I guess that's love, I can't pretend

di Maryleescence
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Quello sguardo che mi rapì ***
Capitolo 2: *** Verità nascoste ***
Capitolo 3: *** La sorpresa nei suoi occhi ***
Capitolo 4: *** Incomprensioni ***
Capitolo 5: *** Confusione ***
Capitolo 6: *** Un'arrestabile malinconia ***
Capitolo 7: *** Quella passione che mi distrusse il cuore ***
Capitolo 8: *** Irrazionalità ***
Capitolo 9: *** Assurda follia ***
Capitolo 10: *** Tradimento ***
Capitolo 11: *** Resta con me ***
Capitolo 12: *** Pericoloso ***
Capitolo 13: *** Dolci momenti d'amore ***
Capitolo 14: *** Amore eterno ***
Capitolo 15: *** Sangue vivido ***
Capitolo 16: *** Il dolce sguardo dei suoi occhi ***
Capitolo 17: *** Lasciami qui per sempre ***
Capitolo 18: *** Desiderio di vendetta ***
Capitolo 19: *** Perdono ***
Capitolo 20: *** Vuoto ***
Capitolo 21: *** Minaccia ***
Capitolo 22: *** Amore impossibile ***
Capitolo 23: *** La tragedia dal finale maledetto ***
Capitolo 24: *** Epilogo ***



Capitolo 1
*** Quello sguardo che mi rapì ***


Capitolo 1°: Quello sguardo che mi rapì.
 
Lavinia.

 

Quella mattina balzai dal letto terrorizzata e sudaticcia a causa dell’incubo che mi aveva perseguitato per ore durante la notte. Era l’agitazione del grande giorno che provocava ciò; Un grande giorno che avrebbe cambiato la mia vita per sempre. L’adrenalina scorreva ancora nelle mie vene e il mio stomaco sembrava contorcersi su se stesso.
“Era solo un sogno…” mi ripetei sempre più intensamente mettendomi le mani sulla fronte, asciugando il sudore che gocciolava.
Respirai profondamente e in seguito, mi alzai avvicinandomi alla finestra aperta, da cui entrava dell’aria altrettanto calda. Osservai i primi bagliori di una meravigliosa giornata in pieno Luglio, fantasticando tra quelle bellissime nuvole bianche che contrastavano quelle scure della notte e scacciavano tutto ciò che di perfido e maligno c’era, lasciando spazio a uno spettacolo splendente e mozzafiato.
Restai forse qualche manciata di minuti a osservare il firmamento, mentre una moltitudine di pensieri attraversava la mia mente come auto che sfrecciano ad alta velocità sulle strade asfaltate.
Questo complesso di confusione e tensioni, ero io: Lavinia Marika Emberson, una ragazza di ventidue anni che lavorava in un semplice supermercato nel prestigiosissimo ruolo di cassiera, ma che stava per diventare la moglie di James Odell.
Lui era il ragazzo perfetto che tutte le donne avrebbero voluto al proprio fianco. Un uomo sincero; Un uomo dolce ma allo stesso tempo comprensivo e romantico; Un uomo su cui si poteva sempre contare. Insomma, alla fine dei conti, non gli mancava nulla. Sapeva fare di tutto, per non parlare poi delle faccende di casa dove io ero davvero negata.
Se provavo a muovere un dito, non c’era nulla che non si rompesse.
“Vi sposate a questa giovane età?” vi chiederete.
Posso rassicurarvi dicendovi che non siete stati gli unici a pensarlo, ma bensì a questo bellissimo gruppetto si erano già aggiunti tutti i miei parenti, avvertendomi della nostra scelta avventata. Io credo che l’età non abbia importanza. Se l’amore è forte, allora la cosa migliore è onorarlo.
In quella giornata avrei dovuto trasferirmi nella loro villa di campagna a Chichester – cittadina, dove io stessa abitavo - per accogliere i primi invitati che arrivavano da lontano, per fino suo fratello Tom Peter Odell, in ritorno da Londra.
Non l’avevo mai conosciuto, poiché James mi aveva detto che era un cantante famoso e che era alle prese con il suo lavoro, non potendosi così spostare frequentemente. Eppure, a volte mi ero chiesta se questa non fosse una bugia per raccattarmi e se questo Tom Odell esistesse davvero. Non avevo mai sentito parlare di lui e mai avevo udito qualche sua canzone alla radio. Probabilmente aveva esagerato nella sua descrizione e magari era solo un cantante da quattro soldi che suonava in locali piccoli, guadagnandosi da vivere.
Grazie a quella giornata, avrei potuto chiarire ogni mistero riguardo a questa persona.
Mi andai a fare una doccia, cercando di pensare al magnifico futuro che mi aspettava al fianco di James e in seguito indossai un vestitino bianco, con dei tacchi e borsa neri. Fissai il mio aspetto allo specchio e decisi di lasciare immacolati i miei occhi verdi, ma di raccogliere i miei capelli castani chiaro in uno chignon.
Ero pronta.
Presi la mia valigia, facendo attenzione a scendere le scale senza cadere e in seguito salutai i miei genitori e il mio fratellino Derek, che facevano insieme colazione. Anche loro mi avrebbero raggiunta tra pochi giorni, ma potetti notare i loro occhi lucidi in segno di orgoglio e di commozione.
Me ne andai fiera di me e di quello che sarei diventata, senza rammarichi, ma solo con una grande forza d’animo. Salì nella macchina nera che era parcheggiata fuori la mia casa bianca e mi accesi una sigaretta, rilassandomi prima di mettere la vettura in moto.
Certo, non era molto salutare, ma la nicotina era l’unica cosa che poteva calmarmi e stabilizzarmi. Era come una sottospecie di rito, per non cadere in crisi. Dopo aver finito di fumare, partì, facendo attenzione ai pedoni che attraversavano la strada e ai ciclisti mattutini, ignari di ogni pericolo.
Passarono pochi minuti e arrivai a destinazione, davanti a una villa con maestose e ampie scale di marmo bianco. Era munita di numerose finestre e di grandi stanze, dove avrebbero alloggiato gli ospiti prima del grande ricevimento. Era bella, ma allo stesso tempo mi spaventava, forse perché sembrava che potesse crollare addosso da un momento all’altro.
Ecco che mi sentì crogiolare, proprio perché vidi James davanti alla porta che mi aspettava. Avvertì la felicità dentro di me e quando riuscì a parcheggiare, mi raggiunse dandomi una mano con la valigia. Ci baciammo e finalmente potei abbracciarlo, inalando nei miei polmoni il suo dolce profumo.
James era un ragazzo alto, con luminosi occhi azzurri e capelli castani. La sua pelle era molto chiara, quasi quanto la mia e possedeva un fisico ben scolpito, munito di addominali e quant’altro. Indossava la polo blu che gli avevo regalato l’estate scorsa e dei pantaloncini di jeans molto strappati, che lui solitamente utilizzava per stare in casa.
Mi guardò con uno sguardo penetrante capace di farmi scogliere, ma ciò durò per pochi secondi, poiché ci dirigemmo immediatamente verso il portone d’ingresso. Lo varcammo e lì, mi s’illuminarono gli occhi per la bellezza della struttura.
Maestosi lampadari di cristallo pendevano dai soffitti, e bellissimi pavimenti di marmo facevano parere la villa una reggia. Rimasi incantata quando vidi i mobili fatti di un legno prestigioso e la quantità delle stanze presenti sia al piano inferiore che superiore.
Mi portò dritta davanti alla mia stanza seguendo la prima scalinata a sinistra e quando la vidi, quasi mi commossi. Un letto matrimoniale composto da preziose coperte bianche, era posizionato al centro della stanza dalle pareti di un azzurro celestiale. Un grande armadio era posto a destra, mentre a sinistra c’era un’ampia finestra che affacciava sul cortile retrostante, dove c’era una meravigliosa fontanella da cui fuori usciva dell’acqua cristallina.
Era tutto così speciale.
<< Non sai quanto sono felice che tra dieci giorni sarai mia moglie… >> disse, sedendosi sul letto e guardandomi con il suo solito sguardo ammaliante.
Restai a fissarlo e sorrisi, ricambiando ciò che mi aveva appena detto. Mi sentivo intimidita ed era come se le parole che avrei voluto dirgli si fossero bloccate all’interno della mia gola, nascondendosi in buchi profondi, scavati da loro stesse.
James si avvicinò a me, mi abbracciò e poi mi baciò passionalmente, come solo lui sapeva fare. Le sue labbra erano morbidissime e adoravo il modo con il quale mi stringeva i fianchi.
Mi faceva sentire unica, la sua principessa.
<< Sistema le tue cose, poi ci vediamo di sotto… >> mi sussurrò con la sua voce profonda.
Mi limitai ad annuire.
Ancora una volta quelle parole rimasero incastrate, probabilmente per il fatto che ero in preda all’emozione.
All’improvviso, poi, udì il dolce suono di un pianoforte.
Riproduceva una canzone romantica, ma allo stesso tempo triste. Era qualcosa che mi colpiva nel profondo. Era chiaro che l’autore volesse far trasparire tutta la sua rabbia, la sua angoscia e la sua passione all’interno di un’unica e armoniosa melodia.
Poi udì una voce maschile, ancora più profonda di quella di James, capace di farmi veramente tremare. Mi feci guidare da quella melodia e incominciai a cercarla.
Non trovai nulla, ma la risentì quando mi ritrovai davanti a una grande stanza dove erano poste numerose librerie al piano inferiore.
Riuscì a distinguere delle parole malinconiche, che mi persuadevano. Cercai invano di resistere, ma era come se qualcosa mi trascinasse in un lungo tunnel nero senza fondo.
“I wanna cry and I wanna love
But all my tears have been used up…”.
Chiunque fosse, aveva appena attirato la mia attenzione. Per qualche strano motivo quella melodia mi aveva legato indistintamente alle sorti di quella persona che mi stava letteralmente strappando il cuore.
Improvvisamente, scorsi una libreria sulla destra, leggermente spostata. Mi avvicinai e mi resi conto che in realtà era una porta che conduceva verso un passaggio segreto.
L’attraversai.
La voce si faceva sempre più vicina e sempre più suadente.
Uno, due passi.
Mi faceva sentire bene.
Tre, quattro passi.
Avevo già perso la testa.
Cinque, sei passi.
Lo vidi e ne rimasi perdutamente folgorata.

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Capitolo 2
*** Verità nascoste ***


Capitolo 2°: Verità nascoste.
 
Tom.

 

Avvertì la presenza di qualcuno, anzi, quel qualcuno mi stava fissando.
Rimasi sorpreso nel vedere una ragazza nel mio nascondiglio segreto. Lei era alta, con i capelli castani chiaro e occhi verdi che mi guardavano perplessi.
Non sapevo chi fosse, ma probabilmente la mia presenza l’aveva infastidita, o peggio ancora spaventata. Nonostante tutto, pareva una ragazza timida e riservata, se non altro con buone doti intellettive e scarsa manualità. Percepivo le persone nell’animo, poiché avevo imparato a interpretare i loro occhi dopo moltitudini di delusioni per essermi fidato di stupide menzogne.
Ma lei ai miei occhi, mi parve una persona vera. Una donna, che si mostrava per quello che era e non per quello che voleva apparire.
<< Sc-scusa, non volevo disturbarti… >> farfugliò, ancora perplessa.
<< Oh, tranquilla… >> la rassicurai. << Hai solo scoperto il mio nascondiglio segreto, ma non sei la prima… >> continuai, alzandomi in piedi e appoggiandomi al pianoforte.
Sotto quelle labbra sottili, mi sembrò di vedere un accenno di sorriso, ma probabilmente mi sbagliavo ed era stata solo la mia autoconvinzione.
<< Lavinia! >> la sentì chiamare.
Riconobbi la voce e, infatti, non mi sbagliai.
Da quel corridoio oscuro e impetuoso, spuntò mio fratello più tosto nervoso nel vedermi conversare con quella ragazza. Eppure capì immediatamente: quella era la sua futura moglie.
Una donna così sincera e così vera, era caduta nelle mani di un mostro e di un losco traditore, capace di distruggere tutto ciò che si trovava attorno a se.
<< Vedo che hai conosciuto Tom, mio fratello… >> disse, rompendo il silenzio che si era innescato al suo arrivo.
<< H-ho bisogno di una sigaretta… >> rispose Lavinia, fuggendo.
Lo sguardo mio e di James, s’incrociò.
Non ci guardavamo così da circa tre anni e non potevo certamente essere contento di ritrovarmelo davanti dopo tutto il male che mi aveva fatto. Probabilmente non l’avrei mai perdonato.
Me ne andai impassibile, mentre lui si rese conto della rabbia che ribolliva ancora forte dentro di me.
Mi recai nella mia camera, salendo le scale di marmo bianco. Non era molto grande rispetto al resto della villa, ma davanti a me si estese un letto matrimoniale dalle coperte rosse e due comodini su cui erano appoggiati un orologio digitale e delle mie vecchie foto.
Ne presi una e incominciai a scrutarne ogni dettaglio.
Raffigurava me e un’altra ragazza che conoscevo bene, mentre ci abbracciavamo: Jane Curtley. Ancora mi ricordavo il suo odore e quanto mi confortava la sua presenza. Di una cosa in quel momento ero certo, senza di lei mi sentivo una nullità. Ero diventato incapace di amare o di mostrare i miei sentimenti alle persone, almeno che non ci fosse un pianoforte.
Eppure, quella rabbia e quel rancore, dentro di me non erano spariti.
I miei occhi diventarono lucidi e fu in quel momento che raccolsi tutte quelle foto che erano nostre e le strappai. Aprì la finestra e le gettai.
Mi sentivo libero da un peso che continuava a schiacciarmi quasi come una morsa e restai a guardare l’avvincente panorama che offriva il giardino. Il prato era ben curato e verdeggiante, infondo eravamo in pieno Luglio. Guardai il sole che splendeva e mi chiedevo continuamente perché non riuscivo a essere felice.  Quel senso di libertà che avevo assaporato era già svanito. C’era qualcosa che continuava ad appesantirmi, come quando un individuo cerca di nuotare ma ha un masso legato al piede.
Affonda.
Era esattamente così che mi sentivo. Affondavo continuamente nei miei sentimenti contrastanti e in quei ricordi atroci che assomigliavano per lo più a degli incubi. Questi m’illudevano che qualcosa un giorno avrebbe potuto cambiare.
Eppure, avevo tutto. Un lavoro, soldi, dei genitori che mi volevano bene, ma non riuscivo a trovare la felicità sperata.
Mancava un pezzo del puzzle.
Mi guardai allo specchio fissando il mio abbigliamento troppo classico – camicia e jeans – che facevano di me un ragazzo probabilmente noioso ed enciclopedico. Forse proprio per questo motivo, Jane aveva preferito altro, a me.
Ecco che ricaddi ancora in quel vortice oscuro e pessimistico che mi travolgeva ogni volta che pensavo a lei. Sembrava impossibile, ma ogni cosa mi ricordava Jane e suoi splendenti occhi azzurri.
Fissai il mio volto deturpato dall’angoscia, riflesso nello specchio. Quello ero io: Tom Peter Odell, un cantante noioso e depresso, che era rimasto completamente solo.
Tutti lo avevano abbandonato alle sue sorti.
Mi recai in cucina per bere qualcosa che potesse liberarmi da quei pensieri soffocanti.
Dal frigo estrassi una birra, che in seguito aprì con un cavatappi.
<< Ehi Tom, allora come va? >> mi chiese mia madre che era seduta sulla sedia accanto al tavolo.
Non mi ero neanche reso conto della sua presenza.
<< Ehi, bene dai… >> risposi appoggiandomi con il fondoschiena alle portelle dei mobili.
<< Sono contenta che tu abbia deciso di venire e di perdonare tuo fratello… >> continuò, sorseggiando la sua spremuta all’arancia.
Quelle furono parole che mi toccarono.
Perdonato, probabilmente mai.
Lui sapeva quanto tenevo a Jane, ma aveva preferito comunque portarsela al letto. Quando lo scoprì, mi allontanai da quella casa e vissi Londra per parecchio tempo, partendo solo qualche anno dopo per una tournée che mi rese famoso.
Ero ritornato solo per rendere felice mia madre che pretendeva a tutti i costi la mia presenza. Ma quanto importasse di ciò a mio fratello, non lo sapevo e non m’interessava.
 << Mamma… >> dissi prendendo un bel respiro. << Io non l’ho perdonato. Se sono qui è solo per te e papà…>> continuai.
<< James ha sbagliato, ma questo è accaduto parecchi anni fa. Potresti fare uno sforzo… >>.
Strinsi forte la bottiglia di birra che avevo tra le mani e respirai profondamente.
<< Non puoi capire… >>.
Preso dalla rabbia che mi ribolliva nelle vene, corsi fuori dalla stanza e mi diressi in giardino sbattendo la porta dal vetro colorato.
In quel momento mi accorsi della presenza di Lavinia. Era seduta su una sedia prima dell’ampia scalinata e sulle sue ginocchia continuava a tenere una ceneriera che conteneva già cinque sigarette spente.
Non pensavo fumasse così tanto.
I nostri sguardi s’incrociarono, ma il suo fu tempestivo e veloce. La sua espressione era furiosa e triste. Con ogni probabilità aveva litigato con James e pensavo con tutta onestà, che Lavinia meritasse di meglio e non quello sporco verme.
Oh quanto mi ricordava Jane con quella sua pelle chiara e un po’ arrossata sulle guance. I suoi occhi, ancora, mi parlavano di se stessa e di quanto fosse emotiva e fragile. Chi sa se James se ne era mai reso conto di quel particolare.
“Ecco cosa succede a bere la birra…” pensai guardando la bottiglia verde tra le mie mani.
<< Hai intenzione di restare lì a fissarmi per molto? >> mi chiese con tono acido, nonostante guardasse altrove.
<< Mi stavo solo chiedendo se stavi meglio… Sembravi molto turbata nella stanza segreta… >> risposi, mentendo.
Lei si girò e accavallò le sue gambe magre. Mi fissò con una tale intensità che rimasi colpito: non sembrava la stessa persona che avevo conosciuto pochi attimi prima. Forse era solo una mia impressione o la stanchezza del viaggio che mi giocava brutti scherzi.
Appoggiai la bottiglia di birra sul davanzale della finestra e risvoltai le maniche della mia camicia blu, sedendomi davanti a lei su uno sgabello nero.
<< Stavo bene anche prima, grazie … >>.
La sua agitazione nel vedermi lì era grande, ma cercai di non farglielo notare per farla sentire al suo agio.
<< Allora… >> dissi, incrociando le braccia al petto. << Sei emozionata per il fatidico giorno? >> continuai.
<< Sì… Tu hai già preparato i tuoi spartiti? >>.
<< Vedo che ti hanno già informata che suonerò alla cerimonia… >>.
<< Sono la sposa, è mio obbligo sapere queste cose… >> rispose.
Prese il pacchetto di sigarette dalla borsetta che aveva appoggiato a terra e accese la settima sigaretta di fila. Le misi una mano sulla sua e le presi la sigaretta e il posacenere. In seguito la spensi al suo interno.
<< Che cosa fai?! >> urlò.
<< Non ti fanno bene tutte queste sigarette… >>.
<< So io quello che fa per me, non ho bisogno che un cantante superficiale sprechi la sua voce per dirmelo! >>.
A quelle parole mi scappò una risata, che non riuscì a trattenere.
<< Perché ridi? Sono seria! >>.
Le rubai il pacchetto di sigarette dalla borsa e scappai percorrendo a grande velocità le rampe di scale bianche.
Sentì la sua voce urlare: << Tom Peter Odell! Torna immediatamente qui! >>, ma non lo feci.
Per una volta mi sentivo libero di ridere, per qualcosa che mi faceva stare bene, ma non né conoscevo ancora il motivo.

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Capitolo 3
*** La sorpresa nei suoi occhi ***


Capitolo 3°: La sorpresa nei suoi occhi.
 
Lavinia.

