Tutto quello che posso dirti di me

di BlueSon
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Il gran colpo per l'azienda ***
Capitolo 2: *** Quanto un incontro può complicare le cose ***
Capitolo 3: *** Ho capito chi sei ***
Capitolo 4: *** Quando Torni? ***
Capitolo 5: *** Tutto quello che posso dirti di me ***
Capitolo 6: *** Quando l'amore si nasconde sotto il ticchettio della pioggia ***
Capitolo 7: *** Il passato può anche tornare... ***
Capitolo 8: *** cap.8 L'amara verità ***
Capitolo 9: *** 9. Ciò che fa stare bene ***
Capitolo 10: *** La luce al di sotto della nebbia ***
Capitolo 11: *** Tra paura dolore e Speranza ***
Capitolo 12: *** Arriverà la fine ma... ***
Capitolo 13: *** ...non sarà la Fine ***



Capitolo 1
*** Il gran colpo per l'azienda ***


Tutto quello che posso dirti di me

“Adesso tu mi spieghi come e quando è successo una cosa del genere. Ti rendi conto che gran colpo per l’azienda di famiglia?” 
Chichi sorrise soddisfatta dinanzi alla meraviglia di Bulma, la sua migliore amica. Sin da piccole avevano camminato insieme: asilo, elementari, medie e superiori. All’università avevano preso strade differenti ma solo perchè Bulma aveva nelle mani la più grande azienda immobiliare di tutto il Paese e lei aveva deciso di specializzarsi prima di entrare in società con lei. Così si era messa sotto e dopo qualche piccolo ritardo era riuscita a laurearsi in architettura con il massimo dei voti. Era già un anno che lavorava alla House Corporation, l’azienda dei genitori di Bulma che un giorno sarebbe passata definitivamente nella mani della sua migliore amica e del futuro marito Vegeta. Lui era un ingegnere affermato e da molti anni lavorava con il papà di Bulma. “Un colpo di fulmine” si è soliti chiamarlo. Infatti si fidanzarono di lì a poco ed erano quasi vicino al matrimonio. Bulma si lamentava spesso del comportamento un po’ burbero di Vegeta ma Chichi si era trovata spesso a lavorare con lui: era un testardo e un presuntuoso come non li aveva mai conosciuti ma per la sua amica sarebbe stato disposto anche a morire anche se non lo dava a vedere. Anche Bulma aveva dovuto capirlo e per queste le sue lamentele si trasformavano nella maggior parte dei casi in frecciatine divertenti. Chichi era felice. Lo era davvero.
“Allora mi racconti?” chiese Bulma addentando la sua insalata mista (era sempre a dieta).
“Ok ok. In realtà anch’io sono rimasta parecchio colpita.”
Qualche giorno fa era arrivata nel suo ufficio una donna sulla sessanta vestita di tutto punto .

“Prego, si accomodi” le disse lei con un sorriso. La signora le sorrise di rimando e si sedette di fronte a lei. A Chichi non piaceva essere troppo materialista, pensare ai profitti prima di sapere di cosa si trattasse, ma quella donna profumava di soldi a palate da un miglio di distanza. La conferma arrivò cinque secondi dopo. La donna dai capelli biondo tinto si scusò per essere venuta senza preavviso ma annunciò che era arrivata direttamente da Sidney.
“Il mio nome è Monica Sonford e mio marito e il conte Charles Sonford.”
Le ci vollero cinque minuti buoni per riprendersi da quella bomba lanciata con così tanta disinvoltura. Charles Sonford era uno degli uomini più potenti al mondo. Un conte di antico stampo che aveva saputo ben adattarsi al mondo tecnologico. Elegante e fiero nei suoi settantacinque anni era impegnato in attività di beneficenza da quanto ne aveva trenta. Principalmente era un famoso critico d’arte. Dirigeva un museo di importanza nazionale a Sidney ed era impegnato nel campo della ricerca. Quando la signora vide che lei aveva capito chi aveva di fronte continuò a parlare.
“Come può immaginare mio marito è molto impegnato in diverse attività. È sempre in giro per lavoro nonostante la sua età, ma mi ha chiesto di occuparmi di una villa proprio qui in Italia.”
“La villa dei Beni.” Pensò Chichi senza riferire ad alta voce il nome con cui si soprannominava quel capolavoro di architettura. Apparteneva alla famiglia Sonford da generazioni.
La signora continuò.
“Mio marito ha deciso di metterla all’asta o di venderla se c’è qualcuno tanto ricco da queste parti da fare un’offerta degna dell’antico valore di quelle mura.” Disse la donna con una fine altezzosità da sembrare quasi modestia. “Ho controllato tra le più importanti aziende italiane che potessero occuparsi della vendita o dell’appalto e la mia scelta è ricaduta su di voi.” 
Le sue parole la meravigliarono non poco. Vendere un patrimonio di famiglia? Sembrava strano ma non chiese spiegazioni.
“Sarà per noi un onore, signora Sonford” le rispose solo con gentilezza.
“Bene allora. Io purtroppo devo tornare a Sidney per degli affari. Ci terremo in contatto, signorina Chichi. Mi ha fatto piacere trovare lei. Ho letto il suo curriculum e devo farle i miei più sentiti complimenti.”
“Grazie, signora.”
“Ah, un’altra cosa…” disse la signora sulla porta del suo ufficio.
“Le chiedo un’altra gentilezza. Se è possibile mantenere un’adeguata riservatezza sul caso. Sa, qualcuno potrebbe far circolare voci di cattivo gusto.”
“Non si preoccupi, signora Sonford. La riservatezza è compagna della perfetta riuscita di una vendita.”

“No, non ci credo.” disse Bulma che aveva finito di mangiare da un pezzo. “Ora che farai?”
“Andrò alla villa questo stesso pomeriggio. Non vedo l’ora di ammirarla sia dall’interno che dall’esterno.”
“Sembri una bambina in procinto di scartare il suo nuovo regalo” le confidò Bulma sorridendole felice.
“Con la sola differenza che già so che il regalo mi piacerà un sacco.” disse alzandosi dal tavolo per andare a chiedere il conto.

 

...


Era così elettrizzata che per tutto il viaggio dal suo ufficio alla villa aveva avuto la pelle d’oca. Parcheggiò sul lato opposto a quello della villa e quando scese fece il giro di tutto la recinzione in ferro battuto.  La signora Sonford le aveva chiesto riservatezza e lei sarebbe entrata dal cancello secondario. Si stava abbastanza bene in quel crepuscolo di primavera ma non c’era molta gente in giro. Si trattava comunque di una zona un po’ più periferica rispetto alla città. Chichi girò la chiave anche essa in ferro battuto e avanzò emozionata verso quel gigante in cemento e marmo pregiato. Chi avrebbe mai potuto comprare un tesoro così prezioso? Chissà quanti bei quadri e arredi dovevano esserci all’interno. Affrettò il passo lungo il tracciato in ghiaia che separava l’enorme giardino che avvolgeva la villa. La costruzione era bellissima. Il color avorio delle mura era nascosto da quello leggermente più scuro delle colonne che formavano il portico. Chichi salì gli scalini e facendo risuonare i tacchi sull’elegante marmo trovò un’entrata secondaria. Entrò e quasi correndo arrivò al centro dell’ampio ingresso. Era uno spettacolo d’arte. Le mura di casa era tappezzate di quadri d’epoca e un’ampia scala centrale percorribile sia da destra che da sinistra conduceva al piano superiore. Chichi guardò estasiata ogni più piccolo particolare. Capì che il soprannome della costruzione, Villa dei Beni, non poteva essere più adatto. Solo quando lo stupore iniziale lasciò spazio ad una più vivace curiosità sentì uno strano rumore. Sembrava lo scroscio dell’acqua e proveniva dal piano di sopra. La curiosità si tramutò in paura. Chi c’era in quella villa? La signora Sonford non aveva fatto cenno ad un qualche abitante. Cercò di inzittire i pensieri che le ronzavano per la testa e aguzzò l'udito. Una persona razionale sarebbe tornata indietro di corsa, ma Chichi non era razionale. Nonostante fosse una ragazza con i piedi per terra spesso lasciava che l’istinto la guidasse. Come in quella situazione. Mentre pensava a cosa fare l’acqua smise di cadere e dei rumori indistinti risuonavano nel silenzio della casa. Chichi sentiva solo il suo cuore battere come un pazzo e decise di nascondersi nella prima stanza. Non fece in tempo. Una voce maschile la richiamò. Come i soldati che improvvisamente fermi si mettono dritti sull’ “attenti” del loro capitano anche Chichi non osò fare un passo in più.
“Ehi tu, chi diavolo sei?” sbottò quella voce che sembrava farsi sempre più vicina. “Come hai fatto ad entrare?”
Chichi poteva sentire lo scricchiolio del legno sotto i passi felpati di un uomo.
“Ho le chiavi.” Balbettò. “Non pensavo che ci fosse qualcuno.”
“Sai che questa è violazione di domicilio?” chiese quell’uomo dalla voce calda e profonda. “Domicilio? Non mi risulta che questa casa sia abitata.”
“Ah, non ti risulta? Allora chi sono secondo te, un fantasma? Ma si può sapere chi diavolo sei?”
Chichi si stava innervosendo. Non sapeva se girargli per dirgliene quattro o restare lì ferma pregando che non la sparasse. “Voltati” disse alla fine l’uomo.
Chichi respirò profondamente. Molto probabilmente sarebbe morta nel giro di qualche secondo.  Invece, quando si girò, non trovò nessuna pistola puntatale in faccia né gli occhi di un pazzo. Quello che vide le lasciò qualsiasi parola ferma in gola. Un ragazzo forse poco più grande di lei la guardava sconcertato con indosso un semplice asciugamano avvolto in vita. I muscoli guizzavano sotto la pelle e i suoi occhi neri la scrutavano indagatori. La capigliatura pazza, simile a quella di un bambino che non ha voglia di pettinarsi, faceva da contrasto sopra quel viso austero. Chichi avrebbe voluto davvero dire qualcosa ma non sapeva davvero cosa.
“Allora vuoi dirmi chi sei?”   

 

Allora che ne pensate? Vi ho incuriositi almeno un po'? Spero di sì anche se credo che abbiate già capito chi è il fusto di Villa Sonford. :P 
Grazie a tutti coloro che leggeranno questa storia e a chi soprattutto vorrà accompagnarmi in questa mia prima esperienza. Un Bacio Grande

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Capitolo 2
*** Quanto un incontro può complicare le cose ***


Tutto quello che posso dirti di me

“Allora vuoi dirmi chi sei?”
Chichi si schiarì la voce e dopo un attimo di esitazione prese il bigliettino dell’azienda dalla borsa e glielo porse.
“Faccio parte della House Corporation.” disse un po' disorientata.
L’uomo prese il bigliettino senza scomporsi. Chichi continuava a guardarlo: aveva un fisico da urlo!
“Bene. E cosa è venuta a fare qui?”
“Mi è stato chiesto di occuparmi della vendita della villa o dell’appalto di alcuni beni.”
“Capisco” replicò lui senza emettere una smorfia di contraddizione “E posso sapere chi le avrebbe chiesto una cosa del genere?”
“Purtroppo non posso dirglielo. La persona mi ha chiesto di essere quanto più discreta possibile.”
“Discreta? Signorina, lei è piombata in casa mia come una ladra.”
Quell’accusa la irritò profondamente.
“Io non sono una ladra. Sono venuta qui per lavoro. Non mi avevano avvisato che avrei trovato qualcuno. Posso chiederle lei chi è?”
“Questa è casa mia. Sono io che faccio le domande.” Chichi si morse il labbro per evitare una rispostaccia.
“In questo caso dovrei vedere dei documenti. Per me lei potrebbe essere un ladruncolo che si è intrufolato in una delle ville più famose a livello storico e allo stesso tempo in un luogo che può nasconderlo senza colpo ferire. Dico bene?”
“Ma che bella fantasia. Allora chiami pure la polizia. Io intanto vado a mettermi qualcosa addosso.” disse sorridendo prima di salire al piano di sopra.
Chichi avrebbe davvero voluto sbatterlo in galera ma non poteva chiamare la polizia. Che ne sarebbe stata della privacy espressamente richiesta dalla signora Sonford? C’era di rimetterci il lavoro. Pensò a quello che avrebbe potuto escogitare ma l’unica cosa che le veniva in mente erano quelle braccia muscolose e gli addominali perfettamente delineati del presunto ladro. Provò a chiamare Bulma ma le risultava occupato. Sbuffò tamburellando il pavimento con i tacchi. Non le restava altro che chiamare la signora Sonford. In fondo, se c’era un proprietario, non poteva di certo buttarlo fuori. Anche lì la segreteria. Chissà se era già ritornata a Sidney.
“Allora? Abbiamo chiamato?” chiese l’uomo riscendendo.
Ora indossava una Tshirt blu e dei comodi jeans. Andava molto meglio rispetto a prima ma comunque quelle braccia la tentavano. Decise di darsi un contegno.
“Cerchiamo di venirci incontro, signor..”
“Goku, chiamami Goku.”
Sembrava essersi raddolcito.
“Bene Goku, io sono Chichi.”
“Vieni da questa parte. Ti va un caffè?”
“Grazie.”
Quell’improvviso cambiamento d’umore l’aveva scombussolata ma lo seguì senza fiatare. La cucina era molto più moderna dell’ampio salone e ciò le dispiacque. Perdeva quel sapore di antico e classico che tanto aveva ammirato poco prima.
“È tua questa invenzione?” chiese quasi senza pensarci.
“In realtà era già così quando sono arrivato.”
“Capisco. E da quando abiti qui?”
“Da poco.”
Chichi lo vide titubante. Cosa era successo a quell’uomo che poco prima sarebbe stato capace di spingerla fuori a calci? La paura tornò a percorrerle la schiena sotto forma di brividi. 
“Ho provato a chiamare il cliente che mi aveva chiesto della vendita ma non risponde. Chiederò cosa è successo e così chiariremo. Sei d’accordo?”
Goku si fece ancora più cupo e non disse una parola. Accese il gas e poi si voltò verso di lei. Non erano così vicini ma Chichi tremò comunque.
“Non c’è bisogno che chiami il tuo cliente.”
“Cosa?”
D’istinto indietreggiò. Goku la vide e per tutta risposta scoppiò in una risata.
“Non sono un ladro se è questo che stai pensando. Sono il proprietario temporaneo di questa villa.”
“Sei il custode? Il giardiniere?”
Goku dovette trattenere un’altra sonora risata ma emise un ghigno senza poterlo nascondere.
“Ti sembro per caso uno che pulisce giardini di ville antiche?” chiese prendendo le tazze.
Chichi si concesse un’altra accurata visione del suo corpo e capì di averla detta grossa.
“No, hai ragione. Allora si può sapere chi sei? Un parente?”
“Nemmeno. Diciamo che sono l’amico di una persona che potrebbe essere vicino al tuo cliente e che questa mi abbia concesso di restare qui.”
Chichi non ci stava capendo niente. Sicuramente la persona che conosceva non doveva essere amica della signora Sonford.  “Quindi tu conosci i proprietari?” continuò a chiedere.
“Non posso dirtelo. Mi dispiace.”
“Be’, dovrò chiamare sicuramente il mio cliente e farmi dare delle spiegazioni. Comunque tu non sei il nuovo proprietario ma solo un beneficiario. Quindi io posso iniziare il mio lavoro senza problemi.” constatò Chichi con un sorriso soddisfatto.
Quel tipo aveva le ore contate. Che le avesse detto o no la verità questo non aveva importanza. Lei non avrebbe perso il lavoro e quindi poteva dormire sogni tranquilli. Il fischio della macchinetta ruppe il silenzio che si era creato. Goku prese due tazze e verso il caffè.
“Ti dispiace se do un’occhiata alla villa?”
Goku scosse la testa. Chichi notò che improvvisamente si era fatto triste ma i suoi occhi erano indecifrabili. Ebbe lo strano desiderio di accarezzarlo e di farsi raccontare tutta la sua vita. Non capiva perchè fosse stata così duro all’inizio, difendendo quella villa come fosse casa sua. Lo guardò senza batter ciglio. Aveva già visto quei lineamenti, quel volto.
“Fai da sola o vuoi che ti accompagni?”
Chichi ritornò improvvisamente alla realtà.
“Non vorrei disturbarti. Do solo una rapida occhiata e poi tornerò quando posso.” disse prima di scomparire dalla stanza.

Goku la osservò ancheggiare fino all’ultimo scalino. Avrebbe davvero voluto seguirla e raccontarle che non poteva stare lì, che quella casa non poteva essere toccata ma se solo le avesse detto quello che serbava dentro quella lì non lo avrebbe preso solo per un ladro ma anche per un pazzo. Fortunatamente lui sarebbe rimasto per un altro po’ di tempo. Il dolore alla testa tornò lancinante e improvviso come improvviso era stato l’arrivo di quella donna. Respirò come gli aveva consigliato il medico e lottò con tutto se stesso per non gridare dal dolore. Strinse i pugni e cercò di rilassarsi. Immagini che avevano il vago profilo di ricordi si susseguivano nella sua testa, ma questa volta era qualcosa di nuovo.

Era in quella villa, al piano di sopra. Era piccolo e una donna gli stava vicino cantando qualcosa che non riusciva a percepire. Stava facendo le valige e un sorriso di circostanza nascondeva qualcosa, qualcosa di brutto.
“Mamma, perchè ce ne dobbiamo andare?”
“Perchè è meglio così. Ce ne andremo dove nessuno ci potrà più dare fastidio.”

Di nuovo il buio. Non riusciva a ricordare nient’altro e intanto il dolore alla testa si faceva sempre più acuto. Decise di salire sopra e di prendere qualcosa. Prima o poi tutti quei medicinali l’avrebbero steso anche perchè i mal di testa partivano quando cercava di ricordare. Ricordare chi era davvero, chi fossero i suoi genitori e se erano ancora vivi, se c’era una qualche persona che lui potesse chiamare fratello. Ma il suo passato era una scatola blindata che non riusciva ad aprire. L’unica cosa che ricordava era quella villa che una sexy e affascinante donna in carriera voleva portargli via.

Allora che ne dite? Vero...troppo breve ma il prossimo sarà più lungo prometto. Spero di mantenere alto il vostro interesse. Un bacione e soprattutto GRAZIE ad ognuno di voi che ha deciso di sostenermi  in questa fanfiction. Voglio ringraziare principalmente il mio primo recensore "dragonloveOO" e anche "Androide N 18" baciooooo

 

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Capitolo 3
*** Ho capito chi sei ***


Tutto quello che posso dirti di me


“Signora Sonford, buongiorno.”
“Buongiorno a lei, signorina Chichi. Ho trovato una sua telefonata ma era troppo tardi per chiamarla. È successo qualcosa di grave?”
“Non credo signora Sonford. Quello che è successo non interferirà con la sua richiesta.”
Chichi cercò di essere quanto più calma possibile. In realtà  sapeva che trovarsi in casa un perfetto sconosciuto non doveva essere una notizia da prendere alla leggera, tuttavia confidava nella buona fede dell’uomo che aveva incontrato il pomeriggio precedente.
“Mi dica signorina.”
“Ieri sono andata alla villa e con mia grande sorpresa vi ho trovato una persona che mi ha assicurato essersi messo in contatto con uno dei proprietari per prenderla in affitto un paio di mesi.”
Il silenzio calò dopo quello che aveva detto e Chichi sperò che si trattasse solo di un’interferenza. Non seppe dire quanto tempo stette in silenzio con il suo iphone incollato all’orecchio ma i secondi le sembrarono ore.
“Le ha fatto vedere dei documenti per caso?” chiese la donna che non riuscì a nascondere il tremore nell’esporre quella domanda.
Chichi brancolò nel buio. Dopo aver preso il caffè con quel tizio si era praticamente dimenticata di chiedergli un documento o qualsiasi altra cosa inerente a quella complicatissima situazione. Era lei ora a stare in silenzio ma fortunatamente la signora Sonford sembrò troppo sconvolta per soffermarsi su una sola domanda.
“Come si chiama quest’uomo?”
“Goku.”
“Solo Goku? Forse ho capito di chi si tratta.” disse la donna pronunciando a stento le parole. Chichi ringraziò il cielo per quell’aiuto tanto sperato.
“Lei comunque continui nel suo lavoro. Ci conto signorina Chichi. Voglio quella villa spogliata dei suoi beni e inagibile per qualsiasi altra persona voglia abitarci.” disse la donna che doveva essersi parecchio arrabbiata. Il suo tono fu così tagliente che Chichi ebbe quasi paura di perdere l’orecchio.“Mi dispiace averle creato questo dispiacere, signora Sonford.”
“La colpa non è di certo sua mia cara. Sono sicura che mio nipote potrà darmi una spiegazione più che sufficiente. Mi tenga informata. Arrivederci” disse staccando la chiamata.
Chichi emise un sospiro di sollievo. Le era sembrato di aver trattenuto il respiro per tutto il tempo. Ora però era curiosa: chi era quel Goku?  Guardò l’orologio. Erano circa le dieci. Il prossimo appuntamento era fissato per le undici e un quarto. Poteva quindi cercare di capire chi fosse quella persona così misteriosa e incredibilmente sexy allo stesso tempo.
Stesso giorno. Più lontano. 
La signora Sonford era parecchio agitata. Suo marito non c’era mai e lei era sull’orlo di una crisi di nervi. Odiava la sua vita. La odiava perchè aveva permesso all’amore di depistarla e trasformarla. Era diventata un mostro! Tutto per amore del suo adorato Charles. Aveva chiesto tre diverse tipi di tisane per placare il suo nervosismo nell’attesa che suo nipote tornasse quanto prima da quell’inutile partita di calcio. Come se qualcuno lassù avesse voluto accontentarla la donna di servizio le annunciò l’arrivo del giovane Gohan.
“Ciao nonna.”
“Buon pomeriggio, Gohan.” Rispose alquanto turbata.
“Che brutta cera che hai. Stai poco bene? Il nonno dov’è?”
“È al museo per una riunione con dei ricercatori. Siediti, Gohan perchè dobbiamo parlare.” Il ragazzo poteva avere si è no quindici anni ed essendo un adolescente spesso ne combinava di tutti colori al punto che gli era stata affibbiata una guardia del corpo. Sicuramente sua nonna lo aveva chiamato per una bella ramanzina.
“Sei stato tu a permettere che il campione internazionale di pesi massimi andasse ad alloggiare nella villa di famiglia in Italia?”
Gohan mostrò subito un sorriso smagliante. “Sicuramente non potevo firmare io il contratto. Ho chiesto a nonno il permesso.”
“E lui te l’ha dato?”
“Sì.”
Monica dovette stare attenta a non rompere la pregiata tazza in ceramica che aveva tra le mani. Ancora una volta suo marito non le aveva dato voce in capitolo.
“E come l’hai conosciuto?”
“Junior me ne ha dato la possibilità. Quando ha saputo che stravedevo per lui mi ha confidato di conoscerlo. Mi ha detto che fanno fatto l’esercito insieme per due anni. Poi hanno preso strade diverse tenendosi sempre in contatto.”
“Quindi è stato lui a chiederti di alloggiare in quella villa?”
“Sì, ma sono stato io a dirgli che poteva chiedermi qualsiasi cosa. Capisci nonna? Sono stato con lui un fine settimana. Mi ha fatto vedere dove si allena e mi ha presentato il suo maestro. È stato bellissimo.”
La signora ascoltò senza battere ciglio. Gohan la guardò e si fece improvvisamente triste. “So di avertelo tenuto nascosto, nonnina e mi dispiace, ma sapevo che se l’avresti saputo non avresti mai accettato che lo incontrassi. È una brava persona.”
“Non fa niente Gohan.”
“Non sei arrabbiata?”
“No, tesoro, non preoccuparti. Volevo solo sapere, tutto qui.”
“Perchè poi? Sei stata alla villa nel tuo viaggio in Italia?”
“No, tesoro. Semplice viaggio di piacere.”
“Qualche volta posso venire a farti compagnia?”
“Certo, Gohan. Ora però parliamo d’altro ti va?” “Certo. Chiamo Junior e gli dico che può posare la macchina.”
“Ricordati di essere gentile.” “Certo nonnina. Junior è un mio amico prima di essere la mia guardia del corpo.”
“Ho capito chi sei” esclamò Chichi facendo irruzione al piano di sopra.
Forse però era giunto il momento di prendere un recapito di quel fusto se non voleva trovarselo ogni volta mezzo nudo per la villa. I suoi poveri sensi non potevano restare  ancora impassibili dinanzi a tale bellezza. Goku era in pantaloncini e con i suoi guantoni rossi se la stava prendendo con un sacco nero al centro della stanza. Quella che doveva essere un’antica sala da ballo sul lato est della villa era diventata una palestra. Come non aveva potuto accorgersene il giorno prima? Goku Son era un famoso campione di pugilato, vincitore di tre medaglie d’oro nella categoria dei pesi massimi delle ultime tre olimpiadi e vincitore di due medaglie d’argento nelle scorse edizioni. Avrebbe dovuto riconoscerlo in seduta stante se si fosse solo ricordata di quanto lo ammirava suo padre, allenatore di box in una palestra del centro. Purtroppo il giorno prima era stata distratta da quello sfoggio di muscoli.
“Perchè ora cosa stai guardando?” le fece notare quella vocina maliziosa che da ieri aveva ripreso a cantarle nella testa.
Chichi aveva dimenticato l’ultimo anno che era andata a letto con qualcuno. Non si era mai concessa una pausa da quando…forse dagli ultimi due anni universitari in poi. 
“Chi sarei io?” La voce di Goku le arrivava da lontano. Solo quando smise di dare ascolto alla sua vocina interiore si rese conto che in realtà era molto vicino.
“Sei Goku Son, vincitore dell’oro nelle ultime tre Olimpiadi nei pesi massimi.”
“Brava, ma ti rendi conto che non puoi piombare qui senza preavviso?” chiese lui retoricamente prendendo una piccola bottiglia d’acqua su un mobile lì vicino.
 
“Hai ragione, ma io devo lavorare.”
“Il tuo cliente ti ha rimproverato?”
“No, in realtà è stato molto gentile.”
“Devi piacergli allora.”
Chichi non si tradì nel ribattere.
“Forse.”
Non poteva svelare nulla. Sapeva ancora troppo poco su quel campione del mondo.
“Comunque la prossima volta avvisa.” disse posando l’acqua e prendendo un asciugamano.
“La prossima volta potresti trovarmi sotto la doccia.” terminò la frase con un tono dolce quasi come una carezza. Chichi rabbrividì.
“Sei l’ultimo dei miei pensieri.”
“Allora come fai a sapere chi sono?” le chiese avvicinandosi.
“Ho cercato delle notizie visto che non me le hai date.”
“Quindi ti sei interessata.”
“Solo per lavoro.”
“Solo per lavoro.” Ripetè.
Erano molto vicini e nonostante fosse accaldato sprigionava un profumo forte di bagnoschiuma. Doveva tenerci molto all’igiene visto che doveva allenarsi praticamente tutto il giorno. Goku la guardò dalla testa ai piedi. Indossava un gonna nera che le fasciava i fianchi e una camicia color panna nascosta sotto una giacca anch’essa nera.  
“Stai cercando di sedurmi per non farti sbattere fuori di qui?” chiese sfacciata.
Se quello lì voleva flirtare lei non si sarebbe tirata indietro.
“Ancora convinta che mi trovo qui a scrocco?”
“Può darsi, ma non credo ci resterai per molto. Mi è stato chiesto di smantellare questa casa bene dopo bene.”
Goku si irrigidì a quelle parole ma nascose la rabbia muovendosi ancora di più verso di lei. Chichi non poteva indietreggiare visto che si trovava contro la parete ma anche se non fosse stata braccata non si sarebbe mossa.
“Intanto sono qui. Non ne vuoi approfittare?”
“Credo tu sia abituato ad un altro genere di donna. Io non ti muoio dietro, stai tranquillo.”
“Infatti sono tranquillissimo. Non mi piacciono le galline che starnazzano continuamente per avere la tua attenzione. Sono più per gli eleganti cigni in carriera.”
“Guarda un po’ la coincidenza.” Sorrise lei cercando di nascondere l’emozione.
Il cuore le batteva forte. Aveva paura che lui potesse sentirlo. Goku voleva solo baciarla. Si avvicinò di un altro centimetro. Ancora mezzo e le loro bocche si sarebbero incontrate. Chichi notò che non aspettava altro. Se non l’avesse baciata ci sarebbe rimasta male, come quei bambini che dopo aver strappato una promessa ai loro genitori dopo vogliono essere accontentate. Goku non si tirò indietro. La baciò poggiando i guantoni sui suoi fianchi. Sotto di essi Chichi riusciva a immaginare le sue mani. Rispose al bacio con dolcezza e poi con trasporto lasciando che le loro lingue potessero conoscersi. Furono secondi elettrizzanti e sarebbero durati chissà quanto se il suo telefono non avesse deciso di rovinare il momento. Goku si staccò quasi come se si fosse scottato. Abbassò lo sguardo togliendosi i guantoni e Chichi dovette fare uno sforzo enorme per evitare una rispostaccia.
“Pronto?”
“Chichi? Tutto bene? Oggi non ci siamo proprio viste. Dove sei?”
“Vado a farmi una doccia…” gli sussurrò Goku all’orecchio.
Quella confidenza le risuonò calda ed estremamente intima. Quello lì stava giocando sporco. Sapeva di piacere…eccome se lo sapeva! Chichi sentì le gambe cedere ma fortunatamente riuscì a resistere.
“Chichi mi senti? Chi c’è con te?”
Bulma fiutava meglio di una cane da caccia.
“Nessuno. Sono alla villa. Poi ti racconto.”
“Allora c’è o non c’è qualcuno?”
“No cioè Sì. Poi ti spiego. Ok?”
“Oh mio Dio, Chichi. Chi c’è nella villa? Qualche ladro?”
“No, no. Bulma, guarda che è già molto tardi e devo fare delle cose urgenti. Poi ti spiego.”
“Se domani non pranzi con me ti diseredo come migliore amica.”
Chichi sorrise. “Prometto. Ci sentiamo domani. Un bacio.”
Dopo aver staccato la chiamata Chichi aspettò qualche minuto in silenzio. Sentiva di nuovo lo scroscio dell’acqua, lo stesso che aveva sentito il giorno prima. Immaginò Goku sotto il getto dell’acqua. Si trovò a desiderare di essere con lui. Ma perchè? Non sapeva nulla di quel tipo se non quello che aveva scoperto. Poteva bastare tutto questo per desiderare una persona? C’era qualcosa che le stava nascondendo.
 
