Just a weekend

di paperback_writer
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Qualcosa in più ***
Capitolo 2: *** Non ora ***
Capitolo 3: *** Porte ***
Capitolo 4: *** Freddo ***
Capitolo 6: *** Qualcosa in più (reprise) ***



Capitolo 1
*** Qualcosa in più ***


 Qualcosa in più
 
Alle 19 sono li da te.
Alle 19.
Strano, il mio orologio segna le 20:30 e di te non c’è traccia.
 
Jane Asher.
 
L’attrice del momento, la ragazza più carina di Londra, La mia ragazza.
Quella che non si presenta ad un nostro appuntamento, di nuovo.
 
-Ehi! Ciao Cynthia, c’è John?-
Rumori indefiniti dall’altro capo della cornetta.
-Luv, dimmi tutto.-
-John, Sono in una cabina telefonica vicino il Newsham Park. Dovevo vedere Jane, ma non si è presentata…-
-Non è già la seconda buca che ti rifila, la rossa?-
-E’ impegnata con il lavoro, non posso biasimarla...-
-Smettila di giustificarla, ti ha rifilato un bidone con i fiocchi, di nuovo. Allora, qual buon vento ti ha spinto a chiamarmi?-
-Non sapevo chi chiamare ed ecco…potresti venirmi a prendere?-
-Come Mal?-
Breve risata.
-Come Mal, con tanto di divisa.-
-Autista Lennon a rapporto. La divisa mi stringe il pacco perciò ficcatela in …-
Un’ ammonizione udibile dall’altro capo della linea, probabilmente Cyn e le sue buone maniere.
-Solo li fra venti minuti. E mi raccomando, non fare il tirchio con le mance.-
 
Risata divertita.
Non ci si sbaglia mai a chiamare John.

 
***
 
-In perfetto orario, autista.-
-Aveva dubbi?-
Risata.
-Sali su, non mi va di rimanere in giro per Liverpool tutto il giorno.-
La macchina riparte, il silenzio che per un breve momento cala nel vettura è spontaneo, senza imbarazzo.
-Dovresti parlare con Jane. Anche tu sei uno impegnato, ma non la bidoni una volta si e l’altra pure.-
-Per lei è diverso, non ha giorni prestabiliti o orari da rispettare, da quanto ho capito.-
-Quanto sei noiosamente fiducioso delle persone, Luv.-
-Voglio darle la possibilità di spiegarmi il perché di…beh, questo. Poi vedrò come risolvere la faccenda.-
-Tanto alla fine ci sono sempre io che vengo a prenderti, giusto?-
Sorriso riconoscente.
-Tanto alla fine ci sei sempre tu che vieni a prendermi, comunque vada.-
 
***
 
-Cyn, siamo tornati!- cerca di farsi sentire Paul appena entra in casa.
-Non è un affare di Stato il nostro arrivo, McCartney, almeno non qui.- replica divertito John, recuperando un biglietto appeso al frigo.
-Neanche c’è, è andata a fare una…una visita medica, a quanto dice. Allora, che si fa questo weekend?-
-Questo weekend?-
-Ti sei lavato bene le orecchie stamattina, bravo Macca. Stai da noi tutto il weekend, no?-
-Io…non so, se non disturbo.-
-Certo che disturbi, altrimenti non ti avrei chiesto di rimanere. A questo servono gli ospiti, sbaglio? Disturbare l’ammorbante quiete domestica. Oggi che ne dici se ci stracanniamo qualche birra e lasciamo che ci tenga compagnia il buon vecchio Elvis?-
-Mi hai tolto le parole di bocca, Lennon.-
-In frigo ci sono delle bottiglie, prendile tutte. Io cerco qualcosa di adatto all’occasione.-
Un occhiolino ed entrambi scoppiano in una risata, poi ognuno si accinge a svolgere il proprio compito.
 
***
 
Entrambi i ragazzi sono semidistesi sul divano, l’odore di birra e di sigarette riempie l’aria.
-Dovremmo passare più serate cosi.-
-A sbronzarci ed ascoltare il Re?-
-Merda, si!-
Risate.
Il silenzio che cala a breve si fa inusuale, sia John che Paul ne sono consapevoli.
-Avanti Paul, stai bevendo come una spugna…-
-Da quando in qua sei tu a dirmi di smettere di bere?-
-Perché è risaputo persino da me che le delusioni d’amore sono sempre le peggiori da digerire. E poi finirai per vomitare sul tappeto preferito di Cyn.-
-E’ un problema fra me e Cyn, allora. O sbaglio?-
-Non sbagli, devo concedertelo.-
Ancora risate.
Poi Paul, con un movimento fluido, come lasciatosi guidare da chissà quale gravitazionale forza, si stringe contro John, la guancia premuta contro il suo petto, il naso proteso verso il mento dell’altro, solleticando inavvertitamente il collo del maggiore.
-Grazie per essere il mio eroe, John.-
 
Non è la prima volta che i due sono uno fra le braccia dell’altro, eppure non c’è niente di consueto nel loro stare cosi vicini.
 