 

Lo guardavo allontanarsi mentre ai miei occhi diventava quasi un piccolo puntino in lontananza; Un piccolo puntino che tra le mani, nascondeva la mia unica ragione di vita: il mio pacchetto di Philip Morris.  
Continuavo a urlare il suo nome, ma lui aveva assunto ormai un atteggiamento dispettoso nei miei confronti. L’odio, ribollì nelle mie vene e mi promisi che quando l’avessi scovato gliele avrei dette di tutti i colori.
Mi tolsi i tacchi a spillo lasciandoli a terra e scesi la rampa di scale a piedi nudi. Raggiunsi il manto erboso e lì incominciò il mio inseguimento. Lo sentivo ridere, ma era troppo lontano da me per poterlo raggiungere. In quel momento mi sentì una vera fallita, come se cinque anni di superiori con ottimi voti in educazione fisica non fossero serviti a nulla. Improvvisamente qualcosa appoggiato sul prato, attirò la mia attenzione. Era un foglio rigido strappato, che in seguito, raccolsi.
Vidi un volto di una ragazza castana con gli occhi azzurri, ma l’altra metà non era presente. Chi era quella donna? E cosa ci faceva nel giardino quella foto?
Improvvisamente qualcuno mi spintonò e caddi a terra stringendo ancora quell’immagine tra le mie mani.
Tom non mi aveva vista e mi aveva urtata.
Il mio vestito bianco si sporcò di verde e fu proprio in quel momento che la mia impulsività si fece strada tra quella moltitudine di simpatia – ma allo stesso tempo antipatia – che avevo provato per lui fino a quel momento.
<< Sei impazzito?! Mi hai rovinato il vestito! >> urlai.
La foto mi cadde ma non ebbe importanza per me, finché non vidi la sua espressione cambiare e divenire seria.
<< Dove l’hai presa quella? >> chiese in tono freddo.
<< L’ho trovata a terra, e non cambiare argomento! >>.
Divenne cupo in volto, come se avesse visto qualcosa di orribile. Era come se quella foto gli avesse scavato un profondo buco dentro il suo cuore. Che cosa centrava con lui quella ragazza?
<< Tieniti le tue sigarette… Ti pagherò la lavanderia… >>.
Detto ciò, buttò il pacchetto sul prato e si allontanò, salendo le scale e rientrando in casa.
Avevo forse fatto qualcosa di sbagliato?
Arrivò presto l’ora di pranzo. Cambiai l’abito indossandone uno blu con dei tacchi neri, mentre quello bianco lo appesi davanti alla porta di Tom in una fodera trasparente, così che si sarebbe ricordato di pagarmi la lavanderia.
Fissai quella porta bianca che distava poco dalla mia e una voglia smisurata di entrare per vedere come stava, mi allettava, ma cercai il più possibile di reprimere tutto ciò che riguardava strettamente lui.
"Forse dovrei dirgli che è ora di andare al piano di sotto per pranzare…” pensai, grattandomi la fronte. “No, risulterei troppo invadente…” continuai.
La porta davanti a me si aprì e i miei occhi verdi, incrociarono i suoi azzurri brillanti al dir poco stupiti. I suoi capelli non erano quelli ordinati di prima, ma bensì spettinati con parecchi ciuffi che spuntavano a destra e manca. Restammo a guardarci per qualche secondo ed io arrossì, implorando Dio che fosse solo un incubo da cui mi sarei svegliata.
<< Che ci fai qui? >> chiese.
<< Beh, ho appeso l’abito alla tua porta e poi volevo dirti che è ora di pranzo e sarebbe meglio se tu scendessi… >> improvvisai, cercando di non balbettare per la vergogna.
<< Non ho fame… >>.
Mentre stava per chiudere la porta, la bloccai con una mano.
Volevo parlargli; Volevo capire cosa non andava in lui; Volevo semplicemente scusarmi se avevo assunto un comportamento sbagliato nei suoi confronti.
Vidi i suoi occhi sgranarsi nel vedere il mio gesto. Probabilmente non se lo aspettava da parte mia.
<< Ho bisogno di parlarti, ti prego… >>.
A quelle parole, spalancò la porta e mi fece entrare. Ciò che vidi, non fu una camera, ma bensì un ammasso di fogli sparsi. Per tutto quel tempo aveva scritto - forse si era sfogato o forse erano canzoni - e aveva buttato tutto alla rinfusa, come se avesse gettato parti di se che non gli piacevano.
<< Scusa la confusione… >> disse, chiudendo la porta alle sue spalle.
Mi sedetti sul suo letto notando un blocchetto da cui aveva strappato numerose pagine. Quello che vidi non era un testo di una canzone, né uno sfogo, ma bensì una poesia. Non pensavo avesse uno stile così classico e romantico.
“Oh, Love! Why me?” era il titolo, ma non riuscì a leggere oltre, poiché mi strappò il blocchetto dalle mani e lo chiuse in un cassetto.
<< Sono cose private… >> disse con tono freddo e acido.
Strofinai le mani sulle ginocchia, mentre il suo sguardo inquisitore mi fissava. Si sedette sulla sedia di legno accanto alla sua scrivania, aspettando che io aprissi bocca, ma le parole si bloccarono ancora una volta.
Respirai profondamente e presi coraggio.
<< Ho fatto qualcosa che non andava prima in giardino? >> chiesi.
<< Lavinia, in confronto a molti traditori, tu sei un angelo… Non hai commesso nulla, è solo colpa mia… >> rispose, giocherellando con una penna.
<< Che cosa vuoi dire? >>.
<< Lascia stare… >> sospirò. << Oggi, non è giornata… Devi stare tranquilla, non ti devi preoccupare per me… >> continuò alzandosi in piedi.
In seguito, aprì la porta per spronarmi a uscire.
<< È meglio che vai, o farai aspettare per il pranzo… >>.
<< Tu non vieni? >> domandai.
Lui scosse il capo e in seguito chiuse la porta alle mie spalle.
Scesi le scale e arrivai nel soggiorno, dove era stato allestito un tavolo con una tovaglia bianca e i genitori di James erano già seduti ai loro rispettivi posti. Il mio futuro sposo arrivò poco dopo, aiutandomi a sedere come solo un vero gentiluomo sapeva fare.
Cornelia e Thomas mi sorrisero e m’invitarono a fare un brindisi con lo spumante che era stato appena messo a tavola da alcuni camerieri che avevano pagato per i dieci giorni in cui avremmo alloggiato nella villa.
<< Oh cara, sono così contenta che tu e James finalmente vi sposate! Vi amate davvero tanto e sono felice di questo! >> disse eccitata Cornelia.
Lei era una suocera esemplare. Mi voleva davvero bene e desiderava solo il meglio per me e James.
<< Anch’io sono molto contenta… >> risposi, guardando il mio futuro sposo e sorridendo, ma lui sembrava preso da altro.
Era cupo in volto e parecchio pensieroso.
Il pranzo si concluse meglio delle aspettative e Tom non aveva messo piede fuori dalla sua camera. In quel momento, James mi prese per mano e mi portò fuori, dove ci sedemmo sulle scalinate.
<< Io oggi ti ho vista ancora con Tom… Giocavi e scherzavi con lui in giardino dopo la nostra ennesima litigata e posso giurati che non ti ho mai vista così felice con me… >> confessò.
<< Dove vuoi arrivare?! >> risposi fissandolo con uno sguardo serio e intriso di rabbia.
Sapevo che probabilmente mi avrebbe accusato ancora d’infedeltà e odiavo questo comportamento; Odiavo le false accuse: e che diamine! Dovevamo sposarci a giorni!
<< Dimmi che non provi niente per Tom… Dimmi che non lo trovi neanche un po’ affascinate… Ti prego dimmelo… >>.
Una scintilla, fece sparire l’unico briciolo di calma che probabilmente era rimasto dentro di me. Ero nota per essere una ragazza molto impulsiva tra i miei coetanei. Dicevo sempre ciò che pensavo nel male e nel bene, spesso accaparrandomi l’antagonismo da parte di parecchie persone che non lodavano di certo i miei modi di fare.
<< Tu sei malato! >> urlai, alzandomi in piedi. << Cosa ti fa pensare che a dieci giorni dal matrimonio ti tradirei? Con tuo fratello per giunta! James, io non tollero questi tuoi comportamenti… >> continuai, aggrottando la fronte e portandomi le braccia al petto.
<< Ci sono delle cose che tu non sai, Lavinia… Ti prego, lascia che ti spieghi… >>.
Inghiottì, il boccone amaro della rabbia e mi sedetti accanto a lui, cercando di ascoltarlo il più attentamente possibile.
<< Ti ricordi di Jane, la mia ex? >> mi chiese.
Io mi limitai ad annuire, poiché solo a sentire quel nome, dovetti respirare profondamente per non perdere la calma.
<< Ecco vedi, Tom me l’ha portata via… Lei mi ha tradito con lui ed è per questo motivo che io e mio fratello non ci parliamo da molto… Io non vorrei che lui facesse lo stesso con te… Io non voglio perdere anche te… >> continuò.
Com’era possibile che il passionale Tom Peter Odell, avesse fatto un torto così grande a suo fratello, sangue del suo sangue? Probabilmente l’avevo valutato male. Quel ragazzo che mi era sembrato carismatico e interessante, improvvisamente si era trasformato in un verme.
Era come se fosse caduto uno specchio e si fosse rotto in mille pezzi.
Quello era ciò che provavo in quel momento.
Disgusto e ribrezzo erano parole di poco conto per poter descrivere ciò che sentivo nei confronti di Tom.
Abbracciai James e lo rassicurai, dicendogli che non mi avrebbe mai perso poiché io non ero Jane e non l’avrei mai tradito.
Io l’amavo e questa era la cosa principale.
Arrivò presto sera e morivo dalla tentazione di recarmi in quel passaggio segreto, per mettere le mani sul delicato pianoforte posto al centro della stanza. Lo suonavo dalla giovane età di dieci anni e da allora non avevo più smesso.
Arrivai nella stanza delle librerie e attraversai il corridoio oscuro che portava a quella camera dall’aria così deliziosa e romantica.
Ecco che davanti a me, si presentò quel magico strumento, capace di farmi emozionare ogni volta. Mi sedetti sullo sgabello e incominciai a toccare quei tasti sottili bianchi e neri. Mi sentivo bene nel farlo; Mi sentivo a casa e mi sembrava di tornare indietro nel tempo quando tanti pensieri non incupivano ancora la mia mente.
Cominciai a cantare, seguendo la melodia emessa dalle corde pizzicate all’interno dello strumento, distaccandomi completamente dal mondo circostante. Mi lasciavo andare a una danza che mi rincuorava e mi faceva provare emozioni uniche. Lacrime d’emozione, bagnarono i miei occhi, che tenevo chiusi per godermi sempre di più quel momento così prezioso.
Un momento tutto mio e di nessun altro.
E invece, mi sbagliavo.
Mi sentì osservata e quando mi girai, mi spaventai terribilmente cadendo dallo sgabello. Chi mi venne a soccorrere fu proprio Tom, che mi aveva fissata per tutta la mia esibizione.
Mi guardò con una sorpresa vivida e fervida nei suoi occhi, azzurri come il cielo limpido di una mattinata d’estate.

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Capitolo 4
*** Incomprensioni ***


Capitolo 4°: Incomprensioni.
 
Tom.

 

Non avrei mai pensato di vedere Lavinia suonare il pianoforte.
Mentre fissavo i suoi occhi verdi, mi resi conto che aveva qualcosa di diverso; qualcosa che la rendeva simile a me, ma allo stesso tempo così diversa.
Quello che provavo in quel momento, mi era difficile spiegarlo anche a me stesso. Mi sentivo strano, come se una fiamma mi avesse incendiato tutto l’organismo, ma soprattutto scaldato quel cuore che da troppo tempo era a pezzi.
Chi era questa donna capace di smuovermi così profondamente?
E più la guardavo, e più davanti ai miei occhi compariva l’immagine di Jane. I momenti passati con lei non li avevo ancora dimenticati. I ricordi dei nostri baci e le nostre carezze, probabilmente non mi avrebbero mai abbandonato. Mi avrebbero seguito, come la morte che perseguita le proprie vittime.
Sentì la mano fredda di Lavinia nella mia calda e l’aiutai a rialzarsi. Si scosse il vestito con eleganza e con una flebile voce mi rivolse i suoi ringraziamenti per il gesto appena compiuto.
<< Suoni in un modo… Incantevole… >> dissi, cercando di non fare la figura dello sciocco.
Lei mi guardò con uno sguardo acido e profondo. Pensavo di aver capito che persona era, ma in realtà era una donna sfuggente e difficile da comprendere. Non era un libro aperto, almeno con le persone che conosceva da poco.
Lavinia, cercò di allontanarsi da me, recandosi verso l’uscita, ma io la fermai trattenendola afferrandole il braccio. Si voltò e mi guardò furiosa come se avessi commesso qualcosa di grave. Ma ricercando nella mia mente, forse era arrabbiata per il mio comportamento assunto prima di pranzo.
<< È successo qualcosa? >> chiesi.
Potetti vedere il suo volto divampare e i suoi occhi sgranarsi. Sì, c’era qualcosa che non andava e sapevo che se avesse negato, avrebbe mentito.
<< Non è successo nulla che ti riguarda… >> rispose con tono deciso.
<< Se è per questa mattina, io mi scuso… Ci sono ferite ancora aperte che non sono in grado di guarire… >>.
<< Certo! Come, per esempio, tradire tuo fratello! >>.
Con forza si dimenò dalla mia presa e scappò, lasciandomi lì in quella stanza, che invece del solito posto caloroso e accogliente, era diventata fredda e spoglia.
Mi sentivo nuovamente in solitudine.
La mia vita era come una ruota che girava senza sosta, ma tutto ricadeva su di me. Essere così malinconico e pessimista, spesso mi aveva aiutato nella scrittura di testi che avevano scalato le classifiche, ma per me, era un peso.
Tirai un pugno nel muro e accasciandomi, le mie lacrime caddero, dando il via libera a ogni tipo di emozione. La mano, faceva male, ma poco m’importava. Mi sentivo come se mi avessero strappato ogni tipo di felicità da un animo debole. Forse, sì, solo la musica mi avrebbe aiutato, ma deprimermi ancora, mi avrebbe portato a fare di peggio.
Corsi, cercando di fuggire da me stesso. Arrivai in giardino e attraversai i numerosi alberi, che distavano cinque metri dalla villa, raggiungendo un altro dei miei posti preferiti, ignaro dei pericoli della sera. Proprio lì, infatti, si nascondeva un laghetto, sulla cui riva io mi sedevo spesso, osservando il firmamento e scrivendo numerosi testi.
In quel momento, seduto sulla riva, osservai il riflesso della luna su quell’acqua trasparente, che allo stesso tempo, pareva misteriosa. Assomigliava per lo più al mio essere. Nascondevo vere parti di me a tante persone, forse per difesa. Anch’io come Lavinia, non ero un libro aperto, purtroppo però mi sarebbe piaciuto esserlo con la persona che amavo.
Le lacrime scesero ancora e più lo facevano, più la mia coscienza mi tormentava, dicendomi che ero un bambino che frignava in continuazione. Non ero un uomo che affrontava la vita di petto. Ero sensibile, ma questo nel mio caso non era un pregio.
Odiavo quelle parti di me e avrei voluto gettarle, come spesso facevo con i fogli di carta su cui scrivevo delle idiozie.
Mi alzai in piedi, tolsi le scarpe e corsi verso il laghetto, immergendomi al suo interno.
Rimasi sott’acqua, avvertendo il fastidioso rumore nelle orecchie, che allo stesso tempo però, era capace di calmarmi. La sabbia sotto i miei piedi era molle e senza alcuna consistenza. Incominciai a nuotare e quando riemersi, urlai a squarciagola con tutta la voce che ero capace di emanare.
Mi sentivo libero.
Mi sentivo bene.
Ritornai sott’acqua, mentre tutti i ricordi che avrei voluto cancellare, galleggiavano della mia mente. Scossi la testa e nuotai ancora e ancora. Fino a raggiungere nuovamente la riva. Mi tolsi la camicia e mi stesi sulla terra, osservando il firmamento.
Ero strano, ma ciò non mi spaventava.
Io ero io.
Dovevo essere sicuro di me stesso.
Era ora di mettere da parte quello che era il passato, per potermi costruire un futuro privo di delusioni.

 

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Capitolo 5
*** Confusione ***


Capitolo 5°: Confusione.
 
Lavinia.

 

Quella notte mi ero rivoltata più volte tra le lenzuola bianche del mio letto, ripensando all’incontro con Tom nella stanza segreta. Ero arrabbiata con lui, per il semplice motivo che aveva distrutto James sentimentalmente. Per me era inaccettabile.
Avvertì diversi dolori ossei a causa del sonno disturbato, mentre cercavo di alzarmi dal letto. Erano ormai le nove del mattino e dovevo sbrigarmi per la colazione e soprattutto per ricevere gli ospiti del giorno: probabilmente degli zii di James provenienti dall’America.
Alzai la tapparella, lasciando che il sole illuminasse la mia pelle e l’ambiente circostante. Come solito, aprì la finestra assaporando l’aria pulita entrare nei miei polmoni e accarezzarli con delicatezza.
Mi feci una doccia e in seguito mi vestì, indossando un abito verde menta e lasciando i miei capelli sciolti. Ero acqua e sapone, ma poco m’importava. Forse era una delle poche cose che amavo del mio corpo il fatto che il trucco non mi si addiceva. Calzai dei tacchi bianchi e in seguito, mi accorsi di un biglietto giallo sul pavimento. Probabilmente era stato spinto sotto la porta.
Lo raccolsi e ne lessi il contenuto.
“Ho bisogno di parlarti. Dopo la colazione, nel giardino. Tom”.
Quando mi resi conto del mittente, il mio stomaco si stritolò. Incominciai ad arrossire probabilmente, poiché sentì un forte calore al viso. L’ansia incominciò a invadere il mio inconscio e mille pensieri si fecero strada nella mia mente, sovraccaricando il mio sistema nervoso.
Era strano come un semplice biglietto, mi aveva agitato in quel modo.
Respirai profondamente e lo nascosi tra i vestiti, che avevo ancora lasciato nella valigia.
Varcai la porta della mia camera e non lontana dalla mia, se ne aprì un’altra, dove vidi spuntare dei setosi capelli biondi. Mi sentì quasi crogiolare, poi, quando vidi quegli occhi azzurri puntati su di me.
Tom, mi salutò con un cenno di capo, sfiorandomi leggermente la mano. Avvertì dei brividi lungo la schiena e lo stomaco contorcersi nuovamente in preda ad un’emozione forte.
Ma cosa mi stava accadendo?
Respirai profondamente, cercando di dimenticare tutto ciò che avevo provato e scesi le scale davanti a me, ritrovando James alla fine del corrimano. Appena lo vidi, lo abbracciai, essendo contenta di avermi salvato da una situazione abbastanza raccapricciante.
Ci baciammo e lui mi strinse forte a se.
<< Buongiorno principessa… >> disse, sorridendo e accarezzandomi i capelli.
<< Buongiorno amore, hai dormito bene? >> risposi.
A quella frase mi sentì osservata.
Mi voltai e mi accorsi che Tom ci stava fissando dal soggiorno, con un’espressione irrequieta. Distolsi immediatamente lo sguardo, poiché solo a pensare che avrei dovuto incontrarlo in seguito in giardino, mi sentivo male.
<< Certo, ma avrei dormito meglio avendoti accanto… >>.
La dolcezza in quelle parole, mi stupì.
Mi limitai a sorridere e lui, mi condusse accanto al tavolo, dove i suoi genitori già aspettavano insieme agli zii provenienti dall’America e i loro figli.
<< Oh Lavinia, sicuramente non conosci mio fratello Albert e sua moglie Hester… >> improvvisò Cornelia, presentandomeli.
L’uomo era grasso, calvo e con due grossi baffi sul muso. Aveva l’aria di una persona simpatica e amichevole, ma allo stesso tempo sensibile. La signora, invece, possedeva dei lunghi capelli neri e ricci, con una carnagione abbronzata. Pareva una donna con la classica puzza sotto il naso e pignola.
In ogni caso, strinsi a entrambi la mano, mostrando loro una sicurezza innata, che non avevo mai scoperto dentro di me fino ad allora.
<< Questi sono Rose e Ferdinand >> aggiunse poi Albert, mostrandomi due bambini abbastanza alti.
Rose era una tenera bambina dai capelli scuri e occhi chiari. Mi sorrideva mostrandomi i denti mancanti e mi strinse la mano con timidezza. Ferdinand invece, sembrava per lo più una piccola peste a causa del suo sguardo un po’ birichino. Nonostante ciò, mi strinse forte la mano, con un’eccessiva sicurezza di se. Dovevo ammettere che d’aspetto, assomigliava molto al padre, forse perché aveva qualche chilo di troppo come lui.
Facemmo tutti insieme colazione ridendo e scherzando, finché il fatidico momento non arrivò ed io varcai l’ingresso per arrivare in giardino. Accesi una delle mie solite sigarette, appoggiandomi alla ringhiera dell’atrio che precedeva la lunga scalinata. Mi calmai immediatamente, sentendo tutti quei nervi che inizialmente erano tesi, finalmente rilassati.
Ma questi s’intorpidirono ancora, proprio quando sentì un dolce profumo familiare avvicinarsi. Il mio stomaco si contorse nuovamente. Pregai Dio, che non fosse la persona che pensavo.
E invece, era proprio lui.
Tom, si avvicinò alla ringhiera accanto a me e incominciò a respirare profondamente l’aria pulita, incanalandola nelle sue narici. Indossava un’altra camicia, sta volta di Jeans a mezze maniche con dei pantaloni lunghi e neri.
“Ma come fa a non morire dal caldo?” pensai. “Dai Lavinia, smettila! Sei qui per cose più importanti…” continuai.
Resti accanto a lui senza parlare e mi limitai a finire la sigaretta. Sembrava molto teso, ma in ogni caso, non ruppe il ghiaccio come pensavo.
Con un colpo di tacco, feci per andarmene, ma Tom mi fermò nuovamente tenendomi forte il braccio, con una specie di delicatezza sottile. In quel momento mi sentì bloccata. La sua presa era così possente, ma allo stesso tempo passionale, che mi fece arrossire immediatamente. Le gambe incominciarono a tremarmi e mi sentì parecchio nervosa. Era come se l’odio che avevo provato il giorno prima nei suoi confronti, fosse sparito in quell’istante in cui ci eravamo scambiati delle emozioni che andavano ben oltre quelle che si potevano scaturire tra due cognati.
<< Vieni con me… >> disse con flebile voce. << Ho bisogno di parlarti in privato… >> continuò, lasciando il braccio dalla sua presa.
In quel momento mi girai a destra e a sinistra, controllando che nessuno aveva visto la scena. James, fortunatamente, era andato a prendere il vestito nuziale che nell’atelier, avevano preparato con le giuste misure. Dopo essermi sincerata che nessun individuo ci stesse osservando, seguì Tom, il quale stava già scendendo l’ampia scalinata.
“Oh, ma dai Lavinia! Tu devi essere arrabbiata con lui! Perché continui a seguirlo?” strillò una vocina dentro di me.
La soffocai con tutte le mie forze, perché per una volta nella mia vita volevo smettere di essere razionale; Per una volta nella mia vita, volevo vedere dove mi conduceva il cuore.
Il luogo in cui mi portò Tom, mi parve immediatamente incantevole. Si trattava di un lago, immerso tra fitti alberi che con mia sfortuna, feci fatica a farmi strada tra loro con i tacchi che indossavo.
Lo vidi lì, seduto sulla riva, mentre osserva una coppia di rondini che volavano insieme verso quel cielo azzurro e perfetto, di cui era composto il nostro universo. Notai per la prima volta sul suo volto un sorriso sincero.
Era così sensibile e dallo sguardo acuto.
Incominciai a paragonarlo a James. Anche lui era dolce nei miei confronti ed era l’uomo perfetto, ma gli mancava quel “ché” mi facesse pensare che avessero entrambi lo stesso carattere. Tom, sembrava potesse leggere nel profondo delle persone, solo guardandole.
“… Tom me l’ha portata via… Lei mi ha tradito con lui ed è per questo motivo che io e mio fratello non ci parliamo da molto… Io non vorrei che lui facesse lo stesso con te… Io non voglio perdere anche te…”.
Mi ricordai delle parole di James e avvertì una sensazione di vuoto dentro di me, che voleva prendere il sopravvento e divorare tutto ciò che di bello avevo pensato su Tom.
Eppure c’era qualcosa che m’invitava ad avvicinarmi a lui sempre e comunque; C’era qualcosa, che mi diceva di lasciare perdere quelle frasi di cattivo gusto, poiché mi stavano distogliendo dalla realtà.

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Capitolo 6
*** Un'arrestabile malinconia ***


Capitolo 7°: Un’arrestabile malinconia.
 
Lavinia.

