Arcana

di Aelle Amazon
(/viewuser.php?uid=112574)

Disclaimer: Questo testo proprietà del suo autore e degli aventi diritto. La stampa o il salvataggio del testo dà diritto ad un usufrutto personale a scopo di lettura ed esclude ogni forma di sfruttamento commerciale o altri usi improri.


Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Il mazzo dei Tarocchi ***
Capitolo 2: *** Regina di Spade - Annabeth Chase ***
Capitolo 3: *** Re di Bastoni - Jason Grace ***
Capitolo 4: *** Cinque di Coppe - Nico di Angelo ***



Capitolo 1
*** Il mazzo dei Tarocchi ***


ARCANA




Rachel Elizabeth Dare sapeva di avere un nome troppo lungo. Era difficile che la gente se lo ricordasse per intero senza incepparsi su ogni sillaba.
Così, da un giorno all’altro, si era inventata un soprannome che potesse rispecchiare al meglio la sua personalità artistica.
Ed era diventata R.E.D.
L’unione delle sue iniziali non solo dava un soprannome che le piaceva, ma anche uno che metteva in risalto la caratteristica più esuberante che possedeva. Cioè i suoi capelli, rossi come il cielo al tramonto.
Non li aveva mai amati particolarmente, ma da quando si faceva chiamare con quel nomignolo aveva imparato non solo ad apprezzarli di più, ma anche a sfoggiarli con più confidenza e grinta. E tanti saluti a suo padre e alle sue stupide regole.
Alla scuola privata era andata lo stesso, però. Era un patto che avevano fatto e lei non se l’era sentita di romperlo.
Aveva fatto i bagagli e si era presentata alla Angels’ Academy. Un istituto interamente femminile che alla fine non si era rivelato essere così male come lo aveva giudicato all’inizio. Anzi, si era ritrovata a trascorrere giornate piacevolissime tra ragazze meno stronze e snob di quanto si era aspettata.
Certo, c’erano giorni in cui lo Spirito di Delfi prendeva il sopravvento e la costringeva a rinchiudersi nel bagno con un registratore a portata di mano per poter poi memorizzare le profezie del dio a cui aveva votato la propria esistenza. Ma per il resto le cose procedevano alla grande.
Aveva anche sviluppato un nuovo hobby.
La cartomanzia.
Ci aveva pensato molto, dal momento che la pittura non riusciva più a darle quel brivido che contraddiceva i suoi primi dipinti, ed era giunta alla conclusione che mettere alla prova il proprio dono potesse diventare divertente.
Si era procurata un mazzo e si era gettata nel progetto con l’esuberanza solita che la contraddistingueva. Lo aveva studiato, aveva compreso la divisione tra arcani maggiori e minori, e quando si era sentita abbastanza pronta si era gettata nella pratica.
Aveva letto le carte a tutte le sue compagne di classe, anche a quelle più scettiche, e ogni lettura, a suo tempo, si era rivelata corretta.
E la fama di Rachel era cresciuta a dismisura.
Ma c’era una cosa che ancora non aveva provato. Cioè leggere i tarocchi ai suoi amici del Campo Mezzosangue.
L’estate, purtroppo, era lontana.
Avrebbe potuto usare i messaggi-Iride, ma, oltre a costarle un occhio della testa, non le avrebbero garantito un risultato ottimale. E Rachel odiava le imperfezioni, le sbavature frutto della distrazione.
Però … forse avrebbe potuto fare un’altra cosa. Avrebbe funzionato? Non lo sapeva. Ma provare non le sarebbe costato nulla.
Afferrò il mazzo con entrambe le mani, mischiò le carte e chiuse gli occhi.






Note dell'autrice.

