Rise of the brave tangled dragons - The Throne.

di Shin92
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Accetta il tuo destino ***
Capitolo 2: *** La principessa perduta ***
Capitolo 3: *** Il palazzo di ghiaccio ***
Capitolo 4: *** Una morte ripaga una vita ***
Capitolo 5: *** Ciò che è perso vada rivendicato ***
Capitolo 6: *** Dove si annida il male ***
Capitolo 7: *** Fuoco e sangue ***
Capitolo 8: *** Il coraggio di scegliere ***
Capitolo 9: *** La casa degli eterni ***



Capitolo 1
*** Accetta il tuo destino ***


Nessuno di noi può sfuggire al proprio destino dicono,eppure, siamo così convinti che tutte le nostre azioni siano dettate unicamente dalla nostra coscienza che diffidiamo del fatto che  possa addirittura esistere.
Ci sono persone che  nascono nobili,destinate a compiere grandi imprese, a governare saggiamente,ce ne sono altre  che  invece  nascono conquistatrici e altre ancora che  non accettano il proprio fato.
 
Continente di Andaksos Sud
 Landa dei Re 
Casata Dumbrok - sovrani dell’intero continente

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Le mani affusolate cucivano velocemente  il pesante arazzo che ritraeva la famiglia Dumbrok al completo. La stoffa si era impregnata dell’odore dell’incenso mischiato a quello del legno ardente che scoppiettava nel caminetto, aveva ormai preso possesso dell’intera stanza padronale. Lo sguardo fermo sulla giovane donna cucita sull’arazzo,sua figlia, che aveva ricamato con tanta cura lune addietro. Sospirò angosciata pensando a lei, Merida, sapeva benissimo cosa sarebbe successo nel momento in cui le avesse messo la realtà sotto gli occhi. Come spiegare a una giovane impavida come prendere le redini di un così vasto impero? Lei? Una ribelle,così tenace e agguerrita quando si trattava di vincere sfide contro gli arcieri migliori del regno.
Elinor si chiese perché  non riuscisse a incanalare tutte le sue energie verso la guida del popolo e lei stessa si diede una risposta. Uno spirito libero resta tale, anche quando cerchi di ingabbiarlo e si può provare, ma spesso le conseguenze si presentano disastrose. Ripensò all’incubo della scorsa notte con le mani tremanti,un brivido le percorse la schiena e la costrinse a voltarsi di scatto percorrendo con lo sguardo l’intera camera rendendosi conto di quanto si sentisse profondamente turbata.
Aveva sognato Merida rannicchiata sull’erba bagnata che dormiva placidamente circondata da tre sagome indistinte. La prima teneva lo sguardo basso, sembrava piangesse sommessamente mentre le sue lacrime cadevano leggere su un fiore che stringeva al petto. La seconda figura avvolta in un mantello di pelliccia d’orso, aveva la neve ai suoi piedi e sulle spalle, i suoi occhi erano rossi,come quelli dei lupi dei boschi del nord. La terza figura era in fiamme.  Sembrava non provare alcuna sofferenza e dalla sua schiena spuntavano due grandi ali da pipistrello. Terrorizzata aveva urlato, cercando di raggiungere la sua bambina. ma l’incubo era svanito prima che potesse pronunciare  il suo nome. Si era risvegliata sudata e spaventata nel letto che condivideva con Fergus Dumbrok, sovrano del continente di Andaksos.
Non aveva rivelato a nessuno del suo sogno.
Sapeva bene che dietro quell’incubo si nascondeva un presagio. Credeva che anche solo pensandoci potesse far avverare ciò che più temeva.
Si alzò barcollando dirigendosi verso la grande porta in legno, poggiò una mano su di essa e determinata prese una decisione. Avrebbe addestrato la sua primogenita alla guida del regno. Spalancò la porta e si diresse verso la sala del trono. Avanzò svelta verso di essa. Le fu rivolto il saluto degno di una regina quando entrò, annunciata dal maestro del consiglio, Ser Gullian, tutti i presenti fecero un grande inchino.
L’udienza con i Lord dei regni adiacenti stava per avere inizio e lei avrebbe assistito.
I pretendenti al trono erano tre. Tutti appartenenti a casate valorose, alleati dei Dumbrok da tantissimo tempo.
Si sedette alla destra del suo re e lanciò un’occhiata di sufficienza a tutti i presenti.
Il primo a parlare fu Lord MacGuffin. Sebbene fosse un uomo di poche parole la sua voce profonda riecheggiò autoritaria nella sala, la sua reputazione lo ergeva a lord più placido e saggio di tutti. -Maestà,mi presento al vostro cospetto perché consideriate la mia proposta. Sono qui per chiedere la mano della vostra primogenita.- Si inchinò tenendo la mano chiusa sull’impugnatura della spada.
Toccò poi a Lord MacIntosh col suo sorriso fiero e il suo aspetto selvaggio, corpo dipinto di ornamenti bellici blu e petto sempre in fuori. Un uomo alto e magro,dai denti scuri e riccioli neri. Fece un inchino,il peggiore che Elinor avesse mai visto. -Se avrò l’onore di sposare vostra figlia,avrete in cambio le mie armate, il regno diverrà una fortezza, difeso giorno e notte dai miei più valorosi guerrieri.- E infatti,il clan MacIntosh vantava una schiera di combattenti formidabili quanto selvaggi.
Parlò infine Lord Dingwall. Piccolo e dall’aspetto burbero,ma comunque uno dei più temuti e rispettati capifamiglia di tutta Andaksos. – Fondendo le nostre famiglie avrete lealtà,ricchezza,eserciti, una guida sicura al fianco della vostra prole.
 
-Vostra Grazia vorrei chiedere un consulto privato per poter decidere al meglio le sorti della futura regina. Vogliate scusarci signori. – Disse Elinor rivolgendosi al re Fergus, si alzò subito dopo dirigendosi verso la camera adiacente alla sala del trono seguita dal Re. Le guardie richiusero la porta alle loro spalle per concedere loro un momento privato.
-Elinor, so benissimo che non ritieni nessuno di loro all’altezza di Merida, ma cosa pensi che debba fare? Lasciare il trono sulle spalle di una regina completamente sola? Quanto pensi che resisterebbe?- Il re abbassò lo sguardo teso.
-Merida non sposerà mai nessuno di loro,ha diciotto anni Fergus. E quegli uomini sono perfino più vecchi di te. Nostra figlia potrebbe regnare perfettamente sotto la mia guida e i miei consigli quando tu non ci sarai più.- La regina avanzò per la camera avvicinandosi alla finestra.
-Quando io non ci sarò più,sarete attaccate da ogni latitudine Elinor! Chiunque cercherà di portar via il regno di due donne sole!- Le mani chiuse in un pugno e la fronte imperlata di sudore freddo.
-Tu non sai di cosa saremo capaci perché questo non accada! Hai idea di cosa succederebbe se il trono restasse vacante? Mia figlia è la regina! – Elinor diventò rossa in viso e pronunciò l’ultima frase scandendo per bene le parole.
-I primi nemici da affrontare, se rifiuti il matrimonio oggi, saranno proprio i tre Lord che abbiamo ospitato qui. Come pensi di respingere un’orda di selvaggi e gli eserciti che hanno già pronti?- A queste parole dovette arrendersi. Non c’era modo di evitare uno scontro fra i pretendenti e la famiglia reale, un matrimonio sarebbe stato un simbolo di pace e alleanza,ma avrebbe strappato il potere dalle mani di sua figlia.
-Elinor,sappiamo entrambi che nostra figlia non ne vuol sapere di essere l’erede al trono, che non vuole sposarsi e che non accetterà mai questa vita. Ti batti così tanto perché sei tu a non voler cedere il potere, mia regina. Ma il momento è arrivato. Fattene una ragione. – Sentenziò aprendo la porta e dirigendosi verso la sala del trono.
In un impeto di rabbia Elinor scaraventò a terra tutto ciò che era presente nella camera, sedie, tavoli, candelabri. Stava perdendo il controllo di qualsiasi cosa.
 
Le nozze sarebbero state celebrate il giorno seguente, fu scelto Lord MacGuffin poiché il più saggio e autoritario dei tre, avrebbe guidato il regno verso un cammino sereno e pacifico,o almeno così si sperava.
-Non ci posso credere!!! AVETE ORGANIZZATO TUTTO SENZA IL MIO CONSENSO?!?-
-Non alzare la voce, te ne avevo già parlato. – Replicò la regina con calma mentre ordinava alle balie di lavarla, indicando loro gli abiti che avrebbe dovuto indossare.
-IO TI ODIO! Non ti importa nulla di me! Non hai pensato minimamente a come avrei potuto sentirmi io?!? NON LO SPOSERO’ MAI!- La giovane dai lunghi capelli ricci e rossi come il sole al tramonto, batté i pugni sul tavolo con una tale forza da far cadere sul pavimento tutto quello che vi era sopra.
-Lamentati quanto vuoi Merida, il re ha preso la sua decisione e per quanto sia contraria, né io né tu possiamo far nulla al riguardo. E adesso datti una sistemata. Devi sembrare una donna.-
Uscì dalla stanza con un groppo in gola. Anche se sapeva di non essere odiata udire quelle parole era stato tremendamente spiacevole, poteva capire la rabbia della ragazza ma non avevano scelta. I suoi Dei avrebbero protetto sua figlia, ne era sicura.
-Come hanno potuto farmi questo …? – Immersa nella vasca d’acqua calda non poté fare a meno di piangere tutte le sue lacrime. Con gli occhi gonfi e le guance rosse, fra il pianto e il vapore, maledisse il giorno della sua nascita, avrebbe voluto scappare lontano, magari verso Berk, nell’antica terra dei draghi estinti, oppure nel regno dei lupi del nord.
La balia la chiamò per asciugarla,uscì dall’acqua avvolgendosi nella calda coperta che le porgeva la donna. Si asciugò le lacrime e si guardò allo specchio. Lo sguardo vacuo e triste. Allora Balia Esha le tirò su il mento. – Io ti ho fatta nascere piccola mia, non c’è nessuna ragazza in gamba come te e sarai una grande sovrana. Guardati. – Fece scivolare la coperta scoprendo il suo corpo. -Sei una donna ormai, sei pronta per appartenere un uomo che farà di te una madre meravigliosa e una moglie devota.- Merida osservò allo specchio la sua immagine riflessa. Lei non vedeva altro che ginocchia sbucciate per le arrampicate sulle cascate rocciose, i calli alle mani per aver praticato l’arco per anni.  – Non sarò mai una proprietà di nessun uomo. Io appartengo a me stessa. – Giurò guardandosi negli occhi come non aveva mai fatto prima.



[Chi conosce "Il trono di spade" si accorgerà sicuramente dell'inserimento di alcuni suoi elementi,molti,è che il quartetto lo vedo benissimo nei panni dei pretendenti al trono. Non voglio annoiarvi comunque. Spero che questa storia venga seguita e recensita,ho bisogno dei vostri consigli per migliorarmi. Alla prossima. Shin.]

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Capitolo 2
*** La principessa perduta ***


 
 
Andaksos Est.
Regno delle lanterne sacre.
 
-Mio signore,a quanto pare, la primogenita del Re Fergus Dumbrok salirà al trono a breve … - Una donna dai capelli castani e gli occhi verdi come i boschi d’estate,tipici della famiglia Wine,si era rivolta a suo marito,Lord del regno delle lanterne,che per tutta risposta aveva sospirato malinconico.
-L’unica vera regina di Andaksos è nostra figlia. – Rivolse uno sguardo al popolo, indaffarato coi preparativi della festa,tutto il paese avrebbe brindato alla principessa,ovunque essa fosse finita.
-Nostra figlia potrebbe essere già morta da così tanto tempo ormai,ha importanza? –
La donna parlò in modo freddo, contenuto.
-Gli Dei ci hanno condannati a vivere nella dannazione dell’ignoto destino della nostra creatura,non avremo pace né in questa vita né nell’altra. Eppure ancora li celebriamo lasciando volare milioni di lanterne sacre ogni notte dell’ultimo giorno dell’ anno. – Disse l’uomo dalla barba a punta, con tanto rancore.
-Non offendere gli Dei, Lord Igor Grimm. – Pregò la donna chiudendo gli occhi.
- E tu smettila di pregarli ai piedi del mio letto Lady Catelyn Wine. – Le sussurrò all’orecchio prima di andarsene lasciandola sola.
 
Andaksos Ovest
Oltre le montagne spaccate.
Torre dell’aquila.

 
 Una ragazza dai capelli lunghi circa cento braccia, somiglianti a oro puro filato, osservò dall’unica finestra della sua umile dimora, la lunga distesa di boschi sottostante. Luci rosse si avvicinavano,l’eco lontana di grida di battaglia.
Il desiderio di lasciare quel posto,di scappare lontano da Gothel,la sua carceriera,ardeva dentro di lei,come il fuoco che scoppiettava nel camino, consumando il legno e lasciandone solamente cenere,così, si sarebbe ridotta lei, se avesse continuato a provare quel desiderio irrefrenabile senza soddisfarlo. Ma sapeva che adesso sarebbe successo qualcosa. Aveva progettato di scappare. Quando gli uomini del nord avrebbero attaccato, lei sarebbe scappata, lasciando quella donna per sempre. Si allontanò dalla finestra sentendo le voci farsi sempre più udibili e nitide.
Le prime frecce infuocate furono scoccate verso la torre. Ne seguirono altre.
Gothel sapeva che l’avrebbero trovata,che i lupi del nord avrebbero stretto alleanza con Lord Vladimir Draculia e che avrebbero invaso la torre. Al Lord serviva un posto sicuro per sua figlia Mavis,ora che era stata colpita da quella strana malattia e Torre dell’aquila era il posto perfetto. Si erano presentati con lance,forconi,spade e frecce infuocate pur di mandarle via.
-Muoviti Rapunzel! Prendi tutto e esci dal retro!!! – Lei obbedì,raccolse il mantello e la borsa e aprì la botola. Gothel si voltò a guardarla. – Aspettami nel bosco,arriverò presto.-
La ragazza si lanciò di corsa giù per i centinaia di gradini che la separavano dall’uscita,i lunghi capelli intrecciati per evitare che la intralciassero.
Uscì dalla porta a fatica,cercando di scostare l’edera che le si era impigliata fra le caviglie,tra i capelli. Cadde a terra cercando di strappare le erbacce con le mani,si liberò dopo qualche minuto,riuscì a rimettersi in piedi e raccolse la borsa di cuoio ansimando,fece per voltarsi quando si sentì afferrare per la treccia.
-AHHH!!!- Urlò mentre una mano le tappava la bocca. Si voltò verso quell’ombra. Gothel.
Nel frattempo la stessa Gothel si affacciò alla finestra. Alzò le mani in segno di resa e avvolgendosi nel mantello scomparve.
Nessuno  poteva immaginare, che quella strega avrebbe lasciato la sua dimora tanto facilmente. Ordinò di cercarla.
-A quanto pare si è arresa,la festa è già finita. –
Un giovane uomo,esile ,sui vent’anni, in sella ad un destriero bianco come la neve,come anche  i suoi capelli,ordinò agli enormi lupi bianchi di ritirarsi,e agli uomini di ritornare all’accampamento.
Lord Vladimir fece una smorfia di dissenso. – Perdonatemi Lord Jackson Frost dei lupi bianchi, per il disturbo. A presto. –
Jack Frost tirò le redini del suo destriero e cavalcò versò l’accampamento. Erano in viaggio da troppo tempo e l’indomani avrebbero ripreso la via del ritorno verso Il regno dei ghiacciai.
Rapunzel fu trascinata verso dei cavalli, nascosti nel bosco,poco oltre la torre.  Gothel le legò le mani con una fune, perché non provasse a fuggire e la issò in sella. Un fremito di rabbia e disperazione pervase la ragazza dai capelli d’oro,l’unica cosa che riusciva a provare era frustrazione.  Si sentì inutile.
Cavalcarono nella notte per ore,correvano verso la costa.
-DOVE STIAMO ANDANDO?!?- Urlò la ragazza aggrappata alla criniera del cavallo,i capelli pesanti e intrecciati che  le ricadevano sulle spalle si erano ormai riempiti di foglie e rametti.
-A PORT HAMMELL, SALPIAMO VERSO BERK!!!- Mai un’idea le sembrò più assurda.
-COSA?!? MA SEI IMPAZZITA? CI INFILZERANNO ANCOR PRIMA DI METTERE PIEDE SULLA TERRAFERMA!- 
-FA SILENZIO PUNZ!!! – Ormai Gothel non era altro che una macchia scura fra gli alberi,se i loro cavalli non fossero stati legati l’avrebbe persa nel bosco.
Viaggiarono ininterrottamente,fermandosi soltanto per mangiare un tocco di pane e dormire qualche ora. Arrivò il giorno e prima di poter vedere  spuntare il porto in lontananza era già all’imbrunire. Port Hammell si trovava nella città libera di Kant,era un posto caotico e sempre pieno di persone,merci e commercianti di ogni tipo vi erano sia sulla terraferma che in mare. Il mercato marittimo andava benissimo in quelle zone.
Rapunzel era stremata. Gothel le tirò su il cappuccio nascondendole per bene i capelli e legò i loro polsi insieme. – Non fare giochetti Rapunzel, un solo passo falso e non hai idea di cosa succederà! -
Annuì svogliatamente e la seguì verso la fila. C’erano tantissime persone che si accingevano a salire sulla nave,tutti rigorosamente con i capelli intrecciati,rossi o biondi. Alcuni avevano segni neri sulla faccia,altri erano enormi e sembravano molto forti.
-Gothel,non abbiamo soldi,come hai intenzione di salire su questa nave?- Aveva sussurrato nell’orecchio della strega riccioluta che,in tutta risposta,aveva fatto segno ad un uomo alto e dal nobile vestiario. Gli si era avvicinata stringendo le redini dei cavalli. –Ehy, possiamo venderteli? Sono purosangue,delle terre dei Valar,i cavalli più veloci e resistenti di Andaksos. – L’uomo aveva lanciato uno sguardo agli animali e poi si era rivolto a lei. –Uh,posso darti cinquanta monete d’oro per quelli. – Si alzò in piedi scrutandola. La strega non accettò. – Voglio di più. Sono i destrieri migliori della terra di mezzo e non ne troveresti altri nemmeno oltre il profondo abisso. Neanche il Re in persona li possiede. – A quel punto l’uomo la guardò in modo truce  e Rapunzel pensò che avrebbe estratto una qualche arma e avrebbe ammazzato entrambe,invece non fece altro che tirar fuori un sacchetto che lanciò a Gothel. – Sono 100  monete d’oro e una gemma verde . E adesso dammi i cavalli e sparisci.- Cedette gli animali e con la giovane al seguito si diresse verso la nave che si preparava a partire. Nascose il sacchetto sotto il mantello,legato alla cintura. – Con 20 monete riusciremo a pagarci il viaggio.- Pagarono la guardia che le fece passare, senza neanche rivolgergli uno sguardo. Trovarono un posto a sedere lontano da sguardi indiscreti e mangiarono pane secco e  uva.
-Rapunzel, Berk è  un grande arcipelago,perciò stammi vicina e non fare sciocchezze. –
-Dimmi perché hai scelto Berk! Mi stai portando in un altro continente,a Norvalar! voglio almeno sapere perché!  Lì ci sono soltanto i barbari! Siamo circondati dal mare per una metà e dalle terre infestate dall’altra.- Sbottò Rapunzel seccata.
- Ascoltami bene,si dice che Stoik l’immenso,abbia fatto setacciare  le miniere  oltre la gola dei draghi. Come sai,nessuno si era mai spinto fin laggiù.-
-Vuoi dire che sono riusciti a passare il mare nero? –
-Esatto. E al suo ritorno, aveva fra le mani tre uova di drago. –
-Ma che stai dicendo? –
-Ovviamente, sono parte della pietra da cui sono state estratte oramai. Però si dice che  valgano tantissimo,e io voglio rubarle, le venderemo ai grandi mercanti delle città orientali e compreremo un esercito che guideremo contro il regno delle lanterne,dopodiché avanzeremo per la conquista del trono.- Rapunzel si voltò a guardare il mare,ormai le stelle splendevano nella notte scura e la nave salpava verso Berk. L’aria fredda che soffiava dal mare le congelava le mani,si strinse nel mantello appoggiandosi al legno massiccio e facendosi cullare dalle onde si addormentò.







 
(Ecco il secondo capitolo,aggiornerò velocemente o ci proverò comunque,intanto fatemi sapere come credete che si evolverà la storia e recensite,a presto! Shin.)

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Capitolo 3
*** Il palazzo di ghiaccio ***


Mare Orientale del continente di Norvalar
 
Quanto tempo era trascorso da quando la nave aveva lasciato Port Hammell, diretta verso le isole di Berk? Ormai, neanche se lo ricordava Rapunzel. Era sicura di aver visto sorgere il sole,ad Est,circa tre volte. Poi, aveva cominciato a soffrire il mal di mare e a quel punto, tener conto delle ore che passavano inesorabili, era diventato uno sforzo dal quale preferì sottrarsi. Aveva vomitato, fino a disidratarsi ma l’acqua scarseggiava a bordo, per cui, nessuno fu così generoso da cederne un po per idratarla. Gothel, aveva raccolto dell’acqua piovana la notte scorsa, purtroppo però, il secchio si era rovesciato ad un’oscillazione violenta, l’acqua che aveva recuperato dalle assi del ponte di legno  la impiegò imbevendo una pezza,cercando di fargliela  assorbire,  la sistemò poi sulla fronte bollente della ragazza. La febbre la stava bruciando viva. Il colore dei suoi capelli era smorto e mai come in quel momento, la strega ebbe paura di perdere il suo fiore. Non avrebbe permesso neanche alla morte di separarla dalla sua principessa.
 Più si avvicinavano alla destinazione ,più l’aria si raffreddava terribilmente e allo scoccare di ogni ora ,il vento gelido, che soffiava da chissà dove ,sembrava una lama affilata sui loro volti arrossati,secchi e ruvidi a causa della sete.
A Rapunzel era capitato di perdere conoscenza,la vista le si era improvvisamente annebbiata,tutto ciò che vi era dinanzi agli occhi era stato come risucchiato da un buco nero che andava stringendosi sempre di più,inghiottendo le immagini e i suoni,come un serpente che manda giù un topo tutto intero. Proprio così si sentiva in quel momento la principessa perduta,un topo agonizzante. La pelle le bruciava come se la fiamma la stesse divorando lentamente,il mal di testa ormai era perenne e non riusciva neanche a tenere gli occhi aperti,non si reggeva sulle proprie gambe e le ossa erano doloranti in tutto il corpo. Senza cibo né acqua,quante probabilità aveva di salvarsi?
In preda al delirio,durante la notte, aveva spalancato gli occhi verso il cielo,respirando affannosamente. Distesa sul ponte della nave,inerme come un animale abbandonato, aveva visto le stelle,ma la loro luce era molto più intensa,molto più forte. Vide il volto di sua madre sorriderle,sentì la voce calda e profonda del padre che la confortava,poi Eugene,il suo amato,il ladruncolo più astuto e bello dell’intero regno delle lanterne. Colui per cui avrebbe fatto qualunque cosa,pensò che semmai si fosse sposata,avrebbe scelto lui. Gli occhi le si erano riempiti di lacrime mentre singhiozzando farfugliava parole incomprensibili, rimpiangeva tutta la vita che non aveva vissuto,prigioniera di quella maledetta strega da ormai quattro anni,pensò al primo bacio che non aveva mai dato a Eugene,all’ultimo abbraccio che non aveva potuto dare ai suoi genitori. Alla regina che non sarebbe mai diventata. Sentì la vita abbandonarla. Stava morendo. Lei moriva e le persone che aveva amato così tanto non erano lì con lei,non aveva detto loro addio.
Sentì le braccia di Gothel stringersi intorno alle sue spalle. Urlava,forse piangeva,chiedeva aiuto. Non era chiaro,ormai era tutto un miscuglio di suoni ovattati e immagini confuse. Pregò perché il suo trapasso fosse breve.
Sentì uno scossone,persone che si accavallavano,Gothel continuava ad urlare  a stringerla a se,le teneva le mani sulla testa. Come aveva potuto pensare che piangesse la sua scomparsa? Senza i suoi capelli,quella strega non avrebbe conservato la sua giovinezza,la sua stessa vita dipendeva da quella chioma d’oro,anche se ormai d’oro non era rimasto molto. Alcune ciocche erano diventate scure,quasi castane,quelle che ancora mantenevano un colore chiaro andavano sbiadendo man mano che il tempo passava. Non erano più brillanti,non c’era più luce in lei. Mai Gothel aveva visto una cosa del genere. Il terrore la pervase.
Implorò aiuto,ma la nave  aveva attraccato a Berk proprio in quel momento,ci fu un tonfo sordo,il movimento ondulatorio si arrestò di colpo per poi ricominciare a causa dei passeggeri in agitazione. Ci fu un boato di gioia da parte di tutti a bordo, a causa della fitta nebbia,la stanchezza,gli stenti,non si erano accorti di essere così vicini all’arcipelago. Ormai,non desideravano altro che scendere da quella nave infernale, rincontrare  i propri cari,rifocillarsi nelle loro dimore.
Non c’era tempo per prestare aiuto ad una giovane così gracile,esile,spacciata.
Un via vai di persone,confusione,e la loro disperazione al quale tutti sembravano sordi. Non c’era più speranza,sarebbe finita così. Si sarebbero consumate insieme,strette in quell’abbraccio mortale.
Ma successe qualcosa,qualcuno…spinse via Gothel, Rapunzel fu sollevata,la stavano trasportando da qualche parte ma non restò cosciente abbastanza da scoprire dove,perse i sensi e fu circondata solamente dal buio e dal silenzio.
 

Andaksos Nord
Il regno di ghiaccio


Un giovane uomo, dai capelli bianchi come la neve, fece capolino nel grande cortile dell’enorme castello ghiacciato ,di cui era padrone.
Le terre intorno alla costruzione si estendevano per chilometri e chilometri,coperte di neve,e tutte, appartenevano a lui. Possedeva un territorio così esteso,che nel continente di Andaksos,Jack Frost, veniva chiamato “Il Re nel Nord”. Mentre sfilava nel cortile con tutti i suoi uomini al seguito,fu accolto al castello con grande garbo e riverenza dai propri sottoposti. La servitù si affrettò a correre fuori,aiutandolo a scendere da cavallo,sistemando i destrieri all’interno delle scuderie. Quelle povere bestie,come del resto i loro cavalieri, erano stremate dal viaggio che avevano affrontato. Da Ovest,oltre la barriera delle montagne spaccate , al profondo Nord. In due settimane avevano cavalcato veloci come non mai,i destrieri candidi dalle chiome argentate erano i cavalli più lesti del continente. Ed era l’unico a possederli,o quasi. Quegli animali sembravano esseri superiori,le vecchie balie del castello insistevano dicendo che in realtà,nelle loro vene scorreva il sangue degli unicorni,ma Jack non ci aveva mai creduto. Anche se doveva ammettere che erano veramente intelligenti. Maximus era il più leggiadro e splendido di tutti gli altri. A volte sembrava capire perfettamente tutto ciò che Jack diceva,sembrava comprendere il suo stato d’animo.
Allo stesso modo furono trattati i lupi. Anche loro bianchi e dalla pelliccia folta e morbida,i loro occhi rossi luccicavano non appena si  incrociava il loro sguardo. Mai si poteva immaginare cosa stessero pensando. Le altre popolazioni morivano dalla voglia di sapere  come facesse ,un ragazzo,ad avere un branco di lupi albini del nord sotto il suo dominio,come facesse a tenerli al suo servizio. La verità, era che Jack non li aveva mai costretti a far nulla,non erano una sua proprietà né poteva fargli fare tutto ciò che desiderava. I lupi erano la sua famiglia. I signori dell’inverno vivevano in uno stato di isolamento,i popoli del nord appartenevano ai Frost. Il loro compito era quello di difendere il continente da tutto ciò che vi era oltre la barriera di ghiaccio, che faceva da sfondo al loro incredibile maniero.
Le gambe gli tremavano per la stanchezza. Fece segno con la mano a tutti i suoi uomini, che lui chiamava “Corvi” poiché vestivano rigorosamente di nero,di ritirarsi nelle proprie stanze,rifocillarsi e recuperare le forze. Affondò i piedi nella neve, facendosi strada verso il grande portone della sala d’ingresso. L’ambiente era meravigliosamente caldo e accogliente. O almeno lo sembrava. Avevano fatto un buon lavoro.
I camini erano accesi e la sala era stata preparata in modo differente dal solito. Adesso,gli arazzi sulle pareti, rappresentavano scene di vita quotidiana dei castelli invece di immense montagne innevate e laghi congelati,i tappeti rossi e arancioni avevano preso il posto di quelli bianchi di pelle d’orso,decorazioni di foglie verdi e gialle erano state sistemate lungo le rampe di scale.  Pensò che ci fosse voluto tanto perché il castello diventasse almeno abitabile. Una signora non poteva assolutamente alloggiare in un posto gelido come la sua dimora. Per questo,per l’arrivo di Lady Toothiana aveva ordinato che tutto fosse perfettamente nel suo stile. I toni dovevano essere caldi,il cibo perfetto,ma soprattutto,la stanza in cui avrebbe riposato sarebbe stata quella costruita su un’antica sorgente d’acqua calda,ciò avrebbe tenuto Toothiana al riparo dal freddo,che per lei,una figlia dell’estate,sarebbe stato insopportabile.
-Avete fatto un ottimo lavoro,amici miei. Ma adesso sarei lieto se vi occupaste di me allo stesso egregio modo…- Sorrise ai servi,aprendo le braccia,intorno a lui,i cuochi si muovevano rapidi,sfrecciavano con portate di ogni tipo fra le mani. Maiale in agrodolce, Pane al miele,zuppa di piselli fumante.
Alle sue parole due giovani donne ,accorsero slacciandogli il mantello caldo di pelliccia d’orso bruno,gli sfilarono i guanti e presero la spada per riporla nell’armeria.
Lo scortarono fino ai sotterranei bui del castello. Le torce illuminavano i gradini e man mano che si scendeva la temperatura si alzava a giudicare dal colorito delle due donne. Gli era stato preparato un bagno caldo,l’acqua era stata riscaldata con la fiamma e versata nella grande vasca di pietra al centro della stanza. Oli profumati erano stati sciolti nell’acqua,essenze di antichi odori si innalzavano nell’aria intorno a lui,entravano nelle sue narici prepotentemente e non gli dispiaceva affatto. Un profumo di menta,molto forte, si levò non appena Jiti,una delle serve, immerse nell’acqua calda un sacchetto. L’altra giovane si avvicinò a lui circondandogli i fianchi con le braccia mentre cercava di slacciare la pesante cintura. La guardò più da vicino mentre restava immobile a farsi spogliare.
-Io non ti conosco. – Affermò scrutandola. Una domanda neanche troppo celata.
-Sono Misha,mio signore,sono arrivata poco prima che voi partisse per l’ovest.- Rispose con lo sguardo basso in segno di riverenza.
-Da dove vieni Misha?- Chiese mentre si lasciava sfilare la casacca grigio scuro.-Dalla Landa dei Re,mio signore...- Ci fu un momento di esitazione,qualcosa suggerì a Jack che volesse continuare a parlare.  – Spero ti abbiano trattata bene.– Disse guardandola fisso negli occhi, che lei continuava a tener bassi ,le donne del sud non erano alte ed erano molto formose,proprio come quella che aveva davanti,i capelli le ricadevano sulle spalle,ricci e scuri.
-Tu sei gentile mio signore,tu non sei come gli altri Lord. – Sfiorò con la punta delle dita il petto nudo del ragazzo. – Sei così freddo. – Jack restò immobile ad osservarla. -Lo so. Ti ci abituerai.- Misha si morse un labbro guardando il corpo perfetto del giovane, si congedò dopo qualche secondo, inchinandosi per poi sparire al seguito di Jiti. Jack Si immerse nella vasca di pietra,lasciò che l’acqua calda avvolgesse il suo corpo,che scorresse fra i capelli… Non c’era nulla da fare.
Se anche si fosse gettato nel fuoco non avrebbe provato calore,non avrebbe potuto sentire la fiamma consumarlo e ucciderlo. Era la maledizione della sua casata. Alzò lo sguardo appoggiandosi al bordo della ruvida pietra. Un grande stemma d’ argento della loro nobile famiglia, era fissato sotto la volta del sotterraneo,raffigurava un lupo che ululava ad una luna incredibilmente grande. Un tempo quei vessilli sventolavano fuori e dentro il grande palazzo dei Re,a Sud. Vagamente ricordò alcuni momenti dei tempi lontani in cui aveva vissuto come principe di Andaksos,nella sua terra natia. Landa dei Re. Ricordava la temperatura mite di quei luoghi,i frutti maturi che raccoglieva insieme alle principesse, sue sorelle. Il mare azzurro che non aveva mai più rivisto.
Suo padre Claus Frost aveva conquistato il trono prima della sua nascita, il grande re,colui che  il popolo chiamava “Vento del Nord” era arrivato al sud  in una notte di mezza estate,a liberare  il popolo dalla tirannia dei Barbari di Norvalar. Con la sua spada ghiacciata,i suoi enormi lupi albini e i suoi potenti eserciti,aiutato dai Re oltre la barriera,aveva sbaragliato il grande impero dei vichinghi. Aveva sgozzato con un solo fendente Haddock I,chiamato “Il terribile”. Decapitò il drago scarlatto che gli era appartenuto,”Morte sussurrante” l’ultimo della specie,estinguendo totalmente quelle bestie dalla faccia della terra.
 I festeggiamenti erano durati settimane. Era  amato e regnò  per molto tempo,con onore,con rispetto per ogni creatura,anche la più inerme.
 Ma un giorno la casata Grimm di Regno delle lanterne sacre, aveva abbattuto le mura,con i suoi eserciti,con i Dumbrok di Caverne degli Orsi come alleati,avevano sterminato le loro difese,si erano impadroniti del palazzo reale e avevano ammazzato Claus Frost,così Igor Grimm aveva ottenuto il trono. Aveva solo sei anni, ma ricordava ancora il sangue in cui aveva immerso  le piccole manine. I corpi mutilati intorno a lui. Per fortuna fuggirono prima che li trovassero. Sua madre riuscì a legarli sul dorso dei lupi in tempo, perché si dirigessero  a nord della barriera. Sua sorella maggiore, Elsa, che aveva allora sette anni e Anna che ne aveva cinque,furono accuditi dai lupi e portati sani e salvi a destinazione. I suoi genitori perirono nella grande guerra del trono ,insieme a Pippa Frost. La più piccola delle figlie,aveva solo 3 anni.
I Dumbrok però non gli avevano lasciato scampo. Ordinarono a Lord Pitch Black,un potente stregone delle città libere, di scagliare una maledizione sui Frost. E così da allora ogni membro della casata avrebbe portato con se quel gelido fardello. Nessuno di loro avrebbe mai più sentito il calore del sole sulla pelle,né della fiamma,né dei mari del sud. Condannati ai margini del continente come spettri,a difendere qualsiasi cosa avesse minacciato l’equilibrio.
Gli scappò un ghigno alquanto malvagio pensando che come punizione per aver giustiziato suo padre ,Igor Grimm aveva perso la sua primogenita e abdicato lasciando il potere ai Dumbrock, guadagnandosi il soprannome di “Re in ginocchio”.
Ovunque fosse quella maledetta non gli importava,purché fosse morta. Purché il re in ginocchio,restasse tale,che perisse nella sofferenza ,senza mai sapere che fine avesse fatto sua figlia.
Fu riportato alla realtà da Jiti, che gli aveva sfiorato leggermente la spalla. –Mio signore,Lady Toothiana è qui. – Annunciò apprensiva.
-Perfetto,accoglietela nel modo migliore mentre mi rendo presentabile.- Disse mostrando una smorfia che sembrava un sorriso e congedò Jiti.

