse si sarebbe rivelata una mossa più saggia, di quella della notte precedente.

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Il caldo era quasi soffocante. Ma probabilmente ciò era dovuto soprattuto all’ansia. L’ansia aveva prosciugato tutte le forze.

Persino il vecchio Hakim, di solito così energico era stato colpito e affondato clamorosamente. Lui e Assim sedevano in soggiorno sempre all’erta, in attesa che i telefoni squillassero con buone nuove. Per tutta la mattina avevano partecipato alle missioni di ricerca... ma poi avevano lasciato il comando pratico ai loro uomini di fiducia. Avevano indotto anche alcune forze speciali dell’esercito a cercare Anna. Tutto merito dell’influenza dei Karim. In totale c’erano forse più di trecento persone, impegnate nella ricerca.

" Tornerà, non è vero?" Asiya ,il volto rigato da lacrimoni era abbracciata a Jasmina.

" Certo piccola" le rispose Hakim, rasserenandosi giusto quel poco per renderla felice. Poi si rifece scuro in volto.

" … E quando tornerà passerà molti guai." Sussurrò ad Assim.

L’altro annuì. " Fino a questo momento l’abbiamo protetta ; ma adesso basta. E’ stata un’ingrata. D’ora in avanti tutte le decisioni che la riguardano passeranno al giudizio di Rhadi. La affideremo direttamente a lui…Vedrà cosa significherà, essere in balia di un tipo come mio figlio."

" Me lo immagino." Replicò Hakim. " Rhadi si sa imporre. Fino ad adesso abbiamo cercato di mediare tra quei due… ma adesso è giunto il momento che la se la sbrighino da soli."

" Spero solo che la troviamo in tempo" mormorò il vecchio Hakim, portandosi le mani al volto.

" Dobbiamo trovarla in tempo!" Intervenne Jasmina con forza. Aveva uno sguardo quasi isterico. " Se le dovesse succedere qualcosa, non me lo perdonerei." Hakim la guardò.

" Dobbiamo riconoscere che è molto abile, però. Josef non scherzava quando ha detto che potrebbe fare spionaggio. Ha scavalcato la nostra sicurezza in un soffio"

" Questo perché la nostra sicurezza era labile ieri sera" precisò Jasmina. " Non ci attendevamo di certo una fuga da parte sua".

Hakim aggrottò le sopracciglia. " Io invece avrei dovuto capirlo… il suo comportamento di ieri era troppo bizzarro. Anche Josef è rimasto sorpreso.."

" A proposito dov’è Josef?" Chiese Assim

" Ha organizzato le ricerche con i suoi, dei Servizi Segreti… sapete quanto è importante per lui, Anna. Se l’organizzazione la trovasse prima, sarebbe la fine"

Ci fu un attimo di silenzio assenso; Il tacere non perdurò a lungo.

" Rhadi invece… ha i suoi metodi di ricerca" mormorò Asiya. Aveva finalmente smesso di singhiozzare, ed ora riposava abbracciata alla madre.

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" Non me ne frega niente , Marick!" tuonò. I suoi occhi verde mare mandavano lampi. Era quasi da un’ora che parlava telefonicamente con l’amico. Con una mano reggeva il cellulare, con l’altra teneva il volante della sua Audi. Andava ad una velocità pazzesca.

" Senti, chiama Benio e cerca di farti passare informazioni dai tizi del quartiere . Forse loro sanno qualcosa… ho il sospetto che quell’imbecille si sia messa in seri casini"

La risposta dell’altro lo fece incupire.

" Credi che mi freghi qualcosa dei soldi? Per me non sono un problema… posso riempirlo di soldi fino a farlo vivere di rendita… sai che sono capace di farlo. L’importante è trovarla. Mia madre si sta facendo prendere da una crisi di nervi…. È da quasi ventiquattro ore che manca…"

Si interruppe, un attimo, inchiodando di colpo, per far passare una vecchietta sulle strisce pedonali.

" D’accordo. Sguinzaglia anche lui… mi deve un favore…"

attaccò e buttò il cellulare sul sedile del passeggero.

Accelerò. 120, su una statale… 130, 140..

Il vento gli scompigliava i capelli, e il fresco gli penetrava fin dentro la camicia..

Doveva trovarla. Qualcosa gli diceva che se l’avesse persa in una qualche maniera, sarebbe crollato il mondo. E non parlava soltanto di tutta la storia dietro. Parlava delle sue sensazioni nei suoi confronti. Nei confronti di quel visino minuto, da quegli occhioni arrabbiati dalle lunghe ciglia nerissime.

Non poteva e non doveva perderla. No, no, no. Prima doveva ancora giocarci insieme, doveva umiliarla ancora un po’. Il bello doveva ancora venire… e poi, non poteva accettare che lei gli si sottraesse in quel modo. Avrebbe significato che lei aveva vinto la partita. E questo lui non poteva accettarlo. Mai nessuna ragazza aveva vinto una partita con lui. Meno che mai una ragazzina ribelle, che ancora doveva crescere. Era un maschiaccio insopportabile con i suoi modi infantili. Eppure… era anche bella.

Il pensiero lo fulminò. Anna era bella, bellissima.

Era scappata , aveva eluso la sorveglianza ed adesso poteva trovarsi seriamente nei guai.

Ma dove diavolo poteva essere andata?

All'aeroporto, le guardie del corpo non l’avevano trovata… dove diavolo poteva essere quella mocciosa, quel tornado imprevedibile ed irascibile?

Con un sorriso ripensò al suo piede sinistro. Qualche settimana fa, glielo aveva quasi fracassato.

Il cellulare squillò.

Fu velocissimo. " Pronto, sono Rhadi.."

" Cosa?! Ma sei sicuro?!!…. "

Gli occhi gli brillavano, esultanti.

Forse i suoi metodi di rintracciamento, non erano poi così inefficaci..

 

 

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Capitolo 13
*** Rosso carminio: l'asta ***


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Avendo un po' di tempo ho sfornato per voi un altro capitolo, cotto a puntino. Ditemi cosa ne pensate... e soprattutto cosa credete che succederà nel prossimo capitolo?

kisses a tutti, enjoy! p.s: grazie dei commenti, a tutti... Continuate a commentare, se potete.. le recensioni mi fanno davvero taaaaanto piacere :)

 

 

 

Compresi quasi subito che il lavoro delle ragazze del Venditore era molto più che copulare. A quanto pareva, i clienti dovevano essere allietati dalla presenza delle giovani.

E dato che la maggior parte dei clienti di Xavier erano uomini potenti, politicanti allo sbaraglio e ricchi papponi amanti dei piaceri, egli costringeva le sue pupille ad attenersi a certi canoni di sfarzosità e sontuosità, confezionando bei pacchetti di ragazze, con tanto di fiocchetti rossi e profumo Chanel.

La mia pelle, leggermente abbronzata, era stata infatti profumata con del balsamo alle rose;

Mi avevano fatto indossare un abito meraviglioso, costituito da un corpetto stretto, porpora e da un gonna corta, di velo color cremisi, che lasciava libere le mie gambe.

Ai piedi portavo dei tacchi altissimi…

Sul serio, se non mi fossi trovata nella situazione in cui ero, avrei potuto dire che mi stavo mascherando per una pagliacciata. Sembravo una vera puttana altolocata.

Dal tacco alto fino al trucco, ogni particolare era curato al fine di evocare sensualità e piacere. I miei capelli, di solito sempre lisci e lucenti, erano stati legati in un’ elaborata acconciatura: una fascia dorata me li tratteneva indietro, rivelando il mio viso completamente.

Sulle labbra, di solito rosee e piene come quelle di un bambino imbronciato, mi avevano messo un tocco di carminio.

Sharizi mi aveva aiutato in tutta questa preparazione. Non ero l’unica, però.

Un’altra ragazza, Marina si era vestita con un abito semitrasparente, di tulle bianco.

Era bellissima. Lunghi riccioli biondi le scendevano sulle spalle. Chiaramente non era nativa della Giordania.

Le altre ragazze parlavano concitate tra loro. Non capivo una parola di quello che dicevano; si esprimevano in un arabo dialettale, troppo veloce per il mio orecchio. Solo Sharizi parlava un arabo semplice e corretto.

Intanto, nell’immensa camerata erano state portate delle specchiere e delle sedie, e tutte si affaccendavano, per aiutare me e Marina a prepararci. Sembrava che soltanto noi due dovessimo partecipare ‘ all’allegro festino’.

" E’ la sua terza volta, con lo stesso cliente" mi spiegò Sharizi, indicandomi Marina, mentre mi sistemava i capelli.

" Marina ha il suo protettore speciale… Xavier due o tre volte alla settimana le fissa un appuntamento.."

La testa mi doleva, tanta era la confusione.

" Chi sarà mai questo protettore speciale?" chiesi, più a me stessa che a lei.

Un sorriso furbo si disegnò sulle labbra della ragazza.

" Se lo dicessi in giro, scoppierebbe uno scandalo. E’ sposato ed è un uomo molto in vista in parlamento…"

Sorrise, guardandomi con complicità.

E così i clienti erano sporcaccioni del parlamento, eh?

Restai a fissarla nello specchio, mentre mi arricciava i capelli alle punte.

" E’ davvero necessario, tutto questo? Voglio dire una puttana non ha bisogno di…"

" Alt, Alt, Alt!" Mi interruppe lei, con uno sguardo ammonitore.

" Non farti mai sentire da Xavier… lui non ci reputa delle puttane . Ma delle accompagnatrici di lusso. Non abbiamo nulla a che fare con le sporche puttane di strada. Noi amiamo l’eleganza.. ci pagano per l’eleganza.."

Inarcai un sopracciglio. Puttana di lusso? Pagavano per l’eleganza? Che cosa mi toccava sentire.. i clienti pagavano per avere rapporti fisici, non certo per l’eleganza. Ero pronta a scommettere che a più della metà dei maniaci che pagavano, non gliene importava un bel niente della bella confezione fastosa in cui Xavier imballava le sue ragazze.

Mi guardai le unghie, noncurante.

" Sarà , ma non vedo il frutto di tutti questi soldi, in questa casa… voglio dire, se davvero pagano tanto, come mai che il tuo Xavier vive in una minuscola catapecchia, con venti ragazze, e quattro scagnozzi ?" chiesi, sarcastica.

La risata spassionata di Sharizi mi spiazzò. Dallo specchio la potevo vedere… si stava divertendo.

" Che ho detto di divertente?!" Ero visibilmente allarmata… che fosse impazzita?

" Niente.. niente , mia cara" replicò lei, asciugandosi gli occhi. " Solo che mi stupisce la tua ingenuità. Come puoi davvero credere che Xavier viva qui?! Lui ha una straordinaria villa qui vicino… qui ci viviamo noi, le sue schiave.. non vorrai davvero pretendere che lui ci faccia abitare in un albergo di lusso, vero? Noi per lui, siamo il mezzo dei suoi soldi, il suo biglietto per la ricchezza… ci prepara, ci istruisce per far stare bene i clienti… ma in definitiva, ci considera solo operaie"

Marina si avvicinò; sembrava l’incarnazione eterea di un angelo.

Il vestito di velo bianco, tremava ad ogni suo movimento.

" Xavier, ama lo sfoggio, e noi dobbiamo rappresentarlo bene fuori di qui.. con i clienti. Ma dietro ogni brillante, si nasconde ben altra realtà" Espresse questo pensiero con una strana luce negli occhi neri.

Strabuzzai gli occhi… stava parlando in inglese! Come pensavo era una straniera!

Lei si accorse del mio sguardo e sorrise. " Sono australiana… studiavo Lingue e Culture all'università di Zarqua, fino a sei mesi fa… poi mi hanno rapito.."

La sua voce, così come il suo sguardo si spense.

Rapita… anche lei. Così non tutte le ragazze sceglievano quella strada come aveva fatto spontaneamente Sharizi. La guardai. Lei non avrebbe partecipato alla festa , quella sera. Mi aveva spiegato che Xavier vendeva soltanto due ragazze a sera e quella volta le prescelte eravamo Marina ed io, che ero al mio giorno di debutto come puttana.

Ne avevo già abbastanza di feste di debutto. Nel giro di un mese e mezzo avevo già debuttato nell’alta società, ed ora stavo per fare la mia comparsa negli ambienti sfarzosi dei privet del Plaza.

Il Plaza… non ero mai stata a quel locale. A dir la verità, in quel mese e mezzo di permanenza non ero stata granché in giro. I Karim mi avevano mantenuto a debita distanza da tutti i locali della città… Soltanto, lui, Rhadi, poteva frequentarli a suo piacimento, per non sfatare la sua fama di festaiolo.

Rhadi. Il pensiero di lui mi fece venire un crampo alla stomaco… Chissà dove diavolo era in quel momento… Non potevo certo sperare che fosse lui a venirmi a salvare da quella brutta situazione. La favoletta della principessa salvata dal cavaliere non mi era mai piaciuta granché.. inoltre Rhadi era ben lungi dall’essere il mio cavaliere.

No, da sola mi ci ero ficcata, e da sola ne sarei uscita. Senza dubbio, quella sera non avrei mai fatto sesso con uno sconosciuto. Piuttosto la morte.

" Ho finito" la voce di Sharizi mi fece sussultare. Mi guardai nello specchio vitreo.

L’immagine di una ragazza sconosciuta mi fissava.

Non potevo di certo essere io, quella… quella ragazza dall’aria persa nel vuoto, con lo sguardo assente e le labbra rosse come il sangue. Non potevano certo essere miei quei riccioli che mi arrivavano alle spalle. No, non potevo crederci. Di certo chi mi avesse visto così vestita si sarebbe fatto un’idea completamente diversa di me.

Lo stomaco prese a farmi male. Mi veniva da piangere.. era arrivato il momento.

Come sarei riuscita a scappare da quella situazione? Mi alzai in piedi e camminai, traballando un po’ sui tacchi alti sette cm. Sentivo la disperazione nelle ossa e nei movimenti.

" Sei stupefacente" Mi voltai. Xavier era comparso giusto in tempo per umiliarmi ulteriormente. Si avvicinò lentamente e mi prese il viso con quella sua mano forte e crudele. Di nuovo i suoi occhi neri mi dilaniarono. Mi scrutò con freddezza, mentre io rimasi impassibile.

Voleva farmi prostituire, quel lurido bastardo…

" Stammi bene a sentire.." sibilai all’improvviso, con voce agghiacciante. " Io ti rovinerò la vita. Se pensi che stasera ti faccia fare bella figura, ti sbagli di grosso…" Lo guardai con odio.

Sharizi e le altre rimasero sconvolte dalla mia insolenza, ma pazienza. Poco importava. L’importante era far capire a quel buffone che la cosa non sarebbe andata liscia come aveva previsto. Lui scoppiò a ridere.

" Fai pure, signorina. Ai miei clienti piacciono le ragazze indocili… per loro sarà più divertente. Ma se pensi di fottermi in qualche modo, ti sbagli. Ho contatti ovunque ad Amman, e se pensi di scappare, ti ritroverò anche in capo al mondo…"

" Non immagini neanche che genere di contatti io abbia ad Amman" Replicai io, con un sorriso beffardo. Quel tizio cominciava a darmi sui nervi.

"… Al confronto i tuoi contatti sono bazzeccole… io sono…" mi interruppi. Forse non era saggio rivelare che ero legata alla potente famiglia aristocratica dei Karim..

" Ti sei morsa la lingua mocciosa?" Mi provocò lui. Tutt’intorno regnava un silenzio tombale.

" Allora sentiamola, questa lingua.."

Si avvicinò.

Il suo viso era troppo, davvero troppo vicino al mio. Mi prese e … pose le sue labbra sulle mie.. davanti a tutti.. il contatto della sua lingua suscitò la sensazione più ripugnante che avessi mai percepito in vita.

Mi disgustò a tal punto che mi paralizzai. Lo odiavo e volevo ucciderlo.

" Sapore di puttana appena nata… perfetto. Per te, mia cara, sborseranno fior di gioie" mi sussurrò, facendomi accapponare la pelle. Poi si avvicinò a Marina e le baciò la fronte.

" Sei una angelo come sempre, stella mia".

Maledetto bastardo. Se osava toccarmi ancora lo avrei ucciso.

Le altre ragazze rimasero in silenzio. Le guardai un' ultima volta, per imprimermi i loro volti nella mente; volti chiari, scuri, occhi da cerbiatta, capelli lisci e neri, rossi… ragazze, ragazzine anche quindicenni. Ci fissammo per un lungo attimo. Sapevo che non sarei mai tornata in quel posto… loro probabilmente si aspettavano di rivedermi, ma io non sarei tornata. C’era un ché di melanconico nel mio sguardo di addio. Sorrisi a Sharizi che mi fissava.

" Andiamo, ragazza!" tuonò il Venditore prendendomi per la spalla e trascinandomi giù per le scale.

Marina ci seguì.

Io rossa, lei bianca. L’angelo e il demone. Xavier aveva scelto quel tema per la serata..

Giù di sotto ci aspettavano i quattro scagnozzi che mi avevano preso la notte precedente ad Iraq el Amir. Scoccai loro un’occhiata velenosa. Il tizio con il tatuaggio di una leonessa sogghignò

" L’avevo detto che la novellina era un gioiello.. guardate che gambe "

" Vaffanculo," risposi, micidiale.

Non feci in tempo a schivarlo. Xavier mi tirò una manata sorda in pieno viso. Il sangue si mescolò con il carminio.

" Non volevo farlo, piccola, davvero" disse con un sorriso agghiacciante " Ma se ti azzardi ad usare quel linguaggio in servizio, ti riempirò di botte".

Scoppiai a ridere. " Non vedo l’ora. Non credo che guadagnerai tanto con una puttana piena di lividi, vero?" Nei miei occhi c’era un' eloquente sfida. Lui mi guardò impassibile.

Forse avevo esagerato. Dannazione .

Invece, in barba a tutti i miei timori, lui mi voltò le spalle e montò sulla sua Mercedes. Il tizio con il tatuaggio spintonò me e Marina, verso i sedili posteriori. Marina mugolò.

" Piano, le fate male!" tuonai. " Non vedete che si è fatta male… o siete così stupidi che non riuscite neanche a comprendere le più elementari situazioni!?"

Il tizio con il tatuaggio smise di sorridere. Il Venditore mi salvò.

" Non toccarla. Me la rovinerai" disse, con voce fredda.

Grazie a Dio, mi ero salvata.. per il momento.

La vettura, partì sgommando. L’ultima immagine che vidi, prima che mi celassero gli occhi con una benda, fu la vecchia casetta con il magazzino attiguo.

Il viaggio non durò a lungo. Tre quarti d’ora in tutto. Probabilmente, la catapecchia era localizzata nei pressi della capitale.

Quando mi venne tolta la benda, mi trovai ad Amman, in piena notte. Probabilmente era proprio mezzanotte.

Le strade erano illuminate dalle più strabilianti luci e la gente che camminava per il vialone, era indubbiamente giovane e ricca.

Dinnanzi a noi, c’era un enorme locale illuminato da fari puntati sull’insegna…. Plaza .

Davanti all’ingresso c’erano frotte di persone, che scalpitavano, impazienti. Regnava un chiasso infernale.

Un uomo in giacca e pantalone nero ci attendeva dinanzi all’ingresso riservato.

" Xavier! Che gioia!! " gridò, salutandolo con un bacio sulla guancia.

" Salve Mustaf… è tanto che non ci vediamo.." replicò il Venditore.

" Già saranno due mesi.. ma sai, sono rientrato in servizio da poco. Il signor Milani ha avuto dei problemi, giù a Riyad … sai, è tornato da poco.. ma prego accomodati, i clienti vi stavano aspettando"

Lanciò appena un’occhiata a me e Marina. Varcammo tutti la soglia.

Lo stomaco prese a farmi male, di nuovo… No, non dovevo farmi prendere dal panico. Una volta dentro, avrei elaborato qualcosa. In fondo mi riusciva sempre bene improvvisare…magari avrei mollato un calcio sulle parti basse al primo tizio che si fosse avvicinato a me.

Ma cosa potavo mai fare di più ,io, che ero così piccola e minuta?

La mia mente era completamente vuota... i miei stupidi piani improvvisati non potevano di certo salvarmi. Dio, come ero stata incosciente! Mollare un calcio nelle parti basse, però, non era una cattiva idea.Gli avrei provocato un immenso dolore, anche se avevo l'aspetto di una bambina spaurita.

Certo con i tacchi alti, avevo sicuramente un’aria più adulta. Chissà se potevano spaccare qualche osso, quelle scarpe… valutai il tacco a spillo per un momento.

" Ehi bambolina ti sei addormentata?" mi gridò sprezzante il tizio chiamato Mustaf.

Mi riscossi.

Eravamo solo io, Marina, Mustaf e Xavier. Gli scagnozzi non avevano il permesso di entrare, per fortuna.

Camminammo veloci lungo un corridoio scuro, illuminato da piccole lucine. Di tanto in tanto dalle porte chiuse, si sentivano urla sguaiate e risate femminili.

Una porta si spalancò all’improvviso.

Ne uscì una donna vestita con un corto abito di piume, che rideva sgraziata . Aveva un bicchiere di vodka in mano.

" Mon Chere!!! " Gridò in un incomprensibile francese, un po' impastato dall'alcool.

Xavier e Mustaf la ignorarono.

Gettai un’occhiata veloce dentro la porta aperta, mentre la sorpassavamo. Restai allibita. Dentro c’era un gruppo di quattro uomini e quattro donne, tutti inondati di champagne e liquore..

" Quando il signor Milani la smetterà di affittare i privet a gente simile, saremo tutti più felici…che gente priva di gusto" borbottò Mustaf.

" Chi è il signor Milani?" domandai. La domanda mi era uscita così, libera, dalle labbra.

Mustaf mi guardò con aria strana.

" E’ il proprietario del Plaza.." mi sussurrò Marina. La fissai. Lei sembrava relativamente tranquilla. Senza dubbio era preparata e abituata..

Di nascosto mi strinse la mano. La guardai meravigliata. Nei suoi occhi c’era calore e incoraggiamento.

" Grazie per prima, che mi hai difeso" mi bisbigliò. " Vedrai… saranno gentili con te"

Quelle parole , sebbene sincere, non mi rincuorarono affatto. Tuttavia le sorrisi, grata della sua gentilezza.

Alla fine del tragitto, entrammo in quello che mi sembrò il più grande privet che avessi mai visto. Neanche nelle discoteche a Londra ce ne erano di così grandi.

Era enorme, e sfarzoso.

Al centro vi era una passerella rialzata, con dei pali per le spogliarelliste… al lato vi era il bar, dove cameriere addestrate aspettavano pazienti.

Sul pavimento vi erano tappeti rossi. Delle poltroncine di pelle bianca erano addossate lungo una parete. Bei tendaggi nascondevano altre uscite…

Il tutto era illuminato da una luce tenue e soffusa. Non c’erano finestre. Di sottofondo, una musica veloce riempiva l’atmosfera.

" Bene… voi ragazze, potete mettervi in postazione… gli ospiti presto arriveranno…"

esclamò Mustaf.

" In… postazione?!" domandai io, sconcertata.

Xavier batté le mani e Marina mi mostrò la ‘mia postazione’.

Si trattava di salire sulla passerella e rimanere fissa in piedi, come una modella.

" Muoviti" esclamò il Venditore, con il tono ruvido di una sferza.

Rapidamente salii vicino a Marina.

Mi vennero le lacrime.

Da lassù il panorama cambiava radicalmente… mi sentivo già gli occhi puntati addosso, come se fossi un pezzo raro di un’asta. E ciò aveva dell’incredibile, visto che nel privet ancora non era arrivato nessuno. Gli ospiti dovevano arrivare… Marina mi aveva spiegato che era una clientela selezionata tra la gente più potente e ricca della Giordania. Xavier era noto a tutti.. Mi tremarono le gambe.

Dove diavolo ero?.. Ripensai ai miei genitori con un moto di angoscia… perché mai ero venuta in Giordania? Perché mai dopo esserci venuta, ero scappata dai Karim?

Mi sentivo una stupida… completamente. L’unica persona da biasimare per quell’intera faccenda ero io.. e nessun’altro. Adesso sarei stata comprata come un pezzo di argenteria e avrei dovuto soddisfare i desideri di un esaltato. Dio, ero ancora vergine… non l’avevo mai fatto! Come poteva essere così crudele, il destino con me!

Ero una donna a cui il destino non sorrideva. Non ne combinavo mai una giusta.

Marina si accorse del mio stato d’animo. " Stai tranquilla… vedrai che non sentirai dolore" mi disse. La guardai. Sembrava una modella, in quella posa, il volto era sicuro e professionale. Guardai invece me stessa e vidi una ragazzina stupida

La musica aumentò di volume.

Fu allora che li vidi entrare.

Erano una decina.

Tutti con il viso coperto da una maschera a cappuccio, che aveva due fessure per gli occhi.

Tutti in giacca e cravatta. Tutti con i rolex ai polsi…

Tremai sotto il loro sguardo indagatore. I loro occhio esperto sembrava volesse perforarmi, mentre mi studiavano. Qualcuno si era persino già eccitato. Volevo urlare, ma non ne ebbi la forza.. Mi sentivo nuda, debole…

Lentamente presero posto, confabulando tra loro. Xavier e Mustaf erano seduti più in là, sugli alti sgabelli del bar..

Un signore anziano, vestito di bianco, ( l’unico senza la maschera) avanzò in silenzio. Aveva due collane d’oro e portava diamanti alle dita.

" Dichiaro ufficialmente aperta l’asta XIII dell’anno 2008…" vociò.

Quelle parole mi fecero tremare visibilmente.

Si fece avanti uno degli uomini e fece cenno a Marina di scendere dal podio…

Mi ero dimenticata che Marina aveva il suo protettore particolare… Lei scese con dignità. Insieme si dileguarono sotto uno dei tendaggi, avventurandosi in un’altra camera.

La guardai sparire , sinuosa come una farfalla, nei suoi veli bianchi, tremolanti.

A quel punto ero rimasta veramente sola, sola e senza nessuno. Alcune lacrime calde bagnarono il mio volto. Mi augurai che nessuno se ne fosse accorto… ma era difficile, visto che tutti gli occhi erano puntati su di me.

" Il signor Xavier, oggi offre una prima annata per la sua ragazza…è giovane, è bella, è costosa"

Il vecchio aveva ripreso a parlare.

" Offro mille dollari". A parlare era stato il primo della fila. Lo guardai, aveva il torace largo, e la pancia che strabordava dai pantaloni costosi. Mi si seccò la lingua… no, non poteva finire così..

" Che taccagno… una ragazza così, solo mille dollari" esclamò un altro, aveva una voce rauca e profonda.

" Ne offro duemila"

" Duemila e cinque" il panico mi annebbiò il cervello. Non ero neanche più in grado di muovermi.

" Tremila"

" Quattro mila e cinque, senza pretese"

Il respiro mi mancò..

" Offro diecimila dollari per due notti consecutive". Rimasi pietrificata per l’assurdità dell’offerta. A parlare era stato un uomo alto, dai lunghi capelli biondi, che scendevano sulle spalle, fuoriuscendo dal cappuccio.

Si levò un mormorio .

A quel punto, quando sembrava che il mio destino fosse stato segnato, un altro tizio alto, alzò una mano.

" Offro ventimila dollari per avere l’esclusiva…" proclamò, con tono autoritario.

Rimasi a bocca aperta. Chi era il pazzo che era disposto a pagare quella cifra per venire a letto con una donna?

Il tizio dai capelli lunghi si irritò

" Ne offro ventiduemila" replicò, freddo. " Non puoi avere l’esclusiva su una ragazza così bella!"

L’altro sollevò le spalle.

" Posso eccome! Ne offro centomila…"

le sue parole furono accolte da stupore.

Il tizio che aveva offerto per primo mille dollari si alzò, scuotendo la testa.

" Questa giocata non è per me" disse, dileguandosi. Il tizio dai capelli biondi sembrava stesse rimuginando parecchio… ma non parlò. Nessun altro si azzardò a varcare la soglia dei centomila dollari.

" Aggiudicato!" proclamò il vecchio dal completo bianco.

Il giovane dai capelli biondi sembrava furioso. L’altro invece si avvicinò verso di me e mi prese la mano.

" Andiamo" disse, furioso. Mi fece scendere dalla passerella, e ciò fu per me un sollievo.

Tentai di immaginare i suoi lineamenti dietro la maschera a cappuccio, ma era del tutto impossibile.

Lanciai uno sguardo a Xavier che sorrideva, all’altro capo della sala. Sollevò il bicchiere di Martini che teneva in mano, brindando a me... Dannato bastardo..

Centomila dollari per me; senza dubbio quel tipo si aspettava una prestazione eccellente. Ma non sarebbe rimasto deluso. La mia sarebbe stata una prestazione eccellente, soltanto non nel senso che intendeva lui.. Lo avrei messo K.O, con un calcio ben centrato nelle gonadi.

La sua mano mi stringeva, forte, come se temesse che fuggissi via.

Sorpassammo uno dei tendaggi ed entrammo in una delle tante stanze, dove al centro torneggiava un letto.

La mano cominciava a farmi male sul serio Mi divincolai.

" Ehi mi stai facendo male…!" strillai.

" Fai silenzio!" sibilò lui. La sua voce era familiare..

Si tolse il cappuccio e in un attimo... rimasi senza fiato… Rhadi mi aveva comprato per centomila dollari... Rhadi mi fissava con sguardo omicida…

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

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Capitolo 14
*** Tu non mi ami e io non ti... amo ***


Wecome To PageBreeze

Eccomi di nuovo. Per tutti coloro che si attendevano un capitolo anche per oggi, ebbene devo dire che ci avete preso. Oggi sono riuscita a postare, trovando un attimo di buco nello studio... ARGHHH.. che fatica, studiare! :)

Ma torniamo al capitolo. Due di voi hanno vagamente centrato alcuni dettagli della storia futura di questa ff. Ma non vi dico nient'altro per non rovinarvi la sorpresa. :)

Rhadi è veramente incavolato. Anna l'ha fatta grossa... ma ricordiamoci pure che se anche è stata avventata , aveva dei buoni motivi per scappare.. Comunque la sfuriata se la becca e come se la becca. Per adesso solo da parte di Rhadi. lo sbarbatello le ha preparato una bella sorpresina che verrà rivelata alla fine di questo capitolo. Scommetto che Anna non gradirà.

Ancora grazie a tutti i commentatori. Grazie, Grazie di cuore ^_^ Continuate a recensire, se potete. kisses a tutti!

 

Sentivo il suo braccio forte, che mi circondava le spalle e mi spingeva verso la decappottabile, parcheggiata sul retro.. Non aveva pronunciato ancora una sillaba; aveva semplicemente continuato a fissarmi, livido di rabbia. Non l’avevo mai visto così. I suoi occhi verde mare, così belli, erano scossi come un oceano in tempesta.

Io da parte mia, avevo taciuto alla stessa maniera. Non avevo niente da dire, a mia discolpa.

Avevo solamente aspettato che lui saldasse il conto con il bastardo di Xavier. Mi sentivo una completa idiota.. Forse lo ero. Alla fine era stato davvero lo sbarbatello a salvarmi..

Prima di uscire dalla discoteca, aveva insistito con Xavier sul fatto che voleva soddisfare il suo amplesso da un’altra parte.

" Questi sono tuoi.." aveva detto freddamente, porgendo una valigetta al Venditore. Aveva indossato di nuovo il cappuccio.. probabilmente per non rivelare la sua identità.

L’identità dei clienti era di solito conosciuta da Xavier, ma Rhadi aveva preferito farsi passare per un ricco commerciante straniero. Avrebbero potuto esserci molti guai se si fosse sparsa la voce che l’erede dei Karim frequentava simili posti, quando in realtà, l’unica volta che ci aveva messo piede era per tirare fuori dagli impicci la sua ragazza imbecille .

Aveva promesso al Venditore che mi avrebbe portato di nuovo al Plaza, incolume, di lì a due giorni… ovviamente non aveva intenzione di mantenere tale promessa. Xavier non gli aveva chiesto garanzie. Con un cliente che pagava centomila dollari, che necessità c’era, delle garanzie?

Perciò il mio ex-schiavista , con un sorriso untuoso, gli aveva offerto una stretta di mano che Rhadi non aveva rifiutato, anzi. Gli aveva stretto così tanto la mano, da stritolargli tutte le falangi. Il lurido bastardo aveva sofferto. Oh, se aveva sofferto. Si era cimentato in una smorfia di dolore che aveva fatto passare per gioia… Centomila dollari, in fondo, non li aveva mai fatti con nessuna puttana.. Valeva la pena slogarsi anche tutte le dita dei piedi e fare la danza della pioggia, se richiesta.

Subito dopo, lo sbarbatello mi aveva trascinato via, ignorando Xavier che mi lanciava fugaci occhiate di intesa. Quando gli passai davanti, gli sputai in faccia. Dritto e centrato, gli colpii il naso. Che mira!

" Aaah!" mugugnò lo stronzo, tentando di pulirsi.

Rhadi in aggiunta, gli mollò un cazzotto in pieno volto, con molta incuria.

Non c’era nessuno, in fondo, che poteva fermarci. Nel salottino adibito per i pagamenti, c’eravamo solo noi tre.. Mustaf se ne era andato..

" Schifoso bastardo" mormorò lo sbarbatello, con voce glaciale.

Il Venditore non aveva avuto il tempo di dire o fare niente, perché stavamo già arrancando verso l’uscita.

Ci fissava allibito.

Vaffanculo.

Quello era solo il minimo che ti meritavi. Gli feci un gestaccio, mentre camminavo sotto il braccio protettivo di Rhadi.

Mi parve di sentire un risolino proveniente dallo sbarbatello, ma quando mi voltai, lo vidi serio come non mai.

Salimmo in macchina.

La tensione si poteva tagliare con il coltello….

" Allora" iniziò, non appena mise in moto " Ti sei divertita a fare la Bella Fuggiasca?" Mi chiese, sprezzante. Non mi guardava; il suo sguardo era fisso sulla strada.

Gli lanciai un'occhiata fugace e rimasi sconcertata: era furioso.

" Mi dispiace di avervi fatto preoccupare e… grazie" replicai io, in un soffio…

Quasi finimmo fuori strada mentre lui prendeva di proposito, una curva a gomito a grande velocità…

" GRAZIE?!!" Strabuzzò gli occhi. Abbassai lo sguardo, desolata.

" GRAZIE?!" ripetè, incazzato nero. La sua voce sembrava strozzata… pareva sul punto di avere una crisi...

" Hai idea di quello che stavi per rischiare?! Stavi per finire a letto con uno bastardo… Dio, no, no… non ci posso pensare a quanto sei stupida!…" .

A quel punto tremai violentemente. Aveva ragione. Lui lo sapeva, e lo sapevo anche io, dannazione!

Tuttavia non si era chiesto il motivo per cui ero evasa? Ero stufa di essere tenuta segregata.. ero stufa di essere tenuta allo scuro della mia vita passata. Stufa, veramente stufa.

L’unico modo per sapere qualcosa del mio passato era recuperare quella stramaledetta chiave!! E io l’avevo fatto, ecco tutto!

…inconsciamente la strinsi… Xavier aveva pensato che fosse un semplice ciondolo di bigiotteria, per fortuna.. No, se la mia condotta doveva essere messa a giudizio, allo stesso modo anche la maniera in cui ero stata strappata da Londra, doveva essere giudicata. Mi rifiutavo di trascorrere la mia esistenza in quel modo!

Rhadi mi scoccò un’occhiata stizzosa.

" Immagino che tu te la sia spassata veramente.. mentre io mi spendevo per cercare informazioni nei giri più malavitosi!....guardati, sembri.. sembri.. una.. una.. non voglio mai più vederti vestita così!."

Lo fissai allibita. Era diventato quasi paonazzo.

Incrociai il suo sguardo e tremai.

" Mai più, è chiaro?!" ribadì gelido, guardandomi di traverso. A malincuore, dovetti ammettere che avevo l'aspetto di una squillo. Le mie gambe erano nude fin troppo, e il corpetto era veramente stretto.. Ma se pensava che fossi stata io, l'artefice di quella pagliacciata, era un pazzo! Come poteva anche osare credere a d una cosa del genere?

Non mi rivolse più un'occhiata. Io feci altrettanto. E per un minuto buono , regnò un silenzio funereo. Il vento ci colpiva, freddo. Probabilmente la mezzanotte era passata da un pezzo..

" Come diavolo fai a finire in quella situazione e non esserne minimamente toccata?!" bofonchiò all'improvviso, quasi tra sè e sè. Il suo borbottio era fin troppo percepibile. Per sua immensa sfortuna lo udii, e il mio sguardo si pietrificò all'istante.

" Tu sei matto!" Quasi urlai, girandomi verso di lui.

" Credi che mi sia divertita a farmi trattare da puttana?! Ogni minuto che passava, era sempre peggio!! Mi hanno obbligato a conciarmi così.. se non lo avessi fatto, non sarei potuta venire ad Amman, e a quest'ora sarei stata ancora a marcire in una vecchia casa fetida!"

"E di chi è la colpa di tutto?" chiese lui, in tono accusatorio.

Non riuscii a trovare una risposta.

O meglio, non volevo pronunciare il nome della colpevole, abbastanza chiaro a tutt'e due.

"Sei proprio una ragazzina" concluse lui, spietato. Il vento gli frusciava sui bei ciuffi neri. " Cresci!"

" Ragazzina!?" tuonai con gli occhi in fiamme " Secondo te perché sono scappata, eh? Perché non ce la facevo più!"

Ormai stavo urlando, fuori di me. Alcune lacrime, mi rigarono il viso. Il trucco aveva già cominciato a sciogliersi.

Rhadi rise, sarcastico, spingendo di più sul pedale dell’acceleratore.

" Certo, certo… e della mia famiglia, che ha mosso mari e monti per ritrovarti, non ti frega niente, vero?!"

" Non vi ho chiesto io di sconvolgere la mia vita tranquilla a Londra, è chiaro?! Io sono diversa dalle tue conquiste… non mi accontento di passare la vita a scorrazzare nel giardino, come fossi il tuo cane!"

" Ma falla finita! Sei patetica!" tuonò lui, sterzando bruscamente. Stava andando troppo veloce!!

" Rhadi , rallenta, ti prego!" Ero spaventata a morte. 120, 130, 140, 170.. Andava troppo, troppo forte!

Vedevo le luci della città guizzare via.. persone, marciapiedi, alberi, palazzi.. tutto sfrecciava troppo velocemente!

Per la paura affondai le unghie nel sedile.

Lui mi ignorò e seguitò a parlare a raffica.

" Non ti abbiamo fatto mancare nulla, mai! Da come parli sembra che ti maltrattiamo o roba del genere! Hai idea delle lacrime che sorella ha versato per te?"

Mi prese un crampo allo stomaco, pensando alla piccola Asiya

" Ho già detto che mi dispiace… anche io riconosco di essere stata impulsiva, ma quando dici che non mi fate mancare nulla, sbagliate… mi fate mancare la libertà!"

" Ah, ah… certo… la libertà! Ma sei fuori di testa? Di cosa stai parlando?! Non mi pare che tu te ne stia tutto il giorno in un ripostiglio per le scope!"

Questa volta fui io a scoppiargli a ridere in faccia. " Oh certo… non hai idea dello stile di vita che conducevo io, a Londra, vero?! Lì almeno avevo una vita decente! Andavo in giro con i miei amici, in biblioteca, a pranzo fuori… se volevo farmi una passeggiata, me la facevo e!"

" Spiacente " fece lui, duro come un iceberg " Ora sei in Giordania, non nella tua amatissima Londra!"

A quel punto detonai, come una bomba. Non riuscii più a trattenermi…Scoppiai a piangere come una fontana.

" E adesso cosa faccio, invece?!" continuai,tra i singhiozzi, come se non lo avessi sentito " Adesso sono costretta a stare tutto il giorno in quella dannatissima casa, aspettando chissà cosa… non vedendo neanche i miei genitori, a cui è stato proibito di farmi visita!"

" Non gli è stato proibito!" mi interruppe, lui, con voce rauca.

Non lo ascoltai… ormai ero partita a macchinetta. Sentivo la necessità di liberarmi di quel dolore che mi opprimeva il petto...

" Gli è stato proibito, invece! Credi che sia stupida? Il vecchiaccio glielo vieta perché altrimenti teme che io non mi integri qui! Pensavi che non me ne fossi accorta?"

" Taci, per favore!" replicò lui in un sibilo. Ma io ero ben lungi dall'obbedirgli.

" Non sono ai tuoi ordini!!" Strepitai. Ormai non potevo più fermarmi.

" Ne ho abbastanza!! ...Ne ho abbastanza del tuo comportamento arrogante…Ti detesto! Sei sempre pronto a sfottermi e a ricordarmi che qui sono in balia di voi Karim!! Tanto per te è facile… vai a divertirti tutte le sere, con le tue oche.. e non ti interessa di quanto male possa stare …sei un egoista!"

" Egoista io?" Le sue nocche sbiancarono, mentre stringeva il volante.

Il vento della notte, stormiva ancora più violento, scompigliando i nostri capelli.

I miei, di nuovo sciolti, frustavano da tutte le parti come impazziti, per la gran velocità…

" Hai il coraggio di darmi dell’egoista, dopo quello che hai fatto?! L’egoista sei tu! Mia madre è distrutta… mio padre ha contattato addirittura i Servizi Segreti per ritrovarti…!!"

" Ah, già dimenticavo… i Servizi Segreti sono coinvolti nella mia vita, vero…" esclamai sarcastica, recuperando per un attimo il senno.

" Cosa?" fece lui, confuso.

Maledizione… non dovevo rivelargli ciò che sapevo.

" Niente" replicai io in fretta. Dannazione alla mia linguaccia..

Mi asciugai ciò che restava delle mie lacrime, con il dorso della mano. Il vento forte che mi veniva addosso , me le aveva già tutte asciugate..

"Senti, ti ho già detto che mi dispiace… e sono in debito con te, per avermi salvato… davvero. Ma sono esasperata da questa situazione. Vorrei vedere te, essere costretto a lasciare la tua famiglia per sposarti a diciassette anni!! Assurdo!!"

" Qui è normale sposarsi presto" replicò lui, asciutto. Il suo tono era mordace come una tagliola.

" Be’ in Inghilterra no!" sbraitai io , esacerbata " Inoltre non è con qualcuno come te che mi volevo sposare, che desideravo passare il resto della mia esistenza… Dio santo, Rhadi, ho diciassette ani.. ci sono un mucchio di sogni che voglio realizzare nella vita!"

Le gomme sull’asfalto emisero un sfrigolìo stridente, quando lui inchiodò di colpo, così , di punto in bianco. Il vento smise di colpirmi il volto, finalmente.

Sudai freddo.

" Cosa diavolo vuoi fare!?" Si era fermato in mezzo alla strada, e le macchine cominciavano ad accodarsi dietro, suonando il clacson.

" Muoviti, coglione!" stava gridando un omone su una Toyota, dietro di noi.

" Rhadi riparti, sbrigati!" gridai io, allarmata.

Cosa diavolo stava facendo? Cosa voleva dimostrare, bloccando il traffico a mezzanotte, in pieno centro di Amman?

Lui non mi ascoltò neanche.

Si voltò e mi fissò, ignorando i clacson.

I suoi occhi verdi mi fecero sciogliere. Come era possibile che avesse un tale effetto su di me?

" Cosa c’è di male nello sposarmi?" bisbigliò con tono tetro. Ero paralizzata. Tentai di riprender un contegno.

" Tu non mi ami. Io non ti.." mi interruppi, perché lui mi fissava in modo singolare e… spaventoso.

Quel suo modo di fissarmi mi spedì un brivido lungo le spalle…

" …Amo?" concluse lui, con un sorriso tremendo.

" Ma ti piaccio abbastanza per permettermi di fare questo…"

In un attimo mi prese il viso con forza e lo avvicinò al suo. Le sue labbra rimasero ad un centimetro dalle mie.. Non riuscivo neanche più a muovermi.

Quel suo sguardo di ghiaccio… mi incatenava..

" Io ho questo potere su di te.. posso baciarti se voglio… oppure no, se non mi va’. Sei mia, Anna… vedi di ficcartelo bene in quella testa stupida, perché da oggi in poi quello che farai mi riguarderà da molto vicino…"

Arrossii e mi staccai con violenza dalla sua presa.Lo schiaffeggiai. Il rumore sordo dello schiaffo, venne coperto dalla miriade di clacson che ormai ci suonavano dietro.

Lui sorrise, ironico, portandosi la mano sulla guancia.

" Invece, lascia che ti dica io, una cosa." Replicai con il fiato corto. Finalmente ero tornata lucida.

" Io non mi abbasserò mai. Mai. Sono stata abbastanza chiara? Ti ho già ringraziato, e ti ho detto che mi dispiace a morte… ma se pensi che io ora, sia in debito con te per tutta una vita.. ti sbagli di grosso. Non sono una tua proprietà e non sono tua in alcun senso.." Il mio sguardo era venato di rabbia. perchè mi umiliava in quel modo?

Rimase per un attimo interdetto, ma poi scoppiò a ridermi in faccia, guardandomi, tagliente.

" Sei più insolente di quanto pensassi" commentò. " Dopo il guaio che hai combinato, dopo tutte le preoccupazioni che hai creato, hai ancora la faccia tosta di ritenerti nel giusto.."

" Non sono nel giusto, lo so!" risposi subito io, con foga. Fui quasi tentata di dirgli il vero motivo della mia fuga… fui quasi tentata di rivelargli ciò che sapevo, o meglio.. che non sapevo ancora…

Ma dovevo resistere.

Non potevo dirgli nulla. Non finchè non avessi saputo fino a che punto lui era coinvolto in tutta quella faccenda nebbiosa del medaglione e di Josef.

" Per me sarà già una punizione sufficiente dover affrontare gli sguardi delusi della tua famiglia…" sussurrai, mesta. Era vero. Non ci sarebbe stata punizione più dura che sorbirmi gli atteggiamenti sprezzanti di Hakim e Assim, lo sguardo freddo di Jasmina e la delusione di Asiya. Abbassai gli occhi.

A quel punto le macchine dietro cominciarono a superarci, lanciandoci insulti.

" Dove l’hai presa la patente, cretino!"

urlò l’omaccione della Toyota, alla volta di Rhadi. Ci superò con una sgommata.

" Imbecilli, spostatevi dalla strada!!"

" Ma guarda te, questo!"

" Solo perché hai una Ferrari, non vuol dire che scrivono il codice stradale diverso per te, stronzo!!".

Né io né Rhadi rispondemmo agli insulti.

Restammo così, in macchina, al centro della strada, in silenzio per un buon minuto.

Lui si era acceso una sigaretta e fumava, nervoso.

" La mia famiglia non verrà a sapere del giro di affari in cui ti ho trovata. Dirò semplicemente che sei stata rapita da un’associazione di criminali… ma non dirò quello che stavi… per fare.." mormorò, inspirando l’aroma di tabacco.

" Grazie" dissi.

" Non ringraziarmi, non lo faccio per te.. lo faccio per risparmiare una delusione a tutti loro... inoltre.." Si interruppe.

" Inoltre?" lo incalzai.

"…. Prima di trovarti in quel privet, ho parlato con mio nonno al telefono.. da oggi in poi sei sotto la mia completa tutela .." Riaccese la macchina con un gesto, ignorando l’espressione del mio viso.

" Cosa?!" sbottai. " E questo cosa vorrebbe dire?!"

Lo sbarbatello sorrise, senza incrociare il mio sguardo.

Partì di botto, e per il contraccolpo caddi riversa sul sedile. Mi sistemai, confusa. Cosa voleva dire 'completa tutela'?

" Significa che d’ora in poi tutto quello che farai sarà a mia discrezione. Volevi una vita diversa? Ebbene, l’avrai… ma non credere.. ti sarebbe convenuto di più stare sotto la protezione di mio nonno e dei miei genitori… loro non te la faranno pagare, come invece farò io.."

Raggelai.

No, non potevo crederci.

Tentai di riemergere dal profondo pozzo di disperazione in cui stavo sprofondando. Sotto la tutela? Voleva forse dire che sarebbe stato Rhadi a decidere tutto della mia vita?

" No.." sussurrai in un soffio.

Mi abbandonai sul sedile della macchina , attonita. Le lacrime ripresero a rigarmi le guance.

" Si" rispose lui con forza, accelerando.

" Prima hai detto che non eri mia in alcun senso. Sbagli. Oltre che ad essere la mia ragazza di diritto... io ti ho anche comprato sborsando centomila dollari.. ricordi?" Le sue parole scivolarono come ghiaccio sciolto.

Non potevo credere alle mie orecchie.

Non avevo neanche la forza di replicare.Restai a fissare il parabrezza, mentre la vettura riprendeva una velocità sconsiderata.

Lui mi contemplò, per un attimo con sguardo cristallino.

" Ma prima" disse, spostando di nuovo lo sguardo sulla strada. "… Xavier pagherà un conto ben più amaro di centomila dollari.." Sorrise, quasi crudele.

E in quel sorriso riconobbi un’eloquente minaccia.

Rabbrividii, nell’oscurità di Amman. Aveva davvero intenzione di farmela pagare in quel modo? Tagliandomi le ali?

 

 

 

Grazie ai commentatori del capitolo 13, ovvero: MagaNera ( magari per il film prendiamo proprio David Gandy, per la parte di Rhadi XD :) grazie tante : *)

LadyElizabeth ( Rhadi si vendicherà del venditore? Ora che hai letto questo chap cosa ne pensi? XD Oh siii che si vendicherà, sisi... : * ) MaryMatrix ( .. intanto Anna, gli ha sputato in faccia [Xavier se lo meritava eccome, sis]... anche se non è proprio lo stesso che spaccargliela è sempre un inizio XD.. :* )

Niis ( è lui o non è lui? Ma ceeeerto che è lui.. XD Rhadi doveva fare la sua entrata di effetto, no? Altrimenti non sarebbe stato il solito sbarbatello arrogante.. grazie di tutti i commenti. Sei stata una delle prime :* ) Oasis ( anche io decisamente adoro Rhadi... è proprio strabiliante, sisi.. XD.. anche se è incazzato nero, è sempre the number one .. :*) ELPOTTER ( be' diciamo che Rhadi non è proprio il tipico principe azzurro, dolce, biondo occhi azzurri... ma come fascino ci siamo decisamente :)... in più ora che è incavolato, altro che dolce! XD :*)

Thefallenangel ( Grazie del tuo commento ^_^ spero continuarai a recensire.. mi farebbe piacere ^_^ :*)

la_regina ( 'mito' ? ma, cara.. mi fai arrossire *_* XD cmq sono d'accordo con te, gente del genere dovrebbe solo marcire. Purtroppo è una dura realtà da accettare, il fatto che in alcuni paesi mediorientali l'universo femminile è trttatato in questa maniera. -_- Ma almeno nella mia storia, tale gentaglia, avrà quel che si merita XD :*)) Kicici ( Il passato di Anna nasconde davvero qualcosa di interessante, vedrai :*) Owarinai Yume ( grazie di aver commentato ^_^ sei molto gentile... in effetti i personaggi di Anna e Rhadi sono stati creati su immagine e somiglianza dei miei personaggi modello ideale.. Anna, soprattutto :*)

crici_82 ( Rhadi è intelligente.. e Xavier è avido. da quella situazione sono usciti, ma adesso se ne profila un'altra molto più ardua per Anna ahi ahi ahi :*)

Valevre ( mmm... per adesso lui è molto infastidito di vedere la 'sua bimba' conciata in quel modo. Poi magarì chi lo sa, nei prossimi capitoli, la vedrà con occhio diverso..( nundicunulla) XDD :*)

Vero15star ( per adesso la sfuriata gliela fa solo Rhadi... vedremo cosa succederà a casa Karim.. non saranno bei momenti per Anna, nono XD :*)

Marty314 ( Era ora che arrivasse, vero? XD Be' diciamo che non ci sarà da divertirsi per Anna XD:*)

giuggiolina43 ( Tenero e arrogante allo stesso tempo. XD Cmq Rhadi è miliardario... non ha problemi di soldi assolutamente.. cosa le dirà? leggi qui sopra XD :*)

 

 

 

 

 

 

 

 

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Capitolo 15
*** Life... after 4 days ***


Wecome To PageBreeze

Mi scuso per il ritardo incredibile, ma d’altra parte lo avevo già premesso: le mie pubblicazioni non sono mai precise^^.

Grazie a tutti i commenti ( oasis, la prossima volta, giuro che tenterò di fare un po’ prima a postare^_^ XD)Questo capitolo è meno dinamico dei precedenti. Diciamo che è un periodo di riassestamento.

Nei prossimi, faremo la conoscenza del misterioso Lui… che di fatto abbiamo già incontrato nei capitoli precedenti.. indovinate di chi si tratta?

Ebbene, ‘Lui’ darà del filo da torcere ad Anna e anche a Rhadi.

Proprio su Rhadi ho intenzione di inserire nel prox chap, un inserto per far comprendere a tutti il suo comportamento verso Anna… che diciamo è un po’ troppo da stronzetto, ammettiamolo ^_^ A tutto ci sarà spiegazione, prometto.

Commentate numerose… mi dispiace di non poter rispondervi come ho fatto nel capitolo precedente, ma purtroppo sto andando molto di fretta nella pubblicazione ( tra quindici minuti devo andare a lavorare come barman... ho due - tre lavori al momento che mi stressano la vita -__-). Ho il tempo contato, sul serio ^_^ cercherò nei prossimi chap di rispondervi personalmente. Grazie a tutti, comunque.Ho letto tutte le vostre recensioni e mi spronano sempre di più a continuare questa fanfiction con entusiasmo. Grazie di cuore, really ^_^

Enjoy

 

 

La ferrari decappottabile inchiodò di colpo.

Ancora non ci credevo. Non volevo sapere che cosa significasse ‘ sotto la tutela’.

Ma fu Hakim che mi chiarificò in seguito, cosa stesse a significare

Quando mi aprì il portone della villa mi scrutò con rabbia, ma poi mi lasciò passare.

Ero entrata un po’ titubante.

In effetti mi vergognavo, anche per come ero conciata.La gonna di veli e il corpetto rosso mi coprivano appena... Non so quale brillante spiegazione avrei trovato per quel vestiario.

Jasmina ed Assim mi aspettavano in salotto. Fu strano per me, vedere tutti quei visi in attesa, nel bel mezzo della notte. Raggiunsi il salotto insieme a Rhadi e al vecchiaccio; il mio scapliccìo era udibile, al contrario del passo felpato del vecchiaccio.

.

La villa era ancora come me la ricordavo. Non era cambiato nulla. Che sciocca, certo che non era cambiato nulla... la mia fuga risaliva ad appena il giorno prima..

Arrancai con passo stanco, sulla scia del vecchiaccio. Le scarpe con i tacchi me le ero tolte- le avevo buttate n una pattumiera in giardino- ... Per fortuna il mio buon senso non era andato completamente a farsi benedire.

" Siamo molto delusi, da te.." proruppe il vecchiaccio con rabbia, una volta raggiunti gli altri.

Mi osservava gelido, con aria di sufficienza.

" Sei stata una stupida e un’ingrata.." continuò Assim, incrociando le braccia. Abbassai lo sguardo. Presi a fissare il tappeto persiano sotto i miei piedi, rosso come il mio corpetto. Fino a quel momento non avevo mai fatto troppo caso ai colori di tappeti e tende. Quella situazione mi sembrava l'ideale per concetrarmi su di essi, almeno non avrei dovuto sorbirmi la sequela di minacce e ingiunzioni del vecchiaccio. Avrei fatto finta di sentire. Ma non mi fu possibile, ovviamente. Hakim mi fissava con sguardo affilato e penetrante. Non era una buona idea fare orecchie da mercante in sua presenza ,se non volevo finire a pezzi..

Rhadi non aveva pronunciato neanche una parola… teneva anche lui lo sguardo basso, quasi velato di mestizia.

