The cursed war (An adventure for you)

di Rosalie97
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Capitolo 1. ***
Capitolo 2: *** Capitolo 2. ***
Capitolo 3: *** Capitolo 3. ***



Capitolo 1
*** Capitolo 1. ***


*Angolo autrice* 
Ciao a tutti! Questa è la prima fan fiction che pubblico su Adventure Time, perciò spero d'aver fatto un buon lavoro e non una schifezza colossale (sono qui che mi mangio le unghie dall'ansia). 
L'idea l'ho avuta un po' di tempo fa, ma l'ho messa da parte perchè non mi sembrava carina, finché oggi non ho ritrovato il file e mi sono detta "Beh, provare non costa nulla, no?". Ed allora ho cominciato a scrivere il primo capitolo.
Spero veramente di non aver fatto una schifezza.
I nomi non so se sono tutti giusti, ho cercato di informarmi ma non ho trovato nulla, quindi perdonatemi (ho tentato di renderli migliori possibili).
Vi invito a recensire e a dirmi cosa ne pensate, perchè veramente ci terrei a sapere se ho scritto un obbrobrio o meno.
Ora vi saluto e vi lascio leggere in pace il capitolo, pardon! ^^


Capitolo 1



Fionna
 
Le segrete erano fredde. Questo era tutto ciò che Fionna riusciva a pensare, chiusa in quella cella di pietra, le sbarre d’acciaio a bloccarla lì dentro. Sarebbe mai uscita? Sognava di correre libera su prati verdi, alla ricerca di avventure, di indossare quel suo strano “copricapo”, come lo chiamava Gommorosa, e di ridere insieme a Cake. Sognava la sua vita di prima, quando Regina Ghiaccio era solo una donna fredda e cattiva che regnava sulle montagne della landa di Aaa.
Ma la sua vita di prima, non sarebbe mai tornata.
Ora le lande verdi erano diventate deserti di ghiaccio, in cui la neve cadeva costantemente e ricopriva ogni cosa.
Ora il suo copricapo se l’era preso Regina Ghiaccio.
Ora Gommorosa doveva sposare la sua acerrima nemica.
Ora Cake era morta.
Sospirò, poggiando il capo contro una parete di pietra fredda e dura ed alzando gli occhi verso il soffitto di quella cella che ormai era divenuta la sua casa. Si sfiorò i capelli biondi con l’indice della mano sinistra, in silenzio, con gli occhi pieni di sofferenza. Regina Ghiaccio glieli aveva tagliati tutti il giorno in cui l’aveva chiusa lì dentro, ed ora erano già lunghi fino alle spalle. Quanto era passato? “Non poco” pensò tra sé.
Si alzò piano, le forze le mancavano, il cibo le veniva portato una volta ogni ventiquattr’ore, ed erano sempre scarti: pane vecchio di una settimana, avanzi di pasti scadenti, acqua vecchia di tre giorni.
In fondo alla sua cella c’era una piccola finestrella bloccata con quattro assi di metallo. Se Fionna si alzava sulle punte dei piedi, arrampicandosi sulla parete, riusciva a vedere uno squarcio di ciò che c’era fuori. Spesso la neve entrava dalla finestrella e dentro la sua prigione si gelava.
La ragazza rabbrividì quando la pelle dei suoi avanbracci sfiorò la neve e corse verso la parte opposta della cella per afferrare la coperta di lana che Maggiormenta le aveva dato qualche tempo prima. Se la avvolse attorno alle spalle minute.
Ora si sentiva vuota senza la sua spada od il suo zaino, o senza Cake…
Ritornò alla finestrella e si arrampicò di nuovo, stringendo le mani attorno al freddo metallo arrugginito delle sbarre. C’era il serio pericolo che si ferisse i palmi, ma lei non se ne preoccupò. Ciò che aveva visto non era stato partorito dalla sua mente ormai sulla via della pazzia, no, era lì ed era vero.
Strabuzzò gli occhi. Come ci era arrivato? Senza pensare, allungò un braccio tra le sbarre, facendo leva sul piede destro poggiato contro la parete.
Per quel che riusciva a vedere, fuori delle segrete il cielo era buio. Doveva essere notte, la neve continuava a scendere imperterrita, lenta e cadenzata, si poggiava a terra, fiocco dopo fiocco, e creava un’immensa distesa di neve bianca. Fionna cominciava ad odiarla, la neve.
Il terreno era freddo, ghiacciato contro la pelle delle sue braccia. La sensazione pareva simile ad un vivo fuoco che le bruciava la carne fino ad arrivare all’osso, ma Fionna non si fermò. Era un’avventuriera, aveva vissuto tante avventure e combattuto contro avversari pericolosi ed a volte mortali, non si sarebbe fatta fermare da un po’ di neve. I polpastrelli d’un tratto lo sfiorarono e la ragazza, dentro di sé, cominciò ad esultare. Si, ce l’aveva fatta.
Strinse le dita attorno al piccolo oggetto e lo chiuse nella mano, portando indietro il braccio ghiacciato e correndo verso il suo angolo.
Restò li ferma, avvolta nella coperta, per qualche tempo. Voleva imprimere a fuoco quella sensazione di libertà e leggerezza nella sua mente e nel suo cuore, così, quando ne avrebbe avuto realmente bisogno, le sarebbe bastato scavare appena sotto la superficie della sua memoria.
Quando si decise, scostò la coperta e puntò gli occhi sulla carta del foglietto piegato in un origami simile ad un cigno. Non sapeva come faceva a vedere, in quella notte gelida. Fuori era notte, una notte buia e senza stelle, eppure lei riusciva a vedere perfettamente, come se tutto fosse stato avvolto in una strana luce. Non riusciva a vederla ma sapeva che c’era, era un incantesimo, ne aveva sentito parlare da Gommorosa quando ancora erano amici. Quando si potevano parlare, quando lei… No. Scosse la testa con fervore, non poteva pensare a quelle cose, no. Lui era perduto, non avrebbe mai potuto realizzare quel sogno, si era infranto per sempre. Ora il suo principe sarebbe stato il principe della Regina Ghiaccio.
Ignorò tutto, i ricordi di lui, dell’incantesimo, il pensiero della Regina e si concentrò sull’origami. Lo aveva già visto, aveva conosciuto qualcuno, quando ancora la vita era stata libera di seguire il suo corso, che scriveva lettere e le piegava in origami. Lui le aveva detto che lei era un cigno, che prima o poi la sua bellezza lo avrebbe travolto.
Ma non poteva essere vero, no. Marshall se ne era andato.
Con dita tremanti, cominciò lentamente ad aprire il foglietto. Quando notò le prime scritte, il suo cuore saltò un battito.
Era esattamente come aveva pensato, era una lettera. Ma di chi?
Cominciò a leggere:
 
Cara Fionna,
comincio con il dirti che il mio cuore sta soffrendo per te e per Gommorosa, in questo momento. Pensare a voi, intrappolati e senza via d’uscita mi ferisce come le lame affilate di cento spade che calano su di me ed incidono la mia pelle. Non sarei dovuto fuggire, me ne rendo conto, sarei dovuto rimanere al vostro fianco ed aiutarvi. Ma sono un codardo.
Ti scrivo per farti sapere che non tutto è perduto. Mia madre ha ingaggiato una guerra contro Regina Ghiaccio ed ha allestito un centro di aiuto nella Nottesfera. Molti Dolcibotti e principi si sono rifugiati nel suo regno, ha cominciato a trattare persino con la Lich!
Ora, vorrei dirti che lei verrà a salvarti, ma sappiamo entrambi che non è così. I suoi Demoni non sono mai riusciti ad oltrepassare i confini del regno di Dolcelandia. Non c’è speranza che mia madre venga da te, ma… io forse, posso riuscirci. Ho intenzione di venirti a salvare, Fionna, rimedierò ai miei errori, e spero tu possa perdonarmi da parte sia tua che di Gommo.
Appena avrai letto questo messaggio, il foglio brucerà, ed io saprò che l’avrai letto. Aspettami, sto venendo a salvarti.
Con amore,
il tuo Marshall.
 
