My hug at the end of the tunnel

di Ell_Mar
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** the me that you don't see ***
Capitolo 2: *** Upside down ***
Capitolo 3: *** I think about you ***
Capitolo 4: *** Better than this ***
Capitolo 5: *** No ordinary day ***
Capitolo 6: *** Redial ***
Capitolo 7: *** Break down the wall ***



Capitolo 1
*** the me that you don't see ***


---------------SPAZIO AUTRICI-------------------
Lo sappiamo è una rottura ma è importante che lo leggiate. Per prima cosa volevamo dire che questa è una Fanfiction Raura ma è diversa dalle altre, parecchio diversa, perchè come abbiamo notato nella maggior parte delle fanfiction Ross e Laura hanno la vita tutta rose e fiori, ma la vita reale non è affatto cosi, soprattutto quella dei ragazzi di oggi e volevamo quindi scrivere una fanfiction con delle tematiche che spesso si incontrano in noi ragazzi. Qui Laura è autolesionista e (ci sentiamo ancora incolpa per averla fatta diventare tale...e si, due poveri ragazzi nelle mani di due scrittrici crudeli...per adesso) crede di non avere vie di uscita o di salvezza, come d'altronde succede quasi a tutti i ragazzi autolesionisti, e come dice lei "è come se fossi in un tunnel senza via d'uscita", ma alla fine del tunnel troverà finalmente la sua salvezza, colui che l'aiuterà a risolvere i suoi problemi e ad affrontare le sue paure...Ross. Speriamo vivamente che vi piaccia e che seguirete la nostra Fanfiction....L'inizio è un pò delicato perche ci fa capire il personaggio di Laura in questa storia ma il resto dei capitoli non sarà così.
DA MAR E ELL CHE VI AUGURANO UNA BUONA LETTURA.

"Il mio abbraccio infondo al tunnel."
 
Ancora una volta mi ritrovo a guardare il mio riflesso allo specchio, il mio viso bagnato da lacrime calde e salate, i miei occhi anche essi bagnati mostrano tutta la tristezza repressa. Ormai mi ero abituata a non mostrare le mie emozioni in pubblico nascondendomi dietro una maschera di indifferenza, ma una volta da sola tutta la sofferenza che avevo provato durante la giornata si riversava in un pianto liberatorio. Abbassai lo sguardo sul mio braccio, alzai la manica della maglia e presi con mano tremante la lametta, senza pensarci, ormai era diventata una cosa naturale. Incisi uno, due, tre tagli superficiali sulle mie braccia, era l'unico modo per liberare lo schifo che avevo dentro, l'odio, la rabbia, la delusione, la paura... Non avevo nessuno, nessuno a cui interessasse della "asociale" "quella senza vestiti firmati" o "secchiona" la quale veniva picchiata se non passava i compiti agli altri o se non si offriva alle interrogazioni o se non suggeriva durante le verifiche, o altri nomi che mi venivano assegnati in cui ormai mi rispecchiavo, nessuno voleva essere amica mia, ero sola, sola con la mia lametta. I miei genitori erano troppo impegnati a litigare e a tradirsi reciprocamente per notare che la loro figlia si stava trascinando verso la morte, ma almeno nessuno mi avrebbe disturbato o ferito mai più, e in fin dei conti era quello che volevo. Poter non sentire mai più quelle voci che mi causavano dolore, non vedere più quelle facce che mi scrutavano da testa a piedi come se fossi un qualcosa di schifoso, non vedere più quegl'indici puntati su di me pronti a giudicare... Ero stanca, stanca di essere lo zimbello della scuola, dove tutti erano pronti a sputarmi addosso a insultarmi o a prendermi a pugni, ero stanca della mia vita, del mio corpo, del mio essere cosi timida e di non riuscire a farmi valere, ero stanca, stanca di vivere. Le mie braccia grondavano sangue, quando ad un tratto sentii la porta di casa aprirsi "merda, mia madre!" pensai per poi precipitarmi su un asciugamano e cercare inutilmente di asciugarmi le braccia, poi presi del cotone lo appoggiai sui tagli e lo fissai con dello scotch di carta poi mi tirai giù le maniche e nascosi l'asciugamano ormai impregnato del mio sangue. Misi la mia maschera sorridente e felice e scesi in cucina quasi saltellando per rendere più reale la mia finzione
-Ciao mamma!-
Dissi schioccandole un bacio sulla guancia
-Ciao tesoro. Com'è andata a scuola?-
Chiese lei che evidentemente non aveva notato il vuoto e il buio che avevo dentro di me, che non notava i maglioni con le maniche lunghe che indossavo anche se non era più periodo. Questa cosa mi faceva stare ancora peggio, se mia madre non notava che stavo male chi lo avrebbe potuto fare? Presi fiato e feci riapparire quel sorriso sulla mia faccia
- benissimo, ho preso 8 al compito di matematica-
Lei aprì la sua borsa e ne tirò fuori il cellulare, odiavo quell'aggeggio.
-Oh ma che brava...dov'è tuo padre? Lo hai sentito?-
Ed ecco che rincominciava a fregarsene di quello che dicevo
-no, non lo so. Senti, io vado a dormire-
mi guardo per un istante e poi si concentrò un altra volta sullo schermo del cellulare
-d'accordo tesoro. Io esco con Martin, dillo anche a tua sorella-
Martin era il nuovo compagno di mia madre. Forse è colpa sua se lei non si insospettiva di niente, ma non le sembrava strano che sua figlia andasse a "dormire" sempre cosi presto senza mangiare? A quanto pare nemmeno lei ci teneva a me. La salutai e salii al piano di sopra dove entrai in camera mia, mi buttai sotto le coperte e tra una lacrima e l'altra riuscii ad addormentarmi. Ma il sogno che mi tormentava quasi ogni notte riaffiorò alla mia mente: Ero io, in un corridoio buio e pieno di specchi, camminavo tranquilla evitando di guardarmi come sempre del resto, fino a quando non sentivo una pressione su di me, qualcosa che mi opprimeva, poi iniziavo a correre come se qualcuno o qualcosa mi stesse rincorrendo, ma questo corridoio non aveva fine e io correvo e piagevo...
Mi alzai di colpo dal letto con i sudori freddi e le palpitazioni, cercai un senso a questo sogno, era come se stessi correndo in un corridoio buio e freddo che era la mia vita, inseguita dalle mie paure e preoccupazoni, quel corridoio non ha fine, i miei problemi non se ne andranno mai, perchè non c'è nessuno in fondo a quel corridoio che mi avrebbe aiutata, ero destinata a rimanere sola per sempre... O almeno per quanto sarei riuscita ancora a sopravvivere...


