Una luce esiste per tutti

di M o o n
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** 1. Come tutto ebbe inizio. ***
Capitolo 2: *** 2. Di alci che si accoppiano ed sms ***
Capitolo 3: *** 3. Di ritardi e chiacchiere (Katrina) ***
Capitolo 4: *** 4: Di chimica e fratellini ***
Capitolo 5: *** 5. Di scelte non proprio brillanti e nuovi branchi. ***
Capitolo 6: *** 6. Di possibili duplicati idioti e orrende serate ***
Capitolo 7: *** 7. Di nuovi lavori e pomeriggi (quasi) perfetti. ***
Capitolo 8: *** 8. Di pessimi chiarimenti e gelidi flashback ***
Capitolo 9: *** 9. Di amici cupido e confessioni ***
Capitolo 10: *** 10. Di psicologhe improvvisate e Hulk figli dei fiori ***
Capitolo 11: *** 11: Di discorsi e voci misteriose ***
Capitolo 12: *** 12: Di chiarimenti non chiariti ***



Capitolo 1
*** 1. Come tutto ebbe inizio. ***


Una luce esiste per tutti
 
1: Come tutto ebbe inizio
 
Non amo la scuola, come la maggior parte delle persone, ma io non la detesto per lo studio, mi piace sapere le cose, la detesto per le persone.
Ora, datemi pure dell’asociale, ma proprio non sopporto la stupidità degli altri studenti! Non fanno che ridermi alle spalle perché sono strano e non ho amici. Mi complimento per la maturità.
I tre mesi estivi di vacanze che ci sono concessi per riposarci erano ormai giunti al termine, e così l’indomani avrei ricominciato la scuola. Quale allegra prospettiva.
Mi consolavo ripetendomi che, contando anche questo, mi rimanevano solo due anni di liceo, poi le cose sarebbero cambiate. Troppo ottimistico.
Con un sospiro sconsolato, chiusi gli occhi ed entrai in quel mondo privato, a cui solo io avevo accesso.
 
♠♠♠
 
Alle sei e mezza in punto la mia sveglia suonò, ed io la buttai per terra con un movimento scocciato. Sfortunatamente, era una sveglia resistente. Il beep-beep continuava, e fui costretto ad alzarmi e raccogliere la sveglia per spegnerla. Mi passai una mano sul viso e sbuffai, lanciando un’occhiata ai peluche sulla mensola – il perché li avessi lì non lo sapevo – e mi costrinsi ad apprestarmi a svolgere i “riti preparatori per la scuola”.
Finiti questi “riti”, guardai il mio orologio da polso: 7.36. Non mi restava altro che andare a scuola. Presi lo zaino vicino alla porta e lo misi in spalla, uscendo di casa e girando la chiave nella serratura.
Infilai le mani nelle tasche dei jeans, e feci la strada che percorrevo per nove mesi all’anno. Il venticello mattutino mi scompigliava i capelli biondi, ma era piacevole. Mentre camminavo, vedevo bambini attaccati alla mano delle madri, che sorridevano dolcemente. Tristezza, rabbia, invidia… queste sensazioni pervasero il mio corpo, e mi costrinsi ad accelerare il passo per non vedere quelle scene. Prima arrivavo a scuola, meglio era. Abitavo a circa un quarto d’ora dalla mia maledetta scuola, per cui avrei sopportato quelle visuali per un po’. Mi concentrai sull’andatura ritmica del mio passo, per evitare di pensare ad altro. Pensando alla mia andatura, arrivai davanti all’edificio della mia scuola, la Abraham Lincoln High School di San Francisco. Appena misi piede sulla scalinata che conduceva all’ingresso la campanella suonò, emettendo quello stupido suono stridulo e metallico.
Un serie di voci mi annunciò ridendo, etichettandomi come “spaventapasseri”. Feci finta di ignorare quelle parole, ma dentro mi ferivano. Ma potevo davvero darlo a vedere? Assolutamente no. Entrai nella mia classe, che negli anni precedenti mi aveva accolto insieme ad un branco di babbuini. Mi scuso se ho recato offesa ai babbuini con questo paragone. I primi ragazzi erano entrati. Seduto dietro, all’ultimo banco sulla destra c’era Jason Grace, uno dei ragazzi più rispettati dell’istituto. Accanto a lui non poteva mancare Piper McLean, la sua ragazza, e davanti il suo migliore amico, Leo Valdez, perfetto idiota. Di recente a quel trio insopportabile si era aggiunto un quarto membro: Reyna Avila Ramirez-Arellano, una ragazza temuta da tutti.
Mentre scandagliavo la classe alla ricerca di un posto strategico dove sedermi, dietro di me comparve la ragazza sopracitata: Reyna. Ignorandomi completamente, andò a sedersi accanto a Leo,baciandolo sulle labbra. Ebbene sì, stava con Clown Valdez. La scena mi fece venire il voltastomaco, e, poco prima che andassi a sedermi, Reyna mi guardò con il suo sguardo trapanatore di anime pieno di disgusto.
Con la rabbia che mi annebbiava il cervello, andai a sedermi al secondo banco sulla sinistra, vicino alla finestra, con un posto accanto destinato a rimanere vuoto perché:
  1. Eravamo un numero dispari, in classe.
  2. Nessuno voleva starmi vicino.
A me andava benissimo, per carità­.
Mentre gli altri babbuini dei miei compagni entravano in classe, mi salutavano dolcemente con qualche insulto. Quando il professore entrò – il professor Downey, di latino – tutti si zittirono sistemandosi per bene al loro posto. Notai che al suo fianco camminava una ragazza. Aveva una folta chioma di capelli rosso fuoco che le scendeva fin sotto al seno, sul naso e le guancem candide come il resto della pelle, aveva una costellazione di lentiggini e due iridi azzurre scintillavano negli occhi.
«Ragazzi, vi presento Katrina Lutair. Si è trasferita qui dalla Scozia. Mi auguro che la trattiate bene.» Downey diede delle pacche sulle spalle alla ragazza, che sorrise dolcemente a tutti noi.
Katrina, pensai, “pura”.
Downey la invitò – il che significa forzò – a parlare di lei, il che secondo me era una cosa abbastanza stupida.
A me non importava conoscere la vita delle persone, inoltre le guance candide della ragazza avevano acquistato un po’ di colore rosso, per l’imbarazzo, poverina. Senza contare che perdevamo tempo che potevamo usare per, chessò io, fare lezione? Purtroppo, non avevo voce in capitolo.
A quanto pare, viveva qui a San Francisco dalla fine del precedente anno scolastico.
Mentre Katrina parlava, mi venne da sorridere. Aveva un accento dolcissimo e il modo in cui si toccava i capelli imbarazzata la faceva sembrare un bambina.
Oh, ma cosa andavo a pensare? Bah,dovevo aver respirato il gas di scarico di qualche auto.
Finito il “discorso” di Katrina, il professore la invitò a sedersi, e lei si diresse verso di me, in quanto unico banco libero.
«Posso…?» chiese, sorridendo imbarazzata. Feci cenno di sì, e lei prese posto accanto a te.
«Sono Katrina, piacere» si presentò. La sua voce era dolce, esattamente come il suo accento.
«Sì, ho sentito, prima»risposi, un po’ troppo acido. Poi aggiunsi «Octavian» lei mi sorrise e poi iniziò a prestare attenzione al professore. Non ci parlammo più, e ok, mi andava bene.
 
♠♠♠
 
Il primo giorno era andato. Non era stato poi così male. Almeno una cosa positiva c’era stata: la mia compagna di banco era una ragazza tranquilla e non un’oca irritante. Grazie al cielo!
«Octavian!» una voce mi fece voltare, e vidi una piccola fiammella venirmi in contro sorridendo. Parlando della mia compagna di banco…
«Hei, Katrina» la salutai, freddamente.
«A quanto pare facciamo la stessa strada» mi sorrise affiancandomi.
«Quale gioia» commentai, roteando gli occhi. Lei rise.
Riprendemmo a camminare, senza spiccicare parola. Il silenzio fra noi due non era carico di tensione o imbarazzo, era rilassante e ben apprezzato da entrambe le parti. Era come quel silenzio che si crea fra due persone che guardano un film, insomma. Girai un po’ la testa per guardarla, di soppiatto, e vidi che le sue labbra erano incurvate in un sorriso.
«Allora... andato bene, come primo giorno?» mi ritrovai a porle quella domanda.
«Oh, una meraviglia! Sono tutti così cari!» mi rispose unendo le mani e mettendo quel doppio pugno sulla guancia.
«Sarcasmo?» chiesi, mentre rilasciava le braccia lungo i fianchi.
«Sapessi, metà a ridermi dietro, l’altra metà a cercare di rimorchiare in un modo... osceno» arricciò il naso disgustata.
“Conosco la sensazione.” Avrei voluto dirle, ma invece mi limitai a risponderle con un alzata di spalle ed un sospiro, scuotendo il capo rassegnato.
«Già, direi che le uniche persone simpatiche con cui ho avuto a che fare oggi sono state Piper, Leo... e te»
Dico, ma stava scherzando? Ci eravamo parlati solo per presentarci, ed io ero stato scorbutico con lei. Quindi, da dove aveva tratto quella simpatia di cui parlava? Ah,ragazze. Va a capirle.
«Sì, io, come no» risposi, con un accenno di risata amara. Lei si voltò e si accigliò alla mia affermazione.
«Perché...?» iniziò, ma la bloccai.
«Sì, sì, certo. Io sono arrivato. Ci si vede» la liquidai, avvicinandomi alla porta di casa.
«Ciao, Oct. A domani!» mi salutò lei, sorridendo, continuando poi a camminare verso casa sua.
Mi aveva chiamato Oct? Ok, bene, perché?
Ah, ragazze.

 

 
Luna’s Corner
Wo-oh, avete visto cosa ha partorito la mia mente? Una cosa totalmente senza senso!
Allour, io non amo particolarmente Octavian, ma poi ho pensato: “e se avesse un motivo per essere così stronzo? Magari ha una storia pesante sulle spalle..” e sbem, ecco un’AU con protagonista l’unico, il solo, il grandissimo squartatore di peluche OCTAVIAN!... con una nuova amica scozzese tanto carina :3
Ok, so che Oct (ma che carina Katrina che lo chiama Oct aw) ha tipo.. diciotto anni, e Leo, Jason, Piper e Reyna non hanno la sua stessa età (o almeno così mi è parso di capire) ma… diciassettenni all the way, woop!
Poi, non shippo neanche lontanamente Leyna, e non mi spiego la presenza di questo pairing nella storia… ma, come ho detto prima, una cosa totalmente senza senso (come me)!
Now, mi metto in ginocchio e vi prego di recensire. Ho bisogno di un parere. Vale la pena continuare questa… cosa, o la devo cancellare? Ho bisogno di voi :c
Ci conto nelle recensioni, eh ;)
Shiao!

Ps: Ok, potrebbero esserci lievi OOC nella storia… perdonatemeli!

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Capitolo 2
*** 2. Di alci che si accoppiano ed sms ***


1:  Una luce esiste per tutti


2: Di alci che si accoppiano ed sms

Due mesi e mezzo dopo aver conosciuto Katrina non potei fare a meno di congratularmi, mentalmente, con i suoi genitori per la scelta azzeccatissima del suo nome. Infatti, come diceva questo, quella ragazza era pura. Sempre sincera, dolce, gentile, divertente... tornavamo a casa insieme ogni giorno, e arrivai a dispiacermi del fatto che dovesse proseguire per casa sua da sola. Poteva succederle qualcosa, no? In tal caso, non credo che me lo sarei mai perdonato. Sì, ok. Mi ci ero affezionato, un po’. Dobbiamo fare i manifesti?
Non è la prima volta che mi affeziono a qualcuno, sapete? Solo che va sempre male, e quindi evito di farlo assumendo un atteggiamento... insopportabile. Facile.
Poi, però, esistono persone come Katrina che, nonostante il mio essere insopportabile, riescono a carpire la simpatia sepolta che vive in me. Come facciano, però, rimane un mistero.
Comunque, era un sabato sera, più precisamente le 18.57, ed io ero buttato sul divano a guardare stupidi show televisivi. Nulla di interessante, ahimè. Mi annoiavo a morte,ovviamente. Così, feci l’ultima cosa che mi sarei mai aspettato di fare: presi il telefono e contattai Katrina per un po’ di compagnia. Ma da quando avevo necessità di compagnia? Io non lo so che poteri magici aveva quella ragazza, ma dovevano essere oscuri e potenti.
A: Katrina. 18.59
Hei, Katrina. Hai qualcosa da fare?

Misi il telefono accanto a me, aspettando una risposta, e continuai a guardare questo noioso programma sulle alci. Ma seriamente c’è qualcuno che si preoccupa di riprendere l’accoppiamento delle alci? Lasciatele procreare in pace, santo cielo. Non credo che quelle creature vengano a riprendere l’accoppiamento umano, loro sono educate! Il telefono vibrò, proprio mentre pianificavo una lettera di protesta da mandare a “Gli allegri amiconi dell’alce”. Presi il telefono e lessi.
Da: Katrina. 19.03
Yep, tra un’ora ho il turno al bar. Perché? :)

Ah, già. Il bar.
A: Katrina. 19.05
No, nulla. Divertiti.
Tornai annoiato alle alci che dispensavano il loro amore ad una telecamera. Che bella serata.
Da: Katrina. 19.06
Oct, sai che chiedere a qualcuno un po’ di compagnia non è definibile “nulla”, no? uu
A: Katrina. 19.07
Se lo sapevi perché lo hai chiesto, allora?
Da: Katrina. 19.09
Non ci sai fare con le convenzioni sociali, eh? Vabbè, posso passare dopo se ti va ;)
A: Katrina. 19.10
A che ora finisci il tuo turno?
Da: Katrina. 19.12
22.30
A: Katrina. 19.14
Passo a prenderti.
Da: Katrina. 19.15
No, tranquillo
A: Katrina. 19.16
Non era una domanda. A dopo.
Da: Katrina.
A dopo, mio cavaliere

“Mio cavaliere”? bah, capirai! È un gesto perfettamente normale offrire un passaggio ad una ragazza in questa grande città intorno alle undici di sera. Aggiungiamoci il fatto che esce da un bar, poi. Chissà quanta gente poco raccomandabile si aggirava la fuori. E no, non volevo scoprirlo.
Guardai l’orologio, che segnava le 19.19. Mancavano più di tre ore, alle dieci e mezza, tempo che avrei impiegato dando una sistemata in camera... e alla casa in generale. Spensi la tv, dato che il concepimento di una piccola alce era troppo, e salii in camera mia. Il letto matrimoniale –appertenuto ai miei nonni- era disposto proprio davanti alla mensola con i peluche. Ora, avrei dovuto toglierli o no? Per un diciassettenne normale non era poi normalissimo tenere degli animaletti ripieni d’imbottitura sulla mensola, ma... chi ha mai parlato di me come un diciassettenne normale? Vi do una mano: nessuno.
E poi, la maggior parte era di mia nonna. Non potevo certo buttarli!
Lasciai perdere i peluche e sistemai al meglio la camera, togliendo i pantaloni, le magliette, le mutande ed i calzini dal pavimento. Non sono un esperto, ma suppongo che alle persone non piaccia vedere i tuoi indumenti sparsi per casa. Dico bene?
 
♠♠♠
 
La casa era in ordine. Ottimo. Almeno non avrei dato l’impressione di vivere in una caverna a livelli uomo di Neanderthal. Non che m’importasse l’opinione di una ragazza conosciuta da un mese e mezzo.
Comunque, era ora di andare a prendere la scozzese. Uscii di casa, e mi strinsi nel giubbotto perché era quasi Novembre ed era sera, ergo, faceva freddo. Entrai in macchina e misi in moto, ed immediatamente si accese la radio. Davano All The Small Things, dei Blink182, una bella canzone ed un buon gruppo.
Tenevo gli occhi fissi sulla strada, tenendo il ritmo della canzone tamburellando con le dita sul volante.
Tre canzoni e mezzo dopo, ero arrivato davanti al bar, con cinque minuti di anticipo, circa.
A: Katrina. 22.26
Sono proprio fuori il bar.