Salve a tutti! Sì, non avete visto male, sono proprio io ... il vostro capo. Cioè, no. Sono Aelle, tornata da una lunga assenza a causa di un mostro mitologico dal nome Maturità. Lo conoscete 'sto mostro? E' spaventoso!
Comuuuunque. Questa storia è stata partorita tra molte indecisioni, ma vi posso assicurare che non verrà abbandonata. Uno, perché ho già pronti alcuni capitoli. Due, perché quest'estate sono LIBERA. E tre, boh, sono stufa di lasciare storie senza una conclusione solo perché sono piena di impegni. 
Una piccola avvertenza, o forse due. Io conosco veramente poco dei Tarocchi, se non quello che ho potuto leggere su Internet, perciò abbiate pietà su questo fronte ... Molte cose possono non essere corrette, ma tenete a mente che questa storia è stata scritta per divertimento. Un'altra cosa: terrò a mente tutti gli avvenimenti di questa serie, sia della prima che della seconda, senza tenere conto della pubblicazione italiana. Mi baso su quella americana. Se non volete spoiler, anche se velati, non leggete. Okay? Okay. Non voglio essere la causa di cuori spezzati.
Non so quando sarà il prossimo aggiornamento, potrà essere domani o la prossima settimana. Ma saranno REGOLARI, non temete!
Un'ultima cosa: qualche recensione la leggo volentieri, e sapete benissimo (chi già mi conosce) che le critiche, costruttive eh, non mi infastidiscono.
Alla prossima, allora!
Bacioni,
Aelle

Ritorna all'indice


Capitolo 2
*** Regina di Spade - Annabeth Chase ***


Regina di Spade - Annabeth
 


                                                                                                            




Se c’era una cosa che l’aveva sconvolta nelle ultime lettere che le erano arrivate dal Campo era la notizia della scomparsa di Percy.
Svanito nel nulla, da un giorno all’altro. Puff.
Se lo ricordava bene quel giorno, quello in cui era arrivata la lettera. L’aveva aperta con un sorriso che andava da un orecchio all’altro, ma dopo le prime righe le era caduto dalle labbra ed era stato rimpiazzato dalle lacrime.
Era pur sempre il suo Percy … Gotta-go!.
Poi il suo pensiero era volato ad Annabeth, la sua biondissima e intelligentissima ragazza. Non erano mai andate molto d’accordo loro due, ma sapeva che la figlia di Atena doveva essere devastata.
Così, quando aveva mescolato il mazzo, aveva pensato a lei.
Ora, con quelle tre carte –il passato, il presente, il futuro- davanti, era insicura. Le fissava, concentrata, e le sfiorava leggermente con le dita, cercando di percepire qualcosa che potesse esserle d’aiuto. Ma non ottenne niente, nemmeno una piccola scossa.
Fece un bel respiro e sollevò la prima carta. Il passato.
Quasi le venne da ridere. Conosceva bene quella carta, e sapeva che non poteva essere più appropriata per una figlia di Atena.
Una donna sedeva di profilo su un trono finemente intagliato. Il viso severo, che ben si accordava alle nubi che svettavano sullo sfondo del cielo terso, e la posa rigida ben camuffata dall’ampia veste erano chiari indizi di rigorosità. Tra le mani teneva una lunga spada, simbolo di giustizia.
La Regina di Spade.
Rappresentava una donna decisa, stimata per il suo equilibrio, capace di esaminare una situazione da tutti i punti di vista. Una persona che, come Annabeth, non si scoraggiava facilmente, ma che, anche in tempo di grandi difficoltà, era in grado di rimanere calma e trovare la soluzione più appropriata ad ogni problema che le si ponesse davanti.
Rachel girò la carta successiva, già più fiduciosa. Il presente.
Ciò che si trovò di fronte non era esattamente quello che pensava.
Il sorriso le scivolò via.
Una ruota di legno faceva capolino su uno sfondo bianco e a prima vista anonimo. Sulla sua vetta una sfinge alata reggeva tra le zampe una spada. Ai suoi lati erano posti uno strano pesce e una figura semi-umana.
La Ruota della Fortuna. Rovesciata.
La parolaccia le sfuggì dalle labbra prima ancora che potesse fermarla e rimangiarsela, facendo finta di non averla mai pronunciata.
«Merda»
Annabeth non se la stava passando affatto bene, già lo aveva capito.
L’Arcano Maggiore della Ruota della Fortuna indicava il destino in tutte le sue sfaccettature, in particolare rappresentava la sua imprevedibilità. Ma quella era cosa nota, no? Anche un bambino sapeva che il destino aveva due facce. Una positiva, l’altra negativa.
E in quel caso, era più che negativa. Una carta rovesciata era l’apoteosi del negativo.
Rachel grugnì, mentre la sua testa cominciava a ipotizzare cosa stesse facendo Annabeth in quel preciso istante.
Probabilmente aveva i capelli biondi scarmigliati, il viso sciupato, i vestiti spiegazzati e sporchi, ma, nonostante ciò, era ancora in piedi, pronta a valutare ogni indizio, a scervellarsi per capire dove fosse finito il suo amato Percy Jackson.
Sì, era proprio quello che stava succedendo, lo sapeva.
E, chiaramente, la sua ricerca non stava dando frutti soddisfacenti. Ecco perché la carta era sottosopra.
A quel punto, Rachel esitò.
Era rimasta solo l’ultima carta. La più importante, forse. Quella che dipanava le nebbie del futuro.
La sfiorò con insicurezza, avvertendone il gelo sotto le dita.
Era incerta. Forse era meglio interrompere lì la lettura e magari tornare a fare i compiti? Voleva davvero conoscere il futuro di Annabeth? E se sì, era pronta ad affrontarne le conseguenze?
Poi la voltò.
Un singulto le sfuggì dalle labbra e una lacrima le rotolò giù dalla guancia, seguita da un’altra e da un’altra ancora finché Rachel non si premette una mano sulla bocca, cercando di fermare il pianto.
Un cadavere giaceva su una spiaggia indefinita, la schiena trapassata da dieci lame affilate e il rosso del sangue che sporcava la sabbia, rovinando un paesaggio che altrimenti sarebbe stato apprezzabile. L’unico elemento di serenità sulla carta era il cielo, limpido e sereno nonostante la scena cruenta sotto di lui.
Il Dieci di Spade.
Fallimento. Gravi difficoltà. Sconfitta.
Ecco le tre parole chiave accostate a quell’Arcano minore. Così semplici e così tremende che Rachel, la prima volta che le aveva lette, ne era rimasta terrorizzata.
Tuttavia, quell’Arcano minore era spaventoso anche per un altro motivo, per l’immagine che in sé nascondeva. Il libro che l’aveva guidata nell’arte della chiromanzia diceva proprio:
“C'è un cadavere che deve essere portato via dalla corrente. Qualcosa deve morire ed essere spazzato via dalla tua vita prima di poter procedere."
Perciò, qualunque cosa si celasse nella nebbia del futuro di Annabeth non era bella per nulla. Si sarebbe trovata di fronte a qualcosa di mai visto e inaspettato che l’avrebbe fatta cadere in un baratro scuro, probabilmente senza fondo, e per fuggire da lì sarebbe stata costretta a decidere.
Avrebbe dovuto sacrificare qualcuno, forse se stessa, Rachel non poteva dirlo con certezza.
Non che in quel momento avesse molte certezze. Tutto quello che sapeva sembrava essersi sgretolato, e R.E.D. non poté fare altro che seppellire la testa tra le braccia e lasciarsi andare ad un pianto liberatorio.