 

James mi parlava in continuazione mentre eravamo in giardino, ma le sue parole entravano e uscivano velocemente. Mi limitavo ad annuire, facendo finta che non fosse accaduto nulla di grave qualche istante prima.
Di una cosa però, ero certa: ero sempre più confusa.
Avevo baciato Tom.
Tom, il cantante sconosciuto e fratello del mio futuro marito.
“Tranquilla Lavinia, lui non ti scoprirà… Hai sbagliato, tutti errano…” pensai.
Eppure, più riflettevo su quel momento accanto al lago e più avvertivo la voglia di voler tornare indietro. Desideravo di non essermi mai fermata e di non averlo mai spinto via dalle mie braccia. Quel bacio, mi aveva fatto capire, quanto in realtà desiderassi quel momento ardentemente. Era incredibile come i nostri destini si erano incrociati in così poco.
“Lavinia! Devi sposarti tra nove giorni!” urlò la mia coscienza.
Aveva ragione, ma non riuscivo a smettere di pensare a Tom. Oh le sue labbra, erano ancora più morbide di quelle di James. La sua passionalità mi aveva travolto così profondamente che non riuscivo più a trovare una via d’uscita. La sua presa era forte e possente quando mi aveva stretta tra quelle braccia muscolose, desideroso che quel momento non giungesse mai al termine.
<< Ehi, va tutto bene? >> chiese James, toccandomi il mento con le sue dita.
<< St-sto bene… >> risposi, prendendo un respiro profondo. << Sono solo un po’ stanca, questa notte non ho dormito bene... Scusami, ma preferirei andarmene in camera mia… >> continuai.
Salì l’ampia scalinata e percorsi anche la scala di marmo bianco. Quando arrivai davanti alla mia camera, udì una voce provenire da quella di Tom. Sembrava quella di una donna.
Poi improvvisamente li vidi uscire.
Con lui, c’era era una ragazza dai lunghi e ondulati capelli castani. Inoltre possedeva due occhi azzurri molto accesi, che mi fissavano con superiorità e superbia. Era una donna altezzosa e la cosa che mi feriva di più, era che Tom le dava parecchie attenzioni.
Lei era quella ragazza che avevo visto nelle foto; Quelle foto che avevano reso il cantante dai setosi capelli biondi, parecchio nervoso.
Chi era?
Li fissai con il mio solito sguardo serio e furioso. Mi dava terribilmente fastidio che lui fosse con altre ragazze, dimenticandosi completamente cosa era successo tra di noi pochi istanti prima. Tom mi notò e non mi rivolse neanche una parola.
“Viscido approfittatore…” pensai.
Se ne andarono, mentre quella donna gli stava avvinghiata come una sanguisuga. Mi sentì completamente a pezzi, ma soprattutto usata. Ero triste e la malinconia aveva già preso il sopravvento su di me.
Entrai nella mia camera, sbattendo forte la porta. Un quadro che era appeso con un chiodo al muro, cadde rompendosi in mille pezzi.
Poco m’importava di ciò.
Mi buttai sul letto e incominciai a piangere, stringendo le coperte e il cuscino tra le mie braccia. Respiravo forte e il cuore cominciò a battere sempre più veloce. Era come se fossi in caduta libera e mi stavo per schiantare sul suolo.
“Oh, Love! Why me?”.
Mi ricordai di quel titolo e ora quella frase sembrava appartenermi, poiché assomigliava molto alla mia situazione. Mi ricordai immediatamente del bacio sulla riva e le lacrime rigarono sulle mie guance accaldate più velocemente. I gemiti dolorosi volevano fuori uscire, ma cercai di sopprimerli stringendo forte i pugni sul materasso. Nulla da fare. Loro fuori uscirono fugacemente, aiutandomi a sfogare tutto il dolore provato. Era come se una folla di persone avesse calpestato il mio cuore delicato. Continuavo a chiedermi perché tutto questo era successo a me. Potevo amare James e avere una vita felice. Invece, avevo preferito lasciarmi travolgere dalle mie emozioni inconsce.  Se non l’avessi fatto, probabilmente in quel momento non avrei pianto e sofferto così terribilmente.
“Io e Jane, parecchi anni fa eravamo fidanzati ufficialmente… Eravamo una bellissima coppia, ma soprattutto ci amavamo… O almeno, io amavo davvero tanto lei. Mi faceva sentire bene, mi faceva ridere. Per non parlare poi della sua bellezza… Jane conobbe James e da quell’incontro tutto incominciò a cambiare. Non aveva quasi più tempo per me e si era spento qualcosa dentro di lei… Finché non scoprì cosa era davvero successo… James era l’amante di Jane… Io… Io non sono ancora riuscito a dimenticare Lavinia… Devi credermi, ci ho provato con tutto me stesso…”.
James mi aveva mentito probabilmente, ma in quel momento non sapevo a chi credere. Tom mi aveva usata e si era dimostrato davvero il verme che mi aveva descritto il mio futuro marito.
Forse dovevo solo sposare lui e farla finita; Forse dovevo sforzarmi di provare gli stessi sentimenti che avevo sentito con Tom nei confronti di James.
Sì, forse questa era la strada giusta.
Mentire a me stessa era una cosa difficile e sbagliata, ma dovevo farlo per il mio bene.
Sì, dovevo farlo per non cadere più nell’oblio di quei splendidi occhi azzurri che ispiravano una passione intensa, in grado di farmi crogiolare.
Mi avvicinai alla finestra già spalancata, sperando che prendere una boccata d’aria potesse servire a farmi smettere di piangere. Invece, proprio lì nel giardino, c’era Tom che parlava con quella donna così affascinante e sensuale. Non mi stupivo per nulla che l’avesse conquistato, infondo io non ero per nulla attraente e poi il mio matrimonio era imminente.
“E se fosse Jane?” mi chiesi.
In quel momento sentì lo stomaco contorcersi. Se lei era Jane, si trattava della famosa donna che mise zizzania tra i due fratelli Odell e non che, ex ufficiale fidanzata di uno dei due. Mi sentì terribilmente gelosa per entrambi.
Nel frattempo quella ragazza misteriosa diede un bacio sulla guancia a Tom, allontanandosi finalmente da lui.
Sentì una forte rabbia ribollire dentro di me, tanto che strinsi forte il davanzale in marmo, posto davanti a me.
Tom mi vide, anzi, si soffermò sulle lacrime che in quel momento ricominciarono a fuori uscire dai miei spenti e cupi occhi verdi. Mi fissò con un’aria dispiaciuta, ma io non avrei perdonato.
Anzi, in quel caso, non volevo convincermi a perdonarlo.
Chiusi la finestra con forza e rabbia. Mi accasciai accanto al muro e portando le gambe al petto incominciai a piangere sempre più forte.
La confusione aumentava sempre di più ed io ero una sua vittima.

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Capitolo 7
*** Quella passione che mi distrusse il cuore ***


Capitolo 6°: Quella passione che mi distrusse il cuore.
 
Tom.

 

<< Ce ne hai messo di tempo per arrivare… >> dissi, vedendola spuntare dai folti alberi con alcune foglie incastrate nei suoi capelli lunghi e lisci.
Lei mi guardò con uno sguardo indifferente ed io mi alzai in piedi, cercando di toglierle quelle fronde verdi che aveva sulla testa. Inizialmente mi guardò con quegli occhi lucidi e accesi, quasi come se fosse incantata, poi in seguito, mi fermò la mano.
<< Posso fare da sola, non ho bisogno del tuo aiuto… >> sbottò, in tono acido.
Alzai le mani in aria e mi rimisi a sedere sulla riva, appoggiando le braccia dietro la schiena sul terreno per sostenere il mio corpo. Lei si avvicinò e restò il piedi a fissare il laghetto che si estendeva davanti a noi e la natura di vario tipo, che ci stringeva in quella moltitudine di bellezza.
<< Mi scusi principessa, non ci ho pensato a portare una coperta per non farle sporcare il vestito… >> dissi in tono antipatico.
Lavinia si sedette accanto a me su quella terra sporca, ma poco le importava.
<< Beh, allora vuol dire che mi pagherai un altro abito in lavanderia… >>.
Incominciai a ridere e anche sul suo volto vidi un piccolo sorriso altezzoso. Si tolse i tacchi e si guardò in torno, forse soffermandosi anche lei sulla bellezza del posto, o forse su quanto non facessero per lei luoghi simili.
In ogni caso mi sembrò molto al suo agio.
Ci guardammo per pochi secondi, dove potetti specchiarmi in quei sinceri e innocenti occhi verdi. Stare accanto a lei mi faceva stare stranamente bene. Mi sentivo completo di quel pezzo di puzzle che mi mancava, ma ogni volta che pensavo che lei era la futura moglie di James, tutto mi crollava addosso.
“Sto impazzendo…” pensai.
Sì, stavo impazzendo perché non potevo avere al mio fianco una donna come lei; Una donna, in grado di capirmi in ogni situazione; Una donna, capace di amarmi come nessuna aveva mai fatto.
“Oh avanti, Tom! Devi ragionare! È la moglie di tuo fratello! Non puoi assolutamente! Ce ne saranno tantissime di ragazze come lei in grado di lasciarti a bocca aperta…” disse la voce della mia coscienza.
Ma ciò che pensavo era frutto di un errore che non doveva assolutamente accadere. Però ero sempre più convinto che non potevo andare contro i miei sentimenti più profondi e contrastanti. Era qualcosa che mi travolgeva e da cui non potevo scappare.
Ogni volta che pensavo a lei, il mio stomaco si contorceva e così anche quando sentivo l’odore della sua pelle delicata e candida. Oh, quanto adoravo i suoi occhi. Mi ci perdevo in quel labirinto d’amore.
“Basta Tom! Devi dimenticarla!” continuava a strillare la mia coscienza.
Purtroppo non ero così razionale. Mi lasciavo spesso travolgere dai miei sentimenti e dalle situazioni che mi si presentavano.
<< Allora, perché non mi dici di cosa mi dovevi parlare? Così la facciamo finita… >> disse, disturbando i miei pensieri più profondi.
Rimasi qualche secondo in silenzio, ricordando le mie motivazioni.
<< Forse sei tu che devi dirmi qualcosa, o sbaglio? >> domandai, fissandola.
<< Non so proprio di cosa parli… >>.
<< Ieri nella stanza segreta, perché ti sei comportata male nei miei confronti? Perché anche adesso ti stai comportando in questo modo? >>.
Lavinia divenne cupa in volto. Si girò prima a destra, poi a sinistra e in seguito si morse il labro in segno di nervosismo.
<< Qualunque cosa sia, ti prego di essere sincera e dirmelo… >> la incoraggiai.
<< È vero che sei stato l’amante di Jane, l’ex fidanzata di James? >> chiese con flebile voce.
<< No! Assolutamente no! >> urlai alzandomi in piedi. << Chi ti ha messo in testa queste cose assurde?! >> continuai.
<< James me le ha raccontate e sono rimasta davvero delusa da questo tuo comportamento… >>.
La rabbia mi ribollì nelle vene. Tutti sapevano com’erano andate davvero le cose, perché mentire alla propria moglie? Forse perché aveva paura.
Sì, aveva paura che il suo comportamento potesse ritorcersi su di lui, poiché io ero tornato.
Respirai profondamente, girandole le spalle per calmarmi. In seguito mi voltai, pronto a raccontarle ogni verità, belle o brutte che erano.
<< Lavinia, è ora che tu sappia come stanno davvero le cose… >> dissi, risedendomi ancora accanto a lei.
Il suo sguardo era furioso, ma sapevo che stava cercando di capire cosa stesse succedendo.
<< Io e Jane, parecchi anni fa eravamo fidanzati ufficialmente… Eravamo una bellissima coppia, ma soprattutto ci amavamo… O almeno, io amavo davvero tanto lei. Mi faceva sentire bene, mi faceva ridere. Per non parlare poi della sua bellezza… >> dissi, sospirando per non far cadere quelle lacrime che si erano già preparate per fuori uscire. << Jane conobbe James e da quell’incontro tutto incominciò a cambiare. Non aveva quasi più tempo per me e si era spento qualcosa dentro di lei… Finché non scoprì cosa era davvero successo… >> continuai.
Una lacrima ribelle rigò la mia guancia, ma la lasciai cadere, cercando di trattenere le altre.
<< C-che cos’era successo? >> chiese con voce rauca.
<< James era l’amante di Jane… Io… Io non sono ancora riuscito a dimenticare Lavinia… Devi credermi, ci ho provato con tutto me stesso… >>.
Vidi l’agonia stampata nei suoi occhi; Quegli occhi che fino a un attimo prima erano di un verde acceso, in quel momento erano diventati cupi e pieni di odio. Non volevo certamente mettere zizzania nella coppia, ma questa era la verità ed era giusto che lei sapesse.
Improvvisamente, Lavinia mi abbracciò.
Inizialmente rimasi con le braccia a penzoloni, in seguito, la strinsi forte a me avvertendo ancora quel dolce odore che mi faceva sognare ogni volta che lo sentivo, diffondersi nei miei polmoni.
Ancora quelle emozioni frustanti si fecero strada nel mio inconscio. Era un misto tra piacere e odio, poiché io sentivo fortemente i sentimenti che mi faceva provare, molto simili a quello dell’innamoramento, ma non potevo amarla.
Apparteneva a un altro uomo ed era giusto così.
Eppure, in quel momento i nostri sguardi s’incrociarono.
Nella manciata di pochi secondi ci baciammo, lasciandoci andare all’euforia di quelle emozioni che fino a quel momento ci avevano travolto e uniti uno all’altro. Le toccai i fianchi e poi la strinsi nuovamente a me, per intrappolarla così che non andasse più via. Io e lei in quel momento eravamo un'unica persona, intrecciate da un unico destino nefasto.
Era tutto così magico, che pareva un sogno; Un sogno da cui non avrei mai voluto risvegliarmi.
Improvvisamente, però, lei si fermò e mi spintonò.
<< Che cosa stiamo facendo?! Ma siamo impazziti?! >> urlò alzandosi in piedi.
<< Scusa, hai ragione, non dovevamo… >> risposi intimidito.
<< Tra noi non è mai successo nulla, hai capito?! >>.
Detto questo, la vidi fuggire ma io la seguì, invano.
Quando arrivai nel giardino, lei era già tra le braccia di James. Chi sa se avrebbe pensato a me mentre lo baciava; Chi sa se avrebbe pensato a me il giorno del suo matrimonio.
In quel momento mi ero solo illuso che ci poteva essere qualcosa tra di noi. Ero stato uno sciocco a pensare ciò, eppure spesso lei si voltava a fissarmi mentre parlava con il suo futuro marito.
Era stato un errore.
Un grandissimo errore da cancellare.
Salì l’ampia scalinata ed entrai nella mia stanza.
I miei occhi si sgranarono quando vidi seduta sul mio letto Jane.
I suoi capelli mossi e castani non erano per nulla cambiati. I suoi occhi azzurri e luminosi quanto i miei, invece avevano una luce diversa. Sembrava essere cambiata, ma il motivo della sua presenza, proprio non lo capivo.
<< Ciao Tom, felice di rivederti… >> disse alzandosi in piedi.
Mi abbracciò e mi diede un bacio sulla guancia, probabilmente lasciandomi il rossetto sulla pelle.
Mi sembrava di essere ricaduto in quell’incubo che continuamente mi perseguitava e che non avrebbe mai avuto fine. Jane era tornata – non si sapeva per quale motivo – ed io in quel momento la odiavo terribilmente, avvertendo tutta la rabbia ribollire nelle mie vene pronta ad esplodere da un momento all’altro.

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Capitolo 8
*** Irrazionalità ***


Capitolo 8°: Irrazionalità.
 
Tom.

 

Rimasi sotto la finestra di Lavinia a pensare perché dai suoi occhi, scendevano delle lacrime amare. Infondo, era lei la prima che si era dimenticata del nostro fatale incontro, correndo immediatamente tra le braccia di James. Io, in un certo senso, mi stavo solo vendicando facendomi vedere con Jane.
Lei era seduta su una panchina con le braccia appoggiate allo schienale. Aveva le gambe accavallate e indossava un vestito rosso scuro. Era bella ed elegante, ma la odiavo. Si era spento tutto ciò che c’era tra noi, forse.
Non ne ero sicuro.
Ero un tipo imprevedibile, con me nulla era da dare per scontato. Nemmeno i miei sentimenti.
Mi sedetti accanto a lei, sentendo il suo odore che mi catapultava in quel passato dove eravamo felici insieme.
<< Mi dici esattamente cosa ci fai qui e che cosa vuoi da me? >> chiesi, incrociando le braccia al petto.
<< Te l’ho detto, sono stata invitata alla cerimonia e poi mi mancavi Tom… >> rispose con voce decisa e calma. << Mi mancavano i nostri momenti insieme… I nostri baci Tom, non li ho mai dimenticati… >> continuò, avvicinandosi al mio volto.
Eravamo così vicini, che potevo sentire i nostri respiri intrecciarsi.
Eppure in quel momento mi ricordai di Lavinia.
Il suo fare così sincero mi aveva conquistato, anche se spesso poteva sembrare antipatica a causa dei suoi sguardi furiosi. Lei mi aveva letteralmente strappato il cuore, ma ciò non faceva altro che deturparmi. Lavinia probabilmente non mi amava e considerava il nostro bacio, un errore fatale per il suo matrimonio.
Io, però, lo consideravo amore.
Passione.
Desiderio.
Jane, cercò di strapparmi un bacio, ma io mi allontanai.
Quante volte prima di conoscere Lavinia, avevo desiderato questo momento, ma in quell’istante l’unica cosa che volevo era che al posto della mia ex ragazza, ci fosse quella coraggiosa donna dai quegli occhi verdi e luminosi, che riusciva a farmi sentire felice.
Sì, mi aveva fatto sentire completo.
Una libertà che Jane, non mi aveva mai fatto provare.
<< Mi dispiace, ma io non sento più nulla per te… Mi hai tradito con mio fratello e tra noi è finita per sempre da quel giorno… >> dissi deciso.
<< Non mentire a te stesso Tom, io sono sicura che tu mi vuoi ancora… Lo leggo nei tuoi occhi… >>.
Stava cercando di persuadermi.
Voleva abbindolarmi, ma io non dovevo cadere nei suoi tranelli.
Non ancora.
Improvvisamente da lontano, vidi spuntare James. Si stava avvicinando verso di noi e mi sembrò di ricadere in quel passato in cui da parecchio tempo, non sapevo più cosa voleva dire ritorno.
Jane si alzò in piedi e mio fratello le baciò la mano, con tale sensualità che mi parve parecchio ambiguo il loro incontro.
<< Benvenuta nella nostra dimora… >> disse.
Restarono a guardarsi per qualche secondo, poi James mi fissò, come se volesse scrutare nei miei occhi se quell’azione mi stava dando fastidio, ma non era così. Mi era totalmente indifferente. L’unica cosa che odiavo e che un vero gentiluomo, sapendo che doveva sposarsi con una donna come Lavinia, non si sarebbe mai comportato in quel modo nei confronti della sua ex amante.
<< Sono venuto qui per avvisarvi che è giunta l’ora del pranzo… >> continuò.
<< Jane, vai dentro, io ho bisogno di fare quattro chiacchiere con mio fratello… >> dissi alzandomi in piedi.
Mi sincerai che fosse abbastanza lontana e incominciai a fare qualche domanda a James.
<< Hai invitato tu Jane al tuo matrimonio? >> domandai.
Lui si sedette sulla panchina e potetti vedere stampato sul suo viso, un bel sorrisetto malizioso.
<< Sì, perché? Non ti piace come idea? >> rispose in tono antipatico.
Lo afferrai dalla maglietta nera che indossava e lo guardai dritto negli occhi, con una rabbia tale, da scioglierlo solo con uno sguardo.
<< Che intenzioni hai con Lavinia?! >> urlai.
Lui mi spinse facendomi cadere a terra e in seguito si alzò in piedi, con l’aria di chi si vantava di avere una forza superiore.
<< Questa domanda dovrei farla io a te, o sbaglio? Passi troppo tempo con la mia donna, non so se l’hai notato… >>.
Mi rialzai in piedi e lo guardai con uno sguardo furioso.
<< E tu racconti un po’ troppe menzogne alla tua futura moglie! Sai come sono andate davvero le cose tra di noi, non c’è bisogno che le ribalti per accaparrartela! >> urlai più forte che potei.
<< Che cosa sei adesso?! Il suo confidente?! >>.
<< Sì, forse perché ha un uomo accanto a lei che non si accorge neanche di quanto soffre o di quanto sia sensibile! Come può confidarsi con un mostro come te?! >>.
Improvvisamente mi tirò un pugno ed io non ebbi neanche il tempo di reagire che me ne tirò un altro. Avvertì il sangue fuori uscirmi dalla bocca: perfetto, mi aveva spaccato il labbro. Riuscì, in seguito a tirargli qualche pugno a mia volta, ma lui esagerò mettendomi le mani al collo e stringendomelo.
Ero con le spalle contro l’albero. Cercavo di dimenarmi ma la sua stretta omicida, non allentava. Avvertivo il respiro che diventava sempre più fievole finché non lo sentì più.
Mi stava soffocando mio fratello, sangue del mio sangue.
<< James! Ma sei impazzito?! Che cosa ti è saltato in mente?! >> urlò una voce femminile.
La riconobbi immediatamente, proprio perché era dolce anche quando era furiosa.
Lui mi lasciò cadere, ma fissò lei con uno sguardo simile a quello di pazzo. Aveva gli occhi sgranati e soprattutto la sua pelle era diventata rossa a causa dei capillari che ribollivano sotto di essa. Incominciai a tossire e Lavinia immediatamente si tuffò su di me per vedere se stavo bene.
<< Lei è la mia donna! Devi starle lontano capito?! >> urlò.
<< Le donne, non sono un oggetto James… Dovresti capirlo… >> risposi con voce rauca.
Mi aggrappai a Lavinia, la quale cercò di farmi alzare in piedi.
<< Tappati la bocca James! Io e te, faremo i conti dopo! >> urlò Lavinia.
Lei era una donna coraggiosa e io in quel momento, mentre in un certo senso l’abbracciavo e la stringevo per non cadere, mi sentivo l’uomo più sicuro del mondo.
Ero ritornato tra le sue braccia; Tra le braccia della donna che amavo.

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Capitolo 9
*** Assurda follia ***


Capitolo 9°: Assurda follia.

Lavinia.