Incrociai le braccia al petto e aspettai che i minuti d’attesa si sbriciolassero, così che sarei potuto tornare a casa con Katrina. Quando sentii la porta del passeggero aprirsi sobbalzai e mi voltai, vedendo una testa rossa voltata di lato intenta a chiudere la portiera.
«Buonasera, Oct!» mi salutò, allegra come sempre, mentre si allacciava la cintura.
«Ciao» ricambiai il saluto, partendo di nuovo verso casa mia. «Com’è andata?» le chiesi,  distogliendo per un secondo lo sguardo dalla strada e portandolo sulla ragazza.
«Oh, gente in preda all’alcool, qualche rissa fuori dal locale, gente che flirtava e gente che, a mio parere, avrebbe potuto prendersi una stanza e non dimostrare il loro amore in pubblico» mi raccontò.
«Una serata divertente, quindi» commentai.
Lei accennò una risata. «Non sai quanto» e non parlammo più. Ci limitammo ad ascoltare la musica che davano i radio fino a casa mia. Scesi dalla macchina, ci dirigemmo verso la porta di casa. Katrina aveva le braccia strette al petto, probabilmente per il freddo. Avrebbe potuto mettersi una giacca. Aperta la porta,feci cenno alla rossa di entrare per prima, e lei accettò di buon grado sorridendo.
«Che bella casa al calduccio» commentò felice, sorridendomi. Mi chiusi la porta alle spalle. «Che si fa, Oct?» mi chiese seguendo ogni mio movimento con i suoi occhi azzurri.
«Sicuramente ne sai più tu di cose da fare il sabato sera con qualcuno di me» risposi, invitandola a seguirmi in salotto.
Lei si strinse nelle spalle. «Di solito, in Scozia, il Sabato sera le mie amiche uscivano a divertirsi. Io rimanevo a casa, a guardare un film o leggere un libro» mi raccontò. Rimasi un po’ colpito dal fatto che lei non fosse quel tipo di ragazza che il sabato sera usciva per locali e cose del genere. Cioè, era una ragazza apposto, ma mi sembrava più il tipo da piena vita sociale. Infatti dovetti fare una faccia abbastanza stupita, perché lei aggiunse: «Magari penserai che è una cosa un po’ da sfigati asociali ma... io preferisco la tranquillità di casa mia che il casino dei locali»
«Oh, no. No. Sono d’accordo con te, per carità» dissi, mostrando i palmi. Ma se preferiva stare tranquilla a casa invece che andare per locali, perché lavorava proprio in uno di questi? Tenni la domanda per me. «Quindi... guardiamo un film?» chiesi, un po’ in imbarazzo.
Oh, e va bene, sì. Ero imbarazzato. Era la prima volta che mi ritrovavo da solo con una ragazza, capitemi.
«Certo!» rispose allegra.
«Vedo cosa danno in tv» e afferrai il telecomando, accendendo la tv e cercando un film. «Hm... al momento stanno facendo Ghost Rider 2» la informai, guardandola. I suoi occhi si illuminarono.
«Oh, cielo! Amo questo film!» esclamò.
«Hm... già, peccato che è quasi finito» le comunicai. «Oh, ma subito dopo fanno il Gladiatore, fra quindici minuti!» annunciai entusiasta. Era il mio film preferito.
Amavo l’antica Roma, era il mio argomento di storia preferito. Ero soprattutto affascinato dagli auguri.
«Oh, magnifico! È un bellissimo film anche quello» mi sorrise. «Vado a mettermi il pigiama. Dov’è il bagno?»
La guardai, realizzando solo ora che avremmo dormito insieme. Cercai di controllarmi. «la prima porta che ti trovi davanti dopo aver salito le scale» spiegai.
Lei sorrise e salì le scale, mentre io cercavo di abituarmi al pensiero di dormire con una ragazza conosciuta due mesi e mezzo prima. Octavian è tua amica dannazione, calmati. Presi un respiro ed andai in cucina per fare un po’ di pop corn.
Una volta finito, andai in salotto con la ciotola piena di cibo, e trovai sul divano Katrina, in un pigiama soffice. La maglietta era azzurra, chiaramente di due taglie più grande, con un gatto dormiente raggomitolato in una cesta. I pantaloni, azzurri e blu, sembravano più della taglia giusta e i piedi erano tenuti dentro delle pantofole pelose a forma di gatto.
«Fammi indovinare: ti piacciono i gatti» dissi sedendomi accanto a lei e mettendo in mezzo i pop corn.
«Meow» rispose lei, ridendo. Io accennai un sorriso. «Uhuh inizia» mi avvisò, ed io iniziai a prestare attenzione alla tv.
 
 
Dopo più di metà film mi voltai e vidi che Katrina si era addormentata. Spensi la tv, dato che anche io iniziavo a faticare a tenere gli occhi aperti e mi alzai, mettendomi di fronte alla ragazza.
Da quello che avevo visto in qualche film, il ragazzo prendeva delicatamente la ragazza fra le braccia e la portava sul letto, rimboccandole le coperte e baciandole la fronte.
Chi se ne importa, non siamo in un film, ed io non sono quel tipo di ragazzo. Scossi, delicatamente eh, il braccio di Katrina, che aprì lentamente gli occhi e mi fissò con aria leggermente stordita. Cercai di formulare una frase che potesse essere fraintesa, ma uscì fuori una cosa tipo.
«Um... io sto... di sopra...» fortunatamente, lei afferrò il concetto, e si alzò seguendomi al piano di sopra.
«Prego, accomodati pure» cercai di non risultare così imbarazzato.
Lei tirò su le coperte e ci si infilò dentro, mentre io andai in bagno.
Lavai i denti e tornai in camera, dove Katrina era di nuovo addormentata. Mi infilai imbarazzato nel letto, togliendomi la maglietta, benché facesse freddo e mi addormentai seguendo l’esempio di Katrina.

 

 
 
Meow!
Sì, amo i gatti e diventerò una zitella gattara che sferruzza maglioncini per queste adorabili creature. Nel caso qualcuno di voi avesse questa prospettiva per il suo futuro… accomodatevi pure a casa mia.
La parte delle alci mi è venuta in mente perché stavo guardando un documentario con mio padre e, cavolo, ma lasciate un po’ in pace questi animali! uu
Mi sa tanto che la gattara la farò in manicomio…
Anyway, Octavian qui è un po’ più dolce e simpatico ((vi avevo avvertiti delle mie cadute di OOC c.c)). Ma che ne sappiamo noi, magari si è mangiato troppi cereali ad alto contenuto di zucchero ed abbiamo ottenuto questo effetto. Può capitare. #Esperienzapersonaleanchequiblbl
Poi mi dispiace, ma vedere Octavian in difficoltà per cose da semplici adolescenti mi piace troppo e quindi lo torturo un po’ tramite Katrina :3
Che poi tra l’altro sto iniziando a shippare questi due e credo che mi cimenterò in una stronzaggine alla Moffat e alla Riordan *si sfrega le mani*
Ceh comunque io non ci credo che mi avete cagato questa folle idea. Lasciatevi abbracciare! *manda abbracci virtuali e dispensa amore*
Il prossimo capitolo riserverà una sorpresa –non un granchè ma vabbbbbè-
Lasciatemi qualche recensione e inculcatemi la forza di non cadere in OOC!
Meow,
Luna

Ps: chiedo scusa per eventuali errori che sono sfuggiti ai miei occhi da falco ceco.

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Capitolo 3
*** 3. Di ritardi e chiacchiere (Katrina) ***


Una luce esiste per tutti
 
3: Di ritardi e chiacchiere (Katrina)

Fu un risveglio alquanto particolare.
Appena aprii gli occhi mi ritrovai a circa dieci centimetri da un ragazzo biondo addormentato... senza maglietta. Sì, buongiorno anche a te Octavian. Era abbastanza imbarazzante come situazione, così cercai di allontanarmi un po’ lentamente e con grazia e, per la prima volta, ci riuscii!
Alzai lo sguardo sull’orologio appeso al muro e lessi 06:33. Ah, ottimo, mi sveglio ad un orario costante ogni mattina qui. Buono a sapersi.
Richiusi gli occhi, per dormire un altro po’, e mi lasciai trasportare nel mondo dei sogni.
 
Quando mi risvegliai erano quasi le nove. Oh, porca miseria, tra poco più di mezz’ora avevo l’appuntamento con Katie e Hazel! Quelle due mi avrebbero uccisa al minimo ritardo. Così, per evitare una morte lenta e dolorosa, mi alzai dal letto, dimenticandomi per un secondo del ragazzo addormentato.
Che memoria, Kat!
Grazie, coscienza. Sentii un lamento, e mi voltai verso Octavian che aveva appena aperto gli occhi.
«Oh, ehm... scusami, riesco a usare la grazia solo una volta ogni dieci anni» mi giustificai. Mi guardò con gli occhi ridotti ad una fessura a causa del suo status da appena sveglio e si passò una mano in faccia e poi fra i capelli scompigliati.
«Hmm... Ti svegli sempre così presto la domenica?» mi chiese con la voce impastata dal sonno.
«Nah» risposi. «è solo che ho un appuntamento con Hazel e Katie, le mie migliori amiche, e se faccio un secondo di ritardo mi scuoiano e poi mi bruciano viva» spiegai. Lui analizzò le mie parole e poi, schiarendosi la voce, mi chiese: «Tra quanto è l’appuntamento?»
Lanciai uno sguardo all’orologio. «Ora fra ventotto minuti e quarantotto secondi... quarantasette... quarantasei...»
«Ti ci porto io?»
«Posso farcela a fare quattro passi»
Mi guardò, ed ero convinta che stesse per ribattere, ma stette zitto e si limito ad annuire, alzandosi dal letto. Al collo portava una collana con un aquila come ciondolo. Gli stava bene ma... come faceva a stare a fine Novembre senza maglietta? Io ero in un pigiamone caldo caldo e stavo congelando comunque! Ah, ragazzi. Scendemmo insieme le scale e quando arrivammo in salotto mi diressi verso l’appendiabiti, dove avevo lasciato la mia borsa la sera prima. Dalla cucina, Octavian urlò – per quanto possibile, dato che si era appena svegliato – che cosa volessi per colazione. Gli risposi “Solo un caffè” e andai in bagno a cambiarmi.
«Prendi solo caffè ogni giorno?» mi chiese, mettendomi davanti la tazza con quel liquido scuro.
«Solo quando sono in ritardo» risposi, bevendo un sorso di caffè. «Quindi, sì, ogni giorno» finii il mio caffè e mi alzai, andando vicino ad Octavian.
«Grazie e ci si vede!» diedi un bacio sulla guancia al mio amico e uscii da casa sua.
Cavolo, sembravo una bambina che saluta il suo papà prima di andare a scuola.
Presi il mio cellulare. Non ce l’avrei mai fatta. Mancavano cinque minuti e casa di Katie era a circa venti minuti di distanza da casa di Octavian. Ottimo.
Forse avrei dovuto accettare il passaggio.
Dopo circa dieci minuti di camminata sentii il mio nome, così mi girai e vidi una ragazza dai ricci capelli scuri corrermi incontro. Misi le mani sui fianchi e assunsi un’espressione di disappunto.
«Hazel Levesque! Passi per me, che sono una ritardataria cronica... ma tu... tu mi hai delusa, signorina!» la rimproverò.
Hazel si avvicinò ridendo e mi diede un bacio sulla guancia.
«Non era suonata la sveglia» rispose allegra.
La guardai inarcando un sopracciglio. Hazel era sì una  ragazza allegra, ma quando succedeva qualcosa – come appunto un ritardo – andava in panico e addio allegria. Quindi...
«Sputa il rospo, Levesque» dissi, incrociando le braccia al petto e fissando la ragazza che camminava alla mia destra.
«Come?» chiese lei, guardandomi con un sorriso strappato in faccia.
«Che stai nascondendo?» proseguii il mio interrogatorio, mentre ci avvicinavamo a  casa di Katie.
«Ma nulla, Kat!» rise Hazel.
Lasciammo cadere l’argomento per il restate tragitto, ma se Hazel si aspettava che sarebbe finito tutto qui... Ah, povera stolta. La disgrazia sarebbe arrivata a casa di Katie che, per la cronaca, era proprio davanti a noi.
Suonammo il campanello e ci aprì la mamma di Katie, sorridente, che ci invitò ad entrare dicendoci che sua figlia ci aspettava nel giardino sul retro.
Passammo nel salotto, dove Miranda e Jonathan, i fratelli di Katie, erano sul divano a guardare la TV.
«Ciao Katrina, ciao Hazel» ci salutarono, staccando per un po’ gli occhi dalla TV. Ricambiammo il saluto ed uscimmo, dove una furiosa Katie Gardner ci aspettava.
«PIÙ DI UN QUARTO D’ORA DI RITARDO! KATRINA, ERO STATA MOLTO CHIARA!» sbraitò Katie.
«KatKat, Hazel ci nasconde qualcosa» dissi, e fortunatamente Katie si concentrò su Hazel, avvicinandosi e squadrandola dalla testa ai piedi.
«Kat! Non sto nascondendo nulla!» si giustificò la riccia, arrossendo. La guardai con un sorrisetto vittorioso.
«Ti sei tradita» disse Katie, al posto mio.
«Secondo me c’entra Frank» dopo questa mia frase, io e Katie iniziammo a fissare Hazel con insistenza, finchè non cedette.
«Oooh, e va bene!» sbottò. Io e Katie ci battemmo il cinque. Ci sedemmo intorno al tavolino verde nel giardino, accanto alla fontana da cui sgorgava l’acqua che rappresentava la dea Demetra, dea greca dell’agricoltura, dato che tutta la famiglia Gardner amava l’aria aperta e il giardinaggio. E poi sua madre si chiamava Demetra. Che coincidenza, non trovate?
«Allora, Haz, racconta» iniziò Katie, mettendo una gamba sopra l’altra e la guardò intensamente. Hazel si voltò verso di me, implorando aiuto. Io scossi la testa, e appoggiai Katie, così la nostra amica si ritrovò a dover parlare.
«Si tratta di Frank» iniziò. «Si è fatto avanti» e poi sorrise ampiamente.
«Aaaawww!» a Katie brillavano gli occhi. «Vedi che gli piacevi?»
«Era solo troppo timido» aggiunsi io, sorridendo alla mia dolcissima amica innamorata.

«Già» convenne Hazel, non smettendo di sorridere. «Questa sera usciamo insieme» la riccia era decisamente troppo eccitata, così iniziai a farle aria con la mano, suscitando risate in Katie e un pugno sul braccio da Hazel.
«Sono così felice per te, Hazel!» disse Katie, prendendole le mani.
«Sappi che se fa qualche mossa falsa...» feci scrocchiare le dita, lasciando intendere alla mia amica che cosa volessi dire, e lei rise.
«Scema» mi apostrofò, e poi fissò Katie. «A proposito di scemi...»
«Hey!» protestò Katie, ed io scoppiai a ridere, tenendomi la pancia per le risate.
«Non intendevo te! Mi riferivo a Travis» spiegò Hazel.
«Uuuh! Roba interessante!» dissi tornando seria. «Come va tra voi?»
Katie, rossa in viso per l’imbarazzo che le causava l’argomento “Travis Stoll”, cercò di protestare, ma fu interrotta da sua madre che ci portò un po’ di tè freddo e della torta alla frutta che aveva cucinato lei. Ah, le torte alla frutta della signora Gardner. Sono il paradiso. La ringraziammo e lei ritornò in casa.
«Stavo dicendo,» disse Katie, cercando di controllarsi. «Che fra me e Travis Stoll non c’è stato, non c’è e non ci sarà mai nulla»
«Siamo passati da “quel grande idiota di Travis Stoll” a “Travis Stoll”» feci notare io, incurvando le mie labbra in un sorrisetto furbo.
«Ci sarà qualcosa» sentenziò Hazel, in tono di una che non ammetteva repliche. Non si addiceva per nulla a lei, così dolce e gentile ma... sì, viva la Hazel dura!
«Ma da dove vi è nata questa fantasia, mi chiedo io» domandò esasperata, mentre io e Hazel ci stringemmo nelle spalle, bevendo il nostro tè freddo al limone.
«Kat» mi chiamò Hazel, guardando pensierosa davanti a lei.
«Hm?» risposi, girandomi verso di lei con il bicchiere portato alle labbra.
«Come mai prendevi quella strada, stamattina? Da casa tua allunghi solo il cammino, o sbaglio?» chiese, curiosa.
«Oh, non ero a casa mia» dissi con noncuranza, attivando la modalità “Katie e Hazel investigatrici private”
«Dove eri?»
«Con chi?»
«Perché?»
«Cosa avete fatto?»
Diedi un morso alla mia fetta di torta, lasciando che le domande mi scivolassero addosso e mi presi del tempo per rispondere.
«Se vi rispondo, promettete di non dare di matto o scioccarvi inutilmente, dato che è una cosa normalissima?» così come la dissi, con un leggero doppio senso, ottenni l’effetto sperato: le due si guardarono con tanto di occhi e Hazel iniziò a farsi aria con la mano. Scoppiai a ridere.
«Abbiamo solo guardato un film e poi siamo andati a dormire. Sempre a pensare male, voi»
«Ma con chi?» chiese Katie, cercando di dare un morso alla sua torta, sbagliando mira e finendo con un po’ di torta sul naso.
«Ma intendi... nello stesso letto?» Hazel sembrava sempre scioccata e sull’orlo di una crisi isterica.
«Credo che lo conosciate» dissi, prendendo la mano di Hazel per fermarla da quel movimento. «Octavian»
«Biondo?»
«Occhi azzurri?»
«Alto?»
«Magrolino?»
Domande su domande. Dovevo spegnere quella loro modalità.
«Sì, sì, per me anche un puffo sembra alto, KatKat, dovresti saperlo, e non mi sembra poi così magrolino» risposi, mantenendo la calma. Loro non erano altrettanto brave.
«OMMIODDIO!» esclamarono all’unisono, facendomi sobbalzare e facendomi andare di traverso un pezzo di torta.
«Ma povero Dio! Gli avrete fatto prendere un infarto!» dissi tossicchiando e guardandole male.
«Kat, a me quell’Octavian non sembra un tipo tanto affidabile» mi mise in guardia Katie.
«Sciocchezze» risposi, facendo un gesto noncurante con la mano.
«Lo conosci da poco!» continuò Katie, storcendo il naso. Sbuffai e alzai gli occhi al cielo. «Non puoi pretendere di conoscere una persona in così poco tempo»
Guardai Katie, assumendo un’aria di superiorità. «Come diceva il mio grande eroe: non è il tempo che conta, ma la persona» dissi la frase chiudendo gli occhi e alzando un indice.
«Chi sarebbe questo profeta?» chiese Katie, inarcando il sopracciglio.
«Il Dottore» risposi. «E poi io non pretendo di conoscere tutto su di lui, anzi. Io so solo quel che mi basta da sapere se è una brava persona o meno e, credetemi, lo è»
«Tu e le tue robe fantascientifiche» borbottò Katie. «Io ti ho avvertita, Kat»
«Suvvia, KatKat» intervenne Hazel. «Non possiamo intrometterci nella sua vita. E poi noi nemmeno lo conosciamo»
Dopo questo, lasciammo cadere l’argomento ragazzi, mettendoci a parlare di altro e di stupidaggini varie.
Mentre ridevo e scherzavo con loro, però, non potevo fare a meno di far fare una passeggiatina alla mia mente, facendola camminare fra le parole di Katie. Una parte di me si chiedeva il motivo di tale definizione, senza crederci, ma l’altra era sicura che Katie dicesse sul serio. Non volevo fidarmi di un “giudizietto” sparato dalla mia migliore amica, che non conosceva di persona Octavian, ma non potevo fare a meno di preoccuparmi.
E se fosse davvero così?
Naah.
 