Note dell'autrice.

Ehilà! Come state?
Avete visto che sto aggiornando puntuale? Sono orgogliosa di questo.
Non ho molto da dire, se non che, di nuovo, non conosco i Tarocchi e che la mia interpretazione a riguardo è puramente amatoriale. Non troverete previsioni reali, ma solo approssimative. Associo le carte ad un personaggio in base a ciò che hanno passato, passano o passeranno (o ciò che io mi auguno che passeranno).
Ringrazio le due persone che mi hanno lasciato una recensione. Spero che anche chi sia passato senza commentare prima o poi mi faccia sapere cosa ne pensa! :)
Un'ultima cosa: chi vorreste come prossimo personaggio? Il capitolo è già scritto, ma mi farebbe piacere saperlo lo stesso!
Alla prossima!
Baci,
Aelle

Ritorna all'indice


Capitolo 3
*** Re di Bastoni - Jason Grace ***


Re di Bastoni -  Jason Grace

 
                                                                                                  


Erano passati quattro giorni da quando aveva predetto il futuro ad Annabeth. Rachel non aveva più toccato le carte da quel momento. Non ce l’aveva fatta, aveva avuto paura. Era stata percorsa da brividi freddi ogniqualvolta si era avvicinata al tavolo. Così era girata alla larga.
Ma i Tarocchi la chiamavano, Rachel li sentiva bisbigliare nella sua testa. Un richiamo infinito che non era in grado di ignorare, non a lungo. Era come rifiutare le visioni di Apollo: dopo un po’ diventava doloroso.
Sospirò e si accasciò sulla sedia, proprio di fronte al mazzo colorato. Allungò una mano e si bloccò a mezz’aria. Si prese il labbro tra i denti e cominciò a morderselo, una brutta abitudine che aveva, soprattutto quando era agitata o indecisa.
Okay, si disse, ora o mai più.
Afferrò la lettera che Chirone le aveva mandato tempo prima, grazie alla quale aveva appreso della scomparsa di Percy, e rilesse le ultime righe, dove il centauro aveva segnato tre nomi che non conosceva. Erano i nuovi arrivati al Campo Mezzosangue.
Uno di quei nomi la colpì particolarmente, soprattutto perché Chirone le aveva detto che un semidio come lui era qualcosa di veramente raro. Un figlio di Zeus, anche se lui continuava a insistere di essere figlio di Giove. Non che la cosa rappresentasse una sorpresa per Rachel, dal momento che erano in tanti quelli che confondevano le divinità greche con quelle latine. Non era una novità.
Jason Grace aveva risvegliato le carte dei Tarocchi. Ora non mormoravano più, ma strillavano nelle orecchie di Rachel, assordandola con le loro preghiere. Volevano che leggesse il destino del figlio di Zeus.
Anche se la paura le attanagliava lo stomaco, Rachel non poté fare altro che accontentarle. Afferrò il mazzo e iniziò a mescolarlo con calma metodica. Chiuse gli occhi e pensò intensamente a Jason Grace, sebbene non lo avesse mai incontrato di persona.
Dispose tre carte sul tavolo, le solite.
Passato, presente e futuro. Si stagliavano di fronte a lei, a prima vista innocue, eppure cariche di sfide, di ostacoli che mettevano a dura prova la sua pazienza. Era facile vedere le figure finemente dipinte su di esse, ma complicato svelare il loro significato, adattarlo all’individuo che chiedeva la previsione.
Sollevò il passato e lo guardò.
Su un trono riccamente decorato e posto su una landa altrimenti deserta sedeva un uomo, una corona dorata ad adornargli i capelli scuri. Indossava una lunga veste rossa, mentre sulle spalle portava un pesante mantello verde, nero e oro. Aveva lo sguardo perso lontano, in un orizzonte che il lettore non riusciva a scorgere, ma nella mano destra stringeva senza alcuna esitazione o mollezza un alto bastone. In basso, a sinistra, una piccola lucertola lo osservava.
Il Re di Bastoni.
Rachel sorrise e si riavviò una ciocca di capelli dietro l’orecchio. Una sola carta le era bastata per inquadrare qualcuno di cui sapeva solo il nome. Anche se non nel dettaglio, conosceva che tipo di persona Jason Grace era stato in passato.