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Capitolo 4
*** Una morte ripaga una vita ***


Continente di Norvalar Oriente.
Arcipelago di Berk 


Cominciava a riacquistare conoscenza, se ne accorse dopo aver udito dei suoni intorno a lei, non aveva compreso le parole ma era sicura che fossero donne a parlare. Ricordare in che luogo si trovasse era un'impresa titanica, proprio non ne aveva idea.  La sua testa non era che un turbine di eventi sconclusionati. E cosa poteva mai essere quell'odore acre che ormai le stava pervadendo le narici prepotentemente? Stava diventando insopportabile, bruciava su per il naso come se le avessero dato fuoco, perfino gli occhi serrati le si riempirono di lacrime a causa di quell'odore, le scatenò un mal di testa terribile.
Si costrinse ad aprire gli occhi, stavolta definitivamente. Tutto era sfocato, le figure si allungavano e si contorcevano facendo assumere ai corpi forme innaturali ,come le immagini che da bambina aveva guardato nei templi sacri del suo regno, corpi umani in preda alla dannazione. Quelle figure da bambina la spaventavano, le disturbavano il sonno ed aveva sempre evitato di scendere nelle cripte degli antenati per questo motivo. Rabbrividì e mugugnò qualcosa. La luce fioca della stanza la infastidiva enormemente e dovette richiudere gli occhi ,che sentiva gonfi e brucianti.
Arricciò il naso e corrugò la fronte per poi riaprirli, ma li tenne socchiusi, il tempo di rendersi conto di cosa la circondava.
L'ambiente sembrava abbastanza caldo, tutto era in legno, noce probabilmente, non era mai stata una grande intenditrice di certe cose. Scorse su un tavolo delle ampolle, boccali, ciotole sporche in cui era stato mescolato qualche intruglio. Un aroma di erbe si levava da quell'angolo.
Lanciò uno sguardo al fuoco che scoppiettava nel camino di pietra grezza, un calderone stava sospeso su di esso tenuto da un paio di assi in ferro, all’interno  sembrava ribollire rumorosamente una zuppa. Questo le ricordò di avere fame. Si portò una mano allo stomaco che brontolò in tutta risposta. Si meravigliò nel vedere che nella stanza non vi era nessuno, eppure, a chi appartenevano le voci che aveva udito alcuni minuti prima? Tossì un paio di volte tenendosi il petto.
La stanza era così piena di gingilli, numerose bambole erano inchiodate al muro, alcune sembravano avere sembianze umane, elmi bicorni erano sistemati in modo ordinato e metodico su alcune mensole di pietra. Il fieno che ricopriva le assi di legno del suo letto era abbastanza spesso da farla star comoda ma restare a poltrire non era un’idea contemplabile.
Cercò di tirarsi su, ma proprio in quel momento la porta si spalancò, una folata di vento le scostò leggermente i capelli facendola rabbrividire. La figura in un batter d'occhio fu su di lei, le aveva afferrato il braccio violentemente e le stava facendo segno di no con la testa.
Spaventata alzò gli occhi sulla ragazza dalla pelle molto chiara e le guance che sembravano avere un colorito leggermente più roseo.
Notò con ammirazione i suoi occhi. Azzurri come i mari che d'estate splendevano sotto i raggi del sole, come il cielo che aveva osservato dalla finestra della sua prigione per anni, le sembrò che un piccolo pezzo di esso fosse lì davanti a lei in quel momento. Una treccia folta di capelli biondi come il granturco le ricadeva sulle spalle. Non aveva ancora mollato la presa salda quando si decise a parlare.
-La vecchia Chyo dice di restare a letto, Ifak.- Sentenziò irritata, con un accento strano, dovuto al fatto che non parlava la lingua comune abitualmente. Le liberò il polso e con un agile scatto saltò sul letto.
-Oh, chi sei tu? Dove mi trovo?!?- Rapunzel si gettò a terra incredula, cercando di allontanarsi il più possibile da quella persona. Raccolse i capelli e li abbracciò come fossero una coperta. Sentiva le gambe pesanti e impossibilitata ad alzarsi continuò a trascinarsi sulle mani. Si aggrappò ad uno sgabello spaventata, ferma in un angolo della stanza osservò la giovane in piedi sul letto dove prima giaceva lei inerme.
Le spalline di ferro la facevano sembrare più alta di ciò che era in realtà, le circondava la vita una cintura di piccoli teschi, di marmotte forse.
Una specie di tiara d'oro sottile le cingeva il capo, sembrava lucente e preziosa. Un ciuffo ribelle le copriva un occhio. La penombra le donava un'aria ancora più spaventosa. Una barbara senz'altro. Ma cosa stava facendo? Alzò lo sguardo sul muro dietro il capezzale. Un urlo di terrore fuggì dalle sue labbra prima che potesse trattenerlo. Si portò le mani alla testa respirando affannosamente, sentì qualcosa di viscido sotto i polpastrelli. Si pietrificò. Le dita tastavano la testa e il viso, sentiva quel liquido vischioso e caldo su tutta la faccia, si guardò le mani sporche, il liquido vermiglio che era fra i suoi capelli, era scivolato sul suo viso. Terrorizzata spalancò gli occhi guardando l'altra.
-Cosa mi avete fatto?!? Perché c'è del sangue sulla mia testa???...Questa è follia...- Cercò di strofinarsi la faccia per ripulirsi ma non ottenne che un effetto disastroso che non riuscì a vedere.
La ragazza in tutta risposta sbuffò seccata e continuò a slegare le corde di
ciò che aveva fatto paura a Rapunzel. Un capretto sgozzato, era stato tenuto fermo sopra la sua testa da alcune corde, sistemato in modo che il sangue colasse tutto su di lei.
Ora che la sua vista aveva riacquistato nitidezza poteva vedere il sangue scarlatto che aveva impregnato il letto, il pavimento, il legno.
Dove diavolo era finita? Nelle mani di quei selvaggi vichinghi che fine avrebbe fatto? Non riusciva a pensare ad altro, si tenne la fronte chiudendo gli occhi, si sentì mancare  ma la ragazza parlò di nuovo.
-Dovresti ringraziarci. La vecchia Chyo ti ha salvata appena in tempo. Stavi per essere uccisa dalla febbre, ma noi...beh, l'abbiamo evitato.- Disse indicando il capretto esanime che adesso aveva fra le braccia.
-Q-quel povero animale. . .- Cominciò Rapunzel balbettante quando l'altra la interruppe. -Solo una morte ripaga una vita – Disse in modo autoritario. Come se fosse qualcosa di scontato che regola le leggi del mondo. - Ringrazialo, se non l'avessimo sacrificato saresti a far compagnia agli Dei. - Disse in un'alzata di spalle tranquilla.
Rapunzel cercò di alzarsi invano. Cadde a terra rovinosamente trascinando pentolini e boccette, si fece pena da sola. Ancora una volta si sentì inutile. L’ultimo ricordo che aveva prima di svenire era se stessa morente a causa di una febbre. Il primo dopo il risveglio sarebbe stato lei inerme sul pavimento in balìa di altri. Come sempre, la sua vita dipendeva dalle azioni e le decisioni di qualcuno. Strinse i pugni così forte che sentì i nervi tendersi. Non fece in tempo a tornare alla realtà che un’altra folata di vento tagliente si fece largo nella stanza sorprendendola. Qualcun altro ora era dentro. Non fece in tempo a voltarsi, o forse non volle farlo. Preferì dare le spalle all’entrata. Udì dei passi, lenti e flemmatici. Sembravano timidi e introversi, un movimento che sembrava celare un’innata insicurezza.
Non volle guardare ,si aggrappò allo sgabello cercando nuovamente di alzarsi ma era così debole che ottenne solamente mancamenti nelle ginocchia, nel frattempo i passi alle sue spalle si fecero più vicini. Caduta su quelle vecchie assi di legno di quel posto spaventoso, pregò i suoi Dei che non le facessero del male. Chiuse gli occhi stringendosi in se stessa e preparandosi al peggio. Improvvisamente sentì che le veniva afferrato il braccio sinistro e con uno strattone qualcuno la stava rimettendo in piedi.
Finalmente si teneva sulle proprie gambe, le sentiva tremare sotto il suo peso, alleggerito però dalla presa forte di colui che era stato così gentile da aiutarla.
Alzò gli occhi per ringraziare, quando con sua sorpresa, si accorse che colui che la stava tenendo era un giovane uomo di bell’aspetto, non aveva più di vent’anni.
Lo guardò come se avesse riconosciuto in lui qualcuno, restò a bocca aperta per qualche secondo, gli occhi spalancati che lo fissavano senza distogliere lo sguardo, lui fece altrettanto.
-Va tutto bene, ti tengo io.- Disse annuendo in tono calmo. Rapunzel fu colpita dai suoi occhi. Così grandi e verdi come le foglie degli alberi che aveva visto crescere nel suo regno durante la lunga estate, profondi come gli abissi delle paludi che circondavano la torre dell’aquila. Mosse le labbra come per dire qualcosa ma non uscì alcun suono dalla sua bocca. Piegò le gambe leggermente per muovere qualche passo verso il letto e sedersi ma inciampò, finì per trovarsi aggrappata al petto del giovane che per fortuna la resse. Lo osservò più da vicino, il colore dei capelli folti e ramati le ricordò quello della zuppa di nocciole che le preparava sempre Gothel, pensò che incorniciassero il suo viso perfettamente, una piccola treccina spuntava dal lato destro, forse era normale da quelle parti che un maschio intrecciasse i capelli. La pelle era chiara come quella della ragazza, che in quel momento lo stava guardando truce.
Si ricompose staccandosi da lui e sedendosi sullo sgabello dietro di se, si portò una mano alla tempia massaggiandola per cercare di far sparire il mal di testa.
-Io sono Hiccup, figlio del capo tribù. Cosa posso fare per te?- Chiese tranquillo mentre si avvicinava all’altra donna. L’accento marcato come quello della ragazza. Osservandolo Rapunzel ebbe un sussulto, ormai la diffidenza era parte di lei e non l’avrebbe mai abbandonata, cosa le avrebbe fatto quell’uomo? Dov’era la sua carceriera?. –Lei è Astrid, è solo un po’ brusca, ma non è cattiva. – Disse rivolgendo uno sguardo gentile a lei che sembrava invece volesse ucciderlo.
-Io non simpatizzo con gli Ifak! – Replicò stizzita la ragazza dagli occhi di ghiaccio, rivolgendo poi a Rapunzel un’occhiata ostile. Hiccup le si avvicinò sussurrandole all’orecchio qualcosa che la principessa perduta non riuscì a capire completamente, aveva parlato la loro lingua madre, ma sembrava un ammonimento per ciò che Astrid aveva appena detto. Qualcosa del tipo “Non chiamarla straniera”. Questo l’ ammutolì, sembrava molto arrabbiata, continuava a ripetere “Graddakh”,probabilmente una specie di imprecazione, con una durezza che solo le donne del luogo erano solite mostrare. Questo era poco ma sicuro. A grandi falcate attraversò la stanza e si diresse verso Rapunzel. Le prese un braccio e se lo passò intorno alle spalle, poi le cinse la vita con l’altro e l’aiutò a reggersi.
-Grazie Astrid…- Provò a dire sottovoce sforzandosi di sorridere, ciò la rese orribilmente paurosa visto che aveva il viso imbrattato di sangue secco.
“Laurdag”- Rispose lei assente mentre la trascinava verso l’uscita laterale. Perplessa la principessa guardò Hiccup.
-Significa che devi fare il bagno.- Disse lui, scostandosi una ciocca di capelli dalla fronte. -Lei si occuperà di te fino a quando la vecchia Chyo non tornerà.- Il vichingo si voltò e fece per uscire dalla porta quando Rapunzel tentò di fermarlo con uno scatto in avanti, emise una specie di gemito, con la mano aperta protesa verso di lui.
L’unica persona che era sembrata così gentile con lei e probabilmente l’unica in tutto il territorio non poteva lasciarla sola. Aveva tante domande.
-Ho bisogno di parlarti!-Disse preoccupata mentre lui fermo sulla porta rispose senza voltarsi. –Quando ti avranno ripulita. E ti avranno riscaldata con il Bridal-ale. A presto.- Se ne andò senza darle la possibilità di dire o fare nulla.
Sull’uscio della porta, Hiccup inspirò profondamente. L’aria fredda di Berk e il clima rigido non permetteva ad anziani e bambini di stare fuori a lungo, inoltre il coprifuoco stabilito prima del tramonto aveva dato a tutti la possibilità di rintanarsi dinanzi al camino prima che i venti gelidi della notte arrivassero soffiando da nord, di conseguenza, le strade erano spesso solitarie se non fosse per gli schiamazzi e le grida di vittoria degli uomini più forti che tornavano da una battuta di caccia. Quando li guardava rientrare fieri al loro focolare, stringendo fra le grandi mani alcune lepri o portando in spalla grossi cinghiali selvatici, fremeva dal desiderio di poter gioire con loro, di sentirsi parte di qualcosa. Per anni durante l’adolescenza, aveva desiderato di poter partecipare alla cerimonia della virilità come tutti i suoi coetanei, invece che essere confinato in una fabbrica d’armi col fabbro Skaracchio. Ricordava il giorno della cerimonia dei “Nuovi uomini” come il peggiore della sua vita. Una ferita, no, uno squarcio nel suo orgoglio che non si sarebbe mai rimarginato. Gli sembrò di risentire nella sua testa le parole della vecchia Chyo. “Tutti i maschi di Berk che hanno vissuto quindici rigidi inverni, dovranno affrontare la caccia all’orso, insieme, per consolidare il gruppo ed entrare a far parte finalmente del mondo degli uomini.” Il presentimento che lo aveva attanagliato in quel momento lo sentì vivido come fosse accaduto la notte addietro. ”Dovremo, vecchia Chyo, volevi dire dovremo…” Ingenuamente aveva affermato o forse aveva chiesto. “Mi dispiace, Erìn, Stoick l’immenso non ti ha concesso di partecipare. Ti faresti uccidere. Tu non potrai mai cacciare.” La delusione l’aveva divorato come una malattia, dall’interno sentiva il calore che improvvisamente gli aveva fatto bruciare gli occhi, i denti stretti e i pugni serrati per la rabbia. Aveva odiato più se stesso o suo padre? Non seppe mai rispondersi.
Ricordava di aver trascorso l’intera notte a lanciare un’ascia contro un albero.
Come faceva Astrid quando era arrabbiata. Solo che lei riusciva perlomeno a piantarla a fondo.
Le grida di alcuni bambini che accoglievano il capofamiglia ritornato a casa dalla battuta di caccia lo riportarono alla realtà. Richiuse quel maledetto ricordo nei meandri delle sue memorie e proseguì per la sua strada.
  Attraversò il sentiero congelato che faceva da collegamento a tutte le costruzioni del villaggio.
Una piccola stradina che era sempre percorribile quando la neve imponeva a tutti di restare al chiuso e impediva il passaggio per le vie principali.
Doveva tornare a casa, non che avesse altro da fare. Niente amici, solo lavoro da manovale nell’armeria. Perché questo gli era stato riservato. Il fato aveva donato ai suoi antenati il coraggio, la forza, la saggezza. Probabilmente quando lui era venuto al mondo non era rimasto più niente da dare a nessuno. Era così che Hiccup vedeva le cose nella sua famiglia.
La considerazione che avevano di lui a Berk era già abbastanza pessima senza dover peggiorare le cose ulteriormente.
Sarebbe dovuto essere il futuro Capo Tribù.
Un futuro condottiero al quale era stato impedito di diventare un uomo.
Che non riusciva combattere come gli altri giovani forti e possenti.
Lui, che esile com’era non brillava in battaglia.
 Colui che tutti gli uomini odiavano, perché non era giusto. Il suo diritto di nascita faceva di lui un leader quando altri ,dalle maggiori qualità, avrebbero fatto grandi cose rispetto a lui, che non avrebbe mai e poi mai retto il confronto con Stoick l’immenso.
Il Re derubato del trono che portò in salvo il suo popolo dalla distruzione e dal terrore seminato da Claus Frost, colui che aveva salvato tante vite quando i lupi del nord tentarono di assassinare donne e bambini vichinghi a Landa dei Re.
Stoick l’immenso che aveva regnato a Berk amando il suo popolo e proteggendolo come non aveva mai fatto Haddock I, Il terribile.
Questo aveva portato l’intera Berk a desiderare che Stoick divenisse “Il re Immortale” e che il suo povero figlio inutile perisse il prima possibile.
Avere alle calcagna un’orda inferocita di vichinghi che desiderano la tua morte non è il massimo.
Chi era Hiccup in confronto ai suoi avi? Un perdente. Un diverso.
Sovrappensiero svoltò verso l’armeria.
Dove era cresciuto insieme a Skaracchio, il mastro fabbro che considerava la sua famiglia. Gli aveva insegnato come creare qualsiasi cosa, si era costruito addirittura una mano intercambiabile, persa in battaglia anni fa, e una protesi per il moncherino.
Lanciò uno sguardo seccato alla costruzione mentre si reggeva alla rampa di scale di legno cercando con tutte le sue forze di non affondare nella candida neve. Che cosa umiliante sarebbe stata.
Un frusciare alle sue spalle lo costrinse a voltarsi di scatto. Il suo sguardo si perse fra l’immensità di conifere innevate e oscure dinanzi a se. Qualcuno lo stava osservando. Se lo sentiva. Qualcosa si stava celando fra le ombre, e le cose che si nascondono non sono mai positive.
Respirò scrutando il buio, le torce di fuoco che illuminavano i viali non erano in grado di far luce in quel punto nella boscaglia.
Soffiò aria calda che lasciò le sue labbra mescolandosi a quella fredda dell’esterno generando una nuvola simile al fumo. Strinse gli occhi e si voltò verso la porta.  
Una voce alle sue spalle lo fece sussultare.
-Principe!- Udì forte e chiaro. Piantò i piedi a terra per riuscire a stare in piedi e non scivolare sul ghiaccio.
Una donna sulla quarantina dalla folta chioma corvina lo stava guardando con astio, avvolta nel suo mantello scuro, sembrava quasi confondersi con la notte.
Una mano nascosta dietro la schiena e gli occhi che brillavano di una luce inquietante.
Gothel. La donna che aveva viaggiato per mare con quella ragazza dai capelli dorati. Nulla sapeva di lei. A parte il fatto che praticasse la magia.
- Tu non avrai la mia Rapunzel. Mai.-
Pronunciò le parole in modo che fossero ben udibili, con una sorda cattiveria che fece rabbrividire Hiccup più del clima gelido.
-Perché dovrei volerla? - Rispose reggendo il confronto di sguardi mentre una mano scorreva lesta sul pugnale che portava legato alla cintura.
Allora lei mostrò la mano nascosta. Un vento tagliente cominciò a soffiare violento come se fosse stato scatenato da qualcosa.
Reggeva una piccola torcia, le fiammelle danzavano cercando di proteggersi dal nemico freddo che provava a spegnerle.
Allora la strega spalancò gli occhi che divennero improvvisamente vitrei e bianchi. La pelle si consumò, rattrappita e marcia, mentre spalancava la bocca che non era altro che un buco nero profondo.
Un urlo acuto si mescolò all’ululare del vento, che soffiò più forte contro la torcia che teneva alzata difronte a se.
Le fiamme resistevano sotto i colpi del vento del nord e sembravano lottare per non estinguersi.
-NESSUNO POTRA’ MAI PORTARMI VIA IL MIO SOLE!!! –
L’urlo disperato della donna si espanse nell’ambiente circostante tuonando come il cielo arrabbiato.
Hiccup cadde all’indietro colpito da un’onda d’urto che lo fece sbattere contro la porta dell’armeria, sentì l’acciaio dell'armatura sbattere sulle assi di legno pesantemente. Quando riaprì gli occhi a fatica ,non vi era più nulla dinanzi a se. Soltanto la neve e il buio. E quella visione orribile del viso deformato di Gothel che ancora si faceva largo nella sua mente…
 
 
Andaksos Sud
Landa dei Re
 
Aveva stretto le mani intorno alla lama così forte che le si era conficcata nella carne.
Rivoli di sangue scivolavano lungo le dita affusolate gocciolando sull’erba ai suoi piedi. I profondi tagli sui palmi delle mani bruciavano e dolevano, certo, ma non più del suo cuore. Ferma ,dinanzi all’acqua che scorreva rapida, osservò il suo riflesso nello specchio d'acqua torbida, la chioma rossa e riccia risplendeva  sotto i raggi del tramonto donandole una lieve sfumatura d'arancione fra le ciocche. L'abito nuziale ancora indosso. Le era stato messo a forza, la prova prima del fatidico giorno, doveva essere perfetto, come voleva sua madre. Non aveva resistito Merida, che alla prima occasione era scappata via in preda ad una crisi di pianto insopportabile. Una rabbia accecante e una distruttiva ostilità si erano impadronite della sua mente fino a costringerla a farsi del male. Se solo avesse potuto concentrare tutta quella frustrazione verso qualcuno avrebbe decapitato i suoi genitori. Mai nella sua vita Merida aveva odiato così ardentemente , si sentì avvolgere in una fredda morsa fatta di buio e inquietudine.
Quella non era lei. Non poteva essere una sposa, una moglie. Non assomigliava minimamente a una Lady, figuriamoci se mai un giorno sarebbe stata una madre. Quale cattiva stella stava guidando la fanciulla verso una così amara sorte?
Cosa sarebbe diventata se costretta a sposare un uomo che non amava? Quale vita infelice l'attendeva? Viscide mani l'avrebbero presa fra delle gelide lenzuola in una notte senza luna, rubandole la sua virtù e la sua anima per sempre. Avrebbe generato figli che non sarebbe stata in grado di amare. Avrebbe guardato gli anni trascorrere appoggiata ad una finestra, avvizzendo come un vegetale che non ha potuto far altro che subire le intemperie senza possibilità di riparo.
In un lampo le attraversò la mente un'idea raccapricciante, se lei fosse morta in quel   momento, pura e intoccabile, sarebbe stato tutto più semplice.
Spinse la punta del piede verso l’acqua del torrente.
Il cielo si era ormai dipinto di un colore violaceo, il rosso del tramonto aveva incontrato il blu dell'imbrunire, abbracciandosi contro le porte della notte che di lì a poco avrebbe inghiottito entrambi.
Mentre la prima stella della sera faceva capolino con il suo bagliore luminoso, un piccolo fuoco azzurro che distante chissà quante milioni di miglia la stava guardando da lassù. La implorava di non commettere un errore. Un gesto estremo.
L’occhio di fuoco sembrava che le stesse parlando.
“Non farlo”
Sentì un fremito e i suoi occhi spenti e cupi si riaccesero in una luce diversa. Folle.
Indietreggiò verso Angus, il nobile destriero dal manto nero e lucido. Il suo più grande amico. Gli accarezzò il muso dolcemente per poi salire in sella e cavalcare verso il castello, la notte che come un mostro fatto d’ombra la seguiva divorando la luce. Divorando il suo cuore.
 
Il sole sorse puntuale come sempre.
Il regno in festa si era riunito nel cortile del castello per festeggiare le nozze della principessa, per augurare figli maschi ai futuri eredi al trono del continente.
Nell’ingresso principale Elinor stava attenta che le balie non stropicciassero l’abito nuziale della sua primogenita.
-Per colpa dei tuoi capricci abbiamo dovuto rimandare il matrimonio di quasi due settimane. Lord MacGuffin è impaziente di prenderti in moglie Merida. Ti adora. E tu dovrai dimostrare d’essere obbediente e devota. –
Annunciò camminando su e giù per la stanza ansiosa come non era mai stata.
-Adora il trono madre, non me. E se credi che mi mostrerò obbediente verso un traditore, destati dal sogno! – Rispose acida la rossa riccioluta.
- Il tradimento di Lord MacGuffin verso Haddock “Il terribile” ci ha aiutati a conquistare il trono Merida! Non parlarmi in quel modo! - Replicò la regina Elinor infastidita.
-Aveva già architettato il suo piano allora. Un traditore resta tale. O devo forse ricordarti io di come quell’uomo tirò fuori da sotto il letto la principessina Pippa Frost terrorizzata, ammazzandola senza pietà?- Incalzò la ragazza determinata.
La regina urlò arrabbiata come non mai. –ADESSO BASTA MERIDA! STAI OLTREPASSANDO IL LIMITE!-
A quel punto la rossa scese dal piedistallo e si diresse verso sua madre, faccia a faccia la sfidò.
-Dimmi madre, ricordi i suoi occhi? L’hai guardata bene prima di dare l’ordine?-
Un sonoro schiaffo echeggiò nella stanza e fece indietreggiare Merida di qualche passo tenendosi la guancia dolorante. Elinor aveva lo sguardo deluso e frustrato. Ostili emozioni comparivano sul suo volto deformandolo. Le labbra serrate e un sussurro:  -Tu non sai niente ragazzina. –
Si voltò e uscì velocemente dalla stanza sbattendo la porta così folte che i cardini cigolarono e pezzetti di legno caddero dal soffitto.
 
Non ci fu il tempo di pensare. Le balie la trascinarono fino alla porta. Le sistemarono lo strascico, le infilarono corolle di fiori fra i capelli e le asciugarono le lacrime.
-Non piangere bambina mia.- Sussurrò Esha sfiorandole la guancia con un dito. Con la delicatezza di una madre.
La guardò in viso per un istante, non disse altro, il suo sguardo aveva parlato, delusione e rammarico apparirono sul suo volto scuro prima di abbassare gli occhi e aprire la porta. Quando l’ebbe spalancata la luce inondò l’ingresso.
 
Merida trattenne le lacrime ricacciandole indietro, il magone si fece doloroso ma assunse una posizione eretta e alzò la testa.
Dinanzi a lei, il cortile del palazzo era addobbato e in festa, l’alta società era lì, pronta ad assistere all’evento.
I lord delle casate del Sud avevano impennato i propri cavalli e avevano portato a corte le loro famiglie. Regali d’ogni genere erano stati sistemati sui tavoli che circondavano il perimetro del cortile.
Rose bianche e tulipani ornavano le mura di pietra del castello e lunghi tappeti candidi erano stati stesi sul pavimento di pietra.
Un boato di urla e schiamazzi assordante investì i poveri timpani della sposa che fu annunciata da un’intera orchestra che l’accolse, la folla urlava e applaudiva.
Restò immobile sulla soglia stringendo il mazzo di fiori fra le mani, strangolandolo come fosse la gola di coloro che le stavano spezzando le ali della libertà per sempre.
Il frastuono non la distrasse, per cui cominciò ad avanzare decisa verso l’altare, bellissima nel suo abito bianco e i capelli raccolti, ornati dai fiori di campo più belli mai visti.
Bellissima con gli occhi acquamarina che risplendevano a causa delle lacrime.
Re Fergus la raggiunse servendole il braccio destro.
Tutto ad un tratto le sembrò invecchiato, aveva gli occhi scuri e cupi mentre l’accompagnava verso quell’uomo, quello sconosciuto che se ne stava lì in piedi ad attenderla.
La lasciò fra le mani di quella persona che la guardava austero come se gli appartenesse il mondo intero.
Stringeva una mano sull’impugnatura della spada mentre con l’altra prendeva quella morbida di lei e la baciava avidamente.
Merida provò un tale ribrezzo che si sentì mancare. Avrebbe vomitato se non fosse stata tanto concentrata.
Il sacerdote dal volto scarno e rattrappito aprì un antico libro sacro.
-Prima di cominciare la cerimonia siete pregati di dissetarvi dallo stesso calice.- Chiese indicando il bicchiere d’oro colmo di vino rosso che era stato sistemato dinanzi ad una cornucopia stracolma di frutti, segno di prosperità e fertilità.
Un buon auspicio che sistemava la madre della sposa sull’altare.
Elinor intanto osservava il tutto dal suo trono sedendo alla destra di Re Fergus.
Lo sguardo distaccato e inespressivo.
Guardò negli occhi l’uomo e prima di pronunciare il giuramento, Merida fece per porgergli il calice di cristallo, ma il mazzo di fiori che stringeva si rovesciò su di esso.
Lo agitò leggermente prima di raccoglierlo imbarazzata. Il sacerdote la guardò torvo e non osò voltarsi verso sua madre.
La folla sussurrò qualcosa. Lord MacGuffin alzò gli occhi al cielo irritato mentre lei raccoglieva il calice d’oro senza spostarvi il bouquet che agitò per bene, poi lo sollevò dinanzi al viso dello sposo -Bevi mio amato, bevi, e sarò tua per l’eternità.-
Un ghigno crudele apparve sul viso truce lui che bevve senza esitazione.
Trascorse un minuto circa. Sembrò un’eternità.
Un fiotto di sangue spruzzò dalle labbra di Lord MacGuffin, gli occhi si riempirono di lacrime scarlatte mentre due grosse occhiaie nere solcavano il suo viso.
La principessa ribelle osservava immobile.
Non avrebbe avuto pietà per nessuno.
Merida non era una Lady.
Non era una moglie.
Non era una madre.
Merida era un’assassina.
“Solo una morte ripaga una vita… ”

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Capitolo 5
*** Ciò che è perso vada rivendicato ***


Andaksos Sud
Landa dei Re
 

Il caos si era impadronito della folla. Le donne urlavano e piangevano enfatizzando i lamenti e la disperazione.

Ai bambini furono coperti gli occhi e furono portati via. Re Fergus osservava la confusione dinanzi a se con la bocca spalancata. Il cadavere di Lord McGuffin,ancora caldo,se ne stava accasciato sul pavimento,ai piedi di Merida che finse uno sguardo terrificato.
Elinor non si mosse. Non mostrò alcun segno di paura o sorpresa. Come se avesse saputo da sempre cosa sarebbe accaduto. Merida fece guizzare per un secondo le pupille verso di lei. Sembrava gelidamente furiosa. Fu un fugace momento,eppure Elinor fece in tempo a raccogliere lo sguardo furtivo della ragazza.
A quel punto Merida distolse lo sguardo da lei e indietreggiò per evitare che il sangue macchiasse le sue scarpe. Nacque dentro di lei un barlume di senso di colpa. “Cosa ho fatto?”
Ma sparì immediatamente. Lei aveva il diritto di proteggere se stessa e la sua vita.
La regina si alzò in piedi e inspirò profondamente. Urlò con tutta la potenza possibile, intimando alla folla di darsi un contegno.
-SILENZIO!- Disse,il volto scuro e gli occhi così sporgenti che quasi non le schizzavano fuori dalle orbite per la rabbia. La confusione si placò,tutti si ammutolirono,l’unico suono che si sentiva adesso era il pianto sommesso di alcune donne.
-Portate via il corpo di quest’uomo.-  Ordinò alle guardie senza distogliere il volto dalla folla.
-Siamo addolorati per la vostra perdita clan McGuffin...- Annunciò compassionevole verso la casata. Re Fergus si portò una mano alla fronte mentre osservava incredulo il tutto.
Merida era paralizzata. Non aveva pensato alle conseguenze. Cosa sarebbe successo adesso?
-Clan Dingwall,Clan McIntosh…-Aveva cominciato con lo sguardo severo il Re.
A quel punto la folla si agitò.
-NOI NON C’ENTRIAMO NIENTE. NESSUNO DEI MIEI UOMINI HA UCCISO LORD McGUFFIN!- Aveva tuonato Il capo casata Dingwall,con alle spalle suo figlio che annuiva energicamente. Lo stesso fecero gli altri componenti dei Clan.
-Quest’azione verrà pagata con il sangue dei vostri figli! – Aveva urlato il fratello di Lord McGuffin con un braccio alzato.
Qualcuno alle sue spalle suonò una tromba. In lontananza si udirono voci su voci che si accavallavano. Scalpitio di zoccoli di cavalli inferociti. Allora Merida capì.
 
Quello era il suono della guerra.
 
Era stata tesa un’imboscata. Perché il trono cadesse nelle mani del Clan McGuffin subito e non alla morte di Re Fergus, che mai avrebbe ceduto il potere prima del dovuto.
Furono colti di sorpresa. Il sovrano aveva in volto la scintilla della paura. Aveva riposto fiducia in coloro che adesso combattevano per ottenere la sua testa e quelle della sua famiglia. Ordinò alle guardie di sollevare il ponte levatoio,ma era troppo tardi.
L’esercito della casata lesa era già alle porte del palazzo,pronto ad eliminare qualunque cosa avesse opposto resistenza.
Avevano tradito. Appoggiati dagli altri due clan alleati che adesso sospettavano l’uno dell’altro,a causa della morte del Lord. Ben tre eserciti scalpitavano sotto le mura del castello,con già sulle mani la sensazione calda del sangue di suo padre,di sua madre. Merida sarebbe stata uccisa subito dopo i suoi genitori. Avrebbero sterminato la famiglia reale.
Avrebbero lottato fra loro distruggendo qualunque cosa intorno. La sua casa stava per diventare il campo di battaglia per la conquista del trono. Mai aveva visto una cosa simile. Uomini armati,che avanzavano,numerosi come formiche,verso tutto ciò che aveva sempre creduto essere di sua proprietà per un diritto superiore. Qualcosa che mai avrebbero potuto portarle via. E la guerra prese forma dentro di lei. Capì,veramente troppo tardi,cosa significavano le parole di sua madre. Mantenere l’ordine e la pace per il bene di tutti. Merida si pentì di aver provato un briciolo di pietà per quell’uomo. Si sentì fiera di averlo assassinato e avrebbe voluto afferrare la spada e ammazzare chiunque si fosse avvicinato a coloro che amava. Ma come poteva ,una principessa,affrontare tre eserciti da sola? Nel frattempo,coloro che si trovavano già dentro le mura sguainarono le spade,ammazzarono la corte,c’era sangue dovunque.
Il primo cavaliere del re trascinò Elinor e la principessa nei sotterranei,perché fossero al sicuro. La battaglia aveva preso vita sotto i suoi occhi. Ser Guillan fu sgozzato proprio ai piedi del re. Il suono del metallo,delle lame che squarciavano la carne di innocenti perforò le orecchie della rossa come un’esplosione.
Urla strazianti degli uomini che si combattevano come se non esistessero alleati,come se fosse uno scontro mortale di tutti contro tutti. Ci sarebbe stato davvero un vincitore? Sarebbe tornato tutto alla normalità? Impossibile.
Prima che la porta potesse chiudersi Merida tese una mano verso suo padre,il viso rigato dalle lacrime e la disperazione in volto.
In quel momento il tempo sembrò fermarsi. Re Fergus si voltò lentamente. I loro occhi si incontrarono,si mescolarono. Fu come se la clessidra avesse rallentato il naturale scorrere dei secondi perché sembrò un’eternità. Alle spalle del suo primo grande eroe volarono teste mozzate,schizzi di sangue,spade che fendevano l’aria.
Sul volto del sovrano comparve un sorriso malinconico,angosciato…no,rassegnato.
Il sorriso di chi sa bene che non stringerà mai più a se ciò che ama. Di chi è consapevole che quella sarà l’ultima volta che potrà fieramente sguainare la spada,morire da grande Re,in gloria e senza macchia,fino al crollo del mondo. Merida trattenne il fiato, mentre mani che si tendevano verso di lei la stringevano trascinandola nel buio. La lama affilata e lucente del comandante dell’armata McGuffin si avvicinava traditrice e fatale al collo di suo padre,ma lui non smise di sorriderle. Morire con ancora negli occhi l’immagine della sua bellissima figlia,la sua principessa,era un bel modo di lasciare la terra di mezzo.
Il cuore le saltò un battito mentre la spada lacerava la pelle di suo padre,ma non riuscì ad assistere allo spargimento di sangue che ne sarebbe scaturito,il buio si impadronì dei suoi occhi e tutto ciò che restò di quel momento fu il suo grido disperato e una sola frase,stretta fra le labbra,che assaporavano le lacrime salate.
 “Io ti vendicherò,Padre…”
 
 
Andaksos Nord
Il regno di ghiaccio.
 
Jack Frost si affrettò a raggiungere l’atrio del castello,con ancora addosso la sensazione dell’acqua calda,o meglio,il ricordo di come poteva essere avere del calore sulla pelle.
Lady Toothiana, di Castel Sospeso, era finalmente giunta a destinazione. Viaggiava da molto tempo e sicuramente era infreddolita,affamata e stanca.
Ma c’erano anche altri ospiti che Jack sperava avrebbero raccolto la sua chiamata.
Aveva spedito messaggi molte lune addietro,perché Lord Sandman,della città d’oro, giungesse ai ghiacciai come da lui richiesto con al seguito il suo potente esercito che nel continente chiamano “The Golden army”.
Il Lord del gelo fece segno ai mastri carpentieri di abbassare il ponte levatoio. Con un tonfo sordo e un rumore di ferraglia che strisciava su se stessa,l’enorme costruzione si abbassò lentamente. La terra sembrò tremare sotto i loro piedi quando atterrò dalla parte opposta del mare freddo. Poi,ordinò di spalancare le grandi porte in legno di noce massiccio, che isolavano l’ambiente interno dal rigido clima del nord. I ghiacci eterni, che costituivano la sola compagnia per la casata Frost, si estendevano per chilometri,fin dove poteva arrivare lo sguardo.
Quando le porte furono aperte,piccole schegge di stalattiti furono trascinate dentro dal vento,lasciando al loro passaggio candide strisce,come fossero minuscole stelle comete ,sparpagliate sul pavimento.
Jack fu pervaso da una gelida brezza. L’unico motivo per cui se ne accorse fu a causa della corte,che alle sue spalle, si strinse nelle morbide vesti di pelle di animali,tremanti e sofferenti,con i nervi contratti per cercare di resistere sotto i colpi del vento.
Nella nebbia fitta, grandi ombre sembravano prendere forma dinanzi ai loro occhi.
Enormi carrozze di colori scintillanti avanzava sul ponte levatoio.
Gli zoccoli dei cavalli che battevano contro il legno, risuonarono fin dentro le mura del palazzo,un lento e ritmato scalpitare che fece nascere in Jack l’impazienza e crescere l’eccitazione.
Si rivolse ad i suoi servi con un cenno del capo. – Chiamate le mie sorelle. – Disse con profonda soddisfazione, mentre stringeva gli occhi per poter vedere meglio oltre la grigia nebbia, che nascondeva ancora in parte la sagoma della carrozza e chi vi era dentro. Jiti si voltò, e con le mani giunte e a passo svelto percorse la grande scalinata che portava ai piani superiori,fin sulle torri,dove le camere delle ragazze erano più esposte all’ululare della bora.
Nel frattempo,le carovane avevano percorso l’intero ponte e avevan varcato la soglia del grande cortile innevato e candido.
Come segno di accoglienza,le enormi costruzioni di ghiaccio rappresentanti esseri antropomorfi con ali di farfalle avevano preso il posto di quelle che raffiguravano lupi inferociti ,dal manto ispido, che da sempre,rappresentavano il simbolo dei Frost.
Quando i cavalli si fermarono all’ordine dei cocchieri,uno sportello della carrozza principale si aprì. Un’ancella molto minuta,dal capo completamente avvolto in una fascia multicolore piumata scese per prima e porse la mano verso l’interno.
Toothiana arrivò puntuale come sempre,non si faceva mai attendere,”mai in ritardo e mai in anticipo” era il suo motto.
Scese i pochi gradini della carrozza,avvolta nel suo abito lungo, verde scintillante colmo di riflessi,il boa di penne e piume blu cobalto e giallo ocre che le circondava il collo e le spalle. Il copricapo ricordava vagamente i pavoni delle terre del sud,i capelli anch’essi multicolore, completamente raccolti all’interno. Era fatto di piume blu,verdi e gialle. Era un’esclusiva della sua gente,le Jarieley,avere i capelli di colori così vivaci e ricoprirsi di penne di uccelli,anziché di pelli di animali. Le caratteristiche di questa particolare razza venivano tramandate solamente per linea femminile,per cui le Jarieley erano un popolo prevalentemente composto da donne. I loro tratti così diversi da quelli umani permettevano a chiunque di riconoscerle. Orecchie a punta,capelli dai colori inusuali e occhi che sfumavano dal rosa,al lilla,al giallo o addirittura rosso ,in alcune donne. Era consuetudine,nel continente,credere che quella setta discendesse dalle fate del piccolo popolo. Erano dedite alla magia e studiavano le erbe medicinali sin da bambine. Loro non avevano mai conosciuto il freddo. Le loro terre,nel profondo sud dell’oriente, dal clima caldo e dai frutti sempre freschi,non avevano niente a che fare con la neve e forse,mai l’avevano vista.
Vivevano a stretto contatto con la natura, e possedevano tradizioni radicate alle quali mai nessuna di loro avrebbe rinunciato. Tutte si consideravano sorelle,alla pari,ma a volte le più giovani sceglievano di vivere insieme ad alcune più capaci e rispettate,come apprendiste sotto la loro guida. Queste ragazze venivano chiamate ancelle.
 
