Disclaimer: Questo testo proprietà del suo autore e degli aventi diritto. La stampa o il salvataggio del testo dà diritto ad un usufrutto personale a scopo di lettura ed esclude ogni forma di sfruttamento commerciale o altri usi improri.
Hallooo! Allora stavo riflettendo
e Pam! Tom mi ha gettato addosso questa idea…Speriamo in bene! Anche perché, come al solito, ancora non so cosa accadrà…. Vorrei ringraziare
anticipatamente chiunque leggerà e se vorrà, commenterà! Ne approfitto anche per
scusarmi…Siccome sono in piena preparazione d’esame e ruberò tempo prezioso al
sonno, scrivendo di sera tardi, può essere che mi scappino più errori del
solito…Estutmirleid!!! Concludendo ci tengo
a sottolineare che, essendo una fanfiction è, e sarà
sempre e solo la mia versione delle cose. Buona lettura a tutti^^!
EinAlptraum:
meinLebenohnedich…
Aprii gli occhi di botto. La stanza,
immersa nel buio, giaceva in un’innaturale silenzio.
Nessuna luce penetrava dalle persiane. Doveva essere ancora notte fonda.
Sdraiato a pancia in
su, sentii il cuore battere più velocemente. Ero inquieto, ma non ne
conoscevo il motivo.
Mi ero svegliato in piena notte…,
pensai, ragionando tra me,…non c’era un solo rumore,
né luce...Allora perché mi ero svegliato?!?
Sospirai, i battiti ancora accelerati.
Riflettevo, immobile nel letto, per non rischiare di svegliare mio fratello.
Fissai il soffitto, l’ansia, costantemente in crescita, alla bocca dello
stomaco.
Ma che diavolo mi stava
succedendo…, pensai preoccupato.
All’improvviso, mi sentii davvero male.
Quasi privo di forze, venivo colpito da un principio
di nausea.
Accidenti…, imprecai mentalmente,
portandomi il dorso della mano alla bocca.
“Bill!” chiamai a
fatica.
Nessuna risposta.
“BILL!” chiamai ancora, aumentando il tono
della voce, deciso a svegliarlo. In realtà, un po’ mi dispiaceva interrompere
il suo sonno, ma mi sentivo davvero male.
Aspettai un altro paio di secondi. Ancora
nessuna risposta.
“Bill! Accidenti!
Svegliati, mi sento male…” continuai, la voce seccata “Guarda te se devo avere
la sfortuna di avere un fratello minore che, se vede un minimo movimento, si
sveglia di botto, ma se gli urli nelle orecchie, continua a dormire come un
ghiro…” mi lamentai ad alta voce, certo che a breve lo avrei
sentito mugugnare che ero sempre il solito insensibile.
Attesi, la nausea
che aumentava sempre più.
Passò un minuto. Nulla.
Sbarrai gli occhi, il cuore che batteva di
nuovo velocemente. Improvvisamente la nausea scomparve, subito sostituita da
preoccupazione. Non era da Bill ignorarmi così…,
riflettei,…anche se dorme, di solito mi risponde
subito, dice cose incoerenti, ma risponde…
Presi un bel respiro, cercando di non
essere stupido, di non farmi prendere dal panico senza motivo. Quando mi fui un po’ calmato, ricominciai a fissare il
soffitto, la camera immersa nel silenzio. Un secondo. Realizzando
che il silenzio era davvero troppo, quasi innaturale, e che non sentivo il
respiro di Bill, sbarrai gli occhi. Sconvolto, mi
alzai di scatto, mettendomi a sedere, allungando rapido la mano verso
l’interruttore della luce.
“Bill?!?” chiamai ancora.
Click.
Sbattei le palpebre più volte, cercando di
abituarmi alla luce il più rapidamente possibile, il cuore che batteva come non
mai, sperando di sentire il classico borbottio che mio fratello emetteva ogni
qualvolta lo si svegliava di soprassalto.
Ancora una volta, attesi invano.
Fissai l’altro lato della stanza.
Impallidii. Il letto di Bill era sfatto, il
materasso, ricoperto dalla coperta che la mamma usava mettere nella stanza
degli ospiti quando per lungo tempo non veniva nessuno a trovarci, segno
inconfutabile che nessuno aveva o avrebbe dormito lì.
Gli occhi sbarrati, esterrefatto, continuai a fissare il materasso, senza parole.
Ma cosa diavolo era successo…, pensai tra me
e me, gettando una veloce occhiata all’orologio,…ricordavo
di aver augurato la buona notte a Bill non più di 3
ore prima…Dov’era mio fratello? Perché il suo letto
era in quello stato…?
Deglutii, incapace di darmi una risposta.
Mi alzai, appoggiando i piedi nudi sul pavimento, rabbrividii.
Senza prestare troppa attenzione al freddo, mi avvicinai alla porta,
spalancandola. Gettai uno sguardo al corridoio. Era buio. Deserto.
Camminando
lentamente, mi accostai al bagno, pensando che potesse essere lì. La porta era chiusa. Sorrisi. Bussai.
“Bill! Tutto
bene?!?” domandai.
Uno scroscio d’acqua. Qualcuno si stava
lavando le mani.
Mi spostai, per evitare di prendere la
porta in faccia, piazzandomi di fronte al vano, le spalle contro il muro.
Tlack.
“Ehy, Tomi.” Disse
la mamma, sorridendomi “Che fai in giro a quest’ora? Non riesci a dormire?”
“Mami…Non riesco
a trovare Bill…Tu l’hai visto…?” risposi io, cercando
di controllare la voce, sicuro di vederla sbarrare gli occhi
preoccupata.
Mia madre effettivamente sbarrò gli occhi,
fissandomi sconvolta. “Ma che dici, Tomi?!? Chi è Bill?!?”
Impallidii, mentre una serie di brividi
percorreva la mia schiena da bambino. Sbattei le palpebre più volte,
fissandola. “Non prendermi in giro!” esclamai subito dopo con voce a metà tra
l’irritato ed il piagnucolento “Billè mio fratello!”