" Adesso, te la vedrai con mio figlio.." continuò il vecchiaccio imperterrito, gesticolando; aveva deliberatamente ignorato la mia espressione e il mio atteggiamento contrito, nonchè il mio stupido e pericoloso tentativo diignorare le sue parole, a favore dei colori del tappeto. ... Alzai lo sguardo, di nuovo, e lo guardai; era furibondo: la barbetta gli tremolava ad ogni parola. Assim, con quell’aria autoritaria mi spaventava ancora di più. Ma l'unica che veramente mi angosciò, non appenala vidi, fu lei. Jasmina era seduta e non aveva neanche mormorato una sillaba.

" Mi.. mi dispiace" sussurrai. In quel momento la sensazione di dispiacere mi attanagliò lo stomaco e prese a vorticarmi , dentro. Mi dispiaceva, sul serio.

Mi sentivo una completa merda. Avevo soltanto creato casini. La mia stupida impulsività aveva ottenebrato la mia capacità di giudizio e, ancora una volta, avevo saputo solo creare un pasticcio dopo l'altro. Ne ero ben conscia. Mi tremavano le mani, ma non vi badai. Il peggio doveva ancora arrivare e il mio tremolìo ne era segno premonitore.

Jasmina sollevò lo sguardo, e mi fissò con i suoi limpidi occhi verdi; il suo sguardo accusatore mi crocifisse.

" Dimmi solo perché, Anna" bisbigliò. Il tono della sua voce mi fece sussultare. Era spaventosamente triste.

Abbassai lo sguardo… Mi sentivo squallida. Ero solo felice di non dover affrontare anche Asiya. Probabilmente la piccola era già a nanna... Non osai controbattere alla domanda di Jasmina. Non avrei saputo cosa rispondere. Non potevo certo rivelare il vero motivo della mia fuga…

Mi limitai a fissar il tappeto, ancor più intensamente… Gli occhi quasi mi bruciarono, per l'eccessiva concentrazione con cui guardai le sue trame..

" E’ tardi ora…" borbottò Assim. " Andiamo tutti a letto… e tu, Anna… se hai qualche problema dillo e non scappare come una ragazzian viziata, siamo intesi? Fuggire è un atto vile e infantile. I problemi si affrontano di petto"

Annuii mio malgrado. Non potevo fare altrimenti in quella circostanza.In realtà mi venne una voglia improvvisa di scoppiare a piangere e ridere insieme: "dire" ai Karim se avevo un qualche problema? Ma il vecchiaccio si rendeva conto di quello che mi aveva appena detto ? Erano LORO il mio porblema, loro e quella loro dananta voglia di tenermi segregata in Giordania in compagnia di un arrogante e viziato ragazzino. Dio, era folle anche solo aver provato a dire una cosa simile; Hakim doveva essere fuori di testa. Il pensiero, in ogni caso, scivolò leggiadro via dalla mia testolina. Non era il momento di dover sottolineare quanto stupida fosse stata la frase di Hakim.

" Saremo costretti ad avvisare del tuo comportamento, i tuoi genitori a Londra" esclamò all'imporvviso.

Io tornai sulla terra e a quelle parole sprofondai ancora di più nel baratro.

I miei genitori… a Londra… non avrebbero dovuto essere informati della mia condotta infantile. Ne sarebbero stati troppo toccati.

" Per favore, no….." sussurai, con lo guardo di chi sta supplicando.

Fissai gli occhi scuri di Assim e poi quelli infossati del vecchiaccio.

Quest'ultimo mi fissò arcigno.

" E’ Rhadi che deve decidere. D’ora in poi è lui che deciderà per te"

Ecco, eravamo arrivati al punto che mi interessava.

" Cosa significa?" chiesi, esitante. La risposta mi spaventava.

Hakim mi fissò ancora più sprezzante di prima.

" Significa che deciderà lui se potrai studiare all’Università…. E significa anche che per ogni cosa dovrai chiedere a lui il permesso… Gli devi completa obbedienza. Finchè non sarai maggiorenne, per ogni cosa, firmerà lui per te.."

Mi si fermò per un attimo il respiro….Cosa? No… non era umanamente accettabile. Chiedere a Rhadi il permesso? Fimare lui, per me? Era un incubo.

Lo fissai per un istante. Era dietro di me ed aveva abbassato lo sguardo,di nuovo. Non si era ancora deciso ad aprire quella sua dannata bocca!

Mi voltai ancora verso Hakim.

" Non sono la sua schiava … io non chiedo a nessuno il permesso di studiare, è chiaro?!" sibilai, con voce afona. No, non potevo accettarlo. Avrei preferito che mi murassero viva…

Hakim sorrise malevolo.

" Senza dubbio, Rhadi ti permetterà di andare all’Università. Sappiamo tutti che l’istruzione è importante. Ma voglio che tu sappia, signorina, che ci andrai solo per sua gentile concessione… è chiaro?!"

Neanche gli risposi. Presi a salire le scale, due gradini per volta, voltando le spalle a tutti… Non potevo accettarlo… non potevo. Era decisamente troppo. D'accordo mi ero comportata male.. ma meritavo davvero una punizione del genere? I Karim sapevano a quale supplizio mi stavano condannando? Avere lo sbarbatello nella mia vita era già più che sufficiente... ma lasciare che lui si arrogasse il diritto di decidere per me ed essere padrone della mia vita, no, non potevo accettarlo... e invece, in un modo o nell'altro la situazione prese proprio quella sgradita piega...

 

 

 

Quattro giorni dopo…. Crystal Palace

 

" Rhadi, tesoro! E’ da un sacco che non ci vediamo!"

una ragazza dai lunghi capelli biondi platinati si faceva largo tra la folla. Il locale come al solito era incasinato, e la musica impazzava tra gli scalmanati in pista.

Il giovane a cui la biondona si stava rivolgendo, sollevò il volto, rivelando due stupendi occhi chiari. Occhi chiari che si oscurarono quasi immediatamente.

" Ciao Rhika"

Era seduto al tavolino con Marick e l’ultima persona con cui aveva voglia di parlare era quella svampita bionda.

" Ecco che comincia.." gli sussurrò piano Marick all’orecchio.

Già. Era tipico di Rhika cominciare la serata con domande inopportune. Ma d’altronde lei era sempre stata così… amava chiacchierare anche quando non era gradita affatto; come in quel caso…

La bionda con molta nonchalance si avvinghiò alle spalle forti del giovane.

" Ma che fine hai fatto?! Cavolo sarà da due settimane che non ci vediamo…cominciavo a preoccuparmi"

" Avevo da fare, Rhika" replicò secco l’altro, sorseggiando un cocktail, tentando di liberarsi con una scrollata di quell'insetto fastidioso.

Dannazione, ma perché non si levava dai piedi?! Aveva voglia di sfogarsi con Marick per la situazione incresciosa di Anna, quando ecco quella seccatura che rompeva e rovinava tutto !

Per carità, Rhadi le voleva bene in un certo qual modo. Tuttavia doveva riconoscere che delle volte la ragazza risultava quasi pesante.

Per fortuna una testa biondissima di ragazzo sembrava capitare proprio al momento giusto…

" Jean!" chiamò, con occhi sollevati Rhadi, nella direzione del giovane. Jean era assiduo frequentatore di discoteche e pub.

fu un attimo e ...il volto angelico di Jean Pauline, incorniciato di capelli biondi comparve in tutta il suo pallore. Era andato a prendere una bibita al bar..

" Ciao Rhadi… non sapevo fossi qui, al Crystal… " disse, sorpreso. Poi notò la situazione : Marick che sembrava annoiato e Rhika avvinghiata alle spalle di Rhadi. Inarcò un sopracciglio e colse immediatamente lo sguardo di supplica proveniente dall’amico.

Sospirò.

" Rhika, cara… già che sei qui ti dovrei parlare…" disse, prendendo un braccio della ragazza e allontanandola amichevolmente dall' asfissiato Rhadi.

Come al solito, certe incombenze toccavano sempre a lui.. questa volta Rhadi avrebbe dovuto sdebitarsi , cavolo…

" .. Non ce la facevo più a sopportarla!" esclamò sollevato il ragazzo, sgranchiendosi le spalle, non appena la ragazza non fu più nei paraggi. Aveva seguito Jean con uno sguardo confuso e deluso al tempo stesso.. odiava essere interrotta quando c’era di mezzo il suo Rhadi..

" Le stavo per dire di levarsi dai piedi, io stesso!" replicò con stizza, Marick.

Rhadi bevve a scoppio il resto del cocktail.

"Ma continua, che mi stavi dicendo prima?"

Rhadi fissò l’amico e fece prima un gran respiro..

" Be’… ti stavo raccontando che quel vecchio rimbambito di mio nonno mi ha dato una seccatura in più a cui badare. Ti giuro.. quando me l’ha detto , non ci volevo credere… adesso devo stare alle costole di quella mocciosa.. ti pare sensato?!" sbottò

Era furioso.

Non voleva quella stupida Anna tra i piedi . Lei lo faceva irritare a morte , lo confondeva, era sempre pronta a sbraitare come una belva. Per di più, dopo quello che aveva combinato quattro giorni prima , aveva mantenuto quell’atteggiamento orgoglioso e testardo. Cavolo, dopo tutto quel casino che aveva causato il minimo che potesse fare era eliminare quel suo atteggiamento di fierezza che mandava tutti sui gangheri.

Chi si credeva di essere? Dopo tutto quel pasticcio , era una fortuna che la Stampa non avesse saputo nulla. Altrimenti ci sarebbe stato poco da divertirsi.

Era da settimane che i giornalisiti si affecendavano per trovare notizie sulla giovane fidanzata di Karim Rhadi...voleggiavano come falchi alla ricerca di qualche succulenta notizia o qualche scandalo da riportare sui quotidiani e le riviste...Senza dubbio i paparazzi avrebbero festeggiato con champagne se avessero saputo con chi era finita la giovane Anna, quella maledetta notte..

Certo, quel suo comportamento lo aveva messo in guardia sulla ragazza. Di certo, era molto intelligente e scaltra. Non era una stupida…a parte ovviamente, quando si cimentava in quei comportamenti infantili, e si ficcava in situazioni pericolose come quella del Plaza.

Comunque i loro rapporti, in fin dei conti, erano stazionari. Forse era meglio così. Non avevano più parlato di quella terribile sera , in cui lui era riuscito a salvarla... tutto grazie a Benio, uno dei suoi amici, che era riuscito ad avere informazioni, ammanicandosi chi di dovere.

Si portò una mano alla fronte. Oltre ai centomila dollari, aveva dovuti sborsarne diecimila, per avere quelle informazioni. Ma questo, ovviamente, ad Anna non glielo aveva detto. Del resto nessuno sospettava che la sua Platinum Visa  aveva svolto fin troppo il suo dovere di carta di credito, in quegli ultimi tempi...

" Quando siete tornati a casa, come l’ ha presa tuo nonno? Ancora non mi hai detto nulla…"

chiese Marick, giocherellando con il tappo di una bottiglia, interrompendo il flusso dei pendieri caotici.

" Be’, non c’è molto da dire… mio nonno e mio padre erano furiosi. Mia madre invece ha cercato di calmare le acque. Comunque, nessuno di loro sa per intero la vicenda… ho raccontato di aver trovato quell’idiota in mano di rapitori che volevano un riscatto… pare che se la siano bevuta.."

" Sei abile nell’inventare cazzate, eh?" chiese scherzoso l’altro. Rhadi sbuffò

" Si, come no… ma tu guarda cosa mi tocca inventare per quella lì.."

" A proposito ora dov’è?"

" E’ lì. che balla" replicò indifferente, indicando la pista.

Osservò per un attimo quel corpo snello, muoversi tra la folla e di colpo non si sentì più così tanto indifferente. Lei non lo stava guardando. Distolse lo sguardo, seccato senza sapere nil perchè.

 "… Figurati, da quando mio nonno mi ha detto che devo starle alle costole per evitare che si ficchi nei guai.. mi ha letteralmente costretto a portarla con me, ogni volta che esco la sera.. è assurdo, ma tu guarda.." continuò.

Marick sogghignò

" Be’, la capisco. Si annoia a stare a casa tutto il tempo…"

Rhadi lo guardò torvo.

 " Che vorresti dire, che avrei dovuto portarla nei nostri giri? Ma ti rendi conto di quello che dici? Anna non sa niente di questa cultura…sarebbe spaesata…"

" Quindi la lasciavi a casa per proteggerla?" lo interruppe Marick con aria beffarda e provocatoria.

Rhadi posò il bicchiere sul tavolino e distolse lo sguardo dall’amico, infastidito.

" Non dire idiozie… è soltanto che siccome per legge è la mia ragazza non mi piace che frequenti certi posti e che... che incontri certa gente.." Si interruppe per un attimo, non sapendo bene cosa aggiungere.

Le sue parole vennero accolte da un silenzio attonito. Poi Marick proruppe in una risata spassionata.

"Ah, cazzo, non l’avrei mai detto.. non vuoi che 'incontri certa gente'? Di’, sei per caso geloso che qualcun altro la veda e te la soffi via? Sei geloso di Anna, di quella bambina? Ah, ah ah… non ci credo!"

" Piantala di dire stronzate!" sibilò irritato, il ragazzo. Marick rise ancora più forte e si alzò dal tavolo.

" Come vuoi… senti ora vado. Ashanti mi aspetta… cerca di non pensare troppo alla tua Anna!"

Rhadi per tutta risposta mugolò qualcosa di rimando, irritato.

Era rimasto solo, seduto, al tavolino.

Come faceva Marick a partorire certe idee malsane? Geloso di Anna? Lui?

Assolutamente no.. E’ solo che non voleva che altri conoscessero quel caratterino inglese che a lui attizzava così tanto. Ma questo non significava affatto essere gelosi, giusto?

Certo, in ogni caso lui non aveva intenzione di farla stare a casa a sorbirsi la televisione come le vecchie sessantenni. Quando avrebbe cominciato l’università l’anno venturo, si sarebbe creata qualche amicizia sana, tranquilla e… soprattutto non maschile. Dopo l’esperienza del giro di prostituzione, gli dava irritazione vedere Anna in compagnia di uomini. Il fatto era che lei era ancora così mocciosa, non si rendeva minimamente conto che gli uomini la mangiavano con gli occhi… era ingenua, decisamente troppo ingenua. Ovviamente non perchè lei fosse chissà che gran donna o femme fatale; semplicemente era carina e gli uomini erano comunque sempre uomini: spesso, come nela caso del Plaza, non ragionavano certo con il cervello.

Il suo piano originario dunque, sarebbe stato quello di aspettare l’università.. e di permetterle di coltivare amicizie salubri, normali… senza tipi schifosi e ricchi venditori di puttane in giro. E il luogo dove purtroppo circolava quella gente era proprio la discoteca… cavolo, forse era anche troppo protettivo.. ma ne andava del buon nome dei Karim e in fondo, anche di Anna stessa.

Era un piano sicuro e facile e invece no…tutto era stato mandato a monte, proprio da lei, quella bambina che pretendeva che lui gli facesse conoscere i suoi giri, i suoi amici.

La guardò.

Eccola lì, con quei suoi lunghi capelli neri che le scendevano sugli occhi belli.

Oddio, ma cosa stava pensando? ‘ Occhi belli? … era forse impazzito? ..

Eppure era proprio così. Anna era molto carina, dopotutto quello lo aveva già ammesso, no? Ma ora strava divenedo anche qualcosa di più.. qualcosa che aveva poco a che fare con il piano fisico e molto con quello intellettivo: Anna sapeva affascinare, se voleva.

La guardò ancora, mentre ballava con stile quella musica, con il suo top rosso , i suoi jeans stretti.

Era notevole, doveva ammetterlo. E allo stesso tempo stronza.

Sorrise fra sé e sé.

Si, stronza. Ma anche lui era stato stronzo, del resto.

Aguzzò lo sguardo, osservando quel corpicino esile, muoversi con grazia.

In mezzo a tutta la folla, sembrava ancora più fragile.

Aguzzò lo sguardo ancora di più.

Un uomo sulla trentina che ballava vicino a lei, la osservava . La osservava troppo. Rhadi lo freddò con uno sguardo glaciale. Ma lui ostentava ancora troppa sicurezza.. Dannazione..

 

*******************************************************************************

Non mi aspettavo questi risvolti, sul serio.

Dopo essere tornata a casa con lo sbarbatello ed essermi sorbita tutta la predica di Hakim e Assim su quanto ero stata incosciente e ingrata, mi aspettavo che mi rinchiudessero in una gattabuia e non mi facessero più uscire fino al giorno del matrimonio.

E invece eccomi lì, libera di ballare al Crystal Palace, a divertirmi, come facevo a Londra ogni sabato sera.

Libera di vivere, in ultima analisi.

Lasciai pian piano, che la musica mi entrasse nelle vene. Avevo caldo, Dio se avevo caldo. Ma mi sentivo viva come non mai.

Hakim mi aveva guardato furioso dopo avermi aperto l’uscio di casa e mi aveva sibilato parole che mi avevano fatto ghiacciare la pelle.

" Da adesso, te la vedrai con mio nipote" mi aveva detto. Nelle sue parole avevo letto una minaccia inequivocabile, ma alla fine la situazione era addirittura, paradossalmente, migliorata. Era lo sbarbatello che ci aveva rimesso. Adesso era costretto a portarmi in giro almeno una volta a settimana… credo ci sia stato lo zampino di Jasmina in questo.

Probabilmente aveva persuaso tutti che se Rhadi non mi avesse trascurata più del dovuto, probabilmente non sarei scappata.

Errore madornale nella sua riflessione, visto che io sarei fuggita lo stesso.

Ancora nessuno aveva compreso che ero scappata essenzialmente per ritrovare la chiave della villa dei miei genitori biologici, e non perché ero in preda a qualche isteria.

A Villa del Sole era custodito il segreto del mio passato… un segreto che tormentava Josef, Hakim e… persino Rhadi stesso, che sospettavo sapesse qualcosa dell’intera vicenda…

Ovviamente la situazione non si era risolta così facilmente.... Hakim e Assim ostentavano ancora freddezza e Hakim aveva persuaso Rhadi ad affibiarmi di nuovo quella rottura di Ghaffar, come precettore. Il vecchiaccio sapeva quanto non mi piacessero le lezioni di quell'ometto lezioso, perciò lo aveva fatto deliberatamente per rovinarmi l'umore ogni mattino..

" Ehi, ciao… come ti chiami?"

Mi girai. A parlare era stato un individuo sulla trentina, che si agitava come un pazzo vicino a me. Aveva una maglietta nera attillata che gli metteva in risalto la pancetta e il suo alito puzzava di caffè.

" Non sono affari tuoi" replicai.

" E andiamo…non essere così di ghiaccio…dai ti offro un drink"

" No, grazie" risposi, fin troppo educatamente.

A quel punto il tizio fece il più grosso errore della sua vita, mi prese il braccio e cominciò a trascinarmi fuori dalla pista da ballo.

" Eh, non essere così distaccata, tesoro!"

Mi divincolai. " Lasciami, idiota!" gridai. Gli pestai il piede ( la mia arma segreta), e gli diedi un calcio nei coglioni.

" Maledetta!" Strepitò, accasciandosi su se stesso.

Mi liberai dalla sua presa e mi riordinai i capelli.

" Te la sei cercata. Non azzardarti mai più a toccarmi" dissi tra i denti, scrutandolo con ironia.

Mi voltai e mi trovai faccia a faccia con… lo sbarbatello, che mi fissava allibito.

" Be’? Sei arrivato un po’ tardi, non credi? L’ho già sistemato io!" dissi, guardando la sua espressione, con divertimento. Sembrava sinceramente colpito del fatto che ero riuscita a cavarmela da sola.

Mi guardò e poi sorrise.

" Già.. dimenticavo che hai fatto karate.." mormorò, sfiorandomi la testa con la mano.

" Non sono una poppante!" protestai, schiaffeggiando la sua carezza.

" No… ma sei una combina-guai. Senti, finchè sei sotto la mia protezione, non devi correre rischi inutili … è una seccatura per me…"

Lo fissai sarcastica. " Non mi pare che tu mi abbia dato molta protezione, adesso" commentai serafica.

Proprio mentre stavo per terminare il commento acido, l’uomo si era rialzato da terra e stava per scagliarsi contro di me…. Giusto in tempo per ricevere in pieno viso il destro potente di Rhadi. Il tizio si accasciò per terra e questa volta rimase privo di sensi.

Ero sgomenta.

Decisamente sgomenta.

" Dicevi?" mi chiese lo sbarbatello, soffiando sul destro e guardandomi con fin troppa provocazione.

Schioccò le dita come una marahjiah indiano e tre nostre guardie del corpo in nero ( non giravamo mai senza) presero di peso il corpo esanime dello sciagurato e lo portarono via. Nella discoteca nessun altro si era accorto di nulla… nella pista tutti continuavano a ballare…

" Vieni" disse Rhadi, prendendomi per mano. Lo seguii, ancora incapace di articolare una frase di senso compiuto…

 

Mi portò ad un tavolino. Lo stesso in cui era venuta quella stronzetta di Rhika, poco prima. Avevo osservato tutta la scenetta da lontano, con spasso e irritazione al tempo stesso.

" Siediti" mi fece ,brusco, lui.

" No, grazie… preferisco stare in piedi" replicai

" Ho detto siediti… e bevi qualcosa.." ripetè lui, testardo.

" No" risposi ancora, con una semplicità che avrebbe dato sui nervi persino a me.

Lui mi guardò con quei suoi occhi verde mare che mi inchiodarono…Il mio cuore mancò un colpo.. cavolo, era il mio punto debole.

" Dannazione Anna… siediti te lo ordino, ti sei dimenticata già che devi obbedirmi?" replicò lui acido, spintonandomi per farmi stare seduta.

" Ti devo obbedienza anche per queste sciocchezze?" replicai fredda, restando ferma, in piedi.

Non mi piaceva quando prendeva questo argomento. Avevo ben chiaro che le decisioni della mia vita le avrebbe prese lui… non soltanto per il fatto che il vecchio Hakim glielo aveva imposto… ma lui mi aveva anche salvato la vita, pagando centomila dollari. Di fatto , avevo le mani legate.

Sospirai, schivando le occhiate di fuoco che mi stava lanciando.

" D’accordo, d’accordo… mio marahjiah… ora mi siedo e come una brava bambina mi prendo una birra, ok?"

Mi sedetti. Il mio tono era quasi esasperato. Ma lui, non facendoci neanche caso, aveva preso a studiarmi con lo sguardo.

" Che c’è?" chiesi, visibilmente in ansia. Avevo forse qualcosa sul viso? Mi tastai la faccia, preoccupata.

Lui scoppiò a ridere.

" Oh, piccola Anna sei così divertente..!" esclamò

" Ma davvero?" commentai, acida.

Il cameriere era appena sopraggiunto.

" Una birra, grazie" gli dissi con un sorriso.

" Arriva subito" rispose lui, annotando qualcosa su un vecchio taccuino.

Lo osservai allontanarsi, poi mi girai verso Rhadi.

" Che vuoi, comunque? Non eravamo d’accordo che per tutta la sera avremmo fatto finta di non conoscerci?" chiesi, tamburellando le dita sul tavolino.

Lui annuì

" Be’, l’intenzione era quella… ma poi tu e la tua sfiga fate sempre in modo di attirare qualche disgrazia e quindi devo intervenire io, a salvare la faccenda.." replicò lui, con un sorriso sardonico.

Inarcai il sopracciglio.

" Ma certo, signor Marahjiah.." risposi beffarda. " In questo caso, ormai non possiamo più far finta che non ci conosciamo… mi presento, sono Anna.. e tu.. tu devi essere.."

" Rhadi Karim III" rispose lui, con un sorriso, stando al gioco.

Annuii, sorridendo a mia volta.

" Che strano" continuai beffarda " A vederti così d'impatto, avrei giurato che il tuo nome di battesimo fosse stato Viziato e Arrogante..che idea sciocca, la mia, vero?"

Lui si incupì nello sguardo, ma le sue labbra si incurvarono in un sorriso leggero. " Davvero un'idea sciocca la tua.. anzi direi.. pericolosa, più che sciocca, non trovi?"

Sorrisi educatamente. " Trovo che sia più pericoloso minacciarmi, sinceramente". Rhadi scoppiò a ridere e io mi sentìì stranamente a disagio in quel giochetto da bambini che avevami inscenato: anche nel gioco e nella finzione non ci tenevo a provocare Rhadi.

" A parte le stronzate… a che ora torniamo, questa sera?" chiesi, per cambiare discorso, mentre osservavo la mia birra che aveva cominciato a camminare verso la mia direzione. Il cameriere che la stava portando, era incredibilmente goffo..

" Tra un quarto d’ora" mi rispose lui, con volto angelico e tono innocente.

" Coosa?!" sbottai " Ma se siamo appena arrivati?!"

Non eravamo al Crystal Palace neanche da un ora e mezza.

" Be’, ho deciso che per stasera hai combinato già troppi pasticci…poi come al solito quello che deve sistemare e gonfiare di botte gli imbecilli , sono io.. perciò discorso chiuso, bevi la birra che ce ne andiamo" rispose secco.

Tentai di sollevare un’obbiezione ma il coltello dalla parte del manico ce l’aveva lui, perciò sorrisi al cameriere che mi stava porgendo la birra e poi scrutai incazzata, quegli occhi verde mare…

Non potevo certo sapere che oltre a rovinarmi l’esistenza in quel modo, Rhadi aveva l’intenzione di fare di me il suo giocattolo preferito…

D’altra parte.. fu solo più tardi che mi resi conto che le mie preoccupazioni con Rhadi erano solo una bazzecola in confronto all’Organizzazione e al misterioso Lui, che mi dava la caccia…

 

 

 

 

 

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Capitolo 16
*** Caos, sigari cubani e ... Rhadi, ma dove cavolo siamo?! ***


Wecome To PageBreeze

Ecco un altro capitolo. Ultimamente ci impiego un po' di più a causa di impegni vari.. purtroppo non posso fare altrimenti. Comunque spero che apprezzerete questo nuovo.. la storia prosegue in maniera piuttosto inaspettata. Subentrano nuovi personaggi e nuovi intrecci. Non ho intenzione di farla finita a breve.. anche perchè è impossibile risolvere tutti i fili in poco tempo. Nella prima parte ritroveremo qualcosa del mistero di Anna .. anche se non si capisce molto bene cosa succede, questa è la prima apparizione ufficiale di un personaggio fondamentale ai fini della storia.

nella seconda parte, Rhadi ci porta a conoscere dellepersone piuttosto stravagnati. Che legame ha con loro? Anche questo è da scoprire. Ma non si svelerà in questo capitolo.

proprio su Rhadi vorrei approfondire la questione, per chiarificare i suoi comportamenti.

Piccola nota su Rhadi:

Rhadi è un personagio che per molti versi si può definire stronzo. E in effetti lo è, specie con le persone che non gliela danno vinta. E' vissuto sempre con l'approvazione di tutti, in una società dove ha successo chi è più ricco. E' naturale che non concepisca neanche l'idea che qualcuno gli si opponga. la differenza culturale non è da sottovalutare.Pur essendo aperto di mente, è comunque cresciuto in una società dove il maschilismo imperversa, e pur non essendo maschilista ( Lo dico chiaro e tondo Rhadi NON è maschilista), il fatto che una ragazza come Anna mostri carattere, gli suona come una novità. Lui ha sempre frequentato ragazze che non possedevano una gran personalità e che comunque non si battevano per le loro idee. Il suo atteggiamento superficiale e le sue tante relazioni con le ragazze, sono da attribuire ad una cultura che gli è stata impartita fin da piccolo. La sua stessa identità presuppone un certo atteggiamento orgoglioso e spesso rasentante la stronzaggine, proprio perchè questo è il classico comportamento da ragazzo ricco e viziato. Ma dietro a tutto ciò sono nascoste ragioni ben precise. Non tutto è così semplice come lo si vede. Per quanto riguarda l'altro sesso, non gli importa dell'amore perchè per lui le ragazze sono tutte uguali da un punto di vista sessuale. Non si è mai innamorato seriamente perchè nessuna si è mai mostrata per quella che era realmente. Il sesso è sganciato dall'amore, completamente.Ovviamente la maschera di play boy decade quasi subito quando gli si presenta una ragazza sincera e testarda come Anna.. lei è diversa, prima di tutto perchè ha carattere e non cade subito ai suoi piedi come le altre donne fanno sempre. A lei i soldi non importano, così come le belle macchine, e i gioielli. Così, la sua durezza poco a poco si scioglie e forse... forse.. nascerà la dolcezza...

Comunque voglio ringraziarvi ancora, voi che commentate. Continuate a farlo, per favore ! XD ^__^ Ja ne!

L’individuo era avvolto nel suo silenzio composto, mentre attendeva nel propileo; La sera imperversava tutt’intorno , e gli ultimi grilli estivi intonavano una nenia ben conosciuta al suo orecchio irrequieto. La gola era secca, arida… i rantolii e i segni di impazienza erano a malapena percettibili. Già pregustava la gioia

Sapeva ben controllarsi, lui. Il mantello pesante, nero e drappeggiato in più punti ricadeva greve sulle spalle e sul torace, nascondendolo alla vista. Il cappuccio calato velava il viso, rendendolo quasi soave e romantico, se scrutato con occhio inesperto.

Sapeva controllarsi, attendere, pazientare. Camminava a piccoli passi sul piancito di mattoni che circondava il chiostro. I grilli cantavano.. ancora. La luna imbiancava quel cielo nero e profondo..

Silenzio discreto che pervadeva l’atmosfera; soltanto il suo respiro lieve era percepibile. Ma quanto ci metteva, quel miserabile? Perché ancora non si era presentato al cospetto del suo maestro?

" Onorevole Shaykh!" Eccolo, finalmente.

L’uomo che aveva gridato era giovane e vestito con abiti sontuosi e colorati..Aveva ciocche bionde, curate e lievemente arricciate.

" Onorevole Shaykh!" ripeté, si avvicinava , a grandi passi, e dalla gran fretta incespicava ogni due... Ormai il suo tono di voce e la sua espressione si palesavano chiaramente: erano disperate, quasi trafitte e permeate da un dolore lancinante.

Si prostrò a terra; " Mi perdoni, mio signore… Mi perdoni … la ..la prego"

Piangeva, vagiva con il cuore di chi conosce molto bene la punizione.

L’altro, con il cappuccio ancora calato, non si muoveva.

Aveva pazientato, e lui era finalmente venuto. Finalmente. Non parlò nemmeno. Non ne aveva ancora l’intenzione. Semplicemente, osservava il suo sottoposto con divertimento… lo osservava strisciare ai suoi piedi, implorare pietà, clemenza, venia.. irrilevante, tutto inutile.

I suoi gemiti echeggiavano nel giardino.. Piangeva e supplicava; e come supplicava! Sembrava un verme dolorante che si contorceva nel terriccio umido.

Ma era tutto inutile, tutto infruttifero.

Nascosto nel suo cappuccio greve, lui lo sapeva bene. E sorrideva, pregustando una gioia selvaggia, recondita.

" La prego, mio signore! .. la .. la prego. " il miserabile ansimò, mentre si aggrappava con le unghie al mantello pesante dell’impassibile essere che lo imperava . I suoi occhi venati di rosso, roteavano per il terrore, come biglie impazzite. La paura si era impossessata di lui, penetrando nelle vene e paralizzando il pulsare del sangue. Sapeva bene quale sarebbe stata la sua atroce punizione. Il respiro gli si era fatto più affannoso, più agonizzante. Non voleva morire per uno stupido errore! .. No, non poteva succedere veramente... era un orribile incubo!..

"La prego.. non fallirò, più.. Mi dia una seconda possibilità!" oramai urlava come un pazzo. Le vene pulsavano sulla fronte bagnata. No, non poteva succedere veramente a lui...

" Le prometto che non fallirò!" Si accasciò per terra. " La prego…. non voglio morire!!"

Fu in quel momento che il suo superiore schiuse la bocca in una piccola fessura. E rise beffardamente.

La sua voce somigliava alla scroscio di una cascata. Potente e pesante. Assolutistica.

" Non morirai" bisbigliò. " Per adesso, ovviamente… il tuo fallimento è stato miserabile. Sei pietoso. Allah, mi impone di essere clemente con coloro che suscitano pena.. "

Il respiro del biondo si mozzò appena. Aveva forse una possibilità di salvezza? Una possibilità di evitare il supplizio?

L’altro continuò, accarezzando spietatamente i riccioli biondi di quell’insignificante creatura, accasciata ..

" ….Ma se fallirai di nuovo, tua figlia non mi susciterà alcuna compassione.."

Gli occhi del pover’uomo si spalancarono di più e presero a roteare di nuovo velocemente.. Soffocò un singhiozzo, e si portò la mano alla gola. Voleva strozzarsi. No… sua figlia... La sua piccola bambina non aveva neanche due anni..

L’altro scoppiò a ridere, reclinando il capo. Il cappuccio scivolò sulle spalle… il viso temibile di un giovane dagli occhi cerulei e la pelle diafana, rifulse nell’oscurità vespertina …

Esultò ancora, e lo scroscio della cascata fu risonante ..I grilli terminarono il loro ultimo canto…

********************************************************************************

Scrosci d’acqua che allagano Amman. La città era inondata.

" Perché dobbiamo andarci?" La mia voce suonò più frignante di quanto io non volessi.

Eravamo in viaggio, io e lo sbarbatello. Sera inoltrata e pioggia a fiotti sui vetri;

" Perché Adèle ci ha invitato a casa sua e io trovo che sia l’ora di fartela conoscere!" ribatté lo sbarbatello, seccato.Guardai fuori dal finestrino; La precipitazione sommergeva tutta la città; sulle strade i rivoletti di acqua sporca scorrevano, lavando via tutto. Anche il fogliame autunnale che in un primo momento sembrava aver colorato gli alberi e le strade, scorreva inesorabile dentro lo scarico del tombino, sulla Road principale. Da quanto tempo ero ad Amman? Non lo ricordavo…Ormai la vita a villa Karim aveva ripreso i suoi ritmi di sempre. L’estate era terminata da un pezzo e tutti sembravano aver dimenticato il mio colpo di testa. Tutti meno uno, che continuamente faceva in modo di sottolineare la mia stupidità. Ovviamente Rhadi godeva nel far ciò. Darmi fastidio era il suo hobby preferito. E da quando ero praticamente costretta a vivere a contatto con lui, le sue tecniche erano addirittura migliorate, purtroppo. Se ne inventava sempre una nuova, per irritarmi.

In ogni caso, i nostri rapporti non erano peggiori di un tempo. Anzi… mi ero preoccupata anche troppo. Il fatto che di fatto fossi sotto la sua protezione mi aveva dapprima convinto che avrei avuto da quel momento in poi, una vita orribile. Invece alla fine, nulla di spaventoso era successo. Non vivevo come una reclusa con pane e acqua, e ancora la fantomatica punizione che lo sbarbatello mi aveva promesso non era arrivata. Non sapevo neanche se Xavier avesse subito l’ira omicida di Rhadi. Nei giorni immediatamente successivi alla mia fuga, lo sbarbatello aveva fatto in modo di tenermi alla scuro di tutti i suoi movimenti… ma un giorno o l’altro lo avrei scoperto, senza dubbio. Desideravo ardentemente vedere Xavier con le osse fracassate.

D’altra parte l’intera famiglia Karim che mi aveva accolto con freddezza al mio ritorno, sembrava esser tornata quella di sempre.

Soltanto il vecchiaccio mi guardava circospetto ogni volta che ci incrociavamo.

Rhadi mi aveva promesso che non mi avrebbe perso d’occhio e io avevo sfruttato questa sua affermazione per uscire con lui , quasi ogni sera.

Era grandioso respirare un’aria finalmente diversa, conoscere gente nuova e fare le cose che ogni diciassettenne che si rispetti avrebbe dovuto fare.

Ovviamente, Rhadi mi portava al massimo tre volte a settimana fuori con lui.. Il resto della settimana ,aveva detto, ‘ non voleva avermi tra i piedi ’, perciò rimanevo a fare la calzetta come nonna Papera.

Ma pazienza. Uscire tre volte a settimana dalla villa era sempre meglio di niente.

Avevo conosciuto quasi tutti i suoi amici; Marick e Jean erano i più simpatici.

Con Jean mi trovavo alla grande, anche perché lui aveva vissuto come me in Occidente, e anche se era francese, sapeva parlare l’inglese alla perfezione.

Con l’arabo ormai non me la cavavo male, ma ancora non riuscivo a capire i dialetti e facevo fatica a seguire discorsi troppo rapidi per il mio orecchio. Quell’odioso fondamentalista di Ghaffar, diceva che era normale per una donna del mio livello.

Quell’affermazione l'aveva pagata con uno sgambetto che lo aveva fatto cadere giù da un gradino.

Dio, quanto avevo riso quando si era tirato su in piedi, con il naso dolorante!

Comunque… come dicevo la mia vita non poteva essere più programmata di così. Rhadi, in qualità di mio supervisore ( dispotico tiranno era la parola più azzeccata, in realtà) aveva contattato decine di università. Ne avremmo scelta una per quest’inverno.

Non sapevo se sarebbe venuto con me. Per quanto mi riguardava mi era del tutto indifferente. L’importante per me era studiare. Gli avevo fatto giurare solennemente di non mandare a monte i miei piani di studiare e laurearmi e lui sembrava non avere nulla in contrario.

Anzi.. a dir la verità, per qualche strano motivo sospettavo che non vedesse l’ora che andassi all’università.

Comunque fino a quel momento non avevamo ancora fatto una scelta precisa.. Dovevo accontentarmi delle noiose lezioni col patetico ometto.

Di tanto in tanto Rhadi sbucava fuori, e interrompeva il mio tedio quotidiano, per portarmi fuori o mostrarmi qualche nuovo CD. Aveva scoperto che ero un’intenditrice di musica metal e classica e mi aveva costretto a mostragli le mie collezioni di dischi. Era un patito di musica.

Di ogni tipo di musica. Ovviamente questo già lo sapevo… l’immagine di una camera stipata di CD ogni tanto riaffiorava con vergogna nella mia mente. L'immagine di CD e di belle gambe forti..

Ero riuscita a svelare in lui nuovi lati, davvero curiosi in effetti, che però erano spesso offuscati dalla sua personalità infantile.

Adesso, l’ultima trovata era quella di far visita ad una sua cara amica che abitava fuori città. Una vera idiozia, mettersi in viaggio con quel tempaccio. Sbuffai, interrompendo il silenzio.

" Ma ti pare sensato metterci in viaggio con questo tempo?" proruppi , esasperata.

Non sopportavo quella pioggia così strana, così fuori luogo. A Londra ero abituata ad una pioggerellina sottile e fredda.

Laggiù in Giordania mi toccava subire una pioggia terrosa e calda; era orribile.

I miei capelli stessi erano stranamente gonfi, io che solitamente li avevo dritti come spaghetti.

Rhadi si voltò e mi fissò, abbagliandomi con quel suo sorriso bianchissimo. Ancora non mi ero abituata alla sua bellezza sfolgorante. Sembrava aver intorno un pulviscolo dorato che metteva in risalto tutte le grazie che Madre Natura gli aveva regalato. Mi odiavo perché ero così soggiogabile. Bastava uno dei suoi sorrisi ironici per mandarmi in tilt.. ero una completa idiota.

" Piccola Anna, con una macchina come questa, non dovremmo temere neanche di viaggiare con una bufera.."

Sbuffai, contrariata. " Si, si.. certo. Adesso fai pure l'orgoglioso per tutti i tuoi soldi e le tue macchine .. tanto è nel tuo stile"

Lui scoppiò a ridere. " Oggi sei più acida del solito, che ti è successo?"

Acida, io? Questo non lo doveva dire…

Lo guardai furiosa, pronta a controbattere.. Acida? Mi aveva letteralmente obbligata a uscire con lui a trovare questa Adèle che io non volevo minimamente conoscere.

Già, Adèle… un’amica di Rhadi….Già mi immaginavo una seconda Rhika, tutta sorrisi maliziosi e quarta di tette..

Aprii la bocca per sfogare tutta la mia furia, ma la richiusi un attimo dopo.

Non aveva senso arrabbiarmi per una sciocchezza del genere.

La mia espressione però, doveva risultare alquanto ebete, perché lui mi guardò con curiosità per un momento e poi sorrise canzonatorio.

Rivolse la sua attenzione alla strada e continuò a ridacchiare.

" Che c’è?" borbottai, arrossendo.

" C’è che sei sempre così prevedibile…sempre così ingenua .."

A quel commento mi arrabbiai sul serio, ma decisi di attuare una nuova strategia: ignorarlo beatamente.

Ma non funzionava.

Continuava a ridacchiare. Era patetico..

Ormai eravamo fuori Amman da un pezzo. Avevamo imboccato la statale da quindici minuti e la stavamo percorrendo in direzione nord.

180 km/h… Dio, a quella velocità se ci fossimo casomai schiantati ci avremmo rimesso la pellaccia.

Lo guardai di sbieco. Silenzio totale. Aveva smesso di ridacchiare, finalmente.

Lo guardai ancora con la coda nell’occhio; Indossava un maglione leggero e un paio di pantaloni scuri; sui capelli neri e spettinati col gel, aveva adagiato un paio di costosissimi Ray Ban.

Il suo profilo era una piacere solo a guardarlo: perfetto, proporzionato, curato.

Distolsi lo sguardo, nervosamente.

Mi mangiai l’unghia del pollice sinistro.

" No. Così non va" disse all’improvviso.

Mi girai, allarmata. " Cosa non va?"

Rise divertito. " La mia Anna non deve mangiarsi le unghie. La mia Anna deve essere una ragazzetta curata, con le unghie curate…"

Sbuffai, ironica.

" Ah davvero?" chiesi, accavallando le gambe con fare provocatorio.

" Si da il caso che la tua Anna sia un perfetto prototipo di non-donna. Sono un vero maschiaccio.." gli feci la linguaccia.

In effetti il mio abbigliamento aveva poco a che fare con la classe e l’eleganza del suo vestiario.

Indossavo un paio di jeans neri, una T-Shirt rosa pallido, sobria , e le mie All Star preferite ai piedi. Niente di più semplice.

I miei capelli erano sciolti, con soltanto due forcine ai lati.

La signora Jasmina e la governante di villa Karim avevano lottato inutilmente per rinnovare il mio guardaroba e rimpinzarlo di abitini stile Barbie.

Almeno quello, però , non lo avevo permesso.

Mia nonna mi mandava ogni settimana un nuovo abito da Parigi. Ma anche quelli erano riposti con cura nell’armadio, in attesa di giorni migliori in cui sfoggiarli. Non sapevo davvero quali potessero essere questi giorni migliori.

Stavo così divagando nei miei futili pensieri, quando lui inchiodò di colpo, facendomi sbilanciare in avanti.

Il colpo di frusta della cintura di sicurezza, quasi mi strozzò.

Boccheggiai.

Era forse impazzito? Aveva posteggiato in una piazzola di sosta, così .. di punto in bianco.

Lo guardai con occhi sbarrati. Con le unghie stringevo la cintura di sicurezza come un gatto selvatico. Che gli era preso?

" Che cavolo fai?"

Lui, stringendo il volante tra le mani, indurì gli occhi, tenendo lo sguardo fisso davanti a sé.

Inaspettatamente si voltò, con una strana espressione.

Fui dapprima terrorizzata da quello che si apprestò a fare..

In un lampo mi afferrò il viso tra le mani e mi baciò con forza. Mi dibattei, riuscendo a staccarmi dal contatto con le sue labbra.

" Rhadi.. cosa fai?! Lasciami!!" Tentai di sfuggirgli. Ma non me lo permise.

In un gesto, slacciò entrambe le cinture di sicurezza dal comando centrale e mi afferrò la vita con il braccio destro. Ero avvolta dalla sua stretta.

" Lasciami.. ma sei impazzito?!" Tentai di graffiare il suo braccio che mi cingeva. Tutto vano.

Non mi rispondeva neanche.

Mi avvicinò ancora di più contro il suo torace. Ero schiacciata tra lui e il suo braccio forte.

Cosa diavolo aveva intenzione di fare?! Il contatto con il suo petto non suscitava sensazioni spiacevoli.. ma non era il momento di farmi prendere dagli ormoni impazziti che vagavano nel mio corpo. Non capivo se stesse scherzando o meno.

Mi guardava fisso, con quel verde galvanizzante.

" Non sei un maschiaccio. Non farmi ricordare come eri vestita un mese e mezzo fa, al Plaza…. Eri vestita da sgualdrina!!"

Un mese e mezzo? Era già passato così tanto da quella nottataccia?

Deglutii.

Ero ancora avvinghiata contro di lui, stretta nella sua morsa di ghiaccio.

" Q- questo non toglie che devi staccarti d-da me!"

Perché diavolo stavo balbettando, adesso?

Già perché?

……....

Ma che domanda idiota.

Stavamo nel bel mezzo della statale, sotto la pioggia scrosciante.. lontani da tutti… era ovvio che balbettassi.. e che arrossissi, anche. Poteva davvero succedere l’irreparabile, all’interno di quel veicolo.. Ero terrorizzata a morte..Lui mi guardava, con occhi duri, e sorriso sardonico sulle labbra..anche lui ci stava pensando, sicuramente.

Da tempo riflettevo seriamente sulla possibilità che potesse succedere una cosa del genere. E ne avevo il terrore. In fondo Rhadi non mi sembrava tipo che volesse attendere, per quel genere di cose; anche se lui non era affatto innamorato di me, ( e io neanche lo ero di lui) sospettavo che fare sesso non gli dispiacesse affatto. O forse erano solo i miei ormoni a pensarla così

" Lasciami!!" Divenni di mille colori, vergognandomi dei miei stessi pensieri, e gli diedi una testata in piena fronte.

Non lo avessi mai fatto.

Immediatamente ci staccammo l’uno dall’altra e ci portammo le mani al volto, per il dolore.

Dannazione, aveva una testa durissima!!

Capivo finalmente perché era così testardo e ostinato…

Mi massaggiai lentamente la fronte e lo guardai furtivamente. Aveva ancora le mani al volto e non accennava ad una reazione.

Era immobile, fermo, accasciato su sé stesso.

" Rhadi.."chiamai, incerta.

Nessuna risposta. Lo scrosciare dell’acqua sui vetri si era fatto più violento.

" Rhadi!" chiamai, scuotendo il suo braccio destro.

" Rhadi cosa diavolo fai?! Dobbiamo andare! Dai, non posso averti fatto così male!" Un’angoscia aveva preso a circolarmi nel petto, senza sapere neanche bene il motivo. Perché non si muoveva?

All’improvviso un sorriso ironico spunto sul suo viso.. levò su la testa e scoppiò a ridere…

" Dio, è stato troppo bello!! Dovevi vedere la tua faccia… sei uno spasso!!Aahah!"

Rideva come un bambino felice.

Restai allibita per tre secondi circa, poi mi irrigidii.. calma, calma..dovevo stare calma.. dovevo controllarmi.. dovevo restare lucida..

Dovevo, ma non lo feci. Esplosi letteralmente.

" SI può sapere cosa cavolo fai?! Mi hai fatto spaventare sul serio!!" Strepitavo come una gallina. Sembravo impazzita.

Lo colpii con tutta la forza sul braccio sinistro.

Lui fece finta di accusare il colpo e poi rise più forte.

Ero furibonda. Dannazione ma si divertiva così tanto a farmi prendere certi spaventi?!

" Scusa.. scusa!" disse poi, tra una ristata e l’altra

" E’ solo che volevo vedere la tua reazione… non penserai davvero che volessi fare qualcosa, vero?!"

Arrossii violentemente, restando con la bocca spalancata dallo stupore. Non risposi. Ero troppo imbarazzata.

Lui mi guardò per un attimo serio e poi inclinò la testa e rise ancora di più. Aveva indovinato..

" Non ci posso credere.. Anna! pensavi che volessi fare sesso con te! Ah, Ah.. Ma che idea assurda. Qui ? Sotto la pioggia? Con te?"

Continuò a ridere e io gli diedi le spalle.

" Non dire idiozie" sibilai " Non ho pensato proprio a niente. Figurati.. io e te non faremo mai sesso.."

La mia voce era flebile. Il mio cuore palpitava come un tamburo. Ma perché diavolo era nato questo discorso? Perchè, ma perchè ero così stupida? Da quand'è che gli ormoni avevano preso il sopravvento sui neuroni?

Lui smise di ridere e il tono della sua voce si fece improvvisamente serio.

" Questo non è vero.. e tu lo sai"

Mi si mozzò il respiro, mentre lui riaccendeva la macchina e ripartiva.

Restai ancora girata di spalle, incapace di rispondere alla sua affermazione. Ero diventata violacea dalla vergogna..

Dopo mezz’ora arrivammo nei pressi di una bella casetta campagnola. Era sera e aveva ormai smesso di piovere.

Dopo quell’imbarazzante scambio di parole eravamo rimasti zitti per tutto il tempo. Rhadi aveva acceso a tutto volume la radio per riempire il silenzio. Di tanto in tanto, ridacchiava tra sé e sé scuotendo il mio sistema nervoso .

Scesi dalla macchina per sgranchirmi le gambe. Stare seduta per tanto tempo mi aveva procurato dolore a tutte le ossa.

L’aria era fresca e odorava di pioggia.

Rhadi aveva seguito il mio esempio e adesso parlava al cellulare, passeggiando nel giardino.

Non avevo idea di come fosse questa Adèle .

Immaginavo una ragazza simile a Rhika. Frequentando le cerchie di Rhadi avevo appreso che lo sbarbatello era molto apprezzato dalle smorfiose viziate di Amman.

Feci qualche passo.

La casa era una semplice villa, simile ai molti casolari della campagna inglese. Era a due piani e il portone era preceduto da un grazioso porticato, pieno di vasi di fiori. Vi erano fiori anche sui balconi. Sembrava che l’inquilina della casa amasse il pollice verde in modo morboso.

Il giardino era curato e stracolmo di pianticelle verdeggianti.

Sul retro vi era il garage dove era parcheggiata una BMW nera e lucente. Ovviamente.

Gli amici di Rhadi non potevano di certo essere dei poveracci.

Camminai lentamente, in direzione della finestra principale, approfittando del fatto che Rhadi stava parlando animatamente con non so chi.

Probabilmente stava avvisando Assim che avremmo fatto tardi.

O forse sbagliavo ancora.. forse, stava avvisando una delle sue tante amanti che quella sera non avrebbe potuto farle compagnia. Ma probabilmente queste erano solo mie malignità.

Circospetta, avanzai sul prato verde e ancora bagnato per l’acquazzone. Le All Star pulite e bianche brillanti si bagnarono tutte.

Pazienza. Le avrei lavate di nuovo.

La luce filtrava dalla grande finestra vicino al portone. Se avessi dato una sbirciatina all’interno, nessuno se ne sarebbe mai accorto… nessuno.

In fondo volevo solo vedere che genere di persona stavo per conoscere. Certo, potevo anche aspettare che lo sbarbatello ci presentasse. Ma non sembrava che ne avesse per poco al telefono.. e poi la mia curiosità mordace mi attanagliava lo stomaco.

Mi mossi lentamente. Mancavano pochi passi e avrei potuto guardare chiaramente all'interno.

Raggiunsi il porticato. I mattoncini marroni del pavimento erano puliti.

Ancora un passo e sarei arrivata.

Mi guardai indietro, furtiva.

Lo sbarbatello era girato di spalle e parlava ancora al cellulare. Probabilmente non si era neanche reso conto che mi ero allontanato. Sorrisi tra me e me. Chi era quello che non mi avrebbe mai perso di vista? Lui? Probabilmente anche se avessi preso un aereo per la Nuova Zelanda non se ne sarebbe accorto. Avanzai ancora

Le mie All Star sfrigolavano sull’umido del pavimento. L’aria fresca mi solleticava la pelle; era piacevole.

" E tu chi sei?"

Sobbalzai, spaventata

Una minuscola donna dalla pelle come l’ebano era a testa in giù, con le gambe aggrappate sul cornicione del tetto. I capelli lunghi e neri penzolavano, quasi strusciando sul pavimento.

Chi diavolo era quella pazza?

Indietreggiai, sorridendo nervosa.

" Scusi.. io.. credo di aver sbagliato indirizzo.. mi dispiace aver disturbato le sue… ehm.. esercitazioni ginniche.."

La sconosciuta mi fissava con occhi calmi e neri come la pece. Era strano parlare con una sconosciuta appesa a testa in giù. Ma probabilmente ero io quella che non era ancora avvezza a queste ..'stravaganze giordane'.

Con un unico movimento elastico scivolò sul pavimento e fluidamente si levò in piedi.

Mi ignorò ed entrò in casa, richiudendosi la porta alle spalle.

La fissai , sempre più sbalordita… dove cavolo ero capitata? Donne a testa in giù? E ancora non avevo visto nulla.

Poi udii la sua voce melodiosa, dall’interno. Gridava contro qualcuno. " Bryant, ti ho detto mille volte di non lasciare Tobias fuori dalla sua casetta…!!" tuonò.

Indietreggiai ancora. Non avevo idea di cosa stesse succedendo. Ma non me ne importava; ne avevo abbastanza di avere a che fare con squilibrati. Mi bastavano già i miei problemi caotici da risolvere.

Intanto lo sbarbatello era sopraggiunto.

" Cosa c’è Anna?" mi chiese, osservandomi preoccupato.

" Sei sicuro di aver azzeccato la casa?!" bisbigliai " Non è che ti sei confuso tra queste stradine di campagna tutte uguali?!"

" No"

" Sei sicuro?"

" Si .. la casa è questa"

Sospirai, sconsolata. Se la casa era davvero questa, avevo probabilmente fatto una figuraccia con quella che doveva essere una sua abitante. Se quella era Adèle, comunque, era l'esatto opposto di quella barbie di Rhika. Non mi era sembrata una smorfiosa siliconata... benchè a testa in giù non avevo potuto guardarla bene. Ma quella, ovviamente, poteva anche essere solo una prima impressione.Magari era anche peggio di Rhika.

Rhadi bussò e - con mia enorme sorpresa- ci venne aperta la porta.

Quello che vidi fu un soggiorno incasinato e pieno di oggetti. C’era di tutto, scaffali, divani, libri, mensole stipate di ninnoli. Sembrava un immenso monolocale. Al lato, una scala a chiocciola portava al piano superiore e probabilmente anche alla cucina e ai bagni.

Quello che mi colpì maggiormente fu la visione di un uomo in vestaglia che fumava un sigaro cubano e che guardava una partita di baseball. Ciò che catturò la mia attenzione non fu certo la sua nazionalità, chiaramente non araba, ma il fatto che insieme al sigaro cubano, l’uomo si stava preparando beatamente una canna di erba. Non sembrava neanche essersi accorto di avere due ospiti in casa…

Insieme a quella strana scenetta si assommava il fatto che ad aprirci la porta era stato un ragazzino arabo di quattordici anni al massimo, con due piercing in viso: uno sul labbro inferiore e uno sul sopracciglio.

Sgranai gli occhi quando notai il terzo, sulla lingua.

" Prego.. entrate" disse in perfetto inglese. Avanzai di qualche passo, titubante. Rhadi ,invece, sembrava a proprio agio. Come sempre del resto... Accidenti a lui e alla sua sicurezza!

" Ciao Basim.. come va?"

Il ragazzo sorrise " Tutto a posto, come al solito sono io che mi occupo della grande maggioranza delle faccende qui.. ma per il resto è tutto ok.."

" Non dire assurdità!" una bambina di otto anni apparve come per magia da dietro una porta.

Avanzò. Aveva capelli ricci e curati.

" Ciao Rhadi… non farti ingannare dalle parole di questo vanitoso. Gli piace mettersi in mostra come un salame!"

" Sta zitta!" sbottò il ragazzino, seccato.

Rhadi scoppiò a ridere e poi si avvicinò alla bambina e la prese in braccio.

" Lascia in pace Basim… piuttosto dai un bacio al tuo fratellone!" Le diede un buffetto sulla guancia e la bimba gli schioccò un bacetto sulla sua.

Fratellone? Rimasi per un attimo interdetta. Da quand’è che Rhadi aveva imparato ad essere così dolce con i bambini?

La mise giù. La bimba si fermò sulla porta ad osservarmi , curiosa. Mi stava studiando. Le sorrisi.

Non avrei saputo dire che legame avessero quei due ragazzini con la donna scura di poco prima e il tipo che stava guardando la partita. Tutta la situazione mi sembrava surreale.

