Find Something To Make Things Right Again.

di Rie_James
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Prologo ***
Capitolo 2: *** 1- Hurt so bad ***
Capitolo 3: *** 2- Mare di sentimenti ***
Capitolo 4: *** 3- Stavolta sarà per sempre ***
Capitolo 5: *** 4- You Bring Out The Best In Me ***
Capitolo 6: *** 5- Datemi Un Pizzicotto ***
Capitolo 7: *** 6- It's A Blue Invitation, Just Come With Me ***
Capitolo 8: *** 7- 'Cause It's Nothing Without You ***
Capitolo 9: *** 8- Don't Just Talk, Make It Happen ***
Capitolo 10: *** 9- I Won't Go Home Without You ***
Capitolo 11: *** 10- Sorry Seems To Be The Hardest Word ***
Capitolo 12: *** 11- Don't Suffer Alone, Suffer With Me ***
Capitolo 13: *** 12- Déjà Vu ***
Capitolo 14: *** 13 - I Can't Sleep At Night 'Till You're By My Side ***



Capitolo 1
*** Prologo ***


Era strano per lei anche solo pensare che la cosa potesse essere reale. Era una ragazza normalissima, come tutte le altre, di quelle che ne trovavi ovunque ogni giorno dai lunghi capelli lisci, castani, senza una vera e propria forma; gli occhi grandi, da cerbiatto, ma con una forma leggermente allungata a mandorla, di un castano abbastanza scuro; non troppo alta né troppo bassa. Una ragazza comune insomma, non ciò che ci si aspetta da una persona famosa come lui. Ed è forse proprio per questo che si erano lasciati.  Era l’unica spiegazione che lei riusciva a trovarsi, ed in effetti non faceva una piega: lui, un cantante famoso di alto livello, bellissimo, con ragazze di tutti i tipi ai piedi tra modelle, attrici, cantanti, fan; e lei, invece? Lei era quella che dovunque ti giri te la ritrovavi davanti, perché era la ragazza più comune al mondo. Eppure chissà perché, qualcosa aveva spinto quel ragazzo ad avvicinarsi a lei, a notarla tra tante, a rimanerci accanto a lei. In ogni caso, era finita e per quanto lei fosse ancora innamoratissima di lui, non avrebbe riaperto quel capitolo a lungo…. O almeno così credeva. Il biondino- occhiblù non se la sarebbe lasciata scappare così, perché lei era speciale dentro.
“Chi è questo biondino-occhiblù?” vi chiederete voi. Miei cari lettori, vi presento Duncan Matthew James Inglis, in arte, Duncan James.

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Capitolo 2
*** 1- Hurt so bad ***


Ed ecco il primo capitolo della storia. E' la prima fanfiction che pubblico e spero vi piaccia >.<
Vi dico che i Blue non compariranno ancora in questo capitolo e nemmeno nel prossimo (anche se verranno citati).... Appariranno come personaggi effettivi solo dal terzo capitolo. u.u Ribadisco, è la prima che pubblico, quindi siate buoni, e mi raccomando, recensite! ^^
Buona lettura :3
1. Hurt So Bad
Una ragazzina. Una ragazzina di undici anni che aveva avuto un’infanzia felice che le era stata tolta all’improvviso. Il padre aveva abbandonato lei, la madre e sua sorella maggiore, così, senza un motivo. Le aveva lasciate da sole, senza un soldo e nella più completa miseria. Le aveva lasciate una notte.
- Papà deve andare- aveva detto.
- E dove vai?- chiese la bambina.
- Vado a prendere le sigarette.
- Non ti credo. Tu non esci mai per prendere le sigarette, sei troppo sfaticato.
Rise dell’affermazione della bambina, si accovacciò di fronte a lei, le mise una mano sulla spalla e con l’altra le accarezzò il viso.
- Sei talmente intelligente, piccolina mia. Ricorda: non farti mai abbattere da nessuno. Sei fortissima e il tuo unico ostacolo sei tu. Non arrenderti mai, capito? Papà ti vuole bene, e non ti farà mancare mai nulla!
Gabriella lo guardò con gli occhi sgranati, che luccicavano ancor di più del solito per le lacrime che cercava di trattenere.
Aveva capito che qualcosa non andava: erano ormai mesi che i suoi litigavano spesso, e per quanto cercassero in tutti i modi di farlo di nascosto, erano molto rumorosi… TROPPO rumorosi. E non erano solo le urla che facevano rumore: suo padre era diventato violento, era come impazzito. Non era più lui ormai da tempo… Non avrebbe mai potuto far del male alle sue figlie, eppure in quelle occasioni era diventato violento al punto da essere fuori controllo. Lo sapeva bene Julie, la primogenita che aveva cercato più volte di proteggere sua madre dalle botte del padre e altrettante volte aveva cercato di tappare le orecchie alla sorellina per proteggerla, ma non era servito a niente. Gabriella faceva finta di niente, ma sapeva benissimo cosa stava succedendo: sapeva che il padre aveva più volte tradito sua madre, sapeva che era diventato violento, che era impazzito, che la situazione economica era pessima e sarebbe peggiorata. Lo sapeva bene, troppo bene. Le era stata rubata l’infanzia in un solo attimo e lei sapeva anche questo, ma faceva finta di nulla e andava avanti per non far preoccupare sua madre e per non rendere vani gli sforzi di sua sorella.
Suo padre le baciò la fronte, si alzò e si diresse verso la porta per poi richiudersela dietro di sé, senza dire nulla. Gabriella rimase immobile per un po’, cercando di rimanere calma, ma lei era solo una bambina ed aveva già trattenuto troppo per troppo tempo. Continuò a tentare di trattenersi, fino a quella stessa notte.
Si sa, di notte tutti cominciano a pensare, a riflettere, a metabolizzare ciò che ci è accaduto. E anche la piccola lo fece. Preparò la sua cartella azzurra e rosa con i brillantini, mise tutti i libri, la merendina e posizionò lo zainetto sull’uscio della porta. Andò nella sua cameretta, mise quel pigiamino rosa che le piaceva tanto e andò in bagno a sciacquarsi il viso… Si guardò a lungo nello specchio: una lacrima le stava per scendere, ma prima che potesse raggiungere l’altezza della bocca, lei se l’asciugò di fretta, si sciacquò nuovamente la faccia e andò dalla madre per darle la buonanotte.
- Mamma, io vado a dormire… Tu non vieni?
- Sì, bambolotta. Tra poco la mamma ti raggiunge
- V-Va bene – balbettò la piccola
- Qualcosa non va? – le chiese la madre.
- N-No, è tutto okay – disse la bambina trattenendo sempre meno i singhiozzi.
- Piccolina, sai che con me puoi parlare di tutto, no? Cosa c’è? – le rispose la madre preoccupata alzandosi dalla sedia sulla quale era seduta per abbracciarla.
Gabriella la guardò per un po’ tentando sempre di trattenere le lacrime; infine, scoppiò e non riuscì più a trattenerle.
Quell’attimo in cui le lacrime le rigarono il viso fu liberatorio e fu probabilmente quello che segnò la fine ufficiale della sua infanzia. La madre la guardò piangere e capì istantaneamente cosa avesse la piccola, come solo una madre sa fare; l’abbracciò, la strinse forte a sé e le accarezzò la schiena poggiando la mano libera dietro la nuca della bambina, lasciando che quest’ultima si sfogasse, si liberasse di tutto ciò che in quei mesi aveva tentato di sopprimere per il bene della propria famiglia. In quel momento, entrò anche Julie nella stanza: vide la sorellina piangere e, sopprimendo anche lei le lacrime, si avvicinò a Gabriella per accarezzarle la testa.
Tutte e tre, si strinsero forte, nel tentativo di rincuorarsi a vicenda, ma soprattutto di rincuorare la piccola.
- Hai voglia di parlare un po’? – chiese Julie ancora un po’ singhiozzante
- Mi manca papà… E’ stato cattivo, lo so, ma gli voglio bene e mi manca… Lo so che non è andato via per sempre, ma io lo voglio qui, adesso… Dov’è papà? – rispose la piccola con voce tremante.
- Vuoi che lo chiamiamo al cellulare? Lo chiamiamo, così gli parli, gli dici ciò che vuoi e ti rassicuri. Poi ce ne andiamo tutti a dormire… Eh? Che ne pensi?
Gabriella annuì e si asciugò le ultime due lacrimucce che stavano per uscire. Julie prese il cellulare, compose il numero del padre e porse il telefono alla sorellina.
- Pronto?
- Papà?
- Piccolina! Che c’è?
- P-Papà, ti vogl-… Ti voglio bene…. – disse con voce tremolante, lasciando di stucco l’uomo all’altro capo del telefono.
- A-Anche papà te ne vuole tanto, capito? Non dimenticartelo!
- Va… Va bene…
- Ecco…. E adesso vai a dormire che è tardi su!
- Buonanotte papà… Ti voglio tanto bene.
- ‘Notte piccolina. Anche io te ne voglio.
Chiuse la telefonata e andò a dormire.
Non vide né sentì suo padre per quasi quattro anni, fino a quando, una mattina d’estate, sua madre ricevette una telefonata da un loro vecchio amico di famiglia, nonché medico.
Gabriella era sul divano a guardare la tv; per anni aveva sperato che il padre tornasse, che la chiamasse che tornasse almeno ad essere come era prima. Sua madre le si avvicinò e si sedette accanto a lei.
- Gabry… Devo dirti una cosa…
- Dimmi, mamma.
- Ha chiamato lo zio Harry… Tuo padre quest’estate ha avuto un attacco di ictus… Hanno fatto dei controlli e… Non so come dirtelo…
- Mamma… Cosa succede? – chiese la ragazza preoccupata.
- Gli hanno diagnosticato un piccolo tumore al cervello. Va operato al più presto.

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Capitolo 3
*** 2- Mare di sentimenti ***


Buonsalve! :3 Piaciuto il primo capitolo? Mi auguro di sì! >.< Ringrazio Ginevra per avermi recensito positivamente e spero che presto arrivino altre! :3 Poi ringrazio la mia spalla, Aru, che mi rilegge e mi corregge (?) i capitoli… LOL ♥ Maritah, ti lovvo!
Ma passiamo a cose serie. In questo capitolo, come vi avevo promesso, i Blue vengono citati, ma per come procederà la storia, mi dispiace dirvi che probabilmente non compariranno più nel terzo, ma bensì nel quarto capitolo… I’m sorry! (Sorry Seems To Be The Hardest Word 8D ) >.< …
Detto questo, spero che questo capitolo vi piaccia e che lo recensiate in molti! >.<
Grazie a chi legge e a chi recensisce!
Bye bye!                                  
Rie♥

 
 

2. Mare di sentimenti.

-Tuo padre ha un tumore. Va operato al più presto. – aveva detto.
Restò a bocca aperta, con gli occhi sgranati, immobile, cercando di metabolizzare il messaggio che le era stato appena dato, ma l’unica cosa che riusciva a sentire, era la voce di sua madre che ripeteva all’infinito quelle parole che le rimbombavano nella testa come un’eco interminabile. Voleva reagire, fare qualcosa, non sapeva nemmeno lei cosa: non sapeva se piangere, spaccare un muro con un pugno, buttare per aria qualsiasi cosa trovasse davanti a sé, oppure semplicemente rimanere indifferente alla notizia e abbandonare suo padre come lui aveva fatto con lei precedentemente. Insomma voleva avere una qualsiasi reazione, ma non ci riusciva! Non riusciva a pensare, a ragionare,ad agire istintivamente… Era totalmente immobilizzata. E se fino a quel momento era riuscita a sopravvivere all’assenza del padre, anche se soffrendo come un cane, all’improvviso fu invasa dalla paura di perderlo per sempre anche se non ne capiva nemmeno il motivo: Joseph, così si chiamava suo padre, anche quando era a casa era sempre stato un padre relativamente assente, ma sotto richiesta della piccola, giocava con lei volentieri o le insegnava quelle cose che i padri insegnano ai figli, come andare in bici, nuotare, giocare col pallone… E per lei non ci poteva essere di meglio, perché per lei un padre era questo, solo questo. Per lei era un uomo che andava a lavoro, portava i soldi a casa e poi faceva quel che gli pareva finché non arrivavano i figli a fargli determinate richieste. Aveva cominciato a dubitare di questa teoria solo quando cominciò ad andare a casa delle sue amichette delle elementari, con cui si confrontava spesso. Solo così capì che un padre non era ciò che pensava lei, ma nonostante ciò, non riusciva a capire cosa effettivamente fosse un padre. Non lo capiva, ma capiva che suo padre non era un padre e nonostante ciò, a lei stava bene così, non voleva di più. Non si aspettava grandi cose da suo padre, ma gli voleva bene, lo amava e si fidava di lui, motivo per cui aveva sofferto tanto quando lui era scomparso. E motivo per cui alla notizia dàtale dalla madre stava soffrendo ancora di più. Non soffriva solo per la notizia in sé, ma anche per il fatto che ancora una volta non fosse stato lui a comunicargliela.
‘Forse non me l’ha detto lui perché è convinto che io lo odi. Forse pensava che, visto il suo comportamento, non me ne sarebbe importato. Forse si vergogna di se stesso, magari si è anche pentito!’ pensava intanto cercando di giustificarlo.
Venne travolta da una miriade di pensieri, tanto pesanti che quasi si sentì come in un oceano profondo mentre affondava in quel suo mare di sentimenti che non le lasciavano nemmeno il lusso di pensare o addirittura di respirare.
E dopo pochi secondi, che a lei erano sembrati un’eternità, la madre la guardò preoccupata con gli occhi lucidi accarezzandole la spalla.
- Tesoro, non preoccuparti, non è ancora detta l’ultima parola: è ancora piccolo come tumore, non si sa molto su questo tumore, vanno ancora fatti alcuni esami e magari siamo ancora in tempo per guarirlo…
Improvvisamente, Gabriella si risvegliò da quel suo ‘stato di trance’ ed ebbe la reazione che aspettava: gli occhi cominciarono a lacrimare, tremava come una foglia, senza riuscire a fermarsi, aveva la pelle d’oca e lo sguardo perso nel vuoto. Improvvisamente si accasciò in posizione fetale sul pavimento:
- NO! NO! NON E’ POSSIBILE! NON E’ VERO, NON E’ VERO!! –urlò ormai in lacrime.
- Calmati, tesoro della mamma, ti prego calmati – disse la madre anche lei in preda al pianto affiancandosi alla figlia e cercando di tranquillizzarla.
- PERCHE’?! PERCHE’A LUI?! IO LO SAPEVO, TUTTI LO SAPEVAMO!!!!.... – si calmò, poi fece un respiro profondo e riprese a parlare – Lo sapevamo, l’avevamo capito tutti… Non era più lui… Lo sai anche tu che non avrebbe mai fatto niente di ciò che ha fatto in questi anni… Mamma, ho paura… Lo voglio vedere, ho bisogno di vederlo…
- Lo so piccolina mia, lo so… Faremo il possibile per farvelo vedere… Ora dovremo dirlo anche a Julie… - le rispose con voce tremante Danielle abbracciandola.
-Mamma… Perché?.... Perché non ci hanno ascoltato, perché nessuno ci ha creduto?
- Non lo so angelo mio, non ne ho idea di perché siano stati così egoisti…
Eh già. Loro l’avevano capito da tempo… Joe, era così che tutti chiamavano Joseph, era famoso per i suoi occhi: aveva gli occhi cangianti, cioè erano marroncino chiaro, ma alla luce del sole diventavano verdi. E poteva anche vantarsi di avere lo sguardo più dolce dell’universo. Ma chissà perché, quando impazziva, cambiava totalmente sguardo: quando succedeva, quel famosissimo sguardo dolce si tramutava nello sguardo di una belva infuriata, fuori controllo.
Julie e Danielle avevano cercato di farlo ragionare, ma lui non aveva mai dato loro ascolto. Successivamente avevano provato a farsi ascoltare dai parenti e dai vecchi amici di famiglia, ma nessuno le ascoltò o credette a ciò che loro dicevano.
Del resto, come si poteva sospettare e accusare un uomo così buono di cose del genere?
E come dargli torto… Eppure le cose stavano così, che loro ci credessero o meno.
Quando la notizia fu comunicata anche a Julie, permisero anche a lei di sfogarsi e successivamente, dopo un lungo ragionamento, decisero sul da farsi: sarebbero andate loro dal padre.
Quella sera Gabriella e Julie stettero chiuse in camera loro, senza cenare e senza parlare. Non avevano voglia di fare nulla, solo di starsene un po’ in disparte a riflettere, a pensare a cosa fare e a cosa dire con Joe, che loro non vedevano da quattro anni. Ad un certo punto Gabriella si alzò dal letto e ruppe quel silenzio così assordante:
- Adesso basta! Ci siamo piante addosso abbastanza per quattro anni e più. Adesso dobbiamo reagire e dimostrargli che anche se siamo figlie sue, siamo meglio di lui, e faremo con lui una cosa che lui non ha mai fatto con noi: gli staremo vicine, nel bene e nel male!!
- Lo so, hai ragione… - replicò Julie – Ma io non riesco comunque a pensare ad altro…
Gabriella ci pensò un po’ ed infine ebbe un’illuminazione:
- Julie, mi racconti di quando tu avevi la mia età? Sai dei tuoi primi amori, le tue amicizie, i film che si vedevano,le canzoni che si ascoltavano…
Le due avevano cinque anni di differenza, e a quell’età cinque anni di differenza si fanno sentire.
Julie le raccontò delle sue amiche, di quelle false, di quelle vere che erano ancora con lei, delle sue cotte, delle sue delusioni d’amore, della scuola, delle sue professoresse… Insomma le descrisse per filo e per segno la sua adolescenza, mentre la sorellina più piccola l’ascoltava attentamente prestando attenzione ad ogni minimo dettaglio.
Un po’ invidiava sua sorella, ma non in maniera cattiva: semplicemente ividiava il fatto che sua sorella avesse avuto un’infanzia ed un periodo adolescenziale migliore del suo, che in effetti non c’era mai stato, perché si era ritrovata nella condizione in cui sarebbe dovuta crescere all’improvviso, saltando tutte le fasi previste… Il tutto, solo per soffrire di meno la mancanza di suo padre.
- E che musiche ascoltavi?- proseguì la ragazzina
- Beh, non so se te li ricordi, fino a poco tempo fa c’erano quelle boyband… Sai gli NSYNC, i Backstreet Boys, i Blue…
- Non mi sono nuovi, ma non ce li ho presenti in realtà.
- Boh, non so, avrai sentito qualche canzone… Pop, Everybody,  Breathe Easy….
- Breathe Easy!! – si illuminò – Oooh… Can’t breath easy…. – continuo cantando.
- Sì, esatto, quella. – ridacchiò la maggiore
- E’ una delle mie canzoni preferite!!
- Lo credo, è bellissima! – sorrise.

Continuarono così, fino a tarda notte, quando furono prede della stanchezza e si addormentarono l’una nelle braccia dell’altra in quel lettuccio piccolo di Julie.
 
***
 
Il giorno dopo telefonarono allo zio Harry per chiedergli di accompagnare le ragazze dal padre, poiché loro non avevano l’automobile per arrivare così lontano da lui; purtroppo non ricevettero la risposta che si aspettavano:
- Mi dispiace, Danielle… Ho parlato Joe ed ho letto la sua cartella clinica, sulla quale è stato messo per iscritto quello che lui mi aveva già precedentemente detto: solo una persona è stata autorizzata ad essere a conoscenza delle sue condizioni di salute… E questa persona non sei tu, non è Julie, né tantomeno è la piccola…
- Oh Harry, ti prego, non dirmi che dirai sul serio!! E soprattutto non dirmi che quella pers-…- Harry la interruppe.
- Sì, Danielle. Joe ha scritto che l’unica persona a doverlo sapere è Sonya.
Sonya era la compagna di Joe, nonché la ragione per cui lui aveva lasciato Danielle abbandonando le sue due bambine.
- Non permetterai mica che Joe si operi senza che le ragazze l’abbiano visto, vero?!
- Danielle, senti…
- No Harry, non posso ascoltarti! Nessuno ci ha voluto ascoltare quando siamo venute da voi strisciando disperate, quando vi abbiamo chiesto di controllarlo, di aiutarlo… E adesso io non posso ascoltare te! Perché devo tutelare le mie bambine. Per cui, che tu, Joe e quella… “DONNA” lo vogliate o no, le mie figlie vedranno il loro padreil giorno dell’operazione, chiaro?!
-… Ce le accompagnerò io, tranquilla…
- Grazie. Lo comunico subito alle ragazze… Ci aggiorniamo. – riagganciò.

Danielle chiamò le ragazze e riferì loro la conversazione tra lei e lo zio Harry.L’indomani, Joe si sarebbe operato e loro sarebbero dovute andare da lui a trovarlo.

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Capitolo 4
*** 3- Stavolta sarà per sempre ***


Beh, buon salve miei cari lettori (come se ne avessi) :3 … Beh allora? Che ne pensate dell’ultimo capitolo? Vi è piaciuto? Sì, lo so che state aspettando che arrivino i Blue, ma tranquilli, al prossimo capitolo compariranno, non tiratemi le uova marce addosso! XD Volevo ringraziare quella testa bacata di Aru che mi assilla in continuazione per aggiornare i capitoli, Matteo e Susanna che si stanno sorbendo questa palla di storia fingendo che gliene fotta qualcosa solo per farmi felice, Ilaria che probabilmente aspetta solo che arrivi il suo amato Lee e mia sorella che ha voluto leggere questa storia (smontandomi completamente l’entusiasmo .-. ) … Boh, insomma spero che per quanto deprimente e lungo possa essere, questo capitolo vi piaccia ugualmente XD Grazie a chi legge, a chi segue, a chi aggiunge ai preferiti, ma soprattutto, a chi RECENSISCE (cioè nessuno. LOL) ♥ tanto love ♥
Un’ultima richiesta: mentre leggete questo capitolo, ascoltate questa canzone di cui vi metterò il link … Dà tutt’un altro aspetto al capitolo u.u

https://www.youtube.com/watch?v=TOB5s39e75w&list=LLjS3gNuF1wuJdczsDS-5R6Q

3- Stavolta sarà per sempre.

31 agosto, il giorno dell’operazione. Le ragazze erano sempre più in ansia: non sapevano cosa fare o cosa dire con Joe. Infondo non lo vedevano da quattro anni e di certo non si sarebbero aspettate di rivederlo per un’occasione del genere. Soprattutto Julie, la cui ultima conversazione col padre era stata un litigio molto animato: per giorni non si erano nemmeno guardati in faccia, cosa molto strana visto il particolare rapporto che li legava. Avevano un rapporto molto speciale, che i loro amici di famiglia quasi invidiavano … Julie amava suo padre, e così faceva anche lui. Si può dire che Julie fosse la tipica bambina il cui primo amore era proprio il padre. Con Gabriella non era così, andavano solo molto d’accordo come carattere: lei era molto più decisa di Julie, non si faceva mettere i piedi in testa facilmente. Per questo Joe l’apprezzava … Era la parte che più gli somigliava. In entrambe le situazioni, era comunque un rapporto molto particolare. Danielle aveva deciso di accompagnarle, ma per evitare troppa confusione, le avrebbe aspettate in sala d’attesa, così da poter comunque rimanere accanto a loro.
Gabriella prese l’iPod, mise la riproduzione casuale e si infilò le cuffiette nell’orecchio nella speranza di isolarsi dal mondo. Prese il cellulare ed inviò un messaggio ad Alex, la sua migliore amica:


Sto andando da mio padre. Oggi lo operano e mio zio ci sta accompagnando in ospedale da lui. Ti faccio sapere com’è andata quando esce dalla sala …”

Lei ed Alex si erano conosciute alle medie. Erano sempre state molto unite, in qualsiasi momento. Entrambe si capivano al volo, come se avessero le menti collegate tra loro, anche se non sapevano nemmeno loro come ci riuscissero. Solitamente Gabriella era quella forte tra le due: quando Gabriella stava male, finiva quasi che era Alex quella che piangeva e Gabriella che doveva cercare di rincuorarla. Ma questo succedeva solo fin quando poi lei non si sentiva satura di emozioni negative, facendole infine esplodere cacciandole tutte fuori all’improvviso. In quei momenti, Alex riusciva a diventare quella forte, pur di aiutare la sua amica.
Stranamente, in quell’occasione, nonostante Gabriella fosse riuscita a trattenere le lacrime e ad essere ‘quella forte’, Alex non aveva reagito come al solito: era come se fosse ‘maturata’ e avesse reagito allo stesso modo di quando Gabriella perdeva la calma.

Julie aveva preso il cellulare, aveva chiamato Leonard, il ragazzo. Lui le avrebbe raggiunte a breve in ospedale. Gabriella continuava a guardare fuori dal finestrino dell’auto fissando le auto e la strada in movimento, ignorando le conversazioni tra Harry, sua madre e sua sorella. Non voleva ascoltarli, voleva distrarsi. Odiava stare da sola, proprio perché stare da sola la portava a pensare a cose spiacevoli, ma in quell’occasione preferiva starsene per conto proprio, senza ascoltare. Improvvisamente l’iPod passò “Breathe Easy” dei Blue. Diede un’occhiata veloce allo schermo illuminato e ridacchiò, ripensando alla conversazione con la sorella del giorno prima: ironia della sorte, nonostante non ascoltasse da tempo quella canzone, l’iPod l’aveva messa nella riproduzione casuale.
Continuò a fissare la strada fino a quando l’auto non si fermò davanti ad un parcheggio dal quale si vedeva poco più avanti un edificio circolare giallo e interruppe la musica riponendo l’iPod nella sua borsetta. Scesero dalla macchina e tirò un respiro profondo. Si sentì una mano accarezzarle la spalla, si voltò e vide la madre che aveva preso Julie a braccetto.
- Ho paura … - disse tremando guardando Danielle.
- Lo so, piccola … Ce l’abbiamo tutti…
- E se non volesse vedermi? – intervenne Julie preoccupata, con una voce che lasciava intuire un prossimo pianto.
- Non lo farà. Sappiamo tutti quanto ti ama … Sta per operarsi al cervello, non rischierà di non volerti vedere la sua probabile ultima volta …
Improvvisamente, Gabriella si rese conto di quanto fosse grave la cosa. La madre aveva detto che era un ‘ancora piccolo’ tumore, eppure questa volta aveva usato le parole ‘probabile ultima volta’. Non le era ancora chiaro quanto stesse rischiando suo padre in quel momento e quanto fosse importante l’incontro che stavano per avere. Ma mentre pensava a questo, non si era resa conto del fatto che ormai tra lei e suo padre c’era solo una porta a separarli. Erano già entrate nell’edificio e salite con l’ascensore, ma non si era accorta di niente.
- Adesso entro, gli parlo, gli dico che voi siete qui e volete vederlo, ok? – disse lo zio Harry, come se cercasse la loro approvazione.
Gabriella e Julie si limitarono ad annuire per poi vederlo entrare nella porta di fronte a loro.
Stette dentro pochi minuti, ma alle ragazze sembrò talmente tanto, che quando rividero lo zio Harry uscire da quella porta, rimasero sorprese, come fossero state svegliate all’improvviso.
Harry fece cenno loro di entrare con la mano, mentre tutti gli altri parenti le fissavano, quasi schifati solo dalla loro presenza, come se loro avessero fatto chissà quale torto al padre. Julie entrò un secondo prima e, nel momento stesso in cui lo vide, abbracciò un uomo scoppiando in un pianto liberatorio. Gabriella non lo riconobbe subito: inizialmente vide solo la sorella che abbracciava un uomo pelato, all’entrata di una stanzetta con tre letti, mentre QUELLA DONNA ne stava uscendo frettolosa.
“ Questo deve essere un amico di papà” aveva pensato “lui deve trovarsi certamente qua dentro,visto che Sonya è uscita da qui …”
Guardò meglio l’uomo che Julie abbracciava e si rese conto che era suo padre. Quando lo vide senza capelli fu uno shock: scoppio anche lei a piangere, come se man mano continuasse sempre di più a rendersi conto di quanto fosse grave la cosa.
Joe guardò la piccola, senza proferire parola, poi un sorriso si allargò sul suo viso:
- Come sei cresciuta, piccolina mia …
Gabriella lo guardò rabbiosa con ancora le lacrime agli occhi, ma poi non si trattenne e gli corse incontro per abbracciarlo, mentre il padre le accarezzava piano la testa.
- Mi sei mancato … Perché sei scomparso così? Perché non sei più tornato da me, non mi hai chiamata, non hai risposto ai miei messaggi?! Perché mi hai abbandonata così?!
Joe lasciò che si sfogasse, senza risponderle. E d’altronde cosa avrebbe potuto mai dirle? Non c’era una spiegazione logica, e se pure ci fosse stata lei era troppo piccola per poterla capire a pieno.
- Mi dispiace … - fu l’unica cosa che riuscì a risponderle continuando a fissarla piangere – Non devi aver paura adesso … Ti prometto che non ti lascerò più!
- Non ti credo. Se pure non lo volessi fare, c’è comunque il rischio che tu muoia, e mi abbandonerai di nuovo … Non hai paura di questo?!
- Non ho paura di morire. Ho vissuto la mia vita fino ad ora… Mi sono sposato, mi sono separato e ho trovato una compagna … Ho anche avuto dei figli!
- … Che hai abbandonato … - lo interruppe Julie.
- Lo so, ho sbagliato … Ma voi adesso siete qui, e se siete qui, vuol dire che un po’ di bene ancora me ne volete ed è questo l’importante … - disse allontanando Gabriella da sé quel che bastava per poterla guardare negli occhi – Potrò anche entrare in quella sala operatoria e non uscirne più, ma non mi interessa, io non ho paura; non ho paura perché ho vissuto, e perché voi siete venute da me e vi ho visto un’ultima volta …
Le ragazze lo guardarono, non capendo come potesse dire una cosa del genere; poco dopo Harry entrò nel corridoio dove loro stavano parlando:
- Mi dispiace interrompervi così, ma … Joe, è ora …
Gabriella riprese a lacrimare, mentre Julie le stringeva forte la mano. Joe annuì, poi guardò nuovamente le figlie e le abbracciò più forte che poteva.
- Papà vi ama tanto. Uscirò da quella sala, ve lo prometto. Mi farò perdonare.
Le ragazze strinsero ancora di più il padre, poi Julie interruppe l’abbraccio e fece allontanare anche Gabriella lasciando andare il padre, che come al solito, per dimostrarsi forte davanti alle piccole, non versava una lacrima, ma anzi sorrideva. In questo a volte Gabriella ci si rivedeva, eppure in quell’occasione non riusciva a dimostrarsi forte: non riusciva a non piangere.
Uscirono dalla stanza trovando Danielle che veniva attaccata dai parenti, come al solito, difesa solo da Leonard che l’aveva da poco raggiunta. Si intromisero più volte nella discussione mettendoseli sempre di più contro.
Ma ormai non interessava più a nessuna di loro averceli dalla propria parte: quello che per loro contava, è che Joe superasse quell’operazione tanto rischiosa e che se ne riprendesse dopo. Stufa delle liti, Gabriella prese l’iPod, uscì fuori alla terrazza e riprese ad ascoltare la musica per isolarsi.

Passarono diverse ore, all’incirca cinque o sei. Si era fatta ora di pranzo e per evitare ulteriori pressioni, Leonard le aveva riportate a casa e aveva ordinato le pizze: se fosse successo qualcosa, Harry le avrebbe chiamate. Mangiarono con calma, poi Gabriella andò a stendersi sul divano, senza dire nulla, nel tentativo di recuperare il sonno della precedente notte insonne. Poco dopo il cellulare di Danielle squillò, illuminando il display sul quale comparve il numero di Harry.
- Pronto? … Come? … E adesso come sta?
I tre si voltarono di scatto a guardare Danielle prestando attenzione alla conversazione, rimanendo zitti tentando di capire le risposte che venivano date dall’altro lato della cornetta.
- Ho capito … Tra quanto? … Ora?! … Sì, sì, ho capito, ci sbrighiamo! – riagganciò.
- Cos’ha detto? – domandò Gabriella preoccupata.
- Papà è uscito dalla sala. Per ora sta bene, dovrebbe essere fuori pericolo … Dobbiamo solo aspettare un po’… Intanto si è svegliato … Ha detto che vi vuole vedere. Forza, preparatevi e andate subito da lui. – rispose Danielle con un sorriso che era tra il malinconico ed il sollevato: non sapeva più se essere più rincuorata dal fatto che l’uomo che aveva amato per trent’anni e al quale voleva ancora tanto bene (nonostante tutto) era sopravvissuto all’operazione, o se essere preoccupata dalle eventuali conseguenze che avrebbero potuto esserci nel post- operazione.