 
Meow a voi, patate!
Sono riuscita a pubblicare il terzo capitolo!
{*stappa lo spumante* *partono cori di alleluia* *scende gesù cristo a benedirla* *si ferma con i film mentali*}
Ecco la “””””sorpresa”””””! Un capitolo narrato da Katrina!
All’inizio avevo intenzione di fare solo Octavian, ma poi
frazelshug (io ti ringrazio tanto per quest’idea!) mi ha chiesto in una recensione se ci sarebbero stati capitoli di Katrina ed io ero tipo “sì, perché no?”
Ed ho deciso di far passare alla nostra scozzese una mattinata con le sue migliori amiche che sono *rullo di tamburi perfettamente inutile dato che lo sapete già* HAZEL SONOUNASTRAFIGAEAMOFRANK LEVESQUE E KATIE HOUNASUPERCOTTAPERTRAVIS GARDNER! {fighi i secondi nomi, eh?}
Non so, avevo voglia di mettere un po’ di Frazel e un po’ di Tratie perché ci stan sempre bene e sono delle coppie troppo aw, secondo me :3
E… Uh-Oh, Kat inizia a farsi i problemi esistenziali su Oct :c
Chissà chi avrà ragione ;)
Io lo so chachacha

Vi volevo ringraziare per le recensioni che mi avete lasciato. Tipo… wow, roba da pazzi cagare questa storia! **
Ebbè, ovviamente ringrazio anche chi ha messo fra le seguite/ricordate/preferite questa storia.
VOI DATE UNO SCOPO ALLA MIA VITA! (it sounds creepy)
Eeeeeeeeeeeeeeeeeeeeeeeeeeeeeeeeeeeeeeeeeeeeee niente. Vado a buttare giù qualcosa per il prossimo capitolo :3
Spero che vi sia piaciuto anche questo e…
Kiao! *torna a sferruzzare maglioncini per i gatti*

Luna
 
Ps: I capitoli saranno: Oct-Oct-Kat-Oct-Oct-Kat… insomma, ogni due di Oct uno di Kat :3

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Capitolo 4
*** 4: Di chimica e fratellini ***


Una luce esiste per tutti
 4: Di chimica e fratellini

«Hai capito nulla della lezione di matematica?» mi chiese Katrina, mentre passava la mano nella verde erba del cortile della scuola. Mi accigliai, pensando alla lezione precedentemente avuta. Non ero stato granché attento.
Okay, non avevo per niente seguito la lezione. Katrina sorrise.
«Lo sapevo» con una risata si stesa sull’erba morbida,chiudendo gli occhi a causa del sole. Dopo una manciata di secondi in quella posizione, si puntellò sui gomiti, fissandomi. «Allora» iniziò, allungando la lettera “o” con un sorrisetto. «Chi è lei?» concluse, ammiccando.
«Lei chi?» chiesi, inarcando un sopracciglio.
«Dimmelo tu» mi rispose ridendo, senza smettere di incurvare le sue labbra in un sorriso malizioso.
«Senti, non ho idea di cosa tu stia parlando» risposi acido, sbuffando. Lei non si perse d’animo. Era testarda, eh.
«Che pensiero potrebbe averti distratto da quell’interessante lezione sull’equazioni goniometriche se non una ragazza?» mi punzecchiò, dandomi un pugno sul braccio. Io la guardai, senza parlare, limitandomi a scuotere la testa. Era completamente fuori strada.
Mi accasciai sul prato, ignorando le sue costanti domande. Il sole mi dava fastidio anche tenendo gli occhi chiusi, ma non demordevo.
Ad un tratto Katrina sbuffò. «Sei proprio odioso, certe volte» sentenziò, stendendosi accanto a me.
«Senti chi parla» risposi, serio, senza scherzare.
«Io ci provo veramente tanto ad infastidire le persone, bello» ridacchiò lei.
«Ma non si notava, sai?» risposi, sarcastico. Lei scoppiò a ridere, dandomi un pugno sul braccio.
Senza parlare più, aspettammo la fine dell’intervallo, stesi ad occhi chiusi per evitare di intercettare direttamente la luce del sole.
Mentre quella tranquillità ci invadeva, delle risate la fecero scappare via, lontano da me.
«Qui abbiamo spaventapasseri accanto al mostro di Loch Ness!»disse una voce acuta e insopportabile. Aprii gli occhi, mettendomi seduto. Davanti a me c’erano tre ragazze, due dietro capeggiate da la numero uno nella mia lista mentale di ragazze insopportabili: Drew Tanaka.
Alta, con i lineamenti asiatici, lunghi capelli neri come la pece e occhi color del ghiaccio.
disse, causando una risata nelle sue seguaci. Io respirai a fondo, evitando di risponderle. Mantenni una calma apparente, mentre dentro mi stavo figurando una sua violenta morte, per un piccolo ed insignificante incidente...
«Strano, sai?» disse Katrina, aprendo un occhio e guardando verso Drew, per poi richiuderlo.
«Cosa?» chiese Drew.
«Io vedo due mostri di Loch Ness, ma dietro lo spaventapasseri, non accanto» rispose, ghignando.
Guardai Katrina con gli occhi spalancati.
Drew inarcò un sopracciglio.
«Che vuoi dire?» chiese.
«Cervello di paglia» sentenziò Katrina, sollevandosi con un sorriso dolce ed innocente.
Drew mise le mani sui fianchi, fissando Katrina con rabbia. Sarebbe finita male.
«Mi stai dando della stupida?» chiese, con impazienza.
«Non mi permetterei mai!» rispose la scozzese, fingendosi scioccata. Io trattenni un sorriso. «Cosa te lo fa pensare?»
«Senti, carina» scattò Drew. «Non ti conviene avermi come nemica»
«Tremo» rispose Katrina, fingendosi indifesa.
Dio se era impertinente.
Drew strinse i pugni e, schioccando le dita, se ne andò, seguita dalle sue leccapiedi. In quel momento suonò la campanella, e io mi tirai su con uno scatto.
«Ti sei cacciata in un guaio» l’avvertii, senza però nascondere la mia ammirazione per lei.
«Buhu che paura» fu la sua risposta. Feci un mezzo sorriso.
«Non sei mica male, rossa» la lodai, mentre rientravamo nell’edificio.
Lei indicò la sinistra. «Mettiti in fila per gli autografi» rise, ed io scossi il capo, senza far cessare il sorriso.
 
♠♠♠
 
«Katrina» chiamai la ragazza, mentre stavamo uscendo tutti per dirigerci a casa.
«Dimmi» rispose, voltandosi verso di me.
«Come mai sono tutti preoccupati?» chiesi, riferendomi ad alcuni dei nostri compagni che erano palesemente nervosi, mentre uscivano.
Lei mi guardò come a dire “ma fai sul serio?”
«Quell’arpia ha appena detto che domani faremo verifica di chimica» mi rispose. «Ma dove hai la testa? Sicuro di star bene?» chiese, preoccupata. «Questa ragazza ti ha proprio preso, eh?»
Sbuffai. «La pianti con questa storia?»
«Che succede, allora?» continuò.
«Lascia perdere, okay?» risposi, seccato.
«Okay» rispose rassegnata, mettendosi le mani nelle tasche del giubbotto.
Il tragitto che percorrevamo ogni giorno, allietato dalle battute della rossa, fu silenzioso. Lei camminava silenziosa e tranquilla, cosa per niente da lei, considerato il suo carattere esplosivo e allegro. Io provavo a parlare, ma le parole mi morivano in gola. Nessun argomento mi sembrava adatto.
«Okay, um... ci vediamo» la salutai, arrivato a casa. Lei ricambiò il saluto e continuò a camminare verso casa sua.
«Katrina» chiamai, prima di poter frenare la lingua. Lei si fermò e si voltò verso di me. «Vuoi rimanere? Tanto per ripetere insieme» chiesi.
Lei scosse il capo. «I miei sono partiti questa mattina per lavoro, sto andando a prendere Matt e Tish a scuola e poi devo tenerli d’occhio» mi spiegò, un po’ dispiaciuta.
«Capito» dissi, infilando la chiave nella serratura.
«Perché non vieni tu?» mi propose sorridendo. Rimasi fermo un secondo, per pensarci, poi rimisi le chiavi in tasca e mi avvicinai a lei.
«Ti avviso, Matthew a Letitia sono dei terremoti» mi mise in guardia, quando riprendemmo a camminare.
«Età?»
«Sei anni»
E bruciammo la distanza che ci separava dalla scuola dei suoi fratellini.
Quando arrivammo, due bambini ci corsero incontro. Avevano tutti e due i capelli castani, ma gli stessi occhi azzurri furbi ed allegri di Katrina.
«Ciao piccoletti!» li salutò lei, scompigliando loro i capelli. La bambina, Letitia, mi  guardò e mi indicò.
«Kat, lui chi è?» chiese curiosa.
Katrina mi sorrise, prendendomi per un braccio e portandomi più vicino ai bambini. «Lui è Octavian, un mio amico» mi presentò, sorridendo.
«Io sono Letitia-Tish!» si presentò la bambina, sorridendo. Le mancava un canino, ed era davvero adorabile.
«Io Matthew-Matt» fu il turno del bambino, che sorrise mostrando due fossette sulle guance. «Sei il fidanzato di mia sorella?»
Io e Katrina ci scambiammo uno sguardo, ed io cercai di non arrossire.
«No, Matt, è solo un mio amico» rispose Katrina.
«E dov’è il fidanzato?» chiese insistendo.
«Non ho un fidanzato» rispose lei.
«Sì che ce l’hai»
«No che non ce l’ho»
«Sì invece»
«No»
«Sì»
«No»
Cercai di trattenere un sorriso, mentre i due litiganti proseguivano presi per mano davanti a noi, e Letitia mi prese la mano prima di iniziare a seguire gli altri.
«Tu sei il suo fidanzato, vero?» mi chiese, sottovoce.
«No, sul serio»
«Invece sì»
«Ti dico di no»
«Siete una bella coppia»
«Non siamo fidanzati»
«E allora vi faremo fidanzare»
Ebbene, il quel momento trovai qualcuno più rompiscatole di Katrina.
 
                                                           
♠♠♠

 
Erano quattro ore e mezza che ripassavamo chimica, eppure non mi sembrava così tanto...
Eravamo nella camera di Katrina, dalle pareti bianche e azzurre. Su di esse c’erano poster di serie televisive, band che non avevo mai sentito, ma che sembravano forti, e un quadro che rappresentava lei da bambina a cinque anni, seduta su un’altalena nel giardino di casa sua, in Scozia. Poggiata alla parete c’era una libreria piena zeppa di volumi e, accanto ad essa, una scrivania con un computer, delle casse e qualche foglio sparpagliato. Il suo era un letto matrimoniale, con un piumone decorato con immagini di Londra. Era davvero una bella stanza.
Ogni quarto d’ora esatto – sul tempismo non hanno niente in comune con la sorella -  Matt e Tish venivano a trovarci, chiedendoci se eravamo fidanzati. Quando rispondevamo “no”, Matt spariva, ma Tish rimaneva ancora qualche secondo, fissandomi, per poi dileguarsi.
Avevano provato a chiuderci dentro insieme, ma Katrina era intervenuta in tempo, prendendo la chiave e mettendosela in tasca.
Dopo l’ennesima visita dei fratellini, Katrina li chiuse nella loro camera, con le proteste dei piccoli.
«Non dovevi prenderti cura di loro?» chiesi, guardandola rientrare in camera.
«Staranno bene» rispose, riprendendo il libro.
 
Dopo quasi un’altra ora di studio, finalmente ritenemmo necessario chiuderla lì con la chimica.
«Speriamo bene» disse lei, sospirando di sollievo.
Andò ad aprire la porta della camera dei suoi fratelli, e loro si precipitarono fuori urlando cose come “libertà!” “la strega cattiva ci ha liberati!” e corsero lontani dalla loro stanza. Katrina scosse il capo, rassegnata.
«Be’» iniziai. «È stato bello studiare insieme»
“è stato bello studiare insieme?” vero quanto volete, ma non potevo dire qualcos’altro? No, ovvio.
«Eh già» rispose lei.
«Be’, io vado...» le comunicai.
«Guarda che se vuoi puoi rimanere» mi disse, guardandomi negli occhi.
«Devo sistemare un po’ di cose, grazie comunque» rifiutai.
«Va bene»
Mi accompagnò alla porta. I bambini arrivarono subito.
«Te ne vai?» chiese Matt. Io annuii.
«Ma lo dai un bacio a mia sorella, prima?» chiese Tish.
«Sparite, caccolette» ordinò Katrina.
«No!» risposero tutti e due.
«Ho le chiavi del ripostiglio» disse lei, con tranquillità.
I bambini corsero via urlando “strega cattiva! Strega cattiva!” e si andarono a nascondere, spaventati.
«Rompi scatole come la sorella» la punzecchiai, e lei mi diede un pugno sul petto, in tutta risposta.
«A domani» la salutai.
«A domani» rispose, dolcemente, ed io mi avviai lungo la strada per casa mia.
 

Luna’s Corner

 
Forse se faccio finta di niente… non si accorgeranno del ritardo.
Ebbene sì, popolo di EFP! I’m still alive!
Ho avuto un periodo di “che accidenti scrivo nel quarto capitolo?” e un periodo di “Perché la connessione internet è così lenta?”
Prendetevela con la connessione internet c:
COOOOOMUNQUE!
Questo è tutto ciò che la mia mente ha partorito. Non vi dico i dolori del parto. Non immaginate nemmeno…
Fa il suo ingresso Drew Tanaka, l’odiosissima Drew ew. Katrina sa gestire bene certa gente, come potete vedere ee
Che succederà poi con Drew? Huhuh
Lasciamo stare Drew… e concentriamoci sulla famigliola di Kat! Non sono adorabili Tish e Matt? *^*
Piccoli Octrina shippers *^*
Eeeeeeeee………..niente. Ho finito, credo c:
Alla prossima!

Luna

 

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Capitolo 5
*** 5. Di scelte non proprio brillanti e nuovi branchi. ***


Una luce esiste per tutti

5. Di scelte non proprio brillanti e nuovi branchi.
 

Passai una mano fra i miei capelli biondi, steso sul mio letto con il viso rivolto verso il soffitto.
Mi passavano per la mente tanti pensieri, pensieri che non mi credevo capace di formulare.
Non so bene cosa mi stesse succedendo, ma da più di un mese sentivo di voler cambiare. Sentivo di non voler più essere “lo spaventapasseri”.
Non mi era mai importata l’impressione che davo agli altri, quindi non capivo perché tutto ad un tratto volevo contare qualcosa.
Dopo un’altra manciata di minuti passata a fissare confuso il soffitto, decisi di prendere il cellulare e mandare un messaggio ad un mio vecchio compagno.
 
A: Jonathan Collins 22.34
Hey, Jonathan, sono Octavian. Ho considerato l’offerta.

 
Conoscevo Johnatan dalle elementari.
Non avevamo assolutamente nulla in comune, certo. Lui era amato e rispettato, mentre io ero… io ero me, emarginato.
Nonostante tutto, però, siamo sempre andati d’accordo, bene o male.
Mi aveva offerto aiuto per diventare come lui, ma io non avevo risposto subito.
Forse è stata quella proposta a far partire tutta quella catena di pensieri.
Da: Jonathan Collins 22.36
Fantastico! Sapevo che ti saresti messo sulla retta via ;)
 
A: Jonathan Collins 22.36
Non ti ho detto se l’ho considerata negativamente o positivamente.
 
Da: Jonathan Collins 22.37
Mi hai scritto di averci pensato. È chiaramente positiva la tua considerazione, amico.
Ci vediamo domani davanti a scuola alle 6.30
 
A: Jonathan Collins 22.38
6.30? È un po’ presto, perché?
 
Da: Jonathan Collins 22.38
Amico, vieni e basta, non farti molti problemi!
 
A: Jonathan Collins 22.39
D’accordo, “amico”.

 
Avrei voluto non farlo, credetemi, ma non riuscivo a fermarmi ormai.
Dovevo avvisare Katrina e poi avrei chiuso gli occhi, per bearmi nel mondo dei sogni.
 
A: Katrina 22.41
Katrina, domani mattina vado a scuola più presto del solito. Ci vediamo in classe. Buona notte.

 
Lasciai il telefono e spensi la lampada sul mio comodino dopo aver messo la sveglia alle 5.30, chiudendo gli occhi e addormentandomi con la consapevolezza che da domani tutto sarebbe cambiato.
 
♠ ♠ ♠
 
Una volta suonata la sveglia la buttai a terra come di consueto e mi alzai, passandomi una mano sul viso.
Mi piegai per riprendere la sveglia e la posai sul comodino. Come faceva ad essere ancora intera, dopo tutte quelle cadute?
Presi il telefono e trovai due messaggi.
Uno era di Katrina e l’altro di Jonathan.
Quello di Katrina mi chiedeva spiegazioni e mi augurava comunque la buona notte, mentre quello di Jonathan mi ricordava di vederci davanti al cancello.
Pensava avessi l’amnesia o cosa?
Sbuffai e iniziai a vestirmi, con gli occhi che minacciavano di chiudersi a causa del sonno che non mi aveva ancora abbandonato.
Mentre mi vestivo guardavo lo scorrere dei minuti sull’orologio e mi chiedevo se stessi facendo la scelta giusta.
Massì, idiota! Stai solo facendo nuove amicizie.
Questo era il mio mantra per convincermi di aver compiuto la scelta giusta.
Funzionava a metà.
Mi ero tranquillizzato, un po’, ma una parte di me continuava a urlarmi di tornare a letto e avvisare Katrina che saremmo andati a scuola insieme come sempre.
Soffocai quella parte odiosa con quella più sicura e, guardandomi allo specchio, stabilii di essere pronto a cominciare tutto da capo.
Presi il cappotto e lo zaino e uscii di casa.
Passo dopo passo sentivo lo stomaco stringersi e rivoltarsi.
Cos’era? Ansia?
No, non era ansia. Non ero preoccupato.
Forse era rimorso, ma per cosa? Insomma, la vita che stavo conducendo al momento faceva abbastanza pena, quindi…
Scossi la testa.
Basta, basta pensare.
 