Grazie per aver letto fino in fondo, come abbiamo detto il primo capitolo è molto delicato ma i restanti non saranno così.
AL PROSSIMO CAPITOLO DA ELL E MAR.

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Capitolo 2
*** Upside down ***


"Sottosopra"

Mi alzai dal mio letto e mi diressi verso la foto mia e della mia migliore amica sul comodino, la guardavo ogni mattina, pensavo che in un certo senso mi dava la forza che non aveva avuto lei per continuare con la mia vita, ammesso che questa si possa definire vita. L'avevo conosciuta mentre aspettavamo il turno per la psicologa scolastica, e in quei mesi della nostra amicizia pensavo che finalmente qualcuno mi capiva, qualcuno capiva cosa mi stesse succedendo e come mi sentivo. Avevamo anche fatto un patto: io non mi taglio più se non lo fai neanche tu. Tutto procedeva alla grande, se ci prendevano in giro ci spalleggiavamo a vicenda e grazie a quella scommessa avevo smesso per tre mesi. Ma poi lei non rispettò il nostro accordo e si suicidò, così il buio tornò ad inondare la mia vita.
Con passo strascinato e ancora addormentato presi dei vestiti dall'armadio e mi diressi in bagno, chiusi la porta a chiave e tolsi il cotone dalle ferite, mi spogliai ed entrai in doccia. Quando finii chiusi il rubinetto e uscì dalla doccia coperta da un asciugamano e mi guardai allo specchio, sul fianco destro proprio sotto le costole c'era ancora il livido di tre giorni fa che alcuni miei compagni mi avevano fatto solo perché volevano copiare i miei compiti, i primi tempi erano solo minacce ma poi passarono all'attacco. Mi asciugai e misi il mio "outfit" che consisteva in un jeans ormai scolorito e una felpa rigorosamente larga, indossai le scarpe, mi sistemai i capelli ed uscii dal bagno.
-Laura!-
Esclamò mia sorella con un sorriso
-dimmi.-
Risposi ricambiando il suo sorriso, neanche lei si accorgeva se stessi fingendo o meno.
-mamma, ieri sera, non è tornata a casa e...-
La interruppi prima che potesse finire
-oh si, è andata da Martin-
A sentire quel nome mi guardo e fece una smorfia di disapprovazione seguita da un suono di disgusto, neanche a lei piaceva tanto il nuovo compagno di nostra madre. Uscì dal bagno per fare entrare lei che si fermò sulla porta e mi guardò
-Laura, questa mattina mi accompagna Jo della squadra di football a scuola, quindi non andremmo insieme.-
"Oh, fantastico" pensai, andare a scuola da sola per me significava imbattermi nei bulli, solitamente andavamo con la sua macchina ma, ingoiai il rospo e risposi
-D’accordo, allora vado a piedi-  
Presi il mio zaino e uscii di casa, mi infilai le cuffiette nelle orecchie e mi incamminai verso scuola che per me era come camminare verso un campo di concentramento, il mio personale campo di concentramento dove ero sempre la vittima, ero immersa nei miei pensieri quando mi sentii strattonata e gettata dietro un cespuglio, il tempo di riaprire gli occhi e mi trovai un ragazzo biondo dagli occhi color nocciola che veniva a scuola con me, a pochi centimetri dal mio naso che si guardava in torno come se cercasse qualcuno o controllasse che non ci fosse nessuno, subito pensai che avesse fatto questo gesto di trascinarmi bruscamente dietro il cespuglio per proteggermi da qualcosa o qualcuno, poi mi afferrò bruscamente lo zaino e iniziò a cercare qualcosa gettando tutta la mia roba in mezzo alla strada e capii che quello che voleva era ben altro
 -Dove sono i compiti di fisica?-
mi urlò in faccia dato che non li trovava
-Io non c-ce li ho...-
 balbettai spaventata, lui alzò lo sguardo verso il cielo mordendosi il labbro per poi tornare a guardarmi dritta negli occhi, cosi intensamente che poteva benissimo vedere che stavo morendo dalla paura ma come tutto il resto della gente se ne fregò
-Aah, e così non ce li hai?-
disse afferrandomi per la coda e tirandomi i capelli mentre io mi dimenavo inutilmente
 -Beh, vedi di procurarmeli secchiona o te la vedrai con me!- poi mi lasciò di colpo, persi l’equilibrio e caddi con la faccia per terra dove mi graffiai la guancia con un rametto, mi misi seduta tenendomi con la mano la guancia ferita ,il ragazzo si allontanò ma poi si rigirò verso di me con un ghigno per assicurarsi che lo stessi guardando e cominciò a prendere a calci i miei libri e quaderni che aveva precedentemente scaraventato in mezzo alla strada, poi finalmente se ne andò. Appoggiai il viso sulle mani coperte dalle maniche della felpa, la guancia faceva male, ma mai quanto il vuoto che sentivo dentro. Cercai di farmi forza ed, ancora tremando, mi alzai e iniziai a raccogliere il mio materiale scolastico, o almeno quello che ne era rimasto, poi più depressa di prima mi avviai verso scuola. Arrivai dopo qualche minuto e non c'era nessuno “bene, sono pure in ritardo” pensai tra me e me, mi avviai velocemente verso il cancello dove una ragazza dai capelli rossi che indossava un completino da cheerleaders  mi fermò mettendomi con forza una mano sulla spalla
 -Ciao Laura!-
mi disse facendosi spuntare un sorriso aspro
-Ciao Roxelle...-
bisbigliai timidamente
-Oggi, come saprai, abbiamo ben due compiti in classe. Sai che il mio ragazzo è nella squadra di football, no? Bene, se non ci suggerisci, lui e i suoi amici non ci metteranno niente a ridurti in poltiglia. Beh più di quanto lo sei già-
Soffocò un risolino. Stinsi i pugni, ne avevo abbastanza di lei. Notò la ferita sulla guancia
-oh, a quanto pare Ross ti ha già avvertita-
Disse divertita
-Bene! Ti servirà per ricordarti cosa ti potrebbe accadere se non ci aiuti. Ci vediamo dopo Lau!- Detti questo girò i tacchi e si allontanò. Entrai a scuola con la nausea e le gambe che tremavano e corsi in bagno in preda ai conati di vomito, dopo essermi ripresa un po’ dalla faccenda mi guardai i polsi e sentii una lacrima calda che scorreva sulla mia guancia sfregiata. Sentii qualcuno che bussava alla porta e dopo essermi sistemata un attimo e aver asciugato le lacrime, aprii la porta e trovai la bidella che mi chiese se stavo bene, non avevo le forze di rispondere e quindi scossi la testa per farle capire che no, non andava per niente bene, per niente.
-Aspetta qui, prendo il disinfettante così medichiamo la ferita sulla guancia-
Mi disse, scomparve dietro la porta per poi rientrare poco tempo dopo con il kit del pronto-soccorso e mi medicò la ferita. Quando finì mormorai un “grazie”
-Non c’è bisogno di ringraziare-
Mi disse lei seguito da un sorriso. Non era la prima volta che mi medicava e per me era diventata un po’ come la mia seconda made, o forse dovrei dire la prima visto che quella biologica passava più tempo al cellulare che ad ascoltare le figlie.
-Vieni con me, devo darti una cosa-
Mi disse, la seguì. Mi portò in segreteria e mi allungò un foglio con su scritti gli orari delle sedute con la psicologa che ero costretta a seguire
-Ecco qui tesoro-
Lo presi e scrutai tutte le date. Lo misi nella tasca dello zaino, salutai la bidella e mi diressi in classe. Ero già molto in ritardo, e sapevo già come avrebbe reagito l’insegnante.  

