Green Street's Orphanage

di BrutalLove
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Prologo ***
Capitolo 2: *** Capitolo 1 ***
Capitolo 3: *** Capitolo 2 ***
Capitolo 4: *** Capitolo 3 ***
Capitolo 5: *** Capitolo 4 ***
Capitolo 6: *** Capitolo 5 ***
Capitolo 7: *** Capitolo 6 ***
Capitolo 8: *** Capitolo 7 ***
Capitolo 9: *** Capitolo 8 ***
Capitolo 10: *** Capitolo 9 ***
Capitolo 11: *** Capitolo 10 ***
Capitolo 12: *** Capitolo 11 ***
Capitolo 13: *** Capitolo 12 ***
Capitolo 14: *** Capitolo 13 ***
Capitolo 15: *** Capitolo 14 ***



Capitolo 1
*** Prologo ***


 

Si trova in una stanza piccola e spoglia.

Aspetta qui” gli hanno detto, prima di lasciarlo solo.

Aspettare.

Aspettare cosa?

Che ne sarà di lui?

Le urla di sua madre e dei suoi fratelli mentre lo portano via gli rimbombano ancora nella testa.

Non ha ben compreso cosa sia accaduto, ma ha un brutto presentimento.

Si siede su una piccola seggiolina di legno e si porta le ginocchia al petto.

È davvero minuto per avere otto anni.

In mano stringe ancora la copertina gialla che gli ha regalato suo padre. Hanno cercato in tutti i modi di strappargliela dalle dita, ma è riuscito a tenersela stretta.

All'improvviso la porta si apre ed entra una donna che, strattonandolo per un braccio, lo trascina su per le scale.

Letto numero 74. Andiamo, ragazzo”.

 

 

 

 

Angolo autrice :)

Ciao! Vi ricordate di me? E' passato tanto (troppo) tempo da quando ho pubblicato su efp l'ultima volta e me ne scuso. Ho scritto un libro e ora ho iniziato il secondo e purtroppo non ho più molto tempo per le fanfiction. 

L'altro giorno, però, dando un'occhiata alle cartelle nel PC, ho trovato questa storia, l'ho riletta e corretta con l'intenzione di pubblicarla qui.

Spero vi piaccia :) 

Vi invito a lasciare una recensione per farmi sapere cosa ne pensate! 

Ciao, a presto! 

 

BrutalLove

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Capitolo 2
*** Capitolo 1 ***


Due anni. Due anni di attesa, colloqui e controlli, e finalmente qualcuno li ha richiamati.

Christine e Frank Osburth, appena arrivati all'International Airport di Chicago, non possono credere che finalmente il loro sogno stia per realizzarsi.

Dopo un viaggio di due ore a bordo di un taxi attraverso grandi città e piccoli centri abitati, davanti a loro compare, in tutta la sua tristezza e degradazione, l'orfanotrofio di Green Street.

È qui che è stata fatta la telefonata che ha cambiato la loro vita.

“C'è una possibilità di abbinamento con un bambino di otto anni” hanno detto, e questo è bastato affinché i coniugi Osburth si mettessero subito in viaggio.

L'edificio è piuttosto piccolo, spoglio e abbastanza malconcio, come se nessuno si fosse occupato della manutenzione per molto tempo. Il tetto spiovente è in parte corroso dalle intemperie e parecchie tegole sono state sostituite da lamiere provvisorie. I vetri delle finestre proteggono le tende di velluto violaceo che non lasciano intravedere nulla dell'interno, mentre i fiori nell'aiuola di fronte all'entrata hanno sicuramente visto tempi migliori.

L'orfanotrofio di Green Street è uno di quei luoghi che incutono tristezza già a prima vista e non è difficile immaginarlo dimora di bambini abbandonati e dimenticati dal mondo.

“Siamo qui per il nostro piccolo” sussurra la donna incrociando lo sguardo di Frank che le rivolge un sorriso speranzoso.

Christine entra nell'edificio con la mano intrecciata in quella del marito.

Colloquio verbale, ecco cosa li aspetta.

Si presenta a loro una donna sulla cinquantina, con i capelli grigi raccolti in una treccia. È la signora Perth, colei che gestisce l'istituto e si occupa dei piccoli orfani.

“Benvenuti. Voi dovete essere gli Osbuth” dice con un sorriso.

“Sì, piacere” risponde Frank e Christine annuisce.

“Piacere mio, mi chiamo Dyana Perth e sono la direttrice dell'istituto. Spero che abbiate fatto buon viaggio”.

“Oh sì, grazie”.

“Bene, entrate pure” continua, mentre li fa accomodare in una saletta spoglia e si siede per parlare con loro.

Sfoglia alcuni documenti raccolti in cartellette colorate e finalmente sembra trovare quella giusta.

“Perfetto, è questa... Tre mesi fa è arrivato in orfanotrofio un bambino di otto anni. Dopo la morte del padre è stato portato via dalla famiglia poiché subiva continue violenze da parte della madre e dei fratelli maggiori. Ha un disperato bisogno di essere adottato prima di Natale”.

Christine stringe la mano del marito.

“Ovviamente un bambino di questa età è una grande responsabilità; essendo grandicello non è facile per lui concepire che il rifugio sicuro che credeva di avere era invece solo un'illusione. E non è facile per un genitore adottivo relazionarsi con un bimbo che è già cresciuto e che da un giorno all'altro vivrà con lui. So che avete già affrontato questo argomento e che, se siete arrivati fin qui, siete probabilmente convinti del percorso che volete intraprendere, ma devo comunque esporvi nuovamente le problematiche che potreste dover affrontare”.

La signora Perth prosegue elencando i problemi del bambino e le difficoltà riguardanti l'adozione.

Disturbi della crescita e alimentari, sonno disturbato, attacchi di panico, leggero ritardo mentale dovuto alle condizioni in cui ha vissuto, apatia...

E' un elenco lunghissimo e Frank non capisce la metà di quello che sta dicendo la donna. O forse una parte di lui rifiuta di capire, perchè orrori del genere non sono facili da concepire.

“Se siete disposti ad affrontare questo percorso cominceremo con dei piccoli colloqui mattutini e con l'incontro del bambino. Avvieremo poi le pratiche per ottenere una data in tribunale per la sentenza di adozione... Nel frattempo vi lascio una cartella con i dati e una foto del piccolo” conclude Dyana Perth.

Frank sfoglia il documento e si ferma a contemplare l'unica fotografia presente in tutto il plico.

Un bambino biondo e ricciolino lo fissa dalla fotografia... il suo cuore accelera il ritmo dei battiti.

“Oh Frank..” sussurra Christine non appena vede la fotografia.

L'uomo non risponde, continua a contemplare in silenzio i tratti del bambino, il suo sguardo attento, il sorriso dolce.

Sta guardando suo figlio per la prima volta e, anche se è solo una fotografia, è un momento magico.

 

 

 

Christine e Frank escono in silenzio dall'edificio.

Il colloquio è stato piuttosto pesante, anche se non particolarmente lungo.

Hanno trentasei ore per dare la conferma definitiva, ma, per quanto possa essere difficile il cammino da intraprendere, nei loro sguardi non c'è ombra di dubbio.

Vogliono dare una famiglia e una casa a questo bambino, regalargli amore, affetto e una vita degna di essere chiamata in questo modo.

È tutto quello che desiderano.

Per anni sono rimasti in lista d'attesa, aspettando una chiamata che non erano certi sarebbe arrivata.

La fortuna è dalla loro parte e non si lasceranno scappare questa occasione per nulla al mondo.

“Lo sai che ti amo?” sussurra dolcemente Frank all'orecchio della moglie, mentre aspettano il taxi che li porterà fino all'appartamento che hanno affittato.

“Lo sai che ti amo anch'io?” domanda Christine sfiorandogli le labbra con le dita e poi baciandolo dolcemente.

“Saremo una famiglia, finalmente. Saremo una famiglia bellissima”.

 

 

Angolo autrice

Eccomi qua, puntuale come un orologio svizzero :D

Allora, cosa ne pensate? La figura di Billie sarà presente dal prossimo capitolo, ma come vi sembra questo inizio?

Vi invito a lasciare una recensione (vi preeeeego -disse il povero mendicante al lato della strada... oookay, la smetto) perchè mi interesserebbe davvero sapere cosa ne pensate!

Mi rendo conto che il prologo era davvero troppo breve per poterlo recensire (e ringrazio Giorgia_72 per averlo comunque fatto), ma adesso cominciamo a entrare nella storia...

Ringrazio tutti i lettori silenziosi (so che ci siete eheh) e tutti coloro che fin'ora hanno messo la mia storia nelle seguite e nelle ricordate. Grazie mille!

A presto con il secondo capitolo :)

 

BrutalLove xx

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Capitolo 3
*** Capitolo 2 ***


-Il giorno seguente-

Christine e Frank sono di nuovo seduti nella squallida stanzetta spoglia dell'orfanotrofio e stanno aspettando che la signora Perth arrivi con il bambino per fare la sua conoscenza. Hanno confermato il loro desiderio di adottarlo e dentro di loro si agitano mille emozioni indescrivibili.

Stanno per incontrare quello che diventerà loro figlio. Il figlio che hanno sempre desiderato e mai potuto avere. Il bambino che fino ad ora hanno solo visto in foto.

Frank stringe con le mani sudate la cartellina colorata che contiene i dati del piccolo.

La maniglia della porta ruota lentamente e i coniugi Osburth fanno appena in tempo a scambiarsi un'occhiata nervosa e fremente, prima che nella stanza entri un bambino dai riccioli biondi, con la mano stretta in quella della signora Perth.

Christine lotta contro una lacrima che minaccia di scenderle lungo la guancia, mentre Frank rimane immobile, incantato.

Quello che hanno di fronte è come un miracolo.

Un dono del cielo, tutto quello che potrebbero desiderare.

Un figlio.

Il bambino solleva appena lo sguardo nella loro direzione, per poi tornare a guardare il pavimento.

È lo stesso bimbo della fotografia, non c'è dubbio, ma quel sorriso dolce impresso sulla carta è ormai solo un ricordo. La sua espressione rassegnata e malinconica è quella di un ragazzino che ha perso tutto.

Frank lo osserva con attenzione mentre freme dal desiderio di avvicinarsi.

Il piccolo ha soffici boccoli biondi che gli ricadono in parte sulla fronte e gli contornano il resto del viso e occhi verdi così penetranti e sperduti che sembrano cercare di evadere dalla realtà. Indossa una salopette di jeans di qualche taglia di troppo per il suo corpicino minuto e una semplice maglietta bianca. Nient'altro.

Cosa alquanto curiosa, con la mano libera tiene una copertina gialla che stringe forte al petto.

“Saluta” lo incita la signora Perth, ma lui si limita a fare un minuscolo passo all'indietro e non accenna a pronunciare una sola parola.

“Dici a questi signori come ti chiami?” chiede di nuovo, ma il bambino scuote la testa.

La signora Perth sospira, lanciando una rapida occhiata a Christine.

“Ti chiami Billie, vero?” domanda Frank.

Spera di rompere il ghiaccio, vuole sentire la vocina del bambino e fare la sua conoscenza. Lui stesso sa che sta correndo troppo. Non può pretendere che Billie sia ben disposto a relazionarsi con lui, ma è una cosa che desidera così intensamente da lasciarsi sopraffare.

Il bambino alza lo sguardo e lo fissa per un momento. Sembra stia decidendo se aprire o meno la bocca.

“Billie Joe” sussurra poco dopo con un tono di voce così basso da risultare appena udibile.

“Io sono Frank” dice l'uomo, porgendogli la mano. Il bambino la osserva perplesso e non si avvicina. “Hai una bellissima copertina, Billie Joe” aggiunge allora.

Il piccolo la osserva per un istante, con attenzione.

“Me l'ha regalata il mio papà” dice con tono severo, e Frank si sente morire dentro.