 

Avvertivo il calore di Tom sulla mia pelle, mentre lo aiutavo a salire la lunga scalinata della villa. Lui mi stringeva quasi con avidità, mentre probabilmente pregava che io non lo abbandonassi ancora, ma purtroppo potevo fare solo ciò.
Sapevo che James, in quel momento mi stava guardando. Sì, probabilmente stava tormentando se stesso mentre vedeva che invece di onorare lui, estimabile eroe, stavo cercando di salvare il più possibile lo sconfitto.
Il bellissimo e dolce sconfitto.
Mi voltai e notai la rabbia scaturirsi da James, poiché incominciò a dare diversi calci all’albero accanto a lui, che fino a pochi attimi prima era diventato un campo di battaglia dove Tom, stava probabilmente per perdere la vita.
Varcammo l’ingresso e lo portai in camera sua, stendendolo sul letto.
Lui mi fissava con gli occhi lucidi e con quello sguardo penetrante, invocava protezione da parte mia.
Oh, ma quanto avrei voluto abbracciarlo e dirgli che io per lui ci sarei sempre stata, ma sapevo che se l’avessi fatto, avrei mentito a entrambi. Io non potevo esserci per lui. Dovevo seguire la mia testa e sposare James, da coerente ragazza che sono sempre stata.
Gli disinfettai la ferita al labbro sedendomi accanto a lui sul letto e mi lasciò fare, ogni tanto gemendo dal dolore che gli provocava, poiché bruciava. Eppure lui si fidava di me e delle mie mani che cercavano di farlo stare meglio, curandolo.
<< Qui ho finito… >> dissi soddisfatta, mentre ripulivo il disordine lasciato dai materiali usati.
Feci per alzarmi, ma lui mi chiamò per nome, con voce flebile e passionale. Mi voltai e lo guardai dritto negli occhi. Lui mi afferrò la mano e incrociò le sue dita nelle mie.
“Oh, ti prego Tom. Non tentarmi. Non rendere difficile la situazione più di quanto non lo è…” pensai ricorrendo alla mia razionalità.
Purtroppo però, non potevo mentire al mio cuore.
Mi sentì compiaciuta dal fatto che lui mi aveva afferrato la mano in quel modo così seducente.
Adoravo che lui mi desiderasse, quanto io desideravo lui.
Ma questa era un’assurda follia.
In soli due giorni questo ragazzo aveva cambiato la vita di una cassiera in preda al panico a causa dello scarso guadagno. Sì, volevo che in quel momento i problemi fossero legati solo ai soldi e ai preparamenti per la cerimonia nuziale.
<< Lavinia, ti prego… Resta ancora qui con me… Non andare… >> disse stringendomi ancora più forte la mano.
Non riuscì a resistere e quando mi sedetti ancora accanto a lui, lo abbracciai forte. Forse probabilmente sarebbe stata l’ultima manifestazione d’affetto che avrei avuto nei suoi confronti. Le lacrime che stavo trattenendo ormai da un po’ di tempo, incominciarono a rigare nuovamente le mie guance già arrossate.
Quelle non erano però legate alla tristezza.
Oh no.
Per una volta stavo seguendo i miei sentimenti e forse quella sarebbe stata l’unica volta in cui li avrei esternati. Erano delle lacrime di gioia, perché stavo abbracciando l’unica persona che era riuscita a farmi innamorare in così poco tempo. Sì, io lo amavo e con tutta me stessa. Amavo di più lui dopo due giorni di conoscenza che James in due anni di fidanzamento.
Era qualcosa di strano, ma in quella giornata, volevo solo godermi quel momento e quella sensazione forte che mi portava sempre e costantemente tra le braccia di Tom.
Lui cominciò ad abbracciarmi forte, stringendomi a se con un fare così passionale, che avrei voluto rimanere lì, su quel letto, per sempre.
<< Perché piangi? >> chiese.
Gli misi delicatamente una mano sulla bocca, toccando quelle labbra così morbide e calde.
<< Ti prego, non parlare. Stringimi e basta… >>.
Il mio desiderio di averlo accanto era troppo forte. Appoggiai la testa sul suo petto e sentì i battiti accelerati del suo cuore che sembrava aver desiderato questo momento da molto tempo.
<< Oh ti prego Lavinia, dimmi che per te quel bacio non è stato solo un maledetto errore… >> disse, mentre mi stringeva ancora più forte a lui.
Feci capolino alzando la testa e guardandolo. In seguito, mi rimisi a sedere accanto a lui, mentre numerose lacrime scendevano bagnando il vestito che mi ero cambiata prima dell’imminente pranzo.
<< Ci sono tante cose che dovrei dirti Tom, ma non trovo il coraggio… >> risposi singhiozzando a causa del pianto.
Lui si mise a sedere in mezzo al letto, asciugandomi le lacrime e tenendomi stretta una mano nella sua.
<< Provaci… >> sussurrò.
<< Tom tra noi non ci può essere altro che una parentela… Sarebbe un’assurda follia se ci fosse di più… >>.
<< Dimmi che non hai provato nulla mentre mi baciavi. Dimmi che ora come ora, guardandomi negli occhi non sentiresti nulla. Se fosse così, allora Lavinia, ti lascerò andare… >>.
<< Mi dispiace Tom… Noi non possiamo… Io devo sposare James ed è giusto che sia così per entrambi. Ci saranno altre ragazze molto più belle di me, capaci di farti battere il cuore come ho fatto io… Non sono la ragazza che fa per te Tom… Dimenticami, è la cosa migliore… >> dissi, cercando di essere il più convincente possibile.
Quelle parole, mi avevano ferita come dei cocci di vetro, ma sapevo che probabilmente era la cosa giusta da fare. Prima o poi la fiamma nei suoi confronti si sarebbe spenta e lui avrebbe trovato un’altra migliore di me.
Io sarei diventata solo un ricordo; Un misero ricordo vivente nel profondo del suo cuore.
<< Sì… >> rispose, mentre i suoi occhi riempirono di lacrime. <felice me, se è ciò che desideri… >> continuò, con lo sgomento stampato sul volto.
Queste parole, invece, mi avevano toccata. Lui era riuscito a scrutare parti di me che nemmeno James aveva notato. Lasciarlo era la cosa più dolorosa da fare, ma non avevo altra scelta. Dovevo accontentarmi di ciò che avevo.
Mi alzai in piedi e mi avvicinai alla porta.
<< Lavinia, ricordati di me… Non dimenticarmi… >> sussurrò, quando misi la mano sulla maniglia.
Annuì, uscendo da quella camera intrisa di forti emozioni.
Proprio quando chiusi la porta alle mie spalle, sentì lievi gemiti provocati dal pianto provenire dalla stanza di Tom. Non avrei voluto farlo soffrire, ma non potevo più tornare indietro.
Se questa era la strada giusta, allora perché entrambi soffrivamo così tanto?
M’incamminai verso la mia stanza e non lontano da lì, incrociai quella ragazza bella e sensuale, che aveva fatto compagnia a Tom dopo il nostro momento d’inarrestabile passione. Fortunatamente non mi aveva vista uscire dalla sua stanza.
Mi guardò e in seguito mi fece un sorrisino malizioso.
<< Che cos’è successo? James ti ha già chiesto il divorzio? >> chiese, urtandomi la spalla.
<< Per tua informazione dobbiamo sposarci tra otto giorni! >> sbottai.
<< Uhm, nervosetta la ragazzina… Beh, in ogni caso, sono Jane Curtley. Divertitevi e figli maschi! >> esclamò, sarcastica.
Ebbene sì, avevo scoperto che quella donna era proprio l’ex dei due fratelli Odell. Mi si contorse lo stomaco, solo nel scrutare quegli occhi azzurri intrisi di malignità.
Si allontanò ed entrò nella camera di Tom.
Nel mio cuore, la malinconia e la tristezza avevano scavato un buco profondo, in cui lentamente mi stavo immergendo.
“Basta Lavinia, è giusto così…” pensai.
Eppure soffrivo.
L’avevo detto io stessa che doveva cercare un’altra donna migliore di me e probabilmente anche più bella.
E Jane, era forse la candidata migliore.

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Capitolo 10
*** Tradimento ***


Capitolo 10°: Tradimento.
 
Tom.

 

Quella giornata la passai a pensare e a scrivere, dopo aver cacciato Jane dalla mia stanza. Soffrivo molto per la scelta di Lavinia. Mi sentivo distrutto, quasi come un vagabondo che perdeva la strada per tornare a casa.
Passò un’intera giornata, dove io e lei c’ignorammo completamente. Forse solo i nostri sguardi parlavano, mentre le nostre menti continuavano a ripeterci cos’era in realtà importante comprendere. Il mio cuore era sempre più a pezzi, soprattutto quando pensavo che lei in realtà mi amava, ma non poteva andare contro un impegno già preso.
Ed ecco, che come un fantasma mi aggiravo nella villa a sette giorni dalle nozze. Nel salone principale, c’erano già alcuni facchini alle prese con i preparativi. Mia madre ebbe la grandiosa idea di far portare il mio pianoforte da Londra per il grande evento, dimenticandosi di quello montato nella stanza segreta. La lasciai fare, infondo quello doveva essere il mio covo.
Mi sentivo un vero straccio. Non c’era nulla che potesse rendermi felice in quel momento, neanche il mio pianoforte. Io amavo davvero Lavinia e non volevo rinunciare a lei, ma la nostra lontananza mi faceva solo del male.
Chi sa se mi stava pensando.
“Devo smetterla… Mi devo rassegnare al pensiero che lei non tornerà più tra le mie braccia…” pensai.
Mi recai in giardino, dove mi sedetti su una delle panchine presenti. Fissai il tramonto che dava il benvenuto alle nuvole oscure della notte e quel sole che sembrava nascondersi intimidito dagli sguardi altrui.
Improvvisamente sentì il rumore delle ruote di auto che strisciavano sull’asfalto. Mi voltai e mi accorsi che era James che sfrecciava nel vialetto della villa insieme a una donna, che non pareva Lavinia e non poteva essere lei poiché era dalla parrucchiera per provare le acconciature per il matrimonio.
Presi la macchina di mia madre, la quale lasciava sempre le chiavi sulla ruota, e la misi in moto cercando di seguirlo. Stava architettando qualcosa alle spalle della sua sposa ed io dovevo saperlo.
James si fermò davanti a un bar di cui non lessi l’insegna, ma riuscì immediatamente a capire chi era la ragazza che portava con se.
Jane stava scendendo dalla macchina di mio fratello, proprio quando lui l’aiuto porgendole una mano. In seguito, le mise una mano sulla spalla ed entrarono nel locale, senza accorgersi della mia presenza.
Mi sentì ferito per Lavinia, la quale probabilmente era ignara di tutto ciò.
Entrai nel locale facendo attenzione a non farmi scorgere e mi sedetti in un tavolino, non lontano da loro. Presi il giornale che era poggiato su di esso e mi ci nascosi dietro. Da quella postazione potetti ascoltare le loro conversazioni.
<< … Potresti dire a Lavinia che non l’ami più, qual è il problema? >> chiese Jane, mentre sorseggiava la sua spremuta.
<< Non è tutto così facile… E poi il fatto che tu sei la mia amante, mi diverte ancora di più… >>.
Rimasi sorpreso da quella frase.
“Amante?” pensai.
Ebbene sì, probabilmente quell’intrigo che esisteva all’epoca di quando io e Jane eravamo insieme, stava continuando, ma questa volta contro Lavinia. Lei non sapeva neanche chi era la persona che stava per sposare.
Lui non l’amava e non la desiderava.
Io invece a differenza sua, sì.
Feci capolino dai fogli di giornale e vidi che si stavano baciando.
Io avevo capito tutto, da quando James l’aveva invitata al loro matrimonio e le aveva sfiorato la mano con le sue labbra carnose.
<< Ti ho vista troppo attaccata a Tom in questi giorni… >> disse.
<< Tra me e Tom è finita da un pezzo, stavo con lui solo per farmi notare da te… È troppo noioso per i miei gusti. Ogni volta che mi parla, sembra di addormentarmi in piedi… >> rispose.
James incominciò a ridere, mentre io volevo solo andarmene, ma dovevo restare lì per il bene della donna che amavo.
<< Tu sei sicuro che in realtà non provi ancora qualcosa per Lavinia? >> continuò, stavolta con uno sguardo cupo.
<< Sicurissimo… Io amo solo te, ma non posso lasciarla così… I miei genitori mi hanno rassicurato che quando mi sarò sposato con lei, mi daranno tanti soldi e mi compreranno una casa nuova… Poi mio padre mi cederà il posto di capo nella sua azienda… A quel punto la lascerò e noi potremmo stare insieme senza nessun ostacolo… >>.
Il mio cuore incominciò a battere velocemente. Com’era possibile che Lavinia fosse circondata da persone così false e meschine? La rabbia cominciò a ribollirmi nelle vene al solo pensiero che James la usasse per i suoi scopi.
Ogni giorno le dava un bacio, ma uno traditore e falso; Un bacio che avrebbe preferito dare a Jane; Un bacio che avrei voluto strappare io a quelle labbra così morbide e a una donna che chiedeva solo di essere amata.
Una cameriera si avvicinò a me, con un fare molto cauto.
<< Mi scusi, posso offrirle qualcosa? >> chiese.
<< Magari più tardi… >> risposi, voltandomi a guardarla.
<< Oh mio Dio! Ma tu sei Tom Odell! >> esclamò a gran voce.
Immediatamente vidi tutte le persone girarsi a fissarmi, compresi James e Jane, i quali mi guardarono stupiti, ma allo stesso tempo terrorizzati, poiché avevano capito che io avevo udito tutto.
Parecchi furono gli autografi che feci e le foto che mi vennero scattate con le mie fan, ma purtroppo persi di vista i due amanti i quali si erano sicuramente dati alla fuga.
Quando uscì dal locale, la prima cosa che feci, fu mettermi in macchina e guidare fino a casa, sperando che Lavinia fosse già tornata.
Lei doveva sapere cose che non gli sarebbero mai state rivelate.
Giunsi ben presto alla villa, notando che la macchina di James non era ancora parcheggiata nel solito posto, ciò voleva dire che era ancora in giro. Salì, le maestose scale di marmo e mi ritrovai nel salone già allestito in gran parte. Una sensazione di vuoto, mi perforò lo stomaco ma immediatamente ritornò leggiadro quando vidi Lavinia scendere la scalinata sulla sinistra.
Indossava un vestito blu con una cintura nera in vita. I suoi tacchi neri calzavano a meraviglia con quel piedino da fata che si ritrovava.
Incominciai a sorriderle e lei ricambiò con la sua solita espressione seria e furiosa.
La raggiunsi alla fine del corrimano e potetti notare il suo disaggio, ma non m’importava. La passione che c’era stata tra di noi io non l’avevo dimenticata e mi comportavo in realtà, come se fosse la mia fidanzata e non come una semplice cognata.
<< Sei bellissima… >> le sussurrai nell’orecchio.
Lei arrossì e fece qualche passo indietro.
<< Ok scusa… In ogni caso, ho bisogno di parlarti, è importante… >> continuai.
<< Se si tratta della nostra storia, ci siamo già detti tutto Tom… >> rispose, con gli occhi già semi lucidi.
<< No, è una cosa che devi assolutamente sapere… Ti prego… >>.
Lei si convinse e mi portò nella sua camera, dove chiuse la porta alle sue spalle per vietare la visione del nostro incontro a sguardi indiscreti.
La sua stanza aveva il suo stesso profumo sublime e dolce. Questo m’inebriò e mi riempì i polmoni. Era come riassaporarla dopo tanto tempo di lontananza.
<< Allora che dovevi dirmi? >> chiese appoggiandosi al davanzale della sua finestra.
<< Poco fa, ho visto James andare via in macchina con un’altra donna… Era Jane… >> risposi, grattandomi il capo dal nervosismo. << Li ho seguiti e ho ascoltato i loro discorsi… Ti stanno ingannando Lavinia e mi sembrava giusto dirtelo… >> continuai.
<< E sai io cosa ti dico? >>.
<< Cosa? >>.
<< Che sei uno stupido! Pensi ancora che possa credere alle tue bugie! James mi ha spiegato come stanno davvero le cose tra di voi e l’unico verme che si è dimostrato tale, sei tu! >>.
Mi sentì sprofondare nel pavimento.
Sentirsi dire quelle parole da lei era come procurarsi una morte lenta e atroce.
<< Che cosa stai dicendo? Perché ti rivolgi in questo modo? >>.
<< Sto dicendo la verità! Tu mi hai ingannata fin dall’inizio! In realtà tu hai amato sempre e solo Jane, io ero solo un rimpiazzo. Io non ti permetterò di rovinare il mio matrimonio! >> urlò.
Aprì la porta con rabbia e m’invitò a uscire velocemente.
Come poteva essersi spento tutto così velocemente? Forse, aveva ragione. Ero uno stupido, sì, ma a pensare che probabilmente tra noi c’era ancora qualcosa.
Io ero stanco di essere abbandonato da tutti alle mie sorti. Nessuno pensava a me, anzi tutti sembravano degli aguzzini pronti a ferirmi. Infatti, quello che io pensavo fosse un angelo caduto dal cielo, in realtà si era dimostrato una vera e propria vipera.
Le lacrime incominciarono a scendere nuovamente e mi chiusi in camera mia, sbattendo forte la porta. Dall’atroce rabbia, incominciai a buttare sul pavimento tutto ciò che c’era sulla scrivania, riempiendo così, principalmente, la stanza di cartacce e scarabocchi che animano la mia mente. Anche la libreria zeppa di volumi cadde. Strappai poi tutte le foto che possedevo e le lasciai cadere a terra. Mi accasciai, infine, con la schiena contro il muro e la testa tra le gambe. Cercai di trattenere i gemiti mordendo il pugno che tenevo chiuso a causa della furia che ribolliva in me.
“On another love… All my tears have been used up” pensai, alludendo alla mia canzone che aveva scalato le classifiche britanniche.
Forse, farla finita era l’unica cosa migliore.
Forse.

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Capitolo 11
*** Resta con me ***


Capitolo 11°: Resta con me.
 
Lavinia.

 

Restai a pensare a lungo alle parole di Tom, mentre seduta sul mio letto delle lacrime volevano fuori uscire, ma ero stanca di piangere. Stavo trascorrendo la settimana peggiore della mia vita e come se non bastasse, altre rivelazioni si erano insediate nella mia mente, così come un pericoloso tumore s’insidia nelle cellule sane, divorando tutto.
“E se Tom, invece aveva ragione?” pensai.
Mi ricordai di quando James mi aveva detto che la sua era un’estimabile verità e che aveva visto Tom, recentemente, baciarsi con Jane in giardino. Mi si distrusse il cuore e accettai il mio imminente matrimonio, cercando di dimenticare quegli occhi azzurri che tanto mi avevano fatto crogiolare.
In quel momento però, era giunta l’ora di scoprire la verità; Era giunta l’ora di agire.
Uscì dalla mia camera e mi diressi in quella di James, facendo attenzione a non farmi vedere da occhi indiscreti. Questa era un ammasso di confusione. Parecchi vestiti erano buttati alla rinfusa sul pavimento e il letto non era neanche stato rifatto. La sua scrivania, invece, assomigliava per lo più a una lavatrice.
Tom era molto più ordinato.
Incominciai a frugare nei cassetti alla ricerca di qualche indizio che mi facesse presuppore che il soave cantante avesse ragione e che mi stesse ingannando. Sotto cumuli di vestiti e biancheria, trovai qualcosa che non mi aspettavo e che mi fece sgranare completamente gli occhi.
Cocaina.
Era racchiusa in una bustina trasparente e spessa.
Quello che sembrava in realtà il ragazzo buono e perfetto, invece era un drogato.
Il mio futuro marito, era un drogato.
Fissai quella bustina con tutto il ribrezzo e il disgusto che potevo provare. In seguito la rovesciai fuori dalla finestra, facendo cadere il contenuto sul prato.
Improvvisamente vidi un’auto sfrecciare nel vialetto di casa Odell, accorgendomi in realtà che era Tom. Stava forse fuggendo dal clima di oppressione della casa; Stava forse fuggendo da me, il mostro dei suoi sogni.
Corsi fuori da quella stanza pensando che quando avrei visto James, probabilmente avrei litigato con lui per la droga trovata nel cassetto. Entrai nella mia camera, chiudendo la porta alle mie spalle furiosa e pestai un foglio giallastro sul pavimento. Lo riconobbi immediatamente, lo raccolsi e ne lessi il contenuto.
“Caro amore mio,
non avrei mai voluto scriverti questa lettera, ma purtroppo non sai neanche quanto soffro per la nostra lontananza. Prima d’incontrarti, quando aprivo gli occhi a ogni mio risveglio, mi rendevo conto di quanto la mia vita facesse schifo. Odiavo tutto e soprattutto me stesso per il mio fare troppo categorico e classico. Molti non riuscivano a comprendere il mio problema, forse perché pensavano che chiunque possedeva dei soldi era felice, ma non è assolutamente così. Io la mia felicità l’ho trovata qui, arrivando in questa villa, proprio quel giorno dove ti ho incontrata nel passaggio segreto. Ho subito capito che eri una persona sincera. Ma cosa dico. Tu sei stata l’unica ragazza che è riuscito a mettermi a mio agio fin da subito. L’unica ragazza che mi ha fatto provare sentimenti indescrivibili, ma che ormai so che non proverò mai più. Tu hai deciso di restare con James. Ma la cosa più giusta per me, penso sia farla finita. Tu magari sposerai mio fratello e sarai la donna più felice del mondo, mentre io mi toglierò da mezzo com’è giusto fare. Preferisco morire che vedere la donna che amo tra le braccia di un altro. Oh ti prego, non cercarmi, ma ti chiedo solo di non dimenticarmi mai. Ricordati solo il mio viso mentre in tua compagnia sorridevo. Ricordati solo del nostro bacio in riva al lago. Ricordati solo del nostro amore e nient’altro.
Tom”.
Balzai in piedi e incominciai a correre, lasciando cadere il foglio sul pavimento, ignara di chiunque potesse trovarlo. Mi tolsi le scarpe e percorsi le rampe di scale con un’adrenalina tale, da raggiungere il giardino in pochi secondi. Mi sedetti in macchina e la misi in moto, scheggiando su quel viale sui cui all’inizio di quest’avventura arrivai aggraziatamente e dolcemente.
La pioggia incominciò a cadere e la vista si offuscò, confondendo i veicoli e i vari soggetti.
<< Oh Tom, ti prego! Dimmi che non hai combinato cazzate! Dimmi che non è troppo tardi! >> dissi accelerando.
Sfrecciavo sulle strade di Chichester come non avevo mai fatto in vita mia. Il cuore mi batteva forte e il respiro incominciò a farsi sempre più veloce.
Ero in preda al panico.
Non sapevo se dovevo piangere o se semplicemente urlare le mie lodi di dolore.
Sapevo solo che dovevo trovare Tom.
Improvvisamente vidi un’auto – con una portiera aperta e le quattro frecce attivate – su un ponte che collegava due strade divise da un canale e fortunatamente in quei giorni, la parte opposta era chiusa al traffico.
Scesi dal mio veicolo, bagnandomi tutti i vestiti e vidi Tom, accanto alla ringhiera di sicurezza di ferro, pronto a gettarsi nell’acqua e affogare così la sua sofferenza. Immediatamente corsi verso di lui e lo abbracciai prima che potesse fare qualcosa di avventato.
<< Non lo fare! Abbracciami e basta! >> urlai.
Ma lui, si dette ugualmente la spinta.
Con tutte le mie forze lo trascinai verso la strada, vincendo io e l’amore che provavo per lui. Entrambi cademmo sull’asfalto bagnato. Lui si trovava sopra di me e mi fissò attentamente con i suoi occhi belli e profondi.
Mi strinse forte a se ed io potetti avvertire i suoi abiti bagnati imprimersi contro i miei.
Non m’importava.
Non m’importava neanche della pioggia.
Quel momento era solo nostro e c’eravamo solo noi, mentre i nostri cuori sussultavano all’unisono in un unico battito. Avvertì il suo respiro forte e veloce nelle mie orecchie, mentre con una mano mi stringeva i capelli bagnati, facendomi sua e di nessun altro. Eravamo un'unica anima e ardente era il desiderio dell’altro. Questa lontananza che doveva essere benevola, in realtà ci aveva fatto solo del male ed io non avevo neanche lontanamente capito quanto avesse ferito anche me stessa.
<< Scusa Lavinia… Scusa… >> sussurrò, mentre mi stringeva sempre più forte.
<< Va tutto bene Tom… Va tutto bene… >> risposi abbracciandolo forte a me.
Averlo accanto era una bellissima sensazione. Mi sentivo bene e libera da ogni peso opprimente. Non ci potevo credere che eravamo finalmente insieme, proprio lì, su quella strada che avevo percorso milioni di volte anche in compagnia di James.
No, in quel momento non volevo pensare a lui.
Io volevo Tom e basta.
Sì, lo volevo.
Lo desideravo sempre di più.
Lui mi guardò ancora e improvvisamente mi baciò.
Mi strinse i fianchi passionalmente, mentre le nostre labbra erano costantemente alla ricerca dell’altro e si toccavano avidamente, esattamente come accadde quel bellissimo e indimenticabile giorno alla riva del lago, dove avevamo chiamato quel gesto di vero amore, un futile errore. Poggiai i palmi delle mie mani sul suo volto, assicurandomi di stringerlo abbastanza per non farlo fuggire via. Aumentammo il ritmo del bacio, quasi come se ci stessimo nutrendo del nostro amore profondo. Improvvisamente ci trovammo a cavalcioni uno sull’altro, sotto quella pioggia incessante. I nostri sguardi s’incrociarono e capimmo che avevamo ancora bisogno dell’altro. Le nostre labbra si toccarono nuovamente ed io potetti assaporarle e morderle, mentre ancora lui mi stringeva forte a me cercando di non farmi fuggire. I nostri respiri s’incrociarono mentre sempre più avidamente ci baciavamo e cercavamo l’altro.
Oh no, questa volta non l’avrei più lasciato.
Questa volta, l’avrei amato per sempre.