-----------------------------------SPAZIO AUTRUCI-------------------------
Ciao carissimo lettori vorremmo dire un po di cose:
Per prima cosa ringraziamo di vero cuore tutti quelli che hanno recensito, ringraziamo anche i lettori silenziosi.
Seconda cosa, come avevamo scritto nel capitolo precedente, l'inizio è molto delicato e man mano che la storia procede si addolcirà.
Terza cosa, se non capite qualcosa del testo recensite e noi ve lo spieghieremo, fate altrettanto se avete dei consigli, delle idee, tutto.
Un bacione a tutte! 
Da Ell e Mar.

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Capitolo 3
*** I think about you ***


 "I think about you"
 
Entrai in classe nel bel mezzo del compito. Ciò significava che non avevo suggerito a nessuno dato che non ero in classe e sapevo giá cosa mi sarei dovuta aspettare durante la ricreazione, dopo essermi scusata inutilmente per il ritardo, mi diressi verso il mio banco che era il penultimo in fondo alla classe, ma non riuscii a raggiungerlo dato che senza farsi vedere Roxelle mi fece lo sgambetto facendomi cadere a terra davanti a tutti i miei compagni che scoppiarono a ridere mentre alcuni mi sputarono anche addosso, ormai ero abituata a tutto questo ma ciò non significava che mi piacesse perchè sul serio, non ce la facevo più. Mi alzai a testa bassa, raccolsi il mio zaino e mi misi a sedere appoggiando la testa sullo zaino cercando di non piangere, non lì, non davanti a tutti.
  -Marano! Sei arrivata in ritardo, potresti almeno non dormire in classe?!"-
  Strillò quella vecchia bisbetica della mia professoressa
  -No, non stavo dormen...Volevo dire, mi scusi professoressa-
tutti mi guardarono ridacchiando, odiavo quelle situazioni, odiavo essere fissata da tanta gente, era orribile, mi saliva l'ansia e non sapevo che dire, era come se perdessi l'uso dei muscoli e della parola e non riuscissi fare nulla. Suonò la campanella e avrei voluto solo scappare, ma non potevo. Stranamente non fecero niente nel cambio d'ora, solo parlare tra di loro e lanciarmi delle occhiate di tanto in tanto, magari perchè servivo viva ancora per l'altra verifica, poi mi avrebbero fatta fuori. Entrò il professore di fisica, che dopo averci salutati ci distribuì le schede, purtroppo sapevo rispondere a ognuna di quelle domande e quindi avrei dovuto suggerire tutto a tutti
  -Ok, ora iniziate e se vi sento parlare vi ritiro il compito e metto un due che fa media-
solita frase monotona dei professori. Subito sentii un "pss" di Roxelle dietro di me che mi tirò un calcio nella schiena, mi morsi il labbro per non fare rumore poi girai un po' la testa per sentire meglio la voce irritante e fastidiosa di Roxelle che mi chiedeva le risposte del primo esercizio. Mentre le scrivevo il bigliettino con su le risposte mi notò il professore che non ci pensò due volte e ritirarmi la scheda, mettermi due e a sbattermi fuori dalla classe, per poi farmi rientrare due minuti prima della ricreazione. Mi andai a sedere al mio posto e sapevo già cosa aspettarmi. Suonò la campanella, Roxelle si avvicinò al mio banco atteggiandosi e girandosi di tanto in tanto verso il resto dei miei compagni che ridevano e si sussurravano qualcosa, io intanto facevo finta di leggere un libro per evitare di guardarla in quegli occhi pieni di cattiveria, appoggiò le sue mani sulle mie e poi affondò le sue unghie finte nella mia pelle graffiandomi tutto il dorso della mano, mi uscì solamente un gemito di dolore, poi mi tirò uno schiaffo sulla guancia ferita, mi strappo il libro dalle mani e lo scaraventò contro il muro. Mi sentivo un cagnolino randagio che veniva bastonato, e non c'era nessuno a difendermi. Nel mentre che lei aveva lanciato il libro io avevo chiuso gli occhi dallo spavento o per paura che me lo tirasse in faccia, neanche il tempo di riaprirli che il suo ragazzo, mi aveva sollevata dalle spalle e attaccata al muro con così tanta forza che per un attimo mi mancò il fiato, poi Roxelle iniziò a parlarmi e tra una parola e l'altra mi tirava uno schiaffo o un pugno nello stomaco
-Brutta sgualdrina da quattro soldi! Ti avevo avvertita!-
mi veniva da vomitare e mi girava la testa, per non parlare del dolore alla faccia e allo stomaco. Roxelle si girò verso i ragazzi della squadra di football tra cui c'era anche il ragazzo biondo che mi aveva aggredita per strada, qual'era il suo nome? Ross? Si, Ross.
  -Ragazzi portatela nello spogliatoio, sapete cosa fare. E, mentre andate lì, tu fai finta di essere loro amica e non dare nell'occhio piangendo o facendoti trascinare, ok? Bene, ci vediamo dopo-
uscimmo dalla classe e Ross mi mise un braccio intorno al collo, mentre scherzava con me e i suoi amici io fingevo qualche risata forzata, cercando di non piangere o scappare pensando a cosa mi sarebbe successo tra pochi minuti. Mi guardai il dorso delle mani che bruciavano, erano striate e in alcuni punti usciva anche sangue, ma cercai di non pensarci troppo, il dolore allo stomaco ed al viso era peggio. Arrivati li mi portarono davanti alle docce
  -Togliti i vestiti!-
mi ringhiò Ross
-Che cosa? No!-
risposi io con non so quale coraggio
-Cosa scusa?-
rispose lui avvicinandosi a me
-Non me li tolgo.-
  dissi indietreggiando, cosa volevano fare? Non bastava picchiarmi a sangue? Cosa volevano fare ora?
  -Va bene, lo faremo così-
disse un ragazzo dai capelli neri
  -Fare cosa?-
In risposta mi spinsero e mi fecero cadere dentro la doccia, poi aprirono l'acqua ghiacciata e io confusa, congelata e con gli occhi offuscati dall'acqua non capivo cosa succedesse, sentivo solo un rumore metallico e tante risate, poi un dolore allucinante sul fianco. Caddi per terra urlando, mi stavano bastonando con una barra di metallo o qualcosa del genere, lo stesso dolore lancinante si manifestò sulla mia caviglia che iniziò a sanguinare e sul resto del corpo, mentre strillavo e imploravo di smettere mi arrivò un pugno dritto in faccia, poi persi i sensi...
Mi risvegliai dolorante, ero ancora nella doccia e l'acqua ancora scorreva, la mia pelle era pallida e freddissima, tremavo sia dalla paura, dallo spavento e dal freddo, cercai di aprire gli occhi, anch'essi doloranti, la prima cosa che vidi era una barra di metallo impregnata di sangue ai miei piedi, alzai un braccio e continuando a tremare chiusi il rubinetto e inutilmente cercai di alzarmi, ma caddi sbattendo la testa contro il muro della doccia, la mia caviglia faceva malissimo e non riuscivo a muoverla, mi faceva male tutto, ma soprattutto il cuore, mi sentivo vuota, l'unica cosa che mi riempiva il cuore era la tristezza. Mi rannicchiai in un angolo e iniziai a piangere, anche se lo avevo promesso, estrassi la lametta dalla mia tasca e dalla bustina di plastica nella quale l'avevo messo e riversai tutto l'odio e la rabbia che provavo sui miei poveri polsi, non riuscivo a fermarmi, ci riuscì solo un attimo per riprendere fiato tra i singhiozzii, avevo il respiro irregolare e le palpitazioni. Mentre stavo per rincominciare a cercare un modo per farla finita per sempre, riuscii quasi a sentirla, sentire la sua voce, quella voce che mi aveva dato speranza nei momenti più bui, quella voce che ormai era solo un ricordo, era la voce di Emma, la mia migliore amica, il mio angelo custode. Riuscii quasi a sentire le sue parole che in qualche modo riuscirono a farmi fermare "Promettiamolo, io non mi taglio più se nemmeno tu lo fai" alzai lo sguardo verso l'alto piangendo
-mi dispiace- dissi continuando a singhiozzare
-non ce la faccio più...mi manchi-