Nel frattempo l’uomo - che si era finalmente accorto della nostra presenza- levò una mano in segno di saluto " Ciao Rhadi.. da quanto tempo.. fatti vedere più spesso. Ai piccoli fa piacere.. dimmi qualcosa, come ti va?"

Rhadi gli si avvicinò e gli diede una pacca sulle spalle " Ancora a fumare le canne, Bryant? Se Adèle ti vedesse adesso , che fumi con i bambini in giro ti ucciderebbe.."

L’uomo si strinse nelle spalle " Che posso fare se l’unico momento di pace nella giornata è la sera?.." Inspirò dal sigaro una tirata.

" No!!.. No! Basim!!.. non toccare il sigaro cubano… me ne hai già preso tre lo scorso mese!!" urlò all’improvviso, puntando un dito minaccioso verso Basim

Il ragazzino che aveva tentato di allungare la mano verso la scatola, la riabbassò timoroso.

Inaspettatamente un mestolo di legno colpì in pieno il tizio chiamato Bryant.

La donna dalla pelle come l’ebano comparve, incazzata come una pantera affamata.

" Bryant!!" sbraitò " Ti avevo detto di fumarti le canne e i sigari fuori da questa casa!!"

Avanzò minacciosa. Ora che la vedevo bene, potevo anche notare il suo abbigliamento: indossava un semplice abito di flanella.

L’uomo si alzò, nervoso. " Ma Adèle.. non stavo facendo nulla di che.. i ragazzi sanno che non devono toccare certe cose… vero Basim?"

Il ragazzino, interpellato, annuii sorridente. Fosse stato per lui, si sarebbe fumato tre pacchetti di sigari a settimana, ne ero convinta.

Come se non bastasse il caos che si era creato, altri sette bambini comparvero quasi dal nulla, scendendo dalla scala a chiocciola. Sette- se la matematica non è un’opinione- mocciosi tutti dalla pelle scura, tranne uno che aveva la pelle bianca e boccoli d’oro.

La casa si era trasformata in un vero asilo nido. La situazione stava cominciando a divenire paradossale. Non riuscivo neanche a immaginare che legame potessero avere tutti quei mocciosi con Rhadi..

Avevano tutti nove, dieci anni in tutto. Il piccolo dai capelli biondi però, era molto più piccolo. Probabilmente doveva avere cinque anni.

" Yasmin, Hanan, Nadwa… e voi altri.. Tornate su, dovete ancora fare il bagno!!"

A gridare era stato un ragazzo scuro, sui vent’anni che scendeva anche lui le scale a chiocciola, tentando di riacciuffare i bambini scapestrati. Ciò che seguì, fu una vera e proprio giungla. I bambini correvano da tutte le parti, schiamazzando e gridando.. Era un incubo.

Mi aggrappai alla maniglia dell’uscio, pronta a fuggire da quel caos. Ma dove mi aveva portato Rhadi? Sembarva un zoo in fuga.

Lo guardai.. lui sembrava divertirsi. Sogghignava e di tanto in tanto mi lanciava occhiate, sicuramente per schernire il mio stupore e la mia inadeguatezza alla situazione..

" ORA BASTA!!" Adèle era salita su una sedia e batteva un cucchiaio su una padella, tentando di ristabilire l’ordine. L’intera scenetta sembrava essere uscita dal circo.

" Bryant… fa qualcosa anche tu, cazzo!!" strillò la poveretta che si era slogata il polso a forza di battere il cucchiaio.

L’uomo si alzò pesantemente dal divano.

" Lo zio Bryant promette che vi farà provare un nuovo sigaro… una delizia.. se ascolterete la zia Adèle.. ok?"

" NO!" proruppe la donna, esasperata. " Ma sei impazzito?"

Alle parole dell’uomo però i bambini si erano zittiti all’istante.

" Adèle, per favore, era l’unico modo.. piantala con le tue paranoie!"

La donna per tutta risposta gli tirò il cucchiaio sulle parti le basse.

Bryant si accasciò sul divano, dolorante. Doveva avergli fatto un gran male, perchè rimase per quella posizione per molto tempo..

La donna si avvicinò a me e a Rhadi. Di punto in bianco i due si abbracciarono affettuosamente. Restai basita. Non era un tipico abbraccio erotico.. c’era dell’affetto profondo in quell’abbraccio, lo vedevo bene. Istintivamente provai irritazione, senza neanche una ragione. Era stupido, molto stupido provare gelosia per una cosa del genere.. anche perché lo sbarbatello mi era del tutto indifferente… o no? Deglutii nervosa..

Scacciai quei pensieri e sorrisi..

" Benvenuta e scusa per prima che ti ho chiuso la porta in faccia. Pensavo fossi una delle solite che vengono a romperci per l’affitto" mi fece la donna " Benvenuta nel rifugio di zia Adèle.. ovvero alla nostra piccola casetta dove ospitiamo tutti coloro che non hanno né arte e né parte.."

Aveva parlato in inglese. Un inglese perfetto.

Casa di zia Adèle? Da quel che vedevo quella casa era abitata per la maggior parte da mocciosi. Che legame aveva con loro , Rhadi? E poi... affitto? Avevano problemi di soldi? Ma se avevano una BMW fiammante, parcheggiata nel vialetto!! C’era qualcosa che non quadrava.

Le sorrisi , ma all’improvviso mi si mozzò il respiro…

Un qualcosa di viscido e pesante mi stava scivolando sul collo… " Ma cosa diavolo?!..." Dapprima non compresi che cosa stava succedendo. Rhadi mi guardava terrorizzato. Poi realizza: un.. Un serpente… Diventai verde dalla paura..

" Tobias! Ecco dove eri finito!" urlò Basim, battendo le mani eccitato.

Tobias? Quel coso mostruoso aveva un nome?… si chiamava Tobias? Per poco non svenni…

" Sta calma.." mi disse Adèle.

" Non fare movimenti bruschi e non urlare, Anna" aggiunse Rhadi, preoccupato dal mio colorito.

Non urlare? Credo che quella notte la mia voce si sentì fino in capo al mondo…

Ringraziamenti per i commentatori del cap 15:

LadyElizabeth( ^_^ per Rhadi in effetti, è sempre più difficile essere indifferente..secondo te sta succedendo già qualcosa, eh?... mmm.. stai sulla strada giusta.. ihihih. :* )

Owarinai yume ( grazie dei complimenti, spero che leggerai ancora questa ff ^_^ :*)

Maganera( caara *_* grazie mille del commento, e grazie anche di aver notato il fatto che stilisticamente mi sto impegnando assai su questa ff ^_^ in effetti le sensazioni di tutti sono basilari per farne una buona ff :*)

momob ( grazie a te carissima del commento ^_^.. Anna riesce a raggirare e a fare compromessi con il suo sbarbatello con grande dimistichezza se vuole, ehehe. XD :*)

vero15star ( Anna che non si caccia più nei guai la vedo dura ^_^... in fondo sono i guai che cercano lei XD.. in effetti Rhadi è viziatello assai XD :*)

Isy_264 ( questo Lui... ora hai capito chi è? Compare proprio in questo capitolo XDD grazie e spero continuerai a leggere quetsa ff ^_^ :*)

Marty314 ( Be'.. più che padrone, Anna preferisce definirlo 'dispotico tiranno', il che non è tanto diverso, poi.. XDD ^_^ :*)

Oasis ( Cara,*___* i tuoi commenti mi fanno sempre molto piacere ^_^ grazie del 'buon lavoro' ultimamente ne ho bisogno XD. Comunque sul fatto di chi sia questo Lui non posso dirti nulla.. neanche dirti se il biondino dell'asta centra qualcosa, ma ci si può arrivare XDD grazie tanto dei tuoi commenti , spero di riuscire a postare più spesso*_* :*)

ThefallenAngel ( un po' si capisce cosa passa in testa allo sbarbatello, si ^_^ ma la sua mente è abbastanza complessa XD ci vorrebbe una sfera di cristallo o uno psicoanalistaXDDD :*)

ka chan ( un beso anche a te e grazie ^_^ spero continuerai a leggere e eommentare :*)

holls ( ciao! grazie tante del commento ^_^ in effetti questi due personaggi li amo molto anche io... sono i miei tipici personaggi modello ed è stata una fatica e una soddisfazione allo stesso tempo, caratterizzarli. Comunque, si... conosco Goong.. per caso anche tu conosci il meraviglioso mondo dei drama *_*? :*)

la_regina ( carissima *_* grazie del commento ^_^ mmmm.. la scena dei putti a posso davvero prenderla in considerazione seriamente XDD comunque Rhadi si sta prendendo una scuffia... ma anche la nostra Anna non scherza.. XD :*)

tartis ( ciao! ^_^ sono contenta che hai postato un commento, mi fanno sempre molto piacere. Comunque, Villa del Sole dovrà attendere un po' [ non molto] Anna in effetti è un po' sfigata... ma non è lei che attira disgrazie, sono le disgrazie che la cercano XDD :*)

nikkith ( in effetti RHadi se ci si mette è stronzo assai XD tutta colpa del suo orgoglio.. grazie tante del commento, spero continuerai a leggere ^_^ :*)

valevre ( grazie del commento ^_^ comunque su Rhadi ho scritto un piccolo inserto proprio pe chiarificare quel suo comportamento antipatico XD A volte sarebbe proprio da ammazzare, vero? spero continuerai a postare commenti :*)

 

 

 

 

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Capitolo 17
*** Adèle's revelation ***


Wecome To PageBreeze

Ecco un altro capitolo ( un po' più breve degli altri) ^_^ Scusate il tremendo ritardo ma attualmente ho a che fare con un trasloco, ragion per cui trovo difficile aggiornare .

Comunque, a parte questo, in tale capitolo si scopriranno molte cose… molte, ma non tutte. In realtà le verità fondamentali sono ancora ben lontane dall’essere scoperte da Anna. tuttavia, Adèle, in questo capitolo, si rivelerà essere qualcuno di molto particolare…

Enjoy e commentate se potete ^_^

Nel prossimo, se ne scopriranno delle belle

Ja ne!

 

 

Feci un grande respiro e bevvi tutto d’un fiato la tazza di cioccolata calda che Adèle mi aveva portato. Il buon Tobias riposava tranquillo nella casetta di vetro senza degnarmi più di uno sguardo. Adèle ci aveva messo un attimo a togliermelo di dosso… quell’odioso di Rhadi non era neanche riuscito a contenersi , era scoppiato a ridere per dieci minuti buoni.

" Ecco, qua.." disse, porgendomi anche una scatola di biscotti " Cioccolata calda e biscotti.. è proprio quello che ci vuole per tirarti su.. Non svenire, Anna".

Controvoglia mangiai due biscotti. Erano buoni; sapore al miele.

Eravamo sedute nel salotto io e Adèle; lo sbarbatello e quel pazzoide di Bryant erano fuori a fumarsi due sigarette e a rimembrare i bei tempi della loro infanzia, a me ovviamente sconosciuti.

A quanto avevo capito Rhadi, Bryant e Adèle si conoscevano fin dall’infanzia.

I ragazzini di poco prima se ne erano andati tutti a dormire e lo spettacolo rocambolesco che l’allegra tribù di infanti ci aveva propinato era finalmente terminato. Niente più zoo, insomma. Anche se il serpente Tobias c’era ancora ed era reale. Giaceva quieto, attorcigliato ad un macigno posto nella sua dimora.

Le sue scaglie rilucenti, erano nere e rossastre e i suoi occhi gialli erano raccapriccianti.

Rabbrividii, osservandolo ancora una volta. Mi aveva quasi strangolata..

" Tutto a posto?" mi chiese gentile, Adèle.

Le sorrisi e poi osservai la cioccolata restante della mia ciotola. Era decisamente troppa e non volevo soffrire di stomaco, quella notte.

" Si tutto bene, grazie. La cioccolata era buonissima ma non credo di farcela… a meno che tu non voglia che io scoppi"

Lei sorrise furbescamente.

" E chi lo sente poi il tuo Rhadi? Non voglio certo finire tra le sue grinfie se dovesse succederti qualcosa.."

Era simpatica, dopotutto

" Comunque" continuò, lisciandosi i capelli neri con le dita " Immagino che ti starai chiedendo chi sono io e cosa ci facciamo qui, in campagna con un esercito di bambini , vero?"

Abbassai lo sguardo, imbarazzata. Era proprio quello che stavo tentando di capire.

Si alzò in piedi e sistemò alcuni cuscini sul divano.

Poi prese il portacenere , ricolmo di cicche di Bryant e lo svuotò nella pattumiera.

" Be… saresti sorpresa se ti dicessi che io, Rhadi e Bryant ci conosciamo da quando siamo piccoli?"

Sorrisi educatamente e non risposi. Il fatto che erano amici di vecchia data lo avevo già intuito.

Lei scoppiò a ridere, portandosi una mano a capelli. " Che idiota! Certo che non saresti sorpresa.. già lo hai capito vero?"

" Si, infatti" replicai.

" Be’, quello che davvero non puoi sapere è che qui, io e Bryant accogliamo ragazzini di ogni risma che non hanno casa… in particolar modo bambini che sono figli di vittime dei terroristi"

" Cosa?" feci io, disorientata. Quella notizia era decisamente scioccante.

Quei bambini erano per la maggioranza figli di vittime di terroristi?

Adèle mi guardò negli occhi.

" E’ proprio come ti ho detto. Questa casa in realtà ospita bimbi che purtroppo sono ancora nelle mire di terroristi, sia perché sono nipoti o figli di qualche politicante ucciso, sia perché magari sono testimoni di delitti…"

" Davvero… davvero.. non so che dire.." mormorai.

Ero basita. Quella verità per me era stata più inaspettata che mai. Ma ancora più inatteso, era pensare che Rhadi avesse a che fare con tutto ciò.

Adèle continuò a parlare, determinata. "Mai sentito parlare dei desparecidos in Cile, agli inizi degli anni ottanta, novanta?"

Annuii.

" Certo. Sono tutti coloro che la dittatura di Pinochet ha fatto sparire e messo a tacere.."

Conoscevo la situazione cilena e argentina. Ma cosa aveva a che fare con tutto ciò?

"Bene, qui è lo stesso. Questi bambini sono scomparsi dalla società , non esistono più all’anagrafe, sono morti.. pensalo come desideri. Questa volta però non è un regime militare che se ne occupato.. siamo noi. Ovviamente al contrario dei desparecidos, noi i protetti qui li curiamo e li aiutiamo."

" Per quale ragione fate ciò?" chiesi. Ma dentro di me già conoscevo la risposta.

" Per proteggerli, ovviamente. Inoltre molti di loro ci saranno utili per sconfiggere i piani del cancro della Giordania.."

Non ci capii più niente.

" Parli come se voi foste di più di quelli che vedo. In questa casa non siete solo te e Bryant a gestire le cose?"

Lei ridacchiò " Oh, no, no. Sparse per tutta la Giordania ci sono decine e decine di abitazioni come questa dove i protetti vivono. Io e Bryant siamo solo due membri della società che si adopera nel fare questo.."

Cominciò a farmi male la testa. Davvero, non mi aspettavo un risvolto del genere. Tutto quel fiume di informazione era davvero sconcertante. D’un tratto capii..

" Siete l’organizzazione De La Rose?" sussurrai, con voce strozzata dall’eccitazione. Forse ero riuscita a venire a capo di quel mistero, che tanto mi aveva angosciato negli ultimi tempi.

Improvvisamente tutto parve acquistare senso: l’organizzazione mi stava cercando perché anche io dovevo rientrare nel programma dei protetti, essendo io la figlia di politici assassinati da terroristi.

Si, forse avevo capito!

Ma lo sguardo che Adèle mi lanciò deluse le mie speranze.

" Come sai dell’organizzazione De La Rose?" mi chiese. Gli occhi le si erano spalancati ed era improvvisamente impallidita.

" Se te lo dico , prometti di non dirlo a Rhadi?" chiesi, arrossendo non poco..

Lei annuii " Va bene, certo" disse, mortalmente seria.

Le raccontai dell’episodio della lettera in camera di Rhadi, omettendo la chiacchierata che avevo ascoltato tra Hakim e Josef.

Non scoppiò a ridere come mi aspettavo, anzi. I suoi occhi si ridussero a due fessure.

" Rhadi dovrebbe stare attento a custodire certe cose!" sussurrò arrabbiata.

Fui mortificata dalle sue parole… era come se avesse detto che io non potevo essere a conoscenza del segreto. Ne fui dispiaciuta ma non lo diedi a vedere.

" Allora, siete voi?" chiesi.

Adèle mi fissò negli occhi ancora una volta. " Noi? Figurati se noi ci mescoliamo con quei bastardi dell’organizzazione De La Rose.. patetico anche immaginarlo.."

Come volevasi dimostrare, avevo frainteso tutto.

" E allora chi siete voi, e chi sono loro?" chiesi tutto d’un fiato. La voce mi tremava dall’emozione e le gambe cominciavano a divenire molli. Se non fossi stata seduta, sarei stata preda di uno svenimento senza alcun dubbio.

" Sei curiosa, Anna.." mormorò lei tra l’acido e il sarcastico.

Non gliela diedi vinta. " Sarà anche così" risposi, a tono " Ma non te lo chiederei così sfacciatamente se non avessi buoni motivi per farlo.."

Abbassai lo sguardo e mi fissai le unghie della mano. Senza dubbio di motivi ne avevo a bizzeffe. Ma non era ancora arrivato il momento di rivelare la conversazione che avevo origliato tra Josef e il vecchiaccio. No, non ancora.

Adèle non parlò subito. Sembrava stesse prendendo tempo e riflettere su ciò che poteva o non poteva dirmi. Speravo non mi chiedesse quali erano questi miei ottimi motivi, altrimenti non avrei saputo cosa inventarmi. Dirle la verità, era fuori discussione: ancora non potevo fidarmi di lei..

Per un attimo non si sentirono altro che le risate sguaiate di Bryant in giardino, e piedini che correvano al piano di sopra, di qualche bambino che non voleva dormire.

Poi, lei aprì bocca.

" L’organizzazione De La Rose è il cancro della Giordania, di cui ti parlavo..."

Non mi mossi; attesi in silenzio, nel vivo desiderio che lei continuasse. Le mie speranze non furono deluse

"E’ una congrega centenaria di nobili e potenti famiglie di congiurati, di despoti che operano attività di spionaggio e terrorismo in nome del loro benessere e del loro potere."

Fece un profondo respiro come se le costasse fatica rivelarmi ciò. Le informazioni che stavo apprendendo erano di fatto, inquietanti. Mi mossi a disagio, sulla sedia.

"…. Esiste da quasi tre secoli ed è gestita da quattro dinastie principali"

" Voi chi siete?" chiesi , quasi bisbigliando. I miei occhi si erano quasi fatti vitrei a forza di fissare la sua figura esile.

" Noi…noi siamo ciò che combatte il cancro.. noi siamo la cura a questo male… la nostra società è denominata Cure. Esistiamo da poco tempo, a dispetto dei tre secoli dell’organizzazione De La Rose.. tentiamo di salvaguardare la Giordania e la maggioranza dei paesi del medio oriente, dai progetti della gerarchia maledetta."

Tentai di ironizzare per rendere l’atmosfera meno pesante. " Insomma siete una specie di Servizi Segreti.." dissi, con un sorriso falsato.

Adèle scoppiò a ridere. " I Servizi Segreti… Certo, anche loro combattono l’organizzazione De La Rose… ma noi usiamo metodi diversi. A noi non piace sporcarci le mani come spesso invece loro fanno…è per questo che ho lasciato il dipartimento di Yma…"

Restai per un attimo interdetta, poi sbottai, incredula.

" Cosa?! Tu… tu… eri una spia dei Servizi Segreti… eri una spia di Yma!!"

Avevo quasi urlato dallo sconcerto. L’informazione era davvero eclatante. Quella donnina che mi era di fronte era stata una spia…

" Non gridare, Anna! Non voglio che Rhadi sappia che ti sto dicendo questo…" mormorò lei, sbirciando dalla tendina del salotto.

" E allora perché me lo stai dicendo?" domandai con tono serio. " Perché mi stai raccontando tutto questo, senza neanche conoscermi ?"

Adèle si gettò sul divano e fissò il soffitto.

Qualcuno di sopra stava ancora zampettando allegramente, incurante dell’ora tarda.

" Chi diavolo è ancora in piedi a quest’ora?!!" gridò, rivolgendosi palesemente ai piedi nudi che si aggiravano festosi nella camera sopra.

Di colpo i passi terminarono.

Sorrisi. Di certo, i modi autoritari di una spia dei Servizi Segreti non le mancavano.

" Per rispondere alla tua domanda.." fece poi " Posso soltanto dirti che credo che tu mi stia nascondendo qualcosa.."

Arrossii . Pensai a Josef e ad Hakim. Era così facile capirlo?

Adèle continuò. " ..E dicendoti questo, voglio che tu ti renda conto che di me puoi fidarti.. anche se ancora non lo sai, puoi fidarti, credimi"

Rimasi zitta, per un attimo. Non ero sicura che le sue argomentazioni fossero una dimostrazione efficace della sua buona fede. Da quel che mi aveva detto, la situazione in cui ero incappata era più intricata del film ‘ Spy Game’ e dire una parola di troppo avrebbe potuto sortire risultati ancor più problematici. Era meglio non dire nulla, per adesso.

" D’accordo, d’accordo… se non me lo vuoi dire tranquilla!" disse lei, sorridendomi.

Il suo sorriso però, non sembrava presagire una rassegnazione.

" Rhadi che ruolo ha in tutto ciò?" domandai in un soffio, eludendo il suo sorriso di finta allegria. Era la domanda che al momento mi premeva di più.

Lei sbadigliò e si alzò dal divano.

" Vuoi qualcos’altro a parte la cioccolata?" mi chiese, beffarda, ignorando la mia domanda.

Mi alzai in piedi e la fissai con occhi profondi.

" Ha per caso un ruolo attivo nella società Cure?" La mia voce sembrava roca.

Adèle finalmente mi rispose, rivolgendomi uno sguardo penetrante. " No, non lo ha. La sua famiglia è troppo potente e Yma non glielo ha permesso. Sarebbe un rischio per lui. Tuttavia, ci sovvenziona e ci aiuta economicamente.. "

" Mi domando perché abbia voluto portarmi qui, se non voleva che tu mi rivelassi tutto…" borbottai, impensierita.

Poi capii. Alzai lo sguardo e trovai una sorridente Adèle che mi fissava .

" Sei… sei tu!" Tu gli hai chiesto di portarmi qui!" esclamai.

" Ebbene, si" replicò lei, noncurante. " Volevo conoscerti.."

La notizia che Adèle -membro di una società che combatteva l’organizzazione- voleva conoscermi non mi piacque affatto. C’era qualcosa di poco chiaro in tutta quella storia. Soprattutto il mio ruolo in quella faccenda stava diventando ancor più misterioso.

Non ebbi tempo di chiedere nient’altro perché la porta della casa si aprì all’improvviso e Rhadi, seguito a ruota da Bryant entrò, raggiante.

" Cosa state confabulando, voi due qui dentro? Uscite con noi a respirare aria pura!!"

Adèle si portò per mezzo secondo, l’indice alla bocca.

Tranquilla Adèle, l’ultima persona a cui avrei detto qualcosa sarebbe stato senz’altro Rhadi..

 

 

 

Grazie ai commentatori del capitolo 16, arigatou gozaimasu!

Crici_82: la scena di Tobias l’avevo pensata da un pezzo XD sono contenta che tu l’abbia apprezzata ^__^ grazie del commento *_*.

MagaNera: grazie dei tuoi commenti cara *_* comunque ti prometto che in particolare il nuovo personaggio cattivello del cap 16 non deluderà le aspettative XDD ^_^

Flori: grazie del tuo commento… Rhadi fa impazzire un po’ tutti mi sa XD. Spero continuerai a recensire ^_^

Holls: contenta che ti piaccia *__* comunque anche io ho tipo quattro serie da vedere, mi sono vista di tutto ( da Hanadan a Devil Besdide You XD) . Per quanto riguarda la mia storia, spero continuerai a recensire *_*

Oasis: *_* grazie della recensione , il continuo ci sarà e se ne prevedono delle belle, cara *_*

Nikkith : Tobias in fondo in fondo è un coccolone XD magari Anna imparerà anche ad apprezzarlo XD ( la vedo dura). Cmq spero ti sia arrivato il mio messaggio mail ^_^ se ti serve help, chiedi pure ^_^

Miau:: grazie della recensione, spero continuerai a postare commenti ^_^

Vero15star: beh’. Si… talvolta Rhadi può risultare un pochino… ma che dico… un tantino stronzo XD vedrai che però che presto dimostrerà anche altri lati ^_^ grazie del commento

Valere: Rhadi ama mettere in difficoltà Anna… perché?XD Perché gli piace vederla arrabbiata, confusa e poi perché… gli piace lei e.. si sa, a volte si crede che il miglior modo di attirare l’attenzione è fare dispettucci infantili. Il nostro Rhadi infantile, presto crescerà, speriamo XD

Il nuovo misterioso personaggio ha molto a che fare con Anna, sisi, ci hai preso alla grande Grazie del commento *_*

Isy_264: vedrai, vedrai lui si scioglierà ^_^ comunque credo che pure io avendo Tobias attorcigliato avrei fatto fuggire tutti.. XD. Grazie del commento ^_^ sono contenta che hai apprezzato la scena in macchina^_^

LadyElizabeth : sei un genio *_* ebbene si, Rhadi un certo desiderio piccolo piccolo ce lo aveva proprio. Comunque per quel che riguarda Adèle, sappi che è un personaggio che possiede molti aspetti particolari e non finirà mai di stupire ^_^ vedrai in seguito . grazie del commento *_*

Mikysimpa: grazie del commento ^_^ mi fa piacere che apprezzi le personalità dei protagonisti, entrambe molto forti. Il panorama arabo e i nomi dei personaggi, mi sono sforzata il più possibile di renderli veraci.; anche per rendere credibile la vicenda ^_^

Flashinah: * arrossisce per i complimenti alla storia*.. grazie mille della tua recensione, mi fa piacere che apprezzi storie che trattino tematiche e ambienti del medio oriente ( tra parentesi, sono onorata che questa sia la tua prima recensione). Rhadi è davvero fantastico, non per niente l’ho caratterizzato come il mio modello di personaggio *_* spero continuerai a commentare ^_^

Momob: grazie del commento ^_^ la storia si sta intricando sempre più, in effetti. ^_^ spero continuerai a commentare.*_*

AngelofLove: grazie della recensione ^_^ il vecchiaccio sta antipatico veramente a tutti.. comunque il passato di Anna sarà svelato poco a poco.. il primo tassello è in questo capitolo . spero continuerai a leggere e postare commenti ^_^

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

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Capitolo 18
*** You'll get your freedom whenever you want ***


Wecome To PageBreeze

 

Ecco un altro capitolo. L'università mi sta già uccidendo, chiedo venia per i ritardi!  XDD

Comunque questo capitolo sarà un po' più lungo per farmi perdonare ^_^. Spero apprezzerete. La storia sta diventando sempre più intricata... la mia mente malata ha elaborato un intreccio da diventare matti...@___@

Attendo ogni tipo di commento ^_^

p.s: prendedno spunto dal commento di ade_tahi, vi propongo una domanda interessante: se Rhadi nella versione cinematografica è David Gandy, chi potrebbe mai essere Anna?

E' una domanda davvero interessante, perchè fino ad adesso la mia Anna me la immaginavo soltanto nella mente. Non saprei dire con esattezza chi potrebbe essere. Non necessariamente deve essere medio-orientale... sbizzarritevi! XD

ja ne!

 

 

 

Il sole del mattino splendeva in tutta la città, rischiarando anche gli angoli e i vicoli più bui.

L’aria era fresca, quasi lavata e purificata dalla pioggia della sera precedente e qua e là, pozze d’acqua di varie dimensioni costellavano le stradine.

" Anna!" la voce di una donna sopraggiunse, facendomi sussultare. Ero sdraiata sul prato del giardino, intenta a leggere un libro…

Nola mi raggiunse, con il sorriso sulle labbra.

" Nola!" mi alzai in piedi " Come stai? E’ un sacco di tempo che dobbiamo vederci!"

La ragazza mi apparve in tutta la sua allegria; gli occhi scuri e curiosi sprizzavano gioia quasi palpabile.

Ero contenta di vederla; Nola era stata la prima persona che avevo potuto considerare ‘amica’, in Giordania.

" Niente male.. e tu? Rhadi ti sta facendo impazzire?"

Sbuffai, fingendo una collera che non provavo.

" Lasciamo perdere lo sbarbatello… piuttosto tu e Rahim come ve la passate?"

Rahim era l’ambasciatore, nonché il marito della ragazza. Non lo vedevo da secoli.

Nola sogghignò, divertita. " Be’, ultimamente abbiamo molto da fare all’ambasciata. Per non parlare del ricevimento che si terrà tra un mese; saranno presenti molti diplomatici.."

Il mio cuore accelerò il suo battito. All’improvviso pensai a mio padre, a Londra. Ci sarebbe stato anche lui tra questi vari diplomatici?

Nola mi lesse nella mente e mi sorrise, triste. " Purtroppo il console non è previsto tra gli invitati."

" Ah" rimasi in silenzio per un attimo, dimenticando persino le regole della buona educazione. Era sconveniente mostrare quell’atteggiamento afflitto agli altri, ma all’improvviso tutto mi sembrò privo di significato; non vedevo i miei genitori da quasi quattro mesi. Mi mantenevo in contatto via mail, ma non era lo stesso. Il vecchiaccio mi aveva promesso che entro l’anno sarebbero potuti venire ad Amman, ma io non ci contavo molto.

" Ehi.." Nola trafficò nella sua borsa, prima di tirare fuori una misteriosa scatola nera. " Avevo previsto la tua delusione, e perciò ti ho portato questo regalo… so che non è lo stesso, ma magari riuscirai a tirati un po’ su.."

Mi porse la scatola nera e io, curiosa , la aprii immediatamente.

Conteneva una web cam.

" La sua gemella è stata spedita direttamente a Londra"

mi spiegò, con un sorriso affettuoso.

La guardai.

" Nola.. io.. io non so che dire. Sei un tesoro, grazie!" Ero commossa;

era il regalo più bello che potessi ricevere in quel momento: una web cam collegata a filo diretto con i miei genitori. L’unico modo in cui avrei potuto rivedere le loro facce…

Nola mi prese le mani e sorrise ancora, con quella sua espressione gioviale così contagiosa.

" Era il minimo, Anna. so che è dura per te… lo immagino e quindi vorrei fare il possibile per aiutarti.." Per un attimo mi sentii leggera e sollevata; era bello pensare di avere almeno una persona amica...

" Su, ma ora dimmi di te.." esclamò poi.

Il mio viso si oscurò all’improvviso; raccontarle delle mie ultime vicissitudini e degli eventi inspiegabili, di cui ero stata protagonista era una battaglia persa. Non avrei neanche saputo da dove cominciare. Oltre tutto, non sapevo neanche se metterla al corrente fosse una buona idea. Era una ragazza davvero gentile, ed era diventata un’amica… ma faceva comunque parte della famiglia Karim. Per quanto ne sapevo, avrebbe anche potuto andare a raccontare tutto ad Assim, o peggio ad Hakim.

Ero diffidente di natura, non ci potevo far nulla. Mia madre mi aveva sempre ripetuto che dovevo accordare più fiducia al prossimo. Non aveva torto, ma in quella circostanza trovavo più prudente riflettere prima di dare aria alla bocca. Dopo tutto quello che la sera precedente Adèle mi aveva confidato, ero diventata persino più guardinga. Sembravo una criminale che si guardava costantemente alle spalle, ma non ne potevo fare a meno. Non potevo permettermi gesti imprudenti ed incauti. Dovevo stare in guardia, e scoprire cosa voleva da me quella maledetta organizzazione; o meglio, dovevo scoprire cosa volevano da me le quattro dinastie. Adèle le aveva definite ‘il cancro della Giordania’.

In effetti, tra le altre cose, la rivelazione più sconcertante era stata che quella donnina esile e giovane fosse stata una spia al servizio di Yma. I suoi occhi profondi rivelavano saggezza e il suo corpo era agile e scattante come quello di un felino. Non c’era motivo di dubitare del fatto che fosse stata un agente segreto: si vedeva palesemente dai suoi comportamenti.

Ciò che realmente era difficile da credere era che Rhadi avesse a che fare con quel mondo così impenetrabile e pericoloso; era strano credere che un ragazzo viziato si interessasse filantropicamente di bambini e cause nobili. Eppure non avevo avvertito finzioni nell’abbraccio tra la bimba di otto anni e lo sbarbatello, così come non avevo visto forzature nel tono amichevole con cui aveva apostrofato Basim, il ragazzino piercingato.

Dovevo ammetterlo: Rhadi possedeva lati nascosti, davvero singolari ai miei occhi. Forse lo avevo giudicato male. Magari il suo atteggiamento superficiale nascondeva ben altro…

" Ehi, ti sei imbambolata?" Nola mi scosse leggermente la spalla.

" Cosa?"

Sembrava che il mio mondo di supposizioni si fosse sgretolato lì davanti. Nola mi fissava accigliata e io non sapevo come tirarmi fuori dall’imbarazzo.

" Ultimamente sono un po’ stanca, sai. Mi capita spesso di fissare lo sguardo o addormentarmi in posti impensati" farfugliai. La mia inventiva non avrebbe potuto trovare spiegazione peggiore. Adesso ero sicura che Nola mi avrebbe presa per una ragazzina con problemi narcolettici. Il suo sorriso splendente a trentadue denti confermò la mia ipotesi. Era un sorriso un po’ troppo sfacciato, per risultare sincero.

" Ehm… ma certo.. capita un po’ a tutti, in questa stagione" replicò, con incertezza tangibile nella voce.

Ecco fatto. Ora ci mancava che Nola mi credesse una pazza e che mi ricovassero al Centro Igiene Mentale ed era fatta. La mia vita si sarebbe rivelata completamente una follia romanzesca.

Sospirai.

" Sei venuta solo per portarmi il regalo?" chiesi, giocherellando con i capelli.

" Veramente, no" rispose " Sono venuta anche perché volevo parlare con Jasmina.. sai dove posso trovarla?"

" Si. E’ in biblioteca con il precettore di Asiya. Stanno discutendo sulla sua condotta o roba del genere. Non so bene…"

" Capito. Volevo dirle che ho trovato il bando di concorso per un evento culturale molto interessante… a lei piacciono queste cose.."

" Di che si tratta?" chiesi.

" Sembra che il governo abbia deciso di bandire un concorso: le dieci relazioni più interessanti sulla cultura giordana verranno premiate.."

" Interessante" replicai. La cosa però, non mi entusiasmava molto. Avevo fatto decine e decine di ricerche sulle culture dei popoli..

Lei mi sorrise per l’ennesima e poi si diresse verso l’ingresso.

La guardai allontanarsi a piccoli passi, avvolta da quel suo vestito magnifico e pesante.

Era davvero una cara ragazza, davvero. Un’amica. Ma era un’amica di cui purtroppo non potevo fidarmi ciecamente.

Riposi il libro da parte. Non era più il momento di leggere. Sentivo crescere in me una sensazione sgradevole. Era come un fuoco che mi bruciava dentro… di recente , provavo spesso quella sensazione.

La visita di Nola e le sue domande mi avevano fatto capire quanto stupida fossi a stare con le mani in mano a leggere un insulso libro. Il problema era che, ingenua come ero, credevo che la situazione si sarebbe chiarificata da sola.. che la soluzione mi si presentasse davanti con un mazzo di fiori e un sorriso smagliante.

Ma non era così, ovviamente. Me ne stavo rendendo conto, a mie spese.

Rhadi era coinvolto in una rete di spionaggio, io ero l’oggetto della caccia dell’organizzazione De la Rose , e Villa del Sole nascondeva un pezzo della mia esistenza passata che forse avrebbe potuto chiarire ogni dubbio.

Dovevo fare qualcosa. La frenesia cominciava a farsi violenta dentro di me.

Mi alzai.

Era presto per andare a fare shopping in centro, ma avevo una mezza idea per poter sgattaiolare fuori ed andare ad indagare.

Ovviamente non avrei commesso altre pazzie come la volta precedente. Nossignore.

Errare è umano, ma perseverare è diabolico. Dovevo stare alla larga dai guai.

Mi diressi anche io verso l’ingresso, intenzionata a scambiare quattro chiacchiere con un certo sbarbatello.

Trovai Rhadi in salone con il portatile.

Dopo la sera precedente, in macchina avevo mantenuto un atteggiamento guardingo e silenzioso con lui.

Non ci eravamo scambiati neanche una parola, dalla notte precedente. Soltanto un ‘buonanotte’ borbottato velocemente.

Mi avvicinai; Appena i suoi occhi si posarono su di me, il mio cuore mancò un battito. Non c’era niente da fare: fisicamente mi faceva quell’effetto, non ci potevo fare nulla. Era chimica.

" Rhadi?"

" Cosa c’è?" mi chiese cupo. Il suo tono era fin troppo scocciato. Inarcai un sopracciglio. Da dove veniva tutta quella mancanza di garbo ? Cominciavamo bene..

" Scusami tanto se ho disturbato i tuoi impegni serissimi" sibilai, con vena sarcastica nella voce.

Lui si alzò dal divano di pelle bianca e appoggiò il computer portatile da parte. Indossava una maglia che , come al solito, metteva in risalto quel suo stramaledetto fisico. Dannazione! Le mie guance si colorarono, senza che io potessi far nulla per impedirlo.

" Dai piantala con le battute." Mormorò lui. Si portò una mano al volto. Improvvisamente mi sembrò molto stanco.

" Dimmi cosa vuoi, piccola Anna" . Ignorai la provocazione.

" Volevo chiederti se… ehm… se posso uscire a fare compere al centro, oggi.." bofonchiai, non guardandolo neanche negli occhi. Mi sarei uccisa, piuttosto che chiedere a lui il permesso di fare qualcosa, ma non avevo scelta.

Lui avanzò verso di me, con una scintilla di divertimento negli occhi verdi. La stanchezza sembrò svanire tutto d’un tratto.

" Davvero?" mormorò. Si fermò ad un passo da me. Divenni di tutti i colori.

" Ehm.. si.." replicai con voce tanto bassa, da risultare debole.

Cominciai ad irritarmi a morte quando prese a girarmi intorno. Le sue scarpe nere e lucide, risuonavano sul pavimento di marmo bianco.

Alzai lo sguardo e lo fissai: era divertito. Se la stava spassando un mondo.

" Non avrei mai creduto che la nostra piccola belva volesse chiedermi il permesso di fare qualcosa…"

Chiusi gli occhi, incapace di rispondergli: dovevo stare calma… molto calma. Non cadere nelle sue provocazioni infantili. Dovevo trovare il modo di uscire ad ogni costo…

" Falla finita, Rhadi" dissi tra i denti. Mi morsi la lingua. Davvero un bell’inizio per convincere qualcuno, Anna. Non c’è che dire, complimenti! Ero come al solito, la solita stupida.

Probabilmente con quella risposta da idiota, avevo rovinato in partenza il mio tentativo.

" E cosa vorresti comprare oggi?" mi chiese, stuzzicandomi. Il suo sorriso mi abbagliò.

" Volevo vedere se c’era un regalo per mia madre, visto che tra poco è il suo compleanno!" ribattei, pronta.

Si avvicinò ancora di più e mi fissò negli occhi.

" Cosa.. cosa stai facendo?" blaterai, rossa di vergogna. Era troppo vicino...

" Vedo se mi stai raccontando balle o meno. Il tuo viso è un libro aperto per me" replicò, indifferente, riprendendo ad esaminarmi come un segugio.

" Non c’è bisogno di tutto questo!" Ero inviperita.

" E invece si. Devo capire se lasciarti andare o meno.. la scorsa volta hai combinato un disastro dietro l’altro, ricordi? E’ mia premura vedere se anche questa volta hai in mente qualche diabolico piano da realizzare, o se semplicemente stai dicendo la verità" . La sua voce era cristallina e il senso logico in quello che diceva c’era tutto.

Abbassai lo sguardo, delusa.. sicuramente non mi avrebbe lasciata andare..

Lui mi fissò per un attimo, incuriosito da quella nuova espressione da cucciolo bastonato poi sorrise gioviale.

" D’accordo, vai."

Il mio viso scattò automaticamente, verso di lui, che mi sorrideva canzonatorio.

" Dici davvero?" sussurrai con il fiato corto. Non ci potevo credere.

"Si. Dico davvero. Sono stanco di vederti girare per casa come un’anima in pena..Vai, ma non fare tardi , perché altrimenti mio nonno si inalbera…"

Mi guardò, con l’ombra di un sorriso sulle labbra, mentre io lo fissavo stupefatta.

" Che c’è, sei sorpresa? Pensavi che non ti avrei concesso l’ora d’aria?" scherzò.

Io, per la prima volta in sua presenza, sorrisi. " Veramente sono molto sorpresa, sbarbatello." Dissi. " Mi stupisci sempre con i tuoi comportamenti..tanto da rimanere disorientata"

Lui si strinse nelle spalle e scoppiò in una risata limpida. " Be’, se vuoi mi rimangio la parola…almeno la sorpresa ti passa" Rimanemmo ancora per un attimo a fissarci come due ebeti, poi lui si riscosse.

" Be’.. io ora ho da fare con delle cose" disse, recuperando il tono rigido di poco prima. " Tu vai pure. Ma tieni il telefono acceso. Può darsi che mio nonno voglia chiamarti.. sai, lui non sarebbe tanto d’accordo con l’idea di lasciarti andare."

" Lo so" ribattei, acida. Il vecchiaccio non mi era mai andato tanto a genio.

"Dimmi solo una cosa.." dissi. Avevo lo stomaco avvolto da una morsa di tensione.

Lui mi fissò ancora una volta, questa volta molto stupito.

" Cosa?"

" .. Perché?… voglio dire perché mi dai fiducia, dopo quel casino dell’altra volta?"

Forse era la domanda sbagliata al momento sbagliato. Ma morivo dalla curiosità di conoscere la risposta. Pendevo dalle sue labbra… o meglio dalla sua risposta.

Lui sembrò pensarci per un attimo, gli occhi verdi e riflessivi.

" Perché sei la mia ragazza. Te l’ ho già detto , piccola Anna…la libertà la avrai tutte le volte che vorrai…"

Sorrise ancora.

Io, incredula, sorrisi ancora come un’ebete, a mia volta. Era strano avere una conversazione del genere con lo sbarbatello: sembrava che all’improvviso si rivelasse non totalmente antipatico, come pareva prima. Era la prima volta che parlavamo senza battibecchi . Era forse quella la ragione del mio rossore e del mio impaccio, da ragazzina imbranata? Ero bordeaux fino alla radice dei capelli, ne ero ben consapevole.

Mi girai e mi diressi verso l’uscio.

" Be’… io vado… e ..e.. " mi costò una fatica immensa blaterare l’ultima parola, ma lo dovevo fare… " e… grazie.."

Lui rimase leggermente colpito, ma non aprì bocca. Forse pensava che non sapessi ringraziare le persone.

Uscii, lasciando che la porta di casa si richiudesse da sola con un colpo secco…

Avevo il batticuore e le mani leggermente sudate….la libertà la avrai tutte le volte che vorrai..

 

 

Non ci misi molto ad arrivare al centro di Amman. Avevo deciso di camminare, dato che gli orari dei mezzi pubblici non li conoscevo affatto bene. Per la verità conoscevo solo l’orario dell’autobus che mi avrebbe potuto portare ad Iraq el Amir.

Sorrisi, furbescamente. Anche se ne avevo concretamente la possibilità, dovevo lasciar perdere la visita a Villa del Sole. Adesso c’era una questione molto più importante che mi premeva. Nola mi aveva dato un’idea meravigliosa. Un’idea a cui non avevo mai pensato.

Eppure era così elementare: cosa c’era di meglio di una visita agli Archivi Centrali di Stato, per sapere qualcosa sulle quattro dinastie?

Sfruttando il fatto che ormai facevo parte della famiglia Karim, potevo entrare quasi ovunque.

Bastava che facessi una telefonata ad Assim e il gioco era fatto. I Karim erano molto influenti.

Mentre camminavo di fretta, presi dalla borsa il cellulare e composi il numero dell’ufficio di Assim.

" Pronto, Assim? Sono Anna.."

" Ciao Anna. Cosa è successo?" Il tono di voce, dall’altra parte del ricevitore, era preoccupato. Mi affrettai a rassicurarlo.

"Niente, niente… volevo solo chiederle se poteva fare qualcosa per farmi entrare alla biblioteca centrale degli Archivi di Stato…" Tentai di risultare il più convincente possibile.

"… E’ per una ricerca personale sulla cultura della Giordania. Sa, mi sono iscritta ad un concorso.."

" Be’, ma per fare questo tipo di ricerche, basterebbe una normale biblioteca, no?" Eccoci arrivati. Il suo tono stava diventando troppo sospettoso.

" Si, lo so. Ma Nola mi ha detto che parteciperanno in molti.. e..e io vorrei portare qualcosa di originale.." simulai perfettamente un tono di supplica.

" Non lo so, Anna. Ci sono custodite cose molto segrete e importanti in quell’archivio.. non si può andare e venire a piacimento.."

" Ne sono consapevole… ma… ma io ho bisogno di vincere quel concorso!" esclamai, forzatamente.

" Ah, e perché ci tieni così tanto?" Assim sembrava stare ancora sulle sue, accidenti!

Preparai l’interpretazione più sdolcinata di cui ero capace.

" Perché il vincitore di quel concorso potrà invitare all’ambasciata due personaggi importanti di altri paesi e fare un’intervista completa" inventai. " E io vorrei tanto invitare i miei genitori… La prego…" . il tono era lacrimevole e l’interpretazione da premio Oscar. Forse avevo qualche possibilità di smuoverlo.

Lo sentii sospirare.

" Mmm… e va bene , Anna. Ma sappi che è una cosa che non dovrei fare. Solo i militari hanno il permesso di accedervi, non certo le ragazzine che devono fare ricerche…lo faccio solo se mi prometti di non portare fuori nulla e di attenerti solo al materiale per la ricerca.."

Era fatta! Quasi non ci credevo. Avevo scoperto di possedere un potere di persuasione non indifferente. Continuai a camminare sul marciapiede, frettolosa. Un signore per poco non mi venne addosso.

" Ma certo Assim. Cosa vuole che ci faccia con la robaccia militare, io? A me servono solo nozioni e storie originali da scrivere nella ricerca…" Le mie parole e i miei progetti non coincidevano affatto,naturalmente.

" Ovviamente , Anna. Comunque ti farò avere il pass per il livello1 e il livello 2. Gli altri livelli sono tassativamente illegali per il consulto di gente civile. E poi non troveresti nulla che ti possa interessare, lì…"

Mi morsi il labbro. Dannazione! Erano proprio i livelli del genere che potevano custodire una qualche traccia importante. Accidenti ad Assim! Tale figlio, tale padre. Una vecchietta dall’altra parte della strada, mi scrutò, con aria pettegola. La guardai male.. cosa diavolo si fissava a quel modo?

" Non si preoccupi, Assim… io voglio solo fare una ricerca con i fiocchi. Sono la regina delle ricerche scolastiche, figuriamoci"

Tra mille bugie, avevo detto almeno una verità: a Londra scrivevo spesso saggi sulle culture dei vari paesi e continenti.

" Se vuoi posso chiamare Josef e dirgli di farti da guida. Lui si reca spesso da quelle parti"

Aggrottai la fronte. Non avevo dubbi, che il signor Yma fosse un assiduo frequentatore di quei luoghi.

" No, grazie, Assim. Non ne ho bisogno. E poi, non vorrei disturbare il signor Yma per una cosa tanto futile…" Il mio tono, fortunatamente, risultò spontaneo.

Non potevo permettermi il lusso di avere tra i piedi quel rompiscatole di Josef.

" Come vuoi, Anna. Ci vediamo più tardi… non farmi pentire della fiducia che ti ho dato"

" Non si preoccupi, Assim" ribadii, con voce ferrea.

Chiusi la comunicazione con un sorriso.

Adesso non mi restava altro che cercare come un topo di biblioteca qualcosa di succulento. Sicuramente lì doveva esserci custodito qualcosa al riguardo di quella stramaledetta organizzazione.

Era un archivio che conteneva moltissimi dati, annedoti, fatti, testimonianze di ogni genere.

Al contrario di molti paesi occidentali, in Giordania non vigeva la trasparenza amministrativa. I civili normali non si sognavano nemmeno di entrare in archivio statale. Avere la possibilità di fare ciò, mi diede un’idea vaga di quanto fosse potente la parola di Assim Karim.

Una ventata di aria fredda mi scompigliò i capelli.

Mi abbottonai il cappotto leggero. Purtroppo quella mattina avevo deciso stupidamente di indossare una gonna e , nonostante le calze, il freddo si faceva sentire.

Il centro affaristico di Amman, era dominato da grattacieli e palazzi di vetro. Sembrava di essere a New York o a Shibuya. I suq e i bazar del centro storico avevano lasciato il posto a parcheggi di macchine tirate a lucido. Qua e là, uomini in giacca e cravatta e signorine in tailleur tacchettavano velocemente verso qualche ufficio.

Tutti mi guardavano. Ero fuori luogo, ne ero consapevole. Non indossavo un tailleur, ma solo una gonnellina scozzese e un cappotto leggero. I miei capelli lunghi erano legati e la borsa era a tracolla.

Cosa mai ci faceva una ragazza giovane e spaesata nel quartiere degli affari di Amman?

Senza dubbio erano questi i pensieri che i passanti mi stavano riservando;si vedeva che non ero del posto.

Affrettai il passo e in una decina di minuti, svoltando vari vicoli e strade, mi ritrovai davanti all’Archivio Centrale. La strada la conoscevo bene, perché spesso c’ero passata con Rhadi, in macchina. Ad Amman, era possibile orientarsi facendo riferimento, esclusivamente agli otto incroci rotatori, i circles, progressivamente numerati. Tuttavia Rhadi mi aveva insegnato ad orientarmi anche facendo riferimento alle strade e ai palazzi più importanti.

Il palazzo dell’Archivio era immane; raramente avevo visto un ufficio amministrativo di quelle dimensioni. Avanzai, titubante. La sbarra di accesso del parcheggio era insolitamente alzata per cui mi avviai all’ingresso.

All’entrata, un vigilante mi chiese l’identificazione.

" Sono Amira Nasser Karim" dissi. Usare quel nome mi metteva a disagio, ma non potevo fare altrimenti.

Il vigilante, nella sua postazione, controllò su un taccuino e poi scosse la testa.

" Mi dispiace" disse in inglese " Ma non trovo il suo nominativo tra i permessi. .." mi sorrise, conciliante.

Sprofondai nel baratro. Come diavolo era possibile?

All’improvviso il telefono squillò. Il vigilante ripose, lesto. La sua espressione divenne dapprima confusa, poi allibita. Si girò e mi squadrò.

" Lei è sicuro di aver avuto questo ordine, sovrintendente?" disse, incredulo.

L’interlocutore ribatté qualcosa, all’altro capo.

" Sissignore, ovviamente" replicò.

Riagganciò e mi soppesò con lo sguardo.

" Signorina Amira, lei ha il permesso di visitare l’archivio. Mi scusi del disagio di poco prima."

" Non fa niente" risposi.

Uscì dalla sua postazione e mi guidò all’interno di un luminoso atrio, con i pavimenti di cosmateschi. Tutt’intorno regnava il silenzio. Tuttavia se si osservava bene si potevano scorgere i soldati e le guardie , bloccare ogni uscita.

" Venga" Camminava con aria sicura e professionale.Il mazzo di chiavi gli ciondolava sul fianco, risuonando e tintinnado in continuazione.

Arrivammo ad una porta sorvegliata, anche qui, da due soldati.

" La signorina ha il pass" si affrettò a dire il vigilante.

I soldati non batterono ciglio. Aprì la porta con una chiave e poi mi guidò su una rampa di scale.

Mi lasciò al primo piano.

" Al primo e al secondo piano troverà gli archivi a lei permessi. Gli altri e tre, le sono vietati dalla legge. Per cui, non salga al terzo, quarto e quinto piano. Tanto troverebbe le porte sbarrate"

" Grazie" dissi.

" Dovere.." replicò asciutto. Ancora era incredulo, lo vedevo bene. Probabilmente era da anni che lavorava in quel luogo e non aveva mai visto una cosa simile.

Affrettai il passo e al primo piano, trovai una porta automatica che era aperta, apposta per me.

Entrai.

Dentro trovai una biblioteca enorme.Gli scaffali sembravano infiniti, e i libri rilegati e antichi stipavano ogni minuscolo spazio.

Quasi barcollai, osservando il soffitto, dipinto. L’illuminazione era scarsa, poiché vi era un’unica grande vetrata, che tuttavia non forniva l’illuminazione desiderata.

Cominciai a lavorare.

 

Dopo un’ora e tre quarti avevo sufficiente materiale per scrivere un libro sulla Giordania. Avevo trovato di tutto: politica dagli anni ’50, leggende e antichi testi religiosi.

Tutto ciò mi entusiasmava, ovviamente, ma non era esattamente ciò che cercavo.

Non c’era citato nulla riguardo la fantomatica organizzazione che esisteva da trecento anni.

La mia speranza sfociò in delusione.

Al secondo piano, la situazione cambiò leggermente.

Su uno degli scaffali più lontani, trovai un testo che parlava di una certa Rosa che aveva cominciato a minare il governo dell’Oman, agli inizi dell’ottocento.Il termine Rosa mi inquietò un poco. Se si stava trattando veramente dell’organizzazione, senza dubbio l’autore del testo aveva voluto celarlo agli occhi dei lettori. ‘Censura’ era il termine più appropriato.

Lentamente riposi il testo. Mi tremavano le mani. Chi mai poteva aver interesse addirittura a censurare un testo, in nome di un segreto? La cosa era inquietante a dir poco.

Non mi potevo perdere in bazzecole, comunque.

Diedi un’occhiata al telefono per controllare l’ora.

Le 13.40. Era tardi e ancora non avevo trovato nulla di rilevante.

La soluzione poteva essere solo che una: entrare negli archivi proibiti. Non sapevo come, ma dovevo farlo.

Avevo promesso di stare alla larga dai guai, ma dovevo farlo. Non sapevo se avrei avuto un’altra possibilità di libera uscita, nell’arco di un mese… dovevo sfruttare appieno questa occasione.

Se mi avessero beccata, probabilmente neanche i Karim avrebbero potuto tirarmi fuori dai guai.

Infrangendo la legge, mi sarei resa colpevole di crimine contro lo Stato, lo sapevo bene.

Velocemente uscii dall’immenso salone del secondo piano. Dovevo trovare una seconda entrata;

Mi affacciai dalla ringhiera della rampa di scale. L’altezza era vertiginosa, già al secondo piano.

Una guardia era entrata per controllare che tutto procedesse come stabilito.

Dannazione!

L’impresa era impossibile.

Salii comunque fino al terzo piano.

Il pianerottolo era ampio, e a differenze del primo e del secondo piano, non vi era solo la porta della biblioteca. Altre due porte si affacciavano sul pianerottolo.

La porta automatica della biblioteca era ovviamente serrata. Non provai neanche a forzarla: avevo paura che scattasse l’allarme.

Presi a camminare sul piano. Ad un lato vi erano delle finestre che si affacciavano su un cortiletto interno. Scostai l’immensa tenda rossa di broccato, per vedere meglio.

Naturalmente, c’erano funzionari amministrativi vestiti di nero e soldati dappertutto, disseminati nel giardinetto.

All’improvviso un rumore mi fece sobbalzare. Una delle due porte si stava aprendo!

Non sapendo cosa fare, mi acquattai dietro la tenda di broccato.

Riuscivo a vedere da una piccola fessura, cosa stava succedendo:

un ragazzo dalla pelle d’avorio, avvolto da un cappotto pesante e scuro, uscì, accompagnato da quelle che supponevo fossero le sue guardie del corpo.