Julie e Gabriella si ricomposero in fretta e, accompagnate da Leonard, tornarono in ospedale, probabilmente con più ansia di prima. Rientrarono in quell’edificio giallo, risalirono in quell’ascensore, sorpassarono nuovamente quella porta che dava ad un corridoio con varie stanze, la cui fine portava direttamente alla sala dove al momento si trovava Joe. Ancora una volta Gabriella rimase sconcertata alla visione del padre in quelle condizioni, ancora immobile a causa dell’anestesia e con le flebo attaccate ovunque e la testa fasciata per coprire i tagli dell’operazione. Chissà perché, era come se lei ogni volta si dimenticasse di cosa stesse succedendo in quel momento e ne riprendesse coscienza solo vedendo il padre in condizioni pessime, avendo puntualmente un shock.
Continuava a fissarlo, lì, steso su quel letto, paralizzato ancora dall’anestesia che riusciva a stento a parlare a muovere la testa e gli occhi per guardare le figlie, quelle figlie che amava tanto, ma nonostante ciò era stato spinto a non vedere da chissà quale forza superiore.
Julie si avvicinò di più al lettino sorridendo e trattenendo a stento le lacrime, dandogli un leggero bacio su una guancia ed accarezzandogli delicatamente il braccio, anch’esso disteso “senza vita” sul letto, provocando in Joe una sensazione di benessere che lo fece sorridere per poi voltarsi verso la più piccola, che non osava avvicinarsi al lettino. Il padre la guardò languido, come volesse invitarla ad avvicinarsi, ma lei non ce la faceva a vederlo così.
Lo zio Harry le mise una mano dietro la spalla e le diede una leggera spinta in avanti:
- Va’ da lui … – disse sorridente – Ha chiesto espressamente di te …
La piccola prese coraggio e, senza neanche più preoccuparsi di trattenere le lacrime si avvicinò, prese la mano del padre e la strinse fortissimo per poi sollevarla e portarsela all’altezza del petto; baciò delicatamente la mano e la fece strusciare sulla propria guancia, come a chiedere una carezza, quella che attendeva da quattro anni. Continuò a guardare il padre che faceva fatica a respirare e le lacrime scesero ancor più copiose rigandole il viso.
- Perché piangi? – le chiese Julie sorridendo. Sorrideva, è vero, ma era un sorriso forzato, di quelli che Gabriella aveva imparato a riconoscere negli anni precedenti; era uno di quei sorrisi che Julie faceva quando voleva farle credere che tutto andava bene e che le cose non sarebbero cambiate, ma , per quanto Julie fosse ormai un’esperta in sorrisi forzati di questo tipo, Gabriella ormai li sapeva riconoscere e nel vedere gli occhi lucidi e nell’ascoltare la voce tremante della sorella ne ebbe la conferma.
- Ormai papà è fuori pericolo, non c’è bisogno di piangere – continuò la maggiore.
- Lo so … E’ di felicità che piango – mentì la piccola per non far preoccupare la sorella.
Era vero che il rischio che il padre potesse star male dopo l’operazione era infinitesimale, ma dopo tutto ciò che le era capitato, era pronta a temere che gli asini imparassero a volare. Aveva ormai capito che nella vita poteva accaderle qualsiasi cosa …
- E’ ora di andare – intervenne lo zio Harry – vostro padre deve riposare …
- Andiamo – annuì Julie guadando Joe che sembrava dissentire.
Gabriella lo abbracciò velocemente, gli diede un bacio e lo guardò ancora una volta: il padre ricambiò lo sguardo poi cominciò a muovere lentamente il braccio e, con molta fatica, si spostò la mascherina che in quel momento gli forniva ossigeno e sporse le labbra come volesse darle un bacio. Gabriella sorrise con ancora le lacrime agli occhi, si avvicinò al padre lasciandosi baciare, poi gli accarezzò la guancia ed infine attese che Joe salutasse anche sua sorella. Julie gli rimise la mascherina, lo accarezzò in volto e si allontanò dal lettino.
- Ci vediamo dopo, ok? Adesso riposati – sorrise la primogenita sempre trattenendo le lacrime.
Le due sorelle si presero per mano, intrecciando le dita fortissimo. La più piccola guardò la più grande con un sguardo così intenso che sembrò parlarle, sembrò che le volesse dire “Sono tua sorella, ti conosco. L’ho capito che stai male, ma io sono con te e non ti abbandonerò, come tu non l’hai fatto con me … Capito?” mentre Julie le sorrideva con gli occhi che ancora luccicavano.
- Sfogati, se vuoi … - disse infine Gabriella.
Julie la guardò ancora un po’… Stavolta non si trattenne e scoppiò in lacrime tra le braccia della sorellina che la teneva stretta accarezzandole la testa.
- Si riprenderà … Lo farà perché ce l’ha promesso. Ha detto che non se ne andrà di nuovo, non ci abbandonerà mai più, capito? Papà è tornato, e stavolta PER SEMPRE.
Già. Era così. Joe era tornato per sempre. Loro ne erano convinte, lo sapevano che non se ne sarebbe andato di nuovo, e restarono di quella convinzione per le cinque ore successive che attesero in ospedale che il padre si svegliasse. Julie si era addormentata sulla spalla di Gabriella, che per sfogarsi, aveva usato l’unico modo che conosceva: aveva cominciato a disegnare. Aveva consumato fogli su fogli rimpicciolendo sempre di più le dimensioni della sua matita preferita e arrotondando sempre di più la forma della gomma da cancellare.
E mentre Gabriella continuava a disegnare, lo zio Harry uscì nuovamente da quella porta, non più sorridente come prima.
- Ragazze … Devo dirvi una cosa. – disse quasi afflitto, abbattuto, rattristato.
Julie sbadigliò, si stiracchiò e si aggiustò sulla sedia in modo da poter guardare bene in faccia lo zio.
- Cosa c’è?
- Vostro padre …
- Che cos’ha? Si è ripreso? – chiese frettolosa Julie, mentre Gabriella fissava la scena immobile, con gli occhi spalancati che cominciavano ad inumidirsi pungendole anche un po’, mentre un brivido sinistro le percorreva la schiena. Harry continuava a fissarle, e continuava a farlo in silenzio, non sapendo probabilmente cosa dire loro.
- Zio, che cos’ha papà? … - chiese nuovamente Julie, stavolta con una calma ed una decisione che lasciavano trapelare il terrore che si celava dietro il suo sguardo.
- Ragazze, mi dispiace … Sembrava avesse reagito bene …
- PARLA. COS’HA NOSTRO PADRE, ZIO?! – stavolta Julie quasi urlava in preda alla disperazione.
- Non ce l’ha fatta ….
Il silenzio calò in quella sala d’attesa. Adesso si sentivano solo il singhiozzare di Julie ed il respiro pesante di Gabriella che continuava a fissare il vuoto incredula.

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Capitolo 5
*** 4- You Bring Out The Best In Me ***


BUONSALVE! 8D Come vaaa? Vi sono mancata? (E una voce dal pubblico rispose “Manco un po’!”)
Chiedo scusa se ci ho messo gli anni a scrivere questo capitolo, ma mi era venuto un blocco e non riuscivo ad andare avanti! >.< Poi venerdì scorso sono andata al concerto dei Blue a Roma e l’ispirazione è ritornata (grazie anche al fatto che ero tra le prime file e che sono riuscita a parlare con Lee che ha apprezzato il disegno ed il cartellone che avevo fatto per loro *^* MUORO) ♥
Come promesso, questi bei ragazzacci sono finalmente diventati personaggi ufficiali della storia! Mi dispiace averci messo tanto, ma poi capirete perché era tanto necessario dilungarsi sulla storia di Gabriella :3
Boh, spero vi piaccia :D Grazie a chi legge, chi segue, chi aggiunge a preferiti, ma soprattutto a chi recensisce! ^^ ♥
xoxo
Rie♥
 

4. You Bring Out The Best In Me



Un mese dopo.
Un sabato come tanti. Gabriella non era andata scuola: non aveva sentito la sveglia e, anche se ce l’avesse fatta col tempo a prepararsi, non se la sentiva di andare a scuola. Era passato un mese dalla morte del padre e lei si sentiva cambiata. Faceva le cose con molta meno voglia del solito e aveva deciso di non avere più contatti con nessuno di quelli che, per un motivo o per un altro, avevano deciso di sparire dalla sua vita. In pratica aveva contatti solo con Alex e con le sue compagne di classe. Di tanto in tanto qualcuno la contattava su Facebook, le chiedeva come stava, cosa stava facendo in quel momento, esprimeva il suo dispiacere per l’accaduto e la conversazione terminava lì. E quando succedeva, ripensava a quella scena di lei, che correva davanti al letto di suo padre, con lui steso sopra senza vita. Lo fissava a lungo, gli accarezzava la mano ed un sussulto la colpiva al tatto di questa tanto era gelida mentre lo guardava con gli occhi chiusi, immobile e deformato dai medicinali che stava prendendo da qualche mese. Non sembrava nemmeno più lui, se non dagli occhi, che anche da chiusi avevano quell’aria dolce che il padre era solito perdere quando perdeva il controllo. E più lei lo guardava, più sperava di vedere la pancia di Joe alzarsi ed abbassarsi per la respirazione; ma la pancia non si muoveva, le spalle rimanevano al loro posto e dal naso non usciva aria. Eppure, lei continuava a sperare che all’improvviso un piccolo movimento le permettesse di vederlo ancora vivo, ma non accadeva nulla … Così lei era scoppiata a piangere mentre gli stringeva ancora forte la mano gelida e gliel’accarezzava piano con il pollice.
Quell’immagine le ritornava spesso in testa, e quando succedeva, spegneva il computer dicendo di avere da fare e cominciava a disegnare. Era l’unica cosa che la calmava.
Quel sabato per l’appunto, non voleva andare a scuola, ma non riusciva a riprendere sonno, così si alzò dal letto, prese il suo iPod, la sua matita, la gomma, un foglio e prese a disegnare. Impostò la riproduzione casuale in attesa che le venisse l’ispirazione: l’iPod passò “Breathe Easy”. Si ricordò di quando, il giorno dell’operazione, era capitata dopo tanto tempo che non la sentiva. Quella canzone le piaceva molto, così accese il computer e cominciò a cercare qualche altra canzone dei Blue. Ne ascoltò molte, e più ne ascoltava, più questo gruppo cominciava a piacerle. Il sole non era ancora del tutto sorto, ma continuava a non avere sonno.
Aprì una pagina di Wikipedia e digitò sul programma di ricerca ‘Blue’. Dopo aver visto le biografie degli altri tre, si soffermò sulla biografia del quarto, il suo preferito: Duncan James, Duncan Matthew James Inglis all’anagrafe. Nato a Salisbury il 7 aprile 1978, Duncan cresce solo con la madre, Fiona Inglis, e i nonni materni in seguito all’abbandono del padre …
Quelle prime due righe di biografia la colpirono molto. Duncan era sempre stato il suo preferito, anche quando era più piccola e non riusciva nemmeno a riconoscere i Blue in televisione, ma mai si sarebbe aspettata di avere una storia simile a quella del cantante.
Continuò ad ascoltare canzoni e continuava a ritrovarsi sempre di più in quei testi; era strano per lei: le era sembrava quasi che degli estranei le stessero raccontando la sua storia, le sue emozioni, i suoi sentimenti.
Mentre continuava ad ascoltare la musica, il sonno si impadronì di lei, così decise di tornare nel letto a dormire. Si stese nel letto infilandosi sotto le coperte, fissò per un po’ il soffitto come faceva sempre quando rifletteva …
***
Cinque anni dopo.

- Non posso crederci che tra tre giorni compirai 20 anni! - disse Alex
- Eppure sì, è così. Cresco anche io, sai?- ridacchiò Gabriella – E poi lo dici come se tu fossi tanto più grande! Hai solo otto mesi in più a me!
- In ogni caso, sono comunque più grande di te, Gab! E prenditi questo regalo, ADESSO, se non vuoi che me lo riprenda!
- Beh, a meno che non sia Duncan James imbustato, potrò sopravvivere anche senza! – ridacchiò. – E poi il mio compleanno non è oggi! Perché devo prenderlo ora?
- Ah… Beh, di certo Duncan non uscirà da qui però … Potrebbe sempre uscir fuori qualcosa che ti porterà da lui, no? – disse con un sorrisetto da furbetta stampato in faccia.
Erano passati cinque anni dalla morte del padre di Gabriella e dall’inizio della sua passione per i Blue. E per tutti e cinque gli anni, non aveva mai abbandonato la passione per quel gruppo, ma soprattutto per Duncan James, il suo preferito dei quattro, quello che le ricordava tanto se stessa per le loro storie comuni.
- No, aspetta … Cosa?!
Alex rise con un’espressione quasi diabolica in volto. Gabriella sgranò gli occhi.
- No, non ci credo … Non puoi…
- Ah-ha! … - ridacchiò sventolandole la busta davanti agli occhi.
- Non è possibile …
- Buon compleanno anticipato, Gab … - sorrise e le consegnò la busta.
Gabriella aprì la busta dalla quale prese due biglietti gialli, dalla forma rettangolare.
- Questo è da parte mia e dalle ragazze della tua classe del liceo… - sorrise Alex.
- A-Alex … M-ma questi sono … Sono i … Sono i biglietti del concerto dei Blue!!
Alex ridacchiò.
- Le ragazze oggi non potevano venire, ma ti fanno gli auguri … Purtroppo nessuna di noi ti può accompagnare, ma ho già parlato con Julie … Ha detto che verrà lei con te!
Gabriella l’abbracciò fortissimo, con gli occhi che le brillavano dalla felicità ma che stava abilmente riuscendo a frenare. Erano cinque anni che era ossessionata da quei quattro, e per quei cinque anni aveva sempre sperato di riuscire ad andare ad un loro concerto, senza però mai riuscirci.
- Capirai che, siccome il concerto è il giorno del tuo compleanno, era necessario darti ora il regalo, no? – sorrise.
- Ti voglio bene, Alex.
- Anche io, Gab … Stiamo crescendo bene, e se io lo sto facendo è solo grazie a te, che mi ispiri a fare del mio meglio … Credimi se ti dico che tuo padre sarebbe più che fiero di te.
- Grazie … Davvero.
- Tu e tua sorella partirete domani – sorrise guardandola.
- D- Domani?- la guardò con gli occhi sgranati che brillavano sempre di più.
- Già – sorrise - … Anche se il concerto è tra due giorni, abbiamo pensato che fosse più comodo per voi partire da subito.
- Non … Non so … Davvero, non so cosa dire!
- Non devi dire niente! È il nostro regalo per ringraziarti di ciò che fai per noi – l’abbracciò di nuovo.
- Grazie … Grazie di cuore! – disse commossa.
***
Il giorno dopo, le due sorelle presero due linee di metro, arrivarono alla stazione, presero il treno e arrivarono all’hotel dove, dopo aver fatto il check-in, salirono nella loro camera e si stesero sui loro letti.
- Che strano – disse Gabriella interrompendo il silenzio – … di solito io non faccio altro che contare i giorni che mancano al mio compleanno man mano che si avvicina … Invece stavolta non riesco a fare a meno di contare le ore che mancano al concerto! – ridacchiò.
- Non è strano … Sei solo fissata, è normale!
- Hey!! – le lanciò il cuscino in faccia, ma Julie fece in tempo a parare il colpo.
- Che c’è? – rise – Vorresti forse dire che non è vero? Che non sei dipendente dai quei quattro?
- No, lo ammetto, è vero … Ma tu non puoi capirne il motivo … Tu la chiami ‘fissazione’, e non hai tutti i torti a farlo … Ma la realtà è che non so nemmeno io cosa sia. So che da quando me li hai fatti scoprire, mi sento rinata. Le loro canzoni, i loro testi, le loro storie … Mi danno la forza di andare avanti. E non esagero nel dirlo. Soprattutto quando ho scoperto che Duncan … - Julie la interruppe.
- Sì, sì, lo so, me l’hai detto … ‘soprattutto quando ho scoperto’ bla bla bla ‘che Duncan e il padre’ bla bla bla ... E’ inutile ripeterlo, me l’avrai detto centinaia di volte!! – ridacchiò insieme a Gabriella.
- Lo so, scusa … E’ che è davvero difficile da spiegare questo strano sentimento, questa sensazione che provo nell’ascoltarli.
***
Gabriella indossava dei jeans stretti, una canotta azzurra con su scritto “I ♥ London” ed un cardigan rosso da sopra, Julie un mini-dress blu bottiglia con sotto dei leggins. Si erano ritrovate per miracolo in prima fila ed erano praticamente a pochi centimetri dal palco.
Il concerto inizia: le fan urlano in preda al delirio, si intravedono i flash delle macchine fotografiche intervallati dalle luci psichedeliche del palco; come sottofondo parte la prima canzone, We’ve Got Tonight. Entra Antony, seguito a ruota da Simon … Pochi istanti dopo entra Lee ed infine, eccolo.
Duncan era entrato per ultimo, quasi l’avesse fatto apposta per farle aspettare di più.
Sapeva che Duncan fosse bello, l’aveva visto talmente tante di quelle volte in foto e in video che ormai sapeva ogni sua minima caratterista nei minimi dettagli … Sapeva bene di quanto potesse essere perfetto quel ragazzo, dai capelli biondo cenere all’insù; gli occhi azzurri con qualche sfumatura di verde chiaro, che ricordavano molto il colore del mare limpido come lo si trova solo in posti come i Caraibi; il fisico scolpito ricoperto dai tanti tatuaggi; le labbra rosee e carnose di cui ricordava ogni singola venatura … Sapeva tutto nei dettagli, eppure non poteva immaginare di quanto quel ragazzo fosse ancora più bello dal vivo: le era quasi sembrato che potesse superare la perfezione.
I quattro cominciano a cantare, accompagnati dalle centinaia di fan (in piena crisi ormonale) che ricordavano tutte le parole come se le avessero scritte di proprio pugno.
Parte la seconda canzone, Bubblin’. Gabriella non riusciva a togliere gli occhi di dosso da Duncan: non faceva che fissarlo, in tutti i suoi dettagli, probabilmente temendo che quella sarebbe stata l’ultima volta in cui l’avrebbe potuto ammirare così da vicino. Mentre i quattro ballavano, Duncan si girò improvvisamente verso la ragazza e la guardò sorridente mentre continuava a cantare, come se nulla fosse.
Gab incrociò il suo sguardo e in quel momento arrossì e pregò che lui non se ne fosse accorto e che il suo rossore potesse essere camuffato dalle luci che roteavano sul palco … Improvvisamente, Duncan si accovacciò di fronte a lei e le tese la mano dal palco, mentre ancora sorrideva.
Nel notare la scena, Lee si lasciò scappare un sorrisetto malizioso, ma continuò a cantare nel tentativo di non farsi notare: conosceva bene il suo amico, e sapeva che, una volta adocchiata una ragazza, si buttava subito per provarci.
Gab sgranò gli occhi, si mise una mano in petto e si guardò intorno per assicurarsi che non avesse frainteso e che la mano non fosse tesa a qualche altra fan, ma fu subito rassicurata da un dolce sorriso di Duncan che ridacchiando continuava ad aspettarla proteso verso di lei.
Le ginocchia cominciarono a tremarle, il respiro si faceva pesante e quasi si sentiva di svenire mentre allungava anche lei la mano verso il cantante che l’aiutava a salire sul palco mentre Julie riprendeva il magico momento della sorellina quasi commossa sotto lo sguardo omicida delle altre fan che avrebbero voluto essere al posto di Gab.
Il ragazzo ballò con lei e, ogni qualvolta ripartiva il ritornello “ I don’t see nothing in you and me bubblin’ ”, l’attirava a sé con una giravolta facendo quasi dimenticare alla ragazza come si respirasse. Lei lo guardava in tutti i suoi splendidi particolari, sperando di che non fosse un sogno, perché se così fosse stato, non si sarebbe mai voluta svegliare.
Continuava a guardarlo: le guance, la bocca carnosa, il naso perfetto, gli occhi chiarissimi, i capelli pettinati all’insù, la barba leggermente incolta sul viso squadrato, i pettorali, i muscoli delle braccia che sembrava fossero state scolpite da uno scultore e completamente ricoperte dai tatuaggi … Le sembrava di guardare quelle immagini con cui aveva bombardato la memoria del suo computer, solo che le immagini erano in 3D e HQ … E in più percepiva il tatto di Duncan sulla propria pelle e questo le dava i brividi. In realtà sperava solo di non essere diventata pazza a percepire quelle sensazioni.
Finita la canzone, Duncan le baciò la mano e poi le diede un bacio sulla guancia:
- Grazie per esserti prestata da ballerina – sorrise
- F-figu…. Figurati! – rispose imbrarazzatissima.
- Balli bene, complimenti … Beh, ci becchiamo dopo – le disse ammiccante e l’aiutò a scendere dal palco mentre le fan continuavano a fissarla con sguardi omicidi.
***
Il concerto finisce, le luci del palco si spengono e si accendono quelle dell’edificio. Gab ancora non poteva credere a quello che le era successo … Julie la guardava, mentre la sua sorellina aveva lo sguardo perso nel vuoto.
- Gab, ci sei? Sei ancora tra noi? Terra chiama Gab! – ridacchiò.
- Eh? Cosa? Che c’è?
-Nulla, mi chiedevo semplicemente se avessi dovuto chiamare mamma per dirle che ti avevamo persa o se eri ancora tra noi – rise di gusto facendo arrossire la sorella.
- E dai, smettila! È normale che io reagisca così: non so se te ne sei accorta, ma ho tipo ballato con il mio idolo che per me è anche il ragazzo più bello di questo mondo! E non so se hai anche messo in conto che è la prima volta che l’ho visto dal vivo e da così vicino!!
- Dai, su, non te la prendere! – ridacchiò Julie – Miss Permalosità, non se la prenda con me se lei al momento risulta più imbambolata di un bambino davanti ad una pioggia di caramelle!
- Beh, si da’ il caso che per me quella non era una pioggia di caramelle!! … ERA UN DILUVIO UNIVERSALE di caramelle, claro?! – disse imbarazzatissima facendo ridere la sorella. Poi rise anche lei.


L’edificio era ormai vuoto, deserto: erano rimaste solo loro, praticamente davanti al palco. Una guardia si avvicinò alle due sorelle:
- Signorine, devo chiedervi di uscire.
- Sì, un momento solo –rispose Julie.
- Ci dia il tempo di prendere le nostre cose, di riavvolgere il cartellone e ce ne andiamo.
- Già ve ne andate? – intervenne una voce proveniente dalle spalle delle due ragazze – Ed io che speravo di dover rimanere per fare qualche foto con qualche bella ragazza … - disse con una voce che faceva trasparire chiaramente la sua espressione sorridente.
Gabriella conosceva benissimo quella voce. L’avrebbe riconosciuta tra mille. E d’altronde, come avrebbe potuto essere diversamente?
Le due si girarono di scatto e si ritrovarono Duncan che sorrideva ad entrambe. Julie sgranò gli occhi e guardò velocemente la sorellina, augurandosi non fosse morta sul colpo.
Gab lo guardava, ferma e immobile, con le gambe che le tremavano e i brividi addosso che le fecero venire la pelle d’oca.
- Ciao! – disse Duncan con un sorrisetto sghembo che fece saltare un battito al cuore di Gab – Non si preoccupi, stanno con me.
“L’ha detto davvero?” pensò Gab tra sé e sé.
- Oh, ok. Con permesso, Mr. James.
- Prego – rispose lui sorridente, poi si girò verso le due – Ciao ragazze!

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Capitolo 6
*** 5- Datemi Un Pizzicotto ***


Buooooonsalve!
Scusate se ci ho messo tanto a pubblicare questo, ma proprio non riuscivo a trovare una conclusione decente! D: Il bello è che il capitolo ce l’avevo pronto da un pezzo! .-. So’ scema, lo so 8D In ogni caso mi dispiace dirvi che è un po’ breve come capitolo, ma è caruccio comunque u.u
Si ringrazia la Aru per l’ispirazione ♥ LOL
Grazie a chi legge, a chi segue, a chi aggiunge ai preferiti, ma soprattutto grazie a chi recensisce! :D
Continuate a recensire, mi raccomando! Spero che il capitolo vi piaccia :3
Rie ♥ xoxo

 
 5. Datemi Un Pizzicotto
-Ciao ragazze! – disse con quel suo sorriso mozzafiato.
Gab aveva gli occhi sgranati e non riusciva a parlare. Anzi, per la verità, non riusciva neppure a muoversi: era rimasta ferma immobile davanti a lui, imbambolata come un’idiota senza sapere che fare. Per fortuna, Julie la salvò dall’imbarazzo interrompendo il silenzio:
- Ciao – sorrise- Io sono Julie, la sorella della ballerina qua accanto – ridacchiò.
- Molto piacere – rispose lui sorridendo – mi chiamo Duncan, ma immagino voi lo sappiate già – scherzò.
- Già – sorrise Julie – Complimenti per lo spettacolo, mi sono divertita tanto! È stato davvero bello!
- Sono contento vi … TI sia piaciuto … E alla mia ballerina di cui non so ancora il nome? A lei è piaciuto lo spettacolo? – disse girandosi in direzione di Gabriella con un sorriso dolcissimo che avrebbe fatto impazzire chiunque.
Ovviamente quel sorriso non fece altro che paralizzarla ancora di più facendole guardare il pavimento sul quale aveva trovato una carta di caramella accartocciata, che aveva stranamente trovato incredibilmente interessante. Solo una gomitata furtiva della sorella l’aveva potuta riportare alla realtà:
- Eh? Oh, sì è- è … è stato fantastico! Non mi sono mai divertita così tant- …
- HEY DUNK! – una voce li interruppe. Era Lee che stava venendo incontro a Duncan per chissà quale ragione. Qualunque essa fosse stata, Gab non l’avrebbe mai ringraziato abbastanza: si sentiva talmente nervosa ed imbarazzata che non era sicura di chiamarsi realmente “Gabriella” e l’aveva dovuto chiedere più volte alla sua stessa coscienza.
- Lee! Dimmi tutto.
- Ho parlato con Sy ed Ant, loro vorrebbero anda- … Oh, scusa, non ho visto che eri in compagnia – sorrise riconoscendo Gab che intanto aveva gli occhi sempre più fuori dalle orbite: i suoi idoli erano a pochi centimetri da lei che parlavano come se niente fosse.
- Tranquillo – sorrise – La mia ballerina qui, mi stava per l’appunto dicendo il suo nome, giusto?
- Mi chiamo G- Gabriella … Ma i miei amici mi chiamano Gab. Voi potete chiamarmi come preferite – sorrise imbarazzata.
- Ti chiamerò anche io Gab – intervenne Lee con il suo solito sorrisone smagliante a trentadue denti – Mi  piace come balli, sei brava! Dove hai imparato?
- Mio padre adorava i balli latino-americani … Quand’ero piccola mi ha insegnato qualche passo di quelli base, poi vado un po’ a sensazione … Anche mia sorella Julie è molto brava: di sicuro lo è più di me – ridacchiò - Grazie mille comunque – sorrise dolce.
Duncan continuava a fissarla senza toglierle gli occhi di dosso: non aveva niente di particolare indosso, né tantomeno si era truccata o pettinata in maniera più o meno accurata del solito. Era conciata come tutti i giorni, perché non si aspettava di certo di sostenere una conversazione con i suoi idoli dopo che uno di questi l’aveva fatta salire sul palco per ballare con lui.
- Gab … Il cartellone … Dobbiamo chiuderlo – le ricordò Julie
- Ah già, hai ragione … A proposito, grazie per averlo tenuto tu – ridacchiò
- Cartellone? Voglio vederlo! – disse Lee
- Se era per noi, anche io voglio vederlo – disse Duncan sorridendo.
Gabriella riaprì il cartellone un po’ imbarazzata:
-  Julie mi ha aiutato un po’… Il disegno all’interno l’ho fatto io …
- WOW! È davvero figo! Hai una penna? – disse Lee entusiasta
- L’hai davvero fatto tu? È fantastico! Cosa hai usato per farlo?
- G- grazie … Ho usato … U- una t-tavoletta grafica … - sorrise tornando a notare quanto fosse interessante quella carta di caramella sul pavimento. Julie diede la penna a Lee che le autografò il cartellone aggiungendo anche le tre ‘X’ che stavano a significare i baci:
- Ecco qui … Così te lo porti a casa – disse sorridendo e porgendo la penna a Duncan
- Grazie mille! P- posso … Posso abbracciarti?
- Certo che puoi! – disse Lee abbracciandola più forte che poteva
- L’abbraccio lo voglio anche io dopo … - disse Duncan facendo il finto offeso mentre le autografava il cartellone con il suo solito cuoricino accanto al nome. In realtà scrisse anche qualcos’altro accanto al nome e al cuore, ma arrotolò lui stesso il cartellone prima che le due potessero capire cosa aveva scritto.
Gab si staccò dall’abbraccio di Lee e si avvicinò lentamente a Duncan con lo sguardo fisso sul pavimento: era talmente imbarazzata da quella situazione che non sapeva se abbracciarlo lei per prima o aspettare che fosse lui ad abbracciarla per primo. Non ebbe il tempo di concludere il pensiero e prendere una decisione, poiché nello stesso istante in cui decise di alzare la testa per guardarlo, si ritrovò stretta tra le braccia di Duncan.
Gli allacciò le braccia al collo appoggiandogli il mento sulla spalla; si sentì come in paradiso … Riusciva a percepire la forma perfetta dei pettorali e delle braccia di Duncan mentre sentiva le proprie narici invase dal dolce profumo del ragazzo.
Aveva sognato tante volte quel momento, sia la notte che il giorno ad occhi aperti. Tante volte si era soffermata ad immaginarsi la scena, distraendosi dal mondo circostante, ma mai aveva creduto che quel momento l’avrebbe vissuto anche al di fuori della propria testa … Né tantomeno si aspettava che sarebbe stato anche meglio di come l’aveva immaginato.
Dopo una trentina di secondi, Duncan sciolse l’abbraccio, facendole percepire come un vuoto dentro: non si aspettava che l’abbraccio sarebbe durato per sempre, questo era ovvio, ma avrebbe voluto durasse di più.
- Che buon profumo che hai! È … Molto dolce! –disse Duncan – A che cos’è?
- Grazie – sorrise di rimando - … E’ allo zucchero filato, o qualcosa del genere.
- Mi piace … Beh, che dici? Ci scattiamo una foto ed immortaliamo questo momento?
Gabriella annuì e fece per dire a Julie di prendere la macchina fotografica, ma la sorella l’aveva di gran lunga anticipata ed era già pronta a scattare la foto. Gab si mise al centro tra Duncan e Lee sfoderando il miglior sorriso che aveva; e del resto, come poteva diversamente? Aveva visto i suoi idoli dal vivo, il suo preferito l’aveva invitata sul palco a ballare con lui, il suo secondo preferito adorava il disegno che lei aveva fatto con tanto impegno e stava scattando una foto con entrambi! Era davvero al settimo cielo …
- Perfetto – disse Julie spegnendo la macchina fotografica mentre la riponeva in borsa – Ne farei un’altra per sicurezza, ma la macchinetta è scarica e ha anche la memoria piena …
- Non è un problema, comunque sia venuta andrà più che bene!! Oddio, non ci cre- … - rispose Gab interrompendo bruscamente il suo troppo entusiasmo mentre si ricordava che Duncan e Lee erano appena dietro di lei e che, di conseguenza, non voleva fare la figura della stupida.
Lee ridacchiò mentre Duncan sorrise e le cinse un braccio intorno alle spalle facendole venire i brividi:
- Facciamone una io e te. La voglio postare su twitter … Ci sei su twitter, no?
- S- Sì … Ti ho postato un twit poco prima del concerto …
- Oh, sì, eccoti! – disse scorrendo col pollice sul cellulare - Ecco, adesso ti seguo anche io! Scattiamoci questa foto, dai! – sorrise e, sempre tenendole il braccio dietro le spalle, alzò il cellulare in alto e fece la sua solita faccia “a becco di papera” col sopracciglio alzato, mentre lei si limitò a fare un sorrisetto.
- Guarda quanto lei è più carina di te con un semplice sorriso! – disse Lee ridendo dell’amico – La pianti di fare quella faccia da stupido?
- Non rompere, Lee! – disse Duncan pronto a scattare un’altra foto – Ne facciamo altre tre? Così metto un collage!
Gab rise del “mini-dibattito” tra i due e annuì sorridendo:
- Faccio anche io una smorfia, ok?
 
***
 
Rimasero ancora qualche minuto a scherzare insieme fino a che Lee non concluse la conversazione:
- Beh ragazze, ci dispiace, ma noi dobbiamo andare … Ant e Sy ci aspettano.
- Noi resteremo qualche altro giorno da queste parti … Spero di riuscire ad incontrarvi – continuò Duncan ammiccando.
- Lo spero anch’io! – rispose Julie – La vera fan è mia sorella, ma sul serio, siete davvero simpatici e gentili! Mi farebbe piacere rivedervi.
- Non mancherà occasione! – sorrise Lee – Allora … Arrivederci ragazze! – disse e salutò prima Julie e poi Gab.
- A presto! – disse Duncan avvicinandosi a Julie per salutarla, poi sorrise e si avvicinò a Gabriella – Ciao … Gab … - disse sussurrandole ad un orecchio e dandole un bacio sulla guancia.
- C- ciao … - rispose lei quasi in stato di trance mentre si accarezzava la guanciache Duncan le aveva appena baciato.

