Between Worlds di Amrita (/viewuser.php?uid=114818)
Disclaimer: Questo testo proprietà del suo autore e degli aventi diritto. La stampa o il salvataggio del testo dà diritto ad un usufrutto personale a scopo di lettura ed esclude ogni forma di sfruttamento commerciale o altri usi improri.
Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Dove sono? ***
Capitolo 2: *** La Krivapeta ***
Capitolo 3: *** Mostro ***
Capitolo 4: *** Conosci te stesso? ***
Capitolo 5: *** Incontri ***
Capitolo 6: *** Decisioni ***
Capitolo 7: *** Il regno di Hel ***
Capitolo 8: *** I cancelli del Valhalla ***
Capitolo 9: *** Vecchie amicizie ***
Capitolo 10: *** Casa dolce casa ***
Capitolo 11: *** Aiuto ***
Capitolo 1 *** Dove sono? ***
Capitolo
1: Demoni
Loki aprì gli occhi e si guardò intorno con
circospezione. Il brillante oro che rivestiva la sala del trono di
Asgard quasi lo accecava. Come aveva fatto ad arrivare lì?
Dall'alto della scalinata che portava al trono stesso, Odino gli fece
segno di avvicinarsi e il dio salì le scale con passi
incerti. Lanciò un'occhiata confusa a Thor, che se ne stava
in piedi, sorridente, accanto al padre. Odino mise le mani sulle spalle
del dio, spingendolo delicatamente a sedersi sul trono.
«Sarai un ottimo Re, figlio mio» gli disse, poi,
con sguardo affettuoso. Loki stiracchiò un sorriso incerto e
lo guardò con aria smarrita: Odino non si era mai rivolto a
lui con parole così amorevoli, mai aveva mostrato di riporre
così tanta fiducia in lui.
«Congratulazioni, fratello, sono felice che nostro padre
abbia scelto per il meglio» aggiunse Thor, scendendo le scale
per poi inchinarsi al cospetto di Loki assieme ai suoi guerrieri.
Loki li osservò tutti con aria divertita e, improvvisamente,
scoppiò in una fragorosa risata.
«Ho capito dove sono finito! Il regno dei desideri e delle
illusioni, Ønskenheimr. Mi chiedo perché non ci
sono mai venuto prima» si disse, senza far caso agli sguardi
sconcertati dei presenti. Poi, si alzò e uscì
dalla sala: doveva trovare Hermione.
Loki incominciò ad attraversare il palazzo, le cui stanze
sembravano essere infinite, sia in ampiezza che in numero. Dopo averne
attraversate almeno un centinaio, il dio si fermò.
Desiderava veramente il trono così tanto? Tanto da
ostacolare il suo unico rapporto alla pari con una persona che amava?
Con quei pensieri, la sala cambiò. Le due porte della stanza
iniziarono a moltiplicarsi, riempiendo completamente le pareti.
Loki si guardò intorno, fiero di essere riuscito a
dominarsi. Si avvicinò ad una porta e la aprì,
pronto ad uscire, ma si trovò davanti un muro. Un muro
solido, che non avrebbe ceduto nemmeno alle sue magie. Tentò
un'altra porta e un'altra e un'altra ancora, fino a provarle tutte, ma
dietro ad ognuna di esse vi era un muro.
Richiuse l'ultima porta con rabbia. Come avrebbe fatto ad uscire?
In quel momento, apparve davanti a lui, inciso sul legno dorato della
suddetta porta, un breve testo che recitava:
Posso
vivere solo dove c'è luce,
Ma muoio se questa splende su di me.
Cosa sono?
Un'indovinello?
Sul serio sono così scontato?, si chiese. Con
un sospiro, rispose «L'ombra», e la serratura
scattò sonoramente. Loki aprì la porta, oltre
alla quale sembrava non esserci nulla, ma il dio avanzò
comunque con sicurezza. Una volta oltre, nell'oscurità prese
forma una figura conosciuta, dalle forme femminili e i tratti gentili.
«Madre!»
Frigga, sorridente, si avvicinò, tendendo una mano verso il
volto del dio «Figlio mio...» disse, scostandogli i
capelli dalla fronte. Poi, fece un paio di passi indietro. Loki
tentò di trattenerla, ma le sue dita sembravano fatte di
fumo sfuggente.
«Ci
sono tre fratelli.
A volte sono brutti, mentre altre
volte sono belli.
Il primo non c'è
perché sta uscendo, il secondo non c'è
perché sta arrivando, c'è solo il terzo che
è il più piccolo dei tre, ma quando manca lui
nessuno degli altri due c'è.
Chi sono?»
«Passato, presente e futuro» disse il dio
automaticamente e quasi se ne pentì: non appena ebbe
pronunciato le parole, Frigga svanì, lasciando al suo posto
un arco in pietra che portava all'esterno. Uscì, e
immediatamente venne investito da un'ondata aria fresca dall'odore
fruttato. La sua attenzione venne poi catturata da una risata che
suonava come una campanella, proveniente da un punto indefinito tra gli
alberi e un'ombra indistinta si mosse.
Poi, una ragazza uscì correndo, avvicinandosi a Loki. Aveva
un vestito color cielo, lungo fino alle caviglie, in stile asgardiano.
I capelli ricci erano ornati da alcune trecce sottili, che si vedevano
a malapena tra le ciocche voluminose.
«Tanto non mi prendi!» ridacchiò,
schioccandogli le dita sul naso dispettosamente e allontanandosi
nuovamente.
«Hermione, ferma!» chiamò, ma la ragazza
continuò a correre. Il dio fece per seguirla, ma poi si
fermò.
No, non è
lei. È solo un'altro scherzo della mia mente.
Con questo pensiero, tutta la vegetazione si trasformò in
roccia e crollò a terra, l'erba rinsecchì e il
terreno si fece duro e impervio.
Loki sbuffò.
«Ma perché?» chiese a sé
stesso «Perché non posso avere una carrozza o
almeno un cavallo?»
Questa volta, però, il paesaggio non subì
cambiamenti di alcun genere.
«Va bene, gambe in spalla» sospirò il
dio, iniziando a camminare.
_ _
_
«C'è qualcosa che non va?» chiese Ron
lanciando un'occhiata a Hermione. I due se ne stavano seduti sul prato
davanti casa, protetti dall'ombra di un ciliegio in fiore «Ti
vedo strana...»
«AH! Questa sì che è nuova, quando mai
ti sei accorto di come sto?» rispose lei. Erano giorni
che lo punzecchiava, tentando di estorcergli una reazione...
una reazione che fosse da Ron! Eppure niente, lui sembrava mantenere la
calma su tutto «Tu e la tua sensibilità da
cucchiaino...» borbottò ancora. Appena arrivata,
spossata dalle torture, aveva in qualche modo accettato quella strana
ma pacifica realtà. Le sembrava di essere entrata in un
piccolo paradiso, ma ora che si era ripresa aveva iniziato a notare
numerosi particolari che non sembravano essere al loro posto. Doveva
capirci di più.
«Ti ho recato offesa in qualche modo? In tal caso ti prego di
perdonarmi.»
«Sì, mettiamoci anche il linguaggio forbito. Ron,
cos'hai tu?
Non ti riconosco!»
«Non comprendo... Ho sempre parlato in questo modo.»
«No, invece.»
Ron la guardò per un momento, e sollevò le spalle
con un sorrisetto «Sarà...» poi le si
avvicinò «Io, comunque, non capisco
perché mi eviti. Siamo sposati, ci amiamo, perché
sei così evasiva?»
«Ma non è vero! Non ci amiamo più, non
siamo sposati! Ci siamo lasciati tanto tempo fa! Perché
continui con questa farsa!»
Il ragazzo ridacchiò e incrociò le braccia, con
l'aria di uno che sta ascoltando le fantasie di una bambina
«E sentiamo, perché mai ci saremmo
lasciati?»
«Lo sai fin troppo bene.»
«Sicuro. Dai smettila con questo scherzo» disse
lui, cercando invano di stringerla in un abbraccio giocoso.
«Ti ho detto che non stiamo insieme!»
«Herm, ma hai la febbre? Stai delirando! Guarda»
disse ancora Ron, prendendo la mano sinistra della ragazza e
avvicinandola alla sua, mettendo in mostra le fedi che entrambi
portavano agli anulari «Vedi? Siamo sposati! Per quanto
riguarda il discorso dell'amore, non so tu, ma io ti amo»
sussurrò, scostandole i capelli con delicatezza dal collo e
avvicinandovi le labbra.
«No!»
strillò lei, allontanandolo con uno spintone.
Ron arretrò con aria persa, sollevando le mani in segno di
resa.
«Ne ho abbastanza di tutto questo! Dove sono? Tu non sei Ron,
questa non è la mia vita!»
«Ma di cosa stai parlando? Stiamo insieme da anni ormai! Abbiamo
casa, figli... puoi vederlo con i tuoi occhi!»
«E come faccio a sapere che non è un
inganno?»
«Non so, vuoi un pizzicotto?» chiese lui,
allungando due dita, che Hermione schiaffeggiò via.
«Levati! Dio, è anche per questo che ti ho
lasciato!»
«Ancora con questa storia...»
«Sì, ancora con questa storia!»
Ron grugnì, spazientito «Allora forza, dammi i
dettagli!»
«Cosa vuoi sapere? Come hai speso tutti i tuoi soldi al
gioco? I soldi che servivano per il nostro matrimonio?»
«Non ho mai fatto niente del genere! Inoltre, se siamo
sposati i soldi evidentemente li avevamo.»
«Smettila con tutte queste cavolate, Ron Weasley. Sei solo un
ragazzino troppo cresciuto, per questo hai speso tutti i soldi. Appena
ne hai avuti un po' per le mani il pensiero di averne di più
ti ha fatto gola ed ecco come siamo finiti.»
«Insieme in una bellissima casa?»
«Sì, che gran villa!» disse Hermione
girandosi ad indicare per un istante la modesta casa, su cui dovette
poi soffermarsi qualche attimo ancora. La casa era effettivamente una
villa molto ampia e ben curata «Ma cosa...?» la
ragazza guardò Ron, continuando ad indicare l'abitazione con
la mano «E quella
da dove sbuca?»
«Cosa?»
«Quella.»
«Quella cosa?»
«La villa, per la barba di Merlino!»
«Ehm... è... sempre stata li.»
«Ma no! È impossibile!»
«Secondo me devi stenderti un po', tutto questo sole deve
averti dato alla testa» disse Ron, alzandosi e incamminandosi
verso casa «Dai che il pranzo è pronto, Hermione
Weasley.»
Hermione sbuffò con nervosismo all'udire quel nome. In che
covo di matti era mai finita? O forse era diventata matta lei?
«Forza, si fredda!» esclamò Ron,
prendendola in braccio da dietro.
Ma da dove è
passato?, si chiese la ragazza, arrendendosi alle
smancerie del “marito”.
Quando finirà?
|
Ritorna all'indice
Capitolo 2 *** La Krivapeta ***
Capitolo
2: La
Krivapeta
Loki camminava da un
lasso di tempo impreciso, un giorno? O forse due? Era difficile dirlo.
Il dio non si sentiva stanco in alcun modo, ma faticava ad avanzare
nell'oscurità che lo circondava. Inizialmente pensava che
fosse arrivata la notte, ma alzando la testa e puntando gli occhi al
cielo, si era trovato davanti ad un sole nero.
Più
avanzava, più le rocce ai lati dell'ampio sentiero andavano
ingrandendosi, fino a diventare montagne. Dopodiché la via
iniziò a restringersi, tanto che a tratti il dio era
costretto a camminare mettendosi di profilo. Le pietre gli procurarono
diversi tagli sul viso e sugli abiti, ma Loki non poteva far altro che
continuare l'impervia traversata. Improvvisamente, dopo un punto
particolarmente stretto, la strada si apriva su uno spiazzo coperto da
un tetto di roccia. Solo pochi raggi di fievole luce penetravano
nell'ambiente, perciò Loki sollevò la mano,
schiudendo le dita. Dal palmo sprizzarono numerose fiammelle bianche,
che si posizionarono velocemente lungo le pareti, illuminando le pareti
rocciose. Il dio si guardò intorno per un attimo, cercando
una via di uscita, ma anche il sottile passaggio da cui era entrato
sembrava essere sparito.
«Ottimo»
sibilò tra i denti. Poi uno scintillio catturò la
sua attenzione.
Tentò
di avvicinarsi, ma non trovò niente di interessante se non
un altro inutile cumulo di pietre. Sbuffando, si girò e
immediatamente fece un salto indietro, rischiando di scivolare
rovinosamente a terra. Una vecchia dall'aria fragile stava a pochi
passi da lui. I capelli verdi che le ricadevano sulle spalle e i piedi
orribilmente al contrario, con le dita al posto dei talloni e
viceversa, lo rendevano restio a fidarsene. La strega, riconobbe Loki,
era una Krivapeta, un'essere popolare nella cultura della terra che su
Midgard chiamano Slovenia. Essendo creature sia benevole che maligne,
il dio non aveva idea di cosa sarebbe potuto succedere.
La Krivapeta
allungò le mani nodose, porgendo a Loki un lucido scrigno di
metallo. Il dio passò lo sguardo più volte dalla
scatola alla vecchia, che continuava a fissarlo con occhi vuoti. Poi,
prese l'oggetto cautamente con entrambe le mani. Tentò di
aprirlo, di cercare una serratura, ma non trovò nulla.
«Cosa
dovrei farci?» chiese, ma non ebbe il tempo di alzare gli
occhi, che la vecchia lo spintonò. Il muro dietro di lui era
svanito, e si sentì cadere verso il basso. L'aria salmastra
sferzava tra i suoi capelli, facendo svolazzare rumorosamente anche i
lembi dei suoi abiti. Loki girò la testa per guardare in
basso, e vide solo una distesa d'acqua che si avvicinava ad una
velocità vertiginosa. L'impatto gli tolse il fiato per un
momento, ma cercò in tutti i modi di non lasciare la presa
dallo scrigno. Quando riemerse, trovò a poche bracciate da
sé una riva. Uscì dall'acqua completamente
asciutto e si sedette sulla sabbia, la scatola poggiata sulle ginocchia.
«Va
bene, come apro questo aggeggio?»
Loki
sospirò e scosse l'oggetto. Qualcosa di piccolo e duro
sbattè contro le pareti della scatola, facendola risuonare.
Il dio aggrottò le sopracciglia e rigirò lo
scrigno tra le mani un paio di volte, osservandolo con maggiore
attenzione. Stavolta notò su un lato un leggerissimo
bassorilievo raffigurante un drago piuttosto stilizzato con,
avviluppata nella sua coda, quella che sembrava essere una spada. Al di
sotto del drago si apriva, orizzontalmente, una fenditura lunga e
sottile, su cui Loki passò delicatamente le dita. Intanto la
marea si stava alzando inesorabile e presto inghiottì
l'ignaro dio, trascinandolo via con sé.
Quando il
vorticoso viaggio fu terminato, Loki atterrò su un terreno
duro e freddo. Stavolta grondava di acqua, e si alzò
scostandosi i capelli gocciolanti dalla fronte. Con un veloce sguardo
capì di essere atterrato sul tesoro del drago
Fáfnir, che riposava qualche metro più in la,
mezzo coperto dall'oro. Loki percorse il suo corpo squamoso con lo
sguardo e notò che, come nell'illustrazione, anche il vero
drago aveva la coda nera avvinghiata attorno ad una spada di notevoli
dimensioni.
Bene, immagino
che quella mi serva, pensò il dio. Ora, come faccio a
prenderla senza che il lucertolone se ne accorga?
Il dio
pensò di fondere un po' dell'oro che lo circondava in
un'altra spada da sostituire, ma i draghi sono schizzinosi: avrebbe
sicuramente sentito la differenza.
Quindi,
attaccarlo frontalmente? No, sarebbe stato un suicidio. Avrebbe sempre
potuto tagliargli la coda. Distratto dal dolore avrebbe perso tempo e
Loki avrebbe potuto afferrare la spada e scappare. Ma scappare dove? Si
sarebbe potuta aprire una via d'uscita, o forse no. Impossibile fare
previsioni.
Il dio decise
che per iniziare si sarebbe potuto avvicinare alla lama. Con un rapido
gesto, fece sì che una parte dell'oro si impilasse a formare
una scala. Loki si arrampicò silenziosamente
finché non si trovò la punta della spada davanti.
E ora? Il drago stringeva l'elsa come se ne dipendesse della sua vita,
quindi sfilarla sarebbe stato impensabile. Il dio osservò
ancora la lama, poi passò lo sguardo sullo scrigno che aveva
ancora in mano e un'idea gli balenò in testa.
Girò la scatola sottosopra e fece scorrere la lama nella
fessura. Sembrava entrare senza problemi, tanto che poco dopo un sonoro
clack risuonò nell'ambiente.
Loki
sbuffò soddisfatto e avvicinò lo scrigno al
petto. Sollevò il coperchio e trovò al suo
interno un oggetto rotondo con un ago che ruotava freneticamente al suo
interno. Una... bussola? Questo mondo si forma assecondando la mia
mente, a cosa mi servirebbe mai una bussola?
Girandola,
vide che c'era incisa una scritta, ma non fece in tempo a leggerla che
sentì un alito caldo dietro di lui. Il dio si
girò per trovarsi davanti un Fáfnir piuttosto
scocciato.
«Ops.»
Il drago
grugnì, facendo uscire del fumo scuro dalle narici.
«Giuro
di non aver preso nulla» disse il dio, riponendo furtivamente
la bussola in una tasca del suo abito.
La creatura
strinse gli occhi «Sparisci, nullità.»
«Ma
come osi?»
L'essere
singhiozzò sardonicamente «Posso fare di te uno
spezzatino di carne quando voglio.»
«Non
credo proprio» rispose Loki. Lanciò lo scrigno
verso il drago, che non si prese nemmeno la briga di scostarsi, seguito
da un inaspettato incantesimo. La creatura, ritrovandosi
improvvisamente ceca, iniziò a dimenarsi. Loki, con un
salto, si aggrappò alla coda del drago. Non appena
riuscì a mettersi a cavalcioni, lanciò un altro
incantesimo offensivo che fece mollare la presa alla creatura. Il dio
afferrò la spada e corse a nascondersi.
«È
inutile che scappi» tuonò il drago
«Prima o poi sarai mio.»