Era passata circa un ‘ora da quando Chichi stava perlustrando l’antica sala da ballo. Aveva deciso di partire proprio da lì. Catalogò alcuni beni come i quadri e altri suppellettili che potevano piacere ad un qualche acquirente ma il tavolo era troppo vecchio. Anche quella era stata fatta. In fondo non era proprio indietro con i tempi. La signora Sonford le aveva dato un mese di tempo e per quante stanze potesse avere quella villa un mese era più che sufficiente. Sorrise soddisfatta e posò penna e fascicolo nella sua borsa. Diede un’ultima occhiata alla sala e poi ritornò nell’ampio salone dopo aver percorso un lungo corridoio. Il rumore dell’acqua era finito da un pezzo, ma Goku non era più sceso.  Doveva salire sopra per salutarlo? Pensò al bacio di poco prima. Come poteva guardarlo di nuovo in faccia senza pensare a quello che aveva provato?
“Goku? Vado via.” urlò senza ricevere risposta.
“Goku?”
Strano che non la rispondesse. Senza pensarci troppo salì in fretta le scale e corse verso quella che il giorno prima aveva visto essere la camera da letto.
“Goku, ci se….oh mio Dio!”

 

Allora? Che ne pensate? Come promesso questo capitolo è stato un po’ più lunghetto degli altri. Spero vi sia piaciuto ugualmente. Grazie mille per la vostra continua presenza. È gratificante lo sapete? Hihihihihi :P Buon Weekend. A presto.
 

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Capitolo 4
*** Quando Torni? ***


Tutto quello che posso dirti di me


“Goku, ci se…oh mio Dio!”
Chichi sentì il cuore mancare di un battito. Goku era  steso sul pavimento a pancia sotto e sembrava svenuto. Non le sembrava possibile che un uomo grosso e forte come lui potesse crollare inavvertitamente da un momento all’altro. Fu subito accanto a lui e non senza fatica lo girò con il viso al soffitto. Gli alzò le gambe e intanto continuava a chiamarlo.
Ma Goku era troppo lontano per sentirla. Ancora un’altra immagine, molto probabilmente un ricordo che a differenza dell’altro ritornava sempre nella sua testa come fosse un incubo. Un incubo che lo tormentava sia quando dormiva che quando era sveglio. C’era lui insieme a quella donna. Lei scendeva dalle scale tirandolo per la mano mentre lui piangeva e gridava.

“Forza Goku, Forza.”
“Mamma, ho paura.”
“Iniziamo ad andare. Papà ci raggiungerà dopo…”
“Ma io non voglio, non voglio lasciare papà. Papààààààà…”
Uno sparo. Un colpo. Uno soltanto. E poi più nulla…


“Goku, Goku mi senti?”
Chichi  stava per avere un attacco di panico. Era dai tempi degli esami che l’ansia e la paura non si facevano più sentire. Sembrava rivivere i momenti in cui quelle brutte sensazioni le stringevano il cuore in una morsa. Lasciò i piedi e si avvicinò al suo viso accarezzandolo e continuandolo a chiamare. Fu forse la sua voce che permise a Goku di svegliarsi. Il suo incubo era finito ma la rabbia gli montava dentro come un’onda anomala. Qualcuno aveva ucciso suo padre e forse anche sua madre aveva fatto la stessa fine.
“Goku…” disse l’ultima volta Chichi sedendosi sulle ginocchia. “Che spavento.”
“Da quanto tempo sono svenuto?” chiese mettendosi seduto.
“Non lo so.”
La testa gli faceva male. D’istinto si portò le mani alle tempie.
“Hai battuto la testa?” chiese Chichi controllando.
“No, no. Sono svenuto. Mi capita spesso se mi alleno troppo.”
“Davvero?” 
Non sembrava averla convinta.
“Che ore sono? È tardi. Non dovresti tornare a casa?”
“Mi stai cacciando, Son?” gli chiese alzandosi.
“Pensala come vuoi.” Replicò alzandosi anche lui e sorpassandola. 
Era tornato l’uomo freddo e distaccato. Perchè faceva così e soprattutto perchè le importava?
“Certo che la penso come voglio. E io che mi sono anche preoccupata. La prossima volta ti sveglio a suon di schiaffi.” disse sorpassandola a sua volta.
Goku le fu dietro in un secondo.
“Credi che le tue manine possano farmi male?” le chiese in un ghigno prendendola esplicitamente in giro.
Chichi strinse i denti ma proprio decise di farlo: si girò e per tutta risposta lo colpì in pieno viso. Goku non fece una piega ma la cosa fu comunque gratificante.
“Stammi bene.” disse lasciandolo solo a darsi dell’idiota.
Sì, Goku si sentiva un’idiota e anche uno dei più qualificati perchè solo un grandissimo idiota avrebbe mandato via con così poco garbo una ragazza bella come Chichi. Sapeva che non se lo meritava, che era salita sopra perchè era preoccupata e sapeva anche che se si trovava lì non era per impicciarsi ma per lavoro. Perchè l'aveva di mandarla via? Forse perchè lui non si era mai affezionato a nessuno dopo il passato burrascoso che non ricordava ma che sentiva come tale. Aveva perso la memoria quasi progressivamente e ora quello che restava dei suoi primi anni di vita prima di entrare all’orfanotrofio era l’oscurità macchiata qua e la da qualche sputo di luce. Ricordava pochissimo e solo le parole di quella che avrebbe dovuto essere sua madre. “Forza, Goku, forza.” Per questo era diventato un pugile. Voleva diventare famoso senza dimenticare le parole di sua madre. Si era fatto forza, aveva lottato e dato calci e pugni nel senso letterale del termine per diventare qualcuno. In questo modo qualcuno avrebbe potuto riconoscerlo. Ma non era ancora successo e intanto i suoi ricordi erano diventati sensazioni. Poi un giorno si era trovato a passare per il giardino della villa e un’immagine, quella della donna che lo trascinava via, era ritornata con prepotenza nella sua mente. Aveva capito che quella villa aveva a che fare con il suo passato e doveva a tutti i costi scoprire qualcos’altro. Junior, un amico di infanzia, gli aveva presentato un ragazzino a cui faceva la guardia del corpo. Allora disse che sarebbe diventato un giorno il degno successore di un certo Sonford. La villa sarebbe stata di quel bambino. Lo vide come un segno e così accontentò quel ragazzo tanto simpatico quanto scalmanato e in cambio ottenne di stare qualche mese nella villa con la scusa che desiderava stare un po’ lontano dai riflettori. Era stato accontentato. Poi era arrivata questa Chichi a rompere la sua solitudine. Quando l’aveva baciata si era sentito bene, finalmente bene e appagato. Forse aveva bisogno solo di una donna…o forse aveva bisogno di lei.
 
 
Chichi non ritornò il giorno seguente alla villa saltando senza problemi anche il weekend. Aveva parlato con Bulma che ovviamente aveva dato di matto alla notizia di chi c’era nella struttura ma poi la cosa era finita lì. Chichi era tornata da suo padre per il fine settimana. Giuma Del Toro viveva per sua figlia e per la sua adorata palestra. Da quando sua moglie era morta aveva dedicato tutto se stesso nei guadagni e nella riuscita del suo progetto per permettersi di pagare gli studi di Chichi. Poteva dire senza ombra di dubbio che ne era valsa la pena perchè sua figlia era bravissima. Chichi era rimasta lì ma di certo non era stato facile. Facendo una visitina alla palestra aveva visto un poster raffigurante le tre medaglie dei pesi massimi dell’ultima Olimpiade. Al primo posto c’era lui. Possibile che nemmeno lì il pensiero di Goku la lasciasse in pace? Chichi non credeva ai colpi di fulmine anche se la prova provata che esistessero erano i suoi migliori amici ma davvero non riusciva a capire come una persona conosciuta da soli due giorni potesse farle quell’effetto. Se solo ripensava al bacio che si erano scambiati le gambe tornavano a tremare. Perchè dopo era stato così freddo? Che cosa nascondeva? Era ritornata a casa senza riuscire a distrarsi e il lunedì non iniziò certamente nei migliori dei modi. Dopo essere arrivata in ufficio controllò la posta e notò subito un email della signora Sonford. Le rispose vagamente e decise di staccare anche il telefono per quella giornata. Non aveva intenzione di sentire nessuno che le potesse portare il ricordo della Villa dei Beni. Si gettò a capofitto nel lavoro e riuscì finalmente a trovare pace. Ovviamente la serenità non ha mai vita facile quando il destino ti chiama all’appello…
Chichi tornò nel suo ufficio per l’orario di pranzo perchè aveva preso appuntamento con Bulma. La sua migliore amica era seduta al suo posto dietro la scrivania e la guardava con aria sognante.
“Si può sapere che hai da ridere?” chiese Chichi tuffandosi sulla sedia dove si accomodavano i clienti.
“C’è che hai una fortuna sfacciata.”
“Davvero? Sentiamo.”
“In tanti anni che sono fidanzata con Vegeta sono state poche le volte che ho ricevuto dei fiori…”
“Certo, perchè Vegeta ti paga con altro…” lasciò sottintendere lei con un sorriso malizioso all’amica.
Bulma sorrise di rimando.
“Sì, è vero, ma credo che il tuo pretendente voglia andarci con i piedi di piombo.” le confidò l’amica indicando con l’indice qualcosa dietro di lei.
Chichi si girò incuriosita. Su un mobiletto in cui conservava alcuni documenti trovò poggiato in un vaso un bel mazzo di tulipani bianchi. Solo allora sembrò accorgersi anche del dolce profumo che emanavano. Si alzò con calma cercando di trattenere l''improvviso e sorprendente entusiasmo.
“Mi sono permessa di metterli in un vaso perchè non sapevo quando saresti tornata di preciso.”
“Hai fatto benissimo.”
Con la punta delle dita toccò alcuni dei fiori e vide un biglietto.“Quando torni?” Era il Goku dolce, quello che le aveva offerto il caffè, quello che l’aveva baciata facendola danzare sulle nuvole.
“Già, quando torni?” sorrise Bulma tamburellando le dita sul ripiano della scrivania.
“Quando ne avrò voglia.” rispose richiudendo il biglietto.
“Quindi non pranziamo più insieme?” chiese ironica l’amica.
“Certo che pranziamo insieme. Ci vado dopo. In fondo si tratta di lavoro.”
“Certo. Magari vedi anche di entrare nel suo letto. Sempre per lavoro, eh?”
“Bulma!” sbottò lei mettendo le mani nei fianchi.
“Andiamo, Chichi. Quando è stata l’ultima volta che sei uscita con un ragazzo?”
“Lui è particolare.”
“Per questo ti piace. Non ti sentiresti così presa se non si fosse presentato come una sorta di clandestino in una villa che non è sua e per di più con un semplice asciugamano avvolto in vita.”
Chichi sorrise.
“Sono pazza, vero? Sentirmi così presa da un persona solo dopo due giorni che la si conosce.”
“Noi esseri umani siamo spesso curiosi e questo Goku ha tutte le carte in regola per essere definito un mistero. Tu vai e scoprilo. In tutti i sensi.”
“Non cambierai mai, Bulma.”
“Ovvio. Secondo te perchè piaccio così tanto a Vegeta? Posso essere tanto romantica quanto peccaminosa.” disse alzandosi dalla sedia “e ora andiamo a mangiare perchè sto morendo di fame.”  

Il sole aveva già percorso gran parte del cielo e le ore più calde stavano lasciando spazio a quelle più fresche di un tiepido pomeriggio di primavera. Chichi aveva lasciato una divertita Bulma in ufficio e si era avviata alla villa. Aveva fatto prima un salto a casa per cambiarsi. Lasciato il classico tailleur aveva dato spazio ad un paio di comodi jeans e una t-shirt con scollo a V. I capelli le ricadevano morbidi lungo la schiena anche se aveva il vizio, quando li portava sciolti, di raccoglierli sempre di lato. Continuava a ripetersi che ci stava tornando per lavoro, ma quella vocina…quella vocina le stavo dicendo che non era quello il motivo. Parcheggiò come sempre sul marciapiede di fronte a quello della villa e percorse il solito tratto per entrare dalla porta sul retro. Dopo essere entrata chiamò più volte il nome del proprietario. Nessuno rispose. Il suo cuore aveva iniziato a pompare più sangue, quasi fosse sull’orlo di un nuovo e scocciante attacco di panico. Quel Goku l'avrebbe fatta morire. Cercò di calmarsi prima di arrivare nel salone e cercarlo. Respirò con calma e riprese a camminare. La sensazione di paura non rallentò. Sentiva l’ansia crescerle e attorniarla come un branco di lupi che attaccano in cerchio la stessa preda. Non aveva nemmeno il coraggio di continuarlo a chiamare. Fortunatamente non ce ne fu bisogno. Goku stava scendendo dalle scale. Era scalzo e molto probabilmente era uscito da poco dalla doccia. I suoi capelli, ancora bagnati, lasciavano qualche goccia sulla canotta bianca abbinata ad un paio di jeans blu scuro.
“Sei tornata.” mormorò Goku con un sorriso.
Sembrava felice di vederla. Ma nemmeno questo pensiero sembrò tranquillizzarla. Era così: quando l’ansia la prendeva difficilmente la lasciava andare.
“Stai bene?”
Goku sembrava aver capito ogni cosa. Lei annuì mettendo le mani in tasca. L’uomo le fu vicino…vicino come qualche giorno fa. 
“Sei pallida. È successo qualcosa?”
“Nu…nulla.” si trovò a balbettare.
“Chichi guardami.”
Avrebbe tanto voluto avere dinanzi il Goku arrogante e scontroso. Quello sì che l’avrebbe spinta a reagire, ma quell’improvvisa dolcezza la stava torturando.  Goku le circondò il viso con le mani e finalmente i loro occhi si incontrarono perdendosi nella reciproca infinità degli sguardi. 
“Non mi rispondevi….” provò a spiegarsi ma lasciò cadere quel vano tentativo richiudendo la bocca.
Non voleva fargli capire che si era preoccupata.
“Volevo vestirmi. Una volta tanto…” le disse lui strappandole un sorriso “Devo pensare che ti eri forse preoccupata?”
A quanto pare le si leggeva in faccia che era presa da lui.
“Goku, senti io…”
Ma non ci fu spazio per altre parole. A cosa servono quando con i gesti si può parlare meglio? Goku la baciò e lo fece come se davvero non potesse più farlo, come se fosse destinato a non rivederla. Quando aveva sentito i tacchi battere sul marmo del portico si era sentito felice e quando l’aveva vista aveva notato quanto le era mancata. E questo gli bastava. Gli bastava per capire che il suo cuore si fidava di quella ragazza, che lei era quella giusta, che solo lei avrebbe potuto sconfiggere gli incubi e le paure. Lei, solo lei. Si concentrò sulle sue labbra aspettando con ansia che lei le schiudesse per entrare in quella dolce cavità e perlustrarla come il più esperto degli avventurieri. Chichi si lasciò trasportare mentre l’ansia dentro di lei si affievoliva come il fuoco colpito dalla pioggia. La paura la soffocava: Goku le permetteva di respirare ancora. Gli circondò il collo con le braccia sperando che quel momento non finisse mai. Sentiva il cuore dell’uomo battere contro il suo, nel silenzio di quella villa che tra tante meraviglie materiali quadri, suppellettili, mobili, arredi vedeva nascere forse per la prima volta qualcosa di invisibile ma allo stesso tempo esistente a tutti gli effetti: l’amore.

 

Allora ragazze? Che ne pensate? Questo Goku è bellissimo e arrogante ma chi ci dice che finalmente non possa calare la maschera? I suoi baci dimostrano che è pronto ad aprirsi con la nostra Chichi. Sarà così? Il mistero inzia a farsi più nitido ma spero che la storia possa continuare a piacervi. Io voglio solo ringranziarvi...ringraziarvi tutti: voi recensori, voi che seguite la mia storia o che la ricordate o che semplicemente accrescete le visite. Vi ringrazio davvero. Un bacio. Al prossimo capitolo


 

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Capitolo 5
*** Tutto quello che posso dirti di me ***


Tutto quello che posso dirti di me


Amore. Possibile che fosse amore? Chichi per un attimo accarezzò quell’idea e confidò a se stessa che le sarebbe piaciuto innamorarsi di uno come Goku. Al di là dell’estetica sulla quale non poteva esserci nulla da obiettare, al di là della freddezza che spesso utilizzava c’era qualcosa in lui di dolcemente fragile ed era più che sicura che lei era prossima a capire cosa fosse. Mentre pensava a tutto questo molto probabilmente l’amore stava già scorrendo dentro di lei come il sangue.
“Sono felice di rivederti.”
“Io sono tornata solo per lavoro.” disse sorridendo per lasciare intendere la bugia.
Goku la afferrò al volo.
“A me non sembra, ma non voglio colpire il tuo orgoglio.” le sussurrò a fior di labbra.
Risero e non si mollarono. Stretti come gli anelli di una catena.
“Voglio raccontarti una storia.”
“Non sono una bambina.” sorrise ancora lei.
“Credo di averlo notato…” lasciò sottintendere lui guardandola dalla testa ai piedi. “Ma quella che ti voglio raccontare è la mia storia. Credimi non ha nulla di simile a una favola.”
Chichi si fece subito seria e lasciò scivolare lungo i fianchi le braccia che prima gli circondavano il suo collo.
“Sono pronta.”
Goku lei sorrise e si distaccò da lei. Vagò per caso per l’ingresso accarezzando i mobili o le cornici dei quadri. Chichi aspettò i suoi tempi.
“Sono un uomo senza passato, Chichi. Credo di chiamarmi Goku perchè questo è il nome con cui mi hanno sempre chiamato i miei compagni e le maestre dell’orfanotrofio.”
Chichi dovette fare un sforzo sovrumano per tenere attaccate mandibola superiore e inferiore. Tutto si era aspettata da lui tranne che...avesse perso la memoria. Non ebbe la forza di interromperlo anche perchè non avrebbe saputo cosa dirgli.
“So per certo che sono arrivato lì all’età di sei anni. Mi è stato detto che non avevo nulla con me. Ero pallido, avevo la febbre ed ero solo. Nessun segno di riconoscimento. È così che sono cresciuto. Pensavo solo che un giorno sarei dovuto diventare famoso con la speranza che qualcuno mi riconoscesse, che ci fosse qualcuno che aveva perso un nipote, un figlio, un cugino…ma niente. Sono cresciuto e all'età di diciotto anni mi sono dedicato alla vita militare. Sono stato due anni nell’esercito con un amico. Il mio capitano mi ha consigliato cosa diventare.”
“Un pugile?”
“Sì. E lo sono diventato. Qualche mese fa sono ritornato. L’orfanotrofio che mi aveva accolto è lo stesso che si trova a pochi isolati da qui. C’erano ancora le mie vecchie maestre e Genio, il custode. Dopo averli salutati uscii e cominciai a camminare. Senza saperlo arrivai dinanzi i cancelli della Villa. Qualcosa scattò. Non so dirti cosa ma da quel giorno ho iniziato ad essere tormentato da immagini confuse.”
“Ricordi?” riusciva solo a chiedere senza muoversi dal suo posto.
“Ho paura a definirli tali ma credo di sì. Così iniziai a fare ricerche su questo posto. Ho scoperto che appartiene da tempo ad un’importante famiglia di antica nobiltà: i Sonford, molto probabilmente i tuoi clienti.”
Chichi non proferì parola ma il suo silenzio fu una muta conferma. Goku continuò.
“Il destino ha voluto che mi contattasse il vecchio amico dell’esercito. Junior mi disse che era diventato la guardia del corpo del giovane Gohan Sonford e che il ragazzino aveva fatto di me il suo idolo.”
“Così l’hai incontrato e gli hai chiesto poi di stare nella villa.”  
“Per poco si intende, ma semplicemente ho fatto due più due.”
Goku la guardò mettendo le mani in tasca.
“Da quando sono arrivato le immagini sono aumentate ma non sono ricordi felici. Io stavo scappando da questa villa, stavo scappando con una donna che probabilmente era mia madre. Qualcuno ci stava alle costole. Non so dirti più nulla.”
“È già tanto Goku. Se pensi solo che prima non avevi nulla.”
“Non so se la cosa sia positiva. Insomma stavamo scappando. Forse eravamo…siamo davvero dei clandestini, una banda di ladri.”
Chichi gli fu subito vicino.
“Io non credo.”
“Non puoi dirlo sul serio. Anche tu inizialmente hai pensato che fossi un ladro.”
“L’ho pensato solo perchè non mi aspettavo nessuno nella villa. Ho smesso di credere che fossi un poco di buono da quando hai aperto bocca.” gli disse senza mezzi termini. "Non hai la stoffa del ladro. Non assomigli a nessuno di quelli che potrebbero definirsi tali."
“In che senso?”
Chichi gli accarezzò le braccia facendo scivolare le dita fino alle tasche dei suoi jeans per prendergli le mani e stringerle.
“Perchè pensi al peggio?”
“Perchè quando non hai un passato non puoi aspettarti sempre cose buone. Devi essere pronto a tutto.”
“Goku, tu ce l’hai un passato. Dobbiamo solo farlo venire a galla.”
“Forse sono solo sensazioni.”
“Forse…o forse no.”
“Questo è tutto quello che posso dirti di me.” le fece notare distaccandosi da lei “Dio solo sa se sono figlio di una banda di ladri oppure no.”
Chichi vide che si era di nuovo incupito ed ebbe paura che volesse di nuovo allontanarla.
“Io non ho paura di te, se è questo che stai cercando di dirmi. Non potrei mai Goku.”
“Perchè?”
“Perchè mi basta sapere quello che tu mi hai detto. Non puoi credere di essere nato dalla parte sbagliata della bilancia del bene e del male perchè non ne hai la certezza.”
Goku le sorrise e tornò a farsi vicino. Le circondò il viso con le mani ancora una volta come se in quel momento, dopo che si era messo a nudo di fronte a quella donna, sentisse il bisogno di starle sempre incollato.
“Grazie di essere tornata.” Le sussurrò a fior di labbra ancora una volta.
“Goku, io non posso portare via niente da questa villa.” notò improvvisamente Chichi.
“Che stai dicendo?” le chiese smorzando il tono da dolce a stupito.
“Non posso portare via nemmeno un cucchiaio. Se ti togliessi da sotto il naso qualcosa che ti servisse a ricordare? Non me lo perdonerei mai.”
Goku rimase in silenzio per qualche secondo prima di regalarle un altro dei suoi caldi sorrisi.
“Io non ti ho raccontato la mia storia per farti perdere il lavoro. Da quando ti ho vista Chichi…non lo so. Il mio cuore ha pensato che potevo fidarmi, lasciarmi andare.”
“Devo ritenerlo un privilegio?” chiese sdrammatizzando.
“Sì. Un privilegio che ho concesso a pochi.”
“D’accordo. Se vuoi il mio aiuto, sappi che faremo a modo mio.”
“Devo ritenerla una minaccia?” chiese ora lui utilizzando il tono che lei aveva avuto poco prima.
Chichi sorrise.
“Tu non sei cattivo, Goku. Se è vero che la mela non cade mai lontano dall’albero nemmeno i tuoi genitori dovevano esserlo. Forse c’era qualcuno che voleva farvi del male. Non l’hai mai pensato?”
Goku la guardò per un secondo e un brivido di paura gli salì lungo la schiena. Guardò la scala che dava al piano superiore. Ricordava da dove lui e sua madre circa venti anni prima stavano scendendo per fuggire.

“Papàààààààà…”
“Goku, ti prego, muoviti…”
Sua madre lo chiamava tirandolo per il braccio. Fuori pioveva.
“Non voglio, non voglio….papààààà…”
Era inciampato, sua madre lo aveva alzato e portato fino alla porta principale. L’aveva aperta. Erano usciti…poi…poi uno sparo!


“Stai ricordando?”
La voce dolce di Chichi fu la luce che schiarì il buio di quelle immagini. Goku non si era reso conto di aver chiuso gli occhi. Quando li riaprì lasciò il viso di lei che teneva ancora racchiuso tra le sue mani. Guardò il lato destro della scala che aveva di fronte.
“È da lì…da lì che stavamo scappando… inciampai perchè mia madre mi stava trascinando”  
Chichi seguì il suo sguardo per posarsi lì dove i suoi occhi stavano guardando. Si allontanò da lui e salì su quella scala.
“NO, Chichi, non lo fare.” Sbottò.
“Cosa?” tremò lei.
“Non…non percorrerla. Sali dall’altro lato.”
La testa cominciava a fargli male.
“Non voglio.”
“Perché?”
“Potresti inciampare.”
“Starò attenta.”
“C’è una crepa sotto il tappeto.”
Furono attimi di silenzio. Chichi lo vide improvvisamente bianco. Goku le fu vicino per fare ciò che non aveva mai fatto: percorrere il lato destro di quella scala. Scostò il tappeto e vide che davvero vi era un scalino che aveva perso parte del marmo.
“Come lo sapevi?”
“Ci cadde qualcosa. Non so cosa.”
I pensieri gli si ammassarono nella testa premendo con così tanta forza contro le tempie che avrebbe giurato gli avrebbero fatto esplodere il cervello.
“Goku, non ti affaticare.”
“Per questo inciampai. C’era questa mancanza. Non l’abbiamo mai aggiustata. Non so il motivo.”
Si accasciò mettendosi seduto e appoggiando la schiena contro la ringhiera. Chichi notò che stava sudando. Non l’aveva mai visto così.
“Questo dimostra che conosci molto bene questa villa.”
Goku non le rispose. Chichi lo accarezzò e gli regalò un sorriso. Si rese conto che avrebbe fatto qualsiasi cosa per quell’uomo. Avrebbe potuto dire addio a quel lavoro e stare con lui tutto il tempo. Avrebbe fatto qualsiasi cosa per lui anche scalare le montagne a mani nude se solo glielo avesse chiesto. 

