Amare e lasciarsi amare

di Kyl8
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** 1 ***
Capitolo 2: *** 2 ***
Capitolo 3: *** 3 ***
Capitolo 4: *** 4 ***
Capitolo 5: *** 5 ***
Capitolo 6: *** 6 ***
Capitolo 7: *** 7 ***



Capitolo 1
*** 1 ***


Piccola premessa dell'autrice:
Ciao a tutti! Questa è la mia prima storia, speravo che fosse un poco più breve ma mi sono lasciata prendere la mano. E' una storia che viene fuori interamente dalla mia testa ma è possibile che all'interno troverete qualcosa di già visto, già sentito, già letto. Sappiate che non è mie intenzione copiare niente o nessuno, la mia mente mette insieme immagini che ha registrato in questi anni di vita. Detto ciò vi auguro buona lettura e spero che vi piaccia, almeno un pò.


Piero entrò nella piccola libreria sotto casa sua, si guardò spaesato intorno poi si incamminò verso la zona più interna.
I clienti entravano e uscivano in quella domenica piena di sole di metà giugno ed Emma non aveva neanche un attimo di respiro. Andava da uno scaffale a un altro, metteva libri nei sacchetti, batteva scontrini, esortava Diego a darsi una mossa, scansava Gipsy comodamente arrotolata dietro al bancone. Nonostante il gran da fare aveva notato che quel maleducato del suo vicino era entrato in libreria circa mezz’ora prima, si era diretto timidamente verso il reparto “psicologia” e non era ancora uscito.
Si avvicinò con discrezione
-Posso aiutarla?-
Diego ebbe un sussulto: -No! Anzi sì,aspetti- disse vedendo che la ragazza stava voltandogli le spalle –Cercavo qualcosa che…mi aiutasse…un libro su, ecco, sull’amore- Disse quest’ultima parola in un sussurro appena percettibile che Emma fece fatica ad udire. –Lei intende un romanzo rosa? O un saggio sulle emozioni?- -Io intendo un libro che spiega come fare ad innamorarsi…- La ragazza si lasciò sfuggire un sorriso canzonatorio che represse immediatamente. Non stava bene ridere dei clienti. –Oh, ok. Ho capito. Allora il libro che ha in mano è perfetto-
Piero osservò la copertina bianca con i contorni rosa pallido e un grande cuore in centro e si sentì un perfetto idiota. Conosceva quella ragazza da anni ormai e anche se non sapeva nulla di lei, neanche il suo nome, sapeva con certezza che lo detestava. Lo si vedeva dagli sguardi d’odio che gli lanciava quelle poche volte che si incrociavano nell’androne o che passando di fronte la vetrina per andare a lavoro la vedeva dietro il bancone o a riordinare qualche scaffale. Aveva sorrisi per tutti tranne che per lui. Come biasimarla, povera donna! Le mura sottili dell’appartamento la rendevano partecipe di tutte le avventure di Pietro. Emma conosceva tutti i nomi delle sue prede (che lui regolarmente sbagliava), ne riconosceva i passi rumorosi dei tacchi, la voce, le urla e l’ansimare. Adesso alle qualifiche di “donnaiolo” “superficiale” “maniaco” “maschilista” “porco” si sarebbe aggiunta anche quella di “smidollato”. Cosa che un uomo tutto d’un pezzo come lui non avrebbe potuto accettare.
-Fa niente, grazie- disse lui restituendo il libro alla ragazza e avviandosi velocemente verso l’uscita.
Quando la porta si fu richiusa alle sue spalle facendo tintinnare lo scaccia sogni con le campanelle, Diego si avvicinò a Emma –Che voleva il porco?- -A quanto pare ha intenzione di innamorarsi- disse lei quasi ridendo e passando il librone all’amico. Anche lui scoppiò a ridere prima di rimettere il libro al suo posto.