Loki
cercò di contenere il respiro pesante. Dopo aver lanciato
un'occhiata a terra, raccolse una moneta e la lanciò non
troppo lontano dal suo nascondiglio. Immediatamente una gettata di
fuoco investì il punto dove l'oggetto aveva toccato terra,
riducendo parte del tesoro in una poltiglia incandescente. La creatura
si avvicinò poi lentamente, sdrucciolando appena sugli ori.
Quando fu vicino abbastanza, Loki lasciò ricadere la spada
sul collo del drago con un urlo, mozzandogli la testa di netto.
Il dio rimase
per qualche minuto immobile, impugnando la spada gocciolante di sangue
nero con entrambe le mani. Poi, prese un respiro profondo, raccolse da
terra un fodero che sembrava essere perfetto per la lama e lo
indossò. Quando rialzò la testa, dopo aver pulito
e rinfoderato la spada, il tesoro era scomparso.
|
Ritorna all'indice
Capitolo 3 *** Mostro ***
Capitolo
3: Mostro
La strada sembrava non
terminare mai, oltre il ciglio sembrava esserci il nulla,
perciò Loki non si azzardava ad uscire dal disegno della
via. Ma
perché queste prove? Si chiedeva, La mia mente non è
forse potente abbastanza? O forse mi sto testando da solo? Ancora non
capisco il motivo però... forse... no, non credo...
Il dio sospirò e alzò la testa. Si
fermò e si guardò intorno per un momento. Non
c'era assolutamente niente oltre a se stesso e alla strada polverosa,
che terminava perennemente un braccio davanti a lui, come se stesse
camminando sempre nello stesso punto senza spostarsi mai.
«Ora basta!»
Così, mise un piede nel nulla. Dalla suola della sua scarpa
si accese una debole luce, poi un bagliore forte e diffuso. Quando gli
occhi del dio si furono abituati, il suo sguardo si posò
veloce sulle alte mura di mattoni. Che
posto è questo?
Loki si avvicinò alla ricerca un'entrata.
«Hey, tu laggiù!» chiamò una
voce femminile. Il dio si girò, e vide Hermione venirgli
incontro. Appena la ragazza vide il suo volto, si fermò
«Loki? Oddio non ci posso credere!»
Loki stirò un breve e silenzioso sorriso, incapace di
pronunciare la domanda che premeva sulle sue labbra.
La ragazza fu scossa da un singhiozzo e iniziò a correre
nella sua direzione. Il dio sgranò gli occhi e
aprì le braccia per accoglierla. È reale, è
lei!, ma Hermione gli passò attraverso,
impalpabile. Loki si girò, seguendola con lo sguardo, le sue
spalle crollarono quasi impercettibilmente. Pochi metri dopo, la
ragazza si stava gettando tra le braccia di un altro Loki, che la prese
per mano e se la trascinò dietro in una corsa frenetica,
girando l'angolo, fuori dalla visuale del vero dio. Loki
sospirò velocemente e rumorosamente. Diede un'ultima
occhiata al muro davanti al quale si trovava, per poi incamminarsi
nella direzione in cui erano scappati i due fantasmi. Tanto vale, non so dove altro
andare.
Il dio si limitò a sollevare le sopracciglia quando, girato
anche lui l'angolo, si trovò di fronte a un muro con dei
mattoni crollati nel centro che formavano un'apertura. Con un salto fu
dall'altro lato, trovandosi davanti... un'altro muro.
Wow, mi piace questo
paesaggio. Molto vario e di gusto.
Le possibilità erano di andare a destra o a sinistra, nessun
pro, nessun contro. Quindi?
Sentì la risata di Hermione provenire dalla sua sinistra,
perciò imboccò quella strada. Non era un criterio
di scelta valido, ma almeno se si fosse perso avrebbe potuto dare la
colpa a qualcuno. Dopo qualche minuto di cammino, il dio si
trovò a un bivio. Stavolta scelse completamente a caso.
Svoltò ancora qualche angolo, per poi trovarsi all'incrocio
di quattro vie. Ma dove
diamine mi trovo? Si chiese, girando su se stesso per
osservare le strade. Una di esse era evidentemente un vicolo cieco, ma
il muro al suo termine era più basso rispetto agli altri,
con numerosi mattoni sporgenti e altri infossati. Loki quindi vi si
avvicinò e vi si arrampicò.
Una volta in cima, rimase senza fiato. Che guardasse davanti, ai lati,
o dietro di sé, il panorama era sempre lo stesso: un
interminabile (letteralmente) labirinto di mattoni. Era impossibile
persino vederne l'uscita, o la delimitazione. Improvvisamente, il muro
su cui se ne stava il dio iniziò a traballare e, prima che
lui riuscisse a fare nulla, crollò.
«Ouch» si lamentò il dio, senza
particolare enfasi nella voce, rimettendosi in piedi. Pulendosi i
pantaloni dalla polvere con le mani, Loki notò che la
bussola che aveva trovato era scivolata a terra. Accovacciandosi, la
prese tra le mani. Osservò l'ago, che ora girava
più lentamente; poi, si ricordò di un dettaglio
che non aveva potuto analizzare prima e girò la bussola. Sul
retro, inciso in oro con caratteri pomposi, l'oggetto recitava:
Tesserò la
via per la fortezza
Se vincerai te stesso
Loki rilesse la frase un paio di volte, aggrottando le sopracciglia e
respirando piano. Rigirò l'oggetto un'altra volta, per
scoprire che l'ago aveva cessato la sua frenetica danza. Ora, puntava
insistentemente verso la destra del dio, che sollevò la
testa e seguì la direzione indicata con gli occhi.
Non gli ci volle molto per prendere una decisione, d'altronde non aveva
altra scelta. Si rialzò e iniziò a seguire al
meglio le indicazioni della bussola, i passi scanditi dal ricadere
della spada sulla coscia del dio. Addentrandosi tra i cunicoli del
labirinto, Loki perse nuovamente il senso del tempo, mentre la
stanchezza iniziava a farsi sentire. Presto il dio si trovò
costretto ad avazare poggiandosi al muro.
«Non posso fermarmi» si ripeteva, ma la forza nelle
gambe continuava a venirgli mano, e la vista iniziava ad annebbiarsi.
Riuscì a svoltare solo un altro paio di angoli prima di
accasciarsi a terra, svenuto.
Riprese i sensi quando toccò terra, ma riuscì ad
aprire gli occhi solo qualche minuto più tardi. Mettendosi a
sedere, catturò il lampo di un lembo di tessuto rosso che
spariva veloce dietro a un muro lontano.
«Chi è la?» urlò, ma non ci
fu alcuna risposta. Il dio si mise in piedi a fatica, per poi lasciarsi
ricadere sulla parete alla sua sinistra, fissando un punto lontano.
Loki respirò a fondo un paio di volte. Poi, quando si
sentì stabile, si raddrizzò e riprese a
camminare. Dopo un paio di passi, però, si rese conto che
mancava qualcosa: la bussola era sparita. Non l'aveva in mano e non era
nemmeno nelle tasche. Tornò indietro al punto dove aveva
ripreso i sensi, ma nemmeno lì trovò nulla.
Inoltre, l'ambiente sembrava essere diverso, nonostante Loki fosse
più che sicuro di aver ripercorso esattamente la stessa
strada. Dopotutto aveva fatto solo pochi passi, non era così
difficile. Mentre continuava a frugare nei dintorni, arrivando anche a
scavare la terra in certi punti per la disperazione, sentì
qualcuno sobbalzare con un gemito alle sue spalle. Il dio si
limitò a lanciare un'occhiata infastidita oltre la sua
spalla, e i suoi occhi si posarono su un'Hermione dall'aria stupita.
«Sei tu?» chiese piano Loki, girandosi appena. Gli
occhi della ragazza si fecero più grandi e, quando lui si
alzò in piedi, Hermione lanciò un gridolino
spaventato, portandosi contemporaneamente le mani alla bocca con un
gesto rapido.
«Che succede?» chiese il dio, guardandosi intorno
velocemente «Hai visto qualcosa?»
Quando il suo sguardo tornò sulla ragazza, un indice
accusatore puntava contro di lui. Loki inclinò il capo,
confuso, e fece un passo verso Hermione. Non appena accennò
ad avvicinarsi, però, la ragazza iniziò a correre
nella direzione opposta.
«Mostro!» urlava, finché la sua voce non
si perse nell'oscurità del labirinto. Di certo non seguirò
lei, pensò Loki, aggrottando le sopracciglia
mentre l'accusa risuonava, crudele, nella sua testa.
Pian piano, il dio venne sopraffatto da un improvviso senso di
claustrofobia, come se le pareti gli si stessero rimpicciolendo
attorno. Si girò verso uno dei muri per controllare, e vide
che ogni mattone era stato rimpiazzato da uno specchio. Nel riflesso
non c'era Loki, ma un gigante di ghiaccio.
Un mostro.
Loki iniziò a guardarsi intorno freneticamente mentre il suo
respiro si faceva più veloce e pesante, cercando una via di
fuga da quelle pareti, cercando una via di fuga da quel riflesso.
Con un rumore sordo, i muri si ritirarono lentamente nel terreno mentre
dei fiocchi di neve iniziavano a posarsi leggeri sui capelli del dio.
Loki, che fino a quel momento aveva tenuto lo sguardo basso e le dita a
schermargli il viso, alzò la testa per trovarsi davanti
un'immensa distesa bianca. La neve stava crollando piano verso di lui,
oltre i limiti delle pareti, che ormai erano sparite. Tra il cielo
color latte e le imponenti montagne di ghiaccio, il dio notò
un movimento non molto lontano da lui. Si avvicinò con passi
cauti, cercando non tanto di non farsi sentire (la bufera causava un
continuo boato che rendeva quasi impossibile sentire qualsiasi altra
cosa), quanto di non farsi vedere. Il freddo non era di certo un
problema.
Quando fu abbastanza vicino, riuscì a distinguere un
mantello avviluppato attorno ad una ricca armatura. L'uomo che ne era
vestito si raddrizzò e il voluminoso tessuto venne
catapultato in aria da una violenta folata di vento, scoprendo un viso
senza un occhio e un neonato dalla pelle blu e gli occhi rossi. Quando
il personaggio strinse il bambino tra le sue braccia, questo assunse un
colorito roseo e nelle iridi esplose il colore del mare.
Loki strinse i denti e affondò le mani nella distesa bianca.
Con un urlo di rabbia, il dio liberò le braccia, facendo
sollevare manciate di neve.
«Non farmi questo!» strillò.
La bufera si inasprì per un breve momento, rendendo
impossibile vedere qualcosa oltre il proprio naso.
Quando gli occhi del dio non furono più cechi, il bambino
era ancora lì, tra le braccia non di un uomo, ma di un
gigante di ghiaccio.
Loki espirò piano «Laufey...»
Il gigante guardò nella direzione del dio con un sorriso
feroce. Poi si alzò per allontanarsi, e Loki lo
seguì.
Muovendosi tra la neve e scrutando il paesaggio, il dio non poteva far
altro che chiedersi come i giganti riuscissero a non perdersi tra
quell'infinito ripetersi di soffici colline bianche, quando Laufey
sparì dietro ad un ghiacciaio. Loki lo seguì e
trovò il gigante fermo ad aspettarlo qualche passo
più avanti. Il bambino non c'era più.
Laufey stese un braccio verso il dio, che lo guardò
interdetto.
«Vieni, figlio» disse, indicando l'altezzoso
palazzo di ghiaccio che si stagliava davanti ai loro occhi. Ma Loki non
aveva occhi che per lui.
«Io non sono tuo figlio. Non sono figlio di nessuno. Tu mi
hai abbandonato e per Odino ero solo uno strumento. Nessuno di voi ha
diritti di alcun genere su di me.»
Laufey non reagì alle parole del dio, si limitò
piuttosto a far ricadere le braccia lungo i fianchi e, dopo aver
bisbigliato «Nasconditi» sparì nella
bufera.
Loki continuò a fissare il punto in cui il gigante si
trovava poco prima, non sapendo esattamente cosa fare.
Poi un boato diverso da quello della bufera rempì l'aria,
seguito da un vortice di luce. Delle figure vennero scaraventate nella
neve e il dio si accovacciò per osservarli e capire chi
fossero.
Thor avanzò, seguito dalla sua compagnia di guerrieri e
un'ombra che non riusciva a distinguere.
Loki si sollevò un poco «Fratello, sono
qui!» urlò, alzando un braccio, ma il rumore del
vento copriva la sua voce. Fece per avvicinarsi, ma subito si
fermò quando vide Laufey uscire dal palazzo di ghiaccio,
indossando un'espressione feroce. Thor e il gigante parlarono
brevemente, poi il dio del tuono si girò come per andarsene,
ma dopo pochi passi si fermò. Con un solo, fluido gesto
lanciò Mjolnir contro Laufey stesso, dando il via ad una
battaglia.
|
Ritorna all'indice
Capitolo 4 *** Conosci te stesso? ***
Capitolo
4: Conosci te stesso?
Loki non si mosse. Non
avrebbe di certo combattuto per il gigante, anche perché non
ci avrebbe guadagnato nulla, e se quello zuccone di Thor aveva deciso
di andarsi a cercare altre brighe con i giganti di ghiaccio di sicuro
non era colpa o problema suo. Il dio si sedette su un mucchio di neve,
portando il busto in avanti e puntellando i gomiti sulle cosce. Non si
preoccupò di nascondersi: in quel caos dubitava che qualcuno
avrebbe notato la sua presenza.
Osservò i tre guerrieri combattere abilmente e suo fratello
far volteggiare il martello tra i nemici con una spocchiosa aria
vincente stampata in faccia. Loki dovette trattenersi dal tirargli una
palla di neve in faccia, giusto per smontarlo un po'. Un'urlo
richamò la sua attenzione e i suoi occhi corsero veloci
verso Fandral, che era stato trapassato da grandi spuntoni di ghiaccio.
I compagni accorsero veloci ad aiutarlo.
Loki aggrottò la fronte. C'era qualcosa di strano in quella
lotta, come se l'avesse già vista. No, come se l'avesse
già vissuta.
Facendo scorrere lo sguardo sull'ammasso di corpi, ritrovò
l'ombra che aveva notato precedentemente. Ora, però,
sembrava essere più definita, sembrava assomigliare a... a
lui? Sì, non c'era dubbio, un'altro Loki si trovava sul
campo di battaglia al fianco di Thor. Quel Loki era giovane, ignaro, e
il dio volle avvicinarglisi. Passò tra i combattenti indenne
e quando il giovane si accorse di lui immediatamente lo
attaccò, lanciandosi con una lama verso l'addome di Loki. Il
dio deviò le pugnalate un paio di volte, prima di riuscire a
bloccare le braccia del vecchio sé. Nella foga, ruppe uno
dei bracciali di metallo che proteggevano i polsi del ragazzo, il quale
cercò immediatamente di liberarsi. Il contatto tra i due
ebbe una sola conseguenza, e Loki capì.
Ricordava ancora il momento in cui, tempo prima, quel gigante di
ghiaccio l'aveva toccato. Inizialmente aveva avuto paura: sapeva che un
solo tocco di quei mostri avrebbe potuto ferirlo gravemente, se non
fargli perdere l'intero braccio, perciò aveva avuto
l'impulso di ritrarsi. Non c'era voluto molto però
perchè si rendesse conto che quel tocco tutto era
fuorchè doloroso, e la curiosità aveva preso il
sopravvento. Era sempre stato curioso, sin da quando era un bambino, e
quella volta non fu diverso. Era desideroso di sapere perchè
proprio lui fosse immune quel glaciale tocco, quando i più
ammirati guerrieri ne perivano. Per un attimo si era sentito perfino
speciale. Povero ingenuo.
Era stato allora che la sua pelle aveva cominciato a diventare blu. Oh,
aveva provato a convincersi che altro non fosse che il risultato del
freddo tocco del gigante, ma quel colore, quel maledetto colore
l'avrebbe riconosciuto ovunque. Non fu solo la vista a dirgli
ciò che Odino mai aveva avuto il coraggio di confessare.
Insieme alla sua pelle, anche qualcosa nel suo cuore era mutato a quel
tocco. Era diventato più freddo, quasi stretto in una morsa
di crudele ghiaccio, e allora, sì, allora aveva capito.
Aveva guardato negli occhi il gigante di ghiaccio, proprio come ora il
vecchio sè stava guardando lui, e vi aveva visto se stesso.
Un mostro.
Osservò i suoi stessi occhi riempirsi di una feroce rabbia,
mentre gli scagliava con forza brutale la spada contro il petto.
Ricordava di aver pensato che forse, solo forse, se avesse ucciso quel
gigante, tutto sarebbe passato. Se solo l'avesse ucciso, allora sarebbe
stato chiaro che nulla vi era in comune tra loro. Perchè
alla fine, quanto aveva visto non poteva essere reale. Non poteva, non
poteva, non poteva...
Odino, suo padre, lui... lui non gli avrebbe mai mentito per tutto quel
tempo.
«Fermati, Loki!» esclamò il Loki del
presente, sperando di riuscire a farsi ragionare. Conoscendosi, sapeva
bene che non sarebbe stata impresa semplice, sopratutto in quel
momento. Era talmente spaventato dall'idea di essere uno di quei mostri
di ghiaccio, che da allora aveva cominciato a trasformarsi in un mostro
a sua volta, uno di quelli veri però. Solo ora vedeva con
chiarezza quanto aveva avuto torto, quanto poco avesse pensato a
ciò che stava facendo. Lui, Loki, che aveva sempre
utilizzato con fierezza la sua intelligenza, che si era sempre sentito
intellettualmente superiore a tutti i suoi fratelli asgardiani, era
caduto preda di una cieca furia e aveva mandato all'aria tutto
ciò per cui aveva così duramente lavorato. La
gelosia per suo fratello non era stata niente confronto alla pura
disperazione e terrore provocati dall'idea di essere uno di quegli
abominii, e già solo quella era bastata a fargli creare
piani nati solo e unicamente dal suo desiderio di potere. Ora vedeva
con chiarezza come quel desiderio nulla fosse che polvere, polvere che
gli aveva offuscato la vista al punto da portarlo alla follia.