-----------------------SPAZIO AUTRICI---------------------------
Buonsalve a tutte quante. Lo sappiamo, anche con questo capitolo siamo state crudeli, ma tranquille sisistemerà tutto. Ieri non abbiamo aggiornato, ci dispiace ma eravamo impegnate. Grazie per le recensioni...e niente, per questo capitolo è tutto! 
TANTI BACI DA ELL E MAR.

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Capitolo 4
*** Better than this ***


"Better than this"
Quando finalmente mi calmai mi alzai in piedi facendo attenzione alla caviglia e mi diressi zoppicando verso il mio armadietto a pochi metri dalla doccia. Lo aprì e per un momento ringraziai il cielo, dentro c'era un cambio di vestiti che usavo per fare educazione fisica e un asciugamano, li presi ed entrai in bagno a cambiarmi. Cercai il più possibile di asciugarmi, soprattutto i capelli e una volta finito uscì dagli spogliatoi cercando di non zoppicare per non dare nell'occhio ma il mio aspetto non era di certo migliorato. Fuori dalla porta c'era il mio zaino che apparentemente non sembrava rovinato "un problema in meno" pensai. Non sapevo per quanto tempo ero svenuta ma nei corridoi non c'era nessuno quindi o erano tutti a lezione o la sesta ora era passata e tutti se ne erano già andati. So già cosa mi sarei dovuta aspettare l'indomani, significava dover dare spiegazioni del perchè non ero in classe agli insegnanti, reggere gli sguardi disgustati dei miei compagni di classe e resistere al dolore delle ferite. Impensabile. Presi il mio zaino e ci frugai dentro in cerca del cellulare...c'era da aspettarselo, mi avevano rubato il cellulare e le cuffiette, imprecai e mi rimisi in piedi con lo zaino in spalla. Uscii dell'edificio ed una volta fuori rallentai il passo e mi diressi verso casa. Perché tutto questo succedeva a me? Perché non a qualcun altro? Cosa ho fatto di male per meritarmi tutti questi problemi? Tutte domande che mi inondavano la mente. Mi appoggiai sul tronco di uno degli alberi che costeggiavano il marciapiede e chiusi gli occhi. La testa continuava a girare e le ferite bruciavano, la mia pelle gridava vendetta, una vendetta che non sarebbe mai stata attuata. Come se non bastasse adesso bruciavano anche i tagli che mi ero preoccupata io, mi maledissi per non aver ragionato prima di prendere quella maledetta lametta e di aggiungere dell'altro dolore al mio corpo, cosa volevo risolvere facendomi ancora più male? Da una parte quando lo facevo mi sentivo meglio, più libera. Ma dall'altra mi sentivo maledettamente stupida. Riaprii lentamente gli occhi e continuai a camminare verso casa e per distrarmi dal dolore contai i passi percorsi, ma dopo un po persi il conto così lasciai perdere. Dall'altro dato della strada c'era un gruppetto di giocatori di football, alcuni di loro erano su dei motori. Abbassai lo sguardo e feci finta di non vederli, ma loro per mia sfortuna potevano vedere me 
-Hei, Marano!- 
urlò il ragazzo dai capelli neri
-Piaciuto lo scherzetto?-
Disse per poi iniziare a sghignazzare insieme agli altri. La mia testa intanto girava sempre di più e dovetti procedere a tastoni appoggiandomi sulla prima cosa che mi trovavo accanto, il gruppetto intanto continuava a ridere di me e cercai di accelerare il passo, niente da fare, la caviglia faceva troppo male. Quando finalmente girai l'angolo per casa mia tirai un sospiro di sollievo ed entrai in casa, chiusi la porta e mi ci lasciai scivolare contro, portai le ginocchia al petto e nascosi il viso tra le mani per poi scoppiare in lacrime. Mi sentivo vuota, mi avevano picchiata con una sbarra di ferro solo perché non avevo avuto modo di suggerire a nessuno le risposte di due stupidissime verifiche. Dopo essermi sfogata in un pianto lungo circa venti minuti mi alzai trascinando i piedi e zoppicai verso il bagno per vedere in che stato ero...ero semplicemente orrenda, mi faceva tutto schifo di me stessa, guardai il mio fianco sinistro dove c'era un livido enorme che faceva malissimo, avevo ferite superficiali ma dolorose un po dappertutto, lo zigomo destro era viola anch'esso a causa di un pugno ma il punto cruciale della situazione era la caviglia, non so cosa aveva, poteva essere rotta, fratturata o che so io, so solo che faceva malissimo ed era gonfia. Cercai di medicarmi il meglio possibile con cerotti e robe varie. Alzai la manica e disinfettai i tagli sul braccio che quasi urlavano da quanto bruciavano, dopo di che mi avvolsi gli avambracci con delle bende. Finito di medicarmi zoppicai fino alla mia camera e mi distesi sul letto per pensare, pensare a cosa avevo fatto di male per meritarmi tutto questo odio. Ok, facevo schifo, mi facevo schifo in tutto, ma non pensavo di essere arrivata a tal punto da dover essere picchiata con una sbarra di metallo. Mi girai su un lato verso la foto di Emma e iniziai a parlarle come se fosse ancora con me, come se potesse sentirmi 
-Ehi Emma. Oggi mi hanno picchiata come puoi vedere, con una sbarra di metallo. Si! solo perchè non ho suggerito. E l'ho rifatto, scusa, te lo avevo promesso lo so, ma è solo che mi manchi così tanto...-
 i miei occhi si riempirono di lacrime guardandola in quella foto, era bella e sorridente, lei poteva farcela, non doveva arrendersi così
 -Tu non ce l'hai fatta, ma avevi  tutte le possibilità di sopravvivere, eri bella, ansi bellissima. Avresti di sicuro trovato qualcuno che si sarebbe innamorato dei tuoi occhioni blu, avresti trovato di sicuro qualcuno che ti avrebbe aiutata a superare i tuoi problemi. Io non ci sono riuscita, non sono riuscita a salvarti, non ho notato che quella promessa non la stavi mantenendo. Non ti accuso di avermi tradita, non potrei mai, è tutta colpa mia, eri la mia migliore amica dovevo sapere cosa nascondeva il tuo sorriso. Dovevo salvarti, se solo me ne fossi resa conto prima, magari tu potresti essere ancora qui! Come vorrei poterti stringere un'altra volta e sentire il tuo profumo, e dirti che eri l'unica cosa che contava veramente per me, l'unica cosa per non farla finita. Emma, scusa se non ti ho salvata...-
 mi girai a pancia in giù mettendo la faccia nel un cuscino e iniziando ad urlare. "Se lei fosse ancora qui con me" pensai "probabilmente sarei più forte, riuscirei a sopravvivere meglio, ma lei non c'è e non c'è modo di farla tornare indietro".
Dopo un po' arrivò mia madre che fece irruzione in camera mia iniziando ad urlare
 -Come mai non mi rispondi al telefono? Hai di nuovo tolto la suoneria non è vero? Quante volte ti ho detto di avere sempre la suoneria al massimo?!- non si era neanche accorta delle ferite
 -Mamma...io..- 
balbettai 
-Oddio cosa hai fatto? Che ti è successo?-
Disse avvicinandosi a me. Da quando in qua si preoccupava per me? 
-Beh..non ho risposto al telefono perchè me l'hanno rubato e...- 
cercai di spiegare io 
-E ti hanno aggredito giusto?- 
Mi interruppe lei. Mi sembrava una buona scusa quindi le feci credere quello 
-Si e ora non riesco a camminare perchè mi fa male la caviglia- 
Mi aiutò ad alzarmi
-Andiamo dal dottore dai!- 
Rimasi colpita dalla sua reazione, allora le importava almeno un po di me
-tieni!-
mi disse porgendomi le mie scarpe, le misi tenendo quella con la caviglia dolorante più larga ed uscimmo di casa.
 
--------------SPAZIO AUTRICI------------
HOLA cari lettori! E si, siamo state più clementi con Laura questa volta, gliene abbiamo fatte passare fin troppe. Ad ogni modo, stavamo pensando di fare un gioco con voi: visto che abbiamo ricevuto tante recensioni nella quale volevate sapere come faranno Laura e Ross ad incontrarsi, vogliamo mettervi alla prova...ovviamente per chi vuole farlo. Dateci la vostra versione di come pensate che i due si incontrino. Vediamo chi ha ragione.
BACI BACI, ELL E MAR

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Capitolo 5
*** No ordinary day ***


"No ordinary day"

