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di _Emme
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** L'incontro bizzarro ***
Capitolo 2: *** Solo John ***



Capitolo 1
*** L'incontro bizzarro ***


1. L'incontro bizzarro.

  Il clima caldo e umido della Georgia mi travolse appena uscii di casa. Avevo appuntamento al cinema, dove mi stavo dirigendo. La mia migliore amica Lindsay mi aveva invitata a passare una serata in sua compagnia davanti ad un buon film. Ne avevo sentito parlare ed avevo compreso l'entusiasmo di Lindsday: deserti texani, impavidi ranger su cavalli instancabili che percorrevano miglia e miglia senza cedere mai, pub in perfetto stile western... decisamente il suo genere. Ero quasi arrivata quando mi arrivò un messaggio. Era Lindsay.

Hey cara, mi dispiace taaaanto ma non posso proprio esserci stasera :( mamma ha scoperto il mio piccolo segreto.. Poi ti spiego, L.

  Ecco qua: con un semplice messaggio era finita la mia serata. A quel punto non sapevo se tornare a casa un po' delusa oppure andare a vedere il film da sola. Decisi che visto che mi trovavo già lì, avrei visto il film e poi sarei tornata subito a casa. Mai decisione fu più azzeccata. Dopo aver pagato il biglietto, mi recai nella sala 5 e cercai il mio posto. 11..12..13,trovato! Mi sedetti in attesa che la sala si riempisse e che il film cominciasse. Intanto mi guardai intorno: c'erano poche persone, prevalentemente sedute nei posti davanti allo schermo, ma solo una attirò la mia attenzione. Un uomo sui trent'anni probabilmente, ma che, nel modo in cui era conciato dava l'idea di avere almeno dieci anni di più. Lindsay l'avrebbe trovato fantastico. Portava stivali a punta in perfetto stile western, appoggiati al sedile davanti, le gambe incrociate erano fasciate da pantaloni in pelle con tanto di cinturone di cuoio in vita. Mi augurai che la pistola vecchio tipo incastrata in una delle asole della cintura fosse una buona imitazione di una pistola vera, niente di più. Il busto era coperto da una camicia bianca, che era talmente sporca e logora da aver cambiato totalmente colore, e da un gillet marrone in pelle. A completare l'abbigliamento insolito per quell'epoca che i suoi avrebbero definito decisamente fuori luogo, era un cappello da cow boy, di quelli che usa Chuck Norris nei suoi film e che molti texani indossano ancora orgogliosamente per le strade di alcuni paesini più piccoli, i quali sono ancora affezionati alle tradizioni. Era un cappello bianco, ma come la camicia sporco e rattoppato qua e là, che andava ad incorniciare un viso emaciato, sporco e coperto da una barba ispida e mal fatta. Le sopracciglia spesse facevano sembrare gli occhi azzurro ghiaccio, ancora più incavati. Probabilmente avrebbe potuto essere un bell'uomo se solo si avesse curato il suo aspetto, ma a modo suo lo trovava affascinante.
  Mentre riflettevo su questo arrossendo un poco dei miei pensieri, le luci si spensero e il film cominciò. Ciò che mi piaceva di più di quel cinema era il fatto che, prima di un film, non ci fosse pubblicità. Infatti iniziarono a susseguirsi immagini di un deserto roccioso e in basso apparve la scritta "Maggio 1868". Mi misi più comoda sul sedile, quando sentii un borbottio sommesso provenire dalla fila dietro la mia. Mi girai e vidi lo sguardo furente dello strano uomo-cow boy, confermato dai pugni talmente serrati da far diventare le nocche delle mani sporche e rovinate bianche. Mi chiesi il motivo di tanta rabbia, quando lui si volto verso di me. Distolsi immediatamente lo sguardo, colpevole di essere stata colta in flagrante. Sentii un fruscio dietro di me, segno che l'uomo si era alzato e si apprestava ad andarsene. Volsi il mio sguardo curioso verso l'uomo, proprio mentre lui si girava un'ultima volta a guardarmi prima di sparire dietro la porta scura della sala. Sicuramente mi sbagliavo ma sembrava quasi che mi incitasse a seguirlo. Scacciando quel pensiero dalla mente, riportai la mia attenzione sullo schermo, o perlomeno ci provai. La mia mente lavorava febbrile e ripensava al viso di quell'uomo e alla sua rabbia ingiustificata. Mi voltai ancora e ancora finchè mi alzai e mi diressi verso l'uscita nella speranza di trovarlo. 