Il Re di Bastoni era l’archetipo del leader e del capo, dell’individuo generoso ed estroverso. Portato all’azione e in grado di affrontare i problemi con grande forza e coraggio. In lui covava un grande potere, che tuttavia usava con parsimonia perché non tollerava gli eccessi, di nessun tipo.
Una persona ispirata e ispirante, insomma.
Jason Grace pareva essere perfetto, almeno agli occhi di chi gli stava intorno e lo guardava con rispetto e ammirazione. Ma Rachel sapeva che c’era dell’altro, che anche lui, come tutti i mortali, nascondeva dei segreti.
O almeno lo sospettava. Quella facciata era troppo bella perché non celasse altro. E per scoprirlo non le restava che voltare la carta successiva.
E così fece.
L’Arcano che si trovò di fronte era uno dei Maggiori. Il sedicesimo, se si voleva essere precisi. Lo scrutò con attenzione, le sopracciglia aggrottate.
Un’alta costruzione si stagliava su uno sfondo nero e temporalesco, grigia come le nuvole che ne circondavano la vetta. Un fulmine colpiva la cima senza pietà, riducendola in pezzi con la sua forza. Tre finestre adornavano una facciata altrimenti spoglia, ma il fuoco, appiccato da una mano invisibile, ne aveva preso possesso, le fiamme che svettavano alte contro il cielo. Due persone, probabilmente per sfuggirgli, si erano buttate e ora precipitavano inesorabilmente verso la morte.
La Torre.
Rachel corrugò la fronte. La carta che la fissava spavalda dal piccolo tavolo indicava un cambiamento improvviso nella vita di qualcuno, in questo caso nella vita di Jason. Tutti i valori in cui il figlio di Zeus credeva venivano spazzati via, ridotti in cenere da un fuoco distruttore. Ciò poteva significare solamente una cosa: che Jason era stato brutalmente portato via dal suo ambiente naturale e gettato in uno che non gli era famigliare, con tutti i pro e contro che ne susseguivano.
Possibilità di rinascere, o di cadere definitivamente. Disorientamento. Capacità di adattarsi. Coraggio nel riprendere in mano le redini della propria esistenza.
La ragazza si lasciò scivolare sulla sedia, lo sguardo rivolto verso il soffitto della camera, gli occhi persi e le labbra leggermente socchiuse. Una sola domanda le frullava per il cervello: come era potuto accadere? Ci era finito da solo in quella situazione scomoda o qualcuno lo aveva costretto?
Un rombo lontano fu la risposta a tutti i suoi interrogativi. C’entravano gli dèi, ovvio. Come aveva potuto dimenticarsi di loro?
Sospirò e si risistemò sulla sedia, pronta per voltare la nuova carta. Se erano stati i piani alti a decidere per Jason, allora c’era ben poco che lei potesse sperare per lui. Solitamente, infatti, gli dèi, credendo di agire per compiere del bene, finivano per fare solo del male.
Girò il futuro.
Su uno sfondo completamente grigio un piccolo villaggio si stagliava lontano, i tetti rossi delle case che riempivano di vivacità un luogo altrimenti silenzioso. Ma non era quello il particolare importante, era un altro. Una panchina occupava il centro della carta e su di essa un artigiano lavorava ad un suo progetto, una serie di oggetti tutti uguali. Probabilmente era arrivato all’ultimo, perché quelli finiti erano appesi di fronte a lui.
Rachel li contò. Sette appesi e uno in fase di lavorazione.
L’Otto di Denari.
L’arcano dell’insegnamento, così l’aveva soprannominato Rachel. Stava per il lavoro costante, continuo e preciso, che avrebbe portato al traguardo desiderato. Le soluzioni creative non erano contemplate in quella carta, perché non servivano nuovi approcci. Bastavano i soliti sforzi per raggiungere ciò che si agognava.
Perciò, dedusse Rachel, Jason Grace avrebbe ritrovato la retta via, avrebbe ritrovato se stesso anche in un campo diverso a quello a cui era abituato. Si sarebbe dato da fare come aveva sempre fatto, e ciò, a suo tempo, avrebbe dato i suoi frutti.
Finalmente R.E.D. sorrise.
Ci sarebbe stato un lieto fine per il figlio di Zeus. Magari non subito, ma prima o poi sarebbe giunto.