Fionna alzò gli occhi dal foglio, scioccata come non mai.
<< Che cosa? >> disse tra sé, sussurrando, come avesse avuto timore che qualcuno potesse sentirla. Non ci poteva credere, quel ragazzo era incredibile. Come pensava di superare le barriere che Regina Ghiaccio aveva eretto? Le guardie?
Si stava ponendo mille domande, mentre nella sua mente si formavano altrettante immagini di lui, morente e ricoperto di sangue, quando si ricordò di un particolare importante a cui non aveva pensato: Marshall Lee poteva volare. Ed era un vampiro, il Re dei Vampiri, ed era immortale.
<< Ma allora verrà veramente a salvarmi! >> le lacrime cominciarono a scenderle dagli occhi, percorrendo la loro strada sulle guance, fino a scendere al collo. Le bagnarono la maglietta blu piena di tagli, completamente sporca, così come lo era lei. Lui l’avrebbe salvata, il suo migliore amico l’avrebbe salvata!
Si sentiva gioiosa, viva.
E poi, quel pensiero velenoso le si insinuò nella mente.
E se invece non è Marshall? E se invece è tutto un trucco di Regina Ghiaccio?
Fionna strinse il pugno, affondando le unghie nella carne del palmo. Alzò gli occhi, ora pieni di odio. Se quello era solamente un trucco della Regina, beh… << Imparerà cosa vuol dire mettersi contro Fionna l’Avventuriera. Morirò combattendo così come ho sempre fatto. >>


 
Hansine Abadeer

 
Sospirò, lasciandosi andare e sedendosi sulla sedia di legno. Poggiò le braccia dalla pelle fredda e morta sul legno del tavolo, per poi afflosciarsi come se il suo corpo fosse stato un contenitore vuoto che finora aveva avvolto la vera lei.
<< Mi sento morta >> disse, la voce soffocata mentre teneva le labbra poggiate contro la carne degli avambracci.
<< Ma non sei viva >> disse Maggiormenta guardandola con un sopracciglio inarcato.
<< Maggiormenta, perché non taci? >> alzò la testa e guardò l’amica, che le sorrise ed abbassò gli occhi.
<< Scusami, Hansine. >>
<< Da quando tu chiedi scusa? La tua anima è nera come le tenebre, smettila di interpretare il tuo ruolo. Qui con me puoi essere ciò che sei veramente. >>
Maggiormenta scostò una sedia e si sedette, guardando l’amica con sguardo preoccupato.
<< Tutto bene? >>
<< Mio figlio è scomparso, Maggiormenta, Regina Ghiaccio ha preso il controllo su Aaa e Lich non si fa sentire da almeno una settimana. Come credi io possa stare? Anche se, dopotutto, non potrei “stare bene”, non sono viva. >>
<< Sembri ritornata la ragazzina che eri un tempo >> commentò l’altra, poggiandosi una mano sul viso bianco e rosso, gli occhi neri talmente profondi da sembrare pozzi pieni di nulla. Non c’era calore nello sguardo di Maggiormenta, era vuoto e privo di sentimenti come amore o emozioni come felicità. Non era capace di provarli.
<< Mi sembra di ritrovarmi in quel disastro, Maggiormenta. >>
<< Stai parlando del giorno della fine e dell’inizio di tutto, vero? >>
Hansine di limitò ad annuire, passando i polpastrelli delle mani fredde e verdastre sulle palpebre chiuse e pesanti. Poteva vedere, se ci ripensava, le alte colonne di fumo che si alzavano, poteva sentire le urla della gente attorno a lei, poteva provare la paura che in quel momento, nel momento della fine, aveva avvolto il suo cuore. Certo, al tempo non era più una ragazzina, aveva ventun anni ed un bambino di cinque accollato a sé. Suo marito era scomparso, non l’aveva più visto da quel giorno, giorno nel quale aveva perso suo figlio.
Era stata una certa Simone Petrikov a riportarglielo indietro. Si, Simone.
Simone
<< Pensi che ci sia ancora una traccia di lei dentro Regina Ghiaccio? >>
<< Di… Simone intendi? >> Domandò Maggiormenta. La ragazza cominciò a pensarci su.
Maggiormenta ormai non era più una “ragazzina” da molto tempo, aveva quasi la stessa età di Hansine, si erano conosciute il giorno dello scoppio dei funghi, entrambe scampate ad una morte orribile. Le radiazioni le avevano colpite, le avevano rese immortali e le avevano cambiate. Se ci pensava, a Maggiormenta veniva da ridere. Tempo addietro, qualche secolo prima, era stata una giovane minuta e dolce, dai capelli castani e corti, la pelle abbronzata e gli occhi azzurri. Ora invece, beh, ora era più diversa che mai.
<< Non lo so, sinceramente… Ma da quel che sembra, no, non credo sia rimasto qualcosa di Simone. >>
<< Marshall ne starà soffrendo >> commentò Hansine abbassando gli occhi, pieni di dolore.
<< Se è ancora vivo. >>
La regina della Nottesfera alzò di colpo il capo e puntò gli spilli neri che aveva per occhi in quelli dell’amica. << Non osare dirlo di nuovo >> la minacciò, alzando un indice e puntandolo contro di lei. << Mio figlio non è morto! >>
<< Devi accettarla come possibilità, Hansine >> sospirò esasperata Maggiormenta, che come sempre, era la voce della ragione.
La donna rimase per qualche tempo in silenzio, gli occhi chiusi ed il volto distorto in un’espressione di puro dolore. Non avrebbe mai creduto di poter provare simili emozioni, non credeva di esserne più capace.
<< Lo so, ma… >> faticava a parlare, la voce rotta dalle lacrime che non poteva piangere, << non posso sopportare l’idea che lui sia morto senza che io gli abbia mai detto di volergli bene. Credi… credi che mi odi ancora per aver mangiato le sue… >>
<< No >> la interruppe Maggiormenta. << Avete risolto, sa che tieni a lui. E poi >> sorrise << non è detto che sia tutto finito, no? >>
Hansine annuì.
<< Bene, ora devo andare. Se Regina Ghiaccio non mi vede in giro comincerà a pensare cose strane, e non ci possiamo permettere che pensi io l’abbia tradita. >>
<< Già, non ce lo possiamo permettere. Come sempre, hai ragione, Menta. >>
Maggiormenta camminò fino al centro della stanza, fino alla pedana dove era dipinto il volto di quella strana creatura che permetteva loro di viaggiare tra i mondi.
<< Come sta Fionna? >>
<< Sta bene >> annuì Maggiormenta. << Mi sto occupando di lei, prima o poi riusciremo a farla fuggire, vedrai. >>

 
<< Hansine, mia Grande Signora del Male! >> uno dei suoi demoni corse da lei, ansimante e con un foglio stretto nella mano rossa come sangue.
<< Cosa c’è? >> Lei voltò di scatto il capo verso la piccola creaturina.
<< Abbiamo un messaggio della Regina della Terra di Fuoco >> il terrore era evidente negli occhi del piccolo demone. Il suo corpo stava tremando, era successo qualcosa di brutto, di realmente brutto.
“Oh no!” pensò Hansine.
<< Vieni con me, andiamo alla Sala del Trono! >> Urlò lei, ed insieme i due si misero a correre. Le sembrava veramente di essere tornata una ragazzina, quando non si sentiva per niente una leader, quando si era sposata e giovanissima aveva avuto un figlio. Le sembrava di trovarsi di nuovo al centro della guerra dei funghi, in quel disastroso mondo pieno di morte. Attorno a sé sentiva il calore della Nottesfera, del suo mondo. Quando era diventata cattiva? Hansine non sapeva dirlo con certezza, non sapeva nemmeno quando era diventata per metà demone, era stato un processo lento e doloroso, che l’aveva fatta giungere lì, ed in quel preciso istante pretendeva di riemergere.
A volte pensava di voler smettere con quella farsa, a volte pensava di voler smettere d’essere cattiva. Dentro di sé era ancora una bambina che chiamava aiuto. Ed i bambini non sono cattivi.
Giunsero alla Sala del Trono, dove il suo scranno si stagliava in cima ad un’altra scalinata intagliata nella pietra e nelle ossa. Sulla parete di pietra, il viso della Regina della Terra di Fuoco si stagliava nitido, dietro di lei il divampare delle fiamme rosse e vive.
<< Hansine! >>
<< Regina! >> entrambe fecero un inchino composto e rigido, come consono. << So che mi hai mandato a chiamare, dimmi che… >>
<< Purtroppo, è così >> disse la donna, avvolta nelle fiamme. I suoi capelli erano un tutt’uno con il fuoco, il suo viso regale, distante e bellissimo avvolto in lingue di puro calore. << Regina Ghiaccio ha fatto giungere fin qui il suo esercito, è riuscita a scoprire il modo in cui proteggerlo dal fuoco. I suoi Cavalieri di Neve stanno attaccando il mio castello, e non resisteremo a lungo. >> Appena ebbe finito di parlare, un rombo scosse tutto e la Regina della Terra di Fuoco quasi cadde. << Ripeto, non resisteremo a lungo. >>
<< Cosa posso fare? >> La voce di Hansine era piena di paura, di ansia e di frustrazione. Incredibile come quelle emozioni, dopo tanto tempo, si rifacevano vive.
<< Voglio solo una cosa da te, Hansine >> la Regina della Terra di Fuoco sorrise dolcemente. Quella guerra stava cambiando tutti. I buoni divenivano cattivi ed i malvagi, divenivano buoni.
<< Cosa? Farò il possibile! >>
<< Lascia che mio figlio venga alla Nottesfera, te ne prego. Non mi importa della mia vita, voglio solo che lui sia in salvo. >> Ed è in situazioni come la guerra che l’istinto di una madre rompe ogni barriera. Nella sua vita, la Regina della Terra di Fuoco era sempre stata una donna malvagia, furba, calcolatrice e distante. Non le era mai importato di nessuno, anzi, godeva nel vedere gli altri soffrire, così come Hansine, ma in quelle circostanze, ecco che cambiava. Nulla poteva fermare l’amore di una madre.
<< Preparate il portale! >> Urlò, ed i suoi demoni cominciarono a correre svelti, obbedendo ai comandi della loro Signora.
<< Grazie, Hansine, ci rivedremo. >>
La Signora del Male avrebbe voluto piangere, ecco cosa stava facendo la guerra, ecco cosa restava di loro.
<< Verrò a trovarti, dirò ai miei Demoni di trattarti bene. >>
<< È bella la Nottesfera? >> nel momento stesso in cui parlò, si sentì l’urlo di una ragazzo: << No, mamma, no! >>
<< È un posto meraviglioso. Ti conserverò un posto nel miglior girone, te lo prometto. >>
<< Addio, Hansine. >>
<< Addio >> e quando Hansine ebbe pronunciato quella fatidica parola, l’immagine della Regina della Terra di Fuoco scomparve, ed al suo posto restò solamente una parete di pietra compatta.