 
Nella quiete della piccola sala d'aspetto color crema dell'ospedale, rimbombava il rumore dei tacchi di mia madre che faceva avanti e indietro con all'orecchio quell'aggeggio che odiavo tanto. Stava parlando con mio padre, all'inizio, per un breve periodo avevano parlato di me e "dell'accaduto", o almeno quello che avevo fatto credere a mia madre, poi come al solito la conversazione si era spostata su di loro e sui rispettivi nuovi compagni. In fondo alla sala vidi girare la maniglia della porta. Una donna, un'infermiera, con l'immancabile divisa bianca si avvicinò a me
-Prego. Puoi entrare!-
mi farfuglió per poi tornare verso la porta e tenermela aperta. Mi alzai e zoppicai verso la porta ignorando mia madre che cercava di mantenere la voce calma mente continuava a parlare. Appena entrata, il dottore mi venne in contro e mi fece sedere sulla lettiga e mi controllo tutti i lividi, ferite e contusioni. Quando arrivò alla caviglia disse semplicemente che era indolenzita ma voleva ugualmente fare una radiografia. Mi prescrisse i medicinali e varie cose che dovevo prendere per il dolore e diede il foglio a mia madre che era entrata dopo un paio di minuti. Finito di fare la radiografia, mentre mia madre e il dottore si intrattennero a parlare io uscii dalla stanza tornando alla sala d'aspetto, quando guardai chi c'era seduto aspettando il suo turno sentii gelarmi il sangue nelle vene. Ross era li, si teneva il braccio sinistro, i capelli erano scombinati e sporchi di sangue che quasi sicuramente era uscito dalla ferita che aveva sul soppracciglio dove una donna bionda, probabilmente sua madre, stava tenendo premuto un fazzoletto. Mi paralizzai quando lui mi guardò da testa a piedi sorridendo, un sorriso che mi fece venire la nausea, dovetti sedermi vicino a lui per aspettare gli esiti della radiografia, e speravo con tutto il mio cuore che mia madre non si mettesse a parlare con la sua quando sarebbe uscita. Cosa che naturalmente fece, iniziò a presentarsi e a raccontare quello che mi era successo, il fatto che mi avevano rubato il cellulare e mi avevano picchiata. A quelle parole Ross fece una risatina sapendo benissimo cosa in realtà mi era successo, poi le nostre madri ci lasciarono da soli per andare a prendersi un caffè. Cercai di non girami verso di lui o di incrociare in qualsiasi modo il suo sguardo
-Ho fatto un'incidente con la moto-
disse lui per attaccare bottone, io mi girai dall'altra parte cercando di evitarlo
-Dai posso parlarti?-
bisbigliò mettendomi una mano sul braccio io mi girai di scatto e cercando di non urlare per non farmi sentire da tutta la gente in sala d'attesa gli risposi
-Ah vuoi parlare? E di cosa vuoi parlare? Di come mi hai bastonato o di come mi hai preso a pugni? Oh aspetta, per cosa? PERCHÉ NON HO SUGGERITO A UNA VIZIATA E A UN PALLONE GONFIATO? Okay dai, parliamo.-
Lui rimase a occhi spalancati. Ripensai a quello che avevo detto e non potevo cherede che fosse uscito dalla mia bocca.
-Scusa..-
farfugliò lui con sguardo basso
-Scusa? Scusa, Ross? Mi stai dicendo scusa? Quando io impregnata di sangue e lacrime chiedevo pietá tu che hai fatto? Mi hai ascoltato? Hai smesso di picchiarmi a sangue? No. Allora te lo puoi scordare che io stia qui ad ascoltarti o a perdonarti! Mi fai schifo!-
urlai con non so neanche io quale coraggio, mettendo bene in evidenza le ultime tre parole, forse perché ne avevo fin troppo, adesso basta. Mi alzai per andare a cercare mia madre ma a causa della caviglia indolenzita caddi a terra e cercai di rialzarmi velocemente per evitare che fosse Ross ad aiutarmi a rialzarmi, cosa che naturalmente lui fece, mi afferrò per il braccio e me lo mise dietro il suo collo
-Ross lasciami! Non hai capito che io odio te e la tua combriccola di amici, e che da te non voglio niente? Non voglio il tuo aiuto, non voglio le tue scuse, e non voglio vedere la tua faccia davanti alla mia, va bene?! Ora lasciami.-
farfugliai piena di rabbia tra i denti, poi mi liberai dalla sua presa intorno al mio fianco e mi avviai zoppicando verso mia madre