Buon pomeriggio donzelle. Oggi mi sono anticipata per via di un impegno in serata. :P
Spero che la cosa possa farvi piacere anche se il capitolo non è lunghissimo ma vi preannuncio che la mia mente impazzita ha in serbo qualcosa in più per il prossimo capitolo. Grazie ancora a tutte voi che seguite, recensite e leggete la mia storia. Aspetto i vostri pareri, ok? Un bacio

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Capitolo 6
*** Quando l'amore si nasconde sotto il ticchettio della pioggia ***


Tutto quello che posso dirti di me


Trascorsero due settimane da quel giorno. Goku le aveva chiesto comunque di catalogare alcuni arredi per metterli all’asta.
“Cosa dirai al tuo cliente tra qualche settimana? Ti aveva dato un mese di tempo o sbaglio?” le aveva detto qualche giorno mentre le aiutava a spostare alcune cose.
Stranamente quella premessa non l’aveva messa in agitazione. Lui era l’unico che non le suscitava ansia o attacchi di panico e questo erano tutti punti a suo favore. Goku si sentiva finalmente vivo e di questo doveva ringraziare solo il suo cuore che lo aveva convinto ad aprirsi a quella giovane donna. Chichi era stata la prima a cui aveva raccontato quello che gli era successo. Grazie a lei aveva riacquistato un’altra pellicola del film sul suo passato. Qualche giorno prima aveva ricordato il nome di suo padre: Bardack! Lo aveva ricordato anche se nessuna immagine o fisionomia era legata a quel nome. Rovistando tra i mobili aveva trovato delle lettere tutte indirizzate ad un certo Bardack Son. Suo padre. Aveva ricordato che in una stanza a lato ovest della villa sua madre gli aveva organizzato una festa e sulla parete dietro a un sontuoso divano vi erano segnati dei nomi accanto ad un trattino, quel giorno avevano organizzato una gara per vedere chi era il più alto. Lui era alla pari di un certo Yanko. Un certo Crilin era il più basso. Ma non aveva ricordato altro. Quel giorno era uscito la villa dopo circa un mese che vi aveva messo piede. Stava correndo per la zona per mantenere il ritmo. Si scoprì felice, felice come non lo era mai stato. Poteva dirlo anche se non ricordava. Era felice perchè c’era una persona che lo rendeva tale. Quella persona che oramai ogni pomeriggio fino a sera riempiva le sue giornate di qualcosa che aveva paura a chiamare con il suo vero nome: amore.
“Così fate coppia fissa?”
“Bulma non siamo una coppia.”
Chichi glielo aveva ripetuto già dieci volte da quella mattina.
“Ma noi non ci dovevamo dire sempre la verità?” chiese la sua migliore amica mettendole il broncio.
“È la verità, infatti. Ci siamo scambiati solo qualche bacio, tutto qui.”
“Tutto qui? Quando ti decidi a fare sul serio? Chichi a te quel Goku piace e anche parecchio.”
Chichi sorrise mentre tra una parola e l’altra vedeva uscire Bulma dal camerino ogni volta con un vestito diverso. Quello lì era il sabato dedicato allo shopping del mese. Inoltre Vegeta sarebbe ritornato dopo un viaggio di lavoro e Bulma voleva essere al top! 
“Allora che mi consigli?” chiese uscendo finalmente con indosso i suoi jeans ma tenendo in mano tre modelli completamente diversi.
“Quello blu. Risalta il colore dei tuoi occhi.” le disse Chichi.
“Sì, hai ragione. Ha uno scollo che risveglierebbe anche i morti.”
“Perchè sei convinta che Vegeta debba essere risvegliato? Starà morendo dalla voglia di vederti.”
“Lo spero, amica mia.” 
“Non essere stupida, Bulma. Vegeta ti ama.”
“Lo so, Chichi, ma ogni tanto farebbe comodo sentirselo dire.”
Chichi le sorrise scuotendo la testa: Bulma non sarebbe mai cambiata. Sperava solo che Vegeta la convincesse una volta per tutte almeno quando le avrebbe messo l’anello al dito.
“Tu invece cosa prendi?”
“Io? Io niente.”
“Non dirmi che di sabato sera vuoi presentarti al tuo campione con i jeans o gli abiti di ufficio? Ti conosce ormai. Perchè non lo sorprendi?”
“Bulma?”
“Sì?” le fece eco l’amica. “Dai fammi contenta.” le disse unendo le mani a mo’ di preghiera.
Chichi non aveva mai saputo dirle di no.
“D’accordo, però muoviamoci. Il meteo prevede un weekend sotto gli ombrelli che noi non abbiamo portato.”

La pioggia arrivò nel primo pomeriggio e continuò a scendere tra brevi intervalli. Chichi arrivò sotto il portico quando il cielo aveva già iniziato ad innaffiare la terra. Ben presto l’avrebbe inondata. Entrò come sempre dalla porta secondaria e poggiò le borse della spesa sul lussuoso tappeto. Aveva deciso che se doveva stupirlo avrebbe iniziato dal palato.
“Gokuuuuuuu” urlò forte per farsi sentire. 
“Mi sto allenando. Vieni.” aveva risposto lui di rimando poco dopo.
Chichi sorrise e decise di posare prima la spesa negli appositi mobili. Aveva fatto proprio bene visto che il frigorifero piangeva e anche il resto della cucina. L’ultima volta che aveva fatto la spesa per la villa era stata la settimana scorsa per volere di Goku che le aveva dato la sua carta di credito. Quello era il suo turno.
“Ehi! Mi chiedevo dov’eri finita.” disse lui poco dopo piombando sull’entrata della porta. Chichi si girò con un sorriso forzato che coprisse la sua espressione ebete ogni volta che lo vedeva mezzo nudo. Non si era ancora abituata a quello sfoggio di muscoli in pantaloni corti e guantoni. Forse non si sarebbe abituata mai.
“Ho fatto la spesa.”
“Vedo. Spero sempre con la mia carta.”
“No, questa volta ho fatto da sola.”
Goku sbuffò avvicinandosi. Come era possibile che pur dopo chissà quante ore di allenamento la sua pelle profumasse come se fosse appena uscito da sotto la doccia? Chichi avrebbe voluto tanto otturarsi il naso ma si limitò a scuotere la testa.
“Stasera preparo io.” disse con finta disinvoltura.
Le sere precedenti aveva fatto sempre tutto lui.
“Devo citare le mie ultimi preghiere?” chiese scherzando a due passi da lei.
“Ti pentirai di questa domanda.”
Goku sorrise senza staccarle gli occhi di dosso. Due erano le cose: o Chichi aveva deciso di metterlo alla prova oppure il desiderio di lei era cresciuto così tanto che avrebbe cercato qualsiasi pretesto per fare l’amore con lei. Indossava un vestitino che non le arrivava al ginocchio. Le scendeva morbido sulle spalle con una scollatura che aiutava la sua immaginazione a pensieri poco candidi e che più stretto le circondava i fianchi pieni. Deglutì silenziosamente mentre cercava di pensare alla fame nel mondo o qualsiasi cosa che potesse calmare i suoi bollori.
“Mentre prepari io vado a cambiarmi.” disse lanciandole un ultimo sguardo. Forse l’unica cosa che poteva calmarlo era una bella doccia fredda.

“Facciamo un gioco.” optò Chichi dopo aver messo al suo posto anche l’ultima stoviglia.
“Che gioco?” chiese Goku posando il vino nel frigo.
Fuori pioveva a dirotto. Sembrava che il cielo dovesse piangere per tutta la notte tanta era l’acqua che aveva conservato per quella giornata. Quasi senza pensarci salirono al piano di sopra. Goku la scortò nella sua camera da letto che poteva vantare quasi la grandezza di tutto l’appartamento di Chichi. La ragazza si liberò finalmente dei tacchi e corse a sdraiarsi sul letto. Goku la seguì.
“Chiudi gli occhi e libera la mente.” disse lei con un tono profetico ma scherzoso.
“Si tratta di qualche esercizio di yoga?”
“No, l’ho lessi una volta in un libro. Bisogna svuotare la mente e pensare alla prima parola che ci viene in mente. Da lì si continua dicendo la prima cosa che ci passa per la testa.”
“Ok, proviamo. Inizi tu?” chiese lui mettendo le braccia dietro la testa.
Chichi apprezzò quello posizione e poi si risistemò.
“Ok.”
Stettero per un attimo in silenzio prima che lei sparasse la prima parola.
“ Cena”
“…bho, Cibo”
“No, hai pensato” lo accusò lei girandosi per guardarlo.
“Non è vero” si difese lui come un bambino.
“Devi essere più sciolto.”
Goku non ci riusciva. Erano entrambi su un letto e stavano facendo tutto tranne quello che lui desiderava.
“Parti tu…e non pensare!” lo ammonì risistemandosi.
“Va bene maestra.”
Aspettò che la sua risata scemasse prima di sparare la prima parola che gli passasse per la testa.
“Lotta” disse lui.
“Dolore” fece eco lei.
“Cura” rispose.
“Piacere” lo meravigliò.
“Sapessi..” disse davvero senza pensarci.
Chichi scattò a sedere dandogli subito un pugno sulla spalla. Ovviamente gli fece il solletico e lui infatti rise. Era la prima volta che l’aveva vista arrossire-
“Non sai giocare.”
“Scusa scusa…prometto che faccio il bravo” disse con un tono tra l’infantile e il malizioso che non aveva nulla di confortante.
Chichi aveva perso due battiti. Che lui la volesse..la volesse come lei voleva lui?
“Ricominciamo. Parti tu.”disse Goku con un ghigno.
Chichi si risistemò. Ascoltando il ticchettio fuori non potè fare a meno di dire…
“Pioggia”
“Freddo”
“Caldo”
“Mare”
“Giochi”
“Bambini”
“Genitori”
“Affetti”
“Mamma”
“Gine”
A quel nome Goku scattò a sedere. Chichi non sapeva se sorridere o piangere. Era questo il motivo per cui aveva iniziato quel gioco.
“Tua madre?”
Goku sentì il dolore alla testa tornare più forte delle altre volte, ma non si lasciò abbattere.
“Gine” ripetè come per timore che potesse dimenticarlo ancora.
Si alzò dal letto accarezzandosi dietro la nuca. Chichi gli fu incontro poggiando una mano su una delle sue spalle.
“Cosa ricordi?”
“Quella donna Chichi. Ricordo lei e la riconosco come mia madre, Gine. Questo era il suo nome. Chissà cosa è stato di lei dopo che siamo fuggiti da qui. Mio padre è morto, lo so. Lo sparo che ricordo deve aver colpito lui. Qualcuno ci voleva morti. Tutti e tre.” disse stringendo i pugni.
Chichi trattenne le lacrime ricordando quanto aveva sofferto e soffriva al solo pensiero che sua madre non c’era più. Lo abbracciò da dietro respirando il suo profumo, nascondendo il suo volto sulla sua schiena.
“Se solo riuscissi a ricordare ogni cosa. Cercherei quei bastardi e li ammazzerei con le mie stesse mani.
“Scopriremo ogni cosa Goku. Farai Giustizia. Credimi.”
“Perchè nessun ci ha cercati? È questa la domanda che mi tormenta. Forse…forse avevamo fatto qualcosa di male. Forse mio padre era un ladro e colui che l’ha sparato era un poliziotto.”
Chichi non disse nulla ma in cuor suo sapeva che c’era qualcosa di più. Non poteva credere che i genitori di Goku fossero brutti ceffi.
“Magari erano dei ricercati.”
“Dio, Goku smettila di pensare al peggio!” sbottò a quel punto in preda ad una crisi di nervi.
Dissolse l’abbraccio ma prima che le sue braccia le scivolassero lungo i fianchi, Goku si girò e la bloccò. Le sue mani afferrarono le braccia di lei. La presa era forte ma non violenta. La trattenne solo per paura che lei potesse scappare.
“Sono un uomo senza passato, te l’ho detto. La mia famiglia può aver fatto di tutto.”
“Ma tu no, quindi smettila di considerarti un pericolo pubblico.”
Goku la guardò inclinando la testa da un lato. Notò che i suoi occhi luccicavano come pietre preziose.
“Ho paura di essere un pericolo per te, Chichi.”
“Non lo sei. ”
“Sai così poco di me.”
“E tu cosa sai di me? Poco eppure sei riuscito a confidarmi il tuo più grande segrete e ciò mi basta. Non chiedo altro da te Goku. Conosco la tua vita dal giorno in cui te la ricordi. Cosa c’è di sbagliato?”
“Forse nulla.” confidò più a se stesso che a lei.
“Io sono una ragazza con la testa sulle spalle che sa essere tanto educata quanto decisa e pronta a lottare con le unghie e con i denti  per ottenere quello che vuole. Quando avevo quindici anni mia madre è morta e da allora soffro di improvvisi attacchi di panico che sono aumentati all’università e diminuiti con le soddisfazioni sul campo lavorativo.”
“Attacchi come quello dell’altra sera?” chiese dolcemente Goku ricordando il suo volto pallido quando non l’aveva visto comparire, quando lui era svenuto e come uno stupido l’aveva cacciata via.
“Sì, come quella volta. Da allora sono quasi scomparsi e forse il merito è solo tuo.”
“Mio?” si trovò a chiedere poco convinto.
 Chichi abbassò lo sguardo. Il suo cuore batteva così forte che sembrava volesse spaccarle la gabbia toracica. Ma non era l’unico cuore che sentiva pompare come un forsennato. Aveva appoggiato la mano sul suo petto: anche il cuore di Goku andava veloce.  Doveva dirgli come si sentiva, come lui la faceva sentire.
“Io sto bene con te, Goku. Per questo non mi interessa che tu sia figlio di un ladro o di un principe. Tu sei l’uomo che io conosco, che io ho ora qui, davanti a me, accanto al quale voglio restare, quello he io ora desidero.”
Se solo l’avessero preso a pugni sarebbe stato tutto più facile, abituato com’era a sapersela cavare…ma quelle parole…quelle parole furono un tuono in un cielo d’estate…l’acqua improvvisamente fredda sotto il getto caldo della doccia…furono una completa sorpresa. Chichi alzò lo sguardo allacciando i suoi occhi scuri a quelli neri di lui.
“Questo è tutto quello che posso dirti di me.”
Goku le sorrise ricordando che solo qualche settimana fa era stato lui a dirle quella frase e a farle anche la domanda successiva…
“Ti basta?” gli chiese quasi in tono di sfida.
Goku per tutta risposta le circondò il viso con le mani e la baciò. Si avventò su di lei con tutto il desiderio che stava provando e che lo stava divorando. Un desiderio così forte e puro che faceva quasi male. Chichi strinse dolcemente i suoi polsi e rispose al bacio. Mai un’onda si sarebbe abbattuta così dolcemente sugli scogli come fece l’onda del desiderio che si scaraventò sui loro cuori, bruciandoli nel medesimo istante. Chichi si appese ben presto alla sua canotta per le vertigini che quel contatto le stava provocando. Goku la sostenne prendendola direttamente in braccio. Chichi gli circondò la vita con le gambe. Non si staccarono come fossero destinati a restare così per sempre. Goku lasciò il suo viso per posare le mani sui suoi fianchi. La pioggia incessante all’esterno della villa era diventata improvvisamente silenziosa. L’unica cosa che si poteva ascoltare in quella stanza era il battito frenetico dei loro cuori. Goku l’adagiò sul letto continuandola a baciare ma le sue mani correvano veloci lungo i fianchi per sfilarle il vestito dalla testa. Chichi lo aiutò e rimasta in intimo lo denudò nel giro di pochi minuti. Attimi di frenesia si scontravano con istanti di attesa dove l’uno si beava della vista dell’altra. Chichi osservò il suo corpo che non le era mai apparso così bello come in quel momento. Si incollò alla sua bocca come fosse l’unico contenitore di ossigeno in una stanza senz’aria. Goku le accarezzò le gambe lisce iniziando a lasciare una scia di baci lungo il collo fino ad arrivare al petto. Chichi approfittò di quel momento di distrazione per ribaltare la situazione. Si mise seduta sul suo bacino e gli regalò gli stessi baci che lui prima aveva donato a lei. Toccare quel corpo che tanto aveva desiderato fu gratificante. Le loro mani si incontrarono impazienti e così anche le loro bocche rimaste per troppo tempo lontane. Goku assaporò ogni momento. Non perchè era da tempo che non andava a letto con una donna: perchè mai nella sua vita aveva fatto l’amore con una di loro. Con Chichi…quello che stava creando con lei era qualcosa che andava al di là del contatto fisico, del bisogno urgente, del desiderio scottante… quale nome dare a qualcosa di così teneramente travolgente se non quello di Amore? Quando i loro corpi si unirono entrambi spensero ogni inibizione. Chichi lasciò che Goku l’avvolgesse con il suo calore dandogli il via libera su una soglia che non veniva varcata da tempo. Ma Goku non era diventato solo un tutt’uno con lei. Goku era entrato anche nel suo cuore e da lì sarebbe stato più difficile e doloroso cacciarlo. Ma perchè sarebbe dovuto accadere? Fu una domanda alla quale non si diede risposta, troppo presa del piacere che quell’uomo le stava regalando. Raggiunsero il piacere quasi nello stesso istante e quando si separarono il cuore di lei mancò un battito. Goku però non si allontanò ma afferrando le lenzuola mentre continuava a baciarla coprì i loro corpi. Lasciò che il silenzio anticipasse Morfeo mentre la pioggia tornò a farsi sentire contro i vetri.

Ragazzeeeeeee scusate il ritardo, ma il mio computer mi ha abbandonato proprio mentre stavo per pubblicare XD Visto cos’è successo? Finalmente mi direte voi. Sì è vero. Hihihihihi...E ora? Capitolo un po’ più lunghetto: spero vi piaccia. Un bacio come sempre a tutte voi che commentate o seguite o semplicemente siete nei paraggi. Grazie mille!

 

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Capitolo 7
*** Il passato può anche tornare... ***


Tutto quello che posso dirti di me


Il mattino seguente Chichi fu svegliata dalla suoneria del suo cellulare. Inizialmente decise di non alzarsi ma quando quel successo tecnologico tornò a dire la sua dovette per forza sbrigarsi. Prese il lenzuolo per coprirsi e afferrò il cellulare dalla borsa. Il suo errore fu quello di non vedere chi la contattasse così presto. Almeno si sarebbe potuta preparare.
“Pronto?”
“Signorina Del Toro, sono la signora Sonford, buongiorno.”
Nel giro di quella frase fu completamente sveglia. 
“Signora, buongiorno a lei.”
“È da una settimana che non mi informa del suo lavoro. Devo preoccuparmi? Il mese sta quasi per terminare.” 
Chichi si voltò verso il letto dal quale si era appena alzata. Goku dormiva a pancia sotto beandola di quel favoloso lato B. La questione però era urgente.
“No, signora Sonford nessun problema. Sto…sto organizzando un’asta, ecco. Per gli arredi che credo possano portare un buon investimento.”
Cadde improvvisamente il silenzio. Chichi si cimentò in una muta preghiera e dopo qualche secondo la signora tornò a parlare questa volta con un tono più freddo e distaccato.
“Forse non ha capito, signorina. Non voglio che si perda altro tempo. Voglio che questa villa sia inagibile al più presto.”
Chichi non capiva perchè quella donna volesse a tutti i costi chiudere la Villa dei Beni. Perchè il signor Charles avrebbe dovuto far marcire nella polvere un regalo di famiglia? Quella villa vantava secoli e secoli di vita.
“Capisco signora Sonford. Quindi non vuole che organizzi l’asta? Ci sono molti facoltosi in giro per il Paese e la notizia potrebbe…”
“Le ho detto di no, signorina Chichi. Si attenga alla mia richiesta per cortesia. Faccia in modo che anche il signor Son lasci la villa al più presto.”
Chichi non ebbe più dubbi: qualcosa non quadrava in quella storia.
“Scusi se insisto signora. Nemmeno se ci fosse qualcuno pronta a comprarla? Anche in questo caso dovrei rifiutare?”
“Chi ha intenzione di comprarla?” chiese la signora con un tono che sembrava più preoccupato che arrabbiato.
Chichi mentì.
“Organizzando l’asta alcuni hanno fatto richiesto per l’acquisto. Per questo mi preme non…”
“Signorina, io le avevo chiesto riservatezza assoluta.”
“Ma mi aveva  anche concesso libera iniziativa.” le fece notare Chichi con una gentilezza velata di rabbia.
Quella donna stava iniziando a darle sui nervi. Avrebbe messo la mano sul fuoco e giurato che nascondesse qualcosa. Suo marito, il grande critico d’arte Sonford, non avrebbe mai permesso che quella Villa marcisse portandosi dietro anche i bei quadri e i pezzi d’epoca che custodiva. Minimo li avrebbe trasferiti a Sidney pur di non perderli.
“D’accordo…” disse la signora cedendo “ma non le concedo più di due settimane, signorina Chichi. Non mi faccia pentire di averle affidato il lavoro” terminò senza mezzi termini in un tono che volle essere cordiale ma che così non fu.
Chichi attaccò dopo averle augurato una buona giornata. Quella donna era strana e lei avrebbe dovuto capire il perchè.
“Ti sto causando un mucchio di problemi.” disse una voce dolce alle sue spalle.
Goku le circondò la vita da dietro lasciandole un bacio sulla nuca. Chichi poggiò le mani su quelle forti braccia. Un brivido le scese lungo la schiena ripensando a quello che era successo.
“Non è nulla, credimi. Organizzerò l’asta e sicuramente qualcuno sarà interessato a comprarla. Guadagneremo tempo…”
“Chichi!” la chiamò lui quasi ammonendola.
“Cosa?” si girò per guardarlo in faccia.
Si pentì quasi subito di averlo fatto. Goku la teneva stretta ma era completamente nudo, come Mamma Gine l’aveva fatto! Ringraziò mentalmente quella donna, dovunque fosse.
“Ti stai esponendo troppo per me. Da quanto ho sentito questa signora non vuole cedere a compromessi e vuole che la Villa sia chiusa per sempre.”
“Non ti sembra strano?”
“Intendi il fatto che ci voglia sbattere fuori?”
“Sì. Goku io non voglio essere avventata ma forse lei…lei sa qualcosa.”
“Mi vuoi far credere che io appartengo ai Sonford? Il mio cognome è Son, Chichi, l’hai visto anche tu quella vecchia posta indirizzata a mio padre.”
“Lo so, ma…”
“Ma nulla. Organizza l’asta. Prima o poi io me ne dovrò andare da qui.”
“Ma è il tuo passato, Goku.”
L’uomo l’accarezzò  e le sorrise.
“Qualcuno ieri mi ha lasciato intendere che il passato non è poi così importante. Quella persona ha già cambiato idea?”
“No.” rispose decisa.
“Allora va bene così.” concluse baciandola.
“Goku io non mi rimangio quello che ho detto, ma non pensi che…”
Il pugile la zittì con un altro bacio.
“Non importa…”
“E invece sì, ti importa, lo so.”
“Mi importa molto di più quello che ho davanti.” le sussurrò lasciandole scivolare il lenzuolo al suolo.
Chichi non ebbe il tempo di arrossire.
“Sei davvero un tentatore lo sai?”
“E tu sei troppo testarda. Adesso vuoi tornare a letto e fare l’amore con me o devo pregarti?” le chiese soffiandole le parole sulle labbra.
Voleva fare l’amore con lei? Chichi so sentì lievitare dieci metri dal suolo.
“Dovresti convincermi. Io dovrei andare in ufficio. ”
“Mmm…fammi pensare.” le disse malizioso.
Goku le afferrò dolcemente un seno iniziando a massaggiarlo.
“Se ti dicessi che sei bellissima?”
Chichi non osò guardare in basso ma poteva sentire la sua erezione contro la gamba. il fuoco del desiderio tornò a galoppare dentro di lei.
“Non basta” ebbe il coraggio di dirgli.
Goku si morse il labbro inferiore e lasciando il suo seno fece scivolare le mani lungo i suoi fianchi fino alle natiche. La trattenne a lui per farle sentire l’effetto che lei aveva sul suo corpo.
“Convinta a sufficienza?”
Chichi provò a rispondere ma dalla gola le scappò un gemito. Goku le sorrise vittorioso e la baciò. Chichi rispose al bacio spingendolo contro il letto. L’ufficio poteva aspettare.
 
 
“Ma come siamo sorridenti stamattina.” le fece notare Bulma che l’aveva seguita in ufficio per farsi raccontare tutto.
Chichi la guardò con un sorriso malizioso poggiando subito dei fascicoli sulla scrivania.
“Tu non sei da meno. Vegeta si è fatto perdonare?”
Gli occhi azzurro oceano di Bulma brillarono come non mai.
“Non mi posso proprio lamentare.” disse mostrandole la mano sinistra fino a quel momento nascosta. Un diamante di chissà quanti carati brillava sull’anulare sinistro. Chichi sentì quasi le lacrime agli occhi, Bulma già piangeva.
“Amica mia…” riuscì solo a dirle prima di abbracciarla.
Saltellarono come bambine.
“È stato bellissimo. Io…io non sono mai stata così felice. Mi ha detto cose che non pensavo potessero mai uscire dalla sua bocca.” 
“Io te l’ho sempre detto che Vegeta ti ama alla follia. Soltanto che non è il tipo che lo dimostra apertamente.”
“Credo di averlo sempre saputo, amica mia, ma ero troppo sciocca per accorgermene. Mi ama e io amo lui. Ci sposeremo presto, Chichi. Capisci?”
Chichi non riuscì più a frenare le lacrime di gioia. Bulma era come una sorella per lei e si meritava tutta la felicità del mondo. Tornò ad abbracciarla.
“Ovviamente tu sarai la mia testimone, vero?”
“Certo.”
Bulma si staccò dall’abbraccio e la guardò con occhi scrutatori.
“Ora però devi essere tu a raccontare. Cos’ è successo con quel campione dei pesi massimi?”
“Oh Bulma, forse sono impazzita. Forse ho perso completamente la ragione.”
“O forse sei innamorata, mia cara. Devi sapere che l’amore fa questi effetti: ti fa sentire pazzi!”
 
 
“Crilin, guarda chi ci è venuto a trovare?” disse il vecchio Genio, il custode.
“Goku, ti fai vivo finalmente.”
Goku abbracciò quell’uomo  che era stato uno dei suoi migliori amici negli anni più bui del suo passato. Crilin si portava basso ma si vedeva che era cresciuto. Era diventato il nuovo direttore dell’orfanotrofio e aveva sposato C18, un’amica anche lei. Il loro amore era cresciuto tra situazioni difficili e passati complicati. Ma alla fine è il presente quello che conta. Goku pensò a questo e pensò anche a quella giovane donna che per tutta la notte aveva stretto a sé e che fino a qualche ora fa lo aveva lanciato con la molla dell’amore sul pianeta della felicità.
“Tu invece? Sei riuscito nel tuo intento, eh? Sei un campione. Aspetta che ti vedano i ragazzi. Non ci hanno mai creduto che ti conoscessi.”
Goku sorrise.
“Fammeli conoscere allora.”
Crilin sorrise e lo accompagnò per le classi. Goku provò un forte senso di protezione nel vedere tanti bambini che purtroppo come lui aveva perso i propri genitori o peggio, erano stati da loro cacciati, abbandonati. Ci furono continui applausi e boati. I bambini gli chiedevano una foto con lui o degli autografi. Improvvisamente qualcuno gli si attaccò al collo. Era la signora Baba, la cuoca. Era invecchiata ma i suoi occhi grigi splendevano sempre di gioventù vissuta. Ora brillavano anche di più perchè erano resi lucidi dalle lacrime. Quella donna ricordava quando, con grande fatica, era riuscita a far mangiare quel bambino spaventato dalla vita. Quel bambino era cresciuto e lei…lei doveva dargli una cosa. Qualcosa che a lui apparteneva.
“Sono contento di rivederti, Goku. Oh Signore, quanto sei cresciuto. Mangi ancora sano, vero, o ti prendi quelle robacce per far crescere i muscoli?”
“Signora Baba ma che dice? Sono sano e questi muscoli ci sono grazie a lei.” scoppiò in una risata l’uomo abbracciando la donna.
“Resta con noi a pranzo, ti va?”
 I bambini della classe in cui si trovava gridarono per la gioia. Goku asserì con gioia. Sembrava che la sua vita prendesse finalmente una piega diversa.

 

Più lontano..
“Pronto?”
“Sono io.”
“Da quanto tempo…”
“Non ti azzardare a fare il mio nome.”
“Qualcosa la infastidisce?”
“Ti ricordi quel lavoro di circa ventitré anni fa?”
L’uomo sorrise diabolico.
“Certo. Come posso dimenticarlo?!?” rise al piacere che provava al ricordo di quello che era stato capace di fare.
“Bene, incosciente. Non l’hai finito.”
“Come?”
“Il bambino. L’ho lasciasti libero?”
“Nossignore. Io stesso gli sparai contro. Cadde battendo la testa. È impossibile che sia ancora vivo”
“Invece sì. È cresciuto e quel che peggio è vivo e vegeto. Vedi di tornare lì il più presto possibile e fallo fuori. Non voglio più problemi ne voglio che scoppi lo scandalo che ho evitato con tanta fatica. Hai capito?”
“Sì. Sarà fatto.”
“Nessun errore.”
“Nessuno errore.” ripetè prima di staccare la chiamata.

 


Il pomeriggio era tiepido. L’aria era ancora fresca per via del temporale della sera precedente che aveva aspettato anche il sorgere del sole prima di smettere. Chichi aveva avvisato Goku dicendogli che non ce la faceva a tornare per il pranzo. Era comunque soddisfatta perchè non avrebbe avuto più impegni per almeno ventiquattrore a partire da quel momento e aveva anche organizzato l’asta. Aveva mandato un email alla signora Sonford e aveva lasciato raggiante l’ufficio. Ora era alla villa e nessuno l’avrebbe più mossa da lì.
“Goku?”
“Vieni Chichi, sono qui.”
La donna si avventurò lungo il corridoio che ormai avrebbe potuto percorrere anche ad occhi chiusi e lo trovò seduto sule scale all’ingresso. Indossava una camicia blu a maniche corte e un jeans grigiastro.
“Sei uscito?” gli chiese curiosa.
“Sono andato all’orfanotrofio” disse con un sorriso ricordando l’accoglienza ricevuta.
Chichi si mise seduta al suo fianco. Goku tirò fuori una busta dalla tasca.
“La signora Baba, la cuoca dell’istituto, mi conosce dal primo giorno che misi piede lì dentro e mi ha dato questo. Mi ha detto che era di Radish.”
“Chi è Radish?”
“Chi era forse. La signora mi ha detto che morto quasi un anno dopo la mia partenza.”
“Mi dispiace Goku.”
“Anche a me. Devo ammettere però che non è mai stato gentile con me e con i miei amici. Era più grande di me ed era il bullo dell’istituto. Prima che arrivassi mi dissero che ne aveva combinate di tutti i colori. Quando le maestre non lo vedevano ne dava a tutti di santa ragione dicendo che era il più grande e che dovevamo fare tutto quello che lui diceva.
“Cosa gli è successo?”
“Si drogava, Chichi. Crilin mi ha detto che nonostante lo volessero tutti aiutare era entrato in un losco giro una volta che aveva provato ad scappare. È morto per overdose, ma prima….” disse mostrando la busta “…ha dato questa alla signora Baba. Mi ha detto che quando gliela ha data rideva come un povero diavolo e prima di chiudere gli occhi le disse che era una cosa che mi aveva rubato il giorno che ero arrivato.”
“Rubato?”
“Io sinceramente non lo ricordo.”
“Cosa c’è in questa busta?” chiese Chichi non riuscendo a nascondere l’ansia nella sua voce.
“Non lo so. Ho aspettato che tornassi per farlo.” confidò Goku guardandola.
Chichi gli si fece più sotto per sostenerlo.
“Allora, forza. Aprila.”
La busta si era ingiallita con il tempo e sapeva di chiuso. Non vi era nessuna lettera all’interno ma qualcosa di solido che gonfiava la busta. Goku stracciò la carta di lato ma prima che potesse farsi scivolare l’oggetto sull’altra mano la porta principale fu aperta da uno spintone. Un improvviso tuono presentò quel losco personaggio e il ghigno che aveva stampato sulla faccia.
“Ehi moccioso…sei cresciuto parecchio.”