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Capitolo 2
*** 2 ***


Quella sera Emma chiuse la libreria, fece un giro per il quartiere per far sgranchire Gipsy e tornò a casa. Preparò una semplice cena, mise i croccantini nella ciotola al cane e un po’ di mangime ai pesci e si accomodò sul divano davanti alla tv. Quella sera trasmettevano la versione del 2011 di Jane Eyre, la sua preferita, e, anche se conosceva tutte le battute a memoria, doveva assolutamente rivederlo. Ma le pubblicità che spezzavano la tensione e la passione del film le davano sui nervi, quindi inserì il dvd per vederlo senza distrazioni. Adorava Mr. Rochester e adorava Michael Fassbender. Sognava ad occhi aperti di poter vivere una storia d’amore come quella di Jane, accanto ad un uomo come quello di Jane.
Mentre Mia Wasikowska ringraziava la famiglia Rivers per la loro ospitalità sentì un forte tonfo e un lamento provenire dall’appartamento accanto che la federo trasalire. In un primo momento fece finta di niente, poi però, sentendo ancora lamenti invece che risatine di donne poco vestite, cominciò a preoccuparsi. Si infilò le ciabatte, si mise una maglietta più larga che avrebbe mascherato la mancanza del reggiseno e uscì titubante sul pianerottolo. Gipsy intanto si era alzata stiracchiandosi stancamente ed era andata dietro la padrona –Resta dentro!- le ordinò sussurrando e bussò alla porta accanto. –Un attimo!!- urlò Piero da dentro. Seguirono rumori confusi di vetro e metallo e dopo qualche secondo aprì la porta. Era scalzo, in pigiama, con una mano sanguinante e l’altra che teneva del ghiaccio sulla testa. –Cosa le è successo?- chiese Emma spaventata –Niente, un piccolo incidente casalingo- rispose lui tenendo socchiusa la porta un poco imbarazzato. –Ma mi faccia vedere- Emma tentò di prendere la mano ferita di lui ma Piero si ritrasse –Posso fare qualcosa? La porto al pronto soccorso? Ma come La porto che non ho neanche la macchina? Chiamo un’ambulanza? O chiamo Diego, ci accompagnerà lui. Ci vorranno punti? Ha sbattuto la testa? E’ meglio che resta sveglio tutta la notte. Mi hanno detto che si fa così in caso di traumi…- -Sto bene, grazie- la zittì.
Emma rimase in silenzio guardandolo negli occhi azzurri poi, curiosa per com’era, sbirciò verso l’interno dell’appartamento scorgendo una scala per terra e pochi vetri rotti. Una fitta di dolore attraversò il volto di Piero e, anche se tentò di mascherarla, Emma se ne accorse. Lo spinse decisa all’interno e lui non protestò.