 

 

 

Billie's POV

La signora Perth sta cercando Billie, grida il suo nome per i corridoi dell'istituto.

Lui le va incontro, non vuole che si arrabbi, visto quello che è successo l'ultima volta che è capitato.

“Billie! Vieni qua, subito!”.

La raggiunge, la copertina stretta tra le braccia. Non se ne separa mai, e questa volta non sarà diverso.

“Andiamo a conoscere due persone che ti porteranno finalmente in una nuova casa, sei molto fortunato, sai? Non capita a tutti i bambini che vivono qui”.

Non risponde. Non capisce cosa stia succedendo. Chi lo porterà via? Perchè? Nuova casa? Sua madre è tornata a prenderlo?

Rimane in silenzio mentre la donna lo trascina per i corridoi spogli.

Ha paura. Non vuole andare da nessuna parte, vuole solo tornare a casa, nonostante anche lì nessuno lo voglia.

La signora Perth lo porta di sotto, fino ad una piccola saletta bianca. Apre la porta ed entra con lui.

Ci sono due persone, lì sedute.

Sembra che stiano aspettando proprio me, che strano, pensa.

Sembrano felici di vederlo, anche se non lo conoscono.

La signora Perth lo invita a presentarsi a questi sconosciuti, ma lui non vuole farlo.

Stringe ancora più forte la copertina, l'unica certezza che gli è rimasta da quando lo hanno portato via da casa.

“Ti chiami Billie, vero?” gli chiede l'uomo.

Come fa a sapere il mio nome? E poi io non mi chiamo Billie, mi chiamo Billie Joe.

“Billie Joe” dice in un sussurro.

“Io sono Frank” continua, e gli porge la mano.

Che ci dovrei fare? Dargli la mia? Non se ne parla, chissà chi è quest'uomo.

È un figlio di puttana, proprio come te! Ahah!

SMETTILA!

“Hai una bellissima copertina, Billie Joe”.

Ma quanto parla? So bene che la mia copertina è bellissima, non c'è bisogno che sia lui a dirmelo.

“Me l'ha regalata il mio papà” risponde, come per mettere in chiaro che è di sua proprietà e non è disposto a dargliela, se è questo che vuole.

Ma qualcosa gli dice che questi due non sono qui per la sua coperta ma per lui.

 

 

***

 

 

Frank e Christine, seduti sul divano dell'appartamento che hanno affittato per l'occasione, ripensano alla giornata che hanno vissuto.

L'incontro con il bambino è stato duro, nonostante fossero pronti a tutto non pensavano sarebbe stato tanto difficile.

Billie si è rifiutato di avvicinarsi a loro, ha parlato pochissimo e sembrava parecchio infastidito.

L'indomani le pratiche per ottenere una data per la sentenza in tribunale verranno avviate e nel frattempo gli incontri mattutini si svolgeranno con una certa frequenza.

Christine è preoccupata, teme che Billie possa rifiutare lei e Frank. Nel caso dovesse succedere non saprebbe come gestire la situazione.

“Calmati”, dice a sé stessa, “Si abituerà alla vostra presenza a poco a poco. La risposta è il tempo, bisogna solo aspettare” continua, cercando di persuadersi con una cosa che non la convince neanche un po'.

Il primo incontro è il più duro, le hanno detto così e una parte di lei desidera più di ogni altra cosa che sia la verità.

Succede sempre così con i bambini che sono già grandicelli” ha detto la signora Perth, “Gli ci vorrà un po' prima che si abitui a voi, perchè ricorda la sua vera famiglia... con i neonati è diverso, non conservano alcun ricordo degli affetti precedenti”.

“Frank, come faremo?” chiede Christine dopo un lungo silenzio.

“Ce la faremo. Ce la faremo e andrà tutto bene” sussurra Frank, accarezzandole la schiena.

Forse neanche lui ne è pienamente convinto, ma deve essere forte.

 

 

 

Billie's POV

Billie se ne sta sdraiato sul lettino di legno numero 74, rannicchiato sotto le coperte ormai troppo piccole per lui.

Oggi ha conosciuto due persone nuove che, a quanto pare, lo porteranno via da questo posto.

Forse gli succederà proprio quello che è accaduto a Giulia, la bambina che dormiva nel letto di fianco al suo.

Un giorno ha iniziato a stare con un uomo e una donna comparsi dal nulla e, dopo qualche tempo, questi l'hanno portata via. Non è più tornata.

Billie ha paura, gli manca la sua famiglia.

Per quanto tempo ancora vivrà in questa struttura?

Tra quanto lo porteranno via, strappandogli definitivamente ogni certezza?

E poi, via dove?

È troppo piccolo per capire certe cose, ma è in grado di percepire il pericolo, quando c'è. È una cosa che ha imparato a sue spese.

E questa volta lo sente. Sente di non essere al sicuro.

Vuole scappare via.

Ah, vuoi scappare? È così, figlio di puttana? Scappa! Corri via, corri via da me... Ti troverò ovunque andrai, non dimenticarlo!

 

 

 

 

 

Angolo autrice

Buonasssssera!

Okay, allora... cosa ne pensate del personaggio di Billie? E dello sviluppo, anche se minimo, della storia? Fatemelo sapere nelle recensioni!

Nel frattempo ringrazio tutti coloro che hanno recensito finora, inserito la storia tra le seguite, le ricordate o le preferite. Grazie mille!!!

Ci vediamo al prossimo capitolo!

 

BrutalLove xx

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Capitolo 4
*** Capitolo 3 ***


-Il mattino seguente-

Quando Christine e Frank arrivano in orfanotrofio, non si accorgono subito del caos che vi regna.

La signora Perth li accoglie dopo parecchi minuti, scusandosi per l'attesa e spiegando il motivo di tanta agitazione.

“Questa notte Billie ha cercato di scappare da una finestra, l'abbiamo fermato appena in tempo” spiega “E questa mattina è davvero intrattabile, se l'è presa persino con i più piccoli...”.

I signori Osburth si scambiano un'occhiata preoccupata.

“E' parecchio sconvolto, probabilmente non capisce la situazione, stiamo cercando in ogni modo di calmarlo, ma non sembra funzionare... oggi proveremo comunque a lasciarvi soli con lui, per vedere come va”.

Esce dalla stanza chiudendosi la porta alle spalle con un sonoro click ed evitando ulteriori spiegazioni.

“Oh Frank” sussurra Christine, “E' molto più dura di quanto credessi”.

Il marito le prende la mano.

“Ha cercato di scappare dai noi, capisci? Da noi!” sussurra ancora lei.

“Non sappiamo nulla del bambino, in realtà, Christine... Non giungiamo a conclusioni affrettate” ribatte Frank un attimo prima che la porta si riapra.

Eccolo.

Billie è in piedi di fronte a loro, il volto rigato di lacrime e gli occhi sbarrati per la paura.

Come sempre, stringe la copertina gialla con la mano destra.

“Ciao” lo saluta Frank, ma lui non sembra reattivo.

Impassibile, resta immobile e in silenzio.

“Vuoi andare a giocare fuori con Christine e Frank?” gli chiede la signora Perth, e non ottiene risposta.

“D'accordo, andiamo” conclude, facendo cenno alla donna di prenderlo per mano.

Christine esita, ha paura della reazione del bambino.

Poi si decide, intreccia delicatamente le sue dita in quelle di Billie un attimo prima che lui si ritragga con un rapido movimento del braccio.

“Niente mano, perfetto” dice ancora la signora Perth, risolvendo rapidamente la situazione.

Poi guida i coniugi Osburth ed il bambino per i corridoio dell'orfanotrofio.

Le porte delle varie stanze sono aperte e Frank non può fare a meno di provare una tristezza indescrivibile quando vi guarda dentro. Gli si stringe il cuore.

Bambini ovunque.

Bambini piccoli, soli, malvestiti, disperati... dimenticati dal mondo.

Figli di nessuno.

Ricambiano lo sguardo sorridendo appena, ma è un sorriso triste e implorante. Triste, implorante e allo stesso tempo rassegnato, come se si fossero ormai arresi alla loro condizione.

Frank vorrebbe poter adottarli tutti. Portarli via da quel posto, regalare loro l'amore che non hanno mai avuto. Improvvisamente si sente tremendamente inutile.

Torna alla realtà e si rende conto che la cosa migliore che può fare ora è pensare a Billie, suo figlio.

Già, Billie. Perchè lui sì e gli altri no?

Alcuni di quei bambini non avranno mai una casa o una famiglia, e questo pensiero lo distrugge.

Attraversa l'intero istituto, fino ad uscire in giardino.

Qui la signora Perth li saluta, lasciandoli soli con Billie e la sua copertina.

“Non se ne separa mai. Nessun bambino qui ha effetti personali, ma quando finalmente siamo riusciti a togliergliela di mano, ha iniziato a piangere e non c'è stato nulla da fare se non ridargliela” spiega loro lanciando un'occhiata alla coperta, prima di rientrare.

I coniugi Osburth annuiscono all'unisono.

Ora sono soli, soli con un figlio che non conoscono.

 

 

 

Billie's P.O.V

Billie ha provato a scappare ma non ce l'ha fatta.

E ora, inerme e spaventato, si è arreso a quello che verrà, qualunque cosa sia.

Lui e la copertina percorrono di nuovo il corridoio insieme, e per la seconda volta incontrano quei due.

“Vuoi andare a giocare fuori con Christine e Frank?”.

No, non vuole giocare con quei due, ma che altro può fare?

Christine gli prende la mano fra le sue, lui si ritrae.

Non vuole il contatto di una sconosciuta.

La donna lo fissa, sembra delusa, ma non gli importa.

Ma cosa gli importa davvero? Niente.

Arrivano in giardino e la signora Perth lo lascia solo con quei due, dopo aver detto due parole sulla sua copertina gialla.

Billie se la stringe ancora di più al petto.

È tutto quello che ha, che gli ricorda di aver avuto una famiglia e di aver, un tempo, ricevuto amore. Niente gliela potrà strappare dalle mani.

 

 

 

********

 

 

E' passata un'ora da quando sono usciti in giardino con Billie e la situazione non è delle migliori.

Il bambino, seduto su una seggiolina di legno, accarezza con le dita il tessuto liscio della sua copertina e non sembra curarsi di ciò che lo circonda.

Christine non prova nemmeno ad avvicinarsi a lui, forse perchè immagina che non gradirebbe, forse perchè non è ancora pronta; Frank, invece, gli si siede accanto e cerca di farlo parlare.

Coglie un fiorellino rosa cresciuto lì vicino e domanda: “Ti piace, Billie?”.

Il bambino non risponde subito, sembra non aver nemmeno sentito la domanda, ma poi alza lo sguardo nella sua direzione e annuisce piano.

“Potremmo piantare tanti fiori come questo, a casa”.

Billie lo fissa.

Frank ricambia lo sguardo ed il colore dei suoi occhi si mescola a quello delle iridi verdi del bambino. Cerca di leggergli dentro, cerca di capire a cosa stia pensando.

Non ci riesce.

È così strano trovarsi davanti un bambino sconosciuto che diventerà suo figlio da un momento all'altro, semplicemente facendo qualche stupido colloquio e firmando qualche scartoffia.

Frank e Billie rimangono seduti uno accanto all'altro, senza dire più nulla, mentre Christine li osserva dalla panchina lì vicino. Qualcosa le dice che suo marito sarà un padre meraviglioso. Non può dire lo stesso di sé stessa. Saprà fare la madre?

 

 

 

 

 

Angolo autrice

Heilà :) Mi scuso per il ritardo, ma ho avuto problemi in famiglia.

Come vi è sembrato questo capitolo, cosa ne pensate della figura di Billie, ora che la storia si sta sviluppando? E dei genitori?

Ringrazio tutti coloro che hanno aggiunto la storia alle preferite/ricordate/seguite e che hanno recensito... GRAZIE MILLE, non sapete nemmeno quanto mi faccia piacere!