Forse per il lento affidato alla voce di Elvis estremamente romantico, o per le numerose bottiglie di birra ormai vuote sparse ai piedi del divano, o forse per i baci che Paul prende a lasciare sul petto dell’amico.
 
Baci dapprima timidi, appena sfiorati sopra la camicia del maggiore, in seguito più esigenti, indugiati, che non passano indifferenti al più grande, scosso ogni volta da brevi ed intensi brividi lungo la schiena.
 
-P..Paul, ehi. Sei ubriaco, cosa fai?-
-Ho bisogno di te, ora.- le mani di Paul, rese audaci dall’alcool e dall’incalzante voce del re del rock, percorrono il colletto della camicia di John, ne accarezzano il tessuto. Scendono poi lungo il petto e l’addome del ragazzo, fermandosi sugli ultimi bottoni dell’indumento, sfilando quest’ultimi dalle asole in cui erano fino a qualche istante prima vincolati.
 
-P..Paul, Cyn potrebbe tornare…noi…siamo migliori amici, Paul…-replica debolmente John.
 
Ma John sa già come andrà a finire. Da quando desidera anche solo un più intenso contatto con il ragazzo che ormai ha lasciato cadere la camicia di John per terra e si stà apprestando a fare lo stesso con i rimanenti indumenti?
Come può chiedergli, imporgli di fermarsi se entrambi sanno che è esattamente quello che stà aspettando da tanto, troppo tempo?
 
-Paul, ehi. Prima di fare questa cazzata insieme…io… credo di amarti. E non come lo dico a Mimi, o a George quando capisce al volo cosa voglio dire…io…avanti, hai capito, no? ..- bisbiglia il più grande in un sussurro quasi imbarazzato, concedendo alle proprie mani una lunga ed approfondita carezza del corpo seminudo del compagno steso sul divano.
 
Sul viso del minore si allarga un sorriso vittorioso.
 
Con un gesto le loro bocche, i loro corpi sono di nuovo in contatto, in un frenetica ed incalzante danza al ritmo dei loro respiri, dei loro cuori.
 
Sul divano nient’altro che un groviglio confuso di mani, gambe, vestiti abbandonati alla rinfusa , di gemiti ed ansiti affannosi.
 
Insomma, una semplice serata fra amici e poco più.




Note dell' autrice: salve a tutti! Lo so, è la mia prima long ed ho voluto provare qualcosa di nuovo, ma comprendetemi, prima o poi sarebbe successo, PER VOSTRA SFORTUNA.
Vi spiego in breve come sarà strutturata, per preparare i più audaci che si cimenteranno nella lettura : ci saranno 5 capitoli, ognuno dei quali prenderà il titolo da parole che si ripetono frequentemente nel testo (i numerini non mi andavano molto a genio). E nulla, vi anticipo solo che ho cercato di attenermi il più possibile a fatti reali, non aspettatevi unicorni nel cielo, per intenderci :')
Spero vi piaccia, fatemi sapere il vostro parere!
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Capitolo 2
*** Non ora ***


Non ora
 
 
Fruscio di coperte.
Qualche raggio di sole che, dispettoso, indugia sul viso del giovane steso su di un improvvisato letto.
Mugolii ed infine un movimento tra le lenzuola.
-Che cavolo…-
Le mani di Paul, istintivamente, si stringono a pugno all’altezza del viso, strofinandosi ripetutamente contro gli occhi stanchi.
 
Un ricordo che affiora alla mente.
John.
Si, John e la sera precedente.
Tante birre…forse Elvis.
 
E qualcosa di più.
 
O merda, non può essere successo davvero.
 
Il corpo si mette, rapido, seduto sul materasso, coperto dalle sole lenzuola.
 
Merda, non con John.
 
Il viso del giovane diventa paonazzo, in un espressione di vergogna e forse di..beh, di inaspettata euforia?
Perché, ad ogni ricordo portato alla luce, sul viso di Paul si allarga un sorriso sempre più ampio?

Ma quel piacevole languore allo stomaco è accompagnato da una terribile angoscia.
Perché chi meglio di Paul sa cosa potrebbe portare quello che è successo la notte scorsa?
 
Paure dopo paure, un solo pensiero nella testa.
 
E adesso cosa succederà?
 