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Capitolo 12
*** Pericoloso ***


Capitolo 12°: Pericoloso.
 
James.

 

Quella notte, mi sentì un po’ nervoso, mentre in macchina con Jane facevo ritorno verso casa. Mio fratello si era intromesso nei miei affari, spiandomi e probabilmente i miei segreti erano già stati svelati.
Diedi un’occhiata a Jane con la coda dell’occhio. Era seduta accanto a me con le gambe accavallate, mentre il suo sguardo pareva perso nel vuoto e pensieroso. La sua mano era poggiata sulla tempia, bloccando così anche i ciuffi ribelli che cercavano di caderle su quel volto delicato.
<< Capisci che se quello stupido parla, per noi è la fine?! >> urlò.
<< Tranquilla, probabilmente non avrà sentito nulla… >>.
<< Dovevamo stare più attenti! >>.
<< Ma lo siamo stati! Tom è uno sciocco, non ha sicuramente capito nulla… >>.
Lei si zittì, finché non imboccammo la piccola stradina di campagna che ci avrebbe portato alla villa. Arrivati a destinazione scendemmo e dopo esserci assicurati che nessuno ci stava guardando la baciai, ma sentivo l’insicurezza che Jane traspariva.
Entrammo e salì in camera, tuffandomi immediatamente sul letto dopo l’estenuante giornata. Mi addormentai, ma fui travolto da continui e incessanti incubi. Mi girai e mi rigirai tra quelle lenzuola stropicciate, con il cuore che batteva forte e il respiro che diveniva sempre più affannoso.
Balzai, rimanendo seduto al centro di quel letto disordinato. La testa mi girava e incominciai a tremare. Girai la testa verso destra per guardare l’ora che mi accorsi che erano le quattro del mattino.
“Ma quando finirà questa nottata infinita?” pensai.
Sapevo di cosa avevo bisogno per rilassarmi.
Scesi dal letto e incominciai a cercare nell’ultimo cassetto del comodino, l’unica cosa capace di rilassarmi e farmi sentire bene.
Non c’era.
Incominciai scavare in tutti i cassetti, ma nulla. Nessuna traccia. Provai a guardare sulla scrivania e nell’armadio, ma anche lì, le ricerche furono vane. L’unica persona che sapeva dell’esistenza della cocaina all’interno della mia stanza era Jane.
“Un momento, lei è stata con me tutto il giorno…” pensai, passandomi una mano tra i capelli. “Deve averla presa molto prima!” continuai.
Uscì dalla mia stanza e mi recai a passo svelto verso quella che era la camera di Jane, ma proprio davanti a quella porta bianca, trovai calpestai un foglio giallastro. Il corridoio era buio e non riuscivo a leggerne il contenuto.
Tornai nella mia camera e accesi la luce del comodino, dedicandomi alla lettura.
Caro amore mio,
non avrei mai voluto scriverti questa lettera, ma purtroppo non sai neanche quanto soffro per la nostra lontananza… Tu sei stata l’unica ragazza che è riuscito a mettermi a mio agio fin da subito. L’unica ragazza che mi ha fatto provare sentimenti indescrivibili, ma che ormai so che non proverò mai più. Tu hai deciso di restare con James… Preferisco morire che vedere la donna che amo tra le braccia di un altro. Oh ti prego, non cercarmi, ma ti chiedo solo di non dimenticarmi mai. Ricordati solo il mio viso mentre in tua compagnia sorridevo. Ricordati solo del nostro bacio in riva al lago. Ricordati solo del nostro amore e nient’altro.
Tom”.
Lessi tutto a grandi linee, ma la situazione si presentò immediatamente chiara davanti ai miei occhi. Jane, la mia amante e donna che amavo, mi stava tradendo a sua volta con il suo ex fidanzato, ovvero mio fratello.
Avvertì la rabbia ribollirmi nelle vene e ancora tremante, strappai quel foglio buttandolo con forza nell’immondizia. Strinsi i pugni e mi tirai due schiaffi.
“Che stupido che sono stato!” urlai dentro di me.
Accecato dalla sofferenza e dalla dipendenza di cocaina, mi diressi nella camera di Jane, chiudendo la porta alle mie spalle. Accesi la luce e la fissai mentre beata e spensierata dormiva sul suo soffice letto.
Le afferrai i capelli e le tappai la bocca con mia mano. Lei, ormai sveglia cercò di dimenarsi, ma io la scaraventai giù dal letto. Jane sdraiata sul pavimento, cercò di rialzarsi mentre mi guardava con un’aria furiosa.
<< Si può sapere cosa ti salta in mente?! >> disse, spingendomi contro il muro.
Io la presi di spalle e le tappai la bocca.
<< Non urlare… >> dissi estraendo un coltellino dalla mia tasca e puntandoglielo alla gola. << Altrimenti questo coltello si conficcherà nella tua aorta… >> continuai.
Lo riposi in tasca, la spinsi nuovamente a terra e le diedi dei calci nello stomaco, scaricando la rabbia che dentro di me voleva scoppiare. La potetti vedere tremante sul pavimento mentre dalla bocca sputava del sangue; Un sangue amaro e spietato.
<< P-perché mi fai questo? >> disse con voce flebile.
L’afferrai per il pigiama di flanella che indossava e la spinsi contro il muro, afferrandole il volto che le mie mani.
<< Mi hai rubato la cocaina che era nel mio cassetto e te la sei sniffata tutta! Mi hai tradito con mio fratello, puttana! >> risposi.
Detto ciò, le tirai un pugno sulla guancia destra, ma probabilmente le spaccai il setto nasale a giudicare dal sangue che fuori usciva dalle sue narici.
Lei era ormai sfinita sul pavimento e m’implorava con i suoi dolci occhi azzurri di lasciarla stare. No, io non riuscivo. Nonostante dentro di me la mia coscienza mi diceva che la stavo combinando grossa e che Jane forse non si meritava quel trattamento, la mia mente era già decollata in quel cumulo di violenza che ero diventato.
La presi nuovamente e le sbattei la testa contro il muro. In seguito, le misi le mani attorno al collo e con tutta la forza che avevo, la uccisi, soffocandola esattamente come stavo per fare con Tom in giardino.
Lei era inerme sul pavimento mentre ancora io non mi rendevo conto dell’atto che avevo appena commesso. Avevo ucciso con le mie stesse mani, la donna che amavo; La donna che avevo sempre desiderato accanto a me.
M’inginocchiai davanti al suo cadavere insanguinato e incominciai a toccarlo con le mie sudice mani da assassino.
<< Oh Jane! Che cosa ho combinato? >> dissi, incominciando a piangere.
Ero pazzo.
Sì, un pericoloso pazzo pronto a colpire ancora.
Un assassino, pronto per la prossima vittima.

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Capitolo 13
*** Dolci momenti d'amore ***


Capitolo 13°: Dolci momenti d’amore.
 
Tom.

 

Il sole già illuminava metà della stanza quando aprì gli occhi. Quella mattina mi svegliai felice e spensierato come non lo ero mai stato. Lavinia era lì, accanto a me, e avevamo dormito insieme per tutta la notte in un hotel di Chichester.
La vita non avrebbe potuto farmi un regalo più bello.
La fissai mentre i suoi preziosi occhi verdi erano ancora chiusi e se ne stava rannicchiata sotto quelle lenzuola giallastre, le quali erano state protagoniste della nostra notte d’amore e passione.
Lavinia, respirava silenziosamente mentre i suoi capelli erano stesi su quel cuscino morbido, dove era poggiata la sua testa. Le diedi un bacio sulla fronte e in seguito mi sdraiai, fissando il soffitto bianco.
Non potevo credere che fino a qualche ora prima volevo suicidarmi. La donna che amavo di più al mondo, invece mi aveva salvato la vita. Restare senza di lei per me equivaleva alla morte; Una morte, ben peggiore di quella fisica.
La vidi rigirarsi e avvicinarsi a me. Sentì le sue mani calde toccarmi il petto e poi vidi quegli occhi che tanto amavo aprirsi. Sul suo volto si stampò un sorriso compiaciuto e subito mi strinse forte a lei, poggiando la testa sulla mia pelle morbida e calda.
<< Ben svegliata… >> dissi, passando la mia mano attraverso i suoi capelli lisci e lunghi.
Lei mi guardò e in seguito mi diede un bacio, ma io non potetti resistere alla sua lontananza. Gliene diedi un altro e poi un altro, sedendomi in mezzo al letto, finché lei non mi mise un dito sulle labbra, fermandomi. Lavinia sorrideva mentre mi osservava. Probabilmente avevo la mia solita espressione sciocca e mi pentì immediatamente di averla stampata sul mio volto.
Mi sdraiai nuovamente, voltandomi e fissando l’altra parte della stanza.
<< Che cosa ti prende? >> mi chiese.
<< Lavinia, questa domanda avrei voluto fartela fin dal principio, ma non ho probabilmente mai avuto il coraggio… >> risposi, guardandola negli occhi.
<< Dimmi pure… >>.
<< Come puoi esserti innamorata di un ragazzo come me? Insomma, guardami! Sono uno sciocco, sono noioso e ogni volta che parlo mi sembra di essere una polverosa libreria… Non ti annoi quando sei accanto a me? >>.
<< Vuoi sapere la verità? >> mi chiese. << Ebbene sì, sono state proprio queste cose di te che mi hanno conquistato. La tua intelligenza e passione. Oh Tom, non devi essere così pessimista nei tuoi confronti! Tu sei la persona più vera che abbia mai incontrato. Sei un uomo con dei veri sentimenti e soprattutto sensibile ed emotivo. Per la questione dello sciocco… Beh, hai ragione purtroppo… >> continuò.
La guardai impietrito mentre lanciava quelle sentenze così dolci verso il mostro di persona che ero, ma allo stesso tempo lo sgomento si stava per avventare sul mio volto poiché mi aveva dato dello sciocco. Ebbene sì, anche la donna che amavo mi trovava uno stupido.
<< Eh sì, tu sei proprio il mio sciocco… Uno sciocco bellissimo… Lo sciocco di cui mi sono innamorata… >>.
Detto ciò, si fiondò su di me, baciandomi e stringendomi a se. Ci rigirammo tra quelle lenzuola meravigliose che assomigliavano un po’ ai nostri sentimenti. Così contrastanti e così passionali. Assaporavo quelle labbra morbide e calde, con avidità. Le baciai il collo e le spalle, sentendola ansimare silenziosamente dal piacere.
Tutto quello che doveva essere un fatale errore, era diventato un amore meravigliosamente piacevole e intrinseco di passionalità.
Ero felice e non volevo altro nella mia vita se non lei.
Neanche scalare le classifiche britanniche mi aveva fatto sentire così appagato. Sì, era proprio lei il tassello del puzzle mancante della mia tormentata vita. Io l’amavo e l’avrei onorata per sempre, finché morte non ci avesse separato.
Ma che cosa dico?
La morte con lei non sarebbe mai esistita.
Lei era il mio paradiso.
Anzi, dove lei era presente, c’era il paradiso.
Come potrei descrivere la felicità assoluta di un uomo?
Oh no, non ci sono parole per poter informare le persone estranee. Quel sentimento era condiviso solo tra me e Lavinia e probabilmente avremmo potuto sentirlo unicamente noi.
Sì, Lavinia era un angelo venuto a salvarmi dalla mia catastrofica vita.
Lei mi stringeva ancora forte, mentre cercava di strapparmi un ultimo bacio. Le mie labbra spinsero sulle sue e incominciammo a cadere in quel fondo tunnel di emozioni. La toccai sì, e più lo facevo e più tutto mi sembrava inverosimile. Non potevo ancora credere che la donna della mia vita, in quel momento si trovava esattamente tra le mie braccia.
<< Oh Tom, non sai neanche quanto ti amo. Il mio cuore sembra quasi scoppiare ogni volta che sei al mio fianco. Ti prego, dimmi che tutto questo non finirà… >> disse Lavinia, in tono supplichevole.
Oh no, io non l’avrei mai più lasciata andare, anche se questo voleva dire avere una relazione clandestina in quella villa di miliardi di camere, pronte a incarcerarci. Sarei andato contro anche mio fratello pur di averla ancora pochi istanti accanto a me.
Gli misi un dito sulle labbra e Lavinia mi fissò impietrita. Si stava forse chiedendo cosa stavo per fare.
Pronunciai un dolce “Shhh” e subito dopo sussurrai al suo orecchio in tono sensuale: << Baciami e basta… >>.
Affondammo ancora in quello che era un bacio intriso di passione e piacere, mentre sembrava che danzavamo una melodia che esisteva solo nella nostra testa e che faceva parte solo di noi, esattamente come un musicista alla ricerca dell’ispirazione primaria, scritta solo e unicamente nel suo cuore.

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Capitolo 14
*** Amore eterno ***


Capitolo 14°: Amore eterno.
 
Lavinia.

 

Ritornammo alla villa separatamente, così che nessuno si accorgesse che avevamo passato un’intera notte insieme, intrisa di quell’amore forte che ci univa inevitabilmente, ma composta anche da quella paura che tutto avrebbe potuto finire e sgretolarsi come dei mattoni vecchi di una casa.
Mentre percorrevo il vialetto ghiaiato della villa, pensavo al modo migliore per troncare definitivamente la mia storia con James ed evitare così il matrimonio, ma servivano scuse appropriate con prove fondate. Forse potevo utilizzare la notizia che mi aveva riferito Tom, ovvero che mi voleva ingannare e che mi tradiva con Jane o il ritrovamento della cocaina.
A pensarci non mi faceva né caldo né freddo.
Ormai il mio posto l’avevo trovato ed era accanto a Tom, quel cantante intrinseco di passione che mi aveva rubato letteralmente il cuore.
Percorsi l’ampia scalinata che si estendeva davanti a me, ripercorrendo nella mia mente il ricordo indimenticabile del nostro secondo incontro. Mai mi sarei aspettata di finire dritta tra le sue braccia e di assaporare per la prima volta in vita mia quello che veniva chiamato vero amore.
Magico e profondo.
Questi erano gli aggettivi con cui lo descrivevo.
Varcai il portone d’ingresso e avvertì un’atmosfera tesa e malinconica. Sentì delle persone piangere e invocare il nome di Jane Curtley.
Giunsi in soggiorno e potetti vedere tutti i componenti della famiglia Odell distrutti dal dolore, mentre seduti su quelle sedie di legno, assaporavano la malinconia del momento. Anche i miei genitori erano presenti, ma restavano isolati dal corteo. Mia madre appena mi vide mi corse in contro e mi abbracciò forte. I suoi capelli biondi erano cresciuti un po’ da quando l’avevo lasciata in quella casa, mentre i suoi occhi verdi luccicavano mentre guardavano il mio viso. Il mio fratellino Derek, invece, aveva un’espressione scocciata e stringeva forte le braccia al petto per dimostrare la sua indole da bambino capriccioso. Mio padre restava inerme, facendomi un sorriso e sistemandosi i suoi occhiali da vista. Probabilmente era emozionato per le nozze imminenti.
Oh, se avessero saputo del misfatto.
Forse li avrei delusi.
Ma il quel momento non m’importava.
I miei sentimenti mi legavano a un altro uomo. Colui, che proprio in quel momento, varcò la porta d’ingresso e mi sorrise. Ci spostammo fuori dal soggiorno e lui si avvicinò a noi, con le solite mani in tasca.
<< Piacere… >> disse, stringendo le mani ai miei familiari. << Sono il fratello dello sposo… >> concluse.
<< Molto lieta! >> rispose mia madre. << Aspetta un attimo… Hai un viso familiare… Tu sei Tom Odell, giusto? >> continuò.
<< Sì, esatto in carne e ossa! >>.
Mia madre, Rosalinda Emberson dall’età di quarant’anni esatti, conosceva il famigerato cantante Tom Odell. Quell’aspetto mi stupì parecchio, tanto che incominciai a sentirmi un po’ a disagio.
<< Che cos’è successo che tutti stanno piangendo? >> chiesi.
<< È successa una catastrofe… È stata ritrovata una donna questa mattina nel fiume e dalla sua identità, sono risaliti al nome si Jane Curtley, ovvero una ragazza che stava vivendo qui per assistere al vostro matrimonio… Dicono che si è suicidata… >> spiegò mia madre, con un espressione malinconica.
Potetti notare il viso di Tom divenire cupo all’improvviso. Probabilmente, stava soffrendo in silenzio. Certo, quella donna gli aveva fatto del male e l’aveva ferito, ma purtroppo sapevo benissimo che le persone importanti, nonostante tutto, non potevano essere dimenticate.
Potevo capirlo. Potevo sentire il suo sgomento e la sua perdita, e mi bastava solo uno sguardo. Mi sentivo in un certo senso empatica nei suoi confronti, forse perché condividevamo tante cose.
<< Scusate… >>.
Detto ciò, Tom si allontanò raggiungendo sua madre nel soggiorno e abbracciandola forte a se. Speravo che si sarebbe confidato con me mi più tardi e mi promisi di capirlo profondamente, come stavo facendo in quel momento così delicato.
Nelle ore successive, feci vedere a mia madre la mia camera, mentre mio padre pensava a intrattenere Derek in giardino.
Lei fissò le mie coperte buttate alla rinfusa e il mio armadio dai vestiti stropicciati. Fece una sincera risata e in seguito si voltò a guardarmi.
<< Oh Lavinia, non cambierai mai! >> esclamò.
<< Mamma, in realtà ci sono delle cose che devi sapere… >> dissi, decisa a confessarle tutto.
Dovevo sfogarmi con qualcuno o da un momento all’altro sarei scoppiata.
<< Oh non mi dire! Sto per diventare nonna?!>>.
<< No… >> dissi mettendo fine alla sua euforia. << Non sono più sicura che questo matrimonio possa funzionare… >> continuai.
<< Questa è solo l’agitazione, insomma mancano cinque giorni… >>.
<< No, tu non capisci. Io amo un altro uomo… >>.
Mia madre sgranò i suoi teneri occhi verdi e il suo volto divenne immediatamente cupo. Incominciò a camminare avanti e indietro per la stanza, chiedendosi probabilmente perché mi era successo ciò e chi era l’uomo che mi aveva fatto infatuare in quel modo. Insomma, lei era a conoscenza che per farmi innamorare ci voleva molto tempo, eppure Tom era riuscito in pochi giorni a devastare tutto ciò che avevo costruito, rendendolo un posto migliore.
Rosalinda, si sedette sul letto accanto a me. Prese le mie mani tra le sue e in seguito mi guardò negli occhi.
<< Bambina mia, io ti ho sempre insegnato a seguire i tuoi sentimenti fin dalla tenera età. Se in questo momento, a un passo dal matrimonio, senti di amare un altro uomo al posto di James, allora devi seguire il tuo cuore perché è la strada giusta da intraprendere… >> disse quasi commuovendosi. << Io non ti giudicherò per ciò che hai fatto. Anzi, qualsiasi sia la scelta che farai, io sarò contenta perché quello che per me conta è che tu sia felice figlia mia… >> continuò, stringendomi forte a se.
<< Ti voglio bene mamma… >>.
Ben presto, anche lei mi abbandonò in quella stanza e mi accorsi che non avevo visto James per tutto il giorno. Era rimasto chiuso in camera da ieri notte, ma il motivo era a me sconosciuto.
Non volevo entrare a vedere come stava: sinceramente non m’importava più niente di lui e speravo che in qualche modo questo lo facesse ragionare e pensare che il nostro matrimonio non poteva essere celebrato.
Udì immediatamente un suono provenire dal piano di sotto e capì immediatamente di chi si trattava. Tom stava suonando con un’intensità davvero forte, in quella che era la stanza segreta.
Scesi le scale e cauta mi diressi proprio lì, sincerandomi che nessuno mi vedesse.
Lo fissai mentre con i suoi capelli in disordine, eseguiva una melodia dolce e commovente allo stesso tempo, capace come la prima volta di potermi attirare così fatalmente nel suo cuore.
“Oh If I weren't so nice,
I convince my friends that you were right,
I can promise you my heart don't cry,
Would it all make sense ?”.
Quelle parole erano pronunciate con una passione tale, da farmi crogiolare davanti ai suoi piedi. Lui toccava quei tasti bianchi e neri lentamente e delicatamente, come solo un vero pianista poteva fare. Teneva gli occhi chiusi e si lasciava travolgere dalla melodia che si era ormai insidiata nel suo cuore.
Improvvisamente poi mi vide e si bloccò smettendo di suonare.
<< No Tom, dovevi continuare… >> dissi avvicinandomi e sedendomi accanto a lui sullo sgabello lungo e ampio presente nella stanza. << Mi dispiace averti disturbato… >> continuai.
<< Oh no, Lavinia. Tu non disturbi mai… >> rispose, facendo un sorriso malizioso.
<< So che ti senti afflitto per Jane e mi dispiace… >>.
<< Tu sei l’unica persona che si preoccupa per me ed io devo esserti davvero grato Lavinia. Sì, io ci sto male, ma non fraintendermi perché non potrei desiderare altra ragazza se non te. Però Jane è stata una donna che mi ha fatto davvero soffrire e mai mi sarei immaginato che sarebbe potuto finire tutto così… >> mi confessò con gli occhi lucidi.
<< Tom, devi stare tranquillo perché io per qualsiasi cosa sai che per te ci sono, sempre e per sempre! >>.
Lui mi abbracciò ed io gli accarezzai i suoi bellissimi capelli biondi, per fargli capire che andava tutto bene.
<< Che melodia è quella? >> chiesi vedendo uno spartito poggiato sul piano forte.
<< È Long Way Down, una delle mie canzoni… >> rispose.
Fissando quelle note nella mia mente, incominciai a suonarle con attenzione, mentre lui inizialmente mi fissò stupido e in seguito mi accompagnò toccando i tasti dai toni più alti.
“Walking on the rooftops
Talking of times
With our eyes a glowing
Like the city lights”.
A quelle parole mi emozionai, forse a causa del timbro della sua voce. Lo lasciai continuare mentre mi sentivo completamente inebriata da lui e dal suo dolce profumo.
“So honey don't leave, don't leave,
Please don't leave me now”.
In quel preciso istante le nostre mani si toccarono e i nostri sguardi s’incrociarono. Smettemmo di suonare e quel tenebroso silenzio, era in realtà diventato colmo di parole dolci.
<< Oh Lavinia, sei bellissima… >> disse.
 Ci baciammo contemplando quel momento e cadendo dallo sgabello.
Non c’importò.
Continuammo ad assaporare la dolcezza delle nostre labbra e a stringerci forte all’altro, mentre il tempo passava e il nostro amore aumentava sempre di più.