Trattenei il respiro. Cosa stava succedendo? Mi sembrava di aver capito che soltanto i militari e gli alti funzionari potessero accedere al terzo piano! Cosa ci faceva lì, quel giovane? Non mi sembrava essere un militare. Lo osservai ancora: era alto e slanciato. I capelli mi sembravano scuri. Era girato di spalle, perciò non lo vidi in faccia. Camminò lentamente, seguito dai due energumeni in nero.

" Onorevole Shaykh, la macchina vi sta aspettando per riportarvi a palazzo"

" Andiamo subito"

La voce di quel ragazzo, mi fece accapponare la pelle. Era una voce gelida e autoritaria al tempo stesso.

L’atteggiamento dei suoi compari poi, era molto angosciante. Più che guardie del corpo, avevo l’impressione che si trattasse quasi di seguaci.

L’atteggiamento di riverenza che avevano verso quel giovane era eclatante.

Lo avevano chiamato shaykh , se non avevo udito male. Un termine che in arabo poteva voler dire molte cose : ‘maestro’, ‘signore’…’sapiente’… Deglutii nervosa. Ovviamente avevo sentito male. Probabilmente l’eco del pianerottolo giocava brutti scherzi e ancora non avevo una completa dimestichezza con l’arabo. Perché mai due grossi energumeni avrebbero dovuto chiamare un giovane ragazzo, con il titolo di shaykh? Era malsano persino pensarci. Tuttavia l’enigma rimaneva: cosa ci facevano al terzo piano?

Ripresi a respirare leggermente quando il terzetto cominciò a scendere le scale.

I passi del giovane erano leggeri, quasi soavi. Sembrava un ballerino che si muoveva con grazia sul palcoscenico.

Fu un attimo. Il sangue mi si gelò nelle vene. Un rumore sordo, a tratti rieccheggiò in tutto l'ambiente. Un rumore, o meglio una dannata suoneria...

Il mio maledetto cellulare aveva preso a squillare. Avevo dimenticato di spegnerlo…

Lo tirai fuori velocemente. Era Hakim! Rhadi mi aveva persino avvertito che il vecchiaccio mi avrebbe chiamato.. perché ero così stupida?!

Ma non ebbi tempo di fare alcunché. In un lasso di tempo che mi sembrò un secondo, la tenda venne scostata violentemente e due occhi azzurri mi inchiodarono sul posto. Spensi meccanicamente il cellulare..

Il volto del ragazzo era agghiacciante, perché appariva quasi etereo,quasi sovrannaturale. Trattenei il fiato…

" Onorevole Shaykh!" Uno dei compari del ragazzo comparve , fissandomi accigliato.

" Salve…io…io..ho il permesso di visitare questo posto..e " cercai di farfugliare una spiegazione convincente.

Il ragazzo non la smetteva di fissarmi. Io lo contemplai a mia volta. Perché mai mi guardava con tanta insistenza?

All’improvviso il giovane sorrise, dolce. La sua dolcezza però, mi fece rabbrividire.

" Salve, mia Amira…"

Restai a bocca aperta. Come diavolo faceva a sapere come mi chiamavo? Avevo ancora le spalle contro la finestra, per cui mi mossi leggermente per cambiare posizione. Non me lo permise. Mi afferrò il braccio e mi tirò in avanti.

" Cosa diavolo stai facendo?!" gridai. Il contatto con la sua presa mi aveva fatto raggelare.

" Niente. Voglio solo salutarti come si conviene ad un Amira" [* n/b amira, in arabo significa principessa]

Mi prese la mano e me la baciò, lieve. Restai basita.

Lui mi sorrise ancora e poi mi voltò le spalle andandosene.

Ero sconvolta: chi era quel tipo? E, soprattutto… conosceva realmente il mio nome o mi aveva soltanto chiamato ‘principessa’, perché era maniaco della galanteria?

Il dubbio mi uccise per molto tempo…

 

Grazie ai commentatori del capitolo precedente ^_^

AngelofLove ( grazie del commento^_^ come vedi, Rhadi non è poi così malaccio... in fondo è un tenero XD)

nikkith ( spero ti incuriosisca anche questo cap... grazie del posto ^_^ )

LadyElizabeth (i tuoi commenti mi fanno sempre tanto piacere *_*.. Adèle è un personaggio che di per sè è già sconvolgente... unito a quello che dice, la cosa diventa ancora più sconcertante)

holls ( *__* Vedrai che Rhadi si sveglierà presto... anche perchè sennò sono guai per Anna [ ooops... ho anticipato qualcosa xd]  grazie del commento *__* mia spettatrice di drama .. come la sottoscritta del resto  eheh )

valevre ( grazie del commento ^_^ anche io sono una vera romantica ... anche se a preferisco che le cose siano un po' più difficili che facili... si, lo so.. sono un po' sadica con i protagonisti eheh XD )

vero15star ( in realtà anche la povera Anna vorrebbe che RHadi si comportasse da bamboccio meno capriccioso e viziato... ma forse questo capitolo lascia qualche spiraglio di speranza, no? XD grazie del commento *_*)

Oasis ( *__* grazie del commento ^_^ lo spiraglio di luce è davvero piccolo, ma sempre meno che niente.  ti anticipo che Anna non tarderà molto a scoprire un importante tassello. )

freeze ( *__* il tuo commento mi lusinga.*___* comunque Anna è proprio come l'hai definita tu, una con le contropalle' che non ti manda a dire le cose. E Rhadi... bè, credo che Rhadi intrippa un po' a tutte XDD grazie del tuo commento, spero continuerai a leggere e a commentare ^_^)

ade_tahi ( grazie tante del tuo commento *__* è bello sapere che quando si legge questa storia, si nota anche la cura del dettaglio nel costruire tutta la società giordana. Ho cercato davvero di essere il più precisa possibile, mentre scrivevo. I commenti come i tuoi mi rendono sempre al settimo cielo.. spero continuerai a leggere e a commentare. Adele è un personaggio che riserverà molte sorprese, stanne certa ^_^ Comunque tu, per la versione cinematografica di Anna a chi penseresti?)

MagaNera( grazie del tuo commento *__* li attendo sempre con ansia ^_^)

Hinata_in_love ( sono felice che apprezzi tanto la mia storia ^_ì grazie della recensione, spero continuerai a commentare ^_^)

 

flori ( le cose si complicano, si districano e si ricomplicano...XDD Anna si troverà in un labirinto di guai, come al solito XD grazie del commento ^_^)

tartis ( Adele è un personaggio molto affascinante. Stai sicura che si rivelerà essere un ottimo personaggio, ai fini della storia. Comunque per Rhadi hai ragione: alcuni comportamenti sono proprio tipici della sua personalità... ma magari nel corso della storia scopirà come migliorarsi.^_^ grazie del commento)

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

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Capitolo 19
*** Going to Hell ***


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ecco il  chap. Spero apprezzerete. Ringrazio tutti i commentatori dei capitoli, a breve riaggiornerò questo capitolo rispondendo a tutti personalmente ^__^ E scusate tanto dall'attesa, ma temo sia inevitabile. Comunque una cosa la posso dire con certezza. Sicuramente ci sono più probabilità che io aggiorni nei fine settimana, piuttosto che in mezzo :) Arigatou gozaimasu per i vostri commenti, e vi prego, continuate perchè mi spronate sempre più a sfornare capitoli di questa storia.

Comunque, il romanticismo tra Anna e Rhadi ci sarà ve lo garantisco. Altrimenti non l'avrei messa tra le originali romantiche XD Tuttavia volendo rendere credibile questa storia, occorre attendere un pochino [ non moltissimo, scene di una certa consistenza ci saranno negli immediati prossimi capitoli XDD] perchè è inverosimile che  due caratteri come i protagonisti capitolino immediatamente. Per tutti coloro che si chiedevano chi fosse il tizio dai capelli scuri e gli occhi celesti, rispondo di andare a vedere qualche capitolo indietro ...perchè il tizio in questione ha già fatto la sua bella comparsata ( shishi) XD

Buona lettura, e alla prossima! Ja ne ^__^

 

 

 

 

Non vedevo l’ora di uscire da quell’edificio, il cuore che mi pulsava impazzito in gola.

Lentamente mi mossi in direzione della ringhiera e mi sporsi: il ragazzo strano era sparito insieme alle sue due guardie del corpo.

Non avrei saputo definire le sensazioni che provavo in quel momento… quegli occhi cerulei mi avevano inquietato a dir poco.

Mi calmai, massaggiandomi nel contempo le tempie.

Chiusi gli occhi; dovevo andare via da quel posto, ovviamente.

Mentre mi apprestavo a scendere i primi scalini, un’idea balzana mi sfolgorò in mente. Ripercorsi il pianerottolo ampio e lentamente aprii la porta dalla quale il ragazzo era uscito.

Sapevo per certo che era quella; l’avevo vista con i miei occhi dall’altra parte della tenda.

Inaspettatamente la maniglia scricchiolò e la porta si aprì.

Il mio cuore prese a fare capriole. Forse ce l’avevo fatta!

Entrai, i palpiti del mio cuore ben udibili anche a un metro di distanza.

Era veramente strano che quell’individuo avesse dimenticato di inserire il sistema di allarme, veramente strano.

Sudai freddo. Una sensazione di ansia mi scivolò addosso. C’era qualcosa di allarmante in tutta quella vicenda, lo sapevo bene.

Era bizzarro il fatto che quella porta fosse rimasta aperta… quasi che mi aspettasse…

Scacciai quel pensiero dalla mia testa: se era una trappola ne avrei pagato le conseguenze dopo. Adesso non potevo lasciare che quell’occasione sfumasse, e anche se quello strano giovane avesse incrociato il mio cammino non del tutto casualmente, be ’ pazienza.

In realtà più tempo passava, più mi rendevo conto che probabilmente, per qualche strano motivo, quel ragazzo avesse lasciato volutamente la porta aperta per me. E ciò davi i brividi.

Entrai.

Ciò che vidi mi lasciò spiazzata: se avevo pensato che gli archivi dei piani precedenti erano sconfinati , non avevo fatto i conti con il terzo piano.

Con fatica, avanzai nell’immenso salone ricolmo di librerie ancor più grandi e strapiene di volumi. C’era persino un soppalco che ospitava altri sterminate quantità di scaffali.

La luce era più che potente, essendo accese le luci di emergenza.

Mi girava la testa, nel vedere tutto quel ben di Dio di cultura; In silenzio, mi avvicinai a una libreria e scelsi un libro a caso: era un bel tomo, accuratamente rilegato in pelle.

Me lo rigirai tra le mani e lo aprii avvertendo la consistenza delle pagine: pareva sottile pergamena.

Lo riposi e mi diedi un’occhiata in giro; la ricerca cominciò.

A differenza dei piani precedenti, che ospitavano tomi molto interessanti e schedati per periodi temporali, al terzo piano la biblioteca era divisa in sezioni. Con sicurezza mi ero diretta verso la sezione storica e vi avevo passato una buona ora.

Avevo scoperto una quantità di cose pericolose. Non avevo dubbi sui motivi che avevano spinto Sua Maestà e il primo ministro a dichiarare proibiti quegli archivi.

Se si fossero venute a sapere notizie di quel tipo, molto probabilmente si sarebbe venuto a creare uno scandalo internazionale.

Sfortunatamente, tutte quelle notizie non avevano nulla a che fare con l’organizzazione che mi stava dando la caccia.

Sospirai; cominciavo a pensare che non avrei trovato un bel nulla.

Almeno non nel reparto storico…

Mi alzai e mi diressi al centro della sala… quasi fossi sotto ispirazione divina mi avvicinai alle scale che conducevano al soppalco. Salii.

Lì vi era il reparto di tradizioni e cultura…

Presi due libri dai primi scaffali e… restai senza fiato!

Bingo!

Il primo libro, un volume rilegato e decorato con tarsie, riportava una scritta inequivocabile nella prima pagina:

Familae Sacrae societatis De La Rose.

Storsi il naso; conoscevo il latino a livello scolastico, ma al momento non mi interessava poi molto. Il nome De La Rose, era ciò che importava di più

Sfogliai il libro, avida; dovevo sbrigarmi: presto il vecchiaccio avrebbe perso la pazienza. Dovevo tornare il più in fretta possibile.

Nelle prime pagine , dominava l’arabo in tutti i suoi possibili dialetti. Mi veniva piangere: non ero capace di leggerlo.

Non mi persi d’animo e presi il secondo volume…Le mie dita sfogliavano, febbrili e il mio volto era madido.

Mi inginocchiai per terra e presi a sfogliare il più velocemente possibile…

Al capitolo quindici, trovai un albero genealogico molto intricato di quelle che si supponeva fossero le quattro dinastie.

Non avevo tempo di leggermi la pagina con calma , perciò impulsivamente la strappai dal libro e me la misi in tasca.

Sapevo di aver oltraggiato quel libro antico. Ne ero ben conscia. Ma la situazione mi richiedeva di non fare la difficile: dovevo sapere, e una pagina strappata poteva divenire il prezzo minimo per tale conoscenza.

Setacciai altri tomi, ma non trovai cose molto rilevanti.Mi limitai ad apprendere quanto più potevo, quando incontravo il seme linguistico a me famigliare.

A quanto avevo capito, Adèle aveva detto il vero: quell’organizzazione esisteva da trecento anni e perseguiva obiettivi non sempre molto puliti.

Tuttavia la notizia che speravo leggere -ovvero la motivazione che li spingeva a cercarmi- non la trovai.

Quando le luci di emergenza si spensero, sobbalzai.

Rimisi tutto a posto, tastando al buio e andando alla cieca. Ci misi un po’ di tempo, ma ci riuscii.

Rapidamente uscii da quel salone, facendo ben attenzione a ripulire con un fazzoletto tutti gli oggetti da me toccati: meglio peccare di esagerazione che di stupidità.

Quando mi ritrovai sul pianerottolo, la luce che proveniva dalla finestra mi abbagliò.

Lestamente scesi le scale fino a raggiungere la porta che dava direttamente sull’immenso atrio. Con movimenti un po’ plastificati camminai verso l’uscita. Non sorrisi alle guardie, che da parte loro fingevano di ignorarmi, né all’impiegato che mi aveva mostrato la rampa di scale.

Quando fui fuori dall’edificio, respirai a pieni polmoni…e mi misi a correre come una fuggitiva. Corsi, Dio quanto corsi quel giorno! Il cuore batteva impazzito, pronto a esplodermi nel petto.

Quella notte dormii malissimo, sognai che le guardie mi venivano a prendere per aver portato fuori del materiale dalla sezione proibita. Sognai anche che Assim mi guardava con freddezza e disapprovazione .. e io che urlavo… mi dispiace di averti mentito .

 

Non ebbi il tempo di esaminare il pezzo di carta che avevo trafugato dagli Archivi, perché Adèle ci venne a trovare.

Non posso esprimere con parole il sollievo che provai quando la vidi arrivare con Bryant al seguito;

eravamo in giardino, Rhadi e io – lui a prendere il sole e io a leggere il mio libro-

" Rhadi! Anna!"

quando alzammo lo sguardo, la vedemmo bloccata al cancello da due delle guardie della villa.

" Lasciatela passare!" gridò lo sbarbatello alle guardie.

Ci corse incontro. Era raggiante di gioia e nei suoi occhi si leggeva quel solito mistero che mi affascinava tanto.

" Adèle.. che bella sorpresa!" la mia voce era densa di emozione; ero davvero contenta di vederla.

" Passavo da queste parti, in città.. e così ho deciso di fare una capatina e vedere come ve la passavate"

Bryant arrivò brancolante sulla sua scia, gli occhi assonnati nascosti da un paio di Ray Ban.

" Ciao Anna" disse " Rhadi" ,sollevò la mano in cenno di saluto e amicizia.

" Non sono riuscita a fermarla. Voleva venire a trovarvi.. e anche a me fa molto piacere, in effetti" Aveva la bocca un po’ impastata ma le sue parole suonavano sincere.

Rhadi scosse la testa, divertito. " Avreste dovuto avvertirci, almeno avremmo potuto accogliervi meglio… ma venite.."

La voce dello sbarbatello era tranquilla, ma io che avevo imparato a conoscerlo meglio, sapevo che nascondeva una traccia di preoccupazione: sicuramente si stava chiedendo il perché della visita di Adèle, almeno quanto me.

Ovviamente Rhadi non sospettava minimamente del fatto che ero a conoscenza dei suoi collegamenti con la società Cure. Se mi conosceva almeno un pochino però, avrebbe dovuto aspettarselo. Io non mi tengo mai fuori dai guai…e sapere le cose che mi riguardavano non aveva prezzo, per me.

Perciò, proprio mentre Rhadi si angosciava sulle reali motivazioni che avevano portato Adèle a casa sua, io strizzai l’occhio in direzione della donna: dovevo parlarle. Era arrivato il momento di finirla con le condotte infantili, le avrei rivelato tutto quello che sapevo. Anche io avevo bisogno di informazioni.

Entrammo tutti in sala e Rhadi ordinò del caffè. Erano le cinque del pomeriggio e anche se il caffè non era veramente appropriato, era tuttavia troppo presto per servire liquori.

" Allora , fidanzatini.. cosa ci dite?"

Io arrossii e Rhadi distolse lo sguardo. Dopo la sua concessione di poter uscire, non sapevo davvero cosa pensare di Rhadi. Si era trasformato in qualcosa di veramente misterioso e ambiguo per me, fin dalla rivelazione di Adèle. La donna dalla pelle d’ebano doveva saperlo, perché mi guardò maliziosa.

" Oh d’accordo!" sbuffò la donna, portandosi poi la tazzina di caffè alle labbra. " Se non volete raccontarci di voi… che mi dite di quella meravigliosa festa che l’ambasciatrice sta preparando?"

" Conosci Nola?" mormorai, stupita.

Adèle sorrise. " Ma certo che la conosco. E’ la moglie dell'ambasciatore a Londra, no? Anche se ultimamente sta più spesso qui in patria, che a Londra"

Inarcai il sopracciglio. Era vero; se c’era una cosa che mi aveva sempre sorpreso di Nola , era che spesso si interessava di più a ciò che accadeva qui che nella sua ambasciata londinese.

".. Ma d’altronde si capisce, avendo come marito Rahim"

" Cosa vuoi dire?"chiese Rhadi. Non aveva toccato ancora il caffè. Il suo sguardo era ancora teso come una corda di violino.

Adèle continuò rilassata.

" Be’, è ovvio. Rahim preferisce far restare la mogliettina a casa e viaggiare lui stesso all’estero…piuttosto maschilista, non trovate?"

La rivelazione mi lasciò scioccata. " Cosa?!" sbottai. Posai la tazzina di caffè sul tavolinetto di vetro.

Bryant mi sorrise, dietro quei suoi occhiali scuri. " Anna, Anna, Anna… ti sei forse dimenticata del fatto che ci troviamo in un paese conservatore? Sai che cosa comporta questo?"

Lentamente mi calmai. Rhadi ebbe il buon senso di distogliere lo sguardo. Sapevo benissimo cosa comportava. La Giordania era un paese abbastanza tradizionalista. Ma sapere che Rahim impediva a Nola di viaggiare, mi fece andare fuori dai gangheri. Odiavo i maschilisti.

Seguì un momento di imbarazzante silenzio, poi la conversazione riprese come nulla fosse.

Fu un pomeriggio piacevole, dopotutto.

La sera quando Adèle se ne stava per andare , con la scusa di farle vedere un nuovo vestito la trascinai in camera mia.

" Adèle" le dissi, quando lei mi guardò con un sguardo stupito " Devo farti vedere una cosa…" Le mostrai la pagina che mostrava il complicato albero genealogico. Gettò una rapida occhiata e sbiancò.

Gli occhi le si allargarono e mi guardò terrorizzata.

" L’ho preso dagli Archivi di Stato…" spiegai

" Cosa!!?? Ma sei impazzita!??" La voce le si alzò di parecchi toni.

" Ssst. Finchè non se ne accorgerà nessuno, andrà bene."

" Ma sei impazzita? Come ti è venuto in mente di fare una cosa simile? Ti rendi conto che è un crimine?!"

" Lo so. Ne sono consapevole… ma non potevo non farlo"

" Ma si può sapere perché diavolo l’hai fatto? D’accordo che volevi aiutarmi e volevi aiutare la Cure… ma metterti a rischio in prima persona è troppo percoloso."

Scossi la testa, decisa: era il momento di dire la verità.

La voce mi tremò appena, quando cominciai a rivelarle l’intera storia. Poi il fiume di parole si riversò addirittura più frenetico di quanto non avessi voluto. Iniziai da quando avevo sentito Hakim e Josef parlare di me, alla lettera di Rhadi agli altri piccoli tasselli scoperto. Omisi solo il fatto che possedevo un medaglione che poteva ricollegarmi direttamente: per quello, avrei aspettato. Volevo vederci più chiaro. Del resto, quel medaglione me lo aveva regalato la nonna.

Adèle rimase sorpresa alle prime, poi si ricompose. " Complimenti, Anna. Davvero non ti facevo così abile a scoprire certe cose. Hai fegato"

Sorrisi, imbarazzata per quello che presi per un complimento. O almeno speravo che lo fosse.

" Comunque della lettera di Rhadi, lo sapevo da un pezzo.. Quello che mi fa rabbia è che Yma mi abbia tenuta nascosta un’informazione tanto rilevante: danno la caccia a TE"

Raggelai. Lo aveva detto con così tanta sicurezza che mi mise apprensione.

" Cosa facciamo?" chiesi,tesa.

Adèle mi fissò con quei suoi profondi occhi scuri e poi m sorrise. " Per adesso nulla. Ne sappiamo ancora troppo poco. Ma tieniti fuori dai guai… promettimelo, Anna!"

Annuii " Lo prometto. Ma tu prometti di non dire nulla a Rhadi"

" Ok" replicò.

Adèle sorrise ancora una volta, soddisfatta. " Bene"

Quando se ne andò insieme a Bryant, erano ormai le nove. Andai a letto presto e senza cena. Né io né Rhadi ci parlammo quella sera. Avevamo troppo a cui pensare.

Quando Adèle se ne era andata dalla mia stanza, aveva preso Rhadi da parte e gli aveva confidato qualcosa. Sapevo che non mi avrebbe tradita. Sentivo che di lei mi potevo fidare se non ciecamente, almeno in buona parte.

Ciò che aveva confidato a Rhadi non aveva nulla a che fare con me; Adèle era venuta a casa nostra con delle precise motivazioni e aveva già in mente di dire qualcosa allo sbarbatello molto prima della mia rivelazione. Il problema era che non avevo la più pallida idea di che cosa gli avesse detto e la cosa mi mandava in bestia. Oltretutto, Adèle non sembrava propensa a rendermi partecipe completamente dei suoi schemi di gioco. Era ingiusto, maledizione!

Quando le palpebre appesantite si chiusero, intorpidite dal languore, l’ultima cosa a cui pensai fu che nella tasca interna della mia giacchetta c’era un foglio molto prezioso…

 

 

 

Il tempo trascorse in fretta e tre giorni dopo, non ero ancora riuscita a decifrare quella lunga lista di nomignoli e epiteti contenuti in quell’albero intricato. Era dannatamente complicato. Tutto quello che ero riuscita ad estrapolare, era che le quattro dinastie erano tutte imparentate tra loro. C’erano cugini di secondo e terzo grado che si sposavano tra loro e conseguentemente anche i loro figli facevano la medesima cosa. Trovai la cosa alquanto malsana. Non immaginai neanche quanti bambini emofiliaci dovevano essere nati da quelle unioni di sangue.

Ero così assorta nella mia stanza che non mi accorsi dell’arrivo di Asiya che mi assalì gioiosa, alle spalle.

"Anna! Cosa stai facendo di bello?"

La sua presa strangolatrice mi stava per far morire

" Asiya… tesoro. " balbettai nervosamente, piegando immediatamente il foglio del libro che avevo davanti sulla scrivania e riponendolo nel cassetto.

Asiya mi mollò e prese a girovagare per la stanza, toccando come sempre tutte le mie cose.

Sospirai e le sorrisi.

" Tesoro che ne diresti se andassimo a giocare in giardino?" le domandai. Era quasi sera, e Assim, Jasmina e il vecchiaccio erano fuori a cena. Si supponeva fossi io che mi occupassi della piccola dato che il fratello era sparito come suo solito.

" Non possiamo. Il fratellone mi ha detto che giù in sala grande sta per iniziare una festa e che non possiamo andare a giocare in giardino per alcun motivo.."

Restai perplessa a quelle parole. Come mai non mi ero accorta che due piani più sotto c’era una festa? In realtà non dovevo stupirmi più di tanto, visto che la casa era immensa. A dirla tutta, avevo anche avvertito della musica, ma avevo stupidamente pensato che qualcuno avesse acceso la radio.

" Non importa, Asiya. Noi possiamo andare a giocare quando e dove ci pare e Rhadi non può impedircelo.."

La bimba rise eccitata e poi mi strinse la mano, mentre io spegnevo la luce della stanza e uscivo.

Quella della festa e che noi non potevamo andare in giardino era una bella novità. Socchiusi gli occhi e sono sicura che avessi un’espressione sarcastica.

Lo sbarbatello quanto a idiozie non era cambiato. Scommettevo che i signori Karim non erano a conoscenza del fatto che il figlio avesse dato un festino in casa propria.

" Dove sono i domestici?" domandai alla piccola.

" Rhadi  ha dato a tutti la serata libera. Sono rimaste solo le guardie al cancello."

Di bene in meglio. Lo sbarbatello aveva superato se stesso.

Quando raggiungemmo il piano terra, la musica era così alta che per farmi sentire avrei dovuto urlare.. altro che radio!

C’era più gente di quanto mi fossi aspettata e fui impreparata: c'erano almeno cento persone, tutte accalcate nel primo piano a ballare. Le strobo light accecavano e rallentavano ogni movimento. Una festa degna di Rhadi, senza dubbio. Era nel suo stile fare le cose in grande.

Tutta quella confusione mi irritò

Visualizzai immediatamente Rhadi: era seduto sul divano, con in mano quello che mi sembrava un bicchiere di campari. Sorrideva felice e il verde dei suoi occhi riluceva anche in quell’occasione. Stringendo la mano di Asiya mi diressi verso di lui e quando gli fui dinanzi gli lanciai un’occhiata assassina. Aveva un maglioncino marrone che gli fasciava il petto, e un sorriso malizioso sulle labbra. I capelli erano come al solito, spettinati in ciuffi neri.

" La prossima volta quando fai una festa, ricordati perlomeno che hai una sorella più piccola che magari vuole semplicemente starsene a giocare in giardino. Perchè non dovrebbe andarci, spiegamelo!" sibilai, sprezzante. Lui fu sorpreso di vedermi, ma non di certo contento. Si alzò dal divano.

" Scusami per non avertelo detto, Anna. Mi dispiace. Però.. ora vai su in camera tua...…" A quelle parole avvampai d’ira.

" Io vado dove mi pare" tuonai. Impicci? Ma coma si permetteva?

" Ciao Anna" rivolsi un’occhiata sdegnosa alla ragazza dai modi lascivi che riusciva sempre a mandarmi su tutte le furie:  prima non mi ero accorta che sul divano c’era Rhika e altre tre o quattro ragazze della stessa risma.

" Ciao Rhika" sussurrai, fredda.

Poi girai sui tacchi, portando con me Asiya. Uscimmo in giardino ma la situazione non era certo migliore: se in salotto si ballava, in giardino ci si lasciava andare ad atteggiamenti poco consoni.

" Tesoro, che ne dici se vai su in camera mia un attimo?" dissi, visibilmente nervosa quando colsi una serie di mormorii dalle siepi.

" Certo".

Asiya volò dalla mia mano e rientrò, ubbidiente.

Questa volta Rhadi aveva superato il limite... Mi rivolsi direttamente alla coppietta di piccioncini acquattata tra i cespugli, che si lasciava andare a toni più che procaci.

Avevo una mezza idea di interromperli sul più bello, ma poi scelsi un’altra alternativa. Rientrai in casa per uscirne subito dopo. In mano avevo una bottiglia d’acqua di frigorifero.

" Calmate i bollori. I bambini di otto anni sono ancora troppo piccoli per certe cose!"

Gridai, rovesciando il contenuto gelato sul dorso dei due.

" Aaaaaaah cazzo, è fredda!" l’urlo del giovanotto fu musica per le mie orecchie.  Se lo meritava. Da quando in qua si fa sesso in giardini di altre persone?!!

Velocemente la ragazza si rivestì con una maglietta lunga e gli slip, mentre il ragazzo si coprì col giaccone.

" Ma sei scema?"gridò la ragazza. Aveva folti capelli ricci e un’espressione da inequivocabile gatta morta, colta in flagrante.

" No, sono solo molto più furba di te , tesoro" replicai. " Se vuoi fare sesso, assicurati che sia un posto dove le bambine piccole come Asiya, non girovaghino."

Alla sua espressione confusa, risposi con un sorriso.

" Fammi indovinare… non sai chi è Asiya, vero? Immagino che tu non sappia neanche chi ha organizzato questa festa… bene, bene, bene… cosa abbiamo qui? Una coppia di imbucati!"

La mia voce era ironicamente spaventosa.

" N-non è vero. La festa è di Rhadi Karim.." replicò a bassa voce il ragazzo.

Mi allontanai disgustata dall’intera vicenda.Inconcepibile come la gente potesse esser priva di concetti come l’educazione.

Erano su per giù le otto di sera. Decisi di passeggiare per il parco di villa Karim e poi rientrare e, assicurarmi che Asiya fosse andata a nanna.

Non mi andava di rientrare subito e affrontare Rhadi e tutta quella baldoria.

Rhadi. Le cose tra noi erano abbastanza complicate. Se giorni prima mi aveva lasciata sconcertata dalla dolcezza delle sue parole, era anche più che evidente che la sua vena di festaiolo non si esauriva mai. Chi era veramente Rhadi Karim? Un menefreghista viziato? Un ragazzo che si occupava segretamente di bambini orfani? Un ragazzo ricco che sovvenzionava una società di spionaggio privato?

Le domande si affollavano nel mio cervello; più si ammassavano , più sentivo il peso della consapevolezza della mia inutilità. A conti fatti, non ero riuscita a cavare un ragno dal buco; tutto ciò che sapevo, lo sapevo grazie ad Adèle. Ciò che ero riuscita a procurarmi , erano solo una fonte inesauribile di guai e una pagina strappata di un libro, scritta in arabo antico e dialettale, che non capivo.

La luna bianca e argentea era più grande che mai quella sera.

Le stelle a paragone, rappresentavano soltanto minuscoli swarovski. Mi ritrovai a pensare nuovamente a tutti i misteri che avvolgevano la mia vita in Giordania... a Londra avevo sempre condotto un'esistenza ordinaria.

" Ehi, tesoro!"

Mi voltai.

Una coppia di ragazzi decisamente molto brilli, avanzava verso di me. Arretrai, allarmata.

Possibile che le feste di Rhadi si trasformassero in un’accozzaglia di ubriachi?

" Salve" mormorai, consapevole del fatto che mi trovavo in una zona del parco, decisamente lontana dalla porta di ingresso…

Li osservai con il cuore in gola: dovevano avere vent’anni, lineamenti duri e sguardo delirante.

No, mi sbagliavo. Non erano brilli. Erano molto più che ubriachi.

Ero abbastanza intelligente da capire al volo quali erano le loro intenzioni; si stavano avvicinando decisamente troppo.

" Come ti chiami? Non ti avevamo vista alla festa!" sbraitò uno dei due, allungando una mano. Schivai il suo tocco e arretrai ulteriormente.

Dietro le mie spalle il muro di recinzione si profilava minaccioso e intralciante  una mia possibile fuga.

" E dai, non fare la difficile" Uno dei due, con un maglione con scollo a V mi sorrideva sfacciatamente.

" Non ti avvicinare!" La mia voce suonava mortifera

" Certo che ti potevi vestire un po’ meglio… cos’è quello che hai addosso, un pigiama?!"

Partì una risata sguaiata.

Effettivamente avevo il pigiama addosso, ma vestirmi adeguatamente per una dannata festa era l’ultimo dei miei problemi, al momento.

Con un goffo scatto feci una finta e tentai di scappare alle loro spalle. Ma la sfortuna non poteva arridermi in un momento peggiore. Incontrai un sasso e caddi per terra. Ero sempre stata dannatamente goffa, sin da quando facevo educazione fisica alle elementari.

Quando uno dei due mi tirò su per i capelli, gli mollai un forte calcio sui coglioni. Quello si accasciò dolorante, e mollò la presa. Ma non avevo fatto i conti con il compare che mi prese per le braccia e me le contorse dietro la schiena, provocandomi un'acuta fitta di dolore.Mi vennero le lacrime agli occhi...

Implorante, gettai un’ultima occhiata alla villa… nel punto in cui ero, potevo scorgere da lontano soltanto l’ampia vetrata d’ingresso. Eravamo a più di trecento metri di distanza e nei paraggi non c’era nessuno… l’inferno si preparava a scatenarsi…

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

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Capitolo 20
*** I care... ***


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Dopo un mese torno ad aggiornare. Scusate molto, ma purtroppo avevo un esame fondamentale all’università. ( L’ho scritto anche nella presentazione della fanficiton: 3 dicembre esame) Anche a me piacerebbe sempre pensare ad Anna e Rhadi, ma purtroppo la vita e gli impegni quotidiani mi reclamano. Per  fortuna sono riuscita ad aggiornare proprio quest’oggi.  [ Non ti preoccupare freeze ^_^ non mi sono dimenticata. Come potrei con tutto il sostegno che mi date? :)] et voilà dopo un mese di attesa ecco il capitolo. Spero apprezzerete ( mmmm.. io dico di si XD). Alla prossima: garantisco che l’attesa sarà minore. Sicuramente non un mese °__° ma quando con esattezza, non saprei dire. Probabilmente la prossima settimana di sabato.

Enjoy the chapter, e mi raccomando, commentate! I commenti e tutte le vostre osservazioni sono la cosa che mi spronano di più in questa fanfiction ^_^ Ja ne ^___^

 

 

Dolore, mani che toccavano dappertutto.

“ Vi prego, non fatelo!!” implorai, disperata. Odiavo implorare in quel modo. Soprattutto odiavo implorare quei due bastardi, ma la situazione mi aveva completamente annebbiato il cervello...

Non volevo, dannazione. Ero terrorizzata.

“ Sta zitta, sgualdrina!” Uno dei due, mi mollò uno schiaffo forte, colpendomi in viso.

L’altro si sedette sopra di me, facendo leva sul peso del suo corpo.

Ero schiacciata per terra, come un verme. Chiusi gli occhi, tremante.  Ma se anche avevo gli occhi chiusi, riuscivo a vivere lucidamente ogni minimo orripilante gesto che quei due bastardi stavano compiendo.

La violenza non era giunta.

Non ancora.

Ma uno dei due mi aveva sbattuto per terra con forza, e mi aveva mollato una sberla: non era già più che sufficientemente per espiare ogni mia possibile colpa di quella vita o di una vita precedente?

Ero tutta rintronata.

Pregai che qualcuno si accorgesse della mia assenza… ma chi avrebbe potuto?

Torna su in camera . Ricordare le sue parole in quel momento era ancora più doloroso della testa piegata sul terriccio umido del giardino e della mano forte, premuta sulla mia bocca sanguinante.

Ma da qualche parte, anche il mio cuore sanguinava. Rhadi non c’era. Rhadi si stava divertendo con Rhika e chissà chi altra. Rhadi non aveva tempo per me. Da quand’è che la cosa mi scocciava così tanto? Da quand’è che facevo caso al comportamento di Rhadi Karim nei miei confronti?

 Primo rumore di zip: cosa stavano facendo quei due? Lo immaginai senza riuscire ad aprire gli occhi. La paura mi attanagliava.

“ Muoviti, dobbiamo sbrigarci prima che venga qualcuno!”

“ lo so, dannazione… ma siamo sicuri di quello che stiamo combinando?”

“ Ma va! Questa ragazzina sarà un’imbucata qualunque… a chi importa se ci divertiamo un po' ??”

Sentivo il dolore flagellarmi tutti i muscoli del corpo.

Combatti, Anna. Combatti.

Quello che avrei dovuto fare in quel momento sarebbe stato alzarmi e spaccare la testa a quegli schifosi maiali ubriachi.

Ma non ce la facevo.

Rimasi imprigionata per terra, bloccata sul terriccio umido con la testa schiacciata e la mano premuta sulla bocca.

Con uno sforzo sovraumano tentai di alzare la schiena e il viso, vanamente.

Erano troppo forti.

“ Ehi piano, piccola. Rilassati!”

Partì una risata sguaiata. Con un movimento lampo, mi sbatterono nuovamente nel fetido terriccio.

La terra mi entro nel naso, ma quasi non la percepii; in un istante tutta quella realtà perse i contorni  e divenne poco più che nebulosa. Rhadi non sarebbe venuto da me.

 La coscienza di ciò, mi bruciava nella mente e in un istante capii quanto mi aveva ferito vederlo nel divanetto insieme a Rhika.

Si, ero decisamente fusa.

Come potevo pensare a questo, poco prima che mi stessero violentando? Una sensazione languente mi pervase il corpo…

“ Muoviti quanto ci vuole per infilartelo?! Che ti frega poi della prevenzione ..”

Zaffata di alcool che mi fece prudere il naso.

 

Preservativi. Si stavano mettendo dei fottutissimi preservativi.

A metà tra la veglia e il sonno salvatore, mi lasciai sfuggire una risatina.

“ Che ridi, puttana?”

Ero impossibilitata a rispondergli.

Forse era tanto ubriaco da non aver notato che la mano sulla bocca impedisce di esprimersi.  Che ironico.

Beffardamente il destino aveva voluto che  perdessi la verginità in quel modo orripilante.

Rhadi, Rhadi, Rhadi… dove sei?nCon chi sei? Cosa c’è dietro al tuo inspiegabile comportamento e ai tuoi inspiegabili sbalzi di umore?

A me importava di lui da morire. Importava di lui in un modo allucinante. Ero fusa, assolutamente. Ma curiosamente in quel momento impensabile mi sentivo felice. Ero finalmente arrivata ad una prima grande verità: mi importava veramente di Rhadi?

Ricordando un avvenimento che sembrava appartenere ad un’altra vita, sussultai: mi ero già posta questa domanda, o una simile mentre viaggiavo a velocità spaventosa in una macchina, con lui al fianco…

A me importava di Rhadi? Si, mi importava. Mi attraevano il suo mistero, la sua dolcezza e potevo soprassedere alla sua arroganza. Ma per lui non ero che una nullità. Soltanto un bel giocattolo londinese. Una mera e inutile sfida. La felicità raggiunta aveva una punta di acredine, dunque.

Che idiota a pensare cose simili, in quella circostanza. Ero un’inutile sciocca.  Mi sentii venir meno. La mano grossolana del bastardo ubriaco mi premeva sulla bocca  ancora più forte, bloccandomi il respiro. Con il naso non riuscivo a respirare bene. La puzza di alcool mi annebbiava e il terriccio umido mi irritava. Rhadi… Lui non mi avrebbe salvato. Non ero niente per lui.

“ Muoviti che la bella sta svenendo!”

Da lontano sentii qualcuno parlare, mentre un lento torpore mi trascinava nell’oblio, in salvo dall’umiliazione.

Volevo dormire, non sentire il dolore e non piangere. Non volevo assistere.

Da lontano ancora, un secondo rumore di zip catturò la mia attenzione. Ma fu  solo un momento.

Le palpebre erano già pesanti e quando sentii le mie gambe aprirsi in modo coatto, sembrava stessi vivendo nel corpo di qualcun altro. Forse mi avevano picchiato di nuovo. Non saprei bene spiegare altrimenti, come  mai non mi opponessi affatto alle loro imposizioni.

Ero frastornata e la testa premuta sulla terra mi doleva da cani.

Qualcosa di liscio e freddo mi attraversò il viso e mi colò giù dalla punta del naso…

“ Cazzo, sta piangendo! E’ svenuta ma sta piangendo.. guarda!”

  Ma che ti frega! Tienila ferma, invece di dire idiozie”

Gocce salate nel terriccio umido. Gocce copiose e sangue raffermo.

Le mani di qualcuno mi scivolarono addosso come liquame nero..

Quando sarebbe giunta l’umiliazione? Quando la violenza? Volevo finirla… volevo farla finita…

Fu in quel momento che il peso del corpo che mi teneva giù, per terra, venne meno.

Avevano già fatto? No, non poteva essere. Non avevo sentito dolore.

Rimasi inerte , sdraiata tra le zolle erbose. Non aprii neanche gli occhi.

“ Muori, figlio di puttana!”

Qualcuno gridava.

Era più di uno, in effetti. Volevo svegliarmi, volevo alzarmi e guardare in faccia la realtà.

Ma avevo troppa paura.

Paura e dolore si mescolarono e prima che potessi rendermene conto, i singhiozzi mi perforarono l’anima.

Finito. Chiuso. Basta.

Ero sollevata e libera finalmente. Qualcuno era intervenuto… ma chi? Non osai aprire ancora gli occhi. Una strana morsa di terrore mi bloccava ancora, e ciò era veramente  stupido. Perché non la smettevo di piangere? Perché sentivo che nonostante tutto, il mondo mi era crollato addosso? Ero salva, no? Perché mai continuavo a piangere come una stupida? Dio, ti prego non farmi soffrire più così. Ricordavo ancora troppo vividamente il tocco delle loro mani e la puzza di alcool.

Le grida erano terminate.  Finalmente. Socchiudendo gli occhi non vidi il volto perfetto di Rhadi, ma una chioma bionda e ondeggiante.

Alla fine non era stato lui a venire. Il dolore si protrasse di nuovo nel petto .

Ogni singulto era come una freccia che mi trafiggeva. Era insopportabile. Rhadi non era venuto per me…

Mi presero in braccio, rialzandomi dal terreno umido. “ Ssst.. Anna sono io, Jean. Ti ricordi? Ora ti porto dentro, è tutto finito…”

Jean Francoise Pauline, l’amico francese di Rhadi. Allora c’era anche lui alla stramaledetta festa.

“ Fate largo gente non c’è più niente da vedere!”

Socchiudendo ancora gli occhi, vidi che nel luogo che avevo pensato essere isolato, si era radunata quasi tutta la gente della festa. Tutti mi fissavano attoniti e ammutoliti. Cosa c’era nei loro volti, compassione? Timore? Non mi fregava nulla. Con disgusto, lanciai uno sguardo ai due bastardi ubriachi: erano svenuti, per terra, ed avevano il volto tumefatto. Qualcuno li aveva riempiti di botte, forse era stato Jean. Ciò mi riempì , per un momento, di grande soddisfazione. Volevo farli a pezzi. Dovevo evitare che quanto stava per succedermi potesse accadere a qualcun' altra. Ma non avevo la forza neanche per parlare. Chiusi gli occhi. La zaffata di alcool e la mano grossolana erano ancora troppo vivide per il mio equilibrio psichico.

“ Anna!” la voce familiare mi raggiunse il cuore. Era assurdo essere così raggiante per aver udito il suono della sua voce.. a conti fatti, non era stato lui a venire da me.

“ Grazie al cielo, Jean! Dammela, la prendo io..”

Le braccia forti di Rhadi mi trassero su, senza sforzo.

Riconobbi il suo profumo…Richiusi gli occhi.

“ Non credo le abbiano fatto nulla di irreparabile, ma non so dirti con precisione”

“ Dannazione! Questo era precisamente il motivo per cui le avevo detto di stare in camera sua! Perché deve fare sempre di testa sua!?”

Avevo udito bene? Mi aveva detto di stare in camera mia, per evitarmi situazioni di quel tipo? No, non poteva essere.

“ Comunque ora che farai? La festa ti serviva per raccogliere fondi per…”

“ Ssst! Sta zitto Jean, non voglio che ne parli in pubblico!”

Da lontano riconobbi le voci degli amici di Rhadi, cacciare via la gente.

“ A casa gente! La festa è finita. Party’s over, c’mon!” Forse era Marick che intimava alla folla di guardoni di andarsene. Ma non ne ero sicura. Non ero sicura più di niente, in effetti. Tutto quello che mi circondava era sfocato e quasi... irreale.

Aprii piano gli occhi, di nuovo, senza smettere di singhiozzare.

Le lacrime traboccavano davvero abbondantemente.

Non riuscivo a fermarmi. Sembravo un torrente in piena..

“ Deve essere in stato di shock… hai qualche medicinale a portata di mano?” chiese Jean, con voce metodica e professionale.

“ Non ne ho idea!” sbottò Rhadi. Il suo tono sembrava preoccupato. Ma forse ero io che speravo lo fosse.

Mi teneva ancora stretta tra le sue braccia, cullandomi come una bambina.

I miei occhi appannati non riuscivano a vederlo. Tremavo come una foglia.

“ Anna, calmati, ok? E’ tutto finito… sei al sicuro adesso.. Anna, mi senti?”

Eravamo entrati in casa. Dal silenzio che imperversava, capii che tutta la gente se ne era andata. Dovevamo essere rimasti solo io , Rhadi e Jean.

“ Appoggiala sul divano, falla distendere”

“ Si, forse è meglio…” sentii le braccia di Rhadi mollarmi all’improvviso.

Non volevo. Capricciosa come una ragazzina mi avvinghiai al suo braccio

Balbettai qualcosa, presa dalle palpitazioni e dalla frenesia.

“ Anna, piano. Non ti lascio, stai tranquilla!”

La voce di Rhadi risuonava preoccupata. Allarmata, quasi.

Mi prese di nuovo tra le braccia, facendomi sedere sulle sue ginocchia. Il mio volto premuto contro il suo maglione marrone. Profumava di buono…

Dolcemente, mi cullò avanti e indietro e, altrettanto lentamente mi calmai.

Tentai di regolare la respirazione.

“ E’ tutto finito, Annina. Tutto. Ora fai la brava e dormi… tranquilla che non ti lascio!”

Le sue braccia forti mi trattenevano e mi proteggevano. Non volevo dormire; non in quel momento, pelromeno.

Mi sentivo al sicuro, stranamente. Sollevai lo sguardo ancora annebbiato dalle lacrime e osservai la bellezza del suo viso e dei suoi occhi duri.

Il verde mi galvanizzò ancora una volta. Bizzarro, come le cose che sei abituata a vedere più spesso, siano in realtà una fonte continua di sorpresa; ai suoi occhi avrei dovuto essere avvezza ormai.

Eppure la profondità di quel mare verde mi stupiva sempre…

“ Ti avevo detto di restare in camera, Anna. Lo vedi cosa può succederti? Non voglia che tu corra rischi. Ogni volta che provo a lasciarti autonomia, ti cacci sempre nei guai”.

Tentai di controbattere qualcosa, ma non ce la feci. Primo perché ancora facevo fatica a parlare correttamente e poi perché non c’era nulla da controbattere: aveva ragione; ero un caso umano.

Il tono in cui mi aveva detto ciò però non mi ero risuonato come un rimprovero… era stranamente dolce. Decisamente non era il tono del soltio Rhadi che avevo imparato a conoscere

“ Gr..Gr..Gra..zie”

Impallidii di colpo. Ancora non ero in grado di parlare…

“ Jean che cosa posso fare? Non si riprende!”

il tono angosciato di Rhadi mi sorprese ancora. Il suo viso era inquietato, quasi rabbioso.

“ Fratellone, che cosa ha Anna?”

La voce di Asiya mi fece sobbalzare. Non mi ero accorta del suo arrivo. Allora si era svegliata; povera piccola…

Mi girai e la guardai; avevo smesso di piangere.  Rhadi mi teneva ancora stretta contro di lui.

Il calore del suo corpo era rassicurante. Con le unghie , ero avvinghiata alle maniche del suo maglione come un gatto selvatico..Mi sentivo debole, ma forte allo stesso tempo.

Tentai di alzarmi e Rhadi mi lasciò fare.

“ Dove.. dove sono quei…?” Tentai di trovare un nome per quei bastardi che mi avevano picchiato e quasi stuprato.

Gli occhi di Rhadi si fecero ancora più duri e i pugni si serrarono.

“ Non ti preoccupare. Ci ho pensato io. Anzi… aspettami qui”

Rhadi si alzò immediatamente, lasciandomi appoggiata sul divano.

“ Jean, portale qualcosa di caldo se puoi. I domestici sono in serata libera e … ti sarei grato se mi facessi questo piccolo favore..”

Il suo tono sembrava calmo e amichevole.

Ma c’era qualcosa di strano e agghiacciante. Con lo sguardo, esaminai il suo viso; sembrava tranquillo, ma una ruga di espressione gli increspava la fronte. Sussultai; non era affatto tranquillo, era furioso…

“ Certo, Ma tu dove vai?” la voce di Jean suonava agitata.

“ Niente di che, devo sistemare la cosa.”

 Poi si rivolse ad Asiya che si era accostata vicino a me e mi aveva preso la mano. “ Asiya tesoro, tu fai compagnia ad Anna e non uscire per nessuna ragione, ok? Promettimelo” I suoi occhi erano diventati di pietra, mentre era pensieroso su qualcosa. In un momento, realizzai.

“ Ok” Asiya gli sorrise.

“ NO!” la mia voce riecheggiò in tutta la sala vuota. Li avrebbe ammazzati… non potevo permetterglielo.

“ No!”  ripetei, più controllata.

“ Jean… per-per favore, fermalo!” implorai.

Ma Jean, serio in volto, non si mosse e Rhadi senza guardarmi uscii di casa sbattendo la porta. Era andato a prenderli.

“ Se lo meritano, Anna. Meritano la morte” La voce funerea di Jean mi stupì. Asiya sbiancò, visibilmente preoccupata.

La presi in braccio, come poco prima aveva fatto Rhadi con me. “ Sta tranquilla, Asy… non è nulla di che. E’ solo un modo di dire… Vero Jean?”

Il biondo non mi rispose e io presi a cullare una Asiya muta come un pesce.

Avevo ripreso a parlare correttamente, ma ancora tremavo come una foglia. Certo che quei due meritavano di morire per quello che volevano farmi… ma non potevo lasciare che Rhadi si rovinasse il futuro, per me. Era ingiusto. Se c’era qualcuno che avrebbe dovuto fare qualcosa, quella ero io.

Jean mi fulminò con gli occhi azzurri. Forse la mia espressione rivelava tutto quello che stavo pensando perché mi si avvicinò, conciliante.

“ Anna, non possiamo fermare Rhadi. Lo sai. Sarebbe troppo per lui… vedrai che si conterrà”

Era tarda notte, in una villa privata, senza nessun testimone, senza domestici e guardie… dubitavo che si sarebbe contenuto.

 

Mi svegliai di soprassalto, più tardi. Non ricordavo neanche di essermi addormentata. Un plaid caldo, mi copriva. Asiya non c’era… probabilmente dormiva in camera sua.

Qualcuno aveva ripulito il salone dai postumi della festa. Qualcuno gentile come Jean, senza dubbio. Probabilmente anche lui se ne era andato.

Che ore erano? L’orologio a pendolo segnava le tre del mattino. Il buio della sala era rischiarato solo dalla tenue luce di una lampada.

Mi stiracchiai e mi portai la mano sul labbro gonfio, dove fino a due ore prima era sceso sangue a volontà. Per nasconderlo al vecchiaccio e agli altri, avrei dovuto truccarmi moltissimo. Una realizzazione mi colpì violentemente.

Rhadi!

Il pensiero mi fulminò. Dove era?  Nella penombra della stanza lo cercai.

Lo trovai.

Respirai sollevata. Era appoggiato sul bracciolo della poltrona e mi fissava strano.

“ Non.. non..” tentai di rantolare una frase di senso compiuto. Lui rimase immobile, in attesa.

Ci riprovai. “ Non li hai … uccisi… vero?”

Lui rimase fermo per un attimo e poi sospirò.

“ No… ma avrei tanto voluto” ammise.

Respirai a pieni polmoni, rincuorata dalle sue parole.

“Cosa gli hai fatto?” sussurrai.

“ Ho rotto loro le costole e le dita delle mani” mormorò, come se stesse parlando di una normale attività.. “Volevo continuare.. ma poi..” si interruppe.

“ Poi?” lo incalzai. Volevo sapere.

“… Poi da qualche parte, ho sentito una voce ce mi diceva che sarebbe stata la giustizia a fare il suo corso... e non la vendetta”, replicò, in tono amaro.

“ La tentazione di ammazzare quei… quei.. luridi bastardi è stata forte. Ma poi Jean ha chiamato una volante di polizia e un’ambulanza. Abbiamo spiegato tutto, ed adesso è tutto apposto..”

“ Ma..” mi interruppi, con voce strozzata. Non era assolutamente tutto apposto.

La Stampa lo avrebbe saputo in meno di un minuto, così come tutti gli altri Karim.

Rhadi non sarebbe stato affatto graziato dall’opinione pubblica, lo sapevo bene.

“ Ma così tu sarai comunque nei guai! La tua immagine sarà rovinata!” quasi gridai.

La testa prese di nuovo a pulsarmi dolorosamente.

Immaginai i titoli dei giornali: “ La violenza del giovane Rhadi Karim” .

Soltanto il pensiero era intollerabile.

“ Calmati, Anna. Non mi importa un bel niente di questo… lo capisci? Non in confronto a quello che stava per succederti...”

Il suo tono si era fatto acceso.

All’improvviso si alzò e mi venne vicino.

Si inginocchiò davanti a me con una gamba, prendendomi una mano tra le sue.

“ Hai idea di come mi sia sentito, quando ti ho vista in quelle condizioni, tra le braccia di Jean? Avrei voluto uccidere su due piedi quei due bastardi!” la sua voce era affranta, i suoi occhi in tempesta.

Lo fissai.

Era così vicino.

Quanto mi importava di Rhadi? Non lo sapevo con precisione, ma la risposta era comunque univoca: tanto.

Avrei potuto superare i suoi atteggiamenti arroganti e odiosi e posarmi solamente nella sua dolcezza e nella sua inspiegabile malinconia…nel suo alone di mistero che mi confondeva sempre più.

Di nuovo la domanda si fece più  assillante: chi era veramente Rhadi?

Forse non lo avrei mai saputo, ma in quel momento non mi importava un bel niente.

Non importava nulla.

Neanche il fatto che probabilmente lui non provava nulla di così angosciante e forte, nei miei confronti. Sicuramente il suo senso di dovere e protezione verso di me erano forti, essendo io affidata alla sua custodia. Ma non provava null’altro.

Tale consapevolezza mi fece male.

Una lacrima scese lungo il mio viso e cadde nei pantaloni, ormai sbrindellati, del pigiama.

“ Perché piangi?”  sussurrò, sconvolto.

Scossi la testa, asciugandomi in fretta il viso con il dorso della mano.

“ Grazie.. per essermi accanto. Nonostante tutti i problemi, ti devo ringraziare. D’ora in avanti non ti creerò più fastidi..”

Il suo sguardo si affilò, per qualcosa che avevo detto. Era irritato; forse non avrei dovuto essere così pignola.

In fondo lui sentiva come suo dovere, aiutarmi.Già, un dovere. Solo uno stramaledetto, dovere.

Ma avevo sbagliato a giudicarlo, ancora una volta. Le parole che disse dopo, me ne diedero conferma. 

“ Tu pensi di crearmi fastidio…?”

La sua voce era seria. I suoi occhi non si allontanavano dai miei.

“ Anna, quanto sei sciocca Tu non mi dai fastidio Semplicemente, non voglio che tu sia in pericolo. Non voglio che tu ti confonda nel mio mondo.. perché è troppo pericoloso; lo capisci, vero?”

Abbassai lo sguardo, per un momento.

Il suo mondo.  La sua doppia identità che io conoscevo. Mi chiesi quanto sarebbe rimasto sconvolto nel sapere quanto ero già coinvolta in quello che definiva ‘suo mondo’.

Decisi di sviare il discorso…

“ Comunque ti devo ringraziare, lo stesso. Mi dispiace solo di averti creato questo problema. Di’ a Rhika che mi dispiace di avervi rovinato la serata…”

Dio solo sa quanto mi costasse fatica pronunciare quelle parole.

Mi creavano dolore e vuoto.

Lui mi fissò per un attimo , allibito.

Poi successe tutto in un attimo.

Si avvicinò ancora di più e si sedette sul divano.