Guardarono i ragazzi allontanarsi ancora un po’ dopodiché si diressero silenziosamente al loro albergo. Arrivate in stanza, Gabriella si buttò a peso morto sul letto fissando il soffitto:
- Oddio … Non ci credo, non ci credo, non ci credo, non ci credo… - disse tutto d’un fiato.
- Sei ancora viva? – la prese in giro Julie dirigendosi in bagno.
- Non ne sono sicura – ridacchiò Gab, poi si alzò di scatto – Devo rivedere quell’autografo, altrimenti non ci credo che è successo sul serio!
Alzatasi dal letto, prese il cartellone e lo posò sull’enorme letto matrimoniale; tolse l’elastico e srotolò il cartellone.
- Ah Gab … Ho notato che Duncan si è trattenuto un po’ nel fare l’autografo … Cosa ha scritto?
Gab non rispose.
- Gab? … Gaaab?Gab! Sei viva? – urlò Julie andando verso la camera da letto – Hey! Che ti prende?! – disse Julie mentre guardava la sorella fissare il cartellone imbambolata – Mi spieghi che hai??
- J-Julie … D- Duncan h-ha …
- ‘Duncan ha’ … ? Su!! Continua!!
- D- Duncan h-ha …
- Diamine, vuoi parlare?!
- DUNCAN MI HA LASCIATO IL SUO NUMERO!!

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Capitolo 7
*** 6- It's A Blue Invitation, Just Come With Me ***


Io sarei tanto curiosa di capire perché, non appena comincio a scrivere una cosa che ho in mente da giorni, mi viene il blocco e non riesco a scrivere più!! .__.
Salve BlueFam! Buona vigilia a tutte! :3
Ecco finalmente l’attesissimo (ma da chi?) sesto capitolo!! Ammettetelo, siete curiosedi sapere cosa farà Gab, vero? :3 eheheh Leggete e scoprirete!
Grazie a chi legge, a chi segue, a chi aggiunge a preferiti e soprattutto a chi recensisce!! (E anche AAAAAAAAAAAA CHI MI DIIIIIIIIIIICEEEEEE …. No, Rie, no. Smettila, non fai ridere)
Recensite, mi raccomando! :3
Xoxo
Rie ☺ ♥

 
 
 
6. It’s A Blue Invitation, Just Come With Me.
 
 
 
- DUNCAN MI HA LASCIATO IL SUO NUMERO!!
- Eh?! Che cosa?! Non è possibile!
- Ti giuro che è così, guarda!
Julie si avvicinò lentamente al cartellone, con gli occhi sgranati e la bocca spalancata:
- Non ci credo … - disse infine Julie dopo aver osservato quella sequenza di numeri.
- Tu?! – rispose Gab – Ed io cosa dovrei dire allora?! – rise.
- Dobbiamo controllare che sia il suo numero!! – disse con tono deciso Julie mentre si dirigeva verso la sedia dove aveva poggiato la borsa: ci frugò un po’ dentro ed infine cacciò fuori il cellulare della sorella e glielo porse – Chiamalo. Ora.
- Che?!
- Su, chiamalo!
- Ma che scherzi? Sei pazza? E se non fosse lui?!
- Dirai che hai sbagliato numero!
- E se invece fosse lui? Che dovrei dirgli? “ Hey ciao, sono quella che ieri ti sei trascinato sul palco e che ti sbava dietro da cinque anni. Volevo solo controllare se il numero era il tuo e se non mi hai semplicemente scritto una sequenza casuale di numeri” !!!
- Ma che dici!!! Lo chiami e, se ti dovesse rispondere lui, gli dici semplicemente che hai trovato questo numero segnato qui sopra e volevi capire a chi appartenesse!
- Scordatelo, non lo chiamerò MAI! Mi vergogno troppo! Sarebbe imbarazzatissimo … No, no, no, no … Non lo chiamerò!! Piuttosto, devo chiamare Alex e le devo raccontare tutto! – disse mentre componeva il numero – Pronto? Alex! Alex, oddio non ci posso credere devo raccontarti tutto!! – disse mentre girovagava per tutta la stanza.
- Tu sei pazza, sorellina … COMPLETAMENTE pazza …
Gab le fece la linguaccia in risposta mentre continuava a parlare con Alex a telefono che probabilmente urlava più della stessa amica.
Julie si infilò nel letto, si rannicchiò sotto le coperte e attese che Gab avesse finito la telefonata. Quando riagganciò, posò il telefonino sul comodino, si infilò anche lei sotto le coperte e tirò un sospiro:
- … E poi è troppo tardi per chiamarlo adesso! Sono le tre di notte!
- Ma di chi stai parlando?
- Di Duncan, di chi se no?
- Aah, di Duncan!... Come se stesse dormendo … - rispose Julie ridacchiando
- E va bene, domani mattina lo chiamiamo!! Ma da un telefono pubblico, chiaro?!
- Non vuoi lasciargli il tuo numero?
- Non lo chiamiamo per parlarci, lo chiamiamo per sapere se è il suo numero. Detto questo, buonanotte! – disse imbarazzata e si girò dal lato opposto della sorella.
- Notte … - disse Julie scuotendo la testa con un sorrisetto stampato in faccia.


 
***
 
Gab si svegliò per prima: si stropicciò gli occhi, si stiracchiò e si alzò fino a mettersi seduta sul letto. Con gli occhi ancora non totalmente aperti si girò e vide sua sorella alla sua destra che ancora dormiva beata. Ridacchiò nel guardarla, si alzò prendendo il cellulare e andò fuori al balcone della stanza affacciandosi al davanzale.
- Tanti auguri a me! … - disse a bassa voce mentre fissava il sole che era da poco sorto.
Guardò l’ora: le sette e trenta.
Quasi quasi comincio a vestirmi” pensò … “Magari faccio piano, così evito di svegliarla, di sorbirmi le sue successive lamentele e soprattutto i suoi tentativi di cercare di convincermi a chiamare Duncan o chiunque sia il proprietario di quel numero”.
 
In meno di un’ora era già lavata, vestita e truccata: indossò una canotta rosa fluo un po’ scollata, con sopra una camicetta verde a quadri con qualche dettaglio in rosa; mise un jeans grigio e le sue immancabili converse. Lasciò i capelli sciolti sulle spalle, arricciando un po’ il ciuffo fino a formare una specie di boccoletto. Andò dal lato destro del letto matrimoniale e si sedette accanto alla sorella accarezzandole appena la spalla:
- Julie – disse sussurrando – Svegliati … Devi vestirti e dobbiamo andare giù a fare colazione. E devi svegliarti adesso per due motivi: numero uno,perché rischiamo di arrivare tardi e non trovare nulla al ristorante; numero due, perché ho fame! Su, svegliati, pigrona!
- Tu? Hai fame? Ma non mi dire … - rispose lei brontolando sarcastica.
- Ah! Ah! Ah! Ma come siamo simpatiche già di prima mattina! Su, sbrigati, se no ti prendo a cuscinate!
- Mi alzo solo se tu telefoni a tu-sai-chi …
- Quello non ti riguarda!! E poi ti ho detto che lo farò, ma solo da un telefonopubblico!! E adesso alzati, su!! – disse alzandosi dal letto e dirigendosi di nuovo verso il balcone
- Gab!
- Che c’è? – disse sbuffando mentre faceva un passo indietro per guardare Julie negli occhi.
- Buon compleanno! – sorrise dolce.
- Grazie – sorrise anche lei di rimando e uscì di nuovo fuori per affacciarsi al davanzale.
 
***
 
Dopo che Julie si fu vestita, andarono a fare colazione. Presero entrambe uncappuccino ed un cornetto al cioccolato: erano molto diverse, ma quando si trattava di mangiare si trovavano sempre d’accordo.
- Bene. Adesso usciamo un po’? Ci andiamo a fare un giretto qui in giro, che dici? – disse Julie appena ebbero finito di mangiare.
- Non è una brutta idea
- E poi …
- E poi?
- No, niente, niente …
- Julie, cosa?
- Ti ho detto che non è niente!
- Non ti credo!! “E poi” cosa?! Ah, aspetta! Ho capito!! Tu e quella dannata telefonata! Fatti gli affaracci tuoi!!
- Ma non eri tu quella che diceva che Duncan James era la perfezione e avresti sempre voluto lui come ragazzo?! E allora?! Quello ti dà il suo numero e tu non lo vuoi neppure chiamare!
- Mi hai stufato! – disse alzandosi da tavola – Adesso ti alzi, prendi quel diamine di giubbino jeans, muovi le chiappe e mi accompagni alla cabina telefonica più vicina così lo chiamiamo e non mi assilli più!! Contenta?
- Amen! – disse con un sorriso a trentadue denti stampato in faccia mentre aveva già indossato il giubbino – Andiamo allora?
- Ti odio con tutto il cuore! – la guardò in maniera antipatica
- Tanto lo so che in realtà mi ami! Muoviti, su! – disse ridendo mentre la prendeva per mano e la trascinava fuori.
La cabina telefonica più vicina era a quindici minuti dal loro albergo e non appena la trovarono, Gab si sentì come una morsa allo stomaco:era forte, ma non era affatto brutta come sensazione. Era semplicemente strana e più si avvicinava alla cabina, più aumentava.
Gab prese la cornetta, la avvicinò all’orecchio destro mentre tendeva l’indice della mano sinistra verso la tastiera del telefono. Improvvisamente si bloccò e riagganciò la cornetta.
- Ma che ti prende? Hai cambiato di nuovo idea? – chiese Julie stupita
- No, non è questo. È che non ho il numero … Che era segnato sul cartellone, per cui mi spiace, ma non possiamo chiamarlo! - sorrise soddisfatta
- Tranquilla, ho già memorizzato il numero sul tuo cellulare e anche sul mio, nel caso tu non avessi avuto il coraggio di chiamarlo. – ghignò lei di rimando – allora? Lo vuoi chiamare, o preferisci che lo faccia io?
- Ribadisco, ti odio con tutto il cuore!! – riprese la cornetta tenendola tra la testa e la spalla destra mentre con le mani prendeva il cellulare dalla borsa.
Prese il cellulare, si fece dettare il numero da Julie e, dopo aver inserito la monetina, atteseche qualcuno rispondesse all’altro capo del telefono.
La morsa sembrava stringersi sempre di più. Sentiva la testa girare e le ginocchia le tremavano.
- Pronto? – rispose una voce maschile dall’altro lato.
Gab rimase paralizzata riconoscendo la voce. Sgranò gli occhi e spalancò la bocca facendo incuriosire sempre di più Julie.
- Pronto? Hey, c’è qualcuno? – insistette la voce dal telefono.
Gab riattaccò di scatto:
- JULIE, JULIE, JULIE!!! È IL SUO NUMERO, È IL SUO NUMERO!!!!
- Sei impazzita?! Perché hai attaccato?!
- Te l’ho detto, mi vergogno di parlarci, non ce la faccio! Attaccare è stato istintivo! Non riuscivo a dire o fare nient’altro!!!
- Duncan James ti dà il suo numero perché , ormai è evidente, gli piaci, ed il meglio che sai fare è chiamarlo da un telefono pubblico per poi attaccargli il telefono in faccia?! LO VEDI CHE SEI STUPIDA?!
- No, senti, adesso mi devo calmare un attimo. Andiamoci a fare un giro, così mi distraggo. Quando avremo finito, torneremo in hotel e penseremo bene a cosa fare.
 
***
 
Passarono la mattinata a girare per i negozi e a fare shopping, poi decisero di andare a pranzare in un fast-food lì vicino. Si sedettero al tavolo e Gab tirò fuori il cellulare:
- Mi auguro che qui ci sia il wi-fi free … Vorrei cominciare a rispondere ad almeno parte degli auguri su face book, altrimenti quando torneremo a casa sarà una tragedia – disse mentre attendeva di trovare una connessione – Oh, eccola! Vediamo un po’ … Mark, Luke, Lauren, ovviamente Alex, Nadia,Claire, Alice, Ilary, Rosie, Maggie … Wow, quanti auguri!
- Qualcuna ti ha chiesto del concerto? – chiese Julie incuriosita
- Giusto quelle che hanno comprato il biglietto – ridacchiò – e Alex che ovviamente non poteva risparmiarsi battutine stupide per sfottermi! Controlliamo un po’ su twitter … Anche qui mi hanno fatto parecchi auguri! … ODDIO!
- Cosa?
- Anche Lee mi segue su twitter adesso e mi ha fatto gli auguri! Julie, prima che mi abitui alla cosa, dammi un pizzicotto e svegliami.
- Lee Ryan ti ha fatto gli auguri!?
- Sì!! E non solo! Ti saluta anche! E chiede se anche tu hai un profilo twitter, ma non ce l’hai quindi mi sembra poco rilevante.
- Ora svengo anche io. Oddio, non è possibile!!
- Aspetta,ho un messaggio privat-….. Oh cazzo.
- E adesso che succede?
- L- Leggi q-qui …. – disse deglutendo a vuoto mentre le passava il cellulare:

“ Hey, ciao! Da quel che vedo è il tuo compleanno, quindi, tanti auguri! ☺Che ne dici se stasera tu e tua sorella non venite con noi a mangiare fuori? Così festeggiamo un po’, non ti pare? ☺
P.S.
Il mio numero non te l’ho scritto per abbellire il cartellone, sappilo. Per cui, chiamami e fammi sapere.


***
 
Julie rimase a bocca aperta e fu costretta a bere due bicchieri d’acqua di fila per riprendersi dallo shock:
- Giuro che se adesso non lo chiami e non gli dici che accettiamo ti disconosco come sorella!!
- E se invece gli rispondoringraziandoloe gli lascio il mio numero? Uso la scusa che non so quand’è che lui è impegnato! Così verifichiamo anche se è vero che lui è così interessato come dici tu!
- Mmmh … Ok, questa te la concedo,ma voglio che glielo scrivi subito.
- Ok, adesso glielo scrivo. Gli dico anche di farci sapere per l’orario ed il posto dove vederci.
- Brava! Cos’è, sei rinsavita all’improvviso? – disse ridendo Julie.
- Stupida!! – rise mente bloccava la tastiera del telefonino- Ecco fatto. Adesso aspettiamo e stiamo a ved-….
Non fece in tempo a terminare la frase che il cellulare vibrò e il display si illuminò mostrando una scritta bianca sullo sfondo nero che diceva “Dunk ♥”
- Oh cavolo!!
- Presto, rispondi!! – la incitò Julie.
- Il cuoricino sul nome del contatto potevi risparmiartelo!! – disse mentre, fulminandola con lo sguardo rispondeva al cellulare.
- Pronto?
- Hey ciao Gab. Sono Duncan. – disse con un tono che pareva essere molto allegro.
- Ciao Dunk. Che.. Che sorpresa! Mi fa piacere sentirti.
- “Mi fa piacere sentirti”?! Solo?! Sei quasi la ventenne più felice della terra!! – commentò sottovoce Julie che in risposta ricevetteuna gomitata dalla sorellina.
- Anche a me fa piacere! – rispose Duncan – Ah, a proposito, buon compleanno!
- O- oh, g- grazie mille!
- Figurati. Beh, senti, come hai letto nel messaggio, io ed i ragazzi saremmo voluti andare a fare un giro stasera e a mangiare fuori … E poiché ho notato che era il tuo compleanno ho pensato che sarebbe stato carino se tu e Julie vi foste unite a noi … Allora, che ne pensi?
- Per noi è perfetto! Devi solo dirmi ora e luogo.
- Passiamo noi a prendervi all’hotel alle otto, ti va bene?
- Credo di sì, Julie a te va bene alle otto, giusto? Ok, va bene anche a lei.
- Perfetto, così conoscerete anche Simon ed Antony. Dov’è che alloggiate?
- All’hotel di fronte al teatro.
- Bene. Allora ci vediamo stasera alle otto?
- Certo. A stasera.
- Ciao – disse ancora più allegro.
- C- Ciao … - deglutì a vuoto e riagganciò.

- Allora? – chiese Julie curiosa.
- Passano loro da noi a prenderci alle otto.
-Benone!!
- Ma resta ancora un problema fondamentale …
- Cioè? – chiese Julie non capendo.
- Adesso, cosa diavolo mi metto?!

 

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Capitolo 8
*** 7- 'Cause It's Nothing Without You ***


Salve BlueFam! Come state? :D
Visto? Sto migliorando? Scrivo sempre più velocemente! *^* Beh, innanzi tutto vi dico che questo capitolo è  un po’ più lunghetto del solito, ma tranquille, vi piacerà :3 Non voglio rompervi troppo, per cui, buona lettura!!
Grazie a chi legge, a chi segue, a chi aggiunge a preferiti ma soprattutto a chi recensiceeeeeeeee!! :3 ♥
Spero vi piaccia :D Mi raccomando continuate a recensire pls *^*
Buon 2014!! ♥
xoxo
Rie ♥ ☺
 

7. ‘Cause It’s Nothing Without You

 
Girarono ancora un po’ per i negozi alla ricerca di qualcosa di carino da far indossare a Gab quella sera per far colpo su Duncan. Cercavano qualcosa che non fosse troppo sportivo, né troppo casual, né troppo romantico, né troppo sexy … Qualcosa che fosse il giusto mezzo ma che le permettesse comunque di essere notata. Alla fine comprarono un jeans chiaro molto aderente ed un top rosa pesca molto largo con le maniche corte che cadevano sotto le spalle. Aveva messo nella sua valigia una giacca di pelle color cuoio e delle francesine col tacco dello stesso colore, così decise che avrebbe messo quelli e si sarebbe fatta prestare un cinturone (sempre cuoio) da Julie così da poterlo mettere in vita:
- Bene, i vestiti sono pronti … - disse Julie – Adesso ti manca solo il make-up!
- … Il make-up che tu mi darai una mano a realizzare insieme ai capelli, giusto? – la guardò supplicante Gab.
- Sì, sì, va bene, va bene … Ma solo perché stai per avere un appuntamento con Duncan e perché è il tuo compleanno!!
- Non sto avendo un appuntamento con Duncan!
- Ah no? E come lo chiami tu quando un ragazzo invita una ragazza ad uscire?
- Non ha invitato solo me, ha invitato anche te e gli altri Blue! Quindi non è un appuntamento!
- Noi serviamo solo da contorno per mascherare un po’ la cosa in caso di fan, giornalisti e quant’altro! Ma lui ha invitato te!
- Sì, sì, certo, come no, ma ci credo! – disse sarcastica – Piuttosto … Non credi che Lee si stia interessando a te? Nonostante tu non sia una loro fan, si è interessato di cercarti su twitter e di salutarti …
- Mmh … Riflettendoci … Ma no, non credo. E poi comunque lo rifiuterei. Io amo Leonard, e per quanto Lee sia carino, simpatico, gentile e tutto quello che vuoi tu, non sono innamorata di lui e non tradirei il mio ragazzo per nulla al mondo.
- Sono così fiera di te! – disse Gab asciugandosi una finta lacrima per prenderla in giro.
- Hey!! – disse Julie dandole uno schiaffetto sulla spalla – Guarda che dico sul serio!
- Lo so che dici sul serio, e dico sul serio anch’io. – sorrise – Se Lee mi dovesse confessare qualcosa, gli chiarirò io la situazione. Tu comunque cerca di parlare spesso di Leo, così ci evitiamo intoppi, non ti pare?
- Mi sembra una buona idea. Cosa ti succede oggi, sei diventata improvvisamente un essere pensante?
- Scema! – rise Gab – Stai zitta e truccami, che è meglio!
- Parolina magica?
- Per piacere … Potresti continuare a truccarmi?
- Brava bambina! – rispose Julie ridendo.
 
***
Erano quasi le otto e Gab cominciava a farsi prendere dall’ansia:
- E se facessi la solita figura dell’imbranata?!
- Non la farai … - rispose Julie urlando dal bagno.
- E se pensasse che sono strana?!
- Gab, quello che tu reputi il massimo della perfezione ti aveva lasciato il suo numero e tu non volevi nemmeno chiamarlo. Che sei strana l’avrà già capito.
- Ma è normale che io non l’abbia chiamato!! Mi vergognavo!!
- E di cosa? Di poter arrossire, cadere o fare facce stupide senza che ti potesse vedere? – disse ridacchiando mentre usciva dal bagno ormai pronta anche lei.
- Stupida! – rispose sbuffando – Ti odio quando fai così, lo sai?
- Invece di insultarmi, visto che manca poco tempo, perché non mi dici come sto vestita così? – ridacchiò Julie.
Julie indossava una camicetta bianca abbastanza aderente e non troppo scollata, con le maniche leggermente a sbuffo, i jeans abbastanza scuri anche questi aderenti. Come scarpe aveva scelto dei decolletè neri e sopra alla camicetta indossava un giubbino jeans della stessa tonalità del pantalone.
- Sei bella quasi quanto me, pensa un po’! – disse Gab ridendo.
- Nel senso che non arrivo alla tua bellezza?
- Già
- Allora è il caso che mi cambi perché sono orribile!
Gab le lanciò un cuscino addosso ridendo.
- Hey! Attenta, ci ho messo un anno a far venire i capelli così!! – protestò Julie ridendo.
- Sei bellissima sorellona.
- Graz-… - la suoneria del cellulare di Gab interruppe Julie. Gab deglutì a vuoto e sentì il suo stomaco come invaso da miliardi di farfalline svolazzanti.
- Gab, calmati e rispondi al cellulare! – la incoraggiò la maggiore.
Gab prese il cellulare e osservò il display.
- E’ Duncan … E io dovrei cambiargli il  nome sulla rubrica – disse guardando rabbiosa la sorella, poi rispose al telefono – Pronto?
- Gab, sono Duncan. Tu e tua sorella siete pronte?
- S- Sì … Dobbiamo scendere?
- Perché indossi la giacca se sei in stanza? Per di più è in pelle quindi starai morendo di caldo! – chiese lui prendendola in giro
- Perché erano quasi le otto e quindi ho comincia- … Aspetta! Che ne sai che ho la giacca? – chiese Gab meravigliata sotto lo sguardo curioso e al contempo stupito di Julie. Duncan rise.
- Perché ti vedo dalla finestra, sciocchina! Affacciati!
Gab sgranò gli occhi e si diresse verso il balcone, aprì la finestra e si affacciò cercando la macchina di Duncan con lo sguardo. Improvvisamente sentì un clacson e si girò nella direzione da cui proveniva il rumore. Duncan la salutò dal posto del guidatore, Lee era al posto del passeggero mentre Simon ed Antony erano seduti dietro.
- Come siamo carine stasera! – disse Duncan
- G- Grazie … Ma non mi hai ancora vista da vicino! Potrei aver messo il peggior pantalone o la peggior gonna che mettano in risalto tutti i difetti delle mie gambe! – scherzò Gab
- Giusto! Ma non credo che possa essere possib-…
Una voce (che dal telefono sembrava essere quella di Antony) intervenne:
- Ma perché invece di parlare per telefono con lei affacciata al balcone in stile “Romeo e Giulietta”, non la fai scendere così andiamo a mangiare? Io ho fame!
- Diamine Ant, ma tu hai sempre fame? – lo prese in giro Simon
- Perché tu no?
- Sì, vabbè, ma lascia stare questi due poveri piccionci- … AHIA!!! Dunk! Mi hai fatto male!! – si lamentò Simon
- Ti stai zitto, sì o no? – protestò Dunk
- Sì, infatti Simon! Stai zitto! Non vogliamo mica far capire a Gab che piac-…. DUNCAN! La pianti di dare gomitate?! – intervenne Lee
- E tu la pianti di dire cavolate mentre sto a telefono? – rispose Duncan guardandolo in cagnesco.
- Ok, forse è meglio se scendiamo eh? – ridacchiò Gab all’altro capo del telefono.
- Eh? Oh, sì, scendete! – rispose Duncan quasi dimenticandosi che Gab era ancora in  linea.
- A tra poco –rise e riagganciò.
Gabriella fece un respiro profondo, poi un altro ancora e nell’espirare sentì la mano di sua sorella stringere la sua.
- Andrà tutto bene, Gab! Non c’è da agitarsi: ormai si è capito che gli piaci – sorrise
- Speriamo che tu abbia ragione.
 
Ancora per mano presero le rispettive borse, uscirono dalla stanza e scesero giù. Uscendo dall’hotel trovarono Duncan poggiato allo sportello della macchina con le braccia conserte e Lee accanto a lui. Duncan indossava una camicia nera ed un giubbino in pelle dello stesso colore; aveva dei jeans blu chiaro e le sue solite scarpe nere; al collo portava un foulard grigio messo molto largo. Lee invece indossava una t-shirt verde sotto ad una camicia jeans a maniche lunghe, jeans nero e delle blazer verdi con il logo bianco.
- Oh, eccole! – disse Lee sorridendo – Mi metto io dietro con Ant e Sy? – continuò aprendo lo sportello posteriore
- Beh sì, così loro si mettono vicine, no? – rispose Duncan
- ‘Sera … - mormorò Gab un po’ imbarazzata rivolgendo lo sguardo prima a Duncan per poi distoglierlo
- Ciao ragazzi! – disse Julie tutta sorridente
- Hey! – disse Lee dalla macchina sfoderando uno dei suoi simpatici sorrisoni mentre Antony  e Simon fecero un cenno con la mano.
Duncan sorrise ad entrambe, poi puntò lo sguardo su Gab squadrandola da capo a piedi.
- Salve ragazze – disse poi con una voce che andava dal sensuale al dolce.
- Beh, allora … Come ci disponiamo in macchina? – chiese Julie
- Guarda, la macchina è a sei posti: tre avanti e tre dietro. – rispose Duncan indicandole l’auto – Io e Lee abbiamo pensato che fosse stato meglio farvi mettere vicine, quindi lui si è spostato dietro con i ragazzi.
Gab fece per dire qualcosa, ma subito la sorella la interruppe alzando la mano di scatto:
- IO MI METTO VICINO AL FINESTRINO!! – disse quasi urlando mentre Gab si tappava l’orecchio.
- Julie, diamine, non urlare! E poi da quando tu hai preferenze nei pos-… NO, ASPETTA. BASTARDA!!!
Duncan le guardava incuriosito e allo stesso tempo affascinato: non capiva a cosa si stessero riferendo, ma gli piaceva vedere l’intesa che c’era tra le due che, nonostante non si fossero praticamente dette nulla, si erano capite a vicenda.
Le accompagnò al posto del passeggero e aprì loro lo sportello della macchina, lasciando entrare prima Gab e poi Julie ed entrambe si presentarono subito ad Antony e Simon. Dopo aver chiuso loro la portiera, da bravo cavaliere, si diresse al posto del guidatore e, una volta entrato in macchina e ritrovatosi con Gab a pochi centimetri da lui che squadrava malissimo la sorella, capì perché la più piccola se l’era presa tanto con la maggiore per la scelta dei posti e gli scappò una risatina che (ovviamente) Gab notò:
- Perché ridi? – chiese Gab preoccupata
- Eh? Chi io? Nulla nulla – ridacchiò Duncan in risposta.
Per tutto il tempo, Julie cercò di parlare da sola con Lee, Simon ad Antony per far sì che Gab e Duncan avessero l’occasione di conoscersi un po’ meglio.
- E così … Tua sorella non è nostra fan, ma ti ha accompagnato lo stesso al nostro concerto, giusto? – cominciò Duncan che iniziava a sentirsi un po’ escluso e abbastanza imbarazzato dal silenzio.
- Non proprio. In realtà lei non è fan di nulla: odia i fanatismi in generale, per dirla tutta – ridacchiò – Però voi le piacete. È grazie a lei se io vi conosco. Però, come ti ho detto non è la vostra fan più accanita, però mi ha accompagnato comunque – sorrise pensandoci mentre guardava la strada.
- Beh, almeno non le facciamo schifo! – scherzò Duncan facendola ridere
- No, questo no di certo. Al massimo odia me che praticamente non ascolto altro da cinque anni a questa parte
- Grazie – disse Duncan sorridendole per un secondo per poi tornare a far attenzione alla strada
- Di nulla, è la verità. –sorrise Gab di rimando, sempre cercando di non guardarlo – E’ che mi avete involontariamente aiutato a superare un periodo molto brutto della mia vita … Soprattutto tu.
- Io? – chiese Duncan curioso
- Sì – ridacchiò – Io e te abbiamo una storia abbastanza simile … Per questo mi hai … “ispirata” – disse facendo il segno delle virgolette con le dita – Però questa è una storia che ti racconterò un’altra volta magari … - sorrise malinconica mentre Duncan fermò la macchina a causa di un semaforo rosso e la guardò un attimo.
- Sono felice di averti aiutato in qualche modo, anche se senza saperlo – sorrise Duncan
- Ed io sono felice di averti conosciuto, così finalmente sono riuscita a dirtelo di persona e a ringraziarti. – sorrise lei di rimando.
- Comunque avevo ragione – ridacchiò Duncan e ripartì con l’auto.
- Ragione? Su cosa?
- Stasera sei bellissima. Non che tu non lo sia di solito, non fraintendere, ma stasera lo sei particolarmente. – disse sfoderando uno di quei classici sorrisetti “da figo” che sapeva fare solo lui.
- Oh …  G- Grazie … - rispose lei ormai color peperone mentre ripensava a quando, al liceo, diceva alle sue amiche che avrebbe creduto di essere bella solo se fosse stato Duncan James a dirglielo ed un sorriso le si allargò sulle labbra. – Merito di mia sorella … Mi ha dato lei una mano con il trucco. – continuò poi.
- Deve volerti proprio bene: siete molto unite
- Già. Ed io ne voglio a lei. Come avrai notato, litighiamo spesso e ci uccideremmo volentieri a vicenda … Ma penso che l’una ucciderebbe chiunque faccia del male all’altra. O forse anche peggio – ridacchiò
- Come saprai, io non ho fratelli. Non di sangue almeno …  Però, hai presente questi tre cretini che sono seduti qua dietro? Sono la mia seconda famiglia. Per me sono come fratelli.
- Lo so – sorrise Gab.
- Lo sai?
- Sì. Io non ascolto solo le vostre canzoni, ma ascolto anche voi: vi ho sempre osservato in ogni minimo atteggiamento. E credo di avervi capito bene ormai.
- Sai, è davvero bello sapere che ci sono persone come te, che non ascoltano solo ciò che cantiamo, ma anche ciò che diciamo. Che danno peso anche ad un minimo gesto … Capita spesso che ce ne siano alcune ci seguono solo per il nostro aspetto fisico … Neanche per la musica che facciamo.
- Cogli il lato positivo di questa cosa, allora: vuol dire che sei bello e soprattutto che lo sei oggettivamente e non solo per le persone che ti vogliono bene, no? – ridacchiò insieme a Duncan
- Già … Eccoci qua! - fermò la macchina e alzò un po’ la voce per farsi sentire dagli altri – Siamo arrivati, ragazzi.
Lee uscì per primo e andò dal lato del passeggero per fare il cavaliere anche lui ed aprire la portiera a Julie. Uscirono anche Simon, Antony e poi anche Duncan. Lee porse la mano a Julie per aiutarla ad uscire dalla macchina, poi lei gli sorrise e lo ringraziò. Subito dopo, Duncan diede una piccola spinta a Lee (che ovviamente protestò) e porse la mano a Gab per aiutare anche lei ad uscire e chiudere lo sportello dell'auto.
- Ah! Finalmente si mangiaaaa!!! – disse Antony massaggiandosi la pancia
- Io mi chiedo come abbia fatto Rosanna a scegliere di stare con te! – gli rispose Simon
- Cuccia, cioccolatino! Parla per te e Maria! – lo provocò Antony
- Non sono io quello che pensa sempre a mangiare!! – protestò in risposta.
- Ragazzi, ma quello più piccolo del gruppo non ero io? – intervenne Lee ridendo.
- In realtà la più piccola adesso sono io, Lee – disse Gab
- Sei più piccola di me? Quanti anni fai oggi, scusa?
- Venti … Anche se molti mi dicono che sembro più grande.
- Venti?! Caspita, sei proprio piccina! E tu, Julie?
- Venticinque – rispose lei – E molti continuano a scambiare me per la più piccola delle due!
- Pensa che due ragazze che erano in fila con noi al concerto hanno creduto che fossimo gemelle! – continuò Gab provocando le risate dei quattro ragazzi ed il broncio della sorella.
 