♠ ♠ ♠
 
Quando arrivai al luogo dell’incontro notai che non c’era solo Jonathan ad aspettarmi.
Insieme a lui c’erano tre ragazzi di cui ignoravo completamente l’esistenza e tre ragazze che, ahimè, conoscevo abbastanza bene.
Drew Tanaka e le sue barbie di scorta Teresa Thorn e Alissa Mercury.
Fantastico, pensai, sono nel club con le oche.
«Octavian!» mi salutò Jonathan con un sorriso. «Allora, ti presento Will Solace» indicò un ragazzo dai capelli biondi, la carnagione abbronzata nonostante fossimo quasi in inverno, e gli occhi azzurri. «Ashton Fitzgerald» un ragazzo con i capelli castani e gli occhi verdi. «E James Freeman» un ragazzo con i capelli verdi scuro, ovviamente tinti, e occhi castani. «Amici miei, ecco Octavian, la nostra nuova recluta» disse mettendo un braccio intorno alle mie spalle. Trattenni l’impulso di togliermi e rispondere acidamente. Non era un buon modo di iniziare una relazione.
«Ora le ragazze» ghignò Jonthan.
«Ci conosciamo già» disse acidamente Drew. «Spaventapasseri»
«Stronza» ricambiai il saluto, guardandomi in cagnesco con quell’oca.
«Wo-oh! Rinfoderate gli artigli, voi due» ci ammonì James, ridacchiando, poi si avvicinò all’orecchio di Jonathan per dire qualcosa che fece scaturire un sorriso malizioso e una risata a quest’ultimo.
«Be’, miei cari amici» esordì Jonathan, sfregandosi le mani. «Mi sembra il momento di iniziare il nostro amico alla vita nel branco»
Tutti sorrisero, in modo non molto rassicurante.
«Che si fa, Jo?» chiese Ashton, ghignando insieme a James. Drew continuava a guardarmi con odio, seguita da Teresa.
Solo Alissa e Will non sembravano molto interessati a questa conversazione che per me aveva qualche oscura ombra. Will mi guardò e scosse il capo, come a dire “Tu sei pazzo, fratello, ritirati.”
Non molto rassicurante nemmeno questo.
Alissa si strinse nelle spalle guardandomi, chiedendo scusa con lo sguardo, e poi guardò Drew che aveva preso a battere l’indice sulle labbra, pensando sicuramente al modo più imbarazzante e crudele per “indirizzarmi al branco”.
«Be’,» disse avvicinandosi a me con un sorriso malizioso. «Io un’idea ce l’avrei»
Guardandola nei suoi occhi lessi crudeltà pura.
Il cuore mi si bloccò in gola e strinsi i pugni, fino a conficcarmi le unghie nella carne.
Non sapevo che fare.
L’unica cosa a cui riuscivo a pensare era: scusa.
 
 
 
Luna’s corner
 
Hey! Oh, dei! Ma quanto è passato? Un mese? o:
Vi chiedo perdono c.c
Avevo il blocco dello scrittore a causa del caldo torrido c.c
Si vede, infatti, eh? Un capitolo di cacca proprio eeeeewwwwwwwwww
Vi avviso, nella mia mente una voce annuncia che da qui inizia la distruzione dei feels degli Octrina shippers e ride sadicamente.
È la stessa voce che mi detta le parole da scrivere – che è stata addormentata per un mese gn – so... avvisati.
Potete capire da voi il perché, grazie a questo schifoso capitolo che è più di passaggio che altro.
Buh, niente altro da dire.
Mi dispiace ancora per l’attesa, e grazie della vostra pazienza.
Vi meritate un biscotto! *prende un pacco di biscotti al cioccolato e li lancia come coriandoli*
Alla prossima!
 
Luna

 

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Capitolo 6
*** 6. Di possibili duplicati idioti e orrende serate ***


Una luce esiste per tutti
 
6. Di possibili duplicati idioti e orrende serate
 
«Hey, Kat, mi sostituisci un attimo al bancone?» la voce di Katie mi arrivò forte e chiara alle orecchie, però fu lo stesso come se non  l’avessi sentita. Almeno finchè non prese a schioccarmi le dita davanti alla faccia.
«Kat? Woohooo? C’è nessuno?» disse, e io alzai una mano per fermare la sua e la guardai scocciata.
«Non fare la scema, Katie. Vado a sostituirti» mormorai, ottenendo uno sguardo incredulo da Katie, che mi perseguitò fino al bancone dove, una volta sistemata, le regalai un sorriso rassicurante e lei scrollò le spalle e andò a servire altri tavoli.
Io presi a servire la gente che chiedeva da bere al bancone, più della metà ubriachi fradici. Nessuno perdeva l’occasione per provarci, facendomi salire i nervi a fior di pelle, che cercavo comunque di nascondere.
Odiavo questo lavoro.
Troppo rumore, troppe porcherie. Non faceva per me.
Fortunatamente a breve lo avrei cambiato in qualcosa di più tranquillo.
 
«Kat! Kat! Kat!» urò Matt non appena mi vide all’uscita della scuola, seguito da Tish che strillava dietro a mio fratello.
«Zitto, Matt! Voglio dirlo io!» insisteva Tish.
«Sono nato prima io, quindi lo dico io!» rispondeva fiero lui.
«Non è vero, sono nata prima io!»
«No, io!»
«No, io!»
«Ho detto io!»
I due piccoli gemelli litigavano costantemente su questo, provocandomi assurdi mal di testa e crisi di nervi, che sparivano grazie a qualche occhiatina da cucciolo ferito.
«Il prossimo che dice “io” finisce dritto nel ripostiglio con il Signore Nero»
Il signore nero è un vecchio cappotto di mio padre posto sopra ad una scopa. Già.
Per qualche motivo loro ne sono terrorizzati.
Si zittirono subito.
«Ora, cosa dovete dirmi?» fecero per partire insieme, e quindi poi litigare, ma fermai i loro intenti prima. «Me lo dice Matt, dato che è il primo che mi ha chiamata»
Matt esultò e Tish mise il broncio.
«Tu hai preferenze su Matt! Non è giusto!» piagnucolò.
La guardai ed infilai una mano in tasca, estraendo una caramella alla fragola.
«Non ho preferenze. Tieni» dissi, porgendole il dolce, e subito si zittì con un sorrisone.
Matt si schiarì la voce.
«Oggi il nostro amico Robbie ha portato in classe questi» e mi allungò un foglio. «Suo fratello, Chuck, ha bisogno di una mano in libreria e ho pensato-»
«Abbiamo!» lo corresse Tish.
«SSH! Ho pensato che ti potrebbe interessare» iniziammo a camminare, mentre guardavo attentamente il foglio.
«Grazie, ma io ho un lavoro» dissi, decidendo comunque di parlare con Chuck.
«Tu lo detesti» puntualizzò Tish.
«Si vede quando torni a casa» aggiunse Matt.
Mi fermai a guardarli tutti e due. «Voi... vi odio»
«Prego!» esclamarono all’unisono.
 
«Kat!» una voce mi riportò al presente.
Mi voltai verso Hazel, che aveva un vassoio in mano e un sorriso sul volto.
«Hm?»
«Guarda chi è venuto a trovarti» ammiccò e indicò un gruppetto di ragazzi dietro di lei.
Riconobbi pochi volti, fra cui il suo.
Octavian era lì, con le mani in tasca e un sorriso sul viso.
Momento, che ci faceva con Drew e la sua brigata?
Lui si voltò verso di me e il suo sorriso divenne un po’ più naturale.
Ricambiai e lui, dopo aver fissato attentamente i suoi amici, si staccò da loro e venne verso di me.
«’Sera, Katr-»
«Dove accidenti sei stato, oggi?» risposi, incrociando le braccia al petto.
«-Ina» terminò con un sorrisetto, sedendosi su uno sgabello vuoto davanti a me.
«Hey, biondino, non ci provare. Rispondi alla mia domanda» disse seria.
«Che intendi?» chiese ingenuamente.
«Bello, con me non funziona. Hai saltato scuola e non hai risposto al telefono. Per un attimo ho-»
«Pensato che mi avessero rapito? Nah, sto bene, come puoi vedere» disse sorridendo di nuovo e passandosi una mano sui capelli.
No, non fare così.
«Oh, lo vedo. Quindi, perché diamine non sei venuto a scuola e non ti sei fatto sentire?» continuai ad investigare, serissima, cercando di evitare il contatto diretto con i suoi grandi occhi azzurri.
«Oh, Kat! Non fare la guasta feste» rise Octavian, passandosi una mano sugli occhi.
Inarcai un sopracciglio e posai una mano sul fianco.
«Ma sei fatto di qualcosa? Sei ubriaco? Di solito sei sempre imbronciato» osservai, riducendo gli occhi ad una fessura.
Lui rise di nuovo.
«Quando sono con te sono felice e leggero!» esclamò, alzando le braccia in aria. «Forse non dovevo dirlo» rise di nuovo, più forte però.
«Oh, sì. Decisamente fatto» constatai con disappunto, sbuffando.
«Octavian! Tesoro!» una voce stridula e petulante mi fece venire voglia di mozzarmi le orecchie.
«Ciao, Drew-Drew!» rispose allegro.
Fatto, fatto e strafatto.
«Perché stai qui a perdere tempo con questa scozzesina?» chiese lei, guardandomi con disgusto.
«Be’, è mia amica. E ha dei bei capelli. Sembrano fuoco» rispose, alzandosi dallo sgabello. Si avvicino con la mano verso i mei capelli e ne prese una ciocca. «Non brucia»
«Che accidenti gli avete dato?!» sbottai.
«Tesoro» chiamò Drew con voce melliflua,ignorandomi.«Lo sai, vero? Noi, o lei. Eravamo stati abbastanza chiari»
Spalancai gli occhi, guardando Octavian in cerca di spiegazioni.
«Oh, sì. Sì. Andiamo» disse. «Ciao, Katr-ina!» e sparì insieme a Drew.
Rimasi immobile, senza sapere che cosa fare, che cosa dire e che cosa pensare.
Quello non era Octavian. Raggiunsi questa conclusione.
Era un duplicato idiota e con tutti i lati negativi, a quanto pare. Un po’ come successe al capitano Kirk, una volta.
Guardai nella loro direzione per un po’, fino a che una mano non si posò sulla mia spalla.
«Kat, stai bene?» una voce profonda.
«Um? Oh, Dave, sì. Sì. Benissimo» mentii, sorridendo. Lui mi guardò e inarcò un sopracciglio.
«Sì, come vuoi» rispose sarcastico.
«Sai che il tuo turno inizia fra tre quarti d’ora?» cambiai discorso.
«Oh, è per quella faccenda degli orologi»
Questa ve la spiego: Dave non è bravo con gli orari, così per evitare di fare ritardo porta avanti i suoi orologi per andare di fretta. È inutile, ovviamente. Incasina i tempi comunque.
«Dave, seriamente» risi. «Rimetti quei dannati orologi all’ora esatta e vai ad un corso per stroncare la mania dei ritardi»
«Solo se ci vieni con me, signorina Che-Cosa-Cavolo-È-La-Puntualità» mi prese in giro, scopmigliandomi i capelli.
«Ah, ah!» risposi, sorridendo. «Sparisci, ora, Dave. Lasciami lavorare»
«Kit-Kat» lo folgorai con lo sguardo. «No, non sei Kit-Kat, ok. Comunque, sparisci tu. Un procione investito da un camion dopo aver fatto una maratona per due giorni di fila prendendo a pugni un carroarmato e divorato dalle api sembra più felice e meno stanco di te. Fila a casa, ora. Ti sostituisco io»
Lo guardai senza dire nulla e poi sorrisi. «Dave, sei la persona migliore che io conosca» lo abbracciai. «Ti devo un favore, gigante!»
«Fammi il favore di sparire» disse ridendo, e io mi allontanai, ringraziando mentalmente quell’angelo in terra di Dave Jameson. Prima di sparire del tutto, tornai sui miei passi, verso Dave.
«Hey» lo chiamai, e lui si girò. «I tuoi paragoni diventano sempre più inquietanti» 
 
 ♠ ♠ ♠
 
«Sei tornata prima!» notò mia madre, dalla cucina. «Che bel- oh, tesoro! Che hai?»
Ma era così evidente la mia brutta cera?
«Nulla, mamma» dissi, mollando le mie cose sulla sedia. Dovevo sembrare davvero distrutta dato che mia madre, che di norma mi avrebbe sbraitato contro qualcosa sulla mia “totale assenza di ordine e cognizione dello spazio, ignorò il fatto.
«Hai una brutta cera»
«Serata pesante» mi limitai a rispondere.
«Vuoi parlarne?»
Non sapevo nemmeno cosa dire a me stessa, non sapevo a cosa stavo pensando. Ovvio che non mi andava.
«Vorrei solo un tè e una lunga sessione di sonno» risposi, con tono monocorde.
«Ora ti faccio subito il tè, tu va a prepararti.» mi disse dolcemente.
«Sì, mamma» e me ne andai di sopra, in camera mia.
Mi buttai sul letto, e aspettai pazientemente il mio tè, con gli occhi chiusi.
Fino a ieri non poteva guardare in faccia Drew senza sputare veleno, non saltava mai una lezione, evitava certi gruppi e certe… robe, e ora? Ora aveva capovolto tutto.
Tra l’altro quella decisione...
Cioè, non che fossi gelosa! Voglio dire, può avere tutti gli amici che vuole, ma Drew e compagnia bella?
Amico mio, la prossima volta fatti di un po’ di coerenza.
Te lo avevo detto, io!
Ripeteva una voce, fastidiosamente simile a quella di Katie, nella mia testa.
«Tesoro? Sei sveglia?»
«Sì, mamma» biascicai.
Dopo pochi secondi mi ritrovai una tazza fumante sotto al naso.
«Grazie» sorrisi, e lei si mise sul letto.
«Allora» iniziò.
Oh, no. No, no, no. Non avrei parlato.
«Che succede?»
Guardai il liquido marrone.
«Nulla»
«Katrina» disse seria.
«Perché proprio questo nome, mamma? Insomma, nessun nostro parente si chiama così» cercai di cambiare discorso.
«O parli, tesoro, o parli. E poi mi piaceva il nome»
«Suona un po’ troppo aggraziato per me. E troppo da... principessa perfetta. E io non lo sono» commentai, bevendo un po’ del mio tè.
«Sei depressa?»
«No»
«Katrina»
«Ma da dove ti è uscito fuori questo nome?»
«Uno»
«Voglio dire, è più russo che scozzese»
«Due»
«Mamma non ho paura»
«Tr-»
«E va bene!» mi arresi.
Sì, ok, forse un po’di paura per quel “tre” la avevo.
«Sono un po’ stressata» confessai.
«Per?»
«Studio, lavoro... tutto» mi passai una mano fra i capelli.
«Hai, scusami la parola, un lavoro di merda, tesoro. Non fa per te» disse passandomi un braccio intorno alle spalle. «Ma Matt e Tish hanno detto che cambierai»
«Forse» risposi, sbadigliando.
«E per la scuola è solo “l’essere la nuova”, non preoccuparti» mi rassicurò. «Hai solo bisogno di staccare»
«Già»
«Devi prenderti una pausa da tutti»
«Hm»
«E da tutto»
«Sì»
«E da ovunque»
«A-ah»
«Però forse dovresti trovarti un ragazzo, non pensi?»
Il tè mi andò di traverso e presi a tossire.
Ma che?! Prima mi diceva di staccare da tutti, e ora mi incitava a trovare un ragazzo?
«Buonanotte» la liquidai, cercando di nascondere il rossore.
«I tuoi fratelli mi hanno parlato di un ragazzo biondo che-»
NO!
«Mamma!»
«Voglio dire, ti farebbe bene una seconda persona da amare e con cui essere felice, senza essere rintanata qui con la musica al massimo e qualche-»
«Ho detto buonanotte» e lei si fermò e mi guardò.
«Buonanotte» e si alzò.
Prima di uscire definitivamente si voltò. «A detta dei tuoi fratelli, dovresti dare un’occasione a questo ragazzo» strinsi i pugni e contai fino a dieci. Non servì a nulla, ma comunque...
Mi infilai sotto le coperte e, senza sapere perché, iniziai a sentire qualcosa di caldo e bagnato percorrermi la guancia.
Mi passai una mano sugli occhi umidi.
«Non fare la stupida» mi sussurrai. «Non mollare. Sopprimi. sopprimi»
Affondai il viso nel cuscino.
Volevo delle spiegazioni.
 

 

Luna’s Corner
 
Hello! :D
Yay, una povera Katrina stressata non fa mai male! Tranne che a lei, vabbè.
Ho fatto soffrire e innervosire troppo la piccola rossa? Naaaah!
Che ve ne pare del capitolo e del “nuovo” Octavian? Tanto schifo (sia per l’uno che per l’altro lol)?
Vi piace Dave? Che cutie pie – un po’ creepy, a volte lol – che è, ah? <3
E Matt e Tish? <3
Due terremoti rompi scatole che shippano Octrina a morte <3
E be’, sono fiera di me perché questa volta non ci ho messo una vita ad aggiornare yay
Siate pure voi fieri di me! gn
Grazie per aver recensito, aggiunto ai preferiti, seguito questa storia!<3
Significa tantissimo per me! :3
Un bacio e alla prossima!
 