Eppure, se solo avesse potuto, nulla avrebbe cambiato di quanto aveva
compiuto. Non un solo attimo, non una sola azione, perchè
tutto quell'orrore era stato ciò che l'aveva portato dov'era
ora. Proprio come una fenice che rinasce dalle sue ceneri, anche lui
era rinato dai suoi errori, e tutto grazie ad una piccola,
insignificante mortale. Una mortale che per lui era tutto, e che ora
gli dava un vero motivo per lottare. Non era più la furia a
spingerlo, nè la paura, o la gelosia. Solo un nome.
Hermione.
«Fermati!» ripetè, e questa volta
riuscì a fermare la lama del giovane Loki, bloccandogli le
braccia a mezz'aria «Tu devi ascoltarmi.»
«Non voglio sentire nulla da te, mostro. Le tue parole sono
veleno.»
«Lo sono? O è forse che la verità
brucia le tue carni più del ghiaccio che ricopre questo
luogo? Loki, figlio di Laufey, temi forse di essere tu uno dei mostri
che tanto detesti?»
Il giovane Loki lanciò un urlo rabbioso, abbassando il
pugnale e mirando alla gola di Loki. Questo schivò,
avvicinandosi poi al suo sè tanto da bloccargli l'arma
dietro la schiena.
«Io sono Loki,
figlio di Odino, principe di Asgard!»
urlò l'altro. Loki provò pena per il suo
sè del passato, sapendo bene quanto dolore gli avrebbero
provocato quelle parole da quel momento in poi.
«Il nome di tuo padre non è ciò che ti
rende te stesso, Loki, le tue azioni lo sono. Non puoi combattere i
mostri diventando ancora più mostruoso di loro, questa
è una lezione che imparerai nel più duro dei
modi: perdendo tutti coloro che amavi e che ti amavano. E una volta
perso l'amore, nulla ha più significato. Ogni tua azione
diventa puro frutto della disperazione, e nulla può essere
vinto quando la tua mente nulla segue se non il desiderio di essere
amato di nuovo. Imparerai che l'amore non può essere
imposto, e la paura sarà dunque la tua arma. Ma essa
è fragile, poichè tutti possono controllare la
paura, ma nessuno può controllare l'amore.
So che desideri essere amato da tuo padre, so che desideri che tutti ad
Asgard vedano qual'è davvero il tuo valore, ma tutto
ciò che farai sarà portare morte e distruzione, e
il tuo nome diventerà sinonimo di mostro non a causa della
tua natura, ma a causa delle tue azioni, e solo allora conoscerai il
vero significato di tale parola.»
Il giovane rimase immobile e Loki fece una pausa piena di inqietudine,
sentendo il petto dell'altro sobbalzare brevemente sotto le sue
braccia. Poi, il vecchio Loki iniziò a ripiegarsi su se
stesso come un manichino senza vita e il dio si ritrovò
sbilanciato in avanti per un momento, prima di lasciare la presa e fare
un passo indietro. Per un pelo evitò Mjolnir, che
tornò veloce alla mano del suo proprietario. Thor
urlò il nome del fratello, occhieggiando incredulo il corpo
adagiato tra la neve. Immediatamente si avventò sul dio
«Avrò
il tuo ultimo respiro!»
Loki espirò, bloccando e facendo allontanare Mjolnir con un
incantesimo.
«Ma cosa...»
«Spiacente, fratello, qui sono io che detto le
regole.»
Thor iniziò a tirare una raffica di pugni, che il dio
schivò prontamente. Poi, mentre l'altro preparava l'ennesimo
pugno, Loki si accovacciò con l'intenzione di far perdere
l'equilibrio al suo avversario grazie alla forza dell'attacco. Quando,
come pianificato, il dio del tuono ebbe la faccia piantata nella neve,
Loki gli si avvicinò «Fossimo in altre
circostanze, tutto questo sarebbe anche divertente.»
Mentre Thor cercava di rialzarsi, il dio notò uno scintillio
accanto alla cintura e con una pedata fece ricadere il fratello a terra.
«Aspetta, aspetta, cos'hai qui? Una bussola... la mia bussola! Allora
sei stato tu! Sei sempre il solito zuccone, Thor.»
Ma quando Loki rialzò lo sguardo dall'oggetto, Thor non
c'era più. Lui, i guerrieri, il corpo del vecchio
sé, gli altri giganti, tutti spariti. Loki era di nuovo nel
labirinto.
Il dio lanciò un grido di frustrazione. Iniziava ad averne
abbastanza di quelle mura. Sentendo uno strano rumore provenire dalla
sua mano, Loki riportò la sua attenzione sulla bussola.
L'ago puntava sicuro verso nord. Il dio sollevò gli occhi, e
vide il cielo farsi più chiaro a distanza di qualche metro.
Possibile che fosse arrivato all'uscita? Iniziò a correre
per i cunicoli, cercando di mantenere la direzione il più
possibile. Un angolo, poi un altro e un altro ancora, mentre il terreno
su cui poggiava i piedi veniva rischiarato sempre più dalla
luce del sole. Quando arrivò all'uscita, dovette fermarsi
per un momento. Cercò di scrutare fuori, capire cosa lo
aspettava fuori da quelle mura, ma, in qualche modo, non riusciva a
distinguere nulla. Perciò prese un respiro e, facendosi
coraggio, uscì finalmente dal labirinto.
Una forte luce lo investì, tanto che il dio fu costretto a
fermarsi ancora dopo pochi passi e ripararsi gli occhi lacrimanti per
un attimo.
«Loki?»
La voce di Hermione gli risuonò nelle orecchie e lui
abbassò le mani per capire da dove provenisse.
Trovò la ragazza seduta sotto all'ombra di un albero, con un
libro aperto sulle ginocchia e sorrise. Nonostante fosse solo un'altra
illusione, il dio si fece abbracciare per un po' dallo sguardo
incredulo della ragazza, ma sapeva di dover continuare il suo cammino.
|
Ritorna all'indice
Capitolo 5 *** Incontri ***
Capitolo
5: Incontri
«Loki?» chiamò Hermione, la bocca aperta
dallo stupore. Stava leggendo un interessantissimo Trattato sui Diritti
degli Elfi per cercare di sottrarsi alle appiccicose grinfie di Ron,
quando di punto in bianco aveva sentito dei passi sull'erba. Aveva
alzato la testa scocciata, ma le parole dure che aveva pronte sulle
labbra per il "marito" erano scivolate via.
Loki posò gli occhi su di lei, squadrandola come se fosse
un'estranea. Il suo sguardo si addolcì per un momento, prima
che si muovesse di nuovo, intenzionato ad allontanarsi.
Hermione chiuse il libro di scatto, e si alzò in piedi,
muovendo qualche passo verso di lui. Il dio si fermò,
guardandola ansioso. La ragazza avrebbe voluto avvicinarsi,
abbracciarlo, farsi confortare... O forse sarebbe dovuta essere lei a
confortarlo, vista l'aria scossa che aveva. Però
quell'atteggiamento scostante le era estraneo e preferì non
arrischiarsi. Dopotutto anche Ron era così strano, cosa le
poteva assicurare che anche per Loki non fosse lo stesso?
Quando Hermione aprì la bocca per parlare, sulla faccia del
dio si stampò un'espressione di angosciosa aspettativa, che
la ragazza non comprese, dato che tutto ciò che chiese fu
«Sei tu?»
Loki fece scorrere gli occhi sulle proprie mani e braccia velocemente,
poi risollevò lo sguardo, annuendo piano. La ragazza
trattenne il respiro per un momento, poi, più decisa, gli si
avvicinò di un passo «Cosa è
successo?»
Il dio osservò Hermione con aria indecisa. Sembrava essere
impaziente di allontanarsi, ma un pensiero illeggibile che nasceva
dalla fronte aggrottata sembrava impedirglielo.
«Non ricordi?» chiese quindi.
«Ricordo gli Antichi e ricordo che uno di loro mi ha
trascinata in quello che immagino fosse un portale, ma poi ho perso
coscienza e mi sono risvegliata qui...»
Loki la guardò incuriosito «E cosa hai
trovato?»
«Un marito e due figli, a quanto pare» rispose lei,
storcendo la bocca.
«Herm, eccoti!» chiamò Ron, sorridendo
«Sempre questo vizio di giocare a nascondino, eh? Chi
è il tuo amico?» chiese, facendosi più
serio
Hermione sospirò pesantemente. Non avrebbe saputo dire se
era solo la sua immaginazione, ma con il passare dei giorni Ron aveva
perso tutto il fascino che aveva mostrato al suo arrivo. Piano piano
sembrava essere diventato anche peggio di come lei lo ricordasse, ed
era diventato anche più petulante, se mai possibile.
Loki lanciò un'occhiata, accompagnata da una domanda
silenziosa, ad Hermione, che annuì. Il dio si
stampò un sorriso sardonico sulla faccia «Loki di
Asgard, sono un... compagno di viaggio di Hermione, mettiamola
così» disse, facendo un leggero inchino
«Piacere di conoscerti.»
Ron scoppiò in una risata sgraziata, che fece arricciare il
naso ad Hermione e sobbalzare il dio.
«Piacere mio, credo. Hermione, non avevamo da fare
adesso?» disse il ragazzo, sollevando le sopracciglia per
segnalare qualcosa alla ragazza, che non se ne curò e
rispose «Io no, tu sì. Devi andare a prendere Hugo
e Rose, ricordi?»
Ron si fece impettito «Oh. Non vuoi venire con me?»
«Veramente no. A dopo!» rispose Hermione, chiudendo
la conversazione.
Il ragazzo lanciò uno sguardo di fuoco al dio, ma fu
costretto ad allontanarsi.
«Vuoi entrare in casa?» chiese lei, rivolgendosi a
Loki, che annuì «Grazie, ho camminato
molto.»
Hermione fece accomodare il dio sul sofà che troneggiava
nell'ampio salone e gli si sedette accanto, incrociando le gambe.
«Ti è caduto qualcosa» disse,
raccogliendo un oggetto da terra.
«Oh, la mia bussola»
Hermione la studiò per un momento. Era proprio un
bell'oggetto, dorata, con complicati ghirigori che incorniciavano una
scritta sul retro «Che vuol dire?» chiese la
ragazza indicandola, e Loki scrollò le spalle
«Ancora non l'ho capito»
Hermione fece vagare pigramente gli occhi su di lui, per poi spostare
lo sguardo nuovamente sulla bussola «Credo sia rotta,
però. Punta verso di me, ma il nord è da questa
parte» disse, allungando un braccio verso la sua destra. Poi
si alzò in piedi e girò lentamente su se stessa,
tenendo gli occhi sull'ago «Sì, è
bloccata così» annunciò, sedendosi di
nuovo e riconsegnando la bussola alle mani di Loki.
«Sicura?»
«Ho fatto la prova per questo, ancora non sono impazzita al
punto di mettermi a fare piroette a caso.»
Loki ridacchiò e provò a ruotare la bussola
tenendola poggiata sul palmo della mano «Hai ragione, punta
sempre dalla stessa parte» disse, spostando gli occhi su
Hermione.
«Visto?, che ti avevo detto?» ripose la ragazza,
incrociando lo sguardo del dio, che non disse nulla, ma
continuò a fissarla in silenzio. Poi, un lampo
attraversò i suoi occhi.
«Tutto bene?»
«Sì, scusa, stavo pensando... uhm... mah, nulla di
importante.»
Hermione lo guardò confusa, ma dato che non sapeva quando
Ron sarebbe stato di ritorno, decise di passare a domande
più importanti.
«Quindi, dove siamo di preciso?»
«Ti ricordi quando ti avevo parlato dell'Albero Cosmico, che
funge da portale tra i mondi?» chiese Loki, riponendo la
bussola in tasca.
Hermione annuì.
«Ebbene, siamo finiti su Ønskenheimr, il regno
delle illusioni. La sua particolarità è che
realtà in cui vivi si costruisce attorno alla tua mente,
alla tua coscienza, ai tuoi pensieri, alle tue emozioni, parole,
desideri... non è un mondo particolarmente semplice,
insomma. Ad esempio, se io adesso pensassi... vediamo se mi riesce, non
è facile controllare la propria mente, ma magari per cose
minori come queste... ecco qui!»
«Cosa?» chiese la ragazza, quando una goccia
d'acqua si abbattè sul suo viso, seguita da un'altra e
un'altra ancora, finché un temporale si scatenò
all'interno della stanza. Guardando fuori dalla finestra,
però, il sole splendeva ancora.
Hermione guardò stupita il dio, che ridacchiava soddisfatto,
passandosi una mano tra i capelli fradici.
«Okay, okay, ho capito, basta così!»
disse la ragazza, passandosi una mano sugli occhi.
«Basta cosa?» chiese Loki. Quando Hermione
allontanò la mano, non pioveva più. In
realtà, era come se non fosse mai piovuto, tutto era
asciutto.
«Idiota!» borbottò, tirando un pugno
alla spalla del dio, che in un impeto, ridendo, la attirò a
se. Le guance della ragazza si colorarono di allegria e gli occhi si
bagnarono per l'emozione mentre stringeva le braccia attorno al collo
di Loki e lui affondava il viso nell'incavo del suo collo. Rimasero
così per un po' e quando si separarono, Hermione
sentì il petto del dio gonfiarsi in un sospiro contro il suo.
Nonostante le pesasse rompere la rilassatezza di quel momento, la
ragazza osservò «Aspetta, ma se questo mondo
è praticamente un'illusione, come posso sapere che tu non
sia una delle proiezioni della mia mente?»
Le spalle di Loki crollarono leggermente «Non puoi, come non
posso nemmeno io. Per quanto ne so, potresti essere un altro
miraggio.»
«Ma io sono reale!» protestò Hermione.
«Anch'io, ma cosa impedirebbe a un'illusione di dire lo
stesso?»
I due si guardarono in silenzio, come cercando nell'altro un dettaglio
che potesse smascherarli. Poi, Hermione prese le mani del dio
«Non importa, se siamo reali riusciremo ad andarcene da qui.
Se tu fossi un frutto della mia mente non potremmo, perché
io non ho idea di come abbandonare questo posto e di consequenza non lo
sapresti nemmeno tu, giusto?»
«Giusto.»
La ragazza sorrise sicura, e mise la testa sulla spalla del dio, che le
schioccò un bacio sui capelli. In pochi minuti, Hermione
venne assalita dal torpore e riuscì solo a pronunciare un
«Ce la faremo» con voce impastata, prima di
abbandonarsi al sonno.
- - -
Loki osservò le palpebre della ragazza farsi pesanti, mentre
il suo respiro si faceva lento e leggero, le labbra si schiudevano un
poco e la testa crollava in avanti. Hermione... quell'Hermione sembrava
così reale, così concreta. Ma il dio non poteva
illudersi di essere già riuscito a trovarla. Tutte quelle
prove, quelle emozioni, quelle illusioni per poi trovare ciò
che cercava così facilmente? No. Forse non poteva
controllare la sua mente, ma sapeva riconoscere quando gli tirava degli
scherzi. E questo era uno di quelli.
Eppure,
pensava il dio, facendo scivolare la testa di Hermione dalla sua spalla
e adagiandola sui cuscini, eppure
la bussola...
Quando aveva visto l'ago che puntava ostinato verso la ragazza, Loki
aveva avuto come un lampo, un'illuminazione, che però
distrusse poiché non riusciva a trovare il collegamento
logico tra Hermione e la "Fortezza" di cui parlava la bussola.
Il dio si fermò sull'uscio, la mano sulla maniglia.
Lanciò un'ultima occhiata alle sue spalle, accompagnata da
un lieve sorriso, prima di aprire la porta e richiuderla dietro di
sé.
Hermione aveva ragione, se fossero stati entrambi reali se ne sarebbero
potuti andare, ma Loki non poteva essere certo che lei non fosse solo
un'illusione e non poteva rischiare di andarsene, lasciando la vera
Hermione in chissà quale sogno.
Quando fu abbastanza lontano, il dio si girò nuovamente
sperando, per una volta, di essere in errore. Ma quando i suoi occhi
cercarono la casa da cui era uscito, non trovarono nulla. La
costruzione era sparita.
Loki sospirò, mentre il suo stomaco si stringeva per la
delusione e gli occhi si bagnavano di frustrazione e avvilimento.
«Come immaginavo.»
|
Ritorna all'indice
Capitolo 6 *** Decisioni ***
Capitolo
6: Decisioni
Hermione si svegliò di soprassalto, mentre Ron richiudeva la
porta di casa facendola sbattere accuratamente, e i bambini correvano
nella loro camera a posare gli zaini. Il ragazzo posò gli
occhi su di lei e sorrise.
«Dormito bene, fiorellino?»
La strega si limitò a schioccare la lingua con aria
scocciata, prima di iniziare a guardarsi intorno freneticamente
«Loki?» chiamò, ma l'unica risposta che
ricevette fu un'occhiata storta da parte di Ron.
«Ma cosa cerchi?»
«Dio mio, Ron, chiudi quella boccaccia per un
momento!» controllando ogni stanza della casa come una pazza
e infine uscendo in giardino «Loki!»
«Se magari mi dicessi che cerchi potrei aiutarti a trovarlo,
non credi?»
«Per le mutande sporche di Merlino, certo che sei una
piattola! Sto cercando Loki, mi sembra ovvio!»
«Ma cos'è, il nostro nuovo cane? Un
medicinale?» rispose lui, continuando a seguire la ragazza
con gli occhi.
Hermione lo guardò sbigottita «Ma scherzi? Il
tizio che hai incontrato prima! Alto, capelli neri, occhi azzurri,
tratti spigolosi? Nulla? Vuoto totale?»
«Giuro che non ho idea di chi tu stia parlando.»
«Dormi in piedi o cosa?»
«Forse sei tu che hai dormito in piedi, oggi non ho
incontrato proprio nessuno di nuovo.»
Hermione, che fino a quel momento aveva fissato il ragazzo a bocca
aperta, si ricompose, aggrottando le sopracciglia. Possibile che si
fosse immaginata tutto? Possibile che avesse solo sognato? Ron
sembrò cogliere le sue domande silenziose, perché
enunciò «Guarda, ti sei addormentata lì
– disse, indicando un albero, ai cui piedi ancora giacevano
una coperta e un libro aperto – e io ti ho riportata dentro e
ti ho messa sul divano senza che ti svegliassi. Non so cos'hai sognato,
ma non è passato nessun Laurie da queste parti.»
«Loki.»
«È uguale.»
Hermione lanciò occhiate di fuoco, sperando invano che
almeno una di esse potesse incenerire il suo odioso interlocutore
«Non ti credo.»