***
 
Si divertirono molto a cena: i ragazzi le avevano portate in un ristorante sul mare che conoscevano loro; avevano parlato del più e del meno, scherzato come se si conoscessero da anni, raccontato un po’ dei propri interessi, delle proprie passioni … I Blue amavano quelle due sorelle ed il rapporto che avevano:così discordanti eppure così simili e così unite. Se avessero saputo la loro storia, probabilmente le avrebbero adorate ancora di più. Julie ogni tanto aveva nominato Leonard nella speranza di allontanare un po’ Lee che, come chi lo conosce sa bene, fu talmente cocciuto da disattivare l’udito alla parola ‘fidanzato’. Infatti continuava spesso ad avvicinarsi alla “sfortunata” Julie che cerava di allontanarsi il più possibile chiedendo anche l’aiuto della sorellina.
Finita la cena,  dopo aver mangiato una torta che Simon aveva fatto fare apposta dai camerieri per Gab, Lee si alzò da tavola:
- Vi va di fare un giretto qui sulla spiaggia? – propose.
- Non farà freddo? – chiese Julie – E’ il tredici di aprile e sulla spiaggia di sera fa freddo anche in piena estate!
- A me va! Non date conto a lei, è molto freddolosa! – rispose Gab per prenderla in giro – Dai Julie,  è il mio compleanno! – la supplicò poi mentre Julie sospirava.
- Eh va bene … - si arrese.
Gab si alzò di scatto e corse in direzione di Lee, lo prese a braccetto e lo trascinò in direzione della spiaggia mentre gli altri li seguivano più lentamente; si levarono le scarpe e lei lo portò con sé camminando a piedi nudi sulla sabbia:
- Senti Lee, ti devo parlare …
- E di cosa? – chiese Lee un po’ nel panico, temendo che lei si riferisse forse a Duncan
- Di mia sorella. A te piace, vero?
- Si vede molto? – chiese lui un po’ imbarazzato grattandosi la testa
- Abbastanza – ridacchiò – Volevo dirti solo che anche tu le piaci … Ma non potrà mai succedere nulla tra di voi.
- Perché?
- Beh, non so se hai fatto caso al fatto che lei per tutta la serata ha parlato di un certo Leonard. È il suo ragazzo!
- Io non sono geloso, tranquilla! – scherzò lui facendola ridere
- Dai, sto dicendo sul serio! È molto innamorata di lui, quindi lascia perdere. Te l’ho voluto dire perché voglio bene a te, a lei e a Leonard, quindi non vorrei che tu potessi starci male o che loro potessero litigare.
- Sì, va bene, ho capito … Ma aspetta … Hai detto che mi vuoi bene? – chiese lui stupito e allo stesso tempo curioso. Gab ridacchiò.
-  Perché tu e Duncan vi stupite con così poco? Sì, ti voglio bene. Voglio bene a tutti e quattro, anche se vi ho conosciuto solo ieri. O meglio, VOI mi avete conosciuta solo ieri. Io vi conosco da cinque anni, e vi conosco bene. E tu non puoi immaginare quanto voi mi abbiate aiutato in un periodo per me un po’ buio …
- Ti va di parlarmene? Sai, fa piacere sentire che ho fatto del bene a qualcuno anche senza saperlo. Ovviamente solo se ti va eh …
Gab annuì e gli raccontò la sua storia: gli raccontò di suo padre, di ciò che aveva fatto, del rapporto che aveva con lui, di cosa gli era successo  e di come si era sentita quando aveva cominciato ad ascoltare le loro canzoni. Lee la ascoltava e lasciava trasparire tutte le sue emozioni: rabbia, tristezza, felicità … Fu travolto da mille emozioni in un solo istante.
- Che … Che cosa triste. Sembra la storia di Dunk … In effetti vi somigliate molto. Siete anche dello stesso segno! – risero.
- Lo so … E’ una delle tante che ho notato da quindicenne in piena crisi ormonale!
- Ahahah!! … Scommetto che il tuo preferito è lui eh?
- Cosa? – disse lei imbarazzata
-  Dillo, non mi offendo, giuro.
- Si vede molto? – chiese lei imitando gli stessi gesti ed espressioni di Lee poco prima
- A noi non l’hai fatto notare, ma io lo vedo. Si vede quando ne parli, quando pronunci il suo nome! Su, per sfizio, prova a dire “Lee”
- Che?! Sei pazzo per caso? – rise lei
- Su, dillo!
- Ok … Lee.
- Vedi? Non ti succede nulla. Lo dici con affetto, ma nulla di più. Adesso prova a dire “Duncan”.
- Duncan.
- Ti brillano gli occhi! Sembri quasi innamorata!
- Sembro? – rise lei. Lo guardò un attimo poi lo abbracciò forte – Lee … Grazie.
- “Grazie”? Per cosa? – le sorrise e la strinse forte anche lui
- Per tutto: per adesso, per poco fa,  per cinque anni fa e per tutti i giorni di questi cinque anni. Senza di te, senza di voi … Non so come avrei fatto.
Lee le scompigliò i capelli e continuò ad abbracciarla.
- HEY!!! – urlò Duncan poco dietro di loro mentre li rincorreva – Gab, posso parlarti un attimo?
- Eh? Con me?
- Sì. Devo dirti una cosa … E’ abbastanza importante …
Lee le fece l’occhiolino come a dire “va’ con lui, su!
- O- Ok …
Duncan le fece cenno di mettersi a braccetto con lui e lei così fece. Avanzarono di qualche metro mentre Lee raggiungeva gli altri e li portava dal lato opposto della spiaggia. Improvvisamente si sedette poco distante dalla riva e fece cenno a Gab di fare lo stesso accanto a lui.
-  E’ bello qui, no? – disse lui.
- Già … Un po’ freddino, ma è bellissimo – rispose sfregando le mani sulle proprie braccia per farsi caldo. Duncan la notò, si levò la giacca di pelle nera, gliela mise sulle spalle e la abbracciò facendola poggiare con la testa sulla propria spalla.
- No, no Duncan! Morirai di freddo così!!
- Chiamami Dunk. E poi non ho freddo, sto bene.
- Ma hai solo una camicia!!
- Non fa nulla, ti ho detto che sto bene! Vieni qui, dai … - disse stringendola a sé ancora di più mentre Gab sentiva le sue guance andare a fuoco.
- Ok … Beh, cosa dovevi dirmi?

 

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Capitolo 9
*** 8- Don't Just Talk, Make It Happen ***


Salve BlueFam!
Non voglio commentare molto questo capitolo, voglio solo pregarvi di non uccidermi/ferirmi/lanciarmi sassi addosso per quello che leggerete 8D
Vi lovvo tutti, soprattutto chi legge, chi segue, chi aggiunge a preferiti, ma soprattutto chi recensisce! Per cui, se volete essere lovvati, recensite! :3 (Per la serie “Rie, ma chi ti caga?”)
RecensiteeeeeeeH u3u
xoxo
Rie  ♥☺
 
 

8. Don’t Just Talk, Make It Happen

 
 
L’atmosfera si facevasempre più elettrizzante . Gab cominciava quasi ad aver paura di quello che Duncan stava per dirle: non sapeva cosa fare ed aveva perso il controllo del battito cardiaco!
- Beh, cosa dovevi dirmi?
- Mh? Eh? Cosa? – chiese Duncan non capendo.
- Hai detto che dovevi dirmi una cosa, no?
- Ehm … Oh sì, l’ho detto … Ma non ricordo cosa dovevo dirti – rispose Duncan grattandosi la testa un po’ imbarazzato.
- Ma avevi detto che era una cosa importante! – protestò lei
- Lo so, ma l’ho dimenticato! Non posso farci nulla!
- Certo che sei un geniaccio, eh? – lo prese in giro
- Scusa … Ho anche interrotto la tua conversazione con Lee … - disse quasi come se le stesse mandando una frecciatina.
- Avevamo finito di parlare, tranquillo – rispose facendo finta di nulla
- Però vi stavate abbracciando. Ho forse interrotto qualcosa?
- No! – disse lei guardandolo male – E se anche fosse, di certo non sarei venuta da te a dirlo, non ti pare?! – continuò levandosi il giubbino di dosso e scostandosi da Duncan per sedersi più lontano da lui.
- E dai, non prendertela! Ero solo curioso … Infondo Lee è il mio migliore amico – si scusò lui riavvicinandosi a lei e rimettendole il giubbino addosso – E rimettiti questo! Prenderai freddo e ti prenderai un accidente!
- Sto benissimo, tranquillo! – disse lei cercando inutilmente di ribellarsi, poiché lui la strinse a sé talmente forte da impedirle qualsiasi movimento.
- Duncan, potresti gentilmente lasciarmi?!
- Per qual motivo? – rispose lui con un sorrisetto di sfida
- Perché se non mi lasci ORA, non appena mi libererò, ti ucciderò!!
- E tu uccideresti quello che, cito testualmente, “ti ha ispirata” ? Ne saresti realmente capace? – sentenziò lui divertito.
- Se l’occasione lo richiede, perché no?! – rispose lei facendo ridere lui.
Duncan le baciò dolcemente una guancia.
- Tregua? – chiese lui.
- Eh va bene … - sospirò lei arrossendo lievemente aspettando che Duncan la lasciasse e sperando che non avesse fatto caso al rossore sulle sue gote.
Improvvisamente Duncan si fece più serio.
- Cos’hai? – gli chiese Gab preoccupata.
- Gab … Quand’è che tu e Julie partite?
- Domani … Perché? – chiese lei mentre vedeva il ragazzo di fronte a lei sbuffare.
- Non so se lo sai, ma la data di ieri era l’ultima del nostro tour … Di conseguenza, noi saremmo dovuti ritornare a casa … Solo che non ci va di ritornare a casa … Per cui l’idea era di rimanere un po’ qui oppure partire e andare da qualche altra parte a farsi una vacanza … E volevamo chiedere anche a voi due di seguirci … A voi andrebbe bene?
- Non saprei, Dunk … Dovrei parlarne con Julie, ma non credo che accetterebbe … Abbiamo una situazione economica un po’ particolare … E se anche fosse stata una cosa programmata probabilmente non avrebbe accettato …
- E secondo te io ed i ragazzi che ci siamo a fare? – ridacchiò lui in risposta – Se non mi sbaglio, tra un po’ è anche il compleanno di Julie, giusto? Beh, sarà il nostro regalo per tutte e due!

Gab rise di gusto, poi gli sorrise guardandolo negli occhi. E più guardava quegli occhi, più credeva di perdercisi dentro: quel colore così indefinito che andava dal verde acqua all’azzurro, al marroncino, al grigio … Erano degli occhi unici. E probabilmente non era nemmeno il solo colore degli occhi, ma le emozioni che trasmettevano. Guardandoli, potevano sembrare degli occhi freddi, ma conquistatori, come quelli che possiede ogni donnaiolo che si rispetti; se invece li si guardava con più attenzione, si riusciva a percepireil perenne sorriso che trasmettevano. Per quanto Duncan, soprattutto durante i concerti, volesse fare il tipico dongiovanni che cambia una ragazza al giorno,bastava osservarlo meglio per capire che era una parte che non gli si addiceva per nulla: chi lo riusciva a guardare con gli stessi occhi con cui lo guardava Gab, riusciva a percepire chiaramente quanto in realtà fosse dolce quel ragazzo.
- Allora? Qual è la risposta definitiva? – chiese Duncan speranzoso
- Sarebbe bellissimo … Spero solo che Julie dica di sì
Sul viso di Duncan si allargò un sorrisone enorme: sembrava quasi un bambino.
- Sono contento che tu dica questo. E … In effetti … Io ho un regalo per te.
- Un regalo? Per me?
- Ti ricordo che oggi è il tuo compleanno – ridacchiò cacciando dalla tasca del giubbino (che indossava ancora Gab) una piccola scatolina blu scura in velluto cercando di non farla vedere a Gab.
- Oddio … Duncan, sul serio, non dovevi …
- Numero uno: ti ho detto di chiamarmi Dunk!Numero due: l’ho fatto con piacere. Adesso chiudi gli occhi, su!
- Perché?
- Chiudili e basta!
Gab chiuse gli occhi, Duncan si mise dietro di lei e le allacciò al collo una catenina d’argento con un piccolo ciondolo a forma di G corsiva ricoperto di swarowski.
- Adesso puoi aprirli … Spero ti piaccia. – disse lui speranzoso.
Gab aprì gli occhi, si guardò in petto e vide il ciondoletto: lo prese tra le mani, lo osservò meravigliata e con molta attenzione, facendo caso ad ogni dettaglio.
- C- Cavolo Duncan! È … Bellissima … Grazie, sul serio non so cosa dire!
- Non dire nulla – la interruppe lui – Prendilo come ringraziamento per aver ballato con me ieri sera, e prendi il viaggio che vi offriremo come regalo – sorrise dolce mentre lei lo fissava.
Gab lo guardò ancora per qualche secondo, infine sorrise e gli saltò praticamente addosso allacciandogli le braccia al collo mentre il poverino stava quasi per cadere.
- Mi auguro solo di fare questo viaggio con voi … - disse un po’ malinconica mentre lo abbracciava fortissimo mentre tratteneva le lacrime per la commozione.

Nessuno mai era stato così gentile con lei, ancor di meno qualcuno che le piaceva così tanto. In quel caso poi si trattava di Duncan, Duncan James, il famoso cantante dei Blue, quello più “figo” per cui tutte hanno una cotta. Negli ultimi cinque anni della sua vita poi, Gab non aveva fatto altro che sognare le cose che avrebbe mai potuto dire a Duncan, le chiacchierate che avrebbero potuto fare se fossero diventati più intimi, … Aveva molta immaginazione, quindi aveva fantasticato su tante cose con i suoi idoli. Ma la cosa che più l’assillava era il fatto che avrebbe tanto voluto parlare a Duncan della sua storia, di suo padre e di tutto ciò che le aveva fatto fino a quel momento. Non che ci fosse un motivo preciso, semplicemente avrebbe voluto un confronto, un consiglio.

Anche Duncan la strinse forte a sé, poi si allontanò un po’ con la testa e poggiò la propria fronte su quella di Gab, rimanendo a pochi centimetri di distanza mentre le punte dei due nasi si toccavano. Duncan continuava a guardarla in quegli occhioni castani che, nonostante non fossero di un colore originale, avevano un qualcosa che li rendeva più belli. La guardava, la guardava e si avvicinava sempre di più, sempre più lentamente, mentre incurvava un po’ la testa verso destra.
Gab, che in quel momento avrebbe voluto avere un minimo di controllo del proprio corpo, che non rispondeva a nessun comando, rimase immobile a fissarlo mentre si avvicinava; il respiro cominciava ad affannarsi e deglutì a vuoto.
Duncan lentamente chiudeva gli occhi e nel frattempo le sollevava il mento afferrandolo delicatamente con pollice ed indice mentresi avvicinava sempre di più e faceva in modo che lei si avvicinasse un po’.
La distanza era sempre più piccola e continuava a diminuire: ormai era quasi nulla e le labbra carnose di Duncan avevano appena sfiorato le piccole labbra di Gab, quando leisi allontanò un po’ voltando il viso.
- Duncan … No … - disse lei non riuscendo più aguardarlo in faccia e con un tono un po’ malinconico.
- Oh … Che … Che situazione imbarazzante … - replicò lui allontanandosi un po’ da lei e ricomponendosi – Posso almeno chiederti perché? … Cioè … E’ perché non ti piaccio?
- NO! – rispose lei troppo in fretta, pentendosene subito – C- Cioè …
- Ti piaccio o no?
- S- sì … Sì, credo di sì.
- E allora? Qual è il problema? – chiese lui un po’ offeso
- Non è facile da spiegare …
- Sei sicura che non è perché ti piace Lee?
- La pianti di metterlo in mezzo?! Ti ho detto che non mi piace, punto! Non è Lee il problema e non sei nemmeno tu. Ti sembrerà una frase fatta, ma il problema sono io. Sono io che domani nell’ottanta per cento dei casi partirò per tornare a casa e non ci vedremo mai più. E a me non va di rimanere con il ricordo di un bacio che so che non potrò riavere. E con te, sarebbe stata dura dirsi addio anche se tu non ci avessi provato.
- Nessuno dice che deve essere l’ultima volta
- Duncan, abbiamo parecchi anni di differenza, tu sei un cantante famoso, che piace a donne di tutte le età e che è costantemente in viaggio e a contatto con migliaia di ragazze. Io invece sono … I- Io sono io. Non sono nessuno. Sono una qualsiasi ragazza che tutti incontrano e nessuno si prende. Hai idea di come mi sentirei nel sapere di non poterti avere con me? E non ti sto parlando del metterci assieme, ti sto parlando di un eventuale bacio. Sono egoista nel dire questo, lo so, ma credimi, ferisce più me che te questa cosa.
- Non ti va di provarci? Anche io sono umano e anche io starei male se tu partissi … - rispose lui accarezzandole delicatamente il viso – Vorrei che tu non partissi e venissi con me e i ragazzi. Sono disposto a farti portare chi vuoi,ma non partire. Voglio provarci con te, voglio vedere come va a finire.
- Duncan, non potremmo provarci nemmeno volendo. Se Julie non acconsentisse a questo ipotetico viaggio, io sarei costretta a partire … In quel caso saremmo lontani: come potremmo mai provarci?
- Ti fidi di me? – disse lui fissandola intensamente e con uno sguardo molto serio.
Gab non rispose: lo guardò anche lei negli occhi, scrutandoli a fondo nel tentativo di voler capire dove voleva arrivare.
- Allora, ti fidi? – ripeté lui.
- Sì, mi fido di te.
Duncan le prese il viso tra le mani e riprese ad avvicinarsi a lei.
- Ascoltami: proviamoci. Fidati di me. Ci sono alcune cose per cui non val la pena seguire la ragione, ma piuttosto l’istinto, e questa è una di quelle occasioni. Non sapremo mai cosa ci sarebbe aspettato, ed io penso che sia meglio sbagliare e correggersi dopo essersi pentiti, piuttosto che non sbagliare rimanendo con il rimpianto di non averci provato. Non posso prometterti che andrà tutto bene e che non succederà nulla, ma posso prometterti che farò il possibile affinché non avvenga ciò. Per cui ti ripeto la domanda – disse fissandola negli occhi – Ti fidi di me?
- Sì, mi fido.
- Allora chiudi gli occhi.
Gab chiuse lentamente gli occhi, Duncan si riavvicinò sempre molto lentamente e continuando a tenerle il viso tra le mani. Il respiro di Gab riprendeva ad affannarsi mentreDuncan chiudeva lentamente gli occhi. Ancora una volta la distanza diminuiva progressivamente: lui tese leggermente le labbra mentre lei fece lo stesso. A pochi millimetri da lui, Gab, che aveva gli occhi ormai chiusi, cominciava a sentire al tatto un qualcosa di molto morbido sulle proprie labbra. Entrambi sentivano il respiro dell’altro sul proprio viso, tanto erano vicini. Le labbra dei due si toccarono schioccando rumorosamente. Un bacio che durò pochi secondi e che li rendeva ancora più sfavorevoli a staccare le proprie labbra da quelle dell’altro. Così Dunk le diede un altro bacio, ed un altro ancora e così via. Lei gli accarezzava il viso con una mano, mentre l’altra era poggiata dietro la nuca del ragazzo con le dita infilate tra i capelli; lui fece scendere una delle mani che aveva sul viso di lei all’altezza del fianco di Gab, in modo da poterla attirare più a sé,mentre l’altra l' aveva lasciata sul viso per poterglielo accarezzare delicatamente.
 
Si spostarono in un punto in cui la spiaggia era più buia, poi si stesero sulla sabbia usando il giubbino di Duncan a mo’ di coperta per stare entrambi un po’ più caldi. Gab poggiò la testa sul petto di Duncan mentre lui la teneva stretta a sé con un braccio. Guardavano entrambi le stelle, stando in silenzio: non uno di quei silenzi imbarazzanti, ma uno di quei silenzi che ti fanno apprezzare meglio il momento, di quelli che parlare non servirebbe a nulla, perché non c’è nulla da dire e bastano i gesti a parlare.
Gab sentiva il suo cuore battere fortissimo, quasi volesse uscire dal petto. Poi prestò attenzione al battito del cuore di Duncan e notò che andava allo stesso ritmo del suo: le spuntò un enorme sorriso sulle labbra. Era già felice per ciò che le stava accadendo, ma avere la prova del fatto che anche lui fosse un po’ emozionato la rendeva ancora più felice. Sentiva ogni suo respiro e sperava che ciò che stava vivendo non fosse un sogno.
- Era da tanto che non mi capitava di vedere un cielo stellato così bello – disse lui interrompendole i pensieri
- A me non da così tanto, ma non l’avevo mai fatto con un ragazzo: di solito con i miei amici, con mia sorella, i miei cugini, da sola … Ma con un ragazzo mai.
- Sono contento di essere stato il primo allora – ridacchiò lui
- Lo sono anch’io – ridacchiò lei in risposta.
- Non voglio che tu parta domani … - disse improvvisamente facendosi più serio
- Neanche io lo vorrei … Sono stata bene stasera con voi ragazzi … Con te … Non vorrei partire.
- Dici che non c’è nessuna speranza di convincere tua sorella?
- Dubito … Vorrà di sicuro vedere il ragazzo che sarebbe ovviamente geloso di lasciarla sola con quattro ragazzi …
- Fai tre, chè per me al momento non è lei la sorella a cui darei attenzioni – disse sorridente, mentre lei ridacchiando alzava la testa per dargli un bacetto a stampo.
- Beh, tu magari no, ma Lee sì.
- Può portare il suo ragazzo con lei … E tu puoi portare una tua amica per non lasciare solo Lee a questo punto. Te l’ho detto, puoi portare chi vuoi.
- Dunk, non è me che devi convincere, sul serio. Fosse per me sarei già partita … Vedi, è anche per questo che non avrei dovuto baciarti …
- Infatti ti ho baciato io.
- Ma io te l’ho lasciato fare.
- Te ne sei già pentita? – chiese lui un po’ preoccupato
- NO! –rispose lei in fretta- No, no! Assolutamente no. È solo che so quanto ne soffrirò domani mattina, quando mi sveglierò e tu non ci sarai, quando dovrò prendere il treno, quando tornerò a casa, quando uscirò con i miei amici … Ci saranno tante occasioni in cui penserò che tu non ci sarai e starò male …
- Che brutta situazione, in effetti …
- Già – disse rassegnata, poi si alzò e gli porse la mano – Torniamo dagli altri?
- Solo a patto che tu e Julie non torniate subito in albergo appena li raggiungiamo e solo se le chiediamo in questo preciso istante di rimandare il ritorno a casa.
- Ok, affare fatto – ridacchiò lei.
Duncan le sorrise, le prese la mano rimettendole il proprio giubbino sulle spalle e la prese per mano intrecciando le proprie dita con quelle di Gab. Le mise l’altra mano sulla guancia e si abbassò un po’ per baciarla ancora, mentre lei si alzò sulle punte mettendogli la mano libera sul torace.
- Speriamo solo che dica di sì – disse lei preoccupata
- Già, speriamo – rispose lui – su, andiamo.

 

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Capitolo 10
*** 9- I Won't Go Home Without You ***


Premetto che questo capitolo è un po’ più lungo del solito ed è più un capitolo di passaggio che altro …
Ma questa volta i commenti li metto  alla fine, per cuiiiiiii…. CI SI VEDE DI SOTTO, BABE!
 
9. I Won’t Go Home Without You.
 
Ancora mano nella mano, Duncan e Gabriella tornarono dagli altri. Gab era al settimo cielo: ancora non riusciva a crederci di essere mano nella mano con il suo idolo, Duncan James, e di avere la possibilità  di potersi girare verso di lui e baciarlo su quelle labbra rosee e carnose.
Camminava,  e mentre camminava non poteva fare a meno di guardare le loro mani intrecciate ed il suo profilo così perfetto: tra loro c’era una chimica speciale e mai come allora lei aveva voglia di riempirlo di baci; aveva sempre sognato ed immaginato come potesse essere baciarlo, anche se ormai aveva perso le speranze. Adesso che poteva farlo, doveva trattenersi e fare uso del suo più forte autocontrollo per poter evitare di saltargli al collo e riprendere a baciarlo con passione come stavano facendo poco prima.
Duncan pure, dal canto suo,  non riusciva neppure lui a capire cosa provava: Gab gli piaceva moltissimo, sia caratterialmente, che fisicamente, ma nemmeno lui sapeva esattamente perché o cosa gli piacesse in particolare. Sapeva solo che  lei l’aveva stregato e non voleva che il giorno dopo partisse.  Sapeva che si era imbattuto in un qualcosa di difficile realizzazione, sapeva che quello che Gab aveva detto prima che si baciassero era vero, che le fan avrebbero assalito lui e i giornalisti lei, che avrebbero rischiato di passare pochissimo tempo assieme a causa del suo continuo viaggiare … Era una situazione troppo complicata, così complicata che quasi ci ripensò su: non sapeva se ce l’avrebbe fatta a reggere la cosa. Pensò che forse era meglio chiudere la cosa lì, sul nascere. Poi ebbe l’istinto di guardarsi la mano sinistra, intrecciata con la mano di Gab che al confronto con la sua sembrava piccolissima. Guardò come lei stringeva forte la presa, quasi a volersi assicurare che non fosse solo un sogno dei suoi e un sorriso gli si allargò sul volto, facendo comparire quelle due fossette sulle guance che tanto piacevano a Gab e a tutte le altre fan. Dopo guardò Gab con la coda dell’occhio, squadrandola in ogni minimo dettaglio: il collo, il mento, il viso tondeggiante, le labbra sottili, il nasino piccolo e tondo leggermente all’insù, le guance leggermente arrossite, il sorriso che non le era scomparso dal viso da quando si erano baciati … Poi la guardò negli occhi e si sentì quasi perso: gli occhi di lei non erano così originali come potevano essere quelli di Duncan, eppure lui non riusciva a resistergli tanto erano dolci; quel marrone talmente scuro che quasi non c’era distinzione tra iride e pupilla, grandissimi e con una forma leggermente allungata (ancora più del solito grazie al make-up strategicamente preparato da Julie).  Gab era una che sapeva nascondere le proprie emozioni, ma chi sapeva guardarla negli occhi, riusciva a capire quando era effettivamente felice: Dunk riusciva a percepire quanto in quel momento lo fosse ma quanto al contempo fosse spaventata, quanto avesse paura.
Paura. Paura di cosa? Di perderlo? Di sentire una risposta negativa da parte di Julie? Di svegliarsi da quello che poteva tranquillamente essere uno dei suoi soliti sogni? Di soffrire come era successo con i precedenti ragazzi? Di essere delusa da lui come lo era stata precedentemente da suo padre?
Duncan si voltò completamente verso di lei, lasciandosi scappare una risatina nel notare che lei si era incantata a fissarlo.
- Scusa … - si scusò lei frettolosamente, paonazza per l’imbarazzo – Ero sovrappensiero – ridacchiò
- E a cosa pensavi? …. Se posso chiederlo, eh.
- A tante cose … - rise imbarazzata
- Del tipo? – disse lui piazzandosi davanti a lei per bloccarla e prendendole entrambe le mani
- Del tipo non ti interessa! – rise lei
- Ah, quindi pensavi a me, eh? – disse lui in quello che sembrava un ghigno soddisfatto
- E se pure fosse?!
- Voglio sapere cosa pensavi di me
- Se è per questo anche tu mi stavi fissando da tre ore!! Anche tu pensavi a qualcosa su di me?!
Lui si avvicinò a lei, sussurrandole all’orecchio con quel tono sexy che avrebbe potuto sciogliere chiunque:
- E se pure fosse …?
- Se tu mi dici a che pensavi su di me, poi io ti dico a che pensavo io!!
- Ma io te l’ho chiesto per primo! Non vale!
- L’accordo è questo, prendere o lasciare!! – disse lei soddisfatta mentre lui sospirava rassegnato.
- Eh va bene … - disse fissandola negli occhi – Pensavo allo strano effetto che mi fai. Mi piaci Gab, e anche tanto. Non credo di aver mai avuto una tale chimica con nessuno prima d’ora. Ti ho conosciuta solo ieri, eppure non riesco a non essere felice quando stiamo insieme. Mi sento così … Così a mio agio quando sto con te: non ho paura di essere me stesso. Pensavo al fatto che, a giudicare dal sorriso che hai stampato  in faccia da circa quarantacinque minuti  (se non di più), probabilmente anche tu provi lo stesso. Pensavo che mi piacciono i tuoi capelli, il tuo viso, la tua bocca … Ma soprattutto, pensavo che odio i tuoi occhi. Li odio perché mi fanno sentire perso: sono talmente scuri che mi sembra di sprofondarvici  ogni volta che ti guardo. E non è una brutta sensazione, anzi, tutt’altro. È solo che mi sembra di perdere il controllo di me stesso quando sto con te, perché, come ti ho detto, non ho paura di essere me stesso fino in fondo. E da un lato è un bene, ma dall’altro … Beh, questa magari te la dico quando ti fai più grande, bimba – disse sarcastico con un sorrisino che voleva alludere a qualcosa.
Gab aveva gli occhi sgranati e la bocca spalancata: non poteva credere di aver sentito quelle parole, ancor di meno credeva di averle sentite da Duncan.
- Non ti sto picchiando solo perché le prime cose che hai detto mi hanno bloccato le gambe e non credo di sentire più la sensibilità delle ginocchia. E questo è perché sono io a sconvolgere te.
Duncan rise di gusto e la baciò poggiandole una mano sulla guancia, per poi staccarsi lentamente e facendo schioccare rumorosamente le labbra sorridendo.
- Adesso però tocca a te, piccolina. A che pensavi?
- Scordati che te lo dico!
- Hey!! Avevamo un accordo!!
- L’accordo era che se tu me l’avessi detto per primo, io te l’avrei detto. Non ho specificato QUANDO te l’avrei detto! – disse soddisfatta di se stessa e dell’inganno che gli aveva teso
- Ah sì?!
- Sì!!
Duncan fece per prenderla, ma lei cominciò a correre sulla sabbia, lasciando che lui la rincorresse. Correvano cercando di evitare tutti gli ostacoli, girando in tondo, percorrendo quasi tutta la spiaggia, mentre Gab rimpiangeva  di non essersi iscritta ad atletica quando era piccola, notando che Duncan l’aveva quasi raggiunta.
Dunk la raggiunse, la prese in vita frenando la corsa (e rischiando di far perdere l’equilibrio ad entrambi), l’afferrò e la sollevò da terra:
- Finché non mi dici a che pensavi, giuro che non ti mollo!
- Dunk, mettimi giù!!!
- Ah-ha! Non se ne parla!! Dimmi a che pensavi, e ti metto giù.
- Ma non dovevamo andare da mia sorella?!
- Abbiamo ancora tempo. Allora, a che pensavi?
- Visto che ci sono cose che una “bimba” come me non può sapere, ti dico che pensavo a cose che non si addicono ad un vecchiaccio come te!!
- Ah sarei un vecchiaccio, eh?!
- Vecchiaccio montato e palestrato!!
- Uuuuuh, colpo basso! E a cosa pensavi riguardo questo vecchiaccio montato e palestrato? Sentiamo!
- Informazione riservata, sorry!
Duncan la prese e se la caricò a mo’ di sacco di patate sulla spalla.
- Bene, andiamo da tua sorella, così vediamo se lei sa interpretare i tuoi pensieri. O preferisci dirmelo tu? – sogghignò lui
- BASTARDO!! Fammi scendere!!
- Te l’ho detto, lo farò non appena tu mi dirai a cosa pensavi.
- E va bene, te lo dico, ma mettimi giù!! – si arrese.
Duncan la fece scendere, tenendola sempre stretta (un po’ per impedirle di scappare di nuovo, un po’ per piacere personale).
- Ebbene?
- Ebbene pensavo a guardarti.  So a memoria ogni singolo dettaglio del tuo corpo, eppure non mi stanco mai di fissarlo. La tua mascella squadrata, la barbetta incolta col pizzetto, i capelli pettinati all’insù,  il naso che a te non piace e che io trovo perfetto, le tue labbra gigantesche e morbidissime … E anche io penso di odiare i tuoi occhi. Ma il mio odio parte da cinque anni fa, quando li ho visti per la prima volta: sono turchesi, come l’acqua del mare, ma  se li guardi con attenzione puoi vedere anche tracce di verde, di marrone, di grigio … Sono di un colore unico ed indefinito. Poi guardavo il tuo sorriso e, detto in tutta sincerità, per un momento ho creduto di sciogliermi … E adesso sto pensando che sono davvero pazza a dirti queste cose, soprattutto se tu mi conosci da solo un giorno. Ma io ti conosco da cinque anni e ho sempre sentito il bisogno di dirtele, di lasciarle uscire fuori, di dirle a qualcuno all’infuori di mia sorella o delle mie amiche. E sto pensando non è affatto giusto che tu mi faccia perdere il controllo di me stessa in questa maniera: io non dovrei assolutamente dirti queste cose, eppure non posso fare a meno di farlo. Mi risulta spontaneo. E prima come anche adesso, sto pensando che voglio baciarti, baciarti fino allo sfinimento. Perché ho paura di svegliarmi anche stavolta, di riaprire gli occhi. Ho paura che non possa durare così tanto come spero.
Duncan era sbalordito: nessuno gli aveva mai parlato così prima d’allora. La guardò ancora qualche secondo, poi si fiondò a baciarla, chiudendo forte gli occhi mentre lei gli allacciava le braccia al collo.
Erano spaventati, ma quella confessione che si erano fatti li aveva convinti che avrebbero fatto bene a provarci, che non sarebbe andata a finire male.
Si baciarono con passione e poi, una volta staccati, ritornarono  mano nella mano verso gli altri.
***
Intanto gli altri avevano acceso un piccolo falò, visto che Julie aveva lamentato di sentire freddo. Lee si era ovviamente seduto accanto a lei e aveva continuato a fare lo stupido, come al solito, nonostante le innumerevoli occhiatacce che Simon ed Antony gli avevano lanciato per pregarlo di smettere.
- Lee, dovrei parlarti … - disse Julie all’improvviso alzandosi dalla sabbia
- Ok – rispose lui alzandosi – Dimmi pure.
Lei lo trascinò un po’ più lontano dal fuoco: non che avesse qualcosa da nascondere, semplicemente non le andava di parlare di queste cose davanti ai ragazzi; era una cosa che riguardava solo loro due.
- Lee … Posso farti una domanda?
- Vuoi chiedermi se mi piaci? – disse lui ridacchiando lasciando lei di stucco
- Ehm … In realtà sì. Volevo chiederti proprio questo
- Sì, mi piaci.
- Ecco, per questo volevo dirti che … Non fraintendere, non è colpa tua, anche tu mi piaci … Ma i- …
- Tranquilla, ho parlato con Gab prima – la interruppe lui sorridendo – Mi ha detto che hai un ragazzo e che sei molto innamorata di lui. È proprio fortunato, se posso dirlo. Un po’ lo invidio: non se ne trovano di ragazze come te o tua sorella in giro, sai? In ogni caso, ci ho parlato e mi ha detto di lasciar stare e siccome ha aggiunto di voler bene a tutti e tre, ho deciso di ascoltarla. Se ti sono sembrato invadente o fastidioso, mi scuso … Ma sono fatto così, sono abbastanza estroverso. Volevo solo fare amicizia e conoscerti meglio … Sempre come amica, s’intende, eh! – disse ridacchiando
- Oh … Ok, allora va bene! – sorrise lei – Amici? – disse porgendogli la mano
Lui guardò la mano di lei stupito e pensò “Cacchio, è così che saluta gli amici lei?” , poi tese anche lui la mano stringendo quella di Julie un po’ riluttante.
- Amici – sentenziò infine.
Julie lo guardò, rise e lo abbracciò  per qualche secondo lasciandolo di stucco.
Tornarono a sedersi accanto al fuoco e a scherzare con Simon ed Antony, quando da lontano intravidero Dunk e Gab tornare mano nella mano.
- Aww, guarda come sono carini mano nella mano!! – rise Simon
 - Qualcosa mi dice che Dunkie ha fatto colpo! – ridacchiò Lee con lui
- Quello ha fatto colpo già cinque anni fa, tranquillo … - disse Julie con una finta aria annoiata che fece scoppiare tutti in una grossa risata – Facciamo una scommessa. Scommettiamo che adesso che arrivano, Gab molla Duncan, mi corre incontro, mi trascina via, mi abbraccia e mi fa le sue reazioni da oca isterica quale è?
I tre scoppiarono a ridere.
- Secondo voi le ha dato il regalo alla fine? – chiese Antony
- Regalo? – domandò curiosa Julie
- Dunk ha fatto un regalo a tua sorella … Le ha preso un ciondolo se non ricordo male – le spiegò Simon
- Cos’è, ha deciso di accasarsi con lei? – rise
- Gli piace molto, questo è certo.  Io lo conosco da tempo e varie volte l’ho visto così tanto trasportato, ma mai in così poco tempo!! Anche se lei ci conosce da cinque anni, noi l’abbiamo incontrata solo ieri – esclamò Lee stupito delle sue stesse parole.
Da lontano, i ragazzi videro Gab dire qualcosa a Dunk sorridendo; quest’ultimo annuì, le lasciò la mano e lei corse incontro alla sorella prendendole la mano per poi trascinarla un po’ più in là per parlare da sole. Gab abbracciò fortissimo Julie ed i ragazzi non potettero fare a meno di ridere guardando la scena e soprattutto percependo parte dei gridolini che lanciava Gab mentre spiegava alla maggiore cosa era successo poco prima. Poi Gab si fece più seria e le due sorelle cominciarono a discutere su qualcosa che i ragazzi non riuscirono a sentire.
***
 