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Capitolo 15
*** Sangue vivido ***


Capitolo 15°: Sangue vivido.
 
James.

 

Quella mattina mancavano esattamente quattro giorni al mio matrimonio e mi sentivo l’uomo più infelice del mondo. Fissavo il paesaggio circostante da dietro quella finestra che altro non era lo specchio di me stesso. Quanto ero orribile non lo sapevo spiegare neanche io che ero l’artefice di quella nefasta malefatta.
Anche il sole, si nascondeva dietro numerose nubi grigie che annunciavano probabilmente un imminente temporale, per non vedere il mio putrido volto. Mi sentì quasi soffocare da quel senso di colpa che continuava a corrodere ogni parte della mia anima così intrisa di odio verso me stesso. Allentai il nodo della cravatta che indossavo e mi sedetti sul letto.
Piansi.
Sì, digrignando forte i denti e soffocando i gemiti pronti a fuoriuscire. Passai una mano tra i capelli, quasi come se il mio obbiettivo fosse strapparli dall’angoscia.
Quello ero io.
Un uomo… Ma che cosa dico, un assassino a cui apparteneva un cuore trafitto da milioni di spade.
Eppure l’astinenza dalla cocaina continuava a stravolgere la mia vita. Era come una sottospecie di vortice che mi risucchiava sempre più a fondo. Ma quando avrei trovato l’uscita?
Ripensai al fatto che Jane mi aveva tradito con Tom e un tale sapore di vendetta sembrò animare il mio corpo. Era come se mi sentissi realizzato nel vedere mio fratello morto tra le mie braccia e macchiare ancora le mie mani di un sangue che probabilmente non meritava di essere macchiato.
“Ma cosa sto dicendo?! Mi prenderò la mia vendetta!” urlò una voce dentro di me, ma che sapevo non essere la mia.
Era il tono che solitamente usava la mia astinenza, ma che in preda a rabbia e sconforto, ascoltai con attenzione.
Dopo un giorno di segregazione tra quelle quattro mura, aprì la porta assaporando l’aria fresca che proveniva dalle finestre aperte. Scesi le scale e proprio lì, nel grande salone quasi già allestito, era posizionata la bara di ciliegio che conteneva il cadavere di Jane per darle un ultimo saluto.
Mi presentai così, in giacca e cravatta nera, oltrepassando la moltitudine di persone davanti a me e fermandomi a fissare quel viso ricostruito dalla cera con indifferenza, cercando di trattenere la voglia di gridare al mondo la mia colpevolezza.
Com’era potuta succedere una cosa del genere?
Vidi arrivare Lavinia, la quale indossava un vestito nero di pizzo e tacchi a spillo per l’occasione, pronta probabilmente per consolarmi e rincuorarmi. Lei che doveva essere la mia futura moglie solo per interesse economico.
La mia mente contorta in quel momento mi stava spingendo a pensare che forse avrei fatto meglio a uccidere lei per portare così all’altare Jane, la donna che amavo davvero, anche se i riscossi economici non sarebbero arrivati.
Più lo pensavo e più mi rendevo conto di quanto fossi un uomo avido ed egoista.
Lavinia si avvicinò e con la mano mi accarezzò la spalla in segno di conforto, ma in quel momento non avevo bisogno di lei, anzi era proprio l’ultimo dei miei pensieri.
Il carro funebre arrivò presto nel giardino e due addetti, chiusero la bara e la poggiarono sulle proprie spalle, pronta per essere trasportata all’esterno. Avremmo dovuto raggiungere il cimitero per assistere a una cerimonia solenne, ma io non potevo andarci.
Anzi, non volevo.
Uscì in giardino ed entrai in macchina, mettendola in moto. Mi tolsi la cravatta già precedentemente allentata ed abbassai i finestrini.
“Addio Jane…” pensai, mentre osservavo la sua bara che veniva rinchiusa nell’ampio portabagagli.
Feci retromarcia e in seguito, sfrecciai su quella strada ghiaiata che precedeva la maestosa villa. Incominciai a guidare senza una meta, mentre numerose lacrime continuavano a bagnare i miei occhi. Nella mia testa c’era solo Jane.
Sapevo cosa dovevo fare per affogare quel senso di colpa dal sapore così angusto e amaro.
Decisi così di recarmi a casa del mio migliore amico Adam Termer, l’unica persona che probabilmente avrebbe potuto placare il mio dolore.
Suonai il campanello e lui mi aprì, ancora in pigiama e con tutti i capelli scuri scompigliati. Si grattò i suoi occhi castani e in seguito anche la folta barba che si era lasciato crescere negli ultimi tempi. Era evidente che stava ancora dormendo e probabilmente l’avevo svegliato.
<< Ehi amico, come mai così mattiniero? >> chiese.
Io entrai senza il suo permesso e mi sedetti sul suo divano rosso, appoggiando la testa allo schienale.
<< Fai pure con comodo… >> sentenziò.
<< Hai la cocaina?! >> chiesi.
Incominciai a tremare e il mio sguardo divenne sempre più cupo. Scioccai le dita e mossi la gamba velocemente in segno di nervosismo.
<< Prima la grana! >> rispose, strofinando il pollice contro l’indice e il medio.
<< Oh ti prego Adam, per una volta puoi farmi un regalo! Ne ho bisogno ti prego! >>.
<< Mi dispiace James, ma non posso… Sai che sono al verde… >>.
La rabbia, purtroppo, prese ancora il sopravvento e annebbiò la mia vista. Lo afferrai dalla canottiera grigia che indossava e lo spinsi con le spalle contro il muro. Stringendo tra le mie mani quello che era il suo collo muscoloso, estrassi il mio coltellino dalla tasca e glielo puntai.
<< Tu non mi vuoi dare la cocaina?! Ecco ciò che ti meriti! >> urlai.
Gli tagliai la gola, notando tutto quel sangue dall’odore ferroso sgorgare dalla profonda ferita. I suoi occhi di sgranarono dal dolore e cadde sul pavimento a bocca aperta, già morto. Quel pavimento, che in quel momento era una pozza di liquido rosso e vivido.
Sciacquai le mie putride mani da letale assassino e l’arma del delitto, asciugandola e rimettendola in tasca. In seguito cercai quello che per me era più prezioso e il mio istinto mi portò nella sua camera. Proprio lì la trovai racchiusa in pellicole di grandi dimensioni. Erano circa sei pacchetti ed io li rubai tutti, uscendo da quella casa indisturbato e fuggendo come un forsennato con la mia vettura.
Non m’importava quello che avevo fatto. Ogni volta che uccidevo, provavo una tale sensazione d’estasi, da sentirmi quasi inebriato da quell’odore ferroso del sangue che s’impregnava sui vestiti e che continuava a riempire i miei polmoni.
Queste potevano essere le parole indelebili di un pazzo.
No, anzi di un Serial Killer, che io stesso rappresentavo.

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Capitolo 16
*** Il dolce sguardo dei suoi occhi ***


Capitolo 16°: Il dolce sguardo dei tuoi occhi.
 
Tom.

 

Guardavo quella bara mentre con attenzione veniva sotterrata, con uno sguardo spento e con le spalle contro un albero vicino. La malinconia continuava a insidiarsi dentro di me, come un verme che rosica una mela. Mi sentivo completamente uno straccio e quelle nubi scure rappresentavano molto bene il mio umore profondo.
Il vento fresco di quella giornata che tutti avrebbero ricordato come la più triste, sventolò i miei capelli, i quali più volte cercai di rimettere sulle orecchie. Qualcosa poi, attirò la mia attenzione.
Bensì qualcuno.
Una donna capace di accendere dentro di me quella luce che ormai da troppo tempo si era spenta.
Lavinia era dalla parte simmetricamente opposta alla mia del cimitero e alle sue spalle, c’era una folla di persone che piangevano per la scomparsa di Jane. Io stesso versai qualche lacrima, ma cercai di nascondere quella disperazione che aveva preso il sopravvento su di me.
La futura sposa di mio fratello, era semplicemente bellissima, in grado di far brillare i miei occhi azzurri già lucidi per il pianto. Era strano come con lei mi sentissi così a mio agio. Forse perché c’era comunicazione tra di noi e l’alone di mistero che spesso la circondava, mi allettava ogni giorno di più.
Ero diventato una sua vittima, ma non ero mai stato più felice di ciò.
Accese una delle sue solite sigarette e in seguito mi fissò per una manciata di secondi, facendomi un lieve sorriso di consolazione. Cercai di assaporare il più possibile quel momento, poiché in pubblico lo sguardo era l’unico modo che avevamo per comunicare.
Ma i nostri scambi, non erano solo occhi che s’incrociavano. Anzi, trasmettevano amore e passionalità più di mille futili parole che ci potevamo dire ogni giorno.
Io stavo probabilmente impazzendo per lei.
Avevo troppa voglia di starle accanto e per me i suoi baci erano fondamentali, poiché mi rassicuravano sul fatto che lei mi amava, quanto l’amavo io.
“Oh ma perché non posso averti qui con me Lavinia? Perché ci siamo conosciuti in circostanze del genere?” mi chiesi.
Ma l’unica cosa che riuscivo a sentire in quel momento era l’attrazione che provavo verso di lei e nient’altro.
La cerimonia funebre ben presto finì e quando mi stavo per recare verso l’uscita di quel grande cimitero, mi sentì toccare la spalla.
Mi girai e Lavinia era dietro di me. Sapevo che lei sentiva il mio sgomento e la mia tristezza, ma appena la vedevo tutto spariva. Rimanevamo solo noi due e i nostri sentimenti.
<< Ehi… >> disse con voce delicata.
<< Se ci vedranno troppo insieme si accorgeranno che c’è qualcosa… >> feci per dire, ma non riuscì neanche a terminare che lei mi zitti con un dolce e silenzioso “Shh”.
<< Andiamo a fare una passeggiata lontani da occhi indiscreti e tranquillo, tutti penseranno che tu sei qui per farmi compagnia poiché James non c’è… >> spiegò.
Ci allontanammo insieme immischiandoci tra quella moltitudine di persone vestite di nero, in segno di lutto. Raggiungemmo il nostro secondo luogo segreto. Quel laghetto non mi era mai sembrato più bello prima di quel giorno, proprio quando attraversai quei fitti alberi del boschetto, mano nella mano con Lavinia.
Oh se mi sentivo bene.
Oh se mi sentivo protetto dalla sua presenza.
Potevo sembrare un bambino in quelle condizioni, ma io avevo bisogno del suo amore.
Lei si tolse quei fastidiosi tacchi e li gettò su quella terra sporca, dove qualche giorno prima era sbocciato il nostro amore. Immerse i suoi piedi nell’acqua e in seguito sciolse i capelli che, precedentemente, aveva raccolto in chignon.
Oh i suoi capelli!
Erano meravigliosi ed emanavano un profumo delizioso.
Mi tolsi le scarpe e la camicia che indossavo e in seguito, la raggiunsi, prendendola in braccio e arrivando al centro del lago. Sentì le sue urla miste di risate mentre con gioia e felicità cercava di gridare il mio nome il più silenziosamente possibile, anche se a causa della presenza di quegli alberi fitti, nessuno l’avrebbe mai sentita.
<< Mettimi giù! Mettimi giù!! >> continuava a urlare, e ciò mi ricordò il nostro secondo incontro, proprio quando lei mi rincorse per le sue sigarette.
La portai sott’acqua con me e lì la baciai, mentre stretta la tenevo a me, come se fosse un piccolo tesoro da custodire tra le mie braccia. Ritornammo in seguito in superficie e restammo a guardarci, mentre lei mi sorrise. Mi buttò dell’acqua addosso ed io feci lo stesso, finché non fummo così vicini da poter avvertire i respiri dell’altro.
Lei abbracciò i miei fianchi con le sue gambe e in seguito si aggrappò al mio collo. Bastò uno sguardo per capire il desiderio che avevamo nei confronti dell’altro e quanto bruciasse dentro di noi. Ci sentivamo schiavi di quell’amore così forte, da non capire più nulla di ciò che ci circondava.
Incominciammo a baciarsi. Avvertire le sue labbra spingere sulle mie era una sottospecie di benedizione. Mi sentivo un’unica persona con lei e questa era la sensazione dominate quando ero in sua compagnia. Lei strinse forte tra le sue mani i miei capelli ed io feci lo stesso con il suo corpo. Avvertivo il vestito bagnato di Lavinia impregnarsi sul mio petto, ma poco m’importava.
Presto raggiungemmo la riva, dove tra brevi sguardi e carezze, ci ritrovammo a rotolare su quella terra, mentre i nostri vestiti si sporcavano e le nostre labbra si assaporavano così intensamente, da sentirmi quasi crogiolare.
<< Oh Lavinia, dimmi che questo momento non finirà mai e che tra qualche tempo ci ritroveremo ancora così, stretti l’uno all’altra… >> dissi con voce flebile.
<< Mai, Tom. Quanto è vero che mi chiamo Lavinia Marika Emberson… >> rispose fissandomi con decisione. << Farò di tutto per non sposarmi con James, te lo prometto! >> continuò.
Riprendemmo quel bacio che avevamo interrotto ormai da troppo tempo, lasciandoci alle spalle tutte quelle preoccupazione che continuamente ammorbavano il nostro animo.
 

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Capitolo 17
*** Lasciami qui per sempre ***


Capitolo 17°: Lasciami qui per sempre.
 
Lavinia.

 

In quel momento non potevo far altro che sentirmi felice, mentre sul suo letto, lui dormiva tra le mie braccia. Avvertivo il suo calore sul mio petto e il suo respiro fievole fuoriuscire dalle sue narici. Ero in pace, in una sottospecie di dimensione in cui vivevamo solo noi due e nessun ostacolo avrebbe mai messo fine al nostro amore.
Eppure più mi convincevo di ciò e più la mia coscienza voleva emergere per urlare la sua verità: mancavano quattro giorni al mio matrimonio.
Solo quattro miseri giorni.
Avevo bisogno di più tempo per capire il modo migliore per finire la mia storia con James, al più presto. Forse la cosa migliore era fare le valigie e andare via, ma poi, chi avrebbe pensato a Tom? Certo, lui avrebbe saputo della mia fuga, ma la mia paura più grande era che il dispiacere di James potesse avventarsi sull’unico uomo che avevo mai amato realmente in vita mia.
Quello che provavo per Tom, andava ogni oltre immaginazione. Tra noi c’era un’attrazione fatale capace di capovolgere ogni situazione. Sì esatto, c’era attrazione fisica ma allo stesso tempo anche sentimentale. Io senza di lui mi sentivo incompleta, era come stare senza una parte di me.
Com’era strana la vita.
Fino a qualche mese prima delle imminenti nozze, non avendolo mai conosciuto, avevo pensato che era un cantante superficiale e da quattro soldi. Invece, mi si era presentato come il ragazzo più dolce che avevo mai conosciuto e soprattutto romantico e passionale.
Mi alzai in piedi facendo attenzione a non svegliarlo e incominciai a guardarmi attorno per conoscere meglio quell’uomo che mi aveva strappato il cuore e l’aveva unito al suo, così da trasformarlo in uno solo e renderlo unico.
Vidi vari fogli di carta gettati nel cestino dell’immondizia. Una penna senza tappo e tutta mordicchiata era appoggiata sulla scrivania. Io amavo questo suo modo di fare. Anzi, io amavo ogni cosa riguardasse lui.
Notai una foto attaccata al muro che mi fece sorridere. Raffigurava lui nel giorno del suo diploma con accanto i suoi genitori, eppure mi accorsi che era stata tagliata. Probabilmente lì in disparte c’era stato James e Tom, ancora preso dalla rabbia e dallo sconforto nei suoi confronti, aveva preferito non vedere il suo volto nella sua camera.
Nei confronti di Tom, mi sentivo molto empatica e capace di poter capire ogni sua emozione e coglierla nel profondo. Più volte mi ero chiesta cosa aveva provato nel scoprire che in realtà la donna che amava, lo tradiva con suo fratello. Dispiacere era una parola di poco valore per poter comprendere ciò. In quei giorni era capitata la medesima cosa e ciò voleva dire che la ruota, prima o poi, avrebbe girato per tutti. E James? Chi sa cosa avrebbe provato scoprendo il mio tradimento. Se era vero che stava ancora con Jane in mia insaputa, forse non gli sarebbe importato.
Aprì il cassetto e trovai il blocchetto di Tom dalle pagine gialle, su cui lui scriveva le sue poesie. Dovetti sfogliare molte altre pagine prima di poter leggere Oh love! Why me?
“Oh amore! Perché me?
Perché hai deciso di rendere così vulnerabile me stesso e non altri?
Perché mi hai fatto conoscere quella dolce donna in un momento tale?
Lavinia, delicata come il suo nome, mi ha rubato il cuore.
Bella, come le stesse stelle di un cielo notturno;
Incantevole, come un magico tramonto in riva ad un lago;
Lei stessa, con quegli occhi affascinanti, è riuscita a colmare ogni parte di questo disgraziato uomo, che altro non sono.
Perché questo fatale desiderio?
Oh ti prego, salvami da queste avvenenti emozioni.
Oh love! Why me?”.
Rimasi letteralmente colpita da quelle magnifiche parole, che altro non erano che inchiostro su carta. Eppure, mi sentì crogiolare e quasi commuovere. Ero fortunata ad aver trovato un ragazzo così dolce e sensibile.
Improvvisamente, lui incominciò a rigirarsi sulle coperte a destra e a sinistra, emettendo dei gemiti. Il sudore era ormai impregnato sulla sua pelle, ma io corsi ad abbracciarlo immediatamente tra le mie braccia e gli accarezzai i capelli, rassicurandolo.
Tom aprì i suoi bellissimi occhi azzurri e mi guardò con uno sguardo penetrante.
<< Oh Lavinia, sei qui! >> disse, stringendomi forte a se.
<< Tranquillo, era solo un incubo… >>.
<< Oh no, era troppo reale… Ho paura che accada davvero… >> rispose.
<< Raccontamelo… >> dissi, sedendomi accanto a lui.
<< C’eri tu nel sogno e preferivi sposare James. Mi lasciavi Lavinia, ed io piangevo davanti al mio pianoforte mentre suonavo e cantavo una mia canzone che conosco bene… È stato un incubo lo so, ma è la mia paura più grande. Sì, ho paura di perderti Lavinia, tu sei la cosa più importante per me, davvero… >>.
<< Tom, tu non mi perderai… Io voglio portare al termine questa situazione con James. Non lo voglio sposare… Io voglio te e basta… >>.
A quelle parole si mise seduto sul suo letto e notò il suo blocchetto delle poesie. Mi guardò cupo in volto.
<< Hai letto le mie poesie, non è così? >> chiese.
<< Sì e sai cosa ti dico? Che sono meravigliose... Hai un modo di scrivere davvero molto romantico ed esprimi in un modo così vivido le tue emozioni. Io mi sono commossa Tom… Io, semplicemente, ti amo… >> risposi.
Cademmo in bacio esasperato, come quelli che si scambiano due innamorati che non si vedono da tempo. Io ero sopra di lui e potetti sentire il suo calore imprimersi nel mio corpo.
Oh quelle labbra.
Erano così morbide e così dolci, che avrei voluto assaporarle sempre più intensamente. Lui invece mi stringeva forte a se, appoggiando una mano sulla mia schiena e l’altra sulla mia gamba, accarezzandomela.
Oh quel tocco.
Era così possente, ma allo stesso tempo così delicato, da farmi crogiolare. Era così maledettamente passionale che per me era impossibile resistergli.
Rotolammo e Tom, mettendomi una mano dietro il capo e l’altra sostenendomi la gamba, mi baciò in un modo sempre più travolgente. Mi lasciai semplicemente andare a quelle emozioni così forti, ma soprattutto bollenti.
“Oh amore, lasciami qui per sempre…”.

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Capitolo 18
*** Desiderio di vendetta ***


Capitolo 18°: Desiderio di vendetta.
 
James.

 

Il sole era ormai calato e aveva lasciato spazio al cielo oscuro della notte, dove però, la pioggia aveva preso il sopravvento. Guardavo ancora quel firmamento, seduto accanto a quella scrivania su cui era sparsa la cocaina, come se fosse l’unico punto di fuga dalla brutta situazione in cui mi ero cacciato.
“Sporco assassino!” continuava a urlare la mia coscienza dopo aver appena sniffato quella polvere bianca rubata al mio migliore amico. “Non ti vergogni minimamente di quello che fai?!” concluse.
Volevo soffocare quelle atroci sentenze, ma purtroppo continuavano a rimbombare nella mia testa come pensanti macigni. Mi sentivo uno sciocco, uno stupido, ma soprattutto sul bilico di una crisi di nervi.
Mi tirai alcuni schiaffi e poi m’inginocchiai a terra, tenendo le mani tra i capelli, intento a strapparli davvero questa volta. Incominciai a sudare, mentre il mio corpo sembrava congelarsi come i cadaveri di Jane e di Adam. Respiravo forte e il mio cuore batteva sempre più veloce. Alcuni gemiti volevano fuori uscire, ma io soffocai mordendo forte il pugno formato dalla mia mano destra.
Stavo impazzendo.
Sì, non c’era altra soluzione.
Soffrivo interiormente, ma per cosa? Perché avevo ucciso la donna che amavo? Perché avevo ucciso il mio migliore amico? O perché avevo una feroce voglia di uccidere mio fratello, sangue del mio sangue?
Non lo sapevo.
La mia mente sembrava in completa confusione e la cosa peggiore era che non sapevo più cosa era giusto o sbagliato. Ero un assassino, sì, un brutale assassino capace di distruggere qualsiasi cosa.
Mi guardai allo specchio, mentre un velo di disperazione si abbatteva su di me. Quello nello specchio non ero io. No, quello era qualcuno che si era impossessato del mio corpo. Distrussi lo specchio, tirandogli un pugno al suo interno. Il tintinnio del vetro rotto, sembrava tagliare ogni parte del mio corpo mentre cadeva su quel pavimento.
Avevo bisogno di aria.
Uscì dalla mia camera e scesi le scale, raggiungendo il soggiorno per bere un bicchiere d’acqua, per fare sparire il fastidioso bruciore di gola che da qualche minuto si era presentato come qualcosa di altamente minaccioso.
La luce era accesa e, infatti, accanto alla finestra con un bicchiere d’acqua tra le mani, c’era Tom, il quale era intento ad osservare la pioggia abbattersi sul vetro.
L’adrenalina si accese dentro di me e il mio stomaco si contorse. Non capì più nulla. Mi feci trasportare da quelle emozioni contrastanti e intrise di rabbia e rancore, che presero letteralmente il sopravvento.
<< Ciao Tom… >> dissi, non riconoscendo neppure la mia voce.
Era più rauca e affannosa. Incominciai a tremare, avvertendo che le gambe facevano fatica a sostenere il mio corpo. Mio fratello mi guardò confuso: non capiva perché io l’avevo salutato o perché ero lì in piena notte.
<< Stai bene James? Dal tuo aspetto non sembra… >>.
In quel momento, afferrai un coltello ben affilato e incominciai a strisciarlo sui mobili con la mano tremolante. La mia mente, già pensava a quale sarebbe stato il modo più doloroso per farlo morire, per annegare così tutti i miei istinti irrazionali di odio. Il rumore provocato dal coltello per le mie orecchie era musica mentre il sangue che avrei versato sarebbe stato per me qualcosa di altamente prelibato.
<< Non sono mai stato così bene in vita mia… >> risposi.
Detto ciò mi avventai su di lui e cadendo sul pavimento, gli puntai il coltello dritto sul volto. Lui cercò di fermarmi, trattenendomi le mani e ci riuscì, tirandomi in seguito un pugno sulla guancia destra.
<< Che intenzioni hai?! Sei impazzito?! >> disse, ma quella voce mi parve lontana, tanto che non l’ascoltai minimamente.
Cercai di avventarmi nuovamente su di lui, ma Tom si difese con le braccia ed io lo colpi di striscio, provocandogli una ferita su uno dei due arti. Il sangue sgorgava e sentivo fuori uscire dalla sua bocca gemiti di dolore. Si accasciò a terra, mentre ormai anche i suoi vestiti erano intrisi di quel liquido rosso e ferroso.
Ormai non c’era più scampo per il bel cantante.
Stava per diventare un’altra delle mie vittime.