A presto,

 

BrutalLove xx

 

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Capitolo 5
*** Capitolo 4 ***


“Ottimo inizio, davvero” dice la signora Perth ai signori Osburth, quando Billie viene riportato nella stanza comune con gli altri. “Billie ha trascorso tutto il pomeriggio con voi e non ci sono stati problemi, direi che come inizio è ottimo”.

“Praticamente non parla e non si avvicina a noi” mormora Christine, ed il suo tono è afflitto. Come si può definire ottimo un momento del genere?

“Mi creda, la situazione si sta evolvendo in modo molto positivo... solo poco tempo fa il bambino non sarebbe rimasto da solo con voi così tranquillamente, mi dia retta. Ne ho già visti parecchi di casi come questo e posso assicurare che state facendo enormi progressi con il piccolo. Ricordatevi che ci vuole tempo, perchè Billie deve abituarsi a voi proprio come voi dovete abituarvi a lui. L'importante è che lui sia tranquillo in vostra compagnia e viceversa... il dialogo verrà in seguito, per ora questo è già un grande risultato”.

“E se non dovessimo... Insomma, se non dovesse accettarci?” domanda Christine, cercando di non piangere. È una domanda che ha sempre voluto rivolgere a qualcuno ma non ne ha mai avuto il coraggio. Ora però vuole sapere cosa potrebbe succedere e prepararsi a qualcosa di inaspettato.

“Signora” comincia la signora Perth mentre la mano di Frank sfiora dolcemente quella della moglie, “Il fatto che il bambino possa non accettarvi è un fatto più che normale all'inizio. Insomma, se ci mettiamo nei suoi panni possiamo comprendere benissimo il motivo delle sue reazioni e dei suoi rifiuti, la situazione è davvero complessa e delicata. Tuttavia a poco a poco, man mano che i genitori adottivi entrano in sintonia con il piccolo e viceversa, la situazione migliora moltissimo, finchè non normalizza, addirittura, e l'adozione rimane solo un ricordo. Sono davvero pochissimi i casi in cui i bambini adottati non riescono ad instaurare un buon rapporto con i genitori adottivi e comunque non mi sembra il vostro, mi creda. Se Billie avesse voluto rifiutarvi non sarebbe rimasto in vostra compagnia tanto facilmente”.

Christine incrocia lo sguardo del marito che le rivolge un sorriso rassicurante.

“State tranquilli, andrà tutto bene” conclude Dyana.

Rincuorati, i signori Osburth escono dall'orfanotrofio per tornare al loro appartamento per la notte.

 

 

****

 

Esattamente sedici giorni dopo, Christine e Frank escono dal tribunale dove è stata emessa la sentenza di adozione che verrà confermata dal giudicato in poco tempo. I tempi di attesa possono variare di qualche giorno, ma ormai manca davvero poco affinchè le questioni burocratiche vengano concluse e i documenti siano pronti.

Nel frattempo i coniugi Osburth hanno comunque fatto visita a Billie più volte e trascorso del tempo con lui.

Il bambino è sempre molto silenzioso e riservato... a volte sembra voler lasciarsi andare, ma poi si ricompone subito.

Frank, come al solito, è molto positivo. “Ce l'abbiamo fatta tesoro, ce l'abbiamo fatta” esclama mentre sale con la moglie sul taxi che li porterà all'appartamento.

“Main Street numero 45” dice poi rivolto al tassista e l'auto parte a tutta velocità mentre il tramonto si fa spazio nel cielo azzurro.

“Non posso crederci” sussurra Christine, “Non avrei mai pensato che il nostro sogno si sarebbe avverato”.

“Saremo una famiglia”.

“Già... mi chiedo solo quando riusciremo a rompere il ghiaccio con Billie”.

“Ricordi cosa ha detto la signora Perth? Stiamo facendo enormi progressi, il bambino sembra aver accettato la nostra presenza”.

“Non ne sono così convinta, lo sai?”.

“Christine, per una volta vogliamo fidarci di persone che ne sanno più di noi? La signora Perth si è occupata di moltissimi casi come il nostro, ha esperienza... Ha detto che sta andando tutto per il meglio e così è”.

“D'accordo, hai ragione” taglia corto la donna.

“Senti, quello che cerco di dirti è che sei troppo negativa, amore. Se provassi a rilassarti un po' e ad essere più serena, anche la situazione apparirebbe meno drammatica”.

“Rilassarmi? Io dovrei rilassarmi? Chi è quello che non chiude occhio di notte perchè ha troppi pensieri per la testa?”.

“D'accordo, hai ragione, ma cerco di vivere questi momenti nel modo più sereno possibile... sai, dovresti farlo anche per Billie. Ci hanno detto tante volte che una bella carica di positività non può fargli che bene”.

“Sto sbagliando tutto, Frank”.

“No, no, tu non stai sbagliando tutto, proprio come io sono non convinto di affrontare questa cosa nel modo migliore... ma, credimi, se la vivessi più serenamente sarebbe tutto più semplice, lo dico per te”.

“Ma Frank, non ci riesco... Vorrei solo che Billie fosse felice, capisci? Allora potrei esserlo anch'io”.

“Certo che lo capisco... è proprio quello che voglio anch'io”.

“Frank, lui non è felice, hai visto i suoi occhi? È triste, rassegnato, di certo non felice”.

“Christine, amore... dobbiamo essere realistici” sussurra Frank prendendo il viso della moglie tra le mani, “Quello di cui parli è un desiderio che non può avverarsi adesso. Billie sarà felice con noi, ne sono sicuro, ma ora è un momento così difficile che non dobbiamo aspettarci di vederlo sorridere. Ma non per questo dobbiamo smettere di lottare per lui, mi capisci?”.

“Sì”.

“Faremo di tutto per questo bambino e la situazione si sistemerà” conclude con convinzione. Poi appoggia delicatamente le labbra su quelle dalla moglie e asciuga dolcemente le sue lacrime con una carezza.

“Ti amo” sussurra Christine appoggiandosi con la testa al petto del marito, mentre il taxi sfreccia veloce tra le strade trafficate della città.

 

 

 

 

 

 

Angolo Autrice

Buonaseraaaa :)

Allora, cosa ve ne pare? Questo capitolo è incentrato su Frank e Christine, ma nel prossimo Billie tornerà in scena...

Ringrazio moltissimo tutti coloro che hanno recensito (che belle le vostre recensioni ahhh vi adoro)/inserito la storia tra le preferite, ricordate o seguite... siete fantasticiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiii yeaahhhh.

*Ringrazia di nuovo, si ricompone ed evapora*

 

BrutalLove xx

 

 

 

 

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Capitolo 6
*** Capitolo 5 ***


La mattina seguente, quando si presentano all'orfanotrofio, i signori Osburth sono pronti per affrontare una nuova giornata.

Oggi vogliono cercare di rompere definitivamente il ghiaccio con Billie, perchè non manca poi molto prima che venga loro affidato.

Come sempre, la signora Perth li accoglie nel piccolo atrio, e successivamente li conduce in una stanzetta quadrata dove ci sono una ventina di lettini allineati in modo ordinato.

Seduto su uno di quei lettini c'è Billie Joe. Ha le gambe incrociate e sta fissando il vuoto, come se fosse in un altro mondo, molto lontano dalla realtà. Vicino a lui c'è la sua inseparabile copertina.

“Frank e Christine sono venuti a farti giocare” gli dice la signora Perth, “Alzati, forza”.

Il bambino alza lo sguardo, ma non si muove di un millimetro.

Sbuffando, la donna gli si avvicina e lo afferra per un braccio, trascinandolo giù dalla brandina.

Billie oppone resistenza per quanto le sue forze glielo consentano, poi, strattonato sempre più duramente, cade a terra e scoppia in singhiozzi.

La signora Perth gli lascia andare il braccio mentre Christine, si inginocchia di fianco al bambino e lo aiuta a rialzarsi.

“Cosa sono tutte queste scenate?” domanda la signora Perth alzando il tono di voce.

Billie non risponde e si alza in piedi, asciugandosi le lacrime con la manica della maglietta che indossa.

Christine gli offre la mano e lui la prende, cauto.

È la prima volta che lei lo tocca, che afferra la mano di suo figlio.

Camminano lungo il corridoio fino alla stanza dei giochi, dove tanti piccoli orfani stanno colorando dei fogli con i pennarelli.

La signora Perth li lascia soli con Billie, ancora stretto a Christine.

“Vuoi fare un disegno?” gli chiede Frank.

Il bambino scuote la testa.

“Che cosa vuoi fare?” domanda di nuovo, e questa volta il piccolo si stringe nelle spalle.

“Che ne dici se ti racconto una storia?” propone l'uomo un secondo prima di rendersi conto che non ha mai raccontato una storia ad un bambino, e Billie lo fissa incuriosito.

“D'accordo, vada per la storia”.

Si siedono su un divano nell'angolo della stanza con Billie in mezzo a loro.

Che storie si raccontano ai bambini? Frank non lo sa. Oh andiamo, quanto potrà essere difficile improvvisare?

“C'era una volta un principino di nome Billie Joe ...”.

Il bambino alza gli occhi e sorride per la prima volta da quando i signori Osburth lo hanno conosciuto.

Frank ricambia lo sguardo ed il sorriso, e dentro di lui brilla una fiamma di nuova speranza.

 

 

******

 

 

Billie's P.O.V

Billie se ne sta rannicchiato sul suo lettino con la copertina accanto a sé.

Oggi verranno a trovarlo quei due signori, di nuovo. L'ultimo incontro non è andato tanto male, quei due gli fanno un sacco di complimenti e gli dedicano molte attenzioni, ma odia pensare a loro. Ha paura di quello che succederà e cerca di evadere dai suoi stessi pensieri.

È immerso in una realtà tutta sua che si è costruito a fatica per ritrovare sé stesso.

Una realtà dove ci sono solo lui e i ricordi della sua infanzia.

Suo padre, sua madre, i suoi fratelli.

Improvvisamente si trova a considerare il fatto di rivederli, un giorno.

Ha solo otto anni, ma riesce a rendersi conto che non è quello che desidera.

Gli mancano da morire, certo, ma...

Tutto quello che gli hanno fatto... come potrebbe dimenticare?

Capisce che l'unica sua speranza, quella di rivedere ciò che rimane della famiglia in cui è nato, non è più una speranza.

Allora è davvero solo al mondo.

No, forse non solo.

Christine e Frank sembrano volerlo aiutare.

Gli daranno una casa in cui stare, una nuova famiglia.

Perchè non dovrebbe affezionarsi a loro? In fondo sembrano delle persone per bene.

Ecco che entrano nella stanza, con la direttrice dell'istituto.

Gli dicono di alzarsi, ma lui non lo fa.

La signora Perth lo strattona per un braccio, lui cade a terra.

Non si è fatto male, ma si sente così maltrattato e umiliato che scoppia a piangere.

In fondo ha solo otto anni.

Christine gli si avvicina e lo aiuta ad alzarsi.

Billie è estraneo a tutta quella tenerezza, ma quando lei gli tende la sua mano, lui la afferra quasi senza esitazione.

All'improvviso si sente tranquillo e al sicuro con quella donna.

Cammina lungo il corridoio con la mano intrecciata in quella di lei, arrivano alla sala dei giochi.

“Vuoi fare un disegno?”.

No, non vuole fare un disegno. Billie odia disegnare.

“Che cosa vuoi fare?”.

Non lo sa. Da tempo ormai non sa più che cosa vuole.

“Che ne dici se ti racconto una storia?”, chiede Frank.

Una... storia? Ha capito bene? Adora le storie, le ha sempre amate ed è da tanto che non gliene raccontano una.

Frank e Christine si accomodano sul divano marrone in fondo alla stanza, e lo fanno sedere tra loro.

“C'era una volta un principino di nome Billie Joe ...”.

Caspita, addirittura un principe?

Billie sorride, per la prima volta dopo tanto tempo.