***
 
-Buongiorno!-
L’entrata di Paul nella cucina non è certo delle più trionfanti.
Occhi gonfi e capelli arruffati non è proprio al massimo della sua forma.
-E’ mezzogiorno, fra poco dovresti dire “buon pomeriggio”, Paul.-
Il viso di Paul ha un’ impercettibile inflessione verso il basso, non è la persona con cui sperava di dover fare conversazione a prima mattina.
-Non hai tutti i torti, Cyn.- un timido sorriso affiora sul viso del ragazzo, che con naturalezza, quasi fosse a casa sua, si accinge a prepararsi una fetta di pane con il burro.
 
Poi di colpo si ferma, nella mano del succo d’arancia che rischia di schiantarsi al suolo.
 
-Buongiorno.- mormora una voce altrettanto assonnata proveniente dall’ ingresso della stanza le cui pareti, per un istante, fremono assieme al petto del giovane ospite.
Il cuore di Paul per un attimo perde un battito.
-Buongiorno, John.- replica raggiante Cynthia, quando il suo neomarito la stringe da dietro e la riempie di baci e di premurose attenzioni.
 
Paul rimane immobile.
 
-Non ti ha neanche guardato.- replica una voce nella sua testa che, testarda, si rifiuta di zittirsi nonostante la mente del giovane non sia disposta ad ascoltare, non ora.
 
Lo sguardo che, inevitabilmente, raggiunge i mobili della cucina, assente.
 
E’ cosi che un rumore, percettibile dal solo Paul, riecheggia nella stanza.
E’ il rumore di un cuore infranto, del suo cuore che va a pezzi.
Che gli porta a sperare che ciò che è successo la sera precedente sia semplicemente frutto della sua fantasia, nient’altro che un sogno molto realistico.
 
Ma quando gli sguardi dei ragazzi si incrociano il lieve rossore che ricopre le guance di John non lascia dubbi.
 
-Ah, buongiorno anche a te, Paul.-
E Paul vorrebbe semplicemente sprofondare in un pozzo, forse più in profondità, fino a sparire nell’oblio che lo circonda.
 
***
 
-John, posso parlarti?- mormora piano Paul, avvicinandosi alla poltrona dell’amico, affiancato dalla sua donna.
 
Paul non li ha mai visti cosi uniti come in questi giorni.
-Cynthia non l’ha lasciato un attimo, né lui ha mai provato a raggiungere il suo ospite.- pensa con una nota di stizza il giovane ragazzo dai capelli corvini.
 
-Dimmi, Paul.- replica tranquillo il maggiore, stringendo a sé la ragazza bionda e lasciandosi baciare da quest’ultima.
 
Due fottuti piccioncini.
Ecco cosa sembrano.
E John non è mai stato tipo da coccole, né tanto meno tipo da dimostrazioni d’affetto cosi sentimentali.
 
-Posso parlarti…in privato?-
-Quello che dici a me può sentirlo anche Cyn, no?- replica sorridendo alla sua mogliettina il più grande, lasciando con un’espressione di assoluto annichilimento il minore.
-Non…non è una cosa importante, adesso che ci penso.– mormora lentamente il più piccolo, l’amarezza e la vergogna ben visibili sui suoi lineamenti costretti in un forzato sorriso e gli occhi puntati verso il parquet del pavimento.
 
Per un attimo il viso di John si incupisce, ma subito il suo sguardo raggiunge quello del minore, sfiorando appena la mano con quella del compagno.
-Mi dispiace, Paul. Ti spiegherò tutto dopo, te lo prometto.- sembra dire .
Ma Paul non può, non riesce ad ascoltare, non ora.
 
***
 
-Signor McCartney? La cercano al telefono.-
-Pronto?-
-Paul, sei tu?-
-Ah. Ciao Jane.-
-Tesoro, mi dispiace per ieri. Abbiamo avuto un sacco da fare, tantissimo lavoro arretrato.-
-Si, immaginavo.-
-Ma voglio farmi perdonare. Lo so che anche tu sei molto impegnato e ci tenevo davvero tanto a rimediare.-
-Non ce n’è bisogno, davvero.-
-E invece si. Oggi stacco prima. Che ne dici se ti raggiungo e passiamo una bella seratina romantica, solo tu ed io?-
Sul viso di Paul si disegna un sorriso, un sorriso amaro.
Perché, per una volta, vorrebbe poter dire di si ad un'altra persona.
-Va bene, allora. Ci vediamo tra una mezz’ora, pensi di poter arrivare per quell’ora? Sono a casa di John.-
-Ho appena preso il taxi. A tra poco.-
 
Tutto va come dovrebbe andare, o forse no?
 
Paul lancia uno sguardo a John.
Per un attimo, quasi inconsciamente.
E nel vederlo sospirare silenziosamente, tra le vivaci chiacchiere della moglie e l’aria allegra che aleggia intorno a lui, Paul rimane sorpreso, quasi preoccupato di quella reazione.
 