Ron sbuffò, alzando gli occhi al cielo
«Perché dovrei mentirti scusa?»
«Non so, forse perché sei geloso o qualcosa del
genere?»
«Geloso di qualcuno che non esiste?»
«Smettila di dirlo!»
«Dire cosa?»
«Che Loki non esiste! Mi stai facendo passare per una pazza
psicopatica!»
«Non intendevo questo» disse Ron, mettendosi sulla
difensiva «Dico solo che forse hai solo fatto un sogno un po'
troppo vivido, ecco tutto.»
Hermione si abbandonò a sedere sul tavolino dietro di lei,
tremando leggermente. Il ragazzo le si avvicinò e si mise
ginocchioni davanti a lei, stringendole le spalle con le mani
«Oh, non è nulla. Non me la sono presa,
tranquilla.»
«Mi fa piacere che non ti sia offeso per avermi dato della
rimbambita» sputò secca lei.
Ron ridacchiò come si ridacchia ascoltando le scemenze che
dicono i bambini «Dai, hai capito che voglio dire.»
Hermione si alzò, scappando alla presa del ragazzo
«E invece no. Dio, quanto vorrei che sparissi
adesso» strillò, senza riuscire a controllare la
voce stridula. Ron cercò di seguirla, ma all'improvviso
sparì davanti ai suoi occhi. Hermione ricacciò le
lacrime che premevano insistenti dietro agli occhi.
«Ron?» chiamò piano «Se
poteste, per favore, smettere di sparire tutti all'improvviso, sarebbe
grandioso» disse a nessuno in particolare, temendo
più per il ritorno del petulante "marito" che per la propria
sanità mentale «Oh, ma forse... forse ho fatto
quello che aveva detto Loki, ho controllato la realtà! E'
vero che aveva detto anche che era difficile, ma forse il desiderio che
avevo di liberarmi di Ron è bastata a... dev'essere
così!»
Hermione iniziò a blaterare, non curandosi del fatto che non
ci fosse un'anima a darle ascolto. Dopo essersi trattenuta dal fare un
balzo di felicità, decise di avventurarsi fuori dalla casa.
Forse sarebbe riuscita a ritrovare Loki. Ma perché se n'era
andato? Forse l'aveva sognato davvero? Magari era stato il suo istinto
a comunicarle il funzionamento di quel mondo. No, era stato troppo
reale, la ragazza poteva ancora sentire le braccia del dio che la
stringevano in un amorevole abbraccio e le sue labbra sulla pelle.
Quindi? Perché mai aveva deciso di abbandonarla? Forse
credeva che lei non fosse reale? La disillusione con cui aveva parlato
della possibilità che l'altro fosse solo un miraggio la
portavano a pensare che il caso fosse proprio questo.
Hermione non fece in tempo ad aprire completamente la porta che un
Anatema che Uccide le passò sibilando accanto all'orecchio.
La ragazza si guardò attorno attonita, posando gli occhi sui
dipinti distrutti, i muri sgretolati e le scale crollate. Era il 2
maggio 1998, ed Hermione si trovava ad Hogwarts.
- - -
Loki sbuffò, rigirandosi la bussola tra le mani. Erano ore
che camminava e continuava a non incontrare nulla. Nulla di
interessante almeno, solo alberi. Come se non fosse abbastanza si stava
anche iniziando a fare buio. Sbuffando, si sedette ai piedi di una
quercia, usando una delle enormi radici che spuntavano dal terreno come
sedile e facendo ricadere la schiena contro il tronco. Rilesse ancora
una volta l'indovinello.
Tesserò la
via per la fortezza/ se vincerai te stesso.
Il dio strinse le labbra. Evidentemente in quella frase c'era la chiave
per andarsene, ma cosa? Ormai aveva appurato che l'ago non puntava
verso nord, ma verso qualcosa di più... di più
"soggettivo". La parte del vincere se stesso sembrava molto soggettiva,
ma cosa avrebbe dovuto fare? Evocare i fantasmi del suo passato per
vincere le sue paure? Che cosa assurda...
Il ricordo del discorso che aveva fatto al suo vecchio sé
riaffiorò e lo fece pensare. Possibile che avesse
già fatto qualcosa inconsciamente? Dopotutto,
Ønskenheimr era questo, essere costretti ad affrontare...
be', ad affrontarsi. Era proprio per questo che controllare le
illusioni era difficile: la volontà "attiva", quella dettata
dalla logica, non sempre corrisponde con la volontà
"passiva", ovvero quella comandata dalle esperienze del passato e
dall'istinto. Quest'ultima, inoltre, poteva essere tanto forte da
influenzare le realtà altrui.
Gli occhi di Loki guizzarono. Ammettendo che quella che aveva appena
incontrato fosse effettivamente la vera Hermione, perché mai
si trovava in una realtà in cui aveva costruito una famiglia
con quel Ron? Da come gliene aveva parlato, sembrava non volesse
più nemmeno sentire il suo nome, quindi da dove nasceva
questo desiderio di passarci una vita insieme?
Perché lui?
Perché non io?, si chiese il dio, mentre il suo
stomaco veniva stretto dalla gelosia e la rabbia gli faceva venire la
pelle d'oca. Non appena tornati su Midgard, avrebbe trovato quel
miserabile e gli avrebbe fatto rimpiangere di... di... di cosa? Del
fatto che Hermione lo preferiva? A cosa sarebbe servito?
«Idiota» disse a denti stretti, mentre una lacrima
amara rigava il suo viso. Però...
Se una volontà poteva influenzare quella altrui, non era
possibile che fosse questo il caso? Ma allora, perché non
mettere un'altro Loki al suo fianco? Perché quell'impiastro?
Pensandoci bene, Hermione gli era sembrata molto infastidita dal fatto
di averlo sempre intorno, quindi l'idea che l'avesse scelto lei era
poco plausibile. Il dio si mordicchiò un labbro.
Devo averlo influenzato
io, pensò. Il suo petto sobbalzò in
uno sbuffo divertito al pensiero dell'indignazione di Hermione se
avesse saputo che lui si era azzardato ad influenzare la sua
realtà in questo modo... o che si era azzardato a
influenzarla in generale! Poi, tornò serio, con una domanda
che premeva.
Perché lui?
Perché non io?
- - -
Hermione era rimasta immobile sulle scale, indecisa sul da farsi mentre
schiere di ragazzini le correvano intorno, chiamando disperati i nomi
dei loro fratelli e amici, quando sentì il suo polso venire
afferrato e trascinato da qualcuno.
«Andiamo, Herm! So cosa dobbiamo fare!» disse Ron,
determinato.
La ragazza cercò di liberarsi dalla stretta «Ma di
che diamine stai parlando? E da dove sei spuntato fuori?»
«Ma di cosa parli? Sono sempre stato qui! Ora cammina,
dobbiamo fare in fretta!»
Hermione attraversò i pietrosi corridoi in cui era
cresciuta, la mente che andava veloce ai percorsi che faceva
ogni mattina, trotterellando allegramente con i suoi amici mentre
stringeva i libri al petto. Quanto aveva trovato e quanto aveva perso
tra quelle mura... raggiunti i 18 anni già si sentiva come
se avesse vissuto più di una vita. Agli spensierati giorni
scolastici si affiancava sempre l'adrenalina del pericolo incombente.
Riportando la memoria a quei giorni, pensava sempre che dei bambini non
dovrebbero assolutamente correre certi rischi, soprattutto a
quell'età, ma grazie al cielo se l'erano sempre cavata con
un pizzico di intelligenza e di fortuna.
In realtà, quando finalmente si era ritrovata ad avere una
vita tranquilla nel suo appartamentino nella periferia di Londra, la
sete di avventura si insediava dentro di lei, ma si era sempre limitata
a dissetarla con un buon libro. E poi era arrivato Loki.
Ron la distolse bruscamente dai suoi pensieri «Ci
siamo!» disse. Si trovavano nel bagno di Mirtilla, ed
Hermione si trovò quasi a sperare che uscisse da uno dei
cubicoli per farle un saluto. Il ragazzo si mise a sibilare.
«Che diamine stai facendo ora?»
«Sto cercando di aprire l'entrata per la Camera dei Segreti,
mi sembra ovvio.»
«La Camera... perché?»
«Perché ci serve un modo per distruggere gli
Horcrux e...»
«...e nella Camera ci sono le zanne del Basilisco. Ora
ricordo» lo interruppe Hermione.
Ron sorrise «Vedi che ci intendiamo al volo?»
La ragazza si limitò a sbuffare, esibendo un paio di labbra
tirate in un sorriso sghembo.
Stavano per entrare quando Hermione si bloccò strillando
«Alt! Hai la scopa dietro? Non voglio rimanere bloccata li
sotto per l'eternità!»
«Eccola qui!» rispose lui, tirando fuori il manico
di scopa da chissà dove. Hermione non ci stette nemmeno a
pensare troppo, annuì e scese a seguito di Ron. Voleva solo
potersene andare il prima possibile.
- - -
Il dio stava riflettendo sulle situazioni in cui si era trovato dal suo
arrivo ad Ønskenheimr. Il trono, la Krivapeta, il drago, il
labirinto, Laufey... Cosa mai avrebbero potuto significare? Soprattutto
si chiese se era riuscito a passare le prove che il suo stesso
inconscio gli aveva proposto, ma poi pensò che le doveva
aver superate per forza. Fosse stato altrimenti, probabilmente non si
sarebbe trovato lì.
Con un sospiro, raddrizzò la schiena. Il trono, la Krivapeta, il
drago, il labirinto, Laufey...vediamo.
Era piuttosto sicuro che il trono rappresentasse la sua voglia di
regnare, o meglio, la sua sete di potere (Inutile indorare la pillola qui).
Allontanandosene, aveva sicuramente sopraffatto quel lato di
sé. Le difficoltà successive nell'uscire dal
palazzo erano probabilmente solo la sua mente che si ribellava al
cambiamento. Poi veniva la Krivapeta. Ora, la prima cosa che salta
all'occhio di quelle creature è la loro bruttezza, data
anche dalla vecchiaia. Loki non poteva negare di essere relativamente
vecchio, almeno rispetto ad Hermione, ma brutto? Insomma, poteva anche
essere, ma non brutto come una Krivapeta! Comunque erano
qualità troppo superficiali, sicuramente non era quello che
aveva combattuto, di certo non si era lasciato intimidire soltanto da
un paio di mani macchiate e qualche pustola sul viso. No, quello che
aveva fatto indietreggiare il dio era stata l'incertezza sul
comportamento della strega. Buona o cattiva? L'avrebbe indirizzato
verso la giusta via o l'avrebbe condannato ad una vita di miseria? Alla
fine la vecchia lo aveva gettato in mare, ma dopotutto gli aveva dato
una bussola. Una bussola inutile, dato che non riusciva a svolgere
l'unico incarico per cui era stata costruita, ovvero puntare verso
nord, ma sì, gli aveva dato una bussola. Era stata
perciò buona e cattiva. Siccome questa analisi gli aveva
fatto capire che la Krivapeta rappresentava in qualche modo la sua
natura di tirascherzi ingannatore, Loki preferì credere che
la bontà della vecchia aveva prevaricato la sua cattiveria,
infatti l'aveva fatto uscire dalla caverna, anche se in modo un po'
brusco.
Dopodiché il drago. Il drago con il tesoro. Il drago molto
attaccato al suo tesoro. Rappresentava forse il suo egoismo? Probabile.
Prima di passare oltre, il dio non poté far altro che
pensare che alla sua mente piaceva fare le cose in grande. Non a caso
era la sua
mente.
Quando poi Loki era entrato nel labirinto si era sentito... be', perso.
Come credevi ci si
potesse sentire in un labirinto, genio?, si disse.
Nonostante tutto, però, aveva avuto l'illusione di Hermione
e successivamente la bussola a guidarlo, perciò non era completamente
perso, o almeno aveva sperato di non esserlo. Il labirinto era un luogo
strano, complesso, in costante cambiamento, in cui ci si perdeva
esattamente come in quel momento il dio si era perso nei suoi pensieri.
Forse è
proprio questo, pensò, forse il labirinto è
la mia mente, e grazie a quella che credo fosse l'illusione di Thor
avevo perso la mia bussola. Più letterale di
così...
La Hermione che aveva incontrato probabilmente era la proiezione di una
sua paura, ovvero intimorirla, farle del male.... ma perché
aveva paura di farle del male? Tutti i suoi istinti lo portavano a
starle intorno proprio per proteggerla, nonostante fosse tra le ultime
persone che necessitano protezione. Ma poi, da cosa l'avrebbe dovuta
proteggere se non da se stesso? Con una stretta allo stomaco,
rifletté che tutti i pericoli in cui si era trovata
ultimamente, tutto il dolore che aveva provato, era stato tutto a causa
sua!
È per questo
che al suo fianco c'è Ron, tu sei troppo pericoloso.
Come aveva potuto farle questo? L'aveva trascinata in quel caos per
egoismo, aggrappandosi a lei, mostrandole che aveva talmente tanto
bisogno di lei che Hermione non si sarebbe mai potuta tirare indietro
e... rifiutarlo... e poi era diventato troppo tardi.
Proprio per la paura del rifiuto Loki si era ritrovato davanti a Odino
e Laufey, i suoi padri, le sue più grandi negazioni. Infine,
per tutto quello che aveva già affrontato, si era ritrovato
davanti a se stesso e aveva parlato. Aveva parlato della propria
vanità, della propria natura, della propria debolezza e,
indirettamente, della propria forza: Hermione.
Solo l'idea di lei lo faceva sentire indistruttibile, il pensiero che
potesse essere in pericolo lo uccideva. Lei era la sua
virtù, la luce che gli permetteva di vedere nel buio dei
propri pensieri, la sua... la sua fortezza. Hermione era la
virtù della fortezza! Sì!
Loki si alzò e, pieno di nuovo vigore, sollevò la
bussola. L'ago, che fino a quel momento si era rifiutato di puntare da
qualsiasi parte, improvvisamente indicò verso la direzione
da cui il dio era venuto. Loki aggrottò le sopracciglia per
un momento, e poi bisbigliò con rammarico «Era
lei...» prima di iniziare a ripercorrere velocemente i suoi
passi.
- - -
Arrivare alla Camera stavolta fu molto più facile,
soprattutto grazie all'ausilio delle bacchette, che permettevano di
vedere dove mettevano i piedi e spostare eventuali ostacoli. Della
pelle e carne del Basilisco ormai c'era rimasto ben poco, se non
l'odore nauseabondo. Hermione ebbe un brivido e ringraziò
che gli occhi della bestia si fossero ormai deteriorati da tempo.
Ricordava bene cosa si provava ad essere paralizzata e non avrebbe
decisamente voluto ripetere l'esperienza.
Nel frattempo Ron si era avvicinato al teschio del Basilisco.
«E dire che me lo ricordavo più grosso»
commentò, infilando quasi la testa nella bocca del rettile.
Hermione fece uno scatto involontario in avanti, quando l'immagine di
Ron che veniva decapitato dalle quelle affilate zanne le
passò davanti agli occhi «Fai
attenzione!»
Il ragazzo si allontanò un poco, con aria allarmata
«Che succede?»
«Niente, solo... fai attenzione, quei cosi sono ancora
velenosi.»
Le orecchie di Ron si arrossarono per l'imbarazzo
«Grazie» bisbigliò
«Sì, sì» lo
liquidò Hermione, sbrigativa «Adesso prendi quei
robi e andiamocene. Questo posto mi mette i brividi.»
Ron annuì e si accovacciò davanti alle zanne,
estraendone una decina. Alcune emisero un sonoro e quasi comico "pop!", che
riecheggiò per la sala. Hermione si guardò
intorno per tutto il tempo, allerta, ma per fortuna non c'erano
pericoli in agguato. Quando Ron la chiamò, dandole un
colpetto sulla spalla con il manico della scopa, la ragazza
lanciò involontariamente uno schiantesimo nell'aria per la
tensione.
«Miseriaccia!» esclamò il ragazzo,
guardandola stralunato per un momento «Sono solo
io!». Poi saltò a cavalcioni della scopa,
invitandola a fare lo stesso «Avanti, usciamo di
qui.»
- - -
Il sole continuava a calare, e con l'avvento dell'oscurità
ogni rumore sembrava amplificarsi. Soprattutto i passi del dio sulle
foglie secche quasi rimbombavano tra gli alberi, ma Loki continuava ad
avanzare imperterrito, tenendo gli occhi fissi sulla bussola e
sollevando la testa di tanto in tanto solo per evitare di andare a
sbattere contro qualche tronco o inciampare nelle radici voluminose che
spuntavano imperterrite dal suolo. Per un momento, quasi avrebbe
giurato di aver visto un centauro muoversi in lontananza, ma non si
fermò ad indagare oltre.
Solo dopo un bel po' la foresta iniziò a diradarsi. Aveva
forse fatto più strada di quanto credeva allontanandosi da
Hermione?
Mentre era ancora impegnato a mantenere la direzione giusta, le sue
gambe incontrarono un ostacolo e il dio ebbe un incontro troppo
ravvicinato con il terreno umidiccio. Rialzando la testa, si
trovò faccia a faccia con una lattuga.
Ma che diamine...
Una volta in piedi, si guardò intorno e capì di
trovarsi in una specie di orto e la cosa su cui era inciampato era
un'enorme zucca. Non molto lontano da lì si trovava una
casetta cadente, che da lontano sarebbe anche potuta sembrare di
dimensioni normali, ma avvicinandosi andava veramente oltre ogni
aspettativa. Loki lanciò uno sguardo alle sue spalle, poi
posò nuovamente gli occhi sulla bussola. Questa puntava
determinata verso il cupo castello che troneggiava sullo sfondo, alle
spalle della catapecchia e il dio non riuscì a fare a meno
di adocchiare con un sospiro la stradina ripida (e tutta in salita) che
avrebbe dovuto percorrere. Poi, con passi pesanti, si avviò.
Una volta arrivato in cima ed essere entrato negli ambienti
più interni, venne risucchiato in una bolgia di ragazzini la
cui età variava, all'incirca, dai 10 ai forse 19 anni? Loki
non ci si lambiccò troppo sopra, gli era sempre stato
difficile azzeccare le età degli umani, con quelle loro vite
così brevi e fragili.
