The Book Always Burns

di Nicky Rising
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** The Book Always Burns ***
Capitolo 2: *** Lost and insicure, you found me. ***
Capitolo 3: *** Hope ***
Capitolo 4: *** The shocking Truth ***
Capitolo 5: *** No one else can heal your sAul ***
Capitolo 6: *** Tryin' ta get a little better ***
Capitolo 7: *** Say you'll always be there ***



Capitolo 1
*** The Book Always Burns ***


“Ehi.. Ti ho cercato ovunque”
Axl non rispose. I suoi occhi erano persi sul pavimento e Duff poteva vedere solo l’ombra della sua esile figura in quella stanza semibuia del piano superiore della chiesa.
Si avvicinò incerto, provava dolore sì, ma il rapporto che il cantante aveva con Izzy era ben più diverso e profondo, e non poteva immaginare come si dovesse sentire lui in quel momento.
Tutti gli altri problemi, il futuro della band o un chitarrista che potesse degnamente rimpiazzare Izz, sembravano lontanissimi, inutili, in confronto alla sofferenza che tutti stavano provando.
Il bassista mise una mano sulla spalla ad Axl, che non si mosse, ma rimase con lo sguardo fisso sulle assi di legno della cattedrale.
Dopo estenuanti secondi di silenzio, Rose aprì la bocca e pronunciò poche parole tremanti, la sua voce profonda non era mai parsa così insicura, triste, morta:
“E’ come la canzone”.
Duff lo guardò senza capire
“Sta piovendo”
Aggiunse poi facendo un cenno verso la sola finestra della stanza, nonché unica fonte di luce dell’ambiente.
Duff annuì, si riferiva a November Rain, canzone che avevano pubblicato nell’album uscito solo un anno prima, ma ora sembrava tutto così lontano.
“Solo che in quella cazzo di canzone non muore nessuno”
Questa volta la voce di Axl si fece più forte e roca, Duff riuscì solo a guardarlo sconsolato. Non c’era nulla che potevano fare.
“Perché è dovuto succedere?”
“Non lo so..”
“Perché adesso?”
“Non.. non lo so”
“Perché lui?!”
“Non lo so, Axl, Ok?! Non lo so! Io avrei meritato di morire! Non Izzy. Io mi sto distruggendo il fegato di alcol, non Izzy! Io tiro di coca tutti i santi giorni! Non..”
“Izz..”
“La sua unica colpa è di averci sopportato per così tanto tempo”
Duff si mise le mani tra i capelli, crollò a terra, appoggiò la schiena al muro e dai suoi occhi iniziarono a scendere lacrime trattenute ormai da tempo. Axl si voltò verso di lui, lo sguardo fermo e i pugni serrati, ma le labbra presto iniziarono a tremare a si ritrovò anche lui seduto vicino al bassista a piangere. Duff gli mise una mano attorno alle spalle, e si strinsero forte, cercando di proteggersi da tutto il resto, dal dolore, dal mondo che è così brutale e insensibile.

“Piacere, Jeffrey”
“Lo so chi sei..Io mi chiamo Will”
“Perché sei dentro ad un armadietto?”
“Scappavo dalla Gilmour, quella è pazza. Tu come mai qui?”
“Ho sentito le sue urla isteriche e volevo divertirmi un po’”
“Non so se sono il massimo dell’intrattenimento..Uno come te non dovrebbe stare con.. uno come me”
“Perché no?”
“Nessuno sta con me”
“Nessuno forse ne è all’altezza”
“Alla mia altezza?”
“Certo! Per esempio i tuoi capelli farebbero invidia a chiunque!”
“Mio padre vuole che me li tagli”
“Un classico! La domanda è.. io sono alla tua altezza, Will?”
“Forse, ma il nome Jeffrey non ti rende giustizia”
“Ci stavo pensando anche io.. La Gilmour se n’è andata, ora puoi uscire da quell’armadietto”
“..Grazie”

 
“Ti prego, ti prego non ce la faccio”
“Ora calmati, Axl”
“No! No! Ti prego voglio morire, dammela, lo so che hai una pistola, Duff, dammela subito”
“Ti ho detto di calmarti. Non dire stronzate.”
Axl si gettò sopra a Duff, perdendo definitivamente il controllo, i ricordi lo stavano massacrando, voleva morire, una volta per tutte. Le mani di Axl iniziarono a cercare nelle tasche del bassista, che riuscì a bloccargli i polsi prima che trovasse l’arma.
“Lasciami! Lasciami, coglione non sai come ci si sente!”
Duff lo tenne fermo finché non si calmò, perdendo le forze, appoggiando la testa sul suo petto, respirando forte.  Il bassista gli appoggiò una mano sul capo.
“Andrà tutto bene..”
Rose non ebbe nemmeno la forza di rispondere, si lasciò cullare dal respiro flebile di Duff, dalla sua mano che gli accarezzava la testa, si sentiva protetto. In fondo il bassista era sempre stato il più comprensivo, il più dolce, il più sincero, se non fosse stato per Izzy sarebbe stato lui il suo migliore amico.. Ma Izz ora non c’era più..
La porta si aprì lentamente, Slash entrò in silenzio sedendosi vicino ai due, abbracciati sul pavimento con gli occhi gonfi e gli sguardi persi. Duff e lui si diedero un’occhiata, Slash annuì: Axl aveva bisogno di aiuto, Izzy era l’unica persona che sapeva capirlo e ora non c’era più.
“Hanno detto che è l’ultima occasione per vederlo.. Chiuderanno la bara tra poco..”
“Fanculo.”
“Forza, Axl, è la nostra ultima occasione per salutarlo..”
Il biondo si alzò e aiutò il cantante a fare lo stesso. Scesero nella chiesa, incontrarono Matt e Steven nella navata insieme ai genitori di Izz e ad altri amici stretti, nessuno al di fuori di loro sapeva della morte di Jeff. Il padre del chitarrista, appena i tre Guns scesero, li guardò con odio, comprensibile: la colpa secondo lui era loro, che l’avevano trascinato via dall’Indiana per dargli quella vita da rockstar che nessuno dei suoi familiari voleva.
“Voglio stare da solo con lui..”
“Axl, non puoi fare uscire gli altri dalla chiesa..”
“VOGLIO STARE DA SOLO CON LUI.”
Tutti si voltarono. Duff li guardò con aria sconfortata, ma alla fine riuscì a convincerli ad uscire per pochi minuti, lasciando Axl da solo dopo avergli sfiorato la spalla.

“Izz..”
La risposta provenne solo dall’eco della grande cattedrale.
“Secondo me, non sei morto davvero. Sei solo quello stupido idiota che cerca troppe attenzioni.. Non te ne davo abbastanza? Mi hai salvato, poi sei finito nell’ombra, mi odio per questo. Hai ragione. Ti saresti meritato molto di più, hai fatto tutto per la band, per me..
Mi dispiace davvero trop..”
Singhiozzò.
“Ma che cazzo avevi in testa? Come.. Com’è stato possibile.. I freni di quella cazzo di automobile funzionavano fino a un’ora prima, Duff l’aveva usata, perché sei morto tu?!”
La sua voce risuonò ovunque, il suo sguardo si posò sulle vetrate, poi, finalmente,  fece quei cinque passi che lo separavano dalla bara, dal vederlo.
Gli sfiorò gli occhi chiusi, le labbra, gli accarezzò i capelli e per un attimo pensò che fosse semplicemente un’altra mattinata, in cui saliva nella sua stanza dell’hotel per svegliarlo e dirgli che dovevano fare il soundcheck per il concerto.
“Sveglia, Izz..”
Rimase in silenzio per pochi secondi.
“Cosa dobbiamo fare ora? Forse prenderci la colpa. Dire che te ne sei andato dalla band perché eravamo troppo coglioni per avere.. per.. per essere alla tua altezza Izz.. Non possiamo dirgli che non ci sei più.. Non possiamo uccidergli la speranza come hanno fatto con me.. Che devo fare con la band? Cosa.. Non possiamo fare album senza che tu gestisca tutte le canzoni che scriviamo, senza di te non saremo niente..”
Un altro sguardo.
“AIUTAMI COGLIONE. HO BISOGNO DI AIUTO!”

