Regrets for the rest of my life.

di Dammit__
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** ‹ Chapter One › ***
Capitolo 2: *** ‹ Chapter Two › ***



Capitolo 1
*** ‹ Chapter One › ***


La sola funzione della memoria è di aiutarci a rimpiangere.

Emil Cioran





 

Sapeva che sarebbe andata così, in cuor suo ne era certa.

Non credeva più alle storie a lieto fine, quelle ormai erano solo per i deboli e per gli illusi, per chi, come un tempo lei, era convinto che tutto prima o poi nella vita avrebbe raggiunto un certo equilibrio.

Equilibrio impossibile da raggiungere quando sei una persona lacerata dentro, emotivamente instabile, solitaria e piena di muri attorno a sé, specialmente attorno al cuore.

 

 

Pensava che senza di lui anche il mare di Huntington Beach perdeva il suo fascino.

Senza di lui non vedeva prospettiva migliore nella vita che lasciarsi andare, sprofondare nell'oblio, nel dimenticatoio. Giù, giù, giu, dove nessuno l'avrebbe più cercata e salvata.

Ma se lei in primis non si voleva salvare, chi altro si sarebbe preso la briga di farlo per lei?  Ah già, qualcuno disposto a farsi carico dei suoi demoni l'aveva trovato ma troppo accecata dalla paura di provare altro
dolore, si lasciò sfuggire l'unico ragazzo che in tutta la sua “lunga” vita da ventinovenne l'aveva amata.

Ma amata per davvero, amata a voce alta, amata contro il mondo, amata sempre e comunque.

 Amata il mattino quando lui si svegliava in abbondante anticipo, le portava la colazione a letto e ancora con un sorriso stanco la svegliava con tutta la dolcezza del mondo.

Amata durante le litigate, pure quelle pesanti dove da parte sua volava anche qualche schiaffo.

Amata quando sorrideva, piangeva, rideva, insomma, amata sempre e costantemente.

 

 

Eppure qualcosa in quella relazione era andato storto e ora era lì, nel bel mezzo della notte, seduta in riva al mare, raggomitolata in quella felpa nera che il ragazzo si era dimenticata da lei quando se n'era andato. Nonostante tutto, indossarla le dava l'illusione di averlo accanto, cosa che rimpiangeva ogni istante della propria vita .Persino il sapore delle sue Lucky Strike alla menta non era più lo stesso da quando lui era via.

Fumare in solitudine non le era mai piaciuto.

Abbozza un sorriso, ripercorrendo a grandi linee l'inizio della loro storia, casuale, in mezzo alla strada mentre lei era di corsa diretta verso scuola.

Sempre costantemente in ritardo, persino quando si trattava del lavoro. Si scontrarono, proprio come un'onda si abbatte sulla riva della spiaggia. O meglio, lei si era abbattuta sul ragazzo, cadendo a sacco di patate su di lui.



‹ flashback 
 

«Diavolo ma ragazza stai attenta» sbuffò lui, sistemandosi con cura i capelli corvini, scuotendo il capo.

«Non, non volevo, oddio sono in ritardo, mi aspettano a scuola e...» disse lei intimorita, raggruppando tutti i propri libri che oramai si erano sparsi al suolo.
Trovato del coraggio però, sollevò lo sguardo da terra e davanti a lei si presentò uno spettacolo a dir poco straordinario. Capelli corvini sparati in aria -sembravano essere stati progettati per essere così perfettamente disordinati-, occhi marroni che la scrutavano in ogni suo singolo movimento, labbra sottili che, a causa del proprio essere inguaribilmente maldestra, si erano aperte in un grandissimo sorriso, un naso a patatina e su di esso un piccolo sprazzo di lentiggini.

 

Si alzarono, fissandosi ancora imperterriti mentre quella cittadina ormai aveva preso vita e le macchine sfrecciavano accanto a loro.

 Anche il ragazzo si rese conto di quanto fosse bella lei. Capelli lunghi fino appena sotto i seni, rossi, facevano da contorno ad un viso dai lineamenti dolcissimi. Sorriso timido, sguardo basso e imbarazzato che rivelava degli occhi marroni -tendenti al nero- e molte, moltissime lentiggini ricoprivano il naso di lei.

 

 

Fecero l'amore con lo sguardo quel giorno, tutto attorno a loro si era annullato, finché fu lei a rompere il silenzio piombato tra loro.

Timidamente disse «Devo andare, scusami ancora se ti ho travolto come un treno in corsa» e sorrise, un sorriso sincero che non le capitava di fare da molto.
E riprese a camminare in fretta, diretta verso la scuola dove insegnava ma la voce del ragazzo richiamò la sua attenzione e la costrinse a girarsi. 

 

 

«Ehi, come ti chiami? Io sono Brian, piacere» urlò lui in mezzo alla strada.

«Giulia, piacere mio!» esclamò lei sorridente, salutandolo definitivamente, prima di tornare sui propri passi.
 