 
<< No! Lasciatemi! Andatevene! >> Urlò la voce del ragazzo.
Hansine continuò a camminare nella sua direzione, scostando i demoni che li circondavano. Quando la vide, il principe scattò verso di lei, gli occhi stretti in un’espressione di pura rabbia, pieni d’odio.
<< Riportarmi indietro >> disse con voce ferma, così diversa dagli urli scomposti e dagli schiamazzi di appena qualche secondo prima.
<< Non posso >> rispose gelida lei.
<< Perché? >> I loro volti erano a pochi centimetri l’uno dall’altro, e guardandolo, Hansine si rese conto di una cosa: il principe non era così giovane come si diceva.
<< L’ho promesso a tua madre, e… >> abbassò gli occhi, non finendo la frase e lasciando al ragazzo immaginare cosa potesse essere accaduto.
<< No >> sussurrò lui, << no! >> voltandosi e nascondendo il viso, allontanandosi da lei.
<< Mi dispiace. >>
<< Vuoi essere utile almeno in qualcosa?! >> Urlò tornando a guardarla, scattando veloce, di nuovo vicinissimo al suo corpo. Hansine si sentiva strana, cosa era quell’elettricità nell’aria che si era diffusa non appena erano entrati in contatto?
<< Ricorda che sono la Signora del Male, la Regina della Nottesfera >> commentò impassibilmente fredda. << Devi portarmi rispetto, non ho intenzione di farmi mettere i piedi in testa da un ragazzino. >>
<< Non sono più un ragazzino da molto, mia cara Regina della Nottesfera >> replicò lui. << Le voci che dicono io sia un quindicenne sono vecchie quanto te. >>
Lo schiaffo che lo colpì non lo vide nemmeno arrivare. Hansine lo afferrò per il colletto della maglia rossa, stringendolo tra le mani fredde come ghiaccio. Si avvicinò a lui, guardandolo fisso negli occhi.
<< Ho detto >> la sua voce era tagliente << che mi devi portare rispetto. >>
<< Io… io… tu mi hai colpito! >>
<< Si >> Hansine si raddrizzò. << Hai detto di non essere più un ragazzino. Bene allora, dimostralo. Invece di lamentarti ed urlare come un lattante, rimboccati le maniche e fa qualcosa. Ci serve aiuto per sconfiggere Regina Ghiaccio, hai intenzione di vendicare tua madre oppure no? >> Inarcò un sopracciglio, vedendo d’aver colpito nel segno. Gli occhi di lui, neri e rossi al tempo stesso straripavano d’odio, di rabbia e di dolore. Hansine si crogiolò in quel dolore ed in quell’ira che divampavano dentro di lui, poteva servirsene, poteva essere un grande alleato.
<< Cosa devo fare? >> Domandò distante.
<< Seguimi >> gli fece cenno di seguirla, e lui si diresse da lei. Cominciarono a camminare fianco a fianco nel corridoio tranquillo. Seppur la guerra fosse scoppiata, orribile e devastante per qualsiasi regno, lì alla Nottesfera erano tutti molto tranquilli. Anche se Regina Ghiaccio ed i suoi Cavalieri della Neve avessero avuto il coraggio di attraversare il portale, non sarebbero vissuti molto a lungo. Hansine non era stupida, aveva creato un incantesimo il quale impediva a chiunque lei ritenesse nemico di mettere piede nel suo regno. Regina Ghiaccio sarebbe morta tra atroci sofferenze se fosse stata tanto stupida da credere di poter sconfiggerla.
<< Ho sentito che hai creato un incantesimo che protegge la Nottesfera >> commentò il principe dopo qualche secondo di silenzio.
<< Si >> rispose lei compiaciuta, anche se quella di lui non era stata una domanda.
<< Mossa intelligente. >>
<< Lo so anche senza che un principino da quattro soldi me lo venga a dire. >> Rise lei cattiva, già, ecco perché era la Regina della Nottesfera. Poteva anche non sentirsi malvagia, ma lo era, non poteva negarlo. << Qual è il tuo nome? >>
<< Fiammo. >>
<< Fiammo? >> Hansine scoppiò a ridere ancora più forte, la sua voce che rimbombava tra le pareti alte ed ora fatte di cemento. Si era costruita un castello niente male, o meglio, se lo era fatto costruire dai suoi demoni.
<< Si, Hansine. >> Commentò lui, pronunciando il nome di lei con disprezzo. << Che razza di nome è Hansine? >>
<< Un nome regale, di fascino >> rise lei. << Quanti anni hai, Fiammo? >> Chiese quando il silenzio calò tra loro.
<< Ne ho ventitré >> rispose lui. << E tu, Regina? >>
<< Oh, io ne ho duemila e ventuno. >>
<< Sei molto… >>
<< Attento a quel che dici >> lo fulminò lei. Non sapeva perché, ma si divertiva a parlare con lui, anche se lo conosceva da nemmeno venti minuti.
<< Ehm… volevo dire vecchia, ma mi limiterò a saggia >> scoppiò a ridere, e per Hansine fu un suono celestiale. Cosa le stava succedendo?
<< Bene >> annuì lei, non facendo trasparire i suoi sentimenti. << Vieni come me, ti mostrerò il modo in cui puoi essermi utile. >>

 
Gommorosa


 
Se ne stava disteso sul suo letto, le lacrime agli occhi ed il cuore a fargli male. Batteva forte, sembrava pronto a scoppiargli nel petto. Perché Regina Ghiaccio lo aveva condannato a quella vita?
Ogni notte, quando si addormentava, sognava soltanto una persona. Dov’era? Non lo sapeva, si chiedeva se fosse in salvo. Regina Ghiaccio non gli aveva detto niente al riguardo, anche se a pensarci, lei non gli diceva nulla di nulla. Le avances di lei erano a dir poco disgustose, poteva sentire le dita gelide ed appuntite delle mani della donna sfiorargli il viso anche quando si trovavano in stanze diverse del castello, come in quel momento. Lei adorava sfiorargli i capelli rosa, lo abbracciava e gli diceva parole d’affetto, ma Gommorosa sapeva che era tutta una farsa. Quella donna era una maniaca, ossessionata dai principi e dal cuore cattivo, tutto il contrario di Fionna.
Gli mancava, molto, ma sapeva di non poterla vedere.
Si girò sul letto, gli occhi rivolti verso la finestra aperta dalla quale entrava l’aria più fredda che il principe avesse mai sentito sfiorargli il viso. Si alzò piano, tremante, quasi senza forze, ed avvolto nel suo caldo pigiama si diresse alla finestra, alla quale si affacciò.
Osservò la distesa di bianco che si estendeva in ogni direzione, fino all’orizzonte. Tutto ciò che si trovava nella terra di Aaa era ricoperto di neve, che in quel deserto pareva l’unica cosa ancora viva. Nemmeno le sue stesse emozioni gli parevano vive.
<< Dove sei? >> sussurrò, distrutto.
Gli parve di vedere una figura, un’immagine distante e sfuggevole all’orizzonte. Aguzzò la vista, chinandosi di più verso il balconcino della finestra.
<< Cosa… no, non può essere. L’ho visto veramente o era un’immagine partorita dalla mia mente ormai sulla via della pazzia? >> si chiese ad alta voce, ma non ebbe alcuna risposta.
Restò ancora lì a guardare, sconvolto, ma non la vide più.
Alla fine, circa un’ora dopo, scosse il capo e si diresse al suo letto, dove si distese.
<< Possibile? >> disse nuovamente. << Io l’ho visto. Era il profilo di Marshall >> alzò gli occhi neri verso la parete color pesca su cui si stagliava la porta della sua stanza, e rimase lì, immobile, per tutta la notte.