Julie si alzò per prima. Cominciò a vestirsi, a mettere a posto le ultime cose in valigia poi diede un’occhiata veloce alla sorellina ancora dormiente: aveva le coperte tirate fin su all’altezza delle orecchie (nonostante quella notte avesse fatto abbastanza caldo) e stringeva fortissimo il cuscino a sé … Brutto segno. Quando faceva così, quasi sicuramente significava che durante la notte aveva pianto.
Julie guardò l’orologio: le dieci e trentaquattro. Era venuta l’ora di svegliarla; si sedette accanto a lei, le carezzò la spalla e poi le sussurrò piano scuotendola leggermente:
- Gab … Sono le dieci e mezza, è tardi. Dobbiamo scendere giù a fare colazione. Poi devi finire di preparare le tue cose …
- Ho sonno, lasciami in pace.
- Ma Gab, se non ti sbrighi non riusciremmo a fare colazione! Rischi di morire di fame in viaggio! Dai che il treno parte subito dopo pranzo …
- Se tu avessi accettato la proposta di Duncan, mi avresti trovata già in piedi, già a stomaco pieno e già pronta ad affrontare un viaggio. Ma al momento non ho fame, ho sonno e non ho proprio voglia di fare le valigie e andarmene.
Dicendo quelle ultime parole, si sentì chiaramente il groppo alla gola che Gab cercava di trattenere e di occultare; tanto Julie se ne sarebbe accorta comunque.
Vedere la sorellina così giù la distruggeva, ma Leonard non sarebbe potuto partire con loro per impegni lavorativi e Julie cominciava a sentire la sua mancanza. In più, Danielle non avrebbe mai fatto partire Gab da sola con dei perfetti sconosciuti.
- Io faccio il tifo per voi … Lo sai meglio di me che se avessi potuto, avrei fatto in modo di far partire anche solo voi due. E lo sai che Leonard non poteva venire con noi.
Gab si alzò di scatto dal letto  spostando bruscamente le coperte.
- Sì, ok, mi alzo!! Ma ti prego, lasciami stare in pace adesso, per piacere! – sbottò stringendo con la mano il ciondoletto a forma di G che (ovviamente) non aveva tolto da quando Duncan gliel’aveva fatto indossare.
Julie fece per rispondere, poi si ammutolì: “ E’ meglio lasciarla stare per ora”,  pensò, “E’ solo un po’ nervosa; dopo capirà e si calmerà” continuò volendola giustificare.
***
Le due sorelle avevano finito da poco di pranzare mentre stavano attendendo il treno. O meglio, mentre JULIE attendeva il treno: Gab si guardava intorno nell’attesa di vedere Duncan.
Le aveva promesso che sarebbe passato almeno a salutarla prima di tornare a casa:
- Dove si sarà cacciato?! …
- Gab, tranquilla, verrà!
- Julie, il treno sarà qui a momenti e lui non c’è!! I- io … Io lo sapevo!! Lo sapevo che non avrei dovuto baciarlo, che ci sarei rimasta troppo male! Me lo sentivo che sarebbe andata a finire così! – disse quasi piangendo.
- Gab, lui ci tiene a te!
- Julie, guardami, per l’amor del cielo!! GUARDAMI!! Sono patetica!! Sono solo una stupida ragazzina che aveva sperato di poter instaurare una relazione a distanza con un cantante!! Una stupida ragazzina che, nonostante sappia che lui non verrà, sta fissando di continuo l’entrata di questa dannatissima stazione nella speranza che lui vi ci entri, dirigendosi di corsa verso di me ad abbracciarmi!! E sto sperando in tutto ciò sulla base di cosa?! Di un bacio?! Un bacio che forse per lui non significava nulla!! Un bacio che lui può avere da qualsiasi ragazza lui voglia in qualsiasi momento: può avere ragazze triliardi di volte meglio di me!! … Sono sempre più patetica – esclamò mentre gli occhi, che le pungevano dalla notte prima,  cominciarono a lacrimare.
Il treno numero ventinove zero otto è in partenza dal binario quattordici” disse una voce metallica dall’altoparlante.
- Il treno è arrivato Gab … - disse Julie stringendole forte la mano – Andiamo … Non pensarci. Sono sicura che ti spiegherà tutto tra un po’. Avrà di sicuro avuto una buona ragione per non essere qui ora.
Gab annuì, rimanendo zitta, ma sapeva che probabilmente a Duncan non avrebbe dato nemmeno l’opportunità di giustificarsi: dimenticarsi di lui quando la cosa era ancora fresca e con la scusa di avere un motivo ben preciso per poterlo fare, era più facile; non voleva farsi coinvolgere ulteriormente da quel ragazzo che non avrebbe mai realmente avuto.
Aspettarono ancora pochi minuti, poi salirono sul treno: anche se avevano ancora un po’ di tempo prima che il treno partisse, ma Gab non se la sentiva di aspettarlo un minuto di più. Sarebbero tornate a casa e poi, da lì, lei e sua madre insieme ad Alex sarebbero andate un paio di settimane in Italia, il loro paese d’origine. Julie le avrebbe raggiunte qualche giorno dopo insieme a Leonard.
Joseph e Danielle avevano origini italiane, ma i loro genitori si erano trasferiti in Inghilterra per ragioni lavorative; ogni tanto,  però, ci ritornavano e stavano un po’ di tempo con i vecchi amici ed i parenti rimasti lì.
Gab prese il suo amatissimo iPod, mise le cuffiette nelle orecchie e fece partire la prima canzone con la riproduzione casuale.
Canzone dei Blue. Passiamo avanti.” Pensò.
Canzone di Lee. La prossima.”.
Canzone di Duncan. AVANTI UN’ALTRA!”
Si decise a togliere di mezzo l’iPod e maledisse quel giorno in cui decise di mettere l’intera discografia dei Blue e qualche canzone di Duncan e Lee là sopra.
Meglio dormire un po’” pensò infine, accucciandosi sul sediolino del treno, usando il proprio giubbino a mo’ di coperta.
***
 
Erano in Italia già da qualche giorno ormai, ma Duncan non sembrava essersi fatto sentire. Se non fosse per i vari post su twitter (in cui era con altre ragazze a delle serate in discoteca di cui era la special guest) che aveva pubblicato in quei giorni, Gab avrebbe potuto tranquillamente pensare che fosse morto. Così, di tutta risposta, ogni tanto si divertiva anche lei a pubblicare foto con suoi vecchi amici d’infanzia o mentre era con Alex in giro per la città.
- Per quanto ancora deve continuare questa storia?! – chiese Alex
- Cosa? Quale storia?
- Invece di mandarvi frecciatine a vicenda, se gli vuoi parlare, perché diamine non lo chiami?!
- Ma di chi diamine stai parlando?! – le rispose Gab facendo finta di nulla
- Non fare la finta tonta!! Sapresti di chi parlo anche se tu non l’avessi mai incontrato, perché è COSTANTEMENTE nella tua testa. Sono la tua migliore amica, non dimenticartelo.
- Oh, ti prego Alex, smettila! Tanto non mi convincerai a chiamarlo! Non ne ho la minima intenzione!! Lui continua anche ad aggiungere i miei tweet tra i preferiti come a dire “hey, guarda che so cosa stai facendo” … E nonostante lo sappia, pare che il fatto che stia con altri ragazzi non gli interessi minimamente. Quindi perché dovrei interessarmene io?! Non lo dovevo baciare quella sera, punto e basta. Adesso per piacere muoviamoci. Federica ci sta aspettando.
Alex si arrese e poi entrambe si diressero verso casa di Gab, dove Federica le aspettava.
Federica era una vecchia amica di Gab, conosciuta quell’anno che aveva deciso di frequentare il liceo in Italia. Si erano riviste in occasione del compleanno di Federica, giusto due giorni dopo quello di Gab.

- Hey Fefy! Come stai?- disse Gab sorridendole
- Se non mi avessi chiamato in quel modo, probabilmente  starei bene!!! – rise Federica
- Ciao Fe’ – la salutò Alex sorridendo
- Ciao Alex! Beh allora? Che mi raccontate? … Come stai tu, Gab?
- Me la cavo. Niente di nuovo. Lui continua a visualizzare i miei post ed io continuo ad imprecargli contro. Ma mi è passata un po’, giuro! Ho addirittura smesso di guardare il cellulare in attesa di qualche chiamata!  - ridacchiò un po’ amareggiata.
- Io le ho detto che dovrebbe chiamarlo, ma lo sai quanto è cocciuta! Non mi vuole ascolta-… -Alex fu interrotta dal campanello della porta.
- Aspetti qualcun altro? – chiese Federica guardando Gab mentre aggrottava le sopracciglia.
- N-no … Dev’essere mia madre che si è dimenticata le chiavi, mi sa. – rispose lei alzandosi dal divano – Vado a vedere chi è.
Si diresse verso la porta e guardò dallo spioncino, ma non vide nessuno. Pensò che fosse sua madre che raccoglieva da terra le buste della spesa, così aprì.
- Cos’è, hai dimenticato le chia-… - si interruppe.
Aveva le gambe che le tremavano, ma inchiodate al pavimento. La bocca leggermente aperta per lo stupore e gli occhi spalancati. Non riusciva a credere di averceli davanti: si aspettava potesse essere chiunque, ma non LORO DUE. Non voleva vederli, non voleva assolutamente vederli. Stava finalmente riuscendo ad andare avanti, a passi piccoli, ma ci stava riuscendo. Vedere loro non l’avrebbe affatto aiutata.
Non riusciva a muovere un muscolo o a dire una parola. Il suo cuore saltò un battito quando i loro sguardi si incrociarono.
- C-Ciao … Gab. – disse Duncan in modo quasi sussurrato, con Lee dietro di lui evidentemente in imbarazzo.
Cosa diamine voleva ancora?!
 
Bien, eccoci qua!
Non mi uccidete vi prego!! >.< Sono troppo giovane per morireeee!! Come vi ho detto, questo è un capitolo di passaggio, ma presto ne succederanno delle belle … Come avete notato, si è aggiunto un nuovo personaggio alla combriccola!  Che ne pensate di tutta questa storia? Perché Duncan si è comportato in questa maniera? Siete d’accordo sul fatto di non richiamarlo come ha fatto Gab? Fatemi sapere!
Grazie a chi legge, a chi segue, a chi aggiunge a preferiti, ma soprattutto a chi recensisce!!
Grazie alla persona al quale è ispirato il personaggio di Federica, che se non mi fa copiare a tutti i compiti di fisica e non mi aiuta nelle interrogazioni di scienze, la faccio morire prima nella realtà, e poi nella ff molto dolorosamente! D:
Vi prego, recensiteeee ç___ç Voglio sapere che ne pensate!

PS
il titolo è preso dalla canzone dei Maroon 5 “ ed è questa
QUESTA
Spero che il capitolo vi sia piaciuto!
A presto!
Xoxo
Rie ♥ ☺

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Capitolo 11
*** 10- Sorry Seems To Be The Hardest Word ***


Saaaaalve BlueFam!
Probabilmente molte di voi mi avranno voluto uccidere per come ho concluso l’ultimo capitolo … Bene, non uccidetemi per ciò che farà Gab in questo XD  …
Bene, il resto del commento, ve lo metto in basso quindi…
CI SI VEDE DI SOTTO, BABE! (pt. 2 :°D)

 
10. Sorry Seems To Be The Hardest Word
- Ciao … Gab …
‹‹Ciao Gab››… E’ passata una settimana ed il meglio che riesce a dirmi è ‹‹Ciao Gab››”  pensò Gab continuandolo a fissare, stavolta più decisa.
Il suo intento non era quello di arrabbiarsi con lui e/o sbraitargli contro: per quanto in realtà ne avesse voglia, non erano fidanzati o impegnati, quindi non ne aveva il minimo diritto. Decise di mantenere la calma e di cercare di sembrare il meno turbata possibile.
- Hey Gab … - mormorò poco dopo Lee dietro di Duncan, ancora imbarazzato.
- Ciao Lee – disse accennando un sorriso per poi fissare Duncan seria - … Duncan …
Diamine Gab!! Calmati!!”  pensò  “Deve credere che sei calma, che stai bene e che non te ne può fregar di meno che lui sia qui.
- Posso … Possiamo entrare? – chiese Duncan
-  Che cosa vuoi, Duncan? – rispose lei fredda, di getto
- Voglio parlare con te.
- Vuoi parlare con me? E di cosa?
- Ti devo una spiegazione … - disse lui, quasi come se non avesse il coraggio di dire ciò che aveva fatto.
- Non mi risulta. Ci siamo baciati, non ci siamo fidanzati ufficialmente. È stata una di quelle classiche avventurelle che iniziano e finiscono con un bacio, è chiaro. Non mi devi spiegare nulla.
- Se mi lasciassi entrare e spiegare, sapresti che non è così. – sentenziò accigliato.
- Non ne vedo il motivo. Piuttosto, cosa diamine ci fai qui?!
- Te l’ho detto, sono venuto per parlarti.
- Quello che intendo è “che ci fai QUI IN ITALIA?!” … Non dovresti essere a Londra o in viaggio chissà dove?
- Sono in viaggio infatti. Ho preso l’aereo e sono venuto fin qui.
- Come sapevi dove trovarmi?
- Sono un bravo investigatore, tutto qui. Adesso ci lasci entrare, per piacere?
Gab si fece da parte e li fece entrare entrambi, chiudendo poi la porta alle loro spalle. Li guidò in salotto dove Alex e Federica erano rimaste sedute a parlare.
- Ragazze, conoscete già Duncan e Lee … Lee, Duncan … Loro sono Alex , la mia migliore amica, e Federica, una mia vecchia compagna di classe …
Duncan ed Alex si scambiarono un’occhiata veloce, poi si strinsero la mano a vicenda. Alex fece lo stesso con Lee e poi i due si presentarono a Federica.
Gab notò la cosa, ma preferì non dare troppa importanza a quell’intesa: era di sicuro una sua impressione ed era già sulla buona strada per diventare paranoica.
- Bene, adesso possiamo parlare? – chiese Duncan guardandola accigliato – In privato, magari?
- Non capisco di cosa tu voglia parlare, ma ok. Se proprio ti fa piacere … Seguimi. – disse mentre gli faceva cenno di seguirla.
Lo portò in camera sua, scostò la sedia dalla scrivania, si sedette a gambe incrociate sul letto e gli indicò la sedia col braccio come per invitarlo ad accomodarsi. Si passò una mano tra i capelli per aggiustarsi il ciuffo, come faceva sempre quando era nervosa o non sapeva bene cosa dire, poi lo guardò in attesa che il biondino cominciasse a parlare.
Duncan, dal canto suo, nemmeno sapeva bene cosa dire: aveva sbagliato, lo sapeva bene, ma doveva trovare le parole giuste per giustificarsi, per scusarsi, ma soprattutto per convincerla a rivalutarlo, a dargli un’altra occasione. Si grattò la fronte mentre si mordeva il labbro inferiore inspirando profondamente: era tesissimo. Era talmente teso che quasi gli si vedevano le vene del collo a distanza. Si massaggiò la nuca, deglutì, la guardò negli occhi e cominciò finalmente a parlare:
- Io …  Io sono venuto qui, da te, per varie ragioni … Ma principalmente per chiederti scusa.
- “Scusa”? “Scusa” di cosa? Non ti capisco … - fece lei fingendo di non aver dato peso alla cosa.
- Scusa di non essere venuto in stazione a salutarti. Di non averti chiamato, né mandato messaggi quel giorno. Di non essermi fatto vivo nei giorni seguenti …
Gab lo guardò con una finta espressione interrogativa sul viso.
- Mh? … Aaah! “Scusa” per quello, intendi … Ah sì, ora ricordo. Mi era completamente passato di testa, pensa un po’! – disse con tono pungente.
-  Mi sono comportato male … E non ho mantenuto la mia promessa … Mi dispiace, ecco.
- Tutto qui? Ok, bene, scuse accettate. Sei assolto dai tuoi peccati, adesso puoi tornare a Londra a farti le tue serate in discoteca rimorchiando la prima troietta che ti passa vicino. – disse alzandosi dal letto.
- Non ho detto che avevo finito … E anche se avessi finito, non tornerei a Londra adesso. Sono venuto qui in Italia per te, fatti un paio di domande.
- Duncan, chiariamo un paio di cosette: numero uno, non mi interessa il motivo per il quale sei venuto in Italia, detto in tutta sincerità; numero due, in conseguenza al motivo numero uno, non mi interessa farmi le suddette domande; numero tre, ti ho già detto che non hai proprio nulla di cui scusarti visto che non stiamo insieme, né ci stiamo frequentando. È stato un bacio, punto.
- Sì, ma io ti ho fatto una promessa e non l’ho mantenuta, scomparendo per i giorni seguenti. E comunque, piantala di fare la fredda della situazione: è una parte che non ti si addice per nulla.
- “Fare la fredda”?! Io ti sto dicendo ciò che penso!
- Non mi pare che sia la stessa cosa che pensavi una settimana fa, la sera del tuo compleanno!!
- Non si può cambiare idea, adesso?!
- Non credo lo si possa fare così radicalmente e in così poco tempo, tutto qua. Ed il fatto che tu stia ancora indossando il ciondolo ne è la conferma!!!
Gab si guardò al collo ed infilò la collana sotto la maglietta, maledicendosi per non essersela ancora tolta.
- Senti Duncan, ma cosa pretendi?! Che te la dia subito vinta dopo che mi hai costretto a stare una giornata intera a fissare l’entrata di una stazione nella speranza di poterti vedere entrare da lì?! Dopo che per giorni sei scomparso?! Dopo che hai riempito il tuo profilo di foto con altre ragazze in discoteca mentre visualizzavi i miei post?! CHE COSA DIAMINE VUOI DA ME?!?!
- Voglio che mi perdoni.
- E perché dovrei?!
- Perché tu mi piaci, Gab! Mi piaci molto!! Quel giorno, sono sceso per venire alla stazione, ma sono rimasto imbottigliato nel traffico, dimenticandomi il cellulare a casa peraltro … Ero in ritardo e non sapevo come rintracciarti … Poi ho utilizzato il ritardo come una scusa … Non mi sentivo pronto per provare a cominciare una relazione, ancor meno se a distanza. Ma adesso so che posso farlo, mi sento pronto … - disse alzandosi dalla sedia e, prendendole  le mani, si accovacciò di fronte a lei per terra – Mi sento pronto se sono con te … Dammi l’opportunità di riscattarmi … Dammi un’altra occasione … Fidati di me!
- “Fidati di me” … Ah-ha … Certo, è facile così! Io mi fidavo di te, Duncan, e l’unica cosa che ho guadagnato è una perfetta conoscenza strutturale delle porte dell’entrata della stazione. Perché adesso dovrei nuovamente fidarmi di te?!
- Perché mi sono pentito la sera stessa, ma pensavo che non mi avessi più voluto vedere. Così ho cercato di rintracciare Alex per trovare il modo di parlare con te, poi le ho dato il mio numero, lei mi ha chiamato e mi ha detto come, dove e quando trovarti. Ho preso il primo volo che ho trovato per venire qui, e mi sono portato dietro anche Lee. Ti basta come dimostrazione?
- ALEX?! ALEX TI HA DETTO DOV’ERO?! Ecco perché quegli sguardi prima! Giuro che questa me la paga.
- Lascia perdere Alex adesso! Allora? Merito una seconda chance?
- Dunk, per me sei perdonato … Ma non me la sento di fidarmi nuovamente di te … Mi ha fatto davvero tanto male pensare che per te fossi solo una storiella stupida, per quanto non mi potessi aspettare di più … Per cui, sinceramente, ora come ora non me la sento di riprovarci con te …
- Io non mi arrendo, questo lo sai, vero? – disse mentre ancora la teneva per mano – Sono capace di rimanere qui in Italia fin quando non risolviamo la faccenda.
- Fa’ come credi, io non ti agevolerò, né tantomeno ti ostacolerò nella cosa … Vorrei solo potermi fidare di nuovo di quello che fino ad una settimana fa era il mio idolo.
Duncan si morse il labbro inferiore guardandola languido, poi fece per accarezzarle lentamente una guancia, come a volerla rassicurare che sarebbe andata di sicuro così, ma lei si scansò e si alzò in piedi lasciandolo con la mano a mezz’aria:
- Torniamo di là – disse fredda – … Gli altri ci aspettano.
***
Lee, da bravo donnaiolo, non aveva perso tempo a fare amicizia con Alex e Federica: per tutto il tempo che Duncan e Gab erano stati nell’altra stanza a discutere, loro avevano amorevolmente chiacchierato come se si conoscessero da sempre.
Gab appena entrata in stanza aveva fulminato Alex con lo sguardo ed era andata a sedersi sul divano portandosi le ginocchia al petto abbracciandosele; Alex pregò che Duncan non si fosse lasciato scappare nulla (come da accordo) e che Gab non avesse capito nulla, ma lo sguardo colpevole di Dunk ed lo “scusa” frettoloso che gli aveva letto sulle labbra appena era entrato in stanza le facevano pensare tutto il contrario.
Duncan si sedette accanto a Gab sul divano, cercando di non starle troppo vicino vista la reazione di poco prima.
- Beh, dov’è che alloggiate? – chiese Federica rivolgendosi a Lee nel tentativo di rompere quell’aria di tensione creatasi non appena i due avevano fatto ingresso nel salotto.
- In un motel non troppo distante da qui … Sarà tipo a venti minuti di macchina da qui. – rispose lui
- In un motel?! – chiese Alex stupita
- Non volevamo dare troppo nell’occhio: un hotel di lusso ci avrebbe di sicuro messo al centro dell’attenzione dei media britannici ed anche di quelli italiani … - le spiegò Duncan.
Gab emise una risatina che camuffò con un sorriso.
- Non sia mai che vi vedano con una comune plebea … - disse pungente e provocante, sottovoce ma non troppo, giusto per farsi sentire.
Duncan la fulminò mentre Lee sospirò rassegnato.
- Quello che intendevo è che non volevo esporre te ai media … Sai, è brutto avere un mucchio di gente attorno che costruisce storie su ogni qualsivoglia cosa tu possa fare senza non avere un minimo di privacy. – rispose Duncan tentando di mantenere la calma.
Gab distolse lo sguardo sospirando.
- E per quanto rimarrete qui? – chiese poi rivolgendosi a Lee, che fece per rispondere, ma fu interrotto da Duncan:
- Tutto il tempo necessario. – sentenziò secco, lanciando un’evidentissima frecciatina.
- Oh che bello. Si prospetta una bella vacanza in un motel di periferia dove è già tanto se cambiano le lenzuola. Yuppiii! – disse Lee annoiato.
- Lee … Se preferisci, puoi … Potete venire a stare qui. Il posto c’è ... – disse Gab un po’ combattuta.
Odiava se stessa per aver fatto quella proposta, ma le dispiaceva per Lee che era stato coinvolto in questa storia.
- No Gab, non preoccuparti … - le rispose lui rassicurandola.
- Dai, tranquillo, non c’è problema! Così sarete anche più al riparo dai paparazzi. Abbiamo una stanza in più per gli ospiti … Se volete ve la mostro.
- Grazie – sorrise Lee di rimando mentre il suo amico gongolava soddisfatto.
- Di nulla! – rispose lei sorridendo ignorando Duncan.
Lee lanciò un’occhiata veloce alle ragazze, poi guardò nuovamente Gab.
- Beh, allora vado al motel a disdire la prenotazione e a prendere i bagagli. Alex, Federica, potreste accompagnarmi? Così magari mi aiutate a trovare la strada!
Gab fece per protestare, ma prima che potesse dire qualcosa, Lee aveva già portato fuori le due e chiuso la porta.
Dunk le sorrise, poggiò un braccio sullo schienale del divano e appoggiò la caviglia sulla coscia dell’altra gamba.
- Siamo rimasti solo io e te, eh? – gongolò
- Purtroppo sì. E sappi che se vi ospito, è solo perché mi dispiace che tu abbia coinvolto Lee in questa storia ingiustamente!!
- Invece a me fa piacere passare un po’ di tempo con te, pensa un po’! – disse lui con un sorrisetto irritante
- Ed invece io tra un po’ vado in palestra, quindi niente tempo con me, pensa un po’! – disse lei fingendo un sorriso ed alzandosi dal divano.
- Bene, vuol dire che verrò in palestra con te. È da un bel po’ che non mi alleno! – rispose sempre con il solito sorrisetto
- Fai come ti pare, tanto io non devo fare gli attrezzi … Seguo il corso. E togliti quel sorrisetto idiota dalla faccia, mi dà sui nervi. – sbottò mentre si accingeva a prendere la borsa della palestra.
- Corso? Di cosa? – chiese seguendola
- Taekwon-do. – afferrò il giubbino, se lo infilò e poi mise la tracolla della borsa sulla spalla – Adesso, se gentilmente ti sposti, io posso passare e andare in palestra.
Lui fece per aprirle la porta, la fece passare per prima e poi la seguì.
- Uh, arti marziali, eh? Significa che dovrei aver paura di te? Fortuna che indosso la tuta oggi!  Bene, vuol dire che mentre farò i pesi starò a guardarti.
- Sì, dovresti aver paura.
- Sto tremando. – ridacchiò sarcastico.
- Fai bene. – sbottò lei irritata mentre scendeva di corsa le scale con Duncan al suo fianco.
***
 
Imbottigliati nel traffico da più di mezz’ora, Lee, Alex e Federica si erano raccontati della loro vita:
- … E quindi, dopo sei anni separati, nel 2011 abbiamo deciso di ritornare tutti assieme come band. E devo dire che ne è valsa totalmente la pena: mi erano mancati tanto come colleghi, anche se siamo rimasti ugualmente amici in quel periodo. E voi? Come avete conosciuto Gab? – chiese Lee sorridendo.
- Per un anno, poco dopo la morte del padre, Gab è venuta a stare qui in Italia e, di conseguenza, è venuta qui anche a scuola. Ci siamo ritrovate in classe insieme e anche quando è tornata in Inghilterra siamo rimaste in contatto: ogni volta che viene a trovarci in Italia passiamo del tempo assieme. Per circa otto mesi sono stata anche io in Inghilterra, per approfondire il mio inglese. – disse Federica avanzando un po’ col busto dal posto di dietro.
- Io invece ci stavo in classe alle medie. Inizialmente le stavo addirittura antipatica, poi siamo diventate migliori amiche e non ci siamo separate più. Ci è sempre stata per me quando avevo bisogno, e così ho fatto anch’io con lei in quegli anni d’inferno che ha passato per colpa del padre … Anche se non lo ammetterà mai, gli voleva un gran bene. Ho sofferto parecchio quando è venuta a stare qui in Italia, però facevamo entrambe i salti mortali per vederci il più possibile … Una volta al mese venivo a stare un weekend da lei e per l’estate ci siamo alternate: i primi mesi, è tornata lei da me; successivamente, sono venuta io qui al mare. – continuò Alex.
Le automobili cominciarono a camminare ed il traffico a diminuire progressivamente, così Lee si rimise composto a guidare, attento alla strada.
- Oh, finalmente! … Quindi avevo ragione, insomma … - disse emettendo un sospiro di sollievo.
- Ragione? Su cosa? – chiese Federica curiosa mentre Alex aggrottava le sopracciglia.
- Su Gab. Si vede lontano un miglio che le volete entrambe un gran bene e, se le volete così bene, una ragione ci dovrà pur essere. Ho avuto una buona impressione su lei e Julie non appena le ho viste parlare con Duncan, dopo il concerto.
- Lei è … Speciale, in qualche modo – spiegò Alex – Per quanto abbia una situazione difficile, è sempre la prima a volerti aiutare, qualsiasi sia il tuo problema. Si fa in quattro per aiutarti e non chiede nulla in cambio. A volte ha davvero un caratteraccio perché è testarda e convincerla che abbia torto è davvero difficile: infatti nelle discussioni finisce sempre per aver ragione lei! – ridacchiò continuando.
- E’ vero, è testardissima! Tra me e lei non so chi è peggio! Però è vero, come ha detto Alex, è sempre pronta ad aiutarti e affronta la propria vita con il sorriso sulle labbra: è difficile trovarla triste. Se lo è, cerca di non fartelo notare, di solito. – confermò Federica
- Ricordi quell’estate che passammo tutte insieme? Sempre con quel dannato iPod nelle orecchie! – rise Alex
- Diavolo, che rabbia! Noi parlavamo, e lei in tutta risposta cominciava a cantare Bubblin’! Che nervoso! Era completamente assorta nei suoi pensieri!!
Lee rise.
- Bubblin’? Voi le parlavate e lei cantava le nostre canzoni? – continuò a ridere.
- Sì, ma cantava soprattutto Bubblin’. – rispose Federica ridacchiando
- E’ una delle sue preferite, se non la sua preferita in assoluto … “Quante sediate sulle gengive darei a quelle diamine di ballerine!!” … Non dirle che te l’ho detto! – rise mentre imitava la voce di Gab.
- Ne prenderò nota! – ridacchiò Lee – Dov’è che devo girare? Qui a destra, giusto?
Arrivati al motel, Lee prese le valigie, le caricò in macchina e guardò le ragazze con quel suo sorrisetto dolce che nascondeva benissimo il suo animo da dongiovanni.
- E se mi portaste a fare un giro della città? Così, tanto per lasciare ancora un po’ quei due da soli …
- A me sta bene. Non vengo qui da troppo tempo, magari Federica ci fa da guida! – sorrise Alex
- Seguitemi, allora! Saliamo in macchina, ti indico io la strada! – sorrise lei di rimando ad entrambi.
***
Calcio, pugno pugno.
Calcio, pugno pugno.
Gab continuava a prendere a botte il colpitore retto dal suo maestro, con tutta la forza che aveva, cosciente del fatto che Duncan era di fronte a lei a fissarla mentre faceva gli addominali.
- Forza Gab! Vai!! Jeb, diretto, calcio all’indietro!! Jeb, pugno esterno, calcio a martello! Jeb, montante, girato, girato e pugno in volo! – la incitava il maestro – Ok, e stop.
Gab aveva il fiatone.
- Maestro …. Non è che posso … Continuare ancora un po’? … Ho … Da sfogare … Un po’ di … Rabbia repressa.
Duncan ridacchiò sentendola mentre continuava ad allenarsi.
- Gab, sei sfinita. Non esagerare con gli allenamenti …
- No … Ce la faccio. – deglutì – Dai, sono pronta. – si rimise in guardia.
- Ok … Pronta? Ripartiamo! Vai! Calcio, pugno pugno!! Calcio, pugno pugno!!
Dunk la fissava con un sorrisetto stampato in faccia; scosse la testa per quanto quella ragazza fosse testarda: voleva dimostrargli a tutti i costi di essere forte e di potergli fare il culo a strisce in qualsiasi momento.
***
 