Toothiana aveva portato una ventata della sua calorosa cultura in quelle terre maledette. Aveva bisogno di lei. E di tutte le risorse che il suo popolo avrebbe sfoggiato in battaglia.
Accompagnata dalla sua fedele ancella,Milk,che le somigliava in maniera impressionante ma solo più bassa e minuta,aveva attraversato il sentiero che avevano lasciato libero dai fiocchi per permetterle di camminarci senza affondare nella neve.
Sul volto di Jack apparve un grande sorriso quando la Lady fu dinanzi ai suoi occhi,in tutto il suo esotico splendore, in un posto che prediligeva il nero,dove lei era quello scoppio di colori,come la tavolozza di un pittore,qualcosa che attirava l’attenzione su di sé sempre e comunque.
-Milady…-
Jack le si avvicinò chinandosi leggermente,le prese la mano in modo galante e fece per baciarla ma la donna lo fermò.
Con un gesto del capo socchiuse leggermente gli occhi chiari,con quella particolarissima sfumatura rosea che nessuno aveva mai potuto stabilire se esistesse fra le altre Jarieley o fosse una sua peculiarità,per poi riaprirli e mostrando un luminoso sorriso.
-Cosa sono queste formalità?- Aveva detto eccitata,mentre con un balzo gli aveva gettato le braccia al collo con entusiasmo.
Jack quasi non perse l’equilibrio,strinse a se la sua cara amica e quasi non gli sembrò di provare calore in quell’abbraccio.
-Perdonami Toothiana,gli anni trascorsi su questa barriera di ghiaccio mi hanno raffreddato anche l’anima.-
Lei lo guardò negli occhi con le guance arrossate,e Jack non seppe mai se fosse veramente a causa del freddo.
-OhJack,dall’ultimo incontro sei ancor più affascinante…- Disse portandosi le mani al petto in segno di devozione.
Jack sorrise senza proferir parola. Era sempre così gentile e dolce,così delicata come la corolla di un fiore che aveva sempre paura di ferirla in qualche modo.
Qualcuno alle sue spalle tossì prepotentemente.
Toothiana si sporse e salutò con la mano le due donne alle spalle del Lord, mentre ancora una volta lo stringeva a se.
-Ragazze,siete così belle,come state?- Sorrise gentile la Jarieley.
-Mai quanto te. Siamo felici che tu sia qui.- Rispose Anna in tono garbato e affabile.
Elsa non fu così educata. –Dobbiamo assistere ancora per molto a tutto questo?- Aveva sbottato indignata dall’abbraccio dei due. Subito,la mezza fata sciolse l’abbraccio e imbarazzata si portò una mano al viso.
Jack rivolse uno sguardo torvo in direzione della sorella e poi tornò a guardare l’ospite.
-Vieni al caldo,devi rifocillarti. Fa come se questa fosse casa tua.- Disse invitandola ad entrare prendendole la mano. Allora la primogenita si girò su se stessa e corse verso la sua stanza, non poco irritata.
-Ignorala,oggi è di pessimo umore.- Aveva assicurato la più giovane dei tre con un tono gioviale. –Io sono felice che tu sia qui,davvero!-
Toothiana sorrise dolcemente alla ragazza e annuì convinta,dimenticando per un momento la sgradevole accoglienza dell’altra.
Jack ordinò alle serve di mostrarle la sua camera e di riscaldarla a dovere,rimandando, di comune accordo., il motivo del loro incontro a dopo la cena di benvenuto preparata apposta per lei e per tutta la sua compagnia.
Mentre Lady Tooth si occupava delle sue creature,Jack ne approfittò per fare un bel discorsetto a sua sorella. Non si risparmiò di salire personalmente in cima alla torre e di sbattere la porta più forte che poteva.
-Non si usa più bussare?- Aveva urlato lei inferocita quando l’aveva visto entrare.
-E accogliere gli ospiti allora?- Le aveva tenuto testa lui, avvicinandosi al letto sul quale se ne stava seduta. Non ricevette nessuna risposta, questo non fece che alterarlo ancora di più. Le afferrò un braccio strattonandola fino a trascinarla giù dal letto.
La portò verso la finestra mentre lei ancora si dimenava come una forsennata. La treccia bianca che le ricadeva sulle spalle seguiva i suoi movimenti come un lungo serpente.
-Lasciami!- Aveva gridato prima che la sbattesse al muro di pietra con violenza,a quel punto lei si ammutolì.
Lui le si avvicinò sussurrandole irato,le labbra serrate e i nervi tesi.
-Smettila Elsa, noi siamo fratelli. Questa tua malata ossessione per me non farà che rovinare tutto! – A quel punto gli occhi di lei si riempirono di lacrime che non rigarono mai il suo volto. Era troppo fiera e orgogliosa per permettere che qualcuno la vedesse piangere.
-Io ero destinata ad essere una sovrana…-
Quale fosse il motivo di tutta quella rabbia Jack lo sapeva,voleva tornare a casa. Ripristinare il ruolo che le era stato portato via. Tutti condividevano quella voglia di vendetta. Ma era inutile negare che ci fosse dell’altro. Elsa era sempre stata così nei confronti di Jack. Di una gelosia quasi morbosa. Nella casata Frost era sempre stata usanza sposarsi fra cugini e fratelli,perché il sangue reale restasse puro e non si mescolasse a quello di altre famiglie.
Furono cresciuti fin da bambini per essere un giorno sovrani e sposi. Quando il regno dei Frost cadde per mano dei Dumbrok e dei Grimm,quando tutta la famiglia fu sterminata tutti i sogni di Elsa si frantumarono insieme alla sua capacità di sentire il calore. Quante volte si era bruciata la pelle riportando gravi ustioni a causa di quella maledizione?
Allora tutto ciò che restava dopo quei gesti estremi era il dolore,non il calore,solamente il dolore. Jack aveva così proibito che i camini fossero accesi e ad Elsa fu impedito di avvicinarsi al fuoco.
Era terrorizzato dalle fiamme. Avrebbero potuto ammazzare lui e le sue sorelle e non se ne sarebbero resi conto in tempo. Guardò gli occhi della sorella,identici ai suoi.
Tutti e tre condividevano lo stessa sorte,nessuno era solo.
-Elsa. . . Io ho bisogno di Toothiana. Lei può aiutarci a riprenderci ciò che ci è stato rubato,ma se continui ad essere così ostile e a non collaborare,a considerarmi tuo…non ci sarà nessun trono per noi.- Aveva detto determinato,mentre si avvicinava al volto pallido di lei. –Se mi ami devi fare questo per me.- Aveva detto alzandole il mento con un dito. –Sei così bella...- Sussurrò facendole scivolare una mano su un fianco e annullando la distanza fra i loro corpi,baciò delicatamente il suo collo. Il bacio gelido della dannazione che li imprigionava.
Elsa aveva chiuso gli occhi e si era voltata dall’altra parte. Un gemito sfuggì alle sue labbra che si serrarono subito dopo. Odiava il modo in cui riusciva a soggiogarla sfruttando crudelmente il suo amore. Eppure, mai riusciva a sottrarsi a quel sadico gioco.
–Lo farai sorella? –
–Lo farò …– Rispose con un filo di voce.
In quell’istante la porta si spalancò. Jack si scostò da Elsa appena in tempo perché l’intruso non assistesse ad una scena equivoca. Anna, trafelata e spaventata stava sulla porta stringendo una pergamena. Le fenici del ghiaccio avevano portato un messaggio.
-Cos’è quella..?- Chiese Jack allarmato.
-Jack…Re Fergus,è stato assassinato.- Pronunciò quelle parole con voce di giubilo,ferma sulla soglia come pietrificata.
Elsa sgranò gli occhi incapace di credere a ciò che aveva appena udito.
-Questo significa che…- Iniziò lei,prima di essere interrotta dalla voce spezzata del  fratello.
-Significa che è cominciata…    Non c’è più tempo.- Rispose il Lord dalla pelle d’alabastro mentre la Lady dagli occhi blu profondo lo guardava confusa.
-Siamo in guerra Elsa. Ecco cosa vuole dire tuo fratello.-
Una quarta voce si era unita alle loro.
Lady Toothiana era comparsa alle spalle di Anna e se ne stava in piedi nella penombra ad osservarli.
-Le Jarieley saranno fedeli al patto d’alleanza e al debito che ci lega alla vostra nobile casata. Le nostre armate ti appartengono mio signore. –
Disse inginocchiandosi dinanzi a Jack che restò immobile con lo sguardo fisso su di lei. Poi le porse la mano e l’aiutò a rialzarsi.
-Toothiana,mai come in questo momento avrò bisogno di te e del tuo popolo. – Poi rivolse uno sguardo apprensivo alle sue sorelle.
-Prepariamoci,approfitteremo di questo momento destabilizzante per cercare alleati alla città d’oro. Lord Sandman ci aiuterà a marciare verso il Sud.- Annunciò fiero mentre stringeva i pugni sotto la tunica color fango e usciva dalla stanza,seguito dalle tre donne.
-Aspetta un attimo Jack! Stai dicendo che il regno è veramente caduto? Il trono non appartiene a nessuno adesso?- Anna cercava di star dietro alle sue enormi falcate mentre col fiatone incalzava con le domande.
Giunsero fino all’ingresso del castello dove Jack ordinò ai suoi uomini,i corvi guardiani della barriera,di prepararsi alla battaglia. Intanto Anna continuava a fare congetture a vagliare ipotesi.
-Ma Jack,se lasciamo il castello il nord resterà senza protezione.-
-Il nord non è la nostra casa Anna!- Il ragazzo si era fermato e aveva afferrato la più piccola per le spalle scrollandole,mentre lei sgranava gli occhi sorpresa.
- Andiamo a riprenderci ciò che ci appartiene. Il trono...il potere. Quella è la nostra vita.- Disse lasciandola andare in un sospiro d’ansia e commozione.
Il comandante Easter,ufficiale dei corvi,si avvicinò a Jack con fare autoritario.
La spilla sul petto che scintillava riflettendo l’azzurro degli occhi del Lord.
-Signore. Anche Sandman ha risposto alla chiamata. L’armata d’oro è qui.-
Il cuore di Jack si gonfiò per l’emozione. I guerrieri più potenti del continente erano al suo cospetto e attendevano solamente di combattere e morire per lui.
Le porte dell’ingresso furono spalancate scoprendo la bufera che ululava incessante,il freddo oceano tempestoso si era scatenato come se qualcosa nelle profondità della terra l’avesse smosso. Sembrava che il Nord stesse provando le stesse sensazioni che adesso scuotevano l’animo torbido di Jack.
I guardiani della notte,numerosi e scaltri come corvi avrebbero marciato verso il sud al fianco delle potenti arti magiche delle Jarieley e della fierezza dell’esercito di Sandman.
Jack mosse qualche passo verso quel freddo che impediva agli altri di respirare. Ma non a lui. Il freddo non poteva uccidere Jack,una tempesta non poteva assolutamente spaventarlo perché lui stesso ne faceva parte.
A piedi nudi si immerse nel manto di neve che circondava la costruzione. Il bianco che sembrava inghiottire qualunque cosa.
Jack aprì le braccia come per circondare quel vento gelido e paralizzante che soffiava contro di lui.
Un vero e proprio esercito di Jarieley,vestite di armature argento e blu,luccicavano nella neve come delle bellissime amazzoni. Creature così delicate che si preparavano ad una sanguinosa battaglia. Trovò così affascinati quei corpi sinuosi ed esili in vesti così dure e ostili. All’unisono pronunciarono una parola.
“Imani” – Fede.
Un urlo di battaglia,che risuonò nelle orecchie di Jack come una dolce melodia.
Coordinate come un volo di rondini,si genuflessero portandosi una mano al cuore e chinando il capo protetto dall’elmo ricoperto di piume.
Alle spalle delle Jarieley,armature di sole,scintillanti come costellazioni,erano immobili in attesa. Le schiene degli uomini d’oro dritte come colonne di marmo,le lance strette nella morsa delle loro forti mani che luccicavano come diamanti,incastonati nelle profondità della terra. Dinanzi a loro, il comandante Sandman in tutto il suo splendore. Non molto alto,la carnagione chiara e la divisa ufficiale. Quel lieve bagliore luminescente che sembrava emanare il suo corpo.
Si portò una mano al cuore e parlò.
-Claus Frost era mio amico. Innumerevoli volte mi ha salvato la vita e mai ho saputo ripagare il mio debito. La tua battaglia Jack Frost…E’ la mia! –
Tutti i componenti dell’esercito issarono le ance per poi batterle al suolo come dei tamburi.
Jack osservò quello spettacolo di colori e coraggio dinanzi a se e folgorato mosse qualche passo verso di loro inspirando a pieni polmoni l’aria fredda.
-Io sono il fantasma dell’aurora boreale,nato dalla tempesta.
Lord del regno di ghiaccio e dei lupi albini delle foreste oltre la barriera.
Comandante dei corvi della notte,nobile e maledetto discendente della casata Frost, i guardiani del gelo. Figlio del Vento del Nord,il liberatore,re del continente ed unico vero erede al trono! – Urlò al cielo,che sembrava stesse per esplodere nella più impetuosa delle tempeste di neve mai viste prima,ma Jack lo interpretò come un incitamento a proseguire la sua rivolta.
Gli eserciti urlarono grida di battaglia e agitarono armi.
Tutti erano pronti a rivendicare qualcosa.
Elsa sospirò preoccupata. Qualcosa le suggeriva che quello non era un buon segno. I fulmini,che si scagliavano nel cielo senza una destinazione,la fecero rabbrividire.
-Jack,mio amore…tu non sai cosa stai facendo..- Sussurrò a se stessa mentre si portava una mano al petto e,chiudendo gli occhi,lasciò che le grida di battaglia pervadessero i suoi timpani.
 
Continente di Norvalar Oriente.
Arcipelago di Berk.
 
La giovane vichinga avvicinò al viso una mano che stringeva una ciocca di capelli dorati, mentre teneva la spazzola stretta nell’altra. Scrutò il tutto in modo molto interrogativo. Annusò,perfino,la chioma esageratamente lunga della principessa seduta dinanzi a lei. Rapunzel era stata lavata in una grande vasca di pietra dove l’acqua era stata riscaldata e profumata accuratamente,le erano stati lavati anche i lunghi capelli e tutto sotto lo sguardo vigile di Astrid che sembrava tenerla d’occhio in tutto ciò che faceva. Che fosse per assicurarsi che non scappasse o che non facesse danni la principessa non poteva saperlo. Ma un po’ di compagnia non le dispiaceva.
-Io non posso. Ifak. Capelli troppo lunghi.- Sentenziò seccata la ragazza.
Rapunzel sorrise. Astrid sembrava una brava persona,sotto la dura scorza della guerriera e a parte i suoi modi così bruschi e violenti vi si nascondeva qualcosa di buono.
Pensò che fosse un ragionamento qualunquista.
Insomma era una vichinga,era stata cresciuta per essere una guerriera,per combattere ed essere sempre in grado di proteggere se stessa e gli altri.
In un guizzo di lacerante invidia si chiese perché per lei non fosse lo stesso.
Si voltò verso la giovane dagli occhi di ghiaccio.
-Astrid,tu sai dov’è Gothel?- Le chiese mentre l’altra gettava la spazzola sullo stipetto di legno e incrociava le braccia al petto.
-Gothel...tua madre?- Rispose con un’altra domanda indicandola.
-No,no assolutamente no. Lei è…- Si portò una mano alla testa accarezzandosi i capelli lucenti nervosamente. Il colore era ritornato splendente. Realizzò che probabilmente lo scurirsi fosse dovuto al fatto che si stava avvicinando alla morte. Ma per fortuna nessuno l’aveva notato. Così non fu obbligatorio inventare spiegazioni credibili.
Fu Astrid a riportarla nel mondo reale,strappandola ai suoi pensieri quando le fece una domanda.
-Lei guarda Hiccup con molta rabbia…perché?- Rapunzel assunse un’espressione sorpresa. Cosa poteva aver mai fatto quel ragazzo per meritarsi l’astio di Gothel?
Era certa che,a differenza di quella megera,lei aveva avuto la sensazione di conoscerlo da molto tempo e non le era sembrato né burbero né ostile. Solamente schivo.
-Io non lo so Astrid. Lei è malvagia…-
-Tu no Ifak,perché sei con lei ? – La giovane vichinga si era voltata per mettere apposto le erbe curative che la vecchia Chyo aveva lasciato sparpagliate in giro per la stanza.
Rapunzel stessa si chiese perché fosse costretta a seguire quella donna in ogni parte del mondo,senza avere il coraggio di ribellarsi. Se avesse raccontato tutto alla vichinga,ne era sicura,lei avrebbe sbarrato gli occhi incredula,perché nessuno poteva fare questo ad una come Astrid. Perciò,legata alla vergogna di ciò che lei era,pensò di restare in silenzio.
-E’ una lunga storia. . .-Concluse sospirando e guardando il suo riflesso nella tazza colma di Bridal-ale,l’idromele fumante. –Una storia lunga quanto i miei capelli e la mia prigionia. . .- Astrid parlò senza voltarsi,fra il rumore di boccette e barattoli da ripulire e sistemare.
-Una principessa può essere prigioniera? – Aveva chiesto,senza ricevere alcuna risposta dalla ragazza dalla lunga chioma.
A rompere quel silenzio fu il rumore di una mano che picchiettava sulla porta di legno.
Dopo poco si aprì e con il freddo pungente,che invadeva la stanza ogni volta che una fessura si apriva svelando il gelo di Berk,entrò un uomo alto e grosso,come un mezzo gigante,così muscoloso che Rapunzel stentò a credere che non fosse in grado di reggere sulle spalle il peso del mondo.
Lo sguardo burbero nascosto sotto le folte sopracciglia ramate,la carnagione chiara e la lunghissima barba del medesimo colore accuratamente intrecciata che ricadeva sul suo petto gonfio. L’ascia stretta intorno alla pesante cintura di cuoio ricoperta di borchie metalliche.
Si trovava al cospetto di Stoick l’immenso. L’unico figlio di Haddock I “il terribile”.
E avrebbe potuto giurarlo sugli Dei che quell’uomo era veramente come se l’era sempre immaginato.
Astrid si voltò verso di lui,si portò una mano al cuore inginocchiandosi in segno di devozione.Il suo inchino era molto diverso da quello che aveva sempre visto fare alle ragazze in occidente.
A loro bastava alzare leggermente il vestito e piegare le ginocchia.
Astrid invece si inchinava come avrebbe fatto il primo cavaliere del re.
Forse anche quella era un’abitudine propria della tribù. Stoick si avvicinò a Rapunzel e in quel momento lei non seppe cosa fare. Così decise di restare in silenzio e tenere lo sguardo basso. Stoick le incuteva timore,ma qualcosa le suggeriva che non era affatto terribile come suo padre prima di lui.
Afferrò uno sgabello e si sedette difronte a lei,in tutta la sua grandezza e fierezza la guardò negli occhi,la tensione sul volto di Rapunzel era ormai alla portata di tutti i presenti.
Astri d si alzò e si appoggiò al muro incrociando le braccia,alle spalle di Stoick.
La principessa cercò il suo aiuto con lo sguardo. Lei restò gelida in attesa.
Stoick allora fece un gesto che stupì la ragazza. Sfiorò delicatamente i capelli lunghissimi,i fili dorati che scivolarono fra le intersezioni delle dita del grande vichingo come seta morbida.
Sussurrò poi guardandola intenerito.
-Shekh…- Disse con voce tremante incredulo.
Rapunzel continuò a guardarlo interrogativa. Cosa stava dicendo? Lanciò un veloce sguardo ad Astrid dietro Stoick e lei stavolta le diede retta.
-Sole…sta dicendo che tu sei il sole,Ifak. Non riesce a credere che tu esista davvero.-
Allora Rapunzel guardò gli occhi lucidi di quell’uomo,grande e grosso,che sembrava un gigante buono.
Allungò una mano verso il suo volto e lo accarezzò amabilmente sorridendogli.
Ricordò il padre che non era stato in grado di proteggerla,che l’aveva venduta a Gothel, quando la costringeva a trascorrere tante ore con quella donna fino al giorno in cui anni prima dovette definitivamente abbandonare il suo regno rapita da quella donna. Vittima di un patto che non aveva stretto lei,come se fosse un oggetto.
Ebbene da quando era giunta a Berk nessuno l’aveva trattata come merce,nessuno l’aveva fatta sentire inutile o schiava. E per un momento desiderò ardentemente di essere nata in quella tribù. Desiderò di essere una di loro,per cui invece lei era solo una leggenda.
Stoick si riempì gli occhi di quel sorriso incantevole e per un attimo,rapito da quel calore,dimenticò di essere il capotribù,le sue responsabilità che gravavano sul figlio che temeva incapace di regnare.
 
 
 
Hiccup,ancora incredulo,si portò una mano alla testa mentre si rimetteva in piedi barcollante.
Cosa diamine era successo? Cos’era stato? Un sogno? Una visione? Non poteva essere reale ciò che aveva appena visto.
Mentre apriva la porta dell’armeria,per rifugiarvisi dal freddo e da qualunque cosa ci fosse lì in mezzo alla neve,qualcosa attirò nuovamente la sua attenzione.
Un’ombra scura in fondo alla stanza si stava muovendo impercettibilmente. Immobile sulla soglia cercò di mettere a fuoco chi o cosa stesse vagando nel buio.
Allungò il braccio all’esterno per raccogliere la torcia,che solitamente era sistemata in cima alla porta per poter far luce sui gradini congelati,la usò pe alimentare il fuoco nel camino che scoppiettava debolmente.
Quando finalmente la stanza fu maggiormente illuminata una figura incappucciata ,che ormai aveva riconosciuto, se ne stava in piedi stringendo a se la cosa più preziosa che in tutta Berk fosse mai esistita.
Le uova di drago.
Il respiro di Hiccup si arrestò di colpo. Erano state affidate a lui come grande atto di fiducia da parte del padre,se le avesse perse o se le avessero rubate,lui sarebbe stato marchiato a vita,ancor più di quanto già non fosse,come un inutile inconcludente.
Gothel stringeva a se le uova. Uno argenteo, con riflessi rossi che l’attraversavano come vene pulsanti,il secondo era di un verde scintillante dai riflessi dorati e luccicanti,l’ultimo completamente nero,ricoperto di un perlaceo velo di timido violetto scuro.
Hiccup allungò un braccio verso Gothel,sembrava essere invecchiata parecchio dal momento in cui la nave era attraccata.
La guardò con stupore misto a paura prima di provare a dire qualcosa.
-Io non so come tu sia riuscita a fare quello che hai fatto,insomma,eri fuori un attimo fa,ti ho vista e adesso sei qui dentro…non m’importa. I tuoi trucchi di magia non mi spaventano! Allontanati solo da quelle!- Aveva detto in un falso tono determinato.
Gothel lo squadrava con una freddezza tale che Hiccup non credeva potesse esistere.
-E tu allontanati dal mio fiore…- Aveva ringhiato rabbiosa,come un cane da caccia verso una volpe.
-Quella ragazza è la principessa perduta. . .o forse farei meglio a dire…rapita? Mio padre mi ha raccontato un mucchio di storie sul fatto che Lord Grimm vendette sua figlia per il potere,e quella è l’unica ragazza in tutti i continenti ad avere quei capelli,chiunque la riconoscerebbe.- Allora sul viso di Gothel comparve una smorfia di disappunto.
-Tu non sai niente…- Rispose col viso nascosto dal cappuccio,si voltò in uno scatto che fu troppo veloce perché il giovane comprendesse cosa stesse per fare. Spalancò le braccia in un gesto plateale gettando nel fuoco le uova di drago. Esse atterrarono in un tonfo sordo sulla legna arsa,improvvisamente quei colori sembrarono cosi incredibilmente vividi. Il suo cuore saltò un battito. Le avrebbe distrutte e non poteva permetterlo. Quelle reliquie sembravano esser tutto per suo padre. Più importanti perfino di suo figlio.
Hiccup si gettò al cospetto del braciere ardente,inginocchiandosi dinanzi alle fiamme che sembravano protendersi verso di lui come per abbracciarlo,fu allora che,istintivamente,protese le mani verso le uova scintillanti e attraversò completamente il fuoco. Le afferrò una ad una e quasi non si accorse di quel che stava succedendo. Ansimando preoccupato le strinse a se,tutte e tre al sicuro fra le sue braccia. I polsini di metallo dell’armatura,che si era abilmente costruito,ormai erano bollenti e furono deformati dal calore.
L’avorio rovente a contatto con la sua pelle avrebbe dovuto ustionarla di gran lunga.
Gothel si avvicinò ad Hiccup,lasciandosi cadere difronte a lui che lasciò andare le uova pietrificate quando lei gli ebbe afferrato i polsi.
Bruscamente li rigirò per scrutarli meglio,poi rivolse i palmi delle sue mani verso l’alto.
Non vi era alcun segno di ustione. Eppure aveva toccato il fuoco a mani nude,aveva sopportato il calore della pietra rovente per molti secondi,stringendo le uova fra le dita,anche il metallo in quello stato sarebbe stato insopportabile per chiunque.
Lei stessa dovette scostare le mani bruscamente quando sfiorò i polsini bruciati,per non scottarsi.
Guardò la pelle illesa a bocca aperta. Lei aveva visto,con l’occhio della chiaroveggenza, in una visione orribile,ciò che quel ragazzo le avrebbe fatto,chi lui era.
-N-non ci posso credere…- Balbettò portandosi le mani alla bocca e sgranando gli occhi.
-C-che cosa vuoi da me? – Disse Hiccup,alzandosi in piedi e recuperando i cimeli portandoli al sicuro lontano da quella donna.
Gothel restò in silenzio,col volto fra le mani,come se fosse disperata. Poi si alzò in piedi e puntò un dito minaccioso contro il ragazzo.
-Io ho visto ciò che sarai…ho visto ciò che mi porterai via. Io non lo permetterò. Rapunzel è tutta la mia vita,non lo capisci? Non riesci a vedere quanto lei sia importante per me? Guardami! – Allora scoprì finalmente il volto rugoso e rattrappito.
Non vi era alcuna traccia della giovane e bella donna che aveva salvato da quando la nave era approdata a Berk.
Gli occhi della strega divennero improvvisamente lucidi,come se stesse per piangere.
-I suoi capelli sono l’unica cosa che mi tiene in vita,giovane e perfetta come un tempo. Lei non è una principessa come tutte le altre,stolto. Lei porta dentro di se il fiore del sole.-
Disse rialzandosi il cappuccio del mantello e tornando nell’ombra.
Allora Hiccup comprese il motivo per il quale la principessa era stata presa in ostaggio da quella donna,anni prima.
-Conosco questa storia…-
Ricordò i canti che gli avi della tribù avevano raccontato intorno al fuoco,nelle notti gelide e apparentemente eterne di Berk,alle generazioni passate,ricordò quando erano solo dei bambini che sgambettavano intorno agli anziani,pregandoli di raccontare la storia della lacrima del sole. Una notte, finalmente,la vecchia Chyo li fece sedere tutti intorno a se e raccontò della Luna e del Sole amanti,che un tempo sorgevano e tramontavano insieme.
Fino al giorno in cui l’universo,invidioso di tale amore, decise di separarli per sempre. Così affidò al sole il compito di illuminare il cammino degli uomini durante le ore diurne lasciando la notte alle stelle. Così che i due amanti non si incontrassero mai,perché il sole non avrebbe mai potuto rivedere la luna nell’oscurità della galassia. Lei non bruciava e non emetteva alcuna luce.
Allora la luna che da sola non poteva brillare divenne fredda e solitaria.
L’universo,impietosito da quella condizione,decise di concedere alla luna di catturare i raggi della sua amata stella incandescente e di risplendere attraverso essi,perché fosse lei ad accompagnare il sonno degli uomini durante le ore notturne,accerchiata dalle stelle sue ancelle.
Ma il sole continuò sempre a sentire la mancanza della luna e un giorno una sua lacrima cadde sulla terra. Da quella lacrima sbocciò un fiore e a quel punto la vecchia Chyo,annuiva convinta,sostenendo che quel fiore millenario,era stato donato ad una regina.
Rapunzel era la figlia del sole.    
Per un attimo si immedesimò nelle vesti di quella povera ragazza. Come aveva fatto a resistere durante tutti quegli anni di prigionia,a causa di quella megera che non aveva fatto altro che sfruttare il suo potere? Dopo una lunga riflessione alzò gli occhi sulla veggente.
-Questo ti fa credere di poter vantare un qualsiasi diritto su di lei?- Le urlò Hiccup inferocito. Si sentì improvvisamente troppo coinvolto. Era tutto troppo ingiusto.
-E’ una questione che non ti riguarda.- Allora Gothel si affrettò ad avvicinarsi a lui come un demone avvolto dall’oscurità,la mano avvizzita protesa verso la sua gola. Lo afferrò e strinse come un pitone selvaggio e fatale.
-Chiudi gli occhi “Non-bruciato”.- Poi,pronunciò delle parole in una lingua che non conosceva e che non aveva mai sentito.
Come una specie di maledizione che si sarebbe scagliata distruttiva contro di lui.
Cercò di liberarsi da quella presa ma fu paralizzato dagli occhi di lei. Le palpebre si fecero improvvisamente pesanti e le gambe non lo ressero più in piedi. Perse coscienza nell’ultima visione degli occhi della strega,che luccicavano come quelli di un gufo nella notte. Poi il buio.



Al suo risveglio la testa era pesante e dolorante. Aprì gli occhi e riacquistò i sensi a poco a poco. Si sentiva intorno tanti occhi e tante voci.
Avvertì l’orribile sensazione di dolore e bruciore sotto il ginocchio sinistro. Non riusciva a muovere la gamba.
Si alzò mettendosi a sedere al centro del letto tenendosi la testa. Un tuffo al cuore gli annunciò che qualcosa non andava nel suo corpo. Qualcosa mancava all’appello.
Forti e grosse mani lo afferrarono per le spalle scrollandolo un po.
-Hiccup. Devi essere forte.-La voce di suo padre in tono grave presagiva una tragedia.
-Papà..ma che stai..?- Fece per muoversi ma proprio non riusciva ad acquistare sensibilità al piede sinistro.
Alzò la pesante coperta in un gesto secco. Quello che scoprì lo lasciò sconvolto e traumatizzato. Non c’era più alcun piede sinistro. Il moncherino era stato fasciato e richiuso con dei punti di sutura. Cominciò a respirare affannosamente.
Si era addormentato,era svenuto. E adesso si era risvegliato in un letto improvvisamente senza un piede. Si sentì mancare il fiato.
-Padre cosa mi è successo?!? – Urlò spaventato mentre Stoick cercava di calmarlo. Lo sguardo apprensivo e la paura negli occhi.
-Hiccup,c’è stato un incidente. Il tetto dell’armeria è crollato e hai battuto la testa.- Cosa? Ma che stava dicendo? Non era successo nulla del genere o almeno non riusciva a ricordarlo.
-No,ma che stai dicendo..- Cercò di alzarsi ma il capo tribù lo tenne fermo a letto.
-Si,sei svenuto e non ti sei accorto di nulla. Saresti morto schiacciato cotto il peso delle travi se non fossimo arrivati in tempo.-
-Ma…le uova...dove sono le uova? – Disse ansioso di sapere che fine avessero fatto le pietre.
-Siamo riusciti a recuperarle. Quella strega straniera ha provato a scappare dopo averle rubate, adesso è alla “gola del drago”.- Ovviamente. La gola del drago era una specie di abisso infernale per gli abitanti di Berk. Sottoterra,nascosto,dove nessuno aveva mai avuto il coraggio di inoltrarsi,se non i luttuosi dagli occhi cuciti che ci portavano i prigionieri. Consisteva in un enorme buco nella terra così profondo e buio che nessuno era a conoscenza di cosa vi fosse in fondo. Spesso venivano udite delle grida,ma mai qualcuno aveva guardato dentro. Era proibito. Chiunque avesse osato farlo sarebbe stato risucchiato dai demoni dell’inferno. Lì era stata legata Gothel. Al margine di quell’abisso straziante. Si diceva che trascorrere ore lì sotto avesse fatto impazzire moltissimi uomini.
Lei meritava di stare lì in quanto aveva tentato di rubare una cosa così preziosa. Gli aveva fatto crollare addosso la costruzione perché venisse ucciso dalle macerie,per colpa sua adesso aveva perso una gamba. Chi avrebbe pagato per questo?
Una frustrazione crudele e potente si impadronì di Hiccup che riuscì solamente a stringere i pugni,costretto in quel letto per volontà di qualcun altro. I nervi tesi come  corde d’arpa.
-Padre. Dì ai luttuosi di riferire a Gothel…che non riavrà mai più la sua Shekh. – Disse in un ghigno,mentre ripensava alla bellissima e innocente principessa perduta.
 
 
 
Angolo dell'autrice:
Un ringraziamento speciale ad Ucha che legge con pazienza i miei papiri e sclera con me sui big four. A Sissysmile che attende sempre in trepidante attesa gli aggiornamenti e che ha piazzato questa storia fra le preferite,a Kuma-cla e ai suoi consigli e a GaiaTheGamer,Lady Luna Love e Mintheart che l'hanno messa fra le seguite.
Grazie di tutto.

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Capitolo 6
*** Dove si annida il male ***


Andaksos Nord - Il regno di Ghiaccio

La luna gli era alleata, in quella tremenda battaglia che si stagliava all’orizzonte,  che incombeva su di loro in uno scenario apocalittico che mai avrebbe riscontrato eguali nel corso della storia del continente. Perché la storia sarebbe stata scritta da lui stesso.
Padri di famiglia avrebbero parlato di lui ai loro figli,nonne e balie avrebbero chiamato a raccolta i nipoti,nelle notti d’inverno,per parlare di una leggenda che avrebbe aleggiato su Andaksos per sempre. Quello che stava per fare mai si era visto prima di allora. Una guerra nel quale molti erano chiamati a raccolta. Un’adunanza che da tempi immemori era stata dimenticata e creduta impossibile. La Golden Army in suo possesso e il popolo delle Jarieley come alleate.
Quasi sentì il dolce profumo del meraviglioso trono che lo attendeva nella sua terra,nella sua casa. Finalmente chiamato a riunirsi alle sue radici.
Subito si rimproverò per questo. Mai più avrebbe permesso alla sete di potere di offuscargli la mente,cose terribili accadevano a coloro che bramavano la vittoria al punto da considerarla già ottenuta. E lui non sarebbe caduto. Non questa volta che aveva la facoltà di lottare,di intendere e di volere. Osservò tutti pronti alla partenza e si sentì colmo di una nuova speranza. Era certo che rinvigorire il prestigio della sua casata sedendo sul trono avrebbe esorcizzato per sempre quel maleficio che attanagliava e uccideva lentamente se stesso e le sue sorelle.
Lui era il loro mentore,l’uomo,l’amico,il fratello e il compagno che le avrebbe protette a costo della vita. Elsa e Anna erano le creature più preziose che l’esistenza gli avesse donato. Il suo pensiero si perse nei meandri dell’angoscia di non aver con se la sua terza sorella. Il vento decise di passare ad accarezzargli una guancia proprio in quel momento. Si sfiorò uno zigomo con l’indice,neve. Della soffice e candida neve si era poggiata sul suo viso trasportata dalla bora. Lo interpretò come un segno. Lei era sempre al suo fianco,come suo padre,come sua madre.
Pronti a sorreggerlo in ogni momento di ignobile debolezza che lo attanagliava di notte. Una voce alle sue spalle gli ordinò di voltarsi interrompendo bruscamente le sue riflessioni.
La regina delle nevi,come il popolo la chiamava, era in piedi alle sue spalle con le mani giunte,composta e perfetta come una glaciale statua luccicante.
-Vuoi parlarmi mia signora?- Strinse il nodo del mantello impellicciato conservando la spilla della sua casata sul petto.
-Devo. Ho bisogno che tu risponda alle mie domande.- Si avvicinò austera come una sovrana e riconobbe in lei l’inconfondibile sangue della reale stirpe dalla quale proveniva.
-Perché stai scatenando una guerra? Sai a che cosa vai incontro?- Chiese celando l’ombra della preoccupazione che a suo fratello però non sfuggì.
-Elsa,è il nostro compito. Dobbiamo riprenderci ciò che ci è stato strappato.- 
-Un trono è tutto ciò che vuoi?!?-
-LA NOSTRA VITA! – Disse alzando la voce in modo da intimorirla perché non provasse a contrastarlo ancora una volta.
Lei mosse qualche passo all’indietro. Abbassò lo sguardo sul pavimento per metà congelato e scivoloso.
Il lord del gelo le si avvicinò sfiorandole una guancia.
-Io voglio sentire il tuo calore,ormai l’ho dimenticato. Meritiamo di riprenderci la nostra umanità,sorella. Desidero solamente che tu e Anna viviate come regine. Ho giurato di proteggervi e lo farò.- Aveva accarezzato con le sue mani le gote pallide della consanguinea e poggiato la fronte contro la sua.
-Non abbiamo bisogno di protezione.- Rispose lei,fiera come sua madre tempo addietro. Le somigliava incredibilmente.
-Io so di cosa hai bisogno. Non certo tu.-
-Smettila di trattarmi come fossi una tua proprietà,sono tua sorella.- Cercò di imporsi senza riuscirci.
-E quindi mia…- Si scostò bruscamente da lei e si diresse verso la porta.
-Il viaggio sarà lungo. Forse non dovreste venire con me. Qualcuno deve restare al palazzo di ghiaccio per… – 
-Io vengo con te.- Elsa lo interruppe prima ancora che terminasse la frase.
-No,Anna verrà con me. – Ribatté autoritario voltandosi,un ululato in lontananza fece da sfondo a quella discussione,sembrava un pianto disperato,sembrava l’urlo terribile che Elsa non fu in grado di emettere con le sue corde vocali,e adesso il lupo l’aveva sostituito col suo verso agghiacciante.
-Potrei odiarti.- Sussurrò lei a denti stretti,come un lupo che ringhia minaccioso,sbattendo un pugno sulla dura pietra del camino spento.
La cenere e la polvere che si levarono dai resti della legna arsa pervasero l’aria.  
-Potresti. Ma non ne sei capace.- Rispose Jack con un velo di malinconica tristezza negli occhi azzurri e lucidi. – Mi causeresti problemi,sei il mio punto debole,se ti facessero del male io…- Ma si interruppe scoprendo il volto angustiato di lei.
-Come osi indentificarmi come una debolezza?- Con un gesto secco del braccio spinse via qualunque cosa fosse poggiata sulla pietra del camino,brocche d’acqua e vasi di fiori si infransero sul pavimento anch’esso di grezza pietra grigia,in frantumi,come il cuore della regina delle nevi.
-Mi hai frainteso.- Sussurrò lui immobile al suo posto. Consapevole della sofferenza frustrante di sua sorella. 
-E Anna? Lei è forse sacrificabile?- Urlò lei disperata,adesso le lacrime rigavano il suo volto.
-Non dire mai più una cosa del genere di mia sorella. Amo infinitamente Anna,ma tu…sei la mia protetta.- Si sentì gelare il sangue a quelle parole. Mai aveva pensato che una di loro meritasse di vivere più dell’altra. Eppure Elsa rappresentava qualcosa di superiore,certo, ancora nel sonno aveva incubi atroci che lo perseguitavano,ancora si sentiva legato alla sorella che aveva perduto ancora piccola,quella che non aveva potuto vedere crescere. Ma sapeva che perdere lei,l’avrebbe disarmato. Distrutto. Cercò di riconquistare un tono rassicurante.
-Anna è forte e coraggiosa. Come te. Ma lei non cercherà di fermarmi, il tuo amore ti rende cieca ai miei bisogni e perfino ai tuoi. Preferisco vederti calda e morbida,fra le braccia di un marito,con mio nipote nel tuo grembo seppur lontana da me… piuttosto che vivere segregati e dannati insieme. Perdonami Elsa se sto cercando di salvarti.-
E così dicendo la lasciò fra i vetri rotti sui quali si era accasciata ferendosi. Il sangue scivolava sui piccoli frammenti taglienti, vischioso e vivido, come se stesse inghiottendo qualunque cosa intorno.
Si strinse in se stessa sentendosi un’eterna infelice. Prigioniera di sensazioni che neanche riusciva a razionalizzare.
Quando Jack richiuse la porta alle sue spalle,quella che dava sul terrazzo interno dal quale tutti i ghiacciai erano ben visibili e davano sfoggio di se in un panorama mozzafiato,si ritrovò faccia a faccia,con sua somma sorpresa,con la più giovane della famiglia.
Il suo volto rifletteva uno sguardo vacuo. Le mani giunte e le azzurre iridi puntate nelle sue. I capelli accuratamente intrecciati e raccolti erano perfettamente in ordine,lei si distingueva per il colorito ramato della chioma e un'unica quanto singolare ciocca bianca, a differenza degli altri due.  
-Siamo quasi pronti a marciare verso il sud del continente.- Pronunciò solennemente seria come non l’aveva mai vista.
-Hai eseguito ciò che ti ho chiesto perfettamente Anna. – La superò poggiandosi alla balaustra.
Il vento freddo mosse i suoi capelli e riempì i suoi polmoni. Sospirò,ma nell’aria nessuna nuvola di vapore si formò. I loro corpi non possedevano calore.
-Fratello. Sarò mai libera di amare qualcuno un giorno?- Chiese raggiungendolo e poggiando una mano lievemente su quella guantata di lui.
-Ti prometto che sarai una donna come tutte le altre Anna,avrai una famiglia. Un travolgente e…caldo,soprattutto caldo amore.- Rispose senza guardarla. Assertivo e calmo come al solito.
-Come quello di Elsa..?- Jack spalancò gli occhi sconvolto dalla domanda. Che cosa ne sapeva Anna di quello che provava Elsa? Si torse le mani ma non trasparì alcun segnale a parte il suo sguardo che lo tradì e alla ragazza non sfuggì.
-Non mi sorprende lo sgomento nei tuoi occhi fratello mio. Mi credete al di fuori della comprensione di ciò che vi lega,ma vi sbagliate. Questo mi rende sola e profondamente cosciente del fatto,che semmai un giorno dovessi scegliere...mi sacrificheresti senza esitazione.- Il tono naturale e indifferente con cui si era espressa fece sprofondare Jack in un terribile stato d’ansia.
Si voltò a bocca aperta e con la fronte aggrottata come avesse visto qualcosa di orribilmente crudele.
-Cosa stai pensando sorella? Come puoi parlarmi in questo modo? – Cercò di prendere tempo per pensare a come negare.
-Risparmiami certe scene Jack Frost. Il mio unico rammarico è non avere Pippa al mio fianco e ciò mi fa sentire un’isola.- Poi si avvicinò all’orecchio di suo fratello che restò immobile a guardare i monti innevati della barriera che li separava dalle lande estranee,gli occhi sbarrati per lo stupore.
-Pregherò i miei dei che tu mai debba affrontare tale scelta. Perché la colpa ti consumerebbe. – Dopo aver pronunciato questa frase si allontanò in silenzio e sparì dietro le mura spesse senza fornire possibilità di replica.
Un verso molto diverso da quello udito in precedenza fece rabbrividire Jack. Che sensazione insolita. Più che l’ululato di un lupo gli sembrò quasi una folle e beffarda  risata di una iena. Durò pochi secondi,per poi essere inghiottita dalla neve che ovattava qualunque suono. Fu agghiacciante.