Ragazze buonasera! Sono appena tornata dalla mia prima giornata di mare ! Da domani però si riprende a studiare XD cosa ne pensate di questo capitolo? Diciamo pure che i nodi stanno arrivando al pettine ma la storia non è ancora finita. :P Un ringraziamento speciale SEMPRE a tutti voi che recensite e che seguite la storia o che semplicemente la leggete. Siete tutti compagni di viaggio in questa esperienza ma invito tutti a dire la loro. Un bacione e buona serata :D

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Capitolo 8
*** cap.8 L'amara verità ***


Tutto quello che posso dirti di me


Chichi tremò al suono di quelle parole. Goku le si parò dinanzi scattando in piedi come una molla. Scese i pochi gradini e si posizionò a debita distanza di fronte a quel tipo che non aveva nulla di confortante.
“Chi diavolo sei?”
L’uomo dalla testa pelata rise diabolicamente. Dietro di lui comparvero altri due brutti ceffi. Ridevano tutte e tre come folli e Chichi si attaccò alla ringhiera.
“Non puoi certo ricordarti di me moccioso.”
“Forse non ci vede bene, idiota, ma non sono un moccioso.”
“Sì, è vero, ma ti ho sempre chiamato così. Da quella notte, non ricordi?”
Il sangue gli si raggelò nelle vene. Chichi prese a tremare riconoscendo i sintomi di un prossimo attacco di panico. Questa volta però doveva resistere. Afferrò la busta che conteneva ancora il famoso oggetto all’interno e la strinse forte.
“Se sei venuto qui a prendere in giro sappi che hai sbagliato persona. Dimmi il tuo nome e poi esci di qui.”
“Il mio nome non ti dirà nulla, testa bucata. I tuoi genitori non mi conoscevano quando li ho uccisi.”
Quelle rivelazioni gettategli addosso con tanto freddezza erano colpi di cannone sparategli contro senza pietà e lui…lui non poteva difendersi.
“Dimmi chi sei.”
“Va bene, moccioso. Tanto morirai…” disse quell’uomo mostrando la sua pistola “tanto vale dirti tutto. Almeno quando marcirai all’inferno saprai quali persone cercare.”
Goku strinse i pugni e ridusse gli occhi a due fessure. Quell’uomo giocava penante e lui voleva solo spaccargli la faccia in modo da eliminare quel sorrisetto divertito.
“Tu eri piccolo. Non puoi ricordare. Invece io ricordo benissimo quando sono entrato in questa villa. Pioveva, proprio come adesso. Voi tre eravate nella camera da letto. Tu avevi un pigiamino così brutto, moccioso…” raccontò suscitando la risata dei ceffi dietro “tuo padre voleva fare l’eroe. Mandò te e tua madre giù per le scale mentre cercò di fare a pugni con me. Lo sparai dopo qualche minuto.”
Goku chiuse gli occhi e le immagini ritornavano nella sua testa.

“Andate via Gine, hai capito?”
“Non li salverai.” aveva detto quell’uomo.  
“Andate, ficcatevi nel primo palazzo che trovate e restateci.” aveva ribadito suo padre.
“Bardack...” sua madre piangeva.
“Muoviti!”
“Mamma non me ne voglio andare senza papà.”
“Forza, Goku, forza.”     


“Tu e tua madre correvate veloci, moccioso. Soltanto che lei ebbe la brillante idea di rallentarci per metterti al sicuro. Ci siamo divertiti con lei vero ragazzi?”
“Certo capo.” sghignazzarono quei due.
“Adesso basta.” urlò Goku muovendosi contro di lui.
L’uomo non gli fece fare due passi prima di spararlo alla gamba. Goku urlò dal dolore e Chichi scese per sostenerlo.
“Ma guarda un po’. Il signorino è in compagnia. Dove stavi tesoro che non ti avevo proprio visto?”
“Andatevene via.” urlò lei poggiando la testa di Goku sulle sue ginocchia.
“Sennò cosa fai? Chiamerai la polizia? Prova a fare un solo passo e ti bucherò il cervello.”
“Lasciala…lasciala stare.” disse Goku imprecando per il dolore.
“Non fare l’eroe come tuo padre. Lui non ha avuto vita lunga dopo che ha incontrato la mia pistola.”
“Sei un bastardo.”
“Lo so mio caro. Ma ogni bastardo finisce sempre il suo lavoro.”
Goku si rialzò scostando Chichi e facendole segno di salire al piano di sopra. L’uomo vide e capì.
“Allora sei proprio tale e quale a quell’idiota di tuo padre. Sai cosa abbiamo fatto a tua madre una volta che l’abbiamo presa?” chiese quello vedendo che la ragazza saliva le scale “Ci siamo divertiti e poi uno di noi le ha regalato una pallottola della sua pistola.”
“Io se ti prendo ti ammazzo.”
Per tutta risposta quell’uomo gli piantò un altro colpo. Goku lo schivò di poco ma riuscì comunque a ferirlo al fianco sinistro. Il sangue gli stava dando la nausea.
“Quando prendemmo tua madre ti vidi che correvi. Eri troppo lontano ma sparai comunque. Credevo di averti colpito e invece hai solo battuto la testa contro il marciapiede.”
Ecco perchè non ricordava. Ecco perchè fu trovato da Genio in pigiama mentre il custode portava all’orfanotrofio il latte di primo mattino. I tasselli cominciavano a mettersi al proprio posto ma faceva male.
“Chi ti ha mandato?” chiese riuscendo di nuovo ad alzarsi.
L’uomo sorrise, ma il suo era un ghigno malefico non un sorriso.
“Sei un osso duro, lo ammetto, ma non lo sarai ancora per molto.”
“Se sei uomo posa quel giocattolo e battiti ad armi pari.”
“Ad armi pari? Non ti sei accorto che stai per morire dissanguato?”
“Fatti sotto, bastardo. Ho una voglia matta di chiuderti quella stramaledetta bocca.” minacciò Goku mettendosi in posizione e spostando il peso sull’altra gamba.
Il pelato sorrise.
“Ragazzi voi acciuffate la donna. Io penso a questo pivello.” disse gettando la pistola poco lontano.
A quelle parole Chichi scappò al piano superiore e si chiuse in una stanza a chiave. Scoprì essere una biblioteca davvero ben arredata. Fece scivolare l’iphone dalla tasca e chiamò la polizia affinchè facesse venire anche un’autoambulanza mentre il suo cuore sembrava volesse abbandonarla. Qualcuno spingeva per entrare e di certo non era Goku. Il cuore accelerò bruscamente ma l’istinto almeno decise di aiutarla. Mentre stavano per aprire la porta Chichi ci poggiò contro un divano trascinato per terra chiudendo tra lo stipite e la porta la mano di uno di quei due. Le urla del tipo le fecero capire che gli faceva piuttosto male. Cercò qualcosa per ferirlo. L’unica cosa che le venne in mente fu il suo tacco dodici. Se ne sfilò uno e con tutta la forza che aveva glielo piantò sul palmo. Il dolore dovette essere forte visto le imprecazioni anche se aveva sperato che ci restasse conficcato dentro.
“Appena entro ti ammazzo.” le assicurò quel pazzo.
Chichi costatò con terrore che ce n’era solo uno la fuori. E l’altro? La risposta non tardò ad arrivare. Entrando per la finestra il secondo uomo le puntò contro la pistola.
“Basta giocare dolcezza.”
Il respiro le si fece affannoso e la testa le girava. Sperò solo che la polizia fosse efficiente e arrivasse per sbatterli in galera prima che la uccidessero.  
 

“Picchi forte, moccioso.” disse l’uomo asciugandosi con il palmo della mano un rivolo di sangue ai lati della bocca.
“Dimmi chi ti ha mandato.”
Goku era allo stremo delle forze. Aveva l’immagine di sua madre fissa nella mente per non parlare poi dell’ansia sapendo che quei due maiali avevano seguito Chichi al lato di sopra. Non sentirla fiatare lo preoccupava ancora di più. Aveva sentito l’urlo di uno di quei due e questo l’aveva rincuorato. Doveva tuttavia sbrigarsi perchè il sangue gli scorreva copioso e non sarebbe stato cosciente a lungo. L’uomo gli fu addosso. Goku cadde rovinosamente a terra e un urlo di dolore gli riempì la bocca. Quello lì gli regalò un pugno allo stomaco accentuando il dolore che provava al fianco sinistro. Iniziava a vedere doppio.
“Stai per morire, bastardo. Anche la tua bella ha le ore contate.”
A quella minaccia la rabbia provata fino a quel momento superò il limite della sopportazione e come lava che fuoriesce dalla bocca del vulcano una bestiale forza gli si mise a correre nelle vene. Bloccò i pugni di quel figlio di buona donna e glieli strinse fino a far scricchiolare le ossa. L’uomo urlò ma non riusciva a dimenarsi. Con una forte spinta Goku gli diede una testata sperando che il colpo ferisse più l’avversario che lui. La speranza fu probabilmente ben riposta visto che l’uomo si accasciò al suolo urlando dal dolore. Goku ebbe tutto il tempo di strisciare verso la pistola e di alzarsi anche se con fatica. Quando l’uomo rivenne gli aveva già puntato contro la pistola.


“Co…cosa volete?” bofonchiò Chichi indietreggiando.
L’uomo dal codino verde rospo sogghignò divertito.
“Non sono affari tuoi. Stai per morire, tesoro.”
Chichi deglutì. Non aveva scampo. L’altro omicida stava per sfondare la porta. Lei a furia di indietreggiare era finita contro una delle antiche librerie a muro.
“Ditemi chi vi ha mandato.”
“E tu che ci dai in cambio?” le chiese schifosamente malizioso.
Chichi dovette trattenersi dal non vomitargli in faccia il pranzo. Chissà se sarebbe stato un buon diversivo. Vide quel porco avvicinarsi e d’istinto mise le mani dietro la schiena. Afferrò qualcosa, qualcosa che poteva fare molto male ma non riuscì a sorridere per la scoperta visto che quello lì era a due passi da lei. Se davvero quello voleva che lei gli rigettasse addosso le ali di pollo doveva solo muoversi di un altro millimetro. La pistola percorse la sua guancia. L’uomo sorrise con gli occhi folli.
“Cosa ne dici se ci divertiamo un po’?!?”
Chichi strinse quello che giudicò essere una statuina o almeno un fermacarte ma non osò muoversi.
“Piuttosto preferisco che mi spari all’istante.”
L’uomo sorrise puntandole la pistola al petto.
“Come desideri, mia cara.”
Partì davvero un colpo ma fortunatamente non fu quello diretto al suo cuore. Anche il porco restò alquanto basito credendo di essere stato lui a premere il grilletto. Chichi si rese conto che quella sarebbe stata l’unica occasione buona e che non avrebbe ottenuto un’altra distrazione da parte sua. Prese l’oggetto e con tutta la sua forza lo gettò sulla testa del tipo. Questi ovviamente non si aspettava una cosa del genere e cadde a terra tramortito ma non svenuto. Chichi era quasi tentata di assestargli un altro colpo ma ebbe più fegato di riuscire a strappargli la pistola da mano.
“Fai un passo falso e giuro su quanto mi fai schifo che ti ammazzo.”
L’uomo la guardò con rabbia mentre si toccava sul punto colpito.
“Sei una sporca puttana.”
Per tutta risposta Chichi cercò di sparare ma la mano le tremava come una foglia. Premette il grilletto e la pistola emise un botto. L’uomo ai suoi piedi gridò per il dolore alla gamba. A quanto sembrava l’aveva colpito lì. Mentre quello  a terra si lamentava come un animale in agonia l’altro mostro entrò nella stanza. Chichi sarebbe voluta svenire per la troppa paura. Quello lì gli stava puntando una pistola e se solo lei si sarebbe mossa per puntare anche lei quello l’avrebbe sparata senza darle il tempo di respirare un’ultima volta.
“Zarbon stai bene?” chiese quello appena arrivato.
L’uomo a terra non rispose, forse perchè svenuto finalmente per il colpo alla testa.
“Maledetta, pagherai per quello che hai fatto al mio amico. Butta la pistola, muoviti.”
Chichi obbedì senza fiatare. Sentiva il cuore rallentare sempre di più come se si fosse voluto fermare senza l’aiuto di nessuno. Tese le braccia verso l’alto e chiuse gli occhi attendendo il colpo mortale. Un colpo che non arrivò mai. Sentì solo un tonfo. Era forse il suo cuore che aveva smesso di battere per un infarto? No, il suo cuore batteva ancora anche se piano. Aprì gli occhi e vide che a terra c’era il grassone, svenuto e dietro di lui un Goku completamente ricoperto di sangue che era caduto a terra. Come aveva fatto a salire le scale conciato in quella maniera? Chichi sorpassò i corpi privi solo momentaneamente di vita e si inginocchiò accanto all’uomo che tanto amava. Sì, lo amava. Se ne fregava altamente del fatto che fosse passato solo poco tempo, che forse era troppo presto per parlare di un sentimento così forte ma lei sentiva quello che il suo cuore le diceva: amore, amore vero, quello che nasce improvvisamente, che ti fulmina da un giorno all’altro senza chiederti il permesso per farlo. Chichi gli diede dei piccoli colpetti sul viso, ma Goku sembrava aver perso i sensi. Poggiò l’orecchio sul suo cuore e sentì che quel muscolo era all’estremo. Per prima cosa si tolse la giaccia del suo tailleur per fasciargli la gamba e fermare almeno lì la fuoriuscita di sangue. In quel momento sentì le sirene della polizia violentarle l’udito. Avrebbe voluto inveire contro di loro, ma non poteva certamente dare la colpa alla polizia per quello che era successo. La colpa era sono di quei tre pazzoidi che giacevano per la villa, sparpagliati come la zizzania tra le piante buone.  
“Siamo qui, siamo qui. Vi prego aiutateci.” urlò ormai con le lacrime che le colavano sulle guance.
“Goku, Goku, ti prego resisti”
Due poliziotti in divisa le furono accanto.
“Cos’è successo?”
“Ci hanno aggredito. La prego chiami qualcuno. La prego.”
“Non si preoccupi signorina.”
Dopo di lui le furono accanto anche due dell’ospedale. Misero Goku su una barella e dopo avergli posizionato la maschera dell’ossigeno lo portarono giù.
“Signorina mi deve dire cosa è successo.”
“Io…io devo andare con lui. Non posso lasciarlo solo. La prego, agente.”
Quell’uomo poteva avere la stessa età di suo padre e forse fu commosso dalle lacrime che lei non riusciva a frenare.
“D’accordo. Vada con il suo fidanzato. Io la raggiungo all’ospedale.”
Chichi lo ringraziò con un veloce sorriso e prima che ci potesse ripensare si catapultò nell’ambulanza. Un infermiere le fece spazio, lei strinse forte la mano del suo uomo.
“Goku, sono qui. Non ti lascio.”
Per un attimo sentì che la sua stretta fu ricambiata. Lo guardò dritto negli occhi che si erano miracolosamente riaperti. Goku sembrava volerle dire qualcosa ma riuscì solo ad aprire la bocca. Lasciò la sua mano per accarezzarle la guancia. Chichi sorrise e mantenne quella mano sul suo viso sentendo un profondo calore avvolgerla.
“Non ti lascio.” sussurrò sicura che lui potesse capire.
Sperava solo che quell’incubo finisse al più presto. Voleva solo che il suo Goku stesse bene.

Ragazzeeeee buon pomeriggio. Ho deciso di buttare all'aria i libri e di anticipare la pubblicazione. :P XD
Finalmente la verità ha deciso di salire a galla anche se non tutto è chiaro. Qualcuno di voi penso già abbia capito ma spero che continui a seguire la vicenda. Povero Goku, scoprire in questo modo cos'è successo ai suoi genitori. Chissà come andrà a finire...ringrazio tutte voi che recensite e che seguite e come sempre ringrazio anche i lettori silenziosi che come sempre invito a dire la loro. Un bacione. Spero di mantenere il ritmo delle pubblicazioni nonostante sia abbastanza esaurita per lo studio. Baci. BlueSon

 

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Capitolo 9
*** 9. Ciò che fa stare bene ***


Tutto quello che posso dirti di me


“Salve, siamo qui per il paziente Goku Son.” riuscì a dire Bulma cercando di mantenere un tono neutro.
Ma i suoi occhi azzurri apparvero di ghiaccio per lo spavento che vi si poteva leggere in essi come se la paura si potesse manifestare anche nel cambiamento di colore degli occhi. Al suo fianco vi era Vegeta che appena aveva sentito che la migliore amica della sua futura moglie era stata aggredita da tre brutti ceffi aveva mollato tutti gli appuntamenti. Sapeva quanto Chichi fosse importante per la donna che amava. Solo non capiva come la ragazza conoscesse il più grande pugile di tutti i tempi. Aveva trascorso troppo tempo lontano da casa. Bulma corse nel reparto indicatole dall’infermiera. Subito adocchiò l’amica che stava seduta su una sedia in attesa del verdetto medico. Erano passate circa due ore ma nessuno era uscito dalla stanza per darle una bella notizia. A una brutta non voleva neppure pensarci. La rincuorava il fatto che le ferite fossero state prese di striscio. Quel pazzo voleva prima divertirsi con Goku e poi ucciderlo. Fortunatamente le cose si erano messe peggio per lui. Goku l’aveva sparato ma non in un punto mortale. L’aguzzino dei suoi genitori era stato trasportato in un altro ospedale e già lì vi erano degli agenti pronti a martoriarlo. Chichi era rimasta sola dopo che l’agente che le aveva permesso di andare all’ospedale con Goku aveva raccolto delle informazioni e l’aveva lasciata stare dicendole però che sarebbe tornato poi. Appena vide l’amica venirle incontro Chichi si alzò. Non aveva la forza di fare un passo ma a differenza di lui non aveva riportato ferite. Non fisiche almeno. Aveva dovuto digerire dei tranquillanti prima che l’ansia e il panico la uccidessero con un infarto.
“Sia ringraziato il cielo. Qualcuno lassù ti ama con tutto il cuore.” pianse Bulma stringendola quasi fino a strozzarla “Cos’è successo?”
Chichi sorrise amara alla sua migliore amica e tornò a bagnare gli occhi incurante della presenza di Vegeta. In fondo era un po’ come un fratello per lei.
“Bulma, non lo so. Sono venuti in casa e hanno minacciato Goku. Uno di loro l’ha sparato e io…io sono…” nascose il viso tra le mani incapace di continuare.
Bulma tornò ad abbracciarla piangendo anche lei.
“Spero che questi bastardi marciscano all’Inferno.” ringhiò Vegeta indurendo il viso.
“Due sono già stati sbattuti dietro le sbarre. L’altro è in ospedale.”
“Spero che parli altrimenti è stata fatica sprecata salvarlo.” disse l’uomo dallo sguardo severo.
Vegeta non era cattivo, questo Chichi lo sapeva bene: si vedeva che si era preoccupato anche perchè avrebbe sopportato di tutto tranne che vedere Bulma piangere.
“Signorina del Toro?”
Una voce gentile la richiamò all’attenzione.
“Sono io.”
“Il signor Goku sta bene. Possiamo dire che il peggio è passato. Le ferite d’arma da fuoco erano superficiali. I proiettili hanno lasciato lievi infezioni di cui non bisogna più preoccuparsi per fortuna.”
Ecco la tanto desiderata buona notizia.
“Posso vederlo?” chiese speranzosa.
“Gli abbiamo dovuto fare una trasfusione per via dell’eccessiva perdita di sangue e ora sta dormendo. Vada a riposare questa notte. Domani mattina potrà salutarlo.”
“Capisco, ma aspetterò qui. Grazie, dottore.”
L’uomo le sorrise e con un leggero cenno del capo li lasciò soli. Chichi emise un sospiro di sollievo ringraziando sua madre e i genitori di Goku che sicuramente li avevano protetti dal cielo. Bulma aveva ragione: qualcuno lassù li voleva davvero bene e vegliava sulle loro vite.

 “Signor Sonford, signor Sonford, signore.”
Un ragazzo fece irruzione in un’ampia sala con un groppo in gola. Un uomo sui settantacinque (forse anche settantasette) che ne dimostrava minino dieci in meno lo guardò come se avesse voluto fulminarlo. Cosa ci faceva lì uno dei suoi segretari? Quello poi era sì il più sveglio del team ma anche quello più pauroso, quello che si preoccupava per ogni minima cosa.
“Scusatemi un attimo signori.” disse l’uomo con un leggero cenno del capo ad un gruppo di pesci grossi.
Così li chiamava Trunks, il ragazzo che aveva interrotto chissà quale succulento affare.
“Spero per te che sia una notizia importante, Trunks, sennò questa è la volta buona che ti sbatto a calci nel sedere fuori dal mio team.”
“No, signore, le assicuro che è una notizia di assoluta importanza. Un agente in Italia, mio amico, mi doveva un favore e…”
“Arriva al punto” tagliò corto l’uomo massaggiandosi le tempie chiedendosi come un giovane uomo di appena trent'anni potesse conoscere dei poliziotti.
“Sì, bè, qualche paio di ore fa è successa una cosa incredibile alla villa dei Beni.”
“La villa dei Sonford?”
L’uomo ebbe un guizzo negli occhi. Cos’era successo?  
“Pare che ci fosse lì qualcuno che è stato attaccato da tre brutti ceffi insieme ad una donna. Signore, il mio agente mi ha giurato che uno di quelli è identico a Freezer Look, l’uomo che….”
“Non me lo ricordare,Trunks. Quell’uomo sarebbe dovuto marcire in prigione per quello che ha fatto. Chi l’ha fatto uscire?”
“Ha ottenuto un giorno di libertà per la buona condotta.”
“A quanto pare è ritornato alle vecchie abitudini chiamando anche i suoi due scagnozzi.”
Il signor Sonford iniziò a camminare lungo tutto il corridoio dove si stava consumando quella tragica notizia.
“Chi c’era nella villa?”
“Un certo Goku Son, signore.”
“Goku, chi è questo Goku?”
Quel nome gli ricordava tanto qualcuno. Suo nipote…suo nipote aveva parlato di un certo campione di pugilato a cui aveva offerto in cambio di qualche autografo e foto un tempo determinato da trascorrere nella villa di famiglia. Allora quella peste di suo nipote non gli aveva mica detto il nome del campione e a lui non era importato ma quel nome…quel nome accese dentro di lui una speranza. Trunks non capì cosa stesse succedendo  al suo superiore. Sembrava quasi che volesse…piangere? L’uomo lo guardò con un sorriso così grande da arrivare quasi sotto gli zigomi. Gli fu incontro e con grande sorpresa del ragazzo gli diede un bacio sulla fronte.
“Forse mi hai fatto il regalo più bello del mondo.” disse Charles Sonford dopo quel gesto.
Trunks sorrise dinanzi a quelle parole.
“Devo volare in Italia. Disdici ogni appuntamento, ogni incontro. Non ci sono per nessuno e chiama Junior. Digli che deve raggiungermi con mio nipote il più presto possibile all’aeroporto. Sono stato chiaro?”
“Ce…certo, signor Sonford, signore.”
“Smettila di parlarmi come se fossi un generale. Se tutto va bene ti metto a capo del mio team.”
“Dice davvero signor Sonford?”
“Certo ragazzo, ma ora fa come ti ho chiesto.”
Il giovane uomo annuì fiero di quello che aveva scoperto. Si immaginò già a capo del team Sonford, il migliore nel campo della ricerca archeologica.
 
Chichi entrò piano nella stanza in cui Goku era stato ricoverato. Faceva un certo effetto vederlo in un letto d’ospedale. Era coperto da un lenzuolo e si poteva intravedere al di sotto di esso la gamba e la vita fasciata. Sentì di nuovo gli occhi pizzicare al solo pensiero di quanto dolore aveva subito. La trasfusione era finita da un pezzo ma lui ancora non si svegliava. Il dottore le aveva assicurato che tutto procedeva per il meglio.
“Il suo fidanzato ha un fisico robusto, signorina del Toro, non c’è bisogno di allarmarsi.” Aveva detto il dottore con il solito ma sempre gentile sorriso.
Sorrise al solo pensiero di quanti l’avevano scambiata per la sua fidanzata. Era un mese che conosceva Goku ed era bastato solo un mese per innamorarsene. Il cuore scalciò più forte al passaggio di quella verità. Sì, lo amava, ma mai glielo avrebbe ammesso. Dovevano prima risolvere quell’orribile situazione. Sicuramente Goku non sarebbe stato più in sé al risveglio. Avrebbe voluto sicuramente prendere quei ceffi e ammazzarli dopo le tragiche rivelazioni. Chissà perchè non aveva ucciso l’uomo che aveva sfidato a combattere. Un giorno magari glielo avrebbe chiesto. Magari quando tutto quello sarebbe finito e solo se loro fossero rimasti insieme. Sospirò e prese una sedia. Delicatamente si mise accanto a lui stringendogli quella mano come già aveva fatto il giorno prima, quando era stata con lui nell’autoambulanza e come l’aveva stretta quando avevano fatto l’amore. Rabbrividì e si diede della stupida perchè pensava a quelle cose mentre il centro dei suoi pensieri dormiva in un letto d’ospedale.
“Cosa mi hai fatto, Goku?” chiese più a lui che a se stessa sapendo che non l’avrebbe risposta perchè dormiva “Credo proprio che tu mi abbia fatto perdere la testa” ammise senza peli sulla lingua.
Non gli poteva dire che lo amava anche se lui stava dormendo. Voleva tenere quel sentimento per sé. Lui non l’avrebbe mai saputo.
“Mai” ripetè a se stessa per l’ennesima volta.
Portò quella mano alla bocca e la baciò. L’orologio segnava appena le sette del mattino. Aveva trascorso tutta la notte fuori con Bulma e Vegeta. Quando era entrata nella stanza li avevi lasciati l’uno tra le braccia dell’altra teneramente rannicchiati sulle scomodissime sedie dell’ospedale. Chiuse per un attimo gli occhi presa dalla stanchezza. Ma non potette tenerli chiusi per molto.
“Ciao” udì quasi di sfuggita visto che la parola fu più sussurrata che espressa normalmente.
Chichi l’ascoltò come fosse un ruggito. Aprì gli occhi e incontrò due pozze nere che la guardavano sorridenti. Frenò le lacrime nascondendole dietro un sorriso.
“Ciao” disse anche lei.
La mano che teneva ancora stretta alle labbra si aprì in una carezza che si soffermò sulla guancia.
“Come stai?”
“Come sto io? Come stai tu? Ti rendi conto cosa hai passato?” disse alzando il tono di una nota.
“Non urlare, Chichi.”
“Non sto urlando.” disse lei.
“Mi dici come stai? Ti hanno fatto qualcosa quei bastardi?” disse quasi in cagnesco.
“No, non mi hanno fatto nulla. Non ti ricordi che sei arrivato tu a colpire il ciccione?”
“Sì, lo ricordo. Non so invece come sono arrivato fin qui.”
Si guardò intorno provando a mettersi seduto. Chichi lo aiutò e per tutta risposta Goku le bloccò il braccio invitandola a sedersi sul bordo laterale di quel letto. Lei rimase sorpresa ma non obiettò. La stretta era salda ma non forte da farle male.
“Mi ha conciato male quel bastardo.” le disse incupendosi.
“Pensa che con due ferite di arma da fuoco hai spedito anche lui all’ospedale. La polizia li interrogherà e farà loro sputare il rospo. Scoprirai ogni cosa, te lo assicuro.”
“Ricordo, lo sai? Quelle cose che mi ha detto il bastardo, io le ricordo. Ricordo che mia madre mi spinse in strada per farmi scappare. Ricordo di aver sentito lo sparo e di essermi buttato a terra battendo la testa sul marciapiede. Ricordo mio padre, il suo volto. Mi sembra di aver intuito che gli somigliavo parecchio.”
Chichi sbattè più volte gli occhi per evitare di piangere. Goku la vide e le sorrise. Ancora non aveva lasciato il suo braccio.
“Sei stata tutto il tempo qui?”
“Dove sarei dovuta andare sentiamo?” gli chiese con un tono divertito giusto per sdrammatizzare.
“Lontano da me, prima di tutto. Ti ho fatto rischiare la vita. Chichi, se ti fosse successo qualcosa…”
“Ma non è successo. Evitiamo la parte in cui ti scusi e io devo ribadirti che non ce n’è bisogno.”
Goku rise.
“Allora possiamo passare al momento in cui mi baci e io ti dico che non vedo l’ora di fare l’amore con te?”
“Pensi a queste cose in un momento come questo?” gli chiese cercando di non pensare alla brusca accelerazione del suo cuore.
“Penso a ciò che mi fa stare bene.”
Due erano le cose: o lo shock era stato davvero devastante o il dottore aveva sbagliato la diagnosi. Chichi non lo seppe mai. Decise che poteva e doveva lasciarsi andare. Lo baciò come non faceva ormai da tempo. Gli accarezzò il viso e lasciò che loro lingue danzassero di nuovo insieme. Lo strinse per le spalle e lui le sfiorò il seno con le dita.
“Goku!” si scostò lei arrossendo.
Goku rise di cuore.
“Che c’è? Ti rendi conto che stavo per morire? Vorrei ricordare perchè sto ringraziando il cielo per essere ancora vivo.”

