A-1 Squad

di the_demon
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Prologo - La ragazza senza passato ***
Capitolo 2: *** Capitolo 1 - Incubi ***
Capitolo 3: *** Capitolo 2 - La Prima Base ***
Capitolo 4: *** Capitolo 3 - Segreti ***
Capitolo 5: *** Capitolo 4 - La fuga ***
Capitolo 6: *** Capitolo 5 - Gli umani ***
Capitolo 7: *** Capitolo 6 - Quid pro quo ***



Capitolo 1
*** Prologo - La ragazza senza passato ***


Prologo – La ragazza senza passato
Il nostro mondo sembra felice.
I nostri bambini ridono.
Tutti gli Stati sono democratici.
La pena di morte è stata abolita.
È perfetto.
Ma tutto questo… non è vero.
Siamo sempre in pericolo. Ci sono demoni, che tentano di distruggere il nostro mondo.
Anni fa, degli scienziati aprirono accidentalmente una porta su un mondo parallelo. Fummo invasi dai suoi abitanti, i demoni. Sembrano come noi, ma possiedono capacità sovraumane, nonostante nessuno sappia esattamente di cosa siano capaci.
Furono messe insieme delle squadre, la maggior parte dei demoni furono uccisi, molti tornarono nel loro mondo.
Ma non sono mai morti.
E ora sono tornati. Alcuni di loro rimasti qui hanno riaperto il portale.
Il mondo è sprofondato nel caos. All’insaputa della popolazione mondiale, l’Organizzazione ha preso il controllo di tutto il mondo, muovendo i vari governi come burattini.
Le vecchie squadre contro i demoni sono state distrutte.
Ne sono state messe insieme di nuove.
Ed ecco che qui la mia storia si intreccia con quella del mondo…
 
La mia vita, come la conosco ora, è cominciata quando avevo cinque anni. Mi sono risvegliata, senza ricordare nulla, vicino ai binari di un treno, in Giappone.
Non sono giapponese. È la prima cosa che mi saltò all’occhio vagando per quella piccola cittadina di cui non ricordo più il nome. Io con gli occhi grandi, blu, quasi viola, e la pelle diafana, bianca, senza nulla in comune con la gente che mi circondava.
Un uomo mi accolse con sé. Viveva in un piccolo tempio sul margine di una foresta, e per me non c’era posto migliore. Mi chiamò Hikari, che significa “luce”. Ironico: ho sempre amato il buio. Il Sensei era uno degli ultimi conoscitori delle antiche arti giapponesi, e il suo unico figlio maschio era morto.
Fu il periodo più bello della mia vita. Vivevo con lui, e mi addestravo allo stesso tempo. La mia mente diventava calma, il mio corpo forte, le armi che usavo estensioni dei miei arti.
Ma la mia nuova felicità non durò molto. Il Sensei fu ucciso dai demoni quando avevo dodici anni.
Grondavo di rabbia, volevo vendetta.
Vagai per il Giappone, uccidendo i demoni con la katana nera che il Sensei mi aveva regalato. Poi andai negli Stati Uniti, dove feci la stessa cosa.
Fu lì che un uomo mi contattò: voleva che io facessi parte della sua nuova squadra, chiamata A-1. Accettai, decisa a completare la mia vendetta, anche se questo significava morire, o essere umiliata.
Pensavo che anche gli altri volessero vendetta, ma mi sbagliavo.
I miei nuovi compagni non serbavano rancore.
Erano solo… desiderosi di proteggere tutti, di salvare tutti.
 
Drake Begum era un cecchino. Era elegante, con quei suoi gilet da persona perbene, i capelli pettinati alla perfezione e gli stivali sempre lucidati.
Sorrideva solo con la bocca: l’espressività non era il suo forte.
Non parlava molto, solo una persona era capace di attraversare il suo silenzio: Anne Davis. Lo prendeva per mano, lo faceva sorridere. E da lontano miglia si vedeva già che si amavano e si sarebbero amati tutta la vita, quella vita incerta che vivevano insieme, nonostante i loro diciassette anni.
Anne era una ragazza quasi normale, ma nelle missioni era sempre lei la prima ad andare avanti, era capace di infiltrarsi ovunque e soprattutto riconosceva i demoni anche quando erano nascosti fra gli esseri umani.
Victor Bell era un meccanico maniaco della tecnologia. Andava in giro in moto, tentando di sembrare più figo di quanto non fosse. Non c’era bisogno di legare molto con lui per capirlo: era trasparente, capace di dire anche cattiverie pur di essere sincero. A volte rimanevo stupita della sua intelligenza brillante, a volte sorpresa dalla sua stupidità improvvisa.
E infine Jasper Gray, l’ultimo arrivato. Era il nostro stratega, e spesso il nostro salvatore, con i suoi piani B creati in pochi secondi. Era brillante, intelligente, geniale a dir poco, la sua mente era come un enorme computer calcolatore capace di analizzare le situazioni, dotato di sentimenti. Lo avevamo incontrato io e Drake in una normalissima scuola americana, a risolvere problemi di astrofisica.
Io ero l’esperta dei corpo a corpo. Andavo in giro con un cappotto nero e le mie amate spade color della notte.
Viaggiavamo in  lungo e in largo per il mondo, la A-1 era ormai famosa nell’Organizzazione.
Ma le cose si misero male. Anche i demoni crearono delle squadre per contrastarci.
Furono sterminati tutti gli altri cacciatori.
Rimanemmo solo noi, a vagare da una base all’altra, la maggior parte in disuso, tentando di distruggere quanti più nemici possibili.
Ma ormai era il caos, dentro l’Organizzazione, mentre si tentava di mantenere l’ordine nella vita della popolazione.
Eravamo condannati.
*** Angolo dell'autrice ***
Hey! Sono the_demon (se volete chiamatemi Demon, o Kuro) Spero che il prologo vi sia piaciuto, nonostante non ci sia molta azione. Ho due domande: preferireste che lo scrivessi al presente o al passato? Mi piace molto disegnare, quindi vorrei fare dei disegni (magari i character design dei personaggi, o delle scene della storia) da mettere come copertine ai capitoli. Che ne pensate?
Alla prossima, Kuroi Akuma.

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Capitolo 2
*** Capitolo 1 - Incubi ***