 

«Giulia, bel nome» pensò lui «Ci rivedremo.»

 

Ciao ciao ciao, innanzitutto ringrazio chi si prende la briga di leggere questa storia. Premetto che è la prima volta in cui mi cimento in una cosa del genere, spero sia di vostro gradimento e magari lasciate una piccola recensione qua sotto, mi farebbe molto piacere. Un bacione, ‹ Giuls ›

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Capitolo 2
*** ‹ Chapter Two › ***


Seize the day or die regretting the time you lost.
Avenged Sevenfold

 
 

Il loro secondo incontro era stato casuale quasi quanto il primo e per giunta dopo molto, anzi troppo tempo.

Passò all'incirca un anno dallo scontro in strada, un anno dal giorno in cui rimasero folgorati l'uno dagli occhi dell'altra.

 

Lui aveva capito subito che in lei c'era qualcosa di diverso.

Quegli occhioni neri, all'apparenza indecifrabili, portavano dentro di loro una tempesta, una richiesta di salvataggio che a quanto pare non era mai stata accolta da nessuno. Infatti Brian c'aveva visto lungo ed era determinato a incontrare nuovamente quella ragazza un po' misteriosa, quella ragazza che in un anno aveva occupato i suoi pensieri ma di cui conosceva solo il nome.

 

Lei invece era rimasta incantata da quel sorriso che il ragazzo le aveva mostrato mentre lei aveva dato sfoggio ancora una volta del proprio essere tremendamente ed inguaribilmente maldestra. Era un sorriso contagioso che fece sorridere anche lei, rendendosi conto di non aver mai visto una ragazzo più bello in vita sua.

Eppure da qualche parte l'aveva già visto, bastava solo ricordarsi dove.

Già: dove ti era capitato di vedere una simile perfezione, Giulia? Semplice, alla tv.

Chi non conosce gli Avenged Sevenfold? Chi non conosce Synyster Gates?

 In quel momento lei si rese conto di conoscerlo più di quanto immaginava. Sia benedetto il web, da dove avrebbe ricavato tutte quelle informazioni se no?

 

Ma tornando al loro incontro, sembra bizzarro dirlo ma avvenne in un bar.

Più precisamente avvenne al Johnny's. Si trovarono per caso tra tutte le persone che affollavano il locale. Lei era lì a festeggiare l'addio al nubilato della sua migliore amica, lui invece voleva sbronzarsi come si deve perché era troppo che non se ne concedeva una.

Nessuno si scontrò con nessuno questa volta -e menomale- e Giulia fece solo sfoggio di una dose di sensualità di cui era munita e nemmeno ne era al corrente.

Ballava tranquillamente in mezzo alla pista assieme alle sue amiche, agli occhi di Brian era l'unica che ci fosse nel locale. Un tubino nero che risaltava le sue forme, tacchi vertiginosi che slanciavano la sua figira, rossetto rosso fiammante e capelli rossi -quasi arancioni- che ricadevano sulle sue spalle e che ondeggiavano ad ogni suo movimento: una bomba ad orologeria che non aspettava altro che essere innescata (da Brian, si sperava).

 

 

«Ehi Brian, guarda là» disse uno dei ragazzi, indicando dalla parte del gruppo di donne impegnate a ballare come forsennate. «Capelli rossi, formosa come piace a te e ho notato anche delle lentiggini, non sarà la ragazza di cui ci hai tanto tanto parlato?» 

Il ragazzo che era appena intervenuto si chiamava Matt ed era un vero e proprio armadio a quattro ante. Le braccia muscolose erano totalmente ricoperte di tatuaggi appariscenti ma le cosa che colpiva di lui erano le sue fossette, due fossettine che spuntavano ai lati della bocca e che erano in grado di far sciogliere anche la più dura delle persone sulla faccia della terra, accompagnate dai suoi occhioni verdissimi.

«Matt non dire stronzate, sai quanti locali ci sono ad Huntington, non sarà...» e le parole gli morirono in bocca alla vista della ragazza che ballava dinnanzi ai propri occhi, come una sorta di apparizione divina.

Scrutava ogni sua movenza come se fosse ipnotizzato, lasciando così che i suoi amici iniziassero a punzecchiarlo, ridendo sommessamente.

«Scusa? Chi diceva stronzate?» lo rimbeccò l'amico, ridendo ancora.

«Stai zitto Matt, per l'amor di dio.» disse lui, voltandosi a gaurdare gli amici che stavano ridendo per via dell'espressione da pesce lesso che aveva appena assunto.

«Vai a parlarle, dai.» intervenne pacatamente Zacky, un ragazzo che ad occhio e croce aveva la stessa età di Brian, capelli neri, labbra carnose e due occhi cristallini in cui potevi immergerti e nuotarci quasi.

«Aspetterò ancora un po', entro fine serata lo farò » mormorò Brian, prendendo tra le mani il proprio boccale di birra, bevendone avidamente un lungo sorso di modo da togliersi quell'insistente sete che improvvisamente gli era venuta.