 
 
Quasi tutta la giornata in ospedale trascorse senza problemi. La polizia tornò per interrogare Goku. Vegeta gli fece compagnia mentre le due ragazze tornarono un attimo a casa di Bulma per farsi una doccia veloce e per cambiarsi. Tornarono all’ospedale per l’orario di pranzo. Appena entrarono nella stanza videro che quei due se la intendevano parecchio. Bulma vide che il futuro marito era a suo agio, cosa difficile visto il comportamento un po’ freddo e distaccato di Vegeta.Goku le salutò con un caloroso sorriso. Le ragazze avevano preparato il pranzo e anche per il campione dei pesi massimi ci fu qualcosa di buono e succulento da mangiare visto che doveva rimettersi in forze. Solo doppo i controlli del pomeriggio l'avrebbero dimesso. Parlarono di tante cose senza fare riferimento a quello che era successo. Se non si fossero trovati in ospedale, Chichi avrebbe potuto giurare che quella fosse una giornata normale della sua vita. Ovviamente con una componente in più. Sapeva che avrebbe rovinato quella bella chiacchierata ma doveva dare una cosa a Goku. Quando era tornata a casa se l’era ritrovata nella tasca dei pantaloni e ora l’aveva conservata in borsa: la busta con quel famoso oggetto dentro.
“Goku?” disse attirando la sua attenzione.
“Che c’è?”
Il sorriso che le aveva regalato si appiattì nello stesso istante in cui lui vide cosa aveva in mano. Bulma e Vegeta si guardarono impacciati. Forse dovevano andare via?
“Non vi preoccupate.” Fece eco ai loro pensieri Goku. “Non hai visto?” chiese poi.
“No” gli si avvicinò con un sorriso di incoraggiamento.
Goku prese la busta con la mano sinistra perchè l’altra non poteva usarla per via della flebo e si lasciò scivolare l’oggettino sulle gambe coperte dal lenzuolo. Quello che vi uscì era un bracciale. Era d’oro senza dubbio. Sarebbe andato al braccio di un bambino ma non a quello di un uomo. Il cinturino tutto placcato in oro non era troppo doppio ma rigido come se fosse stato di pelle. Quell’oggettino che doveva costare un occhio della testa stupì tutti, Goku per primo.
“Goku, ricordi qualcosa?” chiese Chichi parecchio sconcertata.
“Dovrebbe essere un regalo, ma non è né da parte di mio padre né da parte di mia madre. Qualcun altro me lo diede, ma non riesco proprio a…”
Ad un tratto la porta della stanza fu spalancata e un adolescente dalla capigliatura sbarazzina e il sorriso sghembo si avventò al fianco del paziente.
“Goku, ciao.”
“Ehilà, ragazzo, come vanno le cose?” si trovò a rispondere lui decisamente sorpreso.
Allungò lo sguardo oltre il nuovo arrivato e vide che era appena entrato anche Junior, l’amico dell’esercito.
“Possibile che tu non stia mai lontano dai guai?” disse il giovane uomo con un sorriso sornione.
“Conosci già la risposta, soldato.” Rispose Goku ricambiando il sorriso.
Junior sorrise. Chichi li guardò capendo di chi si trattasse: erano Gohan Sonford, nipote di Charles Sonford e Junior Nameck, il compagno dell’orfanotrofio con cui Goku aveva condiviso l’esperienza militare. Ma le sorprese non erano finite. Entrò nella stanza un uomo vestito di tutto punto: giacca e pantaloni grigi con delle scarpe laccate in un grigio più chiaro bene abbinate al tono della cravatta che faceva la sua grossa figura. Era un uomo affascinante nonostante l’età: era Charles Sonford. Chichi lo riconobbe all’istante e forse anche Bulma e Vegeta ebbero la stessa illuminazione ma non osarono proferir parola. Charles guardò Goku nel letto e il suo viso divenne improvvisamente bianco come la camicia che indossava.
“Gohan…è lui?” sussurrò quasi come se non avesse la forza di parlare.
Goku o guardò stupito.
“Sì, nonno, è lui: Goku Son, il campione olimpionico dei pesi massimi.”
L’uomo sorrise dinanzi alla contentezza che il nipote mostrava nell’annunciare il suo idolo. Fece poi segno a Junior affinchè con una scusa allontanasse Gohan dalla stanza. Dopo qualche tentennamento i due uscirono.  Rimasero lui e gli altri presenti. Charles non osava dire una parola, ma guardava attentamente la stanza come se fosse un’opera d’arte. Chichi guardava Goku che a sua volta guardava l’uomo. Vegeta e Bulma erano rimasti più scioccati di lei. Alla fine fu Goku a parlare.
“Lei dev’essere Charles Sonford, il nonno di Gohan.” 
L’uomo posò lo sguardo su di lui.
“Volevo ringraziarla per avermi dato la possibilità di entrare nella villa. è davvero un capolavoro.”
Charles provò a dire qualcosa ma le parole gli morirono in gola nello stesso istante in cui i suoi occhi accerchiarono il bracciale che Goku aveva ancora sulle gambe. La sua bocca si aprì in un sorriso enorme e gli occhi grigi brillarono come diamanti. Si avvicinò quasi intimidito e allungò il braccio come se volesse prenderglielo. Goku per tutta risposta lo strinse forte nella mano destra. Charles quasi lo implorò.
“Posso?”
Goku non seppe spiegarsi il motivo ma dopo qualche minuto glielo porse. La tensione in quelle quattro mura poteva essere tranquillamente affettata e messa tra due fette di pane. Chichi percepiva i brividi lungo la schiena e non sapeva cosa fare per fermarli. Charles prese il bracciale e lo osservò. Aprì il gancio e dinanzi lo stupore di tutti lasciò che le sue guance si bagnassero con acqua salata.
“Goku, Goku…tu non hai la più pallida idea da quanto io aspetti questo momento.”

 

Buonasera mie dolci donzelle,
stasera mi sembrava davvero impossibile riuscire a pubblicare eppure ce l’ho fatta. Fiuuuuuu!! La penna è davvero l’unico cosa di cui non posso fare a meno…hihihihi o in questo caso la tastiera….vabbè lasciamo perdere. Che ne dite? Le cose si fanno sempre più chiare o no? Spero che voi continuerete ad aspettarmi e magari a pazientare se non sarò sempre puntuale. Un bacio a tutte voi e un ringraziamento particolare a chi commenta e segue. Lettori silenziosi so che siete lì. ;P Io vi ringrazio e vi aspetto come sempre XD baci!

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Capitolo 10
*** La luce al di sotto della nebbia ***


Tutto quello che posso dirti di me

 
Goku sentì lo stomaco appallottolarsi e prendere le forme di una pallina da golf. Quelle parole gli risuonavano nella testa come l’eco tra le montagne. Cosa voleva quell’uomo? La sua testa tornò a girare pericolosamente preannunciando l’arrivo di una fortissima emicrania. Chichi lo vide improvvisamente bianco e avrebbe desiderato stargli vicino per tenergli la mano ma non aveva il coraggio di muoversi. Sembrava che il tempo si fosse fermato e che quindi muovere anche un solo muscolo fosse impossibile. Bulma la guardò stralunata incapace come lei di porre di seguito anche due sillabe.
“Lei conosce Goku?” gli aveva chiesto alla fine Vegeta.
Sembrava quello più tranquillo del gruppo anche se da quella mattina aveva appreso quello che era successo all’uomo. Non si capiva se fosse indifferente o preoccupato perchè dai suoi occhi non trapelava nessuna emozione. Vegeta era così: continuamente chiuso con il mondo esterno e solo Bulma riusciva a capirlo. Anche lei, che lo conosceva praticamente da quando loro due si erano fidanzati, spesse volte preferiva girare i tacchi e allontanarsi soprattutto quando captava che le cose in una giornata di lavoro non erano andate bene. Lo ringraziò mentalmente per quell’intervento anche perchè sembrava che Charles Sonford dovesse essere incoraggiato per parlare.
“Sì, ma è da tanto che non ci vediamo. L’ultima volta che ti ho visto avevi solo due anni e ci incontrammo alla villa perchè volevo darti questo.” confidò allungando il braccio per restituire a Goku il bracciale.
Quest’ultimo riuscì a prenderlo e improvvisamente sentì una fitta alla testa che quasi lo portò a urlare. Altre immagini, mai viste prima, gli stavano martoriando il cervello e non erano legate a quell’uomo.

“Bardack, perchè non parli con lui?”
“Non capirà, amore mio, non se n è mai fregato di me nè ora voglio correre da lui per chiedergli qualcosa. Deve sparire dalla mia vita.”
“A Goku sembrava simpatico” aveva detto sua madre poggiando la guancia sulla spalla di suo padre.
“Goku è un bambino fantastico ma pur sempre un bambino e non ha capito che razza di bastardo sia suo nonno.”

 
Goku portò la mano alla testa sentendo improvvisamente le tempie bruciare.
 
“Ricordati che sei un Sonford, ometto, capito?”
“Son…Sonf…”
 Un uomo dinanzi a lui rise affettuosamente scompigliandogli i capelli.
“Un giorno imparerai a pronunciarlo, ometto”

 
Perchè i ricordi dovevano fare così male? Chichi non ce la fece più a vederlo in quello stato: Goku fisicamente poteva quasi dirsi guarito ma la sua testa lo tormentava e il suo cuore sembrava quello più ferito. Gli fu vicino silenziosamente e poggiando la mano su quella che lui aveva alla testa la prese con dolcezza.
“Tutto bene?” chiese sempre con dolcezza. Goku non le rispose ma strinse la sua mano con delicatezza per farle capire che da lì non si doveva muovere.
“Si spieghi meglio signor Sonford.” disse lui dopo qualche minuto preso di pausa per riprendersi sia dal mal di testa che dalla rivelazione.
L’uomo sembrò stesse guardando uno spettacolo comico perchè il suo sorriso non cedeva.
“Io sono…sono tuo nonno, Goku” disse con gli occhi lucidi.
Guardarlo faceva tenerezza. Non capitava tutti i giorni avere dinanzi un portento di uomo e vederlo piangere come un bambino. Charles Sonford si era sempre presentato al pubblico come il classico tipo intelligente e carismatico, il tipo che sapeva sempre come uscire da una situazione, il tipo che da giovane ne aveva combinate di cotte e di crude prima di accasarsi, ma non era il vip che offriva soldi facili ai paparazzi. Nonostante le sue ricerche fossero in crescente progresso e le sue attività venissero sbandierate su ogni tipo di giornale, restava un tipo riservato. Il suo patrimonio era enorme ma non era questo che importava. Il fatto cruciale era il come, il quando e il perchè non lo avesse mai cercato.
“Non posso crederle, signore, mi dispiace.” disse prontamente Goku chiudendosi come un riccio nonostante il ricordo che aveva vissuto poco prima.
“Posso dimostrartelo. Guarda l’interno del bracciale.”
Goku sentì lo stomaco contorcersi. Non era mai stato debole fisicamente ma dovette fare attenzione a non vomitare. Con mani sicure che ben sapevano nascondere un tremolio costante girò il bracciale per guardarlo dall’interno. C’erano delle lettere incise sul metallo legato alle due piccole catene laterali e si poteva leggere senza problemi: “A mio nipote, Goku Sonford.” disse ad alta voce per auto convincere più se stesso che i presenti. Chichi non poteva davvero crederci. Era dalla mattina precedente che stava sospettando della signora Sonford. Lei era la nonna di Goku!
“Te lo regalai per il tuo secondo compleanno, ma tuo padre non ha mai voluto che io ti conoscessi fino in fondo, figliolo. È sempre stato così…così orgoglioso.”
“Cos’è successo?”
Charles Sonford mise le mani in tasca e ritornò in religioso silenzio. Bulma, vedendolo così spaesato e intimorito tanto da non sembrare un uomo di settantacinque anni, gli offrì una sedia per permettersi di sentirsi a suo agio e non sotto interrogatorio. L’uomo la ringraziò per il gesto e sedutosi cominciò a raccontare.
“Tuo padre, Goku, diceva sempre che nonostante il mio impero patrimoniale sarei sempre restato povero e inutile. Mi dava del farabutto, dell’egoista e tante altre cose ma non era cattivo. Lui…lui aveva ragione” disse passando una mano tra i capelli grigi.
Goku cercò di ricordare quell’uomo che il signor Sonford stava descrivendo, ma proprio non riusciva ad andare oltre: il mal di testa aveva tappato ogni passaggio al passato.
“Gli somigli come una goccia d’acqua.” disse l’uomo come se riuscisse a sentire i suoi pensieri.
“Anche tuo padre faceva pugilato, sai? Deve essere una cosa che ti ha inculcato sin dalla nascita prima…prima che quei bastardi…” lasciò cadere il discorso nascondendo il viso tra le mani.
Goku lo guardò e sentì quasi il bisogno di avvicinarsi, di abbracciarlo, di capire davvero cosa fosse successo. Lui voleva sapere.
“Cos’è successo tra lei e mio padre, signor Sonford?” gli chiese impaziente, perchè non poteva più sopportare di brancolare nel buio.
“Sì, figliolo,hai ragione, devi sapere. Devi sapere che io non sono mai stato un buon padre e avrei tanto voluto rimediare ai miei errori facendoti da nonno, ma tuo padre non me l’ha permesso.”
“Perchè?”
Il dialogo era ormai tra loro due: nessuno degli altri osava aprir bocca.
“Perchè io sono stato uno stupido. Volevo tralasciare questa parte, ma tu…tu devi sapere. Io da ragazzo sono stato con molte donne e mi vergogno come un ladro nel dirti queste cose. Ne ho avute tante e tutte bellissime, ma tua nonna…tua nonna Goku era una dea. Io l’ho amata, l’ho amata con tutto me stesso e per lei, solo per lei avrei rinunciato a tutto quello che oggi ho costruito e guadagnato e in parte mi è stato affidato. Avrei rinunciato a tutto ma i miei genitori pensavano fossi solo un ragazzo e che la mia fosse solo una sbandata come dite voi oggi. Organizzarono il mio matrimonio con Monica e da allora io non potetti più vedere il grande amore della mia vita.”
Goku ascoltava silenzioso ma Chichi dovette fare uno sforzo per non svenire. Monica non era la nonna di Goku. 
“Solo dopo qualche anno venni a conoscenza che tua nonna era rimasta incinta. Me ne feci subito carico, nonostante i tuoi bis non volevano perchè temevano lo scandalo. Monica mi ha sempre appoggiato e grazie al suo aiuto riuscii a trovare tuo padre. Allora aveva dieci anni. Io lo accolsi in famiglia come Bardack Sonford, il mio primo erede. Gli mostrai tutto quello che un giorno sarebbe stato suo e lui sembrava felice, ma non voleva lasciare la sua vita e soprattutto non voleva lasciare sua madre per venire a vivere con me e con Monica. Come biasimarlo? Era solo un ragazzino. Io cercai in tutti i modi di convincerlo ma non ci fu verso. Quando mia moglie mi annunciò di aspettare un bambino lui sparì. Seppi che rifiutò il mio cognome, che si faceva chiamare Son e che non accettò mai il mio invito a vivere nella villa di famiglia che per tradizione spettava al primo figlio maschio. O almeno non lo accettò fin quando non si sposò. Tua madre era di una dolcezza che avrebbe ammansito anche la più crudele delle belve e in parte ci fece riappacificare. Fu lei che mi permise di partecipare al tuo battesimo e di festeggiare almeno i compleanni  insieme. Fu lei a farvi trasferire alla villa in modo che più facilmente io potessi arrivare senza andare nell’occhio. Per impegni ero purtroppo sempre lontano e avevo comunque una famiglia a cui badare. Volevo solo che lui venisse con me, che mi accettasse come padre come aveva fatto anche se per poco tempo tanti anni fa. Trascorsero gli anni e tu diventasti un piccolo ometto di appena cinque,sei anni. Sarei dovuto tornare per il tuo compleanno ma una tragica notizia anticipò la mia partenza. Qualcuno era entrato in casa e aveva sterminato la famiglia. Mi sentii come se mi avessero strappato il cuore dal petto e fatto a brandelli. Arrivai con il primo volo per riconoscere i corpi dicendo che si trattava di amici di famiglia. Non ebbi il coraggio di dire che era mio figlio con mia nuora perchè mai avrei sopportato il giudizio degli altri nel sentire che avevo permesso una cosa del genere. Già non potevo sopportare la mia coscienza. Mi sentii morire quando li vidi, Goku e solo Dio sa la gioia che provai nel sentir dire che il corpo del bambino non era stato ritrovato. Sperai subito in un tuo ritrovamento e mobilitai la polizia e alcuni miei colleghi affinchè ti trovassero, ma non vi fu verso. Smisi quando quel bastardo di Freezer mi disse di averti sparato, dopo qualche settimana, quando fu acciuffato.”
“Non ha cercato abbastanza, signore. Ero proprio nell’orfanotrofio a pochi isolati dalla villa.” Lo stoppò con Goku con rabbia.
Quell’uomo stava dicendo il vero, ma il dolore saliva a galla come i pezzi di una barca distrutta.
L’uomo divenne ancora più bianco di quanto non lo fosse già. La consapevolezza di aver avuto sempre suo nipote sotto il naso e di non averlo mai potuto abbracciare e confortare per la tragica morte dei suoi genitori gli gelò l’anima. Il respiro gli si fece corto e sentì le forze mancargli. Non riuscì a distinguere più i suoni né lo spazio circostante ma sentì solo un tonfo riconoscendo che proprio lui con tutto il suo peso si era accasciato al suolo.
 

 

Goku si era rimesso in piedi nonostante il medico gli avesse detto che i punti potevano riaprirsi con uno sforzo eccessivo. Lui se ne fregava altamente delle ferite fisiche visto che era il suo cuore a piangere in quel momento. Charles Sonford, suo nonno, aveva avuto un infarto. Era stato uno stupido ad accusarlo in quella maniera, a fargli tutte quelle domande. Perchè non si può semplicemente essere felici e godere di quello che il destino ti riserba? No, non si può essere felici quando quello stesso infame destino ti ha portato via ogni cosa bella della vita. Aveva perso i suoi genitori e l’unica persona che poteva riconoscerlo non l’aveva mai trovato. Quell’immagine che gli era venuta in mente poco prima tornava con insistenza come se volesse tormentarlo.

“Ricordati che sei un Sonford, ometto, capito?”
“Son…Sonf…”
 Un uomo dinanzi a lui rise affettuosamente scompigliandogli i capelli.
“Un giorno imparerai a pronunciarlo, ometto”


Era forse questa l'origine del suo cognome? No, impossibile, suo padre si faceva già chiamare Son. Forse era stato un desiderio suo di abbreviarlo. Forse suo padre non avrebbe mai voluto allontanrsi da quell'uomo, ma allora perchè lo aveva fatto? Troppi pensieri miravano al suo equilibrio psicologico già destabilizzato.Gli sembrava impossibile che nessuno dei poliziotti da lui citati avesse chiesto all’orfanotrofio. C’era ancora troppo mistero nel suo passato. Ancora troppe macchie scure su quella tela resa più nitida dal racconto del vecchio. Era seduto in sala d’attesa con a fianco l’unica persona di cui si fidava ciecamente: Chichi. I suoi amici erano tornati a casa per alcuni impegni di lavoro.
“Sono uno stupido. Anzi no. Sono uno stronzo.” si diceva stringendo i pugni mentre si dondolava su quella scomodissima sedia cercando di riprendere il controllo.
Chichi lo guardava e si sentiva impotente. Non sapeva cosa dirgli, cosa fare per risollevarlo dal baratro in cui era sprofondato. La storia del suo passato non era stata facile per lei, figurarsi per lui! Ancora non poteva crederci e intanto un brutto presentimento le percuoteva l’anima. Non sapeva cosa fosse. Forse un istinto, come la paura che provano i colpevoli di un crimine che sanno che prima o poi saranno arrestati e condannati. Chichi sentiva i brividi percorrerle la schiena incuranti di farla rabbrividire come se fosse inverno inoltrato.
“Chichi, tutto bene?” gli chiese improvvisamente lui sentendola silenziosa. Le poggiò una mano sulla sua e gliela strinse.
Lei lo ringraziò mentalmente per quel dolce e riscaldante gesto.
“Dovrei essere io a chiederti come stai. Scusami, non ti sono di aiuto.”
Goku trovò lo spazio per sorridere. Non lo faceva da qualche ora, da quella mattina prima che vedesse quel bracciale, prima che arrivasse quell’uomo, quell’uomo che diceva di essere suo nonno.
“Tu sei qui. Questo mi basta.”
Chichi gli accarezzò il viso ricambiandogli il sorriso. I suoi occhi spenti tornarono a illuminarsi per un attimo. Poi li richiuse e azzerò la distanza. Goku la baciò senza pensarci, aggrappandosi a quella morbidezza come se fosse l’unica ancora di salvezza in mare in balia della più orribile delle tempeste. Fu un bacio dolce, non prolungato, ma che fu in grado di donargli un calore che lo fece finalmente stare bene. Quando si allontanò giusto quel poco per riuscire a guardarla negli occhi, Chichi lo guardava tra il divertito e il meravigliato.
“Ne avevo bisogno, scusami.”
“Non devi scusarti. Se questo è l’unico aiuto che posso darti non mi tiro certo indietro.” lo ribeccò con un sorriso che fu capace di fargli dimenticare anche dove si trovavano.
Ci pensò il medico a ricordarglielo.
“Signor Son, come si sente?”
“Io sto benissimo, dottore, grazie. Il signor Sonford?”
“Certo è stata una sorpresa trovarlo qui in questo ospedale. Comunque ho trovato il suo cuore molto affaticato. Sa per caso se soffre di qualche problema cardiaco?”
Goku si sentì di nuovo sprofondare: le cose non sarebbero mai dovute andare in quel modo. Se solo…se solo i suoi genitori fossero stati lì con lui. Si sentì improvvisamente bambino, avrebbe voluto sbattere i piedi per terra e gridare che non era giusto, non era giusto per niente quello che era stato costretto a subire, ma preferì mantenere la calma. Sul ring non potevi dare di matto: dovevi restare sempre concentrato, dovevi sempre riuscire a mantenere la calma.
“No, dottore, non lo so.”
“Capisco. L’importante è che non si affatichi. Mi raccomando, massima cautela.”
“Grazie dottore.”
“Io devo fare un giro per altre stanze. Chiamatemi se c’è bisogno di un aiuto.”
“Grazie dottore.” ripetè questa volta lei con un sorriso.
L’uomo con il camice bianco si allontanò. Goku aprì silenziosamente la porta notando che l’uomo stava riposando. Non voleva disturbarlo e per questo si allontanò tornando a sedersi. Chichi gli fu vicino.
“Sei più tranquillo adesso?”
“Ora che so di non aver ucciso l’ultima persona della mia famiglia sì, posso dirmi tranquillo” provò a scherzare ma il suo sorriso non aveva nulla di divertito.
“Goku, hai sentito il dottore. Tuo no…il signor Sonford è molto debilitato. Non è stata colpa tua. Immagina che dev’essere stato un colpo anche per lui. Ti credeva morto e invece ti ha trovato.”
“Vorrei solo capire perchè Chichi. Perchè ci hanno fatto questo? Perchè ci volevano morti?”
“Vorrei tanto saperlo anch’io. Spero davvero che quei tre parlino perchè altrimenti la galera non basterà.” disse con rabbia.
Rabbrividì al solo pensiero della pistola che quel porco le aveva messo alla testa e lo sguardo che l’aveva denudata dandole il voltastomaco. Goku si accorse di quel brivido. Le afferrò un braccio costringendola a guardarlo negli occhi.
“Giurami che non ti hanno fatto niente, Chichi. Giurami o io…”
Chichi lo guardò.
“O tu?”
“Hai capito. Allora?”
“Goku non mi hanno fatto niente.” disse abbassando lo sguardo. Il solo ricordo le strappava le membra a morsi.
Goku le issò il viso per il mento.
“Tu mi stai mentendo.”
“No, Goku, io…io ho avuto solo paura. Ti sapevo giù a fare a pugni con quel bastardo e avevi due ferite d’arma da fuoco. Sanguinavi a vista d’occhio prima ancora che salissi le scale. Non me ne fregava di quei due. Io ero preoccupata per te.” ammise con foga tenendo però il tono  quanto più basso possibile.
Goku rallentò la stretta al braccio.
“Ecco perchè faresti bene a starmi lontano.” disse prima di stringerla forte.
Chichi poteva sentire il cuore di lui attraverso il petto e il fatto che cercasse di battere il suo in una corsa all’ultimo battito era un qualcosa che la preoccupava e la emozionava allo stesso tempo. 
“Non ti starei mai lontano. Non ce la farei.” disse dimenticando di tenerselo per sé. Goku si allontanò per guardarla negli occhi. I suoi occhi avevano ripreso a brillare. Scioccamente pensò che fosse per merito suo. Goku le baciò teneramente le labbra.
“E io ti riempirei l’ufficio e la casa di fiori pur di farti tornare.” le confidò con un viso da bambino intimidito ma con un sorriso che non aveva nulla di innocente. 
“Vorrei stargli accanto quando si sveglia.”
“È una bellissima idea.”
“Tu vieni con me?”
“Voglio chiamare un attimo Bulma. Scendo un attimo all’entrata perchè sicuramente prenderò linea. Qui non lo so.”
“D’accordo. Ti aspetto presto.”
“Ci metto poco. Fidati.”
Goku  la baciò ancora prima di lasciarla andare. Aspettò di vederla sparire nell’ascensore prima di entrare nella camera del signor Sonford. Quella donna gli aveva letteralmente sconvolto la vita per la facilità con cui il suo cuore l’aveva accolta. Ancora ringraziava il cielo per non averla persa a causa di quegli assassini, ringraziava il cielo per averla a fianco. Avrebbe tanto voluto dirle come lo faceva sentire quando gli stava accanto e come lui adorasse quelle dolci rilevazioni come quella di poco prima. “Non ti starei mai lontana” gli aveva detto e lui per questo era ancora frastornato. Entrò nella stanza senza fare troppo rumore e prendendo una sedia si accomodò accanto al letto. Si promise che quando tutto quello sarebbe finito avrebbe parlato con lei e le avrebbe detto ciò che provava, quello che sentiva…quel sentimento che aveva sempre rinnegato, allontanato per timore che potesse ferirlo, per paura di non esserne all’altezza. Aveva dimenticato come si facesse ad amare e lei glielo aveva ricordato.
 

 

“Bulma, tutto bene in ufficio?”
“Certo tesoro mio, non preoccuparti. Il signor Sonford invece? Come sta?”
“Il dottore ci ha detto che…”
“Chichi, non ti sento bene.”
“Aspetta mi sposto.” 
Chichi si allontanò dall’entrata e si diresse quasi senza accorgersene verso il parcheggio.
“Mi senti?”
“Sì.”
“Il dottore ci ha detto che ha avuto un infarto. Il suo cuore era molto affaticato ma probabilmente si tratta di situazione che capita spesso purtroppo.”
“Poverino, mi dispiace. Sarà stato un vero e proprio shock per lui scoprire che il nipote che ha creduto morto in realtà è vivo e vegeto.”
“Spero che questa brutta situazione passi presto. Vorrei tanto capire chi è il bastardo che ha mandato quei tre.”
“La polizia?”
“Non sappiamo nulla. Non ci hanno informati.”
“Cavolo, che brutta storia. Chichi, ascoltami. Vegeta è sotto la doccia. Il tempo che si cambia e torniamo ok?” “Fate con calma, davvero. C’è tutto il tempo.”
“A tra poco, allora. Un bacione.”
“A dopo, Bulma.”
Chichi concluse la chiamata e sospirò sconsolata. Tornò indietro con il morale sotto i tacchi. Aveva il vizio di camminare quando si intratteneva a telefono e si era allontanata di parecchio dall’entrata dell’ospedale. Un brivido freddo le percorse tutta la colonna vertebrale penetrandole la testa. Si guardò intorno volgendo lo sguardo. Non c’era anima viva. Si fermò come se fosse sotto effetto di un incantesimo, una magia che le aveva piantato i piedi a terra. Prese il cellulare. Aveva ancora il numero di Bulma inserito. Cliccò per mandarle un messaggio. I piedi ripresero a muoversi. Un altro brivido e notò che si era messa a correre. Avrebbe solo dovuto svoltare per trovarsi all’entrata. “Aiutami” scrisse. Inviò e di nuovo non riuscì più a muoversi. Ma non fu la magia a bloccarla. Qualcuno la teneva stretta impedendole il respiro. Non potette ne urlare ne mordere la mano che le aveva tappato la bocca perchè prontamente un fazzoletto imbevuto di cloroformio iniziò a fare il suo sporco lavoro. Il corpo le si intorpidì in pochi istanti e non ricordò più nemmeno dove doveva dirigersi, a chi avesse chiesto aiuto.