Capitolo 1 – Incubi
Sento una mano afferrarmi la spalla, ed esco dal nulla in cui sono intrappolata. Comincio a sentire il terrore attanagliarmi le viscere, percepisco il mio respiro affannato, e nel buio metto a fuoco il volto preoccupato di Jasper, che mi fissa da dietro i suoi occhiali sottili con la fronte accigliata. Si sposta il ciuffo castano da sopra gli occhi scuri, e ritira la mano dalle dita lunghe e sottili.
-Un incubo?- mi chiede, sfiorandomi la guancia.
-Sì.- rispondo secca, scattando in piedi –Eri tu di guardia?
-No, Victor.- mi dice indicando la sua sagoma scura proiettata sull’unica finestra della stanza in cui ci troviamo, la più vicina all’esterno. Jasper mi fa un cenno col mento e mi indica un angolo, dove Drake e Anne sono abbracciati, ciascuno affidando il proprio sonno nelle braccia dell’altro.
-Mi dispiace che ti sia svegliato.- mi avvio verso la porta afferrando le mie armi per terra e legandomele sulle spalle con le solite cinghie di cuoio nero –Torna a dormire. Io vado a dargli il cambio.
-Come vuoi.- non ribatte e si rintana nel suo sacco a pelo, togliendosi gli occhiali e appoggiandoli sul pavimento accanto a lui.
Fuori dalla base, Victor è appoggiato alla finestra, accanto alla sua moto nera, vestito come sempre con quella tuta grigia e la maglietta verde scuro. Mi lancia un’occhiata stanca, poi chiede:
-Dormono tutti, là dentro?- io annuisco.
-Jasper si è riaddormentato, penso.- rispondo avvicinandomi –Non vai a dormire?
-Non ho sonno.- dice, ma i suoi occhi sono circondati da profonde occhiaie. Si stropiccia la palpebra destra, assonnato. Qualcosa lo tormenta, da qualche giorno, un pensiero funesto.
Decido di stare in silenzio e aspettare che gli venga la voglia di parlarmene. In ogni caso, so che prima o poi si metterà a sproloquiare senza riuscire a fermarsi per un po’.
-Tu non pensi mai… di mollare?- mi chiede infine.
-Non capisco.- rispondo alzando un sopracciglio. Questo non è decisamente da Victor.
-Non pensi mai di voler tornare indietro, alla  tua vita di prima?
-Ogni giorno.- rispondo con un sospiro –Ma non posso. Tutto quello che avevo è stato distrutto.
Lui rimane in silenzio, avendo capito di aver colpito un tasto ancora dolorante.
-Scusa.- mi dice dopo qualche minuto –Vado a dormire.
Si alza ed entra nella base, e capisco che il suo sguardo si è spostato su Drake e Anne da un suo sospiro sommesso.
Nessuno di noi tre, fra me, Victor e Jasper ne sa molto di amore, ma tutti capiamo quello che c’è fra loro, e tutti, nel nostro inconscio, desideriamo vivere una storia come quella, dopo la fine di questa follia.
Mi siedo per terra, dove prima c’era Victor, e mi appoggio la katana sulle gambe, mentre poso l’altra arma accanto a me. Somiglia a un grosso coltello, anch’esso nero, e nessuno a parte me conosce la sua storia: l’ho rubata a un demone, uno dei primi che ho ucciso.
Mi copro la bianca che mi copre l’occhio sinistro con la mano, perché ha cominciato a farmi male. Dopo un po’ smette e rimango lì ad ansimare, una ragazzina sedicenne con due enormi spade in mano accanto a una moto.
Stringo l’elsa cremisi della katana, sfioro la lettera K che c’è incisa e mi viene improvvisamente in mente che non ha un nome.
-Un nome…- mormoro –Un nome per le mie armi…
Ma non mi viene in mente niente, resto seduta lì a fissarle, lo sguardo che mi si perde nelle loro lame nere.
So che non è una buona idea, ma passo il dito sul filo, come faceva il Sensei senza mai tagliarsi. Mi compare un segno rosso sul dito, quindi decido di smettere.
Lascio perdere, e guardo avanti, mentre da dentro mi arriva alle orecchie il russare sommesso di Victor.
Sono sempre stata brava a sentire i suoni, anche quelli più deboli, anche quelli più stupidi, dallo sgusciare di una spada dal suo fodero, ai leggeri passi di Anne nelle sue ballerine nere.
Comincio a ricordare l’incubo: la morte del Sensei. Dovevo saperlo. È sempre quello, sempre lo stesso, che ogni volta sembra più realistico, ogni volta fa più male.
Mi accorgo di tremare, e mi costringo a canticchiare un vecchio motivetto. Poi inspiro. Ed espiro. Di nuovo. Ancora una volta. Ed eccomi tornata in me, la minuta, fredda e scostante Hikari.
Mi concentro sull’oscurità e la notte passa, come un’amica, senza altri intoppi.
 
Siamo sul furgoncino nero di Drake, lui e Anne seduti sul davanti, io e Jasper nel retro, Victor sulla sua moto che ci precede.
-Che avete da guardare?- sento urlare Drake, rivolto a chissà chi.
Jasper ci aveva fatto notare pù volte che un furgoncino nero come quello dava un po’ troppo nell’occhio, ma Drake non aveva voluto sentire ragioni. Si difendeva dicendo che poi non avremmo avuto dove mettere la nostra roba, le armi, i computer di Victor e tutto il resto.
Il veicolo prende una buca, e Jasper cade in avanti, come un sacco di patate. Lo afferro per le spalle prima che possa rovinare la sua preziosa testa.
-Grazie.- dice, sedendosi nello stesso posto di prima, accanto a un fucile.
-Di niente.- gli rispondo, poi chiamo Drake.
-Cosa vuoi?- risponde quello all’improvviso.
­-Quanto manca?- chiedo, incapace di aspettare oltre.
-Devi andare in bagno?- chiede con una risatina –Comunque ci fermeremo in una città. La Prima Base è troppo lontana, e viaggiare di notte non è sicuro.
L’ultima affermazione viene accompagnata da uno sbuffo generale.
-Hey, io faccio quello che posso!- si difende lui, poi torna a guidare senza dire più una parola.
-Uffa.- commento, e Jasper annuisce.
Tutti odiamo vedere gli altri umani, ignari di ciò che accade, vivere le loro vite sereni, mentre noi portiamo il peso della loro felicità.
Si scosta il ciuffo dagli occhiali. Continuo a chiedermi perché non porti delle lenti a contatto, gli converrebbe.
Sono tentata di domandarglielo, ma il furgoncino si ferma e siamo costretti ad alzarci.
Mi sgancio le cinghie che si incrociano sul petto, e le spade cadono a terra con un tintinnio sordo.
Le appoggio contro il sedile di Anne, e scendo con un balzo. Jasper, dopo di me, miracolosamente riesce a non inciampare. Nonostante sia alto e longilineo, è molto distratto, ha sempre la testa fra le nuvole.
Drake, stranamente poco elegante, con indosso solo dei jeans e una camicia bianca, porge la mano a Anne, per aiutarla a scendere. Ovviamente sa che lei non ne ha bisogno, ma lo fa sempre. E lei accetta il suo aiuto con un sorriso ogni volta  più dolce.
Ed eccola giù, con i suoi boccoli biondo scuro, con un vestito rosso, così femminile, così diversa da me. Mi sento rimpicciolita ancora di più, sento di essere ancor più bassa del mio misero metro e cinquanta.
Abbasso gli occhi, e mi guardo. Sono stretta nel mio solito cappotto nero che ormai arriva a coprirmi a malapena le cosce, i miei jeans grigi sembrano più rovinati del solito e gli stivali di pelle che mi arrivano sulle ginocchia mi fanno sembrare una motociclista.
Accanto a me, Jasper stringe i pugni alla vista di Drake. Sono migliori amici, ma vedo che lo invidia un po’, non so se per l’aspetto o per il comportamento.
Non che sia brutto, Jasper. Come ho già detto prima, è molto alto, sul metro e ottanta, ha dei lineamenti dritti e regolari e il fisico asciutto.
Mi lancia un’occhiataccia quando capisce che lo sto guardando.
-Be’, che c’è?- chiedo con uno sbuffo, facendo spallucce.
-Niente.- risponde, e distoglie lo sguardo.
-Bene.- mi volto e comincio a camminare, ficcandomi le mani in tasca.
-Hikari?- mi chiama di nuovo.
-Che c’è?- volto il capo e vedo che mi fa segnale con un dito.
-Vai dalla parte sbagliata.- mi informa candidamente, in quel suo modo che non sopporto. Cambio strada di nuovo e lo guardo, nervosa.
Sorride per farmi innervosire, ma non lo lascio vincere e continuo a camminare facendo finta di niente. Si porta accanto a me e alza le mani in segno di resa, con un sorrisetto beffardo.
Ci rifugiamo in un pub che ci sembra poco affollato, e ci sediamo attorno a un tavolo di legno. Io come al solito finisco fra Victor e Jasper, che sembrano alquanto felici di non essere troppo vicini a Anne e Drake, che si stringono le mani bene in vista sul tavolo. Mi costringo a non guardarle, e cerco di cominciare una discussione.
-Arriveremo domani alla Prima Base?- Drake annuisce, dispiegandosi il menu davanti.
Le Basi sono costruite attorno alla sede amministrativa dell’Organizzazione Americana, organizzate su degli anelli in cinque direzioni diverse.
La Base in cui abbiamo passato la notte è la decima, la più vicina alla prima, che a sua volta è quella più prossima alla Sede.
Siamo diretti lì per avere la possibilità di creare nuove squadre, di addestrarle noi stessi, che un tempo eravamo i più forti, anche se ora siamo gli ultimi, gli unici a non essere stati distrutti dai demoni.
Ci si avvicina una cameriera che ci guarda storto, prende le ordinazioni e va via come se avesse visto dei fantasmi.
-Dev’essere per la tua camicia.- comincia Victor, rivolto a Drake.
-È per il camice di Jasper.- continua lui con un risata che sembra più uno sbuffo.
-Io dico che è per il tuo cappotto.- dice voltandosi verso di me.
-Cos’hai contro il mio cappotto?- lo aggredisco, innervositami, e tutti scoppiano a ridere.
Rido anch’io, un po’ perché i nostri battibecchi sono divertenti, un po’ perché non voglio passare per quella che se la prende sempre. Sono già abbastanza scorbutica.
-Ecco a voi.- la cameriera di prima torna con le ordinazioni e ce le sbatte davanti senza alcun garbo, si volta e se ne va, ridendo sotto i baffi.
-Le sparo?- chiede Drake, innervositosi. Non sopporta la maleducazione.
-Nah.- risponde Jasper –Non ne vale la pena.
Dopo ci dividiamo di nuovo in due, Anne e Drake da una parte, che parlottano e ridono, io, Jasper e Victor a discutere di argomenti più seri per cercare di ignorare i due piccioncini.
Il secondo tira fuori un computer dalla borsa, accede al database dell’Organizzazione, ed apre il programma per la ricerca dei demoni.
Ne indica solo uno, in una palazzina nel centro città.
-Una mappa?- chiede Jasper.
-Il livello?- chiedo io.
I demoni si suddividono in sette classi, in base alla loro potenza. Noi li chiamiamo “Gironi”.
Victor picchetta un po’ sul computer, e appare una mappa, che l’altro comincia a studiare cercando una nuova strategia.
-Quarto girone.- dice, rivolto a me –Può diventare pericoloso.
-Capisco.- un demone al quarto girone può essere davvero un problema, se non affrontato con la dovuta cautela.
Paghiamo e andiamo via, senza dimenticarci di gettare un’occhiata astiosa alla nostra simpaticissima e disponibilissima cameriera.
Saliamo sul furgoncino e Drake ci porta davanti alla palazzina, quindi ci armiamo di tutto punto e scendiamo.
Per fortuna non c’è nessuno a prenderci in giro come se fossimo scherzi di carnevale nel periodo sbagliato dell’anno.
Drake apre i portone di vetro.
-Ci siamo.
*** Angolo dell'Autrice ***
Hey! Sono di nuovo io xD. Spero che il primo capitolo vi sia piaciuto e che sopratutto sia quello che vi aspettavate, dopo il Prologo. Ho cercato di inserire il disegno, ma non so perchè non sono riuscita... Mi dispiace. Cercherò una soluzione :)
Alla prossima, Kuroi Akuma