L'uomo alla sua destra ricambia il sorriso ed il bambino, dopo un attimo di esitazione, si appoggia delicatamente a lui per abbandonarsi al calore del suo corpo mentre si gode la storia.

È felice.

 

 

 

 

 

 

 

Angolo autrice

Ehilà :D

Cosa ne pensate di questo capitolo? La storia continua a piacervi?

Ringrazio i miei fedeli lettori che hanno letto, recensito e aggiunto la storia alle seguite/ricordate/preferite, grazie mille!!!

A presto,

 

BrutalLove x

 

PS. Visto che me lo chiedete in tanti... per quanto riguarda le mie conoscenze nell'ambito adozione, mi sono semplicemente documentata tanto prima di scrivere! ;)

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Capitolo 7
*** Capitolo 6 ***


Sono passati cinque giorni, cinque lunghi, lunghissimi giorni durante i quali i signori Osburth hanno fatto instancabilmente dentro e fuori dall'orfanotrofio.

Billie si sta abituando alla loro presenza; sembra più tranquillo quando sta con loro, adesso.

Continua a parlare molto poco, spesso risponde a monosillabi e si ritrae al contatto fisico, ma la signora Perth dice che è perfettamente normale.

Normale.

Chissà cosa è normale in un inferno come quello.

Bambini soli e dimenticati, che non conoscono l'amore. Che ci può essere di normale in tutto questo?

Il giudicato ha finalmente approvato la sentenza di adozione e l'indomani i documenti di adozione e di espatrio saranno pronti, allora Billie sarà legalmente figlio di Frank e Christine.

Lo porteranno nella loro casa in Scozia, gli regaleranno amore, sicurezza e un futuro certo.

 

Quella sera, sdraiato accanto alla moglie nel letto del piccolo appartamento che hanno affittato, Frank, come al solito, non riesce a dormire.

Troppi pensieri gli turbinano nella mente, impedendogli di prendere sonno.

Rivive continuamente il primo incontro con Billie come se fosse accaduto da poche ore, non riesce a toglierselo dalla testa, forse semplicemente perchè in quel momento la sua vita è cambiata.

Che cosa succederà ora? A Billie piacerà la sua nuova vita?

All'improvviso qualcosa si agita dentro di lui. Ha paura, e per una volta potrebbe affermare di sentirsi proprio come la moglie. Fa un bel respiro e si mette a sedere sul materasso. No, non può cedere adesso quando manca così poco.

Il respiro regolare di Christine, sdraiata accanto a lui, lo tranquillizza un po'. La circonda con un braccio mentre si corica accanto a lei e riprende a fissare il soffitto buio sopra di sé, sentendosi all'improvviso l'uomo più fortunato al mondo.

 

 

*********

 

 

Billie's P.O.V

Billie ha paura. Si sta affezionando a quei due proprio come loro stanno facendo con lui.

È la cosa giusta, credimi, dice una vocina nella sua testa.

Oh no, non lo è, figlio di puttana, risponde un'altra.

Sta per impazzire.

Desidera con tutto il cuore di essere grande abbastanza per potersene andare via da solo da quel posto.

Da solo. È davvero quello che vuole?

Non è mai stato così confuso.

Pensa, pensa e pensa, chiuso nel suo mondo fatto di solitudine.

È tremendamente sveglio per avere otto anni, tutto ciò che gli è capitato l'ha fatto crescere in fretta.

Forse troppo in fretta.

Desidero solo che qualcuno mi voglia bene, non importa chi sia.

Quindi non ti mancano mamma e i tuoi fratelli, figlio di puttana?

Non chiamarmi così! Smettila di chiamarmi così!

Non smetterò mai di chiamarti così, e lo sai bene. Ora rispondi alla domanda.

Sì, certo che mi mancano. Ma non posso stare con loro, non più.

Ne sei sicuro?

Sì.

 

 

 

*****

 

 

Oggi è il grande giorno.

La sentenza è stata approvata e i documenti sono pronti, quindi ora Billie è legalmente figlio di Frank e Christine e risponde al nome di Billie Joe Osburth.

I signori Perth giungono ancora una volta davanti alla porta d'ingresso dell'orfanotrofio.

Per l'ultima volta...

Porteranno Billie via da quel posto.

Per sempre.

Hanno costruito la famiglia che hanno sempre desiderato e mai potuto avere, e tutti gli sforzi che hanno fatto, o il tempo in cui hanno atteso con angoscia qualcosa di probabile, vengono ripagati da questo pensiero.

La signora Perth li accoglie, come sempre, nel piccolo atrio all'ingresso.

Frank sfiora delicatamente la schiena della moglie e le sorride.

Una voce nella sua testa continua a sussurrare -Ce l'hai fatta, ce l'avete fatta-.

È consapevole del fatto che le difficoltà non sono finite, anzi, forse sono appena cominciate. È l'inizio di un percorso difficile, ma che non vede l'ora di intraprendere.

All'improvviso la porta si apre, distogliendolo dai suoi pensieri.

Sulla soglia c'è Billie, suo figlio.

Stringe al petto la sua inseparabile copertina gialla e a Frank sembra di essere trasportato indietro nel tempo.

Ancora una volta riaffiora nella sua mente il ricordo di quando lo ha visto per la prima volta.

Solo che ora Billie gli sta sorridendo. È un sorriso appena accennato che nasconde una tristezza infinita, sì... ma è pur sempre un sorriso.

Sembra contento di vederlo, in fondo.

Christine gli si avvicina e gli accarezza dolcemente i capelli biondi.

Gli prende la mano tra le sue e la stringe forte. Il bambino non si ritrae, si limita semplicemente a guardarla negli occhi e a squadrarla con le sue iridi penetranti.

“Bene” annuncia la signora Perth porgendo a Frank una cartellina trasparente contenente dei fogli, “I documenti del bambino, dell'adozione e dell'espatrio sono pronti. Potete andare a casa, ora”.

Il suo tono nasconde un velo di tristezza.

Chissà, forse si è affezionata a Billie e ora il pensiero che se ne vada la intristisce.

Frank e Christine si guardano negli occhi.

“Grazie di tutto”, sussurra Christine.

Si sorridono, firmano qualche ultima scartoffia e poi... poi escono da quel posto.

Christine, Frank e Billie.

Per sempre.

 

 

 

 

 

Angolo Autrice

Taaaa Daaaaam! Ecco che sono finalmente usciti dall'orfanotrofio... ora inizia il bello muahahah.

Cosa ne pensate di questo capitolo? Dei personaggi? E della storia in generale?

Ringrazio tutti coloro che leggono/recensiscono/aggiungono la storia alle preferite-ricordate-seguite :) SIETE FANTASTICI!

 

Nel caso vi andasse di passare, poco fa ho pubblicato una os di cui lascio il link: http://www.efpfanfic.net/viewstory.php?sid=2734352

 

Ringrazio ancora tutti e... a presto!

 

BrutalLove xx

 

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Capitolo 8
*** Capitolo 7 ***


Quando sono usciti dall'orfanotrofio, Billie stringeva la sua copertina al petto, l'unica cosa che ha portato via dall'istituto.

L'unica cosa che ancora gli appartiene, e che, in qualche modo, gli permette di non dimenticare che, prima di questa, lui aveva un'altra vita. Fino a qualche mese fa aveva un padre, una madre e dei fratelli. Poi, all'improvviso, quel mondo magico fatto di tranquillità e sicurezze si è disintegrato davanti ai suoi occhi.

Cosa gli succederà adesso? Deve smettere di chiederselo, tanto non si sa dare una risposta.

“Potete andare a casa, adesso” hanno detto.

Casa.

Dov'è casa?

 

 

Frank e Christine hanno chiamato un taxi e hanno portato Billie nell'appartamento in affitto, dopo essersi fermati in un negozio di abiti per bambini per comprargli qualcosa.

Hanno acquistato qualche maglietta, due paia di pantaloni, un pigiama, un paio di scarpe blu e un cappello verde con la visiera, perchè Billie lo osservava con tanto desiderio che non hanno saputo resistere.

Il volo per il rientro in Inghilterra è prenotato per l'indomani.

Nel frattempo se ne stanno tutti e tre seduti sul divano, a guardare la TV, Billie nel mezzo.

Taciturno come al solito, osserva con timore e curiosità ciò che lo circonda.

Dopo una cena frugale e fin troppo rapida, Christine lo invita ad andare a dormire, ma Billie è troppo agitato per addormentarsi.

“Che ne dici, mettiamo il pigiama?”.

Il bambino scuote la testa.

“Oh andiamo! È un pigiama bellissimo, con le macchinine blu, proprio come lo volevi”.

Billie la guarda storto prima di acconsentire.

Christine gli sorride e gli si avvicina per aiutarlo a svestirsi, ma lui la allontana.

Scuote la testa e sussurra “Da solo”.

La donna annuisce e respira profondamente.

Billie si sveste e si mette il pigiama, ma passano ancora due ore buone prima che il sonno abbia la meglio su di lui, e si addormenti sdraiato sul tappeto.

“Lo mettiamo nel nostro letto?”.

“Sì, io dormirò sul divano, per stanotte” dice Frank, mentre solleva il corpicino addormentato di Billie per trasferirlo in camera da letto.

Lo distende sul materasso e lo copre dolcemente con una coperta.

È la prima volta che fa una cosa del genere.

È la sua prima sera da papà.

Christine si sdraia accanto a Billie, gli accarezza delicatamente i capelli e glieli scosta dalla fronte.

Frank contempla quella scena per qualche istante, poco prima di ritirarsi sul divano del soggiorno con una coperta tra le mani.

Sua moglie e suo figlio dormono nella stanza accanto.

Non potrebbe essere più felice.

 

 

******

 

 

-Il giorno seguente-

 

Frank e Christine si sono svegliati molto presto e stanno preparando le valigie.

Oggi lasceranno finalmente l'appartamento per tornare in Inghilterra.

Christine piega i vestitini di Billie e li impila nella valigia, guardandoli con tenerezza.

Frank prepara la colazione per entrambi, chiedendosi cosa diavolo mangino i bambini la mattina.

La signora Perth non ha dato particolari indicazioni a riguardo.

Pazienza, aspetterà che il piccolo si svegli per chiedergli cosa preferisce.

 

Quando Billie apre gli occhi gli ci vuole qualche secondo per ricordare quello che è successo il giorno precedente.

L'ultima cosa che rammenta è che stava giocando sul tappeto... poi il nulla.

Ma dove si trova, ora? Intorno a lui regna incontrastato il buio. Non sa che fare.

Ha paura.

Scoppia a piangere e i singhiozzi gli squarciano il petto.

“Billie” sente una voce che lo chiama.

Una porta si apre, rivelando una luce all'esterno.

Christine entra in fretta, gli si siede accanto e lo circonda con le braccia.

Il bambino si abbandona al suo contatto e si tranquillizza.

“Ti sei spaventato?” chiede la donna.

Ho paura del buio, tanta paura del buio, vorrebbe rispondere, ma non lo fa.

Per qualche motivo da bambino loquace qual era un tempo, si è trasformato in un individuo silenzioso e riservato.

Annuisce soltanto, con un debole movimento della testa.

Anche Frank entra nella stanza.

“Tutto bene?” chiede, e la moglie annuisce.

“Tutti a fare colazione! Che cosa preferisci, Billie?” domanda.

Davvero si può scegliere cosa mangiare?

Gli sembra impossibile, all'orfanotrofio doveva inghiottire quello che gli davano.

Alza le spalle, in segno di indifferenza; forse non sa neanche lui cosa vuole.

“D'accordo” continua Frank, “Le frittelle saranno perfette”.

Quest'uomo non si perde mai d'animo, eh?

La sua voglia di vivere è contagiosa, e Billie lo sente.

È quello di cui ha bisogno.

 

 

 

 

Angolo autrice

Buongiorno cari lettori! :D

Come va? Come potete constatare, ho aggiornato (ma dai?) e la situazione si sta evolvendo (lo so, il capitolo è corto e me ne scuso, ma i prossimi saranno più lunghi)... cosa ne pensate?