Luna

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Capitolo 7
*** 7. Di nuovi lavori e pomeriggi (quasi) perfetti. ***


Una luce esiste per tutti


7. Di nuovi lavori e pomeriggi (quasi) perfetti.


Quella mattina avevano sospeso le lezioni perché la scuola doveva subire un’ispezione sanitaria, o cose del genere, così decisi di presentarmi alla libreria di Chuck, prima, per il mio colloquio.
Scesi  in cucina con un sorriso rilassato sul volto – anche se, lo ammetto, non ero poi così rilassata – e diedi il buongiorno alla mia famiglia.
Diedi un bacio sulla guancia a mia madre e mio padre e scompigliai i capelli ai miei fratellini.
«Signorinella» mi richiamò mio padre. «Come mai così... allegra?»
«Io sono sempre allegra, padre» risi, sedendomi davanti alla mia tazza di latte e allungando la mano per prendere i cereali.
«Evidentemente si è fidanzata con Octavian!» urlò Tish, sorridendo. Strinsi forte il cucchiaio, e cercai di conservare quell’aria rilassata.
«Come, prego?» mio padre inarcò un sopracciglio.
«Ok, ascoltatemi bene» dissi, brandendo il cucchiaio come un’arma. «Tra me e quel ragazzo non c’è mai stato nulla, va bene? Non ci sarà mai nulla e se ve lo sento nominare un’altra volta mangerò le vostre teste a colazione» i miei fratelli mi guardarono terrorizzati.
«Mamma, papà.. ma perché avete creato un mostro?» chiese Matt, facendosi piccolo piccolo sulla sedia. Feci un sorrisetto soddisfatto.
«Ah, figliolo, l’America l’ha resa un mostro mangiatore di uomini» a mio padre non piaceva particolarmente vivere qui, preferiva la Scozia, come me. Accennai una risata.
«Ma se poi voi due pesti non toccate nervi scoperti della vostra povera sorella è anche meglio» rispose mia madre.
Mi irrigidii e la guardai, sgranando gli occhi. Lei si strinse nelle spalle.
«Che c’è? Lo noterebbe chiunque» si giustificò, finendo il suo caffè.
Ma perché diamine devono smontarmi l’allegria mattutina, pensai.
Mio padre guardò l’orologio.
«Ok, piccoletti. Meglio andare» si alzò, ma io lo fermai.
«Li porto io» dissi, prendendo un’ultima cucchiaiata di cereali.
«No!» gemette Matt.
«Ci mangerà la testa!» continuò Tish.
Io risi, alzandomi dalla sedia.
«Prometto di farvi vivere un’ultima giornata scolastica prima di staccarvi la testa» promisi, alzando le mani in segno di resa.
Loro si guardarono e lentamente andarono verso i loro zainetti.
«Come mai tutta questa premura?» chiese mio padre sospettoso.
«Voglio comportarmi da brava sorella maggiore»  dissi sorridendo, poi alzai un po’ il tono della voce. «Prima di mangiarli!»
«Katrina!» mi rimproverò mio padre, e io sbuffai. «Devi vedere qualche ragazzo?» mi fissò dritto negli occhi, severo.
«In un certo senso, sì» intervenne mia madre.
Mio padre mi guardò torvo, così come io guardai mia madre.
«COSA?!» la voce mi uscì un’ottava più alta.
«Non devi andare da Chuck per il lavoro?» mi chiese.
«Ma- oh, Sherlock! Smettila di analizzarmi!» sbottai, cercando di trattenere un sorriso, e mi avviai verso la porta.
I piccoletti zampettarono verso di me, facendo sbattere gli zaini contro le loro schiene.
Salutammo i nostri genitori, ed uscimmo di casa.
Il sole splendeva alto nel cielo azzurro, disturbato da qualche soffice nuvola grigia. Il vento di Novembre correva fra le strade, scompigliando i capelli delle persone.
Infilai le mani nelle tasche del giubbotto, mettendo ritmicamente un piede davanti all’altro.
Sentii qualcosa tirarmi il lembo del giubbotto e abbassai lo sguardo per incontrare i tenerissimi occhioni azzurri di Matt.
«Kat...» mormorò. Lo incitai con lo sguardo a continuare. «Ma tu vuoi davvero...mangiarci
Mi fermai e lo presi in braccio.
«Ma no, tesoro, stavo solo scherzando» lo rassicurai dandogli un bacio sulla guancia. Lui sorrise.
«E allora perché ci hai minacciati?» chiese Tish.
«Perché sennò avreste continuato» ripresi a camminare, con Matt che si stringeva contro di me.
«Cosa c’è di male?» chiese innocentemente Matt.
«Oh! Hai paura che papà si arrabbi con te?» dei due Tish era la più furba e matura, mentre Matt era più tenero e bisognoso di coccole – anche se sapeva essere un genietto, molto spesso.
«No» risposi, pazientemente. «Io e lui abbiamo...litigato» no, non avevamo veramente litigato, ma non sapevo che altro dire.
«Che è successo?» sussurrò Matt.
«Lasciate perdere. È un po’ complicato, e siete piccoli» cercai di liquidare la questione con questa scusa.
«Facci una promessa» disse Tish seria.
«Vai» dissi.
«Ci racconterai tutto a casa» propose mia sorella. La guardai.
«Oh andiamo!» sbuffai, scuotendo la testa. Girandomi mi ritrovai gli occhioni tristi di Matt. «Voi- no io- oh va bene!» mi arresi. «Vi odio»
 
♠ ♠ ♠
 
«Quindi sai gestire i clienti e sai dare buoni consigli sui libri» riassunse Chuck. Era un bel ragazzo di ventisette anni, con capelli castani e occhi grigio-azzurro nascosti dietro un paio di occhiali neri. Era gentile e simpatico.
Confermai con un cenno quello che aveva detto.
«Ottimo. Un’ultima domanda: come te la cavi con i fumetti e cose simili?» mi chiese, sistemandosi gli occhiali sul naso e indicando un angolo della libreria pieno di fumetti e action figures.
«Um, be’... camera mia è tenuta su da fumetti» dissi, sorridendo un po’ imbarazzata.
Lui sorrise allegro. «Be’, mia cara Katrina» disse Chuck. «Sono felice di averti al mio fianco in questa libreria!»
Sorrisi felicissima e allungai una mano per stringerla, ma lui mi guardò inarcando un sopracciglio. «Oh, suvvia! Non formalizziamoci troppo!»
Mi strinse in un abbraccio.
Era adorabile.
«Grazie, Chuck» sorrisi.
«Ah, grazie a te! Mi serviva proprio una bella ragazza appassionata di libri e fumetti!» sorrise. «Allora, dato che la mattina hai scuola-» si fermò di colpo. «Come mai non sei a scuola?»
«Oggi hanno sospeso le lezioni» spiegai.
«Oh, okay! Dicevo, dato che la mattina hai scuola potresti venire  a lavorare di pomeriggio, dalle 17.00 alle 21.00. Se il sabato vuoi venire la mattina, per me va bene»
«Certo, nessun problema!» sorrisi ancora.
«Okay, questo è il mio numero!» scrisse una serie di numeri su un foglio di carta e me lo allungò. «Ci vediamo a pomeriggio, allora?» mi chiese.
«Ci vediamo a pomeriggio» misi il bigliettino in tasca e feci per salutare, quando il tintinnio di una campanella mi bloccò. Chuck si girò verso la porta, vedendo un uomo entrare e salutarlo.
«Uh, ciao George» salutò Chuck, confuso. «Il giorno delle consegne non è dopo domani?»
George sbuffò. «Sì, ma Martha mi ha chiamato, informandomi che per conto del signor Hermes avevamo delle consegne molto più importanti da fare. Così, ecco i tuoi libri» disse, indicando il furgone parcheggiato fuori.
«Oh, ok, fantastico» disse Chuck.
«Vieni a darmi una mano?» chiese George.
«Sì, sì» rispose Chuck. George uscì, e Chuck fece per seguirlo, quando lo fermai.
«Chuck» iniziai, titubante. «Vuoi che...resti? Sì, insomma... per dare una mano» chiesi.
Lui mi abbracciò di nuovo.
«Santo cielo, Katrina!» esclamò. «Dove sei stata tutto questo tempo?» sorrise.
«A dare la caccia al mostro di Loch Ness» risi, uscendo con lui.
Ci avvicinammo al furgone di George, che aveva cacciato tre scatoloni con un caduceo disegnato su un lato. Sotto al caduceo stampate di verde si leggevano le parole “Hermes company”.
Buffo, pensai, il capo di una compagnia di spedizioni si chiama come il messaggero greco degli dei.
«Lei chi è?» chiese George, squadrandomi. «La tua nuova ragazza?»
Le mie guance si colorarono di rosso. «No io- io sono la nuova “recluta” per questa libreria» spiegai. «Katrina» mi presentai, allungando la mano.
«George» lui la stinse.
Chuck firmò qualche foglio e poi lasciò ripartire George verso una nuova consegna.
Presi il primo scatolone – davvero pesante – e iniziai a portarlo dentro.
«Impressionante» esclamò Chuck.
«Cosa?» chiesi, entrando nell’edificio per poi posarlo a terra.
«Hai dei muscoli nascosti? Questi sono pesanti, e tu sei parecchio...»
«Piccola e esile?» terminai, sorridendo.
«Ecco» convenne lui.
«Che ti posso dire? La super forza è il mio superpotere» dissi uscendo per recuperare l’altro scatolone, più pesante del primo.
«Ho davvero fatto bene ad assumerti» mi sorrise quando poggiai lo scatolone per terra.
Ricambiai il sorriso.
«Iniziamo a sistemare» disse aprendo la prima scatola e poi la seconda. «Tieni, sistema questa» indicò la prima.
Io annuì, chinandomi a prendere i primi libri, leggendone i titoli.
«Ti conviene spostarti di la» mi suggerì indicando uno scaffale accanto ai fumetti, guardando i libri. «In quella scatola ci sono gialli e horror»
Presi la scatola e mi spostai nella sezione da lui indicata, iniziando a sistemare i libri, raggruppando le varie copie di uno stesso libro.
Dietro di me, Chuck sistemava i romanzi d’amore e grandi classici. C’era un silenzio rilassante fra noi... che purtroppo fui costretta a distruggere.
«Chuck... hai per caso una scala?» chiesi, e lui si voltò verso di me. «Sai... li non ci arrivò neanche a provarci» sorrisi imbarazzata, indicando la parte più alta dello scaffale.
Lui sorrise intenerito.
«Vado subito a prendertelo» e aprì una porta accanto alla sezione fantasy sparendo in quello che probabilmente era il magazzino.
Mi avvicinai all’altro scatolone, dove aprendolo ci trovai  fumetti, romanzi fantascientifici e fantasy.
Presi un libro a caso e lessi la trama. Non era male.
Un piccolo “di-din” mi fece voltare e lasciare lentamente il libro.
«Buongio- Kat!» era Dave.
«Um, ciao, Dave» salutai.
«Sempre in cerca di nuovi libri?» mi sorrise. Io scossi il capo.
«No, no. Sta volta sono qui per lavoro» risposi. Lui sgranò gli occhi.
«Lavoro? Che intendi con lavoro? Tu lavori al-»
«bar? Già, be’, detestavo quel lavoro, Dave» spiegai. «E i miei fratelli mi hanno detto che Chuck cercava un aiuto qui e ho pensato...» iniziai, parlando velocemente, venendo interrotta da Chuck che entrava con la scala.
«Ecco qua, una scala per la piccola Katr – oh, dio, Katrina. Questo essere abbietto ti sta infastidendo?» disse Chuck, vedendo Dave.
«Sempre un piacere vederti, fratellone»  sbuffò Chuck.
«Fratellone?» chiesi, inarcando un sopracciglio.
Ok, sapevo che Dave aveva due fratelli, ma non mi aveva mai detto i nomi o qualcosa sul loro conto, tranne che uno era più grande e l’altro più piccolo. Chuck e Robbie.
«Eh già, questo noioso essere qui è mio fratello maggiore» disse sospirando Dave
«Noioso?» Chuck fece finta di essere offeso.
«Sì, esatto» rincarò Dave.
«Come sarebbe?!»
«Be’, non sono io quello che ha una libreria e usa paroloni come “abbietto”»
«Sono una persona colta ed interessante!»
«Come un morto» replicò Dave, roteando gli occhi. Io trattenevo a stento un attacco di ridarella, quando Chuck mi guardò e sollevò le sopracciglia come se avesse ricevuto un’illuminazione.
«Un momento, ma se tu, piccola e dolce Katrina, conosci quest’essere di nome Dave vuol dire che... oh, per la miseria! Tu sei la Katrina di cui Da-»
«CHUCK!» lo fermò il fratello minore.
Non ce la feci più e scoppiai a ridere, con Chuck che aveva uno sguardo trionfante e Dave che sembrava aver voglia di scomparire.
«Allora, creatura ignorante, che ci fai qui?» chiese Chuck, guardando il fratello.
«Mamma mi ha costretto a venire qui per darti una mano» spiegò sbuffando. Poi mi guardo, sorridendo. «Però dai, ora ci resto volentieri»
«Sei venuto sul serio? Wow, che bravo bambino!» lo prese in giro Chuck.
«Ho dovuto! Tu non hai l’abitudine di coprirmi quando disobbedisco!»
«Sono un bravo fratello maggiore!» si giustificò Chuck. «Piuttosto, inizia a sistemare i libri di quella scatola per bene!» ordinò Chuck, prendendo la scatola. «E non infastidire la mia nuova dipendente!»
Dave gli fece il verso e afferrò la scatola, girandosi per andare verso lo scaffale.
«Dave!» lo chiamai, e lui si fermò mentre mi avvicinavo. Lui mi fissò sorridergli, con la bocca semi aperta. «C’è anche questo libro» dissi porgendogli il libro che avevo preso precedentemente.
Lui mi fissò sbalordito e poi mi guardò torvo, prendendo il libro.
Quando tornai verso Chuck lui mi mise un braccio intorno alle spalle.
«Dio se andremo d’accordo, io e te» rise, per poi tornare al lavoro.
 
 
«Ok, ora che mio fratello è andato ad evacuare non ci romperà per un po’» disse Dave affiancandomi. Lo guardai confusa.
«Ti va di, non so, uscire a pomeriggio?» mi chiese. Io scossi la testa.
«Mi piacerebbe, Dave, ma... sai che non posso lasciare i bambini a casa soli il mercoledì. E poi... oh, cielo! Devo anche venire qui!»
«Dai, fino alle cinque c’è tempo» cercò di persuadermi.
«Sì, ma... Matthew e Letitia-»
«Li portiamo con noi! Che problema c’è?» sorrise. «E per dopo, non preoccuparti! Posso fermarmi a fare il baby-sitter»
Lo guardai sgranando gli occhi. «Lo faresti?»
«Questo e altro!» mi scompigliò i capelli.
«Oh, Dave...» lo abbracciai. «Però io devo anche studiare»
Lui mi guardò inarcando un sopracciglio.
«Mi vuoi dire che tu, Katrina Lutair, non hai già fatto i compiti per domani già ieri?»
Battuta.
Non sapevo perché cercavo tante scuse, dato che adoravo stare con quel piccolo panda di Dave.
Una voce nella mia mente simile a quella di Hazel – oh ma possibile che la mia coscienza sapesse imitare quelle due così bene?! – ripeteva “hai paura di finire come con Octavian” e cercai di ignorarla.
«Dannazione, mi hai beccata!» risi. «D’accordo, Dave» sorrisi.
«Perfetto!» esclamò entusiasta.
«Cavolo, Dave! Lascia stare Katrina!» la voce di Chuck ci interruppe.
«Oh, Chuck! Mio eroe!» dissi, congiungendo le mani e guardandolo con finta adorazione.
«Sentiti pure libera di denunciarlo per stalking o simili, Katrina, non preoccuparti»
«E sentiti libera di denunciare lui per battute orrende, non preoccuparti» replicò scocciato Dave.
«Dave, non credo si possa denunciare qualcuno per questo motivo» risi.
«I librai uno, l’ignorante zero!» esclamò Chuck.
Sì, erano decisamente fratelli.
 
♠ ♠ ♠
 
Io e Dave eravamo seduti schiena contro schiena sul prato del parco, ad osservare Matt e Tish che giocavano a rincorrersi davanti a noi.
«Come mai molli?» chiese Dave.
«Te l’ho detto, Dave, non fa per me» dissi, giocando con una ciocca dei miei capelli. «Troppo rumore e troppi idioti. Il lavoro alla libreria è molto più bello; tranquillo, moderato...»
«Noioso» continuò lui, ridacchiando.
«Fai silenzio, stolto!» lo rimproverai ridendo.
«Oh porca miseria! Ti stai trasformando in lui troppo velocemente!» si allarmò. «Kat! Va via di lì!»
«Piantala!» non smettevo di ridere.
Dave era una persona fantastica.
Quando iniziava a parlare faceva scivolare via i tuoi problemi così velocemente che non si poteva non adorarlo.
«Guarda come sono teneri» sussurrò guardando i miei fratelli.
«Già» risposi sorridendo.
In un momento mi ritrovai Dave accanto, non più attaccato alla mia schiena, che mi fissava con i suoi intensi occhi castani. Io sorrisi, sentendomi poi piombare un peso sul torace.
Matt.
«Mi sto divertendo» disse accoccolandosi su di me. Tish si stese, poggiando la testa castana sulle mie gambe, come fossero un cuscino.
«Ti piace accoccolarti su tua sorella, vero, ometto?» chiese Dave sorridendo.
«E a te piace mia sorella, vero, omone?» replicò Matt ridendo.
Roteai gli occhi.
«Matt, Tish, ho fame» dissi, e loro si scambiarono uno sguardo prendendosi la testa fra le mani.
«Avevi detto che non ci volevi mangiare davvero!» si lamentò Tish.
«Ho cambiato idea» risi, poggiando il mento sulla testa di Matt.
Dave stava ridendo.
«Oh, piccoletti!» richiamai la loro attenzione. «Vi piace Dave?»
«Sì!» risposero. Tish si alzò e andò a buttarsi addosso al ragazzo, che la strinse in un abbraccio.
«Sarà il vostro baby-sitter per oggi!» annunciai, e loro esultarono.
«Che bello! Ma perché?» chiese Matt.
«Vostra sorella ha iniziato a lavorare nella libreria di mio fratello-»
«Aspetta... tuo fratello si chiama Chuck?» chiese Matt.
«Sì, perché?» chiese lui.
«Allora sei anche fratello di Robbie!» esclamò Tish.
«Un nostro grande amico!»
«Effettivamente mi parla spesso di un certo Matt e una certa Tish» sorrise lui. «Comunque, dicevo, vostra sorella deve ancora sistemare per bene gli orari di lavoro quindi, per oggi, la copro io» finì di spiegare.
Matt era quasi addormentato fra le mie braccia e Tish parlottava di qualcosa con Dave, che faceva battute e faceva ridere tutti.
Era un’atmosfera così perfetta e pacifica.
Mi sentivo al sicuro e in pace.
Non mi sentivo così da quando... da quando avevo dormito di fianco ad Octavian.
Quando vedere il suo corpo addormentato accanto al mio mi faceva sentire giusta e al sicuro da qualsiasi cosa.
Perché era cambiato tutto, ora?
Mi rattristai subito, mentre accarezzavo la schiena di Matt. Guardavo davanti a me, nel vuoto, e non sentivo Dave che cercava di riportarmi alla realtà.
Almeno finchè non mi scosse.
«Hey stai bene?» chiese preoccupato.
«Hm? Oh! Sì, sì! Benissimo!» misi su il sorriso più falso della storia.
«Katrina sai che-?»
«Sto. Bene.» replicai, velocemente.
Lui annuì poco convinto e lasciò perdere.
«Dave... che ora è?» chiesi.
«Um» guardò il suo orologio. «Le cinque meno venti»
«Oh, ma allora sarà meglio andare» dissi, svegliando Matt con qualche movimento.
«Sì, vero» ci alzammo, pulendoci i pantaloni.
Dave afferrò per mano Tish e io Matt, che si stropicciava dolcemente gli occhi ancora invasi di sonno.
Facemmo pochi passi quando una voce che mi fece gelare il sangue nelle vene mi fermò.
«Non mi presenti il tuo nuovo amico?»
 