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Capitolo 2
*** Solo John ***


2. Solo John.

  Correvo guardandomi intorno nella speranza di vederlo, ma il cinema sembrava deserto. Naturalmente erano tutti all'interno delle sale a godersi il film. Tutti tranne io. E quell'uomo. Rendendomi conto che colui che stavo cercando doveva essere uscito dall'edificio, mi apprestai a raggiungere l'uscita. Ed eccolo lì, seduto su una panchina con le gambe leggermente divaricate, le braccia appoggiate allo schienale e la testa rivolta al cielo stellato. Senza voltarsi nella mia direzione disse: - Ce ne hai messo di tempo! -. Non sapevo cosa dire, non sapevo se si rivolgesse a me e mi sentivo una stupida ad aver seguito un uomo che neanche conoscevo. Mi stavo voltando per tornare dentro, sicura che non sarei comunque riuscita a seguire il film, quando lui alzò il viso verso di me e incatenò i suoi occhi ai miei. - Sto parlando con te – chiarì togliendomi ogni dubbio che mi aveva attraversato in quegli istanti. Perchè mai uno sconosciuto avrebbe dovuto interessarsi a me, tanto da aspettarmi fuori da un cinema da cui era uscito così di corsa? Ero così confusa che l'unica cosa che riuscii a dire fu: - Oh -. Lui mi fece cenno di sedermi accanto a lui e io, spinta da una forza inspiegabile, ubbidii.

  - Sono John, solo John – mi disse. Non mi chiese il mio nome, ed io non glielo dissi. Dopotutto era pur sempre uno sconosciuto ed io non ero a conoscenza delle sue intenzioni. Perciò risposi: - Picere -. Rimanemmo in silenzio per un po' fissandoci negli occhi finchè decisi a parlare. - Senti, solo John, per quale motivo mi aspettavi qua fuori? -. non sapevo se avessi posto la domanda nel modo più corretto e garbato, ma lui non diede cenno di turbamento a quella domanda. - Ti va di bere qualcosa? - mi disse invece, ignorando la mia domanda. Al che gli dissi: - Lo sai che non si risponde ad una domanda con un'altra domanda? -. Lui borbottò qualcosa che non riuscii a sentire e poi rispose: - Sì, me l'hanno detto, ma l'hai fatto anche tu se non te ne fossi accorta. Allora, ti va di bere qualcosa? -. Fui stupita dalla risposta. Era intelligente, nonostante il suo aspetto rozzo desse l'idea di una persona non proprio acculturata. Mi ero sbagliata sul suo conto e questo mi incuriosii ancora di più quindi annuii in risposta alla sua domanda. Si alzò dalla panchina porgendomi la mano che rifiutai educatamente. Ci dirigemmo in silenzio verso il bar più vicino, uno di fianco all'altra, lui con le mani nelle tasche degli stretti pantaloni e io a sguardo basso non sapendo cosa aspettarmi da quella serata. Entrammo nel bar dove le poche persone presenti si voltarono verso la porta, rivolgendo sguardi curiosi, scettici o derisori al mio accompagnatore. Il suo aspetto aveva creato scalpore tanto che borbottii sommessi e battutine sprezzanti aleggiarono nel piccolo locale. John sembrò non curarsene, forse abituato a ricevere lo stesso trattamento in altri posti. Infastidita da quelle frasi cariche di pregiudizio, lanciai delle occhiate di rimprovero verso i clienti del bar e spostai nuovamente la mia attenzione sul mio interlocutore. Il suo sguardo era già su di me ed era così intenso, quasi cercasse qualcosa in me ma non lo trovasse, che, imbarazzata, distolsi il mio sguardo chiamando il cameriere. Questi, per nulla turbato dall'aspetto di John, probabilmente abituato a vedere gente strana in quel locale, prese tranquillamente le ordinazioni e tornò al bancone.