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Capitolo 3
*** 3 ***


Entrarono nell’appartamento di Piero e Emma lo fece sedere sul divano. Prima che richiudesse la porta Gipsy riuscì ad entrare furtiva e si andò a sedere sul tappeto del soggiorno. –Attenta ai vetri- disse Emma al cane.
Mentre stava rialzando la scala Piero le si avvicinò –Aspetti, la aiuto- Per tutta risposta lei lo rispinse sul divano. –Dove posso trovare una scopa e una paletta per raccogliere questo- disse Emma indicando la lampadina rotta sul pavimento. –Nello sgabuzzino, in fondo al corridoio-
Dopo aver finito di pulire, Emma andò in bagno e prese della bambagia e del disinfettante per curare la mano di Piero che, durante tutto questo periodo, era rimasto incollato sul divano con il ghiaccio sulla testa che ancora gli pulsava e lo sguardo preoccupato rivolto verso Gipsy, la quale era seduta di fronte a lui e lo guardava ringhiandogli sommessamente di quanto in quanto.
Emma si sedette sul divano e gli prese la mano cominciando a tamponare il piccolo taglio, ma gli occhi di Piero non si scollavano dal cane. –Non gli piaccio vero?- -No, lei non LE piace, è una femminuccia.- -Mi scusi. AHI!- Emma sorrise pensando alle dinamiche dell’evento –Mi dica se la mia ricostruzione è giusta: è salito sulla scala per cambiare una lampadina, ha perso l’equilibrio ed è caduto sbattendo la testa, rompendo la lampadina e ferendosi la mano. Giusto?- -Prima mi è scivolata la lampadina. Per questo ho perso l’equilibrio- rispose Piero con aria sconfitta. La ragazza gli rise in faccia, poi si trattenne –Mi scusi- disse con aria divertita –E che avevo un’altra opinione di lei. L’avevo sempre pensata come un gran figo, uno di quelli perfettini, che quando camminano non inciampano, non vengono infastiditi da insetti, non vengono presi di mira dai piccioni- -Lei mi ha pensato?- Disse Piero con un sorrisino malizioso che fece arrossire Emma. Ecco, stava recuperando punti. Questo era Piero: l’uomo affascinante che faceva arrossire le donne con un semplice sguardo, non l’imbecille che cade dalla scala per cambiare una lampadina o che cerca un libro che spieghi come potersi innamorare. –Non volevo dire questo- rispose Emma imbarazzata –Intendevo che quando la guardavo, NO! Quando la immaginavo…sto peggiorando la situazione- Si alzò e andò a buttare la bambagia sporca. –Per fortuna il taglio non è profondo ma dovreste metterci ugualmente un cerotto su quella mano- -Perché non darci del tu?- -Dovresti metterti un cerotto- ripeté Emma sospirando. Piero andò in bagno per cercare un cerotto nel mobiletto e sentì la voce di Emma provenire dall’altra stanza –Come mai non sei fuori questa sera? O in compagnia di una bella ragazza?- -Perché non ne avevo tanta voglia- Tornato in soggiorno trovò la ragazza che faceva scorrere lo sguardo lungo i titoli della sua scarna libreria -Cos’è questo?- domandò prendendo dallo scaffale “Il cuore è un muscolo: allenalo!”. –Lascia- disse Piero fiondandosi su di lei e strappandole il libro di mano corrucciando la fronte. –Scusami tanto, ma quella offesa dovrei essere io e non tu! Oggi sei letteralmente scappato dalla mia libreria snobbandomi “Amare e lasciarsi amare” che, fattelo dire da una che se ne intende, è mooolto più approfondito ed efficace di questo manualetto da quattro soldi- -Questo l’avevo già- -Sa di nuovo. Ed è impacchettato- -Me l’hanno regalato. E non l’ho mai aperto- -Certo, come no. Andiamo Gipsy- Il cane balzò in piedi e si piazzò accanto a Emma.