Lei mi fissò ancora, la bocca aperta. “Che dici, Tomi?!? Tu non hai nessun fratello…”
Un altro brivido. Lei mi sorrise “Devi aver
sognato…” disse.
“Ma…ma…” balbettai
io, certo di aver ragione.
“Certi sogni sembrano davvero realistici…Sei
ancora mezzo addormentato…Vai a letto ora…” continuò, sospingendomi gentilmente
fino alla camera.
Attese che mi infilassi
sotto le coperte e me le rimboccò. Sorrise “ ‘Nacht, Tomi…” disse, uscendo e riavvicinando la porta. Un
secondo dopo, da fuori spense la luce.
Aspettai che si fosse allontanata, poi la riaccesi. Saltai giù dal letto, sconvolto. Corsi
dall’altro capo della stanza, spalancando l’armadio. Era pieno dei miei
vestiti, di quelli di Bill, nemmeno l’ombra. Imprecando,
lasciai perdere l’armadio, correndo alla scrivania. Frugai fra i libri. Ma la risposta che ottenni fu la stessa. Nessuna traccia di Bill.
Ricacciando le lacrime indietro, mi
accasciai sul pavimento, stringendomi le braccia intorno al corpo. Anche se la
mamma dice che ho sognato, non è possibile…, pensai,…non
è possibile…
Rimasi sul freddo
pavimento a lungo, poi mi alzai,
avvicinandomi al mio letto. Mi sedetti, continuando a fissare il lato opposto
della stanza, il letto dove ero certo mio fratello si era
coricato quella sera stessa. Sospirai, poi mi rialzai,
togliendo la mia coperta. Raggiungendo il letto di Bill,
con rabbia, strappai la coperta impolverata, gettandola per terra.
Sdraiandomi sul letto di mio fratello, mi
raggomitolai nella coperta, ricacciando ancora indietro le lacrime. Non avrei
pianto…, mi ripromisi deciso,…non avrei più
pianto…Qualsiasi cosa sarebbe successa, io non avrei più pianto finché Bill non sarebbe stato di nuovo al mio fianco…
Leute!!!Halloooo! Ovviamente, è inutile lottare con Bill e Tom, vincono sempre
loro…Quindi ho momentaneamente accantonato il libro e mi sono messa a scrivere…Uff…Se conosco bene quei due, mi disturberanno ancora prima
di domani, se riesco aggiornerò stasera mooolto
tardi, se no domani…Scusate se vi faccio attendere, ma non credo che il mio
professore mi interrogherà mai sulle mie ff…Magari lo facesse! Almeno non mi romperei a studiare!!!VielDank
und Bis Bald^^!!!!
Per Hermyone: Hallooo^^!Danke! Le mie idee in realtà sono idee dei th…(di Tom per l’esattezza
questa…Chissà che gli passa per la mente… Tom: Volevo
solo dimostrare che ci tengo a Bill… Me: …Ok... Premio alle intenzioni^^!) Tra l’altro Tom mi ha detto che se stavi per piangere, ha raggiunto il suo
scopo… E’ convinto che le ragazze che si commuovono subiscono maggiormente il
suo fascino, ovviamente sottolinea anche che lui non
ha bisogno di questi mezzucci… Tom! Scheiße! Mi fai rispondere senza intervenire?!? Come vedi, ho aggiornato presto! Spero che tu ne sia felice! Per
quanto riguarda Bill…non so che dire…Tom, sempre pronto a sbottonarsi in certi casi, qua proprio
non ne vuole sapere…Bah! Vieldank!!!!^^
Per
Sbadata93: Ehy, Regan!
Ovviamente è stato un piacere avvisarti! Grazie ancora per i complimenti. Alla
fine hai ragione tu…Dovrò abituarmi prima o poi ad
essere disturbata sempre quando non ho tempo…Uff! Comunque davvero il tuo Tom
piange?!? Ahahah! Incredibile!!!
Che si lamenti col mio allora per le sue idee malsane, allora! A presto e baci!!!
EinAlptraum: meinLebenohnedich…
…zwei…
Uno spiraglio di luce mi
colpì il viso.
“Bill!
E’ mattina, svegliati!” dissi, gli occhi ancora
chiusi.
Un secondo. Non
ottenendo risposta, sgranai gli occhi di botto, fissando la stanza. Il mio
letto, dal quale avevo tolto la coperta, era vuoto. Ricordando la notte
precedente, sospirai.
Allora non era stato
solo un incubo…, mi dissi, abbassando lo sguardo, constatando
che quello su cui ero disteso, ancora raggomitolato, era il letto di mio
fratello. Sospirai ancora.
Gli occhi bassi, gettai
di lato la coperta, alzandomi. Feci un passo, poi mi voltai,
fissando nuovamente il letto di Bill. Non potevo
credere che lui non ci fosse, che lui non esistesse. Mentre
un brivido freddo mi percorreva la schiena, per l’ennesima volta ricacciai
indietro le lacrime. Dovetti mordermi le labbra, per farlo.
Non era possibile…,
continuai a ripetermi, fissando il suo letto,…non
poteva assolutamente essere vero…
Tlack.
Sentendo un rumore
provenire dalla porta, mi voltai di scatto, sperando di vedere entrare mio
fratello, imbacuccato nel suo pigiama extralarge, i
corti capelli scompigliati dal sonno. Il cuore in gola, sorrisi.
La porta si aprì
lentamente. Non appena nel vano apparve il volto di mia madre, sentii il
sorriso morirmi sulle labbra, l’ansia riprendermi alla bocca dello stomaco.
“Ah, Tom!
Sei già sveglio allora!” iniziò lei, sorridendomi.
Il viso duro, incapace
di celare la mia delusione, bofonchiai un debole “Ja…”
“Molto bene!” continuò lei, non notando nulla ed iniziando a voltarmi le spalle,
per tornare in cucina “Vieni, la colazione è pronta…”
“Non ho fame…” risposi
subito io, sentendo che l’ansia mi aveva privato del benché minimo appetito.