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Capitolo 2
*** Capitolo 2. ***


*Angolo autrice*
Ciao a tutti! Ed ecco di già il capitolo due ^^ Spero di averlo scritto bene, che non sembri una schifezza colossale in confronto al primo (ho sempre paura faccia schifo).
Qui ho detto che Marshall ha circa duemila anni, anche se precisamente sarebbero duemila e cinque, mentre in realtà ne avrebbe mille, come dice nella cazone "Bad Little Boy", perchè nel capitolo uno ho detto che Hansine ha duemila e ventun anni e questo aiuterà inoltre a rendere la storia che racconterà a Fionna più triste e tragica.
Vi invito a recensire e a dirmi se ho fatto errori o altro, stasera sono di fretta,
un saluto ed un abbraccio ^^

 

Capitolo 2

 
Hansine  Abadeer

Svoltò nel corridoio a destra, seguita da Fiammo a poca distanza. Se annusava l’aria, poteva sentire il suo profumo così strano e seducente. Odorava di notti calde d’estate, passate sulla spiaggia seduti attorno ad un falò, di fiamme calde ed avvolgenti, un profumo che la circondava completamente.
Si diede una scossa mentale, giungendo davanti al grande tavolo di pietra, e si chiese “Ma cosa sto facendo?”.
Già, cosa stava facendo?
Cosa le stava succedendo?
Perché era così presa da quel giovane che mai prima di allora aveva mai visto?
Non ricordava di aver mai provato emozioni e sentimenti simili a quelli che la presenza di lui scatenavano in lei, cosa ancora più strana considerando la natura del suo essere.
<< Cos’è questo posto? >> chiese il giovane guardandosi attorno. Milioni di demoni svolgevano il loro lavoro, seduti ai banconi che si stagliavano attorno a loro, in cerchio, fino alla punta più alta del vulcano. Attorno al tavolo di pietra, alcuni tra i Demoni più importanti di Hansine stavano scrivendo delle lettere.
<< Tu! >> chiamò la donna, e la creatura si alzò, raggiungendola.
<< Spiega al principe che lavoro svolgete, fagli visitare un po’ i centri operativi, io intanto andrò nelle mie stanze. Ci rivedremo tra qualche ora >> e detto questo, salutò Fiammo e se ne andò, lasciandolo lì imbambolato.

 

Principe Fiammo

La donna se ne andò in silenzio, lasciandolo lì. La guardò allontanarsi, mentre camminava per il corridoio buio, i lunghi capelli neri che sembravano alzarsi nell’aria inesistente, dotati di vita propria. Non sapeva perché, ma avrebbe dato qualsiasi cosa pur di poterli sfiorare, di poter sentire il profumo di lei più da vicino; sapeva di spezie e di rose, un odore strano che gli riportava alla mente ricordi lontani ma che non riusciva ad afferrare. L’aveva già sentito, quel profumo, ma non aveva idea di quando l’avesse odorato od in quale luogo.
<< Principe >> lo chiamò la voce del demone, ma Fiammo era completamente immerso in un mondo fatto di prati ricoperti di petali di rose e di cieli neri come i capelli di Hansine. Avrebbe voluto poter sfiorare quella pelle verdastra e sentire di nuovo quel brivido glaciale che gli era corso giù per la schiena quando lei lo aveva colpito. Come mai Hansine non si bruciava quando lo toccava? Tutti si facevano involontariamente del male, qualunque creatura non fosse stata fatta completamente di fuoco si sarebbe ferita, eppure, per lei era stato come nemmeno l’avesse sfiorato.
<< Principe! >> lo chiamò di nuovo la voce del demone, e stavolta Fiammo si risvegliò.
<< Scusami, io… perdonami, spero non passerai guai, ma io devo fare una cosa >> disse, la frase non ancora finita che già era nel corridoio.
<< Ma guarda questo! Ah, io mi licenzio! Non li sopporto i principi! >> sentì urlare il demone, ma non ci fece caso, era troppo occupato a seguire la traccia del profumo di Hansine.
“Non posso aspettare ‘qualche ora’, no, devo vederla subito” si disse mentre metteva un piede avanti all’altro.
Il luogo in cui si trovava era buio, la sola luce veniva dall’alto, davanti a lui, ed era forte. Brillava come fosse stato il sole, i raggi che partivano dal cerchio illuminato. Si coprì gli occhi e svoltò a sinistra, in un corridoio deserto, come i precedenti.
“Come è diversa la Nottesfera dalla Terra di Fuoco!”
Alle pareti erano appesi dei quadri rappresentati cruenti scene di morte; il soffitto era basso, perciò Fiammo dovette chinarsi, e la luce era rossastra, come se fosse stato circondato da fiamme, o da sangue.
Puntò gli occhi neri sul quadro di sinistra. C’erano tre donne, tutte e tre coperte solo da dei veli rosa di tulle, la loro pelle era bianca ed i loro capelli lunghe trecce dorate. Una di loro ne teneva ferma un’altra, mentre la terza calava il coltello nel petto dell’ostaggio; il sangue schizzava da tutte le parti, il viso della donna distorto in un’espressione di puro dolore.
“Ad Hansine piacciono queste cose?” si chiese scioccato, per poi distorcere le labbra in un sorriso cattivo. “Lei è malvagia quanto me.” Avrebbe voluto scoppiare a ridere, Hansine faceva finta di essere buona, perché in realtà aveva un animo nero quanto quello di Fiammo era rosso di fuoco, odio e rabbia. “Ma un mezzo demone ha un’anima?”
Evitò di rispondere alla domanda che gli si presentò alla mente e continuò a camminare, le mani poggiate alle pareti che lo circondavano e quando uscì da quel corridoio, si ritrovò in una grande camera. Lampade a forma di fiore erano appese ai muri e diffondevano una tenue e calda luce giallognola.
Fiammo cominciò a guardarsi attorno, mentre ancora annusava l’aria, che profumava di rose più che mai.
Le pareti erano color crema, sistemato contro una di esse c’era un grande letto matrimoniale dalle lenzuola bianche e ricamate a cui era accostato un piccolo comodino di legno lucido e beige, striato da linee tonde. Sopra al mobile c’erano una lampada a forma di albero spenta ed un piccolo libro rettangolare e nero. Si avvicinò al comodino e con i polpastrelli ne sfiorò la copertina: era liscia e fredda, così come lo era la pelle di Hansine.
Ad un tratto sentì una voce vellutata cantare, si voltò verso la porta di legno alla sua sinistra e ci si diresse.


 
Hansine Abadeer

Doveva allontanarsi da quel ragazzo.
“Perché, perché l’idea di lui mi assilla la mente?”, si poneva questa domanda in continuazione, anche mentre si toglieva i vestiti e li sistemava nel cesto accanto alla porta del bagno. Quella maglia grigia e quegli stretti pantaloni marroni erano così diversi dagli abiti blu ed austeri con cui di solito si vestiva… Ma era tempo di guerra e lei doveva essere pronta a qualsiasi evenienza.
<< Ah, ma come fa Fionna a combattere con la gonna? >> rise tra sé, ricordando la ragazza che aveva conosciuto molto tempo prima, quando Marshall aveva deciso di portarla in visita alla Nottesfera. Hansine ricordava di aver combinato un vero e proprio disastro quel giorno. Aveva cercato di costringere con la forza suo figlio a diventare il nuovo Signore della Nottesfera, ignorando ciò che lui desiderava.
<< Si >>, disse, << quella volta ho sbagliato. >>
Entrò nella vasca di ceramica bianca riempita d’acqua profumata alle rose, i petali che le sfioravano la pelle fredda come ghiaccio, e puntò i suoi occhi neri in alto, verso il soffitto. Su uno scaffale accanto a lei c’era una piccola lampada che illuminava la stanza fievolmente.
Sospirò, poggiando la mani sulle spalle, cercando di rilassarsi. Tutta quella situazione era stressante come non mai, ed era tutta colpa di Regina Ghiaccio.
Poggiò il capo contro il muro e piano, lentamente, cominciò ad intonare una canzone che quando era stata giovane aveva adorato.


 
Principe Fiammo

Appoggiò l’orecchio contro il legno della porta, che con sua grande sorpresa non prese fuoco né si ustionò, come se tutto in quel mondo fosse immune a lui.
Hansine…”
 
When leaves have fallen
And skies turned into grey
The night keeps on closing in on the day
A nightingale sings his song of farewell
You better hide from her freezing hell

 
Nella mente di lui si creò l’immagine di una foglia. La vide cadere, lentamente, a terra, avvolta nel buio che precede l’alba, mentre i cieli neri cominciavano a schiarirsi ed a diventare grigi.
Vide, con gli occhi della mente, un usignolo cantare, poggiato sul ramo di un albero alto e dalla corteccia marrone.
E poi, vide arrivare una bufera di neve.
Si appoggiò ancora di più contro la porta, cercando di ascoltare quella voce che in meno di mezz’ora l’aveva stregato.
 