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Capitolo 4
*** 4 ***


La testa di Piero cominciò a girare costringendolo a sedersi sul divano. Emma gli si avvicinò preoccupata –Già, è vero, la tua testa- -Tutto bene, vai a casa tranquillamente- -Non ci penso minimamente! Gipsy, puoi dormire sul tappeto questa notte- disse al cane che le si accucciò ai piedi. –Intelligente la ragazza- disse Piero, continuando a tenersi la testa fra le mani.
Emma rimase a fissarlo mentre si massaggiava la nuca. Le ciocche mosse gli ricadevano sulla fronte corrucciata, gli occhi di un azzurro come l’oceano solitamente vispi e indagatori erano leggermente socchiusi, le labbra carnose che nascondevano i denti perfetti si contraevano leggermente ad ogni pressione della mano, la barba non era stata rasata da almeno un paio di giorni e aveva uno strano colore ruggine che contrastava con i capelli scuri. D’improvviso Piero si voltò verso di lei e spalancò gli occhi facendola trasalire e arrossire. Emma sperava che non si fosse accorto del suo sguardo insistente sui suoi lineamenti. –Non conosco il tuo nome!- disse lui stupito. La ragazza si fece scappare un sospiro di sollievo –Mi chiamo Emma. Davvero non sapevi il mio nome? Abitiamo accanto da quanto…5 anni ormai?- -Per me eri la ragazza dei libri. Scusa, non è carino da dire- -Lascia stare, ci sono abituata- disse lei con un pizzico di tristezza. Prima che potesse essere assalita da cupi pensieri decise di cambiare argomento –Come mai cercavi un libro del genere- disse, spostando lo sguardo verso “Il cuore è un muscolo: allenalo!” –Visto che oramai conosco il tuo nome e abbiamo un po’ più di confidenza e visto che devo farmi perdonare (scusa ancora la mia mancanza di tatto) te lo dirò. Come naturalmente saprai, sono un donnaiolo. Lascia perdere le goffe figure di oggi! Generalmente sono un uomo di successo, nel lavoro e con le donne- Emma lo sapeva bene –Ma ho una certa età ormai- -Una certa età?- lo interruppe Emma –Avrai al massimo 32 anni- -38, ti ringrazio tesoro- Le sorrise e Piero continuò –E dunque, avvicinandomi ai 40, ho cominciato a pensare al mio futuro e quanto vorrei una donna accanto durante la mia vecchiaia. Non una badante o un’infermiera, parlo di una moglie. Una donna con la quale invecchiare serenamente. Ma per avere una moglie devo innamorarmi di lei. E io non m’innamoro. Mai. Non ci riesco, è più forte di me, le donne sono solo mezzi di piacere per me, qualcosa da conquistare, usare e poi cambiare. E non immagino di invecchiare proprio con nessuna delle donne che mi porto a letto. Quindi cercavo un libro che mi insegnasse un poco come fare, ecco.- Emma era rimasta a guardarlo in silenzio. –Non dici niente?- -Wow- e tornò a fissarlo –Forse sbagli il tipo di donne del quale ti circondi?- riuscì a dirgli Emma dopo che si riprese. –Ti aiuto io se vuoi. Innamorarsi è una delle cose più belle e magiche che ci possano essere. Non ti è mai capitato di stare accanto ad una persona e avere il cuore che batte all’impazzata? Di guardare una donna negli occhi e sentire uno sfarfallio allo stomaco? Di cominciare a sudare quando lei ti sorride o ti sfiora con la mano?- Piero effettivamente non aveva mai provato nulla di tutto ciò. Aveva sentito il bisogno di portarsele a letto, di essere desiderato e ricercato, ma non avrebbe mai voluto passare più di una notte con loro, il solo pensiero delle loro voci irritanti e dei loro discorsi inutili per tutta la giornata gli metteva i brividi.

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Capitolo 5
*** 5 ***


Emma e Piero rimasero svegli tutta la notte a parlare, lei che gli spiegava come doveva sentirsi e comportarsi un uomo innamorato e lui a sommergerla di domande e dubbi.
Quando Emma scese in libreria, Diego aveva già aperto da un pezzo e la guardò incuriosito sia per il ritardo inconsueto sia per le spaventose occhiaie che le contornavano il viso.
-Tesoro, che hai combinato questa notte? Devo dispiacermi o essere contento per te?-
-Ho solo tenuto compagnia ad un amico che aveva bisogno d’aiuto- rispose lei tra uno sbadiglio e un altro.
–Devo essere contento allora- disse Diego, guardandola con gli occhi avidi di particolari piccanti. Lei, sorridendo,  lo spostò da un lato per poter andare dietro il bancone –Giuro, abbiamo solo parlato. Ma puoi essere ugualmente contento per me perché sono stata davvero bene e sento di aver trovato un nuovo amico.- -No no no no no, questo non va affatto bene! Non devo essere contento, devo essere geloso!- disse, facendo ridere Emma di gusto.
 