-Jack è una persona difficile da gestire,me ne rendo conto.-
Cercò di fasciare la mano della giovane Frost nel modo migliore possibile,nonostante il suo disappunto e il suo sguardo torvo.
-Non ho bisogno della tua patetica sentenza. Conosco bene ogni sua sfaccettatura. Molto meglio di te. – 
-Non ho dubbi Elsa. Questa non è una gara. Non c’è bisogno di scaldarti a questa maniera.-
Elsa colse la finissima allusione alla sua condizione e furiosa ritirò la mano scostando violentemente quella della Jarieley.
-Abituati all’idea che Jack trascorrerà veramente molto tempo con me durante questo viaggio.- Annunciò con un ghigno soddisfatto la mezza fata.
-Tu non mi piaci Toothiana.- Ringhiò la Frost a denti stretti.
-Lo so. Neanche tu piaci a me ragazza arrogante e presuntuosa. Ma si da il caso che se un giorno sulla tua graziosa testa vuota poggerà una corona luccicante,e le tue adorabili guance torneranno rosee,sarà me e le mie sorelle che dovrai ringraziare. Io non merito il tuo disprezzo solo perché tengo molto al mio re! –
Disse sbattendo le palpebre dalle folte ciglia abbellite di pigmenti rosa,come i suoi occhi,che riflettevano un curioso colore vivace alla luce del camino scoppiettante che si era premurata di accendere.
Elsa resistette all’impulso di saltarle alla gola.
-Il tuo re? Tuo..?- Rise beffandosi della sua espressione. 
Toothiana si alzò percorrendo la sala per lasciare sola la ragazza.
-Stai attenta Elsa. La tua permanenza qui potrebbe rivelarsi insopportabilmente solitaria. – 
Sbattendo la porta alle sue spalle uscì dalla camera. Era così che Elsa percepiva le cose nel corso della sua esistenza. Porte sbattute,lei chiusa in una stanza e tutto il mondo fuori. In questo modo avrebbe trascorso la sua intera esistenza? Non poteva crederci. 
Non voleva accettarlo. I suoi occhi si ridussero a due fessure mentre si stringeva la mano ferita al petto. 
Uno squillo di tromba annunciò la partenza degli eserciti. In quel momento la bora soffiò al punto da spalancare le finestre.
Il viaggio per la conquista del trono,per i Frost,aveva inizio.

 
Andaksos Sud
Landa dei re
Foresta di Growell.

Una giovane ragazza dai capelli rossi e folti galoppò a cavallo del suo più grande e fedele amico Angus. Qualcosa nell’aria le suggerì che fermarsi fosse una cattiva idea. Le voci della battaglia si erano allontanate ed estinte da un periodo di tempo che non seppe definire,galoppava da così tanto,o forse troppo poco, che neanche si rese conto,fra le lacrime,di quello che la circondava. Un rovo le strisciò sul viso ferendola e portandosi via un minimo lembo di pelle. Il taglio si aprì e da esso sgorgò del sangue. Si ripulì la ferita semplicemente trascinandoci su la manica dell’abito. Neanche si preoccupò di cosa avesse,scossa com’era.
Quando ebbe attraversato le lande di quella che era stata la sua proprietà si rese conto di quanto sconfinato potesse essere il regno. Con suo stupore,misto a paura,si accorse di quanto quella terra le fosse sconosciuta. E il pensiero prese forma sotto i suoi occhi quando Angus frenò dinanzi ad una distesa apparentemente infinita di alberi enormi e oscuri. Come fosse possibile che gli alberi le sembrassero cupi non seppe spiegarselo, ma la sensazione che le salì lungo la schiena le fu chiara.
Allora in un lampo le ritornò alla memoria una delle leggende di sua madre riguardo ad un’oscura foresta nel quale la magia poteva trarre in inganno sotto varie forme.
Lei ci era giunta per la prima volta,neanche aveva mai creduto esistesse la temuta Growell. Scese dalla sella sistemata accuratamente sul dorso di Angus e toccando le cinghie che sua madre aveva stretto per lei rivisse la scena di qualche ora prima.

“Cavalca fino al tramonto senza mai fermarti.” Aveva detto Elinor stringendo le cinghie di cuoio.
“Dove vuoi che vada senza di te e i gemelli?” Merida fu afferrata per un braccio e spinta a salire in groppa all’imponente destriero.
“Cavalcherai più veloce da sola…” 
“Ma mamma!”
“FA SILENZIO! “
Le si era avvicinata in mondo austero e l’aveva stretta in un abbraccio alquanto impacciato.
“Tu sei la mia pupilla,il mio più grande tesoro,il mio cuore e tutto ciò che conta. E per questo devi vivere figlia mia.” Le aveva sussurrato all’orecchio come mai aveva fatto in anni e anni.
“Ti seguiranno,ti perseguiteranno finché non ti avranno ammazzata. Ma se varcherai la soglia della foresta oltre le lande cesseranno di cercarti…”
“Morirò lì dentro.”
“Growell aiuta sempre gli audaci che si avventurano al suo interno,ma ti metterà alla prova,perciò mostrati all’altezza.”



Fu l’unica indicazione datale per l’inizio del suo calvario.
A quel punto poteva scegliere di fidarsi delle parole di sua madre,magari dette in un momento di follia e di accecante dolore dovuto alla perdita del suo consorte,o forse era stata saggiamente in grado di consigliarle la via giusta per la salvezza.
Andare incontro al proprio fato ignoto sarebbe stato un gesto coraggioso.
Come puoi scegliere in modo lucido quando hai alle spalle la tua fine certa e dinanzi una più che probabile morte sofferente?
Quegli sporchi traditori non l’avrebbero mai avuta. Per cui poteva scegliere il male minore. E mille volte avrebbe preferito inoltrarsi nella foresta a costo di esserne risucchiata, pur di non morire per mano di coloro che avevano decapitato suo padre e che probabilmente avevano fatto lo stesso con sua madre e i suoi fratelli.
-Io non ho paura.-
Disse a se stessa,pensando di affrontare la sua sorte a testa alta mentre gli andava incontro in uno slancio di feroce orgoglio.
E così fu. Avanzò verso il bosco sicura di se,con al seguito l’animale che sbuffava intimidito e riluttante all’idea di seguirla. Ormai la paura sembrava aver lasciato il posto all’adrenalina e quasi non le sembrò vero di aver in serbo tanta grinta e coraggio da morire sola e fiera. Più si addentrò attraverso la selva e più il cielo sembrò oscurarsi  inspiegabilmente,sentì come se all’interno della foresta il tempo scorresse in modo del tutto diverso rispetto all’esterno,e non lo doveva ai fitti rami rugosi che si contorcevano verso il cielo ingrigitosi, ma era bensì qualcosa nell’aria.
Growell sapeva di antichità e magia oscura dimenticata.
Come se quel posto si fosse opposto alle ere che scorrevano cambiando e si fosse conservato e preservato in modo da non subire alcun mutamento.
I tronchi degli alberi sembravano pelle rattrappita e rugosa di persone vecchie e consumate dagli anni,forse dai secoli. Quanti ne aveva ogni quercia in quel posto?
Fra quel misto di nebbia e aria putrefatta si sentì osservata,sembrava quasi che qualcosa la stesse seguendo,si voltò di scatto con l’arco teso e la freccia pronta per essere scoccata. Era stata così veloce a prepararla che quasi si sorprese di se stessa.
Era stata sua madre a darglielo prima di battere sul dorso di Angus e farla fuggire.
Si sentì seguita da tanti occhi inquietanti bisbigli. Si coprì il capo e i capelli ricci col cappuccio del mantello,ripose arco e frecce dietro le spalle e decise di salire in groppa ad Angus prima di proseguire.
Si strinse al crine dell’animale per ascoltare.
Erano vere e proprie voci sussurranti.
Non riusciva a comprendere cosa dicessero ma inspiegabilmente qualcuno di invisibile parlava alle sue spalle ed ebbe la tremenda sensazione che fosse proprio lei l’oggetto della discussione.
Non fece in tempo a rendersene conto che Angus cominciò a galoppare nitrendo spaventato dall’improvviso fluttuare di qualcosa di azzurro. Fu veloce come un lampo e sparì nella coltre di nebbia circostante,ma Angus non fece altro che agitarsi e galoppare.
A nulla servirono le sue urla disperate quando fu disarcionata e sbattuta contro una radice. Ancora col viso rivolto verso il fango si asciugò la fronte per scoprire che un rivolo di sangue le stava colando da essa. Si era ferita ancora. Fece per voltarsi e rimproverare Angus ma il respiro si arrestò di colpo quando la sua gola incontrò una lama affilata e stranamente luccicante.
Non fece altro che sbarrare gli occhi per incontrare quelli del ragazzo che la minacciava,eppure, il suo volto non le rivelò crudeltà.
Mentre lo fissava impietrita dal basso verso l’alto qualcosa dietro di lui si mosse. Un pesante ramo si stava staccando dalla quercia e stava per finirgli rovinosamente addosso. Probabilmente l’avrebbe ucciso.
-Attento! – Nel momento in cui lui si distrasse scostò la lama e Merida poté gettarglisi addosso e salvargli la vita,visto che l’appendice del tronco sprofondò,nel punto dove loro se ne stavano fermi, con un tonfo assordante.
Quando riaprì gli occhi incontrò il volto del giovane uomo. Aveva più di vent’anni circa.
La carnagione olivastra e gli occhi nocciola le ricordarono i tratti dei popoli del sud.
-So che sei terribilmente attratta da me rossa,ma ti sarei grato se mi permettessi di alzarmi e ringraziarti a dovere.-
Merida spalancò gli occhi e con un balzo si tirò su dal suo petto allontanandosi. Cercò Angus raggiungendolo e afferrando le redini.
Si sentì una stupida,aveva appena salvato la vita di un giovane uomo che l’avrebbe uccisa senza pietà da un momento all’altro. Che sciocca era stata. Poteva solo pagarne le conseguenze adesso.
-Sono in debito con te giovane fanciulla. Il mio nome è Flynn Rider.- Ripose il pugnale nel fodero legato alla cintura di cuoio per avvicinarsi porgendole la mano che Merida non accettò di stringere.
-Parecchio diffidente per avermi appena salvato la vita,non pensi? – Si portò una mano sul fianco e con l’altra si gettò i capelli all’indietro in modo sicuro di se. Le sembrò uno spaccone. Ma almeno non aveva intenzione di ucciderla.
-Io non parlo con gli sconosciuti.- Disse guardandolo torva e tenendosi a distanza di sicurezza.
-Ma li salvi di tanto in tanto.- Fece lui di rimando sorridendole.
-Come ti ho già accennato sono in debito con te. Non sarò libero di andare se non lo ripago. Quest’uomo può svolgere un lavoro per te,mia signora. Tre nomi. . .- Alzò una mano segnando il numero con le dita ma smise di parlare e la principessa non interpretò a fondo la situazione.
-Scusa,non capisco. Che significa tre nomi? – Chiese lei stranita. Non avrebbe mai rivelato la sua identità se era questo ciò che chiedeva. Lui poteva benissimo essere un aguzzino dei clan che avevano tradito. Forse voleva solo condurla da loro o ucciderla.
La sua voce interruppe i suoi pensieri.
-Tre nomi appartenenti a tre persone che vuoi io uccida per te. –
L’aria spavalda sparì all’istante dal suo volto contratto per la tensione. Era un assassino a pagamento,un mercenario o cosa?
-Ascoltami bene,io non ti conosco,non ti seguirò,non mi fido di te e non ti dirò mai chi sono.- Fu schietta e decisa,non mostrò alcun segno di gentilezza o educazione.
-Non ti conosco neanch’io e per quanto ne so siamo alla pari. Non ti chiedo fiducia perché io stesso non la concedo,e il mio nome,non è mio,per cui puoi farti chiamare come desideri purché io possa designarti in qualche modo rivolgendomi a te.-
Il discorso non fece una piega per lei. Forse non c’entrava nulla con quei maledetti.
Pensò che erano fin troppo lontani dal palazzo reale e che sua madre le aveva chiaramente detto che nella foresta di Growell nessuno dei traditori si sarebbe mai avventurato.
-Se non sapessi che nomi fare al momento…?- Iniziò piano avvicinandosi di poco a lui.
-Allora dovrò attendere che tu ne abbia. – Anche lui mosse qualche passo incerto. 
-Potrebbe volerci del tempo.- 
- E allora sarò costretto ad aspettare. –
Chi era quel ragazzo? Cosa lo legava a lei di punto in bianco? Non poteva semplicemente ringraziarla e proseguire?
-Questa è una follia. Va per la tua strada e io proseguirò per la mia. Ti libero dal tuo debito,Flynn Rider.- Si voltò salendo in sella ad Angus.
-Non è una questione che riguarda te milady. Ho un codice che non posso far altro che rispettare.- Quando Merida avanzò di qualche passo con il destriero lui iniziò a seguirla.
-Adesso mi stai spaventando. Vattene! – 
-Tre nomi.- Continuò lui imperterrito.
Allora la principessa scese da cavallo con un balzo e gli si fiondò addosso puntandogli il dito. –Non ho nessuno da farti uccidere,non ti è chiaro?!? In che altro modo posso servirmi di te? Anzi,magari potresti farmi da guida in questa maledetta foresta visto che non so nemmeno dove mi trovo e dove sia il nord! -
Aveva sputato fuori tutta la sua ira. Si sentiva devastata e impotente e adesso questo la stava distraendo dal suo vero obbiettivo.
-E io ti guiderò. Ma vedo molti nomi sulle tue labbra mia signora. Non vuoi rivelarli. E credo che sia perché vuoi prendere le loro vite con le tue stesse mani.-
Le si gelò il sangue. Si pietrificò. Le aveva letto dentro come un libro aperto. Come se avesse guardato nei meandri della sua anima torbida e ci avesse scovato un ignobile  aberrante desiderio di distruzione.
Poteva scegliere ancora una volta. Una guida sicura di cui provare a fidarsi o una solitudine forzata che l’avrebbe probabilmente condotta alla morte.
-Mi chiamo Merida.- Infine rivelò in parte la sua identità. Mai l’avrebbe riconosciuta se non avesse menzionato la sua casata di appartenenza.
-Merida…?- Chiese insicuro aspettando il resto. Le mani sui fianchi e di nuovo quell’aria da rubacuori che avrebbe fatto cascare in pieno qualsiasi ragazza,ma non lei. Non aveva tempo per certe sciocchezze.
-Merida basterà.- Dichiarò gelida.
-Il piacere è tutto mio,mia signora. –
-E per me lo è ancora di più.- Entrambi sostennero uno sguardo di sfida.
 
Continente di Norvalar Oriente.
Arcipelago di Berk.

Nel bosco sembrava che il tempo scorresse più lentamente,i suoni ovattati fra quell’insieme fitto di alberi, di rovi e rami aggrovigliati che stendevano le loro arroganti fronde cercando di raggiungere il cielo,se ne stavano acquattati loro. La caccia era qualcosa che i vichinghi amavano come la battaglia. Procacciarsi il cibo era un istinto primordiale che scioglieva in loro un’adrenalina a cui non riuscivano a resistere.
E così i loro sensi si acuivano per cercare di ascoltare e captare qualsiasi suono nell’ambiente circostante,che fosse il ramoscello spezzato dal passo falso di un cinghiale selvatico,il brucare silenzioso di un cervo dalle lunghe corna o anche solo una piccola lepre innocente,il gioco era quello. Prede contro predatori.
Astrid stava ferma stringendo a se l’ascia che avrebbe presto assaggiato il sangue.
-Questa volta…questa volta è sicuro…- Sussurrò fra se e se mentre si preparava a piombare fuori e piantare l’arma a fondo nella gola di qualche animale.
Ma qualcosa,no,una specie di grido bestiale la distrasse e fece scappare perfino il cinghiale selvatico che aveva puntato lei.
-GRADDACK!!!- Infuriata saltò fuori dalla siepe che la nascondeva e si portò le mani alla testa in segno di disperazione. Ma si arrestò di colpo quando difronte a lei un’ombra scura antropomorfa e slanciata,veramente alta,la fissava con occhi gialli e scontrosi.
Restò immobile cercando di captare qualsiasi segnale da parte di essa. Il bosco sprofondò in un silenzio assordante. Neanche più uno squittire lontano o uno stridere di uccelli. Strinse l’ascia più forte preparandosi a difendersi da quell’essere misterioso.
Allora lui alzò le mani e le posizionò come se stesse scoccando una freccia immaginaria. Era un demone. Ne era sicura.
Una voce tuonò allarmata il suo nome alle sue spalle costringendola a voltarsi.
Sentì l’enorme mano possente gettarla a terra e il corpo duro come la roccia pararsi dinanzi a lei per proteggerla. E fu in quello stesso istante che il demone scoccò la freccia invisibile che superò Astrid andando a spaccare l’armatura indistruttibile trafiggendo il petto di Stoick. I suoi occhi divennero opachi e spenti,la bocca incrinata in un emissione d’aria che voleva essere un grido,cadde a terra immobile come paralizzato. La giovane guerriera non esitò a rimettersi in piedi e scagliarsi contro il demonio che aveva fatto del male a Stoick. Alzò l’ascia pronta a colpirlo quando lui si voltò correndo verso il fitto della foresta. Ma lei non si perde d’animo e si lanciò in una corsa sfrenata al suo inseguimento. Dimenticò la paura,dimenticò il rischio.
Si muoveva veloce fra gli alberi come se avesse perso consistenza,come se fosse un’ombra. Lo perse di vista completamente. Al suo posto,da dietro i tronchi rugosi,fecero capolino tre enormi destrieri neri. Battevano gli zoccoli al suolo infuriati e dalle forge fuoriusciva fumo. La bava che perdevano dal muso li faceva apparire ancor più minacciosi. Ma Astrid nonostante fosse sola lottò. Lanciò ascia e pugnali contro ognuno di loro. La ferirono,la colpirono più e più volte ma lei continuò.
Riuscì a decapitarne uno nel momento in cui selvaggio e iracondo la caricò,lei si era spostata di lato velocemente e aveva piantato l’ascia a fondo come le aveva insegnato il capo tribù da bambina. Questo gettò nella disperazione gli altri due, in un nitrito di terrore che alle sue orecchie risuonò più come il grido di un essere umano, si dissolsero come fossero polvere.
Che cos’erano? Contro cosa aveva appena combattuto? 




Erano calati molti giorni ad ovest da quando,per la prima volta,aveva attraversato l’oceano ed era stata accolta nella tribù di Stoick l’immenso.
Passati come la pioggia sulle montagne e il vento nei prati,la neve era caduta e si era sciolta in un ciclo lento ma inarrestabile,la forza dei fiumi aveva spaccato il ghiaccio riprendendo a scorrere alla venuta della nuova stagione. Nell’arcipelago di Berk sembrava che le stagioni si susseguissero in modo diverso dal continente occidentale.
Il clima rigido di quelle terre sterili adesso aveva subìto un notevole mutamento. Il soffice manto candido aveva lasciato il posto alle erbacce e i campi di grano dorati somigliavano in maniera impressionante alla sua chioma anomala.
Aveva il pomeriggio libero,la caccia aveva impegnato sia Stoick che Astrid come altri membri della tribù.
Strinse fra le dita un ramoscello rugoso provando a spezzarlo e nella sua mente rimembrò il momento in cui giurò ad hiccup,in nome della sua stessa vita,che Gothel le aveva solamente fatto del male,lei era sua prigioniera,ma da quando la tenevano rinchiusa al margine dell’abisso infernale,nella gola del drago,Rapunzel finalmente stava vivendo la sua vita. Certo,chissà quanto sarebbe durato…?
Mentre osservava quello spettacolo mozzafiato di immense distese giallo ocre cominciò a credere che quella terra le avesse dato tanto. Il vento ancora legato al gelo dell’inverno le spostò la lunga treccia che le raggiungeva le caviglie. Non li aveva mai legati a quel mondo.
Era stata la ragazza dagli occhi di ghiaccio a farlo per lei. Era un loro segno distintivo portare i capelli così e quando una persona si offriva di intrecciare i capelli di un’altra e questa accettava,in realtà,acconsentivano ad instaurare un legame affettivo tra loro.
Da quando Astrid l’aveva presa con se le aveva insegnato molte cose,doveva a quella giovane vichinga molto più di quanto pensasse.
Aveva speso tanto tempo in sua compagnia,sui maestosi scogli sul quale si infrangeva il potente e misterioso mare orientale,insegnandole la loro lingua madre.
Al principio,alla principessa era sembrato complicato,quasi impossibile, ma la voglia di comunicare fu più forte della difficoltà. Sedevano,tutti i pomeriggi dopo il rancio,fra le rocce appuntite,con le onde che si infrangevano contro di esse schizzandole d’acqua salata e gelida,ma a loro piaceva stare lì,fianco a fianco,con un libro aperto sulle ginocchia con cui Astrid si aiutava mostrandole figure e associandone parole.
Lei le ripeteva memorizzandole e ogni giorno si concentravano su qualcosa di diverso. Ricordò con un sorriso un pomeriggio di sole che a Berk era più unico che raro. 

“Dimmi cos’è il Laurdag.” 
“Una bevanda!”
Uno scappellotto le arrivò sui capelli. Se le avessero detto tempo addietro che una vichinga l’avrebbe bacchettata per aver sbagliato una parola non ci avrebbe creduto,avrebbe storto il naso indignata.
“Ahi!”
“Concentrati!” –L’aveva ammonita lei.
“…Uhm,aspetta,ci sono! E’ il venerdì,giorno sacro della settimana,quello in cui si fa il bagno!”
La ragazza allora annuì e abbassò gli occhi sul libro che teneva aperto fra le mani,poggiato sulle ginocchia. Un’onda improvvisa si infranse contro la parete rocciosa pochi centimetri sotto di loro e Rapunzel si asciugò il viso umido.
 “Questa è una nave di carico,vedi Ifaq? Una nave grande e lenta,una Knarr. Questa qui invece è una nave leggera e veloce,Drakkar,Ripeti con me.” –L’indice puntato su due figure di immense navi vichinghe.
“Knarr…Drakkar.” –Ripeteva lei memorizzando.
“Costano molte …”
“Once! Soldi…” – Alla sua pronta risposta Astrid sorrise e annuì energicamente. Con grande soddisfazione di Stoick che spesso chiedeva come stessero andando le lezioni le due sorridevano sempre complici,facevano progressi e la vittoria era una cosa che assaporavano entrambe.
“Yer ma’ okea,ifaq.” – Tu sei la mia amica,straniera.
Astrid aveva detto quella frase improvvisamente, tenendo lo sguardo sorridente fermo su di lei e Rapunzel che aveva ben compreso il significato di tali parole quasi non le saltò fra le braccia. Ma loro non dimostravano l’affetto in questo modo e si ricompose. Si perse per qualche secondo nello sguardo di ghiaccio di lei per poi prenderle una mano e risponderle.
“Yer ma sippe, Astrìd.” –Tu sei la mia famiglia,Astrid.


 Le aveva perfino mostrato come preparare il bridal-ale da offrire agli uomini che tornavano dalla caccia. Ogni sera al tramonto risalivano gli scogli per correre in cucina,fra mele e calderoni fumanti preparavano la bevanda amata dalla tribù,ogni giorno a Rapunzel sembrava più saporita.
Mentre mescolava col grande mestolo di legno la bevanda nel calderone veniva interrogata sia da Astrid che da Hiccup,che spesso sedeva con loro nella cucina, riparando un’ascia bipenne o un pezzo di qualche armatura da abile fabbro quale era.

“Allora Ifaq,chi decide il matrimonio di una sposa?” Chiedeva Astrid mentre affettava le mele concentrata.
“…Un Fastmundi!” –Rispondeva Rapunzel un po’ affaticata dal mescolare energicamente e scostandosi i capelli dagli occhi.
“Si dice Fastnandi,ma ci sei andata vicino Shekh.” Rispondeva Hiccup fra il rumore di ferraglia dovute alla sua protesi in acciaio e alle martellate sui chiodi.
“Oh Hic,graddack!!! Deve correggersi da sola! Wuoshka!”
E così dopo aver imprecato lo zittiva per aver suggerito. 
“Sai cos’è una Mansongr Shekh? Scommetto che Astrid non te l’ha detto.” E infatti la principessa si era voltata sorpresa aspettando di scoprire il significato di quella nuova parola.
“Canzone d’amore.”
E così Astrid aveva sbuffato storpiando il volto in una smorfia di disapprovazione.


Teneva molto a loro,quei momenti erano importanti per lei che aveva vissuto una vita di solitudine e abbandoni,in un mondo che l’aveva data alla luce e venduta come merce. Questa gente invece l’aveva accolta e nutrita,vestita e riscaldata,la stava allevando come fosse una di loro.
Un lieve tocco accompagnato dal suono “Shekh” fece svanire i suoi pensieri e la costrinse a voltarsi verso la fonte dell’interruzione.
-Sei pensierosa oggi,è per quella Kuja?- Poteva essere solo lui. Il giovane Haddock la chiamava sole,come anche Stoik che quando la incontrava le poggiava sempre una mano sulla testa in modo paterno e poi andava via silenzioso e immenso come solo lui sapeva essere. A suo figlio non riservava la stessa gentilezza però. Astrid invece la chiama straniera,nonostante non lo fosse più poi così tanto,ma questo le dava un’identità,un tono. Gli altri vichinghi osservavano estasiati i suoi capelli quando ballava intorno al fuoco,la consideravano una leggenda,qualcosa di sacro e lei neanche sapeva perché. Erano solo capelli biondi i suoi,molto lunghi,ma solo capelli.
-No,la strega non c’entra,la preferisco legata al margine dell’abisso,sono solo…pensierosa.- Aveva sorriso in modo molto naturale e cordiale. 
Delle urla in lontananza attirarono l’attenzione di entrambi. Hiccup dapprima strinse gli occhi scrutando il campo di grano poi riconobbe la sua amica aldilà di esso trascinare qualcosa di molto grosso.
Il volo dei corvi e il loro verso inquietante fece rabbrividire Rapunzel.
Sul volto di Hiccup comparve una smorfia e seppur a fatica cominciò a correre verso di lei. Rapunzel lo seguì superandolo. In pochi secondi fu la prima a raggiungere Astrid.
Le afferrò un braccio passandoselo intorno al collo e reggendola per un fianco,era ferita. Stoick giaceva a terra con gli occhi semi chiusi e il respiro affannoso.
-Cos’è successo?- Chiese la principessa ansiosa.
-Akkuma!- Urlò lei in preda all’ansia e il respiro affannoso e rotto. 
-Cosa ha fatto a mio padre?!?- Hiccup le aveva raggiunte e adesso si era inginocchiato al fianco del genitore che sudava febbricitante. Gli aveva poggiato una mano sulla fronte e preoccupato si era passato una mano nei capelli.
-Starai bene,te lo prometto! – Accarezzò quelli di suo padre con una tenerezza tale che le si strinse il cuore a guardarlo,non poté fare a meno di chiedersi se i posti fossero stati invertiti,Stoick avrebbe fatto lo stesso?
-Colpito da una freccia,la freccia di un demone! Per salvare mia vita! Io ho portato il suo corpo! Io dovevo!– Urlò Astrid disperata mentre si stringeva le mani alla testa.
Rapunzel le sfiorò il volto sanguinante mentre la reggeva,doveva essere curata. 
-Ho provato ad ucciderlo,ho affrontato la sua magia oscura ma non ho potuto salvare Stoick! – Allora la principessa tentò di consolarla ma restò in silenzio.
Hiccup ordinò ai due cacciatori lì presenti di trasportare suo padre al villaggio. Poi si avvicinò al volto dell’amica scrutandolo e la rimproverò. Mai Rapunzel l’aveva visto più preoccupato di allora.
Puntò un dito contro Astrid e strinse gli occhi scandendo bene le parole.
- Non andrai mai più a caccia finché io non lo riterrò di nuovo opportuno!- 
La giovane dagli occhi di ghiaccio si portò le mani alla bocca. 
-Non puoi farmi questo,non puoi impedirmi…- Tentò di replicare districandosi dalla presa della principessa che non la lasciò aggredire Hiccup.
-POSSO E LO STO FACENDO!- Tuonò lui col volto contratto.  
–Tu sei soggetta ai miei ordini adesso! – Continuò in tono pacato celando nervosismo e si avviò verso il corpo di suo padre.
Astrid osservò spiazzata l’amica e aggrappandosi a lei le sembrò che le porgesse una domanda con lo sguardo.
-Ha solo paura che possa accaderti qualcosa,cerca di proteggerti.-
Si lasciò cadere al suolo fra le braccia di Rapunzel e restarono così per qualche istante,l’una stretta all’altra,chiedendosi cosa mai avesse voluto uccidere Stoick.
Fu chiesto aiuto alla Kuja Gothel perché salvasse Stoick da quella ferita. La vecchia Chyo non avrebbe saputo cosa fare con un maleficio di quella portata. 
-Sei sicuro di volerci andare Hic? Non sfidare quel luogo,c’è un motivo se nessuno mai vi si è addentrato…- La mano paterna di Skaracchio che si poggiò sulla sua spalla era carica di preoccupazione e sfiducia.
-Lasciatemi provare. Se la kuja è ancora viva ho una speranza per mio padre.- Furono le gelide parole del ragazzo.
Quella notte il principe di Berk attraversò il varco della discesa nelle tenebre,per suo padre ,sotto gli sguardi incerti e ansiosi di quella che avrebbe dovuto essere la sua gente. Qualcuno suggerì di fermarlo. Qualcuno scommise che il male l’avrebbe trascinato nell’abisso. Ma lui avanzò senza guardare nessuno. Varcò la soglia e da solo si addentrò verso la gola del drago. Più scendeva sottoterra più l’aria diveniva rarefatta e il miasma di corpi putrefatti quasi non lo fece soffocare. Si spinse fino alla fine di essa,fra le rocce congelate e le ombre sussurranti. La paura lo attanagliò ma non fu più forte del desiderio di salvare Stoick. Superò perfino i luttuosi dagli occhi cuciti. Creature per metà umane e per metà mostruose,incatenate all’arco di pietra che non facevano altro che lamentarsi e urlare. Uno di loro provò ad afferrarlo senza successo. Lo scansò osservandolo a bocca aperta. Era il primo della sua tribù ad essere sceso fin là sotto. Affaticato e stanco avanzò verso il grande e profondo squarcio nella terra. Era buio. Completamente buio,se non fosse per la lanterna che teneva legata alla vita,sotto la cintura. E lì,incatenata quasi fra la roccia e il vuoto se ne stava la Kuja,la strega. Bisbigliava parole incomprensibili probabilmente rivolte ad Hiccup.
Mosse i dieci passi che lo separavano dalla gola.
Più si avvicinava più le urla dei luttuosi si facevano furiose,perfino da quell’enorme buco nero si levarono grida disumane,come anime dannate che cercavano di spingersi verso l’uscita, qualcosa simile ad una nebbia violacea si stava alzando pericolosamente dal fondo. Perfino i luttuosi si tennero in disparte da quel luogo dove si credeva si annidasse il male puro. Sembravano spaventati. Ma il figlio del capo tribù sembrava fin troppo ostinato a salvare suo padre per accorgersi di quanto si stesse avvicinando al baratro oscuro.
Al di sopra della terra la tribù udì le grida. Astrid si portò le mani al cuore e si inginocchiò dinanzi alle porte della discesa nella gola, attendendo.
La tribù fu presa dal panico e molti fuggirono spaventati superandola,ma lei non mosse un muscolo,lo sguardo fisso sulle porte della gola. Scapparono tutti, terrorizzati, perfino Skaracchio,nonostante fu l’ultimo. Il freddo della notte non tardò a farsi rigido anche se la stagione era più calda. Il polverone sollevato dalle persone in fuga si diradò. 
La figura di Rapunzel fu infine ben visibile alle spalle della giovane vichinga,poggiò una mano sulla spalla di Astrid.
-Andiamo.- Disse calma e assertiva. 
–Io non posso abbandonarlo,Ifaq. Aspetterò. Dovesse metterci tutta la notte. Se all’alba non sarà di ritorno…io scenderò nell’abisso a cercarlo. Non sai cosa potrebbe accadere,va via da qui e sarai salva,se l’abisso si è svegliato i demoni si spingeranno fin qui e mi prenderanno,questo li placherà,ma a me non importa se posso stare con Hiccup… -
Il volto di lei sembrava spento e angosciato.
La principessa si sfilò il mantello e lo poggiò sulle spalle dell’altra. Poi si genuflesse accanto a lei,in silenzio.
Allora Astrid si voltò a guardarla. – Scappa.- Sussurrò.
Rapunzel poggiò le mani sulla nuda pietra e sussurrò col fiato spezzato.
-E come potrei vivere sapendo di avervi lasciati qui? Come potrei sopravvivere da sola al dolore e alla tristezza?- Fece una pausa. Astrid la osservò con gli occhi lucidi e a bocca aperta,un’espressione di profonda sorpresa e ammirazione nello sguardo.
-Io resto qui con te Astrid,anche se dovesse essere solo per poco tempo. Se questa è la fine…staremo insieme.- Concluse congiungendo le mani in grembo e poggiando il capo sulla spalla della ragazza dagli occhi di ghiaccio. Dopo qualche secondo il braccio di Astrid si strinse intorno alle spalle di Rapunzel mentre l’altro le cinse il capo. 

Quando Hiccup le rivolse la parola quella strana nenia cerimoniale che stava intonando Gothel si interruppe.
-Puoi scegliere di guarire mio padre e io ti lascerò libera. Ripagherai il debito per ciò che mi hai tolto e te ne andrai per la tua strada.- Ebbe l’ardore di avvicinarsi alla strega, al margine.
Lei non si voltò,ma Hiccup le guardò le mani e le sembrò tremendamente vecchia,una mummia.
-Mi restituirai la mia bambina?- Chiese lei,la voce roca che quasi stentò a riconoscere come umana,sembrava che stesse parlando con una creatura dell’inferno.
-No. Nessuno tocca Shekh. Lei resta con me.- Rispose in tono autoritario mentre le nubi si levavano sempre di più dal grande abisso.
-Quanto sei sciocco mio caro ragazzo. Vuoi che salvi tuo padre,mi prometti la libertà, ma non vuoi cedermi la ragazza. Allora ti dico: guarda cosa vale la vita quando tutto il resto non c’è più…-
Alla sua negazione di salvare Stoick i demoni si alzarono dall’abisso e cominciarono ad inseguire Hiccup. Non si trattenne oltre. Volevano il suo corpo.
Ricordò solo di aver corso,la paura,nonostante la protesi di ferro aveva corso veloce come il vento perché quelle urla strazianti di spiriti maligni non lo toccassero.
I luttuosi tentarono di bloccarlo ma riuscì a scansarli. Correva,correva verso l’uscita,verso la vita al di sopra,da Astrid,da Shek. Le voci che lo raggiunsero imitavano suo padre che chiedeva aiuto. Non poteva voltarsi,se l’avesse fatto gli avrebbero strappato l’anima e rubato il corpo.

All’alba Astrid si alzò in piedi seguita da Rapunzel.
Le grida si fecero intense e terrificanti. 
-E’ il momento di entrare.- Si voltò muovendo qualche passo verso le porte dell’abisso,allungò le braccia verso la coltre di nebbia viola.

A lui non parve vero di scorgere uno spiraglio di luce nel buio,la sua folle corsa l’aveva portato alla salvezza.
Con un ultimo balzo si gettò oltre le porte.
Astrid si protese verso la soglia.
In quel momento Rapunzel non capì esattamente cosa vide.
Tutto ciò che scorse fu Astrid che teneva,incredula, Hiccup stretto fra le braccia.
Lui si guardò intorno stralunato e ansimante. Era giorno fuori. Quante ore erano passate? Era stato di sotto relativamente poco e invece era trascorsa una notte.
Astrid intanto l’aveva stretto a se gioiosa.
Lasciò da parte la sua freddezza per lasciare il posto al sollievo per il ritorno di Hiccup. Rapunzel sorrise.
-Shekh ma shieraki anni! – “Mio sole e stelle” Gli sussurrò.
Ma lui sembrava distante.
-Sono stato all’inferno e sono tornato. Devo purificarmi.-
Bisbigliò ansioso mentre si rimetteva in piedi retto da Astrid e dalla principessa.
Respirò l’aria come se lo facesse per la prima volta. Infinitamente grato a chissà quale buona stella.
-Ci penserà il fuoco.- Annunciò la vecchia Chyo dinanzi a loro.

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Capitolo 7
*** Fuoco e sangue ***


Aandaksos sud
Foresta di Growell
 
Camminavano ormai da ore. Merida ne era sicura, dovevano essere trascorsi almeno un paio di giorni da quando lei e quell’individuo strano si erano incontrati e scontrati allo stesso tempo, nella foresta però sembrava quasi che tutto fosse più lento e che ogni movimento richiedesse un’alta concentrazione d’energia. La foresta di Growell era un tempo dimora di una potente strega. Essa si era rifugiata fra gli alberi perché vittima di tremende persecuzioni, chiunque vi si fosse addentrato sarebbe andato incontro al proprio destino. Gli alberi che sembravano spiarli e il sussurrare, nel fitto del fogliame, altro non erano che le voci di coloro che cercarono di ucciderla, tramutati in alberi per l’eternità. Una storia da brivido. Si era chiusa nel suo silenzio da ore ormai.
L’ambiente circostante, così cupo e denso di malinconia antica le aveva fatto rimuginare sull’accaduto. Lo sconvolgimento totale della sua esistenza, il crollo di tutte le sue basi e dei suoi punti di riferimento.
Non riusciva comunque ad affrontare il dolore.
Aveva perso suo padre, colui che le aveva insegnato a tirare con l’arco, che aveva sempre creduto in lei e nelle sue capacità. L’uomo che le infondeva coraggio come se ne avesse tanto da poterlo dispensare, l’aveva amato moltissimo. La regina Elinor d’altro canto era una donna rigida e severa. Questo però non aveva risparmiato momenti di tenerezza fra di loro. Ricordava le leggende che sua madre era solita ripetere quanto fossero importanti. ”Le leggende sono insegnamenti”. Il passato da cui imparare a non commettere errori futuri. Il barlume della speranza che almeno lei e i suoi fratelli fossero vivi l’aiutava a non abbattersi.
Proprio quando sentì di essersi persa nei meandri della sua mente una voce la riportò al presente.
-A cosa pensi mia signora?-
La voce di Flynn Rider così calma e assertiva le faceva compagnia di tanto in tanto. Rompendo il silenzio di cui si era all’insaputa vestita.
-Io. . .pensavo a mio padre. – Abbassò lo sguardo stringendo fra le dita il crine nero e lucente del suo destriero.
-E’ un buon uomo?-
-Era il migliore per me. Questo mi basta. E non infangherò la sua memoria chiedendomi se sia stato giusto in vita sua. – Rispose aspra come se quella domanda avesse suscitato in lei fastidio e l’avesse colpita nel profondo. Sapeva degli sbagli di suo padre ma non voleva pensarci.
-Per quanti errori una persona possa commettere nel corso della sua vita c’è sempre qualcuno che l’amerà incondizionatamente. Ma ricorda milady, una buona azione non cancella una cattiva e viceversa.- Quelle parole erano maledettamente vere e Merida si sentì stringere un nodo in gola. Non era con Flynn che ce l’aveva ma con se stessa. Non era riuscita a far nulla per impedire lo sfacelo del regno e questo la distruggeva.
La foresta sembrò aprirsi dinanzi a loro in un varco. Fronde di salici piangenti facevano da sipario ad un ammaliante spettacolo naturale che mai la principessa aveva potuto vedere in vita sua.
Lucciole d’ogni colore volavano sull’acqua del fiume che scorreva lentamente, imperterrito e inarrestabile.
Guardò estasiata lo spettacolo di luci e suoni ovattati. Scese dal dorso di Angus per ammirare meglio. Sapeva di antico e di qualcosa di mistico che Merida avrebbe voluto assaporare, quasi non le sembrò di desiderare di volerne fare parte.
L’acqua rifletteva colori che si sfumavano in una specie di danza, dal blu profondo al viola scuro, al lilla e al roseo.
-Meraviglioso. . .- Sussurrò a se stessa.
Flynn avanzò verso la sponda e si sedette ad ammirare le piccole luci che si inseguivano e sfioravano l’acqua, come fosse un gioco.
La principessa fece altrettanto. Ancora invaghita di quel posto fu riportata alla realtà dalla sua voce, ancora una volta.
 