Mia madre si voltò di
scatto. Mi fissò, esterrefatta “Non stai bene?” domandò, la voce preoccupata,
ben consapevole di quanto fossi una buona forchetta,
nonostante l’aspetto magro.
“Sto benissimo…” mentii,
voltandomi verso l’armadio, per prendere i vestiti “E’
solo che non ho fame…”
Due rapidi passi, mia
madre mi fu accanto. Mettendomi le mani sulle spalle, mi obbligò a voltarmi,
scrutandomi il volto. “Sei un po’ pallido…Sei davvero sicuro che sia tutto a
posto?” chiese ancora.
No! Accidenti, no!..., urlai dentro di me, mentre col volto rigido ricambiavo
il suo sguardo,…Non era tutto a posto! Bill non c’era
più e sembrava che la cosa nemmeno la toccasse!
Un brivido mi percorse,
poi deglutii, cercando di calmarmi “Sono sicuro…” risposi.
Lei allungò la mano,
sfiorandomi la fronte “Sei un po’ caldo…Forse è meglio
se oggi resti a casa…”
La fissai
negli occhi, poi spostai lo sguardo sulla camera. Desolata. Espirai.
“Non è niente…Appena uscirò, l’aria mi farà sentire meglio…” risposi,
consapevole che sarei impazzito se avessi trascorso la
mattina rinchiuso tra le mura di casa, il continuo pensiero di Bill nella mente, cercando di rintracciare un segno che mi
confermasse che davvero non ero figlio unico.
Lei mi fissò ancora più
sconvolta di prima “Forse è il caso di chiamare il medico…” la voce ora davvero
preoccupata.
Mi irritai, scansandomi.
“Ho detto che sto bene!” risposi seccato, afferrando un paio di jeans e una
maglia a caso. Lei mi fissò un attimo “Ok…”
disse soltanto, poi si allontanò, uscendo dalla stanza.
Rimasto solo, imprecai.
Non avevo intenzione di trattarla in quel modo, ma i miei nervi avevano ceduto.
L’impulsività era sempre stata un po’ il mio punto debole, che Bill riusciva quasi sempre a
frenare, inserendosi nei discorsi. Sospirai.
Accidenti…, imprecai
ancora, gettando il pigiama per terra ed infilando i vestiti, il cuore un po’
più pesante,…dove accidenti ti trovi, Bill?!?
Mi avvicinai
alla scrivania, dove, per terra, tenevamo gli zaini. Ovviamente, sul
pavimento, ora c’era solo il mio. Maledizione…, imprecai ancora, afferrandolo,
e, senza nemmeno controllarne il contenuto, avvicinandomi alla porta. Gettai
un’ultima occhiata alla stanza. Sospirai. Con nel
cuore la sensazione che mi mancasse qualcosa, uscii.
L’aria fresca non servì a un granché. Mentre camminavo
lentamente per le vie della città, prendendo a calci qualche sasso, riflettevo,
non curante del mondo esterno, le mani in tasca.
Sospirai di nuovo,
alzando lo sguardo verso il cielo grigio. Tornai a fissare davanti a me finché,
con la coda dell’occhio, non vidi un guizzo nella vetrina di un negozio. Mi
voltai di scatto.
Niente. La vetrina
restituì soltanto la mia immagine riflessa. Le mani ancora in tasca,
ricominciai a camminare, lo sguardo serio fisso
davanti a me. Lo riabbassai, un istante. Il ricordo di un Bill,
mogio e svogliato all’andata, e, cantante e saltellante al ritorno, mi colpì,
senza lasciarmi via di scampo. Sospirai ancora.
“Ehy,
Tom!”
Fermo ad un incrocio, mi
voltai di scatto. Andreas, la cartella in spalla, mi
si avvicinò subito, correndo. Sul volto un sorriso radioso. Vedendo la sua
espressione, compresi subito che anche lui non si era
accorto di nulla. Voltandomi un istante, fingendo di osservare una bmw nuova di zecca che sfrecciava, sospirai senza farmi
vedere, poi tornai a guardare fisso davanti a me. “Ciao, Andreas.” Risposi senza troppo entusiasmo.
Il mio amico, al settimo
cielo perché a breve sarebbe stato il suo compleanno, iniziò a parlare senza
fermarsi un solo istante. Io, al suo fianco, continuando a fissare di fronte a
me, di modo che non potesse accorgersi di ciò che provavo, annuivo, senza
prestare attenzione mentre, dentro di me, mi domandavo perché nessuno di loro
si fosse accorto di nulla, perché nessuno di loro percepisse l’improvvisovuoto intorno…
All’improvviso mi
voltai, fissando Andreas in viso. Lui, continuando a
parlare, ricambiò il mio sguardo, sorridendomi. I suoi occhi luccicavano.
Era così solo perché non
sapeva ciò che si stava perdendo…Se si fosse reso conto di ciò che mancava, non
sarebbe stato felice nemmeno lui…, mi dissi, convinto che si potesse sopportare
un mondo privo dell’allegria di mio fratello, solo se non lo
si aveva mai sperimentato. Ripensando ancora a Bill,
strinsi la mano, fino a perdere sensibilità. Non dovevo piangere.
“E
quindi Bill ha detto…”
La frase di Andreas mi tirò a forza fuori
dai miei pensieri. Sgranai gli occhi. “Cosa…? Bill…?!?” domandai subito,
interrompendolo, il sorriso che rinasceva sulle labbra.
“Si…” ricominciò Andreas, ora fissandomi esterrefatto “Dicevo che Billha detto che non verrà…”
Sbattei le palpebre, il
viso che tornava rigido “Perché no?” domandai, il
cuore in tumulto.
Il mio amico spalancò gli occhi “Pensavo che ne saresti stato contento…Hai
sempre detto che Bill non ti piaceva…” rispose
lui, scrutandomi attento.
“Cosa?
Che dici, Andreas?!? Figurati se mio fratello potrebbe non piacermi!” conclusi subito,
allibito alla stramba idea che aveva avuto. Al settimo
cielo, sorrisi, senza prestare attenzione al fatto che, a quanto pareva, il mio
amico aveva visto Bill, ed io invece non sapevo dove
si trovasse, né perché mia madre avesse finto che non esistesse.