-Mamma andiamocene, non voglio più avere niente a che fare con questo posto-
dissi girandomi verso Ross che ancora mi stava guardando
-Laura ma dobbiamo ancora aspettare gli esiti! Torna a sederti vicino a quel ragazzo-
disse indicando Ross
-Preferirei morire che avere a che fare con lui-
bisbigliai mentre tornavo a sedermi
-Ti avverto, non rivolgermi la parola!.-
affrettai a dire prima di sedermi senza nemmeno guardarlo
-Cioè non ci credo tu...io... Ma perchè lo hai fatto? C-cosa ti ho fatto di male?-
dissi girandomi verso di lui lentamente con gli occhi lucidi
- N-non mi hai fatto niente è solo che...-
era strano, sembrava che gli dispiacesse, sembrava che avesse dei sentimenti, cosa che dai nostri recenti "incontri" non sembrava avere
-Dimmelo. Dimmi cosa vi ho fatto, ti prego!-
dissi trattenendo le lacrime
-So di fare schifo ok? Ma io... non penso di meritarmi di essere bastonata come un cane solo perchè non ho suggerito ad uno schifo di compito che mi è andato anche male! Ross ti prego dimmelo, così cercherò di cambiare non lo so...Ma dimmelo.-
Conclusi con voce tremante. Lo fissai negli occhi, aveva lo sguardo basso, giocherellava con un filo dei pantaloni che si era scucio all'altezza del ginocchio, probabilmente durante l'incidente
-Io...Mi hanno obbligato, okay!-
rispose diventando bordeaux in faccia
-come obbligato?-
chiesi sbalordita
-Si... lo vedi questo?-
disse alzandosi la maglietta e indicando un livido sotto le costole
-me lo hanno fatto il giorno prima "dell'incidente" della doccia, io non volevo farlo, mi hanno obbligato...e ti chiedo scusa.-
Disse prendendomi la mano che dovetti lasciare subito dato che il dottore mi chiamò, mi diede gli esiti e disse che era tutto normale e che era solo indolenzita, poi tornammo in sala d'attesa
-Ciao Stormie!-
disse mia madre salutando quella di Ross
-Ciao e fatti sentire, magari un giorno potreste venire a casa nostra-
rispose lei
-Okay poi ti faccio sapere, Laura saluta Ross-
mi avvicinai lentamente a lui che mi abbracciò bisbigliandomi -Scusa ancora-
all'orecchio per poi infilare una mano nella tasca della mia felpa, io mi allontanai verso l'uscita ma prima di varcarla mi girai e guardai un ultima volta Ross.
Entrai con fatica in macchina
-Allora, com'è Ross?-
azzardò lei per iniziare una delle sue noiose conversazioni madre-figlia
-Come tutti gli altri.-
mi limitai a dire io
-Dai, è carino!-
Rispose
-E quindi? Anche se fosse?-
Urlai io per non so quale motivo
-Vedi di calmarti!- urlò a sua volta lei
-Scusa...-
non avevo per niente voglia di litigare, accesi la radio e appoggiai la testa contro il finestrino, poi infilai le mani nelle tasche della felpa e mi ricordai del gesto di Ross, nella tasca destra trovai un foglietto stropicciato con su scritto il suo numero e "ho voglia di parlarti". Non ci potevo credere, prima mi picchia e poi ci prova con me? Che razza di persona normale farebbe una cosa così? Stropicciai distrattamente il foglietto e lo rimisi in tasca per poi tornare a perdermi tra le note della canzone che trasmettevano alla radio. Arrivammo a casa e io entrai in camera mia per fare i miei compiti...e quelli dei miei compagni. Dopo un po' entrò mia madre e mi allungo uno di quei vecchi, piccoli telefonini con la tastiera
-Per il momento dovrebbe andare, tuo padre provvederà a comprartene uno nuovo.-
Disse sedendosi sul letto accanto a me
-non c'è bisogno che papà ne compri un altro, questo va più che bene-
Almeno con un telefonino così avrei evitato che me lo rubassero un altra volta, mia madre si limitò ad acconsentire ed uscì silenziosamente dalla camera. Diedi un occhiata al nuovo telefono e mi ricordai del bigliettino di Ross, così digitai il suo numero e gli scrissi "Cosa vuoi?". Lui mi rispose dopo un paio di minuti "Non così, devo parlarti a quattr'occhi, da soli." L'idea di incontrarlo da sola non mi piaceva, poteva trattarsi di una trappola architettata da lui ed i suoi amici per picchiarmi un altra volta, o forse voleva solo vedermi e parlare. E adesso? Cosa avrei dovuto rispondergli?