Duff era rimasto sull’uscio della chiesa, in silenzio, ascoltava. A quell’ultima frase si avvicinò ad Axl e gli mise una mano sulla spalla. Il cantante si voltò di scatto, spaventato.
“Calma..”
“NON PUOI DIRMI DI CALMARMI. E’ TUTTO FINITO. TUTTO!”
“Non è vero.. Ci siamo ancora.. Io e slash siamo qui.. Devi.. essere forte..”
Axl si liberò dalla presa di Duff, guardò un’ultima volta il viso pallido di Izzy, del suo Izzy. Appoggiò le labbra sulla sua fronte, una sua lacrima scese sulle palpebre dell’altro.
Voltatosi verso l’uscita della navata, non si girò più, e uscì dalla chiesa. Attraversò la piccola folla di amici e familiari con forza, Duff lo inseguì fermandosi tra la gente dopo averlo perso di vista.
Slash lo guardò con aria interrogativa e il biondo rispose soltanto scuotendo la testa.

Nessuno vide più Axl Rose. Era la fine del 1991.
Axl Rose, così come il suo genio, erano scomparsi per sempre, morti come Izzy in quello stupido giorno piovoso di novembre.

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Capitolo 2
*** Lost and insicure, you found me. ***


L’ombra di Izzy comparve davanti ai suoi occhi: la sua figura non era ben delineata ma Duff sapeva che si trattava di lui. Si avvicinò e cercò di sfiorarlo, ma invano.
In quel momento, una voce, simile ad un sussurro risuonò nella testa del bassista, Izzy gli stava dicendo qualcosa, ma non era un saluto, un augurio
era una minaccia:
“E’ stata colpa tua”

Duff si svegliò di soprassalto, con il respiro irregolare e madido di sudore, quando il telefono iniziò a squillare. Diede un’occhiata all’orologio digitale posto sopra al comodino: le tre di notte.
Maledisse mentalmente chiunque potesse chiamarlo a quell’ora e rispose.
“Duff?”
“Sono io, chi parla?”
“Sono Slash.. Notizie di Axl?”
Duff sospirò, dal giorno del funerale di Izz nessuno l’aveva più visto ed era passata ormai una settimana.
“No.. Niente di niente, perché chiami a quest’ora?”
“Non.. Non riuscivo a dormire. Hai parlato con Stephanie?”
“Sì.. Ma non ha fatto altro che piangere, dubito che ne sappia qualcosa, ha detto che è stanca, che non ce la fa più.. “
“Ah..C-Cosa?”
La sua voce sembrava alterata, agitata.
“Cosa? Dicevo che Steph forse è stanca della loro relazione.. Se lo lasciasse sarebbe un casino per lui.. Dio, quella donna è un’idiota. Non capisce che Ax ha bisogno di aiuto ora, non di altri problemi..”
“Ah.. si scusa.”
“Tutto ok?”
“S-Sì. Certo. Solo.. E’ tutto buio”
Il biondo sospirò.
“Quando ti sei fatto?”
Silenzio.
“Non mi sono fatto.”
Due respiri irregolari, Duff aspettò paziente, poi il riccio ricominciò a parlare.
“Non volevo farlo.. Non.. E’ stato quello sgorbietto lì.. Ha detto che non sarebbe uscito dalla mia doccia se non mi fossi fatto di nuovo..”
“Slasher, di cosa diamine stai parlando?!”
“Dei.. di loro no? Non li vedi? Sono ovunque..”
Duff abbassò la cornetta. Stupida eroina. Nessuno avrebbe dovuto farsi nella band, sarebbe stato meglio per tutti, lo sapeva per esperienza personale, in fondo da quando aveva smesso di prenderla stava meglio e per evitare gli attacchi di panico gli bastava un goccio.. o qualche bicchiere.. bottiglia..

“Hai detto di chiamarti Duff, giusto?”
“Sì”
“Sai cosa? Sei forte, davvero..”
“Beh, ti ringrazio..”
“Scusami se sembro importuna, ma ormai Slash ha detto che fai parte della band, perciò.. Posso farti una domanda personale?”
“Fai pure!”
“Sei gay?”
“Cosa?! Dio Yvonne come puoi pensare una cosa del genere..”
“Scusami, era una curiosità, lo pensava anche Gina!”
“E’ la ragazza di Axl vero?”
“Sì, infatti”
“Strano tipo quello..”
“Oh.. No, lui non è strano.. E’ solo.. Speciale. Unico. Quanto solo”
“Ci sei andata a letto?”
“Ma sei pazzo?”
“Hai iniziato tu con le domande indiscrete.”
“Idiota. Io ora vado.”
“Ok. Ci si vede”
“Sì, comunque. Ci sono andata a letto.”


Il telefono ricominciò a squillare, 9.24 di mattina. Duff, stanco di quella nuova sveglia, sbuffò una risposta.
“Pronto?”
“L’ho trovato, l’ho portato a casa, muoviti”
“Arrivo”
Il suo autista arrivò puntuale dopo la telefonata, salì nei sedili posteriori, e osservando i quartieri periferici di Los Angeles, nei quali si era trasferito pochi anni prima, i pensieri iniziarono ad affollarsi nella sua mente. Forse era iniziato tutto da quella stupida casa. Quella bellissima casa a due piani con piscina che si era comprato una volta che Appetite aveva raggiunto un successo clamoroso nel 1988, diventando uno degli album più venduti del decennio. Ci avevano guadagnato un casino, troppo. Non erano persone a cui si potevano dare dei soldi, non loro. Inesperti di economia, iniziarono a farsi giostrare da sconosciuti che osservando le carte dicevano che era tutto ok, e loro dovevano soltanto fidarsi, mettere una firma ad occhi chiusi senza sapere che cosa stesse succedendo attorno a loro. Prima della pubblicazione dell’album, i ragazzi vivevano tutti insieme, condividevano appartamenti vicini, se non lo stesso schifoso garage abbandonato, ricoperto di vomito, materassi distrutti per dormire ed un unico frigo perennemente vuoto. Da quando erano arrivati i soldi, erano arrivate anche le responsabilità. Ognuno si era comprato una casa, una macchina, nel caso di Duff anche un cane, e si era stabilito agli estremi più lontani della città. La magia del loro essere selvaggi e autodistruttivi, scomparve.
Soli, ognuno divenne più vulnerabile alle tentazioni. Slash aveva l’eroina, Axl le donne, lui l’alcol e in realtà, Izzy, il dolcissimo Izzy, non aveva più niente. Si era disintossicato all’inizio dell’anno, tutti l’avevano ammirato in silenzio. Già, in silenzio, perché non parlavano mai fra di loro, mai. Pubblicare gli Use Your Illusion era stato il triplo più difficile di pubblicare Appetite e GnR Lies. Per i primi due album erano serviti pochi mesi di lavoro, per questi, quasi tre anni. I fans iniziavano ad essere più irrequieti, o forse erano loro che erano diventati meno ribelli?
Non avrebbero sopportato la morte di Izzy. Nessuno l’avrebbe fatto.
La band si sarebbe sciolta. Era ovvio. E con questo pensiero che ora ingombrava totalmente la sua mente, arrivò davanti alla villa di Slash.