Vorrebbe correre da lui, chiedergli che diavolo gli prende, cosa significava quel “credo di amarti” che si è ostinato a dirgli la sera precedente, perché non è più se stesso.
Urlargli il perché di quella unione temuta ed amata, Paul lo sa, da entrambi.
Ma soprattutto il perché di questo silenzio, che stà facendo morire lui ed una parte del suo petto.
 
Ma una fitta al cuore lo ammonisce.
Basta cuori infranti per oggi.
 
Una bussata concisa alla porta.
E’ Jane.






Note dell'autrice : Coucou? Ecco il capitolo successivo. Avrei dovuto pubblicarlo domani, ma per problemi tecnici sono venuta a rompere le uova nel paniere un giorno prima u.u Allora, John che si allontana da Paul e ritrova la complicità con la moglie...cosa sarà successo? Vi dò un consiglio: nel primo capitolo c'è un indizio che potrebbe aiutarvi a capire l' epilogo di questa piccola long. Spero che il mio "piccolo esperimento" vi stia interessando, fatemi sapere il vostro parere.

Ringrazio tutti quelli leggeranno e avranno tempo e voglia di recensire.

Il prossimo capitolo dovrebbe arrivare sabato prossimo.

Date una possibilità alla pace!
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Capitolo 3
*** Porte ***


-Porte

 
 
-Ciao Paul.-
-Ciao Jane.-
-Mi sei mancato, lo sai?-
-Credo di si.-
Un abbraccio ed anche Paul si ritrova costretto a sospirare.
Forse è questo che prova John?
D’altronde anche lui ha sospirato, ha assunto quello sguardo assente che Paul ha fatto suo per una serata intera. Deve sentirsi in gabbia, proprio come lui.
 
Ma subito il giovane zittisce quella fastidiosa vocina interiore.
 
Basta pensare a John.
 
Rumore di passi attutiti dai numerosi tappeti della residenza annunciano la figura dell’uomo che dopo qualche istante fa capolino davanti l’ingresso.
 
E’ solo, ed il sorriso appena accennato, alla vista della nuova ospite tra le braccia dell’amico, svanisce di colpo.
-Ciao Jane.-
-Ehi! Ciao John!-
-Oggi l’hai trovato il tempo di venire dal tuo ragazzo o pensavi di rifilargli di nuovo un due di picche?-
-John, non esagerare.-
-Avanti Paul, non puoi fargliela passare…-
-Non sono fatti tuoi, chiaro? Non intrometterti in faccende che non ti riguardano. Vieni Jane, non hai ancora salutato la padrona di casa.-
 
John fissa sorpreso l’amico, che stringendo la mano di Jane entra nel soggiorno della dimora di Kenwood, lasciando il proprietario della residenza solo e senza parole.
 
***
 
Una serata piacevole, cosi l’ha definita Cyn.
Ed effettivamente lo è stata.
Hanno scherzato, riso. Hanno parlato di argomenti importanti, del prossimo tour in America ed in Europa.
O forse Paul ne ha parlato.
John era troppo impegnato a fumare in disparte per prendere parte alla conversazione.
 
Diamine, ma cosa gli è preso per tutta la serata?
 
E dopo qualche parola mormorata dalla moglie, forse un esorto a non essere “cosi poco amichevole con gli ospiti” è sparito chissà dove.
 
Adesso neanche la moglie gli va più bene?
 
-Forse è meglio che sia finito tutto cosi, quanto ancora avrei dovuto soffrire per uno come lui? –cerca di ripetersi Paul.
 
Ma nulla di questa affermazione riesce a fargli provare il più vago senso di sollievo.
 
-Paul, ti va se mi accompagni nella sala degli ospiti? Grazie ancora Cyn per l’invito, spero di poter ricambiare presto quando verrete a Londra.-
Un sorriso educato della padrona di casa e Jane fa scivolare la mano in quella di Paul, che senza esitazione l’accompagna nella stanza.
-Mi dispiace ancora per ieri…John ha ragione.-
-Smettila, ok? Sei qui adesso, è questo l’importante.- mormora il giovane, baciando la ragazza dai capelli rossi, come per zittire lei e quel senso di malessere che per tutta la serata non l’ ha mai lasciato.
-Raggiungimi dopo, ok? Non ti ho raccontato tutto di Londra e voglio ancora godermi un po’ la tua presenza.-
Paul sorride, un sorriso appena accennato, guardando ancora una volta la sua ragazza prima che la porta si chiuda.
 
Una porta, una diversa, si apre di scatto.
 