-----------------SPAZIO AUTRICI---------------
heilà, lettori! Avete partecipato al gioco che abbiamo messo nel capitolo precedente e questo ci fa piacere. Qualcuna di voi ha avuto ragione sull'incontro di Ross e Laura...mmm che avrà in mente quel biondino? Laura farà bene a fidarsi? Lo scoprirete nel prossimo capitolo.
VI AMIAMO! BACI DA MAR ED ELL.

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Capitolo 6
*** Redial ***


"Redial"

Ero immersa nei miei pensieri e paure quando mi arrivò il suo messaggio di risposta "Domani alle 16:00, al parco?" Guardai attentamente le parole che aveva scritto, non sembrava ci fosse nessun trabocchetto o inganno, ma ancora non mi fidavo di lui, ma non so con quale coraggio digitai su quei piccoli tasti quelle due lettere "Ok" e lo inviai. Mi arrivò di conseguenza la sua risposta "Ok allora a domani, baci, Ross."
  Baci? Baci? No davvero? Non ci posso credere! Era insopportabile in ogni caso questo ragazzo! Se sta cercando di farmi cadere ai suoi piedi si sta sbagliando di grosso, io non voglio avere niente a che fare con lui. Scesi in salone, facendo a fatica le scale e cercando di non cadere, poi mi gettai sul divano e accesi la tv, neanche a farlo apposta al telegiornale parlavano di bullismo sugli adolescenti, feci una faccia disgustata e cambiai subito canale, i cartoni animati mi sembravano un'ottima alternativa. Mi alzai saltellando su un piede e andai a prendere il gelato in cucina per poi ripiombare sul divano portando di tanto in tanto il mega cucchiaio colmo di gelato alla bocca come una bambina. Era tardi, ma di mia madre nessun segno, probabilmente era con Martin in discoteca o in qualche bar a ubriacarsi come se fossero due adolescenti. Mi dava così fastidio, lei si godeva la vita come una ragazza e io invece stavo a preoccuparmi per tutti e tutto. Passata la mezzanotte andai a dormire, feci fatica ad addormentarmi a causa del dolore ma finalmente riuscii a chiudere gli occhi.
Mi svegliai di colpo alle prime luci del mattino, a causa di rumori provenienti dalla cucina e le urla di mia madre e di Martin che si insultavano a vicenda come pazzi, uscii da camera mia e camminai appoggiandomi a ogni cosa che potesse aiutarmi a non cadere, arrivai al piano inferiore e vidi Martin che usciva sbattendo la porta di casa. Varcai la porta della cucina, il pavimento era ricoperto da frammenti di piatti e bicchieri rotti e in un'angolo mia madre in lacrime. Mi avvicinai con la paura della sua reazione
-Mamma? Tutto ok?-
dissi appoggiandomi con le mani al tavolo
-NO! MA LASCIA STARE, PIUTTOSTO VAI A VESTIRTI CHE FAI TARDI!-
mi urlò lei in preda a una crisi isterica, tornai in camera e scelsi dall'armadio una felpa con la bandiera inglese, che mi aveva regalato Emma per il mio compleanno un paio di anni fa. Sognavamo di andare a vivere lì, magari quando saremmo guarite, e tutto fosse tornato a essere felice. Tutte illusioni. Lei mi aveva lasciata sola con i miei problemi e io non sapevo più che fare. La suoneria del cellulare mi fece ritornare con i piedi per terra, era Ross.
-Pronto?...-
Risposi un po inquietata
  -Buongiorno, dormito bene?-
Chiese con una voce disgustosamente gentile
  -Ti interessa? Non mi pare.-
risposi io freddamente
-Scusa, comunque, mentre vieni a scuola passa vicino al cespuglio dove ci siamo incontrati e guardavi sotto-
-Dove ci siamo incontrati?! Vorrai dire dove ci siamo scontrati! Dove mi hai picchiata e distrutto i quaderni, comunque se ho voglia passo, ciao Ross!-
attaccai la chiamata, era così insopportabile, dopo tutto quello che mi aveva fatto pensava che io lo avrei anche solo perdonato? Illuso. Bene, con quell'inutile telefonata avevo perso pure tempo. Mi infilai la felpa, un paio di jeans e le converse, afferrai al volo lo zaino e uscii di casa. L'aria di primo mattino mi passava in mezzo ai capelli rendendomeli ancora più scompigliati e orribili di quanto non lo fossero già, ero arrivata vicino al "famoso" cespuglio, spostai qualche ramo e ci trovai due quaderni nuovi con un bigliettino, lo aprii e lessi le poche righe che c'erano scritte "Spero ti piacciano, era un modo per farmi perdonare dopo averti rovinato gli altri.
  -Ross."
Dopodiché strappai il bigliettino e lo gettai a terra come tanti coriandoli, presi i quaderni e li infilai distrattamente nello zaino. Ero intenzionata a restituirglieli, non volevo niente che mi collegasse in qualsiasi modo a quel ragazzo, ma durante la mia giornata scolastica non lo vidi nemmeno di sfuggita. Finite le sei ore mi toccava una tortura ben peggiore..la psicologa.