Un grazie, come sempre a chi segue/recensisce la mia storia!

 

Tra un paio di giorni partirò ed essendo all'estero mi sarà impossibile aggiornare, ma ho delegato questo compito a un paio di persone (vi amo tantissimo ahah) che si preoccuperanno di aggiornare mentre io non posso farlo :)

Purtroppo non verrete avvisati quando la ff verrà aggiornata, quindi, se vi va di seguirla, dateci un'occhiata ogni tanto :)

A presto!!!

 

BrutalLove xx

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Capitolo 9
*** Capitolo 8 ***


Ore 13,20, in areoporto

Frank e Christine percorrono il corridoio dell'aeroporto con Billie per mano.

Il piccolo, tanto per cambiare, stringe la sua copertina. Non c'è stato modo di fargliela mettere in valigia, ha voluto tenerla con sé, ancora una volta.

Le valigie vengono lasciate al check-in, fatta eccezione per la copertina di Billie che gli hanno lasciato tenere in mano, e i signori Osburth si accomodano in una piccola sala, in attesa dell'imbarco.

Billie è seduto in mezzo a loro e, come sempre, non dice una sola parola. Con aria impaziente fa dondolare le gambe avanti e indietro e si guarda le punte dei piedi.

Christine lo osserva con un misto di tristezza e compassione. Prova sentimenti contrastanti nei confronti del bambino che hanno adottato – dovrebbe dire di suo figlio, ma ancora non ci riesce. È a piccoli passi che si arriva lontano, giusto? Non deve mettersi fretta. Sente di amarlo, lo ama, ne è certa, eppure sente che ancora non le appartiene come un figlio naturale appartiene alla propria madre. Forse semplicemente perchè il bambino è così freddo e distaccato. Forse, se fosse stato più piccolo...

Spera solo di non avere fatto un grosso sbaglio.

Frank, leggendo negli occhi della moglie dispiacere e frustrazione, le prende la mano.

Ci vuole tempo, sembra volerle dire. A volte non servono parole per comunicare.

 

Un'ora dopo sono sull'aereo, pronti per il decollo.

Billie sta colorando un album da disegno che gli hanno comprato poco prima, e non sembra molto interessato a quello che sta accadendo intorno a lui. Ogni tanto alza gli occhi dal suo capolavoro e si guarda intorno spaesato, per poi tornare a concentrarsi sul disegno.

“La tua prima volta su un aereo!” commenta Frank, ma il bambino non sembra sentirlo.

Christine sospira. Non avrebbe mai pensato che sarebbe potuto essere così frustrante.

Come faranno a vivere con questo bambino? A dargli amore, se non lo accetta?

Tutta la sua sicurezza svanisce, all'improvviso l'idea dell'adozione le sembra una pazzia.

Ma come fa Frank a non perdere mai la speranza?

Lo guarda; sembra calmo e a suo agio, continua a parlare con Billie anche se non ottiene risposta.

È sempre più convinta che sia nato per fare il padre.

L'aereo decolla e Christine viene brutalmente catapultata fuori dai suoi pensieri.

Casa. Stiamo tornando a casa.

 

 

 

 

Billie's P.O.V

Billie è tranquillo.

Seduto sul sedile imbottito dell'aereo con la copertina gialla sulle ginocchia, colora l'album da disegno che gli hanno appena comprato.

Non ama colorare e disegnare gli piace ancora meno, ma, per qualche strana ragione, adesso gli va di farlo.

Pasticcia i disegni senza preoccuparsi troppo di rimanere nei contorni e ogni tanto alza gli occhi per guardarsi intorno.

Frank continua a parlargli e a raccontargli cose buffe, ma lui non risponde mai.

Gli viene da ridere, a volte, ma si trattiene.

È come se non volesse dargli soddisfazione.

Il massimo che fa è guardarlo e accennare un sorriso, di tanto in tanto, e, quando lo fa, l'uomo ricambia sempre.

La donna, Christine, è seduta alla sua sinistra e non parla molto. Sembra triste.

Billie si chiede se non lo sia a causa sua.

Per qualche strana ragione, si sente terribilmente in colpa.

Si volta verso di lei e le fa un sorriso.

Christine ricambia e gli scompiglia i capelli biondi.

“Sei un così bravo bambino!” dice, e sembra all'improvviso felice come non mai.

E anche Billie lo è. Per la prima volta riesce a percepire che queste persone che lo circondano gli vogliono davvero bene.

Si rende conto che se loro sono allegri, allora anche lui lo è.

Perchè non dovrebbe farli contenti?

Ti hanno strappato dalla tua famiglia, non dimenticarlo.

No, mi hanno salvato da quel brutto posto in cui stavo.

Piccolo figlio di puttana, ti verrò a prendere...

“Guarda, Billie Joe!” dice Frank all'improvviso, riportandolo alla realtà, “Guarda quante nuvole!” continua, indicando il cielo fuori dall'oblò dell'aereo.

Billie si allunga per osservare.

“Vieni qui” prosegue Frank sollevandolo e mettendolo sulle sue ginocchia, “Così vedi meglio”.

Il bambino si lascia circondare con le braccia.

Ah, che bella sensazione di... sicurezza, protezione.

Osserva le nuvole bianche che macchiano l'azzurro del cielo e si sente libero come non è mai stato.

Non sa bene dove stia andando e che ne sarà di lui, ma forse questa è solo l'inizio di una nuova vita.

Speranza. L'unica cosa più forte della paura.

Gli manca la sua famiglia, anche se ricorda bene come lo trattavano a casa, ma queste due persone cominciano a piacergli.

Si gode la vista seduto sulle ginocchia di Frank e circondato dalle sue braccia e si chiede se quello che sta vivendo sia realtà o finzione.

Se è un sogno, non vuole essere svegliato.

 

 

 

Angolo autrice

Ehilà :) Probabilmente, mentre state leggendo questo capitolo io sono all'estero e un delle mie due assistenti è riuscita a portare a termine il compito che le era stato assegnato (?) quindi... un bell'applauso, gente!!!

Cosa ne pensate del capitolo?

 

Ringrazio, come sempre, tutti i miei lettori fidati, siete FANTASTICI e non mi stancherò mai di dirlo ;)

A presto!!!

 

BrutalLove xx

 

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Capitolo 10
*** Capitolo 9 ***


Sono passate tre ore da quando i signori Osburth e il piccolo Billie sono saliti sull'aereo, a Chicago.

Il bambino si è addormentato in braccio a Frank da una decina di minuti e ora riposa tranquillo tra le sue braccia.

Christine sembra essere tornata in sé e aver ritrovato un po' di speranza per andare avanti.

Le cose andranno bene, vedrai.

“Guarda come dorme” sussurra Frank.

“Già, sembra un angioletto”.

“Pensa a quando vedrà la sua stanza, tutti quei giochi...”.

Christine sorride al pensiero, “Spero gli piaceranno”.

“Certo che gli piaceranno. Hai visto? Sembra molto più tranquillo oggi, rispetto a giorni fa. Si sta abituando a noi”.

“Forse hai ragione. Non si sarebbe mai addormentato in braccio a te, prima”.

“Andrò tutto bene cara, ne sono sicuro”.

 

Quando, un paio di ore dopo, Billie riapre gli occhi, le hostess stanno passando con il carrello del cibo.

“Ehi piccolo” lo chiama Frank, “Hai fame?”.

Il bambino annuisce dopo un attimo di esitazione.

“Cosa vuoi mangiare?”.

Billie non risponde, si stringe semplicemente nelle spalle come fa quasi sempre.

“D'accordo” dice Christine, “Ti prendo dei biscotti”.

Cinque minuti dopo Billie sta sgranocchiando i biscotti in braccio a lei, dopo che lo ha aiutato ad aprire la confezione. È forse la prima volta che Christine lo tiene sulle ginocchia e non le sembra vero.

Billie, appoggiato al suo petto con la schiena, può sentire il battito regolare del suo cuore.

È così tranquillizzante, lo fa sentire protetto.

Per un attimo teme che quella sensazione sia sbagliata.

Sa benissimo che questa donna non è sua madre, ma capisce che gli sta regalando amore. Lo sente. Sente che gli vuole bene senza motivo e ancora non riesce a spiegarsi il perchè.

Forse anche lui dovrebbe volerle bene senza avere una motivazione. Forse lui stesso si sentirebbe meglio. Non lo sa. Non ci riesce.

 

 

*****

 

 

Billie sta dormendo di nuovo.

Sono passate alcune ore ma niente, nemmeno l'andirivieni del personale e di alcuni passeggeri sembra averlo disturbato. Il viaggio è quasi finito, manca davvero poco ormai. Frank guarda fuori dal finestrino e riconosce il paesaggio inglese che ha da sempre caratterizzato la sua esistenza.

L'aereo sta atterrando e le luci dell'aeroporto cominciano a farsi più nitide e vicine.

Sempre di più... sempre di più... fino a quando il carrello poggia sulla pista d'asfalto e decelera gradualmente.

“Non mi va di svegliarlo” dice Christine.

Sa bene quanto sia pesante il jet-lag e può solo immaginare quanto possa esserlo per un bambino. Meglio lasciarlo riposare.

Frank annuisce e si alza per primo, poi prende Billie fra le braccia e aspetta la moglie.

Scendono dall'aereo e respirano a pieni polmoni l'aria di casa.

Christine sorride al marito. Ce l'hanno fatta, sono tornati a casa con il figlio che tanto hanno desiderato e cercato.

Entrano nell'aeroporto e ad attenderli ci sono parenti e amici.

È una sorpresa per Christine.

“Oh Frank” sussurra la donna, commossa, “Li hai chiamati tu?”.

Frank alza le spalle con aria divertita e accenna un piccolo sorriso.

Christine si avvicina e lo bacia delicatamente, attenta a non svegliare Billie addormentato tra le braccia del compagno.

I genitori di Christine e quelli di Frank si avvicinano e osservano con gli occhi lucidi il bambino.

“Mio nipote” sussurra uno di loro.

“Sono così contento per voi!” si intromette Michael, l'amico d'infanzia di Frank.

“Anche noi lo siamo” risponde felice Christine circondando suo marito con le braccia.

“Il nostro piccolo miracolo” concorda lui.

Billie non accenna a svegliarsi nonostante la confusione e l'attenzione che gli viene rivolta, qualcuno corre a recuperare le valigie e tutti si disperdono all'uscita dell'aeroporto, dopo nuovi abbracci, baci e saluti.

I genitori di Christine riaccompagnano a casa la loro figlia, Frank e il piccolo Billie ancora addormentato.

Quando finalmente i tre rimangono soli, sono stanchissimi.

Sono circa le undici di sera ed il viaggio è stato sfiancante.

Christine appoggia le valigie all'entrata.

“Queste le sistemiamo domani” sussurra, e Frank annuisce. Non è proprio il caso di mettersi al lavoro in un momento del genere.

“Che dici, lo mettiamo a dormire nel suo letto?” domanda poi, lanciando un'occhiata al bambino.

“Non saprei...”.

“D'accordo, per stanotte lo mettiamo nel letto con noi” conclude Frank che per qualche ragione si sente più tranquillo sapendo di avere Billie a fianco. Forse inconsciamente teme che questo bambino tanto aspettato posso scomparire in un attimo.

Christine sorride e annuisce.

Domani sarà una giornata impegnativa. Il primo giorno nella nuova casa, la visita dello psicologo...

Spera di essere forte abbastanza.

 

 

 

Angolo autrice

Ciao popolo! Come va? Billie è arrivato a casa, finalmente (anche se ancora non se n'è reso conto)!

Cosa ne dite di questa parte?

Se ve lo state chiedendo sì, sono ancora in vacanza quindi ringraziate la persona meravigliosa che ha pubblicato il capitolo per me ahah.

Grazie a tutti i miei lettori!!!

A presto!