-Paul, posso parlarti?-
-Devo andare da Jane.-
-Io…devo spiegarti alcune cose importanti sulla scorsa sera, puoi ritardare di qualche minuto.-
-John, allora forse non è chiaro. Non voglio parlare con te, non mi interessa cos’ hai da dirmi.-
-Paul posso spiegare tutto. Dammene la possibilità…ti prego.-
 
Ma cosa diamine vuole ancora? Non gli è bastato calpestare la nostra amicizia, il nostro…beh, qualunque cosa sia successa la sera scorsa?
 
-Vai a pregare qualcun altro, John.-
 
La mandibola serrata, le mani strette a pugno. Un piccolo cenno d’assenso, poi con grandi falcate il maggiore percorre il corridoio, lasciandosi inghiottire dal buio della casa.
 
***
 
Al diavolo John.
Al diavolo Jane.
E al diavolo tutti.
 
Il giovane si alza rapido dal letto, senza far rumore raggiunge la cucina, in cerca di pace e quiete notturna.
Ma evidentemente non è possibile, ancora una volta.
 
La luce è accesa.
-Anche tu non riesci a dormire?- è Cynthia che parla, una mano premuta contro l’addome e l’altra intenta a reggere un bicchiere di latte.
 
Ci vuole qualcosa di più forte del latte, stasera.
 
Paul si avvicina al frigo e recupera la prima bottiglia di birra che trova, ingurgitandone una buona metà in un sol sorso.
 
-Jane è di sopra?-
-Si, credo che dorma. John?-
-Non lo so. E’ sparito senza dirmi nulla.-
 
Il solito montato. Crede davvero di poter tenere tutti a sua completa disposizione?
 
-Ti va un sorso di birra?-
Il viso di Cyn si corruccia, perplesso.
 
Anche lei ha qualcosa da dire, oggi?
 
-Paul, John non te l’ha detto?-
-Detto cosa?-
-Sono incinta.-
 
Il viso di Paul rimane immobile, come di pietra. In un espressione quasi divertita, come se avesse appena sentito una battuta da due soldi. Poi si fa serio, di colpo.
 
-Io…congratulazioni.-
-Grazie. Anche John ha fatto quella faccia quando l’ha saputo. Sarà proprio nel Dna di voi uomini. Comunque credevo te l’avesse detto. Mi è parso molto scosso, ma pensavo si fosse confidato almeno con te.-
-Dove è andato?-
-Paul, ti ho detto che non lo so. Ti senti bene?-
-Si, solo devo parlargli.-
-Non devi prendertela con lui per non averti detto nulla. Lo so che qualche volta è immaturo ed irrazionale, ma mi ha detto che avrebbe fatto qualunque cosa per non abbandonare questo bambino. Forse per farlo ha bisogno di stare un po’ solo.-
-Io…si, capisco. Devo andare a fare quattro passi, scusami.-
 
Deve parlargli.
Chiedergli il perché non gli abbia detto nulla, il perché del suo comportamento, il perché di quella notte, ma soprattutto deve chiedergli scusa.
Per non aver capito, per non aver messo da parte l’orgoglio, per essersi lasciato accecare dal rimorso e dalla gelosia.
 
Deve parlargli, perché la sensazione che qualcosa sia definitivamente cambiata tra loro non lo lascia e vuole sapere.
 
Sarà un cambiamento positivo? O si rivelerà un allontanamento?
 
E forse non si sono già allontanati, loro due?
 
Deve parlargli, o finirà per impazzire, definitivamente.




Note dell autrice : Salve a tutti! Tanto per cambiare non ho rispettato i tempi che mi ero prefissata per la pubblicazione, ma ho una giustificazione valida, giuro (?)
Dovrei partire tra una settimana e non mi sembrava il massimo lasciarvi in sospeso con la storia per ben due settimane. Per questo pensavo di pubblicare il prossimo capitolo venerdi e l' ultimo lunedi. 

Parlando della storia, adesso i ruoli si sono invertiti eh? Paul non vuole ascoltare i chiarimenti che John vuole offrirgli e viene a scoprire il perchè del suo atteggiamento da Cyn.
Adesso c'è solo un ultima domanda senza risposta, dov'è John?


Ok, adesso la smetto di autochiedermi cose che già sò xD
Spero il capitolo vi sia piaciuto!

A Venerdi!

 
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Capitolo 4
*** Freddo ***


-Freddo
 
Con il solo pigiama addosso Paul percorre il perimetro dell’intera residenza.
Ha bisogno di riordinare le idee, e cosa aiuta meglio di una passeggiata solitaria all’aria fresca?
Senza nessuno intorno a voler cercare di intromettersi fra lui ed i propri pensieri, senza ulteriori complicazioni.
 
Ma evidentemente oggi non è proprio la giornata per rimanere soli.
 