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Capitolo 3
*** Capitolo 2 - La Prima Base ***


Capitolo 2 – La Prima Base
Anne, Drake e Victor girano a destra, io e Jasper a sinistra. Il detector di Victor non è ancora in tre dimensioni, quindi se ci troviamo in un edificio con più piani dobbiamo controllarli uno alla volta.
Saliamo tre piani, ma il piccolo radar che abbiamo in dotazione non segnala nulla, nessuna traccia del demone.
Arrivati all’ultimo piano, l’aggeggio nelle mani di Jasper comincia a suonare più forte. Lui apre la porta dell’unico appartamento con una chiave universale ed entriamo.
Un bambino, con i capelli scuri e gli occhi verdi, sui cinque anni, si gira a guardarci, terrorizzato.
-Mamma!- urla. Compare un uomo dalla porta di quella che deve essere la cucina.
-Chi siete?- chiede –Come avete fatto ad entrare?
Una donna si affaccia, spaventata quanto il bambino.
-È l’uomo.- mi sussurra Jasper –Quando ci ha visti gli sono diventati gli occhi rossi per un attimo.
-Lo so.- rispondo, poi, in un unico gesto, tiro fuori la katana dal fodero e mi lancio sul demone, che mi respinge con una spada larga e piatta uscita dal nulla. Ecco la particolarità delle armi demoniache: possono essere celate alla vista degli umani. Mi sarebbe comodo farlo con la mia, ma non ho la più pallida idea di come funzioni.
-Tesoro… che diavolo…- lancio la katana a Jasper e corro a prendere il bambino, al centro della stanza, mentre lui distrae il demone. Ficco il bambino nelle braccia della madre e la spingo fuori dall’appartamento, chiudendomi dietro la porta.
Jasper sta goffamente tentando di respingere gli attacchi del demone, che sembra alquanto divertito dalla sua debolezza.
-Sono io il tuo avversario!- urlo puntandogli contro la spada demoniaca. Lui sbalordisce alla vista dell’arma e perde il controllo per un attimo.
-Quella è…- lo zittisco con un fendente allo stomaco. Il dolore gli fa assumere la sua vera forma: gli occhi diventano rossi e i denti appuntiti, ai lati del capo compaiono due corna corte e violacee.
-Era un livello tre?- si chiede il mio compagno sorpreso, riferendosi al colore delle corna.
-Preferivi il quattro?- chiedo dandogli la possibilità per allontanarsi. Rimane lì, indietro, e mi sento il suo sguardo addosso per tutto il tempo, che mi studia, che studia il mio avversario.
-Sinistra!- urla a un certo punto –Hai il fianco sinistro scoperto! Sta puntando lì!
istintivamente faccio un balzo indietro e sposto la lama per proteggermi, poi, approfittando della sua confusione, gli stacco di netto un braccio. Dalla ferita sgorga sangue nero, copioso, e il demone si allontana, urlando dal dolore.
La donna rientra in casa. Jasper le si mette davanti, con la katana, ma ormai il nemico è a terra, agonizzante.
-Jasper, dammi la spada.- poso l’arma demoniaca accanto a me, per terra, e do il colpo di grazia al demone con la katana nera. Nessuno vorrebbe morire per mano di una delle proprie armi, esattamente come io non vorrei che una spada umana mi desse il colpo finale. La dignità nella morte è motivo di onore, anche per i demoni. Nessuno merita una morte indegna.
-Cosa avete fatto?- urla la donna spintonando Jasper e gettandosi sul corpo dell’uomo.
-Signora, possiamo spiegarle…- comincio io, ma lui si mette in mezzo, sapendo quanto mi imbarazzi parlare.
-Era un demone. Lo può vedere lei stessa.- quella alza la testa, lo sguardo disperato rivolto a noi due –Abbiamo fatto ciò che è giusto, quel demone era un pericolo. Per lei e per il suo bambino.
-Il mio… bambino.- mi viene in mente una cosa.
-Era suo figlio?- indico il demone, ma la donna scuote la testa.
-Era figlio… di mio marito… morto…- nonostante abbia capito cosa sia successo, almeno in parte, continua ad accarezzare il capelli del defunto.
Drake e Victor fanno la loro entrata, seguiti da Anne che tiene per mano il piccolo. Alla sua vista, la madre lascia il corpo del demone e lo stringe fra le braccia quasi a soffocarlo.
-Ma che bel quadretto.- dice una voce alla finestra: un ragazzo, che può avere al massimo diciotto anni, in piedi, che ci guarda con un sorriso prepotente.
Sorride ancora di più e gli occhi gli diventano rossi.
-Un livello sette!- urla Victor osservando il radar. È la prima volta che lo vedo così terrorizzato.
Drake immediatamente tira fuori una pistola e gli spara, così veloce che lo vedo a malapena.
Lui  afferra il proiettile con la mano destra e getta per terra.
-Tu!- esclama, indicandomi con l’indice –Con le due spade.
Faccio un passo avanti, decisa a non mostrare la paura che mi attanaglia le viscere.
Gli punto contro la katana, sfidandolo in una mossa veramente stupida, ma lui mi ride dietro.
-Non penso che sia il momento né il luogo… ma vorrei chiederti una cosa: sei sicura che la colpa di tutto questo sia nostra? Prova a guardare più in alto…- fa un inchino e salta giù dalla finestra all’indietro. La donna urla, e Victor la zittisce.
-Non morirà così facilmente…- mormora, guardando quasi disperato il radar.
-Non preoccuparti.-  lo rassicura Drake con una mano sulla spalla –Sai che i livello sette non appaiono nei radar.
Si ipotizza esistano solo una decina di demoni al settimo girone, e che siano come dei sovrani per i loro compagni, qualcuno è venerato quasi come una divinità. Nessun essere umano ha mai ucciso uno di loro, pochi sono sopravvissuti.
Mi accascio a terra, in ginocchio, e Jasper, il più vicino a me, tenta di farmi stare in piedi, ma io cado di nuovo, quindi è costretto a prendermi in braccio.
-Andiamo via.- sussurra, e mi addormento guardando i suoi occhiali andare su e giù.
 