Tutti continuavano a sbattergli addosso, contrastando la sua avanzata,
ma nessuno sembrava veramente notare la sua presenza, troppo impegnati
a strillare i nomi più svariati. Provò a fermare
vari ragazzini urlanti per chiedere dove si trovava e se qualcuno aveva
visto Hermione. Siccome tutti passavano oltre, ignorandolo come se
fosse un mattone su un muro, il dio afferrò un adolescente
particolarmente brufoloso per la collottola «Cosa sta
succedendo qui?» chiese con voce irosa, ma il ragazzino
riuscì in qualche modo a scivolare via dalle sue dita senza
una risposta.
Loki riprese a camminare seguendo la indicazioni della bussola, e si
trovò a desiderare che ognuno di quei mocciosi sparisse.
Ovviamente non successe nulla.
L'ago aveva preso a muoversi non troppo lentamente prima verso destra,
poi verso sinistra. Hermione si stava spostando.
Il dio accelerò il passo, spintonando chiunque provasse ad
avvicinarglisi. Arrivò a davanti a una grande scalinata e
decise di mettersi all'entrata di uno dei due brevi corridoi che la
fiancheggiavano. Doveva uscire da quella folla per qualche momento, o
sarebbe impazzito. L'ago della bussola intanto aveva fatto un mezzo
giro, e ora puntava verso le sue spalle.
Loki sollevò la testa e sbuffò «Non la
troverò mai qui dentro» e una testa di lunghi
capelli ricci gli balenò davanti. Il dio fece un paio di
passi concitati in avanti. Possibile che...
- - -
«Ron, dove stiamo andando così di
corsa?» piagnucolò Hermione. Il ragazzo, che le
aveva afferrato una mano, aveva continuato a trascinarla per vari
corridoi.
«Ron! Mi fai male!» strillò ancora la
ragazza, liberandosi il braccio.
Lui si fermò e le lanciò uno sguardo
fiammeggiante «Dobbiamo andare via.»
Hermione trattenne il respiro per un momento «Ma non possiamo
abbandonare tutti!»
«Herm, non capisci? È troppo pericoloso!»
«Per me o per te?»
«Per entrambi!» urlò Ron. Poi, si
spostò il capelli che, per la foga, gli erano finiti davanti
agli occhi «È solo che non voglio che ti succeda
nulla...»
«Ti ringrazio per il pensiero, ma so badare a me
stessa» rispose lei stizzita.
Un rombo risuonò per il corridoio e Ron ne
approfittò per stringere nuovamente il polso di Hermione,
che sollevò gli occhi al cielo, e mettersi a correre
«Andiamo!»
Il ragazzo la trascinò per altri corridoi e passaggi segreti
che la strega non aveva mai visto prima, per poi trascinarla
giù per la scalinata principale, verso il portone. Hermione
ancora non si era data completamente per vinta, e continuò a
puntare i piedi (inutilmente) per tutto il tragitto.
Appena arrivata sulla soglia del cortile esterno, qualcuno le
afferrò una spalla, costringendola a girarsi. Il cuore della
ragazza saltò un battito.
«Sei tu?» chiese, la voce spezzata dall'emozione.
Loki annuì, sorridendo sincero «Così
come sono anche al corrente del fatto che anche tu sei veramente
tu.»
Hermione si lasciò sfuggire un singhiozzo e cercò
di avvicinarsi al dio, ma qualcosa, o meglio qualcuno, la trattenne.
Non si era nemmeno accorta che Ron le stava ancora stringendo il
braccio.
«Herm andiamo, non c'è tempo per i convenevoli e
gli addii! Dobbiamo andare al sicuro!»
La strega si liberò con uno strattone e gettò le
braccia al collo di Loki, che la accolse, stringendola a sé.
Ron piegò la testa da un lato «Herm?»
pigolò insicuro e la ragazza si allontanò un poco
dal dio, lanciando al ragazzo uno sguardo nostalgico «Mi
dispiace, Ron. Non posso.»
Loki richiamò l'attenzione della ragazza, spostandole una
ciocca di capelli dietro all'orecchio «Ho qualcosa di
importante da dirti» sospirò.
Poi, incatenò i suoi occhi in quelli di Hermione
«So che potresti avere di meglio. So che puoi avere di
meglio. Qualcuno che invecchi con te, che ti ami in modo tranquillo. Io
sono un vortice di emozioni estreme e un giorno ci dovremo lasciare,
anche se non per nostra volontà. Inoltre, sono
un'egoista» disse, puntando gli occhi in quelli di Ron
«Lei è mia.»
Loki afferrò le mani della ragazza e tutto, ogni illusione
sparì. I due si trovavano sotto all'albero cosmico.
«Dove andiamo?» sorrise il dio.
«A casa» sospirò Hermione «E
comunque io non sono proprio di nessuno» continuò,
liberandosi dalla stretta di lui e incrociando le braccia al petto.
Il dio la guardò con gli occhi sbarrati
«Ma...»
«Hai capito bene. Voglio un rapporto alla pari, nessuno deve
essere soggetto a nessuno.»
Loki rilassò le spalle e si abbandonò a una
risata «Vuoi un rapporto alla pari con un dio?»
«Per me sei solo Loki. Problemi?» chiese la
ragazza, sollevando le sopracciglia.
«No, va bene... se prometti di non stancarti mai di
me.»
La ragazza lasciò ricadere le braccia lungo il corpo e
sorrise «Dopo tutto questo dubito che succederà
mai.»
Loki l'attirò a sé afferrandole i fianchi ed
Hermione posò le sue labbra su quelle del dio.
Mentre i due si scioglievano in un dolce bacio, si sentirono come
strattonati, segno che stavano viaggiando da un mondo a un altro.
Quando si separarono, Loki si guardò intorno e il sorriso
che aleggiava sul suo viso crollò.
«Questa non è Asgard.»
Note:
Heeeeey, volevo lasciarvi due paroline dopo questo capitolo
"extra-large"! Come al mio solito ho cambiato e aggiunto elementi via
via che scrivevo e, be', in pratica vi lascio all'asciutto a tempo
indeterminato. Chiedo scusa in anticipo, ma avendo cambiato l'andamento
della trama all'ultimo, ora mi ritrovo a dover riorganizzare la parte
mancante.
Approfitto
di queste note anche per ringraziare la fantastica VahalaSly senza
la quale i capitoli che vi propino sarebbero lunghi la metà
e probabilmente farebbero anche un po' più schifo.
Buone
vacanze a tutti!
|
Ritorna all'indice
Capitolo 7 *** Il regno di Hel ***
Capitolo
7: Il regno di Hel
«E ora dove siamo finiti?» chiese Hermione con uno
sbuffo esasperato, strizzando gli occhi. Era estremamente buio, ma
nonostante l'assenza di fonti di luce, si vedeva piuttosto bene.
L'impossibilità fisica di questo fenomeno diede alla ragazza
una leggera sensazione di nausea, la stessa che provava da piccola
quando cercava di leggere in macchina.
Loki fece qualche passo avanti, girando piano su se stesso
«Non ne sono certo...»
«Aspetta, innanzitutto siamo sicuri di essere usciti da quel
mondo di illusioni?»
Il dio mosse una mano e un suo ologramma si proiettò nello
spazio accanto a lui, scomparendo poco dopo. Dopodiché
lanciò un incantesimo che causò una piccola
esplosione di roccia.
«A giudicare dal fatto che la magia mi risponde come dovrebbe
direi di sì, anche se filosoficamente qualcuno potrebbe
avere da ridire...»
«Non sono esattamente in vena, per ora mi basta sapere che ci
siamo lasciati quell'inferno alle spalle.»
Gli occhi di Loki guizzarono, ma non rispose. Aprì la mano,
creando una sfera di luce che rimase sospesa in aria, rischiarando a
malapena l'ambiente per pochi secondi. I due si trovavano in un'ampia
caverna talmente piena di oscurità che le pareti sembravano
assorbire la luce, tanto che la sfera si dissolse velocemente nel nulla
«Ah.»
«Loki?» chiamò Hermione, mentre il dio
si grattava il mento «Cos'è quello?»
Lui seguì con lo sguardo la direzione indicata dalla ragazza
per incontrare, non troppo lontani, un paio di occhi gialli, che li
scrutavano con fare inquisitorio. Con un ringhio profondo l'essere si
avvicinò quanto bastava perché i due ne vedessero
le fattezze.
Un cane di taglia notevole, alto almeno quanto un cavallo, si stagliava
davanti a loro, i denti scoperti e gli occhi crudeli ridotti a due
fessure. Il pelo, soprattutto sul petto, era raggruppato in ciuffetti
appiccicosi, tenuti insieme da quello che sembrava essere sangue. La
bestia sbuffò, investendo i due con un odore di morte, che
non fece altro che peggiorare la nausea di Hermione.
«Va bene, sorpasserò la questione della
provenienza del sangue, di cui non sono nemmeno sicura di voler sapere
la risposta, e andrò al sodo. Come ce ne
liberiamo?»
Loki fece spallucce «Se è ciò che
penso, basta un po' di pane dolce intriso di sangue.»
«Bene. Il sangue di chi?»
«Il nostro?»
«Quasi avevo sperato in una risposta diversa.»
«Tranquilla» disse il dio, estraendo il pugnale
«Lo farò io.»
«No! E in ogni caso immagino serva il sangue di
entrambi.»
«Per favore, ti ho già trascinata
involontariamente in tutto questo, permettimi almeno di farti soffrire
il meno possibile.»
«Aha, e se invece serve anche il mio sangue e quel coso mi
sbrana?»
«Non succederà» rispose Loki sicuro. Non
ebbe il coraggio di staccare lo sguardo dal cane, ma era certo che se
l'avesse fatto avrebbe trovato il viso di Hermione con un aria talmente
scettica che le sopracciglia le si sarebbero sollevate fino
all'attaccatura dei capelli. Per evitare altre obiezioni si incise
velocemente l'avambraccio, facendo colare il sangue su un pezzo di pane
dolce che aveva fatto apparire dal nulla.
«Ma da dove l'hai tirato fuori quello?» chiese
Hermione, sgomenta.
Il dio le fece l'occhiolino, accompagnato da un sorriso furbo
«Tutto è reale finché credi che lo
sia.»
Quando il pane fu ben impregnato, Loki lo lanciò oltre
l'animale, che fu costretto a girarsi per prenderlo.
«Andiamo» disse, mettendo una mano sulla schiena
della strega e spingendola delicatamente.
L'enorme mastino non gli prestò attenzione, troppo impegnato
a cercare il pane, attirato dall'odore del sangue, ma quando i due
furono vicini all'uscita il cane ringhiò talmente forte che
alcuni ciottoli a terra vibrarono. I due occhi gialli erano nuovamente
fissi su di loro. Fecero un altro passo e il cane spiccò un
salto.
«Corri!»
strillò il dio, afferrando Hermione per mano e trascinandola
con se. La strada che intrapresero, ovvero l'unica percorribile,
iniziò presto ad inclinarsi in discesa, a tratti
più ripida, a tratti meno, il che da un lato andava bene,
perché li aiutava a prendere velocità.
Dall'altro, però, oltre a dare velocità anche al
mastino, i due dovevano anche stare attenti a non inciampare.
«Che razza di fiume è quello?» chiese la
ragazza, accennando al corso d'acqua parallelo alla strada.
«Non abbiamo veramente tempo per guardare l'acqua che scorre
in questo momento» rispose frettolosamente Loki.
«Grazie per la considerazione» borbottò
Hermione, inducendo il dio a lanciarle un'occhiata di scuse, che lei
non notò. In ogni caso, nessuno aggiunse altro per non
distrarsi dalla corsa.
L'animale si faceva sempre più vicino e, alla fine,
spiccò un altro balzo in avanti. Grazie a una fortuna
sfacciata, mentre il cane era in aria la catena che portava attorno al
collo, e che i due non avevano notato prima, si tese, annunciando la
fine della corsa.
L'animale ringhiò ed abbaiò ancora per un po'
prima di allontanarsi e tornare alla caverna. Loki poggiò le
mani sulle ginocchia, cercando di riprendere fiato e ridacchiando
«Te l'avevo detto» disse, sollevando gli occhi
verso la ragazza «Tutto bene? Mi sembri pallida...»
«Uhm, sì... non è...
niente...» rispose Hermione tra un respiro e l'altro,
portandosi una mano alla testa.
«Io vedo decisamente qualcosa» insistette ancora il
dio, indicando il polpaccio sinistro della strega «Stai
sanguinando! È un brutto squarcio!»
«Sì, credo che... prima, nella caverna... non
so...»
«Vuoi dire che hai corso fino ad ora in quelle
condizioni?» chiese Loki, sgranando gli occhi, ma Hermione
non fece in tempo a sentire la fine della frase, che si
accasciò al suolo, svenuta.
Il dio si lanciò in avanti, appena in tempo per attutire la
caduta della strega ed evitare che battesse la testa a terra
«Dannazione, non ci voleva.»
Dopo essersi assicurato che la ragazza non avesse problemi a respirare,
Loki spostò la sua attenzione sulla ferita. Come aveva
già avuto modo di notare, era una ferita abbastanza ampia,
che attraversava il polpaccio diagonalmente per tutta la sua lunghezza.
Il sangue sgorgava a fiotti dai lembi di carne slabbrati e
aveva inzuppato i jeans della ragazza. Il dio estrasse il pugnale e
tagliò con accortezza la stoffa dei pantaloni di Hermione
fino al ginocchio. L'operazione fu più ardua del previsto,
poiché le mani di Loki sembravano non voler smettere di
tremare. Dopo averle annodato una striscia di stoffa stretta attorno
alla coscia, la ragazza aveva ripreso colore, ma ancora non accennava a
svegliarsi e il dio pensò di provare a pulire la ferita. Si
avvicinò quindi al fiume che scorreva lungo la strada.
Più si avvicinava, però, più si
rendeva conto che lo scroscio che all'inizio gli era sembrato quello
tipico dell'acqua aveva un tono leggermente diverso, come metallico.
Affacciandosi, capì il motivo.
In quel fiume non scorreva acqua, bensì lame. Lame di spade,
alcune più spesse, altre più sottili, lunghe,
corte, leggere, pesanti, lavorate o più semplici, quelle
lame scorrevano lente, cozzando, sferragliando e stridendo.
«Il fiume Gjöll... quanto odio avere ragione in
queste situazioni» borbottò Loki, tornando da
Hermione. Le si accovacciò nuovamente accanto per
controllare la ferita, che ora sanguinava molto meno. Inoltre sembrava
pulita, quindi almeno per il momento quello non sarebbe stato un
problema. Però il taglio era largo e lasciarlo aperto
così non sembrava una grande idea. Tuttavia Loki non aveva
modo di ricucirlo. Si guardò intorno in cerca di idee, e il
suo sguardo si fermò sul pugnale. Lo sguainò,
rigirandoselo tra le dita. Non sarebbe stato un bello spettacolo, ma
era l'unico modo. Con un rapido gesto, il dio accese un piccolo fuoco
accanto a lui e vi inserì la lama, finché questa
non divenne incandescente. Dopodiché respirò
profondamente e, stringendo i denti e pregando che Hermione non si
svegliasse proprio in quel momento, premette la lama sulla ferita.
La ragazza sussultò appena, ma non rinvenì. Loki
lasciò cadere il pugnale a terra e gettò la testa
all'indietro. Sapeva che le urla di dolore sarebbero arrivate non
appena si sarebbe risvegliata, ma almeno per ora non avrebbe avuto
anche quell'angoscia sul petto. Quando il ferro fu nuovamente freddo,
il dio rinfoderò il pugnale, spense il fuocherello e prese
Hermione in braccio.
«Verso il regno di Hel, allora.»
Hermione si svegliò di soprassalto quando sentì
la testa caderle di colpo all'indietro.
Si portò una mano al viso, cercando di scacciare il torpore
indotto anche dalla andatura dondolante. Poi si strinse la gamba di
scatto, lanciando un breve lamento di dolore e, per una frazione di
secondo, il terreno fu più vicino.
«Oh!» disse Loki, saldando la presa attorno al
corpo della ragazza «Buongiorno, dormito bene?»
chiese, senza smettere di camminare.
«Io... che è successo? Perché mi stai
portando in braccio?»
«Se preferivi essere lasciata lì dopo essere
svenuta, avresti dovuto avvisarmi prima.»
«Per quanto tempo ho dormito?» insistette la
ragazza, aggrappandosi ancora alla gamba.
«Un po'.»
«Tipo quanto?»
«Tipo
otto giorni.»
«Oh» disse la ragazza abbassando gli occhi
«Be' allora fammi scendere, senza il mio peso saremo
sicuramente più veloci, non voglio perdere altro
tempo.»
«Con quella gamba dubito che saremo più veloci.
Inoltre tranquilla, non abbiamo perso nemmeno un briciolo di
tempo.»
Hermione fece vagare gli occhi sul viso del dio «Non dirmi
che mi hai portata in braccio per otto giorni di fila.»
«Va bene, non te lo dico.»
«Non avresti dovuto» disse la ragazza, aggrottando
le sopracciglia «Ma grazie.»
«Se proprio ci tieni ti porto indietro» rispose
lui. Poi, facendole l'occhiolino aggiunse «E poi avere la
forza di un dio a disposizione servirà pure a
qualcosa.»
«No, intendevo grazie per non avermi abbandonata in generale.
Voglio dire, mi avresti anche potuta lasciare in quel regno delle
illusioni o anche in mano agli Antichi...»
«È vero, avrei potuto. Effettivamente, sono
piuttosto sicuro che l'avrei fatto se si fosse trattato di
qualcun'altro, di chiunque altro...»
Hermione mise le braccia attorno al collo di Loki e, mentre affondava
il naso nei suoi capelli scarmigliati, sentì il petto del
dio espandersi in un sospiro rilassato sotto di lei.
«Sei sicuro di essere in movimento da otto giorni?»
chiese, alzando gli occhi.
«Ne sono certo, perché?»
«Allora forse stiamo andando in circolo? Non so, il panorama
assomiglia terribilmente a quello che ci circondava quando siamo usciti
dalla caverna.»
«Ne dubito, non siamo più a
Ønskenheimr, non ci sono trucchi qui, solo la cruda
verità. Prima o poi finiremo da qualche parte.»
Hermione annuì e chiuse gli occhi, lasciandosi cullare per
un momento dal pacato dondolio del dio. La ragazza notò che
più avanzavano più il cielo si faceva cupo, e ne
dedusse che in qualche modo si stavano sicuramente muovendo.