 
 
Luna’s Corner
 

Ciao a tuttiiii! ^.^
Come statee? Spero bene! Io sto euforica al massimo e non so perché lol
AAANYWAY!
Questo è probabilmente il capitolo più lungo che io abbia mai scritto! Tipo… 11 pagine di word c’:
Vabbè, Katrina, Chuck (vi piace? :33), Dave, Matt e Tish mi ispirano u.u
Oh, già! Lo so, questo capitolo sarebbe dovuto essere dal pov di Octavian ma… non ho resistito.
Credo che da ora in poi saranno due di Kat e due di Oct u.u ((sicuramente cambierò di nuovo ma who cares))
Quanto sono bellini Chuck e Dave che si sfottono, eh? <33
Oh e… che ve ne pare di Martha e George resi umani? C’:
Non potevo resistere a fare una cosa del genere! AHAHAH
Be’, be’, non mi resta che sperare che il capitolo vi sia piaciuto e ringraziare la mia nuova beta-reader
Melania  che mi sopporta con tanta pazienza (tvb Mells <33) e OurChildhood per aver suggerito di trovarmi una beta-reader :33
Grazie ovviamente a tutti voi che seguite/recensite/preferite la mia storia!
Vi amo e alla prossima!
 
Luna

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Capitolo 8
*** 8. Di pessimi chiarimenti e gelidi flashback ***


Una luce esiste per tutti
 

8. Di pessimi chiarimenti e gelidi flashback
 
«Non mi presenti il tuo nuovo amico?»
Già, decido di andare a fare una passeggiata per rilassarmi e chi trovo? La ragazza da cui dovrei stare alla larga – ma di cui ho bisogno, lo ammetto – con un tizio a me sconosciuto in atteggiamenti abbastanza amichevoli. Sua sorella, Tish, attaccata alla mano di quell’individuo, mi fece un gigantesco sorriso per poi venire ad attaccarsi alle mie gambe.
«Octavian!» urlò allegra.
«Ciao, Letitia» salutai, per poi alzare lo sguardo su Katrina. Era immobile e tesa.
Il tizio sconosciuto spostava lo sguardo da lei a me confuso.
«Che cosa vuoi?» disse lei, acidamente.
Mi sentii immediatamente uno schifo. Che decisione stupida che avevo preso.
«Kat va-?» iniziò il ragazzo.
«Sì, Dave, non preoccuparti» rispose di getto.
Il ragazzo fece una smorfia. «Io sono Dave»
«Octavian» risposi.
«Piacere» disse, poco convinto.
Guardai anche Matt, che aveva un’espressione diffidente e confusa.
«Katrina, possiamo parlare?» chiesi, sperando in un sì.
Avevo un piano: spiegarle tutto e portare avanti la nostra amicizia in segreto.
«No» rispose fredda e decisa.
«Ma-» continuai.
«Ho detto no. Non voglio e non ho tempo» il suo tono era un misto di rabbia e delusione.
«Katrina ti prego, è importante» supplicai.
«Ma ci senti? No!» rispose, perdendo la pazienza. Sbuffando camminò, con Matt che cercava di tenere il suo stesso passo e Dave che si affrettò a staccare Letitia da me e seguire Katrina.
Strinsi i pugni, fissando quel Dave, e decisi di seguirli.
Quando li raggiunsi afferrai il polso di Katrina, per fermarla.
«Lasciami» sibilò a denti stretti.
«Katrina-»
«Lasciami» ripeté furiosa, ma senza alzare troppo la voce.
«Hey, amico. Lasciala» si intromise quel Dave, da bravo cavaliere idiota quale era.
Roteai gli occhi e mi concentrai su Katrina, guardandola negli occhi. Lei ricambiò lo sguardo, e restammo in quella posizione per secondi infiniti.
Stavamo parlando con lo sguardo.
I suoi occhi azzurri erano pieni di rabbia, delusione, tristezza...
«Dave» chiamò lei.
«Sì?» si affrettò a rispondere lui.
«Per favore, torna a casa con i bambini» disse, spingendo leggermente Matt verso di lui.
«Ma-» iniziò lui, ma lei lo baciò sulla guancia, frenandolo.
Il mio stomaco si contorse.
Disgustoso.
«Ci vediamo dopo»
«A dopo»
Si congedarono, e lei tornò a fissarmi con rabbia.
«Fra poco più di dieci minuti devo essere a lavoro» sbuffò.
«Così presto?» chiesi confuso. Come mai aprivano così presto, ora?
«Ho cambiato lavoro» si limitò a rispondere, iniziando a camminare e tenendo le distanze da me.
«Fantastico» risposi, facendo calare un silenzio assurdamente imbarazzante.
Questo era preoccupante. Troppo preoccupante.
I nostri silenzi erano rilassanti e piacevoli, in genere. E ora...
Lei procedeva a passo spedito con le braccia strette al petto e l’aria indispettita mentre io cercavo di avvicinarmi il più possibile per iniziare un discorso a cui mancavano, però, ancora le parole.
«Mi spieghi cosa accidenti ti sta succedendo?!» esplose lei, ad un tratto.
Okay, avevo meno di tre secondi per pensare ad una risposta “corretta” da darle.
Uno..
Due..
T...
«Fortuna che volevi parlare» borbottò lei.
«Katrina è...»
Imitò la mia voce. «“complicato”? Hai rotto solo per dirmi “è complicato”?»
«No, no» risposi.
«E allora spiegamelo!» strillò arrabbiata.
«Be’... ci sono questi ragazzi... volevo entrare a far parte del loro gruppo...» iniziai titubante «E Drew Tanaka è in questo gruppo»
«Non sono sicura di voler sapere il continuo» mormorò.
«Per rimanere con loro dovevo fare una cosa... una sfida»
«Ok... i dettagli tieniteli per te» mi fermò, assumendo un’espressione disgustata.
«Che dett- No! Non è successo nulla fra noi!» spiegai velocemente, cercando di non arrossire. «Lei ha detto che se volevo essere dentro – presi un profondissimo respiro – dovevo rinunciare a te»
Si fermò e mi guardò scioccata «Come, scusa?»
«Già... crudele»
«Volevi parlarmi solo per dirmi questo?! Hai idea di quanto tu sia... sia... Non trovo nemmeno le parole! il che è grave, pensai -  Sparisci. Subito.» mi urlò contro, con gli occhi lucidi di lacrime.
«Kat» le presi la mano, ma lei si divincolò subito. «Io- io... lo so, fa schifo... io... maledizione» dissi. Mi sentivo come se dovessi ingoiare una viscidissima rana velenosa. «Io ci tengo a te, in un certo senso» ammisi con fatica. Lei non sembrò impressionata. Anzi, mi guardò male.
«Lo vedo» rispose acidamente.
«Volevo, insomma... continuare ad essere tuo amico, ma in segreto» le esposi il mio piano.
Lei mi guardò dall’alto al basso e poi scoppio a ridere amaramente.
«Santo Cielo, Octavian» sputò fuori quelle parole amaramente. «Ti rendi conto di quanto tu sia egoista e infantile? Amicizia segreta? Seriamente? Solo perché vuoi continuare ad essere nel gruppo dei fighetti?» mi schernì. «Wow, credo di essere all’asilo»
Cercai di replicare, ma lei mi fermò con una mano alzata.
«Fammi un favore» disse.
Alzai lo sguardo che avevo precedentemente rivolto verso il basso.
«Vattene. Non parlarmi più. Fa come se non esistessi» mi disse guardandomi con odio. «Che è quello che dovresti fare»
Si girò e continuò da sola per la sua strada a passo svelto.
Rimasi immobile per non so quanto tempo.
Fantastico. Niente più Katrina.
Avevo voglia di prendere a pugni Jonathan e la sua allegra combriccola ma, siamo sinceri... sono stato io l’idiota che ha accettato tutte queste assurdità.
Chiusi gli occhi, stringendo forte i pugni, e cambiai direzione. Avevo bisogno di chiudermi in casa, da solo, per pensare.
Mentre compivo il meccanico movimento per camminare, i ricordi mi colpirono in pieno, come un secchio d’acqua gelida.
 
«Sono Katrina, piacere» si presentò. La sua voce era dolce, esattamente come il suo accento.
«Sì, ho sentito prima» risposi un po’ troppo acido.
 
Katrina non si era fermata a quell’acidità che riservavo a... be’, a tutti.
Lei aveva insistito con il suo sarcasmo e la sua vitalità così tanto da penetrare quella spessa membrana di antipatia che mi nascondeva a tutti.
 
«Devi capire, tesoro, che quell’indemoniata non ti fa una bella immagina» mi spiegò Drew con finta dolcezza. Il cuore batteva forte e avevo solo voglia di girare i tacchi e lasciar perdere tutto. Sapevo cosa avrebbe detto ora.
«Insomma, guardala» arricciò il naso dal disgusto. «Rappresenta ciò che è più sfigato di questo mondo!» continuò.
Infilai le mani in tasca per evitare di stringerle intorno al suo collo e serrai la mascella. Drew mi guardò e fece un sorrisetto che lasciava trasparire moltissima cattiveria.
«Tesoro» mi apostrofò con fare mellifluo. «Tu meriti di più! Tu meriti gente come noi, capito? Lasciala perdere quella. Fa come se non esistesse. Lasciala per sempre» finì ridacchiando.
Mi girai a guardare gli altri. Will e Alissa mi guardavano mortificati, mentre il resto della banda sorrideva e annuiva concordando con Drew.
Presi un respiro profondo.
No, scordatevelo. Addio e grazie di niente.
«Ok» dissi invece, ostentando sicurezza. «Ci sto»
 
Perché?
Oh, maddai. Ci arriverebbe chiunque.
Ho l’enorme bisogno di sentirmi potente e importante. Inutile negarlo.
A tornare indietro, ormai, non ci guadagnerei nulla.
Da come mi ha parlato Katrina oggi be’... potrei tornare da lei strisciando e implorando perdono, ma non cambierebbe nulla.
Forse non mi perdonerebbe nemmeno se le regalassi i suoi personaggi immaginari preferiti.
Credo che in quel caso prenderebbe quei tizi e mi manderebbe via con tanti saluti.
Anzi, se li risparmierebbe anche i saluti.
Non avevo più speranze con lei.
Persa.
Persa per sempre.
 
♠ ♠ ♠
 
«Sai cosa non capisco?» esordì Will ad un tratto, mentre guardavamo il resto del nostro gruppo poggiati contro un muro della discoteca dove ci avevano trascinati.
«Cosa?» dissi alzando la voce, a causa della musica molto alta.
«Perchè» rispose guardandomi negli occhi.
Lo guardai accigliato.
«Perché cosa chiesi, infastidito da quell’atteggiamento da “hey leggimi nel pensiero”.
«Perché hai accettato» disse come se fosse scontato. «Tu e quella ragazza, Katrina vero?, sembravate parecchio legati. Perché hai accettato le condizioni di Drew?»
E il premio come miglior domanda a cui non so dare risposta va a... Will Solace.
«Ci siamo appena conosciuti» replicai. «Che ne sai delle mie amicizie?»
«Vi ho osservati»
Sgranai gli occhi.
«Scusa?»
«Il territorio scolastico non è così appartato» si giustificò. «Ti dirò, certe volte sembravate proprio fida-»
«Stai zitto» lo bloccai acidamente, sentendo lo stomaco stringersi in una morsa.
«Va bene» disse. «Se poi ti serve una spalla su cui piangere o un piano per uccidere Drew... chiamami. Per questi ultimi ho un armadio pieno» rise lui, strappandomi un sorrisetto.
«Octavian! Vieni a ballare dai!» disse Teresa, venendomi incontro e afferrandomi il polso.
«No, Teresa, io non-»
«Vuoi vivere, Oct? Vai e basta» mi consigliò serio Will, sussurrando.
Abbassai la guardia, permettendo a Teresa di trascinarmi via.
Oct.
Mi aveva chiamato Oct.
La sua voce mentre pronunciava il mio dimiutivo andò a trasformarsi, lentamente,  in quella di Katrina, facendomi provare una profonda malinconia.
 
 
Luna’s corner
 
Buooonssssalveee <3
Cosa ci vuole per una bella giornata? Un bel capitolo pieno di litigi e disperazione <3
… farei meglio a correre ai ripari gne.
Alloooour, oggi sono davvero di poche parole – godetevi questi preziosi momenti – perché boh, non so che dire :3
Spero vi sia piaciuto il capitolo!
Grazie alla mia Mells per betarmi (?) i capitoli e, ovviamente, un GRAZIE GRANDE QUANTO UNA CASA a voi che mandate avanti questa storia!
Ve se ama, regà <3
 
Luna

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Capitolo 9
*** 9. Di amici cupido e confessioni ***


Una luce esiste per tutti

9. Di amici cupido e confessioni

«Quindi in pratica mi stai dicendo che le hai chiesto di “proseguire un’amicizia in segreto”chiese Will addentando la sua ciambella. Il mio silenzio servì da consenso e lo fece scoppiare a ridere. «Non ci credo! Ma sei all’asilo?»
Lo guardai inarcando un sopracciglio.
«Mi ha risposto anche lei la stessa cosa» borbottai. Lui mi guardò con le lacrime agli occhi.
«Io qualche domanda me la farei»
Sbuffai una risata.
In una settimana, io e Will, ci eravamo avvicinati molto.
Lui non era odioso come gli altri, anzi. Aveva i piedi per terra ed era molto simpatico, ma non voleva dirmi perché si era unito all’allegra brigata.
Era furbo, anche. Ogni volta che glielo chiedevo sviava il discorso su Katrina.
Non era facile dimenticarla se quell’idiota me la ricordava sempre.
«Senti,» iniziò ritornando serio e schiarendosi la voce. «Hai detto che lavora alla libreria di Chuk Jameson, vero?»
«A quanto ho capito» risposi, ripensando alla discussione avuta mentre la accompagnavo al lavoro.
«Fantastico, ci vado a parlare» disse, tranquillamente, alzandosi dalla sedia.
Lui che cosa?
«No, scusa, che cosa?!» esclamai, beccandomi qualche occhiata dagli altri clienti del bar.
«Vado a parlarci per sistemare il pasticcio che hai fatto» mi spiegò, con tono di un genitore che spiega al bambino come fare pipì sul vasino.
«E Drew?» chiesi, non realmente preoccupato per quell’arpia sommersa di trucco.
«Drew?» chiese cadendo dalle nuvole.
«Drew» risposi. «Non vuole che frequentiamo Katrina»
Lui mi guardò perplesso mentre pagava.
«Ok, amico» disse. «Farò finta di non aver sentito quest’ultima parte e mi fermerò al tuo “No scusa che cosa”» sospirò mentre uscivamo.
Gesticolando, veramente tanto, iniziò a spiegarmi le sue intenzioni. «Per lei sei come morto. Ti odia. Preferirebbe buttarsi dall’Empire State Building inseguita da piccioni arrabbiati piuttosto che vederti,» gli scoccai un’occhiataccia da record. «Dico solo la verità! Dicevo, lei ti odia e blah blah. Tu vorresti una seconda occasione, o quel che era, ma non puoi perché Drew ti tiene sotto controllo»
«Sotto controllo?» chiesi confuso.
«Meno sai più dormi la notte» disse rabbrividendo. «Odio, controllo, sì. Ci sono. Io non sono legato alla legge “evitiamo la scozzese” quindi... posso risolvere tutto! Sono una persona diplomatica»
Lo guardai scettico e sbuffai sonoramente.
Capiamoci, ero felice che qualcuno provasse ad aiutarmi come stava facendo lui, eh... ma non avrebbe funzionato.
«Butterà te e la tua “diplomazia” dall’Empire State Building insieme a dei piccioni arrabbiati»
Lui non parve scoraggiarsi.
«Mi porterò arco e frecce per i piccioni»
E la questione finì lì.
Non c’era modo di dissuaderlo.
E tanto meno volontà.
 