Piero russava rumorosamente quando Emma bussò alla sua porta. Dovette bussare più e più volte, aumentando d’intensità, prima che lui si alzasse e andasse ad aprire. –Che faccia! Stavi dormendo? Alle 6 del pomeriggio? Sbrigati, lavati, vestiti e usciamo- -Come fai ad avere tutta questa energia? Questa notte non abbiamo dormito- -Sbrigati! Io ti preparo un caffè!- urlò la ragazza che si era già infilata in cucina e stava preparando la caffettiera.
Dopo una ventina di minuti erano a girovagare al centro, lei in jeans e maglietta e lui con un completo firmato e una camicia celeste con le sue iniziali incise sul taschino. Erano una coppia davvero strana. Emma si fermò al centro della piazza e cominciò a guardarsi intorno; i tavolini fuori dai bar e dai locali erano stracolmi di persone, ragazzini con gli zaini in spalla, cinesi con le macchine fotografiche e stormi di cinquantenni nordici guidati da stangone con una bandierina in aria affollavano l’area antistante la grande chiesa, uomini dell’est Europa e del nord Africa mostravano cappellini scoloriti e calamite made-in-china su banchetti scomposti.
Piero le si avvicinò cominciando anche lui a girare su se stesso ma con un’aria alquanto smarrita –Che stiamo facendo?- le chiese dopo poco –Osserva le ragazze che ci sono in piazza. Secondo te di quale potresti innamorarti?- Piero si guardò attorno attentamente, coprendosi gli occhi per ripararli dal sole che stava per abbassarsi sull’orizzonte, poi puntò il dito della mano ancora incerottata verso un gruppetto di ragazzine poco vestite e con dei tacchi vertiginosi sedute al tavolo di un locale molto chic e costoso. –Sicuramente mi porterei a letto una o due di loro- disse sorridendo. Emma gli diede una manata sul braccio alzato facendoglielo abbassare –Non ti ho chiesto chi vorresti portarti a letto. Siamo alle solite- Piero diede un altro sguardo veloce alla piazza e questa volta scelse una donna sulla trentina, seduta sulle scale della grande fontana, che stava riproducendo la facciata della chiesa con un carboncino su un blocchetto da disegno. –Bravo, questa mi piace. Sofisticata ma non troppo, con un’età vicina alla tua, probabilmente colta e pronta a dialoghi culturali. Prova ad attaccare bottone- disse Emma dandogli una leggera spinta sulla spalla. Piero si avvicinò circospetto, Emma lo vide sedersi accanto alla donna, parlarle, sorridere, poi sorrisero entrambi, vide la donna mostrargli i suoi disegni e sorridere ancora mentre poggiava una mano ben curata sul braccio di lui.
Una morsa strinse violentemente il cuore di Emma che si fece triste, ma ricacciò indietro le lacrime che stavano per inumidirle gli occhi. Si voltò per non avere più quella scena davanti e poco dopo sentì una mano cingerle la vita. Piero la avvicinò a se e la strinse, poi allontanandosi le disse sorridente –Si chiama Sara, mi ha dato il suo numero di telefono e domani sera usciamo…ehi, che hai? Ti senti male?- -No no, tutto bene. Sono davvero contenta per te- rispose Emma sforzandosi di sorridere ma non riuscendoci veramente.
 