 

Buonasera gentili donzelle,
scusate la mia prolungata e sofferta assenza ma è stata una settimana di studio matto e disperatissimo. Aspetto con ansia il giorno che finisca questa maledetta tortura. Uff… :(
Comunque…parliamo di cose belle e che soprattutto ci fanno stare bene XD vi è piaciuto questo capitolo? Spero con tutto il cuore di sì. Si iniziano a intravedere anche un po’ i sentimenti di Goku ma cos’è successo alla nostra Chichi? Chi l’ha rapita. La situazione si fa sempre più spinosa. Cosa succederà? Lo scopriremo presto. Un bacio ragazze. Un ringraziamento a tutte voi che come sempre mi seguite e recensite. Vi voglio troppo bene :D

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Capitolo 11
*** Tra paura dolore e Speranza ***


Tutto quello che posso dirti di me


“Lei è qui con me.”
“Ti ha visto qualcuno?”
“Così mi offende, sa? Non sono certo Freezer io.”
“Lo spero per te.”
“Dove ve la porto?”
“Ti scrivo l’indirizzo. Non fare errori altrimenti non avrai niente.”
“Certo. A tra poco.”
L’uomo con un ghigno simile a quello di suo fratello ingranò la marcia. Avevano lasciato l’ospedale da un pezzo e si erano appostati vicino ad un parco. I vetri scuri dei finestrini impedivano ai ficcanaso di frugare in macchina. Nessuno l’avrebbe vista. Abbassò lo specchietto retrovisore per guardare quell’angioletto dai capelli scuri come la notte dormire sui sediolini posteriori. Non aveva la più pallida idea di cosa avesse a che fare una pollastra come lei con quel pompato di Goku Son. Certo, non era il tipo da fare domande dinanzi ad un bel gruzzoletto come quello che il suo capo gli aveva promesso. Un bip gli fece tornare a guardare davanti. Lesse l’indirizzo dal cellulare e con un altro ghigno accese il motore. Non si accorse che il borbottio per quanto silenzioso disturbò il sonno di quell’angelo. Chichi non riuscì a capire dove fosse e con chi ma un brivido forte le spaccò il petto e temette davvero di essere scesa all’Inferno.
 

 

Goku sorrise finalmente sollevato dal fatto che Charles Sonford avesse riaperto gli occhi. Lo guardava con un sorriso affaticato ma pur sempre un sorriso.
“Perdonami.” fu la prima cosa che gli disse.
Goku non si mosse dalla sua postazione.
“Non ci pensi, signor Sonford. Come si sente?”
“Bene, almeno credo. Mi sento come se avessi buttato all’aria i tre quarti della mia vita.”
“È una sensazione simile alla mia sa?”
“Come…com’è stato possibile non trovarti?!? I miei uomini hanno cercato per tre settimane prima che quello lì…”
Un colpo di tosse gli mozzò il respiro. Goku vide dal monitor che il battito del cuore era davvero debole.
“Non si affatichi. Ormai non importa, davvero. Va bene così.”
“Ora che ti ho trovato…non ricordi…non ricordi niente, figliolo?”
Come poteva farlo? I pensieri non lo lasciavano stare un secondo e aveva paura che davvero la testa gli sarebbe scoppiata da un momento all’altro.
“Vorrei tanto, mi creda. Purtroppo non è facile. Ricordo poche cose. Squarci in verità.”
“Capisco. Dev’essere stata dura per te.”
“Nonno cos’è successo?” urlò una voce.
Gohan era appena entrato nella stanza con a seguito Junior.
“Tutto bene, figliolo.”
Goku guardò quel giovane ragazzo. Il primo che doveva ringraziare per essere riuscito a guadagnare qualcosa sul suo passato era lui. Non sarebbe cambiato niente nella sua vita se non fosse stato per quella testa calda. Non avrebbe recuperato alcuni dei più profondi ricordi, non sarebbe tornato e non avrebbe recuperato quel bracciale. Non avrebbe mai incontrato Chichi. A proposito perchè ci metteva così tanto? Forse era sorto qualche problema sul lavoro. Come se qualcuno avesse voluto mandargli una risposta a quella domanda un rumore secco alla porta presentò qualcuno che voleva entrare. Una Bulma più bianca del camice del dottore che lo aveva preso in cura fece la sua comparsa.
“Goku puoi venire un attimo?” Il tono della donna era grave. Qualcosa non quadrava.
 

 

Chichi si guardò frastornata. Sentiva che si stava muovendo ma non erano i suoi piedi a condurla da chissà quale parte. La vista era ancora scarsa e dovette battere più volte le ciglia per riuscire a capire qualcosa. Aveva la bocca tappata dallo scotch e si trovava sdraiata sui sediolini posteriori di un auto. Ringraziò il cielo che avesse il corpo e la testa ancora intorpiditi dal cloroformio perchè in caso contrario sarebbe morta di panico.
“Ti sei svegliata, angioletto. Come andiamo? Ah, aspetta, non puoi parlare.”
Era un uomo alla guida. Aveva dei capelli scuri quasi nel verde e un viso spigoloso che non prometteva nulla di buono.
“Sappi che se ti tolgo quello dalla bocca non dovrai provare nemmeno con il solo pensiero a farmi qualche scherzo. La vedi questa?” disse mostrandole la pistola “Non hai la più pallida idea di quanti buchi abbia fatto.”
Quell’affermazione le gelò il sangue. Sembrava che il cuore le si dovesse fermare da un momento all’altro. L’uomo allungò con qualche difficoltà il braccio e le strappò lo scotch dalle labbra. Un calore pungente le circondò le labbra. Decise di non fare nulla e di pregare soltanto che il messaggio raggiungesse Bulma il più presto possibile.
 


“Scusatemi un attimo.”
Goku uscì il più velocemente possibile. Bulma aveva le lacrime agli occhi. Vegeta, piantato con le spalle a muro, non aveva un aspetto migliore. La cosa cominciò a preoccuparlo parecchio.
“Che succede?” chiese alquanto allarmato.
“Si tratta di Chichi…”
Quello che era stato un brutto presentimento si era tramutato in una tragica realtà. Cos’era successo a Chichi?Perchè non era lì con loro?
“Mi è arrivato questo messaggio.”
Bulma gli mise dinanzi gli occhi lo schermo del suo cellulare. Si leggeva una sola parola in quel messaggio, una parola che gli aveva trafitto gli occhi come spilli: aiutami. Avrebbe voluto dare di matto. Aveva appena ritrovato una persona del suo passato che il destino ora gliene soffiava uno del suo presente. Arraffò con furia un biglietto dalla tasca. Sperò con tutto il cuore di non strapparlo visto quanto fosse fragile la carta sul quale era stato scritto.
“Chiamo l’agente Kaio, quello che ci ha interrogati. Dobbiamo mettere un taglio a questa storia.”
 

 


“Mi chiamo Cooler, angioletto.”
“Chi ti ha mandato?”
“La stessa persona che ha mandato mio fratello.”
Quella situazione si stava sempre più complicando.
“Tuo fratello? Freezer Look è tuo fratello?” pronunciò quella frase non credendoci lei per prima.
“Non ci somigliamo vero? Be’, io a differenza sua sono molto più attento e soprattutto molto più solitario. Non mi porto appresso due pesi come i suoi scagnozzi. Lui non aveva il fegato per ammazzarvi da solo.” 
Sembrava davvero che dovesse morire a quel punto.
“Vuoi…vuoi uccidermi?”
L’uomo emise una risata glaciale.
“No, angioletto, non voglio farti del male. Devo portarti da una persona. Cerca di fare la brava e di stare tranquilla. Non farti venire nessun attacco di panico.”
“Come…come lo sai?”
“Dolce tesoro io so molte cose di te. Mi basta un giorno per sapere vita morte e miracoli di una delle mie vittime. Tu però sei speciale. Di solito mi chiedono di uccidere in seduta stante. Tu avrai l’onore di una scelta. Se accetterai la proposta di questa persona io mi prendo i soldi diciamo gratis.”
“Chi è questa persona?Dovrò incontrarla giusto? Tanto vale che mi dici chi diavolo è questo folle.”
“Ad essere folle è folle sul serio. Però non preoccuparti. Mi ha detto che non dovevo torcerti un capello.”
“Mi vuoi dire chi è?”
L’uomo rise come il più sgraziato dei diavoli.
“Siamo testarde vero? Dai, pazienta ancora un pochino, dolcezza. Presto la incontrerai”
La? È una donna?”
L’uomo rise di gusto.
“E poi non dirmi che non ti ho aiutato.”
Chichi non ebbe più dubbi. Doveva solo cercare di farlo sapere a qualcuno. Pregò che mantenesse gli occhi ben puntati sulla strada e non si accorgesse che stava cercando di mettere in funzione il suo cellulare. Sarebbe stato difficile visto che aveva le mani legate dietro la schiena e con nodi così stretti da bloccarle quasi la circolazione, ma doveva tentare. Tentare e pregare.
 

 
 


“Perchè non si può fare?”
“Signor Son, ragioni la prego.” disse l’agente passandosi un fazzoletto sulla fronte.
Quel caso si stava complicando più del previsto. Non solo quello stronzo di Freezer Look non aveva detto una sola parola ma ora quella ragazza così gentile era stata rapita. Brancolava nel buio e non sapeva che pesci pigliare.
“Mi faccia parlare con quei bastardi. Uno di loro cederà.”
“Ci abbiamo già provato.”
“Anche con le maniere forti? Quelle possono servire.”
Goku voleva andare in commissariato. Pensava che con un po’ di minacce in più almeno il grassone o quello dai capelli verdi avrebbero parlato. Su quel matto di Freezer Look non ci avrebbe sperato, ma sarebbe andato in ospedale anche da lui. Doveva tentare, sperare che la sua Chichi stesse meglio. Non poteva nemmeno lontanamente pensare che qualcuno potesse farle del male. Perchè cavolo non si era allontanata da lui?Ricordò le sue parole, il suo sorriso, le sue labbra. Avrebbe fatto di tutto per ritrovarla. Avrebbe venduto anche l’anima pur di vederla stare bene e sicuramente l’agente Kaio non l’avrebbe fermato. Rientrò nella stanza del signor Sonford. L’uomo era parecchio debilitato ma lui non poteva restare lì.
“Signor Sonford, mi dispiace davvero, ma devo assentarmi per un po’.”
L’uomo sembrò non gradire quell’affermazione: un’espressione di dolore mista a qualcosa di indecifrabile gli si palesò sul volto. Era forse rabbia? Sconfitta? Suo nipote si allontanava da lui. No, era solo dolore. Un dolore forte, acuto. 
“Spero non ci voglia molto. Lei si rimetta in sesto, d’accordo?”
“Qualche problema figliolo?”
“Non si preoccupi. Pensi solo a guarire.”
Junior lo guardò. Per molto tempo lui e Goku non si erano visti ma quell’espressione sul volto dell’amico non l’avrebbe mai confusa: qualcosa non quadrava.
“Serve aiuto?” chiese proprio lui.
“Non preoccuparti, Junior.”
“Se hai bisogno, soldato…”
“Sì, sissignore.” disse con un sorriso amaro prima di uscire dalla stanza.
L’agente Kaio era ancora lì che discuteva con Bulma e con un Vegeta che forse non aveva aperto troppe volte la bocca ma che con un solo sguardo riusciva a far ammutolire anche un logorroico.
“Andiamo agente?” chiese lui parandosi dinanzi all’uomo.
“D’accordo, signor Son, ma niente scherzi.”
 
 

Chichi era riuscita a farsi scivolare il telefono dalla tasca dei jeans e ora lo stringeva tra le mani dietro la schiena. Nel frattempo continuava a fare domande per non destre sospetti al tizio che sembrava impegnato nella guida.
“Cosa vuole da me?”
“Angioletto, te l’ho detto. Io non sono il suo messaggero. Ho solo il compito di ucciderti qualora tu non accettassi.”
Cercò di farsi scivolare quelle luride parole di dosso.
“Dove mi stai portando?”
“Non lontano da qui. Ora però fai la brava perchè mi stai scocciando. ”
“Ho sete.” provò a dire.
“Una volta arrivati lì sono sicuro che lei ti tratterà bene. Sai una cosa? I pazzi sono così: squilibrati. A volte sono persone normali; altre delle furie assassine.”
“E tu cosa sei?” le scappò.
Avrebbe voluto mordersi la lingua ma quel bastardo scoppiò in una fragorosa risata.
“Mi piaci angioletto. Però ora fai la brava e cerca di non farmi arrabbiare.”
“Davvero, io…io devo bere.”
L’uomo sbuffò. Era sì una bella ragazza ma era anche testarda come un mulo. Sapeva che soffriva di attacchi di panico molto forti e tutto voleva che morisse di crepacuore prima di finire il lavoro. Aveva rischiato grosso per acciuffarla lì, nel parcheggio di un ospedale e non voleva rimetterci il suo compenso. Si guardò intorno e subito vide un bar. Accostò con una brusca sterzata.
“Adesso tu scendi con me e se solo provi ad allontanarti o a scappare ti pianto una pallottola in fronte e tanti saluti. Sono stato chiaro?”
Alla velocità della luce infilò il cellulare di nuovo nella tasca dei pantaloni. Aveva fatto bene a cambiare piano. Sarebbe stato impossibile provare anche solo a comporre un numero in sua presenza. L’uomo aveva preso un coltellino dalla tasca e le aveva tagliato le corde che legavano le mani. Dopo l’avrebbe fatta sedere davanti e magari…avrebbe potuto giocare un po’ con quelle belle gambe. Chichi scese barcollando leggermente. Per evitare di schiantarsi contro il tipo si appoggiò all’auto. Non riusciva a capire dove fosse.
“Andiamo, muoviti.”
La prese saldamente per un braccio e la trascinò dentro al bar “Tenkaichi Camp”. Era tutto molto luminoso. I tavoli erano sistemati a fianco a delle vetrate che davano direttamente sulla strada. Cooler si avvicinò alla cassa.
“Cosa prendi?”
“Una bottiglia d’acqua.” rispose cercando di apparire serena.
“Allora una bottiglia d’acqua e un caffè.” disse.
“Ok” disse la ragazzina con gli occhiali da dietro il bancone “…il caffè al bancone e l’acqua la devi prendere dal frigo laggiù.” indicò a lei con un sorriso.
Chichi avrebbe voluto schizzare via ma Cooler la prese per un braccio.
“Dammi il telefono” le sussurrò all’orecchio in modo da farle rabbrividire anche l’anima.
Chichi cercò di non apparire troppo delusa. Se solo lui avesse capito cosa aveva avuto intenzione di fare l’avrebbe uccisa proprio in quel bar. Si diresse al frigo e scoraggiata lo aprì per prendere la bottiglia. Fu allora che il destino decise di venirle incontro. Accanto al frigo vi era un attaccapanni. Tra un giubbino di pelle e una felpa di cotone vi era il grembiule di un cameriere. Dentro vi erano carta e penna. Li afferrò dopo essersi assicurata che Cooler fosse distratto dalla prosperosa ragazza che gli serviva il caffè.
“Cooler” lo chiamò come se fosse la cosa più naturale del mondo. “Vado in bagno.”
Gli occhi verdi del tipo la immobilizzarono sul posto. A grandi falcate la raggiunse. Chichi vide la vita scorrerle dinanzi agli occhi. Cooler con un ghigno le si parò dinanzi.
“Ti do due minuti di tempo e poi sai cosa succede.”
Chichi sentì il cuore mancarle di un battito. Se fosse uscita viva da quella brutta storia era sicura che mai più avrebbe sofferto di ansia o panico. Se solo fosse sopravvissuta.
 
 

“Guarda guarda chi è venuto a farmi visita.”
Freezer Look era un viscido bastardo e Goku dovette trattenere la rabbia. Aveva promesso all’agente di fare il bravo ma solo se lo avesse fatto entrare da solo. Era andato con Vegeta dal ciccione e dal compagno. Non avevano detto nulla sputando le colpe sul loro capo. Quel mostro era la sua unica speranza. Bulma era fuori con Vegeta e gli occhi arrossati dalle troppe lacrime le rendevano il viso ancora più bianco. Un contrasto dovuto al terribile dolore per quell’amica che non si riusciva a trovare e che era scomparsa da circa due ore. Avevano subito mobilitato la polizia perchè quel messaggio raggelava il cuore. Aiutami.
“Dove l’hanno portata, Vegeta?” chiese la donna al di fuori di quella stanza con tono affranto
“Non lo so, Bulma, ma la ritroveremo.”
“Io non voglio nemmeno pensare che qualcuno…”
Vegeta la strinse forte per impedirle anche solo di pronunciare quella frase.
“Devi essere forte.”
Bulma si accoccolò sul petto muscoloso del suo uomo e pregò tutti i santi che quel mostro dicesse qualcosa di sensato.
“Io e te dobbiamo farci una bella chiacchierata.” disse Goku nella stanza.
“Con te non voglio parlare.”
“Credo che non parleresti con nessun altro comunque.”
“Perspicace, ma io non ti dirò nemmeno una parola.”
“Non ti conviene bastardo, sai perchè?”
“Perchè?”
“Perchè i tuoi scagnozzi ci hanno detto un paio di cose.”
Mentiva. Stava mentendo come il più grande dei bugiardi ma sperò che quello lì non se accorgesse. Aveva già visto uomini come Freezer. Li aveva incontrati sul ring. Uomini che sono disposti a qualsiasi cosa per ottenere la fama,uomini che si erano dati a droghe pur per nascondere la propria impotenza, uomini per i quali l’orgoglio è la cosa più importante, per i quali il tradimento è imperdonabile. Infatti Freezer si rabbuiò in viso e poi scoppiò in una risata sadica.
“Non è vero. I miei uomini non mi tradirebbero mai.”
“Ne sei convinto? In fondo tutti vogliamo salvarci la pelle e per farlo saremmo disposti a tutto. Non credi?”
“Loro non lo farebbero. Inoltre ci sono dentro fino al collo moccioso. Come me. C’erano anche loro quando mi sono divertito con tua madre.”
Goku dovette fare appello a tutta la sua calma per non spaccargli la faccia già gonfia dei suoi pugni o prendere a calci la gamba fasciata che lui aveva colpito. Chichi aveva ragione: nonostante lo avesse sparato era lui tra i due a stare in piedi. Il cuore scalciò più forte al suo ricordo. Non poteva perderla. Non se lo sarebbe mai perdonato.
“Però sei stato tu ad andare in prigione non è vero? Già allora i tuoi complici riuscirono a svignarsela con qualche annetto. Tu invece? Ergastolo?”
“Solo perchè ho una fedina più sporca della loro.”
“Ma loro se la cavarono facendo il tuo nome. Incolpando te, Freezer. Cosa credi che abbiano fatto adesso? Semplice, ti hanno addossato la colpa di tutto. Hanno detto che tu sei uscito e li ha costretti minacciandoli di morte se non fossero venuti con te a finire quel lavoro. Non credi che ti salveresti la pelle se anche tu facessi scarica barile?”
Goku stava sudando freddo. Quello lì era un osso duro, lo ammetteva. Eppure il suo viso diventava sempre più cupo dalla rabbia. I suoi occhi neri come il buio della notte si incupirono maggiormente. Freezer non aprì più bocca. Restava in silenzio.
“Dimmi chi ti ha mandato e forse potrai sperare in una redenzione.”
“Io sono già fottuto, moccioso. Ho avuto l’ergastolo. Non sarà diverso dopo questa bravata.” disse serio senza quella stramaledetta risata che accompagnava ogni parola che usciva dalla sua bocca.
“Dimmelo.” ripetè serio.
Freezer scosse la testa. Goku avrebbe voluto afferrarlo per il collo e costringerlo con le cattive. Lo avrebbe fatto se improvvisamente il suo telefono non lo avesse richiamato alla calma. Guardò il display. Era un numero fisso e sinceramente non avrebbe voluto rispondere. Aveva di meglio da fare. Stava per staccare ma l’istinto portò il pollice sull’icona verde. Accettò.
“Pronto?”
“Salve, parlo…parlo con in signor Goku?”
Era la voce di un ragazza.
“Sì, sono io.”
Attimi di silenzio. Goku uscì dalla stanza incontrando lo sguardo sorpreso di una Bulma completamente distrutta. Anche Vegeta lo guardò, uno sguardo tra il curioso e lo speranzoso.
“Chi parla?”
“Senta, io non so se ho fatto bene oppure no e la prego di non prendermi per un’invasata ma…”
Goku sentì il cuore accelerare.
“Dimmi”
“Ecco…sono una cameriera del bar Tenkaichi Camp. Andando in bagno ho incontrato una ragazza, una donna credo…”
Stava per avere un infarto anche lui. Forse era…
“Aveva un viso bianco quando è uscita da lì e mi ha dato un biglietto. Io pensavo fosse uno scherzo ma lei non mi ha dato spiegazioni. Un uomo è venuta a chiamarla e lei è corsa via con lui.”
Goku sentì il cuore fermarsi improvvisamente. Come un corridore che improvvisamente si sente male e cade sul posto il suo cuore aveva fatto la stessa fine.
“Cosa…cosa c’era scritto sul biglietto?”
“Solo questo.” disse la ragazza leggendo “Chichi…Cooler…donna…e il suo numero di cellulare.”
Goku morì sul colpo.
“Signorina lei non sa quanto è stata importante questa telefonata. Dove si trova il bar?”
“Poco lontano dall’uscita dell’autostrada nord.”
Goku fece subito mente locale: quel bastardo l’aveva porta fuori città. Dovevano muoversi.
“Grazie, signorina. per qualsiasi cosa posso contattarla?”
“Oh mio Dio, spero…spero che quella ragazza…oh mio Dio, era stata rapita?”
“Non si preoccupi. A presto.”
Goku staccò la chiamata. La sua Chichi. Bulma lo guardò speranzosa, ma Goku non le diede tempo di parlare. Entrò come una furia nella stanza di Freezer. Afferrò la gamba fasciata e glielo strinse leggermente anche se avrebbe voluto disintegrarla.
“Chi è Cooler?”
L’uomo diede un urlo disumano. Goku strinse ancora più forte.
“Dimmi chi è. Basta con le buone maniere. O me lo dici o giuro che scenderai da questo letto con una gamba in meno.”
 
 

Erano arrivati. Chichi non riusciva a capire dove fossero. Cooler la teneva stretta a lui per un braccio bloccandole la circolazione in quel punto del corpo. Erano arrivati in un palazzo. Erano usciti dalla città. Questo l’aveva capito. Ma le sembrava di non aver mai visto quel posto. L’uomo la condusse in un palazzo completamente vuoto. Non aveva chissà quanti piani. Forse cinque e intorno non vi erano altre costruzioni. Doveva trattarsi di una zona periferica. Cooler non le aveva restituito il cellulare. La sua unica speranza era la ragazzina che le aveva indicato dove prendere l’acqua. Era stata lei a raggiungerla quasi come se il destino avesse davvero deciso di aiutarla. Salirono per un ascensore verso l’ultimo piano: il quinto. Chichi deglutì l’aria e con un sospiro si disse per la milionesima volta di stare calma. Le porte del nuovo mezzo di trasporto si aprirono dopo pochi secondi su una stanza. Sembrava un salotto visto l’arredamento: un tavolo poco lontano in legno pregiato era circondato da sedie anch’esse in legno scuro. Era tutto chiuso. Le finestre sigillate. Le mancò subito il respiro ma si fece forza. Con uno strattone Cooler la fece sedere su un divanetto che si trovava quasi di fronte all’entrata per l’ascensore.
“Cosa vuoi farmi?” tremò Chichi.
Sentiva già il corpo raffreddarsi come se volesse morire prima che quella famosa pistola compisse il suo compito. Era convinta che sarebbe morta lì, isolata dal resto del mondo, lontana da tutto ciò che le era più caro. Suo padre, Bulma, Vegeta e lui.
“Stai tranquilla angioletto.”
Chichi avrebbe davvero voluto prenderlo in parola ma non ci riuscì. Improvvisamente un rumori di passi le bloccò la respirazione. Qualcuno stava arrivando. Dalla sua posizione poteva vedere che quel salotto non era l’unica stanza. Da un porta laterale all’ascensore entrò qualcuno. Entrò lei.
“Salve signorina Del Toro.”

 

Buonasera gentile fanciulle.
Mi scuso per questo ritardo ma prometto che non ce ne saranno altri. Ieri ho fatto l’esame e sono finalmente liberaaaaaaaaa. Ora se ne parla a settembre e già vi dico che ho intenzione di scatenarmi. :P Hihihihihihi. Davvero non ci saranno più ritardi anche perché come avete visto la storia è agli sgoccioli. C’è solo un problema: come finirà? Ve lo dirò presto. Ormai è tutto chiaro. Un grazie di cuore alle “Fantastiche 3” che recensiscono e a tutti coloro che seguono la mia storia. Un bacio generale a voi che leggete e come sempre rinnovo l’invito a dire la vostra. A presto. BlueSon

 
 

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Capitolo 12
*** Arriverà la fine ma... ***


Tutto quello che posso dirti di me

 
 “Buonasera Signorina Del Toro”
“Signora Sonford? Lei…lei è…”  
Dio, non riusciva nemmeno ad accusarla.
“Dev’essere una sorpresa per lei vedermi qui e conoscermi come mandante di tutta questa brutta storia. Ma non si preoccupi, posso rispondere a tutte le sue domande.”
La sua voce non le era mai apparsa così fredda. I suoi occhi brillavano di pazzia. Avrebbe dovuto dare voce in capitolo ai suoi sospetti. Quella donna le aveva dato brutte sensazioni sin dall’inizio. Impossibile che il signor Sonford volesse vendere la villa di famiglia. Che stupida che era stata.
“Ho solo una domanda da farle signora Sonford. Perchè?”
 La donna sorrise ma quella smorfia non aveva nulla di rassicurante e di buono. Quando le si sedette accanto si fece piccola come un criceto. Non riusciva nemmeno a guardarla in faccia.
“Se solo mi avesse dato retta, signorina Chichi. Se solo avesse fatto in modo che quel pugile abbandonasse la mia villa lei non si ritroverebbe in questa brutta situazione. Ma lei si è innamorata vero?”
Non riusciva a pronunciare nemmeno una sillaba. Ogni parola che usciva da quella bocca veniva amplificata dalla convinzione che quella donna avesse urgente bisogno di un medico. Monica continuò appoggiandole una mano sulla gamba.
“So che è così. Io mi sono informata su di lei, signorina. Non avrei affidato questo incarico a nessun altro.”
“Lei…lei sapeva che la villa era abitata?”
“Lo sospettavo anche se ritrovare lì il nipote di mio marito è stata una sorpresa anche per me. Non sapevo che Goku Son fosse figlio di quel…di Bardack.”
“Perchè ha scelto me?”
“Perchè lei è professionale. Il suo Credo è soddisfare a pieno le richieste del cliente. O almeno così era prima che si innamorasse di quell’uomo non è vero? Lo ammetta, Chichi. Io posso capirla. Io…io ho agito per amore. Tutto quello che ho fatto, l’ho fatto per amore del mio adorato Charles.”
Fu allora che Chichi riuscì a sostenere il suo folle sguardo.
“Amore?” ripetè.
Come suonava male quella parola pronunciata dalla bocca di quella donna. Si chiedeva se davvero la signora Sonford conoscesse il reale significato della parola “amore”. Molto probabilmente no.
“Perchè?” tornò a chiederle.
Monica sorrise.
“Io ho sempre amato mio marito. L’ho amato dal primo giorno che l’ho visto. I nostri genitori volevano che noi stessimo insieme. Eravamo destinata a esserlo: entrambi forti, carismatici, eredi di un grosso patrimonio.Io feci i salti di gioia alla notizia e anche Charles era entusiasta.”
Chichi inorridiva sempre di più a mano a mano che le parole venivano fuori da quella bocca. Due erano le cose: o il signor Sonford aveva mentito o quella donna aveva completamente frainteso un caro affetto per amore puro. Sicuramente, visto le condizioni in cui versava, valeva la seconda.
“Ci siamo sposati dopo un anno, dopo il mio ritorno da un viaggio in famiglia. Il mio Charles era cambiato. Non era più mio. Una donna, una sgualdrina me l’aveva portato via. Voleva solo i suoi soldi, lo so che li voleva e si era fatta mettere incinta solo per portarmelo via. Si rende conto signorina Chichi quanto le persone possano essere crudeli ed egoiste? Quella poco di buono aveva fatto il lavaggio del cervello al mio amato. Charles era pronto a prendersi le sue responsabilità ma io…io non potevo permettere che il mio nome venisse infangato da una qualsiasi. Io e Charles eravamo destinati al successo e alla gloria. Nessuno ci avrebbe separati. Così pagai quella smorfiosa e le dissi di allontanarsi dalle nostre vite. Ma secondo lei, Chichi, cos’è successo dopo qualche anno?”
“Me lo dica.” disse disgustata.
“Semplice. Quella donna ritornò e con un figlio per giunta. Io non riuscivo ad avere un bambino. Non ci riuscivo nonostante io e mio marito ci avessimo provato. Invece quella lì gli portava l’erede del patrimonio dei Sonford.  Charles lo accolse a braccia aperte e io dovetti mantenere la falsa. Fortunatamente dopo poco riuscii ad allontanare la minaccia.” si interruppe per un risata illecita.
Chichi sentì il vomito salirle in gola.
“Fu lei…lei allontanò Bardack da Charles?”
“Nessuno poteva infangare il mio nome. Non c’era riuscita la madre e nemmeno lui doveva spuntarla. Un giorno gli dissi che lui non era figlio di Charles ma solo un lurido bastardello che era stato concepito per sbaglio.”
“Lei ha detto questo a un bambino? Aveva solo dieci anni, signora, ma che razza di donna eh?” sbottò alzandosi.
Subito una presa di ferro le intimò di sedersi.  Cooler le aveva quasi rotto una spalla.
“Cosa avrebbe fatto lei? Io ho fatto di tutto per il mio adorato Charles. L’ho appoggiato sempre e consolato ogni qualvolta c’è stato un problema. Io ci sono sempre stata. Nessuno poteva prendere il mio posto. Ha capito, signorina? io dovevo allontanarlo e ci riuscii.” si giustificò terminando la frase con un sorriso di trionfo. Era come parlare al vento. Il vento non si può afferrare così come quella donna. La sua pazzia l’aveva resa capace delle più grandi delle colpe. Non doveva più impressionarsi.
 