♠ ♠ ♠
 
«Ok, è più complicato di quanto pensassi» aveva esclamato Will non appena avevo aperto la porta di casa.
Sembrava tutto intero, quindi si era risparmiato il viaggio a calci nel sedere verso l’Empire State Building insieme ai piccioni.
«Ci hai parlato?»
«Sì»
 
Quando è uscita dal negozio io ero lì ad aspettarla [«Oh, Dio. Dovevi proprio comportarti da stalker?» «Non interrompere il narratore!»]. Mi sono presentato e lei era un po’ diffidente, all’inizio, ma poi ha riconosciuto il bravo ragazzo che sono.
Comunque, sono andato dritto al punto. «So che non sono affari miei, ma è che proprio non resisto. Tra te e Octavian-?»
«Non c’è mai stato nulla» ha subito risposto acida, ma poi si è ricomposta ed è tornata garbata. «Scusa è...»
«... un nervo scoperto?» e ho indovinato! [«Congratulazioni, Sherlock»] ho chiesto scusa per aver detto qualcosa di sconveniente e lei ha detto che no, non importava. Quindi ho continuato così «Lo detesti, vero?»
Lei mi ha guardato un po’ a disagio. Ancora mi chiedo perché... comunque. Mi ha risposto!
«Se lo detesto? Io... oddio, no... non è che lo detesto» mi ha spiegato. «Sono solo... delusa, ecco. Insomma, sembrava un così bravo ragazzo» mentre mi diceva questo aveva lo sguardo triste, povera ragazza. «Ma probabilmente è colpa mia... mi sono solo fatta l’impressione sbagliata»
«Oh, no! Non hai avuto l’impressione sbagliata!» ho detto subito. «Lui è un bravo ragazzo. Davvero bravo» vedi come ti ho difeso bene? E poi lei ha arricciato il naso – è adorabile quando lo fa! – e mi ha risposto «Secondo te, Will, è un bravo ragazzo uno che il giorno prima si comporta da amico e il giorno dopo ti guarda come se fossi una malattia mortale? Uno che ti chiede un’amicizia segreta perché vuole restare figo?»
Ho provato a cercare una scusa, amico, ma eri indifendibile!
Così ho provato a fissarvi un appuntamento ma...
 
«Fammi indovinare» fermai il suo racconto. «Ti ha salutato ed è scappata prima che tu potessi finire»
«Sì!» esclamò stupefatto.
«Immaginavo» sospirai tristemente. «Grazie comunque»
«Mi dispiace non aver potuto fare di più» disse sinceramente avvilito.
«Non importa...» mentii.
«Ti prometto una cosa» disse scattando in piedi. «Tu e lei vi incontrerete! Esiste il piano
«Che piano?» non un’altra delle tue, pregai mentalmente.
«Vado ad escogitarlo! Ci vediamo, Oct!» e corse via da casa mia su di giri.
Accennai un sorriso.
Quel ragazzo si stava facendo in quattro per me.
Era bello sapere che c’era ancora qualcuno di buono in questo mondo.
Presi il telefono dal tavolino davanti al divano e iniziai a salire le scale per andare in camera mia, ma il campanello mi fermò.
Ritornai sui miei passi e andai a vedere chi era.
«SONO UN IDIOTA!» mi investii la voce di Will. Aveva il fiatone e si batteva il palmo sulla fronte.
«Si sapeva» risposi, spostandomi per farlo entrare. «Che c’è?»
«Chiamala» disse, sorridendo.
«Scherzi? No»
«Serio. Sì»
«Will, no»
Che senso aveva? Non avrebbe risposto. Oppure, se aveva cancellato il numero, avrebbe chiuso la chiamata dopo aver sentito la mia voce.
«Voglio che tu e lei parliate per bene, per chiarire questa situazione» mi spiegò serio.
«La situazione l’abbiamo già chiarita»
«Hai solo peggiorato la situazione!» urlò frustrato. «Cerca di fare pace con lei, ti prego. Abbandona il gruppo e torna da lei»
«Primo, lei non mi vorrà anche se lascio il gruppo. Secondo, perché t’importa così tanto?» questa domanda mi tormentava da un po’. Perché nutriva così tanto interesse per la mia relazione con Katrina?
«Perché se già prima sembravi più morto che vivo... ora sembri una mummia divorata dai vermi» disse Will, mettendomi una mano sulla spalla. «Stai malissimo senza lei, Oct»
«No» dissi. «Io non ho mai provato nulla per lei, quindi la sua assenza non mi fa né caldo né freddo, Will. Non la chiamerò. Come mi ha chiesto, la cancellerò dalla mia esistenza»
Lui mi guardò sconsolato.
«Ok bene» disse. «Menti quanto vuoi, fai come vuoi... ma sai come la penso, sai che devi fare»
Era la prima volta che lo vedevo così serio.
«Ti saluto davvero, ora. Ci si vede» e se ne andò di nuovo da casa mia, meno su di giri di prima.
Chiusi lentamente la porta e mi trascinai sul divano, stanco come se avessi portato il peso del cielo sulle spalle per tutto questo tempo.
Questa storia mi stava distruggendo lentamente, e dovevo far qualcosa per fermarla.
A pensarci, be’, volevo indubbiamente stare con Katrina perché era stata il mio faro per un po’ e, a dirla tutta, continuava ad esserlo.
Io... al diavolo.
Presi il telefono e composi il numero.
Quando la voce rispose io me ne uscì con un «ti odio»
Ci fu una pausa dall’altra parte. «Che ho fatto?»
«Mi piace Katrina, Will» ammisi, sentendomi strano dopo quelle parole.
Mi sentivo leggero.
«Avrei dovuto scommetterci qualcosa, AH!» rispose allegro.
«Zitto e aiutami» sbuffai. «Che devo fare?»
«Mancano pochi giorni a Natale,» mi fece notare. «Sorprendila!»

 
 
 
Luna’s Corner
 
Hi sexy peoplee!
Yay, Octavian ha dichiarato i suoi – palesi – sentimenti per Katrina!
Viva Will che rompe le palle <3
No ok, allora... è un po’ una schifezza, lo so... ci ho lavorato parecchio ma questo è il meglio che sono riuscita a concepire :(
Cioè ok, è un capitolo un po’ così perché mi serve per “introdurre” la “nuova” parte della storia e… niente, non ho avuto nemmeno l’assistenza della mia beta perché è partita per la Culandia :c
Va biè, la smetto di annoiarvi, per oggi. Ho detto abbastanza uu
Spero che, nonostante tutto, vi sia piaciuto il nuovo capitolo!
Un abbraccio da panda!
 
Luna

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Capitolo 10
*** 10. Di psicologhe improvvisate e Hulk figli dei fiori ***


Una luce esiste per tutti
 
10:Di psicologhe improvvisate e Hulk figli dei fiori

Quando parlo di migliori amiche io intendo persone fantastiche, che ci sono sempre per te e che ti danno tutto anche se non richiedi niente.
Questa mia personale definizione aveva trovato personificazione in Hazel e Katie. Il cielo sa quanto amavo quelle due ragazze.
Un semplice esempio.
Ero sola in camera, chiusa da ore a riguardare gli episodi più tristi delle mie serie tv preferite, commentando e anticipando le battute.
Proprio in quel momento…
«Come puoi buttarti da un tetto mentre il tuo migliore amico sta guardando?!»1 rimproveravo così Sherlock, per la… oddio, ho perso addirittura il conto. Proprio mentre John si avvicinava al corpo di Sherlock, qualcuno bussò alla mia porta. Sbuffai, odiavo essere interrotta.
Borbottai un “avanti”, e una massa di ricci castani fece capolino nella mia stanza.
«Hazel?» ero sorpresa, ovviamente.
«E Katie» Katie spuntò da dietro Hazel, con un fermaglio a forma di rosa che le teneva fermi i suoi bellissimi capelli.
Misi in pausa la puntata, alzandomi dal letto su cui avevo fatto il nido per abbracciarla. Quando Katie mi abbracciò,vide lo schermo del mio computer e riconobbe l’attore biondo2 e la scena che le avevo descritto un’infinità di volte.
«Santo cielo!» esclamò Katie. «Stai guardando quella puntata? Di nuovo?»
«Che puntata?» chiese Hazel, avvicinandosi allo strumento tecnologico posto sul mio letto. «Oh.»
Katie mi mise una mano sulla spalla, e mi costrinse a sedermi sul letto.
«Sei fortunata ad essere depressa, altrimenti ti avrei riempita di “te lo avevo detto”»  disse, scuotendo il capo e chiudendo la pagina internet, spegnendo poi il computer.
«Ehi stavo guardando!» obbiettai. «E poi non sono depressa»
«Sai quella puntata a memoria» sbuffò Katie.
«E sì, sei depressa» disse Hazel dolcemente.
«Non sono depressa» risposi, sbuffando sonoramente.
«Ah, no? Bene» Katie si alzò in piedi, incrociando le braccia al petto. «Te lo avevo detto, signorina! Te lo avevo detto! Te lo avevo detto!»
«Oh Katie risparmiamelo. Sono depressa» afferrai il cuscino e me lo premetti in faccia, distendendomi sul  letto.
Katie tornò a sedersi, lottando per togliermi il cuscino dal viso. «Sappiamo che ci tenevi davvero a lui-»
«No, non ci tenevo poi tanto» ribattei. Le due sospirarono.
«Lo so, non è da te, ma lascia uscire i tuoi sentimenti. Per una volta,» disse Hazel.
«Dimostra che sei umana» lanciai il cuscino in faccia a Katie, accennando ad un sorriso.
Loro iniziarono a parlare, e parlare… ma io avevo da tem
po “lasciato la stazione”. Mi ero persa nei ricordi, come mi succedeva, a detta di Hazel, ogni volta che il mio morale era andato a gettarsi in una profondissima fossa, lasciandosi morire.
Uno era abbastanza decente, ed era ambientato in questa mia bellissima e  nerdissima camera.
No. Non pensate male.
 
Dopo una lunga ed estenuante fase di tentativi… avevo convinto Octavian a guardare un episodio di una serie che amavo con tutta la mia anima: Doctor Who.
Avvolti in una calda coperta ci accingevamo a guardare il primo episodio della prima stagione (della nuova serie, ovviamente). Gli unici rumori che riempivano la stanza erano le voci, che più che suoni erano melodie ammettiamolo, degli attori e il suono magnifico del TARDIS3 in movimento.
Finito l’episodio, mi voltai verso di lui, curiosa di sapere il suo responso.
«Allora?» incalzai, sorridendo.
Lui si voltò a guardarmi. «Be’…»
«A dirlo con la voce di David Tennant sarebbe stato veramente magnifico!»4 dissi ridendo. Lui mi guardò confuso, ma io con un gesto gli feci capire di lasciar perdere.
«Dicevo… non era niente male, a dire il vero» disse.
Battei le mani contenta. «Sapevo ti sarebbe piaciuto!» esclamai abbracciandolo. Lui ricambiò timidamente. «Solo… un tizio strano ti chiede di viaggiare nello spazio e nel tempo con lui… e tu accetti?!» disse scettico.
Mi staccai da lui, inarcando un sopracciglio.
«Mi stai dicendo che non lo faresti?» chiesi, sfidandolo.
«Neanche morto»
Mi misi in piedi sul letto, allora, e gli allungai una mano con fare teatrale.
«Cosa stai facendo?» mi chiese confuso.
«Sono una tipa strana,» iniziai. «E ti sto chiedendo di viaggiare nello spazio e nel tempo con me. Accetti?»
«Non hai nemmeno una macchina del tempo» mi disse, scuotendo il capo.
«Invece sì!» risposi sicura di me. «Allora, accetti?»
«No»
E via con le cuscinate.
 

«Insomma ci sono tanti pesci nell’oceano, e noi abbiamo pensato-» ritornai alla realtà quando Katie era in questo punto della conversazione.
«Woah! Cosa?» la fermai.
Katie roteò gli occhi. «Non stavi ascoltando, vero?»
«Nemmeno una parola» ammisi, stringendomi nelle spalle. «Ma a quanto pare volete accoppiarmi con qualcuno e no grazie»
«Non vogliamo “accoppiarti” con nessuno. Vogliamo solo aiutarti ad aprire gli occhi, per farti vedere che ci sono ragazzi che muoiono dalla voglia di poter essere il tuo romeo» mi spiegò pazientemente Hazel.
Io scossi il capo. «Primo: Romeo e Giulietta finisce in un modo deprimente, non ho intenzione di metter su una storia del genere, benché ami Shakespeare. Secondo: Oct…avian, non era il mio ragazzo, quindi non ho bisogno di nessuno che mi faccia ritrovare speranza nell’amore o robe simili» chiarì subito.
Katie stava iniziando a perdere la pazienza.
«Santo Cielo» borbottava, battendo il piede a terra nervosamente. «Okay tesoro, io ti adoro, ma mi fai davvero perdere la pazienza!» sbottò. «Guardati intorno!»
Le guardai una alla volta. «Okay, a meno che il mio bellissimo poster di Andrew Garfield5 non abbia deciso di sposarmi, cosa ben accetta tra l’altro, chi di voi due vorrebbe essere il mio Romeo?»
Devo ammetterlo? Amavo far innervosire Katie. Era uno spettacolo quando il suo Hulk interiore veniva fuori, minacciando di distruggere tutto.
«CHE QUALCUNO MI TENGA!» strillò infatti. Mi rannicchiai dietro Hazel, usandola come scudo.
«Haz,» sussurrai. «Noti anche tu che stia diventando più alta, muscolosa e verde?»
Hazel rise, spostandosi per mettersi a guardarmi in faccia. «Dovresti smetterla con queste robe» poi si alzò, andando a calmare Katie.
«Se non ti volessi bene… adesso saresti già a farti un volo dalla finestra» la minacciai.
«STESSA COSA VALE PER TE, ROSSA!» disse Katie. O meglio, ringhiò. «Anzi, al diavolo!»
«Ma come farà Travis a sopportarti?» la provocai, sorridendo.
Lei diventò viola, e io mi alzai ad abbracciarla, ridendo.
Okay, mai abbracciare Katie da arrabbiata.
Mi aveva quasi strangolata!
«Seriamente, Kat» disse poi Katie, più tranquilla. «Non ti sei accorta di niente?»
«Che sembri una tenera figlia dei fiori e poi hai la forza di sette Hulk messi insieme?» era una cosa involontaria, per vostra informazione.
Lei respirò profondamente. «No. Del modo in cui un certo soggetto ti guarda»
Feci per aprire bocca, ma fui interrotta. «Non provare a nominare il poster di Andrew Garfield e company!» mi avvisò.
Hazel stava morendo dalle risate, ma presto l’avrei fatta smettere di ridere con un argomento che la metteva ancora un po’ in imbarazzo: Frank Zhang.
«Allora no, niente di nuovo» dissi a Katie.
Lei e Hazel si scambiarono una lunga occhiata, come se stessero comunicando telepaticamente. Sembravano dirsi più o meno.
Dovremmo dirle tutto quel che sappiamo? –Katie.
O magari era un “dovremmo ucciderla in tutti i modi che conosciamo?” non saprei dirvelo, a dire il vero.
Non lo so, KatKat, avevamo promesso… -Hazel
Okay, spero che si riferisse alla prima opzione, quell’occhiata.
Io lo faccio –Katie
“Ti prego, fa che intenda il dirmi tutto quello che sa” pregai.
«C’è una cosa che dobbiamo dirti» disse Katie. «Riguarda il tuo Romeo»
«Katie…» Hazel provava a fermarla.
«Haz, lei deve sapere!» esclamò Katie, e Hazel annuì lentamente. «Dave ha una cotta per te»
«Dave? Dave Jameson?» chiesi, sorpresa.
Dave aveva una cotta… per me? No.
No. No. No.
No, no, no, no, no, no.
«Esatto» disse Hazel, guardandomi come se fossi una bomba ad orologeria che contava solo tre secondi all’esplosione.
Cosa feci?
Finsi.
«Oh, ok» risposi. «Dunque… Hazel, come vanno le cose con Frank?»
Loro si guardarono a bocca aperta.
 
 
1 Come puoi…guardando: Riferimento alla 2x03 della serie televisiva britannica della BBC “Sherlock”, dove appunto Sherlock si butta da un tetto per via di una serie di casini che non sto a spiegarvi. Oh, sorry for the spoilers…
2 attore biondo: L’attore in questione è Martin Freeman, interprete di quel cutie pie del dottor John Hamish Watson <33
3 TARDIS: Il TARDIS è la macchina del tempo del Dottore. Ha le sembianze di una cabina telefonica blu della polizia degli anni ‘50/’60 and it’s bigger on the inside!
4 A dirlo…magnifico: David Tennant interpreta il decimo Dottore (stagioni: 2-4) ed è solito dire il suo bellissimo “Well” <33
5 Andrew Garfield: Penso lo conosciate tutti, ma comunque… è il caro Spider-Man (Amazing Spiderman) ed ho una cotta enorme per lui.

 
Luna’s corner

Sì, sono ancora viva.
No, non sono stata rapita dagli alieni.
Oddio, in un certo senso sì… I mean, c’è stata di mezzo l’ottava stagione di Doctor Who, ho iniziato due nuove serie tv, sono stata impegnata a leggere The Kane Chronicles (ma quanto è figa quella trilogia?!)…
Poi vabbè, ho passato il terribile periodo di fine ottobre pieno zeppo di verifiche ed interrogazioni e oh mio dio. Come faccio ad essere ancora viva?!
Per ultimo poi… non avevo voglia lol
…ma quale lol. Qua merito di essere linciata.
Sì, comunque, come vedete proprio perché ho passato un periodo di intenso fangirling ho dovuto inserire qui delle referenze che vi avranno rotto le scatole, i know eheh 
Dai, in quanti le hanno capite? <33 (((senza le note prima dell’angolo autrice, intendo)))
Se le avete capite vi regalo un unicorno di cioccolato!
Vabbè um… questo è il nuovo capitolo. Niente di che, ma questo mi è uscito fuori. Però il “colpo di scena” c’è, suvvia u.u
Vi lascio fino al prossimo aggiornamento ((vedrò di non metterci due anni, promise))!
 