Andreas mi fissò un secondo,
scrutandomi ancora, poi, dopo avermi tirato una pacca amichevole sulla spalla,
rise “E da quando BillMangel
è stato adottato dai tuoi?!?” iniziò con voce
scherzosa. Mi tirò un’altra pacca “Sei sempre il
solito, Tom! Hai sempre voglia di scherzare!”
Io deglutii, incapace di
parlare, lo sguardo fisso su di lui. Andreas,
convinto che stessi scherzando, ignorò il mio sguardo allibito, ricominciando a
parlare fitto.
Mi fermai, di botto,
fissando davanti a me, senza vedere nulla. Il mio amico fece due passi, poi si
voltò verso di me “Non vieni, Tom?” domandò.
“Nein”
risposi soltanto, continuando a guardarlo, senza vederlo realmente.
“Stai bene, Tom?” chiese ancora lui “Sei
strano oggi…”
“Si” mentii subito io.
Irritato da quella continua domanda, imprecai mentalmente.
“Ci vediamo dopo a
karatè, ok?” continuò lui, fissandomi, poco convinto
Io, senza ascoltare, annuii.
Andreasfece
un cenno con la mano poi, dopo avermi gettato un’altra occhiata, si allontanò,
lasciandomi solo.
Sospirai. Ero solo, come
non mi ero mai sentito prima di allora. Immobile sul marciapiede, mi fissai una
mano, poi alzai lo sguardo, spostandolo su una
vetrina. Il mio riflesso ricambiò il mio sguardo.
Possibile…, mi dissi,
avvicinandomi,…possibile…Che davvero io sia l’unica
persona al mondo ad avere questo aspetto…?!?
Sospirai ancora. Un’altra
immagine di Bill riapparve nel mio cervello. Il mio
fratellino festante che, saltellando, mi diceva quanto si sentisse felice ad
essere il mio gemello.
Sentii lo sguardo
appannarsi mentre gli occhi, a poco a poco, si riempivano di lacrime al solo
pensiero. Strinsi di nuovo il pugno, deglutendo. Presi un bel respiro,
scostando lo sguardo.
Dovevo trovare Bill…, mi dissi,…Assolutamente.
Deciso, mi allontanai,
avviandomi verso casa. Ero stato uno stupido a pensare che sarebbe bastato
stare lontano da lì, per smettere di sentire la mancanza di mio fratello, anche
se solo per un paio di secondo. Era tutto inutile.
Tenendo gli occhi fissi
sulla strada, attento a non riappoggiarli più sulla vetrina, fui raggiunto da un intuizione geniale.
Avrei frugato ovunque,
gettato all’aria tutta la casa se necessario, ma avrei trovato un indizio per
scoprire dov’era e poi, a costo di scappare di casa, l’avrei raggiunto. Ovunque
Bill fosse.
Halloooo! Eccomi di nuovo qua e prima del
previsto! Come Tom e Bill
mi hanno fatto coerentemente notare, posso anche
spezzarmi la schiena di meno sui libri e di più sul computer…Che carini, né? Ma che ci volete fare?!? Ognuno pensa sempre e solo ai proprio comodi…^^! Bene! Ci sentiamo domani allora e
buona lettura!!!!Viel
dank^^!
Per
Darkviolet92: Ciao! Ho solo una domanda…In che senso inquietante?
Per
Sbadata93: Halloooo!!! Come
va? Bill? La sua crisi? Ma è dovuta
alla mia ff??? Guarda il mio, se ne sta tranquillamente
svaccato sul letto a giocare ai videogiochi con Tom…Sembra che la cosa non lo tocchi! (Bill: Per forza, finché nella realtà è al mio fianco, non
vedo dove sia il problema… Tom: Giusto, Bruder! Ah.. Comunque,
grazie per esserti distratto! Ho vinto io! Bill: Neeeeeein! Me:…keinenWörten…) Ah! Per il resto ho passato il tuo messaggio a Tom ma lui ha storto la faccia…Mah…Speriamo in bene!!!! A presto! E grazie ancora per
il tuo sostegno, sempre presente! Viel, viel Dank^^!!!!!
Per
Eleonora483: Halloooo! Ehy,
sbaglio o è da un po’ che non ci sentiamo?!? Bentornata!!!
Spero che sia andato tutto bene!!!! Grazie per il tuo commento! Da quando Bill l’ha sentito, continua ad autodirsidi essere Billissimo!!!! Ahaha! Mi sa che fra un po’ Tom,
lo mena… Cmq Il mio Tom è
geniale come tutti i Tom! Nel senso
che, essendo parecchio presuntuoso, pensa solo a se stesso e da lì nasce tutto
(Me si volta verso Tom. Lui, seduto accanto a Bill, sorride. Tom: jaaaaaaaaaa!!!!) Comunque ancora
grazie! Farò, anzi, io e Tom, faremo del mio meglio
per non deluderti!!!!Kuss,
kuss^^!!!
EinAlptraum: meinLebenohnedich…
…drei…
Entrai in casa, gettando
lo zaino nell’ingresso. Immersa nel buio e nel silenzio, la casa aveva un che
di spettrale ma io camminai tranquillo fino al salotto dove, per prima cosa, spalancai
la finestra e aprii le persiane. La luce invase la stanza, ma l’ambiente non
migliorò di molto. Guardandomi attorno, mi resi conto che appariva triste senza
le nostre solite cose, gettate in ogni angolo. Sospirai.
Ricordandomi che avevo
poco tempo per frugare, prima che la mamma tornasse dal lavoro per pranzo,
diedi un’altra occhiata attorno.
Il mio sguardo cadde sul
mobile dove sapevo che i miei tenevano nascosti tutti i documenti. Non l’avevo
mai aperto prima d’ora…, pensai,…più che altro perché
non è che la cosa mi interessasse più di tanto...
Si prospettava una
ricerca noiosa. Sbuffai.