 

 

 

Qualche ora più tardi |

 

 

«Ragazze, io vado a prendere una boccata d'aria, qua si soffoca.» disse Giulia, prendendo dalla propria borsa il pacchetto di sigarette e l'accendino, assieme al proprio cellulare e le cuffie, vogliosa di ascoltare un po' di musica come piaceva a lei.

Si fece strada tra la folla che instancabile ballava ancora per tutto il locale, riuscendo ad arrivare finalmente all'uscita, sbuffando appena. 

Aveva cercato di passare un po' inosservata ma l'unico sguardo a cui non era riuscita a rimanere indifferente era, ovviamente, quello di Brian che nel mentre ancora intento a bere l'ennesimo boccale di birra della serata.

Subito venne punzecchiato da tutti i suoi amici che lo spronarono a muoversi da lì ed andare a scambiare finalmente quattro chiacchiere con la tanto misteriosa Giulia.

 «Allora Brian, ti vuoi dare una mossa?» disse questa volta Johnny, capelli neri ragruppati in una cresta che davano l'impressione che fosse più alto -si fa per dire-, occhi marroni e un piercing al naso.

L'unica costante che si poteva notare in tutti loro erano le braccia piene di tatuaggi, fatta eccezzione per Arin, il più giovane dei cinque. 

 «Madonna sì, sto andando.

Come mi mettete l'ansia voi, nessuno.» sbuffò Brian, alzandosi dalla propria sedia, seguito così da un sollevarsi di applausi dei propri amici. Si voltò prima di uscire definitivamente dal locale, mostrando un raggiante sorriso e due dita medie ai propri amici che in tutta risposta risero ancora più fragorosamente.

Ora la ragazza era lì a pochi centimetri da lui, bastava solo trovare il pretesto adatto per poterle parlare.

Era appoggiata al muro, occhi chiusi, auricolari nelle orecchie e sul display del telefono un'immagine da lui facilmente riconoscibile: il Deathbat della sua band.  

Rassicurato da quella vista, si avvicina ancora, riconoscendo la melodia di Dear God e lasciando che un piccolo sorriso comparisse sul proprio volto.

 

«Bella la canzone, sai per caso di che gruppo si tratta?» disse lui, affiancandosi alla ragazza, estraendo poi dalla tasca posteriore dei jeans il pacchetto di sigarette, infilandosi tra le labbra una delle sue amate Marlboro.

«Avenged Sevenfold, impossibile non conoscerli.» mormorò lei, aprendo infine gli occhi per guardare chi le si fosse affiancato, trovandosi poi a spalancare letteralmente gli occhi alla vista del ragazzo.

«Quanto tempo, eh?»

«Oh, ehm, sì..un anno è tanto» e l'imbarazzo si impossessò di lei, sentendo nel frattempo le guance avvampare. 

Durante tutta la serata aveva sperato di fare qualche incontro interessante, ma non sapeva che avrebbe rivisto lui, ovvero il ragazzo che per un anno intero da quel bizzarro incontro aveva occupato un po' tutti i suoi pensieri e che non vedeva l'ora di rivedere.

«Comunque mi lusinga il fatto che ci ascolti, non ti facevo tipa da musica 'ribelle'.» esordì lui, mimando le virgolette alla parola ribelle e provocando da parte della ragazza una risata tra il tenero e il divertito.

«Ebbene sì, è uno dei miei tanti lati nascosti, assieme a quello di saper ballare, a quanto pare.»

«E quando mi concederai l'onore di scoprire gli altri?»

«Gates, invitami a cena e possiamo riparlarne.» 

E a quella frase il ragazzo si aprì in un grandissimo sorriso, non sentendosi il terreno sotto i piedi per qualche istante. Non credeva al fatto che la ragazza desiderasse di uscire con lui e le si leggeva negli occhi che non era come le altre, che non aveva secondi fini.

Desiderava solo conoscerlo per ciò che era, non solo per la fama che si era guadagnato nel tempo assieme ai suoi migliori amici.

«Allora domani qui, alle venti, ti porto dove vuoi.»

«Affare più che fatto, a domani, Brian.»

E si congedarono entrambi con degli ampi sorrisi, rientrando poi nel locale dove erano attesi ognuno dalle proprie compagnie.

 

«Con te non sbaglierò, non di nuovo.» pensò lui, sedendosi di nuovo al proprio posto, accolto dagli sguardi stupiti dei suoi amici.

 

«L'occasione di una vita.» mormorò lei tra sé e sé lei, voltandosi per un'ultima volta a guardare in direzione del ragazzo, sorridendo con tutta la dolcezza del mondo.

 

 

 

Note dell'autrice.

Ciao ciao, questo capitolo è stato un vero e proprio parto e non ne sono convinta a pieno.

Ringrazio chi ha recensito il capitolo precedente e mi ha spronato a continuare, spero che questo vi piaccia.

Recensitemi, fatemi felice felice.

‹ Giuls ›

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