Note dell'autrice.

Bonsoir! Come state?
Sono passati esattamente otto giorni dall'ultima volta che ho aggiornato. Lo so, avrei dovuto postare ieri, ma sapete com'è a casa mia. Quando serve Internet, questo non va. Non so come sia la situazione da voi, ma qui non fa altro che piovere e i temporali disturbano la linea.
Comunque, un giorno di ritardo non è tardo. Ho fatto di peggio! *ride*
Allora, Jason. Cosa ve ne pare? Ho cercato di attenermi il più possibile ai libri, senza sforare troppo con le mie previsioni. Ci sono tantissime cose che vorrei per Jason, ma non è detto che queste debbano accadere. Con Zio Rick non si sa mai. Troll Rick.
Giusto due parole per dirvi che apprezzo le poche persone che si sono fermate a leggere, quelle che hanno recensito e seguono la storia. Davvero, anche se siete lettori silenziosi lasciatemi un commento, tanto sapete che accetto anche le critiche, purché costruttive.
E un'ultima cosa: so che questa storia segue una linea un po' ripetitiva. Purtroppo, però, non può essere cambiata. "Tre" è lo schema che seguo per leggere le carte. Ovviamente ci sono altri schemi, ma sono molto più complicati da usare, almeno per me. Mi terrò sulla linea "passato, presente, futuro" fino alla fine.
Fatemi sapere quale personaggio volete che ci sia dopo Jason! 
Detto ciò, noi ci vediamo al prossimo aggiornamento!
Baci, 
Aelle
 
 

Ritorna all'indice


Capitolo 4
*** Cinque di Coppe - Nico di Angelo ***


Cinque di Coppe - Nico di Angelo

    
 