Finita la lezione, Gab si tolse i guantoni e si asciugò la fronte con l’ avambraccio.
- Uuh … Calma, tigre! Se continui così rischi di rompere tutti i colpitori del tuo maestro! – la provocò Duncan con quel sorrisetto irritantissimo che non si decideva a togliersi dalla faccia del ragazzo.
- Non farmi incazzare. Sappi che se ho colpito così forte, è solo perché ho immaginato che al posto del colpitore ci fosse la tua stupidissima faccia da idiota!!
- Che cattiveria! Eppure io sono sempre così gentile con te! – ridacchiò lui
- Oh sì, infatti – sbottò lei fissandolo seria e rabbiosa negli occhi – Talmente gentile da farmi sentire anche un po’ importante per poi lasciare alla mia immaginazione di fantasticare su di te che entri nella stazione, giusto?! … Spostati, adesso … Devo andare a cambiarmi.
Il ragazzo rimase di stucco e andò verso gli spogliatoi maschili. Gab fece lo stesso, imprecando contro Duncan. Lo odiava con tutto il suo cuore. Lo odiava, perché non la smetteva di comportarsi come un ragazzino, di fare l’idiota. E ancora di più odiava se stessa; si odiava perché non riusciva a smettere di pensare di volergli saltare addosso: talvolta perché voleva riempirlo di baci, altre volte per ucciderlo di botte.
Poco dopo uscirono entrambi dalla palestra: Gab, con le mani rintanate nelle tasche della felpa di pail, guardava fisso per terra, continuando a stare zitta; Duncan si era offerto più volte di portarle la borsa pesante, ma lei aveva continuamente rifiutato; lui la fissava di sottecchi: ancora non riusciva a capire cosa l’avesse spinto a non fare di tutto per raggiungerla in stazione e per non chiamarla.
Improvvisamente cominciò a piovere, così entrambi corsero a ripararsi sotto al tettuccio di uno dei vari negozi che avevano chiuso da pochi minuti.
- Bene, ci mancava solo questa! – esclamò lei – Sono completamente fradicia!
- Beh, non sei l’unica … - disse lui mettendosi il cappuccio in testa per poi metterlo anche a lei
- Potevo mettermelo anche da sola! – sbottò
- Sai, a volte un grazie non guasterebbe, lo sai? … - disse lui rimanendoci un po’ male.
- Hai ragione, scusa, dove ho lasciato le buone maniere?... Grazie, ma sapevo farlo anche da sola!
-Quando la smetterai di trattarmi così? Ti ho chiesto scusa, sono venuto fin qui in Italia per farlo, sto cercando di essere gentile, di ironizzare in tutti i modi, per dimostrarti che sono pentito di ciò che ho fatto … Avevi detto che non mi avresti ostacolato, ma mi stai rendendo la cosa tutto tranne che facile!! … Senti, lascia stare … Torniamo a casa che è meglio. – disse rattristato, lasciando Gab di stucco: cominciava a sentirsi in colpa …
***
 
I tre corsero in macchina non appena cominciò a piovere, sbattendo con un po’ di forza gli sportelli.
- Caspita, che corsa! – disse Alex affannata – E pensare che è primavera!
- E siamo anche in Italia! – aggiunse Lee
- Che c’entra che siamo in Italia? Cosa credi, che qui non piova mai? – ridacchiò Federica
- No, non è questo! È che certamente a Londra piove molto di più! – rise lui giustificandosi
- Quindi la gita è già finita? – chiese Alex un po’ dispiaciuta
- Purtroppo sì. In macchina c’è ben poco da vedere qui … Torniamo a casa: domani poi andremo a fare un altro giro con Gab e Duncan – disse Federica sorridendo
- CACCHIO! LI ABBIAMO LASCIATI SOLI PER PIU’ DI UN’ORA!! – esclamò Lee quasi urlando – Mi auguro che lei non l’abbia squartato vivo! Mi sentirei responsabile! – continuò fingendosi preoccupato e mettendo in moto l’auto.
- Dai andiamo … - disse Alex ridendo – Ti guidiamo noi, però sbrigati se non lo vuoi vedere nastri gialli con su scritto “Don’t cross the line” per tutta la casa!
I tre risero, poi si diressero verso casa.
 
Eccoci qua.
Bene, allora? Che ne pensate? Anche voi fareste come Gab, o vi comportereste in maniera differente? E se fosse stati in Duncan?
E che ne pensate invece di Lee, Alex e Federica? Succederà qualcosa secondo voi?
Fatemi sapere cosa ne pensate!
Grazie a chi legge, a chi segue, a chi aggiunge a preferiti, ma soprattutto a chi  RECENSISCE (quindi solo a GinevraJames, mia unica fedele recensitrice(?!) ç___ç)
Anyway, se questo capitolo  v’è piaciuto (ma anche se vi ha fatto cagare) RECENSITEHHHH ♥
Vi lovvo tutti ♥
Xoxo
Rie ☺♥

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Capitolo 12
*** 11- Don't Suffer Alone, Suffer With Me ***


11. Don’t Suffer Alone, Suffer With Me.
 

Tornati a casa, Gab lasciò cadere la borsa della palestra nel salotto, si tolse il giubbino  bagnato e lo mise sullo stendino.
- Dunk, dammi il tuo giubbino … Lo metto ad asciugare … - disse senza guardarlo negli occhi.
Lui le passò il giubbino prestando attenzione ad ogni suo movimento.
- Grazie … Gab, tua madre lo sa che siamo qui, io e Lee?
- Non ancora. Ma non avrà da obiettare, tranquillo.
- Non dovresti comunque dirglielo?
Gab lo prese per mano trascinandolo in cucina, arrossendo un po’ al contatto con la mano di Duncan. La madre era intenta a preparare la cena.
- Mamma … Devo dirti una cosa.
- Hey, Gab. – disse la madre voltandosi verso la figlia - Non mi avevi detto che avevi visite – sorrise non riconoscendolo subito.
- Mamma, lui è … Duncan. – Danielle si irrigidì. – Duncan, lei è mia madre, Danielle.
- E’ un piacere conoscerla. – disse Duncan sorridente, tendendole la mano che lei strinse  con un’abbastanza evidente espressione contrariata.
Danielle sapeva bene chi era Duncan e sapeva cos’era successo in quei giorni. Era difficile che Gab le tenesse nascosto qualcosa: avevano un ottimo rapporto.
- Mamma, lui e Lee sono venuti qui in Italia. Stavano in un motel in provincia … Ho proposto loro di rimanere qui fin quando saranno in Italia. Spero non ci siano problemi per te …
- Affatto. Se a te sta bene … - disse Danielle cercando di capire qualcosa dagli sguardi della figlia
- Tranquilla … - rispose Gab, alludendo ad un evidente “Ne parliamo dopo, da sole”, poi portò Duncan in camera sua, con sé.
Prese dal suo armadio una vecchia t-shirt del padre ed il pantalone di una tuta, poi li poggiò sul letto.
- Bene, io adesso vado a farmi una doccia. Se vuoi, puoi indossare questi in attesa che Lee torni con la tua roba. Non appena avrò finito, potrai andare tu sotto la doccia … - disse evidentemente imbarazzata. Si sentiva ancora un po’ in colpa per come lo aveva trattato poco prima, in strada.
- Dopo di te? Ed io che speravo che ci saremmo andati assieme sotto la doccia – disse lui, cacciando nuovamente fuori quel sorrisetto irritante.
Mi sono davvero sentita in colpa a causa di ‘sto cretino?!” pensò Gab subito prima di lanciargli un’occhiataccia e di uscire dalla stanza sentendo in lontananza una leggera risatina.
 
***
 
Finalmente aveva smesso di piovere, per quanto il cielo fosse ancora nuvoloso. Lee, Alex e Federica erano riusciti a tornare a casa asciutti e stavano portando le valigie di sopra.
- Alex, posso chiederti una cosa? – disse Lee all’improvviso mentre, arrivati al terzo piano del palazzo, si avvicinavano alla porta di casa per suonare il campanello dopo aver spostato tutte le valigie.
- Dimmi pure – sorrise lei di rimando
- Tu che la conosci meglio … Secondo te, la madre di Gab, cosa avrà detto in merito alla permanenza mia e di Duncan in questa casa?
- Di certo non sarà un’ottima notizia, ma Danielle si fida di Gabriella: sa che se fa determinate cose, è perché c’è un motivo alla base.
Lee annuì, mentre Federica chiudeva le porte dell’ascensore, poi Alex suonò il campanello.
 
***
Gab, appena uscita dalla doccia si strizzò i capelli e successivamente li spazzolò per levare l’acqua in eccesso;prese un asciugamano con cui si asciugò un po’ i capelli che poi portò in massa sulla spalla destra; prese un altro  asciugamano abbastanza grande e lo mise sul corpo a mo’ di vestitino; infilò le sue infradito rosa e si diresse in camera sua.
Sobbalzò quando, una volta aperta la porta, trovò Duncan steso sul suo letto a torso nudo che guardava delle vecchie foto di quando lei era piccola.

Si sentì avvampare.

- Carini quei poster … - ridacchiò Duncan indicando i poster appesi dietro di lui, sul letto di Gab. Ovviamente, erano tutti poster dei Blue o pezzi ritagliati dai giornali con Duncan a torso nudo – E così sono sempre stato il tuo preferito eh? – ghignò divertito continuando a guardare le foto come se niente fosse.
- POTRESTI ALMENO COPRIRTI?! – disse alterata (e al contempo imbarazzatissima) Gab.
- Perché? Non è niente che tu non conosca già! – rise poi lui di gusto, interrompendosi di scatto quando, una volta rivolto lo sguardo verso di lei, si accorse che indossava solo l’asciugamano.
Duncan deglutì e si alzò di scatto dal letto; Gab, in tutta risposta, fece per coprirsi ancora di più.
Lui la fissava, con la bocca socchiusa, sorpreso di vederla in quelle “vesti” (se così possiamo definirle).
Duncan, per l’amor del cielo, DATTI UNA CALMATA. Ha un asciugamano addosso. Un fottuto asciugamano addosso. SOLO un fottuto asciugamano addosso.”  pensò, per poi deglutire nuovamente.
Gab si avvicinò lentamente a lui, guardandolo dal basso:
- S- … Smettila di fissarmi …
- Scusa … - si affrettò lui un po’ impacciato
- Non dovevi andare a farti la doccia? – chiese lei
Lui fece per avvicinarsi a lei. Sempre di più. Ancora un po’: erano a quasi un palmo di distanza. Gab aveva indietreggiato leggermente col busto, ma era rimasta pietrificata dal comportamento di lui. Il cuore le stava quasi balzando fuori dal petto, tanto batteva veloce e forte! Duncan chiuse gli occhi e fece per inclinare la testa …
La porta si aprì alle loro spalle ed entrarono Lee, Federica ed Alex.
- Eccoci qua con le vali- … Uohooh!- si schiarì la voce - Abbiamo interrotto qualcosa? – ridacchiò Lee nel vedere il suo amico a torso nudo, così vicino alla ragazza coperta solo da un asciugamano, facendo sobbalzare entrambi, che quasi fecero un balzo all’indietro per allontanarsi l’uno dall’altra.
- EH?! COSA?! NO, NO, NO!!! ASSOLUTAMENTE NO!! – urlò Gab, ormai completamente rossa, mentre agitava le braccia in segno di dissenso – Come ti stavo dicendo, gli asciugamani sono nel mobiletto di fronte alla doccia. Ora puoi andare a lavarti, Duncan. – continuò poi fingendo un tono pacato rivolgendosi a Duncan, che , mentre si apprestava ad uscire dalla stanza, lanciò un’occhiataccia a Lee, il quale non poté fare a meno di farsi scappare una risata divertita.
Alex e Federica le lanciarono un’occhiataccia, al contrario di Lee che sorrideva, contento per l’amico.
- Non è come sembra. ASSOLUTAMENTE non è come sembra.
- No, tu e Duncan non vi stavate assolutamente per baciare infatti, vero? – disse Alex accigliata
- Infatti no! Mi sarei spostata!! – si giustificò provocando il broncio di Lee
- Gab, tu sei completamente bagnata,indossi solo un asciugamano, lui era a torso nudo a meno di due centimetri da te, tu gli vai appresso da cinque anni a questa parte, lui è venuto fino in Italia da te per farsi perdonare e mi vuoi far credere che ti saresti spostata?! – urlò Federica
Gab arrossì all’istante, poi si voltò verso di Lee indicandolo in tono minaccioso con l’indice
- SE GLI DICI QUALCOSA, GIURO CHE T’AMMAZZO.
- Sarò una tomba! – disse lui alzando le mani in segno di resa mentre si fingeva spaventato.
- Bene. E comunque sì, mi sarei spostata. Non mi pare stia facendo qualcosa di particolare per meritarsi il mio perdono, quindi non gliel’avrei permesso.
- E perché stavate entrambi mezzi nudi, da soli nella stessa stanza e a meno di due centimetri l’uno dall’altra, me lo spieghi?! – disse Alex
- Sono andata in palestra, lui mi ha seguita e si è allenato anche lui. È venuto a piovere, ci siamo bagnati, io mi sono fatta la doccia, sono uscita per dargli istruzioni, lui s’è tolto la maglia prima che io arrivassi e ci ha provato. Poi siete entrati voi. Punto. Adesso è finito l’interrogatorio?! – disse lei sempre più imbarazzata dalle proprie parole.
- Ti dovrei ammazzare seduta stante … - sentenziò Alex
- Mi spiegate, se anche fosse, quale sarebbe il problema? – chiese Lee
Alex lo fulminò
- Se quel biondino le spezza nuovamente il cuore, è da te che la mando a piangere e ad assillarti sui tweet che scrive ogni secondo, chiaro?!
Lee rise, Gab arrossì fulminando con lo sguardo Alex:
- Nemmeno questo deve uscire da questa stanza! – disse rivolgendosi a Lee, poi guardò Alex – Ma se sei tu che gli hai detto di venire qui!! A proposito, come ti è saltato in  testa di contattarlo e di dirgli che eravamo in Italia?!
- In realtà, è stato lui a chiedermi come poteva contattarti! Io gliel’ho detto perché poteste discutere, tutto qui!! – si giustificò lei in risposta
- Che bel teatrino … - sentenziò infine Federica.
 
***
 
Ora di cena. Federica sarebbe rimasta da Gab per la cena, poi sarebbe tornata a casa sua a dormire.
Quando furono tutti seduti a tavola, l’imbarazzo regnava sovrano, soprattutto per la presenza di Danielle, che non poteva fare a meno di lanciare frecciatine. Gab le aveva velatamente chiesto di smettere più volte, ma la madre non ce l’aveva fatta: sembrava quasi che le parole uscissero per conto proprio.
- Quanto rimarrete qui in Italia? – chiese Danielle
- Ehm … Be’ … - farfugliò Lee, un po’ impacciato
- In realtà, abbiamo … Ho un progetto. Rimarremo il tempo necessario affinché si realizzi. – disse Duncan rivolgendo un attimo lo sguardo verso di Gab, seduta accanto a lui, che continuava a mangiare ignorando di far parte del progetto di cui parlava Dunk – E voi invece? Quando tornerete in Inghilterra? – continuò poi voltandosi verso Danielle.
- Non lo sappiamo neppure noi. Siamo tornate in Italia per staccare un po’, oltre che per risolvere alcune questioni in sospeso … Gab, potresti sederti composta almeno a tavola? – disse Danielle notando che Gab era praticamente in ginocchio sulla sedia, come al solito.
- Sto più comoda così – rispose fredda lei mentre ingoiava il boccone
- E’ da maleducati! E non parlare con la bocca piena! – la rimproverò
- Mamma, potresti lasciarmi in pace?! Non è giornata!
- Il fatto che tu sia di malumore non ti autorizza ad essere maleducata!
- Non disturbo nessuno a star seduta così! Quindi rimango seduta così!
- Ti ho detto di sederti composta!! E non rispondermi in questa maniera! Ricordati sempre che sono tua madre! Sembri tuo padre quando ti comporti così!!
Gab si alzò di scatto da tavola, sbattendo leggermente il piatto sul tavolo mentre manteneva lo sguardo basso.
- Non ho più fame. Scusate, vado in camera mia.  – guardò Danielle – Non permetterti più di paragonarmi a lui. Io non sono come lui, chiaro?! – la fulminò alzando un po’ la voce, dopodiché andò in camera sua sbattendo la porta.
Danielle in realtà intendeva che con alcuni atteggiamenti sgarbati ricordava suo padre, non certo che Gab fosse una senza cuore o un’egoista … In ogni caso, preferì non continuare quella discussione davanti agli ospiti; Alex e Federica si guardarono, indecise se alzarsi per andare a parlare con l’amica; Lee aveva un’espressione preoccupata, rattristata poi dal ricordo della storia che Gab gli aveva raccontato giorni prima; Duncan, invece, era confuso (oltre che preoccupato, è ovvio). In effetti, lui era l’unico a cui Gab doveva raccontare la propria storia, l’unico a non sapere nulla e, di conseguenza, a non capire perché Gab se la fosse presa tanto. Cominciò a chiedersi dove fosse il padre di Gab, notando che lei non l’aveva mai nominato e che non fosse in Italia con loro.
Si alzò anche lui:
- Con permesso. Sono molto stanco, vorrei andare a riposare.
- Prego – risposero gli altri in coro.
- Tranquillo, va’ pure. – gli sorrise Danielle, sapendo che probabilmente sarebbe andato a consolare Gab.

Duncan bussò alla porta della camera, poi la aprì lentamente trovando Gab distesa sul letto attaccato alla parete che abbracciava un cuscino con lo sguardo fisso sul muro. Ad illuminare la stanza c’era solo la lava-lamp rosa sul comodino accanto al letto di Gab.
- Posso? – disse guardandola preoccupato.
- Duncan, vattene … - disse con un nodo alla gola – non è il momento. – continuò, tirando su col naso mentre Duncan entrò e si chiuse la porta alle sue spalle.
Avanzò e, arrivato al letto di Gab, si sedette accanto a lei.
- Posso capire cosa è successo? – chiese accarezzandole la spalla delicatamente mentre lei si rannicchiava sempre di più e stringeva il cuscino più forte.
- Non ti avevo detto di andartene? …
- Se è per questo, mi avevi anche detto che non avevo niente da farmi perdonare, ma io sono rimasto qui per riconquistarti. Allora? … Non vuoi dirmi nulla?
Una lacrima le rigò il viso, bagnando anche il cuscino che stringeva. Un’altra stava per scendere, ma Duncan gliela asciugò prontamente con il dito, accarezzandole delicatamente una guancia. Lei si alzò, mettendosi seduta, lo guardò un attimo con gli occhi che le brillavano; Duncan la fissò preoccupato: avrebbe voluto fare qualcosa per lei, ma non sapendo cosa avesse, non aveva idea di cosa fare.
Improvvisamente, lei gli si gettò addosso e lo abbracciò, affondando il viso nel petto del ragazzo e scoppiando in un pianto liberatorio; lui la strinse a sé accarezzandole piano la testa.
Quando si sarebbe calmata, le avrebbe chiesto qualcosa in più.
Che strana sensazione, quella che provava Gab: quando stava male, era solita prendere il suo iPod e mettere in riproduzione casuale tutte le canzoni dei Blue o, più nello specifico, di Duncan. Lo faceva perché così si sentiva capita, si sentiva come se ci fosse qualcuno che finalmente riuscisse a comprenderla a pieno. Lo faceva perché quando ascoltava quelle canzoni, sentiva come se quei quattro ragazzi la stessero realmente abbracciando, come se la tenessero strettissima e riuscissero a consolarla da ogni male. Ed era una sensazione che riusciva a provare solo con le loro canzoni.
Adesso che c’era realmente Duncan ad abbracciarla e a consolarla, era una sensazione stranissima … Oltre che stupenda, s’intende. Le sue canzoni l’avevano aiutata tanto in quei cinque anni e, adesso che lui la teneva stretta a sé, lei si sentiva ancora meglio.
Non riusciva ancora a capire come quei quattro … Anzi, come QUEL RAGAZZO in particolare riuscisse a farle dimenticare tutto con una canzone: tra le braccia di Duncan si sentiva ancora più al sicuro, ancora più protetta. In quel momento, provava la stessa sensazione di conforto di una persona che si è appena rifugiata sotto un tetto per ripararsi dalla pioggia forte.
Finalmente Gab smise di singhiozzare. Fece un respiro profondo e si calmò un po’. Duncan, però, continuò a tenerla stretta: ormai la sua maglietta era completamente bagnata e, in realtà, sentiva che le lacrime continuavano a scendere, nonostante si fosse calmata rispetto a prima.
Si stese sul letto, costringendo anche lei a stendersi su di lui, un po’ come quella sera sulla spiaggia, mentre guardavano le stelle. Continuava ad accarezzarle la testa, senza sapere cosa dire: si sentiva inutile. È vero, l’aveva calmata, ma lei continuava a piangere … Pensò di fare l’unica cosa che sapeva fare bene per aiutarla: cominciò a cantare:

So here we are
Standing in an empty room
I'm trying not to look at you
In that way
‘Cause I care
Thought it's hurting me so much inside
I'm trying just to be your friend today

It's a song that should have never been sung
It's a race that should have never been run
So wrong yeah


Thought it's love we both want
It's a love we don't need
Let's sit here in silence
Let our hearts beat
That it's hard to be strong
When you're feeling so weak
Till the night's over
Don't suffer alone
Suffer with me

 
Finita la strofa, Duncan le baciò la fronte.
- Non voglio più vederti così … - disse a bassa voce accarezzandole nuovamente la testa.
- Mi … Mi dispiace … -rispose lei, sempre sussurrando
- “Mi dispiace”? Ti stai scusando perché stai male? Sono io che dovrei scusarmi perché non so cosa fare per farti stare meglio.
- Non devi fare nulla. Sto già meglio – sorrise con ancora le guance bagnate e gli occhi rossi e lucidi del post-pianto – Se non ci fossi stato tu, adesso avrei preso l’iPod e avrei fatto scegliere alla riproduzione casuale quale delle vostri canzoni ascoltare per stare meglio. – continuò facendo sorridere anche lui.
- E allora perché ti scusi?
- Per tutto: per la litigata a cui hai dovuto assistere … Per il mio carattere uterino … Per il mio essere stata fredda … Per il mio essere stata troppo dura con te, che volevi solo farti perdonare … Per non averti voluto concedere l’occasione di lasciarti spiegare … Per tante cose … -sussurrò lei dispiaciuta.
- Un po’ me lo sono meritato. Mi sono comportato da stronzo con te e non lo meritavi … Non smetterò mai di chiederti scusa per quello … Sono stato … Un vero idio- …. – Gab lo zittì mettendogli un dito sulle labbra.
- Shh, shh, shh!! Basta così. Mi sembra di averti già detto che ti ho perdonato, giusto?
- Giusto …
- Ecco … Quindi non devi scusarti. Sono io che ho sbagliato: non avrei dovuto rinfacciarti tutte quelle cose … Non se ti avevo già perdonato, almeno …
Duncan le mise una mano sul volto e le accarezzò la guancia con il pollice.
- Va tutto bene. L’importante è essersi riappacificati, giusto? – sussurrò lui sorridendo
- Sì – sorrise lei di rimando accoccolandosi un po’.
- Adesso vuoi spiegarmi cosa è successo prima e perché te la sei presa tanto con tua madre poco fa?
Gab si rabbuiò un po’, prese un respiro profondo e cominciò a raccontare anche a Duncan tutta la sua storia.
 
***

Finita la cena, Danielle si apprestò al lavello per lavare i piatti.
- Signora, lasci fare a me! – intervenne Lee sorridendo
- Ma no, figurati! Sei un ospite! – rispose lei
- Appunto! Devo pur ricambiare in qualche modo, no?
- Non sei stanco per il viaggio?
- Sono pieno di energie! – sorrise – E poi mi farò dare una mano dalle ragazze … Poi accompagno Federica a casa. Lei vada a riposarsi.
- Grazie mille, Lee … Buonanotte - sorrise Danielle e andò in camera sua.
- ‘Notte  … - sorrise lui
Alex si avvicinò a Lee, si infilò i guanti di gomma e gli sorrise.
- Io lavo e tu asciughi?
- Mmmh … Ok! – sorrise Lee – Allora … Sei fidanzata?
- Ehm … No
- Lo sei mai stata?
- Qualche storiella ogni tanto … Nulla di più. Tu? So che hai due figli … Al momento sei single?
- Già … Single anche io. Hai mai visto i miei figli?
- Sì – rise lei – Ti ricordo che Gab assilla chiunque da cinque anni … Io sono la sua migliore amica … Immagina cosa ha fatto con me!! … In ogni caso, sono stupendi! E tu hai un rapporto bellissimo con loro, da quel che vedo.
- Sì – rise in risposta – Mi mancano tanto, sai?
- Immagino … Qui abbiamo finito. Federica si è addormentata, è il caso di svegliarla mi sa … - sorrise allungandosi sulle punte per stampare un bacetto sulla guancia di Lee, che sorrise di tutta risposta.
- Vado a svegliarla … Tu continua ad asciugare quei piatti. – continuò poi, dileguandosi nella stanza accanto per svegliare Federica.
 
.- Tranquilla, la accompagno da solo se sei stanca. Tanto la strada la ricordo bene ormai. – sorrise Lee rivolgendosi ad Alex
- Sicuro? Per me non c’è problema! – rispose lei
- Vai a dormire, su! Casa di Federica non è troppo lontana a quanto ho capito!
- Al massimo gli indico io la strada, tranquilla! – insistette poi Federica
- Ok … Allora buonanotte a tutti e due! – disse Alex sorridendo
- ‘Notte! – risposero i due in coro.
***
Arrivarono con l’auto fino al palazzo di Federica, scesero dalla macchina e Lee l’accompagnò fin sotto al portone, poggiandosi con un braccio al muro accanto al citofono e poggiò l’altra mano sul fianco. Federica si poggiò con la schiena al portone con Lee troppo poco distante.
- Sono stato bene oggi … - sorrise lui
- Anche io. Tu lo sai, io non sono una vostra fan a dirla tutta … Però tu mi sei simpatico
- Io? Grazie. – sorrise – Invece Duncan lo odi?
- Non è che lo odio … E’ che non mi piace come si è comportato con Gab, tutto qui.
- Capisco … Cambierai idea, te lo assicuro. In ogni caso, anche tu sei simpatica – sorrise
- Grazie! – sorrise lei di rimando – Allora ci vediamo domani?
- Certo! – rispose lui allegro.
Federica si alzò sulle punte dei piedi e gli diede un bacio quasi all’angolo della bocca, dal lato opposto dove prima Alex lo aveva baciato. Dopodiché gli sorrise ed entrò nel palazzo.
 
 
***
 
Duncan non poteva credere a ciò che Gab gli aveva appena raccontato: sapeva di avere una particolare empatia con quella ragazza, ma non pensava che fosse dovuta anche a questo.
- … Ed è anche per questo che tu sei sempre stato il mio preferito … Ed è anche il motivo per cui è grazie a te che sono andata avanti … Mi sentivo compresa. C’era finalmente qualcuno che poteva comprendermi. Lee l’ha capito anche prima di te! – ridacchiò Gab un po’ malinconica
-  Wow … Non mi sarei mai aspettato una cosa simile … Quindi Lee lo sapeva? – chiese sorpreso
- Gliel’ho detto la sera del mio compleanno. Si può dire che mi abbia quasi tirato le parole di bocca: non mi ero mai aperta con nessuno così presto …
Duncan la guardò un po’ malinconico: come poteva un uomo voler far del male ad una ragazza … No, non ad una ragazza, ad una bambina così? Come poteva aver vissuto quattro anni così, senza morire di nostalgia?
- Vieni qui … - disse lui stringendola ancora più forte – Non permetterò più a nessuno di farti del male …
Duncan la guardò negli occhi, poggiò la mano sulla guancia … Cominciò a chiudere gli occhi avvicinandosi sempre di più alle labbra di Gab. Sempre di più. Sempre di più … Ormai a separarli c’erano solo i respiri di entrambi che si mischiavano l’uno con l’altro …
 
 
Salve BlueFam!
Niente, ormai mi sono arresa: i commenti li metto sotto, punto! XD
Alloooora …. Avete fangirlato come se non ci fosse un domani per questo capitolo? Mi state mandando le peggio bestemmie per come l’ho fatto finire? E secondo voi, adesso, cosa succederà?
Duncan e Gab si baceranno? Faranno definitivamente pace?
E Lee? Si prospetta un triangolo amoroso! Eheheh … Secondo voi chi vincerà? :3
E Julie? Che fine ha fatto? Non sentite la sua mancanzaaaa? :3
MUHAHAHAAHAHHAAHAHAHAH!! Sono diabolica 8D
Per chi non l’avesse capito, la canzone che canta Duncan è
Suffer
Un grazie va sempre a chi legge, chi segue,  chi aggiunge a preferiti e a GinevraJames che è l’unica poverella che mi recensisce ogni capitolo ç___ç Fatemi sapere che ne pensate!! ♥
Xoxo
Rie ♥☺

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Capitolo 13
*** 12- Déjà Vu ***


12. Déjà Vu.

 
Parcheggiò la macchina nel cortile, prese le sigarette e le chiavi lasciate sul cruscotto, afferrò il giubbotto ed entrò nel palazzo. Lee si era fatto prestare delle chiavi di casa da Danielle per rientrare dopo aver riaccompagnato Federica.
Già, Federica. L’aveva baciato all’angolo della bocca: a lui sarebbe bastato un piccolo, microscopico movimento per baciarla sulle labbra, eppure non si era mosso di un millimetro. Eh sì, a Lee cominciava a piacere Federica, ma voleva fare le cose con calma … In più, c’era il fatto che nemmeno Alex gli era insignificante, ma, non conoscendo bene nessuna delle due, voleva capire meglio chi fosse più adatta a lui e chi gli piacesse di più.
Ogni tanto gli capitava anche di ripensare a Julie: anche se era felicemente fidanzata e lui non aveva alcuna speranza, a lui Julie piaceva tanto e un po’ ne aveva sentito anche la mancanza in quei giorni, ancor di più in quella giornata in cui aveva visto Gab da sola, senza la sua sorellona. In ogni caso, di lì a pochi giorni, sarebbe stato il compleanno di lei, quindi probabilmente sarebbe venuta in Italia con il suo ragazzo.
Chissà, magari conoscendo anche quel ragazzo di cui a stento ricordava il nome (e che già gli stava antipatico anche senza conoscerlo)  si sarebbe arreso all’idea che Julie era totalmente irraggiungibile; non che non lo sapesse già: razionalmente ci era arrivato, ma Julie gli piaceva davvero tanto e, si sa, le persone si ritrovano spesso a dover assistere alla battaglia tra il proprio cuore ed il proprio cervello. Lee stesso, cominciava a chiedersi chi avrebbe vinto tra i due.
Arrivato al terzo piano, infilò la chiave nella serratura e richiuse lentamente la porta alle sue spalle cercando di fare il meno rumore possibile. Si levò il giubbino, lo posò sull’attaccapanni e si diresse in cucina per bere; rivolto lo sguardo verso il frigorifero, si ritrovò Alex con addosso una t-shirt nera molto larga e abbastanza lunga ed un pantaloncino azzurro corto. Molto corto. Troppo corto, soprattutto vista la battaglia cuore-cervello che era appena iniziata.
- Oh, scusa. Mi auguro di non averti svegliata! – sorrise lui un po’ imbarazzato.
- No, tranquillo. Non sono neppure andata a dormire … -sorrise di rimando, poi bevve un sorso d’acqua – Sono andata a cambiarmi, poi mi è venuta sete e sono venuta in cucina … Ci ho messo io parecchio tempo a fare tutto, o ci hai messo tu poco tempo ad accompagnarla a casa? – ridacchiò
- Probabilmente entrambe le cose – rise lui in risposta afferrando la bottiglia d’acqua per versarsene un po’ in un bicchiere e bere – L’hai visto, sono abituato a correre in macchina, per strada non c’era nessuno a quest’ora e casa di Federica è vicinissima. – sorrise.
- Vero. Dovresti rallentare qualche volta! È pericoloso, sai? – ridacchiò
- Oh, ti prego … Non dirmi che sei una di quelle apprensive e paranoiche!
- Ma no, scherzavo! – rise lei – Non corri così tanto … - ammiccò poi, facendogli la linguaccia.
 