L’indomani Emma era seduta sul suo divano, in pigiama, ancora con un pacco di patatine davanti, ancora con un film romantico in tv, ancora da sola. Accarezzò delicatamente la testa di Gipsy che le sonnecchiava accanto e guardò per la centesima volta il cellulare. Aveva detto a Piero di chiamarla quando la serata con Sara sarebbe finita ma lui ancora non si era fatto sentire. Dall’altra parte dello schermo Richard Gere e Julia Roberts si stavano facendo un bagno ma lei non li stava guardando, la sua mente era altrove immaginando i mille scenari possibili della serata tra Piero e Sara. Lui non se l’era portata a casa e non era nemmeno rientrato da solo perché non aveva sentito rumori provenire dall’appartamento accanto, ma era possibile che avessero deciso di concludere il tutto a casa di lei, o a casa di qualche amico di lei, o in un motel, o nei bagni di un locale, o in un vicoletto, o in macchina, o… Adesso basta! Si stava rovinando la sua bella serata patatine e film per colpa di un idiota in giacca e cravatta che si era accorto di lei per caso solo tre giorni prima e che la considerava al pari di un manualetto sull’amore da consultare e gettare via. Non ne valeva la pena perdere il sonno pensando ai suoi capelli arruffati che probabilmente in questo momento stavano ospitando le dita di un'altra donna, alla sua mano calda che solo due notti prima lei stava medicando, ai suoi occhi che… Ancora! Si alzò dal divano e cominciò a sistemare la cucina, sperando che questo l’avrebbe distratta ma di tanto in tanto si fermava stupendosi di essere così gelosa di un uomo così superficiale. Poi sorrise pensando al loro primo incontro, pensò che non era poi così superficiale e si ricordò perché quel giorno si era innamorata di lui.
Piero si era appena trasferito nell’appartamento accanto quando lo vide salire le scale con un batuffolo color caffè in mano. –Cos’è?- gli chiese incuriosita –Un cane, credo- rispose lui affidando la creaturina impaurita alle braccia della ragazza –Lo tenga lei, io non ho intenzione di avere animali puzzolenti a casa.- -Perché l’ha preso allora?- rispose Emma stizzita, pensando che il nuovo vicino avesse comprato un cucciolo per far colpo su qualche bella ragazza –Perché non potevo lasciare lo zingarello (o la zingarella che sia) tutto solo per strada, no? Ma visto che lei è tanto ospitale e sola- disse sottolineando la parola “sola”-non le dispiacerà avere la compagnia di un pulcioso amico- e sparì dietro la sua porta. Emma strinse Gipsy al petto per la prima volta e pensò che dentro quell’uomo all’apparenza arrogante e presuntuoso ci poteva essere qualcosa di buono.

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Capitolo 6
*** 6 ***


Emma si svegliò di soprassalto quando sentì la porta del vicino richiudersi. Guardò il cellulare e lesse l’orario, le 5:34. Aveva dormito raggomitolata sul divano e ora il collo e le anche le facevano male, andò in bagno per sistemarsi e preparò Gipsy per la passeggiata. Mentre gironzolava tra le stradine ancora immerse nel silenzio notturno con il cane continuava a rigirarsi il cellulare tra le mani in attesa di una chiamata, un messaggio, uno squillo, qualsiasi cosa da parte di Piero, ma non arrivò nulla.
L’uomo si fece vivo intorno all’ora di pranzo, entrava per la seconda volta in vita sua in quella libreria che aveva sotto casa ma questa volta era lì per la proprietaria, non per un libro. La trovò accovacciata nel reparto bambini intenta a riordinare una serie di libretti tutti figure.
-Ciao- le sussurrò alle spalle facendola trasalire –Ah, ciao. Come va?- ribatté lei gelida. Era furiosa con lui perché le aveva promesso che si sarebbe fatto sentire subito ma non l’aveva fatto, era furiosa per quella serata passata senza di lei, era furiosa per quella espressione contenta e rilassata di chi ha passato una nottata magnifica, e sinceramente non le andava di conoscere tutti i particolari, di quanto Sara fosse perfetta, speciale, sensuale.
Emma si alzò urtandolo e si avviò al bancone con una pila di libri in mano. Lui le andò dietro –Non vuoi sapere cos’ho fatto ieri?- -Spara- rispose poco convinta. –Ho passato la notte a fare sesso sfrenato con la donna più sexy del mondo.- Si era appoggiato con il gomito al bancone e aveva chiuso gli occhi come stesse beatamente ricordando ogni istante della serata.
–Oh, bene, avete almeno chiacchierato un po’ prima di gettarvi tra le coperte? Hai capito se Sara può diventare la donna della tua vita?- -Sara?- chiese Piero risvegliandosi dal suo sogno ad occhi aperti e incurvando pensieroso la fronte –Sara…Sara…Ah Sara! No con lei non è andata proprio. Una palla di festa con strani pittori alternativi e musicisti sfigati che fumavano non so che erba, e poi lei noiosissima, me ne sono andato dopo 10 minuti. Entro in un locale e indovina chi trovo? La biondina col vestito rosa che ti avevo indicato al bar l’altro giorno. Che culo, no? Mi ha portato a casa sua, una notte di fuoco, io, lei e la sua amica brunetta- rimase con un sorriso a 32 denti sul volto mentre Emma lo guardava a bocca aperta.
-Sei un vero porcellino- lo apostrofò Diego, che aveva ascoltato tutta la conversazione con molto poco tatto.
 