-John, sei tu?-
Silenzio.
-John?-
-Non dovevi andare da Jane? Tornaci.-
-Io… volevo parlare con te.-
Silenzio, l’acqua che si infrange contro il bordo della piscina poco distante sembra provocare un rumore assordante, il tempo ha deciso di fermarsi nel bel mezzo della campagna inglese.
 
-Te l’ha detto, vero?-
-Si.-
-Bene. Non ho nient’altro da dirti, allora.-
 
Una mano che prontamente ferma il maggiore ed entrambi si ritrovano l’uno di fronte all’altro, di nuovo.
-John, dov’eri? Perché non mi hai preso con la forza e costretto ad ascoltarti?-
-Tu non volevi farlo. Ed ho seguito il tuo consiglio. Ho pregato qualcun altro.-
 
Il viso di Paul si contrae in un’espressione di timore, incertezza.
 
-Chi?-
 
-Sono andato dall’ unico disposto ad ascoltarmi ed abbastanza maturo da sapermi consigliare.-
-John, chi?-
 
-Brian.-
 
Gli occhi di Paul si socchiudono, come se il  ragazzo avesse ricevuto una pugnalata dritta nel petto.
 
-Perché non hai…-
-Cosa, aspettato che “ ti passasse”? Paul, diventerò padre. E non sono in grado di badare a me stesso senza combinare casini, figurati ad un marmocchio. Non ne avevo la forza. Ci ho provato. Stamattina ho cercato di vedere me e Cyn come una famiglia, ma non ce la faccio. Ad essere dolce, disponibile. Non sono cosi. E dovevo parlarne con qualcuno. Tu non c’eri. Mentre Brian è sempre disposto ad aiutarmi, non gli interessa cosa combino, lui c’è sempre, per me.-
 
-Credevo mi stessi evitando per la scorsa sera, non ne avevo idea…-
-E perché quando ti ho chiesto di parlare mi hai liquidato in quel modo, allora?-
-Non lo so. Volevo fartela pagare, suppongo.-
-Perché ti ho detto “ti amo” o per come mi sono comportato poi?-
-Per entrambe le cose.-
-Già.- breve silenzio, una folata di vento gelido investe i due giovani.
-Senti, Brian mi ha detto che potrebbe aiutarmi staccare per un po’. Quindi partiamo per la Spagna qualche settimana.-
-Perfetto, possiamo parlare più tranquillamente senza il lavoro fra i piedi. Quando si parte?-
 
-No Paul.-
-Avremo tempo sufficiente per risolvere entrambe le cose li. Potrebbe funzionare.-
-Paul, mi hanno proposto di collaborare alle riprese di un film. Porto con me solo Brian.-
 
Lo sguardo che si ferma sul movimento dell’acqua cristallina della piscina poco distante.
 
-Capisco.-
-Ho bisogno di qualcuno disposto a non mollarmi, non adesso per lo meno. E con te è successo questo casino, non è una buona idea. Non adesso.-
-Da quando dire “ti amo” comporta casini?-
-Da quando l’ho detto a te. E non è andata come speravo.-
-Non me ne hai dato la possibilità, John!- il tono di voce di Paul si fa più acuto, l’irruenza della sua affermazione lascia di stucco il maggiore.
 
-Ti prego- continua, cercando di riprendere il consueto tono calmo e pacato – dammi questa opportunità. Ne varrà la pena, te lo prometto.-
 
-Paul, non posso.-
-Perché?-
-Perché so cosa succederà. E sinceramente? Preferisco che per adesso mi stia vicino Brian.-
 
-Lui vuole che tu sia la sua prossima conquista, non lo capisci?-
-Se è questo il prezzo che devo pagare per non dover fronteggiare da solo la mia montagna di problemi allora sarò la sua prossima conquista.-
-John, non puoi dirlo seriamente…-
-Paul, non dirmi che tu non hai agito diversamente con me. Ieri hai semplicemente scontato il tuo conto con me.-
-Cosa diavolo dici!- il viso di Paul si accende di rabbia, indignazione. Non ha intenzione di far passare i suoi sentimenti per qualcosa di cosi meschino.
-Perché non mi hai detto che mi amavi, altrimenti?-
 
Il viso duro di John immobilizza Paul, che per qualche istante rimane di sasso, preso in contropiede.
 
-Ero ubriaco..-
-Bene, allora dillo adesso.-
 
Gli occhi di Paul si fissano sul ragazzo di fronte a lui.
Ne analizzano la fisionomia del spalle, del collo, del viso.
 