Un secondo dopo ero a terra, le ante del mobile spalancate, chili di fogli
sparsi sul pavimento, mantenendo un certo ordine. Evitare di essere scoperti
era, e rimaneva sempre, una delle mie priorità.All’improvviso ricordai una delle nostre
prime marachelle. Sorrisi.
Io e Bill,
che avevamo all’incirca 4 anni all’epoca, eravamo in vacanza in montagna con i
nostri genitori ed i nonni quando, per provare la sensazione d’infrangere le
regole e per il bottino, avevo convinto mio fratello a fare il palo mentre io
rubavo le caramelle dal comodino del nonno. Senza essere scoperti avevamo
diviso i dolci, ridendo come due cretini. Due giorni dopo, mio fratello,
peccando di eccessiva ingenuità, aveva tentato di
ripetere l’impresa ma, impaziente, non aveva aspettato il mio ritorno. Beccato
sul fatto, i nostri genitori lo avevano punito, impedendogli di stare con me,
per il resto del giorno, intimandogli di non uscire dalla nostra camera. In
realtà, così facendo, intendevano punire anche me, consapevoli che il “mentore”
di certe azioni, non potevo essere che io. Restare tutto il resto del giorno
lontano da lui era stato più difficile del previsto, anche se cercavo di non
darlo a vedere. Seduto in giardino, dopo aver perso tempo in tutti i modi
possibili, cercando contemporaneamente di non far notare alla mamma che ogni
tanto gettavo un’occhiata alla finestra del secondo piano, da dove Bill mi guardava, sconsolato, avevo spostato lo sguardo
sulla nonna, seduta in veranda con lei, implorando la sua indulgenza. La nonna,
mi aveva sorriso, accondiscendente, prima di tornare a lavorare a maglia,
facendo finta di niente. Avevo atteso, impaziente, percependo lo sguardo di Bill costantemente addosso. Dopo qualche minuto la nonna
aveva indotto la mamma ad entrare in casa con una scusa, liberandomi la strada.
Appena l’avevo vista sparire nell’ingresso, avevo iniziato ad arrampicarmi sull’albero, i cui rami davano direttamente sulla finestra. Bill,
spalancandola subito, mi osservava preoccupato, dando suggerimenti. Giunto in
cima, mio fratello mi aveva teso entrambe le mani e, afferrandole, avevo
raggiunto la metà. Il cuore che batteva all’impazzata, per il pericolo appena
corso, il sorriso sulle labbra, perché eravamo di nuovo insieme, nonostante
tutto, ci eravamo abbracciati, un istante. Poi, prima
di iniziare a giocare, ricordo che, come suo “mentore”, mi ero
preoccupato che imparasse quelll’arte che, tante
volte, in futuro, ci avrebbe salvato dalle meritate punizioni. L’arte del non
farsi scoprire. Dopo avergli dato un paio di dritte, che io ritenevo scontate,
perché intrinseche nel mio carattere, Billaveva sorriso. Alla marachella successiva, mio fratello si
era rivelato il migliore degli allievi…
Sorrisi
ancora poi sospirai, tornando alla realtà. Dovevo smetterla di perdere tempo…,
mi dissi,…prima sarei riuscito a scoprire qualcosa,
prima lo avrei trovato, prima tutto sarebbe tornato come era giusto che fosse…Di
nuovo insieme…
Cercando
di focalizzare tutta la mia attenzione sulle carte, le feci passare, ad una ad
una.
Niente. Bollette, qualche multa. Analisi del sangue. Sbuffando, riordinai
l’armadietto. La mamma non avrebbe notato nulla…, mi dissi,
alzandomi.
Gettai un’occhiata
veloce all’orologio. Avevo sprecato un’ora e mezza in quell’inutile
ricerca. Mi guardai attorno, pensando a dove potevo frugare. Il salotto non era
il luogo migliore dove trovare un indizio…, mi dissi, prima di gettare uno
sguardo veloce all’unico mobiletto oltre quello dei
documenti. Strapieno di videocassette, le tirai fuori, impalandole alla
rinfusa. Qua non era necessaria molta prudenza, essendo armadietto comune.
Estrassi la prima fila. Sulle cassette poste nella seconda, riconobbi la
calligrafia di mia madre. “Fidanzamento” “Matrimonio” “Viaggio di nozze”
“Battesimo”.
Le appoggiai sopra alle
altre. Raggiunto il fondo, sospirai sconsolato, poi, al culmine della
disperazione, battei con la mano contro la parete come se, in un comune
armadietto delle videocassette, avesse senso costruire uno scomparto segreto.
Ovviamente, la risposta era no…
Sospirando, ricominciai
a rimettere dentro le videocassette, senza badare all’ordine. Molte della prima
fila finirono nella seconda e viceversa.
Driiin!
L’ultima videocassetta
in mano, mi voltai verso il telefono che, all’improvviso, aveva iniziato a
squillare. Lentamente, mi alzai, avvicinandomi. Sperare che dall’altro capo ci
potesse essere mio fratello era davvero illogico ma, nonostante questa
consapevolezza, il mio cuore non si decideva a smettere di battere
all’impazzata.
Un secondo dopo, me lo
stavo già immaginando. Spaventato, seduto da qualche parte. Chissà quanto avrà pianto, rendendosi conto che non eravamo insieme…, mi
dissi, un groppo che improvvisamente mi prendeva alla gola. Mentre afferravo la
cornetta, rispondendo con voce titubante “Hallo?”, non dubitai nemmeno per un
istante che Bill, proprio come me, potesse
aver dimenticato il suo gemello.
“Tom!”
la voce della mamma mi riportò bruscamente alla realtà, spezzando le mie
fragili ma accorate speranze “Grazie al cielo sei a casa! Ritira il bucato che
ho stesso sul balcone! Sta piovendo!
“Ok…”
risposi in un sussurro.
“A dopo…” salutò la
mamma, prima di riattaccare.
Sospirai, lasciandomi
cadere un secondo a terra. Deglutii, fissando per l’ennesima volta il nulla,
chiamando nella mente il nome di mio fratello, senza sosta.