 
Goku era riuscito in un doppio intento. Aveva avuto la notizia tanto desiderata e aveva rotto di nuovo la gamba di Freezer. L’agente Kaio l’aveva sbattuto fuori ma lui era contento. Una piccola soddisfazione che era solo la prima di una prossima vittoria. Avrebbe trovato quella donna e le avrebbe fatto rimpiangere il giorno in cui aveva deciso di rendere la vita della sua famiglia un Inferno. Correva veloce con a fianco l’agente Kaio. Dietro due immancabili Bulma e Vegeta. La donna sembrava aver ripreso colore ma i brividi non le permettevano di restare serena. Voleva che quell’incubo finisse. Goku non sarebbe voluto tornare in ospedale. Ma doveva sapere dove fosse Monica Sonford e nessuno glielo poteva dire meglio di suo marito. Parcheggiò e come una furia entrò nell’ospedale. Prese l’ascensore e picchiettò il piede sul suolo pensando a quanto fosse lento quel coso. Entrò nella stanza e fu contento di vedere che l’uomo voleva già rimettersi in piedi. Il medico che aveva tenuto in cura entrambi cercava di farlo ragionare.
“Signor Sonford, la prego, mi faccia fare degli ultimi aggiornamenti. Resti ancora a riposo.”
“Ho molte cose da fare.”
Goku sorrise per un istante fiero che quell’uomo facesse parte del suo passato. Non poteva ancora dire nulla sul futuro. Non ci sarebbe stato un domani se prima non avesse ritrovato Chichi e l’avesse ricondotta sana e salva tra le sue braccia.
“Signor Sonford, si rimetta a letto” disse cercando di apparire più calmo possibile “perchè devo parlarle.”
L’uomo dagli occhi grigi smise di obiettare. Quel giovane gli ricordava tanto suo figlio. Lui e Bardack erano identici. Forse il padre riviveva nel figlio e lui non era mai riuscito a dire di no a quel bambino che gli era sempre sfuggito. Doveva almeno cercare di recuperare i rapporti con il nipote.
“Potete lasciarci soli?” chiese poi ai presenti.
I primi a uscire furono Gohan e Junior. Anche il dottore uscì ma sulla soglia gli intimò di non affaticarlo troppo. Dopo che anche l’uomo in camice bianco fu uscito Goku si mise accanto a quell’uomo e si sedette cercando di frenare il battito accelerato del suo cuore.
“Signor Sonford, quello che sto per dirle non è facile da accettare o capire. La prego solo di essere forte, come lo è stato in tutti questi anni. Se è vero…se è vero che lei è mio nonno e che ha sofferto per la morte dei miei genitori deve giurarmi che si farà forza. Non può crollarmi adesso ha capito?”
“Ragazzo, te lo giuro.” rispose con fierezza “ma ora parla. Cos’è successo?”
“Ha presente quella giovane donna che stamattina era al mio fianco?”
“Sì, una bella ragazza.”
Altro che bella pensò Goku.
Deglutì cercando di alzarsi per sbattere a terra la sedia sulla quale era seduto.
“Vede qualcuno…qualcuno l’ha portata via.”
“Buon Dio, l’hanno rapita?”
“Ne abbiamo la conferma. Io sono dovuto scappare all’ospedale da quel bastardo di Freezer Look e diciamo che è riuscito a farmi un nome.”
“Il nome di chi l’ho ha mandato alla villa? Colui che ha ucciso i tuoi genitori?”
“Sì.”
L’uomo si accasciò sul cuscino e il suo volto divenne di nuovo bianco come il lenzuolo che lo avvolgeva. Goku gli strinse la mano come non aveva mai fatto.
“Signor Sonford ha promesso.”
“Sì ragazzo, sì.” riuscì a balbettare.
“Non è tutto. Non si tratta di un uomo. Si tratta di una donna.”
“Una donna? Un donna?” ripetè alzando la voce.
Goku annuì rendendo più salda la presa.
“Mi deve dire dov’è sua moglie.”
“Mia moglie? Monica?”
Charles Sonford sembrava non capire. O forse non voleva.
“È stata sua moglie a contattare Chichi chiedendo di mettere in vendita la villa. Freezer Look ha fatto il nome di sua moglie”
L’uomo cominciò a sudare. Goku vide il monitor. Il battito calò di colpo. Charles cominciò a respirare a fatica e gettò la testa sul cuscino guardando verso l’alto come se volesse prendere aria. Non ci riusciva e i suoi occhi si chiusero come per magia.
“Signor Sonford, signore la prego. Dottore!”
Pigiò un pulsante rosso accanto a letto. Un suono metallico si propagò per il corridoio. Il medico entrò di corsa seguito da un’infermiera, Bulma, Vegeta, Junior e un Gohan quasi cadaverico.
“Non c’è più battito. Carica a 130” disse l’uomo all’infermiera.
La donna prontamente eseguì l’ordine preparando il defibrillatore.
 “Libera…libera…”
Goku si sentì un verme. Charles Sonford aveva chiuso gli occhi per tutto il tempo e nonostante le varie scariche il monitor segnalò una linea piatta, il battito sullo zero. Senza che nessuno riuscisse a fermarlo scostò il dottore e colpì sul petto dell’uomo con tutta la forza che aveva.
“Hai giurato. Nonno, hai giurato.” disse colpendo ancora.
 Il suono piatto tornò a essere un segnale.. Goku si fermò. Forse era il suo cuore quello che aveva smesso di battere. Il signor Sonford riaprì piano gli occhi e il suo battito salì lento, ma saliva. I suoi occhi grigi lo guardarono con amore.
“Tro..trovia..mola!” balbettò con un sorriso.
 
 
“Ha capito adesso? Ha capito quanto io abbia offerto, Chichi?”
“Perchè non ne ha mai parlato con suo marito? Perchè non ha provato a spiegargli come lei si sentiva? Lui avrebbe capito.”
“Forse, ma ha voluto troppo bene a quel figlio, signorina. Noi esseri umani siamo fatti così. Amiamo chi ci è lontano, chi ci detesta. Lui amava suo figlio come io amo lui.”
Quella donna le faceva paura. Le aveva raccontato tutto quello che aveva fatto. Dopo aver allontanato Bardack non si era più preoccupata perchè era riuscita aspettava un bambino. Solo più tardi venne a sapere che suo marito aveva cercato Bardack e lei aveva deciso di tagliare la testa al toro. Ingaggiò Freezer e lo mandò alla villa. Da lì si sentì in una botte di ferro fino a quando non era venuta a conoscenza che suo nipote Gohan aveva dato ospitalità a un tizio nella villa. Non avrebbe mai pensato che si trattasse di quel bambino creduto morto già da un pezzo. Lei non sapeva come si chiamava perchè Charles preferiva non parlarne con lei. Con il tempo era diventato sempre più chiuso e se prima le nascondeva qualcosa ora erano rare le volte che riuscivano a parlare. Ma Monica stava in pace con se stessa e ora aveva solo un altro asso nella manica. L’ultimo che poteva giocare.
“Ho una proposta da farti.” disse con un sorriso smagliante.
Chichi rabbrividì.
“Cosa vuole da me?”
“Voglio che tu chiami Goku e che lo faccia venire da me. Voglio che senta la tua voce e che capisca che tu stai bene. Una volta che sarà arrivato tu lo ucciderai.”
Chichi era davvero sull’orlo del collasso.
“Lei è pazza.” riuscì a dirle.
La donna per tutta risposta sorrise.
“Tu lo ucciderai per me. Se non lo farai il signore qui presente ucciderà prima tutte le persone a te care come tuo padre, la tua amichetta con il futuro marito e poi te. Ci siamo capiti?”
Le lacrime lottarono con tutta la forza per uscire. Chichi era troppo stanca per fermarle.
“Non può farmi questo. Perché?”
“Perché voglio dimostrarti che per amore si può fare tutto. Chi ucciderai Chichi? Il tuo Goku o la tua famiglia?”
 
 
Qualche ora dopo.
Era sera. Un sera fredda come poche visto che l’estate era prossima. Goku stava correndo come Vin Diesel in “Fast and Furious ”. Doveva raggiungere la cittadina di Slowride prima che fosse troppo tardi. Il signor Sonford aveva ingaggiato i suoi uomini più fidati.  Avevano localizzato la donna tramite gli ultimi spostamenti, le ultime chiamate. Aveva si potuto fare quello che aveva fatto ma era comunque stata troppo superficiale nel coprire le sue tracce. Per loro fortuna. Goku arrivò al palazzo. Vide il macchinone grigio descrittole dalla ragazzina del bar. Scese. Il signor Kaio e Vegeta erano con lui insieme ad altri tre poliziotti. Bulma era rimasta in ospedale con Charles, Gohan e Junior. Erano tante le cose che il signor Sonford doveva spiegare al più giovane dei suoi nipoti. Goku sperò con tutto il cuore che Chichi fosse ancora viva. Altrimenti non sarebbe bastato l’ergastolo come punizione alla follia di quella stronza. Salirono le scale cercando di fare il minor rumore possibile. Goku si fiondò all’interno senza richiedere nemmeno un’arma. Gesto avventato ma non ce la faceva più ad aspettare. Prese le scale e ad ogni passo il suo cuore aumentava di un battito. Era tutto deserto: non c’era nessuno. Il quinto piano era inaccessibile. Doveva per forza prendere l’ascensore per entrarvi. Lo prese. Al suo interno non vi trovo nessuno. Quando le porte si aprirono il cuore cessò improvvisamente di martellare come se anche quel battito fosse un modo per essere scoperti. Non c’era nessuno. L’ambiente opprimente gli chiuse lo stomaco in una morsa. Improvvisamente sentì una porta aprirsi. Si nascose dall’altro lato dell’ascensore che rientrava nell’appartamento. Era pronto a sganciare uno dei suoi micidiali sinistri ma la vista lo tramutò in una statua di sale. Chichi gli parò dinanzi. Era bianca come un lenzuolo e dal suo naso colava sangue che bagnava le sue candide labbra. La rabbia gli montò dentro come un’onda anomala.
“Chichi, chi è stato?”
“Dobbiamo scappare. Non c’è tempo.”
Chichi lo prese per mano e lo condusse al di fuori d quella specie di salotto. Entrarono nell’ascensore. Scesero al piano di sotto. Era tutto vuoto. Uno spazio bianco in cui l’unico corpo all’interno era la rampa di scale che Goku prima aveva percorso.
“Da chi scappiamo? Dov’è la signora Sonford? Dov’è Cooler?”
“Sono scappati. Sapevano che stavate venendo.”
Goku la guardò in quelle iridi scure. Qualcosa non quadrava.
“Se loro non ci sono perché scappiamo?” le chiese circondandole il viso con le mani.
Chichi non voleva mentirgli. Cooler l’aveva picchiata pur di farla partecipare al piano. Ma non avrebbe mai acconsentito a uccidere Goku. Le lacrime si confusero al sangue. Goku le asciugò “Chichi dove sono?” “Signor Son” lo chiamò un agente appena sbucato dalle scale. Non ci fu tempo per parlare. L’uomo in divisa fu colpito da uno sparo che non si sapeva da dove fosse partito. L’agente urlò dal dolore. Goku si catapultò su di lui e Chichi gli coprì le spalle. Cooler non lo avrebbe colpito. Prima avrebbe dovuto uccidere lei. Da quella posizione Goku poteva vedere chiaramente che gli altri stavano salendo. “Non vi muovete…” urlò “…chiamate un’ambulanza. Quel bastardo ci vuole morti.” Goku si girò intorno. Uno spazio bianco si estendeva dinanzi ai suoi occhi. Da dove colpiva quel bastardo. “Chichi vai giù” “Io non ti lascio.” Goku cercò di muoversi ma lei non si spostò. “Lui ucciderà tutte le persone a me care. Lei è andato dal signor Charles.”
 

 
In ospedale l’orario delle visite era chiuso da un pezzo. Non c’era nessuno per i corridoi. Gohan dormiva appoggiato sulle gambe di Bulma che a sua volta stava sonnecchiando. Un’infermiera in punta di piedi entrò nella stanza e chiuse la porta dietro le sue spalle a chiave. Un sorriso diabolico e gli occhi folli la distinguevano da qualsiasi altra infermiera o persona sana di mente. Monica prese la pistola dal camice che aveva indossato e la puntò contro l’uomo che dormiva nel letto.
“Charles” lo chiamò.
L’uomo si vegliò mettendosi seduto come se quella che avesse sentito era la voce della morte venuta a prenderlo, ma non era la morte: era Satana in persona.
“Cosa vuoi fare, maledetta?”
“Tu sei solo mio, ma tu…tu non mi hai mai amata, vero Charles?”
“Monica…”
“Hai sempre dato tanto agli altri. Sempre pronto a donare amore, perché con me non ti sei mai sforzato?”
“Monica abbassa la pistola.”
“Sta zitto.” Urlò.
Nel giro di qualche secondo qualcuno cominciò a battere contro la porta chiamando il signor Sonford. Doveva essere quella turchina. L’avrebbe uccisa dopo. Si avvicinò intanto al letto del marito. Gli puntò la pistola al volto e con un sorriso sadico tolse la sicura all’arma.
“Se io non ho potuto godere del tuo amore, nessun altro potrà farlo. Addio, signor Sonford…”
Una presa ferrea le bloccò la mano facendo cambiare direzione alla pistola. Lo sparo colpì il soffitto. Non fu difficile per Junior disarmarla.
“Dov’eri tu? Pensavo ti fossi allontanato.”
“Lei ha scelto bene la guardia del corpo per suo nipote, signora” disse Junior “non mi allontano mai dal posto di lavoro soprattutto se c’è la possibilità che una pazza come lei venga a fare visita”.
 
 
Goku era di fronte a Chichi. La donna non voleva spostarsi.
“Scendi prima tu.” sussurrò lei.
Per tutta risposta Goku si rivolse al nulla.
“Bastardo esci fuori.”
Dopo qualche istante una risata malefica si propagò nello spazio circostante. Partì un altro colpo diretto a Goku. Ma Chichi era davanti. L’impatto del proiettile con la sua pancia fu devastante. Cadde rovinosamente a terra in un grido più simile a quello di un animale in agonia. Goku urlò anche lui e si accasciò a terra accanto alla donna che amava con tutto se stesso.
“Chichi, Chichi resisti.”
“Io glielo avevo detto. Aveva solo una possibilità per salvare te e i suoi cari: ucciderti.” disse Cooler che con un pistola puntata era uscito dall’ascensore. Attaccato al soffitto come una specie di uomo ragno aveva sparato da lì. Goku lo guardò con tutto il disprezzo e l’odio che potessero esistere. Quello era un morto che camminava.
“Sei un bastardo.”
“Credo che la signora Sonford sia già andata in ospedale dal tuo nonnino, pompato. Avrà fatto piazza pulita e ora si starà dirigendo a casa Del Toro, vero angioletto?”
Chichi avrebbe voluto strozzarlo con le sue mani, ma il dolore non le permetteva nulla se non di soffrire. C’era qualcosa che poteva e doveva fare. L’agente accanto era svenuto. Aveva ancora la pistola nell’altra mano. Cooler sembrava distratto. Goku si alzò parandosi dinanzi a lei.
“Sai vero che sei finito?” minacciò.
Cooler scoppiò in un’altra risata. In questo era tale e quale a Freezer.
“Sono io che ti sto puntando una pistola alla testa, se non l’hai notato. Credi che sono come mio fratello? Non farò a pugni con te. Ti ucciderò direttamente e sappi che se proverai solo a spostarti il colpo ricadrà sulla tua bella.”
Cazzo, aveva ragione! Non avrebbe avuto il modo si spostarsi né di salvarsi. Un goccia di sudore scivolò lungo la mascella. Lo stomaco era un pugno chiuso.
“Hai capito vero che non puoi minacciare?”
“Marcirai all’Inferno.”
“Sì, lo so. Ma non oggi. Addio Goku Son”.
Partì uno sparo ma quella sera il destino era dalla parte dei buoni. Il colpo non fu sganciato dalla pistola di Cooler. Quest’ultimo cadde a terra urlando in modo disumano. Kaio finalmente salì. Vegeta doveva essere corso all’ospedale dopo aver sentito che quella pazza era andata lì. Goku si girò. Non era stato l’agente a sparare. Chichi aveva gli occhi semichiusi e la pistola ancora impugnata. Goku gliela tolse e la strinse forte.
“Ehi, tu devi essere forte, capito? Non ti addormentare.”
Chichi sorrise debolmente.
“Devo…devo dir…ti una co…sa.” farfugliò piano.
“Kaio, arriva quest’ambulanza?” urlò lui rivolgendosi all’agente.
“Ho chiamato. Ho chiamato.” ripetè quest’ultimo.
Chichi allungò la mano per accarezzare il viso di Goku. Questi girò di nuovo lo sguardo su di lei. Non voleva perderla. Non voleva, non poteva perderla. Baciò quella mano così piccola tenendola stretta.
 “Chichi, ascoltami. Non mi puoi lasciare. Hai detto che non l’avresti mai fatto. Ricordi?”
La donna sorrise ancora. Le sue labbra erano già sbiadite.
“Ti Amo, Goku.”
Avrebbe preferito morire seduta stante se in quel modo avesse potuto cambiare le cose. Le sirene dell’ambulanza richiamarono l’attenzione dell’agente, ma Goku sembrò non sentirle.
“Ti amo anch’io. Che sciocco sono stato a non dirtelo. Chichi, hai capito?!? Ti amo.”
La ragazza annuì chiudendo gli occhi. L’urlo di Goku le risultò così lontano e le sembrava che dinanzi a lei la stesse aspettando sua madre.

 

Buonasera mie care donzelle,
dite che sono stata cattiva? Sapete che non farei mai morire la mia Chichi…o forse sì? Insomma: devo o non devo creare un po’ di suspense? Il titolo però svela già qualcosa (frase tratta dalla canzone di Tiziano Ferro “La Fine”). XD  Gli scagnozzi sono stati arrestati. Ma ci sarà o no un futuro per i nostri amici? Lo scoprirete nel prossimo capitolo. Ringrazio come sempre tutte voi, in particolari le mie commentatrici numero uno (spero se ne aggiungeranno altre :P ) e chi sta seguendo questa storia. Un bacio a tutte e buona serata. BlueSon

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Capitolo 13
*** ...non sarà la Fine ***


Tutto quello che posso dirti di me


Goku aveva scelto di essere un pugile non solo perchè aveva pensato che diventare famoso lo avrebbe aiutato a cercare una sua probabile famiglia. Non l’aveva fatto solo per rendere memoria alle parole della madre, ma l’aveva fatto perchè aveva capito che bisognava prendere a calci la vita. Bisognava sapere affrontare ogni ostacolo, bisognava essere preparati e pronti per rischiare di non soffrire. Per questo Goku aveva tenuto la guardia alta in tutti quegli anni: non voleva lasciarsi sorprendere, non poteva farlo. Invece era successo: la vita gli aveva dato il colpo allo stomaco più forte nella storia di tutti gli incontri di pugilato. Un colpo allo stomaco che non aveva fatto male ma bene. Un colpo che dallo stomaco era salito sino al cuore, così profondo da fargli tremare anche l’anima: si era innamorato. Senza che lui lo volesse, lo cercasse, lo desiderasse l’amore era arrivato e gli aveva stravolto l’esistenza ed è proprio l’amore il colpo più difficile da parare. Si sa che è un sentimento particolare che riesce a farti provare sensazioni contrastanti, si potrebbe dire antitetiche. L’amore è questo e il contrario di esso: è dolore e piacere, passione e distruzione, cura e malattia. Per amore si vive e si muore e Goku in quel preciso istante stava morendo. Ma mai avrebbe rinnegato quel sentimento nei confronti di Chichi. Non avrebbe mai rimpianto di averla incontrata o di essersi innamorato di lei. L’amore vero non ti crea rimorsi: l’amore vero si vive a pieno senza se e senza ma, con tutte le conseguenze, con tutto il dolore. Soffriva solo perchè la sua unica fonte di vita si trovava in sala rianimazione ancora priva di sensi. Era disposto a vendersi anche l’anima pur di vedere Chichi riaprire gli occhi e rialzarsi da quel maledetto letto d’ospedale. Il medico che l’aveva operata aveva faticato parecchio per estrarle il proiettile dallo stomaco. Durante il tragitto Chichi aveva perso molto sangue e subito era entrata in sala operatoria: bisognava estrarre il proiettile e riparare la lesione prima che i succhi gastrici infettassero altri organi. Il tempo aveva remato contro di loro e l’infezione era profonda. Il medico era stato bravo perchè aveva cercato di curare anche quella e ora bisognava soltanto aspettare. In sala d’aspetto si era aggiunto anche il signor del Toro, il padre di Chichi. Bulma gli aveva raccontato tutta la situazione nelle lunghe ore durante le quali Chichi ancora non aveva aperto gli occhi.
“Deve passare la notte.” aveva detto il medico “L’infezione aveva intaccato alcuni organi intorno allo stomaco e non è stato facile eliminarla. Possiamo solo aspettare.”
Goku non si era mosso dalla stanza in cui Chichi riposava. Aveva indossato il camice verde, aveva la cuffietta e la mascherina dinanzi la bocca. Chichi era molto debilitata: si vedeva dal suo viso bianco, dalla smorfia di dolore che aveva su quello stesso viso. Avrebbe voluto prendere a pugni ogni cosa. Avrebbe voluto urlare a qualcuno lassù che se la prendessero con lui. La notte era appena cominciata… .
 
 
Chichi non si era svegliata. Il medico la sottopose ad altri controlli. Goku era sempre lì. Non si sarebbe mosso per nulla al mondo ma Bulma aveva detto che Juma voleva parlare con lui.
“Rimango io con lei. Ci vorrà poco.”
Goku aveva acconsentito. Doveva essere lui a dare delle spiegazioni a quell’uomo non altri.
“Mi raccomando…”
“Ti chiamerò immediatamente appena si sveglia.” gli disse prontamente Bulma.
Goku uscì liberandosi di quel camice. Il signor Juma era un uomo grande e grosso. Quell’espressione di dolore sul viso faceva da contrasto al fisico d’armadio a tre ante. Goku gli strinse la mano e il padre di Chichi ricambiò la stretta.
“Bulma mi ha raccontato quello che è successo.” iniziò lui con tono grave.
“Mi dispiace moltissimo signore. Farei qualsiasi cosa per vederla stare bene.”
“Avresti dovuto non metterla in mezzo prima di tutto.”
Il tono si incupiva a ogni sillaba aggiunta. Goku non poteva dargli torto. L’aveva messa in mezzo in una situazione che nemmeno lui conosceva: un passato senza immagini. Chichi gli era stato accanto e gli aveva dimostrato che per costruirsi una vita non c’era bisogno di sapere da dove veniamo, chi e cosa eravamo. Bisognava solo iniziare a costruire qualcosa e quel qualcosa sarebbe stato la nostra vita. Goku aveva gettato le basi con lei e non sarebbe stata la stessa cosa se lei non ci fosse stata più.
“Senti Goku, io ti ammiro tanto. Ti ammiro come pugile, come campione e anche come uomo. Non dev’essere stato facile per te vivere senza un passato né tantomeno venire a scoprire così brutalmente le tue origini, ma Chichi è mia figlia. Quando mia moglie ci lasciò promisi sulla sua memoria che nessuno le avrebbe fatto del male e come puoi vedere non ci sono riuscito.”
Quell’uomo lo stava massacrando senza nemmeno sfiorarlo.
“Per questo” continuò Juma “sarebbe meglio che tu non ci fossi al suo risveglio. Sono protettivo e forse anche un po’ all’antica visto che mia figlia è grande e può fare quello che vuole ma tu che futuro potresti darle?”
“Quello che lei deciderà di avere, signore.” rispose prontamente.
Juma non lo avrebbe allontanato da Chichi. Avrebbe dovuto stenderlo e cacciarlo da quell’ospedale a calci nel sedere.
“Ragazzo, forse non ci siamo capiti. Tu hai messo in pericolo la vita della mia unica bambina. Con quale coraggio le stai vicino dopo tutto quello che le hai fatto?”
“Signore, so di aver sbagliato.”
“Bene, allora vedi di sparire da qui. Non voglio più vederti intorno a mia figlia, non me ne frega chi sei o cosa fai. Sarò disposto sempre ad allontanare bastardi come te dalla mia bambina.”
“Juma che succede?” chiese improvvisamente Vegeta che non aveva potuto fare a meno di sentire le urla del signor Del Toro.
 Veramente nessuno aveva potuto fare finta di niente visto che l’uomo stava sbandierando ai quattro venti il suo astio e la sua frustrazione. Goku poteva capirlo: lui prima di chiunque altro si sentiva colpevole per quello che era successo. Forse…forse quell’uomo aveva ragione. In fondo che futuro poteva dare a Chichi? Il signor Sonford aveva già deciso che lui doveva entrare nella sua famiglia come nipote ed erede del patrimonio di famiglia. Sarebbe stato uno scandalo e persone poco oneste avrebbero scritto malignità su di lui e su tutte le persone che gli stavano accanto. Forse anche su di lei. Era così assorto nei suoi pensieri che non si rese conto di quanto Juma gli sferrò un pugno in pieno viso. Il dolore alla mascella arrivò dopo. Vegeta si mise in mezzo cercando di fermare quel vulcano in eruzione.
“Mia figlia ancora non si sveglia. Prega Dio che lo faccia perchè in caso contrario sei un uomo morto.”
“Basta Juma, esca un po’ fuori con me.” sbottò Vegeta trascinandolo fuori.
Goku rimase solo nel corridoio con quella frase che gli risuonava ancora nelle orecchie. Occhi estranei guardavano tutti lui. Lo stavano già giudicando e lui si sentiva un mostro. Forse era vero quello che diceva il padre di Chichi. Lui non poteva essere egoista come lo era stata Monica che aveva fatto di tutto pur di tenersi stretto suo nonno. Lui non era così: lui…lui doveva lasciarla andare. Si voltò e tornò nella sala rianimazione. Doveva almeno salutarla, doveva dirle quanto fosse dispiaciuto.
 