Il respiro del maggiore è affannoso, il candore perlaceo del viso scosso di tanto in tanto da un colorito rosso, incandescente.
Gli occhi sono un vortice scuro di emozioni turbolente che scandiscono il ritmo accelerato del suo cuore, velati da una patina trasparente, lucidi. Per la rabbia, probabilmente. Per la violenza delle parole appena dette e … ha pianto da poco?
 
Silenzio.
 
Ecco cosa Paul riesce a dire a John.
La sua risposta ad una domanda, un’ implorazione tanto importante.
 
Il sorriso che traspare dal viso di John è amaro. Di un’amarezza che svuota l’animo, prosciuga di ogni energia.
 
-Immaginavo. Torna alla tua vita, non ne vale la pena. Chiedi a George per le prove con la band. Buonanotte, Paul.-
 
Il freddo si prende tutto.
 
Il sorriso, il respiro, la quiete del corpo.
 
Ma è un freddo piacevole, quello portato dalla brezza notturna.
 
Il freddo che invece congela le membra, la mente ed il cuore è ben diverso.
 
Entrambi si sono impossessati del giovane dai capelli corvini rimasto fuori, lasciato in balia del freddo di una notte senza stelle e da quello di un cuore devastato dai troppi errori.






Note dell' autrice: Eccomi qui, come -finalmente- promesso :') Allora, sembra proprio finita fra questi due. Ma manca ancora un capitolo, chissà cosa potrà accadere, ancora. *fischietta* .
Ok, cerco di fare la seria. Spero che questo capitolo vi piaccia e non sia andato come previsto.
Ringrazio tutti quelli che, nonostante problemi e impegni vari, recensiscono e leggono la storia.

A lunedi con l'ultimo capitolo!

P.S non vi dico come si chiama per evitare di svelare il finale...sono malvagia, I know it(?)

 
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Capitolo 6
*** Qualcosa in più (reprise) ***


-Qualcosa in più (reprise)
 

Cosa poteva aspettarsi?
Una dichiarazione d’amore in piena regola, un “ti amo da sempre” e tante lacrime di commozione per entrambi?
 
Avanti Lennon, basta fare gli innamorati.
 
Qualcosa tenta di fermarlo strattonandolo per la manica della camicia.
Ma ormai è tardi per cercare di spiegare.
 
Un gesto e John si è scrollato quello che presumibilmente era il braccio di Paul.
 
Non deve vederlo in questo stato, nessuno può.
Deve tornare dentro, riordinare i pensieri, capire cosa farsene di una vita non andata come sperava.
 
Ma qualcosa lo blocca.
 
E’ qualcosa di forte, non riesce davvero a capire cosa sia.
 
Lo ha bloccato, con una forza ed una violenza tale da immobilizzarlo, come se gli fosse stato versato del cemento sui piedi.
 
E’ l’abbraccio di Paul, le sue lacrime contro la sua schiena, il “ti amo” appena sussurrato, che l’hanno fatto fermare.
 
E a quel punto gli occhi di John, i miopi, indisciplinati, deboli occhi di John si lasciano guidare dalle sue altrettanto miopi, indisciplinate, ma certo non deboli emozioni.
 
Cosi, nel cuore della notte, avviene un prodigio senza precedenti.
Perché proprio nel cuore di una notte senza stelle gli occhi di John si trasformano in splendide, sfavillanti comete.
 
Dapprima brillano, troppo vicini alla loro fonte di calore, al loro sole per rimanere freddi e compatti. Solo in seguito lasciano che quel calore sprigioni una scia luminosa, che lentamente percorre il viso di John, il loro piccolo universo.
 
E tutto appare chiaro, a lui ed al ragazzo che, testardo, non lo lascia, cascasse il mondo.
 
-Ti amo. John, ti amo. Mi dispiace, io…ti amo.-bisbiglia fra le lacrime il minore, ignaro del prodigio che ha appena compiuto con la sua sola vicinanza.
 
Una mano calda, ormai ben nota, incontra quella tremante e fredda del giovane singhiozzante.
 
-Ti amo anche io.- sono queste le prime parole che riesce ad articolare -dopo ore, minuti, giorni?- il maggiore.
 
E lentamente i singhiozzi si dileguano, lasciando posto a baci di sollievo, di riconoscimento, di promesse,  d’amore che ovunque raggiungono il collo, le spalle, la pelle del ragazzo dai capelli ramati.
 
Poi, con un gesto, i due ragazzi si trovano nuovamente l’uno di fronte all’altro.
 
I loro sguardi, le loro mani si incrociano, con l’intenzione, la speranza di non doversi più separare.
 
Un bacio.
 
Basta un bacio per allontanare dubbi, fraintendimenti, paure, gelosie.
E tutto il caos di sentimenti tanto forti viene ridotto ad un flebile brusio, lontano da Kenwood, dall' Inghilterra intera, dai due ragazzi che con agilità hanno trasformato un bacio in qualcosa in più.
 