La campana della chiesa,
rintoccando l’ora, poco dopo, mi strappò dai miei tristi pensieri. Mi alzai,
l’ultima videocassetta ancora in mano. Ricordandomi del motivo della telefonata
di mia madre, la appoggiai vicino al telefono,
correndo a ritirare il bucato, oramai completamente zuppo. Bagnandomi a mia
volta, svolsi il lavoro, imprecando mentalmente. Rientrai, riportandolo in
bagno, sbattendolo nuovamente all’interno della lavatrice, aggiungendo, come
extra, i vestiti che indossavo. Mi asciugai in fretta, i rasta zuppi, mi ricadevano pesantemente sulla
schiena. Sbuffai, legandoli in alto, il più lontano possibile. Mi rivestii, poi tornai in salotto.
Guardando l’orologio,
imprecai ancora. Avevo solo mezz’ora e ancora non avevo trovato nulla. Al
culmine dell’irritazione e della delusione, urlai a squarciagola “Scheiße!”, prima di prendere un bel respiro. Dovevo restare
calmo…, mi dissi,…dovevo mantenere la calma…dovevo
farlo anche per Bill…
Passando
accanto al telefono, presi la videocassetta, abbassandomi per riporla
nell’armadietto.
Un istante. L’iscrizione
sull’etichetta mi colpì.
“Battesimo?!?”
Sbattei
le palpebre, esterrefatto, poi deglutii. Doveva essere la videocassetta del
nostro battesimo…, mi dissi,…doveva esserci per forza
anche Bill!
Mentre la solita sensazione
d’ansia mi riprendeva alla bocca dello stomaco, infilai la cassetta nel
lettore, facendola partire. Mi sedetti sul pavimento, davanti allo schermo,
respirando profondamente, cercando di calmarmi.
Non era un indizio su
dove si trovava adesso mio fratello…, mi dissi…, ma vederlo di sicuro mi avrebbe aiutato a sentirmi meglio.
La navata di una chiesa
protestante. La persona che stava girando l’inquadrò, poi spostò la telecamera
sull’immenso organo che si trovava in alto, sulla sinistra.
“Non me ne frega nulla
dell’organo!” mi lamentai, mandando avanti il filmato.
Qualche secondo,
stoppai. Mia mamma stava entrando, reggendo un bambino. Di mio papà, che la
seguiva, si intravedeva solo il viso. Davvero un grande regista quest’uomo…,
pensai, mentre ricordavo che, nelle poche foto trovate a casa della nonna, era
mio padre a tenere Bill in braccio, mentre mia madre
teneva me.
La camera si spostò,
seguendo mia madre, me in braccio, mentre si avvicinava al fronte battesimale.
“Come lo volete
chiamare?” domandò un secondo dopo una voce fuoricampo. La telecamera infatti era fissa su di me, un bambino biondo, che si
dibatteva a più non posso.
“Thomas…”
fu la risposta di mia madre.
Vidi una mano, versarmi
dell’acqua sul capo. Il me neonato, mugugnò, continuando a dimenarsi, senza
piangere. La telecamera poi si spostò, inquadrando mia madre. Sorrideva.
Il cuore in gola, in attesa che arrivasse il turno di mio fratello, fissavo lo
schermo, immobile. Poi lo vidi. Sgranai gli occhi.
Mio padre si era
avvicinato a mia madre, entrando nel raggio della telecamera. Sorrideva, ma le
sue braccia erano vuote. Non sosteneva nessun bambino.
Un brivido mi percorse
la schiena, risalendo fino al volto. Sentii i nervi del viso irrigidirsi.
“Non può essere!”
esclamai, sconvolto, saltando in piedi.
Mi avvicinai
maggiormente allo schermo, col telecomando, accelerai il programma, guardando
tutto il video, alla ricerca di Bill. Nulla. L’unico
bambino presente ero io, di mio fratello, nessuna traccia.
Mi morsi le labbra,
ricacciando indietro le lacrime. Sospirai, portandomi le mani al viso, un
secondo, cercando di mantenere il sangue freddo, riflettere, attaccarmi ad ogni
possibile speranza, anche la più vana e incoerente. Infatti,
mai avrei potuto credere che Bill non esistesse, mai,
nemmeno di fronte a quel video che provava che mi mamma non mi aveva mentito.
Halloooo! DasistdasletzteKapitel!!! Buona lettura e
grazie mille per avermi seguito anche in questa storia…Spero che anche voi,
alla fine, penserete che, nonostante tutto sia valsa la pena!!! A presto,
spero!
Per
Sbadata93: Hallo, Regan! Siamo di nuovo all’ultimo
capitolo di una ficcy! Me triste! AncheBill e Tom mi guardano un
po’ dispiaciuti… (Tom: Che ne dici di una ff sulle mirabolanti avventure dell’uomo più pratico del
mondo? Bill: Stai parlando di me, vero? Tom:…Sii serio, fratello…chi è che sa cucinare, lavare i
panni, ti medica quando ti fai male, praticamente ogni
giorno?!? Bill: SI!!!!
Scrivi di Gustav!!!! Me:
Basta voi due!!! Non ho ancora finito questa
ufficialmente e già ricominciate?!? E poi voglio idee costruttive, non semplici
suggerimenti!!!Bill e Tom tacciono un secondo. Bill:
Pensa pensa…) Uff! Ok, torniamo a noi! Voglio
ringraziarti ancora! Grazie per il tuo sostegno irriducibile! Spero di non
deluderti! Ci sentiamo, ok? Kuss!
Dein Billou^^! Ps.
Ovviamente salutami chi sai tu!
Per Hermyone: Hallo!!! Sono davvero
felice che questa mia ff ti sia piaciuta, almeno fin’ora! Spero di non deludere le tue aspettative
nemmeno con quest’ultimo capitolo! Per quanto
riguarda le idee di Tom…Non so che dire…Cioè, alla fine io scrivo solo ciò che percepisco…Resta
sempre e solo la mia opinione! Comunque grazie del
bellissimo complimento! Mi ha fatto davvero piacere^^! Per concludere…Grazie
perché mi Lovvi!!! Ahahah!