 

BrutalLove xx

 

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Capitolo 11
*** Capitolo 10 ***


Frank si gira nel letto e apre gli occhi. A pochi centimetri dal suo viso c'è quello di Billie, i suoi occhioni verdi sono aperti e incontrano i suoi.

“B-Billie” mormora Frank, stropicciandosi gli occhi e accendendo l'abat-jour, “Già sveglio?” chiede, dopo aver letto l'ora sulla piccola sveglia digitale sul comodino. Sono le sei e trenta.

Billie non risponde, rimane immobile e lo fissa negli occhi.

Christine, accanto a loro, si sveglia e propone di fare colazione. È la cosa migliore, visto che il bambino è sicuramente affamato.

Dopo un breve giro turistico per illustrare la casa a Billie, si siedono tutti insieme a tavola.

“Fette biscottate e marmellata, per oggi” brontola Frank, “Bisognerà fare una spesa, prima o poi”.

La dispensa è praticamente vuota, visto che sono stati via da casa per settimane.

Billie si siede su una sedia con la seduta rialzata da un cuscino e comincia a sbocconcellare qualcosa.

“Ti piace?” domanda Christine e Billie annuisce, non troppo convinto.

Sarebbe molto più semplice se parlasse, ma non lo fa, quindi è quasi come avere un neonato in casa. Un neonato troppo cresciuto.

È la prima colazione che fanno insieme, nella loro casa, come una vera famiglia.

A Christine e Frank sembra impossibile. A volte credono che il piccolo Billie, il bambino che hanno desiderato per anni, non sia reale. Che sia una semplice allucinazione che un battito di ciglia possa cancellare.

“Hai finito?” domanda Christine quando si accorge che Billie ha smesso di mangiare.

Il bambino fa sì con la testa, e la donna sparecchia la tavola.

Dopo aver deposto le stoviglie nel lavandino, Frank propone a Billie di andare a vedere la sua cameretta, l'unica stanza che non ha ancora visitato.

Lui e Christine ci hanno messo mesi per farla e hanno aspettato altrettanto per utilizzarla. Non sapevano a chi sarebbe stata destinata, speravano solo che prima o poi sarebbe servita. E quel momento è arrivato. Non vedono l'ora di vedere la reazione di Billie quando vi entrerà per la prima volta.

Frank lo prende per mano e, seguito da Christine, lo guida di sopra.

Percorrono il corridoio senza parlare e, una volta arrivati in fondo, l'uomo apre una porta bianca. La stanza all'interno è molto spaziosa e luminosa. Le pareti sono verniciate di verdino e bianco, il letto posizionato al centro ha il copriletto dello stesso colore, il tappeto, gli armadi, il comodino, la scrivania e la cassettiera sono disposti in modo ordinato lungo le pareti.

Billie spalanca gli occhi e sembra completamente incantato.

Frank sorride a Christine, rassicurante. È stata sua l'idea del verdino. E anche quella di metterci un letto normale. Grazie al cielo le ha dato retta. Chissà cosa avrebbero fatto se al suo posto ci fosse stato un lettino con le sbarre o, peggio ancora, una culla.

La donna sorride con gli occhi lucidi e Frank sa esattamente cosa senta.

Jason.

Chissà se un giorno ne parleranno a Billie, chissà cosa dirà, chissà come...

Ma è presto per pensarci, sono cose che si decideranno con il tempo. Nel frattempo è meglio gustarsi la reazione del piccolo, dimenticando per un attimo i demoni del passato.

“Allora Billie, ti piace?”.

Il bambino annuisce e accenna un sorriso.

“E' tutta tua, puoi entrare” lo invita Christine.

Billie entra, all'inizio titubante, e subito si precipita su uno dei peluches appoggiati sul letto. È un orsacchiotto tutto morbido con un maglione rosso fatto a mano.

Lo stringe a sé e sembra contento. Per una frazione di secondo il velo di tristezza che Frank gli vede sempre negli occhi, scompare.

 

 

 

*****

 

 

Due ore dopo Billie è seduto sulla poltrona del soggiorno e il signor Duke, lo psicologo che seguirà lui ed i suoi genitori adottivi per un po', gli sta di fronte con un quadernetto sulle ginocchia e una penna in mano. Sono soli ed il bambino non è per niente tranquillo. Si mangia le unghie dal nervoso.

Christine e Frank, nonostante non siano i suoi genitori, lo tranquillizzano e non è quasi più agitato quando sta con loro. Forse semplicemente perchè li conosce da un po'.

Adesso è solo con quest'uomo e ha paura. Gli hanno detto che gli deve raccontare tutto quello che gli viene chiesto, deve parlare, aprirsi. Deve fare quello che non fa da quando lo hanno strappato alla sua famiglia, insomma. Non lo farà. Non con quest'uomo, non qui, non ora. No.

“Allora Billie” comincia il signor Duke, “Mi racconti quello che hai fatto ieri?”.

Uhm...ieri? Cosa ho fatto ieri? Ah sì, ieri sono salito su un... aereo per la prima volta.

NO, figlio di puttana. Non dirglielo. Non ti puoi fidare di lui. Non rispondere. Figlio di puttana, figlio di pu...

“Non ti va molto di parlare, uhm?” chiede ancora Duke.

Billie si limita a scuotere la testa, mentre cerca di controllare le voci nella tua testa senza successo.

Forse così mi lascerà in pace! Voglio stare solo.

Ah, vuoi stare solo? Figlio di...

Smettila, smettila!

Tu vuoi stare solo... ma io ti troverò! Ahah!

“Lo sai in che paese siamo?”.

NO! Ancora domande?

“Siamo in Inghilterra, sai?”.

Che cos'è l'Inghilterra?

Nonostante sia pieno di domande non lascia trapelare nulla. Rimane immobile, impassibile, mentre le voci lo tormentano in continuazione.

“D'accordo” afferma Duke, “Visto che non hai voglia di parlare andiamo dritti al punto. Ho una cosa per te, sai Billie?” e senza lasciare al bambino il tempo di rispondere sfila dalla sua cartella in pelle un quadernetto tutto colorato in copertina.

“E' un album da disegno. Mi piacerebbe molto che disegnassi qualcosa, su questi fogli bianchi. Christine mi ha detto che hai dei bellissimi pennarelli, in cameretta”.

Incrocia lo sguardo di Billie e gli sorride “Prendilo, è tuo”.

Il bambino afferra l'album con una mano, titubante.

“Per oggi abbiamo finito” commenta Duke iniziando a riporre la sua agenda nella cartella in pelle, “Ma promettimi una cosa, Billie. Promettimi che disegnerai qualcosa, d'accordo?”.

Billie alza gli occhi e incontra quelli dell'uomo che gli sta di fronte.

Ehi figlio di puttana, a te non piace disegnare, vero?

SMETTILA, SMETTILA DI CHIAMARMI COSì!

Non risponde. Non ne ha voglia.

“D'accordo” dice Duke, “Noi ci vediamo tra un paio di giorni”.

Sospira e si allontana. Billie lo sente parlare con Frank e Christine che sono rimasti in cucina perchè gli è stato detto così. Poi i due entrano nel soggiorno, si avvicinano a Billie e Christine gli accarezza dolcemente i capelli.

“Non ti piace il signor Duke?” chiede.

Billie scuote la testa. Non ha voglia di dire 'no'. Non ha voglia di parlare.

“D'accordo” dice Frank, “Andiamo a giocare?”.

 

 

 

Angolo autrice

Eeeeee buondì :D

Sì, sono tornata, e adesso cercherò di essere puntuale, fino alla fine della storia. Purtroppo credo che questa sia la mia ultima fanfiction a capitoli che pubblicherò, perchè mi sto dedicando ai libri, e ovviamente sono impegnativi da scrivere e mi occupano molto tempo.

Cooooooomunque...

C'è qualche personaggio nuovo, in questo capitolo, eh? Jason, Duke... cosa ne pensate?

Quanto a Billie, vi piace lo sviluppo del personaggio?

Grazie a tutti e a presto! :D

 

BrutalLove xx

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Capitolo 12
*** Capitolo 11 ***


E' notte ed è tutto buio.

Billie sta dormendo nel nuovo lettino, nella sua cameretta. Non ha mai avuto una stanza così grande tutta per lui. Prima, quando viveva con mamma e papà, dormiva con i suoi fratelli perchè non c'era molto spazio in casa. Anzi, a dire il vero ce n'era davvero poco per una famiglia così numerosa. Evidentemente comprando l'appartamento nessuno aveva pensato alla possibilità di dover ospitare un gran numero di figlioli... o forse, più semplicemente, nessuno aveva mai avuto abbastanza soldi per permettersene uno più spazioso.

Quando stava in orfanotrofio, invece, dormiva in una stanza con tutti gli altri bambini. Ci saranno state una sessantina di brandine nel dormitorio.

È strano che ci sia silenzio. È abituato a sentire urlare o piangere qualcuno, di notte. Il bambino che dormiva di fianco a lui, ad esempio, passava quasi tutta la notte a singhiozzare e a chiamare sua madre. Billie ci aveva messo un po' a farci l'abitudine, la prima volta che lo aveva sentito era scoppiato a piangere anche lui. Poi aveva imparato a dormirci su.

Si gira nel letto coprendosi meglio con le coperte. Oh, sono grandi giuste, queste. Gli coprono anche i piedi e le spalle, ed è fantastico.

Il cuscino è morbidissimo, non ne ha mai avuto uno così comodo.

Nonostante tutto, però, non riesce a prendere sonno e non sa perchè.

Pensa alla sua famiglia, alla sua casa, a Mike, ai suoi fratelli, alla mamma, a papà, ad Andrew...

Sobbalza solo al ricordo di quel nome. Anche se sa che è tanto lontano da lui, ha paura che se ne stia nascosto nel buio, pronto a comparire all'improvviso e a fargli male.

Sei un figlio di puttana e ti troverò...

La sua immaginazione corre veloce. Troppo veloce.

All'improvviso non si trova più nella stanza buia, ma nel salotto poco illuminato e sporco.

Sente le mani gelide dell'uomo sfiorargli la guancia, vede il suo ghigno a pochi centimetri dal suo viso, sua madre che non fa nulla per impedirglielo. Vede sé stesso cercare di scomparire facendosi piccolo piccolo...

E poi vede gli uomini sconosciuti che sono entrati in casa sua e lo hanno portato all'istituto, strappandolo alla mamma e ai suoi fratelli.

E quella volta in cui, per sfuggire a lei e alle sue violenze, è scappato sulla scogliera con una valigia quasi vuota, e ha dormito lì sperando che papà, da dove stava, lo vedesse e lo portasse in salvo.

E anche quella volta che Andrew gli ha tirato uno schiaffo forte sulla guancia lasciandogli il segno per tre giorni. Le scene della sua vecchia vita gli scorrono veloci davanti agli occhi e Billie diventa spettatore delle sue stesse esperienze.

Nonostante all'orfanotrofio lo spingessero continuamente a parlare del suo passato non ha mai aperto bocca. Forse ha paura che se quelle persone scoprissero tutte queste cose potrebbero fare del male a sua madre. In fondo lui le vuole bene, ha bisogno di lei. Anche se lo faceva stare male, lo picchiava, lo umiliava. Perchè in fondo rimane comunque sua madre. Vorrebbe tornare da lei all'istante, ma non può. A quanto gli hanno detto, ora lui e la sua vecchia famiglia sono così lontani che il solo pensiero gli fa venire da piangere.

Chiude gli occhi un istante ed il sonno lo rapisce, prima che le lacrime possano iniziare a scorrergli sulle guance.

 

 

                                                                                              ****

 

 

Christine appoggia sul comodino il libro che sta leggendo -un libro sull'adozione- e spegne l'abat-jour.

Quando, nel buio, si volta verso Frank che credeva addormentato, incontra le sue labbra morbide.

“E' tanto che...” sussurra lui staccandosi leggermente da lei.