  - Allora.. - iniziai non sapendo come iniziare un qualsiasi tipo di discorso per togliermi da quell'imbarazzo – ehm, dove abiti? -. - Qui vicino – rispose lui evasivo. Intanto era tornato il cameriere, il quale ci porse le bibite. Sorseggiavo la mia Coca-Cola quando all'improvviso John sbottò: - Okay, non sono qui per perdere tempo. Era tanto che aspettavo questo momento -. Totalmente confusa e in preda all'agitazione per quel repentino cambiamento di tono tentai con un - Che cosa intendi dire? - sapendo in qualche modo che lui non mi avrebbe risposto. Lui posò il suo bicchiere ed iniziò con tono cupo: - Ti sarai accorta del mio aspetto che tutti reputano così stravagante. –. Io annuii incitandolo a continuare. - Beh, c'è un motivo per cui sono vestito così e sono così trascurato e magro. Io... – disse tentennante - io... io vengo dal passato.- . Ed ecco che aveva sganciato la bomba. Dopo un momento di stordimento iniziai a ridere. Non potevo crederci! Ridevo e ridevo sotto il suo sguardo serio e rassegnato di chi sa di aver detto qualcosa che difficilmente sarebbe stata accettata. Con quasi le lacrime agli occhi dissi: - Potevi trovare un modo migliore per rimorchiare, non trovi? -. - Ma io... non... volevo rimorchiare! - disse basito. A quel punto smisi di ridere di colpo. - Sei serio? -. Ma dentro di me già sapevo la risposta. Non sapevo come, non sapevo perchè, ma mentre ridevo una consapevolezza che avevo voluto scacciare si faceva largo nella mia mente. Lui non mentiva, diceva la verità. Ma ancora non volevo ammetterlo. - E sentiamo, - dissi scettica – da che epoca verresti? -. - 1868. – disse sicuro. - 1868. - ripetei, innarcando un sopracciglio. - Già. - disse lui. - Non ti viene in mente niente? -.

  Il film. Il film che avri dovuto vedere con Lindsay. Il film che ero intenzionata a seguire prima di correre fuori a cercarlo. A cercare lui, John. In quel momento capii che la sua rabbia aveva a che fare con quel film e mi maledissi per non aver controllato meglio di cosa parlasse. Sapevo che era ambientato in Texas nel 1868, era un film d'avventura naturalmente ma non sapeva molto altro.
- Penso sia ora di raccontarti una storia – disse John, distogliendomi dai miei pensieri.
- Una storia? - chiesi sbalordita. Che cosa significava?
Lui annuì ed io chiesi: - Perchè? Perchè adesso? E perchè diavolo stai dicendo tutto questo a me, una povera ventiquattrenne alla quale l'amica ha dato buca e la quale ha incontrato uno sconosciuto strampalato con cui sta bevendo in un minuscolo bar? -. Non mi curai dell'effetto che avrebbero potuto avere le mie parole su di lui e, d'altro canto, lui non ne sembrò turbato. Era rimasto impassibile al mio sproloquio e adesso mi guardava con quegli occhi penetranti, come se cercasse di farmi capire tutto con uno sguardo. Alla fine, distolse lo sguardo dal mio e bevve un sorso della sua birra. Io lo guardavo ancora interrogativa quando lui disse: - Capirai tutto a tempo debito, te lo prometto. -. Lo disse in modo diverso da tutte le volte che mi aveva rivolto la parola quella sera, era quasi dolce, intenerito, forse impietosito dal mio stato di confusione. A quel punto non rimaneva che scegliere: uscire di corsa dal quel piccolo locale, mettendo più distanza possibile tra me e quell'uomo, dimenticando tutto come fosse stato un sogno oppure rimanere e ascoltare ciò che John aveva da dirmi e capendo finalmente cosa c'entrassi io in quella faccenda.

  Annuii all'indirizzo dell'uomo e gli feci cenno di iniziare a parlare. 

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