Mi risveglio distesa su un materasso, gli altri attorno un tavolo, a mangiare, senza fiatare. Mi alzo a fatica, e mi siedo nel mio solito posto, che hanno lasciato libero.
-Dove siamo?- chiedo cominciando a mangiare la poltiglia proteica che Victor mi ha messo davanti: non sa di niente, ma forse è meglio così.
-Nella Prima Base.- risponde Drake –Sei stata incosciente per un po’. Abbiamo dormito a casa di un vecchio cacciatore che ha rintracciato Victor.
Mi reggo la testa con la mano, mentre l’occhio sotto la benda inizia a pulsare.
-Ti fa male?- chiese Jasper preoccupato, indicando un lungo taglio nel basso ventre, che non mi ero accorta di avere.
-Non quello.- rispondo alzandomi –L’occhio.
Tutti si alzano insieme a me, ma solo Jasper mi segue fino al bagno, tenendomi per un braccio.
-Grazie.- dico sommessamente, poi entro e mi chiudo la porta dietro. È pulito, a quanto pare l’Organizzazione si prende cura solo delle basi più vicine ormai. C’è anche uno specchio, che mi rimanda indietro l’immagine di una ragazzina tormentata dall’espressione dolorante.
Con mano tremante, mi slaccio la benda, che cade sul bordo bianco del lavandino. Guardo per un po’ l’acqua che scorre, poi mi costringo ad alzare gli occhi. Come sempre, lui è lì a fissarmi, quell’occhio rosso che è stata la mia rovina.
Non sono una mezzodemone: ho fatto analizzare il mio DNA, sono umana al cento per cento. Ma me lo trascino dietro da sempre, come un elemento anomalo, messo lì completamente per caso. Non ho idea di cosa significhi, né di come quell’occhio mi possa essere stato impiantato, perché una cosa è certa: prima non c’era.
Mi sciacquo il viso e riallaccio la benda, dato che gli altri non sanno il mio “segreto”.
Esco e Jasper è ancora appoggiato al muro accanto alla porta.
-Tutto bene?- chiede alzando un sopracciglio.
-Sì.- rispondo –Andiamo a mangiare.
Senza fiatare ci sediamo esattamente come prima, e la vita torna a scorrere come se non fosse accaduto nulla, Drake e Anne si scambiano occhiate dolci convinti che nessuno lo noti, Victor ticchetta sul suo computer a velocità immane, io e Jasper parlottiamo del più e del meno.
-Domani saremo alla Sede, quindi ci conviene dormire un po’.- dice Anne.
-Faccio io il primo turno di guardia.- dico, ma me lo impediscono, quindi mi rintano nel mio sacco a pelo.
È estremamente comodo: da mesi non dormivo su un materasso vero e proprio.
Chiudo gli occhi e finalmente mi addormento.
 
Sono in piedi in mezzo al nulla. C’è solo un abisso di sangue, attorno a me, e una gigantesca e inquietante luna che mi guarda dal cielo.
-Dove sono?- chiedo rivolta a chissà chi.
-Nel mio mondo.- risponde il demone di livello sette, che appare in piedi accanto a me.
Faccio un salto all’indietro e cerco tiro fuori la mia katana, puntandogliela addosso. Con l’altra mano afferro la spada demoniaca.
-Vorresti sconfiggermi con quei giocattoli?- mi guarda sorridendo beffardo –Le tue armi non hanno nemmeno un nome. O meglio, la spada che ci hai rubato sì.
Lo guardo negli occhi che sembrano neri, incuriositami.
-Si chiama Mugen no Itami, il dolore infinito.- si guarda alle spalle storcendo la testa –Faresti meglio ad andare. La luna sta per rompersi.
-Cosa?- non faccio in tempo a pronunciare un’altra parola, che compare una crepa sulla gigantesca superficie dell’astro. Continua a farsi sempre più grande, quindi lascio perdere il demone e comincio a correre, senza voltarmi indietro.
-Un’altra cosa!- urla per sovrastare il rumore della luna che va in pezzi –Mi chiamo Kaden!
Io non rispondo nulla.
-Alla prossima, Hikari.
 
Mi sveglio con il cuore che batte a mille dalla paura.
“Come sa il mio nome?” mi chiedo.
Poi ripenso alle sue parole del giorno prima e mi domando se stia facendo la cosa giusta, se sia giusto uccidere i demoni.
Scuoto la testa e mi riporto alla realtà. La sua intenzione era proprio quella di farmi vacillare, di farmi perdere il controllo. Respiro piano, come sempre, e mi concentro su qualcos’altro.
Le tue armi non hanno nemmeno un nome.
Stringo l’impugnatura coperta di seta rossa della katana, e ripenso a tutto quello che mi è successo finora.
-La luna si rompe.- mormoro fra me e me -Koware Tsuki. La luna che si rompe.
Mi giro dall’altra parte e mi addormento, la spada nera stretta fra le dita.
*** Angolo dell'Autrice ***
Ecco a voi il secondo capitolo! Spero vi sia piaciuto :)) Spero anche di non essere troppo ripetitiva co' 'sta storia del nome delle spade xD

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Capitolo 4
*** Capitolo 3 - Segreti ***