-Cosa gli è successo mia signora?-
Il giovane si voltò verso di lei mostrando un’aria interessata.
Le sembrò quasi che raccontarlo lì in quel posto fosse più sopportabile.
-E’ stato assassinato, da coloro che credeva alleati…sono riuscita a fuggire prima che potessero ammazzare anche me.- Raccolse un’ombra di consapevolezza nello sguardo di Flynn. Come se avesse intuito già dal primo momento quale fosse la sua storia.
-Mi dispiace molto.-
-Non cerco pietà.- Rispose lei fiera come non mai.
-Non susciti alcuna pietà in me. So cosa significa perdere qualcuno di importante. Conosco quel tipo di dolore. – La sua voce tradì un tono calante. Il ricordo di qualcosa di sofferto che si faceva largo dentro di lui.
-Non hai famiglia?-
-Non ho alcun legame in questo mondo mia signora. Quando la morte verrà a prendermi, non una lacrima solcherà il viso di alcun uomo, e non ne merito.-
Ci fu una pausa in cui Merida si chiese cosa mai gli fosse accaduto e cosa potesse rendere una persona così completamente sola.
Sembrò accorgersene lui, perché riprese a parlare dopo averle lanciato un rapido sguardo.
-Sono figlio di una violenza mia signora, e comprendo e provo profonda compassione per la donna che fu costretta a partorirmi nei campi, durante la sua faticosa giornata di lavoro. Una povera contadina che non ricevette alcun aiuto.- Raccontò tranquillo, come se quella storia non gli facesse alcun male.
-Ti odiava per questo…- Mormorò la principessa.
-Oh no, al contrario. Mi amava come se fossi la sua unica ragione di vita.- Si voltò stupita verso di lui, dando per scontato che una donna abusata non possa amare un figlio nato dalla violenza e dalla perversione. Lei non ci sarebbe riuscita, capì di essere completamente lontana dalla figura di madre sopra ogni cosa.
- Una notte il proprietario terriero, il padrone Lord Begghish bussò alla porta della nostra umile dimora. Strangolò mia madre sotto i miei occhi. Avevo otto anni.-
-Oh, dei onnipotenti, è una cosa terribile.- Merida chiuse gli occhi sospirando. In fondo era successo anche a lei. Ma non era una bambina e suo padre era morto combattendo, difendendo il regno e la sua famiglia. Sarebbe passato alla storia per questo. Invece chi avrebbe ricordato la triste vita di quella donna?
A quel punto Flynn puntò lo sguardo verso il fitto dei rami intrecciati che riflettevano le luci dell’acqua, donando un aspetto fatato a qualunque cosa.
Merida fissò il suo profilo. Per quanto fosse bello si scorgeva nei suoi occhi una vita di delusioni, aveva visto molte cose brutte, lo sentiva.
-Mia madre non aveva rispettato il pagamento settimanale, aveva speso i soldi per poter comprare medicine per me, perché la febbre non mi uccidesse.- Merida si portò le mani alle labbra sgranando gli occhi. Quella realtà popolare era così distante dalla sua vita e dalla sua visione del mondo. Ignorava l’esistenza di tali aberranti azioni.
-Da quella notte non feci altro che ripetere quel nome nella mia testa, continuamente. Mentre lavoravo, mentre dormivo, in qualunque momento. Quel nome divenne per me il mio unico obbiettivo.- Merida lo guardava assorta come se non esistesse altro che la sua storia lì in quel momento. Flynn aveva un modo di parlare che avrebbe rapito chiunque, era capace di mantenere viva l’attenzione come un vero e proprio narratore di leggende. Come i cantastorie che arrivavano al castello di tanto in tanto.
-E cosa è successo poi?- Chiese impaziente di conoscere il resto.
-Un giorno qualunque, quattro anni dopo, lo incontrai. Si presentò con quell’aria di sufficienza alla prateria dove lavoravo come spaccalegna. Era accompagnato solamente da un cocchiere, l’occasione che aspettavo da tempo era proprio lì.-
-Oh…cos’hai fatto Flynn?- Il velato terrore che la pervase al pensiero della risposta la fece rabbrividire.
-Gli piantai l’ascia in mezzo agli occhi. E sperai con tutto me stesso che mia madre mi stesse guardando. Beh, adesso conosci la storia di Eugene Fitzherbert. Ma io adesso sono solo Flynn Rider, un uomo senza storia e legami che vive vendicando le persone.- Caddero in un profondo silenzio spezzato solo dallo stridere dei grilli intorno a loro.
Merida capì che quella specie di assassino a pagamento non era che il risultato di una vita di sofferenze. Eppure, non riusciva ad averne paura. C’era una logica dietro il suo modo di fare che non lo rendeva solo un folle che pianta asce nel cranio delle persone.
Provò un’incredibile compassione nei suoi confronti. Riuscì solo a fissarsi le mani interdetta.
-Questo è il fiume delle lacrime. Prima che io e te nascessimo, i viandanti raccontavano di acque in grado di lenire il dolore e la sofferenza delle persone. Le madri che avevano perso figli in guerra o a causa della peste piangevano qui. Il fiume custodiva le loro lacrime, alleviava la sofferenza portandosela via durante il suo lento scorrere…-
Indicò l’acqua e Merida fu colta da un’improvvisa voglia di gettarsi nel fiume e piangere fino a prosciugarsi. Fino ad annegare.
-Morire sarebbe così semplice…-
-Lascia andare il tuo dolore mia signora. Allora sarai libera. Potrai essere chi vorrai. Potrai essere come me.-
-Un assassino dalla triste storia?-
-Un senza-identità.-
Merida lo osservò incuriosita. Conosceva le storie su quelle persone, vivevano come nomadi mercenari, cambiavano aspetto e nome ogni volta che si spostavano da un posto all’altro. Una filosofia di vita che trovava, in cuor suo, segretamente affascinante.
 –E mi faresti da maestro in questo percorso Flynn Rider?-
-Ti devo la vita. Insegnarti mi renderebbe fiero.-
-E sentiamo, cosa comporta questa scelta? Una vita di solitudine e amarezza?-
-Oh, no. Il mio cuore mortale non ne vuole sapere di rassegnarsi. Il suo obbiettivo e trovare la fanciulla di cui è perdutamente innamorato, bella come il sole. Batte solo per lei.-
-S-sei innamorato? Oh…è una bella sensazione, come te ne accorgi?-
-Beh Merida, è come se…un fulmine ti colpisse ripetutamente, hai la sensazione di smettere di respirare e tutto intorno a te svanisce, l’unica cosa che riesci a vedere è lei e non desideri altro che averla. Ti sembra di vivere aspettando di incontrarla, tutto il resto è vuoto e spento, senza alcun colore. Non senti più la fame, lo stomaco ti si ritorce ogni volta che qualcun altro può bearsi dei suoi sorrisi al tuo posto. In quel momento vorresti essere qualsiasi cosa di cui ha bisogno. Saresti perfino capace di vendere la tua anima al demonio per trascorrere il resto dell’eternità accarezzandole i capelli…-
Merida lo guardava estasiata, mai nessuno gli aveva descritto l’amore in quel modo. Così travolgente e terrificante, così intenso. Fu riconoscente a Flynn per averle accennato qualcosa che ignorava e che non conosceva, gli fu riconoscente perché per la prima volta Merida desiderò ardentemente di provare quella sensazione.
-Sei proprio un tipo strano Flynn.- Sorrise. Che fosse stato veramente il fiume a portarsi via la sofferenza? Perché si sentì improvvisamente piena di energia positiva e anche un po’ più libera.
-Non hai ancora visto quanto il mio sorriso possa essere attraente Merida, te ne darò dimostrazione non appena usciremo dalla foresta e raggiungeremo le città libere.-
Scoppiarono a ridere entrambi un po’ più rilassati. Adesso conoscevano entrambi un pezzetto dell’altro.
 
 
 
Andaksos Nord
Lande ghiacciate
 
Il viaggio verso il sud sembrò cominciare nel peggiore dei modi. Un’immensa distesa di neve sarebbe stato l’unico panorama che avrebbero visto per moltissimi giorni. La sete di potere del principe dell’inverno non sortiva altro effetto che incrementare il desiderio di attraversare il più in fretta possibile quelle lande innevate.
Il candore dei lupi bianchi si spostavano tutt’intorno annusando l’aria gelida in cerca di qualsia traccia di estranei, spie o altri incomodi.
Le Jarieley, infreddolite, si stringevano in pellicce multicolore, risaltavano nel candore della neve come tanti colibrì. L’armata d’oro non mostrava alcun segno di cedimento tanto quanto il loro superiore Sandman.
I lupi costeggiavano la carovana accompagnando il vento negli ululati, tanto che nella tormenta perfino Jack stentò a distinguerli.
Anna non sembrava stanca. Il freddo non aveva nessun ascendente sui due fratelli che aprivano le fila a testa alta, fieri e orgogliosi a cavallo dei ‘Candidi’, destrieri discendenti degli unicorni secondo le leggende delle balie. I più veloci animali esistenti, i più preparati ad affrontare tempeste di neve e bufere.
 -Dovresti permettergli di riposare.- La voce calda di Anna echeggiò nell’aria scontrandosi con le grida del vento.
-Se si fermano adesso siamo spacciati. Prima attraversiamo il legame delle sorelle prima ne usciremo vivi- Rispose torvo Jack, ancora ricordante il comportamento arrogante che la più giovane aveva avuto nei suoi confronti prima di partire.
-Siamo perfettamente preparati ad affrontare questo viaggio nei giusti tempi. Se non sarai tu a dare l’ordine di fermarci, dovrò farlo io.-
Sembrò decisa e autoritaria. Quando era diventata così? Possibile che Jack non si fosse accorto di questo cambiamento? Troppo intento, forse, a comprendere e osservare Elsa. Jack non rispose. Lo sguardo puntato sull’orizzonte. Più gelido che mai.
Anna non attese oltre per voltare il destriero con uno strattone deciso e rivolgersi alla carovana a gran voce.
-FERMATEVI. PER LA MAGGIOR PARTE DI VOI QUESTA E’ LA PRIMA TRAVERSATA DEL NORD E POTRA’ SPAVENTARVI,MA TENETE DURO E CIO’ VI FORTIFICHERA’.-
Toothiana strinse a se alcune compagne per proteggersi dalla bora.
L’ufficiale Easter Alzò una mano per ordinare ai soldati corvi di fermarsi.
Anna continuò a parlare agli eserciti.
-DA QUESTO PUNTO IN POI NON VEDREMO ALTRO CHE OSCURITA’,CI TROVIAMO NEL TRATTO DELLA NOTTE ETERNA. ED HA INIZIO PROPRIO DALLA MONTAGNA SPACCATA ALLE VOSTRE SPALLE E NE VEDREMO LA FINE SOLAMENTE QUANDO RAGGIUNGEREMO LA SUA GEMELLA!-
Molti furono sorpresi. Nessuno riusciva ad immaginare che esistesse un posto dove il giorno non sorgeva mai.
-SCANDIREMO LE ORE DI RIPOSO CON UNA CLESSIDRA,PURTROPPO LE DIMINUIREMO. PRIMA USCIAMO DAL LEGAME DELLE SORELLE E PIU’ PROBABILITA’ AVREMO DI RESTARE UNITI E DI NON RISCHIARE LA VITA DI NESSUNO DI NOI. SISTEMATEVI E CERCATE DI DORMIRE.-
Al suo congedo le carovane cominciarono ad accamparsi. Jack osservò la clessidra appesa al suo collo. Le ore avrebbero potuto sembrargli interminabili. Troppa distanza si metteva fra lui e il suo trono, l’obbiettivo e la voglia di raggiungerlo gli annebbiava i sensi e lo rendeva poco lucido per prendere decisioni. Fu per un attimo lieto che Anna fosse al suo fianco.
Trascorse circa un’ora, il silenzio ormai aveva preso il posto del vociare, il fuoco scoppiettava fra la neve come unica fonte di luce e calore. Toothiana si era addormentata insieme alle sue consorelle e lo stesso avevano fatto tutti gli altri.
Le pesanti pellicce e il fuoco donavano almeno il calore indispensabile a non morire assiderati nella neve.
 
La fenice di ghiaccio volava sopra di loro irrequieta. Jack la osservava peniseroso.
-Anna…-
Bisbigliò per non svegliare nessuno. Sua sorella era rannicchiata accanto a lui con gli occhi chiusi ma sapeva benissimo che era sveglia.
-La fenice ha qualcosa di strano.- Si alzò in piedi per guardarsi attorno,non c’era nulla che potesse agitarla, cosa mai stava provocando quel comportamento anomalo?
Diede un’occhiata veloce ai lupi che dormivano vicini riscaldandosi l’un l’altro con i loro corpi. Nessun cenno di allerta. Eppure sentiva nell’aria qualcosa di strano.
-Lascia stare Jack. Hanno un brutto carattere lo sai.- Rispose Anna a voce bassa che quasi non la udì.
Si risedette di fianco a sua sorella. Restò in silenzio rimuginando su ciò che Anna aveva detto al castello. Decise di non parlarne, lei non avrebbe proferito parola e lui avrebbe fatto altrettanto.
Osservò il fuoco completamente assorto nelle sue riflessioni. Lo terrorizzava, eppure non riusciva a smettere di guardarlo. Ripensò anche ad Elsa.
Forse aveva sbagliato a lasciarla da sola al castello senza alcuna protezione. Era una donna forte dopotutto ma non riuscì a fare a meno di chiedersi se avesse fatto la scelta giusta. Forse dovevano restare tutti insieme per poterci riuscire, per vincere questa guerra. Con gli alleati che si ritrovava chi altri poteva mettersi sul suo cammino? A quel punto i Dumbrock dovevano essere tutti morti, nessuno di loro poteva essere sfuggito al massacro, i selvaggi non erano più un problema da quando erano stati esiliati a Norvalar,e sbaragliare la concorrenza dei tre clan,che si contendevano il trono libero all’insaputa del suo imminente arrivo,era un pensiero che lo eccitava.
Anna si alzò dal suo posto e raggiunse l’ultimo carro. Quello dove l’ufficiale Easter dormiva solitamente in solitudine. Era il più lontano dagli altri e approfittò del fatto che tutti dormissero.
Gli rivolse uno sguardo di sfida, posizionandosi dinanzi all’apertura della carrozza, se non stava dormendo aveva sicuramente capito chi fosse. I sensi di quell’uomo erano triplicati rispetto a quelli degli altri, che fosse dovuto all’esperienza come soldato oppure no questo doveva ancora stabilirlo.
-Posso fare qualcosa per te principessa?- Giunse una voce dall’interno buio. Quando si sporse verso l’esterno uscendo dall’oscurità la squadrò da capo a piedi.
-Si. Puoi gentilmente smetterla di puntare il tuo sguardo su di me qualunque mossa io faccia?- Sembrava abbastanza irritata e il tono di voce,nonostante si sforzasse di tenerlo basso,tradì una nota di isterismo.
-Ti ho forse turbata? –Chiese indifferente.
-Mi stai tenendo d’occhio come fossi una ladra. Il piano non prevede certo che tu mi stia così addosso! – Si portò le mani ai fianchi attendendo una risposta. Easter allungò una mano verso il viso di Anna accarezzandolo lievemente.
-Il discorso è molto semplice, piccola, preziosa e indifesa principessa…-
Quest’ultima non apprezzò il gesto e con uno schiaffo allontanò la mano dell’ufficiale rigorosamente in nero.
-La verità è che non mi fido del tuo bel faccino. Sappi che non mi lascerà ingannare dalle tue sottane…-
Anna lo guardò con profondo disprezzo.
-Non spiarmi mai più e non starmi col fiato sul collo perché non ti conviene metterti contro di me razza di inutile…-
-Che sta succedendo qui? –
Jack Frost fece capolino alle loro spalle,Anna imprecò mentalmente sperando che non avesse sentito una sola parola.
-Niente, io e la principessa scambiavamo quattro chiacchiere.-
Jack osservò i due,spostando lo sguardo prima su uno poi sull’altra. Annuì prima di voltarsi e incamminarsi.
-Si parte fra un’ora.- Ordinò in tutta calma.
Attesero che si fosse del tutto allontanato prima di riprendere il discorso.
Anna si avvicinò ad Easter puntandogli un dito sul petto. Quasi non gli sfiorò le labbra mentre gli sussurrava guardandolo negli occhi.
-La mente qui sono io, se non ti fidi puoi tranquillamente continuare il tuo tour insieme a mio fratello e illudervi di riuscire a conquistare il potere. Se pensi anche solo lontanamente che avrai un posto d’onore nella sua guardia reale ti sbagli di grosso. Ma resta al mio fianco, e avrai molto più che il ruolo di primo cavaliere…- Sospirò sfiorando il petto dell’ufficiale.
-Figurati se una ragazzina acerba come te può farmi specie...- Disse lui irrigidendosi.
-Non ti sembravo molto acerba quando mi sei saltato addosso l’ultima volta.- Assunse un tono sensuale mentre si strusciava contro di lui.
-In mancanza di meglio sono in grado di accontentarmi.- Fece scivolare una mano sui fianchi di lei stringendola a se. Le cinse la vita con un braccio e avvolse le dita affusolate intorno al suo collo inclinandolo verso destra.
Baciò la pelle tesa e fredda della ragazza che gemette completamente abbandonata a lui. In quel gioco non riuscivano a venirne a capo, era un continuo cercarsi e sedursi per poter prevaricare sull’altro ma era uno scontro alla pari.
Si staccò da lui ricomponendosi un attimo dopo e respirando affannosamente.
Si portò una mano al petto voltandosi allarmata verso l’accampamento.
-Mio fratello potrebbe tornare.-
-Faremo in fretta.-
-Ti ucciderebbe se scoprisse…-
-Sta zitta principessa.- L’afferrò prima che potesse controbattere e la trascinò all’interno del carro.
La fenice che sorvolava l’accampamento atterrò nella neve calmandosi del tutto.
Jack la osservò per qualche istante. Le iridi azzurre erano diventate completamente bianche ma andavano man mano colorandosi della naturale tinta dell’animale.
Sussultò un attimo,ma poi la fenice riprese a pulirsi sotto le ali comportandosi normalmente. Indietreggiò di qualche passo ripensando a cosa potesse esserle successo.
 
 
Torre dell’aquila
Andaksos Ovest
 
Respirò forte come per catturare quanta più aria possibile,più di quanta i suoi polmoni potessero contenerne.
Gli occhi bianchi e opachi cominciarono a riacquistare la vividezza del colore delle iridi azzurre. Li richiuse per potersi abituare all’ambiente circostante. Si alzò barcollando. Era stata ferma molto tempo ad osservare attraverso gli occhi della fenice di ghiaccio, raccogliendo quante più informazioni possibili.
-Stai bene? Sei in grado di parlare?-
La mano scarna dell’uomo che si poggiò sulla sua spalla la riportò alla realtà.
-Sto bene.- Riaprì gli occhi concentrandosi sulla mappa che se ne stava sul tavolo di legno mentre tutti i presenti non attendevano altro che le sue parole.
-Padre. Si dirigono verso il sud del continente. Verso Landa dei Re.- Indicò con l’indice verso la pergamena malandata.
-Quanti sono?-
-Soltanto in due. La primogenita si trova al castello di ghiaccio. A quanto sembra è completamente sola. I corvi sono in viaggio insieme a Jack Frost perché sente di aver bisogno di un numeroso esercito per poter affrontare i clan McGuffin,McIntosh e Dingwall.- Si levò un vociare dal gruppo riunito intorno al tavolo,si scambiavano sussurri,sgranavano gli occhi increduli. L’uomo inverosimilmente pallido e dai capelli corvini li zittì prima che continuassero.
-Chi ha con se? Chi sono i suoi alleati?- Incalzò verso la ragazza seduta composta e avvicinando una candela al disegno di Andaksos sulla carta ingiallita.
-Il generale Sandman,ha offerto l’armata d’oro. Il popolo delle Jarieley ha risposto al suo appello e viaggiano insieme. Si trovano fra le montagne gemelle in questo momento e stanno per rimettersi in viaggio.- Spiegò pazientemente quello che aveva visto attraverso gli occhi della fenice di ghiaccio,come se lei stessa fosse stata presente in mezzo alla tormenta di neve insieme alla carovana. Si spostò una ciocca di capelli neri e lucenti dietro l’orecchio.
-Questo ci da un grande vantaggio. Significa che una sorella adesso è sola e il castello è senza protezione.- L’uomo si allontanò dal tavolo raggiungendo la finestra. La figura oscura avvolta dal mantello e il chiarore della luna dava l’illusione che il mento sembrasse ancora più lungo.
-Si,padre.- Annuì lentamente la ragazza.
-Beh,questo può voler dire soltanto una cosa miei cari. E’ tempo di partenze e noi non saremo da meno…preparatevi perché stiamo per raggiungere il castello di ghiaccio.-
Le voci di coloro che sedevano intorno al tavolo,facenti parte del segreto consiglio,si fecero più chiassose,ci furono domande e affermazioni ma nessuna risposta uscì dalle labbra del Lord.
Si voltò soddisfatto verso sua figlia che indifferente osservava la scena.
-Sei stata bravissima,mia piccola Mavis.-
 
 
 
Oriente,Norvalar
Arcipelago di Berk

Trascorsero due giorni e tutto fu provato,latte di papavero per alleviare la sofferenza,unguenti,tisane e qualunque altro medicinale di cui Berk disponesse fu utilizzato senza alcun risultato o miglioramento. Il consulto dei saggi che avvenne durante la degenza del capo villaggio durò ore. Nessuno di loro aveva la più pallida idea di quale malattia lo affliggesse. Non mangiava e non beveva,sembrava si fosse trasformato in una pianta,senza sentimenti,svuotato,si era spenta in lui anche la più piccola scintilla di vita. Neanche la vecchia Chyo fu in grado di sconfiggere il suo male.
Non ci fu altro da fare se non lasciarlo andare.
All’alba del terzo giorno, ‘Stoick l’immenso’,lasciò la terra di mezza per cavalcare fiero e maestoso verso il Valhalla,il paradiso dei guerrieri.
L’immortalità della sua memoria,conquistata col proprio coraggio,sarebbe stata la chiave che gli avrebbe aperto una delle cinquecento grandiose porte del tempio.
Avrebbe guadato a nuoto il fiume Thund e superato le sue insidie,battendosi per conquistare il suo posto come guerriero valoroso e meritevole del paradiso.
Il rito funebre terreno,però,spettava al figlio. Quando fu annunciata la dipartita di colui che fu un punto di riferimento per il popolo la sofferenza, per la perdita di una grande colonna, li atterrì.
Si levarono voci dalla folla che inneggiavano a Stoick, molte candele furono accese per lui,Berk si trasformò in uno spettacolo di luci. Una grande fiaccolata in suo onore fu svolta la prima notte di veglia durante la preparazione del suo saluto.
Rapunzel si sentì molto triste. Per quanto non fosse cresciuta a Berk sentiva di aver istaurato un legame con quell’uomo nel momento in cui gli aveva sfiorato la guancia al loro primo incontro, in tutti i gesti affettuosi e paterni che aveva dimostrato nei suoi confronti. Perderlo fu un brutto colpo anche per lei.
Astrid per sua natura non mostrò alcun segno di debolezza,sebbene fosse più che visibile lo sconforto nei suoi occhi. Fu più presa dal mettersi contro l’intera tribù quando si levarono voci sul conto di Hiccup.
Molti farneticavano sul fatto che lui non avrebbe mai potuto guidarli saggiamente,che non sarebbe stato mai all’altezza di Stoick,che era un debole.
A nulla servirono le sue minacce di morte,molti la pensavano allo stesso modo e Rapunzel constatò quanta mancanza di fiducia e rancore serbassero nei confronti di quel ragazzo. Provò per Hiccup una profonda compassione. Aveva appena perso il suo unico familiare e tutto ciò che avrebbe udito non sarebbe stato altro che un coro di diffidenti e maligni popolani che non lo ritenevano degno.
Quando Stoick smise di respirare Hiccup gli chiuse gli occhi.
La vecchia Chyo lo raggiunse poggiandogli una mano sulla spalla,seguita da Skaracchio,il mastro fabbro che lo conosceva da sempre.
-Ragazzo,sai cosa devi fare? Se non te la senti ce ne occuperemo noi.- La voce graffiata della saggia anziana gli rimbombò nelle orecchie come se non volesse altro che silenzio.
-No. Io sono il figlio. Devo farlo io.- La voce fredda e distaccata di Hiccup provocò uno sguardo preoccupato fra i due. Annuirono indietreggiando e facendo segno alle ancelle di entrare.
Portarono anfore colme d’acqua e olii per profumare la pelle. Abiti puliti e un’armatura nuova fatta su misura per il defunto.
Una di loro si sedette difronte al futuro capo villaggio e fece per toccargli i capelli quando fu cacciata via da Astrid.
-Andate via,lo faccio io.-
Fredda e ostinata si avvicinò ad Hiccup con fare deciso e delicato allo stesso tempo.
Si inginocchiò dinanzi a lui che teneva lo sguardo basso e inespressivo. Non ci fu nessuno scambio di parole. Intrecciò i suoi capelli sistemandoli mentre lui respirava così silenziosamente che quasi sembrava che non lo stesse facendo.
Astrid immerse un indice nella ciotola di vernice nero pece. Lo avvicinò agli occhi di Hiccup e ricoprì completamente le palpebre.
Agli angoli disegnò due linee verso l’alto e due verso il basso,come fossero lacrime.
-Sei pronto…- Gli strinse la mano prima di lasciarlo al suo compito e Hiccup la guardò come per ringraziarla. Ma non disse nulla. A lei bastava o almeno provava a farselo bastare.
Quando fu solo si avvicinò al corpo del padre. Immerse i panni nelle anfore e cominciò a lavarlo. Non si rese conto di quanto stesse soffrendo finché non cominciò a parlargli.
Le lacrime rigavano il suo viso sommessamente, non un singulto scosse il suo corpo. Parlò al cadavere di suo padre come non aveva mai fatto quando era in vita. E se ne pentì amaramente.
-Sei un guerriero. Perciò sono sicuro che riuscirai a varcare il Valgrind quando giungerai a Valhalla e quando,inesorabile,arriverà la fine dell’era degli uomini Odino ti vorrà al suo fianco a combattere. Sarai Einheriar. Un campione.-
Sussurrò al suo orecchio mentre inumidiva ancora i panni risciacquandoli e lavandogli il viso. Si avvicinò a lui e lo guardò più da vicino. Se non fosse stato così pallido avrebbe giurato che stesse riposando.
-Perdonami padre se non sono stato il figlio che meritavi.-
Fece scivolare una mano su quella rigida e forte di Stoick. Intrecciò le dita con le sue e poggiò la fronte su di esse.
-Shieraki gori ha yeraan…-
E così augurò che le stelle gli fossero vicine nel trapasso.
Con estrema cura profumò il suo corpo e intrecciò i capelli sistemandoli in molte trecce. Lo rivestì con la possente armatura che Skaracchio aveva forgiato apposta per lui. L’ultima ad essere indossato fu l’elmo bicorno.
Al tramonto,quando il rito fu completato, la vecchia Chyo tornò alla soglia della camera mortuaria e fece segno ad Hiccup di uscire.
Il campo di grano, nel quale fu sistemata l’enorme pira che avrebbe liberato l’anima di Stoick l’immenso,ospitava l’intera tribù. A centinaia erano radunati tutt’intorno per porgere l’ultimo saluto al loro grande Re.
Fu inspiegabilmente portata lì anche Gothel. Rapunzel preferì alzarsi il cappuccio sulla testa perché non la vedesse. Se ne stava incatenata a terra trattenuta da Skaracchio. Lo sguardo torvo e ostile rivolto all’orizzonte. Scarna e vecchia come un cadavere.
Quando Hiccup varcò la soglia dell’anticamera, dove delle incaricate attendevano di prepararlo per la cerimonia, la principessa sentì Astrid sussultare. Le strinse la mano perché si accorgesse della sua presenza, perché sentisse che le era vicina.
Alcune ancelle gli fecero indossare l’elmo dalle enormi corna, le più grandi che Rapunzel ebbe mai visto, simbolo dell’autorità, fu poi spogliato dell’armatura che si era costruito da se e fu rivestito con quella che il padre aveva indossato in gioventù, il bronzo scuro e lucente e il trucco nero che gli contornava gli occhi donavano ad Hiccup un aspetto decisamente virile. A Rapunzel sembrò per la prima volta più selvaggio e avvertì qualcosa che poteva definire come una certa soggezione.
Gli legarono alla cintura le armi che Stoick aveva utilizzato il primo giorno di caccia,quando era divenuto un uomo,perché gli infondesse tutto il suo coraggio per il ruolo di leader che stava andando a ricoprire.
Quando fu pronto si mostrò all’intera tribù.
Tutti si sistemarono intorno alla pira dove Stoick fu legato,in cima.
-Portatemi le uova di drago.-
- Perché non le vendi? Ne ricaverai ricchezza e vivrai una vita di lusso e…-
-Non mi sono state donate per essere vendute. Mio padre lo sapeva,e lo so anch’io,che gli spetta un altro destino.-
-Ma Hic…-
-Perché mi chiami così? Stoick è morto,tutto ciò che era lui adesso sono io.- Teneva lo sguardo fisso sul corpo legato e attendeva l’imbrunire.
Skaracchio si congedò abbassando lo sguardo e gli fece portare le tre uova di drago.
Hiccup utilizzò la scala a pioli per raggiungere il cadavere di suo padre,fra il fogliame secco e la legna da ardere,sistemò il primo uovo vicino al capo,per l’intelligenza e l’ingegno,il secondo fu sistemato sotto il braccio destro,per la forza e il coraggio,il terzo fu messo fra le gambe,per la virilità e velocità.
Le armi da lui utilizzate,come l’ascia bipenne
sua fedele compagna, fu posizionata accanto al fianco destro. Perché potesse combattere al meglio una volta raggiunto il Valhalla.
Quando gli sfiorò il capo per dargli l’ultimo saluto scese dalla pira e si allontanò.
Si avvicinò a Skaracchio, lo guardò negli occhi e gli porse il suo vecchio elmo.
-A te,mio caro amico,che mi hai protetto dal primo giorno in cui hai udito il mio primo vagito. Ho bisogno della tua lealtà.-
Skaracchio afferrò il piccolo copricapo dell’infanzia e lo strinse al petto. Si inginocchiò nonostante la gamba di legno lo ostacolasse e pronunciò quello che secondo Rapunzel avrebbe dovuto essere un giuramento.
“Sangue del mio sangue.”
Poi si avvicinò ad Astrid sfiorando il suo Kransen,la tiara d’oro lucente che portava in segno di purezza.
-Quando il sole sorgerà ad Ovest e tramonterà ad Est,io smetterò di amarti,Yer jalan atthirari anni…-
E a giudicare dallo sguardo di Astrid quella fu la cosa più dolce che Hiccup le avesse mai detto. Le aveva apertamente dichiarato di considerarla la luna della sua vita e la Shekh non poté fare a meno di sorridere.
Si rivolse infine alla folla che osservava la scena contrita,nessuno di loro avrebbe scommesso un pugno di once sul futuro capo.
Ma Hiccup cominciò a parlare ad alta voce,con i segni neri sul viso e lo sguardo duro e gelido che non gli aveva mai visto sfoggiare prima.
-So bene che eguagliare le gesta eroiche di mio padre sarà una grande impresa,ma vi chiedo fiducia. Io vi dimostrerò di essere degno della vostra lealtà.
Tuttavia,io qui vedo volti obbligati. Vi libero.
Andate via se volete,nessuno vi tratterrà. Ma se resterete,lo farete come una grande famiglia,sarete miei fratelli e mie sorelle,i vostri figli saranno anche i miei e vi giuro sulla mia anima,che chiunque vi farà del male morirà fra atroci sofferenze.-
Fece una pausa,durante il quale molti raccolsero dei sacchi colmi degli oggetti indispensabili e fuggirono,circa un centinaio di persone rinunciarono al proprio sovrano scegliendo di essere libere e sole.
Coloro che restarono però sembravano dubbiosi,si scorgeva nei loro occhi l’incertezza e lo sconforto.
Hiccup abbassò gli occhi su Gothel,incatenata ai suoi piedi,la vide ghignare soddisfatta mentre il suo popolo lo abbandonava.
-Skaracchio,lega questa donna alla pira…adesso.-
Alla breve esitazione dell’uomo lo incalzò con sguardo torvo. L’ordine fu eseguito e Rapunzel che aveva guardato tutta la scena alle spalle della strega nascose il viso perché non la riconoscesse.
-Io vi proteggerò, sarò al vostro fianco e morirete sicuri che vi darò degna sepoltura,vi onorerò e vendicherò. E i vostri nemici bruceranno fra le fiamme degli inferi,gridando disperati.-
-NON MI SENTIRAI URLARE!!!- Gothel spalancò gli occhi e sputò addosso a Skaracchio che la colpì al volto senza esitare. La paura nei suoi occhi fu chiara e cristallina per la Shekh che la guardava dalla folla.
-SI INVECE! Ma non sono le tue urla che voglio,solo la tua vita…- Il giovane finì la frase in un sussurro e strinse gli occhi più verdi che mai.
-SHIERAK QIYA! – Urlò una ragazza vichinga dall’aspetto duro e gli occhi gelidi,indicando il cielo e scuotendo i lunghissimi capelli biondi raccolti in due assurde trecce appallottolate. Ruffnut Thorston avvertì la folla che la cometa di sangue stava spuntando nel celo della sera.
A quel punto una torcia fu portata ad Hiccup per dare il via al grande falò.
-SHEKH,VIENI AVANTI!-
Al suo richiamo a Rapunzel saltò un battito e le si fermò il respiro. Ebbe per un momento la terribile sensazione di essere destinata alle fiamme.
Si avvicinò scoprendosi il cappuccio e mostrando la lunga treccia.
Hiccup la guardò negli occhi con un’espressione distaccata. Si sentì improvvisamente spaventata e cercò lo sguardo di Astrid dietro il capo villaggio,confuso quanto il suo.
-Io non c’entro nulla con lei,tu mi hai sempre creduta.- Cercò di giustificarsi temendo il peggio,ma lui parlò prima che potesse continuare a spiegarsi.
-Il fuoco è purificatore,piccola Shekh.-
-Perché? Credevo che tu provassi affetto per me.- Le sfuggì un tono più alto,le si strinse il cuore e fu assalita dal terrore,ma non cambiò espressione,restò fiera e austera come una nobile quale era.
-Ed è quello che provo.- Le porse la torcia bruciante. Si sentì spiazzata.
-Puoi scegliere di liberarti delle catene che quella donna ti ha costretto ad indossare, ed essere mia,alla pari degli altri.-
Gli occhi le si riempirono di lacrime,ma non ne colò nessuna.
Afferrò la torcia determinata e dopo aver guardato Hiccup con somma riconoscenza,si avviò verso la strega legata ai tronchi di legno.
Quando la vide avvicinarsi,Gothel cominciò a sogghignare beffarda. La guardava contorcendosi come un serpente e mostrando i denti marci e ingialliti.
-Tu non ne sei capace piccola mia,tu sei così debole..guardati,fiorellino delicato!-
Lo sguardo di Rapunzel restò fermo e continuò a guardarla,in piedi dinanzi a lei con la torcia stretta fra le mani.
-Tu non sai niente di me maledetta strega.- Serrò le labbra mormorando con i nervi contratti. Allora la strega piantò il suo sguardo negli occhi della Shekh come a volerla intimorire,pronunciò le parole scandendole per bene.
-Hai un cuore troppo gentile per poterlo fare ,piccola insulsa ragazzina!-
Non ammise un altro insulto alla sua persona. Non capì esattamente da dove arrivò quel coraggio e quella fierezza.
-Io non ho un cuore gentile.-
Lasciò cadere la torcia sui rami secchi e in pochi secondi il cerchio di fuoco si alimentò dividendola dalla strega definitivamente. Ci fu uno scambio intenso di sguardi fra le due,che sostennero coraggiosamente,sia da una parte che dall’altra.
Quando le fiamme cominciarono a raggiungere e ardere le carni molli e rattrappite di Gothel dei canti straziati si levarono dalla sua bocca deforme.
Rapunzel si tiro su il cappuccio e restò a guardarla ardere. Con una calma inquietante.
La notte non tardò a inghiottire l’ambiente,la luce delle fiamme,che divoravano la pira come creature che correvano lasciando scie luminose al loro passaggio,donava a tutti i volti della folla illuminati un aspetto terribilmente spaventoso.
Un gioco di luci e ombre e un’atmosfera assurdamente surreale,con la cometa rossa che si muoveva lenta nel cielo a fare da sfondo al tutto.
Hiccup si spogliò dell’armatura poggiandola ai suoi piedi mentre il fuoco raggiungeva il corpo di Stoick.
Gli unici abiti che indossava adesso non erano altro che delle calzamaglie scure a coprirgli le gambe magre.
Nessuno capì esattamente cosa avesse intenzione di fare. Si avvicinò al fuoco come a volerlo toccare. Nessuno osò fermarlo,sebbene consapevoli della follia che di lì a poco sarebbe accaduta. Quando il calore raggiunse il suo viso si fece improvvisamente insopportabile e dovette ritrarsi. Raccolse un profondo respiro e si portò le mani al naso e alla bocca,con una spinta si gettò nel fuoco che lo abbracciò completamente in un boato di grida e voci di sottofondo che urlavano e si disperavano.
Astrid si coprì gli occhi e si lasciò cadere a terra con un gemito.
Le urla di Gothel si fecero insistenti ed echeggiarono nella notte come il gracchiare di corvi.
-TU SARAI SOLO,CAVALIERE DEL DRAGO!!! IO TI MALEDICO PERCHE’ I TUOI FIGLI LACERINO IL VENTRE DELLA LORO MADRE UCCIDENDOLA,E PERISCANO FRA ATROCI SOFFERENZE AL LORO PRIMO RESPIRO!!!-
L’ultima parola si perse in uno straziante urlo disperato e sofferto. La folla indietreggiò,alcuni gettandosi a terra.
La vecchia Chyo si strinse al suo bastone inginocchiandosi e urlando formule arcane,provando a contrastare le parole della strega. Astrid si portò le mani alle orecchie e si piegò su se stessa piangendo.
Rapunzel corse verso di lei gettandosi al suo fianco,e puntando lo sguardo sulle fiamme che divorarono la figura di Hiccup. Una danza di fuoco che sembrò bearsi delle urla strazianti e della paura dei presenti.
Hiccup era stato maledetto.
Lo spettacolo di fiamme che ballavano,come streghe durante un sabba,si fece prima più intenso e sembrava catturare la mente di coloro che si fermavano a guardarle intensamente. L’odore di carne bruciata pervase l’aria,come il fumo,che assumeva curiose forme non identificabili.
 
Quando giunse l’alba,tutto ciò che restò della pira fu un grande polverone e un fumo denso e nero.
La cometa di sangue era scomparsa.
Percorsero il sentiero del campo di grano,facendosi spazio fra i corpi addormentati di coloro che avevano atteso tutta la notte.
Skaracchio,stringendo l’elmo al petto e respirando affannosamente,la vecchia Chyo con l’aiuto del suo bastone e Astrid seguita dalla principessa. Avanzavano fra la folla che si destava man mano,in sussurri e sbadigli,si mettevano in piedi.
Giunsero al centro della terra arsa e sterile. Quando il fumo si diradò non vi era altro che terreno bruciato,ossa,lembi di pelle e brandelli di abiti,pezzi d’acciaio deformati.
E lì,al centro,una figura rannicchiata.
Piegata su se stessa,la pelle annerita dalla fuliggine,gli abiti inceneriti. La carne completamente illesa.
Alzò il volto su di loro scuro e sporco, dal trucco sciolto,gli occhi dalla sclera quasi del tutto rossa e le iridi incredibilmente verdi.
Non un respiro si levò dai quattro che osservavano la scena interdetti.
Da sopra una spalla del capo villaggio fece capolino una bestia nera come la notte oscura. Dalla pelle squamata e le orecchie basse. Enormi occhi verde smeraldo dalle iridi verticali come i rettili e un paio d’ali deboli e venate di viola,non del tutto sviluppate. Lunghi artigli si reggevano sulla carne del ragazzo,sembrava privo di denti. Una seconda bestia identica alla prima stava aggrappata al braccio destro ma a differenza di essa era di un verde brillante,le squame sembravano riflettere il luccichio dell’oro.
Il terzo se ne stava fra le sue gambe,argenteo e rosso.
Hiccup si alzò in piedi reggendo il drago che dormiva comodamente,adesso sveglio e dagli occhi rossi ancora assonnati, la bestiola verde si aggrappò al suo braccio destro e osservava i quattro con un misto di stupore e curiosità. Quello nero e viola invece,sembrava più aggressivo.
La folla fu scossa da grida di stupore,tutti paralizzati da ciò che stava dinanzi ai loro occhi così reale e inspiegabile.
Si levò un grido.
“IL CAVALIERE DEL DRAGO!”
Hiccup parlò alla sua gente con una tale determinazione e fierezza da far rabbrividire i presenti.
-Io sono Hiccup il terzo,discendente dell’antica dinastia Haddock,capo tribù del popolo di Berk e comandante delle flotte del mare orientale. Io sono il cavaliere del drago,il non-bruciato e condurrò il mio popolo alla conquista del continente di Andaksos,io sono l’erede al trono e mi riprenderò ciò che mi spetta. Con fuoco e sangue.-
Astrid si portò le mani al petto e si gettò ai piedi di Hiccup pronunciando le parole -Sangue del mio sangue..-
Fu seguita da Skaracchio,dalla vecchia Chyo e dalla folla dietro di loro che si inchinò leale e fedele,quanto incredula e spaventata pronunciando le parole.
“Sangue del mio sangue.”
“Sangue del mio sangue.”
 