Scese dall’auto, attraversò il grande cortile e la hall di ingresso, dove teneva anche il suo personale rettilario, con almeno venti specie di serpenti diversi. Gli altri erano sul retro.
Slash arrivò, sudato, senza maglia, i pantaloni della tuta sporchi, di vomito, di sangue, solo Dio poteva saperlo. Slash prese il braccio del biondo senza dire una parola, e lo trascinò quasi di peso nella sua camera da letto.
Axl era lì. Steso. I capelli rossi sparsi sul cuscino in maniera disordinata, una camicia aperta, con uno strappo su un braccio, gli scopriva il petto: quattro graffi, grandi, ornavano ora la sua spalla. Dei jeans e i piedi scalzi, steso sopra alle coperte, gli occhi chiusi, il viso bianchissimo. Sembrava una bambola di porcellana, fragile. Forse già caduta e con  qualche crepa.
“Scusa, non ce la faccio.. Io vi lascio, ok?”
A Slash tremavano le mani.
“Ok, man, non preoccuparti..”
Provò a dargli una pacca sulla spalla ma si ritrasse. Dio santo.
Rimasto solo con Axl, si avvicinò e gli sistemò i capelli, imbarazzato. Si sedette sul bordo del letto ed aspettò, senza dire niente, forse minuti, forse ore.
Un respiro irregolare del cantante attirò finalmente la sua attenzione. Aveva aperto gli occhi, iniettati di sangue, dove spiccavano ancora di più le iridi chiarissime. Doveva aver pianto così tanto.
“Ehi, sai che ci hai fatto prendere un colpo?”
Non rispose. Si guardò le mani.
“Stai bene?”
“No.”
Duff sospirò.
“Che cosa vuoi che faccia? Me ne devo andare?”
Questa volta Axl lo guardò negli occhi.
“No.”
E poi fece una cosa, che in ormai dieci anni che si conoscevano, non aveva mai fatto. Nessuno di loro. Mai.
Gli prese la mano. E pianse. Come un bambino.
Duff lo prese tra le sue braccia e si mise quasi a cullarlo, con la mano libera iniziò ad accarezzargli i capelli, mentre l’altra rimaneva intrecciata con la sua.
Ora non serviva parlare. Si stavano dicendo molte più cose di quanto non avessero mai fatto in tutta la loro vita.

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Capitolo 3
*** Hope ***


Dopo la telefonata con Duff, quella notte alle tre, Slash si sentì una merda.
Semplicemente, alzò gli occhi verso lo specchio del bagno dal quale aveva chiamato il bassista (e dove si era anche fatto una dose circa un’ora e mezza prima), e incontrò, dopo diverso tempo nel quale era fuggito dal suo riflesso, due occhi scavati, che continuava a cercare di nascondere sotto alla perfetta posizione del cappello, che gli permetteva di vedere tutto senza farsi vedere dagli altri: appena aveva ideato quel nuovo stile, si era sentito proprio uno a posto, con del potere in mano, con un’aria misteriosa che avrebbe messo in difficoltà chi gli stava accanto, ma erano tutte stronzate.
Slash aveva paura. Paura che gli altri lo vedessero, che si accorgessero di come fosse in realtà, di mostrarsi per come era. E ora, tutta quella paura venne a galla, nel momento in cui incontrò i suoi stessi occhi. Era lui. Quello era lui. E non riusciva a realizzarlo: quell’uomo, scarno, magro, malato e fragile, gli sembrava un estraneo, uno sconosciuto, ma mai avrebbe potuto dire di essere lui, lo stesso che anni prima viveva solo di musica, quello che aveva finalmente trovato un modo con cui esprimersi e che si sentiva un dio in terra per esserci riuscito.
Si accorse che in quel momento non era nient’altro che un’inutile tossico, che stava buttando via una vita che tantissime persone gli invidiavano. Non poteva permetterselo.
Decise di compiere l’unica cosa che avrebbe in qualche modo dato di nuovo importanza a lui, come uomo, come amico, come persona: trovare Axl.

Uscì in quella fredda nottata di inizio dicembre, tanto sapeva già dove andare: i Guns erano stati soprattutto compagni di una folle avventura,  di uno stesso sogno, ma mai amici intimi. Qualche volta, però, in momenti di euforia o durante una semplice sbronza, a qualcuno veniva spontaneo aprirsi, così come aveva fatto Axl con Slash qualche anno prima, quando si era lasciato con Erin.
Gli aveva rivelato di essere rimasto due giorni in un vicolo di una strada centrale di Los Angeles, l’unico posto in cui le persone, troppo spaventate di trovare barboni, stupratori o tossici, non avrebbero mai messo piede. Era rimasto solo per così tanto tempo, ad allontanarsi dalla realtà, rimanendo immobile, con la testa fra le mani, a pensare, e basta.
Slash sapeva che il nascondiglio di Rose sarebbe stato simile anche questa volta.
Molti avrebbero preso il chitarrista come una persona superficiale, ma in realtà era un grande ascoltatore e quando qualcuno aveva bisogno di sfogarsi, lui c’era.
Axl l’aveva sempre capito. Ma in fondo quell’idiota capiva tutto, troppo velocemente, sempre. Dava sui nervi. Slash si era sempre chiesto come potesse una persona essere contemporaneamente sia uno stronzo colossale che un genio artistico, sensibile e incredibilmente intelligente.

Arrivato in centro, camminò veloce, evitando gli sguardi indiscreti dei personaggi pericolosi che si aggiravano per la città a quell’ora: anche lui in fondo era un personaggio pericoloso, ma non era proprio il momento per mettersi sotto una cattiva luce insieme agli altri.
Camminò per ore, dando un’occhiata in ogni vicolo che trovava dietro ai locali o nascosti tra i night club più cool della città: tra le altre cose ci trovò vecchi senzatetto intenti a spararsi qualcosa in vena, ragazzi ubriachi svenuti tra l’immondizia e una coppia intenta a darsi da fare in mezzo allo squallore, ai quali Slash augurò mentalmente una sana gonorrea, come minimo.
Erano quasi le nove quando si infilò in un’altra strada. Non era particolarmente stanco, durante il tragitto si era fermato due volte per tirare un po’ di neve, la quale gli aveva dato abbastanza carica per continuare. Piuttosto, stava iniziando a perdere le speranze, ma proprio allora, vicino ai cassonetti della spazzatura, riconobbe un corpo abbandonato a sé stesso, pallido, steso, apparentemente senza vita.
Si avvicinò lentamente, lo riconobbe e si accorse anche che respirava, a fatica. C’era una siringa per terra, Slash pregò un dio incerto che Axl non si fosse bucato. Se lo caricò sulle spalle e lo portò a casa dopo aver chiamato il suo autista.

E ora Duff era di là, con Axl. Il suo compito era stato svolto. Ora si sentiva di nuovo degno di vivere, un supereroe, colui che aveva risolto la situazione. Stronzate.
Riempito di emozioni quando aveva finalmente trovato il suo corpo, svuotato dalla situazione nel momento in cui Duff era entrato trafelato per andare dal cantante.
Li aveva guardati per un po’, il bassista così sconcertato dalle condizioni di Axl, lui perfettamente ignaro di tutto, beato tra i suoi sogni. Forse non così beato. Forse stava soffrendo. Come lui. Come Duff. Come chiunque. Stavano soffrendo tutti. Non lo sopportava.
“Scusa, non ce la faccio.. Io vi lascio, ok?”
“Ok, man, non preoccuparti..”
Gli aveva risposto Duff prima di avvicinare benevolmente la sua mano alla spalla del riccio, ma la  sua mente venne invasa solamente dalla paura.
Non. Doveva. Toccarlo.
Non sapeva bene perché. Semplicemente, temeva che un’altra parte di lui si fosse rivelata, questa volta al suo bassista, come prima si era mostrata a lui stesso quando si era guardato allo specchio. Lui non si era riconosciuto, non voleva spaventare anche Duff.
Forse, rimanendo un’ombra, non avrebbe causato problemi.
Uscì dalla stanza il più velocemente possibile.