Mi guardò fisso negli occhi.

“ Cosa stai blaterando?” sussurrò.

Io, non riuscendo a sostenere il suo sguardo cristallino, distolsi i miei occhi dai suoi.

“ Tu… tu pensi che io… stia con Rhika perché realmente mi faccia piacere?”

Nelle sue parole, colsi una traccia di ironia, come se lui giudicasse il solo pensiero, assurdo.

Accadde tutto in un istante magico.

Un istante che godetti fino all’ultimo.

Mi sfiorò lentamente i capelli e il viso. Con il dito mi tirò su il mento, obbligandomi a fissarlo di nuovo negli occhi. Il mio labbro inferiore tremò.

Si avvicinò, attento a non spaventarmi.

Quando le sue labbra si posarono sulle mie, sussultai.

Fu meraviglioso e… surreale.

Pensando a quante volte avevo lottato inutilmente contro la mia attrazione fisica nei suoi confronti , mi diedi mentalmente della stupida.

Ci sono momenti in cui occorre deporre le armi, perché continuare a dar battaglia quando l’obiettivo non sussiste più, è da stupidi.

Ci sono momenti in cui occorre smettere di comportarsi da bambini capricciosi e assecondare soltanto i nostri desideri più nobili

Solo gli stupidi non cambiano idea.

L’obiettivo di fargli la guerra a priori, era divenuto ormai inutile… perché dovevo oppormi al desiderio di baciarlo, in fondo?

Quel suo semplice gesto, aveva suscitato in me un barlume di speranza.

Forse anche a lui importa di me.

Ricambiai il bacio, delicatamente, afferrando con una mano i suoi capelli e posando l’altra  dietro la sua schiena.

Il rossore mi imporporò le guance.

Quando il suo braccio forte, mi sospinse verso di lui, non potei non assecondarlo.

Mi aveva stregato.

Aveva mandato a farsi benedire la mia dannatissima razionalità.

Io che mi vantavo tanto di riflettere sempre, mi stavo ora sciogliendo dinanzi all’impulsività.

Nella tenue luce della lampada, alle tre del mattino, abbracciata contro di lui, percepii la felicità scorrermi nelle vene.

Felicità, si.

Perché nonostante tutto quello che sarebbe successo dopo, nonostante i problemi, i misteri e la sua arroganza… per me  Rhadi era diventato importante.

E io, forse, ero divenuta importante allo stesso modo.

Soltanto sperare in questo, mi alleggerì il cuore.

La sua bocca mi baciò il collo, scivolando leggera e delicata sulla spalla. Con una mano mi abbracciò, all’altezza della vita.

Sospirò, senza aggiungere una parola.

Presa come ero, rammentai soltanto lontanamente le parole di Jean   Cosa farai? La festa ti serviva per raccogliere fondi per..” .

Di nuovo, il mistero di Rhadi si infittiva. Ma in quel momento importava veramente qualcosa? La sua bocca riprese a baciare la mia, furiosa, e io ricambiai , testarda.

Almeno per quel momento, avrei lasciato il raziocinio al di fuori della mia vita. Ciò che realmente importava era essere cullata tra le sue braccia, a quel modo… si, anche se per lui poteva essere che un capriccio del momento, non mi importava più.

Nella notte scura, illuminata dalla luce tenue di quella lampada, avevo finalmente trovato un termine migliore per definire la complessità dei miei sentimenti…io lo amavo?

 

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Capitolo 21
*** Freaky meeting ***


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Nuovo aggiornamento. ^_^ Spero commentiate numerosi. Questa volta sono riuscita ad aggiornare prima di quanto mi aspettassi. Grazie del sostegno. Commenterò personalemtne ogni vostra recensione appena posso. Non preoccupatevi di farle lunghe. anzi , più ricche di suggerimenti e impressioni sono, più sono interessanti da leggere per me ;) ja ne besos

 

 

La mattina dopo fu come svegliarsi dopo una allegra serata di bevute. La testa mi doleva, e il braccio di Rhadi che ancora mi teneva stretta, era caldo. Avevamo dormito tutta la notte- o meglio ciò che della notte restava- sul divano del soggiorno, l’uno abbracciato all’altra.

Aprendo gli occhi e tentando di sistemarmi i capelli aggrovigliati, sentii la fiacchezza e la spossatezza derivanti da una notte di pianti e angosce.

Un piccolo sorriso furbo si dipinse sulle mie labbra. Alla fine però, l’angoscia era svanita del tutto.Aveva lasciato spazio alla felicità.

Il sole ci colpiva entrambi, battendo sulle nostre pelli e sul plaid di lana che ci avvolgeva.

Rhadi ancora dormiva. Il suo viso era quanto di più bello avessi mai visto. Ma non era nulla se paragonato al suo incredibile modo di fare che tanto mi spazientiva e stregava.

Dormiva, beato. Il respiro era leggero quasi come quello di un bambino.

Volevo accarezzargli il viso, ma mi trattenni.

C’erano troppe cose da chiarire, ancora. In silenzio tentai di ricordare nei minimi dettagli tutto quello che era successo.

La consapevolezza dei miei sentimenti per lui era stata violenta e sorprendente . Alla fine, ero capitolata proprio come mi ero ripromessa di non fare. Ma non potevo farci nulla. Non potevo negare l’attrazione che ci legava ed in fondo, c’era anche qualcosa di più oltre l’attrazione.

Qualcosa di più profondo, quasi una condivisione di ideali -anche se da quel punto di vista ancora, non ne sapevo molto-. Rhadi era un mistero per me. Un mistero affascinante e arrogante al tempo stesso.

Era impertinente, possessivo, autoritario, viziato, infantile, gli piaceva avere il comando su tutto… ma al tempo stesso possedeva un lato dolce e carismatico che difficilmente era visibile ad un occhio non attento e analizzatore come il mio.

Lo avevo scorto per la prima volta a casa di Adèle, nel suo atteggiamento con i bambini. Ma ne aveva dato mostra anche precedentemente quando mi aveva tirato fuori dai guai, per la storia di Xavier.

Quel lato carismatico e così dolce mi aveva stupita più di quanto tutta la società giordana non avesse fatto da mesi a questa parte.

La sua dolcezza, la sua ingenuità, la sua franchezza di comportamenti mi aveva mandato in tilt il cervello, contraddicendo ogni mia possibile conclusione logica .

A proposito di contraddizioni , comunque, Rhadi non era neanche tanto lineare. Se con Adèle e i bambini era stato affascinate e dolce, con me si dimostrava spesso tutt’altro: possessivo e dispettoso sarebbero stati i termini appropriati. Anche se non potevo dimenticare la tenerezza dei suoi occhi quando mi aveva concesso ‘l’ora d’aria’. Ah, quasi dimenticavo: Rhadi era spaventosamente ironico e dannatamente intelligente.

D’altronde per nascondere a tutti il fatto di partecipare ad una società segreta, Cure, ci voleva un acume e una lucidità mentale non indifferente.

Ovviamente non a tutti erano nascoste le attività parallele di Rhadi. Sorrisi, soddisfatta di me stessa.

Una mosca gironzolava pigramente per la stanza, sotto il sole infuocante: il salone stava diventando una savana. Chissà che ore erano… le undici, forse? Sospirai e mi accoccolai contro di lui.

Nonostante potessi descrivere nei minimi dettagli gli atteggiamenti di Rhadi, ancora lui era un affascinante mistero. Un mistero che presto o tardi avrei svelato.

La maschera incredibile di ragazzo sfacciato e impertinente nascondeva ben altro, ed io ero curiosa per natura.

Ora che finalmente ero rientrata in possesso delle mie facoltà mentali- la scorsa notte non ero stata molto razionale, in effetti- dovevo trovare il modo di capire di più.

Oltre quello, c’era poi sostanzialmente il fatto che se io amavo realmente Rhadi, non potevo certo essere sicura del contrario, ovvero che lui amasse me.

Sorprendentemente, mi ero innamorata di un ragazzo che non era assolutamente il mio tipo ideale, un ragazzo che aveva fama di essere grande amatore per una sola notte e via.

Forse per lui ero poco più che quello. Anche se tra di noi non c’era ancora stato del vero sesso. Non ero sicura di voler fare l’amore con lui, finchè non fossi stata certa del fatto che anche lui mi amava.

Il non saperlo -o peggio, il sapere di non esserlo- mi bruciava nel petto come un dardo infuocato scagliato da quel sole mattutino.

Ero quasi convinta che per lui non fossi altro che una conquista fatta e null’altro. Che possibilità avevo, rispetto a tutte quelle belle ragazze che gli gironzolavano intorno? Se anche l’aspetto fisico era un fattore minimo, ero sicura che Rhadi non lo trascurasse affatto.

Ero consapevole di essere una diciassettenne nel corpo di una quattordicenne: gracile e poco attenta ai dettagli che valorizzano la femminilità . Ma ero fatta così: un maschiaccio per natura.

Mi prudeva il naso e gli occhi mi si appannarono per un attimo. Dannazione, no . Non piangere. Non potevo passare l’intera mia vita a commiserarmi o farmi castelli mentali.

Ero doloroso decidere, ma se volevo avere una possibilità con lui, la prima cosa da fare era non dargli ciò che voleva. Solo così avrei potuto capire se realmente teneva a me.

Cedere alla tentazione di passare una notte con lui sarebbe stato magnifico -la mia prima volta con la persona che mi aveva fatto perdere completamente la testa, il mio primo amore!- , ma si sarebbe rivelato un incubo se dopo ciò, non mi avesse più degnata di uno sguardo. Ne avrei sofferto terribilmente.

Chiusi gli occhi e appoggiai la testa contro il suo petto; era caldo – ovviamente, visto che il sole ci inondava- e ascoltare i battiti del suo cuore era affascinante…

" Cosa diavolo stai facendo? E’ da mezz’ora che stai fissando il vuoto davanti a te".

La sua voce mi fece sobbalzare. Mi voltai: Rhadi mi stava osservando con un ghigno beffardo sulle labbra. Era sveglio! Era stato sveglio per tutto quel tempo! Divenni paonazza.

" Niente.. io.. stavo solo pensando" bofonchiai, incapace di guardarlo negli occhi.

Lui rise, divertito.

" Ma davvero? Devono essere pensieri molto impegnativi, vista la tua espressione di poco fa…"

" Quale espressione?" Se fosse stato possibile, sarei potuta diventare ancora più rossa di vergogna.

" Mmmm… non so: un’espressione che la diceva lunga. Sembrava stessi decidendo per qualcosa di veramente molto importante.."

Abbassai lo sguardo; se avevo pensato mai che Rhadi non fosse acuto, non potevo più avere dubbi adesso. Il suo acume era quanto di più inopportuno, al momento.

" Non.. non dire sciocchezze!" esclamai. Le mie mani erano aggrovigliate tra loro , per la tensione.

La sua mano invece, calma e ferma, mi si avvicinò e mi sollevò il mento.

" Guarda che per me sei un libro aperto, Anna" sussurrò, nei suoi occhi un guizzo di ironia feroce.

Mi staccai con stizza da lui. " Sei sempre il solito! Perché devi torturarmi ogni volta che puoi?" simulai un perfetto tono da incazzata, anche se realmente ero più imbarazzata che altro.

" Perché è divertente" replicò, noncurante. Mi prese di nuovo il viso tra le mani e lo avvicinò al suo. Rimasi impassibile, a pochi millimetri da lui, fissandolo negli occhi. Quel verde galvanizzante era più profondo dei mari del Sud… Cosa nascondeva?

" A cosa pensavi, piccola Anna?" sussurrò. Io risi sommessamente, quando pronunciò quel mio soprannome prima tanto odiato e ora tanto apprezzato.

" A nulla.." risposi. Mi avvicinai e lo baciai, arrogante.

Lui rimase per un attimo interdetto… il fatto che una donna prendesse l’iniziativa in certe cose, ancora lo sconcertava. Risi leggermente tra me e me: almeno sapevo stupirlo.

Ricambiò il bacio prendendomi tra le braccia e stringendomi , ma non forte… delicatamente. Avevo la sensazione che temesse che potessi spezzarmi da un momento all’altro…

Il batticuore accelerò e quando il bacio finì, ero quasi certa che il cuore mi sarebbe scoppiato nel petto. Lui mi guardò per un attimo, compiaciuto.

" Vedi? Alla fine ho vinto io la partita… " disse, provocandomi. Sapevo che lo stava facendo apposta. Sorrisi di proposito , digrignando i denti.

" Sei sempre il solito sbarbatello.." blaterai.Qualcosa dentro di me però, si incrinò: se aveva vinto, significava davvero che intendeva ciò che c’era tra di noi come un gioco; un malizioso gioco di provocazione, ma niente di più..

"E adesso che facciamo?" chiesi, simulando un tono tranquillo per nascondere la tensione che sentivo. Gli ipotetici progetti del futuro con Rhadi mi assillavano.

Lui non mi rispose e si alzò dal divano, stiracchiandosi al sole. Rimasi in attesa, muta come un pesce.

" Nulla. Non c’è nulla da fare, piccola Anna. Voglio dire… era ovvio che saremmo finiti così. Te l’avevo detto già nei nostri primi incontri che eri mia, ricordi?"

Rimasi inebetita, assorbendo lentamente le sue parole.

"Che significa che non facciamo nulla…?" sussurrai.

Lui mi guardò, di traverso " Significa che siamo già fidanzati… cosa vuoi che facciamo?"

Sul suo volto si dipinse un’espressione maliziosa.

" Ah… forse ho capito"

Gli tirai un cuscino " Non hai capito una mazza, scemo!" gridai, rossa cremisi. Era ovvio che non intendevo quello. Specie dopo il mio proposito di non farlo, finchè non fossi stata certa dei suoi sentimenti per me.

Lui rise, schivando il cuscino. " D’accordo, d’accordo, Annina… non prendertela!"

Ripresi il controllo di me. " Volevo dire… il fatto di.. esserci baciati.. cambierà i nostri rapporti.. no?" Procedetti con cautela; volevo analizzare la sua reazione…

Lui rimase senza parole, per un momento. Mi squadrò e non so cosa vide di così divertente, perché dopo tre secondi l’ombra di un sorriso attraversò le sue labbra.

Rimase lì, in piedi , con i ciuffi neri spettinati e il sorriso che mandava bagliori anche sotto il sole che entrava dalla vetrata. Era uno spettacolo…

" Anna, sei incredibile…! Voglio dire, è ovvio che i nostri rapporti siano cambiati , no?"

Sospirai; in realtà ciò che volevo chiedergli a bruciapelo era se i nostri rapporti erano cambiati talmente tanto, da non fare entrare Rhika o nessun’altra tra di noi. Ma non glielo chiesi. Sapevo che Rhadi era uno spirito libero. Non potevo essere sicura che questo bacio precludesse ogni suo secondo rapporto con altre ragazze. E la cosa mi mandava in bestia.

Il mio silenzio lo stupì ancora, forse. Si avvicinò di nuovo a me e disse ciò di più inaspettato potesse dire… qualcosa che mi fece soffrire come un cane.

"Per me sei importante. Ma non credere che il cambiamento tra di noi, allenterà il guinzaglio… non ti permetterò in ogni caso di combinare guai o fare di testa tua. Riesci sempre a creare casini quando agisci da sola.. ieri sera, per esempio…".

Lasciò in sospeso la frase. Il suo tono era serio e autoritario. Il lato dolce aveva fatto posto al lato prepotente che di lui non mi piaceva…

Inoltre, aveva frainteso tutto. Le mie parole non volevano sottintendere una richiesta di maggiore libertà, ma una richiesta di esclusività del nostro rapporto..era proprio irrecuperabile.

Gli lanciai un’occhiata di fuoco. " Non era quello che intendevo..!" gridai, offesa.

Lui rise ancora, si abbassò leggermente, prendendomi la guancia tra il pollice e l’indice , tirandomela un po'.

" Allora meglio così. Il nostro rapporto cambierà sicuramente, Anna… e tutto ciò è meraviglioso. Ma sei ancora sotto la mia protezione. Da quel punto di vista non cambierà nulla.."

Odiavo il fatto che sottolineasse ancora una volta, il rapporto di dipendenza completa che mi legava a lui. Quei suoi discorsi mi infastidivano enormemente.

" Ahia, mi fai male!" sibilai. Mollò la presa e mi baciò sulla guancia.

" Alziamoci. I domestici arriveranno tra un’ora e la mia famiglia tra due…" disse, girandosi di spalle.

" Che ore sono?" chiesi.

" Le nove e mezza."

Mi alzai in un lampo e sistemai il telo del divano.

" Vado a dare un’occhiata ad Asiya… ieri sera Jean l’ ha accompagnata a letto.."

Jean.. me ne stavo per dimenticare. Se non fosse intervenuto lui, a quest’ora sarei stata uno straccio se non di peggio.

" Ringrazialo da parte mia" dissi, prima che lui sparisse del tutto sulla rampa di scale.

Dalla rampa mi arrivò la sua risposta.

" Non serve! Potrai farlo tu di persona.. giovedì prossimo siamo ad una festa da lui!"

 

 

Se il mio rapporto era cambiato in qualcosa, non fui la sola ad accorgermene. Ovviamente nei giorni seguenti, i battibecchi si susseguirono senza tregua. Non era possibile evitarli: i nostri caratteri spesso si scontravano anche su bazzecole di poco conto.

Oltre ciò però, si vedeva lontano un miglio che da parte mia non c’era più la tensione di una volta . Da parte sua mi sembrava di scorgere tenerezza negli occhi, ma forse era solo una mia impressione, una mia speranza.

Ancora non avevo capito come Rhadi mi considerasse. Senza dubbio ero la sua fidanzata. Ma questo lo ero già anche quando ci azzannavamo senza tregua.

Ciò che ancora non era ben chiaro era quello che provava per me. Non aveva detto nulla che potesse chiarire i miei dubbi. Ed io pativo.

Ovviamente, orgogliosa e stupida come ero, neanche io avevo mai detto qualcosa di chiarificante per lui; ma era anche vero che lui non sembrava averne la necessità.

La sua vita continuava come sempre: aiutava il padre nei compiti amministrativi delle proprietà, iniziava la sua preparazione per entrare all’Università, andava in palestra, usciva con gli amici, tornava tardi la notte.

Non riuscivo a scorgere un cambiamento in lui. Soltanto il suo sguardo era mutato. O era un attore perfetto, o la mia paura più grande era reale: non mi amava. Non sembrava provare il tormento che sentivo io. E ciò snervava.

Era anche vero che adesso, ogni volta che usciva mi portava con lui. Non mi mollava mai. Il mio cuore si riempiva di gioia ogni volta che lo faceva.

Scherzosamente – o forse realmente-, diceva che voleva avermi sempre sotto gli occhi, dato che ero una fonte di guai. Non potevo dargli torto. Ma sotto sotto, speravo che ciò significasse che anche lui mi voleva vicino, almeno quanto io volevo lui.

. Dopo la brutta situazione che era capitata alla festa con quei due bastardi, la Stampa aveva acclamato Rhadi come salvatore della città.

Non so come, ma il mio timore che potesse essere dipinto come un violento, nei giorni successivi suonò ridicolo persino alle mie orecchie.

La cronaca aveva descritto l'intera faccenda seguendo perlopiù i toni di una disgrazia capitata ai Karim che uno scandalo messo in atto dal loro giovane rampollo.I Karim, stranamente avevano fatto pochi commenti.

Probabilmente erano talmente entusiati dal cambiamento del nostro rapporto da non badare più di tanto ai giornali. Ovviamente si erano preoccupati per me e avevano ammonito Rhadi per la sua mania di dare festini; e non potevo affatto biasimarli per i loro rimproveri.

Ma a parte questo, il cambiamento che era avvenuto tra noi era così eclatante da offuscare qualsiasi altro avvenimento.

A volte Rhadi mi guardava in modo strano, e io capivo che dietro il suo sguardo c’era desiderio. Ma non potevo permettermelo.

Ero conscia di essere totalmente insensata: se vuoi qualcuno e qualcuno ti vuole cosa c’è di male nel fare sesso? Ma le mie convinzioni idealiste avevano la meglio su di me .

Oltre alle mie convinzioni c’era anche il fatto di non voler essere trattata come una ragazza ‘usa e getta ’ Non mi ero mai sentita così presa da qualcuno.

Neanche a Londra, con le mie rare uscite con i ragazzi. No, non potevo permettermi di soffrire. Odiavo piangere ed un suo cambiamento nei miei confronti mi avrebbe fatto piangere per mesi. Avevo paura che una volta che avessi fatto l’amore con lui, non mi avrebbe più considerata.

Era così che di solito funzionava con le sue ragazze. Inoltre, se c’era una cosa a cui tenevo, era la mia prima volta.

Forse ero anche troppo all’antica ma non mi importava un bel niente. Non mi andava di passare per una come Rhika. Come avevo detto, non fui la sola ad accorgermi del cambiamento tra me e Rhadi. Rhika se ne accorse e nei locali spesso la vedevo lanciarmi occhiate di fuoco.

Ma non era la sola. Molte donne mi guardavano, velenose come serpenti, e vedevo nei loro occhi il desiderio che sparissi.

Ciò mi confortava un po’: ai loro occhi ero una minaccia e sembrava che Rhadi fosse realmente preso da me, e io speravo ardentemente in questo.

Quando mi teneva in braccio, mi baciava sul collo in pubblico , ero al settimo cielo.

Una sola cosa mi infastidiva: il fatto che ancora non avessi totale autonomia. Ma in fondo lui mi aveva avvertito: non avrebbe allentato il guinzaglio.

Ero legata a lui, per impedire a me stessa di combinare guai .Da una parte ero felice perché ero una stupida innamorata, ma dall’altra il mio orgoglio ruggiva nel petto e la ragione mi diceva che non era gusto essere trattata come una agli arresti.

Sentivo ogni giorno che passava il peso di questa mia dipendenza. Inoltre ciò danneggiava di molto la mia capacità di movimento. Non potevo indagare.

Odiavo chiedere il permesso anche per uscire a farmi una passeggiata. Lui ovviamente mi concedeva tutto, ma il solo fatto di doverglielo chiedere mi collocava in una posizione di subalternità che non mi piaceva.

Anche in un ipotetico futuro e sperato rapporto di coppia, volevo avere parità di posizione con lui, non potevo permettergli che lui stabilisse tutto per me e io niente per lui. Era una cosa che mi infastidiva troppo.

Anche a casa, comunque, Jasmina mi sorrideva complice. Come ogni brava donna intelligente, aveva capito che tra noi c’era qualcosa ( benché fosse qualcosa di ancora non definito, purtroppo).

Hakim mi guardava sogghignando di tanto in tanto e Asiya era al settimo cielo. Tutti bene o male si erano accorti del mutamento tra di noi. Spesso io e lo sbarbatello chiacchieravamo fino a notte fonda sul divano in salotto, scambiandoci idee e opinioni. Quasi tutte le volte finivamo per discutere, ovviamente.

La settimana volò velocemente e in tutto quel tempo non ebbi neanche il tempo di decifrare le pagine trafugate. Non avevo dimenticato i misteri che aleggiavano intorno alla mia vita in Giordania, ma i dolci imprevisti della vita mi avevano rallentato un po’ con le indagini.

Adèle da parte sua non poteva aiutarmi, visto che era tornata nel suo cottage pieno di bimbi.

L’avrei rivista alla festa di Nola, senza dubbio. La giovane ambasciatrice stava preparando una magnifica festa. O meglio, erano i suoi sovrintendenti che la stavano organizzando. Ci sarebbe stata il prossimo mese ,a trenta giorni esatti dal mio compleanno.

Ovviamente eravamo tutti invitati. Lì avrei potuto chiedere aiuto ad Adèle , ma nel frattempo speravo di poter decifrare qualcosa anche da sola. Avevo deciso di fare una ricerca su Google, sperando di trovare qualcosa, ma la festa a casa di Jean mi costrinse a rimandare i piani.

La mamma da Londra, alla quale avevo raccontato quasi tutto, mi aveva inviato uno splendido vestito di raso. Il raso era la mia stoffa preferita e scartando il pacco, non potei che pensare a lei con nostalgia. Avevo una mezza idea di chiedere a Rhadi il permesso di tornare a Londra per qualche settimana, almeno per Natale, per rivedere i miei vecchi.

Charlotte, una nuova cameriera, mi aiutò a indossarlo.

" Le sta proprio bene, signorina Anna" Charlotte era giovane, simpatica e sempre allegra. Il tipo di persona che mi piaceva. Quando pensava una cosa la diceva, perciò presi per sincero quel complimento. Le sorrisi.

In effetti il vestito era splendido e riusciva a trasformare un manico di scopa come me , quasi in una donna. Era bordeaux, di taglio corto- mi arrivava sopra il ginocchio- con le spalline eleganti. Mia mamma aveva buon gusto.

Scendendo le scale, vidi Rhadi che mi aspettava, sorridente.

Era vestito con un completo scuro. Il nero e i colori scuri gli donavano assolutamente.

" Muoviti, Anna. Faremo tardi così. Sei un caso perso.." esclamò, beffardo.

" La tua gentilezza è pari a quella di un elefante" mormorai.

" Ma è per questo che piaccio alle donne" replicò lui, allegro, offrendomi il braccio.

Gli pestai il piede come ai vecchi tempi.

" Ed è per questo che un giorno o l’altro ti ritroverai con un piede in meno" dissi, placida, superandolo e aprendo il portone di casa.

Lui imprecò e poi mi lanciò un’occhiataccia.

Gli sorrisi, sfacciata.

" Su, andiamo! Non vorrai fare tardi. Sei così lento.." mormorai, sardonica…

Lui replicò con un sorriso sarcastico e abbagliante e poi uscì di casa.

" Questa sera non ti leverò gli occhi di dosso… tu vedi di stare attenta e di collaborare però!" gridò, dal giardino.

Io, sapendo a cosa si riferiva, non potei liquidare la sua affermazione.

Jean viveva in una villa bellissima, a pochi chilometri dalla nostra. Il padre aveva fatto una barca di quattrini se poteva permettersi tutto quel lusso. Possedeva persino un ristorante integrato con la casa. Cucina francese, ovviamente. I suoi chef provenivano tutti da Parigi.

Davanti casa, una miriade di automobili erano parcheggiate. Rimasi a bocca aperta.

" Quante persone ha invitato Jean?"

" Non saprei… forse più di duecento. Ma lui è fatto così" Mi spiegò Rhadi, totalmente a suo agio con l’idea di una festa con più di duecento invitati. Ma in fondo era di Rhadi che stavamo parlando.

Ai cancelli, un elegante signore controllò i nostri nomi sulla lista ma prima che potesse accertarsene, Jean ci venne incontro dal giardino, raggiante di gioia.

" Lasciali passare, Rob. Loro sono miei invitati speciali" gridò, ancora da lontano.

Rhadi gli sorrise.

" Vorrei ben vedere, francese!! Marick è già arrivato?"

Rob ci fece passare da un'altra porticina, accanto al cancello .

" Si è già dentro. E’ venuto con Ashanti.. sai che gioia. Quella vipera lo ha fuso"

" Ma è la tipa che gli ha fatto perdere la testa e il portafogli?"

" Si è lei. Figurati che lo scorso mese il povero pazzo ha speso mille dollari per comprarle una borsa americana.."

" Ma tu guarda la gente!"

Io rimanendo in silenzio, mi estraniai dai loro discorsi. Non mi interessava poi molto conoscere la donna che stava spennando Marick come un pollo. Anche se mi dispiaceva per lui, senza dubbio.

Dopo aver sorriso e salutato Jean con un abbraccio, lasciai i due a chiacchierare dei cavoli loro. Mi allontanai , salendo le scale del porticato dell’imponente villa. Lo stile architettonico mi sembrava palesemente liberty del primo Novecento, ma non ne ero tanto sicura. Forse Jean e i suoi genitori erano ammiratori dell’ Art Nouveau, ma in storia dell’Arte non ero poi così ferrata.

Quando aprii la porta di casa, fui preparata a incontrare la più numerosa ciurma di gente che potesse invadere un atrio. Rhadi e i suoi amici erano simili, dopotutto.

Tentando di schivare più gomitate possibili, mi diressi verso il buffet a prendere un aperitivo. Era una mia prassi regolare: alle feste, dirigersi immediatamente al buffet.

Una ragazza bionda dagli stupendi occhi turchesi sghignazzava ubriaca , spargendo coca cola e vino da tutte le parti. Evitai per poco di bagnarmi le scarpe.

" Scusa, puoi fare attenzione?!" gridai , irritata. Dovevo gridare per forza: il rumore della folla e la musica erano troppo assordanti. Jean possedeva un potentissimo impianto audio.

" Scusa?" disse lei, ridendo ancora e sbattendo gli occhi.

Era ubriaca persa.

La ignorai e presi a guardarmi intorno, tentando di visualizzare una sedia o un qualsiasi posto per sedermi e fare meno danni possibili. Speravo che la sfortuna quella sera mi girasse alla larga. Ovviamente non era stata solo colpa della sfortuna ciò che mi era capitato la settimana prima. Era stata anche colpa della mia dannatissima stupidità.

Individuai una sedia , non molto lontano e mi apprestai a raggiungerla prima che qualcuno me la soffiasse via. Sarebbe stato semplice, se non avessi incontrato Rhika con la sua amica Angelique.

Mi si piantarono davanti, sbarrandomi la strada.

" Ciao Anna" Rhika indossava un vestito blu scuro molto scollato.

" Buonasera." Risposi io, portandomi il bicchiere di aranciata alle labbra. Non mi interessava proprio conversare con quelle due idiote.

Angelique se possibile, era ancora più irritante di Rhika: masticava una gomma a bocca aperta inscenando uno spettacolo davvero disgustoso.

" Rhadi ti ha mollato, a quanto vedo" L’acidità con cui lo disse, mi diede sui nervi.

"Già" Replicai, nervosa. Distolsi lo sguardo e presi ad esaminarmi attentamente le unghie della mano sinistra.

" Certo, dopo quello che è successo la scorsa settimana, era ovvio che per tutte le sere ti è stato appiccicato, no?" continuò lei, sorridendo, leziosa.

" E’ stato tremendo ciò che stava per accaderti, Anna" aggiunse Angelique, sgranando gli occhi.

Io non risposi.

" Ovvio che dopo un po’ ci si stanca a stare attaccata a te.. non posso biasimare Rhadi. Farti da balia deve essere davvero noioso"

Se avessi potuto, l’avrei presa a schiaffi.

Angelique si finse stupita. " Aaaah.. allora ti fa da balia! Ho capito.. e io che pensavo che ci fosse qualcosa tra loro!"

Io la fissai per un momento, valutando le sue capacità intellettive; aveva l'aria proprio di un'idiota. Per poco non le scoppiai a ridere in faccia.

Rhika rise " Si come no.. ti pare credibile? Rhadi e lei? Ahahah, ma per piacere!" blaterò Rhika gesticolando.

Io la ignorai ancora, ma la mia pazienza si stava esaurendo. Feci per andarmene, ma Angelique mi bloccò nuovamente la strada.

" lo sanno tutti, che le sta addosso solo per compiacere i genitori. Se ti dicessi quante volte è venuto a letto con me, rimarresti strabiliata!"

" Falla finita" replicai feroce. " E’ a te che piacerebbe sapere quante volte è venuto a letto con me" . dissi ciò con così tanto convinzione da lasciarla senza parole. Ovviamente il bluff era davvero assurdo. Sesso tra me e Rhadi era quanto di più improbabile potesse accadere… anche se desiderio c’era.

" E ti aspetti che ci creda?" mi rispose, la bionda finta.

" Dimmi la verità, Anna… quante volte ti ha detto che gli piacevi o che ti amava?" Le sue parole affondarono su una ferita già aperta. Non me lo aveva mai detto, ecco la verità.

" Ovviamente, me lo dice sempre" mentii.

Angelique rise come una pazza. " Sei davvero patetica!! Non sei capace di mentire bene, credimi. E poi, Rhadi non potrebbe mai dire di amarti… non lo ha detto a nessuna, figurati a una come te!"

Volevo metterle le mani addosso, ma le buone maniere inculcate in me non me lo consentirono.

" Hai tanta voglia di portartelo a letto, vero? " proseguì Rhika. " Ma la verità è che a te andrebbero bene tutti. Se è così perché non hai lasciato che i due della scorsa volta si divertissero? Sono sicura che avresti apprezzato anche tu , alla fine"

Ridussi gli occhi a due fessure.

" Dimmi la verità, tu, Rhika. Da quant’è che Rhadi non ti rivolge più attenzioni? Mmmm, vediamo, magari da quando sono arrivata io, vero?"

Questa volta fu lei a impallidire. Rise , tentando di ricomporsi.

" Non dire idiozie" replicò lei.

Io, calma e fredda come il ghiaccio, le rovesciai addosso il resto della mia aranciata.

Lei restò di sasso, senza parole.

" Santo cielo, mi dispiace Rhika. Ti giuro che non l’ ho fatto apposta!" esclamai, fingendo contrizione. Poi risi brevemente e spintonai Angelique per farmi largo.

Rhika e le sue amiche erano le persone più volgari che avessi mai conosciuto. Avevano il potere di esacerbare il mio nervosismo, ma il mio autocontrollo era stoico.

Quando arrivai finalmente alla sedia, la trovai occupata da un tipo. Sospirai, delusa.

Quelle due stronze mi avevano fatto perdere l’unico posto a sedere della serata.

Guardando meglio il tipo, mi si accapponò la pelle. Due grandi occhi gelidi mi inchiodarono sul posto. Un sorriso etereo mi ghiacciò il sangue nelle vene.

Lui mi fissava, io lo fissavo. No, non poteva essere lui. Eppure non vi era alcun dubbio.

"Anna , eccoti!" Jean mi raggiunse con il sorriso sulle labbra, insieme a Rhadi, Marick e la sua nuova fiamma.

Vedendo che ero immobile e impassibile, dinanzi al tipo fece il gesto di presentarci.

" Vedo che stavi facendo conoscenze. Lui è un mio vecchio amico di college, " spiegò

" E lei è Anna, insieme con Rhadi, Marick e Ashanti" aggiunse, indicandoci uno per uno. Notai a malapena il disappunto con cui presentò la ragazza, Ashanti. Avevo altro per la testa. Speravo che non mi riconoscesse per la ragazza che aveva incontrato all’Archivio, al terzo piano. E inoltre, cosa ancora più sconcertante, ancora non capivo come un amico di Jean potesse avere accesso a quel piano. Ero terrorizzata.

" Anna , stai bene?" Jean mi scosse leggermente per la spalla.

Mi ricomposi. " Si.. sto bene. E’ solo questo frastuono che mi da alla testa" replicai, in fretta. Dovevo sembrare più calma possibile. Rhadi mi fissò, strano.. nel suo sguardo riconobbi gelo e sospetto. Aveva capito perfettamente che il frastuono non centrava un accidente. Dannazione!

Jean mi disse qualcosa ma io non afferrai correttamente. Io miei occhi erano nervosi e guizzavano da tutte le parti, senza posarsi mai su nulla. Il ragazzo dagli occhi cerulei sembrava spassarsela.

" Scusa? Puoi ripetere, Jean?"

il biondo sospirò

" Dicevo , lui è un mio vecchio amico, Terence". Terence; conosciuto anche come shaykh. Sussultai quando mi porse la mano. La strinsi, esitante. Sentivo lo sguardo infuocato di Rhadi addosso.

Tentai di sorridere, cercando di sembrare più normale possibile.

" Piacere" sussurrai. Il giovane mi strinse talmente forte la mano, da stritolarmi le dita. Mi stava facendo male, ma non lo potevo dare a vedere… si ricordava, si ricordava, dannazione!

" Piacere mio" La sua voce era come acqua gelata. Strinse la mano anche agli altri e quando fu il turno di Rhadi, credo fu lui a stringergli forte la mano. Terence, non fece una piega e sorrise, soave. Le nocche ancora mi tremavano, per la sua stretta malvagia. Cosa diavolo significava? Il peggio dell'intera situazione però, era che Rhadi si era accorto di tutto, della mia reazione strana, della stretta di mano, del sorriso gelido di quel Terence. Avrei dovuto fare i conti più tardi, con lui.

Tremai fortemente.

" Anna, che cosa hai?" Marick mi prese al volo prima che potessi cadere per terra. Le ginocchia mi avevano ceduto.

" Sto… sto bene. Credo sia un calo di zuccheri.." biascicai. Rhadi mi prese tra le braccia e mi tirò su.

" Credo che un po’ d’aria fresca ti faccia bene, Anna" mormorò, minaccioso.

Mi portò via con sé e, tra le sue braccia tremai ancora più violentemente…

 

 

 

 

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Capitolo 22
*** Supposizioni ***


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Se avevo pensato di conoscere il carattere di Rhadi, bè… mi sbagliavo di grosso. Mentre mi trascinava lontano dalla calca di gente, sentivo la sua presa forte, stringermi le gambe. Mi stava portando in braccio, teso, e sui suoi occhi scorgevo un’espressione indecifrabile.

Tentai di calmarmi: dovevo creare un alibi credibile per quel mio comportamento così innaturale di poco prima. La vista di quel ragazzo agghiacciante mi aveva completamente offuscato il cervello. Non potevo certo sapere che, dopo averlo incontrato all’Archivio, me lo sarei ritrovato davanti così.

" Allora? Che ti succede?" proruppe lo sbarbatello, glaciale, quando arrivammo in un angolo appartato dell’enorme giardino. Mi aveva messo giù e aveva preso a girarmi intorno, fissandomi , critico. Mi ricordava molto il modo in cui mi aveva guardato la prima volta che ci eravamo incontrati.

Tentai di assumere un’espressione sofferente; ma sapevo di essere una pessima attrice. Con Rhadi davanti poi, figuriamoci!

" Niente di che… deve essere colpa della sindrome premestruale.. non mi sento tanto bene" mugugnai, nascondendo il viso tra i capelli.

La mia creatività in fatto di scuse era patetica; Ma non avevo mai fatto voli di fantasia eccezionali.

Con la coda dell’occhio, lo vidi fissarmi allibito. Era tutt’altro che convinto delle mie parole.

" Anna, non raccontarmi storie per favore. Non sono un imbecille. Ho visto che comportamento hai avuto con quel Terence… ti ha fatto qualcosa?"

Sollevai la testa, decisamente confusa. Cosa? Questa era nuova. Rhadi temeva che quel giovane mi stesse importunando? Ero preoccupato per me?

Non gli si poteva dar torto, in effetti, dopo quello che stava per succedermi la settimana prima.

" No… è solo che sto davvero poco bene e poi quel Terence.. sembra abbia un qualcosa di strano… mi sembra di averlo già visto…" sussurrai. Raccontargli una mezza verità era quanto di più sincero potevo permettermi al momento.Ed era anche la cosa più semplice da fare .

Lui , con sguardo preoccupato, mi tastò la fronte con la mano.

" Non sembra che tu abbia la febbre. Comunque, non dovresti giudicare le persone dall’apparenza, lo sai." Poi sorrise, beffardo" Io non l’ ho fatto con te" aggiunse. Gli mollai un cazzotto debole sul braccio.

" Che cosa vorresti dire?" esclamai. Le sue frecciatine trovavano sempre il modo di infastidirmi. Mi guard , inclinando la testa di lato e smise di camminare, fermandosi proprio davanti a me. " Be’ te lo avevo detto sei ancora piccola… una bambina, ma quando crescerai io… ok, ok stavo scherzando!" Rise divertito, dinanzi alla mia espressione furente. Parte della sua tensione sembrava allentata. Gli stavo per pestare il piede e lui lo sapeva bene: aveva una certa esperienza in materia.

" Ma tu guarda questo sbarbatello" mormorai tra i denti; sotto sotto, ero però divertita. Rhadi non smetteva comunque di essere il solito.Il suo rimprovero comunque mi aveva dato sui nervi. Avevo una voglia matta di dirgli che in realtà quel Terence non sembrava che avesse qualcosa di strano… era sicuro avesse qualcosa di strano. Il fatto che fosse un amico di Jean del college, sottintendeva che non fosse un militare o roba del genere. E allora come aveva fatto ad accedere al terzo piano? E poi, ancora: perché quei due energumeni lo avevano chiamato shaykh? Quello era assolutamente un titolo onorifico che si attribuiva a personaggi importanti. Ma nonostante quell’agglomerato di domande, la mia unica più grande preoccupazione era che quel ragazzo svelasse a tutti il mio segreto : ovvero, che stavo indagando al terzo piano, la zona proibita. Tra tutti, soltanto Adèle era a conoscenza dei miei movimenti. Non potevo assolutamente permettere che un terzo venisse a sapere delle mie investigazioni, meno che mai Rhadi. Se lo sbarbatello fosse venuto a conoscenza dei miei movimenti spionistici, non mi avrebbe più guardata come prima. Magari mi avrebbe addirittura giudicata una doppiogiochista. Inoltre, se avesse avuto anche l’ombra del sospetto che un’organizzazione mi stava dando la caccia o roba simile, mi avrebbe messo sotto chiave e allora… addio alle mie possibilità di conoscere la verità! Ammesso che già non sapesse tutta la storia o parte di essa. Il mistero che aleggiava intorno a Rhadi era un altro stimolo alla mia curiosità, in effetti. In ogni caso, Villa de Sole, la casa dei miei genitori biologici, era ancora una meta ambita per me; tanto più che ancora possedevo sia la chiave che il medaglione. Se Rhadi avesse saputo dove volevo andare, mi avrebbe rinchiuso in casa e gettato via la chiave dalla finestra. No, non potevo permettere che succedesse. Dovevo parlare mio malgrado con quello strano individuo, Terence, e intimargli di tacere… anche se non sapevo proprio quali argomentazioni usare per intimargli alcunché.

" Si… in effetti hai ragione. Magari dopo ci parlo" dissi, conferendo alla mia voce un tono casuale. Rhadi mi guardò di sottecchi.

" Se proprio devi" sussurrò, a bassa voce. Quasi non lo sentii. .. quasi. Lo osservai stupefatta, mentre ancora una volta la confusione prese ad offuscarmi i sensi.

" Cosa significa se proprio devo?" domandai circospetta.

Rhadi si strinse nelle spalle e per la prima volta da quando lo conoscevo sembrò a disagio " Be’… nulla è solo che… ecco, anche a me non piace tanto quel Terence.."

Lo osservai ancora più meravigliata. Dubitavo che le ragioni di Rhadi sul suo non apprezzamento di quel tipo, fossero le mie stesse ragioni. E allora che cosa gli stava passando per la testa? Perché aveva quello sguardo quasi arrabbiato e imbarazzato al tempo stesso? Poi capii e scoppiai a ridere.

" Sei geloso! Ahahahah, oddio non ci posso credere!"

Rhadi geloso di me, era davvero esilarante e … magnifico al tempo stesso: il mio cuore prese a fare capriole festose.

Rhadi mi fulminò, astioso.

" Farai meglio a non fare tanto la spiritosa. Non dire idiozie. Non sono geloso di te… semplicemente non voglio che ti cacci ancora nei guai e conosca persone sbagliate"

Risi maligna " Davvero una gran bella spiegazione razionale della gelosia" precisai.

Lui mi prese per la vita, con le mani.

" Potrei anche impedirti di conoscere quel ragazzo" sibilò, sarcastico.

Io risi ancora di più, in modo del tutto spontaneo. " Rhadi, non potrai impedirmi di frequentare o parlare con individui di sesso maschile per tutta la mia vita" mormorai. Non tentai minimamente di liberarmi dalla sua stretta. Il contatto tra di noi era qualcosa di assolutamente elettrizzante.

" Invece si, Anna. Potrei." Bisbigliò, con un sorriso traverso . I suoi occhi lampeggiavano , pericolosi.

Smisi di ridere. Sapevo che aveva ragione. Lui avrebbe potuto proibirmi tutto, se avesse voluto. E lui lo sapeva. Sapeva di avere questa facoltà. Ma sapeva anche che non avrei tollerato di essere trattata così. Mollò la stretta e mi baciò sulla guancia:si era rilassato. La tensione iniziale era scomparsa del tutto. Per contro, la mia era iniziata a crescere.

" Ma non lo farò, Anna ". Rise divertito e io mi costrinsi a ridere con lui. Le sue parole mi avevano dato da pensare , ma avevo qualcosa di più impellente a cui prestare la mia attenzione, che non il suo splendido sorriso e le sue parole.

Ritornammo alla festa mano nella mano e , passando davanti Rhika, mi presi la soddisfazione di schioccare sulla guancia di Rhadi un bel bacio. Poi gli posi le braccia intorno al collo imprigionandolo in un abbraccio. La vidi avvampare di rabbia , mentre rovesciava il bicchiere che aveva in mano: la macchia di aranciata era ancora ben visibile, quel campari in aggiunta non migliorava certo la situazione. Le scoppiai a ridere in faccia.

Si meritava tutta la mia acidità, per quello che aveva insinuato poco prima.

Ma non era a Rhika che stavo pensando realmente in quel momento. Mentre ci apprestavamo a raggiungere gli altri, sentivo il mio cuore palpitare nervosamente. Le mani stavano cominciando a sudare. Sciolsi la stretta con Rhadi che si diresse da un suo amico, un certo Benio che non conoscevo.

" Tu vai pure da Jean" mi disse, con un sorriso. Un’ombra minacciosa però, passò per un attimo sul suo bel viso.Ridacchiai sotto i baffi: gelosia. Non mi aspettavo che Rhadi oltre ad essere possessivo, egocentrico, viziato, festaiolo, infantile… fosse anche geloso. Ma d’altronde dovevo aspettarmelo. Il fatto che lui fosse geloso di me, era senza dubbio quanto di più bello potesse esserci. Era la prova che teneva a me, in un certo qual senso. Anche se la gelosia non era certo il modo migliore per dimostrarmi quanto teneva a me. Ma sempre meglio di niente.

Tra la folla di gente e la musica che impazzava, vidi Jean dirigersi verso la toilette, lasciando il suo amico da solo. Era ancora seduto e sembrava ironicamente aspettarmi. Era l’occasione che aspettavo. Feci un bel respiro e mi avvicinai.

Quando fui a pochi passi da lui, mi bloccai: i suoi occhi celesti mi stavano scrutando con troppa insistenza. Senza dubbio si ricordava del nostro sventurato incontro all’Archivio. Non vedevo altrimenti il motivo per cui avrebbe dovuto fissarmi con così poca discrezione.

" Eccomi di nuovo " dissi, fingendomi calma.

Lui sorrise e mi indicò una sedia vicina che si era liberata.

" Prego" disse semplicemente, facendo segno di sedermi. Io lo assecondai.

" Come hai detto che ti chiami?" domandai, più che altro per rompere il ghiaccio.

" Terence Ray"

" Ah"

Per un attimo non si sentì altro che il ritmo di qualche canzone deep house. Poi mi decisi. Ma prima che potessi aprir bocca, lui parlò per primo.

" Mi hanno detto che la scorsa settimana te la sei vista brutta" disse.

Sbuffai: ancora quel dannato discorso. Ma perché la gente ficcava il naso in faccende personali altrui? " Si… dove lo hai sentito?" chiesi, leggermente laconica.

Lui sembrò stupito " E’ su tutti i giornali!" affermò, vivace.

Mi oscurai ancora di più in viso. Già… i giornali.. Come ho già detto, l'intera faccenda era stata riportata sui giornali, nel verso giusto. Ma per leggere quelle poche righe di cronaca avevo dovuto sudare sette camicie. Per tutta la settimana mi era stato impedito di prenderne in mano uno, probabilmente per farmi vanamente evitare turbamenti, ma alla fine ci ero riuscita.. Un quotidiano locale aveva riportato l’intera faccenda, dipingendo Rhadi – con mio grande sollievo- come un eroe salvatore e la giovane pupilla dei Karim – ovvero io- come una ragazzotta ingenua e ancora ‘ avvezza ai climi londinesi’. Il che mi aveva mandato su tutte le furie. Ma non era questa la sede per pensare alle tendenze discriminatorie e pregiudizievoli di alcune stampe locali verso la cultura inglese.

" Senti.. ehm.. volevo solo chiederti, se potevi tenerti per te il fatto di avermi già incontrata" dissi, guardandomi le mani.

Lui sembrava sconcertato.

" Come, scusa?" Le sue parole sconcertarono di più me.

Lo guardai confusa. Mi ero forse sbagliata? Non era lui? No, non era possibile. Quello sguardo gelido e quel sorriso etereo e innaturale erano senza dubbio gli stessi.

" Non… non ti ricordi di me?" mormorai, a disagio. Ecco fatto, Anna. Brava stupida. Se avevi qualche possibilità che lui non si ricordasse, adesso lo stavi aiutando a ricordare. Ero proprio un caso umano. Lui mi guardò ancora, sorridendo, gentile e comprensivo.

" Dovrei?" mi chiese. Il suo tono comprensivo mi seccò; mi stava trattando come una malata di mente. Mi rifiutai di continuare con gentilezza, per cui lo guardai con stizza

" Non fingere, per favore" dissi, fin troppo aggressiva " Ora non posso spiegarti il motivo perché ero in quel posto e non sono sicura neanche di volertelo dire. Ti chiedo solo di tenere la bocca chiusa e basta, ok? Non mi sembra una cosa difficile."

Lui seguitò a guardarmi, senza smettere di ridere. Dovevo assicurarmi il suo silenzio, ma con un tipo del genere, la cosa si stava rivelando faticosa da ottenere.

" Guarda che non ti conosco. Ti sbagli" mormorò, portandosi una mano ai capelli scuri. Il suo sguardo era provocatorio. Mi stava prendendo in giro.

" Certo, come no" sibilai io, sarcastica.

Poi lui fece una cosa che mi lasciò senza parole. Scoppiò a ridere, e quella sua risata così spontanea e raggelante mi lasciò senza parole. Stavo iniziando a pensare che non fosse un tipo con tutte le rotelle a posto. Quando smise di ridere si portò il bicchiere alla bocca.

" Ma forse, ti stai sbagliando con mio fratello, Kyle… sai, siamo gemelli" . La rivelazione mi lasciò sbalordita. Un fratello gemello? Non l’avevo previsto. Nessuno avrebbe potuto prevederlo.

" Davvero?" replicai, con voce strozzata.

" Davvero. Ti sembra così strano?"

Avrei tanto voluto rispondere : si, mi sembra strano. Mi sembrava immensamente strano e anormale che sussistessero due individui con quelle stesse raggelanti caratteristiche fisiche. Non erano raggelanti perché fossero anti-estetiche. Al contrario, il giovane era di una certa avvenenza. Allo tempo stesso però emanava un’aurea di raggelante anomalia. L’eternità del suo sorriso candido era sinistra. Questa storia del gemello poi, era fin troppo sbalorditiva,dannazione! Era dunque vero che questo tizio non mi aveva mai incontrata prima? O forse si stava ancora prendendo gioco di me? Lo scrutai bene, di nuovo: gli occhi celesti, la pelle di alabastro, i capelli scuri, il sorriso bianco ed etereo. Tutti dettagli che mi avevano fuorviato… o forse no . Magari era una grandissima menzogna il fatto che avesse un gemello. Ma in fin dei conti, cosa mai ci avrebbe guadagnato a mentire?

" Non avrei potuto immaginarlo" mormorai, tentando di darmi un contegno. Se era vero che avevo incontrato questo presunto gemello Kyle e non lui, mi ero salvata in calcio d’angolo.

" E dove avresti incontrato mio fratello?" mi chiese, istigandomi.

" Oh, in giro così.. " tentai di liquidare la faccenda, con scarso successo. Si vedeva lontano un miglio che stavo raccontando balle.

Prima che potesse aggiungere altro e chiedermi perché non volessi rivelare il mio incontro con Kyle, mi scrollai le spalle e feci per alzarmi, ma l’arrivo di Jean mi bloccò.

" Anna, come ti senti? Va meglio?" chiese. Mi aveva bloccato per il polso, mentre Terence ci guardava divertito.

Annuii. Per la verità, non stavo affatto bene. Le faccende in cui ero invischiata si stavano complicando ogni minuto che passava… come potevo stare bene?!

" Si, Jean… grazie. L’aria fresca è stata utile"

" Rhadi dov’è?"

" E’ lì, con dei suoi amici… è arrivato un certo Benio.. non ho idea di chi sia"

" Aaah, Benio.. certo. Un nostro caro amico" Mi strizzò l’occhiolino, come se mi avesse appena detto qualcosa che avrei dovuto afferrare al volo. Ma non capii. E sinceramente, non mi interessava neanche.

" Il tuo amico Terence mi ha raccontato di avere un gemello" dissi, guardando di traverso l’interessato che ancora aveva quel suo assurdo sorriso dipinto in faccia. Dio, quanto mi snervava! Ma che aveva da ridere?

Jean annuì. " Si, Kyle… è da un sacco che non lo vedo a proposito. Dov’è finito?"

Dunque il fratello esisteva, era reale. Non mi stava raccontando balle.

" Adesso è a Parigi, torna tra pochi giorni" rispose Terence.

Esaminai la sua espressione: sembrava sincera, anche troppo. Pareva che avesse collaudato i suoi comportamenti per ogni evenienza. Avrebbe irritato chiunque, con quel suo sorriso di superiorità. E a dir la verità, quel suo sorriso metteva i brividi. C’era qualcosa di veramente strano in lui, qualcosa di non completamente normale. Ora, non vorrei sembrare esagerata e ribadire ciò che ho già più volte sottolineato, ma sembrava che l'ambiente adatto per quel giovane fosse una clinica psichiatrica. Se anche avevo incontrato il fratello Kyle e non lui, Terence mi stava fissando come se ci fosse dell’altro che non mi aveva detto. Sicuramente c’era dell’altro. Forse Kyle gli aveva raccontato del suo incontro con una ragazza al terzo piano degli Archivi di Stato. Forse lo stesso Terence conosceva gli spostamenti di Kyle. Forse anche lui, come il fratello Kyle, sapeva qualcosa di me. O forse era stato comunque Terence e non Kyle ad incontrarmi a quello stramaledetto piano. Ricordavo ancora troppo vividamente le parole di quel giorno " Salve, mia Amira" Mi ero scervellata per tentare di capire chi fosse, e perché mi avesse chiamata in quel modo. Ma non ero pergiunta ad alcuna conclusione. Sospirai, desiderando ardentemente di scomparire.

" Ad ogni modo, ora raggiungerò Rhadi.." dissi, tentando di liberarmi dalla stretta di Jean.Lui mollò la prese, fortunatamente.

" Ok, digli che tra un po’ li raggiungerò. Mi sembra di trascurarli troppo."

Sorrisi a Jean e poi feci un distaccato cenno di saluto a Terence che non la smetteva di sorridere.

Dio, se avessi potuto gli avrei spaccato tutti quei denti brillanti… almeno così avrebbe smesso di guardarmi con superiorità e ridermi in faccia.

Mentre mi dirigevo in tutta fretta verso un salottino attiguo – dove sapevo per certo si trovava Rhadi- la testa mi cominciò a girare. Troppi problemi, troppi misteri, troppo caos. Questi erano i tre punti centrali che non la smettevano di assillarmi ogni secondo.

Facendo un analisi rigorosa, c’erano poche cose che sapevo per certo di tutta quella faccenda.

Primo: Un certo Kyle mi aveva incontrata in un luogo dove non sarei dovuta essere. Un certo Kyle che invece sembrava conoscermi e che mi aveva lasciato la porta appositamente aperta. Un certo Kyle che si faceva chiamare shaykh. Quale sarebbe potuta essere la motivazione del suo comportamento? All’interno dell’Archivio avevo trovato pagine interessanti ( anche se ancora decisamente indecifrabili) che potevano farmi capire il perché di molte cose; primo fra tutte, il motivo per cui un'organizzazione , De La Rose , mi cercava. Stando alle parole di Josef Yma e del vecchio Hakim io risultavo essere connessa con questa organizzazione. Cosa ne sapevo al riguardo? Adèle mi aveva spiegato che l’organizzazione De la Rose era un’ associazione di nobili, decaduti o ancora potenti, che dediti a sfere occulte di interessi, perseguivano i loro fini. Cosa mai potevo centrane io? E ancora, questo Kyle risultava in qualche modo connesso con tutto questo? O era stato solo un caso? E che dire dello strano comportamento di suo fratello, Terence?