***
 
Gab girò il volto verso il soffitto, in modo da scansare il bacio. Duncan sospirò afflitto: ci stava riuscendo, gli mancava pochissimo. Stavolta credeva davvero di avercela fatta. Gab lo guardò di nuovo:
- Mi dispiace … Non … Non me la sento ancora. Anche se mi hai aiutato adesso, se mi sei stato vicino … Non po- … - Duncan la interruppe.
- No, ok, tranquilla. Lo capisco … - disse un po’ dispiaciuto.
- Inutile che ti dica che quello che provavo per te, qualunque sentimento fosse, non è cambiato … Vorrei solo avere la certezza di potermi fidare di te … Come prima. Tutto qui.
- Tranquilla, ti ho detto. Sul serio, ti capisco. – sorrise, anche se un po’ forzato
- O- ok … - disse lei rannicchiandosi  ancora un po’ addosso a lui, come a volergli dire “Stai andando bene così: la tua capacità di farmi perdere il controllo non è cambiataDammi solo un po’ di tempo” .
Lui di tutta risposta la strinse ancora più forte accarezzandole la testa.
- Vuoi che rimanga un altro po’ qui con te? – chiese lui dandole un bacio sulla fronte.
- Non mi dispiacerebbe … Ma Alex dorme in stanza con me e credo abbia sonno. –ridacchiò lei
- Posso sempre dormire io qui … - disse con un sorrisetto stampato in faccia, chiaramente visibile anche con la sola luce rosea e fioca della lava-lamp. Gab gli rivolse un finto sguardo accigliato.
- Che c’è? – rise lui – Ho detto ‘dormire’, mica altro! – rise ancora.
Gab afferrò uno dei cuscini più piccoli accanto a lei e lo usò per colpirlo sulla testa.
- Idiota!! – rise – Ma pensi solo a quello?! – ridacchiò.
- E dai, scherzavo! – rise con lei
- Devi andare ora … - gli diede un bacio sulla guancia schioccando leggermente le labbra. – Buonanotte Duncan. – sorrise poi guardandolo e mettendosi in ginocchio sul letto, attendendo che lui si alzasse.
Duncan si mise seduto, le diede anche lui un bacio sulla guancia, si alzò dal letto e, prima di uscire dalla stanza le sorrise:
- Sogni d’oro … - sussurrò, poi uscì.
---
Uscito dalla stanza, Duncan si ritrovò a passare davanti al salotto, dove Alex e Lee si erano seduti a parlare. Alex lo vide e lo guardò accigliata:
- Oh! Finalmente ho la stanza libera e posso andare a letto! … Non vi sarete mica baciati? – Dunk scosse la testa.
- Sfortunatamente no, per la tua felicità! – ridacchiò
- Sì, ma anche se fosse, la prossima volta fatelo di mattina! Io ho sonno! Voglio dormire!!- protestò lei ironica.
- Per la serie “Lee, sei talmente noioso da farmi aumentare il sonno!” … No, ma grazie eh!! – intervenne Lee fingendosi offeso
- E dai, che lo sai che avevo sonno già da prima! – ridacchiò Alex, poi guardò Duncan – Non è che sono felice che non vi siete baciati … E’ che io sono la sua migliore amica e non ho intenzione di vederla star male … Ne ha già passate troppe. Quindi non mi fido ancora completamente di te.
- Lo so … Prima mi ha raccontato la sua storia … Sembra che io e te siamo stati fondamentali per lei, da quel che dice … - rispose Duncan facendosi serio.
- Anche io lo sono stato!! Ma cos’è oggi? La giornata del “ Offendiamo e trascuriamo tutti il povero Lee”?? – li interruppe di nuovo Lee, con lo stesso tono di prima. Alex gli accarezzò la testa.
- Aww, povero piccolo Lee … Ha bisogno di attenzioni! - rise, poi tornò a guardare Duncan – Già … A maggior ragione, adesso che sai tutto … Cerca di non deluderla di nuovo: non lo sopporterebbe.
- Non lo farò. È una promessa.
- Non promettere se non sei sicuro di poter mantenere la tua promessa … - disse Alex alzandosi dalla sedia – Sono un po’ stanca, vado a dormire. Domani vi aspetta un giro turistico, sappiatelo. – ridacchiò, poi diede un bacio sulla guancia ad entrambi e si diresse verso la camera di Gab – ‘Notte ragazzi. Se avete problemi, venite pure a svegliarci …
- Buonanotte! – risposero i due in coro.
 
***

- Cogliona, ti alzi? – disse Alex scuotendo leggermente Gab, non del tutto cosciente.
- Ma ho sonno! – mugolò lei in risposta
- Ma ci sono due simpatici ragazzi a cui abbiamo promesso di far visitare la città, per cui, alzati!!
- Sì, sì ok, va bene, mi alzo … - disse sbadigliando mentre si stiracchiava.
Erano appena le dieci del mattino, ora impensabile per svegliarsi quando si era in vacanza secondo Gab. Purtroppo però, fu costretta a farlo: probabilmente nemmeno i ragazzi avrebbero voluto svegliarsi troppo presto, ma nel dubbio decise di alzarsi. Si mise seduta sul letto stiracchiandosi nuovamente, si grattò un po’ la testa e si alzò in piedi.
- Vuoi qualcosa di particolare per la colazione stamattina?
- E se preparassimo i pancakes? – propose Alex entusiasta.
- Sì, perché no! – sorrise Gab in risposta – Tu intanto magari prepara il cappuccino: penso che farà piacere a tutti.
- Dillo che in realtà sei tu a volere il cappuccino! Ammettilo! – la prese in giro
- Tu preparalo e basta!! – rise lei ed aprì la porta di camera sua ritrovandosi una rosa con un biglietto davanti ai propri piedi. Sgranò gli occhi e raccolse la rosa per poi aprire il biglietto e leggerlo:
Good morning, princess. ♥
xo      
                            D.  
Gab sorrise e annusò la rosa: aveva un profumo stupendo.
- Ok, te lo concedo, il ragazzo ci sa fare! – ammise Alex sorridendo
- Già … Secondo te cosa dovrei fare?
- Mettila in un vaso!- rise
- Idiota!- rise anche lei – Lo sai che intendo!
- Diciamo che è sulla buona strada per farsi perdonare, ma è ancora presto: un giorno ed una rosa il mattino dopo sono troppo pochi. Vediamo fin quanto resiste!
- Tu sei sadica! – rise Gab
- Lo so! E ne vado fiera! – ridacchiò l’amica in risposta.
---
Appena finirono di preparare i pancakes, le ragazze li misero in un vassoio che poggiarono sul tavolo insieme ad una bottiglia di latte, del caffè, del tè, dei cereali, nutella, sciroppo d’acero ed infine Gab preparò il cappuccino.
- Alex, potresti andare a svegliare i ragazzi? Io nel frattempo vado a svegliare mia madre
- Perché io? Perché non li svegli tu? – protestò
- Perché per quanto ti conosca, non credo che mia madre voglia essere svegliata da te!! E se ci mettiamo troppo, la colazione si raffredda, quindi muoviti!
- Ok, ok , sissignora! – si arrese Alex dirigendosi in camera di Duncan e Lee.
Bussò piano alla porta, poi aprì: Duncan non era nel suo letto; Lee dormiva come un ghiro in una posizione assurda e per di più a torso nudo. Alex avvampò.
Si sedette vicino a lui e lo scosse un po’ sussurrando:
- Hey Lee … Svegliati … Io e Gab abbiamo preparato la colazione. Forza, su!
- Mmh? Eh? … Sì, adesso mi alzo … - disse stiracchiandosi dopo aver sbadigliato
- Dov’è Duncan? – chiese Alex
- Sarà andato a correre … Lo fa spesso, soprattutto ultimamente.
- Capisco. Beh, su, adesso alzati, telefonagli e digli di tornare a casa.
- Agli ordini, capo! – ridacchiò, si mise seduto sul letto e diede un bacio sulla guancia ad Alex per poi prendere il cellulare e telefonare all’amico: per fortuna, non si accorse dell’arrossire della ragazza.
- Perfetto, sta arrivando. Questione di minuti. – disse Lee sorridendo dopo aver posato il cellulare.
Si alzò dal letto e Alex diventò ancora più rossa nel vedere che indossava solo le mutande:
- Sai cos’è un pigiama, Lee? – disse cercando di distogliere lo sguardo.
- Eh? Oh, scusa, l’avevo dimenticato – ridacchiò infilandosi il primo pantalone e la prima t-shirt a portata di mano – Ci ho fatto talmente l’abitudine che mi ero dimenticato di essere nudo, perdonami!
- Tra- tranquillo … - balbettò lei in risposta – Però adesso andiamo da Gab, prima che cominci a lamentarsi di avere fame – continuò poi alzandosi ancora imbarazzata. Lee continuava a ridacchiare sotto i baffi.
***
Appena ebbero finito di fare colazione, si vestirono per uscire. Salirono in macchina con Lee alla guida.
- Bene, dov’è che ci portate? – chiese Duncan, sedendosi su uno dei posti dietro.
- Sorpresa! – sorrise Gab
- Hey!! Quello è il mio posto, Dunk! – protestò Alex
- Siediti accanto a Lee, dai. Deve avere qualcuno che lo guidi meglio, no? – rispose mostrando il suo solito irritantissimo sorrisetto. Gab ridacchiò sotto i baffi arrossendo: la sfacciataggine di quel ragazzo andava oltre ogni limite!
- Hey, ma Federica non viene con noi? – chiese Lee
- Ha detto che non voleva svegliarsi presto … Ci raggiungerà dopo – rispose Gab
Lee annuì, mise in moto l’auto e partì.
---
Duncan aveva messo il braccio destro intorno alle spalle di Gab, tenendola per mano con le dita intrecciate; come Lee, anche Gab stava affrontando una guerra cuore-cervello: da un lato avrebbe voluto distaccarsi un po’ da quel ragazzo che l’aveva fatta soffrire, ma dall’altro voleva riempirlo di baci e concedersi a lui senza pensarci due volte. Non sapeva cosa fare. Fissava la strada muoversi da fuori al finestrino, cercando di non pensare alla mano di Duncan che la stringeva.
- Gab, dove devo girare? – chiese Lee interrompendo i pensieri della ragazza
- Ehm … A destra. – rispose lei
- A destra? – chiese Alex – Che c’è a destra?
- Lee, non la ascoltare, vai a destra e basta! – rispose Gab.
Duncan la guardò, sorrise, poi le si avvicinò per sussurrarle all’orecchio:
- Spero che tu abbia scelto un posticino romantico da farci vedere …
Gab dovette deglutire due volte prima di metabolizzare cosa effettivamente il ragazzo avesse detto.
- E ora? Dove vado? – chiese ancora Lee
- Vai dritto. – rispose Gab cercando di sembrare naturale e di non far trasparire il suo imbarazzo
- Gab, si può sapere dove li stai portando?! – protestò Alex
- Sul lungomare! A Mergellina!
- Ma non si va per di qua!!! – urlò Alex
- Ma io non so che strade si fanno con la macchina!- si lamentò Gab
- Dio mio, Lee torna indietro … Ti guido io, prima che questa ci faccia perdere per la città.
Duncan e Lee erano scoppiati a ridere; Gab, invece, era sprofondata nel sediolino per l’imbarazzo.
***
Arrivati a destinazione, Lee parcheggiò la macchina non troppo distante dal lungomare, poi fecero una passeggiata a piedi. Circa venti minuti dopo, arrivò anche Federica.
- Ragazzi, che ne dite se affittassimo uno di quei cosi … Come si chiamano? – propose Alex
- Caspita, sei stata chiarissima! – la prese in giro Gab
- E dai, hai capito! Quelle biciclette a più posti … Come si chiamano?
- I risciò? – suggerì Federica
- Sì, quelli! Dai, ne fittiamo uno? Anzi due, visto che in uno non ci entriamo … Ne prendiamo uno per tre persone ed uno per due … Che ve ne pare?
- A me l’idea piace … - disse Duncan sorridendo
- Idem per me! – esclamò Lee entusiasta
- Allora è deciso. – sorrise Gab facendo spallucce.
***
Dopo aver passato un’ora e mezza sul risciò (rischiando peraltro di andare a sbattere contro un albero a causa dell’innata goffaggine di Federica e Alex che si erano ostinate a voler stare alla guida del mezzo), presero una pizza d’asporto in uno dei ristoranti che affacciavano sul lungomare;  sotto proposta di Lee, avevano deciso di mangiare la loro pizza sugli scogli e avevano passato la maggior parte della giornata lì, ridendo e scherzando per ore ed ore.
- Non eravate mai venuti qui, o mi sbaglio? – chiese Gab a Duncan quando furono un po’ in disparte.
- No … Qualche anno fa sono andato in vacanza con mia madre a Sorrento ed una volta Lee è venuto qui, se non ricordo male … Ma io non ero mai venuto a Napoli. – sorrise lui fissando il sole che si accingeva a tramontare all’orizzonte
- Sono contenta di essere stata la prima a fartela vedere, allora … - rispose Gab sorridendo, ma senza guardarlo
- Questa l’ho già sentita … - ridacchiò Duncan voltandosi verso di lei – Come mai? – sorrise
- E’ la stessa cosa che mi hai detto tu riguardo il cielo stellato … - rispose stendendosi completamente sullo scoglio e chiudendo gli occhi, mentre si lasciava accarezzare da quella leggera brezza che cominciava a farsi un po’ più fredda, a causa dell’approssimarsi della sera … Dunk continuava a fissarla.
- E’ bellissima, non è vero? – gli chiese Gab con gli occhi ancora chiusi
- Già … - sussurrò Duncan avvicinandosi sempre di più al viso di lei, fin quando Gab aprì gli occhi sentendosi il respiro dell’altro  sul volto.
Cominciò ad alzarsi un po’ anche lei per avvicinarsi a lui … Gab gli carezzò il viso con una mano e cominciò a chiudere gli occhi insieme a lui, che intanto inclinava un po’ la testa per avvicinarsi.
Erano l’uno a pochi millimetri dall’altro, quando Gab si bloccò:
- Ma quelli … Quelli … QUELLI SONO DUNCAN JAMES E LEE RYAN DEI BLUE!!
- Oddio, sì, sono proprio loro!!
Gab, sentendo questo coretto di oche alle sue spalle, si voltò e sospirò contemporaneamente a Duncan.
- Mi pareva troppo bello per essere vero … - sussurrò Duncan afflitto con un sorrisino sulle labbra
- Si vede che era ancora troppo presto … - ridacchiò Gab poco prima di dargli un bacetto sulla guancia. – Va’ da loro … Ci rimarranno male se non fai foto e autografo a tutte …
Duncan ridacchiò.
- Agli ordini, mia signora! … Lee, alzati!
- Arrivo! – rispose lui facendo un balzo sullo scoglio accanto a quello su cui si trovava Duncan.
- Oddio, oddio, vi prego, possiamo farci una foto assieme? – disse una delle ragazze
- Siamo vostre fan da anni ormai!! – continuò l’altra.
- Sicuro che ce la facciamo! – disse Duncan sorridente
- Che carine che siete! – continuò Lee, anche lui sorridente.
Gab fissava la scena di quelle due ochette che facevano le stupide con Duncan e Lee: la gelosia l’aveva invasa. Era talmente piena di gelosia che a momenti avrebbe preso quelle due oche giulive per i capelli per lanciarle a mare.
- Gab, calmati … Per l’amor del cielo, calmati … - disse Alex tentando di trattenere le risate e di non far notare che, in realtà, anche lei era gelosa
- Tanto lo sappiamo che Duncan è cotto di te, fidati … - continuò Federica con lo stesso identico tono e le stesse intenzioni di Alex
- Sono indecisa se uccidere lui, o loro. Guardate quelle troiette come gli si strusciano addosso! E come quel cretino ci sta!! – sbottò Gab su tutte le furie
- Fa parte del suo lavoro, dai … - cercò di calmarla Federica
- E’ un cantante e i cantanti CANTANO, non fanno i cretini con le altre!
- Tecnicamente, non state insieme … - intervenne Alex
- Ma stavamo per baciarci!! – protestò Gab  - Stasera, discoteca!! Gliela devo far pagare a quello sciupa femmine da quattro soldi!
- A me non sembra  una buona idea … - suggerì Alex con la forte approvazione di Federica.
- Dai, ci divertiremo … - disse Gab con un sorrisetto a dir poco sadico, mentre Dunk, ancora con le fan, la guardava con la coda dell’occhio.
***
Le ragazze, ovviamente, si prepararono tutte da Gab: Federica optò per un top largo blu notte con le bretelline, insieme a dei decolleté dello stesso colore ed un jeans chiaro; Alex scelse un vestitino turchese a giromaniche, a cui abbinò una cinturina e vari accessori in nero, insieme a dei decolleté open-toe, sempre neri; Gab, come al solito, preferì un outfit un po’ più casual, così decise di indossare degli shorts a vita alta di un  turchese molto chiaro, dello stesso colore degli open-toe, con un top molto aderente nero che lasciava le spalle scoperte con vari accessori in turchese chiaro e nero. 
Una volta pronte, andarono in salotto in attesa  di Duncan e Lee.
- Ragazze, ricordate: qualsiasi cosa, voi reggetemi il gioco! Deve impazzire dalla gelosia! – disse Gab sottovoce per non farsi sentire dai ragazzi
- Non credi di esagerare un po’, Gab? – chiese Federica
- No, non esagera! – intervenne Alex – Quel coglione si è messo a fare l’idiota con quelle ochette dopo tutto quello che è successo! Si merita di rosicare un po’!!
Gab e Federica si guardarono un po’ spaventate.
- Giuro, questo tuo sadismo mi terrorizza. E non poco. – disse Gab ridendo
- Aiuto, ho la pelle d’oca! – continuò poi Federica coalizzandosi con Gab.
***
Duncan non resistiva più: era più di un’ora che Gab continuava a ballargli davanti, dimenandosi come fosse da sola in mezzo alla pista. Ballava insieme alle sue amiche attirando l’attenzione di parecchi ragazzi, che ogni tanto andavano a ballare dietro di lei e le altre, nel tentativo di provarci.
- Se non ce ne andiamo subito da qui, penso che prendo a pugni qualcuno! – sbottò Duncan rabbioso
- Dai, Dunk, è chiaro come il sole che lo sta facendo apposta per farti ingelosire! – ridacchiò Lee – Si vuole vendicare per le fan di oggi, di sicuro …
- Dici?
- Cacchio, ma l’hai vista come guardava quelle ragazze? Devi ringraziare che Gab non ha lo sguardo incendiario, altrimenti sarebbero morte sul colpo … Lascia fare a me, vado a parlare col DJ … Tu chiedile di ballare!
E detto questo, Lee si dileguò verso la console.  Improvvisamente, partì una bachata: Cuando Volveras di Aventura. Duncan avanzò velocemente verso Gab, la afferrò per il polso, le fece fare un giro e l’attirò a sé tenendola stretta in vita.
- Mi concede questo ballo, princess? – sorrise, cercando di non far trasparire la gelosia che l’aveva invaso al limite.
Gab lo guardò un secondo, fece un sorrisetto, poi annuì:
- Come potrei rifiutare? – ridacchiò.
Duncan la teneva strettissima a sé, facendola volteggiare in maniera talmente sensuale ed elegante, che i due si erano ritrovati accerchiati da tutti, ormai incantati a fissarli: un po’ per la fama di lui, un po’ per la bellezza di loro due come coppia.
- Oggi è una giornata piena di  dèjà vù, non ti sembra?  - le sussurrò Duncan all’orecchio
- Hai ragione … E tu lo sai che cosa si dice riguardo i dèjà vù? Che quando ne hai uno, vuol dire che hai fatto un errore di percorso nella tua vita, che hai scelto la strada sbagliata e la vita ti sta dando l’opportunità di riprovare … - rispose lei seria
- Allora non mi farò scappare quest’occasione … - sorrise lui
***
Dopo aver richiesto la bachata al DJ, Lee si era diretto al bancone del bar:
- Un vodka lemon con ghiaccio, please . – chiese ammiccante alla barista che, dal canto suo, cercava di attirare l’attenzione, avendolo riconosciuto all’istante.
Lee adorava quella parte del suo lavoro: certo, cantare era sempre stata la cosa che più gli piaceva fare, ma contemporaneamente è sempre stato un donnaiolo e, di conseguenza, avere l’attenzione di tantissime ragazze addosso non gli era mai dispiaciuto, di sicuro.
- Sono carini eh? – disse Federica interrompendo i pensieri del ragazzo.
-  Mh? Oh, ciao. Non mi ero accorto che fossi qui … Beh, sì, lo sono. Dici che ci metteranno molto a tornare assieme?
- Mmh … Secondo me no. Non così tanto … Allora? Ti stai divertendo?
- Moltissimo – sorrise lui – E tu?
- Sì. È divertente guardare le facce di Duncan quando è geloso di Gab. – ridacchiò Federica facendo ridere anche lui.
- Già … Sai … Sei bellissima stasera. – sorrise dolce
- G- grazie … Che dolce che sei! – sorrise Federica imbarazzata
- Ho solo detto la verità … Senti … Ti va di andare un po’ fuori?
- Chi? I- io e te? – avvampò
- Sì. – sorrise lui ammiccante – Ovviamente solo se ti va!
- Certo! Sì, sì, mi va … Andiamo?
Lee prese il suo cocktail e le circondò le spalle con un braccio portandosela all’esterno del locale.
Alex, seduta su un divanetto poco distante dal bar, fissava la scena un po’ stordita … Sperava solo di non aver frainteso per la milionesima volta.
***
Quando la canzone finì, Gab tornò a ballare da sola al centro della pista, incurante degli sguardi rabbiosi di Duncan che, piuttosto che frenarla, la incitavano a continuare. Un ragazzo le si avvicinò con l’intento di provarci: Duncan  si sentì raggelare e Gab lo notò. Nonostante ciò, si allontanò dal ragazzo prima che questo potesse avvicinarsi, ma poco dopo se ne avvicinò un altro … E un altro ancora … E poi uno particolarmente insistente, un vero e proprio scocciatore.
Duncan non ci vide più dalla rabbia e, percorrendo a grandi falcate la pista da ballo, afferrò Gab per un polso trascinandola all’esterno, in un angolino completamente deserto.
La fece poggiare con la schiena al muro, si mise di fronte a lei poggiando le mani al muro, giusto poco più sopra la testa di lei.
- Che intenzioni hai? Spiegamelo! – chiese Duncan con tono deciso
- Io? Che intenzioni ho? Perché, cosa ho fatto? – esclamò facendo la finta tonta
- “Cosa ho fatto?”?! Sono due ore che fai la cretina con quegli idioti là dentro e mi chiedi anche cosa hai fatto?!
- E … Quindi? Cosa c’è, sei geloso Dunk?
- Ovvio che sono geloso, Gab!! OVVIO! – esclamò esasperato Duncan, portandola con le spalle al muro.
Duncan sospirò per calmarsi, poi riprese a parlare:
- Gab … Io ci sto provando … Ce la sto mettendo tutta … Sono solo due giorni, lo so che è poco, ma … Tu sai che quello che provo per te va oltre il semplice “piacersi” … Io provo qualcosa per te, non so di preciso cosa sia, ma è FORTE. Veramente forte. E –e … E vederti accanto ad un altro … Vederti con un altro mi fa impazzire. Io ti voglio … Solo per me.
Gab lo fissò sgranando gli occhi per qualche secondo, poi gli allacciò le braccia al collo avvicinandosi col viso a quello di Duncan; approfittando della distanza che si accorciava, Duncan l’abbracciò in vita e con un movimento repentino la baciò e l’attirò a sé.
Lei, dal canto suo, si strinse ancora di più a lui infilandogli le dita tra i capelli mentre lui le accarezzava la schiena con una mano.
Si tennero stretti a lungo,  lasciando che tutte le emozioni e le passioni provate e trattenute in quei giorni esplodessero in quell’unico bacio.
Avevano trattenuto troppo in quei due giorni che erano stati a contatto: tra di loro c’era una chimica speciale che gli impediva di stare lontani fino ad un certo limite di tempo, e quel limite era già stato ampiamente superato giorni prima.
Gab interruppe il bacio:
- Non puoi pretendere di avermi solo per te … - disse poi seria mentre Dunk la guardava allibito - … Non puoi pretendere di avere qualcosa che già hai. – continuò poi sorridendo.
Duncan sorrise, poi riprese a baciarla con passione.
***
La serata era giunta al termine ed i ragazzi stavano tornando a casa.
- E’ stata una bella serata, non trovate? – disse Federica
- ASSOLUTAMENTE SI’ – risposero Gab e Duncan in coro, subito prima di darsi un bacetto a timbro.
- Oh, bene, finalmente! Non ce la facevo più a vedervi litigare, anche se un po’ era divertente … - ridacchiò Lee, facendo ridere anche gli altri.
Alex era l’unica a non ridere; l’unica a non ridere e a restare completamente muta. La vista di Federica e Lee insieme,  non le aveva certo fatto piacere.
Dopo aver accompagnato Federica ed essere tornati a casa, parcheggiarono l’auto in cortile. Riuscirono per miracolo ad entrare tutti e quattro in ascensore, poi, saliti al terzo piano, Gab aprì la porta di casa.
- Cos’è, adesso andate in giro a divertirvi senza la sottoscritta? “Divertirvi”, poi … Senza di me, non c’è divertimento!!
Gab sgranò gli occhi e corse incontro alla ragazza per abbracciarla:
- Julie!! Sei tornata!!
 
Salve BlueFam!
Lo so, lo so che mi amate troppo per il bacio di Dunk e Gab e che non riuscirete ad odiarmi per questo finale bastardo ♥ (no, bugia, mi vorrete uccidere comunque 8D )
However … JULIE E’ TORNATA! Il triangolo è diventato un quadrato (?!) … E adesso?  Secondo voi cosa farà Lee? Eheheheh, lo sto mettendo in crisi, povero piccolo cuccioLEEno ♥ 8D
(no, ok, lo ammetto, questa era squallida. )
Spero vi abbia fatto piacere che abbia messo un chiarimento sulla zona precisa dell’Italia  in cui ci troviamo, ossia NAPOLI :3 La trovo molto romantica come città, ancor di più sul lungomare … In più, in questo modo, potrete avere un’immagine più chiara della storia :3
COOOOOOMUNQUE, spero che questo capitolo vi sia piaciuto (anche se è durato un po’ di più del previsto XD) … Se vi è piaciuto (ma pure se vi ha fatto schifo), fatemelo sapere con una recensioneeeeee! ^^
Grazie sempre a chi legge, a chi segue, a chi aggiunge a preferiti, ma soprattutto a chi RECENSISCEEEEE (in particolar modo GinevraJames e BLUEEYES88, mie fedeli :°D)
Ci si vede al prossimo capitolo …
Ciau! :3
Xoxo
Rie♥ ☺

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Capitolo 14
*** 13 - I Can't Sleep At Night 'Till You're By My Side ***