Capitolo 3 – Segreti
 
La Sede è un edificio letteralmente enorme,  che si staglia gigantesco contro il nulla in mezzo al quale è costruito. Sembra brulicare di vita, dall’esterno: gente che entra ed esce, luci che si accendono e si spengono, trambusto che arriva anche fuori. Ma dentro è un misero spettacolo, rispetto a qualche anno fa. Alla fin fine ci sono solo uomini in giacca e cravatta, e il trambusto è dettato solo dal caos e dalla paura che dilaga ovunque. Ovviamente non c’è nessun cacciatore, e questo rende l’atmosfera piuttosto triste. Un tempo era pieno di uomini, donne e ragazzi armati di tutto punto, con i quali potevi scambiare due chiacchiere, imparare nuove tecniche di combattimento o solo duellare per un po’.
Al banco di accettazione per parlare con il responsabile delle squadre, una signorina in un completo nero troppo stretto per lei ci chiede: -Chi è il capitano?
-Capitano?- ripetiamo tutti in coro.
-Sì.- dice lei come se fosse naturale –Ogni squadra deve avere un capitano.
-Noi no.- risponde Anne –Noi decidiamo tutti insieme e lavoriamo tutti insieme.
-Non avete compilato il modulo per la regolarizzazione del vostro lavoro?
-Quale modulo?- chiede Drake spazientitosi.
Lei, con la puzza sotto il naso, ci consegna una serie di fogli.
-Ci pensiamo noi.- dice Anne prendendo per mano Drake –Andate a fare quello che vi pare.
Nessuno ribatte e ci disperdiamo: Victor raggiunge una sala di informatica, Jasper comincia a studiare delle mappe trovate in un cassetto, io vado nel piano interrato, dove ci sono le stanze per gli addestramenti.
È deserto, ma in perfetto stato: le armi sono tutte lucidate, i manichini sono esattamente dov’erano, i bersagli per il lancio dei coltelli sono nuovi. Tuttavia c’è un’aria di morte, come se le anime dei cacciatori morti siano ancora qui, da qualche parte.
Apro la porta che conduce alla stanza delle armi e le guardo una per una: molte le riconosco, erano di cacciatori che conoscevo.
C’è la balestra di una ragazza sui vent’anni che combatteva da dio.
L’enorme spada di un uomo alto più di due metri, che chiamavamo “Il Gigante Gentile”.
Le due pistole nere di un ragazzo trentenne che aveva un sorriso bellissimo.
E così via all’infinito.
Non eravamo tutti amici, noi cacciatori. Molti erano scontrosi e chiusi, come me, ma in molti vedevo il mio stesso dolore. Era più facile andare avanti, sapendo che tornando a “casa” avrei trovato loro, con le loro avventure, con i loro sorrisi e le loro lacrime.
Alla fine esco e torno da Anne e Drake, dove anche Victor e Jasper mi stanno aspettando.
Drake mi guarda, capendo cosa mi stia succedendo. Era l’unico che con me veniva ad addestrarsi, a conoscere i cacciatori, e anche lui deve esserci passato qualche volta da quella sala e deve aver provato le stesse sensazioni.
Mi passano il modulo in silenzio.
Leggo per un po’, fino a quando non mi accorgo che mi hanno indicata come capitano.
-Siete matti?- chiedo.
-Sei quella con più esperienza.- mi dice Anne –E poi Drake ha sorteggiato.
Lo guardo assassina e mi rivolgo alla donna ridandole il modulo.
-Sono io il capitano. Possiamo vedere il responsabile?- la guardo di sbieco –Tutti insieme.
-Da questa parte.- si alza e ticchetta il pavimento con dei tacchi a spillo troppo alti per lei. Più di una volta rischia di cadere, quindi mi preparo a prenderla, nel caso succeda.
Bussa a una porta, poi la apre e si mette di lato –Prego.- dice.
Entriamo, io chissà perché in testa al gruppo.
Un uomo in giacca e cravatta, seduto alla scrivania, si alza e mi stringe la mano, poi mi fa cenno di sedermi.
-Buongiorno.- mi dice.
-Buongiorno.- rispondo sedendomi, tesissima.
-Allora, qual è la vostra richiesta?- chiede intrecciando le mani.
Io deglutisco e stringo le spalle.
-Noi vorremmo la possibilità di addestrare nuove squadre.- spiego.
-No.- risponde senza pensarci un secondo.
-Cosa?- chiede Drake, non abituato a sentirsi negato il permesso di fare qualcosa.
-È nostra responsabilità.- ci guarda come dall’alto in basso –Non vostra.
-Ma noi siamo l’ultima squadra che sia mai stata creata!- esclama Jasper, dando in escandescenze –Il nostro mondo sarà distrutto!
-Non è una vostra responsabilità.- ripete lui –Pensate piuttosto a fare il vostro lavoro.
-Ma..- cerco di ribattere io, ma quello mi guarda alzando un sopracciglio.
-Ho molto da fare. Andate via, Taylor vi mostrerà le vostre stanze.
Mi mordo le labbra per non dire niente e mi alzo senza salutare. Andiamo via e ci rintaniamo ognuno in una stanza diversa: nessuno ha voglia di parlare, solo Anne e Drake si scambiano qualche parola mormorata all’orecchio.
-A domani.- dico chiudendo la porta in faccia a Jasper e Victor. Poso le cinghie con le armi accanto all’armadio e apro il piccolo frigo bianco, strapieno. Afferro dei tramezzini al tonno e mi siedo sul letto a gambe incrociate, pensando di aver sprecato un settimana solo per arrivare lì e sentire la nostra richiesta respinta.
Sospiro, dando l’ultimo morso al panino bianco.
Mi stendo sul letto, ripensando ancora una volta alle parole del demone.
“Guarda in alto” mi aveva detto. Cosa significa? È un riferimento all’Organizzazione stessa? Devo controllare quello che sta più in alto di me?
Sospiro, e scendo giù dal letto con un saltello. Ci dev’essere un archivio, da qualche parte, ne sono sicura.
Mi infilo gli scarponcini neri e, a passo felpato, entro nella stanza di Jasper.
-Jasper.- lo chiamo. Lui si sveglia di botto, e sgrana gli occhi.
-Che… Cosa c’è?- si infila gli occhiali avvicinando pericolosamente la stanghetta all’occhio.
-Mi serve la tua chiave universale.- tento di fare un mezzo sorriso.
-Che devi farci?- biascica le parole con voce impastata, per il sonno.
-Ehm…- mormoro –Scassinare l’archivio.
-Cosa?- esclama tirandosi su di scatto.
-Devo vedere se c’è qualcosa che non va fra i documenti.- lui mi guarda di sottecchi: anche se sembra mezzo addormentato, il suo cervello è già sveglio.
-Ti sei fatta condizionare dalle parole del demone.- mi tradisco spalancando gli occhi –Cosa credi? C’ero anch’io, e non sono stupido. Ho capito che significava.
Lui si toglie le coperte di dosso e afferra la maglietta appoggiata sulla sedia accanto al letto: è a torso nudo. Mi imbarazza un po’ guardarlo così, quindi giro la testa.
-Vieni.- gli dico quando si è cambiato, uscendo e facendogli strada fino alla porta che conduce all’archivio. L’unica guardia che c’è dorme profondamente, e per noi non è facile aggirarla. Jasper cammina un po’ troppo lentamente, ma riusciamo ad entrare senza destare sospetti.
-Cosa devo cercare?- mi chiede avvicinandosi ad uno scaffale, e mi rendo conto di non averci ancora pensato.
-Ehm… qualunque cosa riguardi il portale, gli scienziati, o i demoni.- lui mi guarda e annuisce, poi comincia a scorrere i cartellini affissi su ogni scaffale. Io mi avvicino al primo registro che mi capita e lo sfoglio a caso: un registro degli acquisti di carta del reparto comunicazioni. Lo rimetto a posto, passando allo scaffale successivo. Non ha molta logica, ma quantomeno mi sto avvicinando a quello che cerco, ora ho per le mani un rapporto sull’addestramento delle squadre.
-Ho trovato qualcosa.- urla Jasper sottovoce. Non so come si faccia a urlare sottovoce, ma lui lo fece.
-Demoni?- chiedo speranzosa avvicinandomi. Lui mi porge una cartella piuttosto grossa.
-No, ma è altrettanto interessante.- la afferro e leggo la scritta sul dorso:  Squadra A-1.
-Cosa?- mormoro. La apro di scatto. Dentro ci sono file su ognuno di noi. Drake, Anne, Jasper, Victor… e per ultimo il mio.
Lo apro, per quanto sappia di rischiare molto facendolo. Ci sono dati su tutta la mia vita, da quando sono arrivata in Giappone. Ancora oscuri, quei miei primi cinque anni. Noto un numero, annotato a fine pagina a mano.
01-2995
Mi tiro fuori un pezzo di carta e una matita dalla mano, poi comincio a ricopiare tutto ciò che mi può sembrare utile da tutte i file. Jasper mi guarda, accigliato, senza dire una parola.
Sento dei passi, e una voce, alla fine della stanza. Poso la cartella al suo posto, e stringo il foglietto fra le dita. Jasper mi afferra il polso e mi trascina in una corsa frenetica fino alle nostre camere.
-Grazie…- mormoro, e lui mi sorride debolmente.
-Vedi di non metterti nei guai.- si rintana nella sua stanza senza dire più nulla, e io chiudo la porta a chiave. Poso il foglio di appunti sulla scrivania e mi avvicino al letto, accanto alla finestra.
-Mi hai ascoltato, quindi.- riconosco quella voce. Tiro fuori Koware Tsuki dal suo fodero appoggiato all’armadio e gliela punto addosso. Senza quel sorriso maligno sul volto sembra umano, un umano maledettamente bello. La mia mano, stretta sull’elsa cremisi, trema.
-Cosa ci fai qui?- dico cercando di sembrare meno spaventata di quanto non sia in realtà.
-Controllavo.- sta leggendo il foglietto, ma poi alza lo sguardo su di me –Spero che tu e il damerino non vi mettiate nei guai.
-Jasper?- non so perché la tensione sta calando.
-Sì, quello o come si chiama.- fa una faccia infastidita. Si guarda il polso, e noto che porta un orologio –Devo andare.- dice.
Mi passa accanto, arrampicandosi sulla finestra, lasciandosi sfiorare la guancia dalla lama nera della mia katana, che non lo ferisce, ma lo graffia e basta.
-Alla prossima, Hikari.- fa un sorriso di scherno e salta giù. Mollo la spada a terra e mi affaccio, ma lui è già sparito.
Sconvolta, e terrorizzata, riesco ad agire con sorprendente lucidità. Poso la spada nel fodero, nascondo il foglio in una tasca interna delle due cinghie nere, con precisione sollevo la coperta e mi ci avvolgo.
Chiudo gli occhi, senza riuscire a prendere sonno. Mi copro il viso con la mano e mi maledico per essere stata tanto debole, al confronto di Kaden.
Kaden.
Kaden.
Si chiama davvero così? È stato solo un sogno.
Perché mi sembra così dannatamente vero?