«Mi sei mancato» disse.
Loki sussultò appena e, senza dire nulla, lasciò
un bacio sui capelli della strega. Hermione arrossì
leggermente e si raggomitolò appena, poggiando la testa sul
petto del dio. Rimase ad ascoltare i battiti del cuore di Loki per un
po', finché anche il suo prese lo stesso ritmo.
«Comunque dobbiamo parlare» disse la ragazza,
fissando insistentemente la ciocca di capelli che stava tormentando con
le dita, ma Loki continuò a non rispondere.
Improvvisamente rallentò ed Hermione alzò la
testa «Che c'è?»
«Fammi scendere, voglio provare a camminare» disse
poi, e Loki la poggiò delicatamente a terra. La ragazza fece
un paio di passi zoppicanti e un po' insicuri e fu costretta a tenere
un braccio attorno al collo del dio, ma almeno poteva muoversi.
I due erano arrivati ad un ponte dorato, che attraversava il fiume di
lame. A guardia del passaggio c'era una donna, o meglio una gigantessa.
Se ne stava appoggiata su un corrimano, lo sguardo perso nel vuoto e i
capelli scossi dal vento.
Non appena misero piede sul ponte, gli occhi della gigantessa si
posarono su di loro.
«Mi chiedevo quando sareste arrivati» disse
«Ascolto i vostri languidi cuori e le vostre anime inquiete
dal momento in cui siete entrati nel regno dei morti.»
Hermione sbarrò gli occhi e si girò verso Loki
«Siamo entrati dove?»
bisbigliò, ma il dio non ricambiò il suo sguardo.
«Móðguðr, da che parte dobbiamo
andare? Siamo leggermente di fretta...» disse con un
sorrisetto, rivolgendosi alla gigantessa, che puntò un dito
verso il vuoto alle sue spalle.
«Verso il basso e verso Nord» rispose, per poi fare
un passo indietro. I due attraversarono lentamente il ponte, e per
tutto il tempo lo sguardo della fanciulla fu puntato su di loro. Non
appena scesero, gli occhi della gigantessa divennero nuovamente ciechi.
Note:
Buonsalve!
Nel caso ci sia qualche pignoletto (come me d'altronde) metto le mani
avanti e dico che ho fatto le mie belle ricerchine per capire come
dovrebbe essere la struttura del regno dei morti secondo la mitologia
norrena, ma ovviamente non ci sono descrizioni dettagliate, ragion per
cui modificherò e inventerò cose a piacimento nel
corso di questo altro viaggio, pur attenendomi il più
possibile alle descrizioni che ho trovato.
Ringrazio LunaNevermind
per avermi prestato le sue abilità di creatrice di schemi.
Alla prossima!
|
Ritorna all'indice
Capitolo 8 *** I cancelli del Valhalla ***
Capitolo
8: I cancelli del Valhalla
Hermione affondò i piedi nella sabbia. Il vento sferzava con
arroganza, arruffandole i capelli.
«Regno dei Morti?!» strillò la ragazza,
facendo echeggiare la sua voce nel vuoto.
Il dio continuò a guardarsi attorno «Sembra
proprio di sì. Questa è la Spiaggia dei
Morti.»
«Fantastico. E come ce ne andiamo?»
«Dobbiamo trovare Hel, è lei che comanda
qui.»
«Siamo sicuri che ci aiuterà?»
«Oh, sì» rispose Loki con un sorrisetto,
riprendendo a camminare.
Hermione però rimase ferma, trattenendolo
«Perché hai fatto quella faccia?»
«Quale faccia?»
«Quella faccia. La faccia che fai ogni volta che pianifichi
qualcosa di losco.»
«Continuo a non comprendere.»
«Ascolta, ti ho visto fare quella faccia per giorni e giorni
quando stavamo pianificando di prendere il Tesseract. Ora che so che
quella faccia è legata a qualche bugia o qualche mezza
verità, non ci casco più.»
«Credimi, di tutto ciò che ho fatto, e per le
quali avresti anche un diritto non irrilevante ad andare in collera,
questa è probabilmente la più innocente»
Hermione diventò rossa per il nervoso «Allora cosa
ti costa dirmi la verità? La tua ormai è
un'abitudine! Magari può esserti utile quando pianifichi
cose da portare a termine da solo, ma qui ci sono anche io! Anche io
rischio la vita, anche io voglio uscire di qui e tornare a
casa!»
Loki fissò la ragazza atterrito per qualche minuto, poi
sospirò «Diciamo che io ed Hel abbiamo delle...
cose in comune, un passato non particolarmente rilevante, ma nemmeno
marginale...»
«Questo è il meglio che sai fare? Non è
così difficile! Argh, lasciamo perdere»
sbottò Hermione, passando nuovamente un braccio attorno al
collo del dio «Muoviamoci.»
I due camminarono per un po', faticando nell'avanzata per via della
sabbia che saturava l'aria. In lontananza, videro una figura muoversi.
«C'è qualcuno» bisbigliò la
ragazza.
Loki sbuffò, allontanandosi una ciocca di capelli dal viso
«Più che qualcuno. La Spiaggia dei Morti
è la prima frazione dell'Inferno.»
«L'inferno? E questa Hel che c'entra?»
«Hel è colei che comanda l'aldilà,
quindi l'Inferno e il Valhalla, che i nuovi mortali chiamerebbero
inappropriatamente "Paradiso". I "peccatori", ovvero chiunque sia morto
senza onore, di vecchiaia o malattia, vengono smistati in un ramo della
Spiaggia, laddove agli dei e ai caduti in battaglia viene concesso di
oltrepassare i cancelli ed entrare nel Valhalla, dimora di
Hel.»
Nel frattempo si erano avvicinati alle anime dei dannati, che correvano
disordinatamente senza una meta. Nubi di sabbia si sollevavano con
ritmo lento e regolare ed era impossibile vedere nulla oltre la punta
del proprio naso.
«Credo che questa sia la porzione riservata agli assassini e
agli adulteri» annunciò Loki, prima che un'altra
ondata di sabbia li investisse. Tra una folata e l'altra Hermione
riuscì a scorgere delle ali, delle scaglie, dei denti
acuminati macchiati di sangue. La bestia stava divorando le anime.
«Quello è un drago?» squittì
la ragazza, con gli occhi sgranati.
«Sembra di sì» rispose Loki, inciampando
«Credevo avessi già avuto il piacere di
incontrarne uno in precedenza.»
«Appunto.»
Hermione riuscì a staccare lo sguardo dagli aguzzi denti del
drago solo quando sentì la parte sinistra del suo corpo
venire attraversata da un'ondata di gelo e, con la coda dell'occhio,
vide qualcosa cadde nella sabbia accanto a lei. Girandosi, vide che
un'anima era inciampata e ora se ne stava in ginocchio, puntellandosi
sulle mani. Una voluminosa e disordinata chioma di ricci neri le
copriva il viso. L'anima girò piano la testa verso Hermione,
che sobbalzò, portandosi una mano al braccio.
Improvvisamente le lettere ormai cicatrizzate sulla sua carne
bruciavano nuovamente.
«Tu...» sibilò l'anima, mentre un'antica
pazzia si riaccendeva nei suoi occhi «TU! SPORCA, LURIDA
MEZZOSANGUE-» strillò, avvicinandosi
minacciosamente alla ragazza. Loki la attirò a
sé, pronto a difenderla, ma il drago fu in qualche modo
più rapido. Le sue fauci si richiusero, con un terribile
schiocco, attorno al corpo dell'anima, che urlò ancora
più forte, imitata da Hermione. Il dio avvicinò
istintivamente la testa della ragazza al proprio petto, incurvandosi su
di lei, ma Hermione riuscì comunque ad assistere allo
spettacolo dell'anima venir frantumata tra le zanne della bestia con
surreali suoni di ossa che venivano spaccate. L'ombra si
trasformò in sabbia, e scivolò lungo le scaglie
del drago. La ragazza si liberò delicatamente dalla stretta
di Loki, continuando a fissare il punto in cui l'anima era entrata a
far parte della Spiaggia.
«Una vecchia conoscenza?» chiese il dio.
«Bellatrix» bisbigliò Hermione,
scostandosi una ciocca di capelli dal viso «Speravo di non
incontrarla mai più...»
«Senza dubbio, sembra avesse un bel caratterino.»
«Non immagini quanto.»
Loki indicò il braccio che la ragazza stava ancora
stringendo «Ti ha ferita?»
«Oh, no. Be', non recentemente almeno.»
Il dio afferrò la mano della strega
«Posso?»
Hermione annuì e arrotolò la manica fino al
gomito.
«Non l'avevo mai notato. Mezzosangue... che
significa?» chiese lui, continuando a carezzare con dita
leggere le lettere in rilievo sulla pelle.
«È un termine generalmente dispregiativo nel mondo
magico. Vuol dire che il tuo sangue di mago non è puro, che
non discendi da una famiglia di soli maghi. Vuol dire che almeno uno
dei tuoi genitori è un Babbano, quindi un essere umano senza
poteri magici. Non negherò di essermi sentita fuori posto
più di una volta inizialmente, soprattutto con il fatto che
entrambi i miei genitori sono Babbani, ma alla fine ci ho fatto
l'abitudine. Dopotutto una persona non si può giudicare
dalle sue origini» spiegò Hermione. Sollevando la
testa, incontrò gli occhi velati del dio che indugiavano sul
suo viso.
«Giusto?» insistette.
«Giusto» sorrise Loki «Ora è
meglio che continuiamo a muoverci, non dovrebbe mancare
molto.»
«Non possiamo riposare un momento? Il polpaccio mi sta
uccidendo...»
«Prometto che una volta oltrepassati i cancelli potrai
riposare quanto vorrai, ma ora dobbiamo andare. Se sei troppo stanca
posso prenderti in braccio di nuovo.»
«No, ce la faccio.»
«Sicura?»
«Ce la faccio» ripeté la strega,
passando ancora una volta il braccio attorno al collo di Loki.
«Sembri preoccupata» disse il dio, dopo qualche
minuto di cammino. Finalmente iniziavano a scorgere i cancelli.
«Stavo pensando a quante possibilità ho di finire
da questo lato del Regno dei Morti» rispose piano Hermione,
lo sguardo perso nel nulla.
«Con una tempra del genere, molto poche»
ridacchiò Loki.
«Sii serio.»
«Lo sono.»
Hermione gli scoccò un'occhiata infastidita.
«Cosa?»
«È facile per te scherzarci, tu sei un dio!
È certo che finirai in quel Valhalla, anche se morirai nel
sonno o che so io!»
«Mai stato più serio! Con tutte le battaglie che
hai vissuto nel passato, sono certo che vivrai, o meglio morirai, di
rendita. Inoltre, credi davvero che stando con me non perirai
combattendo in qualche modo?»
«Con o contro di te?»
«Contro di me, con me... chi può dirlo»
sospirò Loki «Non saprei fare una predizione a
riguardo, soprattutto tenendo in conto la mia abilità a
crearmi nemici» disse, per poi sorridere «Non sono
sicuro di volerti come nemica, troveresti immediatamente un modo per
distruggermi.»
«Non sono sicura di quanto ti convenga darmi
suggerimenti» sbuffò lei, cercando di nascondere
la nota quasi divertita nella sua voce.
«Allora me ne astengo, assolutamente»
ridacchiò il dio.
La ragazza sussultò, e Loki si girò a guardarla
allarmato «Che succede?»
«Bellatrix... laggiù...»
«Oh.. be', sì, sai com'è, sono
condannati ad una pena eterna. Se finisse con un morso non sarebbe
eterna, ragion per cui quell'ombra del loro corpo si rigenera ogni
volta» spiegò il dio, interpretando la domanda
silenziosa di Hermione.
«Quasi provo pena per lei...» disse la strega,
quasi bisbigliando.
«Perché? È un assassina e ti ha
torturata... se non sperare che sia condannata a pene peggiori,
dovresti almeno essere indifferente» commentò Loki
piegando la testa da un lato.
La ragazza scosse la testa piano «No, non capisci... ogni
volta, quando faceva quelle cose orribili, sembrava sempre che fosse un
gioco per lei. Non era difficile notare la pazzia nei suoi occhi.
Nessuno è così crudele e sano di mente allo
stesso tempo.»
Il dio strizzò gli occhi «Stai dicendo che non era
colpa sua?»
«In un certo senso... voglio dire, non sto scusando nulla di
quello che ha fatto, ma non era esattamente in
sé...» Hermione si portò una ciocca di
capelli dietro all'orecchio «È
complicato da spiegare.»
«Si chiama cercare di trovare qualcosa di buono in tutti per
forza» sbuffò Loki.
«Forse. Se fossi diversa non saremmo qui ora,
però» rispose la ragazza, posando gli occhi sul
viso del dio, che ricambiò lo sguardo.
«Non posso darti torto» disse, dopo una breve pausa.
---
Zoppicando, arrivarono finalmente ai cancelli. Le intricate decorazioni
sembravano un motivo astratto da lontano, ma avvicinandosi si poteva
notare che in realtà rappresentavano una battaglia. Una
scritta in alto recitava “Rivelati”.
Loki fissò le lettere, corrucciando le sopracciglia.
«Cosa stiamo aspettando?» chiese la ragazza, con il
respiro pesante.
«Io... nulla. Nulla, perdonami» disse il dio,
aprendo l'accesso al Valhalla sfiorando il cancello con le dita.
Aggiustò il braccio di Hermione sulla sua spalla e fece un
paio di passi avanti, stingendo i denti. Poteva sentire la magia del
cancello premere sulla sua pelle, nel tentativo di lavare via i colori
che non gli appartenevano.
«Che hai?» chiese la strega, seguendo con gli occhi
la goccia di sudore che correva veloce lungo la tempia del dio.
Loki stirò un sorriso e scosse la testa. Adocchiò
un masso, sul quale fece sedere la ragazza. Non appena
abbandonò la sua mano, si sentì scaraventare
indietro, facendo sussultare e strillare Hermione. Il dio si
ritrovò disteso supino sulla sabbia e vi rimase per qualche
secondo.
Quando si mise a sedere, si passò una mano tra i capelli,
cercando di liberarsi almeno un minimo dei granelli che vi si erano
insinuati, per poi fermare le dita sugli occhi.
Rivelati.
Loki sapeva benissimo cosa doveva fare per passare oltre, e sapeva
anche che non esisteva nessun modo per aggirarlo, nemmeno Hel in
persona avrebbe potuto. Allo stesso tempo, però, non poteva
lasciare che Hermione lo vedesse così...
Cosa avrebbe pensato?
Avrebbe provato paura? Disgusto? Avrebbe avuto timore di lui,
insistendo perché si allontanasse e rifiutando il suo aiuto
per uscire da lì? O forse si sarebbe arrabbiata
perché era stata esclusa da questa parte di lui
che, nonostante odiasse ammetterlo, era così importante?
«Loki? Stai bene?» chiamò la ragazza,
cercando di raggiungerlo.
Loki fece ricadere le mani in grembo «Resta dove sei! Ti
raggiungo subito, necessito solo di un momento...»
Hermione si rimise a sedere, con movimenti lenti, senza distogliere lo
sguardo dal dio. Lo sguardo della ragazza era curioso, quasi
indagatore. Loki lo sentiva su di sé, pesante come il masso
su cui la strega riposava e non riusciva a smettere di chiedersi in
quale istante lo avrebbe trafitto come mille lame roventi.
Se voleva avere qualche possibilità di portarla via,
però, avrebbe dovuto farlo.
Il dio si sollevò, puntellandosi a terra sulle mani e si
avvicinò nuovamente al cancello, fermandosi a un passo di
distanza. Sorrise alla strega, con un sospiro spezzato, e chiuse gli
occhi, lasciando scivolare via la sua maschera.
Quando passò oltre il cancello, stavolta, non ci fu nessuna
difficoltà. L'attraversata, tuttavia, gli sembrò
infinita.
Sentì Hermione trattenere il fiato e strinse gli occhi. Non
era ancora pronto a vedere la reazione della ragazza, e se ne avesse
avuto modo avrebbe evitato di vederla fino alla fine dei suoi giorni.
«Altre cose che dovrei sapere di te?» chiese la
strega.
Non sembrava spaventata o disgustata, ma piuttosto curiosa ed
emozionata, nonostante la punta di dispiacere nella sua voce,
perciò Loki si azzardò a lanciarle un'occhiata
per studiare velocemente il suo viso.
Le sopracciglia della ragazza erano leggermente sollevate in
un'espressione di stupore.
«Avvicinati per favore» gli disse ancora, e il dio
obbedì cauto, inginocchiandosi davanti alla strega.
Osservò le mani di Hermione farsi cautamente strada verso il
suo viso. Quando furono abbastanza vicine, il dio sollevò lo
sguardo, facendo incontrare ai suoi occhi rossi le iridi castane della
ragazza, che esitò solo un momento.
Quando le dita sottili di Hermione incontrarono la sua pelle, seguendo
i motivi che si propagavano azzurrini sul mento, sulla fronte e lungo
gli zigomi, il dio espirò silenziosamente.
«Sei bellissimo» esordì la ragazza,
scostando i capelli di Loki dal suo viso con un sorriso.
Il dio afferrò la mano di Hermione, baciandone il palmo
«E tu hai dei gusti veramente bizzarri» rispose.
Il sorriso della strega si allargò. Si avvicinò
al dio, poggiando la punta del naso su quella di lui.
Poi, lo baciò.
|
Ritorna all'indice
Capitolo 9 *** Vecchie amicizie ***
Capitolo
9: Vecchie amicizie
Quando Loki aveva attraversato i cancelli, era stato come se fosse
passato attraverso un sottile e trasparente velo d'acqua, che aveva
lavato via senza difficoltà i suoi colori falsi, eppure
così reali. Hermione aveva trattenuto involontariamente il
fiato. Il vibrante blu della sua pelle e gli occhi luminosi
completamente rossi come rubini l'avevano spiazzata completamente, cosa
di cui Loki sembrò accorgersi quando riuscì a
posare lo sguardo su di lei. La ragazza non l'aveva mai visto
così cauto e timoroso, nemmeno in presenza degli
Antichi.