Oh.

Non c'è nemmeno bisogno di completare la frase per capire dove vuole arrivare.

Christine non si sente pronta. Dopo che Jason li ha lasciati nel modo più dolce e struggente possibile, fare l'amore con suo marito è diventato qualcosa di proibito, in un certo senso. Non si è più lasciata toccare.

“Frank, lo sai cosa ne penso”.

“Si” risponde, “E credo che sia ora di lasciarsi alle spalle quello che è successo e superare i fantasmi del passato, non credi?”.

“No, Frank, io...”.

“Non preoccuparti, ho già pensato a tutto io”.

“Billie dorme nella stanza accanto alla nostra, è ancora piccolo, lui...”.

“Esattamente. Billie dorme. E penso che non ci sia un momento più perfetto di questo” conclude baciandole la fronte nell'oscurità.

E in pochi attimi la prospettiva di una notte di sonno tranquillo muta completamente.

Il rumore di un involucro che viene strappato, le mani delicate di Frank che scorrono dolcemente sul corpo della moglie e si insinuano tra le coperte e i vestiti. I gemiti silenziosi, i sussurri, i baci, le carezze, il calore.

Un calore che non provavano da troppo tempo.

E c'è solo amore tra loro, adesso. Non rabbia, non disperazione, non la ricerca disperata di un figlio che non riescono ad avere. Solo amore, ed è meraviglioso.

Christine si abbandona all'orgasmo più travolgente che abbia mai provato, mentre Frank crolla dolcemente su di lei in preda agli spasmi.

Sudati, spossati, stanchi, giovani. Hanno tutta la vita davanti, una vita bellissima grazie al piccolo miracolo che dorme tranquillo nella stanza accanto.


 


 

                                                                                                ****


 


 

Ore 10.00

“Billie... Billie, svegliati”. Christine lo chiama dolcemente, accarezzandogli i capelli.

Il bambino apre gli occhi ed incontra il suo sguardo.

Si guarda intorno un po' spaesato, prima di ricordare dove si trova e con chi.

“Sono le dieci, dormiglione!” commenta Frank, facendo irruzione nella stanza con un sorriso a trentadue denti stampato sul viso.

“Sai cosa ha preparato papà?” domanda Christine.

Billie scuote la testa, perplesso.

Papà.

Papà è morto, dannazione.

“Vieni, è una sorpresa”.

Frank lo prende per mano e scendono di sotto insieme. Sul tavolo della cucina c'è appoggiato un piatto di un bel verde smeraldo e sul piatto... wow.

“Papà ha fatto i pancake!” dice Christine, “Vedrai come sono buoni!”.

Lo fanno accomodare sulla sedia con il rialzo e Frank gli mette nel piatto un pancake con della marmellata.

Billie lo addenta un po' indeciso, poi spalanca gli occhi. Lo adora. Non ha mai assaggiato nulla di così buono in vita sua.

“Allora, com'è?” domanda Frank, e sembra così entusiasta che Billie si decide a rispondere.

“E' buonissimo pa... Frank”.

Christine e il marito spalancano gli occhi non solo perchè il bambino ha parlato e non si è limitato ad annuire o scuotere la testa, ma anche perchè, per poco, non ha chiamato Frank papà.

Billie arrossisce quando si accorge di come lo stanno guardando i due. Sembrano così contenti... orgogliosi.

“Oh tesoro! Hai una voce bellissima, lo sai?” chiede Frank, “Dovresti farcela sentire più spesso!”.

Christine annuisce e corre ad abbracciare il bambino.

 

Billie è confuso mentre le braccia della donna lo circondano. Ma cosa gli è preso? Non solo ha parlato, ma ha quasi chiamato quello sconosciuto 'papà'.

Eppure sa bene che quello non è papà. Il suo papà era ben diverso e... non c'è più.

Non capisce come possa essere successa una cosa del genere. Frank e Christine sembravano così contenti dopo che ha parlato... ma lui non può proprio perdonarsi di aver quasi detto quella cosa. Dovrà stare più attento in futuro. Una cosa del genere non deve succedere, mai più.

 

 

 

 

 

Angolo autrice

Ehilà lettori! Come va?

Vi ringrazio moltissimo per tutte le recensioni lasciate al capitolo precedente... e io che pensavo che nessuno seguisse più questa storia!

 

Cosa ne pensate di questo capitolo? E di Billie, adesso che il suo passato comincia a tornare fuori?

Fatemi sapere, non aspetto altro che il vostro parere! :D

 

Grazie di nuovo a tutti coloro che leggono/ recensiscono/ aggiungono la storia alle preferite/ ricordate/ seguite ! A presto!!!

 

BrutalLove xx

 

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Capitolo 13
*** Capitolo 12 ***


Billie se ne sta in silenzio totale da parecchio tempo. È seduto sul divano con le ginocchia al petto e lo sguardo perso nel vuoto, nonostante la televisione sia accesa e stia trasmettendo uno dei cartoni animati che sembra gradire maggiormente.

Sembra che stia pensando a qualcosa, ma né Christine né Frank posso immaginare di cosa si tratti. In fondo lo conoscono così poco.

“Sono preoccupata” sussurra la donna.

“Lo so, lo so, anch'io non posso affermare di essere proprio tranquillo... quando Billie assume questo atteggiamento apatico è così difficile capirlo”.

“E' impossibile capirlo, Frank”.

“D'accordo, è impossibile. Ma devi ricordarti che lo conosciamo da così poco tempo che non possiamo pretendere di sapere tutto di lui. Vieni qui” conclude, abbracciando la moglie e stringendola a sé.

 

Billie alza all'improvviso lo sguardo e lo rivolge a Frank e Christine, abbracciati sulla soglia della cucina. Gli ricordano i suoi genitori ai bei tempi, quando si volevano ancora bene e la mamma non era ancora diventata cattiva con lui, non beveva e non stava con quel tizio strambo, Andrew.

Ti manca quella vita, non è vero figlio di puttana? Lo sai che non riuscirai comunque a liberarti di me, vero? Oh, certo che lo sai.

Billie si alza dal divano e sale al piano superiore. Ha bisogno di stare da solo per un po', senza Frank, Christine e la televisione accesa.

Vorrebbe zittire quella voce nella sua testa che gli ripete cose cattive e terribili, ma non ci riesce. Lo spaventa terribilmente e ha paura a parlarne con qualcuno perchè teme che Andrew potrebbe davvero tornare a fargli del male.

Entra nella sua nuova stanzetta ordinata ma per lui poco accogliente e si siede al tavolo. Lì vicino c'è l'album che gli ha dato Duke. Lo afferra.

 

 

                                                                                           ****

 

 

Ore 16.30

Frank ha appena preparato i toast con la marmellata di albicocche per fare merenda e la tavola è già stata preparata. Manca solo Billie. È strano, perchè di solito, quando è ora di mangiare, il bambino gironzola curiosamente nelle vicinanze della cucina per cercare di capire cosa gli verrà servito in tavola. Effettivamente la cucina casalinga di Frank e Christine è decisamente diversa da quella dei fast food americani e Billie spesso sembra non sapere cosa sta ingoiando.

Frank sale le scale per andare a chiamare il figlioletto e quando apre la porta della sua stanzetta, senza farsi sentire o notare, lo trova seduto al piccolo tavolo di plastica verde. Gli da le spalle e sembra non essersi accorto della sua presenza.

Sembra quasi che stia disegnando ed è strano, perchè è una cosa che solitamente non ama fare e che cerca di evitare in tutti i modi. Incredulo, Frank si avvicina lentamente e sbarra gli occhi quando finalmente vede ciò che Billie ha rappresentato.

Sul foglio bianco ci sono linee nere che vanno in ogni direzione e riempiono praticamente tutto lo spazio libero. Al centro ha disegnato due piccoli cerchi neri colorati anche all'interno e sotto ad essi una linea curva caratterizzata da piccoli triangoli irregolari. Nel complesso è un viso. Un viso astratto, spaventoso, surreale con occhi vuoti e la bocca piegata in un ghigno che lascia intravedere i denti appuntiti.

“Oh” sussurra Frank e Billie, spaventato, sobbalza.

“Stai disegnando? Il signor Duke sarà contento”.
Billie non dice nulla, allontana leggermente il braccio dall'album per permettere a Frank di contemplare il disegno nella sua totalità.

L'uomo solleva il quaderno, sorpreso dal fatto che quello usato da Billie non sia il primo foglio della raccolta. Sfoglia l'album e per poco non gli prende un colpo. Su ogni pagina precedente a quella appena utilizzata, il bambino ha rappresentato lo stesso, identico disegno. La stessa faccia spaventosa con i denti appuntiti.

La sua mente inizia ad elaborare pensieri confusi.

Forse è qualcuno che conosceva e che lo spaventava. Forse è qualcosa che immagina ci sia qui, nella nuova casa. O forse sono io, forse mi ha disegnato...

“Billie... a chi appartiene questa faccia? A qualcuno che conosci?” chiede l'uomo.

Billie lo fissa e per un istante Frank gli legge terrore negli occhi. Ma è solo un attimo, prima che il bambino abbassi di nuovo lo sguardo senza proferire una sola parola.

“D'accordo, non me lo vuoi dire. Ho preparato i toast, ti va di fare merenda?”.

Billie annuisce piano, poi si alza e segue Frank fino in cucina.

 

 

 

 

 

Angolo autrice

Ehilà sono tornata :)

Come va? So che questo capitolo è forse più corto degli altri, però non volevo "rovinarlo" aggiungendo dettagli inutili...
Comunque, vi piace l'evoluzione della storia? E cosa ne pensate dei disegni di Billie?

 

Ringrazio, come sempre, i miei fedeli lettori che seguono la mia storia, la recensiscono e la aggiungono alle preferite/ seguite/ ricordate... Vi ringrazio davvero tanto!

Aggiornerò presto per farmi perdonare la misera lunghezza del capitolo ;)

 

BrutalLove x

 

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Capitolo 14
*** Capitolo 13 ***


E' sera, sono le nove passate, e Frank ha appena finito di lavare i piatti. Christine, invece, è in bagno con il piccolo Billie.

Apre il rubinetto e la vasca da bagno inizia a riempirsi. C'è un buon profumo nella stanza, dev'essere quella polvere azzurra che ha messo dentro l'acqua.

È la prima volta che Billie fa il bagno in questa casa.

È la prima volta che fa il bagno da quando è uscito dall'orfanotrofio, a dire il vero.

Christine gli ha detto che è assolutamente necessario. E per Billie è una novità, perchè nessuno gli aveva mai detto una cosa del genere, prima. In California giocava con Mike per tutto il giorno e quando tornava a casa era così stanco che spesso si addormentava durante la cena e farsi una doccia era l'ultimo pensiero. Anzi, a volte andava a dormire senza nemmeno mettersi il pigiama. Ricorda che anche Mike lo faceva. Già, Mike... chissà cosa ha saputo di lui, chissà cosa starà facendo adesso. Non ha nemmeno potuto salutarlo, dirgli addio.

Si sarà già dimenticato di te, figlio di...

“Vuoi che ti dia una mano?” chiede Christine lanciando una rapida occhiata alla vasca ormai colma di acqua e schiuma profumata. Sembra quasi imbarazzata. Si vede lontano un miglio che non è abituata a trovarsi in situazioni simili e non sa cosa fare. Billie torna alla realtà sbattendo le palpebre più volte.

No. Non vuole qualcuno che lo aiuti a farsi il bagno.

Non vuole che succeda quello che accadeva con Andrew.

All'improvviso torna nel passato e un altro ricordo gli riaffiora nella mente con la velocità di un proiettile. Non che lo avesse mai dimenticato, comunque.

 

Più di una volta, quando Andrew era in casa ed Billie doveva farsi il bagno, entrava nella stanza con il bambino e lo guardava spogliarsi mentre se ne stava seduto sul vecchio mobile di legno con i pantaloni aperti e una mano dentro.