Secondo: La mia unione con tale organizzazione risultava palese – anche se io , francamente, non capivo il perché- da un certo medaglione che portavo al collo, un medaglione che avevo pensato di possedere da sempre e che invece era oscuramente legato a Villa de Sole , la residenza dei miei genitori biologici. Per accedere a tale villa, mi ero recata ad Iraq el Amir, dove la figura di una vecchia decrepita mi aveva ammonito dal guardarmi le spalle da un certo ‘Lui’.

Terzo: Rhadi conosceva alcune delle risposte che cercavo, a giudicare dalla misteriosa lettera rinvenuta – o per meglio dire, trafugata- in camera sua. Risposte che non potevo ottenere direttamente ma neanche indirettamente, vista la non disponibilità di Adèle a tradire lo sbarbatello.

E ancora, di nuovo: il mistero di Adèle e della società Cure, società privata di investigazione in stretta collaborazione – anche se ai ferri corti- con Yma.

Troppe domande, troppe poche risposte. Ma in luogo delle risposte potevo almeno avanzare delle supposizioni. Mi rifiutavo di credere che fosse galanteria quando Kyle Ray mi aveva chiamata Amira ( n.b: nome vero di Anna , ma anche traduzione di principessa) . Non poteva essere una coincidenza. Quello unito al fatto di aver incontrato uno dei due proprio al terzo piano dove erano custodite informazioni dell’organizzazione, mi poteva portare ad un’unica conclusione. Forse lo shaykh aveva appositamente lasciato la porta schiusa perché voleva scoprissi qualcosa. Forse voleva che scoprissi esattamente ciò che poi avevo scoperto. Era dunque lui connesso alla società De La Rose che mi stava cercando? E se così fosse stato, perché voleva che entrassi in quella stanza? Perché non si era presentato come membro dell' organizzazione che mi cercava, non appena mi aveva visto? No, c’era qualcosa che non quadrava. In aggiunta, era anche possibile Kyle Ray non centrasse minimamente ed era in realtà Terence Ray che avevo incrociato.

Mi girava la testa - questa volta per davvero- e, mentre raggiungevo Rhadi e lo abbracciavo esibendo un sorriso sereno, non potei fare a meno di riflettere sarcasticamente che di lì a poco avrei compiuto i miei agognati diciotto anni e allora, prelevando l’oro ereditato dai miei genitori, sarei potuta scappare tranquillamente dalla Giordania e lasciarmi alle spalle tutti quei misteri. Sarebbe stato semplice se non fosse stato che ero follemente innamorata della persona accanto a me.

" Allora, hai fatto progressi ?"

" Cosa?" fissai confusa Rhadi che mi sorrideva

" Progressi in che?"

" Nel capire che cosa passa per la testa all’amico di Jean… hai capito se viene da Marte o Saturno e se lo hai già visto realmente da qualche parte?" mi chiese, prendendomi la guancia tra il pollice e l’indice: nell’ultima settimana stava diventando una specie di abitudine; un po’ come quando io avevo l’abitudine di pestargli il piede.

" Ahi! Smettila!" Non mi mollò. " Comunque…. No, mi sono sbagliata . Non l’ ho proprio mai incontrato" dissi. Mi mollò. Io sorrisi, massaggiandomi la guancia. Risultava incredibilmente facile raccontare una verità che era anche una grande bugia. Non avevo mai incontrato Terence, certo. Ma avevo conosciuto Kyle. Non c’era certo la necessità di specificare, ovviamente.

" Meglio così" bofonchiò lo sbarbatello, prendendomi in braccio con un unico movimento.

" Che cosa diavolo stai facendo, mettimi giù!!" sbottai, imbarazzata fino alle ossa. La gente intorno iniziava a guardarci. Sapevo perfettamente che ancora una volta si stava divertendo un mondo nel mettermi a disagio. Gli piaceva prendermi in braccio: lo faceva molto spesso e io non lo sopportavo

" Scusami , devo presentarti un amico" esclamò, ignorando le mie proteste. In braccio come una povera idiota, posai gli occhi su un tizio che fino a quel momento non avevo notato, ma che era stato presente dall’inizio della nostra conversazione. Alto, dai capelli castani e gli occhi scuri, aveva il volto coperto di cicatrici e da una barbetta un po’ incolta.

" Ti presento Benio. Un mio vecchio amico"

" Piacere, Anna" bofonchiai, rossa di vergogna. Affondai le unghie sulla sua pelle e lo graffiai un po’, finchè lui si convinse a lasciarmi scendere.

" E’ stato imbarazzante.. Non ti azzardare mai più, sono stata chiara?!"

" A me piace metterti in imbarazzo. Dovresti saperlo. Sei uno spasso anche solo a guardarti... non è così, Benio?"

" Vaffanculo" sbottai.

" Anna, una brava ragazza non usa certe parole… sei proprio un maschiaccio!"

" Era ora che lo capissi" replicai rabbiosa.

L’amico di Rhadi scoppiò a ridere; mi voltai e lo guardai. A giudicarlo a prima vista, soltanto da come era conciato, presupponevo fosse una conoscenza molto particolare di Rhadi. Le conoscenze particolari erano sempre le più utili. Ne ero pienamente convinta.

La serata filò liscia come l’olio, senza nessun incidente di percorso.

Ma l’interrogativo principale rimaneva. Terence o Kyle? E in aggiunta, chiunque fosse dei due… erano per caso coinvolti in qualche modo con la mia esistenza? Dannazione ai problemi che complicavano le cose. Come se la vita di una diciassettenne che nel 2008 era stata catapultata in Giordania non fosse già abbastanza difficile! Sul serio, non riuscivo a conciliare come potessero sussistere così tanti dilemmi intorno alla mia persona. Qualcuno sicuramente mi aveva lanciato un malocchio o roba simile. Non ero mai stata superstiziosa, ma ero pronta a ricredermi perché razionalmente non vi era alcuna spiegazione che potesse giustificare tutto questo. Tra i vari problemi che avrei potuto annoverare, oltre quelli già menzionati, vi era anche il fatto che non vedevo le facce dei miei genitori da davvero troppo tempo. Li sentivo per telefono, li vedevo attraverso la web camera regalatami da Nola… ma non era la stessa cosa. Oltre ai miei cari genitori vi era anche la mia amata nonnina che non vedevo da davvero un’infinità di tempo. Nonna, che mi aveva promesso di venirmi a trovare… e , che ancora da più di quattro mesi a questa parte non lo aveva fatto. I miei amici, Matt e Joey.. le mie compagne di scuola a Londra. Sembravano tutti attori di un sogno ormai finito. Pareva che tutto fosse sfumato in una nuvoletta di vapore. La mia vera vita ora era questa, non più quella a Londra. Tuttavia, nonostante fossi innamorata di Rhadi ancora non riuscivo ad accettarlo . Rhadi era poi un grande problema. Un grande ed enorme problema ma anche la mia unica ancora ad Amman. Mi aveva salvato da una molteplicità di orribili situazioni: primo fra tutti il tentativo di stupro della scorsa settimana, per non parlare del rapimento di Xavier. Ora che ci ripensavo, mi sembrava davvero ironico come nel giro di pochi mesi mi fossi ritrovata in situazioni così pericolose e analoghe. Xavier e gli ubriachi. Forse ero io che avevo qualcosa di sbagliato, qualcosa di anormale. Attiravo troppe sventure, era realmente atipico.

Quando tornammo a casa, invece di coricarmi a dormire come avrei dovuto giustamente fare, mi misi a lavoro. Il nervosismo mi teneva sveglia e acuiva la mia lucidità, per cui avevo deciso che, in barba all’ora tarda, avrei tentato di decifrare quelle dannatissime pagine. In camera mia, alla luce della lampada, e con la finestra socchiusa mi impegnai con tutti i dizionari aperti.

Lavorai laboriosamente come una giovane formica operaia.

L’albero genealogico sembrava pieno di nomignoli in codice. Era difficile decifrare ciascuno di essi perché erano perlopiù epiteti , maledizione! Perché mai ci sarebbe stato il bisogno di occultare così i nomi?

All’estremità di uno dei rami più arricciati della rappresentazione dell’albero, vi era per esempio, la "tenera alla dimora della luce" Cosa diavolo voleva significare?! Chi diavolo era?!

Per non parlare del fratello che sembrava essere ricorrente. C’era la parola fratello per ogni ramo dell’intricata rappresentazione figurale. Era da diventare matti.

Mi portai la mano alla tempia. Sospirai. Ma sarebbe poi servito a qualcosa sapere contro chi combattevo? Era ridicolo. Se anche avessi saputo i loro nomi, non sarebbe cambiato nulla. In silenzio, riposi gli incarti nel cassetto, spensi la lampada e mi infilai sotto le coperte, attendendo una nuova alba.

E nel dormiveglia, il dilemma si ripresentò, nell'evanescente forma di un incubo preannunciato: Kyle o Terence? Il lungo sonno non mi diede alcuna risposta..

 

 

 

 

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Capitolo 23
*** La tenera alla dimora della luce ***


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Colgo l'occasione di questo nuovo , sudatissimo capitolo, per ringraziare tutti i commentatori. Alcuni problemi di salute mi hanno tenuta lontana dal pc e so che l'attesa in acluni casi ucide. Spero continuerete a commentare la storia, in ogni caso. Grazie di cuore . Ja ne!

Abitualmente , da qualche tempo, mi piaceva andare in bicicletta di prima mattina e respirare un po’ di aria pura. Le strade del nostro quartiere ad Amman, non erano mai affollate e la mattina presto capitava di incrociare soltanto qualche banco di merci in allestimento.

Era per questo che Rhadi mi dava il permesso, senza l’obbligo di portare con me le guardie del corpo. Dagli ultimi tempi stava diventando sempre più apprensivo, ma frequentemente l’avevo vinta io in quelle battaglie “all’ultimo sangue”; sebbene adesso riuscissimo a stare in una stessa stanza senza insultarci, i nostri bisticci quotidiani non erano assolutamente svaniti, anzi. Provava un piacere perverso ad esercitare quella forma di controllo su di me, quasi a voler sottolineare la sua supremazia su una ragazzaccia londinese. Ovviamente, io gli rendevo “pan per focaccia”,  come si suole dire. Era però chiaro che si trattava ai suoi occhi soltanto di un gioco di provocazione. Non aveva alcuna intenzione reale di tagliarmi le ali e , proprio per questo motivo, alla fine riuscivo a spuntarla io, il più delle volte.

 I negozi erano ancora tutti chiusi e anche i chioschi esponevano solo dalle nove e mezza in poi, le gustose pietanze della colazione; le mie abitudini alimentari stavano poco a poco cambiando e me ne rendevo conto con rammarico. Io uscivo sempre alle otto, con la bicicletta di Ada, una ragazza appena assunta alla villa come aiuto cuoca, che me la prestava gentilmente. Più o meno aveva la mia età ed aveva la mia mole fisica  per cui la sua bicicletta andava più che bene per le mie braccia secche, rammollite, e le mie gambe corte. Passeggiare tra i vialetti del quartiere mi dava l’impressione di poter evadere da quella realtà intricata e confusa che mi aspettava  ogni giorno a Villa Karim; era una sensazione magica, acuita ancor di più dall’aria fresca che mi entrava nei polmoni e pizzicava il naso. Ne avevo bisogno, a dirla tutta; Avevo la necessità di stare un po’ da sola e riflettere. Il fatto che non fossi giunta ad alcuna conclusione sostanziale circa i miei problemi con Rhadi, l’organizzazione e tutto il resto, era un sintomo chiaro della mia totale incapacità a gestire le situazioni. D’altronde non che prima fossi convinta di esserne in grado, assolutamente no . Soltanto che adesso tutta la faccenda si era tinta di sfumature più scure e nebulose, se vogliamo usare un’espressione figurale. La verità era che io,da sola, con le mie energie, non ce l’avrei mai fatta. Era un dato di fatto; Non era pensabile che io, con le mie inutili forze , potessi aver ragione di quella avviluppata matassa di fili che era la mia vita. Avevo fatto prgressi quella notte, riuscendo a decifrare degli epiteti che a prima vista sembravano non voler dire nulla. Su internet, poi, avevo trovato parecchi riscontri interessanti di tutte quelle mie stravaganti scoperte. L’unica persona che in qualche modo poteva aiutarmi con tutto questo, era Adèle. Era l’unica a cui potessi rivolgermi, dopotutto, ed ero disposta a renderla partecipe dei miei piccoli progressi. Era per questo che,  quella mattina presto l’avevo chiamata e le avevo detto di raggiungermi nella piazzetta attigua al nostro quartiere, ad almeno un chilometro di distanza dalla villa dei Karim. Rhadi , ovviamente, non ne sapeva nulla. Non doveva saperlo; altrimenti mi sarei trovata in una situazione poco piacevole… trovare uno spiegazione per quel mio incontro senza svelare nulla, sarebbe stato al di fuori della mia creatività.

Appoggiai il manubrio della bicicletta contro un muretto di mattoni bianchi e attesi qualche minuto, nella più totale impazienza. Sapevo che Adèle sarebbe arrivata con qualche minuto di ritardo. Mi aveva avvertito che il viaggio dalla campagna alla città – per di più in uno dei quartieri più esclusivi della capitale- , sarebbe stato difficoltoso e lungo. Sebbene fossi sovraeccitata, non avevo però alcuna fretta di vederla. Anzi l’incontro mi metteva un po’ in ansia, a dirla tutta. Non sapevo davvero da dove cominciare.

Finalmente dal vialetto centrale della piazzetta, avvistai la figura atletica di Adèle venirmi incontro. Era proprio come me la ricordavo: con la pelle scura, i capelli neri, lunghi, e gli occhi seri e indagatori. Quando mi fu abbastanza vicina, notai che sul collo aveva una strana macchia. Non feci in tempo a chiederle nulla perché prima che potessi aprire bocca, lei parlò

“ Spero ci sia una valida ragione per questo tuo sotterfugio, Anna. Non mi piace mentire a Rhadi.”

“ Validissima” precisai, stizzita. A me invece, non  piaceva il suo tono nervoso.

Adèle si ravvivò i lucidi capelli con le dita e sbuffò esasperata. Sembrava provata e sofferente, ma non riuscivo ad individuarne la causa.

“ D’accordo, allora.. dimmi tutto”

 Iniziai, titubante “ Ecco, so perfettamente che non ti piace tenere troppe cose segrete a Rhadi e agli altri, ma..”

“ Vai al punto, Anna” mi interruppe lei, secca. Aveva trovato una panchina a pochi passi da lei e vi ci si era sprofondata, buttando di lato la sua borsa a tracolla. Io la seguii e fu il suo sguardo serio a darmi coraggio.Tirai fuori le pagine trafugate agli Archivi.

“ Sai cosa diavolo significa ‘la tenera alla dimora della luce’?” Chiesi ansiosa.

“ Cosa?” esclamò lei, spiazzata. Afferrò le pagine e le fissò una per una.

“ Come hai fatto a decifrarlo.. è scritto in una lingua antica e codificata!”

Arrossii. “ Be’ in realtà non ho decodificato un bel niente. Dopo varie ricerche su internet  e nella biblioteca dei Karim, sono riuscita solo a ottenere questa primitiva traduzione in inglese, della frase all’inizio del viticcio principale…”

Adèle sgranò gli occhi. “ Be’… se hai ragione è un bel passo avanti..” mormorò soprappensiero, mordendosi un labbro.

“ In realtà non è che voglia dire molto, quello che ho scoperto.. voglio dire.. è un codice dentro a un codice.. ‘la tenera alla dimora della luce’.. non ha senso..”

“ Ha senso invece..” bisbigliò  Adèle, scrutando lo spazio davanti a lei, con occhi vacui. Quella sua espressione mi inquietò.

“ Adèle!” la scossi leggermente per la spalla.

Lei si riprese e mi guardò sorridente, come nulla fosse. La situazione stava divenendo sempre più preoccupante. Adèle sapeva qualcosa.

“ In che sito hai cercato? Voglio dire.. devo essere certa tu abbia fatto davvero centro..” mi chiese.

“ Su un sito di aneddoti antichi e fiabe siriane ho ritrovato questo stesso segno.. “ Spiegai.

“ Siriane?!” sbottò improvvisamente, impallidendo.

 Annuii. “ Nella mia più totale ignoranza non riuscivo a capire di che lingua si trattasse, quando poi su internet ho scoperto questo sito… in aramaico” conclusi, enfatizzando l’ultima parola.

Adèle si alzò in piedi e prese a camminare convulsamente “ Aramaico.. una lingua morta.. proprio come il latino per gli occidentali..” mormorò, riflettendo ad alta voce.

“ Adèle!!” gridai, innervosita “ Vuoi dirmi che cosa diavolo sta succedendo?!! Mi stai esasperando..”

La ragazza si bloccò, fissandomi intensamente.

“ In effetti nessuno di noi due aveva pensato immediatamente all’aramaico.. come hai fatto?”

“ A casa ho un dizionario molto prezioso che riporta anche le origini dei vari ideogrammi e simboli.. ieri notte, sono riuscita a decifrare questo epiteto trovandolo nelle frasi più famose in aramaico, riportate all’appendice del dizionario.. stamattina ho fatto una rapida ricerca su internet e ho ritrovato quegli stessi simboli nel sito che ti ho detto.. adesso, vuoi dirmi che significa?!” Adèle si sedette e io attesi, snervata e assolutamente non incline al buon garbo.

“ Anche il resto degli epiteti è in aramaico?”  Scossi la testa. “ No, ho già controllato.. soltanto questa frase e la parola ricorrente ‘fratello’ discendono dall’aramaico. Il resto è in una lingua codificata e del tutto sconosciuta.. .. tutto qua.. Adesso , spiegati, per favore” La giovane sospirò e si rassegnò a vuotare il sacco.. rimasi a guardarla con aria apprensiva, per tutto il tempo.

“ In realtà non ci aiuta molto.. ma devi sapere che ‘la tenera alla dimora della luce’ è una fiaba molto antica che le balie usavano raccontare ai bambini, per farli stare buoni. E’ una leggenda, in poche parole.”

 Mi sedetti anche io vicino a lei, fissandola con aria famelica di informazioni.

“ Parla, ti ascolto..”

“ La storia parla di due famiglie siriane molto importanti, in un tempo remoto, le quali volevano far sposare i loro figli, per suggellare la loro alleanza. La vicenda parla di una principessa e di un principe, ovviamente.. i bambini adorano queste cose principesche..” sorrise, mesta, essendo allenata a raccontare lei stessa, favole ai suoi piccoli protetti.

Assentii , spazientita. La cosa rivestiva poca importanza ai miei occhi, al momento.

“ La giovane ricevette come dono dal suo promesso una casa bellissima, che per quanto era bella veniva chiamata ‘dimora della luce’ e lei era così giovane e fragile che veniva chiamata tenerella..”

Adèle si interruppe un istante, persa con la mente chissà dove.

 “ E quindi?” la incalzai.

“ Quindi secondo il rito di sposalizio, la giovane doveva dare alla luce un bel maschietto in modo da fornire un erede a entrambe le casate.. ma qualcosa andò storto..”

 Adèle fece una smorfia disgustata.

“ Questa è la parte che mi ripugna della favola… pare, che al nono mese di gravidanza tenerella ebbe un grave incidente e il figlio le morì nel grembo..”

Sussultai, agghiacciata “ E’.. orribile..” Adèle annuì.

“ Già. Ma non è finita.. La fiaba racconta che tenerella però era ancora viva e vegeta e nessuno riusciva a levarle il figlio morto dal grembo.. il principe era così disperato che ricorse alle arti occulte per poter evocare uno degli angeli biblici, e salvare la moglie..”

“ E come finì?” la incalzai, di nuovo. La favola si stava rivelando un incubo. “ Finì che il principe evocò per errore l’angelo della morte che prese come proprio sacrificio la moglie morente… in cambio però, dal sangue versato della moglie e del figlio fece scaturire un grande potere di immortalità, per compensare il giovane sposo della perdita..”

“ E’ una fiaba disgustosa.. come si può raccontare cose simili a dei bambini?!” protestai, indignata.

“ Le balie la usavano come deterrente per i bambini cattivi.. ‘se fai il cattivo chiamiamo l’angelo di tenerella’ ,..dicevano.” spiegò, mimando l’espressione terribile che dovevano aver avuto quelle balie.

Emersi dall’incubo ad occhi aperti di balie crudeli e bimbi piangenti, che Adèle mi aveva appena evocato, per accorgermi che la piazzetta si era ormai affollata di persone che uscivano per le prime commissioni mattutine; il tempo era trascorso ed io non me ne ero assolutamente accorta.Un vecchietto portava a spasso il cane, più grosso e robusto di lui, di almeno tre volte..

Lo fissai, distratta, mentre il mio cervello lavorava laborioso alla ricerca di una qualche spiegazione; non ne trovai.

“ Tutto questo ha poco senso con l’organizzazione De La Rose.. Cosa c’entra questa fiaba orribile con loro?” mormorai più a me stessa che ad Adèle. Lei si strinse nelle spalle. La delusione e lo scoramento mi pervasero completamente; Adèle sembrava meno scoraggiata.

“ Non saprei." disse " Forse è connessa in un modo che noi non riusciamo ancora a scorgere..” . “ Forse i pezzi del puzzle sono qui, davanti ai nostri occhi, solo che ci manca il filo logico che leghi il tutto..”

“ O forse ho semplicemente strappato pagine inutili da quel libro, che parlano di antichi miti e leggende che non centrano un bel nulla” replicai io. Era una probabilità che diveniva sempre più realistica e il mio pessimismo non mi aiutava affatto.

“ E’ una possibilità anche questa, si.” Convenne lei “ Nessuno ci dice che quelle pagine strappate a caso, contengano informazioni importanti” continuò.

“ Se non fosse che si trovavano all’archivio proibito e non al secondo piano insieme a tutti gli altri aneddoti. Il fatto che siano criptati è un ulteriore prova della loro probabile importanza”

La fissai. Questa spiegazione logica non faceva una piega e mi rianimò un poco. Poi mi ricordai improvvisamente di una cosa.

“ Dimmi una cosa.. perché all’inizio sembrava che stessi subendo un attacco anafilattico appena ti ho detto ‘la tenera alla dimora della luce’?” chiesi, circospetta, interrompendo il discorso.

 Adèle sorrise, pigra. “ Acuta come sempre, eh, Anna? Be’, ero scioccata perché questa fiaba la conoscono davvero in pochi… in verità e semi- sconosciuta.. probabilmente uno dei pochi che la conosceva l’ha pubblicata su quel sito in internet.. Mi ha scioccato sapere che una comune ragazza come te, per di più occidentale, ne fosse a conoscenza”

“ Be’, di certo non invoglia la gente a diffonderla in giro. Non mi stupisco che non si racconti affatto” commentai; se avessi dovuto spiegare quale fosse stata la cosa più agghiacciante di quegli ultimi tempi, avrei sicuramente affibiato a quella fiaba, un meritatissimo secondo posto. Il primo era riservato ad un paio di occhi celesti e folli e ad una voce di acqua gelata..

Adèle scoppiò a ridere. “ Ma non è per questo.. è perché è una fiaba di secoli e secoli fa.. ormai dimenticata dai più..”

“ Non fatico a comprendere la voglia di dimenticarla” ribattei, stanca. Mi alzai dalla panchina e mi stiracchiai. “ Ad ogni modo, se anche non ho raggiunto nessuna conclusione, grazie..”

Adèle mi sorrise “ Di nulla. Dovrei prendere questa tua telefonata di oggi come garanzia che ora ti fidi di me?” La squadrai e notai ancora quel piccolo particolare che mi aveva incuriosito: la macchia che aveva sul collo, assomigliava straordinariamente a… no, non poteva essere...

“ Non posso fare altrimenti” mi limitai a dire, distogliendo la mia attenzione dalla macchietta scura. Adèle scoppiò a ridere un’altra volta, la risata nitida e cristallina “ Oh, Anna.. saresti divenuta un’ottima agente, credimi”

“ Grazie ma non rientra nei miei piani” replicai, tranquilla. Lei si limitò a fissarmi un attimo e poi sorrise, alzandosi anche lei. “ Saresti un’ottima agente, ma non supereresti me, che la spia la faccio da una vita.. la tua espressione colpevole mi dice che c’è ancora qualcosa che devi dirmi..”

Sbiancai di colpo.

Accidenti! Come diavolo aveva fatto a capirlo?! Mi leggeva forse nel cervello?

“ Be’..” dissi, esitante, riprendendo lentamente il controllo di me “ In effetti si, ho qualcosa da dirti ancora: forse ho capito chi è il ‘Lui’ dell’organizzazione..” dissi, con semplicità. Adèle divenne paonazza.

“ Che cosa?!!” sbottò “ E chi è!?”  Questa volta fui io a sorridere. “ Te lo dirò solo se tu mi dirai il vero ruolo che Rhadi ha con tutto questo..” replicai, decisa, socchiudendo gli occhi. Adèle non ci vide più

“ Sei folle! Dimmi subito chi è , senza troppe storie: è una faccenda più grande  di te, lo capisci?!” Sembrava sull’orlo di una crisi nervosa. I grandi e severi occhi neri erano furiosi.

“ Forse hai ragione” la interruppi, brusca, guardandola negli occhi; il vento scompigliò a entrambe i capelli, ma non vi badammo. “ Sono però stufa di brancolare nel buio come una stupida, con pezzi di informazioni inutili.. la mia parte l’ ho fatta, adesso tocca a te. Se ci ripensi, chiamami” Così dicendo, inforcai rapidamente la bicicletta appoggiata ancora al muretto, e mi fiondai verso il vialetto, ignorando i rimproveri di Adèle, che aveva preso a inseguirmi senza troppa convinzione. Mi dispiaceva non metterla a parte dei miei sospetti. D’altronde se lei non mi rendeva partecipe dei suoi, perché avrei dovuto farlo io? Io DOVEVO sapere che ruolo aveva Rhadi con tutta quella storia: era troppo importante per me.

Mi ero dimenticata per l'appunto, di dirle di non raccontare nulla a Rhadi, ma ero certa che non l’avrebbe fatto comunque. Allo sbarbatello non sarebbe piaciuto sapere che la sua amica Adèle aveva ‘coinvolto’ la sua fidanzata in questioni tanto pericolose. Ovviamente non era stata Adèle ad avermi invischiato in tutto quello. Ero stata io, con le mie mani. Soltanto che sapevo che Rhadi l’avrebbe vista in un altro modo: avrebbe addossato tutta la responsabilità su Adèle, e lei lo sapeva quanto me. Le conveniva tacere.

Tornai a casa per pranzo e il vecchio Hakim si limitò a squadrarmi con aria acida.

“ Tutta la mattinata fuori?! E dove saresti andata?! Ancora con queste tue folli passeggiate di prima mattina?!” borbottò, scorbutico mentre era intento ad attizzare il fuoco nel caminetto del salottino.

“ Non sono affari suoi se voglio passeggiare di prima mattina, Hakim.. Rhadi non ha nessun problema con questo; ed è Rhadi che decide, ricorda?” replicai sarcastica. Il vecchiaccio trovava sempre il modo di rompere le balle nei momenti poco opportuni. In realtà mi seccava anche nei momenti opportuni, a dirla tutta. La sua stessa presenza mi infastidiva.

  . Lo ignorai del tutto e presi a salire le scale, per poi scontrarmi con Asiya , che poverina stava per cadere all’indietro. La afferrai al volo. “ Oh, piccola, attenzione”

“ Mio Dio!” emise un gridolino. La guardai con un sorriso “ E’ colpa mia, Asy.. sono più sbadata del solito..” Asiya rise “ Macchè sono io, invece! La mamma l’altro giorno ha fatto venire l’oculista a casa, ed è risultato che mi manca un grado nell’occhio sinistro.. devo mettermi gli occhiali!” sospirò rassegnata, la bambina. Qualunque altro moccioso della sua età avrebbe preso a frignare per questo motivo; ma lei comprendeva che gli occhiali – sicuramente non confortevoli, per giocare- erano una necessità. Negli ultimi tempi era molto maturata.

“ Sembrerai più grandicella con gli occhiali, Asy… a Londra vanno di gran moda..” le strizzai l’occhio, con fare amichevole.

“ Davvero?” chiese una voce dietro di me. Una voce conosciuta. Asiya si defilò in un battibaleno, tra mille risolini: le piaceva lasciare intimità a me e a Rhadi.

Lo sbarbatello mi prese per la vita e iniziò a farmi stupidamente il solletico.

Presi a ridere a crepapelle.

“ Smettila! Smettila, Rhadi… Basta!!!”  Le sue mani continuavano impietose.

Alla fine si arrestarono e lui con unico gesto mi fece girare su me stessa : mi trovai faccia a faccia con lui. “ Ti sei divertita?” mi chiese, gli occhi verdi che mandavano cupi bagliori più scuri, a causa dell'ombra che si allargava sulla scalinate e che lo investiva.. Non sapevo se si riferisse alla mia passeggiata mattutina o al fatto che le sue mani così vicine suscitavano in me desideri reconditi. Ad ogni modo, non mi premeva scoprirlo; Assolutamente non mi interessava, almeno non quando c'era lo spettacolo intenso dei suoi occhi verdi e grandi che mi offriva giustificate ragioni di distrazione. Ed era quello il caso. Dio, se fossi stata una pittrice non avrei comunque saputo rendere le tonalità di quelle iridi. Erano un trionfo di tonalità marine.

“ Abbastanza” ammisi, ipnotizzata . Dovevo sembrare un ebete, a fissarlo in quel modo. Il guaio era che non me ne fregava un bel niente. Gli presi il viso e lo strinsi forte, lo avvicinai al mio , sfiorando le sue labbra con le mie. “ In realtà il termine ‘divertita’ non è appropriato, se ci riferiamo ad una certa situazione..” dissi a fior di labbra. Lui , imperscrutabile, si allontanò da me e mi prese in braccio, diretto in camera;.. Purtroppo non ci saremmo spinti molto..’Niente sesso ’ era un imperativo molto forte nella mia mente.. Peccato che spesso, di fronte ai sentimenti ci sciogliamo come cioccolatini al sole..

 

 

 

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Capitolo 24
*** Aurore ***


Wecome To PageBreeze .

 

 

 

 

Dopo mille problemi e attese ecco qui il nuovo capitolo. Grazie a tutti coloro che seguono questa storia anche se viene pubblciata con irregolarità. Vi ringrazio di cuore. Le vostre recensioni mi rendono davvero felice e mi spronano ad esplorare aspetti dei personaggi che ancora non credvo potessero sussitere. Qulacuno si è avvicinato alla Grande Verità di questa storia. Per chi si chiedeva se questa storia potesse sfociare nel soprannaturale... mmm.. diciamo di "ni" xD Io parlerei più che di soprannaturale di vero e proprio 'occulto misterico. In ogni caso, in questo cpaitolo vi è un minuscolo particolare non proprio irrilevante, ai fini della storia. Sono curiosa di vedere se riuscirà ad essere colto xD. Vi ringrazio ancora di cuore, luv ya ;P

Per chiunque osi dire il contrario, sappiate che non rientrava nei miei piani. Non avevo premeditato nulla. Era soltanto colpa della mia immensa sfortuna che quella stessa mattina mi ero alzata , lamentando di un gran dolore alla testa e alle articolazioni. Soltanto colpa del caso che la febbre aveva preso a salirmi in maniera spaventosa.

Probabilmente il fatto che la sera prima avevo lasciato le finestre troppo aperte mi aveva fregato, così bisbigliai rammaricata e atona ( avevo anche un fortissimo mal di gola) ad Hakim che mi guardava scettico e così mugugnai a Rhadi che mi guardava con sospetto.

“ Mocciosa, è possibile che devi crearci sempre inconvenienti?!” Il vecchiaccio  era appoggiato allo stipite  della porta della mia camera e mi fissava, acido.

Io ero stesa a letto e non replicai. Chiusi gli occhi.

“ Suvvia, Hakim!” intervenne Jasmina “ Non è certo colpa sua se si è ammalata” Aveva un tono preoccupato e materno. Vicina al mio capezzale, mi carezzava la fronte, rinfrescandola.

“ Rhadi, caro, pensi di poter venire almeno tu?”

Lo sbarbatello fissò la madre contrariato, ma annuì

 “ Devo purtroppo… anche se non mi va di lasciarla sola… non riesce neanche a parlare!”

“ E’ il mal di gola… probabilmente ha preso troppo freddo ieri sera”  sentii la voce di Assim , da qualche parte nella stanza.

“ In ogni caso, chiamerò il dottore che la venga a visitare  oggi stesso… magari è qualcosa che si può sistemare velocemente con qualche pastiglia”

 Spalancai gli occhi e lo fissai, tentando di articolare qualche vocabolo.

“ Sta cercando di parlare, povera cara!” Jasmina era angosciata.

“ Non… Non vi preoccupate, starò bene entro domani mattina… non scomodate il dottore per così poco..”

 mormorai con voce flebile.

“ Ma Anna, che dici?! Non pretenderai che ti lasciamo così, inerme e malata in un letto senza chiamare neanche il medico di famiglia?!”

 L’angoscia si era tramutata in indignazione. Era contro i principi di Jasmina  trascurare questioni di salute.

“ Va tutto bene, sono sicura che domani starò meglio.. facciamo così… ” Mi bloccai di colpo per permettere  ad un attacco di tosse di avere il sopravvento.  Poi mi ridiedi un contengo e proseguii.

“ … Facciamo così, se domani non sto meglio  chiameremo il dottore, ok?”

“ La tua voce è spaventosamente debole!” Assim mi fissò accigliato. Adesso che avevo aperto bene gli occhi riuscivo a vederlo, seduto sulla poltroncina di vimini.

 Hakim fissò l’orologio della camera.

 “ E va bene, ragazzina, facciamo come dici. Se domani non starai meglio chiameremo il medico… adesso andiamo che altrimenti faremo tardi..” borbottò burbero. Jasmina, mi lasciò pensierosa e preoccupata, mentre usciva dalla stanza accompagnata da Assim.

“ Bada a te e riposati”mi ammonì il vecchiaccio prima di uscire a sua volta. 

Rhadi ,che non si era mosso di un millimetro, attese che gli altri se ne andassero per avvicinarsi e scoccarmi un bacio sulla fronte accaldata. Le sue labbra premettero sulla mia pelle , per quella che mi sembrò un’eternità.

“ Fai la brava e riposati, il ricevimento non sarà lungo.. Torneremo verso sera”  disse; il suo respiro mi sfiorava dolcemente.

 Mugugnai qualcosa di vago in risposta.

Lui si allontanò. Feci in tempo a cogliere il suo sguardo prima che uscisse dalla mia stanza e sussultai.

Il suo sguardo esprimeva ciò che temevo.

Chiuse la porta della mia stanza e a quel punto aspettati. Attesi a lungo, perlomeno tre quarti d’ora. Dopo quella mi sembrò un’infinità di tempo, mi levai su dal letto, miracolata.

 Lo sguardo dello sbarbatello era proprio quello che temevo: non era assolutamente convinto. Dannazione a lui e al suo temperamento diffidente! Ma me la sarei vista dopo con lui.

In punta di piedi raggiunsi la finestra, appena in tempo per vedere la decappottabile di famiglia uscire dal cancello della villa. A quel punto sospirai  di sollievo.

La lampada del comodino era accesa ed era rovente, e il fard era nascosto sotto il letto. Il trucco mi faceva molto più rossa di quello che ero. 

Ribadisco: per chiunque osi dire il contrario, sappiate che non avevo alcuna intenzione di fingermi malata per non partecipare al ricevimento di Nola.

Oh, nossignore.

Assolutamente.

Come sarebbe mai potuto venirmi mai in mente?

…. Tuttavia, diabolicamente,  fu proprio questo che feci.

 

Non avevo tempo per partecipare a una festa, né  tanto meno ce lo avevo per rivedere quella coppia assurda di gemelli che mi incutevano un considerevole terrore.

Dovevo studiare.

Dentro il mio armadio era conservata una cassetta metallica di sicurezza che mi ero portata da Londra; era lì che conservavo i documenti trafugati all’Archivio e tutti i miei passi avanti nella ricerca. Non potevo permettere che le pulizie di qualche cameriera solerte rovinassero il mio segreto. La afferrai , decisa. Se volevo venire a capo del mistero, dovevo approfittare di quel momento  di assoluta solitudine.  L’unico  problema che mi si presentava adesso , era rappresentato dai camerieri e dal personale di servizio. Probabilmente Jasmina aveva detto loro di venire su in camera a controllare ogni tanto, che non stessi dando in escandescenze febbrili. Era un problema da non sottovalutare, ma io ci aveva già pensato. Sistemai sotto le coperte un po’ di cuscini in modo da simulare la mia presenza. Era un trucco banale, ma al momento non sapevo tirare fuori di meglio.

Appiccicai come meglio potei, fuori la porta, un fogliaccio con su scritto: “ Do not disturb”. Dubitavo che sarebbe servito a qualcosa, ma per almeno un paio di ore le cameriere non sarebbero entrate.

Sgattaiolai  fuori dalla porta di servizio  e mi fiondai  fuori dai cancelli; per fortuna erano ancora aperti. Le guardie del corpo che presidiavano l’ingresso non c’erano. Certo che no, avevano accompagnato la famiglia Karim al gran completo al ricevimento dell’ambasciatrice. Gli unici  che mi avrebbero potuto creare inconvenienti erano i camerieri della casa che a quell’ora – era metà mattina- erano affaccendati  in casa.

 Non volevo fare nulla di pericoloso.

 Soltanto, mi serviva una biblioteca più    fornita di quella di villa Karim che nei giorni scorsi avevo spulciato da cima a fondo.  Dovevo andare alla Biblioteca Nazionale e sperare  di trovare qualcosa relativo a quella dannata leggenda.

 Alla fermata dell’autobus, salii al primo che capitò, diretto in centro.  Mi sentivo una fuggiasca in mezzo alla gente e , avendola già sperimentata, non era una sensazione piacevole. D’altronde, se anche non volevo fare pazzie come la volta  prima a Iraq el Amir, non potevo neanche restare con le  mani in mano in attesa di chissà cosa. Una visita alla Biblioteca non avrebbe ucciso nessuno, con ogni probabilità sarei stata di ritorno prima della fine della festa di Nola, e, se anche mi avessero scoperto, avrei potuto accampare la scusa di una passeggiata dopo essermi miracolosamente ripresa. Ovviamente, non l’avrei data a bere a Rhadi. Con lui avrei comunque fatto i conti.

 Sospirai.

Un moccioso mi fissava, ostile. Aveva il moccio al naso, e le unghie nere. Sedeva scomposto e disordinato.  Un’anziana signora ,in piedi come me, era a malapena in  equilibrio.

“ Fai sedere la signora” dissi, seccata.

Non era affare mio, ma la lingua si era messa in funzione prima dei neuroni. Come sempre, del resto. D’altronde non era giusto che quel ragazzino stesse seduto.

“ E perché mai?”

 “ Perché lei è anziana e tu sei giovane” Ribattei, fredda. Mi sembrava inconcepibile, che esistessero mocciosi tanto irritanti.

La signora mi sorrise, grata. Ma il pivello  tirò su con il naso e… mi sputò addosso!

“ Non prendo certo ordini da una donna, per di più straniera”

 Ero rimasta spiazzata dal gesto; il suo sputo colava liquido sopra i miei scarponcini di cuoio.

Ormai tutti nell’autobus si erano accorti della situazione e ci fissavano, curiosi. I loro sguardi acuirono il mio imbarazzo, soffocato solo dalla mia rabbia. Avrei voluto prendere a sberle la sua faccia arrogante, ma ovviamente non potevo. Aveva poco più dell’età di Asiya.

“ Ehi ragazzino!” Intervenne una voce femminile. Mi voltai. Una figura si era fatta largo tra la gente  e afferrò il polso del moccioso, torcendolo. Portava un cappuccio, ma ciò non impediva ad alcuni ciuffi di fuoriuscire ribelli.

“ Chiedi immediatamente scusa, e levati dalle palle!” abbaiò. Era minuta, ma trasmetteva un’energia terrificante. Il ragazzino arrogante gridò di dolore con mia immensa e animosa soddisfazione. La ragazza lo mollò per un attimo  per poi riafferrarlo per il bavero e alzarlo di peso dal posto. L’autobus si era appena fermato e aveva aperto le portieri posteriori. La ragazza trascinò il ragazzino e lo fece andare lungo il marciapiede.

“ Prendi il prossimo, tesoro!” gli gridò, mentre ripartivamo. Il ragazzino la insultò volgarmente e lei , di contro gli fece un gestaccio. La signora anziana intanto si era accomodata,con espressione sollevata.

“Aaah.. le mie povere gambe!…Vi ringrazio” disse in arabo.

Le sorrisi amichevole. “ Di nulla”

 Poi mi voltai verso la ragazza con il cappuccio calato in volto. Le persone si stringevano l’un l’altra, tentando di starle il più possibile lontani. Effettivamente incuteva timore.

Mi avvicinai. “ Grazie del tuo aiuto… ma non sarà stato un po’ eccessivo per un ragazzino di quell’età?” domandai titubante.

 “ Direi di no” replicò lei, sfilandosi il cappuccio. Aveva pelle chiara e occhi azzurri.

Dai finestrini si vedevano le prime vetrine del centro. La mia fermata era vicina.

 “ Scendi qui?” mi chiese.

“ Si”

“ Anche io.”

 

****************************************************************

 

“ Con i mocciosi di quella risma , occorre essere decisi, altrimenti prenderanno il sopravvento e da grandi diventeranno ancora più violenti con le donne… è colpa di questa cultura, se la Giordania è un paese ancora maschilista!” Proclamava, battagliera, con la furia di un gendarme.

La ascoltavo affascinata, mentre camminavamo lungo il marciapiede. Era  estremamente secca, esile,  e sicuramente non più grande di me. Eppure, quanta sicurezza dimostrava! Il suo abbigliamento trasandato, poi, mi incuriosiva non poco. Sapevo che non avevo tempo di perdermi in chiacchiere, eppure qualcosa di lei mi attirava…qualcosa del suo volto mi ricordava qualcuno che avevo incontrato..

“ Comunque molte grazie, dell’aiuto.. io sono Anna” Le tesi la mano, nascondendo la mia frustrazione nel non ricordare dove potessi mai averla incontrata.

 La strinse “ Aurore, molto piacere”. Mi sorrise, mostrandomi un sorriso deciso.

 “ Sei inglese, vero?” mi chiese.

 Risi. “ Si sente dall’accento, vero?”

“ E’ inconfondibile, in effetti.” Replicò. “ Sei qui in vacanza? Dovresti prestare attenzione  e non muoverti per questa città da sola, è pericoloso per i turisti”.

 Soffocai un risolino; mi sembrava di sentire i Karim…

 “ No, vivo qui dall’estate scorsa…”

 “ Davvero?” Sembrò sorpresa e circospetta.

 “ Tu che ci fai qui, Aurore? Anche tu sei palesemente occidentale, e chiaramente non vivi qui da molto: il tuo arabo è basilare..”  mormorai, cauta. Qualcosa di lei mi attirava inesorabilmente. Purtroppo la mia memoria non voleva collaborare.

 Si bloccò per la strada, all’improvviso, lasciando che l’uomo che ci camminava dietro le venisse addosso. Era un uomo di mezz’età, carico di valigie e pile di documenti.

“ Ehi! Fai attenzione a fermarti così di botto!” brontolò spazientito, prendendo il largo.

Non si curò neanche di replicare.

“ Io..sono qui per cercare un persona… una persona molto importante” mormorò; i suoi occhi azzurri si fecero immediatamente tristi.

“ Oh, capisco” replicai, mentre in realtà non capivo affatto. Purtroppo, anche se la tipa mi incuriosiva non avevo tempo da dedicarle. Rimanemmo in silenzio, per un attimo, senza sapere bene cosa fare. Poi mi decisi.

“ Be, ci vediamo Aurore.. Amman non è poi così grande, forse ci rivedremo”  dissi  in fretta, mentre mi avviavo verso le strisce pedonali per attraversare all’incrocio.

“ Ci rincontreremo sicuramente, lo sento!” replicò lei, riacquistando di nuovo la spavalderia che tanto mi aveva affascinato. Mi fece ciao con  la mano e continuò per la sua strada.

Il verde scattò e attraversai in fretta le strisce. Strana gente che circolava in giro. Gente strana ,si, ma anche interessante.

Ah, le vie del centro! Quanto le adoravo! Così piene di vita e colorate, con tutti suq allestiti e i profumi che si mescevano l’un l’altro, creando quell’atmosfera così surreale e suggestiva! Abiti occidentali che si mischiavano con abiti tradizionali… era uno spettacolo interessante , ma piuttosto consueto, da quelle parti. Non passai dalla zona del mercato per non trovarmi in mezzo alla confusione. Con un sospiro pensai ai Karim e al pranzo di gala a cui stavano attendendo in quel momento.. pensai a Rhadi e a tutte le smorfiose che probabilmente lo avevano attorniato sin dal suo arrivo.  Dovevano essere veramente felici  della mia assenza. E poi pensai – un brivido mi scosse- ai gemelli Ray e al loro freddo ed enigmatico sorriso. Anche loro erano stati invitati al party. Era anche questa una delle ragioni che mi aveva indotto ad escogitare quell’espediente infantile della febbre: per non doverli vedere ancora- tutti e due o anche solo singolarmente- ero disposta a tornare ragazzina e a mettere in atto i ‘trucchetti’ più idioti.

Di buona lena,  arrivai alla biblioteca . Non c’era molta gente, ma d’altronde chi mai poteva esserci all’ora di pranzo? Il bibliotecario –un uomo di mezz’età- sonnecchiava beato e indisturbato. Ed io, altrettanto indisturbata, mi avviai verso la sezione storica che mi interessava.

I due pesanti tomi che avevo scelto mi sembravano confacenti alla mia situazione : “ Antiche leggende di Terra e dintorni”, recitava la copertina.

 Mi applicai con scrupolo, fino a trovare la fiaba siriaca che tanto mi aveva agghiacciato. Per fortuna c’era anche la traduzione inglese e quella arabo-giordana. La storia era conforme a ciò che mia aveva raccontato Adèle:

“……..C’era una volta , In un regno molto lontano un principe  che doveva prender moglie. C’erano molte pretendenti al trono e il principe non sapeva davvero chi scegliere. Il re suo padre, allora, scelse per lui : una principessa di una famiglia nobile e antica. Tutto questo per rinforzare l’alleanza. Il principe non ne voleva sapere, perché non era innamorato della principessa che non aveva mai visto, tuttavia ne fu costretto dalla ragion di Stato. Ma quando la incontrò, il giorno del matrimonio, se ne innamorò a prima vista. La sposa era tanto pura e bella, che il principe le regalò una dimora splendente, fatta costruire apposta per l’occasione. La principessa Lina era raggiante di bellezza e prese a risiedere con il suo sposo nella dimora splendente, fatta costruire apposta per lei. Presto venne concepito un bimbo di sangue reale, e la giovane coppia era felice e con lei gioiva il popolo: mai si era vista famiglia più unita e felice. Il principe non riusciva a capacitarsi del fatto di aver anche solo titubato all’idea di sposare la principessa. Tuttavia, accadde l’irreparabile…..”

Girai la pagina, famelica di notizia, mala storia si bloccava a quel punto, senza un motivo! Presi a sfogliare le pagine indietro e in avanti, frenetica. Non era possibile! Dietro  vi era l’inizio di un altro capitolo dedicato alle leggende iraniane. No, non poteva essere!

 Cos’era uno scherzo di cattivo gusto?! Fissai allibita il libro in cerca di una spiegazione ragionevole: ma non ve ne erano. Come diavolo faceva a mancare una pagina?!

 “ Scusi, signore!” chiamai il bibliotecario che assonnato riposava ancora sopra una pila di libri. Si riscosse in un atimo.

“ Ehmm. Si? Chi mi desidera?”

 Allungai la mano , per farmi vedere. Ero stizzita.

 Arrancò con passo lento, fino a raggiungermi.

 “ Ebbene?”

 “ Ebbene  a questo libro manca una pagina!” esclamai laconica.

  Il bibliotecario me lo strappò dalle mani, e mi guardò con disapprovazione come se avessi pronunciato una bestemmia.

 “ Che cosa??!” sibilò con voce strozzata. Esaminò la pagina .

 “ Questo è un lavoro di estrema precisione e cura… è stato fatto con un taglierino!”

 Mi fissò severo e arcigno.

 “ Sta scherzando vero? Perché diavolo mi sta fissando a quel modo?! Non crederò davvero che sia stata io..?”

 “ Io non credo a nulla signorina.. o meglio, credo solo a quello che vedo.”

 Guardò il libro con piglio pietoso.

 “ Povero piccolino, cosa ti  ha fatto questa bruttina?? eh??” Assunse un’ espressione patetica e straziata, e quasi prese a cullare il libro. Lo fissai allucinata. Chiaramente era pazzo: ma dove ero capitata? Più mi guardavo intorno e più mi rendevo conto di vivere in un posto di squilibrati.

 Tornò a rivolgersi a me, con aria inesorabile e arcigna .

 “ Esca da questa biblioteca, immediatamente! Deturpatrice di libri”

 “ Le ripeto che io non ho..!” Ammutolii, lasciando in sospeso la frase. Mi arresi. Era inutile affannarsi.

 Lasciai perdere e me ne andai con la mia valigetta di documenti. Avevo intorno già troppi pazzi nella mia vita assurda, per potermi permette il lusso di avere a che fare con un altro loro compare.

 Uscii rapidamente e presi a camminare a grandi passi.In effetti l'espressione 'deturpatrice' di ibri mi si addiceva, ma non era certo quello il libro che in realtà avevo deturpato.

 Era strano, immensamente strano. Come poteva essere che proprio a quel tomo mancava quella pagina? Era come se qualcuno avesse anticipato tutte le mie mosse e avesse previsto tutte le mie strategie…

  All’improvviso mi bloccai in mezzo alla  strada e osservai al di là dell’incrocio.  La  giovane che poco prima avevo incontrato, Aurore, stava piazzata dinanzi all’entrata di un bar dall’altra parte della via e fissava… il vuoto dinanzi a lei.

 Era immobile e stoica, quasi fosse preda di un forte sconvolgimento.

 Mi inquietava. Era a poco più di cinquecento metri da lei e la vedevo chiaramente.. fissava l’aria dinanzi a sé, mentre i passanti la evitavano e la ignoravano. Dimenticai i miei problemi per un attimo e fui presa da una forte apprensione; attesi un momento, sperando che riscuotesse da quella stasi angosciante . Cosa diavolo le stava accadendo? Mi avvicinai a grandi passi, per raggiungerla. Sicuramente non stava bene, si vedeva dall’aspetto perlaceo della sua cera. Forse soffriva di ansie e attacchi di shock, anche poco prima di lasciarla si era improvvisamente ammutolita, me lo ricordavo bene.

 Mi fermai di colpo, non appena mi resi conto che non fissava il  vuoto dinanzi a sé..

 Assolutamente no .

Fissava una berlina nera che era posteggiata a pochi passi da lei e ora che  riuscivo a vedere meglio mi accorsi che il suo sguardo non era vacuo.. era terrorizzato e smarrito. Stava guardando dentro l’auto e in essa vi vedeva qualcosa che la raccapricciava. Qualcosa che la terrorizzava al punto da non permetterle di muovere un passo.

 Io fissavo la scena incapace di fare alcunché. Sentivo il forte impulso di rompere quell’incanto statico e risvegliare Aurore dal suo torpore… qualcosa di istintivo mi incitò a correre verso di lei e di salvarla dal fantasma sconosciuto che la terrorizzava…

 Mi slanciai verso di lei e corsi.. ma non abbastanza in fretta! Scioccata, vidi lo sportello della berlina nera aprirsi  in uno scatto. Una mano guantata di nero invitò la ragazza a salire, in un gesto imperativo..

Era chiaro che dentro l’auto c’era qualcuno di cui Aurore era terrorizzata e allettata al tempo stesso. Agitata , dovetti fermarmi alle strisce pedonali, attendendo il verde per attraversare.    Fui presa inspiegabilmente dal panico. Per qualche strana ragione sentivo che quell’auto e quella mano foderata di cuoio nero rappresentavano un pericolo. Non riuscivo a spiegarmi il perché né a chiarificare la radice di quella mia angoscia.

“ Non.. non farlo Aurore!!!” Urlai a trecento metri di distanza da lei.. Maledizione a quel semaforo!

Aurore probabilmente non mi sentì perché  si trovò a stringere quella mano che superbamente la invitava a salire.  I suoi occhi rimasero vacui e la sua espressione indecifrabile, mentre si apprestava a prendere posto nella vettura. Non riuscivo a dimenticare la sua espressione agghiacciata e terrorizzata.  Perché stava salendo su quella macchina se poco prima l’aveva terrorizzata così tanto?! Non erano affari miei e lei era poco meno di una sconosciuta, ma sentivo inspiegabilmente il dovere di intervenire..

 “ Aurore!!”  gridai ancora, impotente.

La gente per la strada mi fissava curiosa, ma non vi badai. Non in quel momento. Il tempo sembrò fermarsi mentre lei  sollevava per un attimo il viso e incontrava il mio sguardo.Il suo sorriso penetrò in me in tutta la sua malinconica mestizia. Fu un attimo infinito.

 Poi salì sulla berlina ,che partì sgommando.

 Rimasi ferma e immobile a guardare, incapace di articolare un pensiero coerente. Perché mai  avevo sentito il bisogno di salvarla?  Per quel che ne potevo sapere, dentro la macchina vi poteva essere il suo fidanzato con cui aveva litigato o la madre infuriata per qualche cosa. Tuttavia quella espressione vacua e terrorizzata, non la si poteva ricondurre se non a una situazione di estremo pericolo. Litigare con il proprio fidanzato o con un amico non giustificava quell’espressione di puro orrore che avevo visto dipinta sul suo volto.

 Ripresi a camminare, lentamente.

 La cosa più strana era che non riuscivo a spiegare il mio comportamento… era come se all’improvviso avessi avvertito l’irrefrenabile impulso di correre verso di lei e strapparla alla minaccia rappresentata da quella mano inguantata e imperiosa. Avevo pecepito il desiderio di salvarla da qualcosa… perché?e da cosa?

 Il vento prese a frusciare tra i miei capelli, forte, sibilando una risposta che non riuscivo ad afferrare.

Percorsi qualche metro, avviandomi vero la fermata del mio autobus, quando di nuovo vidi quella stessa berlina ferma in un vicolo nascosto! Mi bloccai e .. mi mancò il respiro quando dallo sportello posteriore scesero … i gemelli!

 Erano proprio loro, non vi era alcun dubbio. Mi sentii svenire e dovetti aggrapparmi forte a un palo della luce. Le forze mi stavano abbandonando.. No, non era possibile.

 “ Si sente bene, signorina?” chiese una donna, accorsa a sostenermi.

 Non risposi, tenendo gli occhi fissi  sui due giovani. Indossavano completi neri e occhiali scuri, ma erano loro, ne ero sicura. Avevo un ricordo molto vivo delle loro movenze e delle loro figure… cosa ci faceva ,Aurore, con loro?

 Dovevo aiutarla, dovevo salvarla..  Non potevo permettere che cadesse nelle mani di quegli individui… se ancora non sapevo con esattezza chi fossero, sapevo però con esattezza che erano dannatamente pericolosi e diabolici. 

“ Sto.. sto bene” bofonchiai, liberandomi delle mani gentili che mi avevano sostenuto..

“ Ehi, che modi!”

Allontanai la donna e mi avvicinai al vicolo, dove era posteggiata la berlina. Uno dei fratelli stava parlando al telefono, mentre l’altro fumava una sigaretta, di spalle. Nel giro di pochi secondi ce l’avrei fatta ad aprire lo sportello e a permette ad Aurore di scappare. D’altronde non si erano accorti di me. Non ancora.

O almeno questa era la mia sciocca speranza… che venne puntualmente delusa..

Il gemello che parlava al telefono si voltò, chiudendo la comunicazione con uno scatto secco.

“ Amira Nasser.. o meglio Anna” disse, con un sorriso freddo, sorprendendomi.