Si chiuse in bagno, di nuovo. Non era cambiato assolutamente niente.
In un attimo, iniziò a pensare: si sentiva così vuoto ora mentre aveva ancora la sua band, come si sarebbe sentito se questa si fosse sciolta? Izzy non c’era più: le fondamenta così salde sulle quali si erano formati, erano appena crollate. Non c’era speranza.
 Izzy era come il pavimento. Quello che ognuno da per scontato, in fondo, chi cazzo ha mai visto una casa senza un pavimento. In realtà, però, se quello non ci fosse stato, non ci sarebbe niente sopra, non ci sarebbero i mobili, i muri, il tetto e nessuno ci potrebbe vivere. Eppure tutti i giorni ci si cammina sopra, lo si calpesta, si lascia vittima delle briciole, della polvere, dei graffi, dei pezzi di vetro di un’altra bottiglia caduta, frantumata. E il pavimento sopporta tutto. E non gli diciamo mai grazie. Mai.
E alla fine si distrugge. Per vendetta forse. E tu cadi nel vuoto.

Dopo più di un’ora passata a pensare, Slash sentì dei singhiozzi: Axl era l’unica checca che poteva piangere in quel modo. Si pentì subito di aver pensato una cosa simile. Aveva lo stesso tatto di un cantiere in mezzo a Central Park.
Aprì lentamente la porta dove si trovavano i due. Li trovò dolcemente abbracciati, l’uno a cullare l’altro. Gli ricordò il momento in cui li aveva trovati così nelle stanze sul retro della chiesa dove avevano celebrato il funerale di Izzy.  E come allora, lì invidiò.
Duff alzò la testa.
Axl smise di piangere, si ricompose lentamente, come se ogni gesto gli costasse una fatica enorme.
Per un attimo nella testa del chitarrista balenò un pensiero, “Tutta scena.”. Lo scacciò via il più velocemente possibile.
Si avvicinò e si sedette vicino al cantante.
“Che facciamo adesso?”
Axl tirò su col naso e rimase a guardare indeciso il pavimento.
Finalmente qualcuno che gli dà attenzioni. Fottuto pavimento. Slash l’aveva sempre detto che Axl capiva tutto.
Senza alzare lo sguardo disse:
“Non può finire”.
“Non può.”
Aggiunse Duff annuendo piano.
“Quindi?”
Slash voleva chiarezza. Per una volta. Forza. Niente discorsi a metà, niente stronzate.
“Quindi adesso ci alziamo da questa merda e andiamo a cercare un chitarrista.”
Duff  guardò Axl sgranando gli occhi. Il cantante ricambiò lo sguardo e accennò un debolissimo sorriso, che fece scorgere un minuscolo lampo di speranza.
Anche Slash lo vide, e si accorse di quanto quella persona potesse essere speciale.
Alla fine, dipendeva tutto da lui. Nessuno di loro aveva mai brillato di tecnica, a nessuno fregava un cazzo. Axl aveva un’estensione vocale di cinque ottave e mezzo. Suonava il pianoforte e la chitarra. Componeva canzoni, scriveva testi, era carismatico e voleva arrivare al successo.
Nessuno di loro era mai stato così motivato. Nessuno. E per quanto tutti avessero provato a gettargli addosso merda, tutti sapevano dentro di loro che quel ragazzo era un genio.
E se Izzy era il pavimento, lui era tutto il resto della costruzione.

“Dobbiamo fare qualcosa, dove cazzo è Axl?”
“Ha detto di iniziare.. Che lui arriverà..”
“Ah, certo, ci trasferiamo vicino all’Indiana per lui e Izzy e guarda un po’, nessuno dei due è qui. Che cazzo di merda è?!”
“Izzy si è appena ripulito, abbi un po’ di comprensione”
“Mi sono rotto il cazzo di questa comprensione. Sono settimane che siamo qui. Dobbiamo pubblicare un fottuto album. Come se non fossimo abbastanza per Axl. Come se facessimo qualcosa di sbagliato. Steven mi sono rotto il cazzo, voglio farmi una dose.”
“L’ho finita prima, scusa man..”
“E la coca?”
“Ne ha un po’ Duff nella giacca, aspetta”
“Mi chiedo che cosa dobbiamo fare perché quel fottuto cantante isterico ci degni della sua regale presenza del cazzo.”
“Boh, chi lo capisce quello. Aspetta cosa fai, non tirarla tutta..”


“Scusa”
Axl si voltò verso il riccio. Stupito delle sue parole.
“Per cosa?”
Alzò le spalle in risposta, ricambiò il sorriso.
“Perché non capiamo mai un cazzo..”
Axl gli mise un braccio sulle spalle.
“Izzy sarebbe felice, di vederci così, adesso.”
Duff parlò piano, incerto, ma tutti sentirono e questo ampliò i loro sorrisi.
“Penso di sì”
Aggiunse il chitarrista.
“Io ne sono certo, invece”
I due si voltarono verso Axl, un po’ scettici, un po’ stupiti.
Lui rispose con occhi persi.
“Me l’ha detto.”

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Capitolo 4
*** The shocking Truth ***


Cap. 4

GUNS N’ ROSES                                                                                    New York Times 16/12/1991
Gilby Clarke, nuovo membro ufficiale della band

E’ ormai ufficiale. Dopo il misteriosissimo abbandono di Izzy Stradlin, il degno (?) sostituto del chitarrista è Gilby Clarke, ex Kill For Thrills, altra band sleaze metal nata a Los Angles nell’88, una band, quindi, con tantissime cose in comune con i GN’R, se non il fatto che i primi non hanno mai ottenuto successo, pubblicando un solo album scadente.
Le informazioni che abbiamo sulla scomparsa di Stradlin si riducono a poche parole, le stesse che ha lasciato trapelare Duff Mckagan in una breve intervista prima di un loro concerto a New York, date che andavano dal 9 al 13 del mese, che si sono svolte al Madison Square Garden. Per la prima volta, infatti, anche i fans Newyorkesi hanno avuto modo di ascoltare la nuova formazione della band: c’è chi li ha trovati grandiosi, meglio di prima, sempre al massimo, ma anche chi ha trovato da ridire sul continuo cambio di membri, diventata ormai un’abitudine dal ‘90 quando anche il batterista Steven Adler venne sostituito da Matt Sorum, ex Cult.
Mckagan dice solo: “Izzy non è più nella band per via di comportamenti inconciliabili, nostri e suoi. Semplicemente ha seguito la sua strada. Spero che sia felice. Immagino che avrete un po’ più di informazioni quando Axl farà l’intervista con Rolling Stone.”
Questo è quello che ci promette. Il discusso frontman Axl Rose, sempre circondato da episodi che lo descrivono come uno psicopatico egoista e meschino (Parole già utilizzate dal Circus Magazine), ha quindi in programma un’intervista con RS. Intervista che si svolgerà il 2 aprile dell’anno prossimo. Dobbiamo quindi avere pazienza e farci bastare il proseguimento dello Use Your Illusion Tour, cercando di familiarizzare di più con Clarke e con la nuova formazione di una band, che ha cambiato in pochi album, due decenni di musica.


 “Io non ho mai detto un cazzo!”
“Qualcosa avrai detto..”
“Oh, sì, ora ricordo, mi hanno chiesto dove fosse Izzy e io gli ho risposto: Tutto a suo tempo, saprete da Axl. Ti sembrano le stesse cose che hanno scritto sul Times?!”
Slash alzò le spalle, divertito, per poi cambiare espressione:
“Axl non sarà felice..”
“Psicopatico, egoista e meschino..”
“Anche per quello, ma soprattutto non  aveva mai fissato un’intervista con Stone.”