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Capitolo 19
*** Perdono ***


Capitolo 19°: Perdono.
 
Tom.

 

Restavo accasciato su quel pavimento, mentre il sangue ancora sgorgava dal mio braccio, dove James mi aveva provocato una ferita profonda. Non solo su quell’arto brutalmente ferito, ma nuovamente sul mio cuore. Avevo già compreso le sue intenzioni: probabilmente voleva uccidermi.
E se avesse scoperto di me e Lavinia?” pensai.
Purtroppo non avevo tempo per restare a cercare un motivo, dovevo reagire affinché lui non mi ammazzasse. Mi alzai in piedi tremolante mentre sul suo viso comparve un sorriso malizioso, segno che lui provava piacere nel vedermi sconfitto e che non vedeva l’ora di darmi il colpo finale. Incominciò a sghignazzare, mentre stringeva forte il manico di quel coltello nella sua mano destra, ma soprattutto continuava a inalare forte l’aria nel naso, mentre i suoi occhi erano rossi.
Incominciai a capire.
Si era drogato.
Non avrei mai pensato che avesse ripreso le vecchie abitudini, dopo che i miei genitori l’avevano già trasferito in un centro di disintossicazione tempo fa probabilmente quando non era ancora insieme a Lavinia oppure in sua insaputa.
I nostri sguardi s’incrociarono, ma il mio a differenza del suo, appariva confuso e furioso. Non riconoscevo più quell’uomo che era davanti a me. Sembrava essere diventato un assassino che si nutriva delle paure degli altri, uccidendoli così solo per soddisfare parti di se che, represse, reclamavano la loro vittoria.
<< Perché mi fai questo? >> chiesi con voce rauca.
Lui lasciò cadere il coltello sul pavimento e si avventò su di me, buttandomi con la schiena contro il muro e afferrandomi dalla camicia ormai già impregnata di sangue.
<< Spero ti sia piaciuto portarti a letto Jane! >> rispose, spingendomi sempre di più verso il muro.
<< Jane?! Non è assolutamente vero! >>.
Riuscì a spingerlo, ma il risultato fu un dolore lancinante al braccio. Mi accasciai nuovamente mentre James, era scivolato sul mio sangue che era colato sul quel pavimento bianco.
Incominciò a strisciare su di esso per raggiungermi, poiché non riusciva neanche a reggersi sulle sue gambe. Mi faceva pena e sapevo che quello che faceva, era provocato dagli stupefacenti. Nonostante mi aveva fatto tutto quel male, stavo incominciando a capire cosa fosse davvero il perdono; Quel perdono che non ho mai voluto cedere proprio a lui.
Con un piede spostai il coltello che era a pochi passi dai sui affilati arti e in seguito m’inginocchiai davanti a lui, stringendogli le mani. Vidi il suo sguardo impaurito incrociare il mio e in seguito mi abbracciò forte.
<< Aiutami Tom… >> disse con voce flebile.
Ero in confusione, ma il mio istinto di familiarità mi portò ad aiutarlo poiché lui in ogni caso era mio fratello. In quel momento mi ricordai le parole che mi disse mia madre quando anni fa abbandonai questa casa per andarmene a Londra.
“Un giorno ti dovrai prendere cura di lui…”.
Quelle parole rimbombarono nella mia mente come echi sordi e assomigliavano per lo più a lame taglienti. Cercai di aiutarlo a rialzarsi, ma ogni volta quel dolore atroce stringeva ogni parte del mio corpo in una morsa mortale. In ogni caso sopportai quel forte male e aiutai mio fratello. Lo portai nella sua camera, gli tolsi i vestiti sporchi e lo lasciai dormire in quella camera che pareva quella degli orrori a giudicare dallo specchio rotto.
In seguito mi medicai il braccio, poiché se fossi andato all’ospedale, mi avrebbero fatto troppe domande e in quel momento non possedevo scuse appropriate.  Lavai, poi, ogni cosa intrisa del mio sangue, sperando di salvare la pelle proprio a quella persona che continuava a deludermi ogni giorno di più.
Finalmente mi misi a letto e pensieri strani incominciarono a insediarsi nella mia mente.
“Spero ti sia piaciuto portarti a letto Jane!” aveva detto nel suo momento di follia.
Per quale motivo sarei dovuto essere l’amante della mia ex fidanzata e non che sua stessa amante? Potrebbe ciò collegarsi alla morte della ragazza?
Jane si era suicidata buttandosi nel fiume, proprio dove io e Lavinia nella stessa notte ci eravamo baciati e avevamo dato sfogo alla nostra passione. Eppure noi non avevamo visto nessun movimento strano.
Nessuno si era gettato dalla ringhiera.
“E se James l’avesse uccisa?” pensai.
Queste erano le domande che mi facevano rotolare tra quelle coperte su cui si sentiva ancora il profumo della mia dolce amata, ma che in quel momento mi sembrò più aspro poiché forse ero vicino a una verità che non avrei mai dovuto sapere.

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Capitolo 20
*** Vuoto ***


Capitolo 20°: Vuoto.
 
Lavinia.

 

Tre soli giorni e sarei diventata la moglie di James Odell, non che fratello del mio amante. Quel dì, sapevo sarebbe stato il decisivo. Avrei detto al mio futuro sposo che non avevo intenzione di condividere in futuro la mia vita con lui. Speravo solo che capisse e che non facesse troppe domande.
Indossai un vestito rosa molto chiaro e i miei soliti tacchi neri, lasciando poi i miei capelli sciolti e che quella mattina erano stranamente ondulati. Mi avvicinai alla finestra notando i bellissimi raggi del sole illuminare quel giardino incantato. Sfavillanti farfalle di colore bianco saltavano da un fiore all’altro e mentre le fissavo, quasi commovendomi, le invidiavo. Loro erano libere d’intrecciarsi tra quei petali delicati, mentre io sembravo imprigionata tra le mura del mio cuore e della mia mente.
Numerose frasi e parole sembravano incastonarsi su quello che era il mio sistema nervoso. Erano scuse, abbastanza convincenti, per far sì che questa storia potesse concludersi in meglio. Davanti a quello specchio c’ero io, Lavinia Marika Emberson, in carne e d’ossa. Osservavo ogni particolare di me e in ogni istante mi chiedevo se ero davvero io.
L’ansia stava prendendo il sopravvento su di me, tanto che le mani mi si gelarono mentre ancora erano sudate. Non avevo buoni presentimenti, ma per Tom, avrei fatto questo e altro.
Oh, se solo pensavo alla sua dolcezza, e non che alla sua estimabile bellezza, mi sentivo crogiolare proprio su quel pavimento freddo, su cui avrei voluto sprofondare per non affrontare James.
Aprì la porta e davanti a me vidi quella famosa scalinata. Per la prima volta fui contenta di attraversarla semplicemente perché sapevo che forse sarebbe stata l’ultima volta che l’avrei fatto. Sì, dopo aver messo fine a questo strazio me ne sarei andata da quella villa. Avrei probabilmente visto Tom fuori da quella casa di orrori che mi aveva regalato anche preziose emozioni che avrei stretto a me con molto affetto.
Giunsi nel salone e vidi le decorazioni già tutte pronte. Il pianoforte era già stato montato proprio al centro della grande stanza e molti addobbi floreali erano stati applicati lungo i colonnati e che sostenevano le lussuose scale.
Il vuoto pervase ogni parte di me.
Sarei stata un disonore per tutti, ma non potevo sposare un uomo che non amavo. Io volevo Tom più di qualsiasi altra cosa al mondo e probabilmente l’avrei amato per sempre, perché quello era l’amore vero di cui tutti mi parlavano e non quello futile che avevo provato fino a pochi giorni prima di trasferirmi nella villa, con James.
Già udivo le future e false accuse tutte puntate su di me, come grandi riflettori, pronti a divorare ogni cosa che di buono c’era in me. Forse l’unico appoggio che avrei ottenuto sarebbe stato quello dei miei genitori e di Tom, almeno che i suoi parenti non l’avessero sviato nelle sue scelte. Erano tutti bravi a recitare i ruoli degli attori di un grande teatrino, ma io, invece, mi rifiutavo. Non volevo che il mio matrimonio diventasse una futile finzione.
No, non doveva essere assolutamente così.
Arrivai nel soggiorno e tutti erano seduti accanto al tavolo. Mi fissavano come se fosse appena giunta una dea a illuminare le loro giornate, ma io avevo paura che nei miei occhi potessero scrutare la verità che mi portavo celata nel mio cuore. Tom era lì, che mi fissava con gli occhi lucidi simili a quelli di un bambino, mentre cercava di essere il più disinvolto possibile. Fui attraversata da un fremito che mi fece respirare ancora più forte, come se il panico prendesse il sopravvento. Ma come avrei fatto a guardare ancora quei visi dolci dopo aver mandato tutto in fumo? Che razza di mostro ero?
<< Mia cara, potresti aggiungerti a noi invece di rimanere impalata davanti all’ingresso… >> disse Cornelia.
In quel momento scrutai gli sguardi di tutti, impaurita di incontrare quello di James, ma fortunatamente non c’era.
<< Sì, scusate… >> risposi.
Ormai la maggior parte dei parenti della famiglia Odell era seduta a quel tavolo, ma c’era un’anziana signora tra loro che non avevo ancora conosciuto.
<< Ah Lavinia, lascia che ti presenti nonna Peggy… >> disse Tom.
Le strinsi la mano e lei mi mostrò un sorriso vero. Aveva i capelli grigi, mentre la sua pelle chiara era già deturpata da numerose rughe che si estendevano dalla fronte fino al mento. Eppure, nonostante la sua brillante età di ottantacinque anni, indossava abiti eleganti come una qualsiasi donna che si rispetti.
Improvvisamente notai spuntare dalla camicia di Tom una fascia bianca, poggiata sul braccio. Lui se ne accorse e cercò di nasconderla a tutti i costi. Io lo guardai sorpresa, ma allo stesso tempo delusa da quel suo comportamento: era chiaro che stava celando qualcosa al suo interno.
Presto finimmo la colazione e nel soggiorno rimanemmo sedute solo io e Peggy, la quale, si apprestò lentamente a sedersi accanto a me.
<< Tu sei la donna che mio nipote James deve sposare vero? >> chiese fissandomi.
<< Sì, è proprio così… >> risposi, sentendomi quasi sprofondare.
<< Oh cara mia, ho notato come tu e mio nipote Tom vi guardate… È così evidente che vi amate… >>.
Rimasi sorpresa da quell’affermazione. La mia paura più grande che qualcuno potesse scrutare la verità nei miei occhi, si era avverata.
<< Nono, la prego, lasci che le spieghi… >>.
<< No Lavinia cara, non c’è bisogno che tu dica nulla… Sono ottantacinque anni che aspettavo di vedere un amore così vero. Tra voi basta uno sguardo per traspirare passione… Volevo solo consigliarti una cosa… >> disse prendendo un bel respiro e afferrandomi la mano. << Prendi coraggio e dì ciò che pensi a James. Segui il tuo cuore e vedrai che andrà tutto per il meglio… Tu e Tom, meritate di stare in pace… Lui ti ama e farebbe qualsiasi cosa per te Lavinia, ricordalo… >> continuò.
Si alzò in piedi e si allontanò. Feci tesoro delle parole di nonna Peggy e mi chiesi più volte come aveva fatto a leggere così profondamente nel mio cuore. Ciò mi aveva portato a nutrire per lei una certa simpatia che non avevo sentito neanche per la madre di Tom.
Respirai profondamente e in seguito mi recai al piano superiore. Aspettai inerme davanti a quella porta bianca della camera di James. Avevo paura di aprirla, ma ben presto lo feci, radunando tutto il mio coraggio.
Lui era lì, seduto alla scrivania che guardava vecchie foto. Non si era neanche accorto della mia presenza, o almeno faceva finta che non ci fossi.
<< Ciao… >> dissi sedendomi sul suo letto.
Lui si voltò sulla sedia girevole e mi guardò dritta negli occhi, come non aveva mai fatto. Potevo scrutare un dolore forte e vivido che scorreva dentro di lui. Era così strano, ma James, non sembrava più la persona di una settimana prima. Pareva ancora più tenebroso e orribile.
<< Perché sei qui? >> chiese.
<< James, il nostro rapporto è cambiato… Io lo sento… Non ci salutiamo più la mattina e non mi dedichi neanche un po’ del tuo tempo come facevi prima… Purtroppo non possiamo andare avanti così, lo dobbiamo ammettere… >>.
Il silenzio piombò su di noi e con sé portò anche un’aria gelida, ma che sembrava contesa solo tra me e James, unici nemici in quella stanza diventata così tetra e oscura. Mi sentì completamente in imbarazzo, poiché quella situazione appariva per lo più come una gara a chi guardava più intensamente e minacciosamente l’altro.
<< Mi stai lasciando Lavinia? >>.
Il suo tono di voce si fece più freddo e possente, quasi in grado di creare dentro di me uno stato di paura.
<< Sì James, è così. Io sono stanca di questo stile di vita, per non parlare poi dei tuoi tradimenti che ho scoperto e della tua dipendenza dalla cocaina, che io stessa ho gettato per le sensazioni schifose che mi provocava solo a guardarla… >> dissi alzandomi in piedi << Sì, tra noi è finita e non intendo trascorrere un minuto di più in tua compagnia… >> conclusi, indirizzandomi verso la porta.
Cercai di aprirla, ma lui la rischiuse con uno scatto fulmineo. Improvvisamente avvertì qualcosa di freddo appoggiarsi sulla mia fronte e quando mi voltai, mi accorsi che era una pistola.
<< Non andrai da nessuna parte, Lavinia… >> disse.
Il sangue mi si gelò nelle vene, mentre rimanevo inerme in balia della paura e del panico che stava divorando ogni parte della mia pelle.
Aspettavo solo che qualcuno bussasse a quella porta; Aspettavo solo che qualcuno mi venisse a salvare dalle mani di un folle assassino.

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Capitolo 21
*** Minaccia ***


Capitolo 21°: Minaccia.
 
James.

 

Scrutavo la paura intrisa in quegli occhi verdi, che parevano per lo più diamanti preziosi provenienti dall’oriente. Lei tremava davanti a me, ma lo stesso, facevo anch’io. Quella pistola continuava a muoversi su quella fronte bianca, impregnata dal sudore tipico della tensione.
<< Perché James? >> mi chiese, mentre fissava la porta davanti a se senza muoversi, ma io non risposi.
Mi limitai a spostare la pistola lungo il suo viso, fino a toccarle i capelli, mettendoglieli sulle orecchie. Sentivo il suo respiro divenite pesante e affannoso, mentre vidi fuoriuscire delle lacrime da quegli occhi delicati che per mia sfortuna non ero mai riuscito ad amare come quelli di Jane. In quel momento mi sentivo forte e potente, mentre gli altri che avevano cercato di prendersi gioco di me erano tutti dei perdenti, schiacciati sotto i miei viscidi piedi.
<< Oh Lavinia, come sei bella… >> le sussurrai all’orecchio. Potetti sentire i gemiti del pianto soffocato fuori uscire dalla sua bocca. Sapevo che stava pregando affinché non le facessi nulla, ma la mia mente folle di assassino non mi permetteva di poter agire razionalmente. Ero come bloccato in una tenebrosa stanza, dove cercavo in continuazione di recarmi verso la luce, ma non ci riuscivo poiché c’era sempre qualcosa capace di farmi cadere nuovamente nei miei peccati. Sì, peccati. Potevo considerarmi un uomo morto. Le persone di me, vedevano solo il mio corpo e la mia sete di vendetta, ma mai nessuno si era ancora accorto che lottavo costantemente con me stesso per non cadere in balia di quel mostro che ormai aveva risucchiato ogni parte che di me rappresentava il giusto. Sì, io ero il peccatore tra i tanti santificati e glorificati. Io ero il male che si stava insidiando nelle vite delle persone a cui in realtà volevo bene, ma a cui la mia mente non mi permetteva di manifestare questo sentimento nei loro confronti. Anzi, lo trasformava per lo più in ignobile sangue amaro che colava dai loro corpi.
<< Sai è un vero peccato che non ti ho mai amata, ma solo ora ti ho visto sotto questa strana luce… >> continuai a sussurrarle all’orecchio, mentre la paura s’insidiava nel suo corpo.
Tremava e continuava a piangere. Con quei suoi occhi m’implorava di lasciarla andare e un qualsiasi altro uomo con un briciolo di cuore, l’avrebbe fatto. Eppure io ero spinto da un desiderio superiore che quello di compassione. La volevo tutta per me, ma per pura avidità e interesse, poi avrei potuto ucciderla e far sembrare il tutto un semplice incidente.
Improvvisamente, lei cercò di scappare aprendo la porta, ma io la fermai afferrandola per le vesti e strappandogliele. Chiusi l’uscio a chiave e lì mi accorsi che lei era caduta al centro della stanza, sbattendo la testa sul pavimento. Cercò di rialzarsi ma era confusa e gli girava vorticosamente la testa, ma in ogni caso ci riuscì.
<< Ti prego James, lasciami andare… Metti fine a questo supplizio che non fa altro che male a entrambi… Cosa ci guadagneresti a uccidermi? Ragiona… >> disse appoggiandosi al muro.
<< Infatti, se ti uccidessi ora, non mi serviresti più a nulla… Ho bisogno di te viva! Poi dopo il nostro matrimonio deciderò il modo migliore per disfarmi di te… >> risposi.
In quel momento cercò di aprire la finestra forse per scappare, ma io l’afferrai per i suoi setosi capelli lunghi e la schiaffeggiai, richiudendo poi l’infisso. Ancora una volta lei era a terra che mi fissava terrorizzata, mentre io davanti a lei come uno stupido sciocco, continuavo a puntarle la pistola.
<< James, lo vuoi capire che non voglio sposarti?! Io amo un altro uomo! >> urlò Lavinia, ma io immediatamente la raggiunsi tappandole la bocca con una mano.
<< Urla ancora e ti farò pentire di avermi lasciato prima delle nozze… >> le sussurrai. << Ora vai nella tua stanza, ti cambi e andiamo al piano inferiore. Davanti a tutti dirai che anticiperemo il matrimonio a domani o altrimenti ti uccido in questo preciso istante, facendoti a brandelli con le mie stesse mani… Se provi solo a dire a qualcuno quello che è successo in questa stanza saranno guai Lavinia… >> continuai.
Lei si alzò in piedi e fece esattamente come gli dissi. Dopo essersi resa presentabile, entrambi scendemmo le scale e arrivammo nel salone, dove tutte le decorazioni ormai pendevano su di noi augurandoci il meglio per il nostro futuro. Radunammo tutti i nostri parenti, i quali si misero a semicerchio attorno a noi.
<< Dobbiamo annunciarvi una lieta notizia! >> esclamai. << Lascio dunque la parola alla mia dolce amata Lavinia… >> continuai, baciandola.
Lei cercò di respingermi ma io la strinsi sempre più forte a me, affinché i nostri parenti non notassero quello che stava accadendo tra di noi. Incrociai lo sguardo di Tom da cui traspariva l’odio che provava nei miei confronti, forse in merito alla serata di ieri? Non lo potevo sapere, eppure c’era qualcosa che mi spronava a pensare a qualcosa di diverso.
<< Abbiamo deciso di anticipare il nostro matrimonio a domani… >> disse Lavinia, mentre delle lacrime cominciavano a fuoriuscire dai suoi occhi.
“Perfetto, tutti penseranno che si stia commovendo…” pensai.
Improvvisamente la vidi scambiarsi alcune occhiate con Tom e il mio istinto urlava la sua dolente verità. Capì che probabilmente quello che mi aveva detto, forse poteva essere veritiero, proprio quando vidi mio fratello andarsene e Lavinia distruggersi internamente dal dolore.
E così, loro con ogni probabilità erano amanti e lui era l’uomo che amava al mio posto. Sentì lo stomaco contorcersi in un dolore lancinante che però, poteva provare solo la mia anima. Di Lavinia, non m’interessava nulla, eppure sapere che mi aveva probabilmente tradito con mio fratello, mi faceva male. Era come se i grandi assassini di questo dramma che era la vita, fossero loro.
Sì, loro avevano appena ucciso me con un colpo letale e mortale.
Tutti i nostri parenti restarono lì a festeggiare e a ridere, mentre io, mi ritirai in giardino a pensare alle mie malefatte. Quel cielo limpido sotto cui passeggiavo pensieroso, sembrava crollare su di me, come pesanti macigni che cadono, distruggendo ogni cosa. Mi pareva, poi, di camminare in realtà in della melma dove i miei piedi s’incastravano continuamente, invece della normalissima ghiaia che stavo in realtà calpestando.
Quell’uomo ignobile ero io.
Un peccatore senza scrupoli e letale, ma purtroppo, troppo debole da annegare nei suoi profondi sensi di colpa.

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Capitolo 22
*** Amore impossibile ***


Capitolo 22°: Amore impossibile.
 
Tom.