Billie lo guardava senza capire, ma lo sguardo dell'uomo che gli stava di fronte, i gemiti che gli uscivano strozzati dalla gola e la sensazione che questo provocava in lui non gli piacevano per niente.

L'unica cosa che sapeva era che suo padre, quello vero, quello che era morto lasciandolo all'improvviso, non aveva mai fatto una cosa del genere. Mai. E neanche la mamma. Chissà se lei lo sapeva. Forse avrebbe dovuto parlargliene ma, non sapeva perchè, la cosa lo imbarazzava. Non lo aveva mai raccontato a nessuno e quello strano segreto tra lui e Andrew si era insinuato sempre più in profondità, fino quasi a scomparire.

In realtà non scompariva mai del tutto e quell'insolita, inquietante sensazione era sempre pronta a tormentarlo.

Una volta, mentre a casa c'erano solo lui e Andrew, questi lo aveva fatto spogliare senza motivo in salotto e gli aveva detto ''toccati''.

Billie non aveva subito capito che cosa volesse dire finchè Andrew non gli aveva preso la mano e gliel'aveva appoggiata proprio .

Aveva ubbidito, si era toccato per un po' mentre Andrew gli diceva di non smettere, non ancora...

Poi gli si era avvicinato e gli si era strusciato contro. Sempre più forte. Lo aveva sfiorato lì fino a farlo sussultare. Aveva preso le mani del bambino e se le era appoggiate sul pube. Poi sempre più in basso, fino...

Billie non aveva capito più niente ed era scoppiato a piangere senza nemmeno sapere il perchè.

Andrew si era allontanato un poco per osservarlo. Aveva riso, la sua solita risata gelida aveva riempito l'aria. Poi si era chinato di fianco al piccolo e gli aveva sussurrato delle cose orribili all'orecchio.

Gli aveva detto che lo odiava. Che era un figlio di puttana, e Billie sapeva che quella non era una bella parola. Lo aveva messo in guardia dal raccontare a qualcuno quello che era appena successo.

Se lo dici a qualcuno ti ammazzo con le mie stesse mani.

Aveva serrato i pugni e Billie aveva iniziato a tremare. Aveva annuito debolmente, mentre le lacrime continuavano a scorrergli lente sul viso.

Andrew se n'era andato, era uscito di casa sbattendosi la porta alle spalle e bestemmiando.

Lo aveva lasciato lì, solo, piccolo, impaurito e non amato.

Non poteva parlarne a nessuno. Non voleva morire. E poi che senso avrebbe avuto raccontarlo alla mamma? Lei non gli avrebbe mai creduto, perchè amava Andrew, lo diceva sempre. E da quando aveva iniziato a dirlo, aveva anche cominciato a trascurare sempre di più Billie.

Si era seduto sul tappeto per un istante, perchè le gambe non lo reggevano più. Poi, quando si era calmato un po' ed aveva pianto tutte le sue lacrime, si era rivestito ed era corso in camera, aspettando rassegnato il ritorno di sua madre.

 

“Billie?” domanda di nuovo Christine, richiamandolo alla realtà. “Vuoi che resti?”.

Il bambino scuote la testa. Quella donna non può immaginare quello che la sua mente ha appena riportato alla luce, i ricordi che che sono riaffiorati e hanno ripreso a tormentarlo. Forse non lo saprà mai, perchè lui non ha la minima intenzione di raccontarglielo.

“D'accordo” risponde lei, “Non vuoi nemmeno Fr.. papà?”.

Billie la guarda stranito. No, non di nuovo. Ribadisce a sé stesso che papà è morto. Quello è e sarà sempre e solo Frank per lui. Scuote di nuovo la testa e non proferisce parola. Non ne vale la pena.

“Ti lascio qui l'accappatoio, allora” conclude, prima di sparire chiudendosi la porta alle spalle e lasciando Billie solo con i suoi ricordi e una vasca di acqua profumata.

 

 

 

 

 

Angolo autrice

Ehm... ciao :)

Prima di tutto vorrei scusarmi, perchè avevo promesso che avrei aggiornato in fretta, invece... invece è iniziata la scuola e con la scuola sono cominciati anche tutti gli altri pasticci D:

Quindi non ho avuto tempo di aggiornare la fanfiction, ma finalmente oggi ce l'ho fatta :)

Bene, allora, questo capitolo è importante, perchè mostra parte del passato di Billie... cosa ne pensate? Vi aspettavate una cosa del genere?

Spero che non ci siano problemi con il rating (non mi sembra, visto che le scene non sono particolarmente esplicite...).

Detto questo, ringrazio ancora una volta i miei fidati lettori e recensori, e sperando di essere un po' più puntuale, vi saluto :D

A presto,

 

BrutalLove xx

 

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Capitolo 15
*** Capitolo 14 ***


Sono passati dieci giorni ed il signor Duke è passato a trovare Billie altre due volte, senza risolvere nulla.

Il bambino non parla né del suo passato né del presente. È una situazione delicata, ci vuole pazienza.

“Forse potreste portarlo a fare qualcosa di divertente tutti insieme” ha proposto l'uomo ai genitori adottivi, “Potrebbe aiutarlo a legarsi a voi”.

“Certo” ha risposto prontamente Frank, “Potremmo portarlo alla casa al lago, andare a pescare in barca...”.

“Sembra un'ottima idea, potrebbe aiutare” ha confermato Duke, e così ora Christine sta preparando le valigie.

Ce n'è una, la più piccola, che contiene tutto l'occorrente per Billie. I vestiti che gli ha comprato una settimana fa al negozio del centro, il quaderno dei disegni datogli dallo psicologo, l'orsacchiotto di peluche con il maglione colorato e l'inseparabile copertina gialla.

Quando è tutto pronto Frank carica i bagagli in auto e dopo che Christine ha allacciato la cintura a Billie, sono pronti per partire.

La casa sul lago dista poco più di una cinquantina di chilometri ed è situata su una scogliera con vista sul lago. L'ha comprata Frank quando lui e Christine si sono sposati, quel posto piace molto a entrambi. Hanno anche una barca che usavano per andare a pescare quando erano più giovani e che per un po' è rimasta in disuso... forse questa potrebbe essere l'occasione per riprendere ad utilizzarla.

“Ehi Frank” dice Christine, distraendolo dai suoi pensieri, “Prima o poi dovremo comprare un letto per Billie da lasciare nella casa al lago”.

Frank sobbalza. È vero, la casa non è organizzata per tre persone. Pazienza, sarà lui a dormire sul divano, per queste notti.

“Certo, ci penseremo. Per ora tu e Billie dormirete nel matrimoniale, non preoccuparti”.

Christine sorride, “Per me non c'è nessun problema a dormire sul divano, sai?”.

“Neanche per me”.

La donna sbuffa e alza gli occhi al cielo. Quando Frank decide una cosa, è quasi impossibile farlo ragionare.

Billie, dietro di loro, è silenzioso come non mai.

Ad un certo punto un furgoncino dell'altra corsia sbanda visibilmente e Frank è costretto a sterzare rapidamente per evitarlo.

“Ma guarda che figlio di puttana!” sbraita Frank, ancora scosso dall'improvvisa manovra di correzione della traiettoria dell'auto .

Billie sbarra gli occhi.

Andrew. Oh no, lo ricorda bene, troppo bene. Vede le sue labbra sussurrare nel buio tre parole ripetute all'infinito.

Figlio di puttana, figlio di puttana, figlio di puttana...

Grida e scoppia a piangere.

“Billie! Billie stai bene?” chiede Christine, voltandosi verso di lui.

Billie non risponde. “Dannazione, Frank! Non alzare la voce quando c'è anche il bambino...” comincia a borbottare la donna, mentre abbraccia Billie ancora in lacrime. “E' tutto a posto, è tutto a posto” sussurra ed il bambino si calma in poco tempo. Poi si addormenta, sfinito dal pianto.

 

Quando, poco dopo, arrivano a destinazione, Frank parcheggia l'auto in un piccolo slargo sul bordo di una stradina sterrata. La casa è parecchio fuori città ed è l'unica nel raggio di qualche chilometro. Quella sponda di lago è praticamente solo loro.

Billie scende dalla macchina con la nausea e si guarda intorno. Nella mano destra stringe la sua valigia.

E' una bella casetta, vista dall'esterno. È vicina ad una scogliera che gli ricorda tanto quella dove ha dormito quella volta, dopo essere scappato di casa.

Si chiede se sia ancora così come la ricorda.

Guarda il lago. È bello e grande, anche se l'acqua scura gli fa paura.

Improvvisamente si trova a pensare a suo padre. Sarebbe stato tutto diverso se lui non fosse morto. Non lo avrebbe adottato nessuno. Avrebbe vissuto felice con la sua famiglia.

In qualche modo, ha perso il bambino che sarebbe potuto diventare.

Dov'è finito il piccolo Billie felice, che il sabato pomeriggio giocava sul tappeto con Andy?

Non c'è più. Ora c'è il nuovo Billie. Un bambino che ha perso sé stesso.

Christine richiama la sua attenzione e lui la raggiunge sulla porta di casa.

“Vieni Billie” lo guida lei, prendendogli la mano. Lo loro dita si intrecciano ed il bambino ricambia la stretta.

 

***

 

Frank ha detto che oggi lo porterà a pescare. Billie non sa cosa significhi, ma l'uomo gli ha detto che è divertente. Si prendono i pesci che si possono poi cucinare.

Vuole proprio vedere come si acchiappano, questi pesci.

Christine lo prende per mano e tutti e tre escono di casa dopo aver sistemato le valigie.

“Sai dove stiamo andando?” domanda Frank.

Il bambino scuote la testa.

“Stiamo andando a prendere la barca. Ti piacerà, vedrai”.

La barca? Quale bar... Oh, eccola lì, proprio davanti a lui. È vicina alla riva, nascosta in una piccola baia sabbiosa. Non è molto grande, ma sembra stabile.

“Vieni Billie, ti metto questo” dice ancora Christine, infilandogli un giubbetto salvagente.

Salgono sulla barca; la donna lo fa accomodare di fianco a lei e lo circonda con le braccia.

Billie la lascia fare, forse perchè è un po' spaventato: non è mai stato a pescare e nemmeno su una barca.

Frank scioglie le corde e inizia a remare.

Billie, titubante, osserva l'acqua scura che li circonda e ha un po' paura, anche se non può non ammettere che la sensazione cullante che percepisce gli piace abbastanza.

“Vieni Billie” lo chiama Frank quando sono al largo, “Ti insegno a pescare, ne hai voglia?”.

Il bambino annuisce incuriosito e accenna un sorriso quando l'uomo gli lascia tenere in mano la canna da pesca.

“E adesso bisogna solo aspettare...”.

Christine gli circonda la vita con le braccia mentre lui, piccolo, inesperto, seduto sul bordo dell'imbarcazione e con le gambe a penzoloni nel vuoto, osserva impaziente la superficie scura.

All'improvviso la canna da pesca si inclina e per poco Billie non la lascia cadere.

“Alzala, alzala!” lo incita Frank ed il bambino ubbidisce.

Alza le braccia con forza e strattona la canna da pesca, facendo emergere dalla superficie dell'acqua un pesce.

“Bravissimo, Billie! Hai preso un pesce! Fantastico!” esulta Frank.

Incrocia il suo sguardo con quello di Billie e riesce a rubargli un sorriso puro e spontaneo, ma neanche una parola. Si chiede quanto questa situazione potrà durare ancora. Si avvicina al bambino e, mentre Christine abbraccia Billie, Frank si occupa del pesce appena pescato.

 

 

 

 

 

 

Angolo Autrice

Hola popolo! Come va? :)

Oh, questo capitolo è di una lunghezza decente, finalmente ahaha.

Cosa ne pensate dello sviluppo della storia? Continua a piacervi?

Ringrazio ancora una volta tutti i miei fantastici lettori e mi dileguo.

A presto!

 

BrutalLove x

 

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