“Quale intervista?”
Slash sospirò e guardò Duff con un’espressione tipo *Di questo stavo parlando*, per poi passare il giornale al cantante.
“Leggi.”
“Il New York Times ha scritto di noi?!”
“Leggi cazzo”
Gli occhi di Axl saettarono tra una riga e l’altra, ad ogni parola cambiavano espressione, prima annoiata, poi divertita, infine stupita e poi infuriata. Bingo.
“Mi sono rotto il cazzo.”
“Dove stai andando?”

“A spaccargli il culo, dove vuoi che vada”
“Ok! Aspetta un secondo!”
Slash, andò ad afferrargli le braccia e a trattenerlo nella stanza prima che potesse combinare casini, anche se il frontman sembrò calmarsi quasi subito.
Anzi. Parve sconsolato. Guardò i due musicisti. Duff era seduto su un divano rivolto a un tavolino di vetro, in cui aveva un bicchiere di vodka liscia. Slash, in piedi davanti a lui, senza maglia e con un asciugamano attorno ai ricci che aveva appena lavato.
“Sono davvero  uno psicopatico, egoista e meschino?”
Duff e Slash si guardarono.
“Dai non fate i coglioni, cazzo”
Il chitarrista scoppiò a ridere e mise un braccio sulla spalla ad Axl.
“Su, Rose, te n’è mai fregato qualcosa di quello che pensano gli altri di te?”
“Non mi avete risposto.”
“Infatti Axl, non sei il tipo! Puoi fare quello che vuoi!” Continuò il biondo.
“Non mi avete risposto.”
Alla fine Slash, titubante, aggiunse un timido:
“Solo.. Solo un pochino”
Axl fulminò con lo sguardo entrambi. E poi, incredibilmente, scoppiò a ridere.
“Alla fine, penso che essere uno psicopatico faciliti la mia carriera”

Slash rise, per poi cambiare velocemente discorso, prima che prendesse una brutta piega.
“Ci andrai?”
“Dove?”
“A fare l’intervista da Stone”
“Mi dà sulle palle il fatto che io abbia dovuto venirlo a sapere da un fottuto Times, dopo chiamo Doug e vedo se è vero. Comunque non lo so..”
Duff si avvicinò
“Secondo me dovresti andarci.. Fare un po’ di chiarezza prima che vengano a sapere la verità è meglio..”
“E allora perché non ci vai tu?! Mi sembra che abbia già detto abbastanza, o no?”
“Erano balle, Rose. E poi sei tu il frontman, secondo gli altri.”
“Secondo gli altri sono anche uno psicopatico.”
“E non hanno ragione?”
Aggiunse Slash ridendo, beccandosi uno scappellotto in fronte dal cantante.
“Mettiti qualcosa addosso, piuttosto. Così potresti cavare un occhio a qualcuno.”

Axl si dileguò e tornò nel suo camerino. In tutta la sua carriera aveva rilasciato tre, forse quattro interviste. Tutto il resto, gli articoli che scrivevano su di lui, erano stronzate. Tutto quello che scrivevano sui Guns erano stronzate. Forse l’unico modo per farli smettere era dirgli la verità. Sua madre gli diceva sempre che alla fine la verità è la spiaggia più sicura, gli altri prima o poi l’accetteranno. Già.. Proprio lei lo diceva.
Non avrebbe mai detto la verità su Izzy, mai. Nessuno avrebbe meritato di saperlo, e Izzy non si sarebbe meritato la fama da musicista deceduto nel bel mezzo della sua carriera. Non avrebbe neanche avuto la fama da club 27, aveva due anni in più..
Ma che cazzo andava a pensare. Ad ogni modo, tutti sarebbero stati più speranzosi, più fiduciosi, nel sapere di un Izzy che aveva scelto di cambiare vita per averne una migliore, fuori dal mondo dello spettacolo e della band. Tutto ok. Era pronto a prendersi le responsabilità per questo.
“Egoista meschino.”
Stronzi. Forse psicopatico lo era, ma egoista e meschino non lo poteva sostenere. Dopo tutto quello che aveva fatto.. Forse era proprio su quello che avrebbe dovuto dire la verità.
In fondo una rivista come Rolling Stones è qualcosa di grandioso, chiunque compra quel giornale, chiunque vede la sua copertina in edicola e si mette a leggerne i titoli. E mai nessuno ha mai trovato la sua faccia sotto al titolo del magazine. Fino ad ora. Sapeva di aver sempre giostrato bene il suo personaggio, che lo aveva sempre circondato del giusto mistero, del giusto carisma, del giusto fascino mixato a una perfetta dose di anormalità.
W. Axl Rose alla gente, che lo odiasse o lo amasse, interessava. E questo avrebbe fatto sì che il numero di aprile di Stone del 1992, avrebbe venduto un fottio di copie. Ne era sicuro.
Quindi, per una volta, aveva in pugno la possibilità di parlare al mondo, attraverso un giornalista che sperava non fosse il solito cazzone da tabloid.
Era quindi forse il momento per.. Per dire tutto quello che si era tenuto dentro per così tanto tempo?
Solo Izzy lo sapeva.
Quando lui era vivo, non aveva mai sentito il bisogno di dirlo ad altri, c’era già lui che lo capiva.. Ma ora.. Ora in realtà gli sarebbe piaciuto dirlo a tutti. A tutto il mondo.
Far finalmente capire a tutti quelli che lo avevano giudicato come ci si sente ad essere così.
Izzy lo sapeva da un paio d’anni: non appena Axl lo aveva scoperto, aveva subito avuto bisogno di qualcuno con cui condividerlo, chi meglio del suo migliore amico, lo stesso che quando il suo patrigno lo picchiava era il primo a bagnare le ferite con l’alcool, sopportando le urla di Axl per il tremendo bruciare che sentiva sulla pelle.
Non c’era mai stata solo gioia nella sua vita. Anzi. La gioia era rara, e di certo lui non si sentiva un Dio in terra come spesso alcuni giornalisti lo definivano.
Era una persona piuttosto umile, bisognosa di affetto. Non completamente normale.
Ed era ovvio il perché non lo fosse. Era quello che doveva rivelare a Rolling Stone. Quello e basta.
“Sì, mio padre mi ha violentato quando avevo due anni.
E, grazie ad una cura che sto facendo con la mia psicoanalista, io me lo ricordo. Mi rico­rdo tutto.”

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Capitolo 5
*** No one else can heal your sAul ***


Slash non ricordava molto delle giornate che trascorreva. Più che altro passava le sue ore ad ubriacarsi e gli unici momenti in cui era sobrio erano quelli con cui iniziava la giornata, ma erano troppo tormentati da dopo sbronza e incredibili mal di testa (che, ovviamente, preferiva lenire con altro alcol) per potergli permettere di vivere con intendere e volere la propria vita.
C’era un giorno però, un giorno solo, che ricordava bene. Anzi un momento. Il momento in cui vedeva Izzy arrivare verso il suo appartamento con l’automobile nuova di Duff, che l’amico gli aveva prestato la sera prima lasciandogliela sotto casa.
“Quando accompagni Slash alle prove domani”
Gli aveva detto
“Mi riprendo la macchina, ora sono troppo ubriaco per guidarla”
Ed era scoppiato a ridere augurandogli la buona notte.
Slash era in anticipo, quella mattina, e aveva deciso di attendere il suo chitarrista nella veranda di casa. Accomodato su una poltrona davanti al portone di ingresso, con una lattina di birra e la chitarra, lo aspettava suonando i riff delle canzoni che avrebbero dovuto provare più tardi.
Quando aveva sentito il rombo del motore della Corvette di Duff, aveva alzato lo sguardo ed aveva visto semplicemente quello che non gli si sarebbe più cancellato dagli occhi.
Nemmeno con tutto l’alcol che aveva in corpo e con quello che poi cercò di bere per dimenticare, nemmeno con la droga, con le ragazze, e peggio, nemmeno con la musica Slash riuscì mai a dimenticare quella scena, ma anzi, restò a costruire la sua stessa vita, che poi migliorò e rese piena dell’amore che cercava, convivendo con quell’immagine.
Quella della Corvette grigia che a tutta velocità si avvicina alla sua villa, ma che quando passa davanti ai suoi occhi ingenui e divertiti della velocità di Izzy, non si ferma e continua a correre, fino a quando, dopo circa cinquanta metri, non sbanda, schiantandosi contro una delle palme che ornava la strada californiana, a 110 km/h.