Mi hai fatto venire in mente la mia Natalie che me lo
dice sempre^^! A presto allora^^! E grazie a te!
EinAlptraum: mienLebenohnedich…
…vier…
Toctoc.
Un leggero bussare alla
porta.
Seduto sul letto di Bill, le gambe incrociate, alzai il capo, senza rispondere.
Mia madre attese un secondo poi, non ottenendo risposta, aprì
la porta lentamente. Un piccolo spiraglio di luce entrò nella stanza immersa
nel buio. Mia mamma mi gettò un’occhiata preoccupata. Io, immobile, il viso
rigido, ricambiai il suo sguardo.
“Ha chiamato Andreas…” iniziò, poi si interruppe,
in attesa di una mia reazione.
Continuando a fissarla,
rimasi immobile, in perfetto silenzio.
“Tom…”
ricominciò poco dopo “…hai sentito quello che ho detto?!?”
Deglutii, nessuna voglia
di rispondere, consapevole che, dell’umore in cui ero, non sarei
stato gentile. Con nessuno.
“Tom!”
continuò lei “Vuoi deciderti a dire qualcosa?”
Continuai a fissarla in
silenzio, il volto che si irrigidiva sempre di più.
Volevo che se ne andasse. Volevo che mi lasciasse riflettere, attaccarmi
al sorriso di mio fratello, presente nei miei ricordi. Sapevo che non mi sarei
arreso, davanti a nulla. Non potevo accettare di perdere una parte di me, qual’era il mio gemello.
“Tom…”
disse ancora.
Chusi gli occhi, espirando,
desiderando che se ne andasse, che non mi obbligasse
ad essere ciò che, senza Bill, a poco a poco, stavo
diventando. Insensibile. Indifferente.
Si mosse. Riaprii gli
occhi, guardandola mentre si avvicinava. Si sedette sul mio letto, proprio di
fronte a me.
“Parliamo un po’, ok?” iniziò, cercando di sorridermi.
Osservandola, con uno
sguardo che non riuscivo a levarmi dal volto,
continuai a tacere.
“Perché ti comporti
così, Tomi?” interloquì “Che cos’hai? E’ successo
qualcosa?”
Continuai a tacere,
mentre lei continuava a parlare.
“E
forse per via del divorzio?” domandò poi, la voce rotta dal pianto. Nonostante la poca luce, notai che i suoi occhi si stavano
riempiendo di lacrime.
Abbassai lo sguardo,
fissando il pavimento. Anche se ci avessi provato, non
sarei riuscito ad essere gentile. Anche se mi
dispiaceva per lei e non volevo farla soffrire, il vuoto dentro di me era
troppo enorme, per permettermi di mostrarmi gentile, compassionevole. Se avessi parlato, se avessi tentato di consolarla, rassicurarla,
sapevo che sarei stato io a crollare. Sarei crollato, senza alcuna
possibilità di riprendermi. Non c’era Bill. Non c’era
mio fratello, colui che capiva, senza bisogno che
dessi un nome ai miei sentimenti. Non c’era Bill, la
persona per cui mi ero sempre sforzato di essere
forte, che dovevo proteggere. L’unica persona che non mi
faceva sentire un debole, quando tentennavo. Io ero quello che ero, perché lui era ciò che era. Senza di lui, non ero io.
Ero solo un ragazzo che, nonostante la gran voglia di piangere, non poteva
permettersi di farlo. Nessuno sarebbe stato in grado di consolarmi ed io, distrutto
emotivamente, forse mi sarei rassegnato, mi sarei arreso. Avrei smesso di
cercarlo, cedendo alle tenebre di questa vita. E non
potevo permettermelo.
Mi alzai,
all’improvviso. Lei mi fissò esterrefatta, senza capire. Uscii dalla stanza,
avvicinandomi alla porta d’ingresso. Mia madre mi corse dietro.
“Tom!
Dove vai?” domandò.
Non ebbi bisogno di
voltarmi a guardarla, per sapere che stava piangendo.
Lo capii da come tremava la sua voce. Deglutii, una stretta al cuore, incapace
di parlare.
“Tom!”
chiamò ancora lei, senza muoversi. Mi voltai ad osservarla. Accanto al vano
della porta di camera mia, mi guardava, preoccupata. La scrutai negli occhi.
“Vado a prendere un po’
d’aria. Torno presto”
Anche se tentai di non
utilizzare un tono di voce troppo duro, mi resi subito conto che, come avevo
immaginato poc’anzi, al momento per me era davvero
impossibile essere gentile.
Mia madre continuò a
fissarmi, senza parlare. Paura. Ciò che percepii provenire da
lei. Improvvisamente, seppi che non avrebbe fatto
nulla per fermarmi, troppo spaventata all’idea che potessi non tornare.
Ringraziandola mentalmente, incapace al momento di esprimere alcun tipo di
sentimento, mi voltai, aprendo la porta di casa, richiudendola piano.
Danke, Mami…,
pensai ancora, mentre mi allontanavo.
Se avesse tentato di
fermarmi, sarebbe accaduto davvero ciò che temeva. Non sarei più tornato. Lasciandomi
andare invece non aveva accelerato la mia caduta. Almeno per il momento, ero salvo…, pensai, allontanandomi sotto la pioggia
battente.
Quando rientrai in casa
quella sera, era praticamente notte. Di mia mamma,
nemmeno l’ombra. Espirai, più tranquillo. A quanto pareva lo stesso istinto di
poco prima, le aveva suggerito che era meglio non fare
nulla, se non voleva aggravare le cose. Per l’ennesima volta,
le fui grato, pur consapevole che ora era perfettamente conscia di non poter aiutarmi.
Con un peso in più, mi misi il pigiama poi, dopo aver disfatto
di nuovo il mio letto, strappando via la coperta, mi sdraiai su quello di Bill. Raggomitolandomi, sospirai, cercando di dimenticare quanto
la solitudine fosse in grado di corrodere l’animo umano.