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Capitolo 5
*** Capitolo 4 - La fuga ***


Capitolo 4 – La fuga
 
Victor e Jasper sono seduti a un tavolo della mensa, con una montagna di cibo davanti. Faccio per andare a prendere un vassoio, ma loro mi mostrano un piatto.
-Ne abbiamo preso anche per te.- io ringrazio e mi siedo accanto a Victor, mi verso del caffè e lo bevo tutto d’un sorso.
-Dove sono Anne e Drake?- chiedo addentando dei biscotti calorici.
-Devono aver avuto una notte di fuoco…- dice Victor sorridendo, e Jasper gli pianta una gomitata nello stomaco.
-Anne sta facendo una doccia e Drake è sceso alla stanza degli addestramenti.- mi spiega, e mi si stringe lo stomaco a pensare alle brutte sensazioni del giorno prima.
-Capisco.- la taglio lì e nessuno di noi parla più fino alla fine della colazione.
Posiamo i vassoi e ci disperdiamo di nuovo, nello stesso modo di ieri.
-Va tutto bene?- mi chiede Victor. Io annuisco con un mezzo sorriso e corro via, nella stanza simulazione dell’addestramento.
Imposto le modalità: Difficile, Demoni al quinto girone.
Ci sono fino al sesto, perché nessuno sa molto di quelli al settimo. Che io sappia, pochi sono sopravvissuti per accertarne l’esistenza. Io e gli altri siamo fra loro.
Il demone Kaden deve aver sviluppato una certa curiosità nei miei confronti, altrimenti sarei già sicuramente morta.
Afferro una pistola e una spada a caso, e comincio a uccidere demoni digitali. La simulazione finisce troppo presto, così mollo tutto e torno in camera. Mi ficco sotto la doccia e accendo il getto caldo al massimo.
La mente mi si svuota, e riesco a non pensare a niente.
Quando esco dalla doccia, mi rendo conto di non avere niente da fare, quindi mi stendo sul letto, e mi addormento, nonostante non ne abbia alcuna intensione.
 
Sono seduta in alto, i piedi penzoloni nel vuoto. Sotto di me, un mare di liquido rosso, con alcune zone più scure che sembrano solide.
-Dove sono?- chiedo a me stessa, ma qualcun altro risponde.
-Sulla luna.- dice una voce che ormai conosco fin troppo bene.
-Sono seduta… sulla luna?- chiedo stordita, troppo sorpresa per minacciarlo, o fare qualcosa di intelligente.
-Già.- risponde Kaden, che sta camminando… nel vuoto. Dovrei farmi curare.
-Come…- mormoro, e lui mi interrompe di nuovo.
-È il mio mondo.- mi ricorda –Qui le regole le faccio io.
-Che ci faccio qui?- chiedo reggendomi la testa, che mi gira in preda alle vertigini.
-Penso che tu e il damerino vi siate fatti scoprire.- si gira come se avesse sentito un rumore –Ti conviene scappare. Stanno organizzando un attacco contro di voi.
-Ma…- mormoro.
-Muoviti. La luna- mi indica -si sta per rompere.
Vedo che accanto a me si è formata una crepa. Senza pensare a nulla, mi lancio giù dalla luna e continuo a correre fregandomene del fatto che la gamba mi faccia un male cane.
Mi volto solo quando sono abbastanza lontana: Kaden è ancora lì, che mi guarda dall’alto con sguardo quasi arrabbiato.
Mi volto e ricomincio a correre, aspettando di svegliarmi.
 
Mi sveglio sobbalzando. Scatto in piedi, mi metto gli stivali ai piedi, infilo tutto quello che avevo tirato fuori dentro il mio zaino. Mi aggancio le armi sulle spalle ed esco di corsa. È tardo pomeriggio quando busso alla porta di Jasper con foga.
-Jasper!- urlo –Jasper!
Lui apre con gli occhialetti storti e un panino in mano, la bocca piena e un’espressione stanca.
-Che è successo?- chiede dopo aver deglutito.
-Mangia quel panino e fai i bagagli. Leviamo le tende.- gli dico semplicemente, poi mi giro e comincio a battere sulla porta di Victor.
-Perché?- chiede confuso.
-Fallo!- rispondo –Mi avete nominata capitano, no?
Dico la stessa cosa a tutti gli altri e in meno di un quarto d’ora siamo tutti pronti, chi con i capelli un po’ spettinati, chi un po’ scosso, chi ancora con la barba sulle guancie.
-Dove andiamo?- mi chiede Drake quando siamo già sul furgoncino.
Io sto guardando il foglio con tutti i dati che ho raccolto, quindi quasi non lo sento.
-Non lo so.- mormoro con il cuore stretto in gola –Nelle basi non possiamo tornare.
-Ha a che fare con quello che è successo ieri notte?- chiede Jasper con occhi attenti.
-Sì.- sprofondo nel sedile.
-Come lo sai?- io mi mordicchio le labbra e mi sfugge un singhiozzo. Lui mi guarda stupito. Non mi ha mai vista piangere. Nessuno di loro.
-Io…- scoppio in lacrime. Mi si avvicina e mi posa una mano sulla spalla. Non fa altro, non dice nulla, ma la sua presenza è sufficiente a tranquillizzarmi, almeno per un po’.
Lui mi sorride.
-Non è colpa tua.- mi dice –Ma come hai capito che siamo stati scoperti?
-Non mi crederai mai.- poi gli spiego tutto quanto. Lui sta zitto ad ascoltare senza fiatare, è lì e basta, non cambia nemmeno espressione.
-Potrebbe essere una capacità dei demoni di settimo girone, quella di entrare nei sogni altrui.- conclude –Ma la domanda è: perché si interessa a noi?
Sto per aprire bocca, ma mi interrompe.
-Perché si interessa a te?
*** Angolo dell'autrice ***
Hey! Scusate il ritardo e soprattutto scusate il capitolo piccolissimo D: chiedo venia... Volevo parlarvi dei personaggi, di come li ho creati. Partiamo dalla protagonista, Hikari. Come penso sia abbastanza evidente, è il mio "alter ego" nella storia. Ha i miei stessi dubbi, la mia stessa fragilità e la mia stessa autostima.
Alla prossima, Kuroi Akuma
 

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Capitolo 6
*** Capitolo 5 - Gli umani ***