In quel momento, era rimasto talmente basito dall’accaduto da non riuscire nemmeno a muoversi. Anzi, aveva addirittura aspettato che quale vicino, spaventato dal rumore, non uscisse a vedere. Nella sua mente iniziavano ad affollarsi mille paure, fino a quando non scattò in piedi e non corse come una furia verso la macchina semidistrutta, con le lacrime che gli rigavano già il viso, con la speranza che lottava con un’incredibile voglia di urlare.
Arrivato allo sportello, l’aveva scardinato ed aveva sganciato la cintura incastrata sul corpo di Izzy apparentemente privo di sensi, con le guance scavate rigate dal sangue, affondate nell’Air Bag che non aveva salvato nient’altro che la sua anima.
I vicini intanto scendevano in strada, con le mani a coppa sulle labbra per l’orrore, mentre Slash cercava di cullare Izzy in attesa di una risposta, di un segno, di qualcosa.
Appoggiandogli un orecchio sul petto, aveva capito che debolmente, ancora per poco, avrebbe respirato. Giusto quel tempo che gli serviva per aprire debolmente gli occhi, sorridere faticosamente e dire al suo soccorritore:
“Non preoccuparti..”

E poi aveva chiuso gli occhi, e non li aveva riaperti. Più. Mai più.
“Slasher?”
“Cosa?!”
La voce di Axl lo risvegliò dai suoi pensieri, dai quei pensieri che ultimamente erano gli unici ad affollargli la testa.
Il cantante gli appoggiò un braccio sulle spalle
“Dovresti essere carico per il concerto di stasera, non si suona tutti i giorni in un posto come il Wembley Stadium, è una delle occasioni più grandi che ci siano mai capitate!”
“Pensavo”
“Che passi da gigante Sauly”
Rise Axl.
“A cosa pensavi?”
“Smettila di chiamarmi così Rose, fa tremendamente frocio.. Pensavo.. Beh in realtà mi chiedevo perché Freddie Mercury possa avere un Tribute Concert davanti a decide di migliaia di persone e.. Izzy no..”
Il sorriso di Axl svanì, e Duff, che fino ad allora era rimasto in silenzio, alzò lo sguardo dal finestrino. Anche Gilby e Matt smisero di parlare, e nella Limusine che li stava accompagnando dall’aeroporto al luogo del concerto,  rimase solo il rumore delle ruote sull’asfalto.
 “Ne abbiamo già parlato”
Borbottò Axl freddo.
“Se lo sarebbe meritato..”
Continuò Slash, deciso sul voler andare a fondo.
“Ah, sì? Si sarebbe meritato di essere compianto da migliaia di fan che celebrando il suo funerale avrebbe giudicato morti anche noi?”
“Figurati. Fai finta che non abbia detto niente, ma ricordati una cosa, sei un egoista del cazzo.”
“Basta così, voi due, sul serio.”
Duff alzò la voce e Slash mise il muso mentre Axl sembrava pronto a ringhiare contro tutti e due.
“Sarà una serata memorabile, non permetterò a te Slash di rovinarla con brutti ricordi e a te Axl di fare le tue solite stronzate”
“Ha cominciato lui.”
“Perfavore!”
Matt aveva guardato il cielo, e zittito nuovamente tutti con quella simile ad una preghiera, mentre si stringeva le tempie come ad indicare un imminente mal di testa.

Slash approfittò di quel silenzio per tornare ai suoi pensieri e riflettere su quanto odiasse convivere con quel ricordo: non solo con quel viso pallido e sfregiato dall’impatto, non solo con quegli occhi stanchi e con quelle labbra tremanti di quello che un tempo era stato uno dei suoi migliori amici, suo fratello, il suo chitarrista, quello che capiva perfettamente quali basi solide dare ai suoi riff, quello capace di incastrarsi come un pezzo di un puzzle alla chitarra solista di Slash, no.
Non era quella la parte peggiore, il punto più critico era stato quando aveva sentito pronunciargli quelle uniche ultime parole:
“Non preoccuparti”
Anche in punto di morte, anche alla fine, Izzy Stradlin, quasi completamente senza più speranze, impaurito dalla morte imminente, aveva scelto di pensare agli altri, di pensare a Slash, che anziché tranquillizzare il suo Izzy era riuscito ad essere protetto e sollevato da lui, da lui che ora aveva bisogno di aiuto e che invece si ostinava a darne.
“Non ti preoccupare”
Aveva detto a Slash, e, in un primo momento, ci aveva anche creduto che fosse tutto a posto, che non sarebbe successo niente di male, che fosse tutto un sogno, che quello che aveva tra le braccia non era Izzy ma uno stupido manichino, che fosse tutta un’allucinazione per la droga.
Con i suoi occhi così calmi e sinceri, Izzy era riuscito ad infondere pace anche in punto di morte.

E Slash capì che mai, mai più sarebbe riuscito a cancellare quel ricordo, perché la verità era che mai nessuno, né Axl, né Duff, né lui stesso, era mai riuscito a dare la stessa pace che Izzy riusciva ad infondere sempre e comunque con il suo altruismo.
E ora il tempo per provarci, era finito. Come la sua stessa vita.
Ed era tutta colpa loro.

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Capitolo 6
*** Tryin' ta get a little better ***