«Avvicinati, per favore» gli aveva detto,
altrettanto cauta, osservandolo mentre si avvicinava con veloci passi
incerti e posava le ginocchia a terra, facendosi ricadere i capelli
sugli occhi, tentando quasi inconsciamente di nascondersi. Hermione
aveva portato immediatamente le dita alle linee geometriche che
decoravano il volto del dio, curiosa. Aveva esitato solo un secondo,
quando gli occhi di Loki avevano guizzato, sollevando una silenziosa
domanda.
Non hai paura?,
chiedeva, ma non appena i polpastrelli della strega avevano iniziato a
tracciare disegni sulla sua pelle la domanda era sparita.
Hermione davvero non sopportava vederlo così insicuro,
nonostante continuasse a sostenere che in alcuni campi un po' di
umiltà non gli avrebbe fatto certamente male.
Improvvisamente, però, il dio le era sembrato
così fragile e la ragazza non aveva potuto fare a meno di
chiedersi cosa c'era davvero dietro a quel sorriso sarcastico che
ostentava sempre con esagerata sicurezza. Durante tutto il tempo che
avevano passato assieme sulla Terra, Loki non le aveva mai veramente
raccontato nulla di sé. Certo, erano uscite alcune
storielle, alcune nozioni, alcuni ricordi che avevano dato ad
Hermione la fasulla certezza di conoscerlo davvero.
Presto e dolorosamente aveva compreso che quella certezza era solo una
grande bugia, ma solo ora si rendeva conto di quanto poco sapesse di
lui. Aveva capito che la prima regola per Loki era quella di non
riporre la propria fiducia e i propri affetti in nessuno, il che valeva
anche per gli altri nei confronti del dio stesso. Quindi cosa l'aveva
spinto a fidarsi e riporre il suoi affetto proprio in lei, che
dopotutto era una sconosciuta?
Lo sguardo tremolante che accompagnava questa nuova forma di Loki
avevano suggerito ad Hermione che le sue prossime parole sarebbero
state fondamentali.
Quindi, la strega aveva spostato una ciocca di capelli dal viso,
portandogliela dietro alle orecchie «Sei
bellissimo» gli aveva detto di slancio, e quando il dio le
aveva afferrato la mano, baciandole il palmo, aveva capito di aver
detto la cosa giusta «E tu hai gusti veramente
strani» le aveva detto con sollievo.
Per quanto Hermione stesse morendo dalla curiosità di sapere
cosa effettivamente Loki fosse e quale fosse la sua storia, aveva
deciso di rimandare le domande e aveva posato morbidamente le labbra su
quelle del dio, sulle quali era rimasta l'impronta di un sorriso.
Loki le aveva posato una mano sulla nuca e, quando si separarono,
rimase a giocherellare un po’ con un ricciolo, gli angoli
della bocca ancora rivolti leggermente all’insù.
«Quindi...» riprese Hermione
«Precisamente cos’hai a che fare con Hel?»
Il dio ridacchiò «Non ti arrendi mai, eh?
Oppure...» Loki si protese verso di lei, terminando la frase
con un soffio e un luccichio divertito negli occhi «Hermione
Granger, è forse gelosia quella che sento?»
La ragazza sgranò gli occhi. Forse?,
pensò.
Loki la guardò per un po’, per poi ridere,
estremamente divertito dall’improvvisa mutezza della strega.
Aprì la bocca per dire qualcosa, ma venne interrotto.
«Hermione?» chiamò una voce maschile. Il
dio si girò, per trovare a pochi passi da sé un
ragazzo, o meglio, l’anima di un ragazzo abbastanza alto e
dinoccolato dai capelli rossi. Tornò a guardare la ragazza,
il cui viso si era illuminato, mentre i suoi occhi si erano riempiti di
lacrime, che iniziarono a riversarsi sul viso quando il ragazzo le si
sedette accanto e l’abbracciò, costringendo il dio ad
indietreggiare. Hermione iniziò immediatamente a
singhiozzare violentemente e Loki sentì il suo stomaco
accartocciarsi. Lanciò un’occhiata risentita ad
entrambi. Chi era quel rosso e perché Hermione era
così felice di vederlo? Non aveva di certo avuto la stessa
reazione quando aveva ritrovato lui…
Il dio si alzò e batté le mano sulle ginocchia un
paio di volte per pulire la stoffa dalla polvere. Poi si
raddrizzò, portando le mani dietro la schiena e intrecciando
le dita, in attesa. I due sembrarono non notarlo per un po’,
finché il ragazzo non incrociò il suo sguardo per
caso e si allontanò dalla strega, posandole una mano sulla
spalla. Le asciugò un paio di lacrime con il pollice
«Herm, perché sei qui? Speravo avessi
ancora molti anni davanti a te.»
«Io… non sono... morta… Fred»
rispose la ragazza, ancora scossa dai singulti di tanto in tanto. Si
passò una manica sul viso, per asciugarsi le lacrime
«È una storia lunga.»
«Be’, non è che io abbia esattamente
degli impegni» rise il ragazzo «Chi è il
tuo ombroso amico? Devo dire che mi ricorda vagamente il caro vecchio
Severus.»
«Ma assolutamente no!» strillò Hermione,
tirandogli un pugno sul braccio.
«Prego?» chiese il dio, sollevando un sopracciglio.
La strega sventolò una mano, arrossendo leggermente
«Niente, niente, non ti preoccupare. Comunque, Loki, questo
è Fred. Sai, lui è… era fratello di
Ron.»
Fred si alzò e si avvicinò al dio, tendendogli la
mano. Questo gliela strinse, accennando un inchino. Senza rilasciare la
presa, attirò l’anima a sé, strizzando
gli occhi «Effettivamente riesco a vedere la
somiglianza.»
«Hey, vacci piano con gli insulti!» rispose Fred,
facendo l’occhiolino. Loki rise brevemente, ma il nodo nel
suo stomaco persisteva.
«Insomma, come avete detto di essere arrivati qui in carne ed
ossa?» chiese il ragazzo, spostando lo sguardo da
Hermione al dio, curioso.
«È veramente una lunga storia. Se non ti spiace,
dovremmo parlare con Hel. Sapresti indicarci la strada?»
chiese Loki, cercando di liquidare velocemente Fred.
«Ma certo. Anzi, vi ci porto io!»
«Oh no, non c’è bisogno di tutto questo
disturbo. Abbiamo già fatto tanta strada, qualche altro
passo non ci spaventa di certo» disse il dio, guardando
Hermione con aspettativa.
«Veramente» disse la ragazza «A me non
dispiacerebbe affatto passare un po’ di tempo in sua
compagnia» sospirò «Loki, cerca di
capire, Fred è morto la notte della battaglia di Hogwarts,
te ne avevo parlato, ricordi? Mi piacerebbe avere un’ultima
occasione per… lo sai...»
Lo sguardo duro di Loki si ammorbidì, e il dio
annuì. Hermione stirò un rapido sorriso, poi
tornò a rivolgersi a Fred «E gli altri?»
«Sparpagliati qui in giro. Non saprei dove trovarli con
precisione, dopo il primo periodo intrattenere relazioni umane inizia a
sembrare piuttosto inutile.»
«Ma dovrete rimanere qui per un sacco di tempo, forse per
sempre!»
Il ragazzo sorrise «Il tempo qui scorre in modo diverso. A
dirla tutta non sono nemmeno certo che scorra»
borbottò, grattandosi il mento «Comunque qui non
esiste la noia. Non perché ci sia sempre qualcosa per
tenersi occupati, semplicemente non esiste. È un concetto
strano, lo so, ma tranquilla, avrai un sacco di tempo per
abituartici.»
«Ma grazie!»
«Hey, sono solo realista.»
La strega sorrise e fece gesto a Loki di aiutarla ad alzarsi. Il dio si
avvicinò rapido, abbassandosi in modo da far passare il
braccio di Hermione attorno al suo collo e poterla far alzare
più facilmente, senza mancare di lanciare
un’occhiata di sfida al ragazzo.
«Cos’hai?» chiese Fred, sgranando gli
occhi.
«Solo un graffio, niente di che.»
Loki prese tra le braccia la ragazza, che gli diede un colpetto sul
petto «Non ce n’è bisogno, posso
camminare da sola.»
«Ne sono certo, però preferirei che non svenissi
un’altra volta.»
«Sei svenuta?» intervenne il ragazzo.
«È rimasta incosciente per otto giorni»
Lo sguardo di Fred cadde sulla fasciatura della ragazza «Per
le mutande di Merlino...»
«Avrò tempo di guarire quando sarò
tornata a casa.»
Loki occhieggiò il ragazzo, che stava allungando le mani
sulla gamba di Hermione «Cosa credi di fare?»
chiese, torcendosi un poco per allontanare la strega dalle grinfie
dello spirito. Fred, raggiunse con insistenza le bende della ragazza,
le sciolse e posò le mani sulla ferita, che non aveva ancora
iniziato a rimarginarsi, ma almeno non sanguinava più. Il
dio strinse le labbra osservando le sue dita toccare con confidenza la
pelle di Hermione, mentre gli occhi della strega scrutavano curiosi il
viso del ragazzo. Quando fece, finalmente!,
un passo indietro, Loki fece vagare gli occhi su di lui per qualche
momento ancora prima di farli ricadere sulla gamba della ragazza e
sollevare le sopracciglia con stupire.
«Come hai fatto?» disse Hermione, passando
gentilmente i polpastrelli sulla ferita, che sembrava ora essere
vecchia di almeno un mese.
Fred si strinse nelle spalle «Uno dei vantaggi
dell’essere morto, immagino» sorrise
«Vogliamo incamminarci ora? Sono curioso di sapere come va
avanti la vita la fuori.»
«Insomma quella testa bacata di George ha sposato Angelina?
Non ci posso credere» esclamò Fred, battendo una
mano sul ginocchio «Nemmeno quando Sirius mi ha raccontato
chi erano i famigerati Malandrini della Mappa ho fatto così
tanta fatica a crederci!»
Loki sbuffò, ridacchiando piano e poi cercando di camuffare
la reazione con dei colpetti di tosse. I due lo guardarono stralunati.
«Ehm, scusate» tossicchiò il dio.
«Comunque» riprese Fred, con lentezza, scandendo
ogni lettera «Chissà quanto filo da torcere si
danno l’un l’altro!»
«Non ne hai idea!» sorrise Hermione, continuando a
zoppicare leggermente al fianco del ragazzo «Fred, hai
più rivisto gli altri qui?»
«Oh, sì» rispose cordiale il ragazzo
«Stanno tutti bene ora. Certo, per alcuni è stato
difficile all’inizio, abbandonare tutti… Lupin e
Tonks, per esempio… ma ormai si sono rassegnati tutti, o
quasi» disse, sospirando piano.
I due avevano parlato in questo modo per un chissà quanto,
mentre Loki non aveva fiatato fino a poco prima. Si era limitato a
guardare di fronte a sé, stringendo il braccio della ragazza
sotto al suo. La strega non aveva più bisogno di essere
portata in braccio, ma il dio non si poteva dire troppo felice della
cosa. Probabilmente perché il loro rapporto era stato sempre
molto esclusivo, loro due e nient’altro, ma il fatto che la
ragazza non gli stesse dando nessuna attenzione lo piccava alquanto.
Almeno quando era costretta ad essere trasportata, non poteva fare
altrimenti…
Comunque il dio non si lamentò della cosa. Ormai conosceva
Hermione abbastanza bene da sapere che si sarebbe a dir poco infuriata,
perciò continuò a camminare, la mascella serrata.
La ragazza, in ogni caso, sembrò accorgersi della sua
tensione, perché strinse il suo braccio brevemente, per poi
far scorrere la mano verso il polso e intrecciare le dita con le sue.
Loki non si girò a guardarla, ma sorrise brevemente, per poi
alzare lo sguardo e rallentare il passo.
«Sembra che siamo arrivati.»
|
Ritorna all'indice
Capitolo 10 *** Casa dolce casa ***
Capitolo 10: Casa dolce casa
I tre sollevarono gli occhi sull’enorme palazzo il cui stile Hermione non avrebbe saputo identificare, anche se aveva un’aria familiare.
«Fred, possibile che quello sia il castello di Hogwarts?» chiese la ragazza dopo aver riflettuto per un paio di secondi.
«Possibile. E’ diverso per ognuno di noi. Io ad esempio ci vedo il mio negozio. A proposito, spero che George lo stia ancora mandando avanti!»
Hermione aveva annuito e aperto la bocca per parlare, ma Loki la interruppe. Posandola a terra, e senza allontanare gli occhi dalla costruzione aveva annunciato di dover andare a parlare con Hel. La strega si era offerta di accompagnarlo, ma Loki si era opposto «Prometto di esser celere.»
Hermione non aveva potuto far altro che guardare il dio schizzare in avanti, facendole quasi perdere l’equilibrio, e scomparire dietro alla porta.
«E così… stai con quel simpaticone» esordì Fred, dopo qualche secondo di silenzio.
La strega dovette pensare alla risposta. Non perché avesse timore del giudizio dell’amico, ma perché non ci aveva mai riflettuto. Dopotutto, le cose erano semplicemente… successe «Immagino di poter dire di sì.»
«Un soffio di allegria, davvero.»
«È solo... stanco» ridacchiò Hermione «Fidati, sa essere divertente quando vuole.»
«Non ho dubbi. Sono solo curioso di sapere dove hai raccattato il cugino metallaro di Severus.»
«Un giorno magari ti racconterò tutto. Dovrò pur avere qualcosa con cui intrattenervi.»
Fred annuì con fare saccente. Poi sollevò gli occhi e iniziò ad agitare la mano in aria, come per salutare qualcuno. La strega seguì il suo sguardo e vide due anime avvicinarsi. «Ma quelli sono...»
«Lily e James! Che coincidenza!»
Hermione espirò «Per un momento ho creduto che fossero Harry e Ginny» disse piano.
«Effettivamente» commentò Fred, piegando la testa da un lato «Potrebbero benissimo venire scambiati per loro.»
La ragazza li osservò camminare, incantata dal modo in cui le loro figure erano ben distinte, ma per qualche effetto di luce sembravano, a momenti, intrecciarsi.
«Tu devi essere Hermione!» disse infine James.
Lily sorrise «Sarebbe difficile non riconoscerti, qualcuno» asserì la donna, facendo cenno con la testa verso Fred «ci ha parlato talmente tanto di te...»
Loki entrò nel palazzo, dopo aver lasciato, a suo malgrado, Hermione nelle mani dell’anima. Camminava lentamente e con aspettativa, anche se non sapeva rispetto a cosa. Continuò ad avanzare senza deviazioni, sicuro del percorso che stava seguendo. Era passato molto tempo dall’ultima volta in cui aveva visto Hel, e dopo la conversazione che avevano intrattenuto l’ultima volta gli sarebbe stato difficile immaginare che il motivo della loro riunione successica non sarebbe stato più... infelice.
Vedendosi in prossimità della sala maggiore, il dio intrecciò le dita dietro la schiena.
Una donna imperiava nella stanza, le gambe gettate su uno dei braccioli del trono e un libro aperto tra le mani, una pagina in sospeso tra il dito indice e il medio.
«È permesso?» esordì Loki, fermandosi appena oltre l’uscio.
Hel sollevò gli occhi e chiuse il libro, lasciando un dito tra le pagine per tenere il segno «Loki, non mi aspettavo una tua visita tanto presto.»
Il dio sogghignò «Non essere così sorpresa, questa non è una visita di cortesia.»
«Non vedo come potrebbe, non sembri di certo intenzionato a scusarti.»
Loki riprese ad avanzare verso il trono, e la dea raddrizzò la postura, mostrando chiaramente anche la metà del suo corpo che prima era rivolta verso lo schienale del trono. L’abito dal tessuto avorio quasi impalpabile lasciava ben poco all’immaginazione, la stoffa ricadeva morbida sul fianco destro, ben fatto, ed era logorato all’altezza della cassa toracica. Loki poteva chiaramente vedere una costola bianca fare capolino da un piccolo strappo.
«Suvvia» disse il dio, scuotendo la testa teatralmente «Non vorrai farmi credere che te la sia legata al dito. Una tale sciocchezza… In un rapporto come il nostro ciò che è tuo è mio e viceversa, no?»
Hel rigirò una ciocca di capelli corvini tra ciò che rimaneva delle sue dita «Certamente. Allora non avrai problemi a darmi l’anima della ragazza in cambio, no?»
I due si guardarono intensamente.
«Avrei dovuto immaginare che fossi già al corrente della sua presenza.»
La dea sorrise gentilmente, lasciando che una graziosa fossetta si formasse su una guancia, mentre sull’altra, priva di pelle, i muscoli nudi guizzarono «Sono cose che succedono, quando si governa un regno. Non che tu possa saperne qualcosa, chiaro.»
«Ouch!» esclamò Loki, portandosi una mano al petto «Così mi ferisci!»
«Lungi da me» rispose Hel dolcemente «So bene il motivo per cui sei qui. Purtroppo, dovrai pagare per il pedaggio.»
«E da quando in qua questa nuova imposta?»
«Oh, è un trattamento speciale. Questa è decisamente un’occasione unica, non posso lasciare che i miei Doni vadano persi per sempre. Ma usciamo, non voglio escludere la tua dolce metà dalla conversazione. Sarebbe maleducato, non credi?»
«Non penso sia necessario» aveva ribattuto Loki, ma non aveva fatto nemmeno in tempo a terminare al frase, che i due si erano materializzati fuori dal cancello, a una decina di passi da Hermione e gli altri.
«Mi rincresce dover interrompere la vostra conversazione, ma ci sono affari più importanti da discutere» disse la dea, facendo sparire le anime con uno schiocco di dita.
Loki spostò lo sguardo sulla ragazza, trovandola alquanto intimorita. Certo, essendo cresciuta in un mondo magico non era troppo stupita, ma il dio dubitava che nella sua esperienza avesse mai incontrato la Morte. Inoltre, Hel non sfoggiava esattamente un aspetto “facile”. Da un lato, brillanti onde corvine incorniciavano il suo viso ben disegnato, il seno alto e gambe lunghe. Dall’altro, solo poche ciocche resistevano sul cranio, la cui pelle era, a chiazze, annerita. Pezzi di pelle e carne ricadevano crudi dal braccio e dalla gamba, mentre della mano era rimasto solo lo scheletro. Decisamente, non era semplice da digerire.
Hel si lanciò sulla ragazza, sfoggiando un sorriso dolce e terribile, pizzicandole delicatamente una guancia «Ma guarda quì quanta vita scorre in questi occhi, nonostante tutta la morte che hanno dovuto vedere… Non è difficile comprendere come tu abbia preferito lei a me, Loki!»