Luna (che si barrica in un bunker a causa di possibili linciamenti)

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Capitolo 11
*** 11: Di discorsi e voci misteriose ***


Una luce esiste per tutti

11: Di discorsi e voci misteriose

«Non ci posso credere!» esclamò Katie, sgranando gli occhi. «Hai appena scoperto che uno dei tuoi più cari amici ha una cotta per te – e credimi, non è un piccola cotta – e tu devi il discorso su Hazel e Frank?!» la piccola figlia dei fiori era oltraggiata. Sembrava fosse pronta a esplodere.
Ora, quando ti trovi davanti a una bomba cosa fai? Ti allontani, giusto?
Ecco, no.
«Oh,» dissi, assumendo un’aria dispiaciuta. «Scusami, Katie, non volevo»
Katie scosse il capo e si addolcì, guardandomi come se fossi una bambina che aveva appena fatto un pasticcio con il cibo o dei colori.
«Tranquilla, Kat, tranquilla» mi rassicurò.
«Come vanno le cose fra te e Travis
Boom.
… aspettate.
Nessuna onda urto a colpirmi e uccidermi.
Cosa?
Katie era tranquilla!
«Kat…» disse piano. «Per favore, dicci cosa ne pensi. Non può averti sconvolto nemmeno un po’ questa notizia!»
Lo sono.
«Perché dovrei essere sconvolta?» dissi, ma non riuscì a dimostrare abbastanza sicurezza. Dannazione.
«Lo sei!» esultò Katie. Io sbuffai scocciata.
«Cosa intendi fare, ora?» chiese piano Hazel, mettendomi una mano sul braccio. Io mi strinsi nelle spalle, poggiando poi il mento sul palmo della mano, pensierosa.
«Credo che… parlerò con lui» decretai, incerta.
Hazel e Katie si guardarono. «Tu non dovresti saperlo…» disse Hazel.
«Ma, Haz! Ne aveva il diritto! Ci è dentro fino alla radice di quei capelli demoniaci!» borbottò Katie.
«HEY! I miei capelli non sono demoniaci!»mi difesi, sbuffando. Katie mi lanciò un’occhiata del tipo “Oh, ora hai perso il senso dell’umorismo?”
Loro due presero a discutere se avrei dovuto o meno venire a conoscenza di questo “segreto” di Dave.
Io mi ero estraniata dai loro discorsi, pensando a cosa avrei dovuto dire a Dave.
“Hey, bello, è vero che hai una cotta per me?”
“Dave, noi due dobbiamo parlare di qualcosa.”
“E così… hai una cotta per me, huh? E chi non l’avrebbe!”
No.
No.
Decisamente no.
A distrarmi ulteriormente dalla discussione delle due si mise il telefono.
 
Da: Chuck :) 19.48
È tardi, lo so. Avrei dovuto avvisarti prima. Comunque, domani non ci sarò: vado ad una convention :)
Posso contare su di te per il negozio, vero?
Ci sarebbe mio fratello ma, sai…

Oh. Bene.
Ore imbarazzanti di lavoro yuhu!
 
A: Chuck :) 19.49
Certo, Chuck, nessun problema :)
Non garantisco per casini che potrebbe causare tuo fratello, però ahah
Divertiti alla convention :)


Misi in tasca il telefono e alzai lo sguardo, notando che avevo due paia di occhi addosso.
«Chi era?»
«Chuck» risposi tranquillamente. «Comunque… perché sembra così importante per voi questa dichiarazione?» indagai.
«Be’,» iniziò Katie. «Dave è un bravissimo ragazzo»
«E condividete un legame speciale» continuò Hazel.
«Andate al punto» dissi, curiosa di sapere che cosa frullava nelle loro teste.
«Credo proprio che sia la persona adatta a risollevarti da questo tuo stato d’animo depresso e farti tornare quella di prima» spiegò Katie, serissima.
Io, invece, risi. «Voi siete pazze!» continuai a ridere. «Sto benissimo, non ho bisogno di nessun ragazzo»
 
♠ ♠ ♠
 
Stavo incartando un libro che una signora aveva comprato come regalo. Una signora un po’ pettegola, a dire il vero.
«Oggi non c’è il tuo ragazzo?» chiese, come se fossimo amiche di vecchia data e non perfette sconosciute.
«Di chi sta parlando, scusi?» chiesi educatamente, senza scompormi.
«Alto, magro, occhi chiari-» fu come se il mio cuore si fermasse per un secondo. Come faceva a sapere di- «Castano, occhiali» continuò, facendomi rilassare un po’.
«Oh, no. È il mio capo, non il mio ragazzo. Poi è un po’ grande per me» perché davo spiegazioni sulla mia vita sentimentale a quella donna?
«Ah. Allora deve essere lui. Percepisco qualcosa» disse alludendo a Dave che stava sistemando goffamente dei libri.
Fantastico, mi era capitata anche una sensitiva dell’amore. «No, nemmeno lui. Non ho un ragazzo» le spiegai, cercando di non spazientirmi.
Lei fece una faccia divertita, e cercò qualcosa nella borsa per poi allungarmi un bigliettino rosa.
«Ecco a te, cara» sorrise soddisfatta. «Vienimi a trovare quando vuoi!»
Afferrò il regalo e se ne uscì, sistemandosi prima i capelli biondi.
 
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Il tutto decorato con dei cuoricini. Scossi la testa e gettai il biglietto nel cestino dei rifiuti, per poi andare a dare una mano a Dave, che per poco non si uccideva cadendo dalla scala.
«Hey, grande D, serve una mano?» dissi poggiandomi allo scaffale dei libri.
«Ce la faccio, ce la faccio» disse stringendo forte la scala e cercando di sistemare un libro.
«Soffri di vertigini» constatai, sorridendo.
«No. Non soffro di vert-» guardò verso di me ma sbiancò, aggrappandosi anche con l’altra mano e lasciando cadere il libro. Mi chinai a raccoglierlo, mormorando un “idiota”.
«Scendi, faccio io» lui non se lo fece ripetere due volte e scese, per poco baciando terra.  Io scossi la testa divertita e iniziai a salire, fermandomi ad un tratto.
«Occhi a terra, soldato» lo ammonii e lui arrossì.
«Io n-non..» cercò di giustificarsi.
Salii ancora un po’, cercando di non scoppiare a ridere, e iniziai a sistemare i libri che mi passava.
«Ti sei fatta una bella chiacchierata con quella donna?» mi chiese, allungandomi un libro.
«Lasciamo perdere» risposi. «Era convinta che fra me e tuo fratello ci fosse qualcosa» roteai gli occhi.
«Vi siete affiatati un po’, a dire il vero» disse, storcendo il naso.
«Ma quella tizia è venuta qui una sola volta prima di oggi!... e anche perché aveva sbagliato negozio, fra l’altro»
Lui rise.
«Avrà un sesto senso romantico» ipotizzò.
«Scarso. Era convinta che io e te stessimo insieme, poi» …oh cavolo. La bomba era stata sganciata.
Lui arrossì di nuovo, evitando il mio sguardo in tutti modi.
Ormai
Scesi dalla scala e mi misi accanto a lui, prendendo coraggio per affrontare il discorso.
«Dave» lo chiamai. Lui guardò verso la porta.
«Oh! È arrivato un cliente, devo andare» lo fermai.
«Non è entrato nessuno, idiota» sospirai. «Dave, senti-»
«Che idiota quella donna eh? Probabilmente percepisce tensione sessuale fra tutti. Fra quella pianta e il mobile, fra quel vaso e quel libro.. fra me e te. Che idiota» disse gesticolando  e ridendo nervosamente.
«Katie e Hazel hanno vuotato il sacco» dissi diretta. Lui abbassò le spalle deluso.
«Quelle due» borbottò.
Gli presi il polso e lo trascinai dietro al bancone, dove c’erano due sedie e ci sedemmo.
«Senti, Dave» dissi, lentamente.
«Imbarazzante?» disse, passandosi le mani sui  pantaloni.
«No. Cioè, un po’. Ma niente di ingestibile» lo rassicurai. «Ascolta.. io ti adoro, sei una delle persone più care che ho al mondo…»
«Ma non c’è nessun futuro per noi, ho capito» disse, passandosi una mano fra i capelli.
«Dave…»
«Ho capito» ripetè. Alzandosi.
Mi alzai anche io, cercando di fermarlo. «Dave aspetta! Non puoi correre a queste conclusioni affrettate!» dissi.
Ma che stavo dicendo?
«Che vuoi dire?» disse, guardandomi con i suoi occhioni tristi.
«Io per ora non voglio stare con nessuno» dissi, stringendomi nelle spalle.
«Quindi… okay» disse semplicemente. «Io vado a casa»
«Dave, dai» lo implorai.
Lui si strinse nelle spalle sforzando un sorriso.
«Ci si vede, rossa» e mi abbracciò. Io ricambiai l’abbraccio.
«Ci si vede, idiota» e se ne andò.
Mi sentivo una brutta persona, lo avevo ferito. Odiavo ferire la gente.
 
♠ ♠ ♠
 
Era arrivato l’orario di chiusura, così sistemai le ultime cose e chiusi la libreria, pronta a tornare a casa.
Già. Piano saltato in aria.
Una volta chiusa la porta e infilata la chiave nella borsa..
«Katrina»



Luna's corner

Be', dai, non sono così in ritardo, sta volta. Viva me!
Allora, il capitolo è un po' uno schifio, i know. Piatto, eh? Molto :c
La parte della "litigata" fra Dave e Katrina ho provato a farla in tanti modi, ma... questo è quello più decente :\ vedete voi.
Ah, Afrodite. Genialata, aahn? (NO .-.)
Poi vabbè, oh di chi sarà mai la voce alla fine del capitolo? Bohbohboh.
Sicuramente lo avrete capito tutti perchè lol, sono così antisgamo!
E niente, oggi non ho molto da dire (tutti: grazie a dio)
Dunque... alla prossima! *sente urla disperate*
SHUT UP!
Vvb guyzzzzzzz <333

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Capitolo 12
*** 12: Di chiarimenti non chiariti ***


«Katrina» la chiamai. La vidi fermarsi e irrigidirsi, mentre le sue candide, morbide e delicate mani si stringevano in un pugno.
Ricordavo quando quelle mani si poggiavano su di me, accarezzandomi, stringendomi una guancia o scompigliandomi i capelli. Quelle mani sempre fredde, che volevo tanto stringere fra le mie per scaldare. Chiaramente non lo avevo mai fatto, sarebbe stato imbarazzante. 
«Tu,» disse con disprezzo, e io sentì una fitta al cuore. «Che accidenti vuoi?» borbottò irritata. 
«Katrina calmati.» dissi. 
Lei mi rifilò un'occhiata raggelante. «Ma io sono calma!» replicò stizzita. «Ora, se non ti spiace, devo tornare a casa.» mi liquidò per poi riprendere a camminare. Dopo un paio di secondi di indecisione decisi di seguirla. «Aspettami.» ls dissi.
«Perchè dovrei?» chiese acida. «Oh, dimenticavo! Siamo amici in segreto!» sputò fuori quelle parole come fossero veleno.
Non prendetemi per pazzo, ma allungai la mia mano e sfiorai la sua con un sorriso divertito sul viso. «Sei bella da arrabbiata.» bisbigliai. 
Lei boccheggiò e separò le nostre mani. «Sparisci, Octavian.» sibilò. 
Non l'avrei mai fatto. «No, Katrina. Non me ne vado finchè non mi ascolti.» dissi sicuro di me. Un tuono squarciò il silenzio intorno a noi ed immediatamente iniziarono a cadere alcune gocce di pioggia. Lei serrò i pugni con forza e si voltò, camminando con fare altezzoso verso la via che l’avrebbe condotta a casa.
«Katrina» la richiamai. «Katrina ferma!» lei mi ignorò completamente così accelerai per starle dietro. «Katrina ti prenderai una malanno a camminare sotto la pioggia. Almeno lascia che ti accompagni a casa.» proposi, venendo di nuovo ignorato. Persi la pazienza e mi parai davanti a lei, muovendomi a destra e sinistra per evitarle di scappare. Osservai i capelli rossi incollati al suo viso a causa dell’acqua di cui erano impregnati e i suoi occhi azzurri, da cui traspariva una profonda rabbia e un sincero fastidio.
«Preferisco un malanno.» mi rispose astiosa. «Spostati, grazie.»
«No.» risposi piccato. «Katrina»
«Continuerai finchè non accetterò di ascoltarti?» chiese incrociando le braccia al petto. Annuii. «Va bene. Accompagnami a casa, parla quanto voi, ma poi non farti più vedere.» mi intimò, poggiandomi un indice minaccioso sul petto. Io feci cenno di sì, ma tanto sapevo che non l’avrei mai fatto.
«Andiamo» le dissi, e la scortai alla mia macchina. «Finalmente parleremo»
«Io non ho intenzione di parlare» chiarì la scozzese.
«Ok, ascolterai e basta» stabilii, alzando le mani.
Entrammo nella macchina e lei prese a guardare davanti a sé con fare stizzito. Si spostò una ciocca bagnata dal viso e poi borbottò qualcosa sui biondi asfissianti. Misi in moto e iniziai a parlare.
«Senti, Kat, è-»
«Katrina» mi corresse lei.
«Senti, Katrina.» iniziai. «Mi dispiace di tutta quella cosa dell’amicizia segreta, non so veramente cosa stavo dicendo, cosa andavo a pensare. Io ci tengo a te, tantissimo, credimi e-»
«Così tanto da andare da Drew a braccia aperte per sentirti figo e per scaricarmi? Wow. Sono commossa.» replicò.
«No è che.. Non so che mi è preso! Davvero, io odio Drew e company, eccetto Will forse.» spiegai. «Mi dispiace tanto per quello che ti ho fatto, non te lo meritavi. M’importa poco di Drew e di quello che pensa perciò, Katrina, puoi perdonarmi?»
Lei mi guardò e, con tono duro, rispose. «Certo, quando la luna splenderà di giorno!»
«Katrina-»
«Octavian apprezzò le belle parole, davvero, ma non puoi cancellare ciò che hai fatto. Sei stato un cretino di prima categoria. Un superficiale. Octavian,» disse seria. «Sei stato tutto ciò che odiamo.»
Mi sentii un ipocrita. «Lo so, e mi faccio schifo per questo. Però, Katrina… ricordi quel giorno, a casa tua?»
«Quale?»
«ti sto chiedendo di viaggiare nello spazio e nel tempo con me. Accetti?» le ricordai e lei cercò di mascherare un sorriso.
«Beh?» chiese.
«Avevi detto di avere una macchina del tempo. Usiamola e cancelliamo tutto.» proposi.
«Octavian, la mia macchina del tempo sono i ricordi e la fantasia. I ricordi sono proprio ciò che vorrei cancellare.» disse.
«Ah, bene. Allora non è molto utile.» risposi.
«Neanche tu sei molto utile ma mica te lo faccio pesare.» replicò sbuffando.
«Per favore, Katrina» la pregai sinceramente.
Lei scosse la testa. «Mi credi se ti dico che mi piacerebbe?»
«No. Nella maniera più assoluta.» risposi.
«Ecco. Potrei anche dire sì, ok, ritorniamo amici ma non ti perdonerei mai davvero. Mai.» disse. «Chiedermi di dimenticare tutto è come chiedere a Dean Winchester di lasciare Castiel nel purgatorio!1»
«Non ho esattamente capito ciò che hai detto ma suppongo che significhi no in una maniera tutta tua» ipotizzai. Lei annuì e io mi morsi l’interno della guancia. Perché dovevo essere tanto sfigato?
Volevo solo avere la mia scozzese accanto di nuovo, volevo solo incontrarmi con lei ogni giorno per andare a scuola e vederla di pomeriggio, sopportando i sue fratellini che provavano a metterci insieme e le sue chiacchiere che per me non avevano senso, ma che adoravo ascoltare.
«Neanche una seconda occasione?» chiesi poi.
Lei titubò per un attimo, non dando la risposta subito. Poi prese un respiro profondo e disse «Mi dispiace»
Tra noi calò il silenzio. Io non sapevo più che dire, lei non aveva voglia di parlare. Che schifo di situazione. Ogni tanto facevo saettare i miei occhi color ghiaccio su di lei, per osservare i suoi movimenti, ma lei stava ferma, immobile, a guardare davanti a lei.
Quando raggiungemmo casa sua lei aprì la porta, mormorando un grazie forzato e mi guardo per un paio di secondi con amarezza negli occhi, così come feci io, solo che la mia amarezza era mista a rimorso. Dopo che Katrina fu al caldo a casa sua ritornai a casa e, non appena mi sedetti con poca grazia sul divano, presi il cellulare, aprendo i messaggi con Will per scriverne uno.
A: Solace. 20.58
Will, tra me e lei non ci sarà più niente. Inutile anche tentare ulteriormente.
 
Da: Solace. 21.02
Aspetta, che intendi dire? Come non ci sarà più niente? Che hai combinato, zuccone?
 
A: Solace. 21.03
Abbiamo parlato.
 
Da: Solace. 21.06
Eeee? Octavian, parla!
 
A: Solace. 21.08
Finita. Non può perdonarmi perché non può dimenticare.
 
Da: Solace. 21.09
No. Senti, amico, le serve solo un po’ di tempo e, stammi a sentire, un VERA dimostrazione di quanto tu tenga a lei.
 
A: Solace. 21.11
Vale a dire?
 
Da: Solace. 21.13
Vale a dire che ho un piano!
 

 
1: Dean Winchester…. Purgatorio: riferimento all’inizio dell’ottava stagione di Supernatural, dove Dean e Castiel sono bloccati in purgatorio e Cas sparisce e, nonostante tutto, Dean voleva solo trovarlo, non accettava di lasciarlo lì.
 
 
Luna’s corner
 
NON UCCIDETEMI! Me lo meriterei, lo so, però con un’autrice morta la storia non va avanti u.u
Matt: Non va neanche con un’autrice viva come te!
Matt nessuno ti ha chiesto niente, dio mio.
Davvero, scusatemi. Ho avuto il blocco dello scrittore e la scuola non aiutava. Non mi sono fatta perdonare neanche con un capitolo decente…. Che persona orribile. Scusatemi davvero tanto çç
Grazie per le recensioni e per la pazienza, comunque. Siete troppo l’amore!
Spero che, un giorno, possiate dimenticare questa mia mancanza ^^
Matt: Così come Katrina dimenticherà Octavian.
… m u t o. Be’, so che il capitolo non era il massimo perché, beh, non era il massimo (wow) ,a spero che vi sia piaciuto. Non so davvero che dire, scusatemi davvero tantissimo D:
Spero di non tardare più tanto!
Ora vado… alla prossima <33

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