“ Che gradita sorpresa trovarti qui”

 Il fratello gettò la sigaretta per terra e si girò a sua volta, fissandomi spavaldo.

 Mi si drizzarono i capelli in testa, ma rimasi calma.

“ Salve” proferii, ostentando sicurezza. “ Anche io sono stupita di trovarti in un vicolo del centro…” Non sapevo con esattezza a chi rivolgermi dei due, per cui parlai a entrambi. “ Non dovevate essere al party di Nola?”  Proseguii.

Tentai di avvicinarmi il più possibile alla macchina, per vedere dentro e assicurarmi che Aurore fosse incolume… ma quel dannato trabiccolo aveva i vetri oscurati, dannazione!

“ Il gala iniziava dal pranzo , ma noi preferiamo unirci alla festa  più tardi, questa sera.. tu piuttosto cosa ci fai qui?”

Non risposi. Fino a quel momento aveva parlato il gemello che aveva finto – perché aveva finto, lo avevo capito!- di stare al cellulare  e mi aveva dato persino del “tu”.

“ Tu devi essere Terence” . Conclusi le mie riflessioni a voce alta.

 “ Oh, scusa che sciocco… ho dimenticato di presentarti mio fratello.. Kyle Ray”

 Fissai il viso dell’altro, similmente mostruoso e bello. “ Piacere” dissi, glaciale.

Lui mi tese la mano “ il piacere è tutto mio… Amira”

 Quelle parole mi fecero accapponare la pelle, perché mi ricordavano sinistramente le stesse parole che uno dei due mi aveva rivolto all’Archivio. Chi dei due avevo incontrato?! Nonostante li avessi dinanzi a me, non sapevo dirlo con certezza. Erano pressappoco identici! Mi ripresi dallo shock. Nonostante la mia paura, non potevo bloccarmi in quel momento. Strinsi la sua mano gelida e la lasciai dopo mezzo secondo. Adesso che li osservavo vicini, in verità, potevo notare piccole differenze tra i due: Kyle aveva un minuscolo neo sotto l’occhio sinistro..

 All’improvviso , mi resi conto con orrore,  che la situazione si era fatta rischiosa per me. Mi trovavo in un vicolo deserto, insieme a due potenziali membri dell’organizzazione De La rose. Sentivo nella mia testa la voce di Rhadi che mi ordinava di scappare a gambe levate.

  Ma non potevo lasciare Aurore nel bel mezzo dei casini.

“ Scusate se mi intrometto, ma prima mi è sembrato di vedere una mai amica salire in questa macchina… la volevo salutare..” dissi, esitante, mascherando l’angoscia dietro la mia implacabile freddezza.

 “ Ah , si ?” mi provocò Kyle “ Be’ ti sbagli, a parte il nostro autista, non c’è nessuno”

Osservai il modello e il colore della vettura: era la stessa, ne ero più che certa! Inoltre, Terence indossava un paio di guanti neri di cuoio.. Aurore si trovava dentro a quella dannata macchina!

“ Davvero? Vi dispiace se do un’occhiata?” chiesi, sopprimendo il mio terrore.

Terence mi fissò sprezzante. “ In verità… si, ci dispiace”

 Non mi aspettavo quella risposta. Tacqui, disorientata.

Kyle sorrise spietato “ Vai a casa, Amira..è meglio” mi sussurrò.

Sbiancai quando la sua mano mi accarezzò il collo. Arretrai di un passo. “ C.. cosa stai..?” balbettai. Mi posò l’indice sulle labbra, imponendomi il silenzio.

 “ Sssst.. presso sarà tutto finito.. ci rivedremo prima di quanto pensi, e allora dovrai sottometterti alla nuova legge..” sussurrò.

Io arretrai ancora, sconvolta, fino ad incollare le mie spalle al muro.

 “ Andiamo Kyle” Disse Terence, sbrigativo. Lui mi sorrise ancora e si allontanò.

 “ Arrivederci” . Io non replicai , tanto ero sconvolta. Non riuscivo a spiegarmi il senso di quelle parole e di quel gesto. Tutto quello che riuscii a trarne fuori fu una sensazione di estrema negatività.; ed estremo pericolo.

Fu in quell’attimo che la sentii gridare… sentii la voce di Aurore gridare di angoscia, mentre la macchina ripartiva, sgommando..Non ero riuscita a salvarla.. L’unica immagine che riuscii a scorgere, era quella dell’autista, che portava un cappello scuro, calato su quellli che mi sembravano capelli biondi… di Aurore, neanche l’ombra.. i vetri posteriori erano troppo scuri..Osservai impotente la vettura allontanarsi a gran velocità.. adesso avevo una mezza idea di chi poteva essere stato a eliminare una certa  pagina.. Mi apprestai a tornare a casa, con la tristezza nel cuore, ma con una nuova certezza nella mente..

 

 

           

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Capitolo 25
*** Concealed World ***


Wecome To PageBreeze Ta-daaan- Per farmi perdonare dei miei ritardi, vi ho postato un nuovo capitolo ^^ E' breve, però è essenziale :)

Ero da poco scesa alla fermata dell’autobus, quando mi ricordai di un particolare inquietante.

Quasi incespicai sui miei stessi passi e finii per sbattere contro un muretto, per la gravità della mia realizzazione. Mi diedi mentalmente della stupida per aver tralasciato quel dettaglio così marginale e tuttavia, così eloquente!

I gemelli probabilmente non avevano potuto a rimediare a quell’inconveniente, quando avevano rimosso la pagina del libro della Biblioteca –perché erano stati loro, ne ero certa!-

Avevo un ricordo abbastanza vivido della pagina di quel tomo antico, che avevo letto. Il dettaglio criptico era il nome della principessa : " Lina". Lo stesso nome di mia madre. La coincidenza mi sembrò a dir poco orripilante.

Non mi biasimai per aver trascurato un dettaglio così significativo; il rapimento di Aurore- perché di rapimento si era trattato- mia aveva lasciato in bocca un sapore di amaro. Non avevo prove effettive che Aurore fosse rinchiusa in quella macchina; con ogni probabilità se fossi andata alla polizia, mi avrebbero riso in faccia. E con ogni probabilità, Rhadi mi avrebbe creduto una povera demente con allucinazioni; e non avrei potuto controbattere a quel suo atteggiamento: lui, d’altronde, non era al corrente dei piccoli dettagli inquietanti dei fratellini Ray, di cui io invece ero a conoscenza.

Ad ogni modo, per quanto concerneva il nome della principessa, Adèle aveva omesso di dirmelo. Me l’avrebbe pagata, in un modo o nell’altro. Avevamo stabilito di abolire i comportamenti evasivi e circospetti tra di noi, e lei cosa mi fa alla prima occasione? Omette di dirmi un dettaglio simile!

Continuai a camminare imperterrita ed indignata verso casa. Ormai era pomeriggio inoltrato, alla Biblioteca Nazionale avevo sprecato più tempo del previsto.

"Salve"

Mi voltai. Sulla strada di casa, era parcheggiata un auto. Appoggiato al cofano c’era il signor Yma.

" Salve, Josef" dissi, formale, uccidendo il nervosismo che si stava impadronendo di me.

Accidenti, perché, perché mai dovevo incontrare anche lui in quella giornata?!

" Quando Assim mi aveva detto che eri malata, ho intuito subito che si trattava di un bluff… e a quanto pare non mi sbagliavo, Amira" . Sogghignò. I suoi occhi neri mi parvero più minacciosi di sempre.

" Preferirei Anna... come lei ben sa" replicai. Ne avevo avuto fin troppo del nome di " Amira Nasser" che sembrava perseguitarmi.

Yma alzò le mani, in segno di rassegnazione.

" Come vuoi, te la do vinta… per stavolta" puntualizzò l’ultima parola con sarcasmo.

Notai che se nei nostri incontri precedenti mi aveva dato del 'lei', adesso si era preso più confidenza e mi dava del 'tu'.

" Cosa vuole, comunque?" Soggiunsi io prima che potesse aprire di nuovo quella sua bocca malefica.

"Ha visto anche lei, sono sana come un pesce… ho escogitato tutto solo per non partecipare a quel tedio"

Josef si finse turbato " L’ambasciatrice sarebbe sconvolta dalle tue parole, sai?"

" Cosa vuole?" ripetei.

La sua risposta mi lasciò a bocca aperta.

" Prendere un caffè con te.. e parlarti"

" A che scopo? Se aveva capito che il mio era un bluff, a quest’ora la famiglia Karim sarà arrivata alla stessa conclusione, non trova? E’ questione di poco, prima che ritornino tutti a controllare" replicai io, decisa.

Seriamente non capivo dove volesse arrivare. Era l’ultima persona che mi aspettavo di vedere.

" Lo scopo lo capirai dopo, mia cara… te lo garantisco. Credo sia ora che tu apprenda qualcosa di molto importante. I Karim ritorneranno verso sera, il ricevimento serale e l’asta di beneficenza devono ancora cominciare. "

Il mio cuore mancò un colpo. Stava forse parlando dell’organizzazione e del motivo per cui mi dava la caccia? Osai sperarlo. Mi dovevo fidare. Se i Karim mi avessero scoperta, avrei improvvisato. Come sempre, del resto.

" D’accordo" dissi, infine, al colmo di miei sforzi valutativi. Lentamente salii al posto del passeggero della sua auto, lui scese dal cofano e si sedette al posto di guida.

Mentre partivamo sgommando, pensai di nuovo alla principessa Lina. E realizzai solo in quel momento che Lina in antico arabo significava ‘ la Tenera’. Sorrisi, consapevole della mia idiozia…

Arrivammo in uno dei locali più alla moda di Amman. Josef aveva parcheggiato la macchina in uno dei posti riservati ai clienti.

" Prego" mi disse, aprendomi la porta e indicandomi la strada.

Mi sentii fuori luogo in quel luogo così esclusivo. Yma indossava giacca e cravatta e gli altri clienti non erano da meno. A loro confronto, sembravo una stracciona in jeans sdruciti e scarponcini di cuoio, sporchi di bava. Mi si arricciò il naso, a ripensarci. Ma non potevo perdermi in simili pensieri.

Appena ci sedemmo al tavolino, inchiodai con lo sguardo Yma che mi sorrideva, placido dall’altro capo.

" Allora?" lo incalzai, impaziente.

Lui , invece di rispondermi, schioccò le dita e fece segno a una cameriera di avvicinarsi.

" Un martini con ghiaccio e…?"

" Acqua naturale" sibilai io, tra i denti. Non ero venuta per bere e divertirmi.

La cameriera annotò tutto con cura su un taccuino.

" Arrivano subito" Si allontanò.

" Sta giocando con me, Josef.. e non mi piace" dissi, non appena la cameriera si fu distanziata a sufficienza.

" Suvvia, Anna.. è Anna che vuoi essere chiamata, vero? Dicevo, suvvia non essere così sospettosa.. rilassati!"

Lo fissai con circospezione, incapace di cogliere il suo invito.

Lui sospirò e si arrese.

"E va bene.. sai perfettamente ciò di cui voglio parlare… So esattamente che cosa stai facendo e perché"

Non fui sorpresa. Yma era un uomo intelligente e i miei tentativi di depistaggio non erano stati poi così abili.

" E quindi? Se anche fosse, non hai la benché minima prova.. sempre che tu stia parlando di quello che io penso" Lo stuzzicai. Non volevo sbilanciarmi troppo, ma allo stesso tempo dovevo apparire sicura. Lui sorrise sprezzantemente " Mi hai sorpreso , lo riconosco, a provocarmi in questo modo.. Non sai con chi hai a che fare.."

Sbuffai, spazientita.

" Oh, per favore, ma smettiamola con questi giochetti infantili… Mi dica subito cosa vuole senza troppe storie. Ho accettato di venire qui per una buona ragione, non per giocare con lei.. la mia buona ragione è capire perché una dannata organizzazione segreta mi vuole e perché il nome di mia madre compare in una leggenda antica e perché, santo cielo, questa leggenda è collegata con l’organizzazione De La Rose!"

Il fiume di parole fuoriuscì in piena. Lentamente, vidi Yma assorbire appieno il significato delle mie frasi frenetiche. Non era un uomo abituato a mostrare le sue emozioni. Era una spia, dovevo stamparmelo bene in mente. Tuttavia il suo sorriso mi sembrò sincero.

" Dunque è vero… non sei poi così ignara" mormorò, tranquillo.

" No, infatti!" sbottai, rossa di rabbia . " Chi diavolo le ha detto che io sapevo che..?!"

" Alt, Alt, Alt!" Mi interruppe lui " Chiariamoci: le domande le faccio io!"

Sussultai; aveva usato un tono che non mi piaceva. Mi costrinsi ad ascoltare.

" E va bene"

" Da quanto sai che questa organizzazione ti sta dando la caccia?"

" Appena arrivata ad Amman, origliai una sua conversazione con Hakim".

Lo vidi trasalire. Bene, almeno aveva realizzato di non essere poi così furbo come credeva. Cosa pensava, che parlottare con il vecchiaccio, nei corridoi del palazzo non avrebbe portato le sue conseguenze?!

" Da quanto sai della leggenda.. che poi sarebbe una profezia..?" chiese.

Cosa? Era una profezia? Restai di sasso, ma non lo diedi a vedere.

" Da poco.."

" Chi te lo ha detto?"

" Non posso dirtelo"

I suoi occhi indagatori mi squadrarono , contrariati. Ma da me non avrebbe saputo nulla della mia fonte speciale. Adèle.. I due , ricordai vagamente, si odiavano a morte.

La cameriera arrivò è posò sul tavolo le bevande. Yma le passò una banconota da 100 dollari.

" Tieni pure il resto" disse, garbato. L’altra arrossì di piacere.

" Oh.. be ’ , grazie!" replicò, infilando la banconota nelle tasche del grembiule. Si allontanò felice come una pasqua.

Mentre sorseggiava il suo Martini, lo fissai a mia volta.

" Adesso è il mio turno.. le domande le ho già esposte, la prego di rispondermi" dissi.

Attesi che posasse il bicchiere sul tavolino.

" Come avrai capito, questa organizzazione ti vuole."

" Lo so" borbottai, spazientita. Yma sorrise, di nuovo.

" Quello che non puoi sapere è il perché. Come avrai capito, la leggenda di Tenerella non è solo una leggenda…è accaduto realmente."

Mi tremavano le mani. Non lo interruppi.

" Secoli e secoli fa, proprio qui in Giordania, e non in Siria. La località è stata mistificata per ragioni ovvie. Per comprendere appieno la storia, occorre valutare le condizioni storico- politiche del paese. Ovviamente in quell’epoca remota non vi era ancora stata l’Unificazione, sussistevano piccoli reami primordiali.."

" Di che epoca si tratta?" Osai interromperlo.

" Non possiamo dirlo con certezza, purtroppo.

" Continui" Lo incalzai , allora, io.

" La prima parte relativa allo sposalizio combacia perfettamente con quello che sai tu… il principe sposò la ragazza che i genitori avevano scelto e presero a vivere nella dimora della luce.. o dimora splendente,come ti pare.. "

Attesi, famelica di notizie nuove; quella parte la conoscevo già…

" Quando il figlio di Tenerella morì, il principe invocò l’angelo della morte.. ed è qui che subentra la mistica…"

" Mistica?" chiesi confusa. Il tempo sembrò fermarsi, in quel momento, tanto ero concentrata.

Yma corrugò la fronte, sospirando. " Venne invocata la Morte, personificata dall’angelo Azrael…" Cadde un silenzio attonito.

" La storia dell’angelo la sapevo.. ma non vedo come possa essere rilevante. D’altronde si tratta solo di una metafora per alludere alla morte di Tenerella ed e figlio, no?!" dissi, innervosita.

" Come spieghi l’immortalità del giovane sposo, allora?" replicò piccato Josef.

A quel punto tacqui, non sapendo bene cosa dire. Avevo da sempre creduto che nelle leggende, miti e storia si fondessero, insieme. Personalmente, avevo sempre ritenuto che la parte riconducibile al mito fosse proprio quella dell’Angelo e dell’immortalità

"Andiamo..!" Iniziai, con un sorriso scettico sulle labbra " Non vorrà mica farmi credere.."

" Fammi finire!" mi interruppe lui, brusco. I suoi occhi neri erano seri e poco rassicuranti.

Ammutolii all’istante.

" Come dicevo.. si pensa che tale Angelo fosse Azrael, Arcangelo biblico della cultura islamica, raffigurato con quattro volti e più di trecento ali.. Nella cultura popolare si dice che sia il più maligno e intelligente Angelo al servizio di Allah.."

" Azrael.. " mormorai, inconsciamente

" Precisamente" puntualizzò Yma. " In realtà dalla leggenda non è possibile desumere se si tratti effettivamente di Azrael o di uno degli arcangeli ebraici, o di un Metim…"

" Che importanza vuole che abbia?" chiesi, confusa da tutti quei nomi sconosciuti..

" Moltissima" replicò lui. " Un Metim è una presenza malevola, crudele… è un assassino… Azrael prende la vita, sopprimendo con…"

" Ok, basta, Josef… la prego. Non ho bisogno dei dettagli più sanguinolenti.. dove vuole arrivare?" chiesi concisa e precisa.

" Secondo la storia, Azrael concesse l’immortalità spontaneamente.. ma così non fu, in realtà. Azrael, guadagnò qualcosa in cambio, dal sacrificio di Tenerella…"

" Che cosa?" chiesi, esasperata. La situazione iniziava a farsi più complicata. I neuroni iniziavano a dare fuori di matto..

" Non lo so.." rispose dolcemente e malinconicamente Yma.. " Nessuno lo sa… "

Rimasi in silenzio, in attesa di qualcosa, di una qualche maledetta illuminazione divina che mi permettesse di trovare il senso a tutto ciò. Azrael.. Angelo biblico, Metim.. La storia non mi aveva preoccupato granché. Furono le parole successive che mi ghiacciarono il sangue nelle vene.

" Gli angeli vogliono te, Anna. Vogliono la discendente di Tenerella... Malak – al –Maut, meglio noto come Arcangelo Azrael ha fondato la confraternita degli angeli… oggi conosciuta come Organizzazione De La rose…" La sua voce fu come un sospiro che lievitò nell’atmosfera plumbea e greve.

La nebbia mi adombrò la mente.

" Io.. sarei..?" quasi boccheggiavo, nel tentativo di finire la frase. Yma non mi aiutò. Mi guardò semplicemente con sguardo chiaro e deciso.

" Si, direi di si" rispose.

A quel punto, scoppiai in una fragorosa risata isterica. L’assurdità era al culmine.

" Yma! Mi meraviglio di lei! Come può, un uomo razionale come lei, credere ancora a queste storie??!" Mentre ridevo, tuttavia, un senso di vuoto mi prese allo stomaco. Era come se all’improvviso fossi entrata in una camera iperbarica..

" Vorrei che fosse così, Anna, credimi. Purtroppo ho motivo di credere che nella vita non tutto è dimostrabile con scienza e ragione… Non tutto.." confermò, lentamente.

" Ma è paradossale!" sbottai, più agitata che mai " Lei vuole darmi a bere che un angelo ha fondato l’organizzazione De La Rose, per ritrovarmi! Si rende conto dell’assurdità che sta dicendo?!"

" Ho semplicemente detto che ha creato una confraternita occulta… che poi questa si sia evoluta in un’organizzazione segreta, è opera dell’essere umano" replicò lui, asciutto e freddo.

" Lei è pazzo" dichiarai con enfasi. E lo pensavo veramente.

" Rifletti" Il suo tono era calmo e autoritario. Bevve un altro sorso del suo Martini come per riprendersi anche lui. " Sei stata mandata via dalla Giordania, per un motivo ben preciso.."

" Non sono stata mandata via" puntualizzai. " Due rapitori mi hanno portato a Londra e.."

" Questo è quello che hanno voluto farti credere, da sempre.. in realtà i tuoi stessi genitori hanno voluto proteggerti e…"

" Basta così, Josef!" gridai, indignata. " Non le permetto di mistificare la memoria dei miei genitori con queste sciocchezze da poco!!" Ero talmente inviperita, che non mi ero accorta di aver alzato la voce. La signora del tavolo vicino mi squadrò, contrariata.

" Nella mia esperienza ho avuto contatti con il sovrumano e il trascendente, e ti garantisco che non è una sciocchezza da poco!" esclamò, con voce ancor più alta. Mi spaventò: il suo viso era furente, iroso. Staccai lo sguardo da lui e mi persi nel vuoto, a pensare, rigida.

Il tempo rallentò e lo spazio prese come a vorticare, intorno a noi. Non mi trovavo più nel locale più esclusivo di Amman.. oh, no . Non sapevo dove mi trovavo, in realtà. So solo che quando riemersi, avevo pronti due nomi..

" I fratelli.. I gemelli Ray…. Possono essere loro..?" balbettai, incerta, guardando la tovaglia del tavolino.

" Chi può dirlo", mi rispose la spia, con sguardo enigmatico.

Rimasi assente di nuovo, per un momento, poi mi alzai dal tavolino e uscii dal locale…

Quel pomeriggio mi sconvolse più di quanto io stessa abbia ha credere. Quella conversazione mi aveva iniziato ai segreti dell’ occulto mondo misterico.

 

Tornai a casa. Le cameriere furono sorprese quando aprirono la porta e mi trovarono lì davanti. Erano convinte che fossi sotto le coperte calde del letto, povere illuse. Tuttavia credo che il mio aspetto fosse abbastanza cinereo e pallido, da potermi passare benissimo ancora per malata. E non era una recita, questa volta.

Io stavo male.

Malissimo, come non lo ero mai stata.

Salii le scale, con passo stanco.

La giornata mi aveva riservato tante emozioni: Aurore, il suo rapimento, il suo coinvolgimento… La rivelazione di Yma, poi, era sconcertante. Se era vero ciò che mi aveva detto – e non vedevo il perché dovesse mentirmi, a quel punto- non avevo scampo. Non potevo combattere con un’entità sovrumana, benché meno angelica o demoniaca. L’assurdità del pensiero mi provocò un attacco di vertigini improvviso, e dovetti aggrapparmi al corrimano, per non cadere. Gli Angeli esistevano. Il Bene, il Male…erano concetti incarnati in entità sconosciute. Entità che si aggiravano per questo mondo, seminando il panico.

Con dolore , pensai ancora ad Aurore e alla sua esile corporatura.. Che fine aveva fatto?! Perché era stata rapita?! Ero più che certa che, se quella leggenda assurda aveva un fondo di verità, di sicuro le uniche due persone che potevano incarnare umanamente la Morte, erano loro, i gemelli Ray. Si spiegava anche perché avevo sempre trovato la loro bellezza mozzafiato, raggelante e metafisica.

No, se gli eventi avevano deciso di prendere quella piega non avevo possibilità di salvezza. Mi rifiutavo di combattere entità malefiche e sconosciute, perché la mia razionalità rifiutava ancora di credere alla loro reale esistenza. E poi, c’era la storia di Adèle. Adèle sicuramente era a conoscenza di tutto. Mi aveva mentito. O meglio, aveva omesso di dirmi tante cose. Mi aveva raccontato la storia di un'organizzazione spionistica, dominata da quattro famiglie... non certo la storia di una confraternita dedita ad attività misteriche di natura trascendente! Mi fidavo di lei, e quel suo atto mi aveva deluso nel profondo..D'altraparte non sapevo se credere ciecamente alla versione assurda di Yma o serbare qualche dubbio, a discolpa della mia amica. Di chi potevo fidarmi, a quel punto?

Con angoscia , pensai a Rhadi e al suo coinvolgimento in tutta quella storia. Cosa sapeva? In che modo partecipava al gioco? Probabilmente, se mi fossi affidata direttamente a lui, le cose sarebbero andate meglio.. Adesso, dovevo rimediare. Dovevo dirgli tutto. Avrei aspettato che tornasse e poi avrei rivelato tutto quello che sapevo. Tuttavia il destino non mi diede il tempo di rimediare al mio stupido errore. Ripensandoci adesso, a distanza di tempo, credo che il mio errore più grande fu quello di non fidarmi mai del tutto di Rhadi, nonostante egli mi avesse dato prova della sua lealtà.

Spalancai la porta della camera e rimasi impietrita: lui era lì, seduto sul mio letto, con aria sognante e pericolosa. Mi guardava e sorrideva.

" Ciao, Anna" disse. Non sembrava arrabbiato.. la sua espressione era addirittura qualcosa di peggio.

" Rh.. Rhadi.. non ti aspettavo…così presto" balbettai a precipizio.

" Davvero? Me ne sono accorto..Sai, quando sono tornato per vedere come stavi e ho trovato il tuo fard sotto il letto e i cuscini appallottolati sotto le coperte, non è stato difficile capire… Ero già sospettoso questa mattina, vedendoti tutta arrossata e con il mal di gola di cui non hai mai sofferto.." mormorò.

Trasalii per un attimo, vedendo che teneva il pennello del phard, in una mano.

Ci mancava anche quella.

Non mossi un passo, in attesa di una sua esplosione di rabbia. Invece venni delusa. Fu molto peggio di quanto credessi.

Si alzò dal letto, si avvicinò e mi crocifisse con il suo sguardo profondo.

" Ho parlato con Josef, al telefono, poco fa" bisbigliò, con voce atona. Il suo viso era indecifrabile.

Il mondo mi cascò addosso.. Cosa diavolo gli aveva detto quel maledetto Josef?! Si avvicinò ancor di più a me. La risposta si appalesò davanti ai miei occhi : tutto.

" Perché?" mi chiese.

Fui tanto stupida da rispondere. " Perché cosa?" Come se non sapessi a cosa si riferisse.

Rhadi sorrise, triste.

" Mi hai deluso, Anna."

Le sue parole mi trafissero come lance. Prese il mio viso e appose sulle mie labbra tremanti, un bacio lieve. Freddo e privo di sentimento.

Un bacio di addio. No, mi rifiutavo di accettarlo.

Mi ribellai.

" Rhadi.. aspetta.. io avevo proprio intenzione di.."

" Ssst.. Non sprecare scuse inutili..sapendo ora quel che sapevi di me… mi rendo conto che tutto acquista un nuovo senso.."

Fui presa dalla nausea. Lui continuò, implacabile. " Mi hai ingannato.. e lo hai fatto dannatamente bene, mi complimento per l’opera"

Tentai di abbracciarlo, ma lui si divincolò.

" Ascoltami" supplicai " Non sapevo ancora nulla del tuo reale coinvolgimento… non volevo metterti in pericolo! E poi, sapevo che se avessi saputo che io ero a conoscenza di tutto.. mi avresti impedito di proseguire le ricerche!" Il mio sguardo era implorante. Ero a pochi passi da lui, ma la distanza tra noi era incolmabile. Le sue parole furono pesanti come macigni.

" Su questo hai ragione. Non potrai mai più uscire da questa casa, Anna" bisbigliò, freddo, guardandomi di traverso. Nei suoi occhi lessi un disprezzo che non riusciva a mettere a parole.

Uscì dalla stanza, abbandonandomi. Fu in quell’attimo che le prime lacrime iniziarono a rigarmi le guance…

 

Freeze: Ahi… Mi hai beccata con il phard ahahahahah xD. Effettivamente avrebbero potuto accorgersi del fard.. se ne avesse messo a quintali sul viso.. Anna forse ne ha messo un po’ solo sulle guance, per simulare, e non sulla fronte . In ogni caso Rhadi aveva già sospetti sulla sua recita, come si capisce dalle sue occhiate fugaci e da questo capitolo :P Grazie mille della tua recensione. Si, ora sto meglio e mi sono ripresa completamente.. Ho sofferto di una brutta malattia, ma ora sto bene. Devo dire che ci hai azzeccato quasi su tutto con la storia xD xD Ti manca qualche dettaglio e qualche colpo di scena ma per il resto, sei proprio sulla buona strada.:) Grazie mille ^^ J

Artemis5: Grazie mille anche a te, ti ho inviato un commento di risposta per pm ^_^

Maganera: era da tanto che non postavo, ma spero che adesso che ne ho postati due di seguito, mi potrai perdonare J

Potter92: Grazie dei complimenti, e grazie della recensione ^^

Ery94: Buone vacanze estive e grazie della recensione. Anna ne combineròà sempre di tutti i colori xD

Ringrazio anche tutti gli altri che hanno postato le altre recensioni, per assolutamente indimenticabili e fondamentali :) Ja ne!

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Capitolo 26
*** Through the rain ***


Wecome To PageBreeze

La pioggia picchiettava furiosamente contro le persiane delle mie finestre. Scrosciava copiosa dal cielo. Forse era arrivato il periodo delle piogge in Giordania. L’acqua formava rivoletti e piccoli ruscelli sulle strade di Amman.. o almeno così me li  figuravo .. piccoli ruscelli scroscianti e violenti nel loro impeto.

Calda, sotto il piumone del mio letto, non potevo realmente sapere che aspetto avessero le bagnate strade della capitale. Non uscivo di casa da  giorni. Ascoltavo null’altro se non lo scroscio continuo e infinito che sembrava volesse suggerirmi che al mondo c’era qualcosa di ancora più deprimente della mia condizione. Non volevo assecondare questo suggerimento; ritenevo che le mie sfortune fossero enormemente più  demoralizzanti rispetto a un misero maltempo. D’altronde a chi mai importava di godersi il bel tempo? Non a me ,certamente. .

Quanto tempo era passato? Avevo perso il conto.

Probabilmente due o tre giorni.

Avevo versato tutte le mie più calde lacrime. Rhadi era partito con il padre, subito dopo la nostra discussione. Viaggi di lavoro, o roba simile..

 L’ordine che aveva impartito era stato quello di impedirmi ogni possibile uscita dalla casa.. anche in giardino. Vivevo come una reclusa, e , piuttosto che restare tutto il giorno in salone con gli altri Karim, preferivo rimanermene nella penombra della mia stanza, a raccogliere i cocci del mio cuore.

Non riuscivo a capacitarmene. Non riuscivo a capire il suo atteggiamento;

la sua reazione era oltremodo esagerata. Voglio dire, aver scoperto del suo ruolo nella società Cure non inficiava il nostro rapporto. Avevo sbagliato, certo, a non rivelare nulla dei miei movimenti. Ero stata un’idiota a comportarmi così , attraverso mille sotterfugi e inganni. Ma d’altra parte cosa diavolo potevo fare?! Il suo ostentato atteggiamento iper-protettivo mi aveva letteralmente costretta a ricorrere a certi espedienti di bassa lega. Non capivo. Non riuscivo a capire.

Non riuscivo a capire, dannazione, e lui non mi dava modo di  pergiungere  alla chiarezza.

Mi levai su dal letto, attenta ad ogni più piccolo movimento.

A passi stanchi mi diressi verso la specchiera dorata – regalo anticipato di compleanno da parte di Nola- e  mi osservai, inebetita. Indossavo il pigiama stropicciato, i miei capelli erano disordinatamente fermati in cima alla testa, in una crocchia spelacchiata. Gli occhi cerchiati dalla stanchezza si stagliavano sul mio viso stanco, e spaventosamente bianco. Stavo male. La situazione mi aveva tolto sonno e appetito.

 

E chi aveva la forza di dormire, a questo punto? 

 Il tempo vuoto e lento acuiva ancora di più la mia sofferenza. Possibile che tutto ciò che provava per me potesse essersi cancellato con un singolo episodio?

 

I suoi sentimenti potevano essere stati liquidati con un colpo di spugna, a questo modo?

 

“ Mi hai deluso profondamente , Anna. mi hai spezzato il cuore..”

 

Rammentare le sue parole era doloroso. Ogni ricordo era un affondo preciso e accurato nel mio cuore già dilaniato. Mi aveva abbandonata, dunque? Aveva messo da parte i suoi sentimenti?

 Soltanto il pensiero di una simile eventualità mi fece salire un senso di vertigine. Era raccapricciante anche solo pensarlo.. no, non poteva essere. Non ora che Rhadi era divenuto così fondamentale per la mia esistenza. Non potevo permetterlo.

 Una vocina  si insinuò malignamente tra i miei pensieri ..

Sentimenti? Quando mai Rhadi ha espresso sentimenti per una come te?Sei sempre stata un giocattolo, per lui.. 

 

Scacciai infastidita la vocina.  Dovevo esser impazzita del tutto, se avevo iniziato a parlare con la mia testa e sentivo delle voci. Si, doveva essere così. Da quando avevo appreso di angeli, sette oscure e trascendenza, il mio cervello era  partito per una vacanza  a Timbuctu. Ciononostante, impazzita o meno, il mio “subconscio” aveva ragione: Rhadi non si era mai sbilanciato, non aveva mai espresso nei miei confronti qualsivoglia tipo di sentimento. Nulla che già non sapessi; ma ricordarlo in quella evenienza mi fece ancora più male. Un altro affondo era andato a segno..

“ Bee. Beeeeeep”

  Sobbalzai. La suoneria del cellulare mi aveva preso in contropiede. Ci vollero un paio di secondi prima che mi riscuotessi e decidessi di prendere in mano il cellulare, poggiato sul comodino.

Lentamente, lessi il messaggio che mi era arrivato… era Yma! Dannato bastardo, come diavolo aveva avuto il mio numero di cellulare?!

Era l’ultima persona che volevo sentire in quel momento. Era stato lui a rivelare a Rhadi tutto ciò che sapevo di lui e la società Cure.

 Lessi mio malgrado il mio messaggio.

 

“ Fatti trovare al Mercato Centrale alle sette, se vuoi risolvere la situazione. E smettila di compiangerti addosso”

                                                                                           

Quasi scoppiai a ridere e per poco non mi lasciai sfuggire di mano il telefono. Yma che mi dava degli ordini?! Ah, era esilarante, davvero. Come se io volessi realmente il suo aiuto per risolvere il dramma che lui mi aveva procurato. Divertente e irritante, davvero. La cosa che mi mandava in bestia era anche il suo consiglio ‘bonario’, se così si può dire. Come diavolo si permetteva di consigliarmi su cosa fare nella mia vita?! Il sarcasmo inutile dell’affermazione poteva risparmiarselo, così come tutto il resto del messaggio. Nessuno aveva richiesto la sua pietà, né il suo soccorso. Era un… un mostro! Se lo avessi avuto davanti, lo avrei preso a schiaffi!  Mi diressi verso la finestra e spalancai vetri e persiane, incurante della pioggia che inondava il mio pigiama e il pavimento.. mi affacciai fuori; le gocce fredde mi colpivano violente e fredde come puntine di diamante. Forse era addirittura grandine..

 Fu allora che decisi: la mia situazione non poteva che peggiorare; rinchiusa in una villa,  non avrei concluso niente.  A questo punto  conveniva  giocare anche l’ultima carta. In silenzio, scivolai  dentro la stanza, richiudendo la finestra. Mi vestii in gran fretta, neanche badando a ciò che infilavo.. maglietta rossa, pullover bianco, un paio di jeans stravecchi ….

Non avevo voglia di vedere Yma, non dopo che mi aveva messo nei guai a quel modo… ma era indispensabile per poterci capire qualcosa.

All’improvviso mi venne in mente di chiamare anche Adèle: era l’unica persona di cui ancora mi fidavo un minimo..

 Composi il numero e attesi..

“ Il cliente da lei chiamato non è al momento raggiungibile..” sibilò la vocina metallica e fredda dall’altra parte della linea.

 Sospirai,  chiudendo il telefono.. Questa non ci voleva, Adèle  era l’unico ‘porto sicuro ’ se così potevo dire..

Ma non c’era tempo per farsi prendere dalle insicurezze; dovevo agire!

 Osservai dubbiosa la porta della mi stanza; sicuramente avevano messo telecamere o aggeggi simili, perché  nelle settimane scorse avevo visto un via vai di tecnici installatori di non so quale diavoleria… non potevo rischiare di essere vista. I Karim mi tenevano d’occhio.

Ero praticamente braccata; l’unica via di uscita rimaneva la finestra… Era da folli   sgattaiolare fuori, calandomi da essa, ma d’altronde in Giordania mi ero comportata da folle a più riprese.. una volta in più, non avrebbe guastato di certo.

 Spalancai di nuovo i vetri e osservai il grande albero che si ergeva in giardino,  davanti la mia finestra: distava poco più di un metro e mezzo… Se avessi fato un salto abbastanza elevato, sarei potuta arrivare ad uno dei rami più alti.

 Il cuore mi accelerò a mille, mentre guardavo il basso, considerevolmente lontano..

  No, non dovevo farmi prendere dal panico. Vedere quello stramaledetto di Yma era essenziale, al momento. Farmi male, cadendo da una finestra, doveva essere l’ultimo dei miei pensieri..

Potevo farcela: al liceo avevo preso lezioni di ginnastica ritmica oltre che di arti marziali.. avrei potuto tranquillamente spiccare quel balzo senza troppi intoppi.. o  almeno lo speravo.

Bastava volerlo, più di ogni altra cosa… Solo volerlo..

 Mi preparai psicologicamente alla follia, lasciando un gran margine di spazio tra me e la finestra:

 Bastava volerlo, solo volerlo… Contai mentalmente e mi slanciai verso la finestra;  con me avevo portato solo  un ridicolo zainetto con dentro soldi e cellulare..

 Quasi non sentii la pioggia fredda inondarmi, quando le mie gambe fluttuarono per una frazione di secondo nel vuoto..

 Allungai le braccia verso la corteccia zigrinata e l’abbracciai con slancio.

 Ce l’avevo fatta! La mia guancia era premuta contro la parete ruvida e legnosa e le mie  braccia ferree nella presa, erano piene di graffietti.

 Scivolai lungo il legno scabro, procurandomi graffi e taglietti..

 “ Accidenti!!” mi scappò di bocca, quando arrivai al suolo.. Sugli avambracci avevo striature date dall’attrito con l’albero. Erano  dolorose, maledizione!

 Non avevo tempo per compiangermi, pensai, usando ironicamente  le parole di Yma.. perciò  attraversai il giardino mentre l’acqua copiosa mi inzuppava schiena e capelli.. Se mi fossi presa un influenza, avrei riso amaramente.  Saltai giù dal solito muretto, sperando ardentemente che non avessero posizionato telecamere anche lì..Rhadi non gli aveva messi al corrente, evidentemente, del mio stile di fuga. D’altronde anche lui ne sapeva ben poco.

 Il tragitto  verso il Mercato Generale  fu breve. Corsi a perdifiato completamente zuppa, e le rare persone che incrociavo, avvolte in bei cappotti con tanto di ombrelli mi guardavano come se fossi una menomata, indecisi se chiamare la polizia o meno.. Mi vergognavo da morire, maledizione!

  Guardai l’orologio al polso: erano le sei e cinquantacinque minuti.. Al Mercato Generale, ancora nessuna traccia di quel bastardo.

Mi riparai sotto una tettoia e attesi, inerte.

 “ Ehi, tu…!”

 Mi voltai. Qualcuno si stava per caso rivolgendo a me?

 Un vagabondo , avvolto di stracci, mi fissava rabbioso, evidentemente contrariato di qualcosa. “ Vedi di levarti dalle scatole, capito?? Questo posto e sempre stato il mio!”

 

 “ Cosa?” chiesi, stupita.. quasi mi veniva da ridere. “ Io non volevo rubarle il posto, mi creda!”

 Assurdo! Se mi aveva scambiato per una barbona, ciò era emblematico delle condizioni in cui versavo. Era illogicamente divertente… era un bene che fossi dotata di un certo senso dell’umorismo, altrimenti ci sarebbe stato poco da ridacchiare.

 “ Non mi importa, mocciosa!!” replicò, sputacchiando tutt’introno. In un attimo, inorridii allo spettacolo disgustoso.

 “ Questa tettoia è sempre stato il mio territorio, perciò vattene da qualche altra parte…” Aveva gli occhi gonfi e arrossati e sembrava piuttosto irascibile. Non era il caso di provocarlo ulteriormente, perciò mi defilai dalla vista…

 “ Scusi, me ne vado subito!!” dissi, accennando un sorriso nervoso.  Uscii fuori dalla tettoia, per ritrovarmi nuovamente  sotto l’acqua: dannazione, ma quando cavolo finivano i temporali, ad Amman?!

 “ Ti consiglio di andare ad est della città.. c’è gran commercio di puttane, lì intorno.. forse riuscirai a procurarti un tetto!” mi consigliò il barbone, improvvisamente bonario; si era acceso una sigaretta, tirando fuori un accendino da una tasca del cappotto lacero e bisunto.

  Lo fissai sarcastica, sollevando un sopracciglio: adesso che si era riappropriato del ‘suo territorio ’ , il barbone si sentiva evidentemente in vena di darmi dei buoni consigli.. davvero spassoso…

 “ Non ho bisogno, delle sue dritte, grazie tante!” rimbrottai , acida e completamente zuppa.

 Camminai impettita, in mezzo alla piazza, come una povera demente.

 All’improvviso, i fari di una macchina mi accecarono. Con un’unica manovra la macchina  sgommò, davanti me, per poi fermarsi con un unico scatto. Lo sportello, dinanzi a me, si dischiuse.

 Mi sentii prendere dal panico quando due mani forti mi trascinarono dentro l’auto.

 “ Cosa diavolo?!…”

 Non riuscii neanche ad articolar parola e non scorsi chi mi stava trascinando dentro finchè non fui salita: Era Yma.

 “ Dannazione …. Lei?!! Ma le pare questo il modo…? Come diavolo si è permesso di trascinarmi nella sua auto in questo modo..?!”

 Lui rimase impassibile.

 Lui non rispose e impartì in arabo all’autista, l’ordine di partire immediatamente.

“ Mi vuole rispondere, si o no?!” protestai, infuriata.

 “ Sssst. Fai silenzio Anna… dobbiamo muoverci.” Disse, arcigno, mentre si accendeva un sigaro. Il fumo mi intossicò per un attimo.

 “ Dobbiamo muoverci?! DOBBIAMO MUOVERCI?!!”  strepitai, impazzita, fissando la sua impassibile espressione snervante. “ Si rende conto che Rhadi non mi vuole più parlare perché lei gli ha raccontato del mio piccolo segreto?!… Lei… lei è uno .. uno stronzo, si,  non riesco a trovare parola più appropriata!”

 Lui mi guardò, torvo, con quei suoi profondi occhi scuri da arabo. “  Bada a come parli ragazzina! Ho solo raccontato a Rhadi quello che mi serviva che sapesse…”

 “ E questo cosa dovrebbe significare, mi scusi?” la mia rabbia era soffocata dalla confusione.

 Yma mi guardò, sorridente. “ E’ semplice: io ho detto a Rhadi che tu   lo stavi usando per arrivare alla verità sui tuoi genitori.. stavi sfruttando la sua posizione con la società Cure, che non lo amavi, che lo disprezzavi perché ti aveva mentito sulla tua reale identità mistica e non ti consentiva di sapere la verità… E che il tuo obiettivo è sempre stato quello di tornare a Londra e di non volerlo mai più rivedere”

 Sussurrò, implacabile.

 Io lo fissavo, attonita. “ E perché… perché lei ha detto questo? Io non le ho mai confessato nulla di ciò, non è vero!” ero agghiacciata e senza parole.

 Yma , al contrario , sembrava tranquillo.

“ Be ’ mi serviva che lui se ne stesse per i fatti suoi. Volevo  averti finalmente da sola e senza la sua sciocca protezione che troppo spesso mi ha impedito di avere contatti con te.

.

Sorrise, spietato e serafico.

" Ho capito fin dall’inizio che di tutti i Karim che ti attorniavano, lui era il reale problema che mi impediva di averti… pensavo fosse restio a prestare fede alle mie parole, ma è stato piuttosto facile farglielo credere quando gli ho raccontato tutti i tuoi spostamenti sotto una luce diversa. E’ rimasto particolarmente colpito riguardo ad Iraq el Amir… non voleva credere che dopo tutto quello che aveva fatto per salvarti,  tu non gli avessi dato la tua fiducia completa.. ahahah, davvero esilarante, il ragazzo!”

 Io , ammutolita, non avevo la forza neanche di parlare. Avevo la  gola secca, ma dubitavo dipendesse  dal freddo e dalla pioggia. No, avevo la gola secca per il disgusto e l’orrore.

 Fissavo finalmente Yma sotto una luce diversa, una luce che lo dipingeva nella sua reale essenza cinica e spregiudicata. Era di questo di cui parlava Adèle, quando mi diceva che non condivideva i metodi spietati della spia…

 Il volto freddo e beffardo di Yma, mi fissava. Io chiusi gli occhi per non guardarlo  e così evitare di vomitare dall’orrore.

 Perché?” la mia voce era flebile…

 Yma con un gesto del polso fece luccicare per un attimo il suo orologio d’oro “ Perché, mi chiedi?” disse, rilassato “ Perché tu mi servi, Amira Nasser. Anzi servi ai Servizi Segreti giordani…  la nostra missione è troppo importante per lasciarla rovinare da sciocchi sentimentalismi adolescenziali, o ancora peggio, da una società privata come la Cure… ti rendi conto che è da tutta una vita che cerco di abbattere De La rose?! Tu sei la chiave, non posso lasciarti andare”

 Rimasi inerme, assorbendo le sue parole, e lentamente scossi la testa.

 “ No… intendevo, perché lui ti ha creduto così facilmente? Perché?” replicai, con espressione terrificante. Qualcosa si era spezzato in me. Neanche la rabbia riusciva compiutamente ad esprimersi…

La spia mi guardò enigmatica e fredda “ Chissà”  rispose, soave “ Magari hai sopravvalutato quello che prova per te… saresti sorpresa di scoprire con quante donne va a letto Rhadi… fattene una ragione”

 “ E’una bugia” sussurrai, richiudendo gli occhi.

“ No, è la verità. Ti ricordo che nostro compito è sapere. E lo svolgiamo piuttosto bene”

 Riaprii  gli occhi ed osservai la pioggia che ancora batteva sui vetri del finestrino.

 “ Io sono la fidanzata di Rhadi Karim,  I Karim non permetteranno che lei mi usi per i suoi scopi..” mormorai.

 “ I Karim dovranno piegarsi al volere dei Servizi Segreti… la ragion di Stato è più importante di uno sciocco fidanzamento..”

 “ Assim è collaboratore diretto del sovrano… è molto influente”

“ E se ti dicessi che è il sovrano che mi ha impartito tale ordine, cosa mi risponderesti?” replicò a ruota, la spia.

Mi fissava con gli occhi neri, illuminati da una luce di ambizione febbrile. E in quel momento capii: Non aveva mirato che a tutto questo; lui aveva avuto sin dall’inizio l’obiettivo di  separarmi dai Karim, soprattutto da Rhadi!  A quel punto esplosi..

 Non  ammetterò che non avevo intenzione di schiaffeggiarlo; lo feci, provando gusto e soddisfazione.

 La mia espressione fredda e il violento  schiaffo  lo lasciarono senza parole , per un momento.

 “ Lei è un mostro!” sibilai, con gli occhi ardenti. “ Non riuscirà mai a trasformarmi in una pedina  dei Servizi Segreti, MAI, sono stata chiara!?”

 Yma reagì allo schiaffo con  una sonora risata “ E come pensi di riuscirci? Sei solo una ragazzina! Questo gioco è troppo  imponente per una come te… ti rendi conto con chi hai a che fare?! Se la questione  degli angeli venisse  accertata - e ti garantisco che personalmente non ho bisogno di conferme , al riguardo - De La Rose sarà l’ultimo dei tuoi pensieri” sussurrò con quella sua calma franchezza.

 “ E questo cosa diavolo starebbe a significare?!” La mia voce suonava persino alle mie orecchie rabbiosa e quasi gutturale.  Ne avevo abbastanza di quel maledetto stronzo e dei suoi enigmi a mezza bocca.

 Yma mi fisso crudele “ Significa che sarai sottoposta a migliaia di esperimenti da laboratorio, migliaia di test… oltre che esca per distruggere la società dei Malak, diventerai materiale da laboratorio per anni, mia cara.. sei la discendente della principessa che in base alla leggenda partorì un figlio morto.. e che venne presa dagli Angeli.. o ti era forse sfuggito questo piccolo particolare?”

Non risposi alla provocazione, sul momento. La sua vena sarcastica era addirittura più agghiacciante del suo calmo sorriso. .

 La prospettiva mi si aprì dinanzi agli occhi, rivelandomi un futuro fatto di provette, stanze bianche e sterili.. la sola immaginazione di tutto questo mi lanciò in uno stato di puro orrore.

 “ NO!” tuonai “ Non ci sono prove che io sia effettivamente la discendente della principessa Lina della leggenda!! Che cosa dovrebbero scoprire in me?!”

“ Tu sei la prescelta degli Angeli.. qualsiasi fine farai nelle loro mani, sarebbe interessante capire perché vogliono proprio te, lo capisci? E l’unico modo  che abbiamo è con sperimentazioni… se scoprissimo in te qualcosa di anomalo e terribile al tempo stesso, lo capisci che implicazioni avrebbe?!”

 “ NO!” ribadii con puro orrore “ Perché diavolo mi sta facendo questo, Yma?! Pensavo che volesse il mio aiuto per sconfiggere De La rose, ma non così!!” urlai, ormai sull’orlo delle lacrime. Quel fottuto bastardo non voleva comprendere che io non volevo niente da lui, nè dai Servizi Segreti giordani.. Nessun contatto, nessun aiuto, nessuna analisi di laboratorio.

 “ Mi faccia scendere subito! Dove stiamo andando?!”

" Al Centro Chimico militare, Amira Nasser... ah, finalmente posso usare il tuo vero nome per intero senza che tu mi crocifigga con il tuo sguardo.. ah, ah.. non sai che soddisfazione!" esclamò, ricolmo di una vena allegra che dava il voltastomaco.

Lo fissai allibita, lui e il suo sguardo ambizioso e squilibrato.. era un pazzo!

" Effettivamente ancora mi stai crocifiggendo con il tuo sguardo..ma non importa ormai. Ciò che conta è che sono io che comando, finalmente. Niente più formalismi e cerimonie tra noi, ragazzina!"

" Lei è un folle" sussurrai, sul punto di crollare dal nervoso. " Mi faccia scendere subito, dannato bastardo!"

 Non mi rispose, continuando a guardare davanti a sé.

  Sentii il terrore scorrermi nelle vene e tentai perlomeno di parlare con l’autista.

 “ La prego, mi faccia scendere!” implorai con l’arabo migliore di cui fossi capace “ Costui mi sta trascinando via contro la mia volontà!” L’autista non mi  si prese neanche la briga di guardare nella mia direzione dallo specchietto retrovisore; seguitò a guidare come nulla fosse. Mi sentii morire.. non sapevo neanche dove fossimo diretti.. L’unica certezza che avevo era che Yma era malvagio…  ero finalmente pergiunta  alla conclusione che non c’erano amici intorno a me. Non c’erano mai stati.

 La spia intanto  aveva tirato fuori un fascicoletto da una cartellina e prese a leggere, calmo, come se fosse del tutto a suo agio all’idea di aver appena rapito una persona. Rabbrividii.. Chissà quanta altra gente scomoda o utile avevano fatto sparire a quel  modo..

 Mentre leggeva in silenzio, qualcosa colpii la mia attenzione..

 No, non era possibile..

 Gettando una fugace occhiata a ciò in cui Yma era tranquillamente assorto, restai scioccata dal vedere una pagina intera con nozioni e informazioni, alla cui cima erano appuntate due foto…

 Due foto che ritraevano due giovani  bionde, dai lineamenti angelici, che avevo conosciuto..

 Non era possibile.. era inimmaginabile, eppure

Eppure erano loro.

A quel punto Yma sollevò lo sguardo e mi sorprese a leggere.

“ Ti interessano queste notizie?” mi chiese, con scherno.

 “ Sono persone che conosci ?… Tutte e due hanno a che fare con De La rose……e non guardarmi così, non dirmi che le due fanciulle non te lo avevano detto..” rise, prendendosi gioco di me fino all’ultimo. Strappandomi anche quell’ultima oncia di dignità..

 “ Una è Aurore, credo che tu l’abbai conosciuta di recente… vero? I nostri informatori ti hanno vista in sua compagnia giorni fa, per le strade di Amman.  La giovane è arrivata dalla Francia per ricercare una persona.. sua sorella per l’appunto.. ….Marina…non so se ti dice qualcosa..”

 A quel punto la situazione prese a roteare vertiginosamente. E ricordai..

Sono qui per cercare una persona... una persona importante

qualcosa di lei mi attirava…qualcosa del suo volto mi ricordava qualcuno che avevo incontrato

..Sono australiana… studiavo Lingue e Culture all'università di Zarqua, fino a sei mesi fa… poi mi hanno rapito..

 

I ricordi si susseguivano l’un l’altro, quasi rincorrendosi.. quanto ero stata cieca! Tuttavia notai quel dettaglio che non si incastrava nel quadro..

“ Marina era australiana, non francese” sussurrai, quasi a me stessa.

 Ti ha mentito, chiaramente.. perché non ci sono dubbi che queste due sono sorelle siano francesi e che siano invischiate fino al collo con De La Rose..   Dovremmo parlare di vittime in realtà. Non credo abbiano voluto volontariamente entra a far parte di tale società di traviati..”

Non replicai alle parole di Yma perchè il mio pensiero era volato lontano..lontano mille miglia, laddove  i ragionamenti trovano un senso, o perlomeno tentano di trovarlo e raccapezzarsi.

 Finalmente ricordavo, ora, che cosa mi aveva rammentato il viso di Aurore! Era così simile a Marina, con quei suoi occhi  azzurri e l’espressione angelica. Marina, la giovane che aveva condiviso con me e tante altre ragazze , l'esperienza digustosa di essere venduta come una prostituta di bordello! Mai e poi mai, avrei immaginato che gli accadimenti della mia vita fossero intrecciati in un modo così sottile e preciso! Aurore somigliava visibilmente a Marina; la stessa forma del viso e gli occhi azzurri così profondi e innocenti!  Ma quando l'avevo conosciuta, anche se mi fossi ricordata di Marina, non potevo di certo credere, che tuttavia ci fosse un nesso! Sarebbero state solo supposizioni puerili sulla base di una mera somiglianza fisiognomica. Come avrei mai potuto ipotizzare che le due ragazze fossero sorelle solo sulla base di questa somiglianza?! La situazione stava diventando più ingarbugliata che mai.

“ Abbiamo comunque ragione di credere che le due sorelle Coraline , siano soggette in qualche modo a quella organizzazione… c’è chi ipotizza che siano serve, o schiave… o sacrifici umani, o roba simile… le leggi della società Malak De La Rose  sono antiche, e risalgono a tempi desueti dove ancora sussistevano concetti come schiavitù, o sacrificio di sangue..”

 

  Spalancai la bocca; L'espressione di Aurore alla vista della berlina nera riemerse dai ricordi con vigore: lei li conosceva! Era legata a loro indissolubilmente, conosceva i fratelli Ray in una maniera oltremodo inquietante…

rammentavo troppo vividamente la mano guantata di Terence mentre impartiva l’ordine.. lei gli aveva ubbidito.. era davvero costretta a farlo, dunque? In virtù di quale potere?

 

 All’improvviso   rabbrividii ancor di più, perché se era vero che Aurore aveva a che fare con De La rose,  ciò era una prova schiacciante del fatto che i gemelli Ray facessero parte proprio di quella società di dannati! Per quale motivo altrimenti, la ragazza si sarebbe comportata in maniera così strana e passiva, lei, che mi aveva invece mostrato un carattere forte ed energico?

 Ma questo  Yma evidentemente non poteva saperlo.

Non sapeva che Aurore era già stata rapita dai suoi persecutori.. E non aveva prove effettive che i Ray fossero seguaci – se non proprio capi!- di De La rose. Li sospettava, questo si.

Me lo aveva già confidato. Ma non aveva prove sostanziali..cosa che invece io avevo.. o perlomeno, avevo più ragione di credere che quei due dannati gemelli facessero parte di quella società.

 

 La situazione si fece talmente disperata che per un momento mi girò talmente la testa da venirmi da svenire. Ma non potevo permettermi neanche quello: nossignore.

 Dovevo essere lucida se volevo salvare Marina ed Aurore e se volevo scampare dalle sevizie che gli occhi ambiziosi di Yma mi promettevano..

i Servizi Segreti mi avrebbero analizzata fino alla fine, per capire che cosa mai avessi di così allettante per gli occhi di un Angelo.