On cold wings she's coming
You better keep moving
For warmth, you'll be longing
Come on just feel it
Don't you see it?

You better believe it
 
Si immaginò una donna avvolta in un lungo abito blu, dalla pelle azzurra e dai lunghi capelli lisci e bianchi.
Si vide in piedi nella neve alta e fredda, che spegneva e soffocava le sue fiamme; immaginò di correre lontano per la sua salvezza, per rivedere di nuovo il bellissimo volto di Hansine.
Anche se quello che stava vedendo era solo frutto della sua immaginazione, Fiammo rabbrividì, cominciava già a sentire la mancanza del calore che per tutta la sua vita era stato al suo fianco.
Temeva Regina Ghiaccio, non solo quella donna era riuscita a distruggere il suo mondo, la Terra di Fuoco, ma era anche riuscita a conquistare tutta la landa di Aaa. Avrebbe potuto spegnere la sua fiamma come una folata di vento fa con il piccolo fuoco di una candelina.
 
When she embraces
Your heart turns to stone
She comes at night when you are all alone
And when she whispers
Your blood shall run cold
You better hide before she finds you

 
Immaginò l’abbraccio di Hansine, le sue braccia forti e fredde come quelle di un cadavere strette attorno a lui, e poi immaginò l’abbraccio di Regina Ghiaccio. Qualcuno avrebbe potuto dire che niente cambiava, entrambe erano fredde come pezzi di ghiaccio, ma lui sapeva che c’era una grande differenza: Hansine dentro di sé era una fiamma viva che ardeva di odio, malvagità ed ira, ma c’erano anche piccole lingue di fuoco che portavano i buoni sentimenti nel suo cuore, mentre quello di Regina Ghiaccio, di cuore, non era altro che piccolo e congelato. Era come un cubetto di ghiaccio.
Aveva mandato i suoi Cavalieri di Neve, quella notte, al suo Regno e loro lo avevano distrutto. Avevano ucciso sua madre ed ora lei era prigioniera in uno dei gironi della Nottesfera, senza via di scampo.
Fiammo poteva udire la voce di lei, gelida, sussurrare il suo nome e poteva sentire il suo sangue cominciare a scorrere freddo nelle sue vene, proprio come nella canzone che Hansine stava intonando.
Gli pareva di essersi nascosto dal suo destino, anche se era stato costretto da sua madre, e per questo il cuore gli doleva come non mai.
Senza sapere cosa stava facendo, aprì la porta ed entrò nella stanza.
Davanti a lui, alla sua destra, c’era una grande vasca di ceramica bianca piena d’acqua, di petali di rosa e di schiuma. Su uno scaffale c’era una piccola lampada che diffondeva una soffusa luce giallognola ed aranciata al tempo stesso, proprio come la fiamma di una candelina.
Nella vasca c’era la donna che lo aveva stregato.
Scattò a sedere, coprendosi con le braccia e guardandolo con occhi pieni di ira. << Costa stai facendo?! >>
La voce di lei era piena di rabbia, Fiammo lo poteva sentire, anche se era ferma e sicura. 
<< I-io… >> non sapeva che dire, tutto ciò di cui era capace in quel momento era balbettare e far scattare gli occhi a destra ed a sinistra con fare nervoso.
<< Mi hai seguita? >>
<< Io… si… >> ammise, abbassando lo sguardo, e quando riportò gli occhi ad Hansine, si sorprese nel vedere lo sguardo di lei: non era più arrabbiato, era incredulo. << Perdonami, so che non avrei dovuto… Non so nemmeno perché ho aperto la porta, ti ho sentita cantare e… >>
Hansine lo bloccò: << Come hai fatto a seguirmi? >>
<< Ho seguito il tuo profumo >> ammise il giovane, e si sorprese per la seconda volta quando vide il sorriso di lei illuminarle il volto.
<< Hai seguito il mio profumo? >> le guance di Fiammo diventarono rosse mentre annuiva. << Hai mai sentito questa canzone? >> chiese lei dopo qualche secondo in cui restarono in silenzio.
<< No, ma parla… parla di Regina Ghiaccio >> replicò lui, ed Hansine sorrise.
<< Tu sai che io ho duemila e ventun anni >> Fiammo annuì. << Ai miei tempi, quando Aaa non era ancora nata, quando la Terra era degli umani e le bombe atomiche non erano scoppiate, la musica era un’arte molto apprezzata. >>
<< Hai vissuto al tempo degli umani? >> il giovane era scioccato come non mai.
<< Si, io… ero una di loro >> alzò lo sguardo verso di lui, sorridendo timidamente.
<< E… Ehm… la musica era un’arte molto apprezzata? >>
<< Si, gli umani passavano molto tempo a deliziarsi con canzoni simili e non a quella che stavo cantando qualche secondo fa. >>
<< Anche tu? >>
<< Soprattutto io. La mia vita era un disastro, e tutto ciò che mi permetteva di non impazzire e commettere atti fuori dal mondo era la musica. Il mio sogno era quello di diventare una cantante famosa, di girare il mondo e cantare per coloro che amavano la musica che amavo fare. >>
<< E perché non è successo? >>
<< Il giorno dei funghi >> disse soltanto, e finì lì.
<< Era una tua canzone? >>
<< Quale? Quella che stavo intonando? No >>, Hansine alzò lo sguardo avanti a sé, << la cantava una dei miei idoli. >>
<< Puoi… puoi cantarla per me? >>
Hansine sorrise, annuendo e facendogli cenno di sedersi a terra accanto alla vasca. Riprese a cantare con la sua voce vellutata:
 
Whenever she is raging
She takes all life away
Haven't you seen?

Haven't you seen
The ruins of our world?

 
Fiammo immaginò la donna vestita di blu, furiosa, mentre digrignava i denti e guardava avanti a sé con occhi neri come le tenebre e pieni di odio.
<< Porta lontano la vita… >> sussurrò, ed Hansine annuì piano. Sembrava avessero entrambi paura che qualcuno potesse sentirli. << Continua a cantare, per favore. >>
 
She covers the earth with a breathtaking cloak
The sun awakes and melts it away
The world now opens its eyes and sees
The dawning of a new day

 
Vide un’immensa distesa di neve bianca, brillante ai fortunati raggi di luna che riuscivano ad oltrepassare l’ostacolo delle dense nubi; e poi, riuscì a vedere la luce del sole che rompeva il buio, con prorompente potenza. Hansine stava correndo verso di lui, i piedi che affondavano nella neve che si andava sciogliendo. Sul suo viso c’era stampato un sorriso di pura gioia.
Fiammo aveva gli occhi chiusi mentre si lasciava andare all’immaginazione, ma li spalancò quando sentì un respiro davanti al suo volto. Vide il viso di Hansine più vicino che mai al proprio, le guance di lei verdastre e prive di ogni calore.
<< C-cosa.. >> faticava a parlare, in imbarazzo, perciò ci pensò lei per lui.
 
Whenever she is raging
She takes all life away
Haven't you seen?

Haven't you seen
The ruins of our world?

 
Chiuse di nuovo gli occhi, sentiva le guance andare a fuoco, come per ironia della sorte, e non appena lei ebbe pronunciato l’ultima parola della canzone, sentì qualcosa sfiorargli le labbra.
Aprì gli occhi e vide Hansine portare le braccia attorno alle sue spalle, mentre le loro labbra si univano come una sola.