Porgevano la loro lealtà,finalmente,a colui che illeso era sopravvissuto alle fiamme, a colui che aveva riportato in vita bestie che da quel momento erano credute estinte.
Rapunzel osservò gli occhi di Hiccup intensamente e per la prima volta,guardandoli, avvertì un senso di …catastrofe.



Note:
Ringrazio come sempre i lettori silenziosi,coloro che seguono e recensiscono. Grazie per avermi motivato a continuare questa long che probabilmente avrei abbandonato.
Siete tutte preziose,voi che avete recensito sempre fedeli e puntuali e io vi adoro. Grazie di tutto.
Per l'ultima parte ho immaginato come colonna sonora " Epic North Music- The Viking" Se la cercate su youtube potete ascoltarla mentre leggete per rendere tutto più epico. XD
Vi lascio,grazie ancora! 
Shin.

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Capitolo 8
*** Il coraggio di scegliere ***


Aandaksos sud
Foresta di Growell
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La principessa dai lunghi capelli rossi e riccioluti si rivolse al giovane uomo che le faceva da guida in quel luogo assurdamente tetro e affascinante, il sole sembrava più cupo che mai. Come se un finto cielo stesse sopra di loro oscurando qualunque cosa al di fuori, una grande cupola o un velo.
-Flynn, quanto manca ancora? Sono distrutta! Ho perso la cognizione del tempo e non so più per quanto potrò resistere prima di stramazzare a terra agonizzante! -

-Lamentarsi non ci farà giungere prima a destinazione. Mangia del pane e...- Ma si interruppe improvvisamente. Aveva appena calpestato, del tutto casualmente, una radice dalla forma articolata ma dallo strano colore bluastro e sembrò quasi, tramite il boato che ne seguì, che la terra intorno avesse cominciato a cedere rivelando un burrone ai piedi del ragazzo.
Purtroppo ciò che parve una sensazione si rivelò realtà. Lo squarcio si aprì sotto di lui e lo trascinò nel vuoto sottostante.
-OH NO! OH NO!!!-
-Cosa?!? Che c'è?!?- Merida si accorse troppo tardi della grande voragine nel terreno e non poté far altro che realizzare di starci cadendo all’interno.
Ma nessuno dei due fece in tempo a rendersi conto di cosa stesse accadendo, le loro urla si mescolarono e si persero in eco lontane e dei due non vi fu più traccia sulla superficie. Scomparvero come inghiottiti dalla terra. Merida si era sentita bruscamente afferrare per l'abito bianco e malconcio e in un istante capitombolava in un tunnel pericolosamente ripido. Ma ciò che la costrinse a tenere gli occhi aperti fu il colore delle pareti luminescenti, azzurre, verdi e blu cobalto.
Ricordava di aver urlato, forte, per molto tempo.
Guardava le pareti intorno a se scivolare rapide e cambiare sfumatura man mano che sprofondavano, sospesi nell’aria in caduta libera, i capelli le avvolgevano il viso impedendole di vedere chiaramente l’espressione di Flynn, terrorizzata e stupita al tempo stesso. Non ricordava esattamente quanto tempo fosse trascorso da quando erano caduti in quello strano tunnel ma abbastanza per rendersi conto dell’anomalia e guardarsi sconvolti.
-STIAMO ANCORA CADENDO?!? –
Il grido di Flynn echeggiò rimbombando sulle pareti multicolore e Merida riuscì a spostarsi i capelli dalla faccia e muovere le braccia e le gambe come se stesse nuotando per raggiungerlo, lo afferrò per il colletto del gilet per potergli rispondere, o meglio, gridare in faccia tutta la sua rabbia.
- Ѐ TUTTA COLPA TUA SE SIAMO FINITI IN QUESTA SITUAZIONE, SIAMO MORTI! - Continuava a scuoterlo violentemente mentre lui cercava di scrollarsela di dosso. La principessa era ormai incontrollabile, la paura di ciò che di lì a poco sarebbe accaduto la spaventò al punto da farla andar fuori di testa. Sarebbero stati infilzati? Si sarebbero semplicemente schiantati al suolo? Non riusciva a scorgere continuità oltre quella caduta e presagiva soltanto il tocco freddo della morte che li avrebbe abbracciati nel giro di pochi secondi. Diede sfogo a tutta la sua rabbia per tutto ciò che non era riuscita a fare, per la miserabilità della sua esistenza, costretta a spezzarsi così bruscamente e inutilmente.
- TI PARE CHE SE L’AVESSI SAPUTO SAREMMO QUI?!?-
-NON AVREI MAI DOVUTO SEGUIRTI! –
-M-MI STAI S-STROZZANDO MIA SIGNORA! –
-NON CHIAMARMI SIGNORA! IO SONO MERIDA!-
Una crisi di nervi colpì Merida in un momento assolutamente inadatto e l’unica cosa che riuscì a fare fu prendersela con lui che tentò di spiegare per sommi capi quello che sarebbe successo.
-COSA CI SARA’ IN FONDO?!? – Urlò a Flynn mentre cercava di non ingoiare i suoi stessi capelli.
L’unico modo per riuscire a comunicare era urlarsi contro, la velocità con cui precipitavano quasi non gli lasciava la possibilità di respirare, figuriamoci di sentirsi, le orecchie fischiavano attraversate dal forte vento provocato dalla gravità.
-LA TEORIA PIU’ ACCREDITATA Ѐ CHE POTREBBE SEMPLICEMENTE FINIRE! –
-OH SANTI DEI! CI SONO ALTRE TEORIE? -
-QUESTE ROCCE POTREBBERO ESSERE ANCORA ATTRAVERSATE DALL’ACQUA CHE LE HA EROSE TEMPO FA, QUESTO POTREBBE PROVOCARE UN GRADUALE RALLENTAMENTO DELLA NOSTRA CADUTA CON UNO SCIVOLO D’ACQUA! E QUESTA MI PIACE! -
-MA L’ACQUA NON AVREBBE FORMATO DELLE STALAGMITI CHE PUNTANO VERSO DI NOI?!? VERREMO INFILZATI!!!–
Ma la discussione non ebbe modo di continuare, visto che entrambi si guardarono per qualche secondo dopo l’affermazione di Merida, per poi spostare lo sguardo verso il fondo del baratro e infine tornando a puntare gli occhi l’uno in quelli dell’altra, un istante dopo urlavano terrorizzati all’idea di ciò che sarebbe accaduto.
Dopo alcuni interminabili istanti ci fu un cambiamento nell’atmosfera. La temperatura si stava abbassando e le pareti rocciose si stavano tingendo di un blu molto scuro, gocce d’acqua risalivano dal fondo sfiorando loro le guance, Merida lasciò andare il giovane cercando di avvicinarsi il più possibile alla superficie di pietra ma invano, la caduta sembrava perdere velocità gradualmente.
-C-cosa succede? –
- Stiamo rallentando! –
Per quanto incredibile la velocità si era drasticamente ridotta e adesso tutto sembrava più calmo. L’acqua risaliva dal fondo sotto forma di rugiada e veniva assorbita dai loro corpi, dai tessuti degli abiti.
Merida si aggrappò al braccio di Flynn guardando verso il basso, oltre i suoi piedi riuscì a scorgere qualcosa in movimento, qualcosa di molto familiare, che avrebbe amato e ringraziato per il resto della sua vita. Si, perché il barlume della speranza di sopravvivere si fece strada in lei come una scia luminosa.
Guardò Flynn, che nel frattempo si teneva una mano sugli occhi, i capelli castani e lisci si muovevano dolcemente intorno al suo viso spaventato, la bocca piegata in una smorfia che sussurrava frasi sconnesse.
“Scivolo d’acqua, scivolo d’acqua! “ Ripeteva in continuazione come se potesse comparire da un momento all’altro.
Merida riuscì a riacquistare man mano il controllo dei suoi movimenti grazie al rallentamento, riuscì a spostare la mano di Flynn dal viso e lo guardò entusiasta.
- NON MORIREMO!–
Lui ricambiò con un’espressione stralunata pensando che poteva solamente essere impazzita in quel lasso di tempo in cui aveva guardato negli occhi la fine, chi mai avrebbe potuto sopravvivere ad un simile volo nei meandri della terra? Ma Merida continuò a guardarlo sfoggiando il più dello dei sorrisi.
Con uno scatto fulmineo gli afferrò la nuca o lo costrinse a guardare giù.
E fu chiaro. Potevano farcela.
-QUELLA… Ѐ ACQUA!!! –
E nel mentre si voltava verso Merida, ridendo di gusto per la gran fortuna che li aveva investiti, si abbracciarono contenti, come fosse appena avvenuto un miracolo.
L’acqua li raggiunse e li pervase, fredda e dura come fosse improvvisamente passata allo stato solido, ma un secondo dopo eccoli che nuotavano vivi e vegeti attraverso di essa, mai un tuffo così potente fu tanto apprezzato da entrambi come in quel momento.
Merida nuotò con grande energia ma non aveva più aria nei polmoni a causa della caduta precedente che l’aveva svuotata del poco fiato rimasto. Si sentì quasi soffocare, la mancanza d’ossigeno si fece insopportabile e perse ogni forza, provò a muoversi ma diventava più debole ad ogni secondo trascorso. Tutto era ovattato e privo di suoni, tutto ciò che la circondava era soltanto il blu profondo delle acque scure e una luce flebile al di sopra di lei.
Aveva creduto di averla scampata ad uno schianto terribile ma fu ormai ovvio che sarebbe annegata miseramente.
In quella specie di dimensione parallela in cui si rifugiò la sua mente, negando la paura della fine, pregò gli Dei che Flynn si salvasse, pregò che ritrovasse la sua amata e che la vita gli donasse molta più gioia di quanta fino a quel momento gli aveva riservato.
No, non poteva finire così. Si stava veramente arrendendo?
Morire sarebbe stato molto più semplice, ma che onore ci sarebbe stato nel mollare solo perché più facile?
No, quella non era Merida.
Merida avrebbe scelto di combattere. Merida avrebbe scelto di vivere.
In un lampo di luce che attraversò la sua mente le sembrò che il corpo si ricaricasse di una nuova energia. Si spinse verso la superficie, le mani tese verso la flebile luce.
Non tardò a sentirsi afferrare dalle forti braccia di Flynn che non aveva esitato a tornare indietro e rigettarsi in acqua per poterla trarre in salvo.
Le avvolse la vita con un braccio e si spinse verso la superficie trascinandola con se. Le tenne la testa fuori dall’acqua, poggiata sulla sua spalla, eppure non sembrava che stesse respirando. La spinse verso la piccola spiaggetta sotterranea che costeggiava la conca, sopra di loro solamente pareti rocciose luminescenti blu e azzurre, che sfumavano fra loro in una specie di danza.
Poggiò Merida sulla sabbia bluastra. Le scostò i capelli fradici dal volto e il panico lo assalì. Non voleva che morisse, cosa poteva fare per impedirlo?
Le poggiò le mani al centro del petto, incrociandole l’una sull’altra e spinse forte ad intervalli regolari e scanditi dal suo conteggio. Si accorse solo dopo qualche secondo della morsa in cui il corsetto dell’abito cerimoniale le costringeva la gabbia toracica, impedendole di respirare.
Sfilò il coltello dalla cinghia legata alla gamba destra e con un colpo deciso lacerò il bustino da cima a fondo strappandolo e gettandolo via.
Fu a quel punto che riprese a respirare sputando acqua e tossendo violentemente scossa dai singulti e dallo sforzo di riprendere aria.
Flynn le poggiò una mano sulla spalla e la osservò preoccupato.
-Stai bene? –
Merida ansimò annuendo debolmente tenendosi la gola.
Respirava ancora a fatica e si tirò su solo grazie all’aiuto di Flynn.
-S-sei un maniaco. Non vedevi l’ora di strapparmi il corsetto eh?-
Sussurrò ancora tossendo mentre si aggrappava a lui che la reggeva tenendole un fianco. Le scappò un sorriso di scherno mentre Flynn ricambiava storcendo il naso.
-Sono un gentiluomo, anche se non lo sembro affatto.-
Merida si strinse nella sottana bianca rabbrividendo e una sola domanda le pervase la mente e non riuscì a trattenersi dal farla, nonostante fosse consapevole che lui non conoscesse la risposta.
-Dove siamo finiti? –
Fu ciò che riecheggiò nella caverna, probabilmente, che le fece accapponare la pelle più di qualsiasi veste fradicia, più del gocciolare incessante dei capelli bagnati.
Una specie di voce indistinta che non riconobbe e di cui non comprese il significato delle parole enunciate. Sembrava, dall’eco esasperato, che fosse dettata da un pensiero che prendeva forma al di fuori di una mente e si faceva ascoltare, e non espressa attraverso corde vocali, penetrò dentro di lei come se le avessero ritorto contro il suo arco – che teneva prudentemente stretto a se, dietro la schiena – e le avessero scoccato una freccia andata a conficcarsi proprio nel cranio. Anche Flynn riuscì ad udirla e questo lo turbò al punto che lo vide portarsi le mani alle tempie, come fossero doloranti. Il momento che ne seguì, quando ebbero entrambi alzato gli occhi e fissato lo sguardo dinanzi a se, fu un turbine di sensazioni contrastanti, stupore e diffidenza, paura e sollievo.
Una figura alta, più di loro due, se ne stava in piedi dinanzi a loro con calma regale, un essere all’apparenza asessuato, androgino, li osservava senza distogliere lo sguardo o muovere le palpebre. Prima di poterlo ben inquadrare Merida fissò nella sua mente la frase appena ascoltata e fu sicura fosse stato quell’essere a mettersi in contatto con loro, parlando alle loro menti.
“Io ho quello che stai cercando.”




Andaksos Nord
Legame delle sorelle
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Il re nel nord si strinse nella pelliccia come se potesse sentire il freddo assiderante sulla sua pelle insensibile, e quasi si sentì in imbarazzo per averlo fatto.
Un gesto naturale, dovuto più al desiderio di sentirsi umano che alla reale condizione di gelo che avrebbe dovuto provare.
La notte che li aveva inghiottiti ormai da molte ore non accennava a schiarire, e questo lo gettò in uno stato di forte ansia e apprensione tale da farlo sentire profondamente preoccupato. La vita di moltissimi uomini dipendeva dalle sue scelte, come la vita di sua sorella, dopotutto.
La giovane donna gli giunse alle spalle, il calore della chioma tinteggiata come unicamente il sole al tramonto – Nettamente in contrasto con il gelo della sua maledizione, il tormento che l’attanagliava – Un’ unica ciocca di capelli bianca come la luna pareva, a chiunque la guardasse, un cielo crepuscolare attraversato da una costellazione luminosa.
Poggiò lievemente una mano diafana sulla morbida pelliccia d’orso del fratello maggiore e capofamiglia, nonché guida delle truppe e della carovana che viaggiava ormai da giorni. Stremati e infreddoliti, ma vogliosi di lottare.
-Fratello, a quanto pare la notte eterna non sembra voler cessare di oscurare le lande. –
Quella frase si lasciò intendere alle orecchie del giovane Lord come una velata accusa di incapacità di guidare il gruppo al di fuori di una situazione scomoda e spiacevole.
-So perfettamente in che condizioni ci troviamo sorella Anna. Abbiamo attraversato le montagne spaccate da un pezzo e non riesco a capire perché sia ancora così buio. –
Si scostò bruscamente stringendo le redini del suo destriero e lanciando uno sguardo ai lupi albini che fiutavano l’aria attenti e impegnati.
-Le leggende della barriera avevano un fondo di verità. Ricordi? Nostro padre ci aveva parlato di strani esseri che vivevano tra le lande gelide oltre il nostro palazzo … -
Jack, che scrutava imperterrito oltre la coltre di nebbia che ormai appannava completamente la vista di chiunque. La marcia diveniva sempre più ostile ad ogni minimo passo. Smisero di guardare il cielo quando perfino le stelle scomparvero dal firmamento, oscurando la loro guida. Abbandonati e soli in una terra sterile e del tutto sconosciuta. Avevano vissuto da esiliati a Nord della barriera di ghiaccio per anni, ma mai nessuno di loro aveva attraversato quelle terre appartenenti a nessuno. Solamente i tre fratelli Frost avevano affrontato quel terribile viaggio, anni addietro, quando maledetti, soli e sperduti, fuggirono per aver salva la vita rifugiandosi in un castello inospitale e per nulla accogliente per chiunque altro al di fuori di loro.
-Fa silenzio sorella. Non vorrai spaventare le truppe con le tue sciocche storie? –
Un fremito rancoroso scosse il corpo esile della giovane lady che cavalcava al fianco del Signore del Nord. Quest’ultimo sembrò scorgere lo sgomento nei suoi occhi ma scelse di ignorarlo per il bene di tutti i marcianti.
-Jack, abbiamo oltrepassato le montagne spaccate da un pezzo ormai, e la nebbia non accenna a diminuire, perfino la notte la fa da padrona! –
Jack si voltò verso Anna incontrando due grandi occhi azzurri, cosi simili ai suoi che quasi gli sembrò di guardarsi allo specchio.
-Non esistono più, Anna. Non esistono più certe cose da quando i draghi sono scomparsi dalla terra di mezzo! – L’ammonì con lo sguardo e sua sorella dovette abbassare il capo riflettendo a ciò che le era appena stato affermato. Certo, la magia era ormai storia antica, apparteneva a miti e racconti ed era presente nella terra di mezzo soltanto quando i draghi, fieri e potenti, marciavano sulla terra in cerca di oro e terre da ardere.
Eppure sentiva che qualcosa nel manto denso e grigiastro li stava scrutando. Qualcosa che non aveva niente di normale oppure ordinario.
Continuavano a camminare spingendosi sempre più a Sud fin quando un canto tenebroso ed inquietante, qualcosa di simile ad una sirena, si librò nell’aria frastornandoli.
Tutti si piegarono inermi sotto il fragore stonato che li costringeva a tapparsi le orecchie per evitare di spaccarsi i timpani. Le carovane si fermarono e Bun Easter dovette spintonare alcuni suoi uomini, i corvi della notte, per poter raggiungere il vertice della fila e parlare ad Anna. Cercò di resistere all’orribile sensazione che provava a sopportare quel rumore e proseguì fra tutti gli uomini che si contorcevano e urlavano.
Quest’ultima si era aggrappata al crine perlaceo di Catlyn, la sua purosangue candida come una distesa di neve appena caduta, che si agitò nitrendo spaventata e sbuffando nuvolette di vapore caldo dalle narici. Si premettero le mani sulle orecchie ma fu del tutto inutile, non riuscivano in alcun modo ad ovattare quell’assordante suono che si stava trasformando in qualcosa di simile ad un urlo straziante. Terminò dopo qualche minuto. Li lasciò in un silenzio inquietante.
Jack ed Anna si guardarono ad occhi spalancati con le labbra serrate e tremanti.
Conoscevano quella sirena solo grazie ad i racconti terrificanti di Claus Frost, mai avevano potuto udirla prima di allora però. Lady Toothiana si fece avanti guidando il suo cavallo affiancata dalla sua giovane ancella.
Quando la jarieley si avvicinò all’albino sussurrò qualcosa che fece rizzare i capelli ad Anna. Si guardò intorno furtivamente e poi lo disse con un filo di voce, roca e spezzata.
-Le creature innominabili! –
Jack si rese conto di aver commesso un grave errore a sottovalutare l’ipotesi di sua sorella Anna e se ne pentì. Si voltò respirando a fatica l’aria gelida intorno a se e nel giro di qualche secondo la nebbia cominciò ad addensarsi al punto che l’unica cosa che riuscì a scandagliare nella coltre fu solamente la sagoma indistinta di qualcuno che sembrava Lady Toothiana.
In un attimo furono isolati dalle truppe. Anna e Jack riuscivano a vedersi e a scorgere la jarieley e la sua ancella poco distanti, alle spalle della giovane Frost fece capolino l’ufficiale Easter capitano dei corvi della notte. Non riuscivano a comunicare né a toccarsi, tuttavia loro cinque riuscivano a vedersi. La situazione si fece ansiosamente claustrofobica.
Sicuramente le truppe si stavano muovendo tutt’intorno, parlavano, gridavano i nomi dei compagni. Doveva essere così.
Ma allora perché non sentivano alcuna voce?
Jack provò a chiamare Anna ma gli sembrò di non avere più corde vocali.
“Cosa succede?” Non riuscì a pensare ad altro che a questo. Adesso non solo non riusciva più a parlare, ma addirittura i movimenti cominciarono a rallentarsi all’inverosimile. Provò a correre ma ottenne come unico risultato una tremenda sensazione di pesantezza alle ossa. Perché sembrava che la gravità intorno a lui avesse alterato il suo moto naturale?
Non riusciva a tenere lo sguardo fermo, parve che gli unici organi del suo corpo a non aver subito l’influenza di quel curioso fenomeno fossero le pupille, perché guizzavano da un punto all’altro senza fermarsi, alla disperata ricerca di qualcuno, qualcosa.

Osservò Anna, sembrava completamente paralizzata. Si stringeva nelle spalle spaventata e persa. Guardava fisso davanti a se spostando gli occhi da destra a sinistra in modo convulso, sussurrava qualcosa che non riuscì ad afferrare. Era probabilmente vittima di qualche visione. Non riusciva a vedere Toothiana se non con la coda dell’occhio, teneva la mano dell’ancella e lo sguardo basso, gli occhi si muovevano allo stesso modo di sua sorella.
Bun Easter era alle spalle di Anna, perciò riusciva a scrutarlo senza fatica.
Guardava verso Jack, ma non Jack.
Tutti sembravano essersi pietrificati, vittime di chissà quale strano sortilegio.
“Ti impediranno di fuggire, urlare, pensare.”
Dei passi sicuri e calmi avanzarono verso il gruppo improvvisamente arrestato. Attraversavano il denso manto di nebbia grigia e carica come se non sortisse alcun effetto sul corpo che li muoveva.
Scandagliò la coltre e nell’oscurità opprimente avvertì un senso di nausea, dovuto alla paralisi e all’odore nauseabondo che accompagnò i passi sconosciuti.
Un miasma soffocante che si levò nell’aria e che poteva paragonare solamente alla morte. Qualcosa di simile alla putrefazione, l’odore che presagiva l’arrivo di quelle creature ostili, secondo le leggende.
“Porteranno con se l’odore di morte.”
Cercò disperatamente di muovere un muscolo, di protendersi verso la sua amata sorella, di proteggerla da qualunque creatura volesse far loro del male.
L’ombra fece capolino e si rese maggiormente identificabile, un senso di profondo terrore pervase il gruppo che la stava osservando, e aspettando.
La figura femminile e colorata di un perlaceo grigiastro, come fosse un cadavere imbalsamato, si avvicinava sempre di più, il corpo completamente ricoperto di tatuaggi lividi e indecifrabili.
“I tatuaggi sono i dolori che sono stati loro inflitti. Una sofferenza eterna.”
Perfino i suoi occhi erano decorati dallo strano motivo.
“Se gli occhi delle creature saranno tatuati non conosceranno pace e saranno devastanti.”
Completamente nuda e gelida si avvicinava, con le sembianze di una giovane donna, ma in realtà non sembrava stesse muovendo le gambe, semplicemente era sempre meno distante dai loro corpi.
Jack pregò gli dei che li salvassero.
Ricordò improvvisamente le parole di suo padre, quelle che di solito concludevano il racconto, in un guizzo di lucidità rimembrò l’avvertimento che soleva ripetere ogni volta che raccontava l’incredibile storia delle creature innominabili.
“… E ricordate, non dovranno mai toccarvi o vi imprigioneranno nel vostro incubo.”
Fu tutto assolutamente chiaro e cristallino.
I movimenti limitati, le pupille che si muovevano convulsamente e le visioni terribili che attanagliavano tutti loro erano frutto di un sogno.
Stavano dormendo.
E fu allora che la creatura protese la mano gelida, sporgendosi con tutto il corpo per tentare di raggiungere Anna, per prima.
Jack era riuscito a preservare di se una parte cosciente, quella dei ricordi, Claus Frost anche da morto stava salvando la vita dei propri figli.
Non avrebbe trascinato la sua preziosa sorella verso l’incubo eterno, non avrebbe fatto di lei un’altra creatura tatuata.
Doveva destarsi.
Sforzò la mano destra, distesa lungo il fianco e alla portata del pugnale legato alla fascia sulla gamba.
Non si era mai affaticato tanto in vita sua.
Il cervello continuava a ripetergli di muoversi, spostare le dita verso il pugnale fu come trascinare un carro di buoi con le sue esili spalle.
Ma non poteva fermarsi.
Riuscì a stringere le dita intorno al manico del pugnale e fu il suo più grande traguardo.
La donna grigia si spinse sempre più in direzione di Anna, avrebbe potuto toccarla da un momento all’altro ma a quel punto Jack prese una decisione. Rivoltò il pugnale verso se stesso, con mani tremanti, tuttavia determinato a lacerarsi la carne.
Il dolore avrebbe scosso il cervello e l’avrebbe svegliato dallo stato di paralisi.
E così colpì. Fu come se una scarica elettrica lo attraversasse completamente, un lancinante e atroce bruciore, seguito dal dolore acuto e straziante al muscolo del fianco destro lo svegliò dal profondo stato di narcolessia che l’aveva improvvisamente colto.
Aprì gli occhi e intorno a se la nebbia era sparita, ma capì che solamente per lui l’incubo era terminato. Lanciò il pugnale verso l’ufficiale Bun Easter colpendolo sulla fronte con il manico, lui si risvegliò tenendosi la testa fra le mani e si portò subito verso Lady Toothiana e la sua ancella per svegliarle, sembrava aver capito anche lui ciò che li aveva incatenati.
Si trascinò verso Anna, sofferente e con una mano premuta sul fianco, inerme e spaventata, ancora addormentata e immobile, in piedi e tremante con le braccia strette intorno al corpo, protese una mano verso di lei e l’afferrò scuotendola violentemente e urlando, avendo ripreso il pieno possesso delle sue facoltà.
-Anna !!! Svegliati sorella mia! –
Dopo averla scrollata per bene e aver assestato alcuni colpetti sulla guancia diafana la destò del tutto.
Sembrò riconoscerlo, e inspirò profondamente come se fosse rimasta in apnea per molto tempo.
-Jack…? – Lo abbracciò dolcemente, spaventata e scossa, in un momento gli sembrò che fosse tornata bambina, che si aggrappasse a lui come faceva una volta a differenza di quanto ultimamente aveva imparato a fare a meno.
La strinse a se accarezzandole i capelli e sussurrandole dolcemente.
-Va tutto bene, è tutto finito. – Ancora sanguinante cedette sotto il suo stesso peso e Jack svenne fra le braccia di sua sorella. Si piegarono accasciandosi insieme sul manto di neve candida macchiata di rosso vivo. Anna lo resse fra le braccia e chiese aiuto. Gli occhi colmi di lacrime.
-Jack! Ti prego svegliati! –
Gli accarezzava le guance gelide in preda al panico mentre Lady Toothiana ancora stordita si lasciava cadere al suo fianco e premeva forte le mani sulla ferita.
Il caos generale che si creò in un istante distrasse tutti dall’alba che stava per sorgere, la notte eterna era finalmente finita. Prima di chiudere gli occhi e perdere i sensi Jack guardò il viso di Anna, felice di aver scelto la sua salvezza, anche a costo della sua vita.




Norvalar, Oriente
Il giardino di ossa
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Erano trascorse due settimane da quando Hiccup Haddock III era sopravvissuto alle fiamme, illeso e accompagnato da tre creature straordinariamente vive e credute estinte fino a quel momento.
Si erano messi in viaggio subito dopo la grande scoperta. Le navi vichinghe a loro disposizione non sarebbero state in grado di attraversare l’oceano che li separava dal continente di Andaksos, i tempi ricchi e fertili della gente di Berk erano ormai un ricordo, ma anche lo scopo del nuovo capo tribù.
Riportare la propria gente alla perduta gloria era tutto ciò che bramava.
Si erano lasciati alle spalle l’arcipelago ed erano riusciti ad attraccare alle coste vicine del continente orientale, avrebbero dovuto attraversarlo e raggiungere le sponde del mare nero, avrebbero dovuto procurarsi navi potenti e spaziose per poter attraversare le acque oscure e una volta raggiunto Andaksos sarebbe stata dichiarata guerra agli usurpatori del trono.
Avevano camminato per giorni attraverso il deserto, stremati e affaticati dalla temperatura che andava via via alzandosi, il freddo secco delle loro isole era ormai superato.
La calura insopportabile e il sole cocente li affaticava, di comune accordo con la fame che li stava divorando e dalle malattie che li avevano colpiti a causa di un sistema immunitario decisamente impreparato ad affrontare le insidie del deserto.
Le scorte di cibo erano ormai povere e insufficienti a sfamare le circa duecento persone che avevano scelto di seguirlo e ciò lo angosciò al punto che cominciò a diffidare di se stesso.
All’alba del decimo giorno di traversata in mezzo al nulla si avvicinò a Skaracchio e chiese consiglio.
-Cosa sai di questo posto? – Si portò le mani ai fianchi abbassando lo sguardo mortificato.
-Solamente che viene chiamato il giardino di ossa, Hic. . . chiunque lo attraversi non ha speranza di sopravvivere. –
Hiccup alzò lo sguardo verso l’orizzonte, asciugandosi la fronte imperlata di sudore con il dorso della mano, respirava affannosamente, gli occhi contornati da profonde occhiaie violacee e le labbra aride e screpolate, l’aspetto che da ormai alcuni giorni tutti avevano assunto.
-I bambini stanno male, hanno fame, dovremmo fare qualcosa. –
-Dividi le mie razioni di cibo e acqua fra i bambini. Usciremo da questa situazione.-
Skaracchio sembrava molto preoccupato ma non riuscì a contraddire le sue decisioni, si allontanò verso l’accampamento di tende montate a fatica dagli adulti e diede disposizioni.
Rapunzel si occupava di tutto ciò che riguardasse la cura e la ripresa degli ammalati, trascorreva molte ore a pulirli e a cercare di nutrirli e dissetarli, evitando così la morte di molti di loro.
Hiccup scelse di affidare ai gemelli Tuffnut e Ruffnut il compito di perlustrare la zona intorno.
Li chiamò a se e concesse loro di cavalcare gli stalloni dal manto nero e lucido come la notte, veloci e forti.
-Siete veloci, non vi siete ancora deboli come gli altri e io ho bisogno di voi. Tuff, dirigiti a Nord e rivolgiti a chiunque possa aiutarci, prometti qualunque cosa se necessario. Ruff, tu cavalca verso Sud, raccogliti i capelli nell’elmo, indossa abiti maschili e non permettere a nessuno di scoprirti una donna, ti stuprerebbero e ti ucciderebbero, qualunque città, villaggio, accampamento troviate siate convincenti e dite loro che abbiamo donne in gravidanza e bambini, anziani e malati che hanno bisogno d’aiuto. –
Afferrato il messaggio partirono alla volta del deserto, si divisero e non ritornarono fino al tramonto, tutti erano profondamente preoccupati, ma si fidavano di hiccup, avevano scelto loro di farlo e non potevano voltarsi indietro. Ormai a scelta fatta si era gi al punto di non ritorno. I draghi crescevano a vista d’occhio, tenuti al sicuro in gabbie di legno e sfamati almeno tre volte al giorno con carne cruda che arrostivano grazie al debole fuocherello che riuscivano a creare. Hiccup lasciava ogni tanto che fosse Rapunzel ad occuparsi di loro.
“Shekh!” Sentiva chiamare dalla tenda del cavaliere, e contenta di essere presa in considerazione si precipitava a dar loro da mangiare.
Furono scelti anche i nomi.
Il drago nero come la notte, velocissimo e aggressivo, fu chiamato Sdentato, perché sembrava non possedere denti, ma Hiccup scoprì a sue spese che in realtà erano solamente retrattili, quando un pomeriggio si sentì staccare un lembo di pelle dall’indice. Quello rosso e argento era una femmina e il non bruciato scelse per lei il nome di Kegan - Ardente, in onore della regina Kegan Haddock che fu la prima donna ad aver cavalcato un drago, secondo le leggende della terra di mezzo.
Il terzo drago color oro, anch’esso femmina, fu chiamato Aithne – Piccola fiamma, in onore di Aithne Haddock, sorella di Kegan e anch’essa cavalcatrice di draghi.
Amavano Hiccup come fosse il loro genitore, si comportavano come gatti affettuosi in sua presenza e Rapunzel si beava a guardarli insieme, un rapporto puro e semplice che soltanto il cuore di un drago è capace di instaurare.

Quando Tuffnut fece capolino al tramonto non portò buone notizie. Le lande che aveva attraversato non consistevano che in distese immense di sabbia bollente e null’altro. Ma la speranza si riaccese quando giunse la sua gemella con gli occhi spalancati e il fiatone.
Annunciò di aver trovato una grande città libera, “Meras”, ricca e protetta. Aveva detto loro di appartenere alla tribù del non bruciato e loro avevano accettato di incontrarlo spinti dalla curiosità.
Rapunzel fu sconcertata dal fatto che ormai in tutto l’oriente si fosse sparsa la notizia di ciò che in mezzo al campo di grano aveva visto lune addietro e che mai avrebbe cancellato dalla sua memoria.
Si misero subito in marcia, la salvezza di tutti loro sarebbe avvenuta a breve e non c’era un minuto da perdere.
Dopo un altro giorno di cammino, rallentati dai carichi e dai malati, giunsero a destinazione guidati da Ruffnut che spiegò ad Hiccup da che parte dirigere le carovane.
Grandi mura di cinta assolutamente impenetrabili all’apparenza si estendevano per chilometri. Le immense porte di legno massiccio si aprirono rivelando tredici persone che si sistemarono dinanzi a loro, ben protetti da guardie armate fino ai denti alle loro spalle.
Skaracchio piegò leggermente le labbra all’ingiù bisbigliando ad Hiccup.
-Ma non volevano accoglierci? –
-Tu come accoglieresti un’orda di selvaggi vichinghi? –
Il fabbro annuì mentre il ragazzo muoveva qualche passo verso i, probabilmente governatori, della città libera.
Astrid incrociò le braccia al petto e puntò lo sguardo su una donna in particolare, l’unica presente fra i governatori e che si fece avanti pronta al dialogo, e non le tolse gli occhi di dosso. Non era certo un atteggiamento gentile, ma quando Astrid lo era? Rapunzel si scostò la pesante treccia dalla spalla, cercando di non svenire dal caldo e la cacciò dietro la schiena ascoltando Hiccup che si schiariva la voce per farsi sentire.
-Per me e la mia gente è un immenso piacere poter essere qui, mia signora. –
-Non sono una signora, sono soltanto Valka, una dei tredici governatori di Meras, è grazie a noi se ad oggi è così prospera perché ne manteniamo l’ordine e amministriamo la giustizia, cavaliere del drago.-
Piegò le labbra in quello che Hic percepì come un ghigno e se fosse stato un gatto le avrebbe soffiato.
-Mi conosci mia … amica? – Si sforzò di mantenersi calmo e tranquillo.
- Tutta Norvalar parla di te ”Non-Bruciato”, e dei tuoi draghi, molti non credono sia possibile. A proposito di questi, vorremmo vederli, se non ti dispiace. –
Lo scirocco mosse le due lunghe trecce castane della donna dagli occhi verdi come i boschi di Berk e le pieghe del suo prezioso abito di seta arancione.
I draghi erano il loro unico obbiettivo, trascorse qualche secondo ed entrambi si guardarono negli occhi sfidandosi senza parlare, lei continuava a sogghignare e Hiccup si stava innervosendo.
-Non dico bugie.- Rispose in tono freddo e distaccato.
-Oh, nessuno di noi afferma il contrario. Ma tu sei qui e potresti tranquillamente fornirci una prova concreta. – Attese una risposta dalla parte opposta che arrivò pronta e accusatoria. Hiccup avanzò ormai alterato e ignorò completamente l’avvertimento di Skaracchio.
-Sii cauto! -
-Da dove vengo io, gli ospiti sono accolti con profondo rispetto, non certo insultati alle porte della città! Se non ci lasciate entrare la mia gente morirà! Ho partorienti che hanno bisogno di cure adeguate e bambini affamati! – Il cavaliere del drago serrò i pugni e indurì lo sguardo su di lei.

-Allora tornatene da dove sei venuto! Se ci fossimo fidati e avessimo accolto orde di selvaggi vichinghi ad occhi chiusi Meras non sarebbe la città florida e ricca che è adesso. –
Allargò le braccia in modo plateale mentre indicava le mura e gli diede le spalle intenzionata a terminare la conversazione e a lasciarli soli, anche gli altri dodici componenti del consiglio dei governatori fecero per andarsene.
Valka fece svolazzare una mano in modo così superficiale, come se stesse scacciando una mosca, tanto che ad Hiccup saltarono i nervi. Astrid provò a fermarlo ma ormai lui avanzava stringendo gli occhi e più determinato che mai a convincere quelle persone a lasciarli entrare e concedere loro ospitalità.
-TREDICI!- I governatori si voltarono guardandolo malissimo. Le truppe che li difendevano levarono le lance e alzarono gli scudi contro di loro pronti a difendersi uccidendo tutti loro.
Il cavaliere si irrigidì al punto che Rapunzel poté vedere i nervi tesi sotto la pelle. Ebbe timore di ciò che sarebbe successo e bisbigliò alla vecchia Chyo che sarebbe stato meglio andar via, ma lei alzò una mano e la fermò. Avevano tutti bisogno di sapere fino a che punto si sarebbe spinto Hiccup per la loro incolumità. La tribù si zittì e tenne il fiato sospeso, speranzosa e spaventata.
-QUANDO I MIEI DRAGHI SARANNO CRESCIUTI NOI CI VENDICHEREMO DI CHI MI HA FATTO DEL MALE! BRUCEREMO I SUOI ESERCITI E DISTRUGGEREMO INTERE CITTA’! CACCIATECI VIA … E ANNIENTEREMO VOI PER PRIMI.-
L’ostilità con cui si rivolse ai governatori fece trattenere il respiro a Rapunzel e perfino ad Astrid che preferì non avvicinarsi e non toccarlo.
Skaracchio lanciò uno sguardo contrario e preoccupato alla vecchia Chyo e lei annuì sommessamente.
Rapunzel avanzò sistemandosi al fianco di Hiccup come ad appoggiare la sua affermazione e lo stesso fece Astrid.
Un uomo dei tredici governatori, alto e dalla pelle molto scura, parlò accusando Hiccup.
-Ci stai minacciando? –
-Hai fegato ragazzo! – Lo interruppe Valka alzando un braccio. Sorrise, stavolta in modo diverso ma che non calmò comunque il giovane vichingo.
-Lasciateli entrare. –
Fu l’ultimo ordine di Valka e la tribù fu profondamente grata al proprio condottiero.