Capitolo 5 – Gli umani
 
Jasper ha ragione. Devo capire perché Kaden si interessa a me, prima di restarci secca.
Mi stringo nella coperta, mentre Drake fa la guardia. Andiamo d’accordo, forse perché siamo entrambe macchine da guerra nate per uccidere.
Esco rabbrividendo. Il ragazzo, vedendomi arrivare, si sposta un po’ e mi fa posto, sulla ringhiera del balcone.
-E così, per una tua bravata, siamo in un motel.- mi dice, e io arrossisco di colpo.
-Mi dispiace.- dico, sul punto di piangere. Ho pianto molto, ultimamente, ma non posso farci niente. Non sembra andare bene nulla, nemmeno il più piccolo dettaglio.
-Hey, calma.- tenta un sorriso, ma non ci riesce molto bene, quindi si limita a lanciarmi un’occhiata rassicurante.
-No, hai ragione… è colpa mia. Ho coinvolto io Jasper.- gli spiego.
-E se non l’avessi fatto adesso noi saremmo ancora pedine dell’Organizzazione, senza un’idea di cosa succede.- lo guardo interrogativa, quindi lui continua –Dovresti parlare con Jasper, ha una teoria su quello che sta succedendo.
Io annuisco e me ne torno a dormire, rigirandomi nel letto tentando di non fare rumore. Vedo una figura alzarsi nel buio accanto a me. Inciampa, e io gli afferro la caviglia. Un sobbalzo, un goffo tentativo di liberarsi.
-Jasper.- lo chiamo. Si accovaccia accanto a me, ancora una volta a torso nudo. Non è muscoloso, ma il fisico asciutto e magro si delinea nell’oscurità. Si sistema gli occhiali.
-Hikari.- risponde chiamandomi per nome. Non lo fa spesso, e io tremo. Non ne so il motivo, ma sento un brivido che mi sale lungo la schiena.
-Drake mi ha detto che hai una teoria.- lui si siede a gambe incrociate, e io mi alzo d’istinto, ancora avvolta nelle coperte.
-Ci danno la caccia, hai detto. Non solo i demoni, ma anche l’organizzazione, adesso. Non pensi sia una coincidenza un po’ troppo grossa? Io credo di sì. Non insinuo un’alleanza fra i due, gli elementi in mio possesso sono troppo pochi, ma è palese che l’Organizzazione stia traendo vantaggio da tutto questo. Non voglio più far parte di questa cosa.
-Non ne facciamo più parte già da molto tempo.- rispondo io spontaneamente, pensando al dolore provato quando tutte le squadre erano state distrutte, i nostri amici uccisi, il Sensei morto.
Lui mi guarda con uno dei suoi sorrisi un po’ imbarazzati, poi si alza e si riavvia verso il bagno.
-Grazie.- mormoro, anche se lui non mi può sentire. Jasper inaspettatamente si volta, e mi sorride di nuovo. Un altro brivido. Sento d’improvviso dei passi leggeri venirmi vicini, e percepisco la presenza di Anne vicino a me.
-Hey.- mi dice. A quanto pare nessuno di noi riesce a dormire, stanotte.
-Hey.- rispondo tirandomi su. Dall’altro lato della stanza si accende un bagliore: anche Victor è sveglio, e sta probabilmente giocando, considerato che gli arrivano addosso mille luci colorate.
-Parlavi con Jasper?- mi chiede. Io annuisco, e sbadiglio. Nonostante Morfeo non arrivi, il sonno resta lì a spegnermi il cervello.
-Che ti ha detto?- le dico tutto, tralasciando i brividi sulla schiena. Lei mi guarda intensamente tutto il tempo, come se intuisse qualcosa attraverso le sue parole, qualcosa che a me sfugge. Fa una specie di smorfia alla fine, ma non parla. Sta lì ad ascoltare, senza dire una parola.
Poi mi augura la buonanotte, si alza e se ne va, silenziosa, leggera, e si rintana nel suo letto.
Victor mi guarda, come se volesse dirmi qualcosa, poi torna a osservare il suo computer senza muovere più un dito. Mi viene il sospetto che stia dormendo, quindi tento di seguire il suo esempio. Fisso il soffitto, nel tentativo di addormentarmi, ma Jasper, di ritorno dal bagno, mi distrae. Mi giro dall’altra parte, il volto paonazzo. Alla fine rimaniamo io, il russare sommesso di Victor, i guizzi sotto le palpebre di Jasper e l’ombra di Drake sul pavimento.
Afferro Koware Tsuki, accanto a me sul pavimento, e finalmente mi addormento.
 
Mi sveglio dopo appena tre ore, ma va bene così: do il cambio ad Anne, che felicemente si tuffa fra le braccia di un Drake addormentato che non si sveglia nemmeno.
Mi siedo sulla ringhiera, le gambe penzoloni nel vuoto, guardando fisso davanti a me senza pensare a nulla in particolare, fino a quando non mi ritrovo a immaginare come sarebbe vivere una vita normale.
Mi vedo passeggiare con un paio di jeans e un maglione nero per le strade, con un paio di cuffie nelle orecchie, qualche chilo di troppo, il corpo non forgiato dall’allenamento. Alcuni amici mi circondano, identici alla mia squadra, ma più morbidi, le espressioni dolci da adolescenti sul volto. Drake e Anne si tengono per mano come al solito, ma alla fin fine sembra tutto diverso, fra Victor che divaga sugli argomenti più strani e le risate di tutti. Jasper mi guarda con un sorriso più innocente del solito, contaminato dallo stress, dalla paura.
Attorno a noi, gli altri abitanti del nostro mondo, ignari di tutto.
Li abbiamo spiati, a volte, io e Drake, gli umani normali, per scoprire cosa si provasse.
La mia vita, per quanto felice, non era esattamente del tipo classico, mentre Drake è nato e cresciuto all’interno dell’organizzazione, addestrato al combattimento sin da quando era in fasce.
Victor non ne sa molto, è entrato nell’organizzazione a soli otto anni, essendo già un genio del computer: era riuscito a penetrare nel computer protetto di una grossa ditta, interrompendo le loro comunicazioni per qualche giorno.
Anne era piuttosto normale, prima, se non fosse stato per la sua appartenenza a una ricca famiglia di Londra, dove viveva in una gigantesca casa sul fiume.
Ma la nostra principale fonte di informazioni è Jasper, con quel passato da studente brillante che cerca di non farsi notare alle spalle. Gli chiediamo di tutto, da cosa mangi alla mensa scolastica ai balli di fine anno, dai progetti di scienze per la lezione di chimica ai film proiettati nelle buie sale di un cinema.
Gli ho chiesto di parlarmi di Edward Mani di Forbice, una volta. Ho letto la trama su internet, e mi intriga più di quanto dovrebbe. Mi sento un po’ come il protagonista, ho paura di avvicinarmi alla gente.
Nonostante tutto Jasper non è un critico cinematografico, né un cinefilo, quindi è capace di darmi solo scarne informazioni.
Mi sembra di vedere un guizzo fra le foglie di un cespuglio, e mi si tendono i muscoli per la tensione. Ma è solo un gatto che zampetta via silenzioso e sinuoso.
Le ore passano senza che io me ne renda conto, e il cielo diventa violaceo, con una striscia verde a separare il lillà dall’azzurro. Per l’ennesima volta oggi mi appare accanto Jasper, che si appoggia alla ringhiera vicino a me senza chiedermi nemmeno se voglio tornare a dormire.
È dannatamente empatico: capisce quando hai bisogno di una mano sulla spalla, di un sorriso, o di un silenzio, nonostante le sue manifestazioni d’affetto non siano esattamente grandiose.
Lo guardo, tiro un sospiro e mi scosto un po’ sulla sinistra, un silenzioso cenno di sedersi.
Lui con titubanza si siede, tenendo comunque le gambe sull’interno.
E restiamo così, senza parlare, senza quasi respirare, ma siamo in due. E tanto ci basta.
 