 13. I Can’t Sleep At Night ‘Till You’re By My Side.
 
Duncan non riuscì a chiudere occhio quella notte: era troppo felice ed eccitato per riuscire a dormire. Si sentiva strano, non gli era mai capitato di stare così per una ragazza … Almeno non dopo aver oltrepassato la soglia dei 17 anni! Eppure Gab gli faceva lo stesso effetto di tutte le sue fidanzatine del liceo: gli faceva perdere il lume della ragione fino al punto di non riuscire più a far nulla.
Aveva passato la notte a fissare il soffitto bianco, perdendocisi dentro ormai affondato nei propri pensieri; lui era uno di quelli abituati ad avere tutte le ragazze ai suoi piedi da quando era diventato un membro dei Blue, in particolar modo se le suddette ragazze erano più piccole, ma  il fatto di essere riuscito a conquistare Gab era per lui quasi sconvolgente. Non che lei non fosse stata abbagliata da quel ragazzo già tramite lo schermo del pc, ma il fatto di essere riuscito a conquistarla anche materialmente lo rendeva più che felice. Il fatto di essersela dovuta sudare un po’, gli aveva reso la cosa anche più intrigante, gli aveva fatto venire ancora più voglia di stare con Gab: lui che, da un po’ di tempo, era abituato ad avere tutto e subito, di certo era rimasto colpito da quella ragazza, così comune eppure così diversa da tutte le altre e così simile a lui …
Prese il suo cellulare dal comodino e guardò l’ora: le quattro e dodici del mattino.
Dovrei almeno provare a  dormire” pensò lui … “Se domani mattina avessero intenzione di uscire io non riuscirei ad alzarmi … E probabilmente Gab poi mi ammazzerebbe …” ridacchiò tra sé e sé.
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Di cosa ti stupisci, Gab?”  pensò, ragionando con se stessa, rannicchiata sotto le coperte, con il viso rivolto sulla parete bianca attaccata al suo letto … “ Quel ragazzo era capace di mandarti in pappa il cervello non lasciandoti la possibilità di dormire anche quando il massimo del contatto avveniva nella tua stupida mente da ritardata! Anche quando lo avevi visto solo su uno schermo era capace di non farti dormire la notte … Perché adesso ti stupisci del fatto che dopo QUEL bacio tu non riesca a dormire e ti stia girando e rigirando nel letto da ore?”
Anche Gab si tormentava cercando di prendere sonno e, nel contempo, si chiedeva se Duncan stesse dormendo e se e cosa stesse sognando o, nel caso fosse sveglio, a cosa stesse pensando; si chiedeva se anche lui potesse essere sveglio a causa sua … Ma certo che no. Lui era Duncan James, quello figo dei Blue, quello che otteneva tutto ciò che voleva, e lei non faceva certo eccezione. Certo, con lei era diverso, ma di sicuro lui era cosciente del fatto che prima o poi Gab avrebbe ceduto, quindi perché sarebbe dovuto essere diverso in quest’occasione?
Il cellulare si illuminò vibrando sul comodino accanto a lei. Lo afferrò sorrise visualizzando il messaggio appena arrivato:
Sei sveglia? Io non riesco a dormire … “
Gab ridacchiò, poi cominciò a digitare in risposta:
Nemmeno io … C’era bisogno di mandarmi un messaggio per dirmelo? XD Non potevi semplicemente venire in camera, visto che sei dall’altra parte della casa?”
La risposta arrivò immediata.
Se Alex si fosse svegliata, mi avrebbe ucciso senza pietà … E se tu fossi stata addormentata avrei rischiato di svegliare anche te … ♥”
Gab strinse il telefono al petto, quasi sperando che l’abbraccio potesse arrivare al destinatario all’altro capo del telefono.
Vieni in salotto …”  rispose subito dopo, per poi alzarsi velocemente dal proprio letto e, senza fare rumore, dirigersi nell’altra stanza.
Si sedette sul divano rannicchiandosi sul bracciolo; pochi secondi dopo arrivò anche Duncan:
- Fammi spazio … Mi metto accanto a te – sorrise e sussurrò dolce mentre prendeva una coperta che era piegata sull’altro lato del divano.
Gab si scostò un po’ più in avanti, mettendosi in punta al divano, in modo da far stendere Duncan dietro di lei … Lui le mise la coperta addosso, in modo che coprisse bene entrambi, poi la strinse forte e le diede un bacetto sulla guancia. Gab si voltò in modo da mettersi di fronte a lui, accoccolandosi beata sul petto di Duncan che intanto le accarezzava la testa delicatamente.
Lei alzò la testa per guardarlo, come a richiedere un bacio che non tardò ad arrivare: Duncan sorrise e la baciò lentamente, accarezzandole piano la guancia mentre con l’altra mano la reggeva per la schiena, come a volersi assicurare che non se ne andasse mai e che rimanesse con lui per sempre … Lei, da parte sua, gli allacciò le mani dietro la nuca, infilando le dita tra i capelli di lui mentre continuava a godersi il sapore dolce di quel bacio che, per quanto tenero ed innocente potesse essere, non mancava mai di essere al contempo anche sensuale e passionale.
- Allora … Come mai la mia piccola non riusciva a dormire? – chiese sussurrandole all’orecchio, mentre scendeva piano con la testa per baciarle il collo. Il viso di Gab era in fiamme.
- Pensavo a un po’ di cose … E tu? – rispose tentando di avere almeno una parvenza di calma
- Colpa tua … - ridacchiò lui – Pensavo a … Te. Pensavo a prima, fuori al locale quando ci siamo baciati … Alla soddisfazione di poter rientrare mano nella mano con te in quella discoteca, facendo invidia a tutti quei pervertiti … - continuò poi a spiegare, vedendo l’espressione confusa sul volto di lei.
- Beh, vedere la faccia di quelle ochette che mi guardavano in cagnesco non è stato poi così brutto, devo ammetterlo … - ridacchiò lei – Però …
- “Però”…?
- Però non so se sia giusto … Forse sarebbe meglio non esporre … Tutto questo ai media … Forse è troppo presto … Sia per la tua carriera, che per la nostra privacy … E se poi diminuissero le tue fan? – continuò lei, abbassando lo sguardo.
Lui le sollevò il mento con il pollice e l’indice, costringendola a guardarlo negli occhi.
- Non mi interessa: che mi perseguitino i paparazzi, non importa, non ho niente da nascondere! Tantomeno voglio nascondere quello che stiamo costruendo io e te, anzi … Voglio urlarlo a tutti, soprattutto alle mie fan … Se sono mie fan, saranno felici perché io sono felice, come lo sono state per Antony e Simon quando si sono messi con Rosanna e Maria … E sta’ tranquilla, la mia carriera non subirà alcun danno … Al massimo, avrò trovato una musa ispiratrice! – ridacchiò lui per farla sorridere, poi la baciò facendo schioccare le labbra.
- E quindi … Adesso cosa siamo? Cos’è quel “qualcosa” che stiamo costruendo? –sorrise lei
- Beh, diciamo che per come stanno adesso le cose, tu sei mia ed io sono tuo … Mi piaci davvero tanto Gab … Anzi, non voglio spaventarti dicendotelo, ma non credo sia solo questione di piacersi … Non vorrei essere affrettato nel dirlo, ma è qualcosa di più: magari non è ancora amore, ma è sicuramente più del semplice piacersi … E sinceramente vorrei che tu … Vorrei che tu diventassi la mia ragazza … Ufficialmente, intendo …
Gab sorrise con gli occhi lucidi e gli prese il viso tra le mani:
- Provo anche io le stesse cose e, se è quello che vuoi anche tu, anche io voglio gridare a tutto il mondo che tu sei mio ed io sono tua … Anch’io voglio gridare che da oggi ci apparteniamo, che da oggi tu sei il mio ragazzo ed io sono la tua ragazza!
- Quindi … Questo è un sì? – sorrise lui entusiasta. Gab lo baciò nuovamente, impadronendosi in maniera quasi possessiva delle labbra carnose di Duncan che, in tutta risposta, facevano lo stesso con quelle di Gab.
Dunk si spostò di peso stendendosi su di lei mentre la teneva stretta a sé, godendosi tutto il sapore della bocca di Gab, mentre i loro respiri erano diventati una sola cosa …
Gab si staccò:
- Ti basta questa come risposta? – sussurrò poi, sorridendogli. Lui sorrise di rimando e, di tutta risposta, riprese a baciarla tenendola sempre più stretta a sé …
***
Bene, e adesso che è tornata cosa diavolo faccio?” pensò Lee, appena sveglio. Aveva avuto una nottataccia, prendere sonno gli era risultato troppo difficile … La guerra cuore-cervello aveva preso a diventare più forte quando aveva portato Federica all’esterno del locale: lui le aveva messo una mano dietro al fianco e l’aveva portata a fare un giretto là intorno, ma non c’era stato niente di più. Non che Lee non fosse stato tentato (più volte) di baciarla, ma semplicemente aveva preferito trattenersi: non era ancora sicuro di chi gli piacesse di più tra Alex e Federica, e questa volta voleva fare le cose per bene, non voleva commettere le solite sciocchezze che facevano star male la gente. Le cose si erano complicate quando, una volta rientrati a casa, si erano ritrovati Julie davanti agli occhi.
Il cuore gli era saltato fin su in gola: sapeva che prima o poi sarebbe tornata anche lei in Italia, ma di certo non pensava che sarebbe tornata QUEL giorno … Insieme al ragazzo per giunta. E quello che più gli rodeva, era che questo Leonard era anche simpatico! Stava perdendo ogni speranza con Julie … Forse stavolta l’avrebbe dimenticata …
Si alzò dal letto e si diresse in salotto, notando che ormai era mattina. La casa era ancora completamente addormentata, per cui cercò di fare il meno rumore possibile.
Entrato in salotto, si ritrovò davanti la scena di Duncan e Gabriella che si tenevano stretti, dormendo l’una nelle braccia dell’altro: avevano un’espressione così serena, così beata e dolce che non poté fare a meno di lasciarsi scappare un ‘aww’ non appena li vide. Pensò tra sé e sé che un giorno anche lui avrebbe avuto una storia così; si era ripromesso che dopo Sam, la madre di suo figlio Rain, anche lui sarebbe tornato ad essere sereno con la ragazza giusta. Ci aveva provato tante volte, ma nessuna sembrava essere ‘quella giusta’… Nessuna, tranne Julie, che quasi gli sembrava essere stata fatta apposta per lui.
 Sorrise, poi andò fuori al balcone ad affacciarsi, sempre cercando di non svegliarli; normalmente, da bravo disturbatore, avrebbe cercato il modo più stupido e fastidiosamente irritante per farli saltare giù dal divano, ma siccome il continuo rumoroso muoversi di Duncan nel letto era uno dei motivi della sua insonnia, penso che fosse meglio per tutti lasciarlo dov’era: gli concesse di godersi quel momento con Gab, ma giurò a se stesso che sarebbe stata l’ultima volta che l’avrebbe risparmiato. Rise tra sé e sé, scuotendo un po’ la testa e godendosi i raggi del sole, non ancora cocente, che gli baciavano il viso, rendendolo ancor più luminoso di quanto già non fosse …
Poco dopo, anche Julie entrò in salotto e, ritrovatasi anche lei quei due piccioncini abbracciati e addormentati, ridacchiò, contenta che avessero chiarito e fatto finalmente pace. Notò che Lee era fuori al balcone, così decise di andare a fargli compagnia … :
- Buongiorno, mr. Ryan! – sorrise Julie.
- ‘Giorno, Julie … - sorrise di rimando - … Come mai già sveglia? Non sei stanca per il viaggio?
- Mmh, no … Ormai ho fatto l’abitudine a viaggi di questo genere … E tu, invece?
- Oh beh, io ho continui problemi di insonnia … Se tu avessi twitter e mi seguissi, lo sapresti come tutti i miei followers – ridacchiò – ho sonno solo quando non posso dormire!
Julie rise, cercando di non fare troppo rumore per non svegliare i piccioncini.
- Capisco … Chissà come mai però … Beh, allora? Cosa mi racconti? Ti piace Napoli? E le amiche di Gab?
-  Beh, già una volta ci sono venuto, tanto tempo fa … Non la ricordavo così bella! – sorrise e guardò Julie, poi continuò: - E poi Alex e Federica sono simpaticissime! E se devo proprio essere sincero, mi piacciono un po’ entrambe … E sono indeciso su chi scegliere, in realtà … Ma troverò una soluzione, promesso!
- Il solito dongiovanni! – rise lei
- Hey, non è colpa mia se il genere femminile è così amabilmente intrigante e seducente! … Comunque anche il tuo ragazzo, Leonard … Mi va a genio! È simpatico, sai?
- Di solito conquista tutti … Tutti tranne Gab!! Quei due sono come cane e gatto: si prendono in giro in continuazione, ma in realtà si vogliono un gran bene … - ridacchiò Julie guardando il sole che ormai era definitivamente sorto.
- Beh, lo capisco … Da un lato è gelosa di te; dall’altro, adora Lenny per ciò che ha fatto per voi quando sono arrivati i problemi con vostro padre … E anche per come lui ti tratta. Anche io, se fossi in lei, avrei questo rapporto di amore-odio con lui … E poi stiamo parlando di Gab! Lei non ha MAI un rapporto normale e sereno con le persone se gli vuole realmente bene, o sbaglio? Deve per forza “trattare male” le persone a cui tiene, altrimenti non è contenta!- ridacchiò
- L’hai capita al volo, eh? – rise, poi continuò – In ogni caso, forse hai ragione … Beh, vuoi fare colazione? Io ho un po’ fame … - disse accennando a ritornare dentro
- Magari solo una merendina veloce … Ho molto sonno adesso – rispose lui sbadigliando.
- Ah, mi stai dicendo che sono così noiosa da metterti sonno?! – esclamò Julie fingendosi offesa
- No, no, no, no e ancora no! Assolutissimamente no! Non mi fraintendere! –rise Lee tentando di scusarsi
- Tranquillo, stavo solo scherzando! – rise lei in risposta – Al cioccolato va bene? – chiese lanciandogli la prima merendina capitatale in mano. Lee la prese al volo, la osservò un po’, poi annuì.
- Perfetta. Anche se è mattina … ‘Notte, Julie. – sorrise lui, scartando la merendina e addentandola.
- Sogni d’oro … Ah, ehm … Lee! … Qualsiasi sia il tuo problema … Riposati e dormi un  po’: la notte porta consiglio! …– ammiccò.
Lee la guardò un attimo sorpreso, poi sorrise, la ringraziò e tornò in camera sua; si distese sul letto a fissare il soffitto, ma poi il sonno lo assalì, facendolo sprofondare …
***
Appena svegliata, Gab si ritrovò sul divano, ancora stretta tra le braccia di Duncan che continuava a dormire. Rivolse lo sguardo verso il viso di lui e ridacchiò: un pensiero che accomunava tutti sull’aspetto di Duncan, era la sua marcata virilità. Ogni singolo centimetro del suo corpo e del suo viso, evidenziavano quanto fosse maschio, quanto fosse uomo. Eppure, vedendolo dormire, poggiato con la testa su quel suo fantomatico cuscino che portava sempre con sé, ricordava tanto il viso di un bambino: sembrava quasi un angioletto, ed era stranissimo, per lei, vederlo sotto quell’aspetto. Guardò poi l’orologio e si accorse che, a breve, anche il resto della casa si sarebbe svegliata.
Si scostò piano da sotto al braccio di lui, cercando di non svegliarlo … Una volta alzatasi, prese una penna, un foglio e cominciò a scrivere …
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Poggiò la mano su qualcosa di sottile e liscio, che al tatto fece rumore e si deformò sotto la pesantezza della sua mano, non ancora del tutto sveglia. Si decise a socchiudere l’occhio che non era bloccato dal cuscino e si rese conto di un piccolo foglietto di carta piegato a metà, messo proprio accanto a lui.
Duncan si stropicciò gli occhi con le dita di una mano, mentre con l’altra apriva il foglietto e col gomito si aiutava ad alzarsi per mettersi seduto. Cominciò a leggere:
Ben svegliato …
So che forse avresti preferito trovarmi lì con te, ma sinceramente non ce l’avrei fatta a dirtelo di persona, quindi comincio col chiederti scusa …”

Duncan si stropicciò nuovamente gli occhi corrugando un po’ il viso, non capendo il senso di ciò che leggeva.
… Mi dispiace di non essere coraggiosa abbastanza da dirtelo in faccia, ma ti giuro che stanotte ho pensato e riflettuto molto: ho pensato al modo in cui avrei potuto dirtelo, ho pensato a se fosse giusto dirtelo, se fosse il momento ed il modo adatto per farlo, ma alla fine, l’unica cosa che ho capito di riuscire a fare, è questa.
Mi sono resa conto che tra me e te non funzionerebbe. Sei un cantante ed il tuo lavoro comprende girare il mondo, essere carino con le fan e con le ragazze in generale. Non credo che riuscirei a sopportare l’attenzione dei media fino a questo punto, soprattutto vista la mia gelosia …”

Duncan sentiva gli occhi che cominciavano a pungergli ed un nodo alla gola cominciava a formarsi … Deglutì un paio di volte, poi riprese a leggere.
… E poi c’è un’altra cosa … Odio dovertela dire così, ma è l’unico modo … Non riesco a fidarmi di te, mi hai fatto troppo male … Ho la costante paura che tu possa abbandonarmi di nuovo, ed io ho bisogno di sicurezze …”
Una lacrima gli rigò il viso. Si alzò dal divano.
… Vorrei solo non averti detto quelle cose ieri sera e non averti dato quel bacio. Mi dispiace. Spero mi perdonerai.”
Si sentì morire: le gambe non riuscivano a reggere il suo peso , le lacrime cadevano senza che lui nemmeno se ne accorgesse.
Stava per cadere, quando poi … Aprì gli occhi, e si ritrovò steso sul divano con le guance e gli occhi ancora bagnati. Aveva solo sognato. Tirò un sospiro di sollievo, poi si accorse che Gab non c’era più. Si alzò dal divano, col terrore che non avesse sognato e che fosse tutto successo davvero …
- Ben svegliato! – ridacchiò – Hai fame? Io sto tipo morendo! … Hey, ma cos’è quella faccia?  – disse lei guardandolo preoccupata.
Duncan si girò di scatto e, anche se le lacrime si erano fermate, le sue guance erano rigate ed i suoi occhi ancora rossi.
- Ti sembra uno scherzo da farmi questo?! Stava per prendermi un infarto!! – protestò lui infuriato
-  Scherzo? Ma di cosa stai parlando? – disse lei guardandolo seria
-  Gab, non farlo MAI più. – disse abbracciandola – Credevo di averti persa di nuovo … Non me lo sarei mai perdonato …
- Dunk, sul serio, non ti sto capendo … Mi spieghi che succede? – disse dopo essere arrossita
- Ho sognato che mi lasciavi con una lettera e poi sparivi … - ammise Duncan rabbuiandosi
Gab sorrise, e gli allacciò le mani al collo.
- Non potrei mai lasciarti, tantomeno così … Quindi sta’ tranquillo, ok? – sorrise e lo baciò – Sono qui e non ti libererai così facilmente di me!
- Non potevo chiedere di meglio … - sorrise e ricambiò il bacio.
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E se si fossero baciati?” pensò Alex mentre camminava “No, no, no, Alex, calmati. Non è sicuramente andata così, e se anche fosse, a te non deve interessare minimamente, chiaro?!” continuò rimproverandosi.
Ma a chi voglio darla a bere … E’ così palese che mi piace … L’avrà capito anche lui ormai …”

- …
Alex? Mi stai ascoltando?
- Eh? No, scusa Gab … Ero sovrappensiero … Dicevi? – rispose lei scuotendo la testa. Gab sospirò.
- Dicevo, cosa credi che possa regalare a Julie per il suo compleanno?
- Ah beh, sei tu sua sorella. Dovresti saperlo meglio tu che io!
- Grazie per l’aiuto! …
- Perché non le regali un nostro CD? – intervenne Lee.
Gab fece per rispondere, ma Duncan la interruppe:
- Oh, sì, certo, così crederà che  gliel’abbiamo dato noi gratis e che sua sorella non abbia nemmeno la decenza di pensare ad un regalo per lei!- rise
- Oh, per fortuna qualcuno con un po’ di cervello! – sorrise Gab stampandogli un bacio a stampo.
- Tsk! Avrebbe potuto dire che il cielo è blu e avresti detto lo stesso che ha cervello solo perché l’ha detto lui e tu ne sei cotta! – la prese in giro Alex
- Alla faccia della migliore amica ….  – disse Gab fulminandola mentre Duncan e Lee se la ridevano tra loro.
---
Girarono ancora un po’ per i negozi, finché Gab non si accorse di quanto l’amica avesse un’aria strana … La prese a braccetto e lasciò che gli altri avanzassero un po’, in modo da poter rimanere da sole.
- Mi spieghi che hai?
- Nulla. Perché? – rispose Alex facendo finta di nulla.
- Alex …
- E’ solo che ho il ciclo, quindi sono un po’ giù …
- Non dire palle. Il ciclo ti è venuto non più di una settimana fa, quindi è impossibile che sia quello.
- Ti giuro che non ho niente!
- Allora se non hai niente, che bisogno c’è di mentire? Dimmi cos’hai e non prendermi in giro! Ti conosco meglio di quanto conosco me stessa!
- Niente, Gab … Niente …
- Dimmelo!
- E’ s-solo che … Boh, non so come dirtelo …
- E parla!
- Credo che mi piaccia Lee …
- E me lo dici così?! È una bella cosa!!
- Non se lui è interessato a Federica …
- E questo lo dici perché … ?
- Guardali come camminano insieme, tutti sorridenti – rispose indicandoli - … E poi ieri sera lui se l’è portata fuori dal locale, in disparte … Credo si siano baciati …
- Federica me l’avrebbe detto … Vuoi che parli un po’ con lui o con lei?
- No! No, no, no, no! Non fare niente! Per piacere, non fare niente! …
- Sicura? …
- S-sì … Credo …
***
Tornati a casa nel pomeriggio, i ragazzi andarono nelle loro stanze per quel classico sonnellino pomeridiano post-pranzo. Le ragazze, invece, rimasero in salotto, a chiacchierare allegramente sul divano.
- Sono soddisfatta del regalo che ho preso a Julie, sapete?  È stata una fortuna trovare quell’offerta per un viaggio a Santo Domingo per due …
- Gab, diciamo anche che se non era per Duncan e Lee, l’offerta non l’avresti mai trovata!- rise Federica
- Bisogna pur approfittare di queste conoscenze, no? – rise in risposta Gab.
In realtà, la conversazione procedeva sempre e solo tra loro due. Alex continuava a tacere già da un bel po’; Gab, che la conosceva fin troppo bene, se ne era naturalmente accorta, ma aveva cercato di non farlo notare, onde evitare una lite tra le due.
Nonostante ciò, Federica se ne accorse ugualmente:
- Terra chiama Alex, ci sentite? – ridacchiò Federica – Cos’hai? Sei un po’ stanca? Ti vedo silenziosa oggi … - chiese Federica
- Eh? No, no, tranquilla … - rispose mentre continuava a giocare col cellulare
- Forse se spegnessi un po’ quel cellulare parleresti un po’ di più con noi … - la punzecchiò
- Forse se passassi meno tempo a sbavare dietro a Lee ti accorgeresti che magari gioco al cellulare proprio perché non ho voglia di parlare!!
Gab sgranò gli occhi: tutto quello che aveva cercato di evitare per l’intera giornata, adesso si sarebbe trasformato nella terza guerra mondiale.
- C’è qualcosa che dovrei sapere? … - chiese Federica ad entrambe, guardandole allibita.
- Nulla, scusa, sono solo un po’ nerv- … - Gab interruppe Alex.
- Diglielo.
- Cosa? – intervenne Federica
- Nulla … - finse Alex
- No, adesso mi spieghi!! Qual è il problema?! Lee?!
- No!! Il problema sei tu che ti ci azzecchi addosso!!
- E quindi?! Mica è il tuo ragazzo!
- E se mi piacesse?!
- E se piacesse anche a me?! Mai pensato che potrebbe essere così?!
- Ma se lo conosci appena!!
- Non è che tu lo conosca da molto più di me!!!
- Ragazze!! – intervenne Gab sottovoce – Cercate di non urlare e calmatevi, o sveglierete i ragazzi!!
Alex e Federica sospirarono contemporaneamente, lanciandosi come uno sguardo di sfida.
- Perché non mi hai detto prima che Lee ti piaceva, se ti dava così fastidio?
­- Cosa potevo saperne che piaceva anche a te e che ti ci saresti accollata? … E poi dovevo esserne sicura anch’io … - rispose Alex avvilita, poi continuò – Ma tanto a lui piaci tu, no?
- E questo da cosa lo deduci? – rispose Federica
- Vuoi farmi credere che quando ieri ti ha portata da sola fuori dal locale non ti ha baciata?
- No, non l’ha fatto. Non ci ha nemmeno provato. Voleva solo … parlare.
- “Parlare”, eh?
- Giuro. Mi ha parlato tutto il tempo di Julie e del fatto che gli piaccia … Cioè, in realtà non ha parlato esplicitamente di Julie, ma si capiva che parlava di lei …
- Ah … - disse alzandosi e avvicinandosi a Federica – Mi dispiace averti assalito in quel modo … Scusami.
- Scuse accettate – sorrise Federica subito prima di averla abbracciata.
Si alzò anche Gab per abbracciare entrambe:
- Venite qua … ABBRACCIO DI GRUPPOOOO!!! - urlò facendo cadere tutte e tre sul divano accanto a loro mentre continuavano a ridere.
***
Il giorno dopo, Julie organizzò una festicciola a casa loro per festeggiare il suo compleanno: c’erano tutti i loro più cari amici, a cui si aggiunsero anche Antony e Simon. Ovviamente, i Blue cantarono alla festa e Gab fece in modo che gli invitati credessero che fossero stati semplicemente “ingaggiati” per quella festa.
Nonostante il discorso che aveva fatto precedentemente con Duncan, preferiva non spargere ancora la voce in giro ed aspettare che fosse lui stesso ad annunciarlo.
In realtà, pesava ad entrambi il fatto di mantenere il segreto e di stare lontani l’uno dall’altra mentre erano nella stessa stanza, ma riuscirono a sopportarlo.
Alcune amiche di Gab, in realtà, avevano cominciato ad intuire qualcosa:
- Gab … Secondo me piaci a Duncan … - sorrise Nadine sorseggiando un succo di frutta. Alex tentava di non ridere e, per nascondersi, cominciò a bere la sua cola.
- I-io? A Duncan James? Perché lo credi? – chiese Gab evidentemente a disagio
-Non fa che guardarti! – rispose lei.
- Sono d’accordo con Nadine. Anche io ho notato che sta passando la serata a fissarti. Persino quando cantava non ti toglieva gli occhi di dosso! E soprattutto, ad ogni “One Love” che dicevano, si girava verso di te! Se tu ti muovi, lui si muove. Cerca sempre di tenerti nel suo campo visivo, quasi ti controllasse!- intervenne Aoi.
- M-ma no! C-cosa dici!! – cercò di smentire subito Gab.
- Non è che per caso ci nascondi qualcosa Gab? – la punzecchiò Nadine
- M-ma ti pare!!
In quel momento Gab distolse lo sguardo incrociando quello di Duncan: lui si guardò un po’ intorno, poi le ammiccò.
- E quell’occhiolino?! – ridacchiò Aoi, dandole qualche gomitata sul fianco.
- Senti, tu perché non te ne torni a China Town e stai zitta?! – disse Gab avvampando
- Perché sono giapponese, idiota!! – protestò lei in risposta, mentre Nadine, Alex e Federica continuavano a ridere tra loro.
A quel punto, Gab fu costretta a spiegare loro la situazione con la promessa che non l’avrebbero detto a nessuno. Dopo averla rimproverata per aver mantenuto il segreto così a lungo, le amiche la abbracciarono tutte sotto lo sguardo vigile di Dunk, che, ovviamente, tra una risata e l’altra, aveva già capito tutto e si era già preparato ad un eventuale terzo grado da quelle ragazze.
---
Subito dopo la torta, Gab decise di dare il suo regalo a Julie:
- Bene sorellona, è giunto il momento di darti questo. Non vorrei anticiparti nulla, ma voglio farti una premessa ed un paio di precisazioni. Tanto per cominciare, questo regalo non è solo da parte mia, ma anche da parte della mamma, di Alex, Federica e anche da parte di quei quattro fantastici ragazzi che si sono rivelati essere i Blue … (come se non si sapesse già!) – ridacchiò, poi proseguì – Hanno tutti voluto partecipare, perché tutti si sono affezionati a te e tutti ti vogliono un gran bene … E poi volevo ringraziarti per tutto ciò che hai fatto per me in questi giorni, ma anche in tutti questi anni. E adesso basta con le smancerie, che non sono per niente da me, e apri ‘sto regalo prima che escano i lacrimoni!! – esclamò consegnandole la busta con i biglietti.
Julie aprì, la busta rimanendo a bocca aperta e con gli occhi sgranati che le luccicavano per l’emozione.
- S-Santo D-Domingo … I-io … N-non …
Non disse altro. Si limitò ad abbracciare fortissimo la sorellina per il regalo ricevuto e successivamente a ringraziare gli altri uno per uno. Non poteva desiderare compleanno più bello …
***
Ore 8.40, la sveglia aveva già suonato due volte. Era giorno di partenza, si ritornava a Londra. I bagagli a mano erano pronti all’entrata, il gas spento, le valigie in macchina. Volo di prima classe, ovviamente scontato grazie agli sguardi ammiccanti di quei ragazzi che avrebbero potuto avere tutto senza nemmeno chiedere!
Se solo le hostess non avessero continuato a fare le idiote con tutti e quattro i Blue (in particolare, se non le avessero fatte con Duncan e Lee), sarebbe stato un viaggio molto più piacevole per Gab e Alex. Federica si era ormai arresa al fatto che a Lee piacesse qualcun’altra, per cui preferiva prendersi gioco della gelosia di Gab.
- Gab, passami la tua borsa … Così te la infilo nel bauletto … -sorrise Dunk
- Ce la faccio da sola, grazie!! – rispose quasi infastidita
- Daaai, non dirmi che te la sei presa per quella ragazza?
Gab sbuffò e tentò di ignorarlo.
- Mi ha solo chiesto una foto, dai, piccola … - continuò lui, abbassando leggermente il tono di voce al “piccola”.
- Non è la foto, ma dove teneva le mani il problema!! Ma ti pare? E manco si scollava di dosso a foto fatta!! Non mi stupirebbe  se me la ritrovassi su questo volo! Magari si è imbarcata solo per accollarsi come una cozza ad uno scoglio!
- Può darsi … Solo perché non sa che sono già impegnato … Ma del resto è la mia ragazza che vuole così … Fosse per me, l’avrei già baciata davanti agli invitati della festa di ieri …
- Ah sì? E con chi saresti impegnato? Sentiamo! – lo provocò lei sogghignando.
- Con una ragazza che non mi dà mai lo sfizio di dirmi ciò che voglio sentirmi dire e che, per questo stesso motivo, adesso non si sentirà dire ciò che lei vuole!! – sogghignò a sua volta baciandola velocemente a stampo.
- MATTUGGUARDACHERRAZZADIINFA-…
Julie la interruppe.
-Gab, puoi sederti vicino a me, almeno per parte del viaggio? Ho voglia di parlare un po’ con te.
- Arrivo! – disse guardando malissimo Dunk, poi si andò a sedere al posto accanto a quello della sorella.
- Finestrino o corridoio?
- Preferirei finestrino, ma forse dopo torno da Dunk, quindi meglio corridoio. – disse subito prima di sedersi.
Una volta seduta, Gab si sistemò la borsetta accanto ai piedi, prese il cellulare e lo mise in modalità aereo.
- Volevi parlarmi, eh? Mi devo preoccupare?- ridacchiò Gab
- No, no tranquilla … - ridacchiò Julie – Volevo parlarti di Duncan in realtà – proseguì abbassando la voce
- Di Duncan?
- Sì … Adesso state insieme, no?
- Già – ammise sorridendo, mentre, quasi in automatico, distolse lo sguardo dalla sorella per guardare il ragazzo.
- Sei contenta no?
- Molto. Davvero molto.
- Beh, lo sai come sono … In genere non sono contenta se torni con qualcuno che ti ha mollata .. Ma Duncan mi piace. Non so perché ma è così.
- Ammettilo che ti piace solo perché il regalo che ti ho fatto è praticamente dovuto solo a lui! – la prese in giro Gab.
- Idiota! Non è per quello! … Quello è solo un motivo in più!! – rise Julie – La realtà è che, non so perché, mi ispira fiducia. Mi piace, ah!
- Ne sono contenta … - sorrise Gab, finalmente felice.

Poco dopo l’aereo prese il volo. Dopo un altro po’ di tempo, Gab andò a sedersi accanto a Duncan, addormentandosi sulla spalla del ragazzo. Lui, dal canto suo, non aveva sonno, così la fece poggiare con la testa sulle proprie gambe e le prestò quel suo adorato cuscino che non mancava mai di portarsi dietro ovunque. Rimasero così fino alla fine del viaggio, per poi svegliarsi solo quando furono a Londra.
***
Aaah … Home sweet home”  pensò Alex non appena Lee parcheggiò la macchina nel parco di casa sua.
- Vuoi una mano con i bagagli? – chiese lui sorridendole
-  No, tranquillo … Ce la faccio, grazie. – sorrise lei di rimando.
Alex scese dall’auto, per dirigersi verso il portabagagli: aveva un po’ di difficoltà ad aprirlo, ma Lee la lasciò fare. Prese il primo trolley più piccolo, ma non appena lo sollevò, le cadde di mano, emettendo un rumore fortissimo per la botta a terra.
- Tutto ok là dietro? – chiese Lee tentando di trattenere le risate.
- S-sì!! – balbetto lei imbarazzatissima – mi è solo scivolato di mano.
Rialzò il trolley, poi prese il secondo trolley (ancor più grande del primo) e fece cadere anche quello: un rumore ancora più assordante, visto che il secondo aveva provocato una seconda caduta del primo trolley.
- Sicura che non vuoi una mano? – rise Lee
- Aiutami, e stai zitto!! – sbuffò Alex in risposta, totalmente rossa per l’imbarazzo.
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Salirono insieme  in ascensore e Lee la aiutò a portare le valigie dentro casa.
- Vuoi qualcosa da bere, Lee? Acqua, succo, birra …
- Birra, grazie … - disse ormai col fiatone – Cosa c’era in quelle valigie, tanto per curiosità?
Alex rise.
- Giusto lo stretto indispensabile!
- Alla faccia! …
- Accomodati pure dove vuoi, io vado in cucina a prenderti la birra – gridò mentre apriva il frigorifero.
Versò la birra in un bicchiere apposito, posò la bottiglia e, nel girarsi, si ritrovò Lee davanti.
- Ah, non ti sei seduto? Ecco, tieni. – disse porgendogli il bicchiere.
- Grazie - rispose lui afferrandolo.
Si bagnò appena le labbra, poi poggiò il bicchiere sul ripiano più vicino e prese a fissare Alex.
- Non ne vuoi più? – chiese lei deglutendo.
- Devo dirti una cosa. – disse avvicinandosi a lei.
- C-cosa? – avvampò.
Lee si avvicinò ancora, sempre di più, mentre lei continuava ad indietreggiare fino a che non la bloccò il piano cottura. Lui continuò a fissarla a lungo.
- Ho cambiato idea. Non … Non la voglio più … La birra.
 
 
 
Salve genteeeeeeeeeeeeeeee :3
Ok, lo ammetto, sono sparita, ma vi giuro che non sono morta ( BITCH PLS, I’M IMMORTAL!! MUAHHAHA) …. Ho solo avuto un bel po’ di impegni con la scuola, un pc mezzo rotto e un blocco dello scrittore uno di seguito all’altro! XD
Beh, insomma? Che ne pensate di questo capitolo che ( a quanto mi dicono) era tanto atteso? Vi erano mancati i miei finali cattivissimi? Eheheheh 8D
E cosa pensate di Lee? Riuscirà a conquistare Julie? O forse non ha ancora preso una decisione definitiva?
Fatemi sapere tutto con una recensione! :3
Grazie a chi (nonostante l’attesa) legge, segue, aggiunge a preferiti, ma soprattutto a chi RECENSISCEEEEEE! :3
 PS:
Cippi, non mi uccidere ahahahah♥
PPS:
Quanto mi era mancato scrivere ç___ç ♥
Xoxo
Rie ♥

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