Trascorsero un paio di giorni, la permanenza fece bene a tutti. Si lavarono e si sfamarono rifocillandosi del viaggio stremante. Furono accolti in un immenso giardino dove tutti si sistemarono alla meglio. L’atmosfera era decisamente più calma e una sera, seduti in giardino intorno al fuoco, una giovane donna dai capelli corvini e gli occhi verdi contornati di nero, appartenente alla tribù, si avvicinò ad Hiccup – Che sedeva accanto al fuoco studiando attentamente la mappa del continente per stabilire la prossima mossa – e si inginocchiò chinando il capo attendendo che le desse modo di parlare.
-Cavaliere del drago, ti prego di esaudire il mio desiderio, ti chiedo di cedermi in moglie ad un uomo buono. Jorah mi ama e vorrebbe trascorrere il resto della vita al mio fianco, io vorrei avere lui come marito. Questo era il desiderio di mia madre e vorrei esaudirlo o potrebbe rivoltare la Dea del focolare contro di me se non lo faccio. –
Hiccup la osservò sorridendo e le poggiò una mano sulla spalla perché lei lo guardasse negli occhi.
-Ti prometto che sarai accontentata Heather. Sceglierò per te questo matrimonio e quell’uomo degno, come avrebbe fatto tuo padre. –
Rapunzel seduta al riparo della tenda assistette alla scena e si voltò verso la vecchia Chyo, distesa su una stuoia di pagliericcio e mezza addormentata - dopo il magro pasto consumato per la cena – e le chiese spiegazioni a riguardo.
-Il capo tribù fa le veci di un padre in caso che la sposa ne sia rimasta orfana. Sceglie per lei un uomo e gli cede la sua mano. Tutte le giovani donne di Berk della vostra età devono maritarsi, matrimonio significa sicurezza, stabilità, famiglia e protezione. Parlerò con Hiccup perché sistemi anche voi due. –
Lo sguardo di Astrid si oscurò improvvisamente.
-Nessun uomo prenderà Shekh in moglie, non ne sono all’altezza questi zotici. –
La vecchia Chyo levò uno sguardo di ammonimento verso Astrid che affilava un’ascia, una ragazza furba e scaltra e troppo forte e libera per cedere a certi dogmi.
-Sarebbe per il vostro bene, e siete le uniche due donne sole fra la nostra gente, non è una cosa vista di buon occhio. –
-Non credo sia la priorità, vecchia Chyo, o forse mi sbaglio?!?-
Astrid sembrò alterarsi e Rapunzel, in cuor suo capì perfettamente il motivo di tutto quello sgomento.
La vecchia Chyo si tirò a sedere e si appoggiò al bastone che non lasciava mai, come se fosse quasi il simbolo della sua autorevole saggezza.
-La vita potrebbe essere più breve di ciò che pensi nella situazione in cui siamo, una ragazza che muore nubile nonostante abbia raggiunto l’età per sposarsi è un affronto alla Dea della fertilità. Mettere al mondo uomini forti e coraggiosi e allevarli come guerrieri è il compito di noi donne vichinghe e tu non ti tirerai indietro. –
La principessa osservò Astrid storcere il naso e voltarsi dall’altra parte. Personalmente non desiderava sposarsi e sapeva perfettamente che nessun uomo della tribù la considerava una moglie, piuttosto una leggenda, qualcosa da adorare e preservare ma mai e poi mai da profanare. Questo la tranquillizzava e la teneva in un certo senso al sicuro. Ma Astrid era bellissima. La più bella che avesse mai visto fra le donne del popolo e un partito desiderabile per qualsiasi uomo di Berk, anche se l’ultima parola poteva essere soltanto di Hiccup.
-Ho già udito molte voci differenti, molti uomini pronti a chiedere la tua mano bambina mia. –
Con atteggiamento materno la vecchia Chyo si rivolse a lei sistemandole la treccia laterale. Astrid sbuffò alzandosi e dirigendosi verso il capo tribù.
Raggiunse la tenda di quest’ultimo, i draghi dormivano nelle loro gabbie di legno, tranquilli e sazi.
Nascondendosi dietro il pesante drappo all’entrata quasi non si incantò a guardarlo per quanto era affascinante. La stanchezza e la fame avevano reso tutti molto meno presentabili rispetto a quel momento, in cui puliti e in forma avevano ripreso la loro bellezza originaria.
Lo osservò a torso nudo, passarsi una mano nei capelli mentre era concentrato e assorto nella lettura della sua mappa non accorgendosi dell’emozione che suscitava in lei.
Entrò spedita e piantò l’ascia conficcandola nel tavolo di legno, proprio accanto al braccio di Hiccup che sussultò improvvisamente guardandola torvo.
-Che c’è?!? – Le chiese stupito.
-La vecchia Chyo vuole darmi in moglie a qualche vomitoso vecchio vichingo dalla barba intrecciata! GRADDACK!!! –
Sembrava arrabbiata come non l’aveva mai vista prima di allora ma non diede molto peso all’affermazione. In fondo spettava a lui la decisione ultima e non avrebbe incastrato Astrid in una vita che non voleva.
-Non dici niente? – Gli lanciò uno scappellotto sul ciuffo di capelli castani che gli ricopriva la fronte.
- Non sposerai nessun “vomitoso vecchio vichingo dalla barba intrecciata…” Adesso vai a dormire. – Abbassò lo sguardo sulla mappa ancora una volta.
-Non trattarmi con sufficienza! La vecchia Chyo non scherza! –
-Che problema hai Astrid? –
La giovane vichinga si strinse nelle spalle imbronciata e frustrata. Non disse una parola e Hiccup capì perfettamente il suo stato d’animo.
-Fammi capire, non vuoi sposarti quindi qual è il tuo progetto? Restare completamente sola? –
-Non sono sola, ho te e Shekh. Mi basta.-
- Una giovane donna vichinga nubile che trascorre la vita con il capo tribù, tre draghi e una donna di stirpe reale che è una leggenda nella terra di mezzo. Che quadro interessante. –
Astrid si voltò guardandolo negli occhi malinconica.
-Perché non possiamo stare insieme? –
-Lo sai. – Hiccup iniziò a spazientirsi. Non aveva ancora avuto il tempo di metabolizzare la maledizione che la Kuja aveva scagliato su di lui ma sapeva benissimo che presto o tardi Astrid avrebbe provato a sfidare la sorte e doveva limitare i danni.
-Chi ti assicura che i tuoi figli nascano come dei pipistrelli orribili e che … -
-Va bene adesso basta! – E a quel punto la ragazza si zittì di colpo.
Si avvicinò a lei e guardandola negli occhi malinconico le sfiorò la treccia dorata.
Era bellissima, era desiderabile e l’amava. Ma dirglielo significava mettere in pericolo la sua vita e non avrebbe mai permesso che un semplice atto di lussuria potesse comportare conseguenze terribili.
-I draghi sono i miei figli, e gli unici che potrò mai avere. Nessuna compagna sarà al mio fianco. Nessuno condannerei mai ad un destino tanto crudele quanto starmi accanto. -
Astrid sfiorò il suo petto e si sentì morire dentro. Amare senza poter essere riamati era la sofferenza più atroce mai provata in vita sua.
Ma l’universo le era testimone. Aveva scelto il suo destino. Condividere la solitudine di Hiccup e restare per sempre al suo fianco, accontentandosi dei brevi e rari momenti di tenerezza che lui le riservava senza mai sbilanciarsi. Per quanto dolorosa e sofferta era la sua decisione. A discapito di tutto. Ma non gliel’avrebbe detto ancora. Non ancora.
Un boato interruppe il momento. Delle urla si sollevarono dal palazzo del consiglio e quando corsero fuori per capire cosa fosse accaduto Rapunzel indicò ad Hiccup le torrette più alte.
-Qualcosa deve essere esploso lassù! –
-Vai nella mia tenda, potrebbe essere pericoloso! –
Eseguendo l’ordine si diresse subito verso di essa.
La vecchia Chyo tentò di calmare gli animi ma nel giro di qualche secondo la Shekh si precipitò di nuovo nel grande cortile e urlò il nome di Hiccup a squarcia gola.
Quando lui si voltò verso di lei confuso il suo sguardo parlò per lei e capì prima ancora di ascoltare le parole.
-I draghi...sono spariti.-





Andaksos Nord
Il palazzo di ghiaccio

L'altezzosità con cui espresse il proprio pensiero fece aleggiare nella stanza una certa diffidenza nei confronti dei presenti.
- Arrivate qui con i vostri miserabili uomini e sperate sul serio di ottenere il dominio del mio palazzo? Questa è casa mia da ormai tutta la vita. Noi siamo i guardiani della barriera. Sono rimasta sola a difenderla e lo farò a costo della vita. –
-Mia signora, incantevole Elsa, non abbiamo alcuna intenzione di farti del male. Proponiamo un semplice accordo, una trattativa. – L’uomo sembrò quasi fluttuare alle spalle della maggiore dei Frost e fece scivolare una mano sul collo di lei, sfiorandolo come fosse un’arpa.
-Un ricatto! – Esclamò lei spazientita discostandosi dal tocco dell’uomo.
-Perché vuoi considerarlo tale? Tuo fratello non è forse diretto a Sud? Il suo scopo non è tornare a regnare su Andaksos? –
L’uomo alto ed estremamente magro provò a dissuadere la regina delle nevi che continuava ad avere i nervi saldi e restava indifferente e gelida.
Il gesto spazientito di lei non lo arrestò dal continuare a toccarla. Sfiorò ancora una volta il collo di lei, stavolta più determinato e più voglioso.
-Mio caro Ser Dracula, il punto della situazione dovrei averlo afferrato bene. Mi chiedi di cederti il palazzo per elevare la tua posizione e mi concedi in cambio i servigi di quella specie di demone al tuo servizio che chiami Pitch Black? Spiegami cosa dovrei farmene!-
-Pitch è un mio servo da ormai molti anni. Mi deve molto. Il suo più grande potere è l’inganno, lui è in grado di soggiogare le persone, potrebbe … manipolare qualsiasi sentimento a suo piacimento se gli venisse chiesto di farlo, non so se mi spiego. – Ammiccò leggermente verso la ragazza mentre sogghignava di gusto.
- Oh, adesso è tutto chiaro. Non solo arrivi qui accompagnato da questi miserabili vermi che chiami soldati, mi accusi velatamente provare sentimenti incestuosi verso mio fratello, in casa mia, e mi propone di barattare la nostra dimora con un’ombra che potrebbe sottomettere mio fratello al mio volere … - Composta e arrogante squadrò il pilastro alle spalle di Ser Dracula, l’ombra divorava quell’angolo della stanza e sapeva che Pitch era proprio lì.
-Quello è il vero potere mia signora. –
-Cosa ne pensa lui? – Chiese indicando con un cenno del capo l’angolo buio.
-Lui è un’entità primordiale che non pensa e non prova niente. Le ombre, come lui, sono rarissime creature, prigioniere di promesse. Promettetegli la vostra anima e lui sarà al vostro servizio per sempre. –
-Sta dicendo che mi basterà concedergli la mia anima al momento della mia dipartita per avere tutto ciò che voglio? –
-Assolutamente sì. –
Un ghigno comparve sulle labbra di Elsa che non riuscì al trattenersi dal valutare la proposta.
-Scambiare la dannazione eterna in cambio dell’amore di mio fratello … - Sussurrò fra se e se mentre il lord la osservava attento e concentrato, in trepidante attesa.
-Accetto.-







Note d’autrice:
Eccomi, sono tornata dopo un bel po’ di tempo con il seguito, spero che il capitolo sia di vostro gradimento.
Ho impostato questo titolo così “Importante” perché volevo sottolineare le scelte che ognuno dei mie personaggi si è ritrovato ad affrontare, giuste, sbagliate, affrettate, pensate, sofferte ed egoiste ma comunque inevitabilmente scelte, che richiedono una certa quantità di coraggio.
Non credo ci sia il bisogno di elencarvele, perderebbero fascino! X°
Passo ad i ringraziamenti. Prime in assoluto, le “mie” speciali ragazze del fandom, sostenitrici dei Big four e grandissime autrici che stimo moltissimo dopo averle conosciute, un pochino, come persone e come scrittrici.
Sto parlando di
Ucha, Phoe, Spirit e Autumn che continuano a scrivere alimentando la mia passione verso questo Crossover. Vi ringrazio di tutto!
Grazie a voi che leggete e restate nel silenzio, mi piacerebbe conoscervi e leggere i vostri pareri, a coloro che recensiscono e mi fanno sapere sempre cosa provano ad ogni lettura come
Sissysmile, Peroniana, Kuma_Cla e Gaia The gamer!
Se ho mancato qualcuno chiedo immensamente perdono, sappiate che se non ho ancora gettato la spugna con questa long fic è solamente grazie a voi! Alla prossima! Ah, I disegni li ho fatti io proprio per questa fic, ditemi se li vedete bene o se creano problemi di grafica, non so se l'impostazione è corretta visto che magari io la vedo diversamente. Fatemi sapere nel caso, così li tolgo, e ditemi anche se vi piacciono! <3

Shin.

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Capitolo 9
*** La casa degli eterni ***


Aandaksos sud
Landa dei Re
 
Lo splendore e lo sfarzo con cui l’intero palazzo era stato abbellito fecero quasi socchiudere gli occhi ad Elinor quando si trovò in ginocchio, dinanzi al trono che un tempo aveva occupato il suo amato Fergus.
Nonostante un lieve tepore filtrasse dalle finestre, la regina, tuttavia ancora reggente, non riusciva a provare null’altro che freddo.
Osservò le pesanti catene arrugginite ai suoi polsi e pensò che non avrebbe potuto desiderare altro che cadere dritta sul pugnale di Lord Dingwall, fermo dinanzi a lei.
Fu proprio quest’ultimo a sferrarle l’ennesimo colpo in pieno viso, facendole sanguinare il labbro già gonfio e dolorante dal precedente pugno subìto.
Accusò senza battere ciglio, voltando la testa da un lato e reggendosi sulle deboli gambe magre.
Mentre il rivolo di sangue caldo le scivolava lungo il mento si rese conto di non provare più alcuna sofferenza.
Era indifferente a qualunque cosa, desiderosa della morta sopra tutto.
Ma la voce tuonante di Dingwall la ridestò dal torpore.
-DOVE HAI NASCOSTO TUA FIGLIA?!?-
Si limitò ancora a tenere basso lo sguardo sul pavimento macchiato mentre l’ordine del re veniva eseguito.
Il giovane aveva fermato il lord con un cenno del capo.
Si era alzato dal trono composto da centinaia di spade, forgiate dall’antico acciaio del popolo dei vichinghi che un tempo avevano regnato incontrastati.
Si scostò il mantello con fare teatrale e scese lentamente i gradini che lo separavano dalla scena sottostante.
Il principe Hans delle isole del sud, da sempre in contrasto con Fergus, era riuscito finalmente a raggiungere la postazione più alta che potesse sperare. Aveva covato nell’ombra alleati potenti come i tre clan, aveva promesso loro posti di rilievo e grandi privilegi e infine era riuscito a spodestare la famiglia reale, sostenuto da ben tre potenze oltre la sua.
Il matrimonio di Merida non era stato altro che una farsa per loro.
E adesso il popolo non poteva fare altro che soffrire sotto la sua guida irresponsabile.
Dalla sua incoronazione, dopo che la città era stata presa, feste costosissime avevano messo a dura prova l’economia del regno.
Hans non aveva idea di come si guidasse un continente, né di come si potessero sostenere i suoi sudditi.
Il popolo era affamato e arrabbiato. Hans non sarebbe mai stato un sovrano amato dalla sua gente.
Dopo alcuni secondi lo sentì così vicino al volto che quasi avrebbe potuto sfiorargli il naso adunco se avesse alzato la testa.
-Mia regina, non credo che tu abbia ancora motivo di nasconderci la giovane Dunbroch.- Sibilò con calma e dal falso tono gentile.
-Noi la troveremo comunque, perciò, perché non collaborare e permetterci di compiere il nostro dovere il più in fretta possibile? –
Le sfiorò una guancia scostandole una ciocca di capelli.
-Avrei potuto prendere te in moglie, Elinor, ma il tempo ha già fatto il suo corso sulla tua pelle … - Le sfiorò le poche rughe sotto gli occhi e ghignò alzandosi in piedi.
Si portò le mani dietro la schiena e cominciò a gironzolare per la sala del trono con fare riflessivo.
-Io trovo tua figlia molto avvenente, sai? Ho sempre desiderato sposare una bella donna e trovo che la piccola Dunbroch abbia del potenziale. Certo, ci sarebbe da controllare meglio il suo temperamento ribelle. –
Si fermò un momento guardando il quadro raffigurante la principessa, l’unico della famiglia che non era stato dato alle fiamme.
Spesso il re era stato sorpreso ad osservare quel dipinto con una tale perversione negli occhi da far rabbrividire.
-Un paio di colpi ben assestati e anche lei verrebbe domata come una pecorella. –
Sghignazzò ritornando sui suoi passi.
-La pubblica impiccagione dei tuoi figli non è stata abbastanza dolorosa ? Vuoi vedere anche la sua testa riccioluta su di una picca fuori dalle mura della città? – Sussurrò all’orecchio della regina.
In tutta risposta, Elinor si voltò dalla parte opposta alla voce del re.
-Ho sentito che potrebbe essersi diretta nella foresta. Siamo tutti al corrente che con la nascita dei draghi, a Oriente, la magia è tornata e si è rafforzata. Quanto sopravvivrà da sola in quel covo di pericoli? Si accettano scommesse. – Rise divertito mentre Elinor sgranava gli occhi incredula. I draghi erano davvero rinati? Esistevano attualmente sulla terra, da qualche parte?
Ringraziò mentalmente chiunque fosse l’artefice di tale evento, il suo cuore saltò un battito. Se i draghi si erano risvegliati, anche qualcuno che lei ben conosceva doveva esser desto e potente. Il suo cuore saltò un battito nell’infinita gratitudine che ripose in ciò che sperava sarebbe accaduto.
Sussurrò fra se e se perché nessuno potesse udirla, preoccupata e sollevata  al tempo stesso.
-Ti prego,trovala … e  salva mia figlia … -
Ma il bisbiglio non sfuggì al Re Hans che si voltò di scatto.
-C-cos..? Scusa ma non capisco, con chi parli? – Ma Elinor tacque. Si limitò a socchiudere gli occhi e continuare a bisbigliare frasi sconnesse che nessuno dei presenti riuscì a udire.
Spazientito, Hans delle isole del Sud, si voltò verso Lord Dingwall e ammiccò.
-Lord Dingwall, mi è giunta voce che la regina Elinor fosse una bellissima fanciulla anni addietro, e che tu avessi un debole per lei. Prima che divenisse sovrana e tu primo cavaliere del re, carica che ricopri da alcuni mesi. – All’udire quelle parole l’uomo abbassò gli occhi fissandosi i piedi.
- Se la vista non mi inganna è molto attraente anche adesso. Ti dispiacerebbe portarla nei suoi alloggi? Mi sembra stanca, continueremo domani con le domande. –
Nel frattempo il primo cavaliere aveva già afferrato le catene della regina e la stava trascinando verso le celle.
- Immagino che desideri compagnia. Vi auguro di trascorrere una piacevole notte. –
Elinor tentò di liberarsi dalla presa sempre più forte dell’uomo.
-Non toccarmi schifoso! – Ma lui non esitò un momento ad afferrarla come un sacco e trascinarla sotto gli sguardi indifferenti dei presenti.
Il re Hans si asciugò la fronte imperlata di sudore, dovuto agli abiti fin troppo pesanti, alzò una mano accompagnando l’ordine.
-Portatemi un animale da scuoiar vivo! –
 
 
 
 Andaksos Nord
Il palazzo di ghiaccio

Se c’era una promessa che Elsa avrebbe mantenuto, fino al suo ultimo respiro, era proprio questa.

“Mai abbandonare la barriera.”

L’aveva promesso a sua madre, il giorno in cui la sua famiglia fu distrutta. L’aveva promessa a se stessa, il giorno in cui aveva giurato che la solitudine l’avrebbe confortata contro qualsiasi sofferenza.
Per quanto amasse Jack con tutta se stessa, non poteva permettersi di cedere il castello e il dominio del nord a quel viscido Lord perverso.
Ma l’offerta era allettante, quell’ombra era la chiave che avrebbe fatto scattare il lucchetto dei sentimenti di suo fratello. Che avrebbe unito le loro anime per l’eternità e avrebbe garantito pace e prosperità al loro regno.
Grazie a Pitch avrebbero potuto vivere insieme per sempre.
Jack sarebbe diventato re e non avrebbe scelto nessuna altra regina che non fosse sua sorella. L’avrebbe tenuta al suo fianco e lei gli avrebbe dato dei figli sani e forti.
Non poteva permettersi di lasciarsi sfuggire quell’essere oscuro.

-Mio signore, per quanto allettante io ritenga l’offerta, non posso cedere il nord alla vostra casata. – Aveva risposto non appena le era stata fatta la proposta, per mantenere una certa autorità.
Ser Dracula aveva alzato un sopracciglio contrariato, aveva scommesso la sua stessa esistenza sul fatto che avrebbe accettato lo scambio. Ma nulla, lei era rimasta ferma.
Un irrefrenabile rancore aveva pervaso quell’uomo alto e l’impulso di ucciderla subito prese il sopravvento. Ma sarebbe stata la più grande sciocchezza mai commessa.
Elsa aveva in ogni caso dei validi guerrieri rimasti a proteggerla al castello. E poi, lui era giunto in veste pacifica.
Tentò disperatamente di trattenersi, ma voleva a tutti i costi conquistare il suo posto in quel continente, una posizione d’agiatezza e alto rango.
La barriera dei Frost era l’ideale.
La torre dell’aquila, dove Mavis era stata prudentemente nascosta, non era abbastanza.
Una torre al centro di una foresta sperduta e piena di pericoli non avrebbe fermato i suoi nemici. Doveva proteggere sua figlia.
La trattativa si era infine conclusa con un patto.
Il nord per il demone.
Per quanto sembrasse incredibile, la primogenita Frost aveva ceduto. Non le ci volle molto a partire per il sud, diretta alla landa dei re, per raggiungere suo fratello che probabilmente, nascosto fra le montagne innevate, attendeva il momento propizio per attaccare.
La notizia che si era diffusa per tutto il continente le aveva fatto accapponare la pelle.
Il lignaggio di Hans era pregiatissimo, ma Merida Dunbroch era la prima in linea di successione, visto e considerato che i suoi tre fratelli erano stati giustiziati in piazza, come ladruncoli qualsiasi. Beh, questo ipotizzando che fosse ancora viva.
Provò quasi pena per loro, fino a che non rammentò quanto odiasse quella casata dai capelli scarlatti.
Mentre attraversava le gelide lande, vestita nel suo sontuoso abito azzurro, dalle pregiate stoffe di Amìr e coperta solamente di un velo scuro a proteggerla dal vento gelido che non sentiva sulla propria pelle, si voltò verso le impronte che la sua imponente carrozza aveva lasciato nella neve.
Si era allontanata parecchio dal castello.
Si rivoltò stringendosi nel velo nero, puntò le iridi blu di fronte a lei, nel posto ombrato e apparentemente vacante dell’abitacolo della carrozza. Attese qualche attimo, finché non aprì la bocca per dire qualcosa ma una voce che la precedette le si impresse nella mente.
“Perché hai lasciato la barriera?”
La sagoma scura iniziò a delinearsi dinanzi ai suoi occhi, come se nascesse da sabbia nera e compatta, si addensò prendendo forma come se fosse modellato da mani d’artista e il frutto di quel vortice ne rivelò sembianze antropomorfe. Non troppo umane, ma senz’altro somiglianti.
La pelle grigia della creatura la fece rabbrividire. Nonostante fosse ben a conoscenza di averla sotto scacco non distolse lo sguardo dalle mani ossute di quello che sembrava comunque un uomo.
I capelli corvini erano sistemati in ciuffi, in modo che sembrassero perennemente mossi dal vento, spinti verso il centro del capo, le labbra sottili sibilavano come lingue di serpenti.
Le iridi brillantemente dorate ricordavano i rettili delle terre d’oriente, dove c’era così tanto caldo che, s’illudeva, anche lei avrebbe potuto sentirlo.
-Questo non ti riguarda. Sei davvero dotato dell’immenso potere di cui si narra? –
Pitch annuì lentamente. Ogni suo gesto sembrava enfatizzato, ma del tutto involontariamente.
-Cosa te ne farai della mia anima, quando sarà il momento? –
L’ombra parlò, stavolta non nella mente di entrambi, ma con la sua voce.
-Siamo nati schiavi della luce. E ci nutriamo di anime. Quante più ne accumuliamo, tanto più ci avviciniamo alla libertà. Tanto più un’anima è corrotta e oscurata dall’odio, tanto più ci rende potenti.– Pitch sembrava recitare una poesia ogni qual volta parlava. E il suo tono di voce aveva qualcosa di sensuale, qualcosa di incredibilmente attraente.
Osservò i bracciali dai riflessi violacei stretti intorno ai polsi dell’uomo nero.
-E’ un processo abbastanza lungo. Quanti anni vi occorrono per accumulare un tale potere? –
-Per noi lo scorrere del tempo è di gran lunga differente. Noi siamo eterni. Esistiamo dal principio di tutte le cose. Noi ‘siamo’ l’inizio di tutto. –
Elsa ne riuscì a sentire l’odore. L’odore di antico e primordiale, di un’entità che conosceva tutto e che aveva visto cose inimmaginabili, qualcuno che aveva assaporato sul suo corpo tutte le ere del tempo, ma soprattutto qualcuno che aveva incontrato la solitudine e ci aveva convissuto per troppo a lungo.
-Come ha potuto una fanciulla come te cedere la sua dimora, la sua fortezza, in cambio di un mostro? –
Chiese calmo e assertivo mentre si rigirava i gioielli intorno ai polsi.
Elsa guardò verso il bianco manto di ciò che era stata la sua casa fino ad allora.
-Sai cosa si dice nelle terre adiacenti? Le leggende raccontano che la barriera è dotata di consapevolezza. Sì, beh, come se potesse pensare … e agire. La mia casata ha sempre regnato sul Nord. Una stirpe di alto lignaggio, rispettata e temuta. Per generazioni i Frost hanno conservato quella fortezza e l’hanno protetta da qualunque attacco. Tu pensi davvero che la barriera accetti improvvisamente di essere preservata da quell’idiota con i denti a punta? –
Un ghigno comparve maligno sulle labbra della ragazza dai capelli quasi bianchi.
-Attendi l’arrivo del crepuscolo Pitch. E di quel lord da quattro soldi ed i suoi uomini non resterà altro che un mucchio di ossa. –
Scoppiò in una clamorosa risata.
La più melodiosa che l’ombra avesse mai udito, capì che quella ragazza era stata più furba di ciò che pensava e che l’inganno era una risorsa che amava molto.
-Credi di essere un mostro? – Domandò improvvisamente la giovane donna, puntando il blu profondo dei suoi occhi in quelli color oro di lui.
-Non sono umano, mia signora. –
-Tutti i mostri sono umani. –
Ghignò, e sembrò quasi che fosse lei la creatura di cui avere paura fra i due.
Elsa si morse un labbro e scrutò meglio nell’oscurità della seduta di fronte a se.
-Sei interessante. Tu mi piaci molto Pitch. – Sospirò scostandosi il velo azzurro dal viso.
-Non sono degno di piacerti mia signora. –  Rispose prontamente l’ombra, quella conversazione cominciava a prendere una piega alquanto singolare.
-Lo posso stabilire da sola se ne sei degno o meno. – Sussurrò avvicinandosi sempre di più al viso grigio dell’uomo. Gli sfiorò una guancia con l’indice e sorrise con astuzia e malizia.
-Io ti piaccio, invece? – Respirò sulle sue labbra per poi fermarsi e attendere impaziente una risposta.
-Più di quanto vorrei, sono ammaliato da tanta bellezza, e rapito dalle vostre maniere. –
Soddisfatta si risistemò il velo azzurro sopra il capo, allontanando il suo corpo freddo da quello dell’ombra, avrebbe fatto qualunque cosa per tenersi stretto Pitch al suo servizio.
-Noi dobbiamo fidarci, sai? Abbiamo bisogno l’uno dell’altra … - Bisbigliò prima di perdersi a guardare al di fuori della carrozza, le distese innevate, miglia e miglia che la separavano dal suo vero obbiettivo.
 



 
Andaksos Nord
Le lande

Le carovane erano ormai in viaggio da mesi.
Nonostante le provviste fossero più che abbondanti il freddo non permetteva a molti di essere in forma.
I soldati affetti dal raffreddore erano numerosi, ma per fortuna  lo stufato di coniglio e pellicce calde bastavano da soli ad alleviare i malori di tutti.
Lady Toothiana aveva più volte somministrato del latte di papavero a Jack per tenere calmo il dolore, la ferita al fianco si era infettata, provocando una violenta e conseguente febbre.
Il signore del Nord dormiva per gran parte del giorno e, di notte, veniva affidato alle premurose cure della lady signora delle Jarieley  e della sua fedele ancella.
La ferita veniva disinfettata due o tre volte al giorno, il bendaggio veniva sostituito da uno nuovo e pulito e questo sembrò essere un passo verso la guarigione.
Un gran mal di testa lo aveva accolto al risveglio, come se il cranio gli fosse stato schiacciato da una mandria di bestiame impazzito.
Non era rimasto cosciente a lungo, a causa della febbre, ma nei giorni a seguire la temperatura calava e Toothiana riusciva addirittura a fargli mangiare qualcosa.
-Ti devi nutrire. –
-Non ho fame. –
-Non è una risposta contemplabile. –
E di conseguenza era costretto a sottostare alle costrizioni della lady dagli occhi rosei, che non lasciava mai il suo capezzale.
Le doveva molto. La vita, anzi.
Sua sorella Anna era passata a trovarlo spesso ma non si era mai trattenuta molto.
Aveva preso il comando dell’accampamento insieme al capitano Easter e aveva sicuramente  molto da fare.
Si fidava delle sue decisioni, forse più che altro si fidava di Bun, visto che Anna era troppo giovane e inesperta per poter amministrare così tante persone, ma coraggiosa e forte, questo senza ombra di dubbio.
Nell’ultima settimana, Anna aveva trascorso molto tempo con il capitano dei corvi della notte, eppure le sembrò che fosse passato un decennio dall’ultima volta che erano stati insieme. Aveva molti conti da regolare fra le truppe e se ne stava in piedi dinanzi al tavolo, chino su quelle che la giovane Frost definiva ‘scartoffie’. Probabilmente per questo, al riparo da occhi indiscreti, nella tenda di Easter tentò un approccio che andò a buon fine.
Jack era ancora troppo debole per poter riprendere il passo verso il sud. Perciò, l’unica via era attendere una ripresa e tentare di andare tutti il più d’accordo possibile.
-Come se la cava mia sorella senza di me? –
Aveva chiesto a Lady Toothiana, mentre sotto suo ordine, si accingeva a mangiare una ciotola di zuppa di farro, al riparo nella sua tenda, la più ampia e calda di tutto l’accampamento.
-Il capitano Easter prende le decisioni importanti. Ma tranquillo, Anna ha un bel caratterino e sa badare al fatto suo. – Rispose la Jarieley con la voce squillante.
Sembrava molto più serena da quando Jack aveva cominciato a dare segni di ripresa.
-Grazie per il pasto. – Il principe del Nord porse la ciotola di legno alla lady che sembrò contrariata.
-Potevi sforzarti di più. – Sussurrò alzandosi e sistemando gli utensili con accuratezza, il conseguente  sorriso di Jack la persuase dalla ramanzina quotidiana e la ‘costrinse’ a tornare a sedersi accanto a lui, sulle morbide coperte di pelliccia d’orso.
Accese un’altra candela, poggiandola su un piccolo sgabello di fianco al giaciglio, osservò il pallido volto di Jack e ne studiò accuratamente ogni particolare, come se avesse potuto dimenticarlo se avesse distolto lo sguardo per un momento.
Lui sospirò gonfiando il petto nudo e poggiò il capo contro il cuscino, guardando verso l’alto.
Un brivido percorse la schiena di Toothiana, lui era l’unico, insieme solo ad Anna, a potersi svestire in un luogo glaciale come la tundra.
Istintivamente accostò le coperte verso di lui che la fermò all’istante.
-Non serve. Io non ho freddo. – Riuscì a scorgere il suo volto contrarsi nonostante la luce fioca delle candele.
-Io non sento niente. La sensazione di bruciore che si prova a tenere la neve fra le mani, il sole, la fiamma … il calore di una donna. –
Il tono di voce si abbassò un momento e Jack si avvicinò alla creatura al suo capezzale, le sfiorò una mano e la guardò negli occhi rosei, ormai lucidi e sull’orlo di lasciar sgorgare amare lacrime.
-Tu saresti disposta ad amare quest’uomo? – Chiese tutto d’un tratto cogliendola di sorpresa.
-Non mi sembra il caso di parlarne adesso, e poi io . . . –
-Conosco i tuoi sentimenti. – La interruppe prima che potesse continuare a giustificarsi, nascondendo lo sguardo e tentando disperatamente di sfuggire agli occhi azzurri del ragazzo.
-Conosci anche quelli di tua sorella. Non sono disposta a dividerti con una tua consanguinea. – Affermò con profondo orgoglio, alzandosi in piedi e voltandosi di spalle. Si sfiorò le braccia stringendosi in se stessa. Sospirò per poi soffermarsi sulla fiammella violacea alla base dello stoppino di una candela.
-Quando sarai conosciuto come re la maledizione si spezzerà. Sceglierai una compagna ma non sarò io. – Annunciò con voce tremante.
-Non puoi saperlo. –
-Vorrei averne la certezza, appunto. –
A quel punto Jack si alzò a fatica dal giaciglio. Scostò le coperte tenendosi il fianco e trascinandosi verso di lei.
-Non ti nascondo che provo per Elsa un amore profondo, ma non è lo stesso che lei prova per me. –
-Come posso esserne sicura? – Si portò le piccole mani al petto coperto col boa piumato.
-Devi fidarti di me. Ho intenzione di prendere moglie, e lo farò prima di arrivare ad Approdo del Re. – Il volto della Jarieley s’illuminò.
Si sarebbe stretta una forte alleanza fra il popolo della natura e il Nord.
Se Jack fosse stato riconosciuto come sovrano sarebbe stata per sempre la sua regina, avrebbe voluto che il tutto accadesse l’indomani.
Gettò le braccia al collo del signore del Nord, felice della notizia appena comunicata, per poco non lo fece cadere all’indietro.
Lo sentì gemere di dolore a causa dello squarcio ricucito da lei stessa e a quel punto lo lasciò andare.
-Scusami! Perdonami, mi sono fatta trasportare dall’entusiasmo! – Sorrise, e per Jack fu un dono prezioso poterlo rivedere dopo essere quasi morto attraversando il legame delle sorelle.
Indietreggiò tenendosi la fasciatura, osservando Toothiana raccogliere l’occorrente per la cena.
-Tornerò più tardi per controllare che tu stia bene. Il latte di papavero ti farà riposare stanotte. – Jack annuì sorridendole, mentre lei si precipitava al di fuori della tenda, rossa in viso ed eccitata come non mai.
Tornò verso il suo letto, tirò fuori da sotto il cuscino un piccolo sacchetto di cuoio consunto e slacciò la cordicella che lo teneva legato.
Prima di aprirlo lo annusò un momento, aveva ancora quel buon profumo di ortensie,ma probabilmente riusciva sentirlo solamente perché condizionato dal suo ricordo.
Sembrava un’altra vita a pensarci bene.
Giocavano allegri e spensierati nei giardini del sud, dove il clima è ospitale e temperato. Lui aveva nascosto un sacchetto di cuoio fra le ortensie. L’avevo tenuto nascosto giorno  e notte perché lei non lo trovasse mai.
Un giorno speciale, al settimo anniversario della nascita di Elsa, Jack tirò fuori il sacchetto dalle piante e corse a regalarlo a lei.
“L’ho recuperato dagli scogli più alti. E’ preziosissimo.” Sussurrò al suo orecchio donandoglielo. “Conservalo sempre, è per te”.
Alla luce della fioca fiamma aprì il sacchetto svuotandolo sulla pelliccia d’orso.
Piccoli pezzi di corallo rosso rotolarono fra il pelame, li sfiorò leggermente con le dita. Si era sbucciato le ginocchia per poterlo prendere, arrampicandosi pericolosamente contro la parete rocciosa bagnata dalle onde energiche e potenti del mare del sud. Erano trascorsi molti anni, eppure conservava ancora l’odore del mare, l’unico e caldo legame con la loro terra natia in quella landa di neve e bufere.
Prima della sua partenza verso la conquista del regno ne avevano conservato dei pezzi. Tre ciascuno. Perché non sentissero troppo la mancanza l’uno dell’altra.
Lo rigirò fra le mani con malinconia e senso di colpa.
-Mi dispiace, Elsa. –
 
 
Andaksos Sud
Foresta di Growell
 
Non fu necessario molto tempo a capire che la creatura incredibilmente alta dinanzi a loro era un essere sovrannaturale, qualcosa che mai avrebbero potuto definire umano. Ma se a Merida bastò mezzo minuto per comprendere la vera natura della creatura e non averne timore, a Flynn bastò altrettanto poco per sfoderare la spada e puntargliela contro, minacciandola di ferirla a morte se solo avesse osato avvicinarsi.
-Il cuore impavido di un degno compagno d’avventure, principessa. Non avresti potuto scegliere persona più leale. – Annunciò parlando alle loro menti. Merida osservò le labbra di colei o colui che le stava davanti, non si muovevano. Il contatto non poteva che essere telepatico.
Cominciò a muoversi tranquillamente nella caverna, riflessi violacei sulle pareti sembravano formarsi al suo passaggio.
La principessa lanciò uno sguardo a Flynn per convincerlo ad abbassare l’arma.
-Non puoi fidarti, non sai che intenzioni potrebbe avere e siamo bloccati qui! – Sussurrò voltando appena lo sguardo verso Merida alle sue spalle.
Si aggrappò al suo braccio, quello che reggeva la spada e lo spinse verso il basso, tentando di farlo rinsavire.
-Ho la sensazione che debba dirmi qualcosa, ti prego Flynn, sii collaborativo! –
La sinuosa figura alta si voltò verso i due ospiti, non aveva capelli, il cranio dalla pelle diafana e lucente che risplendeva sotto  i raggi dei cristalli alle pareti, riflettenti la luce lunare, eppure il suo volto sembrava quello di una donna, gentili  e delicati, labbra carnose e grandi occhi neri rendevano il viso quasi amabile.
Il corpo sembrava allungato. Incredibilmente alto, ma senza ombra di sesso. Era, dunque, un maschio o una femmina? Sarebbe stato scortese domandare “Che cosa sei?” perciò optò per un “Chi sei?” sussurrato e timido.
Non ci volle molto per saperlo, vie la creatura scivolare verso di lei come se fluttuasse tanto era veloce, che non vide muoversi i piedi.
-Io sono Growell, principessa. – Sentì echeggiare nella sua mente.
La rossa la guardò negli occhi avvicinandosi, aveva la curiosa sensazione di conoscerla.
-Sono uno dei guardiani delle foreste. Ti aspettavo … - 
Ma non attese oltre ferma sul posto, si voltò camminando velocemente verso il fondo della caverna, a quel punto Merida non fu sicura di volerla seguire, perciò fece segno a Flynn di tenere bassa la spada ma di starle vicino.
Percorse col cuore in gola i pochi metri che la separavano dal guardiano, si scostò i capelli fradici dal viso e la cercò nell’oscurità, l’unica fonte di luce sembrava provenire dal corpo di Growell, che lasciava scie violacee e luminose al suo passaggio.
-Io ho la sensazione di sapere chi sei, ma non lo ricordo.-
-Non potresti, eri così piccola … - Merida scambiò una veloce occhiata con il suo compagno di viaggio che si strinse nelle spalle.
-Io e tua madre eravamo grandi amici. – Rispose Growell sorridendo, e fu il sorriso più curioso e buffo che avesse mai visto, ma incredibilmente rassicurante.
-Mi ha salvato la vita ed io ora ho la possibilità di ricambiare la sua amicizia. –
Merida si stranì, ma che cosa poteva saperne sua madre di creature così, così magiche? Come poteva essere riuscita a stringere una tale amicizia con Growell, così diversa e addirittura salvarle la vita?
Alzò un sopracciglio avvicinandosi alla creatura, che adesso si era  accovacciata cercando qualcosa con fervore.
-Io, non capisco. Come conosci mia madre? E poi, sembri conoscermi … – Azzardò la principessa sfiorandogli una spalla.
-Io ed Elinor abbiamo avuto un legame forte, è stato tanto tempo fa, lei era una bambina, è stato molto prima che tu nascessi. Purtroppo però, non è durato molto.-
Flynn girò intorno a Merida facendole segno di andare via ma lei lo trattenne afferrandolo per un braccio.
-Come mai? –
Ci fu un momento di silenzio, Growell si tirò su, superando in altezza entrambi, di un bel po’. Si avvicinò al Merida e le sfiorò una guancia con una mano. Sembrò una carezza, ma Flynn trattenne il fiato stringendo le dita intorno all’impugnatura della spada, non avrebbe permesso mai che qualcuno facesse del male alla sua amica.
-La vita ti dividerà sempre dalle persone che ami. E tu dovrai sempre trovare il modo per tornare da loro. – Sussurrò, questa volta.
Flynn lasciò andare la spada rilassando i nervi del collo.
Merida tenne lo sguardo fisso negli occhi scuri di Growell, sentì di provare per la creatura un senso di appartenenza, sentiva di essere legata a lei.
Proseguì per la caverna, seguita dai due ragazzi. Raccontò loro la storia della loro amicizia e più andava avanti, più la principessa si meravigliava di ciò che stesse ascoltando.
-Elinor era una bambina precoce, imparava in fretta ed era una ribelle. Sarebbe diventata una grande signora di un castello enorme un giorno, da adulta.
La conobbi una notte di decenni e decenni fa.
Aveva cinque anni, il suo spirito intraprendente la portò a perdersi nei boschi e al tramonto non aveva ancora trovato la strada verso il castello. Finì per scivolare fino a qui, nella caverna sotterranea. La sua famiglia la stava cercando, ma lei sembrava spaventata, nonostante fosse forte e coraggiosa, ebbe paura di essere rimasta sola. Così, arrivai io. Le dissi che l’avrei protetta da qualunque cosa avesse provato a farle del male se avesse smesso di piangere, e così fu. Le intrecciai i capelli finché non si addormentò tranquilla.
Attesi tutta la notte,vegliando su di lei. Finché al mattino non la trovarono addormentata, nel suo letto.
Da quel momento Elinor è sempre tornata a trovarmi.
Trascorrevamo moltissimo tempo insieme e io l’addestravo alle arti magiche. Volevo che imparasse il più possibile, ma ad una sola condizione. A nessuno mai avrebbe dovuto rivelare questo segreto.
Al compimento dei suoi sedici anni mi confessò che doveva partire per Landa dei Re, che l’ultimo drago era stato ucciso e che lei avrebbe sposato il Re Fergus.
Con la morte dei draghi, la magia cominciò ad indebolirsi nella terra di mezzo, e per noi creature della brughiera, non sarebbe trascorso molto tempo prima che i cacciatori ci trovassero addormentati e di conseguenza che ci uccidessero. –
Merida trattenne il fiato, ma fu Flynn ad avanzare la domanda.
-Mercenari, uomini che per il danaro farebbero di tutto. E chi non sarebbe felice di poter esporre una creatura magica imbalsamata all’interno del suo palazzo? – Growell non aveva torto. Chiunque avrebbe pagato per poterla possedere.
-Raccontai ad Elinor che non ci sarebbe stato nessun incontro un giorno fra noi due, quello era solamente un addio. Ma prima di andar via, utilizzò un incantesimo, il più potente. Ciò che in cambio avrebbe richiesto il sacrificio dei suoi poteri.
Sigillò la foresta per salvarmi la vita. Tutte le creature della brughiera caddero in un profondo sonno, protette dall’illusione di Elinor. E’ grazie a lei se siamo ancora in vita. –
Merida si portò le mani alla bocca sconvolta. 
-Avrei scommesso la mia testa sul fatto che mia madre odiasse la magia. –
-E l’avresti persa. – Commentò prontamente Flynn.
Growell sorrise e porse un fazzoletto a Merida. Dentro vi era qualcosa, qualcosa di prezioso. Quando ebbe scorto l’oggetto spalancò gli occhi sorpresa.
-Una tiara? –
-Non è una semplice tiara … -
Flynn scrutò il gioiello con avido interesse.
-Quella vale una fortuna! –
-Non pensarci nemmeno! – Merida la scostò appena perché fosse fuori dal suo raggio d’azione.
-Non può essere venduta né maneggiata da uomini qualsiasi, un potente incantesimo mai spezzato dall’inizio di questa era la protegge. Con questa, verrai riconosciuta come sovrana di uno degli eserciti più potenti che i continenti abbiano mai visto. Il trono ti sta aspettando.
 Perciò vai, e riprenditi ciò che ti appartiene per diritto. –
Growell sorrise congedandosi, allargò le braccia aprendo un varco nelle rocce, un sentiero che li avrebbe condotti fino in superficie.
Flynn andò in avanscoperta, c’era abbastanza luce per riuscire a vedere il percorso, Merida fece per seguirlo ma si arrestò di colpo, si diresse verso la creatura e prese la sua mano.
-Grazie. –
-Non ringraziarmi, mia Regina. –
Prima che potesse rendersene conto fu spinta verso il passaggio, si sforzò di non cadere, aggrappandosi ad una sporgenza rocciosa sulla parete sinistra. Si voltò per l’ultima volta, mentre il tunnel alle sue spalle si richiudeva in fitta boscaglia e il sorriso di quell’essere magico la salutava con un sorriso devoto.
 Sentì ancora la sua voce.
-Puoi fidarti di lui. –
 