 
Fionna

Se ne stava lì immobile, senza il minimo rumore, senza un pensiero per la testa. Sembrava morta, il corpo abbandonato al freddo ed al destino, privo di vita, così come i suoi occhi vuoti che fissavano la finestrella nella parete di pietra. La neve ormai strabordava, ma seppur ormai nevicasse da almeno tre ore, il livello non si alzava né si abbassava.
Fionna l’Avventuriera stava aspettando il suo cavaliere, ma lui non arrivava.
<< Lo sapevo >> disse d’un tratto, il volto privo d’ogni emozione, << lo sapevo che era tutto un trucco di Regina Ghiaccio. >> Dentro di sé stava morendo lentamente, dolorosamente. Quanto avrebbe voluto poter rivedere Marsahll Lee, il suo migliore amico, quel ragazzo dall’aria un po’ punk e dalla pelle verdastra. Sognava di poter stringerlo a sé come già aveva fatto in passato, di sentire il suo profumo e di passare le dita tra i suoi bei e lucidi capelli neri. Poteva vedere, con gli occhi della mente, le iridi scure e profonde del ragazzo, le ciglia lunghe e nere, il viso dai tratti spigolosi ed in minima parte femminili; sognava di nuovo le labbra di lui, che si posavano dolcemente sulla sua fronte.
Rivedeva il giorno in cui aveva temuto Marshall stesse morendo.
Stavano cadendo giù dal cielo ad una velocità impressionante, lei stretta a lui, con le lacrime agli occhi mentre tentava di scuoterlo e farlo svegliare. Rivedeva il sangue sgorgare dalla sua ferita, le sue palpebre chiuse e poteva sentire di nuovo il dolore che il suo cuore aveva provato nel vederlo ridotto a quelle condizioni.
E poi, poteva sentire, se lo voleva, la sua voce. Era calda e profonda, magica ed ipnotizzante, mentre cantava la canzone “Bad Little Boy” solo per lei, in quella notte afosa di qualche tempo prima.
Fionna ci pensò su e senza rendersene conto, si ritrovò a cantare, con la mente, le parole della canzone di Marshall Lee.
<< Good little girl, always picking a fight with me >> sentì la sua voce come se fosse stato lì con lei, e ciò la fece scoppiare a piangere. Perché? Perché doveva sopportare tutto quel dolore? Proprio lei, che era stata sempre così buona nella vita?
<< Dove sei, Marshall, dove sei? >> cominciò a piangere e chiunque fosse stato presente sarebbe scoppiato in lacrime nel vedere la sua sofferenza.
<< Sono qui, mia piccola brava ragazza >> disse una voce che Fionna ben conosceva.
Nella sua mente si disse “No, non può essere vero”, ma ugualmente alzò il capo e ciò che vide con i propri occhi la fece scattare in piedi, il cuore che batteva a mille ed il sangue a scorrere caldo nelle vene.
Gli occhi di Marshall la guardavano da dietro le sbarre, i capelli neri tutti arruffati, la testa rivolta verso il basso. Si, lui era lì, veramente, ed era lì per lei.
<< Marshall! >> disse con un tono pieno di rimprovero e felicità al tempo stesso. La coperta cadde nel momento stesso in cui lei si alzò il piedi; non le importava che la maglia fosse tutta rotta e strappata, oltre che piena del suo sangue secco, tutto ciò che in quel preciso istante contava, era la presenza di lui.
<< Ciao, Fionna >> di colpo si girò con tutto il corpo, appoggiandolo sulla neve con un tonfo sordo.
<< Dovrei picchiarti >> la ragazza scattò verso le sbarre e le strinse nelle mani, congelate per colpa del freddo.
<< Ma non puoi >> Marshall le fece una linguaccia e lei non poté trattenersi dallo scoppiare a ridere. << Ehi, perché ridi? >>
<< Perché… mi sei mancato. In tutto questo tempo ho rischiato di impazzire, e poi, quando ormai la mia mente era sull’orlo del baratro, ecco che compari dal nulla, nello stesso modo in cui te ne sei andato. >>
Il ragazzo si fece improvvisamente serio, << Scusami, non sarei dovuto fuggire, lo so… ma, io… >>
<< Cosa? >> Chiese lei quando vide che lui non riusciva a concludere la frase.
<<  Questa… è una storia lunga che io non posso raccontarti, non ancora almeno. Non la conosce nessuno, se non mia madre e… >> si bloccò, e Fionna continuò a guardarlo.
<< Non me lo vuoi dire? >>
Gli occhi di lei sembravano rispecchiare il suo stato d’animo, era ferita, pensava lui non si fidasse più, e di ciò Marshall se ne accorse: << No, non è questo. Il fatto è che è una storia lunga, ed io ancora ci sto male, anche se sono passati tipo duemila anni… Ti prometto che ti racconterò questa storia, ma ora non è il momento, dobbiamo farti evadere. >>
<< E come hai intenzione di farlo? >> replicò lei poggiandosi i pugni chiusi sui fianchi.
<< Semplice >>, rispose lui, << con l’aiuto di Flambo >> e dal nulla fece comparire il piccolo esserino della Terra di Fuoco.
<< Flambo! >> urlò lei, felice di rivedere il piccolo amico.
<< Fionna l’Avventuriera, mi pareva di aver sentito storie riguardo la tua prigionia. E così alla fine sei diventata una poco di buono, eh? Vedi cosa succede a frequentare Marshall Lee? >>
<< Ehi! >> replicò il ragazzo, che fece per schiacciare il piccolo amico tra le mani.
Flambo scoppiò a ridere ed urlò: << Okay, okay, scusa mi arrendo! >>
Tutti e tre risero, un unico momento di felicità nel disastro provocato dalla furia di Regina Ghiaccio.
<< Avanti, Flambo >> intervenne infine il vampiro, << libera la nostra amica. >>
<< Con piacere! >> L’esserino fatto di fuoco saltò verso le sbarre e cominciò a scioglierle, una dopo l’altra; fece la stessa cosa per la neve ghiacciata che ostruiva il passaggio e poi risalì il braccio di Marshall, fino alla sua spalla. Il vampiro afferrò Fionna per le braccia e con la sua forza sovraumana la fece uscire dalla piccola finestrella della cella. I fianchi della ragazza strisciarono contro la parete, e lei digrignò i denti.
I due si guardarono per qualche momento negli occhi, dopodiché, l’avventuriera gli buttò le braccia al collo e lo strinse forte a sé, inspirando il suo profumo così buono, che in quei giorni di prigionia le era mancato così tanto.
<< Avanti, dobbiamo andare >> disse infine lui scostandosi. Un sorriso dolce gli illuminava il viso, mentre sfiorava delicatamente la guancia rosa ed accaldata di Fionna.
<< Dove? E.. non salviamo Gommo? >>
<< No, non ancora >> Marshall abbassò gli occhi a terra, con sguardo affranto. << Credimi, vorrei poterlo fare, ma non possiamo, non ancora almeno. Ma fidati di me, >> guardò l’esserino e sorrise, << e di Flambo, abbiamo un piano. >>



 

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Capitolo 3
*** Capitolo 3. ***


Capitolo 3

 
Fionna

<< Tu non hai idea di quanto sia felice di vederti, Marsahll! >> Urlò felice Fionna mentre camminavano nella neve bianca ed altissima, allontanandosi dal castello di Dolcelandia ormai divenuto la dimora di Regina Ghiaccio, un regno inospitale e freddo. << Cavolo >> chinò il capo, << non avrei mai pensato di dirlo >> sussurrò, ed il ragazzo sbuffò, facendo finta che quelle parole lo avessero colpito al cuore, che ovviamente, non batteva.
<< Già, condivido >> disse Flambo, ma il vampiro lo ignorò, troppo concentrato su Fionna.
<< Ma sai >> riprese lei, << in questo momento non mi importa molto. Ti bacerei! >> urlò nuovamente, la voce che straripava di felicità.
<< Interessante >> Marshall Lee sorrise malizioso, e la ragazza diventò rossa come un peperone in meno di dieci secondi, i capelli biondi lasciati liberi alzati dal vento gelido di quell’inverno giunto troppo presto.
<< Okay, ritiro tutto, no, non ti voglio baciare. Il solo pensiero mi fa venire la nausea >> replicò lei, gesticolando e facendo versi di disapprovazione.
<< Uff, va bene, come vuoi tu >> il vampiro incrociò le braccia al petto. La sua pelle verde restava identica a quella di sempre, anche con tutto quel freddo. Indossava una camicia rossa e nera a quadri e dei jeans blu tutti strappati. Voltò la testa e sbuffò nuovamente, scocciato, cosa che fece ridere Fionna, che con un agile gesto saltò e gli afferrò il collo, per poi costringere il ragazzo a chinarsi verso di lei. Chiuse la mano destra a pugno e gli strofinò le dita sul capo, coperto di lucidi e ribelli capelli neri. << E dai, basta! >> scoppiò a ridere, circondato dalle braccia della ragazza, che si scostò e gli sorrise, inclinando la testa.
Continuarono a camminare per qualche tempo, in silenzio, finché Fionna non esordì con un: << Ho freddo! >> seguito da uno starnuto. Quando alzò il capo ed agganciò il suo sguardo a quello di Marshall, lui poté vedere la punta del naso di lei cominciare a diventare rossa e lucida.
<< Indovino, è una vera e propria rottura essere umani, vero? >>
<< Parla per te, vampiro millenario, come ci si sente a non invecchiare mai? Ti ritroverai quella faccia da scemo per sempre >> nemmeno il tempo di finire la frase ch’era già a terra, nella neve. << Ehi, mi hai spinto! >>
<< Si, e lo faccio di nuovo >> rise lui cattivo. Si alzò in volo ed andò dritto da lei, distesa e poggiata con i gomiti alla neve compatta. Avvicinò il viso a quello di Fionna finché non si ritrovarono a pochi centimetri di distanza l’uno dall’altra. << Prova a dire ancora che il mio viso è da scemo se hai il coraggio >> il suo sorriso era malizioso e cattivo al tempo stesso, e Fionna non poté che arrossire, cosa di cui lui si accorse.
<< E togliti >> disse poi scostandolo con forza, cosa che lo fece ridere.
<< Ehi >> Fionna cominciò a camminare ed il vampiro la raggiunse volando, le braccia incrociate dietro il capo, << hai freddo? >>
Le pose quella frase con un sorriso malizioso stampato in volto, e per questo Fionna non rispose subito, guardandolo con la coda dell’occhio. Alla fine si rassegnò ed annuì: << Si, ho freddo. >>
<< Bene >> il ragazzo sorrise e chiuse gli occhi, per poi cominciare a sbottonarsi la camicia. In meno di sette secondi l’indumento era attorno alle spalle della ragazza, che spalancò gli occhi, sorpresa. Il tessuto era caldo, impregnato del dolce ed ammaliante profumo di Marshall; le maniche erano troppo lunghe per lei, ma a Fionna non interessava, anzi, così poteva tenere le mani al caldo.
<< G-gra-grazie >> balbettò portando gli occhi verso l’amico. Quando lo vide, spalancò di nuovo gli occhi, tacendo di colpo, mentre sentiva le sue guance diventare rosse. Il fisico del vampiro era scolpito e la ragazza non poté evitare di farsi affascinare dal suo aspetto.
<< Lo so, sono fantastico >> Marshall cominciò a volare ancora più in alto, crogiolandosi nel suo ego smisurato, e Fionna scoppiò a ridere, scuotendo il capo. << Ehi, che hai da ridere? >> le chiese tornando a terra.
<< Niente, è che… >> fece una pausa, per poi riportare gli occhi su di lui, << è bello rivederti. >>