* * * * *
 
-Se continui così non ti aiuto più- urlò Emma per sovrastare la musica assordante. Piero l’aveva convinta ad uscire con lui e l’aveva trascinata in uno dei locali più in della città, uno di quelli dove le luci (molto) soffuse e il rumore che spacciano per musica non ti lasciano capire con chi stai parlando né tantomeno di cosa state parlando. Stava seduta su uno scomodo sgabello alto quanto lei guardandosi attorno spaesata e confusa mentre ragazzi e ragazze si muovevano convulsamente in una nube di sudore sfiorandosi maliziosamente le parti sensibili del corpo. Piero invece sembrava assolutamente a suo agio. Ogni tanto una donna sui trampoli truccata da Moira Orfei lo salutava con un bacio in guancia o con un occhiolino che lui ricambiava, e ogni volta a Emma ribolliva lo stomaco.
-Andiamo a ballare- disse lui alzandola di peso dalla sua postazione. Emma si ritrovò in mezzo a quella bolgia, ascelle e schiene sudate che la spingevano e la allontanavano da Piero che era già diventato il palo per due contorsioniste. –Stai attenta a dove metti i piedi cozza- la spintonò sgarbatamente una ragazza –Complimenti per lo stile di quei jeans, cozza. Fai bene a non mostrare le coscione grasse- le diede man forte la sua amichetta mentre una decina tra galletti spettinati e galline con i push up le ridevano in faccia.
Emma si girò e si fece largo tra la folla a gomitate fino a raggiungere la porta d’ingresso, superò il buttafuori e si fece investire dall’aria frizzantina della notte. Le lacrime cominciarono a rigarle le guance, arrivavano alla fine del viso e cadevano bagnandole la camicetta. Si era sempre sentita inferiore alle altre ragazze, specialmente a quelle che frequentavano questo tipo di locali. Vuote dentro ma perfette fuori, non avevano i suoi occhiali, non avevano le sue cicatrici causate dall’acne, non avevano i fianchetti e quel rotolino di pancia da nascondere sotto magliette larghe. Sapeva che era stupido piangere per questo, se lo ripeteva da 30 anni, perché aveva sempre avuto una famiglia che l’amava, la salute e l’intelligenza, amici che le volevano bene e stabilità economica. Ma ogni tanto il non essere “bella” così come era richiesto dalla società le faceva male.
Emma sentì due braccia che la stringevano forte, sentì un bacio sul collo e il suo profumo. Piero la face voltare per poterla guardare negli occhi e asciugarle le lacrime –Mi dispiace. Andiamo a casa- disse prima di posarle un bacio sulla punta del naso e condurla alla macchina.