Rachel si destò in una pozza di sudore, le gambe aggrovigliate tra le lenzuola colorate e il respiro pesante. Gli occhi spalancati, i capelli un nido di nodi e le membra intorpidite, si guardò intorno, riconoscendo la propria stanza nel dormitorio della scuola. Quasi senza accorgersene tirò un sospiro di sollievo. Era solo un incubo. Non se lo ricordava per nulla, ma sentiva ancora un peso sullo stomaco, quella strana sensazione a carpirle le spalle e un brivido di freddo sul collo.
Si sollevò lentamente, una mano sul petto per cercare di calmare il respiro. Scostò le coperte e accolse con piacere l’aria fredda sulla pelle nuda. Aveva così tanto caldo che i capelli le si erano appiccicati al collo e la maglietta le si era incollata alla schiena. Rimase così per qualche attimo, poi si decise ad accendere la luce. Tirò la piccola corda della sua lampada retrò (le piacevano le cose un po’ antiche, quell’oggetto era stato frutto di una lunga ricerca e suo padre non aveva potuto rifiutarglielo) e gettò un’occhiata alla sveglia sul comodino.
Le tre e ventisette.
Si era addormentata con fatica alle undici e mezza, più o meno quattro ore prima. Cosa ci faceva già sveglia? Di solito, quando faceva degli incubi, riusciva praticamente subito a tornare a dormire. Sì, magari con un po’ di timore, perché si ricordava gli orrori che aveva appena sognato, ma ce la faceva comunque. Ora, invece, era sveglia come un grillo. Non sentiva il richiamo del sonno, nemmeno un artiglio che la trascinava di nuovo verso il materasso e il morbido cuscino.
Si alzò, mentre improvvisamente la sete le prendeva la gola, e afferrò velocemente la bottiglietta d’acqua sul tavolo, bevendone avidamente un sorso. E inevitabilmente le cadde l’occhio sul mazzo di carte.
Giaceva in modo disordinato sullo stesso tavolo, alcune carte sparse in modo casuale, esattamente come lo aveva lasciato l’ultima volta che lo aveva usato. Non lo sistemava mai dopo una previsione, preferiva che il destino agisse da sé, senza che ci volesse il suo intervento per voltare una carta dritta o rovesciata, positiva o negativa. Faceva parte del suo credo, e l’aveva sempre rispettato.
Sospirando ancora, riappoggiò la bottiglia sul tavolo e afferrò una carta a caso. La girò verso di sé e si mise a ridere piano. La Regina di Coppe. Come era possibile che tra tutte avesse scelto proprio quella? Era un Arcano che simboleggiava l’energia di catturare segni da altri dimensioni, la capacità di comprendere. Era la carta della veggente, della medium. Era la sua carta.
Con quell’arcano stretto in una mano, Rachel capì perché si era svegliata nel bel mezzo della notte. Erano stati i Tarocchi a chiamarla, a destarla, non un incubo come aveva creduto inizialmente. O forse aveva veramente fatto un incubo e la sensazione di paura che ancora avvertiva non era altro che un indizio che l’avrebbe portata a scoprire a chi avrebbe dovuto predire il futuro quella volta.
E poi finalmente comprese. La paura, l’oscurità, il terrore che la attanagliava … c’era solo una persona che conosceva che corrispondeva a tutte quelle caratteristiche.
Nico di Angelo.
Rachel esitò solo un attimo prima di sedersi e afferrare il mazzo di carte, iniziando a mescolarle. Le aveva sempre fatto un po’ paura, Nico. Era un ragazzino che teneva alta la sua reputazione di figlio di Ade, schivo e misterioso. Perciò, per quanto lo conoscesse e ci avesse già parlato, non poteva dire di aver instaurato con lui un rapporto di amicizia come con Percy o qualunque altro semidio al Campo.
Pose le tre carte una di fianco all’altra, i loro contorni spettrali e quasi sfuocati nella debole luce emessa dalla lampada. Era l’atmosfera perfetta per leggere il destino di quel semidio.
Girò la prima.
La riconobbe subito. Il Dieci di Coppe.