Duff tornò a guardare il finestrino, dopo aver controllato un’ultima volta che Slash ed Axl non fossero intenzionati a ricominciare a litigare. Lo facevano sempre più spesso, e sinceramente, ne erano tutti stufi: Matt rischiava di avere una crisi nervosa ogni dieci minuti e Gilby, che era stata l’ultima persona a sapere della verità sulla morte di Izzy, rimaneva in disparte, imbarazzato da situazioni nelle quali non poteva ancora intervenire. Dal canto suo, Duff, riusciva solamente a zittirli e a provare a farli ragionare, anche se, in realtà, non sapeva nemmeno lui chi dei due avesse ragione: se Slash desiderava onorare Izzy come il grande musicista che era stato e organizzargli grandi saluti da parte del loro enorme pubblico, Axl non avrebbe mai permesso che il suo migliore amico lasciasse il mondo come un'altra rockstar abbandonata al destino di una vita spericolata e fuori di testa. Ormai era stato frainteso così tante volte, quando diceva la verità, che per lui ora era più facile mentire. In più, forse, convincere gli altri che Izzy se n’era solo andato lontano per seguire i propri sogni, avrebbe in qualche modo convinto anche lui che ora il suo adorato chitarrista stava bene e che non fosse realmente morto, ma solo partito per un po’. Il bisogno di Axl di avere ancora un briciolo di speranza per il proprio futuro era fondamentale per la sua stessa esistenza, o sarebbe esploso.
Ripensando alla morte di Izz, Duff ritornò con i ricordi al giorno del suo funerale e, in particolare, al momento in cui Axl si era avventato su di lui alla ricerca di una pistola. Per farla finita.
Solo in quel momento capì quanto dovesse essere dura per quel ragazzo aver perso una delle poche persone che da sempre, da quando era piccolo, non l’aveva mai abbandonato, mentre l’avevano fatto tutti gli altri. Erin, per esempio, o tutte le altre ragazze o gli amici che aveva conosciuto a Los Angeles e che dopo pochi mesi scomparivano se Bill provava ad aprirsi con loro. Nessuno di quei ragazzi si era mai mostrato disponibile con lui, non come Izzy, e ora era solo. Più solo di prima.
Gli venne spontaneo alzare lo sguardo sugli occhi di Axl, che ora erano puntati sulle sue mani. Tremavano leggermente, un tremore che a Duff ricordava tremendamente le crisi di astinenza di Slash. Eppure Axl non era mai stato dipendente da eroina. Forse era solo in crisi di astinenza da Izzy. Sorrise malinconicamente tra sé per questo pensiero e in quel momento Axl si accorse del suo guardarlo.
Duff gli fece un cenno, cercando di mostrarsi comprensivo, ma il cantante gli rispose soltanto distogliendo lo sguardo.
Il bassista sospirò leggermente, quando gli balzò in mente un pensiero.
Will gli si era avventato addosso con l’intenzione di uccidersi, di prendere la pistola che sapeva di trovare. Come faceva a sapere che l’avrebbe trovata di sicuro? Come sapeva che effettivamente Duff nascondeva una calibro 35 nella tasca interna dei jeans? Come sapeva che anche lui, quella mattina, aveva tentennato con quella pistola in mano rigirandosela tra le mani tremanti e che, nel momento in cui Slash aveva suonato al suo campanello, indeciso sul da farsi se l’era semplicemente infilata nei pantaloni?!
Il biondo rimase dubbioso per tutto il tragitto cercando una risposta: magari i suoi erano soltanto viaggi mentali pre-concerto ed Axl aveva solamente delirato sperando che effettivamente il bassista, da bravo americano, possedesse un’arma di autodifesa, eppure c’era qualcosa di macabro in tutto ciò, qualcosa che lo fece anche rabbrividire quando il suo ricordo tornò alle sue dita sudate che scivolavano sul manico della pistola. Non l’avrebbe mai fatto, non l’avrebbe potuto fare. Non era da lui, che aveva sempre amato così tanto la vita e la possibilità di godersela al meglio. Eppure ci aveva pensato, e se Slash non avesse suonato il campanello in quel momento, chissà cosa sarebbe successo.
La limousine accostò all’ingresso dell’hotel che li avrebbe ospitati fino al pomeriggio, quando si sarebbero spostati al Wembley Stadium per esibirsi in quello che sarebbe stato il più grande concerto degli ultimi vent’anni.
Duff salì alla sua camera velocemente, desideroso di farsi una doccia fredda per togliersi di dosso quei pensieri macabri, quando si sentì strattonare via dal corridoio dell’albergo per ritrovarsi in una suite che non era sua, ma di Axl.
“Ma che cazzo fai?!”
“Ho bisogno di una mano.”
Il bassista si concentrò sul suo interlocutore, non l’aveva mai visto così assente.
“Stai bene?”
“Sì, ho solo bisogno di.. Insomma.. Tu hai un po’ di roba, vero?”
Duff lo fissò con gli occhi sgranati
“Che cosa ti serve?”
“Penso basti un po’ di neve.”
Duff sospirò frugandosi nelle tasche per poi fermarsi e guardarlo sconsolato
“Ax, non sono sicuro di volertene dare..”
“Gay e pure spilorcio?”
Axl abbozzò un sorriso dandogli una pacca sulla spalla, ma entrambi si accorsero che in quella situazione non funzionava affatto. Il cantante continuò serio:
“Man, davvero, ho solo bisogno di rilassarmi un po’.. Ci saranno settantamila spettatori là fuori, non sono.. Non sono tranquillo, tutto qui.. Voglio dare il massimo..”
“E’ solo per questo?”
Axl sbuffò spazientito:
“Non sono cazzi tuoi, ok?”
“Sono cazzi miei se il mio cantante inizia a diventare un dipendente del cazzo.”
“E io invece devo conviverci da  solo con un eroinomane ed un alcolista?”
“Beh, di certo diventare come noi non sistemerà la situazione.”
“Fai anche presto a darmi il buon esempio, vedo.”
Il bassista sospirò, amareggiato:
“Ci sto provando, Axl.. Ma.. è difficile..”
“Quando ti esploderà il fegato per tutta la merda che bevi sarà difficile, non adesso. Ti ho chiesto solo un paio di grammi di coca per stasera, poi puoi andare a fare il cazzo che ti pare.”
Duff riportandosi le mani alle tasche sospirando, ripensò ai pensieri che l’avevano travolto durante il viaggio e non riuscì a porre un freno alla sua lingua:
“Come sapevi che avevo una pistola, al funerale?”
Axl, che intanto si era avvicinato alla valigia per prendere una camicia pulita, si voltò di scatto, stupito:
“..Come hai detto?”
“Tu volevi la mia pistola, ma non ti avevo mai detto di averne una”
Axl alzò lo sguardo rassegnato.
“Me l’ha detto.. Slash.. Lui.. Mi ha spiegato che quando ha suonato a casa tua ti aveva trovato messo di merda e.. Avevi una pistola tra le mani, lui l’ha visto dalla finestra credo, che cazzo ne so..”
Duff si guardò i piedi imbarazzato.
“Quindi lo sapete.. Perché non.. Insomma..è strano che non me ne abbiate mai parlato..”
“Stavamo tutti di merda Duff, abbiamo avuto dei momenti pessimi, tutti e tre. Ed è strano parlarne perché.. Ecco.. Ho perso.. Un po’ di fiducia in te da quando l’ho saputo..”
“Perché?”
Scosse la testa.
“Non è da te ecco. Non è da te Mike fare una cosa del genere. Sai no? Io sono il bambino depresso, Slash è il coglione ribelle e tu sei solo.. La roccia credo. Se mi crolli tu è un casino...”
Duff per un attimo si sentì allo stesso tempo fiero di avere una posizione del genere che in colpa per aver fatto dubitare Axl di lui. E sè stesso di lui.
“Izzy cos’era?”
“L’anima di tutto questo, temo..”
Duff si avvicinò al cantante un po’ titubante, ma alla fine allungò un braccio verso di lui, e i due si abbracciarono forte.
“Basta parlare di cose tristi, ti va? Questa sera sarà una grande serata. Dobbiamo consolare la folla per Freddie, no?”
“Già.. E chi consola noi?”
“Noi siamo abbastanza forti da riuscirci da soli. Noi tre. Vedrai. E tu sei abbastanza forte da non prendere quella merda stasera. Sei il migliore cantante del mondo cazzo, e vuoi farti di coca? Ma mi prendi per il culo?”
Axl sorrise.
Slash entrò nella camera in quel momento:
“Ho interrotto qualcosa?”
Chiese con espressione maliziosa.
Duff gli tirò un cuscino e fermò Axl che invece stava minacciando di colpirlo con una bottiglia.
“Il Wembley Stadium ci attende, checche. Andiamo?”
“Andiamo.”