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Capitolo 7
*** 7 ***


Rimasero tutta la notte a parlare così come avevano fatto tre mesi prima, quando Emma gli aveva curato la mano e si era offerta di aiutarlo a trovare l’amore. Ma questa notte era diverso. Lei, per la prima volta, gli stava aprendo il suo cuore; tutte le sue insicurezze, le sue paure, i suoi dolori, i suoi segreti adesso erano anche di Piero, di quel vicino irritante e superficiale che ore le accarezzava i capelli tenendola sul suo petto, che rideva come un matto ad ogni sua battuta, che aveva imparato a farsi amare anche da Gipsy a furia di grattini dietro le orecchie.
Era quasi l’alba quando Piero le diede un bacio in fronte le la lasciò addormentata sul divano. Appena chiuse la porta alle spalle si tese conto dello stupido errore che stava commettendo. Era lei quella che voleva, era lei che lo faceva sentire felice, a casa, completo, assolutamente se stesso. Bussò con impeto alla porta di Emma.
La ragazza si stiracchiò e andò ad aprire scalza e in camicia da notte domandandosi che cosa avesse dimenticato quell’imbecille. Se lo trovò a pochi centimetri dal viso e, dopo una frazione di secondo che ai due sembrò eterna, Piero le mise una mano dietro la nuca e la baciò con passione, mentre con l’altra la attirava a se. Emma si lasciò baciare perché presa completamente alla sprovvista, poi, quando tornò in se stessa, lo allontanò spingendo il suo petto con entrambe le mani –Che cazzo fai?- -Ti amo- fu l’unica cosa che riuscì a dire l’uomo.
Emma si allontanò ancora sconvolta e andò in cucina lasciandolo come un fesso davanti alla porta. Non avendo ricevuto nessun esplicito invito ad accomodarsi fuori, Piero si chiuse la porta alle spalle e raggiunse Emma in cucina dove la trovò seduta con un bicchiere d’acqua in mano e lo sguardo perso nel vuoto.
Le si sedette di fronte pronto ad aprirle il cuore ma lei lo anticipò parlando come una schizzata –Sei impazzito? Ti sei bevuto il cervello? Ti sei fatto di droghe pesanti? Cosa credevi di fare? Non sei riuscito ad innamorarti e cerchi uno sfogo? Dio, fossi bella forse ti capirei, ti accontenti di poco ormai…-
Stanco della sua parlantina nevrotica la interruppe parlando a voce alta, quasi urlando –Ti sbagli alla grande, signorina so-tutto-io, questa volta hai proprio toppato. I tuoi consigli sono stati ottimi, perfetti. Infatti mi sono innamorato! Sì, hai capito bene: io, Piero cuore di ghiaccio, mi sono innamorato. Mi succede tutto quello che mi avevi anticipato, il cuore che batte all’impazzata, lo sfarfallio allo stomaco, quella fastidiosa sensazione di calore e sudorazione esagerata…quando mi guardi. Quando mi sfiori.-
Emma aveva lo sguardo incollato su di lui, gli occhi miele sgranati come non li aveva mai avuti. Piero continuò in maniera più pacata –Mi succede solo quando sono con te. Lo so, non credevo neanche io che potesse accadere, ma è così. Sei diventata la mia migliore amica, sei come una sorella, so tutto di te e tu conosci ogni cosa di me, ma non mi basta più. Io voglio passare accanto a te il resto dei miei giorni, voglio fare l’amore con te, voglio avere il tuo corpo. E non guardarmi così, non ricominciare con la storia del “sono brutta” “non sono abbastanza” “diventerò una cicciona rompipalle”. Rompipalle ci sei già!- disse scoppiando a ridere. Ma Emma rimase seria. Era ancora troppo insicura, non sarebbe stata una buona compagna di vita perché non sarebbe riuscita ad essere perfetta come Piero si meritava.
Ma lui, vedendo la sua titubanza, pensò che Emma non lo amasse, che il sentimento fosse unilaterale e non ricambiato. Allora si alzò e con lo sguardo sconfitto le diede un bacio sulla guancia –Ok, ho capito. Beh, possiamo comunque rimanere amici, giusto?- -No- rispose la ragazza d’impulso. Si alzò dalla sedia trovandosi a pochi centimetri dal suo respiro, poi raccolse tutto il coraggio che aveva in corpo e poggiò delicatamente le labbra su quelle dell’uomo che amava e che non aveva intenzione di lanciarsi scappare. Quando si separarono riuscì a sentire i muscoli delle braccia di lui contrarsi sotto il suo tocco delicato e il suo sguardo addosso. –Ma quando sarò vecchia, lagnosa e isterica non voglio sentirti lamentare- gli disse prima di baciarlo di nuovo.

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