“AAAAAAAAAAAH!”
Un urlo, in piena notte.
Svegliandomi di soprassalto, sgranai gli occhi, cercando di abituarmi al buio
della stanza. Un secondo più tardi, qualcuno mi fu
addosso, gettandosi sul mio letto.
“Tomiiiiii…”
Deglutii,
poi, senza più riuscire a controllarmi, iniziai a piangere, in
silenzio. La mia schiena, invasa dai brividi per l’emozione forte ed
improvvisa.
“Tomi…” ricominciò la voce assonnata di mio fratello “Perché piangi, Tom?” domandò subito dopo, osservandomi in volto,
nonostante il buio.
“Niente, Bill, niente…” risposi subito io, felice, anche se ancora
un po’ incredulo.
Allungai la mano,
accendendo la luce.
“Neeein!”
mugugnò subito mio fratello, accecato.
Bill, seduto sul mio letto,
si portò le mani sul viso, poi, a poco a poco, le scostò.
Lo guardai, i capelli scompigliati. Era proprio come me lo ricordavo…, pensai,
realizzando un secondo dopo che, anche se mi erano parsi giorni, in realtà non
era trascorsa nemmeno una notte. Gli sorrisi, asciugandomi le ultime lacrime.
“Hai avuto un incubo?”
domandò lui, guardandomi ancora un po’ preoccupato.
“Lo chiedi perché tu ne
hai avuto uno?”
Bill annuì, poi incrociando
le gambe, sistemandosi meglio sul mio letto, allargò le braccia, iniziando a
raccontare “Tu non immagini nemmeno la paura che mi sono preso!” iniziò, mentre
io lofissavo, consapevole che
anche lui non poteva immaginare la paura che avevo avuto io, durante il mio
interminabile incubo. “Dei ragni giganti, Tom!”
esclamò, tremando ancora al solo pensiero, continuando a spiegare “Ragni
giganti ovunque…Si avvicinavano…Volevano mangiarmi!” concluse,
gli occhi pieni di terrore.
“Non accadrà” lo
rassicurai subito io, sentendomi di nuovo me stesso.
“Come fai ad esserne
così sicuro?” continuò lui, non del tutto convinto.
“Beh, se ci tieni così
tanto ad essere mangiato…” risposi io, scherzando.
“Nein!”
ribadì lui, un secondo dopo, allibito.
Alla sua espressione,
risi. Il petto ora era leggero, nessuna inquietudine
che potesse opprimermi il respiro. Bill mi sorrise,
prima di tornare a chiedere “Stai meglio, ora?”
“Si…e tu?”
Mio fratello tremò
ancora, per un secondo, probabilmente ripensando ai ragni “Non sono ancora del
tutto convinto del fatto che non mi mangeranno…” concluse, prima di saltare giù
dal mio letto.
Lo osservai avvicinarsi
al suo. Lo spinse più vicino al mio, poi si risdraiò.
“Spengo?” domandai.
“Uhm…” mugugnò lui, non
molto convinto.
Mi voltai
a guardarlo, sorridendogli “Tranquillo, Bill, non
esistono ragni giganti in Germania…” lo rassicurai ancora, allungando la
mano verso l’interruttore.
“Buono a sapersi…” disse
lui, sorridendomi.
Click.
La stanza ricadde di
nuovo nel buio. “Però ci sono molti ragni di
dimensioni ridotte…” lo stuzzicai.
Mio fratello, nel suo
letto, sbuffò “Sei sempre il solito insensibile, Tom!” mi ribeccò subito.
Fissai
il soffitto, sorridendo, perfettamente consapevole che Bill
non lo pensava realmente.
Ripensai
al sogno, a come la mancanza di mio fratello mi stesse davvero facendo
diventare insensibile. Quel mio essere insensibile, era l’unico modo di
sopravivere senza di lui…, mi dissi, tristemente, consapevole che, quando una
persona diveniva indifferente a tutto, smetteva anche di vivere. Sospirai. Grazie
a Dio, era solo un incubo…, mi dissi, ripromettendomi
di dimenticarlo il prima possibile.
“Bill..”
chiamai poco dopo.
“Ja?”
rispose subito lui.
“Stai ancora pensando ai
ragni?” domandai.
Mio fratello scattò nel
letto, come se qualcosa lo avesse toccato “Uffi, Tom! Piantala di farmi pensare ai
ragni! Se no non riuscirò
più a dormire!” si lamentò.
Ricadde il silenzio.
“Bill…Mi
dici qual è la cosa che ti fa più paura?”
Mio fratello si voltò verso di me, per osservare la mia reazione alle sue parole
“La mia paura più grande è deluderti e rischiare di perderti…” confessò
candidamente.
Deglutii, ripensando
ancora al sogno.
“E
la tua?” domandò lui, un secondo dopo.
“La più grande?” iniziai con voce scherzosa “Che l’evoluzione della specie porti le
maggiorate all’estinzione!” risposi convinto.
Billrise,
fissandomi in volto “Sei sempre il solito, Tom!”
Sorrisi “Anche tu, Bill…”
“E’ questo il bello, no?!?” concluse mio fratello, raggomitolandosi meglio sotto
alla coperta.
Annuii “Gutenacht, kleinerbruder…”
Bill sbadigliò, poi rispose,
la voce assonnata “ ‘Nacht, grosserbruder!”
Tornò il silenzio.
Incapace di riaddormentarmi subito, ancora un po’ sconvolto dal sogno, osservai
il soffitto. Bill, nel letto accanto, dormiva sereno.
Mi voltai verso di lui. Aveva avvicinato il letto, come faceva sempre dopo aver
avuto un incubo, come se volesse essere sicuro che io gli fossi vicino.
Sorrisi, pensando che, anche se io non lo mostravo così palesemente, anche per
me la sua presenza era davvero importante.
Non per niente, io e lui
eravamo fratelli…, mi dissi, sorridendo, scivolando lentamente in un sonno
senza incubi.