 
“Goku, cosa diamine è successo?” chiese Bulma alzando di un tono la voce dimentica che l’amica era nel letto priva di sensi.
“Piccola discussione. Puoi lasciarci soli?”
“Cosa vuoi fare?”
“Voglio salutarla.”
“Vai via?” chiese la turchina meravigliata “Perchè?”
“Per favore Bulma, niente domande, ok?”
Bulma parlava sempre troppo e si rese conto che in quel momento doveva per forza chiudere la bocca. Si alzò dalla sedia e quando gli fu vicino gli diede una pacca sulla spalla.
“Dille che non mi fa scherzi. Non mi sposo se lei non ci sarà.” disse con un punta di rammarico.
Goku evitò di guardare la donna negli occhi perchè già sapeva che si erano riempiti di lacrime. Lui doveva essere forte, forte per lei. Quando Bulma uscì Goku si mise comodo sulla sedia al suo fianco. Prese una sua mano e la baciò teneramente.
“Ti ricordi la prima volta che ci siamo visti, Chichi? Pensavi fossi un ladro o un poco di buono. Non ti ho mai detto però cosa ho pensato io quella prima volta. Mi chiedevo se fossi o meno un’allucinazione, un ricordo che dal mio passato prendeva vita. Ho scoperto con piacere che tu eri una persona in carne e ossa, piena di amore e altruismo. Hai sposato la mia causa come se mi conoscessi da sempre e io sono stato lo stupido che voleva allontanarti. Ti ricordi? Forse sarebbe stato meglio che quella giornata tu non fossi mai tornata. Ora non ti ritroveresti qui.”
Il cuore gli si raggomitolò nel petto. Juma aveva ragione: era tutta colpa sua.
“Sì, sarebbe stato meglio. Eppure il mio cuore mi spinse a cercarti perchè aveva già capito che di te potevo fidarmi e perchè incondizionatamente si era già legato al tuo. Ti devo tanto. Tu mi hai dato un sorriso quando pensavo che non sarei più stato capace di essere felice; mi ha dato speranza quando credevo di non avere nessuno al mondo e mi hai dato l’amore quando ero convinto di non poter ricevere e provare un sentimento così forte. Sì, io ti amo, Chichi e non riesco nemmeno a immaginare una vita senza di te. Purtroppo tuo padre ha ragione: io ti ho messo in pericolo e questo non me lo perdonerò mai. Io so che sei forte, lo sei sempre stata, accettandomi per quello che ero e accontentandoti di quel poco che sapevo di me. Sii forte anche adesso amore mio, ti prego, apri gli occhi e permettimi di guardare il tuo sorriso un’ultima volta. Ti lascerò andare e tu troverai una persona che non possa mai macchiare la tua carriera, che non possa metterti in ridicolo, che non ti renda preda di pazzi con la fotocamera privi di scrupoli. Troverai una persona che possa farti sentire felice e che ti faccia dimenticare questa brutta esperienza, ma tu ora devi alzarti. Hai sentito Bulma,vero? Ha detto che non si sposa senza di te e poi sei l’unica gioia di tuo padre, l’unica figlia per la quale è disposto a tutto. Sei indispensabile qui. Ti prego svegliati, amore mio. Svegliati, ti scongiuro.” 
Strinse la sua mano tornandola a baciare e poggiò la testa sul bordo del letto cercando di tenere a freno la rabbia, la frustrazione, il dolore e le lacrime. Qualcosa in quel momento successe. La mano di Chichi che lui teneva ancora ancorata alla sua si mosse. Goku scattò subito ritto per guardarla. Le palpebre ancora chiuse si mossero e la mano strinse la sua. Goku sorrise ringraziando il cielo per l’ennesima volta ma no aspettò che aprisse gli occhi anche se avrebbe voluto tanto specchiarsi in quelle iridi scure. Le baciò le labbra con tutta la dolcezza di cui era capace.
“Non lo dimenticare mai: Ti amo. Non so cosa farò senza di te, ma sappi che Ti amo. Questo…questo è tutto quello che voglio dirti di me.” le sussurrò con un sorriso ricordando quella bellissima notte.
Uscì dalla stanza chiamando tutti e anche il dottore. Juma rientrò senza degnarlo di uno sguardo e lui approfittò che tutti si fossero allontanati per uscire da quell’ospedale, palcoscenico di tanto dolore ma anche di felicità. Lei stava bene, sarebbe stata meglio e questa era l’unica cosa che contava davvero.
 
….
 
Due settimane dopo…
Goku era in un albergo in centro. Aveva affittato quella camera dal giorno in cui aveva lasciato l’ospedale. Il signor Charles Sonford era riuscito a convincerlo ad andare da lui. Ricordava perfettamente quella conversazione.
 
“Ho delle cose da farti vedere. Foto, giocattoli, tutte cose che ho preso dalla villa il giorno in cui i tuoi genitori…be’, hai capito.”
“Signor Sonford io non sono sicuro…”
“Signor Sonford?!? Pensavo mi avessi chiamato nonno. Devo per forza essere in punto di morte per sentirmi chiamare così da te?” disse con una punta di ironia.
Goku riuscì a sorridere.
“No, però non lo so.”
“Pensaci ok? Non ti sto chiedendo di cambiare la tua vita. Voglio solo mostrarti delle cose che ti appartenevano e che ti appartengono.”

 
La curiosità aveva vinto su qualsiasi altra cosa. Forse allontanarsi un po’ gli avrebbe fatto bene. Monica Sonford era stata arrestata insieme a Cooler. Loro insieme a Freezer ancora malconcio e i suoi scagnozzi avrebbero ottenuto sicuramente l’ergastolo. Era tutto finito. Di lei, invece, non aveva più avuto notizia. Aveva perso contatti con tutti. Aveva cambiato numero per non essere rintracciato e ora stava per andarsene. Per quanto tempo non lo sapeva. Sicuramente avrebbe ripreso gli allenamenti e si sarebbe tuffato in gare su gare per dimenticare. Sorrise dinanzi a quel paradosso: aveva cercato tutta la vita di ricordare chi era, cosa avesse fatto e ora invece voleva dimenticare. La vita era proprio strana. Chiuse la valigia e la poggiò ai piedi del letto. si guardò allo specchio cercando di abbozzare un sorriso di scena. Indossava un paio di jeans blu scuro e un camicia svoltata sulle braccia con i primi due bottoni slacciati. Non aveva più i punti ovviamente già da un pezzo ma i segni rimasti sarebbero state sempre un marchio. Difficile dimenticare con quei tatuaggi sulla pelle! Sbuffò e diede un calcio alla valigia sfogando così la frustrazione. Si passò una mano tra i capelli come se avesse voluto strapparseli. Il cellulare lo distolse da quel folle tentativo.
“Pronto?”
“Goku, sono Junior.”
“Ehi, soldato. Io sono pronto. Tu dove sei?”
“Sto giù.”
“Bene, allora scendo.”
“No aspetta, meglio se vengo io. Qui ci sono molte persone. Dovresti aver bisogno di una guardia del corpo.”
“Andiamo amico sono un pugile non un attore famoso.”
“Sì, ma evitiamo di creare troppi schiamazzi. Vengo su. Aspettami.”
Goku staccò per ultimo e guardò il miracolo tecnologico come se l’avesse visto per la prima volta. Junior non si era mai preoccupato così tanto. era un tipo puntiglioso e attento a tutto ma non c’era bisogno di fare tutto quella scena. Sorrise facendo spallucce. A lui non cambiava nulla o almeno era quello che credeva. Infatti giù…
“Grazie Junior, davvero.” disse Chichi scendendo dall’auto.
“Io vado a recuperare Gohan. Fate con calma.” disse l’uomo con un sorriso malizioso.
Chichi arrossì.
“Grazie.” ripetè prima di fiondarsi nell’entrata dell’albergo.
 
 
Un giorno un sapiente disse che una vita senza ricerca non è degna di essere vissuta. Un filosofo dell’amore gli avrebbe risposto che una vita senza amore non è degna di essere chiamata vita. È difficile da credere visto che spesso l’amore si cerca senza riuscire a trovarlo ma quando è l’amore a cercare te allora non si hanno via di fuga.
Chichi con un sospiro profondo raggiunse la camera che Junior le aveva indicato. Bussò e subito fu aperta. Goku aveva solo aperto la porta senza controllare chi fosse fiondandosi un attimo in bagno per assicurarsi che non aveva lasciato nulla fuori dalla valigia.
“Junior andiamo?” chiese poi girandosi di colpo.
Quello che vide lo lasciò senza fiato e con il cuore che non gli batteva più nel petto ma in testa. Chichi era dinanzi a lui in tutto il suo splendore. Il viso era ritornato roseo con quel velo di trucco che non guastava la sua bellezza naturale. I capelli neri sciolti incorniciavano il volto. Non indossava il completa da lavoro ma una T-shirt fucsia e un jeans che le fasciava perfettamente le gambe. I tacchi come sempre non mancavano. Forse era un sogno. Poi la vide poggiare le mani nei fianchi assumendo la classica posa di sfida.
“Da quanto in qua le persone si lasciano su un letto d’ospedale senza nemmeno accertarsi che siano vive o morte?”  
Sembrava davvero arrabbiata. Eppure…eppure quel sorrisetto sprezzante e divertito faceva intendere tutt’altro.
“Come stai?”
“Adesso ti interessa, Son? O Sonford?” sorrise mordendosi il labbro inferiore.
Goku perse un battito cercando di ricollegare cervello e bocca.
“Chiamami Goku.”
“Certo. Come la prima volta.”
Sorrise anche lui a quel ricordo.
“Perchè te ne sei andato?”
“Perchè è meglio così.”
“Per chi è meglio? Per te, per me o per mio padre?”
Come diavolo faceva a saperlo? Chichi gli si avvicinò. Il suo cuore pompava come un pazzo. Il giorno in cui si era svegliata aveva sentito il calore di Goku accanto a sé per poi rendersi conto che lui se ne era andato. Inizialmente si era incazzata eppure ricordava che lui le avesse parlato. Non ricordava cosa ma sapeva che l’amava. Glielo aveva detto. Lo credeva fermamente. Aveva deciso di rimettersi in sesto presto mentre cercava di capire dove fosse. Nessuno aveva più notizie su di lui e il suo numero sembrava non fosse mai esistito. Una settimana fa era uscita dall’ospedale e si era messa alla sua ricerca. Suo padre aveva dato di matto e solo allora lei aveva capito cosa fosse successo. Ebbe la conferma da Bulma e Vegeta. Poi aveva avuto la brillante idea di chiamare Junior.
“Chichi, tuo padre non c’entra nulla. Lui ha ragione.” disse Goku riportandola alla realtà.
“Su cosa, Goku? La vita è la mia non la sua. Tu invece? Quali sono i tuoi dubbi?”
“Io…io non so se entrerò a far parte o meno della famiglia dei Sonford. Troppi scandali, troppe carte verrebbero scoperte. Già il fatto che la signora Sonford abbia divorziato dal marito e sia scomparsa dalla circolazione ha gettato sospetti. Non voglio che tu sia coinvolta in nulla di scandaloso o compromettente per la tua carriera.”
Chichi lo ascoltò e ogni parola fu una dolce nota. Messe insieme divennero musica per la sua anima. Lui non se n’era andato perchè non l’amava, ma solo perchè suo padre gli aveva messo grilli in testa.
“Perchè avete tutti questa tendenza a decidere per me? Tu e mio padre vi siete accordati ma nessuno ha pensato a quello che voglio io.”
Goku incrociò le braccia. Chichi era di fronte a lui a una vicinanza che metteva in serio pericolo il suo poco autocontrollo di prenderla e baciarla.
“Non posso chiederti questo.”
“Non me lo stai chiedendo infatti.” fece lei con un sorrisino malizioso.
“Tu hai rischiato la vita per me.”
“E credi che non lo rifarei, Goku?”
Nel silenzio improvviso che seguì quelle parole ancora una volta erano i loro cuori a parlare. Chichi poteva sentire il suo batterle nelle orecchie. Non aveva mai resistito alla bellezza di Goku ma in quel preciso istante aveva paura di toccarlo per timore che potesse ritrarsi. Suo padre aveva fatto proprio un bel lavoro. Lo aveva fatto sentire in colpa, ma lei non si sarebbe arresa. Gli si avvicinò di un altro passo. Il suo petto toccava le sue braccia.
“Goku” lo chiamò soltanto.
Lui la guardò e non capiva davvero perchè il cielo volesse fargli un regalo così importante. Che il destino volesse ripagarlo di tutto il male gratuito che gli aveva elargito? Il cuore gli stava sfondando la gabbia toracica. Stava morendo per il fatto di non poterla toccare e di non poterle ripetere quelle parole che le aveva detto in ospedale ma aveva paura. Non voleva metterla in situazioni compromettenti.
“A cosa pensi?” domandò lei.
“Penso che non vorrei mai che ti stancassi di me. Non vorrei che la vita al mio fianco fosse insopportabile e che tu fossi costretta ad andartene per colpa di voci maligne.”
“Come potrei stancarmi di te? Goku, pensaci. Non sono fuggita dinanzi a una pistola puntata e mi farei spaventare da idioti privi di scrupolo? Hai questo brutto vizio di fasciarti la testa prima del tempo.” gli fece notare.
“Mi dispiace per quello che hai dovuto subire e…”
“Non mi interessa. Ti ho detto che lo rifarei. Forse non mi credi, Goku? Non mi ami come hai detto? Io me lo ricordo sai?”
Goku alzò lo sguardo che aveva abbassato quando aveva riaperto bocca e per ascoltarla. Le sue iridi scure erano un richiamo all’oblio  e lui voleva perdersi in quel buco nero, voleva perdersi in lei. Il suo profumo gli aveva annebbiato i sensi e il suo cuore non avrebbe mai battuto così forte per nessun’altra. In un attimo l’afferrò circondandole il viso con le mani. Subito si sentì meglio. Chichi sorrise di quel gesto.
“Non devi mai pensarlo…non devi. Io Ti Amo con tutto me stesso, Ti amo da impazzire e allontanarti è l’ultima cosa che voglio, ma non puoi vivere con me.”
“Io Voglio vivere con te. Io voglio stare con te. Io Ti Amo, testone.” gli aveva quasi urlato contro.
I loro sguardi si allacciarono e per paura che potesse staccarsi da un momento all’altro Chichi lo prese per la camicia.
“Ridimmelo.” le sussurrò lui a fior di labbra.
La distanza era pericolosamente e dolcemente minima. Goku era sull’orlo del baratro e non vedeva l’ora di tuffarsi in quel mare d’amore.
“Cosa?” scherzò lei.
“Pensavo di non poterlo sentire mai più. Dimmelo, ti prego, Chichi.”
“Solo se tu la smetti di dare ascolto alle parole prive di senso di mio padre e inizi a dare ascolto a me.”
Goku rise e lasciò che una sua mano scendesse lungo il fianco di lei per poi gattonare fino alla schiena. Chichi ebbe un sussulto.
“Dimmelo.” ripetè lui soffiandole sulle labbra.
“Mi stai tentando?” chiese lei al limite della sopportazione.
“Ti sto implorando amore mio.” disse lui con un sorriso malizioso.
Goku sapeva che non poteva vivere senza di lei. Sarebbe morto com’era morto in quelle settimane. Poteva solo prometterle di proteggerla da qualsiasi cosa e cercare di riuscirci.
“Ti Amo.” sussurrò il centro dei suoi pensieri.
Goku non potette aspettare oltre e come una dolce valanga si abbattè sulle labbra di lei. La strinse così forte quasi stritolandola ma Chichi non provava dolore. Un fuoco dentro di lei prese vita, si accese dal nulla incendiandole ogni fibra del corpo. Le sue mani si appesero alla camicia che dopo poco iniziarono a sbottonare. Goku intrufolò la mano di prima sotto la maglietta e le sganciò il reggiseno. Aveva voglia di lei. L’avrebbe voluta senza mai saziarsi.
“Promettimelo, Goku” disse Chichi fermando quel bacio “promettimi che mai più ti allontanerai da me. Lo farai solo quando smetterai di amarmi.”
“Allora non lo farò mai.” Sorrise lui di rimando.
“Questo è tutto quello che puoi dirimi?” scherzò lei.
“Aspetta, allora tu…tu hai sentito quello che ti ho detto?”
“Qualche parola, Son, ma ero troppo debilitata per darti un pugno.” confidò lei sferrandogliene proprio uno sulla spalla. 
Goku sussultò ma non sciolse la presa.
“Sai che mi hai fatto il solletico?” le ricordò lui.
“Stupido! Allora? Questo è tutto quello che devo sapere?”
Goku rise come non faceva più da troppo tempo.
“Sì, questo è tutto quello che posso dirti di me. Tutto quello che devi ricordare di noi. Ti basta?”
“Per tutta la vita.”
Tornarono a baciarsi e non ci fu più spazio per dubbi o ripensamenti. L’amore non ti permette di tornare indietro perchè l’amore ti prende e non ti lascia: puoi cercare di evitarlo ma il dolore e la sofferenza ti ricordano che lui è dentro di te e se non ti fa bruciare per la passione e la felicità lo fa per ricordarti la sua presenza. No, all’amore non si sfugge.
Chichi aveva sbottonato la sua camicia e senza che le loro labbra si staccassero ancora gliela sfilò. Goku la lasciò un attimo per liberarsi proprio della camicia e poi come una furia la strinse ancora. Prendendola per il glutei la invitò a circondargli la vita con le gambe. Gli piaceva tanto quella posizione. La sentiva sua in maniera assurda. Mantenendola per la schiena le permise di disfarsi di maglietta e reggiseno già sganciato. Quella che i suoi occhi gli mandarono dritto al cervello era l’immagine non di una donna ma della sua dea. Le baciò il collo portandola verso il letto. Prima che lui le si avventasse sopra Chichi gli sbottò i jeans che abbassò fino ai piedi insieme ai boxer. Goku si tolse veloce le scarpe e poi allontanò il resto con un calcio. Si abbassò per fare lo stesso con lei. La liberò dei tacchi vertiginosi che tanto lo facevano impazzire e degli indumenti del piano di sopra. Quando si rimise dritto Chichi lo apprezzò in tutta la sua bellezza: mai si sarebbe abituata a quella vista salutare per il suo cuore e la sua anima. Goku però lasciò che i suoi occhi cadessero sulla ferita che Chichi portava sulla pancia, all’altezza dello stomaco. Piano salì sul letto e si mise a carponi su di lei per poi abbassare la testa e accarezzare quel marchio. Anche lei non avrebbe mai potuto dimenticare e questo gli bloccò un attimo il battito cardiaco accelerato per l’amore forte che provava per lei. Chichi intuì tutto quando Goku le baciò il punto. Approfittò di quel momento per  mettersi su di lui.
“Perdi tempo?” gli chiese con un sorrisetto divertito.
Goku si era fatto improvvisamente serio
“Mi dispiace.”
“Ti ho detto che non importa e ora o fai l’amore con me o me ne vado e non mi rivedrai più.”
Altra brusca frenata: il suo cuore sembrava un corridore di formula 1 che tra sterzate e cambi di marcia cercava di portare a termine quella gara. L’afferrò mettendosi seduto per poi portarsela giù con lui.
“Non lo dire mai più.”
“Tu smettila.”
“D’accordo.” disse sistemandole una ciocca di capelli dietro l’orecchio.
“Stacca il cervello e baciami.”
Goku obbedì senza protestare. Amava quella donna per quel carattere forte e spavaldo. Non avrei mai cambiato nulla di lei. Nulla. Chichi si strusciò sul suo corpo accelerando i tempi. Goku soppresse un gemito afferrandola per i fianchi. Chichi gli baciò il collo scendendo sul suo petto e sull’addome. Erano scolpiti nel granito. Goku chiuse gli occhi amplificando quella dolce sensazione. Non per questo restò senza far niente. Una mano salì su un seno per portarlo alla sua bocca. Lo leccò come il più buono dei gelati. Chichi gettò la testa all’indietro. Goku tornò a stare sopra e a torturarla. Erano pronti: i loro corpi caldi, rimasti separati per troppo tempo, i cuori febbricitanti, le anime incastonate. Le fu dentro provocandole brividi per tutto il corpo. Ogni parola venne soffocata, ogni dubbio represso, ogni sospiro divenne un gemito. Raggiunsero il piacere dopo poco beandosi di quella irruenza,di quella potenza dovuta alla troppa mancanza. Goku non si spostò e Chichi non glielo permise. Non c’era bisogna di evitare qualcosa che si desiderava. Goku rotolò al suo fianco abbracciandola. Il contatto era ancora forte e sembrava davvero che non volesse staccarsi.
“Chi ti ha accompagnato?” chiese dopo qualche minuto di silenzio.
“Junior, l’unica persona che sapeva dove fossi.” 
“Ti ha detto a che ora tornava?” le chiese con un sorriso tutt’altro che malizioso.
Chicchi arrossì.
“Ha detto che andava a prendere Gohan.” 
Senza dire altro, l’uomo si alzò alla ricerca del suo telefono che era scivolato sul pavimento della camera insieme ai jeans. Chichi lo vide comporre un numero.
“Pronto, Junior?”
“Ehi, amico, pensavo non dovessi sentirti per un po’.”
Goku rise e Chichi si sentì in Paradiso. Vederlo così rilassato e felice era una gioia anche per lei.
“Senti, per te  un problema se ci vediamo direttamente all’aeroporto? Credo prenderemo il volo in tardo pomeriggio. Sai, devo mettermi sotto con gli allenamenti.”
Chichi divenne rossa come un pomodoro.
“Hai tutta la mia approvazione.” sghignazzò l’amico dall’altra parte “Ti lascio allora. Buon allenamento.”
Goku staccò la chiamata e poi ritornò sul letto dove la sua ninfa lo guardava imbarazzatissima.
“Potevi essere meno esplicito, amore mio?”
“Anima mia, cosa credi che Junior abbia pensato quando sei scesa dalla sua macchina per venire qui?”
Chichi ricordò il sorriso malizioso dell’ex soldato.
“Oh mio Dio.” disse nascondendo il viso tra le mani.
Goku però gliele tolse subito per specchiarsi nei suoi occhi. La incollò al suo corpo che si stava già risvegliando. Chichi potè sentirlo e l’imbarazzo sparì da quel viso angelico. Erano uno di fronte all’altro. Goku prese una sua gamba e la portò piegata all’altezza del suo fianco. Chichi notò che i giochi sarebbero ricominciati presto.
“Hai impegni?”
“Niente che non può essere risolto o rimandato.”
“Vuoi venire con me a Sidney? Solo per qualche giorno.”
“Verrei ovunque con te.”
Goku rise baciandola.
“Ok, ma c’è tempo.”
“Cosa vorresti fare sentiamo?” chiese Chichi divertita.
“Voglio tastare la comodità di questa camera.”disse fermando ogni parola con un bacio “Mobile… tappeto…doccia…”
“Mi stai chiedendo di fare l’amore con te in tutti questi posti?”
“Veramente io volevo solo vedere che nulla fosse in disordine, ma la tua idea mi piace di più.” scherzò tornandola a baciare.
“Ti Amo, stupido.”
“Anch’io, amore.”
 
 
Un paio di mesi dopo…
“Viva gli Sposi.”
“Evviva!”
“Auguriiiiii!!”
Giornata d’amore, giornata perfetta per celebrare un sacramento così importante. Tutto è importante quando si tratta di amore. Bulma e Vegeta si erano appena sposati. Fuori la Chiesa il riso era volato a palate e tutti erano contenti. Nulla sarebbe potuto andare storto, nemmeno se fosse crollato il mondo. Chichi aiutò Bulma con la coda del favoloso vestito principesco per salire in macchina. Lei e Goku erano i testimoni. Lui e Vegeta erano diventati grandi amici: erano stati affini sin dall’inizio e infatti sembravano conoscersi da sempre. Goku si mise alla guida di una fantastica Mercedes e Chichi era al suo fianco. Indossava un vestito blu cobalto con un spacco decisamente poco casto. Goku aveva dato di matto ma lei lo aveva calmato dicendole che solo lui avrebbe potuto vedere quello che lo spacco non riusciva a mostrare.
 “Dopo questa giornata sarai libero di togliermelo.” gli aveva sussurrato lei mentre uscivano dalla Chiesa.
Era stata una fortuna perchè Goku aveva dato libero avvio a una serie di pensieri poco consoni durante una celebrazione.
“Oh mio Dio, Vegeta, siamo marito e moglie.” aveva detto Bulma che minacciava di macchiare pericolosamente il vestito con tutte quelle lacrime piene di trucco.
Ma non si può frenare la gioia, l’emozione, l’amore. Vegeta le circondò le spalle con un braccio e stringendola forte la baciò.
“Sei tutta la mia vita.” le sussurrò all’orecchio anche se sapeva che gli altri potevano sentirlo.
In quel giorno però non avrebbe fatto il distaccato e il taciturno come suo solito. Voleva gridare ai quattro venti quanto fosse felice.
“Non vedo l’ora che arrivi questa sera.” le continuò a spifferare malizioso nelle orecchie.
“Ehi, Vegeta, datti una calmata” disse Goku guardandoli dallo specchietto retrovisore. “Altrimenti avvisiamo gli invitati che gli sposi sono già partiti per il viaggio di nozze.”
Risero tutti e quattro per quell’ammissione. I brutti momenti erano dimenticati. Come l’estate che scioglie il gelo invernale così la felicità aveva eliminato ogni traccia di quella brutta esperienza.  Chichi era finalmente felice anche perchè doveva dare al suo unico uomo una notizia stupenda. Goku le aveva chiesto già di sposarlo. Lo aveva fatto dinanzi a tutti e già molti giornali parlavano dell’evento. Ma a lei non importava della cosa. Voleva solo vivere con il suo Goku. Questi aveva accettato il suo passato. Le cose procedevano con calma ma il signor Sonford era entrato a far parte della loro vita e tutto quello che era successo sembrava non contare più. Certo, il ricordo dei genitori di lui sarebbe stato vivo per sempre nei loro cuori ma il male che aveva portato alla loro morte e a quella brutta storia non avrebbe più nociuto. Il gruppetto viaggiò per un’ ora circa per arrivare nel luogo prestabilito per l’anteprima. Era una località marittima. Bulma adorava il mare e quella era stata una delle tante sorprese che Vegeta aveva organizzato per la giornata.
“Allora, facciamo qualche scatto prima con gli sposi poi si aggiungono i testimoni.” aveva detto il fotografo. Così i tre si erano allontanati. Goku era appoggiato alla macchina con le braccia incrociate. Lo smoking gli donava parecchio. Chichi sorrise al passaggio di pensieri poco candidi. Goku sarebbe stato bene anche con indosso solo un sacco dell’immondizia! Goku si accorse del rossore sulle sue guance.
“Stai pensando a quello che sto pensando io?” chiese lui malizioso.
“Non so. Tu a cosa stai pensando?”
“A quando ci sposeremo anche noi.” sorrise raggiante.
Chichi guardò l’anello di diamanti che veniva colpito dal sole.
“Solo questo?” chiese con il suo tono divertito.
Goku le si avvicinò afferrandola dolcemente.
“Ovviamente no. Stavo pensando anche a quando potrò liberarti da questo vestito. Se solo qualcuno poggia il suo lurido sguardo su di te è un uomo morto. Lo sai vero? Avrai tanti morti sulla coscienza.”
Chichi sorrise baciandolo con trasporto.
“I testimoniiiiii!!!” urlò Vegeta “Venite o volete andare voi in viaggio di nozze?”
Risero raggiungendoli.
“No, con calma Vegeta.”
Iniziarono gli scatti.
“Ok” disse il fotografo dopo poco “Spostiamoci più in là.”
Il gruppetto obbedì. Stavano camminando e Chichi decise che quello era il momento adatto.
“Forse io e te non possiamo parlare di calma, Goku” disse Chichi con tono divertito.
“Perchè? Che succede?”
Tutti e tre si fermarono per guardarla con attenzione. Il più preoccupato era Goku. Che ci avesse ripensato?  Chichi sorrise quando Goku le si avvicinò circondandole il viso con le mani. Ogni volta che lo faceva lei moriva dalla voglia di saltargli addosso.
“Dico solo che noi non siamo fatti per agire con calma.”
“Perchè?” chiesero in coro Bulma e Vegeta.
Chichi guardò prima loro e poi il suo unico amore.
“Allora?” chiese Goku preoccupato.
Chichi mise fine a quella curiosità.
“Sono incinta Son.” sparò di un fiato.
Un silenzio assordante si impadronì del momento dopodichè Goku la prese in braccio facendola roteare. Chichi rise di gusto mentre Vegeta e Bulma sorrisero baciandosi. Non c’è limite alla felicità né tantomeno all’amore.
“Ti Amo da impazzire, lo sai?” le disse Goku mettendola a terra “Hai fatto di me l’uomo più felice del mondo.”
“E tu la donna più felice.”
“Eh no, tesoro,” le fece eco Bulma “la donna più felice del mondo sono io.”
Risero tutti e quattro felici come non mai.
“Che ne dite di un pareggio?” propose Vegeta.
Risero ancora annuendo. Sì, era tutto finito e quella vita che Chichi e Goku avevano iniziato a costruire stava diventando il castello più bello mai visto. No sarebbe mai finita tra di loro, mai si sarebbero lasciati perché quando l’amore vero ti sceglie non puoi far altro che annuire e accettare.

 

Fine

 
 

Ragazzeeeeeeeeeeee!!
Chiedo venia per questo ritardo. :( Non era davvero nei miei programmi ma purtroppo gli imprevisti succedono soprattutto quelli brutti che vorresti non accadessero mai. :( L’importante è andare avanti. Io l’ho fatto con questo lungo e ultimo capitolo. Spero che la storia vi sia piaciuta e vi abbia emozionato. In caso contrario accetto anche le critiche costruttive. :D
Non vorrei rendere i ringraziamenti più lunghi della storia quindi cercherò di essere breve e concisa. Ringrazio in particolare le perle che mi hanno accompagnato in questo viaggio:
dragonlove00,
Androide N 18
e Cri Cri.
Ringrazio coloro che hanno seguito la mia storia, chi l’ha inserita nelle preferite e chiunque la inserirà tra quelle da ricordare. Ringrazio i futuri recensori (spero che ce ne saranno altri..hihihihihi…) e ringrazio coloro che in silenzio hanno comunque ampliato le visualizzazioni. Vi aspetto per questa storia e per le prossime a venire. Spero davvero che questa folle idea vi sia piaciuta e che ci “rincontreremo” presto. Ancora perdono per il ritardo. Un bacio enorme. BlueSon   

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