 

Ero completamente solo, mentre passeggiavo in quel corridoio illuminato dalla luce del sole, ma che per me appariva per lo più tetro e privo di qualsiasi colore. Ero stato fondamentalmente disarmato della cosa più importante che mi apparteneva: l’amore per Lavinia.
Domani si sarebbe sposata. E il nostro amore?
Sapevo sarebbe finito e tutti quei sentimenti così forti che entrambi provavamo probabilmente si sarebbero spezzati, così come il mio cuore in quel tragico momento. Vivevo in un incubo che altro non mi mostrava la realtà delle cose. Volevo piangere e crogiolare sul quel pavimento, per smettere di sprofondare in quelle sensazioni terrificanti. Era come se una grande voragine si fosse creata al centro della mia anima e che avesse risucchiato al suo interno, tutto l’amore che possedevo nei suoi confronti.
Mi sentivo tradito, dalla donna che pensavo fosse la più sincera che avessi mai incontrato, eppure in quel momento mi passò accanto e la riconobbi soltanto per il suo dolce profumo. Restammo a guardarci, ma c’era qualcosa in quei suoi occhi che mi diceva che era ancora mia, ma dovevo smettere di illudermi di cose inesistenti. Non dovevo essere così permissivo, per una volta in vita mia avrei dovuto dire basta, eppure con lei non ci riuscivo. M’illudevo sempre che ci fosse qualcosa di buono in lei.
Afferrò la mia mano ed io mi sentì pervaso da una scarica elettrica, capace di poter farmi sentire una sottospecie di piacere sottile. Toccarla e averla accanto erano le uniche cose in grado di farmi sentire felice, ma ciò succedeva solo con lei. Mi trascinò nel nostro passaggio segreto, assicurandosi che nessuno ci vedesse e fu lì che tra noi piombò un silenzio terrificante.
<< Perché non gli hai detto che non ti vuoi sposare con lui? >> chiesi rompendo il ghiaccio.
Lei mi guardò con uno sguardo profondo, ma quegli occhi erano affranti dalle lacrime. Soffriva come lo facevo io, ma che senso aveva torturarsi così?
<< Mi dispiace Tom, ma credo che la cosa migliore per noi sia terminare la nostra storia… Voglio sposare James e credo che quello che abbiamo fatto fino ad adesso sia sbagliato… >> rispose.
Il cuore sembrò rompersi in due parti distinte, mentre il mio stomaco pareva avesse ricevuto una coltellata. Sì, una di quelle mortali, ma dalla donna che amavo di più al mondo. Quelle parole per me, furono un cazzotto in pieno viso e l’amore che fino a quel momento avevo provato per lei, incominciò a mutare, diventando un odio davvero profondo.
<< Che cosa stai dicendo Lavinia?! Queste sono idiozie! Vuoi forse dirmi che tutte le emozioni che hai provato per me erano false? Stavi forse fingendo?! >> dissi, agitandomi. Lavinia non proferì parola, ma si limitò solo ad abbassare il capo e a continuare a piangere. << Oh mio Dio! Come ho fatto a caderci così?! Tu hai solo mentito è questa la verità… Oh Lavinia, ti prego! Smentisci queste accuse! Ti prego! >> continuai.
Lei, però, rimase inerme. Continuava a piangere accasciandosi sul pavimento, mentre dei gemiti fuoriuscivano dalla sua bocca. Mi sentì deluso da tutto ciò, non volevo crederci. Anche lei, aveva osato tradire la mia fiducia. Eppure nonostante ciò, il mio cuore continuava a battere per lei.
“No Tom, basta! Ti ha deluso, devi smetterla!” disse una piccola voce dentro di me.
La lasciai su quel pavimento, andandomene da quella stanza e recandomi nella mia camera. Chiusi la porta a chiave e in seguito mi tuffai su quel letto, dove ancora intriso c’era il suo profumo. Incominciai a piangere. Oh sì, quelle erano delle lacrime amare pronte a cancellare ogni ricordo legato a essa. Lei, quella donna dal viso sincero e coraggioso, si era dimostrata ignobile e falsa.
Il mio incubo più grande si era avverato e ora non mi restava altro che rimanere con me stesso. Abbracciai quel cuscino e affogai le mie lacrime proprio al suo interno. Era come cadere in un abisso senza alcuna fine; Un incubo che contorceva ogni parte del mio corpo e che ripetuto ogni notte, disseminava orrore e distruzione al mio fianco.
Più cercavo di annegare quelle emozioni così crude e più mi venivano in mente il nostro desiderio verso l’altro e i nostri baci così intrisi di passione. Era davvero tutto finito? Poteva tutto ciò essere così falso e meschino? Oh no, forse lei era solo una brava attrice.
Passò qualche ora e giunse il pranzo. Decisi di presentarmi a quel tavolo per far capire a Lavinia quanto ero forte anche se lei mi aveva deluso. Dovevo farle capire che non m’importava più nulla, com’era successo a lei.
Arrivai nella sala da pranzo e mi sedetti accanto a mia madre, mentre Lavinia e James erano di fronte a me. Non ci scambiammo sguardi, ma bensì cercai di ignorarli il più possibile. Un solo sguardo di quella donna e la barriera che mi ero costruito avrebbe potuto crollare da un momento all’altro.
<< Oh Tom! Approfittando del pianoforte nel salone, perché non ci suoni qualcosa come assaggio di domani? >> chiese mia madre una volta finito di mangiare.
Io accettai e mi recai nella sala, dove tutti mi seguirono, compresa la donna che avevo amato e il suo futuro marito. Mi sedetti su quello sgabello nero, respirando a pieni polmoni e in seguito appoggiai le mani su quella delicata tastiera che tanto amavo.
Incominciai a suonare una melodia malinconica di una canzone scritta interamente da me e che conoscevo ogni parola e nota. Mi lasciai trascinare da quella che era la mia passione, dando sfogo alla rabbia e alla delusione che alleggiavano nella mia testa.
“I guess that's love,
I can't pretend,
I can't pretend”.
Mentre dicevo quelle parole cercai lo sguardo di Lavinia, tra quello di tutti i miei parenti e lo trovai. I suoi occhi erano ancora intrisi di lacrime e mi guardava con pura ammirazione. Aveva dunque capito che questa canzone era dedicata al nostro amore proibito che io non potevo avere. No, non avrei mai potuto avere, perché quell’amore si stava tramutando in un odio troppo profondo.
“Oh, feel our bodies grow,
And our souls they blend.
Yeah love I hope you know,
How much my heart depends”.
Le mie dita, ormai, suonavano da sole. La mia mente era concentrata sul testo, ma il mio cuore… Oh il mio cuore! Era ancora soffermato sull’espressione di Lavinia e all’amore che nutriva per lei. Dovevo dimenticarla, quella sarebbe stata la cosa migliore per me e per tutti. Eppure batteva forte ogni volta che pensavo a lei, alle sue labbra e ai suoi occhi che continuavano a farmi impazzire! Perché questa sorte così avventata su di me? E ancora la stessa domanda: “Perché non posso essere felice?”. Tutte queste emozioni così contrastanti e questi pensieri così ossessivi alimentavano quella che io stavo chiamando vita, ma che non era altro che un teatro dove stavano inscenando una misera opera drammatica.
“But I guess that's love
I can't pretend,
I can't pretend.
I guess that's love
I can't pretend,
I can't pretend”.
E ancora il mio sguardo si soffermò su di lei a quelle frasi. Era così evidente che con quel volto così angelico mi stava supplicando di smetterla perché soffriva e ciò era palpabile. Eppure, forse, era proprio quello a cui volevo arrivare. Volevo farle capire quanto stavo male io, ma ciò nessuno poteva capirlo se non lei. La cosa migliore, era andare via e lasciare tutti. Sì, dovevo tornare a Londra o non sarei mai più riuscito a venire a capo di tutta questa situazione.
Conclusi la mia performance e tutti mi applaudirono, ma Lavinia era già sparita. Sicuramente, si era rinchiusa da qualche parte a piangere e a soffrire per i sensi di colpa che gli avevo fatto provare. Una parte di me avrebbe voluto dirle di scappare insieme, ma l’altra la odiava per tutta la situazione. Come potevo ancora amarla nonostante tutto? C’era forse qualcosa di sbagliato in quello che stavo percependo?
Mi diressi nella mia camera e presi la valigia vuota che avevo posato sull’armadio. Incominciai a buttare al suo interno i vestiti alla rinfusa, mentre avvertivo vocii e chiacchiericci provenire dal piano inferiore. Delle lacrime incominciarono a scendere, ma io cercai in tutti i modi di bloccarle.
Improvvisamente qualcuno bussò alla porta.
Speravo con tutto il mio cuore che fosse Lavinia, ma in realtà non era così. Quando aprì l’uscio, mi ritrovai nonna Peggy con il fiatone, intenta ad appoggiarsi allo stipite della porta. La lasciai entrare e lei si sedette sul letto accanto alla mia valigia.
<< Beh, che cosa fai?! Vuoi partire?! >> mi chiese.
<< Sì… >>.
<< Per Lavinia? >>.
Rimasi di pietra davanti quell’affermazione, ma mi limitai semplicemente ad annuire.
<< Oh no caro! Tu non puoi andartene senza combattere per ciò che ami! Quella ragazza, non ama James e me ne sono accorta nel modo in cui faceva finta di commuoversi dando la notizia del matrimonio anticipato e come si sia commossa davvero mentre tu cantavi quella canzone! Tom, Lavinia stravede per te… >>.
<< Nonna, mi sa che questa volta hai torto. Vedi, io e questa donna avevamo una sottospecie di relazione clandestina, ma lei stesso oggi ha deciso di finirla per sposarsi con James… Io me ne voglio andare! Voglio tornare a Londra… Lei ormai non mi appartiene più… >>.
<< Tom, Tom, Tom… >> disse, alzandosi in piedi e battendo la mano sulla mia spalla. << Fidati di nonna Peggy, ti dico! Lei ti ama e se ha accettato di sposare James, ci deve essere stato qualcosa o qualcuno che l’ha costretta… Nipote mio, prima che muoia, voglio vederti insieme a quella donna… Quindi combatti, finché sei in tempo! >> continuò uscendo dalla stanza.
Mi dispiaceva per mia nonna, ma questa volta avrei fatto di testa mia. Finì di preparare la valigia e la misi in macchina. Prima di introdurmi nella mia vettura, guardai attentamente la villa e Lavinia era affacciata alla sua finestra, mentre mi fissava andare via. Senza indugiare oltre, mi sedetti in macchina e l’azionai, sfrecciando in quel viale e dicendo addio alle bellissime emozioni che il mio cuore frantumato aveva provato.
“Addio Lavinia…”. 

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Capitolo 23
*** La tragedia dal finale maledetto ***


Capitolo 23°: La tragedia dal finale maledetto.
 
Lavinia.

 

Odio, era tutto ciò che provavo.
Mi fissavo in quello specchio e pregavo con tutta me stessa che quella che stava indossando quell’abito bianco non ero io. Il mio volto era deturpato dalla malinconia, eppure nessuno sembrava accorgersene. Tutti erano convinti che ero felice, anche Tom, il quale era andato fuggito a causa mia.
Fissavo quell’ampia gonna e quel corpetto stretto. Più lo facevo e più mi rendevo conto che il giorno del supplizio era arrivato. Mancava poco e sarei diventata la signora Odell, ma appartenente all’uomo sbagliato. Mi sentivo semplicemente soffocare e crogiolare. Volevo sparire e scappare, ma sapevo che James mi avrebbe trovato ovunque mi fossi rifugiata.
Improvvisamente, qualcuno bussò alla porta. Mi accinsi ad aprirla con la pelle già appiccicosa per il sudore della tensione e quando feci capolino, notai Peggy. Le sorrisi e la lasciai entrare.
<< Oh, sei bellissima Lavinia… >> mi disse, dandomi due baci sulla guancia. << Ma non sei felice… >> continuò, fissandomi negli occhi.
Scoppiai in lacrime tra le sue braccia, non riuscendo più a soffocare quella sofferenza che aveva preso il sopravvento su di me. I gemiti incominciarono a fuoriuscire senza alcuna sosta, ma non cercai neanche di fermarli, anzi mi aggrappai più che potei a Peggy, la quale continuava ad accarezzarmi come se per lei fossi peggio di una figlia. Ci sedemmo sul letto e lei mi porse un fazzoletto, affinché mi potessi asciugare le lacrime.
<< Perché cara? Non lo amavi forse così tanto come mi stai dimostrando ora? >> chiese, poggiando una mano sulla mia spalla.
<< Io lo amavo e lo amo ancora alla follia, ma credimi Peggy… Non potevo… Ho un matrimonio da celebrare… >>.
<< Un matrimonio che ti hanno obbligato a celebrare… >> disse, non lasciandomi neanche finire la frase.
Quelle parole fecero crollare tutta l’angoscia di quei giorni, sul mio corpo inerme e simile a quello di un futile cadavere. Oh ma che razza di vita era la mia?! Ricolma d’insidie e ostacoli. Avrei mai visto quella luce che altro non era che opera della mia salvezza?! No, James avrebbe fatto di me un vero e proprio cadavere dopo la cerimonia. Mi avrebbe usata e uccisa. Ma cosa avrei avuto più da perdere?! Ormai Tom, non sarebbe più tornato da me.
<< No, ti stai sbagliando… >> riposi singhiozzando.
<< E allora perché i tuoi occhi me lo dicono? Ascoltami attentamente Lavinia. Sono sempre stata capace, fin in giovane età, di poter percepire cose che altre persone non riuscivano a vedere, semplicemente perché loro erano superficiali. Quello che ho visto in te è stata la tua sincerità, ma soprattutto il tuo coraggio. Oh Lavinia, qualsiasi cosa sia che ti abbia fatto cambiare idea, tu devi lottare contro di essa per il tuo bene… O, sarai infelice… >>.
I miei occhi si riempirono nuovamente di lacrime e abbracciai forte Peggy, perché sapevo che probabilmente quella sarebbe stata la nostra ultima conversazione. Guardai quella stanza e le dissi addio con lo sguardo, perché ero a conoscenza del fatto che quella sarebbe stata l’ultima volta che ne avrei avuto l’accesso.
Improvvisamente, qualcun altro bussò alla porta, ma l’aprì da solo proprio quando pronunciammo il nostro “Avanti”. Si presentò un uomo dai capelli grigi e con parecchie rughe che solcavano il suo volto. Era elegante, poiché indossava un completo di giacca e cravatta. I suoi occhi verdi, ci fissarono, ma quando il suo sguardo si posò su di me, divenne sconvolto.
<< Scusate, volevo avvisarvi che l’auto è pronta per portarvi alla chiesa. Il signor James Odell vi sta già aspettando al luogo… >> disse.
Io e Peggy ci alzammo in piedi e scendemmo insieme le scale, facendo attenzione a non scivolare. Entrammo nella macchina e ci recammo in quella chiesa. Davanti a quel grande portone c’era mio padre che mi aspettava, pronto a portarmi all’altare. Tra le mani stringevo il bouquet di fiori finti, che avrei voluto semplicemente gettare. Avvertivo ancora quella tristezza risucchiarmi all’interno del suo vortice oscuro. Rimasi paralizzata davanti a quella scalinata nel vedere che tutti gli sguardi degli invitati erano fissati su di me. Mi sbloccai solo nel momento in cui mio padre mi afferrò il braccio e mi trascinò all’interno dall’edificio. La marcia nuziale ebbe inizio, ma quello mi sembrò per lo più la mia marcia funebre. Sì, quel giorno avrei voluto morire, invece di sposare quel mostro che davanti all’altare mi fissava, mostrandomi un sorriso malizioso.
Gli occhi di tutti erano fissi su di me e la tensione all’interno del mio corpo sembrava aumentare, tanto che mi ritrovai a tremare. Le lacrime volevano fuori uscire, ma cercai di trattenerle per non cadere in un pianto disperato. Doveva sembrare tutto normale. Eppure vedevo il sorriso sul volto di tutti, ma nessuno sapeva che stava festeggiando alla mia morte. Non solo dell’anima, ma soprattutto fisica.
Giungemmo all’altare, dove James, mi baciò la mano ed io lo guardai con disprezzo e ribrezzo. Ciò che vedevo in lui era solo la cattiveria che emanava il suo animo. Lui avrebbe fatto di me una carneficina.
<< Oggi, siamo qui riuniti per celebrare il matrimonio tra James Odell e Lavinia Marika Emberson! >> disse il prete, elevando le mani al cielo. << Chiunque non fosse d’accordo a quest’unione, parli ora o taccia per sempre! >> continuò.
Il silenzio piombò nelle piccole navate della chiesa ed io mi sentì sempre di più morire dentro. Mi sembrava di essere caduta in un incubo senza fine.
<< Io non sono d’accordo! >>.
Era una voce maschile che urlò quelle parole e quando mi voltai, il mio cuore incominciò a battere forte dall’emozione.
Era Tom. Sì, esattamente Tom Peter Odell, l’uomo che amavo davvero.
Si trovava all’entrata della chiesa che fissava James senza fiatare. I loro sguardi erano minacciosi e intrisi di rabbia e rancore.
<< Perché figliuolo non è d’accordo? >> chiese il parroco.
<< Glielo dico io prete! >> rispose James.
Improvvisamente estrasse la pistola dalla giacca e sparò sul parroco. Le urla si avvertirono nell’intera navata e tutti gli ospiti incominciarono a scappare, ma la sua furia omicida non si arrestò, infatti, puntò la pistola dritta al cuore di Tom.
<< No! >> urlai.
Mi avventai sullo sposo, il quale sparò sugli innocenti ospiti.
Cercai di disarmarlo, ma lui con un pugno mi allontanò, facendomi cadere a terra.
<< Lo sapevo che tra te e Lavinia c’era qualcosa, se no perché rovinare questo splendido matrimonio?! >> urlò.
James e Tom, incominciarono a lottare. Potetti vedere mentre i pugni arrivavano dritti sulla faccia di Tom e come i calci volavano sul corpo di James. Tutti e due combattevano per me, ma dovevo fare in modo che non degenerasse. Cercai di alzarmi in piedi, ricorrendo a tutte le mie forze.
All’improvviso, poi, udì uno sparo.
Mi si raggelò il sangue quando vidi il corpo di Tom, cadere sul pavimento. Probabilmente era ancora vivo, ma era sdraiato a terra mentre quel liquido rosso sgorgava dal suo corpo. Mi avvicinai all’amore della mia vita e m’inginocchiai accanto a lui, mentre tremava e cadevo in un pianto disperato. Ecco che quella tragica storia stava per avere un finale ancora più maldetto di quanto già non lo fosse. Assomigliava per lo più all’opera di Shakespeare, Romeo e Giulietta. Due persone che si amavano, ma separati dall’ostilità delle loro famiglie. Entrambi avevano preferito la morte per l’amore dell’altro.
Ed io e Tom?
Oh, io e lui eravamo stati separati da un pazzo assassino che aveva appena diviso le nostre vite, usando l’arma più spietata che poteva utilizzare: l’imminente morte.
Improvvisamente avvertì un dolore lancinante alla schiena. Mi sentì soffocare, nonostante boccheggiavo per riunire l’ossigeno nuovamente nei miei polmoni. Il mio sguardo s’incentrò sul corpo di Tom e solo quando vidi del sangue accanto ai miei piedi mi resi conto dell’accaduto.
James, mi aveva sparato.
Mi accasciai e l’ultima cosa che notai fu che la mia mano era racchiusa in quella di Tom Peter Odell, l’unico uomo che avevo amato davvero in tutta la mia vita.
Finalmente potevamo essere felici, insieme.

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Capitolo 24
*** Epilogo ***


Epilogo.
 
Tom.
 

Era passata una settimana dallo spiacevole inconveniente del matrimonio e finalmente avevo potuto assaporare l’aria fresca uscendo per la prima volta da quell’ospedale. Più volte avevo chiesto di Lavinia e mi avevano detto che stava bene e che avrebbero dimesso anche lei. Per quanto riguarda mio fratello, beh, mi avevano riferito che era stato arrestato e doveva scontare la sua pena in galera per parecchi omicidi che aveva poi confessato. Compreso quello di Jane e di Adam.
In quel momento mi trovavo nella mia stanza nei pressi della mia villa, mentre indossavo uno smoking con dei fiori all’interno del piccolo taschino. Sì, mi stavo per recare a un funerale a cui non avrei mai pensato di poter partecipare.
James involontariamente, il giorno del matrimonio, aveva ucciso nonna Peggy ferendola al cuore con alcuni colpi. Mentre mi fissavo allo specchio, piangevo per lei poiché era stata lei a spronarmi a lottare per Lavinia ed era stata l’unica a sperare in un futuro migliore di me. Le volevo bene peggio di mia madre, nonostante negli ultimi periodi ci eravamo allontanati.
Aprì la porta e scesi le scale, arrivando così nel salone, dove con i miei genitori ci recammo al cimitero con la mia macchina. Mia madre era semplicemente distrutta dal dolore e nel tragitto, non faceva altro che piangere tra le braccia di mio padre.
Arrivammo al cimitero e proprio lì, ascoltammo le parole santificate del prete che stava onorando il cadavere di nonna Peggy. Mentre le ascoltavo, il mio sguardo fu attirato da un altro. Entrambi c’eravamo cercati per chi sa quanto tempo tra quella folla e solo in quel momento potemmo vederci.
Ecco che vidi avanzare tra quella moltitudine di persone, la mia cara e amata Lavinia. Era vestita di nero con un vestito di pizzo che gli stava alla perfezione. Ci guardavamo e ci sorridevamo, nonostante il momento non fosse appropriato. Lei si avvicinò a me senza più paura che qualcuno potesse vederci.
<< Oh Lavinia… >> dissi.
Ci abbracciammo forte, proprio mentre la bara di nonna Peggy veniva sotterrata e con lei i suoi consigli per farci riappacificare. In quel momento proprio durante il suo funerale, io e Lavinia ci eravamo riuniti e questo non era altro che un segno che lei lo volesse.
<< Ora non ho più paura Tom… Io ti voglio nella mia vita e spero che anche tu lo voglia ancora… >> disse.
Sapevo che quello che mi aveva detto nel passaggio segreto era tutto falso. Avevo compreso che James l’aveva in realtà obbligata a sposarla e ora non avevo più dubbi sulla sua sincerità e sul suo amore.
<< Oh Lavinia! Come potrei non volerlo? Ho desiderato questo momento da quando ti ho incontrata per la prima volta in quella villa… Ti prego amiamoci per sempre e mettiamo fine a questa sofferenza che non fa altro che distruggerci… >>.
In quel momento ci baciammo davanti a tutti, senza più paura di nascondere il nostro amore a sguardi indiscreti. Ci amavamo e questa era la cosa più importante. Io ero pronto, sì, a vivere una vita in compagnia della donna che avevo sempre desiderato, Lavinia Marika Emberson.
 
The end.

 
 

Angolo dell’autrice.

Ciao a tutti coloro che hanno seguito la mia fanfiction dall’inizio alla fine! Spero con tutto il cuore che vi sia piaciuta e che vi abbia lasciato magari con il fiato sospeso. Questa storia però, ha un significato e che è quello che spesso bisogna dare ascolto ai propri sentimenti e di fare le cose che semplicemente ci rendono felici. Non bisogna avere rimorsi nella propria vita ed è un bene godersi ogni istante senza mai aspettare che il mondo cada su di noi.
Ebbene sì, anche questa storia è giunta a un termine, come ogni cosa d’altronde. Spero che vi sia piaciuta e che magari sono riuscita a donarvi tutte le emozioni che volevo trasmettervi.
Grazie a tutti per il sostegno, per me è stato importante.
Grazie davvero e a presto! :)
Maryleescence.

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