***Angolo dell’Autrice***
Hey! Eccomi dopo questa pausa lunghissima (è stato un periodo un po’ incasinato >.<) ma sono riuscita a far uscire il capitolo. Diciamolo, è una cacca, ma mi è uscito così.
Passando al personaggio di oggi: Anne.
È ispirata a una mia amica e compagna di classe. Le voglio bene, ma mi sento un po’ complessata rispetto a lei (è così alta T.T). Per oggi ho finito,
alla prossima,
the_demon

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Capitolo 7
*** Capitolo 6 - Quid pro quo ***


Capitolo 6 – Quid pro quo
 
Mi sveglio con la testa appoggiata alle gambe di Jasper, ancora sulla ringhiera.
-Stavi per cadere.- si difende lui, mentre io mi rimetto in piedi e passeggio un po’ sulla ringhiera. Lui mi guarda con terrore.
Salto giù e raggiungo Anne, che sta scendendo per andare a colazione. Dietro di noi sento i passi goffi e veloci di Jasper.
Ci sediamo al tavolo di Victor e Drake, e noto con uno sbuffo ironico la nostra prevedibilità. Noi, che viviamo una vita di rischi, di battaglie, non riusciamo a cambiare i posti a tavola, né l’ordine dei turni di guardia, a meno che qualcuno non abbia voglia di dormire.
Bevo del caffè e mangio una montagna di fette biscottate con la marmellata, perché la notte quasi insonne mi ha lasciata morta di fame.
Anne sgranocchia biscotti al cioccolato, mentre Jasper si abbuffa di muffin come se non ci fosse un domani.
-Ti vanno tutti nel cervello.- commenta Victor, costringendolo a fermarsi, pieno di sensi di colpa.
-Fai silenzio.- intima Drake scherzoso, con davanti un piatto di frittelle. Non è esattamente da duri, ma le frittelle sono il suo unico vizio. Oltre ai gilet uniti a magliette dei concerti rock.
Finiamo di mangiare con calma, ognuno chiuso nei suoi pensieri, soprattutto perché nessuno vuole affrontare l’argomento che viene ora.
-Cosa facciamo adesso?- azzarda Anne guardandoci tutti in volto uno per uno –Cacciare demoni non ha molto senso.
-Potremmo…- comincia a proporre Victor, ma poi sta zitto senza sapere cosa dire.
-Potremmo capire quello che succede.- conclude Jasper al suo posto, con un’espressione serissima che gli ho visto raramente. Tutti gli rivolgiamo sguardi interrogativi, quindi lui si volta e mi chiede il foglietto.
-Abbiamo trovato dei file su di noi, nell’archivio. Ma questa parte la sapete già.- mi viene in mente una cosa, quindi gli strappo il voglio dalle mani e fisso Victor intensamente. Lui risponde da dietro il computer con uno sguardo interrogativo.
-Victor, puoi rintracciare qualunque cosa collegata a questo codice? 01-2995.- lui annuisce, fa una smorfia e si mette a picchettare sul computer a velocità immane.
-Noi che facciamo?- chiede Drake sporgendosi in avanti.
-Voi…- non faccio in tempo a finire che Victor esulta, quindi ci fiondiamo attorno a lui.
-Sono riuscito a entrare nel database dell’Organizzazione. Sono stupidi, hanno usato un livello di protezione bassissimo…- sghignazza, ma noi gli diciamo di muoversi.
-Che c’è scritto?- chiede Anne a bassa voce, come se da dietro uno schermo potessero spiarci.
Ma al posto di qualche schermata semplice e pulita, appare uno sfondo nero pieno di codici blu.
-Interessante.- mormora Victor, l’unico in grado di leggerlo. Scorre la pagina leggendola con avidità.
-Allora?- lo incalzo, mentre lui si carezza la barba di qualche giorno.
-Mmmm.. è una città, penso. O forse una regione. Più probabile città.
-Dove?- continua Drake, tirando fuori il suo palmare.
-Boh.- sta continuando a leggere, ma a un certo punto sobbalza.
-Cosa?- chiede Jasper sobbalzando a sua volta.
-È la città delle tenebre.- ammutoliamo tutti.
La città delle tenebre. La città dove fu aperto il varco e dove è aperto tuttora. Nessuno sa dove si trovi, ma cosa ha a che fare con me?
Rimaniamo a guardarci per un po’, ognuno chiuso nel suo silenzio, ancora una volta.
Poi, qualcuno parla. Sono io, che mi faccio coraggio.
-Io propongo di cercarla.- dico.
-Come?- dice Victor –Qui non dice nulla.
-Dovete solo farmi addormentare.
 
Sono distesa a letto, e tutti mi guardano come se dal mio sonno dipendesse la vita dell’umanità.
-Ehm… se usciste tutto sarebbe più facile.- dico. Tutti quanti si alzano e vanno via, tranne Jasper che rimane sulla porta, con in mano un bicchiere.
-Se non ti da fastidio io rimango.- si siede ai piedi del letto e io afferro il bicchiere che mi porge.  
Si toglie gli occhiali e li posa sul comodino accanto a sé.
Non ho mai visto senza, o forse non l’avevo semplicemente mai osservato bene. Perde un bel po’ della sua aria da genio, di cui rimane solo quella luce brillante infondo agli occhi. Mi sembra bello. Non dovrei dirlo, lo so, non dovrei pensare nemmeno a lui in quel modo, ma mentre mi guarda con curiosità dal fondo di quegli occhi scuri, mentre mi studia, come fa con tutto, non posso fare a meno di notare che ha il naso dritto e squadrato, i capelli si indovinano morbidi e le spalle larghe sembrano calde e confortanti.
Bevo tutto d’un sorso il sonnifero, e mi addormento costringendomi ad osservare il soffitto piuttosto che Jasper.
 
Sono sempre sulla luna.
Guardo giù, e c’è Kaden che mi guarda, e sembra un po’ triste.
-Hikari.- mi saluta.
-Kaden.- rispondo. China leggermente il capo, come un inchino, e mi sento in dovere di ricambiare.
-Perché sei qui?- mi chiede come se non lo sapesse. Ma alla fine sa sempre tutto, ha sempre saputo tutto.
-Dov’è la città delle tenebre?- chiedo schietta, ottenendo l’effetto desiderato: si è incuriosito.
-Quid pro quod.- dice lui invece –Che mi dai in cambio?
Io rifletto un po’, rimasta con un palmo di naso. Balbetto qualcosa.
-Tu cosa vuoi?- chiedo infine, terrorizzata dalle possibili risposte.
-Io… non lo so. Facciamo che mi devi un favore.- sorride, e scorgo solo un’ombra di malignità in quegli occhi. In ogni caso, non mi piace affatto.
-Va bene.- rispondo, e respiro profondamente.
-La Città delle Tenebre è in Francia, nella Provenza. È un piccolo paesino, Gordes. Un piccolo paesino ora ridotto in macerie…- aggrotta lo sguardo, poi si volta e comincia ad allontanarsi.
Questa volta non c’è bisogno che dica nulla, sento da me il rumore, e mi fiondo giù, atterrando piegando le gambe. Rotolo a terra per riprendere la mobilità dei piedi che mi formicolano, e mi rimetto a correre.
 
Mi sveglio di soprassalto, come sempre, e Jasper mi posa una mano sulla spalla per aiutarmi a controllare il respiro affannato.
-Provenza.- mormoro –Borges.
-Capisco.- dice lui con un sorriso.
Sono dannatamente tentata di abbracciarlo. Non so se perché sia Jasper, o perché ho un disperato bisogno di un abbraccio.
-Posso chiederti un favore?- gli chiedo arrossendo.
-Se posso aiutarti…- mi risponde con una strana smorfia.
-Posso… abbracciarti?- ci rimane un po’ di stucco. Balbetta un po’, poi distinguo un “Certo”, ma alla fine mi abbraccia lui stesso.
Ha le mani fredde, ma il suo tocco sulla schiena è rassicurante.
-Andrà tutto bene, vedrai.- mi dice, poi mi addormento ancora: non ho smaltito tutti i sonniferi.

 
***Angolo dell'autrice***
Hey! Eccomi qui! Mi scuso per i capitoli piccoli ma da ora in poi saranno così... Ho molta difficoltà a scriverne di più lunghi :) In compenso aggiornerò più frequentemente :D eeee.... non frega a nessuno.
Alla prossima,
the_demon

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