 

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Capitolo 7
*** Say you'll always be there ***


Non sono sicuro. Forse è meglio che ricominci tutto da capo. In fondo ora di tempo ne ho in eternità per fare qualcosa di ben scritto, ma è anche vero che nessuno potrà leggerlo, se non qualche stronzo che è qui con me.
L’idea era semplicemente quella di raccontare in terza persona come quei bastardi stessero affrontando la mia morte, ma non è semplice come credevo.. Il rendermi un estraneo e togliermi dalla prima persona del racconto doveva servire per allontanarmi un po’ da loro, altrimenti continuerei a sentire troppo la mancanza che ho di quei dannatissimi Guns N’ Roses, ma forse sarebbe stato più facile dire sin dall’inizio: Ok, io sono Izzy Stradlin, io sono morto e io sto raccontando cosa cazzo sta succedendo ora ai miei amici che continuo.. Che continuo a guardare per paura che si dimentichino di me..
Davvero mi avrebbe aiutato a voltare pagina? Forse dovrei solo smetterla di osservarli, di guardare cosa fanno, forse sono solo una checca malinconica a cui mancano i suoi amici..
Potrei fare tante altre cose piuttosto che stalkerare la mia band, credo, ma potrei fare quelle altre cose più avanti, in tutto il resto dell’infinito che ho davanti…
Perfetto, direi che sono in pace con me stesso. Quindi ora posso continuare quello che stavo facendo, almeno per pochi altri momenti..
Ora vediamo di capire che cosa diamine stanno facendo..
Slash è tremendamente fiero di me, orgoglioso della sua posizione, vorrebbe fare le cose in grande lui, e gliene sono grato, ma non ha capito.. Non ha capito che il problema non è questo, il problema è Axl.. Se capisse quanto diamine si sente solo quel ragazzo e quanto diamine soffrirebbe a dire la verità al mondo e a sé stesso. Axl cazzo, sono morto, è vero, ma che possiamo farci noi due? I tempi delle stronzate sono finiti..
A volte mi chiedo come sarebbero andate le cose se quel cazzo di giorno non avessi detto a quella freccia rossa che gli sarei stato amico: lui forse sarebbe rimasto a Lafayette a farsi picchiare a sangue dal suo patrigno, forse sarebbe diventato un insicuro cantante in un coro gospel di una chiesa, vittima dei fantasmi del passato, con una moglie che considera satana e dei figli visti come il frutto del peccato e.. Dio! Mi sto divertendo un mondo, ma il mio umorismo è fin troppo sadico..
Cosa? Non posso usare Dio come esclamazione quassù? Oh cazzo, perdonami..
Forse avrebbe vinto comunque, forse sarebbe diventato forte e avrebbe trovato la forza da solo per sconfiggere quel coglione di padre che si ritrovava.. E forse non avrebbe avuto tutti quei soldi per fare delle sedute psicoanalitiche che non hanno fatto nient’altro che peggiorargli la vita.. Scoprire di avere un infanzia del genere non è facile. Non lo è affatto.
A dirla tutta, comunque, quel ragazzo non sarebbe andato a Los Angeles e, quindi, forse, ci sarei andato da solo. O forse no.. In fondo senza un amico con cui condividere i sogni è difficile cercare di renderli realizzabili..
Non andando a Los Angeles, non avrei mai conosciuto quel chitarrista così dannatamente fuori di testa che faceva il commesso in un negozio di dischi, non avrei provato due tre jam con lui un pomeriggio e forse quel ragazzaccio avrebbe fatto l’audizione per i Poison truccato come una checca senza aver parlato con me di quanto il Glam Metal facesse schifo..
E oggi quella band di trans avrebbe il signor Slash al posto di C.C. Deville..
Per non parlare di Steven.. Con Slash fuori dalle palle, forse sarebbe rimasto solo e non sarebbe diventato famoso, e magari senza quei dannati soldi non si sarebbe strafatto di eroina come sta facendo ora.. Ma qualcuno gli avrebbe mai visto quel dannatissimo sorriso stampato in faccia tutte le volte che suonava con noi?
E per finire! Forse Michael Duff Mckagan sarebbe rimasto un solo e triste ragazzo di Seattle che, scappato dalla città della pioggia eterna per la città degli angeli, non trova audizioni che gli interessinol dato che gli L.A. Guns, i Road Crew, i Black Sheep o i Rapid Fire o qualsiasi altra band di Los Angeles gestita da me, da Axl o da Slash non esiste!
E ad ogni modo, i Guns N’ Roses non si sarebbero mai formati, non avremmo mai fatto le prove, e Duff non mi avrebbe prestato la sua macchina, e io.. Io, signori miei, non sarei morto.
Per Dio! Adesso che ci penso…
Cosa?! Di nuovo?! Sentite, cazzo, se devo stare qui e non poter scrivere quel cazzo che mi pare preferivo andare all’inferno! Ok, no, scherzavo, la smetto, sul serio, non c’è bisogno di scaldarsi..
Dicevo.. Per Giove! (Va meglio così?!) Più ripenso a tutto quello che è accaduto da quel giorno, più mi riguardo indietro, più penso che, effettivamente, per quanto io abbia creato un casino assurdo, per quanto sia diventato un dipendente di eroina, per quanto abbia rischiato più di una volta per un’overdose, per quanto abbia mandato un batterista nelle mie stesse situazioni, un bassista e un chitarrista con un piede in una fossa colma di Jack Daniel’s  e un cantante verso l’autodistruzione indotta da depressione e crisi isteriche.. Io credo che rifarei esattamente tutto quello che ho fatto.
E che rimorirei cento volte nello stesso modo, pur sapendo di aver lasciato quello che ho lasciato.
E no, quello che ho lasciato non sono quattro ragazzi fottuti dalla vita, perché quassù ai piani alti il Capo mi ha detto che posso guardare il futuro tutte le volte che mi pare e li ho visti.
Li ho visti e sono uomini fieri, con dei progetti e spero senza rimpianti, non importa quanti fans rimpiangano il 1987, so che ora stanno meglio che imbottiti di tutta la roba di cui si facevano allora.
Quello che ho lasciato sulla terra, per cui rimorirei cento volte, è una rivoluzione, una ribellione, un urlo, un avvertimento, una ventata di aria nuova, fresca, e incazzata allo stesso tempo.
La gente, ha avuto la splendida idea di chiamarla musica, e so per certo che questa ragazza mi ha fatto vivere molto di più in ventinove anni che in novanta di un ragazzo che, rimasto a Lafayette, non ha mai sentito il brivido di avverare i propri sogni.
Non serve che scriva altro, in fondo non è venuto così di merda.
Pace e Rock N’ Roll
Forse in.. diciamo un po’ di infinito riuscirò a diventare anche uno scrittore.
A suonare la chitarra me la cavavo.

A Steven, perché un giorno la smetterà con quella merda e so che troverà la donna che lo rispetta e lo ama alla follia, che guarda al suo sorriso immancabile e basta, aiutandolo a lottare.

A Slash, perché avrà una famiglia stupenda, e non smetterà mai di brillare con le uniche parole che ama pronunciare: le note. E anche perché tra una decina d’anni forse il suo fegato potrà urlare di gioia quando ricomincerà a respirare.

A Duff, perché è molto meglio di quello che voleva diventare, e perché non ha mai deluso nessuno e mai lo farà. E perché sposerà una delle donne più belle che abbia mai visto, bel colpo amico.

Ed infine, “At last, but definitely not least” (Half man, half beast..), ad Axl. Perché mai nessun ragazzo si sarebbe meritato come te di vincere in una battaglia che considerava già persa in partenza, e di spiccare il volo. Mi dispiace amico, mi dispiace di tutto, ma so che sarai felice e che sarai l’unico che non smetterà mai di credere nella band in cui ho lasciato l’anima.
I Guns N’ Roses

Fine




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Nota dell'autore:
Mi scuso per aver deluso le aspettative di chi pensava ad un finale diverso e tra più capitoli. Non sono fiera di questa long, e mi dispiace, ma mi è venuta l'idea di finirla così e l'ho fatto, punto. Spero che non mi odiate per questo..
Spero che finiate la storia e che vi lasci il senso di leggerezza e di bontà che alla fine, dopo 6 capitoli tremendamente angst, vi meritavate.. Come sapete, le recensioni sono tutto quello che ho e che potete darmi per farmi capire cosa ne pensate, e sarei grata a tutti voi per anche solo un commento di una parolina: "Bello" o "Brutto" che sia :)

Inizierò presto a lavorare ad altro, e spero che chi mi segue continui sempre a farlo e non smetta come spero che nuovi lettori si aggiungeranno a quelli che già guardano le mie indegne storie.

Un bacio a tutti quelli che mi hanno supportato, stay tuned
Nicky

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