Il dio guardò Hel, sollevando un sopracciglio, ed Hermione si volse rapida verso di lui, evidentemente piena di domande. La dea ridacchiò senza darsi noia a chiarire le sua frasi sillibine, per poi rivolgersi nuovamente alla ragazza «Veniamo al punto. Tu, mia dolce fanciulla, sei entrata a contatto per ultima con qualcosa che mi appartiene. Che squisita coinicidenza, questa situazione, non trovate? Lui e te, tu e lui, entrambi qui. Che dolce il fato! Ebbene, lo vedi quel ragazzone lì?» disse, indicando Loki «Attenta a non consumarlo tutto con gli occhi, lo so che è un bel bocconcino, eccome se lo so» sussurrò, per poi riprendere «Insomma, mi ha rubato degli oggetti di gran valore, che non mi dispiacerebbe avere indietro. E tu sei l’ultima persona, o meglio, sei tra le ultime persone venute a contatto con essi.»
Hermione la fissò in silenzio.
«Vedi» riprese la dea « potrei farvi uscire dal mio regno in un battito di ciglia, ma cosa ci guadagnerei?»
«La serenità per aver compiuto un atto di gentilezza?» suggerì Loki.
«Sarei più serena con i miei Doni in mano, grazie» sorrise lei, stringendosi nelle spalle e lanciando un’occhiata eloquente al dio «Inoltre, chi va con lo zoppo...»
Gli occhi di Hermione continuavano a danzare frenetici tra Hel e Loki, mentre i due sembravano avere un’intensa e silenziosa conversazione. Poi la dea esordì ancora «Quindi, ho avuto questa magnifica idea: potrei tenere questa bambolina con me, mentre qualcuno fa quello che avrebbe dovuto fare anni fa» disse, arrotolando uno dei ricci della ragazza attorno all’indice ossuto.
«Mi duole, ma non ho idea di dove sia ciò che cerchi. Ho smesso di seguirne gli spostamenti da molto» sibilò scocciato il dio.
«Ma lei no. Lei sa perfettamente dove trovarli. Cara, fatti uscire il fiato, siamo impazienti di sapere!»
«Oppure» interruppe la ragazza «Potrei andare io a recuperarli. Penso di aver capito cosa vuoi, e immagino che ci metterei molto meno di Loki.»
«Oh, questo non era previsto, ma… devo dire che mi piace. Oh sì. Anche se mi viene da chiedermi il motivo di questa richiesta. Temi forse che Loki possa prendere l’opportunità per scappare e lasciarti indietro? Effettivamente sarebbe una cosa da lui. Ma anche tu potresti fare lo stesso, non saprei. Ma sì. Se torni riavrò i miei Doni, altrimenti Loki sarà punito eternamente per il furto. Perfetto. Puoi andare» sentenziò, sollevando una mano.
«Aspetta!» la bloccò il dio «Lascia che ci salutiamo!»
«Va bene, ma avete solo cinque secondi» disse lei, chiudendo la mano già sollevata in un pugno accanto al viso.
«Sul serio?»
«Cinque!» esclamò la dea, alzando enfaticamente un dito.
«Sul serio. Va bene. Hermione, sei certa di ricordare dove sono i Doni?»
«Certo che sì! Non sono sicura di dove sia la pietra, ma Harry saprà aiutarmi. Dovrò comunque riuscire a convincerlo a separarsi dal mantello, il che non sarà esattamente facile.»
«Quattro!»
«Come ti è mai venuto in mente di rubare i Doni in ogni caso?»
«I Doni erano lì e io ero annoiato. Così li ho portati sulla terra, e non sono stato deluso. Basta un cappuccio nero e subito si viene presi per la morte in persona.»
«Sei sempre il solito...»
«Tre!»
«Uh, Loki» disse Hermione abbassando la voce «Pensi che possa crearsi un problema nel caso in cui uno dei Doni non sia… intatto?»
«Ovvero?»
«Diciamo che Harry potrebbe aver… spezzato la bacchetta… e averla gettata sul fondo del lago...»
«Due!»
«Cerca di recuperarla in ogni caso, lei vuole i suoi Doni, ma non ha specificato in che stato.»
«Ma mi sembra ovvio che...»
«Nulla è ovvio in un contratto, va specificato tutto.»
«Spero che anche lei sia dello stesso avviso.»
«Uno!»
«Ma certo, Hel sa accettare una sconfitta» disse Loki, prendendo il viso della ragazza tra le mani «Andrà tutto bene, vedrai.»
«Tempo scaduto piccioncini! È ora di andare!» annunciò Hel.
I due fecero appena in tempo a scambiarsi un bacio e un «A presto» prima che la ragazza svanisse.
Hermione si ritrovò catapultata sulle scale di casa sua. Scombussolata, cadde a sedere. Grattastinchi la fissava intensamente, dondolando mollamente la coda dall’alto del muretto che circondava il giardino. La ragazza gli sorrise stancamente. Poi, il suo sguardo si fermò nel vuoto.
«Quando avrò trovato tutto, come farò a tornare indietro?»
|
Ritorna all'indice
Capitolo 11 *** Aiuto ***
Capitolo 11: Aiuto
Hermione si materializzò sull’uscio di casa Potter, barcollando appena. Si era concessa giusto un cambio d’abiti e un boccone, dato che tornando sulla terra anche l’appetito era tornato a farsi sentire, per poi catapultarsi immediatamente dall’amico, senza dar tempo al suo corpo di rimettersi in sesto.
In realtà avrebbe dato il mondo per potersi sdraiare e dormire per una settimana di fila, ma si ripeté che c’erano cose decisamente molto più importanti da fare. Fissò la porta per qualche secondo prima di bussare, chiedendosi quale sarebbe stata la reazione dei due amici, e soprattutto da quanto tempo non avevano sue notizie. La risposta non tardò ad arrivare. Sentì delle urla farsi più vicine dall’interno della casa.
«Ti dico che non sono stato io!» strillò Harry.
La serratura scattò e la porta si aprì di uno spiraglio. La voce di Ginny le arrivò alle orecchie come un ruggito «Be’, l’ultima volta che ho controllato in questa casa viviamo solo noi due, quindi escludendo me-» la ragazza si bloccò «Per la barba di Merlino… Hermione?!»
La strega stirò un sorriso, mentre Harry la fissava, sbigottito. I due si guardarono in silenzio per un momento, poi il ragazzo riprese a strillare «Si può sapere dove sei stata? Ti credevamo morta!»
«Già… uhm, io… ho bisogno del vostro aiuto. È abbastanza urgente, perciò… vi spiace se saltiamo i convenevoli?»
«Ci dispiace sì! Non so come fai a pensare che dopo essere sparita per tre mesi, tu possa piombare qui e non darci spiegazioni» continuò Harry, trascinandola per la manica, verso il salotto.
Hermione non poté far altro che dargli ragione. Fosse stata in lui, a una richiesta del genere avrebbe fatto volare i piatti, perciò si fece ricadere su una delle comode poltrone, lasciandosi scrutare silenziosamente dalla coppia.
Ginny le mise una tazza di tè bollente tra le mani.
«Grazie» bisbigliò, mentre l’altra si sedeva ansiosamente sul tavolino da caffè e Harry la fissava accigliato. Ci fu un lungo silenzio, interrotto solamente dalla strega che soffiava e sorseggiava la bevanda calda.
«Quindi?» esordì stizzito Harry.
«Shh» cercò di interferire Ginny «dalle tempo di riprendersi.»
Hermione sorseggiò brevemente ancora una volta «Mi dispiace davvero per essere sparita così, ma… è una cosa su cui ho avuto nessun controllo. Loki-»
Harry sbuffò «Ovviamente.»
La ragazza strinse le labbra brevemente, poi riprese «Loki ha fatto del suo meglio per portarmi indietro.»
«Ma come fai a fidarti di quel tizio?» disse lui, affondando le dita in un cuscino.
«Harry sono successe tante cose in questi ultimi mesi, mi sembra quasi di aver vissuto un’altra vita. Capisco che Loki possa non piacerti, ma, veramente, se non fosse stato al mio fianco sarei morta già da un pezzo.»
Così, Hermione procedette a raccontare gli eventi degli ultimi mesi ai due amici, i quali, al sentire dell’incontro della ragazza con le anime, non poterono trattenere una lacrima e un sorriso (anche Harry, nonostante stesse cercando di mantenere l’aria da nonno brontolone).
«...quindi ha sfruttato la cosa per rimandarmi qui e recuperare delle cose per suo conto» disse la ragazza, terminando il discorso «ed è qui che entrereste in gioco voi. Ho bisogno del vostro aiuto per trovare questi oggetti. Non dovrebbe essere difficile, dopotutto so… be’, sappiamo già dove si trovano.»
«Eppure» grugnì Harry «Non puoi negare che se lui non fosse mai arrivato, tutto questo non sarebbe mai successo.»
Hermione lo guardo, leggermente sorpresa. Chissà da quanti minuti stava aspettando di fare quel commento.
Ginny sembrò aver pensato la stessa cosa e, ignorandolo, chiese «Se è così facile, perché la tua faccia dice il contrario?»
Hermione spostò lo sguardo su di lei, schiarendosi la voce «Ciò che vuole sono i suoi doni… i doni della morte» disse, per poi far sparire il naso nella tazza di tè ormai quasi vuota e posando gli occhi su Harry, che comprese immediatamente.
«Il mantello…» disse, con voce cupa. Ginny si alzò e lo prese per un braccio «Torniamo subito» annunciò alla ragazza.
I due sparirono dietro ad una porta ed Hermione si portò le ginocchia al petto. Ascoltando la voce indistinta di Ginny, si disse che avrebbe accettato la situazione, qualsiasi fosse stata la risposta di Harry. Dopotutto il mantello non era di sua proprietà, e ovviamente nemmeno il ragazzo l’aveva trovato per strada, perciò non poteva avere grandi pretese.
La ragazza avvicinò un’ultima volta il tè al viso, respirando a fondo e lasciando che il profumo di limone caldo le riempisse le narici.
La conversazione sembrava non finire mai, perciò Hermione si alzò e iniziò a girovagare per il salotto, soffermandosi sulle foto che tappezzavano mobili e pareti. Sorrise guardando i vecchi strappi di giornale conservati in una grande cornice: su quei pezzi di carta c’era tutta l’intensità della loro vita ad Hogwarts. Dal punto di vista esterno, ovviamente, tutto era stato raccontato in modo molto diverso, ma era comunque un bel ricordo, era come avere un piccolo segreto, sapere dettagli inediti, che altri non avrebbero nemmeno potuto comprendere o apprezzare.
Improvvisamente i due uscirono dalla cucina, entrambi con aria mortificata e allo stesso tempo leggermente irritata. Hermione dovette trattenersi dall’esordire con un “allora?”, limitandosi a torcersi le mani dietro la schiena e aspettare con un sorriso storto. Ginny guardò brevemente Harry, il quale evitò il suo sguardo.
«Ti aiuteremo» disse Ginny «Non avresti nemmeno dovuto chiederlo, ma c’è un problema.»
Harry incrociò le braccia, beccandosi un’altra occhiata dalla strega «Harry non riesce a trovare più il mantello.»
Hermione sgranò gli occhi e il suo cuore accelerò appena, facendola arrossire in viso, ma nessuno sembrò notarlo.
«Già, chissà dove lo avrai messo.»
«No, bello, non l’ho messo da nessuna arte, l’ho sempre visto appeso nel tuo armadio e lì l’ho sempre lasciato!»
«Ma sono mesi che nemmeno io lo uso, quindi se non l’ho spostato io…»
Ginny sollevò gli occhi al cielo «Va bene, al mantello penseremo per ultimo, prima andiamo a recuperare il resto. Dacci dieci minuti e siamo pronti» disse a Hermione, la quale annuì. Speriamo bene.
Qualche minuto e una strizzata di budella più avanti i tre si ritrovarono a Hogsmeade, proprio davanti alla Testa di Porco. Entrarono in fila, avvicinandosi velocemente al bancone. Abeforth si girò «Ma guarda chi si vede! Volete bere qualcosa?»
«No, grazie, siamo di fretta» rispose Harry, facendosi più vicino all’uomo e abbassando la voce, mentre Hermione si guardava attorno. Dopo tanti anni, quel posto sembrava ancora lurido e ambiguo. È proprio vero che non si può giudicare dalle apparenze, si disse la ragazza.
«Avremmo bisogno di utilizzare il passaggio per Hogwarts, è…» Harry si interruppe per lanciare un’occhiata ad Hermione, poi continuò «…urgente.»
Abeforth gettò lo straccio sul bancone e si mise un vassoio sotto braccio, avvicinandosi ai tavoli «Andate pure, conoscete la strada» borbottò, raccogliendo dei boccali vuoti «Non fate troppi guai, mi raccomando.»
«Purtroppo quegli anni sono passati, ma grazie!» disse Ginny sbrigativa, incamminandosi verso il retro per prima.
Camminando per il passaggio, Hermione sentì lo stomaco chiudersi dall’emozione. Erano anni che non tornava nel castello, chissà com’era cambiato dopo la battaglia! Sicuramente sotto la direzione della McGranitt tutto filava liscio come l’olio e non farsi beccare a girovagare nel castello sarebbe stato sicuramente difficile. Se solo avessimo il mantello dell’invisibilità, pensò la ragazza.
I tre uscirono con un tonfo nella stanza delle necessità. Era la stessa stanza che avevano utilizzato per le esercitazioni dell’Esercito di Silente anni addietro. Ginny si avvicinò agli armadietti, nuova aggiunta alla stanza, aprendoli e infilandoci la testa dentro. Dopo qualche minuto di saccheggio e un’esclamazione soddisfatta, tornò indietro con tre mantelli ripiegati sulle braccia «Non so chi di voi abbia pensato a questi, ma avete fatto benissimo» disse, distribuendoli «Non sono come quello vero, ovviamente, ma possiamo farceli andare bene.»
Harry annuì, gettandosene uno sulle spalle «Dopotutto è notte, al massimo dovremo evitare qualche insegnante, ma per quello basterà stare immobili in un angolo.»
Ginny lo guardò «Sperando di non incontrare Gazza o Mrs. Purr.»
«Ancora me li sogno di notte» rabbrividì il mago.
Hermione si tirò il cappuccio sugli occhi e la sua mano destra riapparì da sotto il mantello per aprire la porta «Forza, andiamo.»
Richiusero piano l’anta dietro di loro, e dopo qualche passo in avanti la porta tornò ad essere solo un muro. Hermione prese per mano attraverso il mantello sia Harry che Ginny «Dobbiamo evitare di separarci» sussurrò, ed entrambi le strinsero le dita come assenso.
Incominciarono a camminare e, con gran sorpresa di Hermione, tutti ricordavano ancora bene come muoversi tra i corridoi della scuola e le scale.
Nel loro percorso incontrarono Pix e un paio di fantasmi, che li ignorarono completamente. In uno dei corridoi, incontrarono anche un’insegnante. Stava sbadigliando e teneva il cappello leggermente calato sugli occhi. I tre non lo invidiavano affatto, dover fare giri di controllo a quell’ora non doveva essere molto divertente. Si fermarono con la schiena contro il muro, permettendogli di passare indisturbato. Poi, quando fu lontano di qualche metro, ripresero a muoversi. In quel momento, sentirono i mantelli venirgli sfilati da dosso. Se li strinsero sulle spalle, cercando di rimanere più silenziosi possibile e sperando nella sonnolenza del professore, ma sicuramente qualcosa si era visto. Hermione si girò piano, per cercare di capire con chi avevano a che fare. L’uomo si stava avvicinando lentamente. Si era allontanato il cappello dagli occhi, ma aveva puntato la bacchetta luminosa verso di loro, perciò era difficile distinguere il suo volto «Chiunque tu sia, sono certo che a quest’ora non dovresti girovagare per il castello» disse una voce conosciuta.
Hermione strinse gli occhi cercando di distinguere i tratti del suo viso, ma Ginny fu più rapida «Neville?» chiamò, sollevandosi appena il cappuccio. Neville abbassò la bacchetta, e anche gli altri due si mostrarono.
«Cosa diamine ci fate qui?» chiese con gli occhi sgranati.
«Potremmo farti la stessa domanda» disse Harry, facendo un passo avanti.
Le braccia dell’altro crollarono appena «Io ci lavoro.»
«Giusto» rispose Harry a voce bassa.
Neville storse la bocca con un sospiro «Vi ricordo che in quanto responsabile della sicurezza di questa scuola non posso lasciarvi girovagare come se niente fosse, quindi, per quanto io possa essere felice di vedervi, spero abbiate un ottimo motivo per essere qui e uno ancora migliore per cui non dovrei cacciarvi.»
I tre vennero scortati nell’ufficio del mago, che li fece accomodare su un basso divano accanto alla sua scrivania.
«Quindi?» li incitò, appoggiandosi contro la porta.
Hermione guardò i due amici, esitando. Poi raccontò ancora una volta i fatti, senza andare troppo nel dettaglio, ma cercando di sottolineare bisogno che aveva di ritrovare i doni e sperando che Neville comprendesse la situazione.
Il mago ascoltò in silenzio, grattandosi sonoramente l’ispida barba.
«Potete assicurarmi che tra un paio d’ore sarete fuori di qui e tutto rimarrà come l’avete trovato?» chiese infine.
«Assolutamente sì» rispose Hermione, ma Ginny si sentì di specificare per precauzione «Salvo imprevisti.»
Neville si passò una mano sul viso «Era esattamente ciò che non volevo sentire.»
Nota dell'autrice:
Bentornati! O meglio, bentornata a me! Scrivo questo appunto solo per scusarmi dell'enorme quantità di tempo che è passata tra un capitolo e l'altro, soprattutto negli ultimi tempi. Purtroppo gli esami di maturità incombevano e avevo a malapena tempo di dormire é.é È stata la morte dello spirito, ma ora è tutto finito, che libertà!
Tra l'altro, siamo quasi al termine di questa storia, perciò farò del mio meglio per finire di pubblicare con costanza. Anche perché ho già un'altra Lomione in pentola, e non vedo l'ora di buttarla giù *risata malefica*!
Alla prossima!
|
Ritorna all'indice
Questa storia è archiviata su: EFP /viewstory.php?sid=2675785
|