Quando furono ormai sotto il cielo notturno, fra le fruscianti e verdeggianti foglie dei salici che costeggiavano il sentiero che stavano seguendo da ormai qualche ora, Merida si rese conto che il silenzio di Flynn non era mai stato tanto insopportabile per lei. Non era uno stupido, aveva cominciato a sospettare qualcosa e lei sapeva benissimo che era troppo rapito dal turbinio di riflessioni per poter perdersi in futili chiacchiere.
Growell aveva parlato di un esercito, l’aveva chiamata “Regina”. Non gli ci volle certo una sfera di cristallo per intuire che Merida aveva mentito sulla sua vera identità. Per questo, spinta dal rimorso di non avergli confessato prima la sua storia, si armò di coraggio e buona volontà. Lo chiamò una volta ma non bastò a fermarlo, perciò ripeté in tono più deciso.
-Flynn! – E a quel punto lo vide arrestarsi di colpo, si voltò lentamente verso di lei, mosse leggermente il labbro inferiore come indeciso se parlare ma non disse nulla. Si portò le mani ai fianchi e si limitò a guardarla.
-Dobbiamo parlare … - Gowell sembrò averle letto nella mente quando si chiese se avesse finalmente potuto rivelare ad anima viva le sue origini , la sua risposta era stata affermativa.
Si sedette su un tronco spezzato, si torse le mani con insistenza mentre i passi di Flynn si facevano sempre più vicini e pesanti e si posizionavano proprio dinanzi a lei.
-Ascolto. – Fu tutto quello che disse. Gelido e risentito.
-Non sono stata sincera con te. Viaggiamo insieme da un po’ di tempo e sento di aver commesso un errore a non dirti la verità. E sai quando l’ho capito? –
Ed anche questo era vero, poteva giurarlo, non le sarebbe servito il consenso di Growell.
-Stavo per annegare, e mi hai salvata. –
-Avevo un debito da ripagare. –
-Ma non te ne sei andato. Sei ancora qui con me. –
Flynn abbassò lo sguardo, qualcosa gli impediva di proseguire per la sua strada e di abbandonarla.
-Sei stato il mio unico amico in questo tempo avverso. E meriti di conoscermi più a fondo. Mi hai rivelato il tuo passato, ora devo rivelarti il mio. –
Flynn le puntò le iridi castane dritte in faccia e lei non riuscì a non trattenere il respiro.
-Io non sono la povera ragazza perduta nei boschi che credevi fossi. – E a quel punto prese un profondo respiro prima di continuare.
- Sono Merida, della casata Dunbroch, gli orsi mai inchinati, mai piegati, mai spezzati. Primogenita di Fergus il conquistatore, erede al trono di spade, regina di Andaksos. Figlia dell’antica discendenza dei primi uomini della terra di mezzo. – Flynn sgranò gli occhi incredulo, restò a bocca aperta come pietrificato da ciò che aveva appena udito.
-Tu . . . – Fu l’unico suono che sfuggì alle labbra secche del giovane.
Non riuscì a dire altro prima che Merida continuasse.
-Puoi fare una scelta, adesso. Puoi fare di me un ostaggio e riportarmi ad Approdo del Re. Nella migliore delle ipotesi, ti daranno qualche moneta d’oro per il riscatto e ti cacceranno via, mentre io sarò messa subito alla forca o alla ghigliottina. –
La voce spezzata, ma fredda e controllata di Merida fece rabbrividire impercettibilmente il suo interlocutore, mentre il cielo alle loro spalle si ombreggiava di lilla e blu scuro, il crepuscolo lasciava posto alla notte.
-E nella peggiore? – Continuò ancora interdetto dalla rivelazione.
-Potresti non ricevere alcuna ricompensa ed essere ucciso. Mentre per me non credo vi sia un finale alternativo. –
Flynn incrociò le braccia al petto in segno di riflessione. Tenendo gli occhi fissi sulla cascata di riccioli rossi.
- Hai intenzione di arrenderti senza lottare? –
Chiese tutto d’un tratto, passandosi una mano fra i capelli. Quella situazione suonava assurda.
- Sono una regina senza regno. Sola nel bel mezzo della guerra, con fin troppi lupi alle calcagna . . . Non so che cosa fare. – Sospirò disperata, mentre nascondeva il volto fra le mani e si lasciava andare in un pianto liberatorio e sommesso.
Ci stava provando con tutta se stessa a fermarsi, ma quanto più tentava di asciugare le lacrime, tanto più non smettevano di sgorgare dagli occhi come fontane. Sentì una spinta alla spalla e istintivamente alzò lo sguardo verso l’alto.
Flynn la stava guardando con determinazione e fierezza, mentre si inginocchiava dinanzi a lei e le poggiava una mano sulla spalla, in così tanti giorni non aveva mai ricevuto qualcosa di più rassicurante di quel gesto improvviso.
-Hai un esercito che aspetta soltanto di essere guidato da te. Di cosa hai paura? –
-Di non farcela. . . – Rispose prontamente la principessa.
 
Tentò di riportarsi le mani al viso, ma quelle forti e ruvide del ladro le bloccarono in un istante, tenendole ferme a mezz’aria e avvicinandosi di più per guardarla negli occhi, mentre la sua voce si faceva più profonda e grave.
- Merida la povera ragazza perduta nei boschi non ce la farebbe mai, ma Merida Regina di Andaksos, sì.
Perciò alzati. Non nascondere il viso fra le mani come fossi una donna qualsiasi, una regina affronta a testa alta perfino gli dei. Rammentalo! –
Ci fu un momento di silenzio nel mentre la rossa rifletteva sulle parole del giovane.
-E con l’aiuto di un miserabile ladro, forse la salita sarà lievemente meno ripida. –
Aggiunse sorridendo in modo limpido e cristallino.
Nel colore carico e intenso delle sue iridi, lesse quanto di più sincero avesse mai visto negli occhi, o udito da parole altrui. Strinse le mani di Flynn e compì il più solenne giuramento.
-Quando avrò conquistato il trono, tu sarai fatto  primo cavaliere della guardia reale. – Annunciò decisa e risoluta.
-Per me sarà un grande onore servirti, mia signora. –
 
 
 
 
 
Norvalar – Oriente
Meras
La casa degli eterni
 
 
-E’ conosciuta in tutta la terra di mezzo come un luogo ingannevole e pericoloso. –
La vecchia Chyo si resse al bastone asciugandosi la fronte col dorso della mano.
-Non mi serve un racconto enfatizzato su questo palazzo, io voglio solo sapere dov’è l’entrata! –
Hiccup accusò un colpo alla nuca da parte dell’anziana, una bastonata ben assestata perché non perdesse la testa.
-AHI! VECCHIA CHYO! –  Urlò tenendosi la parte dolorante.
-Quanta inesperienza nelle tue parole, giovane Haddock! Conoscere il proprio nemico è il primo passo per abbatterlo! –  L’anziana batté il bastone sul terreno per ricalcare l’ultima ramanzina.
I suoi draghi erano in quella maledetta costruzione e avrebbe fatto l’impossibile per tornare da loro, avrebbe inspiegabilmente lasciato che lo uccidessero se fosse stato necessario.
Hiccup si sentì sfiorare una spalla da un tocco delicato.
-Non sei mai stato così precipitoso, di solito tu pensi prima di agire, che ti succede? –  Rapunzel si fece avanti nel suo abito velato di bianco e cercò di farlo ragionare.
-Devo salvare i miei figli! – Tuonò arrabbiato più con se stesso che con i presenti.
-GRADDACK!!! Non sono i tuoi figli, Hic! Sono dei draghi! – La voce di Skaracchio li fece voltare tutti di scatto.
-Voglio che tu faccia le cose con criterio, non farti guidare dall’ira! – Il cavaliere del drago strinse i pugni. Il senso di impotenza che stava provando nel non sapere dove fossero i suoi tre rettili lo stava facendo impazzire, ancora peggio, non sapere come trovarli e portarli in salvo.
-Voi non capite, non posso perderli, io ho bisogno di loro. –
Cadde in ginocchio sulla  protesi battendo un pugno sul terreno, si zittirono tutti.
Astrid si avvicinò con calma e la forza tipica che la caratterizzava da sempre, allungò un dito verso il mento di Hiccup e fece in modo che la guardasse negli occhi, per infondergli tutta la fiducia e il coraggio di cui aveva bisogno adesso.
-Lo sappiamo, per questo noi verremo con te. –
Annunciò assertiva, mentre Hiccup si rimetteva in piedi, spostando le iridi verde muschio dalla principessa perduta alla bella vichinga.
-Io non permetterò che mi seguiate in quest’impresa suicida! –
-Tu hai bisogno dei draghi, noi abbiamo bisogno del nostro capo e futuro re. Perciò ti seguiremo. – Astrid alzò il tono di voce per coprire quello aspro di Hiccup.
-Non importa quel che accadrà. Non sei solo. – Rapunzel si unì appoggiando Astrid, con cui scambiò un fiero sguardo.
Qualunque cosa avesse provato a fare non ci sarebbe stato verso di fermarle, era il loro capo, ma sapeva benissimo che questo non avrebbe impedito loro di aiutarlo.
Anche i gemelli Ruffnut e Tuffnut si unirono al trio. Il primo ad avvicinarsi fu il ragazzo dai capelli annodati in tanti pesanti rasta.
-Veniamo con voi, più siamo, più possibilità abbiamo di sopravvivere. –
La vecchia Chiyo si avvicinò ad Astrid, porgendole una mappa.
-Questa vi aiuterà ad orientarvi, ma è una soltanto, perciò non perdetevi di vista,e ricordate; la casa degli eterni tenterà di soggiogarvi, vi sottoporrà ad innumerevoli inganni e tenterà di rubare la vostra identità, non allontanate mai i vostri pensieri da voi stessi... – Nessuno di loro comprese davvero il senso di quelle parole, ma nessuno chiese spiegazioni più approfondite, presi com’erano dalla situazione.
Astrid arrotolò la mappa e se la infilò nella cintura per tenerla al sicuro. Si voltarono verso il grande palazzo di pietra color avorio, l’edera era cresciuta su gran parte della parete frontale. La casa degli eterni era conosciuta in tutto l’oriente per essere il più pericoloso dei luoghi. O almeno lo era prima che i draghi si estinguessero dalla terra di mezzo e portassero via con se la magia.
Un labirinto di stanze e corridoi di pietra, creatrice di illusioni e inganni a cui perfino i più astuti avevano ceduto.
Al suo interno si vociferava ci fosse un’immensa sala del trono, ma anziché essere formato di spade era fatto di ossa umane, le ossa di coloro che avevano abboccato come pesci all’inganno di possedere il potere.
-Come facciamo ad entrare? – Chiese Rapunzel gettandosi la pesante coda di capelli alle spalle.
-Il varco si aprirà, se la casa vi vuole si aprirà. – Rispose prontamente Skaracchio torcendosi le mani sudaticce, aveva una brutta sensazione.
Dopo alcuni secondi l’edera iniziò a spostarsi rivelando una grande porta apparentemente molto pesante, in marmo intarsiato, sembrava antichissima rd esageratamente elaborata.
Due gargoyle, dalle sembianze umane in procinto di attaccare, emersero dalla pietra come fossero animati dalla magia, bastarono a far arretrare bruscamente il gruppo , prima che si pietrificassero del tutto lasciando libero il passaggio.
-Dimenticate chi siete e non tornerete mai più indietro. – Bisbigliò la vecchia Chiyo a tutti loro prima che sparissero all’interno del labirinto. La porta si richiuse alle loro spalle con lo stesso meccanismo di prima, non vi era alcun modo per aprirla dall’interno né dall’esterno a quanto sembrava.
Prima che il buio li accogliesse non trascorse molto tempo.
Ciò che si stagliava di fronte ai loro occhi sembrava essere un grande tempio.
La temperatura si era abbassata notevolmente rispetto al di fuori, Astrid si avvicinò al muro di pietra e afferrò una fiaccola già in fiamme.
Un gelido vento si alzò spostando i capelli di tutti e coprendo i loro volti, non bastò però a spegnere il fuoco che illuminava loro il cammino. L’enorme androne era aperto su almeno sei lati. Grandi colonne di marmo finemente lavorate si stagliavano a file davanti a loro. Percorsero la navata centrale a passi lenti e incerti. Dovevano studiare a fondo il luogo circostante se non volevano finire infilzati da una picca o catturati da chissà quali creature.
Strinsero tutti a se le loro armi. I gemelli chiudevano la fila con le asce bipenne in posizione, Astrid teneva fra le mani una mazza chiodata e camminava al fianco di Hiccup.
Rapunzel si strinse nelle spalle avanzando subito dietro Astrid, stringendo a se lo scudo per ripararsi da qualunque attacco.
-SHEKH! – Urlò Hiccup, e riecheggiò nell’ambiente ampio.
-Stammi vicino. – Sussurrò lui, teso come una corda d’arpa. Anche Rapunzel rappresentava la magia in quel luogo, poteva essere pericoloso non tenerla d’occhio, la casa degli eterni avrebbe potuto sfruttarla per ingannarli.
Hiccup gettò uno sguardo oltre le colonne, fra le sei aperture da cui erano circondati. Una landa solitaria sembrava estendersi per miglia e miglia, e il vento iniziava a farsi sempre più rabbioso.
-Sembra quasi un’illusione. – Indicò Ruffnut a suo fratello, mentre guardava il cielo notturno sopra la neve che cadeva oltre il tempio.
- Com’è possibile che fuori faccia così caldo e che qui nevichi, addirittura? – Chiese il vichingo dai lunghi capelli biondi annodati mentre si sporgeva leggermente verso le aperture.
Rapunzel allungò un braccio verso un fiocco di neve portato dal vento fino a lei.
Lo sfiorò delicatamente con le dita, per poi osservarlo frantumarsi al contatto e lasciare una scia grigiastra sulla pelle. Osservò gli altri che la stavano guardando ansiosi.
-Non è neve. Questa è cenere. – Annunciò mentre Astrid si estraniava dal momento, immersa nella lettura della mappa che l’anziana le aveva ordinato di portar con se.
-Qualcosa di grosso sta bruciando al di sopra di questo tempio. Non c’è altra spiegazione. – Continuò rivolgendosi ad Hiccup.
-Ragazzi, questa casa è un labirinto. Sto cercando di contarne le stanze ma per quanto mi sforzi non riesco a stabilirne il numero preciso, continua a cambiare ogni volta ch le riconto. Sembra quasi che non voglia farcelo sapere … - Dichiarò alzando finalmente gli occhi dalla pergamena.
-La vecchia ci aveva avvertiti. La casa sembra pensare. –  La Shekh si avvicinò alla vichinga gettando uno sguardo sulla carta ingiallita.
-Ci sono quattro porte laggiù.– La voce di Ruffnut detta “Bruta” li fece voltare tutti di scatto. Erano abbastanza sicuri di non averle notate prima. – Dovremmo dividerci? –
Chiese rivolta ad Hiccup che si avvicinò in tutta fretta verso di esse.
Dopo alcuni secondi di riflessione avvenne il dibattito sul da farsi.
-Non sappiamo cosa ci sia dietro ogni porta. Dovremmo aprirle tutte. –  Tuffnut, detto “Tufo” avanzò l’ipotesi di aprirle tutte e quattro.
-Potrebbe essere un inganno, è pericoloso. –  Bruta non aveva tutti i torti a pensarlo.
-Siamo qui per trovare i draghi e affrontare il pericolo! – Fu Astrid ad avviarsi per prima verso di esse per scrutarle più da vicino, fu appoggiata ancora una volta da Tufo.
-Dividendoci avremo più possibilità di riprenderceli in fretta. –
-La mappa è una soltanto. Se entriamo tutti, uno solo di noi riuscirà a tornare indietro. –  Dopo averli ascoltati tutti fu Hiccup a parlare.
Esatto. La mappa era una soltanto.
Una solo di loro sarebbe riuscito a tornare indietro.
-No, invece.  –
La voce della principessa perduta tuonò fra le pareti dell’enorme tempio costringendo i presenti a voltasi di scatto.
-Nessuno di voi si perderà nel labirinto. –
Annunciò fiera avanzando verso di loro, sfilando il pugnale dalla cintura legata all’abito di seta color carne e tagliando, con gesti rapidi e determinati, i lacci stretti intorno alla lunghissima chioma dorata. Non l’aveva intrecciata quella mattina, ma solo raccolta, così fu più rapido scioglierla e dividerla in quattro parti uguali.
-Aiutatemi. – Ordinò, mentre gli altri si facevano avanti afferrando ognuno un capo e lisciandoli con l’aiuto delle dita, per metterli apposto e dividere per bene i capelli morbidi e lisci.
-Ognuno di voi porterà con se una ciocca di capelli, per quanto vi allontanerete riuscirete sempre a tornare da me. Io attenderò qui. –
Le iridi verde muschio di Hiccup si illuminarono.
- Brava Shekh, una grande idea, te lo concedo. – Sorrise legandosi al posto l’estremità dei fili dorati appartenenti alla ciocca che spettava a lui.
I gemelli si aiutarono a legarsi i capelli alla vita e Astrid li avvolse intorno allo stivale, si rialzò in tutta fretta e fece per porgere la mappa al capo tribù. Lui le gettò un veloce sguardo e le scostò il braccio.
-Questa la terrai tu. –
-Io ho i capelli di Shekh, riuscirò a tornare, tu sei il capo, devi tenerla tu! –
Ma Hiccup alzò il tono di voce per coprire quello di Astrid e fu irremovibile e duro.
-Ti ho già permesso di seguirmi e non avrei dovuto. La mappa devi tenerla tu. Qualunque cosa succeda, potrai sempre tornare. –
-Ma è giusto che l’abbia tu, io . . . –
Il cavaliere dei draghi la interruppe prima che potesse finire.
-Il tuo re ti ha dato un ordine. Non osare contestarlo. –
La ragazza dagli occhi di ghiaccio si limitò a stringere forte la pergamena e abbassare lo sguardo. Difficilmente Hiccup si avvaleva della sua autorità in questo modo ma, nonostante le maniere dure e del tutto prive di tatto, lo faceva per non mettere a repentaglio la sicurezza della sua gente e soprattutto quella di Astrid.
Mentre i gemelli e la vichigna si erano già avviati verso tre delle porte antistanti l’atrio, Hiccup si avvicinò a Rapunzel con aria preoccupata.
Lei lo guardò negli occhi con la stessa apprensione.
-Restare qui non significa essere al sicuro. –
-Me ne rendo conto. – Annuì assertiva, mentre Hiccup si sfilava dalla fibbia stretta intorno i fianchi un corno bianco e o porgeva a lei.
-Qualunque cosa succeda, suonalo e accorreremo in tuo aiuto. –
Prese il corno fra le mani e lo strinse a se mentre salutava il capo tribù con un cenno del capo e profonda gratitudine.
-State attenti. –
Sussurrò mentre lui si era già allontanato e stava attraversando la porta.
Il primo corridoio, quello che Astrid si ritrovò ad attraversare,sembrava del tutto abbandonato.
Non vi erano fiaccole, per cui ringraziò quella che stringeva fra le mani per non averla lasciata completamente al buio, e pregò gli dei che gli altri tre se la stessero cavando bene.
Percorse moltissimi anfratti e vicoli, girò in tondo e cambiò strada molte volte prima di accorgersi che non la stavano portando da nessuna parte. L’aria si faceva più rarefatta quanto più si addentrava nel labirinto, i fili dorati stretti intorno al suo stivale la rassicurarono. La fecero sentire legata a Rapunzel, per quanto distante fosse. Il senso di claustrofobia che iniziò a provare la fece rabbrividire. Le pareti di pietra scure sembravano farsi più anguste ad ogni passo, il soffitto quasi sembrava precipitarle addosso.
Dopo circa dieci minuti di cammino si rese conto di scorgere qualcosa nell’oscurità.
Un’uscita. Si gettò di corsa verso il bagliore luminoso e quando attraversò l’arco di pietra si accorse di aver affondato i piedi nella neve. Si guardò intorno. Uno sbuffo di vapore lasciò le sue labbra e si perse nell’aria gelida.
La neve, il freddo pungente. Le piccole case e il mare freddo e scuro che costeggiava l’isolotto. Per quanto incredibile, quella era Berk.
 
Come poteva trovarsi a Berk? Doveva essere un’illusione, senza alcun dubbio.
Decise di non muovere un altro passo verso l’ignoto, fece per rientrare nel corridoio di pietra appena lasciato, ma una voce la fermò.
Era la voce di Hiccup. La stava chiamando da lontano, un fagotto stretto fra le braccia e un caldo sorriso mentre le faceva segno di avvicinarsi.
Per un momento fu tentata di chiedergli cosa diamine ci facesse lì e come vi ci era arrivato. –Ti aspettavamo. –
Si avvicinò a lui in modo circospetto e scrutò la scena. Stringeva a se il fagotto di pelle teneramente, mentre se ne stava seduto su una roccia a osservare rapito qualcosa nascosto dalla pelliccia.
-Dove sono i capelli . . .? – Bisbigliò Astrid. Più rivolto a se stessa che a lui, che infatti non rispose. Non vi era più alcuna traccia della ciocca di fili dorati che doveva tenerlo legato alla realtà. Che li avesse persi? O  magari, non era il vero Hiccup?
-Resta qui con noi, per sempre. Tu sei sua madre. Devi stare con lui e con me. –
Il sorriso di Hiccup aveva qualcosa di vagamente inquietante, i suoi occhi più scuri del solito, le iridi sembravano totalmente nere.
Un’illusione in piena regola. Non avrebbe ceduto.
-Io non sono sua madre –
Un pianto isterico si levò dal fagotto di pelle.
-Ma se tu lo vuoi, puoi essere quello che desideri qui. –
Astrid si avvicinò al falso capo tribù e gli sfiorò una guancia, accarezzandola.
-Meschina è la casa degli eterni, nel tentare di farmi vivere i miei desideri irrealizzabili, soggiogandomi con l’aiuto dei miei punti deboli. Ma io non cederò. –
Sussurrò l’ultima frase con enfasi, mentre poggiava sulle labbra del sosia un lieve bacio.
-Shekh ma shieraki anni. –
Sorrise amaramente.
-In questo posto assurdo, sento di poterlo dire senza sembrare una stupida. –
Un ultimo scambio di sguardi e si voltò verso il corridoio di pietra che sbucava dal nulla nella neve.
Sentì alle sue spalle il corpo muoversi e protendersi verso di lei.
-Resta qui con me, non andartene, devi restare con me! – La voce del falso Hiccup raggiunse le sue orecchie contorta e spettrale, nonché quasi lamentosa e sofferente. Scelse di non voltarsi un’ultima volta e preferì continuare a camminare.
-Il vero Hiccup non me lo chiederebbe mai. –
Quando ebbe attraversato l’arco, una fitta al cuore la pervase, il corpo dello spettro che l’aveva ingannata si dissolse in polvere e cenere.
Per quanto fosse assurdo e irreale, pensò per un momento come sarebbe stato restare lì, ma fu un attimo fugace. Si maledisse per averci pensato e richiuse la pesante porta di legno che dava sull’illusione di Berk.
Strinse a se i capelli morbidi di Rapunzel e ripercorse la strada a ritroso.
 
 
Quando Hiccup si ritrovò nella tromba delle scale pensò che scendere di sotto non fosse una grande idea. Eppure l’istinto si fece sentire come un vero e proprio richiamo, mentre dal basso dei versi striduli sembravano attirarlo sempre di più, sentì come un richiamo forte e chiaro, qualcosa che per quanto si sforzasse di respingere non riusciva ad ignorare.
Percorse quasi di corsa i gradini di pietra ruvidi quando i versi si fecero più forti ed inquieti. I suoi draghi erano probabilmente lì sotto e lui non poteva più perdere tempo. Quando infine giunse a destinazione ciò che vide non gli piacque affatto.
I suoi cuccioli erano stati posizionati al centro di un piedistallo e incatenati ad esso.
Gli era impossibile muoversi, i versi straziati erano rivolti a lui. Quando lo videro arrivare si agitarono, si protendevano verso di lui speranzosi.
Non fece in tempo a toccarli e a tranquillizzarli che una voce alle sue spalle lo fece voltare.
-"Scintillante come il tramonto, una spada rossa si solleva nel pugno di un re dagli occhi azzurri, che non proietta alcuna ombra. Un vessillo rappresentante un drago garrisce nel vento davanti a folle giubilanti. Da una torre fumante, una grande bestia di pietra dispiega le ali, respirando fiamme di tenebra, guerra e distruzione trainate da fili dorati come il sole." –
La donna recitò una specie di profezia, come in trance. Quando ritornò lucida sembrò accorgersi della presenza del ragazzo.
-Sei infine giunto da me, Drago. –
Annunciò vestita di un sontuoso abito rosso tenendo stretto un bastone.
-E’ stata una dura prova. Hai dovuto fidarti dei tuoi amici, cosa più che ardua. Hai dovuto lasciare due delle persone più importanti per te da sole e senza protezione, ti sei addentrato in questo luogo pericoloso per salvare le tue creature, questo ti fa onore. Tuttavia, non uscirete mai da qui. –
Pesanti catene si strinsero intorno ai polsi di Hiccup che tentò di ribellarsi sena risultati, quella era magia. Guardò Valka negli occhi con tutto il disprezzo di cui era capace.
-Lasciaci andare! –
-Loro vogliono stare con te. E io ho bisogno di voi. La nascita di queste bestiole ha fatto sì che riuscissi a rafforzare il mio potere magico. Se andate via adesso, tornerò debole e non posso permetterlo. – Una risata isterica si levò dalle sue labbra mentre girava su se stessa.
-Ti sei chiesto da dove provenisse quella cenere? I dodici governatori di questa città bruciano sul tetto da ore ormai, adoro lo spettacolo della cenere che danza come fosse neve … -
Hiccup lanciò uno sguardo ai suoi tre draghi.
Smisero per un momento di agitarsi e fu come se avessero comunicato in modo telepatico.
Valka si avvicinò a loro incuriosita dal comportamento dei rettili e fu il suo più grande errore.
Tre lingue di fuoco si unirono in una potente fiammata. Bastò per appiccare il fuoco alle vesti di Valka, fra urla straziate, nel giro di qualche minuto bruciò contorcendosi come un insetto sotto una lente riflettente.
Quando smise di respirare, le catene si spezzarono.
Hiccup le gettò a terra, liberando poi i suoi cuccioli, raccolse poi tutti e tre i piccoli draghi. Si voltò verso il cadavere di Valka carbonizzato.
-Un drago non è uno schiavo. –
 
 
Fu attaccata così alla sprovvista che riuscì a stento a difendersi.
Aveva afferrato il pugnale con una forza inaudita e l’aveva piantato con tutte le sue forze nel cranio di uno dei governatori della città. Ciò che l’aveva scioccata però, fu che quelli erano morti. Per metà completamente bruciati, si chiese quanto ci volesse a tutti e quattro per ritornare.
Era riuscita a sconfiggerne uno, ma non sarebbe mai riuscita a fronteggiare undici avversari da sola.
Quando minacciosi e ansimanti le si strinsero intorno e le si avventarono addosso scottandola con le carni carbonizzate e stringendole gli arti come a volerli spezzare si sentì persa. Riuscì a suonare il corno di Hiccup e questo produsse un tale boato da scaraventarli via.
Ma durò poco perché tornarono alla carica dopo qualche minuto. Ma tutti l’avevano sentita.
-SHEKH! – Astrid, dal labirinto di pietra fece la strada a ritroso, a perdifiato, non ricordò di aver mai corso più veloce in vita sua, ma la principessa era in pericolo, aveva bisogno di lei.
-STO ARRIVANDO! –
Anche Hiccup l’aveva sentita. I draghi si aggrapparono con le unghie sulle sue spalle e al suo braccio, mentre correva verso il suono del corno in soccorso di Rapunzel.
-SHEKH! RESISTI! –
Uno degli undici provò a strangolare la principessa, e quasi ci sarebbe riuscito se Astrid non fosse giunta in tempo.
-LASCIALA ANDARE SCHIFOSO! –
 Si sfilò il falcetto dallo stivale e glielo lanciò dritto in mezzo agli occhi. Un colpo alla testa e con un tonfo cadde al suolo senza vita, se quella che aveva così si poteva chiamare, visto che erano teoricamente già morti bruciati.
Ne restavano ancora dieci da combattere.
Astrid ne fronteggiò altri tre, tutti nello stesso momento, combattendo come una furia pur di difendere Rapunzel, un attimo di distrazione e uno di loro l’avrebbe morsa al collo se la Shekh non fosse intervenuta infilzandolo.
I gemelli Bruta e Tufo arrivarono dopo poco e si unirono alla battaglia. Erano in netta minoranza rispetto ai non-morti e più li colpivano, più tornavano ad alzarsi più forti di prima.
Riuscirono ad abbatterne altri, finché non restarono in sette, che  intanto si erano messi in posizione, nella navata centrale dove lo scontro stava avvenendo. Le porte che i gemelli ed Astrid avevano attraversato erano scomparse, mancava solo Hiccup.
-CHE FACCIAMO?!? –
Urlò Bruta ormai sull’orlo dell’isteria. Rapunzel vide Astrid guardare verso la porta di Hic, non sapeva che cosa fare, stava perdendo la calma.
Sfiniti dall’inutile lotta posizionarono le loro armi pronti a ricevere lo scontro frontale. Chiusero gli occhi, per accettare qualunque fato. Ma proprio nel momento in cui i sette si lanciarono sui vichinghi, Hiccup arrivò alle spalle dei ragazzi, stringendo ancora la ciocca di capelli dorati in una mano e posizionandosi dinanzi ai giovani vichinghi, attendendo la furia dei sette che correvano rabbiosi verso di loro.
Quando furono ad una distanza abbastanza breve il capo tribù alzò un braccio e diede l’ordine.
“DRACARYS!”
I draghi lanciarono tre sfere d’energia violacea che si infransero contro i sette frantumandoli in cumuli di ossa.
Hiccup si voltò dando le spalle alle fiamme, allargando le braccia e stringendo a se Astrid e Rapunzel per impedire che l’esplosione le ferisse, tenendo loro la testa al riparo, lo stesso fece Tufo con Bruta.
Quando non restarono altro che fumo e cenere, si voltarono verso l’enorme ingresso da cui erano entrati.
-Siamo in trappola? – Chiese Tufo sconcertato.
Ed effettivamente così sembrò. Nulla si muoveva.
-GUARDATE! –
Alle spalle dei vichinghi vi era un enorme trono. Sembrava il più bello e il più possente che avessero mai visto.
Avrebbe attirato chiunque. Chi non avrebbe almeno voluto provare a sedersi? Hiccup lo guardò assorto. Qualcosa sembrava incantarli terribilmente.
Centinaia di spade erano incastonate a formare la seduta, il metallo brillava come se fosse appena stato lucidato.
Il capo tribù salì i pochi gradini che lo separavano dal suo vero posto. Raggiunse l’enorme mausoleo e lo sfiorò con due dita.
-Acciaio di Valirya. Il più desiderato, fabbricato soltanto dall’antica dinastia Haddock. Il più lucente, il più silenzioso. . .e resistente. – La tentazione di sedere sul trono fu forte ma riuscì a ritrarsi.
-No . . . – Sussurrò. –Non è questo il mio posto, né il mio tempo. –
Fece scivolare le mani via dall’acciaio e si voltò verso i presenti. Scese i gradini e raggiunse il loro livello, dove poteva guardarli negli occhi.
Fu allora, che inaspettatamente la porta d’ingresso si aprì. Alle loro spalle il trono era scomparso.
La casa degli eterni li stava lasciando andare.
Astrid strinse la mano di Rapunzel.
-Nessuno dei grandi lord ci è mai riuscito. – Bisbigliò Rapunzel.
-Noi siamo vichinghi. – E sottolineò includendo la Shekh, che nonostante non lo fosse per nascita, apparteneva alla loro tribù.
Quando i caldi raggi del sole li accolsero, nel mondo reale. Ci fu un boato di grida e applausi. La tribù corse incontro ai giovani, desiderosa di toccarli e di sapere cosa fosse successo.
Hiccup se ne stava in disparte, in compagnia dei suoi tre rettili, a coccolarsi e a bearsi di vederli tutti sani e salvi.
La vecchia Chiyo controllò che Astrid, Rapunzel e Bruta fossero tutte intere, mentre Tufo si inventava storie di Troll e giganti, per darsi delle arie.
-Ci ha salvati, vecchia Chiyo. Ci ha protetti. – Raccontava eccitata la vichinga dagli occhi di ghiaccio.
L’anziana accarezzò il volto di Astrid, non l’aveva mai vista innamorata come in quell’istante e si sentì tremendamente triste per lei.
-E Shekh, lei è stata fantastica. E’ grazie a lei se non ci siamo persi! –
Continuò. I gemelli divennero stranamente popolari, tutti vollero conoscere i dettagli della loro avventura nel labirinto.
Skaracchio si arrampicò sulla roccia su cui, solenne, se ne stava Hiccup, ancora sporco di fuliggine e polvere, a vegliare sulla sua gente, come stava imparando a fare da qualche tempo.
-Tuo padre sarebbe orgoglioso di te. –
Il vento mosse i capelli di Hiccup e Sdentato, il rettile nero, si strofinò al suo collo.
Tirò fuori dalla tasca un prezioso diamante, porgendolo al padre adottivo.
-Non è tutta un’illusione? – Domandò incerto mentre afferrava il gioiello.
-A me sembra alquanto reale. –
Sorrise guardando la felicità negli occhi di Skaracchio.
-Basterà per una nave? –
Hiccup porse la domanda e si alzò in piedi, insieme ai suoi draghi.
-Una piccola nave. – Rise l’altro. Hiccup ricambiò il sorriso e si rivolse alla sua tribù.
- Prendete i gioielli, l’oro, qualunque cosa abbia valore in questa città. Saccheggiatela, non lasciate niente! –
Il boato che si levò fra la folla fu d’eccitazione e speranza. Erano tornati quando nessuno l’aveva mai fatto. Il loro re aveva recuperato i suoi draghi e protetto coloro che avevano rischiato la vita per accompagnarlo. Non avrebbero sofferto la fame, perché impadronitosi dell’oro, adesso.
Il cavaliere lasciò che gioissero e che portassero via qualunque cosa, mentre coccolava i suoi draghi che strofinavano il muso squamato contro la sua pelle.
 
 
Andaksos Nord
Il regno di Ghiaccio.
 
-CHE COSA SIGNIFICA?!? –
-Ser Dracula, ci stanno attaccando da ogni lato, non siamo abbastanza potenti per respingerli! – Johnny non riuscì a trattenere una nota di timore nella voce.
Aveva visto con i suoi occhi le creature che si dirigevano verso il palazzo di ghiaccio, pronti a fare di loro dei morti vaganti congelati.
Si portò le mani alla fronte e si lasciò cadere senza più forze.
-Io non ci posso credere. Questo maledetto palazzo è protetto! –
Nonostante gli tremassero le mani tentò di sfilarsi dal petto una preziosa collana, fece in tempo a riporla fra le mani di Johnny che lo guardò stralunato.
-Porta mia figlia con te. Proteggila. Non perderla mai di vista! E dalle questa da parte mia. –
Ser Dracula sudava freddo ormai.
-Quella maledetta Frost, sapeva che il castello non poteva essere lasciato dalla sua casata! che possano le creature innominabili farla soffrire terribilmente! ORA VA’! IO LI TRATTERRO’, DIRIGETEVI OLTRE LA BARRIERA! E FATE ATTENZIONE AI BRUTI! –
Johnny corse verso le stanze di Mavis, esattamente come gli era stato ordinato.
Per Ser Dracula forse non ci sarebbe stata una speranza.
 
-Deve esserci sempre un Frost a Grande Inverno. –
La folle risata di Elsa sembrò echeggiare in tutte le lande congelate.
I non morti erano giunti, finalmente.
 
 
 
 

 
 
 

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