--------------------------------SPAZIO AUTRICI -------------------------
Hey bella gente, si lo sappiamo cosa pensate "tutto qui? perche è così piccolo?" alle vostre belle domanda rispondo io, Mar.
Allora, il capitolo è così piccolo perchè io ho voluto unire quello della psicologa, con quello "dell'appuntamento" con Ross, quindi il prossimo capitolo sarà chilometrico.
spero vivamente che non vi annoierete a leggere la divina commedia che scriveremo, o se cambiamo ancora idea un altro capitolo piccolino. E si, siamo imprevedibili e alcone volte anche crudeli...A presto.
BACINI DA ELL E MAR.

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Capitolo 7
*** Break down the wall ***


"Break down the wall"

Arrivai li davanti a quella porta grigia che emanava tristezza, mi appoggiai al muro e chiusi gli occhi. Lo stesso muro dove mesi prima mi ero appoggiata vicino a una ragazza dagli occhioni blu, colei che sarebbe diventata la mia salvezza. Allungai una mano sperando di sfiorare le sue piccole dita, ma invece di trovare la sua mano trovai solo il muro freddo parallelo, e il vuoto. La porta si aprii e tornai in me mentre una ragazza che si asciugava le lacrime ringraziava la psicologa e se ne andava soffiandosi rumorosamente il naso. La donna mi fece segno di entrare, con un ampio sorriso sulle labbra, entrai e mi sedetti sul divano bianco accanto alla poltrona dov'era seduta lei. Si sfilò le ballerine, segno che la seduta era appena iniziata.
-Laura! Che ti è successo?-
Mi chiese, e adesso? Che dovevo dirle? Che mi avevano picchiata i miei compagni? Forse sarebbe stato meglio dare a tutti la stessa versione
-mi hanno aggredita per rubarmi il cellulare.-
Risposi semplicemente
-Ha mai pensato di mettere uno di quei pendoli con le sferette d'argento? la maggior parte degli psicologi ce l'ha - 
Chiesi per cambiare discorso, per allentare la tensione 
-provvederò a comprarne uno. Allora, come stai?-
-una favola...non si vede?-
Dissi già scocciata 
-se intendi una favola horror, si.-
Rispose lei con un sorriso. 
-Parlami un po' degli ultimi giorni-
Odiavo parlare di me. Odiavo parlare e basta, ed avere qualcuno che ti siede su una poltrona marrone accanto e ti guarda come si guarda uno sotto interrogatorio, non era il massimo. Chiamarmi asociale era l'unica cosa vera perché in fondo è così che ero, un guscio da spezzare.
-Le solite cose...niente di che a parte "l'incidente" del cellulare-
-L'altro giorno ho chiesto alla tua famiglia di descriverti con poche parole, spero non ti dispiaccia-
Perché me lo chiedeva se l'aveva già fatto? 
-E cosa hanno detto?-
Lei si mise gli occhiali ed aprì il taccuino giallo, che poco prima era sul tavolino, strizzo gli occhi e inizio a leggere
-tuo padre ti definisce "fredda", tua sorella "distaccata", Martin "scostante" e tua madre "stoica"-
Fredda? Okay ci poteva stare. Distaccata? Era vero, preferivo la musica ad una conversazione. Scostante? Da quando in qua? Io e Martin le uniche volte che ci siamo rivolti la parola era per salutarci, come poteva anche solo pensare di conoscermi?. Stoica? Ero tutt'altro che stoica...
-Essere stoica non mi sembra una cosa negativa-
Risposi dando così ragione a mia madre, pur non essendo vero.
-Potrebbe essere positiva, ma le avversità spesso diventano occasioni di crescita interiore ed affrontarle significa maturare-
"Ma i miei problemi non si possono affrontare" avrei voluto dire, ma mi limitai a distogliere lo sguardo e posizionarlo su uno specchio di fronte la parete. Lei sembrò accorgersene
-vieni qui!-
Disse infilandosi le ballerine ed alzandosi per poi allungarmi un braccio ed incitarmi ad andare verso lo specchio. Solitamente cercavo di non concentrarmi troppo sul mio aspetto e di evitare gli specchi, ma vedermi riflessa lì in quello stato mi fece stringere una morsa al cuore. 
-cosa vedi?-
Ecco la domanda, immaginavo me la facesse. Cosa vedo? Una ragazza con seri disturbi mentali e che la generazione della sue età non aiuta a migliorare le cose.
-Vedo me stessa in versione "Rocky Balboa dopo un incontro".-
Mi limitai a rispondere 
-no, io intendevo cosa vedi al di sotto del tuo aspetto esteriore?-
Il vuoto. Era la risposta giusta da dare. Il timer della seduta suonò e non risposi alla domanda fattami. Lei sembrò  accorgersi di questo mio tentativo e disse 
-bene il tempo è scaduto! Per la prossima volta voglio una risposta alla mia domanda...Laura!-
Mi voltai a guardarla togliendo finalmente gli occhi da me 
-si?-
Chiesi 
-ricorda che tutto quello che fai esteriormente a te, si riversa sulla tua anima, quindi...-
Disse avvicinandosi a me e prendendo il mio braccio per poi tirare su la manica
-butta la lametta o distruggerai la tua anima, ed un corpo senza anima e come il giorno senza il sole.-
 
-------------------------SPAZIO AUTRICI--------------------------
Bella a tutti voi, carissimi lettori!
Siamo tornate dopo un casino di tempo su EFP....Ragazzi, ci siamo messe a piangere quando abbiamo letto le vostre splendide recensioni. Noi...siete...voi...FATEVI ABBRACCIARE!
Okay, ci scusiamo infinitamente per non aver continuato più e per aver postato un capitolo così piccolino (di nuovo), ma grazie alle vostre recensioni adesso siamo più gasate che mai e non vediamo l'ora di metterci di nuovo all'opera. Come al solito se volete chiarimenti lasciate una recenzione, noi saremo pronte a rispondere ad ognuna di voi (scusate se non l'abbiamo fatto nelle ultime che avete lasciato ma sono troppo belle, non troviamo parole) se avete idee da suggerirci o altro, recensite pure. Detto questo vi salutiamo dando ad ognuna di voi un caloroso abbraccio virtuale e ci risentiamo nel prossimo capitolo.
BACINI A TUTTI, LE VOSTRE ELL E MAR.

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