 
Principe Fiammo

Hansine si allontanò da Fiammo, mentre questi la guardava con gli occhi spalancati. Le sue guance erano più rosse che mai, mentre sulle sue labbra sentiva ancora quelle di lei.
<< Hansine… >> disse piano, ma lei alzò una mano dalla pelle bluastra.
<< No >> il viso di lei era rivolto da un’altra parte, gli occhi chiusi mentre non lo guardava.
<< Ma non sai… >>
<< Fiammo >> disse lei, cercando di non far tremare la voce, << esci, per favore. >>
<< Ma… >>
<< No, esci >> si voltò di scatto verso il ragazzo, che spalancò gli occhi, sconvolto. Il tono di voce di Hansine ora sprizzava potere da tutte le parti, era arrabbiata, si poteva capire facilmente, e lui, anche se era il principe del Regno di Fuoco, ormai distrutto, non si sarebbe mai sognato di sfidare la Signora della Nottesfera. Solo un pazzo si sarebbe azzardato a tanto, e pazzo, Fiammo ancora non lo era.
<< Certo >> rispose, alzandosi ed andando verso la porta. La aprì, a testa bassa, mentre sentiva le guance ancora rosse ed ardeva di rabbia e confusione. Uscì dalla camera di lei, ritornando alla sala in cui l’aveva condotto.
<< Oh, sei tornato >> esordì il demone, quando Fiammo entrò nella grande stanza.
<< Si >> replicò lui, limitandosi a fissare gli occhi in quelli del demone, due pozzi neri pieni di nulla.

 
Hansine Abadeer

Si scostò da Fiammo, mentre questi la guardava con gli occhi spalancati. Le guance di lui erano più rosse che mai, e la donna non riusciva a guardarlo. Cosa aveva fatto? Perché lo aveva baciato? In confronto a lei era solamente un ragazzino, ventitré anni contro duemila e ventuno. No, non c’era speranza, non c’era la minima possibilità.
<< Hansine… >> disse lui, piano, ma la donna alzò una mano dalla pelle bluastra.
<< No >> il suo viso era rivolto da un’altra parte, mentre teneva le palpebre abbassate. Non voleva guardarlo, non poteva, o sapeva che non sarebbe riuscita a fermarsi. Come mai quel giovane principe di cui conosceva a malapena il nome aveva un tale effetto su di lei?
<< Ma non sai… >>
<< Fiammo >> cercava di non far tremare la voce, cercava di fare appello a tutta la sua volontà per non abbandonarsi di nuovo, completamente. << Esci, per favore. >>
<< Ma… >> lui non voleva capire.
<< No, esci >> si voltò di scatto verso il ragazzo, che spalancò gli occhi. Il tono di voce di Hansine sprizzava potere da tutte le parti. Era arrabbiata, si poteva capire facilmente, e solamente un pazzo si sarebbe sognato di sfidarla. Era la Regina della Nottesfera, doveva rispettare le regole che si era data, non poteva abbandonarsi ai sentimenti come fosse stata ancora una semplice umana.
<< Certo >> rispose l’altro, che si alzò e andò verso la porta. La aprì ed a testa bassa uscì dal bagno.
Una volta che se ne fu andato, Hansine sbuffò rumorosamente e poggiò la testa all’indietro, contro il bordo della vasca di ceramica posta contro la parete est. La luce soffusa rendeva la stanza più calda ed accogliente, la faceva sentire a casa, ma il cuore di lei non voleva sentirne di smettere di farle male. Sapeva che era sbagliato ciò che la presenza di Fiammo suscitava in lei, nessuno era mai riuscito a farle provare emozioni e sentimenti simili da molto tempo, da quando si era trasformata in mezzo demone e Regina della Nottesfera, dove le creature soffrivano e le anime della gente raggiungevano i gironi dei morti.
<< Perché provo queste cose per lui? Non lo conosco, ed è sbagliato >> si disse, avvolta nel silenzio della sua stanza. Quelli non erano sentimenti nati spontaneamente, Hansine cominciò ad esserne sempre più convinta.
Nella vasca, continuava a pensare e a pensare, nel silenzio del bagno si potevano udire le rotelle del suo cervello girare. Alla fine, si decise. Uscì dalla vasca, afferrando il soffice l’asciugamano rosa appeso alla parete. Il tessuto era delicato contro la sua pelle bluastra, mentre le pareva ancora di sentire il tocco di Fiammo, le labbra rosse sulle sue, azzurre come lo era lei.
Dopodiché si precipitò fuori dal bagno, l’asciugamano ancora avvolto attorno al corpo. Aprì le ante del grande armadio ed indossò una maglia grigia e dei pantaloni attillati color rame. Una volta vestita, cominciò a guardarsi attorno in modo frenetico. Aveva in mente un’idea tutt’altro che normale, ma se fosse stata possibile? Doveva parlare con la Regina della Terra di Fuoco, ma non sapeva in quale girone i suoi demoni l’avessero sistemata, e di sicuro non poteva buttarcisi a braccia aperte per andare a cercarla! Va bene che era immortale, un mezzo demone e la Regina della Nottesfera, ma neanche lei non ne sarebbe uscita viva. Se coloro che abitavano quei luoghi l’avessero vista, non ci sarebbe stato più scampo.
<< Mi odiano come se fosse colpa mia >> borbottò irata. << Colpa mia ciò che loro stessi hanno commesso nella loro vita, ma scherziamo?! Io non c’entro nulla, si sono scavati la fossa da soli. >>
Ma era anche vero che se solo avesse messo piede in uno qualsiasi dei gironi, non sarebbe scampata facilmente. Lei, nella sua lunga vita, aveva commesso una serie infinita di peccati, lo sapeva. Aveva ucciso senza pietà, quando, dopo essersi trasformata, la sua anima era diventata nera come il catrame. Aveva rubato, quando la fine del suo mondo era giunta, per colpa dei funghi nucleari. Aveva rapito delle persone, le aveva condannate, nella sua Nottesfera era diventata regina, bramosa di potere, e si era circondata nello sfarzo, mentre nei gironi tutti morivano lentamente e soffrivano. Non le era importato nulla di tutti questi peccati, mentre li commetteva, ma ora si rendeva conto che per colpa loro, non sarebbe vissuta cinque minuti nei bassifondi della Nottesfera.
<< Ma io devo trovarla >> scattò in piedi, dopo essersi seduta sul letto con la mente piena di pensieri.
Doveva trovare la Regina del Regno di Fuoco, ma per farlo, doveva tornare nella stanza in cui aveva condotto Fiammo e dove di sicuro ora lui si trovava, e non desiderava per nulla vederlo. Cosa era stato? Cosa l’aveva spinta tra le braccia del principe? Era sicura non fosse dipeso da lei, ma da qualche agente esterno. Era successo qualcosa, che aveva determinato quel loro attrarsi, e lei era determinata a scoprire che cosa.