Perché i due giovani, stretti contro la porta a vetri che collega il giardino con l’abitazione, non hanno intenzione di fermarsi.
Vogliono chiarire, mettere ben in chiaro i loro sentimenti a suon di baci, carezze e cuori martellanti.
 
Non importa nient’altro, anche essere visti sembra una preoccupazione secondaria.
 
E’ cosi che i due entrano nella residenza ora finalmente caduta tra le braccia di Morfeo e si stringono, si baciano, si dichiarano centinaia di volte il loro amore, come per essere sicuri che l’altro lo fissi ben a mente, senza alcuna possibilità di errore.
 
Stretti l’uno fra le braccia dell’altro, incapaci di allontanarsi anche solo per un istante, entrano in una delle camere della villa, le labbra cercano costante contatto con quelle del compagno.
 
-J..John, dove siamo?- mormora tra un bacio e l’altro il più piccolo, poggiando la fronte contro quella del suo amante, un timido sorriso accompagna la sua affermazione.
 
John si guarda intorno.
 
La conosce bene questa stanza.
E’ il suo vecchio studio, le chiazze di colore sul pavimento e l’ odore pungente della vernice sulle tele lo testimoniano.
 
-Sarebbe perfetto per il piccolo Julian, non credi? C’è un sacco di luce che entra da quella finestra, è decisamente una stanza delle giuste dimensioni per un piccolo bebè. E poi tu ormai non ci vieni quasi più qui, potremmo spostare il tuo studio nella stanza al piano inferiore. La culla potrebbe stare li, a sinistra. Mentre l’armadio e il fasciatoio ce lo vedo da quella parte, vicino alla finestra…con delle pareti a motivi sarà davvero una bella cameretta.-
 
Le parole di Cyn tornano alla mente, come un brusco strattone.
 
Ma John non è disposto ad accettare la realtà, non ancora.
 
Non fin quando Paul sarà con lui.
 
 -E’ il mio vecchio angolo di mondo.- mormora dopo qualche istante, gli occhi fissi su quelli verdi dell’ uomo davanti a lui.
-E adesso dov’è?-
-Cosa?-
-Il tuo angolo di mondo.-
La mano raggiunge, dopo qualche istante, quella del minore, stringendola con la propria.
-In te.-
 
Un sorriso, uno di quei sorrisi che scaldano il cuore, quello di John, perlomeno.
 
Poi buio, il bacio non si fa attendere molto.
 
Le mani cercano bisognose il corpo dell’amante, spinte dall’audacia che soltanto la consapevolezza dell’unicità di questo momento può infondere.
 
-Non lasciarmi.-
-Non ti lascio.-
-Mai.-
 
Entrambi sanno quanto tutto questo sia complicato, difficile, irrealizzabile.
Ma nessuno ha bisogno di sentirselo dire.
Tutto ciò che vogliono è vivere nella menzogna, ancora qualche istante, ancora per poco.
 
-Mai.-
I due presto si ritrovano stesi per terra, uno fra le braccia dell’altro, in un’ intricata matassa di corpi e sentimenti, di sogni e desideri, ormai troppo difficile da districare.
 
Cosa aspetta i giovani che hanno deciso di amarsi nel cuore della notte e della loro vita?
Odio, litigi, amore, passione e certo qualcosa in più.

 

Più d'una volta ho visto lo splendido sole del mattino
blandire le cime dei monti con sovrano sguardo,
baciare con raggiante volto i verdi prati,
indorare pallidi ruscelli di magica alchimia;
   E, presto, vilissime nubi sopravvennero
a lacerare la sua divina faccia
e lo nascosero al mondo sbigottito,
inducendolo con vergogna a tramontare.
   Così pure, un mattino, sfolgorò il mio Sole
e m'investì del suo splendore;
ma, ahimé, non fu mio che per un'ora:
una massiccia nube adesso me l'ha sottratto.
   Tuttavia, per questo, il mio amore non cessa:
come al sole del cielo, anche ai terrestri capita d'offuscarsi.




Note dell' autrice: Ed eccoci qui, alla fine di questa breve avventura (?) Molte volte mi è stato fatto notare che la vita è fin troppo drammatica per lasciare che una storia finisca con altrettanta tristezza. Perciò spero che questo parziale "Happy end" vi sia piaciuto :) I versi finali, quelli in corsivo, sono tratti da un poema di William Shakespeare, "Più d' una volta ho visto...". 

Spero il finale della storia non vi abbia deluso, grazie a tutti quelli che mi hanno sempre supportato ed incoraggiato nella pubblicazione.
Al mio prossimo sclero, buone vacanze a tutti!
Paperback_writer

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