Quattro persone, due adulti e due bambini, danzavano felici sotto un cielo azzurro, mentre di fronte a loro si stagliava un’abitazione circondata da una fitta vegetazione. Anche se pareva essere una quadretto felice, e lo era (Rachel lo sapeva!), quella casetta sperduta poteva solo significare isolamento. Perciò, dedusse, nel passato Nico era stato felice perché vicino ai suoi famigliari, ma allo stesso tempo aveva sofferto la solitudine perché confinato in una casa dalla quale non riusciva a trovare una via d’uscita.
Ed effettivamente, se Rachel non si ricordava male, Percy una volta le aveva detto che Nico era rimasto rinchiuso per decenni nel Casinò Lotus insieme alla sorella Bianca, sua unica famigliare ancora viva, se non si contava il padre Ade, dio degli Inferi. Quindi la lettura era corretta.
Prima ancora di voltare la seconda carta R.E.D. sapeva cosa c’era nel presente di Nico di Angelo. Anche perché era impossibile non saperlo, il semidio non faceva nulla per nasconderlo. Il suo sconforto, la sua malinconia e la sua rabbia erano chiaramente stampati sul viso. Erano il suo marchio e tenevano tutti alla larga.
Osservò la carta. Come volevasi dimostrare, l’arcano minore era uno tra i più infelici che potesse pescare dal mazzo. Scuro, disperato e al contempo speranzoso. Possibile? Rachel non scartava mai nessuna opzione, le carte erano ingannatrici se non le si leggeva nel modo giusto.
Sotto un cielo grigio scuro, temporalesco, un uomo avvolto in un mantello nero e lungo fino ai piedi si teneva la testa tra le mani, singhiozzando disperato nel vedere tre coppe rovesciate di fronte a lui. Ciò che però non scorgeva, la vera speranza, era dietro di lui, altri due calici, questa volta in piedi, ancora pieni di quello che pareva essere vino.
Il Cinque di Coppe.
Dispiacere. Rimpianto. Tristezza. Amarezza.
Quattro parole che insieme potevano demolire anche la più serena delle persone, non che da sole non suscitassero lo stesso effetto, eh. E rispecchiavano al meglio la situazione attuale di Nico, che vedeva solo ciò che si trovava davanti a lui, senza accorgersi del buono che c’era, ovvero egli amici che lo circondavano ma di cui si rifiutava di accettare le attenzioni e la premura.
Sospirò. «Quando imparerà a fidarsi delle persone?» chiese al buio, scuotendo la testa.
Le mancava solo l’ultima carta.
La girò senza alcuna esitazione.
Un ragazzo giovane, vestito di stracci, camminava sull’orlo di un precipizio, la testa rivolta verso l’alto e le braccia allargate. In una mano teneva un lungo bastone alla cui estremità era attaccato un fagotto, mentre nell’altra stringeva un delicato fiore bianco che Rachel non riuscì ad identificare. Il sole splendeva sopra di lui e un cagnolino lo seguiva.
L’Arcano Maggiore Zero.
Il Matto.
Rachel sgranò gli occhi. Questa carta proprio non se l’aspettava. Era pronta ad affrontare ancora dell’estrema tristezza o del malcontento nel futuro di Nico, ma alla fine vi aveva trovato tutto tranne quello. Il Matto era un incoraggiamento ad abbandonare il passato, a lasciarsi alle spalle tutto per poi esprimere la propria originalità, il proprio segreto più nascosto, senza curarsi di ciò che gli altri potevano pensarne.
Rachel rimase lì per qualche minuto, poi si alzò e ritornò a letto. Mentre si stringeva le coperte addosso non poté fare a meno di sorridere.
Era proprio vero.
La speranza era l’ultima a morire, anche per un figlio di Ade.





Note dell'autrice.
Aloha! E' passato un po' di tempo, eh?
Ma io sono ancora qua. Eh già. LOL.
Scusate il ritardo, sono stata a casa da sola per una settimana e sono uscita una volta, poi un'altra ... e poi mi sono dimenticata di aggiornare. *risata imbarazzata*
Beh, comunque. Questo è il capitolo di Nico di Angelo, spero che vi piaccia. Chi ha letto la Casa di Ade sa a cosa mi riferisco nell'ultimo pezzo, chi non l'ha ancora letta ... beh, vedrete cosa succederà al nostro Ghost King preferito!
Io mi dileguo perché devo annaffiare i fiori, mia madre mi sta guardando male.
Fatemi sapere cosa ne pensate in una recensione, okay? Mi motivano sempre ad andare avanti, lo sapete! :)
Al prossimo aggiornamento!
Baci,
Aelle

Ritorna all'indice


Questa storia è archiviata su: EFP

/viewstory.php?sid=2682724