 
Maggiormenta

Sapendo che Fionna stava bene, Maggiormenta era tornata alla sue stanze, dove Regina Ghiaccio l’aveva cercata. Il sorriso dipinto su quel suo volto maligno le aveva mandato brividi di terrore giù per la spina dorsale. A lei, che era l’anima stessa del male. Questo diceva molte cose, e nessuna tra queste era positiva.
<< Maggiormenta, Maggiormenta! >>
<< Si? Mia signora? >> si era dovuta vedere costretta ad inchinarsi e a chiamarla “mia signora” per non far arrabbiare Regina Ghiaccio, ma mai quella donna sarebbe stata il suo capo, mai le avrebbe portato rispetto, l’unica a cui si sarebbe inchinata di sua spontanea volontà era Hansine, e decisamente, la regina dei ghiacci non era la Signora della Nottesfera.
“Non sa che non appena le sue difese si abbasseranno, non appena ne avrò l’occasione, la mia mano ed il mio coltello caleranno su di lei” pensò Maggiormenta con un sorrisetto malefico.
Regina Ghiaccio intanto le stava raccontando per filo e per segno l’intervento dei suoi Cavalieri della Neve e della definitiva distruzione del Regno della Terra di Fuoco. Sembrava un’esaltata, pazza di potere, e Maggiormenta vide lo strano scintillio malvagio nei suoi occhi. Non era nulla di buono, ogni giorno sembrava sempre più cattiva e pazza, ed ogni giorno quella sua dannata corona sembrava sempre più calcata sulla sua testa. Secondo Maggiormenta, prima o poi, il cranio e l’oro si sarebbero fusi insieme.
<< Devi riposare, mia fedele suddita? >> Chiese d’un tratto. Non faceva che ricordarglielo, ma ciò che non sapeva era che Maggiormenta non era suddita di nessuno, era solamente un’alleata a cui chiedere aiuto. L’unica degna di inchini era Hansine Abadeer, la sua migliore amica, quella con cui aveva condiviso i momenti più duri della sua esistenza.
<< Si, mia signora >> si costrinse a dire, nuovamente.
<< Bene, mia fedele suddita, allora ci vedremo domattina, questa notte è stata piena di successi. >> Annuì come ad una domanda silenziosa che solo lei aveva potuto udire, e Maggiormenta si chiese se la pazzia di quella donna fosse peggiorata nelle ore che non si erano viste. “Probabile”, pensò.
Senza attendere, Regina Ghiaccio si voltò ed uscì dalla stanza chiudendo la porta dietro di sé, e l’altra tirò un sospiro di sollievo. Si distese sul letto senza nemmeno cambiarsi i vestiti, non ne aveva la forza. Fare il doppiogioco non l’aveva mai stressata prima di allora, ma in quelle circostanze era così stancante! Oh quanto avrebbe voluto potersi rifugiare nella Nottesfera e restare al sicuro, dormire beata e non far più nulla! Ma sapeva di non potersi concedere tale lusso, doveva svolgere il suo lavoro, dovevano liberare Fionna e togliere la landa di Aaa dalle fredde mani di Regina Ghiaccio.

 
Gommorosa

Aprì piano gli occhi. La stanza era illuminata da quella strana luce che non se ne andava mai, quel buio luccicante e freddo. Si era addormentato per un po’, ma la notte non era ancora passata, lo diceva l’orologio intagliato e pieno di inserti di ghiaccio appeso alla parete, un regalo della regina dei ghiacci.
Si voltò sotto le coperte rosa, portando gli occhi alla finestra che era rimasta spalancata e dalla quale entrava un vento gelido. Il principe Gommorosa afferrò i lembi delle calde coperte e li portò fino alle guance. Stava morendo di freddo, ma non voleva chiudere la finestra della sua stanza, da lì, se fosse tornato, avrebbe potuto portarlo via. Ricordava quando Marshall volava da lui e lo afferrava per un polso per poi condurlo verso luoghi lontani dal suo castello a Dolcelandia e verso le avventure. Spesso Fionna li accompagnava, e la ragazza passava più tempo a fissare lui che dove camminava. Era dolce, gli piaceva il suo volto paffuto e la trovava adorabile quando arrossiva.
Sospirò, ricordando il passato, i suoi amici. Ricordava anche Cake, il momento in cui Regina Ghiaccio, stanca degli affronti, l’aveva uccisa con un solo gesto della mano. Poteva rivedere, con gli occhi della mente, la sofferenza dipinta sul volto di Fionna nel vedere la sua migliore amica a terra, tra la neve, immobile e senza vita. Marshall quel giorno era presente, ma non appena la regina dei ghiacci aveva declamato che la landa di Aaa ora era di sua proprietà e che Gommorosa avrebbe dovuto sposarla, il vampiro si era dileguato, scomparso nel nulla. Al principe piaceva pensare fosse per la gelosia e per la sofferenza, ma non ci avrebbe giurato. Il re dei vampiri non aveva mai mostrato simili sentimenti nei suoi confronti, Gumball lo sapeva, ma sperare, in tempi dolorosi come quelli, non costava nulla.
<< Tanto… >> disse amaramente, << non ho più nulla da perdere. La mia migliore amica è chiusa nelle segrete, il mio migliore amico è scomparso ed il mio regno è nelle mani della mia peggior nemica, che sono condannato a sposare. >> Portò di nuovo gli occhi alla finestra. Ora era seduto, la schiena poggiata ai grandi e soffici cuscini. << Se mi buttassi da quella finestra… non avrei nulla da rimpiangere. >>
Il suo tono di voce era privo di sentimenti, vuoto, così come si sentiva lui. Si alzò in piedi e si diresse verso il balconcino. La caduta era rovinosa, se si fosse buttato non sarebbe sopravvissuto, lo sapeva, ma non gli importava. Lei gli aveva tolto tutto, ed ora lui voleva fargliela pagare, e quello era l’unico modo possibile.
Respirò a fondo, pronto per la mossa finale, quando qualcosa gli si appiccicò al volto. Lanciò un gridolino molto poco virile, per poi far scattare le mani e togliere l’oggetto dai suoi occhi. Lo guardò ed il suo cuore fece un salto. Era un piccolo foglietto rosa piegato a forma di corona, un origami, di quelli che faceva Marshall.
<< Che… che sia possibile? >> disse emozionato, mentre un sorriso affiorava sul suo volto. Cominciò ad aprire il foglio, velocemente, rischiando quasi di strapparlo. Non appena ebbe finito, cominciò a leggerlo, facendo scattare gli occhi da sinistra a destra e viceversa. Era incredibile.

 
Caro Gumball,
comincio con il dirti che mi dispiace immensamente. So che non sarei dovuto scappare, sono stato un codardo, ed ora tu sei imprigionato in quel castello, tra le grinfie di quella donna che molto tempo fa io ho conosciuto. Spero tu possa perdonarmi, sono stato un vigliacco, me ne rendo conto, ma posso rimediare a ciò che ho fatto.
Sappi che proprio mentre stai leggendo queste righe, io e Fionna ci stiamo allontanando insieme da Dolcelandia, ma non temere, torneremo. Io e Flambo abbiamo un piano per liberarti, che include la nostra Avventuriera, mia madre e la Lich. Andrà tutto bene.
Prometto solennemente che verrò a prenderti, che ti libererò e sconfiggerò Regina Ghiaccio.
Non appena avrai letto questa lettera, io lo saprò. Ti sono vicino, Gumball.
Preparati, perché io verrò a salvarti.
Con affetto,
il tuo migliore amico.
 

Era una lettera di Marshall! Il principe si sarebbe messo a saltare sul posto per la felicità, il vampiro lo avrebbe salvato, ed aveva liberato Fionna!
<< Non ci posso credere >> sorridendo riportò gli occhi alla lettera e la lesse di nuovo in tutta fretta. Sapeva che era tutto vero, quella era la scrittura di Marshall Lee, Gumball l’avrebbe riconosciuta tra mille, era impossibile copiarla, o almeno non così bene. Non poteva essere uno scherzo di Regina Ghiaccio, non era un trucco, era vero, ed in quel momento il cuore di Gommorosa avrebbe potuto esplodere di felicità.
Guardò fuori della finestra, la neve che cadeva sempre più forte. << Sta salendo una bufera >> si disse, preoccupato. Sperava che i suoi migliori amici fossero in salvo, al riparo dalla tempesta di neve che stava salendo.
Chiuse le ante e ritornò al letto, dove si distese e strinse a sé la lettera che gli aveva salvato la vita.

 
Fionna

Fuori aveva cominciato a crescere una tempesta con i fiocchi, la neve bianca cadeva a terra velocemente, e le raffiche si susseguivano l’un l’altra, congelate. Quando i fiocchi colpivano la pelle di Fionna, brividi di freddo invadevano il suo corpo e le ghiacciavano il sangue.
<< Quanto manca?! >> Urlò al vampiro, che le teneva strettamente la mano mentre volavano a dieci centimetri da terra. Doveva alzare più che poteva il tono di voce, perché per colpa della bufera e del vento che ululava fortissimo, Marshall faticava ad udirla.
<< Siamo quasi… eccola! >> Urlò, indicando una piccola luce giallognola nel buio di quella fredda notte.
Scattarono veloci, Flambo stretto tra le braccia di Fionna, avvolte nella camicia a quadri di Marshall.
Quando arrivarono alla loro meta, l’Avventuriera capì che la luce in realtà erano le fiamme gialle e calde di più lanterne appese all’entrata di una grotta.
<< Cos’è questo posto? >> guardò l’amico con un sopracciglio inarcato ed uno sguardo preoccupato, cosa che l’altro trovò molto divertente.
<< Casa mia >> rispose con una fragorosa risata.

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