 Probabilmente la mia vita si sarebbe tramutata in quella di una cavia da laboratorio.

 Infine, non potevo permettermi il fatto di essere disprezzata da Rhadi.. e neanche di fargli credere che io non lo amassi e che lo avessi soltanto usato! 

 Come aveva potuto credere alle parole di quel farabutto di Yma?! Non aveva alcuna fiducia in me e in quello che gli avevo mostrato di me? !

 Di nuovo, la vocina che si era insidiata in me, tornò a farsi sentire..

Lui non prova reali sentimenti per te, ecco perché ha creduto  così facilmente ad Yma

Ancora, la ignorai, disperata. Non volevo crederci. Non potevo, ne sarei morta. Io amavo Rhadi Karim. Lo avevo finalmente ammesso con molta sofferenza.

Per la prima volta mi ero innamorata di qualcuno con un’intensità tale da distruggermi il cuore! Non potevo permettere che lui pensasse il contrario..

 

 

A quel punto non mi rimase altro da fare che aprire il portello della macchina e buttarmi sulla strada: preferivo morire che essere usata come pedina in un gioco di cui non conoscevo la natura..

preferivo morire che non essere più amata da Rhadi..

 Non badai neanche alla velocità a cui la macchina stava andando, né al luogo in cui ci trovavamo. So solo che Yma rimase spiazzato da mio gesto e urlò, tentando di afferrarmi prima che potessi cadere dalla vettura, in movimento. Ma invano…

Caddi riversa a terra, battendo le spalle e strusciando tutto il lato del corpo. Mi protessi la testa con le mani, e non avvertii tanto dolore. Se ero morta, beh..

era stato piuttosto facile, direi.

 

Quando aprii gli occhi mi ritrovai in un letto sconosciuto.. Due occhi interessati mi scrutavano…

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

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Capitolo 27
*** Rhadi's thoughts ***


te

 

 

 Volevo ringraziare tutti i lettori di questa storia, ancora una volta.

 Grazie a Nausicaa per le sue osservazioni sul personaggio di Anna; sono molto acute. In effetti , è criticabile sotto molti punti di vista e a volte , anche a me personalmente alcuni suoi comportamenti hanno dato i nervi.. Ma l'ho creata umana e piena di difetti, non certo come un'eroina fatta e finita. All'inizio della storia , è solo una diciassettenne inesperta, piena di buone intenzioni, che si riempie la bocca di belle parole. Niente di più. Vedremo in cosa evolverà entro la fine della storia ^^. Un bacio, e grazie mille delle tue osservazioni e del tuo prezioso sostegno. Nonchè dei tuoi apprezzamenti sullo stile di scrittura:)

Grazie a Melikes, che ha stimolato la mia creatività con tutte le sue supposizioni. Molto intelligenti, devo dire. Mi hanno fatta riflettere. Ti posso assicurare che un filo conduttore sussiste, ma come dici tu.. mi piace l'intrigo nel vero senso della parola, eh, si ho letto Dan Brown^^  scusami, se non ti ho risposto subito, ma sono stat un po' impossibilitata a farlo. per risponderti, ti dico che i miei ritardi sono dovuti alla mia vita caotica e sfasata... ho una marea di impegni di vario tipo e sono stata occupata anche per seri motivi di salute. A volte mi risulta difficile concentrarmi. Siccome sono una perfezionista incallita ( lo so, è un mio difetto urendo xD) non mi metto a scrivere un capitolo se non sono concentrata. Mi parrebbe una presa in giro, scrivere un capitolo tanto per, rischiando anche di scrivere boiate. Grazie del tuo supporto, dei tuoi complimenti che mi lusingano e che non merito affatto ^^ Un bacio.

Grazie ad Oasis per il suo supporto costante e per i suoi commenti lusinghieri. Mi sproni ad andare avanti sempre più ed il tuo entusiasmo mi contagia davero :) ^__^ baciiii

Grazie ad Artemis. Sono contenta che tu sia rimasta soddisfatta della spiegazione su Yma.. mai fidarsi delle spie dei Servizi Segreti ;) grazie di leggere questa storia e sopratutto, di commentarla

Grazie ad Annalisa70, sopratutto per il fatto di aver commentato la storia. Al di là di tutto, mi fa piacere che tu abbia inserito la tua recensione a prescindere da quello che scrivi, perchè sono le recensioni che mi incitano ad andare avanti. E grazie anche di quello che hai scritto. Lo apprezzo molto. Spero continuerai a commentare :)

Grazie a Valevre, per il suo incisivo diretto commento. ^_^ Spero continuerai a commentare, mia cara xD ^_^ bacioni

Grazie a Potter92 che è sempre presente con i suoi commenti. Baci :)

 

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  Gli alti capi  del comando centrale e i consiglieri di Stato stavano discutendo ormai da ore, nella lunga sala , circa  le dinamiche in cui conveniva   adeguarsi rispetto al problema tra Occidente e Oriente. Le relazioni tra gli Stati Uniti stavano divenendo sempre più tese a causa delle fazioni estremiste che negli stati vicini, specialmente in Iran dove era salito al potere quel fazioso di Almadinejad.

 Politica.

 Guerre, sangue e potere.

  Sarebbe dovuto essere di grande interesse per due orecchie attente e per una mente brillante e lucida. Ma Rhadi non era lucido, al momento.  Dubitava persino di tornare nelle sue piene facoltà mentali in breve tempo.

 Era seduto, rigido, nel salottino attiguo al grande salone, fingendo di prestare attenzione alle fiumane di parole che fuoriuscivano dalle bocche di quegli uomini potenti.

 La porta della grande sala era spalancata, cosicché il giovane se avesse davvero voluto, avrebbe potuto tranquillamente ascoltare ciò che si stava dicendo.

 Una segretaria in tailleur, dalle lunghe gambe affusolate, sedeva ad una scrivania lì di fronte. Era una delle addette alle segreterie di Stato. Di tanto in tanto gli lanciava fugaci occhiate ammiccanti, sottintendendo chissà cosa.

Ma se il giovane non riusciva a concentrarsi sui discorsi, figuriamoci se poteva dar conto a stupidi tentativi di seduzione! 

In realtà, avrebbe dovuto prestare un minimo di considerazione a quei discorsi: Assim , che sedeva tra tutti quei potentati, se lo era portato dietro con l’intento esplicito di fargli apprendere un po’ più del mondo politico e delle sue successioni. Sarebbe stato di fatti opportuno, dato che Rhadi avrebbe dovuto presto o tardi buttarsi nel mondo della politica giordana; il meeting sarebbe durato ancora qualche giorno. Anche il re partecipava attivamente a quelle assemblee generali. Era un dovere seccante, dopotutto. Assim aveva però insistito affinché anche il figlio venisse, per potergli permettere di farsi  un’idea. Dopo l’università sarebbe spettato a lui il compito di prendere le redini di consigliere di Stato Maggiore. Padre e figlio risiedevano in un lussuoso residence insieme a tutto il resto dei signori altolocati.

 Veramente interessante, davvero.

In realtà, non vi era nulla che il giovane non trovasse più monotono. In quel momento  avrebbe desiderato scomparire del tutto ed eclissarsi in un’altra dimensione per non dover più pensare, né percepire. Sarebbe stato  facile non dover più rimuginare, ricordare ed avvertire quel dolore lancinante che gli squarciava il cuore, quella nebbia bianca che avvolgeva i suoi pensieri e paralizzava persino il suo istinto più rabbioso…

 Fissava un punto, nel vuoto, non muovendo neanche un muscolo e concentrandosi a contare i secondi che lo separavano  dalla fine della riunione.

 Era quasi stato letteralmente costretto a seguire il padre  che doveva presenziare a quel dannato meeting, al Palazzo del Governo.

Ma forse era stato meglio così.

Era stato meglio uscire da casa e non doverla guardare più negli occhi.

 Se lo avesse fatto, non sapeva neanche come avrebbe potuto reagire.

Ricordava ancora troppo vividamente quello che Josef gli aveva svelato.

 Lo aveva chiamato e raggiunto alla festa dell’ambasciatrice. I suoi occhi neri erano stati straordinariamente seri, mentre gli rivelava quello che mai avrebbe voluto sentirsi dire..

 

 “ E’ una spia venduta, Rhadi. E’ triste doverlo ammettere ma è così… ciò che più le preme e ritornare nella sua amata città e dimenticarsi di tutta questa vicenda. Per questo collabora da tempo con De La Rose.. E’ disposta a collaborare con gli Angeli, pur di ritornare a Londra. Non le importa delle conseguenze”

 

Un ringhio quasi gutturale spaventò la giovane segretaria che prese ad osservarlo ora con circospezione e curiosità. Era forse un verso di rabbia quello che gli era involontariamente sfuggito?

 

“ La nostra intelligence ha osservato i suoi spostamenti nell’arco di tempo di più di un mese; ad Iraq el Amir era andata per ordine di quella società di mentecatti, a recuperare l’altra parte del suo medaglione a Villa del Sole… ti ha da sempre imbrogliato, Karim.”

 

Le nocche chiuse a pugno, sbiancarono quasi..

 

“ Le ho appena parlato e ha confessato tutto.. se non mi credi, guarda questi documenti e dimmi se questi spostamenti hanno senso , sotto questa nuova luce…”

 

… A quel punto, era inutile sforzarsi di richiamare alla mente: si ricordava benissimo di aver riso dinanzi a Josef, non credendo ad una minima parola di quanto stava dicendo.

Anna non era così.

 Anna era innocente.

Era pulita.

 Anche quando aveva chiamato a casa per controllare la situazione era scettico e schernente. Poi aveva avuto la conferma dell’assenza di Anna.

Le cameriere erano entrate nella camera e non l’avevano trovata.

Sulla porta, solo un semplice biglietto con su scritto “ Do not disturb”… E lì il mondo gli era crollato.

 La sua espressione, prima deridente e beffarda, era divenuta smarrita come quella di un bimbo piccolo quando si accorge di essersi perso in mezzo a una folla di sconosciuti.

 Josef non la smetteva di fissarlo negli occhi, quasi con dolcezza e compassione,  con paterna e  snervante comprensione.  Rhadi aveva odiato il modo in cui lo aveva fissato…

 

 E poi, anche l’ultima goccia era stata versata..

 

“ So che questo non dovrebbe essere rilevante, ma mi sento in dovere di dirtelo.. Lei, be’..lei non ti ama…ti ha solo usato. Ama un altro e ne abbiamo le prove…”  

 

A quel punto, gli incarti della spia erano divenuti troppi e confusionari. La mente gli si era annebbiata di una rabbia sorda e soffocata. Non voleva vedere nulla che provasse anche quell’ ultima infamante verità.

 Così era corso a casa, ad attenderla, sicuro che prima o poi sarebbe rientrata in casa. Voleva chiederle spiegazioni. Aveva l’intenzione di lasciarla parlare, di permetterle di spiegarsi in libertà; anche se il mostro di rabbia cresceva nel petto  pronto a scagliarsi, voleva prima sentire che cosa lei gli doveva dire.

Soprattutto,  voleva sentire dalle sue labbra rosee  il nome del lurido bastardo che l’aveva portata via da lui.

La sua donna, la sua Anna.

 Non credeva ad una sola parola di quello che la spia gli aveva raccontato, ma doveva sentirlo dalle labbra della ragazza. Ne aveva bisogno come aveva bisogno di respirare.

 Voleva che lei lo guardasse negli occhi mentre gli diceva chiaro e tondo che aveva un altro ragazzo, che lo aveva ingannato e manipolato per tutto questo tempo.  Il risvolto spionistico della faccenda era qualcosa che faceva meno male, ma che comunque si era presentato come uno schiaffo inatteso; Anna sapeva di essere l’erede e  si era volontariamente venduta agli Angeli.

Da qualche parte nel suo cuore, l’ipotesi era assurda e inconsistente; perché mai Anna avrebbe dovuto aiutare quel clan di traviati? Rhadi era entrato a far parte della Cure per vie traverse, qualche anno prima e conosceva tutto della società De La Rose; una congrega di personaggi semisconosciuti dediti all’occulto e ai giochi di potere.

 La Cure lottava contro tale organizzazione da molto tempo, con l’obiettivo di annientare simili aberrazioni.

 Era stata Adèle ad introdurlo in quel sistema, anche perché i Karim conoscevano da tempo Anna, e sapevano che sarebbe divenuta un membro dei Karim.

Poi la ragazza era arrivata, e lui aveva conosciuto Anna.

Una ragazza dolce e testarda. Pulita, ingenua.

  Una ragazza che mai si sarebbe abbassata a collaborare con dei mentecatti di tale sorta: i De La Rose;

 ma era davvero così?

partire per Londra… questa era stata la motivazione apportata da Josef, che Anna avrebbe usato come scudo giustificatorio. Pur di ritornare a casa, pur di lasciarsi alle spalle il caos in Giordania avrebbe acconsentito a tutto.

Anche a sporcarsi le mani.

In fondo, tutto ciò che lui sapeva di lei era che gli serbava del risentimento per averla strappata alla sua vita. Negli ultimi tempi però si era illuso che le cose fossero cambiate.. si era illuso che lei in qualche modo, provasse dei …sentimenti per lui.  Lo aveva ipotizzato sulla base di piccoli gesti, od espressioni. I suoi occhi scuri e profondi lo guardavano con  una luce nuova, di intima letizia. Ogni volta che la sorprendeva a fissarlo, il suo viso era sorridente e sereno.

Sciocco, era stato un vero sciocco.

Come poteva credere che Anna rinunciasse al suo biglietto di ritorno a Londra, solo per.. be’, per quello che era successo tra loro?

Questo pensiero lo colpì al cuore come un dardo infuocato e, all’indignazione per essere stato così raggirato e depredato  -  perché nessuno poteva portare via ciò che era suo, e lei era sua-  si sommò una sensazione nuova, simile alla mestizia, ma più intensa e dolorosa. Questo non aveva a che fare con la sua fierezza da leone che ruggiva nel cuore.. questo aveva a che fare con… con cosa? Cosa provava per lei, veramente? Era solo una questione di orgoglio ferito, o c’era dell’altro… qualcos’altro di sconosciuto che Rhadi stesso non aveva mai sperimentato?

 Non lo sapeva, non aveva risposte. Gia dopo averla salvata da Xavier, la volta precedente, si era chiesto cosa lo spingesse a correre ogni volta c’era lei di mezzo.. semplice questione di dovere?

  Con questi pensieri aveva atteso, paziente e truce.

 Lei era venuta, come lui si aspettava, senza neanche metterci troppo. Poche parole e il suo sguardo scioccato erano bastati, per fargli capire che lei gli aveva mentito!

 Lì, ogni suo proposito di  lasciarla parlare era svanito e il suo cuore si era indurito come il granito.  Il fatto  stesso che lei gli avesse mentito costituiva già colpa grave e prova sufficiente della sua disonestà.

A quel punto, perché non avrebbe dovuto credere alle parole di Yma?

Tutto quello che prima era assurdo anche solo a  pensarci, prendeva forma e assumeva consistenza concreta.

 Era tutto vero. Tutto.

 Non aveva più reale necessità di sentirlo dalla sua bocca, perché se Anna avesse anche solo cominciato ad ammettere qualcosa, a quel punto la reazione di lui si sarebbe potuta rivelare aggressiva… Rhadi conosceva bene la propria natura.

 Era fuggito via prima che il mostro di rabbia si scatenasse e la  costringesse a sputare ogni reale oggettività di quella storia.

Quello stesso mostro di rabbia che  voleva sentire anche il nome dell’ uomo già morto.

 

 Se fosse venuto a conoscenza  dell’identità di quel bastardo, lo avrebbe ucciso con le proprie mani, portandolo sull’orlo dell’agonia.

 Avrebbe sguinzagliato i suoi informatori per tutta la Giordania, finchè non lo avessero trovato.

 Il compito di fargli patire le più alte pene dell’inferno, per essersi impadronito della sua donna, sarebbe però spettato a lui stesso.

 Nessuno poteva toccare Anna. Che lei lo volesse o no, lui era il suo custode, il suo ragazzo.. il suo fidanzato, dannazione!

Ma era davvero una mera questione di principio?

 

“ Tutto bene? Le porto un bicchiere d’acqua?”

 

 La voce della fastidiosa segretaria lo aveva raggiunto, distogliendolo dai suoi propositi di vendetta.

 

 “ Sto a meraviglia, grazie tante” ribattè con voce dura, socchiudendo gli occhi verdi e freddi.

 

 “ Oh.. va bene” mormorò l’altra di rimando, portandosi una mano alla bocca.

 

 La reazione di quel bellissimo giovane era preoccupante, ma non era il caso di disturbarlo dai suoi pensieri. A quanto pareva, il figlio di Assim Karim era assurdamente bello… così come era assurdamente inquietante.

Era seduto da quasi più di un’ora, con il suo completo scuro e la camicia di seta grigio perla, a fissare il vuoto. Il suo viso, dai lineamenti raffinati, ombrato solo da un ciuffo nero che ricadeva con grazia sulla fronte alta, era impassibile e minaccioso. Di tanto in tanto, emetteva sbuffi  spazientiti, se non dei veri e propri ringhi. Si, decisamente quel ragazzo aveva qualcosa di strano. Chissà quali strani pensieri lo turbavano..

 La segretaria si chiamava Margaret e ne aveva vista di gente strana. Ma non strana e temibile al tempo stesso, come era quel giovane. Quando lo aveva visto da principio, varcare la soglia della saletta con il padre, lo aveva rimirato quasi con venerazione, perché di rado aveva incontrato un così buon partito. Bello, potente e anche ricco. Il padre era in stretti rapporti con il sovrano in persona e con la nobiltà, e la madre era intima amica della regina Rania!

 Probabilmente se  si fosse impegnata a sufficienza nel muovere le gambe in un certo modo, da sotto la scrivania, e nel guardarlo in maniera maliziosa,  avrebbe addirittura potuto prendere due piccioni  con una fava, e  fare il suo grande ingresso nel mondo patinato. Al fianco di Rhadi Karim, ovviamente.

 Ma poi si era ricordata, dannazione! Aveva letto in qualche rivista che l’affascinante ragazzo aveva già una fidanzatina. Una scialba ragazzetta londinese, priva di qualsiasi fascino. Quell’estate la coppietta era anche stata protagonista di qualche gossip, ora non ricordava molto bene. Che disdetta!

Sul servizio nella rivista vi era anche una sua foto che la ritraeva in tuta da ginnastica e felpa spaiate, con una coda di cavallo e un viso anonimo. Insomma, di certo non una gran donna come ci si sarebbe aspettati per un così ricco partito!

 Ma cosa si doveva fare? La Fortuna baciava proprio chi non se lo meritava...

 In silenzio Margaret ripose con cura i suoi documenti nel cassetto della scrivania, chiudendolo a chiave. Si alzò e uscì dalla porta non prima di aver lanciato un ultimo sguardo al ragazzo che ancora era seduto e immobile. Mah, che gente bizzarra!

 Comunque non le importava. Il suo turno era finito e lei andava a casa, non prima di essere passata in centro per un giro veloce di shopping.

Almeno per quella giornata, avrebbe avuto la sua magra consolazione.

 

 

 

 

Quando schiusi le palpebre, come ho detto, due occhi scuri mi osservavano interessati e sbeffeggianti al tempo stesso.

“Adèle!”

 Quasi boccheggia quando riconobbi il viso a cui appartenevano quegli occhi.

 

“ Ciao piccola” mormorò tranquilla la donna, facendo il giro del letto per venire ad abbracciarmi.

 

 Respirai il suo profumo e rimasi per un attimo interdetta e senza parole.

 

“ Te la sei vista brutta, dannazione a te! Fortuna che  stavo tenendo d’occhio Yma già da un po’, e vi stavo seguendo con la macchina”

Continuava imperterrita a parlare, mentre io la guardavo con quella che  presupponevo essere un’espressione sbigottita.

 “ Se non ti avessi raccolta per la strada in tempo, a quest’ora il simpaticone di Josef ti avrebbe tra le sue grinfie…Dio, come sei stata imprudente!”

 

Improvvisamente, mi sentii indignata. Oltre al fatto che palesemente mi aveva mentito – non me lo ero dimenticato affatto- , dovevo anche subire i suoi rimproveri, adesso?!

 

 “ Ho provato a chiamarti prima di incontrare Yma, ma il tuo cellulare non era raggiungibile” sibilai, in tono volutamente acido.

Tentai di alzarmi dal letto.

Ancora non avevo capito dove mi trovassi, ma avevo una mezza idea.

Un dolore allucinante mi pervase tutti i muscoli della spalla e delle gambe ed osservandomi bene, notai delle fasciature e molti bendaggi.

 

“ ..Ma cosa diavolo..?”

 

“ Ti sei fatta molto, ma molto male, Anna. Cosa credevi, dopo esserti buttata fuori da una macchina in corsa..” replicò lei, con una luce ironica negli occhi. “ Devo ammettere però che hai fegato.. te l’ho già detto, ma te lo ripeto: saresti un’ottima agente”

 

 “ Se per diventare un’agente, devo imparare a mentire spudoratamente a tutti come fai tu, la cosa non mi alletta affatto” dissi io, risistemandomi a fatica sui cuscini.

 

“ Cosa intendi?”. Spalancò le sue iridi scure, osservandomi sospettosa.

 

“ Non importa” ribattei io, secca. “ Dove siamo?”

 

“ Nella mia villetta di campagna, ovvio. Basim ti ha ceduto la sua stanza”

 

“ Capisco” dissi, a denti stretti. Così, quello in cui riposavo era il letto del ragazzino tredicenne …

 

“ Quello che non capisco io” disse lei, del tutto inaspettatamente “ E’ la tua ostilità nei miei confronti”

 

Sbuffai, soffocando un’imprecazione. Osava anche fare simili affermazioni!

 

La guardai di sbieco, per capire se mi stava prendendo in giro, o se veramente anche quello faceva parte dei giochi.

 

 Oh, sul serio, questa sua falsa aria da innocente doveva finire!

Esplosi in modo imprevisto; senza dubbio non era a quel modo che mi ero riproposta di affrontare quell’argomento con lei.

 

 “ Intendo che mi hai mentito, Adèle! E lo hai  fatto guardandomi negli occhi, santo cielo! Dovevo venire a sapere proprio da quel bastardo di Josef tutta la faccenda degli Angeli? Non me lo aspettavo da te che professavi la tua affidabilità con tanto fervore!”

 

Il mio tono era violento e aspro. Non avevo idea di che aspetto avessi, notai solo che la ragazza nera rimase immobile, a fissarmi allibita.

 

 “ Non volevo mentirti. Davvero.” Disse poi, dopo un lungo istante di silenzio, sorprendendomi ancora.

 

 Improvvisamente la sua espressione si fece fiacca e triste.

 Rimasi inebetita per un momento, non sapendo bene cosa dire. Mi ero aspettata che lei reagisse, negando tutto. Non credevo certo che si sarebbe arresa al primo colpo!

Lei non mi diede il tempo di pensare oltre e si sedette su una sedia nella stanza.

 

“ Senza dubbio, ti starai chiedendo perché l’ho fatto… ebbene, non ho giustificazioni a mia discolpa, sappi solo che in un certo qual modo… sono stata costretta a farlo..Di più non posso dirti, mi dispiace.”

 

Di nuovo, la rabbia montò in me. “ Ti dispiace?! Ti DISPIACE?!” gridai, le parole che mi si strozzavano in gola. “ Cioè, io vengo a spere che De La Rose non è una semplice congrega di nobili come mi avevi fatto credere, ma una banda di essere demoniaci e te, l’unica cosa che riesci a dirmi è che ti dispiace?!”

 

Non concepivo come ancora si ostinasse a nascondermi la verità.

 

Era inaudito!

 

Tuttavia il suo sguardo fermo e serio mi impedì di proseguire a latrare improperi nei suoi confronti.

C’era qualcosa di strano nella sua espressione.

Qualcosa di enigmatico e dolce al tempo stesso..

Vedevo sinceramente che a lei dispiaceva sul serio, avermi mentito. Glielo leggevo negli occhi scuri e profondi. E Allora perché lo aveva fatto? Qualcosa non quadrava.

Stava forse cercando di dirmi qualcosa?

 Guardai la sua espressione stoica ed eloquente al tempo stesso.

Si, stava cercando di farmi intuire qualche cosa che al momento mi sfuggiva.

.

“ Adèle” cominciai, sospirando e ricomponendomi  “ Vuoi dirmi per piacere perché mi hai mentito?”

 Lei mi sorrise, cinica.

 “ Sono cose che non dipendono da me , Anna. Se te lo avessi detto, qualcun altro ci avrebbe rimesso, credimi.  Mi dispiace, non sai quanto io sia stata male nel non potertelo dire… ma ci sono cose che non dipendono dalla mia volontà. Non quando ne va della sicurezza di terzi ”

 

E’ così allora, pensai.  Qualcun altro ci avrebbe rimesso la pellaccia, se lei avesse fiatato.

 

“Adèle, chi ti sta minacciando?” domandai, stanca e cauta.

 

Lei mi guardò e rise brevemente. “ Anna, per lo stesso motivo per cui non potevo parlare prima, così non posso aprire bocca adesso… e non posso farlo davvero, mi dispiace”

 

 

 

 Ti dispiace di nuovo, insomma. Cose da matti!” protestai, agitando le mani nell’aria, isterica “ Il minimo che tu possa fare  per scusarti e raccontarmi tutto! Non penserai davvero che io me ne stia così a….”

“ ADESSO BASTA!!” tuonò lei,all’improvviso. Mi zittii all’istante, osservandola.

I suoi occhi erano severi e furibondi. Le sue labbra contratte dalla rabbia. Non l’avevo mai vista così e mi faceva paura. Non dovevo sottovalutare quell’allieva di Yma, la spia.

Dopo un istante di silenzio, il suo tono si fece più pacato;

 

“ Non tutto il mondo gira intorno a te e alla tua vita! Ci sono altre poste in gioco, di pari valore. Poste che non ti riguardano e non ti coinvolgono, ma che in ogni caso io intendo rispettare!”

 

Ero ammutolita. Non sapevo neanche cosa pensare, mentre la fissavo, impotente.

 

“ Mi scuserò per averti mentito, ma le cose non cambieranno. Non posso parlare, credimi quando ti dico che vorrei, ma non posso..”

 

Si alzò dalla sedia con passi lunghi e veloci, ma la bloccai prima che potesse toccare la maniglia della porta.

 

“ Adèle” sussurrai, secca.

 

Lei si voltò, il bel volto nero ancora contratto dal nervosismo.

 

La guardai, franca.

 

“ ..E tu credimi quando ti dico che scoprirò chi ti sta facendo questo. Una volta per tutte.” mormorai, secca e rapida.

 

Lei non mi rispose e uscì dalla stanza, sbattendo la porta.

 

In silenzio, mi alzai sopportando il dolore di tutte le mie escoriazioni.. mi avvicinai alla finestra, riflettendo, nervosa.

 Il cielo cupo e nebbioso era un’esauriente rappresentazione del mio stadio di nevrosi. Stavo impazzendo.

La ricattavano, ecco tutto. Qualche dannato la stava ricattando e la cosa era allarmante. Un membro della Cure ricattato, era potenzialmente vulnerabile sotto molti aspetti…Sarebbe potuta finire male se Adèle avesse compiuto azioni a beneficio di De La Rose, sia se si fosse trattato di ricatto o meno… Ma erano veramente gli Angeli spietati ad avere il controllo sulla mia  amica? O qualcun altro? Non lo potevo neanche ipotizzare; avevo appena cominciato a percorrere il sentiero oscuro della Verità e non potevo azzardare teorie. Non ancora, perlomeno.

 

In seguito,  evitammo di parlare dell’argomento.

 Adèle si era profusa nell’impegno di informare almeno Jasmina, riguardo la mia presenza a casa sua. Sosteneva che era meglio dire ai Karim che mi trovavo da un’amica, piuttosto che farli preoccupare a morte, ancora.

 E aveva ragione.

Soltanto, non mi aspettavo una reazione così impetuosa da parte della signora Karim. Si era letteralmente infuriata. Non l’avrei mai detto, ma era piombata a casa di Adèle in meno di due ore e mi aveva rimproverata aspramente sul mio comportamento.

Aveva interrotto un incontro con  Rania, che l’aveva gentilmente invitata ad un tè cerimoniale – si, Rania di Giordania, per chi ancora se lo stesse chiedendo- e si era precipitata al domicilio di Adèle, col solito stuolo di bodyguards.

 Sembrava incredibile, eppure in quell’occasione perse un po’ della sua regale compostezza.

 Vedendo il suo volto furioso, gli occhi verdi tempestosi e irati, riuscii a scorgere una vena di angoscia e tangibile preoccupazione che l’attanagliava.

 Ciò mi fece sentire in colpa. Mi sentivo un verme.

 

“ Siamo molto arrabbiati per le tue fughe, Anna. Vuoi farci preoccupare fino allo stremo, per un tuo piacere personale?” mi aveva detto, guardandomi di sottecchi, con quelle sue splendide e adirate giade verdi.

 

“ Mi dispiace Jasmina, ma volevo parlare con la mia amica Adèle… a volte, è l’unica che riesce a capirmi” avevo mormorato, inventando la risposta lì sul momento e  tirandomi la coperta del letto fin sotto il mento.

 Io e Adèle eravamo dello stesso avviso riguardo al tenere allo scuro tutte le mie ferite, derivate dalla caduta dalla vettura di Yma.

 Agli occhi di Jasmina, doveva trattarsi solo di una leggera raffreddatura. Nulla di preoccupante, si era affrettata a specificare Adèle, con il suo sorriso smagliante.

Jasmina l’aveva guardata con sospetto. Cosa pensasse di Adèle, non avrei saputo dirlo.  Avevo inventato una falsa amicizia, nata in un locale di Amman, assicurando che anche lo sbarbatello la conosceva molto bene; D’altronde ciò era vero: Rhadi conosceva molto bene Adèle.

 

 “ Va bene” aveva detto infine, incamminandosi verso l’uscio.

 “ Sappi che non dirò nulla a Rhadi della tua piccola fuga. Lui tornerà con mio marito, tra tre giorni. Prima di allora fatti trovare a casa, non mi va di litigare con mio figlio. Ma d’altra parte se ti senti più a tuo agio con la tua amica , fai pure. Te lo concedo per il momento”

 

 “ Grazie” avevo sussurrato, con voce debole.

 

 Una sensazione di sollievo mi aveva pervaso lo stomaco. Non avevo voglia di tornare a Villa Karim.

Non in quel momento, perlomeno.

 Il bastardo di Josef Behn Yma mi stava cercando, e ci avrebbe messo poco per elaborare un altro agguato per rapirmi.

A Villa Karim avrebbe avuto più possibilità di avvicinarmi.

D’altronde non potevo neanche smascherare Yma agli occhi dei Karim , perché altrimenti sarei dovuta uscire allo scoperto anche con loro.

 Era già sufficiente che Rhadi pensasse che era una traditrice, truffaldina.

 Non potevo sopportare di essere additata come tale, anche da tutto il resto della famiglia.

 

 Jasmina mi aveva guardato con rassegnazione

 

 “ Aaah, Anna. Ma cosa dobbiamo fare con te?”

 

 Il suo commento era stato quasi un sospiro lieve.

“ Mi dispiace davvero Jasmina.

 Ma mi sento meglio qui, davvero.

 Non voglio offenderti, ma tra amiche ci si capisce di più.. e .. sto passando un momento difficile” dissi, accorata.

 

Non volevo davvero ci rimanesse male, ed era assolutamente veritiero il fatto che stavo passando uno dei momenti più difficili della mia giovane vita.

 

“ Che stai passando un momento difficile, l’ho capito.  E’ visibile anche all’esterno” aveva ribattuto lei, portandosi una mano sul mento.

“ Pensa, che addirittura Yma è preoccupato per te.. mi ha telefonato mezz’ora fa per sapere come stavi, visto che di recente ti aveva visto un po’ giù. Una cosa davvero bizzarra, non lo facevo così ansioso e premuroso.”

 

 “ Proprio molto premuroso”  commentai, sarcastica.

 

 

 Yma, maledetto… sperava forse che fossi così stupida da tornare a casa come niente fosse?

 

Adèle aveva storto la bocca.

Fino a quel momento era rimasta in silenzio, ma ora la vedevo fremere per la rabbia. Soltanto il nome di Yma, la mandava su tutte le furie.

 

Bene. Se non altro, su quella faccenda andavamo perfettamente d’accordo e non avevamo terreno di scontro. Odiavo Yma almeno quanto lei, se non di più.

 Jasmina intanto mi fissava, con una luce strana negli occhi. Non sembrava più irata come poco prima, ed aveva recuperato quell’aura solenne, che tanto mi metteva in soggezione.

 

 Poi fece una cosa che mi fece rimanere senza parole.

 

Con estrema grazia, era tornata sui suoi passi e  si era chinata su di me per stamparmi un bacio delicato e materno, sulla fronte.

 Quel piccolo e dolce gesto, mi aveva spiazzato.

Era la prima volta che si sbilanciava, a quel modo. Quasi fossi sua figlia.

  Le sorrisi. Era molto diversa da mia madre; a Londra i miei genitori solevano ricoprirmi di coccole. Per lei quel semplice gesto, valeva più di mille abbracci.

Compresi il valore che attribuiva a quel gesto e  le fui riconoscente; se non altro, mi aveva rianimato un poco.

Quando ebbe chiuso la porta della camera, accompagnata da Adèle , sprofondai nel cuscino, chiudendo gli occhi; i troppi pensieri nella testa mi impedivano di rilassarmi. Volevo assolutamente scoprire chi stava ricattando Adèle; e non avevo dimenticato né Aurore, né Marina. Yma aveva parlato di schiavitù legalizzata in quell’organizzazione. Un pensiero aberrante e sconcertante, al tempo stesso.

 Eppure, era verosimile.

D’altronde i gemelli Ray venivano denominati shaykh.. un titolo onorifico desueto che faceva pensare immediatamente a tempi remoti.

 

Dopo quei pensieri, molti altri, disconnessi gli uni agli altri continuarono a tenermi occupata per un bel po’. Il pensiero che mi procurava più sofferenza però, me lo serbai per il dormiveglia;

il sorriso di Rhadi balenò nella mia mente in tutto il suo malizioso candore. Poi sprofondai nel baratro di un sonno tormentato ; lo stavo perdendo… tra tutte le mie preoccupazioni, lui era il mio centro, il mio punto focale. Desideravo ardentemente che divenisse anche il pilastro, il faro della mia vita; desideravo  che proiettasse la  luce, nel buio che si prospettava nel mio futuro.

Che vana speranza!…

A stento, riuscivo a illudermi che non mi odiasse  con tutto se stesso.

 Non potevo saperlo con esattezza. Ma il tarlo del dubbio mi divorava ed acuiva ancora di più il mio dolore e il mio smarrimento.

 Nella penombra della camera, non riuscii ad evitare che una lacrima salata rigasse la mia guancia… odiavo la mia vita in Giordania , odiavo la mia inettitudine.

Forse, ero addirittura arrivata ad odiare me stessa…

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

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Capitolo 28
*** Shaykh's dungeon ***


Chapter

 

Ho voluto concentrare questo intero capitolo sulla figura di Marina perchè reputo sia fondamentale cercare di intravedere le caratteristiche della società dei Malak.. e quale migliore occasione di questo capitolo?  Vorrei approfittare poi per fare a tutti gli auguri di Natale, ringraziarvi dei commenti e chiedere di perdonarmi per l'ormai usuale ritardo. ^^ Una sola piccola precisazione : Rhadi non ha assolutamente ucciso nessuno, tranquilli.  irascibile, si, impulsivo si, carattere di m***a si.. ma assassino no ;)  esattamente qual è la riga che lascia intendere ciò? perchè la corrego subito. Ricordate sempre che nel cuore e nella mente di una persona si possono pensare tante brutte cose.. come Rhadi ha effettivamente fatto nel capitolo precedente. Ma tra il dire e il fare c'è di mezzo il mare  XD Grazie mille  del vostro sostegno e.... Buone feste! XD

 

Gli anelli di ferro ruvido e arrugginito le torturavano la  carne, incidendo piccoli tagli ed abrasioni sui polsi. Il corpo  madido era afflosciato lungo la parete, spossato e languido. I capelli , lunghi e sciolti, le coprivano il viso sporco, facendola sembrare un cherubino sofferente nell’agonia.

Il buio si stagliava come un palcoscenico ideale per quella sofferenza strozzata.

Da quanto era inchiodata al muro di quella cella?

Due, tre settimane?

 Il tempo era divenuto un concetto di lusso. Non poteva permettersi di tenerlo a mente. All’inizio c’era riuscita. Aveva contato i primi giorni, dopo che le avevano strappato via la sua Aurore. Quattro giorni precisi.

Ma poi, senza più luce e con soltanto acqua e pane raffermo il cervello si era rifiutato di contare. Anche perché, era difficile stabilire i giorni precisi, quando non ci si rendeva neanche conto di quando fosse giorno e di quando fosse notte.

 Era stata rinchiusa nelle segrete della dimora dello Shaykh, dove i pensieri dei mortali non potevano raggiungerla, né la luce la poteva lambire. Durante la sua permanenza era stata nutrita forzosamente da un custode;

 le urla degli altri condannati penetravano nelle fessure della fredda pietra, scuotendo più volte il suo sonno tormentato.

 Soltanto il pensiero di Aurore la sorreggeva.

Aurore che l’era venuta a cercare. Aurore, così battagliera, giovane e testarda.

Era soltanto il pensiero di lei che le impediva di abbandonarsi del tutto alla pazzia.

Era legata come un cane, in una posizione scomoda e grottesca, con le braccia aperte, imbullonate al muro.

I polsi legati agli anelli avevano smesso di gocciolare, per fortuna.

Per terra, due piccole pozzanghere di sangue incrostato misto a sudore.

Magnificent aveva ricevuto l’ordine di stringerli il più possibile, per procurare la più indicibile delle agonie.

 E lui, spietato e crudele, aveva obbedito, senza un’espressione sul viso ultraterreno.

Marina lo sapeva bene, tutto questo era solo l’antipasto.

 Il pre-cerimoniale in vista della sua fine. Sarebbe morta. Forse a colpi di staffile, forse di fame… o forse sacrificata.

Sapeva bene che il suo tradimento e la sua fuga avrebbero portato a questa conseguenza, se l’avessero ripresa. E l’avevano ripresa.

Ciò che la sua coscienza non riusciva a tollerare però, era il fatto che Aurore potesse subire la medesima sorte. Sciocca, sciocca ragazzina impulsiva. La sua fuga dalla Francia verso la Giordania era stata più che sufficiente a far scatenare l’ira dei Malak. Perché mai sua sorella aveva dovuto seguirla a quel modo? Eppure, anche lei conosceva bene le regole del gioco. Conosceva la Legge “che tutto impone e tutto distrugge”.

 Avrebbe dovuto aspettarselo, però… per Aurore doveva essere stato un incubo aver dovuto frequentare il collegio in Francia, sotto l’egidia e il controllo di quel maledetto, sola e senza un appoggio. Un collegio che si presentava come una sciocca e breve parentesi di normalità nella vita della ragazzina.. perché poi sarebbe stato chiaro che la sua esistenza sarebbe stata improntata al servizio della società dei Malak.

Perché mai gli Angeli seguissero quella prassi per i loro sottoposti, era un mistero. Fino al diciannovesimo anno di vita, istruzione e scuola.. ovviamente sotto il controllo di un capostipite. Poi, schiavi a vita…senza alcuna possibilità di riscatto.

Aurore era quasi giunta al termine della sua “parentesi di normalità”… presto o tardi, sarebbe stata affidata a un casato e avrebbe dovuto iniziare a sporcarsi le mani per loro..il pensiero repellente di quello che sua sorella sarebbe stata costretta a fare le indusse il senso di nausea.

Ma da secoli era così.. I Coraline erano un ramo cadetto, in quel mondo maledetto, così come molte altre famiglie sfortunate

Un pesante stridore metallico di porta la fece sussultare.. Qualcuno era entrato nella cella.

“ Chi… chi è là?” Il buio le impediva di vedere bene e gli occhi cisposi e incrostati non le si aprivano bene.

 Lo squittio della  sua voce le fece poi chiaramente capire, quanto le sue condizioni fossero al limite.

Ci riprovò, con più forza  

“ Chi c’è?!”

 

Nessuna risposta. Soltanto un rumore di tacchi, forse a spillo, che si avvicinava.

 

 “ Salve, Marina”

 

La luce di un piccolo faretto illuminò il viso serafico di una donna, dai lucidi capelli neri.

 

“ Fantastico… sei tu” borbottò di rimando , la ragazza.

 

“ Si, sono io… e ti pregherei di smetterla con il tuo sarcasmo. Le tue condizioni non ti consentono di dare un senso completo alle tue sciocche battute”

 

 “ Smettila” gracchiò la prigioniera. “ Cosa diamine vuoi da me?

Sei venuta a goderti il mio supplizio, finalmente?  Non ti sembra vero che io possa scomparire così dalla tua vita… vero, Aida?”

 

La donna rise, dolcemente.

 

 “ Si è così, in effetti. Ma purtroppo non nel senso in cui vorrei io. Il mio desiderio sarebbe quello di annientare per sempre la tua personalità e la tua esistenza… tuttavia, dai piani alti sembrano avere altri progetti..”

 

“ Che genere di progetti?”  Il volto incrostato di sangue della giovane, era paonazzo.

 

La visitatrice camminò nella cella, gli stivali neri dai tacchi vertiginosi che sfrigolavano ancora sul pavimento di terra e pietra. “ Oh, ti piacerebbe davvero molto scoprirlo, vero?” mormorò

 

“ Vaffanculo”

 

La donna si avvicinò fulminea e sollevò la testa della ragazza, tirandole le ciocche bionde con violenza.

 “ Come ti permetti, stupida serva?! Porta un po’ di rispetto a chi è superiore a te… essere scappata dalla Francia ti ha fatto dimenticare il rispetto che devi ai tuoi superiori?!”

 Con gesto rapido, colpì con uno schiaffo la guancia già mortificata della giovane, prima che questa potesse replicare.

 

 Ma non c’era dolore che potesse essere più insopportabile di quello già sperimentato..

 

Marina sorrise, il sangue che le scendeva da una ferita sul viso che le si era aperta di nuovo. Avrebbe potuto divertirsi con quella stupida donna, ammiratrice incondizionata degli Angeli. Si, avrebbe potuto godersi quest’ultimo diletto futile…

 

“ E’ stato sempre questo il tuo cruccio, vero Aida? Sebbene io fossi  di livello socialmente inferiore, sono sempre stata preferita a te, da Lui…”

 

“ Taci, scellerata!”

 

Aida inferse un altro colpo, graffiandole crudelmente la guancia con le unghie laccate; ma quella strega non smetteva di sorridere, dannazione. Era incatenata a un muro, ferita, sanguinante, eppure aveva ancora la forza di sorridere con fare provocatorio! E non aveva l’intenzione di smettere; la fissava con quello sguardo arrogante e sprezzante…

 

“ Guarda in che condizioni sei, Aida.  Nonostante io sia qui, in catene in  una cella, tu senti ancora l’esigenza di doverti paragonare a me, di doverti confrontare… sei una fallita, in partenza”

 

 L’altra sorrise crudele, di rimando.

 

“ Forse hai ragione. Ma sono io colei che sopravvivrà, non tu. Sarò io che avrò strada libera verso tua sorella.. e tu non ci potrai essere per proteggerla. Sono finiti i tempi del collegio, dove potevi permetterti  un asso nella manica anche nelle situazioni più impensate. Io vinco, tu perdi”

 

“ Non osare avvicinarti a mia sorella!” Lo strillo convulso di Marina rimbombò come un tuono a ciel sereno.

  

In un attimo il vuoto si impadronì del suo corpo. Quella maledetta non doveva permettersi neanche di guardare Aurore…

 

 Aida inarcò un sopracciglio, soave. “ Non puoi darmi degli ordini. Sei incatenata al muro, ricordi? Stai aspettando il giudizio finale per quello che hai fatto..per la piccola Aurore non preoccuparti. Adesso è con Cornelius …l’individuo che tu hai raggirato per così tanto tempo.”

 

C- Cornelius…” Al vuoto si sommò il terrore. Non potevano affidarla a lui, non a Cornelius. Aurore era una bambina, maledizione!

 

“ Stupita, vero? Pensavi davvero che colui che tu hai ingannato per così tanto tempo potesse farsi sfuggire tua sorella? Lui ti odia almeno quanto me… sarà un piacere per lui, fare tutto ciò che possa arrecarti dolore. Incluso distruggere la tua  stupida sorellina”

 

“Menti!” gridò la giovane prigioniera, disperata, divincolandosi con furore tra gli anelli cigolanti.

La sorte peggiore che potesse spettare ad Aurore era avere a che fare con quel mentecatto di Cornelius!

 L’avrebbe spezzata, come aveva fatto con lei tanti ani prima. No, non doveva accadere. Cornelius era male puro concentrato in un discendente angelino… avrebbe fatto crescere con pazienza ed amore il bocciolo, fino a farlo sbocciare e poi l’avrebbe distrutto col piacere macabro di chi gode nell’annientare;

 di colpo, un immane sensazione di stanchezza le pervase il corpo esausto. Si accasciò sul muro, abbandonandosi lungo la parete fredda e turgida. Aida sogghignò; finalmente poteva godersi lo scenario di un atteggiamento più consono alla situazione… Marina percepiva finalmente l’umiliazione e l’impotenza di non poter salvaguardare Aurore. Uno scenario appagante, in conclusione. Ma non ancora sufficiente.

“ Sorpresa, vero?” La donna si avvicinò di più, tirandole su bruscamente il viso afflosciato, e puntandole il faro negli occhi. La luce accecante arrivò come un colpo inatteso alle pupille, dopo tanti giorni di oscurità.

Un urlo straziato riecheggiò tra le pareti umide…

 “ Cosa diamine vuoi, Aida?! Vattene, dannazione, vattene… sto per essere distrutta come tu volevi, no? Hai vinto, maledizione.. hai vinto!!”

La voce era dilaniata dallo scoramento, il viso sporco di sangue raffermo era gemente e disperato. Cos’altro voleva ? Perché mai non usciva dalla sua cella, lasciandola sola con i suoi pensieri mortiferi?!

Domande retoriche, per una mente ben temperata alle risposte scontate; Aida non aveva intenzione di abbandonare il campo. Non ancora, perlomeno. Voleva godersi tutta la scena. Anni di invidia verso la preferita, verso l’angelica perfetta potevano finalmente essere acquietati, in qualche modo. No,non poteva perdersi quell’ultima gustosa scena.  Marina lo sapeva bene. Conosceva perfettamente la natura sadica dell’eterna rivale. Da sotto i ciuffi biondi, sudici e scarmigliati, la vide camminare per la stanza, a grandi passi, giocherellando con il faretto.

 “ Purtroppo.. non sarà come desidero.” Disse, in un soffio  “ Vedi, il fatto che tu abbia avuto contatti con la prescelta, ti pone in una posizione di tutela…”

Marina mise a fuoco le parole. Di chi stava parlando?

 Amira? No.. non Amira, ma Anna. Così la prescelta le si era presentata mesi fa, nelle vesti di una spogliarellista in erba. Una ragazza esile, dallo sguardo acuto e osservatore che l’aveva difesa quando un bruto l’aveva spintonata bruscamente. Una giovane coraggiosa, dal sangue caldo. Naturalmente Marina non l’aveva riconosciuta subito. Soltanto dopo, all’asta… aveva notato la presenza di un demone conosciuto e..

la voce della donna malvagia interruppe il flusso dei suoi pensieri.

“ Conosco le tue riflessioni, traditrice. Stai pensando ad Amira Nasser, vero? La tua amicizia con lei potrebbe essere vantaggiosa… Potresti rivelarti un asso nella manica, per noi. Con mio sommo rammarico, non ti ucideranno”

 Una risata di gusto fuoriuscì spontanea dalla prigioniera, nonostante le ferite e i dolori lancinanti.  “Non sottovalutare quella ragazza, Aida. Non riuscirete mai a catturarla.. avete avuto le vostre occasioni. Ormai, temo abbia scoperto troppe cose per potersi fidare”

 “ Non sta a te giudicare il nostro operato, infida puttana” sussurrò veloce e truce,l’altra.

“ Puttana?”

 “ Si, puttana. Ti è piaciuto travestirti da donna da facili costumi, vero? Te la sarai spassata, mentre ti rendevi impura e intoccabile per i Malak..”

“ Essermi resa intoccabile per un Malak è l’unico onore derivato dall’essermi prostituita per Xavier.. onore di cui vado fiera”  replicò la seconda.

“ Ci scommetto. Come copertura dopo la tua fuga è stata formidabile, lo ammetto. Nessuno di noi poteva solo  pensare che tu ti potessi contaminare consapevolmente con della feccia umana e debole. Non dopo la cultura sulla purezza che ti è stata impartita… ma io lo avevo intuito, che tu sei quasi alla stessa stregua di quella fetida marmaglia umana che brama i piaceri della carne..”

“ Stai zitta” ribattè ferocemente Marina, a fatica. “ Non sai niente della vita che c’è fuori, niente di ciò che ho dovuto sopportare per sottrarmi al controllo dei Malak, di Cornelius e di tutti gli altri esseri angelici.. o demoniaci, come preferisci… io non volevo questa vita, non la volevo. Una vita da puttana vale molto di più, di una vita da schiava e assassina.. Almeno ho la certezza di fare del male  solo a me stessa e non agli altri.”

“ Non capire i doni  della tua nascita, è la tua colpa più grave. Colpa che andrebbe punita con l’eliminazione… non capisci l’onore che ti era stato concesso. Sei un’ingrata!”

“ Il tuo disgusto è l’ultimo dei miei problemi, moretta!” replicò Marina, che si curò di sottolineare con enfasi l’ultima parola.

 La reazione della donna fu immediata e funesta.  Si avventò sulla ragazza e la colpì duramente con la punta dello stivale.. sulla tempia.

Il sangue fuoriuscì copioso.

“ Non ti azzardare a chiamarmi moretta, infida vipera” sussurrò, preda di una furia impazzita.

Il profondo dolore sofferto, impedì all’altra di avere una reazione immediata… Lo stordimento le aveva fatto temere per un momento di poter perdere coscienza. Cosa che non doveva succedere con Aida ancora presente. Doveva resistere, tener duro. Sebbene legata ad un muro, sporca, ferita e sofferente.. avrebbe potuto soccombere a testa alta, se solo avesse retto il colpo. Doveva continuare a stuzzicarla.. Si riscosse.

“ Dai..” mormorò, ironica, con fatica “ Non dirmi che te la prendi ancora per questa sciocchezza? Non dirmi che ancora ti dispiace non essere nata bionda e angelica, vero? Anche Lui te lo aveva detto, mi pare… ‘il biondo è sinonimo di purezza incontaminata.’ Mi ricordo come da piccola piangevi al collegio, quando io venivo scelta per giocare e tu no… chi lo ha mai voluto un angioletto moro? L’angioletto è biondo… ahahah, ti ricordi?

“ Stai zitta, maledetta! Tu hai rovinato la mia infanzia.. mi hai rovinata ai Suoi occhi!!” strepitò l’altra, portandosi le mani ai capelli.

Marina accennò un mezzo sorriso. Ce l’aveva fatta… soltanto una psicotica folle come Aida poteva infuriarsi per questo genere di cose. Non essere l’angelica perfetta era stato un fardello pesante da sopportare, per la piccola moretta , per Aida; una donna fanatica della discendenza angelica che scorreva nelle sue vene, una veneratrice dei Sommi Angeli, dello Shaykh, e della Legge. Una povera psicolabile come ne era pieno il mondo, incapace di comprendere la differenza tra bene e male, tradizione e giustizia. Marina aveva un vantaggio su di lei: la gelosia che Aida provava nei suoi confronti, anche nelle misere condizioni in cui versava, era uno strumento troppo allettante per non essere adoperato.  Farla impazzire di rabbia era l’unica vendetta che poteva permettersi, d’altronde… avrebbe vendicato in minima parte e in anticipo, quello che sarebbe capitato ad Aurore. Anche se come vendetta era piuttosto esigua, in effetti. Tuttavia il pronostico non si avverò:

Aida parve riacquistare il controllo; si calmò e si infuriò nuovamente e doppiamente con se stessa per non saper evitare ancora quel genere di giochetti. Marina era sempre stata brava a colpire nei punti deboli, e ancora, nonostante fosse del tutto inerme, aveva il fegato di usare quei diabolici trucchi con lei.

 “ Sai, devo ammettere una cosa però.” La mora riacquistò suo malgrado la calma nella voce.

 “ Con le parole e la dialettica ci sai fare. Così come con le sorprese. E’ stato proprio degno di te, fuggire dalla Francia per recarti in Giordania, nella tana del lupo”

“ Era l’ultimo posto in cui sareste venuti a cercarmi. Nessuno poteva sospettare che mi sarei recata nell’occhio del ciclone. Nascondiglio perfetto” ribattè Marina, beffarda.

 “ E ce l’avresti fatta se quel giorno all’asta di quel tale.. Xavier… qualcuno non ti avesse notata e . conseguentemente riconosciuta.. Sai, c’era una taglia che pendeva sulla tua testa. Molti soldi. E’ stato Lui, lo Shaykh a fissare il prezzo” mormorò Aida, scrollandosi i capelli con un gesto  della mano.

Gli occhi della giovane si fecero duri come gemme chiare “ Non avevo dubbi al riguardo”.

Aida sorrise, inquietantemente gioviale “  Curioso, come sia stata proprio la nostra Amira a permetterci di riprenderti, non trovi? Quando anche lei sarà qui, la dovremo ringraziare adeguatamente. Punire i traditori è un compito doveroso, per noi… e lei ci ha aiutato inconsapevolmente”

Marina distolse lo sguardo e fissò le sue gionocchia, ormai ruvide e nere.

Aida aveva colto nel segno.

 Se non fosse stato per Anna, i Malak non l’avrebbero mai ritrovata, perché non sarebbero mai andati a cercarla in un covo di puttane. Sarebbe stato troppo degradante per la loro cultura purista. Per puro caso, però, la prescelta era finita nelle mani di Xavier… I Malak per un bottino come Anna, avevano potuto tranquillamente scendere a un compromesso e degradarsi fino al punto di respirare la sessa aria di quella ‘fetida marmaglia umana’.  Davvero ironico, il fato. Tra tutti i luoghi del mondo, la prescelta era finita nelle mani del Venditore. Uno sciocco scherzo beffardo del destino che sembrava volesse suggerire che gli Angeli vincono sempre e comunque, a dispetto di tutti i piani ben congegnati.         

  Marina , questo, ormai lo aveva intuito.

  “ Se ce l’avessi fatta, avresti abbandonato tua sorella?” chiese ancora la visitatrice, interrompendo per la seconda volta i pensieri della sua interlocutrice.

 Marina si limitò a fissarla per un momento “ Non dire assurdità. La sarei venuta a prendere, non appena il suo tempo al collegio fosse stato concluso… non penserai davvero che l’avrei lasciata con voi, a pagare lo scotto del mio tradimento, poi!”

 “ Non saprei” rispose l’altra, con sguardo acuto e freddo. “ In ogni caso, la mia visita finisce qui. Ero stata inviata con il compito specifico di comunicarti che non morirai… non ancora, almeno”

 Marina la fissò sarcastica “ Be’, grazie tante della tua comunicazione… e del gentile omaggio sulla mia tempia”.

Aida non mormorò nulla di rimando. Uscì a passi veloci e sbattè con incuria la porta pesante di ferro della cella. Il rombo metallico si propagò con gran fragore per tutto l’ambiente, facendo stridere di angoscia i denti degli altri innumerevoli prigionieri, rinchiusi nelle altre celle.

Marina assorbì la violenza di quel colpo e dopo un attimo si abbandonò ad un pianto furioso e dirotto…

Se non fosse stato per Anna, i Malak non l’avrebbero mai riconosciuta all’asta di Xavier… ma se non fosse stato  per Anna, a quest’ora non avrebbe neanche potuto esprimere l’ultimo desiderio…

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

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